When will loneliness be over?

di Yoru Sougiya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Carnage ***
Capitolo 2: *** Prey ***



Capitolo 1
*** Carnage ***



Titolo: When will loneliness be over?
Fandom: Bleach
Personaggi: Grimmjow Jaegerjaques, Ichigo Kurosaki
Pairing(s): GrimmIchi
Parte: 1
Rating: PG15
Genere: Angst, Sentimentale.
Avvertimenti: AU, Shounen-ai.
Riassunto: Voleva lottare, fare a pezzi qualcuno, ma non aveva nessuno da sfidare. Sbadigliando uscì dalla sala del Trono e, ignorando le guardie che si inchinavano al suo passaggio, si diresse nella sua camera da letto. La sua vita era fottutamente noiosa.
Note: Fic ambientata in un universo medievale/fantasy. Sarà una long fic, MOLTO long. Il mio sogno sarebbe farla in totale di 15 capitoli XD ma forse saranno di meno, o forse di più. Comunque i numeri sono questi. Ho tante, tante idee per questa fic, quindi andrà avanti per un bel po'. Spero piaccia a qualcuno, perché a me sta divertendo molto scriverla ;W; (Sono riuscita a postare il primo capitolo per il compleanno di Grimmjow! Yeah!)


When will loneliness be over?
Why can't we see that when we bleed we bleed the same?

 
C’era una volta,

è così, che dovrebbe iniziare questa storia. Perché si parla di re, di cavalieri, di guerrieri valorosi e di grandiose battaglie. Questa storia inizierebbe così, se fosse una fiaba.

Ma non lo è.

Questa è semplicemente una storia, di un Re, della sua Solitudine e di come questa fu spazzata via da un semplice ragazzo.

Il suo nome era Ichigo Kurosaki e riuscì a cambiare le sorti di un regno intero.
 

 
Carnage

«In quanti si sono iscritti al torneo questa volta, Yylfordt?»

«Siamo arrivati a cento partecipanti, Sire. Visto che è stato dichiarato esplicitamente che voi non parteciperete, si sono iscritti in molti».

«Pensi seriamente che non parteciperò al torneo? A un torneo in mio onore?»

«Ma Sire, abbiamo già dichiarato così ufficialmente! Non possiamo rimangiarci tutto, inoltre se voi partecipaste…»

«Se io partecipassi cosa? Quei codardi si ritirerebbero? Governo un Regno di codardi, Yylfordt? È questo che mi stai dicendo?»

«Sire, voi non avete perso un duello in tutta la vostra vita, anche il guerriero più valoroso…»

«Un guerriero valoroso in quanto tale non scappa davanti alla morte! Combatte fino alla fine, anche se non ci sono speranze!»

«Voi avete ragione, ma…»

«Ah! Lasciami in pace. Questo discorso mi sta facendo venire il voltastomaco. Sparisci dalla mia vista».

Grimmjow osservò il suo consigliere, uno dei tanti, lasciare la stanza.

Possibile che nessuno lo capisse? Lui amava combattere. Era tutta la sua vita. Ma era troppo forte, la sua maledizione era questa. Non aveva mai trovato un avversario degno. Quindi ormai chiunque si rifiutava di combattere con lui.

Aveva anche provato a far istruire al combattimento alcuni schiavi, ma niente. Non avevano la minima voglia di combattere, e lottare contro qualcuno che non ha spirito combattivo o non combattere affatto era sostanzialmente la stessa cosa.

Non era passato molto da quando Yylfordt aveva lasciato la stanza che un altro suo consigliere, Shawlong, entrò ansimante.

«Cosa ti succede Shawlong?» chiese Grimmjow in tono pungente «Non capita spesso di vederti così sconvolto».

«Sono i ribelli di quel piccolo villaggio a Sud. Hanno iniziato un’offensiva contro il nostro avamposto».

«E quindi?»

Nessuno poteva niente contro il suo esercito. Erano pur sempre guerrieri scelti da lui in persona.

