Ruby Mermaid

di Zomi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shinkoku e i suoi animali ***
Capitolo 2: *** Mai competere con una sirena... ***
Capitolo 3: *** Non posso... ***
Capitolo 4: *** Vibrazioni ***
Capitolo 5: *** My Ruby Mermaid ***
Capitolo 6: *** One Picture ***



Capitolo 1
*** Shinkoku e i suoi animali ***


RUBY MERMAID
 

 

Shinkoku e i suoi animali

 

 
La piccola isola si stagliava tra le onde calme dell’oceano, lasciando che s’infrangessero sulle sue spiagge, bagnandola con la loro spuma e abbandonando, tra la sabbia chiara, conchiglie colorate.
Le palme dondolavano lente, mosse da un leggero venticello, che correva tra i rami più esposti sulla spiaggia, tentando di penetrare la folta foresta verde che colorava l’atollo, e accerchiava un piccolo monticello che si allargava nel centro dell’isola, spuntando appena al di sopra delle cime arboree.
-Com’è che si chiama sta isola?- mugugnò annoiato da ciò che vedeva Rufy, mentre la sua piccola, ma rumoreggiante, nave pirata si avvicinava  alla terra ferma.
-Shinkoku…- gli rispose sorridendo Chopper, saltellando sul pavimento di legno, per poter vedere oltre la polena, su cui il suo capitano era sdraiato, l’isola a cui stavano per attraccare.
-È noiosa…- si lamentò il moro, infossando il viso nella visiera del suo cappello di paglia, imbronciandosi -… non c’è nemmeno una taverna dove mangiare… non c’è gente… non ci sono case… non ci sono feste… non ci sono vulcani in eruzione… non c’è l’ombra di un’avventura… è una pizza di isola…-
-Non dire così, capitano…- si avvicino ai due Robin, chiudendo il pesante libro che stava leggendo, seduta sulla poltrona davanti al timone di guida.
-Devi sapere che Shinkoku significa “Regno degli spiriti”… di fatti, quest’isola, è evitata da tutte le imbarcazioni che navigano su questo tratto di mare… i marinai ne stanno ben lontani, spaventati dal suo nome e dagli strani esseri che abitano le sponde dell’atollo…-
Chopper tremò impaurito, inginocchiandosi a terra e preannunciando di già i lacrimoni di paura agli occhi, mentre il suo moro capitano saltava giù dalla polena con sorriso entusiasta.
-… si narra che molte navi vi siano approdate per poi non ripartire più da essa…- continuò pacifica l’archeologa, mentre Rufy molleggiava entusiasta di quelle informazioni sulle sue gambe, illuminando il ponte di prua con i suoi occhi brillanti a forma di stelle.
-Ma, ahimè…- sospirò Robin, addossandosi al balcone di protezione -… sono solo leggende… su Shinkoku non vi sono spiriti maligni o demoni dispettosi, ma solo animali particolari: in fatti su quest’isola sono state scoperte parecchie specie animali che tutt’oggi sono usate dal mondo intero come mezzi di comunicazione o altro…-
-Davvero Robin?!?- s’illuminò rassicurato il dottore renna, mentre Rufy tornava a borbottare annoiato contro l’isola, inginocchiato a terra mentre s’imbronciava.
-Certo dottore… su queste piagge sono stati trovati per la prima volta i gabbiani, intelligenti e dotati di un elevato senso dell’orientamento, che noi tutti chiamiamo Gabbiano News…-
-Ohhh…- si portò le zampe al viso Chopper, ammaliato dalla notizia.
-Anche i Lumacofoni e le Lumacocamere sono originari di quest’isola…-
-Ohhhhhh…-
-Come pure i Blugoria, guardie della prigione di Impel Down…-
-Ohhhhhhhhhhhh…-
-… e tantissime altre specie animali di particolare interesse e abilità, dotati di speciali capacità e doti naturali…-
-Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh…- ormai la voce della renna era così acuta e stridula che riecheggiava stonata e molesta per tutta la Sunny, catturando l’attenzione del carpentiere di bordo e del cecchino, che stavano calando l’ancora in mare per prepararsi all’attracco.
-Ehi!!!!- si chiuse le orecchie infastidito Usop, salendo le scale che lo condussero dalla renna estasiata gridacchiante e dagli altri due Nakama.
-Tutto ok, fratello? Perché urli tanto?- chiese Franky, emergendo da dietro le spalle di Usop.
-Noiosa, noiosa, noiosa… quest’isola è una palla…- borbottava Rufy, imbronciato a terra, mentre Robin sorrideva dell’entusiasmo sibillino di Chopper.
-Ehi!!!! Ma dove siete tutti?!? Possibile che quando c’è da lavorare, vi vaporizziate sempre?!?-
L’acuta e scocciata voce della navigatrice pirata, risuonò sul ponte, tamburellando nervosa il tacco del suo sandalo sul ponte, pronta a punire quei scansafatiche dei suoi Nakama con qualche suo micidiale e famoso pungo.
-Eccomi Nami…- saltò oltre la ringhiera di ferro del castello Rufy, atterrando a pie pari sul ponte, facendolo tramare con la sua esuberante forza -… ora ti do una mano io…-
-Dove sono gli altri?- chiese la rossa, prendendo da terra la pesante catena che teneva sollevata dal mare l’ancora.
Rufy, con un solo dito, sollevò la ferrosa catena, aiutando la sua sorella a portarla sul bordo del ponte.
-Stanno parlando con Robin dell’isola a cui ci stiamo avvicinando… io la trovo terribilmente noiosa… non c’è nemmeno l’ombra di un’avventura… Ufff!!! Nami, cambiamo isola…  questa non mi piace…- si lamentò il moro, arrotolandosi al braccio le corde per l’attracco.
-Ci resteremo poco…- sorrise Nami, non arrabbiandosi per le lamentele del suo capitano, mentre lo aiutava a non strozzarsi con una cima -… dobbiamo sono rifornirci di acqua e cibo, e poi ripartiremo per la prossima isola… resteremo su Shinkoku solo per oggi, e domani saremo di già su un’altra terra più popolata e viva di questa…-
-Se lo dici tu… comunque resta un’isola noiosa…-
-UFFF!!! Rufy!!!! Smettila di lamentarti!!!- lo picchiò sul cranio, alzando gli occhi al cielo –Forza, va a chiamare tutti che dobbiamo ancorare per bene la Sunny… e smettila di lagnare… che razza di pirata sei?!?-
Ben presto tutti i Mugiwara si misero all’opera per ancorare e ormeggiare la loro nave pirata lungo il bagno asciuga della spiaggia dell’isola, fermandosi a breve distanza da un gruppo di scogli che proteggeva l’imbarcazione dalle onde più forti e irruenti dell’oceano.
-Bene…- sorrise Nami, mettendo piede sulla candida e calda sabbia di Shinkoku -… dobbiamo rifornirci di acqua e cibo in fretta per poter ripartire al più presto, quindi…- osservò i suoi Nakama armarsi di tutto punto per andare ad esplorare l’entro terra -… ci divideremo in 2 gruppi: Chopper, Usop e Franky penseranno a trovare una buona fonte di acqua potabile… io, Brook, Robin e Sanji penseremo invece al cibo… in quanto a voi due…- la rossa prese per i colletto Zoro e Rufy, gli unici rimasti fuori dai gruppi di ricerca.
-Voi due resterete di guardia sulla Sunny… NON COMBINATENE UNA DELLE VOSTRE!!! CHIARO?!?- tuonò Nami, incenerendo con lo sguardo i due pirati, che la fissavano scontrosi.
-Perché?- sbottò lo spadaccino, avanzando di un passo verso la navigatrice, incrociando le braccia al petto e grugnendo astioso contro l’ordine datoglieli.
-Perché deve rimanere qualcuno sulla nave per la guardia…- sbuffò ovvia la ragazza, imbracciando il suo zaino e preparandosi ad incamminarsi con il suo gruppo nella foresta.
-Bhè ma che ci resti il cuoco allora… o Usop… ho voglia di sgranchirmi le gambe…- soffiò il verde, additando a malo modo Sanji, che piroettava attorno a Robin, entusiasta di poter fare quella piccola escursione in compagnia di entrambe sue adorate Dee.
-No…- vietò Nami, puntandosi le mani ai fianchi e sbottando cocciuta verso Zoro -… TU resti sulla nave con Rufy, SANJI viene con me a trovare del cibo… accidenti ominide!!! Se venisse Rufy, mangerebbe tutto ciò che raccogliamo, e se venissi tu, ti prederesti ogni due passi, e non ho ne il tempo ne la voglia di dover cercarti in mezzo a mille scimmie volanti o che so io che abitano quest’isola…-
-Vuoi dire che preferisci quel coso giallo e mieloso a me, in mezzo a una giungla di Rufy pelosi?!?- ringhiò Zoro, sulla cui fronte pulsava una grossa e rossa vena di rabbia.
-Non ho detto questo…- soffiò debolmente Nami, sfiorando piano le braccia strette al petto dello spadaccino.
Accadevano sempre più spesso, tra loro, quelle strane litigate assurde e senza motivo.
Sempre più spesso il samurai dava in escandescenza per un nonnulla, scoppiando in strampalati attacchi rabbiosi, di urla e attacchi isterici. Nami non se ne restava certa zitta, visto che tali balzi d’umore di spadaccino accadevano sempre con lei, e le litigate si innescavano velocemente, senza più ragione o logica.
Si litigava per le levatacce d’allenamento troppo lunghe di lui, per le ore di lavoro notturne infinte di lei, per le urla esagerate, per i pisolini sotto il sole cuocente, per le mini gonne tropo corte o le maglie troppo scollate, per i pesi troppo pesanti…
Ogni motivo era buono per litigare, urlare, sgolarsi e preoccuparsi per l’altro.
Il resto della ciurma, non sordi ne ciechi alle zuffe continue dei due compagni, li lasciavano fare senza intervenire, tanto sapevano, che per quanto la litigata fosse brutale e acida, quei due alla fine l’avrebbero conclusa calmandosi e sussurrandosi frasi semplici e profonde, che nascondevano qualcosa di più, ma che mai quei due testoni si sarebbero detti chiaramente, troppo orgogliosi e cociuti per esporsi per primo verso l’altro.
Tutti si erano resi conto che qualcosa di nuovo stava nascendo tra la navigatrice e lo spadaccino, un nuovo legame, represso troppo a lungo, che ora si stava facendo spazio negli animi dei due pirati, emergendo velocemente e con forza, bruciando rapido e apparendo nel modo più litigioso possibile.
Zoro ringhiò puntando lo sguardo sulla sabbia della spiaggia.
Aveva detto troppo. Perché cavolo le aveva chiesto se preferiva lui o Sanji?
Aveva scelto quel damerino impomatato? Bene, perfetto, buon per lei. Si sarebbe fatto un bel sonnellino in santa pace sul ponte, senza arpie isteriche ad urlargli nelle orecchie.
Eppure, saperla protetta dalle uniche e sole mani di maniaco di quel cuoco, lo agitava, lo irritava terribilmente, rendendolo nervoso e furioso di un qualcosa di non bene definito, ma che sulla sua lingua sapeva di rancido e zucchero eccessivo.
-Torneremo presto…- mormorò ancora Nami, vedendolo contrariato e arrabbiato -… promesso… non appena troveremo del cibo, ritorneremo sulla Sunny…-
Gli accarezzò ancora le braccia strette sul torace, tentando di strappargli almeno un ghigno, ma lui sbuffò scostandosi dalla sua mano.
-Fa quello che ti pare, mocciosa…- grugnì, dandogli le spalle e incamminandosi sulla passerella che collegava la Sunny alla spiaggia.
Nami soffiò rabbiosa, gonfiando le guance e assottigliando lo sguardo inceneritore contro Zoro e il suo stupidissimo carattere di spadaccino permaloso.
-Ehm… Nami…- parlò appena Rufy, tentando anche lui di persuadere la rossa a concedergli di girovagare per l’isola -… potrei…-
-NO!!!!!- lo appiattì sulla sabbia la navigatrice, picchiandolo con tutta la sua rabbiosa forza sul cranio –TU RESTI QUI E TIENI A BADA QUEL DEMENTE DI UNO SPADACCINO SECCA BALLE!!!-
Fumando nero fumo di collera, Nami abbandonò il suo capitano con le gambe penzoloni per aria, mentre il capo era immerso per qualche metro sotto il livello della spiaggia, imprecando e mugugnando isterica.
S’incamminò dietro a Robin e al suo gruppo, restando sempre nelle retrovie a mugugnare scocciata, mentre si addentravano nella foresta pluviale dell’isola.
-Stupido spadaccino…- borbottava tra se e se -… idiota… ma perché non lo capisce… crede davvero che mi sento più al sicuro con Sanji accanto che non con lui?!?... che cretino… se lo lascio sulla Sunny è solo per non perderlo in mezzo a tutto sto casino di rami e foglie… con quella sua crapa verde si mimetizzerebbe meglio di un camaleonte… che rabbia… con lui si litiga… sempre e solo litigate… mai una parola dolce, una frase normale… se non sbotta e ringhia contro di me, litigando, almeno due volte al giorno non è contento… demente di uno buzzurro testa d’alga… se solo provasse ad ascoltarmi, capirebbe che io ci tengo a lui… e molto… se prendo certe decisioni, è per proteggerlo e saperlo al scuro, non certo perché non mi fido di lui… ma no, figuriamoci, uno scemo arrota coltelli testa vuota come quello non apre le orecchie per ascoltare, no di certo… ce le  ha ai lati del cranio per bellezza… stupido, stupido, stupido…-
La navigatrice continuava il suo monologo senza sosta, calpestando e calciando ogni sassolino o rametto secco che incrociava il suo passo deciso e furioso.
Robin l’osservava seria.
Sapeva bene cosa rendeva tanto isterica la sua sorella, ma riteneva che lei e lo spadaccino dovessero chiarirsi senza l’intervento di altri, ma decidendosi a parlare l’un l’altro come persone adulte e mature. Sospirò, avanzando al fianco di Sanji, scuotendo la testa. Persone adulte e mature?
Iniziava a dubitare che in quella ciurma ce ne fossero…
-Oh dolce Robin!!! Guarda!!!  Un albero di banane!!! Ora il tuo prode Mr Prince scalerà questo esile arbusto e ti porterà tante belle e succose bananine gialle… sei contenta, vero?!?- piroettò fermandosi ai piedi di una palma altissima e florida il cuoco, ondeggiando a mo di alga verso l’archeologa.
La mora sorrise serafica, lasciando che il biondo si catapultasse innamorato ad arrampicarsi sul liscio e scivoloso tronco dell’albero da frutto.
Nami e Brook, dietro le spalle di Robin, osservavano col naso all’insù Sanji scalare energico il banano, sbraitando ogni tanto contro qualche zanzara gigante che lo infastidiva o mandando baci e saluti alle sue Dee ai piedi dell’arbusto.
-Che idiota!!!- salutò con un cenno della mano Sanji la navigatrice, scuotendo la testa sconsolata.
-Yohohoh-ho… però è bravo ad arrampicarsi... in una sua vita precedente dev’essere stato una scimmia… e io un insetto stecco… YOHOHOHOHO-HO!!!-
Robin sorrise alla battuta dello scheletro voltandosi verso di lui, ma Nami non smosse nemmeno le labbra, troppo intenta a mordersele nel ripensare allo scontro con lo spadaccino.
I suoi profondi occhi nocciola si abbassarono al suolo, tristi e persi, incapaci di trovare una giusta via da seguire per mettere fine ai continui bisticci col verde, senza però dover risultarne perdente. Se il bene che provava per lo spadaccino era immenso, lo era anche il suo orgoglio.
Sospirò incrociando le braccia sul petto, coperto dal solo pezzo superiore di un bikini rosso con su una coppa una margherita bianca, sperando che la suo ritorno sulla nave lo spadaccino avesse già dimenticato il loro diverbio.
-Nami…- la chiamò dolcemente Brook, sfiorandole una spalla.
La rossa alzò lo sguardo sul Nakama.
-Tutto bene?- domandò il canterino, sorridendole.
-Si…- sospirò lei, abbozzando un sorriso leggero.
-Stai pensando a Zoro?-
La domanda fece tremare la navigatrice, che sgranò gli occhi puntandoli sul violinista.
-CHE?!? Ma no!!! Figuriamoci!!! Come ti passa per la mente che io perda il mio tempo a pensare a quella testa d’alga ammuffita…- sbottò mentendo la ragazza, arrossendo un poco e distogliendo lo sguardo dal compagno.
-Yohoho-ho… chiedevo… è da un po’ che ho notato, tra voi due, un certo cambiamento…- le si avvicinò con voce tenera e morbida, sussurrando leggiadro -…litigate più spesso, vi guardate di sfuggita, vi scambiate frasi sotto voce… è come se l’amicizia che fin ora vi ha legato, iniziasse a diventar stretta…-
Nami spalancò gli occhi fissi sui suoi tacchi, sudando freddo. Era così evidente che in lei fosse nato un sentimento, ben più grande e forte dell’amicizia, verso quello spadaccino testardo e orgoglioso?!?
Era così evidente che non le bastava più essergli amica e compagna di viaggio, ma che da un po’ di tempo a quella parte, desiderava essergli anche compagna di vita e amante?!?
Era così evidente che si fosse innamorata di lui?!?
La navigatrice si tirò dietro un orecchio una ciocca dei lunghi capelli, tentando di nascondere il leggero rossore che le colorava le gote d’imbarazzo.
Non era più riuscita a controllare l’affetto che sentiva verso il samurai, lasciando che esso corresse libero e selvaggio dentro il suo spirito, stuzzicandola con le sue piccole pretese, costringendola a preoccuparsi sempre più spesso dei pesanti allenamenti del giovane, a rimproverarlo se dormiva sotto il sole cuocente, a mettergli da parte qualche avanzo di carne quando tardava a cena…
Quel strisciante e caldo sentimento, le aveva annebbiato i sensi, riempiendole il naso con il profumo dolce e salato di Zoro, oscurandole la vista con la sua bella immagine aitante e ghignate, insaporendole la lingua con una sfrenata voglia di assaggiarlo, facendole tremare le mani per la voglia di poterlo accarezzare, assordandola con la baritonale e calda voce da uomo di quel buzzurro, che non si limitava più ad infastidirla di giorno, ma ora entrava di sfuggita anche nei suoi sogni notturni.
-Brook, non è come credi…- sussurrò, mentre Sanji litigava sulla cima del banano con una scimmia-gallo che lo beccava sul capo, per fermare il suo tentativo di furto dei frutti dell’albero.
-Yohoho-ho… sarà, mia cara Nami, sarà… quello che so…- si avvicinò a lei, posandole una mano sulle spalle e sussurrandole all’orecchio sorridendo -… è che sia tu che lo spadaccino avete sempre tenuto molto l’uno all’altro… ed era ora che qualcosa si innescasse dentro di voi, bruciando tutti i vostri freni e lasciandovi finalmente liberi i vostri sentimenti più nascosti e veri…-
La navigatrice arrossì, fissando negli occhi lo scheletro.
I suoi bulbi vuoti, senza iride, senza pupilla, sembravano varcare le soglie dell’infinito più nero, sfiorando profondità e segreti che solo lui poteva interpretare e custodire.
-… l’amore è sempre una scelta pericolosa e oscura… nessuno ne conosce la rotta… ma stanne pur certa, che vale sempre la pena seguire le indicazioni del nostro cuore… se lo ami, diglielo e non aver paura… l’amore non è roba per vigliacchi, e so per certo che tu non lo sei affatto...-
La rossa annuì al teschio ridente e afro che l’aveva confortata, sorridendogli riconoscente. Forse, sebbene fosse solo uno scheletro d’ossa nivee, dentro di lui batteva ancora caldo e vitale il cuore più romantico e libero del mondo.
-Navigatore…- la chiamò Robin, raccogliendo da terra alcune banane lanciate al suolo da Sanji, ancora intento ad azzuffarsi con la scimmia-gallo -… mi serve una mano qui…-
-Yohoho-ho… arriviamo bella Robin… a proposito: di che colore sono oggi le tue mutandine?!? Yohohohoho-ho!!!!-
Il gruppo, dopo che il prode cuoco, contuso dal perforante becco della scimmia fu ridisceso a terra ruzzolando giù per il tronco arboreo, ripresero il cammino in ricerca di cibo. Nami camminava più spedita e serena, rassicurata dalle parole di Brook, e non se ne stava più nelle retrovie di quella rumoreggiante carovana, ma la guidava tra le fronde degli alberi, orientandosi con la flebile luce solare che filtrava tra le cime più alte degli arbusti.
-Oh Nami adorata!!!!! Ma quanto sei brava!!! La migliore navigatrice del mondo!!! Oh, I love you!!!!-
-Sanji smettila, o sveglierai qualche bestia feroce che arriverà a sbranarci…- sbottò seccata di quelle grida Nami, scavalcando un tronco abbattuto.
-Si cuoco, è meglio non fare tanto rumore…- sorrise Robin, che seguì la rossa oltre l’albero a terra, aiutata da una mano scheletrica di Brook nel oltrepassare l’ostacolo.
-Oh dolce Robin!!! Oh dolce Nami!!! Vi preoccupate per me!!! Che care!!! Ma non temete: se anche dovesse attaccarci una bestia orribile, siete al sicuro… PERCHÈ QUI CON VOI C’È  IL VOSTRO MR PRINCE A PROTEGGERVI!!!!
Un micidiale pugno di Nami zittì il biodo, che si ritrovò appiattito al suolo tra mille erbacce e fiori colorati.
-Così la pianti una vota per tutte…- grugnì la rossa, sulla cui fronte pulsava una vena di nervosismo.
-Yohohoho-ho… credo che Nami non abbia bisogno di protezione in caso di attacco da parte di qualche animale feroce… io mi preoccuperei di più per la povera bestiola… yohohoho-ho!!!!-
Un secondo fulminate colpo zittì anche lo scheletro…
-Idiota…- ammonì i due Nami, lasciando che Robin sorridesse serafica della sua ira.
-… forza, continuiamo la marcia che abbiamo ancora molto da…- si ammutolì, puntando lo sguardo sul muro floreale che la circondava, aprendo al massimo le orecchie e mettendosi in ascolto, fermandosi a studiare la foresta. Anche l’archeologa, silenziosa e attenta, puntò il suo sguardo sulla foresta, ascoltandone l’improvviso silenzio.
Un fragoroso rumore di alberi abbattuti e tronchi spezzati iniziò a farsi spazio tra le liane e le piante rampicanti, echeggiando sempre più forte e vicino ai pirato.
-Che succede?- infossò lo sguardo sugli alberi Sanji, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni scuri e preparandosi ad attaccare qualsiasi nemico.
Robin assottigliò lo sguardo, avvicinandosi alla navigatrice, che ascoltava attentamente quel chiasso avanzare verso di loro, non riuscendo però a identificarlo.
Avrebbe potuto essere qualsiasi cosa, da un animale feroce in caccia, ad una fuga improvvisa di paura di Usop e Chopper, ad una evasione di Rufy dalla Sunny.
Nami strinse la spallina dello zaino che teneva sulle spalle, impugnando nell’altra mano il suo Sansetsukon per difendersi.
-Cosa credi che sia?- chiese alla sua sorellona, sentendo il suo sguardo ceruleo puntato sulla foresta.
-Non lo so…- ammise la mora, mentre il chiassoso fragore aumentava di volume, diventando sempre più assordante e violento.
Tra il cielo verde delle cime degli alberi, si potevano vedere migliaia d’uccelli alzarsi in volo, in fuga da un pericolo che si avvicinava a gran passo, e abbatteva con la sua forza sovraumana ogni ostacolo che incontrava, distruggendolo con ferocia e aggiungendo, al rumore della sua marcia, il tragico suono degli alberi che s’infrangevano al suolo.
-Yohohoho-ho…- rise Brook, portandosi al limite della piccola radura in cui erano tutti e 4, accostando l’orecchio ossuto al suo palmo scavo, ascoltando la corsa sfrenata che si avvicinava.
D’un tratto, silenzio. La foresta tacque improvvisamente.
-Che abbia cambiato direzione?- chiese Nami, rigirandosi la sua arma tra le mani.
-No…- ruggì Sanji -… credo che si sia fermato prima dell’attacco…-
-Yohoho-ho… chissà che cos…?!?-
Un ammasso di foglie, al limite della foresta, iniziò a muoversi proprio davanti al cranio afro dello scheletro, che ridacchiò emozionato abbassandosi a livello del movimento verdeggiante. Dal cespuglio, una minuscola testolina nera, dal simpatico musetto giallo di Blugoria, sbucò in un ringhio minaccioso quanto esile.
-Yohohoho-ho… eri tu a fare tutto quel baccano, cuccioletto?!?- rise il canterino, facendo avvampare di rosso furioso la piccola creatura, che ringhiò e soffiò offesa dalla risata.
-Brook, smettila…- l’ammonì Robin, non riuscendo però a fermare il compagno nel deridere e schernire la piccola bestiola, che soffiava furiosa saltando sul posto, emettendo buffi e deboli latrati
-…è solo un cucciolo… e come tale, da qualche parte nei dintorni deve esserci anche la mad…- l’archeologa non riuscì a terminare la frase, che un enorme Blugoria squarciò gli alberi che si ergevano alle spalle del suo cucciolo, sradicando gli arbusti e alzandoli nell’aria, ringhiando minacciosa.
-AIUTO!!!!!- urlò Brook, scappando all’impazzata dietro a Sanji, ringhiante verso la bestia, pronto a battersi per salvare le sue adorate.
-UHOHOHOHO!!!!!!!- mostrò i denti l’animale, richiamando altri suoi simili, che apparvero dietro di lei, ringhiando inferociti.
I 4 pirati non persero tempo e iniziarono a correre nella foresta, inseguiti da mamma Blugoria e dal suo piccolo in testa, che ballonzolava divertito dalla caccia sulla schiena della madre.
-YOHOHOHO-HO!!!! AIUTO!! CI MANGIANO!!!!- si portò le mani al volto lo scheletro, scansando i rami bassi della foresta.
-È TUTTA COLPA TUA, RAZZA DI IMBECILLE!!! PERCHÈ CAVOLO HAI PRESO IN GIRO QUEL PICCOLO?!? ORA SUA MADRE CI SBRANERA’ PER PRANZO!!!!- lo picchiò sul cranio afro Nami, usando il suo bastone metallico come prolunga durante la corsa.
-SALIAMO SU QUELL’ALBERO!!!!- gridò Robin, abbassandosi il cappello bronzeo da cowboy sugli occhi, lanciando la sua liana di mani come artiglio su di un ramo e afferrando per la vita Sanji, saltando sull’albero per salvarsi dalla furia omicida del branco.
-BROOK!!!!- gridò Nami, cerando il compagno tra il caos della carica dei gorilla di mare.
Gettò lo sguardo dietro di lei, vedendolo correre spompato al limite delle sue forze. Un enorme Blugoria roteava nell’aria un tronco a mo di mazza ferrata, puntandolo minaccioso. La navigatrice non ci pensò due volte, e si buttò all’indietro sullo scheletro, atterrandolo al suolo per salvarlo dal colpo dell’animale.
I due pirati rotolarono tra le zampe della mandria, impolverandosi e schivando zampate e calci pelosi.
-NAMI!!!!- si sgolò Sanji, non vedendo più la sua Dea in mezzo al polverone alzato dalla corsa del branco, che correva burlando inferocito per la foresta, abbattendo alberi e spezzando massi come fossero stati di carta pesta. Robin e il cuoco cercarono con lo sguardo i due compagni, sporgendosi dal ramo in cui si trovavano, ma nella polvere non riuscivano a vederli.
Tra la ressa blu di gorilla, una chioma rossa si alzò, reggendo un cranio afro per le spalle, tentando di fuggire dalla corsa imbizzarrita della mandria.
-ECCOLI!!!- puntò il dito verso di loro Robin, vedendoli schivare le zampe possenti degli animali.
I due rotolarono di nuovo a terra, per poi finire sotto alle grandi radici di un Baobab gigante, rifugiandosi nel buio delle fondamenta arboree, cadendo in un cunicolo oscuro scavato dalla pioggia proprio sotto alla base dell’albero.
-AAAAHHHHH!!!- urlarono tra il caos dei ringhi dei Blugoria Nami e Brook, precipitando tra le graffianti radici e scivolando nella melma che rivestiva il piccolo cunicolo di terra, impigliandosi tra mille ragnate e foglie marce.
Con un sonoro e doloroso tonfo, Nami cadde sul fondo del dirupo, sbattendo violentemente il suo bel sederino tra la terra e le tele di ragno.
-Oddio, che male!!!- si lamentò, massaggiandosi il fondo schiena, strizzando gli occhi per guardarsi in torno nella penombra.
-Brook? Brook!!! Tutto ok?- chiese nel buio, sentendo il mugugnare biascicato del violinista.
-Yohohoho-ho… mai atterraggio è stato più morbido… Yohohoho-ho!!!- rise, strofinando il cranio tra le coppe dei seni della cartografa, su cui era caduto.
-MANIACO!!!!!!!! COSI’ TI COMPORTI CON LA PERSONA CHE TI HA SALVATO DA MORTE CERTA?!?- lo picchiò sul cranio la rossa, scrollandoselo di dosso e provando a rialzarsi da dove era stesa –La prossima volta non ti salverò proprio, e allora i Blugoria si divertiranno a saltellare sul tuo stupidissimo cranio afr… Ahia!!!-
Istintivamente la ragazza si portò una mano al piede destro dolente, dove qualcosa l’aveva morsa. Un ragno, forse, o qualche altra bestiola che abitava le radici dell’albero, disturbato dal chiassoso intervento dei due nuovi arrivati, punendoli come meglio poteva. Brook, agile e veloce, affettò l’animale, tranciandogli il capo, impedendogli di scappare nella sua tana.
-Stai bene, Nami cara? Ho ucciso il serpente che ti ha morso, ma non so se è velenoso o men…- ma la sua gola si seccò, perché improvvisamente, illuminate da un piccolo riverbero solare che filtrava tra le ragnatele del cunicolo, le dolci e diafane gambe delle bella navigatrice, iniziarono a tremare, sussultare e unirsi, come mosse da una forza naturale e superiore al volere della loro proprietaria.
-MA CHE SUCEDE?!?- strillò Nami, vedendo le sue gambe cambiare colore e assumere una consistenza più squamosa e a scaglie.
-Yohohoho-ho, oddio!!! Nami!!! Che ti succede?!?- saltò in piedi nel buio lo scheletro, correndo in semi cerchi nella penombra attorno alla navigatrice, che sudava freddo puntano i suoi occhi sui suoi piedi, che si liberavano con forza dai sandali, strappando i gancetti che li legavano, e unendosi in una enorme e liscia pinna di pesce.
-Oddio, oddio, oddio!!!- si portò le mani tra i capelli la ramata, orami arresosi all’evidenza che al posto delle sue gambe, stava apparendo una coda di sirena. I corti short neri che indossava si stapparono, rotti dall’unione delle cosce, e una serie umida e liscia di squame rosse scarlatte illuminarono il buoi del cunicolo.
-Oddio, oddio, che mi succede?!? / Cos’è questa coda? Dov’è il mio piede?!?-
Nami si tappò la bocca incredula per la sua frase rimata, mentre Brook, ammaliato da quella magia, rideva a più non posso. I due si fissarono ammutoliti negli occhi, non appena le gambe della navigatrice smisero di tramare.
Era inutile negarlo: d’un tratto Nami era diventata una sirena…
 
