Carry me away from my pain di Dark soul_ (/viewuser.php?uid=149521)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kyllä se kannatti! ***
Capitolo 2: *** Onnelliset yhdessä ***
Capitolo 3: *** Caffè ja ystävyys ***
Capitolo 4: *** raskaana oleville ***
Capitolo 5: *** Rakkaus ***
Capitolo 6: *** Kohtu. ***
Capitolo 7: *** Pahan Kukat ***
Capitolo 8: *** Was it worth it? ***
Capitolo 9: *** That's what it sound like when a nihilist cries ***
Capitolo 10: *** Hieno. ***
Capitolo 11: *** Ainoa varma on vain tämä hetki ***
Capitolo 12: *** Män som hatar kvinnor ***
Capitolo 1 *** Kyllä se kannatti! ***
Dedico questa fanfiction alle
persone che mi vogliono male
perché quelle che mi vogliono bene sanno che a loro
è dedicata
tutta la mia vita, ogni mia azione.
D.
Carry me away from my pain
Kyllä se kannatti!
Janne camminava lentamente
fra le strade innevate di Helsinki, tutto quello che desiderava in quel
momento era poter abbracciare qualcuno. Avrebbe stretto a se Alexi, gli
avrebbe detto che gli voleva bene e che sarebbero stati amici per
sempre, ma Alexi non c'era. Probabilmente stava scopando con
un'ennesima fan arrapata che aveva trovato per strada ... a lui non
succedeva mai. Le sue fan gli si avvicinavano timide e chiedevano
sottovoce -tutte si preparavano la frase in finlandese- un autografo o
una foto, la più coraggiosa gli aveva chiesto un abbraccio e
lui era stato contentissimo di poter donare un po' del suo calore a
quella ragazzetta che probabilmente si sarebbe ricordata quel giorno
per tutta la vita. Ma, ehi, nonostante fosse passato più di
un anno anche lui ricordava le sottili braccia della giovane che si
stringevano affettuosamente intorno alla sua vita, proprio come avrebbe
dovuto fare una buona fidanzata; Sorrise. Gran parte dei siti internet
sui CoB dicevano che lui fosse gay. No, lui non era gay ... Alexi?
Voleva un bene dell'anima a quel ragazzo, lo amava ... ma come
fratello... sì era come se Alexi fosse il suo fratellino e
lui dovesse proteggerlo dalle insidie del mondo. Certo, gli sarebbe
piaciuto avere una fidanzata, una ragazza per cui valesse la pena
vivere, ma .. chi? Ricordava che era stato per pochi mesi con Annette,
prima che entrasse nei Nightwish e prima che si sposasse, ma tutto si
era concluso con "ehi, rimaniamo amici" e, ovviamente, erano rimasti
amici. Janne a volte si sentiva stupido ... era famoso, si considerava
abbastanza apposto come ragazzo e non era neanche la classica rock star
depravata e pervertita -come Alexi- eppure sembrava che le ragazze
avessero paura di lui e facessero di tutto per stargli alla larga. Ma
forse al giorno d'oggi le rock star depravate e pervertite vanno di
moda.
Janne entrò nel solito bar e si sedette al solito tavolo in
fondo alla sala e fece un cenno al barista che gli portò ...
la solita birra? No, la solita cioccolata con panna montata. Forse se
avesse iniziato a bere birra alle dieci di mattino le ragazze
l'avrebbero trovato figo e avrebbe iniziato a uscire con tre o quattro
ragazze per volta! Ma non sarebbe stato felice, forse meno nervoso, ma
non felice. Prese il cucchiaino e lo immerse nella panna per poi
infilarselo in bocca compiaciuto, perché deprimersi con quei
pensieri? Alla fine la vita andava avanti e lui ne era abbastanza
contento. Massì a lui andava bene così, sorrise
cacciandosi in bocca il secondo cucchiaio di panna quando una ragazza
entrò nel locale e si sedette frettolosamente al tavolo
accanto al suo e ordinò un cappuccino, frugò
nella tasca del cappotto poi esclamò sottovoce, ma non
abbastanza perché il cameriere non la sentisse:
- Vittu! -
- Qualcosa non va signorina? -
Lei si scostò nervosamente una ciocca di capelli dal viso:
- Ho scordato i soldi a casa ... ma guardi è qui a due passi
faccio una corsa fuori e glieli porto -
Il cameriere le sorrise, Janne sapeva che probabilmente quel sorriso
indicava "non si preoccupi un euro e trenta non mi manderanno in
rovina", tuttavia si avvicinò al tavolo e si sedette sulla
sedia accanto alla ragazza:
- Offro io! -
Il barista sorrise e si allontanò dal tavolo compiaciuto, la
ragazza lo ringraziò impacciatamente poi si girò
a fissarlo, rimase qualche secondo come incantata:
- Io.. ti conosco ... ti ho già visto ma non so dove ... -
Janne incrociò le braccia:
- Boh, forse al centro commerciale o in qualche altro bar ... come ti
chiami? -
La ragazza, perplessa, continuava a fissarlo:
- Mi chiamo Janika .. tu? -
Lui sorrise prevedendo la sua reazione:
- Janne. -
- Santa Merda! Occazzo aspetta sarai mica Janne Wirman? -
- E chi se no -
Scoppiarono a ridere entrambi, non sapeva perché avesse
offerto da bere a una ragazza, sembrava la scusa più
demenziale per rimorchiare, ma ricordava le lezioni di Alexi a
riguardo, gli diceva sempre "se ordina una birra offrigliela, vedrai
che te la da ... se ordina qualcosa di analcolico lascia stare,
è una brava ragazza" ma, dopotutto, erano le dieci di
mattina ... chi ordina una birra a quell'ora?
Janika cercò di mantenere un certo contegno, era sempre
stata una fan dei CoB ma ultimamente non aveva avuto tempo per seguirli
... Janne ultimamente era davvero dimagrito e aveva tagliato i capelli
... ma era sempre l'orso coccolone che si era immaginata, o forse era
anche lui uno stronzo? Beh, a meno che quella non fosse una scusa per
portarsela a letto, sembrava essere un ragazzo gentile:
- Ma vieni qui tutte le mattine? -
- Più o meno ... in genere sì, quando non
dobbiamo fare prove o non sono in giro a far concerti. Quanti anni hai?
-
La ragazza ingoiò un cucchiaino di cappuccino:
- Ventitré, esattamente dieci meno di te. -
Janne rise:
- Wow, ok, tu sai tutto di me e io di te non so niente ... -
- Chiedimi quello che vuoi ... sono qui apposta -
Risero di nuovo insieme:
- Oh certo, immagino che questa mattina tu ti sia svegliata con la
precisa intenzione di incontrarmi in un bar e di conoscermi -
- Ovviamente! E' il sogno di tutte le fan! Però ora
è tardi, dovrei andare a prendere mia sorella ... se vuoi
possiamo vederci da qualche parte -
Lui annuì:
- Facciamo stasera all'Aussie bar? verso le nove? -
- Mi sembra un'ottima idea! Ci vediamo lì, scusa ma devo
proprio scappare ora..-
Si salutarono e Janika si defilò frettolosamente. Janne
finì la sua cioccolata ... era davvero una bella ragazza!
***
Che finale di merda. xD
Scusate non sapevo come chiudere il capitolo. Ma passiamo alle cose
serie, Eccomi con una ff sui CoB, spero che vi possa piacere anche se
ho deciso di scriverla su Janne e non su Alexi - ci sono una valanga di
fic su di lui - così ho deciso di prendere il tastierista e
di manipolare un po' la sua vita sessuale :D ok dai, la pianto di fare
la cretina xD... al prossimo capitolo e .. RECENSITE! :3 grazie a tutti
quelli che decideranno di seguire questa storia.
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Capitolo 2 *** Onnelliset yhdessä ***
Carry me away from my pain
Onnelliset yhdessä
Janika mise a letto la sua sorellina e scese in cucina riportando la
tazza di latte vuota che sua madre aveva preparato per la piccola Anja;
la posò nel lavello, il silenzio venne interrotto da un
sospiro di sua mamma:
- Come sta?-
La ragazza si morse un labbro, sapeva quanto questa situazione facesse
stare male sua madre, sapeva che avere una figlia malata di leucemia
non era affatto facile, ma anche per lei dover pensare a quel fagotto
avvolto nelle coperte di nove anni che pesava meno di trenta chili era
una tortura, e si era sentita una merda quando l'aveva lasciata sola in
ospedale per andare a fare colazione e ora si sentiva ancora
più una merda perché lei l'aveva pregata di stare
ancora un po' con lei ... certo se avesse avuto il numero di Janne
l'avrebbe chiamato dicendogli che si era presentato un imprevisto e che
non si sarebbero potuti incontrare, ma sua madre le aveva ripetuto che
la vita doveva continuare e che doveva uscire con gli amici e cercare
di non pensarci troppo:
- Male, mamma... sta malissimo. Il latte l'ha tranquillizzata un po' ma
oggi i dottori hanno detto che le possibilità che possa
farcela stanno diminuendo giorno dopo giorno.-
Sputò fuori tutto, poi si sedette su una sedia e premette le
mani contro al viso per cercare di scacciare le lacrime, la donna si
sedette accanto a lei e le accarezzò la schiena:
- Dai, dobbiamo essere forti ... da quando papà se
n'è andato siamo rimaste noi due e dobbiamo fare di tutto
per dare forza a Anja, lo sai, su non piangere ... ora esci e
divertiti, vai fuori con quel ragazzo e non pensare, almeno per una
sera, che devi curare tua sorella. Le vogliamo bene e non smetteremo
mai di farlo, ma devi vivere la tua vita. -
Janika annuì e si alzò, infilò le
scarpe e il cappotto e uscì di casa. Il bar si trovava a
pochi metri da casa sua e le piaceva l'idea di fare due passi a piedi
per prendere una boccata d'aria.
Arrivò pochi minuti più tardi; Janne l'aspettava
già sull'entrata e l'accolse con un caloroso sorriso che
riuscì a malapena a contraccambiare:
- Ehi, hai pianto? -
Lei cercò di negare ma i suoi occhi sembravano volerla
tradire, una lacrima le rigò il viso sferzato dal gelido
vento invernale:
- Vuoi parlarne? A volte sfogarsi serve ... se vuoi ti porto a casa mia
così non siamo proprio in pubblico -
Cercò un'altra volta di fare cenno di no con la testa,
doveva calmarsi ma non ci riusciva, le lacrime si fecero più
insistenti e non poté fare a meno di buttarsi sul corpo del
ragazzo che l'accolse teneramente e che la strinse a se:
- Dai non fare così .. non piangere, andrà tutto
bene vedrai -
- No.. n-non an-ndrà ben-ne... -
Janne la condusse sulla sua macchina e lasciò che si
sfogasse sulla sua spalla, quando ebbe finito cercò di
ricomporsi in fretta, ma Janne sembrava più preoccupato di
lei:
- Ehi, dai, parlamene, ti aiuterà, vedrai! -
Janika sospirò e si asciugò le lacrime con un
fazzoletto che aveva in tasca:
- Non ci conosciamo neanche, ho paura di scaricarti addosso un peso
troppo grande-
Janne negò e le accarezzò la spalla:
- Tranquilla con me puoi parlare -
La ragazza singhiozzò cercando di riacquistare il controllo
del suo corpo:
- E' la mia sorellina -
- Non sta bene? -
-N .. no, lei ...-
Le lacrime cominciarono di nuovo a rigarle violentemente le guance:
- Lei h..ha l la l euc..ce..mi..ah -
Janne la strinse a se, si sentiva sempre protettivo verso tutti. Sia
che fosse Alexi sia che fosse una perfetta sconosciuta voleva
consolarla:
- Vedrai che ce la farà e starete tutti bene -
- I medici l..le d..dan..no men..no di un mes..se d..di vit..a -
Il ragazzo non sapeva cosa dire, non gli era mai capitato di trovarsi
in queste situazioni, era abituato alle sfuriate del suo cantante che
era stato scaricato dall'ennesima ragazza, non a cose così
grandi, non a questo tipo di problemi. Mise in moto l'auto e si diresse
verso casa sua, lì avrebbe potuto darle un bicchiere d'acqua
e magari farle fare una doccia o un bagno per farla rilassare.
Il viaggio fu immerso nel silenzio e rotto solo dalla voce dolce di
Annette Olzon che alla radio cantava "Amaranth", a entrambi piaceva
quella canzone perché, in un certo senso, li descriveva. In
pochi minuti furono a casa di Janne e, dopo pochi scalini, furono in
casa:
- Non è molto, ma è il necessario -
Il ragazzo la fece sedere sul divano e sparì per qualche
secondo dopodiché ricomparve con un bicchiere d'acqua:
- Ecco, bevi dai, e rilassati -
Janke bevve lentamente a piccoli sorsi:
- Scusami, è che è la prima volta che ne parlo
con qualcuno -
Janne sorrise:
- Non preoccuparti. Non ne hai parlato nemmeno hai tuoi amici? -
La ragazza scosse la testa:
- Non ho molti amici, quelli che ho lo sanno perché mi hanno
accompagnata le prime volte in ospedale; Sto sempre con mia sorella
perché ha solo me come punto di riferimento -
- Vostra madre e vostro padre? -
- Mio padre se n'è andato quando lei aveva quattro anni e
mia madre è vecchia e stanca. Ma fa tutto per renderci la
vita facile. -
- Se vuoi puoi farti una doccia o un bagno per rilassarti oppure boh,
fai come se fossi a casa tua -
Janika sorrise dolcemente:
- Grazie mille, vuol dire molto per me, l'idea di fare un bagno mi
alletta ma non vorrei disturbare -
- Figurati, se fosse stato un disturbo non te l'avrei chiesto, vieni il
bagno è al piano di sopra -
Janne la condusse alla vasca e le diede un asciugamano e un accappatoio
pulito:
- Hai mangiato? -
Lei scosse la testa:
- Ma non preoccuparti, mangio poi a casa -
- No no. Ordino una pizza? Ti piace la cucina italiana? -
- La adoro. Grazie mille ma davvero, se è un disturbo per te
lascia stare -
- Insisto. -
Janika lo abbracciò:
- Va bene dai, però un giorno vieni tu da me -
- Come vuoi ... ti porto qualcosa di comodo da mettere -
Lei annuì e, dopo aver ricevuto una maglietta e un paio di
pantaloni della tuta, si immerse nella vasca.
Janne tornò in salotto e si distese sul divano, pochi
secondi dopo entrò dalla porta, sudato e con una cassa di
birra, Alexi:
- Ehi, Janne, che hai? -
- Sono stanco ... dove sei stato? -
Alexi alzò le spalle:
- Mah, qua e là, posso farmi una doccia?-
Janne si sedette sul divano:
- No, il bagno è occupato -
L'altro alzò un sopracciglio:
- Beh, e da chi? -
- Una ragazza ... -
Alexi si avvicinò al tastierista e si sedette accanto a lui:
- Guarda che sono geloso! -
- Ma no, tu sei la mia troia -
Si abbracciarono e il cantante gli sussurrò in un orecchio:
- Sì, sfondami amore! -
Janne lo scaraventò via:
- Fottiti Laiho! -
Scoppiarono entrambi a ridere e il vocalist prese una birra per se e ne
lanciò una all'amico, era questo che adoravano l'uno
dell'altro, poter fare i cretini, rompere qualsiasi convenzione e poi
scoppiare a ridere e affogare tutto in una birra e in un rutto sonoro:
- Allora, te la sei fatta? -
- L'ho conosciuta questa mattina!! -
- E allora? -
- E allora possiamo diventare amici ... -
Alexi sbuffò sonoramente:
- Fai come ti pare -
Proprio in quel momento entrò nel salotto Janika e si
sedette sulla poltrona di fronte al divano:
- Ciao Alexi Laiho -
Il vocalist rimase qualche secondo a osservare la figura che si era
seduta di fronte a loro: era magra, forse troppo, e una
cascata di capelli biondo chiarissimo le cadevano dolcemente sulle
spalle incorniciandole il viso chiaro su cui risaltavano due occhi
viola e delle labbra color ciliegia ... la classica ragazza finlandese.
