Dama di Cortesia.

di michi_993
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Diario di Corte ***
Capitolo 2: *** Messer Federico ***
Capitolo 3: *** Voi siete? ***
Capitolo 4: *** Tradimento ***
Capitolo 5: *** Sospiri ***
Capitolo 6: *** Bugie ***
Capitolo 7: *** La rosa e l'assassino ***
Capitolo 8: *** Semplicemente...Da Vinci ***
Capitolo 9: *** Miele e fiele ***
Capitolo 10: *** Promesse di fuoco e gelo ***
Capitolo 11: *** Venezia ***
Capitolo 12: *** L'arsenale Veneziano ***
Capitolo 13: *** Ciò che sono... ***
Capitolo 14: *** Ciò che rimane... ***
Capitolo 15: *** Fuoco e perdono ***
Capitolo 16: *** Ladri e bugie ***
Capitolo 17: *** La croce ***
Capitolo 18: *** La città eterna ***
Capitolo 19: *** Masque sia! ***
Capitolo 20: *** Salvami ***
Capitolo 21: *** Falena ***
Capitolo 22: *** Prelato e Fiorini ***



Capitolo 1
*** Diario di Corte ***


Diario di Corte.  
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Vivevo appena a nord del duomo di Firenze, scappata dalla mia vita di prigionia in una casa che mi andava stretta, degli abiti che non consideravo miei e con delle idee che turbavano la mia famiglia. L’unico modo per potermi esprimere era alla Rosa Colta, un importante bordello nel pieno centro della mia città, culla del rinascimento e colma di artisti. Firenze. 
Non provengo da una famiglia povera e non sono rimasta sola. La vita di corte non fa per me, ingiustizie, complotti , tradimenti non fanno parte del mio essere.  Il mio lavoro è concludere affari, sono simile ad un banchiere quanto ad una prostituta. Mi faccio desiderare e finalmente ho trovato una sana famiglia che rispetta ciò che voglio essere.
Una dama…di cortesia. Purtroppo per noi donne non sono aperte molte porte nel campo lavorativo, non possiamo far altro che assistere il marito se sposate, essere sue schiave, o diventare le schiave della chiesa.
Molti cardinali fanno visita al bordello e forse è anche per questo che detesto la chiesa. Uomini che giurano castità a Dio e la tradiscono nel buio della notte credendo Dio cieco ed ignaro di tutto.
Folli.
Mi chiamo Fiora Cavazza e ho deciso di servire me stessa.
 

Come ogni giorno mi alzai dal mio candido letto, coperte color porpora e un delicato odore d’incenso rendono il risveglio piacevole, quasi regale. Mi avvicinai alla finestra, scostai le pesanti tende rosse e la aprii, i deboli raggi del sole all’alba illuminarono la buia stanza.  Solo un abito velato copre il mio corpo abbronzato dal sole della vita di strada, ecco come schiavizzare gli uomini. Su una sedia in un angolo della stanza, erano poggiati i miei abiti, corti pantaloncini marroni, una camicia a ¾ bianca, un paio di scaldamuscoli che coprivano coscia e polpacci  dello stesso tessuto dei pantaloncini, una leggera giacca senza maniche  che terminava fino ai piedi con una lunga coda a rondine e diversi strati di tessuto.   Completavano il mio abbigliamento un paio di guanti in cuoio, una piccola sacca per i pochi denari e bassi stivali. Spesso molte cortigiane venivano aggredite o percosse dai clienti pur di non pagare i servizi, nonostante non fosse permesso alle donne di portare armi con se, inventai un arma che potesse passare inosservata anche di fronte ad una guardia, ovvero un ventaglio di cui alle estremità erano posizionate lame taglienti, ideali per tagliare gole appena si apriva il ventaglio. Veloce ed efficace. Perfetta. Mi pettinai i lunghi capelli castani amavo agghindarmi con un piccolo fiore celeste solo per risaltare il mio viso naturale e i miei occhi verdi, ebbene si ero un po’ vanitosa concedetemelo.
Scesi le scale che portavano all’atrio principale del bordello, un’ampia stanza ricolma di fiori e divani sempre occupati da vogliosi clienti che sperperavano denaro in piacere. Le tende color porpora coprivano le finestre sempre chiuse, numerosi incensi sparsi qua e la coprivano l’odore di chiuso della stanza. Il bordello non dormiva mai, non erano concesse pause e spesso si creava una sorta di rivalità, una gara per chi concludeva più o migliori affari.
Mi soffermai sulla scala di legno ad osservare l’orgoglio maschile, dei pochi clienti, sparire assorbito da questo posto.
- Fiora! –
Uno schiaffo sul sedere. Mi girai e dietro di me c’era la bella Giovanna. Una ragazza bionda dai capelli raccolti in due morbidi chignon. Ci conoscevamo tutte e cercavamo di proteggerci l’un l’altra sulla strada come una confraternita.
- Madonna Giovanna! Allora per oggi “chiudi”? –
- Direi che ho fatto faville questa notte mia cara Fiora!!- mi mostrò la sacca piena di denari sonanti ma una mano lesta gliela sfilò.
Paola.
Proprietaria del bordello, una donna che sapeva regalare piacere alla sola vista, non solo agli uomini che la vedevano passeggiare per l’edificio ma anche alle donne. Affascinante ed estremamente elegante nel suo vestito porpora e oro, quasi una regina. La regina della casa.
- Una parte di questi denari è destinata al bordello mia cara Madonna Giovanna, ricordatelo bene! - disse sorridendo.
Prese cinque denari dalla sacca e la ripose nelle mani di Madonna Giovanna che li accettò sbuffando. D’altronde tutto questo nostro lusso doveva essere pagato, fiori, tende, divani era nostro compito.  Paola mi sorrise e continuò a scendere le scale fino all’atrio salutando i clienti chinando il capo.
Un giorno sarò anch’io a capo di una famiglia da proteggere, la mia mi ha rinnegato. Non sono mai andata d’accordo né con mia madre né con mio padre. Figlia unica, promessa in sposa ad uno sconosciuto famoso soltanto per aver picchiato più donne al suo fianco, ma con una banca potente.
Ero la figlia dei loro interessi.
Ora invece li gestisco. E sono io a trarre profitto da quegli uomini ingenui che si fanno incantare da una coscia nuda.  










MAD NOTE: Nuova Ff v.v questa volta sul grande Ezio Auditore, questo è solo un piccolo inizio, presto il seguito :)
io e il mio cervello stiamo lavorando per voi! :D

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Capitolo 2
*** Messer Federico ***


 Messer Federico.
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Poggiata pensierosa sulla ringhiera delle scale che scricchiolavano ad ogni mio minimo movimento, osservavo come un piccione attento e divertito tutte le scene che si prestavano ai miei occhi come un uomo ubriaco sdraiato sul divano in compagnia di una di noi che rideva in continuazione per le buffe facce che l’uomo faceva quando gli mostrava il seno.  Improvvisamente si aprì la porta sbattendo violentemente contro il muro.
- Maffeo! Maffeo! Ti ritrovo ubriaco e per donne! In un Bordello! Torna a casa, disgraziato! –
Una donna si presentò alla porta rossa in viso, prese il marito per le orecchie, che borbottò qualcosa d’incomprensibile lasciando il bordello su quattro zampe. Mi scappò una risata che nascosi con la mano, ma la mia collega non fu così discreta e rise a crepapelle davanti alla moglie che imprecò e, a passo spedito, lasciò il bordello.
Ci fu una risata generale.
La porta non fece in tempo a richiudersi che sulla soglia si presentò un ragazzo ben vestito che riconobbi subito.
Messer Federico. Federico Auditore.
Buona famiglia, buona banca, e un bel visino.
- Ogni giorno che passa qui dentro diventa più un ospedale per matti che un bordello! – concluse la frase con una grossa risata e successivamente baciò la mano di Paola che, nel frattempo, si era avvicinata per accoglierlo.
- Madonna Paola! Sempre incantevole! –
- Bentornato Messere!- chinò il capo.
Appena sollevò gli occhi dalla mano di Paola, irruppi nella scena.
- Messer Auditore, non mi salutate? – urlai dalla scala.
Si girò verso di me. – Madonna Fiora, come potreste passare inosservata ! -
Si avvicinò ai piedi della scala offrendomi la  mano. Lasciai l’appostamento e scesi lentamente le scale con lo sguardo fisso a terra, tenendo la coda dell’abito con una mano e l’altra poggiata sulla ringhiera in legno.
Staccai la mano dalla ringhiera e lasciai che Messer Auditore la stringesse, baciandola delicatamente.
- Vogliate perdonarmi Madonna! –
Chinai un poco il capo senza perdere di vista il tenero faccino dell’Auditore.
- Forza muoviamoci, ho voglia di fare una passeggiata! –
Strappai la mano da quella di Messer Federico con un colpo deciso e mi diressi verso la porta socchiusa.
Federico fissò lo sguardo su Paola che sorrise mentre era alla scrivania a sbrigarsela con dei documenti. Solito mio atteggiamento irrequieto e a volte sgarbato, direi, ma comunque apprezzato.
Uscimmo in strada, la vita aveva preso il suo corso e i mercanti con le bancarelle scaldavano le voci per catturare quanti più clienti possibili e battere il vicino. Maschere in porcellana, tappeti, stoffe e abiti, ma anche medici, sarti e fabbri, ma soprattutto i protagonisti della città, i mercanti d’arte.
Ci accostammo l’uno vicino all’altra e con passo lento cominciammo a passeggiare per le vie di Firenze.
- Come avete passato la nottata Madonna? –
- Come al solito Messere, tra lenzuola candide e senza l’ombra di un uomo nei paraggi voi? –
- Oh! madonna se solo sapeste! –
Un sorriso malizioso, che conoscevo bene, gli si stampò in viso.
- Denari sprecati in donne e vino! Come vi conosco bene Messer Auditore! –
La conversazione degenerò in una risata collettiva.
Non ero mai andata a letto con Messer Federico, era un rapporto di fiducia reciproca e rovinarlo per pochi denari era assurdo.
- Vi ricordate Messere, quando ci siamo conosciuti? –
- Come potrei dimenticare Madonna, eravate incantevole! –
Gli lanciai un’occhiataccia tanto feroce da farlo indietreggiare.
- ehm! Voglio dire anche ora siete incantevole Madonna, non me ne vogliate ! – alzò le mani davanti a se in segno di resa. Scoppiai a ridere e con sguardo soddisfatto chinai il capo per ringraziarlo ma lui tardò alcuni secondi a sorridere, forse avevo esagerato, chissà.
La gente per strada sapeva fossi una cortigiana e mi fissava con occhi disprezzanti, ma questo mi dava la forza non mi abbatteva. Messer Federico è un uomo di buona famiglia e un ragazzo famoso per i suoi peccati e per questo non veniva giudicato malamente.
Le altre ragazze per strada erano costrette a vestirsi con abiti diversi da tutte le Madonne nobili, dovevano farsi riconoscere, io avevo rifiutato quegli abiti, non siamo bestie, io ho il mio abito, la mia arma e in questo modo a volte riuscivo a passare inosservata come ci aveva insegnato Paola.  Diventare un tutt’uno con la folla per sfuggire alle guardie quando rubavo qualche fiorino dalle tasche dei nobili per arrotondare.  
- Messer Federico, osserviamo la città da un altro punto di vista? –
- So che avete in mente Madonna, seguitemi –
Avevo un’abilità in più che le altre non conoscevano, sapevo perfettamente arrampicarmi sui tetti e spesso utilizzavo questo metodo per scappare alle guardie. Abilità frutto di anni di fughe dalla stanza del palazzo al secondo piano, cadute, graffi, ferite e botte che sono servite a farmi da guida.
C’incamminammo per una via buia e in un attimo Messer Federico trovò un appiglio per issarsi sul tetto. Feci lo stesso, un piede sulla fessura e uno sul davanzale per poi issarmi sui tetti. Cominciammo a correre ed a saltare di tetto in tetto facendo cadere qualche tegola. Ridevamo in continuazione, mi sentivo libera e a volte mentre saltavo, chiudevo gli occhi, sentivo il vento spostato dalle ali dei piccioni che si libravano nel cielo di Firenze.
Messer Federico si fermò, avevamo entrambi il fiatone ma ridevamo soddisfatti.
Scendemmo dai tetti e ci ritrovammo in una via poco distante dal bordello.
- Devo tornare alla Rosa Colta Messere, è sempre un piacere stare in vostra compagnia! –
Mi prese la mano e la baciò. Feci un piccolo inchino e voltai le spalle.
Strinsi nelle mani la sacca dei denari del giovane. Lui, alle mie spalle, disperatamente la cercava.
- Messere! – dissi girandomi – Dimenticate questa! – gli lanciai la sacca.
- Come avete… -  disse toccandosi il fianco con una mano e con l’altra stringendo la sacca fissandola.
- Ho preso qualche fiorino, sapete per la compagnia Messere! – sorrisi mostrandogli i fiorini.
Sorrise divertito chinandosi.
Feci un piccolo inchino mostrando il mio sguardo compiaciuto. Mi diressi verso il bordello.
- A vostro interesse Messere, la sacca ve l’ho rubata mentre passeggiavamo questa mattina, siate più attento la prossima volta! – rivolsi lo sguardo verso l’Auditore che sorrise e nel frattempo si girò scuotendo il capo.
- Lo terrò a mente Madonna ! –
Alzò la mano al cielo ancora incredulo.
Mi voltai e soddisfatta mi recai alla Rosa Colta.
 








MAD NOTE: Nuovo capitolo !! Spero vi piaccia perchè a me ha divertito molto scriverlo e finalmente rendere un pò partecipe anche Federico Auditore :3
Al prossimo capitolo ! :D

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Capitolo 3
*** Voi siete? ***


 Voi Siete?.
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Nel bordello tutto procedeva come al solito, richiusi la porta alle mie spalle, Madonna Giovanna corse verso di me.
- Fiora! Un tale chiede di voi, ha abiti stranieri e vi attende nella vostra stanza! –
- Grazie Giovanna! –
Salii la scala incuriosita e anche spaventata, lo ammetto. Uno straniero? Appena arrivai di fronte alla porta della mia stanza, misi una mano sul ventaglio, pronta a farlo scattare in caso fossi stata aggredita. Aprii lentamente la porta, una figura coperta da un cappuccio e vestito con una lunga tunica fissava la città dai vetri della finestra.
Non dissi una parola.
- Ho sentito diverse storie su di voi Madonna Fiora –
Strinsi la mano sull’arma. La figura si girò verso di me, intravidi il viso dell’uomo ma non i suoi occhi. Un uomo robusto con abiti spagnoli, barba incolta e guanti scuri.
Richiusi la porta dietro di me restando in silenzio.
- Vi offro un accordo, so che siete una donna forte e ve la sapete cavare con le armi, compresa la vostra bellezza !–
- Che tipo di accordo? – interruppi il mio silenzio.
- Venite a Roma con me Madonna, vi renderò proprietaria di un bordello degno di voi. Sto sbrigando faccende molto importanti qui a Firenze e tra poco avrò terminato il mio lavoro, vi offro protezione e sarete ben pagata! –
A queste parole l’uomo si avvicinò e cominciò ad accarezzarmi il volto. Strinsi l’impugnatura dell’arma pronta a farla scattare.
- Siete così bella, così letale! –
Mi afferrò per il collo e con l’altra mano riuscì a strappare con forza la presa che avevo sull’arma.  Ero spaventata ma decisa a non farlo trasparire. Mi spinse contro il muro della stanza.
- Accettate Madonna? Vi lascerò del tempo per riflettere. –
Lasciò la presa e caddi in ginocchio, tossendo.
- Confido non ne parliate con nessuno! – chinò il capo, aprì la porta e sparì.
Rimasi per un po’ a terra toccandomi la gola, confusa e arrabbiata per non essere riuscita a reagire. Mi alzai e mi diressi verso il letto tuffandomi  sopra di esso. Mi abbandonai al sonno.
L’indomani, mentre il sole non era ancora sorto, un gran vociferare mi fece tornare alla vita reale. C’era un gran movimento alla Rosa Colta, mi accorsi di aver dormito con gli abiti quotidiani ma questo poco importava. Scesi veloce le scale soffermandomi agli ultimi scalini. Annetta, la sorella di Paola, era in lacrime tra le braccia delle ragazze. Dietro Annetta si presentò una ragazza giovane dai nobili abiti e un’anziana donna anch’essa di nobili costumi visibilmente scossa che stringeva a se una scatola di legno.
Paola corse in aiuto di Annetta, la donna, che lavorava presso casa Auditore, disse che avevano catturato Giovanni, Federico e Pietruccio Auditore e che le guardie stavano cercando Ezio, fratello minore di Federico.
Erano stati accusati di tradimento contro la repubblica, e contro la città.
Paola fece accomodare le due donne ai piani superiori, le cortigiane erano alleate degli assassini da tempo, e Giovanni Auditore aveva salvato Paola anni orsono, ora era il nostro turno aiutarlo. Preferivo non immischiarmi in situazioni pericolose, ma questa volta c’era di mezzo anche Federico  Auditore ed essendo una persona a me vicina volli rischiare.
Dedicammo il resto della notte alle cure delle due donne trattandole da regine e cercando di rassicurarle.
Poco dopo il sorgere del sole si udì un gran baccano provenire dalle strade, oggi venivano processati i membri della famiglia Auditore in piazza della Signoria. Corsi giù per le scale e uscii dal bordello di corsa, schivando ogni cittadino. Arrivai esausta nella piazza, si era già radunata una gran folla, era stato costruito un patibolo in legno al centro.  Cercai di avvicinarmi il più possibile. Donne, uomini, bambini incitavano il boia a compiere il suo dovere. Sul patibolo salirono i tre Auditore, con loro il gonfaloniere della città e un uomo dalla lunga tunica. Lo spagnolo. Era questo il suo importante compito?     







MAD NOTE: Nuovo piccolo capitolo !! Entra in scena Lo spagnolo v.v
Al prossimo capitolo ! :D

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Capitolo 4
*** Tradimento ***


 Tradimento.
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Gli Auditore furono posti in fila con la corda intorno al collo, pronti per essere giustiziati. In gonfaloniere calmò la folla che aveva cominciato ad urlare più forte all’entrata dei condannati.
- Giovanni Auditore, voi e i vostri complici siete stati accusati di tradimento, avete delle prove da presentare a vostra discolpa?! –
- Si! I documenti che vi sono stati consegnati la notte scorsa! – urlò Giovanni.
- Ehm! Temo di non sapere nulla di tali documenti! – concluse il gonfaloniere.
- Sta mentendo!!-  urlò un ragazzo incappucciato accanto a me. Il ragazzo cominciò a spingere per riuscire ad arrivare vicino al patibolo, invano.
- Hey! Sta attento! – urlai.
- In assenza di qualunque prova contraria alle accuse, mi vedo costretto a dichiararvi colpevole. Voi e i vostri collaboratori verrete per tanto condannati a morte! -
A queste parole sbiancai. Appena riuscii a essere più vicina, intravidi il viso del piccolo Pietruccio in lacrime, e Federico assente pronto ad accettare il suo destino.
Appena ripreso colore in viso, cominciai a spintonare gli spettatori del massacro.
-Sei tu il traditore Uberto! Sei uno di loro! Oggi potrai anche toglierci la vita ma avremo la tua in cambio! Lo giuro noi ti…- Giovanni non riuscì a concludere la frase che cadde nel buoi della morte.
Federico rivolse lo sguardo verso di me, pochi secondi prima di sprofondare nel buio.
- No…- sussurrai fermandomi in prossimità del patibolo. Una lacrima mi tagliò la guancia. Portai le mani alla bocca trattenendo il pianto.
- Padre! – urlò ancora il ragazzo incappucciato. Ezio Auditore.
Il mio sguardo si rivolse verso di lui.
- Laggiù! Pretendete il ragazzo. È uno di loro!- urlò il gonfaloniere.
Il ragazzo fu fermato da due guardie. – Ti ucciderò per ciò che hai fatto! – giurò il ragazzo.
-Guardie Arrestatelo! -
Il ragazzo riuscì a liberarsi e sguainò la spada, ma le guardie erano numerose e molto più equipaggiate di lui.
Corsi verso il ragazzo, quando fui abbastanza vicino a lui per riuscire a parlargli, mi nascosi vicino al patibolo.
- Auditore! Scappa svelto! –
Il ragazzo mi guardò, con uno sguardo assente e spaventato, come il mio.
Vidi l’ombra del ragazzo sparire sui tetti, mi allontanai dal patibolo, i corpi ancora appesi, la piazza gremita di gente … Addio Federico.
Arrivata alla Rosa Colta non feci altro che salire le scale celando gli occhi ricolmi di lacrime e i singhiozzi.
 
 









MAD NOTE: Breve capitolo! :D tra poco lo aggiorno !

