Mirror, mirror di Maril_Swan (/viewuser.php?uid=20877)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** atto primo ***
Capitolo 3: *** atto secondo,1 ***
Capitolo 4: *** atto secondo, 2 ***
Capitolo 5: *** atto terzo ***
Capitolo 6: *** atto quarto,1 ***
Capitolo 7: *** atto quarto,2 ***
Capitolo 8: *** atto quinto,1 ***
Capitolo 9: *** atto quinto, 2 ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** prologo ***
Note della traduttrice
Note della traduttrice: Quando ho scoperto che la
serie "La Regina di spade" era stata cancellata (nel 2003, mi sembra) dopo
un'unica stagione, ho deciso di affogare la delusione nelle fanfictions e cosa
ho trovato ,se non addirittura una stagione virtuale (il sito in inglese è
www3.sympatico.ca/maril.swan/qosvs/ e quello della fanfic http://www3.sympatico.ca/maril.swan/qosvs/mirror1.htm)? Così, ora che stanno anche
riproponendo il telefilm in tv, ho pensato di postare la traduzione di alcuni
degli episodi virtuali scritti da Maril Swan, con il suo permesso, naturalmente.
Questa prima fanfic prende il via dopo gli avvenimenti de "Il tradimento di
Grisham".
Tutti gli eventuali errori vanno imputati a me, così come
tutto ciò che riguarda lo stile. Farò pervenire all'autrice i vostri commenti
sulla storia, recensite numerosi!
Fiore
Episodio
1 (seconda stagione virtuale)
Prologo
Sotto il colletto della camicia, il dottor Helm era accaldato per più di un
motivo. Aveva quasi raggiunto il suo ufficio, ma Montoya era stato più veloce e ora il colonnello lo tratteneva di fronte all'hotel, un sorriso
amichevole sulla faccia e una mano sul suo braccio. Nonostante il caldo
torrido, sembrava che Montoya non sudasse affatto, mentre Helm era
praticamente fradicio e si sentiva soffocare sotto il sole di mezzogiorno.
"Dottore,"disse calmo il colonnello, i verdi occhi scrutatori fissi in quelli
di Helm, "Credo che voi mi stiate evitando."
"Bene, allora non sono stato troppo discreto,"replicò Helm, districandosi
dalla presa di Montoya. Tentò di allontanarsi, ma il colonnello lo bloccò
nuovamente.
"Mi ferite, dottore."
"Beh, mi sembra giusto, dato che voi avevate intenzione di fare più che
ferirmi."
Montoya sorrise."Vi state riferendo a quel minimo di tensione con Grisham?"
"Minimo di tensione?" la voce di Helm si alzò pericolosamente, nonostante il
suo tentativo di restare composto. "Chiamate il fatto di portarmi non so dove
per uccidermi un minimo di tensione?" Il dottore puntò il dito contro
il petto di Montoya. "Ve lo dirò io cosa sarà un minimo di tensione-se
Grisham prova ad avvicinarsi di nuovo a me, avrà bisogno di più che un
dottore. Avrà bisogno di qualcuno che rimetta assieme i pezzi!"
"Davvero, Dottor Helm, se vi avessi voluto morto, lo sareste. Non ho ordinato
a Grisham di uccidervi. Siete troppo prezioso per questa comunità. Ci vorrebbe
più di un anno per avere un nuovo dottore. No, doveva essere solo un esempio e
un avvertimento." il colonnello sorrise beffardo. "Come voi, io ho il potere
di vita e di morte in questo pueblo." strinse gli occhi e la sua voce si fece
meno udibile. "Pensate al vostro lavoro- curare, e lasciate che io pensi al
mio- governare. Allora non ci sarà bisogni di ulteriori tensioni o
esempi. E oserei avvertirvi di stare lontano dalla vostra amichetta, quella
diabla vestita di nero. Frequentarla vi metterà in una posizione pericolosa."
"Non è la mia amichetta," ribatté Helm, la voce che tradiva il suo rimpianto.
"E' solo una donna notevole che io ammiro. Niente di più."
Montoya aprì la bocca per rispondere, lo sguardo torvo, ma la vista della
carrozza da Monterrey lo distrasse. Entrambi gli uomini si ripararono gli
occhi dalla polvere ,che si alzò intorno a loro quando la carrozza gli si
fermò quasi davanti.
Il cocchiere saltò giù e si avvicinò alla portiera, l'aprì e si sporse
all'interno. Una mano graziosamente guantata apparve dal buio della carrozza,
seguita da un braccio liscio e bianco. Infine emerse la testa, coperta da un
cappellino alla moda e da una mantellina di pizzo che le copriva il viso. La
donna prese il braccio del cocchiere e il suo piede elegante toccò fermamente
la terra di Santa Elena. Si guardò intorno con interesse, fermando lo sguardo
sui due uomini che la fissavano affascinati. Liberandosi della mantellina, la
donna sorrise al colonnello che si fece avanti, si inchinò formalmente e le
prese la mano.
Montoya sollevò la manina delicata fino alle labbra. "Benvenuta a Santa Elena.
Sono il Colonnello Luis Ramirez Montoya, governatore militare di questo
territorio." si girò e fece cenno a Helm. "E questo è il dottor Robert Helm,
il nostro medico locale."
Helm si inchinò leggermente e anche lui le fece il baciamano, aspirando il
profumo del guanto di pizzo. Quella donna era incantevole, alta quasi quanto
Montoya, decise Helm mentre li osservava. Il dottore prese nota del seno
bianco, appena contenuto nel vestito stretto, dei capelli neri, degli zigomi
alti e dei lineamenti scolpiti come quelli di una statua greca. Gli audaci
occhi a mandorla le davano un aspetto esotico, quasi asiatico. Helm tentò di
non fissarla, ma la sua bellezza lo imbarazzava e non sapeva dove altro
guardare.
La giovane donna aprì il ventaglio e lo agitò vigorosamente. "Non mi aspettavo
un tale calore." disse. La sua voce era calda, quasi profonda e lei rise
leggermente dietro il ventaglio. "Sono lieta di conoscervi, Colonnello
Montoya. Forse potete essermi d'aiuto. Ho delle faccende legali da sistemare
qui a Santa Elena."
Montoya annuì con un ampio sorriso. "Naturalmente, sarò felice di aiutarvi in
qualsiasi modo. Cosa posso fare per voi, Senorita...?"
"Maria Teresa Alvarado. Sono qui per reclamare la mia eredità."
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Capitolo 2 *** atto primo ***
cena 1
Scena 1.
Il sorriso scomparve bruscamente dal volto di Montoya e l'uomo vacillò. Dietro
di lui, Helm trattenne il fiato.
Il colonnello si avvicinò ancora alla giovane e disse a voce molto bassa.
"Questa faccenda non può essere discussa qui in strada. Lasciate che vi scorti
nella mia residenza dove potrete rinfrescarvi e, poi, potremo risolvere il
vostro problema privatamente." Montoya si girò verso il dottore che stava
guardando la senorita con gli occhi stretti. "Volete accompagnarci, dottor Helm?Credo
proprio che avremo bisogno di un testimone."
Detto ciò, il colonnello ordinò al cocchiere di
portare il bagaglio della donna dall'altra parte della plaza, dove sorgeva il
suo palazzo. Poi, dopo averle offerto il braccio, scortò la donna fino ai
leoni di pietra che facevano la guardia alla sua residenza e la aiutò a salire
le scale.
Helm li seguì in silenzio, cautamente. Era troppo
sconvolto da questa rivelazione per formare un pensiero coerente. Meglio
tenersi in disparte e attendere la fine della mascherata.
Il trio fece il suo ingresso nell'ufficio di
Montoya, che, mantenendosi perfettamente calmo, si schiarì la voce e iniziò a
camminare avanti e indietro. Infine si fermò e decise. "Senorita, il vostro
improvviso arrivo qui mi pone in una situazione delicata." Lanciò uno sguardo
a Helm, come per osservare la sua reazione alle sue parole, ma il dottore
mantenne un'espressione neutrale.
Montoya continuò, "Avete qualche prova della
vostra identità?L'hacienda Alvarado è una proprietà notevole e di valore. Voi
capite, spero, che abbiamo bisogno di prove che voi siate chi dite di essere,
per accettare la vostra richiesta."
Il viso della donna si rannuvolò per un attimo,
ma poi sorrise. "Certamente, Colonnello, capisco. Ho dei documenti nella mia
valigia. Se qualcuno potesse portarmi la borsa di pelle..."
Montoya uscì e ordinò ad un soldato di
cercare la borsa.
Dopo qualche minuto il soldato fu di
ritorno con il bagaglio e lo pose a terra, per poi tornare al suo lavoro.
La donna lo aprì, sollevando il coperchio
attentamente, come per nascondere il contenuto agli occhi degli uomini. Tirò
fuori una cartella sottile di pelle marrone, la posò sulla scrivania di
Montoya e la aprì, mostrando un gran numero di carte. "Di che tipo di prova
avete bisogno, Colonnello?" Iniziò a porgergli vari documenti, uno alla volta.
"Questo è l'atto di proprietà dell'hacienda. Questo è il mio certificato di
battesimo e questo è il testamento di mio padre." Le sue mani tremarono
leggermente a quest'ultima dichiarazione e gli occhi le si riempirono di
lacrime.
Montoya esaminò con attenzione ogni pagina, poi
le passò al dottor Helm. "Questi documenti sembrano a posto. Cosa ne pensate
dottore?Sono veri?"
"Cosa intendete dire?"chiese la donna, tagliente,
rivolgendosi al colonnello. "State forse suggerendo che questi documenti sono
dei falsi?Perchè dovrei falsificare documenti per reclamare ciò che è mio?Sono
venuta da molto lontano, il viaggio è stato terribile, e ora questo..." la
donna barcollò e il dottore le afferrò il braccio, aiutandola a sedersi. La senorita tirò fuori un fazzoletto e si asciugò gli occhi.
Come per scusarsi, Montoya le toccò una spalla.
"Perchè avete aspettato tanto a tornare a Santa Elena?Il vostro sfortunato
padre è morto più di un anno fa."
"La morte di mio padre è stata così devastante
che mi sono ammalata. Poi non sapevo se restare in convento o venire in
California. Il mio avvocato mi consigliò di tornare per sistemare la tenuta e
disse che potevo vendere l'hacienda mentre ero qui, se non desideravo viverci.
Per questo sono qui ora, per decidere cosa fare della mia hacienda."
"Capisco," disse Montoya prudentemente,
osservando il viso della ragazza. Dopo un attimo di silenzio aggiunse,
"Desiderate rinfrescarvi, senorita?La mia cameriera vi fornirà tutto ciò di
cui avete bisogno." Il colonnello uscì dall'ufficio e tornò in compagnia di una
donna anziana, che indossava un vestito nero e un grembiule bianco. "Anabella
penserà a voi."