Fece una leggera smorfia:
- Chi ho il piacere di conoscere? -
- Janika, sono un'amica di Janne ... beh, in realtà ci siamo
conosciuti questa mattina -
Sorrisero tutti e tre e Janne interruppe un silenzio imbarazzante che
sapeva si sarebbe creato in poco tempo:
- Allora, pizza o cosa? -
Alexi si alzò in piedi:
- Pizza, ma la facciamo noi! -
Janne lo fissò perplesso:
- Tu.. sai fare la pizza..? -
- No, ma avrai un libro di ricette! Insomma Wirman ti devo dire sempre
tutto .. -
- Che palle che sei Laiho! Certo che ho un ricettario, ma per me viene
una cagata e sono già le nove e mezzo di sera, a che ore
vuoi mangiare? -
Alexi sbuffò:
- Anche se mangiamo alle dieci ... -
- Poi ti rimane tutto sullo stomaco e ti lamenti per tutta la notte
come un deportato! -
Janika si sedette sul terzo posto del divano fra Alexi e Janne:
- Ok, ragazzi, non litigate! Ordiniamola la pizza, così
facciamo prima. Poi un giorno di questi ci troviamo e la facciamo noi -
Il vocalist incrociò le braccia e mise un finto broncio:
- Uffa! Ma io la voglio fare a d e s s o! -
La ragazza gli diede un bacio sulla guancia:
- Ti facciamo scegliere cosa metterci sopra -
Lui sbuffò:
- Se tu mi dessi un altro bacino potrebbe anche andarmi bene... -
Janke posò un'altra volta le labbra sulla guancia del
vocalist e lo baciò, Janne fu scosso da un brivido di
gelosia che gli fece gelare il sangue nelle vene. Odiava quando quel
ragazzo si comportava così, sapeva di essere fisicamente il
più figo della band e sfruttava questa qualità
con TUTTE le fan e le ragazze in generale, ora anche con lei. No. Non
andava affatto bene:
- Ehi, scusate se esisto -
Janika si voltò verso il tastierista:
- Ne vuoi uno anche tu? -
Janne rimase interdetto per qualche secondo vedendo la ragazza che si
avvicinava a lui e gli posava le labbra sulla guancia ruvida,
provò un altro brivido lungo la schiena, più
piacevole, come se un cubetto di ghiaccio gli fosse scivolato dentro la
maglia. Si riprese arrossendo violentemente:
- Allora, prendo il telefono, che pizza volete? -
Alexi rispose con tono svogliato:
- Pff.. prendine una formato famiglia con sopra tutto -
La ragazza appoggiò sulle gambe del tastierista che aveva
afferrato il telefono sul tavolino adiacente:
- Io ci sto -
Lui arrossì di nuovo:
- E sia -
La pizzeria li avvisò che l'ordine sarebbe arrivato circa
mezz'ora dopo facendo sbuffare pesantemente il vocalist:
- Che palle potevamo farcela noi! -
Janika si sollevo tornando a sedersi sulla "sua" poltrona e Janne lo
rimproverò:
- Dai smettila, non fare sempre il bambino! -
La pizza arrivò puntuale rendendo i tre felici, fu consumata
in meno di dieci minuti insieme alle dodici bottiglie di Heineken che
aveva portato il cantante.
Alexi si mise a ripulire gettando le lattine e il cartone della pizza
mentre Janne si avvicinava furtivamente alla ragazza:
- Vuoi dormire qua? -
Lei, che in genere non avrebbe retto più di mezza bottiglia
di birra e che ne aveva consumate ben quattro, guardò il
tastierista come se fosse un alieno:
- Certo ... dormo con voi!! -
Alexi, che oltre quelle birre si era tracannato mezza bottiglia di jack
daniel's, alzò le braccia tutto contento:
- Shììììì!!
Dormiamoooo tuuuuuutti neel lettooone di Janneeee!! -
I tre si misero ad applaudire e a saltellare come deficienti e se ne
andarono al piano di sopra, entrarono in camera e si lanciarono sul
letto. Dopo averci saltato sopra, aver lottato per le coperte e aver
deciso che Janika avrebbe dormito in mezzo, si addormentarono come
bambini lasciando la luce accesa.
****
SHIIIII tuuuuutti
ubriaaaachiii fradiciiiii
xDD dovevo farli ubriacare e poi non fargli fare nulla xD
Spero che anche questo capitolo vi possa piacere, grazie a tutti quelli
che leggono!
|
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Capitolo 3 *** Caffè ja ystävyys ***
Carry me away from my pain
Caffè
Ja Ystävyys
Janika fu svegliata dalla suoneria del suo cellulare che le proponeva
"Are you dead yet" per la decima volta. Si districò dalle
coperte e riuscì a non svegliare Janne e Alexi;
uscì dalla stanza e avvertì un forte dolore alla
testa e una nausea che le stringeva lo stomaco, scese lentamente le
scale cercando di non cadere e arrivò vittoriosa in salotto
dove riuscì ad individuare il telefono, ad afferrarlo e a
rispondere:
-
Pronto? -
La
voce impastata dal sonno e dal malessere contrastava con quella
squillante e affannata della madre che, alzando la voce, le fece girare
la testa come se le avessero tirato un pugno in faccia:
-
PRONTO?!? Mi hai fatto prendere un infarto! Dove sei finita? Sono le
tre di notte! Vittu ... perché mi fai questo? -
Janika
cercò il divano e si lasciò cadere su di esso
appoggiando la testa fra le mani:
-
Scusa mamma, non mi sono sentita bene e Janne mi ha portato a casa sua,
mi sono addormentata -
La
donna sospirò profondamente:
-
Ok, se domani mattina non torni fammelo sapere, devo portare tua
sorella in ospedale alle undici e se vuoi venire devi essere a casa. -
-
Dipende da come starò domani .. -
-
Stai male ora? -
-
Un po' ... ma sto meglio di ieri sera -
-
Ok, a domani allora, ciao -
-
Ciao mamma -
Chiuse
la chiamata e si distese sul divano, faceva freddo e il riscaldamento
doveva essere spento, si alzò lentamente cercando di
ignorare le continue fitte alla testa che le procuravano dei sudori
freddi lungo la schiena, si diresse in bagno e si sciacquò
il viso con l'acqua fredda.
Janne
comparve sulla porta e le accarezzò la schiena:
-
Ehi, tutto bene? -
Janika
sussultò leggermente per lo spavento:
-
Scusa non ti avevo visto ... mi fa un po' male la testa -
-
Vuoi qualcosa? Un caffè o da mangiare ... -
-
No grazie ... sto già meglio -
Il
ragazzo si passò una mano fra i capelli arruffati per
cercare di scostarli dal viso:
-
Torni a letto? -
Lei
sorrise:
-
Sì, sai ho pensato che nostro figlio ne abbia bisogno -
-
Alexi sarebbe nostro figlio? -
-
Una cosa simile ... -
Scoppiarono
entrambi a ridere, Janne aveva una risata calda e rassicurante che
avrebbe fatto sentire chiunque a proprio agio, effettivamente era
quello che Janika provava quando si trovava accanto a lui. Era il suo
tastierista preferito e aveva sempre sognato di poterlo incontrare e
ora era lì a ridere con lui, a bere e a mangiare ... aveva
perfino dormito con lui. Quando sua madre aveva visto per la prima
volta una foto di Janne aveva detto "Figurati, sarà uno
stronzo". Janne era tutto meno che uno stronzo. Le aveva offerto da
bere, l'aveva invitata a uscire e l'aveva rassicurata quando l'aveva
vista piangere. Janika ricordava che il suo ex ragazzo l'aveva
rimorchiata in un autogrill al confine con la Norvegia e l'aveva
scaricata quando aveva saputo che sua sorella era malata. c'era stato
un periodo in cui credeva di aspettare un bambino e lui si era
allontanato con la scusa di dover tornare a Oslo per stare con sua
madre. Janne era tutto il contrario ... erano stati insieme e non
avevano fatto sesso, lui non ci aveva neanche provato, in lui vedeva
quello che sarebbe potuto diventare un buon amico e sapeva che gli
avrebbe voluto bene. Con Alexi era diverso. Quel ragazzo era una carica
di ormoni che ti scaricava addosso appena ti vedeva. L'aveva conosciuta
da meno di un minuto e si era già fatto baciare le guance,
aveva passato tutta la notte a toccarle il sedere e, probabilmente, il
giorno dopo avrebbe provato a scoparsela. E magari lei ci sarebbe anche
stata perché nel vocalist lei non riusciva a individuare
sentimenti, nessuna voglia di legarsi a qualcuno solo sesso, sesso e
sesso. Non sapeva perché ma provava attrazione
verso le persone così. Aveva odiato a morte il suo ex quando
l'aveva lasciata e lo odiava tutte le volte che pensava al fatto che
per lui fosse solo sesso e che dopo tre mesi di relazione non le aveva
mai detto "ti amo" eppure ora era di nuovo in quel turbine di
sentimenti, come le onde che si infrangono inesorabilmente sulla
spiaggia, lei aveva bisogno di una persona che la trattasse
così. Ma Janne? Cosa pensava Janne? Lui in realtà
non riusciva a pensare. Era sempre stato un ragazzo diffidente,
raramente trovava qualcuno di cui fidarsi e, avendo conosciuto la
ragazza da un solo giorno, non riusciva davvero a vedere oltre quello
che stava succedendo. Le piaceva la sua presenza, sentiva che era una
brava ragazza e non era una fan scatenata, probabilmente sarebbero
diventati amici ... insomma, lei era carina anzi era decisamente bella,
ma non era il suo tipo ... probabilmente era una di quelle ragazze che
non vogliono una relazione seria e che cercano solo di divertirsi. Ma un
po' gli dispiaceva, si era sentito geloso quando Alexi le aveva chiesto
un bacio e quando le aveva appoggiato la testa sulle gambe si era
sentito le guance avvampare, ora sentendo la sua risata così
limpida e sincera sentiva dei brividi freddi salirgli lungo la schiena
e aveva paura. Aveva paura di dire la cosa sbagliata o di parlare
troppo, di sembrare scortese e di non farla sentire a casa. Voleva che
si trovasse bene con lui ma non sapeva come fare.
****
Il
profumo del cafè invase la stanza da letto e Janne si
trovò a svegliarsi dolcemente sentendo il delicato aroma
penetrare nelle narici, aprì lentamente gli occhi e si mise
a sedere sistemandosi i lunghi capelli che gli ricadevano arruffati sul
viso. Janika era di fronte a lui con un vassoio che conteneva una tazza
della bevanda della quale adorava il profumo e pane di segale con
salumi vari, una classica colazione finlandese che non vedeva dai tempi
del liceo; La ragazza gli appoggiò il tutto sulle ginocchia:
- Avrai fame immagino -
Il tastierista sbadigliò:
- Sì, grazie mille, non dovevi ... che fine ha fatto il nano
malefico? -
Avevano passato tutta la sera prima a chiamare Alexi con quel
soprannome e a un certo punto lui si era stancato e aveva sbuffato
pesantemente dicendo "Gesù dalle corna blu che palle che
siete" provocando una risata generale che non sarebbe finita se non
fosse stata interrotta dall'arrivo della pizza:
- E' andato via verso le otto, aveva un appuntamento -
- Ma tu hai mangiato? -
- Non faccio quasi mai colazione, tranquillo mangia, non sto cercando
di avvelenarti per poi stuprarti, carbonizzarti e spargere le tue
ceneri nel lago Bodom-
Il ragazzo annuì e sbadigliò di nuovo:
- Che ore sono? -
Janika guardò l'orologio sul display del cellulare:
- Sono le nove e un quarto -
Janne annuì ancora:
- Tanto non ho niente da fare oggi ... -
La ragazza attraversò la camera e si sedette sul letto
accanto al tastierista:
- Hai la fidanzata? Oddio magari sei sposato e hai cinque figli -
Il ragazzo scoppiò a ridere cercando di non strozzarsi con
il caffè :
- Assolutamente no! Non ho la ragazza e non sono sposato e no, a meno
che io non lo sappia, non ho figli. Tu invece? Non hai il ragazzo? -
Lei scosse leggermente la testa:
- Era un norvegese .. ci siamo lasciati -
- Ah beh, capisco -
Si scambiarono un'occhiata divertita, entrambi sapevano che da secoli
fra norvegesi e finlandesi non tirava una buon'aria, prima per motivi
bellici e ora anche nel campo della musica; Nonostante in Finlandia ci
fosse più Death-symphonic-power mentre la Norvegia era
decisamente la patria del Black Metal. La ragazza riprese il discorso
cercando di cambiare argomento:
- A parte suonare cosa fai nella vita? -
- Beh non ho molto tempo libero in realtà. Durante le pause
per Natale e quella estiva mi piace leggere, ma in generale sono sempre
molto impegnato con le mie band e sono sempre stanco morto. Tu suoni
qualche strumento? -
Janika incrociò le gambe e si sistemò i capelli:
- Suonavo il pianoforte, una cosa come due o tre ore al giorno, poi
quando mia sorella si è ammalata ho praticamente smesso;
Suono ancora qualche volta quando me lo chiede -
Il tastierista annuì lentamente:
- Qual'è il tuo compositore preferito? -
- Adoro Chopin anche se Rachmaninov mi fa impazzire -
- Rachmaninov era pazzo di suo e suonarlo è una cosa
psichedelica -
- Assolutamente sì! Invece a te chi piace suonare quando non
suoni le tue canzoni? -
Janne si fermò a pensare per qualche secondo:
- Mozart e Beethoven, ma il mio preferito rimane Schumann.
Perché hai iniziato a suonare proprio il pianoforte? Insomma
non sembri proprio la classica ragazza che ama la musica classica -
- Beh oddio, ho iniziato a suonare quando avevo quattro anni. Allora
non ascoltavo Death Metal. In ogni caso penso che sia sbagliato pensare
che una ragazza o un ragazzo a cui piace il metal non possa ascoltare
anche musica classica anche perché molte sonate vengono
riprese dagli artisti che ascolto -
- Hai perfettamente ragione. Immagino che tu non abbia una
band -
Lei annuì:
- Facevo parte di una cover band ma ci siamo sciolti per incongruenza
di pensieri, eravamo tutti completamente diversi -
- In che senso? -
- Nel senso che c'era il fattone, quello che voleva fare Hard Rock,
quello che voleva fare Black Metal, la bassista ascoltava pop e io non
avevo molto tempo per le prove, così ci siamo sciolti e ci
siamo detti che ognuno sarebbe andato per la propria strada -
Janne spostò il vassoio vuoto sul comodino e si
girò per vedere meglio la sua interlocutrice:
- E' una cosa triste, mi spiace -
Janika alzò le spalle indifferente:
- Non ci trovavamo bene insieme, è stato meglio
così -
- Immagino di sì, se una band non condivide le stesse idee
non è una band -
- Esatto -
Il telefono di Janika interruppe il silenzio e la ragazza si
alzò per rispondere:
- Pronto, ciao mamma, ora arrivo così accompagno io Anja
in ospedale -
- Va bene ti aspetto -
- A dopo, ciao -
- Ciao -
Chiuse la chiamata e si voltò verso il tastierista:
- Devo scappare, grazie di tutto, quando vuoi chiamami e vieni a casa
mia, anche solo per un caffè -
Janne annuì:
- Però non ho il tuo numero -
- Oh, certo, che stupida, te lo scrivo -
Prese un foglio di carta e una penna che erano appoggiati sul tavolino
e scrisse il numero dopodiché lo passò al ragazzo
che le sorrise:
- Vuoi un passaggio? -
- No, tranquillo, mi vesto e vado -
- Ok -
Janika si rivestì in fretta e Janne l'accompagno alla porta:
- Allora chiamami quando vuoi -
- Lo farò senz'altro -
La ragazza stava per andarsene quando l'altro le afferrò un
braccio e le diede un bacio sulla guancia:
- Alla prossima -
Lei arrossì violentemente mentre lui lasciò la
presa:
- Ok, ciao ... -
- Ciao -
Si allontanò e si diresse verso la strada principale che
conduceva a casa sua.
*****
PERCHE'
NON MI CAGA NESSUNO? Mi fa incazzare questa cosa. Io metto anima e
corpo in quello che scrivo, a volte mi sveglio alle tre di notte per
sviluppare le mie idee e nessuno le legge, nessuno fa anche solo una
critica costruttiva. Lo so, probabilmente faccio schifo come
scrittrice, forse se un vero scrittore dovesse leggere qualcosa di mio
riderebbe e mi direbbe di darmi allo sport. Ma io amo scrivere. E
continuerò a farlo anche se mi da fastidio vedere fanfiction
con più di cento recensioni e con magari meno di dieci
capitoli mentre io riesco ad averne una scarsa.
In ogni caso ringrazio tutte le persone che si fermano a leggere i miei
deliri e che mi sostengono. Ho bisogno di voi. Grazie ai recensori.
D.
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Capitolo 4 *** raskaana oleville ***
Carry me away from my pain
Raskaana oleville
Janika era sdraiata sul letto del tastierista, i capelli leggermente
arruffati ricadevano sui seni nudi, e con le dita giocava
maliziosamente con l'elastico degli slip. Janne non poteva fare altro
che guardarla, fissava la perfezione del diavolo mordendosi
violentemente il labbro inferiore. Si avvicinò a lei e le
posò le labbra sul collo iniziando a mordicchiarlo
lentamente, la ragazza gli infilò le mani sotto la maglia
leggera per sentire il calore della sua pelle, era dannatamente caldo
nonostante in quella stanza che nessuno dei due conosceva ci dovevano
essere meno di quindici gradi. Solo un letto trasandato, sul quale
erano sdraiati i ragazzi, troneggiava al centro della camera, il resto
era vuoto. I muri avevano la carta da parati rovinata e stracciata
dall'umidità in molti punti e l'unica finestra sul lato
destro del letto era ricoperta da un sacco della spazzatura nero. Non
c'erano porte. Sembrava di essere in un film horror, il che rendeva
tutto molto più eccitante. Non sapevano come si fossero
trovati lì, ci si erano risvegliati e avevano iniziato a
toccarsi e a stuzzicarsi a vicenda e ora Janne stava pregando la
giovane di liberarlo dai pantaloni. Il suo desiderio fu esaudito e ben
presto rimase completamente nudo; le sfilò in fretta gli
slip e la penetrò con dolcezza e precisione, improvvisamente
i colpi si fecero più veloci e più intensi
facendo urlare Janika di piacere. Se lo sentiva, ancora poche spinte e
sarebbe venuto, nascose il viso fra i capelli della ragazza e ...
