L'attesa

di Kitty For Peace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L'attesa
 






Prologo







Sono una persona soddisfatta .
Posso dire che dalla vita non posso pretendere altro. Ho un lavoro,una sorella e dei genitori che mi vogliono bene,degli amici fidati,un fidanzato.
Finalmente è arrivato il gran giorno,un giorno che cambierà la mia vita per sempre,quello del mio matrimonio.
Tutto è stato preparato nei minimi particolari:la Chiesa è un trionfo di fiori e colori,come se la primavera fosse arrivata in anticipo,il lungo tappeto rosso che parte dall’altare fino ad arrivare all’esterno.
Mia sorella Rein è in prima fila,stupenda nel suo completino verde acqua.
Il cappellino,grazioso come lei,è verde con una piuma dello stesso colore.
Prende dei fazzoletti dalla pochette e incomincia già a piangere.
Immagino che durante la cerimonia sarà una fontana.
Mia madre Elsa è affianco a lei,con un tailleur blu.
Mi avvicino a Martino,uno dei testimoni, oltre ad essere un mio collega ,e gli chiedo l’ora.
Mezzogiorno meno un quarto.
La cerimonia doveva incominciare alle undici e mezza.
Non si è mai visto una sposa che arriva prima dello sposo.
Incomincio a mordermi le unghie.
Perché è in ritardo?
Bright,un altro testimone,mi guarda con aria interrogatoria,come per chiedermi se ne so qualcosa.
Ah,se lo sapessi!
All’improvviso un telefonino squilla. Tutta la gente si rivolge nella direzione di mio padre,che esce fuori. Un brusio si fa strada tra gli invitati,che incominciano a mormorare qualcosa che non capisco.
Dopo cinque minuti mio padre rientra,bianco in volto,passandosi una mano tra i capelli.
Si avvicina a me e mi dice:
-Fine , tesoro , Shade è in ospedale,vieni con me-
Io rimango come incantata,immobile, in piedi di fronte all’altare.
Cosa?
Shade in ospedale?
Perché?
Non mi dà neanche il tempo di fare domande che mi afferra per la mano e mi trascina fuori dalla Chiesa,mentre tutti gli invitati ci seguono. Entro dentro la macchina e chiudo velocemente lo sportello. Presto ci raggiungono mamma e Rein,che,come me ,non hanno capito un accidenti.
Martino si avvicina allo sportello e fa capolino dal finestrino.
-Cos’è successo?-
Papà guarda prima me,poi lui e risponde:
-Shade è rimasto gravemente ferito in un incidente stradale. Dobbiamo andare in ospedale.-
Lui sgrana gli occhi e vedo qualche lacrima scendere sul viso.
Io rimango immobile,come una statua. Le voci mi arrivano ovattate. A malapena capisco quello che dice Martino entrando in macchina e sedendosi accanto a me.
Ad un tratto mi prendo la testa fra le mani e scoppio a piangere,mentre lui e Rein cercano inutilmente di consolarmi.
Non capisco quello che dicono,le voci rimbombano e arrivano lontane come se fossero un’eco.











È l'inizio di un incubo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1




Giro per i corridoi dell’ospedale,alla disperata ricerca della sua stanza.
Finalmente la trovo.
Mi siedo accanto a lui e poso la borsa beige sulle gambe. Sembra che il suo sonno sia tranquillo,nonostante tutto.
Per prima cosa gli accarezzo la fronte e gli sussurro ‘’Buongiorno’’ anche se so benissimo che non può rispondermi.
Estraggo un album grande quanto la borsa,rilegato in pelle.
Caspita,com’è pesante! Lo appoggio sulle mie gambe e incomincio a sfogliarlo.
Quest’album è tutta la mia vita,ci sono foto di quando avevo pochi mesi fino ad oggi. È come se fosse una mia biografia illustrata,infatti dietro ogni foto c’è una storia,bella o brutta,breve o lunga che sia. Rido come una pazza quando vedo una foto di me e Rein a quattro anni,mentre tentavamo di preparare una torta.
Ricordo che non eravamo d’accordo se mettere o no le uova. Io ero contraria,mentre Rein insisteva ,dicendo che ‘’Una torta senza uova è come la pasta senza il sale’’. Alla fine,visto che non cambiavo idea,prese due uova e me le buttò addosso,in modo da sembrare un occhio di bue. Mi irritai così tanto,che presi la farina e gliela sparsi sui capelli. In questa foto papà ci colse nel momento che Rein mi buttò le uova addosso,mentre la mia mano già afferrava il pacco di farina.
Continuo a sfogliare le pagine e finalmente eccomi,il primo giorno di scuola! Tutta sorridente ,con un grembiule rosa addosso. Sfogliando un po’ più velocemente,arrivo all’esame di terza media. Rein mi scattò questa foto la notte prima degli esami orali. Non dormii per tutta la notte a causa dell’ansia,ripetendo mille volte la tesina a Rein. Avevo delle occhiaie terribili,e quella stupida mi fotografò mentre prendevo l’ennesimo caffè per combattere il sonno,con i capelli gonfi. Sembravo una strega. Finalmente arrivo alle superiori! I miei ricordi più belli partono tutti da lì.

Ma è meglio che torni indietro,quando lo vidi per la prima volta.




***Inzio Flashback***




Credo sia giusto che mi presenti.
Sono Fine,all’epoca avevo 15 anni e vivevo in un paese molto piccolo(dove ancora risiedo). Al mio paese esistono tutt’ora solo l’asilo e le elementari ,perciò dovevo viaggiare per andare a scuola. Ci vuole ben un ora per arrivare a Salerno!Credo ,però, che ne sia valsa la pena,perché mi trovavo bene insieme ai miei nuovi compagni.
Vado ancora molto d’accordo con Martino Masi,abita proprio a Salerno,molte volte rimanevo lì per fare i compiti e prendevo il pullman delle sette per tornare a casa. È un ragazzo simpatico,spiritoso e intelligente. Ha i capelli castani e gli occhi marroni. Un’altra amica è Alessia Torre,lei e Martino sono cugini,ma sono come cane e gatto. C’è dell’aspro,non solo tra di loro,ma anche tra le famiglie. Il motivo mi era ignoto. Alessia non è antipatica o snob,ha un carattere simile al cugino,per questo non capisco il perché. Abitano nello stesso condominio,ma a piani differenti. L’unica cosa che la differenziava da lui era l’andamento scolastico. Non andava per niente bene,non studiava mai e il voto più alto che prendeva era quattro. Ha i capelli lunghi e rossi.
Infine,c’è Stella Russo,che abita sempre a Salerno,un po’ fuori città. Suo padre dirigeva  un’azienda vinicola e ha una villa enorme. Al contrario di quanto si possa immaginare,è una ragazza umile,buona gentile con tutti. Ha gli occhi azzurri e i capelli biondi. A quei tempi era fidanzata con un certo Lorenzo.
Quella mattina arrivai a scuola sbadigliando. Per poco non inciampai nelle scale che portavano al pianterreno,dove si trovava la mia aula. Era un bel giorno di ottobre,c’era un leggero venticello fresco.
Appena scesi le scale,trovai Martino che mi corse incontro.
-Fine,notizia bomba!La Giordano è malata e avremo supplenza per una settimana!- mi disse scuotendomi
La prof Giordano è (ancora oggi sono dello stesso parere)la più crudele tra i docenti. Insegna tutt’ora francese. Urlava sempre e si lamentava anche del più minimo rumore perché non voleva sentire chiasso mentre parlava. Una volta litigò anche con il prof dell’altra sezione,perché l’aveva interrotta durante la sua preziosa spiegazione. Lo trattò come un alunno,lo sgridò e lo invitò gentilmente(beh,non proprio!) a ripassare nella sua ora di buca. Il voto più alto che metteva era sei,anche con quelle più brave. Tutti la odiavamo. Che bello!Una settimana senza di lei!
Vidi il prof Esposito che si dirigeva verso la mia aula e io e Martino ci catapultammo dentro. Arrivammo giusto in tempo.
Si mise seduto e incominciò a spiegare il perché della supplenza,mentre tutti,dentro di sé,gioirono.
Dopo l’appello,ci portò nell’aula computer per ascoltare una canzone in francese.
-Magari la Giordano fosse così!-mi mormorò Stella mentre prendevamo i quaderni.
Appena arrivati,dopo aver ascoltato la canzone,ognuno di noi,con il testo sullo schermo,traducemmo la canzone. Nell’aula regnava un silenzio incredibile,tanto eravamo occupati.
All’improvviso,si spalancò la porta ed entrò un ragazzo più grande di noi,forse del quarto anno,dagli occhi e capelli blu. Mica male! Si scusò con il prof dell’intrusione,spiegò che doveva stampare una relazione e gli serviva un computer.
Il prof notò che c’era un computer libero accanto a Martino,e glielo indicò.
Il ragazzo si accomodò e mentre accendeva il pc,si avvicinò al moro e gli disse:
-Ciao amico,da quanto tempo !Che fai di bello?-
-Sto facendo francese!-esclama lui,scoppiando a ridere
-Veramente?Pensavo che stavi facendo arabo!-
Tutti e due risero,e io mi unii a loro.
Sembrò che il prof non avesse sentito,o almeno,fingeva. Rimase impassibile mentre osservava il computer.
Tornò di nuovo il silenzio,mentre il cobalto stampò la relazione.
Salutò Martino,si alzò ed uscì salutando tutti.
-Prof,come si chiama quel ragazzo?-chiese Alessia. Sempre la solita!Appena uno sconosciuto entrava mentre noi facevamo lezione,voleva sapere nome,cognome e classe!
-Si chiama Shade ed è della 3°F. è molto bravo in francese. –rispose il prof continuando a osservare il pc.
-Ed è fidanzato?-chiese un’altra ragazza, Anita. Al contrario di Alessia,voleva sapere solo se erano impegnati o meno. Corteggiava qualsiasi ragazzo che vedeva,ma non otteneva mai successo.
-Sì,con una ragazza della sua classe-disse Esposito ridendo e guardandola.- Credo che ti interessi sapere il suo nome:è Azzurra.-
-Oh no!Tutti i ragazzi carini sono sempre fidanzati!Uffa!-sbuffò Anita legandosi i capelli in uno chignon con fare disperato.
Tutti scoppiammo a ridere,incluso il prof. Non cambierà mai! Ah,è vero!Prima ho dimenticato Anita!
Anita Cordelli è una ragazza simpatica e spiritosa. Vive ad Amalfi. Era una ripetente. Nonostante la bocciatura,non si impegnava e insieme ad Alessia,era tra le più scarse della classe.
Ancora ridevo sotto i baffi mentre la osservavo riprendere noiosamente il lavoro.
Finalmente suonò la campanella,tutti ci catapultammo fuori salutando distrattamente il prof.
La giornata trascorse velocemente,nonostante le tre ore consecutive di chimica.
All’uscita,salutai Martino e Alessia. Mi accomodai sul muretto dell’enorme aiuola che si trova ancora oggi affianco al portone,aspettando Stella. La solita lumaca!Usciva sempre tardi,molte volte rischiò di rimanere chiusa a scuola.
Mentre aspettavo,sentii una voce lontana che mi salutava. Alzai lo sguardo e vidi una figura che era davanti al portone del primo piano. A causa del sole non riuscii a distinguere il viso,ma ricambiai il saluto.
Mi girai e vidi Stella accanto a me. Guardai l’orologio.
- Le due meno un quarto!Oh no!Il pullman è già arrivato e io sto qui? Mi dispiace Stella,parleremo meglio domani. Ciao!-dissi correndo verso la fermata.
Lei mi salutò e salì nella limousine che l’aspettava.
Finalmente arrivai alla fermata. C’era ancora il pullman. Salii velocemente e mi sedetti al primo posto vuoto che trovai,mentre l’autista mi chiese l’abbonamento. Feci finta di non sentire,misi le cuffie nelle orecchie e chiusi gli occhi.