Le due donne lasciarono la stanza e Montoya
chiuse la porta e vi poggiò contro una mano. Dopo un po' la allontanò ed andò
a sedersi sulla sua sedia dietro la scrivania. "Che catastrofe!" disse con
enfasi. Alzò lo sguardo verso Helm, che stava leggendo i titoli dei libri sul
suo scaffale. "Se questa è la vera Maria Teresa Alvarado, chi ha vissuto nella
sua hacienda per tutto l'anno?" Montoya sbuffò e sbatté il pugno sulla
scrivania. "Non ho chiesto nessuna prova quando è arrivata con quella sua
zingara. Le ho semplicemente creduto sulla parola. Nessuno può riconoscerla,
Tessa Alvarado partì per la Spagna quando era solo una bambina di sette anni.
Se è un'impostora, farò la figura dell'idiota. Che cosa dovrei fare adesso?"
"Niente, finché non vedremo quali prove possiede
l'altra Maria Teresa."
Scena 2.
Marta sollevò lo sguardo dalle rose che
stava innaffiando quando il vento le portò alle orecchie un suono poco
promettente. Un brivido di paura le corse lungo la schiena, mentre se ne stava
in piedi ad osservare la carrozza nera che si avvicinava alla villa insieme ad
un gruppo di soldati. 'Madre mia,' pensò, trattenendo il fiato in gola, 'cosa
vogliono quelli?'
C'era qualcosa di sinistro in quella
carrozza, un sentore di sfortuna o di rovina e quando si fermò di fronte alla
villa, Marta borbottò un'imprecazione in rom contro la cattiva sorte.
Il capitano Grisham smontò da cavallo e aprì la
portiera della carrozza. Ne uscì Montoya, che si sistemò la giacca militare
prima di aiutare una giovane a scendere a sua volta.
Gli occhi della donna si spalancarono quando si
guardò intorno e vide la villa dipinta di bianco, circondata da arbusti ben
tenuti e giardini fioriti, i sentieri di ghiaia ordinati e liberi da erbacce.
Marta seguì il suo sguardo oltre la villa, fino alle ampie stalle e poi ancora
oltre, dove sorgevano le capanne dei lavoratori. All'orizzonte prosperavano i
campi e i vigneti. Mentre camminava in direzione del gruppo, Marta osservò
l'espressione della donna farsi sdegnosa e strinse le labbra. Era abituata.
"Buenos dias, Colonnello." lo sguardo di Marta si
posò sulla giovane donna al suo fianco. Era molto graziosa, quasi bella come
Tessa, ma c'era qualcosa in quegl'occhi...la zingara tornò a concentrarsi su
Motoya quando questo iniziò a parlare.
"Dobbiamo vedere la tua padrona immediatamente.
E' una faccenda della massima urgenza." Montoya superò Marta, per scortare la
donna in casa. "Aspetteremo nel soggiorno," disse in un tono che non
permetteva obiezione. Grisham li seguì poco distante, un sorriso arrogante
sulla faccia.
Marta restò immobile per un attimo, guardandoli
entrare. Un altro brivido le corse lungo la schiena, nonostante il caldo. 'Chi
è quella donna con Montoya?' si chiese. Cercò di scacciare la sensazione di
imminente sciagura ed entrò a cercare Tessa.
Grisham si mise a suo agio, adagiandosi contro il
caminetto sotto lo sguardo austero del ritratto di Don Alvarado. Avrebbe
sostituito quel quadro con qualcosa di più colorato, quando sarebbe diventato
padrone dell'hacienda. 'Odio i ritratti', pensò, 'specialmente quelli di
altezzosi, sogghignanti bastardi come Alvarado. Ha avuto quello che si
meritava.'
Il capitano sospirò quando il suo sguardo cadde sul ritratto a pastello
di Tessa a sette anni, appeso dall'altra parte della stanza. 'Mi Angelita' era
scritto sotto il disegno.' E' proprio un angelo, si,' meditò con
apprezzamento, osservando la somiglianza. 'E presto o tardi sarà il mio angelo
e io dirigerò questo posto. Ho solo bisogno di una possibilità di corteggiarla
e mi sposerà. Chi altro c'è, dopotutto?Non Helm. E' così preso dalla Regina
che non ci vede. Quando Tessa capirà che non ha chance con Helm, verrà da me,
e io sarò lì ad aspettarla.' Sorrise e si guardò intorno come se fosse già il
proprietario di quella stanza luminosa e accogliente.
In quel momento entrò Tessa, con un sorriso di
benvenuto sul viso. Marta la seguiva, gli occhi attenti, la bocca serrata.
Tessa si avvicinò al colonnello, porgendogli la
mano. "Il colonnello Montoya e il capitano Grisham!Che sorpresa inaspettata. E
avete portato un'ospite. Che bello!Cosa posso fare per voi, Colonnello?Posso
offrirvi qualcosa di fresco?'
"Señorita...siamo qui per risolvere una
situazione molto delicata." iniziò Montoya per poi essere interrotto dalla
donna al suo fianco.
"Chi è questa donna?" chiese
bruscamente, indicando Tessa. "Una serva?Una governante?" La sua fronte
delicata si arricciò mentre la guardava dall'alto al basso.
Tessa sollevò il mento e lanciò all'altra uno
sguardo altezzoso. "Se vi calmate, senorita, possiamo arrivare al
punto." Notò che Grisham osservava attentamente l'altra donna, evidentemente
confuso.
Montoya lo ammonì con lo sguardo, e tentò
nuovamente. "Pare che ci sia qualche incertezza riguardo alla proprietà dell'hacienda.
Questa giovane senorita è arrivata proprio questa mattina a Santa Elena e si è
presentata come Maria Teresa Alvarado."
"Cosa!" Tessa si aggrappò allo schienale di una
sedia e le sue nocche si fecero bianche per la tensione. Sembrava a corto di
parole.
Grisham le si avvicinò per sostenerla nel caso
dovesse svenire e il suo sguardo si spostò dalla donna a Montoya. 'Cosa
diavolo sta succedendo qui?' si chiese.'Un altro dei piani di Montoya?E non mi
ha detto niente!'
Marta lanciò un'occhiataccia a Montoya e ai suoi
compari. "Che razza di scherzo è questo?" sibilò. "Tessa è la proprietaria di
questa hacienda. Suo padre gliel'ha lasciata nel suo testamento."
Tessa finalmente ritrovò la voce. "Sono nata qui,
Colonnello, come voi sapete. Chi è questa donna che pretende di essere
me?Perchè avete portato qui quest'impostora?"
"Lei ha le prove, senorita, documenti che provano
che lei è Maria Teresa Alvarado. Se voi avete tali testimonianze della vostra
identità, il problema sarà risolto. Una di voi due verrà mandata a fare le
valigie... o in prigione." aggiunse Montoya con un sorrisetto.
Grisham notò che la rabbia aveva arrossato le
guance di Tessa, e vide i suoi gesti veloci, furiosi. Non l'aveva mai vista
più amabile o più attraente. Soppresse il sorriso che rischiava di emergere a
quel pensiero e si godé lo spettacolo della sua passione appena trattenuta.
Girandosi verso Marta, Tessa disse, "Porta la
scatola dei documenti di papà. Proveremo chi sono io una volta per tutte. Poi,
Colonnello, potrete riportare questa...persona da dove è venuta."
Marta andò a prendere la scatola di legno
finemente decorata e la posò sul tavolo. Tessa l'aprì e cominciò a cercare tra
i numerosi pezzi di carta.
"Ah" esclamò."Ecco l'atto di proprietà, firmato
da mio padre." Lo consegnò a Montoya.
Egli scosse la testa. "Non c'è dubbio che la
proprietà appartenesse a Don Rafael Alvarado. Questo foglio non prova la
vostra identità. Non c'è nient'altro?"
Tessa tornò a frugare nella scatole, il suo
cipiglio sempre più intenso man mano che scartava una carta dietro l'altra.
"Non è qui. Marta, hai visto il mio certificato di battesimo?Era qui." Una
volta raggiunto il fondo del contenitore, smise di cercare. Per un lungo
momento, Tessa restò a fissare il contenuto sparso della scatola, uno sguardo
di confusione impotente nei suoi occhi scuri. Improvvisamente disse, "Mio
padre mi ha mandato molte lettere quando vivevo a Madrid. Posso farmele
pervenire e verificare che sono state scritte da lui. E posso anche chiedere a
mio zio di mandare un documento legale che attesti la mia identità."
"Ci vorranno dei mesi, Tessa," appurò il
colonnello. "Nel frattempo, questa giovane signora possiede i requisiti
migliori per reclamare l'hacienda. Tra i suoi documenti ci sono il testamento
di Don Alvarado, una copia ufficiale dell'atto di proprietà e il certificato
di battesimo. Quindi, devo chiedervi di lasciare l'hacienda finché il problema
non sarà definitivamente risolto, in un modo o nell'altro."
Grisham si mosse quando Marta si avvicinò con
fare minaccioso alla donna.
"Tu pensi che puoi venire qui e rubare la
proprietà della mia Tessa così...senza combattere?Noi non ce ne
andremo--dovrai trascinarci via con la forza!Questa è l'hacienda di Tessa e
nessuno gliela porterà via. I Don ci aiuteranno. Ti combatteremo."gli occhi di
Marta erano spalancati e lei tremava dalla furia.
Tessa la raggiunse immediatamente, evidentemente
preoccupata dalla rabbia che arrossava il viso di Montoya. Le mise un braccio
intorno alle spalle e l'abbracciò, allontanandola da Montoya e dalla sua
compagna. "Marta, nessuna violenza, papà non l'avrebbe voluto. Sarà tutto
risolto legalmente. Dobbiamo solo inchinarci alla legge e aspettare la
giustizia."
Marta la spinse via e uscì dalla stanza. Un lungo
imbarazzante silenzio calò sui presenti. Infine Tessa disse, "Avremo bisogno
di un giorno almeno per portare via le nostre cose. Certamente è una richiesta
ragionevole viste le circostanze, Colonnello."
"Così potete rubare tutto ciò che è di valore?"
l'altra donna spostò gli occhi furiosi su Montoya. "Colonnello, non potete
permetterle di prendersi quello che vuole. Lei e la sua zingara mi
deruberanno!"
Grisham notò il rossore sulle guance di Tessa e
le sue mani strette a pugno. Il suo respiro faticoso era perfettamente udibile
mentre la ragazza cercava di controllarsi. 'E' sul punto di diventare violenta,'
pensò divertito. 'Come si potrebbe fare a farla esplodere?'