 



ANGOLO DELL’AUTORE:
Piccola Long Fic di 3-4 capitoli al massimo per non lasciarvi soli, quella più corposa arriverà tra poco, non appena troverò il tempo di tradurla dai miei pensieri su carta.
Comunque, vi devo qualche spiegazione:
1- Shinkoku: è un nome con cui si indica il Giappone, Shin= spirito, pronuncia antica di Kami; Koku= regno; quindi “Regno degli Spiriti”,  (spiegata ai minimi termini) per chi non ci credesse, guardi pure su Google o altro.
2- Oddio, oddio, che mi succede?!? / Cos’è questa coda? Dov’è il mio piede?!?: la spiegazione vera è propria sarà nel prossimo capitolo, comunque la sbarra centrale è per evidenziare la rima nella frase (succede-piede), non è il massimo, ma trovate voi una rima con “succede” e poi ditemela, così al massimo la cambio…
3- Capitolo infinito: bhè, in 3-4 capitoli soltanto per tutta la FF, devono essere corposi, se no vi annoiate, no?
4- Angolo dell’autore troppo lungo: era per le spiegazioni, uffa!!!
5- La pianti o no?!?: si, ora la finisco. Ciao e al prossimo capitolo. Commentate, grazie…

Zomi 
 

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Capitolo 2
*** Mai competere con una sirena... ***


Mai competere con una sirena…
 

 