Ecco come l’ho conosciuto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2




La settimana di supplenza passò più velocemente del previsto.
La Giordano fece il suo rientro trionfale a scuola,per la disperazione dell’intero istituto. Mancava soltanto ‘’La marcia trionfale dell’Aida’’ come sottofondo.
Proprio quel giorno si dovevano svolgere le elezioni del rappresentante d’istituto e di quelli di classe.
Passammo,con il permesso dell’insegnante di inglese,mezz’ora per stabilire i candidati.
Mi proposi io per prima,cercando disperatamente un appoggio. Anita mi spiegò qual’era il ruolo del rappresentante e i modi per votare. Solo dopo varie discussioni si candidò proprio lei,in quanto lo era stata anche l’anno precedente, e secondo noi era la più ‘’esperta’’fra tutti. Essendo le uniche candidate,ovviamente vincemmo senza alcun dubbio.
Successivamente si passò alle elezioni dei rappresentati d’istituto.
Le liste erano due,capitanate da due persone del triennio. Uno era Bright Orefice,un tizio del quarto anno.
Tutte le ragazze gli andavano dietro. Io non avevo neanche la minima idea di chi fosse,non l’avevo mai visto né sentito. Anita,che ci faceva da ‘’guida’’,ci raccontò di come lui si era candidato anche l’anno precedente e vinse solo grazie alla sua bellezza. Ci raccontò anche che ,durante l’anno scolastico,arrivarono banchi nuovi e lavagne interattive solo nella sua sezione. In più,disse che era un ragazzo molto vanitoso e che nonostante l’aspetto angelico e da galantuomo,faceva le cose sempre per un secondo fine. In parole povere,sapeva farsi pubblicità. A causa della sua descrizione,decisi di optare per l’altro candidato,mente al contrario Alessia si precipitò a scrivere il nome di Bright sul foglio.
L’altro candidato in realtà era una ragazza del terzo anno. Anita ci disse che era alla sua prima candidatura. Si chiamava Azzurra De Santis,era una ragazza gentile e cordiale,ma dal carattere un po’ solitario.
Appena Anita pronunciò il suo nome,mi portai le mani alla testa nel disperato tentativo di ricordare dove e quando avevo sentito pronunciarlo.
Ah ecco!Quando quel ragazzo entrò nel laboratorio durante l’ora di francese. Esposito disse che era la sua fidanzata.
Anita non parlò più,ma si mise seduta e scrisse il nome di Azzurra sul foglio. Anch’io votai per la ragazza.
Poco dopo,sentimmo un gran chiasso provenire dal corridoio,e tutti ci precipitammo senza chiedere neanche il permesso.
Il mio stupore fu grande quando vidi i due candidati,Bright e Azzurra,litigare davanti a una cinquantina di ragazzi.
Io e Martino ci avvicinammo nel tentativo di capire qualcosa.
I due litigavano proprio a causa delle elezioni: a quanto sosteneva Azzurra,nelle quarte nessuno aveva votato per lei. Bright invece sosteneva che avrebbe fatto meglio a non candidarsi,dato che a scuola non veniva sopportata da nessuno.
Molti ragazzi erano rimasti sulla soglia della propria aula,per timore di venire coinvolti,altri erano fermi nelle scale,altri ancora formavano un semi cerchio intorno ai due litiganti.
All’improvviso,il professor Esposito uscì dalla porta della 5E con il registro sotto il braccio e uno sguardo terrificante. Si diresse a passi svelti verso i due candidati e si mise in mezzo.
-Orefice!De Santis!Si può sapere la causa di tutto questo trambusto?Altrimenti,vi porto tutti e due in presidenza!-
Le sue parole fecero zittire tutti,perfino un gruppo di ragazze che erano sedute su uno scalino e mormoravano tra di loro. Bright,passandosi una mano tra i capelli biondi come il grano,sorrise a denti stretti,ma l’insegnante gli rispose con uno sguardo tutt’altro che rassicurante,anzi,sembrava che a momenti esplodesse.
Io e Martino ci allontanammo verso la soglia della nostra aula,dove Alessia e Stella guardavano la scena con gli occhi spalancati. Anche io ero stupita:mai avevo visto il professore così. Me lo sarei aspettato di più dalla Giordano.
Come dice il proverbio,nomini il diavolo e spuntano le corna. Proprio in quel momento la Giordano fece il suo ingresso nel corridoio,con due libri e un registro in mano.
Terrorizzata,mi fiondai dentro la mia aula,seguita da Martino e Stella.
Per non perdermi la ramanzina di quell’oca,appoggiai l’orecchio al muro,cercando di sentire qualcosa. Per mia sorpresa,non sentii nulla,ma vidi Alessia che entrò anche lei nell’aula seguita da tutti gli altri.
-Li ha portati in presidenza senza dire una parola-mi mormorò all’orecchio.
Poco dopo rientrò Anita. Ma dov’era finita?
-Ragazzi,ho portato la scatola con i fogli in segreteria,ho chiesto a una mia amica di quinta e mi ha detto che ha vinto Bright!- Rimasi pietrificata. Aveva vinto lui. Impossibile. Solo grazie alla sua bellezza e alla pubblicità che aveva fatto insieme ai suoi tirapiedi.
La Giordano entrò nell’aula con un’aria tra la disperata e l’arrabbiata,e tutti s’ammutolirono.
Aprì il registro e incominciò a scrivere qualcosa. Anita era al primo banco,e sporse la testa per vedere cosa stava scrivendo. Tutti gli altri aspettavano in silenzio. All’improvviso,la prof scattò in piedi e uscì dall’aula senza fiatare. La biondina ne approfittò per parlare.
-Era il registro della 3°F!Ha messo una nota ad Azzurra!-disse tutto d’un fiato,prendendo una matita e attaccandosi i capelli nel solito chignon. Martino si alzò in piedi e si affacciò sulla soglia. Poi fece capolino nell’aula e disse:
-La Giordano è corsa in presidenza. Vi assicuro che non tornerà più.-
All’improvviso,si sentì un rumore nel corridoio,e Martino si precipitò nel suo banco. Era Roberto,il bidello.
-Ragazzi,la professoressa è in presidenza,dovrebbe arrivare un altro insegnante.-
Tutti quanti tirammo un sospiro di sollievo.
Il resto della giornata trascorse lentamente,a causa delle due ore di matematica. La campanella suonò allegramente,liberandoci da quella prigione.
Stella quel giorno andava di fretta,infatti Lorenzo venne a prenderla per pranzare a casa sua.
Meglio così. Non avevo voglia di chiacchierare.
Quel pomeriggio mi sarei fermata da Alessia per studiare. Fummo tra le prime ad uscire.
Di nuovo,vidi una figura che mi salutava dall’altra entrata. Volevo scoprire a tutti i costi chi fosse. Non potevo aspettare ancora. Mi scusai con la mia amica e mi diressi velocemente verso la scala.
All’improvviso,una persona mi abbracciò impedendomi di proseguire.
-Fine!Sono stata eletta rappresentante di classe!-
Era mia sorella Rein. Frequentava il liceo Socio-Psico-Pedagogico.
Era un po’ lontano dal mio istituto.
Finsi un sorriso,mentre con lo sguardo cercavo disperatamente quella figura,che sembrava dissolversi nel nulla.
Finalmente lo vidi:stava camminando in direzione della piazza,con uno zaino nero sulle spalle. Aveva i capelli e gli occhi blu.
Il mio cuore si fermò per un attimo.







Shade.





Angolo Autrice
***
Prima di tutto,mi scuso per il ritardo,ma ultimamente non ho più voglia di scrivere. Tanto per dire una bella notizia,il carica batterie del pc si è rotto e per alcuni giorni non ho potuto scrivere. Mi scuso anche per le lettrici de ''La leggenda del castello 2'',sto finendo il capitolo,anche se non mi convince molto.
Mi scuso ancora.
A presto(Spero!)
Kitty


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Ringrazio tutte coloro che mi seguono,lasciano una recensione,hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate,''Esmeralda la fenice assassina'' che mi ha messo tra le autrici preferite e chi legge soltanto!Grazie!Questa storia mi sta dando un sacco di soddisfazioni solo grazie a voi!Mille volte grazie!










Capitolo 3












-Fine?Ti senti bene?Ehi!Rispondi!-
Rein mi stava scuotendo mentre io continuavo a fissare il punto dov’era sparito. La mia testa era in fumo.
Perché mi aveva salutata?
E se fosse qualcun altro? E se si sia sbagliato?
E se mi abbia confuso con un’altra ragazza?

Tra tutte quelle domande,non sapevo qual’era la più sensata.
Sentii la voce di mia sorella che rimbombava come un’eco lontana.
-Terra chiama Fine,Terra chiama Fine!Ci sei?-
Finalmente,girai la testa. Ma che ci faceva lì?Ma il Pedagogico non era lontano un kilometro ? Rein non avrebbe mai fatto tutta quella strada a piedi,a meno che non avrebbe la navetta. E poi,come faceva a sapere che uscivo dalla porta del pianterreno? Non sapevo in che sezione era lei!Che vergogna! E cosa doveva dirmi di così importante?
-Ti sei bloccata per minimo cinque minuti. Ma che ti prende?-Mi chiese con aria interrogatoria,cercando di leggere quello che passava nella mia mente in quel momento.
Odiavo il suo sguardo indagatorio,il più delle volte riusciva a capire quello che provavo. Ancora oggi,non capisco come faccia. Vidi una figura dai capelli lunghi e rossi correre affannosamente per le scale.
Alessia,la mia salvezza!
Avrei voluto baciarle mani e piedi,abbracciarla e riempirla di petali,come facevo quando passavano i Santi in processione. Salutai velocemente Rein prendendo la mia salvatrice,dirigendoci verso la macchina del signor Torre.
Entrai nella vettura,chiudendo lo sportello e tirando un sospiro di sollievo.
Il tragitto non fu lungo.
La macchina si fermò in Piazza Portanova,famosa per l’albero che ogni viene installato lì.
Lo vidi molte volte,quand’ero bambina. Uno spettacolo di luci che attirava centinaia e centinaia di turisti. Per non parlare delle meravigliose luminarie,o meglio le ‘’Luci d’artista’’come vengono chiamate ancora tutt’oggi. Ogni anno rimanevo a bocca aperta ,stupita del fatto che venivano costruite con materiale riciclato. Una bottiglia di plastica diventava lo stelo di una splendida rosa,con i petali di vetro multicolore. Uno spettacolo indescrivibile.
Scesi dalla macchina,appoggiando il braccio sullo sportello spalancato,ammirando la piazza e rievocando alla mente quei ricordi. Alessia e il padre mi guardavano stupiti,mentre la rossa mi tirava il braccio.
 Accidenti!Era la seconda volta in mezz’ora che mi imbambolavo!
Il condominio dove abitava Alessia era di un giallo lieve,aveva sei piani.
Doveva essere un po’ antico. Salimmo quattro rampe di scale,finché padre e figlia si fermarono i fronte a una porta in legno,color nocciola,con un tappeto verde all’esterno e una targa color oro con il cognome della ragazza a caratteri cubitali.
Venne ad aprirci una graziosa signora sui quarant’anni,bionda e un po’ bassa. Indossava un grembiule da cucina,con chissà quali ricette stampate sopra. Era sicuramente vecchio,a causa delle scritte illeggibili. A malapena riuscivo a leggere ‘’ingredienti’’e a vedere alcuni disegni rappresentanti gli agrumi.
Appena si entrava,c’era una sala da pranzo,abbastanza grande,con dei mobili antichi. Il tavolo era ricoperto di una tovaglia di plastica gialla e arancione a strisce. La tavola era già imbandita,c’era perfino la pasta nel piatto. Mi diede l’impressione di essere al ristorante,mancava solo un bouquet al centro e i tovaglioli piegati .
Notai con mio stupore che i posti erano cinque. Un altro ospite?
La signora Torre prese giubbini e zaini e li portò in un’altra stanza,per poi accomodarsi a tavola.
Eravamo tutti,tranne …
-Luca!!-urlò la signora,scattando in piedi-a tavola!subito!-
Una figura si fiondò nella sala,con fare scocciato. Si sedette senza neanche salutare e ingurgitò un boccone di spaghetti in un nanosecondo.
-Saluta,prima di tutto!Maleducato che non sei altro!-esclamò la signora Il ragazzo disse un flebile ‘’ciao’’e continuò a mangiare,ignorando tutto e tutti.
Alessia mi s’avvicinò e mi disse che era il suo fratello e che non doveva prendermela se mi aveva ignorato. Più tardi mi avrebbe raccontato meglio.
-Fine,è di tuo gradimento la pasta?Ho preparato gli spaghetti perché non conosco i tuoi gusti,e ho fatto un piatto molto semplice-esclamò la donna con fare gentile.
-Grazie signora,ma non preoccupatevi:mi va bene tutto-risposi.
-Qui non esiste signora!Mi chiamo Amelia –disse con un tono tra il comico e l’arrabbiato
-Va bene!-risposi ridendo.
Subito dopo pranzo,Amelia sparecchiò e si diresse in cucina. Il signor Torre rimase nella sala da pranzo,Luca si fiondò nella sua stanza.
La camera di Alessia e del fratello era molto piccola per due persone.
Era color del cielo,con alcune cornici sparse sulla parete. L’armadio era un beige molto chiaro,quasi bianco. Era tappezzato di foto.
Al centro della stanza si trovava il letto a castello. Alessia dormiva sotto,e si poteva notare dalla tendina di perle rosa che lo copriva. Luca invece dormiva sopra,la sua piccola parte di parete era piena di poster e aveva una mensola ricca di CD di non so quale band. Sulla parete a destra c’era il balcone,di medie dimensioni,che dava sulla piazza. Sulla parete di fronte al letto a castello,c’era una scrivania alta quansi quanto la parete,contenente i libri scolastici,che occupavano tre mensole. Infine,c’era un computer fisso,nero e bianco,che forse era utilizzato da entrambi. Il tutto in uno spazio ristrettissimo.
Luca dormiva,anzi russava beatamente.
Alessia sollevò la tenda di perle e accese la minuscola abat-jour che si trovava su una mensola.
Chiuse subito la tenda e si sedette come gli indiani. Sul lettino,coperte dalla tenda,con la luce fioca dell’abat-jour,sembrava che dovessimo pianificare un omicidio.
-Mio fratello è un po’ sbruffone,non prendertela se a malapena ha salutato a pranzo-disse Alessia mortificata.
-Non preoccuparti,non fa niente-dissi io sorridendo.All’improvviso,fui colta dalla curiosità. Dato che conosceva quasi tutto l’istituto,ed essendo amico del cugino,anche se non si parlavano,Alessia poteva conoscere Shade.
-Senti ti vorrei chiedere una cosa … sai per caso dove abita Shade della III°F?-
La domanda uscì dalla mia bocca di getto,senza pensarci due volte. Mi pentii di averlo fatto. E se non lo conosceva?Che figura avrei fatto?
-Sta a Fratte-rispose lei senza degnarmi di uno sguardo,intenta a prendere qualcosa sotto il letto.
-Fratte?Ma che paese è?-chiesi stupita.
Ma che stava dicendo?Era forse il nome di un aeroporto?
-è un quartiere-rispose lei guardandomi,prendendo uno stereo. Notò ancora la mia confusione e aggiunse- di Salerno-
Quindi abitava lì! In quella città! Il cuore cominciò a battere così velocemente dalla gioia,che a momenti sembrava sul punto di scoppiare. Lui,abitava lì,a poca distanza dal palazzo in cui mi trovavo!Il solo pensiero che eravamo a pochi kilometri di distanza,mi martellava in testa. Non eravamo poi così lontani!Come avrei voluto scattare in piedi,correre fuori,prendere la prima navetta di passaggio e andare a Fratte!Provavo una gioia immensa solo a pensarci. Ma di colpo,mi assalì il dubbio. Mi fermai un istante,e forse anche il cuore si fermò.






Un momento … Perché sono così felice?