Montoya alzò le mani per placare le due donne.
"Lascerò due dei miei uomini per essere sicuri che prendano solo i loro
effetti personali." rivolto a Tessa, aggiunse, "Non porterete niente fuori da
questa villa, eccetto ciò che possedevate al vostro arrivo dalla Spagna. Avete
due giorni per trovare un'altra sistemazione."
Tessa annuì e lasciò la stanza senza dire altro.
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Capitolo 3 *** atto secondo,1 ***
Scena 1
Scena 1
Grisham corse ad aprire la porta del suo appartamento, sistemandosi le
bretelle. Sentì bussare di nuovo e la spalancò, per trovarsi davanti uno dei
suoi soldati, che si guardò attorno furtivamente e, quando si sentì sicuro,
sussurrò, "Capitano, posso entrare?Ho qualcosa di importante da dirvi."
Il capitano si spostò di lato e gli fece cenno di entrare. "Vieni, Mancera.
Cosa ci fai in piedi a quest'ora?Non sei in servizio." Grisham chiuse la porta
e accese una candela.
"Capitano, quella donna che abbiamo scortato all'hacienda Alvarado oggi,
quella che dice di essere la vera Senorita Alvarado, beh...mente."Si avvicinò
a Grisham e abbassò la voce. "La incontrai a Monterrey, quando Montoya mi
prese come guardia d'onore per incontrare il Vicere." Mancera abbassò la testa
e bisbigliò confidenzialmente nell'orecchio del capitano, "E' una prostituta
di nome Sofia Del Campo. Dopo la cerimonia, Montoya ci diede la serata libera
e ci ubriacammo e finimmo in un bordello. E' là che incontrai Sofia." Sorrise
e alzò gli occhi al cielo in modo allusivo. "E' mucho caliente, Capitano. Ma
non è una signora, credetemi." il soldato sogghignò, ma poi si fece subito serio.
"Mi dovete promettere di non dire a nessuno che sono stato io a parlarvene.
Mia moglie mi ucciderà se lo scopre!"
Grisham rise di gusto, e gli diede una pacca sulla spalla. "Il tuo segreto è
al sicuro con me, Mancera. Ora è meglio se te ne torni a casa prima che tua
moglie inizi a sospettare che sei con un'altra. E grazie per l'informazione."
Spinse il soldato alla porta e lo cacciò fuori, sbattendogli la porta in
faccia.
"Bene, bene," ridacchiò tra sé. "Questo sì che è uno sviluppo interessante!"
si buttò sul letto, lo sguardo rivolto al soffitto, e si mise a riflettere sul
modo migliore di usare l'informazione per il proprio tornaconto.
"E dai, Marcus, dimmelo!Ti conosco troppo bene,
tu mi stai nascondendo qualcosa. Cos'è?" Vera si sistemò più comodamente sul
letto e lo guardò seria. Era ancora presto e Grisham non era in servizio,
quindi avevano deciso di approfittare dell'opportunità e Vera era sgattaiolata nel
suo appartamento senza che nessuno se ne accorgesse.
Grisham le mordicchiò un orecchio,
insistendo sul lobo, e si godé il sospiro dell' amante. "Se ti dicessi un
segreto?Qualcosa che mi renderà ricco?Che ne pensi?"Scivolò con le labbra sul
suo collo, in cerca di quel punto speciale, che la rendeva arrendevole e
appassionata. Lo trovò e sentì le sue braccia stringersi forte attorno a lui.
Qualche tempo dopo, la donna iniziò a rivestirsi.
"Non mi hai ancora raccontato il tuo segreto," si lamentò con un broncio
intrigante. "Non me ne vado finché non me lo dici." Aggiunse, sfiorando
sensualmente le sue labbra con le proprie.
Grisham osservò compiaciuto il suo tentativo di
estorcergli il segreto con l'arte della seduzione. Non dovette aspettare
molto: Vera ricorse al trucco di solleticargli le costole, cosa che, come lei
ben sapeva, lo faceva impazzire. Grisham si difese, prendendola per entrambe
le braccia e avvicinandola a sé. Con la bocca molto vicina al suo orecchio,
disse, "Tessa Alvarado sta per perdere la sua hacienda. Sembra che
un'altra donna abbia le prove di essere la vera Maria Teresa. Quindi Montoya ha detto a
Tessa che deve andarsene entro domani, perchè l'altra possa prendere possesso
dell'hacienda finché il tutto sarà risolto. A parte il fatto che..." e
bisbigliò, "Tessa è la vera Dona Alvarado. Quell'altra è un'impostora, una
prostituta. Il sergente Mancera mi ha detto che l'ha incontrata a Monterrey in
un bordello. Scommetto che c'è dietro Montoya."
Grisham avvicinò Vera ancora di più e la baciò
con fervore. "E io diventerò un uomo ricco. Quando Montoya saprà che io so,
dovrà pagarmi bene per chiudermi la bocca. Immagina cosa dovesse accadere se i
don scoprissero cosa sta tentando di fare a una di loro. Sarebbe fortunato se
lo mettessero a pulire le stalle."
Vera si allontanò di scatto, i suoi occhi azzurri
ardenti per la rabbia. "Come potresti, Marcus?Lasceresti che Montoya cacci
Tessa dalla sua hacienda e poi lo ricatteresti per mantenere il suo
segreto?Non posso crederci. Tessa è mia amica. Non ti permetterò di farle del
male. Devi dirglielo!"
Grisham fu stupito da questa difesa veemente in
favore dell'amica. "Aspetta un minuto, dolcezza. Lo sto facendo per te...per
noi! Quando avrò un sacco di soldi, potremo scappare insieme, andare dovunque
vorremo. E' la nostra unica possibilità. Non buttiamola alle ortiche per
qualche stupido sentimentalismo. Cosa ha mai fatto per te Tessa?"
"E' stata mia amica quando ne avevo più bisogno,"
rispose Vera con fervore. "E se vuoi vedermi ancora, Marcus, devi dirle la
verità. O lo farò io."
Grisham sbuffò, poi sospirò rassegnato. "E va
bene, glielo dirò."
"Devi promettere. E se non lo farai, stai certo
che lo verrò a sapere." Vera gli prese la faccia tra le mani e lo costrinse a
guardarla negli occhi.
"Ho detto che lo farò. Lo prometto. Ma tu non dire
niente a Tessa di questa storia, o di come ne sono venuto a conoscenza. Mancera sa di noi, quindi io manterrò il suo segreto e lui manterrà il
nostro." Grisham cercò di baciarla, ma Vera lo spinse via e, prima che potesse
fermarla, andò alla porta ed uscì.
'Donne,' pensò il capitano esasperato. 'Ti fanno
impazzire quando sono con te, e ancora di più quando non ci sono.' ridacchiò
tra sè. 'Beh, posso ancora trarne qualcosa di buono.'
Scena 3
Marta lanciò un altro capo di vestiario nel
baule e marciò verso l'armadio dall'altro lato della stanza. I suoi movimenti
erano tesi e perentori, le sue labbra più strette che mai. Aveva parlato appena
dal giorno precedente. Tessa sospirò e cercò di intercettare la donna, quando
questa tirò fuori dal guardaroba un altro mucchio di vestiti.
"Marta, è solo temporaneo. Credimi, sarà tutto
risolto presto. La donna è un'imbrogliona. Farà un errore e tutti se ne
renderanno conto. Non può fingere di essere me molto a lungo. Troppe persone mi
hanno conosciuta quando ero una bambina, ho dei ricordi che lei certamente non
possiede. E' solo questione di trovare dei testimoni e aprire un'inchiesta."
La zingara si allontanò bruscamente e continuò a
buttare cose nel baule. "Lo pensi tu!Nessuno ti mai rivista da quando avevi
sette anni. Chi poteva indovinare come saresti diventata a ventidue?Il tuo
padrino è morto, Ramon è scomparso e sua sorella, Mona Aguilera, non ti aiuterà.
Chi può identificarti?Gaspar Hidalgo non ti ha conosciuta da piccola, anche se
era intimo amico di tuo padre." Marta si mise le mani sui fianchi e scosse la
testa. "Ascoltami, Tessa. Montoya ha vinto se non fai qualcosa. Non c'è nessuno
che possa aiutarti eccetto te stessa, o la Regina."
Tessa scrollò le spalle sconsolata. Stava troppo
male per discutere con Marta, che probabilmente aveva ragione, tra l'altro.
Sedette sul letto e si rabbuiò ancora di più mentre pensava ad un modo per
risolvere il problema. Ma quella donna aveva i suoi documenti. Come aveva fatto
a prenderli?Dovevano essere stati rubati dalla scatola di legno, quando lei e
Marta era fuori casa. Rubati da qualcuno che sapeva dove cercare.
Una musicale voce femminile risuonò nella villa.
"Tessa, sei qui?"
Tessa fece una smorfia, poi si illuminò. "E'
Vera. Vado da lei, tu continua a fare i bagagli."
Quando la ragazza entrò in salotto, Vera corse
ad abbracciarla. "Oh Tessa, è terribile!Come puoi sopportarlo?Io e Gaspar
vogliamo che tu venga a stare da noi, fino a quando sarà tutto risolto. Nessuna
obiezione. Non ho dimenticato la tua lealtà quando mio marito, Bernardo, venne
qui. Ora posso ripagarti per la tua gentilezza. Porta tutte le tue cose alla
nostra hacienda domani. Farò preparare una stanza per te."
Tessa sentì che gli occhi le si stavano
riempendo di lacrime. "E' un'offerta così generosa, Vera. Grazie. Sono sicura
che non dovrò aspettare molto per riavere la mia hacienda. E' solo un
fraintendimento." Credette di vedere colpevolezza nello sguardo di Vera, ma la
donna si affrettò a guardare altrove e Tessa fu lasciata col dubbio di averlo
immaginato.
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Capitolo 4 *** atto secondo, 2 ***
Scena 4
Scena 4
Terminati i bagagli, Tessa si rilassò con un
bagno, per lavare via la tensione e la rabbia che aveva accumulato durante il
giorno. L'umore di Marta non aveva di certo aiutato. Era stata taciturna o
mordace a seconda dei momenti. Era già difficile tenere a bada le proprie
emozioni, senza dover trattenere Marta dal fare qualcosa di violento e folle.
Tessa non l'aveva mai vista così fuori controllo. Poi l'offerta degli Hidalgo
l'aveva commossa, in un momento in cui non sapeva dove andare.
La ragazza sospirò e sprofondò ancora di più
nella vasca, sorridendo tra sé. 'Marta ne avrebbe più bisogno di me, la sta
prendendo troppo a cuore. Forse è perchè la sua gente è stata scacciata tante
volte e, ora che sta accadendo a me, è determinata a combattere. Ma non è
possibile che qualcuno venga derubato della sua proprietà e la legge se ne stia
a guardare. Non può essere.'
