I'll Be With You Here, Until The End.

di SarcasticColdDade
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** James e Amelia. ***
Capitolo 2: *** Se n'è andato.. ***
Capitolo 3: *** Mercoledì, 6 Gennaio 2010. ***
Capitolo 4: *** Casa Sullivan. ***
Capitolo 5: *** Il tempo passa, la testardaggine resta. ***
Capitolo 6: *** Clown, Telefilm e Sonno. ***
Capitolo 7: *** Rivincite. ***
Capitolo 8: *** Qualcosa di inaspettato. ***
Capitolo 9: *** Tocca a tutti, prima o poi. ***
Capitolo 10: *** Pioggia. ***
Capitolo 11: *** James.. ***
Capitolo 12: *** Ne sei davvero sicura? ***
Capitolo 13: *** Sorelle, sorelle sveglie ovunque. ***
Capitolo 14: *** Un grosso spavento. ***
Capitolo 15: *** Basta un po' di impegno. ***
Capitolo 16: *** Un piccolo consiglio. ***
Capitolo 17: *** Beccati. ***
Capitolo 18: *** Di nuovo insieme. ***
Capitolo 19: *** Difficoltà. ***
Capitolo 20: *** Come non mai. ***
Capitolo 21: *** Finalmente! ***
Capitolo 22: *** So Far Away. ***
Capitolo 23: *** ..l'alcool comincia a farmi un brutto effetto. ***
Capitolo 24: *** Non doveva andare così.. ***
Capitolo 25: *** Partenza. ***
Capitolo 26: *** Non sarà semplice. ***
Capitolo 27: *** Cambiamenti. ***
Capitolo 28: *** Nuove conoscenze. ***
Capitolo 29: *** Tasti Dolenti. ***
Capitolo 30: *** #Flashback number one. ***
Capitolo 31: *** Sogno o realtà? ***
Capitolo 32: *** Un buon caffé. ***
Capitolo 33: *** Questo è Halloween! ***
Capitolo 34: *** Devi dirlo a qualcuno, sai che devi dirlo... ***
Capitolo 35: *** #Flashback Number Two. ***
Capitolo 36: *** Era solo un piccolo ostacolo! ***
Capitolo 37: *** E' ora di tornare a casa, sorellina. ***
Capitolo 38: *** Chissà.. ***
Capitolo 39: *** I ricordi fanno male. ***
Capitolo 40: *** Scelte. ***
Capitolo 41: *** C'è sempre qualcosa che va storto. ***
Capitolo 42: *** Sentivo il bisogno di farlo. ***
Capitolo 43: *** Verità.. ***
Capitolo 44: *** Non sono niente senza di te. ***
Capitolo 45: *** Vuoi la verità? ***
Capitolo 46: *** Ora arriva la parte difficile.. ***
Capitolo 47: *** Primi segni. ***
Capitolo 48: *** Tutto non potrebbe andare meglio! ***
Capitolo 49: *** Novità. ***
Capitolo 50: *** Questione di minuti. ***
Capitolo 51: *** Sorprese! ***
Capitolo 52: *** I need another chance to live. ***
Capitolo 53: *** Influenza e... ***
Capitolo 54: *** Eventi e idiozie! ***
Capitolo 55: *** Due nuovi arrivi. ***
Capitolo 56: *** Bello essere di nuovo a casa! ***
Capitolo 57: *** Preferivo le contrazioni! ***
Capitolo 58: *** Un pomeriggio solo per noi! ***
Capitolo 59: *** Tranquille passeggiate. ***
Capitolo 60: *** Il battesimo, din don dan! ***
Capitolo 61: *** Abiti da sposa e vecchie foto. ***
Capitolo 62: *** Addio al celibato e addio al nubilato! ***
Capitolo 63: *** Finalmente sposi! ***
Capitolo 64: *** Progetti. ***
Capitolo 65: *** Voglia di avventura. ***
Capitolo 66: *** Waiting for.. ***
Capitolo 67: *** ..you. ***
Capitolo 68: *** La cena. ***
Capitolo 69: *** Continuare a conoscersi. ***
Capitolo 70: *** L'uscita. ***
Capitolo 71: *** Avete presente quando... ***
Capitolo 72: *** Perché adesso? ***
Capitolo 73: *** Together, as always. ***
Capitolo 74: *** Trauma. ***
Capitolo 75: *** Rivelazioni. ***
Capitolo 76: *** Incidente..incidente..incidente. ***
Capitolo 77: *** Famiglia. ***
Capitolo 78: *** Consigli e visite. ***
Capitolo 79: *** La visita. ***
Capitolo 80: *** Brian passione spesa. ***
Capitolo 81: *** Non smetterò mai. ***
Capitolo 82: *** Il sogno. ***
Capitolo 83: *** Dubbi. ***
Capitolo 84: *** Nuovi ricordi. ***
Capitolo 85: *** Scuse. ***
Capitolo 86: *** Quel bacio.. Parte I. ***
Capitolo 87: *** Quel bacio.. Parte II. ***
Capitolo 88: *** Matrimonio in arrivo! ***
Capitolo 89: *** Napa Valley! ***
Capitolo 90: *** 5 anni dopo.. ***



Capitolo 1
*** James e Amelia. ***


Abitavamo tutti quanti ad Huntington Beach, una delle cittadine più tranquille e carine della costa  Californiana.
Tutti noi eravamo nati e cresciuti lì, insieme, da sempre.
Come ogni anno, il nostro quartiere, era allestito per una delle classiche feste annuali, appunto, con giochi, stand culinari e spettacoli di ogni genere.
E, proprio in quel momento, stavamo camminando lungo una delle tante strade allestite : Jimmy era accanto a me, mentre gli altri facevano i cretini tra di loro, come al solito del resto.
Teneva le mani in tasca e un berretto in testa, girato, con la visiera all'indietro.
Ogni tanto ci capitava di scambiarci delle occhiati, ma tutte piuttosto fugaci : mi sorrideva;
quel maledetto sorriso che mi toglieva sempre il fiato.
Camminammo ancora, fino a raggiungere il luna park, uno dei posti più fighi di Huntington Beach, per noi almeno.
- MUOVETEVI LUMACHE! OGGI CE LA POSSIAMO SPASSARE, TANTO E' TUTTO GRATIS! -, sbottò Matt, cominciando a correre a perdifiato.
- E' sempre il solito bambinone, impressionante .. -, dissi, mentre lo guardavo correre insieme agli altri.
- E neanche cambierà, credimi... -, mi sussurrò Jimmy, avvicinandosi al mio orecchio, prendendomi poi la mano, - Andiamo, su -, aggiunse, facendomi segno di seguirlo insieme agli altri, iniziando poi a correre, trascinandomi con lui.
Mi lasciai scappare una risata, mentre correvamo uno accanto all'altro, mano nella mano : amavo stare con lui, semplicemente perché amavo lui, sotto ogni suo aspetto.
Non mi importava dei suoi lati negativi, perché avevo imparato ad apprezzare persino quelli;
quando arrivammo davanti all'entrata del luna park ci ritrovammo a ridere come due idioti, mentre riprendevamo fiato : quei tre, invece, si dirigevano a passo spedito verso la ruota panoramica.
Il mio personale incubo segreto;
- Ruota panoramica, ARRIVIAAAAMO! -, urlò Zack con un braccio puntato verso di essa, a mo di Superman.
-  Hey! Amy, Jimmy, voi non venite?! -, ci chiese Johnny, fermandosi per un momento e voltandosi verso di noi, che avevamo ricominciato a camminare a passo lento.
- Lei soffre di vertigini, nano … -, chiarì subito Jimmy, senza dare il tempo a me di spiccicare parola.
Mi voltai a guardarlo, quasi incredula: nessuno conosceva quella mia paura, nessuno;
ma probabilmente era talmente prevedibile da apparire facilissima da capire.
- Mhh, e tu Jim? -, chiese, invece, Matt.
Si voltò a guardarmi, poco prima di rispondere, lanciandomi uno dei suoi ennesimi sorrisi. - No, resto qui con lei… -, disse, guardandomi per un momento, - Ma voi andate, su…sho! -, aggiunse poi, voltandosi nuovamente verso di loro e gesticolando con le mani.
- Quasi quasi invece restiamo qui, così, tanto per darvi fastidio... -, se ne uscì Brian, con uno dei suoi soliti sorrisetti beffardi.
- Sparite e basta dementi … -, sbottò infine ridendo, circondandomi le spalle con un braccio, incamminandosi verso le transenne.
Scossi la testa, sorridendo, camminando con lui accanto. - Quando si dice che una persona è fine... -, dissi, avvicinandomi di più a lui.
- Che c'è? Gli ho detto solo di sparire, sono stato anche più gentile del solito, no? Sto migliorando... -, mi disse, avvicinandosi e posandomi un bacio sulla fronte.
- Mhh, si, stai migliorando dai -.
- Il tono con cui lo hai detto mi da un qualcosa di sarcastico.. -.
- No, no giuro che non ero sarcastica! -, risposi subito, allontanandomi e alzando le mani.
Sapevo cosa faceva quando gli davo torto su qualcosa : mi torturava, col solletico per di più.
- Non avrai mica paura di me, vero? -, mi chiese, assumendo un'espressione terrificante, sogghignando maleficamente, avvicinandosi sempre di più.
- Sei parecchio inquietante, e sta lontano da me! -, dissi, quasi urlando, continuando ad indietreggiare, finché mi era permesso.
- Non provare a scappare, lo sai che ti prendo! -, mi avvertì, allungando le mani verso di me.
- Non è colpa mia se sei alto un metro e 90.000! -, sbottai ridendo, voltandogli così le spalle, iniziando a correre.
- Hai appena commesso un errore, signorina Pederson! -, urlò, iniziando a ricorrermi.
Mi guardai indietro, senza ribattere, cacciando poi un piccolo grido, vedendo che mi aveva già praticamente raggiunto.
Accelerai il passo, cercando di scampargli in qualunque modo, cambiando direzione più volte.
- Fermati! Sono troppo vicino ormai! -.
- Preferisco di no! -, urlai, ormai quasi a corto di fiato.
Cambia ancora una volta direzione, andando ancora una volta verso le transenne : rallentai, arrivandoci finalmente davanti, - TANA! -, dissi, con il poco fiato con mi rimaneva, aggrappandomi letteralmente.
Pochi attimi dopo arrivò anche lui, ridendo. - Si … certo! Così non vale però! -.
- Non c'erano mica … delle regole! -, risposi, sorridendo angelicamente.
- Tutte scuse, solo perché sapevi che ti avrei preso!  -.
- Certo che mi avresti preso! Ripeto, sei alto... -.
- … un metro e 90.000, si lo so -, disse, come a volersi atteggiare.
- Tiratela poco, Sullivan! -, dissi, facendolo ridere di nuovo, - … e poi, come facevi … a sapere che soffro di vertigini? -, chiesi, con il vapore che mi usciva dalla bocca.
- Ti conosco meglio delle mie tasche, non è una novità -, mi rispose, lanciandomi un'occhiata, sorridendomi.
- Sono così facile da capire? -.
- Sì, sotto alcuni punti di vista sì, per esempio quello di cui hai paura … e poi, andiamo, ci conosciamo da quando facevamo la cacca nel vasino, avrò pur imparato a conoscerti no? -, disse, rimanendo serio per tutto il tempo.
Io, al contrario, scoppiai a ridere immediatamente, senza riuscire a fermarmi.
- Che c'è? Ti fa ridere la parola “cacca”? -, mi chiese, iniziando a ridere a sua volta.
- Si, cioè...mi ha fatto ridere il modo in cui lo hai detto -, risposi, senza smettere di ridere.
- Beh...almeno stai ridendo... -, disse, indicandomi.
Mi calmai, riprendendo fiato, e voltandomi di nuovo a guardarlo, notando che lui lo stava già facendo da un po'.
- Che...che c'è? -, gli chiesi, stringendomi lievemente nelle spalle.
Lui si limitò a scuotere la testa. - E' solo che... -, iniziò, chinando poi il viso, guardando verso terra, - sei...ancora più bella quando ridi... -, aggiunse, ritornando a guardarmi, sorridendomi ancora.
- G-grazie.. -, balbettai imbarazzata, venendo poi scossa inevitabilmente da un brivido, che mi percorse tutto il corpo.
Stupidamente, era Gennaio, e io ero uscita con indosso solamente un giacchettino : mossa molto astuta, direi.
- Hai freddo? -, mi chiese, riavvicinandosi a me.
- Mhh, no … no ma ti pare... -, dissi, sparando la prima cosa che mi era passata per la mente.
- Non sei brava a dire le bugie, e lo sai bene -, mi disse, sfilandosi in un attimo il giacchetto di pelle.
- Dai non serve... -, cercai di dire.
Ma erano parole al vento, per lui almeno: si mise dietro di me, tenendolo saldamente tra le dita e posandomelo poi addosso, circondandomi così la vita con entrambe le braccia, stringendomi a lui.
- Tu non ascolti mai, vero? -.
- No, mai... -, rispose, poggiando poi il mento sulla mia spalla sinistra.
- Immaginavo -, dissi alzando poi il viso verso il cielo stellato che ci sovrastava, in quella fredda serata di Gennaio. 
- Anche io sto diventando prevedibile, ho perso proprio colpi -, disse, sbuffando leggermente.
- Si, lo stai diventando, oppure semplicemente anche io ti conosco... -, dissi, - ...e, per inciso, la prima volta che tu feci la cacca nel vasino, la portasti a far vedere a mia madre, ricordi? -, aggiunsi, voltando appena il viso verso il suo.
- Cosa? Nah, ti sbagli, non ho mai fatto una cosa così! -.
- Si che l'hai fatta, me lo ricordo benissimo! -.
- Ma no, ti dico di no! -.
- E io ti dico che ho le foto! -.
- Io...mhh... -, biascicò, cercando qualcosa con cui ribattere.
- Ho vinto -, dissi, tutta soddisfatta.
- Sappi che finché non mi fai vedere almeno una foto, negherò tutto! -.
- Perfetto, le avrai entro domani, va bene? -.
- Benissimo! -, concordò alla fine.
- Eri piuttosto carino, col vasino in mano, il tuo pigiamino celeste e i tuoi capelli a caschetto... -, dissi, con un tono che faceva trasparire perfettamente che lo stavo prendendo in giro.
- Hai appena detto che ero carino, lo sai? quindi devo presumere che pensi che sono carino anche ora... -, disse, con il suo solito tono da sbruffone sotuttoio.
- Non ho assolutamente detto questo -, ribattei decisa, sentendo alla stresso tempo le guance avvamparmi.
- Però lo hai pensato...e, oh, sei anche rossa -, disse, indicandomi in un primo momento la guancia, posandoci poi un leggero bacio.
- Cos'è? Ora sai anche leggere nel pensiero? -.
Sospirò pesantemente, tornando poi serio. - Si, lo ammetto...ma non saresti dovuta venire a saperlo così, non era ancora il momento! -, disse, sfoggiando un perfetto tono drammatico.
Scoppia a ridere. - Ma la smetti di fare il cretino? -, chiesi, voltando il viso verso il suo, ridendo ancora.
- E' l'unica cosa che mi riesce bene dare dopo suonare la batteria, perché smettere? Poi so benissimo che ami anche così -.
Quelle parole mi lasciarono spiazzata per un po', tanto che parlai solamente dopo qualche secondo, quando trovai il giusto coraggio che mi serviva. - E' vero, ti amo, così come sei -, dissi, posando poi il capo sulla sua spalla, così da poterlo guardare in quegli occhi color del cielo, quegli occhi in cui mi perdevo di continuo, quegli occhi che amavo con tutta me stessa. Vidi che lui, al contrario mio, mi guardava già da un po' e fui costretta a trattenere il respiro quando cominciò ad avvicinarsi sempre di più al mio viso color porcellana: tutto quello che avevo sempre desiderato stava per compiersi e io di certo non mi sarei tirata indietro. Lui era la mia sicurezza, lo era da sempre, dal primo istante in cui avevo capito di essere innamorata di lui. Presi un respiro profondo, socchiudendo gli occhi pochi attimi prima che mi baciasse, finalmente, portandomi ad insinuare una mano tra i suoi capelli, così che potessi stringerlo a me come avrei voluto. 
Continuava a tenere le braccia saldamente intorno alla mia vita, stringendomi anche più di prima e facendomi sentire come se intorno a noi non ci fosse più niente e nessuno, come se il resto non contasse più: ci riusciva ogni volta, anche con un piccolo gesto, riusciva a farmi sentire amata e importante...e protetta, soprattutto protetta, li tra le sue braccia. 
Schiusi le labbra dopo un tempo infinito, guardandolo negli occhi mentre ridevamo. - Era da un bel po' che volevo farlo -, disse.
- Io era da un bel po' che aspettavo, ma devo ammettere che è stato perfetto come immaginavo -, risposi, tornando comodamente appoggiata alla sua spalla, mordendomi per un momento il labbro inferiore, dato che sentivo ancora le farfalle nello stomaco. 
Stava per aggiungere qualcos'altro, lo sapevo, ma i nostri amici ci interruppero, dato che erano appena tornati dal loro giro sulla ruota panoramica. - Hey, piccioncini! -, ci chiamò Matt, imitando perfettamente il suono di qualche bacio a schiocco. 
Ci voltammo entrambi immediatamente ma, al contrario di quello che pensavo, Jimmy non si allontanò anzi, allentò solamente la presa dalla mia vita, così che potesse prendere la mia mano, tornando a stringerla saldamente. - Stiamo insieme, è normale che facciamo i piccioncini -, rispose, lasciandomi senza parole e facendomi anche, inevitabilmente, arrossire.
- Quindi la cosa è ufficiale? -, domandò Brian, comparendo all'improvviso alle spalle di Matt.
- Si -, risposi al posto suo, decidendo di fare a mia volta la mia parte, - E' ufficiale -, ci scambiammo un'altra veloce occhiata, prima di sorriderci e di tornare a goderci quella serata che ormai era diventata la più bella della mia vita, solo grazie a lui. 
 
Tutto sarebbe andato in modo diverso, però...per quanto ci amassimo, non sempre le persone sono destinate a stare insieme.
Avrebbe sempre fatto parte della mia vita, ma le nostre strade si sarebbero separate, nonostante tutto. 

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Capitolo 2
*** Se n'è andato.. ***


Era una fredda e appena nebbiosa mattina di Dicembre, una come le altre, e mi stavo tranquillamente recando al lavoro, nel negozio di fumetti dove lavoravo.
Non era molto distante da casa mia, contando che ogni giorno me la facevo a piedi.
Infilai meglio le mani nelle tasche del giubbotto, come a voler cercare ancora più caldo, poco prima di arrivare, finalmente.
La proprietaria del negozio, Meredith, era una donna di mezza età : mi conosceva da quando ero piccola, e sapeva quanto amassi quel posto, per quello mi aveva chiesto di farle da assistente, appena qualche anno prima.
Spinsi verso l'interno la porta, entrando così nel locale caldo e accogliente, dove subito Meredith mi salutò.
- Eccola, la mia Amy! -, diceva sempre così, ogni volta che entravo, e ormai ci avevo fatto l'abitudine.
- Si, sono arrivata! Scusa il ritardo, ma la sveglia non ha suonato.. -, dissi, sfilandomi la borsa a tracolla.
- Oh, non preoccuparti, 5 anni che lavori qui e non hai mai tardato, te lo puoi permettere, qualche volta! -.
Risi. - D'accordo -, dissi, sedendomi poi sullo sgabello, davanti al bancone.
- Come hai passato questo Natale? -, mi chiese, prendendo i suoi soliti biscotti : li portava sempre al lavoro e li mangiavamo insieme.
- Bene, sono stata insieme agli altri, come al solito -, dissi, ridendo, addentando un biscotto.
- Hanno fatto casino come al solito? -. 
- Sì, ovviamente, dove c'è casino, ci sono Jimmy, Brian, Matt, Zacky e Jhonny.. -.
- Ovviamente.. -, ripeté lei, - Me li ricordo quando erano bambini, non stavano fermi neanche un attimo -.
- Neanche mezzo secondo -, aggiunsi, - Ma senza di loro non potrei stare, insomma...sono la mia famiglia, da quando i miei sono morti, loro ci sono sempre stati, e non smetterò mai di ringraziarli.. -.
- Questo è l'importante, basta che loro ti stiano accanto...e Jimmy invece? -.
- Mh? -, chiesi, mandando giù l'ennesimo biscotto.
- Con Jimmy, come va? -.
- Oh, va bene, insomma, va come sempre, siamo cresciuti da quando avevamo 16 anni, e abbiamo preso strade diverse, ma siamo ottimi amici -.
- Ma se siete fatti per stare insieme! -.
- Lo so...lo sappiamo -, mi corressi, - Ma preferiamo rimanere solamente amici, o finiremo per farci del male a vicenda, cosa che in passato è già capitata...essere amici è la cosa migliore, è quello che entrambi vogliamo -.
- Ma ne sei sicura, sicura davvero? -, chiese Meredith, mettendo via il vassoio ormai vuoto.
- Si, il rapporto che abbiamo ora e da un bel po', cioè, da quando l'abbiamo deciso, mi piace, mi piace così com...-, stavo per continuare la frase, quando invece fui colpita da una fitta alla bocca dello stomaco.
Rimasi in silenzio per qualche secondo, premendomi la mano sulla pancia.
- Tutto ok? Hey, Amy... -, mi chiamò lei, riportandomi alla realtà.
- Credo di sì...era...una brutta fitta alla bocca dello stomaco...-.
- Quelle fitte? -, chiese.
- Credo di sì, ma penso non sia niente... -, penso.
- Se ti senti poco bene fammelo sapere, posso chiamare qualcuno per sostituirti … -.
- No, non ce ne bisogno... -, dissi, lasciandomi poi scappare uno sbadiglio. - Metto a posto quei fumetti che sono arrivati ieri, d'accordo? -.
- Va bene -, acconsentì, sorridendomi, poco prima di andare nel retrobottega, per fare non so che cosa.
Annuii in silenzio, voltandomi poi e iniziando a mettere a posto un po il tutto, catalogando i fumetti nei vari spazi dove andavano messi.
Sembrava strano, ma a me piaceva : mi divertivo a catalogare le cose, per questo tutti mi ripetevano sempre che avrei dovuto fare la bibliotecaria.
L'unico problema era che non sarebbe stato un lavoro adatto a me, una persona che non fa altro che parlare dalla mattina alla sera.
Chiusa dentro una biblioteca dove la regola principale era appunto il silenzio, come minimo sarei impazzita…oppure mi sarei fatta cacciare.
Risi a quel pensiero, continuando poi senza indugio il mio lavoro, che tanto amavo, non solo perché avevo una profonda passione per i fumetti e per tutto quello che coinvolgesse l'arte, ma anche perché amavo aiutare i ragazzi nelle loro scelte, amavo dare consigli, e amavo vederli felici quando si convincevano che quella scelta era giusta.