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Capitolo 5
*** Sospiri ***


 Sospiri.
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Mi risvegliai la sera, gli occhi pesanti come pietre, le gambe stanche e l’umore sotto gli stivali.
La stanza era buia e fredda, mi misi seduta ai piedi del letto contemplando il nulla. Avevo sognato il corpo di Federico appeso nella piazza e quel sogno non sarebbe stato occasionale, lo sapevo.
Scesi le scale, intravidi un uomo alto dal cappuccio bianco nel salone. Auditore.
Era sopravvissuto e questo mi rincuorò. Una strana sensazione mi riempì di gioia, era vivo e questo significava che lo spirito del fratello risiedeva in lui. Federico poteva continuare a vivere.
Paola lo accolse come un figlio, per settimane risiedette alla Rosa Colta, non seppi rivolgergli la parola, non c’erano argomenti sensati da dire a chi ha perso tutte le certezze della vita. Una sera lo incontrai sul balcone dell’edificio, seduto su una panca a piedi scalzi in camicia e pantaloni, parve rilassato mentre fissava le stelle sopra di lui appoggiato al muro.
Non mi aspettavo di vederlo li, ero in camicia da notte e sulle spalle portavo una coperta leggera per coprirmi dall’aria fresca delle prime sere primaverili.
- Non presentatevi cosi d’innanzi a me madonna, non potrei rispondere di me – incalzò lui.
- Cosa vi fa pensare che io sarei d’accordo? – lo freddai.
- Il fatto che sono irresistibile! – disse in tono sicuro ridendo.
Lo guardai stranita.
- Voi…voi siete insopportabile messere! –
- Mio fratello parlava spesso di voi madonna Fiora – disse cupo.
- Non avete il diritto di…-  il pianto mi blocco la parola. Portai la mano sul volto nascondendo le mie emozioni. Ezio si alzò e si avvicinò a me con passo veloce, mi prese il volto tra le mani e in un attimo le sue labbra toccavano le mie, le sue mani scivolarono sui fianchi e mi tirò a se. Il suo bacio divenne passione che impose alle mie mani di aggrapparmi a lui facendo scivolare la coperta a terra. gli occhi chiusi, il suo profumo ed infine l’odio. Cercai di divincolarmi in tutti i modi ma le sue braccia erano forti e mi stringevano, i suoi denti mordevano le mie labbra, cacciai un urlo e cominciai ad insultarlo. Riuscii a mordergli il labbro e stranamente lasciò la presa.
- Siete pazzo! Maniaco! – dissi poco convinta.
Portò le mani al volto, il suo labbro era sporco di sangue. 
- Siete un maniaco!  Un rude messere! Ve la farò pagare per questo! Lo giuro! – mentre lo ricoprivo d’insulti, mi avvicinavo a lui arrivai fino a sfiorare le sue labbra mentre gli insulti si facevano più fievoli e gentili.
- Io vi odio…- sussurrai.
- Non credo proprio mia cara…-
L’ennesimo bacio, questa volta da parte mia lo ammetto. Mi prese tra le sue braccia e riuscì a portarmi nella mia stanza, varcando la soglia realizzai la pazzia di quel momento. Cercai di avvicinarmi al tavolo dove era poggiato il ventaglio. In un attimo feci scattare le lame e riuscii a puntagli l’arma alla gola. Riuscii a prenderlo di sorpresa e indietreggiò con le mani alzate al petto. Lo fissavo dritto negli occhi respirando rumorosamente con la bocca socchiusa, Ezio senza minimo riguardo alla situazione tese la mano verso il mio viso e mi ripulì dal suo sangue.  
Bastò il mio sguardo.
- Vi auguro una buonanotte madonna…- sussurrò avvicinandosi alla mia bocca, spinsi la lama contro la gola del giovane, sentii il suo respiro affannarsi per poi sparire. Lui era sparito. Restai inerme con l’arma puntata nel vuoto.









MAD NOTE: Cambiamenti! :D

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Capitolo 6
*** Bugie ***


 Bugie.
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Maledetto bastardo. 
Riuscivo solo a pensare al suo tenero e soddisfatto sguardo, ai suoi lunghi morbidi capelli raccolti da un nastro rosso che potevo stringergli attorno a quel suo possente e brutto collo. Ma chi si crede di essere? Può avere tutta la topa che vuole ma non la mia.  O almeno non per ora. Dovevo ammetterlo a me stessa il ragazzo aveva del potenziale per finire nel mio letto. Soprattutto dopo l’incontro ravvicinato con il suo basso ventre mentre eravamo avvinghiati. Fiora smettila! Non fa per te. Non è il tipo di uomo che dimentichi non appena lascia il tuo letto. È pericoloso e non lascia subito i tuoi pensieri come gli altri clienti. E forse il danno era già fatto. Era già nei miei pensieri da una notte. Lo sognai più e più volte.  Ed anche in sogno era altrettanto insopportabilmente bello. Lo odiavo era certo.
Scesi svogliatamente dal letto e mi preparai per una lunga giornata di lavoro. 
Un paio di clienti attendevano il mio arrivo al piano terra, probabilmente attendevano dalla notte prima ma io decisi di non presentarmi per un ovvio e fastidioso motivo. 
-  Fiora! Finalmente tesoro! Ecco miei signori, Madonna Fiora vale l’attesa  ed oggi è più raggiante del solito! – aggiunse Paola.
Sui loro visi si stampò un sorriso da idioti che mise in evidenza i loro denti gialli e luridi. In tutta la mia vita da cortigiana i denti non erano mai stati un grave problema, il problema stava in quello che avevano  centimetri sotto di essi, il loro “cervello”.
 Non passammo molto tempo nelle mie stanze, l’avevo detto che i denti erano l’ultimo dei miei problemi, uno di essi lasciò la stanza con lo stesso sorriso appagato con cui era entrato sfoggiando un espressione  soddisfatta. Ma il lavoro più difficile non l’aveva fatto di certo lui. Fingere era stancante ma ci avevo fatto l’abitudine.  
Era passato meno di un mese dalla morte di Federico ma il fratello non demordeva e continuava a restare alla Rosa Colta compiacendosi di ogni moina che gli veniva rivolta dalle ragazze. Dopo la “discussione” sulla terrazza non mi aveva più rivolto la parola, non che mi interessasse, ma l’avevo notato.  Entrava tutto spavaldo dalla porta del bordello baciando ogni ragazza si presentasse davanti a lui, e credetemi c’era la fila. Dalle scale lo osservavo come un attento avvoltoio,  aspettando il momento giusto per attaccare, il problema sorgeva sul perché. Attaccarlo perché lo odiavo oppure attaccarmi alle sue labbra. Mi mancava, in fondo, il gusto del suo bacio. 
Dopo l’ennesima “entrata trionfale nel bordello” decisi che l’avvoltoio che è in me doveva attaccarlo.  Scesi veloce le scale quasi scivolai sulla lunga coda del mio abito e con passi lunghi riuscii ad arrivare alla fila di lumache che sbavavano per l’Auditore.  Le spinsi via una dopo l’altra, sembravano non finire mai, ma alla fine riuscii ad arrivare all’ambito premio, in meno di un battito di ciglia tesi una mano dietro il suo collo e lo tirai alla mia bocca in un unico fluido gesto. Non sapevo nemmeno se mi avesse riconosciuta ma dal modo in cui mi baciava capii che sapeva benissimo chi fossi. Mi alzò da terra e istintivamente avvinghiai le gambe al suo ventre e le braccia al collo. Il buffo cappuccio bianco che indossava ricadde sulle spalle, ebbi cosi il modo di scorgere nuovamente i suoi lunghi capelli castani. Ci trascinammo avvinghiati l’un l’altra fino alla mia stanza, ma stavolta non opposi resistenza, mentre mi adagiava sul letto mi accorsi che l’elsa della spada si era incastrata in un merletto dei miei pantaloni, Ezio fermò il bacio per risolvere l’inconveniente ma io non lo perdonai affatto. Gli tirai un sonoro ceffone in pieno viso, il ragazzo arrapato di un secondo prima svanì per lasciare posto ad una triste espressione da cane bastonato. 
-  Siete impazzita! Ma che diavolo state facendo?! –
Il mio corpo lo desiderava, desiderava che continuasse a baciarmi ma la mia mente m’ imponeva di non dargliela vinta, non ancora una volta, non dopo aver sprecato una notte a pensarlo.  E con quello schiaffo, vinse la mia mente.
Lo spinsi via da me con tutta la forza che avevo facendolo ruzzolare al suolo ma un attimo dopo mi aveva bloccato i polsi sul materasso in una presa cosi stretta da farmi male. 
Non sputammo una parola, non un insulto, non un lamento e nemmeno una parola dolce. Portai i piedi sul suo petto, l’agilità non mi mancava e soprattutto con il lavoro che facevo ero abbastanza allenata, e riuscii a spingerlo via. Ci ritrovandoci in una posizione irreale e alquanto scomoda. La sua presa no accennava  a sciogliersi così gli presi la sua testa tra le gambe e con uno scatto riuscii a spingerlo sul fianco . Fu costretto a lasciare la presa, mi alzai il più veloce che potevo per correre fuori dalla stanza ma mi sentii afferrare un piede e caddi a terra di faccia. 
Sembravamo due stupidi poppanti che litigavano per una caramella, che situazione imbarazzante. 
Cercavo disperatamente di liberarmi dall’ennesima presa del ragazzo calciando sulla mano di quest’ ultimo.
- Lasciami stare bastardo! Paola aiuto!!!...Paol….-
La mano che pochi secondi prima mi teneva il piede ora era poggiata sulla mia bocca. Che schifo.  
Solo dopo mi accorsi di avere una lama puntata alla gola. 
-Zitta, promettimi che se ti lascio andare non urlerai-
Feci un cenno col capo. 
Mentendo.  
- Aiuto Paol….-
Stavolta le mie parole furono bloccate dalle labbra di Ezio che cercava di infilare la lingua nella mia bocca. Le parole si sciolsero in gola e accettai l’ennesimo bacio rubato. Ezio lasciò la presa mentre avevo ancora gli occhi socchiusi sperando in un nuovo bacio. Non sentivo più il calore del suo corpo sopra il mio solo un leggero fruscio allontanarsi veloce dalla stanza. Aprii gli occhi solo per vedere un ombra sparire dietro l’angolo. 
- Ma davvero?! Sei uno stronzo Ezio Auditore! Ti odio stupido bastardo! – riuscii ad urlare. 
Era la conferma, ero inciampata nell’errore più pericoloso. Il danno era fatto.
Ero sua. 




MAD NOTE: E con un ritardo di più di un anno decido di ricominciare a pubblicare capitoli >< Chiedo venia. Ho lavorato su altri progetti e questo capitolo è pronto da un po'. Ho voluto approfondire il rapporto tra Ezio e Fiora sempre con un velo d'ironia. :) A breve spero di pubblicare una storia a tema Game of Thrones di cui vado tanto fiera e ci sto lavorando a rilento per renderla più perfetta possibile :D

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Capitolo 7
*** La rosa e l'assassino ***


La rosa e l'assassino.  
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Lasciai la Rosa Colta di mattina presto, per le vie di Firenze c’erano solo fornai che trasportavano cesti di pane fresco e servette che rovesciavano dalle finestre i “nobili liquami” dai vasi da notte, se non si stava attenti si poteva ricevere una doccia indesiderata. Superai diverse pozzanghere create dalla pioggia della notte scorsa,  per tutti fu una benedizione era da tempo che non pioveva e le campagne intorno alla città ne avevano bisogno. Avevo la lettera stretta in pugno mentre mi avviamo al Duomo. Scrittura piccola e ordinata, d’altronde era un nobile e l’istruzione non gli mancava.
…vieni da sola, ho bisogno di parlarti…
Vuole parlarmi di come diavolo si è comportato l’ultima volta che l’ho visto? Che si fotta da solo, ha perso l’occasione della vita. Avevo il fiatone quando raggiunsi il duomo ma non lo diedi a vedere, non correvo mica per l’impazienza di vederlo.
Ero appoggiata all’angolo di una casa di fronte alla piazza attirando l’attenzione di giovani garzoni dei fornai che correvano dietro al loro maestro con ceste colme di pane. Risposi a molti sorrisi e ammiccai due o tre volte, potenziali clienti, potenziale guadagno.
Incrociai le braccia e attesi il ragazzo.
Improvvisamente una mano mi sfiorò il fianco e mi tirò nel vicolo buio accanto.
Non riuscii ne a imprecare poiché avevo una mano sulla bocca, ne ad estrarre il ventaglio, avevo le mani bloccate.
Il peso del suo corpo mi schiacciò contro il muro nel momento stesso in cui la mano fu sostituita dalle sue labbra, un bacio guidato dal desiderio, come tutti quelli che avevo ricevuto nella mia vita, un bacio che piano si spostò sul collo e che accettai senza fiatare ritrovandomi ad osservare il dipinto sul muro della Madonna che ci osservava, probabilmente anche disgustata. Chiedo scusa Maria Vergine, ma ti sei persa delle gran belle cose credimi!
Il bacio si era spostato sul seno e poi di nuovo alle mie labbra. La mano che mi teneva le mani ferme ormai era avvinghiata al mio sedere e continuava a tirarmi verso il corpo del ragazzo desideroso. L’avevo in pugno o era lui ad avere me?
Ma che diavolo sto facendo?! Improvvisamente mi resi conto che non ero li per lavorare e tanto meno per lavorare con lui, dovevo trovare il modo per arrivare al ventaglio ora che avevo le mani libere dalla presa. Ribaltai la situazione spingendolo verso il muro, Ezio emise un sospiro di stupore e continuò a baciarmi con trasporto. Feci scorrere la mano fino alla vita del ragazzo e poi sempre più giù come mi avevano insegnato…
Riuscii ad afferrare un coltello dalla cinta del ragazzo che riuscii ad intercettare il movimento della mia mano, mi prese i polsi e mi spinse nuovamente con le spalle al muro con le braccia bloccate in alto.
- Siete una donna estremamente  lunatica, un momento prima vi concedete senza vergogna e un momento dopo pugnalate il vostro amante! –  rise.
- Punto uno non sono lunatica messere! E punto due non mi sono MAI concessa a voi! –
- Pure permalosa! –
- Quanto vi odio Auditore! È così che voi parlate? Che cos’è quella lettera che ho trovato nella mia stanza? Non dovrei nemmeno essere qui! –
- Eppure eccovi qui! –
- Volevate solo piacere fisico messere? Beh a quanto vedo lo avere avuto! – dissi guardando la sua virilità.
- Siete voi che tempo fa vi siete avvinghiata a me come una scimmia mentre entravo nel bordello, non avevo intenzione di “divertirmi” quel giorno –
- Bastardo! Ti sei praticamente scopato tutte le ragazze al bordello e… -
- Tranne te…- sussurrò. – Sei gelosa madonna? –
Mi limitai a fissarlo negli occhi, se solo potessero ucciderlo.
Si avvicinò a me nuovamente e spinse in suo corpo contro il mio, era ancora ben contento di avermi cosi vicino, sussurrandomi all’orecchio lasciò la presa dai miei polsi.
- Mi dispiace…non so controllarmi con voi –
Lo spinsi via pronta a lasciare il vicolo e il dipinto della Madonna che continuava a fissarmi inorridita, eppure non feci un passo, non corsi via, mi massaggiai i polsi mentre osservavo Ezio con lo sguardo basso e il cappuccio bianco che gli copriva gli occhi.
- Non sono l’unica a essere lunatica qui. – dissi.
- Quindi lo ammettete madonna? – rise.
Risi anche io ma non gli diedi una risposta.
- Di che cosa dovevate parlarmi? –
La lettera era accartocciata per terra in mezzo ad una pozzanghera, Ezio si chinò a raccoglierla per poi farla sparire in una delle sue tasche.
- Nessuno deve sapere , ho bisogno del vostro aiuto madonna, non ho nessun altro a cui chiedere. Dovete... –
- Merda! Guardie nel vicolo! – mi guardai in giro in cerca di una soluzione più logica per non far scoprire Ezio dato che era ancora ricercato e c’era persino una taglia sulla sua testa. La soluzione logica ero io ovviamente.
Tirai per la camicia Ezio regalandogli un bacio come il mio lavoro comanda, il ragazzo non si tirò indietro, il che non mi sorprese per nulla, alzai un ginocchio verso di lui in modo che potesse capire che cosa avevo in mente, apprese subito e mi passo la mano sotto la lunga coda dell’abito.
La scena era perfetta e pure i protagonisti. Una puttana e un incappucciato.  
Le guardie sghignazzarono passando accanto ai due amanti.
Sbirciai i soldati mentre mordevo il labbro a Ezio sentendo la cicatrice con le labbra.
- Andati! – dissi mentre lasciavo a bocca asciutta il ragazzo.
- Non fatelo mai più Fiora –  disse in un soffio. – Non riuscirei a controllarmi cosi ve lo giuro! -  rise.
- Dicevate Ezio – dissi cercando di deviare il discorso e lisciandomi il vestito.
- Dicevo dovete andare al laboratorio di Da Vinci, era amico della mia famiglia ma se mi avvicinassi io a lui potrei metterlo in serio pericolo. –
- Cos’è  vi serve un quadro di Leonardo Da Vinci? È un pittore. –
- Non è solo un pittore credetemi madonna -  rise.
- Cosa devo chiedere a messer Da Vinci? –
- Dovete dirgli di tradurre questa mappa -  tirò fuori da una delle numerose tasche una vecchia mappa tutta stropicciata. – pare sia scritta con un codice simbolico che io non conosco –
- Che cosa state cercando? A che vi serve una mappa? Volete giocare alla caccia al tesoro? Cercate vendetta maledizione hanno ucciso la vostra famiglia!! –
- Hanno ucciso mio fratello vorrai dire, tu vuoi che io lo vendichi lo so Fiora! –
C’era rabbia e frustrazione nelle sue parole, lo sentivo e sentivo anche il dolore quando dopo tanto tempo udii quel nome.
- Federico mi ha parlato di voi –
- Non nominatelo vi prego… -  ricacciai le lacrime.
- Madonna c’è più della vendetta in me, faccio parte di una confraternita, sono un Assassino come lo era mio padre e come forse lo era Federico, devo capire Fiora. –
Mi accarezzò la guancia con la mano guantata come si fa alle nobildonne con un gesto pericolosamente dolce.
- Una confraternita? – chiesi, scostando il viso dalla sua mano.
- E’ una lunga storia madonna, stiamo combattendo i Templari che cercano di dominare il genere umano togliendogli la libertà di scelta e noi Assassini cerchiamo di fermarli o almeno è quanto ho capito. –
Un improvviso ricordo mi obbligò a porre una domanda specifica al ragazzo, speravo di sbagliarmi ma non ero speranzosa.
- I Templari hanno come simbolo una croce greca rossa? –
- Si, perché? –
Fu sorpreso anche lui dalla domanda.
…confido non ne parliate con nessuno…
- E’ venuto un uomo nelle mie stanze , prima della morte di Federico, indossava una tunica con il simbolo della croce templare, mi ha offerto di andare a Roma con lui, mi ha offerto protezione e un bordello tutto mio, mi ha avvertito di non dirlo a nessuno e che voleva una mia risposta, ma non l’ho più rivisto –
- E qual è la vostra risposta madonna? –  Ezio divenne irritato e furioso.  -  Rinnegate Paola e tutto il suo aiuto per Roma e un bordello vostro? –
- Ma avete sentito ciò che vi ho appena detto? e voi pensate solo a ciò che ho risposto io? –
Mi afferrò per le spalle e mi spinse con forza verso il muro, stavolta non era passione era pura rabbia.
- Ezio mi state facendo male… - sospirai.
- Lo spagnolo è venuto per tirarvi nella sua trappola o nel suo letto, per avere un alleata tra i nemici, qual è la vostra risposta madonna? QUAL’E’ MALEDIZIONE?!! –  ora Ezio stava urlando.
- E’ NO MALEDIZIONE! E’ NO! Non ho tradito Paola e nemmeno Federico mettetevelo in quella vostra testa di cazzo!-
 Lasciò la presa mentre abbassava lo sguardo lasciando che la rabbia gli scivolasse dal volto. 
- Andrò da Messer Da Vinci. – affermai in fine.