***
Janne si svegliò
nel suo letto, era sudato e aveva una notevole erezione dolorante
perché intrappolata dai boxer; Scostò i lunghi
capelli arruffati dal viso e guardò l'orologio appoggiato
sul comodino accanto al letto: erano le sei e trenta, poco male, non
doveva sopportare i sensi di colpa per tutta la notte.
Ormai dovevano essere due settimane che faceva sempre lo stesso sogno.
Da quando aveva conosciuto Janika praticamente tutte le notti si
ritrovava in un bagno di sudore e molto spesso con le mutande bagnate.
Non che Janne e Janika avessero avuto rapporti più intimi di
quelli fra semplici amici ed era proprio questo che lo faceva sentire
in colpa, era come se fosse un depravato, un maniaco sessuale o una
qualsiasi altra specie di pervertito.
Si alzò lentamente sbrogliandosi dalle coperte e si diresse,
sempre a passo di lumaca, verso il bagno camminando a gambe larghe per
le penose condizioni in cui si trovava: Non era davvero da lui!
Raggiunse la porta di legno scuro e la spinse distrattamente con una
mano, accese la luce che lo stordì per qualche secondo e lo
costrinse a chiudere gli occhi un paio di volte e strofinarseli con
foga. Arrivato al lavandino accese l'acqua fredda e se la
buttò sul viso, si guardò allo specchio
continuando a sentirsi un verme e a provare odio per il viso da
cucciolo che in realtà nascondeva un pervertito.
Alexi irruppe insonnolito nella stanza e si fermò qualche
secondo per osservare Janne, un sorriso malizioso si dipinse sul suo
volto:
- Devi smetterla di guardare porno alle sei di mattina, tanto lo so che
sei un segaiolo anche se ti nascondi -
Il tastierista si sentì avvampare le guance e
arrossì, ma perché quel sadico nanetto non poteva
farsi, letteralmente, i cazzi suoi una buona volta? Si girò
verso il vocalist e lo squadrò velocemente, scosse la testa,
dopotutto non era colpa sua; In realtà non era colpa di
nessuno solo di una fantasia erotica molto nascosta che si faceva viva
nei momenti più imbarazzanti e più impensabili:
- Ti devo parlare -
L'altro annuì distrattamente, in genere Janne aveva la mania
di ingigantire le cose, probabilmente voleva solo dirgli che non si
ammazzava di seghe e che era stufo di sentire stupide battutine sulla
sua vita sessuale inesistente. Non dava troppo peso al tono preoccupato
e leggermente spezzato del tastierista ma sapeva che quel ragazzo aveva
bisogno di essere ascoltato e, anche se voleva dirgli la cazzata
più grande del mondo, lui si sarebbe seduto e avrebbe fatto
di tutto per non addormentarsi e seguire il filo del discorso per il
semplice motivo che sapeva che Janne avrebbe fatto lo stesso per lui e
era consapevole di dovergli la vita. Si sedette sul bordo della vasca e
lasciò che l'altro gli raccontasse i dettagli meno spinti
del sogno che, tuttavia, lasciavano ben poco spazio all'immaginazione.
Non sapeva neanche lui se quella era una richiesta di aiuto o un
semplice modo per confidarsi con qualcuno e per cercare di scacciare i
brutti pensieri dalla sua testa. Quando ebbe finito cercò
gli occhi color ghiaccio del vocalist ma non trovò ghiaccio,
trovò una caldo mare tropicale di un celeste acceso che
però lasciavano intuire il muro di imbarazzo che si era
creato fra i due:
- E' arrivato il momento che io ti spieghi come nascono i bambini. -
Janne lo fulminò con lo sguardo ma si fece sfuggire un
sorriso contraddittorio. Era questo che adorava del suo "compagno di
merende", la spontaneità e la naturalezza con cui sparava
cazzate che avrebbero resuscitato Kennedy dalle risate. Era palese che
nessuno dei due sapesse cosa dire o cosa fare, e Alexi faceva sempre di
tutto per buttarla sul ridere e per sdrammatizzare, sopratutto quando
era imbarazzato e non sapeva cosa dire. Tuttavia era a conoscenza di
ciò che serviva all'amico, a parte un po' di sesso
selvaggio, e cerco di continuare, o meglio di iniziare, il discorso
mettendoci meno ironia possibile:
- Cazzate a parte. Janne non sei un maniaco. E' perfettamente naturale!
Insomma, lei è una bella ragazza e quando parliamo insieme
facciamo una marea di doppi sensi, probabilmente è una
reazione del tuo cervello che ti vuole far capire che hai bisogno di
più di una semplice amicizia -
Ed ecco che i ruoli si erano invertiti. Come in uno struggente valzer
sui carboni ardenti, nel loro rapporto si alternavano momenti in cui
Janne faceva da mamma chioccia al piccolo pulcino sperduto chiamato
Wildchild a momenti in cui il tastierista si sentiva sperduto e allora
Alexi doveva dargli una mano a restare in pista. Ma a entrambi andava
bene così. Non volevano un rapporto impari in cui c'era una
figura dominante e una passiva, volevano essere amici e potersi aiutare
reciprocamente indipendentemente dall'argomento o dalla situazione in
cui si trovavano .
Il tastierista alzò le spalle poco convinto, sicuramente il
vocalist ne sapeva di più in campo di donne, tuttavia non
era sicuro di quello che gli veniva detto:
- Non lo so ... Non penso di volere più di un'amicizia da
lei. Non è il mio tipo ... -
Alexi sbuffò nervosamente e protestò facendo
notare al compagno che nessuna era il suo tipo e che se avesse
continuato così sarebbe morto accarezzando un gatto
spelacchiato. Ma dopotutto era la centesima volta che facevano quel
discorso e in ogni caso il frontman cercava di dare una svegliata
all'eterno ragazzino che si trovava di fronte:
- Fai una cosa... chiamala, invitala a cena fuori e provaci. Le cose
sono due: o ti picchia o scopate. -
Janne si sistemò i capelli e sbadigliò, il sonno
iniziava a farsi sentire di nuovo anche se sapeva che per quella notte
non avrebbe più dormito:
- Lo faccio solo perché me lo dici tu. -
Il vocalist sorrise, certo che lo faceva per lui, Janne si era sempre
fidato di lui e avrebbe continuato a farlo, si sarebbe gettato da una
finestra se lui glielo avesse chiesto ... ovviamente Alexi non aveva
nessuna intenzione di abusare della sua fiducia e tanto meno voleva
essere coinvolto più di tanto nella sua vita sentimentale,
così si alzò dalla vasca e dopo aver fatto un
cenno ammiccante all'amico tornò nella sua camera dove aveva
progettato di dormire per almeno altre due ore.
Il tastierista si diresse in salotto dove prese il telefono e compose
il numero di Janika, nonostante non fossero neanche le sette di mattina
sapeva che sarebbe stata sveglia, tuttavia il telefono suonò
a vuoto una decina di volte prima che la voce registrata della
segreteria annunciasse che "al momento l'utente chiamato non era
disponibile"; Riattaccò. Probabilmente aveva fatto uno
strappo alla regola e si era concessa un'altra ora di sonno. Poco male,
avrebbe fatto colazione con calma e avrebbe provato a
richiamarla più tardi. Entrò in cucina
e posò il cellulare sul bancone, aprì il
frigorifero e estrasse un cartone di latte e del formaggio che
divorò senza neanche sedersi, il telefono lo
informò che qualcuno gli aveva mandato un messaggio. Era
Janika che si scusava dicendo che non era un buon momento e che avrebbe
richiamato lei più tardi. Leggermente allarmato Janne
rispose chiedendo se fosse tutto apposto tuttavia una volta tornato in
salotto si sedette sul divano e si addormentò prima di poter
leggere la risposta.
__
Lo svegliò Alexi picchiettandogli un dito contro il lobo
dell'orecchio, il solito modo di quell'adorabile nanetto rompiscatole
di fargli capire che era ora di muovere il culo. Aprì
lentamente gli occhi impastati dal sonno e li strofinò
dolcemente, la prima cosa che vide, oltre Alexi, fu Janika col viso
segnato dal profonde occhiaie e gli occhi arrossati che minacciavano
tempesta; Si mise a sedere e sbadigliò:
- Che succede? -
La ragazza si lasciò cadere sulla poltrona adiacente al
divano e sbuffò:
- Janne sei un coglione. -
Il tastierista andò nel panico, cosa le aveva detto Alexi? E
se aveva deciso di raccontarle tutto? No, non poteva averlo fatto,
doveva essere successo qualcos'altro:
- Cosa ho fatto? -
Chiese con un filo di voce tremolante. Janika tirò su col
naso e si sistemò i capelli:
- Ti ho chiamato una ventina di volte! Non mi hai mai risposto e mi
sono preoccupata un casino, poi vengo qui e tu stai solo dormendo! -
L'altro, imbarazzato, cercò un modo per difendersi ma, non
trovandolo, si limitò a scusarsi e a chiedere
perché quella mattina non aveva potuto rispondere; Janika
sospirò e disse di essere stata in ospedale e che aveva
brutte notizie, subito Janne credette che si trattasse della sorella,
che stava peggiorando, ma Janika se ne uscì con
un'affermazione peggiore:
- Sono incinta. -
Janne e Alexi spalancarono gli occhi e il vocalist squadrò
Janne chiedendogli cosa diavolo avesse combinato tuttavia la ragazza
ignorò gli sguardi e continuò il discorso:
- Tre mesi e mezzo. E' stato il mio ex ragazzo, ho pensato che non
posso tenerlo ... penso che lo darò in adozione, ci sono
tante coppie adulte che non possono avere figli e che sarebbero
contentissime di accoglierne uno appena nato... -
Il tastierista non sapeva cosa rispondere, non poteva davvero voler dar
via suo figlio! Si strofinò il viso con le mani cercando di
mantenere la calma:
- Non puoi darlo via! -
L'altra cercò di non alzare la voce e rispose che era la
soluzione migliore, perché lei era troppo giovane per
crescere un bambino e doveva seguire sua sorella:
- Ti aiutiamo noi... potrei tenerlo per un po' io e ... -
- Ma per favore! -
Disse Janika alzando leggermente il tono:
- Sei una rockstar! Non hai tempo neanche per trovarti una ragazza non
puoi avere il tempo per crescere il figlio di una sconosciuta e che non
è nemmeno tuo. Lo voglio far adottare perché non
so neanche gestire me stessa e poi non ho i soldi. Mia madre
è un'impiegata in una banca e io lavoro sì e no
come sarta... non ho i soldi per un figlio. -
Janne annuì, non poteva dargli torto. Lui non aveva tempo
neanche per leggere un libro quando lavorava, era sempre in tour e fra
una prova e l'altra era tanto se riusciva a andare in bagno. Un figlio
era un impegno e comunque le disse che era una scelta che spettava a
lei ma che se avesse voluto una mano per qualsiasi cosa lui ci sarebbe
stato:
-Cambiando discorso. Perché mi hai chiamato stamattina? -
Il tastierista sbuffò e rispose che non era nulla di
importante e la ragazza dopo aver annuito e aver bevuto un bicchiere
d'acqua ringraziò per l'aiuto che le avevano offerto e se ne
andò con la promessa che forse sarebbe tornata nel
pomeriggio.
Alexi si sedette sul divano accanto all'amico che cercava di assimilare
la notizia:
- Non gliel'hai detto ... -
Janne scosse la testa amareggiato:
- Mi ha detto che sta per avere un figlio, non penso che le importi
uscire a cena o approfondire il nostro rapporto ... -
Il vocalist fece cenno di sì con la testa, non poteva dargli
torto. Tuttavia gli disse che forse una ragazza che sta per avere un
bambino ha bisogno di qualcuno che le stia vicino. L'altro disse che ci
avrebbe pensato e si dileguò in camera sua.
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Capitolo 5 *** Rakkaus ***
COB 5
Carry me away from my pain
Rakkaus <3
Janne sentì il telefono squillare e si svegliò di
colpo. Guardò l'orologio sul comodino accanto al letto:
erano le tre di notte. Scese in soggiorno e prese il cordless che
ripeteva una noiosa musichetta da qualche minuto, rispose. Janika aveva
la voce rotta dal pianto e sembrava terrorizzata, gli chiese di
raggiungerla a casa sua e lui, dopo aver chiuso la chiamata, si
infilò in fretta un paio di jeans, prese la macchina e corse
a casa della ragazza probabilmente bruciando due o tre semafori rossi.
Arrivò pochi minuti dopo e parcheggiò a cazzo e
probabilmente in divieto di sosta, scese e corse fino al
portone d'ingresso del palazzo, era aperto, lo spinse e si
catapultò su per le scale ignorando il portinaio che
poltriva dietro la guardiola, corse per due piani e
arrivò all'appartamento di Janika, aprì la porta
e si ritrovò nel buio totale, sentì un singhiozzo
proveniente dal fondo della casa, tastò il muro in cerca
dell'interruttore, lo trovò e accese la luce. La ragazza era
sdraiata in fondo alla stanza, in un bagno di sangue, il tastierista
corse da lei e la prese in braccio, il primo pensiero fu l'aborto, ma
poi notò che il sangue proveniva dai polsi, profondi graffi
avevano ridotto le sue braccia a carne da macello, la posò
sul divano e prese il telefono per chiamare un'ambulanza, intanto i
paramedici gli dissero di cercare di disinfettare le ferite, chiuse il
telefono e corse in giro per casa per cercare un
disinfettante, lo trovò ed eseguì gli ordini. Si
fermò pochi secondi, aveva la vista leggermente offuscata e
non sapeva perché, solo pochi secondi dopo si accorse delle
lacrime che avevano iniziato a correre lungo le sue guance,
guardò il viso della ragazza che gemeva per il dolore:
-
Perché lo hai fatto? -
Non
gli rispose. Semplicemente si fissarono negli occhi arrossati, Janika
allungò un braccio verso il viso del tastierista e con un
dito gli asciugò debolmente una lacrima,
dopodiché gli accarezzò la guancia e chiuse gli
occhi cercando di attirare il viso del ragazzo verso di se, si
avvicinarono, le labbra erano a pochi centimetri di distanza, lui aveva
un odore pungente di profumo al rabarbaro contrastava con l'odore dolce
di borotalco di lei, ancora pochi millimetri e si sarebbero baciati ma
furono interrotti dall'entrata dei paramedici che caricarono in fretta
e furia la ragazza sulla barella e in pochi secondi furono pronti per
andarsene:
-
Non mi lasciare! -
Disse
Janika con un filo di voce. Janne seguì l'ambulanza con la
macchina e riuscì a intrufolarsi in ospedale passando
inosservato tuttavia dovette aspettare in sala d'attesa mentre le
mettevano i punti sui polsi. Un'infermiera sbucò dalla
stanza in cui stavano operando Janika qualche minuto dopo:
-
Lei è il marito? -
Janne
scosse la testa leggermente cercando di non pensare al dolore che gli
stava trapanando le tempie, la donna annuì:
-
E' il padre del bambino o il fidanzato? -
Scosse
la testa di nuovo e disse di essere un amico che lei aveva chiamato,
chiese come stesse e gli venne risposto che il giorno dopo sarebbe
stata dimessa e che ora poteva anche entrare per vederla.
Così fece, si diresse lentamente verso la stanza e
oltrepassò la porta quasi in punta di piedi per non
disturbare la signora che dormiva di fianco a lei, si
avvicinò al letto e si sedette sulla sedia di fianco alla
ragazza, le accarezzò la guancia e lei fremette leggermente:
- Come stai? -
Janika si sforzò di dire che stava meglio anche se le ferite
le pulsavano e iniziavano a brucarle tuttavia riuscì a
girarsi piano su un fianco per vedere il viso del ragazzo che le aveva
salvato la vita. "Perché lo hai fatto?" le aveva chiesto
quando aveva iniziato a medicarla, lei non lo sapeva perché
lo aveva fatto, sapeva solo che era un peso troppo grande da sopportare
e che non riusciva a pensare di dover portare in pancia un bambino per
nove mesi, che poi avrebbe dovuto abbandonarlo e che, sapeva, che non
ci sarebbe riuscita, perché una volta dopo averlo visto
avrebbe pensato a quanto siano carine le manine e a come sia stupido
che una madre abbandoni suo figlio. Ed era quello a cui stava pensando
quella sera. Una donna non può lasciare il sangue del suo
sangue. Poi le venne in mente che avrebbe potuto avere i tratti del
padre, e stupidamente aveva pensato che a Janne questa cosa non sarebbe
piaciuta. Poi si era messa a ridere, cosa importava a Janne di lei? Non
erano nulla di più che semplici amici. La verità
era che lei era sola. Non aveva detto a sua madre della gravidanza
anche se ora si iniziava a notare un leggero rigonfiamento sul ventre e
avrebbe dovuto dirglielo ma a sua mamma non importava
granché di lei, presa com'era dalla sorellina e, dopotutto,
non era da biasimare.