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4



La giornata dai Torre passò molto più in fretta del previsto.
Dopo quella domanda,mi imposi di non andare oltre. Per fortuna Alessia,distratta com’era,non si interessò più di tanto. 
Alle sette,presi il pullman per il mio paese in piazza.
Quel giorno non avevo voglia di ascoltare la musica,mi appoggiai con la testa al finestrino e passai il tempo ad osservare svogliatamente il paesaggio.
Arrivata a casa,non cenai neppure. Rein saltellava da un angolo all’altro della cucina descrivendo il momento ‘’trionfale’’ della sua elezione a rappresentante di classe.
Salii le scale che portavano alla mia camera,non mi misi neanche il pigiama e mi catapultai nel letto.
La mattina dopo,la sveglia suonò alle sette meno dieci.
Mi alzai velocemente,presi dall’armadio la prima maglia che mi capitò sotto mano.Per mia fortuna,i pantaloni non erano stropicciati. Mi pettinai alla in fretta e in furia e,senza neanche aspettare mia sorella,corsi fino alla fermata.
Arrivai che erano le sette e due minuti. Non c’era nessuno oltre a me.
Una paura tremenda mi assalì.
Guardai di nuovo il telefono:le sette e tre.
Proprio in quel momento,sentii un clacson che mi era familiare.
Tirai un sospiro di sollievo vedendo la vettura blu che si avvicinava a me. Salii velocemente,come per paura che rimanessi a terra. L’autista se ne accorse.
-Ehi,giovanotta!Cos’è quest’aria avvilita?-chiese l’uomo sorridendo.
Mi era molto simpatico,tutti lo chiamavano zio.
-Zio Cosimo,ho avuto paura di aver perso il pullman.- risposi sedendomi al primo posto.
-Scusami,ma stamattina sono arrivato tardi al deposito. La prossima volta mi fai uno squillo sul telefono, ok ?-
Sorrisi. Ci trattava come suoi figli. Ma quelle poche volte che si arrabbiava,diventava tremendo.
Dopo un’ora di viaggio,arrivai a scuola mezza insonnolita. Sentivo le palpebre pesanti,ero sicura che sarei crollata appena arrivata in classe. Appena scesi le scale,notai che ero la prima ad arrivare.
Infatti,nessuno passeggiava per i corridoi e le aule erano deserte. Solo un bidello girava per le classi distribuendo i registri rilegati da una copertina blu e con un’etichetta bianca sopra.
Entrai nella mia aula e mi diressi subito alla finestra.
Mi appoggiai col braccio sul davanzale,aspettando che arrivasse qualcuno.
Dopo dieci minuti,arrivarono Martino e Stella,seguiti da Alessia e Anita. In un quarto d’ora la classe si riempì e la Giordano arrivò più precisa che mai.
Per prima cosa,chiuse la porta di quella che sembrava una cella,si accomodò con un sorriso beffardo sul volto e fece l’appello. Subito dopo,disse che nella nostra classe sarebbe venuto un ragazzo che doveva recuperare una verifica,e ci raccomandò di essere il più silenziosi possibile.
Anita tornò dopo cinque minuti,seguita dal ragazzo in questione.
Il tizio entrò solo dopo il permesso della prof ed entrò salutando.
No,doveva essere uno scherzo.
Non poteva essere proprio lui.

Di tante ore che aveva la Giordano,doveva fare il compito proprio in classe mia?
Prese una sedia da un banco vuoto e si accomodò al lato destro della cattedra.
La prof incominciò a spiegare la routine in francese,distribuendo verbi e nozioni a destra e a manca,elencando termini ed esempi a non finire. Non aprii neanche il quaderno per scrivere. Ogni tanto gettavo un’occhiata al libro.
L’aria era più calda del solito,nonostante fosse fino ottobre.
Shade si tolse la sciarpa viola che indossava e l’appoggiò sulla sedia.
L’ora passò velocemente,lui consegnò il foglio e se ne andò.
Ma la sciarpa era lì,sulla sedia.
La Giordano se ne accorse quando era già uscito,la prese in mano e disse:
-Fine!Portagliela,prima che rientri in classe!-
Ma perché proprio io?Incominciai a credere che si trattasse di uno scherzo.
Su venti persone,perché proprio me?
Che stupida,forse perché ero la più vicina alla cattedra e di conseguenza a lei.
Anzi,tolgo anche il forse.
Mi alzai,afferrai la sciarpa e uscii velocemente dall’aula.
Pregai non so neanche io quale Santo di non fare una brutta figura con lui.
Era lì,in fondo al corridoio,al distributore. Mi avvicinai alla ricerca delle parole da usare.
-Scusami,hai dimenticato questa-dissi toccandogli il braccio.
Lui si girò e sorrise.
-Grazie mille!Ci sono molto affezionato.è l’ultimo regalo di una persona cara che purtroppo non c’è più.-rispose abbassando la testa,per coprire qualche lacrima che gli rigava il viso.
Rimasi immobile.
Io non gli avevo chiesto ulteriori informazioni. Forse aveva bisogno di parlare con qualcuno.
Proprio mentre stava per riprendere la parola,uscì dal bagno una ragazza dai capelli ricci che lo abbracciò appena lo vide.
-Amore!Cos’è questa brutta cera?Hai finito di fare la verifica?Su,torniamo in classe!-disse la tizia in questione
Ma Shade non si mosse,voleva ancora dirmi qualcosa.
-Muoviti!-sibilò la riccia strattonandolo per un braccio.
Mi salutò con la mano e scomparì in fondo al corridoio. Quell’arpia continuò a blaterare non so cosa,passando un braccio intorno al collo di Shade. Io rimasi nel punto dov’ero,rigida come una statua.
Mentre quello sguardo triste mi martellava la mente.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5





Appena arrivai a casa,mi buttai sul divano e lasciai che lo zaino scivolasse sul pavimento.
Avevo un mal di testa terribile,e di certo le giornaliere due ore di viaggio non mi aiutavano.
Non avevo neanche fame,volevo solo dormire e … dimenticare le urla di mia madre che mi chiamava per pranzare.



Quando mi svegliai,notai che lo schermo del cellulare era luminoso e vibrava a più non posso sul tavolino.
Lo afferrai,non vidi neanche il nome e risposi sbadigliando:
-Pronto?-
-Fine,sono Anita!-
Caspita.
Questa non ci voleva proprio.
 Anita certe volte era tremenda. Attaccava per ore e ore e non sembrava mai annoiata.
Una volta,telefonò Stella mentre eravamo alla festa di laurea della sorella,e incominciò a parlare di un certo tizio del quinto anno. Oltre alla descrizione,raccontò di come si erano incontrati un certo giorno nella palestra e di come giocarono a tennis e chiacchierarono per tutta l’ora,con la conclusione che Anita,finalmente decisa a chiedergli il numero di cellulare,rimase di sasso quando vide che baciò una ragazza di quarta che era appena entrata con la sua classe. Laura,la sorella,la cercò per tutta la festa e la ritrovò in cucina,intenta a preparare una camomilla per combattere la tremenda emicrania,dovuta proprio alla telefonata di un’ora e mezza. Stella,stordita com’era,non si scusò neppure con il risultato che Laura non le rivolse la parola per una settimana.
Respirai profondamente e mi preparai ad affrontare la discussione.
-Che c’è?Vuoi sapere i compiti per domani?-
-No,volevo dirti che mi piace un tizio del triennio.-
Oh no!Le capitava almeno dieci volte al mese!Non poteva essere vero!Com’era possibile che nessuno si interessasse a lei per mandarla da uno psicologo?Non è normale infatuarsi del primo ragazzo che vedi!Chissà chi era,poi.
-Ehm,cosa dovrei fare?-
-Come cosa dovresti fare?Devi aiutarmi nelle mie missioni ‘’top secret’’!-
-Ma che diamine stai dicendo?è passato solo un mese da quando ti infatuasti di un tizio del classico e costringesti Alessia a pedinarlo fino alla fermata,col risultato che lui chiamò i carabinieri perché si spaventò di voi due.-
-Dai,ma questo mi piace veramente,non è una cotta!-
-Sì,come no.-
-Senti,se sei mia amica mi devi aiutare. Devo assolutamente scoprire dove abita. Domani mattina andremo nella sua classe.-
-Ma sei pazza?A far che,poi?-
-Visto che arriviamo un quarto d’ora prima che inizino le lezioni,a quell’ora il nostro piano è deserto e noi andremo nella sua aula e leggeremo sul registro il suo indirizzo. Ti scongiuro,aiutami!-
Sospirai sorridendo. Non era così pericoloso.
-Va bene!-risposi.



 Il giorno seguente,io e Anita ci incontrammo alla fermata e ci dirigemmo insieme a scuola.
Quando entrammo,non c’era nessuno. Neanche il bidello che distribuiva i registri. Forse era già passato.
Ci dirigemmo verso uno dei mille corridoi che componevano quel labirinto chiamato liceo,e finalmente ci fermammo davanti a una porta,con sopra una targhetta bianca.
Il mio cuore si fermò.
-Dai,entriamo!-disse Anita strattonandomi per un braccio.
Anita intanto si legò i capelli nel solito chignon e aprì il registro.
-Fine!Controlla se arriva qualcuno!-
Mi ridestai immediatamente e feci capolino dalla porta nel corridoio.
-Ecco!L’ho trovato!-esclamò sorridendo e scrivendo l’indirizzo.
Contemporaneamente,vidi una figura proveniente dall’atrio avvicinarsi a noi. Riconobbi i capelli ricci e la borsa color panna. Azzurra!
Cavolo,non ci voleva proprio!
Entrai precipitosamente nell’aula e feci segno ad Anita che era troppo tardi per scappare.
Caspita,ci eravamo cacciate in un bel guaio!
Se uscivamo,Azzurra ci avrebbe viste.
Se saremmo rimaste in classe,peggio ancora.
Nonostante fossimo al pianterreno,non potevamo scappare dalle finestre:c’erano delle sbarre così strette che neanche il gatto più piccolo e abile sarebbe riuscito ad attraversarle.
I passi dell’arpia si fecero più vicini a noi.
Mi guardai disperata intorno,e finalmente la lampadina si accese.
Certo,non era molto ingegnoso ma forse poteva funzionare.
Afferrai Anita per un braccio e la trascinai nell’enorme armadio grigio. Per fortuna,nonostante la mia altezza,entrai dentro. Anita,era di un anno più grande di me,era leggermente troppo alta e fu costretta a piegare la testa. Con un gesto fulmineo chiusi dall’interno l’anta a scivolo,lasciandola leggermente socchiusa.
Dopo un secondo,sentii i passi di Azzurra nell’aula,accompagnati dal tonfo dello zaino sulla sedia.
Anita mi indicò di guardare attraverso lo spiraglio.
Vidi l’arpia uscire.
Aprii velocemente l’anta,afferrando Anita per il braccio e catapultandomi nel corridoio.
Tirai un sospiro di sollievo,mentre la fissai.
-Abbiamo rischiato di farci scoprire!E di morire per claustrofobia. Per fortuna che c’è quell’armadio e se ne è andata subito!-
-Non avrei mai pensato di nascondermi lì dentro.Sei una genia!Comunque,visto che usciamo prima,lo seguiamo!-
Sorrisi. Anita  non mollava mai.


Appena uscimmo,ci sedemmo sul muretto e aspettammo che uscisse.
Per non dare nell’occhio,parlavamo animatamente tra di noi,in modo da nascondere il fatto che stessimo aspettando qualcuno.
Finalmente,uscì. Ovviamente aveva l’arpia sotto braccio.
Diedi una gomitata ad Anita e le indicai con un lieve cenno della testa Shade.
Lui salutò Azzurra e fece per andarsene,ma lei lo afferrò per il braccio e lo baciò.
Mentre Anita mordeva le unghie dalla rabbia,io guardai in un’altra direzione.
Attraversò la strada e si diresse verso piazza Portanova.
Entrambe ci alzammo e incominciammo a seguirlo a distanza.
Dopo aver attraversato varie stradine,giungemmo in piazza,e lui si sedette sulla panchina della fermata della navetta. Noi fingemmo di leggere gli orari su un cartello affisso su un palo a lato della panchina.
Dopo cinque secondi,sentimmo un clacson suonare e vedemmo la navetta. Ci catapultammo dentro,confondendoci tra la gente. Ci sedemmo tre posti dietro di lui,sperando che non si voltasse indietro.
-Anita,siamo fregate!Non abbiamo il biglietto,né siamo abbonate!E se passa il controllore?-chiesi in preda all’ansia.
-Non passerà,fidati.-
Non so come fece ad azzeccare,ma il controllore non salì.
Dopo dieci minuti la navetta si fermò.
Appena lo vedemmo scendere,ci precipitammo fuori,rischiando di venire schiacciate dalla porta.
Notai che eravamo le uniche,insieme a Shade,a scendere lì.
La navetta partì di gran carriera,lasciando dietro di se un alone di fumo.
Ci ritrovammo in una strada solitaria,non un’anima passeggiava.
I negozi avevano le saracinesche abbassate a causa dell’orario,mentre dalle case proveniva un delizioso odore di sugo.
Un viale alberato costeggiava i due lati della strada.
Ai due lati,una fila di case e condomini si susseguivano ininterrottamente.
Ci nascondemmo sulla soglia di una casa disabitata e fatiscente,appoggiando la schiena al portone.
Mentre Shade cercò le chiavi di casa nello zaino,lessi un cartello che si trovava sulla parete della casa affianco.


Benvenuti a Fratte.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6




Proprio nel momento in cui Shade aprì la porta,il mio telefono vibrò.
Presi un tale spavento che non so descrivere.
Lo afferrai e lessi:



Ehi ma dove sei finita?Non sei neanche sul pullman!



Rein non ci voleva proprio. Mentre Anita mi strattonò indicando un altro appostamento strategico,digitai frettolosamente:



Rein,mi fermo a pranzo da un’amica,dillo a mamma ok?Ciao!