Fissava silenzioso e truce l’oceano dondolare tranquillo.
Strinse maggiormente la presa delle braccia sul petto, lasciando che lo sguardo si perdesse tra le onde che s’infrangevano contro gli scogli, difensori della Sunny dall’alta marea.
Zoro sospirò, abbandonando la schiena sulla parete di legno del castello di poppa, mentre allargava le gambe sul ponte, incrociando le braccia dietro al capo addossato al muro.
Irrigidì le labbra nella sua tipica espressione scontrosa e infastidita, mentre seguiva scontroso le onde abbracciare violentemente i faraglioni del mare, schiantandosi sulla roccia, e morire in una fine bagnata e luccicante tra i raggi del sole, per poi ridiscendere nell’oceano e ripetere quella trapasso infinito.
Buttò un’occhiata a Rufy, appollaiato sul poggiolo davanti a lui.
Gli dava le spalle, tutto intento a pescare con quella sua vecchia e sgangherata canna da pesca, con cui passava ore infinite tentando di acciuffare qualche pesce più scemo di lui che abboccasse alla sua esca di fetta di prosciutto.
Lo spadaccino chiuse gli occhi, non per dormire, almeno per quella vota, ma per pensare.
“Stupido…” si disse subito, tanto per iniziare bene “… sei uno stupido… che cavolo ti è saltato in mente di dire quella cretinata di frase?!?... “Vuoi dire che preferisci quel coso giallo e mieloso a me, in mezzo a una giungla di Rufy pelosi?!?”… se la mocciosa vuole quel demente di un cuoco piuttosto di me, in mezzo a sta isola di demoni bestiali, buon per lei… non me ne potrebbe fregare di meno…”
Lo spadaccino riaprì gli occhi, puntandoli al cielo, sbuffando.
No, non era vero.
A lui fregava, e molto, del fatto che la navigatrice avesse preferito il cuoco a lui nell’esplorazione dell’entro terra dell’isola. Strinse le mascelle, digrignando i denti mentre puntava l’occhio sano su una nuvola bianca e ovattata che attraversava il cielo.
Nami.
Da un po’ di tempo a quella parte, la ragazza riempiva i suoi pensieri, apparendo improvvisante nella sua mente durante i suoi allenamenti, distraendolo, o presentandosi serafica e ammaliatrice nei suoi sogni, con i suoi lunghi e rossi capelli mossi dal vento, gli occhi grandi e dolci a fissarlo, la pelle che brillava di luce propria con quel suo candore puro e delicato, e i suoi sorrisi caldi e grandi a salutarlo.
Sempre più spesso, troppo spesso, si fermava ad osservarla, stesa sotto i suoi mandarini, o a guida del timone, o nel suo studio, studiandola in ogni suo dettaglio e non stancandosi mai della sua bella figura.
Il cuore gli batteva sempre a mille quando parlava con lei, le mani tramavano vogliose di abbracciarla e stringerla, la lingua si seccava bramosa di poter leccare le morbide e carnose labbra della ramata per potersi dissetare, il sorriso gli nasceva sulle labbra quando la vedeva ridere...
Zoro scosse la testa, cancellando dalla mente il viso suadente e accattivante della cartografa.
No, non poteva permetterglielo.
Non poteva permetterle di introfularsi così spavaldamente e senza paure in lui, nei suoi pensieri, nel suo animo, nel suo spirito, nel suo cuore.
In fin dei conti era solo una mocciosa, una ragazzina dai capelli rossi e dal viso aperto, una bambina come tante, capricciosa, avara e sfruttatrice. Non aveva niente di speciale…
A parte, forse, quel suo sorriso sempre acceso e splendente, che non si era mai spento nemmeno un momento nella sua dura vita, e i suoi occhi, grandi e scuri, dolci come il cioccolato e profondi come il mare, e i capelli, rossi come fuoco, luminosi come le stelle, e la pelle, morbida, bianca, fresca… e il suo cuore, impavido, la sua mente, brillante, il suo animo, combattivo, e il suo spirito, ribelle e senza paura…
Forse era per quello che Zoro, nonostante si ripetesse mille volte al giorno che lei era solo una mocciosa come tante, non riusciva a togliersela dalla testa, impazzendo di rabbia, e ben altro, contro le avance del cuoco verso la bella navigatrice, buttandosi a proteggerla contro ogni male e pericolo, litigando con lei per le sue levatacce inutili nel suo lavoro di cartografa, o per i suoi abiti troppo succinti che attiravano gli occhi di innumerevoli maniaci.
Lo spadaccino abbassò lo sguardo ai suoi piedi, smuovendoli un poco.
Erano giorni ormai che se ne era reso conto, che si era finalmente arreso all’evidenza di amarla, ma, sebbene avesse riconosciuto il sentimento che provava per la compagna, non si era ancora piegato al volere del suo animo di accettarlo.
No, lui non poteva.
Non poteva innamorarsi di lei, di una mocciosa sfruttatrice, avara, ricattatrice, egoista, doppio giochista, furba come una volpe, ladra, strega, arpia, bugiarda, schiavista…
No, no e ancora no.
Eppure… eppure era successo, se ne era innamorato senza accorgersene, lasciandosi rubare il cuore da quella mocciosa, permettendole di abbattere, poco per volta, la dura armatura di combattente senza sentimenti che era riuscito a costruire attorno alla sua anima, per non soffrire più come gli era successo da bambino, alla perdita di Kuina.
Con i suoi sorrisi, gli sguardi dolci, le piccole carezze che gli concedeva quando erano soli, le gare di bevute che tanto gli univano e quei litigi che sembravano stupidi e infantili, ma che erano l’unico modo di dimostrare quanto tenessero l‘uno all’altro, quella mocciosa era diventata ben più di una semplice compagna di viaggio per lui, che ormai viveva con il solo ed unico obiettivo di vederla felice.
Zoro respirò pesantemente, mentre Rufy strattonava la sua canna da pesca animata da qualche pesce allocco caduto nella sua trappola, fissandolo dimenarsi in piedi sul balconcino.
Avrebbe voluto che anche l’amore fosse stato facile come la pesca, che bastasse buttare l’esca sul filo del mare e aspettare, aspettare che la bella preda ramata cadesse tra le sue braccia senza fatiche o possibilità per lei di rifiutarlo, perché, sebbene lo spadaccino fosse immensamente forte e coraggioso, un invincibile samurai contro la Marina e tutti i suoi nemici, sapeva bene che un rifiuto da parte della rossa gli sarebbe stato fatale, e che lo avrebbe ucciso all’istante.
Si era innamorato di lei, ma preferiva negare quel sentimento, piuttosto che morirne nel caso di un rifiuto.
Zoro sbuffò, grattandosi il capo, mentre si alzava dal pavimento andando ad afferrare per la canotta il suo capitano, in bilico a penzoloni oltre il bordo della nave, mentre tentava di reggersi per non cadere in mare, ma anche di non lasciarsi sfuggire la sua preda, digrignando i denti e stingendo la canna da pesca nella mano libera dall’appiglio sul balcone.
Con uno strattone, il verde riportò a terra il moro, che con una tirata, fece uscire dal pelo dell’acqua  il pesce che aveva catturato, facendolo balzare fin sulla Sunny, sul cui castello di poppa iniziò a ballonzolare dimenandosi dall’amo.
-Preso, preso, preso!!!!- saltellava felice Rufy attorno all’animale, pregustandosi di già qualche succosa cenetta a base di pesce per quella sera.
Lo spadaccino si addossò nuovamente al muro in legno del castello, ghignando nel vedere il so capitano giocare come un bambino con quel animale acquatico scemo, che si era fatto catturare da un’esca di prosciutto.
-Zoro, che dici?!? Sanji me lo cucina per stasera?- si voltò verso il compare Rufy, alzando in aria la sua preda.
-Se torna vivo dalla giungla…- indicò la foresta che si stagliava alle loro spalle Zoro.
-Non appena torna glielo chiedo… ma quando torna?!? E se non torna?!? IO HO FAME!!!!-
Il ragazzo di gomma iniziò a correre per tutta la nave, abbracciando con forza il povero pesce deceduto, urlando per tutti i venti il suo immondo appetito e chiamando a gran voce il nome del cuoco di bordo, implorando il suo ritorno per sfamarlo.
Zoro si stiracchiò avvicinandosi al terrazzo che si facciata sul ponte, davanti alla cucina, addossandosi con le braccia sul balcone in legno, divertito dalla scorrazzata, con pesce in braccio, che quell’affamato del suo capitano compiva su tutto il ponte erboso.
Quell’idiota!!!
Lui non aveva certi problemi di cuore come lui. No di certo. L’unico problema che aveva era su come riuscire a riempire il suo stomaco senza fondo ne pietà contro il cibo.
Zoro ghignò scuotendo il capo, mentre il moro cullava il suo pesce sul ponte.
-Ehi!!!! Di bordo!!! Yohohoho-ho… c’è qualcuno?!?-
Lo spadaccino alzò un sopraciglio al grido di Brook, scendendo sul ponte della nave, dove Rufy aveva momentaneamente abbandonato la sua cena per correre a braccia aperte verso il gruppo di ricerca del cibo che avanzava sulla spiaggia dorata.
-Siete tornati!!!! Si!!!!!!!! Avete trovato tanto cibo?!? Si?!?- si precipitò verso i suoi Nakama Rufy, saltellando di gioia -E quanto?!? Posso assaggiare?!!? Posso, posso, poss… eh?!?-
Le sue ganasce toccarono terra e i suoi occhi sbiancarono di stupore, quando vide la sua navigatrice avanzare in braccio allo scheletro di bordo, che la reggeva canticchiando sulle bianche ossa, e che al posto delle sue sinuose e candide gambe, scomparse chissà dove, dondolava a ritmo della cantilena di Brook, una lunga e scintillante coda di sirena rossa rubino. Dietro ai due, Sanji era retto da Robin e da una sua gemella, che lo trascinavano sulla sabbia calda della spiaggia, mentre il povero biondo farneticava balbettando frasi sconnesse e senza senso, mentre dal suo naso una lungo fiume di sangue colava fino ai suoi piedi, causato dalla visone eterea della sua amata sirena ramata che si era realmente tramutata in sirena.
-Yohohoho yohohoho!!!! Veleggiando sopra al mare, una sirena incontrai, occhi color del cioccolato e un sorriso che ti lascia senza fiato… Yohohoho yohohoho!!!!- ridacchiò il violinista, fermandosi con il suo dolce carico davanti al suo capitano.
-Ma che… che… CHE FORZA!!!!- urlò gettando in aria le braccia il moro, puntando a palla gli occhi su Nami, che lo fulminò rabbiosa.
-Capitano…- si avvicinò Robin, mollando a terra Sanji e sistemandosi il cappello bronzeo da cow boy sugli occhi, mentre la sua gemella scompariva in un turbinio di petali rosa -… credo che quest’isola, da noiosa, si sia rivelata molto più interessante di quanto ci aspettassimo…- affermò seria.
-Allora… quanto cibo avete trovato?- avanzò sulla sabbia Zoro, rimasto indietro sulla nave disattento a ciò che gli era di fronte.
-Zoro!!! Hai visto?!?- aprì le braccia verso Nami Rufy, rivelandola agli occhi neri dello spadaccino, che non avevano ancora notato il cambiamento della ragazza, dato che essa era stata coperta, fino a quel momento, dalla figura in estasi e gioiosa dell’evento del capitano.
Il verde, sbadigliano, si avvicinò di qualche passo, ma non appena puntò lo sguardo sulla ragazza, si bloccò all’istante sulla spiaggia, restando senza parole.
Lì, tra le braccia di Brook, imbronciata e appesa alla collottola nivea dello scheletro, si trovava la creatura più bella che lui avesse mai visto. Capelli rosso fuoco sciolti sulla schiena nuda, che accarezzavano dolcemente la pelle diafana e morbida della ragazza. Un piccolo reggiseno rosso con una margherita bianca le copriva il petto, mentre una lunga, scintillante e liscia coda di sirena di un rosso rubino brillante come il sole, se non di più, dondolava sensuale al posto delle gambe.
Zoro non riuscì a deglutire, nel vano tentativo di rinfrescarsi la gola, secca di  una voglia estrema di rubare dalle braccia del compagno quella serafica creatura e tenersela tutta per se, e mentre i suoi occhi stentavano a credere a ciò che vedevano, quelli di Nami invece si assottigliavano sempre di più, arsi di una furente rabbia.
-Stupido imbranato, che hai da fissare? / Non hai mai visto una sirena di mare?!?- sbottò acida la rossa, ringhiando feroce.
Lo spadaccino si riprese e alzò un sopracciglio incredulo per quanto aveva sentito.
-C-come?!?- chiese, non certo che la rima fosse stata casuale.
- Stupido buzzurro imbradipato!!!! / Aiutami!!! Non startene lì impalato!!!!- strillò Nami, stringendo i pugni e serrando gli occhi lucidi di rabbia.
Trascorsero tra lunghi secondi di puro silenzio, prima che Rufy e Zoro scoppiassero a ridere a crepa pelle alle parole della rossa, sostenendosi a vicenda con una mano, mentre con l’altra si reggevano la pancia.
-Ah ah ah ah… ma… ah ah ah… ma come parli Nami?!?- si asciugò  una lacrima Rufy, mentre il samurai rotolava dal ridere sulla spiaggia.
La navigatrice non osò aprir bocca, ma estrasse, dalla rimanente cintura in cuoio dei suoi short che le era rimasta attorno alla vita, il suo Sansetsukon. Lo fece roteare in aria con furia, prima di scagliare sulle due Super Nove una tempesta di fulmini.
-Se ancora bocca aprirete…- minacciò Nami, riponendo l’arma -… lo giuro, ve ne pentirete…-
Muti e carbonizzati, Zoro e Rufy annuirono stesi sulla sabbia, mentre Robin e Brook accompagnavano Sanji e Nami sulla Sunny, trascinandosi dietro le provviste raccolte prima di fare ritorno alla nave.
I 6 pirati non dovettero aspettare molto il ritorno del resto della ciurma, e del fido medico di bordo, per sapere che cosa fosse accaduto alla loro cartografa.
Accaldati e stanchi, Franky, Usop e Chopper erano tornati sulla spiaggia carichi di barili di acqua potabile per tutta la famiglia, e fu un bene che avessero posato i recipienti sul ponte prima di incontrare i loro Nakama, altrimenti, per lo stupore, le botti si sarebbero fracassate al suolo, scivolando a terra dalla presa dei pirati, per ciò che apparve ai loro occhi.
-Oh mammina bella…- spalancò gli occhi Usop, sfregandoli con il dorso della mano incredulo, guardando stupito Nami e il suo mutamento.
-Super!!!!!- si mise quasi a sparare di entusiasmo il carpentiere, mentre la piccola renna, febbricitante per lo stupore di ciò che stava per studiare, si faceva raccontare da Brook tutto l’accaduto.
-… e dopo che l’ha morsa, le sue gambe si sono unite in un unico arto, cioè quella coda…- indicò lo scheletro la lunga coda di Nami, la quale soffiava stanca dei continui tormenti di Franky e Rufy, che la punzecchiavano picchiettando le loro dita indici contro le squame lisce dell’estremità marina.
-Interessante…- annuì Chopper, osservando la compagna seduta sul tavolo della cucina mentre sgridava in rima i due Nakama, dondolando la coda oltre il bordo del ripiano.
-Piantatela, stupidi dalla testa vuota / Ma perchè sono circondata da un capitano scemo e un carpentiere idiota?!?- si coprì gli occhi nocciola esasperata la rossa, dopo aver picchiato sul cranio i due tormentatori.
-Mostrami il serpente che hai ucciso Brook…- porse la zampa verso il compagno la renna, aspettando che il violinista gli mostrasse il cadavere che aveva recuperato dalle radici del Baobab.
Sulle sue pelose e piccole zampette, un celeste serpentello dalla coda uguale a quella di pesce, fu deposto con delicatezza. Chopper esaminò con occhio attento l’animale, notando, oltre all’assenza totale del capo reciso da Brook, la pelle squamosa del rettile simile a quella di un pesce, a scaglie e umida, e la particolare coda a doppia punta ondulata, e non dritta e a punta tipica dei serpenti. In fine, il dottore vide sulla schiena del rettile, uno strano disegno simile a una sirena di color blu scuro, che sembrava essere stata tatuata lì apposta, come a ricreare l’illusione della mitologia creatura nel mare celeste della pelle liscia dell’animale.
-Interessante, interessante davvero…- mugugnò la renna, avvicinandosi ai compagni.
-Cosa dottore?- chiese Robin, cambiando la pezzuola umida sulla fronte di Sanji,  ancora svenuto per la visone di Nami tramutata in sirena.
-Ecco, questo serpente…- mostrò a tutti l’essere privo di vita che reggeva in mano -… è una creatura  molto speciale di cui ho solo sentito parlare nei libri, e di cui non ho mai creduto all’esistenza… ne credevo fosse originario di quest’isola…-
-Come si chiama?- chiese Rufy curioso.
-Si chiama Serpente Sirena (Che fantasia, eh?!? Nda), e il suo morso tramuta chiunque in sirena per 24 ore…- spiegò saggio Chopper.
-Ne ho sentito parlare…- affermò Robin, osservando il piccolo rettile -… anni fa, nei circhi o tra gli intrattenitori dei Draghi Celesti, molte donne usavano il morso di questa bestiola per tramutarsi in sirena e intrattenere gli spettatori con canti e spettacoli in grandi piscine trasparenti… e da qui che nasce la leggenda seconda la quale le sirene rivelino la loro reale natura di creature metà donne e metà pesce solo al contatto con l’acqua, perchè molte di queste donne si vedevano sirene solo nelle piscine e nei loro spettacoli, ma poi tornavano normali al di fuori dell’esibizioni…-
-E la parlata in rima? / Perché parlo così? Perchè non parlo come prima?- chiese Nami.
-E uno degli effetti del morso… oltre che renderti sirena, ti da anche una parlata strana…- rispose Chopper.
-È sempre per questo motivo che si crede che le sirene cantino sempre… perchè il parlare di queste false sirene, era rimato e molto melodioso… simile a un canto…- le sorrise l’archeologa.
-Questa situazione non mi piace…- soffiò la ramata, incrociando le braccia al petto -…voglio tornare normale, senza coda di brace…-
-L’effetto del morso dura solo 24 ore…- la consolò Chopper, posandole una zampa su una spalla -… fino a domani sarai una sirena, e poi tornerai normale…-
-Yohohoho-ho… e poi così, sei così bella…- piroettò intorno a lei Brook, mentre Sanji, ripresosi un poco dalla sua emorragia post-sirena, la guardava estasiato.
-Oh Dei!!! Il mio sogno si è avverato!!! Nami!!! Mai adorata, sei veramente una sirena!!!- si buttò a braccia aperte sulla navigatrice il cuoco, abbracciandola e andando in overdose di cuoricini.
-Mollami cretino / O ti riduco a un colino…- soffiò Nami, tentando di allentare la presa del biodo su di lei.
-Oh Nami!!! Nami!!! Nami!!! L’ho sempre detto io che sei una sirena ramata…- sbavò ammaliato Sanji, mentre il suo naso riprendeva a sanguinare.
-Cuoco depravato / lasciami, prima di mozzarmi il fiato…-
-Oh mia amata!!! Anche tu mi togli il respiro…- fraintese il latin lover, aumentando la presa sul torace della rossa, mentre attorno a loro il resto della ciurma se la rideva.
In particolare, uno spadaccino dal capo verde e dal ghigno molto divertito, sogghignava addossato alla soglia della cucina, arricciando le sue labbra diabolicamente a ogni nuova rima della cartografa. Sentirla parlare in rima era esilarante per lui, che da sempre l’aveva sentita solamente urlare e strillare senza mai un accenno di poesia.
Ghignava compiaciuto, sentendola sbraitare contro Sanji, caduto a terra nuovamente privo di sensi per via della vicinanza della navigatrice sirena, rossa non solo tra i capelli e in viso per la rabbia, ma anche in quella sua meravigliosa e sensuale coda.
Si permise, con il suo sguardo sottile e nero, di guardarla dall’alto in basso, partendo dalle lamine più rubino dell’estremità marina, risalendo per le curve dei fianchi dolcemente accerchiati da un bordino rialzato di un cuoio anche esso color rubino, scandagliando attento il ventre piatto e diafano che lo condusse al seno prosperoso, notando sul collo, dietro alla cascata di crini scarlatti, dei piccoli tagli quasi invisibili, prima di giungere agli occhi furenti e nocciola che lo stavano carbonizzando.
Zoro schioccò la lingua sul palato, ghignando verso Nami, che soffiò rabbiosa contro di lui.
-Non ci provare…- sussurrò acidamente la cartografa -… se no ti butto a mare…-
-Provare a fare cosa, mocciosa?- sghignazzò lo spadaccino, leccandosi i baffi, pre gustando i mille modi di prendere in giro la cartografa.
-Prova a sbeffeggiarmi / E ti assicuro che metto mano alle mie armi…- ringhiò Nami, diventando impassibile alle risate e agli occhi divertiti dei suoi Nakama.
-O certo, perché ora dovrei temere una mocciosa formato sardina?!?- sbottò Zoro, ghignando malignamente.
Nami avvampò di rabbia, arrossendo sulle gote e ringhiando offesa.
-Oh no, aspetta, mi sono sbagliato…- continuò il verde, alzandosi dal stipite della porta -... non sei una mocciosa sardina…- ghignò preparandosi a scattare fulmineo lungo il corridoio per fuggire da un fulmine della navigatrice -… sei una mocciosa balena, visto il sedere che ti fa quell’enorme coda…-
Nami non ci vide più dalla rabbia, e stringendo i pugni nei palmi delle mani, gridò acida e iraconda, brandendo il suo bastone di metallo cobalto e iniziando a rincorrere lo spadaccino fuori dalla cucina.
- Ominide rimbambito / Di te non rimarrà nemmeno un dito!!!!- sibilò correndo sulla punta flebile e semi trasparente della coda, rincorrendo il ragazzo che ghignava divertito.
Chopper scosse la testa sospirando, mentre, aiutato da Robin, raccoglieva da terra Sanji e lo portava a riposare in infermeria.
-Yohohoho-ho… certo che Zoro sa come farsi rincorrere dalle sirene…- ridacchiò Brook, mentre Rufy implorava Usop e Franky di tentare di cucinare il suo pesce per sfamarlo.
Ancheggiando goffamente, in difficoltà nel camminare su una pinna di sirena, Nami arrivò ansimando sul ponte della Sunny. Respirando a fatica, raccolse i suoi lunghi capelli in uno chignon sulla nuca, rinfrescandosi dal sudore che le colava sul collo per la corsa, mettendo così in mostra le piccole branchie chiare che le segnavano la gola.
-Già stanca mocciosa?!?- ghignò Zoro, ai piedi dell’albero maestro, sotto cui, con sguardo di sfida e ghigno sadico, incrociava le braccia al petto aspettando l’arrivo della navigatrice.
Nami si limitò a ruggire, non concedendogli il gusto di beffeggiarla anche per la sua parlata strana. Infossò gli occhi sul verde, meditando una delle sue vendette più atroci e sofferenti, dimenticandosi per un attimo di essere innamorata di lui.
-Allora?- ridacchiò lo spadaccino, punzecchiandola –Il gatto ti ha mangiato la lingua? E magari anche la coda, visto che c’era…-
-Stupido squattrinato, ti ho avvisato / Apri di nuovo bocca, e sei uno spadaccino che nell’al di là  è aspettato…- minacciò la sirena, sostenendosi sul suo Sansetsukon.
-Prrr….- le tirò la linguaccia Zoro, troppo divertito dalla situazione -… e che vorresti farmi? Su sentiamo? Vuoi forse piccarmi a ritmo delle tue rime?!?-
Nami sorrise maligna, avanzando di un passo sul parto erboso.
-Lo senti questo suono?- chiese candida al samurai, alzando un dito al cielo, come ad indicare un rumore lontano -È il tuo cranio colpito da un mio tuono!!!-
Alzò rapida l’asta metallica della sua arma verso il verde, facendola vibrare e scintillare minacciosa. Zoro, ghignante e felice, si gettò di lato, schivano il colpo, ma non tenendo ben a mente l’abile e astuta avversaria che aveva davanti, che invece di colpirlo con un fulmine, approfittò del salto del verde per spingerlo, con un soffio di vento, oltre il bordo della nave, facendolo fine dritto in acqua.
Lo spadaccino si ritrovò per pochi attimi a librare nell’aria, trovandosi davanti agli occhi il sorriso felino e compiaciuto della compagna, prima di cadere in mare e bagnarsi completamente.
Cadde nel mare, ritrovandosi circondato da mille pesci colorati, che scapparono impauriti vedendo quello strano essere muoversi nell’acqua. Con poche bracciate, lo spadaccino tornò a galla sul pelo dell’acqua, puntando lo sguardo sul viso chiaro e soddisfatto di Nami, che si sporgeva oltre la balaustra del ponte, fissandolo vittoriosa.
-Mocciosa!!!!- urlò Zoro, non nascondendo il suo ghigno divertito –Credi forse di aver vinto?!?-
-Lo so per certo / Infatti io sono sul ponte, e tu in mare aperto…- sorrise la navigatrice, posando il mento sul palmo della mano addossata alla balaustra.
-Dettagli…- soffiò lo spadaccino, osservandola sorridere.
Era meravigliosa, con i capelli raccolti e il sorriso sulle labbra. Quando sorrideva, sembrava che il mondo si fermasse, che tutto il male che regnava nel mari si dileguasse e che rimanesse solo lei e la sua felicità.
Zoro sorrise verso la ragazza, leccandosi i baffi per una nuova idea che gli era balenata in mente. Con una bracciata, si tolse la maglia che indossava, gettandola fin sul balcone su cui si addossava Nami, tentando di bagnarla. La mancò di poco, per poi buttale contro anche le sue katane e gli stivali neri, rimanendo in acqua con solo i bermuda scuri, lunghi fino al ginocchio, in dosso.
Nami lo osservò galleggiare nell’acqua chiara e fresca, arrossendo un poco nel vederlo bagnato dalle onde dell’oceano, che lo accarezzavano sul petto nudo e bronzeo, rinfrescandogli il viso.
Era così dannatamente bello e provocante…
Avrebbe voluto buttarsi in mare anche lei, nuotare con lui, lasciarsi trasportare dalle onde, rubare qualche piccola ora di lui al mondo, tendendosela tutta per se.
-Sai, si dice che le sirene sappiano nuotare bene…- la fece sussultare lui, riportandola alla loro disputa -… chissà se vale anche per le mocciose sirene…-
Nami lo fissò studiosa, per poi ridere spavalda.
-Una sfida, con me, di nuoto? / Oh buzzurro, è proprio vero che hai il cervello vuoto…- rise alzandosi dal balcone.
Zoro ghignò, girandole le spalle e allontanandosi di qualche metro nuotando.
-Oh bhè, se hai paura di perdere…- la punse sul vivo, certo che mai si sarebbe tirata in dietro a quel punto.
Di fatti, un secco e schizzante tuffo, annunciò il salto in acqua della navigatrice, che dal ponte si immerse in mare, pronta a dimostrare a quel buzzurro di non aver affatto paura. Con un colpo di pinna, Nami si avvicinò allo spadaccino, nuotando sotto il filo dell’acqua, beandosi del meraviglioso effetto, che l’aria filtrata dalle branchie, le donava in gola. Era come bere un bicchiere d’acqua fresca, con la condensa che scivolava sul lato del bicchiere, in una giornata di afa torrida. Una sensazione unica e rigenerante.
Riemerse dalle acque vicino a Zoro, emergendo con naturalezza e semplicità, come se fosse sirena da tutta una vita. Si tenne a galla senza fatica, fissando negli occhi lo spadaccino, che ghignava compiaciuto nel vedere le piccole gocce di mare colare dai capelli raccolti di Nami, bagnandole il viso e facendolo brillare sotto i raggi del sole.
-Dal bordo della Sunny fino a quel faraglione / l’ultimo che arriva è un lumacone…- impose il tragitto lei, indicando con una mano uno scoglio lontano un centinaio di metri da loro.
Zoro annuì e si sposto su un suo lato, come se fossero disposti su una griglia di partenza.
-Uno…- iniziò a contare, scaldando i muscoli delle gambe, muovendole con forza -… due… tre!!!-
Partì a razzo, immergendosi con tutto il copro, tagliando le onde con le sue braccia possenti, spostando ammassi d’acqua con bracciate forzute e grintose, mentre schizzi freschi si schiantavano attorno a lui per il suo passaggio.
Nami, sorridente e malandrina, si immerse a pochi metri al di sotto dello spadaccino, superandolo con pochi colpi di pinna, non emergendo mai dato che non necessitava di aria grazie alle sue branchie, e raggiungendo lo scoglio prefissato come arrivo, in un batter d’occhio, e senza nemmeno faticare.
Fuori uscì da sott’acqua con eleganza, puntando gli occhi sulla figura in movimento del samurai, che nuotava a gran ritmo a una decina di metri da lei.
Diabolica, la navigatrice si sedette sopra allo scoglio, in posa da vera sirena, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita, pronta a prendere in giro il compagno, che non si era ancora accorto che lei lo aveva battuto senza problemi.
Zoro, con un’ultima spinta forzuta, allungò la mano verso lo scoglio, toccandolo e alzando finalmente lo sguardo davanti a lui, non puntandolo più sul suo nuotare. Con sommo stupore, vide Nami arricciarsi un ricciolo ramato, annoiandosi a guardare le nuvole del cielo.
-Ma… ma…- si voltò dietro di lui lo spadaccino, certo di averla sempre avuta alle sue spalle per tutta la gara, sicuro che nessuno avrebbe potuto sconfiggere lui e i suoi muscoli in una semplice sfida di nuoto.
-Oh sei arrivato…- gli sorrise maligna la navigatrice, fingendo di notare solo ora la sua presenza -…credevo fossi annegato…-
Zoro ringhiò urtato dalla sconfitta. Sbuffò con il naso, fulminando la ragazza che rideva divertita del suo pessimo carattere.
-Voglio la rivincita…- ruggì serio, caricandosi al massimo per vincere.
La cartografa ridiscese in acqua, ondeggiando sensuale davanti a lui con la sua pinna rubino, sorridendogli monella.
-Gareggiamo quanto vuoi spadaccino…- gli sussurrò sbattendo le ciglia -… tanto è inutile tentar di vincere contro una sirena dalla coda rosso rubino…-
-Lo vedremo…- soffiò agguerrito il verde, superandola di una bracciata.
La navigatrice sorrise di quel suo lato tanto suscettibile quanto combattivo, orgogliosa dello spirito instancabile e battagliero del suo samurai.
-Se vuoi un aiuto ti posso dare / Se tanto tieni a trionfare… - ridacchiò avvicinandosi a lui –Dopo ti te posso avviarmi / E con meno velocità nel mare dileguarmi…-
Zoro la fissò quasi offeso, mentre lei si avvicinava sempre di più, fino a soffiargli in un orecchio e farlo arrossire per la sua estrema vicinanza.
-Ma se anche questa gara vincerò / Poi accetterai ciò che ti proporrò…-
 Lo spadaccino soffiò contro di lei, allontanandosi con rabbia.
-Non mi servono favoritismi…- le ringhiò contro, facendola ridere per la sua suscettibilità -… se vinco, non sarà certo perchè mi hai concesso un vantaggio…-
Nuotò intorno a lei con gesti fluidi e veloci, spostando le onde con forza, avvicinandosi sempre più al suo copro, facendola arrossire.
-E per quanto riguarda alla tua proposta, prima devi battermi…- le soffiò sul collo, facendola rabbrividire di piacere.
Nami annuì e prese posto accanto a lui, pronta a gareggiare.
Con forza e animo, entrambi partirono spediti verso la chiglia della Sunny, nuotando con tutte le loro forze. Era più un gioco, che una sfida, un ritrovarsi complici di uno stesso svago.
Tutti e due ridevano felici, contenti di poter trascorrere qualche ore insieme, senza dover per forza ammettere all’altro, il reciproco bisogno della loro complicità speciale, nascondendo, dietro ai loro grandi orgogli, il divertimento infantile e innocente che provavano nuotando assieme, ammettendo solo dentro loro stessi, e sotto voce, che a nessuno dei due importava più vincere.
L’importante era passare qualche piccolo attimo con l’altro, vederlo felice e sorridere.
Zoro avanzava furioso tra le onde, nuotando veloce e con maggior forza ad ogni bracciata, ghignando convinto più che mai di poter battere la sirena che tanto amava.
Voleva sconfiggerla e poi costringerla a nuotare ancora con lui, per tutto il pomeriggio, fino a sera e oltre. Voleva, pretendeva di averla tutta per se, per tutto il periodo in cui la navigatrice sarebbe stata una sirena.
Lei era sua, solo sua. La sua sirena dalla coda di rubino.
Nessun altro l’avrebbe avuta per quel giorno. In fin dei conti, chiedeva tanto?
Sapeva bene che non l’avrebbe mai avuta come compagna di vita, che mai una creatura tanto bella e intelligente come Nami, si sarebbe mai potuta innamorare di un buzzurro squattrinato e bifolco come lui. Chiedeva solo di poterla vivere totalmente in quella sua meravigliosa trasformazione, di possedere la Nami sirena, dato che quella reale non sarebbe mai stata sua.
Lo spadaccino puntò divertito lo sguardo sotto di lui, cercando di concentrasi sul nuotare, quando vide apparire, tra le onde cobalto che si scontravano sotto il suo copro, Nami e la sua coda rubino. La rossa, sorridente e rilassata, lo salutò con la mano, facendogli l’occhiolino dispettosa, prima di superarlo con un semplice colpo di pinna e guizzare tra i pesci e i coralli del fondo marino, raggiungendo in pochi istanti la loro nave.
Lo spadaccino fermò la sua corsa, restando a bocca aperta a fissare la compagna seminarlo tra le onde e vincere ancora contro di lui.
La navigatrice ricambiò lo sguardo, sorridendogli vittoriosa e felice, mentre gli nuotava incontro, dopo aver sfiorato il bordo di legno della Sunny.
-Ho vinto!!! Come sirena, non mi può battere nessuno nel nuotare…- ridacchiò galleggiando al fianco immobile e ancora incredulo di Zoro, che la fissava senza parole –E ora dovrai accettare la mia proposta, senza sbuffare…-
Con sorriso immenso e voce trillante di felicità, Nami prese per mano lo spadaccino, guidandolo in una zona profonda tra gli scogli.
-Una zona di mare voglio esplorare…- informò il verde con sorriso radioso e brillante -… e con me ti voglio portare…-
Lo spadaccino ghignò annuendo. In fondo in fondo, l’aver perso non gli dispiaceva più di tanto, se come pegno doveva passare altre ore insieme alla sua mocciosa…
  

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Capitolo 3
*** Non posso... ***


Non posso…
 

 