«Non esiste ancora la persona che possa mettere in difficoltà i nostri soldati e lo sai. Sono solo un gruppo di contadini bifolchi che si rifiutano di pagare i loro tributi. Ordina che non abbiano pietà,    questa volta devono capire che non ho la pazienza né la voglia di far perdere ai miei uomini energie contro di loro. Stiamo combattendo una guerra sui confini orientali, Shawlong, preoccupati di quella».

«Sire, non mi sarei mai permesso di disturbarla per una semplice rivolta. Il problema è che stiamo avendo ingenti perdite. Sembra che questa volta i ribelli di Karakura si siano organizzati».

Per la prima volta l’espressione annoiata sparì dal volto del Re.

«Questo cosa vorrebbe dire?»

«Purtroppo i rapporti che abbiamo ricevuto non sono molto dettagliati. Sembra vi sia un gruppo ristretto di persone attorno alle quali gli abitanti del villaggio si sono riuniti. Sono loro che hanno organizzato l’offensiva».

«Si fottano queste stronzate» sbottò Grimmjow «Un esercito, anche il più piccolo, ha bisogno di un capo. Non mi importa se dovete cercare in tutti i buchi di questo maledetto Regno. Portatemi quel bastardo ancora vivo».

Shawlong si inchinò davanti al Re, facendo capire che aveva recepito l’ordine e lasciò la sala.

Grimmjow si accasciò sul suo trono.

Voleva lottare, fare a pezzi qualcuno, ma non aveva nessuno da sfidare.

Sbadigliando uscì dalla sala del Trono e, ignorando le guardie che si inchinavano al suo passaggio, si diresse nella sua camera da letto.

La sua vita era fottutamente noiosa.
 

Due settimane dopo
 
Faceva caldo, troppo.

A Grimmjow non piaceva il caldo e ancora di meno gli piaceva stare all’aperto durante le giornate afose. Ma era nato d’estate e il torneo in suo onore ovviamente non poteva non svolgersi nel giorno del suo compleanno. Almeno aveva la fortuna di poter stare riparato all’ombra del palco reale.

Guardò annoiato tutto il torneo, che altro non era che un branco di rammolliti che lottavano uno contro l’altro, finché uno di questi non fu dichiarato vincitore. A quel punto, senza attendere oltre si alzò e fece per rientrare al fresco del suo palazzo, quando venne fermato da Shawlong.

Questi fece un lieve inchino e aspettò che il Re, che stava scendendo le scale del palco reale, gli concedesse il permesso di parlare, cosa che fece con  un distratto gesto della mano.

«Sire, i nostri uomini hanno catturato dei ribelli del villaggio di Karakura».

«Non vedo come la cosa possa interessarmi. Avevo chiaramente detto non mi interessava di nessuno se non del loro capo, tutti gli altri ammazzateli e basta» disse Grimmjow guardando annoiato il suo consigliere.

«Questa volta è diverso. Abbiamo un’informazione piuttosto attendibile che conferma che i due uomini catturati sono piuttosto vicini a quello che riteniamo essere il loro capo. Per questo io stesso ho dato l’ordine di non ucciderli e di portarli qui» Shawlong fissò per qualche istante il re, poi si affrettò a concludere la frase «So bene che questo va contro i vostri di ordini, e me ne prendo la piena responsabilità, ma ho pensato che, prima di tutto, avreste preferito parlare con costoro di persona e poi ad ogni modo sono delle ottime esche. Molto probabilmente verranno a cercare di liberarli, o per lo meno a cercare di trattare per la loro vita, se sono persone così importanti».

Grimmjow fissò severamente Shawlong per qualche istante, poi fece un profondo sospiro e infine parlò.

«Sono custoditi nella prigione? Portami da loro».

La prigione del Regno era un edificio non molto distante dal castello del re, ma era completamente autonomo, fortificato e circondato da un ampio fossato, come la più tradizionale delle fortezze. Doveva essere inaccessibile, ma soprattutto, una volta entrati non c’era modo di uscire, questo perché coloro che ospitava erano i più grandi criminali del Regno.