Ma ora? Adesso, stesa in quel letto fissando quegli occhi fantastici e
quelle labbra tremolanti, forse aveva pianto, cosa doveva pensare? Si
erano quasi baciati e lei l'aveva voluto, l'aveva voluto con tutta se
stessa, incontrare la sua bocca e accarezzarla dolcemente per poi
iniziare una maliziosa lotta fra lingue, sì l'aveva voluto.
Quindi forse anche lui lo voleva, forse a lui importava di quella
ragazza un po' sfortunata e cresciuta troppo in fretta e allora cosa
avrebbe pensato di tutta questa situazione?
Come se Janne potesse leggerle nel pensiero le accarezzò di
nuovo la guancia, lei prese la sua mano e gli baciò piano le
dita; lui le sorrise e avvicinò il viso al suo ma lei gli
premette un dito contro le labbra:
- No, non voglio ora. -
Lui le accarezzò il collo e le scostò i capelli
dal viso chiedendole cosa ci fosse che non andava, Janika gli diede un
bacio sul naso e rispose che non voleva che il loro primo bacio se lo
dessero in una stanza d'ospedale che puzzava di disinfettante, voleva
un posto speciale. Il tastierista le morsicò dolcemente il
collo:
- Come vuoi, piccola -
__
Era mattina quando Janne passò a prendere Janika in
ospedale, la lettera di dimissione fu firmata da un giovane dottore
fresco di laurea che le aveva ricucito i polsi. Lui la prese per mano,
come se fosse la cosa più naturale del mondo, e la condusse
verso la sua macchina, mise in moto e partì senza sapere
dove andare, si fermò qualche metro più avanti a
un semaforo: a destra la città, a sinistra il lago Bodom. Ma
Janne non la voleva portare sul lago, quello era il posto in cui lui e
Alexi andavano per parlare, per stare da soli... quello era il loro posto e se il
vocalist che aveva avuto almeno una quindicina di ragazze in
più di lui non ne aveva mai portata una sulle sponde del
Bodom, Janne non vedeva il motivo di portarci Janika. Decise di
procedere dritto, verso le coste del sud, le voleva far
vedere il mare, a lui piaceva il mare, infatti quando era piccolo
credeva che fosse una sconfinata distesa blu ed era rimasto deluso, si
era quasi sentito tradito, quando aveva scoperto che sulle loro coste
il mare era grigio e burrascoso, senza lunghe spiagge calde e
accoglienti, semplicemente con cinici porti grigi e navi senza nome che
viaggiavano indisturbatamente sul mar Baltico. Ma c'era un posto
lì, incastonato fra le rocce, scavato dalla furia del mare,
che era speciale. Al mattino il sole filtrava dalle pareti bucherellate
creando fantastici giochi di luce sull'acqua cristallina che arrivava a
malapena alle caviglie, quando era bambino credeva che fosse un posto
magico e ora, ne era sicuro, anche Janika sarebbe rimasta estasiata,
meravigliata dalla bellezza di quel posto e anche lei si sarebbe
convinta che il mare non tradisce nessuno, che per quanto possa
sembrare minaccioso in realtà vuole solo accogliere tutti i
suoi figli fra le braccia e cullarli per l'eternità.
Il viaggio fu silenzioso, lei non fece domande, sembrava assorta nel
suo mondo, ogni tanto si accarezzava la pancia e sorrideva. Il
tastierista avrebbe voluto essere nella sua testa per poter scoprire
cosa la spingeva a ghignare dolcemente e quasi impercettibilmente,
perché? A cosa pensava? Forse si era decisa a tenere il
bambino o forse stava solo pensando che aveva preso una buona decisione
a fare richiesta per l'adozione...
Arrivarono e parcheggiarono davanti al porto, davanti a loro c' era
solo il trambusto dei marinai che caricavano e scaricavano merce sulle
navi, solo in quel momento Janika sembrò risvegliarsi da un
sonno profondo, da un mondo ovattato, si slacciò la cintura
di sicurezza e guardò la figura di Janne:
- Ma dove siamo? -
Il tastierista le prese una mano, era così piccola e
scheletrica, eppure così bella e aggraziata, le
baciò le dita e le disse che lo avrebbe scoperto
più tardi. Lei scese e respirò l'aria salmastra a
pieni polmoni: adorava l'odore leggermente pungente dell'acqua salata.
Si avvicinò al ragazzo, gli strinse la mano e gli diede un
bacio sulla guancia. Così, mano nella mano, scesero sulla
battigia e camminarono in quella stretta parte di sabbia che il mare
aveva concesso ai giovani che volevano stare da soli. Arrivarono alla
grotta che Janne ricordava perfettamente eppure, eppure avrebbe giurato
che c'era qualcosa di diverso. Ignorò la sensazione pensando
che dovevano essere vent'anni che non andava in quel posto. Entrarono.
Anche i giochi di luce erano come li ricordava, creati dal
debole sole che cercava di riscaldare Helsinki in quella fredda
giornata invernale. Si tolsero le scarpe, l'acqua che lambiva
dolcemente i loro piedi era gelata e un brivido scosse la schiena dei
ragazzi, Janne prese in braccio Janika:
- Non devi prendere freddo, non farà bene al bambino-
Lei gli sorrise assente, come se la sua mente fosse altrove. Rispose
che non si doveva preoccupare per lei e gli chiese di lasciarla
giù; il tastierista la posò a terra, si
scambiarono un'occhiata eloquente. Le loro labbra si avvicinarono di
nuovo e, finalmente, riuscirono ad incontrarsi. Calde e passionali ma
dolci e gentili. Come i fiori in primavera che cercano di trovare un
posto nel mondo e che fanno fatica a sbocciare e a sopravvivere alle
ultime intemperie, rigetto di un rigido inverno, ma che quando
finalmente si affermano diventano splendidi esemplari che tutti
ammirano e cercano di imitare. Le loro lingue si intrecciarono e si
accarezzarono, entrambi con le mani infilate delicatamente fra i
capelli dell'altro, saldamente afferrati come per paura di
perdersi. Il tempo sembrava essersi fermato e quel bacio sembrava non
voler finire mai. Si scostarono leggermente l'uno dall'altra, Janne
teneva ancora il viso della ragazza fra le mani, si fissarono negi
occhi e sorrisero. Tornarono a baciarsi, dolcemente, senza troppe
pretese.
***
Ho
scritto questo capitolo tempo fa. Ma il computer mi si era
rotto e pensavo di averlo perso. Fra disperazione e lacrtime (?) Ho
fatto riparare il pc e ho recuperato il capitolo che posso pubblicare
solo ora.. chiedo scusa a tutti per avervi fatto attendere. Spero che
ne sia valsa la pena :)
Grazie a tutti =)
|
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Capitolo 6 *** Kohtu. ***
COB 6
Carry Me Away From my Pain
Kohtu.
Janne
strinse forte Janika a se; dopo essersi baciati la prima volta avevano
deciso di passare la notte fuori. Avevano trovato un piccolo albergo
senza troppe pretese, una semplice stanza in un semplice hotel
frequentato da gente semplice; solo qualche turista e per lo
più
marinai.
E
ora si trovavano proprio in quella camera, sdraiati sul letto e
abbracciati, senza il bisogno di dire qualcosa, perchè si
stavano già dicendo tutto. Stavano ritrovano anni di affeto
negato dai parenti, sapevano di volersi bene anzi erano consapevoli di
amarsi, ma nessuno dei due sentiva la necessita di dirselo
perchè, alla fine, è meglio dimostrarlo.
La
ragazza infilò una mano sotto il maglione del tastierista,
gi
baciò il collo e alzò lo sguardo. Lui la fissava
sorridendo, con uno di quei sorrisi capaci di sogliere la neve, lei si
avvicinò alle sue labbra e le inumidì con la
lingua, si
strinse di più a lui e riprese a baciarlo mordendogli il
labbro
inferiore.Ma c'era qualcosa che non andava. Una terribile fitta alla
pancia la costrinse a staccarsi dal ragazzo e a sedersi sul letto.
Janne di sedette accanto a lei allarmato:
-
Tutto apposto?? -
Janika
annuì e stava per rispondere affermativamente quando
un'altra fitta più forte la trafisse di nuovo:
-
Mi... mi fa male la pancia.. -
Il ragazzo le cinse le spalle con un braccio e le diede un bacio sulla
fronte:
- Vuoi qualcosa di caldo da bere? -
Lei annuì quasi impercetibilmente e il tastierista si
alzò dal letto lentamente per poi uscire dalla porta e
scendere
le scale fino al bar. Janika cercò di alzarsi per
raggiungere il
bagno ma appena fu in piedi le girò la testa e dovette
appogiarsi al comodino per non cadere, sentì un liquido
caldo
scorrerle sulla gamba destra e arrivare al pavimento, preoccupata volse
lo sguardo alla zona interessata e vide il sangue colare sul pavimento,
cercò di chiamare invano il tastierista, la sua voce era
troppo
debole e la vista iniziava ad annebbiarsi, le ginocchia cedettero e la
ragazza cadde a terra. Janne entrò e la tazza di the che
aveva
in mano gli cadde a terra, per qualche secondo rimase in uno stato
catatonico, senza sapere cosa fare a fissare la ragazza, vide il sangue
che continuava a scorrere e si risvegliò dallo stato di
trance
in cui era caduto, si quardò intorno, sentì il
cuore
battergli e si diresse incerto verso la ragazza. Molto sepesso dicono
che quando qualcuno si sente male bisogna lasciarlo dov'è
caduto
per non creare danni ulteriori, ma non sapendo cosa fare il tastierista
prese Janika in bracio e la posò sul letto, prese
freneticamente
il telefono e chiamò il 112¹ balbettando le
indicazioni al
telefono. L'ambulaza arrivò in pochi secondi e un paramedico
chiese a Janne di farsi da parte, non poteva fare altro, la ragazza
aveva abortito. Il tastierista sentì una fitta trafiggergli
lo
stomaco:
- Cosa.. farete ora? -
Gli venne detto che lei stava bene, si sarebbe ripresa e non sarebbe
dovuta andare in ospedale, aveva solo bisogno di un bagno tiepido e un
sostegno morale. Se ne andarono in pochi secondi lasciando Janne e
Janika, che intanto si era un po' ripresa, più confusi di
prima.
La ragazza, che aveva perfettamente capito cos'era successo, si mise a
sedere sul letto e si guardò intorno spaesata. Sarebbe
dovuta
cadere in depressione? Ma lei neanche lo voleva un bambino. Cosa doveva
fare? Come doveva reagire? Gli aborti spontanei nei primi mesi di
gravidanza capitano, fanno parte della vita. Una madre qualsiasi
avrebbe pianto, a lei non veniva da piangere, si sentiva strana, una
parte di lei se ne era andata e l'unico sentimento che riusciva a
provare era il solievo. Perchè non doveva più
stare
attenta a tutto quello che faceva, perchè avrebbe avuto
più tempo da dedicare a sua sorella e avrebbe evitato
l'imbarazzo di rispondere "Il padre non c'è" a tutte le
ecografie e visite mediche; E poi ... avrebbe avuto più
tempo
anche per Janne. Da quando lo aveva conosciuto aveva sempre avuto la
sensazione di non vederlo abbastanza, gli voleva bene, e lo amava, ma
soprattuto gli voleva bene.
Appoggiò il viso sul petto del ragazzo che si era seduto
accanto
a lei e gli diede un bacio sul collo, lui la strinse a se e
posò
le labbra sulla sua nuca, lasciando che si addormentasse
così.
Si svegliò qualche ora dopo, Janne doveva aver ceduto al
sonno e
ora dormiva beato, sembrava un bimbo. Janika si guardò la
maglietta, era intrisa di sangue, come la gonna e le calze che erano
state gettate a terra dal paramedico, si diresse in bagno dove
aprì l'acqua della vasca e iniziò a togliersi i
vestiti;
Dopo aver aggiunto un'ingente quantità di bagnoschiuma si
immerse quasi del tutto e iniziò a pulirsi. Aveva lasciato
la
porta aperta, in modo che potesse sentire la vicinanza con il
tastierista. Continuava a non capirci nulla, continuava a pensare che
forse, era stato meglio così, perchè lei non
sarebbe
stata una buona madre e sapeva che Janne l'avrebbe costretta a tenerlo,
lui così dolce e premuroso verso tutti, che era riuscito a
provare pena per un figlio che non era neanche suo. Ma ce l'avrebbe
davvero fatta a crescere un bastardo? O glielo avrebbe rinfacciato per
il resto dei suoi giorni? No. Non ne sarebbe stato capace. Il bambino
si sarebbe chiamato Wirman e sarebbe stato cresciuto come tale. Ma a
lei sarebbe rimasto un grande vuoto dentro, avrebbe guartato quel
bambino che probabilmente avrebbe imparato ad amare e si sarebbe
sentita malissimo pensando che non lo aveva voluto. Quindi era
senz'altro meglio così, un dolore in meno per tutti.
Uscì dalla vasca dopo qualche minuto, si avvolse in un
asciugamano bianco e tornò in camera dove Janne iniziava a
rigirarsi fra le coperte, segno che si stava per svegliare, si
sdraiò di nuovo accanto a lui noncurante del fatto che aveva
i capelli bagnati, accarezzò il viso del ragazzo che
aprì lentamente gli occhi e le sorrise, avvicinò
le labbra alle sue e le baciò dolcemente, la strinse a se ma
il telefono di Janika squillò e dovette districarsi
dall'abbraccio e rispondere a sua madre:
- Ciao mamma... ascolta ti devo parlare -
Come faceva a dire a sua madre che aveva perso suo figlio? Inoltre lei
sembrava già preoccupata per conto suo e se aveva chiamato
ci doveva essere un motivo. La donna rispose affannata, incredula e
stanca:
- Tua sorella... La terranno definitivamente in ospedale e... ha
sì e no due settimane di vita, vieni appena puoi, ti prego.
Oh, Ma ti è successo qualcosa, amore? Ti sento strana...
come sta il bambino? E Janne? Anche lui è un caro ragazzo
... -
La giovane si sedette sul letto premendosi una mano contro la tempia
spaesata, non sapeva cosa rispondere, non sapeva se doveva addolcire la
pillola o lasciar perdere, la sua totale mancanza di tatto la
portò a dirlo normalmente, senza troppi giri di parole:
- Ho perso il bambino. E ora sono lontano da Helsinki verrò
in ospedale domani mattina, Janne sta bene -
L'altra ribattè semplicemente dicendo "Ok" e
riattaccò lasciando Janika attonita. Si sdraiò e
appoggiò la testa sulla pancia del tastierista che le chiase
cosa fosse successo, dopo aver ascoltato i fatti le chiese se voleva
tornare subito, lei disse che non era necessario e tornò a
stringere il ragazzo a se.
****
¹=
Numero unico di emergenza in Finlandia.
Allora. Come al solito non sapevo come chiudere il capitolo, lo so,
è un secolo e mezzo che non aggiorno ma fra una versione di
greco e l'altra c'è poco tempo per scrivere T^T. Ho fatto
del mio meglio ... spero che possiate apprezzarlo. Un grazie a tutti e Hyvaa
joulua a tutti ;)
|
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Capitolo 7 *** Pahan Kukat ***
COB 7
Carry me away from my pain
Pahan Kukat
Janika arrivò in ospedale la mattina dopo, durante l'orario
di
visita, insieme a Janne. Trovò sua madre che dava la
colazione
alla sorellina, appena la vide entrare posò il vassoio sulle
ginocchia della bambina e le andò in contro per abbracciarla
e
baciarle le guance, cose che inconsciamente fece anche col tastierista.
Si sedettero accanto al letto e la giovane accarezzò il viso
della sorellina sorridendole dolcemente:
- Come stai? -
L'altra si sistemò sul cuscino e fece una smorfia, che razza
di
domanda era? Pensava che non sapesse di avere poco più di
una
settimana? Cercò di sorridere per non essere scortese,
sapeva
che anche lei era preoccupata:
- Abbastanza bene ... anche se non è molto bella come
situazione, ma non smetterò di combattere. Mai. -
Gli occhi di Janika si riempirono di lacrime, ma non voleva piangere,
non ne aveva il diritto. Stava per perdere sua sorella, era scioccata e
una tristezza enorme le stava divorando l'anima; Ma non aveva il
diritto di mettersi a piangere, lei era così coraggiosa, non
si
stava auto commiserando, voleva vivere e lottare fino alla fine. Se
qualcuno glielo avesse chiesto avrebbe detto che la piccola Anja era il
suo eroe. Forse sarebbe stata considerata un eroe minimo, non aveva
salvato il mondo ne combattuto grandi guerre se non quella della Vita.
