L’ombra della Luna

di oOLeylaOo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1-Espiazione- ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 -Asher- ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 -Nicolas- ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 -La villa dei boschi- ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 -Enderson Prisley- ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 -Trappola e separazione- ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 -Una vecchia conoscenza- ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 -I cerchi nell'erba- ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 -Un ragazzo misterioso- ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 -Una visione- ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 -Un incantesimo- ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 -La magia del sangue- ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 -Il laboratorio sotterraneo- ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 -Alcune risposte- ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 -Una parte di verità- ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 -Fuga- ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 -Una chiave- ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 -Un covo di licantropi- ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 -lotta e distruzione- ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 -Salvataggio- ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 -riunione- ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 -Prima di partire- ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 -Vera natura- ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 -Addio- ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 -Sacrificio- ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 -Un modo per dirsi addio!- ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - Viaggio con sorpresa- ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 -Richiesta d'aiuto- ***
Capitolo 29: *** capitolo 29 -Nessuna scelta- ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 -Nella rete- ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 -un anziano- ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 -Un nuovo viaggio- ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 -Ritorno a casa- ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 -Una via- ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 -Una confessione- ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 -La lettera- ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 -Un nuovo incantesimo.- ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 -Cercando che è scomparso- ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 -In tempo- ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 -Le ruote che lente girano- ***
Capitolo 41: *** Epilogo -Una nuova vita- ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1-Espiazione- ***


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Capitolo 1

-Espiazione-

 

Ho pochi ricordi di mia sorella maggiore, non che questa sia colpa sua, anzi direi che la colpa sia solo mia. Ricordo piccole cose insignificanti, come che le piaceva il colore rosso e che di solito si legava i capelli con i nastri di quella tonalità. Ricordo che il suo animale era il lupo, un cacciatore tipico di chi ha poteri aggressivi, e che il suo metallo era l’argento, il metallo della luna. Lei era proprio come la luna, era candida e in qualche modo oscura, aveva molti segreti… ed era potente come la luna, era un potere che non si percepiva facilmente, era lieve, fuggevole e mutevole, ma potente come le maree.
Ricordo che studiavamo la magia insieme, e le pietre e le piante… lei era molto brava con le piante. Ricordo anche che aveva un odore di gelsomino e che era molto dolce e gentile, anche se un po’ dispettosa. Poi ricordo i suoi capelli, i miei sono di uno scialbo marrone scuro, così tipico e monotono, ma i suoi erano biondi, con una sfumatura più simile all’oro che alla paglia, e sottili come fili di ragnatela, lievemente mossi. Li portava sciolti ad incorniciarle il bel viso e gli occhi.
Oh, si… gli occhi. I suoi occhi sono quello che proprio non dimenticherò mai. Li vedo tutte le volte che mi guardo allo specchio. O meglio “lo” vedo. Uno solo. I miei occhi erano di tonalità castano scuro, quasi neri, ma i suoi erano viola, come ametiste. Occhi da veggente. Lei sapeva che sarebbe morta, credo. Be, non era chiaro? Mia sorella è morta quando avevo dieci anni. Lei ne aveva cinque più di me ed era molto in gamba, anche allora poteva vedere il futuro, non so se fosse a conoscenza di quando e come sarebbe morta.
Io ero fuori a giocare con Elaisa, una mia amica che avevo conosciuto girando per i boschi, e il sole era tramontato presto. L’oscurità invadeva con i suoi cupi presagi le strade, divorando lentamente la luce del giorno che moriva, insinuandosi nei vicoli e avvolgendomi. Io giocavo con Elaisa, non notavo alla luna tinta di rosso che preannunciava guai.
Ricordo una figura alta e scura, lo sfavillare di denti appuntiti nel riflettere un raggio di luna, la sua voce alle mie spalle e un incantesimo che mi avvolgeva, una magia oscura e indefinita… poi il cortile di casa, la corsa a chiamare mamma e papà che stranamente erano a casa, Elaisa che piangeva spaventata. Corsi loro dietro volevo salvare mia sorella nonostante desiderassero che restassi a casa al sicuro, con Elaisa.
Non la trovammo subito, nonostante i nostri poteri. Eravamo quasi disperati, quando sentimmo qualcuno gridare, la voce veniva dalla chiesa… Poi il suo corpo, immobile e freddo, poggiato su un altare, cosparso di petali di fiori... due fori alla base del collo… niente sangue…
Da allora ho iniziato a studiare l’alchimia e la magia, tutta quanta: bianca, rossa, nera. Le arti marziali, il combattimento con la spada, l’arco e la pistola, anche se sinceramente non sono gran che con la pistola… orami credo non ci sia niente che io non sappia fare, o almeno credo che non ci sia niente che non sappia fare per quanto riguarda la scelta del mio futuro. È per questo che i miei occhi hanno un colore diverso l’uno dall’altro.
Beh, io ho detto che erano neri, non che lo sono, infatti, una delle mie pupille è viola; questo è dovuto al fatto che quell’occhio non è mio. C’è un modo, anzi un incantesimo, che permette agli occhi di veggenti di mantenere il loro potere e che permette quindi di sfruttarli in qualche modo. Così io mi sono fatta asportare un occhio, precisamente quello destro, per sostituirlo con quello viola di mia sorella. Tutti quelli che lo vengono a sapere mi chiedono perché, in fondo ho gia tanti poteri di mio e faccio parte di una delle più antiche dinastie di streghe del mondo, quindi perché ho deciso di fare una cosa così rischiosa e incredibilmente dolorosa, come farmi trapiantare l’occhio di una veggente? Io la trovo una domanda stupida e tutte le volte guardo come imbecilli quelli che me la pongono. Non è ovvio? Quel bastardo che ha ammazzato mia sorella voglio ucciderlo! Perché altrimenti farei fuori i vampiri? Perché me ne sarei andata di casa lasciando metà dei miei averi e buona parte del mio patrimonio? Perché avrei rotto con i miei genitori?
In realtà l’ultima cosa l’avrei fatta in ogni caso visto quanto sono seccanti, ma comunque l’idea di avere dei soldi in più da sfruttare non è mai un male. Lo ammetto, sono abbastanza attaccata al “vile denaro”, soprattutto per il fatto che mi serve per adempiere alla mia vendetta. Anche perché trovare un vampiro dopo la bellezza di quindici anni non è esattamente semplice, soprattutto se non si hanno indizi precisi. Bisogna trovare un modo per entrare a far parte del giro dei mostri, ovviamente bisogna trovare anche il modo di restare viva una volta entrata in quel giro, cosa non esattamente semplice. Ma io non ho ancora idea di com’entrarci, quindi, finché questo benedetto occhio non si decide a dirmi dove accidenti si trovi il vampiro in questione, ho risolto in modo molo semplice: faccio fuori tutti i vampiri che mi capitano a tiro. Va bè, non proprio tutti, tutti; solo quelli molto pericolosi o malvagi… quindi, all’incirca, direi la maggior parte.
Solitamente il sindaco della città mi paga per questo, un dettaglio piuttosto rilevante considerando che mi permette di continuare a viaggiare. Il problema è che i vampiri non sono molto felici di morire veramente, visto che difatti un vampiro è tecnicamente morto, e visto che non sono esattamente le creature più facili da uccidere ho deciso di procurarmi un po’ d’aiuto; per farla breve ho due compagni di viaggio, un po’ insoliti per dirla tutta.
Sapete che trovo veramente strano? Ok, so che la mia vita è veramente insolita e molta, molto strana e che quindi le risposte possono essere molte. Magari qualcuno potrebbe dire qualcosa del tipo “Cos’è che non trovi strano?”. Bè, io trovo strana una sola cosa: finora sono stati in tanti, in pratica tutti i maghi e le streghe che ho conosciuto, e i demoni e chiunque altro capisca quanto può essere pericoloso l’intervento di trapianto di un occhio di veggente mi hanno chiesto perché l’ho fatto, ma nessuno mi ha mai domandato perché ho deciso di ammazzare i vampiri. Forse la verità è che tutti pensano che si tratti di ragioni troppo personali per essere rivelate. Mia sorella mi ha salvato ed è morta per questo, le mie mani sono imbrattate del suo sangue almeno quanto quelle di quello stramaledetto vampiro, ma mi consola sapere che presto di lui non resterà che polvere, come di me del resto. Solo che io farò in modo che lui muoia prima, o almeno che muoia con me.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 -Asher- ***


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Penso che il protagonista di questo capitolo piacerà a molti^^!

Capitolo 2

-Asher-

Qualcuno si è mai chiesto perché i demoni, al contrario dei vampiri, non dormono di giorno? O magari perché alcuni sono dannatamente mattinieri? Io me lo chiedo tutte le volte che ci vado a letto, non molto spesso comunque. Solo quando mi ubriaco. Suppongo non ci sia niente di male a fare sesso con una creatura oscura e malvagia quando non po’ farti del male, anche perché per essere sinceri è piuttosto bello. Ovviamente quando non ha l’aspetto di un animale, di solito non ama farsi vedere in giro con il suo aspetto “umano”. In realtà sono io che non amo che lo faccia: attira troppo l’attenzione, è difficile passare inosservati se tutte le ragazze e –non chiedetemi perché- i ragazzi, parlano e sbavano dietro al tuo compagno di viaggio. Tutta via quando devi scoprire qualcosa è meglio mandare lui a fare domande, tutti si sciolgono a parlare con qualcuno così affascinante. O forse è lui che li ipnotizza? Magari ha dei poteri simili ai vampiri… Non gli ho mai chiesto come faccia a farsi dire quello che vuole, so solo che lo fa e a me tanto basta. È indubbiamente utile avere un tipo simile come alleato e per questo, anche se è un demone non lo ucciderei mai; tutta via se c’è una cosa che non sopporto è essere svegliata presto.
-Cavoli Asher! Non puoi fare più piano?-bofonchiai girandomi dall’altro lato del letto.
Un fastidioso raggio di luce mi colpì diritto negli occhi costringendomi ad aprirli e a svegliarmi.
-Ho ucciso per molto meno!-dissi seccata mentre lui mi fissa accanto alla finestra.
-Lo so, sono io quello che ti aiuta a farlo solitamente.- mi fece notare con indifferenza.
Lo fissai di sbieco, seccata per il fatto di essere stata svegliata e non del tutto lucida, anche a causa del forte mal di testa. Completamente nudo, appoggiato allo stipite della finestra, lui mi fissava con le braccia incrociate e l’espressione serena di chi si è tolto una soddisfazione. Dannazione! Solo colpa dell’alcol!
-Puoi anche vestirti!-lo informai irritata, sedendomi sul letto e coprendomi con il lenzuolo.
Lui mi sorride amabilmente. -Sto benissimo così come sono.-rispose tranquillo.
Lo squadrai da capo a piedi sempre seccata: capelli neri lisci e corti, occhi neri dalle venatura scarlatte -credo nessuno a questo mondo sappia come fa ad averli-, fisico perfetto e un volto tanto bello da far invidia al più popolare modello del mondo. Anche nudo come un verme fa una splendida figura… Mi fa una rabbia!
-Se vuoi metterti in mostra con me, ho gia visto.- risposi acida.
-Non ti sei limitata a vedere ieri sera.- mi corresse divertito.
Per tutta risposta gli lanciai una sfera di energia. Ok, so che non dovrei usare i miei poteri per cose stupide, ma cavoli! Lui mi provoca!
Schivò il colpo con una facilità estrema e scoppiò a ridere divertito, poi afferrò i suoi vestiti e iniziò a rivestirsi.
-Non uscire con quell’aspetto! Non voglio far sapere a tutta la città che sono qui!- lo dissi anche per dargli fastidio.
-Va bene, va bene!- rispose chiudendo la zip dei pantaloni. -Comunque dovresti ammettere che ho vinto io.-
-Di che stai parlando?- domando dopo un lungo sbadiglio. Di che cretinata si tratterà stavolta?
-Sono riuscito a portarti a letto.- disse trionfante.
Non importa a che specie appartengono; che siano umani, demoni o quant’altro, i maschi restano degli idioti totali. Lo si capiva anche dal temine del nostro contratto. Visto che io volevo uccidere un vampiro molto antico avevo bisogno di avere dei poteri veramente forti, anche solo per trovarlo, allora ero andata alla ricerca di un demone molto potente che potessi sfruttare a mio vantaggio. Lo so, era una cosa piuttosto pericolosa da fare, senza contare che i miei genitori dopo averlo saputo mi hanno praticamente ripudiato, ma era la mia unica possibilità. La storia è piuttosto lunga, comunque, in sostanza, dopo averlo evocato e affrontato Asher giunse all’insolita conclusione che uccidermi sarebbe stato uno spreco, nonostante mi avesse battuto, cosa che mi rode ancora. Accettò di stipulate un patto con me, un contratto i cui insoliti termini furono stabilita da lui. Le cose stavano più o meno così: io potevo sfruttare lui e i suoi poteri a mio piacimento, ma sarei dovuta stare sempre con lui, a stretto contatto. Il che non sembrava affatto male, se non fosse per il piccolo particolare che se fosse riuscito a insinuarsi nel mio cuore avrebbe rubato la mia anima, la mia vita e tutti i miei poteri. Naturalmente non ci riuscì, io non ero per niente interessata ad un demone per quanto la sua apparenza fosse bella e seducente, ho la facoltà di percepire l’oscurità che mi trovo di fronte e la sua è opprimente e schiacciate, profonda e fredda… sebbene con il passare del tempo si sia lentamente diradata. Comunque la cosa lo amareggiò non poco e visto che sembrava deciso a uccidermi per non essere legato a me per sempre, gli dissi che se fosse riuscito a conquistare almeno il mio corpo allora avrei rotto il nostro patto. Ovviamente non ci tenevo a subire un abuso quindi sottolineai che dovevo essere pienamente consenziente e in possesso delle mie facoltà mentali. Ovviamente è una cosa che in quelle condizioni non farei mai. Ora che ci penso è da quando viaggio con lui che ho iniziato a bere alcolici… Quindi l’incredibile mal di testa che ho adesso è tutta colpa sua! Fortuna che stavolta almeno non ho la nausea.
-Quando riuscirai a portarmi a letto da sobria potrai dire che hai vinto. E io spezzerò il nostro patto. Fino ad allora fai il bravo e portami su un paio di litri di caffè!- risposi soffocando un altro sbadiglio.
-Si signora.- rispose con un sarcastico inchino, poi infilandosi la maglia si diresse verso la porta della stanza d’albergo.
Lo fermai afferrandolo per una manica, ma per farlo mi mossi così in fretta che inevitabilmente il lenzuolo del letto scivolò scoprendo una buona parte del mio corpo. Reprimendo a stento l’impulso di coprirmi e lo fissai diritto negli occhi tentando di non vergognarmi. Tendo a dimenticare quello che mi succede quando mi ubriaco, ma se è vero quello che ha detto lui allora siamo finiti a letto insieme e quindi mi ha gia vista nuda, perciò, ragionando razionalmente, direi che è tardi per vergognarsi.
-Non dimentichi qualcosa?- chiesi seccata. Perché devo sempre ripetergli le cose trecento volte? Ha cinquecento anni, non cinque! Potrebbe sforzarsi di tenerle a mente!
-Vuoi un bacio?- chiese avvicinandosi a me per baciarmi.
Repressi l’impulso di folgorarlo con una scarica elettrica –tanto, visto il nostro patto, i miei poteri hanno un effetto molto limitato su di lui- e lo respinsi con una mano.
-Voglio che cambi aspetto.- dissi seccata.
-Non posso andare a prenderti un caffè con l’aspetto di falco, o gatto, o cane, o di capra.-
-Non ti ho mai chiesto di trasformarti in una capra.- feci sarcastica. -Basta che tu… non so… diminuisca la tua età.-
-Dopo ieri notte penseranno che sei una pedofila se mi mostro come un ragazzino.-
Ok, era il mio limite. Chiedo scusa per aver usato la magia in quel modo, ma aveva esagerato. Gli scaricai addosso la potenza elettrica di un fulmine, lui barcollò e si allontanò da me, ma stava essenzialmente bene.
In un istante i suoi occhi si tinsero di rosso e la sua voce divenne profonda, come un pozzo nero e freddo: -Attenta Ester, non farmi arrabbiare, non ti conviene.- avvertì.
Fui attraversata da un brivido, ma mi ripresi subito. -Non essere disgustoso allora!- ribeccai per niente spaventata. Non poteva farmi del male e lui lo sapeva, non senza farne a se stesso almeno.
E poi lo sapeva che la mia regola d’oro è che i bambini non si toccano, in nessun modo, luogo o tempo e per nessuna ragione. Mi aveva davvero irritata con quella battuta.
Scosse il capo e assunse l’aspetto di un quattordicenne, poi mi fissò arrabbiato, le sue pupille avevano ancora una sfumatura rosso intenso.
-Così va bene?- chiese, il tono colmo di ira repressa.
-Si, forse… farai comunque conquiste, ma spero che almeno la maggior parte della gente non faccia caso a te. Non mi piace farmi notare.-
Continuava a fissarmi, tutt’altro che benevolo o divertito, era indubbiamente arrabbiato, il che non era una buona cosa: in fondo era pur sempre un demone.
-Mi hai fatto male.- sibilò.
-Ti comporti anche da ragazzino, sei perfetto.- lo presi in giro bonariamente, nelle mie parole non c’era malizia e lui lo sapeva, ma continuava a essere arrabbiato.
Il suo sguardo sembrava essere di fuoco e di ghiaccio insieme, mi chiesi come fosse possibile.
-D’accordo, ti chiedo scusa per averti fulminato.- dissi con tono annoiato -Sono enormemente spiacente. La prego di accettare le mie più profonde scuse per l’accaduto.- la mia voce formale era monotona.
-Chiedimi scusa sul serio.- fece sempre irato.
-Cosa accidenti vuoi che faccia?- domandai seccata.
-Prostrati e implora perdono.- disse freddamente.
Io scoppiai a ridere, non lo feci apposta, giuro, ma non riuscii a trattenermi.
-Scusa… davvero, scusa.- dissi asciugandomi le lacrime dagli occhi.
Lui continuava a fissarmi arrabbiato e a me seccava vederlo così, non è mai un bene quando i tuoi collaboratori ce l’hanno con te, se non c’è intesa le cose possono mettersi male.
-Hai degli strani principi morali Ester.- disse allungando una mano per serrarmela intono al collo, non strinse forte, ma mi fece male -Sei interessante, ma poco più di un giocattolo per me. Non obbligarmi a ucciderti.- Il suo sguardo era di ghiaccio.
Cosa fai quando un demone potente e antico ti minaccia e sai di non poterlo far fuori con i tuoi poteri? Semplice: usi un arma per minacciarlo a tua volta. Richiamai a me la spada della luce con un semplice incantesimo di evocazione e gli appoggia la lama alla gola.
-Devi solo provarci.- il mio voleva essere un avvertimento, suonò un po’ troppo come una minaccia per i miei gusti, ma si sa, non si può avere tutto nella vita, e io non ero mai stata brava a controllare il mio tono di voce.
Lui mi lasciò il collo, la sua espressione di nuovo divertita, e alzò le mani in segno di resa.
-Mi devi ancora della scuse.- disse, stavolta scherzando. I suoi cambi di umore mi lasciavano sempre un po’ stordita.
-Cosa vuoi?- chiesi, facendo sparire la spada in una scia di luce.
-Un bacio.- rispose con un sorriso divertito.
-Non bacio i ragazzini.- mi rifiutai.
-Ho più di cinque secoli.- rispose sedendosi sul letto e avvicinandosi. -Baciami Ester, baciami o ti ruberò qualcosa di più prezioso di un bacio.-
Non so cosa mai avrebbe potuto rubarmi, ma la cosa non mi piacque per niente. Mi avvicinai, per niente contenta all’idea di baciarlo. Cavoli! Non avevo mai baciato nessuno, non da sobria almeno. Non volevo relazioni, non ne avevo il tempo!
-Puoi riprendere il tuo aspetto di prima?- chiesi, almeno non mi sarei sentita una pervertita a baciarlo.
Lui sorrise e in un istante riassunse l’aspetto adulto, affascinante e seducente. Troppo seducente. Forse era stata una cattiva idea chiedergli di riassumere quell’aspetto. Ormai era andata, mi avvicinai e lo baciai sulle labbra, quasi alzandomi per arrivarci. Sentii una sua mano tra miei capelli, trattenermi la testa mentre mi baciava, ma quando mi mise la lingua in bocca mi allontanai da lui di scatto.
-Che diavolo fai?- Domandai, stavolta ero io quella irritata.
-Ti bacio.- rispose con un sorriso, molto divertito dalla mia reazione. Poi svanì nel nulla, come se non ci fosse mai stato, probabilmente era andato a prendere il caffè.
Corsi in bagno e mi precipitai dentro la doccia, non sarei uscita di lì prima di un ora buona. Odiavo davvero quel demone, soprattutto quando si comportava così. Perché diavolo avevo stretto un patto con lui? Cosa mi era passato per la mente in quel momento? In fondo potevo uccidere anche quello stramaledetto succiasangue da sola...
Sospirai stancamente sotto l’acqua calda della doccia, che mi sciolse i nervi. A quel punto era tardi per i rimpianti. Se però si fosse azzardato a entrare in bagno mentre ero nuda gli avrei fatto scoprire dove finiscono i demoni quando muoiono! In effetti è una cosa che mi sono sempre chiesta: i demoni non hanno un anima, quindi che fine fanno quando muoiono? Inutile pensarci troppo.
Quando uscii dalla doccia indossai un comodo accappatoio e con quello addosso tornai in camera, dove ad attendermi c’erano caffè caldo e ciambelle, oltre che Asher. Lui se ne stava comodamente seduto su una poltroncina davanti al tavolo su cui erano appoggiati i viveri, quando entrai nella stanza alzò lo sguardo dal giornale che leggeva, ma lo riabbassò subito. Lo fissai un attimo sorpresa prima di sedermi sul divano davanti al tavolo: lui che non faceva commenti, questo si che era un evento raro!
-Notizie interessanti?- domandai curiosa.
-Niente che possa tornarti utile.- disse scuotendo la testa.
Sorseggiai il caffè e subito mi sentii più sveglia. Mi guardai intorno per scovare Shadow, la mia coniglietta nera, nata da un esperimento alchemico; la adocchiai subito, accoccolata su una sedia sotto la finestra e pacificamente addormentata, sembrava che niente potesse svegliarla. D’altronde dopo il lungo viaggio era normale che fosse distrutta visto che ci aveva portati lei. La osservai per un po’, indecisa se svegliarla o meno per farle mangiare qualcosa. Alla fine decisi di lasciarla stare, anche se avesse dormito per un paio di giorni senza svegliarsi, non sarebbe certo morta di fame durante il sonno.
-Sai, questo aspetto è piuttosto comodo. Mi hanno praticamente regalato tutto.- raccontò Asher distraendomi dai miei pensieri -Non solo non mi hanno fatto pagare, ma mi hanno anche detto che se volevo qualcos’altro non dovevo far altro che chiedere. C’era da dire che quella donna aveva avuto un aborto e quindi credo fosse per questo che è stata tanto… come la definite voi umani? Gentilezza… o carità…?-
Lui e quei suoi stupidi poteri di telepate! Come se servissero a qualcosa! Bè, in realtà servivano, ma potevano essere molto fastidiosi, in fondo una persona aveva il diritto di tenere per se il proprio dolore, no?
-Non potresti limitarti a essere grato del gesto senza pensare che sia stata una stupida ?- lo bloccai. Perché doveva essere così impossibile? D’accordo che non aveva un anima, ma almeno mostrare un po’ di gratitudine. I demoni sono davvero insensibili.
-Non capisco davvero qualcuno che se la prende tanto per la morte di un organismo vivente non ancora completamente formato.-
Sospirai stancamente -Era suo figlio, Asher!-
-Non era nemmeno nato.-
Scossi la testa. Perché mi sforzavo di spiegargli i sentimenti delle persone? Tanto comunque non li avrebbe mai capiti.
-Hai mai avuto un figlio?- chiesi.
-No, non credo.- rispose con un alzata di spalle.
-Allora dubito che tu possa comprendere i sentimenti di una madre per il suo bambino.- Non dissi che in realtà dubitavo fortemente che li avrebbe capiti se anche avesse avuto un figlio, non mi sembrava il caso.
-Allora, quando andiamo a incontrare quel tipo?- chiese chiudendo il giornale.
Lo fissi un istante senza parlare, una settimana prima avevo ricevuto una lettera che mi chiedeva di arrivare il più velocemente possibile in un posto sperduto chiamato Moon Pelsent. Detto così sembra il nome di una tranquilla cittadina sul mare, invece si tratta di una sperduta cittadina tra i monti. Inutile provare ad arrivarci normalmente, non c’erano mezzi. Allora avevo sfruttato l’unico mezzo di trasporto davvero utile che avevo: Shadow. Dovevo ammettere che il mio alchemico coniglio era mille volte più utile di quell’inutile demone che avevo dietro.
-Oggi, immagino. È nella cittadina dietro alle montagne che ci sono al confine ovest della città, non dovremmo metterci molto per arrivarci.-
-E come conti di arrivarci? Shadow è distrutta per il viaggio, non penso si sveglierà: ha bisogno di riposo.-
-Non abbiamo per forza bisogno di Shadow per muoverci.- gli feci notare. Perché doveva essere così pigro? -Prenderemo una moto o una macchina.-
-Preferisco le moto.- disse passandosi una mano tra i capelli.
-Credo sarebbe meglio una macchina, dovremmo oltrepassare le montagne volando, la strada che era stata costruita tempo addietro è andata distrutta per una frana e considerando l’ampia distruzione di zone naturali hanno deciso di non ricostruirla. Non so che ente è intervenuto con dei manifestanti per impedirlo. Ormai credo che anche la foresta abbia preso il sopravvento. Dovremmo noleggiare un Gip.-spiegai seccata.
Mi chiesi che senso aveva avuto far diventare quella cittadina una sorta di luogo di confine per mantenere inalterata la “bellezza naturale” che comunque avrebbe subito solo una piccola alterazione; anche in considerazione del fatto che negli ultimi dieci anni tutti i mezzi di trasporto sfruttavano modernissimi motori a combustione nucleare che non inquinavano l’ambiente e che non avevano bisogno di benzina. Quando un auto veniva distrutta il motore veniva inviato, insieme alle altre parti meccaniche, a uno speciale laboratorio per essere distrutto senza lasciare radiazioni, oppure veniva riutilizzato per altre macchine della stesa cilindrata. Come facevo a sapere tutte queste cose? Semplice: avevo un cugino che non aveva ereditato nessun potere magico, ma che era fissato con la meccanica e l’elettronica. Era uno dei pochi componenti della mia famiglia che mi piacevano e con il quale avevo mantenuto i contatti.
-Dove accidenti pensi di trovare una Gip qui?- chiese Asher, fissandomi come se avessi battuto la testa.
Gli rivolsi il mio miglior sorriso da strega, il tipo di sorriso che nasconde un infinità di segreti sconosciuti e che sembra sfidarti a scoprirli; era il sorriso che rivolgevo ai miei quando a quindici anni mi chiedevano che avevo in mente studiando arti marziali.
-Aspetta e vedrai!- dissi. Poi mi alzai, afferrai il mio micro computer con funzione di telefono cellulare, di navigatore e di lettore MP3 che mi aveva regalato Nicolas dalla borsa e digitai velocemente un messaggio che gli inviai; poi presi i miei vestiti e corsi in bagno.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 -Nicolas- ***


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Capitolo tre^^! Sono abbastanza veloce^^!

Nicolas

Mio cugino Nicolas aveva quattro anni meno di me, l’ultima volta che lo avevo visto in veste ufficiale aveva diciotto anni ed era il giorno del suo compleanno. I miei non erano riusciti a mettersi in contatto con me e quando mi presentai con un demone e una chimera al seguito alla sua festa dove erano presenti anche loro, gli saltarono i nervi. Nicolas invece lo trovò molto divertente, giocò con Shadow e si divertì ad analizzarla stando attento a non farle male, o almeno io stavo attenta che lui non glie ne facesse. All’epoca Nicolas amava indossare pantaloni e giacche di pelle, era fissato per la pelle. Mi chiedo come facesse a piacergli, specialmente i pantaloni! Sono scomodi! Forse era la sua fase ribelle. Se non erro in quel periodo i suoi capelli erano blu o forse viola…Non ne sono sicura la cento per cento, cambiava spesso i colori dei capelli. Di solito li portava a cresta, almeno per quel che posso ricordare. Tutte le volte che lo avevo visto ero scoppiata a ridere divertita e lo avevo preso in giro dicendo che sembrava un gallo. Certo che detto così sembrava che lo avessi visto chissà quante volte, invece lo avevo incontrato solo due volte, tre se contavamo il suo compleanno. Lo avevo visto comunque più volte di quante avessi visto i miei, il che dovrebbe essere triste, ma io lo trovo solo rincuorante. Nicolas aveva grandi occhi azzurri, erano bellissimi e magnetici ed erano la sua parte migliore. Quando mi fissava in silenzio con quei suoi grandi occhi mi faceva sempre sorridere perché riusciva a sembrare un normale ragazzino, dolce e innocente… Gia, innocente, una qualità che aveva avuto forse nei suoi primi dieci anni di vita. E anche di questo non ero sicura. Negli ultimi tempi si era dato una calmata, ma aveva un modo di parlare che definire “sciolto” o “maleducato” sarebbe stato un immenso eufemismo. Anzi credo che definirlo maleducato sarebbe stato ingiusto verso tutte le persone maleducate di questo mondo. Forse sboccato era l’aggettivo giusto… Comunque era un piccolo genio dei computer e di qualunque cosa di meccanico o elettronico esistesse a questo mondo. Due anni fa entrò nel computer del governo e prendendo solo lui sa come il controllo di un satellite governativo mi aiutò a trovare un covo di vampiri che il giorno prima avevano rapito una ragazzina. Quando arrivai era ancora viva, un po’ dissanguata, ma viva. I vampiri erano morti, una storia che parla di magia nera e incantesimi incendiari. Avevo una mezza idea di usare alcol e accendino, ma poi ci avevo ripensato anche perché avevo trovato questo antico e interessantissimo libro di incantesimi con il quale avevo inavvertitamente invocato un drago millenario che era stato imprigionato nelle fiamme dell’inferno perché la sua sola presenza bastava per dare fuoco a tutto quello che aveva intorno. Ho dovuto usare un incantesimo di prigionia per fermarlo, ma è durato solo una quindicina di minuti e poi è successo un finimondo e sono andata molto, ma molto nel pallone. Non capisco neppure io cosa è successo, ho iniziato a scagliare a raffica tutti gli incantesimi che mi venivano in mente. In un modo non del tutto chiaro riuscii a dominarlo e lo rispedii indietro. Di lui mi rimasero due squame: una la porto io al collo, come ciondolo, l’altra l’ho regalata a Nicolas che mi ha ringraziato per avergli offerto uno spettacolo tanto interessante e ha mandato i video su internet. Non ho mai creduto che ha qualcuno potesse interessare vedere dei vampiri morire tra le fiamme, ma dopo quell’episodio ricevetti diverse proposte di lavoro. Nicolas aveva fatto della squama un orecchino, e mi aveva regalato quel cellulare- computer con copertura satellitare che io adoravo; lo aveva costruito lui.
Neanche venti minuti dopo che lo avevo chiamato, Nicolas era arrivato al mio Hotel. Quando sentii bussare alla porta della camera non ebbi dubbi sul fatto che fosse lui, corsi ad aprire pregustando una bellissima giornata: Asher e Nicolas non andavano per niente d’accordo! Per una volta ci sarebbe stato qualcuno a rompere le scatole a lui e lui non le avrebbe rotte a me: la sola idea mi elettrizzava.
Quando spalancai la porta e me lo trovai davanti sgranai gli occhi per la sorpresa: era alto almeno dieci centimetri buoni più di me, quindi contro ogni previsione si era alzato ancora, e portava i capelli sciolti lunghi fino alle spalle e …neri! Un colore davvero insolito per lui. Li fissai un attimo, sembrava che quel nero rilucesse, quasi fosse perlato… No! Cavoli era davvero perlato! Ma dove accidenti aveva trovato un colore simile? Aveva un paio di occhiali viola che si appoggiavano solo sul naso, indossava un paio di jeans sbiaditi stracciati sulle ginocchia e una maglietta nera aderente a collo alto e senza maniche, piegato sul braccio portava un giacchetto di jeans. Come al solito aveva l’orecchino con la scheggia di drago.
-Bel completo.- disse dopo avermi squadrato.
Indossavo un top nero sbracciato che si fermava almeno cinque centimetri sopra l’ombelico, lasciandomi scoperta la pancia, e che sulla schiena aveva disegnato un paio di ali bianche; poi jeans ricamati e guanti che andavano dal polso a poco sotto la spalla.
Mi fissava sorridendomi divertito e con uno sguardo curioso: voleva venire anche lui! Bè, io non avevo niente in contrario, era un buon diversivo.
Gli sorrisi -Bei capelli.-
-Grazie.- rispose educato.
Era sorprendente, non era mai stato educato!
-Come hai fatto a farti un colore simile? E dove lo hai trovato?-
-L’ho creato io stesso.-
-L’hai creato tu??- chiesi scioccata.
-Da bambino adoravo il piccolo chimico.- scherzò.
Lo guardai un istante: Nicolas non aveva poteri, ma compensava ampiamente con il cervello, credo che nessuno fosse un simile genio a questo mondo. I suoi genitori però non erano molto contenti, volevano che lui ereditasse la magia come loro e quindi lo obbligarono lo stesso a studiare la magia, ma a lui non interessava molto. Durante le lezioni leggeva libri di chimica e di meccanica. Era un tipo ribelle e divertente, con cui andavo quasi sempre d’accordo. Gia, perché anche se era un genio sapeva essere un vero idiota a volte, come tutti i ragazzi del resto.
-Posso entrare?- chiese con un sorriso.
Mi feci da parte per farlo entrare nella stanza, lo sguardo accigliato che gli rivolse Asher mi fece sorridere: era più forte di me, non potevo non essere felice che qualcuno gli rompesse le scatole come lui le rompeva a me! Occhio per occhio…
-Che ci fa lui qui?- la voce di Asher era glaciale; dovetti sforzarmi per non ridere.
-Avevamo bisogno di un mezzo di trasporto.- spiegai sorridendo.
Nicolas si diresse verso la sedia dove era sdraiata Shadow e le accarezzò la testa con un dito, lei non si mosse, troppo stanca e addormentata per fare qualunque cosa.
-Ho portato una Gip.- mi informò Nicolas alzando lo sguardo.
-Tu non vieni con noi!- tuonò Asher. Non sono mai riuscita a capire cosa lo irritasse tanto di Nicolas, se il fatto che non potesse fargli del male o il fatto che lui non provasse ne paura ne soggezione nei suoi confronti.
-Non posso?- chiese educato.
Lo fissai con gli occhi sgrananti e un espressione sorpresa. Mi avvicinai a lui e lo scossi un poco -Chi sei tu e dove è finito mio cugino?- chiesi sardonica e scioccata. Lui non era mai educato, mai! Non ero stata io la prima a mandare a quel paese i miei genitori, non letteralmente.
Lui rise divertito. -La mia ragazza non ama il mio linguaggio… libero, diciamo!-
-Ah…- feci allontanandomi da lui. Incrocia le braccia con un mezzo sorriso e lo osservai con l’aria di chi la sa lunga -Ora è tutto chiaro.-
Lui ricambiò il mio sguardo con un sorriso: -Vuoi qualche particolare piccante?- chiese divertito.
-Assolutamente no!- risposi arrossendo.
Lui si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio -Ha un pircing sul…-
Ma non scoprii dove lo aveva perché Asher lo scaraventò via. -Non avvicinarti mai più a lei!- la sua voce era un sibilo. Profonda, fredda e oscura come la notte, congelava il sangue nelle vene e bloccava il respiro. Ma non il mio.
Mi precipitai da Nicolas che era finito sul letto e mi assicurai che stesse bene, poi lo aiutai ad alzarsi lentamente, con attenzione, facendolo appoggiare a me.
-Stai bene? Niente di rotto?- chiesi preoccupata.
-Sto bene.- sul suo volto c’era un espressione divertita, come se si trattasse di uno scherzo di cui non sapevo niente.
Fissai Asher, fulminandolo con lo sguardo, lui mi guardò come se fossi impazzita.
-Che diavolo ti prende?- domandai con tono gelido.
-Quello ti deve stare alla larga.- rispose ancora furioso.
Con un gesto della mano spalancai la porta della stanza, che picchiò con violenza contro il muro. Fu la prima volta che non mi soffermai pensare quanto amassi il potere di muovere gli oggetti con la forza del pensiero, ma visto la situazione era normale. -Fuori di qui! Ora!- ordinai.
Lui uscì in silenzio, palesemente seccato, e sbatté con violenza la porta per richiuderla.
-Moccioso.- sussurrò Nicolas.
Lo fissai. -Che gli prende?-
-Non lo so.- fece con aria innocente.
-Nicolas!- ero veramente seccata e la mia voce suonò severa.
-Ok, lo so!- ammise.
Scese il silenzio.
-Parla!- andavo avanti a olofrasi.
Nessuna risposta.
Bè, che una strega non sappia far parlare con comune essere umano è impossibile. Gli misi la mano davanti alla faccia, con il palmo in alto. Lui la fissò con un mezzo sorriso. - Vuoi che te la legga?-
Mi concentrai e in un istante la fiamma esplose nella mia mano : era una sfera di energia, azzurra e vorticante, non molto potente perché non volevo ucciderlo.
-Vuoi provarla?-
Mi fissò e si accorse che non scherzavo. Scosse la testa e sospirò -Sai quando mi ha chiamato moccioso?-
-Il caso dell’anno scorso?-
-Si. Bè, gli dissi che…- esitò timoroso.
-Cosa?- chiesi per niente contenta
-Ti avrei fatto innamorare di me.- concluse alzando le spalle.
Lo fissai, prima confusa, poi sbalordita, alla fine gridai -TU CHE COSA???????-
-Gia… L’orgoglio maschile è una brutta bestia.-
-Sei… Sei…- ero così furiosa che non riuscivo a formulare un pensiero coerente. -Sei un fottutissimo bastardo! Io non sono un giocattolo!-
Rimase in silenzio sorpreso: io non uso parole simile, mai. Sono stata educata alla perfezione e per quanto cerchi disperatamente di non seguire tutto ciò che i miei genitori mi hanno insegnato, ancora non riesco a resettare la mia memoria.
-Scusa.- sussurrò sommessamente.
I suoi occhi riflettevano più preoccupazione che dispiacere, non so se fosse per me o per il fatto che la sfera sul palmo della mia mano si era drasticamente ingrandita.
Lo fissai come per fulminarlo -Tu non vieni con noi!-
Sembrò dispiaciuto -Ti prego! Gli dico che ho mentito spudoratamente! In fondo siamo cugini, è stato un idiota a credermi!-
-Vero!- assentii -Ma ora sono arrabbiata con te e non ti voglio intorno.-
-Oh andiamo! Non fare la bambina!-
Approccio sbagliato. Gli mollai un ceffone, andai alla porta e la aprii, afferrai il giacchetto e con un gesto richiamai a me le chiavi della Gip che uscirono da una tasca dei pantaloni di Nicolas; poi uscii sbattendo la porta e chiedendomi perché nella mia vita non potesse esserci qualcuno di normale.
Scesi con l’ascensore e arrivai nella holl dell’hotel , praticamente vuota. La mia faccia doveva essere spaventosa perché l’uomo alla recepsion che di solito era molto allegro e cordiale, non mi rivolse la parola e abbassò lo sguardo evitando il mio. Fuori dall’hotel la strada era deserta, anche perché si trovava un po’ isolato dalla città; svoltai nel vicolo a sinistra, di fianco all’edificio c’era un piccolo parcheggio.
Una Gip verde muschio era parcheggiata in un angolo, Asher era appoggiato a uno sportello con le braccia incrociate e gli occhi chiusi.
-Non è successo niente.- disse in tono piatto. La sua non era una domanda.
-Certo che no! È mio cugino! E a proposito: io non sono il vostro giocattolo! Non potete usarmi per mettere a posto i vostri battibecchi!- sbottai furiosa. Ero ancora arrabbiata e tanto.
-Quindi sei arrabbiata con lui.- sentenziò.
-Sono arrabbiata anche con lui!- stetti attenta a sottolineare con molta enfasi la parola “anche”.
-Vuoi rispedirmi in camera?- chiese per niente preoccupato.
Ci pensai su un attimo e lui rimase in allerta, cosa che mi sorprese visto che di solito intuiva ogni mio pensiero. Comunque valutai l’idea attentamente, il problema era che al contrario di Nicolas che dimostrava ventitre anni e in realtà ne aveva ventuno, Asher ne dimostrava quattordici, al massimo quindici, e ne aveva più di cinquecento. E poi era molto, molto pericoloso lasciarlo solo con Nicolas, anche se gli avevo ordinato di non ucciderlo, poteva sempre attaccarlo e non avrebbe usato i guanti di velluto. Senza contare che nell’impresa che mi apprestavo a compiere mi sarebbe servito il suo aiuto.
Sospirai. Troppi ragionamenti, le decisioni avrebbero dovuto essere più semplici da prendere. Fissai Asher che mi osservava in attesa del verdetto: adoravo il fatto che dovesse obbedire ai miei ordini, ma visto che non ero un despota non gliene davo mai, almeno non tassativi.
-Avanti Sali!- bisbigliai seccata, sperando di riuscire a calmarmi. Se le mie emozioni fossero state troppo intense avrei rischiato di non avere il pieno controllo dei miei poteri, il che poteva essere molto ma molto pericoloso.
Salii in macchina e misi in moto, la macchina partì in avanti e picchiai contro il muretto. Frenai bruscamente, poi spensi e tolsi le chiavi stringendole in mano, feci un sospiro profondo: odiavo guidare, mi faceva sentire nervosa e in quel momento lo ero gia per conto mio.
Asher mi fissò. -Ti agiti troppo.- mi fece notare.
-C’è gente che mi fa arrabbiare.- ribattei acida. Non volevo pensare a quello che mi era successo l’ultima volta che avevo perso il controllo dei miei poteri, il solo ricordo mi spaventava.
Asher mi prese la mano e con gentilezza me la aprì, io lo osservai con la coda dell’occhio mentre prendeva le chiavi e scendeva dall’auto.
Aprì lo sportello dalla mia parte. -Guido io.- disse con il solito sorriso incomprensibile.
Non protestai, mi limitai a cambiare seggiolino e a farlo sedere al posto di guida, allacciai la cintura e fissai il cruscotto senza proferire parole. Cercai di meditare e di calmarmi, se le mie emozioni erano instabili anche i miei poteri lo sarebbero stati e l’ultima volta che era successo avevo raso al suolo mezza città, grazie al cielo era una città abbandonata e nessun innocente era morto, anche se per la prima volta in vita mia oltre a un numero imprecisato di vampiri ho fatto fuori anche due esseri umani e questo non mi piaceva per niente.
Mentre l’auto si dirigeva fuori città pensai che la tristezza che sentivo stringermi il cuore era tutta colpa di quell’idiota di mio cugino.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 -La villa dei boschi- ***


Documento senza titolo

Sembra che questo racconto non piaccia molto -.-

Comunque io continuo a scrivere^^!

Capitolo 4

-La villa dei boschi-

Man mano che ci allontanavamo dalla città la vegetazione si infittiva lentamente, gli alberi aumentavano e la strada si faceva sterrata. Mi sentivo ancora spaventata, per quanto trovassi strano aver paura dei miei poteri, e osservavo in silenzio il paesaggio che scorreva. La macchina fece dei sobbalzi dovuti agli alti e bassi della strada non asfaltata sulla quale correvamo, preferivo non guardare il tachimetro, sapevo che come al suo solito Asher stava guidando a una velocità esagerata. Ma la strada si restringeva sempre di più, mano a mano che andavamo avanti, e gli alberi si moltiplicavano mentre l’erba era sempre più alta, ormai il sentiero era praticamente scomparso mentre il navigatore satellitare segnava la strada per raggiungere la casa di Enderson Prisley, il tizio che mi aveva chiamato.
Non so chi fosse e nemmeno che lavoro volesse propormi ma vista la considerevole cifra che mi aveva offerto anche solo per raggiungerlo decisi che valeva almeno la pena di sentire ciò che voleva. Il problema è che la sua casa era praticamente irraggiungibile con i mezzi tradizionali.
Alla fine la vegetazione si infittì così tanto che fu impossibile proseguire con la macchina. Asher si fermò e scendemmo lasciando la Gip davanti a un grande olmo, mi appoggiai al tronco di un pioppo aspettando che chiudesse le portiere a chiave e mi raggiunse. Quando mi fu accanto fissai il navigatore satellitare del mio cellulare: dovevamo proseguire per un bel po’ all’interno della foresta, una prospettiva tutt’altro che allettante. Odiavo camminare! Lo ammetto senza problemi: sono fondamentalmente pigra, lo sono dal più profondo della mia anima e quindi il trekking non è lo sport che fa per me! Asher sbuffò: la pensava come me.
-Dobbiamo inoltrarci per molto?- chiese seccato.
Fissai nuovamente il navigatore e feci un cenno d’assenso.
-Potremmo tornare indietro e svegliare Shadow.- propose, nella sua voce c’era una piccola nota di speranza.
-Asher!- protestai -Shadow è distrutta! Deve riposare!-
-Quindi se non fosse distrutta torneresti indietro anche tu..-
Non era né una domanda né una constatazione quindi non dissi niente, ma il suo tono a metà tra il sarcastico e il divertito mi fece sorridere.
Ci incamminammo fianco a fianco senza più parlare, il silenzio era riempito dai rumori della foresta, era leggero e naturale. Camminavamo da ore avvolti in un atmosfera al limite del surreale, forse qualcuno avrebbe potuto definirla “romantica”, ma accanto a me c’era un demone…
Istintivamente mi voltai a fissare Asher che camminava sfiorandomi la spalla: aveva l’aspetto di un ragazzino ma era incredibilmente bello e il suo passo elegante stonava con la sua immagine, ma non con l’espressione che aveva in viso. Non dissi niente, non mi sarei mai abituata a quell’espressione vuota e insieme dignitosa che gli si dipingeva in viso senza che se ne accorgesse. Per un attimo provai una sensazione profonda, come se non potessi più distogliere lo sguardo da lui nemmeno per un istante. Ansi era più di questo, non solo non potevo, ma non volevo e non ne capivo il motivo, dentro di me sentì crescere la paura.
Continuavo a camminare senza fare attenzione a dove mettevo i piedi e alla fine inciampai in una radice e caddi a terra carponi, fortunatamente non mi feci niente ma mi guadagnai una sonora risata. Scossi la testa distogliendo lo sguardo, quanto mi seccava ammettere che ero attratta da lui, anche solo con me stessa. Non potevo permettermelo, non potevo in alcun modo lasciare che si avvicinasse troppo a me e non potevo affezionarmi a lui per nessuna ragione al mondo. Eppure avevo lasciato che mi incantasse, anche se solo per un istante e senza che facesse niente di preciso. Mi sentii percorrere da un brivido di paura non sapendo se Asher si fosse reso conto di aver avuto anche se solo per pochi istanti pieno accesso alla mia anima. Pregai con tutta me stessa di no e mi alzai pulendomi le mani ai jeans.
-Sto bene, grazie per la premura.- dissi acida. Volevo sembrare naturale.
-Ma se tutte le volte che provo a fare il gentile ti arrabbi.- ribatté con aria pensierosa.
Sembrava non se ne fosse accorto, tra me e me tirai un sospiro di sollievo.
-Tu non fai il gentile, ci provi e basta.- risposi sbuffando.
Ma quanto sapeva essere seccante a volte! Ma quella volta me la ero cercata, mi ero lasciata incantare, come avevo potuto essere così incredibilmente stupida?!
Feci un paio di passi avanti, ma mi sentivo ancora incerta e caddi di nuovo.
-Maledizione!- imprecai. Quanto odiavo sentirmi fragile!
Asher mi afferrò per la vita con un solo braccio, alzandomi di peso. Lo fissai stupita con gli occhi sgranati per la sorpresa.
-Che c’è? Ti ho sollevata altre volte.- chiese con un sorriso.
Aveva in mente qualcosa e io mi misi subito all’erta. Lo allontanai con una spinta e mi appoggiai al tronco dell’albero, incrociando le braccia al petto bisbigliai -Allora non avevi l’aspetto di un quattordicenne.-
-Sei tu che hai voluto che lo avessi.- mi fece notare con tono neutro, sempre sorridendo.
-Come può un quattordicenne alzare una venticinquenne?- domandai fissandolo.
-Anche tu sembri una quattordicenne.- scherzò.
-Idiota!- bisbigliai. Sapevo che mi avrebbe sentito anche se tenevo bassa la voce.
-La forza è un’ universale dei demoni.- spiegò scrollando le spalle.
Lo fissai sorpresa. -Questa mi mancava!-
Si limitò ad alzare le spalle in riposta. Poi il suo sguardo vagò per la foresta.
-Quanto manca?- domandò, il tono di voce vagamente stanco.
-Non molto.- gli assicurai fissando il navigatore del cellulare.
Mi tese una mano che fissai sorpresa.
-Andiamo?- domandò.
Dovevo accettare quella mano? No, era decisamente meglio di no! Almeno per quel giorno non volevo avvicinarmi troppo a lui.
Mi scostai dall’albero e mi addentrai nella foresta seguendo il navigatore. Asher mi seguì, sentivo il suo sguardo sulla mia schiena e mi sforzai di non voltarmi per nessuna ragione al mondo.
Alla fine sbucammo davanti a un ampia altura rocciosa sulla quale anche il più bravo alpinista avrebbe faticato ad arrampicarsi, almeno così sembrava a me. Ma io non mi ero mai data all’alpinismo e non avevo intenzione di farlo in quel momento.
Il navigatore diceva che la casa era vicina e il signor Prisley mi aveva detto che alla sua casa si poteva accedere solo con un aereo, il che voleva dire che quelle montagne la circondavano. Trovai strano che una catena montuosa sorgesse come un cancello intorno alla sua casa, ma pensai che indipendentemente che questo avvenisse per magia o no non erano affari miei.
-Dobbiamo superarlo?- domandò Asher sempre fissandomi.
Forse se ne era accorto.
-Si e stavolta sono favorevole alla distruzione che ami tanto.- risposi facendo un cenno con la mano alla montagna. Che la distruggesse pure per aprire un passaggio, non avevo niente in contrario. -Prego signore.-
-No, non mi va.- la sua espressione era annoiata, ma in fondo ai suoi occhi si scorgeva come una luce.
Si, se ne era decisamente accorto e aveva in mente qualcosa. Meglio non dargli il tempo di organizzarsi, anche se forse a quel punto era troppo tardi.
-Voliamo oltre allora.- proposi, concentrandomi e richiamando il potere dell’aria e del vento, ma prima che potessi finire Asher mi prese in braccio.
-Non puoi volare da sola.- si giustificò alzandosi a mezz’aria e nascondendo un sorriso, ne ero sicura! -Sei gia caduta due volte, se poi perdi il controllo a mezz’aria non fai una bella fine.-
Maledizione ! Maledizione! E ancora maledizione!
-Posso benissimo farcela da sola!- gli dissi divincolandomi.
Lui mi strinse ancora di più a se librandosi in aria, tanto che ormai eravamo a diverse decine di metri dal suolo. Accidenti a lui e accidenti alla mia sbadataggine!
-Non è il caso di fare la bambina. Che vuoi che sia se ti porto io? In fondo ti faccio risparmiare energie. O forse c’è qualche motivo in particolare per cui non vuoi?- il suo tono mentre proferiva questa domanda era morbido, come una carezza, ma aveva anche qualcosa di profondamente scuro. Più che una domanda suonò come un insinuazione.
In quel momento chissà perché mi vennero in mente l’incudine e il martello… Gia, chissà perché…
-Non mi piace essere trattata come una bambina di cinque anni!- era vero, almeno in parte.
-Sono sicuro che sopravvivrai benissimo lo stesso.- rispose con un sorriso smagliante.
Mi stava salendo il nervoso e mi seccava il fatto di essere solo io a provare disagio, non riuscivo a capire per quale ragione volesse stuzzicarmi visto che così mi metteva solo più all’erta. Forse pensava che invece il suo modo di fare gli avrebbe permesso di incantarmi o avvicinarmi di più a lui… I ragazzi sono strani! In questo caso i ragazzi-demone, o i demoni. Non sapevo come collocarlo e questo era spaventoso perché voleva dire che si stava avvicinando e che io dovevo essere più cauta. Uffa, appena stamattina avevo detto di nuovo che non ci sarebbe mai riuscito e ora invece eccomi qui a pensare che Asher si stava avvicinando troppo a me, troppo alla mia anima. Accidenti, in tutti quegli anni niente e ora che accidenti mi prendeva?
Svuotai la mente e cercai di concentrarmi su Asher, io avevo un potere particolare e unico, un potere a causa del quale i miei genitori avevano temuto che diventassi una sacerdotessa oscura: il potere di percepire le ombre e di sfruttare l’oscurità. Era un dono raro e sottile, poteva essere molto pericoloso. Ma in quel momento mi serviva, dovevo trovare l’oscurità per allontanarlo e non ci misi molto a scovarla, come la prima volta. Era buia e profonda, mi dava i brividi e mi sentivo come se non potessi respirare, mi si avvolgeva intorno soffocandomi, sembra cercare il calore e la luce. C’era crudeltà, rabbia e odio, ma anche solitudine e dolore. Poi qualcosa di ardente come la lava, che provocava un dolore tremendo e che sembrava non avere niente di naturale o di caldo. Perché in quel luogo non c’era calore? Semplice perché era un demone.
Stavo per andarmene perché iniziavo ad avere seriamente paura, ma qualcosa mi bloccò. C’erano pochi modi per definire quello che sentii, credo che ciò che si avvicina di più alla sua definizione era tenerezza; una luce piccola ma brillante e calda. Da quando era presente quella luce? Non poteva essere nata da poco. Più mi avvicinavo più la luce diventava calda e lentamente inizia a sentire una canzone. Le parole non erano chiare, suoni confusi e indistinti, nemmeno il tono era comprensibile, ma il ritmo era chiaro e familiare.
Prima che riuscissi a capirci qualcosa Asher mi riportò in me con un bacio. Sussultai sorpresa e sgranai gli occhi , lo allontanai con una spinta, ma lui continuò a tenermi tra le braccia.
-Ma come?- chiese con un ghigno -Non sei felice di essere svegliata con un bacio, principessa?-
-Principessa?- ripetei incredula alzando un sopracciglio, dubitavo fortemente che non si fosse accorto di quello che facevo.
Mi guardai intorno mentre Asher camminava: eravamo atterrati e io nemmeno me ne ero accorta. Ci trovavamo nel centro di un gigantesco giardino, le aiuole e gli alberi erano perfettamente potati, l’erba del prato era tagliata corta e ben tenuta. Due grandi fontane spiccavano ai due lati opposti del giardino, lontane un centinaio di metri dal sentiero di ghiaia bianca che Asher percorreva in silenzio con me in braccio. Le fontane erano identiche e sembravano essere di marmo bianco, al centro c’era un complesso di statue composto da due sirene sedute ai piedi di un scoglio dal quale la statua di una bambina con un vaso stava in piedi, dal vaso usciva l’acqua che cadeva nella fontana in un ciclo continuo.
Infondo alla strada c’era – e non scherzo- un castello. Era grandissimo, immenso, sembrava quello delle favole in cui ti immagini viva una principessa, ma non so perché ma mi diede i brividi.
-La miseria!- feci incredula, incapace di trattenermi.
Asher sorrise alla mia esclamazione e credo anche alla mia espressine scioccata.
Normalmente gli avrei detto di mettermi a terra all’istante, ma in quel momento ero troppo presa dal castello, mi sembrava ancora irreale. Era tutto bianco, con due torrioni davanti e due dietro, non avrei saputo dire di che materiale fosse fatto ma di qualunque cosa fosse riluceva riflettendo i raggi del sole. Fui percorsa da un altro brivido e per la prima volta in vita mia mi strinsi ad Asher, non perché cercassi calore o conforto, ma perché per la prima volta in vita mia avevo paura e sapevo che avrei potuto seriamente contare su di lui e sinceramente non avrei saputo dire perché. Asher mi strinse a se con delicatezza, come se temesse di farmi del male; io continuavo a guardare avanti evitando il suo sguardo, che ero certa sarebbe stato sorpreso.
Nelle mie orecchie risuonava ancora il ritmo lontano della canzone che avevo ascoltato nel cuore di Asher, mi sentivo vagamente più tranquilla quando arrivammo davanti alla porta del castello.
-Puoi mettermi a terra.- suonò come una richiesta il che andava più che bene visto che in quel momento mi sentivo incredibilmente confusa.
Asher mi mise a terra senza proferire parola, era la seconda vola che faceva quello che gli chiedevo senza dire niente quel giorno, la cosa iniziava a diventare strana.
Bussai alla porta perché non vidi nessun campanello e attesi un risposa con Asher al mio fianco che continuava a fissarmi in silenzio. Mi spazientii subito.
-Che c’è?- sbottai palesemente seccata.
-Niente.- la sua voce era sussurro carezzevole e triste.
Come era possibile? Mi voltai a fissarlo stupefatta, il suo sguardo era vuoto e fisso innanzi a se, perso chissà dove. Non potevo riafferrarlo. Per la prima volta la sua espressione era triste, malinconica quasi e per un attimo mi mozzò il fiato. In quel momento, con l’aspetto di un quattordicenne e i capelli scompigliati per il volo, mi appariva per la prima simile a un essere umano ed era bellissimo perché quella piccola luce in quel momento splendeva avvolgendolo. Per la prima volta in vita mia provai il desiderio di abbracciarlo, di stringerlo forte a me e cancellare quella tristezza. Feci un passo indietro e mi allontanai da lui. In otto anni non mi ero mai avvicinato a lui così tanto come in quel momento! Quella giornata era davvero una giornata assurda, era iniziata male e stava continuando peggio!
Cavoli! Cavoli! E ancora cavoli! Avrei quasi voluto imprecare come un camionista, come faceva sempre Nicolas, di solito poi sembrava calmarsi. Invece le maledettissime lezioni di bon ton che i miei mi avevano costretto a prendere mi impedivano di sfogarmi.
Un uomo in giacca e cravatta venne ad aprirci la porta interrompendo i miei pensieri. Era alto e moro, i capelli ordinatamente sistemati all’indietro e gli occhi spenti, in mano aveva una valigia e la mia prima impressione era che fosse un maggiordomo.
Ci fissò sorpreso.
-Lor signori desiderano?-
“Lor signori”????? In che anno eravamo? Nel settecento?
Tentai di rimanere seria e percepii l’oscurità profonda di Asher avvolgerlo di nuovo. Che accidenti stava succedendo?
-Sono Ester Rolands.- mi presentai -Questa è la… casa… del signor Enderson Prisley?- com’era riduttivo chiamarla casa!
Il maggiordomo fece un passo indietro -Il signor Prisley la stava aspettando signorina Rolands.-
Io e Asher entrammo in silenzio, il salone era immenso, gigantesco e tirato a lucido, perfettamente ordinato. Non c’era niente a parte una rampa di scale e un corridoio che dava al secondo piano.
Improvvisamente delle urla irruppero nella stanza distruggendo il silenzio.
-PORCO!- gridò, la voce stridula per la rabbia, o almeno così speravo per lei.
-Credo tu la stia prendendo nel modo sbagliato.- la voce dell’uomo era misurata e calda. Come poteva essere?
-SEI ANDATO A LETTO PERFINO CON MIA SORELLA!- continuò.
Si sentiva il rumore dei tacchi sul pavimento farsi più forte, si stava avvicinando. Infatti in cima alle scale intravidi la donna: aveva i capelli biondi e lunghi, indossava una camicia rossa con una minigonna nera.
-Ma sembravi proprio tu nel buoi della stanza.- si giustificò l’uomo.
Che idiota!
La ragazza venne completamente fuori dal corridoio e iniziò a scendere le scale: era molto carina; aveva un viso semplice, con solo un filo di trucco, occhi azzurri e avrà avuto si e no ventidue anni.
-Oh, ma guarda!- fece dopo avermi adocchiata -Se ne è gia trovata un'altra.-
La fissai incredula: io non ero tipo da avere relazioni simili e credevo si vedesse.
-NON VIENI A INTRATTENERE LA TUA OSPITE?- gridò.
L’uomo si affacciò al balcone e lo vidi distintamente. Era alto, capelli lunghi, rossicci e mossi, gli occhi sembravano verdi, ma non ne ero certa, il fisico asciutto e slanciato, vagamente muscoloso. Mi fissò senza dire niente.
-Immagino sia la diciannovesima.- continuò acida abbassando un po’ la voce, ma restando comunque perfettamente udibile.
-Veramente non ho ancora avuto il piacere.- dissi cercando di essere cortese e educata.
Lei si girò a guardarmi -Bè, è una delle poche!- commento. Poi si girò a fissare nuovamente l’uomo. -Anche se sinceramente “il piacere” non lo ha dato neanche a me.- e così dicendo si voltò verso il maggiordomo e afferrò la sua borsa, poi se ne andò sbattendo la porta.
Io faticai e non poco per non scoppiare a ridere, non mi sembrava il caso di offendere il padrone di casa. Asher non si pose questo problema, scoppiò a ridere divertito e indifferente allo sguardo dell’uomo che dall’alto ci fissava con curiosità.
L’uomo scese dalle scale con una camminata elegante e dignitosa e arrivato davanti a me fece un elegante baciamano, senza ovviamente toccarmi la pelle con le labbra.
-Buonasera, immagino lei sia la signorina MecCallister.- disse fissandomi con i suoi occhi di smeraldo
Mi irrigidii all’istante: come faceva a conoscere il mio vero cognome? Di solito usavo quello di mia madre perché la sua famiglia era meno nota, sebbene più antica, nel mondo dei maghi. Andare in giro a presentarsi con il cognome MecCallister voleva dire attirare l’attenzione in modo molto più che morboso, perché la famiglia di mio padre oltre ad essere antica, potente e famosa, era conosciuta non solo per l’episodio di mia sorella, ma anche perché alcuni secoli fa una delle sue esponenti, che di fatto nell’albero genealogico aveva fatto la mia stessa fine, era diventata la sposa di un vampiro. Come ho gia detto nessuno ne parla mai e il nome della suddetta ragazza era stato depennato dall’albero genealogico e lei era stata praticamente ripudiata. Sinceramente non capisco come abbia fatto ad innamorarsi di un morto o cosa le fosse passato per la testa quando aveva deciso di andarsene con lui, ma si sa, le ragazze innamorate sono strane! Tutte le famiglie hanno i loro scheletri nell’armadio, la mia ne ha diversi e neppure io li conosco tutti, ma visto che sono praticamente stata ripudiata non avrebbero dovuto interessarmi. Ammetto che a volte soffrivo per quell’atteggiamento dei miei genitori, ma mia sorella era tutto per me e loro questo non l’hanno mai capito. Nel loro continuo girovagare per convegni, feste e seminari non si sono mai occupati né di me né di lei, proprio per questo era diventata tanto importante per me. Lei era la mia unica famiglia e solo su di lei sentivo di poter contare davvero, per questo mi ero tanto intestardita.
-Come conosce il mio nome?- chiesi uscendo dalle mie riflessioni.
-Io so molte cose.- rispose tranquillo
Sorrise sempre sereno e improvvisamente mi accorsi che non era umano. Non ci avevo fatto caso, ero distratta da troppi pensieri -tutti riguardanti un certo demone- e non avevo prestato attenzione a ciò che avevo davanti. Che idiota! Mi ammonii in silenzio, cercando di identificare cosa fosse quell’uomo.
Non era umano e quello era chiaro, ma la sua oscurità era simile a quella umana e celava molta rabbia e dolore. Aveva una consistenza, anche se era pallido come un cadavere e avrei giurato che di fatti non era vivo, ma non era un vampiro. Assolutamente no! I vampiri li riconosco all’istante ormai! Quello era qualcos’altro, qualcosa di simile a uno spirito ma con una consistenza solida. Mi veniva in mente solo una cosa così: un “Demian”! E se quello era un demian pregai con tutto il cuore che non ce l’avesse con me. I demian sono spiriti, ma diversi dai fantasmi per molte cose: molti fantasmi di quelli che infestano la terra sono innocui, più che fantasmi veri e proprio si tratta di frammenti di coscienza, raramente ce ne sono di pericolosi e solitamente non fanno del male a nessuno più perché non possono che perché on vogliono, i fantasmi infatti non hanno consistenza. Ma i demian si. Sono spiriti nel vero senso del termine e come tali acquistano consistenza grazie alle emozioni, ma non è come avere un corpo. Non sono caldi, non hanno sangue né lacrime e raramente provano altri sentimenti oltre a quelli che li hanno spinti a diventare ciò che sono. Solitamente si diventa Demian quando si muore in modo innaturale, il più delle volte di morte violenta. Non sempre si tratta di omicidio, a volte si diventa demian anche dopo un suicidio. Solitamente l’anima non riesce a lasciare la terra perché è troppo carica di rabbia o di odio, è molto raro che un anima carica di sentimenti positivi non raggiunga l’aldilà. Comunque questi sentimenti crescono facendo acquistare all’anima di per se incorporea e a mala pena visibile una consistenza solida e instabile. Solitamente i demian hanno pochi poteri tra cui c’è l’empatia, la capacità di attraversare i muri o di spostarsi da un luogo all’altro con la forza del pensiero. Poi un'altra dote, la più pericolosa, la capacità di essere “effervescenti” dovuta per l’appunto alla loro instabilità, loro possono uccidere, ma nessuno può uccidere loro, in nessun modo perché non possono essere toccati se non vogliono.
Il silenzio che riempiva il salone accompagnando queste mie riflessioni mi faceva venire i brividi e mi rendeva ansiosa. Lanciai un occhiata ad Asher chiedendomi se si fosse accorto di chi avevamo davanti, ma la sua espressione vuota e disinteressata non mi permetteva di intuire i suoi pensieri. Rimasi in silenzio fino a quando non ne potei più.
-Ha intenzione di dirci perché siamo qui o dobbiamo restare nell’ingresso a fissarci per il resto della giornata?- il mio tono era seccato, volevo fare la dura e solitamente mi riusciva abbastanza bene.
Il sorriso che gli si dipinse in volto era a dir poco divertito.
-Certo. Prego seguitemi.- disse avviandosi verso una porta alla nostra destra.
-No.- lo bloccai, non mi fidavo praticamente per niente.
-Prego?-
-Non può semplicemente dirci cosa vuole così se non accettiamo ce ne andiamo via subito? La strada da qui al mio hotel è piuttosto lunga.- la mia voce era piatta. Tentavo di sembrare dolce e innocente nel dirlo, contrastando con la mia versione “dura” di poco prima. La coerenza non era mai stata il mio forte, lo ammetto. La testardaggine si, però.
-Sono spiacente, ma non sono io che l’ho chiamata.-
-Lei non è il signor Prisley?-
-No, sono solo uno dei suoi tanti… servitori..-
Pronunciò la parola “servitore” con esitazione e una punta di rammarico.
Ora ero decisamente spaventata, avevo un gran voglia di fuggire via, lontano da quella casa e da chiunque fosse il suo proprietario. Neppure io sarei mai riuscita ad assoggettare un demian, quel tipo doveva essere davvero molto, molto potente e io non ci tenevo affatto a conoscerlo perché avevo un brutto, bruttissimo presentimento. Il problema era come liberarmi da quella situazione senza sembrare troppo allarmata.
-Dai, andiamo!- fece Asher -Mi sto annoiando! Diamoci una mossa a conoscere questo tizio e torniamo indietro, ho lasciato un giocattolo promettente in hotel.-
Non commentai: definire mio cugino un giocattolo era il meno, visto che di solito gli affibbiava nomignoli peggiori. Senza contare che in quel modo mi aveva lasciato una comoda via di fuga.
-Potremmo andare adesso se ci tieni.- feci con noncuranza.
Dentro di me gridavo di gioia: andiamo via! Andiamo via!
-Ci tengo.- rispose Asher incamminandosi verso la porta.
Il demian si parò davanti al portone impedendoci di uscire, Asher lo fissò con sguardo innocente, sembrava proprio quello di un ragazzino, dolce e ingenuo.
-Il signore ci tiene a conoscerla signorina MecCallister.- disse con voce ferma l’uomo, che non toccò Asher. A quanto pare non si era accorto di ciò che era e non voleva fare del male a un ragazzino.
Sospirai. Ero fregata! Cavoli quando mi seccava ammettere che non avevo vie di fuga! Ma non c’era niente da fare, dovevo conoscere quel tipo per andarmene, un prospettiva per niente allettante. Feci un cenno di assenso con la testa e insieme ad Asher seguii quell’essere tutt’altro che rassicurante.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 -Enderson Prisley- ***


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Capitolo 5

-Enderson Prisley-

-Posso sapere il suo nome?- domandò Asher mentre seguivamo il demian su per le scale del primo piano. Era educato, recitava la sua parte alla perfezione.
-Craig Loweton. E tu piccolo?- chiese con un sorriso.
A quanto pare gli piacevano i bambini.
-Asher Reinold- disse con un sorriso amichevole.
Sembrava davvero un ragazzino di quattordici anni e sembrava umano, mi sforzai per non dimenticarmi che era un demone. Comunque stava facendo un buon lavoro, il nome di quel tipo poteva risultare utile. È vero che non si potevano uccidere, ma era anche vero che si potevano esorcizzare, il che equivaleva ad ucciderli perché li si liberava da tutti i sentimenti negativi che li tenevano legati a questo mondo. Certo c’era il piccolo nonché significativo dettaglio che io non ero brava con esorcismi e purificazioni. Non che non le avessi studiate, credo non esista a questo mondo cosa alchemica che io non abbia studiato o letto, solo che non erano il mio forte. Insomma, eravamo nei casini! Punto! Non ha senso farla lunga. Se quel tipo voleva farci fuori c’era una più che certa possibilità che ci riuscisse. Nemmeno Asher avrebbe potuto fare qualcosa, era un demone e i demoni non vanno molto d’accordo con quel tipo di incantesimi.
-Reinold? - ripeté Creig confuso -Non avete lo stesso cognome.- constatò poi sorpreso. -Pensavo foste fratelli.- commentò infine.
-Invece siamo amanti!- disse tranquillo Asher.
Aprii bocca come per dire qualcosa, congelata nell’atto di salire l’ultimo gradino delle scale e fissai Asher sconvolta. “Siamo amanti? Ma che sei cretino?” avrei voluto gridargli, ma mi limitai a richiuderla senza proferire parola. Scossi la testa incredula. Noi non eravamo amanti e non lo saremmo mai stati! Mi rifiutavo dal più profondo del mio cuore!
Craig rise divertito, pensava fosse stata una battuta per irritarmi, dal canto mio se così fosse stato ci sarebbe riuscito. Scoccai ad Asher uno sguardo irritato e lui ricambiò con altrettanta irritazione, ma eravamo irritati per motivi diversi.
Arrivammo infondo al corridoio dalle pareti color crema e dal soffitto riccamente affrescato. Craig aprì la porta di mogano sulla destra, poi si fece da parte per farci entrare. La stanza era un grande studio con una vasta libreria e una scrivania di legno con sopra appoggiato un porta penne di legno intagliato, un a lampada con base di legno scuro e corpo d’argento con il disegno di foglie d’acero e di fiori che sembravano boccioli di orchidee. Ai lati delle pareti stavano delle grandi librerie piene di volumi spessi, non so perché ma dubitavo fortemente che qualcuno li avesse anche solo sfogliati.
Un uomo sulla sessantina se ne stava tranquillamente appoggiato allo schienale della sua comoda sedia nera imbottita e ci fissava con serenità. Era grasso e sembrava anche basso, ma l’espressione era stranamente amichevole. Aveva i capelli neri con delle ciocche grigie ordinatamente pettinati all’indietro e un piccolo accenno di barba. Indossava un completo grigio con una camicia bianca e cravatta grigia con una fantasia a righe blu, i suoi vestiti sembravano di seta. Alle maniche aveva dei gemelli d’argento che si intonavano con il ferma cravatta sempre d’argento. Si alzò quando entrammo, venendoci incontro e rivelandosi alto all’incirca quanto me.
-Piacere, sono Enderson Prisley.- si presentò tendendo la mano grassoccia, aveva una voce profonda, ma non melodiosa come lo erano di solito le voci profonde. Era raschiante e aveva un che di oscuro, mi sorpresi a valutare la sua voce, di solito non ci facevo mai caso.
Lo fissai, senza fare e dire nulla, Asher fece un passo avanti e la strinse.
-Asher Reinold.- si presentò educatamente, era strano vederlo comportarsi in modo tanto educato.
Osservai la scena in silenzio e da un certa distanza. Non mi fidavo. Non so perché, ma quel tipo aveva un che di malvagio, lo sentivo. L’oscurità in lui non era profonda come quella di Asher, ma c’era da dire che Asher era un demone mentre quell’umom era un semplice essere umano. Era comunque un oscurità fitta e fredda.
Si voltò verso di me ignorando Creig e Asher e mi fissò intensamente con i suoi occhi color cenere. C’era qualcosa nel modo in cui mi fissava che non mi piaceva, era come quando un uomo guarda una macchina nuova che lo affascina terribilmente e che vorrebbe comprare, ma che non è certo di riuscire ad avere. Non mi guardava come si guarda un apersona o una ragazza, ma come si guarda un arma o un oggetto.
-Finalmente la incontro…- disse, il tono carezzevole, che a mio parere aveva un che di viscido. -Per me è un vero onore conoscerla. Ester, Amelia, Eleonor, Lucy, Sara, Silvia Rolands MecCallister.-
Lo fissai per niente felice, pronunciò il mio nome completo, cosa che nemmeno io facevo mai, e lo fece come estasiato. Mi diede i brividi.
Non era uno stregone e nemmeno un demone, ne ero sicura perché non era potente altrimenti avrebbe riconosciuto Asher, e poi non sentivo la sua magia in modo abbastanza forte. Anzi era più di questo, era come se quella magia non fosse veramente sua, ma questa era una cosa impossibile! Di chi avrebbe dovuto essere? Comunque era molto debole. Ma allora cos’era? Uno sciamano forse… Così avrebbe indubbiamente avuto un senso. Gli sciamani dominano gli spiriti, quindi per loro avere un controllo di un demian non è troppo complicato se il demian non è molto potente. E Creig era potente? Non ne avevo idea. Gli sciamani sono legati agli spiriti quindi con i vivi non sono molto esperti, era molto difficile che riuscisse a capire che Asher era un demone, poteva arrivare a chiedersi perché non aveva un anima, ma non era detto che capisse l’autentico motivo.
“Ok, facciamo velocemente il punto della situazione: sono in un castello, con un demian e uno sciamano che vogliono Dio solo sa cosa da me e a mio favore oltre ai miei poteri ho solo un demone…” pensai tra me e me “Sono fregata!”
-Cosa posso fare per lei signor Prisley?- chiesi in tono formale.
-La prego, mi chiami Enderson.- mi rispose amabilmente lui.
Incrociai le braccia sul petto, non me ne fregava un accidenti di come chiamarlo, volevo solo andarmene via di lì il più velocemente possibile.
-Bè, vedo che non le piacciono i convenevoli.- aggiunse cautamente.
Non replicai, mi limitai ad addossarmi alla parete senza staccargli gli occhi di dosso. Era davvero uno sciamano? Non sentivo nessuna magia ancestrale provenire da lui e questo era strano. Mi concentrai ancora di più cercando di percepire anche la più piccola connessione, ma niente! Vuoto totale e assoluto! C’era più vita nel deserto. Come era possibile? Mi senti spiazzata. Se non era lui lo sciamano allora chi accidenti lo era? Chi comandava Creig? Oppure Creig stava con lui per un qualche motivo… Ma quale poteva essere questo motivo? Non lo capivo. La situazione era troppo strana e confusa e mi stava facendo venire mal di testa, come se gia non lo avesi!
-Cosa vuole da me?- chiesi ancora.
-Ha fretta di andarsene?- domandò.
Ci pensai un attimo: dovevo dire la verità oppure mentire? La situazione era decisamente strana e anche dicendo la verità dubitavo che sarebbe cambiato qualcosa quindi perché fingere? -Sono in una casa quasi inaccessibile in mezzo ai monti.- iniziai -Con un demian…- e a queste parole Creig si irrigidì visibilmente, credeva forse che non me ne sarei accorta? -…e un tizio dall’aspetto poco rassicurante, senza offesa. Ieri sera ho preso una sbronza pazzesca e ora tutto ciò che voglio è un’aspirina e una bella dormita.- conclusi.
-Io sarei un tipo poco rassicurante?-chiese Prisley con innocenza.
-Oh, pensava parlassi di lei? Io mi riferivo al suo maggiordomo.- dissi sarcastica, poi mi ricordai: il maggiordomo! Analizzai con i miei poteri tutta quella immensa casa e lo trovai, avevo una strana abilità a riconoscere l’aura delle persone, anche perché questa conteneva la loro oscurità, quindi non ebbi problemi a rintracciarlo. Mi concentrai su di lui e vidi che avevo ragione a metà: quell’uomo non era uno sciamano, era un alchimista. Fui percorsa da un brivido, cosa ci facevano un demian, un uomo d'affari e un alchimista nella stessa casa? Sembra l’inizio di una delle stupide barzellette che raccontano in tv!

Non so che dirvi, ma se qualcuno la legge sarebbe così gentile da commentarla?