Richiusi velocemente lo zaino e mi appostai su una panchina dall’altro lato della strada,dove Anita mi aspettava.
La panchina in questione era rivolta verso la casa del cobalto.Gli alberi del marciapiede di fronte e le nostre magliette verdi ci rendevano camaleonti perfettamente mimetizzati. Un albero,che corrispondeva alla finestra di Shade,era stato privato dei suoi rami,in modo da vedere senza farci scoprire.
Shade,appena entrato a casa,entrò nella camera che si affacciava sulla strada,ovvero la cucina.
A tavola c’era una bimba dai capelli rosa,che lo aspettava impaziente.
Appena posò lo zaino sulla sedia si diresse verso la bambina e le chiese con tono arrabbiato:
-Milky,sei venuta da sola vero?Ti avevo detto di aspettarmi davanti al cancello,sono passato di lì con la navetta,ma quando si è fermata e non ti ho visto,sono sceso qui. Quante volte ti devo dire che è pericoloso camminare da soli?-
A causa del silenzio di tomba che aleggiava,riuscimmo perfino a sentire le parole precise.
-Ti ho detto anche stamattina che la mamma di Narlo mi avrebbe portato a casa!-rispose alzandosi in piedi.
Shade si massaggiò la fronte e prese in braccio Milky.
-Scusami,me n’ero completamente dimenticato.-disse abbracciandola.
-Molto attento il ragazzo-mormorai all’orecchio di Anita.
Dopo di che si accomodarono a tavola e incominciarono a mangiare.
Non potevano farmi questo!Lo stomaco incominciò a brontolare e cercai disperatamente qualcosa di commestibile nello zaino. Niente,più vuoto del deserto.
-Ho fame!-esclamai sbuffando.
-Tieni-disse Anita dandomi un pacchetto di salatini.
Non me lo feci ripetere due volte.
-Scusa ma perché hai preso l’indirizzo se lo abbiamo seguito?-
-Perché altrimenti avrei dimenticato questo posto.-
-Mi sto annoiando,andiamocene!- Anita mi zittì con la mano indicando Shade.
Era uscito di casa e stava aspettando la navetta,che passò dopo cinque minuti. Mi trascinò e rimanemmo in piedi,pigiate come sardine,mentre lui era sempre al solito posto.
-Ma dove stiamo andando?-chiesi con tono furioso,trangugiando l’ultimo salatino.
-In centro,a quanto dice il monitor.- Osservai la scritta che diceva:Piazza Portanova.
Che stesse andando da Alessia?!
Dopo pochi minuti scendemmo e rischiammo,per l’ennesima volta in quella giornata,di rimanere incastrate dalla porta.
Lo vedemmo dirigersi verso una panchina,con l’aria di aspettare qualcuno. Io e Anita ci sedemmo ai tavoli di uno dei pochi bar già aperti a quell’ora.
Dopo due minuti,vidi l’arpia sbucare da una stradina e camminare verso di lui. Appena la vidi,diventai così nervosa che accartocciai il tovagliolo che era sul tavolino.
Lui si alzò in piedi per salutarla,con un’aria fra il serio e il triste,ma a quanto pare lei non ci fece molto caso,di fatti lo baciò. Anita fece una smorfia di disgusto,mentre io fremevo dalla voglia di toglierle quel sorrisino da ebete che aveva sempre e comunque stampato in faccia.
Si sedettero sulla panchina,e io e Anita ci sforzammo di ascoltare e capire qualcosa.
Decidemmo di trovare un’altra postazione,scegliendo gli scalini che conducevano al portone del condominio di Alessia.
Fu tutto inutile,i due infatti se ne andarono dopo cinque minuti e noi non capimmo un fico secco di quello che si dissero. Anita dichiarò la missione conclusa con un risultato scarso,visto che non eravamo riuscite a sapere granché e anche perché si erano fatte le tre.
Rimanemmo lì sui gradini,stanche per quella giornata passata ad inseguirlo,quando vedemmo Azzurra spuntare di nuovo da una stradina laterale,osservando la piazza e sedendosi sulla medesima panchina.
Dopo tre secondi arrivò un ragazzo che andò a sedersi accanto a lei.
-Hai capito la nostra ricciolina ….A quanto pare non c’è solo Shade nei suoi pensieri-esclamò Anita osservando la scena
. -Non essere esagerata … sono solo amici. Magari sono cugini.-esclamai incredula.
Sgranai gli occhi quando vidi i due baciarsi. Mi alzai in piedi,pronta a sfidare quella stupida che osava tradire Shade. Anita mi prese il braccio,strattonandomi a terra.
Istintivamente,senza pensarci due volte,presi il telefono dallo zaino e scattai una bella foto ricordo ai due piccioncini.
Anita mi guardò sbalordita,chiedendomi:
-Perché li fotografi?Che interessa a te Shade?-
Rimasi con il cellulare in mano. Già,perché lo avevo fatto?
Era ovvio ce il mio obiettivo era quello di farle vedere a lui e di fargli capire che razza di persona era quella che definiva ‘’fidanzata’’. Ma come avrei fatto,io che per lui non ero niente?
Non conosceva neanche il mio nome!
Lo conoscevo da pochissimo,neanche un mese.
Non sapevo neanche io quello che avevo appena fatto,visto che era stata una questione d’istinto.
E dentro di me quella domanda riecheggiava come un’eco lontana.



Chi è per te Shade?

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7







Per fortuna,riuscii a distrarre Anita cambiando argomento,e ,data la stanchezza ,non se ne accorse nemmeno. Ma intanto ero sempre più confusa e alla ricerca di un motivo plausibile al mio comportamento.





Le settimane seguenti furono peggio di quanto mi aspettassi : la routine fu la solita,ovvero sveglia alle sei,l’attesa alla fermata,la giornata a scuola tra verifiche e interrogazioni,e poi l’uscita che,come ciliegina sulla torta,mi regalò quotidianamente lo spettacolo di loro due insieme e io come una stupida a guardarli da lontano e assalita da una voglia irrefrenabile di mostrare a Shade le foto della sua fidanzatina.


Era una gelida mattina di fine novembre,i primi fiocchi di neve facevano capolino timidamente dal cielo,e io stavo andando a scuola,percorrendo il marciapiede pieno di foglie secche sepolte nel bianco. Appena entrai,mi accorsi che i termosifoni erano accesi e ringraziai mentalmente il bidello.
Annoiata,incominciai a girovagare per i corridoi senza una meta ben precisa,ma con l’intento di distrarmi un po’.
Tutte le aule erano vuote,solo in alcune c’era qualche ragazza intenta a studiare. Il distributore,solitamente luogo d’incontro per chiunque intento a mangiare o a chiacchierare,era deserto.
Ancora più annoiata,mi sedetti su uno scalino che portava all’ennesimo intricato dedalo di corridoi.
Appoggiai la testa alla ringhiera,nel tentativo di appisolarmi.
Ma ben presto riaprii gli occhi,a causa della voce che proveniva alle mie spalle.
-Per piacere,ti puoi spostare?Dovrei passare.-
Scattai in piedi e mi voltai pronta a scaricare tutta la mia rabbia contro di lui,quando le parole mi morirono in bocca.
Shade era in piedi davanti a me,con la sciarpa che gli restituii tempo prima al collo.Quegli occhi cobalto,erano come un oceano profondo di cui io non riuscivo a esplorare gli abissi,sempre con quel sorriso di chi soffre in silenzio ma non vuole far notarlo.
-Ah,ma sei tu!Tutto a posto?- mi chiese.
Pensai di sognare,e che non avrei voluto più risvegliarmi.
Ancora incredula,balbettai qualcosa simile a un ‘’Bene,e tu?’’ ma non conobbi mai la risposta perché puntualmente,come in un film,spuntò l’arpia traditrice alle sue spalle.
-Amore!-disse attaccandosi come una viscida sanguisuga al braccio. –Ti avevo detto di aspettarmi davanti casa,ma non ti sei fatto vivo!-pronunciò con un’incredibile abilità nel passare dalla tenera all’arrabbiata.
Le iridi cobalto di Shade si spalancarono di scatto.
-Di mestiere faccio lo studente,non il tassista.-rispose con un tono sprezzante.
Provai la sensazione di essere di troppo in quella faccenda,ma ero troppo curiosa di conoscere la conclusione di quello che aveva tutte le caratteristiche di un litigio.
Azzurra si accorse(o fece finta)solo allora della mia presenza,prese Shade sotto braccio e sparì in un attimo.
Io rimasi nelle scale,con lo sguardo perso nel vuoto,a domandarmi perché ogni volta che avevo l’occasione di parlargli,lei compariva magicamente dal nulla.
Incominciai a sentire il solito trambusto che si creava a quell’ora a causa degli alunni che entravano alle otto e un quarto e mi avviai in classe,rassegnata.



*Fine Flashback*



Mentre sto ancora sfogliando l’album,sento dei passi nel corridoio e la porta si apre.
-Dottore!-esclamo balzando in piedi e poggiando l’album sulla sedia.
-Signorina Fine,sono venuto qui per dirle che sarà molto difficile che il suo fidanzato si sveglierà.Ha riportato molte ferite,ma quella al cranio è la più profonda. Io e i miei colleghi per il momento stiamo studiando la situazione,per ora le consigliamo di parlargli. Che ne so,cantargli la sua canzone preferita,raccontargli come vi siete conosciuti,insomma,qualcosa del genere,mi ha capito?-
-Sì,dottore,farò come mi ha detto.Vorrei parlare con il signor Auler,se è possibile.-
-Certo signorina,la sua situazione è molto meno complessa,in quanto ha riportato solo ferite alla gamba e dopo un’iniziale perdita di memoria ha ricominciato a ricordare.Prego,la accompagno.-
Prendo l’album e lo sistemo nella borsa,bacio Shade sulla fronte e seguo il dottore.
Il corridoio si è riempito di infermiere e persone che erano venute per l’orario di visita.
La stanza di Auler è molto lontana,tanto che dobbiamo prendere l’ascensore per raggiungerla.
Una volta entrati,lo vedo che cerca di alzarsi in piedi,mentre un’infermiera gli ripete che deve ancora aspettare una settimana prima di poter uscire. Sorrido mentre lo vedo rosso dalla rabbia.Sempre il solito testardo.
Auler era alla guida della macchina che doveva portare Shade in Chiesa il giorno del nostro matrimonio. Erano soli in quella macchina,e lui la stava guidando. Nonostante all’inizio abbia avuto un vuoto di memoria,alla fine si è ripreso anche se ha qualche problema alla gamba. Il dubbio che mi tormenta era il seguente:come aveva fatto Shade a finire in coma e a riportare molte e più profonde ferite,se Auler era alla guida e nonostante avesse battuto la testa contro il vetro,si era ripreso in fretta?E soprattutto,chi era alla guida di quella maledetta macchina o motorino o qualsiasi altra vettura?
Mi accomodo ringraziando il dottore,Auler appena mi vede è così contento che si alza barcollando e mi abbraccia.
Abbraccio a vreve termine,visto che cade dopo cinque secondi.
Insieme all’infermiera lo aiuto rialzarsi e a coricarsi e,dopo le solite domande della serie’’come stai?’’ e ‘sono contenta che tu stia meglio’’ arrivo al punto.
-Auler,ricordi chi era alla guida della macchina?E soprattutto come è avvenuto l’incidente?-
Auler si prende la testa tra le mani,rispondendo che di tanto in tanto l’amnesia lo tortura ancora,prendendosi qualche minuto cercando di ricordare. Mentre attendo,il mio cuore incomincia ad accelerare i battiti.




Tutto dipende da quella risposta.











Ciao ragazze!
Voglio scusarmi per il ritardo,ma la scuola mi ha tartassato nell'ultimo periodo,inoltre ho dovuto anche recuperare qualche insufficienza...
Voglio ringraziare anche tutte voi,per le vostre recensioni,per chi ha messo la storia nelle seguite/preferite/ricordate e chi legge soltanto! Questo è il mio regalo per le feste,vi auguro di tutto cuore un anno che sia migliore per tutte,lo spero vivamente,vista anche la situazione attuale del mondo. Bisogna non perdere la speranza,questo è l'importante ed è ciò che conta.
Ora basta,altrimenti scrivo un altro capitolo!
Alla prossima!
Kitty

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8






Auler prende la testa fra le mani e la scuote piangendo.
-Scusami Fine,ma il ricordo di quell’incidente è ancora offuscato non riesco a ricordarlo per intero. La mia memoria va a gocce,ogni tanto ricordo un particolare …. ma molte volte si rivela insignificante.-
-Non importa,non ti preoccupare!Non riesci neanche a ricostruire l’incidente?Cosa hai detto alla polizia?-chiedo tamburellando nervosamente le dita sulla borsa.
A volte,anche il dettaglio più insignificante può rivelare qualcosa di utile.
-Gli ho detto che la mia memoria è instabile. Ricordo qualcosa ora,fra qualche minuto già la dimentico .Ma mi capita solo nel ricostruire l’incidente .Per me è come un trauma,la mia mente non lo vuole ricordare. Appena esco di qui,devo andare assolutamente da uno psicologo. La responsabilità è mia,guidavo io quella macchina e se è successo qualcosa a Shade è solo colpa mia … -
-Non è vero!Se la colpa è di qualcuno,è di colui che ha causato l’incidente!Tu non c’entri proprio niente!-dissi rassicurandolo-Comunque,devo andare,mi dispiace lasciarti qui.Verrò appena avrò tempo.Ci vediamo!-dico salutandolo mentre esco dalla stanza.
Lui mi saluta cercando per l’ennesima volta di alzarsi in piedi,ma dietro di me entra di nuovo l’infermiera e si corica frettolosamente.