MAD NOTE: Oggi mi son sentita ispirata! :D chiedo immensamente venia per lo stra ritardo >.<

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Capitolo 8
*** Semplicemente...Da Vinci ***


Semplicemente...Da Vinci  
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Dovevo aver camminato molto in fretta per arrivare in così poco tempo davanti al laboratorio di messer Da Vinci.
Ero avvelenata e frustrata, come potevo essere controllata da un essere tanto stupido e dannatamente bello? Maledetta me! E maledetto quel bastardo! E la sua cazzo di mappa dal linguaggio incomprensibile! Vaffanculo tutto! Le gambe aumentarono ancora di più il passo anch’esse in preda alla furia, calcia il terreno davanti all’entrata sollevando spruzzi d’acqua. Bussai forte alla porta fino a quando un omuncolo dai capelli e barba bionda aprii la pesante porta di legno.
- Ehm… desiderate madonna? –
- Messere ho un importante missione da compiere in vece di un confratello –  o almeno speravo fosse la parola che Ezio mi aveva detto di dire quando mi fossi trovata al cospetto di Da Vinci.
L’omuncolo sparì dietro la pesante porta di legno chiudendo con forza.
Spruzzai tutto il veleno che avevo in corpo. Era troppo.
- E’ cosi messere? Davvero? Mi sbattete la porta in faccia dopo tutta la strada e il disturbo di venirvi a dire cazzate alla porta, non è mica la mia volontà coglione! ANDATE AL DIAVOLO VOI E TUTTI I VOSTRI BACI RUBATI! – stavo urlando alla porta di uno sconosciuto, forse avevo anche sbagliato persona, troppo veleno.
Feci per andarmene quando l’omuncolo sbucò nuovamente sulla soglia evidentemente mortificato dai mille sguardi che avevo attirato. Mi mostrò un simbolo, una sorta di “A” decorata in ferro.
Era ciò che Ezio chiamava “il simbolo della confraternita”, quello che lui aveva come cintura in ferro.
Mi sorrise mostrandomi denti perfetti, annuii entrando nella bottega.
Richiuse la porta appena entrai, sbirciando al di là per controllare che nessuno mi stesse seguendo.
- Madonna, vi manda Ezio Auditore? È vivo quindi? –
Quanto odiavo quel nome pronunciato tutto insieme.
- Si, Ezio Auditore – sputai la risposta.
- Sapevo che sarebbe riuscito a scappare! – disse tutto contento.
- Sapessi quanto dispiace a me…- sussurrai a me stessa.
- Come dite? –
- No, nulla messere, sono compiaciuta che compiaccia a voi – sorrisi spudoratamente.
- Bene! Ditemi, perché vi manda da me dolce madonna? –
Dolce madonna?! Ma da dove diavolo esce da una storia cavalleresca? Non mi ha riconosciuto? Sono una prostituta non ho nulla di dolce.
- Auditore mi ha detto di consegnarvi questa – gli porsi la mappa.
L’omuncolo la esaminò attentamente vagando per la stanza con la mappa davanti agli occhi, emanando sospiri di stupore e esclamazione casuali. Aveva un modo di fare molto effemminato quasi più aggraziato di me, delicato e civettuolo.  
Cominciai a guardarmi attorno alla ricerca dei famosi quadri del pittore e anche ai numerosi gingilli che Ezio mi aveva detto costruisse ma nel medesimo istante in cui individuai un gingillo interessante un urlo di entusiasmo mi fece sobbalzare.
- TROVATO!  È un codice, ogni numero corrisponde ad una lettera ma l’alfabeto è al contrario –
- Prego? –
- Il numero uno, madonna, non corrisponde alla “a” ma alla “z” e così via! Geniale! –
Lo guardai con aria interrogativa. Come diavolo era riuscito a capirlo tra sospiri e urletti.
- Attendete un momento, madonna, devo solo fare spazio – e con quella frase spostò il braccio teso da un estremo all’altro del massiccio tavolo di legno rovesciando a terra tutto ciò si trovasse davanti. – Ecco perfetto! –
Mi accomodai su uno sgabello accanto al tavolo con i gomiti sul tavolo e la testa poggiata alle mani, in attesa come un piccione annoiato.
Non so quanto tempo restai in quella posizione fatto sta che mi ritrovai praticamente sdraiata sul tavolo con le braccia distese in avanti, la testa poggiata ad esse e il pittore saltellante che sventolava la mappa davanti ai miei occhi.
- Ma che diavolo state berciando messere? – riuscii a comporre mentre mi sistemavo i capelli arruffati e mi passavo una mano sulla bocca togliendo un rivolo di saliva.
- Madonna, è una mappa che porta in svariati posti d’Italia, ci sono importanti documenti da ritrovare e riportare all’interno della confraternita, voi ne saprete sicuramente qualcosa –
Mi ha scambiato per una di loro. Mi ha scambiato per un Assassina. Deve essere proprio fuori di testa questo tipo e poi si vociferava che scopasse gli uomini, non che a me importasse qualcosa, ognuno è libero di scopare e amare chiunque voglia.
Il mio stesso pensiero mi illuminò. Presi tra le braccia Leonardo urlando di gioia.
- SIII!!! MESSERE SIETE UN FOTTUTO GENIO! PORTERO’ A EZIO LA FANTASTICA NOTIZIA! – urlai mentre abbracciavo Da Vinci e lui ricambiava la mia gioia con sorrisi e risate.
Nell’euforia del momento non mi resi conto di che cosa stesse dicendo Da Vinci ma mi ritrovai sulla soglia della porta con un oggetto arrotolato in un panno in mano e la mappa dall’altra.
- GRAZIE MESSER DEGLI UCCELLI!!! GRAZIEEEE! – volai fuori dalla bottega saltellando come un’idiota.
Il mondo pareva illuminato da una luce completamente diversa da quando ero entrata nel laboratorio, forse era perché le nuvole avevano lasciato spazio ai raggi del sole.
Io posso scopare con chiunque!!!!!!!!! Lo so, lo so per una puttana dovrebbe essere una cosa che si impara dal primo giorno ma con Ezio tutto era diverso. Dovevo coinvolgere solo il piacere non l’amore. Fanculo il cuore, pensa come un uomo maledizione Fiora!
Era nuovamente la situazione più logica e palese. PENSARE COME UN UOMO! Pensa con l’uccello Fiora!
Trovai Ezio la dove l’avevo lasciato solo più annoiato di prima.
- Ma quanto diavolo ci avete messo? Sono diventato più vecchio nell’aspettarvi! –
- Tacete! E prendete gli oggetti del Messer degli uccelli – dissi riponendo gli oggetti che avevo in mano.
- Di messer cosa? – chiese divertito.
- Lasciate perdere capirete! – poi mi resi conto…  -  cioè… oddio… non capirete in prima persona… ma se anche dovreste per me non c’è problema…. Vi rispetto -  conclusi sorridendogli.
- Ehm… cosa dovrei fare in prima persona? – chiese sempre più confuso.
- Lasciate perdere messere! – risposi sbuffando e scuotendo la mano davanti al suo viso.






MAD NOTE: Breve capitolo di presentazione per Da Vinci ^.^

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Capitolo 9
*** Miele e fiele ***


Miele e fiele  
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Mentre tornavo alla Rosa Colta sgranocchiando un dolcetto al miele, la città sprofondava nel rossore del tramonto. Ezio ora sapeva dell’incontro con Da Vinci e ciò che significava la mappa. Il mio compito era concluso e potevo tornare alla vita di tutti i giorni con un velo di tristezza ma tornavo comunque a casa e tutta intera il che era un bel traguardo.
Al bordello Paola notò la mia assenza fin dal mattino, scivolò a piccoli passi delicati vicino a me mentre richiudevo la porta di legno dietro di me.
- Eccovi finalmente! – esordì con un velo di irritazione.
Succhiai dalle dita i residui di miele e gli sorrisi.
Mi prese per un polso trascinandomi al centro della sala principale.
- A pancia piena e bella sorridente, confido facciate un buon guadagno stasera madonna Fiora dato che avete vagato a zonzo tutto il giorno! –
- Direi non proprio a zonzo, ho guadagnato qualcosina – dissi sorridendo e tirando fuori 2 fiorini dalle tasche porgendoli a Paola.
Grazie Ezio anche se non ne eri a conoscenza ho apprezzato la tua offerta.
Presi per la cintura un cliente e lo trascinai, senza molta fatica, verso la scala che portava alle mie stanze pronta a fargli vivere la serata della sua vita.
Cacciavo i clienti non appena avessi finito di usarli, riponendo le monete nel cassetto del comodino.
Un bel bagno era d’obbligo dopo gli innumerevoli “guadagni” di quella notte. Era notte inoltrata, scaldai nelle cucine del bordello pentole di acqua bollente che trascinai nella vasca una dopo l’altra consapevole che quando mi sarei immersa il calore si sarebbe disperso da tempo.
Salivo le scale che portavano in camera con l’ultima padella colma d’acqua ma mentre chiudevo la porta alle mie spalle, intravidi un uomo seminudo uscire dalla camera di Elena, camicia bianca stropicciata, pantaloni slacciati e capelli lunghi. Richiusi senza pormi domande pronta a godermi il mio bagno tiepido.
Non sbagliai. L’acqua era quasi fredda ma andava bene comunque. Nell’immergermi i muscoli si sciolsero e l’essenza di rose aggiunta all’acqua invase la stanza. Chiusi gli occhi e appoggiai le braccia al di fuori della vasca.
Ero stremata dalla giornata, alle mie spalle sentii una brezza di aria fredda invadere la stanza, la porta si aprii per poi chiudersi  in un movimento fluido, controllato e estremamente silenzioso.
Tenendo gli occhi chiusi sentii un frusciò dietro di me poi delle labbra sfiorare i seni appena sopra il livello dell’acqua, delle mani avvinghiarsi al mio corpo sommerso. Il tessuto che copriva le braccia fluttuò nell’acqua sfiorando il bordo della vasca, allungai con desiderio la mano verso il proprietario di quelle mani incontrando morbidi capelli lunghi.
- Che cosa ci fate qui? – dissi sospirando tenendo sempre gli occhi chiusi.
- Sono venuto a riscuotere i miei 2 fiorini madonna – rispose staccando per un attimo le labbra dal mio corpo.
Solo dopo aprii gli occhi, la stanza era illuminata solo da un mozzo di candela e nella penombra il mio amante inginocchiato accanto alla vasca si tirava sulle gambe trascinando con se il mio corpo. Ero tra sue braccia, nuda come il giorno in cui ero venuta al mondo, l’aria fresca della stanza mi colpì come mille aghi ma presto avrei trovato il modo migliore per potermi riscaldare.
- Vi siete divertito con Elena? –
- Saprò rispondervi solo dopo aver assaggiato il fiore più pregiato-
- Con me perdete punti dicendo queste frasi smielate, non sono il tipo. Basta cazzate. –
La passione ci pervase entrambe, niente sarcasmo, niente amore solo pura passione, puro desiderio. Il letto divenne un campo di battaglia tra gemiti e continui spostamenti sotto le lenzuola. Il ragazzo che la mattina del giorno prima poggiava la sua virilità al mio corpo ora poteva dimostrare il suo potenziale e devo ammettere di essere rimasta piacevolmente soddisfatta. Per la prima volta dopo tanto tempo non dovetti fingere.
Non appena il sole fece capolinea all’orizzonte, realizzai di avere accanto un uomo, non mi era mai successo di addormentarmi con qualcuno. Steso a pancia in giù, Ezio respirava piano e regolare, le sue braccia forti che la notte prima avevano toccato ogni parte di me, ora abbracciavano il cuscino.  
Cazzo che meraviglia.
I capelli spettinati ancora legati al nastro rosso risaltavano sul cuscino bianco e l’incolta barba gli donava un aria più vecchia. Forse era davvero invecchiato nel vicolo come aveva detto lui stesso.
Mi misi a sedere osservando ogni suo minimo movimento fino a quando non si svegliò quasi di soprassalto, io non avevo fatto il benché minimo rumore ne spostamento.
Schizzò in piedi nudo come un verme mentre cercava i suoi abiti sparsi ovunque. Non mi degnò di uno sguardo.
Nemmeno una svista, decisi di intervenire.
- Mi lanciate i miei abiti messere? –
- Potete prenderveli da sola –
- Vi ho chiesto una cortesia – dissi stringendo tra le dita il lenzuolo per tenere coperte le mie grazie.
- Cos’è avete vergogna a farvi vedere nuda? Credetemi dopo stanotte potete girare attorno a me nuda senza nessun problema madonna Fiora, siete una puttana per l’amor di Dio!–
Sbottai ma non con le parole con i fatti.
Lanciai il lenzuolo ai piedi del letto restando nuda come un verme, mi alzai irritata notando i miei abiti proprio sotto i piedi Dell’Auditore che si stava rivestendo.
A passi lunghi arrivai ai miei abiti sotto il piedone del ragazzo gli diedi uno strattone liberando la stoffa e nemmeno mentre ero davanti a lui completamente nuda, mi degnò di uno sguardo.
Mi vestii capo dopo capo cercando di non rovinare i costosi merletti.
Ezio si diresse verso l’uscita aprendo la porta, ora anche le parole uscirono come un fiume in piena.
- Bastardo di un Assassino dei miei coglioni! Cos’è non sono stata all’altezza? FANCULO VOI E LA VOSTRA CONFRATERNITA DEL CAZZO! – dissi mentre indossavo uno stivale lasciando l’altro piede scalzo. Stavo urlando e per lui questo fu troppo.
Chiuse la porta con foga facendola sbattere e mi raggiunse afferrandomi alla gola buttandomi contro il muro della stanza. Portai le mani alla gola cercando di divincolarmi, ma come avevo constatato la notte prima la sua presa era forte. Sentii l’aria sparire dalla mia gola e venire sostituita dal gusto del fiele.
- NON TI AZZARDARE MAI PIU PUTTANA! SONO COSE CHE NON TI RIGUARDANO E TI CONVIENE STARE ZITTA A MENO CHE TU NON VOGLIA FARE UNA BRUTTA FINE! MI HAI CAPITO!?SEI SOLO UNA PUTTANA! –
Lo Spagnolo.
Fu questo, solo questo il mio pensiero, ero nella stessa situazione avevo solo cambiato aguzzino. Fantastico, li trovo tutti io i soggetti pericolosi di Firenze!
Stavo evidentemente perdendo i sensi, chiedevo aria, desideravo ossigeno più di ogni fiorino, più di ogni parola, più di ogni Assassino.
E se ne accorse anche lui lasciandomi cadere a terra mentre aprivo la bocca boccheggiando come un pesce.
Tossì talmente forte da provocarmi il vomito, ma dallo stomaco non usci altro che saliva e frustrazione.
Ero a carponi con una mano alla gola mentre i capelli mi coprivano gli occhi lucidi.
Sentii i passi allontanarsi seguiti da un fruscio. Era sparito velocemente. Di nuovo.
E solo dopo mi ricordai di Elena, ero come lei un passatempo, era esattamente come aveva detto lui, sono una puttana.
Andai zoppicando dove avevo lasciato l’altro stivale
Pensa con l’uccello Fiora! 
Il problema era che noi donne non abbiamo l’uccello e il nostro istinto è che quando una persona ci coinvolge, tutto diventa emozione e carezze, e la lancetta che prima era sul “piacere” ora è su “amore” senza nemmeno accorgercene. Solo quando lui è soddisfatto e lascia il nostro letto la lancetta si sposta e tutto l’entusiasmo viene sostituito da rabbia e frustrazione.
Si ero una puttana, ma sentirselo dire così non è ciò che mi aspettavo al risveglio.
Non è ciò che volevo sentirmi dire da lui. 




MAD NOTE: Spero di riuscire a mantenere questo ritmo nel pubblicare capitoli, sono nella direzione giusta. Stay tuned v.v

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Capitolo 10
*** Promesse di fuoco e gelo ***


Promesse di fuoco e gelo  
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Non rividi più Ezio. Per giorni, settimane…mesi. I sole si alternava alla luna, inesorabile scorreva il tempo, giornate tutte all’insegna della solita routine, senza Federico…e ora senza Ezio.
In città si vociferava addirittura fosse morto, altri dicevano arrestato lui, sua madre e sua sorella, dato che anche loro ,la mattina seguente alla visita notturna di Ezio nella stanza, erano sparite.  
Più gli uomini fanno gli stronzi, più noi sopportiamo, che smielata testa di cazzo direte, svegliati Fiora ti ha quasi soffocato dopo aver ottenuto ciò che voleva. 
Eppure una parte di me l’ha portata via con se lasciandomi a crogiolarmi nei pensieri. 
…sei solo una puttana…
Il che era vero, non discuto, eppure mi ero sempre sentita qualcosa in più, perché ora sto così? Ma che diavolo mi ha fatto? 
Mi toccai il ventre.
No, impossibile, non sono così stupida, so come si evitano certe situazioni e inoltre non ho particolari preferenze nel cibo. Ma che sto facendo?
Ero seduta sul letto da molto, la città dormiva mentre le sale del bordello ora dopo ora diventavano sempre più affollate mano a mano che la luna faceva capolinea nel cielo. Avevo detto a Paola che non mi sentivo bene, forse sarei stata tranquilla una notte, io in compagnia dei miei cazzo di pensieri una volta tanto. 
Subito Paola mi chiese se avevo qualche ritardo, la risposta da parte mia fu una risata e spallucce, ovviamente Paola mi fece visitare dalla nostra levatrice affermando ciò che già sapevo. Ero “una rosa in fiore senza nettare pronta a richiamare api” e questo significava lavorare. 
Eppure ora stanno urlando dietro la mia porta chiusa a chiave minacciandomi di cacciarmi via dal bordello o a passare la notte con la balia ad accudire i figli bastardi. 
MAI. Mai e poi mai finire con la baia significava tenere un mucchio di mocciosi urlanti nati dalle meno esperte del bordello. La verità era questa, quando questi ragazzi saranno cresciuti finiranno nelle cucine del bordello o a fare i garzoni se il futuro era roseo, se il destino voleva fare beffe di loro invece si sarebbero ritrovati al bordello tra le lenzuola della loro stessa madre. D’altronde come si faceva a sapere chi fosse dopo che la balia ritirava i nati?
Era una verità assai triste ma pur sempre verità.
Povera piccola stupida, ti ritrovi qui a pensare ad un uomo che ha lasciato il tuo letto mesi fa, forse anche io ho lasciato pensieri a lui, forse mi sta pensando? Il che era molto improbabile se fosse morto…o vivo…o in entrambe gli stramaledetti casi!
Finalmente la balia e Paola avevano rinunciato e nella stanza regnava finalmente in silenzio di cui avevo bisogno. Non cederò alla pubblica ovazione! Sono una donna forte maledizione!
Testarda e bastarda al punto giusto!
Mi lasciai cadere sul letto, un intensa fragranza di rose mi avvolse, i capelli appena lavati si sparsero sulla coperta porpora, cinsi le mani sul ventre chiudendo gli occhi…pace…maledetta pace…e poi la noia.
Come un macigno sullo stomaco.
Che noia!
Scattai in piedi e corsi a passi lunghi verso la porta, forse il lavoro non è poi così male meglio di tutto quello che ho passato in questa mezzora chiusa in stanza.
- Finalmente! – esordì Paola mentre aprivo la porta.
Era stata fuori dalla stanza pazientemente per tutto il tempo.
- Sapevo non saresti durata molto in una stanza da sola! – 
- Grazie madonna Paola, è sempre un piacere vedere che vi preoccupiate per me! – 
- Su..su forza -  disse spingendomi verso le scale in legno. – Andate a farvi desiderare dalle api mio prezioso fiore! –
Sorrisi prima di scendere le scale e presentarmi alle numerose api scappate dall’alveare.
Il sole fece capolinea proprio nel momento in ci cacciai a pedate il mio amante notturno, tenendo un lenzuolo per coprirmi, non appena lasciò la stanza abbandonai il lenzuolo per stendermi sulle coperte disordinate del mio letto.
Sentii la porta aprirsi.
- Per oggi ho chiuso messere tornate più tardi ho bisogn… - 
Una mano sulla mia bocca bloccò le parole. Cercai di divincolarmi ma la stretta era troppo dannatamente familiare.
Mi girò e finalmente sotto il cappuccio bianco riuscii a scorgere la faccia che mi aveva lasciato a terra inerme mesi prima. Mi voleva, il che era palesemente ovvio dato che si stava già slacciando i pantaloni. 
Mancavano pochi attimi prima che mi assaporasse per l’ennesima volta quando gli morsi la mano lasciando un evidente impronta dei miei denti. Cacciò un urlo e si cinse a coprire ciò che aveva lasciato uscire dai pantaloni. Arrancai sulle lenzuola afferrandone una e mi nascosi sotto il letto scappando dalla mano che cercava di tirarmi per una caviglia. Scalciai e infine riuscii ad andare sotto il letto. 
- Madonna Fiora uscite di li, ve lo giuro non v verrà fatto nulla, perdonatemi – 
- Messere…ANDATE AL DIAVOLO! –  
- Vi prego… -  disse tendendomi una mano.
- Allontanatevi e io uscirò da SOLA! -  sputai quella parola.
Si allontanò ma potevo vedere i suoi stivali allontanarsi di poco.
- Più lontano messere – 
Si spostò ancora di poco.
- Di più – 
- Dove diavolo volete che vada fuori dalla porta?! – 
- Sarebbe un idea – 
Strisciai fuori consapevole di essere nuda e di avere gli occhi di Ezio ad ispezionare ogni centimetro di me, fece per avvicinarsi desideroso di continuare ciò che avevo malamente interrotto.
- No, no, no fermo! – puntai il dito contro di lui coprendomi con l’altro braccio il seno, non distolsi lo sguardo mentre mi legavo il lenzuolo al corpo. 
I miei abiti erano sul tavolo accanto alla porta nel punto in cui era lui.
- Messere cambio di posizione, e in questa frase non c’è nulla di sessuale credetemi -  dissi bloccando sul nascere ogni sua fantasia. – Li ci sono i miei abiti! – 
Come in una danza ci scambiammo di posto tenendoci a debita distanza. 
- Non vi toccherò di nuovo… per oggi Fiora – 
Raccolsi gli abiti pronta ad infilarmeli il più presto possibile.
- Non metterete mai più il vostro uccello nel mio nido messere! – 
- Il cosa…? Nel… oh! Oddio – scoppiò a ridere.
La porta si aprì sbattendo, un uomo incappucciato fece capolino sulla soglia della porta.
- Un tuo amico messer Auditore? -  poi aggiunsi -  avete sparso la voce della mia bravura e ora tutti i vostri confratelli verranno a farmi visita? – 
Ezio non fiatò, divenne un fascio di nervi fino a quando l’uomo incappucciato non mi tirò a se e spinse sulla mia gola un coltello. 
Non emisi nessun lamento, forse non stavo nemmeno respirando.
- Chiudete la porta madonna Fiora – sussurrò.
Sa come mi chiamo. 
Obbedì calciando la porta, stranamente nel chiudersi non fece altro che un leggero rumore. 
- Messere chi siete? -  domandò Ezio.
La situazione era alquanto ironica, due incappucciati e una puttana, in verità di ironico c’era ben poco.
- Ricordate madonna? -  disse ignorando la domanda di Ezio. - …confido non ne parliate con nessuno… - 
Un rivolo di sudore scese sulla fronte, deglutì rumorosamente e poi sentii la lama del coltello penetrare sempre di più nella mia carne.
Una lacrima solitaria lasciò i miei occhi per tracciare un solco umido sulla mia guancia.
Stavo per lasciare questo mondo ne ero sicura. Sentivo il freddo della lama come il gelo che si diceva provassero le persone quando stavano per morire, mi congelò le ossa. 
Chiusi gli occhi cercando aria.
Ezio in qualche modo era riuscito a distogliere l’attenzione del carnefice lanciando qualcosa che con un tonfo sordo si conficcò nella porta. L’aguzzino mi spinse rudemente a terra nell’azione il lenzuolo si slacciò ma prontamente lo tirai a me per coprirmi. 
Alzai gli occhi sulla scena.
I due uomini stavano lottando sul letto, il coltello che un minuto prima minaccia va me ora cercava di uccidere Ezio. Non pensai nemmeno un secondo, mi lanciai addosso all’aggressore aggrappandomi alle sue spalle, mentre Ezio attivò uno strano meccanismo dall’avambraccio. Scattò una lama sottile che scintillò ai primi raggi solari che raggiunsero la stanza, affondando con un unico fluido gesto nella gola dell’uomo. 
Quando la ritrasse sgorgò un’immensa quantità di sangue che bagnò anche il lenzuolo che mi copriva, sangue caldo che lascia freddo il corpo.
Lasciai la presa e mi scostai inorridita dal corpo, tenendo le mani irrorate di sangue in avanti. Sangue caldo solava dalle mie dita e scendeva gocciolante sul pavimento. 
Guardai Ezio seduto sul letto mentre puliva la lama nelle lenzuola. 
- Requiescat in pace – sussurrò al corpo mentre gli chiudeva gli occhi. 
- L’avete maledetto? – 
- No, gli ho augurato la pace nell’aldilà –
Non capivo.
- L’avreste fatto anche a me se mi avesse ucciso? Vi fa stare meglio? – 
- Sapete madonna, ho imparato molte cose in questi mesi di mia assenza da Firenze – lanciò a terra un documento scritto in una lingua diversa, parevano tanti scarabocchi da destra a sinistra.
- I documenti di Da Vinci… -  
- Sono stato a Villa Auditore da mio zio, anche lui negli Assassini, sono pronto per compiere la missione che mio padre lasciò in sospeso, Federico è stato più sfortunato…io non fallirò. – 
Presi il foglio tra le mani impiastricciandolo di sangue che ormai si stava seccando tra le dita, lasciando due chiazze rosse sulla vecchia carta. 
- Che cosa dice? – 
-E’ Arabo, scritto da Altair, Maestro dell’ordine degli Assassini vissuto nel durante le crociate, contengono importanti informazioni su manufatti appartenuti agli Assassini, ho ricevuto informazioni credo che il prossimo manufatto sia a Venezia – 
-Perché ne state parlando con me Ezio? Mi volete salutare prima di lasciarmi di nuovo? – lasciai che le parole uscissero come un fiume in piena.
- No…- si avvicinò, prendendomi le spalle – senza di voi oggi probabilmente avrei fallito e … - 
- Cazzate! Potevate farcela da solo benissimo con quella lama e… - 
- Venite a Venezia con me Fiora! -  esordì.
- Cosa? – stentavo a credere a ciò che avevo udito.
- Ho bisogno di qualcuno di fidato che mi guardi le spalle e che… - 
- Avete bisogno di qualcuno nel vostro letto -  completai.
- Solo se voi lo vorrete – 
- Si come no, non lo so Ezio, come faccio con Paol…-
-  Sapete troppo per rimanere qui e senza protezione, quell’uomo… - disse indicando il cadavere – era venuto qui per uccidervi, sa che avete cantato la storia dello Spagnolo, a quanto pare era convinto che voi accettaste, non siete una puttana qualunque – 
Quelle parole mi rincuorarono, almeno un po’. 
- Quindi non mi state invitando, è un obbligo – 
- Fiora… - sospiro. – Paola sa… - 
- Cosa avete detto? – 
- Paola ha sempre aiutato la confraternita, non è una dei nostri ma ci ha sempre aiutato, non dicendo nulla a voi per proteggervi. Ora la sua protezione con te non basta più, ora non avete bisogno di parole ma di spade per proteggervi. Io sarò la vostra spada Fiora – 
- Siete a conoscenza che state invitando una puttana a guardarvi le spalle? Sono brava sotto le coperte ma non so se sono brava ad uccidere – dissi avvicinandomi alle labbra del ragazzo.
- Non distraetemi madonna…sapete… - 
-Non siete poi cambiato molto dall’ultima volta che vi ho visto… - dissi spingendo il mio corpo contro il suo sentendo la virilità. - …forse sono cambiata io… - 
Gli morsi il labbro e in cambio le mani del ragazzo mi tirarono con forza più vicino il mio corpo. 
- Non mi avete dato una risposta madonna – 
- io dico che invece una risposta ve l’ho data… terrò caldo il vostro letto a Venezia e il freddo della mia lama ai vostri nemici – 
Pensa come un uomo Fiora! 
SI C’E’ L HO FATTA!  