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 -Trappola e separazione- ***


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Capitolo 6

-Trappola e separazione-

 

Il signor Prisley tornò alla sua scrivania e si mise a sedere sulla poltrona, poi tirò fuori una valigia da sotto il tavolo e me la aprì davanti agli occhi: era piena di soldi. Sgranai gli occhi per la sorpresa, se pensava di comprarmi con tutti quei soldi, bè aveva ragione. Ovviamente questo a meno che non si trattasse di qualcosa di assolutamente illegale o immorale o entrambe le cose.
-Voglio che lei catturi un vampiro per me.- disse chiudendola.
-E lei mi vuole pagare…?-
-Tre milioni di dollari.-
Avrei voluto dire con un allegro sorriso “Affare fatto!”, ma non mi fidavo. I soldi non sono tutto nella vita e la pelle vale più di qualunque cifra possano pagarti!
-Ok, lei mi vuole pagare tre milioni di dollari per catturare un vampiro. Perché?- domandai, per quella cifra ne avrei felicemente sterminato una colonia, ma catturarne uno suona strano, troppo strano.
-Non sono affari suoi.- rispose secco.
-Io i vampiri li ammazzo, se vuole che le porti un vampiro vivo mi deve come minimo spiegare il motivo.- insistetti, portare un vampiro vivo da qualche parte non è esattamente la cosa più semplice del mondo: puoi finire molto, ma molto male. Una vocina dentro di me continuava a dirmi: scappa via!
-Sono questioni personali signorina Ester.- riabbatté lui.
-L’ultimo che mi ha risposto in questo modo ha tentato di farmi fuori.- raccontai con tono affettato. Perché non c’era niente di normale nel mio passato?
L’uomo mi fissò come aspettando che continuassi, ma io non avevo altro da dire. Feci un cenno ad Asher che si avvicino a me lentamente e con indifferenza.
-Se le cose stanno così, noi ce ne andiamo.- dissi seccata, il desiderio di fuggire lontano da quella casa era diventato mano a mano più intenso e continuavo ad avvertite un imminente pericolo che però non si presentava.
-La prego di aspettare, signorina MecCallister.- disse lui in tono lamentoso.
-Cosa vuole ancora.-
-Le offrirò il doppio se vuole, ma deve portarmi qui un vampiro vivo.-
-Lei mi offre sei milioni di dollari per portarle qui un vampiro vivo?- ripetei incredula: quello o era pazzo o aveva qualcosa in mente. Solitamente i tipi così hanno l’una e l’altra caratteristica e questo li rende estremamente pericolosi.
Non avrei saputo dire perché ma qualcosa in quel momento dentro di me gridava in modo assordante, una voce che non era una voce vera e propria ma che comunque mi gridava di andarmene in modo concitato, quasi fosse un urgenza , un bisogno impellente. Avevo imparato da tempo che quella voce raramente sbagliava.
-Mi dispiace.- dissi distratta -Ma dobbiamo proprio andare.- afferrai la maniglia della porta e sentii un tonfo alle mie spalle.
Mi voltai di scatto: il signor Prisley si era alzato in piedi tanto velocemente da far cadere la sedia.
-La pregò!- gridò -Quel vampiro ha ucciso mia moglie.-
Mi bloccai, capivo fin troppo bene cosa si prova quando un mostro ci porta via ciò che amiamo, ma gli occhi di quell’uomo non esprimevano né dolore né perdita e sicuramente non desideravano vendetta. Senza contare che prima aveva detto “un” vampiro e non “quel” vampiro.
-Sta mentendo.- mi limitai a dire. Mi voltai di nuovo intenta ad andarmene, ma qualcosa mi blocco contro la mia volontà, benché non ci fosse nessuno ad afferrarmi per impedirmi di farlo, non riuscii a muovere più nemmeno un muscolo. Poi d’improvviso mi sentii soffocare, mi accasciai al suolo boccheggiante mentre Asher si allontanava da me continuando a fissarmi, sembrava preoccupato e a me sembrava strano che lo fosse, ma in quel momento non avevo tempo per questi pensieri. Ai miei piedi si allargò un cerchio con all’interno una configurazione magica dall’accecante luce verde. Non riuscii a capire che tipo di cerchio fosse, ma sentivo le forze abbandonarmi e qualcosa di pesante soffocarmi, come se mi stessi strozzando con qualcosa che avevo mangiato. Era una sensazione insopportabile, ma era solo una sensazione, infatti quando provai a respirare ci riuscii, ma la testa iniziò a girarmi sempre più forte e la sensazione di essere in una pressa si fece sentire pian piano in modo marcato. Cercai con gli occhi Asher ma non lo vidi nella stanza e sperai con tutto il cuore che fosse andato a cercare quello che mi stava facendo quell’incantesimo. Prima che mi si annebbiasse la vista vidi delle catene salire verso di me e imprigionarmi, sembravano quasi d’argento, ma rilucevano di una luce verde e soprannaturale che non prometteva niente di buono, poi sentii come se qualcosa mi fosse ricacciato a forza dentro. Era una sensazione quasi dolorosa, la testa non smetteva di girarmi e le gambe non mi reggevano più: non riuscivo nemmeno a stare in ginocchio. Mi lasciai cadere per terra sentendo un brivido percorrermi tutto il corpo, poi un dolore fortissimo e acuto mi colpì all’improvviso. Persi i sensi e l’oscurità mi avvolse dolce e benefica, per la prima volta nella mia vita fu così che la vidi…

Non saprei dire quanto tempo dopo riaprii gli occhi. Davanti a me c’erano delle tende bianche dal tessuto leggero, quasi trasparente: erano le tende di un baldacchino. Stavo in una posizione scomoda, come se stessi in braccio a qualcuno, ma non riuscivo assolutamente a muovermi, il corpo intero mi faceva troppo male. Solitamente a questo punto nei film o nei libri si dice che non si ha un idea precisa di quello che ci è successo. Sono mortificata, ma io avevo un idea più che chiara di tutto quello che mi era accaduto, l’unica cosa che non sapevo è tra le braccia di chi stavo. Alzai la testa e incontrai due occhi scarlatti che incrociarono i miei e che sorrisero beffardi: mi avrebbe preso in giro, come suo solito. Solo che stavolta non avevo davvero la forza per sopportarlo.
-Asher…- sussurrai piano, non riuscivo a parlare a voce alta. Sentivo la gola secca e dolorante come se avessi un raffreddore, avevo anche perso la voce. Tentai di muovermi, ma come piegai un braccio mi uscì un rantolo di dolore. Qualcuno aveva sigillato i miei poteri e mi aveva bloccato, ma non era stato molto attento nello sciogliere l’incantesimo di bloccaggio perché ora a ogni movimento il corpo mi faceva un male assurdo! Maledii mentalmente chiunque fosse stato e mi ripromisi di maledirlo veramente non appena avessi avuto di nuovo i miei poteri.
-Sembra che abbiamo a che fare con un incompetente.- disse lui in tono acido.
Lo fissai con un mezzo sorriso, sapevo che non si riferiva a me, ma a quello che mi aveva ridotto così. “Incompetente” però non era il termine esatto, in fin dei conti mi aveva comunque tolto i miei poteri. Asher aveva riassunto il suo solito aspetto adulto, era incredibilmente attraente e indossava una maglia meravigliosamente attillata: era questo il problema! Era troppo vicino! Mi sentii in imbarazzo e non seppi dire il perché, anzi si: la maglia gli metteva in evidenza ogni perfetto muscolo del torace. Uffa! Perché doveva essere così immensamente attraente?
Asher si chinò a baciarmi e io rimasi immobile, non potevo muovermi anche se avrei tanto voluto tirargli un pugno. Che cosa mi tratteneva? Se mi fossi mossa avrei sentito un dolore pazzesco! Quando mi aprì praticamente a forza la bocca però ero tentata di tirarglielo comunque, dolore o no, ma al contrario di quel che pensavo non sentii la sua lingua, ma la sua energia. Mi entrò dentro permeando tutto il corpo con delicatezza e facendo svanire gli effetti dell’incantesimo.
Mi allontanai da lui con una spinta e caddi all’indietro, mi aspettavo di battere una testata, invece finii semplicemente su un materasso. Ora che potevo muovermi mi guardai meglio intorno: eravamo su un grande letto a baldacchino, la stanza sembrava una camera da letto ed era completamente vuota a parte noi due. Il primo impulso fu quello di scappare, dopotutto eravamo in territorio nemico. Andai al bordo del letto e scesi, scattando in piedi, ma fui subito assalita da un capogiro e dalla nausea, stavo per cadere quando delle braccia mi strinsero sorreggendomi. Asher mi prese nuovamente in braccio, posandomi sulle sue ginocchia, io chiusi gli occhi e nascosi la testa nell’incavo del suo collo.
-Che mi sta succedendo?- domandai, nella mia voce c’era una discreta nota di isteria e di paura.
-Sei molto debole e non puoi più usare la magia.- disse lui -Almeno per ora.- aggiunse in un sussurro bassissimo che celava in un oscuro presagio, ovviamente rivolto a chi mi aveva privato dei miei poteri.
-Che facciamo?- domandai a voce bassissima.
-Oh, bé… una proposta interessante ce l’avrei.- disse con voce sensuale.
Gli diedi una pacca sul petto, ma non mi allontanai, non volevo sentirmi nuovamente male… o forse era solo una scusa. Sperai di no.
-Devo dire che se quando stai male sei così tenera e indifesa allora vorrei che stessi così per sempre.-
-Io no!- feci allontanandomi da lui, o almeno provandoci, perché mi sentii subito male e mi lasciai di nuovo andare contro il suo petto.
-Credo sia meglio che non ti muova.- la sua voce suonò divertita in maniera irritante.
Lo fissai accigliata. -Non approfitteresti mai di questa situazione, vero?- domandai, accorgendomi però che una piccola parte di me –una parte molto, molto, ma molto piccola e remota- lo sperava, almeno un po’.
Lui si avvicinò e mi baciò di nuovo, stavolta non voleva trasmettermi energia, almeno non nel senso esoterico del termine. Lo spinsi via ma lui non mi lasciò, continuava a fissarmi con un sorriso che definire malizioso era un eufemismo. Scossi la testa, ma fu una pessima idea: venni assalita dalle vertigini. Accidenti! Quell’incantesimo mi aveva ridotto veramente male! Asher mi strinse di nuovo a se con gentilezza: c’era decisamente qualcosa di strano in quello che stava succedendo, lui non era mai così gentile!
-Asher che cosa succede? Perché ti comporti così?- domandai, il mio tono di voce incredibilmente basso per via del dolore alla gola.
Asher non rispose ma iniziò ad accarezzarmi lentamente la schiena. Ok, stava succedendo qualcosa di veramente troppo strano: non è che stavo morendo?
-Asher?- chiamai piano. Sentivo il battito del suo cuore, calmo e rassicurante, stare così vicino a lui iniziava ad innervosirmi e piano, piano mi sentivo sempre più attratta da lui.
-Devo andare via.- iniziò, senza proseguire: aspettava una mia azione.
Non dissi niente perché non avevo idea di cosa dire, il silenzio durò dieci minuti buoni. -Pensi di andare avanti o deve venirmi un illuminazione? Perché sai, se aspetti che mi venga la tua sarà un attesa molto lunga.- feci sarcastica. -Non ho più i miei poteri.-
Lui sorrise, per una ragione non chiara la visione di quel sorriso mi scaldò il cuore e questo mi spaventò un attimo, ma poi mi calmai: stavo male e Asher era l’unica faccia amica presente, era normale che mi sentissi al sicuro con lui. Questo non significa che sarebbe riuscito a “corrompermi”, che sia chiaro! O forse si. Accidenti che confusione! Ma era inutile preoccuparsene in quel momento.
-Devo andare a catturare un paio di vampiri.- disse, la sua voce suonò molto bella, mi sembrava il suono più bello che avessi mai sentito.
-Cosa?- domandai sempre più confusa. -Non possiamo andarcene e basta?-
-No, tu non puoi muoverti perché stai male e perché ti hanno legata a questo posto con un incantesimo.-
-Asher che succede?- chiesi di nuovo, non riuscivo a mantenere la concentrazione a lungo e il suono della sua voce mi confondeva.
-La strega che ha sigillato i tuoi poteri ti ha anche legato a questo luogo.- spiegò pazientemente, la sua voce era dolce.
-Era così potente?- domandai confusa.
-No, ma ad aiutarla c’erano una fata e un sciamano.- raccontò con una punta di irritazione nella voce. Non gli piaceva chi non se la sapeva cavare da solo.
-Cavoli che trio!- feci ironica
-Il posto è pieno di licantropi.- continuò.
-Questa si che è una bella notizia.- dissi sempre più ironica.
-Quel tipo è ossessionato dall’immortalità, sta facendo delle ricerche. È per questo che in questa casa ci sono tante creature soprannaturali o dotate di poteri magici.-
-La cosa bella è che ad ogni parola la situazione che dipingi non fa che migliorare.- conclusi con una nota così marcata di sarcasmo che era impossibile non farci caso.
-Io devo lasciarti qui e andare a catturare dei vampiri.-
-Per un esperimento?- domandai, certa che la risposta fosse si e irritata da quella situazione assurda: per una volta provai pena per i vampiri.
Fece un cenno d’assenso con la testa e mi guardò aspettandosi una qualunque strana reazione, che però non ci fu.
-Ti sei venduto?- scherzai pensando alla valigia pieni di soldi, tentando di vincere il panico: non mi piaceva sentirmi indifesa e in quel momento lo ero. Non volevo che lui se ne andasse, volevo che mi restasse accanto, il più vicino possibile, ma non avrei mai confessato un desiderio simile.
-Se tornerò con un paio di vampiri ti renderanno i tuoi poteri.-
-Niente in contrario.- taglia corto io, non volevo che si allontanasse, ma i miei poteri erano i miei poteri.
-Mi stai vendendo?- questa volta fu lui a scherzare, chinò la testa seppellendo la faccia tra i miei capelli e una ciocca dei suoi mi sfiorò la fronte, accarezzandola. I suoi capelli erano cresciuti molto da quella mattina in cui le punte gli arrivavano appena alle spalle, mi chiesi mentalmente come fosse possibile, ma non dissi niente.
-Nessuno vale quanto i miei poteri.- commentai, la testa appoggiata alla sua spalla. Asher liberò una risata allegra buttando la testa indietro, divertito da quello che avevo detto, anche se lo avevo detto sul serio, almeno in parte.
-Mi sto avvicinando.- mi sussurrò con un ghigno.
In un istante capii cosa intendeva e mi congelai, paralizzata dalla paura. Smisi anche di respirare. Lui mi diede un bacio sulla tempia e si abbassò a sussurrarmi nell’orecchio -Penso che presto non sarà solo un bacio quello che mi chiederai.- La sua voce suonò incredibilmente seducente alle mie orecchie e mi intontì per un attimo, alzai gli occhi per guardarlo e incrociai i suoi. Le iridi erano scarlatte e io rimasi sorpresa a quella visione: di solito mi spaventavo quando le vedevo di quel colore, invece quella volta mi piacquero da morire.
-Ma io non te l’ho chiesto.- protestai fingendomi seccata, non riuscivo ad arrabbiarmi davvero, mi sentivo intontita.
-Lo hai fatto inconsciamente.- rispose sorridendo, probabilmente si era accorto che non ero veramente arrabbiata.
Non potevo controbattere perché era vero.
-Nessuno ti farà niente, te lo garantisco. Fa parte del nostro accordo, sarai trattata come una principessa!- disse e si avvicinò di nuovo per baciarmi, ma io gli tappai la bocca con la mano.
-Devi solo portare i vampiri? Anche tu sei immortale, no?- domandai con evidente preoccupazione, ero davvero preoccupata per lui e questo era sorprendente.
-Sarebbe meglio che non glielo facessi notare.- sussurrò sorridendo.
-Non ti faranno niente?-
-Se ci provassero li ucciderei.-
-Loro potrebbero uccidere me.-
-Ma io sarei comunque vivo.-
-Come sei dolce! Un vero cavaliere!- feci ironica, in realtà ero ammaliata, ma mi seccava incredibilmente tanto ammetterlo.
-Starai bene.- disse facendomi stendere sul letto.
Mi irrigidii istantaneamente e lo fissai allarmata: ero ammaliata, certo, ma non così tanto. Immagino che in quel momento dovessi sembrare un po’ imbarazzata.
-Tranquilla, non ti sfiorerò nemmeno con un dito. Resta qui e riposati.-
-Buona fortuna.- dissi con un mezzo sorriso.
-La fortuna non c’entra.- disse scendendo dal letto -La mia è semplice bravura.-
Lo fissai stesa sul letto e allungai una mano verso di lui, lui la prese e si mise nuovamente seduto. Volevo che si avvicinasse a me, che restasse e che non se ne andasse, volevo sentirlo accanto a me e mi maledissi per quel desiderio irrazionale, ma non sapevo come fare. Era un bisogno quasi fisico che mi confondeva e mi spaventava. Continuavo a fissare Asher senza dire niente.
-Che c’è? Hai paura di restare sola?- disse sporgendosi verso di me e parandosi davanti al mio viso. Pensavo quasi che volesse baciarmi, anzi era più di questo: volevo che mi baciasse.
-Baciami.- sussurrai sommessamente.
Lui si avvicinò e mi baciò, fu un bacio lungo e intenso. Non volevo che smettesse, ma invece si allontanò e mi sorrise.
-Devo andare.- disse e svanì nel nulla.
Provai un dolore al petto a vederlo sparire così e mi sentii molto triste, ma mi addormentati subito, stanca e intontita.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 -Una vecchia conoscenza- ***


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Capitolo 7

-Una vecchia conoscenza-

 

Quando mi svegliai mi sentii più confusa di prima, ma il desiderio di avere accanto Asher era del tutto scomparso allora capii all’istante che quel desiderio era nato solo dal suo potere di seduzione. Quello era un potere vero e proprio tipico dei demoni, ma fin ora non aveva mai funzionato su di me. Forse la perdita dei miei poteri aveva conseguentemente portato alla perdita della mia immunità dal suo. Mi girai per mettermi a pancia in su a fissare il soffitto, invece mi ritrovai a guardare la stoffa del baldacchino. Mi sentivo stanca, ma quando mi alzai mi accorsi che ormai stavo bene: niente vertigini né dolori. Osservai in silenzio la stanza: le pareti erano bianche, c’era una cassettiera accanto alla parete di fronte al letto ed era di mogano, tra la porta e il letto c’era un divanetto dall’aria comoda e alla destra del divano c’era un’altra porta. Andai a vedere dove portava e vidi che si apriva in un bagno di marmo bianco con un ampia vasca idromassaggio. Mi guardai intorno scioccata: non ero più abituata a tanta sontuosità da quando avevo smesso di vivere dai miei genitori.
-Vuoi farti un bagno?- domandò qualcuno alle mie spalle.
Mi voltai e mi trovai di fronte Creig, indossava una camicia bianca lasciata aperta fino al terzo bottone, il tanto che bastava per scoprire il petto, e un paio di jeans neri come quelli del giorno prima, simile a quelli che indossava il giorno prima, ma più aderenti. Aveva un sorriso sereno stampato in faccia, sulla quale spiccavano i suoi bellissimi occhi verdi; feci involontariamente un passo indietro e lo fissai con sguardo truce.
-Non guardarmi così, sono al tuo servizio.- fece lui in tono melodioso con un inchino.
-Che diavolo vuol dire?- domandai per niente contenta.
-Vuol dire che farò qualunque cosa tu voglia e ti fornirò tutto ciò che ti serve.- spiegò con semplicità.
Continuavo a fissarlo da lontano e non mi sentivo affatto tranquilla, non mi fidavo di lui e non erano i miei poteri a dirmi di non fidarmi, ma il mio istinto che in alcuno modo poteva essere sigillato. Come dice quel detto “Se il tuo istinto ti dice di fare una cosa, farla! Il tuo istinto non è mica stupido!”
-Dimmi, cosa posso fare per te? Hai fame? Sete? Bisogno di vestiti per cambiarti? Asciugamano o bagnoschiumi isoliti?- chiese indicando la vasca da bagno.
-Ho bisogno dei miei poteri.- il mio tono era tagliente e sarcastico.
-Temo di non poterteli rendere.- rispose lui senza scomporsi.
-Allora ho bisogno di un arma per uccidere tutti gli abitanti della casa.- sarcasmo sempre più pesante. Credo di non essere mai stata così arrabbiata in vita mia, anche il giorno in cui mia sorella fu uccisa mi arrabbiai molto ed era l’unico evento che rivaleggiasse con quel momento, un evento veramente triste.
Stavolta mi fissò scioccato e sorpreso -Pensavo non uccidessi gli esseri umani.-
-Le circostanze cambiano.- dissi a voce bassissima. Non mi riusciva bene la voce tenebrosa che di solito aveva Asher, ma pensai che potesse comunque andare. In realtà non avrei mai avuto il coraggio di uccidere un essere umano, ma di certo lui non poteva saperlo.
-Temo di non poterti fornire nemmeno quella.- disse riacquistando la sua compostezza.
-In tal caso sei del tutto inutile!- la mia voce aveva una nota veramente velenosa, avrei voluto complimentarmi con me stessa.
Lui mi fissò senza dire niente, un sorriso stampato sulla faccia e lo sguardo divertito.
-Non avrai pensato seriamente che potessi darti ciò che hai chiesto?-
-No.- risposi con il mio miglior sorriso da cattiva -Volevo solo farti capire che non mi servi a niente.- conclusi seccamente. Mi sentivo indifesa e questo accresceva enormemente l’irritazione che gia provavo per essere caduta in trappola e per aver perso i miei poteri.
-Bene, ora l’ho capito. Dimmi che posso portarti seriamente.- il suo tono remissivo mi fece venir voglia di ridere dal nervoso.
Mi guardai attorno: c’erano asciugamani in abbondanza, ma niente spugne o bagnoschiuma e nemmeno schiampoo o balsamo.
-Vorrei una spugna, del bagnoschiuma al gelsomino e dello schiampoo alla rosa canina, ovviamente se non chiedo troppo.- erano i miei fiori preferiti e di solito compravo sempre bagnoschiumi, schiampi e balsami al loro odore.
-Rosa canina?- ripeté lui confuso.
Sospirai. -La rosa canina è una specie di rosa selvatica, ha rami spinosi arcuati, foglie alterne, lisce o vellutate e folte alla base, e fiori poco profumati, di colore rosa-bianco. I loro fiori sono composti solamente da cinque petali.- spiegai pazientemente, possibile che a nessuno importasse più dei fiori?
-Non ti facevo un esperta di fiori.- la sua voce suonò sarcastica e provocatoria.
-Sono una strega.- mi limitai a dire con un alzata di spalle. -Se non c’è alla rosa canina allora la vorrei alla fresia.-
Quelle erano i fiori a cui ero più legata, non tanto per le loro qualità quanto perché mi corrispondevano, almeno secondo mia sorella. Sono i fiori che più si adattavano a me. Il gelsomino, simbolo di eleganza e grazia, la rosa canina simbolo di piacere e di dolore; e infine la fresia simbolo del mistero. Non capivo perché mia sorella pensava che quei fiori più di qualunque altro mi rappresentassero, ma pensandoci non credo avesse molta importanza. I suoi fiori erano la camelia simbolo di bellezza perfetta e modestia; la ninfea che rappresenta la purezza, ma anche la freddezza; e la rosa simbolo di passione e fascino. Il suo fiore preferito era proprio la rosa anche se come odore preferiva il gelsomino, infatti usava spesso delle fragranze al gelsomino. Per quanto riguarda le rose invece, se non sbaglio, il suo nome era qualcosa che iniziava con la “A”, ma non mi ricordo bene. Io amavo molto le rose della varietà Black Magic, erano a stelo alto e di un colore rosso scuro come quello del sangue, e dai petali vellutati, erano davvero belle e per una ragione che non capivo erano anche eleganti, cosa non adatta a me. Ora vediamo di non ricamarci troppo sopra il nome, mi raccomando! È solo una varietà di rosa molto bella!
-Il balsamo deve essere di qualche fiore particolare?- il tono della voce era vagamente sarcastico, decisi di ignorarlo.
-No, va bene tutto.- risposi con un alzata di spalle.
Lui fece un cenno d’assenso e se ne andò con un inchino, senza più fare commenti.
Mi sedetti su un lato della vasca a fissare il grande specchio sopra il lavandino, la mia faccia era stanca e sbattuta, i miei capelli scompigliati mi ricadevano in modo confuso e disordinato sul viso. I miei occhi di colore diverso erano stanchi, chiusi le palpebre per pochi istanti e quando li riaprii Creig era tornato con in mano tutto ciò che gli avevo chiesto.
-Ho lasciato dei vestiti e della biancheria pulita nella camera sul letto.- disse posando accanto a me i vari flaconi e mettendo l’accappatoio a un appendi abiti accanto al lavandino. -Hai bisogno di altro?- chiese cerimonioso.
Feci cenno di no con la testa e lui uscì senza proferire parola. Io aprii l’acqua calda e la faci scorrere finché non divenne calda, poi versai il bagnoschiuma al gelsomino e uscì una schiuma bianca e profumata che riempì l’aria. Mi spogliai e scivolai nella vasca prima che l’acqua la riempisse, poi mi immersi assaporando fino in fondo il profumo del gelsomino. Quando finalmente l’acqua mi arrivò alle spalle chiusi il rubinetto, poi mi immersi per bagnarmi totalmente i capelli e me li misi indietro per evitare che mi ricadessero negli occhi. Dopo un quarto d’ora buono che ero in acqua mi lavai i capelli riscoprendo la piacevolezza dell’odore di fresie. Dopo uno shampo e un balsamo uscii dalla vasca e mi asciugai, poi mi misi l’asciugamano addosso, stringendomelo forte: avevo freddo. Solo che più che la temperatura bassa la mia era ansia visto che mi trovavo da sola in un luogo ostile e senza alcuna difesa. Entrai in camera e mi lasciai cadere sul letto notando un pacco appoggiato proprio dietro di me, lo afferrai con una mano senza voltarmi e lo aprii: dentro c’era un ridicolo vestito bianco lungo, che sembra quello di una bambola di porcellana. Mi alzai e lo buttai sul letto disgustata, mi rifiutavo con tutto il cuore di indossarlo! Notai un sacchetto ai piedi del letto, lo presi e ci guardai dentro : c’erano un completo intimo e delle scarpe che definire assurde era una gentilezza. Indossai il completo e tornai in bagno per mettere i vestiti che avevo prima, ma non c’erano più.
-Craig!- chiamai seccata.
-Devo dire che non mi aspettavo che mi chiamassi con solo quello addosso.- fece con un sorriso più che felice e che lasciava intendere molte cose, nessuna delle quali casta.
Lo ignorai -Dove sono i miei vestiti?-
-A lavare.- rispose semplicemente
-D’accordo allora portami qualcosa da mettermi.- feci seccata.
-Hai gia qualcosa da mettermi.- replicò lui tranquillo indicando il vestito sul letto.
-Quel… quel… Non so come definirlo… Credo che anche solo vestito sarebbe un complimento!- a quelle parole gli si dipinse in viso un sorriso molto divertito, e io non ne fui molto felice. -Io quello non lo metto! Per nessuna ragione al mondo! Nemmeno se mi minacci di morte!-
-Va bene, manderò Casy!- disse svanendo.
Ma perché tutte le persone che incontro devo andare via svanendo? I miei pensieri corsero veloci ad Asher, ormai chissà quanto lontano da lì. Mi domandai dove fosse e come stesse, avevo paura che gli fosse successo qualcosa di brutto e che nessuno sarebbe venuto a tirarmi fuori dai guai. Rivolevo i miei poteri in modo bruciante, non desiderava nient’altro, era tutto ciò di cui avevo bisogno per sentirmi sicura. Dentro di me pregai silenziosamente che Asher tornasse presto e chiamai il suo nome mille e mille volte mentre mi sedevo sul letto abbracciando le gambe e poggiando il mento sulle ginocchia, ricacciando indietro le lacrime: avevo venticinque anni, ero grande per piangere! Qualcuno bussò alla porta, la fissai un attimo senza rispondere, non ero affatto sicura di voler sapere chi aveva bussato.
-Avanti!- sospirai forte, volevo andare via da lì, nel mio hotel con Shadow e Asher che mi prende in giro, con mio cugino che mi parla di cose stupide e della sua nuova ragazza e con i mash mallow. Non so dire bene perché volessi anche i mash mallow, sapevo solo di volerli.
Entrò una ragazza dai lunghi capelli neri e ricci, e dagli occhi ambrati, era piuttosto alta e molto attraente, con una camicia blu e un paio di jeans, indossava delle scarpe con il tacco e camminava elegantemente. Venne verso di me e mi tese una mano con un sorriso amichevole.
-Piacere, io sono Casy!- disse con voce melodiosa.
Le strinsi la mano, era calda e aveva una stretta forte. -Piacere, sono Ester!- dissi cordialmente.
Mi passò un sacchetto che conteneva dei jeans e una maglietta con un lupo davanti. Li indossai all’istante, mi stavano un po’ larghi ma andava bene, le passai quell’obbrobrio che era sul letto insieme alle scarpe. Anche lei li fissò disgustata prima di buttarli dentro il sacchetto. Indossai la scarpe da ginnastica che avevo il giorno prima, con un paio di calzini bianchi che mi aveva portato Creig: almeno qualcosa di buono quel demian l’aveva fatto.
-Credo dovrebbero andare nella spazzatura!- scherzai, anche se c’era una nota seria nella mia voce: quel vestito era orribile.
-Mai stata più d’accordo!- disse con un sorriso, poi scoppiammo entrambe a ridere.
-Sei pronta?- chiese quando smettemmo di ridere.
Mi andai a infilare le scarpe da ginnastica e la seguii in silenzio fuori dalla stanza. Attraversammo un labirinto di corridoi dalle pareti riccamente adornate prima di giungere a destinazione, quando arrivammo non avrei saputo identificare il percorso fatto per tornare indietro. Per tutto il tempo mi sentii nervosa, lungo la strada non incontrammo nessuno e questo mi sembrò molto strano. Non ne potevo essere assolutamente certa, ma quella ragazza non era umana e me ne accorsi dal modo in cui camminava, il suo passo era leggero e sinuoso, come quello di un predatore: era sicuramente un licantropo. Forse era un felino visto che il suo modo di camminare che ricordava quello di una pantera. Scossi la testa e ringraziai il cielo che avevo preso lezioni di arti marziali perché in quel momento, senza i miei poteri, si sarebbero rilevate più che utili.
La porta davanti a noi era spessa e di mogano, Casy bussò tre volte alla porta e poi la porta si aprì. Lei si fece da parte per farmi passare, evitando di entrare e di guardare dentro. Io feci un profondo respiro e entrai nella stanza: era una grande camera da letto, simile alla mia ma più grande, con alla mia sinistra un divanetto a “L” addossato alla parete e un tavolino basso davanti ad esso, un’alta libreria si trovava alla mia destra ed era piena di testi esoterici che avevo letto anch’io. Un grande letto a baldacchino si trovava davanti a me e le tende, stavolta rosse, si muovevano per via di un vento leggero che entrava dalla finestra seminascosta dal baldacchino. Da dietro una tenda bianca venne fuori una donna, io la fissai sorpresa, scioccata e incredibilmente confusa. Aveva i capelli lunghi e biondi, i boccoli d’orati le ricadevano con eleganza sulle spalle, era alta all’incirca un metro e settanta e aveva gli occhi nocciola e le labbra carnose. Era molto bella e sembrava più giovane dei suoi trentasei anni. Come facevo a sapere che aveva trentasei anni? Semplice! Era mia cugina!
Scheletri, scheletri e ancora scheletri, continuavano a riempire gli armadi della mia famiglia e ogni tanto spuntavano qua e là. E ora eccone uno qui davanti a me, fuori dall’armadio e in perfetta forma. Perché la mia vita doveva essere così complicata?!
Non avevo mai parlato con le per più di cinque minuti e non ne sapevo molto di lei, solo che dieci anni prima era come svanita nel nulla. Mia cugina Cecil non era molto brava come maga, ma era ottima come alchimista ed era molto brava con le pozioni. In quel momento se avessi avuto i miei poteri l’avrei incenerita o fulminata, ero a dir poco furiosa.
-Quanto tempo, Ester.- disse, il tono di voce dolce e carezzevole.
-Sei una bastarda! Mi hai tolto i miei poteri! Mi hai legato a questo posto infame! Sei davvero una… una..- la mia voce tremava di rabbia, avrei voluto avventarmi su di lei e prenderla a pungi, ma sapevo che non ce l’avrei fatta, non contro una strega.
-Gia, appaio così a molti.- disse andando a sedersi sul divano e facendomi un cenno per invitarmi a sedersi accanato a lei.
La ignorai. -Perché lo hai fatto?- chiesi a mezza voce, il tono così tagliente che avrebbe facilmente potuto tagliare anche venti centripeti di acciaio.
-Sono molto interessata alle ricerche che si fanno qui.-
-Vuoi diventare immortale? Fai un patto con un demone.- Le dissi, mi sentivo ancora molto, molto arrabbiata e la mia voce era sarcastica in modo velenoso.
-Quello che hai fatto tu?- ora anche la sua era velenosa.
-No, io non ho fatto quel genere di patto.- risposi contrariata.
-E che genere di patto hai fatto?- chiese sempre velenosa. Ma qualcosa si mosse dietro i suoi occhi marroni.
-Non credo proprio che siano affari tuoi!- sibilai. Ero arrabbiata, ma non così tanto da dimenticare che rivelare i termini di un contratto a una strega era molto pericoloso perché poteva permettere alla suddetta strega di spezzare il contratto o di manipolarlo. Certo, solo una strega molto potente poteva riuscirci e mia cugina non lo era, ma la prudenza non è mai troppa.
-Sembra che tu abbia un rapporto molto stretto con quel demone.-
-Di certo più stretto di quello che ho con te.- dissi seccamente; forse Asher mi avrebbe uccisa, ma non mi avrebbe mai privata dei mie poteri, sapeva che non lo avrei mai sopportato.
-Pensi di riuscire a ferirmi.-
-No! Voglio solo sfogarmi.- poi mi voltai e mi diressi verso la porta incurante delle sue occhiate gelide. Arrivata alla porta mi sono fermata sulla soglia, con la mano sulla maniglia, mi fermai a guardarla. Sentivo ancora dentro di me la rabbia ribollente e non seppi spiegare perché. Forse perché non ci si aspetta di essere traditi da qualcuno che ha il tuo stesso sangue o forse perché in fin dei conti quella era pure sempre mia cugina. Sentivo un dolore intenso al petto, anche se mi seccava ammetterlo la cosa mi aveva ferito. Mi voltai a fissarla, stavolta con tristezza; del fuoco della mia rabbia erano rimaste solo braci. -Ti sei venduta.- dissi tristemente, con tono sommesso -Perché?-
Lei mi fissò sorpresa e confusa, poi il suo sguardo si fece triste e malinconico.
-Perché ha stretto un patto con un demone?- bisbiglio, era una domanda retorica.
-Per qualcuno che amo.-
-Che altra ragione avrei se no.-
Non c’era altro da dire. Me ne andai senza sbattere la porta come avevo in programma di fare, non mi era rimasto nient’altro da dire, la sua era una ragione più che valida e non potevo controbattere. So fin troppo bene fin dove qualcuno po’ spingersi perché tiene a qualcuno, lo so quindi non potevo biasimarla.
Chiusi gli occhi appoggiandomi alla parete del corridoio, non c’era nessuno in giro e anche se così non fosse stato, non mi sarebbe importato. Per la prima volta pregai per l’anima di tutti coloro che mi erano accanto e anche per Asher.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 -I cerchi nell'erba- ***


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Da dan! Ecco il capitolo otto^^!

Me felice di sapere che qualcuno legge questo racconto^^!

Auguro a tutti buona lettura^^!

 

Capitolo 8
-I cerchi nell’erba.-



Quando quella sera andai a letto mi sentivo incredibilmente in ansia, avevo paura per quello che sarebbe potuto succedere, non mi fidavo a chiudere gli occhi e a dormire, avevo una paura incredibile. Volevo i miei poteri, sentivo la loro mancanza come se fosse qualcosa di fisico, come se mi avessero asportato un braccio o una gamba, sentivo la mancanza di una parte di me. Per essere sinceri era più complicato, ne sentivo la mancanza ma anche la presenza, una presenza soffocata e ribollente che mi chiedeva di uscire, di non essere trattenuta. La mia magia urlava e scalpitava in modo ossessivo, legata all’ansia e alla paura che ne aumentavano la forza e la potenza. Feci un respiro profondo sperando che presto tutto si sarebbe sistemato. Fissavo la tela del baldacchino, riuscivo a vedere benissimo al buio, a quanto pare almeno questo mio potere non lo avevo perso. Sorrisi per un attimo, lieta di aver mantenuto una facoltà così piccola, poi mi sentii nuovamente ansiosa. Mi voltai di lato e vidi un timido raggio di luna entrare dalla finestra. Mi rannichiai ancora di più sotto le coperte e chiusi gli occhi, poi mi addormentai sfinita.

Quando li riaprii era ancora buio. Mi fissai intorno sorpresa, chiedendomi come fosse possibile che mi fossi svegliata così presto visto che di solito dormivo sodo. Sarà stata l’ansia o la paura? Non ne avevo idea. Mi alzai e andai alla finestra, la luna aveva un cerchio rosso, quella notte era stato versato del sangue. Mi massaggiai nervosamente le braccia sospirando forte e chiedendomi dove fosse Asher: avrebbe dovuto proteggermi, era questo il termine del suo contratto accidenti! In caso io fossi nei guai lui avrebbe dovuto salvarmi e proteggermi.
Un ululato squarciò il silenzio della notte e mi fece abbassare lo sguardo: una ventina di licantropi di vario genere stavano correndo formando dei cerchi concentrici, cerchi che brillavano di una luce dorata. Forse era una altro esperimento…
La magia riempiva l’aria rendendola elettrica, anche senza poteri avvertivo tutta la sua incredibile forza e potenza, come un uragano o una tempesta, perfino io che non avevo più i poteri lo percepivo con chiarezza. Non sarebbero riusciti a controllarla a lungo, era troppo forte. Fissai il suolo cercando di capire il tipo di cerchio che stavano usando, ma le configurazioni che brillavano al suolo erano confuse per via del movimento dei licantropi e della loro pelliccia che oscillava. Guardarli mi faceva venire mal di testa. Di colpo la loro danza, o forse era più chiaro definirla “corsa”, si interruppe, come un carosello che esaurendo la carica si ferma d’improvviso, e loro si disposero l’uno accanto all’altro in fila, alzarono la testa al cielo e ulularono in coro.
La magia divenne un vortice di aria e di luce che li avvolse come un tornado, mi sentii percorrere da un brivido freddo osservando la scena. Poi la magia invece che salire verso l’alto scese a terra, come risucchiata da qualcosa di invisibile che la assorbiva e che la incatenava al suolo.
Mi allontanai dalla finestra, ero sudaticcia e molto stanca, mi sentivo scossa da brividi freddi e avevo molto paura. Mi misi a sedere sul letto, rannicchiandomi contro lo schienale, sperando di riuscire presto a calmarmi. Chiusi gli occhi e pensai a Asher che era lontano da me, sperai che riuscisse a catturare in fretta quegli stupidi vampiri così da riavere presto i miei poteri e poter stare tranquilla. Volevo tanto uscire da questa situazione assurda, volevo avere di nuovo i miei poteri e volevo sentirmi di nuovo al sicuro. Non ricordo per quanto tempo rimasi ferma a pensare a Asher e Shadow, così lontani da me in quel momento, se almeno Shadow mi avesse accompagnato in quel posto sarei stata più serena. Non potevo nemmeno chiamarla perché non avevo più nessuno potere e lei non sarebbe mai stata in grado di sentire il mio richiamo, né di trovarmi perché non poteva avvertire il mio potere. Sprofondai sotto le coperte, rannicchiandomi di nuovo e sperando di riuscire ad addormentarmi e a fare dei bei sogni. Non so dire dopo quante tempo mi addormentai, ma accadde solo per stanchezza, alla fine ero arrivata al mio limite.
Sognai una foresta, gli alberi si diramavano ovunque in modo confuso, senza creare alcun sentiero. I raggi della luna erano chiari e lievi, si infiltravano tra le foglie con gentilezza creando giochi di luci e ombre, delicati e sottili, mi ricordavano qualcosa di nostalgico. Dopo poco che passeggiavo riconobbi il luogo in cui ero: si trattava dell’Emerald forest che era sul retro della nostra villa, camminando arrivai al grande lago che sconfinava nella proprietà pubblica. La foresta era silenziosa a parte il fruscio delle foglie, sentivo in lontananza una melodia dolce e lieve, ci misi un attimo per rendermi conto che era la stessa che avevo percepito in Asher. La voce era lontana, più che una voce sembrava un suono, il tono era alto e caldo, probabilmente femminile. A chi apparteneva quella melodia? Perché per Asher era così importante?
Due occhi rossi mi fissarono in silenzio dall’altra parte del lago, non so come feci a vederlo, probabilmente ci riuscii solo perché era un sogno. Quando aprii gli occhi la luce del sole riempiva la stanza illuminando ogni cosa. Mi misi a sedere sul letto chiedendomi che ora fosse, purtroppo non avevo l’orologio e non avevo la più pallida idea di che fine avesse fatto il mio cellulare. Mi guardai intono in cerca di una sveglia o di qualcos’altro, ma non trovai niente. Sul tavolino davanti al divano c’era: un vassoio pieno di dolci e panini per la colazione, un recipiente che dall’odore sembra contenere caffè, un altro con quello che immaginai fosse latte e un contenitore con dello zucchero. Una tazza bianca era posata capovolta sul vassoio, mi alzai dal letto e quando mi guardai trovai che quel pigiama che ero stata costretta a indossare era davvero orribile: non amavo il rosa, era più forte di me!
-Craig?- chiamai a voce bassa.
Lui mi comparve magicamente davanti, a due centimetri dal mio viso, con un sorriso tranquillo e sereno.
-Di cosa hai bisogno?- domandò con gentilezza, servizievole.
-Un paio di jeans della mia taglia, una maglietta che mi stia e che non sia rosa! Non ci deve nemmeno essere un accenno di rosa!- feci seccata.
-Non ti piace il rosa?- domandò curioso.
-No, non mi piace. Come mai non incontro nessuno quando vado a giro per questo castello?-domandai curiosa.
-I licantropi sono pericolosi. Tu non puoi essere toccata, se qualcuno ti facesse del male morirebbe, è l’incantesimo che ha fatto Asher per proteggerti. In questi giorni la luna è piena, quindi ti stanno lontani per evitare di perdere il controllo, sarebbe molto pericoloso anche per loro.-
-E Casy?-
-Casy è diversa, lei sa controllarsi in ogni situazione. Ha molto più autocontrollo di chiunque altro.- sembrava sorpreso del fatto che mi fossi accorta che Casy era un licantropo, ma non fece commenti, limitandosi a spiegarmi la situazione
-Capisco.- dissi mettendomi a sedere sul divano e versandomi un caffè ancora caldo. L’aroma riempì la stanza e mi fece svegliare completamente. Avevo sempre odiato il caffè, ma avevo iniziato ad adorarlo dopo la mia prima sbronza, era una manna santa. Poi piano piano mi ero abituato al suo sapore, innamorandomene.
-E perché appari e scompari? Il più delle volte sei invisibile.- chiesi ancora.
-Sono attraente.- mi rispose con un mezzo sorriso.
-Presuntuoso da parte tua.- commentai divertita. -Ma che c’entra?-
-Asher mi trova attraente.- continuò.
Rimasi interdetta, non sapevo che dire. -Ehm… non sapevo avesse certi gusti.- provai a scherzare incerta.
Craig scoppiò a ridere. -Non vuole che ti stia troppo intorno.-spiegò con un sorriso -Teme che io possa affascinarti.-disse avvicinandosi.
Lo fissai da seduta con un sorriso sulle labbra -Che preoccupazione inutile! Non accadrà mai.-
-Bene, se non c’è altro andrei.- fece, vagamente offeso.
Alzai le spalle con indifferenza e lui scomparve nel nulla.
Dopo aver fatto colazione andai nel bagno a sciacquarmi il viso e a lavarmi i denti, ero tentata di farmi di nuovo il bagno, ma non c’erano più ne bagnoschiuma né schapoo. Scossi la testa sconsolata e mi pettinai i capelli, legandoli con un elastico in un coda bassa. Quando uscii dal bagno trovai il letto rifatto e i vestiti pronti ad aspettarmi: un comodo paio di jeans e maglietta nera a maniche lunghe. Non ero certa che Creig non fosse nella stanza, non lo ero mai, ma pensavo che se non fossi stata sola il mio istinto mi avrebbe avvertito.
Appena fui pronta uscii velocemente dalla stanza e corsi in cortile, per arrivarci attraversai così tanti corridoi da sfinirmi, quando ormai penavo di essermi persa mi trovai davanti a una porta che portava proprio nel giardino sul retro. Quando entrai rimasi incantata; nella luce notturna non avevo notato gli splendidi fiori che adornavano il giardino, mi allontanai dalla porta camminando sull’erba perfettamente tagliata, davanti a me a circa seicento metri c’era una gazebo adorno di rose rampicanti e con dentro uno splendido tavolino bianco in ferro battuto e con delle splendide sedie. Nel giardino c’erano giganteschi vasi ricolmi di fiori e un ampia fontana con dei delfini, a un lato dell’immenso giardino c’erano delle panchine in granito adombrate da un cedro che cresceva rigoglioso dietro di loro. Arrivai nell’ampio spazio dove i licantropi correvano e vidi ciò che rimaneva del cerchio, la maggior parte delle configurazioni erano confuse e cancellate, quindi era difficile capire a cosa fosse. Alcuni disegni ricordavano un incantesimo di evocazione, altri sembravano appartenere a un incantesimo di richiamo e altri ancora a uno vincolante. Troppo complicato! Che accidenti era? E poi perché usare i licantropi? I licantropi non sono immortali, quindi qual è la loro utilità in delle ricerche per l’immortalità? E che accidenti c’entravano i licantropi? Potevo capire Creig che era un demian, era morto e quindi non poteva morire di nuovo, ma la sua era immortalità era dovuta alla sua morte quindi non era una cosa da approfondire o da usare per gli esperimenti sull’immortalità. A meno che Prisley non volesse morire. In effetti non era un idea da scartare, quella di morire. C’erano molti modi in cui questo sarebbe potuto succedere e se lui lo voleva io non mi sarei certo tirata indietro, anzi sarei stata più che felice di dargli una mano! Avevo un intero repertorio di armi che sarei stata lieta dai usare, di incantesimi che adoravo e che erano mortali e di tecniche di arti marziali che possono fare molto male, forse non portano alla morte, ma su questo ci si può sempre lavorare.
Comunque come riusciva a controllare tanti licantropi e dove svolgeva le sue ricerche? Chissà se c’era una biblioteca con qualche testo interessante in quel posto, magari un testo dove trovare una spiegazione a quelli strani cerchi che erano lì sull’erba. Mi chinai a toccarli e fui percorsa da un brivido. Improvvisamente nella mente mi si affacciò l’immagine di mia cugina. Fu solo un attimo, sentii un dolore leggero alla testa, era sicuramente il potere di preveggenza di mia sorella. A quanto pare almeno i poteri che non erano miei mi erano rimasti. Si vede che l’incantesimo era eccessivamente preciso e aveva sigillato solo i poteri che appartenevano originariamente a me, quindi potevo usare il potere di mia sorella e teoricamente anche quelli di Asher. Ma quelli era meglio non provarci a usarli, poteva essere pericoloso usarli, molto, molto pericoloso!
Incurante di ciò che accadeva intorno a me, me ne stavo immersa nelle mie riflessioni sul cerchio, sui miei poteri e su mia cugina, quando sentii una voce.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 -Un ragazzo misterioso- ***


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Capitolo 9
-Un ragazzo misterioso-

-Che cosa stai facendo?-chiese una voce profonda e melodiosa alle mie spalle.
Sembrava la voce di un ragazzino, leggera e melodiosa, e aveva qualcosa di affascinante. Mi voltai e mi trovai di fronte a un ragazzo di massimo dodici anni, era alto almeno quindici centimetri buoni meno di me e aveva i capelli biondi, riccioluti, che gli incorniciavano il bel viso dai tratti infantili. Aveva degli occhi azzurri dal colore intenso e luminoso, che sembravano risucchiarti. Indossava una maglietta azzurra e un paio di jeans sbiaditi. Non avevo la più pallida idea di chi o cosa fosse e quindi rimasi lontano da lui, mantenendo sempre la stessa distanza.
Lui mi sorrise e fece un passo avanti, sembra del tutto tranquillo e a suo agio.
Lo guardai negli occhi e non riuscii più a distogliere lo sguardo, mentre si avvicinava con tranquillità e indifferenza. Mi pose la mano.-Mi chiamo Logan.- disse cortese.
La sua voce mi fece svegliare, sussultai confusa per l’accaduto. Gli strinsi la mano con un mezzo sorriso -Sono Ester.- la mia voce suonò roca.
Lui mi fissò sorpreso, poi mi lasciò la mano e mi abbracciò sussurrandomi -Sono davvero tanto felice di conoscerti Ester.-
Io risposi all’abbraccio confusa, gli diedi un paio di pacche sulla schiena. -Anch’io… credo…- dissi confusa.
Lui sciolse l’abbraccio e mi prese la mano. -Vieni, andiamo!- mi disse eccitato e mi trascinò di nuovo in casa.
Visitammo tutto il castello, lo esplorammo insieme e inaspettatamente mi divertii un mondo, girammo per tutto il giorno per le stanze e per i corridoi. C’erano due biblioteche, una più grande dell’altra, con almeno sedicimila volumi nella più piccola e ventimila nella più grande. Poi c’era una stanza che sembrava una specie di sgabuzzino, pieno di vecchie cianfrusaglie, curiosammo dentro la stanza per almeno un paio d’ore e poi pranzammo nella immensa sala da pranzo, anche quella volta eravamo da soli. Dopo pranzo continuammo a curiosare. Finimmo in una stanza adibita a guardaroba, era immensa e piena di ogni tipo di vestito, inclusi costumi e abiti d’epoca. La cucina era immensa, con almeno una decina di fornelli e due forni, e piena di cose buone da mangiare; sgraffignammo due crostatine al cioccolato e ce le mangiammo mentre andavamo nell’armeria. Si, c’era un armeria piena di spade e archi e tante altre armi antiche a cui non avrei mai saputo dare un nome. Poi mi portò in un'altra armeria piena di pistole e fucili di ogni tipo e calibro e correlata di una stanzetta con i bersagli per esercitarsi; appena la vidi pensai “Ora ragioniamo!”, ma non ne presi nemmeno una, non mi sembrava il caso visto che ero con un ragazzino. Passammo oltre, più precisamente alla stalla e andammo a cavallo per un po’, non andavo a cavallo da quando avevo dodici anni, ma mi divertii un mondo! Quando finimmo di cavalcare e lasciammo il cavallo nelle scuderie era quasi ora di cena, ma la nostra ispezione non si fermò. Esplorammo altre stanze, una era decisamente strana, sembrava un laboratorio, ma un laboratorio normale e in stato di abbandono. Un'altra stanza era piena di maschere, alcune erano usate nell’antichità per dei riti, altre erano semplici maschere antiche, ma non mi fidavo e evitai di toccarle. Un'altra stanza era piena di DVD e c’era un gigantesco proiettore per guardarli, un'altra ancora piena di cd e con un gigantesco impianto sterio le cui casse erano grandi almeno quanto me. Per tutto il tempo non provai assolutamente disagio o paura, stare con quel ragazzo mi rasserenava ed era divertente. Mi sentivo tranquilla e ero felice di stare con lui, era una sensazione di quiete che veniva da dentro, neppure io avrei saputo dire perché. Neppure una volta mi venne in mente di chiedergli chi fosse realmente, semplicemente non sentivo il bisogno di farlo. Mi fidavo di lui, sapevo di poterlo fare e stare con lui mi faceva sentire in famiglia. Senza che me ne rendessi conto arrivò anche l’ora di cena e mangiammo insieme anche quella volta. Poi ci separammo e questa volta fui io ad abbracciarlo salutandolo. Quella sera per la prima volta mi stesi sul letto e mi addormentai senza nemmeno cambiarmi, ero troppo stanca e per niente spaventata, non avevo ragione per non dormire.
Anche quella notte sognai il bosco, la canzone e Asher, ma poi il mio sogno si trasformò e vidi Logan che mi chiedeva aiuto disperato. Dentro di me sentii il bisogno impellente di salvarlo, mi era caro come un fratello, sentivo che tra noi c’era un legame molto profondo. Mi svegliai di soprassalto e mi accorsi che era ancora notte. Mi lascia cadere di nuovo sul letto e mi addormentai e questa volta sperai che i miei sogni fossero più tranquilli.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 -Una visione- ***


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Io scrivo, poi come va, va....

Ragazzi, commentate^^! Fatemi felice, dai... che vi costa?

 

Capitolo 10

-Una visione-

La mattina, quando mi svegliai, mi sentivo intontita e preoccupata. Ero ancora vestita e avevo bisogno di un bagno caldo perché mi sentivo incredibilmente nervosa.
Mi alzai e andai in bagno, aprii l’acqua calda e chiamai Creig perché mi portasse l’occorrente.
-Vuoi le stesse essenze o preferisci cambiare?- chiese con una nota di sarcasmo.
Lo ignorai, non ero in vena. -Le stesse, grazie.-
Creig sparì e riappari poco dopo con quello che gli avevo chiesto. I versai il bagnoschiuma nell’acqua calda e l’odore di gelsomino riempì l’aria e mi tranquillizzò come due giorni prima. Mi spogliai e mi immersi nell’acqua calda, la schiuma era dolce e mi nascondeva, mi faceva sentire bene.
Uscii dal bagno un ora dopo e feci colazione con l’accappatoio addosso, quel giorno c’erano ciambelle e il solito caffè, ci misi del latte e un po’ di zucchero e lo sorseggiai vicino alla finestra, scrutando il cielo azzurro che mi sovrastava luminoso. Mentre in silenzio aspettavo che le idee mi si chiarissero Logan entrò con passo leggero, mi accorsi che era lui anche senza voltarmi, ormai gia abituata alla sua presenza e al modo di camminare.
Logan si avvicinò a me lentamente e con passo incerto.
-Non sei ancora vestita?- chiese lui con voce timida.
Mi voltai a sorridergli. -Altri giri esplorativi?- domandai curiosa, Logan riusciva a tirare fuori il mio lato infantile. Lo fissai un attimo sorpresa, era ferito, aveva diversi graffi e alcuni lividi, la maglia lasciava trasparire alcune fasciature.
Lui si illuminò -Si, ci sono tanti posti da visitare.-
Deglutii -Dammi un momento.- dissi con un sussurro.
Andai nel bagno e mi chiusi dentro, mi misi seduta abbracciando le gambe e appoggiai la schiena alla porta, un estremità dell’accappatoio mi scivolò a terra scoprendo una coscia, tutta via i miei pensieri erano altrove: perché era ridotto così? Chi gli aveva fatto del male e perché?
-Creig.- chiamai, la mia voce era un sussurro.
Creig apparve davanti a me con i miei vestiti in mano e me li porse, il suo sguardo era gentile, quasi dolce.
-Chi gli ha fatto del male?- domandai a mezza voce.
-Credo che sua madre abbia avuto un attacco di nervi quando ieri è scomparso.-
-Chi è sua madre?- domandai arrabbiata.
Il demian aprì bocca come se stesse per rispondere quando improvvisamente sembrò che qualcuno lo chiamasse. Alzò la testa al soffitto come se sentisse una voce che lo chiamava.
-Devo andare.- sussurrò prima di svanire.
Io mi rivestii in fretta e furia e praticamente corsi da Logan, lui mi aspettava nella mia stanza con il sorriso sulle labbra.
-Che ne dici se torniamo nella biblioteca? Voglio cercare un testo.- dissi cercando di non fare caso alle sue ferite.
-Ti piace leggere?- chiese curioso.
Tesi una mano verso di lui e lo presi a braccetto, poi mi diressi insieme a lui alla porta della stanza. -Si, mi piace leggere. Logan, chi ti ha ridotto così?- domandai a voce bassissima, quasi un bisbiglio. Ormai eravamo in corridoio che era come sempre deserto, la luce entrava da una finestra infondo.
-Non è niente.- rispose fissando il pavimento.
-Io non direi che non è niente.-
-Odori di fiori.- disse lui tentando di cambiare discorso.
Rimasi un attimo in silenzio, nessun rumore risuonava in quel luogo. Sospirai prima di rispondere -È gelsomino. Fiorisce di notte e ha un odore molto intenso, ma anche dolce. È uno dei miei profumi preferiti.-
Lui mi guardò sorpreso -Non ti facevo un amante dei fiori.-
Gli regalai un sorriso -Me lo dicono tutti.-
Scendemmo una rampa di scale e arrivammo in una stanza la piano terra: era una sorta di laboratorio anche quello, ma c’era un’ampia e vasta libreria attaccata al muro, piena di volumi di ogni tipo. Mi avvicinai e guardai i titoli: alcuni testi trattavano di alchimia, altri di cerchi e latri ancora di magia; alcuni erano trattati e altri semplici appunti di ricerca. C’erano manuali di incantesimi e libri sulle erbe, alcuni erano in latino, altri in sanscrito. Non conoscevo molte lingue, solo un paio, e i libri che erano lì erano in diverse lingue e la cosa peggiore è che erano tutte lingue morte.
Logan prese un libro polveroso da sopra il tavolo, poi si mise a sedere sul pavimento e lo aprì per leggerlo in completo silenzio.
Anch’io presi un libro dalla biblioteca e mi misi a sedere per leggerlo: parlava di cerchi e scoprii che in effetti non mi ero sbagliata, quelle configurazioni erano per fare un incantesimo di evocazione o richiamo e per legare qualcosa. Più approfonditamente gli incantesimi di richiamo che erano stati eseguiti servivano per richiamare un anima, quindi l’incantesimo per legare potrebbe essere servito per legare l’anima al corpo. Afferrai un altro libro, scoprire lo scopo dei cerchi non mi aveva chiarito le idee, anzi mi aveva confuso sempre di più. Presi un altro libro e mi misi a leggere in cerca di un incantesimo per il quale non serviva necessariamente avere i poteri magici, il che era molto difficile. Trovai un incantesimo che serviva a evocare e uno che serviva a portare un messaggio, entrambi erano piuttosto complicati e richiedevano l’utilizzo di vari strumenti magici: ero fregata!
Per tutto il tempo continuai a leggere, non uscii nemmeno per pranzare, Creig apparve un paio di volte, ma se ne andò senza dire niente, anche se in realtà non lo ascoltavo per niente e pensavo ad altro. Dopo dieci libri letti qua e là arrivai all’esaurimento, buttai in malo modo il libro che stavo leggendo in un angolo, esasperata dall’inutile spreco di energie . Logan sussultò un istante e mi fissò confuso con i suoi occhi azzurri da cucciolo. Gli sorrisi con gentilezza. -Scusa, non volevo spaventarti. Ero solo esasperata per lo spreco di energie, non ce l’avevo con te.-
Logan mi sorrise con uno sguardo dolce, era sdraiato con la testa appoggiata alla mia gamba. Si alzò lentamente e sospirò fissando il soffitto.
-Dovremmo tornare, è molto tardi.- bisbiglio con voce bassa.
-Tardi?- chiesi -Che ore sono?-
Lui tirò indietro la manica della maglia rivelando una fasciatura e, più importante, un orologio. -Sono le dieci e trenta.-disse
Lo fissai sorpresa e stralunata: un orologio! Mi sembrava un miraggio irreale, sentivo la mancanza dell’orologio e del cellulare e di qualunque altra cosa tecnologica. In quel posto la cosa più tecnologica che avessi visto era… era… Oddio! Credo fosse proprio l’orologio che portava Logan! Bè, in realtà, pensandoci bene, c’era anche la sala con il proiettore e quella con lo stereo. Ma niente tv in camera! Uffa! Volevo la tv in camera! Forse potevo provare a chiederla a Creig.
La mia espressione doveva essere piuttosto afflitta perché Logan mi fissò con uno sguardo che era un misto tra la preoccupazione e il senso di colpa, mi chiesi perché chi subisce delle violenze se ne vergogni. In fondo non è mica colpa sua!
-Voglio un orologio.- confessai tristemente.
Lui mi guardò stupito, poi scoppiò a ridere divertito e si sfilò il suo orologio per mettermelo al polso. -È solo un prestito.- precisò con voce fintamente grave.
Gli sorrisi allegra -Grazie mille!- dissi ammirandolo. Era un orologio da uomo piuttosto grande e molto bello, per niente adatto a un dodicenne e questo mi insospettì: il mio istinto continuava a dirmi che c’era qualcosa dietro, ma non riuscivo a capire cosa. Odiavo non avere risposte e le domande continuavano ad accumularsi.

Tornammo ognuno nella propria stanza, entrata nella mia camera trovai dei tramezzini con una bottiglietta di acqua naturale sul tavolino davanti al divano. Li ignorai e mi buttai sul letto fissando il soffitto e pensando a una soluzione per chiamare Shadow. Volevo che venisse lì, avevo bisogno di una guardia del corpo, ma non avevo idea di come fare per chiamarla, l’incantesimo di evocazione richiedeva l’uso dei miei poteri e io non potevo usarli. Sbuffai seccata. Nemmeno i libri sui cerchi mi erano serviti, non avevo letto niente che non sapessi gia e avevo letto le stesse cose in inglese, francese, latino, arcaico e sanscrito: se Asher fosse stato lì avrebbe riso fino alle lacrime!
Mi alzai e mi diressi verso il bagno per sciacquarmi il viso e mettermi il pigiama, ma davanti allo specchio sentii un dolore lancinante alla testa, per un istante credei di perdere i sensi per il dolore. Mi ressi al lavabo per non cadere a terra, ma era difficile mantenere l’equilibrio perché venivo assalita dalle vertigini a ogni minimo movimento. La nausea mi prendeva a ondate regolari e sentivo l’occhio destro bruciare, stava per arrivare una lunga visione. Mi accucciai a terra, incapace di rimanere in piedi, con la testa che doleva in modo lancinante. Respiravo a fatica e la stanza continuava a girare in un vortice continuo. Chiusi gli occhi lasciando che le immagini venissero a me. Era come un sogno, solo che i sogni non procuravano malesseri tali e di solito non si avveravano, i miei si ma non in modo preciso. Vidi una stanza, le pareti erano di pietra e non c’erano finestre. C’era un uomo a terra in una pozza di sangue di un rosso vivido, era il signor Prisley. Non avrei saputo dire con certezza se fosse morto o meno, sul tavolino nella stanza c’era un foglio con il disegno di un cerchio. Poi l’immagine svanì e vidi mia cugina: era nella sua stanza e levava dalla parete un dipinto a olio che raffigurava un fiume che scorreva con le barche a vela che solcavano l’acqua. Nella parete era inserita una cassaforte con una con apertura elettrica. Cecil digitò sei numeri: tre, nove, sei, otto, uno e sei. La cassaforte si aprì con uno scatto rivelando al suo interno degli appunti e un libro rilegato in pelle. Cecil depositò al suo interno una piastrina di metallo: era una chiave, non so come facevo a saperlo, ma lo sapevo! Ne ero certa, non mi sbagliavo!
Lo scenario cambiò di nuovo (questo è per te Yokuccia): ero in una stanza con Asher, le luci erano soffuse e l’unico mobile a parte un tavolino e una sedia era il letto a due piazze. Asher aveva addosso solo un paio di pantaloni, io indossavo un vestito bianco di flanella e lo fissavo con uno sguardo colmo di rabbia e di incredibile tristezza. Mi avvicinai a lui, che era appoggiato alla parete, lo baciai. Se avessi potuto avrei sgranato gli occhi per l’incredulità! Io che di mia volontà baciavo Asher? NO! Impossibile! Non poteva essere! Non avrei mai potuto fare una cosa simile di mia iniziativa! Ma non rifermai lì! Lo fissavo mentre lui mi stringeva, il mio sguardo era affranto. Sussurrai piano guardandolo negli occhi: -Questo è il momento che hai tanto atteso. Che entrambi abbiamo tanto atteso.-
Lo sguardo che Asher mi rivolse era confuso e preoccupato. Io mi allontanai in silenzio, stavolta la mia espressione era dura. -Asher.- sussurrai, il mio tono incredibilmente freddo -Vieni a letto con me.-
Dopo di che l’oscurità mi avvolse e non vidi più niente, il dolore piano piano si attenuò anche se le vertigini e la nausea rimasero. Appoggia la fronte imperlata di sudore al pavimento incredibilmente freso aspettando di sentirmi meglio. Ansimavo ancora e non ero molto sicura di riuscire a stare in piedi, ringraziai il cielo che il mio ultimo pasto fosse stata la colazione se no avrei vomitato. Dopo quindici minuti che ero praticamente sdraiata sul pavimento mi alzai, poi mi sciacquai la faccia con dell’acqua fresca e mi misi il pigiama. Andai a sedermi sul divano e mangiai i tramezzini, poi feci fuori tutta la bottiglietta dell’acqua, non mi ero accorta di avere così tanta sete. Alla fine andai a letto stremata da quella giornata tanto lunga, o meglio dall’ultima mezz’ora che era stata incredibilmente lunga. Andai a letto e mi addormentai nello stesso istante in cui posai la testa sul cuscino. Per una sera non sognai né Asher né Logan, ma i miei sogni furono pieni di una sinistra luce verde e feretri di vetro ricolmi d’acqua. Alla fine il sogno svanii e non ci fu più niente, solo oscurità e riposo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 -Un incantesimo- ***


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So che aggiorno raramente e tutto insieme, ma... bè... sono fdatta così^^!

Capitolo 11

-Un incantesimo-

 

Quando la mattina mi svegliai nel letto accanto a me trovai Logan addormentato, lo fissai sorpresa ma senza aprire bocca, aveva una faccia così angelica addormentato che era un crimine svegliarlo. Mi alzai lentamente, stando attenta a non fare il minimo rumore e mi diressi verso il bagno per sciacquarmi la faccia e lavarmi i denti. Quando tornai in camera trovai sul tavolo delle frittelle con delle sciroppo d’acero e una tazza di caffè; in un angolo del divano erano ordinatamente piegati dei vestiti e ai loro piedi c’erano un paio di stivali neri. Mi misi seduta, feci colazione e poi andai in bagno a vestirmi e quando guardai gli abiti rimasi scioccata: era una camicetta bianca a maniche lunghe, una gonna a scacchi rossa e nera e una paio di gambaletti rossi. Non amavo le gonne, ma decisi di indossarla ugualmente, anche se con la gonna a scacchi e la camicia bianca sembrava fossi una scolaretta. Mi fissai allo specchio decisamente seccata: avevo venticinque anni io! Ero troppo grande per vestirmi da scolaretta!
Tornai nell’altra stanza decisamente irritata e guardai Logan beatamente addormentato sul letto.
-Creig.- sussurrai per chiamarlo.
Creig apparve al mio fianco e mi mise una mano pallida e fredda sulla spalla, mi voltai a guardarlo e mi accorsi che fissava Logan con un sorriso dolce.
-Sembra un angioletto.- commentò a bassa voce, stando attento a non svegliarlo.
-Posso avere una coperta?- chiesi.
Lui mi fissò con i suoi occhi verdi e per una volta da quando ero lì non sentii il desiderio di aggredirlo.
-La porta subito!- disse, poi scomparve nel nulla.
Cinque secondi dopo era accanto al mio letto che copriva Logan con la coperta; quella scena mi fece una tenerezza tale che involontariamente mi misi a sorridere.
-Ti piacciono i bambini.- sussurrai piano, non era una domanda.
Creig si voltò a guardarmi, in un battito di ciglia mi fu davanti come se fosse stato sempre lì; era uno dei poteri dei demian. Per quanto possano assumere caratteristiche solide sono comunque fatti di spirito e questo consente loro di spostarsi con la sola forza del pensiero: devono solo pensare a un posto per raggiungerlo.
Mi si avvicinò fissandomi negli occhi, non era né arrabbiato né seccato, i suoi occhi di smeraldo riflettevano un sentimento che non seppi identificare con chiarezza. Nostalgia forse? Oppure tristezza? Non avrei saputo dirlo con precisione. Io indietreggia di qualche passo, ma ero praticamente alla parete e non mi ci volle molto per finire letteralmente con le spalle al muro. Lui si chinò sul mio viso e venne tanto vicino che praticamente mi sfiorava il viso con le punte dei suoi capelli ramati.
Mi sussurrò a cinque centimetri dalle mie labbra e mi chiese -Non mi fermi?-
Feci un respiro profondo -Non posso toccarti se tu non vuoi.- la mia voce era calmissima.
-E se lo volessi?- chiese con tono malizioso.
Mi bloccai incerta su come rispondere; ero indecisa se chiedergli se potevo prendere a pugni o se sfruttare la sua battutina in modo vagamente più provocante e subdolo per sapere una cosa che mi interessava. Optai per la seconda opzione.
Mi avvicinai mettendogli le mani sulla camicia bianca e le feci scorrere fino al colletto per poi afferrarlo e usarlo per tirarlo verso di me, fino a quando la sua faccia non arrivò a un centimetro dalla mia.
-Sai cosa vorrei io?- domandai con il tono più seducente possibile. In quel momento mi sentivo come una di quelle attrici dei film vietati ai minori che si vestono da scolaretta e che seducono il professore. (ma esiste un film così?)
-Cosa?- chiese con sguardo sorpreso e voce strozzata.
Mi veniva da ridere, era difficile trattenersi, ma mi imposi di rimanere seria.
-Sapere perché ti piacciono i bambini.- dissi allontanandolo, ero certa di avere un sorriso molto divertito dipinto sulla faccia.
Lui mi tirò un occhiataccia non troppo gentile, credo fosse un tentativo di incenerirmi con lo sguardo, poi scomparve nel nulla come se non fosse mai stato qui.
Mi appoggiai nuovamente al muro incrociando la braccia, trattenendo a stento una risata e sussurrando con voce ironica -E la mia risposta?-
Poi scoppiai a ridere incurante del fatto di sembrare una idiota totale visto che l’unica altra persona nella stanza era Logan addormentato nel letto.
Logan aprì gli occhi e si mise a sedere sul letto, aveva l’espressione confusa e assonnata; mi guardò un istante prima di sorridermi, poi si alzò dal letto e corse ad abbracciarmi. Io ricambiai l’abbraccio mentre lui poggiava la testa sul mio petto.
-Ben svegliata.- sussurrò piano.
-Questo dovrei dirtelo io.- dissi scompigliandogli i capelli.
Lui si allontanò e mi sorrise di nuovo: -Dove andiamo oggi?- domandò con un sorriso -Vuoi leggere altri libri?-
Feci un cenno d’assenso con la testa e lancia un occhiata all’orologio, era l’una del pomeriggio: a quanto pare avevo dormito un bel po’.
Logan mi trattava come se fossi sua madre o sua sorella maggiore, era più o meno il modo in cui io trattavo mia sorella. Chissà dov’era sua madre o se ne aveva una e chissà se aveva i genitori o fratelli. Lui non parlava mai di se e io non gli avevo chiesto niente, forse una parte di me sentiva di non voler sapere cosa celava, ma un'altra parte lo sentiva molto vicino come se facesse parte della mia famiglia.
Lui si diresse verso la porta della camera e l’aprì mentre io la seguivo in silenzio, incerta se chiedergli qualcosa o meno. Alla fine, dopo il secondo corridoio che imboccavamo mi decisi a chiedergli qualcosa.
-Logan?- chiamai un po’ incerta.
Lui si girò a guardarmi. -Ci hai ripensato?- domandò.
-No.- dissi con un sorriso, notando la nota di speranza nella sua voce. -Volevo chiederti… non so qualcosa.- mi spiegai conscia che fosse una frase molto confusa.
-Cioè?-
-Vorrei che mi dicessi qualcosa di te…- a quella frase abbassò lo sguardo preoccupato, lo fissai per un istante e decisi di andare sul leggero -Per esempio… non so… Quanti anni hai?- domandai aggirandolo e facendo vertere la conversazione su qualcosa di leggero.
-Ne ho dieci.- rispose più tranquillo, ma sempre ansioso: evitava di guardarmi in faccia e camminava al mio fianco con sguardo fisso.
-E qual è il tuo colore preferito?- continuai con scioltezza.
-Il nero o l’azzurro, dipende dal giorno.- rispose sempre ansioso.
-Il tuo piatto preferito?- domandai di nuovo.
-La pasta con i funghi.- disse, stavolta un po’ più tranquillo.
-Adoro i funghi.- commentai allegra. -Mia sorella quando era piccoli mi preparava un sugo per i crostini con i funghi che era una meraviglia.- raccontai nostalgica. -Nessuno sapeva farlo come lei! Vorrei tanto aver avuto la ricetta.-
-Poi adoro la cioccolata.- raccontò di sua iniziativa.
-Come? Al latte o fondente? Oppure ti piace il cioccolato bianco?-
-Tutte e tre.- rispose sempre più rilassata.
-Ma dai! Non ne hai una che ti piace di più?-
-Io adoro tutta la cioccolata.-
-A me piace quella con le nocciole e poi adoro la torta ai lamponi.-
-A me piace quella al cioccolato con le caramelle gommose.-
Lo guardai disgustata: caramelle gommose in una torta? Ma stiamo scherzando?
Lui scoppiò a ridere appena vide la mia faccia.
-Davvero tua madre ti permette di mangiarla?- domandai.
Lui alzò le spalle. -A lei non importa molto.-
Dopo dieci minuti di chiacchiere stupide entrammo in un'altra piccola libreria, diversa da quelle che avevo viste il giorno prima. Era una stanza angusta, con tre librerie ricolme di libri, più o meno uguali a quelle del giorno prima, e con una scarsa luminosità. Guardai i titoli e ne presi una decina dagli scaffali, Logan ne prese un altro paio e si mise seduto accanto a me a sfogliarli. Lo guardai un attimo, ero sicura di avere uno sguardo molto dolce in quel momento.
-Logan se preferisci andare altro a divertirti non farti scrupoli.- gli dissi con gentilezza.
Lui alzò lo sguardo e mi fissò un po’ preoccupato. -Ti do fastidio?- domandò con un filo di voce.
-No, per niente. Ma non voglio che tu ti senta obbligato a stare tappata in questo posto con me.-
-Io sto bene con te.- disse un po’ imbarazzato.
Gli spettinai i capelli e gli sorrisi. -Buona lettura.- dissi allegra.
Poi mi immersi nella lettura e non feci più caso a niente. La maggior parte dei testi trattavano cose che conoscevo gia o che avevo letto, alcune cose erano nuove e c’erano anche alcuni incantesimi che non conoscevo e che imparai. Il quinto libro che avevo preso dallo scaffale era una manuale riguardava le tecniche base della magia, lo rilessi tutto, dando più occhiate veloci che leggendo veramente. Il tempo passava e io non me ne accorgevo per niente, fu Logan a riportarmi alla realtà tirandomi per una manica. Purtroppo avevo preso il brutto vizio di non fare più caso a niente quando mi concentravo su qualcosa.
-Ester è tardi.- mi disse continuando a tirarmi per una manica.
Lo fissai sorpresa del fatto di essere tornata alla realtà così improvvisamente, poi guardai l’orologio che segnava le undici e mezzo. Gli feci un sorriso mortificato.
-Scusami tanto, non me ne ero accorta. Sarai stanco.- il mio tono di voce era mortificato.
-Non importa.- disse con un sorriso tranquillo.
Mi alzai in piedi e gli porsi la mano. -Andiamo a dormire.-
-Si.- disse afferrandola e alzandosi.
Ci dirigemmo ognuno nella propria stanza per dormire e io mi maledissi per aver fatto restare sveglio fino a un ora tanto tarda un bambino di dieci anni.
Tornai nella mia stanza e mi buttai sul letto vestita, mi misi a fissare il tessuto del baldacchino, immaginando il soffitto dietro di esso e cercando di riflettere. Avevo passato la giornata a cercare un modo per evocare Shadow, ma non avevo trovato niente di interessante. Tentai di farmi tornare in mente i requisiti base per fare una incantesimo: oltre a conoscere la formula, a sapersi concentrare e a avere gli strumenti giusti bisognava essere dotati di poteri magici. Solo che io non li avevo, o meglio li avevo, ma non potevo usarli in alcun modo perché erano sigillati. Improvvisamente nella mia testa scattò una molla. Io avevo la magia, la avevo! La magia faceva parte di me da quando ero nata, scorreva nel mio sangue e in quello della mia famiglia da generazioni, riempiva la mia vita e ogni istante della mia esistenza. Era una parte di me che non poteva essermi sottratta tanto facilmente, e anche in quell’istante si agitava dentro di me, dentro il mio petto, nel mio sangue fino alla mia anima. Ecco la soluzione! Dovevo solo usare la magia!
Mi alzai e andai al tavolino, poi presi un tovagliolino di carta, lo aprii e lo stesi sul tavolo. Fortunatamente la mia cena consisteva in un paio di fette di arrosto con delle patate, così avevo una forchetta e, più importante, un coltello. Lo presi e mi taglia un dito, fece un po’ male, ma stetti attenta a fare un taglio profondo. Poi con il mio sangue disegnai un cerchio per chiamare Shadow. Il tovagliolo brillò di luce scarlatta e si trasformò in un piccolo uccellino bianco con quattro ali, gli occhi rossi e una specie di diadema in mezzo alla fronte. L’uccellino spiccò il volo e attraversò il vetro della finestra della mia stanza come se fosse fatto di aria, scomparve nel cielo notturno mentre io lo guardavo da dietro la finestra della mia camera. Guardai il cielo notturno riempirsi di stelle e la luna sorgere; dentro di me pregai silenziosamente che Shadow arrivasse presto.
Mi guardai intorno chiedendomi che fine avesse fatto mia cugina, non poteva essere così rintronata da non accorgersi che avevo fatto una magia. E gli altri? Lasciamo perdere i licantropi e volendo anche Creig, ma come la mettiamo con lo sciamano? Come faceva a non essersene accorto? E poi non c’era anche uno stregone? Perché nessuno era venuto ad impedirmelo? Perché nessuno se ne era accorto? Forse Asher aveva ragione: quelli erano davvero degli incompetenti. Ma non potevano essere incompetenti fino a quel punto! Era un incantesimo, d’accordo era piccolo e praticamente aveva la potenza di una mosca, ma era pure sempre un incantesimo! Cos’è? Faceva troppo schifo perché se ne accorgessero?
Invece che tranquillizzarmi per il fatto che nessuno avesse fatto irruzione nella mia camera, mi agitai sempre di più fino ad arrabbiarmi. Mi sentivo offesa perché ero stata ignorata. Anzi più precisamente mi senti offesa per il fatto che il mio incantesimo era stato ignorato. Scossi la testa sconsolata, tentando di non pensare più a niente, anche perché iniziavo a sentirmi sempre più confusa.
Andai in bagno a sciacquarmi la faccia e mi fissai un attimo nello specchio: sembravo una scolaretta! Gia dimostravo cinque anni meno di quelli che avevo, poi con quel vestito sembravo una sedicenne! Era irritante! A pensarci bene è da quando avevo fatto un patto con Asher che il mio aspetto aveva smesso di cambiare in modo quasi totale, probabilmente era quello che accadeva a essere legati a un demone con un contratto. Sospirai di nuovo fissandomi allo specchio: Asher avrebbe adorato quel completo e avrebbe continuato a fare battute su battute.
Tornai nell’altra stanza con l’intenzione di andare a letto, ma ormai la mia mente si era sintonizzata sul canale demone. Mentre mi mettevo il pigiama rosa a fiorellini bianchi mi tornò in mente la premonizione che avevo avuto su me e Asher, e mi sentii avvampare. Non sarebbe mai successo, non lo avrei permesso per nessuna ragione al mondo! Però tutte le premonizioni che avevo avuto, tutte le cose che avevo visto, tutte, dalla prima all’ultima, si erano avverate con una precisione disarmante. Ma perché avrei dovuto chiedere ad Asher di passare la notte insieme? Se io facessi una cosa simile il nostro patto, come da accordi, si spezzerebbe e io mi troverei senza demone a darmi man forte e senza contatti. Che stessi iniziando a provare qualcosa per Asher? No, impossibile! Era più probabile che chieda a Creig di venire a letto con me che non lo chieda a Asher. Mi addormentai quella sera pensando a tutto quello che mi era successo, all’incantesimo fatto e al demone che stavo aspettando.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 -La magia del sangue- ***


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Capitolo 12
-La magia del sangue-