* * *

Erano appena passate le 10 e mezza del mattino, e il negozio era già pieno.
Beh, pieno per me e Meredith, in realtà.
Me ne stavo seduta a gambe incrociate su una sedia, a scrutare tutti quei ragazzi che se ne stavano li a cercare qualcosa di abbastanza figo da leggere.
Cosa un po' infantile per una ragazza di 28 anni: forse il problema era che, in realtà, non ero mai veramente cresciuta.
Era ancora una bambina, ma questo mi piaceva, era divertente, a modo suo.
- Amy! E' vero che vieni ad aiutarmi? -, mi chiese Tommy, destandomi dai miei soliti pensieri.
Era un ragazzino di 11 anni, che abitava li vicino, e che veniva da noi almeno 3 volte alla settimana: probabilmente, amava quanto me quel posto.
- Certo rompiscatole, arrivo! -, dissi, alzandomi dalla sedia, stiracchiandomi.
- Non sono un rompiscatole -.
- Si che lo sei -.
- No, e poi, il cliente ha sempre ragione, no? -, disse, fregandomi completamente.
- Avrò la mia vendetta, sappilo -, dissi, indicandolo, mentre mi apprestavo a guardare i fumetti che aveva selezionato.
- Lo dici ogni volta che ti frego con una frase del genere, e non lo fai mai -, mi corresse.
- Allora questa volta lo farò, promesso … ma intanto dimmi, su cosa sei indeciso? -.
Sbuffò apertamente, voltandosi poi a guardare di nuovo i giornalini. - Batman, Spiderman, Lantera Verde o Dylan Dog? -, disse, mettendoli per bene in fila sul tavolo.
- Beh, Lanterna Verde non è male, perché non provi a leggere quello? -.
- Sicura? Tu l'hai letto? -.
- Si, e al contrario di Spiderman, Batman e Dylan Dog è un fumetto che considerano in pochi, quando invece è molto bello, e poi se non ti piace, la prossima volta mi preparerò per consigliarti meglio, d'accordo? -.
- ...tanto i tuoi consigli sono sempre giusti .. -, disse con tono rassegnato.
- E non è meglio così? Almeno leggerai sempre fumetti che meritano! -.
- Mhh, si, hai ragione.. -.
- Bene -, dissi, scompigliandogli i capelli, - La prossima volta mi fai sapere se ti è piaciuto o meno, siamo d'accordo? -.
- Certamente! -, disse, con tono deciso, andando verso la cassa per pagare.
Sorrisi, tornando poi a dare consigli un po' a tutti i ragazzini che in quelle fredda mattina erano venuti a trovarci.
- Amy amy amyyyy -, mi chiamò Melody, l'ennesima bambina che aiutavo praticamente ogni giorno.
- Melody, piccola, non sei venuta ieri? -.
- Mio fratello mi ha rubato il fumetto, quindi sono venuta a prendermene un altro -, spiegò, con aria abbattuta. 
- Tuo fratello rompe sempre le scatole, mh? -.
- Si, in continuazione … -, disse, alzando gli occhi al cielo, - A proposito, c'è Matt di fuori, ha chiesto se puoi uscire un momento... -.
- Matt? -.
- Si Matt, non sembra star bene... -, aggiunse poi, con tono cupo.
- Perché, che intendi? -.
- Non so, non ha una bella cera... -, disse, andando poi verso uno dei tanti box che contenevano i fumetti, elencati per lettere.
Non ha una bella cera. 
Quelle parole mi rimbombarono in testa per almeno 20 secondo di fila, senza mai smettere, tanto da farmi quasi accorgere del fatto che avevo biascicato un : -Meredith, vado un momento di fuori da Matt... -.
Non sapevo nemmeno se aveva acconsentito, sapevo solamente che mi stavo già dirigendo verso la porta, un po' titubante.
Anzi, molto titubante.
La aprii, uscendo di fuori, venendo colpita improvvisamente da una folata di vento che mi scompigliò i capelli.
Matt era davanti a me e il suo sguardo era proprio come me lo aveva descritto Melody poco prima.
- Ehy... -, sussurrai dopo un'esitazione.
All'improvviso, come se quella semplice parola avesse voluto significare chissà che, lui scoppiò, iniziando a balbettare nervosamente. - Amy....do-dobbiamo parlare... -, disse, - … è … è per Jimmy... -, sussurrò.
E quelle parole arrivarono alle mie orecchie all'improvviso, e tutto intorno a me diventò … il nulla.
Era come nei film, come quando stai per ricevere una notizia sconvolgente, e tutto intorno ti sembra di non avere semplicemente niente.
Solo tu, e la tua più prossima reazione.
- ...se ne andato, Amelia....ha avuto un infarto....e se ne andato... -, spiegò con tono freddo, balbettando, e scoppiando a piangere, poco dopo aver pronunciato l'ultima parola. 
Il mio stomaco e tutti i miei organi interni si attorcigliarono su loro stessi : la testa iniziò a girare, e il cuore a battere piano.
I miei occhi erano spenti e vuoti, e le lacrime iniziarono a scendere anche senza che io sbattessi le palpebre.
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma da essa uscì solamente un suono sordo, come se fossi stata colpita direttamente allo stomaco da un pugno.
Vedendomi in quello stato, Matt subito mi abbracciò, stringendomi a se : dovevo sembrare quasi un manichino, dato che mi lasciai completamente andare tra le sue braccia.
Le gambe erano troppo molli per sorreggere ulteriormente il mio peso.
- Amy...shhh...shhh, ci sono io qui con te...shhh... -, disse, cercando di calmarmi.
Ma ormai era troppo tardi, poggiai il viso sulla sua spalla, cacciando un grido che venne attutito dalla stoffa, che si trovava appunto sotto le mie labbra.
Iniziammo a piangere, l'uno stretto all'altro, arrivando addirittura a lasciarci andare per terra: prese ad accarezzarmi i capelli, come se fossi una bambina di 5 anni.
Lo ero diventata: ero una stupida bambina di 5 anni che aveva appena perso uno dei suoi migliori amici.
Riuscii a sciogliere l'abbraccio solo dopo un centinaio di esitazioni diverse, correndo dentro il negozio e afferrando la mia borsa a tracolla, ancora con le lacrime che mi solcavano il viso. - Mer … ti prego non licenziarmi... -, dissi, lasciandola li a guardarmi con un punto interrogativo stampato in fronte, scappando poi via.
Io e Matt andammo a casa, dove c'erano anche gli altri : non riuscii a spiccicare parola neanche per attimo e quando mi ritrovai di fronte gli sguardi sofferenti di Jonathan, Zacky e Brian, fu ancora peggio.
Tutti avevano pianto da poco, e ci bastò uno sguardo, per scoppiare di nuovo.
Rimanemmo lì, fregandocene altamente del freddo di Dicembre.
Un unico abbraccio.
Un unico pianto. 

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Capitolo 3
*** Mercoledì, 6 Gennaio 2010. ***


Quella mattina alzarsi fu molto più difficile, e il motivo era chiaro.
Avevamo dormito tutti a casa di Matt, chi da una parte, chi da un'altra, e ci eravamo tenuti compagnia tra di noi.
In quel momento, come non mai, la nostra unione ci avrebbe dato la forza necessaria per affrontare quel giorno.
Mi chiusi in bagno, vestendomi in fretta con la mia gonna e la camicetta nera.
Lasciai i capelli sciolti, dandogli solo una leggera pettinata e mi truccai, giusto un po' di matita sugli occhi.
Quando uscii gli altri erano tutti pronti : Matt scese le scale mentre si faceva il nodo alla cravatta, al contrario degli altri tre, che invece se ne stavano seduti sul divano, chi a strofinarsi il viso per impedire alle lacrime di uscire, chi semplicemente a pensare.
Mi sistemai meglio la gonna, prendendo poi il mazzo di chiavi della macchina di Matt dal mobile.
- No, guido io.. -, disse lui, interrompendo ogni mio movimento, prendendole dalle mie mani.
- Ok.. -, acconsentii, uscendo poi insieme agli altri.
La chiesa non era molto distante da casa di Matt ma, nonostante il breve tragitto, mentre andavamo in macchina non volò una mosca.
La cerimonia era strettamente privata, ma tutti in città conoscevano Jimmy, e per tutti era un amico, non solo per noi.
Proprio per questo non rimasi sorpresa dalla folla quando scesi dalla macchinatanta gente era li, e a lui avrebbe fatto piacere: amava stare in mezzo alla gente, amava il divertimento, lo aveva sempre amato.
Le campane suonarono, segno che la cerimonia stava per iniziare.
- Andiamo -, disse Matt.
- Si, certo … -, acconsentii immediatamente, seguendo gli altri.
Entrammo dentro la chiesa e andammo a sederci ai posti che ci erano stati riservati : accanto a me c'era Matt, poi Zacky, Johnny e Brian.
Le panche accanto a noi, invece, erano occupate da Barbara e Jon, i genitori di Jimmy, e dalle sorelle, Katie e Kelly, seguite da altri parenti.
C'era davvero moltissima gente, e tutti erano lì per ricordare un amico, un fratello.
Quando Matt mi aveva chiamato pensavo che stessi solamente facendo un incubo, un bruttissimo incubo … e invece era tutta realtà.
James, una delle persone più importanti della mia vita, se n'era andato, nella notte, per un arresto cardiaco.
Potevo sentire chiaramente il dolore in quella grande sala, lo sentivamo tutti quanti.
Davanti a noi, la bellissima bara nera e scintillante era sovrastata di fiori e ghirlande, sotto, foto e messaggi.
- In piedi … -, annunciò i giovane prete.
In men che non si dica, tuttala gente presente nella chiesa di alzò.
La cerimonia era appena iniziata, e io già avevo cominciato a piangere.
Matt mi circondò prontamente la vita con un braccio, abbracciandomi mentre tutti insieme piangevamo la perdita del nostro migliore amico. Intorno a noi, oltre ai parenti di Jimmy e agli amici, c'erano anche Joel, Benji, Billy, Paul e Dean, componenti dei Good Charlotte, una delle band con le quala i miei amici e il loro gruppo avevano spalleggiato, anche solamente per una canzone. Erano stati carini a venire, l'avevano fatto unicamente per James, perché anche loro conoscevano perfettamente il suo essere, quello che era e che sarebbe sempre stato: una persona unica.
Ci sedemmo di nuovo, e così andò avanti la cerimonia : Brian era rimasto con il viso chinato tutto il tempo, a soffrire in silenzio.
Lo avevo guardato con la coda nell'occhio un paio di volte, e lo avevo visto piangere, piangere come non aveva mai fatto in vita sua.
Fu il momento dei discorsi: cominciò Jon; un discorso a dir poco splendido e a dir poco perfetto per onorare quel suo figlio che aveva tanto amato.
Poi fu il turno di Brian … non scorderò mai quelle parole, mai.
Neanche per un secondo avevo smesso di piangere e neanche per un secondo Matt aveva mollato la presa dalla mia vita.
Alla fine, ci stavamo tutti tenendo stretti, in un unico abbraccio, piangendo, ancora, ancora e ancora.
Dopo un'ora o giù di li, la cerimonia ebbe fine.
C'era gente che se ne andava tra le lacrime, e gente che invece rimaneva, camminando verso la bara bianca, per dare un piccolo saluto in privato o per poggiare un fiore.
Mi allontanai improvvisamente dagli altri, senza voltarmi indietro : camminavo decisa, e nel mentre tiravo fuori dalla mia borsa una rosa gialla.
Erano le uniche rose che duravano parecchio nel tempo, e le amavo, perché mi ricordavano la mia infanzia, quando le coglievo con l'aiuto di mia madre.
Una volta ne avevo regalata una a Jimmy: in quel periodo non stava bene, avevo le febbre da giorni, e io e gli altri passavamo i pomeriggi a fargli compagnia, mentre cercavamo inutilmente di fare anche qualche compito.
Un giorno si addormentò sfinito mentre noi eravamo ancora lì.
Gli altri uscirono, dicendo che mi avrebbero aspettato fuori, dato che ero lenta a prepararmi, e loro, già all'epoca, erano parecchio impazienti.
Ricordo che la lasciai sul suo comodino, con un bigliettino attaccato, due semplici parole scritte sopra: Ti amo.
Ora stavo facendo lo stesso: una rosa gialla e un biglietto, solo che stavolta sopra c'era scritta una preghiera.
La infilai per bene in mezzo a tutti gli altri fiori, in modo che non cadesse tanto facilmente, quando i miei amici comparirono di nuovo alle mie spalle.
- Amy...vieni con noi? -.
Mi voltai verso Zacky, che aveva ancora gli occhi arrossati. - Dove? -.
- Andiamo tutti a casa Sullivan, Barbara ci ha invitato -.
Sospirai, senza staccare gli occhi dalla bara. - Si, certo … voi andate, vi raggiungo lì...-, dissi infine.
- Va bene … a dopo -, mi rispose.
Matt mi guardò per un momento contrariato: fu allori che gli sorrisi, facendogli capire al volo che potevo farcela, come ce l'avevano fatta loro.
Ero abbastanza forte; lui annui, poi si allontanò insieme agli altri, affrontando a testa alta quella folla di persone che li guardavano con ammirazione; li seguii con lo sguardo, finché non sparirono dalla visuale.
Mi voltai, per dare un ultimo sguardo alla cassa nera e poi mi incamminai a mia volta, con le lacrime che non smettevano di uscire, e il cuore che batteva piano, come a volersi fermare, troppo stanco di soffrire.

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Capitolo 4
*** Casa Sullivan. ***


Camminai dalla chiesa fino a casa Sullivan.
Attraversai il vialetto ed entrai : la porta era socchiusa e, quando oltrepassai la soglia mi ritrovai davanti tutta gente che non avevo mai visto in vita mia, che bisbigliava sotto voce.
Katie incrociò il mio sguardo, e subito mi venne incontro, con gli occhi rossi e gonfi. - Amy... -, sussurrò, lasciando poi di nuovo libero sfogo alle lacrime.
La abbraccia, sentendo poco dopo le lacrime sgorgare anche dai miei occhi. - Lo so...lo so... -.
- Non è giusto … perché a lui, non doveva ancora essere il suo momento...era troppo giovane... -.
- Shh... -, sussurrai, accarezzandole distrattamente i capelli, - So come ti senti in questo momento, posso capirti perfettamente.... -.
- Se ne andato … per sempre... -, biascicò.
La allontanai appena da me, cercando di apparire il meno scossa possibile, con effetto zero. - A-ascoltami … devi pensare in positivo, okay? Tutti dobbiamo farlo, perché solo così potremo andare avanti...pensa che ora...dovunque sia...non ha più paura...non ne avrà mai più … -.
- E...starà bene...vero?! -.
- Si...non avrà più preoccupazioni...sarà felice... -, dissi, cercando di tranquillizzarla, dandole un leggero bacio sulla fronte.
- Mi manca già... -,aggiunse, con il tono rotto dai singhiozzi.
- Mancherà a tutti...terribilmente... -, dissi, sottolineando l'ultima parola.
Per un po' rimase in silenzio, e io li rimasi ad abbracciarla : stava cercando di smettere di piangere, per quanto difficile le risultasse.
Potevo capirla, aveva perso suo fratello; parlò, ma solo dopo essersi asciugata per bene gli occhi, ed aver sospirato pesantemente, come a voler ricacciare indietro altri singhiozzi misti a lacrime.
- Ora...va dagli altri...loro sono stravolti quanto me e i miei... -.
- S-sei sicura? -, ammiravo quella forza di spirito.
Ma in fondo era una dote innata dei Sullivan, da sempre.
- Si...sono di la...io vado da Kelly, mamma e papà... -.
- D'accordo... -, acconsentii, guardandola mentre si allontanava in silenzio.
Mi affrettai a raggiungere gli altri che si trovavano in salone : Brian era seduto sul divano e non rivolgeva la minima parola a nessuno, mentre gli altri, invece, erano impegnati a parlare con dei parenti di Jimmy.
Mi asciugai un'ultima volta gli occhi, osservando così meglio il viso dei miei amici: lo avevo già visto quella stessa mattina, ma averlo di nuovo di fronte agli occhi era veramente straziante.
Mi si annodò lo stomaco, al solo pensiero che loro stavano male, e io non potevo far niente per alleviare quel dolore, se non restare accanto ad ognuno di loro.
Senza esitare mi avvicinai al divano, sedendomi subito dopo accanto a Brian. - Hey... -, dissi, attirando la sua attenzione.
Lui alzò il viso, voltandosi così verso di me.- Hey...come stai? -.
- Come stai tu, piuttosto... -.Di tutta risposta voltò di nuovo il viso, guardando davanti a se un punto fisso.
Esitai un istante, cercando nella mia grande confusione qualcosa di appropriato da dire.
Ma tutto quello che mi uscì fu l'ennesimo, misero: - Penso di riuscire a capirti... -, mi sentii stupida : ormai nel mio vocabolario avevo solo quella frase.
Scrollai il viso, non aspettandomi nessun tipo di altro segno da lui, quando invece parlò. - Davvero..? Tu hai mai perso il tuo migliore amico...? -, mi chiese, puntandomi addosso un suo sguardo glaciale, quasi spaventoso.
- No...io no...ma se perdessi Matt...penso che morirei con lui, perché si porterebbe dietro un'intera parte di me... -.
- …è così che mi sento ora.. -, chiarì immediatamente, - ...con un enorme vuoto dentro...che non si colmerà mai più... -, aggiunse con aria flebile, quasi sottovoce.
Non stava piangendo, ma probabilmente si stava trattenendo con tutto se stesso.
-...e non voglio rimanere da solo...dobbiamo...essere uniti... -, continuò.
- Non sarai mai solo... -, disse Matt, parandosi davanti a noi.
- Esatto...avrai sempre noi, per sempre...-, aggiunsi io.
- Siamo una famiglia, no? -, chiese Johnny.
- Si, e nella famiglia nessuno viene dimenticato... -, continuò Zacky, sfoggiando un mezzo sorrisetto.
- … o abbandonato.. -, dissi a mia volta, prendendo poi la sua mano, stringendola forte tra le mie. - Andrà tutto bene...questo momento passerà, vedrai... -.
- Sarà così difficile senza di lui... -, disse, poco prima di esplodere definitivamente in un pianto, soffocato per tanto, troppo tempo.
Lo strinsi a me, poggiando il viso sul suo capo, guardando Matt. - Andate a salutare gli altri....io sto qui con lui... -, dissi sottovoce, mentre lo lasciavo piangere.
Aveva bisogno di sfogarsi, e io di sentirmi utile: non potevo e non volevo starmene con le mani in mano, non in una situazione di quel genere.
Matt annuì poco dopo, allontanandosi insieme agli altri, con un passo goffo e lento.
Rimasi li a cullarlo per tantissimo tempo, finché non si calmò, almeno un po'.
Sentii che aveva smesso di piangere, ma continuava comunque a respirare in modo irregolare: fu allora che sollevò del tutto il viso, stringendo questa volta me in un forte ma tenero abbraccio, affondando il viso tra i miei capelli arruffati, come a volermi ringraziare di essere rimasta li con lui.
In un primo momento rimasi stupida, ma durò solo un attimo, perché poi ricambiai tranquillamente quel suo abbraccio.
Mi ritrovai ad accarezzargli distrattamente i capelli, facendo poi per alzarmi, trascinandolo piano con me.
Avevamo attirato l'attenzione di parecchie persone, che si erano fermate a guardarci, bisbigliando.
- Lo spettacolo è finito -, sbottai secca.
Quasi tutti si voltarono, tornando a farsi i cavoli loro; con mia grande sorpresa, Brian mi prese la mano, alzando il viso verso di me. - Andiamo su...sto bene.. -, mi sussurrò.
Ricambia quella stretta, lasciandomi poi trasportare da lui, mentre ci facevamo largo tra la folla di gente.
Ce ne andammo dopo aver salutato i genitori di Jimmy e le sorelle, raggiungendo poi gli altri, che ci stavano pazientemente aspettando di fuori.
Avevamo programmato di andare di nuovo a casa di Matthew, per stare insieme, magari davanti ad un buona tazza di caffè.
Eravamo tutti d'accordo, tutti tranne Brian: ci aveva detto che aveva bisogno di stare un po' da solo.
Nonostante il suo fosse un controsenso, acconsentimmo tutti, lasciandolo andare.
Probabilmente quella decisione era sbagliata, ma del resto, non potevamo decidere noi per lui.
Ci salutò un'ultima volta, poi se ne andò; guardai con estrema disapprovazione la porta che si chiudeva e poi tornai in cucina, per aiutare Matt a preparare il caffè per tutti.
Non so che ora feci...solamente mi addormentai, nonostante la caffeina, sfinita sul divano, con la testa poggiata sulle gambe di Zacky.

Brian

Aprii la porta di casa mia con estrema lentezza, quasi fossi uno zombie.
Lascia le chiavi sul mobile, mentre Pinkly mi accoglieva prontamente facendomi le feste e abbaiando. - Hey...Pinkly...ciao.. -, dissi, prendendolo poi in braccio, - Scusami, ma non è la giornata migliore per le coccole... -, sussurrai, poggiandolo poi sul divano.
Andai verso il bagno, sfilandomi la giacca e allentandomi la cravatta: avevo bisogno di una doccia; chiusa la porta dietro le mie spalle e mi spogliai, infilandomi sotto il getto tiepido dell'acqua.
Cercai, almeno per quel breve tempo, di scrollarmi di dosso tutti i pensieri: peccato che fosse tutto tranne che semplice.
Poggia la fronte contro la parete fredda, lasciando che l'acqua scorresse lungo la mia schiena.
Non volevo stare da solo, non sapevo neanche perché lo avevo detto agli altri.
Ma forse...solo forse...un periodo da solo forse non avrebbe guastato.
Dovevo abituarmi a quella cosa, dovevo abituarmi all'idea che il mio più grande amico, una delle mie maggiori ancora di salvezza, non c'era più.
Dovevo lasciar passare un po' di tempo, in modo tale da uscirne, con le mie sole forze.
Il periodo cominciava ora, solo che non sapevo quando sarebbe finito.

 

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Capitolo 5
*** Il tempo passa, la testardaggine resta. ***