 




MAD NOTE: Nuovo capitolo! yuppi!

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Capitolo 11
*** Venezia ***


Venezia  
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Ripensare alla scena in camera mia mi metteva un po’ a disagio, strusciarsi mentre un cadavere giaceva nel mio letto, non era propriamente eccitante, forse se non ci fosse stato il cadavere saremmo finiti per assaporarci tutto il giorno, come era successo la prima… e la seconda e pure la terza notte di viaggio. 
Gli avevo promesso di tenere caldo il suo letto, stavo solo mantenendo fede alla mia promessa. Avevo lasciato fuori, dalle svariate locande dove passavamo la notte, i sentimenti proprio come aveva fatto lui ogni volta. È pura passione non amore come avevo creduto. I cambio della sua protezione gli avevo donato il frutto deli anni della mia professione e una spada in più per guardargli le spalle, anche se il più delle volte eravamo sdraiati e lo guardavo in faccia.
Durante il viaggio a cavallo io e Ezio ci scambiavamo battute maliziose e consigli di guerra, dispensavo tattiche banali che a volte risultavano molto più efficienti di tutti i difficili passaggi che Ezio mi raccontava.
Inoltre avevo cominciato fin dal primo giorno ad allenarmi a combattere, con l’acciaio stavolta, era un abile maestro d’armi, dispensava consigli sulla postura e su come maneggiare la mia particolare arma.
Avevo preso tutti i miei averi dalla Rosa Colta, e tutti i miei abiti caricandoli sul cavallo in una sacca. Avevo salutato Paola con un sorriso dopo aver appreso una piccola parte dei segreti della regina della Rosa, l’avevo pregata di preservare la mia stanza e di pulire tutto, avevo salutato Giovanna e anche Elisa. Sarei tornata sicuramente, ma non sapevo quando.
Il mio compagno di viaggio non era assai premuroso ma quanto bastava per vivere bene la nuova convivenza, avevo le piaghe da sella, non essendo abituata a lunghi viaggi, e lui si offriva di fermarci per farmi riposare una volta ogni tanto. Quando soggiornavamo nelle locande ci scambiavano per sposini novelli e ogni notte rispondevamo che era la nostra prima notte di nozze.
Ezio era un buon amante, tanto da non farmi fingere più di una massimo due volte, la notte era fatta per soddisfare altri bisogni, un mozzo di candela e un letto bastavano. Ormai conosceva ogni centimetro di me e io di lui, in qualche modo ci appartenevamo. Era solo sesso eppure quando avevamo finito c’era qualcosa di dolce, un abbraccio, una carezza, pericolosamente dolce, per entrambi. 
Infine: Venezia.
Come può un nome cosi semplice racchiudere una città così bella e… maleodorante!
Lasciammo i cavalli al porto e c’incamminammo verso la nostra meta.
Un susseguirsi di ponti e canali ci accompagnò fino al bordello più rinomato della città gestito da niente di meno che una suora. In fondo non mi sono allontanata poi così tanto da casa mia, ma questo bordello era più che una semplice casa di piacere, era il covo degli assassini a quanto Ezio si era sforzato di dirmi durante il viaggio.
- OOh! Ezio Sorella Teodora è una leggenda per tutta Firenze! –
- La conoscete madonna? –
- No, ma conosco ciò che ha fatto. È come una Dea. Ha lasciato la chiesa, non era d’accordo di rinchiudere giovani belle ragazze nei conventi perché le loro famiglie non sapevano che farne. Ora quelle timide, caste ragazze sono libere –
-Quanto può essere libera una puttana? –
Lo fulminai con lo sguardo. – Quanto lo sono io, messere –
Mi bloccò il passo avvicinando il suo viso al mio.
- Voi non siete libera, siete al mio servizio –
- E voi al servizio di un gruppo di fanatici che scrive scarabocchi su della carta – poggiai le braccia sui fianchi.
Mi prese le spalle e mi spinse con forza contro il muro di una casa baciandomi con foga, cercò di spogliarmi li davanti a tutti nel bel mezzo di una  città affollata, tra uomini e bambini.
- Ezio…vi prego non qui… -
- Zitta… - sussurrò.
Zitta?! A me?!
Alzai un ginocchio e colpii con forza i suoi beni più preziosi facendolo rotolare a terra.
- Fiora! Che male! Ma che diavolo vi prende? Cristo! –
- Non vi azzardate mai più a zittirmi!- sistemai le gonne e continuai per la mia strada. Feci pochi metri per poi raggiungere nuovamente il povero assassino dolorante.
- Non ho la mappa messere e non ho idea di dove diavolo andare –
Scoppiò in una grossa risata alternata a smorfie di dolore.
 
Finalmente arrivammo al bordello di Sorella Teodora, un lussuoso locale vicino, guarda caso, ad un canale. Era notte inoltrata ero esausta e volevo solo andare a dormire, ma con Ezio era impossibile.
- Siete Ezio messere? Ezio Auditore da Firenze? – iniziò a cinguettare una ragazza nell’atrio.
- Si, madonna –
Eccolo il suo sorriso da conquistatore decisi di intervenire basta moine, VOGLIO DORMIRE.
- Madonna siate gentile, una stanza per favore, siamo esausti –
- Parlate per voi madonna Fiora – disse sorridendo e invitando la ragazza tra le sue braccia.
- Oh! Al diavolo! Mi arrangio! Buonanotte messere, madonna buon divertimento! Io vado a dormire. –
Salii le scale lasciando i due a strusciarsi sui divani, avrei trovato la mia stanza da sola.
Aprii una porta al piano superiore trovando una coppia di amanti.
- Chiedo venia, porta sbagliata – richiusi.
Ennesima porta.
- Chiedo venia signori –
Terza porta.
Le urla mi bastarono per capire che la stanza fosse occupata.
- Al diavolo tutti! -
Mi sedetti nel corridoio usando il mio sacco con dei vestiti come cuscino abbandonandomi al sonno.
 
Mi sentii sollevare da terra, delle voci lontane sussurrarono qualcosa che non capii, sentii solo il morbido delle lenzuola sulla mia pelle, avevo trovato la stanza giusta, niente urla o gemiti. Silenzio.
- Madonna Fiora, svegliatevi –
- Non siete ancora stanco messere, dopo aver compiaciuto quella donna – dissi rannicchiandomi su un lato.
Mi prese i polsi e mi ancorò al letto portandosi sopra di me.
- Sono giorni che non vi tocco e credetemi sto impazzendo –
- Avete gli ormoni di un adolescente, siete sempre arrapato che diamine! Abbandonate gli assassini e dedicatevi alle case chiuse ma come collaboratore però –
Mi tappò la bocca con le sue labbra che accettai per l’ennesima notte.
Il desiderio pervase entrambi e la nostra notte fu l’ennesima di molti altri clienti all’interno del bordello, tra gemiti e lenzuola.
 Mi svegliai sdraiata a pancia in giù, la schiena scoperta e un dito che sfiorava tutta la lunghezza della mia spina dorsale, un tocco leggero quasi impercettibile.
- Siete meravigliosa –
Girai lo sguardo verso Ezio, stranita ma compiaciuta.
Trascinò il suo corpo accanto al mio e mi baciò la spalla.
- La vostra pelle... –
Scostò il lenzuolo lasciandomi completamente nuda sul letto, osservando ogni centimetro.
- Il vostro corpo…- poi in un unico gesto mi tirò  sé in cerca di un nuovo round.
Un leggero bussare alla porta seguito da una decise voce di donna, distolse le attenzioni dell’assassino dal mio corpo.
- Chiedo venia messere, il sole è già abbastanza alto nel cielo, è ora di discutere dei nostri piani, questi abiti sono per la vostra compagna di viaggio, abiti veneziani perfetti per celarsi accanto a voi in ogni istante e non dare troppo nell’occhio –
Osservavo dal letto quella strada donna completamente vestita in abito nero e copricapo bianco, mentre Ezio era rimasto immobile con la mano poggiata sul mio sedere .
- Vi ringrazio madonna… -
- Sorella ve ne prego, ho una reputazione – poggiò l’abito sul letto osservandomi costantemente, socchiuse la porta e sparì sorridendo.
- Sorella Teodora – sospirai affondando la testa nel cuscino.
- e pare  che gli sia piaciuto ciò che ha visto, magari vi vuole qui a Venezia –
- Io appartengo a Firenze, messere –
- Ezio... finché staremo qui e soli, solo Ezio vi prego, messere mi fa sentire vecchio, madonna Fiora –
- Allora chiamatemi solo Fiora, madonna mi fa sentire casta –
Sfociammo in una risata. Venezia aveva avuto uno strano effetto su di noi. Non volevo che svanisse.
Si trascinò giù dal letto e cominciò a vestirsi ma decisi di non dargli tregua, stavolta ero io che volevo qualcosa. Strappai il lenzuolo e  lo avvolsi attorno al petto, con passo veloce aggirai il letto sorpassando il vestito poggiato sopra di esso. Ezio era seduto sul letto mentre si allacciava gli stivali. Appena arrivai di fronte a lui poggiai una mano sotto il suo mento portando la sua attenzione a me, salii piano a cavalcioni sopra di lui. Credetemi, era ben contento dell’iniziativa, tanto che afferrò il lenzuolo e in un unico strattone riuscì a togliermelo, il suo sguardo fisso nei miei occhi, la mano sinistra mi teneva salda a lui mentre la destra in un fluido gesto mi accarezzò la guancia, gli presi la mano e gli baciai il palmo per poi successivamente regalargli un bacio a stampo sulle labbra, delicato, impercettibile come lo erano stati i nostri sentimenti fino a quella mattina.
Mi bastava. Avevo avuto ciò di cui avevo bisogno.
Mi alzai lasciando il lenzuolo lì, dove l’aveva gettato proseguendo nuda  fino ai piedi le letto dove si trovava l abito, nel frattempo Ezio si vestii avviandosi verso la porta.
- Vi aspetto nella sala al piano di sotto madon… Fiora –  disse sulla soglia della porta.
- Non ci metterò molto, la stoffa è assai poca, Ezio – sorrisi prima di sparire dietro al separé.
L’abito era molto succinto e lasciava poco all’immaginazione. Una camicia a ¾ bianca ricamata con pizzi dalla scollatura ampia, aderente al petto c’era uno stretto corpino rosso stringato che rese il mio seno ancora più abbondante, la gonna era composta da due tessuti uno bianco drappeggiato sul davanti molto corto che lasciava le gambe nude fino ai miei bassi stivaletti, mentre sul dietro la gonna rossa come il corpino anch’essa drappeggiata arrivava fino a terra. Avevo legato alla coscia una specie di giarrettiera in pelle e pizzo ottima per trasportare un piccolo pugnale che Ezio mi aveva regalato per difendermi. Decisi di lasciare la mia singolare arma ben nascosta nella stanza. Finalmente scesi le scale per raggiungere l’atrio, il bordello era meraviglioso, broccati, pizzi e candele profumate, tappeti e fiori freschi completavano l’arredamento. Ma senza sembrare troppo morbosa, la cosa più bella di tutto fu trovare Ezio incappucciato ad attendermi nell’atrio mentre parlava con Sorella Teodora.  Appena mi vide mi regalò un sorriso.
-Dunque è questa la moda veneziana? – disse avvicinandosi a me.
- Pare di si, messere – dissi lisciandomi le gonne o almeno quel poco che c’era.
- Messer Ezio vi attendiamo fuori, avviso le ragazze come procedere –
Sorella Teodora e l’uomo con cui Ezio parlava uscirono dall’atrio, feci per seguirli ma Ezio dopo una rapida occhiata in giro mi spinse contro il muro e mi baciò appassionatamente sfiorandomi le cosce.
- Siete una maledetta ossessione Fiora Cavazza da Firenze –   

 




MAD NOTE: Nuova città stesse abitudini!

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Capitolo 12
*** L'arsenale Veneziano ***


L'arsenale veneziano  
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 - Dobbiamo trovare il modo di entrare nell’arsenale e scoprire chi ha rubato quei documenti –
- Siete certi di aver cercato bene nel posto indicato dalla mappa? Che diamine i documenti non hanno gambe non possono… -
- Messer Ezio i documenti non corrono da soli di certo ma credetemi nemmeno l’uomo che le ha rubate potrà più correre dopo che l’avrò trovato! –
- Come ne siete certo che siano stati rubati? –
- Mentre voi eravate distratto, amico mio… -
- Hey… messer ladro sono qui per aiutare –
- Aiutare il suo cazzo volete dire, madonna Fiora – disse puntando il dito verso Ezio.
Feci un passò più lungo e cercai di afferrarlo per la gola.
- Bastardo, venite qui maledizione… - urlai mentre Ezio mi aveva sollevata e portata un po’ più distante dal gruppo. Io cercavo di divincolarmi picchiando anche Ezio.
- Ma dobbiamo proprio portarcela dietro la puttana, Antonio? –
- Vaffanculo, stupida ladra –
- Ci farete scoprire se urlate come una gallina, madonna! –
- Ti prego Rosa, non alimentare basta! – disse l’uomo spingendo lontana la donna.
- Messere ma l’avete sentita?! Li ammazzerò tutti giuro e il Doge mi ringrazierà meno ladri a Venezia bastardi, mi farà una statua, SI UNA STATUA TUTTA NUDA!!! – scoppiai in una risata isterica.
La mano guantata di Ezio mi chiuse la bocca, soffocando nella mia gola tutti gli insulti che volevo vomitare addosso a quei ladri.
- Madonna Fiora, vi prego. Ora basta. –
Feci cenno di si con la testa.
- Non mi fido di voi l’ultima volta che vi ho tappato la bocca mi avete giurato di non urlare e avete urlato –
- Ve lo giuro, sono calma messere –  borbottai, sperando avesse capito.
Lasciò la presa e mi costrinsi a non parlare.
- Madonna… - mi strinse le spalle.  - …vi prego abbiamo bisogno di loro, sono ore che discutete e vi lanciate frecciatine con Antonio de Magianis, è il capo della gilda dei ladri e anche con la sua adepta Rosa, dobbiamo collaborare –
Mi costrinsi ad annuire ed infine ci riunimmo al gruppo.
- Dobbiamo salire sui tetti, la puttana ne è capace o dobbiamo lasciarla in strada che magari si trova più a suo agio? –
La fulminai con lo sguardo per poi andare vicino ad una finestra e cominciare la risalita prima di tutti gli altri, un piede sul davanzale e uno sul mattone sporgente. Piano Fiora non fare figure, fagli vedere a quella stupida ragazzina. Arrivata fino al tetto guardai in basso, Rosa rideva mentre il suo mentore sorrideva sotto i baffi. Ezio era immobile, non lo sapeva sapessi arrampicarmi con una certa destrezza, sorpresa assassino!
Sedetti sulle tegole osservando l’interno dell’arsenale veneziano a debita distanza dagli arcieri  che perlustravano l’area circostante. In men che non si dica erano tutti sul tetto, avevano impiegato pochissimo a salire.
- Forza, con me -  ordinò il capo della gilda dei ladri guardandomi ancora con quel sorrisino malizioso.
Lo seguii ma Ezio mi afferrò per il polso.
- Madonna abbiamo visto tutto da la sotto – scoppiò a ridere.
La gonna.
LA GONNA.
Mi ero completamente dimenticata della gonna che indossavo.
- Tralasciando che a Messer Ladro è piaciuto ciò che ha visto, io indosso mutande messere e credetemi non è un problema se un uomo mi guarda sotto la gonna deve solo pagare per ciò che ha visto e apprezzato –
Ezio rise ma capii solo pochi secondi più tardi il senso della mia frase.
- Messer Antonio… - sussurrai porgendo la mano davanti alla faccia del ladro.
- Che volete ora madonna?  -
- I tre fiorini che mi dovete per… - mi tappo di nuovo la bocca con la sua mano guantata.
-Nulla, messer Antonio, proseguiamo – sussurrò.
Proseguimmo in silenzio fino ad arrivare al punto più vicino per osservare l’arsenale.  Era pieno di guardie e mercanti che scaricavano casse dalle nevi ancorate. C’era un gran vociferare e gli arcieri appostati sui tetti continuavano a pattugliare la zona.
- C’è troppa sorveglianza, una volta era più semplice entrare e uscire dall’arsenale per prendere qualche oggetto –
- Vorrete dire rubare –  intervenni.
Si girarono tutti verso di me sbuffando.
- Stanno proteggendo qualcosa di grosso, da quella nave non è stato scaricato nulla ed è sorvegliata da guardie persino sul ponte – completò messer Antonio.
- Come interveniamo Antonio? – chiese Rosa.
- Stanotte, con l’aiuto dell’oscurità forse ci sono buone probabilità di entrare, vedete là, le torce illuminano solo le mura e la strada sottostante, i ponti in legno non sono illuminati, dobbiamo controllare il portone d’entrata e… -
- Il portone è sorvegliato giorno e notte ci siamo passati davanti io e madonna Fiora quando siamo arrivati – confermò Ezio.
- Posso aiutarvi -  proposi.
- Tu?! – inveì Rosa.
- Si, IO, madonna Rosa –
- Le guardie non s’incantano davanti ad una puttana qualunque –
- Oh.. credetemi messere che non sono una qualunque –
- Possiamo tentare – propose Ezio.
- Non vedo soluzioni, mentre madonna Fiora distrae le guardie noi ci arrampichiamo dal tetto della casa vicina ed Ezio elimina l’arciere sopra di essa –
- Perfetto, poi saliamo sulla nave e la perquisiamo, tutto in religioso silenzio –
- Allora incontriamoci stanotte alla Rosa delle Virtù di sorella Teodora, messer Auditore. Fate che madonna Fiora sembri perfetta per stasera –
- Che cosa diavolo volete dir… - Ezio si portò un dito alle labbra, pregandomi con lo sguardo di zittirmi. 
- Ci saremo –
 
- Li odio! non potevamo agire da soli? –
- Madonna Fiora, senza il loro aiuto non saprei neppure che i documenti sono stati rubati e nascosti su una nave –
- Quindi dovremmo collaborare immagino… eeh… - sospirai – ho fame, prendo un dolce dal fornaio e torno –
La bancarella distava pochi passi da dove Ezio si era fermato, una bancarella colma di pane e dolci. Decisi di acquistare un panetto al miele con sesamo. Il fornaio si avvicinò per riscuotere il prezzo osservando ciò che il bustino stringeva. – Grazie messere – addentai immediatamente il dolcetto non appena mi girai.
Raggiunsi Ezio masticando come un ruminante. Avevo maledettamente fame.
Ci incamminammo verso il bordello. Porsi a Ezio il dolcetto, sperando non accettasse.
- Volete? È squisito! –
A mio malgrado accettò.  Spezzò un piccolo pezzo.
Avevo molti occhi su di me mentre passeggiavamo per le strade e soprattutto perché mi stavo leccando le dita dal miele appiccicatosi sopra.
Ezio mi prese sottobraccio.
- Vi da fastidio? –
- Cosa madonna? –
- Che mi guardino? –
- Ma che cosa state dicendo? –
- Siete gelosooo! –
- Smettetela –
- Almeno un po’…un pochino… -
Lo osservai con gli occhi dolci, come 2 panini al miele.
- E’ solo che, ci tengo a voi e siete stata gentile ad accompagnarmi in questo viaggio –
- Accompagnarvi?! Mi avete minacciato! –
- Vi ho solo chiesto –
- Chiesto?! “Non siete più al sicuro qui” -  dissi facendo la voce grossa, imitandolo.
- Smettetela! – sbottò. Aveva cambiato umore improvvisamente. Slegandomi dall’abbraccio.
Camminava più veloce e si portò a pochi passi avanti a me.
- Ma che diavolo vi prende? –
- Andiamo madonna, dobbiamo riposarci –
Ogni volta che tentavo di farlo aprire, l’assassino si chiudeva a riccio e io restavo punta dalle sue numerose spine.
Riposai nella sala comune su un divano mentre Ezio si era chiuso in camera nostra. “Riposai” tra gemiti e risate, mentre una coppia si dava da fare proprio sul divano dove ero stesa. Scese la notte e con essa anche Ezio dalle scale.
- Madonna Fiora, mi dispiace – mi accarezzò la guancia. L’avevo perdonato, ancora.  