Quella mattina mi svegliai tutta sudata, mi sentivo stravolta e avevo l’impressione di aver passato la notte in un vortice magico. Che accidenti stavano facendo i quello stramaledetto castello? Non volevo saperlo, almeno se potevo evitarlo. Guardai l’orologio che mi aveva dato Logan: segnava le sette e trenta del mattino. Era un evento! Io che mi alzo così presto di mia iniziativa era una cosa mai accaduta!
Corsi in bagno a fare le solite cose e poi tornai nella mia stanza aspettando di trovarci la colazione e i miei vestiti, ma non fu così. La camera era esattamente come l’avevo lasciata: letto disfatto, niente da bere o da mangiare e i vistiti del giorno prima abbandonati in malo modo sul divano. Decisi di rimettermi quelli e di uscire in esplorazione da sola. Mi cambiai velocissima e mi fiondai verso la porta, corsi per il corridoio fino alle scale e li mi bloccai: dove volevo andare? Bella domanda! Era inutile chiudersi in una biblioteca a leggere libri, tanto tutto quello che potevo fare lo avevo gia fatto la sera prima chiamando Shadow. Quel giorno mi sarei divertita per quanto possibile. Il mio stomaco brontolò, la sera prima non avevo toccato cibo, quindi ora avevo fame. Scelsi un corridoio a caso e proseguii diritta sperando di trovare le cucine. Camminai per venti minuti buoni senza incontrare niente; alla fine credo arrivai a un estremità del castello, dove c’era un torrione. Lo dico perché quando aprii la porta che mi si parava davanti mi trovai davanti a una lunghissima scala a chiocciola che si estendeva oltre il mio sguardo. Mi incamminai non sapendo che altro fare, ma dopo cinque minuti ero gia stufa: le scale non accennavano a diminuire, anzi sembravano non finire mai. Non so quanto tempo dopo arrivai alla fine. Le scale si fermavano ai piedi di una massiccia porta di legno, quando l’aprii mi trovai in un ampia stanza da letto, un letto a baldacchino dalla stoffa color sabbia era alla mia sinistra, mentre un divano di pelle nera dall’aria comoda si trovava alla mia destra. Ma in quella casa avevano le fisse per i letti a baldacchino e per i divani? Alla parete di roccia bianca era appeso il quadro di una bellissima donna dai capelli castani e dal sorriso dolce. In effetti più che lei era la sua espressione ad essere bellissima: trasmetteva calore anche solo a guardarla. Chissà che tipo di persona era? Scossi la testa indecisa se entrare o meno. Alla fine, sospirando, decisi di andarmene, quando una voce mi bloccò.
-La tua presenza qui può voler dire molte cose. Peccato che non penso me ne piacerà nessuna, o forse dovrei sperare di si.- disse la voce carezzevole di Creig. Ma il suo tono sarcastico era smorzato, come se facesse un enorme fatica a parlare. Entrai nella stanza e lo trovai disteso sul letto, la sua pelle diafana era quasi trasparente e lasciava intravedere le lenzuola.
-Che diavolo ti è successo?- domandai allarmata.
I demian hanno quell’aspetto solo all’inizio della loro nuova vita, oppure quando stanno per terminarla.
-Un esperimento.- disse con non curanza, come se fosse la cosa più normale del mondo.
-Che genere di esperimento?- chiesi ancora irritata.
Lui mi fissò senza rispondere, i suoi occhi erano vuoti, ma al contempo riflettevano una nota di speranza che non avevo mai visto prima
-Il genere di esperimenti che non approveresti.- rispose cauto, non aveva nessuna intenzione a fornirmi una spiegazione dettagliata.
-E li fai spesso?- domandai tagliente.
-Lo rifarò anche stanotte.- fece con noncuranza.
Lo fissai sbalordita. -Sei impazzito? Vuoi scomparire?- chiesi in preda all’isteria, con voce eccessivamente alta. Non avevo mai amato i martiri, sopratutto quelli che lo diventavano per cose stupide, come una ricerca sull’immortalità. E poi Creig mi stava abbastanza simpatico ed era una brava persona, o almeno così pensavo. Chiunque amava i bambini non poteva che essere una brava persona. A meno che ovviamente non si trattasse di un pedofilo, ma quello non era il suo caso.
-Ho le mie ragioni.- rispose seccamente.
-Non sono sicura di voler sapere quali siano.- il mio tono era ricolmo di sarcasmo.
-Meglio! Perché non ho intenzione di dirtele.- disse per chiudere l’argomento, o per tenerlo aperto forse.
Mi misi a sedere sul suo letto, fissandolo: il suo corpo quasi fluttuava da quanto era leggero e trasparente. Un demian in fondo è pur sempre un fantasma!
-Su, avanti, racconta!- lo incitai. Non c’era miglior modo per farmi incuriosire di qualcosa che dirmi che non lo avrei saputa.
-No.- disse seccamente.
-Raccontami qualcosa. Se non degli esperimenti dimmi almeno perché lo fai.- continuai con voce calda e calma.
-No!- mi rispose, stavolta il tono di voce era freddo, duro e deciso.
-Perché no??- domandai sempre più incuriosita.
-Non sono affari tuoi.-
-Mi incuriosisci solo di più dicendomi così.- dissi con un sorriso.
-Sei un impicciona.- il suo tono era decisamente sorpreso.
-La curiosità è femmina.- risposi io con semplicità.
Lui sorrise a quell’affermazione e nei suoi occhi vidi un lampo di dolcezza, che si oscurò però subito seguito da altrettante rabbia. Mi aspettavo che mi aggredisse, invece non disse niente, si limitò a fissarmi in silenzio.
-Qual è la tua storia Creig?- domandai di nuovo.
-Perché doveri dirtela?- chiese lui con semplicità.
Ci pensai su, non sapevo che rispondere. Cosa potevo dire? Forse potevo proporre uno scambio. I miei poteri avrebbero potuto dargli molta forza e rigenerarlo, sarebbe stato nuovamente tangibile. Si, ma potevo davvero permettermi di smascherarmi così? Se nessuno si era accorto ieri sera che avevo fatto un piccolo incantesimo era perché nel castello c’era troppa magia per cui un incantesimo così debole non era stato notato. Che fare? La sua storia poteva essermi utile? Forse si. O forse no. Che dovevo fare? Cosa mi diceva l’istinto? E il cervello? A quale dei due dare retta? Una domanda stupida in fin dei conti, il mio cervello mi aveva fatto uscire da situazioni molto brutte, ma niente paragonato a quello che aveva fatto il mio istinto.
-Hai un coltello?- domandai.
-Perché? Vuoi minacciarmi?- la sua voce decisamente divertita.
-Non mi servirebbe a niente un coltello se volessi minacciarti.- dissi tranquilla -Allora lo hai o no?- chiesi di nuovo.
Lui mi indico il comodino a destra del letto. -Nel cassetto.- sussurrò.
Mi alzai, feci il giro del letto e presi il coltello, poi mi misi nuovamente seduta, stavolta accanto a lui e gli dissi. -Rispondi alla mia domanda e ti darò ciò di cui hai bisogno. Ovviamente a condizione che resti tra noi due soltanto.-
-Pensi di sedurmi?- domandò divertito. Mi stava prendendo in giro e non aveva capito il significato delle mie parole.
Meglio chiarire. -Non ho intenzione di venire a letto con te! Non sei il mio tipo.-
-Ma non volevi darmi ciò che volevo?- domandò, il tono fintamente innocente e venato di arroganza.
-Ho detto che volevo darti ciò di cui hai bisogno non ciò che vuoi, e comunque tu non vuoi me.-
-Sei vagamente più intelligente di quelle che ho incontrato fin ora. Allora, sentiamo, di cosa avrei bisogno?-chiese mellifluo.
Guardai il suo corpo trasparente in modo piuttosto eloquente: non avevo intenzione di dirlo ad alta voce. Incrociai i suoi occhi che sembravano di vetro, il verde brillante che tanto mi piaceva era scomparso, e feci un lieve cenno della testa per indicarlo.
Lui sembrò capire.
-Non hai più i tuoi poteri.- sottolineò l’ovvio, cosa che odiavo.
-Come lo farò è un problema mio, non credi?-
Lui mi fissò un attimo spaesato, incrociò i miei occhi cercando di capire se mentissi e alla fine chiese -Che vuoi sapere?-
-Sei controllato da qualcuno?- ecco la domanda davvero importante.
-No, lavoro per Prisley per mia libera scelta.- le sue parole trasudavano una certa dose di disprezzo.
-Come mai?- chiesi ancora incuriosita.
-Perché ero molto interessato alle sue ricerche.-
-E il tuo interesse ha a che fare con la donna in quel quadro?-
A quella domanda un ondata di collera gli riempì gli occhi facendoli di nuovo diventare versi e dando un aspetto più solido al suo corpo, ma durò solo un attimo.
-Si.- disse, la voce tremante di rabbia.
-Era tua sorella?- domandai.
Lui scosse la testa.
-Una tua amica? Tua moglie per caso? O la tua fidanzata?- chiesi di nuovo.
Il suo corpo sembrava riacquistare un po’ di forza ad ogni parola che dicevo, probabilmente i ricordi riaccendevano la sua rabbia e il suo odio.
-Era mia moglie.- bisbigliò, la sua voce lasciava trasparire una rabbia incredibile.
-E cosa le è successo?- mi chiesi mentalmente come facesse la mia voce a suonare tanto calma quando una parte di me aveva una gran voglia di fuggire
-È morta. L’hanno uccisa.-
Il silenzio che era sceso aveva un che di sinistro e spaventoso, la sua rabbia era come una colata di lava che riempiva la stanza ferendomi in un modo che non capivo, anche senza alcun potere percepivo qualcosa di straziante e pesante in quella stanza, tentai di non pensarci mentre ponevo un'altra domanda che mi stava particolarmente a cuore.
-Insieme a tuo figlio?- la mia voce era molto bassa.
Lui mi fissò sorpreso. -Come lo sai?- domandò con tono sorpreso.
Mi strinsi nelle spalle -Il tuo modo di comportarti con Logan. Ti comporti con grande dolcezza e gentilezza con lui, anche con Asher ti comportavi così.-
-Beatrice era incinta.- disse a mezza voce. Il dolore gli riempiva la voce e gli occhi, il sentimento che lessi nei suoi occhi mi tolse il fiato e fece sussultare il mio cuore che iniziò a battere frenetico. Nella mia vita non avevo mai visto uno sguardo tanto bello, uno sguardo ricolmo di amore, sofferenza, tormento, odio, rabbia e dolore. I suoi occhi sembravano risplendere, come uno smeraldo misterioso e affascinante, che cela però dentro di se qualcosa di pericoloso, forse letale.
-Mi dispiace.- sussurrai riprendendo fiato, mi sentivo sinceramente addolorata per questa perdita.
-Sei sincera.- constatò, la voce ancora carica di dolore e rabbia, ma lo sguardo che mi rivolse era dolce, dolce come lo zucchero. Ma perché?
-Era simile a te, Beatrice intendo. Era dolce, gentile, impulsiva e generosa; a volte era aggressiva, altre volte si comportava come una bambina e metteva il broncio per niente. Lei era unica. Era come la prima giornata di sole dopo l’inverno: non troppo calda, spumeggiate, confortante…- raccontò, il suo sguardo aveva qualcosa, come un emozione che sembrava riempirgli gli occhi scacciando tutte le altre. Non riuscivo a identificarla con chiarezza.
Lui allungò la mano verso di me accarezzandomi la guancia, la mano era tiepida e lasciò una scia umida sulla mia pelle; fui scossa da un brivido.
-…incredibilmente bella.- sussurrò.
Deglutii piano, poi feci un respiro profondo: avrei voluto piangere per il dolore che provava.
-Che cosa è successo?-
A quella domanda si ritrasse, si voltò verso il soffitto e chiuse gli occhi. Io aspettavo in silenzio che continuasse a parlare, come un bambina di cinque anni che aspetta che il padre continui a raccontarle la favola.
Creig sospirò. -Io vivevo in una piccola città a sud di Trieste, in Italia. Mia madre era inglese, mio padre italiano, erano delle persone molto buone; vivevamo tutti insieme in un appartamento nel centro. Beatrice viveva nell’appartamento accanto al nostro, era una ragazza semplice e gentile. Era il 1992, orami sono passati più di cinquant’anni da quando ci mettemmo insieme. Avevamo quindici anni, pensavo che non saremmo mai arrivati al matrimonio, ero un ragazzo spensierato e un po’ fuori di testa. Lei era allegra, intraprendente e sincera, stare in sua compagnia era la cosa più divertente e piacevole che ci fosse. Vederla al mio fianco giorno dopo giorno mi sembrava strano e bellissimo insieme. A un certo punto averla accanto a me divenne la cosa più naturale del mondo. Quando a ventuno anni i miei genitori morirono chiesi a Beatrice di sposarmi perché capii che la vita può finire in un istante e puoi ritrovarti senza ciò che hai di più caro incapace di capire come ciò sia successo. Lei accettò, mi sorrideva con gentilezza e mi trattava con molta dolcezza perché per me quel periodo era molto duro. Quattro anni dopo che eravamo sposati, nonostante nessuno dei due lo volesse o se lo aspettasse, Beatrice rimase incinta. Eravamo preoccupati, non avevamo molti soldi e non eravamo sicuri di riuscire a crescere un bambino, avevo venticinque anni e ero molto spaventato, credo di averla sobbarcata di troppe preoccupazioni.- la sua voce, fino a quel momento triste e malinconica si incrinò improvvisamente. -Quella sera era uscita per fare spesa. La nostra era sempre stata una cittadina tranquilla, uno dei tipici paesini dove tutti conoscono tutti e non succede mai niente. Ma quella sera qualcosa successe. Non sapevo chi fossero, non l’ho mai saputo. Mi chiamò la polizia, era mattina presto; io ero sveglio e avevo passato tutta la notte a chiamare tutte le persone che conoscevo e da cui sarebbe potuta andare. Avevo girato per mezzo paese senza trovarla e avevo deciso di aspettare a casa il suo ritorno, continuavo a chiamare ossessivamente chiunque mi venisse in mente che poteva averla vista. Avevo contattato la polizia, ma mi avevano detto di aspettare le classiche ventiquattro ore. Quella mattina mi dissero che l’avevano trovata e che dovevo identificare il corpo.- il tono era addolorato e furioso. -Era stata stuprata e poi uccisa. È tutto quello che ricordo delle cose che dissero.-orami la sua rabbia dilagava, come un fiume in piena. I suoi occhi brillavano sinistri. -Ricordo il corpo sul tavolo dell’autopsia, non mi piaceva vederla lì. Era indifesa e fragile, ma sembrava come un pezzo di carne, aveva perso una parte della sua bellezza in quel momento. Le era stato strappato, come uno squalo strappa la carne per mangiarla, in modo violento e indegno di qualunque essere umano. Lei che era sempre stata come un fiore selvatico, incapace di crescere se non circondato di luce e terra, era anche incredibilmente forte; in quel momento sembra distrutta, come un bocciolo calpestato con indifferenza dal piede di qualcuno. Una rabbia ceca si impossesso di me seguita dalla disperazione. Non avevo più ragioni per desiderare di vivere, non ce ne erano, semplicemente. Non ho ricordi precisi di quando morii, ma la rabbia che provavo e la voglia di vendetta mi impedirono di andare avanti verso il sentiero che normalmente prendono le anime. Il resto credo tu lo sappia.- disse, nella voce sempre una nota di rabbia, voltandosi a guardarmi. Il suo corpo aveva riassunto un aspetto più solido e si era posato sul letto smettendo di lievitare. Quando si voltò a guardarmi sembrava sorpreso, non riuscivo a vederlo bene perché qualcosa mi offuscava la vista. Quando sentii la sua mano sulla guancia mi accorsi di stare piangendo. Mi asciugai in fretta la faccia, imbarazzata per essermi messa a piangere. Accidenti! Avevo venticinque anni! Perché dovevo essere ancora così emotiva?! Uffa! Mi sentivo a disagio! Fissai con insistenza il lenzuolo.
-Grazie.- la voce di Creig era gentile e mi fece alzare la faccia, sorrideva.
Sorrisi a mia volta. -Mi dispiace tanto…- dissi, la voce diversa dal solito per via delle lacrime che non riuscivo a frenare.
-Loro stanno provando a cercare un modo per far vivere per sempre, ma anche per un'altra questione. Qualcosa che potrebbe cambiare tutto.- disse lanciando un occhiata al quadro sulla parete.
Mi ci volle un attimo per capire ciò che intendeva, ma un attimo soltanto. Improvvisamente capii la funzione dei cerchi che avevo visto sull’erba, era come fare due più due, solo che il quattro che veniva fuori non mi piaceva nemmeno un po’! Rimasi scioccata, sgranando gli occhi e spalancando la bocca per la sorpresa; le lacrime mi si fermarono e nella mia mente continuava a balenare un'unica frase “Non può essere!”. Perché no, non poteva essere, non potevano davvero pensare di riuscire a riportare in vita qualcuno, non in modo completo e permanente! E di certo non per sempre! Anche solo l’idea che qualcuno, qualcuno di umano e di vivo, potesse vivere per sempre era impossibile. Figuriamoci quella di portare in vita qualcuno e farlo vivere per sempre. Ma perché erano tutti fissati con l’idea dell’immortalità?
-Creig non funzionerà.-
-Si, invece. Tu non hai visto ciò che sono in grado di fare, ciò che stanno facendo. Il laboratorio e gli incantesimi… possono farlo.-
Scossi la testa sconsolata. -No invece e mi dispiace, credimi.-
Lui mi fissò, nei suoi occhi una nota di dolcezza. Poi tornò freddo. -Ho risposto alle tue domande, ora devi rendermi la mia forma originale, con tutti i miei poteri. Sono curioso di sapere come farai.-
Mi rigirai il coltello tra le mani, improvvisamente incerta sul da farsi.
-Deve restare tra noi.- chiarii.
-Va bene.- acconsenti con un cenno del capo.
-Non lo dovrai dire a nessuno.-
-D’accordo.-
-Non potrai comunicarlo in nessun modo, luogo o tempo.-
-Si, va bene.-
-Né con un bigliettino, né con email o messaggi telepatici o con segnali di fumo. Non dovrà saperlo nessuno a parte io e te.-
-E Asher.- disse sarcastico.
-Ok.- feci io seria. Respirai profondamente e mi tagliai un dito, poi glielo posi.
Lui mi fissò sorpreso e scioccato. -Cosa ti aspetti che faccia?-
-Devi bere il mio sangue.-
-Cosa? Scherzi?-
-No.-
-Devo bere il tuo sangue come un vampiro?-
-Gia.-
-Pensi di formulare una frase di senso compiuto?-
-I miei poteri sono nel mio sangue. Vuoi tornare a essere del tutto tangibile e in piena forma? Bevi il mio sangue.-
Lui mi afferrò il polso con gentilezza, la sua mano tiepida e ancora vagamente trasparente, mentre io lo fissavo stranita; poi sentii la sua lingua sul mio dito, quando abbassai lo sguardo vagamente imbarazzata, mi accorsi che mi fissava con occhi magnetici. Stava forse provando a sedurmi? Più che succhiare, stava leccando il sangue. Mi venne da ridere perché mi ricordava un gatto. La sua mano stava diventando sempre più fredda, la vedevo assumere un consistenza ogni secondo che passava, il colore sempre più intenso, meno trasparente. Non mi piaceva particolarmente, ma non mi faceva nemmeno male. Creig si allontanò da me, gli occhi erano sfavillanti e sembravano risplendere, i suoi occhi mi avevano sempre incantata. Scossi la testa per scacciare quel pensiero.
Il mio stomaco gorgoglio, era da troppo tempo che non toccavo cibo e avevo davvero fame. Lo fissai. -Ho fame.- mi lamentai.
-Ok, andiamo.- disse tendendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi, la afferrai e lo seguii giù per le scale fino alla cucina.
Arrivati in cucina mi fece accomodare su uno sgabello e mi preparò da mangiare: farfalle con panna e per secondo patatine fritte e hamburger: iniziavo ad adorarlo. Dopo aver mangiato andai in camera mia, Logan mi aspettava seduto sul divano, quando entrai mi corse contro e mi abbracciò per salutarmi.
-Dove eri finita?- domandò stringendomi.
-In camera di Creig.- risposi senza pensare, lui mi fissò sorpreso e confuso -Ero finita lì per caso, stavo girovagando.-
Lui fece un cenno d’assenso -Cosa hai fatto al dito?- domandò, forse credendo erroneamente di cambiare discorso.
-Mi sono tagliata.- raccontai con un alzata di spalle.
-Vuoi leggere anche oggi?- domandò cambiando nuovamente discorso, allontanandosi da me per guardarmi.
-No, oggi che ne dici di uscire?- gli dissi sorridendo -Il cielo è così luminoso, c’è il sole e io ho voglia di uscire.-
-Evviva!- disse Logan facendo un salto per la gioia -Si esce! Si esce!-
Lo fissai con un sorriso divertito -Ti annoiavi proprio a stare qui dentro, eh?-
Lui mi sorrise come per scusarsi.
-Che proponi?- domandai allegramente. Logan riusciva a mettermi di buon umore, i bambini hanno questo effetto.
Assunse un espressione pensierosa e seria, tanto che mi fece sorridere; in poco tempo era diventato per me come un fratello minore, penso che anche mia sorella provasse un sentimento simile nei miei confronti.
-Propongo un pick-nik e una gita a cavallo. Non necessariamente in questo rodine, potremmo anche andare a cavallo e fermarci poi a mangiare qualcosa.-
-A me va bene.- acconsentii con un sorriso.
Lui mi rispose con un sorriso allegro. Era normale che un bambino preferisse stare fuori a giocare piuttosto che chiuso in una stanza a leggere, ma a Logan piaceva stare con me, credo che anche lui mi vedesse come una sorella, sebbene non riuscivo a capirne a fondo il motivo. Fin dall’inizio si era dimostrato nei miei confronti affettuoso e gentile, il che mi faceva piacere, ma mi sembrava anche un po’ strano. Ancora non sapevo chi fosse, l’unica certezza era che non era cattivo. Era solo una sensazione, ma le mie di solito non sbagliano.
Un'altra cosa strana erano le sue ferite: molte erano gia guarite, mentre quella che aveva al polso non lo era ancora. La cosa strana è che anche quelle più gravi si erano rimarginate a tempo di record e solo quella era rimasta aperta. Mi chiesi se anche lui avesse a che fare con quegli esperimenti, ma non feci domande perché non mi sembrava il caso.
Quella giornata passò più veloce e soprattutto più divertente delle precedenti, quando rientrammo al castello erano le otto passate, un ora molto più decente del solito. Ci separammo e io andai in camera mia chiedendomi come fosse possibile che indipendentemente dalla situazione, Logan riuscisse a farmi divertire. Con lui ero sempre rilassata, sentivo come se non ci fosse niente di cui preoccuparsi e mi sentivo a mio agio qualunque cosa accadesse. Quando arrivai alla porta della mia stanza ero stanca, odiavo comminare, ma per una ragione non chiara quando ero con lui non ci facevo caso.
Quando entrai nella stanza trovai una sorpresa che non mi aspettavo: oltre alla mia succulenta cena, che non c’era l’ultima volta che ero lì, l’altra componente estranea era Creig che se ne stava tranquillamente sdraiato sul letto e mi guardava con occhi maliziosi. Mi chiusi la porta alle spalle, mi ci appoggiai e incrociai le braccia.
-Quali sono esattamente le tue intenzioni?-
-Mi sento molto in forze, credo sia grazie al tuo sangue. Dunque ho pensato di…- disse tacendo un attimo, forse sperando che io colmassi il suo silenzio, ma io mi limitai ad alzare un sopracciglio. -…contraccambiare…- il tono volutamente basso e seducente.
-Vattene!- scandii ogni sillaba attentamente.
Sospirò sconsolato.-D’accordo allora passo all’altra cosa.- si fingeva afflitto e lo faceva in modo palese.
-Altra cosa?- la mia voce suonò allarmata, com’è che non sapevo nascondere quello che provavo? -Quale altra cosa?-
Lui fece un cenno verso la porta del bagno, dalla quale uscì una bambina di circa cinque anni molto graziosa, con lunghi capelli neri che scendevano con dei boccoli sul vestito candido e che le ricadevano sul viso incorniciandolo e le penzolavano sugli occhi neri, della stessa tonalità dei capelli. La fissai sorpresa, poi le tesi le braccia mentre lei correva ad abbracciarmi, e quando mi strinse riuscii a percepirlo anche solo per un istante, anche senza la mia magia che funzionava, il legame che ci univa.
-Shadow.- sussurrai appena, alzandola di peso e abbracciandola di nuovo, com’era bello avere un alleato in quel luogo.
Creig mi sorrise, sorrise ad entrambe. -Credo che vi lascerò.- disse a voce bassa.
Poi scomparve nel nulla, come tutti gli uomini della mia vita, il campo si ristringeva ad Asher, ma comunque…
-Shadow, benvenuta.- dissi tenendola in braccio, lei mi afferrò i capelli e mi sorrise.
-Hai fame?- chiesi andando a sedermi sul divano. C’erano pollo e carote nel piatto, lei sorrise e allungò una mano senza allontanarsi da me, ma non ci arrivava.
Presi il piatto e lo poggiai sulle gambe mentre Shadow cambiava forma, divenne come una macchia di petrolio che brillava di una luce grigia e opaca, lentamente riacquistava il suo aspetto da coniglio e ci si avventava, poveretta! Aveva fatto un viaggio davvero lungo per arrivare lì. Salvai il pollo dalle sue grinfie per puro miracolo, anche se non lo avrebbe comunque mangiato. In qualche modo, anche senza il piatto, riuscii a mangiare il pollo, probabilmente perché era la coscia.
Shadow aveva al collo un collarino davvero carino che immaginai dovesse averglielo regalato Nicolas. Inutile fare domande, perché Shadow sapeva al massimo pronunciare le parole si e no altre al mio nome. Era magico, ma era pur sempre un coniglio! Andai in bagno per prepararmi e per mettermi un pigiama.
Quando andai a letto quella sera sotto le coperte con me c’era Shadow ed ero convinta che presto anche Asher sarebbe tornato e tutto sarebbe tornato a posto.

Era notte fonda quando aprii gli occhi, sentivo un dolore intenso in tutto il corpo e mi sentivo come se qualcosa o qualcuno mi prosciugasse tutte le energie. Era doloroso e innaturale, sentivo come se ci fosse qualcosa di assolutamente sbagliato in quello che mi stava succedendo. Avvertivo sulla mia pelle il formicolio di un potere estraneo e oscuro che sembrava trascinarmi in un antro buio. Shadow stava accanto a me immobile, fissandomi con occhi sveglia, a quanto pare quella forza aveva svegliato anche lei. Soffocavo grida di dolore mentre delle fitte sempre più lancinanti mi attraversavano il corpo. Mentalmente mi chiesi quanto ci avrebbe messo ancora Asher a tornare, stare in quel posto diventava ogni secondo che passava, il peggiore degli incubi in cui essere rinchiusa. Alla fin il dolore cessò e io rimasi nel letto, sudata e sfinita, chiedendomi cosa fosse successo.
Non riuscivo a dormire, mi sentivo agitata e in allerta, la piccola Shadow era premuta contro il mio petto, quasi sperasse di porci trovare rifugio da quel dolore. Io ansimavo e pregavo di riavere presto i miei poteri. Quella notte avevo un'unica certezza: non sarei riuscita a chiudere occhio.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 -Il laboratorio sotterraneo- ***


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Capitolo 13
-Il laboratorio sotterraneo-


L’orologio segnava le tre di mattina quando mi alzai dal letto, strisciai fuori dalle coperte lentamente, palesemente seccata per non essere riuscita a riprendere sonno. Shadow cambiò forma, si allungò tanto che sembrava una striscia nera di petrolio e si avvolse attorno al mio polso prendendo la forma di un braccialetto spesso e nero, al quale era avvolto anche una collana sottile con un ciondolo a forma di ovale azzurro.
Con mia grande sorpresa trovai i miei vestiti ad aspettarmi, ordinatamente piegati sul divano, sorridendo me li infilai e uscii cautamente dalla stanza. I corridoi erano bui e cupi, solo la luce tenue della lune entrava da una finestra in fondo.
Avvicinai il polso destro al quale Shadow si era avvinghiata e sussurrai piano il suo nome, il mio polso si illuminò piano di una luce tenue e soffusa, sufficiente ad illuminare al massimo alcuni metri da me.
Camminavo stando attenta a non fare rumore, ma non sapevo bene dove andare, ero solo determinata a capire cosa mi era successo. Forse avrei dovuto cercare un'altra biblioteca in cui fare ricerche, oppure la causa del mio malessere era qualche strano esperimento e in quel caso avrei dovuto cercare il luogo in cui quegli esperimenti si svolgevano. Si certo, ma come pensavo di trovarlo se a mala pena conoscevo il palazzo e a volte addirittura mi perdevo quando andavo in giro? È vero che il mio istinto non mi tradiva ma e andando avanti a caso qualcosa trovavo, ma non potevo mica giocare a “mosca ceca” alle tre del mattino! Se sbagliavo camera e finivo nella stanza di qualcuno come facevo a spiegarlo?
Schioccai le dita per far segno a Shadow di spengersi, era davvero comodo avere dietro un coniglio magico, anche se lo era solo un po’. Mi ero impegnata per crearlo, la chimica non era il mio forte e quindi l’alchimia era complicata per me, ma alla fine c’ero riuscita. Certo, non doveva essere un coniglio ma una pantera, ma in fin dei conti era stato meglio così, dubito fortemente che sarei riuscita a passare inosservata con una pantera al mio fianco! Allora avevo diciassette anni, ero troppo piccola per considerarlo, fortunatamente la mia incompetenza, o il destino, lo considerarono per me. Dovrei mandargli un biglietto di ringraziamento. Al destino ovviamente, per quanto riguarda la mia incompetenza, bè forse potevo esserle grata, ma visto le approfondite ricerche che avevo fatto se ne era andata. Ora avrei facilmente potuto creare una pantera, ma non mi sarebbe servita a niente.
Arrivai in fondo al corridoio senza fare rumore e mi affaccia un attimo alla finestra, fu più un riflesso che un azione ragionata. Più che istinto direi che in quel caso fu pura fortuna, quasi sfacciata, sperai con tutto il mio cuore che mi restasse accanto e che non svanisse da un istante all’altro come faceva di solito.
Fuori della finestra vidi, poco lontano dal castello, un cerchio verde scintillante dal quale si allontanavano mia cugina e alcune persone che stavano portando via qualcosa o qualcuno. Cercai di concentrarmi su quelle figure, ma una nuvola passò davanti alla luna oscurandola. Le mie speranze, ancora una volta, non erano state ascoltate! Sbuffai seccata dalla frustrante situazione. Perché tutte le volte che cercavo di scoprire qualcosa finiva così?! Accidentaccio! Maledetto tempo! Ci si metteva pure lui in quel momento! Non poteva darmi una mano? No! Era chiedere troppo!
Ero quasi rassegnata quando finalmente un raggio di luna filtrò dalle nuvole. Fortunatamente la mia vista era buona e le figure si erano avvicinate, così riuscii a vederle senza troppi problemi. Erano quattro licantropi, o così ipotizzai perché con loro c’era Casy. Due di loro trasportavano dei sacchi che non mi piacquero nemmeno un po’, mi diedero i brividi senza una precisa ragione, supposi fosse solo il mio proverbiale istinto a dirmi che ero ben felice di ignorare che ci fosse lì dentro e che sarei continuata a esserlo ignorandolo. Poi vidi una cosa che mi sorprese, un licantropo stava trasportando un vampiro! Tentai di aguzzare lo sguardo per essere certa di non sbagliarmi, e mi resi conto che di fatti non mi sbagliavo:quello era un vampiro! Ma cosa ci faceva un vampiro in quella casa? Asher non era tornato e quindi non poteva essere stato lui a portarli… o forse… No, scacciai l’insana idea che lo avessero imprigionato dalla mente, se davvero lo avessero fatto lo avrei saputo perché eravamo legati, quindi anche senza i miei poteri me ne sarei accorta. O almeno lo sperai. Scaccia quel pensiero dalla testa: Asher stava bene. Se così non fosse stato mi avrebbero lasciato andare o ucciso, quindi non poteva che stare bene ovunque fosse.
Passai a Casy e quando vidi che si era caricata mi si fermò il cuore: Logan era tra le sue braccia, non sembrava stare troppo bene e continuava a premere qualcosa sul suo polso, probabilmente era ferito. Maledizione! Chi accidenti erano i suoi genitori? Lo voglio sapere perché voglio prenderli a pungi! Come possono essere così menefreghisti da lasciare il loro bambino di solo dieci anni solo e ferito con quattro licantropi e un vampiro? Cosa accidenti hanno nel cervello? La segatura?
Mi allontanai dalla finestra e corsi verso le scale, volevo raggiungere il più velocemente possibile il cortile, ma era difficile visto la scarsa illuminazione. Arrivai davanti al corridoio che portava alla porta che dava sul cortile, mi nascosi dietro a un mobile, stando attenta ad essere in ombra: se mi avessero trovata probabilmente avrei passato un bruttissimo quarto d’ora.
Mia cugina entrò spalancando la porta e facendosi da parte per lasciare passare Casy e Logan, io fissavo la scena con una stretta al cuore, gli occhi della licantropa erano neri, profondi e freddi come il fondo di un pozzo dove non arriva luce. Mi chiesi per quanto ancora avrebbe resistito alla sua natura, dentro di me pregai lo facesse abbastanza a lungo, finché Logan le era vicino. L’altro licantropo entrò portando il vampiro legato sulle spalle, ora che ero solo ad alcune centinaia di metri da loro potevo affermarlo con certezza: quel ragazzo era indubbiamente un vampiro.
Si diressero in silenzio dalla parte opposta alla quale mi trovavo e quando fui sicura di non essere vista da nessuno mi avvicinai furtivamente alla porta e uscii. L’aria era fresca e il cielo nero splendeva a trattai grazie alle stelle e alla luna. Che fare ora? Ero completamente allo scoperto, chiunque avrebbe potuto vedermi. Scaccia il pensiero dalla testa e cercai di essere positiva, nel peggiore dei casi avrei abbozzato qualche scusa di qualche natura.
Arrivai silenziosamente e con qualche difficoltà allo spiazzo con il cerchio che avevo visto prima, facendo molta attenzione a dove mettevo i piedi e al paesaggio intorno a me mi avvicinai. Degli altri due licantropi di prima non c’era nemmeno l’ombra, non ero del tutto sicura che questa fosse una cosa positiva.
Arrivai davanti al cerchio illesa nonostante i sassi per terra e mi accuccia per guardare bene il cerchio. L’erba era bassa e i segni poco evidenti, se a questo si aggiungeva l’oscurità della notte…Sospirai seccata.
-Shadow se hai qualche idea tirala fuori.- bisbigliai. Non vedevo un tubo, poi di nuovo, giusto per facilitarmi la vita, un altro grande nuvolose passò davanti alla luna. Feci un paio di passi in avanti cercando di seguire con gli occhi una parte della configurazione del cerchio che lentamente veniva oscurata dalla luna. Non so bene dove fosse la mia attenzione in quel momento, pensavo ad altro e non mi preoccupavo di essere appena entrata in un cerchio, anche perché non avevo poteri magici. Fu un grosso errore: IO non avevo poteri magici, ma all’interno di quel cerchio non ero sola e soprattutto Shadow era magica.
Una luce si sprigionò dal cerchio, intensa e sinistra, e come un verde vortice ci avvolse trascinandoci via. Io chiusi gli occhi e incoccai le braccia davanti al viso nel tentativo di proteggermi dal vento magico che ci aveva appena circondate.
Quando mi riaprii ero in un luogo dalle spesse mura di pietra, senza finestre né mobili, c’era solo un tavolino di legno, sommerso da un infinità di carte. Mi guardai attentamente intorno: era il luogo della mia visione. Cercai tra le carte sul tavolo il foglio che avevo visto senza però toccare niente, preferivo evitare di spostare qualunque cosa per non lasciare tracce. Trovai il foglio che era nella mia visione e inizia a leggere: parlava di un cerchio e di un incantesimo creato per imprigionare un demone, ma non uno qualunque, uno molto, molto potente.
A margine del foglio erano spiegati anche i punti deboli dell’incantesimo e come spezzarlo, lessi con attenzione e memorizzai tutto pensando che mi sarebbe servito.
Mi diressi alla porta e la socchiusi per vedere che o chi c’era all’esterno, ma era tutto buio e non vedevo niente. Aprii la porta e entrai nella stanza adiacente, Shadow si illuminò mostrandomi ciò che mi circondava; mi trovavo in un corridoio, di fronte a me c’era una porta si legno, la aprii piano, scostandola appena: anche quella stanza era buia e sembrava non esserci nessuno. Entrai nella stanza e grazie alla luce di Shadow vidi che si trattava di un laboratorio: due lunghi tavoli occupavano una serie di provette e strani liquidi, alcuni emettevano fumo, su un poggia libro era adagiato aperto un gigantesco volume rilegato in pelle. Mi avvicinai per vedere il tipo di tomo di cui si trattava e iniziai a leggere, scoprendo così che si trattava di un libro di formule alchemiche; il volume era aperto alla pagina di una formula molto complicata che a quel che riuscivo a capire serviva a creare un liquido per creare della carne. Mi venne in mente immediatamente la moglie di Creig: il corpo della ragazza era andato perduto, che stessero provando a ricrearlo? Alla sola idea mi sentii pervadere da un brivido freddo, preferivo non pensarci.
Uscii dalla stanza e seguii il corridoio che procedeva sempre uguale, fino ad arrivare a una grande stanza scura. Come ci misi piede una abbagliante luce verde si sprigionò, neppure io so bene da dove, guardandomi attorno mi accorsi che la stanza era ingombro di contenitori e che erano le pareti di pietra, sempre senza finestre, a emanare luce. Mi raggelai abbassando lo sguardo: il posto era pieno di fili elettrici o di qualche altra natura e io ne avevo pestato alcuni, feci un passo indietro e li seguii con lo sguardo, i più convergevano in una vasca dalla forma di una bara, totalmente chiusa, piena di liquido turchese. Mi avvicinai lentamente un po’ spaventata, per vedere cosa contenesse: in effetti adagiata nella vasca c’era una donna, molto bella e completamente nuda. I lunghi capelli rossi sembravano fluttuare nel liquido, sparpagliandosi e coprendole a tratti il viso e una parte del corpo. Aveva gli occhi chiusi e sembrava addormentata, il corpo ben proporzionato rilassato, ma le pelle era così bianca che pensai fosse morta, anche perché se fosse stata viva, immersa in quel modo senza ossigeno non sarebbe sopravvissuta a lungo. Quella ragazza era molto bella, ma di certo non era la moglie di Creig, non assomigliava in alcun modo alla donna del ritratto.
Immersi in altri cubi pieni di liquido verde gallastro, sparsi per il laboratorio e collegati a vari fili, stavano strane creature e quelli che pensai fossero organi umani. Al solo guardarli fui colpita da una forte nausea e un profondo disgusto: avevano creato delle chimere e riprodotto degli organi umani per arrivare a formare un essere umano. Era orribile! Inumano! E terribilmente ripugnante! Feci un passo indietro e finii in un altro cerchio. Stavolta quando chiusi gli occhi sperai di essere tornata in giardino, ma non sentii né l’aria fresca della notte né la carezza del vento sul viso.
Rassegnata aprii lentamente gli occhi aspettandomi ancora qualcosa per il quel non avrei dormito per i prossimi tre anno e rimasi sorpresa. Era tutto buio e Shadow con la sua cupa e piccola luce non riusciva a illuminare tutto alla perfezione, ma qualcosa era visibile. C’erano delle grandi celle che credo fossero fatte di vetro, il terreno dentro di loro era di pietra e con scanalature che illuminai attentamente e che mi accorsi si univano a formare un cerchio. Accidenti! Mia cugina doveva avere un debole per i cerchi! Ce ne erano quattro, tutte uguali. A cosa accidenti servivano? Seguii i disegni incisi sulla pietra fino ad inoltrarmi nella stanza, in un angolo molto buio mi trovai davanti a qualcosa. Illuminavo la base di un cristallo, o un minerale, o un enorme blocco ghiacciato. Era trasparente e non avevo il coraggio di alzare il fascio di luce o lo sguardo per vedere quello di cui si trattava, figuriamo alzarli entrambi! Feci un passo indietro e un respiro profondo, sentii il freddo di quella stanza entrarmi fin dentro l’anima. Rabbrividii silenziosamente e mi chiesi mentalmente dove fosse finito Asher e perché non fosse lì con me. poi l’idea che avrebbe trovato interessante o divertente quei luoghi mi fece apprezzare fino in fondo il fatto che fossi con Shadow. Un ultimo respiro profondo per trovare il coraggio e alzai lo sguardo. Vuoto! Qualcosa in me si voltò davanti a ciò che avevo visto. Non riuscivo più a muovere nemmeno un muscolo, ero bloccata, paralizzata e rapita. Dentro quel cristallo, perché questa volta ero sicura fosse un cristallo, era rinchiuso un demone. Come facevo a sapere che era un demone? Non avevo bidogno dei miei poteri per accorgermene visto il simbolo che aveva sul collo e che sembrava impresso a fuoco: era il simbolo che identificava i demoni di livello superiore, quelli che da alcuni vengono definiti re o master. Non era vivo, perché solitamente quel simbolo non appariva quando i demoni erano vivi; ma non era nemmeno morto. Aveva aspetto umano, ma era bello, bellissimo, più di chiunque altro avessi mai visto, persino più di Asher. Aveva i capelli lunghi e rossi, di un rosso intenso come il sangue, e il fisico scultoreo. Era perfetto, ma in modo malvagio, eppure imprigionato da quel cristallo che fermava il tempo aveva che qualcosa di innocente. Rimasi a fissarlo a bocca aperta, credo di aver assunto un espressione davvero stupida in quel momento. Poi feci un passo indietro e finii a terra. Era bello, il suo era ciò che viene definito “fascino”, ma quello che mi aveva scioccato era il fatto che assomigliava in modo impressionante a qualcuno che conoscevo bene, o che almeno credevo di conoscere bene.
-Ester.- la voce flebile che mi chiamava veniva dalle mie spalle. Non mi mossi per voltarmi, sapevo che era Logan.
-Chi è questo?- la mia voce era fredda, ma quello che avevo davanti sembrava una versione adulta del bambino che era dietro di me, anche se con alcune caratteristiche diverse.
-Ester non dovresti essere qui.- nella sua c’era una nota di implorazione
-Chi è questo?- domandai ancora, imperterrita.
-Dobbiamo andarcene in fretta o la mamma si arrabbierà.- ora la sua voce era una supplica, un lamento quasi. Lo sentii avvicinarsi.
-Tu dimmi chi è questo.- dissi alzandomi in piedi e avvicinandomi al cristallo che aveva congelato quel demone nel tempo.
-Ester per favore…- mi stava praticamente supplicando.
-Rispondimi e me ne vado.- la mia voce era risoluta.
-Lui…- iniziò, ma si bloccò timoroso.
Poggiai la mano sul cristallo continuando a fissare il demone in esso contenuto, poi sentii qualcosa, come un ondata di potere e lui aprì gli occhi. Mi allontanai ritraendomi mentre Logan correva verso il cristallo gridando “papà”. A quanto pare Logan non era umano, non del tutto. Purtroppo però il demone aveva chiuso gli occhi appena mi ero allontanata, probabilmente il suo era stato un semplice riflesso ai miei poteri, ma Logan non poteva certo saperlo. Continuava a piangere, battendo i pugni contro il cristallo e gridando papà. Lo fermai prima che si facesse troppo male e lo abbracciai forte sussurrandogli che andava tutto bene all’orecchio. Non so dire quanto tempo ci volle prima che si calmò, ma alla fine si allontanò da me e si asciugò le lacrime con la manica della maglia.
-Andiamo via.- disse porgendomi la mano, io la presi e mi sentii come risucchiare da qualcosa, quando aprii gli occhi ero nella mia stanza.
Logan si lasciò cadere sul letto, poi dopo aver fissato il vuoto per un paio di minuti si stese sul letto e nascose la faccia nel cuscino, mettendosi a piangere. Io mi misi a sedere accanto a lui e gli accarezzai i capelli mentre una luce dorata penetrava con gentilezza nella stanza. Il sole stava sorgendo sul suo cuore infranto e sulle mie nuove domande. La prima di tutte era: dove era Asher?

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 -Alcune risposte- ***


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Capitolo 14
-Alcune risposte-


L’orologio segnava le nove di mattina quando andai a dormire, mi lasciai andare sul letto sfinita, non mi tolsi nemmeno i vestiti.
Creig era venuto verso le sette di mattina, il suo corpo era lucido e vagamente trasparente, ma stava molto meglio rispetto a ieri. Era arrivato con la colazione e aveva portato Logan via con se. Mi aveva assicurato che si sarebbe preso cura di lui e che non gli sarebbe successo niente, quindi ero tranquilla, lui adorava Logan, ma forse il suo era solo senso di colpa; in ogni caso andava bene.
Per mia fortuna Creig non aveva fatto domande, non ero mai stata molto brava a mentire e non avevo voglia di parlare di ciò che era successo. Logan era crollato dopo aver pianto, credo si fosse addormentato per la stanchezza, aveva passato la notte in bianco a piangere e a fare chissà cos’altro. A quel punto non ero più sicura di volerlo sapere, la cosa non prometteva niente di buono. E come la mettiamo con il fatto che suo padre era un demone? E perché Logan non lo era? Vivendo con Asher da anni riuscivo vagamente a intuire se avevo davanti un demone o no e Logan era umano, o almeno lo era in parte. Che fosse un mezzo demone? Ma allora chi era la madre?
Troppe domande, nessuna risposta. Com’era stancante la mia vita!
Sprofondai in un sogno tranquillo, senza incubi, visioni o sogni dai contenuti misteriosi. Un sonno senza sogni, quel genere di sonno che ti permettere di riprenderti veramente e che ti fa passare una piacevole nottata. Mentre ero immersa in quel bel mondo buio dove si riposa beatamente sentii qualcosa avvicinarsi. Poi una musica, dolce come una ninna nanna e delicata riempì i miei sogni, era la musica che avevo sentito in Asher, una musica che conoscevo da tanto tempo o che forse conosceva me. Mi sentii tranquilla, cullata da quella melodia il mio sonno divenne sempre più profondo e sereno.
Quando mi svegliai era il tramonto. Ma la cosa importante non era questa. Sul tavolo di legno di fronte al divano c’erano dei tramezzini, però la cosa importante non era nemmeno questa. Shadow era addormentata su un cuscino sul divano con il suo aspetto di coniglio nero, ma nemmeno questa era la cosa importante.
La cosa importante era che io ero nel mio letto, anzi non tanto che ero nel mio letto, ma che ero nel mio letto con Asher. Ma non eravamo semplicemente nel mio letto insieme, eravamo abbracciati nel mio letto.
Scattai immediatamente su, mettendomi seduta, rigida come un tronco d’albero.
Sulla sua faccia era dipinto un sorriso divertito, i suoi occhi neri dalle venatura scarlatte erano fissi nei miei.
-Ben svegliata.- la sua voce era carica di ironia e dolcezza.
-Quando….? Come….?- non riuscivo a terminare una domanda da quanto ero nervosa e sorpresa.
-Creig è passato a portarti da mangiare, sembra siate diventati molto amici.- nella sua voce c’era una discreta nota di irritazione nella sua voce.
Lo sentivo a malapena, ero incantata dal suo aspetto: sdraiato sul letto con una maglia a collo alto nera, aderente e vagamente trasparente, e con un paio di pantaloni neri era bello come non mai. Sembrava un sogno, seducente, bellissimo e irreale, ero incantata, i miei poteri non mi difendevano dal suo potere di seduzione e io mi sentivo incredibilmente attratta da lui, pessima cosa!
Scossi la testa, cercando inutilmente di scacciare quel pensiero orribile dalla testa, anche se di orribile in quel pensiero non c’era niente.
-Mi stai fissando.- constatò con voce bassa e seducente.
Mi stavano per saltare i nervi e mi sentivo stupida. Maledizione! Maledizione! Maledizione!
-Potresti smetterla?- la mia voce era un sussurro strozzato. Cos’era che desideravo davvero in quel momento? Non riuscivo più a capirlo, lui era troppo vicino e troppo bello. Perché? Era davvero solo opera dei suoi poteri? Dentro di me avevo paura che non fosse così, ma anche che lo fosse.
-Non capisco di cosa tu stia parlando.- disse con finta innocenza.
-A no?- mi sforzavo di imprimere un tono irritato alla mia voce, cosa molto difficile vista la situazione.
-Hai sempre resistito a questa mia “caratteristica”.- la sua voce aveva qualcosa di oscuro, come se fosse densa di sottointesi.
-Vuoi dire al tuo potere.- puntualizzai io.
-Se vuoi che ti accarezzi devi solo chiederlo.- sussurrò con tono seducente.
Fui percorsa da un brivido tutt’altro che spiacevole e nemmeno mi aveva sfiorata.
-Io non voglio…- iniziai bloccandomi subito, confusa e intontita.
-Non vuoi cosa?- domandò lui, il tono sempre seducente.
Cosa? Cosa non voglio? Bella domanda! Avrei dovuto chiedermelo io. Iniziavo a sentirmi veramente una demente. Feci un respiro profondo tentando di ossigenare il cervello, che era in apnea. I nostri occhi erano incatenati, non riuscivo a distogliere lo sguardo.
-Io… io…- non sapevo come andare avanti. Dovevo dire qualcosa. -Che cosa hai fatto fino ad adesso?- mi uscì fuori, era un disperato cambio di rotta.
-Sono andato a caccia di vampiri.- disse, la sua espressione era tornata seria. -E ho scoperto un paio di cose molto interessanti, ho pensato fosse una buona idea investigare lontano da qui. Ho sentiti dire, nei bassifondi, che diversi vampiri erano scomparsi e che le sparizioni erano legate a una strega. Sembra anche che Prisley fosse uno scienziato, era molto interessato all’alchimia e a ricreare la vita. Ma ciò che più l’affascinava era l’idea di creare esseri nuovi, e voleva una vita illimitata… In pratica vuole giocare a fare Dio.- raccontò con voce monotona, come se non fosse importante.
-Ho visto il risultato dei suoi esperimenti.- rivelai, dopo il racconto mi sentivo molto più presente di prima -C’è una sorta di laboratorio sotterraneo che io definirei laboratorio degli orrori. Fa davvero senso, avevo una gran voglia di vomitare e di gridare, non necessariamente in quest’ordine e non necessariamente separatamente.-
-Capisco.- disse con un sospiro. -Ho scoperto un'altra cosa interessante. Sembra che la strega che è coinvolta non sia affatto interessata all’immortalità, come gli altri, tutti si rendono conto che è impossibile creare un modo che renda gli essere umani immortali, a meno che non si trasformino in qualcosa di diverso. Ognuno ha una ragione personale. Non so bene quale sia quella degli altri, ma sembra che la strega sia interessata a un demone.- Nella sua voce c’era una nota strana, come se sottintendesse qualcosa. Mi guardò con occhi languidi in cui le venature rosse stavano divorando il nero degli occhi -C’è chi farebbe tutto per un demone.- il suo tono era ricolmo di sottointesi e di desiderio.
In quel momento mi venne in mente la premonizione che avevo avuto giorni prima, mi guardai bene vestiti: pantaloni e maglia. Volevo essere sicura che non avrei ceduto, non in quel posto almeno. In effetti la camera era diversa e anche l’atmosfera, e io non ero arrabbiata con Asher, non in quel momento almeno.
-Ok, sei molto attraente. Ma prima che tu inizi una incredibile scena di seduzione vorrei ricordarti che siamo in territorio nemico, è come se fossimo in alto mare circondati dagli squali!-
Lui appoggiò il gomito sul letto e la faccia sulla mano, rimanendo sdraiato a fissarmi sorrise con fare malizioso. Mi squadrò un paio di volte da capo a piedi, poi il suo sorriso si allargò, i suoi occhi divennero scarlatti come i rubini, avevano un fascino tutto loro. Mi sentii in imbarazzo per quel suo modo di guardarmi, mi sentivo come se fossi nuda, o meglio mi guardava come se fossi nuda. Mi allontanai da lui e mi misi a sedere contro lo schienale del letto, abbracciando le gambe e fissandolo imbarazzata. Odiavo essere in imbarazzo e non sopportavo l’idea di essere attratta in modo tanto forte da lui, se non fossimo stati così nei guai forse nella mia visione sarei stata in quella stanza e con quei vestiti. Scossi la testa per scacciare quei pensieri e appoggiai il mento sulle ginocchia.
-Perché mi fissi in quel modo? - la mia voce era un sussurro, iniziavo ad avercela con me stessa per questo mio modo di fare.
-Ti sto immaginando in bikini.- la sua voce era perfidamente divertito, stuzzicarmi era il suo passatempo preferito, un vero rompiscatole!
-E perché?- domandai sforzandomi di imprimere al mio tono una nota acida, ci riuscii anche se poco.
-Hai parlato tu del mare.- mi fece notare con un sorriso.
-Il mare non era il punto fondamentale, ma gli squali si.- ribattei prontamente.
Lui allungo una mano verso di me e prese una ciocca di capelli portandoseli alle labbra, poi mi fissò baciandoli, i suoi occhi rossi sembravano volermi risucchiare in un vortice profondo e scarlatto. Mi sentivo come una lepre di fronte al lupo, potevo solo correre veloce altrimenti sarei stata mangiata.
-Non è il momento.- la mia voce non convinceva nemmeno me.
Lui non distoglieva lo sguardo da me, i suoi occhi fissi nei miei, non era davvero il momento.
-In quel laboratorio c’era un demone.- raccontai -Era rinchiuso in un cristallo, credo fosse una sorta di cristallo del tempo, ma non ne sono del tutto sicura. Uffa! Se avessi i miei poteri potrei capire molto più cose, così invece ci sono diversi punti oscuri. Come quella specie di prigione di vetro, non riesco a capire con chiarezza a cosa serviva. E i vampiri? A cosa servono i vampiri? È tutto molto confuso. Poi Creig che vuole riportare in vita la moglie, ma la moglie nemmeno c’era… è assurdo! Se ci pensi non ha senso! Quale sadico riporterebbe indietro l’anima della moglie dal paradiso. Non si può riportare indietro un anima dal paradiso.- le mie frasi erano un po’ ingarbugliate, ma sapevo che Asher avrebbe capito lo stesso.
-Come fai a sapere che è in paradiso?- domandò sorpreso.
-Perché era una brava persona, o almeno così dice.-
-Di per se riportare un anima indietro non è una cosa impossibile, e qui c’è uno sciamano, ma in questo caso non penso che funzionerà. Anche con il corpo la cosa è limitata.-
-Ma loro non ce l’hanno il corpo, credo stiano provando a ricrearlo. È tutto molto confuso. E poi cosa vogliono fare con quel demone?-
-Parlami del demone.- disse Asher lasciandomi andare i capelli e mettendosi seduto per ascoltarmi, finalmente aveva una faccia seria. -In che tipo di cristallo ti sembrava rinchiuso?-
-Nel cristallo del tempo, credo. Te l’ho gia detto, non ne sono sicura ma penso sia quello. E sembrava morto, ma non del tutto, era molto strano.-
-E com’era questo demone?- domandò -Puoi descriverlo?-
Sorrisi -Era molto più bello di te!- iniziai, la mia piccola vendetta, lui mi guardò vagamente seccato, ma io lo ignorai. Era divertente stuzzicarlo un pò e prenderlo in giro, lui lo faceva sempre con me -Alto più o meno un metro e ottanta, con i capelli rossi e il simbolo della gerarchia superiore sul collo.-
-Un demone superiore…- ripeté lui pensieroso.
-Lo conosci?- domanda lecita e soprattutto importante.
-Si, lo conoscono in molti. Era un demone molto potente, fece un patto con una strega e scomparve nel nulla, di lui non ci furono più notizie.-
-Probabilmente la strega di cui parli è mia cugina Cecil. Loro hanno fatto un patto e credo abbiano avuto anche un figlio di nome Logan, è un bravo ragazzo, molto dolce e gentile. Ma non sono certa al cento per cento che la madre di Logan sia mia cugina, non penso che una madre potrebbe arrivare a fare del male al proprio figlio. Tralasciando questo, parlando di questioni biologiche, i demoni possono avere figli? E poi lei è un essere umano.-
Asher si avvicinò a me tanto che sembrava volesse baciarmi. Io nascosi la faccia dietro le ginocchia, mi sentivo nuovamente in imbarazzo.
-Biologicamente parlando noi non siamo poi così diversi da voi, siamo solo più forti e più potenti.- sussurrò piano con la sua voce carezzevole.
-Ah, si?-bisbigliai, poi alzai la faccia per cambiare argomento. -Non mi hai ancora detto cosa hai fatto di preciso.-dissi guardandolo, meglio parlare di cose importanti.
-Ho conosciuto un paio di vampire molto interessanti, ma il mio corpo appartiene solo a te.- era solo una mia impressione o la sua voce era di miele? Come poteva dire cose simili con un espressione allo stesso tempo seria e divertita.
-Noi non stiamo insieme.- gli feci notare, ma in quel momento avrei voluto baciarlo, ed era così vicino che avrei potuto farlo senza problemi.
-Solo perché tu non vuoi.- disse avvicinandosi sempre di più, stavolta intenzionato a baciarmi.
Gli misi una mano sulla bocca e lo allontanai, anche se il contatto delle sue labbra sul mio palmo mi procurò un brivido. -Solo perché non voglio perderti.- e quando lo dissi mi accorsi che era maledettamente vero. Avevo sempre detto che non ero interessata a lui, che non ero attratta da lui o che non provavo niente nei suoi confronti, ma non era vero. Asher mi era entrato nel cuore poco a poco, come un veleno, e io lo combattevo senza speranza di vittoria solo perché se l’avrebbe avuta vinta io sarei morta o lo avrei perso, due prospettive non troppo allegre. Ma entrambe erano inevitabili, lo sapevo… lo sentivo… Non potevo combattere il veleno, non avevo antidoti, è per questo che ero così spaventata quando pensavo di volerlo accanto, per questo che respingevo anche la più piccola idea di avvicinarlo. Eppure i miei sentimenti si erano intensificati e continuavano a sconvolgermi la vita e a spaventarmi. Volevo fuggire, ma non si può scappare da ciò che si ha dentro. Asher era accanto a me in quel momento, ma ero certa che se davvero avessi dato ascolto al mio cuore lui sarebbe scomparso. Volevo abbracciarlo, sentirlo vicino, ma non potevo e non dovevo, e questo mi faceva stare male, un dolore quasi straziante.
Sospirai e fissai intensamente il lenzuolo del letto, ma non dissi più niente perché non c’era niente da dire.
Fu Asher a rompere il silenzio che si stava facendo pesante, parlando d’altro ovviamente. -Ho dovuto catturare dei vampiri molto potenti e molto antichi, è stato tutt’altro che facile. Hanno dei poteri spaventosi, non so dove li abbiano rinchiusi, ma se non stanno attenti si faranno ammazzare.- nella sua voce si scorgeva una punta di rammarico.
-Sei preoccupato per loro?- domandai scettica.
-Vorrei ucciderli personalmente.- spiegò con un sorriso, il classico sorriso da bravo ragazzo, come faceva ad averlo quando progettava un omicidio?
Avevo una gran voglia di baciarlo e sentivo che stavolta non avrei resistito a lungo, non dopo aver ammesso con me stessa i miei sentimenti.
-Buono a sapersi. Ehy, ma i miei poteri?- saltavo da un argomento all’altro, Asher si era seduto accanto a me e aveva appoggiato la testa alla mia spalla, i suoi capelli d’ebano mi sfioravano la guancia facendomi un lieve solletico.
-Penso che tua cugina stia lavorando per renderteli. Tua cugina è bella e bionda?- rispose con voce dolce, vicinissimo al mio orecchio.
Provai una fitta di gelosia quando la definì bella -Si. La trovi bella?- chiesi.
Alzò la faccia e mi baciò dolcemente sulle labbra, un bacio casto e gentile, per niente tipico di lui. Non opposi nessuna resistenza e mi sentii un idiota per questo, ma volevo baciarlo e fingere che non fosse così era insensato, a quel punto credo se ne fosse accorto.
-Allora, quell’incompetente di tua cugina sta tentando di renderti i poteri e di lasciarti libera.- disse ignorando la mia domanda e poggiando nuovamente la testa sulla mia spalla.
-Come fai a essere così sicuro che lo stia facendo?- domandai giusto per andare avanti con la conversazione.
-Ho fatto un incantesimo a Prisley, se si azzarda a non rispettare il patto morirà!-
Mi congelai ascoltando quelle parole, improvvisamente capii cosa sarebbe successo: nella mia visione Prisley era morto; loro avevano due vampiri, tre se contavamo quello di ieri sera, ma le celle erano quattro e io continuavo ad avere una brutta sensazione.
-Va via.- dissi spingendo Asher per allontanarlo da me.
Lui mi fissò sorpreso e confuso, sembrava quasi ferito.
Non avevo tempo per spiegargli tutto, anche se mi dispiaceva da morire vederlo così; avrei tanto voluto abbracciarlo, ma davvero non c’era tempo.
-Devi andartene e in fredda!- gli dissi sempre più nervosa e agitata.
-Che succede?- domandò confuso, il suo sguardo si spostava in giro per la stanza come in cerca qualcosa, forse una risposta al mio comportamento improvviso.
-Vattene e basta! Dammi ascolto!- gridai, stringendo in modo spasmodico il suo braccio destro per attirare la sua attenzione. Cosa sarebbe successo ad Asher se lo avessero preso? Mi vennero in mente i sacchi portati sulle spalle da quei due licantropi, iniziavo a sentirmi veramente male.
Era troppo tardi. Una luce verde avvolse Asher come le spire di un gigantesco serpente verde e luminoso, e lui svanì nel nulla. Come era apparsa la luce svanì mentre io fissavo scioccata e atterrita le mie mani ormai vuote, come cercando una risposta. Avevo la nausea e mi sentivo svenire, avevo anche una gran voglia di piangere.
Stavolta i guai erano molto seri!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 -Una parte di verità- ***


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Grazie infinite a tutti coloro che leggono questa storia e che la trovano interessante, grazie per aver avuto la paziensa di ascoltare la mia fantasia e grazie per i commenti che avete lasciato (anche se non sono molti).

Ma sopratutto grazie per non aver trovato sciocco questo racconto.

Ora, a metà di quest'opera, penso di aver fatto un discreto lavoro per ora e guro che continuerò a impegnarmi fino alla fine! E ora, buona lettura^^!

 

Capitolo 15
-Una parte di verità-


Corsi alla porta della stanza mentre Shadow si trasformava in una scia nera come il petrolio e mi si avvolgeva al collo. Fortunatamente ero andata a letto vestita, non mi ero tolta nemmeno le scarpe e quindi non avevo bisogno di cambiarmi. Non ero del tutto certa di riuscire a trovare la camera di mia cugina, ma avrei continuato a cercarla finché non l’avessi trovata. L’idea era quella ed era anche molto buona, anzi molto impulsiva, ma in quel momento non ero molto lucida. Ero nel panico, mi sentivo come se mi avessero strappato via il cuore, invece avevano semplicemente portato via Asher.
Appena aperta la porta della stanza andai a sbattere contro qualcuno e finii a terra come una cretina. Alzai immediatamente lo sguardo e mi trovai davanti a un tipo che sembrava un culturista, senza capelli e con gli occhi marroni totalmente spenti e alto quanto una armadio. La sua figura bastava riempire la porta, non sarei riuscita a passare facilmente. Mi alzai di scatto pronta ad affrontarlo, ma poi sentii un dolore lieve dietro la nuca, poi tutto divenne buio.

Ero in un giardino bellissimo e immenso, era pieno di alberi, di fiori e di varia specie di piante. Gli uccellini cantavano, i loro cinguettii erano una musica lieve che riempiva l’aria comunicando allegria. Dal luogo in cui mi trovavo sentivo l’odore di diversi tipi di fiori che con calore riempiva l’aria. Era il tramonto, il cielo aveva striature rosse, rosa e arancio che tingevano le nuvole e che avvolgevano il luogo con gentilezza e calore.
Quel luogo lo conoscevo bene, era il giardino della nostra villa, il luogo in cui ero nata e cresciuta, il luogo in cui avevo vissuto con mia sorella. Dietro di me c’era un laghetto con i pesci e le orchidee, davanti a me si estendevano una moltitudine di rose di ogni tipo. Quella era la mia parte preferita del giardino, credo fosse anche la parte preferita di mia sorella. Stavamo spesso lì insieme.
Una ragazza stava accucciata al mio fianco, i lunghi capelli biondi con riflessi d’orati erano raccolti in una coda bassa con un nastro rosso, indossava un vestito rosa lungo e aveva un grembiule e dei guanti da giardinaggio verdi. Stava curando delle rose molto belle, avevano un colore rame con sottili striature rosse e avevano un odore leggero, ma piacevole. Accanto a quelle c’erano delle rose scarlatte dai petali vellutati, la varietà Balck magic, la mia preferita.
-Io adoro queste rose, sono così belle, con due sfumature diverse.- disse la ragazza con voce melodiosa e dolce. -Le mie preferite in assoluto.-
Si voltò a sorridermi, aveva un sorriso dolce e due occhi viola dalla sfumatura intensa. Aveva un volto dai lineamenti sottili e armoniosi, il mento un po’ appuntito e le labbra rosse e piene, aveva all’incirca quattordici anni: era mia sorella maggiore. Quello era un ricordo della mia infanzia, quando mia sorella era ancora viva. Mia sorella aveva sempre amato i fiori.
-Anche le tue sono molto belle. Hanno un colore intenso che cela in se qualcosa di misterioso e affascinante. Le rose Balck Magic…- il suo sguardo si fece acuto e misterioso, si voltò verso la foresta, dalla parte opposta del giardino, il suo sguardo si perdeva nelle ombre -Ricorda sorellina, la magia può essere di tipi diversi, ma ciò che conta davvero è il cuore di chi la usa. Ester, la tua stella conduce a un futuro colmo di avventure e di misteri, rimani fedele al tuo cuore io tenterò sempre di indicarti la via. Ora guarda.- disse indicando e rose davanti a lei che lentamente si schiudevano, erano splendide. -Queste rose saranno un indizio, la verità che sveleranno forse ti scioccherà, ma non dimenticare la sincerità dei tuoi sentimenti. Ester, il tuo nome significa stella, una stella che porta luce e che splende anche se circondata dalle tenebre. Non temere l’oscurità che ti avvolge, ti amerà sempre. Io farò in modo che tu sia il più assicuro possibile.-
Avevo un groppo in gola mentre fissavo i fiori che si schiudevano, mi stava indicando qualcosa ma non riuscivo a capire cosa.

Quando riaprii gli occhi ero dentro una prigione dalle sbarre spesse, dai muri di pietra e avevo le mani incatenate, il ferro intorno ai polsi era freddo, il pavimento era umido e io avevo un gran mal di testa. Si sentiva uno strano odore di muschio e il freddo sembrava entrarmi nelle ossa. Sembrava di stare nelle segrete di un castello, e probabilmente era lì che mi trovavo. Delle torce illuminavano il luogo di una luce lieve, creando giochi di luci e ombre sulle pareti fatte di pietre disposte in modo non uniforme. Non c’erano finestre e le sbarre davanti a me sembravano spesse e di ferro, molto difficili da distruggere, specialmente senza i miei poteri.
Perché finivo sempre in una prigione con un gran mal di testa? O in una segreta con un gran mal di testa? O in una stanza con un gran mal di testa? E perché avevo sempre un gran mal di testa quando mi trovavo in queste situazioni? E soprattutto perché finivo sempre per trovarmi in queste situazioni?
Strattonai le catene inchiodate alla parete, ma riuscii solo a provocare un rumore metallico e secco, mi feci male e basta. Fissavo il soffitto confusa e intontita per il colpo ricevuto, quando una voce attirò lamia attenzione.
-Come ti senti?- domandò Cecil. Mi voltai a fissarla, era davvero bella, truccata e con un bellissimo vestito bianco senza spalline.
La fissa con astio e con una punta di invidia, non faticavo a capire perché Asher la trovasse bella. -Secondo te?- la mia voce aveva un tono velenoso, più dell’arsenico o di un qualunque altro veleno.
-Non ce l’ho con te e mi spiace per ciò che ti è successo, credimi. Ma ho bisogno del tuo demone.- la sua voce era formale e fredda, ma i suoi occhi erano dispiaciuti.
La fissai sorpresa per quella dimostrazione di umanità, ma la rabbia era troppa e riprese subito il sopravvento. -Per svegliare il tuo…?- domandai, la voce carica di astio, ancora velenosa e fredda.
Sussultò, ma mi fissò senza fare una piega, i suo sguardo rimaneva mortificato ma anche deciso. -Si esatto.-
-Cosa farai ad Asher?- chiesi, non ero sicura di volerlo sapere, sentivo un groppo in gola e mi sentivo soffocare. La mia voce suonava roca e raschiante, mi sembrava di sprofondare in un tunnel buio e senza fine.
-Mi spiace, non credo resterà vivo.- la sua voce si era fatta vuota come il suo sguardo.
Avrei voluto liberarmi e andare lì a prenderla pungi, ma riuscivo a malapena a muovermi. Non potevo gridare, avrei voluto ma non ci riuscivo, mi sentivo soffocare. Asher non poteva morire, non volevo che morisse, la sola idea mi faceva stare male. Era quello che non sarebbe mai dovuto succedere, non avrei mai dovuto provare qualcosa per lui, non avrei mai e poi mai dovuto ammettere con me stessa che provavo qualcosa per lui.
-Giuro che ti ammazzo! Lo giuro!- la mia voce tramava di rabbia e di dolore, se il mio cuore avrebbe fatto quello che gli suggeriva la testa in quel momento non sarei stata tanto male.
-Non mi fai paura.- la sua voce era tranquilla, ma celava una certa ansia.
Un pensiero mi attraversò la mente, cupo e sinistro.
-Che farai a Logan?- domandai. Avevo visto Logan ferito, credo che avessero bisogno di lui per gli esperimenti, cosa gli avrebbero fatto? Avevo troppe persone per cui preoccuparmi.
Cecil distolse lo sguardo e lo fissò sul pavimento.
-Non vorrai uccide anche lui?! È TUO FIGLIO!- ormai ero totalmente fuori di me dalla rabbia, mia voce era quasi stridula. Stavo gridando, sentivo i miei occhi riempirsi di lacrime, avevo voglia di piangere.
-Servono sempre dei sacrifici per ottenere qualcosa.- la sua voce era bassa, decisa e cupa, il suo sguardo era fisso sul pavimento.
-Come puoi fare una cosa simile?!- la mia voce era un sibilo. Come poteva fare questo a suo figlio? Che razza di persona era? Chi avrebbe mai potuto avere il coraggio di definirla madre? Chi avrebbe mai potuto anche solo definirla essere umano? Cosa aveva di umano una persona simile?!
-Non essere tanto sconvolta. Anche tu tieni a quel demone, no?-
Non dissi niente perché non c’era niente da dire, era vero e in quel momento con tutto il cuore volevo averlo lì con me.
-Non faresti tutto per lui?- chiese, il tono deciso e sicuro.
Amavo Asher, era vero e questo mi faceva sentire un imbecille, ma se sapevo una cosa è che mai e poi mai avrei fatto del male a un innocente per lui -No! Non arriverei mai a tanto!-
Cecil scosse la testa, poi mi guardò e sorrise divertita. -Tu e tua sorella vi assomigliate davvero molto.-
La guardai senza capire cosa intendesse, quel commento era senza senso e fuori luogo. Lei mi studiava curiosa, come in cerca di qualcosa.
-Oh, non dirmi che non lo sai?- disse fissandomi con un sorriso che non saprei come definire, se divertito o crudele. -Sembra proprio di no… Sai il tuo Asher era molto amico della mia defunta cugina, non che tua sorella. Pensi davvero di averlo evocato per caso?-
Non saprei dire perché, ma in quel momento qualcosa dentro di me si ruppe, improvvisamente mi resi conto che i suoi occhi erano sinceri, mi sentii male e nella mia testa c’era una confusione tale che mi faceva più male di prima.
-Che cosa stai dicendo?- chiesi, la mia voce era un sussurro. Non ero sicura di voler avere una risposta, avevo paura della risposta.
-Davvero non lo sai? Eppure il suo nome è piuttosto eloquente.-
-Un demone non rivela mai il suo vero nome, se lo facesse darebbe potere su di lui alla persona alla quel l’ha rivelato.-
-Questo lo so, ma che c’entra?-
-Asher…- sussurrò, la sua voce era bassa e cospiratoria -Non ti ricorda un altro nome? Il nome di qualcos’altro?-
-Di cosa?-
-Non ricordi come si chiamavano le rose che tanto amava tua sorella?-
-Le rose che piacevano a mia sorella? Che centrano adesso le…- iniziai, ma mi bloccai, sentivo come se fosse scattata una molla dentro di me. Le rose che piacevano a mia sorella, le rose di due colori a stelo lungo, non ricordavo il nome ma iniziava per “A”. Asher…il nome ricordava quello di una varietà di rose, lo avevo pensato appena lo avevo sentito. E se quelle rose fossero state le stesse che piacevano a mia sorella? L’iniziale era quella.
-Nel caso tu te lo stessi chiedendo, il nome delle rose era Ashram.-
Deglutii, cercando di essere razionale. -Non significa niente, è solo un nome, po’ essere una pura coincidenza.- Ma non ci credevo e nemmeno mia sorella ci credeva. “Non esistono le coincidenze a questo mondo, le cosa accadono perché devono accadere, è il destino ed è inevitabile!”così mi aveva detto mia sorella. Ma Asher perché avrebbe dovuto conoscere mia sorella? E perché non me ne aveva parlato?
-Stavano spesso insieme, Asher non ha fatto un accordo con te per pura bontà del suo cuore. Sai che anche lui è un demone superiore?- chiese, la mia faccia doveva essere piuttosto sorpresa perché continuò dicendo -Sembra proprio di no. Non avresti mai potuto soggiogarlo. Ma tua sorella Elizabeth era diversa da te. Non so dire quale fosse l’entità del loro legame, ma se hai accanto a te Asher adesso è solo merito di tua sorella, come il fatto che tu sia viva del resto.-
Non dissi niente, la mia mente era vota, come un grande foglio bianco. Mi sentivo a pezzi, quello che diceva era vero, lo sentivo chiaramente e il pensiero di essere stata ingannata mi faceva male, soprattutto visto che chi mi aveva ingannato era Asher.
-Che vuol dire che è merito di mia sorella?- chiesi mentre nella mia testa rimbombavano le parole che aveva pronunciato in sogno “Io farò in modo che tu sia il più assicuro possibile.”
-Lei e Asher erano legati e questo lo ha legato a te. Elizabeth aveva qualcosa che a lui interessava molto, qualcosa che hai anche tu.- disse entrando nella cella, mi si avvicinò prendendo il mio viso con una mano e sfiorandomi l’occhio destro -Qualcosa che tu hai ereditato.- il suo sorriso si tese.
Avevo voglia di piangere, ma mi costrinsi ad ingollare le lacrime perché piangere sarebbe stata una sconfitta.
-Ti spiace non toccarmi? Mi fai sinceramente schifo.- le mie parole trasudavano disprezzo, era una delle rare volte in cui avevo il pieno controllo del mio tono di voce, avrei voluto farmi i complimenti almeno per quello.
Mi lasciò e indietreggiò come se l’avessi schiaffeggiata, poi mi fissò.
-Non ti ucciderò, non mi interessi e Creig ti è affezionato. Dopo che Asher avrà donato tutto il suo potere non ci sarà più ragione per tenerti qui, riavrai i tuoi poteri e sarai libera.-lo disse con freddezza e con calma.
Non dissi niente, mentre Cecil svaniva avvolta in una luce verde mi sentivo svuotata, ma al contempo provavo un ansia e una paura terribile. La stanza vorticava nella mia mente, la mia testa sembrava il risultato di un quadro contorto di Picasso, frammentato e cupo, pieno di figure e di significati confusi, che non si capiscono con un occhiata superficiale. Asher mi aveva mentito, Asher che tra poco sarebbe morto. Bhe, accidenti, ben gli stava! Ma una parte di me non voleva che morisse. No, Asher non doveva assolutamente morire, aveva molte domande a cui rispondere e poi volevo prenderlo a pungi per il bacio e per l’inganno. Avevo centinaia di scariche elettriche da lanciargli e avevo ancora bisogno di lui per trovare il vampiro che aveva ucciso mio sorella.
Cosa avrebbe fatto mia sorella al mio posto? Non ne ero sicura al cento per cento, ma ero certa che per prima cosa si sarebbe calmata e poi avrebbe cercato un modo per risolvere tutto. Era strano, ero arrabbiata con mia sorella, ma sentivo anche di volerle ancora un bene infinito e continuavo a sentirla più vicina di chiunque altra la mondo. Avrei voluto che fosse lì a guidarmi, come mi aveva promesso, ma non c’era e se non c’era era perché mi aveva protetta a costo della vita. Il suo ricordo era dolce, non avrei mai voluto perderlo, eppure era lontano e soffocante.
Mia sorella e Asher, la sola idea mi sconvolgeva anche perché lui era un demone! O forse era soprattutto perché lui era Asher. Forse l’avevo idealizzata troppo, forse l’avevo messa su un piedistallo isolandola da tutto, togliendole tutti i difetti e guardando solo le sue qualità. Lei era sempre stata il mio idolo, il mio modello, la persona alla quale volevo assomigliare, era come una luce irraggiungibile. La luna che splende e che non ha alcuna ombra. Ma avevo dimenticato che la luna splende perché è avvolta dall’oscurità della notte, e quell’oscurità era stata Asher. E io? Cosa ero stata per lei io?
Sospirai tristemente guardando il suolo, mi sentivo priva di forze, avrei voluto che mia sorella fosse lì anche se questo pensiero era diventato un tarlo che mi preocurava un dolore quasi fisico, soprattutto in quel momento. Avrei voluto chiederle del suo rapporto con Asher e anche del mio rapporto con Asher. Anche se forse lei nemmeno sapeva chi era Asher, non dovevo dare troppo retta a Cecil, non volevo crederle. E soprattutto avrei voluto che trovasse un modo per scappare e per salvare Asher, perché se qualcuno doveva uccidere quel demone quel qualcuno ero io!
Scossi la testa, poteva anche darsi che Cecil si sbagliasse, o che mi avesse mentito, anche se non c’era ragione per mentirmi. Ma potevo davvero credere a una persona che era disposta a uccidere il figlio? No, non potevo! Non volevo… L’idea mi faceva sentire indifesa e fragile, non la sopportavo. Soprattutto ora che avevo accettato ciò che provavo per lui. Perché? Perché non mi aveva parlato di mia sorella? La nominavo più o meno cinque volte alla settimana, di certo le occasione non erano mancate. Che tra loro ci fosse stato davvero qualcosa? Ma allora perché mia sorella non mi aveva mai detto niente di Asher? Mi sentivo tradita dalla persona che più avevo amato al mondo e da quella che avrei potuto arrivare ad amare ancora di più.
Quando ero piccola e ero agitata mia sorella mi abbracciava e mi canticchiava una canzone per calmarmi, era la sua canzone preferita. Aveva una voce dolce e nostalgica, carezzevole, il solo ascoltarla riusciva a calmare l’animo delle persone..
Fu in quel preciso istante che il mio cuore si frantumò definitivamente. Quella canzone che avevo sentito nel profondo dell’animo di Asher era la stessa che mia sorella mi cantava sempre.
Mi misi a piangere, non riuscivo proprio a farne a meno. Le lacrime scendevano copiose, era come quando era morta mia sorella: sapevo che non ci sarebbe stato nessuno a raccogliere. Però questa volta non potevo trattenerle in alcun modo, il dolore era troppo e troppo acuto. Mi odiavo, non era il momento di essere così fragile! Asher era in pericolo e io dovevo salvarlo, anche se non avevo nemmeno una vaga idea di come fare. Ma non potevo farne a meno, stavo troppo male. Credo che in tutta la mia vita quello sia stato l’attimo in cui mi sono sentita più sola in assoluto.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 -Fuga- ***


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Capitolo 16
-Fuga-


La mia anima era lacerata, mi sentivo a pezzi, travolta da un dolore troppo grande per essere descritto, ma finalmente la verità era venuta fuori e questo aveva qualcosa di liberatorio.
Nel testo “la repubblica” Platone descrisse dei prigionieri che per anni erano vissuti imprigionati in una grotta e che non avevano mai visto la luce. Anch’io ero come loro, ma nell’oscurità in cui stavo mi trovavo benissimo, la luce della verità era troppo abbagliante e mi aveva ferito gli occhi.
Non so dire per quanto tempo piansi, mi sentivo veramente infantile e stupida a prendermela così, quando mi calmai ero sfinita. Feci un respiro profondo, ma mi sfuggì un singhiozzo, forse perché mi ero appena calmata.
Mi sdraiai per terra, la fronte a contatto con il pavimento freddo di pietra mi procurava una sensazione piacevole, anzi più precisamente confortante; in pochi minuti mi sentii più rilassata. Me ne stavo sdraiata e nonostante ci fosse incredibilmente freddo mi sentivo bene, non volevo immaginare in che stato fosse la mia faccia, anche se non ero mai stata molto attenta al mio aspetto.
Chiusi gli occhi, cercando di svuotare almeno per un attimo la mente. Che cosa potevo fare? O meglio cosa dovevo fare? Ero imprigionata e Asher rischiava la vita, per il momento era meglio concentrarmi su questo. Dovevo uscire di lì e correre a salvarlo, poi torchiarlo e nel caso prenderlo a pungi. Le lacrime non servivano, quindi basta piangere. Non dovevo rimettermi a piangere! Assolutamente no! Per nessuna ragione al mondo! Anche se sentivo le lacrime nascere di nuovo. Mi alzai a sedere e mi appoggiai alla parete ispirando profondamente.
Ok, basta Asher! Concentriamoci su come fuggire, altrimenti avrei finito per passare il resto della mia esistenza a rimpiangere di non averlo fatto! L’unica cosa che potevo fare era chiedere aiuto a Shadow! In fondo era stata creata anche per questo…
-Shadow, pensi di riuscire a rompere le catene?- chiesi a voce bassa, non ero sicura che servisse a qualcosa bisbigliare, ma mi veniva naturale.
Shadow, arrotolata al mio collo, divenne una macchia liquida nera che salì strisciando sul mio braccio, era calda e sembrava quasi una pelliccia morbida sulla pelle, arrivò fino alle manette delle catene e si infiltrò tra la mia pelle e il ferro, poi entrò nel buco della serratura come se fosse fatta di acqua e la ruppe facendo scattare le manette che si aprirono con un click. Mentre le manette si aprivano lei uscì dalla serratura cadendo sul pavimento, sembrava una macchia di petrolio. Poi la chiazza liscia e nera, che sembrava liquida, si increspò e riassunse l’aspetto di coniglietto davanti ai miei occhi. Scosse tutto il corpo facendo ondeggiare lentamente la pelliccia, mentre io mi massaggiavo i polsi freddi e finalmente liberi da quelle scomode manette.
Mi alzai in piedi dirigendomi verso le sbarre della prigione, per aprire la serratura serviva una grande chiave di quelle che usavano nell’ottocento, Shadow non sarebbe riuscita a romperla stavolta. Vidi un piccolo batuffolo nero arrivare alle mie caviglie con un fruscio lieve.
Mi accucciai per parlare con Shadow che era accanto a me e mi fissava preoccupata con i suoi grandi occhi marroni, le accarezzai dolcemente la testa con la mano sussurrandole -
Te la senti di uscire a cercare la chiave?-
Per tutta risposta lei saltellò fuori dalle sbarre e sparì nel corridoio buio confondendosi tra le ombre. Io la fissai finché non sparì, sperando silenziosamente che le trovasse presto e che si sbrigasse a tornare indietro, mi sentivo un po’ indifesa senza averla accanto.
Aspettando in silenzio il suo rientro, nella mia mente continuavano a vorticare immagini orribili, pensieri su ciò che poteva passare in quel momento Asher, il che mi permetteva di ignorare quello che avevo scoperto su lui e mia sorella. Che genere di rapporto li aveva uniti? Era inutile pesarci, dovevo concentrarmi sul presente.
Mi misi nuovamente seduta, la schiena appoggiata alle sbarre di ferro freddo, anche se così non avrei visto arrivare Shadow , continuare a fissare il corridoio mi faceva venire l’ansia, gia per quello che gia ero.
Improvvisamente qualcuno aprì la porta e mi trovai stesa sul pavimento, davanti a me c’era Creig che mi sorrideva divertito. Indossava una camicia nera aperta lasciata aperta fino al cuore, un paio di jeans sbiaditi e delle scarpe da jogging nere.
Poggiai le mani sul mio stomaco e gli sorrisi sorpresa e al contempo divertita per la posizione in cui mi trovavo.
-Ho sempre sognato di vederti stesa sotto di me, ma non in questo modo.- scherzò allegramente, i suoi occhi sembravano brillare.
Gli sorrisi, non riuscivo ad essere arrabbiata con lui, non riuscivo ad essere arrabbiata e basta, il mio stato d’animo era troppo critico…Che fossi depressa? Inutile pensarci. -Dovrei chiamarti “mio salvatore”?- risposi sardonica.
La sua faccia si incupì un attimo. -Temo di non essere un salvatore.- la sua voce aveva una nota misteriosa e nei suoi occhi c’era qualcosa, come se fosse incerto.
-Allora sei un esecutore?- domandai, la mia voce non era alterata, stranamente non ero preoccupata per ciò che mi sarebbe successo. Che fossi sotto sciok? Forse il mio era una specie di limbo in cui non sentivo niente… Non riuscivo a chiarire il mio stato d’animo nemmeno con me stessa.
-Non sono qui per ucciderti se è questo che intendi.- i suoi occhi vedi erano più intensi del solito, mi sentivo inerme, soprafatta da quello sguardo che sembrava risucchiarmi in un verde profondo e limpido.
-Cosa vuoi farmi?- la mia voce era un sussurro, il suo sguardo mi faceva sentire intontita, confusa e persa. Forse era così che un coniglio si sentiva di fronte a un lupo. Ma io non ero un coniglio, quindi dovevo riprendermi! E in fretta anche! Mi misi a sedere e appoggiai di nuovo la schiena alle sbarre, e alzai la testa per incontrare nuovamente il suo sguardo, i suoi occhi si erano fatti più scuri e profondi, come una foresta, mi sentii di nuovo persa nonostante i miei buoni propositi. Perché il corpo non da mai retta al cervello?
-Niente.- la sua voce era ipnotica. Come era possibile? Da quando la sua voce e i suoi occhi avevano questa facoltà?
Tentai di riprendermi, mentre nella mia mente le immagini si confondevano come in una giostra, non capivo cosa stava succedendo e iniziavo a faticare a mantenere la lucidità.
-Allora non capisco.- avevo la voce impastata, come facevo ad averla così? Mi sentivo sempre più confusa e stordita e non capivo il perché. -Che cosa mi stai facendo?- la mia voce era un sussurro sempre più basso, mi sentivo come se stessi perdendo conoscenza.
-Non ti farò del male, te lo giuro. Voglio solo la verità, non voglio che tu fugga.- disse chinandosi, si inginocchiò e mi prese tra le braccia.
Non riuscivo a respingerlo, mi sentivo senza forze e stavo perdendo i sensi. Sentivo le braccia fredde di Creig intorno alla vita e alle gambe mentre mi portava in braccio chissà dove. Persi i sensi quasi subito, mi sentivo come se mi avessero drogato o come se mi avessero propinato un centinaio di sonniferi.