Raggiungo il parcheggio e mentre guido decido di non tornare a casa.Almeno,non ora.
Mi direggo verso il porto,e dopo dieci minuti di viaggio parcheggio sotto il bazar.
L’ambiente è molto suggestivo:le case sembrano appartenenti a un presepe,con la biancheria stesa e un profumino invitante che arriva da non so quale abitazione. Il porto è pieno di barche e di yacht parcheggiati lungo la riva. La cornice di questo splendido quadretto è la fila di alberi che si estende in modo semicircolare.
Appena entro,saluto  e mi direggo verso il bancone.
Le pareti sono costellate di souvenir di tutti di tipi:portachiavi,cartoline,magliette,statuette e tazze. Fanno bella mostra di se anche vari quadri antichi di chissà quale pittore,raffiguranti svariati paesaggi. Insieme a loro,ci sono tanti oggetti per ogni settore:fermacarte,bomboniere,decorazioni,fiori secchi,vasi antichi e pregiati …
Appena arrivo al bancone,una signora dai capelli rossi come i miei  fa capolino dal retrobottega e sorride.
-Fine!Come stai?Da quanto tempo non ci vediamo!-dice venendomi incontro.
-Zia Astrid!Devo dirti molte cose … -
Zia mi fa sedere su uno sgabello consumato e scompare nel retrobottega.
Dopo pochi minuti ricompare con una tazza di caffè fumante.
-Prendi!L’ho appena fatto!-
Si accomoda anche lei su una sedia e beve un sorso.
-Zia,sono venuta qui perché innanzitutto non ci vediamo da parecchio tempo,ma anche perché ho bisogno di parlare con qualcuno di cui possa fidarmi.-
Zia mi guarda e sorride,poggiando la tazza sul bancone,pieno di scartoffie e fotocopie varie.
Prima di parlare,bevo un sorso di caffè e ne approfitto per riflettere.
Mi sento male solo al pensiero di dirle che stavo per sposarmi e lei non lo sapeva nemmeno.
Forse ho sbagliato a venire qui. Se lo saprebbero mamma e papà,mi ucciderebbero.
Perché diamine mi è venuta l’idea di tornare qui al bazar dopo tanti anni?
Zia Astrid potrebbe  pensare che vengo da lei solo quando ne ho bisogno e non è giusto.
Dopotutto,c’è anche Rein con cui posso parlare. Ma come mi fido di zia,non mi fido di nessuno.
Forse è meglio dirle la verità .Anzi,devo togliere il forse.
Non posso fare una figuraccia alzandomi e andandomene.
-Di cosa mi devi parlare?-mi chiede fissandomi e ridestandomi dai miei pensieri.
Mi faccio coraggio e cerco di mascherare il nervosismo.Non so come reagirà,e anche se conosco il suo carattere generoso e gentile,una reazione negativa sarebbe più che giustificata.
-Zia,devi sapere una cosa. Ti ricordi di Shade?-
-Certo che lo ricordo,non potrò mai dimenticare quel bravo ragazzo e nonostante i suoi sbalzi d’umore,il suo animo buono.- Sorrido quando sento parlare di lui positivamente. Non dimenticherò mai quel periodo della mia vita.Ma il sorriso scompare quando penso a quello che tra poco le dirò.
-Zia,quello che volevo dirti è che …-
Non faccio in tempo a finire la frase,che una figura entra nel bazar con fare arrabbiato.
Si dirige verso il bancone a grandi passi.
A causa della scarsa luce,non riesco a distinguere i lineamenti del volto,riesco solo a notare che porta ai piedi degli stivali e che è avvolto in un cappotto.





Il mio cuore incomincia a battere più forte quando sento pronunciare il mio nome.








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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 







 

-Fine!-

Appena sento pronunciare il mio nome ,mi irrigidisco e poso la tazza sul bancone,attenta a non bagnare le scartoffie.

-Fine!-

Niente,non ce la faccio proprio.Vorrei essere quattro metri sotto terra o sgattaiolare dietro al bancone-

-Ma come non mi riconosci?Sono Anita!-

Mi volto al rallentatore e sorrido nel vedere I capelli legati nel solito chignon.

-Scusami,ti avevo scambiata per un’altra persona.-

-Scusa un corno!Sono passata di qui e ho visto la tua macchina parcheggiata fuori e sapendo che eri qui mi sono precipitata.Da quanto tempo non ci vediamo?DA QUANTO?-

Scoppio a ridere.Non è cambiata per niente nonostante tutti gli anni passati.

Si accomoda anche lei senza chiedere il permesso,invece d’irritarmi sorrido.

Per mia fortuna (O forse no?)incomincia a raccontare vari aneddoti sulla nostra adolescenza e l’argomento ‘’matrimonio’’ viene accantonato,almeno per il momento.

Mentre Anita incomincia a raccontare annedoti vari,la mia mente incomincia a viaggiare,tornando indietro a molti anni prima...

 

 

(Inizio flashback)




 

Era una magnifica mattina primaverile,una ‘’canonica’’ giornata primaverile.

Ovviamente il ciliegio lungo il viale era fiorito mostrando le sue gemme appena sbocciate.

L’unica guastafeste era la solita:la Giordano.

Irruppe come tutte le mattine in classe sui suoi tacchi,i quali avevo pregato ripetutamente di rompersi ma niente. Erano più duri di me.

Il suo portamento era però diverso dalle altre volte,aveva un qualcosa di trionfale,a stento riesco a descriverlo. La sua bocca si aprì in un sorriso diabolico e le sue labbra proferirono le fatidiche parole che tutti aspettavamo come sulle spine:

-Ho portato I compiti.-

Si sedette alla cattedra e chiamo una mia amica per distribuirli,mentre io tremavo.

Quando vidi il foglio cadere sul banco con il voto cerchiato e a caratteri cubitali,per poco non urlai.

-Quanto hai preso?-

La solita domanda di routine postami da Anita.

-Dai,di sicuro è meglio del mio!-

-Ho I miei dubbi.-risposi motrandoglielo.

-Beh, un tre è molto meglio di un due!-disse voltando il foglio.

Scoppiai a ridere. Anche quando meno me l’aspettavo,riusciva e riesce tutt’ora a strapparmi un sorriso.

-Te l’avevo detto!-esclamò mentre io continuavo a ridere.

 

 

Appena uscii da scuola,presi una decisione:chiedere a qualcuno di farmi recupero di francese.

 

 

Pensai subito di mettere l’annuncio in bacheca,ma subito pensai a una terribile conseguenza:e se si fosse presentata Azzurra?Anche se si fosse presentato Shade,non sarei stata contenta. M’immaginavo già a casa sua,lui che spiegava e io con la mente altrove.

Perciò decisi di affigerlo davanti al bar dietro l’angolo,aspettando una risposta al più presto possibile. Assieme ad Anita chiesi al proprietario il permesso e dopo che lui me lo diede,affissi sulla porta a vetri l’annuncio e ce ne andammo.

 

 

 

 

Già il mattino dopo,io e Anita ci incontrammo alla fermata e andammo al bar speranzose.

Il barman ci accolse sorridente,dicendo che proprio nel pomeriggio del giorno precedente,un ragazzo che aveva visto l’annuncio camminando sul marciapiede ed era entrato, fissando un incontro per il giorno lì alla fine delle lezioni.

Nonostante la felicità di aver trovato subito una soluzione,qualcosa mi preoccupava di quell’individuo,anche senza sapere chi fosse.Il fatto di non aver chiamato sul numero che avevo rilasciato suonava strano alle orecchie. Smisi subito di pensarci ed entrai a scuola,aspettando con non poca trepidazione la campanella.

 

 

Appena l’orologio del corridoio scoccò le tredici ore e trenta minuti,un mare di studenti uscì precipitosamente,e tra I quali io. Mi diressi a passo svelti al bar,e appena svoltai l’angolo intravidi

la porta a vetri. Entrai e notai che la saracinesca era quasi abbassata,a causa dell’orario di chiusura.

Quando mi piegai e feci il mio ingresso,notai nella semi oscurità del locale,il barman e una figura seduta su uno sgabello e il gomito appoggiato al bancone. L’ambiente confermava le mie preoccupazioni,ma mi feci coraggio e ruppi il ghiaccio per prima,dopo aver salutato.

-Quindi sei tu che mi darai ripetizioni?-

Una voce alquanto giovanile mi rispose cordialmente:

-Sono proprio io. Se puoi fermarti,possiamo incominciare già da oggi e poi stabilire I giorni.-

Guardai l’orario sul cellulare. L’una e quaranta. Non avevo neanche mangiato. E mamma non sapeva niente. E Rein pure.

-Va bene-dissi quasi con voce tremante. Tutto quel buio non mi piaceva. E non riuscivo nenache a vedergli il viso.

Dopo aver salutato il barman,uscemmo e lui inforcò subito degli occhiali da sole.

Perfetto,già non riuscivo a vedere il volto per il sole accecante.

Si avvicinò a una macchina rossa e luccicante,ma non era una ferrari.

-Abiti lontano da qui?-fu la mia prima domanda appena chiusi lo sportello.

-Abbastanza.-

A causa della risposta insoddisfacente,stetti zitta per un bel po’,poi la curiosità ebbe la vinta su di me.

-Quanti anni hai?-

-Non dovrebbe interessarti,comunque se ci tieni proprio a saperlo,sono maggiorenne-

*Ma va?Veramente?Pensavo che a quindici anni guidavi la macchina!Forse il più stupido della terra avebbe risposto meglio di te!*

Ma la mia sete di conoscenza mi divorò e parlò al posto mio.

-Come ti chiami?-

-Non lo so neanche io a dir la verità.-rispose girandosi per un secondo verso di me-all'anagrafe sono registrato con un nome,mia mamma mi chiama con un altro e il mio nome di Battesimo è un altro ancora. Per questo i miei amici mi chiamano ''Ufficio anagrafe''anche perché so tutto di tutti.


*Ma non vuoi far sapere niente di te!*pensai girando la testa verso il finestrino.
Ma chi si credeva di essere?L'innominato?Anzi,forse si sapevano più cose su di lui!
Vedendo che ero arrabbiata,sorrise mostrandomi i suoi denti bianchissimi.

 

 

 

 

 

 

 


Ma non sapevo ancora cosa era nascosto sotto quel sorriso.














Prima di tutto mi scuso per l'emnorme ritardo, e so bene che qualsiasi scusa non sarà mai giustificabile  a causa del tempo che ho impiegato per scrivere questo capitolo.
Spero di essere più precisa e puntuale nei prossimi aggiornamenti.
Ringrazio sopratutto chi ha messo la storia tra le preferite,seguite o ricordate,chi mi ha inserito tra le autrici preferite.
Grazie mille a tutti!
Kitty


 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quel sorriso rimase nella mia mente e nel mio cuore,destinato a non essere cancellato.

Ancora oggi non capisco perché mi colpì così tanto.

Mentre ancora ripenso a quel sorriso magnifico,mi accorgo che Anita sta per andarsene.

Dopo averla abbracciata e invitata a casa mia per un pranzo,l’accompagno fino al portone.

Zia mi aspetta al bancone,dove riprendiamo le tazze e ci accomodiamo.

-Tesoro,cosa volevi dirmi?-

Poso di nuovo la tazza. È più forte di me. Pensavo che con il tempo,crescendo,mi sarebbe passata. E invece no!Mi tormenta sempre,giorno e notte,non mi dà tregua. È una continua battaglia con me stessa,ma ora basta!Ho ventiquattr’anni,non sono più una ragazzina!Perché ho ancora paura della loro reazione?Sono maggiorenne,e non possono farmi ramanzine a quest’età!

Mi faccio coraggio e decido di affrontare l’argomento senza troppi giri,ma zia comprende la mia paura e mi sorride.

-Ho capito. Andiamo in soffitta-

 

Mi spiego. La soffitta del bazar non è la tipica soffitta,ovvero deposito,impolverata,piena di scatoloni impolverati anch’essi,pile di scartoffie e cianfrusaglie varie. La soffitta è il contrario,anzi,è il mio appartamento. Sì,il mio appartamento.

Quando ero ancora ragazza,dopo l’ennesima acerrima lite con mamma e papà,scappai qui al bazar,e vi rimasi per un bel po’. I miei genitori,quando scoprirono che ero da zia Astrid,litigarono con lei e mi riportarono a casa,e dal quel momento in poi vi è rimasto odio fra di loro,che ancora oggi li divide. Da allora tornai di tanto in tanto e di nascosto. Visto che I miei non sapevano(almeno inizialmente) che ero rifugiata da zia,lei fu costretta a ‘’nascondermi’’ nella soffitta,portando il lettino di mamma che era rimasto a casa sua e arredandola completamente.

È rimasto sempre il mio rifugio segreto. Ho passato le notti insonni a guardare la luna dalla finestrella sul soffitto,tutti I miei ricordi più belli sono lì,chiusi a chiave in uno scrigno invisibile.

Quando mi siedo sul mio lettino,notando che nulla è cambiato,gli occhi si inumidiscono di lacrime che cerco di frenare nella loro discesa sul mio viso velocemente,e affronto l’argomento.

-Io e Shade ieri dovevamo sposarci.-

Il silenzio ci avvolge,le mie gambe tremano di nuovo.

Ho paura della sua reazione.

Lei,che mi ospitò nel bazar.

Lei,che mi ha sempre voluto bene e protetta.

Lei,a cui ho confidato I miei segreti,le mie incertezze,i miei dispiaceri.

Lei,che mi ha trattato come una figlia.

Lei,che odia sua sorella per colpa mia.

Lei,che mi ha sempre consolato nel momento del bisogno.

Lei,che mi ha consigliato ed aiutato nelle mie scelte.

Lei,che si fida così tanto di me.

Lei,che non è stata invitata al mio matrimonio.

Come ho potuto essere così bambina?Perché ho ascoltato I miei genitori?

Zia Astrid non merita,non meritava questo. Lei,che dovrebbe essere stata la prima a saperlo!

Incomincio a piangere come una stupida. Non ho nessuna scusa e il torto è dalla mia parte.

-Scusami,zia. Non potrai mai perdonarmi.-

Invece di una reazione violenta,di una sgridata o di una sberla,lei mi abbraccia e mi prende la testa fra le mani.

-Non piangere. Ti capisco. Non importa,anche se non mi hai invitato. Ma è successo qualcosa?-

Zia,sei una persona fantastica.Non trovo altre parole per descriverti. Hai tutte le ragioni del mondo,tutti I motivi esistenti per sbattermi fuori e arrabbiarti con me. Eppure,mi consoli. Ti preoccupi di me.

Ti voglio bene,zia. Te lo giuro.

-Shade...Shade...-non riesco a pronunciare il suo nome senza smettere di piangere,senza rivederlo davanti agli occhi inerme in quel letto d’ospedale.

Continuo a piangere mentre zia mi accarezza I capelli.

-Shade ha subito un incidente.È in coma.-

Finalmente riesco a pronunciare quelle parole tra le lacrime,senza riuscire a staccarmi dalle sue braccia.

-Non riesco a vederlo lì,buttato in quel letto!Non ci riesco!-

Le lacrime mi sgorgano dal viso che è diventato un fiume in piena.