I pesi non erano mai stati così leggeri.
Li alzava con una facilità incredibile, sollevandoli nell’aria afosa e secca della notte con la sola pianta dei piedi, flettendo le braccia sotto il peso del suo corpo e dei bilancieri, allenandosi con un ghigno infinito sul volto.
Si piegò ancora a terra, fino a sfiorare il pavimento con la punta del naso e a gocciolarci sopra alcune piccole gocce di sudore, facendo vibrare i pesi ai lati dell’asta, sollevandola nell’aria con tutti i suoi 800 chili.
La fatica, lo sforzo dell’esercizio, il sudore che gli graffiava la pelle secca per la calura, l’assenza totale di anche un solo leggero soffio d’aria a rinfrescarlo o il peso dell’attrezzo ginnico, non scalfivano la felicità di Zoro, che continuava ad allenarsi con entusiasmo e gioia.
Il suo ghigno si rigenerava attimo dopo attimo, nel ripensare con affetto e contentezza a quel meraviglioso pomeriggio appena passato.
Aveva trascorso tutte le ore pomeridiane con Nami, la sua bella mocciosa sirena dalla coda rubino, nuotando nei dintorni degli scogli che circondavano la Sunny, esplorando la colorata barriera corallina che cresceva sui fianchi dei faraglioni, abitata da mille specie diverse di pesci e alghe.
Prima di immergersi con lei tra le onde cobalto del mare, la navigatrice gli aveva accerchiato il capo con una bolla trasparente, da lei creata grazie al suo Sansetsukon, per permettergli di nuotare liberamente per tutto il pomeriggio, senza  essere costretto a riemergere in superficie per respirare, dato che la membrana molliccia della bolla gli permetteva di respirare sott’acqua filtrandone l’aria dal liquido cristallino. Lo spadaccino aveva protestato un po’, affermando che un guerriero come lui poteva restare in apnea per parecchi minuti, ma la rossa non aveva voluto sentire lamentele, e una volta messo al sicuro il suo bastone sul ponte, insieme alle katane e ai vestiti del verde, l’aveva preso per mano, tuffandosi tra le onde e conducendolo ad esplorare i fondo marino.
Avevano nuotato tranquilli, parecchi metri sotto il livello trasparente e chiaro del mare, muovendosi con agilità tra le correnti e le onde sottomarine, spostandosi in acqua a sincrono mentre esploravano il sottofondo. Migliaia di piccoli pesci colorati si erano avvicinati a Nami, credendola una loro simile, ballando in cerchio attorno a lei e alla sua coda, facendola ridere in una cristallina risata di bolle marine. Lo spadaccino era rimasto incantato da quella serafica visione: la debole luce bianca del sole, che filtrava nell’acqua, illuminava la navigatrice, riflettendosi sulle scaglie rubino della sua coda marina, che rischiaravano con la loro lucentezza scarlatta le onde del mare, sfumandole di rosso. I suoi capelli ramati, mossi dalla corrente marina, si muovevano con grazia e dolcezza nell’acqua, accerchiandole il viso con un’aurea serafica rossa.
I pesci, ammaliati come lui da tanta bellezza, avevano aumentato la loro danza attorno alla sirena, ondeggiando tra i bagliori rossicci della sua coda, facendo ridere come un bambina Nami, stupita dall’accoglienza delle piccole bestiole.
Zoro le si era avvicinato, muovendosi poco aggraziato nell’acqua, facendo scappare i pesci, spaventai dal suo nuoto nervoso e dal suo aspetto minaccioso. La cartografa, allora, aveva preso per mano il verde, guidandolo verso il fondale marino e la barriera corallina, preparandosi a esplorala in ogni sua colorata sfaccettatura.
Le mille alghe tinte di incredibili e vivi colori, le stelle marine che camminavano sul dorso scuro degli scogli, i pesci, bizzarri e  esilaranti, che sbucavano da ogni anfratto dei coralli, salutando la sirena rubino e i suo compagno e mille altre meraviglie, erano apparse agili occhi dello spadaccino e della navigatrice ad ogni loro nuova bracciata, incantandoli e lasciandoli senza parole.
I due avevano nuotato, fianco a fianco, costeggiando le pareti rocciose degli scogli, parlandosi a motti o semplicemente con lo sguardo.
Mai Zoroaveva trascorso così tante e belle ore a nuotare, accompagnato a scoprire le meraviglie marine di Shinkoku, ridacchiando di alcuni buffi gamberi a forma di leone che correvano tra la sabbia chiara, o tentando di acchiappare qualche pesce col becco da tucano per la cena, fallendo perché l’animale era troppo agile, ma riuscendo a far ridere ancora Nami, che stringeva sempre, emozionata e felice, una sua mano nella propria, abbracciandola con forza per non perderlo tra le onde, ma soprattutto per non mettere mai fine a quel meraviglioso contatto.
Erano riemersi solo a sera, quando il sole si era deciso anch’esso ad immergersi nell’oceano, arrossando il cielo e tingendo di rosa e arancione le nuvole, preannunciando l’arrivo della notte. Seduti sulla cima di uno scoglio, Nami e Zoro erano rimasti fermi a godersi il tramonto, usando come scusa, per l’estrema vicinanza dei loro corpi addossati l’un l’altro, il poco spazio offerto dal faraglione. La navigatrice non riusciva a  smettere di sorridere, abbandonando il capo sulla spalla bagnata di Zoro, mentre assaporava la brezza del mare che andava ad alzarsi, e il miscuglio del suo profumo con quello alcolico e denso dello spadaccino.
Il verde, sebbene non fosse tipo romantico o affettuoso, era rimasto folgorato dalla calma e pacifica bellezza naturale del tramonto, godendoselo per la prima volta in compagnia della sua mocciosa, permettendole di addossarsi a lui e di far oscillare, vicino ai suoi piedi, la sua meravigliosa coda di rubino.
Sarebbero stati lì per sempre, a fissare il cielo diventare da azzurro rosso, oscurandosi sempre più diventando notte, ma sapevano bene che i loro Nakama li stavano aspettando sulla Sunny per la cena, e tardare ancora non avrebbe fatto altro che innervosire uno stupido cuoco e la sua fissazione, per la presenza a tavola di entrambe le sue Dee, prima di iniziare a mangiare. Se Nami fosse stata assente, di certo Rufy si sarebbe disperato, andando a cercarla fino in capo al mondo, pur di poter cenare…
Zoro sistemò il bilanciere sulla sua mensola, prendendo in mano altri due manubri, da 25 chili ciascuno, iniziando a muoverli nell’aria a cadenza costante.
Il ricordo di quella giornata l’avrebbe accompagnato per tutta la vita, lo sapeva, e lui l’avrebbe protetto e curato meglio delle sue katane, accarezzandolo e rivivendolo dolcemente di notte, nella sua mente, rivedendoselo davanti agli occhi, beandosi del sorriso allegro e felice di Nami e della sua incantevole bellezza nel nuotare.
Posò piano i pesi a terra, portandosi le mani al volto annusandole. Poteva sentire ancora sulla sua pelle, l’aroma dolce e aspo della mano della navigatrice, che lo aveva stretto per tutto il pomeriggio. Riusciva a ritrovare, tra le pieghe e le cicatrici dei suoi palmi, il caldo e morbido tocco della rossa.
Scosse la testa, ghignando del suo sentimentalismo, mentre riprendeva in mano i pesi.
Socchiuse gli occhi e sospirò.
-È tutto ciò che avrò di lei…- si disse, riprendendo l’allenamento -… non possederò mai nient’altro, se non queste ore insieme…-
Spense il suo ghigno, sentendo il suo cuore imprecare contro le sue parole, dette ascoltando il suo orgoglio, smisurato e codardo, che gli sussurrava che uno spadaccino come lui non meritava una donna, bella e intelligente, come Nami. Che l’amarla era sbagliato.
Lui era solo uno spadaccino, pazzo e scavezza collo, che rischiava di morire tutti i giorni per la sua irruente voglia di combattere, che un giorno avrebbe potuto morire in battaglia e lasciarla sola, a piangere per lui e il suo cuore spezzato dal dolore della perdita.
Mai avrebbe potuto offrirle gioielli o doni degni della sua bellezza. Lui non sarebbe mai stato abbastanza uomo da starle accanto, mai abbastanza coraggioso da dirle che l’amava davanti a tutti i loro compagni, mai abbastanza dolce o delicato nel sfiorarla con le sue rozze e grandi mani…
Scosse il capo sconsolato, a quei bugiardi e sciocchi pensieri del suo orgoglioso animo, terrorizzato all’idea di rendere infelice Nami nonostante l’amasse, di rubarle la felicità con un uomo più degno di lui di possederla, e che piuttosto che rimanere ferito dall’amore, preferiva nascondersi dietro a quelle stupide e stolte paure da moccioso.
Doveva accontentarsi di quelle piccole e brevi ore, vivere di loro e dimenticarsi per sempre del suo amore impossibile. Zoro scuotè ancora il capo, riprendendo ad allenarsi, deciso più che mai a soffocare quel sentimento che lo rendeva vivo, ma che ora lo stava uccidendo.
Se solo per una volta, una soltanto, avesse dato retta al suo cuore, che urlava, imprecava con rabbia, imponendogli l’ordine di dichiararsi alla cartografa, invece che il suo stupido e codardo orgoglio…
Ma, grazie al cielo, qualcun altro aveva preso quella scelta coraggiosa e pazza al posto suo, e ora attendeva, speranzosa, di poter fare la sua mossa.
Di fatti, sul ponte della Sunny, appollaiata sulla balaustrata con la coda che pendeva fuori bordo e che dondolava nervosa, Nami attendeva che Zoro scendesse, dalla palestra sull’albero maestro, per parlargli.
Ci aveva riflettuto bene e a lungo, ed era giunta alla conclusione che il suo smisurato orgoglio doveva andarsi a farsi sfottere. A causa sua, del suo ferroso e odioso ego, rischiava di non dichiararsi mai a Zoro, e di perderlo. Avrebbe potuto vivere altri migliaia di pomeriggi come quello appena trascorso con lo spadaccino, altri meravigliosi tramonti addossata alla sua pelle calda e protettiva, tenerlo per mano per ore senza imbarazzo o timidezza se si fosse dichiarata a lui.
La rossa sorrise, stringendo i pugni stretti alla balaustra su cui sedeva, fissando il mare oscuro della notte. No, lei a tutto ciò, a un’incantevole vita insieme al suo buzzurro, non ci avrebbe rinunciato mai e poi mai, e che quindi il suo orgoglio se ne andasse a marcire a Impel Down, lasciandole fiato e forza per dire, a quella testa d’alga, quanto l’amava.
Non le importava la possibilità di un rifiuto, o la pura di non essere degna di stargli accanto. Lo voleva, lo voleva e lo voleva. Avrebbe fatto di tutto per lui, pur di trascorrer la sua vita con lui. Non gli importava che fosse del tutto intollerante al romanticismo, alle coccole e a tutte le dolcezze mielose e diabetiche tipiche delle coppiette. Lei non voleva ciò, lei voleva lui, voleva Zoro.
Voleva stargli accanto in ogni attimo della sua vita, vederlo felice e spensierato, aiutarlo nei momenti difficile e condividere la gioia del loro amore.
Il loro amore…
La rossa storse le labbra a quel pensiero. Ma esisteva un”Loro amore”?
In fin dei conti non sapeva nemmeno se lui la ricambiasse o no..
-Oh!!! Stupidate!!!- sbuffò scocciata contro la sua mente lagnosa e petulante -Se non mi vuole, è scemo quanto un primate!!!
Nami sorrise sicura di se.
E per la miseria!!!! Lei era Nami, la bellissima, intelligente e dal corpo mozzafiato navigatrice di Cappello di Paglia. I suoi occhi toccavano l’anima di ogni uomo, i suoi capelli, rossi come fuoco ardente e infuocato, scottavano di desiderio chiunque bramasse anche solo sfiorarli; il suo corpo, formoso e morbido, era sognato da pirati e marine in ogni angolo del Grande Blu, e la sua mente, sottile e furba, la rendeva una delle più pericolose e incantevoli donne del mondo.
Era come una tigre: bella da affascinare ogni creatura, per la sua felina eleganza e per i suoi colori incantevoli, ma azzardarsi a toccarla, senza il suo permesso, era  un suicidio.
La navigatrice fece dondolare la sua coda fuori bordo della nave, in lento movimento tra le onde del mare corvino e bluastro, mentre abbandonava Shinkoku per raggiungere una nuova isola più abitata.
Sorridendo allo spicchio di luna che illuminava la notte, Nami si perse nei suoi pensieri.
Sapeva con certezza ferrea che era una ragazza bellissima, e ciò le dava sicurezza e fiducia in se stessa. Da sempre, usando il suo fascino, aveva ottenuto tutto ciò che desiderava e che non era riuscita ad avere con le proprie mani, e anche Zoro, sebbene facesse il duro e non degnasse di sguardo nessuna donna, sarebbe ceduto a lei e al suo richiamo di seduzione. Lo desiderava ad ogni costo, ed era pronta a tutto per lui, pur di stargli accanto, ma soprattutto, pur di vederlo felice.
Un tonfo, secco e pesante proveniente dietro le sue spalle, catturò la sua attenzione, facendola voltare.
Non si era accorta che le luci della palestra si erano spente, e che Zoro era disceso dall’albero maestro, dirigendosi ora verso il sottocoperta per una doccia.
-Ehi buzzurro squattrinato!!!- lo chiamò Nami, facendogli notare la sua presenza –Non ti sei accorto di me, maleducato?!?-
Lo spadaccino ghignò verso la rossa, avvicinandosi a lei mentre si leccava i baffi nel vederla irradiata dalla luce lunare.
-Ancora sveglia, mocciosa? Cos’è? Vuoi metterti a cantare alla luna come le sirene? Guarda che rischi di rompere tutte le finestre della Sunny e di svegliare gli altri…-
Nami gli fece una linguaccia, mollandogli uno scappellotto sulla nuca non appena il verde si addossò con i gomiti alla balaustra su cui sedeva.
-Che simpaticone… / Sai che ti dico? Che sei un coglion…-
-Ah, ah, ah… occhio mocciosa… non diventarmi sboccata adesso…- le tappò la bocca Zoro, zittendola mentre ghignava della sua rima.
La navigatrice storse le labbra, nascondendo un sorriso divertito, mentre si divincolava dal palmo, caldo e profumato, del samurai, lisciandosi alcune chiocce di capelli a lato del viso, portandole a celare il purpureo imbarazzo che le colorava le gote per il tocco del giovane.
-Comunque perchè sei sveglia?- domandò il verde sbadigliando e stiracchiandosi le braccia, alzandole al cielo.
-C’è una cosa che ti devo dire…- sussurrò la sirena, abbassando lo sguardo al mare, improvvisamente emozionata –Ma se sei stanco, non importa, vai a dormire…-
Zoro la guardò stupito. Non era da lei eclissare così velocemente i suoi intenti. Se era rimastra sveglia fino a quell’ora, per lui, per parlargli, doveva essere una cosa importante, a cui teneva, e tanto, ma di cui ne aveva anche paura, dato che ora preferiva starsene zitta e ammutolire i suoi pensieri.
Con mezzo ghigno incuriosito, saltò sulla balaustra del ponte, sedendosi a gambe aperte su di essa e dando le spella al mare. Volse il volto verso quello di Nami, fisso su di lui, e le sorrise.
-Su, sputa il rospo…- ghignò abbandonando le braccia in mezzo alle gambe, incurvando la schiena in avanti.
La navigatrice arrossì immediatamente, sgranando gli occhi incapace di spostarli dal bel sorriso di lui, fissandoli sulle labbra sottili e scure dello spadaccino, che s’incurvavano in uno dei suoi sorrisi più belli. Si sentì il cuore accelerare i battiti rapidamente nel suo petto, battendo a gran forza emozionato. Le sue gote s’imporporarono fino a somigliare al colore della sua coda, e la gola le si seccò di ogni parola e rima. Le mani le tremavano, prese dal panico, e una febbricitante scia di sudore le scivolava lungo la schiena nuda, facendola fremere di adrenalina.
Il momento di dichiararsi era arrivato, e ora Nami non aveva la più pallida idea da dove poter iniziare. Avrebbe voluto gettarsi tra le braccia dello spadaccino, baciarlo e dirgli che lo amava da così tanto tempo, da non ricordarsi nemmeno il giorno in cui si era accorta di esserne innamorata. Avrebbe voluto fargli sentire quanto il suo cuore batteva, così forte da farle male il petto, ma così innamorato da farla rinascere ad ogni nuovo battito.
Aveva il fiato corto, strozzato dall’emozione, nonostante fosse in iper ventilazione, e che il suo petto si alzasse e abbassasse velocemente.
-Allora?!?- la spronò Zoro, fissandola stupido della sua indecisione e del suo improvviso mutismo.
Nami scosse la testa, riprendendo il controllo su se stessa. Aveva aspettato quel momento per tropo tempo, per ora lasciarsi sconfiggere dall’emozione. Prese un respiro profondo e si avvicinò a lui, scivolando sulla ringhiera, fino a potersi addossare al suo braccio con la spalla. Alzò lo sguardo sul suo viso, mordendosi un labbro per impedirgli di tremare troppo per l’imbarazzo, per poi afferrargli una mano e stringerla nella sua.
I loro sguardi s’incrociarono subito, attratti da un magnetismo unico e perfetto, che gli incatenò tra di loro, impedendogli di slacciarsi. Zoro deglutì a vuoto, per l’estrema vicinanza del corpo della ragazza, iniziando a tamburellare un piede contro la balaustra in legno del ponte per l’agitazione. Sentiva la stretta di Nami, sulla sua mano, morbida e fresca. La pelle liscia, vellutata, priva di calli o cicatrici.
La fissò muto, aspettando che parlasse.
-Buzzurro, prestami attenzione ti prego / Ascolta le mie parole, ora che ho trovato il coraggio di non dar più retta al mio ego…-
La cartografa prese un secondo profondo respiro, chiudendo gli occhi e aggiungendo anche l’alta mano attorno a quel del samurai, che tremò per la stretta morbida ma forte. La rossa accostò il viso all’orecchio con i pendagli del verde, soffiandoci dentro debolmente il suo respiro al mandarino, mentre prendeva coraggio e riapriva gli occhi, puntandolo sul viso bronzeo di lui.
-Lo so che pirati siamo / Che ogni giorno la vita rischiamo…- la voce dolce e soave le tremava, ma ora le parole c’erano e niente poteva più impedirle di dirgli ciò che provava.
-Che certe cose non sono nate per noi, gente di mare / A cui è vietato il verbo Amare…-
Zoro tremò sgranando gli occhi contro il viso di Nami, vedendola sorridere timidamente nel parlare, mentre un soffio di vento le muoveva i capelli.
-… perché troppi i rischi di perdersi sono / E crediamo di non essere degni di tale dono… ma se ancora zittissi i miei sentimenti, certa ne sono / Mai più riuscirei a concedermi perdono…- avvicinò le labbra a quelle del verde, sfiorandole appena, mentre respirava a stento.
La rossa puntò i suoi occhi di cioccolata su quelli sbarrati dello spadaccino, vedendoli fremere, in attesa di quelle temute parole.
-Lo so che sempre contro ci urliamo, che troppo litighiamo / Ma credimi se ti dico, che lo faccio solo perché… perché… perché io ti amo…-
Zoro restò ammutolito, senza parole.
Le mani gli caddero dall’appoggio sulle gambe, scivolando nel vuoto, mentre le sue labbra si aprivano ammutolite. La navigatrice, rossa in viso per l‘imbarazzo, lo abbracciò per le spalle, stingendosi a lui, infossando il volto nell’incavo tra spalle e collo del ragazzo, sorridendo piena di gioia e felicità per essere riuscita a dichiarasi.
Il cuore le scoppiava di contentezza, non riusciva a smettere di sorridere e le mani, che le avevano tremato per tutto i tempo delle sue parole, ora erano salde attorno a Zoro, abbracciandolo con forza e amore.
Alzò il viso verso quello di lui, sorridendo, sperando di trovarlo ghignate e luminoso come il suo, ma la sua felicità si spense quando vide lo spadaccino serio e con lo sguardo abbassato sui suoi piedi, immobile a guardare il buoi.
Non aveva nemmeno risposto al suo abbraccio, nemmeno una carezza o un segno di assenso o apprezzamento per il suo gesto di coraggioso amore.
Nami sbattè le ciglia sorpresa, non capendo l’atteggiamento del verde. Forse aveva sottovalutato la corazza, dura e infrangibile, dietro cui si proteggeva dai sentimenti, la quale ora fermava ogni suo gesto d’affetto.
-Di qualcosa Zoro…- sciolse l’abbraccio attorno alle sue spalle Nami, alzandogli il viso e costringendolo a guardarla negli occhi -…ti prego, ti imploro…-
Lo spadaccino sospirò amareggiato, fissandola serio. Aveva preso la sua decisione, stupida, stolta, acre come l’aceto, ma l’aveva presa.
Le prese le mani nelle sue, allontanandole, mentre si alzava dalla balaustra.
-Hai detto bene: siamo pirati…- affermò duro e baritonale, dandole le spalle –L’amore non è fatto per noi…-
Nami restò allibita dalle sue parole. La stava rifiutando. La respingeva con parole dure e taglienti, dolorose come spade affilate.
-Che vuoi dire? / Non riesco a capire…- mormorò sottovoce, sentendo un gran male nel centro del petto.
-Voglio dire che non dobbiamo farlo…- tentava di restare fedele alla sua decisione, di lasciarla libera di innamorarsi di un uomo più degno di possederla di lui, ma l’amaro sapore dell’odio che provava per se stesso, che gli impastava il palato, lo stava uccidendo, e il dolore che gli frantumava il cuore aumentava battito dopo battito.
Avrebbe voluto dirle che anche lui l’amava, che era il suo primo pensiero al mattino e l’ultimo alla sera, che mai nessun altra sarebbe stata importante e preziosa come lei per lui, ma la paura di poterla rendere infelice, di non essere l’uomo giusto per lei, era maggiore, e riusciva a far tacere tutti gli altri pensieri.
-Non dobbiamo innamorarci, siamo pirati, l’amore non è roba da filibustieri…- disse serio, dandole ancora le spalle, incapace di sostenere il suo sguardo triste, e le lacrime che di certo le stavano graffiando il viso.
-Perché dici questo? / No, non sei onesto…- la voce inclinata dal pianto, acuta per la rabbia, sofferente per il dolore.
Zoro strinse le mani in due pugni, impedendosi di abbracciarla e consolarla. Se le spezzava il cuore ora, dopo le sarebbe stato più facile dimenticarlo e amare qualcun’altro.
-Credi che gli altri non ci vorranno?- continuò singhiozzando Nami, reggendosi alla ringhiera, provando a scoprire il reale motivo del rifiuto del giovane –Che il nostro amore creerà qualche danno?-
Lo spadaccino scosse la testa, incapace di dirle la verità per la prima volta in vita sua.
-E allora perché? Perchè? Perch…-
 -Maledizione Nami!!!- ringhiò Zoro, voltandosi verso di lei –Lo vuoi capire o no che non posso?!?-
Le lacrime della navigatrice fermarono la loro corsa sui lati del viso, permettendo agli occhi umidi di fissarsi sulla figura triste e ansimate del samurai.
-Mi dispiace, mocciosa, ma non posso…- sussurrò ancora Zoro, abbassando lo sguardo ai piedi.
Nami si morse un labbro, imponendosi il divieto di singhiozzare, di smetterla di piangere. Risentiva, nella sua mente, le parole del verde, e ne cercava una motivazione valida, vera.
Che realmente lo spadaccino non provasse niente per lei? Ma allora perché aveva trascorso tutto il pomeriggio in sua compagnia? Perché si preoccupava tanto per lei, proteggendola e difendendola da ogni pericolo, avance di Sanji comprese, se non perché spinto da un forte affetto nei suoi confronti?
Cos, cosa gli impediva di amarla del tutto?
Qualcosa di più grande, di più importante in assoluto per lui, un qualcosa che gli stava più a cuore di lei, che riempiva sempre i suoi pensieri…
Una lacrima scivolò ancora dagli occhi della navigatrice, che sorrise tristemente credendo di aver capito cosa vietasse allo spadaccino di amarla.
-Non puoi amarmi, ho compreso…- chiese abbassando lo sguardo al prato del ponte, incapace di fissarlo negli occhi –È per il tuo sogno, per il tuo destino di guerriero che mai può darsi per arreso…-
Si asciugò alcune lacrime, che però le continuavano a scendere dagli occhi taglienti come pezzi di vetro.
-Io sarei una debolezza / Un ostacolo alla tua grandezza…-
Zoro non aveva mai osato nemmeno pensare ad un’assurdità del genere, ma non mosse nemmeno un muscolo per negare il pensiero della ramata, lasciandole credere che fosse il vero motivo del suo rifiuto. Nami alzò lo sguardo su di lui, guardandolo tristemente con il cuore spezzato e sanguinate.
-Non puoi, ho capito / l’amore non è cosa che importa a un mito…- scese dalla balaustra e gli andò accanto, mentre ancora zoro teneva lo sguardo basso, vergognoso della sua vigliaccheria.
Dolcemente lo baciò sulle labbra, sfiorandole appenae bagnandole con le ultime lacrime. Gli accarezzò il volto, sorridendogli falsa, nascondendo tutto il suo dolore.
-Voglio che tu sia felice, e se ciò è basilare /  Il mio amore per te, farò cessare …- gli sorrise ancora, accarezzandolo un’ultima volta, prima di scappare nella sua cabina a morire per il cuore spezzato.
 