Quando ripresi i sensi ero nella sua stanza, legata la letto con delle manette molto scomode, tipo quelle che usavano i poliziotti, e con della corda. Legata al letto? Che diavolo ci facevo legata ad un letto? E dov’era Shadow? E Creig? Perché ero finita lì? E soprattutto dove accidentaccio era lì?
Provai a guardarmi intorno e vidi che ero finito nuovamente nella camera da letto di Creig, il ritratto di sua moglie appeso la muro, mezzo nascosto dal tessuto trasparente delle tende del baldacchino, mi permise di riconoscere la stanza in modo inequivocabile.
Il cuscino sotto la mia testa era morbido, quindi non stavo proprio scomoda, ma avrei preferito di gran lunga stare scomoda ma libera che comoda ma imprigionata.
-Ti sei ripresa?- la voce di Creig mi arrivò dalla porta alle mie spalle, o almeno penso perché non riuscivo a voltarmi, forse non stavo poi così comoda.
-Creig, cosa diavolo ci faccio qui ammanettata al tuo letto?- il tono della mia voce spaventava persino me, esprimeva rabbia e una certa dose di odio, più per la situazione che per lui. Tirai le mani verso il basso, sentii un lieve dolore per l’urto con il ferro delle manette, che comunque non si aprirono, non che mi aspettassi il contrario, ma è sempre meglio provare.
-Non voglio farti del male.- assicurò, la voce dolce e melodiosa. Lo sentii avvicinarsi, anche se non riuscivo a vederlo sapevo che non era armato, non so cosa mi desse questa certezza.
-Che cosa vuoi?- domandai ancora, sempre con rabbia.
Si mise a sedere accanto a me sul letto e mi fissò con un sorriso dolce, avevo ragione, non aveva armi!
-Te.- rispose con decisione e fermezza, evitando però il mio sguardo.
Sgranai gli occhi, ero scioccata e sorpresa, ma soprattutto non era assolutamente nella posizione di poterlo respingere, imprigionata com’ero. Mi sentii finalmente invadere dal panico. -In che senso?- domandai sperando che smentisse i miei pessimi presentimenti: non mi andava di subire uno stupro, ma forse visto come era morta sua moglie non sarebbe mai arrivato a comportasti così. Pregai che non arrivasse a comportarsi così!
-Quanti sensi può avere questa affermazione?- chiese, il tono sarcastico e irritato, un sorriso tirato in viso.
-Molti.- c’era una decisa nota di speranza nella mia voce. O forse era disperazione? Avevo paura, sentivo il panico crescente invadermi completamente, forse mi sarei messa a gridare aiuto anche se non sarebbe servito a niente.
-In effetti ce ne possono essere diversi.- la sua voce si era fatta dolce, allungò una mano accarezzandomi la guancia con lentezza e dolcezza.
Non era decisamente una buona cosa quello che stava succedendo, avevo un bisogno disperato di Shadow! Non ero brava nei rapporti umani, non sapevo cavarmela in quel genere di situazioni, il desiderio di gridare aiuto cresceva ogni istante di più! Accidentaccio, come mi ero ficcata in quella situazione? Non è che mi fossi avvicinata più di tanto a lui, no?
Dove accidenti era Asher in quel momento? Gia, lo stavano per uccidere! Maledizione, mai una volta che fosse utile! Nemmeno Shadow era nei dintorni.
-Creig, hai un debole per me?- lo domandai con tono innocente. Finalmente incrociò i miei occhi. Il suo sguardo era dolce, ma non era quello che un uomo rivolge alla donna che le piace, o almeno così mi sembrava.
-Si.- la sua voce era calda. Si avvicinò al mio viso, come per baciarmi, io voltai la faccia dall’altro lato. A quanto pare non ero brava a leggere gli sguardi. Nella mia mente iniziava a formarsi una solo domanda: “Perché? Perché a me?”
-Ma tu ami Beatrice, ricordi.- la mia voce tremava, mi sentivo invadere dal panico, avevo una voragine nello stomaco per l’ansia: ero in pieno attacco di panico. La faccia ostinatamente girata a fissare il muro, non volevo guardarlo in faccia e non sapevo come affrontarlo.
-Beatrice è morta.- bisbigliò nel mio orecchio, il suo fiato era tiepido.
Chiusi di scatto gli occhi e feci un profondo respiro per trovare la calma prima di rispondere -Anche tu.-
La mia voce era vagamente più decisa, ma ero ancora invasa dal panico e lui era ancora troppo vicino a me tanto che avrei voluto spingerlo via.
-La mia natura non ti ha mai spaventato fino ad ora.- constatò, il suo tono era sempre gentile.
-Fino ad ora.- ripetei con voce rotta. Nella mia mente continuavo a ripetere il nome di Asher mille e mille volte. Volevo che venisse da me, che mi tirasse fuori dai guai, volevo che fosse lui a farlo, lui e nessun altro… quanto ero stupida! C’era qualcosa che mi impediva di prendermi a pungi. Cos’era? A gia, ero ammanettata.
-Perché hai paura?- domandò, più con interesse che con preoccupazione. Certo, perché avrebbe dovuto esserlo? In fondo non era mica lui quello legato ad un letto, con un demone da salvare.
-Non so, forse perché sono ammanettata al letto.- la mia voce suono vagamente sarcastica e irritata. Lo sentii ritirarsi e scendere con un fruscio dal letto, ma non mi voltai per guardarlo perché mi sentivo paralizzata.
-Non ho intenzione di farti niente. Solo, non voglio che tu scappi via.- la sua voce suonò dolce, ma c’era qualcosa che non mi convinceva, però non avevo tempo per approfondire.
-Questo lo hai gia detto.- la mia voce suonò stanca e vagamente triste, era bassa e cupa, non sembrava nemmeno mia; ma mi stavo lentamente riprendendo. Mi sentivo così stanca di tutte le cose spiacevoli che riempivano la mia vita…
-Devo salvare Asher.- dissi riportando a galla la mia inquietudine principale. La stanchezza fu sostituita da una ansia crescente, ero preoccupata per Asher e incredibilmente a disagio per la situazione in cui mi trovavo. Pronunciare il suo nome, anche se solo nella mia mente, mi fece sentire una fitta al cuore, non ero ancora certa di ciò che provavo per lui i quel momento: rabbia? Rancore? Forse gelosia? Ma era davvero il caso di preoccuparsene mentre ero ammanettata ad un letto? Mi voltai lentamente a guardare Creig senza più proferire parola.
-Perché?- chiese, la sua voce era polemica e sembrava cercasse qualcosa, si appoggio la mano al petto e si allontanò lentamente dal letto, lo osservai con la coda dell’occhio ma senza voltarmi.
-Io… devo farlo.- non sapevo come spiegarmi e non me la sentivo di dire la verità sui miei sentimenti, ma forse Creig la conosceva gia. Non avevo il coraggio di dirlo, non potevo pronunciarlo ad alta voce e vedere quel sentimento prendere forma, non in quel momento che ero confusa riguardo a ciò che sentivo, non dopo aver saputo di lui e mia sorella.
-Devi dirmi perché.- la voce di Creig era quasi un lamento. Mi voltai dalla sua parte per guardarlo, ma lui era al di fuori del mio campo visivo.
-Creig?- chiamai, ora ero preoccupata per lui, pessima idea. La mia stupidità era mostruosa. Avevo davvero venticinque anni? Sicuramente non mentalmente né emotivamente. Ero incatenata ad un letto con un demian nella stanza, dovevo sbrigarmi a rendermene conto. Ma il demian in questione sembrava soffrise, almeno dal suo tono.
-Devi dirmi perché.- la sua voce era bassa, quasi un sussurro, e continuava ad esprimere sofferenza, ma era meno lamentosa di prima.
Aprii bocca per parlare, ma provai una fitta al cuore, non potevo dirlo, non ci riuscivo! Faceva troppo male! Era troppo, troppo doloroso! Era troppo! I miei pensieri erano ancora confusi e i miei sentimenti mi ferivano come pezzi di vetro. Era immatura, lo ero sempre stata. Avevo impedito ai miei sentimenti di maturare per vendicarmi di quel vampiro e ora avevo scoperto che mia sorella aveva avuto una tresca con il demone che io…No! Non riuscivo nemmeno a pensarlo. Richiusi la bocca senza pronunciare una parola. Mi sentivo male, il mio cuore era a pezzi come la mia autostima.
-Parla Ester! Dimmelo!- la voce di Creig era sofferente, sembrava soffocato da un dolore immenso quanto il mio. A quanto pare non si era veramente ripreso e continuava a soffrire in modo lacerante… Eppure ero certa di averlo guarito. Ma allora come era possibile che stesse così male? E poi non capisco come mai ci tenesse tanto che ammettessi i miei sentimenti? In fondo non erano mica affari suoi! Era una cosa che riguardava me e Asher…
Solo pensare a lui mi fece male, un male indescrivibile.
Mi misi a piangere, non so dire perché ma piansi in modo incontrollato, come una bambina, le lacrime mi scendevano sulle guance mentre cercavo inutilmente di soffocare i miei singhiozzi. Creig mi liberò e mi abbracciò, la sua faccia sembrava riflettere la mia sofferenza, in quel momento però non lo ritenevo importante. La sua stretta era gentile, mi trasmetteva un calore che non aveva niente di fisico, continuavo a piangere scossa dai singhiozzi, mi sentivo infantile e stupida, ma non riuscivo a smettere. Il cambiamento di Creig e le sue ragioni non mi interessavano in quel momento, abbandonata com’ero nel suo abbraccio, dopo tanto tempo avevo trovato qualcuno in grado di raccogliere le mie lacrime, anche se non era lui la persona che volevo accanto.
-Ester, devi dirlo, non puoi rinchiuderlo in fondo al tuo cuore.- le parole di Creig erano gentili e la sua voce dolce.
In quel momento pensai di capire che fino a quel momento avevo continuato a fuggire e ora finalmente mi ero fermata, ma ancora non avevo il coraggio di gridare i miei sinceri sentimenti. Era fuggita da una prigione, ma dal mio cuore non ero ancora riuscita a scappare.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 -Una chiave- ***


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Capitolo 17
-Una chiave-



Mi ci volle un po’ per calmarmi, Creg continuava a stringermi nel suo abbraccio freddo anche dopo che mi ero tranquillizzata, i bottoni premuti quasi con forza contro il mio petto mi facevano male. Lui non respirava, il suo cuore non batteva, ma nei suo occhi verdi brillavano la sofferenza e il dolore. Non riuscivo a dire niente, me ne stavo zitta, respirando contro il suo petto, con gli occhi chiusi.
-Scusami se ti ho portata qui a forza e se ti ho legata, mi dispiace di averti spaventata, non ho mai voluto farti del male. Ma mi è successo qualcosa di molto strano e avevo una teoria in proposito.- disse accarezzandomi la schiena. -Ester…- chiamò piano -Sento il tuo dolore.- mi bisbigliò tra i capelli Creig -Lo sento come se fosse mio e lo capisco più profondamente di quanto non credi.-
Mi allontanai da lui quel tento che mi permise di guardarlo negli occhi, il suo sguardo era triste ma comprensivo, non riuscivo a capire. Però mi sentivo al sicuro e non volevo che sciogliesse quell’abbraccio. Questo desiderio mi fece sentire ancora più immatura di quanto gia non pensassi di essere.
-Che vuoi dire che lo senti come se fosse tuo?- domandai, avevo la voce roca.
-Esattamente ciò che ho detto! Lo avverto come un sentimento mio.- spiegò piano - È per questo che voglio te. Ho bisogno di te per capirci qualcosa. E poi volevo aiutarti, ho una certa esperienza con i sentimenti repressi…- raccontò lui.
Gli sorrisi e mi allontanai da lui sciogliendo l’abbraccio. Perché sentiva i miei sentimenti? Come ci riusciva? Come poteva sentirli come suoi? Che fosse per via del mio sangue? In effetti poteva essere… Gli avevo dato il mio sangue per ricrearsi, lo avevo fatto senza pensarci troppo perché conteneva i miei poteri, ma la mia magia e il mio sangue l’avevano legato a me in modo permanente, anche se non volevo. E ora? Che cosa potevo fare? Come l’avrebbe presa Creig? Si sarebbe arrabbiato? Perché nel caso sarebbe stato molto, molto pericoloso! Un demian, gia in condizioni normali non avrei saputo come affrontarlo, ma senza i miei poteri era impensabile anche solo teorizzarlo…
-Che cosa c’è?- domandò Creig -Sento che sei in ansia.-
Lo guardai, non mi avrebbe mai fatto del male, ne ero sicura, ma soprattutto ero sicura che non mi sarebbe successo niente per via del legame che inconsapevolmente avevo fatto in modo di creare.
-Penso… e guarda che è solo una teoria.- non mi avrebbe fatto del male, ma non mi andava di farlo arrabbiare comunque e poi mi sentivo in colpa. -Sai quando ti ho detto di bere il mio sangue?- lui fece un cenno d’assenso con la testa. -Bè, credo di aver creato un legame magico con te.- la mia voce era quella di una bambina che aveva commesso una marachella, me ne rendevo conto io stessa. Non è che la data di nascita sulla mia carta di identità era sbagliata?
-Quindi è per quello che sento le tue emozioni?- domandò, la voce era gentile e per niente arrabbiata.
Feci cenno di si con la testa.
-Capisco.- disse, la voce sempre calma.
-Non sei arrabbiato?- domandai un po’ timorosa. Alzai lo sguardo incrociando i suoi bellissimi occhi verdi.
Lui mi sorrise. -No. Non lo avevi premeditato e poi…- iniziò, ma si bloccò. -Ester, cosa vuoi fare ora?- mi chiese guardandomi negli occhi molto più intensamente di prima.
Capii che non si riferiva solo alla situazione, ma anche ai miei sentimenti che avevo rinchiuso nel cuore. Che volevo fare? Non esisteva che una risposta.
-Voglio salvare Asher! E poi voglio prenderlo a pugni!- risposi, una cosa in linea con il mio solito carattere, ero stata fragile abbastanza per quel giorno. Pensandoci bene la mia risposta era anche un po’ infantile, ma… bè… la perfezione esiste solo in Dio, o almeno così dicono.
-Che ragazza violenta!- disse scoppiando a ridere divertito.
Gli sorrisi, ma mi sentii improvvisamente pervadere da un ondata di ansia che mi travolse attorcigliandomi qualunque cosa avessi nello stomaco e facendomi sentire così male da farmi quasi svenire. Attacchi di panico, come per aggiungere al danno la beffa! Feci un respiro profondo, dovevo calmarmi se volevo combinare qualcosa di buono, altrimenti avrei finito per svenire.
-Creig, ti prego portami da Asher.- supplicai, la mia voce tremava.
Lui mi guardò con dolcezza, ma nei suoi occhi c’era una profonda indecisione. Sentiva il mio stato d’animo, ora dovevo fargli sentire anche la mia decisione. Volevo salvare Asher, lo desideravo con tutto il cuore, non desideravo altro in quel momento, dovevo concentrarmi su quello, perché io lo… Il mio pensiero si fermava lì e non andava oltre.
-Non riesci proprio a pensarlo, eh?- la sua voce aveva una nota nostalgica. Cavolo, leggeva pure il mio pensiero! La cosa non mi piaceva per niente!
Gli sorrisi, poi scesi dal letto. -Devo cercare Asher e devo trovare Shadow e per prima cosa devo andare in camera di mia cugina. Vuoi aiutarmi si o no?-
Mi guardò, poi mi sorrise -Ok, ma a una condizione.-
Lo fissai un attimo chiedendomi quale poteva essere la condizione, poi mi venne in mente quello che mi aveva detto quando ero legata al suo letto e fui assalita dal panico -Tu non mi piaci in quel senso.- chiarii, pregando che non si rifiutasse di aiutarmi per questo.
-Voglio che tu dica ad Asher ciò che provi.- spiegò lui, la sua voce calma era gentile.
Lo fissai sorpresa, credo di essere anche arrossita, scossi la testa.
-Non è una buona idea.- sussurrai.
-Perché no?-
Perché no, eh? Bella domanda! Come rispondere? C’erano un centinaio di ragioni per non farlo, da quali potevo iniziare?!
-Asher potrebbe uccidermi. Se si avvicinasse troppo al mio cuore potrebbe arrivare a rubarmi l’anima con annessi i miei poteri.-
-E non ne varrebbe la pena?-
Accidenti! Ma come facevo a pensare se ne valesse o meno la pena mentre lui stava morendo?
-Se non ci sbrighiamo non lo saprò mai!- dissi, tagliando il discorso.
Mi apparve davanti e aprì la porta, poi si fece da parte per farmi passare e mi sorrise incoraggiante. -D’accordo, andiamo!-
Mi precipitai giù dalle scale, correndo come una pazza mentre Creig mi seguiva volandomi accanto e indicandomi la strada. Percorremmo due corridoi prima di arrivare alla stanza di mia cugina, lì mi bloccai e fissai la porta un attimo, poi misi la mano sulla maniglia. Creig apparve al mio fianco sorridente.
-Cosa c’è?- chiese -Perché non entri?-
Mi voltai a fissarlo -Puoi andare a cercare Shadow?-
-Chi è Shadow?- domandò sorpreso.
-La mia coniglietta nera, quella bambina che hai portato da me.- spiegai, chiedendomi cosa sarebbe riuscito a capire.
-Perché coniglietta nera?- chiese confuso.
-Perché è una coniglietta nera di solito.- spiegai con un sorriso. Poi entrai nella stanza mentre lui svaniva nel nulla. Quel modo di scomparire mi ricordò Asher e mi fece sentire una stretta al cuore.
La stanza era buia, entrai chiudendo la porta alle mie spalle e cercai subito l’interruttore della luce. Quando lo trovai e accesi la luce vidi che sul divanetto era tranquillamente accoccolata Casy, che mi fissò con un mezzo sorriso.
-Tua cugina non c’è.- mi disse con tono piatto. Si alzò e si avvicinò a me con passo sinuoso. -Ho l’ordine di uccidere chiunque entri nella stanza.-
Merda! Disarmata in una stanza con un licantropo: ero praticamente gia morta! Cosa potevo fare? Non c’era Shadow, né Creig e Asher era nei casini più di me. Le mie lezioni di bon ton erano andate a farsi benedire!
Potevo solo prendere tempo…Cavolo! Non ero brava a prendere tempo!
-Vuoi davvero uccidermi?- domandai deglutendo.
-Potresti essere un buono spuntino.- disse con un sorriso, i suoi occhi erano neri come pozzi e freddi, gli occhi di un predatore.
-Vuoi uccidermi per mangiarmi?- la mia voce suonò allarmata in maniera disarmante persino alle mie orecchie.
-No, voglio ucciderti perché mi hanno ordinato di farlo.- rispose, la sua mano si strava trasformando. Tra gli eventi a cui volevo assistere nella mia vita non c’era assolutamente la trasformazione di un licantropo.
-Chi?- domandai tentando di calmarmi, la mia schiene attaccata alla parete.
-Enderson Prisley.-
-Mi spiace, ma è morto.- la informai.
-Tua cugina ha detto chiaramente che Prisley non vuole che nessuno entri in questa stanza.-
-Prisley è morto.- ripetei, ora la mia voce iniziava a essere seccata.
-Non è morto.- ribatté, la sua voce era un ringhio.
-Invece si.- mi stavo irritando.
-Come fai a saperlo?-
-Asher ha fatto un incantesimo, Prisley doveva rendermi i miei poteri e lasciarci andare, invece ha catturato Asher e io non ho i miei poteri. Prisley è morto! Non lo avrebbe mai lasciato in vita, la maledizione non sarebbe mai stata così soft!-
Casy fece un passo indietro, incerta sul da farsi, mi fissò confusa.
-Io voglio solo una chiave, il resto non mi interessa.- le dissi -TI sarei grata se mi lasciassi fare.-
Mi fissò, incerta sul da farsi.
-Io ho l’ordine di uccidere chiunque entri in questa stanza.- ripeté meccanicamente, sembrava un automa.
-Ok, ma perché?- dissi, ero spavalda. Perché ero spavalda? Ero nei casini! Come accidenti facevo a essere spavalda?
-Perché cosa?- domandò lei.
-Perché vuoi uccidermi?- chiesi con tono calmo.
-Perché me l’hanno ordinato.- rispose. Sembrava un automa.
-Ma chi te lo ha ordinato è morto quindi che senso ha farlo?-
Si bloccò cercando di riflettere, ma il suo corpo aveva iniziato a cambiare, le sue mani erano artigliate e lei emetteva energia. Gli occhi erano totalmente neri, senza più pupille, era un nero integrale, la sua parte animalesca stava perdendo il controllo.
-Che ne dici di lasciar perdere?- proposi, mi stavo allontanando sempre di più da lei, strisciando contro la parete in cerca di qualunque cosa da difendermi. Ma in quella stanza non c’era assolutamente niente. Alla fine incontrai un mobile di legno, distogliere lo sguardo da Casy mi sembrava una pazzia, quindi tastai la superficie del mobile in cerca di qualcosa. Pessima idea! Incontrai un coltello, il che non era un male, ma mi tagliai con la sua lama.
-Ahi.- dissi istintivamente e fissai la mia mano tagliata. Mi ero tagliata la mano in una stanza con un licantropo mezzo trasformato. Merda!
Sentii un ringhio, ormai Casy aveva perso del tutto il controllo, impugnai il coltello e alzai lo sguardo scoprendo che davanti a me c’era un gigantesco animale con il volto da lupo e l’aspetto tutt’altro che rassicurante. Fiutava l’aria e mi fissava con occhi scuri che sembravano risucchiarmi, occhi neri e freddi, da predatore, mi dava i brividi. Il suo ringhio si alzò di varie ottave, il tono cupo. Ero fregata! Non sarei sopravvissuta a uno scontro con un licantropo senza i miei poteri. Nella migliore delle ipotesi mi sarei trasformata. Strisciai sul muro e mi accucciai a terra, non so perché ma mi sembrava una buona idea, sempre che ci potesse essere una buona idea da applicare in quella situazione. Casy si avvicinò con passo lento sempre ringhiando, non mi saltò addosso come mi aspettavo, forse perché ero appoggiata al muro. Si avvicinò a me ringhiando, mi stavo spaventando e il coltello nella mia mano sinistra non mi avrebbe protetto. Iniziò a muoversi sempre più velocemente, fin quasi a sfiorarmi. Orami ero spacciata, ne ero profondamente convinta, quando una scia nera gli andò addosso scaraventandola dall’altra parte della stanza.
Ripresi fiato, non mi ero accorta di averlo trattenuto. Grazie al cielo Shadow mi aveva trovata!
Sentii una mano gelida accarezzarmi la faccia madida di sudore, mi voltai e incontrai lo sguardo preoccupato di Creig, gli sorrisi per rassicurarlo.
-Sto bene.- sussurrai, mentre mi alzavo a fatica sorretta da Creig. -Dobbiamo prendere la chiave.-
-Che chiave?- domandò confuso.
Non risposi, non sapevo che chiave era, sapevo solo che dovevo prenderla perché era importante, altrimenti non l’avrei vista nella mia visione. Alzai lo sguardo a causa di un rumore sordo, la lotta si era fatta cruenta e io non riuscivo a distogliere lo sguardo, ipnotizzata dalla loro lotta.
Casy e Shadow rotolarono sul pavimento fino ad arrivare dall’altra parte della stanza, con uno movimento fulmineo Casy scaraventò Shadow contro un asta del letto a castello rompendola, il baldacchino iniziò a pendere da una parte e le tende bianche finirono sul pavimento addosso a Casy, che di dimenò tra i lenzuoli bianchi.
Shadow uscì dal letto scuotendo la testa da felino, aveva l’aspetto di un grande gatto nero o di una pantera piccola, saltò agilmente sul pavimento, aveva dei taglia su diverse parti del corpo, e iniziò a ringhiare al lenzuolo. Casy si alzò e Shadow le saltò addosso spingendola verso la finestra. Lei barcollò e poi cadde all’indietro a pochi centimetri dalla finestra, squarciò il lenzuolo e andò saltò addosso a Shadow, che la evitò infilandosi sotto il letto. Poi scivolò fuori e lo prese alle spalle, squarciandole con gli artigli la schiena. Ero sorpresa dalla ferocia di Shadow, non pensavo che un esserino tanto piccolo potesse essere tanto letale, eppure l’avevo creato io!
Casy si girò e le si butto contro con incredibile ferocia, Shadow si buttò di lato all’ultimo istante schivando il colpo e facendo precipitare Casy dalla finestra.
Mi misi in ginocchio aspettando che Shadow mi corresse incontro, lei arrivò e dopo avermi raggiunta perse i sensi, le sue ferite erano svanite nel nulla, come se non ci fossero mai state.
La presi in braccio, aveva ancora l’aspetto di un grande gatto nero, era pesante! Mi diressi verso il dipinto con le barche che era alla parete e lo levai con la mano posandolo a terra: proprio come nella mia visione il dipinto celava una cassaforte, ora dovevo solo aprirla. Il codice era… Oddio! Quale accidenti era il codice? C’era un sei… e un quattro…Maledizione! Dovevo ricordarmelo! Ne avevo bisogno! Se almeno avessi potuto richiamare a me quella visione… Ma almeno potevo provarci. Chiusi gli occhi e mi concentrai, sperando che i poteri di mia sorella mi aiutassero, pregai n silenzio che lei mi soccorresse, avevo bisogno di quella visione. Provai un dolore immenso alla testa, ma i numeri della cassaforte mi tornarono alla mente, come dei fiori che sbocciano.
Allungai la mano per digitarlo: tre, nove, sei, otto, uno, sei. Con un click la cassaforte si aprì rivelando al suo interno un libro, dei soldi e un bauletto nero. Lo presi e l’aprii: conteneva una chiave e una strana sfera in cui brillava e si agitava una strana sostanza nera, non so se liquida o aerea. Era mia! Era la mia magia, la magia che veniva soffocata e che non poteva uscire in alcun modo.
-Creig?- chiamai, era difficile muoversi con una mano sola e reggendo Shadow, le misi una mano dietro la schiena mentre lei ronfava nel mio orecchio, per evitare che cadesse. Creig mi si avvicinò silenzioso.
-Che cosa c’è?- domandò con tono curioso.
-Quante cose sai sulla magia?- chiesi.
-Non molto.- ammise.
-Devi fare una ricerca e devi riuscire a trovare un modo per rompere l’incantesimo che mi lega, rivoglio i miei poteri! Sei legato a me quindi dorresti riuscirci, e se ci riesci diventerai molto più forte di quanto non sei ora.-
Creig prese la sfera e la lanciò in aria poi la riprese al volo e svanì nel nulla mentre io posavo il bauletto nella cassaforte e prendevo solo la chiave. Era liscia e aveva un incisione, non era elettronica, era magica, emanava una strana magia. Era di uno strano metallo, non era ferro, né argento… che fosse orialchon? Certo, era un metallo magico, ho forse un metallo che era stato reso magico. Era difficile distinguerli senza nessun potere, sulla piastrina di metallo non c’erano cerchi o cose simili, l’incisione che aveva sul bordo di un lato erano due lettere: BC. Che accidenti significavano quelle due lettere? Non era davvero il momento di pensarci. Me la misi in tasca, attenta che non uscisse e che non cadesse e feci un profondo respiro: dovevo andare!
Mi voltai e uscii dalla stanza di corsa, muoversi con Shadow tra le braccia non era la cosa più semplice del mondo, ma non avevo scelta, mi sarei sentita in colpa a lasciarla da qualche parte e poi sarebbe stata in pericolo. Continuai a correre, ebbi qualche problema per le scale, ma ne uscii illesa. Shadow era distrutta e non si svegliava nonostante gli scossoni, non ero sicura di riuscire ad arrivare illesa al laboratorio. Quando alla fine arrivai nel cortile l’aria fresca mi accarezzò il viso, era rinfrescante. Ero madida di sudore per la corsa e per aver portato un peso, Shadow era incredibilmente pesante, perché non aveva riassunto l’aspetto di un coniglio nero? Almeno sarebbe stata più leggera! Non potevo portarla con me, sarebbe stato davvero pericoloso laggiù.
La posai accanto alla parete, il cerchio era poco lontano da lì; la accarezzai con dolcezza, non volevo lasciarla, ma non potevo tenerla con me.
Mi alzai e andai verso il cerchio, ci entrai e mi diressi verso il centro: stavolta però il cerchio non si illuminò e io rimasi bloccata lì. Maledizione! Perché non funzionava stavolta? Forse lo aveva spento. Cioè, aveva fatto in modo che il cerchio potesse essere attivato solo con la magia e non solo entrandoci. Pensandoci bene, l’ultima volta con me c’era Shadow, era grazie a lei che ero entrata… Cavoli! Se era così ero nei guai! Sospirai stancamente: avevo bisogno della magia!
Mi tolsi un orecchino e mi graffiai un dito, poi me lo rimisi e infine lasciai cadere una goccia di sangue che fece brillare tutto il cerchio di una luce verde intensissima che mi avvolse. La mia fine si stava avvicinando!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 -Un covo di licantropi- ***


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Fatemi sapere che ne pensate, è un pò deprimente o sanguinario.


Capitolo 18
-Un covo di licantropi-

Mi ritrovai nello studio dalle pareti di pietra, il tavolo di legno della stanza era sgombro, c’era rimasto solo il foglio di un cerchio. C’era un uomo a terra in una pozza di sangue di un rosso vivido, era il signor Prisley. Mi chinai evitando il sangue per sentire il polso: non c’era battito e non respirava, quindi era morto. Presi un fazzolettino che avevo in tasca e lo legai al dito che sanguinava per fermarlo, anche se ce ne era poco. Tutto era identico alla mia visione, mi chiesi quale atra visione si sarebbe avverata, ce ne era rimasta una sola, quella con Asher e per la prima volta in cui la avevo avuta pregai con tutta me stessa che si avverasse.
Uscii dalla stanza accorgendomi che una serie di latrati e ringhi riempiva l’aria, mi si parò davanti un licantropo, mi buttai di lato mentre lui abbatteva la porta ed entrava nella stanza avventandosi sul corpo dell’ormai defunto Enderson Prisley. Fu seguito a ruota da altri tre licantropi. Io mi appiattivo spaventata contro la parete sperando di non essere notata, cercai di calmarmi, sembrava di essere in un covo di licantropi. Mi avviai verso la stanza in fondo al corridoio, da qualche parte ci sarebbe dovuto essere un altro cerchio. Mi bloccai, per farlo andare avrei dovuto tagliarmi di nuovo o sciogliere il fazzoletto anche se ormai il taglio che avevo si era richiuso o almeno così pensavo. Più mi avvicinavo più venivo colpita da un odore orribile, come di sangue o di organi umani e di qualcosa di chimico, sintetico, orribile. Mi veniva la nausea. Sentivo rumori orribili, risucchi e suoni che sembravano come di carne strappata, la cosa peggiore è che riuscivo senza fatica a immaginare cosa stesse accadendo ma dovevo comunque andare in quella stanza. Avevo voglia di vomitare, mi veniva la nausea, avrei voluto fuggire. Asher era in pericolo, dovevo concentrarmi su questo. Mi sforzavo di camminare verso il vespaio e contemporaneamente di pensare a come affrontarli, mi bloccai e tornai indietro, verso la porta del laboratorio: potevo provare a creare qualche pozione, in fondo io ero una strega e quello era il laboratorio di un alchimista.
Il laboratorio era sottosopra, la luce era accesa, c’era un gran disordine e polveri e liquidi era sparsi sul pavimento. Presi un paio di ampolle che erano su alcuni scaffali, riuscii a rimediare abbastanza componenti per fare una pozione esplosiva e una incendiaria. Trovai anche dell’acido e lo misi in alcune boccette di vetro, poi presi tutto e uscii pregando di restare viva.
Percorsi il corridoio respirando regolarmente, ma a pochi passi dalla porta un gigantesco licantropo venne fuori all’improvviso e spiccò un salto come per aggredirmi, gli lanciai contro una boccetta a caso. Era una di quelle esplosive. Ci fu una luce accecante e un botto, il suo corpo venne scaraventato contro una parete, il petto dilaniato mentre un braccio rotolava per terra verso di me. Il sangue imbrattò il muro e il pavimento di pietra, lasciando gocciole e scii scarlatte al passaggio del braccio. Tornai indietro e mi rifugia nel laboratorio, volevo evitare i licantropi che sarebbero accorsi, ma non feci in tempo, arrivata alla porta qualcosa di peloso mi fu addosso. Lancia una boccetta e un latrato orribile mi fece rabbrividire di paura, assordandomi. Mi voltai in tempo per vedere un artiglio calare su di me: sarei morta o nel migliore dei casi sarei diventata un licantropo. Chiusi gli occhi aspettando l’arrivo dell’artigliata che non arrivò, in compenso sentii il rumore degli spari che riempivano l’aria. Quando aprii gli occhi il licantropo era privo di sensi accanto a me, guardandolo meglio mi accorsi che non era incosciente, ma morto; mi alzai di scatto per evitare di bagnarmi con il sangue che fuoriusciva dal suo petto, era crivellato di proiettili. Addossandomi alla parete lo vidi tornare lentamente umano, con il corpo crivellato di colpi mi faceva un po’ pena.
Mi voltai e vidi Nicolas venire verso di me, aveva una mitragliatrice in mano, diversi coltelli legati alle gambe e alle braccia e una pistola. Indossava un paio di pantaloni mimetici e una canottiera nera.
-Tutto bene?- mi chiese mettendomi una mano sulla spalla.
Lo guardai confusa e sorpresa -Cosa accidenti ci fai qui?-
-Sono venuto ad aiutarti, visto che non tornavi ho pensato che fossi nei guai.- lo disse con un sorriso gentile che ricambiai.
-Come hai fatto a trovarmi?- chiesi, mi sentivo ancora confusa.
-Il collare che avevo messo a Shadow conteneva un trasmettitore.- rispose calmo.
-E come hai fatto ad entrare qui?- chiesi ancora.
Lui si levò lo zaino che aveva in spalla mostrandomi Shadow addormentata al suo interno, con il muso di fuori, era di nuovo una coniglietta nera, molto più leggera di un gattone nero! Mi avvicina e la accarezzai. -Poverina.- bisbigliai piano.
Lui mi sorrise. -Non potevo entrare altrimenti.-
Mi appoggia nuovamente alla parete fredda -quelle rocce non si scaldavano mai, probabilmente perché eravamo in un sotterraneo- e fissai il vuoto. -Non ho più i miei poteri.- dissi, avevo una gran voglia di piangere, ma non era il momento.
-Cosa è successo?- domandò stringendomi nuovamente la spalla con una mano.
-Cecil mi ha tolto i poteri.- raccontai brevemente, provai una fitta d’odio e di rabbia pronunciando nuovamente quel nome.
-Cecil? Nostra cugina Cecil? Quella che ha venduto l’anima a un demone?- domandò sorpreso.
-Lei ha fatto cosa?- possibile che io fossi l’unica a essere all’oscuro di tutti i fatti e i pettegolezzi che c’erano nella mia famiglia? Bè, considerando i rapporti con loro era strano che sapessi anche solo poche cose, ma va bè… Comunque si era venduta l’anima? Io pensavo fosse innamorata e che l’anima gliela avesse rubata lui, in fondo avevano un figlio. Mi sentii male al solo pensiero. Povero Logan! Con tutto quello che avrebbe dovuto sopportare e che stava sopportando tutt’ora…! Un ragazzo della sua età doveva pensare a divertirsi e non soffrire per i maltrattamenti di sua madre o essere usato in un esperimento per salvare il padre. Scossi la testa senza dire niente.
La voce di mio cugino Nicolas mi riportò alla realtà.
-Non dirmi che non lo sapevi! Mia madre non mi ha parlato d’altro per un mese! Una vera lagna!- il suo tono vagamente seccato, sorrisi mio malgrado.
Si tolse lentamente la pistola dalla fondina e me la porse -Prendila! Hai bisogno di un arma se non hai più i tuoi poteri. Le pozioni sono utili solo fino a un certo punto, la pistola è più veloce.-
La presi senza dire niente: era pesante, fredda e sicuramente anche scomoda, ma non era il caso di lamentarsi.
-Ha quattordici colpi più uno in canna, ovviamente è caricata con proiettili d’argento, quelli normali ora non servirebbero a niente, almeno non contro i licantropi.- spiegò brevemente mentre la osservavo. Stavo impugnando una pistola, come era stano! Non che non mi fosse gia capitato, ma non mi piacevano le armi, io ero una strega, la magia era la mia pistola. Comunque nel caso preferivo gli archi o le spade… Forse stavo diventando vecchia… eppure avevo solo venticinque anni!
-Dobbiamo salvare Asher.- dissi per la terza volta in un ora, o forse era la quarta?! Che stanchezza, dovrò parlare a lungo con Asher di questa cosa: a più di quattrocento anni, forse cinquecento, deve saper badare a se stesso! E poi dovrebbe essere lui a proteggere me!
Nicolas mi guardò di sottecchi -Dobbiamo proprio?- la voce era quella di un bambino capriccioso.
Mi sfuggì un altro sorriso.
-Si! Dobbiamo proprio!- dissi dirigendomi verso la stanza in fondo al corridoio. Si affacciarono due licantropi, ma non feci in tempo ad alzare la pistola che Nicolas li crivellò di colpi. Aveva una mira perfetta, forse perché non avendo poteri aveva sviluppato altre abilità. Era davvero in gamba, ero fortunata ad averlo accanto. Sembra che ogni tanto mi tocchi qualche famigliare decente, più raramente uno veramente buono, all’incirca uno su dieci, Nicolas era quell’uno, almeno la maggior parte delle volte.
-Che ne faccio di queste?- domandai mostrando le boccette, erano ingombranti con un arma in mano.
Nicolas prese un marsupio dallo zaino e me lo porse, io lo allacciai intorno alla vita e ci misi le boccette, sperando che non si rompessero o avrei fatto una fine tutt’altro che piacevole.
Ci mettemmo a camminare verso la stanza in fondo al corridoio, eravamo fianco a fianco. Dei licantropi si affacciarono alla entrata e Nicolas gli sparò all’istante centrandoli in pieno, presto una folla di lupi si avvicinò ai corpi morti e si mise a divorarli, uno spettacolo truculento e raccapricciante. Fui colpita da una forte nausea per via del disgusto: odiavo quel genere di spettacoli!
Mi addossai alla parete per evitare di toccarli, o urtarli o anche solo sfiorarli, mentre entravo nella stanza. Distolsi lo sguardo, era troppo disgustoso, anche se dei rumori raccapriccianti continuavano a giungere alle mie orecchie. Cavoli! Avrei quasi voluto essere sorda!
Nicolas fece come me e mi venne dietro in silenzio, seguendomi dentro la stanza, sentivo i suoi occhi puntati sulla mia schiena.. L’odore del sangue lì era più soffocante e pressante che nel corridoio, andava sempre peggio. La mia nausea aumentava, avevo paura di guardare dentro la stanza, quindi continuai a fissare il vuoto in modo insistente.
Putroppo c’era una piccola falla nel piano: dovevo trovare il cerchio per raggiungere Logan e Asher e per cercare di salvarli, dovevo guardarmi intorno. Feci un respiro profondo, il che peggiorò la cosa. Provai a pensare a qualcosa di bello, come una spiaggia assolata e molto, molto, molto lontana da lì. Mi costrinsi ad abbassare lo sguardo e mi sentii svenire. La visione era raccapricciante: c’erano pezzi di organi sparsi ovunque e per terra c’era un liquido giallognolo e appiccicaticcio, poi c’erano pezzi di vetro ovunque, ormai nessun contenitore era rimasto intero. Alcuni licantropi li mangiavano stando attenti ai vetri: era disgustoso!
La bara di vetro con la ragazza invece era ancora intatta e anche la ragazza era lì incolume. Il cerchio per il trasporto era poco distante da lei, lo vidi subito perché era l’unico spazio libero. I licantropi che erano ancora lì e divoravano gli organi sembravano non accorgersi di noi. Uno di loro improvvisamente alzò il muso e mi fissò, poi scattò in avanti con l’intento di aggredirmi. Gli sparai centrandolo alla testa, Nicolas saprò altri colpi alle mie spalle.
-Nicolas, tu rimani qui. Sarai più al sicuro qui che con me.- dissi entrando nel cerchio. Non mi voltai indietro, avevo paura di quello che avrei provato facendolo, probabilmente sarei voluta fuggire, ma non potevo e dovevo andare “nell’antro della bestia” senza Nicolas e Shadow. Era dannatamente pericoloso venirmi dietro, soprattutto nella stanza in cui stavo per entrare. Dovevo salvare Asher e possibilmente anche Logan! Maledizione! Troppe cose da fare, troppe persone da salvare! Rivolevo i miei poteri, accidenti!
Mi inginocchiai e buttai a terra il fazzoletto intriso di sangue, la ferita si era richiusa.
Fui avvolta da una luce verde che mi portò in un posto più pericolo di quello in cui ero, ma non potevo farci niente. Odiavo la mia parte buona!

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 -lotta e distruzione- ***


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Capitolo 19
-Lotta e distruzione-


Appena sentii nuovamente il pavimento sotto i piedi aprii subito gli occhi barcollando, mi sentivo ancora nauseata, ma dovevo riprendermi in fretta. Ero in fondo alla stanza illuminata dalla luce infuocata delle torce; mia cugina mi fissò sorpresa, aveva la faccia sudata e stravolta, sembrava molto stanca. I capelli biondi erano scompigliati e in disordine, faticava a reggersi in piedi. Era proprio al centro della stanza, in mazzo ad un immenso cerchio che brillava di una sinistra luce verde, inciso nella pietra e collegata da simboli e altri cerchi alle configurazioni all’interno dei celle di vetro, che somigliavano a delle prigioni e che erano allineate le une alle altre nella stanza.
Le celle di vetro brillavano sinistramente, sulle loro pareti c’erano incisi cerchi e simboli magici per bloccare i poteri e imprigionare gli “ospiti”. Due di quelle ospitavano due vampiri. Uno aveva folti capelli neri e occhi verdi, mi fissava di sottecchi dalla seconda cella alla mia sinistra, indossava solo dei pantaloni di pelle nera, aveva gli occhi incavati e delle occhiaie molto marcate, la sua pelle era bianchissima, quasi violacea, sembrava avesse un principio di congelamento. Era accasciato a terra, sembrava sfinito come se avesse combattuto fino a poco fa.
Spostai lo sguardo sull’altro vampiro: era biondo, non riuscivo a vedergli il viso perché fissava il pavimento ed era carponi per terra, dalla sua schiena nuda si scorgevano le scapole e la spina dorsale. Era rinchiuso nella prima cella alla mia sinistra, sembrava non essersi accorto della mia presenza.
Nelle altre due c’erano Logan e Asher. Logan era nella seconda cella alla mia sinistra, sdraiato per terra con la schiena al pavimento fissava il soffitto con sguardo vuoto e rassegnato. Sembrava che niente potesse toccarlo, ma sembrava anche un bambino vuoto e fragile a cui la vita a strappato tutto ciò che aveva. Aveva un orribile colorito, ma almeno al contrario dei vampiri aveva tutti i vestiti addosso. Chiuse gli occhi, non mi aveva vista o forze semplicemente non riusciva a vedermi; forse la verità è che non voleva vedere niente, mi dava questa impressione.
Asher era in ginocchio nella cella alla mia destra, lo vedevo benissimo e il guardarlo mi faceva sentire una fitta al cuore. Anche lui era vestito, ma i capelli erano in totale disordine e la fronte impelagata di sudore. Con le mani appoggiate al pavimento e l’aria esausta Asher mi tirò un occhiata veloce e fugace; si alzò a fatica e stavolta mi fissò, non riuscivo a leggere il significato del suo sguardo, ma non volevo lasciarlo. I suoi occhi erano totalmente rossi e i capelli più neri della pece, mi sforzai di guardare altrove e i miei occhi caddero sui suoi bracci muscolosi ma non troppo, dove c’erano dei tatuaggi che non avevo mai visto prima di quel momento, che gli arrivavano fino al collo ricoprendolo.
-Come hai fatto ad arrivare qui?- domandò mia cugina, mi riscossi e mi voltai a guardarla; lei mi fissava asciugandosi la fronte con una mano e scostandosi i capelli dal viso. Avrei voluto ucciderla.
-Posso fare molte cose, Cecil, non sono una stupida oca che è incapace di fare qualunque cosa senza i suoi poteri!- il mio tono di voce era velenoso, ma quello che avevo detto era falso. Cioè sapevo cavarmela anche senza poteri, ma mi mancavano e quello che facevo era solo un decimo di ciò che avrei potuto fare se li avessi riavuti. Pregai silenziosamente che Creig avesse trovato un modo per sciogliere l’incantesimo e per rendermi i miei poteri o non avrei potuto usare il contro incantesimo per liberare Asher. D’altronde quello sarebbe stato l’ultimo dei miei problemi visto che c’era un’alta possibilità che morissi. Maledizione!
Cecil si mise improvvisamente sull’attenti e si passò una mano tra i capelli, allontanando le ciocche umide dal viso mi fissò con un misto di astio e tristezza.
-Non volevo farti del male, ma non mi lasci scelta.- il tono basso e cupo, aveva qualcosa di terribile, ma non avevo paura di mia cugina anche se non avrei saputo dire perché.
Gli puntai contro la pistola, sforzandomi di prendere bene la mira: non ero abituata alle pistole e non pensavo che fossero così difficili da maneggiare. Era pesante e fredda, la impugnai a due mani per bilanciarmi meglio, non riuscivo a tenere la mano ferma troppo a lungo. Perché le pistole sono pesanti? Non dovrebbero essere maneggevoli? Come fanno a essere entrambe le cose? A me non sembrano comode!
Cecil si mise a ridere. Che dire? Avrei riso anch’io! Proiettili contro magia, vinceva la magia senza ombra di dubbio!
-Cosa credi di potermi fare con quella?- chiese lei in tono di sfida. Aveva tutti i suoi poteri, una pistola non poteva spaventarla.
Mi stavo iniziando a innervosire, anche se credevo gia di essere nervosa… Diciamo che mi stavo iniziando a irritare sempre di più. Ero arrabbiata, triste e anche spaventata, mi sentivo incredibilmente sola e cercavo disperatamente di trovare un idea che mi permettesse di salvare tutti incluso me stessa.
-Non ne ho idea…- dissi, in effetti con la pistola non avrei mai potuto ferirla, ma potevo comunque provarci. -Proviamo qualcosa di nuovo?- proposi con tono malizioso, volevo sembrare spavalda. Sparai un paio di colpi versi di lei, giusto per vedere cosa sarebbe successo. La pistola fece emise un rumore, come uno scoppio violento, sentii una forza spingermi un po’ indietro: quindi era quello ciò che la gente definiva “rinculo”. Era molto meglio la magia! Certo c’era il piccolo dettaglio che non potevo usarla. Ormai il fatto di non poter sfruttare i miei poteri era diventato un tarlo, qualunque cosa accadesse, la mia testa si sintonizzava sempre su quel canale. Bè, è che rivolevo i miei poteri, non si era ancora capito?!
Le pallottole velocissime arrivarono a pochi millimetri dalla pelle di mia cugina per poi trasformarsi in polvere, per poi sgretolarsi e svanire. Si, le pallottole non servono assolutamente a niente contro la magia, sono come delle piume lanciate contro un carro armato: assolutamente inutili!
-Direi che è stato inutile.- la sua voce era fredda e velenosa come quella di un serpente.
Le sorrisi. -Non è che mi aspettassi molto.- il mio tono era piatto. Mi voltai verso la cella alla mia destra, Asher mi fissava preoccupato. La sua bocca si mosse senza emettere alcun suono e disse una sola parola: “Scappa”. I suoi occhi scarlatti erano preoccupati, era preoccupato per me? Sinceramente? Non è che si sentiva male? Cosa molto probabile in effetti.
Scossi la testa per scacciare quei pensieri e dire di no ad Asher, non sarei fuggita! Non era nel mio stile! E poi se fossi scappata non avrei risolto niente, dovevo combattere, scoprire cosa accidenti era successo tra Asher e mia sorella e fermare quell’invasata di mia cugina.
-Proviamo una variante.- suggerii con un mezzo sorriso.
Presi nuovamente la mira e sparai al cristallo, il colpo partì con un rumore sordo e la pallottola sfiorò i capelli di mia cugina, conficcandosi poi nel cristallo che imprigionava il demone. Il foro era poco sopra la spalla del demone, era arrivata tra i suoi capelli. Dal foro iniziarono lentamente a diramarsi tante piccole crepature che si ramificarono sottili come i fili di una ragnatela, tanto che sembrava che il petto e la faccia di quel demone sembravano avvolte in una ragnatela.
Mia cugina si girò dandomi le spalle e emise un suono a metà tra un gemito e uno strillo, fece un passo indietro mentre le spalle le tremavano. Mi sentii un po’ in colpa in quel momento, ma poi pensai che dovevo sbrigarmi a reagire prima che si voltasse e mi ammazzasse. Probabilmente non era leale, ma le sparai un colpo mentre era girata. Il colpo la prese alla spalla e lei cadde a terra premendosi la ferita con una mano, il sangue cadde a terra in un rivolo scarlatto che colmò i piccoli rilievi sul pavimento di un liquido rosso.
Cecil si voltò verso di me a fulminarmi con lo sguardo, sentii come una forza enorme che mi scaraventava lontano. Era come se un elefante fosse arrivato correndo verso di me e io lo avessi preso in pieno. Mi trovai catapultata contro la parete di pietra, sentii un dolore sordo alla schiena e mi mancò il respiro. Boccheggiai mentre scivolavo a terra, la pistola era finita dall’altra parte della stanza senza che me ne accorgessi. La testa mi faceva un male incredibile, sentii qualcosa di caldo scivolarmi sulla guancia, mi portai una mano sul viso e toccai quella sostanza, quando guardai la mia mano vidi che si trattava di sangue. Sentii un dolore acuto alla bocca della stomaco, come se mi avesse tagliato una sciabola, abbassai lo sguardo e vidi che la mia maglietta aveva un taglio profondo dal quale si intravedeva una ferita da lama che non mi sarei azzardata a definire profonda, ma che sarebbe stato alquanto ottimistico definire superficiale. Il sangue dalla testa gocciolò sui jeans in piccolo sfere ovali. Provai ad alzarmi ma una forza mi fece finire nuovamente a terra, sdraiata sul pavimento freddo. Ancora non riuscivo a respirare bene, sentivo i miei vestiti imbrattarsi di sangue, con una mano tentai di fermare l’emorragia, cosa davvero stupida.
Sentii un rumore di passi che si avvicinava, alzai gli occhi e vidi mia cugina con i muscoli della faccia contratta per la rabbia. Tentai di alzarmi ma finii nuovamente a terra, non riuscivo nemmeno a mettermi carponi perché il dolore era assurdo e acuto. Le orecchie mi fischiavano, non sapevo dire perché, ma era così. Il mio sangue stava riempiendo il pavimento e lentamente scivolò anche nella scanalature del cerchio. Mia cugina mi si accucciò accanto, senza appoggiarsi per terra così da non sporcarsi il vestito di sangue.
-Il tuo sangue sarà utile.-bisbigliò, la sua voce era come una frustata, i miei occhi erano offuscatiti tanto che non riuscivo a vederla.
Chiusi gli occhi mentre sentivo dei rumori strani, come se qualcuno bussasse su una porta. Il rumore era tenue e non troppo lontano.
Persi i sensi e sprofondai nel buio profondo e scuro, una tenebra gentile e confortante come lo era di solito mi avvolse. Non sentii più niente, né suoni né rumori , nemmeno il dolore delle ferite mi toccava più.

D’improvviso vidi una luce, era dolce e argentea, mi accorsi che la mia faccia era illuminata da un raggio di luna. Il cielo era per la maggior parte sereno, le nuvole macchiavano di scuro qua e là il cielo, coprendo le stelle e a tratti la luna. Qualcuno mi stava accarezzando la testa, mi voltai e incontrai gli occhi viola di mia sorella, che mi sorrise con gentilezza. Aveva i capelli scompigliati che le incorniciavano il viso, i raggi di luna gli illuminavano alcune ciocche d’orate che ricadevano con eleganza sul vestito lilla. Sentivo la sua magia avvolgermi con dolcezza, come la luce della luna chiara e dolce, la sua magia era sempre stata come la luna, una magia di luce opposta alla mia, ma altrettanto potente se non di più. Essere avvolta da quella magia dava una sensazione di profonda pace e benessere.
L’erba sotto di me era verde e umida, aveva qualcosa di piacevole stare sdraiata in quel modo nell’erba umida. L’aria era fredda, ma non c’era nemmeno un filo di vento, sentivo un dolore strano e acuto, che veniva però attenuato da quel luogo.
-Manca poco, sta tranquilla.- mi sussurrò mentre mi accarezzava la testa. La sua mano era calda e il suo tocco è gentile.
Chiusi gli occhi e mi voltai dall’altra parte senza aprirli, respirai a fondo e sentii gli odori della foresta. Li aprii lentamente e mi guardai intorno, la luce della luna illuminava la piccola radura piena di alberi, il piccolo lago davanti a noi rifletteva il cielo notturno come uno specchio. Io osservavo tutto in silenzio, mentre le foglie dell’albero sopra di me, insieme alla luce della luna, creava simpatici giochi di luce sulla mia faccia.
-Ester, ascoltami!- mi chiamò mia sorella.
Alzai gli occhi per guardarla, l’espressione preoccupata che mi rivolse mi impensierì.
-Ascoltami! Non devi arrenderti, manca poco. Non perdere il controllo. Credi in me… credi in noi!- lo disse guardandomi diritto negli occhi, sentii un calore inondarmi e riempirmi fino a colmarmi. -Lo senti vero? Sta riaffiorando, sta per dilagare. Lascia che la natura ti guidi, lascia che gli spiriti della natura ti facciano dono della loro forza. Chiamali, non respingerli. Le tue tenebre li avvolgeranno, lì proteggeranno e loro proteggeranno te. Ti daranno i loro poteri. Devi solo accettare, devi solo aprire il tuo cuore, così vedrai la verità che fino ad ora è rimasta nascosta. Così sarai salva… così sarai libera.- disse tutto questo continuando a sorridere con dolcezza, ma i suoi occhi erano seri.
Mi mise la mano davanti agli occhi con gentilezza, coprendoli e l’oscurità mi avvolse nuovamente.

Mi sentii sprofondare, sentivo un dolore acuto alla testa e allo stomaco, l’oscurità dolorosa come fiamme mi avvolgeva, faceva male. Riaprii gli occhi per un istante e vidi tutto rosso, sentivo freddo, tutto il mio corpo si stava lentamente intorpidendo e faticavo a muovermi. Cosa potevo fare? Ero ferita e non avevo i miei poteri… o si?
Chiusi gli occhi cercando di ignorare il dolore che si faceva sempre più forte e richiamai a me la magia della natura e mi sentii invadere dall’odore del bosco e del mare. Mi sentii avvolgere da un calore dolce e rassicurante, una calore gentile che cancellò lentamente tutto il dolore e il freddo che sentivo. Nei miei occhi esplose una luce calda e accecante, del colore dell’oro e del grano. Vidi il mare, il bosco e le montagne, sentii la fragranza di un fiore, la carezza del vento e il calore della luce. Sentii la natura e la sua ombra, sentii ogni cosa che nascondeva l’oscurità, la sentii come se fossi io stessa a toccarla.. Ero nell’ombra delle foglie, le percepivo come se le sfiorassi, come se ci fossi posata sopra, sentivo la terra ferma e fredda delle grotte, le rocce ruvide e i piccoli sassi, l’acqua ghiaccia della profondità del mare dove non arrivava la luce. Poi sentii l’ombra della città, i vicoli, il dolore, la tristezza la miseria, la rabbia e l’amore, la passione. Lasciai che quelle sensazioni mi avvolgessero, chi mi riempissero fino a colmarmi; poi chiamai aiuto, chiamai la terra perché mi guarisse, perché il dolore svanisse e la sentii rispondere. Poi sentii un calore strano, come se fossi sdraiata al sole, il calore che riempiva il mio corpo si concentrò dove era ferita e sentii il dolore svanire lasciando il posto a una sensazione piacevole e calda, come se qualcuno mi avesse accarezzata.
Aprii lentamente gli occhi togliendomi con una mano il sangue dalla faccia, non sapevo quanto tempo era passato. Mia cugina era seduta dandomi le spalle, mi misi seduta appoggiando la schiena alla parete, davanti a me Asher era sdraiato al suole e sembrava privo di sensi, sulla parete della sua cella c’era del sangue. Osservai il suo corpo sul terreno, gli strani tatuaggio gli ricoprivano le braccia e il collo, arrivando a incorniciargli il viso, ma fermandosi sui suoi zigomi. Non riuscivo a smettere di guardarlo perché anche con quell’aspetto era bellissimo. Il suo bellissimo volto sembrava avere un espressione preoccupata o sofferente: dovevo sbrigarmi prima che fosse troppo tardi.
Mi alzai in piedi, completamente ignorata da tutti, continuando a rimanere attaccata alla parete. Mi guardai accuratamente l’addome e tastai con meticolosità la fronte: le ferite erano scomparse insieme il dolore. Avevo usato la magia. Ma come avevo fatto? Che fosse perché ero praticamente ricoperta di sangue? Oppure Creig alla fine ce l’aveva fatta? Magari!
Mi guardai intorno in cerca della pistola: era dall’altra parte della stanza, non sarei riuscita ad arrivarci senza essere notata. Cavoli! Ero fregata! Non mi restava che la magia… e le pozioni. Guardai il marsupio, era imbrattato di sangue, senza contare tutti gli urti violenti che avevo subito, probabilmente le boccette con le pozioni erano rotte. Feci un profondo respiro e aprii lentamente la zip per guardare lo stato delle boccette, mi accorsi che il marsupio era federato e le boccette intatte. Avevo i brividi, era complicato muoversi senza fare rumore. Fissai mia cugina davanti a me mentre ne impugnavo una, la lanciai contro la cella, ma si frantumò facendo solo un po’ di fumo senza provocare altri effetti.
Mia cugina si alzò lentamente, la mano sempre premuta sulla spalla, si voltò a guardarmi e sussultò.
-Hai recuperato la tua magia.- disse in tono mesto, sembrava preoccupata.
Sorrisi senza dire niente, non ero certa di avere davvero recuperato la mia magia…
Sospirai, era meglio provare prima di fare qualche sciocchezza: allungai una mano verso la pistola e la chiamai a me. Lei volò velocemente nella mia mano come se ci fosse stata una calamita.
Sorrisi, mi venne naturale. Riavevo i miei poteri! Non potevo crederci, volevo saltellare dalla gioia! I miei poteri! I miei poteri! I miei fantastici e meravigliosi poteri! Avevo di nuovo i miei poteri! Evviva! Avrei voluto gridare dalla gioia!
-Così pare.- sorrisi felice come non mai.
-Bene.- sibilò, gli occhi ridotti a due fessure.
Richiamò a se un potere fortissimo, forse voleva lanciarmi un altro incantesimo. L’aria era colma di magia che era come elettricità fortissima, mi sentivo schiacciata, quasi non riuscivo a respirare: come era riuscita a diventare così potente?
Guardai verso Asher, era ancora a terra privo di sensi, stava male, dovevo sbrigarmi a liberarlo e per farlo dovevo prima pensare a mia cugina.
Mi voltai nuovamente a fissarla, il suo corpo era avvolto da un alone verde che brillava come il fuoco, nella sua mano splendeva una vede sfera di energia che elettrica e sfavillante dava l’impressione di essere molto pericolosa. Richiamai a me le ombre per proteggermi mentre lei me la scagliava contro. L’urto dello scontro provocò un rumore fortissimo e un esplosione che accecandomi sollevò polvere e pezzi di pietrisco. I vetri delle celle tremarono mentre nell’aria si sentiva una forte carica elettrica diffondersi ovunque. Mi fiondai verso mia cugina recitando mentalmente l’incantesimo che richiamava nella mia mano una sfera di fiamme, lentamente sentii il fuoco nascere e formarsi.-Fuoco oscuro del drago nero distruggi chi mi è nemico.- bisbigliai, mentre le fiamme scarlatte diventavano di un colore nero come il petrolio. Mi bloccai a pochi passi da lei e misi avanti la mano con la sfera di fiamme dalla quale si originò un crepitante vortice rosso e nero che travolse mia cugina sbalzandola contro la pietra. Impugnai la pistola a due mani e sparai tre colpi verso il cristallo di ghiaccio, le pallottole penetrarono rompendone un pezzo che cadde a terra con un botto, frantumandosi in mille pezzi.
Feci un paio di passi indietro e scivolai, guardai in basso e vidi che le scalmanature del cerchio erano ricolme appena in parte di sangue, mi alzai sporcandomi una mano e mi diressi verso la cella di Asher.
C’erano delle macchie nere sul vetro e un congegno nel lato sinistro che probabilmente regolava l’apertura. Presi la piastrina ce avevo in tasca e la inserii nella fessura sperando che si aprisse: il vetro si illuminò e con me per incanto la porta davanti a me scomparve. Rimasi un attimo bloccata. Asher era lì, proprio di fronte a me, io lo fissavo incantata mentre venivo travolta da una miriade di sensazioni. Volevo correre sa lui, accarezzargli la faccia e stringerla a me, volevo chiedergli tante cose e volevo che essere certa che stesse bene. Volevo sentirlo vicino, molto più di quanto gia non fosse e volevo che anche lui mi sentisse vicina, volevo che mi amasse e al contempo questo desiderio mi terrorizzava. Eppure era vero, lo amavo. Non credevo che sarei mai riuscita ad ammetterlo, ma io lo amavo e più di quanto non potessi immaginare io stessa. Ero davvero un idiota!
Improvvisamente percepii un percolo alla mia sinistra che mi distrasse dai miei pensieri, mi voltai di scatto spaventata e evitai una freccia infuocata che mi colpi solo di striscio. Caddi a terra, tanto per cambiare, ma mi rialzai di scatto. Mi concentrai e misi le mani come se avessi un arco e una freccia, mi concentrai e lasciai che il potere si formasse tra le mie mani: se voleva il foco lo avrebbe avuto. Potevo sfruttare i poteri del drago nero, quindi sotto con il fuoco oscuro.
La freccia penetrò la nebbia che era sorta all’improvviso tra me e mia cugina: che trucco da salotto! Bé, però era vero che con la nebbia non vedevo un tubo. La neve mi avvolse e io mi concentrai bisbigliando le parole dell’incantesimo per richiamare un vortice di vento e spazzare via la nebbia. Un vento freddo e violento riempì la stanza disperdendo la nebbia che la riempiva appesantendo l’atmosfera.
Cecil mi scagliò contro delle saette di energia, grazie al mio potere di manipolare le ombre creai uno scudo che bloccò il colpo, ma mi scaraventò lontano dalla calla di Asher. Mi alzai quasi immediatamente e l’attaccai usando l’ombra, la plasmai in modo da farla diventare una miriade di lance che le scaraventai contro. Adoravo il potere di manipolare le ombre, possono fare un mucchio di cosa, sono impalpabili e indistruttibili, nonostante ciò sono più resistenti dell’acciaio, incredibilmente malleabili e ottimi mezzi di trasporto.
Mia cugina riuscì a pararle e a evitarle tutte, e mi restituì l’attacco con lame d’aria che respinsi creando un vortice. Stavo iniziando a stancarmi. Chiusi gli occhi e mi concentrai, volevo che questa storia avesse una fine, il combattimento andava per le lunghe! Che fare? Bè, una soluzione c’era, anche se non mi piaceva molto… Chiusi gli occhi e invocai il drago che dormiva nelle fiamme nere sperando che la squama che avevo mi aiutasse a domarlo. Bè, se anche distruggeva quel posto, pace, non mi importava molto! E poi sarei stata quasi felice del fatto che facesse piazza pulita.
Chiusi gli occhi e mi concentrai, cercando di farmi venire in mente una variante del cerchio che lo evocasse solo in modo temporaneo. C’era una configurazione simile, potevo fonderne due in uno, anche se non sapevo bene come. Provai a sovrapporle nel mio pensiero, le fusi facendole diventare uno.
La visualizzai nella mente e lo creai con la magia. Mi sentii quasi svenite, tanto era il potere che serviva per evocarlo, era davvero troppo, troppo potente. Era un potere grandissimo, mi stava esaurendo. Sentii il drago arrivare, e un rumore strepitante come un ruggito invase l’aria riducendo in cenere qualcosa che mi finii in faccia, sentii i pezzi di polvere calda e mi li tolsi dal viso.
Avevo ancora gli occhi chiusi quando caddi in ginocchio per la stanchezza, boccheggiavo e appoggiavo le mani al suolo nel tentativo di non svenire. Feci un respiro profondo inalando inavvertitamente l’odore dello zolfo che aveva iniziato a riempire la stanza, sentivo il suono dei passi del drago, un tonfo cupo e uno stridente di lame sulla pietra del pavimento. Sembrava quasi ci fosse un terremoto a ogni passo, non era un rumore piacevole. Mi sentii percorrere dai brividi: avevo fatto una cavolata! Bè… oramai era tardi per i rimpianti. Sentii mia cugina urlare, non volevo alzare gli occhi! L’aria si riempì dell’odore del sangue che misto a quello di carne bruciata e di zolfo mi fece venire la nausea. Fissai il pavimento mentre ai miei orecchi giungevano suoni tutt’altro che rassicuranti e al mio olfatto odori che perfino definire sopportabili sarebbe stato un enorme eufemismo.
Sentivo urli e strepiti, rumori orribili di cose che andavano in pezzi, botti fragorosi e suoni di qualcosa che viene fatto a pezzi, davanti a me finivano frammenti e pezzi piuttosto grandi di muro. Vedevo anche frammenti di cristallo che erano anneriti dal fuoco. Il drago stava distruggendo tutto, che era precisamente la ragione principale per la quale l’avevo evocato, ma in quel momento me ne stavo pentendo amaramente. Non avevo niente contro la distruzione, davvero! La adoravo! A condizioni normali, vista la situazione e quello che avevano tentato di fare a me e a Asher, non avrei avuto niente incontrario a vedere quel posto distrutto da un drago, anche se non riuscivo ad alzare lo sguardo, ma in quel caso… Bè io ero un po’ troppo vicina! La cosa bella della distruzione è che quando la osservi senza batter ciglio sei in un luogo molto, molto lontano da quello in cui sta succedendo il disastro. In quel momento invece mi trovavo proprio nella stanza in cui stava succedendo e non era per niente bello, avevo una discreta paura di essere inserita in quella devastazione totale, c’era una discreta possibilità di non sopravvivere. Strano, questa constatazione nelle ultime ore era diventata il mio ritornello!

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 -Salvataggio- ***


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Capitolo 20
- Salvataggio-


Mi alzai evitando accuratamente di guardare l’immenso lucertolone nero che avevo davanti e andai verso Asher, mi inginocchiai e gli misi la mano tra i capelli, accarezzandogli la testa. Era sudato e molto pallido, ma al mio tocco aprì gli occhi e tentò di muoversi.
Mi curvai su di lui bisbigliando -Asher non muoverti, sei troppo stanco!-
Da che pulpito veniva quella predica!
Lui voltò la faccia mostrando i visibili tatuaggi sul collo, lunghi e grossi simboli neri, indefinibili, ma che sembravano le parole di un antico incantesimo. Erano così marcati che sembravano quasi incisi da tanto che risaltavano con la pelle chiara. Mi vennero i brividi solo a guardarlo e mi sentii nuovamente pervadere dalla nausea e dalle vertigini, tanto che non riuscivo stare bene nemmeno accucciata. Mi lasciai cadere indietro, sedendomi.
Asher si alzò anche se di poco, appoggiando gli avambracci a terra e facendo leva per alzarsi. Mi fissò per un attimo interminabile negli occhi, i suoi occhi non era né neri né scarlatti, ma porpora, tendenti allo scarlatto, ma non del tutto rossi. Durante quell’istante sentii uno spasmo allo stomaco e il cuore battermi a mille: Dio com’ero infantile! Scossi la testa respirando a fondo e sentendomi di nuovo male per gli odori che riempivano l’aria.
Lui spostò lo sguardo da me a ciò che si trovava alle mie spalle e che io preferivo ignorare.
-Portami fuori di qui!- bisbigliò con la voce impastata e con lo sguardo ardente, ma stanco. Era incredibile come riuscisse a esprimere con la massima semplicità sentimenti opposti.
Chiusi gli occhi pregando di stare meglio, poi mi alzai molto lentamente e andai verso Asher, lo aiutai ad alzarsi e a sorreggersi, lui si appoggiò a me, i suoi capelli mi accarezzarono il viso facendomi il solletico. Il suo braccio sulla mia spalla era muscoloso e pieno di quei tatuaggi, avrei tanto voluto chiedergli cosa significavano, ma rimasi zitta. Sorrisi mio malgrado mentre il suo respiro mi accarezzava l’orecchio e mi voltai a guardarlo.
-Ti sembra il momento?- chiesi incredula, ma anche vagamente divertita.
Lui mi sorrise in modo ammiccante e ironico, anche se sembrava stanco. -È sempre il momento giusto!-
Mi misi a ridere, almeno un pò risollevata. Arrancai con difficoltà fuori dalla cella, era difficile portando qualcuno sulle spalle, anche se in realtà un pò camminava anche da solo. Mentre mi allontanavo dirigendomi verso il muro qualcosa esplose dietro di me, il rumore che riempì l’aria mi fece trasalire e l’urto provocato dall’esplosione ci fece fare un breve volo, scaraventandoci lontani da dove eravamo.
Mi alzai sui gomiti tossendo violentemente, non so bene perché, irritata come non mai. Cavolo! Stava diventando una fastidiosa abitudine quella di venire scaraventata da una parte all’altra della stanza!
Mi voltai più seccata che mai, ma mi paralizzai all’istante: davanti a me c’era un immenso drago nero, incrociai i suoi occhi ambrati e mi vennero i brividi, ma mi riscossi subito; in fin dei conti lo avevo evocato io! Mi alzai sotto il suo sguardo attento, mentre lui mi squadrava lo fissai con indifferenza, benché fossi spaventata non volevo darlo a vedere. I miei occhi rifletteva il vuoto, erano volutamente inespressivi, ero migliorata in quanto recitazione: almeno in quello! Lui continuò a fissarmi, abbassò un attimo la testa e si avvicinò lentamente a me tanto che quasi mi sfiorava il viso. Il respirò caldo del drago mi accarezzò la faccia, sapeva di zolfo. Avrei voluto fuggire, ma non mi mossi di un millimetro, poi feci un paio di passi indietro mentre lui si avvicinava al mio collo, solo in quel momento mi resi conto di avere al collo il ciondolo con la squama di drago, la sua squama. Non mi sentivo per niente tranquilla!
Misi una mano dietro alla schiena e lentamente richiamai il potere di una lama di ghiaccio, almeno avrei potuto combattere. Sentii freddo alla mano e alla schiena mentre qualcosa di tagliente e congelato si materializzava nella mia mano.
Inavvertitamente distolsi lo sguardo dal drago e lo spostai su ciò che era rimasto della stanza: le celle erano intatte, cosa molto strana, ma le pareti erano scheggiate e piene di buche come il pavimento e il cerchio era stato interrotto; il cristallo era distrutto e il suo ospite era letteralmente fatto a pezzi., un braccio del demone era ancora incastonato nel cristallo e si trovava a dieci centimetri dai miei piedi. Di mia cugina non rimaneva che un ammasso di carne bruciata, mi venivano i brividi solo a guardarla, il corpo non era nemmeno integro. Avrei voluto vomitare, tutto quelle cose mi davano la nausea e mi spaventavano, ma non era esattamente il momento migliore per avere paura.
Basta accidenti! Spostai velocemente la mia attenzione sul drago, di nuovo, che mi fissava ipnotizzato.
-Che cosa vuoi?-com’è che la mia voce aveva un tono tanto fragile e incerto? Che fosse per quell’ammasso di squame, artigli e lame che avevo davanti? Molto probabile.
Il drago aprì bocca per parlare, la sua voce era profonda, oscura e bassa, era la classica voce morbida, solo molto più morbida del normale, aveva qualcosa di incredibilmente spaventoso.
-Quella è una mia squama.- le sue parole uscirono seguite da un alito caldo dal profondo odore di zolfo. Non mi piaceva per niente, non sapevo bene che dire visto che il suo tono non era né aggressivo né minaccioso: quella era una constatazione. Eppure ugualmente mi dava i brividi, senza una vera ragione precisa. Maledizione! Oh, in realtà visto chi aveva pronunciato quelle parole la mia paura era più che comprensibile, in fondo stavo parlando con una gigantesca lucertola alata che sparava fiamme dalla bocca e fumo dalle narici. E il fatto che fosse del mio colore preferito non gli dava degli incentivi, di fatti il nero non è un gran che come colore, dovrei cambiarlo… Magari potrei scegliere il bianco?! In fondo anche il bianco è bello! O il rosa… Tutte le ragazze adorano il rosa. Perché a me non piaceva il rosa? Ma era davvero il caso di preoccuparsi dei colori in questo momento?
-Si, è proprio la tua squama… è un problema?- che tono spavaldo! Mi ero ripresa in fretta e mi congratulai con me stessa per questo. Dovevo iniziare a cercare lavoro come attrice. In fondo se avevano fatto recitare Pamela Anderson in vari telefilm non a luci rosse, chissà che ruolo avrebbero dato a me!
-Come l’hai avuta?- il tono era sceso di diverse ottave, mi diede i brividi tanto era profonda. Ho gia detto “maledizione”? Perché nel caso lo dico. Anzi non mi limito a dirlo, lo sottoscrivo, lo telegrafo e lo firmo, lo scrivo su un cartellone immenso e lo sottolineo tre volte mettendoci almeno una quindicina di punti esclamativi!
-Ci siamo gia scontrati.- risposi con fare tranquillo. La mano che tenevo dietro la schiena mi si stava intorpidendo per il freddo. La situazione stava diventando assurda e snervante ogni istante di più, non ce la facevo più. Al diavolo tutto! Non avevo più voglia di giocare!
-Ok, basta! Dobbiamo scannarci? Bene! Ma se vuoi solo chiacchierare dimmelo perché dietro la schiena ho in mano una lama di ghiaccio e la mano mi sta diventando insensibile!- il mio tono era piuttosto alterato.
Lui mi fissò nuovamente con interesse, per un attimo sembrò dilatare gli occhi, poi emise un suono strano che somigliava vagamente a una risata, ma aveva qualcosa di davvero terrificante.
-Si.- mi disse dopo che si fu calmato -Si, mi ricordo di te… Me lo ricordo. Mi hai sconfitto e mi hai rispedito da dove venivo.- nella sua voce c’era una cera amarezza.
Qualcuno mi avvolse da dietro in un abbraccio, le braccia erano attraversate da tatuaggi che però stavano lentamente sbiadendo, io mi irrigidii all’istante e mi voltai lentamente trovandomi di fronte alla faccia di Asher. Aveva un colorito vagamente migliore di prima, gli occhi erano tornati del naturale colore scarlatto. Mi diede un bacio sul collo, lentamente, in modo molto seducente, sentii le sue labbra salire fin dietro l’orecchio. Mi sentii avvampare, la mia lama di ghiaccio era ormai svanita, non avevo idea, nemmeno una vaga, di come comportarmi.
Un suono, come un rantolo arrivò dalla mia sinistra, mi voltai e vidi che veniva da Logan che era ancora imprigionato e che stava cercando di alzarsi. Cavolo! Volevo correre da lui, ma per farlo avrei dovuto prima di tutto dare le spalle al drago, pessima idea. Poi avrei anche dovuto allontanarmi da Asher che intanto, indifferente a tutto il resto, continuava a baciarmi lungo il collo. Che accidenti aveva? Volevo svanire nel nulla per l’imbarazzo! Maledizione! Io non ero mai in imbarazzo! Mi accarezzò lentamente la pancia con la mano destra e scese fino al bordo dei jeans, se voleva distrarmi da mio cugino, bè, ci stava riuscendo in pieno!
-Asher! Che accidenti stai facendo?- avevo una voce stridula e incredibilmente alterata, avevo un po’ paura e ero davvero imbarazzata.
Lui si bloccò e mi strinse di più a se sussurrandomi all’orecchio una frase tutt’altro che romantica, ma lo disse in tono seducente. -Recupero le mie energie.-
Dopo quella frase qualcosa in me cambiò, mi sentii più tranquilla: era il solito bastardo manipolatore di sempre, che si divertiva a prendermi in giro e a stuzzicarmi. Era quello di sempre e stava bene. Gia, quindi non c’era ragione di fare la brava; okay, ero innamorata di lui, ma lui questo mica lo sapeva! Gli tirai una gomitata nello stomaco, e lui si allontanò con uno scatto massaggiandoselo. Quando lo guardai aveva un sorriso beffardo stampato in faccia, che nervi! Mi stava facendo davvero arrabbiare! Ma questo in un certo senso mi faceva sentire davvero felice. Una cosa piuttosto stupida in verità.
Continuavo a tenere sott’occhio il drago, ma Asher sembrava non accorgersi di lui e mi abbracciò di nuovo.
-Vuoi piantarla?- iniziavo ad arrabbiarmi.
-No.- rispose con un sorriso sereno -Va bene anche la rabbia. Più le tue emozioni sono intense, più i tuoi poteri crescono e io posso sfruttarli per rimettermi completamente.- spiegò con un sorriso.
-Ma quanto sei dolce.- la mia voce non poteva essere più ironica nemmeno se mi ci fossi messa d’impegno. -Non so se lo hai notato ma siamo in compagnia.- proseguii facendo un cenno al drago.
Asher sciolse l’abbraccio e mi cinse la vita con un solo braccio, poi scrollò le spalle con noncuranza. -Ti complichi la vita.-
Lo fissai senza capire, il mio sguardo doveva essere piuttosto confuso perché mi prese la catenina con la squama facendo correre la mano fino al pendente e poi baciandolo mi fissò negli occhi. -Ora è il tuo giocattolo.-
Lo fissai sgranando gli occhi, ipnotizzata dalle sue pupille vermiglie, erano bellissime e profonde, mi sentii risucchiare nel suo sguardo intenso e profondo. Mi riscossi con un sussulto e feci un passo indietro, lui mi lasciò andare.
-Che vuoi dire?l- domandai sempre confusa.
-Che lui ti appartiene.- rispose, il tono basso e seducente. Mi prese una mano intrecciandola con la sua, sulla faccia aveva dipinto un sorriso luminoso e tentatore, ma i suoi occhi erano incredibilmente stanchi.
-Però, ti sei ripreso alla grande!- costatai con un mezzo sorriso. Poi mi voltai verso l’immenso lucertolone nero. -Che vuol dire che mi appartieni?- la mia voce era ferma e la paura era del tutto scomparsa.
-Tu mi hai sconfitto, mi hai piegato al tuo volere, dunque hai potere su di me.- la voce del drago suonò solenne.
Asher mi abbracciò nuovamente da dietro, nascondendo la faccia nll’incavo della mia spalla come per baciarmi e bisbigliando -Senza contare che ha la squama che racchiude la tua fiamma vitale.-
A quelle parole mi nacque spontaneo un sorriso, avevo potuto sfruttare un drago per tre anni e non lo avevo saputo! Che cosa assurda! Molte situazioni si sarebbero risolte molto più in fretta sapendolo!
Solitamente i draghi nascondono la propria fiamma vitale o il proprio cuore in luoghi diversi dal loro corpo per sopravvivere più a lungo. Sesso nell’antichità, quando i draghi abitavano ancora la maggior parte dei luoghi della terra, c’erano molti cacciatori che li volevano morti. Certo ognuno aveva le sue ragioni. I draghi nascondevano la loro essenza vitale per sopravvivere, ma molti non ce la facevano e venivano comunque uccisi. I draghi più antichi erano dotati di maggiori poteri e conoscenza, la loro forza era ineguagliabile. Tutta via, nonostante ciò, di loro non erano rimasti che pochissimi esemplari.
Comunque il possedere il cuore o l’essenza vitale di un drago dava la possibilità di avere un potere pressoché illimitato su di lui, un potere immenso. Io nemmeno sapevo che quella squama contenesse la sua vita, non ne avevo minimamente idea e non me ne ero accorta. Non ero brava con i draghi, non ne avevo mai visto uno a parte quello che avevo davanti in quel momento e nemmeno ne avevo gia affrontato
Toccai involontariamente il ciondolo che portavo al collo, stringendolo, il drago mi fissò più intensamente di prima. Asher mi baciò nuovamente sul collo, i suoi occhi erano tornati neri mentre i tatuaggi erano del tutto scomparsi.
-Ormai ti sei ripreso quindi lasciami.- lo dissi con astio. Ormai stava bene e solo l’idea che mi avesse nascosto la verità su mia sorella mi faceva stare male e non volevo averlo vicino. Lo scostai con brutalità e lo fissai seccata e arrabbiata, ma un lamento mi distrasse da quella situazione.
Logan era ancora imprigionato e stava male, accidenti a me! Come avevo potuto dimenticarmi di lui?! Che razza di cugina che ero!
-Logan!- chiamai precipitandomi verso la sua cella, il vetro mi respinse ferendomi, su miei bracci si formarono dei lividi. Mi allontanai di un passo, pensando a un modo a un modo per rompere il vetro, non avevo la più pallida idea di come aprire la cella visto che la chiave era sparita appena l’avevo infilata nella serratura di quella di Asher. Mentre indietreggiavo barcollando lui mi afferrò per non farmi cadere, avvolgendomi nuovamente in un abbraccio.
-Fammi indovinare: il contatto fisico aiuta la guarigione?- il mio tono conteneva un alta percentuale di vetriolo, ma non me ne importava niente.
Asher sembrò non farci caso. -In effetti si.- rispose con tranquillità sciogliendo l’abbraccio e accarezzandomi dove avevo i lividi, lentamente le chiazze viola sparirono. Erano apparse e scomparse a una velocità innaturale, ma considerando che ero in una stanza con un drago, due vampiri, il corpo dilaniato e bruciato di mia cugina, un demone fatto a pezzi e uno ancora in piedi che mi massaggiava i bracci e, dulcis in fundo, mio cugino, probabilmente un mezzo demone, agonizzante rinchiuso in un cella di vetro magico. Ma perché mi respingeva? Con Asher non lo aveva fatto.
Mi voltai per guardarlo e incrociai i suoi occhi ormai neri e solo venati di scarlatto, il suo sguardo mi rivelava qualcosa di simile alla preoccupazione.
-Perché non mi lascia avvicinare? Come faccio a entrare?- era tutto quello che dovevo sapere in quel momento, almeno razionalmente. In modo del tutto irrazionale invece desideravo chiedergli che rapporto aveva con mia sorella, cosa c’era tra loro, se ne era innamorato. Distolsi lo sguardo per nascondergli i miei pensieri. Volevo chiederglielo più di qualunque altra cosa, per me era anche più importante di salvare Logan, ma avevo paura! Era quella la verità! Avevo una paura incredibile di quello che avrebbe detto, di come mi avrebbe risposto, di quello che avrei scoperto. Ero davvero una vigliacca! Stavo solo fuggendo!
-Credo sia Logan stesso a impedirtelo.- spiegò Asher.
Lo fissai senza capire, lasciandomi distrarre dai miei pensieri e dal mio senso di colpa. Lui mi sorrise brevemente prima di spiegarsi. -Forse lo fa inconsciamente, ma a cerato uno scudo intorno alla cella. Tuttavia rompere lo scudo non basterà a permetterti di entrare, devi anche riuscire a rompere il vetro e nemmeno io ci sono riuscito nonostante mi sia trasformato totalmente.-
Lo guardai stupita: ogni demone ha un aspetto per così dire “sovrannaturale”, diverso da quello umano che viene usato per mescolarsi alla gente. Io non ho mai visto il vero aspetto di Asher, nemmeno quando l’ho evocato, però so che quando lo ha è molto più potente di quanto sia normalmente e se nemmeno in quel modo era riuscito a liberarsi allora io non avevo molte speranze di farcela.
Mi voltai nuovamente verso la cella.
-Quindi come la apro?- la testardaggine era uno dei miei difetti, diciamo che non ero molto incline a rinunciare alle cose a cui tenevo.
-Non puoi aprirla.- rispose semplicemente, catturando nuovamente il mio sguardo che gli era abilmente sfuggito.
-Io devo aprirla!- il mio tono era irremovibile.
-Allora pensa all’incantesimo più potente che conosci e scagliaglielo contro perché è l’unica cosa che può distruggerlo. E anche con quello dubito che ci riuscirai.-
Mi misi a riflettere. L’incantesimo più potente che conoscevo… non era facile. Senza contare che ero un po’ esaurita per aver evocato quell’immenso drago nero. C’era un unico incantesimo che potevo usare, ma avrebbe davvero distrutto tutto quanto, incluso la villa e tutte le persone. Non che ci fosse molta gente, però Shadow, Creig e Nicolas erano lì e sarebbero morti se non avessi fatto qualcosa per proteggerli.
-Asher devi salvare Nicolas, Creig e Shadow.- dissi riflettendo a mente fredda, lui aprì bocca per protestare, ma io lo bloccai con una mano prima che lo facesse. -Ma ti avverto fin da ora che dovrai tornare a prendermi e che quello che ti ho detto non è discutibile perché è un ordine!-
Asher mi fissò irritato e sparì nel nulla prima che potessi dire altro. Mi voltai meccanicamente verso il drago, ora dovevo pensare a lui. In effetti avrei potuto chiedergli di aiutarmi, ma se avessi usato quell’incantesimo avrei finito per uccidere anche lui.
-Devi andartene, a meno che tu non voglia morire o aiutarmi a rompere quella.- dissi facendo un cenno verso la cella, poi mi guardai lentamente intorno -Però visto che con la tua monumentale opera di distruzione non le ha intaccate, direi che è improbabile che tu riesca a distruggerle ora.- aggiunsi.
Il drago sbuffò fumo dalle narici e con una fiammata piuttosto ardente svanì nel nulla, tornando da dove veniva. Mi voltai lentamente verso Logan, era svenuto in quella prigione di ghiaccio, sudato e ferito, sembrava quasi morto. Dovevo sbrigarmi! Non c’era più tempo!
Mi misi a sedere incrociando le gambe e chiudendo gli occhi per concentrarmi meglio, radunanai tutta l’energia possibile intono a me, iniziai a formulare l’incantesimo con un filo di voce. Sentii un oscurità sempre più forte, più avvolgente e cupa… malvagia. Era quel tipo di tenebra fredda e schiacciante che risucchia tutto ciò che incontra, che distrugge ogni cosa, polverizza ogni luce. L’energia mi avvolse vorticante prima di diventare un arma affilata e distruttiva, in grado di annientare ogni cosa si trovava davanti. Mi sentivo come sempre più forte e mano a mano che il mio potere cresceva sentivo che mi trascinava via con se, sentivo che il mio controllo vacillava e che non riuscivo a concentrarmi. Il potere mi devastava, mi sentivo come presa da una sorta di delirio di potenza, avevo smesso perfino di recitare incantesimo, se non fossi stata attenta sarei morta anch’io. Quel potere avrebbe risucchiato tutta la mia vita e per un istante pensai che non fosse un idea così cattiva, ma tornai in me abbastanza in fretta da impedire che accadesse. Il potere che si era radunato era immenso, mi sentivo sempre più risucchiata da quella forze schiacciante e gelida, lentamente la sentii troppo forte e troppo grande, iniziavo a spaventarmi. Ripresi faticosamente il controllo e ricominciai a formulare l’incantesimo con attenzione; la mia voce era un bisbiglio basso e lento, pronunciare ogni parola mi costava uno sforzo immenso. Più il tempo passava, più il potere si addensava facendosi soffocante e opprimente, più per me era difficile mantenere la lucidità. Stavo annegando in quell’oscurità velenosa e soffocante, forse non ce l’avrei fatta. Mi feci forza, cercando di non farmi sfiancare e di non farmi nuovamente trascinare, oramai ce l’avevo quasi fatta. La forza che mi vorticava in torno sembrava devastarmi, mi faceva sentire razionalmente sempre più fragile, mano a mano che il tempo passava, mentre sentivo una sensazione bellissima di potenza, ma non dovevo lasciarmi risucchiare da questa.
Conclusi l’incantesimo e il potere mi lasciò completamente scatenandosi in maniera incredibile e devastando ogni cosa, o almeno credo perché persi i sensi. La forza che riempì quel luogo era immensa e distruttiva. Stavolta l’oscurità che mi avvolse era dolce, prima di addormentarmi pregai che tutti coloro a cui tenevo fossero salvi.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 -riunione- ***


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Capitolo 21
-Riunione-


Era caldo, un tepore dolce e rassicurante mi pervadeva. Mi sentivo così bene. La stanchezza si era lentamente dissipata. Non volevo aprire gli occhi, sentivo la freschezza del cuscino morbido sotto la testa e il calore delle coperte. Mi sentivo intontita, i ricordi mi sommersero, tenendo ancora gli occhi chiusi mi chiesi se quello che avevo vissuto non fosse stato solo un brutto incubo.
Un luminoso raggio di sole mi illuminò gli occhi tentando di svegliarmi. Mi rigirai nel letto seccata, mugugnando con tono irritato -Cavoli Asher! Perché devi sempre rompere tanto le scatole?-
Una risata argentina riempì la stanza, aprii gli occhi e mi voltai: quella che avevo sentita non era la voce di Asher, era quella di Creig. Infatti, lui se ne stava comodamente seduto su una sedia addossata alla parete della stanza, mi sorrideva gentile e divertito. Indossava una maglia nera aderente senza maniche e dei jeans; aveva i capelli spettinati e i suoi occhi color smeraldo erano brillanti, stava benissimo. Si avvicinò e mi accarezzò la guancia, la sua mano era fredda e umida, la sua pelle era bianchissima e la luce del sole sembrava farla splendere facendola apparire quasi trasparente. Gli sorrisi di rimando, ancora un po’ confusa dalla situazione, senza dire niente. Spostai lo sguardo per la stanza.
Seduto in fondo a letto con le gambe incrociate, Logan mi fissava sorridendo tristemente. Aveva ripreso un po’ di colore, i suoi occhi erano svegli mia stanchi, sembrava spaventato e insicuro. Tesi le braccia verso di lui per invitarlo ad abbracciarmi, lui mi gattonò fino a me e mi abbracciò, poi scoppiò a piangere, nascondendo la testa dentro la mia spalla. Gli accarezzai la schiena senza dire niente, mentre Creig si sedeva sul letto posandogli una mano sulla spalla.
Mi voltai verso la finestra perché mi sentivo osservata, continuando a stringere Logan il corpo era scosso dai singhiozzi, e incrociai gli occhi neri di Asher. Mi sorrise brevemente, ma sembrava irritato per qualcosa, quando i nostri sguardi si incrociarono sentii il mio cuore saltare un battito. Avevo fatto un ammissione con me stessa, ho ammesso i miei sentimenti con me stessa, ma questo non cambiava di una virgola il fatto che mi avesse mentito e che non mi avesse detto la verità su mia sorella nonostante sapesse quanto lei contava per me.
Logan si calmò e si allontanò da me asciugandosi gli occhi.
-Grazie.- bisbigliò, la voce rotta e bassa. Non stava affatto bene, aveva gli occhi rossi e sembrava triste e stanco. Gli diedi un bacio sulla fronte, scostandogli i capelli, e poi mi voltai verso Creig.
-Potete uscire, per favore? Vorrei parlare con Asher.- avevo la voce bassa, mi faceva male la gola.
Creig aiutò Logan a scendere dal letto e se ne andarono insieme, senza fare commenti o chiedere spiegazioni, li ringraziai mentalmente per questo. Rimasi a fissare per dieci secondi buoni la porta della stanza che si era richiusa alle loro spalle. Avevo paura di voltarmi e di affrontare Asher, ma una parte di me sentiva il bisogno bruciante di farlo. Mi appoggiai alla spalliera del letto sospirando e chiudendo gli occhi, non avevo voglia di alzarmi, mi sentivo improvvisamente stanca.
Sentii qualcuno sedersi accanto a me e aprii gli occhi per vedere chi si trattava, fu più un riflesso involontario che vera e propria volontà di farlo.
Asher si era seduto accanto a me, appoggiandosi anche lui alla spalliera del letto, fissava il vuoto davanti a se. Con il suo aspetto adulto era inimmaginabilmente bello, lo era sempre stato e io lo avevo sempre notato, ma mai prima di quel momento mi ero riscoperta così desiderosa di toccarlo, tracciare con le mani i lineamenti armoniosi del suo viso e le labbra carnose, affondare le dita nei suoi capelli e accarezzargli la testa. Ma dentro di me c’era anche un altro desiderio, che per mia fortuna mi bloccava, avevo una gran voglia di prenderlo a schiaffi per avermi mentito.
Si voltò verso di me a fissarmi.
-Che devi dirmi?- domandò, la sua voce tradiva un certo divertimento e una nota di vittoria, si era accorto di tutto.
Scossi la testa con stanchezza: dovevo chiarire la situazione in fretta.
-Okay, hai vinto: provo qualcosa per te.- il mio tono era piatto, ero piuttosto seccata.
Il suo sorriso si allargò talmente che sembrava quello dello Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie. Si avvicinò verso di me per baciarmi, ma io lo spinsi via e lui mi fissò sorpreso.
-Mi hai nascosto la storia con mia sorella!- il mio tono era infuriato e velenoso, ero veramente arrabbiata con lui per questo.
Mi guardò sorpreso. -Come sai che conoscevo tua sorella?- domandò in tono neutro, invidiavo il controllo che aveva su se stesso. Forse era perché lo conoscevo da tempo, o forse era solo perché la situazione mi sconvolgeva, ma mi appariva in qualche modo nervoso.
-Me lo ha detto mia cugina!- il mio tono di voce si era alzato, ero rimasta sconvolta per la conferma che avevo appena avuta e non riuscivo a controllare il mio tono di voce.
-Quella che ha tentato di ucciderti? E tu le dai retta?- la sua voce suonò ironica, ma sembrava un ironia forza e non autentica.
-Bè, volevo evitare di crederle all’inizio, ma c’era il fatto che conoscevi la canzone di mia sorella, poi il tuo nome… e se questo non dovesse bastare la tua reazione di poco fa confermava tutto.- gesticolavo in modo ossessivo, ero irritata e spaventata, non sapevo che fare. La mia voce era graffiante, sentivo che le lacrime si stavano affacciando, ma le ricaccia via a forza tentando di mantenere regolare il respiro.
Asher non si mosse e non provò a toccarmi, sapeva che non lo avrei sopportato in quel momento, c’erano pochi argomenti su cui non poteva prendere le cose alla leggera, e il primo di tutti era mia sorella.
-DI che canzone stai parlando?- domandò confuso.
-Della canzone che ho sentito in te una settimana fa.- spiegai spazientita -Allora? Cos’hai da dirmi? Come mai conoscevi mia sorella? Che rapporto c’era tra voi?- non avevo nessuna intenzione di lasciar perdere.
-Non c’era niente da dire.- rispose con calma, a voce bassa e rassicurante, voleva calmarmi.
-A no? Davvero? ASHER TU CONOSCEVI MIA SORELLA!- stavo urlando, non volevo urlare, ma stavo comunque urlando, non era una cosa che potevo evitare.
Le lacrime scesero, non riuscivo a fermarle, non avevo mai pianto in vita mia davanti ad Asher, pensavo fosse una pessima idea, ma in quel momento non riuscivo a trattenermi. Nascosi la faccia tra le mani tentando di calmarmi, feci due ampi respiri ripetendomi che tutto andava bene e che dovevo stare calma. Alla fine riuscii a smettere di piangere e mi asciugai le lacrime prima di voltarmi a guardare Asher. Lui era rimasto immobile, sembrava quasi che avesse smesso di respirare, la sua faccia era una maschera di indifferenza, ma i suoi occhi erano colmi di qualcosa che non capivo con chiarezza.
-Asher…- non so come fosse possibile, ma la mia voce era ancora più roca di prima. Sussurrai il suo nome perché non riuscivo a parlare a voce alta, lui si avvicinò a me e io misi avanti le mani per allontanarlo. A quel punto mi afferrò i polsi e non so bene come tre secondi dopo mi ritrovai premuta contro il materasso, con lui sopra di me che mi baciava con dolcezza le labbra, un bacio semplice, non profondo. Mi sentivo in trappola e non sapevo bene come comportarmi, anche se mi stava baciando io ero ancora arrabbiata con lui. Molto arrabbiata. Non mi aveva parlato di mia sorella, non mi aveva detto niente di lei nonostante fossimo stati insieme per tanto tempo, ne avevamo passate tante e ammetto di essere stata sempre molto fredda con lui e di non essermi fidata, ma anche lui non era troppo aperto con me, però aveva sempre saputo perché lo aveva evocato, conosceva le mie ragioni quindi sapeva quanto era importante per me mia sorella. Allora perché non mi aveva detto niente?
Avevo gli occhi chiusi, ma ugualmente sentii le lacrime scivolarmi dalle guance: Asher lasciò le mie labbra e raccolse le mie lacrime con un bacio, poi mi sfiorò le palpebre con le labbra, lentamente, mentre io cercavo in qualche modo di liberarmi dalla sua stretta, ma nonostante gli sforzi lui era più forte. La cosa strana è che comunque la sua stretta sui miei polsi non era tanto forte da farmi male, anzi sembrava quasi lieve, eppure non riuscivo a liberarli in nessun modo. Mi sentivo confusa, lentamente la rabbia se ne stava andando e al suo posto iniziavo a provare un vago senso di panico, euforia e desiderio. No! No! Dovevo tornare in me! Io ero innamorata di Asher… volevo dire che ero arrabbiata! Arrabbiata! Solo che ero anche innamorata… Che confusione!
Mentre mi baciava nuovamente sulle labbra, stavolta con più impeto, mi sentii percorrere dai brividi, avevo i nervi a fior di pelle, non avrei potuto essere altrettanto sensibile nemmeno se mi avessero spellata. Sentii la sua lingua farsi spazio tra le mie labbra e accarezzare la mia con lentezza. Mi sentivo sciogliere, dovevo decisamente riprendermi. Non potevo essere il tipo di ragazza che si dimentica delle cose spiacevoli che fa il suo ragazzo quando lui la bacia. Okay, l’esempio non è proprio calzante, ma non è nemmeno del tutto sbagliato. Tutta via, indipendentemente dalla mia razionalità, mi lasciai coinvolgere in quel bacio e senza accorgermene mi ritrovai a desiderare un contatto più grande e profondo con lui. Maledizione! Odio questo genere di sentimenti!
Mi accorsi a malapena che Asher mi aveva lasciato i polsi, me ne resi conto solo quando mi accorsi che avevo affondato la mano sinistra nei suoi capelli, mentre con l’altra gli cingevo il collo. Okay, ero del tutto andata! Ma non riuscivo a riprendere le redini dell’autocontrollo, mi sentivo totalmente persa, inebriata dai suoi baci e dalla sua vicinanza. Quasi non riuscivo a respirare, il bacio ormai durava da diverso tempo e io non volevo che finisse; iniziavo a sentirmi veramente stupida, o almeno la parte razionale di me iniziava a sentirsi veramente stupida. Il mio amato autocontrollo, la mia parte coscienziosa e realista era ormai partita, se ne era andata via senza dire quando sarebbe tornata, lasciando un triste e solitario biglietto con scritto: “Tanti saluti, ci vediamo il prossimo anno!”. Oddio! Avevo bisogno che qualcuno riavviasse il mio cervello che si era impallato alla grande.
Mentre continuava a baciarmi sentii una mano di Asher scivolare sotto la mia maglietta, la sentii salire verso i mio seno e il quel momento riuscii a riprendermi. Lo allontanai con una spianta, facendolo cadere giù dal letto; lui atterrò bruscamente e con un colpo, poi mi guardò con un sorriso, sembrava illeso, e si mise a ridere.
Io restai sdraiata, rivolta verso di lui, tirai il lenzuolo fin sopra la mia spalla e mi ci rannicchiai sotto, fissandolo incerta: non riuscivo a ritrovare la voce.
Lui mi sorrise, malizioso: -Dovremmo farlo più spesso.- disse con tono basso e seducente, fissandomi negli occhi.
Deglutii lentamente e poi dissi con il tono più seccato che riuscii a trovare. -Ancora non mi hai detto cosa è successo tra te e mia sorella.- come mai il mio tono sembrava più imbarazzato che irritato? Non era giusto! Perché non riuscivo a controllarlo.
Asher però si incupì ugualmente, fissò per un attimo il pavimento prima di tornare a guardarmi malizioso. -Non preferiresti parlare di quello che è successo prima?-
-No, preferisco sapere di mia sorella.- dissi freddamente. In realtà avrei voluto sapere perché mi aveva baciato, ma non ero troppo sicura che la risposta mi sarebbe piaciuta, anzi ero sicura che non mi sarebbe piaciuta affatto.
Lui mi fissò con una punta di rabbia, non so se stesse per rispondermi e penso non lo saprò mai perché in quel momento nella mia camera fece irruzione qualcuno. Entrò sbattendo rumorosamente la porta, saltai a sedere mentre Shadow, con l’aspetto di felino che gli avevo visto l’ultima volta alla villa, correva ad abbracciarmi, Nicolas si appoggiò allo stipite della porta e mi sorrise, un sorriso sereno e pacifico, il tipico sorriso che si ha quando si scopre che la persona a cui si tiene sta bene. In fondo Nicolas era davvero un bambino, anche se aveva venti anni, aveva qualcosa di dolce e innocente, solo “qualcosa” e per di più un qualcosa di molto, molto piccolo. Indossava un paio di jeans e una camicia bianca, aveva l’orecchino con la squama del drago, chissà se si rendeva conto di quanta importanza aveva quell’oggetto?
Shadow saltò sul letto con agilità e mi venne a leccare la faccia, il la abbracciai e poi mi misi ad accarezzarle la testa, passando le dita tra i suoi folti peli neri, lei si strusciò alla mia mano facendo le fusa. C’era qualcosa in lei che non sapevo spiegare, era qualcosa che riusciva a calmarmi e rasserenarmi, qualcosa che riusciva, indipendentemente dalla situazione, a trasmettermi tranquillità e sicurezza.
-È bello vederti tutta intera.- scherzò Nicolas con un sorriso.
Sorrisi alla sua battuta. -Gia, anch’io sono felice di vederti tutto intero.- ribattei, mi sentivo molto più tranquilla di prima. -Ehy! Non vieni ad abbracciarmi?- lo invitai, tendendogli una mano. Non lo feci perché volevo veramente un abbraccio, in realtà volevo semplicemente prendere le distanze da Asher, anche se, probabilmente, a quel punto era ormai tardi per farlo.
Nicolas mi abbracciò senza fare una piega, mentre Asher usciva in silenzio con il suo solito passo elegante, guardandolo con la coda dell’occhio vidi che la sua faccia esprimeva un misto di rabbia e tristezza che mi fece sentire incredibilmente in colpa. Nascosi la faccia nella spalla di Nicolas sentendo il bruciante desiderio di piangere, ma non versai neanche una lacrima perché non ne avevo il diritto: Asher aveva salvato tutte le persone a cui tenevo, come gli avevo chiesto, certo non mi aveva risposto per la questione di mia sorella, ma in compenso mi aveva baciato –anche se “bacio” era una definizione a dir poco riduttiva- tutta via non avevo intenzione di rinunciare alla spiegazione.
Nella stanza entrarono anche Creig e Logan con del caffè e delle ciambelle, eravamo tutti riuniti e tutti vivi - a parte Creig che era morto visto che era un demian - e io ero felice di questo, ma una parte di me si sentiva persa. Che cos’era che desideravo davvero? E quale era la verità su Asher? Il mio cuore stava diventando sempre più triste pensando a lui, volevo dimenticarlo e volevo stringerlo al cuore. Volevo stingerlo al cuore? Queste cavolate romaniche potevano venirmi fuori solo se ero veramente innamorata, cavolo! Odiavo essere innamorata e per di più di un tipo simile! E poi mia sorella… Ah, com’ero stanca!
Feci un respiro profondo contro la camicia bianca di mio cugino e chiusi gli occhi, sempre restando appoggiata a lui che mi stringeva, che in tanto mi stringeva sussurrandomi che andava tutto bene. A quanto pare io non capivo un tubo di rapporti con l’altro sesso che vanno oltre l’amicizia, ma almeno avevo qualcuno che mi stava accanto quanto il mio cuore andava in pezzi. Sentii Shadow strofinare la testa contro il mio braccio: era bello non essere soli.