-Mi manca la sua voce,i suoi capelli,i suoi abbracci,mi manca tutto di lui!I dottori dicono che è quasi impossibile che si risvegli,ma io non ci credo!Lui non può morire,io e lui dobbiamo sposarci,abbiamo tutta la vita davanti!Non ce la faccio zia,non ce la faccio...-

Le parole mi esconodi getto,non ci penso nemmeno prima di enunciarle,ho bisogno di cacciare fuori quell’angoscia e quel dolore misto a paura che mi stringono lo stomaco e il cuore.

-Non devi abbatterti!Lui si è salvato,è ancora in vita,ma in una maniera diversa. Tu puoi ancora parlargli,lui ti ascolta,e le sue risposte sono nel tuo cuore. Anche se non può abbracciarti,lui lo fa ogni volta che tu vai a visitarlo. È un abbraccio diverso,non è diretto, è a distanza,sono i vostri cuori che si abbracciano ogni qualvolta che s’incontrano. Anche quando il nostro corpo ci impedisce di fare ciò che vogliamo,la nostra anima lo fa al suo posto.-

Rimango stupita dalla sua grandezza e nobiltà d’animo. Non sarò mai alla sua altezza.Nonostante sia grande anch’io. Zia merita tutta la mia stima e affetto.

Mi asciugo le lacrime e l’abbraccio.

-Grazie zia. Ti voglio bene.-

-Anch’io,tesoro. -

Improvvisamente guardo l’orologio antico appeso alla parete.

-È tardissimo!Devo scappare immediatamente!-esclamo prendendo in fretta e in furia il giubbino.

Zia mi guarda un po’ dispiaciuta,so che la mia compagnia le fa sempre piacere.

-Non mi sdebiterò mai abbastanza-le dico mentre scendiamo le scale.

-Il bene che mi dimostri vale più di quanto tu possa immaginare.-

Mi accompagna fino al portone,cosa che fa solo con poche persone.

Mentre salgo in macchina,rimango a fissare la luce proveniente dalla minuscola finestra della soffitta.

La mia mente viene invasa dai ricordi e dai giorni passati lì.

 

 

 

Osservando il cielo,le stelle luccicanti mi ricordano il suo sorriso.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inizio Flashback

 

 

 

 

 

Un rumore improvviso e un braccio mi fecero svegliare.

Senza accorgermene,seccata dalle stupide risposte dell’innominato, o qualunque fosse il suo nome,m’ero appisolata appoggiando il gomito sullo sportello dell’auto.

-Siamo arrivati!Svegliati!-disse strattonandomi.

Niente da fare. Le mie orecchie ascoltavano ma il cervello non riusciva a ordinare ai miei muscoli di spostarmi di un millimetro.

-Ehi!-urlò strattonandomi ancora di più.

Si avvicinò a me e mi sussurrò:

-Scendi.Immediatamente.-

Finalmente il mio cervello reagì e I miei occhi si aprirono,specchiandosi nei suoi.

Mi ritrovai il suo viso a pochi millimetri dal mio.

Non m’ero accorta che durante il tragitto aveva tolto gli occhiali da sole.

Finalmente potevo guardarlo in faccia.

Gli occhi marroni e le pupille mi fissavano preoccupati,il viso pallido sul quale facevano capolino accenni di barba,i baffi appena visibili sopra il labbro,il naso rincagnito che li sovrastava.

Sollevai la testa dal gomito,ritrovandomi a pochi millimetri dal suo viso.

Nessuno dei due sembrava aver intenzione di muoversi.

I miei occhi si specchiavano nei suoi,e viceversa.

Ero come incantata da quel viso,anche troppo.

Sentivo il suo respiro sulla mia guancia.

Questo mi fece tornare alla realtà:ero nella macchina di un tizio di cui non conoscevo neanche il nome,in una zona deserta e sconosciuta, e per di più il tizio in questione doveva darmi ripetizioni di francese,ma in quel momento...stava facendo tutt’altro.

Rein non sapeva niente,mamma e papà altrettanto.E ci conoscevamo da poco o più di un’ora.

Mi sorrise,mi sorise di nuovo,con quel sorriso magnifico che tutt’oggi ricordo,uno dei più stupefacenti che io abbia mai visto.

-Ti sei svegliata,finalmente.-

Per paura di un ulteriore avvicinamento,mi alzai di scatto ,sfiorando la sua guancia,e aprii lo sportello.

Realizzai di trovarmi in un quartiere alquanto deserto,senza case intorno. Si trovava come su una collinetta,circondati dalla campagna.

Una costruzione di due piani si ergeva di fronte a me,con un pergolato che circondava l’ingresso.

Sembrava di essere in una delle novelle veriste di Verga.

Mi girai di scatto quando sentii lo sportello chiudersi violentemente.

-Seguimi-mi disse,voltandosi appena.

Lo seguii fin sulla soglia,dopo di che,aspettai che lui aprisse la porta.

Un corridoio all’apparenza infinito mi si spalancò appena misi piede nella casa.

Salii una scala che conduceva al piano superiore,soffermandomi su delle piantine nel pianerottolo che riconobbi essere delle belle di notte.

Entrai in una stanza luminosa,dalle pareti di un violetto tenue,molto delicato,che non avevo mai visto.

-Non badare alle pareti-mi disse-questo significa condividere la stanza con mia sorella-.

Risi appena,soffermandomi su un letto a castello,ricordandomi di quello di Alessia e il fratello,e su un altro sistemato in un angolo della stanza.

Una grande tavola era posta al centro della camera,mentre un armadio enorme ricopriva in lungo e in largo una parete.

-Hai due sorelle?-chiesi indicando il lettino singolo.

-No,per fortuna-rispose sorridendomi per l’ennesima volta-un fratellino pestifero.-

Dopo esserci seduti,gli mostrai il mio libro di testo di francese.

-A quanto pare fai il primo anno....del ragioneria?-

-No,del liceo.-

-Ottimo,così possiamo cominciare dall’inizio. Ci sono argomenti in particolare che non hai capito?-

disse guardardomi negli occhi,rammentandomi l’episodio in macchina.

Rimasi perplessa per un secondo,poi risposi:

-Ehm,in realtà non ho capito niente.-

Mi preparai alla più grossa risata da parte sua,invece mi sorrise per la terza o quarta volta in quella giornata.

-Non ti preoccupare,non fa niente.-

Rimasi spiazzata dalla sua improvvisa comprensione nei miei riguardi,ma decisi di non pensarci e presi il quaderno.

-Incominciamo dunque dall’inizio.Credo che tu conosca le forme di saluto,perciò incominciamo dai pronomi personali.-

Così dicendo allungò le braccia verso di me per prendere il quaderno. Nel fare questo,mi sfiorò la mano.

Rimasi di nuovo immobile,per secondi che sembrarono secoli.

Ritrasse subito la mano,scusandosi. Come una stupida,non risposi,incapace di comprendere.

Per vedere meglio,spostai la sedia e mi sedetti accanto a lui,ossercando attentamente ciò che scriveva.

Capii tutto al volo,al contrario di mesi e mesi di lezione della Giordano.

Mentre passò a spiegarmi gli aggettivi riferiti alla nazionalità,notai che al dito portava un anello argenteo.

Proprio mentre si girò verso di me,la porta si aprì di scatto,mostrando un bambino di dieci anni circa,interrompendo le mie fantasticherie.

-Fratellone!-urlò dirigendosi verso il soggetto in questione e abbracciandolo.

-Chi è lei?La tua ragazza?-chiese staccandosi dal collo del fratello.

Arrossii dall’alluce fino alla punta dei capelli,che poi sono rossi pure quelli,mentre osservai quel moccioso.

-No,le dò ripetizioni di francese.-rispose con tono calmo,quasi non avesse chiesto nulla.

-E allora perché prima vi stavate baciando in macchina?-

Questa volta fu lui ad arrossire,guardandomi.

-Ma che dici?E poi dov’eri se le chiavi le ho io?-

-Ero sotto il pergolato,stavo giocando con un mio amico a nascondino e ti ho visto.

Aspetta che lo dico a mamma...-

-Ehi,moccioso!Tu a mamma non le dici un fico secco!Hai capito?Esci subito!-urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni incandogli l’uscio.

Il bambino se ne scappò terrorizzato lasciando la porta spalancata.

-Scusami,è solo un moccioso.-esclamò chiudendo la porta.

-Non ti preoccupare.-risposi.

All’improvviso sentii la tasca vibrare,ed estrassi il cellulare.

Chiamata di Rein.Solo questo ci mancava.Giustamente,dopo il fratello impiccione ci mancava la sorella guastafeste.

-Dove diamine sei?Ti rendi conto che ore sono?-

-Scusa ma mi sono fermata al recupero di francese,non lo sapevo stamattina.-

-Sei a scuola?-

Deglutii.Non potevo dire di essere a casa di un perfetto sconosciuto.

-Sì.-

-Va bene ti copro per stavolta,inventerò qualcosa con mamma e papà,ma che non succeda più!Hai capito?-

-Ok,ciao.-risposi chiudendo frettolosamente la chiamata.

Il resto della lezione proseguì senza intoppi,e sopratutto,interruzioni.

Liscio come l’olio,tranne il fatto che,a lezione terminata,mi resi conto che avevo solo un euro nel portafoglio.

-Non ti preoccupare,mi pagherai la prossima volta.-rispose lui,notando nemmeno un filo d’ira nelle sue parole.

Ci scambiammo I numeri di cellulare,scoprendo finalmente il suo nome,ovvero l’enigma del giorno:Antonio.

Gli chiesi di accompagnarmi in piazza per prendere il pullman,pentendomi subito dopo di averlo fatto.

Non era mica il mio autista!E poi,non volevo dare l’impressione di prendere subito confidenza,anche se purtroppo lo stavo facendo. In fin dei conti,non sapevo neanche come arrivarci laggiù!

Durante il viaggio,restammo entrammo silenziosi,mentre la radio copriva I nostri pensieri.

Cercai di restare sveglia,per evitare di nuovo la scena di poche ore prima.

A un certo punto,incominciò a canticchiare una canzone in inglese,con una pronuncia e una voce pessime,mentre io cercai di trattenermi dal ridere. Dopo tre minuti passati a mordermi le labbra,scoppiai a ridere fragorosamente,piegandomi in due.

Antonio si girò di scatto e mi fissò serio,facendomi pietrificare sull’istante.

Dopo pochi secondi,vidi un sorriso spuntare sulle sue labbra,per poi trasformarsi in una risata.

Ricominciai di nuovo a ridere al solo pensiero della sua voce stridula.

-Diciamo che l’inglese non è il mio forte-esclamò svoltando e giungendo in piazza.

Scesi velocemente dalla macchina facendo attenzione a non sbattere fortemente lo sportello,chiudendolo il più lentamente possibile.

-Grazie mille di tutto.... Antonio!-esclamai chiamandolo per la prima per nome.

-Di niente...Fine!-disse scorrendo velocemente la rubrica.-ci metterò un po’ per impararlo!-disse sorridendo. Mi salutò e poi scomparve.

Rimasi immobile a fissare il punto dove era scomparso,ma il clacson del pullman mi riportò sulla terra.

Zio Cosimo mi fissava con aria preoccupata,mentre continuava ad aspettarmi.

Corsi subito verso la porta e salii salutandolo appena,sedendomi come sempre al primo posto.

Mi girai per vedere chi fosse seduto dietro,ma con mio grande stupore,il pullman era vuoto.

--Ma come non c’è nessuno oggi?-chiese ancora più stupita.

-Riservato per lei,signorina!-rispose ridendo zio.-Chi era quel tizio che ti ha accompagnata?Eh?Neanche un anno che vieni qui e già hai trovato il ragazzo?-mi chiese girandosi appena.

-Ma che dici!È ...solo un amico-risposi imbarazzata.

-Veramente?Non direi proprio!-

Notò che la cosa mi infastidiva e rise.

Per il resto del tragitto fu silenzioso come una tomba.

Arrivata a casa,sentii la voce di mia madre che starnazzaca dalla cucina,mentre papà era già a tavola.

Salii in camera mia mentre Rein mi chiamava per sapere il resoconto della giornata,ma mi chiusi a chiave in camera.

Mi stesi e sul letto e rimasi per un po’ a fissare il soffitto,poi mi addormentai.

 

 

Il giorno dopo,accadde l’inevitabile.

Appena misi piede nella mia classe,Martino venne verso di me e mi disse che ero davvero nei guai.

-Ma che ho fatto?-

Mi mostrò una foto che aveva trovato sotto il mio banco,che raffigurava una coppia.

La presi in mano e la osservai minuziosamente,e per poco non urlai quando riconobbi Azzurra.

-Chi te l’ha data?-chiesi mentre un dubbio tremendo iniziava ad assalirmi.

-A quanto ho capito,tempo fa prestasti il tuo cellulare a Stella per stampare delle foto perché forse non hai il cavo-disse mentre annuivo a ogni sua frase- e a quanto pare salvò le foto nel computer ma non le stampò-

-Sì,glielo ricordai alcuni giorni fa-

-Ma perché l’hai fatto?Tra quelle foto,ha trovato questa di Azzurra,e visto che aveva bisogno di uno scoop per il giornale della scuola,ha usato questa!-esclamò agitando la foto sotto il mio naso.-E ha messo il tuo nome nella didascalia della foto!-

Ringrazai velocemente Martino per avermi avvisato,e scappai fuori nel corridoio. Incontrai una ragazza dell’altra sezione con una copia in mano,e gliela strappai dalle mani senza chiederlo.

‘’L’aspirante rappresentante d’istituto tradisce il fidanzato!’’

Appena lo lessi,corsi verso l’atrio,in cui trovai per mia fortuna il bidello che stava distribuendo il giornale.

-Roberto,prendo tutto!-esclamai disperata.

L’uomo mi fissò,stupendosi della mia richiesta.

-Ti pagherò domani ma ti scongiuro,dammi quelle copie!-

Mi consegnò la voluminosa pila di giornali e salii di corsa le scale,tentando di nasconderle in qualche armadio della segreteria.

Ma fu troppo tardi.