 
L’isola non era un granché.
Solo un misero porticciolo di pescatori, qualche casetta arroccata lungo le vie del porto, che formavano una cittadina rumorosa e viva, qualche negozietto e due o tre taverne sparse per le vie. Era una semplice isola di passaggio, un punto di ristoro per coloro che non osavano attraccare alla vicina Shinkoku, spaventati dalle leggende, e che lì trovavano viveri e riposo prima di ripartire per l’isola dopo, più ricca di gente e città.
Ma a lei non importava.
Le andava benissimo anche l’isoletta di Little Peace, con la sua gente semplice e i pochi negozi. Non le importava l’assenza totale di boutique alla moda, o di una gran scelta di locande dove bere. Quello che ora necessitava era di stare in mezzo alla folla del mercato, zittendo, per il gran vociare dei mercanti e delle donne, i suoi stupidi pensieri. Diventando sorda al dolore che continuava ad urlarle dentro.
Erano arrivati a Little Peace alle prime luci dell’alba, approfittando della forte corrente marina, a cui erano a cavallo con la Sunny, per velocizzare la navigazione e arrivare il prima possibile sull’isola.
Nami aveva svegliato a forza, con pugni e calci, Franky, Usop per aiutarla nell’approdo della nave pirata, infischiandosene dei piagnistei dei suoi Nakama, svegliati al far del giorno con così tanta violenza.
-Waahhhh… ma Nami, io ho ancora sonno…- si stropicciava gli occhi Usop.
-Già sorella, ammaina le vele e riparliamone tra qualche ora…- aveva tentato di rigirarsi sulla sua amaca il carpentiere, ma la navigatrice, rabbiosa e non molto diplomatica, aveva picchiato entrambi, costringendoli a seguirla sul ponte.
-Yohohoho-ho… mia bella Nami, io non protesto… e per te al mattin, con molta gioia, mi sveglio presto…- era sbucato dal nulla Brook, svegliato molto probabilmente dai tuonanti cazzotti della rossa.
Comunque, anche lo scheletro fu picchiato selvaggiamente, più per la rima che per la sua intrusione. Discussioni a parte, prima che la colazione fosse pronta, la Sunny dormiva tranquilla ancorata al porto dell’isola, lasciando ondeggiare la chiglia contro le onde chiare dell’oceano, mentre dei piccoli gabbiani si appollaiavano sui suoi alberi.
-Yuuuuhhhhh… questa si che sembra un isola divertente!!!!- saltellava qua e là Rufy, eccitato all’idea di visitare l’atollo.
-Appena finita la colazione, scenderemo a terra…- aveva sorriso Robin, sorseggiando il suo caffé.
-Chi resta a far di guardia sulla Sunny?-
-Non so Chopper…- si mise a riflettere Usop –Ci sono volontari?-
-Io resto su, per preparare un bel pranzetto per le mie Dee, per rinfrescarle delle calura dell’isola…- aveva cinguettato Sanji, roteando attorno a Nami e Robin, sorde alle sue fesserie.
-Anch’io resto… devo riprendermi dalla levataccia…- si stiracchiò Franky, sbadigliando.
-Yohohoho... anch’io, così finirò una canzone… parlerà di una sirena, dalla coda rubino e dai pugni di fuoco… yohohoho-ho!!!!-
Un cazzotto si appiattì sul cranio afro del violinista, seguito da un ringhio sordo della cartografa.
-Allora scenderemo io, Robin, Rufy, Usop… e voi? Voi che fate, Nami e Zoro?-
L’innocente domanda di Chopper, fece alzare lo sguardo di entrambi i compagni, che si guardarono muti. Zoro avrebbe voluto rispondere che lui faceva il codardo, lo stupido, imbecille, il vigliacco innamorato, che aveva spezzato il cuore alla donna più bella del mondo, e che se scendere a terra, o buttarsi in mare, l’avrebbe fatta sentire meglio, lo avrebbe fatto per tutto il giorno. Nami, più semplicemente, chiuse gli occhi, abbassandoli sul giornale che leggeva, sospirando tristemente.
-Io scendo, ho voglia di camminare / E per un po’, da sola stare …- affermò svelta, zittendo Robin, che accortasi dello stato d’animo triste e buio della sorella, aveva tentato di offrirsi per accompagnarla, per scoprire cosa la turbasse.
Zoro la fissò per altri pochi secondi, per poi abbassare lo sguardo sulla sua tazza di latte.
-Resto sulla sunny anch’io… devo… devo… ho delle cose da fare…- si sbrigò a borbottare, prima di alzarsi dalla sedia e lasciare la cucina.
-Ok allora!!!! partiamo all’avventura!!!- aveva messo fine alla discussione Rufy, sorridendo solare come suo solito –Allora Sanji, che si magia oggi per colazione?!?-
Eccola quindi, sola e a capo chino lungo la via principale dell’isola, la bella Nami.
Camminava lenta, sia per via della coda, con cui camminava con un po’ di difficoltà, ma anche per la sua amarezza. Per non dare nell’occhio, aveva deciso di indossare una lunga gonna bianca che le arrivava fino ai piedi, nascondendo la coda, coordinandola a un reggi petto bianco anche esso, aperto sul addome e allacciato dietro la nuca, coprendole solamente il seno con un fine intreccio di ricami, che ricordavano l’orlo ornato della gonna.
La navigatrice avanzava lenta tre le vetrine del centro paese, perdendo lo sguardo nel caos della folla, mentre la sua mente la tormentava con il ricordo della sera precedente. Sbuffando, la rossa scosse il capo, tentando di liberasi da quei pensieri, fermandosi davanti alla vetrina opaca di un rigattiere.
Vi posò lo sguardo sopra, vedendosi riflessa.
Si vide: i capelli rosso fuoco sciolti sulla schiena, il petto prosperoso, la gonna lunga che celava la coda da sirena e le scarpette basse che calzava, lo Sansetsukon allacciato alla cintura sulla vita… a tutti sarebbe parsa una bellissima ragazza di giovane età, che passeggiava per le vie del centro. Ma i suoi occhi umidi di pianto, il suo sorriso triste e l’infelicità che le riempiva lo sguardo, tradivano la sua malinconia.
Era inutile, era inutile provare a nascondere quanto stesse male, pensare che doveva dimenticarlo per renderlo felice, che era meglio che fosse andata così. No, no, no e ancora no. Erano tutte stupidaggini.
Non doveva andare così, non poteva cancellare, come se niente fosse, tutto l’amore che provava per Zoro, accontentandosi di vederlo felice, ma di non poter partecipare alla sua gioia.
Se solo l’avesse respinta perché non le piaceva, perché non era attratto da lei, allora avrebbe fatto di tutto per cambiare, per essere come lui la voleva, ma, purtroppo, la ragione era un’altra, più difficile e ardua da cambiare: non la voleva perchè sarebbe stata un ostacolo al suo sogno, e uno Zoro che non può realizzare il suo sogno, era come condannarlo a non toccare mai più una katane, e quindi negargli ogni gioia.
Nami riperse a camminare, passandosi una mano tra i capelli, sospirando.
Se solo fosse stato tutto più facile…
Se solo lui avesse potuto…
Con passo strascicato, si avvicinò a una locanda, assetata e stanca. Il procedere sulla pinna natatoria da pesce non era facile, e in più il caldo dell’isola era insopportabile. L’afa si alzava ora dopo ora, incenerendo l’aria e rendendola arsa e secca. La rossa si sventolò la mano sul collo, facendosi il solletico sulle branchie per la leggerissima brezza alzata. Aveva una sete terribile, come se un deserto le abitasse in gola.
Si sedette a un tavolo nella penombra, all’interno del locale, aspettando che un cameriere venisse a servirla. Sarebbe rimasta sirena ancora per una manciata di ore, fin alle 4 del pomeriggio, più o meno, l’ora in cui, il giorno prima, era stata morsa dal Serpente Sirena.
Si guardò attorno, studiando gli altri commensali del bar. Erano tutti marinai, pescatori e mercanti rifugiatesi nella taverna per scappare dal caldo della strada. Di certo l’avrebbero notata per la sua bellezza, ma non per il particolare marino che nascondeva al di sotto della gonna. Sorrise, tranquillizzata dall’assenza apparente di guai.
-Che ti porto?- ringhiò, avvicinandosi a lei, il proprietario della taverna, lisciandosi i baffoni scuri sotto il naso, sistemandosi la cinta sotto l’enorme pancia. Era un uomo grande e grosso, dallo sguardo scuro e trovo, ma che di certo fingeva la sua durezza, dandosi l’aria da uomo arcigno e burbero, solo per spaventare i soliti ubriaconi della zona.
-Una birra, per favore / Magari fresca, se le è possibile, gentile signore…- sorrise aggraziata lei, ricevendo un sorriso complice da parte del barista per la sua gentilezza.
-Subito bellezza…- partì al bancone l’uomo, lasciandola sola ai suoi pensieri.
Nami posò i gomiti sul tavolo, appoggiando il mento sui palmi aperti, mentre si guardava attorno. Due uomini bevevano ridacchiano un paio di metri dietro di lei, brindando allegramente.
Sospirò, pensando che, da quel momento in avanti, le sue gare di bevute con il buzzurro sarebbero state molto più ardue, e non perché la sua resistenza all’alcol era diminuita, ma perché l’averlo così vicino, quasi sbronzo e con le labbra umide di birra, l’avrebbe sempre ricordato che non sarebbe mai stato suo, e che tutto ciò che possedeva di lui, sarebbe stato solo quel momento di ebbrezza.
Scosse il capo, sospirando con gli occhi umidi.
Il proprietario della taverna le portò la birra, posandola dolcemente, e con un sorriso, al suo tavolo. Le piccole goccioline di condensa della bevanda, scivolavano lente lungo il vetro del boccale, come lacrime amare e di cuore spezzato. Improvvisamente Nami non aveva più sete.
Improvvisamente, con un sonoro tonfo, secco e duro, tre uomini, abbracciati tra loro, entrarono cantando già mezzi ubriachi nella locanda, barcollando fino ad addossarsi, per sbaglio forse, mancando il pavimento, contro il bancone del bar, dove il barista gli fulminò posando lo straccio e il bicchiere che stava lucidando.
-Ehi, amico!!! Servi una birra a me, e due ai miei fratelli!!!- gridò uno dei tre, il più alto e magro, sghignazzando mentre si sistemava gli occhiali scuri sul viso.
I suoi due compari, uno grasso e barbuto e l’alto basso e con le gambe tozze, ridacchiarono imitando l’amico nel muovere gli occhiali scuri sul profilo del naso, che li accomunavano insieme a tre berrettini bassi e scuri.
-Nemmeno per idea, John…- sbottò il barista, rivolgendosi al suo interlocutore, sottolineando il fatto che lo conosceva -… vattene, sia tu che i tuoi luridi fratelli…-
-Ehi, ehi, ehi… quanta aggressività…- alzò le mani in aria il più grosso del gruppo, ridacchiando sguaiatamente, smuovendo divertito le enormi mascelle barbute.
-Suvvia amico…- s’intromise il piccoletto –Vogliamo solo bere…-
-Ho detto di no, Jo…- ringhiò ancora il barman, inchinandosi sul bancone fino a soffiare contro il viso del mingherlino –Io non servo gentaglia come voi…-
-Gentaglia?!? Che cavolo dici, vecchio?!?- latrò il grosso barbuto, battendo un pungo sul bancone.
-Siete dei bracconieri, senza rispetto ne onore… vendereste anche vostra madre, per pochi berry…-
-Uh uh uh… arrivi tardi nonno: l’abbiamo già venduta…- rise John, battendo sulle spalle Jo.
-Già, già… quanto abbiamo ricavato dalla vendita Jonny?!?- si rivolse al grassone -300, 400 Berry…?!? Una miseria per quella vecchia gallina…- rise senza pietà.
-Siete orribili… tornate nella topaia che chiamate casa, e non mettete più piede nel mio locale… andatevene subito, prima che vi sbatta fuori io a calci… - minacciò il barista, infossando la mano sotto il bancone, certamente per afferrare una rivoltella.
Ma Jonny lo precedette, fermando il suo intento, puntandogli al mento la sua pistola, ghignando crudele.
-Fermo capo… se non vuoi guai, servici da bere e sta buono…-
Nami osservò, insieme a tutti gli altri commensali, la scena, certa che se non fosse intervenuta qualcuno si sarebbe fatto del male.
Si guardò attorno, notando che i due uomini, che prima brindavano, si stavano preparando per affrontare i tre, posando le mani sulle else delle loro spade. La navigatrice non sapeva quanto fossero abili quei due con la spada, ma di certo dovevano muoversi nell’agire, se non volevano beccarsi una pallottola in fronte.
Smosse le labbra, soppesando la situazione: se gli lasciva fare, ci scappava il morto; se interveniva, e si faceva scoprire come sirena, i tre bracconieri avrebbero potuto rapirla, come era accaduto a Kayme sull’Arcipelago di Sabaudy.
Doveva scaligere in fretta, pensando velocemente a un piano rapido ma efficace. Stava per portare la mano sul Sansetsukon, pronta a stordire i tre malfattori con un fulmine, quando il più alto dei tre, John, si sedette con un tonfo al suo tavolo, schiantandosi con la sua mole su una sedia, messa al contrario, sul capo opposto a cui era seduta lei.
-Ciao bella…- le sorrise, alzandosi gli occhiali dagli occhi, rivelandoli neri e torvi.
Un ciuffo di capelli scuri, gli scivolò sulla fronte, scappando dal basco, mentre i suoi due fratelli gli si avvicinavano fino a fargli ombra, fermandosi dietro le sue spalle.
-Che fai qui, tutta sola? Ti va di farci compagnia?!?- si sporse verso di lei, leccandosi le labbra.
-No grazie, restare qui in pace / E ora dovrei andare, se non ti dispiace…- fece per alzarsi e lasciare il locale, ma il fratello grasso la bloccò per un polso, ridacchiando.
-Ma l’avete sentita?!? Ha fatto la rima…- sghignazzava.
-Si… troppo forte…- si aggiunse Jo, arrampicandosi sulla schiena enorme del fratello.
Nami sbuffò nervoso, tentando di liberarsi dalla presa, ma la mano rozza e muscolosa del sequestratore la stringeva con troppa forza al polso, fermandole quasi la circolazione.
-Suvvia bella…- le circondò le spalle John, mentre il barista e gli altri clienti ringhiavano impotenti contro quella violenza sulla ragazza -… bevi un po’ con noi…-
-Ho altro da fare / Che stramene qui, con voi, a bighellonare…- sbottò fulminando il grasso Jonny.
-L’ha rifatto!!! Ha fatto la rima di nuovo!!!- si emozionò come un cretino Jo, saltellando dietro le spalle del fratello maggiore, che infossò lo sguardo sulla rossa.
-Che sei una poetessa?!? O una scrittrice?!?- biascicò rozzo.
Nami si morse un labbro, assottigliando lo sguardo contro i tre. Accidenti, ora si che la situazione prendeva proprio una brutta piega per lei.
-Mmmhhh… mi piacciono le donne che sanno usare la lingua…- sorrise John, afferrando con forza il viso di Nami, portandosela vicino alle labbra. Nami ci vide rosso di rabbia.
E che cavolo, aveva il cuore spezzato, un caldo terribile, la birra le era andata in odio, e ora pure rischiava di essere baciata da un rifiuto umano come quello?!?
Con un colpo secco e furioso, mollò un cazzotto in pieno volto al bracconiere, facendolo cadere a terra come un pero secco.
-Non t’azzardare / Rifiuto di mare!!!!- sibilò isterica, minacciandolo ancora con il pugno alzato.
-Come osi, stupida!!!- le si buttò contro il piccolo Jo, facendole perdere l’equilibrio e buttandola a terra, strappandole un lembo della gonna a cui si era aggrappato.
Tutti i presenti, ubriachi o meno, sgranarono gli occhi meravigliati. Una coda, una coda da sirena, rossa rubino, brillante e incantevole, si muoveva tra il tessuto diafano strappato dell’indumento della ragazza, che ora malediva il suo bruttissimo carattere colerico.
-Jo, Jonny: la rete…- gridò rapido il capo dei tre fratelli, coprendosi, con una mano, il labbro rotto dal colpo della navigatrice.
Senza che se ne rendesse conto, Nami si ritrovò avvolta da una fitta rete metallica nera, che le impediva i movimenti, stringendosi attorno a lei sempre più, ad ogni movimento con cui tentava di liberarsi.
-Incredibile!!! Una sirena!!! Fratelli, una sirena vera!!! Non ne avevo mai vista una dal vero!!!- si emozionò Jo, sfregandosi gli occhi per l’incredulità.
-Fratello hai visto? Ha la coda rubino!!! Credevo fossero estinte le sirene con una coda del genere!!! Accidenti, sai quanti soldi ci facciamo al mercato nero?!?- si sfregò le mani il fratello grasso, mentre il più alto stringeva maggiormente la presa della rete sulla sirena.
-Oh, non sai nemmeno quanti, fratello… saranno così tanti, che impiegheremo settimane a contarli tutti…-
I piccoli occhietti neri dei tre fratelli si illuminarono avidi e aggressivi, pronti a tutto pur di arricchirsi vendendo Nami a qualche losco individuo senza pietà ne pudore.
-Lasciatela stare!!!!- intervenne il barista, gettandosi contro il piccoletto Jo, ma con uno spintone, Jonny lo scaraventò oltre il bancone, facendolo rovinare contro il ripiano su cui erano riposti i liquori.
-E l’avvertimento vale per tutti voi…- ghignò il grosso sequestratore, alzando di peso la sirena da terra, buttandosela su una spalla.
-Stupido scimmione / Lasciami, o ti becchi un ceffone…- si divincolava nella rete Nami, tentando di afferrare il suo bastone e di fulminare tutti quanti. Pura rabbia e odio le scorreva nelle vene, contro quei tre maledetti e contro la sua assurdità scelta di non farsi accompagnare da nessuno sull’isola. Accidenti, ad ogni movimento la rete le si stringeva contro, bloccandole i movimenti e graffiandole la pelle.
Alcuni piccoli taglia le si erano aperti sul viso e sulle spalle, lacerandole la pelle e facendola sanguinare. Assottigliò lo sguardo ringhiando inviperita.
-Aiuto, aiuto!!! Qualcuno mi aiuti!!!/ Cavolo: salvatemi da questi bruti!!!!-si sgolò chiedendo aiuto al resto dei clienti nella taverna, i quali però erano minacciati da Jo e John, che li tenevano a bada puntandoli contro le loro pistole.
-Berry, berry, berry… papino vuole tanti berry…- canticchiava Jo, mentre indietreggiava fino alla porta seguendo Jonny e Nami. La rossa ringhiava furiosa, ma non sarebbe mai riuscita a liberarsi a causa di quella maledettissima rete. Si morse un labbro, riflettendo lesta, per poi, con la punta delle dita, strette dietro la schiena a causa della presa di Jonny, riuscì ad afferrare il suo Sansetsukon. In quello stato, a mezz’aria su una spalla maleodorante e lercia di un sequestratore, e con pochi movimenti possibili, non poteva certo usarlo per difendersi, ma poteva comunque  impiegarlo per lasciare un messaggio ai suoi Nakama., che l’avrebbero cercata non vedendola tornare sulla Sunny Spezzò in tre parti l’arma, lasciando cadere a terra due di esse, stringendo con forza la terza tra le mani. Non poteva fare altro.
I bracconieri non si accorsero del suo gesto, e con furia e avara voglia di mettere sul mercato nero la loro ultima e preziosa preda, corsero via dalla taverna, dirigendosi nell’entroterra dell’isola, dileguandosi nella foresta che si ergeva scura e florida.
Continuando a dimenarsi e a imprecare contro i tre malfattori, Nami non riuscì a non pensare a Zoro, al suo bel ghigno, al suo sguardo nero e profondo, e a quanto , ora più che mai, avesse bisogno di lui e della sua protezione.
Se solo lui avesse potuto…
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE:
A tutti quelli che mi stanno odiando per lo Zoro OOC, prego solamente di rifoderare le armi e di attendere il prossimo capitolo per riparlarne…
Zomi
  

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Capitolo 4
*** Vibrazioni ***


Vibrazioni
 

 

Una vibrazione.
Un’onda, profonda e violenta.
Un fiotto così forte da fargli interrompere i suoi piegamenti, fermandolo a mezz’aria con il busto e le gambe dritte al cielo, e le braccia tese nel sostenere il suo peso atletico.
Con un balzo, si erse in piedi, percependo ancora dentro di se quella scossa muoverlo da dentro, trapassandolo al livello del cuore, scivolando tra le sue viscere e penetrandogli fin dentro l’anima.
Zoro si portò una mano al petto, chiudendo gli occhi, mettendosi in ascolto del battito frenetico e agitato del suo cuore. Era in defibrillazione, si dimenava violento nel suo letto, ringhiando e dibattendosi contro le costole del samurai, urtandole fino a colpirle e fargli male.
Il verde storse le labbra disturbato dal fastidioso oscillare delle sue interiora, mugugnando contrariato contro anche il suo improvviso attacco cardiaco. Scrollò le spalle, andandosi a sedere all’ombra dell’albero con l’altalena sul ponte, asciugandosi il sudore che gli imperlava la fronte.
Continuare gli allenamenti era impossibile, con quel continuo terremoto che lo infastidiva da dentro.
Si passò l’asciugamano sul volto, recuperando la camicia a maniche corte celeste dalla ringhiera delle scale, che conducevano al piano superiore del castello di poppa, sdraiandosi a gambe aperte e poco aggraziatamente ai piedi dell’arbusto.
Buttò l’asciugamano attorno al collo, indossando la camicia, tentando di ignorare quella vibrazione che lo faceva sussultare. Strinse le labbra rabbioso, chiudendo gli occhi e piegando le braccia dietro il capo, sospirando, mentre avvertiva la nausea inacidirgli la gola. Storse la bocca, digrignando i denti, tentando di calmarsi.
Sapeva, o almeno credeva di sapere, da cosa dipendesse quella strana sensazione viscerale e disarmante, che lo trapassava parte a parte, nel cranio come nello stomaco, facendogli perdere l’equilibrio e la concentrazione: era nausea.
Nausea di se stesso, del suo codardo, del suo atteggiamento della sera prima con Nami, della sua scelta schifosa e senza senso, dell’aver fatto piangere la sua mocciosa, costringendola a dimenticarlo, dimenticare quel suo amore incondizionato e folle che ancor ora, nonostante lui le avesse spezzato il cuore, la costringeva ad assecondare la sua decisione, solo per vederlo felice.
Zoro ringhiò contro se stesso, riaprendo gli occhi e puntandoli al cielo.
In quel momento, era tutto al di fuor che felice.
Era infuriato, rabbioso, iracondo, nauseato, disgustato, idrofoba dalla collera che provava verso se stesso. Se avesse potuto, si sarebbe affettato da solo, insultandosi a gran voce per il reato che aveva commesso, nel far piangere di dolore la sua mocciosa.
Come, come era arrivato ad essere tanto stupido, da credere che il respingerla sarebbe stato meglio per lei? Che le avrebbe donato la felicità?
Come anche solo gli era passato per l’anticamera del suo, misero e striminzito, cervello, che lui non era degno del suo amore, di possederla, di essere l’uomo di Nami?
Stinse rabbioso un pugno, frenando l’impulso di spiaccicarselo sul cranio.
Un cretino, il numero uno degli imbecilli che navigavano lungo la Rotta Maggiore, ecco cos’era. Dannazione, per colpa del suo smisurato ego, della paura di non essere all’altezza di una donna tanto bella e intelligente come Nami, l’aveva rifiutata, perdendola. Ma che cavolo gli era preso?
Si, era vero: mai avrebbe potuto offrirle gioielli o doni, e mai sarebbe stato in grado di essere romantico con lei, ma accidenti, se Nami lo amava, nonostante le loro litigate e i suoi modi da ominide, voleva dire che lo voleva così, rozzo e squattrinato, e che lo avrebbe amato lo stesso, giorno dopo giorno, per sempre.
Zoro sospirò, abbassando il capo, mentre Brook ridacchiava sul lato opposto del ponte, strimpellando.
Si, forse Nami avrebbe potuto amarlo ancora, se solo lui fosse riuscito a riconquistarla, a farle capire che l’amava, e, che ciò che le aveva detto la sera prima, erano tutte puttanate. Se solo fosse riuscito a curare il suo cuore spezzato, allora lei avrebbe anche potuto considerare la remota possibilità di perdonare la sua stoltezza.
Peccato che, il tutto, risultasse alquanto difficile al povero spadaccino, visto che, sebbene per ora la navigatrice sembrava essere nello stadio “malinconico” del rifiuto, non era detto che non arrivasse anche quello “Violento e senza pietà”, e con esso i furenti e mortali pugno della rossa, negandogli quindi ogni eventualità di aprir bocca e di spiegarsi.
-Sono un uomo morto…- sospirò Zoro, grattandosi disperato i capelli.
-Già, te lo confermo…-
Zoro alzò lo sguardo sorpreso, sentendo quell’affermazione, dirigendolo verso la rampa di scale che aveva dietro le spalle, vedendo Sanji scenderle mentre fumava con calma.
-Che vuoi dire, cuoco di serie C?- sbottò il verde, seguendo il cammino del biondo, che gli si avvicinò fino ad addossarsi all’albero.
-Intendo dire che sei veramente un uomo morto…- sbuffò nell’aria una nuvoletta di fumo grigia, che si modellò a mo di ghigliottina davanti gli occhi del samurai.
-Non sono in vena di litigare, damerino impomatato… ho altro per la testa…- ringhiò il verde, distogliendo lo sguardo dal cuoco, che invece gli si avvicinò fino a soffiargli il fumo sotto il naso.
-Oh, ti credo che hai altro per quella tua verza verde… lasciami indovinare…- si lisciò il pizzetto, fingendo di pensare, mentre Zoro lo fulminava con il suo sguardo più minaccioso.
-Hai il cranio pieno delle lacrime della mia bella Nami, la mia fragile sirenetta dalla coda rossa come il più bel rubino del mondo… la mia adorata navigatrice dai cappelli infuocati e dagli occhi di cioccolato… occhi bagnanti di lacrime amare, amare come caffé rancido… lacrime  che proprio tu hai causato, ieri sera, rifiutandola…-
Un nero tacco di scarpa numero 46, si scaraventò, dolorosamente, sulla fronte dello spadaccino, appiattendo il capo verde di Zoro, incastrandolo nel tronco dell’albero a cui era addossato, facendo scuotere timoroso la cima arborea.
-MALEDETTO MARIMO DI MERDA!!! COME HAI OSATO?!? COME HAI OSATO RIFUITARE LA MIA BELLISSIMA NAMI?!?- si accanì nel aumentare la pressione del colpo Sanji, facendo sprofondare sempre più il samurai nella corteccia.
-Lei, così dolce e premurosa, che ti ha aspettato fino a quell’ora tarda per dichiararsi, usando quelle dolcissime parole, aprendoti il suo palpitante cuoricino delicato, solo per te… solo per uno stupido, idiota, arrota coltelli, muschio marittimo, muffa di verza rincretinita alias tu… con che coraggio l’hai rifiutata, Marimo del cacchio?!?- sbuffò fumo nero dalle orecchie, permettendogli di mischiarsi con il vapore della sua sigaretta, che gli pendeva dal labbro inferiore tremando per le sue urla.
Il tacco del cuoco era ormai tutt’uno con il volto di Zoro, che mugugnava infuriato tentando di levarselo dal viso, spingendo con tutte le sue forze sulla caviglia del biondo, cercando di liberarsene.
Sbuffando, afferrò con cattiveria il collo del piede del biondo, rigirandoselo tra le mani, facendolo cadere a terra dalla sua posa in piedi, ritrovandosi faccia a faccia.
-Marimo di merda!!!- lo insultò ancora Sanji, calciandolo sugli stinchi, mentre aspirava rabbioso una boccata di fumo.
-Taci idiota biondo!!!! Che poi, che ci facevi sveglio a quell’ora?!?- gridò Zoro, mostrando una bella fila di denti squalini, mentre si massaggiava sul viso il rosso passaggio della pianta del piede di Gamba Nera.
-Ronda anti “Spuntino di Mezzanotte”di Rufy…- spiegò innocente il biondo, fumando seduto a gambe incrociate sul prato.
-Bugiardo… maniaco come sei, stavi di certo tramando un qualcosa di losco, approfittando delle sembianze marine della mocciosa…- sbuffò lo spadaccino, sporgendosi verso di lui puntando i pugni a terra.
- La mia Nami…- mostrò occhi cuori formi Sanji, arrossendo ed entrando in un suo trip mentale da Casanova disperato -… con la sua bella coda rubino… seduta sulla balaustrata del ponte… i capelli mossi dal vento… un sogno divino… stavo per buttarmi su di lei, per abbracciarla in quel scenario così romantico… QUANDO SEI ARRIVATO TU, E HAI ROVINATO TUTTO!!!!!-
-Taci, cretino…- ringhiò Zoro, assottigliando lo sguardo –Non ti permetto di pensare in certi termini della mia mocciosa…-
-La tua mocciosa?!? Ma se l’hai rifiutata!!!! Ti ho sentito sai… ti credevo abbastanza intelligente da riconoscere una bella donna, quando la s’incontra, ma è evidente che mi sbagliavo… solo uno stupido imbecille come te, poteva rifiutare l’amore della mia bella sirena…- lo ammonì serio, sventolandogli addosso il suo dito indice con fare autoritario.
-Credevo fosse la cosa giusta…- soffiò rabbioso -… credevo di non meritarla, di non essere in grado di renderla felice… ma mi sbagliavo: io amo Nami, è farò tutto ciò che è in mio potere, se non di più, per renderla felice…-
Sanji lo fissò serio, rigirandosi sulle labbra la pagliuzza, mentre Zoro stringeva furioso, nelle sue mani, i pugni, stretti con una forza tale da renderli bianchi.
-Farò di tutto affinché sia mia…- continuò sicuro di se, fissando i suoi colpi decisi e fieri -… non m’importa di esserne degno o meno: io la amo, e sarà mia…-
Ne era certo. Avrebbe fatto tutto ciò che era nelle sue capacità per conquistarla. Nessun più stupido dubbio, nessuna più inutile paura di non renderla felice. Si sarebbe battuto con tutte le sue forze per vederla sorridere ogni giorno della sua vita, per vederla chiudere gli occhi dolcemente e arricciare le sue dolci labbra in un meraviglioso sorriso per lui.
-Quanto sei stupido…- sbuffò nell’aria il cuoco, piegando il busto all’indietro, addossandosi con le mani al prato, buttando gi occhi al cielo insieme a una nuvoletta di fumo.
–E dirglielo ieri sera, tutto questo, no?-
Zoro arrossì un poco, grattandosi il capo.
-Te l’ho detto… credevo di non meritarla…-
-Sei un Marimo di merda davvero…- lo interruppe scuotendo il capo, il che fece ringhiare di rabbia lo spadaccino.
-Ma sei o no, un pirata? I pirati non chiedono a nessuno se possono, o meno, rubare un tesoro, se gli appartiene o no… se lo prendono e basta… non chiedono niente a nessuno… se ne infischiano di meritarsi una montagna d’oro o meno: se la vogliono, se la prendono… lottano, uccidono, imbrogliano, fanno tutto ciò che serve e se la prendono…- si alzò da terra, spolverandosi i pantaloni scuri -… quindi, Marimo, vai e prenditela… non startene qui a chiederti se può o no essere tua: se la vuoi, è tua…-
Gli girò le spalle, salendo al piano rialzato del castello di poppa, dirigendosi in cucina. Zoro lo fissò senza parole. Era la prima volta che il cuoco gli dava un consiglio, in campo sentimentale per di più. Riguardante una sua adorata Dea addirittura. Con mezzo ghigno, si alzò anche lui dal prato, seguendo il compagno infossare le mani nelle tasche dei pantaloni.
-Grazie, idiota…- si rivolse a lui con un sorriso sghembo, dandogli le spalle mentre si dirigeva in palestra per allenarsi seriamente, non più turbato dalla nausea che sentiva per se stesso.
Il biondo lo guardò sorridendo con la sigaretta a penzoloni sulle labbra.
-Non ringraziarmi, testa di verza… perché non appena lei si stancherà di te, mi farò sotto io… ma fino a quel momento, se la farai piangere di nuovo, sappi che piangerai anche tu… ma di un dolore fisico così massacrante, da preferirne la morte…- minacciò entrando in cucina.
Zoro ghignò annuendo. Salì i primi pioli delle reti legate all’albero maestro, arrampicandosi verso la vetta delle vele. Puntò il suo occhio nero sul paese di Little Peace, perdendosi a guardarlo. Nuovamente, una vibrazione lo attraversò.
Come un’onda sonora, un fiotto doloroso di grida, una voce lontana che lo chiamava, invocando il suo aiuto, che lo penetrò con forza, arrivando a fargli vibrare l’anima.
Inarcò le sopracciglia, sospirando baritonale. Improvvisamente, sentiva il disperato bisogno di sapere dove fosse la sua mocciosa e se stesse bene, in modo da eliminare del tutto quella piccola sensazione di pericolo, che lo scuoteva nel profondo…
 