Marta entrò con una lunga asciugamano. 'E'
meglio che esci di lì, o ti raggrinzirai come una prugna." Lo alzò perchè Tessa
potesse avvolgersi per bene e quando la giovane si arrampicò fuori dalla vasca,
esclamò, "Tessa!La tua voglia!"
"Che voglia?" Tessa cercò di girarsi per vedere
di cosa stava parlando Marta.
"Qui!" Marta le posò un dito sulla schiena. "E' a forma di mezzaluna. Un simbolo molto significativo. Chiunque
l'abbia visto lo ricorderà. Forse la levatrice che ha assistito tua madre
durante il parto è ancora viva. Se riusciamo a trovarla, può provare chi sei."
Per la prima volta in quella giornata, Marta sorrise.
Scena 5
Più tardi quella stessa notte, Tessa si
aggirava senza trovare pace nelle stanze che il giorno seguente non sarebbero
più state sue. Non riusciva a dormire. Nonostante l'apparente sicurezza che
mostrava con Marta, non sapeva se avrebbe mai rivisto quelle mura.
Entrò nel salotto e incontrò lo sguardo
severo del ritratto di suo padre. 'Che altro posso fare, papà?' pensò, la testa
bassa. 'L'altra donna ha i documenti, io non ho niente.'
Raggiunse la credenza e si versò un bicchiere di
vino, sperando che potesse aiutarla a dormire. Un suono furtivo alle sue spalle
la fece girare velocemente, con la bottiglia di vino come unica arma.
"Non dovreste bere da sola, senorita," disse
mellifluo Grisham. "Può diventare una cattiva abitudine. Vi terrò compagnia io."
prese un bicchiere e tese la mano perchè Tessa lo riempisse.
"E' tardi per una visita di cortesia, capitano,"
disse lei, riempiendogli il bicchiere. "O siete qui per assicurarvi che non
prenda l'argenteria di famiglia?" Tessa sorseggiò il suo vino, osservandolo
attentamente dall'orlo. Non voleva svegliare Marta se non era necessario. Con il
suo umore attuale, non sapeva cosa avrebbe potuto fare.
Grisham ingoiò il vino tutto di un sorso e tese
di nuovo il suo bicchiere. Quando fu di nuovo pieno, lo alzò per brindare
silenziosamente a lei. "Sono venuto per farvi un favore, Senorita Alvarado."
Tessa si girò con una risatina ironica,
dandogli le spalle. "Quel
nome suona già strano alle mie orecchie. Dopo domani, nessuno saprà più come
chiamarmi. Sono senza casa e senza nome." tornò a guardare verso di lui. "Di che
favore si tratta, Capitano, e cosa mi costerà?" chiese amaramente.
"Ho un'informazione che vi aiuterà a riavere l'hacienda.
So che voi siete la vera Maria Teresa Alvarado e che l'altra donna è
un'imbrogliona." Grisham sorrise e le si avvicinò, prendendo tra le dite una
ciocca dei suoi capelli. Poi passò alla sua guancia e fece scivolare un dito
fino alle labbra di Tessa. "Non sono un cattivo ragazzo, se mi conosci bene. In
effetti..." e le sfiorò le labbra piene, "scoprirai che posso essere molto
dolce."
Mentre Grisham abbassava la testa verso di lei,
Tessa poteva sentire il suo respiro caldo sulla bocca. Mise una mano tra le loro
labbra, sorridendo civettuola, e si sporse fino al suo orecchio per sussurrare,
"Come sapete che è un'imbrogliona?Chi ve lo ha detto?E dove ha trovato quei
documenti?"
"Un soldato l'ha conosciuta a Monterrey. E' una
prostituta di nome Sofia del Campo. Non so dove ha preso quei fogli, ma
scommetto che Montoya c'entra qualcosa."
Il capitano posò il proprio bicchiere e
le mise le mani sulle spalle, così che lei potesse sentirne il calore attraverso
il materiale sottile della vestaglia, e iniziò a massaggiare gentilmente, allo
stesso tempo spingendola più vicina. I suoi pollici toccarono un punto sotto il
suo collo e, sorprendendo anche se stessa, Tessa sentì che il proprio cuore
iniziava ad accellerare. Il suo tocco delicato, dopo una giornata come quella,
stava indebolendo le sue resistenze. Aveva bisogno di aggrapparsi a qualcuno, un
uomo forte, che fosse lì con lei quando ne sentiva la necessità, non in un paese
a chilometri dalla sua hacienda.
E il suo sorriso era sensuale, gli occhi
intensi, concentrati sul viso di lei, sulla sua bocca. Sentì le sue labbra
sfiorarle un orecchio e il suo respiro la fece rabbrividire. 'Madre de Dios,'
pensò Tessa, quando lui piegò la testa, le labbra aperte, pronto a baciarla,
'cosa sto facendo?'
Quando le loro labbra si incontrarono, lui la
tirò con forza verso di sé, il materiale ruvido della sua uniforme che le
graffiava il petto. Le sue braccia rischiarono di soffocarla e Tessa lottò per
respirare. La passione di quel bacio la rendeva debole e, improvvisamente,
Grisham la sollevò e la stese sul divano. I baci ardenti sembravano aver
risvegliato una tempesta di passione dentro di lei e la sua ultima resistenza
l'abbandonò, quando si scoprì a ricambiarli.
Con mani febbrili, Grisham si avventò contro i
bottoni della camicia da notte e, come un secchio di acqua gelata, il buon senso
fece ritorno. Tessa lo spinse via e si alzò, tremando.
La sua voce suonò strana alle sue
stesse orecchie quando disse, "Capitano, mi avete fatto un grande favore
stasera, riferendomi questa informazione. Ma non vedo come possa essermi utile
se non posso provare la mia identità. Domani devo lasciare questa casa. Fate
uscire allo scoperto il vostro testimone e il problema sarà risolto."
Grisham si passò le mani tra i capelli,
frustrato. Il suo respiro era faticoso, il viso arrossato. Impazientemente,
rispose, "Non posso farlo testimoniare per voi. E' un uomo sposato e non
vuole che sua
moglie scopra che è stato con una prostituta." Alzò le spalle, "Forse posso fare
in modo che Sofia confessi."
Tessa si allontanò di più: la sua mente adesso
era sgombra. Ricordava gli occhi della donna, la loro durezza, la spietatezza
che vi aveva scorto. "No, non penso che confesserà niente. Ho bisogno di prove."
Fece un respiro profondo, "E adesso, Capitano, è ora che andiate. Conoscete la
strada."
Grisham si alzò e si sistemò l'uniforme. "Credo
che, dopo stasera, possiate chiamarmi Marcus," disse con un sorriso seducente.
"Un bacio della buonanotte e andrò via. Ci vediamo presto, Tessa, abbiamo molto
di cui parlare, piani da preparare..."
Cercò di avvicinarsi di nuovo, ma Tessa lo tenne
a un braccio di distanza. Assicurandosi di mantenere un sorrisetto timido sul
viso, rispose gentilmente,"Credo che abbiate avuto abbastanza baci per stasera,
Capitano. Temo che qualsiasi rapporto sociale dovrà aspettare finché questa
spiacevole faccenda sarà sistemata. Allora potremo parlare." Gli offrì la mano,
come segnale che la discussione era terminata.
Grisham la prese e ne baciò il dorso, gli occhi
che brillavano di malizia. Quando la porta si chiuse dietro di lui, Tessa si
sorprese a fare un profondo respiro. Non si era accorta di trattenere il fiato.
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Capitolo 5 *** atto terzo ***
Scena 1
Scena 1
Gaspar si passò le mani sugli occhi stanchi. Non
sapeva come dire a Tessa cosa stava succedendo alla sua hacienda: guardando le
due donne insieme, sedute all'ombra di un giovane arbusto, che chiacchieravano
amabilmente, il suo cuore si strinse. Sua moglie era così bella, come una dea
dorata. Niente avrebbe mai dovuto nuocerle. Ma ora stava prendendo così a cuore
il problema dell'amica, che Gaspar iniziava a preoccuparsi. Vera voleva che lui
sollevasse i Don contro Montoya per costringerlo a cacciare l'impostora.
Gaspar sospirò. Era già andato a trovare Montoya
e protestare contro questa evidente ingiustizia, ma il colonnello era stato
categorico sul fatto che bisognava obbedire alla legge: finché Tessa non fosse
riuscita a provare la propria identità, l'hacienda sarebbe rimasta in possesso
della nuova richiedente.
Era passata una settimana da quando il carro di
Tessa era arrivato alla sua hacienda e avevano accolto in casa le due donne.
Gaspar sorrise alla vista di Vera e Tessa che bevevano insieme una limonata.
Così diverse, come il giorno e la notte, eppure erano diventate grandi amiche.
Si sentiva quasi geloso delle attenzioni che sua moglie le dedicava perchè
si sentisse a casa propria e, soprattutto, perchè non pensasse troppo a suoi
guai.
Lo sguardo di Gaspar si spostò su Marta, che
stava riempendo i loro bicchieri e scosse la testa. Marta era di umore pessimo,
gli occhi ombrosi e rimuginanti, se ne stava in silenzio per la maggior parte
del tempo, soffrendo per la sua padrona. 'Una strana donna per essere serva di
Tessa,' rifletté.'Che passava per la mente di Rafael quando le affidò sua
figlia?' Ma doveva ammettere che, se un giorno gli fosse successo qualcosa,
avrebbe voluto anche lui una persona così tenace a proteggere il suo petalo.
Marta poteva essere strana, esotica, ma la sua devozione a Tessa era indubbia.
Nonostante le sue reticenze nell'interrompere il
quadretto pacifico, Gaspar decise che non poteva tenersi per sé le novità. Scese
velocemente lungo il sentiero di ghiaia fino all'arbusto, "Che amabile visione,
due bellissime donne che si godono una splendida giornata." Diede a Vera un
bacio affettuoso sulla guancia e si sedette. Marta si avvicinò in silenzio e gli
versò un bicchiere di limonata, per poi tornare ad sistemarsi sul
muro di pietra del giardino.
Gaspar ingoiò un sorso della bevanda
rinfrescante, poi abbassò il bicchiere sul tavolo. Lo sguardo affabile scomparve
dal suo volto. "Tessa, devo darti una notizia spiacevole riguardo alla tua
hacienda." reagì alla sua espressione prostrata prendendole la mano e dandole
dei colpetti paterni. "Montoya vi ha posto un gruppo di soldato per costringere
i braccianti a lavorare. Si sono rifiutati di fare qualsiasi cosa per quella
donna. I soldati sono stati violenti e alcuni dei tuoi dipendenti sono stati
feriti. Il dottor Helm è già stato chiamato diverse volte, ma loro continuano a
resistere."