Shade stava scendendo le scale con un’aria tra il deluso e l’arrabbiato,mentre fissava la foto sul giornale.

Pregai non so neanche io quale Santo che non mi vedesse,cercando di allungare il passo,ma invece inciampai nello scalino e caddi a terra,mentre I giornali riempirono ogni angolo della scala e del pianerottolo.

Shade,che non mi aveva riconosciuta,buttò Il giornale a terra e mi aiutò a rialzarmi.

Ma quando capii chi ero,i suoi occhi cobalto si sgranarono e mi spinse contro il muro.

-Che vuol dire questo,eh?-chiese prendendo una delle tante copie che erano sugli scalini.

Deglutii a fatica e abbassai il capo,incapace di sostenere il suo sguardo.

-Guardami!-urlò prendendomi il mento tra le dita.

Quel contatto inaspettato mi fece rabbrividire. Nonostante tutto quel caos,volevo che quell’istante non passasse mai.

Si avvicinò al mio viso,mentre nuotavo dolcemente nell’oceano dei suoi occhi.

Per un attimo pensai di baciarlo,ma sarebbe stato troppo.

-Perché l’hai fatto?-disse scandendo bene le parole,fissandomi.

I miei occhi rubino si riempirono di lacrime fino ad esplodere.

Una lacrima solitaria scese sulla mia guancia bagnando le dita di Shade.

-Pensavo fossi diversa,molto diversa. Pensavo fossi più responsabile,più intelligente.Ma invece...mi sbagliavo e di grosso. Sei solo una bambina Fine!-urlò sventolandomi sotto il naso una copia-Ma sì,che vuoi che sia,che sia cornuto lo sa tutta la scuola!-disse con un tono che mi Infastidì.

-Non sono stata io...-

Bugiarda.Stupida. Quant’altro ero in quell’istante?

-Senti,non voglio perdere tempo con te,perché a quanto pare è tempo sprecato,quindi ti dico solo una cosa:cresci!-urlò mentre si allontanava da me,con sguardo minaccioso.

Iniziai a singhiozzare e a piangere di nuovo,mentre con la schiena contro il muro,mi sedetti su un gradino.

Tutte le emozioni,le lacrime trattenute,il dolore esplosero e mi travolsero come in una tormenta di neve.

Il coraggio che per tanto tempo non avevo avuto,all’improvviso si impadronò di me,prendendo vita nella mia voce,che uscì prorompente dalla gola.

-Non andartene!Ti prego!-urlai quasi a me stessa.

Ma sapevo che non era abbastanza,mancava quella frase così famosa ma così difficile da pronunciare.

-Ti amo!-urlai udendo la mia eco rimbombare nell’atrio.

Ne ero sicura. Non potevo negarlo.Forse ero piccola,lui era molto più maturo di me,ma non poteva giustificarlo. Lo ripetei ancora più forte,affinchè tutti lo sentissero.

 

 

Tutti tranne lui.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


 

Capitolo 12

 

 

 

 

 

Il rumore dei miei passi rimbomba nell’intricato dedalo di corridoi.

Eccolo lì. Gli occhi s’inumidiscono,pronti ad esplodere.

Dorme,calmo. Come l’oceano in certe notti.

Entro,cercando di non far rumore. Anche se so benissimo che non potrà mai sentirmi.

Ha un’espressione così seria che mi stupisco,come se fosse responsabile di ciò che è accaduto.

Riesco appena ad accarezzargli la guancia,a causa di quei macchinari.

-Ciao amore...-sussurò appena accarrezzandogli I capelli. Chiudo gli occhi per un istante e sembra che la sua voce mi risponda. Spalanco immediatamente le iridi.

-Shade,mi senti?-esclamo con voce tremante.

Gli stringo la mano,mentre le lacrime sgorgano come acqua dalla sorgente.

Osservo quella mano così forte,che tante volte avevo stretto e tante volte mi aveva accarezzato,ora bianca come la neve e debole. Noto che porta ancora al polso un braccialetto in pelle che gli avevo regalato ,con la mia iniziale. È un po’ logorato,ma sorrido nell’osservarlo. Il mio sguardo si sposta al suo viso. I capelli cobalto sono rimasti intatti,anzi,gli danno quell’aria da ribelle che aveva sempre avuto. Gli occhi del medesimo colore sono coperti dalle palpebre,come il cielo notturno dalle nuvole. Le labbra carnose sono pallide come il resto del viso,immobili.

-Stai facendo preoccupare tutti. Milky ha iniziato a lavorare in una rosticceria e in più sta studiando per l’esame,mi ha detto che appena troverà un po’ di tempo verrà a trovarti.-gli dico osservandolo attentamente,in attesa di una sua minima reazione.

Niente. Sono solo una povera illusa. Lui rimane lì.fermo e serio,come per dire che c’è ben altro di cui preoccuparsi.

Prendo dalla borsa il suo cellulare,da poco recuperato dai carabinieri nella carcassa della macchina. Lo schermo è graffiato,ma grazie alla custodia per il resto è quasi intatto.

Lo accendo,per fortuna funziona ancora.

Trovo ben venti nuovi messaggi.

Anche se non dovrei farlo,incomincio a leggere.

 

 

‘’Ehi!Ma si può sapere che fine hai fatto?Fine ti sta aspettando!Di’ ad Auler di darsi una mossa!

 

Bright’’

 

 

Era datato il giorno del matrimonio,proprio quando lo stavo aspettando in Chiesa.

Ricordai quel giorno e le lacrime mi rigarono di nuovo il viso.

Solo allora mi accorgo che il telefono inizia a suonare,segno che sta per scaricarsi. Osservo lo sfondo e rido. Si tratta di una vecchia foto al pub con Max e Franco,tutti e tre al bancone. Forse,per capire qualcosa,è meglio fare un passo indietro.

 

 

Inizio flashback

 

 

Una settimana,due,tre.

Il tempo passava inesorabilmente.

Ormai non avevo più possibilità.

Non sapevo come e cosa dire.

Tutta la scuola sapeva che Azzurra aveva tradito Shade,e di conseguenza I due si erano lasciati.

A dire il vero,l’unico lato positivo della faccenda era che Shade aveva capito la lezione e cioè chi era realmente colei che chiamava fidanzata.

Quante volte l’avevo incontrato,così,per caso,nel corridoio,in segreteria,al distributore,all’uscita da scuola. Quante volte in realtà non lo sapevo,ne avevo perso il conto. Non erano le occasioni a mancarmi,ma le parole. Non sono mai stata brava nel consolare o farmi perdonare da una persona,nè tantomeno in italiano e quindi il problema era doppio.

Proprio in quel periodo Martino prese il patentino,arrivando a scuola con il suo motorino rosso fiammante,atteggiandosi come un motociclista della Formula 1.

Quel pomeriggio dovevo fermarmi da Antonio,così ne approfittai per non inventare scuse con mamma e Rein,e chiesi a Martino di pedinare Shade.

Certo,non come quella volta con Anita,ma in motorino di certo non avremmo fatto tutte quelle figuracce.

Lui accettò e subito dopo la scuola lo seguimmo di nuovo fino a casa sua,e appena dopo pranzo,uscì anche lui col motorino.

Raggiungemmo un bar che si trovava all’inzio della periferia. Era un piccolo edificio di un piano,e almeno all’apparenza doveva essere molto antico. Aveva per insegna una bandiera un po’ logorata,con ricamato: ‘’Il drago verde’’.

Notai che alcuni operai stavano caricando casse e scatoloni su un furgone.

Mi feci coraggio ed entrai nel locale.

Sembrava una discoteca,con alcuni tavolini in legno e un palco in fondo.

La luce penetrava a malappena dalle sbarre delle due finestre poste ai lati della porta.

Al bancone sedeva un uomo robusto e barbuto sulla trentina,intento a preparare un caffè,mentre un altro,molto più giovane e magro,parlava con Shade mentre lavava alcune tazzine.

Mi sedetti silenziosamente ad un tavolino con uno sgabello abbastanza rovinato.

-Allora amico,come va?Tutto bene?Sta meglio tua nonna?-chiese il più magro,pulendo il bancone.

-Affatto. Nonna è peggiorata di brutto in questa settimana.-pronunciò quella voce a me così familiare.

-Non preoccuparti,guarirà subito!A scuola?Tutt’a posto?-

-Diciamo,ho ancora qualche problema con filosofia... l’ultima verifica è andata male,e non so come recuperare. Quest’anno poi ci sono I crediti e...-

-Su con la vita,che vuoi che sia un cinque in filosofia per te che sei un genio in tutte le materie!-esclamò sorridendo.

-Ehm...diciamo che non è un cinque....-

-Senti Shade,solo per una materia stai facendo una tragedia,ma sai quante volte è stato bocciato Max ? Ormai anche lui ha perso il conto!-

Vidi Shade sorridere,e involontariamente sorrisi anch’io. Per me si trattava di un evento unico e raro in quel periodo.

Mi alzai e mi nascosi in un angolo del palco,pieno di casse,per non farmi vedere.

Come non detto,feci cadere una cassa per terra e tutti si girarono verso il palco.

-Sarà quel gatto randagio che viene sempre a scocciarci,Franco!Ti dico sempre di chiudere la porta!-disse quello grasso e barbuto.

Shade si alzò di scatto dallo sgabello e con uno sguardo tra il serio e l’indagatorio disse:

-Se fosse stato un gatto,lo avreste sicuramente sentito miagolare. -

Si diresse a grandi passi verso di me,mentre mi accorsi di una tenda alle mie spalle,e balzai dall’altro lato.

Mi ritrovai in una stanza grande la metà del locale,e capii che era il backstage.

Tutto era avvolto nella penombra,ma potevo intravedere alcune chitarre e microfoni.

La tenda si sollevò all’improvviso e capii che Shade era entrato.

Si avvicinò a me mentre un raggio penetrò attraverso la tapparella illuminandomi il viso.

-Che ci fai qui?-mi chiese a denti stretti afferrandomi per il braccio e tirandomi fuori.

-Ecco il gatto,Max!-esclamò poi trionfale conducendomi verso il bancone.

-Ehi piccoletta!Non si scherza con il dragone,lo sai?-mi disse quello più giovane e magro.

-La conosci?-chiese quello barbuto a Shade,osservandomi con la coda dell’occhio.

-Se la conosco?Me lo chiedi pure?-esclamò con tono sprezzante-Tutta la scuola che sono cornuto grazie a lei!-

-Non è vero!-eclamai.

Ma come poteva credermi?

-Piccolina,con Shade non si scherza!-mi disse quello barbuto in tono di minaccia.

-Vattene!Non voglio sentirti!-urlò Shade contro di me.

Rimasi immobile. Quel sorriso che fino a poco prima avevo visto sul suo volto era scomparso,lasciando posto all’ira.

-Hai capito!Vattene!-mi urlò ancora più forte.

Non potevo crederci. Quello stesso Shade che fino a pochi mesi prima mi salutava con un sorriso,mi urlava e mi cacciava fuori da un locale che non era nemmeno suo.

Non ribattei,girai le spalle e me ne andai.

Mi soffermai sull’uscio,notando che Shade mi guardava con gli occhi lucidi.

Piansi anch’io,perchè ogni sua lacrima era anche mia.

Martino mi guardò sconsolato,come per dirmi che avevo fatto tutto il possibile.

Piansi silenziosamente lungo tutto il tragitto. Una volta arrivati in piazza,chiesi a Martino di accompagnarmi da Antonio,spiegandogli la strada da seguire.

Appena arrivammo a destinazione,scesi dal motorino e lo abbracciai.

-Grazie mille. Ti ho fatto perdere tempo inutilmente.-gli mormorai.

-Non ti preoccupare,Shade non è cattivo,è solo rimasto deluso. Gli passerà,te lo assicuro-

Lo salutai e lo osservai sparire con la moto mentre bussai al citofono.

Le avevo tentate tutte. Non sapevo più cosa fare,di certo non avrei aspettato che tutta la scuola dimenticasse l’accaduto.

Dovevo stupirlo. Sì,era quello che mi serviva. Fargli capire di aver sbagliato,mettendo da parte tutto l’orgoglio che continuava a dividerci. Dovevo farlo pubblicamente,facendogli capire il mio reale pentimento.

L’antico portone verde in legno si aprì di scatto,facendomi trasalire.

Antonio mi sorrise,invitandomi ad entrare.

 

 

Forse,non tutto era perduto.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

 

 

 

 

 

 

 

Appoggiai la mano alla ringhiera in legno seguendo Antonio.

Entrai nella stanza dalle pareti di quel violetto tenue che sembrava quasi trasparente.

-Allora,com’è andata la verifica?-mi chiese con aria seria sedendosi di fronte a me.

Presi il libro dallo zaino e lo poggiai in malomodo sull’enorme tavolo.

-Quattro e mezzo.-biascicai prendendomi la testa fra le mani,pronta a una ramanzina stile mamma infuriata.

-Non va bene-rispose Antonio afferrando il libro-Non va proprio bene.-

Sicuramente il litigio con Shade non mi aveva fatto concentrare durante la verifica,ma lo stesso non potevo prendere un otto.

-C’è qualcosa che non va?-mi chiese Antonio preoccupato sgranando I suoi occhioni marroni.-Nelle ultime lezioni ti ho visto distratta,se hai qualche problema di concentrazione puoi dirmelo.-

Concentrazione?Sì,poteva essere quello,ma il problema reale era un altro.

-Forse hai ragione...-

La lezione trascorse molto lentamente,Antonio mi rispiegò tutto il programma con una pazienza incredibile. L’ammiravo così tanto.

Tutte le parole del mondo non sarebbero bastate per ringraziarlo.

Nonsotante la giornataccia,tornai a casa serena.

Studiai fino a tardi per recuperare francese.

Mi addormentai con la testa sul libro,e la mattina dopo faticò non poco per svegliarmi.

Come secondo la routine,arrivai a scuola rischiando di inciampare a ogni scalino.

Entrai in classe,quando il cellulare vibrò nella tasca.

-Pronto?-

-Fine,devi venire in ospedale!-

Guardai il nome sullo schermo del telefono. Era Martino. Ma che ci faceva alle otto di mattina lì?