 
-Lasciami andare, stupido animale / Mettimi giù, testa di sale!!!!-
-Uff!!! Ma quanto strilla sta sirena!!!- si tappò l’orecchio non sottoposto all’urlate tortura di Nami, Jonny, camminando nella foresta, seguendo i passi dei fratelli.
-Lasciala fare… sai quanti berry ne faremo, se gli acquirenti la sentiranno rimeggiare  così?!? Molti la vorranno solo per farla cantare!!!- si sfregò le mani venale John, mentre il piccolo Jo tamburellava le dita delle mani tra loro, conteggiando di già i futuri guadagni.
-Ne ricaveremo di più se la venderemo a qualche orefice… con la sua coda, ne ricaveranno tanti bei gioielli, e la pagherebbero a peso d’oro… berry, berry, berry… zietto vuole nuotare nei berry!!!!-
-Hai ragione Jo!!!!- sganasciò Jonny, facendo così ballonzolare Nami sulla sua spalla, che si divincolò nella rete tentando ancora di scappare, ma ritrovandosi sempre più stretta dalla morsa d’acciaio –La venderemo a peso d’oro… così ne ricaveremo di pi…-
-Il capo sono io e deciso io…- fermò sul nascere i sogni dei compari John, ringhiando mentre squadrava severo i due –Vedrò chi offrirà di più, e poi deciderò…-
-Si John…- annuirono succubi gli altri due, idolatrando il bracconiere alto e dallo sguardo cupo.
Nami si morse un labbro. Era una brutta, bruttissima situazione. Rischiava di essere venduta a qualche fissato di sirene, che l’avrebbe costretta a far chissà che, finché non si sarebbe ritrasformata in umana, e da lì ridotta alla mercè come ogni altro schiavo, frustata e oppressa da Draghi Celesti o altre orride creature, crudeli e senza pietà con i propri servi, credendosi superiori a loro.
Se non finiva pure peggio, tra le zampe luride di qualche gioielliere macellaio, che le avrebbe amputato la coda, per il suo valore prezioso, lasciandola morire senza pietà.
La navigatrice deglutì a fatica, sgranando gli occhi.
Doveva provare in tutti i modi a restare in venduta, o almeno nei paraggi dell’isola, fino alle 4 del pomeriggio, fino a quando non sarebbe tornata normale, per poi scappare da quei farabutti e tornare sulla Sunny.
Puntò, nervosa, lo sguardo al cielo, cercando, tra i rami verdi della foresta, il miraggio del sole. Saranno state le due e qualcosa. Non le restava molto tempo.
Strinse le mani attorno al pezzo rimastole del Sansetsukon, sperando che i suoi compagni si affrettassero a cercarla, e che Robin, o qualcun altro dotato di un po’ di cervello, capisse la sua traccia.
Sospirando, notò che le cime degli alberi andavano a disperdersi, lasciando maggior spazio alla luce del sole di penetrare nel sotto bosco. Il verde della foresta si allargò, introducendo una piccola area di prato che costeggiava una gola sul mare. Il terreno era stato ricavato disboscando gli alberi più bassi della radura in quella zona, in modo da avere lo spazio in cui muoversi, ma di non essere notati da nessuno, ne via cielo, per i rami del bosco protesi sull’apertura, ne via terra, protetti dalle rocce della costa.
Il passo di Jonny si fece più tranquillo, meno rapido e a scossoni, permettendo a Nami di guardare al di sopra del suo capoccione peloso, e di vedere una sgangherata casetta ergersi a fatica sulla sponda del baratro che si sporgeva verso il mare.
Essa si alzava nell’aria mossa dal vento marino che scalava la costiera, facendola tremare pericolosamente nei suoi due piani, sbatacchiando i suffissi delle finestre.
-Casa Dolce casa…- ridacchiò Jo, facendo gli onori di casa alla ospite con un lieve inchino.
Il barbuto Jonny varcò la soglia del pericolante edificio, passando di profilo per la porta principale, a causa della sua enorme mole, permettendo alla navigatrice di osservare l’interno del covo.
Dopo un breve corridoio, costeggiato da un’insicura ringhiera di protezione, l’entrata principale conduceva ad un piano sottostante, largo e formato da un’unica stanza, stracolma di gabbie e catene, a cui erano imprigionati diversi tipi di specie animali. Nel centro dell’abitazione, c’era un’immensa piscina cristallina, addossata al pianerottolo dell’entrata per un lato, raggiungendo così la sua apertura superiore, e costeggiata da una rampa di scale su tutto un altro, che permetteva di vedere all’interno dell'involucro vetroso, notando i suoi inquilini, e che conduceva al piano terra.
Il piccolo piano superiore, dove dovevano esserci le stanze private dei tre cacciatori, si limitava ad una zona a cerchio sopra le loro teste, lasciando libero il centro dell’edifico e del soffitto, da cui penzolava un’enorme voliera di ferro battuto, dentro cui un gigantesco e coloratissimo uccello, dagli occhi grandi e scuri e dal becco a righe, dondolava su un ballatoio esile e logoro.
L’animale, fiero e forte un tempo, era segnato da varie cicatrici sul muso, procuratesi tentando di scappare, segno che la povera bestiola fosse prigioniera da molto tempo dei tre bracconieri.
Con saltoni scoordinati e bruschi, Jonny scese la rampa di scale seguendo John, dirigendosi verso la zona delle gabbie, canticchiano e facendo dondolare Nami sulla sua spala.
-Smettila ubriacone, così mi farai vomitare / E sappi, che sulla tua spalla, non esiterò la mia colazione rigettare…- sbuffò la rossa, dimenando la coda contro la mascella del barbone.
-Smettila cretina…- la sculacciò lui, mugugnando infastidito.
-Come osi, lurido maniaco pervertito?!? / Riprovaci, e ti strappo ogni dito!!!!-
Una seconda manata segnò lo squamoso sederino della navigatrice, che gridò rabbioso per l’affronto, dimenandosi e urlando senza tregua, scalciando violentemente con la coda contro il volto e lo stomaco del sequestratore, che imprecava stordito dai colpi.
-Stupida sirena!!!!! Ferma, ferma!!!- l’aveva presa per i fianchi, togliendosela dalla spalla e sollevandola nell’aria davanti al volto. La rete cadde a terra, liberando le braccia di Nami e premettendole di muoversi più liberamente. La cartografa, furiosa e accaldata, iniziò a graffiare e dimenarsi tra le zampacce del bracconiere, gridando e imprecando contro di lui, inveendo contro i suoi fratelli, insinuando una certa relazione amorosa tra loro e un qual certo numero di Okama.
-Smettila di dimenarti, cretina!!!!- mugugnava il pancione, allontanando meglio che poteva la rossa da lui, ma Nami riusciva comunque a ferirlo, stordendolo con le sue grida.
Il mingherlino Jo, corse in auto del fratello, legando una pesante palla d’acciaio, sorretta da una catena, alla coda da sirena della navigatrice, che per l’improvvisa pesantezza, scivolò dalla presa ferrea di Jonny, cadendo al suolo.
-Stupidi maleducati!!! / Ma siete stati dagli animali educati?!?- sbottò massaggiandosi il fondo schiena leso.
Veloce, Jo approfittò dell’attimo di distrazione della rossa, ammanettandole le mani dietro al schiena, bloccandole ogni tipo di offensiva.
-Ben fatto Jo…- si complimentò John, allontanandosi da uno scrittoio, ampio e coperto da lumacofani e cartacce varie, da cui aveva effettuato alcune chiamate.
-Ben presto i nostri acquirenti si metteranno in contatto con noi via lumacocamera, in video conferenza… così potranno vedere con i loro occhi la nostra bella sirena dalla coda rubino e la rima sempre in bocca…-
-Non sono una sirena vera, te l’ho detto…- si ripeté Nami nell’affermare, come aveva fatto per tutto il tragitto dalla locanda fin lì, la sua vera natura –Sono così a causa del morso di un animaletto…-
-Taci, bugiarda di una sirena…- la zittì Jo, stingendo le catene ai suoi polsi.
John le si avvicinò con passo lento, divertito da quella sirena, a terra in mezzo agli altri due sequestratori, che si dimenava seduta sul pavimento, ringhiando furiosa. Lo slanciato cacciatore le prese il viso in mano, fermandoglielo e obbligandola a fissarlo nei suoi scuri e piccoli occhi.
-Di tutto quello che vuoi… tanto non m’inganni…- le accarezzò il contorno del viso - …sai, non appena ho detto le tue qualità, due Draghi Celesti si sono subito interessati a te… sono pronti a pagare cifre esorbitanti per averti…- ridacchiò leccandosi le labbra.
Soffiando rabbiosa, Nami gli sputò in viso, oscillando la chioma ramata, che le cadde sul volto, a sottolineare il suo sguardo di fuoco.
-Io non sono in vendita / Da me non ricaverai alcuna rendita- affermò guerrigliera.
Uno schiaffo di Jonny la zittì, punendola del suo affronto.
-Vedremo se sarai così spavalda, anche quando sarai la schiava di qualche rudere Drago Celeste…- la minacciò, alzandola da terra e avvicinandosi alla grande vasca trasparente.
John si asciugò la saliva della sirena dal viso, ringhiando insultato, mentre suo fratello minore fulminava con lo sguardo la loro preda.
-Mettila a mollo, Jonny…- ordinò il capo -… non vorrei che si deidratasse, la nostra cara sirena dalla coda rubino…- finse gentilezza, mentre tornava a trafficare sulla scrivania con i lumacofani.
Il grassone annuì, salendo la rampa di scale che costeggiava la vasca. Raggiunta l’apertura della parte superiore, gettò Nami al suo interno, lasciandola sprofondare, per il peso eccessivo delle catene che la legavano, tra l’acqua cristallina e priva d’onde.
Dimenandosi e urlando, la rossa tentò di nuotare, ma non ci riuscì, e dovette arrendersi alla forza di gravità, che la spinse sul fondo della vasca. Affondando, un centinaio di pesciolini colorati scapparono al suo passaggio, allontanandosi da lei. Ve n’erano di mille colori e forme, alcuni piccoli e dagli enormi occhi blu, altri giganteschi e dall’aspetto di elefanti o tigri, che annusarono curiosi l’aroma di Nami che si fondeva con l’acqua, apprezzandolo e nuotando in cerchio attorno alla sirena per accoglierla tra loro come compagna.
La cartografa si adagiò elegantemente sul fondo vetroso della piscina, guardandosi attorno, cercando una via di fuga, non presente purtroppo.
Alzando lo sguardo, Nami notò che la peschiera era divisa da una spessa lastra di vetro, che la separava in due metà. Nella parte opposta alla sua, quella più sotto al terrazzino rialzato dell’entrata, una gigantesca murena dai denti affilati e taglienti, emerse dall’acqua torbida, rivelando la sua enorme figura e i suoi occhi affamati.
Dal suo dorso violaceo, circondato da una fine lisca di squame rossiccia, una leggera scarica elettrica si liberò nell’acqua, accompagnando il sibilo cattivavo dell’animale. Quello, notando subito la sirena, si buttò contro il divisorio trasparente, tentando di afferrarla e divorarla, fallendo per fortuna grazie allo spessore del vetro. Un secondo ringhio, avvisò Nami del suo appetito ingordo, e del fatto che certo la bestiola non si sarebbe arresa a quel primo insuccesso.
Disperata, una piccola lacrima chiara scivolò dagli occhi nocciola della ragazza, mischiandosi all’acqua, mentre dei piccoli pesci accorrevano a consolarla. Nami abbassò il capo, fissando il suo top e la gonna fradici, mentre la mente correva lontano.
-Zoro, stupida alghetta / Ti prego, fa in fretta…- sussurrò in un soffio, che vibrò debole e scoraggiato nell’acqua, in cerca di una via di fuga.
 
 
Erano le tre meno un quarto.
Le tre meno un quarto!!!
Nervoso, continuò a camminare sul ponte, tracciando il suo percorso, avanti e indietro, di fronte alla passerella che collegava la Sunny al porto. Grugnì, per l’ennesima volta da fine pranzo, borbottando e infossando lo sguardo sul selciato chiaro del porto.
-Calmati fratello… arriverà…- tentò di tranquillizzare Zoro Franky, rinfrescandosi bevendo una Cola.
-Ma si, avrà perso la cognizione del tempo restando impalata davanti a una vetrina di vestiti…- minimizzò il ritardo della navigatrice Usop, mischiando le carte da gioco al tavolo basso assieme a Chopper.
-Lei non è mai in ritardo… se ritarda avverte…- sbottò lo spadaccino, infossando sempre più le mani nelle tasche dei pantaloni.
All’ora di pranzo, tutti erano presenti attorno alla tavola, tranne lei.
Da subito, non si era preoccupato, dandosi la stessa spiegazione del cecchino, e sparando che lo shopping le servisse a calmarsi, e a farla tornare a bordo più serena. Ma quando non aveva fatto rotrono ne all’una, ne alle due, la leggera vibrazione che lo abitava fin dal mattino, era aumentata dentro di lui, innervosendolo più del solito.
Lo sapeva, sapeva che le era successo qualcosa. Qualcosa di brutto, superiore alle sue forze, che la faceva tardare, bloccandola chissà dove. Nami non era mai in ritardo, ne si perdeva, ne tanto meno li lasciava in pensiero così tanto.
-Basta…- decise pestando un piede sul prato –Vado a cercarla…-
-Fermo… di certo starà tornando…- alzò le spalle Franky, sbadigliando.
-Si, Marimo... calmati e non rompere… la mia bella sirena sarà certamente qui a minuti…-
-Non saprei cuoco…- affermò Robin, accettando il bicchiere di succo fresco che il biondo le offriva -… non è da Nami tardare così a lungo…-
-Uhm… forse si è persa…- mugugnò Rufy, rotolandosi sul prato.
-Nami non si perde…- scosse il capo Usop, posando sul tavolo basso le carte, interrompendo il gioco.
-Forse è andata a nuotare…- piegò il capo su un lato Chopper, ragionando.
-No, no… le è successo qualcosa…- scosse il capo nervoso Zoro, incrociando le braccia al petto, mentre la vibrazione, che lo attanagliava, persisteva a muoverlo da dentro.
-Non esagerare Zoro… Little Peace è un’isola tranquilla… non ci sono grandi pericoli…- tentò di calmarlo Brook.
-Ma ce ne sono comunque…- intervenne Sanji, supportando l’ipotesi dello spadaccino, e iniziando a preoccuparsi anche lui.
-State esagerando secondo me…- borbottò lo scheletro, accordando il suo violino.
-Zoro, sei sicuro che Nami si torvi in pericolo?- chiese Rufy, steso a terra con le braccia piegate sotto il capo.
-Lo sento…- affermò quello, digrignando i denti per una nuova ondata vibrante, che lo smosse più delle precedenti.
Con un balzo, il ragazzo di gomma si alzò in piedi, calandosi il suo cappello sullo sguardo, avvicinandosi al verde davanti alla passerella.
-Dove andate?- chiese Chopper, stupito.
Cappello di Paglia si voltò verso i Nakama, sorridendo a 36 denti, mentre si portava le mani ai fianchi.
-Se Zoro dice che Nami è in pericolo, allora io gli credo… se non lo sente lui che le è successo qualcosa, chi può mai farlo?- disse sicuro delle sensazioni del suo spadaccino.
Tutti lo fissarono muti, per poi annuire.
-Andate… se la trovate, o scoprite qualcosa, tornate qui e facciamo il punto della situazione… ormai le 24 ore da sirena stanno per finire, e non vorrei che le accadesse qualcosa…- decise Franky.
-Vengo anch’io con voi… non sia mai che lasci salvare la mia sirena da un Marimo… solo Mr Prince può…- seguì Zoro e Rufy il cuoco, scendendo anche lui nel porto.
Senza aspettare altro tempo, i tre si precipitarono sulla via principale della città, sfrecciando tra le bancarelle del mercato e spintonando la folla.
Saettando sul ciottolato, lo spadaccino seguiva una via ben precisa, rincorrendo una sica calda e dolce, come se il profumo di Nami lo guidasse a lei. Accelerò il passo, buttando l’occhio tra le persone che lo fissavano offese dai suoi spintoni, cercando tra tutti quegli sguardi anonimi, quello profondo e al cioccolato della navigatrice.
-Zoro!!!! Aspetta!!!!- gridò Rufy, correndo al suo fianco –Ma dove stiamo andando?!?-
-Non lo so… so solo che è passata di qui, lo sento… Rufy dobbiamo trovarla… è nei guai, lo so…- ruggì il verde, avanzando senza sosta.
Il suo capitano annuì, fidandosi di lui ciecamente, correndo sempre più.
Dietro di loro, con occhi attenti e a caccia di dettagli, Sanji setacciava i vari negozi, sperando di vedervi qualche traccia di Nami.
Superò un rigattiere, dalla vetrina lucida e a specchio, una bottega di vestiti, un orologiaio, una taverna in cui doveva essere passato un tornado…
Si bloccò di sasso, impiantando i piedi sulla strada, fermandosi davanti alla locanda.
Era piccola, non molto illuminata, ma accogliente, nonostante la porta sradicata e il bancone, che s’intravedeva dall’uscio, fosse ricoperto da bottiglie rotte e bagnato di liquore.
Sulla porta, il proprietario, un omone grande e dalla pancia enorme, due baffoni scuri e sopracciglia folte, spazzava fuori dal suo bar i cocci di alcune bottiglie vuote, borbottando e mettendo in bella mostra, sul cranio calvo, un cerotto enorme che copriva un taglio sbavato e recente.
-Fermi…- urlò a Zoro e Rufy, ben più avanti di lui, che non lo sentirono e continuarono la corsa.
-Idioti… FERMI BABBEI!!!! FERMI!!!!!- urlò, portandosi le mani alla bocca.
I due si bloccarono di colpo, voltandosi verso il cuoco.
-QUI!!!- con un braccio alzato, il biondo gli indicò al taverna –TORNATE QUI!!!!-
Entrambi fecero dietro front, raggiungendo il cuoco.
-L’hai vista?!?- chiese ansioso Zoro, allungando il collo verso la taverna.
-Taverna distrutta equivale a zuffa, e dove c’è zuffa c’è…-
-Nami!!!! Bravo Sanji… entriamo e chiediamo…- partì spedito Rufy, avvicinandosi al proprietario, che borbottava sconsolato.
-Ehi amico…- alzò una mano in segno di saluto il moro.
-Mi spiace ma siamo chiusi, causa devastazione…- grugnì svelto l’uomo, non alzando nemmeno lo sguardo sul ragazzo, concentrandosi sul ripulire.
-Che è successo?- si avvicinò Sanji, guardando l’interno del locale.
-Umpf… tre balordi mi hanno messo sotto sopra il locale, ecco che è successo…- ringhiò il barista, mostrando, con un moto del braccio, le bottiglie di liquore rotte sul bancone.
-Mi dispiace…- mormorò Rufy, guardando la taverna.
-A me spiace di più per la sirena…- borbottò l’uomo, gettando in una pattumiera i cocci di una bottiglia.
-Che sirena?!?- domandò a corto di fiato Zoro, afferrando una spalla dell’uomo.
-Quella che hanno rapito… era bellissima e gentile, una ragazza a modo, davvero… non credevo nemmeno che fosse una sirena, ma quando ha tentato di rifiutare di bere con quei tre, uno di questi l’ha spinta a terra, strappandole la gonna e svelandone la coda…-
Lo spadaccino prese per il colletto l’uomo, alzandolo da terra e scuotendolo nell’aria.
-DOVE, DOVE L’HANNO PORTATA?!? DOVE HANNO PORTATO NAMI?!?- interrogò furioso.
-Ehi calma!!!!- ruggì quello, serrando le sue mani attorno a quelle del verde.
-Zoro mettilo giù… calmo, lui non centra niente con quei tre…- posò una mano sulla spalla del samurai Rufy, convincendolo a liberare il barista.
L’uomo si massaggiò il collo rosso per la presa, tossicchiando un po’.
-Lo perdoni… è solo un Marimo innamorato e preoccupato… sa dirci dove hanno portato la sirena, quei tra balordi?- chiese gentilmente Sanji.
-Si… quei tre sono dei bracconieri, cacciano e vendono ogni tipo di animale che trovano… stanno nella parte ovest dell’isola… ma non so dove, esattamente... in mezzo alla foresta…-
-Grazie… quanto tempo fa è accaduto il tutto?-
-Un paio d’ore, forse di più… io e i miei clienti abbiamo tentano di aiutare la sirena, ma quei tra ci minacciavano con le loro armi… la poverina, mentre veniva rapita, ha perso perfino questi…- da un tavolino meno esposto, estrasse due bastoncini metallici blu elettrico, accostati per lungo, uno accanto all’altro.
Rufy gli prese in mano, riconoscendoli subito.
-Il suo Climate Sansetsukon…- mormorò, mostrandoli allo spadaccino, che li prese in mano fissandoli spaventato.
Non era riuscita a difendersi.
Maledizione, era sola, in balia di tre sequestratori, spaventata e indifesa.
Strinse nei palmi le due clave, ringhiando.
-Che facciamo? Non abbiamo molto tempo e non sappiamo come trovarla…- si accese una sigaretta Sanji, nervoso e preoccupato, mentre il barista si allontanava nel retrobottega.
-Non lo so…- scosse il capo Zoro -… io…-
-Nami non è una stupida…- affermò serio Rufy, incrociando le braccia al petto e fissando le parti dell’arma della navigatrice –Se ha abbandonato qui, questi due pezzi del suo bastone, un motivo c’è… non l’ha fatto per sbaglio… Nami non fa mai niente per sbaglio…-
-Vero…- il cuoco prese i due pezzi in mano, rigirandoseli tra le dita -… forse è un messaggio… un’indicazion…-
Gli scivolarono di mano, cadendo al suolo, in un tintinnio metallico. Le due clave si distanziarono bruscamente, trillando a terra, emettendo piccole e deboli scariche elettriche, vibrando offese.
-Razza di idiota, fa attenzione!!! È l’unico indizio che abbiamo per ritrovarla…- gridò Zoro, mostrando un pungo al biondo.
-Lo so, che credi? Di essere l’unico in pensiero per la mai bella Nami?!? Non l’ho mica fatto apposta…- fumò offeso il biondo.
-Ci mancherebbe solo quello…-
-Che stai insinuando, eh? Che non voglio trovare la mia dolce sirena?!?-
-Non è la tua dolce sirena… al massimo è la mia dolc…-
-Guardate!!!!-
Rufy fermò il litigio dei due, indicando sorpreso le due clave blu rotolare sul pavimento con forza. Sanji e Zoro si zittirono, fissandole stupiti. Le mazze sembravano cercarsi, volteggiando in cerchi uguali, cercando di orientarsi e ritrovarsi sul pavimento polveroso del locale.
Altre due giravolte, e poi i due bacchi si unirono in uno solo. La pertica roteò ancora una volta, come a cercare una direzione, per poi puntare verso la strada e rotolare sul pavimento, correndo veloce tra una scossa e l’altra.
-Ma che fa?!?- la rincorse Rufy, fermando la sua fuga sul ciglio della porta.
-Acc… è forte!!!! Sentite come scalcia in avanti… è come se volesse scappare da qui, vibra in un modo incredibile… come se fosse attratta da qualcosa in strada…- la strinse forte in mano.
-Rufy, te l’ho mai detto che sei un genio?- gli si avvicinò Sanji, entusiasta, battendogli una mano sulle spalle.
-No, ma sentirselo dire fa bene… comunque, perché?- sorrise il moro.
-Il Sansetsukon di Nami può modificare gli aspetti meteorologici, no? Pioggia, fulmini, lampi, vento, tempeste…-
-Arriva al dunque, cuoco… la mocciosa non ha tanto tempo…- sbottò Zoro.
-Anche tempeste magnetiche, quindi…- guardò la lancia metallica il Latin Lover -… in questo caso, il bastone diventa una sorta di magnete gigante… e se un magnete viene diviso, che fa?-
-Ehm… è una domanda a trabocchetto…?!?- alzò un sopracciglio Rufy.
-Cerca la metà da cui è stato divisa, e ci torna insieme…- afferrò la clava lo spadaccino, alzandola nell’aria, capendo che voleva dire il cuoco -… quindi questa parte del Climate è incompleta e vuole…-
-… tornare dall’altra, e l’altra ce l’ha di certo la mia bellissima e intelligentissima sirena… oh Nami, che faremmo senza di te?!? Ci sta praticamente indicando la via per raggiungerla…-
-Cadendo a terra, il magnete dev’essersi attivato…- annuì Zoro, mollando uno scappellotto a Sanji per aver chiamato la sua mocciosa “sua sirena” di nuovo -… la mocciosa sapeva che saremmo venuti a cercarla e che, da imbranati, avremmo fatto cadere a terra la sua arma… o forse, sperava che Robin capisse al volo la sua indicazione, e noi abbiamo avuto solo fortuna…-
-Uhm… bah, io non c’ho capito niente, ma se quel bastoncino ci porta da Nami, va bene tutto…- disse sicuro Rufy -… forza torniamo sulla Sunny e, tutti insieme, partiamo a recuperare Nami…-
I tre annuirono, correndo a ritroso lungo la città.
Zoro stingeva, nella corsa, il bastone di Nami in mano. Glielo avrebbe ridato lui, e all’ora, quei tra sequestratori se la sarebbero vista davvero brutta, sia con lui che con la sua mocciosa…
Finalmente, la vibrazione disarmante e nervosa che lo tormentava, si chetò

