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Lo fanno
entrare nelle mie stanze e ho finalmente modo di
osservarlo accuratamente. L’ho scorto sempre da lontano e la
notte che mi ha
aggredita era troppo buio perché potessi vederlo bene.
Ricordo la sua presa
ferrea però, la forza delle sua braccia, i suoi capelli sul
mio viso. Ricordo
la sua voce. Devo impedirmi di cedere al disgusto, se voglio vendetta.
È
in piedi di fronte a me, la figura alta e snella che ho
intravisto solo nell’oscurità sembra riempire le
mie stanze. Le sue braccia
forti sono cinte ai polsi da anelli di metallo legati tra loro da una
catena
che permette una mobilità limitata. I capelli castano scuro
gli scivolano sulla
faccia ben modellata. Ha occhi verdeazzurro intensi, che mi
sorprendono. Mi
guarda di sfuggita, poi distoglie lo sguardo. Non dice una parola,
aspetta il
mio comando.
Questo
è il mio momento.
- In
ginocchio – dico.
Esita solo
un istante, poi obbedisce e si lascia cadere sulle
ginocchia.
Non credevo
che rapire sua sorella avrebbe realmente sancito
questo effetto. La mia è stata una mossa disperata,
scaturita dal bisogno
insopprimibile di porre fine agli scempi di quest’uomo.
No, non
mentiamo.
Avevo
bisogno di porre fine ai suoi scempi, sì. Ma ogni mia fibra
era guidata dal desiderio di vendetta.
Prendo un
coltello e faccio a pezzi la sua camicia, mettendo
a nudo i muscoli
asciutti del dorso. Il
tatuaggio del potere brilla sulla sua spalla destra, un ricamo di fili
arancio
e oro intrecciati.
Afferro il frustino
che mi sono fatta appositamente condurre e mi pongo alle sue spalle.
- Se ti
muovi, tua sorella è morta. Se emetti un solo gemito,
è morta. Hai capito?
Accenna di
sì con il capo.
Poi mi
scateno sulla sua schiena. Nei miei movimenti ci sono
la rabbia, la paura, l’angoscia, il dolore di questi mesi.
Rivedo le mie terre
distrutte, il mio popolo terrorizzato, mia sorella rovinata. Me stessa,
in
preda agli incubi, dopo l’aggressione subita.
Lothan china
la testa. Vedo i suoi muscoli contrarsi nello
sforzo di sopportare, senza sottrarsi, la mia furia. So che si sta
mordendo la
lingua per non urlare e questo mi esalta e mi spaventa al contempo.
Non sono
stata cresciuta così. Io non sono questa.
So che prima
o poi dovrò venire a patti con quanto sto
facendo.
So che sto
vendendo la parte migliore di me.
Ma
l’impronta del dolore
di Strella sovrasta la mia anima.
Quando
termino, lui è sfinito. Non si è mosso, non si
è mai
lamentato. Non credevo ne sarebbe stato capace.
Mi impongo
di non guardarlo mentre lo portano via, di non
ascoltare quel sibilo della mia coscienza che mi chiede se davvero
voglio
infierire ancora su un uomo inerme. Un uomo che si lascia fare a pezzi,
per la
salvezza di una bambina di sei anni.
Quando lo
riportano nelle mie stanze è stato ripulito. Ho
chiesto che venisse medicato, perché mi serve lucido. La mia
vendetta non è che
agli inizi.
- Spogliati
– gli dico con freddezza.
I suoi occhi
verdeazzurro si posano su di me per un istante,
colmi di sbigottimento. Esita.
- Significa
che devi toglierti tutti i vestiti – specifico,
senza pietà. Oggi non è legato, ha i polsi liberi.
Si sfila la
camicia e la lascia cadere su una sedia. Toglie
gli stivali, le calze e poi, dopo avermi lanciato un ultimo sguardo, i
pantaloni e le mutande.
Afferro i
suoi vestiti e li getto nel camino acceso. Iniziano
a bruciare con uno sbuffo maleodorante.
Nudo davanti
a me, prende un respiro profondo. Si sta imponendo
di tollerare quell’umiliazione imprevista.
- Ora
sdraiati sul letto.
- Sul letto?
- La sua
voce mi raggiunge come un dito gelido sulla spina dorsale.
L’ultima volta che
l’ho sentita mi stava minacciando, mentre le sue mani si
facevano strada sul
mio seno.
Deglutisco e
caccio il ricordo in fondo alla mente.
-
Sì, sul letto.
Avrà lo stesso
trattamento di mia sorella. Lo ridurrò come lui ha ridotto
lei.