Perché alla fine questo è la vita, una guerra.
Bisogna
reagire, essere forti e non smettere mai di battersi per continuare a
esistere. Alcuni cercano di essere i migliori, alcuni si accontentano
del minimo indispensabile ma tutti, ognuno di noi, deve alzare la testa
e mordere questo fottuto mondo. Anche se è difficile, anche
se
fa male, anche se a volte sembra impossibile.
La bionda appoggiò la schiena alla sedia e restò
qualche
secondo a fissare la ragazzina; era il venti di Dicembre, se le
previsioni dei medici erano giuste avrebbe visto il suo ultimo Natale.
La madre intervenne rompendo il silenzio assordante che si era formato
nella stanza:
- Il dottore ha detto che ci sarebbe un'alternativa ... ma non
è
sicuro del risultato. Potrebbe essere mandata in una clinica in Svezia
e noi potremmo vederla una volta a settimana, ma la terranno in vita e
se tutto va bene entro un anno dovrebbe essere guarita. Ci sono sette
risultati su dieci che confermano ... -
Anja e Janika guardarono la madre sconcertate e le dissero che
avrebbero dovuto provarci, tanto non c'era più nulla da
perdere,
anche se sarebbe stato doloroso era pur sempre un modo. La donna
ribatté dicendo che non sapeva cosa fare poiché
il
viaggio in Svezia era rischioso e faticoso per la piccola e lei avrebbe
voluto starle accanto e affittare un appartamento vicino all'ospedale
ma non se la sentiva di lasciare la figlia maggiore da sola, sopratutto
ora che aveva perso il bambino. Tutti fecero si zittirono, la ragazza
guardo Janne che era rimasto in silenzio per tutto il tempo e gli
chiese cosa ne pensava. Lui sospirò e rifletté
qualche
secondo:
- Secondo me, bisogna provare. Tanto, come ha detto Anja, non ha
più nulla da perdere. A Janika ci penserò io, mi
prenderò cura di lei e in ogni caso lei ha
ventitrè anni,
sa badare a se stessa e non penso sia un problema per lei. In ogni
caso, se tutto va bene è solo un anno, poi sarete di nuovo
insieme.-
La madre annuì, aveva ragione lui. Sua figlia era grande
ormai e
si sentiva più sicura sapendo che ci sarebbe stato qualcuno
al
suo fianco. Si alzò e disse che andava ad avvisare il
medico,
sarebbero partite l'indomani.
Trascorsero il pomeriggio in ospedale, nella sala principale dove c'era
un pianoforte a coda e i due ragazzi suonarono la sonata K381 di Mozart
e la sorellina in via eccezionale poté stare accanto a loro
su
una poltrona con una coperta addosso e la solita flebo infilata nel
braccio.
Il volo partì il mattino dopo alle sei, Anja fu trasportata
in
Svezia con l'eliambulanza per evitare che si stancasse troppo. Janika e
il fidanzato erano andati a salutarla e ora attendevano nella sala
d'aspetto che l'aereo partisse. Entrambi erano assonnati e sarebbero
stati volentieri a letto a dormire, ma quella era l'ultima volta che la
giovane avrebbe visto sua madre per un lungo periodo e, nonostante
l'avrebbe chiamata tutte le sere, sapeva che le sarebbe mancato il suo
modo ansioso di eseguire anche i più semplici lavori
domestici,
le sue preoccupazioni quotidiane per chi vedeva o frequentava la figlia
e il suo ingenuo modo di fare che indicava il fatto che non volesse
ammettere che sua figlia era ormai cresciuta.
Janne la abbracciò e le diede un bacio sulla fronte, era ora
di
andare a casa. Le chiese se avesse voluto trasferirsi da lui per
poterle stare accanto, lei annuì e rispose che avrebbe
mandato
qualcuno a prendere la sua roba così andarono direttamente a
casa del tastierista.
Furono arrivati dopo pochi minuti e, varcata la soglia di casa, Janika,
dopo essersi tolta cappotto e scarpe, si sdraiò sul divano;
Janne la raggiunse e si sedette a terra posando il viso sulla sua
pancia e accarezzandole i capelli, lei si mise a sedere facendo
accomodare accanto a se il ragazzo e gli appoggiò la testa
sulla
spalla iniziando a baciargli il collo, lui la sollevò e
prendendola in braccio la portò in camera da letto. Non
sapeva
nemmeno lui cos'avesse in mente, sapeva solo che il divano era un posto
stupido per fare qualsiasi cosa. La posò sul materasso e ci
si
sdraiò accanto; Janika si tirò su e si mise a
cavalcioni
sopra al ragazzo, voleva giocare. Janne arrossì
violentemente e
la giovane, accorgendosene, avvicinò le labbra alle sue e
iniziò a baciarlo, in modo diverso da come aveva sempre
fatto;
Stavolta non era un bacio finalizzato solo a dimostrare quanto ci
tenesse a lui, voleva di più. Il tastierista la
attirò a
se e, visibilmente eccitato,invertì i ruoli sovrastandola
col
suo corpo. Interruppero il bacio per qualche secondo guardandosi negli
occhi, lei gli infilò le mani sotto il maglione nero e
glielo
sfilò lasciandolo a torso nudo e si avvicinò a
lui per
baciargli il petto. Janne fece un sorriso ammiccante e imitò
la
ragazza togliendogli la maglia, le fece alzare leggermente la schiena
per armeggiare con l'allacciatura del reggiseno che gettò a
terra per concentrarsi sul seno della ragazza. Iniziò a
leccarle
la pelle chiara per poi succhiarle i capezzoli turgidi mentre
l'erezione continuava a crescere e a diventare leggermente dolorosa
poiché intrappolata dai jeans, con la lingua salì
verso
il collo per poi morderle leggermente l'orecchio e ascoltare per
qualche secondo il suo respiro che diventava sempre più
affannato. Janika riprese in mano la situazione e si rimise a
cavalcioni sopra di lui, tornò a fissarlo negli occhi
mordendosi
il labbro inferiore. Lo voleva, con tutta se stessa, ma aveva paura di
sbagliare, di fare un'altra delle sue cazzate e di ritrovarsi di nuovo
nella merda. Ma sentiva la sua eccitazione percepiva quanto anche lui
la volesse e per quanto un uomo col testosterone a mille possa sembrare
stronzo o troppo avventato, quello era sempre Janne, la amava e teneva
tanto a lei, non l'avrebbe abbandonata. Non l'avrebbe mai fatto.
Si abbassò per slacciare i pantaloni del tastierista, lui la
fermò prima che gli abbassasse anche i boxer e le chiese con
un
filo di voce se volesse davvero farlo, lei annuì e
gettò
le mutande a terra per poi concentrarsi sul membro del fidanzato che
prese in bocca per poi dedicarvisi per una decina di minuti durante i
quali l'altro cercava di soffocare i gemiti; Prese la ragazza e la mise
sotto di lui, le tolse la gonna e le sfilò le collant che
aveva
ripulito il giorno prima dal sangue, accostò il viso al suo
e
riprese a baciarla mentre con la mano destra le stimolava l'inguine
attraverso il pizzo nero delle mutande. Lei si staccò dalle
sue
labbra e si tolse gli slip per poi continuare a farsi masturbare dalle
sue dita che la musica aveva reso incredibilmente veloci. Janne si
scostò da lei per andare a leccarle la vagina,
concentrandosi su
tutte le sue pieghe e a iniziare a penetrarla irrigidendo la lingua e
godendo dei suoi umori, dopo di che iniziò a succhiarle il
clitoride mentre lei gemeva sempre più vistosamente.
Improvvisamente si interruppe per prenderle le cosce e portarla al
bordo
del letto, si mise in piedi di fronte a lei e le afferrò la
vita
iniziando a penetrarla lentamente; Janika soffocò un urlo e
si
avvinghiò alle sue braccia mentre l'altro aumentava il ritmo
fino a farla sdraiare sul letto praticamente inerme e a farla urlare
senza alcun ritegno. Uscì da lei e la fece girare per
metterla a
novanta ed entrare da dietro, appoggiò il petto alla sua
schiena
mentre i colpi precisi toglievano il respiro alla ragazza, le strinse
il seno e la sentì gemere sempre più forte, le
baciò il collo e si rimise in piedi continuando a cercare di
penetrarla sempre più velocemente finché la
giovane decise di condurre il gioco e si scostò da
lui trascinandolo sul letto e sedendosi sulla sua erezione;
Iniziò a muovere il bacino tenendogli una mano appoggiata
sul petto e ansimando. Si sentiva finalmente bene, era con il ragazzo
che amava e non stava facendo solo del volgare sesso. Era tutto quello
che voleva, tutto quello che aveva desiderato durante queste settimane.
Pensò che nonostante la posizione si sentiva perfettamente a
suo agio e che avrebbe voluto che quel momento non finisse mai,
perché lui era così bravo, era dolce ma era anche
deciso. A volte le faceva male ma le dimostrava anche che lo faceva
solo per eccitarsi di più. Gli accarezzò il viso
e si avvicinò a lui per baciarlo, l'altro la strinse a se;
Janika si rimise in posizione e Janne le strinse i seni fra le mani
continuando a entrare e uscire da lei seguendo i movimenti sinuosi del
corpo della ragazza. La prese e la mise di nuovo sotto e dopo poco
raggiunsero l'orgasmo contemporaneamente, stringendosi il
più forte possibile. I due si avvolsero nelle coperte e si
addormentarono, abbracciati.
****
Sì, mi ci sono
messa di impegno e sto cercando di aggiornare più in fretta.
Allora, domani parto per la Finlandia e sono tipo in giro per casa che
salto come un canguro. Ok, ho trovato cinque minuti per finire la
fanfiction, ovvero il capitolo, e ora lo pubblico.
Grazie a tutti i miei puntualissimi "Seguaci" che nonostante tutto mi
sostengono. <3
|
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Capitolo 8 *** Was it worth it? ***
COB8
Carry me away from my pain
Was it Worth it?
Alexi entrò in casa di Janne con la chiave di scorta che
l'amico gli aveva affidato in caso avesse avuto voglia di stare con
lui. Non trovandolo in soggiorno decise di salire le scale; Strano,
saranno state le dieci di mattina e lui non era ancora sveglio? No, non
poteva essere. Era sempre stato mattiniero, a meno che non si fosse
ubriacato, ma se si fosse ubriacato l'avrebbe fatto con Alexi e, fino a
prova contraria lui era più o meno sobrio; quindi, c'era
qualcosa che non andava. Arrivato al secondo piano si guardò
intorno in cerca di un qualche rumore che confermasse la presenza del
tastierista, Nulla. Si diresse verso la camera da letto e
aprì piano la porta, fece una smorfia, era arrivato tardi.
Janika e il ragazzo erano abbracciati e avvolti sotto le coperte, i
vestiti erano sparsi ovunque e le tende erano chiuse. Si
avvicinò in punta di piedi al letto per non svegliare la
biondina, scosse leggermente il tastierista che aprì un
occhio e, vedendo Alexi, scostò dolcemente dal suo petto la
giovane e si mise a sedere:
- Perchè sei qui? -
Chiese a bassa voce. L'altro gli rispose che c'era una cosa che doveva
sapere e che era abbastanza urgente. Janne si infilò i boxer
e scese insieme al compagno in sala, si sedettero sul divano. Il
vocalist era nervoso, si era acceso una sigaretta che si rigirava fra
le dita e che fumava irrequietamente, aprì la bocca per dire
qualcosa ma le parole gli si bloccarono in gola, erano lacrime quelle
che si stavano formando negli occhi color ghiaccio? Spense la sigaretta
e si lasciò scivolare sulla fodera del divano, la casa di
Janne aveva sempre avuto un buon odore, non di fiori o di qualche altro
deodorante commerciale, semplicemente odore di casa. Con il profumo di
cibo nelle ore in cui tutti mangiavano e odore di bucato il
giovedì e il sabato; C'era una domestica, che doveva avere
origini ispaniche, che andava da tre volte a settimana e che
probabilmente usava un detersivo al limone che lasciava una sensazione
di freschezza nell'aria. Tutto questo gli sarebbe mancato. Non voleva
perdere il suo migliore amico e aveva paura di rovinare tutto con
semplici frasi pesanti come macigni che ristagnavano infondo alla sua
bocca lasciandogli un sapore amaro e la voglia di vomitare. Si sentiva
un verme. Avrebbe voluto scavarsi una buca e sotterrarvisici per essere
dimenticato da tutti. Ma voleva troppo bene al tastierista e non era
capace di mentirgli, inoltre pochi mesi più tardi avrebbero
iniziato un tour e l'avrebbe visto tutti i giorni, a ogni ora.
Il tastierista lo guardo perplesso in attesa della notizia urgente che
lo aveva condotto attraverso una fredda mattinata del rigido inverno
Finlandese fino a casa sua, lo incitò a parlare. Una lacrima
gli rigò il viso, la asciugò irritato con la
manica della felpa, si decise a parlare. I finlandesi parlano, in
genere, a bassa voce e molto velocemente. Ma era raro che il
chitarrista parlasse così:
- Io ecco ... non so come dirtelo, so che mi odierai e non ti chiedo di
non farlo, ti chiedo solo di non ammazzarmi di botte...-
Janne sorrise. Probabilmente pensava che l'altro dovesse dirgli che
aveva combinato qualche casino con le demo che avevano registrato o che
aveva toccato la sua tastiera e aveva combinato qualcosa a cui non
aveva trovato rimedio. Alexi di incupì vedendo i muscoli
rilassati sul viso dell'amico e continuò il discorso,
sputando fuori la frase successiva come fosse veleno:
- Io e Janika siamo stati a letto insieme -
Sul volto del tastierista si dipinse uno sguardo stupito e perplesso al
tempo stesso, ma lei era incinta. Erano andati a letto insieme con il
rischio che lei perdesse il bam... ma sì certo, lei non lo
voleva quel bambino. Quindi probabilmente gliene sarebbe fregato ben
poco. Ma perchè Alexi lo aveva fatto? Glielo chiese. Rispose
che non lo sapeva, ma che si era sentito male ogni giorno dopo che era
successo. Aveva davvero voglia di picchiarlo. Si limitò ad
aggredirlo verbalmente:
- Ma, Vittu, Alexi! Quante ragazze ti scopi alla settimana? Sette?
Otto? C'era bisogno di farti anche lei!?!? Ma sì dopotutto a
te cosa te ne frega dei sentimenti degli altri? Vero? Perkele, sei solo
un fottuto egoista, pensi solo a soddisfare te stesso! E dopo tutto
quello che ho fatto per te! Credevo che fossi diverso, Alexi, credevo
che tu fossi cambiato, pensavo che avresti fatto tutto per me, come io
l'ho fatto per te. Ma mi sbagliavo ovviamente. A te non importa
minimamente di quello che provano gli altri. Cosa ti importa se mi
piace una ragazza? Cosa ti importa se lei mi corrisponde? NULLA. Che
poi non mi sembrava di chiederti molto, no? Ti ho solo chiesto di non
scoparti la mia fidanzata! Ah, no, hai ragione, non te l'ho chiesto. Ma
pensavo fosse sottointeso. O devo mettertelo in carta bollata la
prossima volta? No dimmelo, perchè se vuoi lo faccio! -
Il vocalist si alzò in piedi, era in preda al panico e aveva
i nervi a fior di pelle, alzò la voce per ribattere, non
voleva essere cattivo, ma non voleva neanche addossarsi tutta la colpa:
- Ti chiedo scusa! Vittu, Almeno io te lo sto dicendo, non
come quella puttantella che ti sei scopato!-
Janne lo interruppe per urlargli addosso di non mettere in mezzo
Janika, avrebbe parlato anche con lei, ma non era questo il momento.
Alexi gli disse che riguardava anche lei e che non era la santa che
pensava, si era tranquillamente fatta fottere da entrambi senza dirgli
nulla e che non era esattamente il modo corretto di comportarsi.
Si guardarono in cagnesco mentre Janika scese le scale, le urla la
avevano svegliata. indossava la maglietta e un paio di slip, quando
vide i due litigare le venne un tuffo al cuore e si sentì
mancare. Il tastierista le rivolse uno sguardo che la mise in croce,
raggiunse i ragazzi e si sedette sul divano, nascose il viso fra le
mani e sospirò. Janne si sedette sulla poltrona davanti a
lei:
- Scusa se mi intrometto nella tua vita privata, ma quando avevi
intenzione di dirmelo? No, sai, non vorrei essere invadente.. -
Alexi era rimasto in piedi e fece una smorfia schifata sentendo Janika
singhiozzare. Si sedette accanto a lei sul divano, le
appoggiò una mano sulla schiena. Perchè lo stava
facendo? La compativa? No. Sapeva di aver sbagliato e sapeva che aveva
sbagliato anche lei. Si girò verso il compagno, li stava
fissando attoniti:
- E' diverso, Janne... io non me la sono solo scopata. Dalla prima
volta che l'ho vista mi ha colpito, i suoi occhi sono criptici, ma la
sua anima è così uguale alla mia, no.. non parlo
dell'Alexi che si scopa tutto quello che ha un'ombra. Parlo di Markku.