Le guardie furono sorprese di vedere entrare il Re in persona, accompagnato solo da uno dei suoi consiglieri, ma ad ogni modo mascherarono bene il loro stupore, profondendosi in plateali inchini.

Grimmjow si limitò a seguire Shawlong nel piano inferiore della prigione, scavato sotto terra, dove non c’erano finestre e le guardie erano ben più numerose che nel resto delle altre zone della fortezza. Era un ambiente claustrofobico e l’unica luce proveniva dalle torce accese sulle pareti.

Finalmente Shawlong si fermò alla fine di un tortuoso corridoio, sfilò una torcia da uno dei sostegni della parete e illuminò due celle, una posta di fronte all’altra.

«Sono qui» disse a Grimmjow.

Questi si avvicinò lentamente a Shawlong e guardò all’interno delle due celle, voltandosi prima verso quella a sinistra e poi verso quella a destra.

Nella prima a restituirgli lo sguardo era un ragazzo che doveva avere all’incirca la sua stessa età, aveva una grande messa di capelli rossi, lungi e lisci, sparsi sul volto, che in parte gli coprivano gli occhi. Nonostante questo però, era ben consapevole che l’uomo stava sostenendo senza problemi il suo sguardo indagatore.

A destra invece c’era un ragazzo ancora più giovane, i lisci capelli neri gli incorniciavano il viso perfettamente ovale, sul naso dritto erano posti un paio di occhiali. Questo ragazzo però non ricambiava il suo sguardo, ma scrutava il buio davanti a sé. L’espressione corrucciata del suo volto però faceva capire che non stava semplicemente fissando il vuoto, ma probabilmente era immerso in una qualche profonda riflessione.

«Beh, sapete chi avete di fronte?» chiese infine Shawlong, evidentemente contrariato dal fratto che nessuno dei due prigionieri aveva fatto alcun cenno di onore verso quello che era il loro sovrano.

«Ha una corona in testa, certo che sappiamo chi è» rispose il ragazzo nella cella sulla sinistra, quello con i capelli rossi.

«Allora saluta il tuo Re, come si deve!» tuonò Shawlong.

«Oh, ti prego. Risparmiaci la pantomima, Shawlong» interloquì Grimmjow, che da sempre aveva trovato i modi del suo consigliere troppo pomposi, e di certo in una situazione del genere servivano a poco «Puoi lasciarci soli? Aspettami all’inizio del corridoio davanti le scale, ok?»

Shawlong lanciò un’occhiata preoccupata al Re, ma non poteva non obbedire a quello che era, sebbene posto in maniera abbastanza diplomatica, un ordine. Quindi passò a Grimmjow la torcia e si avviò lungo il corridoio, lasciandolo solo, davanti le due celle.

«Allora, tu con la testa rossa, visto che sai chi sono io, perché non mi dici chi diavolo sei tu? Come ti chiami?»

Il ragazzo per tutta risposta si girò a guardare davanti a sé, esattamente come stava facendo il moro nell’altra cella.

«Oh, andiamo, il gioco del silenzio non vi porterà a niente. Potrò non sapere i vostri nomi, ma so chi siete e soprattutto a chi siete vicino ed è proprio questo il motivo per cui avete ancora la testa attaccata al collo. Quindi, se volete continuare a vivere, parlate».

Nessuna risposta. Grimmjow sbuffò esasperato, non che si aspettasse niente di diverso, da quelli che dovevano essere tra i più importanti esponenti della fazione dei ribelli di Karakura, e i più vicini al loro capo.

«Bene» disse infine incrociando le braccia sul petto «Sarò il più chiaro possibile allora. La vostra vita ha valore solo ed esclusivamente se aprite le vostra fottuta bocca. Se non lo fate tanto meglio, la feccia come voi la faccio ammazzare con piacere. Quindi che parliate o no, io vi terrò qui in vita per una settimana, diciamo. Anche se non dite niente, sarete comunque delle utili esche e magari i vostri amici verranno per cercare di salvarvi, così poi ammazzerò anche loro insieme a voi. A meno che anche loro, come me, non pensino che la vita di gente come voi non valga un cazzo, magari non si scomoderanno nemmeno a venire».