 

Visto che mi avevano scritto che si leggeva male scritto com'era l'ho ingrandito^^!

 

Spero che il capitolo sia piaciuto a tutti^^! Grazie mille per i commenti!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 -Prima di partire- ***


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Capitolo 22
-Prima di partire-


Dopo aver fatto colazione, aver cacciato via tutti dalla mia stanza a parte Shadow, essermi fatta una lunga e rilassante doccia e essermi cambiata, scesi a fare una passeggiata per la cittadina con Logan e Creig: dovevamo parlare di quello che avrebbero fatto da quel momento in poi.
Sahdow era rimasta in camera a riposare e Nicolas era tornato a casa dopo che gli avevo assicurato di stare bene, in fin dei conti era davvero un bravo cugino e ci teneva davvero a me. Asher non si era più visto, non era pienamente certa di voler sapere dov’era, l’unica certezza che avevo è che volevo avere delle chiarificazioni. Mi stava venendo un esaurimento nervoso, non avevo trovato nessuna risposta alle mie domande e a quelle che gia avevo se ne erano aggiunte delle altre, molte altre! Anche chiedendo ci metterei un infinità di tempo per porle tutte perché sono davvero tante e sono anche davvero difficili, o forse a me sembrano così perché non riesco nemmeno ad immaginare una risposta.
Mi voltai a guardare Logan e Creig che camminavano al mio fianco, Logan mi teneva per mano e ogni tanto lanciava delle occhiate timorose nella mia direzione, sembrava preoccupato da quello che avrei detto. Gli sorrisi incoraggiante, sperando di riuscire a tranquillizzarlo, lui mi rispose con un sorriso timido e preoccupato.
-Allora, che farete d’ora in poi? Noi domani partiamo, anche perché fermandoci qui non ci sarebbe niente da fare.-domandai con naturalezza. Era meglio mettere le carte in tavola e chiarire la situazione, per essere sincera avrei preferito rimanessero con me, soprattutto Logan, ma di cero non potevo obbligarli, non era nel mio stile.
-Penso che… verremo con te.-rispose Greig con un alzata di spalle -Io sono legato a te per via della magia e Logan…- si interruppe guardando il bambino che fissava il terreno preoccupato. Alzò gli occhi a incrociare i miei, erano sereni, mi scambiò un sorriso dolce e caloroso; mi chiesi come potesse un essere freddo avere un sorriso così caldo, ma la risposta la sapevo: Creig era davvero una persona gentile.
-Io non ho parenti. Ho almeno se li ho non li conosco. A parte e ovviamente. Ero così felice quando ti ho incontrato alla villa, era come incontrare qualcuno che aspettavi da tempo… forse detto così suona un po’ strano.-mi guardò preoccupato con i suoi splendidi occhi azzurri e luminosi. -Probabilmente mi odi per tutto quello che è successo, ma posso restare con te?-
Lasciai la sua mano e lo abbracciai. -Ma certo che puoi rimanere con me! E guarda che io non ti odio affatto!-
Logan ricambiò l’abbraccio ridendo, la tensione era del tutto scomparsa. A pochi metri da noi c’era una bellissima pasticceria, d’accordo fosse non era bellissima, ma una pasticceria per chi è in piena crisi sentimentale appare come una visione paradisiaca. Mollai Logan all’istante sussurrando -Dolci!- l’entusiasmo nella mia voce era quasi palpabile.
-Io propongo di festeggiare la nostra unione con un dolce!- dissi, precedendoli verso la pasticceria.
-Veramente io non mangio.- mi fece notare Creig mentre correvo verso l’entrata della pasticceria.
-Io non ho molta fame.- disse Logan che era rimasto dietro di me di guardarmi.
-Allora io mangio e voi mi guardate.- dissi con un sorriso mentre entravo nella pasticceria. Nella mia mente c’era una scritta lampeggiante che diceva “Dolci! Dolci! Dolci!”; io amo i dolci quando mi sento giù e in quel momento mi sentivo davvero a terra, anche se l’idea dia vere accanto Logan mi faceva sentire un po’ più tranquilla. Era mio cugino e per me era come un fratellino: carino, dolcissimo, un po’ rompiscatole ma davvero adorabile! Non sapevo come dovevo sentirmi nei confronti di Creig, perché per me era più che altro un amico, anzi più che un amico era un conoscente. Mi sentivo strana a essere in pasticceria con loro. La stanza era piccola e non c’erano sedie o tavoli, probabilmente in quel posto ci si andava solo per comprare i dolci, non era un bar ma solo una pasticceria.
Comprai una torta con la crema e con sopra lamponi, more e fragole, avevo l’acquolina in bocca solo a vederla. Tornammo di corsa in hotel e chiedemmo posate e piatti, ero troppo felice di mangiarmela, anche se Creig se ne stava appollaiato sul letto a guardarmi mentre mi divoravo la fetta di torta non mi vergognai minimamente, ero troppo stressata per vergognarmi. Logan e Shadow mi fecero compagnia, mentre Asher ancora non si faceva vedere.
Appena ebbi ingurgitato l’ultimo boccone accarezzai la testa di Shadow che aveva assunto il suo aspetto da bambina, Logan la guardava con interesse e curiosità, e le domandai -Shadow, per caso sai dove si è cacciato Asher?-
Lei scosse la testa, facendo ondeggiare i bei boccoli neri che contrastavano con la pelle chiara, mentre masticava un pezzo di torta.
Mi alzai dal divano e mi diressi verso la porta, ma Creig mi apparve davanti all’improvviso, apparendo dal nulla. -Sei preoccupata per Asher?- domandò prendendomi da parte.
-Non sono preoccupata.- ribattei seccata -Perché dovrei essere preoccupata per un demone?-
-Forse perché lo ami.- la sua voce era irritante. O forse ero io che lo trovavo irritante? Credo entrambe le cose.
-Io non..-iniziai, ma mi bloccò con una mano.
-Io so quello che provi, lo sento. Non devi fuggire e non devi spiegare niente, non a me almeno.- il suo tono aveva una nota paternalistica.
-Io…-iniziai, ma mi bloccai, non sapevo come andare avanti. Improvvisamente sentii nuovamente il bisogno di piangere: ma che diavolo mi stava succedendo? Ero diventata una piagnona!
Creig mi abbracciò. -Digli ciò che senti, poi fai le tue domande. Se lo fai rivelando con sincerità i tuoi sentimenti tutto andrà bene, lui ti risponderà. Asher tiene davvero a te. Non so se i demoni siano capaci di amare, ma per lui sei importante. Lo so. Io l’ho visto. Non scappare, di la verità, fidati di lui e del tuo cuore.-
Feci un respiro profondo prima di staccarmi da lui, andai verso il tavolo davanti al divanetto dove erano seduti Logan e Shadow e tagliai un'altra fetta di torta. La misi da parte poi uscii dalla stanza in fretta, molto seccata: che fine aveva fatto Asher? Insomma! Non si sparisce in quel modo, soprattutto non dopo quel bacio!
Uscita dalla stanza liberai i sensi per trovare Asher, setacciai l’intero hotel, ma niente. Non c’era l’energia tipica dei demoni, niente rispondeva al mio richiamo, l’oscurità non era presente. Dove diavolo era andato?
Improvvisamente sentii una forte energia arrivare da fuori città, un energia fredda, strana, oscura e artificiale. Non era quella di Asher, ma seguendola trova anche lui: erano insieme. Perché erano insieme? Chi era quella persona?
Uscii dalla finestra del corridoio e mi diressi in volo verso il bosco poco fuori città, cercando Asher. Non ci volle molto perché un esplosione illuminò cupamente il cielo, provocando un rumore orribile e assordante. Atterrai con leggerezza sull’erba del bosco, un albero era caduto per terra davanti a me, letteralmente sradicato.
Arrivai correndo vicino alla piccola radura dove si trovava Asher, lo intravidi da lontano, tra gli alberi della foresta: il terreno intorno a lui era bruciato e spoglio, stava combattendo con qualcuno che non riuscivo a vedere. Rallentai fino a camminare e mi diressi in silenzio e con attenzione verso di loro, fortunatamente avevo messo le scarpe da ginnastica così riuscivo a non inciampare. Mi fermai a un metro di distanza da loro e li osservai di sottecchi quando un raggio di energia arrivò proprio nella mia direzione. Prima che potessi fare qualunque cosa sentii qualcuno prendermi in braccio e non so come mi trovai a galleggiare a mezz’aria tra le braccia di Asher.
Lo fissai negli occhi, erano scarlatti e bellissimi, me esprimevano una discreta preoccupazione.
-Asher?- non sapevo che chiedere con esattezza.
-Non è il momento adatto per le domande.- rispose lui guardando davanti a se, segui il suo sguardo e mi ritrovai di fornte a una ragazza.
Sgranai gli occhi per la sorpresa: era la ragazza che avevo vista dentro la bara di vetro, immersa in quello strano liquido. A quanto pare nemmeno il mio incantesimo era riuscita a distruggerlo, lei era davanti a me, stavolta vestita, e incolume.
Okay, so che è una domanda banale e che Asher aveva detto che quello non era il momento adatto per porla ma che diavolo stava succedendo?

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 -Vera natura- ***


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Capitolo 23
-Vera natura-


Un vento tiepido mi accarezzò il viso, mentre io continuavo a fissare confusa e con gli occhi sgranati, la ragazza che era davanti a me. Anche lei stava volando, i suoi capelli erano rossi come il fuoco, un rosso veramente acceso, che di solito si ottiene solo tingendosi i capelli. Il vento li scompigliava mandandoli sul vestito rosa chiaro, la cui gonna ampia ondeggiava al vento, e sulla pelle chiarissima, simile a quella diafana di Creig. Tuttavia ciò che più mi colpì di lei erano gli occhi: non li avevo visti quando era nel castello, perché li aveva chiusi, ma ora che potevo vederla notavo che avevano un colore simile al grano o all’oro, ma infinitamente più chiaro, tanto che gli occhi a seconda di come catturavano la luce, sembravano totalmente bianchi a parte la pupilla nera.
Il suo potere vibrò nell’aria, forte e freddo, aveva qualcosa di innaturale, come se fosse artificiale. Era difficile da spiegare, ma di solito i poteri hanno qualcosa di profondamente correlato alla natura, anche quando si trattava di un potere oscuro: poteva ricordare il fuoco, o l’elettricità, o il vento oppure i ghiaccio, comunque un potere naturale. Quello che percepivo invece era diverso, ricordava un vetro o la plastica, qualcosa che non nasce dalla natura, qualcosa che è creato da qualcosa estraneo a tutto ciò che è vivo o che è stato creato e che non ha niente di naturale.
Mi aggrappai di più ad Asher, non mi piaceva trovarmi così in alto, soprattutto se ero così concentrata da quello che avevo davanti da non accorgermi se cadevo. Sentii Asher stringermi a se, il suo corpo era caldo, alzai la testa per incrociare i suoi occhi cremisi, era no preoccupati, ma mi regalò comunque un sorriso malizioso, abbasso il viso avvicinandolo al mio come per baciarmi. Gli presi il volto tra le mani gentilmente, continuando a fissarlo, avevo mille domande da porgli, mille dubbi da esternargli, eppure in quel momento desideravo solo baciarlo.
Feci un respiro profondo mentre un brivido mi attraversava da cima a piedi e domandai. -Che cosa sta succedendo?- la mia voce tremava leggermente, averlo così vicino mi faceva provare una miriade di sensazioni diverse, soprattutto dopo il bacio che ci eravamo scambiati in hotel. Quel ricordo mi fece avvampare, ritirai le mani e abbassai lo sguardo al prato mezzo bruciato a diversi metri sotto di me, non riuscivo a guardarlo in faccia. Sentii le sue labbra posarsi delicatamente sulla mia guancia, non so se fosse o meno possibile, ma credo di essere diventata ancora più rossa. Accidenti! Ma perché mi comportavo come un adolescente? Avevo venticinque anni, non quindici! Maledizione!
-Sembra che la mela non sia caduta lontano dall’albero.-disse la ragazza davanti noi, la sua voce era roca e graffiante, come se non la usasse da tempo. Probabilmente era perché, di fatto, era la prima volta che la usava, o al massimo la seconda.
La fissai sorpresa e confusa: chi accidenti era? E che accidenti voleva dire?
Provai a concentrarmi su di lei per percepire la sua aurea: era cupa, non luminosa come lo sono di solito, e aveva qualcosa di strano, come se il corpo in cui si trovasse non fosse il proprio, come se non gli appartenesse. Bè, quel corpo era stato creato per la moglie di Creig, o almeno così credevo, quindi era normale che il corpo e l’anima non combaciassero, in fondo non era il suo. Ma c’era qualcos’altro che non mi tornava: io conoscevo quell’aurea, l’avevo gia vista, gia percepita, aveva qualcosa di profondamente famigliare.
-Che vuoi dire?- la mia voce aveva qualcosa di strano, suonava diversa, e trasmetteva un sentimento confuso: paura? Ansia? Sgomento? Confusione? Forse tutte quante insieme.
-Che sei come tua sorella, esattamente identica: tutte e due vi siete invaghite di un demone, per di più dello stesso demone.- la sua voce era come una frustata.
Mi sentii come se dentro di me qualcosa si sgretolasse: chi era quella ragazza? E soprattutto come faceva a sapere di mia sorella? Che fosse…? Non volevo formulare quel pensiero! Non volevo!
-Cecil..?-domandai, la mia voce tremava e era bassissima, appena udibile.
Sentii la voce di Asher sussurrarmi all’orecchio -Puoi stringere un po’ meno?-
In quel momento mi resi conto che la mia mano sulla sua spalla la stava stringendo forte, quasi stritolandola. Tolsi la mano chiudendola a pugno e avvicinandomela al cuore, poi fissai Asher, lui ricambiò il mio sguardo sgranando gli occhi, sembrava sorpreso. Mi venne un dubbio: non stavo piangendo vero? Mi portai la mano alla guancia, grazie al cielo non c’erano lacrime; lentamente iniziavo a riprendermi, la mia faccia tornava impassibile mentre una risata molto cattiva mi arrivava all’orecchio. Mi voltai a fissare mia cugina nel suo nuovo corpo, aveva qualcosa di terrificante e di schiacciante, mi metteva i brividi: era potente, molto più di prima e quello che era peggio molto più di me.
-Come è possibile?-mi sfuggì dalle labbra, mi sentivo sempre più intontita.
Mi sorrise, credo fosse il sorriso più cattivo che avessi mai visto, fissandomi diritto negli occhi con uno sguardo freddo e bianco, il colore dei suoi occhi era così chiaro da essere a malapena visibile.
-Poco prima che il drago mi uccidesse ho inserito la mia anima in questo corpo. Avevo circondato il contenitore in un incantesimo di protezione potentissimo, tanto che ha resistito, anche se a mala pena, dal tuo incantesimo devastante.-
Abbassai gli occhi, mi sentivo indifesa e questo mi faceva arrabbiare.
-Non era poi così devastante.- sibilai irritata, l’incantesimo doveva essere molto più devastante! Ma a quanto pare non lo era stato e ora davanti a me avevo un nuovo grattacapo da risolvere: fissai mia cugina con astio, l’idea di uccidere non mi era mai piaciuta particolarmente, ma c’era sempre una prima volta.
-Ora non puoi più battermi, non sei abbastanza potente ora, nemmeno il tuo demone lo è!-la sua voce suonò piatta e cupa, volutamente cattiva, era come unno schiaffo.
Fissai i miei occhi in quelli di Asher e lui sorrise leggendovi quello che desideravo: morte! La volevo morta! Non desideravo altro che ucciderla! Per quanto questo fosse orribile, nella mia mente era impressa a fuoco la scena di Logan svenuto nella gabbia, gli attentati alla mia vita e dopo quello che aveva tentato di fare ad Asher non desideravo vederla viva; non desideravo nemmeno vederla, in nessun modo, luogo o tempo, per dirla tutta, non la volevo a nemmeno a centomila chilometri da me.
Mi sentivo pervadere dai brividi standole davanti, Asher mi strinse a se, in un attimo sentii la sua magia riversarmisi addosso, avvolgermi, strisciando sulla mia pelle come colla liquida, densa e appiccicosa. Lo sentii premermi sulla pelle, come se volesse penetrarla, entrare dentro e scorrermi nelle vene unendosi al mio sangue, quasi come se fosse un veleno. Ero un po’ spaventata e richiamai i miei poteri, lo feci incosciamente per proteggermi da quell’energia potente e calda come lava che mi sommergeva e mi ustionava. Non era come se mi ustionasse, ma aveva qualcosa di doloroso, la mia energia invece era fredda, come quando d’estate ti ripari in un ombra cupa e profonda, e aveva qualcosa di confortante; sentirle scontrare mi fece provare una lieve fitta di dolore sulla pelle.
-Devi lasciare che la mia energia ti entri dentro, se davvero vuoi uccidere tua cugina abbiamo bisogno di un grande potere.- mi bisbigliò con tono dolce Asher all’orecchio.-Dobbiamo unire la nostra forza, altrimenti faremo una brutta fine.-
Il suo fiato mi accarezzava l’orecchio, mi sentii per un attimo scossa dai brividi, ma poi scossi la testa. -Non c’è un altro modo?-domandai a voce bassa, non riuscivo a lasciare che l’energia mi pervadesse, avevo paura perché mi dava delle sensazioni troppo dolorose.
Una sfera di energia ci colpì in pieno ma Asher creò uno scudo per proteggerci, l’energia di dilatò a cupola, svanendo lentamente verso i bordi con una luce infuocata, senza però averci minimamente sfiorato. Asher mi fissò negli occhi, il suo sguardo era severo e fermo, ma aveva anche una sfumatura di dolcezza.
-Devi lasciarti andare, non c’è altro modo.-la sua voce era come una carezza, ma il suo potere mi faceva sentire in trappola. -Dobbiamo fondere i nostri poteri se vogliamo vincere, te l’ho gia detto. Fa la brava dai.-disse stringendomi di più a se.
-Non ci riesco, è doloroso. Non so come fare, non posso far entrare il tuo potere dentro di me, fa gia male averlo sulla pelle.- chiarii seccamente, massaggiandomi le braccia e scoprendo che questo mi faceva solo sentire peggio.
-C’è un modo più semplice, ma sei arrabbiata con me quindi forse non è in caso.- la sua voce suonò premurosa… ops, perdon, “fintamente premurosa”!
Un altro raggio di energia ci arrivò addosso, Asher si irrigidì e nonostante lo scudo finì per arretrare, io mi strinsi di più a lui perché avevo paura di cadere, ormai eravamo attaccati come se fossimo incollati, ancora un po’ e ci saremmo fusi.
-Che devo fare?-domandai ad Asher senza troppi preamboli, non volevo fare una brutta fine.
-Sei pronta a tutto?-domandò, nella sua voce una decisa nota di malizia.
Lo guardai un po’ timorosa. -Che cosa intendi con “tutto”?-
Mi sorrise, la malizia fatta persona, e si chinò a baciarmi aprendomi la bocca a forza, sentii la sua energia entrarmi dentro con violenza, come un vulcano che erutta. Non era come quando lo fece per farmi guarire, non riuscivo a sentire nessun beneficio, anzi mi faceva sentire da schifo. Mi sentii male e fui assalita dalla nausea, sentivo l’energia di Asher dentro di me che vorticava furiosa e non sapevo che fare per fermarla, mentre la mia veniva schiacciata fino a scomparire. Poi sentii come un richiamo che evocò la mia magia dall’angolo in cui l’aveva relegata, la sentii crescere e avvolgere quella di Asher, improvvisamente il mio corpo mi sembrò troppo piccolo per contenere tutto quel potere.
Non dovetti preoccuparmene a lungo però, perché il potere mi lasciò, portato via da una forza come una scia di vento trascina le foglie. Mi sentii talmente sfinita che mi accorsi a mala pena che Asher aveva smesso di baciarmi e che Cecil continuava ad attaccarci. Persi i sensi, non so per quanto tempo, ma più il tempo passava e più mi sentivo esausta, come se quel sogno non riuscisse a ridarmi le forze.

Quando riaprii gli occhi mi accorsi di essere ancora tra le braccia di… qualcuno… che fosse Asher? Non avrei davvero saputo dirlo. La persona, o meglio l’essere che mi teneva in braccio, non era decisamente umano. Era un demone, le sua braccia erano ricoperte di tatuaggi neri, ma dandogli un occhiata più da vicino mi accorsi che di fatto quella era semplicemente la sfumatura della sua pelle. La carnagione era rossa più che rosata, come se si fosse ustionato abbrozandosi, e i capelli erano lunghi e neri, dagli intensi riflessi vermigli che pensai fossero dovuti al sole che tramontava, mentre il vento li scompigliava una ciocca mi arrivò in viso, facendomi il solletico e permettendomi di osservarli meglio. Il mero dei capelli sembra quello della brace ancora fumante, e i riflessi rossi non erano dovuti al sole, ma erano propri di quella tonalità. Rimasi a fissarli allibita, prendendoli timorosamente tra le dite e scoprendo che non erano caldi, cosa che avevo assurdamente pensato.
-Ti sei svegliata.-disse lui con voce bellissima, profonda e sensuale, ma che celava qualcosa di oscuro. Mi sentii attraversare da mille brividi di natura diversa: paura, eccitazione, desiderio, terrore. Come riuscivo a provare quei sentimenti tutti insieme? Non avrei saputo dirlo, ma fatto stava che comunque ci riuscivo.
Alzai gli occhi timorosi e rimasi senza fiato: era talmente bello da togliere il fiato, sembrava l’essere più perfetto che avessi mai visto, ma la sua bellezza aveva qualcosa di profondamente sbagliato e innaturale, mi sentivo come una falena attratta dalla fiamma, avrei voluto toccarlo, seguire i lineamenti di quel viso perfetto e riempirlo di baci, ma rimasi impietrita a osservarlo. Le linee nere gli arrivavano fin sopra la faccia incorniciandogli labbra, guance e occhi, la pelle del visto era più chiara di quella dei bracci e i suoi occhi erano cremisi, con una sfumatura violacea e nera che li faceva apparire ancora più strani di quanto gia non fossero. Distolsi subito lo sguardo rendendomi conto di non riuscire a sostenerlo. Non mi ero mai sentita così indifesa davanti a qualcuno, la sua magia era qualcosa di sconvolgente, di portentoso e di schiacciante. Troppo forte per essere descritta in modo chiaro, troppo travolgente; per un attimo mi sentii totalmente inebetita, come se non fossi ancora sveglia, come se una parte di me stesse ancora dormendo. Una domanda mi balenò nella mente, fugace come un lampo: quello era davvero Asher? Il mio Asher? Anche se dire che Asher era mia era come dire che lo erano le stelle, in realtà loro appartenevano solo a loro stesse, e per quanto le si desiderasse e amasse non avrebbero mai potuto essere di nessuno. Quell’essere così bello e potente e così pericoloso era davvero il demone che io avevo evocato?
Continuavamo a essere bombardati da incantesimi, che nemmeno riuscivano a sfiorarci, guardando fugacemente intorno vidi che non c’era più niente, tutto era stato bruciato. In un angolo riconobbi Creig e Logan che ci osservavano tremanti, tra le braccia di mio cugino c’era Shadow che al contrario sembrava indifferente a tutto quello che stava succedendo.
Sentivo lo sguardo di quel demone su di me così come percepivo il suo potere avvolgermi, avrei voluto alzare gli occhi per incrociare il suo sguardo, ma mi mancava il coraggio.
-Ester.-sussurrò il mio nome a pochi centimetri del mio orecchio, mi senti sciogliere completamente, come se fossi stata un blocco di ghiaccio che era vicino al sole, stavo tornando acqua … una cosa non esattamente conveniente. Ma non potevo farci niente, non potevo impedirmi di rabbrividire a ogni parola che pronunciava e non potevo evitare il suo sguardo per sempre.
-Ester.-chiamò ancora, e il mio nome mi suonò, forse per la prima volta in vita mia, veramente bello.
Alzai gli occhi ad incrociare i suoi e rimasi spiazzata, dentro di me qualcosa andò in pezzi, credo fosse il mio autocontrollo o la mia razionalità, senza nemmeno rendermene conto lo avevo attirato a me e lo stavo baciando. Non ero nemmeno sicura al cento per cento che fosse Asher e gia lo stavo baciando: ero diventata una sgualdrina! Almeno secondo gli standard di mia madre, ma la situazione si avvicinava molo anche al mio di limite.
Sentii un energia fortissima venire da dietro di me, la potenza di quell’incantesimo mi fece tornare in me e mi staccai da lui, quasi caddi. Fortuna che mi stringeva saldamente o mi sarei trovata a fare un volo di diverse centinaia di metri. Ben presto una magia molto più forte di quella di Asher riempì l’aria, era una forza schiacciante che mi faceva sentire come se fossi avvolta nel ghiaccio. Rimasi paralizzata con la testa appoggiata alla sua spalla e feci un lungo e profondo respiro.
Sentii la forza di Asher avvolgermi come un mantello caldo, ma ugualmente mi sentivo paralizzata, respiravo lentamente e con fatica.
-Siete degli sciocchi.-la voce di mia cugina era acuta e ostile, ricordava il sibilo di un serpente a sonagli -Questo corpo è stato creato per essere immortale, così da poter stare insieme a colui che amo, ma voi me lo avete distrutto e ora io distruggerò voi grazie al suo potere.-
Un colpo ci investì in pieno, lo scudo ci protesse, ma non resse molto, alla fine ci fu un esplosione potentissima e fummo entrambi scaraventati lontano: la lotta aveva inizio.



Grazie infinite a tutti voi che avete letto quasto capitolo e tutto il libro^^!

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 -Addio- ***


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Domandina: vi è piaciuto Asher nella versione demoniaca? L'ho domandato a tutti e tutti mi hanno detto di si, ma a me ancora non convince del tutto -.- Forse sono troppo fissata -.-

So che sono lontana dall fine, ma spero che qualcuno abbia ancora la pazienza di leggerlo^^!

Spero anche, con tutto il cuore, che questo capitolo vi piaccia! Un bacione e buona lettura^^!

 

Capitolo 24
-Addio-

Chiusi gli occhi mentre una fortissima corrente dovuta al colpo mi scaraventava via, preparandomi a finire a terra, ma a sorpresa fui afferrata da delle mani fredde. Aprii gli occhi sorpresa mentre Creig mi sorrideva incoraggiante.
-Sorpresa, eh?- disse divertito, con una punta di sarcasmo.
Gli sorrisi grata e gli diedi un bacio sulla guancia, quando un altro colpo esplose vicino a noi eressi un debole scudo per proteggerci. Mi voltai a guardarmi in cerca di Asher, era poco lontano da noi e stava ancora a mezz’aria: era di una bellezza sconvolgente, in un certo senso mi innervosiva. Ansimava e sembrava molto stanco, il suo sguardo incrociò il mio, sembrava quasi irritato per qualcosa, sia avvicinò a noi lentamente, mentre un energia fortissima permeava l’aria.
Un colpo fortissimo partì nella mia direzione, anche se mi fossi mossa con l’agilità di un leopardo no sarei comunque riuscita a evitarlo. Con l’aiuto di Creig creai uno scudo abbastanza potente, ma per la prima volta non ero certa che il mio scudo, per quanto potente, avrebbe retto. Fui investita da un colpo fortissimo e mi ritrovai sbalzata via, Asher mi prese al volo e eresse un altro scudo proteggendo sia me che Creig. Iniziavo a sentirmi una pallina da tennis, la forza delle esplosioni mi sbalzava da una parte all’altra e i miei poteri erano ridotti al minimo.
Mi appoggiai ad Asher perché mi sentivo stanchissima, come se avessi dato fondo a tutti i miei poteri per un tempo prolungato; probabilmente era Asher che attingendo ai miei aumentava i suoi poteri e la sua forza d’attacco, ma mi sfiniva. Lui mi fissò, sempre irritato: che gli prendeva?
-Che c’è?- domandai confusa, non era il momento giusto per i problemi personali.
-State troppo appiccicati!- rispose seccamente Asher -Questo indebolisce il nostro legame.-
-Veramente indebolisce solo me.- dissi seccamente, allontanandomi da Asher lentamente, barcollando.
Lui mi attirò nuovamente a se stringendomi, mi sentii nuovamente mancare, stava attingendo al mio potere in modo spropositato, mi sentii svenire, le gambe cedettero e Asher mi prese in braccio. Sentii la sua forza che diventava sempre più grande e mi travolgeva, non riuscivo a muovermi mentre Asher contrastava un altro attacco. Nonostante la mia vicinanza sembrava avere comunque discreti problemi, l’uso della magia lo stancava, ci voleva una grande forza per reggere il confronto con Cecil. Evitò con sorprendente agilità un paio di colpi pria di tornare a fluttuare tranquillo con me in braccio: il luogo era ormai completamente devastato, sembrava un cupo deserto.
Asher abbassò lo sguardo verso di me, poi scosse la testa, come se si fosse stancato di tenerlo fissò davanti a se, e scosse silenziosamente la testa.
-A quanto pare non serve a niente.- sussurrò palesemente seccato.
Io lo guardai confusa, ansimando leggermente per l’eccessivo utilizzo di magia: in fondo era tutta colpa sua, era lui ad usarla. Scendemmo lentamente a terra e Asher si avvicinò a Creig che si era rimesso in piedi a fatica, appoggiandosi a una roccia che era lì vicino. Si avvicinò a lui con passo leggero e mi allontano leggermente da lui sempre tenendomi in braccio.
-Credo sia meglio dividerci per il momento.- mi disse posandomi a terra, ma continuando a sorreggermi. Mi sentivo un tantino indifesa in quel momento e la cosa non mi piaceva per niente.
Asher alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di smeraldo di Creig.
-Devi portarla va di qui.- gli disse, la sua voce era decisa e forte, le sue parole suonarono come un ordine.
Creig si avvicinò per prendermi in braccio ma io lo allontanai ritraendomi e mi staccai anche da Asher; barcollavo leggermente, ma non mi importava: che accidenti voleva dire portala via? Cosa ero, un pacco? Che accidenti pensava? Che me ne sarei stata buona e avrei detto grandioso?!
-Io non me ne vado! E tu non trattarmi come se fossi un pacchetto postale!- la mia voce era irritata e vagamente stridula. Feci un respiro profondo e quando un altro attacco sopraggiunse mi concentrai richiamando l’energia dalla natura, sebbene non ne fosse rimasta molta attorno a me e la convogliai in una matassa di luce e potere per creare uno scudo che ci avvolse tutti. Lo sforzo fu minimo perché attinsi energia dalla natura per fare l’incantesimo e questo mi permise di non usare la mia impiegando meno energie del solito. Lo scudo resse all’attacco e svanì lasciandoci illesi.
Mi voltai verso Asher, che mi fissò sorpreso dal fatto che riuscissi a restare in piedi dopo come aveva attinto alla mia energia e dopo aver creato quello scudo, io ricambiai lo sguardo con impassibilità: i demoni non possono attingere i propri poteri dalla natura, ma le streghe si!
Tutta via mi sentivo comunque piuttosto stanca, feci un paio di passi avanti, ma barcollai e quasi caddi: ero comunque piuttosto provata e faticavo a stare in piedi, ma c’era da dire che era tutta colpa di Asher! Lui aveva attinto al mio potere fino a farmi perdere i sensi e anche ora che mi ero svegliata ero troppo stanca per riuscire a tenere testa a Cecil. Com’è che ultimamente non facevo che appioppare la colpa a lui? Bè, ma in effetti era colpa sua! Però c’è da dire che non sarei comunque riuscita a sconfiggere mia cugina, non ero così forte, al massimo avrei potuto difendermi dai suoi attacchi.
Asher mi prese prima che finissi a terra. -Andatevene.-disse lasciando che Creig si avvicinasse per portarmi via. Purtroppo non era l’unico ad avvicinarsi a noi perché anche mia cugina ci venne incontro con il chiaro intento di ucciderci.
-Non penserai davvero che li lascerò andare.- pronunciò quelle parole con un astio tale da far invidia all’erinni.
Avrei voluto voltarmi e fronteggiarla, ma ero troppo debole per farlo. Un raggio di energia fortissima ci travolse e io non feci in tempo ad alzare alcuno scudo, chiusi gli occhi pronta a ricevere il colpo, che però non arrivò nemmeno lievemente. Finii per terra, ma non mi feci troppo male, anche se picchiai piuttosto forte i gomiti pensai fosse il minore dei miei mali. Quando riaprii gli occhi vidi che Creig era accanto a me privo di forze, mentre Asher era stato praticamente scaraventato via e si trovava ad alcuni metri da me privo di sensi. Il suo aspetto era cambiato, era ritornato il ragazzo di sempre, non il super demone di primo: i capelli si erano accorciati, la sua pelle era tornata rosata e priva di quegli intricati tatuaggi neri che prima spiccavano in modo esagerato. Mi alzai cautamente a sedere, non provai nemmeno a mettermi in piedi perché ero certa di non riuscirci, mentre Cecil si avvicinava: Dio quanto la odiavo! Credo di non aver mai odiato così tanto qualcuno in vita mia! Forse solo il vampiro che aveva ucciso mia sorella era alla pari con lei.
Mi guardò, sorridendo dolcemente, un sorriso che però non le raggiunse gli occhi.
-Addio cugina!- bisbigliò poi alzò una mano e mi lanciò contro un fendente di energia che non avrei potuto ne schivare, ne deviare, e nemmeno fermare.
Non riuscii a chiudere gli occhi, mentre un ondata di terrore mi assaliva io fissavo il raggio rassegnata, con gli occhi sgranati, mi sentivo del tutto impotente. Senza che capissi come, davanti a me si materializzò Creig che prese in pieno il colpo. Mi crollò addosso, fu come se qualcuno mi avesse fatto cadere sopra un gigantesco materasso ad acqua, era freddo, ma quel freddo umido che mette veramente i brividi addosso, e terribilmente leggero, la sua pelle pallida era praticamente trasparente, e stava svanendo, rilasciando strani luccichii chiari che salivano verso il cielo: stava svanendo. Un demian non muore, svanisce. Di fatti lui è gia morto, non ha più consistenza, è fatto di pura anima e l’anima non può certo morire, può solo svanire.
-Creig!- gridai terrorizzata. Se l’anima di un demian svanisce prima di essere purificata, allora viene distrutta, persa nel nulla, di lei non resta niente.
Lui alzò lo sguardo e mi sorrise, come per dirmi che andava bene così. Non lo sopportai. Qualcosa scattò dentro di me, come una molla, dovevo fare qualcosa e dovevo farlo subito perché se non mi fossi mossa sarebbe stato troppo tardi, lui era collegato a me e io dovevo trovare il modo di salvarlo. Dovevo! Non potevo lasciare che finisse così, non me lo sarei mai perdonato! Ma che potevo fare? Non avevo la più pallida idea di come aiutarlo, i miei poteri non erano sufficienti a salvarlo. Guardai Asher lontano da noi e fui invasa dal panico: e se anche lui stesse male? E se non si svegliasse più?
Sentii qualcuno che mi afferrava un braccio e poi tutto divenne nero per alcuni istanti, mi sentii trasportare via come da un risucchio, era come sciogliersi, ma non era doloroso, solo strano. Fu come chiudere gli occhi, oppure come quando guardi la tv e vedi arrivare lo schermo nero che ti dice che quella è la fine del primo tempo, solo che non c’era nessuna scritta bianca. Quando il nero scomparve davanti ai miei occhi confusi apparve un luogo che non conoscevo.
Ero su una strada deserta lastricata di pietre bianche, sulla quale torreggiavano degli alberi radi, ma folti e alla mia destra, poco lontano dalla strada, si scorgeva un piccolo promontorio che dava sul mare, l’acqua azzurra rifletteva il chiarore del cielo e in alcuni punti il soli creava piccoli riflessi scintillanti di luce. Alla mia sinistra, in lontananza, si scorgeva un paesino costellato di piccole case bianche…Dove eravamo finiti? Nel paradiso del bianco? Il cielo era luminoso, di un azzurro intenso e limpido, e il sole splendeva indisturbato. L’aria aveva l’odore di salsedine e si sentiva in lontananza il cinguettio dei gabbiani.
Accanto a me trovai Asher, riverso su un lato e privo di sensi, i capelli neri gli ricadevano in modo disordinato sul bel viso; rimasi in silenzio per alcuni secondi, guardandolo e ascoltando il suo respiro irregolare che mi calmò e mi dette la certezza che sebbene non stesse bene, almeno era vivo.
Dietro di me sentivo Logan che, appoggiato alla mia schiena, respirava affannosamente, mi ci volle un attimo per capire che era stato lui che con un sforzo sovrumano ci aveva portato lì. La sua schiena contro la mia era madida di sudore, ma non me ne preoccupai perché non era importante, ciò che contava è che eravamo tutti interi, e questo era merito suo. Decisi che, appena ci fossimo un po’ ripresi, gli avrei comprato una torta gigantesca per premiarlo.
Lasciai perdere sia lui che Asher, ora dovevo pensare a Creig: non potevo farlo tornare un demian, non avevo abbastanza poteri per fermare il suo lento disfacimento, ma potevo provare a purificarlo. Non ero brava in quegli incantesimi, li ricordavo appena, l’unica cosa che era certa è che l’intento con cui dovevo farlo era puro e il mio indubbiamente lo era! Tentai di concentrarmi per ricordare qualcos’altro, ma la mia mente era vuota, non riuscivo a trovarci niente! Maledizione! Non riuscivo a concentrarmi, non riuscivo a ricordare, e intanto il tempo scorreva, mentre il panico e l’ansia che mi attanagliavano lo stomaco crescevano.
Sentii un dolore lancinante all’occhio destro: una premonizione. Cavoli! Proprio ora mi doveva venire? Non era esattamente il momento giusto per averne una! Possibile che le cose dovessero succedere proprio quando era il momento meno giusto del mondo perché accadessero?
Il dolore all’occhio mi attanagliò la mente e mi sentii attraversare la testa come da un lama, trattenei a stento un grido, mentre con le mani mi afferravo con entrambe le mani la testa, che ormai minacciava di esplodere. Lentamente l’oscurità nella mia mente si dissolse e al suo posto apparve un fotogramma sempre più vivido. Era un immagine proveniente dal mio passato: ero a letto, avrò avuto circa sette anni, nella mia vecchia e ampia camera; mia sorella era seduta accanto a me, su una comoda poltroncina, con un libro di favole in grembo e lo sguardo pensieroso. Aveva il mento appoggiato alla mano destra, mentre con la sinistra giocava con una ciocca di capelli dorati. Alzò lo sguardo un po’ sperduto, fissandomi con i suoi profondi occhi d’ametista, sembrava un po’ incerta.
-Non so come spiegartelo.-si scusò pacatamente -Vedi l’amore è il sentimento più puro del mondo.-
Mi riscossi mi premetti forte una mano sull’occhio: okay, era un indizio, ma che accidenti voleva dire? Che tipo di indizio era? Come potevo servirmi dell’amore?
Ma perché le premonizioni non davano mai indizi chiari? Maledizione! Mi stavano saltando i nervi.
-Ester.- bisbigliò Creig sempre più debole.
Lo guardai attraverso la nebbia di confusione e mal di testa che avevo cercando una soluzione, ma non riuscivo a trovarla! Il suo tempo stava lentamente giungendo al termine e dentro di me sentii chiaramente che di questo lui non mi riteneva responsabile: a quanto pare, a volte, anch’io potevo percepire le sue emozioni.
Asher si mosse accanto a me, sfiorandomi la gamba con una mano, gli occhi socchiusi e lo sguardo confuso. Mi sentii pervadere dall’a ansia, mi accucciai e gli chiesi -Stai bene?- la mia voce tradiva un ansia, una paura e una preoccupazione che neppure io credevo di poter provare in così alta misura.
Lui fece un cenno d’assenso con la testa.
In quel momento provai un moto di sollievo, poi sentii di nuovo un dolore all’occhio e allora capii cosa intendeva. Chiusi gli occhi e cercai in fondo al mio cure la verità, i miei sentimenti più sinceri e mi lasciai pervadere dall’amore che provavo per Asher, dall’affetto per Logan, dalla profonda amicizia e stima che nutrivo per mia sorella.
Ma rimasi enormemente sorpresa per il sentimento che provavo per Asher: era davvero forte e intenso, non pensavo fosse di una portata tale, quasi mi spaventava.
E poi Creig, la tristezza che avevo provato per lui, la gentilezza che mi aveva dimostrato, la sua amicizia, il suo sacrifico. Senza nemmeno accorgermene mi misi a piangere sopraffatta da tutte quelle emozioni e dalle sensazioni che mi provocavano. Una luce mi fece aprire gli occhi: il corpo di Creig era illuminato come se fosse il sole, una luce calda e forte, ma gentile sembrava provenire da dentro di lui. Mi sorrise svanendo nel nulla, i miei sentimenti erano arrivati fino al suo cuore che li aveva sentiti come propri e che lo avevano liberato… Alla fine mia sorella aveva ragione: l’amore è davvero il sentimento più puro del mondo.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 -Sacrificio- ***


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Bè, che dire, si va avanti... Ed ecco a voi il capitolo 25, sebbene sia triste almeno quanto il precedente. Auguro a tutti buona lettura e ringrazio chi mi ha seguito^^!

Capitolo 25
-Sacrificio-


Mi sentivo spossata, Logan era ancora appoggiato alla mia schiena, i suoi capelli mi sfioravano la pelle nuda delle spalle, e Asher aveva appoggiato la testa alla mia gamba; era nuovamente privo di sensi, immaginai dovesse essere molto stanco, aveva attinto al suo potere almeno quanto rpima aveva attinto al mio.
Avevo ancora negli occhi l’immagine luminosa di Creig che scompariva, mi sentivo soffocare, avevo un groppo in gola e avrei voluto tanto mettermi a piangere in modo incontrollato e dare sfogo a tutta la mia tristezza, a tutto il dolore e la paura, senza parlare dell’ansia che avevo accumulato negli ultimi giorni. Mi coprii la faccia con entrambe le mani, ma non piansi, non ce la facevo proprio, non mi sentivo ancora al sicuro, non era ancora il momento. Feci invece un respiro profondo, tentando in qualche modo di tirare le redini di tutte le mie emozione, che accavallandosi mi stavano lentamente portando al limite. Non dovevo piangere! Me lo ripetevo nella testa in modo continuo, quasi fosse una macabra filastrocca.
-Ester.- sussurrò con voce roca Logan al mio orecchio, la testa appoggiata, o per meglio dire abbandonata, alla mia spalla. -Stai bene?- chiese, sembrava avesse paura di porre quella domanda. Aveva la fronte sudata e lo sentivo praticamente abbandonato contro la mia schiena, pensavo fosse più pesante: anche lui doveva essere messo più o meno come Asher, anche se almeno era ancora sveglio
-Si, sta tranquillo, sto benissimo.- lo rassicurai con un filo di voce, mi sentivo a pezzi, ma non mi sembrava il caso di dirglielo: Creig era appena scomparso e Asher era privo di sensi accanto a me, ero l’unico appiglio che gli era rimasto e non potevo mostrarmi fragile, dovevo sostenerlo in qualche modo. O forse mi stavo facendo troppi scrupoli… In effetti era probabile.
Il respiro caldo di Asher mi accarezzava la gamba, allungai lentamente e attentamente una mano per scostargli i capelli dal visto, sfiorandolo appena, ma lui sembrò non accorgersene. Mentre dormiva sembrava così innocente e dolce, quasi innocuo, incredibilmente tenero: eppure era comunque fiero e bello. Mi incantava anche in quel momento, tipico di un demone del resto!
Scossi la testa cercando di pensare ad altro e fu meno difficile di quanto avrei mai creduto: senza che me ne accorgessi il mio pensiero corse a Shadow. Ce ne eravamo andati senza passare a prenderla; chiusi gli occhi e le mandai un messaggio dicendole di raggiungerci al più presto e lasciandole una traccia perché potesse trovarci. Riaprii lentamente gli occhi sentendomi sfinita e desiderai con tutta me stessa avere un letto comodo cu cui buttarmi, sfinita dalla lunga giornata che avevo vissuto… eppure il sole era ancora alto! Come era possibile?
Il dolore per la perdita di Creig tornò a colpirmi come un pugno nello stomaco: com’era possibile che me la prendessi tanto? Infondo lo conoscevo solo da una settimana! Ma forse non aveva importanza, in fondo non era poi così fondamentale il tempo che ci era dato per conoscere qualcuno, forse ciò che realmente importava era conoscere una persona davvero. Creig era stato un amico, mi capiva in un modo così chiaro che a volte persino io rimanevo sorpresa del modo in cui mi leggeva dentro, probabilmente era perché riusciva a percepire le mie emozioni. Mi dava ottimi consigli, quasi intuiva quello che pensavo o che volevo dire. Ora però se ne era andato e forse non lo avrei rivisto mai più, mi basto pensarlo che sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Scossi la testa per scacciare quel pensiero e mi concentrai su altro, ma fui assalita da un improvvisa fiacchezza: piangere stancava, ma anche trattenersi dal farlo poteva portare a una certa stanchezza….
Sentivo le mie palpebre chiudersi sotto il peso della stanchezza, ma mi sforzai di tenere gli occhi aperti: dovevamo andarcene, trovare un Hotel e chiuderci in una stanza, poi dormire per i prossimi dieci giorni! La sola idea bastava a farmi sentire meglio, ma c’era un problema: oltre al fatto che ero sfinita, oltre al fatto che probabilmente nemmeno Logan sarebbe riuscito ad arrivare camminando alla città poco distante, Asher era privo di sensi e nessuno di noi due sarebbe riuscito a portarlo in braccio fino a destinazione. Diavolo! Non ci saremmo riusciti nemmeno insieme!
Per un attimo fissai il bel volto di Asher addormentato e ne rimasi incantata, di nuovo, ma com’era che quando non ne ero innamorata, la sua vicinanza non mi faceva nel freddo ne caldo? O forse avevo solo mentito a me stessa per tutti quegli anni… Mi abbassai per osservarlo meglio: il volto ovale dalla fronte alta, ma non troppo era rilassato, le lunghe ciglia nere creavano un ombra sottile sulla pelle chiara e rosata, le sopracciglia erano folte e delicate insieme sembravano disegnate con pennellate del color della notte. Gli zigomi erano pronunciati ma non troppo, e il mento accennato mostrava un lievissimo accenno di barba, mentre i capelli carbone erano scompigliati, una ciocca era finita sopra le labbra rosate e mediamente carnose creando un contrasto bellissimo. Non resistetti e mi chinai a baciarlo, un bacio lieve, tanto che pensai che nemmeno se ne fosse accorto, ma quando mi ritirai su i miei occhi incrociarono uno sguardo scarlatto e divertito. Asher mi sorrise senza dire niente, un sorriso dolce e insieme malizioso, che si adattava perfettamente al suo aspetto di ventisettenne. Mi sentii avvampare, ma non distolsi lo sguardo, non riuscii. Poi la sua espressione si incupì e io percepì nell’aria un sorta di strana ma forte aura magica; un aura che, purtroppo per me, conoscevo fin troppo bene.
Alzando gli occhi al cielo vidi mia cugina, ansimava, ma era messa infinitamente meglio di me; i nostri occhi si incrociarono e fui percorsa da un brivido che mi attraversò tutto il corpo. Mi bloccai, in quell’istante penso smisi anche di respirare, sentii un dolore lancinante riempirmi e imprimersi in tutto il mio corpo, fino a colmarmi. Non riuscivo più a muovermi, mi sentivo svenire, i miri occhi erano offuscati da una nube bianca, i miei sensi erano ottenebrati. Lentamente mi sentii sprofondare sempre più a fondo mentre un dolore fortissimo e crescente mi si insinuava a tutto il corpo, mi accorsi a mala pensa dell’urlo rauco che mi riempiva le orecchie e mi ci volle qualche attimo per capire che era la mia voce a gridare. Improvvisamente il dolore si attenuò fino a svanire, sentii una mano fresca appoggiata alla mia testa e mi accorsi che un braccio mi cingeva la vita con delicatezza e forza, sostenendomi. Aprii lentamente gli occhi e mi trovai per l’ennesima volta tra le braccia di Asher, sospirai seccata e mi chiesi cosa fosse successo: uno scudo avvolgeva tutti e tre mentre una piccola pantera dal lucente pelo nero e dagli occhi d’ambra si stava scontrando con Cecil, anche se mia cugina sembrava piuttosto stanca con la fronte impelagata di sudore e i capelli spettinati, insieme al vestito strappato, era chiaro come il sole che avrebbe vinto lei. Mi alzai lentamente, allontanandomi da lui, con un po’ di sforzo riuscii a stare in piedi senza problemi, Asher si alzò accanto a me tenendomi sotto braccio, forse temendo che avrei perso i sensi o che fossi troppo sfinita per farcela a stare in piedi da sola, devo dire che non aveva tutti i torti: ero molto debole e odiavo sentirmi in quel modo.
-Dobbiamo fare qualcosa.- bisbigliai, la voce ridotta a un sussurro appena udibile.
-Il massimo che posso fare è erigere questo scudo.- rispose Asher scuotendo la testa, i suo capelli neri mi accarezzarono per un breve istante la fronte.
Lo fissai sgomenta, chiedendomi quanto sarei riuscita a fare se fossi uscita da quello scudo, ma dalle mie labbra non uscì una parola, non avrei saputo con chiarezza che domanda porre. Asher scosse il capo, come leggendomi nella mente, e fissò dinnanzi a se lo scontro che stava volgendo al peggio: Shadow era a terra stremata, sembrava stesse ringhiando, mentre Cecil torreggiava sopra di lei, sebbene ansimante e sudata, pronta a scagliarle addosso una sfera di un brillante e crepitante fuoco azzurro. Feci per muovermi, ma Asher mi trattenne scagliando una lancia oscura a bloccare la sfera e facendola esplodere con una luce accecante mentre era ancora tra le mani di mia cugina, che cadde al terra a pochi metri di distanza, ma si riprese subito. Asher crollò in ginocchio trascinandomi con se, ogni incantesimo richiedeva un notevole sforzo e nessuno di noi era in grado di fare niente, non contro Cecil e di certo non in quello stato. Dentro di me la disperazione cresceva, aumentando ogni istante di più: saremmo morti tutti?
Cosa potevo fare? Cosa dovevo fare?
Logan si alzò in piedi e uscì dallo scudo mentre io, incapace di muovermi, fissavo la scena impietrita; mi ci vollero alcuni istanti per riprendermi: scattai in piedi gridando -Logan, torna qui!- e precipitandomi fuori dalla bolla trasparente che ci avvolgeva, ma invece che lasciarmi passare come aveva fatto con lui poco prima lo scudo mi respinse impedendomi di uscire.
Fu come andare a sbattere contro una parete di vetro antiproiettile: caddi a terra e finii tra le braccia Asher, che ancora seduto, fissava la scena impassibile: ultimamente mi trovavo un po’ troppo spesso tra le sue braccia, era seccante! Tentai di alzarmi, ma Asher mi strinse, allora mi voltai e fissandolo chiesi: -Sei tu che non mi fai uscire?- la voce bassa e esitante, nervosa.
Lui mosse la testa facendo un cenno d’assenso, ma non disse niente.
-Asher, devo uscire! Logan…- iniziai con la voce rotta dal panico, tentando inutilmente di divincolarmi.
-Ti ucciderà.- si limitò a sussurrarmi in un orecchio.
-Ma non posso abbandonare Logan!- protestai tentando nuovamente di fuggire, senza successo. Il mio cuore batteva all’impazzata, e mi sentivo invadere dall’ansia e dalla pura, non sopportavo l’idea che Logan facesse la fine di Creig, non potevo permetterlo! -Non voglio perdere di nuovo qualcun altro! Non potrei mai sopportarlo! In alcun modo!-
-Devi condividere con me i tuoi poteri, allora. Tutti i tuoi poteri.-disse stringendomi più forte a se.
-Va bene, ma… come faccio? I miei poteri non posso essere così forti da sconfiggerla, nemmeno sommati ai tuoi! Specialmente che ora che sono così deboli, che sono praticamente al limite!- la certezza dell’inutilità dei miei poteri mi faceva venire il panico e mi spaventava, ma la verità non poteva essere ignorata, non in una situazione simile comunque.
-Ma potrebbero darci il tempo sufficiente a fuggire, tutti quanti.- rifletté lui, quasi fosse normale parlare in quel modo, così calmo e freddo, come se quello che stesse succedendo non accadesse a noi, ma a qualcun’altro.
-Sarà pericoloso, potresti morire!- risposi voltandomi a incrociare il suo sguardo, rimasi catturata da i suoi occhi di rubino e mi sentii come paralizzata.
-Riuscirò a farti fuggire.- rispose deciso, dai suoi occhi e dalla sua voce non trapelava nemmeno una nota d’ansia, mi chiesi come faceva a mantenere sempre un tale controllo di se stesso e delle sue emozioni, io ero praticamente distrutta… come avrebbe detto mia sorella: perdevo più “acqua” di uno scolapasta.
-Asher!- il tono della mia voce era lamentoso, non volevo lasciarlo andare, volevo salvare tutti quanti, avevo bisogno di salvare tutti quanti! Non potevo accettare di vederli morire! Non potevo in alcun modo permettere che, di nuovo, qualcuno morisse per colpa mia! Non doveva accadere… come quindici anni prima! Avevo studiato la magia e le armi, avevo imparato a difendermi, eppure di nuovo stavo perdendo qualcuno di importante. Di nuovo ero incapace di proteggere qualcuno e venivo protetta. L’idea mi risultava inaccettabile! Dovevo fare qualcosa… ma cosa? Avrei voluto piangere e correre, trovare un rifugio sicuro in cui sfogare tutte le mie paura e le miei ansie, in cui cancellare le mie incertezze. Ma non c’era alcuno luogo in cui potessi tornare, avevo solo Asher e Shadow con me, da così tanto tempo che non riuscivo quasi più a ricordare com’era prima che fossimo insieme. Respirai a fondo prima di stringere Asher, lo avvolsi in un abbraccio senza pensarci due volte, stavo diventando decisamente troppo romantica!
-Non devi andare!- bisbigliai contro il suo petto, le mie ultime sillabe furono coperte dal rimbombo di un esplosione.
Asher mi mise una mano nei capelli e li strattonò gentilmente, senza farmi male, costringendomi ad alzare il viso; quando mi baciò mi sentii svenire: era come se mi stesse prosciugando tutte le energie, sentii i miei poteri affievolirsi come un lume di candela che viene spento dal vento. Riuscii in qualche modo a non perdere i sensi ma mi abbandonai totalmente tra le braccia di Asher, non riuscivo nemmeno a stare seduta da quanto ero debole. Le palpebre risultavano pesanti e il mondo davanti ai miei occhi non faceva che girare, avevo la bocca secca e non riuscii nemmeno a porre una domanda. Provai a muovere una mano, ma sentii solo un forte dolore e il tentativo andò a vuoto perché mi sentivo troppo stanca.
Asher mi stese a terra con delicatezza e mi sorrise, un sorriso dolce e malizioso. -Perché quando ti ho tra le braccia non è mai l’occasione giusta?- scherzò, poi mi diede un bacio sulla guancia, prima di sparire dalla mia vista.
Chiusi gli occhi cercando di capire dai rumori quello che strava accadendo, sentivo rumori di esplosioni e alcune frasi di cui non riuscivo a cogliere il significato o le parole. Per un istante tutto divenne nero e riuscii a percepire solo il terreno freddo e duro sotto di me, credo di essermi assopita per un istante, perché quando udii il fragore di un esplosione mi prese un accidente. Non so bene a che punto, sentii accanto a me il corpo di Shadow, la sentii appoggiare la testa felina sulla mia pancia, avrei tanto voluto accarezzarla, ma non riuscivo a muovere nemmeno un muscolo Provai a muore una mano per accarezzarle la testa, e persino quella mi sembrava un impresa stratosferica, ma comunque non ci riuscii, in compenso il tentativo mi procurò un discreto dolore all’arto, che era come informicolito. Non mi ero mai sentita tanto debole e indifesa, e quella era la situazione peggiore per sentirmi in quel modo. Ultimamente succedeva un po’ troppo spesso che provassi una tale sensazione di impotenza, la cosa stava diventando abbastanza seccante, senza contare il fatto che era la situazione peggiore che potesse esserci per sentirmi in quel modo.
Alla fine sentii un frastuono talmente forte che mi sarei aspettata di sentire la terra tremare, invece udii solo un forte rimbombo e l’aria muoversi, persino dentro quella sfera chiusa e protetta. Niente più di un vento lieve, ma era incredibile che fosse riuscito ad arrivare fin lì. Udii un rumore simile ad un botto, non a un’esplosione come mi aspettavo, e pensai che qualcuno fosse finito contro lo scudo, voltai a testa a sinistra, molto lentamente per non soffrire, ma sentii ugualmente un dolore attraversarmi il collo. Accidenti ad Asher! Appena mi capiterà tra le mani lo strozzerò senza lasciargli il tempo di aprire bocca per giustificarsi!
Con la coda dell’occhio vidi qualcuno accasciarsi a terra, non riuscii a capire chi fosse perché la sua figura non era molto chiara anche per via della mia incapacità di muovermi. Chiusi gli occhi e strinsi i denti, soffocando un grido di rabbia, odiavo quelle situazioni! Non importava quanti anni avessi, né quanti passi avanti avessi fatto perché in quelle situazioni mi sentivo esattamente come quando avevo dieci anni e mia sorella era morta.
Ci fu un'altra esplosione e nel silenziò che ne seguì, appesantendo l’aria, sentii una voce: la voce di Logan suonò incerta, esitante e spaventata; era bassa e roca, o forse a me sembrava così perché ciò che segue un esplosione pensi sempre non possa che essere negativo. C’era però una nota risoluta nella sua voce, o forse era rassegnata?
-Madre… Non c’è ragione di continuare così… Ascoltami ti prego… Lasciali andare e... io verrò con te!- disse Logan.
Mi congelai quando pronunciò l’ultima frase, per un attimo il cuore mi si fermò. Con una difficoltà che definirei nel migliore dei casi immensa, riuscii a voltarmi su un fianco, ma quando provai a fare leva sui bracci per alzarmi scoprii di non avere un briciolo di forza.
-Maledizione!- la mia voce era un sibilo roco. Appoggiando la fronte a terra respirai profondamente, ringraziando che non ci fosse polvere che mi entrava nelle narici: il vento che di solito soffiava evitava che si depositasse.
-Va bene.- la voce di Cecil giunse alle mie orecchie, flebile e affannosa.
-No! LOGAN! FERMATI!- gridai con tutto il fiato che avevo in corpo, la mia voce suonò così stana e roca che persino io avevo problemi a riconoscerla.
Logan non poteva tornare con sua madre, non dopo che lei aveva tentato di ucciderlo! Cavolo! Non dopo che aveva cercato di ucciderci tutti!
-Va bene così Ester, sta tranquilla.- la sua voce si era fatta dolce, la voce di un bambino che dice alla mamma di non preoccuparsi per lui. Non era mio figlio, ma in quel preciso momento la sua voce mi diede esattamente quella sensazione, una sensazione che, devo aggiungere, non era molto confortante.
Appoggiandomi a un braccio, riuscii ad alzarmi quel tanto che mi permetteva di incrociare il suo sguardo: stava piangendo, aveva la faccia ferita e sporca di polvere, non sembrava messo troppo bene; però sulle labbra aveva dipinto un sorriso dolce e triste, come per dirmi che mi perdonava.
Il suo sorriso fu l’ultima cosa che ricordo, dopo ci fu una luce violenta e accecante del medesimo incantesimo che mi lanciavano contro e poi buio. Nella mia testa c’era un'unica certezza: avevo fallito!

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 -Un modo per dirsi addio!- ***


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Commentate! Voglio commenti! Perchè nessuno commenta? Non mi sento apprezzata! ç_ç

O forse tutto ciò è dovuto al fatto che non mangio cioccolato da un pò... m... XD

Tanti bacioni a chi mi segue e buona lettura^^!

 

Capitolo 26
-Un modo per dirsi addio-

Mi svegliai in una stanza che non avevo mai visto prima, era la tipica stanza d’hotel, un po’ più spoglia di quella che sceglievamo di solito, ma comunque spaziosa; la luce del sole al tramonto penetrò tra le tende della finestra che dava a est creando sfumature rosse sulle coperte bianche del letto a due piazze. Mi misi lentamente seduta e osservai i miei abiti: l’ultima volta che ero sveglia indossavo un paio di jeans e una maglietta, ora invece avevo addosso un vestito bianco di flanella, con le maniche lunghe e larghe. Improvvisamente venni avvolta dai ricordi dei quello che era successo e mi sentii soffocare. Nella stanza non c’era nessuno, il che era normale visto che Creig era morto e Logan era stato “portato via” da sua madre, ma lì non c’era nemmeno Shadow, però sentivo il rumore dell’acqua della doccia provenire dalla stanza accanto. Improvvisamente l’acqua fu chiusa e dopo alcuni minuti nella stanza entrò Asher. Io rimasi sdraiata a fissare la finestra, dovevo affrontare un discorso piuttosto serio con lui, in realtà dovevo affrontarne molti, ma il primo di tutti era quello di mia sorella.
-Come stai?- domandò Asher con voce dolce come una carezza.
-Sto bene- avrei voluto dire, ma invece mi uscì -Perché non lo hai salvato?- non volevo accusarlo, ma non potevo non porre quella domanda.
-Non ho potuto.- la sua voce divenne fredda, distaccata.
-Perché? Non ti ho dato abbastanza potere? Non ero abbastanza… forte..?- Mi sentivo veramente a pezzi e mi misi a piangere, avevo fallito, avevo di nuovo perso qualcuno a cui tenevo. Asher mi abbracciò stringendomi a se mentre, con la faccia nascosta tra le mani, singhiozzavo in modo in controllato. Non lo avevo guardato neppure per un secondo, non ne avevo il coraggio. Quando mi calmai mi lasciai cullare nel suo abbraccio per qualche momento, non indossava nessuna maglia, respirai il suo profumo mentre goccioline d’acqua finivano dai suoi capelli sul mio vestito. Feci un respiro profondo e lo allontanai con una spinta: dovevamo parlare di mia sorella e non lo avrei fatto stando tra le sue braccia.
Asher si alzò dal letto senza dire niente e si mise davanti a me, finalmente alzai gli occhi a guadarlo: mi fissava attento, appoggiato con disinvoltura al muro sella stanza con le braccia incrociate, indossava dei pantaloni bianchi di lino e aveva rimesso l’asciugamano sulle spalle, i capelli ancora umidi che gli ricadevano in modo disordinato sul viso, era incredibilmente attraente.
-Quando ero piccola…- iniziai a raccontare -…i miei genitori non erano quasi mai a casa e mai sorella si prendeva cura sempre di me con gentilezza; era così in gamba, così eccezionale, per me era tutto… L’ho persa per sempre, solo per colpa mia e della mia sbadataggine, io l’ho persa.- nella mia voce c’era un tristezza profonda, non so che espressione avessi, era la prima volta che mi aprivo così con lui.
-Tra me e tua sorella non c’era niente, te lo giuro!- disse Asher fissandomi negli occhi, era la prima volta nella mia vita che mi sembrava completamente sincero. Notai che il suo tono era molto dolce e sembrava anche sorpreso e preoccupato, anche a lui non era sfuggito il fatto che era la prima volta in vita mia che mi aprivo così con lui… o con qualcuno in generale.
-Però stavate insieme.- ribattei con voce bassa, scuotendo la testa per scacciare quel pensiero.
-Non ci sono stato a letto.- fece un gesto della mano come per chiudere il discorso.
-Questo gia lo sapevo.- dissi, mia sorella non era il tipo da andare a letto con un demone, e poi aveva solo quindici anni quando era morta: Asher aveva molti difetti, ma non era un pedofilo!
-Allora cosa vuoi sapere?- domandò confuso.
-Che cosa c’era tra voi?- chiesi.
-Te l’ho gia detto, niente.- rispose sempre con tono neutro.
-Ma qualcosa doveva esserci altrimenti non saresti rimasto con lei.-
Lui rimase un attimo in silenzio, riflettendo, poi si scostò dal muro e abbassò le braccia lungo i fianchi prima di rispondere. -Aveva qualcosa che mi interessava.-
-Qualcosa che ora ho io?- sentì una fitta al cuore, avrei voluto nuovamente piangere, ma non sarebbe servito a niente.
Asher mi fissò un istante prima di rispondere -Anche…- disse piano, la sua voce era un sussurro, i suoi occhi erano fissi sul pavimento.
Probabilmente non sapeva come affrontare quella situazione. Mi sentivo male, Creig era morto e Logan era praticamente stato rapito, anche se da sua madre; mi sentivo come se avessi perso tutto, per un istante pensai che non sarei più riuscita ad alzarmi da quel letto.
Seduta sul letto fissai il ragazzo che amavo e che aveva vagabondato insieme a me almeno per sei anni della mia vita e provai una rabbia e una tristezza incredibile: mi aveva mentito e mi aveva usato. Dentro di me nacquero due desideri contrastanti: uno era quello di fuggire e di non vederlo mai più, volevo allontanarmi da lui per sempre, fingere di non averlo mai incontrato, di non aver mai provato niente di lui; l’altro era quello di stringerlo a me, baciarlo e non lasciarlo mai, volevo assaporare le sue labbra, sentire le sue mani su di me, mi chiesi per un attimo se la mia attrazione fosse davvero dovuta ai miei sentimenti, in fin dei conti ero sempre stata attratta da lui. Lo amavo, era un amore dovuto al tempo trascorso insieme e alla vicinanza più che al suo “splendido” carattere! Ma ero arrabbiata: mi aveva mentito e sull’unica cosa veramente sacra che avevo, su mia sorella… non sapevo che fare, non potevo in alcun modo lasciar correre. Avevo ancora così tante domande da porre, ma una mi premeva più di tutte. Dovevo stare attenta a come porla, però.
Mi misi seduta, facendo un respiro profondo, dovevo essere determinata e visto tutta la rabbia che provavo ero sicura che arrivassi fino in fondo.
-Asher, perché stai con me?- domandai con un filo di voce, temevo la sua risposta e la desideravo contemporaneamente.
Alzò gli occhi per incrociare i miei, sembrava confuso e sconcertato.
-Abbiamo un patto.- rispose, quasi non capisse cosa intendevo.
-E perché abbiamo un patto?- lo fissai negli occhi, dentro di me mi sentivo totalmente vuota.
-Mi hai evocato tu ricordi?- la sua risposta suonò fredda, sembrava confuso, forse non era abituato a esaminare queste cose nel dettaglio.
Lo fissai con rabbia e con tristezza. -Sono solo il tuo giocattolo, giusto? Un modo divertente di ingannare il tempo, dico bene?-
Asher non rispose, mentre la rabbia e la tristezza dentro di me crescevano continuavo a fissarlo, mi era entrato nel cuore e lentamente stava penetrando sempre più in profondità: cosa mi sarebbe successo? Mi avrebbe uccisa oppure sarei finita anch’io come Cecil, così profondamente assorbita da quelle tenebre da rimanere indifferente anche davanti mio figlio? Oppure lui sarebbe finito ammazzato per difendermi, come stava succedendo oggi? Nessuna di quelle ipotesi mi piaceva anche solo lontanamente! Ma perché aveva rischiato la vita per me? che davvero sentisse qualcosa nei miei confronti? Un giorno, prima o poi, avrebbe fatto la fine di mia sorella restandomi accanto, era un pensiero insopportabile. Non volevo che accadesse, non doveva accadere! Non lo avrei permesso! Dovevo rompere i legami con Asher, non potevo andare avanti così, e per farlo c’era un unico modo.
Sorrisi per un attimo, ne sarei uscita distrutta, ma ciò che contava e che ne sarei comunque uscita. -Vuoi ingannare il tempo in modo più piacevole?- domandai, la mia voce era neutra.
Lui mi fissò alzando un sopraciglio -Dov’è il trucco?-
-Nessun trucco. O forse non mi vuoi più?- non potevo credere a quello che stavo facendo, che stavo dicendo! Mi ci voleva tutta la mia determinazione per non interrompere quella conversazione e fuggire a tutta velocità fuori dalla stanza. Feci un respiro profondo, sarei scappata dopo.
-Che cosa hai in mente?- domandò Asher confuso. Mi voltai verso di lui e mi avvicinai al bordo de letto sedendomi e fissandolo.
Avevo troppa rabbia e troppo dolore dentro per desiderare davvero di fare una cosa simile, il pensiero che comunque lo avevo gia fatto mi aiutò ma solo marginalmente. Misi i piedi nudi sulla mochette della stanza e mi alzai in piedi, stavo per perdere tutto, definitivamente, ma dovevo farlo. Era necessario, dovevo essere ferma, dovevo solo lasciare che i miei sentimenti per Asher prendessero il sopravvento. In quel preciso momento mi accorsi che era tutto esattamente come nella visione, sperai che andasse tutto bene.
Mi avvicinai a lui, che era appoggiato alla parete, lo baciai sfiorandogli appena le labbra, cingendogli la vita con i bracci e avvicinando i nostri corpi fino a farli aderire. Quando interruppi il bacio mi scostai pochissimo da lui per guardarlo in faccia. Lo fissavo mentre lui mi stringeva ricambiando il mio abbraccio, il mio sguardo era affranto mentre il suo rivelava una sincera sorpresa. Sussurrai piano guardandolo negli occhi: -Questo è il momento che hai tanto atteso. Che entrambi abbiamo tanto atteso.- Un mezzo sorriso mi si dipinse in faccia mentre parlavo con la voce rotta, la frase era un po’ troppo plateale per i miei gusti, ma andava bene lo stesso.
Lo sguardo che Asher mi rivolse era confuso e preoccupato. Io mi allontanai in silenzio, stavolta la mia espressione era dura. -Asher.- sussurrai, il mio tono incredibilmente freddo -Vieni a letto con me.- allungai un mano per invitarlo a seguirmi.
-Perché?- domandò, aveva intuito qualcosa.
-Non mi vuoi?- ribattei con un espressione agitata, in parte perché pensare che non mi voleva mi faceva stare male, anche se non volevo ammetterlo.
-Sai che non è così.- rispose subito, era ancora confuso.
-Allora cosa c’è? Sono qui e ti sto dicendo che sono tua.- le parole che avevo appena pronunciato mi fecero scorrere un brivido lungo la schiena.
Asher si avvicinò e mi attirò a se con un braccio, poi mi baciò lentamente sulle labbra facendo diventare pian piano il bacio sempre più profondo e intenso, sentii la sua lingua scivolarmi dentro la bocca per esplorarla, mentre con una mano apriva la zip del vestito. Mi sentivo confusa e spaventata ogni momento di più, la mia decisone iniziava a vacillare.
Asher mi accarezzò le spalle facendo scendere il vestito che sfiorandomi il corpo con la sua stoffa scivolò a terra. Mi ritirai allontanandomi, mi sentivo un po’ impaurita, mi afferrai i bracci sentendomi un po’ in imbarazzo –un bel po’ in imbarazzo- e lo fissai spaurita. Il suo sguardo era dolce e malizioso, ma per una volta vi lessi anche qualcos’altro. Non sapevo dire cosa fosse esattamente, nessuno mi aveva mai guardato così; i suoi occhi sembravano inghiottirmi, senza che nemmeno mi toccasse mi sentii percorrere dai brividi. Distolsi lo sguardo imbarazzata, ma Asher allungò una mano e mi costrinse a guardarlo di nuovo. Mi sorrise con una dolcezza infinita, accarezzandomi la guancia, poi lasciò scendere la mano lungo il collo fino al seno. Indossavo ancora il reggiseno, ma comunque non ressi abbassando lo sguardo mi allontanai da lui spingendolo. Okay, l’idea all’inizio era grandiosa… all’inizio!
Ma non ce la facevo! Proprio non ci riuscivo! Per me era assolutamente impossibile, troppo imbarazzante.
Asher mi abbracciò stringendomi a se, sentivo la pelle calda del petto perfettamente scolpito contro la mia mentre mi baciava con dolcezza una spalla. Ero scossa dai brividi, non sapevo che fare, ma l’indecisione, la paura e l’incertezza mi attanagliavano lo stomaco. Chiusi gli occhi facendo un respiro profondo e inavvertitamente respirai il suo odore. Mentre avevo gli occhi ancora chiusi lo sentii bisbigliare nel mio orecchio: -Lasciamo perdere?-
Il suo fiato mi accarezzò l’orecchio mentre i capelli mi facevano il solletico; iniziai a sentirmi più tranquilla e istintivamente sprofondai in quell’abbraccio. Asher mi strinse più forte, poi mi prese in braccio e scostando il lenzuolo del letto mi deposito lentamente sul materasso. Poi si stese accanto a me e mi strinse nuovamente a se mentre tirava la coperta per coprirci entrambi.
-Hai freddo?- domando con voce dolce.
Asher non era mai stato così dolce prima di quel momento, ogni minuto che passava mi sentivo sempre più frastornata, mentre il suo corpo caldo era premuto contro il mio sentivo il battito del mio cuore accelerare in modo ancora maggiore. Come era possibile?
-Ester?- chiamò Asher.
-Si… cioè… no, non ho freddo.- risposi sconnessamente, con la testa appoggiata al petto di Asher. Il suo cuore batteva più velocemente del normale, questo mi tranquillizzò e mi fece sorridere, mi azzardai a lanciare uno sguardo verso l’alto per incrociare il suo, i suoi occhi erano rossi e molto dolci, mi sentii sciogliere. Avrei voluto alzarmi e baciarlo, ma mi sentivo ancora troppo incerta per farlo e il mio abbigliamento non aiutava.
Come se mi leggesse nel pensiero Asher si avvicinò per baciarmi, un bacio dolce e lieve, allungai le mani per trattenergli il viso e il nostro bacio divenne più intenso e profondo. Volevo che Asher continuasse a baciarmi, ma mi rendevo conto che doveva essere scomoda quella posizione. Stavo per ritirare le mani quando Asher stringendomi a se con un braccio si girò sul letto inchiodandomi al materasso, sollevandosi sulle braccia per non schiacciarmi e continuando a baciarmi fece scivolare una mano dietro la mia schiena e mi slacciò il reggiseno. Mi irrigidii e misi le mani avanti come per allontanarlo, appoggiando i palmi sulle sue spalle e spingendo leggermente.
Lui smise di baciarmi e si scostò quel tanto che bastava a fissarmi negli occhi, ma io distolsi immediatamente lo sguardo fissandolo sulla finestra; Asher riprese a baciarmi lentamente lungo la mandibola, fino ad arrivare all’orecchio. Stavo praticamente tremando, ero attraversata dai brividi. Accidenti! Avevo venticinque anni! E per di più ero stata io a proporglielo! Maledizione! Come mai non riuscivo a comportarmi più da adulta? Chiusi gli occhi mentre lo sentivo sussurrarmi all’orecchio: -Vuoi che la smetta?-
-Si!- avrei voluto dire, ma dalle labbra mi uscì un suono strozzato che non voleva dire un bel niente. Feci un respiro profondo mentre con la lingua iniziava a seguire il profilo del mio orecchio, poi mi diede un bacio dietro l’orecchio e iniziò a baciarmi lentamente lungo il collo.
-Asher fermati.- riuscii a dire con una voce tramante che non convinceva nemmeno me.
Lui si bloccò e sentii le su labbra nuovamente vicino al mio orecchio. Mi sussurrò con voce dolce e seducente -Dimmelo guardandomi negli occhi.-
Mi stava provocando, una sua mano era ancora pericolosamente vicina al mio sento, che tentavo di coprire con le braccia, non che il suo sguardo cadesse lì, almeno credo.
L’altra mano invece mi accarezzava lentamente la guancia, con un dito mi sfiorò le labbra. Mi volti lentamente a incrociare i suoi occhi scarlatti, il suo sguardo era dolce e incredibilmente profondo, mi sentii sempre più a disagio a fissarlo e mi voltai nuovamente.
-Ester.- sussurrò, la sua voce colma di dolcezza e di un emozione che non riuscivo a capire chiaramente.. che fosse desiderio?
Mi voltai nuovamente a guardarlo, stavolta con molta più decisione di prima, ma non riuscii ugualmente a sostenere il suo sguardo e mi voltai ancora mentre lui sorrideva. -Sono così divertente?- volevo imprimere una nota irata al mio tono, ma non ci riuscii assolutamente, anzi suonò solo confusa e flebile.
-Sei un amore.- bisbigliò iniziando nuovamente a baciarmi il collo, fino ad arrivare alle labbra.
Fu un bacio lieve, lo allontanai prima che potessi diventare più profondo, ma quando incrociai i suoi occhi non riuscii più a dire niente. Aprii bocca stupidamente senza che ne uscisse alcun suono. Lui sorrise, sembrava quasi che avesse vinto una medaglia. Mi riscossi e lo fissai piccata.
-Fermati.- la mia voce era quella di una bambina arrabbiata, mi sentii un idiota.
-Sono ai tuoi ordini.- replicò lui con un mezzo sorriso, continuando a fissarmi senza più fare niente.
Arrossii decisamente in imbarazzo. Accidenti! Avevo solo idee stupide quella sera.
-Non è un idea stupida.- disse lui con gentilezza, il suo sguardo mi accarezzò con lentezza e dolcezza.
-Ho parlato a voce alta?- ora si che ero in imbarazzo.
-Quando le tue emozioni sono molto intense riesco a sentirle. Come quando avevi paura, oppure ora che sei imbarazzata.-
ODDIO!!!!!! Distolsi lo sguardo alla velocità della luce sentendomi letteralmente andare a fuoco per l’imbarazzo. Come? Come era successo?
Abbassò la testa e riprese a baciarmi sulla mandibola. -Calmati dai, sei così carina. È la prima volta che ti vedo così indifesa.- nella sua voce c’era divertimento, ma anche una decisa nota di dolcezza.
-Non … sono….-Maledizione! Non riuscivo a terminare la frase, stavo perdendo la testa! Non era giusto! Perché lui riusciva ad essere così calmo e io no? Mi sentivo sempre più confusa e agitava mentre mi baciava dolcemente, lentamente; sentivo il suo respiro caldo sfiorarmi la pelle tutte le volte che mi dava un bacio, era un sensazione bellissima e spaventosa insieme, mi sentivo sempre più confusa e agitata, volevo trovare la calma. Ma Asher aveva avuto un migliaio di ragazze e io invece non avevo esperienza e nemmeno un bel corpo, e lui invece era perfetto. Che dovevo fare? O meglio, che volevo fare?
-Asher…io… non…- iniziai tendendo le mani davanti a me per allontanarlo, lui si fermò nuovamente, si mosse leggermente, scendendo un po’ per incrociare il mio sguardo dal basso.
-Non mi vuoi?- domandò, nella sua voce una nota di vaga ansia mista a confusione.
Non lo volevo? Lo osservai, dopo aver incrociato lo sguardo lo abbassai per ammirarlo lentamente: il fisico perfetto, scolpito e vagamente muscoloso, i capelli color carbone abbastanza lunghi da sfiorarmi la pelle, le labbra perfette, carnose ma non troppo. Lo volevo, lo volevo eccome, ma non avevo la più pallida idea di come fare visto che la cosa mi metteva così tanto a disagio… ero peggio di una quindicenne! < Asher si alzò a baciarmi intensamente, senza un idea precisa di come fosse successo mi trovai nuovamente a passargli le mani tra i capelli. Smise di baciarmi e mi parlò a cinque millimetri dalle labbra.
-Devi solo lasciarti andare, sarà il tuo corpo a guidarti ad un certo punto.- disse tentando di rassicurarmi e dandomi mille brividi. -E poi ci sono anch’io!- concluse dandomi un altro bacio. -Non ti fidi di me?- la voce era maliziosa e provocatoria.
-Decisamente no.- ribattei in tono contrito, con un filo di voce.
-A no è?- ribatté lui divertito riprendendo a baciarmi, sentivo le sue mani scendere lentamente lungo il mio corpo. Mi sfuggi un gemito prima che tentassi nuovamente di allontanare Asher, ma lui mi inchiodò a letto. -Se non vuoi dillo. Ma anch’io ho i miei limiti perciò deciditi in fretta, non posso resistere a lungo.-
-Io voglio, ma… ma non dovrei sentirmi più sciolta visto che noi…?- non terminai la frase, sentii Asher sospirare piano.
-Era una bugia.- la sua voce era esitante. -L’ho detto per spingerti a fare questo passo.-
Lo guardai sbigottita. -Tu che cosa?- Ora ero arrabbiata! Mi aveva mentito! Ma perché mi sorprendevo? L’aveva sempre fatto! Era stata una costante! Lui era fatto così… Mi piaceva anche così, anche se questo mi suonava impossibile, anche se mi spaventava a morte, era qualcosa da cui non avrei potuto fuggire… oppure si. Come disse una volta mia sorella “Vola solo chi osa farlo”. Era una citazione del suo libro preferito, vorrei tanto potermi ricordare il titolo.
Improvvisamente mi sentii più decisa, quello che stavo facendo lo facevo per una ragione e mi sentii molto più sicura e audace.
-Vuoi che me ne vada?- la voce di Asher era rassegnata e anche frustrata, ora era lui a distogliete lo sguardo.
Ci pensai un istante -Si.- dissi, e allungai una mano per attirarlo a me baciandolo. Lui anche se inizialmente confuso rispose al mio bacio e lentamente si lasciò andare... ci lasciammo andare entrambi.
Sapevo quello che sarebbe successo e non mi importava, perché era l’unica soluzione che avevo trovato. Non volevo guardarmi indietro e non volevo fermarmi a riflettere, tutto ciò che sapevo è che amavo Asher e che dovevo allontanarmi da lui prima di ritrovarmi così innamorata di lui da non poterne più fare a meno, prima di finire come mia cugina o prima che lui morisse per me.
Quella notte fu la prima volta che facevo l’amore con qualcuno, fu un esperienza incredibile e perfetta, dentro di me rimase permanente la sensazione di essere stata trattata con tanta dolcezza, come se fossi stata un tesoro prezioso. Il calore che provai, unito alla dolcezza, non lasciava posto per altre emozioni tranne l’amore che provavo per lui; perfino la ragione che mi aveva spinto ad agire così non contava più: c’eravamo io e lui, il resto del mondo non era importante. Lo pensai davvero, così come pensai che lui era tutto ciò che volevo e che desideravo.
Era come un bel sogno… ma come tutti i sogni l’alba arrivò per farlo svanire.