 




MAD NOTE: Rosa e Antonio entrano in scena!

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Capitolo 13
*** Ciò che sono... ***


Cio' che sono...  
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 Mi accertai di avere il pugnale e di far vedere tutto ciò che avevo da offrire. Ero profumata e pettinata. Ero perfetta per quello che dovevo fare stasera e persino Ezio se n’era accorto poiché non la smetteva di starmi incollato toccandomi il sedere di tanto in tanto, regalandomi baci sul seno cosparso di olii profumati. Quando arrivò la banda di ladruncoli li raggiunse a passo veloce.
- Siamo pronti messer Antonio –
Attraversammo la città fino ad arrivare al portone dell’arsenale.
- Due guardie, saprete gestirle madonna? –
- Ho gestito di peggio - lasciai quella frase nell’aria, creando fantasie.
- Noi ci posizioniamo accanto alla casa che fa angolo con le mura dell’arsenale, Ezio stai pronto per eliminare l’arciere con i dardi avvelenati –
Lisciai le gonne e mi preparai alla scena. Mentre mi avvicinavo, notai che una guardia era una sorta di armadio a 2 ante, alto più di 2 m. siamo sicuri sia un uomo?
- Buonasera signori – si comincia!
- Vattene puttana, esordì l’Armadio –
- Oh! Immagino non siate interessato, in quanto a voi messere? –
L’omuncolo vicino scoppiò a ridere.
– Credetemi madonna sparite dalla vista del Colosso–
- E chi sarebbe? Non sono di queste parti, vengo dalla magnifica Firenze –
Le due guardie si scambiarono un occhiataccia. Stavo perdendo la battaglia e avrei fatto scoprire tutti. Fissai con occhi desiderosi l’Armadio, avvicinandomi e appoggiandomi al suo corpo.
- Marco, il tuo turno è finito –
- Cosa capitano? –
- Ho detto che il tuo turno è finito! –
Mi tirò a se con una mano che parevano due delle mie, mi fece male. Ero disposta persino a concedermi se questo era necessario per non far scoprire Ezio, anche perché un uomo di quella stazza l’avrebbe fatto in minuscoli pezzettini.
Mi prese per un braccio e mi trascinò nella penombra di un vicolo stretto mentre il collega spariva all’interno del portone chiudendolo a chiave. Era fatta ora potevo scappare o tirare fuori il coltello, ma tutto quello che il Colosso tirò fuori era il suo uccello dalle brache. Cercai di divincolarmi e di urlare ma mi sferrò un ceffone in pieno viso che mi buttò a terra quasi priva di sensi.
La vista offuscata e il sapore ferroso del sangue in bocca. In un'unica forte spinta mi prese, non avevo ne la forza ne la voglia di prendere un altro ceffone. Il dolore era insopportabile di una violenza inaudita, pareva non divertirsi nemmeno, ogni tanto una spinta più forte delle altre e poi un pugno, un altro e infine mi lasciò li dopo avermi usato.
Rimasi li, con il sapore del sangue in bocca e con le mutande abbassate.

Se fossi una lady si chiamerebbe stupro, ma sono una puttana e questo è quello che succede quando si incontra il cliente sbagliato.

Non so per quanto rimasi immobile dolorante, avevo la schiena a pezzi per la violenza con cui mi aveva buttato a terra, il braccio con un livido rossastro, dove figurava l’impronta della sua presa, la pancia dolorante e lividi sulle gambe. Riuscii ad alzarmi in piedi quasi all’alba quando rividi il gruppo che avevo aiutato venirmi in contro. Sorrisi ma con tutto il sangue che avevo in bocca doveva essere una vista macabra.
Ezio perse il sorriso quando mi vide, le fitte alla pancia aumentarono a tal punto da oscurarmi la vista. L’assassino mi corse in contro, appena mi fu di fronte dissi…
- Non è andata come avevo programmato - mi sforzai di sorridere ricacciando le lacrime.

Un rivolo si sangue scese dal linguine lungo le gambe, fu chiaro a tutti ciò che era successo.
Ezio non proferì parola e mi prese in braccio. Non appena poggiai la testa al suo petto, sentii un leggero odore di sudore ma ero al sicuro, mi aggrappai alla camicia bianca sporcandola di sangue, le fitte alla pancia si fecero più forti e poi il buio.  

 




MAD NOTE: E' stata una scena abbastanza difficile da descrivere, ma credo che a quel tempo non fosse nemmeno considerato un crimine contro le cortigiane. Ed è esattamente questo che volevo far trasparire, la normalità di una situazione che oggi è considerata un reato.

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Capitolo 14
*** Ciò che rimane... ***


Ciò che rimane...  
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Mi risvegliai nel letto del bordello di Sorella Teodora, accanto a me dormiva Ezio ancora con gli abiti sporchi di sangue e gli stivali. Era a pancia in giù con una mano poggiata sul mio ventre.
- Ezio… - sussurrai.
Gli strinsi la mano.
- Ezio… -
Stropicciò gli occhi, aveva ancora il cappuccio abbassato sul capo.
- Fiora! – esordì. Mi abbracciò forte togliendomi il fiato.
- Cliente sbagliato direi – scherzai.
- Non sapevo, non potevo sapere –
-Cosa? -  dissi tirandomi a sedere poggiando la schiena sulla testiera.
- Il Colosso… è il capitano delle guardie ha una brutta reputazione con le donne e… -
- Credo di averla scoperta da me –
- Il cerusico dice che non ci sono danni gravi è stato solo il trauma –
- Siete contento sarò nuovamente disponibile a breve -  sorrisi.
Sorrise anche lui. Sapevo che in fondo gli importava come importava anche a me.
- Posso? –
Disse avvicinando le sue labbra alle mie. Risposi direttamente con un bacio.
- Sarò orribile con tutti questi lividi –
Scostò il lenzuolo e infilò una mano sotto il mio sedere.
- Ezio vi prego… - affondai le dita nei suoi capelli sotto il cappuccio.
- Come prima missione non è andata male direi  - sorrisi chiudendo gli occhi, assaporando ogni bacio sul seno.
Ezio poggiò il suo basso ventre sul mio, il male non era insopportabile ma sapevo come lui che non potevamo accontentare il nostro reciproco desiderio, non quella stessa notte.
-Devo andare Fiora, se resto non riuscirei a controllarmi –
- Vengo con voi –
- No, riprendetevi e poi riparleremo della vostra collaborazione –
Sparì come suo solito lasciandomi seminuda sul letto con il suo profumo a aleggiare nell’aria.
 
Sarebbe stata una lunga giornata relegata nel bordello veneziano, avevo ricevuto l’ordine di stare in camera e di non muovermi libera nel bordello poiché alcuni clienti sarebbero stati interessati a me. Sapevo benissimo chi avesse dato quell’ordine ma per rispettare il suo “orgoglio mascolino” decisi di accettare il “consiglio” di Sorella Teodora.
Socchiudendo gli occhi per un attimo mi ritrovai catapultata di nuovo in quel vicolo buio sotto le spinte del Colosso…riaprii subito gli occhi tastando il letto accanto a me cercando Ezio.
Una fitta mi attraversò il ventre mentre cercavo di alzarmi dal letto e mi costrinse a rallentare tutte le mie successive azioni. Raggiunsi una leggera vestaglia poggiata sul bordo del letto e la indossai e indossai, inoltre, un piccolo scialle a fiori rosa e blu sulle spalle, raccolsi i capelli spettinati in un morbido chinion e cominciai a rovistare nei cassetti della stanza.
Ad ogni fitta susseguiva un ricordo, ad ogni ricordo aumentava la rabbia…
La rabbia di aver subito e di non essermi ribellata, ma la gioia di non aver coinvolto nessun altro… a parte me in questo dolore.
Ezio era entrato ed uscito indenne dall’arsenale ma non sapevo ancora se con il suo agognato bottino.
Un leggero bussare alla porta attirò la mia attenzione.
- Si? –
- Madonna Fiora, sono Antonio –
- Oh… -  disapprovai. Che diavolo voleva da me?
- Entrate Messere –
- Vorrei Madonna ma non posso la porta è chiusa –
- Ma cosa state dicendo…- dissi avvicinandomi alla porta  -  Sono libera di… -
La porta era chiusa a chiave.
- COSA?! – calciai la porta. – CHI DIAVOLO MI HA CHIUSO QUI DENTRO A CHIAVE? ESIGO SAPER… -
- Madonna Fiora, Sorella Teodora ha ricevuto ordini di non far entrare ne uomo ne donna che sia nella vostra stanza-
- EZIO! MALEDETTO BASTARDO! MI HA RELEGATA QUI DENTRO CHE COSA CREDE DI FARE APPENA TORNA LO SISTEMO QUEL BASTARDO! IO… -
-Madonna Fiora volevo solo assicurarmi della vostra salute ma vedo bene che vi siete ripresa velocemente –
Smisi aggirarmi per la stanza come un leone in gabbia e mi avvicinai alla porta rispondendo a quella fievole voce al di là del legno.
- Vi ringrazio Messere, perdonate la mia ira… sto meglio lontano dalle grinfie di quel mostro –
- Ne sono contendo madonna, torno ai miei affari, passate una buona giornata –
- Grazie messere! – dissi. –Sarà una lieta giornata in una prigione – sussurrai.
In tutto ciò mi dimenticai di chiedere se la missione era andata a buon fine, decisi di indagare da me.
Perlustrai tutta la stanza in cerca di prove, in ogni cassetto, in ogni armadio e tasca fino a che trovai la pergamena dell’arsenale, la pergamena costata il mio sacrificio.
Accesi una candela sulla scrivania, l’ora era tarda e l’unica persona che vidi in tutta la giornata fu la cortigiana che mi aveva portato il vassoio con la cena.
Studiai quella strana mappa a lume di candela, sfiorando con le dita ogni simbolo sulla vecchia carta fino a che non sentii girare le chiavi nella serratura e vidi Ezio sulla soglia.
Dovevo sembrare una sposa vergine che aspettava il marito alla prima  notte di nozze di bianco vestita con quel piccolo scialle sulle spalle al lume di candela con i capelli scompigliati.
Lo osservai mentre entrava nella stanza con le chiavi in mano, mentre ricambiava il mio sguardo.
Spinsi lo sedia indietro non distogliendo lo sguardo dall’assassino, mi avvicinai tenendo con le mani lo scialle, quando fui davanti a lui, lasciai cadere le scialle a terra.
Avevo tutta la sua attenzione, era sporco di polvere ancora con il cappuccio calato, cercò di attirarmi a se afferrandomi per il collo ma intercettai il movimento e lo bloccai per il polso.
Mollai la presa e in un battito di ciglia gli sferrai un sonoro ceffone sul visino nascosto dal cappuccio.
- BASTARDO, COME OSATE RINCHIUDERMI A CHIAVE?! NON SONO VOSTRA MOGLIE SONO UNA DONNA LIBERA E… -
Non rispose con le parole ma con la forza mi prese per il polso mentre con l’altra mano richiudeva la porta a chiave e se la metteva in tasca. Mi spinse con il peso del suo corpo contro il muro della stanza mentre io cercavo di sciogliermi dalla presa.
Cominciò a mordermi il collo e a spogliarmi.
- Sapete cosa assassino…fate ciò che dovete… - smisi di lottare e lasciai il mio corpo nelle voraci mani di Ezio.
Lasciai scivolare le braccia lungo i fianchi e con esse anche la mia volontà.
Prese il mio corpo tra le braccia e lo lanciò sul letto disfatto, alzò la vestaglia e mi prese, emisi un gemito, ma solo per il dolore mentre lui possedeva il mio corpo inerme, la mia mente era altrove, lontana da quella stanza ma in un luogo buio e peggiore…
Al culmine del suo piacere spinse il mio corpo di lato mentre lui si sedeva sul bordo del letto con i pantaloni calati e il respiro affannato.
Abbassai la vestaglia, e mi sedetti accanto a lui. Mentre mi sistemavo lo chinion, si alzò di scatto e si svestì completamente senza dirmi una parola, l’acqua scese lungo il collo mentre si lavava il volto al catino, così come le mie lacrime bagnavano le guance, lasciando rivoli umidi.
Si avvicinò e deviò con il dorso della mano una mia lacrima, mi ritrassi e spinsi lontano la sua mano.
- Non mi toccate messere –  dissi in un soffio.
Si mise in ginocchio davanti a me e mi abbracciò trascinandomi tra le sue forti braccia fino al suo petto.
- Perché Ezio? Perché siete così scostante? Perché non capite… -  sentivo il suo cuore martellare nel petto e le mie lacrime sgorgare con più frequenza.
- Perché vi amo Fiora Cavazza…perche io vi amo… -
  






MAD NOTE:è uno dei capitoli che preferisco, sono davvero fiera di me =D HAPPY!

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Capitolo 15
*** Fuoco e perdono ***


Fuoco e perdono.  
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Vi amo.
Amore.
Era amore quello che provava mentre restavo inerme e lui massacrava la mia anima traendo piacere dal mio corpo? Mi immersi nei miei pensieri e annegai nei dubbi. L’acqua tiepida mi sovrastava limpida e calma, gli occhi cominciavano a bruciare così come i polmoni, un fuoco che divampava dentro di me che l’acqua non riusciva ad estinguere. Mi alzai di scatto facendo uscire schizzi d’acqua dalla vasca traendo un profondo respiro non appena il mio viso assaggiò l’aria. Aria che placò il fuoco che stava bruciando i miei polmoni.
Mi aggrappai al bordo della vasca con una mano e con l’altra mi strofinai gli occhi stanchi, tossii più volte fino a provocarmi spasmi allo stomaco.
Ezio attendeva ancora una reazione, reazione che non gli avevo concesso. Probabilmente era già in un’altra stanza in compagnia di altre ragazze.
Che cosa pretendevo? Che dopo quelle dolci parole sarebbe stato mio? Che cosa ne sa un assassino di amore? Che cosa ne sa una puttana? Siamo due anime destinate a scontrarci, destinate alla guerra, guerra nelle strade, guerra nelle camere.
Torna a Firenze Fiora Cavazza. Torna alla tua vita da puttana di bordelli, dimenticati di Ezio e sparisci dalla sua vita.
Eppure ero ancora a Venezia, nel bordello di Teodora, nella stanza di Ezio.
Se non puoi sconfiggerlo almeno combattilo Fiora!
Lo spagnolo.
Come un fulmine mi attraversò la mente e subito svanì come la sua luce.
Uscii dalla vasca baciata dal leggero vento che entrava dagli spifferi della finestra provocandomi brividi.
Mi immersi nel tepore del panno che usavo per asciugarmi. Ero chiusa nella stanza da bagno da ore dopo la confessione di Ezio mi ero semplicemente alzata, spinto via l’assassino e rinchiusa in questa stanza.
Mi vestii con una leggera vestaglia bianca prima di stringere la maniglia della porta tra le dita. Ezio poteva essere seduto ad aspettarmi oppure poteva essere sparito in qualche altra stanza in compagnia di nuove amanti. Presi un lungo respiro e uscii dalla stanza da bagno e… mi scontrai con un fantasma.
Ezio non c’era aveva lasciato le sue armi accanto al letto e indossato i suoi abiti. Decisi di dare tregua alla mia anima già abbastanza arrabbiata e delusa in qualche modo. Mi trascinai nel letto sotto le lenzuola, il sonno venne da se stranamente.
Un forte boato seguito da una risata stridula mi svegliarono facendomi sobbalzare, nel buio della stanza irruppe la luce e i rumori dell’atrio del bordello in piena attività. Due ombre si stavano strusciando l’una addosso all’altra sull’uscio della mia camera.
- Stanza occupata ragazzi, buonanotte – e rinfilai la testa sotto il lenzuolo per coprire gli occhi da quella luce accecante.
Nessuna risposta, solo gemiti e risatine, fino a quando non sentii il peso dei due corpi sconosciuti sul letto accanto a me.
- RAGAZZI PER LAMOR DEL CIELO! ANDATE VIA VI HO DETTO CHE LA STANZA E’… occupata – sussurrai l’ultima parola.
Quella figura fin troppo famigliare giaceva accanto a me, nel mio letto, mentre stavo dormendo.  Ero seduta sul letto ancora sotto il lenzuolo mentre Ezio e questa nuova, ennesima, donna si spogliavano pronti a giacere insieme. Standogli accanto avevo paura di ubriacarmi io stessa tale era il puzzo di alcol che Ezio emanava. Ad ogni suo bacio pareva di entrare in una taverna.
Restai li immobile, un po’ per lo stupore, delusione e infine rabbia. Rabbia che mi fece aspettare fino a quando Ezio non prese la ragazza li accanto a me, gemendo e ansimando mentre io volevo solo strappagli quel suo prezioso giocattolo in mezzo alle gambe e togliergli per sempre tutto il divertimento.
La donna urlava peggio di un maiale mentre veniva sgozzato, che cosa c’era di piacevole in una donna urlante? Paola ci aveva insegnato tutto su come compiacere gli uomini e questa ragazza non avrebbe passato nemmeno la prima prova. Stava tutto nel far credere agli uomini che erano loro i migliori amanti con cui erano stati e spesso questa loro convinzione aumentava il peso delle monete nel palmo della mia mano, aggiungendone una dopo l’altra.
Quando Ezio ebbe finito si sdraiò seminudo a pancia in su mentre la ragazza stava ancora urlando come una pazza. Tolsi le mani dalle orecchie.
 – E CHE DIAMINE DONNA! E’ PEGGIO CHE STARE AL MERCATO DEL PESCE GIACERE CON VOI! – Imprecai spingendola lontano da me.
E finalmente si accorsero della mia presenza. La donna si alzò di scatto abbassando le gonne e coprendosi il seno, urlando…ancora.  La odiavo.
Ezio cercò di afferrarla mentre correva, urlando, fuori dalla stanza, in cerca di un secondo round.
- Vi prego madonna non scappate – sbiascicò nella lingua degli ubriachi mentre cadeva abbracciando il pavimento. 
Alzai gli occhi al cielo e scesi dal letto andando in aiuto dell’assassino.
- Venite messere -  dissi alzandolo di peso da terra. – o finirete per giacere con i buchi nel pavimento se vi lascio li –
Alzare un corpo morto fu molto più difficile del previsto tanto che cercai di lanciare il corpo sul letto ma finii per usare poca forza ed Ezio ricadde a terra sbattendo la testa contro le assi del pavimento.
- ODDIO! PERDONATEMI MESSERE! -  e invece no bastardo!
Mi veniva da ridere per tutto, per la situazione, per Ezio in quelle condizioni e per la testata che gli avevo fatto prendere, più per l’ultima ragione credo.
Finalmente Ezio collaborò quel minimo che mi permise di evitargli l’ennesima botta violacea sulla fronte, riuscii a spingerlo sul letto di traverso. Solo dopo mi accorsi che l’avevo sdraiato sul lenzuolo e quindi mi ero ricavata un minuscolo spazio sul materasso, presi una coperta dall’armadio e mi coprii rannicchiata in quell’angolino piumato.
Mi afferrò per la caviglia e mi baciò il piede nudo.
- Vi chiedo perdono madonna Fiora… -  blaterò prima di sprofondare in un sonno profondo.  