Parlo del ragazzo, o uomo che dir si voglia, che non sa cosa fare della
sua vita, che tutti penserebbero essere un re ma che è nella
merda più totale. No, Janne, portarsi a letto decine di fan
arrapate non significa essere felici; Ubricarsi tutte le sere
è solo un modo per tenermi occupato, hai letto i miei testi?
Quello sono io. Io la amo. Perchè lei è come me.
Perchè, non so se ti ricordi, ma quando avevo la sua
età mi tagliavo anche io, e se proprio lo vuoi sapere lo
faccio anche ora. No, non sono un emo di merda. Sto solo cercando di
non autodistruggermi. Mi hai insegnato che per essere felice bisogna
volerlo. E io lo voglio. Janne, dico davvero. Non lo faccio solo per
farti stare male, non lo farei mai. Lo dico perchè
è giusto. Perchè è così. -
Janika era scoppiata in lacrime, non riusciva a fermarle, aveva
appoggiato la testa sulla spalla del chitarrista e lo stava stringendo
a se. Janne, invece, sembrò non aver sentito nulla di
ciò che gli era stato detto o forse lo stava solo ignorando
perchè faceva troppo male. Chiese quando fosse successo, con
uno sguardo impenetrabile, impassibile. La ragazza rispose che era
succeso prima che si baciassero. Il tastierista fece una smorfia
affermando di non sapere se fosse meglio o peggio. Poi un lampo gli
attraversò gli occhi:
- E tu, Janika.. tu provi qualcosa per lui o per me? Oppure stai
giocando con entrambi? -
Lei cercò di calmare i singhiozzi, vide che entrambi la
guardavano con un espressione interrogativa. La verità era
che non sapeva come rispondere. Abbassò lo sguardo e
sentì il vocalist stringerle la vita, la amava davvero? O
era solo un modo per sembrare meno orribile? Ma come poteva lei
giudicare orribili qualcun'altro quando lei stessa lo era?
Sfiorò la mano del ragazzo che le stava accanto:
- Io lo amo ... No, Janne, non ti ho mai amato. Non credo di averlo mai
fatto. Sei un ottimo amico e ti voglio bene, dal più
profondo del cuore. Ma io amo Alexi. Perchè quando sono con
lui non ho paura dei mei sentimenti, perchè lui mi fa
sentire bene. Scusami, se sono una stronza colossale. Scusa se sono
venuta a letto con te e se ti ho baciato. Non sapevo cosa stavo
facendo, ero confusa e credevo che fosse la cosa giusta. No, Janne, non
ti amo. -
Il tastierista annuì. Il volto serio di ghiaccio gravava sui
due. Alexi era semplicemente stupito. Non se lo aspettava, pensava che
sarebbe scoppiata a piangere e che avrebbe chiesto scusa dicendo
all'altro di amarlo; Invece no, era successo il contrario.
Janne, disse semplicemente di prendere la loro roba e di uscire da casa
sua, all'istante. Così fecero, Janika salì al
piano superiore e si rivestì, scese e prese la mano del
vocalist che la aspettava in salotto. Alexi posò la chiave
sul tavolino all'ingresso e, insieme, uscirono.
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Capitolo 9 *** That's what it sound like when a nihilist cries ***
COB 9
Carry me away from my pain
That's what it sound like when a nihilist cries
Alexi accettò l'invito di Janika, avrebbe passato la serata
a casa sua a patto che potesse stare da solo se ne avesse avuto voglia.
La ragazza gli aveva detto che poteva stare nella stanza degli ospiti,
lei sarebbe stata nella sua e per qualsiasi cosa gli sarebbe bastato
chiamarla.
Il cantante si sedette sul letto dopo aver chiuso la porta; non sapeva
perché aveva accettato quell'invito, sapeva soltanto che non
voleva rimanere solo. Certo, non era la prima volta che stava male, ma
insieme a lui c'era sempre stato Janne che lo consolava, che gli diceva
che sarebbe andato tutto bene e che, in ogni caso, ci sarebbe stato.
Si premette le mani contro al volto per non piangere, non si sentiva
così per se, ma per l'amico. Si era sempre fidato di lui e
Alexi aveva tradito la sua fiducia. E a quale prezzo? Tutto per una
donna... Ne
è valsa la pena? Sì.
Perché? Perché era fottutamente vero. La amava
come non aveva mai amato una donna perché quando le aveva
raccontato dei suoi genitori che non c'erano mai stati, di sua sorella
che provava sempre a fare si che tutta la merda che li circondava fosse
un posto migliore e poi dell'adolescenza, quando passava le giornate a
tagliarsi e a bere tutto l'Alcool a sua disposizione e infine della sua
situazione attuale, del fatto che fosse sempre ubriaco, di tutto il
sesso che faceva solo per riempire un vuoto che aveva nell'anima e che,
in genere, riempiva con la musica; Lei aveva annuito, gli aveva
accarezzato la guancia e gli aveva sfiorato le labbra con le sue. Ed
era stata la prima volta che aveva fatto l'amore. No, non sesso. Niente
violenza o lussuria, semplicemente desiderio di sentire il corpo caldo
della ragazza sotto il suo e di poter baciare le sue belle membra e la
sua pelle candida. Sì,
ne è valsa la pena.
Janika si era tolta i vestiti e si era fatta una doccia, era uscita dal
bagno e aveva indossato la sua maglia dei Kiss e dei jeans neri. Si
voltò e vide il suo poster dei Children of Bodom appeso alla
parete, vide le facce serie dei membri e si sentì male. Una
fitta le trapassò lo stomaco come una lama rovente che si
rigirava nella carne. Cosa aveva fatto? Aveva rovinato tutto. Anni e
anni di amicizia fra Janne e Alexi rovinati per una notte.
Perché non riusciva a capire i suoi sentimenti, era solo una
bambina nel corpo di una donna. Il chitarrista era nella stanza accanto
alla sua, lo sentiva sospirare e piangere piano, chiedere aiuto al
silenzio perché, probabilmente, neanche lui sapeva cosa
fare. Prese tutti gli album dei Bodom che aveva in camera li dispose
davanti a se dopo essersi seduta a terra. Iniziò a piangere
tutte le lacrime che aveva in corpo. Perché era
così stupida? Non riusciva a capire che stava rovinando
tutto. Doveva trovare una soluzione, doveva andarsene, chiedere scusa a
tutti e dire a Janne che non era stata colpa di Alexi ma solo colpa
sua, poi sarebbe sparita dalla loro vita; Sarebbe andata in Svezia
insieme alla madre e alla sorella e li avrebbe dimenticati come,
dopotutto, avrebbe chiesto a loro di fare con lei.
Aprì la porta e uscì dalla stanza per andare in
quella degli ospiti. Il vocalist era raggomitolato sul letto, piangeva
piano, quasi impercettibilmente; Le aveva detto che aveva imparato a
piangere in silenzio perché a nessuno importava se lui stava
male. Si sdraiò accanto a lui e lo abbracciò, lui
sembrò inizialmente irritato ma poi si girò e
nascose il viso nell'incavo della spalla della ragazza stringendola a
se, lei gli accarezzò la schiena:
- Allu ... io penso che me ne andrò. Parlerò con
Janne e gli chiederò scusa, gli dirò che non
è stata colpa tua ma che è stata tutta colpa mia.
Gli dirò che io uscirò dalla vostra vita e che
dovrete dimenticarmi -
Il ragazzo si irrigidì e smise di singhiozzare, non sapeva
cosa risponderle. Sì, lo ammetteva, avrebbe preferito
perdere lei che non Janne. Ma l'idea che se ne andasse, l'idea che non
l'avrebbe più rivista gli fece venire un conato di vomito.
Si allontanò da lei e si sedette sul materasso le disse che
non poteva andarsene. Che se anche una sola cosa di quelle che aveva
detto a Janne era vera lei doveva rimanere perché lui non
sarebbe riuscito a dimenticarla.
Il cellulare di Alexi squillò, era Henkka. Rispose:
- Henkka, dimmi -
l'altro era in preda al panico più totale,
balbettò qualcosa di incomprensibile prima di formulare una
frase di senso compiuto:
- Janne lascia la band. Mi ha telefonato il nostro agente e mi ha detto
che Janne vuole lasciare tutto. Domani passa a prendere la tastiera e
il resto e parte per non so dove. MA CHE VITTU E' SUCCESSO?!-
Il telefono gli scivolò dalle dita e le ginocchia cedettero,
cadde a terra e si raggomitolò. Riprese a piangere. Henkka
dopo vari tentativi di rimettersi in comunicazione abbandonò
l'impresa e riagganciò. Janika corse dal vocalist e lo fece
alzare, sembrava un morto. Il viso gli era diventato di un pallore
spettrale e gli occhi arrossati e colmi di lacrime vagavano nel vuoto.
Gli chiese cosa fosse successo, l'altro le rispose con un filo di voce.
Janne se ne sarebbe andato. Lo lasciò sul letto e corse a
prendere il telefono, compose il numero del tastierista e attese. Non
rispose. La segreteria telefonica la informò che al momento
il cliente chiamato era occupato o irraggiungibile ma che avrebbe
potuto lasciare un messaggio dopo il segnale acustico. Chiuse la
chiamata e ci riprovò, ancora nulla. Al terzo tentativo
sentì la voce stanca del ragazzo chiederle che altro voleva:
- Janne non puoi farlo! Perkele! NO! Tu vuoi bene ad Alexi,
è stata tutta colpa mia, sono una sporca doppiogiochista,
sono una puttana. Non devi prendertela con lui, lui non poteva sapere
che ci saremmo messi assieme e poi io ti ho baciato, poi io sono venuta
a letto con te... Non andartene, non lasciare la band.. ci sono milioni
di fan che vi amano, che adorano il vostro lavoro. E non è
giusto nei confronti di nessuno che una donna rovini tutto. Sono solo
una delle tante! Se sono un problema me ne vado io, anzi me ne
andrò in Svezia con mia madre... ma tu, ti prego, tu e Alexi
dovete riappacificarvi. Non è stata colpa sua.-
Janne per la prima volta pensò a tutto questo con una
mentalità diversa, pensò che era vero. Era tutta
colpa di quella puttana. Alexi era un fratello per lui e probabilmente
ora stava malissimo e tutto per colpa di Janika. No. Non sarebbe stato
lui ad andarsene:
- Janika, tu mi hai ferito. Ma hai ragione, è colpa tua non
di Alexi. Sì, penso che dovresti andartene. Ma se vuoi
resta, puoi metterti con lui, ma sappi che con te non voglio
più avere nulla a che fare.Quindi, fai quello che vuoi ma
stammi lontano. -
Detto ciò chiuse la chiamata. La ragazza posò il
cellulare sul letto. Se lo aspettava e, sopratutto, se lo
meritava.Riferì ad Alexi ciò che gli era stato
detto. Lui disse che non voleva perderla. La biondina si sedette
accanto a lui rispose che se ne sarebbe andata ma che potevano rimanere
in contatto. Sarebbe partita il giorno stesso con il primo volo, gli
diede un ultimo bacio sulle labbra rosee e tornò in camera
sua.
Un bacio è
l'apostrofo rosa fra le
parole T'amo.
[Cyrano, Cyrano di Bergerac, Rostand]
***
Premesso che l'ispirazione
mi è piovuta addosso tutta insieme e che quindi sto
scrivendo un capitolo dopo l'altro, voglio ringraziare tutti quelli che
mi seguono e che recensiscono :) E' bello avere qualcuno che ti
sostiene... Grazie a tutti e al prossimo capitolo :D
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Capitolo 10 *** Hieno. ***
COB 10
Carry me away from my pain
Hieno.
The
end.
the songwriter's dead.
The blead fell upon him
Taking him to the white lands
of Empathica
of Innocence
Empathica
Innocence.
Janne parcheggiò davanti a casa della ragazza. Non era
andato a trovare lei ma era sicuro che Alexi si trovasse lì;
Suonò il campanello. Nessuno rispose, si accostò
alla finestra, era sparito tutto: i mobili, le lampade, i poster sui
muri e tutto il resto. Le pareti buie e il pavimento freddo erano in
balia della polvere che divorava ogni cosa.
Una settimana prima.
Alexi era sdraiato sul letto di Janika, la guardava preparare le
valigie con le lacrime agli occhi. Le aveva ripetuto che poteva
restare, che anche se Janne fosse stato contrario lui le sarebbe
rimasto vicino ma lei si era limitata a sorridere forzatamente e a
rispondere che era meglio così, per il bene suo, di Janne e
della band. Non avrebbe permesso che i Children of Bodom si
sciogliessero per causa sua. A Stoccolma si sarebbe trovata bene, poi
avrebbero parlato al telefono e lui poteva passare a trovarla. Alexi
aveva annuito e si era raggomitolato sul letto mordendosi l'orlo della
manica della felpa nera.
In pochi minuti la giovane aveva finito di impacchettare la sua roba ed
era pronta a partire, l'aereo sarebbe decollato due ore più
tardi e il chitarrista si era offerto di accompagnarla in aeroporto.
Janika si sdraiò accanto al vocalist e lo
abbracciò, lui si strinse al suo petto e le baciò
il collo:
- Mi mancherai, davvero tanto. Non so come farò senza di te.
-
Lei sorrise e gli rispose che l'avrebbe dimenticata e sarebbe andato di
nuovo tutto bene. Era giusto così, lui e Janne dovevano
continuare a essere amici perché lo erano sempre stati e
perché lei non contava nulla nella loro vita. Lui
provò a ribattere ma riuscì solo a emettere un
gemito e ad affondare il viso sulla spalla della biondina per
ricominciare a piangere. Ma perché piangeva? Non lo aveva
mai fatto e sicuramente non era nello stile del Wildchild ma era
l'unica cosa che riusciva a fare. Perché sapeva che avrebbe
perso la donna che amava e che non l'avrebbe più rivista,
perché sapeva che con Janne sarebbe cambiato tutto, non si
sarebbe più fidato di lui e per un po' di tempo non gli
avrebbe rivolto la parola. Doveva prendersi le sue
responsabilità, doveva affrontare i suoi problemi, l'avrebbe
fatto perché era un uomo. Ma faceva male. Non vedere
più il sorriso di Janne, e sopratutto non vedere
più Janika sarebbe stato come autodistruggersi.
L'aereo decollò in orario e Alexi rimase a gironzolare in
aeroporto per tutta la sera, si sedette al bar e ordinò una
decina di birre che si scolava con velocità impressionante,
il mattino dopo si svegliò sulla panchina del
parco pubblico.
Era ormai una settimana che Janika mancava dalla fredda e desolata
Helsinki, il vocalist aveva visto Janne solo una volta; Il tastierista
l'aveva abbracciato e gli aveva detto che sarebbe andato tutto bene,
sarebbe tornato tutto come prima e si sarebbe dimenticato di
quello "spiacevole incidente". Ma a lui non importava, aveva saltato le
prove e si limitava a gironzolare per casa in mutande con una birra o
qualche superalcolico in mano; La sua chitarra era abbandonata ormai da
giorni contro il muro e gli spartiti erano sparsi a terra senza
un'ordine logico. Tutto questo gli ricordava Kimberly. Il divorzio era
stato duro ma lo aveva superato. E ora, per la seconda volta, una donna
che credeva il suo angelo l'aveva lasciato. Ma lo sapeva, sarebbe morto
da solo. Uscì di casa e si mise a camminare per le vie
deserte, era mattina presto e nessuno si sarebbe sognato di uscire con
il freddo glaciale che attanagliava la città. Non sapeva
dove stesse andando, non sapeva perché lo stava facendo ma i
suoi piedi lo portarono davanti alla resa dei conti. Un ponte. Non ci
pensò due volte, salì sul parapetto. L'acqua
scrosciava impetuosamente infrangendosi sugli argini del fiume. Aveva
sempre creduto di essere come quel fiume, l'acqua non si ghiaccia
perché è in continuo movimento e così
credeva di essere anche lui. C'era sempre stata la sua band che lo
sosteneva, la musica era sempre stata un rifugio dal dolore ma ora, ora
che la sua band gli era ostile, ora che le uniche due donne che pensava
di aver amato l'avevano abbandonato aveva capito perché
aveva scelto il nome Children of Bodom. No, non era stata una semplice
concordanza geografica. Lui era come quel lago. Le sue acque profonde
erano il suo cuore e lo strato di ghiaccio che si formava d'inverno,
quando tutto era più difficile era la sua mente. Ma appena
gli veniva mostrato un po' di calore il ghiaccio si scioglieva, e lui
tornava ad avere le sue acque profonde, le sponde verdeggianti e
l'aspetto ingannevole. Il lago sembra accogliente e sicuro ma ti
trascina verso il fondo, è invidioso di te e vuole
trascinarti giù insieme a lui e tu, inerme, lo farai.
Affascinato dall'aspetto piacevole e dall'oscurità che
sembra luminosa.