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 - Viaggio con sorpresa- ***


Documento senza titolo

E fu così che arrivammo al capitolo 27... Ma non temete, voi che andate errando per questa storia, presto vedrete la luce (o per meglio vedrete la fine...) ci sono solo altri... bè, con certezza non lo so, ma penso non arriveremo a 40 quindi tranquille^^!

Buona lettura^^!

 

Capitolo 27

-Viaggio con sorpresa-

 

Per la prima, e penso anche l’ultima, volta in vita mia mi svegliai prima di Asher, anche se forse la verità è che quella notte non dormii veramente, la mia era più che altro una dormiveglia dovuta all’ansia e alla paura per la decisione che avevo preso. Asher mi stringeva a se, anche mentre dormiva un suo braccio mi avvolgeva la vita teneramente, quel gesto mi scaldava così tanto il cuore da farmi male. Nel silenzio dei primi raggi dell’alba osservai il suo volto beatamente addormentato, così tranquillo, così sereno, non sembrava minimamente pericoloso e non era nemmeno così forte come pensavo: in fin dei conti non era riuscito a sconfiggere mia cugina. Avrei voluto baciarlo, tanto era bello, ma pensai che se lo avessi fatto lo avrei svegliato; tutta via non poteri trattenermi da accarezzargli una guancia, lievemente, sfiorandolo a malapena per non destarlo. Allontanai la mano e mi rannicchiai ancora un attimo accanto a lui sentendo il suo profumo e il suo calore, fissandolo, poi chiusi gli occhi e feci un respiro profondo; infine, facendo molta attenzione, sgusciai via dalle sue braccia e dal letto. Mi guardai intorno in cerca della mia roba, che come al solito era stata portata nella stanza, afferrai il borsone e corsi in bagno. Mi sentivo a disagio ad andare in giro per la stanza completamente nuda, ma non era il momento di preoccuparsene.
Nel bagno, rannicchiata su una sedia in un angolo c’era Shadow profondamente addormentata, la mia entrata non le fece ne caldo ne freddo, continuò a dormire indisturbata, indifferente a quello che facevo.
Mi vestii in fretta e furia, senza prestare particolare attenzione all’abbigliamento, quando stavo per infilarmi le scarpe sentii dei rumori provenire dall’altra stanza. Mi bloccai per un secondo, poi me le infilai a forza senza legare e lacci, mi alzai in piedi e mi precipitai nella parte più buia della stanza, mettendomi la borsa a tracolla: non potevo andare molto lontano con l’ombra, ero ancora troppo debole, ma mi bastava allontanarmi di qualche isolato.
Mi concentrai e mi lasciai assorbire dalle ombre, sentii come se il mio corpo si scomponesse diventando aria e tenebre e poi si ricomponesse. Quando riaprii gli occhi ero davanti a una stazione degli autobus e mi precipitai lì dentro a fare il biglietto per il primo autobus che partiva, non importava dove andava, per me era uguale purché fosse lontano da lì.
Una volta salita sull’autobus mi premetti con forza le mani sulle orecchie e mi misi a piangere: sentivo ancora, chiara e limpida, la voce di Asher che mi chiamava, prima che me ne andassi.

Non ho idea di quanto tempo mi ci volle per calmarmi, almeno una ventina di minuti buoni, forse di più. Feci un respiro profondo, lasciandomi sfuggire un singhiozzo e mi lasciai andare contro lo schienale del sedile: era piuttosto scomodo. Non amavo molto gli autobus perché erano poco spaziosi: sedili erano troppo vicini e io, essendo alta un metro e settanta stavo piuttosto scomoda, senza contare che l’imbottitura dei sedili era scomoda e rigida, di uno scialbo color azzurro, praticamente consumata.
Mi guardai intorno notando che l’autobus era semivuoto, c’erano si e no nove persone e tutte molto più avanti di dove ero io, senza essere del tutto scoscendete era andata a sedermi infondo all’autobus, sulla destra.
Voltai la faccia verso il finestrino, la pioggia scendeva a gocce leggere, sempre più insistente e fitta, un lampo attraversò il cielo dividendolo in due. Sul vetro del finestrino scendevano piccoli rivoli d’acqua, il paesaggio appariva confuso e sfocato: dove eravamo diretti? Non me ne ero affatto preoccupata fino a quel momento. Avevo fatto il biglietto, volevo semplicemente andarmene, non avevo idea di dove fosse diretto l’autobus e nemmeno mi importava, ma ora dovevo fare mente locale o sarei finita fuori dal mondo senza arrivare a niente.
Ma arrivare dove, di fatto? Dov’è che sarei dovuta andare? In quale luogo dovevo dirigermi? Ero solo scappata, ma non avevo progettato dove andare e nemmeno che fare. Sospirai chiudendo gli occhi: che dovevo fare? Avrei proprio avuto bisogno di una guida o di uno spirito guida… magari uno spirito familiare; peccato che io non ne avevo mai avuto uno.
L’autobus si fermò e la porta a metà dell’autobus si aprì con uno scricchiolio facendo entrare la pioggia e con lei una ragazza. Mi sporsi dal sedile per vederla, più per noia che per curiosità vera e propria: era una strega. Non ci voleva molto ad accorgersene, la sua aurea e la sua energia era chiara e limpida, come l’acqua, e aveva un potere mistico, paragonabile solo a quello che si prova quando si è vicini a un cavo scoperto: era come un lievissima scarica elettrica, che si sentiva appena, ma era molto chiara. La osservai in silenzio sedersi: aveva capelli neri raccolti in due codini, una giacchetta di finta pelle nera e sotto una camicia bianca con una cravatta nera a righe verdi scure. Indossava una gonna a scacchi, dello stesso colore della cravatta, calze verde scuro e stivali anfibi neri che gli arrivavano sotto il ginocchio. Ai polsi e al collo portava collari chiodati e un piccolo ciondolo a forma di pentacolo. Il volto era truccato in modo piuttosto pesante: aveva usato la matita nera e un blu scuro come ombretto, e aveva un rossetto scuro, forse nero. Mi lascia di nuovo andare contro lo schienale: era la prima volta che vedevo una vera strega vestita in quel modo.
Lei si avvicinò e si mise a sedere accanto a me, aprii gli occhi e la fissai di traverso per un secondo: l’autobus era mezzo vuoto, che diavolo voleva da me.
-Ciao, io sono Morgana.- disse con un sorriso porgendomi la mano.
La strinsi e cercai di sorriderle: -Piacere io sono Ester.-
-Anche tu sei una strega vero?- domandò con voce melodiosa, aveva un dono dolce che avevo gia sentito.
Alzai un sopracciglio: forse l’avevo sottovalutata. Lei continuò a fissarmi aspettando una risposta e io feci segno di si con la testa.
-Lo sapevo! Ne ero certa! Proprio ieri ho fatto quell’incantesimo e… ero certa che saresti arrivata da me!- disse elettrizzata, come riflettendo a voce alta.
Arrivata da lei? Io? Ma che diavolo andava blaterando quella ragazzina? Meglio ignorarla, alla prossima sarei scesa, tanto non avevo una meta.
-Sai, ho desiderato tanto incontrarti e per così tanto tempo!- continuò a vagheggiare lei senza sosta -Finalmente avrò una maestra.-
COSA??? Ma siamo impazziti? Maestra? Io? Quella doveva essere pazza anche solo a pensare che avrei accettato! E poi che diavolo vuol dire che mi aveva aspettato? Chi accidenti credeva che fossi? Avevo gia abbastanza casini per conto mio, se sperava che le facessi da maestra si sbagliava di grosso? Chi accidenti credeva che fossi? Il Dalailama?
-Non so di cosa stai parlando, ma spero tu non ti riferisca a me.- disse seccamente guardando fuori dal finestrino: la pioggia era sempre più fitta.
-Certo che mi riferisco a te.- rispose con un sorriso a trentadue denti.
Mi stavo iniziando a irritare: chissà se era così che si sentiva Asher quando mi comportavo in modo sfacciato o impertinente con lui… pensare a lui mi fece incupire nuovamente e mi ritrovai a fissare il paesaggio fuori dal finestrino sempre più appannato.
-Non vedo l’ora di imparare tutto quello che hai da insegnarmi!- disse con un sorriso.
La fissai seccata come non mai, ogni traccia di gentilezza era svanita sia dal mio viso che dalla mia voce quando le dissi: -Io non sono la tua maestra e ti assicuro che non ho intenzione di diventarla.-
-Perché no?-chiese sorpresa.
-Perché dovrei? E poi tu chi diavolo sei? Come ti salta in mente di uscirtene fuori con una proposta simile dal nulla, fatta per di più a qualcuno che nemmeno conosci!- la rimproverai.
-Ma… ma.. l’incantesimo diceva che ti avrei trovato qui… oggi… maestra…- spiegò timidamente. A quanto pare ero riuscita a spaventarla e a confonderla. Sospirai stancamente chiedendomi come fossi riuscita a finire in una situazione simile, pensando poi che in situazioni assurde mi ci trovavo da quando avevo diciotto anni… Chissà che incantesimo aveva fatto.. meglio non pensarci.
-Non ho né il tempo né la voglia per avere qualcuno da istruire. Ora spostati per favore, scendo alla prossima.- le dico seccamente. Non sarò un pò troppo dura? E poi non so nemmeno dove accidenti ferma, potrei ritrovarmi persa nel nulla.
-Io... ecco… io…- farfuglia colta di sorpresa.
Mi alzo sul seggiolino sentendomi un po’ in colpa, meglio darmi alla fuga prima che il senso di colpa aumenti talmente tanto da farmi cambiare idea.
-Mi fai passare?- domando cortesemente, la voce calma e lo sguardo impenetrabile.
-Per favore, aspetta. Tu sei la mia maestra e io…-
-Sei davvero insistente!- rispondo un tantino divertita stavolta, poi mi abbasso e le sussurro -Io ammazzo vampiri per lavoro e momentaneamente sono in dei guai così grandi che a confronto l’Europa ti sembrerà una cittadina di provincia, quindi ora lasciami andare, dammi retta!-
Mi ritiro e aspetto che si alzi per farmi passare, ma lei mi fissa con ostinazione, come se non avesse la minima intenzione di scostarsi. Poi, lentamente, si alza e si mette da parte per farmi passare, io premo il tasto di richiesta di fermata e mi avvio verso le porte dell’autobus mentre lei mi viene dietro. Mi volto di scatto ma l’autobus frena e finisco molto platealmente per terra: cavolo! Ora si che sono irritata.
Mi rialzo lentamente e con qualche problema mentre le porte si aprono su una città oscurata dalla pioggia fredda, esco barcollando e coprendomi con una giacca impermeabile che tiro fuori dalla borsa mentre morgana mi segue fino al bar in cui trovo riapro. Un ragazzo alto con i capelli rossicci e gli occhi nocciola, vestito da cameriere arriva con degli asciugamani e ce li pone. Io lo prendo e cerco di asciugarmi come posso.
-Siete insieme?- domanda
-Si!- risponde subito Morgana, precedendomi.
Mi volto a fissarla seccata e lei sostiene il mio sguardo con decisione e fermezza. Ma perché a me? Ho fatto qualcosa di male? Che ne so… magari nella mia scorsa vita ho rubato? Oppure ucciso? Perché? Perché proprio quando mi libero di tutti i miei legami trovo qualcuno che mi rompe le scatole? Insomma! Io sono una brava ragazza! Non uccido nessuno a meno che non sia super indispensabile! Fino a cinque ore prima ero vergine! E mi sono occupata di mio cugino! D’accordo, è vero che non sono riuscito a salvarlo, ma almeno ci ho provato! Cioè, voglio dire, che ragione ha il destino per avercela con me?
-Ascoltami, tutto accade per un motivo giusto? Io dovevo trovarti e ora tu devi guidarmi... è giusto così, è così che è la magia, non esiste niente di casuale! Non ci credi forse anche tu? Non puoi non crederci perché sei una strega!- bisbiglia lei avvicinandosi a me e fissandomi diritta negli occhi.
Socchiusi gli occhi un momento pensandoci. In fondo aveva ragione, ma non mi andava molto di ammetterlo né volevo che venisse con me, eppure da tutto quello poteva uscire qualcosa di buono...
Sospirai stancamente riflettendo, forse dovevo semplicemente lasciare che mi seguisse: è il destino che guida le nostre azioni, lasciamo che le cose vadano come devono andare… tanto peggio di così!
-D'accordo, sarò la tua maestra!- acconsento stancamente.
Lei mi fissa gioiosa, con un sorriso a trentadue denti: vorrei spaccarglieli tutti con un pungo! Faccio un respiro profondo e mi ripeto “vivi e lascia vivere”.
Mi volto lentamente verso il cameriere -Vorremmo un tavolo, un panino e un dolce e un tè caldo per favore.-
Lui ci accompagna a un tavolo in un angolo e poi sparisce per prendere le nostre ordinazioni, io fisso un attimo Morgana pensando al da farsi, alla fine chiedo: -Allora Morgana, parlami di te!-
Lei mi guarda con gli occhi che brillano e inizia il suo racconto.
Bene, la mia vita si riempie sempre di persone troppo strane e complicate perfino più di me e a quanto pare questo non smetterà di accadere.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 -Richiesta d'aiuto- ***


Documento senza titolo

Chiedo scusa per l'attesa -.-

Ecco a voi il capitolo 18

 

Capitolo 28
-Richiesta di aiuto-


Presi una stanza doppia in un hotel del centro, eravamo ancora in una cittadina non troppo grande a sud di Boston, così che Morgana potesse stare in stanza con me, anche se ancora mi sembrava strano averla intorno. Lei si comportava in modo allegro ed esuberante, mi ricordava la gattina che avevo quando ero piccola, solo che lei oltre che miagolare e giocare aveva anche un pelo nero e soffice, che aveva un effetto rilassante quando lo accarezzavi. Non so che fine fece, ora che ci penso, un giorno semplicemente sparì così come era arrivata.
Morgana mi raccontò di non avere i genitori, di averli peri quando era piccola, ma non nel senso che erano morti, semplicemente non sapeva che fine avessero fatto. Era cresciuta da sola, mi ha parlato di un orfanotrofio e di libri che aveva letto, di aver scoperto quel che era un passo alla volta, ma di averlo sempre intuito dentro il proprio cuore.
Morgana era una ragazza schietta, simpatica e gentile, molto dolce e molto estroversa, mi abituai subito ad averla accanto perché era un tipo aperto e incredibilmente diretto. Quella sera, quando andai a letto, mi sentivo tranquilla e provavo uno strano senso di pace -o forse era meglio definirlo acquiescenza?- come non mi capitava da tempo, pensai che fosse dovuto alla vicinanza di Morgana, perché essere soli o stare con qualcuno è molto diverso.
Tutte le volte che pensavo ad Asher mi si stringeva in cuore e avevo voglia di piangere, avrei voluto averlo accanto e tutta via sentivo di aver fatto bene ad allontanarmi da lui. Ma mi mancava, mi mancava così tanto che sentivo mancarmi il fiato e tutte le volte che pensavo a lui e il cuore mi batteva così forte da farmi credere che fosse sul punto di uscirmi dal petto oppure che mi venisse un infarto.
Era passato solo un giorno da quando ci eravamo separati e da quando avevo incontrato Morgana, forse era per questo che al mio risveglio tutto mi sembrava terribilmente confuso e strano, la notte ero riuscita a dormire solo perché avevo preso una pozione. Lo so, i sonniferi hanno lo stesso effetto, ma io preferisco le pozioni… infondo sono una strega!
Mi svegliai prima di Morgana, che dormiva beatamente nel letto, rannicchiata come un gatto sotto il lenzuolo bianco e la morbida trapunta arancione. Mi misi a sedere sul letto mentre mi guardavo silenziosamente intorno: il mio borsone insieme al suo zaino, era abbandonato dentro l’armadio aperto accanto alla porta; davanti al mio letto, sulla sinistra, c’era un grande tavolo rotondo con tre sedie sulle quali erano accatastati i nostri vestiti e dietro le porte finestre davano su un piccolo davanzale. Mi alzai dirigendomi verso il tavolo e mi misi a sedere su una sedia prendendo la lastra trasparente che era appoggiata sopra il grande mobile rotondo: appena la toccai apparve il menù con ciò che era disponibile per la colazione, le email per inviare gli ordini direttamente ai vari settori e i numeri da contattare per parlare con la recepsion ecc… L’aria del condizionatore era tiepida e rendeva la stanza un luogo accogliente, ordinai dei pankake con cioccolata e fragole e del succo di frutta, poi dei semplici cereali, latte caldo, cioccolata e caffè. Infine andai in bagno a farmi una doccia calda aspettando che il cameriere arrivasse con quello che avevo richiesto. Lentamente, sotto l’acqua, mi rilassai; lanciando la mia mente vagare mi chiesi come mai tornasse sempre a un unico punto, ero stata io a decidere di allontanarmi da Asher e il fatto che ora continuassi a pensare a lui come un ossessione era inutile se non dannosa. Adesso dovevo decidere che fare.
Per la prima volta in vita mia non avevo la più pallida idea di cosa fare, mi sembrava chiaro come il sole che le mie capacità erano troppo limitate perché riuscissi a salvare Logan o a sconfiggere quel vampiro. Per la prima volta in vita mia mi sentivo inutile e avevo perso l’unico obiettivo sul quale in passato avevo basato buona parte della mia vita e ora ero persa… Mi sentivo alla deriva, persa per sempre in un oceano infinito e non avevo nessuna voglia di reagire o di provare a riprendermi.
Il bussare alla porta della stanza interruppe in modo brusco i miei pensieri, chiusi l’acqua e uscii dalla doccia infilandomi l’accappatoio che era nella stanza: era bianco e incredibilmente morbido, decisi di comprarne uno quando me ne fossi andata dall’hotel!
Il cameriere entrò con un carrello e lo lasciò accanto al tavolo, poi mi porse un messaggio e dopo che gli ebbi dato la mancia uscì in silenzio.
La lettere aveva una cara color panna ruvida e portava un sigillo rosso, come nell’antichità, simbolo del sindaco della città. Quando l’aprii trovai ad attendermi un video messaggio, premendo un tasto si materializzò la figura paffuta del sindaco, in miniatura ovviamente: era un uomo basso e un tantino grasso, con pochi capelli, tutti grigi; in un attimo la sua voce profonda si diffuse nella stanza.
-Le auguro buongiorno signorina MecCallister, è un onore per la nostra città ospitarla. Le ho spedito questo biglietto per cogliere l’occasione di invitarla a pranzo oggi pomeriggio, c’è una questione oltremodo delicata che vorrei discutere con lei. Il pranzo si terrà al ristorante del suo hotel alle dodici in punto. Le auguro buon soggiorno.- Detto ciò la tozza immagine del sindaco sparì con un inchino.
-Ci andrai?- domandò Morgana facendomi trasalire.
Mi voltai di scatto a fissarla: era seduta sul letto, le gambe ancora sotto le lenzuola, e indossava solo una canottiera bianca sopra la biancheria intima: come faceva a dormire così leggera?
Scrollai le spalle andando verso il carrello. -Non lo so.- la mia voce suonò stranamente piatta -Non è che mi interessi molto.-
-Potrebbe trattarsi di vampiri… non sei curiosa?- chiese sempre più elettrizzata.
Sbuffai afferrando il mio pankake -Per me niente è curioso prima delle undici!-
-Dormi così tanto?- chiese sorpresa, alzandosi dal letto e stirandosi.
Mangia un boccone della mia colazione scrollando le spalle. -Il più delle volte.- le risposi dopo aver deglutito.
Mi sorrise, scostandosi i capelli neri arruffati dal viso chiaro. -Anch’io dormo tanto. Non capisco proprio le persone fissata con lo svegliarsi presto, è così distruttivo!-
Mi versa una tazza di caffè e ne bevvi un sorso, poi feci un gesto con la mano mentre lei si avvicinava. -Ti ho preso dei cereali, non so cosa ti piace, se preferisci qualcos’altro chiedi pure alla recepsion.-
-Non ti scoccia pagare per me?- domandò un po’ timida.
-Non particolarmente.- mi limitai a risponderle.
Lei mi fissò con occhi da cucciolo, cavoli! Non avevo voglia di affezionarmi di nuovo a qualcuno! Ci sarebbe sicuramente stata una fregatura!
-Grazie.- bisbigliò.
-Di niente.- risposi con il massimo dell’indifferenza.
Prese la ciotola di cereali e ci versò il latte, poi si mise a sedere e mi fissò dalla sua sedia con sguardo curioso.
-Che cosa prevede la prima lezione?- domandò eccitata -Incantesimi? Pozioni? Un approfondimento sui miei poteri? O magari un modo per cacciare i vampiri?-
Alzai gli occhi al cielo: ero io che avevo ceduto, non avevo l diritto di lamentarmi dunque, ma come può una persona pensare di praticare la magia senza alcuna base teorica?
-Per oggi abbiamo in programma un magico giro per librerie dove comprerai dei magici libri teorici che studierai!- le dissi tutto d’un fiato.
-Teoria?-chiese facendo una faccia schifata.
Trattenei a stento una risata e le dissi tentando di assumere un tono serio: -La teoria è importante, mi spiace ma temo dovrai rassegnarti.-
-Ma è noiosa!- si lamentò, prendendo una tazza di cioccolata calda.
Che potevo dire? Odiavo la teoria almeno quanto lei, tuttavia… <>
Lei sospirò rassegnata, abbandonandosi sulla sedia e sorseggiando la sua cioccolata calda; in quel momento pensa che, in fin dei conti, farle da maestra poteva rivelarsi inaspettatamente divertente!

Il resto della mattinata la trascorremmo in giro per la città, che non era molto grande, ma aveva un libreria abbastanza fornita e Morgana si rassegno a leggere i tre libri che le avevo comprato. Presi anche un paio di libri per me e mentre passavamo da un negozio all’altro morgana mi chiese di spiegarle perché compravo varie piante o pietre, era molto curiosa e si guardava in giro divertita e entusiasta, come una bambina allo zoo. A metà mattinata ci fermammo in un bar a mangiare qualcosa e fu lì che sfogliando il giornale, scoprii che c’erano dei vampiri in città, a quanto pare Morgana quella mattina aveva indovinato.
Rientrammo in hotel alle undici e mezzo e decidemmo di pranzare con il sindaco, intuendo gia di cosa volesse parlarmi.
Posammo gli acquisti in camera e scendemmo al ristorante con largo anticipo: la sala adibita a ristorante era molto grande e spaziosa, diversi tavoli erano sparsi per la stanza, tutti apparecchiati con tovaglie bianche e tovaglioli arancioni, oltre ai bicchieri e le posate. Io e Morgana ci sedemmo al nostro tavolo e ci mettemmo a leggere mentre aspettavamo l’arrivo del sindaco: avevo portato con me il giornale e mi misi a leggere attentamente l’articolo. C’erano stati due morti la sera prima, due adolescenti, i cui corpi erano stati trovati completamente dissanguati e con due fori sul collo. La polizia stava facendo il possibile, ma nonostante le indagini i responsabili dei delitti rimanevano tutt’ora sconosciuti e introvabili, si raccomandava in oltre alla popolazione di non uscire di notte se non per ragioni molto importanti, di munirsi di crocifisso e di non invitare nessun estraneo ad entrare in casa. L’’articolo diceva inoltre che erano state uccise altre cinque persone prima di loro, nelle due settimane precedenti.
Scossi la testa seccata: a quanto pare sarebbe toccato a me occuparmene, ma perché se le cose continuavano così da due settimane il sindaco non aveva chiesto aiuto? In fondo la polizia aveva istituito delle squadre speciali per la caccia ai vampiri e agli esseri sovrannaturali. E poi c’era anche chi, come me, si limitava a far fuori i vampiri in stile “cacciatore di taglie”, anche se la cifra veniva solitamente concordata con il sindaco della città e non c’era una vera e propria taglia.
Lentamente nella sala pranzo arrivarono gli ospiti dell’hotel, non molti se devo essere sincera, ma con un vampiro in giro sarebbe stato strano il contrario. A mezzogiorno esatto il cameriere, una ragazzo giovane, sui diciotto anni, con i capelli biondi e gli occhi grigi, accompagnò al nostro tavolo un uomo alto all’incirca quanto me e un po’ grasso, sulla cinquantina, con i capelli grigi. Indossava un completo grigio con una camicia bianca e una cravatta grigia a righe, e portava dei mocassini neri ai piedi. C’era da dire che la video-lettera non gli rendeva proprio giustizia!
Mi alzai quando arrivò al tavolo e Morgana seguì il mio esempio dopo aver infilato il libro nella borsa.
-Buon giorno signorine.- disse l’uomo con un sorriso facendo un gesto per invitarci ad accomodarci di nuovo.
Ci mettemmo tutti e tre a sedere in silenzio, mentre il cameriere andava a prendere il menù fissai l’uomo seduto davanti a me chiedendomi cosa avrebbe detto. Sembrava incerto e insicuro, quasi non sapesse come iniziare il discorso, ed evitava di incrociare il mio sguardo. Sospirai seccata, era una scena che avevo vissuto fin troppe volte e ora iniziava a stancarmi; non volevo andare a caccia di vampiri, non ne avevo nessuna voglia, e poi, diciamocelo, non sarei stata in gradi di combinare niente!
Alla fine alzò gli occhi dal tavolo e incrociò i miei.
-Signorina MecCallister…- esordì l’uomo.
-Ecco vi il menù.- disse il cameriere porgendocelo e interrompendo il sindaco che sembrò perdere nuovamente il coraggio. -Intanto desiderate ordinare da bere?-
-Per me acqua naturale.- dissi aprendo il menù.
-Anche per me.- fece eco Morgana.
-Io vorrei del vino bianco della casa.- rispose il sindaco con un sorriso amichevole e garbato.
-Glielo porto subito signor Donovan.- disse il ragazzo con un sorriso e sparì a prendere le nostre bibite.
-Le stavo dicendo…- riprese il sindaco in tono più deciso.
-Signor Donovan, giusto..? prima di dirmi qualunque cosa potrei almeno conoscere il suo nome?- domandai cortesemente.
-Si, mi scusi.- si affrettò a dire imbarazzato -Mi chiamo Donovan, Arthur Donovan!- disse porgendomi la mano.
La strinsi con noncuranza, affrettandomi a presentarmi sebbene ero certa che non ce ne fosse bisogno. -Ester MecCallister, benché il mio nome lo conosca gia. Signor Donovan le spiace se ordiniamo prima di parlare? Ho la sensazione che se no ci metteremmo una vita per avere il piatto.-
-Ma certo, non c’è problema.- si affettò a rispondere lui.
Quando il cameriere arrivò io ordinai spaghetti agli scampi, Morgana prese i ravioli ai funghi e il sindaco ordinò un piatto dal nome strano, una pietanza tipica della cittadina.
Dopo aver ordinato il cameriere se ne andò e il sindaco mi guardò come per chiedermi il permesso di parlare, io gli sorrisi per incoraggiarlo, facendo un cenno con il capo. Lui si torse le mani, incerto su come andare avanti, era la prima volta che vedevo un cinquantenne comportarsi come un ragazzino nervoso e questo mi fece sorridere quasi senza accorgermene.
-Signorina MecCallister…- ricominciò di nuovo.
-Mi chiami pure Ester.- gli dissi con un sorriso amichevole, stavo sorridendo così tanto da farmi venire male alla faccia.
-Ester… ecco… non so se lo sa… ma…- continuò in tono incerto, come se non fosse affatto sicuro di quale fossero le cose giuste da dire.
-Ci sono dei vampiri in città.- lo precedette Morgana.
-Si, esatto… Abbiamo contattato le autorità per cercare di risolvere la situazione… ma…- continuò l’uomo sempre nervosamente.
-Vi hanno detto che erano oberati di lavoro.- dissi io al posto suo.
-Si… quindi io… mi chiedevo se…- farfugliò ancora incerto, sembrava esitante e davvero spaventato, non pena di essere in grado di mettere in soggezione.
-Vuole che Ester faccia fuori i vampiri?- chiese Morgana eccitata.
Le lanciai un occhiataccia che la zittì subito, lei fissò il tavolo a disagio, sembrava vagamente intimorita. Forse avevo esagerato, mi sembrava un po’ troppo mortificata, mi sentivo un po’ in colpa. Tuttavia… tuttavia proprio non volevo dare la caccia ai vampiri, proprio non me la sentivo! Nella mia mente, nel mio cuore e nella mia stessa anima riecheggiava un solo nome e questo non mi spaventava più, mi faceva solo male.
Mi ero allontanata da Asher per non perderlo, non volevo che facesse la fine di Creig, non lo avrei mai potuto sopportare. Se poi pensavo a Logan il senso di colpa mi soffocava, mi sentivo male al solo pensiero: avevo fallito, l’avevo perso, ero una buona a nulla! Cacciare i vampiri? Ma fatemi il piacere! Non sarei mai riuscito a fare qualcosa da sola! Se fino a quel momento ero sempre riuscita a cavarmela in ogni situazione era solo perché accanto a me c’erano Asher o Shadow ad aiutarmi, senza di loro cosa potevo fare? La sola idea era ridicola. Sarei morta, non sarei stata diversa da un'altra vittima.
-Signorina MecCallister… Ester… la prego… solo lei può aiutarci…- supplicò tristemente, gli occhi colmi di preoccupazione e di dubbio.
-Signor Donovan io non posso aiutarla, mi spiace.- risposi, dalla mia voce trapelava tristezza e dolore, non me la sentivo di affrontare dei vampiri, non ne ero in grado, ma mi sentivo in colpa per lasciarlo in quel guaio.
-La prego Ester!-
-Mi creda, se ne fossi in grado lo farei.- mi scusai. Sentii su di me lo sguardo cupo e sorpreso di Morgana, mi fissava come se non capisse cosa stessi dicendo. Non potevo dirle che non sarei mai riuscita a farcela senza Asher e Shadow, che da sola non valevo niente, ma era proprio così che stavano le cose…Da sola non valevo niente! Non ci potevo fare niente, illudermi non serviva.
-Ma lei ha gia ucciso dei vampiri, è una strega potentissima!- cercò di convincermi il sindaco. Strano, di solito ero io a convincere gli altri che ero tranquillamente in grado di cavarmela contro dei vampiri.
-No… non lo sono.- lo corressi scuotendo la testa: non ero potente, non ero riuscita a fare niente. Avevo perso tutti… Davanti ai miei occhi, ciò che avevo di prezioso si era infranto, sbriciolandosi e scivolandomi tra le dita, senza che io riuscissi a trattenerlo. Non volevo più perdere niente… Non potevo permettere che qualcun altro pagasse per la mia incapacità…
-Io non posso aiutarla.- ripetei vacua. -Ma posso contattare chi può farlo.- lo rassicurai, alzando lo sguardo a incrociare il suo.
Il sindaco sembrava scosso, ma fece un segno d’assenso con il capo mentre Morgana mi fissava sbigottita, senza sapere che dire. Le lanciai uno sguardo per dirle con chiarezza di non aprire bocca e lei rimase in silenzio, anche se ancora confusa.
Il cameriere arrivò con le nostre ordinazioni e tutti e tre mangiammo in silenzio, prendemmo solo il primo, nessuno aveva fame, io lascia metà pasta nel piatto.
Dopo pranzo diedi al sindaco il numero di un mio amico cacciatore di vampiri, poi lo salutai e salii in stanza con Morgana. Durante tutto il percorso in ascensore Morgana non aprì bocca, ma sembrava una bomba pronta a esplodere.
Appena entrata nella camera mi rivolse uno sguardo torvo, privo di qualunque tipo di cordialità o affetto. Feci un respiro profondo cercando di calmarmi: sarebbe stato un lungo scontro.

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Capitolo 29
*** capitolo 29 -Nessuna scelta- ***


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Vorrei ringraziare Verdolina^^! Il tuo entusiasmo mi ha trasmesso la carica^^!

 

Capitolo 29
-Nessuna scelta-



-Perché hai rifiutato l'incarico? Tu sei una cacciatrice di vampiri, sei stata tu a dirlo, ricordi?!- mi rimproverò lei con rabbia.
Eccola là, la bomba era esplosa, sperai che alla fine dell’esplosione io sarei stata ancora intera e non ridotta a un ammucchio di mezzi scomposti e sanguinanti.
-Io ero una cacciatrice di vampiri e non sono interessata a cacciarli ancora, non mi va più l'idea di rischiare di farmi ammazzare.- non ho ancora tendenze suicide.
-Ma se hai continuato a ucciderli fino ad ora, cos’è? Improvvisamente c’hai ripensato? Ti senti improvvisamente in colpa?- domandò in tono sarcastico.
La fissai sorpresa, poi scrollai le spalle e mandai uno sguardo esasperato al cielo: che avevo fatto di male?
-Non sono affari tuoi Morgana! Io non andrò a caccia di vampiri.- quante volte avrei dovuto ripetere quella frase prima di ficcargliela in tesata?
-Ma tu...- iniziai nuovamente in tono di protesta.
Feci un gesto con la mano come per troncare il discorso e le dissi a chiare lettere. -Della mia vita decido io, non andrò a caccia di vampiri e con questo il discorso è chiuso! Se non ti sta bene...bè... credo tu scappai che puoi tranquillamente andartene. Ho accettato di insegnarti ad usare la magia, non di ascoltare i tuoi capricci.-
-Ma non puoi abbandonare quelle persone, sono in pericolo.- dibatté, tentando di farmi ragionare, di portarmi dal suo punto di vista. Non riusciva a vedere il mio: se li avessi cercati avrei solo finito per essere un altra vittima, un altro nome nell'elenco dei morti, nient'altro.
-Gli ho dato il numero di un ottimo cacciatore, se la caveranno.- dissi, ma non ci credevo nemmeno io, probabilmente anche se sarebbe venuto, sarebbe arrivato troppo tardi, i vampiri avrebbero gia preso altre vite.
-Tu sei una strega e sei molto potente, potresti risolvere il problema in un paio d'ore.- protestò.
-Non sono così potente come credi e non posso risolvere il problema in un paio di giorni. Ho gia fatto tutto ciò che era in mio potere, fare qualcos'altro sarebbe impossibile.- risposi e lo pensavo, fare qualcos'altro oltre morire era impossibile!
-Ma...->
-Morgana, io non sono invincibile! Non so che accidenti ti aspetti da me!- argomentai tentando di spostare la conversazione su un binario meno accidentato,ma più pericoloso.
-Non mi aspetto che tu sia invincibile, voglio solo che tu li fermi, sei abbastanza forte per farlo!- fece guardandomi furente, sembrava incredibilmente determinata, da quando era così?
-Ti sbagli!- la mia voce era vuota, come se non contenesse niente, nessuna emozione, nemmeno la vita.
-Sei tu che ti sbagli! Sembri così spenta, come se non credessi più in niente, nemmeno in te stessa! E' questa la persona che sei? La persona che avresti voluto diventare? Qualcuno incapace di avere fiducia nelle proprie possibilità? E' così che volevi essere? io non credo! Tu sei molto meglio di così! Perché ti sei arresa?- urlò quasi, arrabbiata
La fissai sorpresa, poi mi arrabbiata anch'io: come si permetteva di giudicarmi?! -Io non mi sono arresa, ma non sono in grado di farcela da sola, tutto qui!-
-Si invece.- la sua voce suonò cupa e alterata, rimbombando nella stanza vuota.
-No invece! E poi tu che ne sai? nemmeno mi conosci!- esplosi, arrabbiata e depressa.
-Si invece! Tu non sei così! NON SEI COSì! Smettila!- gridò, sembrava quasi fuori di se, era preoccupante.
-Smettila tu! Non appiccicarmi addosso l'immagina idealistica ti eri fatta di me!-
-Quindi non li aiuterai?- domandò, fissandomi furente. -Da quando sei così? Da quando non ti importa degli altri? Da quando gli abbandoni? Tu hai sempre lottato! Non ti sei mai arresa! Non hai mai rinunciato! Perché ora fai così!-
-Tu non capisci! Non giudicarmi! Non ti azzardare a dirmi cosa devo o non devo fare della mia vita!- gridavo quasi, e non era da me, io dovevo rimanere calma.
Morgana mi fissò stralunata, poi scosse la testa con le lacrime agli occhi.
-Vado a fare un giro in città per calmarmi.- disse girandosi e dirigendosi verso la porta, aveva la voce roca per aver gridato troppo.
-Mi sembra una buona idea.- risposi seccata.
Appena la porta si fu chiusa mi buttai stancamente sul mio letto e scoppiai a piangere con la faccia contro il cuscino.
Pace. Volevo pace, volevo essere avvolta dal silenzio e dalla calma, volevo che tutto andasse bene, che tutto fosse bianco, tutto ancora da fare, le cose brutte ancora da accadere. Invece tutto appariva confuso, il dolore e il senso di colpa mi soffocavano e sentivo la mancanza di Asher così forte da farmi male. Perché non era lì ad abbracciarmi? Sapevo di non aver nessuna ragione razionale per essere arrabbiata con lui per questo; ero stata io ad andarmene e ora, lontano da me ovunque fosse era al sicuro… Lontano da me… Quel pensiero sembrava riecheggiare nella mia anima vuota e togliermi lacerarmi come gli artigli di un leopardo. Era lontano da me, tanto lontano, così tanto che anche se avessi allungato la mano, anche se lo avessi chiamato, non lo avrei raggiunto. Basta! Dovevo smetterla di torturarmi, avevo fatto tutto il possibile per proteggerlo quindi non dovevo essere triste. Adesso dovevo solo cercare qualcosa da fare, qualcosa che mi permettesse di restare viva e di non fare più del male a nessuno, un modo per andare avanti…
Non ho idea di quanto durò il mio pianto, ma alla fine mi addormentai esausta, con la faccia ancora rigata dalle lacrime e triste come non lo ero da molto tempo.

Il cielo notturno era luminoso, non c’erano nubi e la luna e le stelle splendevano luminose nel cielo scuro; sentivo il vento accarezzarmi i capelli, come un alito caldo,e il suono dolce di un canto avvolgermi confortante. Ero nel solito luogo di sempre ma mia sorella non c’era. Ero sola in quel luogo bellissimo e nostalgico. Ma se ero sola, da dove veniva quella canzone? In un attimo mi accorsi che ero io a intonarla, mi avvicinai all’acqua e fissandola mi accorsi che avevo l’aspetto di una bambina di otto anni… io a otto anni. Poi qualcosa cambiò nell’acqua e la mia immagine venne distorta fino a diventare qualcosa di diverso, senza sapere come mi trovai davanti a un ragazzino sui dieci, undici anni, dagli occhi e dai capelli nerissimi. Sussultai allentandomi mentre usciva dall’acqua: Asher. Si, era indubbiamente lui. Provai un moto di gioia trovandomelo davanti, grondava acqua, sembrava un pulcino bagnato, ma era comunque molto carino. Allungai una mano per toccarlo e lui me l’afferrò stringendola. Sorrisi, mentre lui mi fissava come se volesse risucchiarmi, il suo sguardo era freddo, attento e sorpreso.
-Straordinario.- bisbigliò assorto -Davvero straordinario.-
Provai ad aprire bocca per parlare, ma non ci riuscii, qualcosa mi bloccava. Improvvisamente provai paura: c’era qualcosa che non andava, mi sentivo in pericolo, Asher aveva qualcosa che decisamente non andava e sentivo che stava facendo qualcosa di pericoloso. Non capivo cosa succedesse, ma dietro di me sentii la voce di mia sorella chiamarmi, mi voltai e me la trovai davanti: aveva tredici anni e i suoi capelli erano spettinati, l’aspetto di solito curato era trasandato e il respiro affannoso rivelava che era arrivata di corsa.
Sentii Asher irrigidirsi e allontanarsi lentamente da me lasciandomi la mano, mi sorella spostava lo sguardo da me a lui, poi scosse la testa.
-Non lo farai.- disse con voce ferma -Non è ancora il momento, è ancora troppo presto, nemmeno lei è pronta per quello.-
Mi voltai verso mia sorella per chiedergli a cosa si riferisse, ma di colpo sentii un suono. Sembrava lontano, ma distinto e non smetteva: lo odiavo.

Aprii gli occhi lentamente mentre il telefono della mia camera continuava a squillare ininterrottamente. Maledizione! Non si può nemmeno dormire in pace!
Fuori della finestra era buio, il sole sembrava essere tramontato da un pezzo, le stelle si affacciavano silenziose sul manto oscuro del cielo mentre poche nuvole lo attraversavano. Fissai l’orologio che segnava le nove e tre minuti di sera, con gli occhi annebbiati dal sonno, chiedendomi come fosse possibile.
Il telefono continuava a suonare in modo seccante, afferrai la cornetta e seccata dissi:
-Chi accidenti è?- volevo tornare nel mio sogno, da Asher. Ero infantile, lo sapevo, ma almeno in quel sogno lui c’era ed era tutto mio. Ma perché? Perché me ne ero andata? Perché avevo pensato razionalmente? Perché non ero rimasta con lui?
-Salve strega.- disse la voce dall’altro capo del telefono. Era dolce, languida e mi dava i brividi, per un attimo mi sentii sbalestrata, ma mi ripresi subito: era una vampiro. A giudicare dal tono avrei detto che si trattava di un uomo, la cosa avrebbe potuto essere spinosa.
-Che vuoi succiasangue?- chiesi seccata -Stavo facendo uno splendido sogno prima che tu iniziassi a ronzare, stupida zanzara!-
La voce all’altro capo del telefono ghignò -Ma quanto sei gentile!- affermò sarcasticamente. -Se fossi in te modererei i termini.- aggiunse facendosi serio -Ho qui la tua amica.-
Sbadigliai, non riuscii a impedirlo, ero ancora mezzo addormentata e poi dissi con voce impastata -Ah,si? Salutamela allora!- e riagganciai. Non volevo mostrare troppo interesse e nemmeno ci sarei riuscita visto che la mia mente ancora vagava in una nebbia tenue. Mi lasciai cadere all’indietro sul materasso e rimasi un attimo stesa a fissare il soffitto. Il telefono squillò nuovamente.
Allungai la mano e lo afferrai, ma prima che potessi rispondere la voce dall’altra parte del telefono mi arrivò, cupa e furiosa -Come ti permetti?! Misero essere umano tu…-
Riagganciai nuovamente, non era proprio la serata giusta per insultarmi.
Il telefono squillò nuovamente, lo afferrai pronta a mandarlo a quel paese, ma stavolta all’altro capo del telefono non c’era il vampiro.
-Ester.- chiamò con voce strozzata Morgana, sembrava spaventata e insieme la sua paura pareva almeno lievemente controllata. -Ester io…-
La voce di Morgana fu sostituita da un'altra, quella del vampiro di prima -Capito strega? Ora farai bene ad ascoltarmi se non vuoi che l’ammazzi!- mi minacciò cupamente, la voce era bassa e faceva trapelare rabbia, malvagità e, in un modo non chiaro, divertimento.
Fui investita dal panico per un attimo, ma solo per un attimo. Sospirai e chiesi con voce ferma, calma e controllata -Che vuoi?-
-Te!- fu la pronta risposta, detta con durezza, ma stavolta priva di qualunque emozione.
-Mi spiace amico, non amo il sesso occasionale! E poi ho gia un ragazzo- scherzai, con voce poco convinta.
Sentii una risata stridente dall’altro capo del telefono, quando si calmò disse. -Accidenti! Non ci avevo pensato! Ma l’idea del sesso potrebbe non essere male! Come sei?- chiese allegro, come se l’idea lo divertisse. Sembrava la voce del gatto che aveva visto il topo e ora voleva giocarci.
-Impegnata. Taglia corto, mi sto rompendo a livello stratosferico!- dissi acida, non mi sono mai piaciuti i topi.
-Ma che ragazza aggressiva!- continuò giovialmente.
-Se non ti va bene cercatene un'altra!- la mia voce era come il vetriolo, non che a lui importasse molto. Rideva della mia ira come se la trovasse divertente e io non potevo far altro che arrabbiarmi perché la rabbia scacciava la paura. Era normale questo? Ma c’era mia stato qualcosa di normale nella mia vita?
-Sai se dici così mi rendi solo più curioso di quanto non sia nel vederti. La grande e famosa cacciatrice di vampiri che ha distrutto un anziano e sottomesso un demone.-
“Sottomesso un demone”? Questa mi era decisamente nuova.
-Allora, vogliamo incontrarci o no?- tagliai corto.
-Ma quanta fretta!-
-Ora riattacco!- avvertii.
-Vieni nel parco a sud del centro, ti aspetto lì, con la tua amica. E che sia chiaro, non ci deve essere nessun’altro.- la sua voce divenne piatta e inespressiva.
Nessuno… da sola… Non sarebbe stato così difficile visto che di fatto ero sola.
-Ci sarò, ma se la sfiori anche solo con un dito, bè, mi arrabbierò parecchio.- lo avvertii.
-E’ una minaccia?- domandò con disinteresse.
Quante volte mi avevano posto questa domanda? Ormai non tenevo più il conto!
-Quando sarà una minaccia, credimi, lo saprai!-
-Pensavo non ti importasse molto di lei.- continuò, spiazzato dalla mia reazione.
-Infatti non m’importa, ma non mi piace muovermi per niente.- il mio tono era inespressivo, almeno tutti gli anni passati con Asher mi avevano insegnato a fingere.
Riattaccò ridendo, ero riuscita a divertire un vampiro e a ficcarmi in un guaio gigantesco… D’altro non avevo altra alternativa che quella di andare, far morire Morgana non era una scelta…
Aprii la borsa e presi una collana con un cristallo bianco, un cristallo di luce, e una pistola con proiettili ai raggi ultravioletti (Nicolas era l’unico che riusciva a fare qualcosa di simile e in quel momento lo adorai con tutto il cuore.), odiavo le armi ma in quel caso il mio odio era superato dal mio istinto di sopravvivenza.
In meno di due giorni che mi ero separata da Asher avevo trovato un’allieva e avevo, in un modo non chiaro, finito per mettere me e lei in pericolo mortale; forse stavolta sarei morta davvero… bè, qual’era la novità?

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 -Nella rete- ***


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Grazie infinite e atutti quelli che leggono la mia storia... avevo intenzioni di finirla con il capitolo 30...ma pare che non sia possibile (troppo lungo -.-)
Auguro a tutti buona lettura^^!

 

Capitolo 30
-Nella rete-



Era freddo. Mentre mi incamminavo per le strade poco illuminate della città mi strinsi ancora di più addosso il lungo cappotto nero lungo, le nike nere facevano rumori soffocati sull’asfalto. Il peso della pistola aveva un che di rassicurante, nella mia mente continuavo a ripetere come un mantra gli incantesimi che avrebbero potuto tornarmi utili in quell’occasione. La luce dei lampioni era fioca e le strade del centro erano deserte; i negozi erano tutti chiusi e sprangati, la loro presenza trasmetteva un senso di angoscia e di oppressione. Nella città si respirava un aria lugubre, l’unico suono che le percorreva era il rumore del vento che trascinava dei fogli di carte e faceva ondeggiare le fronde degli alberi che erano ad alcuni metri da me, all’inizio dei giardini. Mi bloccai improvvisamente sotto un lampione, non avevo affatto voglia di avventurarmi in quello spazio buio e scarsamente illuminato, se non fosse stato per Morgana ora sarei stata beatamente addormentata nel mio grande e soffice letto, in hotel !
Mi rimisi a camminare cautamente, fissando nervosamente tra l’oscurità davanti a me alla ricerca di qualcuno, o per meglio dire qualcosa, di pericoloso. Un morto infondo non è una persona, ergo, definire “qualcuno” un vampiro significa umanizzarlo. Forse mi facevo troppi problemi.
Una folata di vento mi scompigliò i capelli e mi fece rabbrividire. Chiusi gli occhi e liberai i miei sensi, non era il caso di indugiare ancora, ero troppo nervosa! Percepii distintamente qualcuno che era poco davanti a me, alla mia sinistra: era un vampiro e con lui c’era un altro essere, non un essere umano, ma nemmeno una strega e non era un vampiro… Qui qualcosa non tornava! Dietro di me c’erano altri due vampiri e a diversi metri alla mia sinistra un altro ancora, ma di Morgana non c’era traccia.
Allungai la mano sotto il cappotto ed estrassi la pistola che era allacciata insieme alle munizioni alla mia gamba destra, tolsi la sicura e la puntai verso il vampiro alla mia sinistra, prendendo più accuratamente possibile la mira. Dietro di me sentii i vampiri avvicinarsi, feci qualche passo avanti e spiccai il più velocemente possibile il volo, poi presi la mira e sparai. Colpii in pieno uno dei vampiri che erano dietro di me e mancai di poco quello alla mia sinistra e mi voltai in tempo per scansare un colpo che veniva dall’altro vampiro dietro di me. Un urlo squarciò il cupo silenzio della notte e mi gelò il sangue nelle vene.
-Se non vuoi che la tua amica faccia una brutta fine i conviene fare la brava.- sibilò mostrando i denti. Era una vampira, alta e rossa, aveva all’incirca venticinque anni quando era stata morsa, e portava dei semplici jeans e una camicetta bianca con sopra un giacchetto di jeans.
Mi lasciai cadere senza fare una piega, ignorando completamente la vampira alla mia sinistra, e atterrando con un suono leggero e appena udibile. Lei atterrò subito dopo di me, con un suono ancora più lieve.
Il vampiro che avevo di fronte era una ragazzo sui 18 anni, aveva capelli nerissimi, che avrebbero dovuto ricordarmi quelli di Asher, ma al contrario dei suoi che erano lucidi, quelli erano scuri, come se fossero ombreggiati; gli occhi erano nocciola e non avevano niente di magico o di travolgente. Indossava una semplice maglia nera a maniche lunghe e un paio di pantaloni neri anch’essi. Teneva stretta Morgana con un braccio, puntandole un unghia innaturalmente lunga alla gola, mi sorrise affabile, il viso affascinante, ma non particolarmente bello –avevo visto di meglio- era in parte nascosto dalle ombre.
-Brava bambina.- bisbigliò divertito, era lo stesso tizio che mi aveva telefonato.
-Ora abbassa la pistola.- intimò con voce suadente.
Sorrisi, il mio miglior sorriso da strega. -Solo un attimo.- dissi e puntai la pistola contro la vampira senza guardarla con gli occhi ma solo con i sensi e sparai. Il tutto nel giro di massimo cinque secondi. Lei fu colpita in pieno e io mi voltai solo un attimo per vedere le vene che si riempivano di un liquido fosforescente e poi prendevano lentamente fuoco.
Mi voltai mentre bruciava, ignorando l’urlo che echeggiava nell’aria, mi voltai verso Morgana e l’altro vampiro con un sorriso freddo quanto lo zero assoluto aspettando in silenzio che parlasse.
-Perché l’hai fatto?- domandò, più curioso che preoccupato o arrabbiato.
Scossi le spalle -Solo per sfizio.-risposi fingendo una tranquillità che non provavo assolutamente.
-Dammi quella pistola.-ordinò premendo ancora di più l’unghia contro la gola di Morgana.
-Chi mi dice che quella è la vera Morgana?- chiesi con la calma più assoluta.
-Non lo vedi da te?!- replicò alzando un sopracciglio -Sei forse una strega così scarsa da non rendertene conto?-provocò con voce melliflua e uno sguardo che doveva essere di superiorità.
Scrollai le spalle con indifferenza, non abbarcando all’amo col quale aveva tentato di prendermi, e dissi con voce inespressiva -Può anche darsi.-
Avevo la pistola puntata al terreno, sentivo il vento accarezzarmi quasi sussurrando un avvertimento. Fissai la ragazza che avevo di fronte, stava piangendo, il volto rigato di lacrime, eppure non sembrava veramente spaventata, da lei non sentivo venire niente, guardarla mi lasciava del tutto indifferente.
-Ti prego,salvami.- farfugliò con voce rotta, appena udibile.
Il vampiro la strattonò -Chiudi il becco.- ringhiò, i suoi occhi si spostavano da me a lei in attesa di una mia qualunque reazione.
Li fissai senza dire niente, poi alzai la pistola e sparai alla ragazza, lui le si parò davanti per proteggerla e prese il proiettile che si conficcò vicino alla spina dorsale, cadde a terra, iniziando a bruciare. La ragazza si inginocchiò urlando e piangendo, ripetendo un nome che non riuscii a capire bene un infinità di volte. Sospirai seccata e liberai nuovamente i sensi. Rimasi praticamente congelata: ero circondata, non avevo vie di fuga, nessuna possibilità di fuggire.
Alzai la pistola valutando la possibilità di prendere la ragazza in ostaggio, ma l’abbandonai subito: anche se era dalla loro parte, in fondo quella non era altro che una vittima e io non facevo del male a un’innocente a meno che non fosse davvero strettamente necessario. Se anche l’avessi presa in ostaggio non ne sarei comunque uscita viva.
Sospirai stancamente e mi diressi al centro del parco, dove c’era una piccola fontana con un delfino che sputava acqua, prima l’avevo totalmente ignorata per via dello scontro. L’acqua della fontana era scura e verde, penso che non ci fossero pesci, anche perché nessun organismo vivente a parte un fungo avrebbe mai potuto sopravvivere lì dentro. Mi misi a sedere sul bordo della vasca, posai la pistola e accavallai le gambe, poi rimasi a fissare la ragazza in silenzio aspettando che si facessero avanti. Mi stancai subito: aspettare non era il mio forte.
-Okay, ora basta! Se avete intenzione di venire fuori fatelo ora, perché mi sono gia stancata.- gridai all’oscurità che ci avvolgeva.
-Che ragazza impaziente.-disse una voce dolce, dalla tonalità alta e squillante, sembrava irradiare allegria. -Come sempre del resto.-
Mi voltai trovandomi di fronte a una donna bionda con indosso un lungo vestito verde, la sua espressione tutt’altro che allegra, mi fece venire i brividi. La fissai senza dire niente, i suoi profondi occhi azzurri erano freddi. Dietro di me avvertii un movimento veloce, ma non abbastanza da non essere notato, e afferrai la pistola trovandomi a puntarla contro a un ragazzino di meno di 11 anni, gli occhi azzurri e i capelli neri. Dagli alberi spuntarono altri vampiri pronti a colpire nel caso avessi tentato di far del male al loro “cucciolo”. Non mi vi volle molto per realizzare che si trattava di un branco, anche se poco numeroso, incredibilmente più pericoloso di qualunque altra cosa vessi gia incontrato fino a quel momento.
Mi girai di nuovo verso di lui, rimanendo seduta, e gli feci segno di avvicinarsi, quando fece qualche passo verso di me avevo gia incrociato le gambe e appoggiato, tenendoci comunque la mano, la pistola in grembo.
-Come ti chiami?- domandai, quando ormai era a pochi centimetri da me, lo chiesi con gentilezza, non volevo spaventarlo, quel bambino era un vampiro recente.
Lui si guardò intorno come in cerca di una risposta, poi tornò a fissarmi, io ricambia lo sguardo con fermezza e gentilezza.
-Jessy… mi chiamo Jessy Olsen.-
Sorrisi e lasciai andare la pistola per porgergli la mano. -Piacere Jessy, io mi chiamo Ester MecCallister.-
Lui mi fissò sbalordito e del tutto spaesato, se gli avessi sparato come avevo fatto con i vampiri di poco prima, sarebbe rimasto meno sorpreso. Allungo lentamente la mano per stringerla, io gli sorrisi cordiale e lui ricambiò il sorriso incerto. Gli feci cenno di sedersi accanto a me e lui lo fece senza più guardasi intorno, ma appena seduto i vampiri avanzarono e lui scattò in piedi allarmato, come se si fosse accorto di aver fatto un errore madornale. Sorrisi e rimasi immobile, aspettando che si risedesse. Lui mi fissò spaventato e guardingo, vagamente ansioso e decisamente nervoso.
-Tranquillo, io mica mordo.- scherzai con serenità. Dovevo sapere cosa stava succedendo, qualcosa in tutto quel casino non tornava.
Lui rise alla mia battuta e si rimise a sedere sotto gli occhi sconcertati e preoccupati dei presenti.
-Allora Jessy, sai dirmi perché avete rapito la mia amica?- chiesi con disinvoltura.
Lui mi fissò spaesato, poi scosse la testa -Noi non abbiamo rapito nessuno.-
Gli risistemai una ciocca di capelli dietro l’orecchio, lentamente in modo da non sembrare in alcun modo intenzionata a fargli del male, e in effetti non lo ero.
-Avete attaccato voi gli abitanti della città?- chiesi nuovamente.
-No, non attacchiamo più gli essermi umani.- rispose lui con veemenza.
Era sincero, non gli credevo perché era un bambino, ma perché il mio intuito è qualcosa di cui mi fidavo sempre e in quel momento gli dava ragione.
Gli sorrisi, poi mi alzai in piedi e risistemai la pistola al proprio posto, riinserendo la sicura, poi accarezzai la testa di Jessy e feci apparire da dietro il suo orecchio un vecchio videogioco che Nicolas aveva lasciato tempo a dietro nella mia stanza, glielo porsi e lui lo prese raggiante. -Per le tue risposte.-dissi semplicemente.
Mi allontanai e i vampiri mi circondarono, fissandomi increduli e sorpresi.
-Perché?- chiese la donna di prima -Non volevi ucciderci?-
-No, se non fate fuori gli esseri umani non mi interessate. Io voglio solo quelli che hanno rapito Morgana… per una ragione non chiara.- conclusi sbuffando.-Voi sapete perché è successo tutto questo?- domandai.
-Noi…- iniziò con incertezza la donna, come se non fosse sicura di cosa dire.
Erano vampiri recenti, tutti quanti, forse per questo ancora non attaccavano gli umani, probabilmente erano ancora troppo attaccati alla loro umanità.
-Quello che ci ha resi vampiri… è stato lui.- disse il bambino afferrandomi la giacca e strattonandola per attirare la mia attenzione. Lo guardai aspettando che proseguisse, lui mi fissò sbattendo le palpebre, ancora incerto su cosa dire.
-Dove sta questo vampiro?- chiesi a nessuno in particolare. È
-È un anziano.- mi avvertì un uomo alla mia destra, aveva all’incirca trentacinque anni e i capelli biondi chiarissimi, quasi bianchi, gli occhi azzurri come il cielo e ovviamente era bellissimo.
-Lo terrò presente.- non feci in tempo a finire tutta la frase che tutti i presenti mi fissarono come se fossi totalmente pazza. Bè, era comprensibile, un anziano non era un vampiro comune, era più antico, infinitamente più potente e immensamente più pericoloso di qualunque altro vampiro, perché un anziano è un vampiro di quelli che hanno dato inizio a una discendenza di sangue senza contare che gli anziani non sono diventati vampiri, lo sono nati.
Il silenzio aleggiava pesante intorno a me, nessuno dei vampiri osava aprire bocca per rispondermi, alla fine mi spazientii.
-Allora, dov’è?- domandai sbrigativamente, non mi andava un gran che di rimanere a lungo in un parco pieno di vampiri.
-Sta in una cripta infondo al cimitero… è mezza sotterranea.-disse il piccolo sempre fissandomi, i suoi grandi occhi mi scrutavano curiosi e stupiti.
Gli sorrisi e feci un cenno col capo in segno di ringraziamento, poi mi avviai verso l’hotel: avevo bisogno di altre armi, di incantesimi, di rinforzi e di un miracolo!
Mentre camminavo continuavo a pensare ossessivamente a cosa fare e senza che me ne rendessi conto finii in una zona totalmente scura, ma il buio che mi circondava era del tutto innaturale. Qualcuno arrivò alle mie spalle, con passo leggero e felpato, a mala pensa mi accorsi che c’era qualcuno; sentii un dolore sordo e poi tutto si fece buio, come una notte senza luna.

Avevo freddo. Ero stesa su un pavimento freddo e duro, probabilmente di pietra, e sentivo un dolore pulsante alla testa. Qualcosa mi imprigionava le mani, qualcosa che era di ferro: manette probabilmente o forse catene… Uffa! Sempre la solita storia!
Aprii lentamente un occhio, poi l’altro, la luce era davvero fioca e a mala pena si vedeva il soffitto. Provai a girare la testa, ma il dolore si fece più acuto così rimasi immobile con gli occhi chiusi sperando che passasse. Stranamente il freddo invece che migliorare la situazione la peggiorava, il dolore si faceva più acuto.
-Sei sveglia strega?-la voce che pronunciò quelle parole era languida e fredda allo stesso tempo… la voce di quello che mi aveva telefonato. Ma come era possibile? Lo avevo ucciso! Ne ero sicura accidenti!
-Ester.- mi chiamò Morgana con voce strozzata e cupa, veniva dalla mia sinistra. Non provai ad aprire gli occhi, non volevo sentirmi male, perciò parlai con gli occhi ben chiusi e senza muovere un muscolo.
-Sono sveglia, ma sto da schifo.-dissi a voce bassa e seccata.
-Oh, povera piccola, ma quanto mi dispiace!- mi canzonò.
-Anche a me! Preferisco sentirmi così dopo una sbronza, almeno me la sono goduta… così invece non è divertente!- scherzai.
Lui scoppiò a ridere, la sua voce riempì la stanza creando una sorta di eco: doveva essere piuttosto ampia e con pochissimi mobili… bè, le prigioni non ne hanno molti in effetti e anche se io non ero riuscita a guardarmi intorno e potevo solo supporre che fosse una prigione.
-Dove mi trovo?- domandai con voce calma e indagatrice.
-Sei esattamente dove dovevi essere!- si limitò a dire il vampiro.
Morgana mi strinse la mano e bisbigliò -Mi dispiace tanto, è tutta colpa mia.-
Aprii gli occhi e mi guardai intorno: una segreta e delle catene, che novità! Sospirai, mi sentivo come un pesce nella rete, non volevo diventare la cena di nessuno ma in un covo di vampiri era proprio la fine che rischiavo di fare.
-Quanto tempo è passato? Da quanto sono qui?-domandai.
-Un giorno.-bisbigliò in un singhiozzo Morgana.
Mi alzai lentamente a sedere, mi avevano tolto tutte le armi, ero messa davvero male, a parte la mia magia e Morgana non avevo niente. E Morgana non mi serviva molto. Béh, nelle condizioni in cui ero nemmeno la mia magia. Mi sentivo fregata, una cosa che stava iniziando a succedere un po’ troppo spesso!

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 -un anziano- ***


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Dunque, nella mia idea iniziale la storia doveva concludersi con il capitolo 30, sta di fatto che questo non è stato possibile a meno di non lasciare la storia a metà. Allora eccovi qui il nuovo capitolo, mentre le cose da studiare si ammassano io continuo imperterrita a scrivere... per il prossimo mi spiace ma dovrete aspettare un bel pò...

Buona lettura... e grazie per avermi seguita

Capitolo 31
-Un anziano-



Odiavo camminare con le catene, mi facevano sentire una detenuta, ma quel vampiro che mi aveva parlato al telefono mi fece alzare e mi condusse al piano di sopra incatenata. Morgana era al mio fianco e mi stringeva la manica della giacca, sembrava un po’ spaventata, avrei voluto dirle di calmarsi, ma non pensavo che sarebbe servito a niente. Invece mi concentrai e liberai i sensi. In quel luogo (grazie al cielo non troppo grande) c’erano sei vampiri, più ovviamente un anziano. Forse me la sarei cavato dopotutto. Anche se tutti e sei i vampiri erano maledettamente potenti, per non parlare dell’anziano.
Camminando arrivammo in un ampio salone con un trono: megalomani! D’altronde credo che tutti i vampiri anziani lo siano. Sospirai mentre quel vampiro mi spinse avanti con violenza.
Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo sibilando acida. -Ti hanno mai detto che le ragazze non si sfiorano nemmeno con un petalo di rosa?!-
Stava trattenendo Morgana per un braccio e mi sorrideva mostrando i canini affilati: non lo ucciderò! Non lo ucciderò! Non lo ucciderò! Se lo faccio fuori finirò solo in un mucchio di guai, devo aspettare il momento giusto, poi con calma… uno a uno… Ma non era ancora il momento. Quella notte, secondo i miei calcoli era la notte di luna nuova e quindi forse sarei riuscita a cavarmela perché i miei poteri erano più forti quando non c’era la luna, non so il perché, ma quando è tutto buio loro sembrano crescere come se fossero ampliati da un qualche talismano.
Purtroppo quello era il tramonto e finché il sole non fosse stato veramente lontano dovevo trovare il modo di prendere tempo, sperando di non fare casino. Strano, di solito mi sentivo molto più sicura di me stessa… Però…
Il pensiero di Logan mi attraversò la mente come una lama sottile e affilata, mi sentii talmente male che avrei voluto scoppiare a piangere, il senso di colpa mi soffocava. Ma non potevo piangere, non davanti a un gruppo di vampiri. La notte stava calando, sentivo il sole scomparire all’orizzonte e il potere dentro di me farsi più forse ogni minuto che passava. Presto sarebbe sorta la luna, una luna oscura. Sarei riuscita a controllare il potere? Oppure mi avrebbe sopraffatto distruggendo me e tutti quanti? Indipendentemente da come sarebbe andata dovevo farlo, l’alternativa sarebbe comunque stata la nostra morte, quindi che avevo da perdere?
-Alzati strega!- tuonò l’uomo davanti a me, vestito in stile settecentesco, era seduto sul trono con un lungo mantello nero che pendeva dall’estremità della sedia, indossava stivali di pelle neri dai quali spuntava una calzamaglia nera e camicia bianca che lasciava intravedere lo stomaco. Nessuno gli aveva detto che la moda era cambiata?
Anche se la sua voce era forte, non era alta, eppure rimbombava nella sala e nella mia testa in modo continuo…che fosse un illusione? Alzando gli occhi sul suo viso restai di stucco: era bellissimo, incantevole, etereo quasi eppure del tutto alieno, sembrava irreale. Aveva la pelle chiarissima, tanto che sembrava trasparente, solitamente i vampiri dopo essersi nutriti hanno la pelle più rosea e calda, eppure avevo la sensazione che questo non valesse per quel vampiro. I capelli rossi avevano la sfumatura cupa e intensa del sangue e gli occhi erano neri, come l’onice, e incredibilmente freddi. Rabbrividii, non potei impedirmelo: non mi sforzai di percepire il suo potere perché non volevo sapere, avevo paura che altrimenti mi sarebbe mancato il coraggio. Quanto era potente? Il mio potere sarebbe stato sufficiente?? Non avevo mai eliminato un anziano senza Asher! Ce l’avrei fatta da sola? Sarei riuscita a salvare Morgana…da sola? Da quand’era che dipendevo tanto da lui? E perché non me ne ero accorta prima?
Continuavo a pormi mille domande, domande che non trovavano risposta.
Mi alzai con cautela, spostando gli occhi sul vampiro che teneva Morgana per un braccio, aveva l’aria di farle male, ma lei non diceva niente, mi fissava soltanto, preoccupata. Incredibilmente preoccupata. Non c’era bisogno di chiedersi perché considerando la situazione.
Mi voltai, il sole era tramontato, ora era più forte…c’era solo un problema, anche loro lo erano!
-Cosa vuoi?-domandai senza tanti preamboli.
Lui scoppiò a ridere -Che donna coraggiosa! Eppure non sei altro che un essere inferiore!- disse con voce cupa, tagliente e derisoria.
Sorrisi:quando sarebbe sorta la luna quella sera? Dovevo evocare Ecate, avevo bisogno che la luna fosse in cielo.
-Non hai risposto.-feci notare, facendomi coraggio… stavo cercando di prendere tempo, ma per quanto ci sarei riuscita?
Mi fissò irritato e io fui attraversata da un brivido. -Che cosa voglio? Che cosa mai potrei volere da qualcuno che uccide i vampiri?-
Era una domanda retorica, lo so, ma… -Che gli uccida un vampiro?- domandai con la massima innocenza. Se voleva la mia morte, che lo dicesse.
Lui scoppiò a ridere, cambiava umore con la stessa facilità con cui mia madre cambiava i gioielli che indossava: cioè molto, molto facilmente e velocemente.
-Io sono un vampiro.- mi fece notare, sorridendo e mostrando i canini appuntiti.
Scossi la testa. -No.- risposi con un filo di voce, la luna stava arrivando, avevo bisogno di tempo! Tempo! Almeno un'altra mezz’ora… ce l’avrei fatta? Speriamo…
-Non pensi che sia un vampiro?- mi chiese sorpreso e in qualche modo divertito.
-No.- confermai -Penso che sei un anziano.-risposi osservandolo da sotto le ciglia, avevo abbassato le palpebre, una reazione istintiva: mi aspettavo una sorta di esplosione.
Mi guardò, la sua faccia era diventata una perfetta maschera inespressiva, non lasciava trasparire nessuna emozione:era vuota e fredda. Rimase a guardarmi per alcuni secondi, senza parlare e io non dissi niente,speravo solo che la luna accelerasse la sua ascesa: la mezz’ora che avevo preannunciato si stava facendo troppo lunga!
-Come fai a dirlo?- chiese, i vampiri che erano intorno a lui mi fissarono.
Mi sbagliavo? Improvvisamente fui assalita dall’incertezza e provai a sondare il suo potere: era antico, antico come il peccato e potente, molto potente, ma non era una anziano, non era nato vampiro, ne ero praticamente certa. Probabilmente era stato il primo a essere vampirizzato da un anziano, ma non un anziano…che fare?
Provai a sondare tutti i vampiri presenti, pregando di individuare quello giusto e lo trovai: era dietro la sedia,oh, perdon, il trono e non ho idea di cosa stesse facendo, ma non mi piaceva per niente.
-Okay, scusa, mi sono sbagliata:non sei un anziano, sei il primo galoppino di un anziano!- mi corressi con sarcasmo -Dovrei iniziare a fidarmi meno di me stessa e più di… altre cose.- bisbiglia più rivolta a me che a loro.
-Dei tuoi poteri?!-domandò una voce nella mia testa, ma non era la mia: era bassa, cupa, oscura, profonda e incredibilmente bella. Eppure mi dava i brividi. Ma volevo sentirla, sempre di più desideravo sentirla. Che cosa strana mi stava succedendo? Avevo la sensazione che quella voce avrebbe potuto accogliere tutto, tutte le mie tenebre, tutte le mie paure, tutte le mie debolezze e che le avrebbe accettate, che le avrebbe amate in modo incondizionato.
Amato tutto… accettato tutto…tutto quanto… come un’oscurità buia che ti trascina nelle sue profondità. Attraente e pericolosa… una salvezza che odora di trappola. Poi sentii un dolore acuto e fortissimo, un dolore che non so da dove venisse.
-Stai lontano da me!-gridò qualcuno, una voce che non sapevo di chi fosse e che mi accorsi solo in un secondo momento che apparteneva a me. In quel momento mi resi anche conto di essermi accasciata al suolo con la testa stretta tra le mano.
Sentii ridere: una risata sinistra, orribile ed affascinante al tempo stesso.
Alzai li occhi e mi sentii male come mai prima di quel momento: era un uomo bellissimo, decisamente, ma a parte l’incredibile bellezza e la sua magia sarebbe potuto benissimo passare per un normalissimo essere umano: la pelle aveva un colore roseo, gli occhi erano di un azzurro chiarissimo e brillante, i capelli erano neri e gli incorniciavano il viso perfetto arrivandogli alle spalle. Eppure il suo potere riempiva l’aria come qualcosa di schiacciante, avrei voluto fuggire.
-Forse preferivi il mio primo “galoppino”?-domandò divertito, sottolineando la parola galoppino. Come prima la sua voce mi perforò al testa da dentro, sembrò arrivare proprio da me eppure ero anche conscia che così non fosse.
Quanto mancava? Non potevo aspettare, non sarei sopravvissuta se avessi aspettato.
Un urlo riempì la stanza, ma stavolta non ero io, ne ero certa! Mi voltai e vidi Morgana accasciata a terra: non c’era più tempo! Non avevo altra scelta. Richiamai a me tutti i miei poteri e evocai Ecate affinché mi desse la sua forza e la sua saggezza.
-Attenti.-lì ammonì l’anziano, ma era troppo tardi.
Scaglia contro di loro tutta la mia magia con un incantesimo che la tramutava in un vortice oscuro e tagliente, era come essere investita da un gigantesco muro, di loro non avrebbe mai potuto rimanere molto. Il mio potere riempì la stanza cancellando tutto il resto, per un attimo tutto divenne bianco e io mi sentii incredibilmente libera.
Avevo gli occhi chiusi e quando li riaprii c’erano solo due vampiri nella stanza: uno era l’anziano ed era accasciato al suolo, come me, l’altro era il vampiro che teneva Morgana e che non avevo attaccato per non ferire lei.
Mi alzai: dove erano le mie pistole? Dovevano essere lì da qualche parte, magari in un punto buio. Si…magari! Chiusi nuovamente gli occhi e mi concentrai mentre sentivo il vampiro che teneva Morgana parlare, le sue parole svanivano senza raggiungermi, niente riusciva a toccarmi. Ero un ombra persa nell’oscurità e nell’oscurità trovai potere e …qualcosa di più tangibile. La pistola mi si materializzò in mano e io mi voltai alla velocità della luce e sparai in fronte al vampiro, che barcollando lasciò andare Morgana mentre lentamente prendeva fuoco. Mi voltai verso l’anziano: mancava solo lui. Ma d’improvviso mi trovai scaraventata da una forza potentissima, sentii un dolore lancinante alla bocca dello stomaco, mentre rotolavo inerte a terra.
Aprii gli occhi senza puntarli in un punto preciso mentre ero sdraiata al suolo, ogni muscolo del corpo mi faceva male e non riuscivo a muovermi bene, avevo fatto un volo di almeno una decina di metri e ero finita a terra rotolando per un altro paio: ma quanto era grande quella stanza? Guardandomi intorno mi resi conto di aver rimbalzato sulla parete e rotolato a terra era per questo che tutto il corpo mi faceva male in una maniera oscena, avrei voluto gridare.
-Sei davvero potente, non c’è che dire.- disse una voce sibilante, visto che l’unico che era rimasto vivo era l’anziano immaginai che si trattasse di lui. -Ma la tua vita termina qui, in questo preciso momento!-la voce trasudava rabbia.
All’improvviso sentii una mano fredda e screpolata stringersi intorno al mio collo, la mano era piena di rughe e sembrava quella di un vecchio, era fredda come un cubetto di ghiaccio e forte. I miei poteri l’avevano indebolito tanto da sfinirlo, ormai anche il suo aspetto doveva essere ridotto a un colabrodo. Le palpebre erano troppo pesanti, non riuscivo in alcun modo sollevarle o forse la verità è che in alcun modo volevo sollevarle, avevo la sensazione che ciò che mi sarei trovata davanti non mi sarebbe in alcun modo piaciuto, nemmeno in parte. Non riuscivo a respirare, era davvero doloroso, non avrei mai creduto che essere strozzati facesse così male. Scalciavo debolmente, muovermi mi causava ancora più dolore visto che ero tutta ammaccata.
Dovevo usare di nuovo i miei poteri, dovevo scagliargli contro un qualche incantesimo! Presto! Non c’era più tempo! Ma la mia mente era vuota e mentre mi concentravo per richiamare il potere la sua mano si strinse ancora di più intorno alla mia gola, quasi stritolandola. Cercai di ignorare il dolore per concentrarmi ma mi mancava l’ossigeno e sentivo la mia mente appannarsi: stavo svenendo!
No! No! Dovevo resistere! Però non ce la facevo, non ci riuscivo…
-Asher.- mi uscì il suo nome dalle labbra prima che potessi fermarlo, l’unica persona che poteva salvarmi in quel momento l’avevo lasciato a diverse miglia di distanza e ora rischiavo di non vederlo mai più.
Sentii una lacrima scendere sulla guancia prima di chiudere gli occhi, esausta e sconfitta.
“Non arrenderti.”bisbigliò una voce dentro di me, una voce dolce e gentile, una voce rassicurante che mi faceva sentire bene. Era una voce femminile e non assomigliava affatto alla mia, non assomigliava a nessun altra voce che avessi sentito, eppure mi comunicava un forte senso di nostalgia…
“Non ce la faccio.” Pensai in risposta a quel bisbiglio “Sono troppo stanca, troppo… debole. Non ho la forza.”
“Si invece! Puoi farcela, sei abbastanza potente! Non tirati indietro! Insisti! …O forse vuoi rinunciare? Vuoi davvero che tutto finisca così?”
Io… così… tutto… No! Non lo volevo! Non volevo morire! Non in quel modo, non in quel momento! L’idea che tutto sarebbe finito così non mi piaceva, era insopportabile! C’erano tante cose che volevo fare ancora. Prendere il vampiro che aveva ucciso mia sorella; tornare da Asher, anche se forse era un suicidio, e dirgli cosa provavo per lui (decisamente un suicidio!); volevo riabbracciare Shadow e volevo assolutamente salvare Logan. Però il desiderio più forte riguardava davvero Asher, non sopportavo di lasciarlo in quel modo, non sopportavo di andare in un luogo in cui lui non ci sarebbe mai stato, che forse non avrebbe mai visto. Volevo Asher, volevo vederlo, stare con lui, passare il tempo insieme… anche se forse ci saremmo scannati a vicenda, non mi importava. Volevo vederlo, almeno un'altra volta… chiarire le cose… Lo desideravo tanto… ma così tanto… non potevo rinunciare! Dentro di me sbocciò forte il coraggio.
“Che posso fare?” chiesi ed ebbi come l’impressione che quella voce sorridesse… aveva senso? Una voce poteva sorridere…? Era una sensazione, sembrava così giusta, esatta, come se l’avessi vista… ma visto chi? Quello non era il momento di pensarci, anche considerando che ero gia nei casini senza preoccuparmi anche di quella cosa.
“Credi in te stessa!”rispose la voce, gentile, paziente, felice “Credi nei tuoi poteri! Le tue paure, le tue incertezze, le tue ansie… la rabbia e il rancore…mettile da parte… liberati di tutto! Libera il tuo potere! Lascia che fluisca, che vada dove vuole, che realizzi ciò che vuole! Tu puoi controllarlo, ma puoi farlo solo se non ti ci intestardisci troppo! Sii il potere, sii libera!”
Lo feci e fu così per davvero. Cercando di lasciarmi alle spalle tutto, liberai il mio potere, senza alcun freno, lasciando che esplodesse e mi percepii in esso come un essenza vuota ma al tempo stesso ricolma di mille cose diverse e infinita. Vidi tutto bianco, tutto per un attimo mi sembrò perfetto e io mi sentii completa., poi le cose tornarono al loro posto e tutto divenne nuovamente reale.
Il dolore era svanito, mi sentivo come se mi fossi appena svegliata: intorpidita ma assolutamente tranquilla, serena, forte, carica… in una parola mi sentivo bene. Percepii, e fu una sensazione strana e disgustosa, la mano del vampiro sciogliersi lentamente mentre veniva distrutta dal mio potere che lo investiva. Sentivo la sa carne i capelli e le ossa che si sbriciolavano scomparendo, esattamente come un corpo qualunque che viene in contatto con il vetriolo, ma la cosa non si limitava a questo: io lo sentivo! Era come se lo stessi toccando con le mani mentre lo distruggevo. Mi sentivo incredibilmente potente, elettrizzata, felice e libera ma al contempo ero disgustata per ciò che stava accadendo, come facevo a provare tutte queste sensazioni insieme? Eppure in quel momento tutto questo non aveva nessuna importanza per me.
Poi il mio potere riempì la stanza, permeandola, per un attimo pensai che le pareti sarebbero esplose, e andò o per meglio dire andai in cerca di Morgana. L’idea era quella di curarla visto che le avevano fatto del male, o almeno così mi era sembrato, ma in quella stanza non c’erano altre streghe, nemmeno esseri umani… cavolo: non c’era proprio nessun essere vivente! Non percepivo niente di vivo, niente di “normale” e con normale intendo vampiri, licantropi, demoni e affini…
Aprii gli occhi rendendomi conto che stravo fluttuando in una corrente di potere: i vampiri erano tutti morti ma il freddo della stanza restava immutato, come se le pareti e i pavimenti avessero assorbito la loro essenza.
Morgana mi guardò sorridendo con dolcezza, era lontana da me di almeno un paio di metri e se ne stava in piedi assolutamente tranquilla e serena, sembrava molto più adulta dei suoi sedici anni, sempre che ne avesse davvero sedici, ora mi sentivo una stupida e un ingenua per averle creduto...Quanto mi sarebbe costata questa fiducia?
Nella mia mente percepii la stessa voce di prima, suadente e vellutata.
“Sei stata brava!”fu tutto ciò che disse, poi la luce si sprigionò dal suo corpo.