Tessa si alzò di scatto e iniziò a
camminare avanti e indietro, lottando per mantenere il controllo. "Che posso
fare, Don Gaspar?" Sospirò e sorrise stancamente. "Non mi aspettavo tanta
lealtà. Ma in qualche modo devo costringerli a cooperare. Se penso ai soldati
che minacciano la mia gente..." scosse la testa, poi, con un veloce,
"Scusatemi," si allontanò quasi di corsa verso la villa e scomparve all'interno.
Marta si alzò e la seguì, lasciando Gaspar e
Vera seduti insieme in un pesante silenzio.
Scena 2
Marta seguì Tessa ,come fosse la sua ombra,
fino alla camera che Vera aveva preparato apposta per lei. Anche se i mobili
erano della migliore qualità, quella non era casa.
Quando Marta chiuse la porta dietro di
sé, Tessa esplose furente. "Come è potuto accadere, Marta?Un giorno sono una
proprietaria terriera, e il seguente sono costretta ad accettare la carità degli
amici!"
Marta sedette rigidamente su una sedia. Solo i
suoi occhi si muovevano, seguendo il nervoso andirivieni dell'altra donna, su e
giù per la stanza. La sua voce, quando parlò, era tagliente e amara. "Sappiamo
come è successo e perchè. Quello che non sappiamo e cosa possiamo fare adesso."
tentò di controllare la rabbia, ma poteva sentirla crescere dentro di sé.
Tremava per il bisogno di fare qualcosa, ma sapeva di non poter fare niente, a
parte soddisfare il proprio desiderio di vendetta. Quindi restò seduta a
guardare Tessa che si struggeva nello sforzo di trovare una soluzione.
Infine la ragazza si buttò sul letto, afflitta
dai pensieri dolorosi che la tormentavano. Sospirò pesantemente e fissò il
soffitto. "Che dobbiamo fare, Marta?Non possiamo restare qui per tutta la vita.
Abbiamo già approfittato fin troppo dell'accoglienza." Scosse la testa e si girò
verso Marta, la quale si sentì il cuore pesante, vedendo la tristezza negli
occhi di Tessa, e ancora di più quando questa si sforzò di sorridere. "Bene,"
disse coraggiosamente, "almeno abbiamo la salute."
La zingara fece una smorfia e si alzò. "Fosse
per me, saprei benissimo cosa fare." si passò un dito sulla gola come fosse un
coltello, e sorrise allo sguardo spaventato di Tessa. "Questo risolverebbe il
problema."
"Non pensarci neanche, Marta!E' già brutto che
abbia perso la mia hacienda. Ma perdere anche te no, sarebbe molto peggio.
Dimentica la vendetta, Montoya capirebbe subito chi l'ha uccisa e ci
impiccherebbe entrambe. Così gli faremmo un favore." Tessa fece un respiro
profondo. "Dobbiamo farci venire un idea al più presto, o sarà troppo tardi. Ma
non l'uccideremo. Ci deve essere un modo..." si immerse in un silenzio
contemplativo, rotolando sulla schiena.
"Io posso guadagnare qualcosa per noi, " propose
Marta decisa. "Ho molte abilità."
Tessa strinse le labbra e aggrottò la fronte.
"Marta, non posso lasciartelo fare, non sono incapace. Se abbiamo bisogno di
soldi, posso guadagnarli anch'io."
"Facendo cosa?" chiese severamente Marta. "In
che modo potresti guadagnare dei soldi, Tessa?Non ti ho cresciuta perchè ti
sporcassi le mani con il lavoro manuale. Sei la figlia di un Don, non una
contadina. Morirei di vergogna. No, troverò io un lavoro." stabilito questo,
Marta si diresse alla porta.
"E non pensi che farebbe vergognare me, se io
vivessi del tuo lavoro?" Tessa si mise seduta e disse risolutamente, "Riavremo
la nostra vita, Marta, te lo prometto. Riavremo tutto, ad ogni costo."
Scena 3
Tutto era quieto e silenzioso, quando
la figura in nero si infilò silenziosamente nella capanna. Scosse la forma
addormentata con una mano e, non appena quello si svegliò con un grugnito, la
usò per chiudergli la bocca.
"Shh," lo ammonì, tenendolo fermo con un
braccio. "Ho un messaggio della Senorita Alvarado. Come responsabile dei
lavoratori, ti ordina di spingerli a cooperare con la nuova padrona. Niente
resistenza. Hai capito, Senor Casillas?" sentì che l'uomo annuiva e lo lasciò
libero.
"Chi sei?" mormorò con la voce tremula.
"Un'amica." rispose lei e scomparve
nell'oscurità.
La Regina si mosse furtivamente verso la villa.
Non c'erano luci accese, ma si ricordò di stare attenta alle sentinelle che
Montoya avrebbe potuto mettere di guardia. Scivolò lungo il muro della casa e si
insinuò attraverso la finestra nella propria camera da letto. Come aveva
immaginato, l'impostora si era presa la stanza per sé. Il suo corpo addormentato
giaceva sul letto, appena coperto dalle lenzuola e da una sottile camicia da
notte. 'Almeno è da sola.' pensò Tessa con sollievo.
Estraendo la spada, Tessa si avvicinò
silenziosamente e fu sopraffatta da un'improvvisa ondata di odio. Il suo sguardo
cadde sul collo nudo e indifeso e ricordò quello che Marta aveva minacciato di
fare. Era tentata, e la colpa sarebbe stata attribuita alla Regina. La spada
tremò quando fu sollevata.
Poi, Tessa coprì la bocca della donna con una mano guantata per attutire le urla.
Gli occhi di Sofia si riempirono di terrore
quando vide la figura scura le cui mani erano premute sulla sua bocca, ma fu
quando vide lo scintillio della spada posata sul suo petto che tremò di paura.
La Regina bisbigliò aspramente, "Sono venuta ad
avvertirti. La tua vita è in pericolo." Tessa quasi rise dell'ironia di quell'affermazione,
quando la donna tentò di allontanarsi dalla spada mortale. "Montoya ti ucciderà
non appena si sarà assicurato il possesso dell'hacienda. L'ha fatto in passato
ed è rimasto impunito. Devi confessare di essere un'impostora e lasciare questo
paese ,se vuoi vivere, Sofia."
Tessa sentì la donna sobbalzare alla
menzione del suo vero nome. Esitando leggermente, rimosse la mano dalla bocca di
Sofia e abbassò la spada. "Non voglio farti del male. Sono un'amica."
La donna si allontanò bruscamente e disse
secca, "Un'amica!Non farmi ridere. Gli amici non si aggirano furtivamente
di notte nelle stanze da letto. Tu vuoi questa hacienda per te. Chi ti ha
mandata?" i suoi occhi brillarono quando un raggio di luna si fece strada dalla
finestra aperta. "Io sono Maria Teresa Alvarado. Questa è la mia hacienda e
nessuno me la porterà via, né tu, né Montoya." Improvvisamente, saltò giù dal
letto e urlò, "Aiuto!Guardie!" si mise le mani sui fianchi e sorrise al suono di
passi affrettati che si avvicinavano.
Due soldati si precipitarono nella stanza.
"Montoya mi ha avvertita che saresti venuta. Quindi abbiamo preso precauzioni.
Prendetela!" gridò ,e i soldati si lanciarono su Tessa con le spade pronte. Uno
di loro fece per prendere la pistola dalla cintura, ma la Regina riuscì a
sbatterlo contro la scrivania e la bambola vestita da sposa che le aveva
regalato lo zio cadde a terra e si ruppe. 'Oh beh,' pensò Tessa con un'alzatina
di spalle. Cercò di strappargli la pistola dalle mani e quella sparò un colpo
contro un quadro sul muro. 'Dannazione!', pensò, 'Il mio disegno preferito di
Don Chishotte. Pagherai per questo!'
Con l'impugnatura della spada colpì il soldato
sulla mascella e quello cadde sul pavimento. L'altro uomo alzò la spada e tentò
un affondo, mancando il bersaglio, ma tagliando una tenda di broccato ,che si
strappò rumorosamente.
'Broccato francese!Ci vorranno mesi per
averne di nuovo,' si lamentò Tessa. Il soldato puntò al suo busto e lei si
spostò di lato. L'uomo perse l'equilibrio e la spada andò a infilarsi nel legno
pregiato dell'
armadio. 'Devo uscire di qui...mi stanno distruggendo la casa!' Gli diede una
pedata ben assestata e, quando il soldato si abbassò, lo colpì con un ginocchio,
per poi correre alla finestra.
Non appena fu fuori, un soldato ,che aspettava
solo questo, l'afferrò da dietro, circondandole le spalle con le braccia. Un
altro soldato accorse immediatamente e alzò il fucile, pronto a sparare. Tessa si
buttò con forza all'indietro, facendo cadere entrambi a terra, e rotolò via
proprio mentre l'altro premeva il grilletto.
Sentì l'uomo a terra urlare e vide il
secondo soldato
gettare a terra il fucile ed estrarre la pistola. Tessa tirò fuori dallo stivale
il pugnale e in un unico, fluido movimento lo lanciò. Gli colpì la spalla e il soldato
sbagliò la mira, facendo a pezzi una finestra.
Tessa guardò con rassegnazione il vetro
distrutto e corse a riprendere il pugnale. Il soldato giaceva sul terreno con
gli occhi spalancati dalla paura. La Regina semplicemente sorrise e disse,
"Scusa. La prossima volta non provare ad uccidermi."
Estrasse l'arma dalla ferita e fischiò per
chiamare Chico, che arrivò trottando. Montò velocemente, salutò con il braccio i
lavoratori che erano usciti dalle capanne ,probabilmente svegliati dagli spari, e
galoppò nella notte.
Colpi di pistola la seguirono mentre si
allontanava, ma Tessa sapeva che i soldati non l'avrebbero seguita volentieri.
'A quest'ora vorranno solo tornarsene a dormire.' e rise, il sangue che scorreva
selvaggio nelle vene, incitando il cavallo a correre. Le loro sagome erano unite come
due parti di un unico animale.
Note: vorrei ringraziare IceWarrior, Vale e Corallo per le recensioni. Anche
se non sono l'autrice, fa piacere sapere che il proprio lavoro è apprezzato.
Fioredivetro.