I giorni continuavano a passare, uno dopo l'altro.
Finché i giorni non diventarono settimane...e alla fine mesi.
Era passato più di un mese e io, ormai, vivevo praticamente a casa di Matt, insieme a lui e Valary, nonché moglie.
Gli altri continuavano a starci vicino...di Brian invece, non c'era traccia, se non qualche piccolo accenno ogni tanto: una telefonata, un messaggio...ma mai una visita.
Aveva detto che aveva bisogno di un suo periodo da solo, e noi glielo avevano concesso...ma la cosa stava diventando troppo.
Sentivo la sua mancanza, questo era ovvio, ma più di ogni altra cosa, mi distruggeva il pensiero che in quel momento, probabilmente, stava ancora combattendo contro gli incubi che lo perseguitavano...da solo.
Mi girai per più di venti volte nel mio letto, che si trovava nella stanza degli ospiti, senza riuscire a trovare pace.
Erano appena le 21.40 di sera, quando decisi di alzarmi: non riuscivo più a starmene li con la mani in mano, senza poter fare niente.
Guardai il soffitto per qualche altro minuto, poi mi alzai, infilandomi addosso le prime cose che trovai.
Scesi al piano di sotto, trovando Matt che ne stava andando in salone. - Hey, dove vai? -.
- Da Brian, voglio parlargli.. -, dissi, superandolo.
- Non ti ascolterà -.
- Lo so.. -, risposi, mettendomi il fular intorno al collo, - Ma questo non mi impedirà di provare -, aggiunsi, prendendo le chiavi e aprendo la porta a metà.
- Amy.. -, mi chiamò.
Mi voltai con sguardo interrogativo. - Dimmi -.
- Se riesci a parlarci...salutalo da parte mia...e digli che qui la sua mancanza si sente -, detto questo, sparì nella stanza.
Mandai giù il groppo che avevo in gola e uscii, chiudendomi poi la porta alle spalle.
Decisi di andare a piedi, tanto la casa distava solamente qualche isolato: una buona passeggiata non avrebbe guastato.
Misi le mani in tasca, camminando con passo svelto: durante tutto il tragitto non feci altro che prendere a calci sassolini e altri piccoli oggetti per terra, finché non arrivai.
Le luci erano tutte spente, sia al piano di sopra che a quello di sotto: chiunque avrebbe pensato che in casa non ci fosse nessuno.
Ma non io, non in quel momento; decisa più che mai, attraversai l'intero vialetto, iniziando poi a suonare al campanello.
Una, due, tre volte, ma ancora niente. - Brian, sono Amy...lo so che sei in casa, per favore aprimi... -, dissi, passando poi a dare dei leggeri colpi alla porta. - Voglio solamente parlarti, non ci metterò molto..prometto che sarò breve e coincisa e non diventerò logorroica...ma ti prego, aprimi...per favore.. -, aggiunsi, alzando lievemente il tono della voce per far si che mi sentisse meglio.
Restai li davanti per un'infinità: suonai ancora, ma quando mi fu chiaro che non avrebbe aperto digrignai praticamente i denti, dando un altro colpo secco alla porta, questa volta più forte degli altri, dettato soprattutto da una rabbia improvvisa che mi era salita dentro, dovuta probabilmente dal fatto che avevo pensato, stupidamente, che forse mi avrebbe dato retta. Girai i tacchi, per quanto fossi contrariata, e ripercorsi il vialetto al contrario, sentendo, nonostante tutto, un terribile vuoto dentro.
Non mi ero mai sentita così inutile in vita mia, mai; quella frase mi rimbombava ancora in testa quando una voce dietro di me catturò la mia attenzione.
Non era Brian, era solo un uomo che cantava a squarciagola, completamente ubriaco probabilmente. - Hey, bambola! -, mi chiamò.
Lo ignorai, accelerando il passo, sentendo dentro di me crescere una forte paura.
- Hey! Aspettami! -, urlò, raggiungendomi e afferrandomi il polso.
Sobbalzai, cercando poi immediatamente di liberarmi da quella presa. - Mi lasci stare! -, gridai, facendo poi dei passi all'indietro, allontanandomi da lui.
- Calmati piccola -, disse, alzando le mani, - bello quell'orologio -, aggiunse, indicandomi il polso destro, - Perché non me lo fai vedere? -.
- Si allontani da me, lei è completamente ubriaco! -.
- Sono lucidissimo -, mi urlò in faccia, spaventandomi, - E ora dammelo! -, continuò, afferrandomi nuovamente il polso, stringendolo più forte di prima.
Non sapevo assolutamente cosa fare, ero completamente bloccata dalla paura: mi strattonò ancora una volta, finché, improvvisamente, non fu scaraventato via, solo allora mollò la presa, cadendo a terra.
Alzai il viso, riconoscendo la figura alta di Brian, che si era appena messa tra me e l'aggressore. - Vieni immediatamente dentro -, mi ordinò, prendendomi per mano e trascinandomi con lui oltre l'uomo a terra.
- Non dovresti essere qui, non a quest'ora -.
- Io...Brian attento! -, gridai, quando vidi l'uomo correre nella nostra direzione.
Si voltò appena in tempo, dandomi una spinta per allontanarmi, facendomi cadere sul prato ai piedi del vialetto.
L'uomo gli andò addosso, provando a farlo cadere, facendolo invece a malapena barcollare all'indietro.
Nel giro di pochi secondi cominciarono a volare pugni: si tenevano testa a vicenda; mi misi a sedere con l'ausilio delle mani, guardandoli più spaventata di prima. -Basta! BASTA, SMETTETELA! -, urlai, alzandomi in piedi e mettendomi tra di loro.
Ebbi appena il tempo di intromettermi che un pugno mi arrivò dritto nello stomaco, togliendomi il fiato.
- AMY! -, gridò Brian spaventato, dando poi un'ennesima spinta all'uomo, seguita da un gancio destro che lo stese definitivamente.
Tossii più volte, stringendomi le braccia intorno al punto dove ero stata colpita.
- Amy..amy, amy! -, mi chiamò lui.
- Sto bene.. -, biascicai a mezza voce.
- Shhh.. -, disse solamente, prendendomi in braccio, stringendomi contro il suo petto, - Ti porto dentro.. -.
Annuii, lasciandomi prendere da lui senza opporre la minima resistenza: se ne infischiò completamente dell'uomo steso a terra, entrando poi in casa e chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo.
Eliminò nel giro di qualche secondo la distanza che separava la porta dal divano e, solo allora, mi ci posò sopra, guardandomi con aria preoccupata. - Aspetta, ti prendo un po' d'acqua.. -.
- No..dai, sto bene, non mi hanno mica sparato -, dissi, lasciandomi scappare una risata.
- Sono un coglione...se ti avessi aperto prima questo non sarebbe successo.. -, ammise, con un tono cupo.
- Qui l'unica cogliona sono io, che di sera tardi vado in giro non un orologio di valore.. -, biascicai, sentendomi una completa idiota.
- Se sei venuta qui c'è una ragione... -, disse, scostandomi una ciocca di capelli dal viso.
- V-volevo parlarti.. -, dissi, cercando di non fare caso a quel suo piccolo gesto.
- E cercare di convincermi come tutti gli altri ad uscire di casa? -, chiese, allontanandosi da me e alzandosi da terra.
- No, non voglio cercare di convincerti, sono venuta qui solamente per dirti che ci manchi...mi manchi.. -, dissi anche, dopo un'esitazione.
- Non mi sento ancora pronto per tornare, mi dispiace.. -, disse, dandomi le spalle.
- Non ti sto chiedendo di tornare, solamente, per favore pensaci... -.
- Ci penserò.. -, disse, continuando a darmi le spalle.
- Sono sicura che troverò un modo per farti capire che affrontare la cosa da solo è inutile... -, dissi.
- Cosa ti importa? è una mia scelta... -.
- Non centra niente che è una tua scelta, mi importa perché sei mio amico e ti voglio bene, lo sai.. -, ribadii, tirandomi meglio su a sedere.
- Me lo hai ripetuto un milione di volte -.
- Continuerò a farlo finché non ti entrerà in quella zucca bacata -.
Risi della mia parole. - Zucca bacata eh? Ora sarei una zucca bacata? -, chiese, iniziando ad avvicinarsi minacciosamente.
- Tu ci sei nato zucca bacata, è diverso.. -, continuai con aria di sfida.
Stuzzicare del resto era sempre stato il mio forte.
- Tu sei nata rompi palle invece, sei peggio di Pinkly, almeno lei fa compagnia! -, sbottò, sedendosi di nuovo accanto a me, avvicinandosi per farmi il solletico.
Mi allontanai non appena mi toccò i fianchi, ridendo, reazione che avevo sempre, dato che soffrivo il solletico in modo assurdo, oltre i limiti dell'immaginabile.
Però quella frase mi fece riflettere un momento, anzi, mi fece avere un'idea che, forse, sarebbe stata più che buona.
- Aspetta! E se avessi avuto un'idea? -, chiesi, attirando così la sua attenzione.
- Che tipo di idea? Non una delle tante cavolate spero... -.
- No, non è una cavolata.. -.
- Bene, allora sono tutto orecchie.. -, aggiunse, chinando la testa all'indietro, guardando il soffitto.
- Hai..hai detto che non sei ancora pronto per tornare da noi, giusto? ...bene, e se fossi io a stare qui? Per un po', solo per non lasciarti da solo, finché non deciderai di tornare.. -, gli spiegai, sperando con tutta me stessa che dicesse di si.
In fondo la mia proposta non era male, ma conoscendolo...non potevo sapere cosa avrebbe risposto.
Lo guardai speranzosa, mentre rialzava di nuovo il viso, voltandosi a guardarmi. - Spero che tu stia scherzando.. -, fu l'unica cosa che disse.
- No, mai stata così seria -, risposi scuotendo energicamente il capo.
- Perché? Perché se ho chiesto esplicitamente di stare da solo, mh? -.
- Lasciami pensare.. -, dissi, portando le dita sotto il mento con fare finto pensieroso, - Forse perché so che in realtà non lo vuoi...o forse perché ti voglio rompere le palle, non so, tu cosa preferisci? -.
- Cioè...tu vorresti stare qui, a casa con me, piuttosto che stare con gli altri...solo per non lasciarmi da solo? -.
- Gli altri hanno loro stessi, si stanno facendo forza di uni con gli altri, mentre tu hai deciso di stare da solo, sapendo bene che prima o poi ci saremmo fatti avanti.. -.
- Sapevo che vi saresti fatti avanti, ma non sapevo di certo che uno di voi proponesse di rimanere qui solamente per andare contro quello che voglio io..e poi, cosa ti dice che accetterò? -, chiese, alzandosi dal divano, facendo per andarsene.
- So che dirai di si perché so che non vuoi stare da solo, non sei il tipo Brian, non lo sei mai stato...vuoi qualcuno accanto, ma non hai il coraggio di ammetterlo a te stesso -.
Le mie parole, a quanto pareva, riuscirono a fermarlo, continuava a darmi le spalle, era vero, ma già il fatto che si fosse fermato era qualcosa.
- Pensaci, fammi solamente questo favore.. -, sospirai raggiungendolo, facendo poi per superarlo.
Feci appena 3 passi, quando sentii la sua mano sulla mia: allora sussultai leggermente. - In primo luogo, non vai da nessuna parte, non a quest'ora e non con quel pazzoide ancora in giro...e in secondo luogo...no, non accetto la tua proposta.. -, concluse, lasciandomi la mano, ritornando dritto sul divano.
Alzai gli occhi al cielo, quasi stufa di quella sua testardaggine che l'aveva sempre contraddistinto. - Sei proprio un mulo -.
- Non sei la prima che me lo dice.. -, biascicò poggiando la testa sullo schienale del divano, chiudendo gli occhi. - Me lo hanno già detto Zacky, Matt e Johnny, anche Valary, tutti pochi attimi prima di andarsene -.
- Io, al contrario loro, non lo farò invece, rimarrò qui finché non dirai di si -, risposi decisa, sedendosi per terra con le gambe incrociate.
Aprì di nuovo gli occhi, mettendosi di nuovo a sedere sul divano, lanciandomi un'occhiata truce. - Io continuerò a dire di no -.
- Cederai alla mia proposta -.
- No, ti stai solo illudendo -.
- Fidati, lo farai -.
- Fidati, non lo farò -, ribatté.
Stavo per aggiungere qualcos'altro ma, per qualche strano motivo, mi bloccai completamente.
Decisi allora di rimanere zitta, ricordandomi però allo stesso tempo di quello che Matt mi aveva detto poco prima che uscissi di casa: chinai allora il capo verso il basso, guardandomi distrattamente le mani. - Matt mi ha detto di dirti che gli manchi, gli manca averti in giro per casa mentre rovisti dappertutto cercando qualcosa da mangiare.. -, sussurrai, ridendo di quelle mie stesse parole, - ..vuoi capire che manchi a tutti? -, gli domandai retorica, mentre rialzavo il viso verso quello di lui.
Continuava a non guardarmi, tenendo lo sguardo fisso davanti a se: in un certo senso mi stava ignorando e cominciava a darmi anche fastidio.
La mia pazienza, come quella di chiunque altro, aveva un limite: c'era un momento in cui, nonostante tutto, si doveva gettare la spugna.
- E va bene, sei testardo, non vuoi cambiare idea e allora fai come vuoi, non sarei dovuta neanche venire -, sbottai rialzandomi da terra, sistemandomi velocemente il fular che avevo legato intorno al collo.
- Infatti nessuno te l'ha chiesto -, ribatté secco, lanciandomi un'occhiataccia.
- Ah si, intanto scusa se volevo solamente aiutarti, davvero...vuoi che mi metta in ginocchio e ti chieda perdono per caso? -, domandai mentre mi stringevo nelle spalle con tono menefreghista.
- Sei la serietà fatta persona -, rispose incrociando le braccia al petto.
- Parla quello che appena trova un appiglio per dire una stronzata la spara -, risposi tranquillamente.
- Stronzate che però ti fanno ridere sempre.. -, continuò, lanciandomi un'occhiata divertita.
- ...forse -, risposi.
Era inevitabile: non riuscivo ad arrabbiarmi con lui, né con lui, né tanto meno con gli altri, neanche se continuava a portare avanti quella farsa.
Sorridemmo entrambi in simbiosi pochi secondi dopo, finché quei sorrisi non divennero vere e proprie risate, che continuarono fino a che non si alzò di nuovo dal divano, riavvicinandosi così a me. - Dai, alzati.. -, mi disse, allungando la mano verso di me, - Se non ti alzi da sola, ti alzo io -, aggiunge poco dopo, quando vide che non accennavo a muovermi dal pavimento.
- Mhh.. -, mugugnai, afferrando poi la sua mano, alzandomi così come lui mi aveva chiesto, - Sei comunque un mulo del cazzo, sappilo -.
- Lo so, ma grazie di avermelo ricordato.. -, rispose sorridendo, - Ti concedo due settimane, non di più...e poi deciderò, d'accordo? -, continuò una frazione di secondo dopo, prendendomi completamente in contropiede.
Proprio per quel motivo rialzai praticamente subito il viso verso di lui, assumendo un'aria più stupefatta che altro. - Davvero? -.
- Si, hai ottenuto quello che volevi: ti concedo di stare qui a rompermi le palle, ma sia chiaro...i giochi per la play station li scelgo io, d'accordo? -. domandò mentre si incamminava verso la cucina.
- Basta che tra quei videogiochi ci sia Resident Evil 4 -, dissi saltellando fino a lui, mettendo le mani giunte, - Ti prego, ti prego, ti prego -.
Si voltò di nuovo verso di me, con aria quasi esasperata. - L'hai finito 350 volte, perché rifarlo di nuovo? -,
- Perché lo amo! Tu non puoi comprendere il mio amore verso quel videogioco, non puoi.. -, dissi, fingendomi profondamente offesa.
- Comunque sia, è molto meglio il 5... -, aggiunse, prima di varcare la soglia della cucina.
Sapeva bene quanto quella cosa mi facesse sclerare, ma questa volta non l'avrebbe avuta vinta. - Eresia -, dissi solamente, indicandolo.
Scoppiò quasi subito a ridere, mentre estraeva dal frigo due bottiglie di birra, stappandole velocemente e posandole entrambe sul tavolo, passandone una a me. - Non è così male.. -, continuò stringendosi nelle spalle, bevendo poi una lunga sorsata.
- N-non ci sono gli zombie! -, sbottai, in preda ad un mio più prossimo monologo, - Gli zombie! Mandare avanti la saga di un videogioco con i zombie, senza zombie! Che senso ha? Perché? -, aggiunsi cominciando inevitabilmente a gesticolare con le mani.
- ...cominci a farmi paura -, rispose guardandomi male per tutto il tempo.
- Allora non hai mai visto Matt quando perde a Call Of Duty -, dissi stringendomi nelle spalle, mentre ripensavo a una delle tante scene di completo sclero del mio migliore amico mezzo nerd, - Lui si che fa paura in quei casi, diventa tipo...l'Hulk dei videogiochi -, fu l'ultima cosa che aggiunsi, prima di afferrare tra le dita la mia bottiglia, così da iniziare a bere.
Anche se la birra a quell'ora della sera non era proprio salutare, ma tanto ci eravamo abituati, sia io che lui, soprattutto lui.
- Mhh...e cosa dirai agli altri? -, domandò dopo un po'.
Ci misi un po' per capire a cosa si riferisse e, quando ci arrivai, mi affrettai a rispondere. - Che ti sto facendo da baby sitter perché a te serve ancora tempo per fare pace con il cervello -.
- Ah ah ah, simpatica, davvero, come un calcio al culo.. -, disse facendo un sorriso che più tirato non si poteva.
- Addirittura così tanto? Cavolo, mi sento importante.. -.
- E sentiamo...che programmi avresti? -.
- Lascia stare, ai programmi ci penso io, sono bravissima con queste cose...forse è la volta buona che riesco a farti vedere tutti gli Harry Potter.. -, dissi mentre uscivo dalla cucina, nonostante conoscessi già la reazione che avrebbe avuto.
- No, no, no e no, non se ne parla proprio, non ci provare neanche..anzi, non fartelo passare neanche per l'anticamera del cervello! -, disse di tutta risposta, mentre mi seguiva a passo svelto.
Dovetti lottare per non sputare tutta la birra che avevo in bocca, riuscendo, per fortuna, ad ingoiarla poco dopo. - Perché no? Non ne hai mai visto neanche uno, come fai a sapere se ti piace o meno? -.
- Lo so e basta, ho un superpotere per queste cose! -.
- Ah si? -.
- Si! Beh allora...mettiamola così, se tu provi anche solo a far entrare uno di quei film qui dentro io ti costringo a vedere tutti gli American Pie, mh? -.
- Non osare -.
- Potrei osare invece.. -, sussurrò di nuovo con tono profondamente calmo.
Strizzai gli occhi per qualche secondo, guardandolo con un'aria truce stampata in faccia. - Andiamo a giocare alla play station -, risposi senza aggiungete altro, mentre giravo i tacchi e mi dirigevo di nuovo verso il grande divano, lasciandomici cadere sopra.
Portai di nuovo la lattina di birra alle labbra, bevendone una lunga sorsata, mentre lui si avvicinava per poi sedersi accanto a me. - Si, ma inizio io -.
- Tanto perdi subito -, dissi poggiando poi completamente la schiena sul divano, rispondendo alla sua occhiata truce con un sorrisetto innocente.
- Devi sempre portare sfiga? -.
- No, è che so già tutto quanto, sono una veggente -.
- Sei qui da neanche mezz'ora e già fai la spiritosa, è un tuo record personale.. -, sussurrò, cominciando a giocare distrattamente, lasciando muovere le dita sui tasti con una velocità quasi disarmante.
Era sempre stato un fulmine quando si trattava di giocare, era il ragazzo con i riflessi più pronti che avessi mai visto, o almeno lo era a parere mio. - Me lo segnerò sull'agenda, promesso -, risposi sedendomi comoda per l'ennesima volta, guardandolo mentre affrontava quell'ennesima partita virtuale con il suo amato ed inseparabile joystick.
Fu così, alla fine, che passammo la serata: tra schifezze, birra e videogame, come io e lui non avevamo mai fatto, non insieme da soli, almeno.
Mi aveva dato un limite di tempo e io l'avrei rispettato, speravo solamente di riuscire a convincerlo prima di quella piccola scadenza: mi ero impuntata e questa volta nessuno mi avrebbe smosso da quell'idea, nessuno me l'avrebbe fatta cambiare.
Lo guardai con la coda nell'occhio finché, ad un certo punto, non chiusi semplicemente gli occhi, cominciando ad abbandonarmi a quello che si prospettava un sonno molto profondo: l'ultima cosa che sentii, quando ero ancora in dormiveglia, fu la voce di Brian che sussurrava piano qualcosa riguardante lo “stare bene” di qualcuno o qualcosa.
Forse si riferiva a me, al fatto che ero ancora viva e vegeta, dato che non avevo più dato notizie di alcun genere a Matt né a Valary o a nessun'altro, ma sinceramente non mi importava, ero talmente stanca che non mi importava di niente, volevo solamente dormire.
Ed è proprio quello che feci, su quel divano, appena pochi secondi dopo...mi lasciai semplicemente andare al mondo di sogni che tanto amavo e dal quale non avrei mai voluto staccarmi...mi lasciai andare ad un sogno che, ancora oggi, mi tormenta.

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Capitolo 6
*** Clown, Telefilm e Sonno. ***


Più di due settimane dalla proposta..


Le due settimane erano già passate, ormai erano due settimane e mezzo, ma non avevamo più toccato l'argomento della scadenza, né lui né tanto meno io.
Nonostante tutto, in quel periodo più o meno lungo avevamo riso e scherzato, giocato e ci eravamo anche insultati, di tanto in tanto, poi avevamo ricominciato a giocare, fino allo sfinimento, finché non ci addormentavamo, sobri o sbronzi che fossimo.
Risi di quel pensiero, mentre mi chinavo per poi afferrare da sotto il sasso la chiave che Brian teneva di scorta in caso si perdesse la sua: la infilai velocemente nella toppa, entrando poi in casa con le buste del ristorante cinese in mano, con dentro tutta la roba che avevo ordinato, sia per me che per lui.
- La rompi palle di turno è a casa -, dissi, usando il nomignolo con il quale lui stesso mi aveva battezzato non molto tempo prima.
Avevo usato un tono di voce piuttosto alto, ma, nonostante questo, nessuno mi aveva risposto: mi guardi così intorno, cercandolo nella penombra della stanza, senza però vedere nessuno. Sapevo che amava spaventarmi quando tornato a casa dopo essere stata via, ormai lo faceva 5 volte su 7, solamente che speravo che questa volta se la risparmiasse, dato che, ogni volta, finivo per urlare e lui cominciava a prendermi in giro. E poi si lamentava anche dicendo che non sapevo stare allo scherzo e, seriamente, in quei momenti, lo avrei preso a schiaffi: ma alla fine non ci riuscivo mai, non sapevo neanche io perché, ma mi riusciva sempre difficile arrabbiarmi con lui, come ero ben riuscita a capire la sera in cui ero andata da lui dopo tanto tempo.
- Brian dai, salta fuori...non ho voglia di spaventarmi anche questa volta e se lo fai, giuro che ti rendo sterile per tutta la vita -, minaccia a gran voce, mentre mi avvicinavo al tavolino al centro del salotto.
Dopo pochi secondi mi bloccai, sentendo dei passi appena dietro di me, allora capì: questa volta non voleva spaventarmi, voleva solamente fare un'entrata molto teatrale in scena, proprio come amava fare. - Sei dietro di me, vero? -.
- Si -, sussurrò, facendomi rendere conto di quanto in realtà fosse vicino a me, molto di più di quanto avevo immaginato. - Però almeno non ti ho spaventato -, aggiunse, allungandosi poi verso l'interruttore e accedendo la luce che, nel giro di pochissimi secondi, riempì la stanza.
- Meglio per te, o stavolta sarebbe finita male -, sbottai voltandomi a guardarlo con un sorrisino angelico stampato in faccia.
- Uhh, aggressiva -, mi prese in giro, - Cosa c'è sul menù di stasera? -, chiese strofinandosi le mani una contro l'altra con aria impaziente.
Scossi allora la testa con aria rassegnata, sollevando poi le due buste del ristorante cinese dietro l'angolo. - Tante schifezze cinesi, stasera ne avevo voglia -, gli risposi, mentre posavo entrambe le buste di cartoncino e il loro contenuto sul tavolino davanti a me: avremmo mangiato sul divano come al solito o almeno così facevamo da quando quella nostra sottospecie di convivenza era iniziata.
- Ci sono gli involtini primavera? -.
- Credo di averne presi anche troppi -, dissi mentre mi lasciavo cadere a peso morto sul divano, cominciando ad estrarre la varia roba e a separarla, come facevo al Mc Donald quando i miei amici portavano i vassoi con le nostre ordinazioni.
- Benissimo -, concluse lui, mentre accendeva la televisione, - Stasera ho un bel programma da mandare avanti...ma non sono sicuro che ti piacerà.. -, disse, mentre armeggiava senza sosta con il telecomando.
- Che vuoi... -, stavo per chiedere, quando, finalmente, misi a fuoco cosa davvero c'era sul tavolo, a parte le buste, ovviamente: proprio davanti a me c'era una pila, non molto alta, di DVD vari e videogiochi e, in cima ad essa, spiccava il film I.T, il film che mi aveva rovinato l'infanzia, l'adolescenza e la maturità. - Che...che intenzioni hai? -, riuscii a chiedere, quasi spaventata.
Si voltò allora di nuovo verso di me, guardandomi e alzando il sopracciglio. - Di farti battere la tua insana paura per i clown, ecco quale è il programma per la serata: tu ed io guarderemo I.T, tu capirai che è solamente uno stupido film e tutto finirà per il meglio -.
Ascoltai quelle sue parole, guardandolo sempre con la stessa faccia impaurita, mandando poi giù il nodo che mi si era venuto a formare in gola. - No Brian, assolutamente no, piuttosto mi uccido -.
- No, mi mancheresti.. -, rispose, - Non puoi ucciderti.. -, aggiunse scrollando poi appena le spalle.
- Si che posso, tutto pur di non rivivere quell'incubo, non puoi farmi una cosa così! -, sbottai incrociando le braccia al petto.
- Non vuoi vederlo, neanche se ci sono io? -, chiese, con un tono fintamente incredulo.
- Ah, sai che consolazione -, risposi, cominciando poi a guardare un punto fisso davanti a me, decisa a non volgere più lo sguardo altrove.
- Andiamo, ho fatto Grappling, posso salvarti da tutti i clown assassini che ci sono su questa Terra! -.
Risi, senza volerlo, ovviamente. - Oh si, ti ci vedo che picchi i mostri della mia infanzia, davvero -, continuai con un finto tono deciso.
- Potrei farli fuori tutti, dal primo all'ultimo! -, disse improvvisamente, cominciando a saltare qui e la mentre lanciava dei pugni all'aria, tanto per: quella scena era troppo assurda, lui era assurdo, ma del resto non era una novità.
Era sempre stato così...così vivace, era una bambino che si rifiutava di crescere, però allo stesso tempo sapeva essere serio quando ce n'era bisogno: era...bilanciato, ecco quale era la parola giusta, bilanciato.
Sapeva gestire il suo carattere da bambino, a meno che non era ubriaco fradicio, era ovvio.
- Si okay okay, però ora smetti di saltare o mi farai venire il voltastomaco, prima ancora di mangiare -, saltai su, gesticolando poi appena con le mani per fargli capire meglio.
- Allora lo guardi? -, mi chiese di nuovo.
- Mh? -, chiesi, facendo a posta la finta tonta, sperando con tutta me stessa che cambiasse idea.
- Il film, dai, prometto che appena mi chiederai di toglierlo lo toglierò, se davvero non te la senti...ma da una parte sono sicuro che se riuscirai a vederlo, dirai subito che è una grandissima stronzata, scommettiamo? -, propose, allungando la mano verso di me con aria di sfida.
Feci per allungare la mano, arrivando a fargli credere davvero che, in quel preciso istante, gliel'avrei stretta: tirai invece prontamente via la mano, solo di pochi centimetri, tuttavia, rimanendo comunque molto vicina. - Perché per forza I.T, perché non guardare Boogeyman, so che hai anche quello -, ribattei.
- Perché tu hai paura dei clown, no? Voglio aiutarti a battere la tua paura, semplice -.
- E' come se io ti aiutassi a cercare di smettere di fumare: impossibile -.
- Ahhh, come sei pessimista, potrei smettere, se mi impegno -, disse, stringendosi nelle spalle.
- ...ma non ti impegni, quindi perché dovrei farlo io? -.
Quella mia frase sembrò spiazzarlo, difatti non aggiunse niente, se non un flebile "touché", mentre lanciava il telecomando sul divano accanto a me. - Quindi..proprio niente niente? -, mi chiese di nuovo.
- No, niente niente, niente clown, okay? -.
Sospirò per un momento, ormai rassegnato. - Va bene, niente clown, quindi...come passeremo questa serata? Dopo il cinese che si fa? -.
Sinceramente, stavo per dire play station: ma poi ci ripensai, dato che era quello che facevamo praticamente ogni sera.
Ci pensai su per un po', mettendo a malavoglia in moto il cervello, cominciando a pensare a qualcosa per poter mandare avanti quella serata senza che la noia facesse da padrona assoluta. - Potremmo...mh -, provai a dire, senza riuscire ad aggiungere altro, dato che non avevo idee.
- Non ti viene in mente niente, vero? -, chiese, portando entrambe le braccia intorno al petto.
Scossi il capo con aria rassegnata, guardandolo con aria innocente. - Ah no, aspetta! -, sbottai, buttandomi subito dopo sul divano per arrivare a prendere il telecomando dello stereo che teneva in salone insieme a un sacco di altri aggeggi, play station compresa.
- Che vuoi fare? -, mi chiese, lasciando cadere di nuovo le braccia lungo i fianchi.
Lo guardai sorridendo, mentre rimanevo sdraiata sul divano, facendo partire subito dopo la musica, nonostante il volume fosse molto, molto, alto. Lo vidi sobbalzare, segno che gli era preso un colpo assurdo ma, come al solito, cominciò a lasciarsi andare praticamente subito alla melodia di Anything Goese dei Guns N' Roses.
Cominciò a ballare come un cretino, venendomi incontro con la mano tesa, mentre cantava le prime strofe del brano. - I've been thinkin' 'bout, tinkin' 'bout sex, always hungry for somethin', that I haven't had yet.. -, cominciò, quando gli afferrai la mano, - Well maybe baby, you got somethin' to lose, well I got somethin', I got somethin' for you.. -, continuò, mentre mi alzava di peso dal divano.
- My way, your way,anything goes tonight! -, cantai io, mentre lo seguivo in quel suo balletto improvvisato al momento.
- My way, your way, anything goes..! -, disse subito dopo di me, trascinandomi con lui come se io non ci fossi andata già di mia spontanea volontà.
Solo allora cominciammo a ballare veramente, lasciandoci completamente andare sulle note di quella canzone stupenda finché ne avessimo avuto voglia o, almeno, finché non fosse terminata.