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 -Un nuovo viaggio- ***


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Ciao a tutti^^! L'attesa non è stata poi così lunga, vero? O forse si... prometto che quando gli esami saranno finiti scriverò più in fretta...

Bacioni a tutte e buona lettura.

Capitolo 32

-Un nuovo viaggio-

 

Fu strano, la luce si emanò direttamente dal suo corpo e lo avvolse, era impossibile guardarlo e io distolsi lo sguardo, poi svanì nel nulla ma nell’aria rimase la sua essenza: incorporea, intangibile eppure forte ed eterna. Mi avvolsi nel mio potere come in un bozzolo così da essere al sicuro.
“Non temere”sussurrò “Non devi avere paura di me.”
Le credevo. Non sapevo dire perché ma sentivo che non mi aveva mentito, che non mi avrebbe mai fatto del male, sentivo che mi era amica e che potevo fidarmi di lei, sempre. E poi provavo un intensa sensazione di nostalgia.
-Chi sei?- domandai, eppure dentro di me sapevo di conoscere la risposta.
“Te l’ho gia detto, sono Morgana. Non ti ricordi proprio di me? … ci siamo gia incontrate… dopo la morte di tua sorella.”
-Dopo la morte di…? Sei… la gatta?- la mia voce trasudava incredulità. Come diavolo era possibile.
“Sono il tuo spirito familiare, la tua guida e il tuo sostegno, almeno in teoria.” Mi spiegò con voce dolce e calma, come quella di una madre.
-Allora perché sei scomparsa?-domandai, era sparito per diverso tempo.
“Perché era inutile rimanere con te. Avevi scelto una strada, avevi rinunciato a te stessa e io non potevo fare niente per aiutarti.”spiegò con tristezza.
-Non è vero! Non ho rinunciato a me stessa!- ribattei imbronciata.
“Si, invece. Hai rinunciato a te stessa e al tuo cuore, hai lasciato che il dolore e la rabbia prendessero il sopravvento. Hai smesso di credere nei sentimenti e nelle persone che ti circondavano, ti sei rinchiusa in te stessa, come se volessi fuggire da tutto, forse scioccamente pensando che così non avresti più sofferto. Hai usato la tua rabbia come un appoggio per rialzarti e per combattere. Ti sei lasciata trascinare dall’oscurità, diventando una vendicatrice, eri come l’ombra generata dalla luce di tua sorella… l’ombra della luna. Eri l’ombra di ciò che potevi essere, l’ombra di ciò che tua sorella voleva che diventassi, l’ombra di ciò che realmente potevi diventare!”
Rimasi spiazzata a fissare il vuoto: come si fa a guardare qualcuno che non ha un corpo o un aspetto?
“Eppure qualcuno è riuscito a farti di nuovo aprire il cuore e tu hai ricominciato ad amare e a credere. Certo c’è voluto davvero molto tempo, tu eri davvero cocciuta e resistente, ma alla fine qualcuno ti è entrato nel cuore a forza, aprendolo a poco a poco, anche se rifiutavi l’idea di amare nuovamente… specialmente lui, alla fine non sei potuta fuggire da quel sentimento. Poi hai perso di nuovo fiducia, ma stavolta non hai smesso di credere negli altri o nei tuoi sentimenti, hai smesso di credere in te stessa. Quando l’ho percepito… io… non potevo stare ferma. Non avevo tempo da perdere perché ora saresti stata in pericolo, ti eri fatta troppi nemici e avevi anche una fama un po’ troppo grande. Avevi bisogno di ritrovare la tua autostima e di credere nei tuoi poteri, una volta ancora, di nuovo… ma come? Come potevo fare? Cosa era necessario per far si che tu credessi di nuovo in qualcosa? Senza avresti potuto ritrovarti in pericolo.”raccontò con voce calma ma carica di tensione. “Quando ti raggiunsi mi sentii subito meglio: stavi bene, almeno fisicamente. Subito mi avvicinai a te, usai come scusa il fatto di aver bisogno di una maestra e mi finsi una strega. Probabilmente non lo ricordi, ma tutto ciò che ho detto è copiato esattamente da un libro che mi hai letto quando eri piccola e io stavo con te con l’aspetto di una gatta. Il mio nome era quello che mi avevi dato allora:Morgana.”
-Non hai un nome?- domandai curiosa.
“No, ho solo quello che mi hai dato tu. Io sono nata con te, sono il tuo spirito familiare, devo guidarti e proteggerti, io vivo in tua funzione perché in un certo senso sono parte di te.”
-Capisco… in realtà no, ma va bene anche così.- dissi con un sorriso, l’aria introno a me era elettrica, piena di energia e potere, stavo ancora a diversi metri dal suolo, riuscivo solo a mantenere il potere intorno a me, senza fare del male a nessuno.
Lei sorrise… ne ero certa anche se era impossibile dirlo, lei mi sorrideva e penso lo facesse con una certa dolcezza, poi la sua voce divenne incredibilmente seria.
“Dovevi credere in te stessa, ritrovare la fiducia che avevi perso, quindi pensai che se avessi sconfitto dei vampiri, forse la tua autostima si sarebbe nuovamente innalzata. Perciò ho tentato di spingerti ad affrontarli…”
-Mi hai dato addosso per questo?- domandai arrabbiata
“Non ti ho dato addosso!” si difese.
Scossi la testa in segno di diniego -Mi hai dato addosso eccome! E non ne avevi nessun diritto tra l’altro! Erano le mie decisioni! La mia vita! Mi hai quasi fatto uccidere! Anzi ci hai quasi fatto uccidere entrambe! Come hai potuto essere così avventata e stupida?- era la prima volta che facevo una ramanzina, ma stavo andando bene, vero?
“D’accordo, ho esagerato!” dal tono sembrava che stesse facendo il broncio. “Ma avevo poco tempo. Questo era il momento giusto per liberare i tuoi poteri, per cambiare… non potevi andare avanti così, non avevo intenzione di continuare a guardarti mentre ti rovinavi la vita!”concluse con rabbia.
-Di che stai parlando?-
“Sto parlando di te Ester! Di quello a cui hai rinunciato, della parte di te stessa che hai rifiutato e seppellito, della tua dolcezza e della tua fragilità, della tua innocenza che hai abbandonato. Sei fuggita! Hai diviso in due te stessa e hai ucciso una parte di te per diventare ciò che sei ora: una vendicatrice. Uccidi vampiri senza fartene un problema, non ti interessa chi muore, cerchi solo vendetta e hai rinunciato alla tua dolcezza, alla tua gentilezza.”
-Io sono gentile.-
“Si, ora lo sei, lo sei perché quel demone  ti ha costretto ad aprire il tuo cuore… Ora lui ti sta cercando, se non ti ha ancora trovato è solo perché ti ho schermato…lo sto facendo anche adesso.”
-Asher mi sta cercando?- chiesi, e non riuscii a nascondere la gioia che provavo e che trapelava da ogni parola. Cercai di darmi un contegno, ma non potevo evitare di sorridere, era più forte di me; nella mia mente c’era un'unica frase che la riempiva, era come trovarsi davanti a una gigantesca scritta lampeggiante: Asher ti sta cercando… come suonava bene!
“Non potevo permettergli di incontrarti, avevo paura che se vi foste visti avresti potuto appoggiarti a lui e non ritrovare la tua forza e la tua determinazione.”
Annuii, non mi importava molto, ero felice anche solo che mi cercasse,
“Ester concentrati. Quel demone ha cercato di ucciderti quanto eri piccola sai? Era per il tuo potere, era interessato a prenderlo. Il tuo potere è molto particolare e molto raro, un potere che appartiene solitamente ai demoni, il potere di controllare l’oscurità, ogni tipo di oscurità. Certo, la tua famiglia è di antico lignaggio, nelle tue vene scorre più magia che sangue, anche per questo sei davvero molto potente. Il tuo potere attirò quel demone e tu ti avvicinasti a lui senza timore…credo fosse nel tuo destino. Lui tentò di ucciderti, d’altronde era un demone, che ti aspettavi? Ma tua sorella lo fermò, poi sigillò i tuoi poteri perché voleva che tu avessi una vita normale, per quanto possibile. Ma i tuoi poteri erano troppo forti, l’avrebbero impedito! Quando morì il sigillo si indebolì sempre di più e lasciò trapelare lentamente i tuoi poteri, era per questo che diventavi più forte mano a mano che il tempo passava. I tuoi poteri non potevano ancora crescere, ora che il sigillo si è del tutto rotto però inizieranno a farlo. E diventeranno sempre più grandi… e tu hai gia problemi adesso a controllarli.”
Niente da dire su questo, ero ancora avvolta dall’energia e non perché mi piacesse, anche se in effetti mi piaceva, è che non riuscivo a tirare del tutto le redini del mio potere. Era troppo grande… io non posso fare sempre tutto.
“Ester…”sospirò tristemente “Tu stai gettando via la tua vita. Pensa a te stessa: non era così che volevi diventare, non era questo quello che volevi essere! Girovaghi per il mondo come una trottola, non hai nessun appiglio, nessuna casa in cui tornare, nessuno che ti aspetti…era questo quello che volevi essere? Capisco che il dolore e la rabbia ti abbiano trasformati, ma pensaci bene: questa sei veramente tu? Ciò che sei diventata non era questo che tua sorella voleva che fossi! E soprattutto non era ciò che tu volevi essere! Ester ricordi come eri veramente? Hai rinunciato a te stessa spinta dalla rabbia, lo capisco, ti avevano rubato la tua famiglia, ti avevano portato via tutto ciò che avevi di prezioso a questo mondo… tutta via hai gettato via un’importante parte di te! Una parte così preziosa… la tua fragilità e la tua gentilezza fanno parte di te stessa, sono un importante parte del tuo cuore…”
-Te l’ho gia detto, io non…- ma non terminai la frase, aveva ragione. Avevo usato la rabbia come un appoggio ed ero cambiata, quando ero piccola non avrei ucciso nemmeno una farfalla, ora uccidevo mostri e vampiri come se niente fosse, che cosa ero diventata? Ma non potevo farci niente. Mi avevano privato di tutto ciò che avevo, non mi era rimasto niente, allora non avevo più alcuna ragione per vivere, mi sentivo vuota. Dopo la morte di mia sorella persi me stessa, la rabbia era l’unica cosa a cui potevo aggrapparmi per non sprofondare nel baratro della disperazione… se vi avessi rinunciato sicuramente sarei morta. Invece la feci diventare la mia forza, nascosi la mia fragilità, non mi rendevo conto di quanto in realtà continuassi ad essere fragile… e ora… io… sarei davvero forte? Io che di nuovo ho perso qualcuno a cui tenevo…che non ho saputo proteggere gli altri…che scappo da chi amo per paura di perderlo…sono forte? Assolutamente no! Non era questo quello che avevo desiderato essere, non era questo quello che volevo per me.
“Rifletti attentamente… ricordi ciò che desideravi veramente quando eri piccola, ciò che chiedevi guardando la luna? Come è possibile che tu sia diventata così diversa da dimenticarlo? Come è possibile che tu l’abbia seppellito dentro di te? Io non ci credo! Non voglio crederci! Penso che quella parte di te viva ancora, che non abbia dimenticato i suoi sogni! Ester quel desiderio era più che giusto e più che legittimo! È quello che tutti nel loro cuore vogliono, quello che tutti in realtà desiderano fortemente…avere attorno a se un amore traboccante… avere una casa e una famiglia, è un desiderio così semplice e così importante. Lo ricordi… il tuo desiderio?”
Non dissi niente, mi limitai ad annuire con gli occhi fissi al suolo.
Ricordavo distintamente che da piccola desideravo una famiglia e una casa piena di affetto, ma dovevano essere miei, miei e di nessun altro. Volevo che mi appartenessero, così nessuno avrebbe potuto privarmene, stupidamente pensavo che il vuoto che avevo sempre sentito dentro e che mi accompagnava sarebbe svanito se li avessi trovati. E ora che ero davvero sola, ora che non c’era più nessuno accanto a me… ora che ero diventata una sorta di assassina… ora io… avrei voluto tornare indietro. Eppure non riuscivo a pentirmi delle mie scelte. Sapevo che la strada che avevo imboccato, per me , in quel periodo della mia vita, era l’unica possibile ed era l’unica giusta… o forse volevo solo convincermene, forse volevo solo credere di non aver sbagliato strada. In fondo quella strada non mi aveva certo portato incontri spiacevoli… bè, almeno non sempre.
“Ciò che sei diventata faceva parte del tuo percorso, ciò che diventerai da ora in poi invece devi deciderlo a partire da adesso.”
-Credo sia un po’ tardi per cambiare.- le feci notare
“Non è mai tardi per cambiare, puoi farlo. Ma per farlo devi tornare indietro, devi tornare all’origine per trovare le risposte che cerchi… non le troverai altrove.”
-Vuoi dire che dovrei tornare a casa dei miei?- rabbrividivo al pensiero. Un enorme villa vittoriana a metà tra Atlanta e Dallas, nella periferia di una minuscola cittadina di nome Sheining town. Clima temperato, luogo tranquillo, in mezzo al verde.. eppure la sola idea di tornarci mi faceva rabbrividire: non volevo assolutamente vedere i miei!
“Ormai sei grande Ester, non puoi aver paura di vendere i tuoi genitori!”mi prese in giro, il tono era incredulo.
Risposi solo con una risata nervosa: che potevo dire? Avrei preferito incontrare il diavolo in persona piuttosto che loro!
“Li troverai una nuova strada, ci sono molte vie che portano alla stesso posto, non dimenticarlo e non avere fretta.”
Detto ciò una scia di luce mi circondò e io mi sentii incredibilmente bene, era come essere abbracciati, sentivo un grande calore dentro di me. Poi la luce si dissolse in moltissime scintille.
E così, un nuovo viaggio aveva inizio…

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 -Ritorno a casa- ***


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Capitolo 33
-Ritorno a casa-



Una volta Nanson Mandela disse “Niente è come tornare in un luogo rimasto immutato per capire i modi in cui abbiamo cambiato noi stessi.”, ma per tornare nel mio luogo immutato ho dovuto attraversare un paio di stati…alla fine quando sono arrivata ero distrutta. Il viaggio è durato due giorni, tra treni e autobus, alla fine ho noleggiato una moto e sono andata con quella fina a casa. Non ho preso aerei perché non mi piacciono, ti impediscono di viaggiare davvero perché tutto quelle che puoi fare è stare seduto e aspettare di atterrare. Un vero viaggio si fa guardandosi intorno, vedendo quello che ci troviamo davanti… altrimenti l’esperienza che vivi non significa niente.
Arrivai davanti all’enorme cancello che circondava la villa immersa tra gli alberi, la cittadina era vicina al Mississippi, il clima era fresco e umido, il sole splendeva caldo in un terso cielo azzurro e filtrava tra gli alberi. Il cancello di metallo davanti a me comunicava freddezza e mi faceva sentire ancora più fuori posto: non ricordo di essermi mai sentita a mio agio in quel posto dopo la morte di mia sorella.
Il citofono era a lato dell’entrata del cancello, su una colonna di mattoni su cui spiccavano i cognomi Rolands e MecCallister scritti con lettere dorate. Premetti il tasto e una voce familiare e gracchiante rispose, distorta dal microfono del citofono.
-Buongiorno, come posso aiutarla?- era strano sentire parlare il nostro maggiordomo dopo tanto tempo, il suo forte accento inglese mi sembrava ancora più strano di quanto lo trovavo da bambina.
Sorrisi e scossi la testa, poi dissi. -Sono io Award.- chissà perché tutti i maggior domi hanno nomi simili.
-Lei...chi, di grazia?- domandò risentito.
Scoppiai a ridere, il modo in cui lo aveva chiesto mi risultava troppo comico.
-Sono io, io! Ester! Ti ricordi? La ragazza che ha distrutto il tuo prezioso vaso antico…- dissi scherzando, non lo avevo fatto apposta, era che avevo perso il controllo dell’incantesimo.
Il cancello fu aperto con uno scricchiolio, non capii se Award fosse ancora arrabbiato con me o gli fosse passata, dopo sedici anni avrebbe dovuto averla superata…
Entrai camminando e trascinando la moto, attraversai in silenzio il grande piazzale deserto, girando attorno all’aiuola ben tenuta al centro del piazzale, c’era anche un albero che sembrava un alce.
Scossi la testa pensando che era tipico di mia madre essere così megalomane e puntigliosa. Parcheggiai la moto davanti al portone di casa e salii di corsa i tre scalini che mi dividevano dalla porta trovandomi davanti a una strana sensazione… da un lato mi sentivo nostalgica, dall’altro avevo solo voglia di fuggire. Feci un respiro profondo mentre la porta si apriva e mi trovai davanti a un uomo alto, mingherlino, vestito con un completo nero e una gravata intonata, sotto la giacca indossava una camicia bianca. I capelli biondi erano ordinatamente pettinati all’indietro e lo sguardo che mi rivolse era allegro e misurato, però esprimeva calore.
-Bentornata signorina.- disse con un sorriso gentile, era fermo nella sua posa rigida, era tipico da parte sua.
Lo abbracciai rivolgendogli un sorriso che non ho idea di come fosse, ma penso che ricordasse molto quello che avevo da bambina. Anche lui ricambiò per un attimo il mio abbraccio prima di allontanarmi: aveva gli occhi lucidi.
-Signorina Ester…abbracciare un domestico…- mi rimproverò con voce rotta.
Mi trattenei a stento dal ridere, Award e le sue stupide regole di etichetta, era davvero un inglese!
-Come stanno Dora e Andrew?- domandai.
Dora era la nostra governante, una donna alta la metà di Award e al contrario di lui aveva una caratterino tutto pepe, era energica, vitale e molto allegra, io e mia sorella venivamo sempre travolte dalla sua esuberanza. Andrew era il loro figlio, era nato quando io avevo cinque anni, era un amore, da piccola mi divertivo sempre a fargli i dispetti, ma solo perché era lui il primo a farmeli.
-Stanno molto bene.- rispose con un sorriso.
-Award? Chi è arrivato?- domandò una voce dolce e squillante, Dora venne avanti, indossava un vestito con sopra un grembiule bianco, era sporca di farina e in mano aveva una teglia di biscotti che lasciò cadere a terra non appena mi vide. -Oddio! ODDIO! ESTER!- strillò felice, correndo ad abbracciarmi.
Ricambiai l’abbraccio senza dire niente, ero molto felice di vedere le persone con le quali ero cresciuta, strano che fossi cresciuta con loro e non con i miei, almeno dal punto di vista di un osservatore esterno.
-Ciao Dora, sono tornata… momentaneamente.- le sussurrai. -Dove sono i… “signori”?- chiesi a voce alta quando ci separammo.
-Ester!- mi sgridò amorevolmente Dora.
Scossi la testa, che ci potevo fare se non potevo in alcun modo considerarli i miei genitori?
-I signori sono fuori.- rispose cerimoniosamente Award.
Sospirai, sentendomi più tranquilla. -E quando tornano?- fa che non tornino, fa che non tornino!
-Tra tre giorni.- rispose di nuovo Award.
Feci un salto esclamando un <> mi venne spontaneo.
-Ester!- rimproverò di nuovo Dora.
Sorrisi. -Poso la borsa in camera mia, Dora puoi prepararmi qualcosa da sgranocchiare? Ho una discreta fame.-
Lei mi guardò sospirando. -Certo, tesoro. Dammi dieci minuti e poi scendi.-
Corsi di sopra alla velocità della luce, dopo una rampa di scale, in fondo al corridoio che era a destra c’era una porta, sempre sulla destra. Ci arrivai di corsa e la spalancai, poi buttai il borsone davanti al mio vecchio armadio di selce bianco, mi diressi verso l’ampio letto a baldacchino e mi lasciai tranquillamente cadere sul morbido materasso a due piazze. Chiusi gli occhi e mi lascia sprofondare, mille ricordi emersero dall’oblio, i ricordi di quando la notte mia sorella mi leggeva le storie, i ricordi dei tempi passati suoi libri, degli incantesimi, delle cose imparate e poi dimenticate, dei giochi, dei sogni… di mia sorella… soprattutto di mia sorella.
Mi alzai e decisi di farmi una doccia veloce, quando uscii mi asciugai velocemente e mi vestii ancora più in fretta: una maglietta doppia, rossa e grigia e una minigonna di jeans, mi infilai anche un paio di stivali neri che arrivavano fino a metà gamba e mi ributtai sul letto: dovevo scendere. Ma in quella stanza aleggiava ancora il profumo di mia sorella e mi mancava…tanto. Mi ritrovai a piangere senza sapere come fosse successo, mi coprii la faccia con le mani cercando di calmarmi.
Qualcuno entrò senza bussare mentre in silenzio fissavo il soffitto.
-Ehy maschiaccio! È una vita che non ci si vede, è?- disse una voce profonda e allegra: Andrew.
Mi misi a sedere sul letto e gli sorrisi: era cambiato, era cresciuto. I capelli biondi e mossi gli arrivavano alle spalle e alcune ciocche gli finivano sul viso incorniciando i begli occhi grigi che aveva preso dalla madre, la testa era squadrata e i lineamenti mascolini, non aveva più quella bellezza fanciullesca che lo caratterizzava da bambino. In passato sembrava quasi una ragazza da quanto era carino, ma ora l’ampio petto e le braccia muscolose, non che il fisico tonico e asciutto evidenziato dalla canottiera sembravano non lasciare adito a dubbi al fatto che quello che avevo davanti era un ragazzo.
Lui però mi fissò a bocca aperta, come se per la prima volta si fosse accorto che era davanti a una ragazza. Scoppiai a ridere, era impossibile trattenersi davanti alla sua espressione.
-Ciao inglese!- dissi andandogli incontro e abbracciandolo, lui rimase rigido come un palo. -Come stai? Non ti vedo da un infinità di tempo.- mia allontanai e gli misi le mani sulle spalle sorridendo. -Perché mi fissi in quel modo?- chiesi, stavo di nuovo per scoppiare a ridere.
Lui scosse la testa e puntò occhi a terra -Gia…quanto tempo.- bisbigliò imbarazzato.
-Il pranzo è pronto?- domandai affamata, il mio stomaco gorgogliava.
-S…Si! Io…io devo andare.- rispose fiondandosi fuori dalla porta.
Evitai di ridere e scesi a mangiare con un sorriso sulle labbra… che accidenti gli era successo? Però…era davvero buffissimo, in questo non era cambiato.
Scesi la rampa di sale e andai nella sala da pranzo dove mi attendevano degli ottimi manicaretti cucinati da Dora, il profumo mi raggiunse gia all’inizio delle scale. Scesi a corsa i restanti gradini e mi precipitai a tavola dove ad aspettarmi c’era un allettante spezzatino di carne! Uno dei miei piatti preferiti…dopo la pizza, la torta al cioccolata, le caramelle gommose, lo zucchero filato e qualunque cosa sia ricoperta di caramello. Okay, mangio per la maggior parte schifezze, ma ho 25 anni, me lo posso permettere!
Mangiai in silenzio, mentre Dora mi guardava con un sorriso soddisfatto per il modo in cui assaporavo il cibo che aveva cucinato.
Quando ebbi finito posai ordinatamente le posate nel piatto e mi voltai a sorriderle.
-Era tutto ottimo!- mi congratulai -La tua cucina è esattamente uguale a quando ero piccola!-
Lei mise un istante il broncio -Vuoi dire che non sono migliorata?-
Scoppiai a ridere -Non si migliora la perfezione!- le dissi guadagnandomi un immenso sorriso.
-Che cos’ha Andrew? Prima mi saluta normalmente, poi sembra che gli abbiano mangiato la lingua!- il mio tono era vagamente petulante.
Lei mi sorrise comprensiva. -Prima è sceso balbettando qualcosa sul fatto he eri una ragazza… Era molto in imbarazzo.-
-Forse mi ha visto le mutandine quanto ero stesa sul letto.- scherzai alzando gli occhi al cielo, perché i ragazzi erano sempre incomprensibili?
-No, credo si sia semplicemente accorto che sei una ragazza.- rispose Dora con un sorriso materno, tipico di lei.
-Lo sono sempre stata.- replicai confusa.
-Si, ma… non sei mai stata così.- disse facendo un cenno con la testa.
Incrociai le braccia e mi lasciai andare contro lo schienale. -Che vuoi dire? Ti riferisci per caso alla minigonna e agli stivali?-
-Tesoro non è per l’abbigliamento, è perché sei una ragazza e sei bellissima, ma soprattutto perché lui non se ne era mai accorto. Per lui eri una bambina, non c’erano davvero delle differenze tra vuoi due quando eravate piccoli. Per lui sei sempre rimasta quella bambina, una sua amica, ma ora tesoro, ora sei una donna.-disse riavviandomi una ciocca di capelli umidi dietro l’orecchio. -E lui non ha saputo come comportarsi, non era pronto a colmare il divario tra ciò che eri e ciò che sei.-
Scossi la testa rimpiangendo Asher… sempre rimpiangendo Asher.

Passai il pomeriggio a rovistare tra la soffitta piena di polvere, dovevo trovare qualcosa, ma non avevo idea di che cosa fosse. Da piccola per me la soffitta era il regno delle meraviglie, piena di misteri e di magie, mi piaceva un mondo andarci a curiosare. C’erano vecchi vestiti, vecchie cose, anche mie e di mia sorella, e c’erano quadri, alberi genealogici, fotografie varie, a colori e in bianco e nero, quadri grandi e piccoli, a olio o ad acquarello, libri soprattutto, un infinità, il tutto chiuso in grandi bauli o in librerie protette da una teca di vetro. Non trovai un tubo e rovistai fino a tarda sera, fu divertente, non credevo che in quella casa ci fosse tanta roba: presi tre libri che ovviamente parlavano di magia, erano rilegati in una copertina rigida di pelle e con il titolo stampato in lettere d’oro, un paio di antichi gioielli che avevano proprietà mistiche e possedevano una propria magia: una collana d’argento con una pietra acquamarina come ciondolo, la pietra aiutava l’equilibrio e a esprimere i propri sentimenti, decisamente utile, senza contare il fatto che era una pietra appartenente alla luna. L’altro gioiello invece era un braccialetto con vari pendenti a forma di farfalla che al posto delle ali avevano delle pietre di Luna, che favoriscono il cambiamento, il gioco di colori delle pietre con la luce era meraviglioso, mi affascinavo a guardarlo. Presi anche un vecchio paio di stivali in pelle che sicuramente mi sarebbero stati bene, erano molto belli e sembravano davvero morbidi, indipendentemente dal fatto che erano usati mi piacevano un mondo.
Alle dieci di sera scesi in camera mia e mi buttai sul letto, completamente esausta, forse dopo tutto non sarei riuscita a trovare qualcosa in tre giorni, anzi me ne rimanevano solo due. Ma in realtà Morgana non aveva parlato di un vero e proprio oggetto, aveva detto che avrei trovato una nuova via, ero io che pensavo che un oggetto, un libro o qualunque altra cosa in quella casa me la avrebbe indicata… Ma forse non si trattava di un oggetto, forse dovevo semplicemente incontrare le persone che erano li e loro mia avrebbero indicato una via… La cosa suonava troppo assurda perfino per me! Tutto era così strano, così confuso, non ci capivo un tubo! Perché non poteva essere più chiara? Maledetta Morgana! Le costava tanto dire: cerca quel libro o quella cosa o qualunque altra informazione untile potesse dare? O almeno dirmi dove! Nella casa c’erano almeno dieci stanze escluse la cantina e la soffitta, ovviamente potevamo escludere la mia stanza, quella dei miei genitori, la cucina e penso anche la sala della musica… ma forse era meglio darci un occhiata… che stanchezza! Mi sentivo sfinita al solo pensiero delle stanze da esplorare! Se Morgana mi fosse di nuovo capitata a tiro le avrei insegnato il vero significato della parola “Sofferenza”!
Sospirai stancamente buttandomi sul mio vecchio letto, così morbido, e sprofondai nel cuscino. Qualcuno bussò alla porta e senza muovermi di un millimetro e bisbigliai stancamente -Avanti.-
Andew entrò con passo esitante, indossava una maglietta nera aderente che rivelava chiaramente che faceva palestra, un paio di jeans neri e una giacca di pelle, i suoi capelli erano pieni di gel.
-Io vado con alcuni amici in un pub… ti va di venire?- chiese tentando di darsi un tono. Aveva cinque anni meno di me ma era molto più alto e sembrava più grande, però guardarlo mi faceva tenerezza.
-Certo, se mi dai in tempo di farmi una doccia veloce e di cambiarmi.- risposi, sorridendogli con gentilezza e un po’ di stanchezza, molto più che un po’ veramente… -Sono ancora piena di polvere.-
Sorrise, vagamente timido. -Certo.-
Mi alzai e andai in bagno mentre lui usciva dalla stanza, mi spogliai velocemente e feci la doccia e poi mi asciugai alla velocità della luce. Usando la schiuma per capelli e il fon li feci diventare mossi, poi indossai un paio di jeans neri e una maglietta asimmetrica argentata, poi misi degli stivaletti con il tacco alto e una vecchia giacca di jeans. Afferrai una borsetta e ci infilai dentro il portafogli, il cellulare super attrezzato, le chiavi di casa e della moto e un libro, non si sa mai potevo annoiarmi. Un filo di trucco ed ero pronta.
Corsi al piano di sotto e Andew mi osservò alzando un sopracciglio e sorridendo. -Stai molto bene.- commentò sorpreso.
-Perché sei sorpreso? E che ti era preso stamattina?-
Lui arrossì -Ecco… come dire… ero sorpreso… ho sempre pensato che in realtà fossi un ragazzo!- mi prese in giro.
-Grazie, gentile!- ribattei -Io invece ho sempre pensato che tu fossi un idiota!-
Lui mi scompigliò i capelli mentre io protestavo e uscimmo di casa ridendo e scherzando. Salii sulla sua macchina senza commentare: non avevo mai capito niente di automobili.
-L’hai comprata tu?- domandai mentre l’auto usciva silenziosa dal cancello.
-Gia. I miei non avevano nessuna intenzione di comprarmela- raccontò -Così mi trovai un lavoretto e misi da parte i soldi fino ad averne abbastanza per comprarla.-
-Accidenti, che ragazzo giudizioso… o forse sarebbe maglio responsabile?-
Lui scoppiò a ridere. -Nessuno dei due aggettivi è adatto.-
-Gia, ma non so come definirti.-
-Un ragazzo con una missione.- fece con finta voce solenne.
Scoppiai a ridere. Passammo il resto della strada ascoltando musica e scherzando, quando arrivammo al pub lui mi presentò ai suoi amici, quattro ragazzi e tre ragazze, non ricordavo il nome di nessuno.
Passammo la serata a bere e a chiacchierare, cercai di non bere troppo, non volevo ubriacarmi! Mi divertii molto, era bello stare con delle persone della mia stessa età, passare una giornata tranquilla, senza demoni o mostri, senza problemi.
Uscimmo dal pub che erano le due del mattina, quando mi misi a sedere nel sedile dell’auto mi addormentai, ero sfinita e non troppo lucida, due pessime combinazioni di per se, eppure mi sentivo del tutto felice.
Non so dire quanto tempo passò prima di riaprire gli occhi, ma quando li riaprii mi trovai davanti Andrew e non riuscii ad evitare il suo bacio.

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 -Una via- ***


Documento senza titolo

Dunque... hanno copiato la mia storia, quindi non so se continuerò a postarla... perchè la cosa mi secca oltre ogni dire!

Capitolo 34
-Una via-


Ero ubriaca, non troppo lucida e mi sentivo estremamente confusa, il vento fresco della sera mi accarezzava lievemente e a tratti, vedevo l’oscuro manto della notte attorno a me e sentivo il desiderio di chiudere gli occhi e non riaprirli per molto, molto tempo. Andrew era davanti a me, la sua figura alta e attraente era sfocata ai miei occhi. Le sue labbra erano morbide e asciutte, mentre sfioravano le mie in un bacio dolce e del tutto casto mi sentii percorrere da un brivido e non fu piacevole.
Scaraventai Andrew dall’altra parte del parcheggio senza nemmeno rendermene conto, i miei poteri erano difficilmente controllabili nello stato in cui ero.
Mi appoggiai la mano sulla fronte, frastornata e confusa. Uscii lentamente dalla macchina, l’aria fresca che mi investii impiego mi fece sentire meglio.
Camminai verso Adrew che era ancora steso a terra, ma che si stava mettendo seduto, mi accucciai mentre lui mi guardava frastornato, tra i due non so chi era messo peggio.
-Stai bene?- domandai in un sussurro.
Lui fece un cenno d’assenso in risposta, ma non aprì bocca, lievemente spaventato.
-Che diavolo ti è preso?- ho inveito arrabbiata. -No, non dirmelo! Non voglio saperlo! Vado a dormire. Buona notte!- e così dicendo girai sui tacchi ed entrai in casa, salii barcollando le scale e entri in camera chiudendo la porta a chiave. Mi buttai sul letto completamente vestita e mi addormentai così: mi sentivo esaurita.

Che fastidio. La luce mi arrivava in faccia… così fastidiosa! La odiavo! Perché nessuno la spengeva? E io quando la avevo accesa?
Alzai lentamente un palpebra e la riabbassai subito: veniva dalla finestra. Cosa avevano fatto? Avevano accesso un enorme faro davanti alla mia finestra? Chi accidenti era stato? Se avessi potuto avrei voluto strangolarli.
Qualcuno bussò alla porta. Se era il tipo che aveva accesso il faro davanti alla finestra lo avrei ucciso. I colpi continuavano incessanti anche se io non rispondevano, mi faceva male la testa e avevo ancora sonno.
-Chi accidenti è? E che accidenti vuole?- biascicai seccata.
Silenzio. Finalmente! Mi stavo riaddormentando, ci mettevo davvero poco per riaddormentarmi quando mi sentivo in quel modo.
-Ester…-chiamò Andrew dall’altra parte della porta.
Mi tirai su sorreggendomi al gomito e appoggiai la faccia alla mano sinistra fissando il mogano della porta della mia stanza in attesa nonostante la stanchezza.
-Mi dispiace… per ieri sera… io… non so che mi è preso.- disse imbarazzato, mi alzai e mi misi a sedere sul letto, restando attenta e in ascolto. -Mi sono comportato male… lo so… ma io….- balbettava cercando una scusa.
Andai alla porta e l’aprii, non volevo sapere che aspetto avevo, si sicuro non era molto bello, ma Andrew si limitò a fissarmi con un mezzo sorriso e un espressione dolce che non avevo idea di cosa volesse dire e nemmeno mi importava.
-Mi hai baciata.- dissi atona, seccata dal fatto di essere stata svegliata, fulminandolo con un occhiata.
Lui fece un respiro profondo. -Mi piaci!- disse tutto d’un fiato, mi sembrava un ragazzino di quattordici anni, invece che tenerezza mi fece rabbia.
Gli chiusi la porta in faccia e andai in bagno a farmi una doccia. L’acqua tiepida mi svegliò, in un attimo mi sentii meglio, soprattutto molto più cosciente, mentre mi insaponavo con il mio doccia schiuma alla fragola, che Dora aveva continuato a comprarmi perché l’adoravo da piccola,ripensai a quello che era successo e mi sentii nuovamente assalire dalla stanchezza. La scacciai scuotendo il capo, e dopo essermi sciacquata i capelli mi vestii in fretta e scesi a mangiare qualcosa. Dora mi servì del pancake con sciroppo d’acero e mirtilli e io mangiai senza dire niente.
-Cara… io…- iniziò Dora, quando mi alzai da tavola.
-Che c’è? Che succede?- chiesi brusca.
-So che Andrew… insomma… si, che non si è comportato molto bene.- disse in difficoltà, torcendosi le mani. -Mi dispiace molto… non vorrei che ti avesse offesa… in fondo lui… noi.. apparteniamo a classi diverse….e …-
-Dora siamo nel ventottesimo secolo, le classi non esistono più.-la fermai sorridendo -Lo sai che per me sei come un madre… un madre normale intendo, non una simile alla mia.-
Mi sorrise, luminosa e gentile. -Mi dispiace per come si è comportato mio figlio… solo si è preso una sbandata per te… lo sia come sono i ragazzi, no?-
Ci pensai su:lo sapevo? No, decisamente no! L’unico ragazzo che avevo frequentato era un demone e non stavamo nemmeno insieme quando viaggiavamo insieme… e ora non sapevo se stavamo insieme, ma sapevo che volevo vederlo. Sospirai, la vita è troppo assurda a volte.
-Non so come sono i ragazzi, ma io sono gia impegnata.- “Più o meno” pensai, ma non lo aggiunsi.
Dora mi fissò a bocca aperta.
-Ehy!- questo era un insulto bello e buono.
-Scu…scusa cara… ma non me lo aspettavo.- farfugliò rossa di imbarazzo.
-Ci vediamo.- la salutai, non avevo voglia di iniziare una discussione. -Non ho ancora trovato quello che stavo cercando, mi attende una lunga giornata.- dissi salendo di corsa le scale e fiondandomi in camera di mia sorella.
Era molto bella, con il grande letto a baldacchino, il baule ai suoi piedi, una piccola libreria accanto alla finestra, una specchiera e un armadio. Nella stanza non c’era un filo di polvere, la luce che entrava dalle tende era splendida e calda, il vento gentile.
Mi diressi verso la libreria e presi un carillon che era adagiato su uno scaffale: lo adoravo e da piccola lo ascoltavo sempre. Mi madre me lo aveva regalato quando ero piccola, ma io avevo una paura incredibile di perderlo così lo avevo affidato a mia sorella perché lo tenesse al sicuro. Era come quelli vecchi, si caricava a molla quando il carillon iniziava a suonare appariva l’ologramma di una pattinatrice sul ghiaccio che danzava. Era un amore. Chissà che fine aveva fatto la chiavetta per caricarla…che fosse all’interno?
Lo aprii con delicatezza accarezzando il coperchio con le pietre e egli intarsi finemente elaborati in oro. Dentro trovai la chiavetta e anche una lettera.
La busta era rosa pastello e sul retro spuntava una scritta nera che diceva “Per Ester”, la calligrafia era semplice e elegante insieme, nonostante non la vedessi da anni non mi ci volle nemmeno un minuto per riconoscerla: era quella di mia sorella.
Mi misi a sedere sul letto e iniziai a leggerla in silenzio, una pagina dopo l’altra, erano solo due. Continuai a leggerla, la rilessi almeno quattro volte, poi mi fermai, persa nei miei pensieri e confusa, ma anche felice. Mi sentivo amata, per la prima volta sentivo che non ero assolutamente sola, e che non lo ero mai stata, mia sorella non mi aveva mai lasciata, ancora oggi, dopo tanti anni dalla sua morte era ancora lì, accanto a me.
Mentre la leggevo mi venne un idea a dir poco geniale, e decisi di partire subito per la più grande e ampia biblioteca di essoterismo esistente al mondo, perché purtroppo tra i libri che erano in casa non c’era quello che mi interessava. Per sicurezza comunque ricontrollai sia in soffitta che in biblioteca, ma come avevo immaginato non c’era.
Andai in camera mia dove ero passata, prima di andare a cercare il libro, a posare la lettera e il carillon, e feci la valigia. Ficcai velocemente la poca roba che avevo tirato fuori e la rimisi nello zaino, ovviamente era uno zaino magico che aveva la possibilità di contenere una quantità pressoché infinita di oggetti. Ci depositai delicatamente sia il carillon che la lettera e la richiusi, poi la presi con delicatezza e scesi lentamente le scale, abbracciando la scala con lo sguardo.
-Award! Dora!-chiamai quando arrivai davanti alla porta, loro mi vennero incontro, Dora correndo con quel suo passo che sembrava trasmettere energia e Award camminando in modo distinto. Sorrisi guardandoli e poi dissi -Io vado… riparto…Grazie infinte di tutto.-
Dora mi abbracciò, triste. -Non andare gia via, sei appena arrivata!-Ricambiai l’abbraccio penando che anche se ero lì da un solo giorno mi sembrava che fosse passato molto più tempo.
-Mi spiace Dora, ma devo proprio andare.- sussurrai, con le lacrime agli occhi. Se era Dora riusciva sempre a commuovermi.
-Signorina.- chiamò Award. -Non vuole nemmeno apettare che tornino i suoi genitori?- domandò con una punta di tristezza.
-Assolutamente no!- risposi concitata.
-Ester!- mi riprese Dora.
-È solo una mia impressione o questa assomiglia molto alla discussione che abbiamo avuto quando sono arrivata?!-
Sorrisero entrambi, io presi la giacca e Award mi aiutò a infilarla, poi misi lo zaino in spalla e aprii la porta.
Ora, non so cosa avrei potuto fare se avessi saputo in anticipo quello che sarebbe successo, ma l’idea di sgattaiolare via scappando dalla finestra della mia stanza mi sembrava incredibilmente splendida, perché quando aprii la porta non trovai solo la nuova strada che avevo deciso di percorrere ad aspettarmi, ma anche i miei genitori.
-Mamma… papà… quanto tempo!- scherzai facendo un passo indietro mentre tutti e due mi fissarono sgranando gli occhi, dopo pochi istanti però riassunsero la loro solita fredda compostezza.
-Ester.- disse mio padre, con voce roca, era invecchiato. Evave corti capelli grigi, con delle sbuffi bianchi qua e là, e occhi verde smeraldo, come i miei. Il fisico era alto, slanciato e asciutto, quasi fragile, eppure comunicava forza e solidità, probabilmente per via della sua espressione o del suo metro e ottanta.
Mia madre invece aveva delicati capelli biondi legati dietro la testa in un acconciatura elegante, aveva un fisico più robusto, era ingrassata con il tempo, e aveva gli occhi azzurri chiarissimi, quasi trasparenti, come quelli degli aski, anche lei era invecchiata, ma era comunque molto bella ed elegante.
-Sei tornata.- continuò lui con voce dura.
-Sono di passaggio.- spiegai mentre entravano in casa.
-Ti servono soldi?- domandò con voce lieve.
-No, mi serviva… un'altra cosa. Ah, ho preso un paio di libri e un paio di vecchi gioielli che erano in soffitta… è un problema?- domandai, mi sentivo sempre intimorita da loro.
-No, non è un problema.- disse mia madre con voce soave. Sembrava triste e lo sguardo che mi rivolse era quasi dolce, mi sentii un po’ in colpa.
-Grazie… allora, io vado.- dissi, stringendo il braccio di mia madre con un gesto affettuoso, credo il più affettuoso che le avessi mai rivolto dopo i miei cinque anni. Poi uscii di corsa e mi diressi alla mia moto, partii direttamente in seconda: quando si dice l’impazienza!

Chissà perché tutti sono convinti che le più grandi biblioteche di magia si trovino in Europa, forse perché è lì che il culto affonda più profondamente le sue radici; ma la verità è che a causa dell’inquisizione molte delle streghe fuggirono in America. Purtroppo anche qui si diffusero i sospetti e la paura, ma comunque molte streghe riuscirono a nascondersi e a tramandare il loro sapere, custodendo gelosamente molti dei testi ora più ricercati. Anche la mia famiglia faceva parte di quell’antica dinastia di streghe che era sopravvissuta a tutto questo, e molti nei libri nella nostra biblioteca erano antichi. Tutta via in nessuno di quelli c’era scritto ciò che mi serviva, per questo ero lì in quel momento: dove cercare un libro di magia se non nella più grande biblioteca magica del mondo? Secondo voi dove si trova? Ve lo dico perché tanto non indovinereste mai: a Los Angeles!
Appena ero arrivata, con il treno diretto incredibilmente veloce, avevo chiesto al tassista di portarmi in un hotel in centro da dove avrei potuto prendere l’autobus per qualunque località o luogo della città. Presi una camera in un piccolo hotel incredibilmente moderno, nella hole c’erano statue ologrammate e finte fontane, oltre alle solite comode poltrone e al banco della recepsion. Presi una stanza piuttosto grande, non una suite ma quasi, e dopo essermi sistemata mi diressi il più velocemente possibile alla biblioteca.
Ed è esattamente lì che mi trovavo ora : nell’immensa biblioteca situata in una angolo ovest di Los Angeles, una biblioteca di cinque piani completamente bianca e bellissima, anche se un po’ fredda. Stavo scorrendo con lo sguardo gli scaffali nel reparto antichi libri esoterici, fino a che non trovai quello che mi interessava. Era nel terzo scaffale a partire dall’alto. Non c’erano scalette e non arrivavo allo scaffale con il libro perciò mi misi a saltellare come una stupida: cavoli! Nessun rispetto per chi non è alto un metro e ottanta, io arrivo solo a uno e settantacinque e solo grazie ai tacchi di cinque centimetri. Maledizione! E pensare che ero abbastanza alta per essere una ragazza, eppure la mia mano sfiorava appena il libro che mi interessava e che non riuscivo a raggiungere.
Con un nuovo salto riuscii a sfilarlo lievemente, ma quando atterrai persi l’equilibrio e quasi caddi all’indietro. Andai a sbattere contro il petto di qualcuno e non feci in tempo a voltarmi per scusarmi che vidi il braccio del ragazzo allungarsi oltre la mia testa e prendere il libro che mi interessava, per poi pormelo. Lo presi e lo fissai un istante: aveva una bella copertina in pelle lievemente consumata, il nome del libro era scritto in italiano con lettere incise e profumava di vecchio come tutti i libri.
-Graz…-iniziai a dire alzando gli occhi per guardarlo, e il mio respiro si fermò mentre due occhi scarlatti si fissavano nei miei.
-Asher.- bisbigliai con voce rotta.

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 -Una confessione- ***


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Per prima cosa vorrei ringraziare tutti quanti per i complimenti e per avermi seguito fino a questo momento. Vi sono grata e sono commossa del vostro affetto e del fatto che abbiate trovato questa storia appassionante. Ora non so assolutamente che fare, per la prima volta mi sono accorta veramente che quello che scrivo ha almeno un "un valore" visto che qualcuno arriva a copiarlo, quindi fino a che non decido cosa fare non posterò altri capitoli oltre a questo che comunque avevo gia postatao nel forum Twilight. Siceramente il mio sogno è quello di vedere le mie opere pubblicate in copia cartacea ma ho sempre pensato di non essere abbastanza brava, lo penso ancora ma ora come ora ho paura di entrare in una libreria e trovare una mia storia pubblicta con il nome di un altro autore(anche se mi rendo conto che questa è paranoia)... ecco perchè mi scuso con tutto il cuore, ma in questo momento non me la sento di pubblicare oltre la mia sotoria. Quando avrò seriamnte preso una decisione (che sia iscrivermi alla siae o fregarmene altamente di quello che potrebbe accadere) riprenderò a scrivere questa sotoria, fino a quel momento mi scuoso dal più profondo del mio cuore con voi che mi avete seguito fino ad ora e vi chiedo di comprendermi. Prometto di rifletterci in fretta e di non sciarvi troppo con il fiato sospeso.

Un bacione a tutti e godetevi questo capitolo. Ancora scusa. Un bacione grande vostra "Streghetta" (è il soprannome che mi hanno dato le mie migliori amiche).

 

Capitolo 35

- Una confessione -

 

-Ciao Ester.-disse con la sua voce melodiosa, che sembrava penetrarmi fin dentro al cuore. I suoi occhi però esprimevano una certa rabbia e un sentimento che non sapevo identificare: astio, odio oppure desiderio di vendetta. Quale che fosse non aveva molto importanza perché aveva ottime ragioni per provarle tutte e tre.
Era così bello da non sembrare vero, con i capelli lunghi fino alle spalle che si confondevano con la camicia nera e un paio di vecchi jeans sbiaditi. Aveva l’aspetto di un venticinquenne, la mia stessa età pensai con un sorriso, ed era veramente splendido, avrei voluto buttargli le braccia al collo ma pensavo di non averne il diritto, probabilmente perché non ce lo avevo.
-Asher.- ripetei il suo nome, che tanto avevo chiamato dentro di me in quella settimana, perché non riuscivo a formulare altre frasi in quel momento. Quanto mi era mancato pronunciarlo, non lo avrei mai creduto.
-Gia… sorprendente vero? Quando vai a letto con qualcuno non ti aspetti di rivederlo poi, giusto?- la sua voce suonò sarcastica e fredda, ma nonostante questo ero felice che fosse davanti a me, mi sentii veramente stupida. -Solitamente le persone non scompaiono a quel modo, soprattutto non dopo quello che abbiamo fatto!- continuò sempre più arrabbiato, fulminandomi con lo sguardo.
Mi ripresi e lo fissai un attimo accigliata prima di rispondergli: -Quindi tu non ti sei mai comportato così?- domandai fingendo un ingenua curiosità.
-Questo non c’entra!- provò a ribattere, intuendo anche lui però che era una difesa che definire “debole” era un eufemismo.
-Dici? Il tuo potrebbe essere karma!- scherzai, mentre di me ballavo una danza scatenata, piena di gioia solo per il fatto che stavo parlando con lui. Si, ero decisamente stupida.
-Ester, io sono serio!- disse arrabbiato.
-E io no?! Non potrei semplicemente essermi stancata di te dopo quella notte?- domandai retorica, ogni parola uscita dalla mia bocca era fredda e incredibilmente falsa, ma lui non se ne accorse.
Si bloccò, lo vidi congelarsi, quasi non si aspettasse quella replica. -Stai dicendo che è così?- domandò esitante.
-Mi conosci così poco?- replicai io sconfortata, mentre lui alzava gli occhi a incrociare i miei, ora erano molto più luminosi e sereni di prima dopo quella mia domanda. Sorrisi dolcemente prima di chiedere: -Come hai fatto a trovarmi?-
-Abbiamo un patto.- disse in tono piatto, tornando sulla difensiva, forse temendo che lo attaccassi di nuovo.
Lo fissai confusa. -No, non più. E poi…- parlai in tono incerto e mi bloccai, non ero sicura fosse una buona idea dirgli che ero stata schermata dal mio spirito familiare.
Stavolta fu lui a sorridere, si avvicinò a me spingendomi verso lo scaffale pieno di libri della biblioteca, io mi voltai del tutto per fronteggiarlo, anche se ero di sei o sette centimetri buoni più bassa di lui.
-Si invece.- bisbigliò abbassando la faccia per incontrare il mio sguardo, mentre poggiava le mani allo scaffale dietro di me imprigionandomi. -Il patto era che io avrei potuto sciogliere il nostro legame, non tu. Mi spiace, ti sei sforzata per niente.- nella sua voce c’era una nota di amarezza.
-Perché sei qui?- domandai ancora, era così vicino, troppo vicino, iniziavo a sentirmi confusa, l’unico pensiero coerente che avevo era che avrei voluto baciarlo.
-Cosa intendevi con “e poi”?- domandò ignorando la mia domanda.
-Niente di che. Perché sei qui?- risposi sbrigativa, ponendo nuovamente la domanda.
-Non è mai niente di che quando si tratta di te!- ribatté imperterrito, attento e vagamente rabbioso.
-Ho conosciuto il mio spirito familiare.- versione molto abbreviata, ma non avevo molto voglia di parlare. -Ora rispondimi, perché sei qui?-
Mi fissò un attimo con rabbia, di nuovo seccato per qualcosa che non capivo.
-Non ci arrivi? Pensi davvero che ti avrei lasciato andare?- domandò, il suo tono era un misto di rabbia e amarezza. La rabbia la capivo, ma l’amarezza? Che avessi ferito il suo orgoglio? Bè, peggio per lui! Esultai dentro di me al pensiero che mi stavo riprendendo.
-Asher…non arriverai mai ai miei poteri!- dissi seccamente, troncando sul nascere quella conversazione, che tanto sarebbe andata a finire sempre nello stesso modo. Mi aspettavo un “Questo lo credi tu” oppure “Io dico che sono gia a buon punto”, invece mi afferrò il polso e sbattendomi contro lo scaffale. Rimasi sorpresa e non riuscii a muovermi, mi feci male ma solo lievemente, il dolore lo sentivo appena.
 -Pensi davvero che me ne importi qualcosa?- disse con rabbia.
Io lo fissai intontita, non lo avevo mai visto perdere le staffe, non riuscii ad aprire bocca. Mi sentivo spaventata e confusa, Asher mi stringeva così forte il polso da farmi male, si avvicinò così tanto a me da sfiorare il mio corpo con il suo. Il libro cadde a terra con un rumore sordo che rimbombò per la sezione, ma nessuno ci fece caso. Asher chinò la testa nascondendola nella mia spalla, tra i miei capelli, mentre io rimanevo immobile, come pietrificata. Ero tesa, tanto che i nervi mi facevano male, percepivo il suo respiro che lieve mi accarezzava il collo nei punti in cui non era coperto dai miei capelli e sentivo il mio stomaco aggrovigliarsi. Lentamente sentii la sua voce, flebile come un bisbiglio, arrivare al mio orecchio.
-<È vero, sono io il primo ad ammetterlo, volevo te solo per i tuoi poteri! Poteri oscuri, forti, travolgenti… inebrianti…poteri immensi! Se fossi arrivato alla tua anima avrei potuto averli per me! Ma tu, tu hai stravolto la mia vita in modo radicale! Indifferente a ogni lusinga e seduzione, sei andata testardamente avanti per la tua strada, non hai mai cambiato il tuo modo di essere o i tuoi obbiettivi! Non hai mai permesso ai tuoi poteri di corromperti, nonostante continuassero a crescere! Non sei mai cambiata, eppure ogni istante assumevi un atteggiamento o un comportamento nuovo, imprevedibile, mi sembrava quasi che cambiassi continuamente… mi chiedevo come questo fosse possibile. Non ti capivo, rimanevo ogni volta sorpreso e spiazzato, mi arrabbiavo per la tua imprevedibilità, per la mia incapacità di leggerti dentro, ma continuavo a sentirmi confuso. Tu eri diversa da chiunque altro avessi conosciuto, neppure tua sorella reggeva il confronto! Non riuscivo ad allontanarmi da te, il solo pensiero di lasciarti mi infastidiva e questo mi spaventava, ma non avevo via di fuga. Me le hai tolte tutte tu…- pronunciò l’ultima frase alzando il viso e incrociando finalmente il mio sguardo. Mi faceva male il cuore, ogni sua parola sembrava raggiungerlo e conficcarvi si come uno spillo, ma il dolore era piacevole benché facesse crescere il nervosismo; a ogni nuova parola sentivo il mio cuore  battere sempre più forte, così tanto che sembrava stesse per scoppiare.
-Alla fine niente è andato come pensavo. Sei stata tu a entrarmi dentro Ester, e con una forza tale da togliermi ogni voglia di scappare! Ti ho voluta, ho voluto te non per i tuoi poteri, ma perché eri tu, semplicemente! Non mi importava più che fossi una strega o che fossi potente, non era importante quello che riuscivi a fare, io ti volevo, ti desideravo, i tuoi poteri non avevano più importanza per me! La sola idea che qualcuno che non fossi io ti sfiorasse mi faceva impazzire… dovevi essere mia, anche se non sapevo come.- il suo guardo scarlatto sembrava bruciare dentro al mio, ogni parola che pronunciava mi faceva attraversare dai brividi. Distolse gli occhi dai miei, puntandoli su un punto indefinito sopra la mia spalla.-Volevo entrare io dentro di te, in un modo o nell’altro; volevo che fossi solo mia.- iniziai a tremare lievemente, non per la paura, ma per l’eccitazione. -Ora che, finalmente ti ho avuta tra le mie braccia, ora che finalmente ti sei abbandonata a me, mi stai chiedendo di rinunciare a te? No, scordatelo! Non lo farò mai!-disse, stringendo ancora di più il mio polso, a quel punto però non sentivo più il dolore. Alzò di nuovo gli occhi per incontrare i miei -Io non ti lascerò mai!-
Tremavo, scossa da troppe emozioni intense, tanto che non pensavo di poterle contenere, il mio respiro era accelerato e mi sentivo le gambe molli. Vista la poca distanza tra i nostri corpi mi chiesi se Asher riuscisse a sentire il battere aritmico e accelerato del mio cuore.
-Ester.- mi chiamò, stavolta dolcemente, sembrava non sapesse con esattezza che fare, forse temeva di avermi spaventato.
Allungai la mano libera e attirai la sua faccia verso di me per baciarlo, lentamente, un bacio a fior di labbra. Lui rimase sorpreso, ma quando mi allontanai mi attirò nuovamente a se per baciarmi, lasciò il mio polso per abbracciarmi e trattenermi la testa mentre io ricambiavo il suo bacio, sempre più focoso, sempre più intenso. Mi sentivo sciogliere mentre le sue labbra assaporavano le mie rendendo quel bacio il più incredibile che mi avessero mai dato, mi sentii semplicemente felice, completa. Quando smettemmo di baciarci lui continuò a stringermi, quasi avesse paura che scappassi via di nuovo. Non riuscivo a restare in piedi, mi sentivo svenire.
-Asher devo sedermi.-bisbigliai con voce roca.
Lui mi prese in braccio, poi lentamente si mise a sedere per terra, senza distogliere gli occhi da me nemmeno per un istante. Io gli sorrisi e abbandonai la testa sulla sua spalla mentre lui mi accarezzava con dolcezza i capelli.
Lo baciai sul collo e lui mi strinse ancora più forte, quasi volesse condividere la mia pelle. I brividi che mi attraversavano il corpo sembrava non volessero cessare, anzi si susseguivano violenti.
-Mi sei mancato.-bisbigliai, osservandolo di sottecchi, tentando di calmarmi, rendendomi conto di quanto fosse esagerata quella mia reazione.
Lui sorrise, poi mise il broncio e mi scosto un po’ da se per guardarmi -Ti sta bene!- disse, si avvicinò per baciarmi di nuovo, ma io lo fermai e gli accarezzai la guancia: volevo guardarlo, volevo godermi ancora un po’ il suo bel viso, ma non resistetti molto al desiderio di baciare quelle labbra perfette.
-Non devi scappare più.- mi disse, a tre millimetri dalle mie labbra, sentivo il suo fiato caldo sulla pelle. -Promettilo.-
-Ma non dovrei essere io a comportarmi così?- scherzai, le sue parole avevano fatto saltare un battito al mio cuore ma non volevo che se ne accorgesse.
-Ester.- il tono era severo, per tutta risposta lo baciai di nuovo.
-Non scapperò più, ma tu devi darmi retta, ci stai?- contrattai un po’ incerta.
-Per me va bene. Ovviamente purché le tue richieste siano ragionevoli.- accetto con un sorriso.
-E quali sarebbero per te le richieste ragionevoli?-
Mi fissò alzando un sopracciglio, come per dirmi di capirlo da sola, e io gli sorrisi, ma era esattamente quello che volevo chiedergli: non lo avrei portato con me quando sarei andata a prendere Logan, non avrei mai potuto.
Asher inizio a baciarmi sul collo, migliaia di brividi iniziarono ad attraversarmi la schiena, il mio respiro si fece affannoso mentre scendeva verso la clavicola. Lo allontanai con una mano tremante e lui mi fissò con delusione quasi, ma senza protestare. Mi strinse nuovamente a se e io sprofondai in quell’abbraccio.
Sentii la sua mano scivolarmi sotto la camicetta e accarezzarmi la schiena.
-Quante possibilità ho?- mi bisbigliò nell’orecchio, a quanto pare non aveva assolutamente intenzione di arrendersi, il suo fiato caldo mi accarezzava la pelle.
Incominciai a baciarlo lungo il collo, lentamente, assaporando la sua pelle: quanto mi era mancato! Asher mi allontanò da se per baciarmi, mentre con una mano mi apriva i bottoni della camicetta. Sentii la sua lingua scivolarmi tra le labbra, ricambiai il bacio con trasporto, lasciandomi coinvolgere in una danza lenta e sensuale. Quando smettemmo di baciarci mi accarezzò il seno, ancora coperto dal reggiseno, salendo fino alle spalle per togliermi la camicetta. Lo fissavo negli occhi senza distogliere lo sguardo, rabbrividendo a ogni suo tocco. Lui ricambiava lo sguardo con ardore e i suoi occhi parevano risucchiarmi, mi sorrise mentre le sue mani scendevano dalle spalle alla schiena, seguendo i profilo delle spalline del reggiseno, fino ad arrivare alla clip dietro. Allontanai le sue mani prima che potesse sganciarlo, lui mi guardò attento, come per chiedermi che mi prendeva. Sorrisi ammiccante: volevo condurrei io il gioco stavolta, anche se gia sapevo che non ci sarei riuscita, non fino in fondo almeno. Ma forse, ripeto forse, stavolta non sarei morta per l’imbarazzo. Allungai una mano ad afferrargli la maglia sotto il colletto e lo attirai verso di me strattonandolo con dolcezza, ma in modo deciso, lui si chinò ad incontrare il mio bacio a metà strada. Quando tentò di allontanarsi da me lo trattenei: mi piaceva un mucchio baciarlo! Lui mi strinse a se finché non mi trovai schiacciata contro il suo petto: dalla maglia che indossava riuscivo a sentire i muscoli levigati, ma la cosa non mi andava, volevo sentire il calore della sua pelle contro la mia. Mi allontanai facendo leva con i bracci e smettemmo di baciarci mentre prendevo un po’ di distanza, lui mi fissò confuso ma io con assoluta indifferenza presi l’orlo della maglia tra le mani e inizia a tirarla verso l’alto. Più divertito che seccato alzò le braccia in alto per aiutarmi mentre con lentezza gli accarezzavo il torace. Quando gli sfilai la maglia mi accorsi che aveva chiuso gli occhi. La buttai alla mia destra e posai una mano sul petto, vicino al cuore e rimasi sorpresa per ciò che vidi, poi risalii lentamente arrivando fino al collo e poi sfiorandolo solo con la punta delle dita arrivai al suo bellissimo viso. Lui mi sorrise beato.
-Era ora che ti decidessi ad accarezzarmi!-disse con un ghigno.
Ritirai la mano arrossendo, sul suo petto spiccava un elaborato tatuaggio nero che era il simbolo di un incantesimo molto potente, molto più potente di qualunque altro che conoscessi e che serviva a legare due entità distinte in modo indelebile e inscindibile. Quell’incantesimo… di solito i demoni non fanno quell’incantesimo perché comporta pochi vantaggi per loro. Certo adesso avrebbe davvero potuto entrare nella mia anima e uccidermi, solo che … solo che avrebbe corso un rischio molto maggiore di morire anche lui… ma forse non sarebbe morto, dipendeva dal dolore che avrebbe provato, perché ora le mie ferite le sentiva anche lui e poi i suoi poteri e i miei ora erano molto più uniti... Ma la cosa principale di quel patto è che ci univa perennemente. Anche se fossi morta, lui avrebbe potuto richiamare la mia anima, ma si sarebbe indebolito in modo incredibile. Non sapevo con esattezza a che gerarchia di demoni corrispondesse Asher, ma indubbiamente se fossi morta sarebbe sceso al livello di demone inferiore. La sua stessa coscienza si sarebbe frantumata…
Ah, quant’era complicato! Nemmeno io sapevo dire con chiarezza cosa significasse e cosa avrebbe comportato, era un incantesimo troppo antico, le cose che avevo letto su quello erano troppo vaghe…
Lui mi afferrò la mano che avevo allontanato per baciarla e appoggiarla sulla sua guancia.
-Scusa, ti ho messo in agitazione?-chiese con voce dolce come il miele.
-Quel tatuaggio…-bisbigliai senza porre la domanda.
-Sh… va tutto bene.-sussurrò nel mio orecchio iniziando a baciarmi.
-No! Quell’incantesimo...- iniziai allontanandomi da lui per guardarlo negli occhi, anche se mi piaceva che mi baciasse - …è pericoloso… e permanente… ed è molto potente… e permanente.- stavo diventando sempre più agitata e sempre più incredula.
-Ed è questo il problema? Il fatto che sia permanente?--chiese quasi con rabbia.
-No, non è un problema. Non per me…- risposi subito. Non volevo che si arrabbiasse, ma ero sorpresa.
-E allora qual è il problema?- domandò confuso.
-Sarai legato a me… per sempre.- gli feci notare.
-Non ti piace l’idea?- chiese, sembrava confuso e preoccupato insieme.
-E se morissi?- gli feci notare.
-Lo impedirò.- rispose subito, tranquillamente -Ora ho accesso a tutti i tuoi poteri, sono molto più forte di prima. Per la verità per averne pieno accesso dovrei aprirmi anche alle tue emozioni e ai tuoi stati d’animo, cosa a cui non sono sicuro di tenere particolarmente.-
Ignorai l’ultima frase benché mi preoccupasse.-E se non ci riuscissi.-
-A evitare che ti uccidano? Pensi che sia così debole?- domandò alzando un sopracciglio.
-Ma prima o poi morirò, non sono immortale.- feci notare.
-Ora lo sei.- disse e osservando il mio sguardo confuso spiegò. - È il legame che ti renderà tale… Sarai immortale come me, pur non diventando diversa da ciò che sei, sarà il tuo legame con me a renderti tale.-
-Ma se io morissi, tu moriresti?- domandai preoccupata.
-No, ma mi farebbe incredibilmente male.- sospirò, poi mi baciò sulla fronte. -Comunque è un problema che non si pone, perché io non lo permetterò. Sono piuttosto testardo quando mi ci metto!-concluse.
-Asher… io…- iniziò, ma lui mi baciò chiudendomi la bocca.-Ora hai davvero accesso ai miei poteri.- bisbigliai sulle sue labbra.
-Gia, mi piacciono i tuoi poteri.- disse, poi mi baciò di nuovo. -Mi piace la tua anima, Ester…-
-Ti amo.- bisbigliai, prima di attirarlo a me per baciarlo di nuovo. Fu un bacio breve ma dolce, un bacio di quelli che si scambiano gli adolescenti al primo amore.
Lui mi abbracciò e mi diede un altro bacio sulla spalla prima di appoggiarmi la camicetta sulle spalle e sussurrarmi -E’ meglio se ci rivestiamo, per quanto l’alternativa sia intrigante, preferisco qualcosa di più privato. Non mi piace l’idea che qualcun altro ti veda così-
Liberai i sensi e percepii due persone che si dirigevano verso di noi. Balzai in pedi e mi riabbottonai velocemente la camicetta mentre lui si rimetteva la maglia. Mi chinai a raccogliere il libro, decisa ad andarmene dalla biblioteca, ma Asher allungo una mano e afferrandomi il braccio mi strattonò affinché gli finissi addosso, poi mi abbracciò in silenzio.
-Aspetta un attimo, voglio chiarire una cosa.- parlò con voce bassissima e si fermò subito cercando le parole giuste.
Sapevo gia cosa voleva dirmi: i demoni non amano. E allora? Credeva davvero che non lo sapessi? E poi ero io l’ingenua! Comunque arrivati a quel punto non me ne importava niente, sebbene il suo non si potesse chiamare amore, un sentimento che fa fare una cosa simile… era più che sufficiente per me.
Asher mi stringeva a se con forza e delicatezza, come se fossi un tesoro prezioso che si vuole proteggere ma si teme di rompere, io non riuscivo a guardarlo negli occhi.
-Ester… -era la prima volta che lo sentivo così incerto.
-Non ti hanno mai detto “Ti amo”?- domandai con un certa ironia.
-Un milione di volte.- sbuffò lui allentando la presa, finalmente riuscivo a guardarlo negli occhi.
Sorrisi -Qual è il problema?-
-Non penso tu possa capire.- disse mesto.
Alzai gli occhi al cielo. -Non mi ami, lo so gia, i demoni non amano.-
-Se non sapessi che è impossibile direi che ciò che provo per te è amore.- ribatté prontamente, voleva tranquillizzarmi e questo anche se forse era strano mi fece sentire amata.
-Ma visto che lo è direi che sono piuttosto un ossessione.- risposi sempre sorridente.
Lui mi fissò senza fare una piega. -Non sei arrabbiata?- il tono svelava una certa sorpresa.
-No.- dissi, scrollando le spalle.-Sono felice di ossessionarti. Sarò il tuo sogno più bello e il tuo incubo peggiore, la tua sofferenza e la tua beatitudine, così come lo è ogni ossessione. E tu sarai mio soltanto. Non potrai liberarti di me, mai, nemmeno se lo vorrai con tutto te stesso. Anche se, visto quel tatuaggio direi che non lo vuoi.- gli sorrisi felice -Sarò il fuoco che infiamma la tua mente, anche se non il tuo cuore.- conclusi sarcastica, poi sorrisi nuovamente a quel pensiero -Sarà divertente.- e con un ultimo sorriso mi liberai dalla sua stretta correndo verso il pianterreno per prendere in prestito il libro.
Asher mi seguì senza fiatare, poi appena usciti mi chiese: -Come ci si libera delle ossessioni?-
Scoppiai a ridere. -Ma come? Mi hai appena ritrovato e ti sei gia stancato di me?-
-No, è che mi chiedevo come farò quando tua cugina ti avrà fatto fuori. Visto che sembri intenzionata ad andare incontro alla morte, e visto che non hai minimamente intenzione di portarmi con te per evitarla, vorrei sapere come dimenticarti.- nella sua voce la nota polemica e arrabbiata, oltre che preoccupata, era inconfondibile.
-Oh, bè, lo vorrebbero sapere in molti.- scherzai.
-Ester.-
Gli passai le braccia intorno al collo per baciarlo di nuovo, ma lui mi respinse, era incredibilmente serio.
-Oh, dai, non fare così! Puoi sempre morire con me.- lo so, non dovevo scherzarci, ma che altro potevo fare? Anche se quell’alternativa non mi piaceva per niente se la guardavo seriamente e poi, saremmo comunque rimasti insieme.
-Non cambierebbe niente, non saremmo insieme lo stesso.-
-E l’incantesimo?- domandai un po’ confusa, forse non ricordavo con chiarezza i termini e mi ero sbagliata.
-L’incantesimo lega me a te, non te a me, fu ideato da un strega, non da un demone. Certo è il legame più profondo che un demone può stabilire con un strega, ma comporta più vantaggi per quest’ultima che non per il demone stesso.-
-Ma allora perché lo hai fatto?- era tardi per porre la domanda.. ma ormai.
-Perché non riuscivo a trovarti.- rispose -Non importava che incantesimo di ricerca facessi, eri totalmente scomparsa, come se fossi finita in un'altra dimensione. Eri svanita nel nulla. Solo grazie a quest’incantesimo sono riuscito a trovarti.-
Oddio… se non mi aveva trovato era solo perché Morgana mi aveva schermato… era il caso di dirglielo? Che quell’incantesimo non era proprio necessario…?
-Si può sapere dove ti eri andata a cacciare? Come mai non riuscivo a trovarti?- domandò un po’ seccato. Era più dolce, ma ancora molto permaloso.
-Dunque… io…- farfugliai incerta -Ho incontrato il mio spirito familiare.- iniziai, bloccandomi subito.
-Me lo avevi accennato, ma questo che c’entra con la tua irreperibilità?-
-Lei mi aveva… come dire… schermato.- la voce suonava tremante perfino alle mie orecchie. Aspettai l’esplosione che però non ci fu.
-Capisco.- bisbigliò invece, con tono tranquillo, abbracciandomi.
-Asher…?- chiamai, c’era una cosa che mi incuriosiva un po’.
-Si?-
-Tu ce l’hai un anima?- me lo ero sempre chiesto
-Non ho un anima ma ho una coscienza… e non finirà in un bel posto. È per questo che prima ho detto che, anche se io morissi con te, non potremmo comunque stare insieme.- bisbigliò tra i miei capelli.
Sciolsi l’abbraccio e gli presi la mano, poi feci un passo all’indietro per invitarlo a seguirmi.
-Tranquillo.- dissi sorridendo -Se anche finissi nel più alto dei cieli, cosa di cui dubito fortemente, non esiterò a farmi una lunga strada in discesa per raggiungerti. E poi… almeno non avremmo freddo.-

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 -La lettera- ***


Visto, ho deciso in fretta... forse -.-
Ho parlato a lungo con la vampira e ho deciso di ricominciare a postare, sperando che non accada più quello che è gia successo, considerando anche che il plagio oltre che immorale è illegale.