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Capitolo 6 *** atto quarto,1 ***
Scena 1
Scena 1
"Dottor Helm, che piacevole sorpresa," cinguettò
Vera, quando vide il dottore avanzare lungo il sentiero verso di loro. Helm notò
che la donna diede un colpetto scherzoso a Tessa con il piede, da sotto il
tavolo. "Dev'essere un visita di cortesia, nessuno è malato. E dovete essere
venuto a trovare Tessa, perchè non avete mai fatto tanta strada per vedere me."
Helm si sentì di colpo imbarazzato, fuori posto
e indifeso, alla presenza delle due belle donne. Sapeva che le sue guance
stavano iniziando ad arrossire, ma non c'era niente che potesse fare per
evitarlo. Con un sorriso storto, rispose, "In effetti, sono venuto per vedere la Senorita
Alvarado. Riguarda un incidente che è successo alla vostra hacienda, la
scorsa notte."
Tessa aprì il ventaglio e lo agitò
languidamente. Infine, disse, "Che incidente, dottore?Non ne so niente."
"Sembra che la Regine di Spada abbia
fatto visita a casa vostra. Due soldati sono gravemente feriti, un'altro se l'è
cavata con qualche ammaccatura. Ho pensato che voleste saperlo. Oh, e i
braccianti sono tornati a lavoro. Apparentemente, la Regina è riuscita a farli
ragionare...mi stavo stancando di disinfettare ferite e bendare ossa rotte."
"Perfavore, dottore, sedete qualche minuto con
noi e bevete qualcosa.. Fa già molto caldo." Vera attraversò il patio con lo
sguardo e vide Marta seduta vicino al muretto del giardino, un cestino ai
suoi piedi, che si portava avanti con il cucito. "Marta," la chiamò con voce
mielata, "Vorresti portare al dottore un bicchiere della tua eccellente
limonata?"
Helm sedette di fronte a Tessa e cercò
di non fissarla. La ragazza aveva gli occhi cerchiati di nero, come se non
avesse dormito, e il suo viso era leggermente arrossato. 'Poverina,' pensò,
'questa volta le macchinazioni di Montoya l'hanno davvero provata. Ha l'aria
stanca e depressa.' Ad alta voce disse, "Senorita Alvarado, se c'è qualcosa che
posso fare per aiutarvi, dovete solo chiedere. Ritengo sconvolgente che
un'impostora abbia preso possesso della vostra proprietà e non sia ancora stata
punita. Non c'è un modo in cui possiate provare la vostra identità, oltre che
aspettare qualcosa dalla Spagna?"
Marta versò al dottore un bicchiere di
limonata e posò la brocca sul tavolo. "C'è una cosa, Dottor Helm," si
intromise. "Tessa ha una voglia inusuale sulla schiena. Se riuscissimo a trovare
il dottore o la levatrice che l'ha fatta nascere, potremmo provare che lei è
la vera Maria Teresa Alvarado."
Helm sollevò le sopracciglia e sorrise.
"Una voglia!Certo. Una prova inconfutabile. Marta," disse di cuore, "tu sei un
genio!" spostò l'attenzione su Tessa, il cui colorito aveva raggiunto una
graziosa tonalità di rosa. "Dov'è esattamente la voglia e di che forma è?"
"Alzati, Tessa, perfavore," la incitò
Marta, tirandole il braccio per trascinarla in piedi. "Dobbiamo mostrare al
dottore dov'è."
"Marta, insomma."protestò Tessa, quando
fu costretta ad alzarsi controvoglia.
Helm fece l'occhiolino a Vera, che non
riuscì a trattenere una risatina. Si stavano entrambi godendo questo piccolo
diversivo. "Va tutto bene, Senorita Alvarado. Sono un dottore, ho visto
moltissime schiene e voglie."
Marta fece girare Tessa e tirò la
camicetta fuori dalla gonna, abbastanza perchè tutti potessero vedere una
piccola voglia rossa a forma di mezzaluna, nella parte bassa della schiena.
"Una forma molto intrigante," commentò
Helm, avvicinandosi per osservare meglio. "La voglia, intendo." e rise, quando
Tessa si girò bruscamente e si riabbasso la camicia, fissandolo rabbiosamente.
"Se avete finito di prendermi in
giro..." e con un fruscio di gonne, marciò verso la casa.
Vera strinse le labbra e sospirò. "Ho
provato di tutto per distrarla, ma non fa che pensare alla sua hacienda. Si
affligge tanto." Si rivolse a Marta. "Perchè non ci hai parlato prima di questa
voglia?Manderò Gaspar a cercare informazioni tra i don per vedere se sanno chi
assisteva le partorienti quando è nata Tessa. La levatrice potrebbe essere ancora viva
da qualche parte. E, dottor Helm, forse voi potreste chiedere giù al pueblo."
"Vale certamente la pena provare, e
potrebbe essere la sua unica possibilità. Grazie, Marta," disse Helm con un
sorriso amichevole. "Potresti aver trovato la chiave per salvare la proprietà
della tua padrona."
Scena 2
"Mia cara, ti stai preoccupando per
niente." Montoya posò entrambe le mani sulle spalle di Sofia, "E' esattamente
quel che ti avevo detto che sarebbe successo. Conosco quella bandita, non uccide
nessuno che sia disarmato e non l'ho mai vista uccidere una donna. E' innocua,
davvero, quasi patetica. Non preoccuparti, non tornerà. E se lo farà, ti ho
assegnato più soldati per proteggerti." Le diede una pacca sul braccio e si
avviò al suo ufficio.
"Colonnello Montoya, il problema non è
che lei si è intrufolata in casa mia e mi ha puntato contro la spada. E' che ha
detto esattamente quello di cui di mi sto iniziando a preoccupare. Mi ha avvertita
che voi mi ucciderete appena non vi sarò più utile. Come posso essere sicura che
non accadrà?"
La donna si affrettò a raggiungerlo
nell'ufficio, facendo turbinare la gonna di seta, che Montoya riconobbe come una
di quelle da sera di Tessa. Dovette sforzarsi di non scuotere la
testa. 'Troppo elegante per quest'ora del giorno,' pensò mentre osservava meglio
vestito e trucco. 'Troppo rossetto e cipria, non abbastanza pudica,' decise.
'Non reggerà molto a lungo come Senorita Alvarado. Anche un bambino riuscirebbe
a guardare sotto la sua maschera.'
"Dobbiamo aspettare poche settimane
ancora, Sofia, prima che tu possa legalmente trasferire a me il possesso dell'hacienda.
Poi riceverai la tua ricompensa: oro sufficiente per andare ovunque e iniziare
una nuova vita. Potrai essere una signora e nessuno saprà mai da dove vieni
veramente. Pensaci, mia cara. Una seconda vita, con abbastanza soldi per viverla
in grande stile."
"E nel frattempo?Nessuno in questo
posto vuole parlare con me, i lavoratori dell'hacienda sono scontrosi e il cuoco
non cucina niente di mangiabile. Non so per quanto ancora potrò sopportarlo.
Almeno a Monterrey ero benvoluta."
"Certo che lo eri, Sofia," cercò di
calmarla Montoya, "E lo sarai di nuovo. Porta pazienza, presto te ne andrai da
qui con una piccola fortuna."
Finalmente convinta, Sofia aprì la
porta e sorrise civettuola. "Perchè non venite alla mia hacienda per cena,
Colonello? Potremmo passare una serata divertente insieme. Cibo, vino...e chi
sa?"
Montoya fece un passo avanti e le baciò
la mano. "Ottima idea, mia cara. Che ne dici di domani sera?" la guardò
caldamente e si avvicinò la mano alla guancia. "Aspetterò con ansia, Sofia."
Con ciò, la donna uscì dall'ufficio con
studiata lentezza.
Montoya si trattenne dallo sbattere la
porta. 'La tua hacienda, come no!' pensò iroso. Appena fu sicuro che Sofia non
era più a portata d'orecchio, il colonnello mandò a chiamare Grisham. Aveva un
compito urgente per lui.
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Capitolo 7 *** atto quarto,2 ***
Scena 3
Scena 3
Tessa sedeva da sola nella stanza
assegnatale dagli Hidalgo e rifletteva, scartando un piano dopo l'altro. A un
certo punto aveva deciso di andare a Monterrey per trovare qualcuno che
conoscesse Sofia del Campo e potesse identificarla, ma avrebbe avuto bisogno di
soldi, e tutti i suoi soldi erano chiusi nella stanza segreta della sua hacienda.'Sembra
proprio che dovrò fare un'altra visita alla villa, stasera, per recuperare il
mio oro. Non mi aspetteranno di nuovo, dopo la scorsa notte,'
I suoi pensieri furono interrotti da un
rumore brusco, proveniente dalla finestra. Grisham se ne stava lì in piedi,
scrutandola e sorridendo disinvolto. Tessa naturalmente ne fu piuttosto
sconvolta, ma cercò di controllarsi. "Non conoscete la pratica di bussare alle
porte, Capitano?" chiese tagliente. "Questa è la seconda volta che vi presentate
così d'improvviso. Dovete dare ad una ragazza il tempo di prepararsi quando
progettate di farle visita."
"Aprite di più la finestra, così posso
entrare," la esortò sottovoce, guardandosi nervosamente intorno.
"State scherzando, se pensate che vi
lascerò entrare," rispose Tessa severamente."Cosa volete?"--'Oltre che l'ovvio'
aggiunse mentalmente.
"Non posso dirvelo se non mi fate
entrare," rispose lui in tono di urgenza. "Ascoltate, ho delle notizie
sull'impostora."
Riluttante, Tessa sciolse la corda che
teneva ferma la finestra e Grisham si sollevò sul davanzale, lasciando dondolare
le gambe nella stanza. Si alzò e cercò di raggiungere la ragazza, ma, invece.
raggiunse la sua mano, che lo teneva a distanza. "Cosa diavolo...?"borbottò. "Vi
piace giocare, è così?Caliente, poi fredda?Bene, allora anche a me piace
giocare. Questo gioco si chiama 'Un bacio per un segreto'."
"Credevo che voi foste un gentiluomo,
Capitano, e non è così che un gentiluomo si comporta." gli fece un sorriso
civettuolo. "Ditemi cosa sapete e io deciderò se vale un bacio oppure no."
Grisham sospirò pesantemente. "E va
bene. Montoya manderà dei delinquenti a casa vostra, stasera. Vuole che sembri
un furto, ma il piano è di uccidere Sofia. Poi confischerà l'hacienda nel nome
della Corona e se la terrà per le tasse arretrate." piegò la testa verso di lei.
"Vale un bacio?"
Tessa lasciò che Grisham se la tirasse
più vicina, cercando di non opporre troppa resistenza, ma tutti i suoi istinti
le gridavano che lei lo disprezzava, che la rivoltava- eppure c'era attrazione.