MAD NOTE: Sorpresaaa!! l'ispirazione mi ha colta v.v

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Capitolo 16
*** Ladri e bugie ***


Ladri e bugie.  
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Pallido in viso e orgoglioso nel cuore, Ezio si alzò e arrivò barcollando al catino d’acqua.
- Vi sentite bene, messere? –
Nessuna risposta. Si sedette sulla sedia vicino alla scrivania illuminata dalla luce mattutina.
- Avete la faccia simile a quella di un cadavere – ridacchiai.
Nessuna risposta, di nuovo. Si prese la testa tra le mani.
- Siete veramente orrendo messere, dico davvero e … -
- Zitta! Vi prego… - sospirò. – sento il vostro blaterare come se foste in cento puttane a deridermi –
- Oh! Ci siamo svegliati male assassino – mi alzai dal letto e pestai i piedi contro le assi del pavimento.
- Vi prego camminate piano –
- Sapete cosa, ho voglia di cantare stamani, e canterò – cominciai ad intonare una vecchia filastrocca che non ricordavo di sapere ancora, mentre mi vestivo.
Appena riemersi dai mille merletti dell’abito nuovo, rivolsi lo sguardo alla piccola figura rannicchiata su se stessa ai margini del letto. Mi inginocchiai davanti a lui toccandogli le mani che sorreggevano la testa. Un tocco dolce, delicato che costrinse l’assassino ad alzare lo sguardo e scoprire la sua pallida guancia per accogliere un mio sonoro ceffone.
- Questa è la vendetta del mio rispetto per ieri sera, messere! –
Cacciai un urlo quando mi afferrò per il polso e mi tirò sul letto disfatto. Calciai e cercai di divincolarmi dalla morsa delle sue mani che cercavano di bloccarmi e toccarmi sotto l’abito.
- LASCIATEMI BASTARDO! –
Un calcio colse nel segno, dopo un lieve rumore soffocato, gocce di sangue caddero dal suo naso imperlando le lenzuola bianche ma questo non calmò la sua furia.  Riuscii a portare il suo corpo tra le mie gambe, ormai la gonna era alzata fino alla vita, mostrando i polpacci coperti da leggere calze bianche ornate con merletti. Afferrai il suo bacino con le gambe, incrociandole sulla schiena, se non posso divincolarmi forse potevo fare ciò che lui cercava di fare a me. Questo lo spiazzò, prenderlo a calci e rompergli il naso non era cosi efficace come persuaderlo con le arti del piacere. Cominciai a muovermi piano sotto di lui, avevo tutta la sua attenzione dal volto fino al secondo cervello che avevo stretto tra le gambe, mi strinse i polsi sopra la mia testa e cominciò a baciarmi il collo con leggeri baci che raggiunsero il seno poi finalmente parlò.
- Vi prego… - disse in un sussurro. – non costringetemi… -
Strinsi ancora di più le gambe inconsciamente, ma che diavolo stavo facendo?! Per la prima volta avevo l’assassino in mio potere e potevo sputargli addosso tutta la mia rabbia e invece cercavo una sua reazione, non la sotto, quella reazione l’avevo ben presente, cercavo una spiegazione alle scuse della sera precedente e una spiegazione al “ti amo” di tempo prima…
Strinsi la presa e lui fece lo stesso con i polsi, sentivo il suo respiro sul seno cambiare frequenza, il suo corpo era in tensione, alzai la testa dal letto cercando la fonte di quel respiro e delle parole che non mi sarei mai aspettata di sentirmi rivolgere.
Dal seno imperlato di piccole gocce di sangue Ezio rivolse le sue attenzioni alle mie labbra leggermente aperte,  sentii allentare la presa sul polso destro quando affondai la lingua nella sua bocca. Con un movimento deciso, mi liberai ed Ezio si coprì istintivamente il volto con la mano libera lasciandomi libere anche le labbra.
Poggiai delicatamente la mano sulla sua guancia infilandomi sotto la “mano –scudo”, ancora in posizione di difesa non accennò a fidarsi di me. Lasciai cadere la mano lungo i fianchi in segno di resa, scostando lo sguardo  verso la luce che entrava dalla finestra.
- Perché? – dissi dal nulla.
Avevo ancora le gambe ancorate al suo bacino, e il polso saldamente rinchiuso tra le sue dita.
Senza dire una parola Ezio spinse il suo bacino contro il mio corpo, rendendomi partecipe di ciò che stava succedendo nei suoi pantaloni.
- Perché mi provocate questo – rispose semplicemente.
- Mi duole informarvi, messere, che avete parlato invano, non ho bisogno di sentirmi dire un “ti amo” per essere portata a letto. Non sono una di quelle nobili verginelle, sono una puttana come voi spesso ricordate –
- …e questo – concluse, prendendo il mio volto tra le dita e voltandolo verso di lui, baciandomi delicatamente le labbra, lasciandomi senza fiato. Sfiorai con le dita dell’unica mano libera, le labbra di Ezio tracciandone il contorno.
- …perché? – ripetei, mentre una lacrima nervosa deviava il suo percorso nei capelli.
Pareva capirmi, captava ogni mio pensiero.
- Mi dispiace per ieri Fiora, non intendevo offendervi, ma io sono questo –
Si alzò di scatto, le mie gambe non ebbero più la forza di trattenere il suo corpo a me, mi strofinai il polso sinistro, avevo dei lividi rossi, e mi tirai a sedere sistemando le gonne intorno a me.
Issò il cappuccio bianco sulla testa e fece scattare più volte la lama, per controllare il meccanismo, recuperai la spazzola dal comodino e cominciai a pettinarmi il groviglio di nodi che avevo in testa.
- Siete una ladra oltre che una cortigiana, Fiora Cavazza – disse osservandomi dal riflesso dello specchio, avvicinandosi.  Chinò la testa e mi baciò delicatamente il seno, non potevo vedere la sua espressione, coperta dal cappuccio.  Si allontanò rivolgendosi verso la porta della stanza per poi girarsi sulla soglia di essa.
- Siete riuscita a rubarmi ciò che credevo non avere… - concluse toccandosi il cuore.
Richiuse la porta e trassi le mie conclusioni: o era ancora ubriaco oppure stavo sognando!
 
 
 
Dopo aver pranzato nella sala comune, tra gemiti e risate della sala accanto, venni inghiottita dalla vivacità delle strade di Venezia. Mi concessi un dolcetto al miele, gentilmente offerto dal fornaio e dal mio seno, camminai fino palazzo del Doge, non mi ero mai spinta cosi lontano, Venezia era un intricata città di canali e ponticelli tutti uguali che si dimostrarono alquanto bastardi quando dovetti tornare al rifugio di Madonna Teodora. Non avevo detto a nessuno dove andavo, poiché io stessa non avevo una metà precisa. Incantata da ogni angolo della città, mi ritrovai a deviare dalla mia metà finale una decina di volte. Il buio immerse i vicoli spopolandoli a poco a poco, i miei passi incerti incespicarono un paio di volte nei gradini di marmo che precedevano i ponti.
- Ma, questo ponte l’ho già attraversato? Ah merda! STO GIRANDO IN TONDO! – sbottai. – Ricorda, Fiora, ricorda –
Non so spiegarvi come ma ritrovai la strada di casa, la vista di quell’accogliente edificio mi riempì il cuore di gioia…finalmente potevo togliermi le scarpe!
Non appena misi piede in camera, Ezio era da poco arrivato, era sdraiato sul letto ancora con gli abiti intrisi di sudore e polvere. Non ebbi nemmeno il tempo di chiudere la porta che un botto accanto al mio orecchio, seguito da un fruscio fece sbattere la porta e mi fece sobbalzare. La figura di Ezio era a due centimetri dalla mia faccia e il suo pugno, scagliato un attimo prima sulla porta, accanto al mio orecchio.
Rabbrividì, ma solo per un istante.
-Dove…siete…stata? – scandì con rabbia ogni singola parola.
- A fare due passi per Vene… -
- Avete giaciuto con qualcuno? Non trovavate ciò che vi soddisfa qui? –
- Per l’amor di  Dio, sono solo usci… -
Sbatte il pugno violentemente sulla porta e stavolta cacciai un urlo. Non mi stava a sentire, era inutile spiegargli la verità.
- Credete ciò che volete, messere –
- Io credo a ciò che vedo, madonna –
- Oh, e che cosa avete visto? Non mi pare di essene nuda e tanto meno in compagnia di altri uomini! – gli stavo urlando in faccia ormai.
- Il vostro passato parla chiaro! –
- Da quando essere una puttana è il mio passato?! Vi informo, messere, che lo sono ancora! –
-Quindi lo ammettete! – concluse.
La sua mano mi soffocò le parole in gola, una presa stretta piena di rabbia, non era la prima volta che venivo aggredita, affondai un forte calcio tra le sue gambe ma il movimento venne interrotto quando Ezio bloccò la mia gamba con il ginocchio.
- Sarebbe troppo semplice – sogghignò.
Vedendo che non aveva il sopravvento su di me in quel modo, decise di estrarre la lama che portava ancora al polso, essa sostituì la mano che mi stava strangolando. Una lama sottile che scintillò alla luce delle candele, affilata come un rasoio ancora leggermente sporca di sangue rappreso della sua precedente vittima. Spingeva la lama contro il mio collo lasciando un taglio, sentii un piccolo rivolo di sangue scorrere dalla gola al petto. Mi accorsi, per la prima volta, di avere paura di lui, mi stava uccidendo per non essere stata in camera ad aspettarlo.
Un flusso di pensieri mi attraversò la mente come un fiume in piena, Paola, la mia bella Firenze, la mia vita tranquilla, Federico…non avevo chiesto io questo, ero semplicemente inciampata in una situazione scomoda.
Dopo pochi istanti immobili, ritrasse la lama con un colpo secco e mi afferrò i lembi della gonna tirandoli fino alla vita. Ricominciai a respirare solo dopo che la lama rientrò con un rumore soffocato, il resto non mi importava più, che si prendesse pure il mio corpo, ma non avrà il mio cuore.
Si slacciò i pantaloni e mi prese li, come una volgare prostituta qualunque quando la mattina stessa mi aveva giurato amore. I colpi erano decisi, non c’era altro che desiderio, non un briciolo di rispetto, non un briciolo di amore. Mi divincolai solo quando sentii che aveva raggiunto il suo apice, dovevo tutelarmi come puttana, un figlio non era una buona pubblicità.
Il suo respiro sul mio collo e le sue forti braccia che mi tenevano saldamente avvinghiata a lui mi davano la nausea.
-Posso andare? – chiesi in un sussurro.
Senza dire una parola, mi lasciò cadere a terra, se non avessi prontamente abbassato le gambe sarei caduta col sedere sul pavimento. Lisciai le gonne e mi diressi verso la vasca da bagno lasciando Ezio ad ansimare poggiato alla porta. Quella piccola vasca fu il mio rifugio per poco tempo, poiché Ezio reclamava il suo turno a gran voce e io non intendevo subire altro tipo di violenza, verbale, stupro o fisico che sia. Ma quel poco tempo da sola mi avevano permesso di elaborare un piano, o meglio una fuga. Non appena sentii Ezio entrare in acqua, radunai gli abiti che domani mi avrebbero permesso di scappare da quella situazione, un abito celeste ricamato e un mantello con cappuccio che avevo ritrovato nell’armadio. Sgattaiolai in cucina e raccolsi un po’ di pane e pancetta, sarebbe bastato, preferivo morire di fame che stare un secondo di più vicino all’assassino.
Racchiusi tutto in un panno e rubai una piccola borsa di cotone dove poter riporre il cibo e poterlo trasportare con più facilità. Rientrai nella camera e riposi tutto sotto il letto, giusto in tempo, poiché dopo qualche istante Ezio riemerse nudo dal vapore della vasca. Si infilò sotto le coperte, dove stavo facendo finta di dormire, e si accostò a me. Se voleva avermi di nuovo dovevo lottare, non doveva insospettirsi, invece mi baciò la guancia con un bacio delicato come per scusarsi.



Mi dispiace assassino, ma è troppo tardi.  










MAD NOTE:Novità in vista

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Capitolo 17
*** La croce ***


La croce.  
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Inaspettatamente dormii come mai in vita mia, un sonno tranquillo, sentivo il profumo della vittoria misto a quello della libertà. Abitudinario com’era Ezio sparì poco prima dell’alba, non appena varcò la soglia dalla camera e richiuse la porta alle sue spalle, aprii gli occhi, ero pronta.
Rovesciai le coperte in un rapido gesto e raccolsi i vestiti da sotto il letto, mi vestii in fretta, una leggera pettinata, ed infine raccolsi le provviste nella borsa. Issai il cappuccio del mantello e mi voltai per un ultima volta osservando ogni angolo di quel piccolo rifugio, ogni emozione e ogni rancore, lasciai tutto quello che sentivo dietro alla porta richiudendola con un leggero tonfo. Ora dovevo solo pensare a Firenze.
Mi diressi giù per le scale, incrociai clienti dell’ultima ora e prostitute che si davano da fare per un ultimo affare, Teodora era li…
- Madonna Fiora che..- 
Firenze, Firenze Fiora corri!
E feci esattamente ciò che il mio cervello suggerì. Corsi verso la porta del bordello sbucando nelle strade di Venezia , beh il mio primo obbiettivo di uscire senza essere vista era fallito ma che mi importava, ero fuori. Dopo una breve filastrocca decisi che il vicolo destro era il migliore, alzai le gonne per facilitare la fuga e cominciai a correre.
Sentivo l’aria fresca entrare nel cappuccio, accompagnato dal fruscio delle gonne e il ticchettio dei tacchi sul marmo delle scale dell’ennesimo ponte. Tutto fu coperto dalla mia risata nervosa, man mano i miei passi veloci mi portavano lontano dal bordello la risata si trasformò in urla di felicità.
Sembravo una pazza ansimante per le vie di Venezia ma dannata me se era meraviglioso!
Sorpassai uno, due, tre canali e poi un quarto ed infine, come in un sogno, mi ritrovai al porto.
-Oh Dio! SIII! – urlai mentre alzavo un poco il cappuccio per vedere meglio. Istintivamente guardai dietro di me, controllando che nessuno mi stesse seguendo, tirai fuori dalla borsa un pezzo di pancetta affumicata e lo sgranocchiai contenta.
Ora il secondo obbiettivo era “solo” trovare la nave giusta che mi portasse più vicino possibile a Firenze per poi proseguire a cavallo.
Il porto era nel pieno delle sue attività, pescatori, mercanti e qualche turista, parlai con chiunque, chiedendo informazione su qualsiasi nave diretta alla mia meta ma non ricavai molto. Se avessi parlato con il pavimento che mi ritrovavo sotto i piedi avrei sicuramente ricevuto più informazioni.
- HANNO UCCISO IL DOGE! –
Rivolsi lo sguardo verso l’omino esile che stava entrando nel porto da una stretta viuzza urlando come un pazzo.
- HANNO UCCISO IL DOGE!  LE GUARDIE…SARANNO QUI A BREVE…PER…PER BLOCCARE TUTTE LE PARTENZE…L’ASSASSINO è RIUSCITO A SCAPPARE! –
No, non può essere. Raccolsi le gonne e mi diressi verso la nave ormeggiata al primo pontile, qualunque meta fosse dovevo partire, ORA!
Incespicai più volte, in preda al panico, mentre mi allontanavo dall’omino urlante che era riuscito a radunare attorno a se un gran numero di curiosi. Ero quasi arrivata all’inizio del pontile in legno, da lontano sembrava solido ma più da vicino mi chiesi come faceva un esile struttura di quel tipo a sostenere merci e persone, finire in acqua era l’ultima cosa che volevo. Non mi persi d’animo e cominciai a percorrerlo quando una mano mi tappò la bocca e mi trascinò dietro un alto cumulo di casse.
- Ci incontriamo di nuovo, Madonna Fiora –
Una voce fin troppo famigliare, un tocco rude e quell’accento spagnolo…
Mi puntò un coltello nella schiena lasciando la mano che copriva la mia bocca. Non urlai, ricominciai solo a respirare piano per non farmi prendere dal panico.
-Vogliate seguirmi, Madonna -  disse indicando il porto.
Lo seguii, il coltello puntato alla schiena era abilmente nascosto dalla lunga manica della sua tonaca, pareva solo cingermi la vita come un leggere atto di cortesia.
Volevo urlare ad ogni passante, oppure scattare ma sapevo sarebbe stato più veloce di me, sarei scappata pochi passi più in la con un coltello piantato nel rene.
Avevo lasciato una prigione per entrare in un'altra.
Camminammo per un po’ di tempo prima di arrivare ad un sontuoso edificio, con guardie all’entrata, la prima cosa che notai erano delle piccole medaglie a forma di croce che portavano al collo, un oggetto assai prezioso per semplici guardie di un ricco spagnolo e i regali di un ricco signore non sono mai gratuiti come ben sapevo.
Sbucammo in un grande cortile, c’erano piante rigogliose, rose rosse e piante rampicanti che arrivavano fino alle finestre del primo piano, era un paradiso. Di una cosa ero certa: la mia nuova prigionia sarebbe stata più lussuosa!
Entrammo in una sala al piano terra, il pavimento di marmo era nascosto da un enorme tappeto rosso, le pareti decorate con quadri di ogni tipo, ritratti, paesaggi, edifici, le tende erano raccolte in nastri dorati, un immenso tavolo di legno occupava la lunghezza di tutta la stanza, contornato da una ventina di sedie con cuscini color oro.
- Prego, sedetevi – ordinò con voce pacata.
Sedetti ad un capo del tavolo, incrociai le gambe, abbassai il cappuccio e poggiai un gomito sul bracciolo della sedia portando le dita alla mia bocca con fare sprezzante, non dovevo temerlo o almeno lui non doveva saperlo!
- Ottima scelta! –
- Per cosa? se posso chiedere, Messere –
- Per la scelta del posto alla tavola, madonna –  disse sedendosi all’altro capo del tavolo.
- Oh! Perdonate, messere, non credevo fosse il vostro posto – mentii.
- Non il mio, quello del Gran Maestro –
Il mio viso tradì ciò che pensavo.
- Il Gran Maestro di cosa vi starete chiedendo? Vedete, madonna, avete scelto la fazione sbagliata con cui schierarvi, tempo fa vi ho fatto una proposta… -
- Siete venuto a finire il lavoro, messere? –
- Allora voi sapete? – 
Era sinceramente stupito, ma sapevo cosa? Pensa che io sappia qualcosa che in realtà non so! Oh santo Dio dalla pentola alla brace!
- Forse – risposi semplicemente.
- Forse… - sorrise. – Ho pronto un bordello a Roma, la Rosa in fiore e sarà vostro se lo vorrete –
I regali di un ricco signore non sono mai gratuiti…
- Cosa volete che faccia? –
- Perspicace.. –sogghigno soddisfatto.
- Sono una puttana, messere, fare affari è il mio mestiere –
- e vedo siete alquanto portata, condurrete quel bordello al successo –
Mi limitai a fissarlo.
- Tradite l’assassino! – sputò.
Il cuore balzò nel petto ma trattenni l’istinto di saltare anche sulla sedia. Mi inumidii le labbra e feci un piccolo cenno col capo.
- Entrate nella confraternita dei Templari e schiacciate con me quegli insetti! Loro non sanno apprezzare il vostro…talento -   concluse rivolgendomi un occhiata maliziosa.
- Ho tempo per valutare la vostra gentile offerta, messere? –
- Ma certo… - sorrisi nervosamente.   -… avete un secondo per pensarci…eee fine! La vostra risposta? –  concluse.
Mordicchiai le punte delle dita. – E se non accettassi? –
- Oh! Ritengo non siate così stupida, non avete ragioni per non accettare, fategliela pagare siete piena di rabbia –
Come diavolo faceva a sapere dei nostri screzi?
- Non pensiate di essere l’unica spia, nel bordello di Teodora ho comprato orecchie a buon prezzo –
TRADITORI. Al bordello. Devo avvertire Ezio.
- Spia? – chiesi irrequieta.
- La risposta? –
- No –
- Allora vi ho sopravvalutato, madonna – disse alzandosi dalla sedia. – Credevo foste una spia ai servigi di Federico Auditore, era spesso in vostra compagnia a Firenze –
Il suo nome mi provocò un improvviso vuoto nello stomaco. Era passato tempo ed era successo di tutto da allora.
- Perché lui e non me? Che colpa aveva il piccolo Petruccio?! – sbottai.
- PERCHE’? – urlò. – Era un Auditore sarebbe diventato un problema più tardi, perché non sbarazzarsene subito! Il vostro ragazzo, Federico, era fermamente  convinto della sua “buona” causa, incorruttibile. Voi avete mille e più ragioni per tradire l’ultimo Auditore  e lo sapete –
Per lui era solo un problema… il piccolo Petruccio non c’entrava nulla in tutta questa situazione…come me.
Voi avete mille e più ragioni per tradire l’ultimo Auditore  e lo sapete…
Lo sapevo eccome… volevo fargliela pagare e questa era la mia occasione…sapeva di aver colto nel segno, mi osservava costantemente con un sorriso ironico stampato in volto.
- La vostra risposta? –
Perdonami Federico…  










MAD NOTE:Decisioni importanti...