Si stende e
quando mi avvicino sento il suo respiro
accelerare. Non lo invidio.
È
nudo e inerme nelle mani di una folle in preda alla foga di
vendetta. Anch’io al suo posto non starei tranquilla.
- La regola
è questa - gli sussurro con cattiveria – Vietato
eiaculare. Vietato parlare. Vietato gemere. Se trasgredisci, mi
rifarò su tua
sorella.
Le sue
pupille si dilatano, lo sento trattenere il fiato.
- Non ti
renderò facile nulla – aggiungo.
Lui chiude
gli occhi.
- Va bene.
Inizio a
lavorare su di lui. Con cattiveria, con foga, con
determinazione. Sono decisa a vincerlo, a sovrastarlo. Non
riuscirà ad
attenersi alle mie regole, lo torturerò al punto che
dovrà cedere.
Sento i suoi
addominali contrarsi, le sue unghie artigliano
le lenzuola, i talloni affondano nel materasso.
Resiste con
tutto se stesso e io infierisco. Lo umilio senza
posa, lo tormento, lo porto al limite della sopportazione, eppure lui
non cede.
Si lascia torturare all’infinito e, quando sono
così stanca da tirarmi indietro,
ha vinto lui.
Esco dalle
mie stanze lasciandolo a contorcersi sul mio
stesso letto e mi allontano disgustata.
È
lui il malvagio,
dovrei tenerlo a mente.
Ma il
disgusto è di me stessa e del mio sporco desiderio di
vendetta.
Faccio un
bagno e non riesco a togliermi di mente quegli
occhi sofferenti. Prima vedevo solo quelli di mia sorella, ora si
affiancano
loro quelli di Lothan. Occhi che accettano, che tollerano, che si
abbassano
alla mia volontà
Sto davvero
facendo questo a un essere umano?
Ogni volta che devi
prendere una decisione, assicurati di domandarti che tipo di persona
vuoi
essere.
Questo
diceva mio padre. E mi erano sempre sembrate parole giuste,
sagge. Parole su cui avrei camminato per tutta la mia vita, come sul
selciato
di una strada.
Ma ora non
voglio più farmi domande.
Vuoi essere una persona
che tortura la gente? Che umilia? Che violenta? Che spegne la luce
negli occhi
di un uomo?
Esco dalla
vasca da bagno di scatto, scappando da pensieri
che non voglio sentire.
Lui
è ancora sul mio letto, nudo e stravolto. Si è
addormentato e geme nel sonno. Sono i lamenti che non ha potuto
emettere per
mio comando e che ora scappano nell’incoscienza del sopore.
Mi chiedo se
potrebbe uccidermi mentre dormo.
No, non lo
farà. Mi ha fatto capire chiaramente quanto valga
sua sorella.
Lui
è l’eroe datosi in sacrificio per preservarla dal
male, e
io sono il
male.
Chiudo gli
occhi e mi stendo accanto a lui. È tardi, per
fortuna la stanchezza ha la meglio sui miei pensieri.
Nel sonno
rivedo l’aggressione che ho subito, la rivivo da
cima a fondo. E poi, per quella magia che riesce solo nei sogni, mi
trasformo
in Strella e divento in grado di vivere il suo dolore, la sua paura, il
suo
disprezzo si sé.
Mi sveglio
in preda alla rabbia e Lothan è lì, nel mio
letto.
Così lo torturo ancora, allo stesso modo.
Voglio che
si senta violato e impotente come me, come
Strella, come tutte le donne che hanno subito le angherie dei suoi
uomini.
Deve
trasformarsi anche lui in un’ombra grigia. Deve
desiderare di vivere al buio, per non essere obbligato a guardarsi.
E lui ancora
una volta sopporta, stringe i denti e ogni
muscolo su cui ha potere, per arrivare fino in fondo alla tortura
mantenendo in
vita sua sorella.
Lui non sa
che non la ucciderei mai. Vede la mia furia e
crede che potrei riversarla su chiunque.
Vede solo la
mia rabbia, non sa nulla del mio dolore.
Non sa nulla
della mia coscienza martoriata.
Me ne vado
dalla stanza lasciandolo raggomitolato in un
angolo, angosciata e insoddisfatta come non dovrei essere dopo aver
preso la
mia vendetta. Invece sto male.
Non sopporto
più di vedere quegli occhi verdeazzurro così
vivi, appannati di dolore.
Sfiancati.
Non mi
sembrano gli occhi di un mostro, sono occhi umani.
Sofferenti.
È questo che voglio generare
nella mia vita?
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