***

Avevamo ballato così tanto che quasi non sentivo più le gambe, ma non ci facevo molto caso, preferivo continuare a ridere insieme a lei, anche se ormai la casa era pressoché sotto sopra, dato che avevamo corso in ogni angolo possibile e immaginabile.
Era strano come con lei mi divertissi sempre, nell'ultimo periodo almeno: era capace di farmi stare bene, nonostante tutto quanto.
Mi sentivo uno schifo, anche solo a pensare che stavo ignorando il resto della mia famiglia...per...per cosa? Stupidità?
Si, probabilmente era per quello. Non era la prima volta che ci pensavo, probabilmente non avrei mai smesso di pensarci, non finché non avessi preso una cazzo di decisione.
Mi fermai improvvisamente, fermando anche quel nostro balletto improvvisato, con il fine di avvicinarmi allo stereo, iniziando ad abbassare il volume, vertiginosamente, talmente in fretta da poterle sentire cantare qualche altra strofa, prima di fermarsi del tutto, guardandomi con aria imbarazzata. - Hey, che c'è? -, mi domandò, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- Niente, solo che...la musica alta mi stava dando alla te.. -, comincia gesticolando, pochi attimi prima di sentire dei grossi tonfi sulla porta d'entrata di casa mia.
Ci voltammo tutti e due all'unisono. - Chi può essere a quest'ora? -, domandai più rivolto a me stesso che a altri.
- Scopriamolo.. -, mormorò lei, superandomi agilmente e aprendo la porta di casa, piano.
Sbircia oltre la sua figura più o meno minuta, riuscendo alla fine a scorgere la Signora Drew, non che mia vicina di casa. - S-signora Drew, salve.. -, biascicai, mentre mi avvicinavo alla porta, sostenendo per un momento lo sguardo confuso di Amy.
- Volete abbassare quel volume? C'è gente che qui ha anche bisogno di dormire! -, ci strigliò, indicandoci con il bastone da passeggio che portava sempre con se.
- Mh...ci scusi, Signora... -, provò a dire Amy, bloccandosi poco dopo.
- Drew -, continuò subito lei.
- Signora Drew, ci dispiace di averla disturbata, non succederà più -, disse lei con aria profondamente calma e gentile, molto gentile. Mi voltai istintivamente a guardarla, soffermandomi per svariato tempo ad osservare le sue labbra che continuavano a toccarsi tra di loro, mentre ripeteva alla mia poco docile vicina di casa quanto le dispiacesse.
Prima che potessi concentrarmi di nuovo abbastanza per capirci qualcosa, stava già richiudendo la porta, salutando con un cenno veloce della mano la Signora Drew: io ero ancora dietro di lei, quasi sconvolto dal comportamento che quella donna aveva avuto nei confronti di Amy, che aveva visto si e no due volte, ma con la quale non aveva mai neanche lontanamente parlato. - Come...come hai fatto? -, le chiesi, mentre la seguivo con lo sguardo verso il divano.
- A fare che? -.
- Di solito non è mai così docile.. -, ammisi indicando la porta ormai chiusa, - Invece con te lo è stata subito, prima di calmarla quando si incazza con me ci vogliono delle...settimane! -, aggiunsi, esagerando un bel po' sull'ultima frase.
- Io sono una donna, lei anche, quindi è ovvio che da più retta a me -, spiegò, nonostante quel suo ragionamento non avesse molto senso.
Mi chiedevo ancora perché mentre parlava non riuscivo a non guardare le sue labbra...
Scossi impercettibilmente il capo, costringendomi a guardarla di nuovo negli occhi. - Non centra, di solito è così con tutti...invece tu l'hai calmata subito -.
- Si vede che ho del talento -, rispose pavoneggiandosi.
- No, devi averla soggiogata, tipo quelli..del Diario del Vampiro! -, sbottai, quasi senza accorgermene.
Si voltò subito a guardarmi, con aria stupida, molto probabilmente dovuta a quella mia uscita a cazzo. - Tu guardi il Diario del Vampiro? -, mi chiese solamente.
- Lo...mandano in TV il martedì, lo guardo quando mi annoio -, spiegai, indicando distrattamente la TV spenta.
- E'..oggi martedì -, dissi, dopo averci riflettuto per qualche secondo.
- Si -, risposi solamente.
Dopo di che, tutto quello che facemmo fu scambiarci una veloce occhiata, con la quale ci capimmo al volo. - Io prendo le patatine, quelle che ti ostini a nascondere -.
- Io cerco... -, cominciai a dire, guardandomi intorno, - ..il telecomando, si -.
- Credo sia sotto il divano, di solito lo fai finire li! -, urlò lei dalla cucina, - Dannate patatine! -, sbottò poco dopo e la sentii chiaramente saltare, ne ero sicuro.
Lasciai allora stare il telecomando e la raggiunsi in cucina, dove la trovai, proprio come avevo pensato, a saltare per cercare di afferrare il pacchetto di patatine, troppo in alto per la sua statura minuta.
Sorrisi silenziosamente, trovandola alquanto buffa, cominciando poi ad avvicinarmi piano a lei, finché non le arrivai alle spalle: posai entrambe le mani sui suoi fianchi, facendola sussultare lievemente per la sorpresa, solo per poi sollevarla da terra, così che potesse arrivare finalmente a prenderle. Rimase in silenzio per qualche secondo, prima di proferire parola. - Grazie mille, a volte anche tu sei utile -, biascicò mentre le tirava fuori dalla mensola.
- Lo prendo come un complimento, nana -, ribattei, rimettendola di nuovo giù.
- Non sfottere solo perché tu sei alto un metro e ottanta, madre natura con me è stata cattiva.. -, disse dileguandosi poi dalla cucina, così da ritornare in salone.
La seguii con lo sguardo, senza distoglierlo neanche per un momento, seguendola poi solamente, varcando nuovamente la soglia del salone: ci mettemmo a cercare il telecomando insieme, finché non lo trovammo proprio sotto il divano, dove lei aveva detto.
Quando accesi la tv, per fortuna, stavano ancora mandando il solito, noioso, riepilogo di quello che era successo nelle puntate precedenti. - Visto? Siamo ancora in tempo! -, sbottai, buttandomi sul divano, mentre lei apriva il pacchetto di patatine e si sedeva accanto a me.
- Menomale.. -, rispose, prendendo una patatina e mangiandosela velocemente, poggiando poi il pacchetto sulle gambe così che ci arrivassimo entrambi, - Sono curiosa di vedere cosa succede oggi -, aggiunse.
- Farò anche la figura della femminuccia, ma anche io -, dissi, alzando un po' il volume, dato che il riepilogo era finito.
- Che ti frega, sei a casa tua, non è che gli altri possono sentirti..a meno che non vado a fare la spia -, disse lei, sorridendo poi divertita.
- Non la farai, ti conosco troppo bene -.
- Convinto.. -, fu l'ultima cosa che sussurrò, dopo di che restammo entrambi in silenzio, per goderci quell'episodio, e magari capirci qualcosa.
Ogni tanto ce ne uscivamo con qualche commento, i suoi soprattutto su Damon Salvatore, il fratello cattivo e belloccio classico dei telefilm, quello che fa innamorare nel giro di un paio di puntate migliaia di ragazze, di tutte le età, a quanto pareva.
Quando fu chiaro che era il suo preferito, me ne uscii con la classica frase che era in grado di farle partire la parlantina. - E' il classico tutto muscoli e senza cervello -, sbottai, mentre mi mangiavo tranquillamente un po' di patatine.
Avevo pensato che avrebbe reagito subito a tono, invece mi fregò completamente. - Tu anche hai i muscoli, quindi...anche tu non hai il cervello? -, mi chiese, volgendo per un momento il viso verso di me, sorridendo fiera.
- ..hai vinto questo round -, ringhiai praticamente, tornando a concentrarmi pienamente sulla puntata, dato che stavano succedendo un sacco di cose nuove: talmente tante che alcune neanche le capivo, dato che mi ero perso un paio di episodi, comunque fosse.
Quando la puntata finì feci appena in tempo ad accorgermi che Amy dormiva, altrimenti avrei sicuramente detto qualcosa che l'avrebbe svegliata di soprassalto: per quanto l'idea mi tentasse decisi di rimanere zitto, mentre allungavo entrambe le gambe così da posarle sul tavolino davanti a me. Non mi andava di muovermi, anche perché, delicato com'ero, l'avrei svegliata di sicuro.
Scossi la testa, decidendo definitivamente di lasciar perdere, mentre lasciavo cadere la testa all'indietro, poggiandola sullo schienale del divano, stranamente più comodo di quello che avevo immaginato.
- Sai che se ti addormenti così domani avrai il sedere più che dolorante? -, chiese con voce ancora assonnata, mentre apriva gli occhi, - L'episodio lo guarderò in streaming, il lavoro mi sta uccidendo -.
Risi. - Ma tu non consigli solamente agli altri i fumetti? -.
- Si.. -, biascicò, alzandosi con l'ausilio delle mani, - Di solito si, ma oggi c'erano i nipoti di Meredith, e mi ha chiesto di badare anche un po' a loro...due bambini, gemelli, di 5 anni a testa, che corrono su e giù per il negozio, questo ha reso il tutto straziante -.
- Oh beh, capisco -, risposi con nonchalce, ridendo nel vedere che si era lasciata cadere di nuovo sul divano, - Hai mollato definitivamente? -.
- Sto per mollare -, rispose con voce spenta, - Tu vattene in camera -.
- E lasciarti qui in preda ai mostri della notte? Sicura di voler rimanere da sola? -.
- Ah ah ah, non ho più 5 anni, smamma a dormire -, sbottò, - Perché io sto per farlo -.
- D'accordo -, mi arresi ma, al contrario di quello che mi aveva suggerito, mi stesi accanto a lei, accomodandomi nello spazio rimasto tra la sua schiena e lo schienale del mio enorme divano, posando il viso sul bracciolo e lasciandomi andare ad un profondo sospiro prima di chiudere gli occhi del tutto. Si era irrigidita, era vero, ma solo per una frazione di secondo, dopodiché si era semplicemente accoccolata contro il mio petto, come se lo facessimo sempre, quando invece quella era la prima volta.
Non sapevo perché, ma da un po' per me era normale comportarmi in un certo modo con lei, fare e dire cose che non avevo mai detto; non mi addormentai subito, o meglio, mi addormentai poco dopo aver sentito la sua mano afferrare la mia, allora ferma sul suo fianco, portandosela sul ventre così che potessi abbracciarla. Sorrisi lateralmente, senza fare alcun tipo di rumore, lasciandomi poi andare al sonno, stringendola ovviamente a me, sicuro di averla sentita lasciarsi scappare una flebile risata, appena udibile, ma che io riuscii a sentire o che forse, semplicemente, mi sognai. 

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Capitolo 7
*** Rivincite. ***


Quando mi svegliai, la mattina successiva, mi ingegnai per scivolare via dalla presa ferrea di Brian intorno alla vita, quella stessa presa che avevo richiesto io, in un certo senso.
Non sapevo bene perché l'avessi fatto, appena qualche ora prima, e, in quel momento, non gli diedi neanche molto peso.
Cosa che magari avrei dovuto fare, invece; mi alzai, stiracchiandomi senza alcun pensiero, dato che oggi era il mio giorno libero. Lanciai una veloce occhiata a Brian, ancora addormentato sul divano, mentre sbadigliavo cercando di fare il minor baccano possibile: per un giorno sarebbe sopravvissuto senza di me, ma tanto sapevo che, quella stessa sera, probabilmente sarei tornata da lui, facevo sempre così di recente.
Mi voltai, raccogliendo le mie cose e dirigendomi immediatamente verso la porta di casa, riuscendo ad uscire senza fare molto chiasso, a parte quando dovetti richiudere la porta.
Camminavo spensierata verso casa mia, salutando di tanto in tanto qualche vicino, quando il mio cellulare squillò all'improvviso: lo tirai subito fuori dalla tasca, guardando il monitor e vedendo solo allora che Matt mi stava chiamando. - Matt, dimmi -, risposi, non appena lo portai all'orecchio.
- Qualche segno di vita da casa Haner? -, mi domandò.
- Ci sono appena uscita da casa Haner, ieri sera sono crollata li, come al solito -, dissi, riprendendo a camminare.
- Lui che dice? -.
- Che gli piace il diario del vampiro -.
- Eh? -.
- Mh, niente, lascia stare...comunque, niente di nuovo, anzi, non ha ancora sollevato l'argomento “scadenza”, e mi sembra strano, dato che ormai è quasi un mese -.
- Si vede che ha cambiato idea, magari non ha toccato l'argomento perché vuole che resti con lui -.
Per quanto quelle parole mi lusingassero, non lo avrebbero mai fatto abbastanza da smuovermi dal mio intento principale. - Anche fosse, preferirei che tornasse anche da voi, odio vedere la mia famiglia divisa -.
- Tornerà, sta tranquilla, ma se in questo momento vuole stare in particolare con te, accontentalo -.
- Gli farò prendere una decisione, 'sta tranquillo -, dissi, rassicurandolo, quando ormai ero arrivata davanti alla porta di casa.
- Va bene, mi fido di te -.
- Ti voglio bene, Mattie -, dissi alla fine, con tono sincero.
- Anche io, Amy e oggi vedi di passare da me, okay che vuoi fare compagnia a Brian, ma anche io ho bisogno della mia migliore amica -, sbottò ridendo divertito.
- Mi faccio la doccia e sono subito da te -, risposi, corrispondendo a quella sua risata, mentre infilavo la chiave nella toppa e entravo finalmente in casa mia.
- Va bene, ti aspettiamo... -.
- Salutami tua moglie! -, urlai contro il telefono, poco prima che attaccasse.
- Lo farò! -, rispose, mettendo poi fine alla chiamata.
Risi guardando il monitor che ormai si era spento di nuovo automaticamente, mentre poi mi chiudevo la porta alle spalle, diretta verso il bagno per farmi quella che sarebbe stata la doccia del secolo.


***

Avevo avuto milioni di imprevisti, appena uscita dalla doccia e questo mi consentì di andare a casa di Matt solamente dopo pranzo, o meglio, verso le 15 del pomeriggio. Quando arrivai ad aprirmi fu Valary, accogliendomi con un sorrisone sulle labbra. - Matt è di la a giocare alla play station, come al solito... -, disse, lasciandomi poi il passo per entrare in casa.
Accettai volentieri l'invito, entrando nell'ambiente accogliente di casa loro. - Come al solito, del resto, prima dice che mi vuole vedere e poi si fa trovare alla play station! -, mi lamentai, imitando un perfetto broncio.
- Almeno avremmo un po' di tempo per parlare, vorrei sapere anche io qualcosa su Brian, dato che non so ancora praticamente niente -.
- D'accordo, andiamo in cucina, così ti spiego...prima che lui si stacci dal suo amato videogame ti avrò spiegato tutto quanto! -, dissi, mentre la seguivo, diretta in cucina. Io e Valary ci conoscevamo da una vita ormai, praticamente da quando conoscevo Matt e gli altri, dato che eravamo andati tutti alla stessa scuola. Quando lei e Matt si erano messi insieme, molti anni prima, non aveva mostrato alcun tipo di ostilità nei miei confronti, né mi aveva mai visto come una minaccia per il loro rapporto. Io avevo sempre avuto paura di questo, paura che mi vedesse come un pericolo per loro due, ma le avevo sempre ripetuto che tra me e Matt non ci sarebbe mai stato niente a parte l'amicizia, era sempre stato così e lo sarebbe stato sempre.
- Allora.. -, disse lei, mettendosi poi seduta su uno dei sgabelli, proprio davanti a me, - Sono tutta orecchie -, aggiunse, posando i gomiti sulla grande isola della cucina, pronta ad ascoltare quello che avevo da dire.
- Beh...non c'è molto da dire, solamente che sono passate più di due settimane e non ha ancora preso una decisione, ma ho promesso a Matt come agli altri che gliel'avrei fatta prendere, non può continuare a comportarsi come un bambino... -.
- Brian è un bambino, non è che si comporta -, mi corresse, non riuscendo a trattenere una risatina.
- Già, lo so.. -, concordai, ridendo a mia volta, - Comunque, beh...stasera torno da lui, come al solito e vedo com'è la situazione.. -.
- A quanto ho capito...vuole che resti con lui, forse si sente meglio con te, in questo momento.. -.
- Mi fa piacere che con me si senta bene, come dite...ma resta comunque il fatto che deve tornare dai suoi amici, non può restare da solo per sempre.. -.
- Anche tu sei sua amica, non sei meno importante di Matt, o di Zacky, o di Jhonny, o di me, siamo una famiglia... -, disse.
- Appunto perché siamo una famiglia dovrebbe tornare con tutti noi -, ribattei decisa.
- Allora fai del tuo meglio per convincerlo, visto che in questo momento sembra dare retta solamente a te -, sussurrò.
- Si, ci parlerò.. -, riuscii a dire, poco prima che Matt facesse capolino in cucina.
- Hey, da quant'è che sei qui? -, chiese, andando verso il frigo e estraendone una bottiglietta d'acqua chiusa.
- Da neanche 10 minuti, stavo dicendo a Valary di Brian.. -, spiegai.
- Oh capito, ti fermi qui per cena? -.
- Mh, no, non credo, ma posso darti la rivincita a Super Mario Kart, dato che l'altra sera mi hai supplicato per averla -, gli ricordai.
- Non ti ho supplicato -, borbottò.
- No, gliel'hai solamente chiesta con le lacrime agli occhi -, lo corresse Valary.
- Siete sempre contro di me, sempre! -, piagnucolò, scappando praticamente via dalla cucina, sfoggiando uno dei suoi solito comportamenti profondamente maturi e virili.
Scoppiammo entrambe a ridere, guardandoci per un momento. - Okay dai, andiamo, così gli dai questa benedetta rivincita, che ne dici? -, mi domandò lei, mentre si legava distrattamente i capelli lunghi e biondi in un coda scompigliata.
- Si, così potrò umiliarlo di nuovo, dato che non se l'è mai cavata bene a Super Mario Kart -, precisai, scendendo dallo sgabello per dirigermi di nuovo in salone, trovandolo intento a cercare il gioco.
- Concordo, perde persino con me -, rispose abbassando la voce così che non ci sentisse, - E io sono una frana -, aggiunse, indicandosi da sola.
Ridemmo di nuovo, solo per poi venire interrotte dalle parole di Matt. - La smettete di complottare contro di me? Ora ti farò vedere di cosa sono capace, mi sono allenato -, sbottò riuscendo alla fine a trovare il gioco e estraendolo subito dalla custodia, così che potessimo iniziare nel più breve tempo possibile.
- L'hai detto anche l'ultima volta -, risposi solamente, mentre mi andavo a sedere per terra, appoggiando la schiena al divano dietro di me. Avevo sempre amato giocare per terra, piuttosto che sul divano, non sapevo perché, ma ogni volta che non ci giocavo perdevo, ormai era un dato di fatto, quindi mi limitavo a seguire l'abitudine.
Si voltò verso di me, lanciandomi un'occhiataccia degna di Oscar. - Questa volta l'ho fatto sul serio, vedrai -.
Dopo quella sua affermazione, iniziammo semplicemente a giocare, con Valary come spettatrice, che poi, alla fine, incitava più me che il suo stesso marito. Cercavo di non distrarmi, per quando Matt ci provasse, e alla fine vinsi 2 partite su 4.
- PAREGGIO! AHHH PAREGGIO!! -, esultò lui non appena lasciai cadere il joystick a terra, alzandosi e cominciando a correre qua e la per il salotto, uscendo e rientrando come se fosse la cosa più normale del mondo
- Tu stai male, si, davvero molto...molto male -, dissi quando riuscii a trovare la forza di parlare, tanto ero sconvolta, - Io ti consiglio di chiedere il divorzio -, aggiunsi poco dopo, quando mi fui voltata di nuovo verso Val.
- Divorzio? Chi? Cosa? Chi deve chiedere il divorzio? -, domandò lui spaventato, fermando quella sua stupida e poco matura esultanza.
- Niente, davo solo un consiglio a Valary -, risposi stringendomi nelle spalle, mentre mi alzavo, stiracchiandomi entrambe le gambe, che si erano pressoché addormentate. - Ma no, siete troppo belli insieme, non vi mollate mai, mai nella vita! -, dissi poco dopo, lanciando una veloce occhiata a tutti e due, incamminandomi poi verso il corridoio che portava alla porta d'entrata.
- Non ci molleremo, siamo fatti per stare insieme -, dissi Matt, mentre faceva alzare Valary dal divano dove era comodamente seduta, stringendosela a se per i fianchi.
- Bene, perché io voglio un nipotino -, sussurrai, aprendo la porta.
- Capiterà, prima o poi.. -, rispose Valary, sapendo bene che anche suo marito la pensava allo stesso modo, - E allora diventerà il bambino o bambina più viziata del mondo, tra il padre e gli zii -.
- Esattamente -.
- Concordo -, continuò Matt.
Scoppiammo tutti quanti a ridere, finché non mi decisi a lasciarli veramente da soli. - Bene, io taglio la corda, ho una missione da compiere, stasera -.
- Fammi sapere -, mi pregò Matt.
Gli feci il segno dell' “okay”, sorridendo e uscendo poi di casa; feci un veloce salto alla mia di casa, ringraziando il cielo che abitavamo tutti praticamente uno attacco all'altro, prendendo al volo il caricatore del mio cellulare, dato che aveva deciso di abbandonarmi proprio nel bel mezzo della terza partita, quella che poi avevo anche perso.
Uscii poi di casa sospirando, cominciando subito dopo ad affrontare quei 3 o 4 incroci che mi dividevano da casa di Brian, ignorando quella sensazione alla bocca dello stomaco che mi colpiva sempre quando stava per succedere qualcosa di importante, o di brutto.
Speravo vivamente nella prima opzione, dato che di cose brutte ne avevo piene le scatole. 