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Capitolo 18
*** La città eterna ***


La città eterna.  
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Giurai sulla croce la sera stessa.
Mi venne consegnata la medaglietta d’oro che ornava il petto a tutti i templari riuniti nella sala, il Gran Maestro risultò essere lo stesso Spagnolo, probabilmente aveva un nome che a me non era dato conoscere e che utilizzava solo nella vita quotidiana, tutti si rivolgevano a lui chiamandolo Maestro.
Per la cerimonia mi era stato consegnato un abito porpora e oro, di una bellezza mai vista, la scollatura piuttosto profonda era coperta da un semplice pizzo bianco che adornava le maniche a tre quarti e l’orlo della gonna. Portavo i capelli raccolti in un morbido chinion adornato con perle di fiume. La piccola croce greca spiccava sullo sfondo porpora dell’abito. Io non sedevo al tavolo, un gran numero di pedine come me, mercenari o volontari, circondavano il tavolo attendendo istruzioni su come proseguire il loro dovere. Io mi consideravo una sfruttatrice, non ero mercenaria poiché non ricevevo compenso in denaro, ma nemmeno una volontaria, non avevo scelto liberamente, sfruttavo la situazione come un mercante.
Finalmente dopo ore parlarono di me, cominciavo a saltellare per il mal di piedi, le scarpe erano di una taglia in meno!
- In quanto a voi madonna Fiora, vi recherete a Roma domani all’alba, il bordello è già in attività, manca solo la rosa più bella – si alzò e a lenti passi arrivò a me, mi prese il mento tra le dita e spinse le sue luride labbra sulle mie…di nuovo. Avevo pagato il prezzo, non appena avevo pro nunciato il “si”.
 I regali di un ricco signore non sono mai gratuiti…
Mi sali la nausea, pessimo baciatore, barba ispida, anziano, e rude a letto. Ero abituata a clienti peggiori ma lui mi ripugnava più di altri.
La mia missione consisteva nello spiare gli assassini, captare ogni informazione utile grazie alle cortigiane e cercare di contrastarla con ogni mezzo. Perché Roma? Dopo la morte del Doge e l’inserimento di uno nuovo, Venezia non risultava poi così interessante ai templari.  Era una gara, un inseguirsi a vicenda una volta prevaleva una fazione una volta l’altra, una guerra senza fine. Almeno era quello che mi era dato sapere e che per ora capivo.
Le lezioni dell’assassino risultarono preziose poiché quella notte mi addestrarono all’arte della spada e del pugnale, non rimase molto tempo per dormire dopo l’allenamento, ma crollai sul letto adornata come una regina.
Percorsi le strade di Venezia scortata, addobbata in un abito color crema, con la piccola croce greca al petto. La nave era un gigantesco galeone, vele bianche e capitano marpione, la notizia della mia professione si era sparsa per tutta la confraternita alla velocità del vento, ma stavolta i miei servigi avrebbero fatto impoverire il piccolo capitano, dovevo pur mantenermi! La cabina del capitano era la più spaziosa e pulita, le pareti adornate da quadri e il tavolo ricolmo di carte accuratamente impilate in colonne ordinate. Mi alzai dalla branda coprendomi con una piccola coperta verde ai piedi del letto, la legai stretta attorno al seno in modo da avere le mani libere.
Pile di carte scritte con una meravigliosa calligrafia coprivano la scrivania, lettere che s’intrecciavano l’una all’altra perfettamente, avrei tanto voluto imparare a scrivere altrettanto bene.
Presi tra le dita la candela sull’orlo del tavolo, cercando di leggere le numerose carte ma la flebile luce della fiamma non aiutava a combattere il buio della stanza.
Raccolsi gli abiti e mi vestii alla meglio, troppi strati, abito troppo pesante e troppo ricco, non ero abituata a tutto questo sfarzo. Dopo settimane passate tra la cabina del capitano e il ponte della Sant’Angelo non vedevo l’ora di posare i piedi sulla terraferma.  Ero stufa dei rumori sottocoperta, dello scricchiolio del legno, del costante ondeggiare, ero stufa dell’odore del mare della schiuma delle onde che mi increspava i capelli e del fetore che aleggiava tra quelle assi, rimpiangevo Venezia e questo dice tante cose.
Non sapevo nemmeno quanto tempo fosse passato dal momento in cui eravamo salpati ma sentii la benedetta voce del marinaio che biascicava qualcosa riguardo a della terra.
Eravamo al porto finalmente, una cavalcata di circa due ore mi avrebbe portato alla mia nuova vita, alla mia nuova casa.  
Scesi lungo la passerella che poggiava sul suolo umido e puzzolente del porto avvolta nella coperta gentilmente offerta dal capitano, che mi salutò con una sonora pacca sul sedere. Lasciai che le mie budella si assestassero al nuovo terreno e chiusi gli occhi assaporando quella vecchia sensazione di stabilità. Dovetti stare seduta per circa due ore ad aspettare che i marinai scaricassero tutto il carico e le provviste, infine una carrozza mi avrebbe accompagnato a Roma.
Una carrozza.
Il che significava lentezza e sobbalzi continui, addio stabilità, di nuovo.
Il viaggio fu un inferno tra buche e controlli, tra la paura di essere assaltati dai briganti e la noia di non essere loro vittime. Lontani sembravano i giorni al galoppo per Venezia accanto a Ezio, quel viaggio era stato un lusso, piaghe comprese. Arrivammo a Roma col buio, le mura della città s’imponevano davanti al mio piccolo corteo, dei falò spiccarono in cima alle mura e con loro le ombre dei soldati che pattugliavano.  Avevamo i permessi per entrare e mi fu persino rivolto un “Madonna” di cortesia. Nel momento in cui misi un piede fuori dalla carrozza, il mio sedere ringraziò della cortesia, potevo lasciare quella scatola di legno, del bordello non potei vedere un granché al buio, lasciai a domani l’esterno e trascinai i piedi fino alla sala interna della MIA Rosa in fiore,  prostitute di ogni etnia ed età gironzolavano per il salone accompagnandosi ad un vasto numero di clienti, tolsi il cappuccio e fui inondata da una grandissima quantità di luce prodotta da numerosissime candele, mai viste così tante in un bordello e nemmeno in chiesa! Panneggi porpora ornavano le finestre, arazzi con scene erotiche le pareti e cibo di ogni tipo e provenienza le tavole, un intenso profumo di fiori freschi mi fece sentire in un giardino. Evidentemente guadagnava bene ed era stata investita una grandissima quantità di denaro per tutto questo. Individuai dei pezzetti di cioccolata alla cannella su un vassoio e non potei resistere. Ancora inebriata dal profumo assaggiai quella delizia e mi leccai le dita, la cioccolata era assai costosa e di difficile conservazione a Firenze lo sapevamo bene, Paola ne prendeva sempre qualche tavoletta, una volta all’anno.
- Madonna, spero sia tutto di vostro gradimento, siete la benvenuta –
Avanzò davanti a me una giovane ragazza mentre ancora si allacciava il corpetto. Continuò – Sono Amelia, ho gestito il bordello per voi, spero di aver fatto un buon lavoro, se c’è qualcosa che volete cambiare potete segnalarlo e lo faremo subito e … -
- Il vostro accento… – ridacchiai.
- Ehm, Madonna spero di poterlo cambiare farò il possibile lo giur… -
- No, no avete frainteso..- risi – è buffo! –
- Così come il vostro Madonna – ironizzò.
- Oh, ho un accento buffo? –
- No perdonate non intendevo offendervi Madonna, perdo.. –
- Amelia… -  le presi il volto chino tra le mani – E’ Amelia giusto? –
Fece cenno di si.
- Non dovete avere timore di me, avete fatto uno splendido lavoro mia cara, davvero –
Un grazioso sorriso dai denti gialli le si stampò in volto. Avrà avuto appena 18 anni e sapeva gestire un bordello alla perfezione, aiutata o meno, da quanto tempo era qui? E’ stata una sua scelta? Avevo mille domande che il sonno e la stanchezza oscuravano.
-Vogliate perdonarmi Amelia, vorrei riposare –
- Oh Madonna, chiedo venia, prego la vostra stanza è al piano di sopra –
Salimmo su questa imponente scalinata di legno di noce coperta al centro da un tappeto rosso, la mia stanza era l’ultima a destra, un ampia stanza con un letto enorme, coperte pulite e rose profumate sul tavolo.
Amalia mi lasciò sola, augurandomi la buonanotte, sola con i miei pensieri.
 
Ero responsabile di tutte le ragazze sotto questo tetto, avevo una famiglia a cui badare e non sapevo se ne sarei stata capace.    










MAD NOTE: Benvenuti a Roma!

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Capitolo 19
*** Masque sia! ***


Masque sia!  
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Le prime settimane furono impegnative, cercavo di capire da Amelia come gestire il bordello, segnare le paghe, le tasse, le spese, dire che la parte contabile era la più complicata era una blasfemia, bisognava ordinare i fiori freschi, acquistare il cibo dal mercante, ispezionare le stanze, acquistare l’acqua dai venditori e si arrivava a sera esauste ma pronte a fare il nostro dovere e piacere. I clienti non mancavano mai, eravamo aperti tutto il giorno ma con il sole alto nel cielo i clienti erano pochi e potevamo sbrigare le nostre faccende di gestione, al calar del sole come api che tornano all’alveare gli uomini svolazzavano da una prostituta all’altra mentre io passeggiavo per tenere le ragazze sotto stretto controllo al riparo da molestie o amanti troppo focosi.
Il bordello guadagnava molto bene e parte dell’incasso ovviamente andava al mio “carceriere spagnolo”, in fin dei conti dovevo tutto questo a lui.
- Amelia, potresti venire qui un momento, per cortesia –
La ragazzina si avvicinò con piccoli passetti. – Si, Madonna Fiora? –
- Vedete quell’uomo laggiù? –
- Quale Madonna, quello con il cappuccio appena entrato? –
- Esatto, secondo voi perché porta il cappuccio? –
Rimase sorpresa mentre continuavo a fissare l’uomo.
- Ma.. Madonna, non vuole essere riconosciuto, c..credo –
- Perché pensate che gli uomini trovino eccitanti i bordelli mia cara? –
Sgranò gli occhi. – Ehm.. io… credo lo facciano per noi Madonna,  per le donne –
- Si.. ma sapete agli uomini piace fare le cose di nascosto, lo trovano eccitante, e beh il cappuccio è un ottimo modo per scomparire o… sembrare qualcun altro –
- Non vi capisco, Madonna Fiora –
- E’ un po’ come mascherarsi –
 La sua perplessità raggiunse il limite, le sue sopracciglia si alzarono sino all’attaccatura dei capelli.
Mi girai verso di lei. – Organizziamo un masque, una festa in maschera! –
Le brillarono gli occhi e le sopracciglia ripresero il loro naturale posto.
- Così che gli uomini possano trovare eccitante non sapere chi hanno scelto! –
Presi sotto braccio la mia pupilla e le stampai un bacio sulla fronte, come una mamma amorevole nonostante avevamo solo due anni di differenza.
- Che festa in Maschera sia! –
 
Passai intere giornate in giro per Roma a cercare delle maschere e ne ordinai alcune da Venezia, erano famosi per il carnevale oltre che per il pesce, ordinai maschere dai cerusici e moltissimi mantelli e cappelli. Lasciai la gestione delle sale ad Amelia che si sbizzarrì più che mai. Ogni sera distribuivamo piccoli bigliettini facili da nascondere alle mogli, con la pubblicità di questa grande festa in maschera, il Masque delle Rose.
 
Era una piacevole sera di primavera quando aprimmo ufficialmente il Masque, man mano che il sole lasciava il posto al buio, gli uomini affluivano mascherati in qualsiasi modo, alle mie ragazze avevo promesso che avrei lasciato una buona parte del guadagno a loro per togliersi qualche sfizio, molte sognavano cosmetici orientali, altre abiti nuovi oppure riserve di cioccolata.
La serata procedeva piacevole, tra vino e risate, intrattenevo gli ospiti e mi concedevo qualche cliente ogni tanto, le monete tintinnavano nei borselli degli uomini e finivano nei seni delle ragazze.
Intravidi un ragazzo alto, giovane a dirsi, indossava un abiti scuri e un mantello nero con il cappuccio calato, ovviamente non l’avevo notato solo io e un gruppo di ragazze avevano abbandonato i loro vecchi clienti per la “carne fresca” , questa sera potevano permetterselo, stavamo guadagnando moltissimo e anche loro.
Il ragazzo sparì tra le sottane di due ragazze e raggiunse le stanze al piano di sopra.
Il vino scorreva a fiumi tanto che pensavo di non aver ordinato abbastanza barili, i dolcetti erano stati divorati e sulle tavole non rimanevano che le briciole.
Cominciavo a sentire la stanchezza della giornata, era quasi l’alba ma il bordello era ancora colmo, chissà cosa avrebbero detto alle loro mogli o promesse spose!
Il ragazzo che avevo intravisto prima mi si parò davanti mezzo spogliato, non disse una parola, mi porse solo la mano, non potevo vedere il volto celato da una maschera bianca e il cappuccio malamente calato.
- Avete combattuto una battaglia messere prima la sopra? –  ridacchiai.
Nessuna risposta.
- Siete sicuro di voler combattere la guerra? – sussurrai lentamente.
La sua riposta fu ben chiara e immediata, mi prese il polso a forza e mi trascinò sulle scale, lo guidai io fino alla mia camera, il vino stava facendo effetto e incespicai più volte.
Richiuse la porta alle spalle e mi spinse sul letto.
- Preferite spogliarmi o lo faccio io? –
A quanto pare decise lui, tutto.
Si girò e nel farlo si tolse la maschera e il cappuccio.
Ezio.
- Preferite uccidervi da sola o lo faccio io? – la lama celata scintillò alla luce delle candele.
Tolsi la maschera per avere più visibilità, e gliela lanciai contro, rotolai sul letto dibattendomi mentre Ezio cercava di afferrarmi, urlai come una pazza ma la musica al piano di sotto era troppo forte, chi diavolo aveva chiamato quei musici?! Maledetta Amelia!
Sfiorai con le dita la maniglia della porta prima che Ezio mi tappasse la bocca con la mano e mi puntasse la lama alla gola.
- Shhhh, disturberete i vostri clienti Fiora –
Sentivo il freddo della lama penetrarmi nelle ossa, stavolta ero spacciata, lui non mi avrebbe perdonata. Pregai con tutta l’anima che lo Spagnolo entrasse da quella porta, la sua ira sarebbe stata minore rispetto a quella di Ezio.
Le lacrime bagnavano le dita di Ezio, le parole erano bloccate dalla lama.
- E’ un piacere sentirvi piangere, Fiora. Dopo tutte le lacrime che ho versato io quella sera quando non vi ho trovata al mio fianco. Dopo che sono stato incolpato di aver ucciso il Doge sono fuggito come il peggiore criminale, mentre io mi trovavo li solo per avvertirlo di ciò che i vostri confratelli stavano per fare –
Il mio corpo sobbalzò, e lui se ne accorse, poiché anche il mio respirò mutò.
- Ahh, non ve l’ha detto?  L’hanno ucciso loro, avvelenato, e lo stesso che aveva piazzato il veleno nel calice del doge fuggi all’impazzata e a quanto mi hanno detto pochi minuti dopo era al porto a spargere la notizia. Buffa la vita! –
Cercai di sbiascicare qualcosa ma mi strinse al suo corpo.
- Tanta bellezza… -  passò la lama sul seno e cominciò a tagliare i nastri del corsetto.  – è uno spreco uccidervi, ma a quanto pare domarvi è impossibile, tanto che siete passata dalla parte del nemico, siete una templare, non avete fatto molta strada però, puttana siete e tale rimanete anche ora… con il cliente sbagliato. –
Mi spinse sul letto e mi afferrò la gola con la mano che poco prima mi tappava la bocca, con l’altra alzò le gonne e dopo la ramanzina mi prese come se non aspettasse altro, come se fosse venuto per quello, la mia mente non aspettava altro, il mio corpo non aspettava che questo. Mi dimenticai, per quanto possibile, della mano che mi strozzava, cercavo di attirarlo a me e di spogliarlo, avevo bisogno di lui.
Sentii una goccia cadere sul mio seno, mentre il volto di Ezio mi baciava il collo, libero finalmente. Avvolti nell’oscurità, gli sfiorai il volto sentendo che le guance erano umide, non mi lasciò il tempo di parlare e prese a spingere più forte.
- Non potete lasciarmi così, Fiora Cavazza, non si può vivere con il cuore a metà –
Lo spinsi di lato e salii sopra di lui, finalmente potevo vederlo in faccia,  nel tirarsi seduto mi attirò sempre di più a se.
- Ho bisogno di voi Fiora… - sospirò.
- E allora, Ezio Auditore… non lasciatemi più andare –   










MAD NOTE: Bipolarismo is the way!

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Capitolo 20
*** Salvami ***


Salvami  
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 Ero in una situazione dannatamente pericolosa, non in quanto a me ma per Ezio, era sdraiato vicino a me respirava piano, finalmente in pace dopo l’ira di poco prima, e lo ero anche io. Mi teneva stretta a lui per la prima volta, sentivo di appartenere a qualcuno, mi sentivo al sicuro, io, Ezio e le mie ragazze di sotto.
Si girò sul fianco e prese a osservarmi in silenzio soffermandosi sul mio ventre.
-  Non fatemi scherzi Fiora –
Mi sentii offesa. – Davvero?! Come pensate abbia fatto tutti questi anni Messere?! Sono molto brav… -
Il suo bacio lasciò ogni parola sospesa, mi attirò verso di se e spinse il basso ventre verso di me, unendoci per l’ennesima volta.
- Madonna Fiora, perdonate un cliente non vuole pagare, abbiamo cercato di obbligarlo con la forza ma non vuole cedere –
Ezio non si fermò nemmeno con irruzione di Amelia nella stanza, non che fossi pudica ma cercai di fermarlo almeno per riuscire a parlare con la ragazza.
- A..Amelia, Messere vi prego – cercai di divincolarmi, e lo ammetto con poca forza di volontà, ma lo guardai negli occhi e gli feci una smorfia.
- Va bene, ma sbrigatevi, io non mi muovo di qui –
- Vi ringrazio, Amelia cercate di trattenerlo e datemi il tempo di mettermi addosso qualc…cosa, Ezio! Smettetela! –
- L’avevo detto di sbrigarvi, Madonna. Oppure volete che ci raggiunga la vostra amica? –
Non potevo perdonagli anche questa, con un colpo di reni riuscì a rovesciare la situazione trovandomi a cavalcioni sopra di lui.
- Vi sembra che abbia bisogno d’aiuto? – sussurrai.
Cercò l’ennesimo bacio tirandosi a sedere raggiungendo la mia bocca. Riuscii a tappargli la bocca con la mano e finire il mio discorso.
- Vi raggiungo di sotto Amelia, grazie –
La ragazza sparì dietro la porta.
- Stavolta sono io a chiedervi di sbrigarvi Ezio, devo sistemare delle faccende –
Mantenne la promessa, indossai una vestaglia blu legata in vita e mi sistemai alla meglio i capelli.
- Io non vi pago mia cara! Il servizio non è stato all’altezza di ciò che mi avete chiesto! Per Dio! –
- Messere.. – dissi arrivata all’ultimo scalino mentre raggiungevo il gruppetto disordinato nella sala, sapevo che Ezio era appollaiato sulla balconata ad osservarmi. – Sedetevi vi prego –
- Voi chi siete donna?! –
- Prego, quel divanetto andrà più che bene, sono Madonna Fiora, gestisco questo posto –
Mi avvicinai al mio obbiettivo e una volta seduto allentai il nodo della vestaglia, ora avevo tutta la sua attenzione e smise persino di blaterare.
- Ditemi Messere, cosa non vi ha soddisfatto? – sussurrai mentre mi mettevo a cavalcioni sopra di lui e cominciai ad accarezzagli i capelli. Le sue mani mi cinsero la vita cercando di attirarmi. Lo fermai.
- Cosa non vi ha soddisfatto, ditemelo e farò il possibile per rimediare – Le mie cosce nude attirarono diversi occhi nella stanza mentre mi muovevo piano sopra i pantaloni dell’uomo.
- Pagate ciò di cui avete fruito e andate a casa, la prossima volta sarò io stessa ad appagare il vostro disappunto, poi vedremo di cosa vi lamenterete una volta uscito dalla mia stanza –
Sentii il borsello delle monete tintinnare e il freddo metallo dei dischetti sul palmo della mia mano.
- Per il disturbo Madonna, sarò lieto di tornare da voi –
- Vi ringrazio – lo baciai in fronte e sentii le sue labbra sul mio seno al contempo.
Mi alzai e diedi le monete alla ragazza che le aveva guadagnate trattenendo l’esubero che mi spettava, spostai lo sguardo verso la balconata ma Ezio non c’era. Mi sentii trascinare dalla cintura della vestaglia fino a sbattere contro il corpo di Ezio, ormai ero praticamente nuda dopo quello strattone.
- Dovete farlo per forza? Dovete farmela pagare per ogni cosa? –
Che diavolo stava dicendo? Ma beh se lo pensava meglio prendere la palla al balzo e farlo rosicare un po’ come dicono a Roma!
- Si – sussurrai semplicemente.
- Beh, Fiora ora mi appartenete non sono incline a condividervi con altri  -
- Perdonate Messere ma sono una cortigiana, devo fare ciò per cui sono nata e devo mantenermi. Siete pronto ad accettare le mie condizioni? –
- Condividervi? –
- Condividere solo il mio corpo –
- Ci posso provare ma non vi assicuro l’incolumità dei vostri clienti una volta usciti dalla camera –
- Oh, beh, l’importante è che lo fate dopo che hanno pagato! –
- e per l’amor di Dio, copritevi! -  mi chiuse la vestaglia e si sedette sui divanetti ormai quasi vuoti.
- Copritevi? Siete geloso? – ridacchiai.
Mi tirò sulle sue ginocchia mentre trattenevo con le mani la vestaglia, stavo pure facendo ciò che voleva che stupida!
Lasciai i lembi della vestaglia, un po’ di dignità Fiora!
- Ogni volta che sto accanto a voi, non riesco a controllarmi, non solo fisicamente ma mentalmente, mi distruggete –
- Perché questo cambiamento? –
Tardò a rispondermi. – Quando sono tornato da Sorella Teodora e mi avevano avvisato che voi eravate scappata, non ci credevo, dove potevate andare senza di me? Eppure quando ho raggiunto la camera voi non eravate li, l’ho distrutta quella camera Fiora! Poi ho pattugliato tutta Venezia nonostante le guardie mi inseguissero per l’omicidio del Doge. Non vi ho trovata e li ho davvero perso la testa. Sono tornato al bordello e ho pianto in quella stessa stanza dove prima avevo dato sfogo alla mia furia ed è li che ho deciso di uccidervi. Nessuno può far emergere la mia debolezza. Nessuno. –
Non risposi e lui continuò a dare voce ai suoi pensieri.
- Eppure avevate ragione a scappare da me, e l’ho capito solo quando vi ho vista prima, ci sono andato dannatamente vicino, volevo uccidervi –
Poggiai la fronte sulla sua e chiusi gli occhi, assaporando quelle nuove sincere parole, nonostante avesse confessato di volermi fare fuori!
- Ma non riesco, non riesco a controllare l’istinto che vorrebbe prendervi qui in questo momento e in ogni momento, farvi soffrire come ho sofferto io quella sera, ma voglio appagarvi in ogni modo, Fiora salvatemi da questa condizione, ve ne prego –
- Lasciate che vi aiuti, lasciate che vi accompagni nel sonno Ezio, venite –
Gli presi la testa tra le mani e la poggiai al seno, riuscii a poggiare la schiena sul braccio del divanetto e farlo sdraiare accanto a me.
- Io vi amerò ve lo prometto –  sussurrò mentre chiudeva gli occhi accompagnato dal battito del mio cuore.
Ci accoccolammo così  come una madre che tiene al sicuro suo figlio al petto, mentre la luce delle candele veniva sostituita dalla luce del giorno.
 