-Fine,non posso spiegarti tutto,ma se vuoi avere davvero una possibilità con Shade devi venire!-

La chiamata s’interruppe bruscamente.

Shade?Gli era successo qualcosa?

La paura s’impadronì di me.

Già me lo immaginavo,su una barrella e una flebo al braccio.

Presi lo zaino e mi diressi a grandi passi verso la piazza,dove presi giusto in tempo la navetta che mi condusse in dieci minuti dall’altro capo della città.

La struttura si ergeva imponente sul territorio,dandomi un senso d’inquietudine.

Entrai e telefonai a Martino,che mi indicò il piano e la stanza.

Giungemmo in un corridoio ancora poco illuminato,pieno di stanza chiuse.

Solo una era aperta,mi avvicinai lentamente senza far rumore.

Vidi un’anziana donna nel letto,con una flebo al braccio e con un volto sofferente ma calmo allo stesso tempo.

Accanto a lei,avvolto nella penombra,vidi una figura accovacciata in un angolo.

Mi avvicinai e notai che teneva la testa tra le mani e piangeva,avvolto in un lungo cappotto beige e una sciarpa che ridestò subito la mia attenzione.

Guardai Martino come per avere il suo incoraggiamento,e lui mi spinse dentro.

Mi avvicinai al ragazzo prendendo una sedia.

-Shade...-mormorai avvicinandomi a lui e togliendogli una mano dal viso.

Alzò la testa mentre piangeva ancora,e contrariamente a quanto mi aspettavo,non mi respinse,anzi sorrise a stento appena mi vide e mi abbracciò.

Rimasi all’inizio pietrificata,poi ricambiai l’abbraccio.

Piangeva come non avevo mai visto fare da lui. A quanto pare doveva essere quella nonna che aveva nominato l’amico del bar il giorno prima.

-Scusami-gli dissi di getto,senza pensarci.

In fondo,era solo una parola,anche se ha più lettere di ‘’ti amo’’ ,sicuramente era più facile da dire in confronto.

-Sono stata una stupida,ho sbagliato e lo ammetto,so che ormai tu ed Azzurra vi siete lasciati e tutta la scuola sa che ti ha tradito,ma ti prego,almeno dimmi se mi perdoni o no,perché non posso restare ancora un minuto di più senza sapere se accetti le mie scuse. Ogni volta che mi eviti a scuola,ogni volta che mi guardi con quell’aria truce,non sai come mi maledico per quello che ho fatto. Ti giuro che non volevo che tutto questo accadesse,ma sappi che io...-

Presi fiato,mentre Shade si staccò lentamente da me. Sospirai a fondo,tutto quello che avevo tenuto chiuso a chiave negli abissi del mio cuore in tutte quelle settimane era stato travolto da quell’abbraccio,tramutatosi in un’onda che aveva appena spalancato le sue porte che avevo sprangato in precedenza .

Ormai l’oceano di parole che era fuoriuscito dal mio cuore non poteva essere risucchiato,toccava a lui emanare la sentenza.

Shade mi guardò con una serietà che quasi mi meravigliò,mi guardò negli occhi e mi chiese:

-Io?Che stavi dicendo?-

Cinque lettere,due parole. Complessivamente,erano meno lettere di ‘’scusami’’,ma erano separate:forse era proprio questo il problema.

-Io...ti voglio bene-

Undici lettere,tre parole:sicuramente di più,ma meno difficili da pronunciare.

Shade guardò il corpo esanime della nonna che giaceva nel letto,come per chiederle consiglio,poi mi guardò e mi abbracciò.

-Posso prenderlo come un perdono?-osai chiedere come una stupida.

-Sì-mi mormorò nell’orecchio.

Vidi con la coda dell’occhio Martino che sorrideva compiaciuto nel corridoio.

Shade scoppiò di nuovo a piangere.Gli accarezzai I capelli, manto notturno,soffici,come le nuvole che lo offuscano.

Rimanemmo lì,per non so neanch’io quanto tempo,ricordo solo che Martino mi salutò poco dopo e mi lasciò con lui. Non m’importò nemmeno della scuola,del pullman perso,delle preoccupazioni di mamma e Rein,neanche del tempo che trascorreva inesorabilmente.

 

 

 

L'unica persona che contava era quella che  stavo abbracciando.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14




Il giorno dopo non andai a scuola a causa del funerale della signora Adele,nonna di Shade.
Non dissi niente a mamma e papà,presi il pullman la mattina come al solito per andare a scuola.
Soltanto Martino venne con me.
La Chiesa era gremita,ma dei compagni di Shade nemmeno l’ombra.
Non vidi neanche Azzurra. L’aveva già dimenticato?
La signora Adele aveva settantaquattro anni,era vedova da dieci. Una terribile malattia l’aveva consumata in sei mesi. A quanto dicevano conoscenti e amici,era una signora molto allegra e spontanea.
Shade mi presentò la sua famiglia,ovvero sua mamma,la signora Maria(anche lei vedova) e la sorellina Milky. Mi raccontò che suo padre era morto quando aveva dieci anni e sua sorella era appena nata,in circostante misteriose. Solo in quel momento capii il suo carattere un po’ chiuso e il suo comportamento freddo e distaccato,e anche perché non si separava mai da quella sciarpa,appartenente al padre.
La cerimonia fu lunga e solenne,una volta finita la signora Maria mi invitò a pranzo,e io mi trovai in imbarazzo. Mamma non sapeva nulla,quindi la telefonai dicendole che mi fermavo per il recupero da Antonio.
-Quanti anni hai?-mi chiese Milky una volta seduti a tavola,mentre io avevo appena iniziato a mangiare.
-Quindici ad agosto-
-Pure io faccio il compleanno ad agosto!-esclamò saltellando pimpante sulla sedia,rischiando di cadere.
-Che giorno?-
-Il sedici.-
-No io il quattordici...-esclamò Milky con una nota di delusione nelle sue parole.
-Possiamo fare una festa sola,grande grande,sulla spiaggia!-
-Ci organizzeremo-le dissi sorridendo.
-Anche io sono nato il sedici,però di novembre.-disse Shade tra una forchettata e l’altra.
-E voi,signora Maria?Abbiamo scoperto il compleanno di tutti,rimane solo il vostro!-esclamai cercando di discutere con tutti.
-Diciannove gennaio.-
-No,non sulla spiaggia!-intervenne Milky gesticolando.
- Al pub di Max!-
-Quel famoso pub?-chiesi a Shade,ricordando il famoso episodio di alcuni giorni prima.
-Proprio quello-disse lui sorridendo. Fui assalita dalla voglia di prendere il telfono e fargli una bella foto per immortalare il suo sorriso,ma poi mi ricordai delle conseguenze che avevano causate altre foto scattate di nascosto,e rimasi ferma dov’ero,sulla sedia.
-Ci lavoro solo il fine settimana,Max e Franco sono miei amici. Max è nato in Germania,poi alcuni anni fa si traferì qui con la famiglia,conosceva anche papà.Lo chiamamo il ‘’dragone’’,oltre perché è molto robusto,anche perché il locale si chiama ‘’Il drago verde’’. Franco invece è di qui,prima gestiva una rosticceria,ma non funzionò e allora è diventato gestore del pub. Ogni sabato si esibisce una band della zona,attirando così più clienti,ma visto che si trova in periferia,ultimamente gli affari non stanno andando bene perché è un po’ difficile da raggiungere e non vi sono navette che arrivano fino lì.Perciò,stanno traslocando in centro.Ci lavoro il fine settimana.-mi raccontò Shade tra un boccone e l’altro.
Terminato il pranzo,ringraziai tutti e cercai inutilmente di andarmene,ma Milky mi trattene tirandomi per il braccio.
-Rimani qui!Dobbiamo fare la lista degli invitati!-
Non so se lo facesse apposta oppure non si accorgeva che più trascorrevo tempo con suo fratello,più mi sembrava di vivere un sogno lunghissimo,che però doveva pur sempre finire. Mi sentivo a tratti una povera illusa. In fondo,Shade non aveva dimenticato Azzurra. Lo notavo ogni qualvolta prendeva il telefonino e cercava il suo numero nella rubrica,telefonava e perennemente lei non rispondeva. Che stupida che era,mi dicevo.Era lei ad avere torto,e non so Shade voleva scusarsi con lei,lo rifiutava addirittura. E più questo si ripeteva,e più mi chiedevo cosa ci trovasse in quella ragazza. Arrogante,stupida,traditrice e chi più ne ha più ne metta.
-Allora,metto pure Max?-mi domandò Milky riportandomi alla realtà.
-Certo,ma è inutile invitarlo,lavora al pub,lo dimentichi?-
-Sì.è vero!E con lui abbiamo finito!-
Osservai la minuscola lista,rispetto alle mie aspettative era brevissima.
-Ora devo davvero andare,Milky!Ci vedremo un’altra volta-dissi alzandomi e prendendo la borsa.
-No,non te ne andare!-mi implorò tirandomi per la manica del giubbotto.
-Milky,non fare la capricciosa!Fine non stare ai tuoi ordini!-la rimporverò la signora Malia.
Salutai tutti un po’ dispiaciuta,ma se fossi rimasta non sarebbero passati altri pullman. Arrivai a casa e come ogni volta che mi accadeva qualcosa di bello,non cenai e mi chiusi in camera,addormentandomi come un sasso.









Due settimane dopo,mi fermai doposcuola a pranzare da Martino.
Subito dopo pranzo,andammo al campo (se così si poteva definire) sportivo di Fratte,per una partita tra quartieri.
Si sfidarono appunto tutti I ragazzi del vicinato contro quelli del quartiere di Shade.
Mi accomodai su un muretto per assistere,e grande fu la mia sorpresa quando vidi proprio lui,Shade,giocare in campo.
All’improvviso mi feci più attenta e cercai di seguirlo con lo sguardo.
Dopo il primo tempo,conclusosi 0-0,il secondo tempo mi diede l’impressione di un replay.
Tutti cercavano di segnare,ma puntualmente colpivano un palo o veniva parato.
All’ottantanovesimo minuto,vidi Shade tirare in porta e correre per il campo. Involontariamente mi alzai e urlai anch’io,dimenticandomi di essere venuta per Martino.
Dopo un minuto l’arbritro fischiò e la partita si concluse ufficialmente.
Shade corse assieme a Martino verso di me. Il mio cuore iniziò ad accellerare I battiti.
-Siete stati bravissimi!-esclamai quando si avvicinarono.
-Beh,noi decisamente no...-mormorò Martino chinando il capo.
-Vi rifarete la prossima volta!-lo esortai.
-Senti Fine-esclamò Shade stupendomi del tono serio delle sue parole-Max ha aperto da poco il pub in centro ed il locale è in affitto. Ultimamente gli affari non vanno bene,e ...mi ha licenziato.-
Rimasi pietrificata. La faccenda era più seria del previsto.
-Mamma non lavora perché ultimamente ha problemi di salute,ed io...ho bisogno di un lavoro. L’altro giorno ne stavo parlando con Martino,e mi ha detto che tua zia ha un bazar sul porto. Ecco,non so se ha bisogno di aiuto...-
-Certo che ne ha bisogno!-esclamai di getto-il bazar è enorme,e zia non può neanche andare in vacanza perché fa tutto da sola. Non ti preoccupare,la telefono subito!- Shade sorrise e mi abbracciò.
-Grazie mille!Non immaginare quanto mi stai aiutando!- -
Sorrisi come una stupida,mentre assaporavo ogni singolo istante tra le sue braccia.
Poco dopo lo salutai e tornai con Martino in piazza,dove presi il pullman per tornare a casa.
-Pronto zia?-esclamai appena seduta sul pullman mezzo vuoto,dopo aver composto il numero di zia Astrid.
-Tesoro,tutto bene?-
-Sì,zia. Posso chiederti una cosa?-
-Dimmi,cara.-
-C’è un mio amico-sorrisi nel pronunciarlo,ripensando a un mese prima,quando tutto potevo definirlo tranne che amico- che,ecco...vorrebbe lavorare al bazar-
-Fine!-urlò facendo sobbalzare l’anziana signora seduta accanto a me.
-Quante volte ti ho detto che non ne ho bisogno!Non voglio ragazzini imbranati tra I piedi!-
-Ecco zia,io gli ha già detto che l’hai assunto...-biascicai tappandomi l’altro orecchio,pronta all’ennesimo urlo.
-FINE!-gridò infatti poco dopo,facendo sobbalzare anche la ragazza con gli auricolari di fronte a me.
-Cosa ti è passato per la testa!Non voglio fannulloni!-
Sospirai. Cosa diamine dovevo fare per convicerla?.
-Zia,è il mio fidanzato...-mormorai arrossendo solo all’idea. Sapevo che non avrebbe mai rifiutato a una tale dichiarazione. Infatti,molti anni prima che io nascessi,mia madre la convinse ad assumere mio padre proprio per il medesimo motivo.
-Va bene,fallo venire domani alle tre al bazar. Puntuale!Altrimenti cambio idea. - borbottò rassegnata.
Sorrisi. -Grazie zia!-le dissi chiudendo la chiamata.
Cercai il numero di Shade nella rubrica,sospirai e premetti la cornetta verde.
-Fine?-mi rispose dopo due minuti con voce stanca.
-Shade,ho telefonato a mia zia e mi ha detto che puoi incominciare anche da domani!-
Immaginai il suo meraviglioso sorriso.
-Grazie mille!A che ora?-
-Alle tre al bazar. Non ti puoi sbagliare,è l’unico bazar sul porto.-
-Grazie ancora!Sarò precisissimo. Scusa ma devo cenare-esclamò sbadigliando-E poi devo ancora studiare filosofia...a domani!-
-A domani!-esclamai raggiante chiudendo.
Mi misi a osservare il panorama dal finestrino,mentre ripensavo alla bugia detta a zia.
Shade ed io eravamo amici da poco,anzi,era gia tanto che ci fossimo riappacificati dopo quel memorabile litigio nelle scale.
M’immaginavo già io,lui e zia al bazar,con zia Astrid che domandava raggiante da quanto tempo stessimo insieme e Shade che mi guardava interrogatorio.





Che pasticcio!

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