Grimmjow notò con piacere che non appena finì di pronunciare quelle parole entrambi voltarono di scatto la testa verso di lui, probabilmente spinti da un’irrefrenabile voglia di rispondergli per le rime, ma alla fine comunque riuscirono a calmarsi e nessuno dei due disse niente.

Dopo una bassa risata il re continuò a parlare.

«Dopo questa settimana, se nessuno dei vostri amici abboccherà all’amo e se voi ancora vi ostinerete a far finta di non avere la voce, vi farò tagliare le teste e mi assicurerò che il vostro capo le abbia in una bella confezione regalo. In questo modo mi aiuterete a fargli capire un semplice concetto: io sono il Re. Nessuno, mai, deve osare pensare di avere anche solo la più piccola possibilità di vittoria contro di me».

Detto questo Grimmjow se ne andò, raggiungendo Shawlong che lo aspettava dove gli era stato detto.

«Non torturateli, ma se tra una settimana ancora non parlano tagliategli le teste e rispeditele a quel villaggio di merda dal quale vengono» disse Grimmjow al suo consigliere, prima di superarlo e di avviarsi da solo verso l’uscita della prigione per poi tornare al suo castello.

 
Quando Grimmjow riuscì a raggiungere la sua stanza da letto era ormai notte fonda, quindi decise di mettersi a letto e di scrollarsi di dosso quanto prima la stanchezza accumulata durante il giorno.

Si tolse la corona dalla testa e guardò il suo riflesso nello specchio. Odiava come quel pezzo di ferro gli appiattiva i capelli, che altrimenti sarebbero stati nient’altro che una confusa e indomabile massa azzurra. Colui che gli restituiva lo sguardo poi non era altro che un ragazzo stanco e annoiato. Le occhiaie sotto i suoi, altrimenti vivaci, occhi blu la dicevano già abbastanza lunga.

Grimmjow si buttò, a torso nudo sul suo enorme letto, e rimase diverso tempo a fissare il soffitto della stanza, immerso nel buio più totale, in attesa che il sonno arrivasse.
Si stava proprio per addormentare quando probabilmente nient’altro se non l’istinto, gli fece spalancare gli occhi, giusto in tempo per percepire il movimento di qualcosa che gli stava venendo addosso. Schivò all’ultimo secondo, quella che realizzò essere una spada. Rotolò con una capriola sul pavimento, in direzione della sua di spada, che lasciava sempre nelle vicinanze e la afferrò appena in tempo per bloccare un secondo fendente. Erano colpi ben assestati, che emanavano intento di uccidere, non solo di ferire. Ma se la potenza c’era, mancavano di velocità.

Nonostante il buio riuscì a parare tutti i colpi sferrati dal misterioso assalitore, che però più attaccava, più si faceva insidioso. Grimmjow nel giro di pochi istanti si ritrovò coinvolto in un combattimento che, per la prima volta dopo anni e anni, si stava veramente godendo con tutto se stesso. Certo, ancora non erano alla pari, ma l’assalitore migliorava sempre di più nel giro di pochi istanti, probabilmente era quel tipo di combattente che tanto più l’avversario è forte tanto più combatte seriamente.

Un sorriso ferino apparve sul volto del Re, ma proprio in quell’istante le porte della stanza si spalancarono.

«Sire!!!»

Le guardie di istanza fuori dalla sua camera avevano evidentemente sentito il rumore delle spade che si incrociavano ed erano accorsi immediatamente, non sapendo minimamente cosa avevano appena interrotto.

La stanza venne subito illuminata e Grimmjow fu finalmente in grado di vedere il suo assalitore.