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Capitolo 8
*** Qualcosa di inaspettato. ***


Avevo lasciato casa mia per raggiungere quella di Brian da un po' ormai, quindi ero anche quasi arrivata. Più ci pensavo e più mi sembrava di dividermi, anzi, se mi fossi divisa davvero tutto sarebbe stato molto più semplice. Oppure se mi fossi sdoppiata, ancora meglio, due me che possono fare il doppio delle cose.
Un sogno che si avverava, insomma.
Lasciai da parte quel pensiero senza capo né coda e allungai in passo, ripetendo mentalmente quello che avrei dovuto fare quella sera: avrei tirato fuori l'argomento, anche se sapevo che, probabilmente, non avrebbe giocato a mio favore, e avrei sentito cosa ne pensava.
Non nascondevo il fatto che con lui mi trovavo bene, anzi, benissimo, ma aveva promesso che avrebbe preso una decisione, e ormai il tempo, comunque fosse, era scaduto. Mi fermai davanti alla porta, dato che avevo lasciato le chiavi di scorta dentro, il giorno prima, cominciando subito dopo a bussare, finché non mi aprì. - Oh, ti avevo dato per dispersa -, mi “salutò”, - Stamattina sei sparita -.
- Avevo il serio bisogno di una doccia, e poi sono stata da Matt, così gli ho anche dato quella benedetta rivincita a Super Mario Kart.. -, dissi sorpassandolo per entrare in casa, - Se ci fossero due me sarebbe tutto più semplice -, dissi poco dopo, desiderando per un momento che fosse vero sul serio.
- Potevi restare a casa tua, per stasera.. -, rispose, chiudendo la porta con un tonfo.
- No, dovevo chiederti una cosa -, continuai, voltandomi verso di lui e ripetendo per l'ennesima volta la mia domanda in testa, finché non diventò una sorta di cantilena.
- Io devo dirtene una -.
- Che devi dirmi? Vai prima tu, io posso aspettare.. -.
-Ah beh, okay... -, in quel momento, s'infilò entrambe le mani in tasca, chinando il viso. - Ho deciso di tornare, cioè, dagli altri...è passato un bel po' di tempo, e mi sono reso conto davvero di quanto mi manchi stare con loro, con la mia famiglia, insomma...-, biascicò, sollevando di nuovo il viso solamente quando ebbe finito.
Avevo ascoltato le sue parole una per una, ma mi lasciarono comunque interdetta per un attimo, tanto che rimasi anche a bocca aperta, per una frazione di secondo, per fortuna: era come se mi avesse letto nel pensiero, magari l'aveva fatto, tutto era possibile in quel momento, dato che mi aveva appena detto che voleva tornare, ovvero che aveva preso una decisione. Okay, avevo una cimice nel cellulare e aveva sentito quello che mi ero detta con Matt, era l'unica cosa possibile.
- Amy? -, mi chiamò, riportandomi alla realtà.
- Eh? -, chiesi, cadendo dalle nuvole e mollando definitivamente il ragionamento contorto che il mio cervello, ancora più contorto, aveva elaborato.
- Hai...capito cosa ho detto? -.
- Si, si certo che ho capito, solo che mi fa strano...insomma, pensavo che non ti decidessi più! -, ammisi, ma sembrava più un rimprovero che un'ammissione.
- Ti avevo detto che avevo bisogno di tempo! -, ribatté immediatamente, gesticolando verso di me.
Senza rispondergli, non subito almeno, mi alzai dalla sedia, andandogli incontro e gettandomi praticamente tra le sue braccia. - Ce ne hai messo anche troppo! -, sbottai, questa volta con un chiaro tono di rimprovero.
Si mise a ridere subito, ricambiando poi il mio abbraccio. - Lo so, mi dispiace, ma intanto mi sono deciso, non è già qualcosa di buono? -.
- Si, più che buono! -, dissi, concordando pienamente, mentre non accennavo a sciogliere quell'abbraccio. Voltai il viso quello che bastava per posargli un veloce bacio sulla guancia; quello che successe dopo fu molto veloce: mi sentii per qualche strano motivo imbarazzata, senza motivo, dato che era il mio migliore amico.
Ma l'istinto, in quel momento, mi diceva di allontanarmi da quell'abbraccio a cui io stessa avevo dato iniziato, solamente che lui me lo impedì, lasciandomi li ancora più confusa e indecisa se voltare lo sguardo verso di lui o meno. Non potevo essere codarda per il resto della mia vita, ma ero anche imbarazzata, e io quando si trattava di imbarazzo ero un caso più che perso. Presi un respiro profondo, convincendo me stessa che non stava succedendo niente, in fondo, per poi allontanare il viso dalla sua spalla, così che potessi guardarlo negli occhi: il suo sguardo ero puntato sul mio, con un'espressione indecifrabile dipinta in viso e, appena pochi attimi dopo, vidi la punta del mio naso sfiorarsi con la sua, fino a che a sfiorarsi non furono anche le nostre labbra. Mi baciò senza tante cerimonie, mentre io ero ancora li a metabolizzare quello che stava succedendo in quel preciso istante: quando fu chiaro che anche io desideravo con tutta me stessa baciarlo mi lasciai semplicemente andare tra le sue braccia. Le mie mani andarono a posarsi istintivamente sul suo collo, che usai come unico appiglio, mentre mi spingeva inesorabilmente verso il divano, situato al centro del salone. Raggirò il tavolino che gli stava proprio davanti con un piccolo calcio, spostandolo così abbastanza da consentirci ancora più comodità.
Mi fece sdraiare completamente, mentre mi dedicavo solamente ai bottoncini della sua camicia, che riuscii a sfilare con facilità, anche grazie al suo aiuto. Seguii il contorno delle braccia muscolose con entrambe le mani, sospirando di piacere a causa dei suoi continui baci sul mio collo diafano. I nostri vestiti, uno dopo l'altro, finirono per terra, a parte il mio reggiseno, che si posizionò su uno dei braccioli, dove lui l'aveva tirato. Tutto il mio corpo fremeva e in quel momento desideravo solamente lui, desideravo che mi facesse sua, ma il suo continuare a torturarmi sembrava non avere fine, come se volesse farmi attendere fino all'ultimo. Ripensai vagamente a tutte le serate che avevamo trascorso li, davanti alla TV, a quando avevamo dormito abbracciati l'uno all'altro, la sera precedente. E ora eravamo finiti insieme, su quello stesso divano che aveva ospitato le nostre serate. Un morso inaspettato all'altezza dell'orecchio mi riportò con la mente a lui, mentre io non facevo altro che stringerlo a me con una ferrea presa delle dita tra i suoi folti capelli corvini.
Iniziai ad avere dei veri brividi solo quando le sue mani andarono a posarsi saldamente sulle mie cosce, spronandomi a divaricare il più possibile le gambe, così che ci si potesse accomodare in mezzo, prendendosi poi qualche altro secondo prima di scivolare dentro di me, facendo sfuggire dalle mie labbra un gemito strozzato, che mi morì praticamente in gola. Il secondo, quello che sarebbe stato probabilmente molto più intenso, fu soffocato da un suo bacio, durante il quale mi presi la briga di accarezzargli la schiena, ormai imperlata di sudore. La cosa non mi dava fastidio, anzi, quella sensazione sotto i miei polpastrelli aveva un non so che di eccitante; andammo avanti con quella danza per un tempo infinito, finché entrambi non fummo completamente appagati e, troppo stanchi per continuare, ci accasciammo l'uno accanto all'altro. Si allontanò da me solamente quando allungò il braccio per afferrare una coperta, posata sulla testata del divano da giorni ormai e allargandola con un solo, veloce, gesto, facendo così in modo che entrambi fossimo coperti, nonostante quella sera non facesse particolarmente freddo. In quel momento non mi interessava della temperatura, sarei stata bene anche se avessero fatto 10° gradi. Cominciai, subito dopo quel pensiero, a regolare la mia respirazione, ma il mio battito cardiaco accelerò frenetico quando la sua mano si posò sul mio ventre scoperto, avvolgendomi in un abbraccio come aveva fatto anche la sera precedente, solo che questa volta la situazione era ben diversa e l'unica cosa che combaciava era che stavamo di nuovo per addormentarci entrambi. Strinsi la coperta con una mano, come se in quel momento fosse il mio unico appiglio, mentre i miei occhi iniziavano inevitabilmente a chiudersi, sotto il peso della stanchezza. Mi strinsi il più possibile a lui, sentendo il suo petto caldo e sicuro contro la mia schiena nuda e intrecciando, poco dopo, le gambe con quelle di lui. Quella sensazione mi cullò fino all'ultimo, finché entrambi non crollammo, facendo così in modo che la stanza tornasse di nuovo silenziosa: a parte il nostro umano respirare, niente sembrava disturbare quella quiete che si era creata. 

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Capitolo 9
*** Tocca a tutti, prima o poi. ***


Mi svegliai a tarda mattina, con un leggero mal di testa che non mi sapevo spiegare. Aprii gli occhi, accorgendomi solo allora che accanto a me non c'era nessuno: allungai una mano, accarezzando con la punta delle dita la superficie liscia e morbida del divano, mentre le immagini della sera precedente mi riempivano a poco a poco la mente. Era stato fantastico, anche se completamente inaspettato.
Chissà da quanto cavavo quell'interesse maggiore nei suoi confronti, magari da un sacco di tempo, solo che non me n'ero mai reso conto fino in fondo: e ora, invece? Ora ne avevo la prova certa, avevo la prova certa che quello che mi legava a Amy non era più solo l'amicizia, era qualcosa che andava oltre.
Mi guardai in giro, riuscendo alla fine a scorgere la figura di Amy entrare nella stanza, con sguardo basso: indossava la mia camicia, che la copriva praticamente fin sotto il bacino. - Ti sta bene la mia camicia -, dissi, catturando la sua attenzione.
- Ah, t-ti sei svegliato.. -.
- Già...ora.. -, risposi, - Ah..io credo.. -, comincia a dire.
- Penso che.. -, disse lei nello stesso momento, parlandomi sopra senza volerlo.
Ci guardammo per un momento, scoppiando poi a ridere. - Vai tu.. -, dissi, indicandola.
- Io...penso che...dovremmo lasciarci questa cosa alle spalle, si insomma... -.
- Quindi tu..non vorresti dargli peso? -, le chiesi.
- Perché, tu si? -.
- Credo che quello che è successo ieri sera non sia da ignorare, tutto qui.. -, le spiegai.
Solo dopo quelle mie parole la vidi avvicinarsi, oltrepassando il tavolino che avevo spostato, la sera precedente, e incrociando le braccia al petto. - Io credo di si invece, perché sono quasi sicura che sia successo tutti solamente perché.. -, provò a dire, senza finire la frase.
- ..perché? -, chiesi, spronandola ad andare avanti.
- Perché non eravamo lucidi! -, sbottò, dicendo probabilmente la prima cosa che le passò per la testa, - E ora lo siamo..quindi possiamo.. -, sussurrò, arrestandosi nello stesso istante in cui cominciai ad avvicinarmi, senza fare tanto sforzo. Mi guardò con quella che sembrava disapprovazione, ma riuscii a farla cedere di nuovo con un semplice sorriso: aspettai qualche secondo, restando stupido quando a colmare quella minima distanza fu lei, gettandosi sulle mie labbra con moderato impeto. Sorrisi per un secondo, prima di stringerla e di lasciarmi andare di nuovo contro la superficie fredda e accogliente del divano.
Al contrario di quello che avevo pensato, quel bacio durò relativamente poco, interrotto dal suo improvviso allontanarsi, come quando ci si rende conto di aver fatto qualcosa di sbagliato. - Oddio, l'ho fatto ancora! -, sbottò, tirandosi su a sedere e dandomi immediatamente le spalle, portandosi entrambe le mani sul viso.
Mi passai la punta della lingua sulle labbra, come a voler assaporare la dolcezza di quel veloce bacio. - Visto? Saremo pure lucidi, ma è quello che vuoi e non riesci a dirgli di no, semplice -, dissi, mentre piano mi rialzavo, avvicinandomi così nuovamente a lei.
- Quello che voglio saresti tu? Il mio migliore amico? -.
- Io voglio te...e sei la mia migliore amica -, confessai, - .. il punto è che mi piaci Amy, mi piaci da morire e...so che di solito una cosa così si dovrebbe dire prima di.. -.
- Fare sesso? -, continuò al posto mio.
- Già.. -, concordai, - Ma l'ho capito solo ora, solo dopo tutto il tempo che abbiamo passato insieme, da soli.. -, aggiunsi, continuando quello che stavo dicendo in precedenza, - Ma quello che è successo ieri sera lo volevamo entrambi, questo non puoi negarlo... -.
- Infatti non lo sto negando e non ho neanche intenzione di farlo.. -, rispose, scuotendo impercettibilmente il capo, ma rimanendo comunque di spalle.
- Vieni qui, dai.. -, dissi, invitandola ad avvicinarsi di nuovo a me. Si voltò a guardarmi, giusto pochi secondi prima di sorridere e di stendersi di nuovo completamente su di me. Posai il mento sulla sua spalla, sentendola poco dopo giocare con le mie mani, poste ancora una volta sul suo ventre piatto. - Vuoi che mi rivesta? -, domandai, non riuscendo a non ridacchiare.
- No, resta pure così, tu a petto nudo sei uno spettacolo più che gradito -, rispose, ridendo a sua volta.
- L'hai ammesso finalmente -.
- Bastava chiedere -, ribatté, riuscendo a fregarmi.
- La prossima volta chiederò -, mormorai, decidendo poi di andare a posare dei baci sul suo collo chiaro, dato che, la sera precedente, mi aveva fatto ben capire che le piacevano, e anche molto.
- Ti odio quando lo fai -, sbottò, riuscendo comunque a farmi capire che scherzava.
- Davvero? E perché mai? -.
- Perché quando lo fai non mi fai più capire un cazzo di niente, ecco perché -.
Risi ancora una volta, allontanandomi poi definitivamente da lei. - D'accordo, allora ti lascio un po' in pace -, dissi, andando poi a infilare entrambe le mani al di sotto del tessuto leggero della camicia che indossava, accarezzandole la pelle chiara e morbida. Appoggiai di nuovo il mento sulla sua spalla, pensando che in quel momento non potevo desiderare altro: già il fatto che fossi riuscito ad ammettere quello che provavo per lei era un grande passo avanti, per me almeno.
- Che cosa faremo ora? -, mi domandò improvvisamente, lasciandomi per un momento senza una risposta vera e propria.
- Quello che vuoi... -, risposi dopo un po', sapendo bene che non si riferiva di certo a qualcosa che potevamo fare, tipo guardare la TV o roba simile, - Possiamo dirlo agli altri o mantenere il segreto per un po', finché non decidiamo per bene.. -.
- Potremmo far passare un po' di tempo...giusto per chiarirci le idee.. -, propose.
Sorrisi, inumidendomi le labbra poco prima di risponderle. - Va bene, così potremmo prepararci per bene ai loro scleri.. -.
- Dici che sclereranno? -, chiese ridendo.
- Molto probabilmente si, come quando Matt si è messo con Valary, ti ricordi? -, scoppiammo entrambi a ridere, solo al ricordo di tutto quello che avevamo combinato quando avevano ufficializzato il tutto.
- Si, mi ricordo che io davo consigli a Valary su come tenerlo a bada -.
- Noi, sinceramente, ci limitavamo a sfotterlo -.
- Lo sfottevate tanto ma alla fine avete fatto tutti la stessa fine -, mi rinfacciò.
- Io solo di recente, sono quello che è durato di più comunque.. -.
- Sempre a tirartela tu, eh? -.
- Ovvio, sempre -, ribadii, stringendola a me e dandole un veloce bacio sulla guancia, facendola ridere ancora una volta.
- A proposito, non hai cambiato idea, vero? Intendo, riguardo al..tornare e il resto -, chiese con tono allarmato.
- No, non ho cambiato idea.. -, sussurrai, - Anzi, pensavo di fare una salto a casa di Matt oggi stesso... -.
- Davvero? Oggi? -, sbottò all'improvviso, scivolando via dalla mia presa e alzandosi, gasata come non mai, - Okay si, perfetto, potrei chiamare Matt, possiamo organizzare una cena, ordinare una pizza, con tutti quanti! Zacky, Gena, Jhonny e Lacey! -.
Non riuscii a trattenere una risata, vedendola così contenta di una mia semplice decisione, nonostante l'avessi presa solo da poco. - Un po' gasata, mh? -.
- Sono solamente contenta! -, mi corresse, girandosi per cominciare a cercare il suo cellulare. Lo trovò dopo vari tentativi, componendo subito il numero di Matt. - Non è meglio se lo chiamo io? -, domandai.
- No, ti chiederebbe se sono qui, e tu non sai mentire -.
- Perché, tu si? -.
- Quante volte mi sono salvata dalle interrogazioni a scuola? -, mi chiese, mentre si portava il telefono all'orecchio.
Annuii. - Si, hai ragione tu -.
Rise, avvicinandosi poi al diano mentre attendeva tra uno squillo e l'altro: si sedette, in un primo momento, decidendo poi di sdraiarsi, posando la testa sul mio petto. Presi ad accarezzarle i capelli, giocando distrattamente con qualche ciocca, aspettando con lei che rispondesse a quella telefonata. Aspettammo qualche altro secondo, finché non mise il vivavoce e la voce mezza addormentata di Matt riempì la stanza. - Pronto? -.
- Sveglia, sveglia, dormiglione, sono Amy...Amy con una buona notizia -, disse, voltandosi poi a guardarmi per lanciarmi uno dei suoi soliti sorrisi da bambina.
- Fa che sia veramente buona, perché mi hai svegliato, e nessuno mi sveglia -, disse, costringendomi a trattenere una risata che, in altre circostanze, sarebbe uscita di sicuro.
- Se ti dicessi che sono riuscita a convincerlo? -.
- Cosa?! Sul serio? -, chiese con tono più che stupito.
- Si, ecco perché ti ho chiamato, oltre a questo volevo dirti che, dato che mi ha assicurato la cosa, potremmo organizzare una cena, tutti insieme, a casa mia volendo -.
- Si, non mi sembra una cattiva idea.. -, rispose, sbadigliando subito dopo, - Ci penso io a chiamare gli altri, anzi, ci penserà Valary, sicuramente, ama fare questo tipo di cose -.
- E tu, al contrario suo, sei troppo pigro -.
- La smetti con questa storia della pigrizia? -.
Rise, limitandosi poi ad aggiungere. - Alle 20 massimo 20.30 a casa mia, d'accordo? -.
- D'accordo, a stasera -.
- A stasera -, disse, mettendo poi fine alla chiamata, - Perfetto, tutto risolto, così avrai anche un'entrata in grande stile, come piacciono a te -.
- Già, non ci avevo pensato...allora, resti qui a farmi compagnia? -.
- Perché no? Sto tremendamente comoda qui -.
- Mhh... -, mugugnai, prendendomi la briga di osservarla un po', - Mi chiedo perché tu ti sia vestita, sai? -.
- Non potevo di certo andare in giro per casa nuda -.
- Io non mi sarei di certo lamentato -, dissi, corrugando la fronte con aria divertita.
- Sempre il solito, non cambi mai -.
- Mi piaccio come sono, e a quanto pare piaccio anche a te, quindi perché cambiare? -.
Annuì, mettendosi poi a sedere e voltandosi verso di me, sdraiandosi poco dopo sul mio petto nudo. - Si infatti, perché cambiare? -, ripeté.
- Non ammetterai mai veramente che ti piaccio, vero? -.
- Dovrai attendere un po' prima di sentirtelo dire, vista la mia difficoltà nell'ammettere certe cose -.
- E allora attenderò -, fu l'ultima cosa che dissi, prima di intrappolarla di nuovo in un bacio, molto più lungo e intenso del precedente, come se lo volessi continuare, dato che aveva avuto un durato molto breve. Lasciai scivolare la lingua sulle sue labbra e, successivamente, all'interno della sua bocca, andando a giocare voglioso con la sua. S'infilò, poco dopo, sotto la coperta che mi copriva per metà, tornando comunque sdraiata su di me: il tessuto leggero della camicia che portava evitava che i nostri busti si toccassero di nuovo, così come anche i suoi slip, anch'essi indossati poco prima. Mentre prolungavo quel bacio, mi presi il disturbo di sbottonare un paio di bottoncini, con la chiara intenzione di sfilarla: tese le braccia oltre il mio viso, aiutandomi così nella mia piccola ma grande impresa. Continuammo a baciarci per un tempo che fu infinito e, quando fummo costretti a riprendere almeno un po' di fiato, scesi lungo il contorno della sua mascella, seguendola completamente, fino ad arrivare all'altezza del collo, cominciando a baciarlo avidamente, concentrandomi soprattutto su un lembo di pelle. Mi allontanai sorridendo poco dopo, notando solo allora il segno rossastro che le avevo inevitabilmente lasciato.
- Ops...sarai costretta a coprirlo dopo, chiedo perdono -, sussurrai, posandoci poi un altro bacio, prima di posare il viso nell'incavo del suo collo.
- Tranquillo, non sarà molto difficile.. -, rispose, mentre iniziava a giocare con i miei capelli. Non andammo oltre, solamente restammo sdraiati l'uno accanto all'altro, a parlare del più e del meno, finché non ci venne fame e, quasi costretti, dovemmo rivestirci e alzarci per andare a cucinare qualcosa.
Dato che le mie conoscenze culinarie erano molto ridotte fece quasi tutto lei, mentre io stavo li a guardare, passandole di tanto in tanto quello di cui aveva bisogno. Mangiammo con calma, continuando comunque a chiacchierare, la maggior parte del tempo di cose insensate. Decisi di andare a farmi la doccia, non prima che ci fossimo messi d'accordo per la serata.
- Okay, 20/ 20.30 a casa tua, ci sarò -.
- Ritarderai come al solito, lo so già -.
- Non essere così pessimista, magari arriverò in orario -.
- L'importante è che vieni, ti concedo 10 minuti di ritardo -, disse, ridacchiando.
- Bene, allora è perfetto -, risposi, chinandomi poi a baciarla velocemente.
Sorrise contro le mie labbra, ricambiandolo poi e allontanandosi mentre mi guardava con aria perplessa. - E ora vatti a lavare, puzzi -, sbottò, mentre si avvicinava alla porta di casa.
- Non ti lamentavi, prima -, ribattei con un sorriso furbo stampato sulle labbra.
Si voltò per un paio di secondi, facendomi il dito medio e uscendo poi di casa, lasciandomi definitivamente da solo, solo io e la mia doccia.
Ero felice per tutto quello che era successo nell'arco di quel tempo, soprattutto perché Amy mi piaceva sul serio, nonostante per tutta la vita avessimo avuto un rapporto tipo fratello-sorella. Sapevo bene che il tempo poteva cambiare le persone, soprattutto i sentimenti delle persone, ma non avrei mai pensato che sarebbe successo a me. Lasciai da parte quel pensiero, concentrandomi unicamente sulla rilassante doccia che mi aspettava e sul fatto che, quella stessa sera, avrei rivisto i miei amici, dopo quel periodo di reclusione che io stesso mi ero imposto. 

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Capitolo 10
*** Pioggia. ***


Scusate se i capitoli non arrivano molto velocemente, ma la storia non è completa, e ho tempo di completare solamente un capitolo alla volta, quindi scusatemi. :I Spero che questa storia vi piaccia e, se così non fosse, mi piacerebbe saperlo, anche per conoscere i vostri pareri e magari riuscire a migliorarla. :)

Camminavo su e giù per casa senza riuscire a darmi pace; nel giro di qualche minuto sarebbero arrivati tutti quanti e io non facevo altro che pensare a quello che era successo, appena qualche ora prima.
Com'era possibile che mi piacesse lui? Tra tutte le persone, perché proprio Brian? Il problema è che aveva ragione, non potevo dire di no a quello che volevo, e il bene che nutrivo nei suoi confronti era cresciuto sempre di più, durante quel mese. La mia paura più grande era quella che potessimo rovinare tutto quanto, se le cose fossero andate male ne avremmo risentito entrambi. Il suono squillante del campanello mi destò dai miei pensieri e, in men che non si dicesse, mi stavo già avvicinando alla porta: presi un respiro profondo, spalancandola subito dopo e trovandomi davanti Zacky, Matt, Valary e Gena. - Ecco i primi quattro, ora ne mancano solo tre -.
- Che bella accoglienza -, borbottò Matt.
- La prossima volta stendo il tappeto rosso solamente per te -, risposi, lanciandogli una veloce occhiataccia, lasciando poi il posto ad un ampio sorriso mentre salutavo Valary e Gena.
- Allora, che c'è per cena? -, chiese Zacky, mentre oltrepassava la soglia di casa.
- Pizza, cos'altro se no? Ho già ordinato, ho preso un po' di tutto e la tavola è apparecchiata, ora dobbiamo solo aspettare gli altri -.
- Sei sicura che uno dei tre che mancano verrà davvero? -, chiese Gena, quasi con tono preoccupato.
Mi voltai a guardarla, sorridendo comunque speranzosa. - Si, me l'ha assicurato, e se non viene se la vedrà con me, lo sa già -, dissi, sedendomi poi sul divano insieme agli altri, dove cominciammo a chiacchierare e a ridere allegramente. Nonostante fossi presa dalle risate, non riuscivo a non guardare la porta, sperando in ogni secondo di sentire il suono del campanello riempire la stanza.