Dalla volta in cui erano rimasti bloccati insieme nella miniera, aveva iniziato
a vederlo in una luce leggermente diversa, e quando le sue labbra toccarono le
sue, prima dolcemente, poi più insistenti, Tessa sentì che il suo corpo iniziava
a tradirla. Il desiderio le rendeva le ginocchia deboli.
Tessa si allontanò improvvisamente, con
la sensazione che qualcuno la stesse chiamando. Eccolo di nuovo: stava arrivando
Vera.
Vide che Grisham se ne stava a bocca
aperta ed era evidentemente spaventato. Se lei li avesse trovati insieme...
"Va via, presto!" Tessa lo spinse verso
la finestra e lui si arrampicò sul davanzale e sparì dalla vista, proprio mentre
Vera apriva la porta.
"Tessa," si imbronciò la signora
Hidalgo, "Non mi avete sentito chiamarvi?Andiamo in paese, voglio fare delle
compere." entrò nella stanza e la osservò più attentamente. "Vi sentite bene,
Tessa?Siete arrossita, spero che non stiate covando qualche malattia." andò a
chiudere la finestra. "Non dovreste tenerla così spalancata, lascia entrare il
caldo. Forse è questo il problema, troppo calore."
"Si, è il troppo calore il problema,
Vera," annuì l'altra, quasi senza fiato. "Una visita in paese mi sembra una
buona idea."
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Capitolo 8 *** atto quinto,1 ***
Scena 1
Scena 1
Entrare era la parte facile, uscire con una
borsa d'oro sarebbe stata tutta un'altra cosa, decise la Regina ,mentre
sollevava un pesante sacchetto e se lo legava alla cintura. Per rendere le cose
ancora più difficili, tintinnava quando camminava.
Tessa aprì la porta della stanza segreta,
uscì nella cantina dove teneva il vino e la richiuse con molta attenzione. Si
chiese se Grisham non si fosse inventato tutto. Era stata laggiù per quasi
un'ora e non c'era ombra di ladri. 'A parte me,' si corresse con un sorrisetto.
Furtivamente, salì le scale fino a piano
terra e, passando rasente al muro, arrivò in cucina. La sola illuminazione
proveniva dai raggi della luna, che proiettavano ombre rettangolari sul
pavimento. Spostò una sedia accanto al muro, in modo che la luce non la colpisse
e sedette ad aspettare. 'E se non venissero?' pensò. 'E se Vera decidesse di
entrare in camera mia alla sua hacienda e scoprisse che non ci sono?Come lo
potrei spiegare?'
Improvvisamente, Tessa udì uno scricchiolio, poi
un cigolio, come di qualcosa che venisse aperto. 'Devo ricordarmi di far oliare
quella porta,' pensò, alzandosi in piedi. 'O forse è meglio lasciarla così.' Fu
colpita dalla stupidità dei ladri: stavano entrando dalla porta principale. 'Io
sarei passata dalla cucina,' pensò sprezzante. 'Dilettanti!'
Con una mano ben ferma sull'impugnatura della
spada, Tessa tornò ad attraversare il corridoio, questa volta diretta in camera
sua. Ancora una volta trovò Sofia addormentata, ma questa volta non era da sola:
un'altra testa scura giaceva accanto alla sua.
'Perfetto,' pensò Tessa,'ora devo salvarli
entrambi.' Si schiacciò contro il muro accanto alla porta, tendendo l'orecchio
ad ogni suono che tradisse i visitatori notturni e involontariamente trattenne il fiato.
La maniglia iniziò a girare con un leggero
stridio e all'improvviso la porta venne spalancata e due uomini si precipitarono
nella stanza. Tessa colpì il primo con l'impugnatura della spada, e sbatté la
porta in faccia all'altro. Poi l'aprì velocemente e quello cadde nella stanza,
solo per essere colpito in testa dal suo stivale.
Sofia si svegliò urlando e si coprì con il
lenzuolo. L'uomo affianco a lei si buttò giù dal letto e afferrò una pistola,
ma, invece di mirare alla Regina, la puntò contro Sofia. Tessa estrasse il
pugnale e glielo tirò dritto al petto. L'uomo cadde sul pavimento con un suono
secco.
Col fiatone, Tessa tirò Sofia giù dal letto,
lenzuola e tutto, e la spinse fuori dalla stanza verso la porta sul retro. La
donna era talmente scioccata che aveva quasi bisogno di essere portata in
braccio. "Muoviti," la esortò Tessa, burbera, "Devi uscire di qui. Chi sa quanti
altri uomini ha mandato."
Aprì la porta della cucina, spinse Sofia fuori e
fischiò per chiamare Chico. Il cavallo arrivò al trotto e la Regina montò velocemente,
aiutando poi l'altra a salire dietro di lei. "Tieniti. Ci aspetta un lungo
inseguimento, se conosco Montoya. Probabilmente mi aspettava e ha sistemato una
trappola da qualche parte."
Tessa prese la direzione della costa, nella
speranza che Montoya avrebbe preparato un'eventuale imboscata sulla strada
principale per Santa Elena. Dietro di lei, poteva sentire il calpestio di molti
zoccoli e sapeva di non avere molto vantaggio. La loro unica speranza era
proprio la strada che costeggiava la spiaggia, corredata di caverne e canyon,
dove avrebbero potuto nascondersi. Se solo fosse riuscita a raggiungerli.
Il petto possente di Chico ansimava per lo
sforzo di portare due persone, una delle quali inesperta e in continuo pericolo
di cadere. Sofia stringeva la vita di Tessa così forte, che questa poteva appena
respirare, ma, finalmente, vide davanti a sé le formazioni rocciose e il mare
agitato. C'era un sentiero che portava alla spiaggia e Tessa lo preso, facendo
rallentare il cavallo sul terreno accidentato e tornando a spronarlo sulla
sabbia.
Si arrischiò a guardare indietro e vide che
ancora le seguivano, ma era sicura che subito dopo la curva c'era un favo di
caverne. Si sarebbe nascosta in una di quelle, sperando che i soldati passassero
oltre.
Infatti era così e Tessa si diresse
immediatamente verso una cava mezza sommersa dalla marea. "No!" piagnucolò
Sofia, "Ci farai affogare."
"Stai zitta, se vuoi vivere," la rimproverò
la Regina. Spinse Chico nell'acqua e lui procedette faticosamente nella grotta.
Nel buio infernale del suo interno, tutti i suoni sembravano amplificati:
il
loro respiro, lo scrosciare delle onde, e poi il battere degli zoccoli sulla
sabbia. Presto, però, il suono dei cavalli si allontanò e Tessa fece un respiro
di sollievo. "Staremo qui ancora un po', per essere sicuri che se ne siano
andati."
Sofia tremava per il freddo e per la paura. L'unica cosa che la copriva era il lenzuolo che si era trascinata
via dal letto. Con voce tremolante, chiese, "Perchè mi hai salvata?Io ho cercato di
farti uccidere la scorsa notte e tu mi hai salvato la vita. Perchè?"
"Forse perchè Montoya spinge le persone a fare
cose che non vorrebbero fare. O forse perchè solo tu puoi servire la giustizia.
Confessa di essere un'impostora e sarai salva. Te lo prometto. Ma devi dire la
verità davanti a dei testimoni, dire come sono stati rubati i documenti...Solo la
verità ti renderà libera. E poi devi andartene il più lontano possibile. Lascia
la California, vai in Spagna o in Messico."
Sofia tremò ancora e si strinse alla Regina come una
seconda pelle. "Ha mandato quegli uomini per uccidermi, vero?Non erano ladri,
erano assassini." Per diversi minuti, se ne stette appoggiata alla spalla di
Tessa, cercando di riprendere il controllo. Poi, mormorò, "Sono un'imbrogliona.
Montoya mi ha promesso di rendermi ricca se avessi impersonato Maria Teresa
Alvarado. Perchè rischi tanto per lei?"
"E' un'amica, cui è stato fatto un torto."
"E' fortunata ad avere un'amica come te. Vorrei
avere anch'io amici così." Sofia cominciò a piangere e i suoi singulti scossero
Tessa e resero il suo cavallo nervoso.
Voleva confortarla, ma Sofia era ancora
seduta dietro di lei sulla sella, quindi tutto ciò che riuscì a fare fu darle
dei colpetti compassionevoli sulla testa e sussurrare, "A volte bisogna guardare
in faccia la morte per iniziare una nuova vita. Forse puoi ricominciare, da
qualche parte."
Sembrava che gli inseguitori fossero andati via,
quindi la Regina incitò il cavallo fuori dalla grotta e lungo la spiaggia. Fece
a ritroso la strada verso la sua hacienda, sempre concentrata, nel caso si fossero
imbattute in un'imboscata.
Sofia si aggrappò ancora più forte a lei, la
voce resa acuta dal panico. "Non stiamo tornando là?Sei pazza?Ci cattureranno!"
Tessa si girò leggermente, osservando il viso
esangue e gli occhi spalancati dell'altra. "Devo prendere quelle carte prima che
lo faccia Montoya. Senza di esse, Maria Teresa non ha prove sulla proprietà
dell'hacienda. Le hanno rubate dalla casa, non è così?"
Con voce pacata, Sofia rispose, "Si. Le carte
sono state rubate qualche settimana fa, mentre la senorita e la sua serva erano
in paese, così mi ha detto Montoya. Ma tu non hai bisogno di quei documenti.
Confesserò davanti a testimoni e allora la tua amica, Maria Teresa, riavrà la
sua hacienda."
"Non credo che sarà così semplice. Inoltre..."
Tessa rise, spingendo Chico al galoppo, "avrai bisogno di un vestito. A meno che
tu non abbia intenzione di andare in giro con un lenzuolo addosso d'ora in poi. Dove hai
nascosto i fogli?"
"La cartella è nascosta nell'armadio, sotto la
biancheria," rispose lei, con una punta di orgoglio nella voce.
Tessa scosse la testa con rassegnazione. "E' il
nascondiglio migliore che sei riuscita a trovare?E' il primo posto dove
guarderanno!" sbuffò disgustata e spinse il cavallo ad andare più veloce.
Quando si avvicinarono alla villa, Tessa lo
rallentò fino a fermarlo in cima alla collinetta dove sorgevano le
lapidi dei suoi genitori, come sentinelle a guardia della loro terra. Saltò giù
e aiutò Sofia a fare lo stesso.
"Stai qui e non fare rumore,"le bisibigliò .
"Tornerò appena avrò i documenti e un vestito per te. Poi ti porterò al sicuro,
fidati." Con ciò, si allontanò nell'ombra dell'edificio, fino alla finestra
della sua camera da letto.