Le guardie gli tenevano la testa bassa, quindi non poteva vedergli il volto. Ciò che aveva davanti era una massa di irti capelli arancioni, incredibilmente arancioni, ma dopotutto lui, con i suoi capelli azzurri, era l’ultimo che poteva giudicare.

Il ragazzo era qualche centimetro più basso di lui, di corporatura snella, ma allo stesso tempo muscoloso. I vestiti logori facevano capire che era stato in viaggio tutto il giorno, e forse anche di più. Ansimava furiosamente, Grimmjow sapeva che se l’avessero lasciato andare gli si sarebbe scagliato contro nuovamente, anzi forse con ancora più vigore, nonostante la spada gli fosse stata tolta dalle mani. Quel ragazzo voleva ucciderlo e l’avrebbe fatto anche a mani nude.

«Chi sei?» chiese infine Grimmjow, nonostante sapesse già la risposta a quella domanda, ma doveva esserne certo.

Ma anche questo ragazzo non sembrava aver voglia di parlare.

«Allora?» incalzò Grimmjow scrutando il giovane.

«Il tuo sovrano ti ha fatto una domanda!» tuonò una delle guardie che teneva il ragazzo, tirandogli i capelli e forzandolo ad alzare la testa.

Finalmente Grimmjow vide il viso del suo aggressore e si ritrovò a pensare irrazionalmente, che era uno dei più bei volti che avesse mai visto.

Il viso era allungato, il naso era lungo e dritto, con la punta appena all’insù, le labbra, sebbene serrate in una smorfia di dolore e di disprezzo erano rosse e piene, sulle guance aveva delle lentiggini appena accennate. Ma quello che più lo colpì furono gli occhi, di un marrone caldo e intenso. Il ragazzo sosteneva lo sguardo del re senza problemi, anzi, Grimmjow poteva leggere nella sua espressione un esplicito sentimento di sfida, ancora chiaramente presente. Quel ragazzino aveva spirito combattivo da vendere. Si chiese, per un istante, come doveva essere lo sguardo di quel ragazzo, senza quel’espressione glaciale che gli stava rivolgendo. Quegli occhi, senza tutto quel rancore, dovevano essere in grado di trapassarti l’anima.

Non appena si scrollò da questo pensiero assurdo un altro, se possibile ancora più incredibile, gli passò per la testa. Anzi, era più che altro una sensazione. Quel viso gli era familiare.

Grimmjow si chinò appena, il suo volto alla stessa altezza di quella del suo assalitore.

«Ehi ragazzino» disse in un tono di voce più basso e meno autoritario rispetto a quello che aveva usato precedentemente «io e te non ci siamo già visti da qualche parte?»

Per tutta risposta, il ragazzo gli sputò dritto in faccia.

Una delle guardie che lo avevano immobilizzato allora, senza esitare, lo colpì dritto allo stomaco, facendolo accasciare su se stesso, anche se nessun verso di dolore uscì dalla bocca del giovane.

«Sire, lo facciamo giustiziare immediatamente?» chiese un’altra guardia.

«No» rispose Grimmjow pulendosi la faccia con il dorso della mano, mentre sogghignava tra sé e sé «rinchiudetelo nelle segrete del castello. Non nella prigione, mi raccomando. Lo voglio sotto il mio stesso tetto. E sorvegliatelo a vista, giorno e notte, ventiquattrore su ventiquattro. Intesi?»

Le guardie si scambiarono uno sguardo perplesso, evidentemente si aspettavano un ordine di condanna a morte, ma annuirono comunque senza esitazioni.

«Ah, e non alzate un dito su di lui, mi raccomando» il ghigno ferale ricomparve sul suo volto.

«È la mia preda».