***

Mi assicurai di aver preso le chiavi e il resto prima di uscire di casa, dopodiché mi chiusi la porta alle spalle, cominciando a farmela a piedi come al solito: il ricordo della sera precedente era ancora vivo nella mia mente, e sembrava non voler andare via. Di certo non potevo sapere come sarebbe andata a finire quella storia, ma speravo bene...e anche fosse stato, non avrei permesso che il nostro rapporto si rovinasse. Probabilmente avevamo sbagliato, io più di lei, ma la cosa più difficile che si può fare è mentire a se stessi, e io ero stanco di farlo. Sapevo bene quello che provavo per Amy, e sapevo ancora meglio che non era più solo amicizia e, da un lato, la cosa mi spaventava anche.
Quando arrivai, ancora immerso nei miei pensieri, sollevai il viso e notai la porta di casa di Amy chiudersi: probabilmente erano arrivati tutti, e io ero sempre l'ultimo. Controllai l'orologio che tenevo al polso, che segnava le 20.40 precise, l'orario bonus che Amy mi aveva concesso. Sospirai pesantemente, prima di incamminarmi verso casa. Pensavo che sarebbe stato semplice, come le altre volte, invece quando mi ritrovai davanti alla porta mi bloccai, senza riuscire a bussare o semplicemente a suonare il campanello.
- Basta fare l'idiota, Haner -, gridava una voce nella mia testa. Mi ribellai per un attimo, ma alla fine cedetti, suonando un paio di volte e trattenendo subito dopo il fiato, sentendomi in ansia.
Cominciai a sbattere il piede per terra, andando a tempo con un a canzoncina per bambini che mi era entrata in testa, finché, finalmente, la porta non si aprì. - Sei “puntuale”, per una volta -, fu la prima cosa che mi disse Amy sottovoce, invitandomi poi ad entrare.
- Sono già qui? -, chiesi.
Annuì, facendomi poi cenno di entrare. Oltrepassai con passo deciso la soglia di casa, sollevando il capo quando mi ritrovai davanti agli altri: mi sentivo come un bambino quando sa di aver combinato qualcosa di sbagliato e si ritrova davanti ad un corteo di adulti, tutti li pronti per sgridarti. Ero sempre stato poco maturo, ma mai mi ero sentito in quel modo, mai. - Ciao ragazzi -, dissi, infilando entrambe le mani in tasca.
- Sei arrivato davvero.. -, esordì Jhonny.
- Già, m-mi dispiace per come mi sono comportato, sono stato davvero idiota -, dissi.
- Puoi dirlo forte -, concordò Zacky, sollevando in aria la birra che teneva in mano.
Mi misi a ridere, facendo per parlare quando invece Matt mi interruppe, senza darmi la possibilità di dire niente. - Quindi sei tornato davvero? -.
- Si, si certo -, risposi.
- Ma sai che tutto non tornerà normale prima di un po', vero? -, disse, ricevendo come risposta le occhiate perplesse degli altri.
- Si, lo so, è quello che mi merito dopo il mio comportamento -, ammisi.
- Brian? -, mi chiamò lui.
- Si? -.
- Sei proprio un coglione -, disse, scoppiando a ridere e avvicinandosi a me per abbracciarmi. Ricambia la stretta, nonostante la mia perplessità iniziale, finendo per ridere a mia volta.
- Tu sei uno stronzo invece! -, ribattei, mentre guardavo gli altri oltre la sua spalla, invitandoli con un semplice sguardo ad unirsi a noi. Zacky e Jhonny si scambiarono una veloce occhiata, prima di venire a grandi passi verso di noi e unirsi all'abbraccio: nel giro di pochi secondi arrivarono anche gli altri, finché non finimmo per essere tutto ammassati, io al centro. - Mi siete mancati -, mormorai, quando si allontanarono.
- Anche tu, la tua coglionaggine è insostituibile! -, disse Jhonny, dandomi una pacca sulla spalla. Risi di quella sua uscita alquanto normale, voltandomi poi a guardare di nuovo Amy, rimasta alle mie spalle per tutto quel tempo: mi sorrideva, con la chiara espressione di chi è veramente felice.
- E voi due? Che fate, non vi salutate? -, la domanda di Lacey catturò la mia attenzione, facendomi voltare di nuovo, non sapendo bene cosa dire.
- Ci siamo visti tutti i giorni per poco più di un mese, non occorre...che ci salutiamo -, rispose lei.
- Si, ha ragione -, dissi, lasciando uscire dalla mia bocca le prime parole che mi capitarono.
- Ah, salutatevi! -, insistette Zacky con tono allegro, spingendomi nella sua direzione, che se ne stava ancora li con le braccia lungo i fianchi e un sorriso timido sulle labbra. Mi lasciai spingere, seppure contro volontà, ritrovandomi così davanti a lei.
Ci scambiammo un veloce sguardo e poi ci abbracciammo, cercando di far creare meno sospetti possibili.
- Ohhh, che caaaarini! -, urlò Matt, dandomi un'altra pacca sulla spalla.
La tenni stretta a me, sorridendo di quella sua uscita. - Mi sei mancata -, dissi, il più sottovoce possibile.
- Anche tu -, ribatté, altrettanto sottovoce. Ci allontanammo poi l'uno dall'altro, tornando dai nostri amici nel grande salone di casa di sua. Finimmo tutti buttati sul divano come al solito, finché non uscì un argomento che recò difficoltà sia a me che a lei. - Allora, come l'avete passato questo intero mese? -.
- Partite alla play station e cibo cinese -, risposi prontamente, notandola lievemente in difficoltà a quella domanda. Mi ringraziò con un semplice sguardo, tornando poi a parlare con Lacey, Valary e Gena, di argomenti che, probabilmente, non ci riguardavano minimamente.

Capitò che, di tanto in tanto, i nostri sguardi si incrociassero, ma sempre solo per qualche secondo, dopodiché li distoglievamo entrambi, sorridendo come due bambini che sanno di piacerci ma non possono fare niente. Quando il campanello suonò, annunciando l'arrivo della pizza, il primo ad alzarsi fu Jhonny, morto di fame come al solito. - Pizza, pizza, ho famee! -, gridò, correndo verso la porta e accogliendo a braccia aperte il fattorino che ci aveva portato le pizze. - Buonaasera! -, disse, tutto contento, mentre, ad uno ad uno, ci alzavamo anche noi per andare a pagare.
- Jhonny, l'hai già spaventato, tranquillo, mangerai tra un po' -, disse Matt, - Ciao Drew, grazie per essere venuto -.
- Tranquillo, almeno non verrete assaltati come al solito -, disse, passandogli poi le pizze. In quel momento Amy si fece largo fra la folla che avevamo formato davanti alla porta, allungando oltre la sua spalla destra i soldi. - Offro io, non ci provare, hai offerto tu le ultime 23 volte -.
- Come ti pare -, rispose, afferrandoli e passandoli distrattamente a Drew, quello che ormai era il “nostro” fattorino personale, l'unico che conoscevamo abbastanza bene e che non ci avrebbe mai tradito, facendo invadere le nostre povere case di fan o chissà cos'altro.
- Ciao ragazzi! -, disse, un volta dopo averli presi, salutandoci velocemente e girando poi i tacchi per tornare ai suoi impegni.
- Ciaooo! -, ricambiammo quel saluto tutti in coro, come non mi capitava da fare da un sacco di tempo, ridendo come degli idioti mentre ce ne tornavamo in salone per mangiare la nostra pizza. Quella cena non durò molto, dato che nel giro di qualche minuto ci ritrovammo tutti con i piatti vuoti e lo stomaco pieno: per quanto cercassi di inserirmi nelle conversazioni bizzarre di Zacky e gli altri, il mio sguardo vagava di tanto in tanto verso Amy, ma giusto per quei pochi secondi che mi permettevano di non essere beccato da Valary e le altre. Mi concentrai il più possibile, riuscendo alla fine a stare per conto mio, o meglio, a parlare civilmente con i miei amici, invece di guardare l'unica donna che mi interessava in quella stanza.

***

Mi sciacquai un'ultima volta le mani, passandomele poi sul viso, dato che avevo un'aria stanca. Forse avevo semplicemente bisogno di riposare un po', ma non in quel momento, non ora che finalmente eravamo di nuovo tutti insieme.
Mi guardai allo specchio velocemente, controllando se la mia stanchezza non avesse lasciato danni, tipo le occhiaie o roba simile: notai con piacere che nessuna delle mie paure aveva preso vita, dato che il mio viso era a posto. Chiusi gli occhi poi, dopo aver preso un respiro profondo per evitare uno sbadiglio, e mi diressi di nuovo verso la porta del bagno, che aprii spegnendo la luce. Ripercorsi il corridoio, mentre mi asciugavo distrattamente le mani sui jeans, brutta abitudine che avevo da sempre e che non riuscivo a togliermi, purtroppo. Feci in tempo a percorrere si e no la metà del corridoio, quando invece una voce, proprio accanto a me, proveniente dalla camera degli ospiti, attirò completamente la mia attenzione. - Pss...Amy -, mi chiamò.
Incuriosita mi avvicinai, riuscendo a scorgere la figura di Brian solo quando schiuse un po' di più la porta: mi allungò la mano, invitando a stringerla prima che qualcuno ci notasse. Mi guardai velocemente intorno, accettandola poi di buon grado e lasciandomi trascinare all'interno della stanza. Chiuse la stanza, attento a non fare rumore e, quando gli chiesi cosa avesse in mente, come risposta ricevetti solamente un altro bacio. Arrivai a toccare velocemente il muro bianco della stanza, dove mi appoggiai mentre lo ricambiavo, affondando entrambe le mani tra i suoi capelli. - Fare finta di niente è più difficile di quello che credessi -, sussurrò sorridendo, una volta che si fu allontanato, restando comunque a qualche centimetro dal mio viso.
- Già, concordo -, risposi annuendo poco dopo e sorridendo, se pur in modo stanco.
- Stai bene? -, chiese, allontanandosi ancora di più per studiare meglio il mio viso, che si era perso un po' di ore di sonno, di recente, tutto per colpa degli incubi.
- Si, si tranquillo, sono solo stanca -, spiegai.
- Appena se ne andranno tutti mettiti immediatamente a dormire, qualcosa mi dice che devi recuperare non poche ore di sonno -, continuò, posandomi poi un bacio all'altezza della fronte, preoccupandosi come aveva sempre fatto.
- Va bene, lo farò...ora usciamo, così torniamo di la -, proposi, facendo poi per voltarmi, così da andare a controllare se la via era libera o meno.
- No, momento -, mi fermò, tirandomi nuovamente contro il suo petto e avvicinandosi subito di nuovo per posare sulle mie labbra un altro bacio, per quanto veloce fosse. - Okay, ora puoi andare, io resto un po' qui nell'ombra, esco dopo di te -.
- Va bene -, acconsentii, sorridendogli, mentre indietreggiavo, lasciando poi definitivamente la sua mano e facendo cadere la mia di nuovo lungo i fianchi. Riaprii piano la porta, controllando entrambi i lati del corridoio e sgusciando poi via, tornando poi verso il salone, dove la strada mi fu bloccata da Zacky, che stava prontamente uscendo. Alzai il viso, notando solo allora che aveva la faccia completamente sporca di maionese. - Z-zacky? -, dissi, non riuscendo a non ridere.
- Ti prego, anche tu no, il nano ha fatto partire la maionese dal tubetto e mi è finita in faccia.. -, spiegò, leccandosi poi con la punta della lingua l'estremità delle labbra, - Però non è male -.
- Scusa Zack, non volevo -, disse Jhonny dall'altra stanza.
Lui lo ignorò, voltandosi giusto qualche secondi per lanciargli quella che presumevo fosse un'occhiataccia belle e buona.
Trattenni le restanti risate, per quanto difficile fosse. - Dai, va in cucina a pulirti -.
- E' quello che stavo facendo -, rispose, oltrepassandomi poi per entrare in cucina.
Quando oltrepassai la soglia del salone la prima a voltarsi fu Gena che, subito, mi pose un interrogativo. - Dov'eri finita? -, mi chiese solamente.
- Un attimo in camera mia -, risposti prontamente, - Pensavo di dover andare in bagno, invece mi sbagliavo, allora, avete in mente qualcosa da fare? Si da il via alle proposte -, chiesi, rivolta anche agli altri, sedendomi poi con le gambe strette al petto sul divano.
Poco dopo, fece capolino nella stanza anche Brian, mentre si tirava su la zip dei pantaloni. - Okay, mi sento decisamente meglio -, disse, andando poi a buttarsi seduto accanto agli altri, proprio davanti a me.
- Io direi che.. -, cominciò a dire Valary, quando invece il suo sguardo si puntò fuori dalla finestra, appena davanti ai nostri occhi, - Oh, sta piovendo -.
- Piove? -, chiedemmo tutti, praticamente in coro, quasi increduli, dato che ad Huntington le precipitazioni erano fenomeni più unici che rari. Tutti ci avvicinammo alla finestra, guardando lo spettacolo che avevamo davanti: mi era sempre piaciuta la pioggia e, dato che comunque vivevo in California, dovevo accontentarmi di quei due o tre temporali che capitavano di tanto in tanto. - Almeno c'è un po' di umidità, siamo ad Aprile e fa caldo tutti i giorni -, dissi.
- Quoto -, disse Brian, alle mie spalle. La sua voce calda, come al solito, mi fece sussultare, portandomi a sorridere, anche se non c'era un vero motivo. Passammo il resto della serata tra il guardare la TV e a giocare a mimo, mimando quelli che dovevano essere personaggi famosi e cercando di farci arrivare gli altri. Mi divertii, inutile dirlo, come al solito, ma quell'insolito temporale non me la raccontava giusta, avevo come la sensazione che ci fosse qualcosa di strano, e le mie sensazioni non sbagliavano mai. 

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Capitolo 11
*** James.. ***


 

Il tempo e la fantasia sono stati dalla mia parte questa volta, quindi ho aggiornato velocemente. Spero comunque che vi piaccia, anche se questo, come avrete già capito dal titolo, è un capitolo che parla soprattutto di Jimmy. Ma prima o poi avrei dovuto metterlo, quindi niente, buona lettura. c: 

Me ne stavo li, in piedi, a guardare con sguardo cupo i miei amici che, ignari di quello che l'avesse scatenata, ammiravano la pioggia che raramente si rigettava su Huntington Beach, città dove ero nato, cresciuto...e morto.
Mi chiamo Jimmy e ormai sono passato dall'altra parte da qualche mese; non c'è giorno in cui non pensi ai miei amici, non c'è giorno in cui non passi le giornate e proteggerli, come ho promesso a me stesso di fare, ora e per sempre. Forever.
Era l'unica cosa che mi rimaneva da fare, per questo passavo le mie lunghe giornate li, ai piedi di quella fontana, unico modo di noi morti per guardare giù, basta pensare alle persone che si vogliono vedere e quelle appaiono. Nessuno ci va mai, perché nessuno vuole mettersi in contatto con le persone che ha amato, troppa paura di soffrire di più. Ma a me non importava, avrei fatto di tutto per rivedere la mia famiglia, anche sopportare il dolore lancinante che mi colpiva nel petto ogni volta che incrociavo uno dei loro sguardi.
Li guardai uno per uno, finché il mio sguardo non si posò su Amy, la mia piccola Amelia, la donna di cui sarei stato sempre innamorato. Il suo sguardo era spento, mentre giocava e cercava di scherzare con gli altri, probabilmente perché si era resa conto che qualcosa non andava. Il tempo non andava, ed era colpa mia: l'umore dei morti influisce sul tempo terreno, ovviamente, dipende dallo stato d'animo della persona, e io in quel momento non potevo che essere più triste.
Sentivo la loro mancanza, ma più di tutto...mi faceva male il pensiero che lei si stesse innamorando di un'altra persona, di Brian, il mio migliore amico, Brian. Ma potevo davvero essere tanto egoista? No, assolutamente no, non se si trattava delle due persone alle quali tenevo di più in assoluto. Il dolore che provavano li aveva fatti avvicinare, la testardaggine di Brian aveva colpito sempre di più Amy, finché non si era resa conto di provare anche qualcos'altro per lui.
Sapevo che non le avrebbe fatto mai del male, lo vedevo dal suo sguardo, dal modo in cui lo guardava, dal modo in cui le sorrideva: tutto era iniziato da così poco tempo, eppure si leggeva chiaramente che era pazzo di lei. Come lo ero stato io, come lo ero ancora e come lo sarei sempre stato, anche se lei non l'avrebbe saputo mai.
- Vedo pensieri tristi nella tua mente, James -, la voce di Helena mi fece voltare di scatto, mentre mi asciugavo di fretta una lacrima che mi aveva rigato il viso. Helena era un'anima ormai libera, come me ed era anche la persona più buona che avessi mai conosciuto, in quel posto, almeno.
- Ciao Helena...stavo solo..solo dando un'occhiata, ogni tanto lo faccio.. -.
- Di solito lo fai spesso.. -, mi corresse, mentre si avvicinava, finendo per sedersi con grazia sul muretto di marmo che contornava la fontana.
- Mi mancano i miei amici, è una cosa normale, non credi? -, domandai retorico, mentre mi sedevo a mia volta.
- Non è solo questo, tu stai soffrendo...e non solo per i tuoi amici.. -, sussurrò, voltando poi lo sguardo sull'acqua piatta e calma della fontana, indicando la figura minuta di Amy, - ..ma per lei -.
- Era la donna che amavo e che amo tutt'ora, e ora si sta innamorando del mio migliore amico, concedimelo.. -, fu tutto quello che dissi, spiegandole a grandi linee.
- E non sei felice per lei? Non sei felice che abbia trovato qualcuno da amare? -.
- Certo che sono felice, ma il dolore c'è comunque...ma non provo nessuno tipo di rancore verso Brian, non potrei mai -.
- Il tuo migliore amico? -.
- Si, il moro con l'atteggiamento da idiota perenne.. -, sussurrai non riuscendo a non sorridere, indicando la sua figura all'interno della circonferenza della fontana di marmo.
Solo allora allungò la mano, posandola delicatamente sulla superficie dell'acqua che, sotto il suo tocco, per quanto leggero, si mosse leggermente: chiuse gli occhi, concentrandosi completamente per sentire qualcosa, qualsiasi cosa che lo riguardasse. Lei poteva fare questo, gli bastava concentrarsi su una persona, viva, tramite un lieve tocco sull'acqua, per capire come fosse dentro.
- E' un ragazzo buono...e non sta scherzando, con la piccola Amelia...e gli manchi, lo sta pensando ora.. -, sussurrò, - Lo pensa in continuazione...vuole che tu torni, darebbe la sua vita per avere indietro la tua.. -, aggiunse, iniziando a tremare. La scossi prontamente, strappandola via da quello stato di trans prima che le recasse danni. - Basta Helena, non puoi concentrarti su emozioni così forti per troppo tempo, lo sai bene -.
- Sono già morta, che altro potrebbe succedermi? -, domandò, alzandosi dalla sua postazione per cominciare a camminare avanti e indietro, davanti ai miei occhi.
- Non lo so, ma meglio non rischiare -, sbottai, tornando poi a concentrarmi sullo scenario che avevo appena sotto di me, sotto il mio sguardo ancora una volta cupo. - Helena, tu ripensi mai ai tuoi cari? -.
Come prima risposta a quella domanda sorrise, ma vedevo che era comunque un sorriso triste. - Io non avevo cari, quando sono morta ero sola, ho vissuto una vita da sola, per questo sono felice di essere qui! -, disse, facendo un piccolo salto in aria, - Qui non ci sono preoccupazioni, a meno che in vita non fossi legato particolarmente a qualcuno, ma non è il mio caso...bensì il tuo, dovresti pensarci di meno -.
- Se ci pensassi di meno mi sentirei uno schifo, sarebbe come se li dimenticassi -.
- Non puoi dimenticarli, Jimmy, puoi solamente concederti un piccolo stacco dal tuo dolore -, detto questo, svanì, come era solita fare, lasciandomi li seduto, mentre nella mai testa risuonava la sua risata allegra. Non avrei mai capito a pieno quella ragazza, ma mi andava bene così, mi bastava sapere che c'era quando ne avevo bisogno. Era la mia unica speranza, altrimenti sarei impazzito.
- Niente incubi stanotte, Amy, niente incubi... -, sussurrai sotto voce, desiderandolo con tutto me stesso. Non sapeva se la cosa avrebbe funzionato, ma sperava tanto di si, dato che, ormai da un po' di tempo, la sua mente era pervasa costantemente dello stesso incubo. E riguardava me, sognava me, perché lei mi ha visto morire, anche se gli altri non lo sanno...e probabilmente non lo sapranno mai, a meno che non trovi il coraggio di dirlo loro. Tutti sono ignari, lo è persino lei, perché non era cosciente quando l'ha visto, dato che non è cosciente neanche di quello che riesce a fare. Ma di questo, è meglio non parlare, per ora.