Il vetro rotto sfrigolava rumorosamente sotto i
suoi stivali mentre cercava di raggiungere il davanzale. Si immobilizzò e stette
in ascoltò, ma non c'era altro suono. Con un agile salto atterrò nella camera
buia e posò una mano sulla spada. Sembrava vuota. Andò alla porta e vi appoggiò
l'orecchio, trattenendo il fiato per cogliere ogni segno di movimento dentro la
villa. Era tutto tranquillo, come se non fosse successo niente poche ore prima.
Tessa si guardò intorno. La stanza era come
l'aveva lasciata, a parte il corpo dell'amante di Sofia, che era stato rimosso.
'E' morto?' si chiese, con una spiacevole fitta allo stomaco. Rapidamente
raggiunse l'armadio e iniziò a cercare nei cassetti. Le sue mani guantate
rovistarono tra la biancheria di pizzo di Sofia, che fortunatamente non riusciva
a vedere nell'oscurità. Finalmente toccò i bordi rigidi della valigetta e la
tirò fuori. 'E adesso qualcosa che Sofia possa indossare,' pensò.
In quel momento, udì dei passi pesanti che si
avvicinavano alla porta e una voce maschile disse, "Montoya vuole quelle carte
stasera!Mi ha mandato appena ha saputo che la donna è fuggita. Probabilmente le
ha nascoste in camera da letto." Quest'ultima frase fu confermata dall'aprirsi
della porta e i due soldati marciarono dentro la stanza.
Tessa scappò alla finestra e, quando due sguardi
sconvolti si posarono su di lei, rise. "Cercate questa, ragazzi?" li stuzzicò,
sventolando la cartellina mentre volava oltre il davanzale. Fu seguita da due
colpi di fucile, ma Tessa conosceva il suo territorio. Corse alle stalle e si
servì della loro ombra per tornare sulla collina dove l'aspettavano Sofia e il
cavallo.
Senza fiato, la chiamò, "Forza, Sofia!Ci
inseguono...di nuovo!" e in un attimo fu in groppa, aiutò l'altra a salire e
galoppò via, questa volta verso l'hacienda degli Hidalgo.
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Capitolo 9 *** atto quinto, 2 ***
Scena 2
Scena 2
Era mattina tardi quando il Colonnello
Montoya alzò gli occhi in seguito a un colpo improvviso sulla porta del suo
ufficio. Per un lungo momento, continuò a tenere lo sguardo fisso alla finestra,
per rimandare il più possibile l'incontro che sapeva sarebbe avvenuto. Il
secondo colpo, un po' più forte, lo costrinse ad un perentorio, "Avanti!"
Due donne e un uomo entrarono nella
stanza, e il Colonnello notò che una di loro teneva tra le mani una cartella di
pelle marrone. Si alzò da dietro la scrivania, i suoi lineamenti costretti in
una maschera prudentemente insulsa. "Buenos dias, senorita..."
"Alvarado," finì lei con un sorriso
impertinente. "C'è stato uno sviluppo interessante da ieri sera, Colonnello.
Sembra che l'impostora abbia avuto un rimorso di coscienza. Ha deciso di
rinunciare alla farsa di essere me, e ha restituito i documenti rubati." Tessa
gli porse la cartella, sorridendo dolcemente. "Queste carte provano senza dubbio
che io sono la vera Maria Teresa Alvarado."
Montoya la prese con precauzione e se
la girò tra le mani un paio di volte. Lanciò uno sguardo veloce al dottor Helm,
poi a Marta, che aveva accompagnato la padrona nel suo ufficio. Scosse la testa.
"Prima quella donna aveva questi documenti, ora li avete voi. Temo che, come
prova della vostra identità, non siano affidabili. L'hacienda Alvarado rimarrà
sotto la protezione della Corona finché non riuscirete a fornire una prova
inconfutabile che siete la figlia di Don Rafael Alvarado. E' stata una mia
dimenticanza il non avervi chiesto prove quando arrivaste qui a Santa Elena. Non
ripeterò lo stesso errore." Come se questo avesse messo fine alla discussione,
Montoya tornò alla scrivania e vi appoggiò sopra la valigetta.
Il dottor Helm superò Marta e si
affrettò a riprenderla, per restituirla a Tessa. "In effetti, Colonnello,
abbiamo già questa 'prova inconfutabile'". Un sorriso beffardo si disegnò sul
suo volto, quando vide Montoya trasalire. "Una voglia. Quando la Senorita
Alvarado nacque, la levatrice notò una voglia molto particolare sulla sua
schiena. Abbiamo trovato la levatrice. Ha assistito alla maggior parte delle
nascite in famiglie benestanti al tempo e, a causa del significato che assume
per la sua gente, ricorda la voglia. E' a forma di mezza luna. Anche se è molto
vecchia adesso, ha accettato di venire a Santa Elena a verificare."
Il Colonnello osservò attentamente
Tessa e sbuffò sdegnoso. "E devo credervi sulla parola che questa voglia esista
davvero?"
"Se insistete, Colonnello, ve lo
dimostrerò." Tessa si girò verso Marta, cercando di trattenere la risata che
rischiava di esplodere come una bolla. "Marta, se mi dai una mano, mostreremo la
voglia al Colonnello." e si voltò dall'altro lato quando Marta si avvicinò e le
tirò fuori la camicetta dalla gonna.
Un'altra mano, non di Marta, toccò la
sua pelle nuda. Tessa inspirò bruscamente, impreparata alla sensazione delle sue
dita sulla schiena, che la esaminavano delicatamente.
"Ho le mani fredde?" chiese subito
Helm.
"Un poco. Non fa niente." sentì che la
gonna scivolava leggermente fino alla base della spina dorsale e il suo viso si
tinse di rosso per l'imbarazzo. Le sue mani erano così calde e morbide, che
Tessa quasi si sentiva mancare per la deliziosa sensazione che il suo tocco
produceva. Le dita si mossero fino al punto in cui si trovava la voglia e lì si
fermarono.
"Ecco," spiegò Helm, toccando la
piccola mezzaluna cremisi. "Soddisfatto?O dobbiamo portarvi la Senora Pena, la
levatrice?"
Tessa fece il possibile per trattenere
ancora la risatina nervosa, al pensiero di quanto dovesse sembrare ridicola
quella scena. Udì Montoya che mormorava qualcosa e poi il dottore rimise al suo
posto la camicia. Tessa si girò in tempo per vedere il Colonnello che agitava la
mano e cogliere la sua espressione sconfitta.
"Non sarà necessario. Essendo la legge
in questo territorio, è mio dovere assicurarmi che le terre accordate dalla
Corona restino nelle mani dei legittimi proprietari. Sono convinto che questa
Senorita sia la vera figlia di Don Rafael Alvarado. Grazie per la vostra
diligenza, dottor Helm, nel chiarire la questione."
Montoya prese la mano di Tessa e la
strinse caldamente. "Nemmeno per un istante ho creduto a quella donna. Ma,
naturalmente, avevo le mani legati, Senorita. Lei aveva i documenti
legali, e voi no. Che potevo fare?Spero che non ve ne sia derivato troppo
disturbo..." le baciò la mano.
"In realtà, Colonnello, c'è il problema
del danno causato alla mia camera da letto dai vostri uomini. Un prezioso
dipinto è stato rovinato, oltre ad una bambolina di porcellana, e il tendaggio è
tagliato a pezzi. Pagherete voi per questi danni?" Tessa sorrise innocentemente
alla vista degli occhi del Colonnello che si facevano sempre più scuri.
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Capitolo 10 *** Epilogo ***
Epilogo
Epilogo
Tessa, seduta sul letto, osservava
Marta, che si muoveva dal baule all'armadio, risistemando i vestiti che erano
state costrette a spostare più di una settimana prima.
"Spero proprio che sia l'ultima volta
che devo farlo, Tessa, " commentò Marta con un sorriso luminoso. "Ho dovuto
lavare tutti i cassetti per mandar via quel suo terribile profumo." e si girò
con le mani sui fianchi. "Non capisco perchè le hai dato tanto oro e quei bei
vestiti. Non se lo meritava."
"Che altro potevo fare, Marta?Se
Montoya l'avesse catturata, adesso sarebbe morta. Inoltre, volevo che se ne
andasse il più lontano possibile da me." Tessa si alzò e guardò rassegnata il
quadro del Don Chishotte sulla parete. Il vetro era andato in frantumi e un
proiettile aveva colpito lo scudo del vecchio cavaliere. Rabbrividì. Era come un
presagio. 'Sto diventando troppo simile a Marta,' pensò, 'vedo significati
nascosti in tutto.'
L'altra interruppe i suoi pensieri con
un, "Beh, almeno adesso non potranno più esserci dubbi su chi sia la
proprietaria di questa hacienda."
"Si, " rise Tessa, " per un po' avevo
iniziato a chiedermi se 'io' sapevo chi ero."
Un colpetto alla porta fece trasalire
entrambe. Marta l'aprì e fece entrare una bambina di circa otto anni, che iniziò
a strascicare timidamente i piedi davanti a Tessa, mentre i capelli scuri le
andavano a coprire la faccia.
Tessa si inginocchiò alla sua altezza e
chiese, "Cosa c'è, chiquita?" le tolse i capelli dagli occhi.
"Patrona," disse lei, "C'è un soldato
che vuole vedervi. Ha detto di darvi questo messaggio: Dì alla tua padrona che
il Capitano Grisham è qui per vederla. Aspetta nella veranda, senorita."
"Grazie, Tonia. Perfavore, dì al
capitano che sarò da lui tra qualche minuto." aspettò che la bambina uscisse e
richiuse la porta, sospirando pesantemente. Tentò di sorridere all'espressione
confusa di Marta.
"Che cosa vuole 'quello'?" domandò
severamente Marta.
Tessa arrossì sotto gli occhi
scrutatori della zingara. "La scorsa settimana, Grisham mi è stato molto
d'aiuto." la sua voce si fece quasi impercettibile."Potrei avergli fatto credere
che...che ha il permesso di corteggiarmi." deglutì a vuoto e abbassò gli occhi.
Dopo un momento di rigido silenzio,
Marta improvvisamente scoppiò a ridere. "Come lo vuoi il vestito da sposa?"
Tessa alzò la testa, presa dal panico.
"Aspetta un minuto, Marta!Devi aiutarmi ad uscirne!"
"Oh, no. Ti sei messa in questo
pasticcio tutta da sola e tu devi tirartene fuori." Marta si avviò alla porta.
"Adesso lasciami pensare...Si, la stanza piccola sarà perfetta per i bambini," e
ridacchiò mentre usciva dalla stanza.
FINE
Noticina: E così siamo arrivati alla fine. Sto aspettando il permesso
dell'autrice per tradurre il secondo episodio, fatemi sapere se siete
interessati!
A presto,
Fiore
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