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Capitolo 2
*** Prey ***


Titolo: When will loneliness be over?
Fandom: Bleach
Personaggi: Grimmjow Jaegerjaquez, Ichigo Kurosaki
Pairing(s): GrimmIchi
Parte: 2
Rating: PG15
Genere: Angst, Sentimentale.
Avvertimenti: AU, Shounen-ai.
Riassunto: «Facciamo così allora, Ichigo Kurosaki, sfidiamoci. Io e te, e basta. La tua spada contro la mia, come l’altra sera».
Note: Aggiornamento lampo! Non ho avuto tempo di rileggere il capitolo, quindi potrebbero esserci errori qua e là, sorry! Se ne vedete fatemi sapere. Nonostante il poco tempo comunque non volevo lasciare la fic senza aggiornamenti, quindi eccovi il capitolo.

Prey

Circondato da scartoffie da leggere e firmare, Grimmjow fu sollevato quando gli dissero che il capo delle guardie della prigione chiedeva di essere ricevuto. Per due motivi principalmente, il primo era che così poteva prendersi un attimo di pausa da tutta quella burocrazia, la cosa che odiava di più al mondo. Inoltre, se Di Roy si faceva finalmente vedere voleva dire che aveva le informazioni che gli aveva chiesto.

Era da ormai quattro giorni che aveva rinchiuso i due ribelli nella prigione, ma nessuno dei due aveva aperto bocca durante gli interrogatori. Per questo aveva deciso di lasciarli in due celle vicine e di farli spiare a distanza, in modo di poter apprendere qualcosa da quello che si dicevano quando credevano di essere soli. Certo, non era il migliore dei piani, ma Grimmjow, nonostante il suo carattere aggressivo, non amava abusare del suo potere, e se c’era qualcosa a cui non voleva ricorrere era la tortura, nonostante gli fosse già stato suggerito da quasi tutti i suoi consiglieri.

Aveva ordinato a Di Roy, il capo delle guardie della prigione, di tornare da lui solo una volta avesse appreso informazioni utili. Se si faceva vedere voleva dire che finalmente avevano qualcosa.

«Buongiorno Sire» cantilenò Di Roy entrando nella stanza, accennando un inchino.

«Buongiorno» rispose Grimmjow spostando una pila di fogli che aveva davanti, per guardare meglio il nuovo arrivato «Allora? Se sei qui immagino tu abbia delle novità».

«In effetti è così» ghignò Di Roy da sotto il suo largo elmo, che gli stava un po’ troppo grande e gli copriva quasi gli occhi, lasciando intravedere appena i capelli biondi che gli ricadevano sulla fronte «ma devo ammettere che quei due sono furbi, anche quando vengono lasciati da soli stanno bene attenti a non dire niente di rilevante».

«Tch, lo immaginavo» commentò Grimmjow contrariato buttandosi all’indietro sulla sedia e incrociando i piedi sopra tavolo davanti a lui, urtando diversi fogli e facendoli cadere, cosa a cui non badò minimamente.

«Comunque, almeno una cosa l’abbiamo scoperta, ovvero il modo in cui si chiamano tra di loro. Ovviamente non possiamo sapere se sono soprannomi o i loro veri nomi…»

«Bene, sentiamo questi nomi».

«Quello del moro è Ishida, l’altro è Renji».

«Perfetto, proprio quello che mi serviva» ridacchiò Grimmjow tra sé e sé, poi si rivolse nuovamente a Di Roy «Ottimo lavoro, ora torna pure alla prigione e continuate a sorvegliarli, qualsiasi altra cosa riuscite a scoprire potrebbe essere utile».

Di Roy fece un inchino e lasciò la stanza.

Dopo qualche minuto anche Grimmjow lasciò la stanza, ignorando le guardie che gli chiedevano dove andasse così all’improvviso.

Il luogo dove si stava dirigendo era sempre quello, lo stesso che aveva visitato assiduamente per tutti quei tre giorni, ovvero le segrete del castello, dove aveva fatto rinchiudere il suo assalitore.