 

Capitolo 36
-La lettera-


Passammo in hotel a mollare il mio libro e mantrugiai felicemente Shadow per almeno un ora buona, anche lei era felicissima di rivedermi, mi abbracciò forte con il suo aspetto da bambina e non mi lasciò per almeno una mezz’ora. Quando riassunse l’aspetto di una micetta nera non potei fare a meno di accarezzarla e strapazzarla, ero troppo un amore!
Asher mi trascinò fuori dalla stanza, e insieme andammo al parco, non so come fosse in passato, ma ora era piuttosto ampio, pieno di alberi e piante, con tre gigantesche fontane e diverse panchine sparse in giro. Asher passeggiava tenendomi una mano sulla spalla per attirarmi a se, come se fosse la cosa più normale del mondo, ogni istante che passava mi sentivo sempre più emozionata, solo lui mi faceva quell'effetto. Io e lui ci sedemmo ai piedi di un albero, protetti dalla sua ombra mentre il sole filtrava luminoso tra le fronde, illuminando piccoli pezzetti di terra.
-Allora...- iniziò, facendomi accomodare tra le sue gambe e abbracciandomi da dietro. -Inizia a raccontare.-bisbigliò nel mio orecchio.
Mi abbandonai contro il suo petto e lentamente iniziai a raccontargli tutto: di Morgana, dei vampiri, della casa e della lettera di mia sorella. Quando gli spiegai il perché non era riuscito a trovarmi lui disse:
-Morgana, è? Devo segnarmela! La prossima volta che la incontro ci farò quattro chiacchiere!- minacciò.
Non potei trattenere un sorriso.
-La lettera...- iniziai, ma mi fermai incerta
Lui fece un respiro profondo e sussurrò -Vai avanti.-
-Mi ha chiarito alcuni punti interrogativi, ma avrei qualche domanda.-
Sentii le sue labbra sulla mia pelle e un brivido mi attraversò all'istante.
-Ti ascolto. Ma se la domanda non mi piace non rispondo.- disse, dispettoso come al solito.
Che potevo fare? Mettere il broncio o arrabbiarmi non serviva, c'era una sola cosa da fare. -Se fai così allora io... non ti bacerò più! E non ti permetterò di baciarmi- mi sentivo una ragazzina, ma almeno si era irrigidito. Mi scostò lentamente i capelli, ma prima che potesse baciarmi lo allontani con uno spintone, quando mi guardò negli occhi, sostenni il suo sguardo con decisione. Alla fine distolse gli occhi dai miei e sospirò rassegnato.
-Chiedi e ti sarà detto!- disse molto seccato.
Evviva! Lo abbracciai e appoggiai l'orecchio al suo petto, ascoltando il battito del suo cuore, mentre lui ricambiava il mio abbraccio. Ci stavamo comportando come dei ragazzini ma io ero comunque felice.
-Sei veramente spietata! Ho rinunciato alla mia libertà per te!-borbottò tra i miei capelli.
Alzai la faccia e lo attirai a me con una mano per baciarlo, lui ricambiò il bacio senza più protestare, quando ci separammo domandai -Non ne vale la pena?- il mio tono era veramente malizioso.
Sbuffò. -Avanti, che vuoi chiedermi?-
Sprofondai nel suo abbraccio, nascondendo la testa nel suo petto: che volevo chiedergli? Da dove dovevo iniziare?
-È vero che quando ero piccola hai cercato di uccidermi?- chiesi con indifferenza. Non volevo dargli peso, non volevo che lui si allontanasse, ma dovevo sapere tutto.
Sussultò e rimase in silenzio.
-Dai rispondi, tanto non mi arrabbio.- bisbigliai con tutta la dolcezza che riuscivo a trovare, per rassicurarlo.
-Non proprio.- disse -Volevo solo scoprire che tipo di poteri avevi, ne ero attirato.-
-Mi conoscevi fin da piccola?-ero ancora incredula.
-Si, ti avevo visto a una sorta di festa di paese. Allora cantasti una canzone e una flebile energia riempì l'aria condotta dalla tua voce, la sentii e ne fui profondamente attratto. Allora ti cercai, ma non riuscii subito a ritrovarti, credo fosse per via di tua sorella oppure perché sulla tua casa aleggiava un incantesimo di protezione. Quando ti trovai eri in una foresta, vicino ad un laghetto. Allora pensai davvero che avrei potuto ucciderti per avere i tuoi poteri, ma tua sorella mi fermò e ora le sono grato di questo.-
Lo guardai negli occhi sorpresa, ma poi abbassai lo sguardo cercando di assimilare tutte le informazioni... che la canzone che avevo sentito appartenesse in realtà a me?
-Ti ho scioccata?- domandò dopo un pò.
-Sei diventato stranamente dolce, sai?- gli dissi con un sorriso, anche se lui non poteva vedermi visto che gli aveva appoggiato la faccia sulla spalla.
-Ti dispiace?- la sua voce esprimeva confusione e incertezza.
-No, mi piaci ancora più di prima.- l'avevo detto davvero?
Asher mi allontanò da se per baciarmi, poi mi scostò i capelli dal viso e mi baciò sulla fronte. Gli presi una mano tra le mie e mi appoggiai al suo petto, sospirando.
-Dunque... domanda numero due.- iniziai, mentre mi accarezzava la schiena -Esattamente perché giravi intorno a mia sorella?- lo volevo sapere da un mucchio di tempo.
-Sei gelosa?- mi prese in giro.
Arrossii per l’imbarazzo; in realtà si, lo ero… perché sapevo che non avrei mai potuto competere con mia sorella. -Non proprio.- balbettai.
Smise di accarezzarmi e mi strinse a se baciandomi i capelli.
-Era interessante.-iniziò a spiegare, sorprendendomi -Non come lo sei tu, era decisamente più misteriosa. E aveva fatto qualcosa ai tuoi poteri, dopo quella sera non erano più quelli che avevo percepito, ero molto strano. Volevo vedere se sarei riuscito a sfruttarla a mio vantaggio, ma era impossibile perché conosceva le mie mosse ancora prima che le facessi, al contrario di te era molto abile nel controllare il suo potere... La prima volta che la vidi, la stessa sera in cui vidi anche te, lei mi disse che nell'istante io cui io e te c'eravamo incontrati la ruota del destino si era messa in moto. Me lo ripeteva sempre... a quanto pare aveva ragione.-
Rimasi in silenzio per un po’ cercando di immaginare Asher e mia sorella insieme, avevano dei caratteri abbastanza diversi, probabilmente avevano litigato per metà del tempo trascorso insieme.
-Tua sorella voleva tenerti lontano da ogni pericolo anche se sapeva che era impossibile. Voleva proteggerti. Mi stancai presto di girarle a torno, non riusciva a stuzzicarmi, mi annoiava… Non era come te. -continuò, preso dal suo racconto.
Alzai lo sguardo sorridendo, che mia sorella non era come me non c’erano dubbi, ma non pensavo che io potessi essere più… “attraente”... di lei.
-Poi un giorno accadde qualcosa di strano che attirò la mia attenzione…Ben presto mi ritrovai a fissare due ragazzine che correvano verso l’entrata di una villa.-
Capii che parlava di me e Elaisa il giorno della morta di mia sorella. -Rintracciai grazie all’incantesimo la persona che l’aveva salvata, ma era sul punto di morire.-
Trattenei il fiato, rigida come il tronco di un albero mentre lui continuava. La sua voce si era fatta cauta, ma aveva comunque un che di ipnotico -Mi fissò un attimo prima di sorridere e morire. Probabilmente aveva previsto tutto, anche se sarei arrivato. Bisbigliò qualcosa che non capii prima di chiudere gli occhi, credo non le fosse rimasto nemmeno una goccia di sangue.- la sua mano mi accarezzava con lentezza cercando di farmi calmare. -Avrei voluto andarmene con la massima indifferenza, come facevo di solito, ma non ci riuscii. Tua sorella non mi interessava particolarmente, ma provavo un certo rispetto per lei, non mi piaceva l’idea di lasciarla in un sudicio vicolo. La portai all’altre che la congrega locale usava nei rituali, lo liberai e la stesi sopra con attenzione spargendo i petali di quella rosa che amava tanto. Poi me ne andai, il resto non mi interessava, le avevo fatto i miei omaggi a modo mio, era più di quanto avessi fatto per molti altri. Questo è tutto quello che c’è stato tra me e tua sorella, praticamente niente come avrai notato tu stessa.- concluse, baciandomi la tempia, stringendomi a se con delicatezza e continuando ad accarezzarmi gentilmente la schiena, per farmi sciogliere.
Mi abbandonai contro il suo petto cercando di rilassarmi, l’argomento “Sorella maggiore” era momentaneamente sospeso, avevo bisogno di una pausa. L’avevo superata certo, ma certe cose non si superano mai del tutto.
-Poi, che successe?- gli chiesi, per parlare d’altro, dopo che mi fui un po’ ripresa, essere trattata in modo tanto dolce aiutava molto, tanto che riacquistai la serenità in pochi minuti.
-Non passò molto tempo che sentii un invocazione.-riprese lui parlando d’altro.
-Era la mia? Era la mia?- domandai divertita con voce da bambina. Come mai mi ero ripresa tanto in fretta.
-Gia, era la tua, indubbiamente.-rispose alzando un sopracciglio, sorpreso anche lui, mi attirò verso di se per baciarmi lievemente sulle labbra, poi ricominciò a parlare. -Non era rivolta a me, quindi avrei potuto fare finta di niente, ma il potere che la permeava era simile a quello che avevo sentito diversi anni prima, non potevo ignorarlo. In realtà avrei potuto, non era così forte, ma ero molto curioso, lo sono sempre stato. Mi diressi verso il luogo da cui proveniva quel potere e lì ti trovai. La storia da allora in poi la conosci anche tu.-concluse, con tono tranquillo, neutro, sempre accarezzandomi la schiena. Mi sentivo coccolata, era così piacevole avere le sue attenzioni tutte per me, la sua voce meravigliosa e profonda mi faceva sentire felice e tranquilla, protetta. Non mi ci volle molto a riprendermi. Avrei voluto che continuasse per sempre.
-Vai avanti.- bisbigliai solo per sentirlo parlare.
Lui scese a baciarmi, poi mi bisbigliò a un centimetro dalle labbra -Cosa vuoi che ti dica? Il resto lo conosci no.-
Nonostante non avesse detto niente di particolare arrossii un po’, la sua voce così sensuale unita alla vicinanza mi faceva quell’effetto.
-Qualunque cosa…-risposi a voce bassa, senza quasi rendermene conto, mi sentivo imbambolata.
Lui rise e appoggiò la schiena al tronco dell’albero stringendomi contro il suo petto.
-Mi è mancata la tua voce.-bisbigliai ancora.
-La colpa è tua, sei tu che sei sparita.-mi rimproverò con tono seccato, era ancora arrabbiato. -Non hai idea di cosa ho provato. Mi sono svegliato e eri scomparsa. Avrei voluto urlare, non sapevo con certezza se era per la rabbia o per la paura, temevo ti fosse successo qualcosa. Ma le tue cose non c’erano, quindi quella che seguì fu sicuramente la rabbia. Non capivo e sinceramente non capisco nemmeno ora. Il che ci riporta a te. Perché volevi liberarti di me? Avevi paura che ti uccidessi, che ti rubassi i poteri? Era questo?-
Rimasi in silenzio ascoltando il battito del suo cuore, non sapendo bene come rispondergli, dirgli la verità significava scoprirsi.
-Hai intenzione di rispondermi?-chiese dopo un po’ ancora irritato.
-Non sai più leggermi nel pensiero?- scherzai, tentando di alleggerire l’atmosfera, ma non funzionò.
-Te l’ho gia detto, ci riesco solo quando ciò che provi è intenso.- rispose secco.
Rimasi un attimo in silenzio, cercando di organizzare i pensieri per spiegarmi in modo chiaro e anche cercando il coraggio per aprire bocca.
-Ester.- chiamò con tono contrito e anche un po’ arrabbiato.
-Dammi un minuto, sto pensando a come esprimermi in modo chiaro.- pregai con voce calma.
-Oppure stai pensando a che bugia inventare.-accusò con voce neutra.
-Avevo paura!- proruppi arrabbiata - …così sono scappata, è vero!-
-Quindi pensavi seriamente che dopo che siamo stati a letto insieme ti avrei ucciso? Per chi mi hai preso?- nella sua voce c’era un certa tristezza, una cosa che capitava solo di rado.
-Quindi non lo avresti fatto?- chiesi dubbiosa, anche se non era per questo che ero scappata Asher, o meglio l’Asher del passato, era tipo da comportarsi così.
Rimase in silenzio, mi allontanai un poco per guardarlo negli occhi, ma lui li teneva fissi sull’orizzonte.
-Non più.- bisbigliò con voce roca.
Gli diedi un bacio sul collo, poi bisbigliai. -Non sono andata via perché avevo paura di te, sono andata via perché avevo paura per te… e anche per Shadow. Avevo intenzione di andare a riprendermi Logan e non volevo che Cecil vi facesse del male, non me lo sarei perdonata.-
-Avevi paura per me?- domandò incredulo.
-Ti suona così strano?- replicai tranquilla.
-Io non sono così debole da aver bisogno della tua protezione, Ester!-protestò con veemenza.
-Non mi sembra che contro mia cugina tu sia riuscito a fare più di tanto.- risposi incerta, non volevo farlo arrabbiare.
-No, è vero.- ammise piano -Ma di certo tu non riusciresti a ucciderla, non da sola, finiresti solo con il farti ammazzare. E comunque il miglior modo per proteggere qualcuno e stargli accanto, non certo scappare via!-
-Io avevo bisogno di stare da sola, di ritrovare la fiducia in me stessa, di trovare la mia vera forza. Non potevo certo farlo stando con te! E poi se fossimo rimasti insieme e se ti fosse successo qualcosa….- scossi la testa per scacciare quell’idea che mi faceva stare male. -Ho gia perso così tante persone a cui tenevo per colpa della mia incapacità, non volevo che accadesse di nuovo. Non voglio più avere nessuno sulla coscienza e non voglio che tu faccia una brutta fine a causa mia.-
Lo sentii sospirare seccamente: -Gia… è sempre stato un tuo problema.- borbottò seccato, il tono vagamente cupo e aspro.
-Cosa?- domandai sconcertata.
-Sei sempre stata così… ti sei sempre presa la colpa di tutto… Come se tutto dipendesse da te, quanto sei egocentrica!- disse in tono duro, ma con una punta di sarcasmo.
-Come, prego?- domandai arrabbiata. -Io sarei egocentrica? Detto da te fa quasi ridere!- conclusi con aria contrariata.
-Io sono egocentrico, ma in modo costruttivo.-rispose lui scrollando le spalle.
-E quale sarebbe la… “costruzione”… che porta il tuo egocentrismo?-
-Aiuta l’autostima, che tu tendi regolarmente a distruggere!- ribatté lui.
-Per quel che mi riguarda il tuo ego è gia abbastanza grande!- lo rimbeccai.
Non rispose, perché avevo ragione, ma mi spostò la spallina della maglia per darmi un bacio sulla spalla.
-Non puoi addossarti la responsabilità di tutto.-replicò imperterrito. -Non è solo una cosa deleteria, è anche da stupidi!-
-Mi stai dando della stupida?- chiesi con rabbia, nonostante stessimo litigando eravamo ancora abbracciati.
-Tua sorella non vorrebbe che tu ti sentissi in colpa per la sua morte, lei sapeva ciò che sarebbe successo. Se non ha fatto niente per cambiare il futuro era perché non si poteva cambiare.- la sua voce era dolce e lenta, sembrava accarezzarmi e scaldarmi. -E Logan ha fatto ciò che ha fatto perché ti voleva bene, lo sai. Penso tu sia l’unica persona che lo abbia mai trattato dolcemente, per questo eri così importante per lui. Non vorrebbe che fossi triste a causa sua.- mano a mano che parlava senti un profondo senso di quiete riempirmi, mi sentivo così bene, era il suono della sua voce a farmi quest’effetto. -Lo sei anche per me, lo sai.-concluse accarezzandomi i bracci mentre io avevo la schiena appoggiata al suo petto e fissavo la fontana.
Gli afferrai le mani e intrecciai i suoi diti ai miei per poi portarle a cingermi la vita, mi appoggia ancora di più sul suo petto rannicchiandomi su di lui e poi bisbigliai con la testa appoggiata alla sua spalla -Mia sorella mi ha scritto un lettera, ti interessa sapere quello che c’è scritto?-
-Vuoi leggermela?- domandò a voce bassa, cauto, sapendo che era un sentiero accidentato.
Ci pensai su un istante prima di rispondere. -Non lo so.- la mia voce era incerta, passavo da una sensazione all’altra, da un emozione all’altra, in un lasso di tempo troppo breve, iniziavo a sentirmi confusa.
Lui mi baciò i capelli restando in silenzio, aspettando che prendessi una decisione definitiva, non era mai stato così dolce e premuroso, era bello essere trattata in quel modo. Un lato dolce… non avrei mai creduto che lo avesse, eppure adesso era come il miele, proprio come quella sera, ansi molto ma molto di più. Ed era tutto mio, per sempre e anch’io gli sarei appartenuta… per sempre…. Spaventoso e elettrizzante insieme, forse ci saremmo sbranati a vicenda a un certo punto.
Presi la lettera, togliendo le mie mani dalle sue e sciogliendo l’ intreccio dei nostri diti, e lentamente la aprii, poi iniziai a leggerla a voce bassa.
- “Cara sorellina…”- cominciai a leggere, sentii Asher allontanarsi un po’ e appoggiare il mento alla mia spalla. - “…è passato molto tempo dall’ultima volta che io e te ci siamo sentite. Lo so, ti sono mancata e tanto. So anche che hai fatto incontri interessanti…”- -Oh, sono interessante.- mi bisbigliò Asher nell’orecchio strappandomi un sorriso prima di continuare. - “…e non intendo il tuo demone, ma il tuo spirito famigliare che ti ha finalmente indicato la direzione giusta da seguire, la strada da intraprendere per il tuo futuro. Ti è stata accanto per tanto tempo, era ora che facesse qualcosa!”- sentii Asher sospirare, sembrava seccato, di certo non gli piaceva il fatto di non venire considerato e anche il mio spirito familiare. - “Non fraintendere, niente di quello che hai fatto fino ad ora era inutile, niente era sbagliato, ma non era ciò che meritavi, né ciò di cui avevi veramente bisogno, non a lungo andare comunque. La strada che hai percorso fino ad ora era necessaria, ciò che hai imparato ti ha dato potere, conoscenza e gentilezza, ma anche la forza di affrontare qualunque difficoltà e situazione difficile. Adesso non sei più sola, che tu te ne sia gia accorta o no, la strada che hai deciso di intraprendere ora ti poterà esattamente dove desideravi arrivare prima della mia morte. Ma il fatto che tu raggiungerai quella meta non è importante come il viaggio che hai intrapreso, quello che imparerai dagli errori lungo il percorso e quello che hai gia imparato.
Ricordi quando ti spiegai il significato del tuo nome? Ester vuol dire stella. Ha una luce così piccola eppure così meravigliosa, illumina il percorso di chi la segue con gentilezza e splende di luce propria... è molto diverso da me, che tu hai sempre paragonato alla luna, adesso non è più necessario che tu mi insegua come un ombra, non devi più essere l'ombra della luna, devi essere una stella... Per qualcuno lo sei gia. Sei vicino ad essere all’altezza del tuo nome sorellina mia, ma credo tu lo sia sempre stata in un modo o nell’altro, anche se non te ne rendevi conto. Ogni nome che hai rispecchia una parte del tuo animo: il coraggio, la gentilezza, la bellezza, il tuo amore per la natura…
Se chiudo gli occhi posso vederti, posso vedere come sei in futuro e so che anche tu puoi vedermi, so che mi pensi e mi dispiace di averti ferito e di averti lasciato. Sono così orgogliosa di ciò che sei diventata e di ciò che diventerai in futuro, non tormentarti riguardo al passato, ciò che è successo era inevitabile e ormai il passato non si può cambiare, pensa invece a ciò che c’è davanti a te, io sarò sempre con te. Non devi perdere tempo cercarmi, non ce ne è bisogno, ovunque sarai io sarò lì e veglierò su di te sempre.
Sei stata una sorella splendida, in un certo senso sei stata anche una figlia per me, credo sia anche per questo che farei di tutto per te, ma forse la verità è che chiunque riesca a vedere la tua vera bellezza non può che perdercisi. Io non ho alcun rimpianto a parte quello di non poter crescere con te, di non poterti abbracciare forte quando piangerai…Ho fatto tutto ciò che ho potuto per te, mentirei se dicessi che a volte non mi è mancata la mia libertà, ma il tuo sorriso riusciva a farmi dimenticare qualunque tristezza, sapevo che era per me soltanto. Ti voglio un infinità di bene, non scordarlo mai.
Un chiarimento prima di salutarti, io e quel demone… bè non serve dirtelo, è chiaro che non c’è stato un bel niente. Ma tanto per fugare ogni dubbio chiariamo: io non ho mai avuto un qualunque tipo di coinvolgimento emotivo con quel demone e sinceramente preferirei che anche tu evitassi, anche se ormai è tardi…si, è davvero troppo tardi.
Sorridi quando pensi a me, e non preoccuparti di niente, segui il tuo cuore, credi in te stessa, ti vorrò bene sempre.
Con amore
Tua sorella maggiore”-
Richiusi la lettera sospirando e la rimisi in tasca, entrambi rimanemmo in silenzio per almeno un minuto, sentii gli uccellini cinguettare allegri mentre i vento mi accarezzava muovendo le fronde degli alberi.
Poi Asher bisbigliò al mio orecchio -C’è un post scritto.-
Avevo ancora la sua testa appoggiata alla mia spalla quindi non potevo scrollare le spalle anche se sarebbe stata la cosa più naturale.-Non è niente.- risposi.
-Cosa c’è scritto?- insistette lui.
-Indirizzi.- raccontai alzando gli occhi al cielo.
-Indirizzi?- domandò confuso, alzando un sopracciglio. -E di cosa?-
-E che ne so! Forse di aitanti pretendenti.- scherzai, non avendo davvero la benché minima idea di che indicassero quegli indirizzi.
Lo sentii irrigidirsi. -Divertente.- il suo tono basso e cupo mi sorprese.
Tentai di allontanarmi da lui per voltarmi, ma lui mi strinse ancora di più impedendomi ogni movimento.
-Sei arrabbiato?- chiesi piano, non capivo perché ma lo sembrava, come quando si parlava di Nicolas.
-Non proprio…- bisbigliò, la voce sempre bassa.
Ci pensai su mentre sentivo le sue labbra accarezzarmi il collo, cosa non facile da fare, pensare intendo… Come si fa a pensare mentre il bellissimo ragazzo che ami con tutto il cuore e che desideri ardentemente ti sta baciando? Non puoi rimanere concentrata a lungo.
-Sei geloso?- domandai con mezzo fiato. Accidenti a lui! Io tentavo di capirlo e lui mi distraeva! Anche se… amavo quel genere di distrazione, ma non lo avrei mai e poi mai ammesso! Non con lui almeno.
-Tu sei mia.- fu la sua risposta, fredda e decisa, mi fece rabbrividire. -Torniamo in hotel? Anch’io vorrei fugare ogni dubbio.-
Sorrisi, mentre vedevo il cielo tingersi di rosso, rosa e viola, era arrivato il tramonto senza che nemmeno me ne rendessi conto. -Proposta interessante.- bisbigliai stavolta voltandomi, lui mi lasciò fare e quando i nostri occhi si incontrarono gli sorrisi maliziosa. -Se pensi che mi dispiaccia ti sbagli. Te l’ho gia detto no? Io ti amo.-
Lui mi baciò e io ricambiai il bacio, nemmeno feci caso al fatto che svanimmo, me ne accorsi solo quando ci ritrovammo in camera da letto, seduti sul letto. Lui mi accarezzò il viso, scostandomi una ciocca di capelli e mi sorrise. Mentre mi perdevo in quegli occhi rubino, che però sembravano diventare sempre più scuri, l’unico pensiero che avevo era che ero felice di essere di nuovo insieme.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 -Un nuovo incantesimo.- ***


Documento senza titolo

Stasera mi ero collegata per vedere se avevono aggiornato una delle mie storie preferite e mi sono accorta che non ho postato il nuovo capitolo qui, anzi sono rimasta decisamente indietro e quindi chiedo scusa -.-

Un chiarimento prima di lasciarvi felici al capitolo, la vampira (cioè Yokuccia) è una mia amica, che con una pazienza infinita è riuscita a convincermi a continuare a postare. La chiami vampira perchè viene sempre ad orari assurdi su msn e non c'è mai di giorno, come ogni degna creatura della notte! XD Penso andrebbe d'accordo con Asher (è il suo personaggio preferito), lo dico giusto per far capire che tipo assurdo è... ma io l'adoro! Credo sia in assoluto la mia migliore amica.

La ragazza che ha copiato la mia storia è scomparsa e non si è più fatta vedere su quel forum, sinceramente se la sentissi penso che passerebbe una bruttissima mezz'ora. Anche perchè aveva chiamto la mia Ester, Kimberly. Io posso capire tutto, davvero... ma KIMBERLY? Che razza di nome è? Sembra quello di un oca bionda che vuole fare la chirleeder! (chiedo scusa a tutte le persone che hanno questo nome, non l'ho scritto per offenderle -.- )

 

Capitolo 37
-Un nuovo incantesimo-


Sentivo un tepore così dolce, stavo bene, era come se galleggiassi tra le nuvole, una sensazione di pace e di torpore, non volevo aprire gli occhi. Eppure ero sveglia, sentivo qualcuno accanto a me che mi abbracciava, mi sentivo osservata in modo irritante. Aprii gli occhi, lentamente, sentendomi ancora mezza addormentata, fissando il soffitto chiaro sopra di me.
-Ben svegliata.- mi bisbigliò Asher all'orecchio.
Mi voltai incontrando i suoi occhi, poi lo abbracciai e mi rannichiai contro di lui senza dire una parola, appoggiando la testa sulla sua spalla e avvicinandomi al suo corpo, lui ricambiò l'abbraccio baciandomi la fronte.
-Sembri ancora addormentata... non sei mai stata mattiniera.- bisbigliò con voce dolce.
Gli diedi un bacio sulla spalla e poi appoggiai la testa sul suo petto, ascoltando il battito del suo cuore, così rassicurante, così bello, mentre lui continuava a stringermi.
-Hai passato una bella nottata?- domandai.
-Molto piacevole, devo dire. Era da tanto che non passavo una nottata così! Da quando una certa strega ha deciso di svanire nel nulla, più o meno.- rispose vagamente sarcastico.
-Bè, almeno questa volta non sono scomparsa.- scherzai, lui fece un movimento brusco imprigionandomi contro il materasso, i suoi occhi fissi nei miei erano diventati freddi.
-Non scherzarci.- mi rimproverò -Potrei anche decidere di incatenarti.-
Non stava scherzando, lo capii al volo. Asher era un demone, non sapeva gestire ciò che provava perché non l'aveva mai provato prima d'ora, il suo attaccamento a me era quasi morboso, non che questo mi infastidisse, anzi... ma non era il caso di continuare con questa cosa.
-Asher calmati, non ho nessuna intenzione di andarmene, davvero.- lo rassicurai, ma lui continuava a guardarmi con freddezza. -Non ti fidi di me?- indagai, cauta.
-No, non molto. Non per quanto riguarda questo almeno.- bisbigliò in risposta, la sua faccia a pochi centimetri dalla mia. Avrei voluto alzare una mano e accarezzare quei lineamenti perfetti, ma mi aveva imprigionato i polsi in una morsa ferrea.
-Asher, per favore, lasciami la mano.- lo pregai con un sorriso, il più dolce che ero capace di fare.
-Perché?- domandò, preso in contropiede.
-Perché voglio toccarti.- mi guadagnai un occhiata sorpresa. -Non posso?- stavo facendo la bambina, era divertente essere infantile.
Mi lasciò la mano e io l'allungai e gli sfiorai il viso con la punta delle dita, sfiorandolo dalla tempia al mento e poi appoggiai la mano sulla sua guancia, sfiorandogli le labbra con il pollice, poi lo attirai a me per baciarlo. Quando ci separammo i suoi occhi erano tornati dolci, languidi; mi aveva lasciato anche l'altro polso e ora con il braccio destro mi stringeva a se, mentre il sinistro lo aveva appoggiato al materasso e con la mano mi scostava i capelli dal viso, accarezzandolo. Arrossi e lo allontanai, eravamo completamente nudi e stare così attaccati... non so mi imbarazzava un pò. Lui mi lasciò andare fissandomi confuso.
-Io... vado a fare la doccia.- farfugliai, dirigendomi al bordo del letto. Mi bloccai prima di uscire della coperte, non avevo niente addosso e lui continuava a fissarmi. -Ehm... potresti voltarti...?- domandai imbarazzata senza voltarmi a guardarlo.
-Cosa?- chiese sorpreso.
Tenendo la coperta attaccata al corpo mi voltai lentamente verso di lui che mi fissava incredulo e divertito.
-Non è un pò tardi per certi pudori?- chiese sarcastico, aveva ragione ma non riuscivo a non arrossire.
-Per favore.- lo pregai sprofondando nell'imbarazzo. Lui si avvicinò a me lentamente, fino a che la sua faccia non fu a pochi centimetri dal mio viso, lo percepii più che vederlo perché i miei occhi erano fissi sul lenzuolo da un bel pò.
-Cioè, tu mi stai seriamente dicendo che ti vergogni a farti vedere nuda da me?- mi prese in giro, sempre incredulo.
Mi voltai, non potevo guardarlo, stringendomi ancora di più la coperta al petto, i capelli mi caddero davanti al viso nascondendolo. Sentii che si avvicinava e prima che riuscissi a fare qualunque cosa, incluso formulare un pensiero, mi sentii avvolta dalle sue braccia, cosa che mi fece sentire ancora più imbarazzata e confusa.
Le sue labbra si posarono sulla mia spalla, lievi e dolci, lo sentii sussurrare nel mio orecchio -Lo sai che ti ho gia visto varie volte nuda, intendo oltre a quelle in cui siamo abbiamo fatto sesso.-
Molto probabile visto le volte in cui mi ero ubriacata. -Non ero cosciente!- mi giustificai, ero imbarazzata, ma nemmeno io sapevo il perché visto che in effetti aveva ragione. Purtroppo anche se il mio pensiero razionale diceva una cosa, quello irrazionale diceva ben altro, altrimenti in quel momento non sarei stata così incredibilmente rossa, tanto da potermi usare al posto delle strisce dei passaggi a livello (tanto per chiarire il lenzuolo era bianco).
-Non sei mai stata così... - non terminò la frase, cercava il termine adatto.
-Stupida?- lo aiutai, mi sentivo stupida a essere tanto in imbarazzo senza una ragione precisa.
-Non sei stupida.- mi corresse lui con voce dolce, accarezzandomi il collo con le labbra. -Ma non ti sei mai comportata in maniera tanto... indifesa. Mi viene voglia di abbracciarti e non lasciarti mai andare.- bisbigliò con dolcezza.
-Smettila!- la mia voce suonò traballante e incerta persino alle mie orecchie.
-Non ti sei mai comportata così prima.- continuò e anche se non lo vidi sorridere ero sicura che lo stesse facendo, ero sicura che mi rivolgesse un sorriso divertito e malizioso, come faceva di solito.
-Prima non mi fidavo di te.- risposi secca, mi stavo stancando di essere presa in giro e con non poco sforzo riuscii a riprendere il controllo della voce. -Ora girati... per favore.-
-Dovrei lasciarti?- domandò, per niente felice.
-Asher... per favore...- lo pregai con dolcezza. Ero ancora rossa, ma stavo iniziando a calmarmi un pò, anche perché aveva smesso di baciarmi.
-Va bene.- sbuffò molto seccato. Mi sciolse dal suo abbraccio e io sgattaiolai velocemente fuori dal letto dopo essermi assicurata che si era voltato. Entrai di corsa in bagno, ero tentata di chiudere a chiave la porta, ma alla fine decisi di dargli fiducia. Entrai sotto la doccia e aprii il rubinetto, mi lavai senza nemmeno aspettare che l'acqua diventasse calda. Quando tornai nella camera da letto avevo addosso il morbido asciugamano dell'hotel e c'era un carrello con la colazione; Asher se ne stava comodamente seduto al tavolino con solo un paio di vecchi jeans sbiaditi addosso: era così attraente. Quando mi vide entrare nella stanza mi sorrise e si alzò venendomi incontro. Io rimasi ferma, impietrita, mentre lui avanzava, allungando una mano ad avvolgermi la vita per attirarmi a se, io lo abbracciai appoggiando la testa al suo petto.
-Posso farmi io la doccia, ora?- chiese tra i miei capelli umidi.
Io mi scostai da lui e poi lo feci abbassare per baciarlo, lentamente, con dolcezza, adoravo baciarlo. Poi sgusciai verso il tavolo mentre lui andava in bagno e mi gustai l'ottima colazione, il tè era delizioso. Afferrai il mio cellulare e mandai un messaggio a Nicolas chiedendogli aiuto per trovare Logan.
Mi vestii in fretta e furia dopo aver mangiato, Asher rientrò mentre mi stavo infilando la maglietta, aveva addosso solo un asciugamano decisamente piccolo.
-La smetterai mai?- chiesi alzando gli occhi al cielo.
-Non capisco a cosa ti riferisci.- fece sgranando gli occhi e assumendo un espressione innocente.
Scossi la testa senza dire niente, lo conoscevo da troppo tempo per non sapere che non esisteva al mando una sua azione che potesse essere definita anche solo lontanamente innocente.
Shadow picchiò con il becco contro la finestra della stanza, con molta prontezza la sera prima si era trasformata in un corvo ed era volta fuori per tutta la notte. Aprii la finestra e lei entrò con leggerezza e eleganza, atterrò su una sedia e si trasformò in un gatto, acciambellandosi e chiudendo gli occhi per dormire. Mi avvicinai in silenzio e le accarezzai la testa, le aprì gli occhi, poi li richiuse placidamente, sprofondando in un sonno profondo.
Mi allontanai e afferrai la giacca che era appoggiata ad un altra sedia, poi presi la borsa e ci misi dentro il libro che avevo preso alla biblioteca, un blocco appunti e una penna.
-Io esco.- annunciai con un sorriso e un alzata di mano per salutare, poi mi voltai e mi diressi verso la porta, Asher mi seguì senza dire niente, mi accorsi che era dietro di me solo quando salimmo in ascensore.
-Che cosa fai?- chiesi sorpresa.
-Vengo con te ovviamente.- rispose con una scrollata di spalle, -Perché? Non vuoi?- domando alzando un sopracciglio.
Sorrisi, era impossibile non volerlo intorno, mi era mancato davvero tanto, ma non potevo nemmeno lasciare che venisse con me, era una pessima idea.
-Forse sarebbe meglio che non venissi con me.- bisbigliai un pò preoccupata per come l'avrebbe presa.
-Perché?- indagò con cautela.
Arrossii, non so se avrei avuto il coraggio di rispondergli.
-Dove vai?- domandò improvvisamente, probabilmente mal interpretando il mio rossore.
-Nel parco di ieri, ci stavo bene, poi faccio un salto in biblioteca.- raccontai con un sorriso più rilassato.
-E perché allora non mi vuoi intorno?- domandò sempre cauto e vagamente minaccioso.
Arrossi di nuovo e abbassai gli occhi. Cavolo! Da quando gli avevo detto ch o amavo avevo iniziato a comportarmi come una ragazzina! Che cosa ridicola!
-Ecco... è solo che...- dissi evitando di guardarlo.
-Cosa?-mi incalzò lui.
-Se ci sei tu non riesco a concentrarmi.- lo dissi tutto d'un fiato evitando di guardarlo e arrossendo di nuovo. Mi aspettavo di sentirlo scoppiare a ridere, ma invece mi accarezzò la guancia, fino al mento, e mi costrinse a guardarlo in faccia. Quando incrociai i suoi occhi vidi che erano dolci, come la notte prima e come quella mattina. Ci baciammo, in ascensore, fortunatamente non c'era nessuno, lui mi spinse verso una parete dell'ascensore mi blocco le mani intrecciando le sue dita con le mie. Il suono dell’ascensore che era arrivato al piano mi fece riprendere e tentai di respingere Asher prima che le porte dell’ascensore si aprissero, lui smise contro voglia di baciarmi, ma mi fissò negli occhi con uno sguardo intenso per quello che per me era un tempo infinito.
-Io vengo con te, niente proteste!- disse in tono autoritario.
Impossibile protestare, considerando che nemmeno riuscivo a respirare normalmente dopo un bacio simile, nessuno ci sarebbe riuscito.
Uscimmo dall’ascensore in silenzio, lui mi teneva stretta a se mentre camminavamo verso l’uscita; una ragazza lanciò un occhiata piuttosto eloquente ad Asher squadrandolo da capo a piedi, al che mi strinsi a lui ancora di più. Lui mi guardò un po’ sorpreso, con un sorriso stampato in faccia, mentre uscivamo dall’hotel. Camminammo in silenzio fino al parco, io pensavo a come avrei fatto a capirci qualcosa in quel libro lui che mi teneva stretta a se. Alla fine però si comportò bene; quando arrivammo, ci sedemmo all’ombra dello stesso albero e io mi misi a leggere il libro segnando ogni tanto sul blocco appunti le cose che mi interessavano. Asher si stese sull’erba e appoggiò la testa alla mia gamba, rimase così senza fare altro per non distrarmi mentre io ero presa dalle mie ricerche. A un certo punto però mi tirò una ciocca di capelli, io abbassai il libro e lo fissai.
-Ti annoi?- chiesi preoccupata.
-No, sei carina quando studi, hai un aria professionale.- mi prese in giro. -Ma volevo farti notare che è ora di pranzo.-
-Cosa?Di gia?- non mi ero accorta che fosse passato così tanto tempo.
Asher si alzò con un movimento fluido e elegante, tendendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi. -Andiamo.-
Mangiammo un paio di panini presi in un bar e delle bibite mentre lo trascinavo in biblioteca, lui si lamentò un paio di volte che non era un pasto decente, ma io non ci feci nemmeno caso, ormai ci avevo fatto l’abitudine. Buttammo le carte in cui erano avvolti i panini e le lattine di aranciata in un cestino davanti alla biblioteca, poi entrammo e io mi diressi verso la sezione in cui avevo incontrato Asher in giorno prima. Cercai un tavolo vicino a quella sezione e dopo aver posato la borsa e tirato fuori quello che mi serviva mi misi comodamente seduta a leggere, mentre Asher aveva gia preso posto accanto a me.
Finii il libro che avevo dietro, non mi mancava molto, e ne presi un altro; recuperai anche un paio di libri che avevo gia letto ma che avevano dei punti utili e che era meglio rileggere per essere più precisa. Stavo cercando di creare un nuovo incantesimo, anche se per essere più precise ne stavo modificando uno vecchio, e non era affatto facile. Alcune cose sembravano non combaciare, mantenere una sorta di equilibrio così da non combinare disastri (che era poi la cosa fondamentale da fare negli incantesimi) sembrava impossibile. Presa dallo sconforto sospirai e andai nuovamente a vedere se c’era qualche altro libro che poteva tornarmi utile, ma non trovai niente che sembrava servire allo scopo.
Mi rimisi al tavolo cercando i concentrarmi e di scrivere un incantesimo decente, senza alcuna convinzione di riuscirci in pieno; alla fine ne formulai uno adatto allo scopo, ma ancora non del tutto perfetto. Senza scoraggiarmi ripresi tutti gli appunti dei libri che avevo letto, anche quelli che avevo solo consultato in alcuni punti . Rielaborai tutta la teoria, fino a che non riuscii a ottenere qualcosa che sembrava vagamente funzionare e che non rischiava di , che so, aprire la porta dell’altro mondo… ora dovevo solo provarlo.
Il problema che c’era, oltre al fatto che l’incantesimo che avevo scritto funzionava solo in teoria, è che comunque avrei avuto bisogno di qualcosa in cui rinchiuderlo. Ma che cosa? Di certo non potevo metterlo in una scatolina… o forse si. Dipendeva dalla scatola! Se non erro ce ne era una che veniva usata per rinchiudere i demoni Groatak, che sono incorporei che di solito si impossessano del corpo delle persone. Quando vengono espulsi vengono rinchiusi in una scatola magica che poi viene bruciata dopo essere stata circondata in un incantesimo di prigionia.
Potevo provare a comprare una cosa simile, ma forse non avrebbe funzionato, riflettendo era meglio comprare un scatola e usare un incantesimo per sigillarne il contenuto, cosi che un volta chiuso non solo non potesse più uscire, ma si aprisse più. Poteva essere un idea. Avrei potuto aggiungere una configurazione all’incantesimo che avevo creato per bilanciarlo meglio, ma ero a buon punto.
Presi un altro libro e mi rimisi a lavoro, ma quando tornai al tavolo mi accorsi che Asher non c’era e mi guardai intorno. Qualcuno dietro di me mi colpì alla testa con qualcosa, piano, con delicatezza, solo per scherzo. Mi voltai aspettandomi Asher e invece mi trovai davanti a Nicolas.

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 -Cercando che è scomparso- ***


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Capitolo 38
-Cercando chi è scomparso-


-Cosa diavolo ci fai tu qui?- chiesi abbracciandolo.
-Sentivo la tua mancanza.- scherzò lui rispondendo al mio abbraccio.
Lo lasciai e mi allontanai per guardarlo, aveva un completo blu con camicia bianca e una gravata sempre blu, intonata alla giacca sul cui taschino spuntava uno stemma ricamato: era un uniforme scolastica, segno che mia zia lo aveva spedito a uno di quei college in cui ti costringono a indossare uniformi, a cantare inni ecc…
-La zia ti ha mandato in una specie di riformatorio?- chiesi divertita, per prenderlo in giro.
Lui mi fulminò con lo sguardo.
-Non scherzarci! In riformatorio mi sarei divertito di più! Mi ha spedito in uno di quei posti assurdi! Uno di quelli in cui rischi di finire in punizione perché ascolti musica rock!- visto che lo guardavo incredula aggiunse -Non sto scherzando! L’altro giorno mi hanno messo in punizione perché ascoltavo un vecchio cd dei Sex Pistol! Ho dovuto togliere l’orecchino! E guarda i miei capelli!-fece un cenno verso la sua capigliatura, con uno sguardo sgomento.
In effetti non aveva più orecchini sul viso e i capelli erano corti e castani, un castano scuro normalissimo e che comunque gli stava molto bene, erano messi in modo molto ordinato. Era davvero un bel ragazzo, sembrava del tutto normale.
-Non stai male.- gli assicurai, tentando di consolarlo. -Ma come è successo?-
-Mia madre mi ha obbligato ad andare all’università! Ma non una qualunque, no! Una nel distretto di Washington, in cui si fa il saluto militare e si è obbligati a indossare l’uniforme e a studiare materie inutili… e a far parte di stupide confraternite con nomi ridicoli! Odio quel posto!>> si lamentò.
-Ma com’è che a ventun’anni, dopo essertene felicemente andato via di casa, sei finito nuovamente sotto le grinfie di zia Katerina? Cosa è successo?-
Lui sospirò e si mise seduto, lo imitai subito, molto incuriosita.
-Mi hanno beccato mentre violavo un computer governativo.>> spiegò affranto.
-COSA?- chiesi sorpresa. -Ma come…?- non riuscii a finire la domanda per lo schok.
-Non chiedermelo, non ne ho la minima idea.-rispose affranto.
-Ma l’hai fatto un centinaio di volte!- il tono stupito nella mia voce era davvero molto palese. Il fatto è che mai e poi mai avrei potuto pensare che Nicolas venisse beccato! Mai! Assolutamente.
-Lo so!- la sua voce ricordava un lamento.
-Ma… ma da quando sei in questa situazione?-
-Da dopo che ti ho rintracciato alla villa di quel tipo…- rispose depresso. -Io non me ne ero accorto ma loro erano riusciti a mandarmi un virus per rintracciarmi, perciò quando sono entrato nel computer governativo per accedere al satellite mi hanno beccato.-
-Oddio! Mi spiace… Quindi invece che rinchiuderti ti hanno affidato a tua madre? È per questo che sei finito così?-
Fece cenno di si con la testa e l’espressione cupa. -Ma la cosa peggiore è che non potrò più usare il computer per i prossimi due anni, dopo i quali dovrò andare a lavorare per lo stato, altrimenti dovrò dirgli addio.-
-Oh, cavolo! Mi dispiace davvero. Immagino ora tu non possa più aiutarmi con la ricerca di Logan, il che mi mette nei guai… In grandi, grandi guai!- riflettei a voce alta, con una nota di sconforto: ora come lo trovavo Logan?
-Non direi.- disse con un sorriso, tirò fuori un foglietto dalla tasca dei pantaloni e me lo porse. -Lì ci sono tutte le istruzioni, c’ho messo un po’ ma ci sono riuscito. Non posso dire che sia stato semplice, ma con quello dovresti trovarlo e…-
Gli saltai addosso abbracciandolo.
-Grazie! Grazie! Grazie!- dissi stringendolo forte, era per colpa mia che era finito nei guai, per salvarmi la vita e venire in mio soccorso era finito nei guai, guai che si erano manifestati per farmi un favore. Era davvero un bravo ragazzo, anche se cercava di non darlo a vedere, anche se si comportava male e si vestiva da bullo, in fondo era davvero una persona dal cuore d’oro.
-Non esageriamo. E poi è anche mio cugino e non voglio che resti tra le mani di una psicopatica.- bisbigliò dandomi una pacca sulle spalle mentre mi abbracciava.
Rimasi in silenzio mentre un sorriso gigantesco mi si formava sulle labbra, mi sentivo come se avessi la certezza che tutto andasse bene. Improvvisamente sentii qualcuno dietro di me, una sorta di ombra oscura e minacciosa, soffocai una risati intuendo chi fosse e rimasi abbracciata a Nicolas.
-Andrete avanti a lungo?- domandò Asher con voce tagliente.
Mi rimisi seduta per bene, lasciando andare Nicolas e mi voltai a guardare Asher con un gran sorriso stampato in faccia.
-Ben tornato. Che fine avevi fatto?- domandai curiosa, il suo sguardo di ghiaccio non mi faceva assolutamente più effetto.
-Ero andato a prendere da bere.- rispose, mostrandomi una bottiglia d’acqua, la sua voce era tagliente come una lama. -Comunque vedo che non sei rimasta sola a lungo.- l’occhiata velenosa che aveva tirato a Nicolas era tutto un programma.
-In effetti no.- rispose Nicolas con un occhiata maliziosa. -E se vuoi andare a comprarti, che so, un panino, non temere, va pure, resto io con lei.- lo provocò, non cambieranno mai!
-No, sto benissimo così grazie.- era l’ostilità fatta persona, non lo avevo mai visto così infuriato.
-Sicuro? Guarda che per me non è un problema.- fece affabile Nicolas, come se le occhiatacce di Asher non lo sfiorassero nemmeno.
-Lo è per me!- rispose con rabbia il mio demone.
-Non vorrai lasciare una ragazza da sola? Non è bello! Le ragazze hanno bisogno di qualcuno che si curi di loro e se tu non ci sei…- proseguì lui, nei suoi occhi una scintilla divertita. Lasciai perdere l’idea di rispondergli per le rime per il suo commento maschilista, la schermaglia era vagamente divertente.
-Non ha bisogno di te.- rispose stizzo Asher.
-Lei questo non l’ha detto. Anzi nel messaggio c’era scritto il contrario.-
Asher mi lanciò un occhiata del tutto priva di qualunque cordialità, non era molto felice del fatto che avessi chiesto aiuto a Nicolas, d’altro canto a chi altro potevo chiedere aiuto? Lui è molto in gamba a rintracciare le persone, anche se purtroppo è finito in guai seri.
Sorrisi e allungai un braccio per afferrargli la maglietta e attirarlo a me, volevo baciarlo e la cosa non sembrò dispiacergli: mi mise un braccio intorno alla vita, attirandomi a se per baciarmi, le sue labbra erano morbide e calde, avrei voluto baciarlo per sempre.
Quando ci separammo continuai a fissarlo negli occhi, sentivo lo sguardo di Nicolas su di noi, ma non volevo voltarmi, ero troppo persa per farlo.
-Mi sono perso qualcosa?- il tono ironico nella voce di Nicolas mi riportò bruscamente a terra.
Lo fissai con il mio miglior sorriso da strega, era molto tempo che non lo usavo, e mi era mancato. -Secondo te?- la mia voce era veramente maliziosa.
-Okay, vedo che sono di troppo, quindi mi levo di torno.- disse fingendo irritazione in modo teatrale.
-Strano, non pensavo potessi dire qualcosa di così intelligente.- lo prese in giro Asher, ancora seccato.
-Sarebbe ora che la smetteste.- feci notare ad entrambi.
Asher mi fissò con una punta di malizia e di rabbia e si abbassò per baciarmi ma lo respinsi, a malincuore in realtà. -Se mi vuoi baciare sono felice, ma se lo fai perché pensi che Nicolas si arrabbierà o irriterà allora scordatelo, non sono un giocattolo.- il mio tono era un tantino alterato: arrabbiata io? Soltanto un po’!
-Capito? Tratta con i guanti bianchi la mia cuginetta.- lo rimproverò scherzosamente Nicolas, nei suoi occhi c’era un po’ di dispiacere.
Lui lo fissò sorpreso. -Tutta lì la tua reazione?- lo stupore nella sua voce era chiara e nota.
Scoppiò a ridere. -Che ti aspettavi, è mia cugina!- esclamò svelando l’inganno, i suoi occhi brillavano di divertimento e malizia.
-Ma tu avevi detto…- iniziò lui: non l’avevo mai visto così confuso, sembrava davvero un essere umano ed era così strano vederlo comportarsi come un qualunque ragazzo e non come un freddo e crudele demone, che poi era ciò che era.
Trattenei a stento una risata, forse per lui era normale il fatto che due cugini stessero insieme, ma per me e per Nicolas proprio no, non sarei mai caduta in uno scherzo simile…Asher era diverso, ma forse in questo caso l’aggettivo adatto è “assurdo”.
-Se credi a uno scherzo che colpa ne ho io.- lo prese in giro Nicolas, Asher avvampò di rabbia. -E pi volevo vendicarmi!- disse guardandomi negli occhi con un espressione dolce. -Sapevo che mi avresti portato via l’unica parente decente che ho e la cosa non mi faceva affatto piacere.-
Stavolta fui io a fissarlo sorpresa -Cosa?- domandai sbalordita.
-Oh, andiamo! Tutti si erano accorti che c’era qualcosa tra voi…-disse lui, poi sembrò pensarci un attimo. -No, in effetti voi no.- ci prese in giro.
Guardai Asher con un misto di dolcezza e incertezza, mentre lui mi restituiva lo sguardo con un sorriso capace di sciogliermi.
-Io me ne vado.- annunciò, alzandosi, Nicolas. -Non combinate troppi guai.- mi raccomandò.
Mi voltai a sorridergli mentre lui si alzava dalla sedia con tranquillità e disinvoltura e mi guardava con un velo di preoccupazione.
-Grazie davvero… sei finito nei guai per questo.- mi sentivo un po’ in colpa.
Lui scrollò le spalle e mi tese la mano, l’afferrai e mi alzai in piedi, lo salutai con un abbraccio mentre lui mi bisbigliava all’orecchio -Stai attenta.-
Poi mi lasciò andare tirando un occhiata divertita ad Asher e se ne andò via senza aggiungere altro. Mi voltai mentre Asher mi squadrava, io aprii il biglietto e lessi le istruzioni: dovevamo andare piuttosto lontano e anche in fretta perché avrebbero potuto decidere di spostarsi.
-Dovremmo muoverci.- sussurrai guardando Asher negli occhi.
-Sei pronta?- mi domandò con sguardo deciso.
Abbassai gli occhi, non ero pronta ma dovevo sbrigarmi ad esserlo.

Tornammo in hotel, avevo trascorso il resto della giornata a discutere con Asher dell’incantesimo e della mia idea e anche (e più importante) del mondo in cui applicarla. Alla fine, alle sei e mezzo, mi aveva tolto di mano il blocco appunti e si era rifiutato di rendermelo per il resto della giornata, mi aveva trascinato in hotel per la cena e per rivedere Shadow.
Asher mi teneva per mano, ogni tanto mi tirava delle occhiate furtive, forse pensa che non lo vedessi quando lo faceva, non capivo perché si comportava così. Che fosse ancora arrabbiato per Nicolas? Quando arrivammo all’ascensore lui si fermò nonostante le porte fossero aperte.
-Che c’è?- domandai, domanda fatale!
-Niente, ma devo fare una cosa. Che ne dici di salire a farti una doccia, io arrivo prima che tu sia pronta e andiamo a cena insieme.- propose con un sorriso tentatore.
-Va bene, ma che devi fare? Posso venire con te…- iniziai confusa.
-No, non è necessario.- mi assicurò attirandomi verso di se per baciarmi con dolcezza sulle labbra. -Aspettami di sopra, okay?- bisbigliò a un centimetro dalle mie labbra, difficile dirgli di no.
-Va bene… mi piace sai, farmi coccolare così?- dissi abbracciandolo. Lui mi strinse dolcemente.
-Mi piace coccolarti.- bisbigliò tra i miei capelli, poi mi allontanò con gentilezza.
-Allora, dove devi andare di bello?- domanda lecita, vero scopo dell'abbraccio e della mia sincera ammissione.
-Ci vediamo dopo, va bene.- fu tutto ciò che rispose allontanandomi da lui con delicatezza.
Feci cenno di si e salii sull’ascensore, arrivai in camera e coccolai un po’ Shadow prima di andare a farmi la doccia. Feci una doccia veloce, anche se sotto il getto d'acqua calda stavo veramente bene, uscii e mi infilai un accappatoio, asciugandomi i capelli con un asciugamano, faceva troppo caldo per pensare di accendere il phon. Arrivata in camera mi vestii velocemente con un paio di comodi jeans, una camicetta di seta nera e stivaletti neri di pelle con il tacco alto otto centimetri: erano piuttosto comodi e ormai avevo imparato persino a correrci.
Mi sdraiai sul letto ordinatamente rifatto e accesi il proiettore facendo zapping tra i canali, l'immagine era molto migliore di quella dei cristalli liquidi sul mio cellulare. Era una noia, ma non è che avessi molto da fare. Alla fine spensi il proiettore e andai alla finestra, spalancandola, e chiusi gli occhi lasciando che la mia faccia si bagnasse degli ultimi raggi del sole della città e che il vento mi accarezzasse, asciugando i miei capelli ormai umidi.
Mentre stavo lì mi venne in mente una poesia e la cosa mi stupì, non avevo mai prestato troppo attenzione alle poesie e non ero mai stato un tipo romantico... o almeno credevo.
-Destatevi nove muse, cantatemi una melodia divina, dipanate il sacro nastro e legate a me il mio Valentino!- bisbigliai, mi faceva male essere innamorata!
-E' una bella poesia.- disse Asher alle mie spalle, mi voltai velocemente e vidi che era dall'altra parte delle stanza con una busta in mano. Mi appoggiai alla finestra guardandolo con un sorriso curioso.
-Emily Dikinson, il poema di Valentino.- spiegai, incrociando il suo sguardo lievemente sorpreso.
-Non sapevo conoscessi poesie.- si avvicinò a me lentamente.
Scrollai le spalle senza muovermi, aspettando che mi raggiungesse. -Non sono riuscita a evitarlo. Che c'è nella busta?-
-Un regalo.- rispose con un sorriso, fermandosi e estraendo dalla busta un cofanetto di legno intagliato, era avvolto da una fortissima aura magica, ma non era comprensibile di che tipo fosse perché era come un grande muro d'acciaio, impenetrabile. Capii all’istante che quella sarebbe servita per il mio scopo, gli incantesimi che la circondavano erano potentissimi.
-Direi che i preparativo sono conclusi allora.- il sorriso mi andava da un orecchio all'altro, sentii il nodo che mi serrava la gola si sciolse, e mi accorsi di essere stata preoccupata fino a quel momento.
-Quindi per stasera niente "lavoro", giusto?- il suo tono era speranzoso, ma celava un pizzico di malizia.
-Niente lavoro, solo relax... Domani, però, partiamo.- la mia voce era allegra. -Visto che hai risolto la situazione, decidi tu cosa vuoi fare.-
Ci pensò su un attimo, poi si avvicinò a me annullando la distanza tra me e lui, mi abbracciò dolcemente allontanandomi dalla finestra bisbigliandomi nell'orecchio. -Perché non mi reciti un altra poesia?-
-So solo qualche poema di Dikinson, e qualche cosa di Shakespear...- risposi, sprofondando nel suo abbraccio.
-Allora recitameli.- bisbigliò Asher.
-Non li ricordo molto. Soprattutto non li ricordo tutti… e poi non amo recitare poesie.- risposi ancora accoccolandomi contro il suo petto.
-Hai dato a me la scelta.- ricordò -Dimmi quello che ricordi.- la sua voce nel mio orecchio suonava così dolce, difficile resistergli.
Ci pensai su attentamente, non mi ricordavo molto, anche sforzandomi al massimo potevo citare n paio di pezzi.
-Non saprei... Dikinson ha scritto un mucchio di lettere... e Shakesper…non saprei davvero che cosa citare…- risposi pensierosa.
-Dimmi quello che ricordi.- mi incoraggiò insistentemente.
-Ci tieni così tanto?- domandai, mentre frugavo nella mia memoria alla ricerca di un verso almeno in parte completo.
-Si, ci tengo.- sentivo la sua mano accarezzarmi lentamente la schiena.
Mi morsi il labbro, sciogliendo l'abbraccio.
-Ti accontenti di Emily?- domanda retorica, non mi veniva in mente niente di Shakespear.
Lui fece cenno di si con la testa.
-Dunque... Mi ricordo di un verso che mia sorella mi citava spesso… se non erro diceva: "Sicuri in una più salda mano/ Custoditi in una più fidata Terra/ Sono i miei /Ed anche se adesso vanno via,/Dico al mio cuore in ansia/ Essi sono tuoi. / In un più sereno Splendore/ In più dorata luce/ Vedo/ Ogni piccolo dubbio e paura/ Ogni piccola discordia di quaggiù/Sparita.”- recitai fedelmente. Era l'unica che ricordassi e solo perché era stata mia sorella a recitarmela tante e tante volte.
Lui rimase a fissarmi, rapito, come se non mi avesse mai vista prima, aveva uno sguardo dolce curioso che non riuscivo a comprendere chiaramente.
-Perché mi guardi in quel modo?- domandai presa in contro piede.
-Perché è raro che tu assuma questo atteggiamento... sei carina...- disse riflettendo -Sembri una ragazza... hai raramente comportamenti carini.- spiegò con un sorriso, prendendomi in giro e sedendosi sul letto.
Che potevo dire... -Non sei gentile.- "ma sei sincero" mi limitai a pensarlo, senza dirlo. Se dovevamo litigare volevo vincere io.
-Ma sono sincero.- replicò con un sorriso, forse mi leggeva nella mente.
-Scusami se non sono come tutte quelle con cui sei stato a letto.- risposi con molto sarcasmo e un pizzico di acidità.
-Voglio solo te.- si limitò a dirmi.
Aveva vinto lui.

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 -In tempo- ***


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E silenziosa giunse la fine^^! Tutto ciò per dirvi che finalmente ho scritto la fine... Mancano solo due capitoli all'epilogo, questo e il prossimo...
Grazie mille a tutti quelli che hanno letto e commentato questa storia, e grazie sorpatutto a Verdolina che commenta ogni volta^^! Se sono arrivata alla fine della storia è anche merito tuo.

Buna lettura a tutti

 

Capitolo 39
-In tempo-


Partimmo all’alba, anche se odiavo svegliarmi presto. Fu tutto merito di Asher, inutile negarlo, pensò lui a rifare la valigia lasciando fuori solo un paio di jeans, una maglietta e un paio di stivali –io adoro gli stivali!-neri di pelle. Poi mi svegliò molto gentilmente, accarezzandomi i capelli e baciandomi le labbra, adoravo che fosse lui a svegliarmi, avrei voluto che mi svegliasse in quel modo tutte le mattine. Mi alzai e mi vestii velocemente, presi in braccio Shadow, che continuò a dormire con il suo adorabile aspetto di gatta nera e insieme ad Asher che portava di sua iniziativa i bagagli salii sull’ascensore.
Lui si appoggiò alla parete dell’ascensore e io lo imitai. Appoggiando la testa alla sua spalla durante la breve discesa e chiusi gli occhi, poi sentii che mi metteva una braccio intorno alle spalle e spontaneamente mi venne da sorridere. Sentii qualcosa sfiorarmi la testa con gentilezza e capii che mi aveva baciato i capelli. Era come essere in paradiso, ma avevo paure che presto si sarebbe trasformato in un inferno, non ero affatto sicura di volere che lui venisse con me, non ero sicura che sarei riuscita a evitare che Cecil gli facesse del male e ancora meno sicura ero del fatto di riuscire a proteggerlo.
Quando l’ascensore si fermò mi aspettavo che mi lasciasse, invece continuò a stringermi mentre io alzavo la testa dalla sua spalla e aprivo gli occhi. Mi bloccai sulle porte aperte che davano sulla holl dell’hotel e Asher si voltò un attimo, ma non fece in tempo a girarsi del tutto che io gia lo avevo spinto dentro e avevo premuto il pulsante per salire, pregando con tutta me stessa che non mi avessero vista.
-Che ti prende?- domandò alquanto sorpreso.
-C’è un problema.- disse con voce smorzata e piena di puro panico.
-Quale?- domandò preoccupato, avvicinandosi a me.
-Ci sono i miei genitori.- la mia voce era colma d’ansia, non riuscivo a calmarmi, mi sembrava che tutto vorticasse a una velocità irreale, che tutto andasse male, che fosse un cattivo segno?
Sentii le braccia di Asher avvolgermi e Shadow miagolò: poverina, la stavo stritolando gia solo con le mie mani, poi con Asher che mi abbracciava praticamente non respirava. Lo allontanai e la lasciai andare, lei atterrò a terra con eleganza, come ogni gatto.
Asher mi circondò di nuovo con le braccia, stringendomi a se.
-Su, non c’è bisogno di preoccuparsi. Non è detto che siano qui per te.- mi consolò premendo il pulsante per scendere.
-Che fai?- gridai allontanandolo. Era impazzito?
-Dobbiamo andarcene, sei vuoi fuggire senza pagare il conto va bene, fermo l’ascensore e ce ne andiamo.- la sua voce piatta faceva intendere che davvero non gliene importava niente.
-No... Va bene scendiamo.- la mia voce era colma di sconfitta.
-Lo dici come se andassimo in un covo di mostri.-
-In questo momento inviterei un drago.- dissi citando la battuta di un film vecchio, molto famoso, tratto da una serie di romanzi. Asher come è ovvio non lo conosceva e mi fissò confuso, ma io non ci feci caso. Quando eravamo tra il primo piano e il piano terra bloccai l’ascensore premendo il pulsante: era più forte di me, non potevo non farlo. Nella mia mente le opzioni erano due “attacca o scappa”, me le ero ripetute almeno tre volte, ma la seconda suonava migliore della prima.
-Ester!- la voce di Asher era petulante
-Non dobbiamo scendere.- il tono era deciso e fermo, ma dentro di me tremavo.
-Perché no?- la sua voce era calma, logica.
-Potrebbe essere una trappola.- dissi, decisamente mi faceva male stare così sotto pressione, stavo iniziando a ripetere le battute che avevo sentito nei film e nei telefilm che guardavo da piccola, dopo la morte di mia sorella avevo quasi totalmente abbandonato la tv.
-Cosa?-Asher ignaro di tutto sembrava confuso.
-Non lo so, ho paura.-citai ancora, ma era vero, avevo paura. Era irrazionale, ma i miei genitori mi spaventavano da sempre, e non li sopportavo perché li sentivo come estranei.
Ma erano comunque i miei genitori, non potevo combatterli… “Scappa, scappa, scappa.”nella mia mente una voce continuava a ripeterlo, solo con loro mi accadeva. Era incredibile! Negli ultimi mesi avevo affrontato un covo di licantropi, una strega potentissima, un drago e un covo di vampiri e non ero mai stata in ansia. Avevo paura, ma ero fredda, controllata, sapevo come cavarmela ed ero certa di riuscirci.
E ora c’erano i miei e andavo in crisi. Bastava la loro presenza per farmi entrare nel panico… come era possibile?
Sentii qualcuno prendermi per mano, mi voltai verso Asher che mi guardava con dolcezza, come se fossi una bambina piccola che metteva il broncio perché le si era rotta la bambola, stringendomi la mano con dolcezza.
-Scappiamo…- bisbigliai per metà sarcastica, per metà speranzosa.
Lui sorrise con dolcezza. -Ci sono io con te.- mi rincuorò baciandomi la fronte.
Le porte si aprirono al piano terra, i miei genitori erano ancora lì, in tutta la loro spudorata ricchezza e il loro trasudante potere. Mio padre indossava un completo giacca-pantalone grigio scuro e una camicia bianca, con una gravata grigia con fantasia a righe, aveva dei gemelli d’argento alle maniche e un frema - cravatta d’argento, dei mocassini di pelle ai piedi. I capelli grigi striati di bianco erano sistemati all’indietro in modo ordinato, la postura era eretta e rigida, sembrava un palo o una lastra di marmo, solo più minaccioso.
Mia madre si avvicinò lentamente, indossava anche lei un completo con i pantaloni gessato e molto elegante, i lunghi capelli biondi erano raccolti in una treccia, aveva scarpe con il tacco che la faceva sembrare più alta di quanto era.
Si fermò a pochi metri da me lanciando uno sguardo tutt’altro che gentile ad Asher, ma lui rimase indifferente, stringendomi la mano con dolcezza.
-Ester…- la voce di mia madre era dolce, ma preoccupata.
-Ciao mamma.- dissi a denti stretti, nel modo più gentile che potevo trovare.
Mio padre si fece avanti, improvvisamente la holl mi sembrò incredibilmente piccola, minuscola, tanto che mi chiesi come potessero starci così tante cose in quello spazio irrisorio. Strinsi ancora più forte la mano di Asher e lui mi accarezzò con il pollice la mano, con dolcezza, cercando di calmarmi.
-Ciao papà.- avevo una voce vagamente stridula.
-Cara…- mia madre si avvicinò a me mettendomi le mani sulle braccia, stringendo con dolcezza -Ti stavamo cercando.-
In quel momento mi venne in mente l'urlo di Munch, chissà perché?
-Perché?- la mia domanda forse era un po’ troppo fredda o sospettosa, ma non ci capivo niente.... perché erano li?
-Tesoro, per favore, torna a casa…- supplicò dolcemente mia madre.
La mia espressione doveva tradire abbastanza lo stupore e l’incredulità che provavo: tornare a casa? Dopo sette anni? Ma siamo pazzi? E perché poi?
-So di ripetermi, ma perché?- la mia voce suonava incredula.
Mio padre si fece avanti. -Vogliamo solo proteggerti, lo sappiamo che siamo stati parecchio assenti nella tua vita, ma non vogliamo che tu sia rovinata a causa di certe… compagnie.- lo disse con vece preoccupata guardando Asher.
Il panico stava lasciando il posto alla rabbia. -Cosa?- sbottai.
-Credo non siano felici del fatto che andiamo a letto insieme.- il modo in cui Asher pronunciò questa frase sembrava molto intimo e personale, ma anche se lo disse accostando la bocca al mio orecchio, la sua voce era così alta da essere facilmente udibile.
Mio padre gli scoccò un occhiata di fuoco. -Tieni giù le viscide zampe da mia figlia!- la sua voce era colma di rabbia.
Emisi una breve risata isterica: era tardi per considerarmi sua figlia.
-Sentito? Ho le zampe.. per di più viscide....Non saranno delle pinne?- scherzo Asher, forse anche per calmarmi, ma mi fece ridere di nuovo, stavolta la mia risata era sinceramente divertita. -Penso che però sia tardi per togliertele di dosso.-
Per la prima volta la carnagione bianca di mio padre si infiammò… era divertente.
-Tesoro...- iniziò mia madre.
-Oh, per favore! Ho venticinque anni, arrivate tardi per fare i genitori!- dissi irritata ma con ancora il sorriso sulle labbra per le battute di Asher.
-Quello è un demone!- mio padre calcò l’ultima parola.
-Lo so!>> scrollai le spalle, volevo andarmene. -Io ho da fare.-
-Ester… ascoltami…lo diciamo solo per il tuo bene… se le persone lo venissero a sapere…se i nostri parenti lo scoprissero…- cercò di spiegarmi mia madre.
-Digli che vangano da me.- la voce carica di indifferenza. -Visto che mi avete fatto perdere un importante mezz’ora della mia vita.- dissi guardando l’orologio -Pensate voi al conto, “Cari genitori”.- poi mi voltai verso Asher abbracciandolo. -Andiamocene-
In un attimo Shadow mi volò sulla spalla e Asher ci trasportò alla stazione ferroviaria, volevo partire con un treno, era il modo giusto per salutare un posto, hai tutto il tempo di dirgli addio, senza avere rimpianti.
Non ho idea di quanti mezzi di trasporto cambiammo, ma alla fine arrivammo nel luogo indicato:una cittadina in Alaska, che di fatto ormai è una completa distesa di ghiaccio… non molto incoraggiante. Gli sconvolgimenti climatici di quarant’anni prima avevano reso il clima dell’Alaska ancora più rigido di quanto gia non fosse.


Arrivammo in quel posto impervio e ormai del tutto deserto solo grazie ai poteri di Asher, quel luogo ormai era irraggiungibile e gli unici che ci andavano erano i patiti di sport estremi.
La situazione non mi piaceva, quel luogo tutto bianco aveva qualcosa di sinistro e di profondamente sbagliato, era circondato a est da montagne impossibili da scalare e a ovest da un grande lago ghiacciato. La villa davanti a me era bianca con il tetto rosso cupo, semicoperto di neve, che si stagliava su quell’agglomerato informe di bianco: solitamente mi piaceva la neve, ma in quel momento tutto quel bianco mi infastidiva… era innaturale, quasi sbagliato.
Un mondo tutto bianco … un mondo puro, quasi incontaminato… un mondo strano, innaturale… un mondo falso. Ecco ciò che era quel posto: era falso. È la verità che sta sotto la superficie abbagliante, quella che nessuno riesce a scorgere perché accecato dall’apparente purezza; eppure le tenebre sono lì, a un centimetro dalla superficie e si nascondono per infiltrarsi subdole e ridurre tutto in briciole con il loro violento e velenoso potere. Quel tipo di oscurità mi ha sempre spaventato.
Eravamo in pericolo, lo sentivo, eppure non potevamo che andare avanti, nonostante la cosa fosse abbastanza difficoltosa a causa dei vestiti pesanti e degli stivali caldi.
Arrivammo davanti alla porta, avevo paura di aprirla, Shadow si strusciò contro la gamba con la sua folta pelliccia nera, mi chinai ad accarezzarla e lei strusciò la testa da leopardo delle nevi contro la mia mano. Era strano vederla con un aspetto tanto minacciosa, ma era ugualmente un amore.
Entrammo dal portone principale, che si spalancò dopo che gli ebbi lanciato contro un incantesimo, una sfera di fuoco e rimasi sorpresa quando non si spense o non si trasformò invece in una sfera di ghiaccio. La porta si aprì con un colpo sordo che rimbombò nel vuoto del paesaggio innaturalmente bianco, la scena che mi trovai davanti mi fece rabbrividire.
La sala era immensa, chiara, illuminata da un infinità di candele appese a un candelabro, le pareti e il pavimento erano bianchissimi e riflettevano la luce tenue delle candele e non lasciavano ombre. Al centro della sala, davanti a una lunga scalinata che portava al piano di sopra, stava un gigantesco cristallo come quello che c’era nella sala dove avevano quasi ucciso Asher… all’interno del cristallo, illuminato da una luce sinistra, c’era Logan…
-Benvenuti.- disse una voce.

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 -Le ruote che lente girano- ***


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Capitolo 40
-Le ruote che lente girano-


La voce che udii era limpida, cristallina quasi, e non l’avevo mai sentita, ma il tono freddo e distaccato, crudele quasi e bruciante con cui quelle parole erano state pronunciate lo conoscevo da tanto. Da dove provenisse non lo so, avevo i brividi però, ma ero assolutamente sicura di una cosa: gliela avrei fatta pagare.
Mi guardai intono, ma non riuscivo a vederla… non riuscivo a vedere da dove venisse la sua voce… non riuscivo a vederla da nessuna parte.
-Dove diavolo…?- bisbigliai senza terminare la frase.
Asher non rispose, l’aria intorno a lui era carica di potere, era come stare vicino a un forno o ai cavi della corrente elettrica scoperti: potere, pericolo e una forza travolgente. Lo fissai preoccupata senza che lui se ne accorgesse, i suoi occhi erano diventati tanto rossi da sembrare che bruciassero.
Improvvisamente davanti a noi apparve mia cugina, tanto inaspettatamente che sembrava essere spuntata dall’aria stessa, tanto era invisibile fino a un attimo prima.
-Salve cugina.- mi salutò con voce melodiosa, indossava un vestito bianco a maniche lunghe, i capelli rossi risaltavano in maniera vistosa contro quel niveo abito, li portava raccolti in una treccia. Il viso era giovane e aveva qualcosa di etereo e al contempo era orribile, totalmente deformato da qualcosa che non capivo con chiarezza… forse il “male”. I suoi occhi brillavano sinistri, l’iride aveva un colore chiarissimo, rabbrividii silenziosamente e mi preparai a combattere.
-Che cosa hai fatto a Logan?- chiesi con disgusto guardando il gigantesco cristallo davanti a me -Accidenti, Cecil! È tuo FIGLIO!- il mio tono era carico di rabbia ed indignazione. Ma che glielo dicevo a fare, era chiaro che non le importasse.
-E tu perché sei qui? Questi non sono affari tuoi.- la sua voce era piatta, indifferente, ignorava la mia domanda come si ignora un bambino stupido che ci chiede la spiegazione di qualcosa di ovvio..
Fu un istante, ma lascia completamene andare le redini del mio potere, perfino io percepii l’energia, simile a un esplosione, che riempì l’aria , colmando la stanza. Non l’avevo fatto apposta, la rabbia mi aveva invaso!
Vidi mia cugina rabbrividire e fare un passo indietro e sorrisi pienamente felice.
Poi accadde qualcosa. Qualcuno dirà: che sorpresa! Accade sempre qualcosa!
Si, bè, in questo caso però era qualcosa di incredibilmente veloce e pericoloso ad accadere. Tutta la facciata della villa venne distrutta da qualcosa, non so nemmeno io cosa, non era solamente un incantesimo ed era devastante.
Mi trovai sospesa a mezz’aria con Asher, aveva assunto nuovamente e in pochissimi istanti il suo aspetto originale, tentai di non concentrarmi su di lui ma sentivo la sua oscurità profonda avvolgermi, perforare la mia corazza, come un veleno che entra lentamente ma violentemente. Avevo paura, ma non riuscivo ad aprire bocca, non sapevo come oppormi a quelle tenebre tanto grandi ma ci provai con tutte le mie forze, mentre Asher, indifferente a tutto ciò fissava il suo sguardo a terra.
Chiusi gli occhi tentando di concentrarmi e sentii quelle tenebre ancora più pesanti e forti su di me. Tentai di allontanarle, ma sentii Asher stringermi tanto forte da farmi male.
-Non opporti.- mi bisbigliò all’orecchio.
Non opporti? E cosa cavolo dovevo fare allora?
-Asher non posso…- mi interruppi quando intercettai il suo sguardo fermo e deciso.
-Quello che senti è dovuto all’incantesimo che ci lega, un incantesimo molto più forte e profondo del precedente. So che può far paura, ma non possiamo farci niente. Ora le cose stanno così Ester, devi abituatici.- mi spiego con calma.
-Abituarmici un corno! Come credi che mi senta?- protestai vigorosamente.
-Non sei in grado di accettarmi totalmente?- la sua domanda sembrava avere qualcosa di troppo intimo per poter rispondere in un posto così poco privato.
Un altro colpo ci sfiorò, passando vicinissimo a noi.
-Non è davvero il momento di fare i capricci.- riprese Asher, fissando qualcosa sotto di noi.
Finalmente abbassai lo sguardo e incontrai quello di un demone dai capelli verdi e gli occhi azzurri, era molto potente, la sua energia crepitava come fiamme.
Mi allontanai da Asher, anch’io sapevo volare, non avevo bisogno di stare tra le sue braccia. La distanza mi fece sentire un po’ meglio, ma non permisi comunque alle tenebre che aveva dentro di arrivare dentro di me.
-Hai di nuovo stretto un patto con un demone?- chiesi allibita a mia cugina. -Ho sempre pensato che fossi totalmente folle, ma non che fossi oltre ogni possibile recupero in questo modo!-
Lo sguardo che mi rivolse aveva qualcosa di triste -È l’unico modo per riaverlo.- lo disse come per chiudere la questione.
-I convenevoli sono finiti.- la voce roca del demone mi diede i brividi. Iniziò ad attaccarci con una miriade di raggi di energia, creai uno scudo per proteggere me e Asher, ma mia cugina ci attaccò da dietro. Fortunatamente i riflessi di Asher erano abbastanza pronti da fermare il suo colpo.
I combattimenti a 4 sono una strana cosa, non sai mai come può andare a finire un colpo: possono dirigere l’attacco tutti e due verso di te o verso il suo compagno, oppure attaccarti singolarmente. Nel nostro caso accadde la seconda cosa.
Cecil mi attaccò, ma io restituii il colpo facendo esplodere il suo incantesimo e ferendola, ma un altro incantesimi che arrivava dal demone rischiò di prendermi, fortunatamente Asher alzò lo scudo in tempo da proteggermi. Dopo di che Cecil tentò di colpire lui, ma io fermai il colpo e il demone tentò di colpire me ma, Asher fermò il colpo.
Eravamo lì da venti minuti e gia ne avevo abbastanza! Gli scontri con troppe persone durano troppo e sono noiosi dopo un po’.
Afferrai Asher per un braccio e bisbigliai:<> poi senza dargli il tempo di ribattere scaraventai Cecil nella stanza accanto con un incantesimo, il rombo dello schianto si sentì da lontano e mi riempì le orecchie, eppure avevo la certezza che lei non si fosse fatta niente di grave.
La stanza in cui entrai e di cui avevo sfondato la parete era bianca, come tutto il resto, ma il divano era nero, come per creare un contrasto che la faceva però apparire vagamente più normale del resto della casa. Mia cugina si rialzò dopo che il colpo l’aveva mandata contro un mobile di legno facendolo finire in pezzi, che ora stavano sul pavimento ormai ingombro.
Mia cugina si alzò, il suo bel vestito era stappato e la pelle piena di graffi, ma sembrava che la cosa non le importasse mentre mi lanciava contro una spirale di fiamme. Il fuoco mi avvolse, per un attimo pensai davvero che avrei fatto una brutta fine, ma riuscii a fermarla creando un vuoto d’aria., controllare il vento era piuttosto semplice, ma dominare l’aria era invece complicato. Mi ci volle un po’ per riuscire a creare un vuto d’aria anche attorno a Cecil, ma alla fine ci riuscii. Lei si accasciò a terra, soffocata. Poi d’improvviso degli strali di ghiaccio mi attaccarono e dovetti concentrarmi per usare il fuco, così fui costretta a lasciarla.
Lei ne approfittò per attaccarmi con una potentissima sfera di energia, senza rendermene conto mi ritrovai attaccata alla parete dalla parte opposta della stanza. Boccheggiai mentre un dolore acuto mi riempiva i sensi, ma mi rialzai anche se a fatica e contrattaccai con una lancia di luce che si schiantò facendo un discreto casino e distruggendo la finestra. Mi cugina era pressoché illesa, aveva solo un grande taglio lungo il braccio, dove era stata colpita da un pezzo di vetro, e mi fissava con una certa rabbia. Improvvisamente fui investita da un potere fortissimo che mi fece piegare in due e urlare.
Mentre ero rannicchiata a terra tentai di riordinare le idee, ero lì per uno scopo, avevo creato un incantesimo apposito, dovevo sbrigarmi ad usarlo. Una sfera crepitante di energia mi venne addosso, ma creai uno scudo abbastanza velocemente da difendermi Mi concentrai mantenendo lo scudo e liberarli a pieno tutti i miei poteri… Era una sensazione bellissima, d’improvviso galleggiavo nell’aria e non c’era niente che non potessi fare se lo volevo. Mi sentivo potente, invincibile, perfetta… era bellissimo. Pensai che se avessi voluto avrei potuto ucciderla, non c’avrei messo molto, sarebbe stato incredibilmente facile. Ma… ma non potevo farlo. Non era giusto, non era quello che avevo deciso di fare, non era il tipo di cosa che la persona che volevo diventare avrebbe fatto. Voglio cambiare…
Mi focalizzai sul mio obiettivo, in breve tempo ai piedi di mia cugina si formò una configurazione e il pentacolo prese forma brillando di una luce scarlatta, insieme ad altre simboli. Della catene di luce la imprigionarono impedendole di muoversi, tirai fuori dal mio zaino la scatola mentre recitavo le parole dell’incantesimo, poi una luce bianca l’avvolse finché i suoi poteri non si mischiarono ad essa, scintilli blu scuro, cupe e senza fascino, che vennero trascinate in un vortice di luce fino alla scatola. Quando la chiusi la scatola, l’incantesimo che imprigionava mia cugina svanì e lei fu di nuovo libera, la mia magia ancora mi circondava, ma la rimisi sotto controllo, atterrai con eleganza a terra sorridendo. Mi cugina alzò una mano, come per richiamare una sfera per lanciarla, ma la sua mano era vuota, non potevo più usare i suoi poteri, non li aveva più.
Sorrisi e feci sparire la scatola,, confinandola nella zona morta al centro esatto dell’oceano pacifico, ad almeno novecento metri di profondità. Nella mia mente la vidi sprofondare e sorrisi, pensando che un tempo non sarei mai riuscita a spostare con la sola forza del pensiero un oggetto tanto lontano.
-Che cosa hai fatto?- la voce di mia cugina mi riportò alla realtà, si stava avvicinando, nei suoi occhi vidi panico e preoccupazione. Alzò le mani e mi afferrò per le spalle iniziando a scuotermi -CHE COSA MI HAI FATTO?-
Le afferrai il polso, storcendolo e costringendola a voltarsi, poi le assestai un colpo alla nuca e lei cadde in ginocchio priva di sensi. La lasciai lì, incurante di come avrebbe potuto stare, e andai a controllare Asher. Mi sentivo immensamente stanca, non tanto per aver usato i miei poteri, ma per averli poi frenati. Avevo voglia di stendermi sul pavimento e dormire, incurante di tutto il resto, ma non potevo farlo, dovevo prima accertarmi che Asher stesse bene e tirare fuori Logan da quel cristallo del cavolo! Perché le cose durano sempre così a lungo? (me lo chiedo anch’io! -.- )
L’ingesso era totalmente distrutto, come metà del piano superiore, la scala era messa piuttosto male ma Asher era li seduto, sembrava stanchissimo, i suoi vestiti erano a brandelli, gli stavano maledettamente bene. Sorrisi mentre mi avvicinavo lentamente a lui, gli passai una mano tra i folti capelli neri, accarezzandoli.
-Tutto bene?- chiesi un po’ preoccupata.
Lui sbuffò. -Un tipo simile non mi avrebbe ucciso nemmeno se me ne fossi stato senza poteri!- il tono sarcastico.
Guardai la sua maglia. -E allora come è successo?- dissi indicandola.
-Mi sono distratto un attimo.- spiegò scrollando le spalle -Distruggermi la maglia è l’unica cosa che è riuscito a fare!-
-E che mi dici della tua espressione stanca?- lo provocai, sedendomi sulle sue ginocchia.
-Non è stanca, è seccata! Per colpa di tutti gli idioti che devo vedere tutte le dannatissime volte.- rispose ancora, con tono irritato, accarezzandomi la schiena.
-Hai respinto le mie tenebre.- bisbigliò tra i miei capelli.
-Si, è vero.- assentii con calma -Non potevo accettarle… perché io sono un essere umano.-
-Non sono arrabbiato… Mi hai reso il lavoro più difficile, certo, ma non sono arrabbiato.- mi rassicurò -Come liberiamo Logan?- domandò infine fissando il cristallo non ancora infranto.
-Non ne ho idea… non vorrei far del male a Logan.- risposi sinceramente. Potevo infrangerlo con un incantesimo, ma avrei rischiato di ferirlo.
Asher mi sollevò con un solo braccio, dovetti aggrapparmi alle sue spalle per non cadere.
-Asher! Che cosa…- iniziai, ma lui mi interruppe con un sorriso.
-Ah!- si lamentò -Tocca sempre a me fare il lavoro pesante.-
Lo guardai confusa mentre si avvicinava al cristallo e ci poggiava la mano. Improvvisamente il cristallo si riempì di crepe e si sbriciolò. Logan cadde a terra, privo di sensi, mi precipitai da lui e mi accertai che stesse bene, poi mi voltai verso Asher confusa.
-I demoni usano spesso quel cristallo, aiuta a mantenersi e a rigenerarsi.- spiegò con un alzata di spalle, nonostante tentasse di mostrarsi indifferente si vedeva che era stanco.
-Dobbiamo portare Logan via da qui!- dissi, fissando il ragazzino privo di sensi con in quale avevo giocato.
Lui si avvicinò e lo caricò in spalla.
-Non posso credere che sia così facile!- esclamai sorpresa mentre uscivamo all’aria aperta.
Ero stata troppo ottimista. Quando eravamo più o meno a dieci metri dalla casa sorse un boato che lacerò l’aria, poi un esplosione potentissima pervase il posto, alla fine la neve e il ghiaccio sui quali eravamo iniziarono lentamente a sbriciolarsi.
-Pensi di riuscire a volare?- domandai velocemente ad Asher, che mi rispose con un segno di diniego.
Iniziammo a correre più forte che potevamo, il gatto delle nevi con il quale eravamo arrivati lì era ad alcuni silometri di distanza ed Asher era troppo debole per usare i suoi poteri per allontanarsi da lì , soprattutto con tre persone a carico.
Tre persone… questo mi fece venire in mente una cosa.
-Dov’è Shadow?- domandai a Asher.
Lui scosse la testa. -Non ne ho idea.-
Mi fermai, voltandomi e gridai con tutte le mie forze il suo nome, senza ottenre risposta. Asher mi afferrò un braccio.
-Non è il momento giusto Ester!- mi disse lui trascinandomi e costringendomi a ricominciare a correre. Mi guardai intorno, la distruzione ci stava raggiungendo, improvvisamente mi sentii affondare.
Poi qualcosa, non so nemmeno io che cosa, mi riportò in alto, alzando le sguardo vidi una gigantesca aquila nera che teneva oltre a me, anche Asher e Logan… Un evviva per Shadow!

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Capitolo 41
*** Epilogo -Una nuova vita- ***


Documento senza titolo

Alla fine ho pianto, ma non ho alcuno rimpianto per questa storia anche se adesso è finita e sento che i miei personaggi mi mancheranno tanto. Un abbraccio e un bacio a tutti coloro che l'hanno seguita e che insieme a me si sono affezionati ad Asher, Ester, Shadow e Logan.

 

Epilogo
-Una nuova vita-



Comprai una casa… In realtà avrei voluto costruirla, ma non sarebbe stato così facile e poi io non so costruire case. Volevo un luogo in cui stare, un luogo tranquillo e splendido dove trascorrere il resto della mia vita… la “mia” casa… con la “mia” famiglia. Avrei vissuto lì con Logan, Shadow e soprattutto Asher, tutti insieme come in un uno di quegli orribili e noiosi film di serie b che trasmettono durante le vacanze di pomeriggio, perché tanto nessuno li guarda. Eppure ero felice.
Comprai un piccola casa a due piani che stava su una gigantesca scogliera insieme ad altre tre case, a picco sul mare, di notte si sentiva il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli. C’era un sentiero poco distante da casa che portava alla spiaggia, e la casa era circondata da un piccolo prato del tutto artificiale, ma molto bello. Dal giardino si vedeva il mare, abitavamo lì ormai da tre settimane.
La trovai grazie a mia sorella, gli indirizzi che aveva annotato su quel foglio riguardavano appunto le varie case disabitate che avrei potuto comprare.
Logan stava bene, dopo due giorni che eravamo arrivati in città semplicemente aprì gli occhi e mi disse buongiorno, non mi chiese niente di sua madre e io non gli dissi niente a parte che era finita. Shadw e Asher erano distrutti e anch’io, ma avere una casa tranquilla in cui vivere in modo stabile aiutava anche a riprendersi, non ci volle molto perché fossimo come nuovi, tornammo in fretta in forma.
Nella casa c’erano abbastanza stanze per tutti e due bellissimi bagni, arredarla fu abbastanza divertente, non mi ci volle molto. Quella mattina avevo costretto Asher a montare una sorta di gazebo a mano, niente magia a meno che non fosse indispensabile, era la mia nuova regola. Me ne stavo seduta su una sedia, al tavolino che era sotto il gazebo, sorseggiando tè freddo e ammirando il mare.
Asher era molto sorpreso del fatto che non avessi ucciso Cecil, ma io non volevo più essere l’oscurità, era per questo che volevo cambiare… mia sorella era luminosa come la luna e io ero sempre stata oscura come l’ombra che da sempre accompagna la luna… Però il mio nome era Ester e il suo significato è stella… perciò volevo splendere proprio come una stella… di luce fioca ma propria, e lentamente, quando l’oscurità scenderà il sarò sempre più luminosa. Anche quando l’oscurità cercherà di insorgere, dentro di me ci sarà sempre la forza per far brillare la luce, saranno gli altri a darmela perché non sono più sola.
-A cosa stai pensando?- mi domandò Asher riportandomi alla realtà.
Mi voltai restando seduta e rimasi un attimo ad ammirarlo: non riuscivo a credere di aver trovato seccante il suo meraviglioso aspetto adulto. Era bello guardarlo, lì davanti a me, con solo i jeans addosso e con un paio di sandali ai piedi, era davvero molto caldo e io ero felice che lo fosse, incredibilmente felice!
-Ti sei incantata?- mi domandò divertito.
Arrossii e abbassai gli occhi -Si.- bisbigliai imbarazzata, era difficile non incantarsi a guardarlo.
Lui mi venne incontro e mi baciò sulle labbra, con dolcezza. Quando si staccò da me mi aveva lasciato qualcosa in mano, lo guardai confusa, poi abbassai lo sguardo e mi accorsi che avevo in mano un cofanetto di velluto nero. Alzai gli occhi a incrociare i suoi ancora più confusa e lui si limitò a sorridermi.
-E’ solo un idea.- disse con tono leggero, eppure avevo sentito una nota di incertezza.
Lo aprii e rimasi congelata: era un anello di oro bianco con sopra incastonato un rubino, dello stesso colore degli occhi di Asher, ed era circondato da dei piccoli diamantini che sembravano incorniciarlo facendolo splendere ancora di più.
Lo fissai scioccata, poi incontrai ancora i suoi occhi.
-Questa… è una proposta…?- domandai confusa.
-Se lo fosse quale sarebbe la risposta?-
-Secondo te?-
-Non sarebbe possibile da un punto di vista religioso e forse nemmeno da uno legale… diciamo che sarebbe soltanto un modo di stare insieme… uno dei tanti.- il tono della sua voce era dolce e esitante.
-Noi stiamo gia insieme.- gli feci notare
-Se non lo vuoi me lo riprendo.- ribatté sulla difensiva.
-Te lo puoi riprendere.- dissi porgendoglielo, la sua faccia era il massimo dell’inespressività. -Se proprio non avrà alcuno valore, almeno abbi la decenza di mettermelo al dito-
Lui sgranò un attimo gli occhi neri (ora che non usava più la magia tanto spesso erano tornati neri) , poi sorrise e mi prese la mano sinistra, baciò l’anulare e infilò l’anello, poi si chinò a baciarmi le labbra. Io l’abbracciai ricambiando il bacio, perdendomi in quel momento.
-Ester!- la voce di Logan mi riportò alla realtà, stava correndo verso di noi insieme a Shadow. Dietro di lui c’erano un gruppetto di ragazzi che abitavano nel vicinato. Arrivò con il fiatone, ma sorridente. -Posso andare in città con loro?-
Sorrisi, mi chiedeva il permesso, che carino! -Certo, ma sta attento.-
-Si!-
Corse via ancor prima che riuscissi a chiedergli se gli servivano dei soldi. Mi alzai e mi diressi verso la casa mano nella mano con Asher, dopo tre settimane era tutta per noi! La mia vita era splendida così com’era adesso e avevo la sensazione che tra poche ore la mia opinione sarebbe solo migliorata…perché… bè…fatevi gli affari vostri!
Anche se avevo ciò che volevo non avevo rinunciato all’idea di uccidere il vampiro che aveva fatto fuori mia sorella: mica si può cambiare del tutto, no?!


FINE

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