***

Dormii tranquilla, anche se con mia grande sorpresa: quel sogno ricorrente, o meglio, incubo, non era venuto a bussare alle porte della mia mente quella notte, e io non potevo esserne più felice. Mi distruggeva ogni volta e ogni volta mi faceva riflettere, come se ci fosse qualcosa che non capivo, qualcosa di celato a cui non riuscivo ad arrivare. Controllai la radio sveglia sul mio comodino, che segnava le 10.30 del mattino. Decisi di alzarmi, dopo una lunga riflessione, e di chiudermi in cucina, così che avessi potuto fare una bella colazione. Mi sistemai i pantaloncini del pigiama, quando il campanello suonò: afferrai allora il mio bicchiere di succo che mi ero preparata e andai ad aprire la porta, trovandomi davanti Matt. - Mattie, che ci fai qui? -, chiesi, chiamandolo con il suo soprannome, quello che non sopportava più di tanto.
Lo vidi sbuffare, facendomi scappare un piccolo sorrisetto soddisfatto. - Niente, una visita di cortesia, sono il tuo migliore amico, posso venire a casa tua anche senza preavviso -, mi spiegò, infilandosi poi in casa mia senza che mi fossi neanche spostata di tanto per farlo passare.
- Oh si, certo -, risposi solamente, imitando il suo vocione, mentre chiudevo la porta e me ne ritornavo in cucina, dove lui si era già seduto su uno dei sgabelli. - Intenta a fare colazione? -.
- Ci provo -, risposi, stringendomi nelle spalle e andando verso il frigo, estraendone il latte e afferrando la scatola dei cereali. - Tu vuoi qualcosa? -.
- No, ho già dato, Valary mi fa fare colazione tutte le mattine, dice che è il pasto più importante della giornata -, disse, con un chiaro tono di lamento.
Scoppia a ridere, mentre mi versavo il latte nella tazza. - Guarda che è vero e poi, guarda il lato positivo, si comporta da moglie impeccabile, cosa vuoi di più dalla vita? -, chiesi, bevendo un piccolo sorso del mio latte, - E, a proposito, quand'è che mi date un nipotino voi due? -.
A quella domanda strabuzzò gli occhi, portando poi una mano sul capo per grattarsi la nuca, come se fosse perplesso. - Mh, non lo so...non so neanche se sono pronto per fare il padre -.
- Nessuno è pronto all'inizio... -, risposi scuotendo il capo, mentre bevevo di nuovo, ormai decisa a non mangiare i cereali, dato che la fame mi era passata tutta insieme, - Ma man mano che passa il tempo riesci a prendere le redini, e allora diventa tutto più semplice, diventi responsabile, anche se la vedo dura e cominci a capire di non aver mai desiderato altro se non un figlio tuo, dev'essere una bella sensazione -, aggiunsi, facendo poi calare il silenzio nella stanza, dato che lui non proferì parola, neanche per rispondere con un semplice “Si, forse hai ragione”.
Fui costretta ad alzare lo sguardo, per vedere cosa stesse combinando, quando me lo ritrovai che mi fissava quasi a bocca a aperta. - Io di prima mattina so a malapena come mi chiamo e tu invece riesci a farmi un discorsetto su cosa significa diventare padre -.
Cercai di trattenermi dal ridere, ma la sua espressione me lo vietò, così ricominciai, rischiando di sputargli il latte addosso. - Io posso, ora dai..levati quell'espressione dalla faccia che altrimenti rischio di sputarti il latte addosso -, protestai, chinando il viso per non guardarlo e riuscire a bere.
- Okay, come vuoi -, acconsentì, - Tu invece? Saresti pronta a fare la mamma se un giorno capitasse? -, quella domanda mi prese in contropiede, facendomi andare un po' di latte per traverso. Per fortuna era poco e non fui costretta a tossire, così mi limitai ad allontanare la tazza da me, accingendomi a rispondergli. - Non lo so neanche io, ma presumo di si...insomma, adoro i bambini, lo sai -.
- Già, ti ci vedo come mamma, sai? Quand'è che ti decidi a cercare qualcuno? Tipo quel Cole, lui era simpatico.. -, disse, accennando al mio ex ragazzo, il più recente almeno. Quell'uscita, comunque fosse, mi fece subito venire in mente Brian, ma sapevo che non potevo aprire bocca, ce l'eravamo promessi a vicenda finché non fossimo stati pronti e ci fossimo chiariti per bene le idee.
- Mh, non era proprio il tipo per me, si, era simpatico...ma niente di più, poi...non lo so, se proprio deve arrivare qualcuno o deve nascere qualcosa, succederà, posso solo aspettare.. -, dissi, facendo una certa fatica a pronunciare quelle parole, dato che quello che ormai c'era tra me e Brian era venuto fuori, solo che la cosa mi appariva ancora troppo strana.
- E allora aspettiamo, ma sappi che prima o poi voglio vederti con accanto qualcuno, ormai siamo tutti belli che andati in fatto di donne, insomma, io sono sposato, Zack anche e Jhonny è fidanzato da tempo immemore con Lacey, tu e Brian siete gli ultimi rimasti -.
Quelle parole mi lasciarono spiazzata, di nuovo, ma cercai di non darlo a vedere, rispondendo nel minor tempo possibile: non volevo di certo apparire turbata o altro, o avrebbe finito per sospettare qualcosa. - Già...vedrai, troveremo entrambi qualcuno -, lo tranquillizzai, alzandomi per andare a posare la tazza nel lavabo, dove l'avrei sciacquata, quando ne avessi avuto voglia.
- A proposito di Brian, visto che siamo in argomento.. -, continuò, - Lo vedo cambiato dopo...beh, dopo questo periodo che ha passato con te, come se fosse rinato -.
- Davvero? -, fui costretta a domandare, sedendomi di nuovo davanti a lui.
- Si, forse è solo un impressione mia, ma credo che la tua compagnia gli abbia fatto davvero bene, anche perché era un periodo in cui stare da solo non era proprio l'opzione migliore.. -, disse, parlando come se si riferisse ad un passato ormai più che remoto.
- Si, concordo..beh, parlando d'altro, tu invece come stai? -, gli chiesi, sicura che avesse capito a cosa mi riferivo. Toccavamo l'argomento Jimmy spesso, ma mai prima di allora gli avevo chiesto come stesse, anche se una parte di me lo sapeva più che bene.
- Sto...bene, o almeno, cerco di stare bene, è quello che lui ci avrebbe detto di fare, non ci avrebbe mai voluto tristi -.
- Si, lo so...ma devi anche ammettere che non è per niente facile, per nessuno di noi, non lo sarà mai.. -.
Annuii, tornando poco dopo a guardarmi. - Quel sogno di tormenta ancora? -, mi domandò, cambiando completamente discorso. Dal suo tono di voce, capivo che era più prossimo alle lacrime, quindi decisi di chiuderlo, prima che fosse troppo tardi e contagiasse anche me.
Sospirai rassegnata. - Incubo -, lo corressi, - E comunque si, fino a ieri si, mentre stanotte non si è fatto vedere, anzi, ho dormito tranquilla la prima volta dopo quasi due mesi -, aggiunsi. Matt era l'unico a conoscenza di quel mio sogno ricorrente e, come me, ne era rimasto affascinato e spaventato allo stesso tempo.
- E' buono, magari smetterà di tormentarti una volta per tutte -.
- Sarebbe un sogno più che gradito, se il finale fosse diverso -.
- Lo so...mi chiedo perché proprio tu sia costretta a sognare quasi ogni notte quello che gli è successo.. -.
- Non lo so... -, risposi sospirando di nuovo, - So solamente che continuo a farlo e anzi, ieri ci pensavo...e mi è venuto il sospetto...come se...come se l'avessi già fatto, però prima.. -.
- Che intendi con “prima”? -.
- Intendo prima che se ne andasse...credo di aver fatto quel sogno la sera prima che Jimmy morisse -, pronunciai quelle parole con tono spento, come se fossi costretta. E non sapevo neanche come avrebbe reagito, dato che, fino a quel momento, avevo omesso quel particolare, anche perché avevo cominciato a pensarci solamente la sera prima, mentre cercavo inutilmente di prendere sonno.
- Tu...pensi di aver sognato la sua morte ancora prima che accadesse? Come una specie di sogno premonitore? -.
Annuii. - Si, qualcosa del genere...ma non lo so, è solo una sensazione, magari mi sbaglio, quindi evita di prendermi subito per pazza -.
- Non ti prenderai mai per pazza, Amy... -.
- Poi, in fondo, io a queste cose neanche ci credo, quindi penso proprio di sbagliarmi...ma se così non fosse, allora sarei davvero spaventata.. -.
- Hey, ora devi pensare a stare tranquilla, scaccia via questi pensieri e non lasciare che si impossessino completamente di te, non puoi passare il resto della vita a pensarci o non riuscirai mai ad andare avanti.. -, disse, posando la sua mano sulla mia.
- Si, forse hai ragione.. -, fui costretta ad ammettere.
- Ora è meglio che io vada, ho promesso a Valary che oggi l'avrei portata da qualche parte e se non mantengo la promessa è capace di uccidermi -, disse, sorridendo.
Risi. - D'accordo, vai, io penso che mi vesto e vado a fare una passeggiata sulla spiaggia, lo faccio sempre in queste situazione e funziona sempre come ottimo rimedio -.
- Va bene allora.. -, concluse alzandosi dallo sgabello e facendo il giro del tavolo, venendo a posarmi un bacio sulla guancia, - Ricordati che ti voglio bene -.
- Ricordati che anche io te ne voglio -, risposi, alzandomi per accompagnarlo alla porta di casa. Non appena se ne fu andato mi concessi un momento di riposo sul mio adorato divano, prima di andare a vestirmi per uscire. La spiaggia era davvero l'unico posto dove mi sentissi bene e in completa pace, senza preoccupazioni o pensieri che non avrei voluto infestassero la mia povera mente.
Ci misi si e no 10 minuti per arrivare, dopodiché mi lasciai cadere sulla sabbia, anche se la odiavo, perdendomi a guardare la grande distesa d'acqua davanti ai miei occhi: era uno spettacolo fantastico che, anche se in parte non volevo, mi faceva tornare in mente tanti ricordi.
Uno in particolare, risaliva al 2007, Ottobre del 2007, ad essere precisi. Nonostante non fosse un mese adatto per stare in spiaggia era li che avevamo deciso di festeggiare l'uscita dell'ultimo CD dei miei amici, intitolato con l'omonimo nome della band. Eravamo tutti li in cerchio, in piedi e con i bicchieri colmi di champagne, mentre Matt faceva un piccolo discorsetto. - E così, dopo due anni, ci siamo decisi a pubblicare il nuovo album e ora possiamo solo sperare che spacchi i culi alla grande e che venda milioni di copie! -, urlò, facendo scoppiare a ridere tutti noi. - AMEN! -, sbottò alla fine, mentre facevamo l'ultimo brindisi prima di bere tutti insieme.
Era uno dei ricordi più belli che avessi, insieme a molti altri, quasi tutti erano legati a quella spiaggia o comunque al mare, dato che tutti lo amavamo: io avevo la passione per il surf, proprio come ce l'aveva Matt, così anche Jhonny, Zack e Brian e, quando capitava, anche le loro adorabili mogli/fidanzate. Restai su quella spiaggia per molto tempo, prima di tornare a casa, dove trovai ad aspettarmi Brian, intento a combinare qualcosa in cucina: speravo che non fosse cucinare, oppure i pompieri sarebbero state le prossime persone che avrei chiamato. 

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Capitolo 12
*** Ne sei davvero sicura? ***


Ecco il nuovo capitolo, per tutte quelle che mi seguono, almeno. Come al solito, vi auguro buona lettura, sperando che apprezziate. c: 

- Ti prego...non dirmi che vuoi cucinare, o mi manderai a fuoco la cucina -, dissi cogliendolo in flagrante e costringendolo ad alzare lo sguardo verso di me.
- Ciao anche a te -, disse, sorridendomi e abbassando di nuovo lo sguardo per tornare a concentrarsi sull'aglio che stava tagliando. Guardai oltre le sue spalle, riuscendo poi a scorgere una pentola, probabilmente colpa d'acqua e una padella. Mi avvicinai curiosa, riuscendo alla fine a vedere il sugo all'interno, al quale mancava solamente l'aglio che lui stava appunto tagliando.
- Posso chiederti come hai fatto ad entrare? -, gli domandai, posando le chiavi sul ripiano della cucina accanto a me.
- Porta sul retro e chiave sotto lo zerbino -, disse, indicando vagamente un punto, - Ora vuoi venire qui a salutarmi o preferisci stare li in piedi a guardarmi mentre taglio l'aglio? -, chiese, sollevando di nuovo il viso solo per farmi vedere di nuovo quel suo sorrisetto beffardo, come se lo facesse apposta.
- Potrei venire, o magari no, dato che ho camminato avanti e indietro per la spiaggia tutto il pomeriggio -, mi lamentai.
- Almeno raggiungimi, al resto ci penserò io -, disse.
Annuii in risposta a quella sua proposta, aggirando così l'isola e arrivando definitivamente davanti a lui. - Contento? -.
- Ovviamente -, rispose con un ghigno, afferrandomi poi saldamente per i fianchi per salutarmi, a modo suo, ovviamente. Lasciai le braccia lungo i fianchi, limitandomi a ricambiare quel suo bacio e a sorridere, seppure con riluttanza, quando si allontanò di nuovo. - Che scusa hai inventato con gli altri? -, chiesi curiosa.
- Semplicemente che avevo da fare -.
- Riesci a scrivere assoli belli come pochi e non riesci ad inventare scusa migliore? -.
- Hey! -, si lamentò, - Dovevo sbrigarmi, o non sarei arrivato in tempo per farti questa sorpresa -, aggiunse, continuando a tenere le braccia saldamente intorno alla mia vita.
- Ovvero dare prossimamente fuoco alla mia cucina? -.
- Ti fidi davvero così poco di me? -.
- No, semplicemente ti ho già visto all'opera, la settimana scorsa, a casa tua -, specificai.
- ..avevo bevuto, e anche tu l'avevi fatto, quindi probabilmente te lo ricordi peggiore di quello che era -, mi corresse.
- Si certo, giochiamoci la carta della sbronza -, mi lamentai, dato che ricordavo l'episodio più che bene.
Sorrise per un attimo, e, in quel momento, mi aspettai che ribattesse con una delle sua solite risposte; invece si limitò ad abbassarsi di nuovo verso di me, lasciandomi stupita, ma non troppo da fare in modo che il primo a baciare l'altro fossi io, questa volta. Mi spinse allora contro il ripiano freddo dell'isola, dove mi sedetti poco dopo anche grazie al suo aiuto, facilitando e allungando così la durata di quel nostro improvviso contatto, mentre stringevo le gambe intorno alla sua vita. Avevo entrambi le mani affondate tra i suoi capelli, mentre lo tenevo saldamente stretto a me, quando fui costretta ad allontanarmi di scatto, allarmata dal suono del campanello. - Oh oh -, mormorai.
- Guai in vista, vero? -.
- Si, credo sia Matt, dato che ha dimenticato le chiavi di casa qui prima, quando è passato -, dissi.
- Allora non puoi neanche non aprirgli -, e, detto questo, mi fece scendere, guardandosi intorno in cerca di un posto dove nascondersi. Mi voltai a guardarlo un'ultima volta, prima di avventarmi verso la porta. - Va in bagno, nasconditi li! -.
- Agli ordini, capo! -, rispose, facendo un veloce saluto militare, facendomi ridere, prima di sparire nella seconda stanza del corridoio.
Aprii la porta solo quando sentii chiaramente quella del bagno chiudersi, trovandomi davanti appunto Matt, che entrò dentro casa senza neanche darmi il tempo di dire “Ciao”.
- Mi sono dimenticato le chiavi di casa qui -, disse solamente.
- Si lo so, sono sul mobiletto, accanto alle mie -, spiegai, chiudendo la porta, - Suppongo che tu sia appena tornato dal pomeriggio con Valary -.
- Già.. -, rispose, prendendo al volo le chiavi e mettendosele distrattamente in tasca, - Abbiamo, o meglio, lei ha fatto shopping tutto il pomeriggio, e ora desidero solo andare a casa per buttarmi sul divano davanti al Call of Duty -.
- .. immaginavo -, ammisi, facendolo ridere.
- Anzi, posso usare il bagno, me la sto facendo addosso? -, chiese, incamminandosi subito verso la stanza.
- No! -, urlai immediatamente, bloccandolo per fortuna in tempo, - No, s-si è rotta una tubatura...e non funziona un cazzo, praticamente, usa quello di sopra -, dissi, cercando di apparire il più convincente possibile.
Dopo un momento di perplessità annuì, dirigendosi verso le scale. - Okay, faccio subito -.
- Certo -, dissi, sorridendo e tirando un sospiro di sollievo quando fui fuori dalla sua visuale, dato che continuava a guardarmi con sguardo vagamente sospetto. Passarono si e no 5 minuti che lui scese di nuovo, due scalini alla volta, precipitandosi verso la porta. - D'accordo, allora ci vediamo presto! -, disse, un secondo prima di aprire la porta.
- Certo, una sera di queste usciamo tutti insieme, magari -.
- Sarebbe fantastico -, ribatté sorridendomi, facendo per chiudere la porta, - Ah, una cosa! Sai per caso dov'è Syn? Perché ha detto che aveva da fare, ma è sparito ormai da un'oretta buona -.
Mi strinsi nelle spalle, con le braccia incrociate al petto. - No, non lo so, magari è andato in spiaggia o da qualche altra parte, ma prima o poi salta fuori, 'sta tranquillo -, lo rassicurai, sfoggiando uno dei miei sorrisi più convincenti.
- Si, hai ragione...non sarà la persona più matura del mondo, ma credo che non ci sia da preoccuparsi -.
- Ma no, tranquillo...ora va, prima che Valary abbia una crisi isterica, chiedendosi che fine hai fatto! -.
- Già, vado! Ci vediamo allora, ti voglio bene -.
- Anche io Mattie -, riuscii a dire, poco prima di vedere la porta chiudersi. Mi lasciai definitivamente andare ad un altro sospiro di sollievo, molto più profondo del precedente, sentendo poco dopo la porta del bagno aprirsi. - Scampata per un pelo -, commentò, facendomi voltare.
- Già -, dissi, non potendo che concordare pienamente, assecondandolo mentre si avvicinava a me. Mi lasciai andare poco dopo tra le sue braccia muscolose, senza pensare ad altro se non al fatto che era li accanto a me, e che non se ne sarebbe andato facilmente. - Sbaglio, o ha appena detto che non sono maturo? -, sbottò all'improvviso.
Scoppia a ridere, chinando per un momento il viso sul petto prima di rispondergli. - Effettivamente l'ha detto, ma non puoi dargli tutti i torti! -.
- Vorresti dire che la pensi come lui? -, mi chiese, allontanandomi appena e guardandomi con un chiaro sguardo offeso, finto offeso, anzi. Sapevo quando faceva sul serio, e in quel momento stava facendo proprio il contrario.
- Diciamo che dai difficilmente prova della tua serietà, tutto qui -, aggiunsi, guardandolo con un sorriso angelico dipinto sulle labbra.
- Sei crudele, so anche essere serio, sai? -.
- Si, lo so, ma la tua parte seria mi spaventa, quindi ti preferisco quando fai il cretino.. -.
- Ti..spaventa? -, chiese perplesso.
- Nel senso che è strano vederti serio...e poi tu hai cambi repentini di umore, sei lunatico -.
- Si, su questo non posso darti torto -, ammise.
- Già -, fu l'ultima cosa che dissi, prima di essere tradita dal brontolio nel mio stomaco, che lo fece ridacchiare. - Qui qualcuno ha fame -, sussurrò.
- E cosa mangeremo, stasera? -, chiesi, nonostante ormai l'avessi capito. Mi piacevano le domande a vuoto;
- Pasta, tanta pasta al sugo...perdonami, ma non so fare di meglio -, si scusò, con un perenne sorriso da cucciolo stampato in viso.
- Sempre meglio che rimanere a stomaco vuoto -, dissi sorridendo rassicurante, mentre mi dirigevo verso la cucina.
- Sei molto rassicurante.. -, si lamentò, guardandomi probabilmente male, - E comunque se poi fa proprio schifo lascerò cucinare te, ma prima voglio provare -, rispose convinto, entrando in cucina con me e andando di nuovo davanti ai fornelli.
- Che pasta vuoi fare? -, gli chiesi, mentre mi sedevo guardandolo affascinata.
- Spaghetti, stanno benissimo col sugo che sto preparando, ti piace l'aglio,vero? -, chiese, mentre buttava il sale nell'acqua che cominciava finalmente a bollire, sistemando poi la pentola con il sugo meglio sul fornello, ormai acceso anch'esso da un bel po'.
- Non ne vado matta, ma nel sugo è buono, quindi si -.
- Bene -, disse sorridendo tutto contento, mentre girava il sugo nella pentola con l'ausilio di un mestolo di legno, prendendone poi un po' e sollevandolo, voltandosi nella mia direzione. - Vuoi assaggiare? -.
- Non l'hai avvelenato perché ti sei già stancato di me, vero? -, chiesi titubante, ricevendo però in risposta una risata allegra.
- No, niente veleno, e ora sbrigati, prima che cada e io combini un casino -, mi avvertì, gettando distrattamente lo sguardo sul mestolo ancora a mezz'aria.
- Okay okay.. -, risposi davanti a quell'avvertimento, avvicinandomi e poggiando piano le labbra sul mestolo, dato che avevo paura di scottarmi, assaggiandolo poi il sugo, trovandolo più che buono. - Mhh.. -, mugugnai poco dopo, - E' buono, è molto buono! -, dissi, complimentandomi con lui, - Forse potrebbe mangiare stasera -.
- Se non ci dimentichiamo la pasta sul fuoco e la facciamo diventare scotta, si, direi che possiamo anche mangiare -, concluse, incrociando entrambe le braccia al petto e appoggiandosi contro il ripiano della cucina, continuando comunque a guardarmi. - Che ne dici se ora continuiamo quello che stavamo facendo poco fa? Matt è arrivato proprio nel bel mezzo.. -, si lamentò lui, esibendosi con un perfetto broncio che mi fece ridere immediatamente.
- Ti accontento solo perché quel tuo broncio è davvero tanto, tanto, tenero -, dissi, facendolo evidentemente contento, dato che lasciò da parte quel finto broncio per fare spazio ad un grande sorriso. Scossi la testa rassegnata, mentre mi avvicinavo, lasciandomi subito dopo andare sul suo petto caldo e rassicurante, come mi piaceva infinitamente fare. Alzi il viso verso il suo, giusto pochi attimi prima che mi baciasse, posando una mano sul mio viso per accarezzarlo: più ci pensavo e più mi sembrava ancora, assolutamente, completamente, strano che io e lui ci stessimo “frequentando”, se così si poteva dire.
Per quanto ci provassi, non riuscivo a togliermi dalla testa il ricordo della sera che avevamo passato assieme, nonostante lui fosse sempre stato molto bravo a distrarmi. Sentii che, piano e con cautela, le sue mani erano andate a farsi strada al di sotto della maglietta grigia che indossavo: fu allora che mi allontanai, guardandolo con un chiaro sorriso malizioso stampato sulle labbra. - Non vorrai sedurmi proprio ora, vero? -, domandai, lanciando poi una rapida occhiata ai fornelli.
- L'idea non è affatto male, sai che sono il re della seduzione.. -, disse, vantandosi apertamente di una cosa che sapeva fare alla perfezione, dovevo dire.
- Hai dalla tua parte il fatto di essere parecchio sexy, altrimenti non faresti sempre centro -, puntualizzai, facendolo ridere, ovviamente.
- Hai appena detto che sono sexy, lo sai vero? -.
Annuii. - Dovevo dartela questa piccola soddisfazione, prima o poi -, aggiunsi, prima di andare a rubargli un piccolo bacio a fior di labbra. - Direi che è meglio se ora aggiungiamo anche la pasta, oltre al sale -, suggerii, allontanandomi per andare a prendere i spaghetti, in uno dei tanti scomparti della cucina.
- Si, concordo, poi ricordiamoci di controllare, o non si mangia -.
- Lo terrò a mete -, risposi, mentre gli passavo la busta contenente la pasta. L'afferrò al volo, come avevo immaginato, aprendola subito dopo per prendere la quantità giusta da immergere nell'acqua che, ormai, stava bollendo da un po'.
Aspettammo che si cuocesse per 10-15 minuti, durante i quali ci concedemmo di nuovo a diversi baci, come se non ci fossimo visti per mesi, anziché per un paio di giorni.
Quando finalmente fu tutto pronto mi presi la briga di apparecchiare, almeno, dato che era stato lui a cucinare, senza bruciare o scuocere niente, inoltre. Vedevo che era soddisfatto del suo lavoro dal suo perenne sorriso, che continuava a tenere persino mentre stava mettendo la porzione di pasta nel mio piatto. - Dall'odore sembra più che buona -, ammisi.
- Visto? Sono riuscito a non combinare casini e inoltre la cena è venuta apparentemente bene -.
- Ti faccio le mie congratulazioni -, dissi alla fine, imboccando la prima forchettata di quella cena, scoprendo che era davvero buona, proprio come l'odore lasciava pensare. Ci mettemmo a mangiare entrambi finché, inaspettatamente, scattò la luce, lasciandoci completamente al buio.
- Ma che diavolo.. -, sbottai, alzandomi e cercando inevitabilmente di riaccendere la luce, facendo su e giù con l'interruttore nonostante sapessi che era completamente inutile.
- Figo, siamo completamente al buio -, sussurrò lui, apparentemente divertito, arrivandomi alle spalle e abbracciandomi da dietro, cominciando a far scivolare subito le sue labbra lungo il mio collo, preda continua delle sue torture.
Avevamo praticamente finito di cenare, per questo non mi pentii quando sussurrai: - Direi che ora puoi anche sedurmi -.
- Ho il tuo permesso? -.
- Totale permesso -, mormorai sorridendo subito dopo, mentre mi costringeva a voltarmi con la chiara intenzione di prendermi in braccio: mi chinai praticamente subito sulle sue labbra, che presi a baciare con crescente voglia mentre lui camminava, diretto probabilmente verso le scale che conducevano al piano superiore, dove si trovava anche la mia camera da letto. Arrivammo al piano di sopra nel giro di pochi secondi, senza che lui facesse neanche tanto sforzo per portarmi; appena oltrepassato l'ultimo scalino mi spinse contro il muro del corridoio buio, illuminato solamente dalla flebile luce della luna che penetrava dall'unica finestra presente. Non arrivammo neanche in camera, preferimmo piuttosto lasciarci andare per terra, sul pavimento freddo del corridoio. Tanto un qualsiasi posto sarebbe andato bene, mi bastava averlo li con me.