Il ragazzo dai capelli arancioni e gli occhi color nocciola non aveva mai aperto bocca. In realtà a stento lo guardava. Grimmjow a volte gli parlava, altre volte si limitava a fissarlo in silenzio, ma la reazione del prigioniero non cambiava mai. Sinceramente il fatto che venisse ignorato così lo irritava, sembrava quasi che quel ragazzino si credesse più importante di lui, che era il Re. Beh, questo coincideva con l’idea che si era fatto della sua identità. Infatti, sebbene non ne avesse ancora le prove, era sicuro che quello altri non fosse che quella grande spina nel fianco che era il capo dei ribelli di Karakura, colui che credeva di poter ribellarsi, con una manciata di nullità, a lui. Col cazzo. Nessuno ci sarebbe riuscito e ora che era riuscito a catturare lui e i suoi due amichetti, glielo avrebbe fatto capire, con le buone o con le cattive.

Certo, non era ancora sicuro che quella fosse veramente la sua identità, visto che non aveva detto neanche una parola da tre giorni, ma contava di scoprirlo al più presto. Inoltre aveva due o tre indizi che confermavano i suoi sospetti. Il primo era che l’aspetto del ragazzo – oggettivamente piuttosto singolare, visti quei capelli – combaciava con alcune descrizioni, che indicavano il capo dei ribelli come un ragazzo che sembrava non avere più di 20 anni, i capelli corti e di un arancione che ricordava il sole al tramonto, il fisico snello e agile. Il secondo indizio Grimmjow l’aveva appurato sulla sua stessa pelle. Quel moccioso sapeva veramente combattere, non era uno sprovveduto, non si era lanciato contro il Re con la forza della disperazione o stronzate del genere. Ogni colpo che aveva sferrato era attentamente calcolato e con lo scopo preciso di uccidere. Certo, era anche vero che era stato attaccato mentre era a letto, in un duello vero e proprio forse quel ragazzo non lo avrebbe messo così in difficoltà, ma oggettivamente, Grimmjow nemmeno se la ricordava l’ultima volta che aveva incrociato la spada con qualcuno così abile. E infine c’era la terza cosa che l’aveva convinto dell’identità del suo assalitore, la cosa più importante, il suo istinto.

Ma c’era un’altra cosa che lo turbava, l’aspetto di quel ragazzo. Non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di averlo già visto da qualche altra parte, sapeva bene che era un problema secondario rispetto a tutto il resto, ma era decisamente qualcosa che voleva approfondire e, a prescindere da quanto tempo ci sarebbe voluto, avrebbe avuto una risposta anche a questo. Dopotutto, anche se non sembrava, quando voleva era una persona paziente. Capiva benissimo che al momento avevano altre priorità rispetto a questo che poteva apparire solo un suo capriccio, quindi per ora aveva confinato la questione in secondo piano.

La prima cosa da scoprire era se quello che avevano tra le mani era veramente il capo del più importante gruppo di ribelli del Regno, anche perché, sì, c’erano state altre rivolte nel Paese, ma erano state sedate senza sforzo dal suo efficientissimo esercito. Karakura era tutta un’altra cosa invece, era una vera e propria rottura, e quella rivolta era andata avanti per troppo tempo. Doveva porre fine a tutto ciò.

Seguendo questo filo di pensieri, Grimmjow era sceso nelle segrete del suo castello e ora era davanti la piccola cella dove era rinchiuso il suo assalitore. Mandò via la guardia incaricata di sorvegliare il prigioniero a vista giorno e notte, per evitare che tentasse la fuga, ma soprattutto per scongiurare ogni suo eventuale tentativo di togliersi la vita, come molti altri prigionieri tentavano di fare, preferendo la morte all’onta del tradimento dei propri compagni.

Il ragazzo, come sempre, non dava segno di aver visto né sentito il re arrivare, guardava avanti a sé con aria annoiata.

«Yo» disse Grimmjow, senza ricevere però nessuna reazione.

Grimmjow trasse un profondo sospiro, sedendosi a terra, davanti alla cella, un’abitudine che aveva adottato nelle sue visite alla cella del suo prigioniero. Lanciò poi un’occhiata all’interno della cella, notando che ai piedi del ragazzo c’era un piatto con una cosa che sembrava vomito, probabilmente era ciò che gli veniva servito come pasto.