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Capitolo 5
*** My Ruby Mermaid ***


My Ruby Mermaid
 

 
Un immenso monitor s’illuminò sulla parete finale della sala, dividendosi in 8 piccoli riquadri luccicanti, su cui presero posto altrettante figure scure e non ben definite.
-Ben trovati, cari acquirenti…- s’inchinò ai clienti John, affiancato ai lati dai due fratelli.
–Sono lieto di rivedervi ad una delle nostre esclusive aste di animali pregiati…-
Nami fissò atona lo schermo, stringendo, appeso per la cinta alle sue spalle, il suo frammento di Sansetsukon. Erano le tre e mezza, e l’asta stava per iniziare.
Aveva appena una mezz’ora, prima di tornare umana,
Volse lo sguardo alla murena carnivora, che ancora continuava ad urtare contro la barriera di vetro, vogliosa di cibarsi di lei, accanendosi su un punto centrale della lastra, dove una piccola crepa si stava formando.
La ramata, tornò a fissare lo schermo della video asta. Se anche fosse riuscita a non farsi vendere, le restava troppo poco tempo per riuscire a liberarsi dalle catene e riemergere dalla vasca per respirare. Una volta tornata umana, non avrebbe più avuto branchie per respirare sott’acqua, e sarebbe annegata in un attimo, incatenata o non per le mani e le gambe, sempre che la murena non riuscisse a far breccia nel divisore prima di tutto il resto, pappandosela in un sol boccone, eliminando ogni preoccupazione sul come salvarsi da quella brutta faccenda.
Nami non aveva altra speranza che attendere l’intervento, tempestivo e tempestoso, dei suoi Nakama. Sfiorò, con la punta delle dita, il metallo fresco e liscio della sua arma, chiudendo gli occhi e sperando con ardore che il suo campo magnetico fosse abbastanza forte, nonostante la notevole distanza dalla casa dei bracconieri, al locale in cui l’avevano rapita, da richiamare gli altri pezzi del Sansetsukon.
-Signori, signore e Draghi Celesti…- riaprì gli occhi alle parole di John, puntandoli sul longilineo uomo –Oggi vi offriamo, non solo la spaventosa Murena Assassina del Nuovo Mondo, o il Bisonte Alato del Regno di Torino, o i babbuini agguerriti chiamati Umandrilli di Kuraigana…- fece mostra delle povere creature ammassate nelle gabbie attorno a lui, spaventando ancor di più gli animali, che ringhiarono intimoriti -… vi facciamo mostra anche di un cucciolo di Blugoria appena cacciato da Shinkoku…- un piccolo batuffolo azzurro e nero si dimenò sul fondo di una gabietta, piangendo terrorizzato, mentre veniva mostrato ai clienti dal piccolo Jo, che lo alzava ghignando -… e di una preziosissima e rara, quasi estinta, sirena dalla coda rubino…-
Con un gesto teatrale e, usando un occhio di bue diretto su di lei, nel lato della piscina più vicino allo schermo e distanziato dall’ombra buia del balcone dell’entrata, John presentò Nami, esibendola in tutta la sua meravigliosa bellezza di prigioniera.
I capelli rossi fluttuarono nell’acqua cristallina quasi a farlo apposta, evidenziando gli occhi color caramello della navigatrice. La sua morbida pelle color dell’avorio brillò nella trasparenza della vasca, il suo fisico avvolto dagli indumenti bagnati, che ne sottolineavano la prosperosità, e la meravigliosa coda rossa e splendente, che brillò come un rubino per il riflesso della luce puntatele contro.
Tutti i clienti deglutirono ammaliati da tanta grazia, incantati dal fascino marino della ragazza. Due di loro si asciugarono una scia di sudore sulla fronte, mentre altri si ripulivano gli occhiali che indossavano increduli.
-Base d’asta per questa meravigliosa sirena…- continuò avido John -… 5 milioni di berry…-
-Che cosa?!? Stai scherzando?!?- sibilò inferocita e offesa Nami, dimenandosi nell’acqua, facendo tintinnare le catena –Ma sei cretino?!? Che cavolo stai blaterando?!?-
Jo e Jonny fissarono stupiti Nami, vedendola scuotersi rabbiosa nella vasca.
-Solo 5 di berry milioni?!? / Io valgo minimo 10 volte di più, stupidi coglioni!!!!-
Jo e Jonny si fissarono senza parole: era la prima loro preda che si lamentava di una base d’asta così bassa. Deglutirono tornando a fissare silenziosi il monitor.
-Ehm… ecco… come avete sentito, la nostra bella sirena sa anche poetare meravigliosamente… ehm… certo, ha un lessico un po’ colorito, ma con un paio di lezioni di dizione, magari…- si asciugò una goccia di sudore, John, aprendo le mani impacciato.
-5 milioni di berry…- offrì senza indugio un cliente grassoccio e dall’ombra imponente, alzando una mano nel suo riquadro luminoso.
-5 e mezzo…- ribatté un altro, dal lato opposto del monitor.
La navigatrice si zittì terrorizzata all’idea di divenire presto proprietà di una di quelle figure scure e nascoste. I suoi occhi si dilatarono impauriti, mentre si riempivano di lacrime. Si morse un labbro, vietandosi di piangere, mentre pensava furiosamente alla sua ciurma, e a quanto avesse bisogno di loro.
-6…- una donna si fece aria con un ventaglio elegante, avanzando la sua offerta.
-7…- replicò un Drago Celeste, il cui capo era ingrandito da una bolla protettiva.
-Offro 7 milioni e…-
La proposta dell’acquirente fu interrotta da un colpo improvviso, che si abbatté violento contro la porta d’entrata. Una seconda mazzata fece tremare lagnanti le tavole della soglia, che iniziarono a piegarsi verso l’interno della casa.
-Ma che sta succ…?- aprì bocca Jo, studiando la porta oscillare, prendendo mani alle armi nervoso, ma non riuscì a concludere la frase, che l’entrata si divelse in tante piccole schegge di legno, crollando come pioggia sul corridoi che costeggiava l’apertura superiore della vasca.
- Coup de Burst…-
La ghignate e perversa voce di Franky echeggiò dal portone, rimbombando divertita all’interno dell’edificio.
-Avevamo detto di usare le buone maniere…- lo ammonì Sanji, aiutando Robin ad entrare nel covo dei sequestratori, scavalcando qualche rimasuglio della porta.
-Fratello, con i tuoi calci saremmo entrati domani… e poi così, abbiamo fatto un’entrata troppo Super!!!!- molleggiò sulle gambe il cyborg, mettendosi in posa accanto alla ringhiera.
-Erano solo calci di avviso: se non avessero aperto, avrei sfondato la porta anch’io…- ruggì il biondo.
-Si, ma così ho mantenuto alto il nome di super pirati dei Mugiwara… e dai, chi altro si può permettere un’apparizione del genere?!? Siamo troppo super!!!!-
-Si, Franky ha ragione: è stato tropo bello…- prese a braccetto il carpentiere Rufy, ballottando tra le macerie.
-Io avrei preferito un approccio più pacifico…- intervenne Brook.
-Anch’io… è un’isolatta così tranquilla, questa: non turbiamola con le nostre solite zuffe…-
-Usop ha ragione, capitano… avevamo deciso di comportarci bene, e di non farci riconoscere come nostro solito…- affermò matura Robin, guardandosi attorno.
-Umpf… che guasta feste… se non la animiamo un po’ noi, sta isola, diventerà pallosa come quella di ieri… e poi io faccio sempre il bravo…- mugugnò Cappello di Paglia, imbronciandosi.
-Taci cretino!!!- lo sgridò Zoro, guardandosi attorno attentamente.
Un debole bussare attirò l’attenzione del gruppo, che si ammutolì, volgendo lo sguardo sull’enorme vasca al centro della sala, in cui, una bellissima sirena dalla coda rubino, tamburellava la punta della sua coda sul fondo vetroso della sua cella, tentando di farsi notare dai Nakama.
-NAMI!!!!!!!- urlò Rufy, sporgendosi sulla ringhiera traballante al di sopra della cisterna, salutando con un sorriso la navigatrice, mentre il resto della ciurma si avvicinava alla balaustra, imitandolo.
La rossa sorrise felice, muovendosi debolmente nell’acqua, tentando di nuotare verso di loro, fallendo per via delle catene.
-Ora arrivo, mia Sirena!!!!!- le mandò un bacio Sanji, alzando una gamba sopra la ringhiera, pronto per tuffarsi nella piscina, non notando che sotto di lui, una gigantesca murena si leccava i baffi pregustando la carne del biondo tra le sue fauci, se questo si fosse azzardato a tuffarsi nella sua parte di vasca.
-Fermo, cuoco imbranato / Se lì ti tuffi, finisci sbranato- lo avvertì Nami, proprio prima che la murena liberasse una piccola scarica elettrica nell’acqua, illuminandola.
-Accidenti!!!!- si allontanò Sanji, beccandosi un pugno da Zoro.
-Idiota!!! Non l’avevi vista?!?-
-Perché tu si?!?-
-Avrò anche solo un occhio, ma un pesce grande come quello lo vedo… a differenza tua…-
-Marimo imbranato!!!! Che vuoi insinuare?!? Ora ti faccio vedere io!!!!-
-Tranquilla sorella…- urlò Franky, lasciando che lo spadaccino e il cuoco si menassero -… ora ti liberiamo… comunque, visto che entrata super?!?-
I pirati continuarono a chiacchierare indisturbati, non notando i tre bracconieri, ammutoliti da quel branco di pazzi fuggiti a chissà che manicomio, appena entrato nel loro fortino, che spalancavano gli occhi increduli davanti a quei matti, che senza alcuna paura o ansia, invece che  preoccuparsi del pericolo che correvano, ad entrare in un covo di sequestratori come il loro, se ne stavano lì a discutere svogliatamente, non notando nemmeno la loro presenza.
-EHI, VOI!!!!! MA CHI CAVOLO SIETE?!? CHE CI FATE QUI?!?!- urlò furioso John, brandendo nell’aria la sua pistola verso i pirati, mentre Jo e Jonny correvano su per la scalinata per sistemare gli intrusi.
-Ora vi sistemiamo noi…- sganasciò il grosso, roteando nel palmo della mano una sciabola spessa 4 dita.
-Sbrigatevi a farli fuori, o rovineranno l’asta…- ruggì John, interrompendo la trasmissione delle immagini, spegnendo le lumacocamere, facendo apparire sugli schermi un disegno dei tre cacciatori intenti ad ammansire un orso gorilla con una sedia e una frusta, sovrastando la scritta “Problemi tecnici”.
In pochi passi, i due fratelli raggiunsero il corridoio rialzato dell’entrata, ergendosi contro il gruppo di visitatori, che stava decidendo il da farsi.
-Propongo che Zoro si occupi di liberare Nami…- affermò Robin, zittendo, grazie alle sue abilità, le proteste di Sanji, mentre lo spadaccino arrossiva leggermente incrociando le braccia al petto.
-Concordo… mentre noi, libereremo queste povere bestiole…- annuì Usop, guardandosi attorno e nel vasto locale.
Migliaia di gabbie ammucchiate attorno a loro rumoreggiavano impaurite, vibrando di latrati e ringhi fischiati, accompagnando mille occhi scuri e selvaggi di animali imprigionati.
I pirati fissarono le povere bestiole rinchiuse al loro interno, nauseati dalla crudeltà dei tre cacciatori.
-Bestie...- strinse i denti Chopper, accarezzando un cervo blu striato rosso, rannicchiato per la paura in un angolo della sua cella, sul pianerottolo –Come potete trattare così queste povere creature?!? Siete delle belve!!!!-
Sordo alle sue proteste, e raggiunta la cima delle scale, Jo si scagliò contro la renna con una spada, ghignando divertito.
-Guarda John: ci hanno portato un regalo…- si rivolse al fratello indicando il dottore –Un ghiro parlante varrà di certo come un Blugoria…-
-NON SONO UN GHIRO!!!! SONO UNA RENNA!!!!- scalciò Chopper, fumando di rabbia.
-Forza ragazzi… diamoci dentro!!!!- buttò in aria le mani Rufy, scivolando sul traballante corrimano delle scale per scendere nell’ampia sala.
Usop e Brook, con un balzo, lo seguirono al pian terreno, infischiandosene dei padroni di casa e delle loro grida, rovistando tra le gabbie degli animali, per liberali.
-Fermi!! Quella è la mia merce!!!!- attaccò John, sparando all’impazzata e costringendo i pirati a correre tra le casse degli animali.
Con veloci colpi di spada, Brook spezzava i lucchetti delle celle delle bestiole, aprendole, mentre Usop sparava semi infiammati contro John, coprendo rufy e i suoi pugni che squarciavano le sbarre delle gabbie.
-Dannati pirati!!!- sbottò il bracconiere, ricaricando l’arma.
Intanto, sul pianerottolo, i suoi fratelli si fronteggiavano con gli altri pirati.
-Vattene, maledetto!!!- tuonò baritonale e duro Zoro, affrontando Jonny con una katane, mentre Franky tentava di colpire l’agile Jo, che sgusciava in ogni anfratto grazie alla sua piccola mole.
-Ho altro da fare…- affondò un colpo, permettendo a Robin e Chopper di scendere la scalinata e raggiungere il resto della ciurma, mentre tentava di liberarsi del pancione e di scendere anche lui le scale, per tuffarsi nella parte della vasca dove era imprigionata Nami.
-Altro da fare?!?- sbuffò l’energumeno, tagliando l’aria con la sua sciabola –Ti dico io che hai da fare: devi morire…-
Affondò maldestro la lama contro Zoro, mancandolo e impiantando la punta dell’arma al suolo, sbuffando come un bisonte.
-Taci cretino…- ringhiò il samurai, spingendo l’avversario contro una catasta di vecchie gabbie, che rovinarono a terra, aprendosi rumorosamente.
Veloce, si gettò verso le scale, pronto ad immergersi con un tuffo, ma Jonny gli si buttò contro, atterrandolo e fermando la sua corsa sul pavimento.
-Non so che centri con la sirena, ma sappi che non l’avrai così facilmente…- sbuffò l’omone –Vale un mucchio di berry… e io gli voglio quei soldi…-
Grugnendo offeso dalla venalità rivolta alla mocciosa, Zoro scalciò sul muso barbuto del cacciatore, liberandosi dalla sua presa. Si rialzò e impugnò ancora la spada, buttando un’occhiata al sole che filtrava da una sgangherata finestrella. Erano ormai le 4 meno un quarto.
Scansò un colpo di proiettile di Franky, che trapanava le mura pericolanti dell’edificio, tentando di colpire quella peste formato sequestratore di Jo, che correva da ogni parte. Lo spadaccino affrontò ancora Jonny, facendo cozzare le loro spade, mentre buttava un occhio a Nami.
La navigatrice si dimenava, ormai giunta quasi al termine del suo tempo da sirena, serrando gli occhi per la repentina diminuzione di ossigeno dentro i suoi polmoni. Le branchie stavano tornando semplice pelle della gola, affaticandole il respiro; le squame si assottigliavano sempre più sotto la gonna tagliata, perdendo colore.
Nami tentò di portarsi le mani alla gola, ma le catene glielo impedirono, affaticandola ulteriormente con il loro peso. I pesciolini che la circondavano, aumentarono il loro moto ondoso attorno a lei, spaventati dal suo rantolare affannoso e dal suo muoversi. D’improvviso, si volatilizzarono nei meandri più profondi della vasca, abbandonandola.
La rossa riaprì gli occhi spaventata dal silenzio, che ora la circondava, puntandoli davanti a lei. Irruente e potente, la murena si gettava con forza contro il vetro divisorio, bramosa di distruggerlo e cibarsi, producendo violente onde nell’acqua, che di certo avevano fatto fuggire il resto dei pesci. I suoi colpi aumentavano di potenze e numero, secondo dopo secondo, scagliandosi crudeli e assassini sul divisore. Nami vide la crepa, nel centro della lastra di vetro, ramificarsi verso i lati, aprendo una piccola breccia, che aumentava di spessore. Terrorizzata dalla paura di essere divorata, aumentò i suoi movimenti, oscillando per liberarsi dalle catene e nuotare in superficie prima di annegare, scappando dall’attacco della murena. Ma tutti i suoi sforzi erano vani, e le forze andavano a diminuire con la mancanza sempre maggiore di ossigeno.
Un crepitio.
Un battito spaventoso e brutale, l’avvertì che il divisore aveva ceduto sotto la forza dell’animale, che ora nuotava a bocca spalancata verso di lei, mostrandole tutti i suoi denti acuminati e affamati.
-ZORO!!!!!!!- urlò disperata, chiudendo gli occhi e usando l’ultimo respiro che le rimaneva, prima che i suoi polmoni si svuotassero completamente, facendole perdere i sensi.
Come una vibrazione potente e disarmante, come un sisma freddo che lo attraversò direttamente nel cuore, Zoro si voltò verso di lei, fissandola con occhi sbarrati.
Una moltitudine di bolle la circondava, frizzando nell’acqua, mentre la murena si muoveva, elegante e micidiale, verso il suo corpo. La nebbia di bolle si dissolse, rivelando la figura umana di Nami galleggiare nel liquido trasparente, bloccata sul fondo per le pesanti catene.
I suoi lunghi capelli nuotavano nell’acqua, accompagnando i lembi della sua gonna lacerata, mentre i suoi occhi, chiusi e inermi, davano la falsa illusione che dormisse, in quella sua posa strana, con le braccia incatenate sulla schiena e una gamba legata a una palla d’acciaio. Il muoversi lento ed elegante dei lembi della gonna, e il frusciare sensuale dei capelli rosi sull’azzurro dell’acqua, le donavano un’incantevole bellezza di sirena dormiente.
-Nami!!!!!!- ringhiò lo spadaccino, schivando un colpo di Jonny.
Stanco di quella perdita di tempo, e morente di pensiero per la sua mocciosa, affondò lesto la katana su quella del pancione, spezzandola e disarmandolo. Per la forza del colpo, il cacciatore cadde a terra, ruzzolando sul terrazzo, finendo a gambe all’aria tra le gabbie rotte e vuote. Senza pensarci un attimo, il verde rifoderò l’arma, tuffandosi, con un balzo dalla ringhiera, nella vasca, immergendosi nell’acqua.
Con un paio di bracciate, raggiunse la coda della murena, intenta ad accerchiare con le sue fauci il corpo della navigatrice, posandovi sopra ed estraendo due sue katane.
Corse fulmineo lungo la lisca del pesce, filando con la punta delle lame le squame dell’animale, tracciando il cammino della sua corsa, raggiungendo in pochi attimi il capo della murena, che trafisse in modo lieve, non mortale, tramortendola.
Di fatti, la murena chiuse gli occhi stroncata dal colpo, abbattendosi sul fondo della vasca, dove una moltitudine di pesci si alzò per evitare di essere schiacciata dalla mole potente dell’animale.
Rapido, il samurai affettò le catene che imprigionavano Nami, liberandola mentre rifoderava le spade. La prese per la vita, e nuotò con tutte le sue forze, salendo in fretta verso la luce che filtrava dallo specchio liquido, stringendo al petto la rossa.
No, non poteva perderla così, non ora che era sua. La sua Nami, la sua mocciosa, la sua sirena…
Con una spinta, fece emergere la figura di Nami, che urtò oltre la ringhiera, adagiandola sul terrazzino.
-Nami!!! Nami!!!!- le posò le mani attorno al viso pallido, dirigendolo verso di lui.
Nessun respiro le muoveva le labbra, lucide di acqua e bluastre.
-Nami!!!!!- la chiamò ancora.
Si guardò attorno, cercando Chopper, che però stava aprendo alcune gabbie al piano terra con Usop. Era troppo impegnato per sentirlo, e troppo lontano per accorrere in suo aiuto. Anche Robin, che stava liberando il piccolo Blugoria dalla sua gabietta, non poteva aiutarlo, come tutto il resto dei suoi Nakama.
Deglutì a fatica e si inginocchiò accanto alla navigatrice.
-Mocciosa…- le sussurrò, accarezzandole il viso -… non provarci nemmeno a morire…-
Posò veloce le labbra sulle sue, aprendole a forza, e incanalandoci aria all’interno. Il petto bagnato della cartografa, si alzò obbligato per l'immissione d’aria. Lo spadaccino portò le mani unite sul petto di Nami, posandole appena tra i seni. Spinse con forza, costringendo il diaframma a lavorare, muovendosi e riprendendo il suo operato.
Si piegò ancora sulla bocca di lei, riempiendola del suo respiro e del suo sapore, per poi ripete il massaggio cardiaco, imprecando contro un Kami non ben definito che voleva portargliela via.
-Non ci provare… non ci provare nemmeno… è mia… MIA… solo mia, hai capito?... se vuoi una sirena, vattela a pescare da un’altra parte… Nami è la mia sirena…-
Tornò di nuovo sulle labbra della navigatrice, soffiandovi deciso.
Erano morbide le labbra di Nami, dolci come mandarini, carnose come pesche.
La sera prima, quando l’aveva baciato di sfuggita, per poi scappare nella sua cabina, Zoro non aveva avuto il coraggio di assaggiarle, di provare anche solo a creare un ricordo di quella bocca così suadente e ammaliatrice. L’aveva sentita bagnata di lacrime amare, tremante di dolore, e ciò gli era bastato per fermare ogni suo intendo di ricambiare il bacio.
Ma ora, ora che era sua, di nessun altro, avrebbe pagato milioni di milioni di berry per sentirle vive, quelle labbra fredde e immobili, muoversi contro le sue, baciarlo e ricordargli che lo amava.
-Nami… maledizione… NAMI!!!!!-
Un fitto di acqua eruppe bruscamente dalla bocca della navigatrice, che si girò su un fianco tossendo e strizzando gli occhi.
-NAMI!!!!-
L’abbracciò con forza, alzandola da terra e portandosela al petto, dove l’asciugò con un abbraccio. Il capo di Nami s'infossò contro il collo di lui, respirando a fatica.
-Z-zoro…- ansimò, chiudendo gli occhi debolmente.
Lo spadaccino la stinse maggiormente, ghignando felice di risentire la sua voce.
-Zoro… io… io ti…. io ti am…-
Le sorrise accarezzandole il capo ramato, abbracciandola fiero che lei, dopo aver quasi sfiorato la morte, gli volesse ancora bene, che gli volesse ancora dire che lo amava, che lo avesse perdonato.
-Mocciosa…- le sussurrò all’orecchio.
-Io… io ti… io ti am… am… AMMAZZO!!!!!!- puntando le mani sul suo petto scultoreo, lo spinse via, liberandosi del suo abbraccio stritolatore.
-MA CHE MI VUOI MORTA?!?- gridò isterica, colpendolo sul cranio con un pugno –SONO MEZZA ANNEGATA, E ORA COMPLETI L’OPERA TU, SOFFOCANDOMI CON LE TUE MANI!?? IO TI AMMAZZO!!!!!!!!-
Tossendo e inveendo contro lo spadaccino, Nami si massaggiò le costole lese dalla stretta eccessiva del ragazzo, fulminandolo con lo sguardo.
-MA CHE TI SEI IMPAZZITA?!? TI HO SALVATO LA VITA, IO!!!!!- sbottò Zoro, offeso dallo scarso riconoscimento della navigatrice.
-ME NE FOTTO!!!! ANZI, SEI PURE UN SALVATORE DEL CAVOLO!!!! CHE ASPETTAVI A SALVARMI?!? IL BUZZURRO-SEGNALE?!? HO DOVUTO FARTELO NOTARE IO CHE QUELLA MURENA MI VOLEVA MANGIARE, PER DI PIU’ MENTRE STAVO ANNEGANDO!!!!!-
-E POVERA MURENA!!!! SE TI MANGIAVA, FINIVA AVVELENATA, DA QUANTO ACIDA SEI!!!!!-