Invece quel fiume non si dava per vinto. Nonostante il gelo polare
continuava a ferire le rocce con le possenti onde e d'estate il caldo
non lo scalfiva, essendo solo afa moderata, continuava a scrosciare nel
pieno delle sue forze. Ma alla fine cos'era quel fiume se non un
affluente del lago?
Alexi si sporse leggermente, l'acqua rifletteva l'immagine confusa del
cielo e solo in quel momento capì che, nonostante tutto, era
la fine. Era la fine dei Children of Bodom, era la fine della sua
carriera artistica, era la fine di Alexi Wildchild Laiho.
Rifletté per qualche minuto. Janika non era stata che una
conseguenza, non gli importava davvero di lei, era solo un modo per
dare un nome al suo dolore. Ma la verità era che,
invecchiando, aveva perso lo smalto che aveva all'inizio della sua
carriera, i fan erano diminuiti e il loro ultimo disco aveva venduto
meno della metà di quello precedente. Per non parlare delle
date dei concerti, gli anni precedenti i loro biglietti finivano in
meno di due settimane dall'annunciazione della data mentre, nonostante
l'imminente concerto a Tampere, c'erano ancora dei biglietti invenduti.
Quindi quella era la fine.
Se un uomo viene licenziato può trovarsi un altro lavoro.
Può continuare la sua vita in un'altra azienda, ufficio o
attività commerciale. Se un artista capisce che la sua
carriera è giunta alla conclusione non sa cosa fare. Aveva
sempre creduto che sarebbe stato facile tenere separati Alexi da
Aleksi. Ma non era stato così. Fin dai primi anni i
personaggi si erano fusi diventando un'unica maschera di tristezza e
ora, il palco vuoto era riflesso nell'acqua, le luci erano spente e il
volume al minimo. I sensi abbandonano il corpo debole, il salto, la
luce e alla fine, più niente.
**
Nonostante il titolo non è l'ultimo capitolo, Don't u worry
xD
|
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Capitolo 11 *** Ainoa varma on vain tämä hetki ***
COB 11
Carry me away from my
pain
Ainoa varma on vain tämä hetki
Janne tornò in macchina e sospirò, doveva
pensare. Lui e
Alexi si erano riappacificati, ma non lo aveva più visto da
nessuna parte e aveva saltato le prove, cosa che non avrebbe mai fatto.
Aveva cercato in tutti i posti possibili, a casa sua, nei bar e pub che
frequentava di solito e ora anche a casa di janika che, a quanto pareva
aveva mantenuto la promessa ed era partita. Ma dov'era il chitarrista?
Accese l'autoradio e si lasciò trasportare dalle note
dell'ultimo album degli HIM, chiuse gli occhi e cerco di immaginare
dove
potesse essersi cacciato quel nanetto malefico. I suoi pensieri vennero
interrotti dalla suoneria del suo cellulare, lo prese e rispose:
- Pronto? -
La voce del suo interlocutore era confusa e incerta e sembrava
provenire dall'interno di un ospedale:
- Sì, mi scusi, ma abbiamo trovato un certo Markku Uula
Aleksi
Laiho e lo abbiamo portato in ospedale, nel suo portafoglio c'era
questo numero di telefono. Lei è un parente? -
Janne si sentì mancare, un forte giramento di testa lo
costrinse ad appoggiare una mano sulla fronte, gli si strinse lo
stomaco e rispose che era un amico, sarebbe arrivato subito.
Così fece, mise in moto l'auto e corse in ospedale bruciando
due
o tre semafori rossi, arrivò pochi minuti dopo e chiese
all'accettazione dove poteva trovare il ragazzo. Un'infermiera al
quanto allarmata rispose dicendogli che era in prognosi riservata e che
avrebbe dovuto aspettare qualche minuto in sala d'attesa, i medici
l'avrebbero chiamato e sarebbe potuto entrare. Raggiunse il luogo
indicato e vi trovò l'uomo che, non sapeva come, aveva
subito
ricondotto alla voce spaesata del telefono. Gli disse senza troppi giri
di parole che poteva andarsene, ci avrebbe pensato lui. Così
fece, l'omuncolo prese per mano un bambino che doveva avere una decina
di anni e uscì.
Il tastierista si sedette su una sedia e aspetto per una buona mezzora
cercando di stare calmo. Si chiese cosa avrebbe dovuto fare,
probabilmente lui avrebbe chiesto di vedere Janika, e sarebbe stata
davvero una scocciatura doverla chiamare e chiederle se poteva tornare
in Finlandia dato che era stato lui a mandarla via. Rifletta
anche su questo, l'aveva cacciata, aveva scoperto di essere stato
tradito, preso in giro e sfruttato e non aveva voluto ascoltare le sue
ragioni, le aveva semplicemente chiesto di andarsene. Era giusto?
Probabilmente no. Perché questo è schivare i
problemi,
non affrontarli. Fin da quando era piccolo era stato abituato a
prendere il toro per le corna e a reagire mentre ora si stava
comportando da codardo. Aveva perdonato Alexi, perché i
fratelli
litigano e si riappacificano senza un perché. Sì,
Alexi
non era un suo amico era solo il suo fottuto fratellino. Ma Janika...
Chi era Janika? Aveva pensato di amarla, inizialmente l'aveva vista
solo come un'amica; In ogni caso pensava che gli avrebbe voluto bene.
Non era stato così. Ma, probabilmente, nessuno dei tre si
era
comportato in modo maturo. Quanti anni avevano? Una settantina tutti
insieme. Ma nessuno aveva avuto le palle di affrontare seriamente la
situazione. E ora lei era scappata, Janne era nel panico e Alexi aveva
tentato il suicidio. Non era stata la prima volta, il Wildchild si era
quasi ammazzato un paio di altre volte ma lui c'era sempre stato, per
riportarlo a casa e per dirgli che andava tutto bene consolandolo con
una tazza di sano the e biscotti.
Prese il cellulare, doveva chiamarla, doveva dirle di tornare
perché dovevano parlare seriamente di quella situazione e,
sopratutto, perché il chitarrista aveva bisogno di lei. Lei
non
rispose subito, sorrise pensando che probabilmente aveva lasciato il
telefono in qualche angolo remoto della casa e che stava impazzendo
correndo da una parte all'altra per cercarlo. Aveva quasi abbandonato
le speranze, credendo che, visto il numero, avesse ignorato la
chiamata, quando la voce leggermente stupita della giovane
risuonò nelle sue orecchie e nella sua testa facendolo
rabbrividire:
- Janne? Dimmi! -
Non aveva urlato, non gli aveva chiesto cosa cazzo volesse ancora da
lei, con una specie di nodo alla gola e con le lacrime agli occhi gli
aveva sussurrato quelle parole. Il tastierista rimase col fiato sospeso
qualche secondo poi le disse che Alexi si era quasi ucciso e che ora
era in ospedale, gli avrebbe fatto piacere vederla. Janika
sospirò pesantemente e trattenne le lacrime:
- Perkele. io .. penso di poter prendere la macchina, non so quanto ci
metterò, ma arrivo, siete all'ospedale di Helsinki, vero? -
Janne rispose affermativamente, lei era confusa, sembrava non sapere
cosa fare, doveva prendere la macchina o aspettare un aereo? E cosa
avrebbe detto una volta arrivata? Era partita da meno di una settimana
e il ragazzo con il quale non era neanche stata insieme aveva tentato
il suicidio, cosa doveva fare? Avrebbe avuto voglia di urlare, di
piangere ma sapeva che doveva mantenere il sangue freddo, erano queste
le situazioni in cui si dimostrava di avere i controcazzi. E se non
fosse arrivata in tempo? E se la situazione del vocalist fosse stata
davvero grave e lei fosse arrivata troppo tardi? Voleva baciarlo. Un
ultima volta. Chiuse gli occhi e cercò di immaginare le sue
labbra che si schiudevano dolcemente incontrando quelle rosee della
biondina. No. Quello non era Alexi. Quello nella sua testa era un altro
era... JANNE!? Perché lui? Non lo amava.. lei amava il
chitarrista ma che cazzo succedeva alla sua testa? L'altro interruppe i
suoi pensieri:
- Janika, ci sono circa dodici ore di macchina fra qui e Stoccolma e
c'è un po' in mezzo il mare, quindi o ti fai il giro dalla
Lapponia, e non mi sembra decisamente il caso, oppure prendi l'aereo -
L'altra si scosse, rispose che stava controllando su internet, il
prossimo volo sarebbe partito fra un'ora, riattaccò e si
fiondò in aeroporto.
Un uomo in camice bianco entrò nella sala d'attesa e, come
tutti, sembrò individuare subito l'amico del ricoverato -i
capelli lunghi dovevano essere una specie di garanzia- si
avvicinò a lui e gli disse che si era svegliato, aveva
qualche
osso rotto e non poteva bere alcool per le prossime dodici ore, gli
avevano fatto una lavanda gastrica avendogli trovato un sacco di
schifezza nello stomaco. Poteva vederlo. Si alzò dalla sedia
e
si diresse lentamente verso la camera del compagno. Aprì la
porta, stanza numero tredici. Non dovrebbero fare le stanze col numero
tredici disse il tastierista fra se e se sorridendo. Il sorriso gli si
spense vedendo Alexi inerme e con la testa fasciata accasciato su un
letto e intubato. Era bendato anche al braccio sinistro e alla gamba
destra senza contare gli ematomi che costellavano il suo corpo, si
avvicinò al letto. Il vocalist lo cercò con lo
sguardo e
sembrò sorridere nel vederlo:
- Janne! Sei qui! Vedi, sto bene alla fine... solo qualche graffio -
Prese una sedia e si mise accanto a lui rispondendogli che oltre ai
pochi graffi che si sentiva aveva anche parecchie ossa rotte e,
probabilmente, il tour se lo scordavano. L'altro rise poi si fece serio:
- Janika non è venuta? -
Con la più totale naturalezza Janne rispose che sarebbe
arrivata
un paio d'ore dopo, aveva preso un volo da Stoccolma apposta per lui.
Passarono le due ore a parlare del più e del meno, come se
fossero normalmente seduti in salotto con una birra in mano, come se
nulla di tutto questo fosse mai successo. No, non era la tazza di the e
i biscotti, era Janne. Era di lui che aveva bisogno. Tutto il resto
poteva andare a farsi fottere, tutti gli altri erano inutili, c'era
solo lui, c'era solo il suo Janne che lo capiva davvero, che sapeva
sempre quello di cui aveva bisogno e che, in ogni caso, ci sarebbe
sempre stato. Perché? Perché lui era Janne,
perché
era suo fratello.
Janika arrivò dopo una corsa assurda in Taxi e dopo essersi
girata mezzo ospedale alla ricerca della stanza del giovane che
l'infermiera all'accettazione aveva indicato vagamente come la terza
porta a sinistra. Finalmente arrivò alla stanza tredici. Ma
perché proprio la tredici? Sembrava che i medici volessero
giocare uno
scherzo di cattivo gusto al vocalist. Bussò leggermente e
sentì le voci che provenivano dall'interno interrompersi,
come
se si fosse tolta improvvisamente gli auricolari. Entrò e
corse
ad abbracciare... Janne. Gli corse in contro e lo strinse a se, l'altro
rimase immobile, incerto sul da farsi e senza una spiegazione logica
per
i gesti della ragazza. Si staccò da lui e gli sorrise, poi
si
rivolse ad Alexi baciandogli le labbra accidentate, Il biondo gli disse
che gli era mancata e poi, insolitamente, le chiese cos'avesse detto a
sua madre. Lei cercò una sedia e la avvicinò al
ragazzo:
- Nulla. Lei non sapeva che fossi a Stoccolma. Se avesse saputo che
tipo il giorno dopo che lei se n'era andata io ero scappata da Helsinki
mi avrebbe uccisa, quindi lei non sa nulla. Ho trasferito i mobili
nell'appartamento che ho preso in affitto in Svezia -
Janne sorrise:
- Non hai preso i mobili all'Ikea? -
Tutti scoppiarono a ridere. Sì, gli svedesi erano conosciuti
anche lì come il paese-Ikea nonostante fossero i
più
importanti della penisola Scandinava. Poi si accorsero che c'era
qualcosa che non andava, un conto in sospeso da risolvere. Tutti lo
sapevano e tutti sapevano che era arrivato il momento di affrontare la
cosa. Janika, che per la prima volta riuscì a farsi
coraggio,
prese in mano la situazione dicendo che si scusava infinitamente con
entrambi, sapeva che scusarsi era inutile e che lei era inutile, aveva
rovinato la vita di tutti. Ma aveva bisogno di loro e non voleva
perderli. Janne le era stato sempre vicino e lei ne aveva approfittato,
lo riconosceva e sapeva che non avrebbe mai chiesto abbastanza scusa.
Alexi, si era accorta di amare quel ragazzo dalla prima volta che lo
aveva visto ma le era sembrato troppo uguale al suo ex e credeva di
ricevere un'altra delusione. Ma si era accorta che era l'opposto del
norvegese e che il suo cuore batteva per lui, tuttavia non
aveva
mai avuto il coraggio di dirgli davvero quello che provava,
perché Janne si era preso cura di lei e l'aveva fatta
sentire a
suo agio, ma lei lo vedeva come un fratello, come un amico e, per la
prima volta senza piangere e guardandolo negli occhi, gli chiese scusa.
Alexi prese la parola, come se in un taciturno accordo, Janika gli
avesse passato lo skeptron:
- Janne, tu non sei mio amico. Tu sei mio fratello. Lo sai. Sai che non
ti farei mai del male senza un motivo. Se me la sono portata a letto
è perché la amo. Ma, tu hai tutte le ragioni del
mondo
per essere arrabbiato, io conoscevo i tuoi sentimenti, sapevo cosa
provavi per lei e anche se non me l'avessi detto l'avrei intuito. Ti
chiedo scusa, perché tu mi hai salvato la vita un sacco di
volte, perché mi hai sempre tirato fuori dalla merda e io ti
ho
deluso. Mi sono innamorato della stessa ragazza della quale ti sei
innamorato tu e ho combinato un casino perché non riesco a
tenerlo nei pantaloni. -
Sorrise vedendo che Janne non riuscì a trattenere una
risata,
rilassò i muscoli e si lasciò cadere sulla sedia:
- Ragazzi, ci ho pensato, tanto anche. Non mi importa come mi stiate
vicino, voglio bene a entrambi e, Janika, tu eri debole e io ho
approfittato di te. Eri confusa e ho cercato di trattenerti. Ho
sbagliato anche io. Quindi direi che siamo pari. E se volete stare
insieme per me non c'è problema, non sarà il
motivo per
cui vi toglierò il saluto-
Detto ciò abbracciò prima Alexi e poi Janika. La
giovane
si avvicinò al chitarrista e gli sfiorò le labbra
con un
bacio lui, però, la trattenne a se con il braccio buono e la
coinvolse in un appassionante scambio di saliva.
****
Sì *^*
Perché io voglio
bene ai miei personaggi e non riuscirei mai ad uccidere Alexi...
Picchiarlo, ridurlo in fin di vita, umiliarlo sì ... ma
ucciderlo mai xD
Ok, gente è 1:24 ed è l'ultima notte che passo in
Finlandia, sono triste e depressa. Ma alla fine ci tornerò
in
questo cazzuto paese ò_ò Ovviamente, anche
perché
mio zio vive qui xD ook, nulla, un grazie a tutti - sì,
ancora
xD - quelli che seguono e sopratutto quelli che recensiscono :)
Alla prossima
D.
|
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Capitolo 12 *** Män som hatar kvinnor ***
COB 12
Carry me away from my pain
Män som hatar kvinnor¹
Janika aveva passato l'ultima settimana accanto al suo chittarrista
insieme a Janne, gli erano stati vicino giorno e notte e si erano presi
cura di lui. Le fratture alla gamba e al braccio sarebbero guarite
entro le due settimane successive mentre la ferta alla testa, meno
grave, dava già ingenti segni di miglioramento. La madre
della
giovane aveva telefonato alla ragazza informandola che sua sorella
stava migliorando e che forse sarebbe davvero andato tutto bene; La
bonda fece riportare i mobili e quant'altro in Finlandia per poterli
risistemare in casa sua, nonostante stesse quasi sempre in ospedale.