«Quella merda è quello che ti danno da mangiare?»

Nessuna risposta, come sempre, non che si aspettasse di riceverne una, comunque.

«Devi mangiare. Già sei magro, non voglio che muori di fame. Darò ordine di farti portare qualcosa di decente d’ora in poi, ma tu vedi di ingoiare quello che ti porteranno d’ora in poi, chiaro?»

In quell’istante notò un topo avvicinarsi con circospezione al piatto contenente il cibo, l’animale iniziò lentamente a mangiare quella roba che nessun umano sano di mente al contrario avrebbe mai anche solo annusato. Con una smorfia disgustata Grimmjow distolse lo sguardo dalla scena e si mise a fissare il ragazzo. Le fiamme delle torce appese alla pareti gli illuminavano il viso, facendo risaltare i lineamenti morbidi del suo profilo.

Dopo aver sbuffato rassegnato, il re si alzò, dirigendosi verso la cella appoggiando le mani alle sbarre di ferro e fissando il prigioniero.

«Beh, comunque non sono qui per discutere del menù» fece una piccola pausa per vedere se aveva una qualche reazione, ma come sempre il ragazzo non diede segno di avere minimamente sentito, quindi continuò «Visto che sei venuto fin qui, immagino saprai che abbiamo i tuoi amici. Però invece che andare da loro sei venuto da me, questo mi fa credere che tu non sappia dove sono, né tantomeno che tu sappia se sono vivi o morti. Credi che li abbiamo già fatti fuori?»

Altra breve pausa, ancora nessuna reazione.

«Al contrario di quello che credi i tuoi amici sono vivi e sono tenuti nella prigione che dista pochi metri da qui».

Per la prima volta il ragazzo si girò, gli occhi marroni finalmente si posarono su Grimmjow, che a stento trattenne un sorriso compiaciuto.

«Una domanda» disse Grimmjow alzando l’indice «rispondi a una sola domanda e io darò l’ordine di liberare Ishida e Renji immediatamente».

Vedendo gli occhi del ragazzo spalancarsi, capì di aver fatto centro, quindi lo incalzò, guardandolo negli occhi.

«Sei tu il capo dei ribelli di Karakura?»

Il prigioniero continuò a fissarlo, gli occhi ancora spalancati per la sorpresa, anche se dopo pochi istanti si riprese e aggrottò le sopracciglia, guardando il re con profondo risentimento.

Alla fine però, con un movimento quasi impercettibile del capo, annuì.

Grimmjow sorrise,  aveva ricevuto la conferma di quello che voleva sapere. Si girò per andarsene, ma venne bloccato da una voce che si alzò alle sue spalle.

«Voglio vederli» la voce era bassa e più roca del normale, probabilmente per il fatto che erano giorni che il ragazzo non parlava.

Il re si girò, un ghigno stampato in faccia.

«Sei consapevole di non essere in una posizione che ti permette di dettare condizioni, vero?»

Il prigioniero si alzò in piedi, gli occhi fissi in quelli azzurri di Grimmjow, il quale capì che faceva sul serio.

«Qual è il tuo nome?» chiese infine il re.

Il ragazzo si morse nervosamente il labbro inferiore prima di rispondere.

«Ichigo Kurosaki».

Grimmjow sogghignò soddisfatto.

«Facciamo così allora, Ichigo Kurosaki, sfidiamoci. Io e te, e basta. La tua spada contro la mia, come l’altra sera. Se riuscirai anche solo a farmi un graffio te li farò vedere».
Vedendo il ragazzo corrucciare la fronte, come se ci stesse pensando su, Grimmjow scoppiò a ridere.

«Ohi Ichigo, chiariamo le cose! La mia non era una domanda. Ci sfideremo domani mattina, subito dopo il levar del sole».

Grimmjow lasciò le segrete sentendo per la prima volta, dopo anni, un brivido di eccitazione percorrergli la schiena.

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