Un calcio rispose alla frecciatina del verde.
-Idiota…- tossì ancora Nami, reggendosi il capo dolente.
-Umpf… manesca…-
-Che hai detto?!?- minacciò un pugno lo spadaccino la rossa.
-Niente…- si alzò da terra Zoro, offrendo a Nami una mano per alzarsi.
La navigatrice afferrò l’arto, usandolo come appoggio per sollevarsi, ma lo fece un po’ troppo bruscamente, perchè perse l’equilibrio, e rischiò di finire nuovamente a terra, se lo spadaccino non l’avesse accerchiata per la vita con forza, reggendola e portandosela al petto. Frastornata e indebolita, la cartografa si aggrappò alla camicia di lui, appiattendosi contro il caldo e protettivo torace che la scaldava, abbandonandosi tra le braccia che la stringevano.
-Sei debole…- mormorò Zoro tra i suoi capelli.
-Pure dottore, oggi, oltre che bagnino?- ansimò ironica.
Il verde ghignò, stringendola dolcemente, mentre rovistava sulla sua cinta.
-Credo che questi siano tuoi…- le offrì i due pezzi mancanti del Sansetsukon.
Nel rivederli, Nami sorrise, afferrandoli lesta e riunendoli all’ultimo frammento.
-Non riesco a creder che abbiate capito il mio segno… come avete fatto?- alzò lo sguardo sul volto dello spadaccino
-Ehm… è una lunga storia…- restò sul vago grattandosi il capo imbarazzato, minimizzando la fortuna avuta nel decifrarlo.
-Ehi!!!!! Nami!!!!!!!!-
Entrambi si voltarono verso Rufy, che sorridente, e a cavallo di una tartaruga-capra, saliva le scale.
-Sorella!!!! Stai bene?!?- si avvicinarono Franky e gli altri, abbandonando i tre sequestratori nel centro della sala sottostante, semi svenuti dai colpi dei pirati e in balia di un gruppo di Blugoria parecchio nervosi, e di altri animali,  vogliosi di vendicarsi.
-Tutto ben, ragazzi…- sorrise la navigatrice, lasciandosi abbracciare dai Nakama.
-Oh mia sirena!!!! Ero così in pensiero!!!!!- si tuffò su di lei, a braccia aperte, Sanji, abbracciandola calorosamente.
-Ora sto bene… tranquilli…- ridacchiò la cartografa per la presa, e le ciance amorose del cuoco, mentre Chopper tentava di scollarglielo di dosso per poterla visitare.
-Staccati Sanji!!!! Devo visitarla!!!!- gridacchiava la renna.
Con un colpo di zoccolo, riuscì a convincerlo ad allontanarsi da lei, prestando subito attenzione alla ragazza, facendola sedere a terra e inginocchiandosi accanto per visitarla.
Un continuo ringhiare e latrare, circondava il gruppo di pirati radunati sul poggiolo d’entrata, mentre canti di uccelli e bramiti felici s’intonavano liberi.
-Dottore… che stanno dicendo?- chiese Robin, sporgendosi dalla ringhiera per osservare tutti gli animali, ora liberi, scorazzare per la sala sottostante, distruggendo ogni tipo di macchinario e aggeggio dei tre sequestratori.
-Ci stanno ringraziando per averli salvati…- tradusse i ruggiti il medico, mentre controllava il battito cardiaco della cartografa -… stanno dicendo che penseranno loro a quei tre filibustieri, e di non preoccuparci per loro… sapranno tornare a casa…-
Chopper si alzò da terra, sorridendo felice.
-Stai bene… hai bevuto un po’ troppa acqua, ma presto passerà… un po’ di riposo è tutto quello di cui hai bisogno…- affermò verso Nami, che sorrise.
-Bene… allora possiamo tornare sulla Sunny… ho un certo languorino…- si leccò le labbra Rufy, volgendo uno sguardo speranzoso a Sanji, che alzò al cielo gli occhi, capendo al volo dove volesse arrivare il moro.
-Si fratelli, facciamo ritorno a casa e festeggiamo!!!! Una super festa!!!-
-Concordo con Franky-… così vi farò ascoltare, in anteprima assoluta, la mia nuova canzone: “Ruby Mermaid”…. Yohohoho-ho, vi piacerà…-
-SIIIIIIIIII!!!!! FETSA, FESTA, FESTA!!!!!!- iniziò già a ballonzolare felice Cappello di Paglia, prendendo per mano Usop e danzano in un cerchio ubriaco.
-Su, andiamo…- sorrise Robin, varcando per prima la porta divelta.
Gridando e cantando stonati, pian piano, tutti i pirati lasciarono l’edificio, ballonzolando felici.
Nami, ridacchiando per la contentezza dei Nakama, si alzò traballante sui suoi piedi nudi, dato che le sue belle scarpe erano rimaste nella vasca, muovendo appena qualche passo dietro Chopper, appena uscito dalla casa.
-Che credi di fare?- la fermò, afferrandola per un polso, Zoro, rimasto più indietro di tutti.
La navigatrice lo fissò muta, incapace di spiccicar parola. Prima, era stato semplice battibeccare con lui, urlargli contro e picchiarlo, presa com’era dalla furia del momento, ma ora, senza alcun motivo per cui litigare, e soli soletti, la gola le si seccò impacciata, non ben sapendo che dire.
Lo amava, tanto, troppo forse, ma si era ripromessa di dimenticarlo, di assecondare il suo desiderio, per quanto stupido e crudele che fosse, e di sopprimere per sempre quel suo sentimento. Ma come poteva riuscirci, se lui continuava guardarla con quel suo sguardo nero e profondo?
Come poteva smettere di amare un uomo, al quale bastava sfiorarla anche solo per un attimo, per farle battere il cuore a mille?
Deglutì a vuoto, ritraendo il polso dalla mano dello spadaccino, abbassando lo sguardo.
Non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia, da quanto il suo cuore si struggesse di dolore, per il suo rifiuto, e, contrariamente, anche di voglia di prolungare ancora quel leggero contatto delle loro pelli. Sfregò leggermente con la mano il polso, mordendosi un labbro per trattenersi dal buttarsi su di lui.
-Che vuoi buzzurro?- sbottò, fingendosi seria e sicura.
-Chopper ha detto che devi riposare… non puoi camminare fino alla Sunny…- la superò di un passo il samurai, sporgendosi verso la porta.
-E come dovrei tornarci a bordo?!? Volando?!?- soffiò acida la rossa, trincerando il suo dolore con la rabbia che ora le bruciava le vene.
-Bhè un’arpia come te, potrebbe anche riuscirci…- ghignò, inchinandosi a terra -… ma forse è meglio se ti porto io…-
Nami lo vide offrirle la sua schiena come appoggio, portando le mani sul retro della cinta a mo di sella. La navigatrice arrossì violentemente, spalancando gli occhi incredula.
-Scherzi?!?- domandò al verde, fissando la sua posa.
-No…- alzò le spalle lui.
No, era troppo, troppo crudele per fino per lui. Lo sapeva benissimo che lo amava, e che ci stava un male cane nel sapere che non la voleva, e invece che lasciarla in pace, a sbollire la delusione, lui le si offriva , come un vero cavaliere, di portarla in groppa fino al porto. Ma che scherziamo!?? Prendeva per i fondelli? Ci godeva nel vederla struggersi di mal d’amore per lui?
Che credeva, che le bastasse un solo giorno per dimenticarlo, per cancellare tutto l’amore che provava per lui?!?
Nami respirò a fatica, tentennando tra la voglia di buttarsi a capo fitto su quelle spalle protettive e calde, e quella di picchiare di rabbia quel cretino spezza cuori. Si morse un labbro, passandosi una mano tra i capelli fradici, rimuginando.
Avrebbe potuto approfittarne, rubare un piccolo pezzettino di Zoro, solo uno e tenerselo tutto per se, conservandolo come unico ricordo prezioso di loro due, o prenderlo di peso, e buttarlo nella vasca della murena, vendicandosi del suo rifiuto.
Uhm… la seconda ipotesi, la stuzzicava parecchio…
–Allora?!? Ti muovi?!? Preferisci che venga Sanji a portarti?!? Lui e le sue mani lunghe?!?- piegò il capo verso di lei Zoro, sbuffando impaziente.
Riportata alla realtà, Nami arrossì ancora di più, distogliendo lo sguardo nocciola dal corpo atletico del ragazzo.
-Posso farcela tranquillamente da sola…- soffiò incrociando le braccia al petto.
-Ma se non ti reggi nemmeno in piedi, e poi sei pure scalza …- ghignò lo spadaccino –Avanti, muoviti o perdiamo gli altri…-
-Tu, perdi gli altri, io non mi perdo mai…- sbottò acida, fulmiandolo con lo sguardo.
-Già… però compensi facendoti rapire parecchio…- sghignazzò, prima di venir fulminato da un tuono della rossa.
-Cretino!!!- lo superò, con passo incerto mentre riponeva la sua arma, uscendo dall’edificio e avanzando nella foresta, seguendo il vociale dei compagni.
Nuovamente il samurai la bloccò, costringendola a voltarsi indietro e a fissarlo negli occhi. Nami si sentì trapassare l’anima, ed ebbe un tuffo al cuore, che annaspò senza respiro, per poi battere in fibrillazione.
-Tu non vai da nessuna parte, se non in groppa a me…- ringhiò serio, non accennando ad alcun tipo d'imbarazzo, che invece colorò di porpora le guance della cartografa, che abbassò veloce lo sguardo ai piedi imbarazzata.
Zoro ghignò soddisfatto, assottigliando lo sguardo entusiasta. Vederla arrossire per le sue insistenze, gli dava conferma che provasse ancora qualcosa per lui, e che di certo era in lotta con se stessa sul accettare la sua proposta, o il picchiarlo per essa, e dato che si tratteneva abbastanza dal malmenarlo, era ovvio che la prima parte era in vantaggio.
-Se-se proprio insisti…- biascicò rossa Nami, non notando lo sguardo divertito del verde.
Veloce e forzuto, Zoro afferrò la navigatrice per un polso, attirandola a se, facendole aumentare il rossore, mentre le passava le mani attorno alla vita per caricarsela sul dorso. In brevi e veloci falcate, lo spadaccino raggiunse i loro Nakama, non perdendosi nei pochi metri che li dividevano, grazie la loro parlare chiassoso nel verde della foresta. Rimase comunque nelle retrovie del gruppo, avanzando lentamente, mentre fissava, con la coda dell’occhio, il viso di Nami infossato sulla sua spalla destra, il cui sguardo si perdeva lungo il sentiero boschivo.
Teneva le mani appena appoggiate sulle sue spalle, non provando nemmeno ad abbracciarlo, addossandosi il minimo a lui, bagnandolo appena con i suoi indumenti gocciolanti.
I lunghi capelli, ancora un po’ umidicci, lo rinfrescavano dalla calura della foresta, colando piccole gocce d’acqua lungo il colletto della camicia e sul suo collo, e la sua pelle morbida era una carezza costante sulla schiena. Un soffio di vento alzò il dolce profumo di mandarino della ragazza, indirizzandolo totalmente sotto al naso di Zoro, che ne rimase incantato dalla gradevolezza. Deglutì, improvvisamente voglioso di baciarla, di assaggiare la sua bocca carnosa e delicata.
-Oh mia dolce Nami!!!!!!- si avvicinò Sanji, retrocedendo dal fronte del gruppo –Hai caldo, mia sirena?!? Vuoi che ti faccia un po’ d’aria?!? O preferisci che ti coccoli un po’, per  farti sentire meglio?!?-
Lo sopdaccino grugnì per l’intervento inopportuno del biondo, folgorandolo ringhiando a denti dtretti.
Nami scosse la testa in segno negativo, sorridendo leggermente al cuoco.
-Fuori dalle scatole, cuoco!!!!- sibilò lo spadaccino all’orecchio del biondo.
-Taci verza!!!! Non ti sei accorto che la dolce Nami è giù?!? È tutta colpa tua, lo sento… meglio per te che rimedi al tuo comportamento da cretino imbecilloide di ieri sera, se non vuoi che pensi io a farti tornare il senno in quella testaccia ammuffita!!!!- sbottò severo, aumentando il passo per lasciarli soli.
Zoro guardò di sfuggita la cartografa, notando il suo sguardo vitreo e il sorriso triste.
Non aveva più aperto bocca, da quando se l’era caricata in groppa, e non accennava nemmeno a sfiorarlo con gli occhi. Zoro smosse le labbra non sapendo bene che fare. Non voleva perdere altro tempo con lei. Desiderava solo mettere in chiaro i suoi sentimenti, e farle capire che le parole della sera prima non erano veritiere, che lui l’amava e che l’avrebbe resa felice ad ogni costo.
Nami sospirò, addossando il mento sulla scapola dello spadaccino, aspirandone il denso profumo alcolico. Stargli così vicino, le ricordava con cattiveria e malignità che non sarebbe mai stato suo, che lui non la voleva, che il suo sogno era più importante di lei. Chiuse gli occhi di scatto, asciugandosi una lacrima amara, mentre si mordeva un labbro, triste per il suo cuore infranto.
-Ehm… tutto ok?- mugugnò roco Zoro, alzando lo sguardo al cielo pomeridiano.
La navigatrice alzò le spalle, non muovendo un solo labbro, voltando il volto nella direzione opposta a quella in cui lo sguardo del samurai la fissava.
-Sicura?!? Se vuoi ci fermiamo…-
Nessuna risposta, il capo rivolto ancora verso la selva, obbligato ad ignorarlo per non piangere. Il samurai sbuffò spazientito.
-Almeno di qualcosa…- sbottò.
-Qualcosa…- biascicò appena la rossa, con totale assenza d’enfasi.
-Qualcosa di più, no?- ringhiò irritato dal mutismo della,solitamente, loquace navigatrice.
-Qualcosa in più…-
Lo spadaccino fulminò la ragazza, digrignando i denti. Se prima la voleva baciare, ora aveva invece l’indomabile desiderio di prenderla a schiaffi, per la sua ironica voglia di prenderlo per i fondelli. Grugnì secco e duro, fissando lo sguardo sul sentiero.
Ormai la luce filtrava maggiormente tra i rami, segno che ben presto sarebbero usciti dalla foresta, raggiungendo in breve il paese. A Zoro non restava molto tempo da sfruttare per sistemare le cose tra lui e Nami. Una volta sulla Sunny, di certo la navigatrice avrebbe trovato il modo di evitarlo per giorni, allenandosi ad ignorarlo e a fingere, o peggio dimenticare, di esserne innamorata. Pronto ad esporsi, si fermò sul selciato sconnesso, aspettando che i Nakama si allontanassero abbastanza da non ascoltarlo.
Deglutì a fatica, preso dall’emozione, e respirò a fondo.
-Mocciosa dobbiamo parlare…- cominciò.
-Di cosa?- mugugnò la navigatrice, non accennando a molto interesse.
-Di noi…-
Nami alzò il viso dalla spalla del samurai, sollevando il capo e fissando la nuca scura del giovane. Puntò, seria e muta, lo sguardo sulla zazzera verde, tentando di leggervi dentro.
-Abbiamo già parlato, e tranquillo: ho capito…- tagliò corto, allentando la presa delle sue mani sulle scapole a cui si reggeva.
-No, ieri sera ho sbagliato tutto… io…-
-Zoro, non c’è niente da aggiungere: non mi ami. Punto. Non ti disperare per me… fingerò come sempre di disinteressarmi a te… nessuno noterà il mio… il mio… il mio malumore…- tartagliò nel dar un nome al suo dolore amaro e forte, minimizzandolo.
-Mocciosa, lasciami speigar…-
-No, basta… non ne voglio più parlare…- tentò di scendere dal suo dorso, dimenandosi tra le braccia a cui era sostenuta, ma Zoro la bloccò, stingendola con forza e costringendola ad addossarsi a lui per non cadere.
-Buzzurro, mollami!!!- sibilò severa –Non voglio più discuterne... basta… non voglio più stare male… lasciami andar…-
-MA LA CHIUDI QUELLA BOCCA?!?- ringhiò il verde, zittendola –PER UNA VOLTA CHE VOGLIO PARLARE, TU TACI!!!! E PER LA MISERIA!!!!!-
Nami abbassò lo sguardo, mordendosi un labbro nel sentirlo parlarle così aspramente. Non voleva perderlo anche come amico, e quindi si chetò, addossandosi con la fronte sulla sua nuca, annuendo.
-Umpf… scusa…- borbottò dispiaciuto lo spadaccino -… è che per una vota che ho il coraggio di parlati seriamente, dei miei sentimenti, e di noi due, vorrei che tu mi ascoltassi e basta… anche solo per 5 secondi, non ti chiedo di più…-
La navigatrice annuì ancora.
-Grazie…- ghignò Zoro, prendendo il coraggio a due mani e parlando finalmente col cuore aperto.
-Mocciosa io ti amo…- la sentì tremare e ancorarsi alle sue spalle per non cadere a terra come un pero secco.
-… davvero, non è una bugia…- continuò lo spadaccino -…io non ti mentirei mai… ti amo, con tutto me stesso, con tutto ciò che mi forma e riempie… ti amo, ti amo, ti amo… e mi dispiace di riuscire a dirtelo solo ora, ora che ho rovinato tutto…-
Prese un respiro profondo, e alzò il viso al cielo sgombro di nuvole, che s’intravedeva tra i rami verdi del sotto bosco.
-Ieri sera mi sono comportato da cretino… il peggiore dei miglior cretini al mondo…- riuscì a strapparle un sorriso -… non averi mai dovuto lasciarti credere che tu fossi meno importante del mio sogno, che io ti consideri una debolezza… credimi: non l’ho mai pensato, nemmeno per un secondo… tu sei la mia forza, la mia energia vitale… ma ho avuto paura di perderti, di non essere in grado di darti ciò che meriti…-
Calò lo sguardo sui suoi passi, abbassando il tono della sua voce.
-Ho creduto di non essere capace di renderti felice, che se ti avessi detto che ti amo anch’io, sarebbe stato uno sbaglio… che mai averi potuto darti e offrirti ciò che meriti… che un buzzurro come me, per niente romantico o cavaliere, non meritava una donna bella e intelligente come te… ma ti assicuro che erano tutte stronzate, perchè io ti amo, ti amo più della mia vita, e, ti scongiuro, credimi,  che se mi vorrai ancora, io farò tutto ciò che è in mio potere, e anche di più, per renderti felice… perché è solo questo che voglio: vederti felice… e sono pronto anche a un tuo rifiuto, se è questo che vuoi, se questo ti renderà feli…-
Le mani di Nami costrinsero il volto dello spadaccino ad alzarsi verso di lei, guidandole sulle sue labbra, che lo zittirono del tutto.
Un bacio.
Semplice, dolce, passionale. Un bacio d’amore che gli fece capire quanto lo amasse ancora, quanto le sue parole l’avessero resa felice, quanto le fosse impossibile fermare il suo cuore impazzito, nel battere di felicità per il suo amore.
La rossa socchiuse le labbra, approfondendo il bacio, leccando appena quelle del compagno, che si aprirono nell’assaporarla meglio, intrecciando la sua rude e dura lingua con quella morbida e fresca della ramata, che lo coinvolse, senza possibilità di replica, in una danza sfrenata di parole mute, carezze sfuggenti e sussurri urlati, che si scambiavano dolcemente con quel bacio.
Zoro chiuse gli occhi rapito dal contatto, delicato e ardente, delle labbra di Nami.
Gli mancava il fiato, rubato dall’ansimare passionale di lei, che gli riempiva la bocca del suo sapore intenso e inebriante, condividendo il suo soffio estivo con il suo invernale e alcolico, travolgendolo in una stagione infinta di calore.
-Dimmi che mi ami…- ansimò la navigatrice sulle sue labbra, distanziandosi appena, mentre portava decisa un mano sulla nuca del verde, dove strinse con forze le dita attorno ai suoi capelli, aggrappandosi nel tornare a baciarlo.
-Ti amo…- ghignò lo spadaccino, stringendo la presa sul fondo schiena della ragazza.
-Ripetilo…- chiese ancora Nami, boccheggiando gemiti di passione.
-Ti amo…- ormai il samurai faticava a tenere le mani al disopra della gonna della rossa, mordendo e succhiando avidamente le sue labbra.
-Di nuovo… ancora…-
-Ti amo…-
La cartografa interruppe il bacio, respirando a fatica mentre sorrideva colma di felicità. Posò la fronte contro quella rilassata e madida di sudore di lui, che ghignava divertito.
-Finché mi dirai che mi ami…- mormorò sulle sue sottili labbra scure -… io sarò felice… non mi serve alcuna romanticheria, o dono… mi servi solo tu, tu e il tuo amore, e io sarò felice… ti amo, Zoro, e per rendermi felice devi solo che amarmi…-
Lo spadaccino annuì ghignando, riprendendo a baciare la ramata sul collo e sul viso.
-Così, sei felice?- le domandò mostrando i denti sorridendo, mentre la baciava sotto il mento.
Nami gemette semplicemente, aggrappandosi al suo collo, inarcando la schiena di piacere.
-E così…?- chiese ancora, baciandola a stampo sulle labbra, senza malizia.
Lei sorrise, annuendo.
-E cos…- tentò di baciarla con maggior foga, mordendole un labbro, ma venne interrotto da Usop, tornato indietro nella boscaglia per cercarli, dato che tardavano.
-EHI!!!! Zoro, Nami… che vi siete pers… IIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!-
Si coprì gli occhi, imbarazzato, con una mano, mentre sventolava nell’aria l’altra, scusandosi per l’intromissione.
-Non volevo, non volevo, non volevo!!!!!- si sbrigò a dire, sperando nella clemenza dei due collerici Nakama, che risero per la sua bizzarra paura.
-Tranquillo Usop… non fa niente…- rise la navigatrice, mentre Zoro si avvicinava al cecchino.
-Sicuri?!? Non è che poi mi picchiate?!?- aprì un occhio timoroso il ricciolo.
-Nah… per questa volta…- ghignò il verde, scrollando le spalle mentre avanzava per raggiungere il resto della famiglia.
-Come per questa volta?!? Io mica lo voglio ripetere sto trauma!!!!- gli rincorse il moro.
Per tutta la sera, sulla Sunny, una festa luminosa e chiassosa risuonò tra le stelle, che si cibarono delle grida di gioia dei pirati che l’abitavano.
Il mare festeggiò con i pirati, con le loro risate per le scenate di rabbia del cuoco, rabbioso per la fortuna del Marimo nel aver fatto innamorare di lui la sua Sirena, arrossendo di tenerezza per i leggeri baci che una navigatrice e uno spadaccino si scambiavano timidamente, e danzando sulle note di una canzone, suonata da uno scheletro dalla pettinatura afro, che per tutta la notte cantò di:

“…una sirena dalla coda rubino e dagli occhi di cioccolato
che per tutta la vita il suo amore aveva cercato
per poi trovarlo in uno spadaccino imbranato
ma che dal suo sorriso era rimasto incantato
e il cuore le aveva rubato
con un semplice bacio appassionato…”
 
 

 

ANGOLO DELL’AUTORE:
Scusate, ma ho diviso gli eventi finali in due capitoli (se no collassavate nel leggere tutte e 30 le pagine di Word in una sola botta, per ci legge, poi, via cellulare, è una tortura, lo so), deliri dell’autore a parte, ringrazio tutti coloro che hanno recensito, ricordato, preferito e seguito questo delirio in rima marina: mi auguro vi sia piaciuta la conclusione e vi ringrazio infinitamente!!!!! Alla prossima (presto su EFP, spero)…

Zomi
 

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Capitolo 6
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ANGOLO DELL’AUTORE:
Piccola chicca da parte della mia Michelangelo dello zonamismo, PrincessNami, che con maestria ha creato questa meravigliosa immagine: guai a chi la copia senza commentare!!!!!

Zomi

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