Mancavano pochi giorni a Natale, tutta la Finlandia sembrava essersi
scossa la neve di dosso per immergersi nell'atmosfera delle lunghe
festività. Dopotutto quello era il periodo più
bello da vivere nelle regioni scandinave: le vetrine illuminate dei
piccoli negozi che vendevano giocattoli, le numerose cioccolate calde
servite nei bar, i bambini che correvano per strada ignari del pericolo
di caduta causato dalle strade perennemente ghiacciate, il profumo di
legno bruciato nel camino che invadeva e inebriava i sensi delle
persone e ovviamente le innumerevoli tradizioni che andavano dalla
Sauna in famiglia il giorno della vigilia, veniva infatti sentito molto
più profondamente il ventiquattro del mese e considerato
questo come Natale, alla dichiarazione di Pace che veniva letta intorno
a mezzogiorno e trasmessa in televisione in tutto il paese. Lo
chiamavano il Paese del Natale, per le loro strane tradizioni e per la
solennità con cui veniva celebrata questa festa. Tutti, da i
più piccoli ai più anziani si attivavano per
colorare un mondo grigo e monotono e rendere questo giorno Il Giorno
Speciale. Con gli alberi di Natale, veri abeti scelti i primi di
Novembre nelle foreste vicino casa e tagliati pochi giorni prima,
addobbati senza un vero criterio logico ma semplicemente con tutte le
decorazioni possibili e luci a più non posso che, a uno
straniero, verrebbe da chiedersi se nelle case di questo Paese abbia
per caso vomitato Joulupukki. Strana tradizione è anche
quella dei "Babbi Natale in affitto" da qualche anno infatti andava di
moda fra gli studenti raccimolare denaro portando nelle case caramelle
e regali ai più piccini e togliendo alle famiglie quello che
sembrava essere l'enorme fardello di trovare una persona disposta a
indossare barba e cappello rosso. Ma Janika pensava che
quest'anno non avrebbe vissuto tutto questo. Cos'era il Natale nelle
loro tradizioni? Era rimanere con i propri genitori e i fratelli e
godersi quell'intimità rotta nelle frenetiche settimane di
lavoro dell'anno. Ma lei non aveva più ufficialmente una
famiglia. Sua madre era a Stoccolma ad assistere la sorellina che si
trovava in un ospedale Svedese e lei era lì, in una Helsinki
troppo bianca e monotona per poter resuscitare con le luci natalizie.
Ma riusciva comunque a sorridere, perchè con lei c'erano
Alexi e Janne e benchè anche loro avrebbero passato le feste
con le rispettive famiglie, sarebbe stata bene.
Arrivò a casa verso le dieci di sera, lei e il tastierista
aevano aspettato che il giovane si addormentasse dopodichè,
essendo il turno dell'altro, Janika era tornata nella sua vecchia
villetta e si era seduta sulla sua poltrona ammirando la stanza. Era
vuota. Non materialmente, c'era il pianoforte che troneggiava in sala
dando uno stile classico all'abitazione e i mobili antichi,
sua madre amava lo stile vittoriano e aveva sempre fatto di tutto
perchè l'alloggio fosse arredato con gusto. Ma c'era
qualcosa che sfuggiva, che mancava e che rendeva tutto così
anonimo. Ed era il fatto che non ci fosse la sua famiglia, era
perchè casa è un rifugio in cui tutti i problemi
non esistono, un posto in cui poter stare con i propri cari, nel quale
condividere tutto. Ma lei non aveva mai avuto qualcosa di simile. Suo
padre se ne era andato e ora anche sua madre e sua sorella erano
lontane. Aveva sempre dato per scontato il loro amore e ora le
mancavano. Prese gli spartiti che erano rimasti sparsi sul tavolo della
cucina e si sedette al piano, accese le candele poste sul candelabbro
accanto allo strumento e spense le luci. Suonò moonlight e fantaisie-Impromptu
e si fermò solo quando sentì il campanello
suonare. Accese le luci e si diresse verso la porta, la
aprì.
Rimase dieci minuti buoni a squadrare la persona che si trovava di
fronte, incredula e indecisa sul da farsi. La figura maschile,
tuttavia, sembrava più sicura di lei e la guardo ammiccando:
- Mi fai entrare? -
Era il suo ex ragazzo. L'accento norvegese gravava ancora pesantemente
sulla sua pronuncia cacofonica del finnico, ma c'era qualcosa di
diverso in lui. Il modo di porsi e ... i suoi vestiti. Indossava un
paio di pantaloni in velluto marrone abbinati a una giacca sotto la
quale si intravedeva una camicia a righe azzurro chiaro e una cravatta
rosa. Continuò a fissarlo indecisa e sentendosi fuori luigo,
come se non fosse in casa sua. Era sempre stata una ragazza piuttosto
elegante ma negli ultimi tempi non aveva avuto molto tempo per curare
il suo aspetto e ora indossava una felpa dei Cradle of Filth e un paio
di jeans strappati. Gli fece cenno di entrare, chiuse la porta e si
sedette accanto a lui sul divano:
- Cosa ci fai qui? -
L'altro rise, quella risata gli ricordò quando si conobbero
in quinta elementare e quando gli chiese il suo nome, lui rispose "
Trygve" suscitando non poco la sua ilarità. Le rispose che
era tornato in Finlandia per lavoro, aveva ereditato l'azienda di suo
padre e viaggiava spesso. In realtà aveva sede in Lapponia
ma, visto che c'era, aveva pensato di fare un giro per Helsinki e di
passare a trovare la sua ex fidanzata. Sottolineando il fatto che non
si erano ma lasciati davvero. Janika era decisamente in imbarazzo,
aveva più volte maledetto il nome del giovane di fianco a
lei perchè l'aveva abbandonata nei momenti più
difficili e ora si ripresentava totalmente diverso - che fine avevano
fatto i pantaloni di pelle e le catene? - a dirle che non si erano mai
lasciati:
- Scusa ma sai, ti ho detto che ero incinta e sei scappato e ora torni
sbucando fuori dal cilindro? Ho una vita io, non sono qui a correre
dietro a te. -
Trygve si incupì lasciando che un'ombra cupa attraversasse i
suoi occhi verdi, aveva toccato un tasto dolente, come una nota stonata
in un'esecuzione del Trillo del Diavolo, si gratto nervosamente la
testa sulla quale un tempo ricadevano lunghi capelli neri che erano
stati tagliati dandogli l'aspetto di un militare. Alzò lo
sgardo e trafisse Janika con un'occhiata glaciale:
- A proposito ... come sta il bambino? -
La biondina stabuzzò gli occhi e fece un'espressione
disgustata, disse di averlo perso. Nei primi mesi e quando si provano
forti emozioni può capitare. Trygve si
alzò in piedi e le diede uno schiaffo, lei gli
bloccò la mano e si akzò a sua volta mettendosi
sulla difensiva. Il ragazzo la guardò ripugnato e
alzò il tono di voce:
- TROIA! Hai ucciso mio figlio! TU NON NE AVEVI IL DIRITTO! -
Lei si tastò l tasca per controllare di avere il cellulare a
portata di mano, non sarebbe stata la prima volta che quell'uomo le
metteva le mani addosso. Ma stavolta non voleva essere una vittima
inerme soggiogata alla tirannia di uno dei tanti uomini che odiano le
donne. Indietreggiò di un passo e rispose che era lui quello
che non aveva nessun diritto di ripiombare nella sua vita e che se ci
teneva tanto al suo cazzo di figlio sarebbe potuto rimanere con lei e
aiutarla fin da subito invece di andarsene con una delle sue cagne.
L'altro le allungò un'altra sberla che lei bloccò
prontamente, era impressionante come i suoi riflessi si fossero
accentuati dall'ultima volta. Sentendosi impotente davanti alla
prontezza di risposte della giovane si limitò a
urlarle contro che quella sua "Cagna" non avrebbe mai abortito,
perchè una vita è sempre una vita. Janika fece
una risata ironica:
- Tu! Mi vieni a parlare di vita! Due cose, stupido bastardo; Primo,
non ho abortito volontariamente, ma è stato un aborto
spontaneo, se proprio ti interessa Secondo, sì, stronzo, mi
hai quasi ammazzata di botte un sacco di volte e ora vuoi ripetere la
scena, e vieni a parlarmi di diritto di vivere!? Ma fammi il favore!
Non sei altro che un lurido verme, un bastardo e un fottuto stupratore.
Sì, Vittu. Perchè nel caso non te lo ricordassi m
hai fatta ubriacare e mi hai tolto la verginità contro il
mio volere, mi hai messa incinta e qualche giorno dopo te ne sei
andato! E ora sei qui, con la mano tesa a picchiarmi un'altra volta. Ma
quanto siamo stati insieme noi? Un mese e mezzo, forse neanche. Mi hai
quasi uccisa quattro volte. Esci da questa casa e sparisci dalla mia
vita. -
Il ragazzo la guardò con disprezzo come se avesse sparato un
sacco di cazzate e stesse facendo un colossale errore, ma soprattutto
non sopportava che una donna, una puttanella, gli rinfacciasse le sue
azioni. Istintivamente le sferrò un pugno in pancia che,
stavolta, non riuscì a schivare. La bionda si
piegò in avanti dolorante e sputò addosso
all'aggressore che, incattivito dalla sua impudenza, le
sferrò un'altro colpo facendola barcollare e cadere a terra.
Le diede un calcio nello stomaco facendola gemere di dolore poi la
guardò, vittorioso per aver un'altra volta soggiogato la sua
inerme vittima. La toccò più leggermente con la
punta del piede ma facendole ugualmente male poi si voltò e
mise la mano sulla maniglia della porta ma sì
girò un'ultima volta per guardare gli occhi viola colmi di
lacrime della ragazza:
- Sì, ora me ne vado, esco dalla tua vita. Tu sei solo una
troia e non mi meriti. Tu ti meriti solo un qualche barbone. Sei
un'assassina, una puttana e soppratutto una grandissima testa di cazzo.
Ero venuto a offrirti un'altra opportunità insieme a me e
tu, come al solito, hai rovinato tutto. Secondo quello che dici questa
è la quinta volta che cerco di ammazzarti, già
mio padre ha ragione. Non porto mai a termine quello che inizio e mi
dispiace. Ma ho un aereo da prendere e non ho tempo per ammazzarti di
botte. -
Janika fece una risata inquietante che gli provocò un forte
dolore allo stomaco e mentre l'altrò richiudeva la porta gli
urlò contro che non era vero che non aveva tempo,
semplicemente non ne aveva le palle.
***
Il mattino dopo Janika si svegliò ancora distesa sul
pavimento della sala, cercò di alzarsi ma i dolori le
impedivano qualsiasi movimento. Ormai ci aveva fatto l'abitudine.
Cercò il telefono e non lo trovò, doveva esserle
scivolato sotto il divano quando aveva ricevuto il primo pugno, si
allungò distendendo la mano per tasttare il pavimento,
trovò l'oggetto e lo attrasse a sè. Janne l'aveva
chiamata una decina di volte, guardò l'orario, erano le
dieci e lei doveva andare in ospedale alle nove per permettere
all'altro di andare a farsi una doccia mentre lei si prendeva cura di
Alexi. Lo richiamò e attese la sua risposta:
- Janika stai bene? Dove sei? E' un'ora che ti chiamo! -
Cercò di parlare ma dalla sua bocca uscì solo un
rantolo soffocato, Janne le disse che sarebbe arrivato a casa sua in
pochi minuti come intuendo che c'era decisamente qualcosa che non
andava. La ragazza chiuse la chiamata e si raggomitolò di
nuovo cercando una posizione nella quale i muscoli non le sembrassero
sotto una pressa e pianse. Di odio, di disperazione ma anche per
liberarsi della tensione accumulata la sera prima, era stata picchiata
e in un primo tempo aveva tenuto testa al suo aggressore, era stata
atterrata e insultata ma era comunque riuscita ad avere l'ultima
parola. Si sentiva vittoriosa, come un generale che ha conquistato un
territorio impossibile che, tuttavia, ha dovuto sacrificare il suo
esercito. Piangeva anche di gioia, il sapore amaro della vittoria aveva
il gusto ferroso del sangue.
Si sentì rincuorata sentendo la macchina del tastierista
parcheggiare davanti casa sua e ancora più al sicuro quando
lo vide varcare la soglia e correrle incontro per prenderla in braccio
e farla sdraiare sul divano:
-Perkele! Ma cosa ti hanno fatto? Chi .. chi vittu è stato? -
Lei cercò nuovamente di parlare ma non ci riuscì,
indicò la porta come cercando di dire che era qualcuno che
conosceva, Janne non capì ma era sicuro che doveva portarla
in ospedale. La prese in braccio di nuovo cercando di farle meno male
possibile e non chiedendosi neanche se riuscisse a camminare o meno, le
caricò in macchina e attraversò la
città sfrecciando fra i quartieri bene di Helsinki fino
all'ospedale. In quei giorni lo stava vedendo davvero troppe volte.
Entrò nel pronto soccorso e aspettò che
un'infermiera gli chiese cosa fosse successo:
- Non lo so, l'ho trovata stamattina a casa sua -
La biondina annuì come a confermare la sua tesi tuttavia
l'altra sembrava già essersi fatta il suo filmino mentale
sul perchè un uomo vestito da metallaro dovesse portare una
ragazzina dall'aria pesta in ospedale. Indicò loro una
stanza dove un medico li attendeva. L'uomo era basso e non troppo
magro, con un naso aquilino e una forte stempiatura tuttavia aveva
l'aria cordiale e non fece domande sull'accaduto cercando di essere il
più gentile possibile e di non giudicare fatti che non
conosceva. Fece sdraiare Janika sul lettino e le chiese di indicare la
zona che le faceva male ma, accorgendosi del suo stato di shock la fece
sedere e le diede un bicchiere d'acqua. Lei bevve avidamente e
sembrò riacquistare parte del suo vigore e la
capacità di parlare:
- Mi ha picchiata .. no, non lui - disse indicando Janne - il mio ex
... è arrivato ieri sera, me le ha date e se n'è
andato. Non è la prima volta che lo fa. -
Il medico alzò un sopracciglio e le sorrise ancora, come se
il fatto non gli interessasse, voleva solo sapere cos'avesse non il
per4chè. La visitò rapidamente e le diede una
pomata da mettere sugli ematomi dicendole che non era nulla di grave.
Janne la prese per mano e insieme uscirono per poi dirigersi verso il
reparto in cui era ricoverato Alexi:
- Ma perchè lo ha fatto? -
Janika alzò le spalle e gli spiegò l'accaduto,
cinicamente come se stesse raccontando una favoletta o un pettegolezzo
di inutile importanza. Il tastierista cercò di interpretare
questo comportamento dicendosi che forse voleva tenere lontano
l'accaduto per difendersi dalla sua emotività o forse per
lei era diventata una banale routine. Le chiese perchè non
l'avesse mai denunciato e l'altra rispose che sarebbe stato inutile.
Lui aveva un sacco di soldi e avrebbe preso gli avvocati migliori della
scandinavia i quali le avrebbero ritorto contro di tutto e di
più. Era una battaglia persa in partenza, insomma. Presero
l'ascensore insieme a un vecchietto in sedia a rotelle e alla sua
accompagnatrice, una punk più svestita che vestita che
sembrava parecchio scazzata per la situazione ma che iniziò
a rinvigorirsti vedendo Janne e a troieggiare apertamente flirtando con
lui che, tuttavia, riusciva ad avere occhi solo per Janika.
Provò una pena ingiustificata per l'anziano inerte con un
espressione rassegnata sul viso e un respiratore collegato a una
bombola d'ossigeno. Era lì. Non esisteva davvero. Passava i
suoi giorni ad aspettare che la morte lo prendesse e che lo portasse
via da una famiglia che non aveva tempo per lui. Scesero tutti allo
stesso piano ma presero direzioni diverse. Janika e Janne arrivarono in
camera di Alexi che, ignaro di qualsiasi cosa, si era riaddormentato
con il vassoio della colazione ancora intatto appoggiato sul comodino.
La ragazza si avvicinò a lui e gli baciò le
labbra, il vocalist si scosse leggermente dal sonno e, vedendo la
ragazza, sorrise. Tuttavia il suo volto cambiò in fretta
espressione vedendola sofferente le chiese cosa fosse successo e i
fatti gli vennero spiegati da Janne che sembrò essere
più capace di provare disgusto per l'accaduto. Alexi
spalancò gli occhi e si mise a sedere, ormai non gli
facevano pù male le ferite, le fece spazio sul letto e lei
si sedette accanto a lui. La abbracciò e la baciò
come non aveva mai fatto. Poi si staccò leggermente da lei:
- Devi denunciarlo. Quel bastardo deve pagare. -
La bionda gli sorrise come per placare l'animo selvaggio di un bambino
che non può capire:
- Ha un sacco di soldi, non potrei mai vincere una causa contro la sua
bellissima sfilza di avvocati, probabilmente i migliori avvocati
scandinavi. -
Ma il Wildchild non voleva darsi per vinto e le disse che avrebbe
pagato Dio in persona per difenderla, ma i tre la presero sul ridere e
scherzarono per qualche minuto chiedendosi quanto un Dio che permette
queste cose accetterebbe soldi per difendere una donnina di
ventitrè anni appena e che stava passando tutte le pene
dell'inferno. Janika doveva essere stata uno stupratore nella sua vita
precedente. Uno stupratore o un infanticida.
***
Boom boom baby! xD Allora
è una settimana di Merda questa e non so quando altro
aggiornerò, se uscirò viva dalla 58497548
versioni e verifiche pubblicherò un altro capitolo il prima
possibile.
Nulla ne approfitto per ringraziare ancora tutti... alla prossima :)
N.D.A.: ¹= è il titolo originale di "Uomini che
odiano le donne" di Stieg Larsson, è svedese e non
finlandese ma, in quanto citazione, ho preferito lasciare il titolo in
lingua originale :)
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