- Madonna Fiora? Madonna? Svegliatevi. –
Il mio risveglio fu accompagnato d una vocina delicata e gentile.
-Amelia? Che è successo? –
- Oh, nulla Madonna, vi abbiamo lasciata riposare, abbiamo ripulito tutto ora se posso io o meglio noi vorrem… -
-Ezio? –
- Madonna? Chi è Ezio? –
Le nebbie del sonno si diradarono, nessun peso sul petto, era sparito.
- Ehm, io ragazzo che era sdraiato con me –
- Io non ho notato nessun ragazzo Madonna, quando vi ho vista eravate sola –
- Ah –
Ci fu un breve momento di silenzio.
- Madonna possiamo andare a riposarci ora? –
- Ma si certo, Amelia andate pure ai clienti ci penso io, dopo ieri non credo verrà molta gente, grazie –
- A voi, Fiora –
Stropicciai gli occhi, era stato tutto un sogno? No impossibile, mi sembrava tutto troppo reale. In ogni caso dovevo tornare a gestire la baracca, ma trovai, infilato della cintura della vestaglia, un bigliettino.
 
Tornerò a trovarti ogni volta che posso, te lo prometto. Brucia questo biglietto una volta letto eviterà guai ad entrambi.
                                                                                                                                                                         Ezio
 
Una strana sensazione mi inondò la mente, da quanto diavolo di tempo non provavo felicità!
 
Ezio passava tutte le sere, soddisfa vo  il suo corpo e la mente, parlando per ore anche mentre eravamo un'unica cosa. Si istaurò una piacevole routine, arrivava nel bel mezzo della notte ed io lo spettavo davanti alla porta con il cuore a mille e le mani sudate, sembravamo una coppia di amanti che al calar della notte riuscivano a trovarsi senza farsi scoprire.
Purtroppo però una notte mentre aspettavo  il mio amante, entrò al suo posto Lo Spagnolo.
Deglutii e indossai la migliore delle mie maschere.
- Maestro, quale onore accogliervi nella nostra “umile” dimora del piacere! –
- Madonna Fiora – mi spinse la lingua in bocca e il gusto del cioccolato venne sostituito dalla bile.
Non mi abituerò mai.
- Ho visto dagli ultimi resoconti che il bordello incassa molte monete e riuscite a mantenervi –
- Si tutto procede per il meglio, grazie anche all’aiuto delle ragazze e di Amelia e… -
- “Tornerò a trovarti ogni volta che posso, te lo prometto. Brucia questo biglietto una volta letto eviterà guai ad entrambi. “ –
- Cosa..? -  sussurrai.
- Dovreste aver ascoltato il vostro amico –
- Io…non.. –
Non so nemmeno da che parte arrivò il pugno che mi colpì in pieno volto e che mi lasciò a terra sanguinante, la testa girava vorticosamente.
-  Ogni sera, Ezio viene qui ad usarvi, e voi glielo permettete – sventolò il biglietto che avevo conservato sotto il materasso in camera mia, ero stata spiata, lo ero sempre stata. Ma chi…
- Grazie Amelia per le informazioni, anche se non sarebbe stato difficile scoprirla. Mi deludete Fiora, vi reputavo più furba. Ma una puttana innamorata non capisce poi un gran che, sempre che esista –
Guardai in direzione della ragazza, che sostenne il mio sguardo.
- Non avete nulla da dire? No? Bene perché ho portato un amico da Venezia e vorrebbe accompagnarsi con voi, credo lo conosciate, lo chiamano Il Colosso –
Alzai lo sguardo e il corpo imponente del Colosso creò un ombra scura su di me. Mi alzai da terra e cercai di guardarlo negli occhi, racimolando ogni singolo granello di coraggio.
- Preferite che mi spogli da sola o volete farlo voi? – lo sfidai.
Una risata proveniente dall’oltretomba si sparse per la stanza.
– Non ne hai avuto abbastanza quella sera vero? – tuonò.
- Neanche voi, Messere –
Mi prese per i capelli e mi trascinò vicino al suo volto.
- Non sarò così clemente –
- Non rovinarmi la merce Colosso, a quanto pare ci sta ben finanziando la guerra contro gli assassini –
 
Non voglio ricordare ciò che avvenne di nuovo nella mia stanza, vi dico soltanto che le mie urla spaventarono la clientela e quella sera non guadagnammo nulla, un dolore mai patito, un’umiliazione nel corpo e nella mente, durò un eternità, alla fine mi lasciò da sola con il corpo dilaniato e coperte intrise del mio sangue e del vomito.
Vomitai per giorni a causa del dolore. A malapena camminavo e uscivo dalla stanza solo per prendere dalla cucina un tozzo di pane e carne essiccata. Ma tutto tornava su e mi svuotavo completamente, mentalmente non pensavo ad altro che scappare, ma il fisico me lo impediva. Dove sarei andata?
Ezio era sparito, l’avevo messo in pericolo conservando il biglietto, che errore da principiante, ma Amelia… Dio Amelia era così sincera…
Nella mente frullavano mille pensieri, continuavo a sanguinare, sottili rivoli coloravano il mio interno coscia ad ogni piccolo sforzo.
Rimasi in compagnia del mio dolore per settimane, sperando di non essere rimasta incinta, il giorno dopo avevo attuato ogni rimedio che conoscevo, come potevo allontanare un uomo dalla mole così esagerata? Nonostante ci avessi provato, ma lui voleva umiliarmi. “ e se mai avremo un figlio lascialo morire come i suoi fratelli” lui voleva umiliarmi in tutto.
Dopo circa un mese riuscii ad uscire per ordinare dal mercante del vino, uscivo con i cappuccio calato cercando di non dare nell’occhio, mi dava fastidio il chiacchiericcio e la folla, avevo posizionato uno straccio tra le cosce per evitare di lasciare scie di sangue per le vie di Roma, camminavo goffamente per questo e ridevo tra me.
Ero più che certa di impazzire, il cibo del mercato mi dava la nausea tanto che vomitai ad un angolo e sentii che il sangue ad ogni sforzo inzuppava il panno.
Mi accovacciai come un mendicante, esausta, ero a rischio infezioni lo sapevo ma a chi importava della morte di una prostituta.
Cominciai ad alternare risate al pianto isterico attirando gli sguardi della gente, Dio come ti sei ridotta. Avevi una famiglia benestante che diavolo stai facendo? Torna a Firenze e cerca di ovviare a ciò che stai facendo da anni! Ritirati in un convento e muori di vecchiaia!
 
- Venite con me Madonna! Presto! –
- Siete Dio? Oh finalmente! –
- Dio? Madonna Fiora no! Ma grazie del complimento! –
La figura incappucciata mi prese sotto braccio e mi accompagnò per un lunghissimo tratto di strada, non c’è la facevo più, tanto che nell’ultimo tratto trascinai i piedi.
Scomparvi nell’oscurità per un periodo di tempo abbastanza lungo da farmi credere di essere morta.  Qualcuno stava armeggiando sul mio corpo sentivo tintinnare strumenti e mi venivano offerti intrugli di ogni tipo, uno più amaro dell’altro.
 
- Non può affrontare un viaggio così lungo… siete pazzo la ucciderete…-
- …….io capisco ma non riuscirete e….-
- ……..Al diavolo fate ciò che volete….. –
 
Svenivo di continuo captando conversazioni a caso mentre la febbre mi bruciava l’anima, ma sapevo, avevo sentito l’olio sulla fronte dell’estrema unzione, e l’odore d’incenso.  










MAD NOTE: nuovo capitolo! e ora soffriamo insieme v.v

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Capitolo 21
*** Falena ***


Falena  
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Per giorni brancolai nel buio dell’inferno, bruciata dalla febbre e consumata nell’anima. Invocai il nome di mia madre più volte nei momenti in cui il dolore raggiungeva il picco per poi abbandonarmi all’oscurità. Credevo di averlo dimenticato, un nome tanto comune per una donna dal volto caratteristico, l’ultimo ricordo raffigurava una donna piccola e minuta, occhi grandi e sempre seri, ai lati della bocca quando mi rimproverava scorgevo delle piccole rughe, che mi facevano ridere tantissimo. Sorriso che mi cancellava a suon di schiaffi, fino a farmi diventare la faccia del colore del suo abito preferito, porpora e argento, con perle e la piccola coccarda con i colori della sua confraternita. Donna devota. Ci aveva provato a rinchiudermi tra le quattro mura del convento ma ero persino troppo scandalosa per le monache. Ricordo ancora le sue precise parole l’ultima volta che l’ho vista, quando le sue piccole rughe scomparvero ai lati della bocca e lasciarono il posto agli occhi bassi della rassegnazione…
“ Se devi proprio andare va pure Fiora, vattene!”  
 
- Se devi proprio andare… va pure Fiora… -
Sentii accarezzarmi il volto con un panno fresco, la stanza era fredda, quella sensazione in contrasto sulla mia pelle bruciante era come un ristoro.
- Madre? –
- Mi dispiace… -
- Madre, sono a casa? Oh… ho così tante cose da dirvi, ho una casa e ho trovato un uomo che bada a me, è un po’ singolare, non vi piacerà ma dovrete accettarlo e… -
- Anche io ho trovato una donna speciale sapete? Vi somiglia molto –
O mia madre era impazzita o ciò che sentivo non era reale e la febbre mi stava giocando un brutto scherzo.
Piano piano la voce dolce venne sostituita da una voce maschile, volevo sentire ciò che immaginavo, ma la realtà era molto meglio.
- Ezio… -
Strinse a se il mio corpo mentre ardevo di gioia e febbre.
- Me ne dispiaccio, madonna ma sono ben diverso da vostra mad… -
- Salvatemi, vi prego – sussurrai. – Pagate il vostro debito, io vi ho salvato –
Era una supplica.
Non potevo andarmene, non ora che avevo trovato tutto, non ora che avevo ottenuto tutto col sudore e il sangue.
- A costo di vendere la mia anima, madonna, ve lo prometto –
Lasciai sfumare le parole nella nebbia degli occhi, mentre ogni senso si spegneva come candele sotto un bicchiere, e il mio corpo bruciava come una falena avvicinatasi troppo alla fiamma.
 
- ODDIO! –
Fu come rinascere trafitta da mille aghi di ghiaccio, gli occhi si aprirono ma ci volle un po’ più di tempo perché vedessero ciò che mi stava davanti.
- Ben tornata tra noi, madonna –
- Antonio! Che mi state facendo?! Oddio tiratemi fuori! –
Ero completamente immersa in acqua gelata, il corpo freddo e ricoperto di brividi.
Freddo.
Sentivo freddo.
Mi tastai la fronte ma la mia mano fu sostituita da una mano sconosciuta, un medico a giudicare dagli abiti.
- La febbre è scesa –
E poi realizzai, ero nuda in una vasca circondata da una ventina di persone, in un attimo mi rannicchiai su me stessa.
- Ma siete in una fiera del bestiame dico io?! Qui si paga! –
- Direi che sta bene! – ridacchiò Antonio.
- Messere che diavolo ci fate a Roma?! Tornate nella vostra pescheria a Venezia e… -
- Siete a Firenze, madonna –
Passò il freddo, la rabbia, l’ironia tutto come una tempesta spinta dal vento, che lascia cadere solo qualche goccia salata sulle mie guance.
Non servirono parole, mi alzai in piedi e vidi Ezio venirmi in contro con il cappuccio calato, mi avvinghiai al suo corpo, nuda come ero venuta al mondo, in questa nuova rinascita.
Riuscì a staccare il piccolo mantello marrone che portava sulla spalla e a coprirmi, non che mi importasse qualcosa, mi stavo già scaldando contro il suo corpo. Cercò di spostarmi i capelli bagnati appiccicati al viso.
- Sapevo che sareste ritornata da me, ho mantenuto la promessa –
 
 
Nella foga del momento non avevo visto che Ezio era ricoperto di sangue dalla testa ai piedi e di conseguenza avevo il corpo dipinto di un rosso acceso.
- State bene? –
- Si, ci voleva proprio un bagno, grazie –
Eravamo in una piccola pensione appena fuori Firenze,  in città sarebbe stato troppo pericoloso con lo Spagnolo alle calcagna.
Indossai la vestaglia e mi sdraiai con lui sul letto.
- Grazie… -
- Io non ho fatto nulla… sono anche dovuto andare in missione e lasciarvi in quelle condizioni, pensavo che non vi avrei mai più rivista viva - 
- Avete capito cosa mi è successo immagino.. –
- Chi? –
- Nessuno Ezio me lo mer… -
-Chi? –
- Nessuno ve l’ho det… -
Mi ancorò al letto per i polsi e ripeté la domanda.
- Il Colosso.. –
Mi lasciò andare e si sistemò nuovamente sul letto.
- Non siete incinta questo è certo, avete perso moltissimo sangue e c’era un infezione in corso –
- Ezio vi ho messo in pericolo ma quel biglietto io… -
- Dovevate bruciarlo! –
- Lo so è che… -
- Zitta! Ma non capite che potevate morire per uno stupido biglietto?! –
- Non potete parlarmi così e… -
- D’ora in poi farete tutto ciò che vi dico -  aprii bocca per protestare ma mi fermò – e non perché sono un uomo e comando ma perché cerco di tenervi in vita! –
Arricciai il naso. – Si, si può fare –
- Bene! –
- Bene! –
Scoppiammo a ridere, e ci ributtammo sul letto, mi girò sul fianco e mi abbracciò da dietro, avevo trovato la pace e anche un protettore.   







MAD NOTE: Ho sempre adorato il paragone del fuoco con la falena, ci ho buttato l'anima in questo breve capitolo. Ho cercato di far trasparire sentimenti contrastanti su cui si basa praticamente tutto il racconto, la voglia di non vedere più una persona soffrire ma l'egoismo di non volerla lasciarla andare.

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Capitolo 22
*** Prelato e Fiorini ***


Prelato e Fiorini  
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Credo sia stato il periodo più felice di tutta la mia esistenza, nonostante i giornalieri omicidi, fughe e l’ombra dello Spagnolo alle spalle.
Ora la mia vita era appesa ad un sottilissimo filo di ragnatela, tra templari e assassini sentivo il freddo della lama dello Spagnolo sul collo e il caldo delle mani di Ezio che mi tenevano stretta  a lui. Stavo camminando per il piccolo villaggio in cui ci eravamo fermati  a pochi chilometri da Firenze, avevo delle commissioni da fare per conto di Ezio: portare dalla sarta alcuni indumenti da rammendare,  ordinare il foraggio per i cavalli e passare dal medico per comprare delle scorte di medicine. Indossavo abiti civili, gonna lunga fino ai piedi con un corpetto marrone scuro legato da lacci neri, mi sentivo fin troppo impedita nei movimenti con tutta quella stoffa a coprirmi.
- Buongiorno mastro, avrei bisogno… ehm vediamo del foraggio per cavalli ne avete? –  puntai il dito sulla parola del foglietto.
- Buongiorno Madonna, si purtroppo il prezzo è salito dalla settimana scorsa, non riceviamo più merci da Siena a causa di un’epidemia che ha costretto la città alla quarantena –
- Capisco.. ehm ho 15 fiorini per il foraggio, spero bastino per far vivere quel maledetto cavallo! Anche se io lo lascerei morire di fame! –
- Si basterà madonna, non andate d’accordo? -  rise.
- Lasciate perdere ogni volta che mi avvicino è come se si avvicinassero il fuoco e  l’acqua! E io sono il fuoco ovviamente, spenta da un cavallo puff –
- Chiedete a vostro marito di aiutarvi, i cavalli scelgono le persone che vogliono prendersi cura di loro –
- Già…-                                                                        
- Vi preparo l’ordine prima del tramonto in modo che possiate venirlo a ritirare con vostro marito prima del buio –
- Vi ringrazio, messere –
 
Marito.
Eravamo questo per la nuova comunità in cui avevamo appena piantato le radici. Sposarsi è una privazione della libertà! Giammai! Ero libera e lo sarei stata per sempre. Una donna indipendente e libera!
Mentre analizzavo il mio piccolo pezzetto di carta con scritte le commissioni ,mi sentii trascinare per la vita da dietro e in un vortice di sottane dannatamente pesanti, mi trovai faccia a faccia con mio marito e le sue labbra si stamparono sulle mie in una morbida prigione dorata derubandomi dell’ultimo soffio di libertà.
- Liberatemi da questi abiti scomodi vi prego! –
- Fiora per l’amor del cielo così in pubblico! -  rise.
- Ma che avete capito! Mi impediscono di camminare! Voglio qualcosa di più comodo! –
- Farvi girare per il paese, per lo più di poche anime come questo, con le caviglie scoperte e con il corpetto attirerebbe attenzione che noi non desideriamo se vogliamo tenerci la testa sulle spalle, vero madonna? –
Sbuffai in tutta risposta.
- Quindi, sopportate la pesantezza di questi abiti fino a casa dove potrò aiutarvi molto volentieri a disfarvene! –  sussurrò.
- Qui quello che attira attenzione siete voi che.. –
- Buongiorno, messere. Madonna. –
- Buongiorno a voi Padre – disse scostandomi accanto a lui cingendomi il fianco. Io mi limitai a sorridere da buona mogliettina rispettosa dei ruoli.
- Ho visto che vi siete trasferiti da poco nel nostro umile villaggio, non ho avuto modo di darvi il benvenuto prima, purtroppo per un prete ci sono sempre più incarichi da gestire e Roma, ah… - si fece il segno della croce – è solo l’ombra di quello che era –
- Vi ringraziamo Padre, il villaggio è delizioso e tranquillo –
Liquidò la faccenda con un gesto della mano. – Non vi ho mai visto lavorare la terra, quindi non siete un contadino, non vi ho visto nemmeno trasportare merci in città, e quindi non siete un mercante… come vi mantenete messere? Gli abiti che portate sono di buona fattura. –
- Alla faccia della curiosità! – brontolai all’orecchio di Ezio che in tutta risposta mi piantò due dita nel fianco.
Sorrisi, di nuovo.
- Padre ehm, lavoro presso una bottega in città come apprendista e spesso mi usa come corriere per i suoi affari –
- Capisco – scrisse qualcosa sul piccolo libro che teneva tra le mani. – Quindi direi che posso applicarvi una tassa da artigiano, il che fanno 5 fiorini al mese –
 Ezio cambiò espressione come se gli avessero chiesto una cifra esorbitante, taccagno!
- Saremo felici di corrispondere il dovuto alla comunità – affermai con un sorriso sgargiante.
Il prelato mi guardò come se avesse parlato una fattucchiera, e rivolse il suo sguardo verso Ezio, ancora sconcertato dai 5 fiorini!
- ehm si.. – riuscì a balbettare.
Il Prete allungò la mano e io gli porsi i 5 fiorini che aveva chiesto, dato che avevo io i soldi per pagare le commissioni, sconcertato il prete ne morse un paio per controllare se fossero autentici. Una donna che gestiva le finanze doveva sembragli Satana in persona, avevo voglia di urlargli un faccia che ero la figlia della perdizione, l’amante di Satana, la figlia del peccato!
Ma…mi limitai al solito sorriso.
- Molto bene! -  chiuse la mano tutto soddisfatto poiché poteva allontanarsi da me.
- Una buona giornata a voi! – disse allontanandosi di pochi passi, per poi girarsi di scatto. – dato che sembrate guadagnare bene comprate più stoffa da mettere addosso a vostra  moglie! –
- Sarà fatto Padre, Buona giornata! –  salutò Ezio dopo essersi magicamente ripreso dalla catalessi del taccagno.
 
- Mi odia. – affermai vedendo il Prelato zampettare come un allegro capriolo lontano da noi.
- Mi ha detto di coprirti –
- Si infatti se metto altra roba addosso, dovrai raccogliere il mio cadavere o trascinami per il paese –
- Quindi…proporrei di far contento il Padre e andarti a togliere questi abiti sconci! –
Incrociai il suo sguardo da trota in amore e gli sventolai il foglietto che tenevo in mano con le commissioni, allontanando le sue fantasie sessuali con la forza dell’aria che produceva agitandolo.
Ma a quanto pare non bastava, nemmeno una tempesta avrebbe scacciato quelle fantasie.
Mi prese con la forza e mi spinse contro il muro della chiesetta del villaggio, dietro l’angolo che dava al piccolo cimitero sul retro.  Spinse il suo corpo contro il mio fino a farmi toccare la schiena contro la fredda roccia, gli passai le mani tra i capelli tirandolo verso di me.
- Mi avete contagiato, Ezio Auditore. Liberiamoci di questi abiti sconci –
Sorrideva mentre mi prendeva il volto tra le mani e poggiava la fronte sulla mia.
- Vi amo Fiora Cavazza, nemmeno Dio sa quanto –
   







MAD NOTE: La quotidianità sta stretta a Fiora...oltre che il corsetto!

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