***

- L'abbiamo appena fatto in corridoio, devo ammettere che non mi era mai capitato.. -, sussurrò, facendomi ridere mentre me ne stavo tranquillamente accoccolata contro il suo petto.
- In effetti potevamo almeno arrivare in camera -, risposi io, mentre andando a posargli un bacio appena sotto l'orecchio.
- Troppo faticoso, meglio farlo nel pieno corridoio, non trovi? -.
- Mh mh -, mugugnai, non riuscendo a non sorridere di nuovo, sinceramente felice. Sembrava assurdo, ma da quando era uscito fuori tutto quanto mi sentivo particolarmente felice, al punto da chiedermi se non ci fosse già stato qualcosa in passato, qualcosa di magari né io né lui ci eravamo accorti. - Pensierosa? -, domandò, riportandomi alla realtà e facendomi alzare il viso di nuovo verso di lui.
- Già...pensavo a quanto sono felice di recente -.
- Ti rendo felice? -, mi chiese, scostando una ciocca ribelle di capelli dal mio viso.
Annuii debolmente, ricevendo in risposta una stretta ancora più ferrea intorno alla mia vita e un bacio che lasciava trasparire senza problemi la felicità che avevo scatenato in lui a causa di quella piccola rivelazione. Non appena si allontanò non perse tempo a sorridermi nuovamente, questa volta con una proposta a seguito. - Che ne dici se ora ce ne andiamo in camera? Ci sdraiamo al letto e passiamo li il resto della nottata? -, sussurrò contro il mio orecchio, baciandolo subito dopo.
- Dico che è una splendida idea -, dissi alla fine, guardandolo mentre si allontanava appena, passandomi subito dopo la sua maglietta, che a me stava piuttosto grande. L'afferrai e me la infilai senza tanto sforzo, coprendomi completamente, anche se il collo a “V” lasciava scoperta una buona porzione del mio petto. Lui s'infilò i boxer neri, tendendomi poi la mano per alzarmi una volta per tutte da terra.
La accettai senza troppe cerimonie, alzandomi da terra nonostante le gambe mi tremassero ancora lievemente. Continuò a stringermi la mano, mentre ci dirigevamo verso la mia camera, quando invece mi ferma di scatto. - Oh, aspetta! -, dissi, lasciando la presa dalla sua mano e tornando indietro, chinandomi ad afferrare i miei slip lasciati per terra. Mi voltai di nuovo verso di lui, mentre me li infilavo distrattamente poco prima di raggiungerlo di nuovo. - No, ora sei troppo vestita -, si lamentò, mentre lo sorpassavo entrando in camera. Sentii i suoi passi dietro di me, segno che mi stava ancora seguendo e, solo allora, decisi di accontentare quella sua richiesta, sfilandomi di nuovo la maglia e lasciandola cadere a terra, senza però smettere di camminare, anzi, arrivando accanto al letto ed infilandomi subito sotto il lenzuolo fresco. - Felice ora? -.
- Aspetta che io sia li sotto, poi vedi come sarò felice -, ribatté, chiudendo la porta con un tonfo mentre si dirigeva a passo deciso verso di me. Nel giro di pochi secondi fu di nuovo al mio fianco, o meglio, sopra di me, intento a mordere il mio collo con insistenza, mentre io mi lasciavo scappare qualche risatina divertita di tanto in tanto. - Sappi che queste sorprese d'ora in poi sono più che gradite -, sussurrai, accarezzandogli i capelli.
- Lo terrò a mente -, disse, mentre mi trascinava su di se, guardandomi poco prima di farmi una domanda che, sinceramente, non mi sarei mai aspettata, non da lui almeno, - Sei davvero pronta ad andare in fondo a tutto questo? Nel senso...lo vuoi davvero? Vuoi davvero stare con me? -.
Restai in silenzio per qualche secondo, non sapendo bene come rispondere, arrivando persino a chinare il capo, prima di trovare il giusto coraggio. - Si, a tutte e tre le cose... -, sussurrai, sollevando poi di nuovo il viso, combattendo la mia paura di guardarlo negli occhi in quei momenti un felino imbarazzanti, - Si, sono pronta, si lo voglio davvero e si..voglio davvero stare con te, o, che lo volessi o no, quella sera mi sarei tirata indietro -.
Senza aspettare che rispondesse, appoggiai di nuovo il viso sul suo petto, sentendo le sue dita farsi poco dopo strada tra i miei capelli ricci e scompigliati. - Allora così sia, non ho paura delle conseguenze, so quello che voglio -, mormorò, mentre lasciava andare il capo contro il cuscino sotto di lui.
- Ormai lo so anche io -, dissi, prima di lasciare che la stanchezza prendesse completamente il sopravvento su di me, costringendomi a chiudere gli occhi. L'ultima cosa che sentii fu lui che canticchiava qualcosa: ci misi un po' a riconoscerla, ma mi sembrava proprio Warmness On The Soul. Quel suo ultimo, piccolo, gesto mi fece sorridere ancora una volta, portandomi a posare un bacio sul suo petto, decidendo definitivamente di dormire, mentre ringraziavo il cielo per tutto quanto ma, soprattutto, per averlo li con me in quell'istante. 

 

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Capitolo 13
*** Sorelle, sorelle sveglie ovunque. ***


Premetto che è il capitolo più lungo che ho mai scritto e l'ho fatto un po' come veniva, quindi perdonatemi se fa schifo o altro, ma quando inizio a scrivere non mi fermo più e do solo una veloce riletta a qualcosa, quindi perdonatemi anche qualche errore, ma sono troppo pigra per rileggermi tutto quanto. Si, sono un caso perso. @__@ Buona lettura!! c:

Quella mattina, quando mi sveglia, Brian mi teneva ancora saldamente stretta a se, come se avesse paura che scappassi da un momento all'altro. Volsi il viso verso il suo, notando con piacere che era ancora profondamente addormentato: dissi a me stessa di scendere per preparare una buona colazione, ma davvero non riuscivo a distogliere lo sguardo da lui, dato che mentre dormiva era tremendamente bello. Non che non lo fosse quando era sveglio, ma vederlo in quello stato, completamente tranquillo e senza preoccupazioni, mi faceva sempre sciogliere neanche fossi un cubetto di ghiaccio al sole. Gli posai un piccolo e quasi impercettibile bacio sulle labbra, scivolando poi via dalla sua presa, per quanto difficile fosse. Riuscii comunque nella mia impresa e, non appena tolsi il lenzuolo da sopra il mio corpo, mi coprii i seni con entrambe le braccia, finché non uscii in corridoio, recuperando così anche la mia adorata maglietta grigia.
Lasciai la porta socchiusa, visto che, sicuramente, con la mia delicatezza l'avrei svegliato di soprassalto. Cominciai a scendere le scale due gradini alla volta, saltando poi gli ultimi tre e dirigendomi saltellante in cucina, dove mi misi subito all'opera. Me l'ero sempre cavata in cucina perché avevo sempre avuto dalla mia parte mia nonna, la cuoca con più talento che avessi mai visto: ad Huntington era persino famosa, soprattutto per aver vinto molti premi alle gare che si tenevano durante il corso di ogni anno. Abitava ad un paio di isolati da casa mia e spesso veniva a trovarmi, o viceversa. Era stata l'unica a prendersi cura di me e di mia sorella minore Maggie, con cui mi passavo solamente di tre anni, visto che i nostri genitori erano morti quando erano piccoli. Incidente d'auto, o così avevano deciso di dire, così aveva deciso la nonna, ma nessuno conosceva davvero la verità, solamente io e lei.
Preparai alla svelta l'impasto per i pancake, versandone poi la giusta quantità dentro la padella già posizionata sul fuoco acceso. Ci mettevano davvero poco a cuocerci, per questo spesso e volentieri li bruciacchiavo un po', dato che ero intenta a preparare anche il caffé, o meglio, la macchinetta. Santa macchinetta, che poi mi aveva regalato Matt, il natale precedente. Girai l'ennesimo pancake che avevo messo a fare, accendendo poi la macchina e posizionando sotto quest'ultima il grande contenitore, pochi attimi prima che il liquido scuro e caldo cominciasse a scendere, riempiendola a poco a poco.
Presi un piatto dallo scolapiatti sopra la mia testa, cominciando a metterci sopra i vari pancake e posandoli poi sul tavolo, con accanto lo sciroppo d'acero e qualsiasi altra schifezza possibile e immaginabile da metterci sopra per renderli saporiti. Mi ero voltata giusto per mezzo secondo, così da spegnere la macchina del caffé e prendere il bricco, spostando anche quell'ultimo sul tavolo, quando invece Brian fece il suo ingresso in cucina. Lo sentii, ma feci finta di niente, sorridendo compiaciuta non appena si avvicinò per abbracciarmi da dietro, posando il mento sulla mia spalla. - Buongiorno -, sussurrò, ancora con la voce impastata dal sonno.
- Giorno, caffé? -, chiesi, sollevando poco dopo verso di lui quello che, in quel momento, doveva essere l'oggetto dei suoi desideri.
- Si magari, è l'unica cosa abbastanza forte da svegliarmi, la mattina -.
- Ricordo che anche le urla di Matt riuscivano a svegliarti la mattina, quando eravamo in vacanza tutti assieme -, gli ricordai, mentre versavo un po' di caffé dentro una tazza, porgendogliela poco dopo.
- Non me lo ricordare, è stato tremendo -, disse, rabbrividendo al solo pensiero, mentre si portava alle labbra la tazza per assaggiarne il contenuto.
- Com'è uscito stavolta? Io non lo so, perché non lo preparo quasi mai, sono troppo pigra -, ammisi, aspettando un suo parere.
Bevve solamente un piccolo sorso, senza però lasciarmi capire ancora niente. - Sarebbe fantastico, se fosse zuccherato.. -, sussurro, non riuscendo a non ridacchiare.
- Oddio, lo zucchero! Me lo sono completamente dimenticato! -, dissi, cercando di giustificarmi mentre mi giravo di scatto per prenderlo. Non appena lo ebbi tra le mani glielo porsi, continuando a sorridere imbarazzata, probabilmente ero anche arrossita pesantemente. - Te l'ho detto che non lo faccio mai -.
Afferrò saldamente il contenitore di ceramica, posandolo però subito dopo sul tavolo accanto a lui. - Sei appena diventata simile ad un pomodoro, sai? -, domandò lui, facendomi chinare per un momento il viso, mentre sorridevo.
- Immaginavo, tu non ci fare caso -, obbiettai immediatamente, prendendo uno dei tanti pancake e cominciando a metterci sopra lo sciroppo d'acero, assaggiandone subito dopo un pezzetto. - Okay, questi sono venuti più che bene, quindi devi assaggiarli per forza -, sbottai, cercando di rimediare alla mia totale figura di merda mentre gliene passavo un pezzo, che prese abilmente dalle mie dita con il solo ausilio delle labbra.
Gli lasciai il tempo per assaggiarlo per bene, portando le mani sui fianchi, in attesa. - Si, quoto, è delizioso -, sospirò poco dopo, - Credo che ne mangerò qualcuno, in fondo posso permettermelo.. -, disse, riferendosi ovviamente alla sua forma fisica impeccabile.
- Non vivi senza tirartela, eh Haner? -, gli chiesi divertita, mentre andavo a prendermi un po' di caffé, che iniziai subito a bere, sicura come non mai che mi avrebbe svegliato dalla stato di dormiveglia in cui ero ancora celata.
- Scherzi? La vita non sarebbe divertente altrimenti! -, rispose semplicemente, mentre si sedeva, facendomi cenno di seguirlo. Non obbiettai, anzi, mi lasciai subito cadere sullo sgabello mentre sorseggiavo il mio caffé, al quale avevo aggiunto anche un po' di zucchero, non molto, tuttavia. - Ora che ci penso, fra un po' io dovrei anche andare al lavoro.. -, dissi, dato che me n'ero completamente scordata. Come ho già detto, sapeva distrarmi facilmente.
- Almeno è solo lavoro, mia madre mi costringe a partecipare ad un lungo, estenuante, noioso, pranzo di famiglia.. -, disse, lasciando poi cadere la testa sul tavolo, posando la fronte sul ripiano freddo.
- Immaginò che ci sarà anche Mckenna -.
- Quello è l'unico lato positivo -, borbottò, sollevando poi nuovamente il viso, - Ormai è un po' che non la vedo, dato che era partita per una vacanza studio, ecco perché mia madre ha organizzato il pranzo, perché è tornata, finalmente -.
- Salutamela non appena la vedi, e dille che prima o poi deve venire a trovarmi -, sbuffai, fingendomi offesa, mentre riprendevo a bere.
- Un giorno passiamo entrambi magari, la porto con me qui, così stiamo un intero pomeriggio insieme -, propose, posando la sua tazza e appoggiando entrambi i gomiti sul ripiano.
- Non potremmo fare niente poi, lo sai? -, scherzai.
- ..facciamo mezzo pomeriggio? -, concluse, ripensandoci.
Scoppiai a ridere, scendendo subito dopo dallo sgabello dove stavo comodamente seduta. - Vedremo, per ora penso ad andare a vestirmi, al resto ci pensiamo poi... -, dissi.
Stavo per dire anche dell'altro, ma lui mi interruppe tra un sorso e l'altro del suo caffé. - Posso passare oggi pomeriggio, porta sul retro come al solito -, propose, mentre si puliva il caffé dalle labbra con l'ausilio del dorso della mano.
- No, stavolta passo io: porto un paio di videogiochi e giochiamo fino a quando ne abbiamo voglia, che ne dici? -, spiegai, mentre, piano piano, mi avvicinavo al suo viso, speranzosa in un si.
- Sai che giocheremo per nemmeno 10 minuti e poi sfocerà in altro? -.
- Ma tu pensi solamente a quello? -, sbottai, incrociando le braccia al petto.
- No, penso anche che sei bellissima -, rispose tranquillamente, attirandomi completamente a se, e baciandomi senza darmi neanche il tempo di tirarmi indietro o di controbattere.
Gli morsi il labbro inferiore con moderata forza prima che scivolasse via dalla mia presa, ricevendo in cambio un flebile “Aio”. - Questo perché sei proprio un ruffiano -, spiegai, rubandogli poi un altro bacio, che cercai di far durare il più possibile, dato che avevo voglia zero di andarmene e di lasciar andare via lui. - Ora devo davvero scappare, se arrivo in ritardo anche questa volta Meredith mi uccide, me l'ha già promesso -.
- D'accordo -, annuì, baciandomi a sua volta di nuovo, solo per poi lasciarmi andare, - Per che ora ti aspetto? -.
- Per le 16, massimo 16 e 30 -, dissi, mentre cominciavo a dirigermi in camera mia.
- Okay, senti e se portassi oggi Mckenna? Magari scappiamo prima dal pranzo, io e lei, così mia madre ci molla senza fare tante storie -.
- Si, portala, approfittiamo di oggi per stare tutti insieme -, fu l'ultima cosa che gli dissi, sorridendo raggiante mentre poi mi chiudevo la porta della mia camera alle spalle.
Mi vestii in fretta, talmente in fretta che quando uscii ebbi persino gli ultimi 5 minuti per salutarlo come si deve, prima che uscisse del tutto da casa mia dalla porta sul retro. Da li nessuno poteva beccarci, o almeno era altamente improbabile. Presi la mia vecchia borsa e li, insieme a chiavi e portafoglio e altre cianfrusaglie che di solito non portavo neanche con me al lavoro, infilai anche un paio di videogiochi, che poi erano due dei miei preferiti: Tekken 6 e Assassin's Creed 3. Uscii in fretta e fuori dal casa, mettendomi la borsa a tracolla così che non mi desse fastidio, mentre correvo diretta al lavoro, tanto per evitare di ritardare come al solito.

***

Arrivai che avevo il fiatone, e questo fece ridere immediatamente Meredith, che mi accolse comunque con il solito bacio sulla guancia. - Cinque minuti in anticipo, non male! -.
- Visto? Sto migliorando! -, dissi, sentendomi fiera di me, per una volta, mentre mi piegavo in due e riprendevo fiato. Mi guardai intorno, constatando che il negozio era ancora pressoché vuoto, ma sapevo che presto si sarebbe scatenato l'inferno, come al solito.
- Si, possiamo ancora stare in santa pace, per poco, l'orario di punta scatta tra neanche 10 minuti -.
- Ah, ma noi siamo forti, possiamo affrontare ogni cosa! -, dissi ridendo, mentre mi sedevo su una sedia, attendendo come al solito che qualcuno chiedesse aiuto, o a me o a Meredith. Eravamo li apposta.
- Ti vedo particolarmente sorridendo oggi, è successo qualcosa? -, chiese lei curiosa, appoggiando i gomiti sul bancone e guardandomi con lo sguardo di chi ti invita a raccontare vita, morte e miracoli, tanto è li ad ascoltare attento.
- Mh, no, no niente..niente di che -, dissi, rimanendo vaga. Infondo non aveva senso dirlo a qualcuno, avrei infranto la promessa che avevo fatto a Brian, quindi decisi di stare zitta.
- Stai mentendo, Amelia Clarissa Pederson, lo so quando menti, ti conosco da quando avevi il pannolino! Quindi su, sputa il rospo, cos'è che ti fa essere così sorridente? -.
Non potei che sorridere di nuovo, dato che Meredith, qualunque cosa ti chiedesse, non sembrava mai un'impicciona, anzi, ti faceva sempre sorridere, con quel suo modo di fare autoritario. - Mh, e va bene..potrebbe...centrare una persona, credo di aver trovato qualcuno -, dissi solamente.
- Davvero?! -, chiese, sinceramente stupida, dato che la mia ultima relazione risaliva più o meno a 8 mesi prima.
- Già, ma ci stiamo andando piano, non vogliamo che nessuno lo sappia, quindi non ti dirò chi è, mi dispiace -, aggiunsi, guardando, proprio in quel momento, Page, la nipotina di Meredith, fare ingresso nel negozio, sbucando dal retrobottega.
- Amyy! -, gridò, non appena mi vide, correndomi incontro e saltandomi subito in braccio, dandomi giusto il tempo di alzarmi in piedi per prenderla.
- Ciao piccolina, anche oggi qui con noi? E dov'è tuo fratello Nick? -, chiesi, guardandomi intorno, aspettandomi di vederlo sbucare fuori da un momento all'altro come aveva fatto anche lei.
- Nick oggi non c'è, mamma l'ha portato dal dottore e io sono voluta rimanere qui -, spiegò, mentre mi lasciava poi andare ad un profondo sbadiglio.
- Ho capito...hey, qui per caso qualcuno ha sonno? -.
Lei scosse il capo con determinazione. - No, voglio leggere un fumetto! -.
- Davvero? Bene, allora andiamo a sceglierne uno, ti va? -.
Annuì immediatamente, voltandosi poi a guardare la zia. - Zia posso? -.
- Certo tesoro, andate pure -.
- Uhhh, andiamo pure! -, dissi con un tono buffo, facendola ridere mentre poi la portavo in braccio verso uno dei tanti boxer, lasciando poi che scegliesse quello che preferiva.
- Questo ragazzo misterioso deve saperci proprio fare.. -, disse, catturando la mia attenzione e facendomi sollevare il viso verso di lei, che mi guardava sorridendo, - Non ti ho mai vista così al settimo cielo prima d'ora -.
- Si.. -, dissi annuendo in contemporanea, - Ci sa davvero fare -, concordai, sorridendo poi di nuovo, inconsciamente.
La giornata, in se, non fu neanche tanto pesante, nonostante il negozio fosse pieno come tutti i giorni. Mi capitò di tanto in tanto di consigliare qualche bambino, finché non venivo reclamata da Page, gelosa che stessi con gli altri bambini e non con lei. Come avevo già accennato, in quel momento, desideravo fortemente che ci fossero due me.
Quando il mio turno finì aspettai, finché nel negozio non fece capolino Jeff, il ragazzo che prendeva il mio posto dopo le 15.30: salutai sia lui che Meredith, recuperando poi la mia borsa e correndo fuori di li, ansiosa di rivedere Brian ma, soprattutto, sua sorella 13enne.

***

- Non fare quella faccia, sai che Amy è sempre in ritardo -, la tranquillizzai, vedendola sbuffare di tanto in tanto. In fondo era un sacco di tempo che non si vedevano, quindi poteva anche dargliela vinta.
- Si lo so, ma la ricordavo migliore -, rispose ridendo.
- Lei non cambia mai -, risposi, mentre sorridevo come un cretino, attirando così l'attenzione di mia sorella, o meglio, del suo “intuito femminile”, così lo chiamava lei.
Mi guardò, riducendo gli occhi a due fessure, facendomi anche un po' paura, all'inizio. - C-che c'è? -, le chiesi.
- C'è qualcosa che devi dirmi? -.
- No, sempre le solite cose, lo sai -, dissi, aggirando il tavolo della cucina dove ci trovavamo e tornando in salone, sedendomi sul divano.
Arrivò poco dopo anche lei, mentre continuava a fissarmi in quel modo così strano. - Mckenna, metti ansia, davvero -.
- Tu non vuoi dirmi qualcosa, dimmelo e io la faccio finita -.
- Ma non c'è niente da dire, davvero -, sbottai, un secondo prima di sentire parecchio colpi con il campanello, segno che era sicuramente lei, - Ecco, è arrivata -.
- Ohhh, si si, finalmente! -, sbottò, dandomi una spinta e facendomi ricadere sul divano, alzandosi subito dopo e correndo verso la porta: la aprì immediatamente, correndo ad abbracciare Amy ancora prima che potesse dire “ciao”. - Amy!! -.
Lei ricambiò subito la stretta, guardando intanto anche me, che avevo fatto appena capolino dietro le sue spalle. - Ciao Mckenna, diavolo, sei cresciuta dal natale scorso -.
- E' passato più di un anno, ora sono più alta e più brava con la chitarra -, spiegò, mentre si allontanava per lasciarla entrare, chiudendo poi la porta.
- La prima la vedo, la seconda voglio constatarla, se tuo fratello ti fa usare una delle sue chitarre...che dici, Brian? -, chiese, nonostante sapesse che per l'argomento chitarre era piuttosto difficile e poi, nelle mani di mia sorella potevano diventare facilmente legna per il camino.
Mi guardarono entrambe con sguardo implorante, rendendo così la mia scelta più che difficile. - V-va bene...ma devi stare attenta! -, la avvertii subito, avvicinandomi poi a Amy per salutarla, posandole il solito bacio sulla guancia, l'unica cosa che potevamo sfoggiare quando c'erano altre persone.
- Certo, io sto sempre attenta! -, rispose, andando a buttarsi sul divano.
- Si, come quando mi hai fatto partire tre corde con una botta sola? -, domandai, riportando così a galla un vecchio episodio, seguendole poi verso il divano, dove mi sarei riseduto nel giro di qualche secondo.
- Erano le tue corde che non valevano niente, io ero innocente! -, sbottò, facendo scoppiare a ridere Amy.
- Che ti aspetti, è tipico degli Haner tirarsi fuori da ogni situazione, si vede che è tua sorella -, sussurrò, mentre le scompigliava i capelli, posando la sua borsa a terra.
- Sono una Haner, è tipico -, ripeté lei, orgogliosa, - Ora mi fai provare, ti prego ti prego ti pregoo! -, disse, mettendo le mani giunte e guardandomi con il suo solito labbruccio, quello che sfoggiava spesso anche con mamma e papà.
- Se mi fai saltare di nuovo le corde, ti uccido -, dissi, avvertendola di nuovo mentre mi alzavo, intimandole a seguirmi al piano di sotto, dove poi c'era anche il mio studio e con lui anche tutte le mie amate chitarre.
- Ye, ce l'abbiamo fatta, visto? -, disse Amy.
- Si, andiamo prima che cambi idea -, suggerì prontamente lei, seguendomi subito dopo lungo la rampa di scale che portava al piano sottostante. Entrai nello studio calmo e accogliente, dove spesso mi chiudevo quando volevo stare da solo, andando subito a prendere la mia chitarra che, per di più, era stata usata da poco: la collegai all'amplificatore, regolandolo così che non facesse troppo casino. - Occhio, o la signora Drew tornerà a reclamare la sua quiete -, brontolò Amy, ricevendo in risposta uno sguardo confuso di mia sorella, che decise comunque di non impicciarsi, per la prima volta in vita sua. Infondo, era comunque una Haner, eravamo impiccioni da sempre.
Sorrisi di quel ricordo, attirando l'attenzione di Amy su di me, mentre porgevo la mia preziosa chitarra nelle mani delicate, o almeno speravo, di Mckenna. - Piano -, ripetei.
- Non sono mica un'elefante -, si lamentò lei, prendendola dalle mie mani e sedendosi al mio posto, dal momento che io mi ero alzato.
- Hai la grazia di un'elefante, che è un po' la stessa cosa -, la corressi, sorridendo poi in risposta alla sua occhiataccia tutto tranne che carina.
- Cosa vuoi suonare? -.
- Mio fratello mi ha insegnato Burn it Down poco tempo fa, ma da allora sono davvero migliorata -, spiegò.
- Bene, io sono tutta orecchie -, rispose lei entusiasta, sedendosi a terra a gambe incrociate, in attesa che cominciasse. Feci lo stesso, sedendomi proprio accanto a lei, dato che non disponevo di altre sedie nelle studio, visto che di solito ci stavo solamente io.
Sistemò un paio di corde che non le andavano bene, e poi finalmente iniziò a suonare, facendomi immediatamente notare quanto fosse migliorata, davvero. Cominciammo entrambi e tenere il tempo, mentre l'ascoltavamo senza proferire parola.
Ne approfittai, poco dopo, dato che il volume era più o meno alto, per avvicinarmi ad Amy, così da poter sussurrare: - Mia sorella è più sveglia di quello che ricordiamo -.
Mi lanciò prima un'occhiata confusa, ma poi capì al volo, annuendo impercettibilmente: tornai a concentrarmi così su mia sorella che, per fortuna, non si era accorta di quel mio piccolo gesto, troppo concentrata ad eseguire quelle note una dietro l'altra.
Non la eseguì tutta, ma la maggior parte si, e la fece anche piuttosto bene. - Dire che sei migliorata è dire poco, ma qui c'è anche lo zampino di papà, vero? -, chiesi conferma.
- Mi ha dato solo qualche piccolo consiglio sull'impostazione, ma il resto l'ho fatto da sola, giuro! -.
- Ti credo, se papà ci fosse stato fino all'ultimo l'avresti fatta addirittura tutta, ma sei stata davvero brava, il tuo insegnante e, soprattutto, tuo fratello, sono fieri di te -, esordii, facendola così più che felice, a giudicare dal suo sorriso a 32 denti.
- Ahhh, grazie fratellone! -, disse, saltandomi al collo non appena posai la mia chitarra al suo posto.
La presi al volo anche se, con la sua stretta, non credo che sarebbe caduta tanto facilmente. - E di che -.
- Ohw, siete adorabili -, disse Amy che, ancora seduta per terra, ci guardava come se fossimo la cosa più tenera del mondo.
- Ma si, in fondo voglio bene a mio fratello -.
- Hey! -, sbottai, - Io sono un ottimo fratello, c'è gente che pagherebbe per averne uno così -, aggiunsi imbronciato, mentre lei tornava a terra.
Scoppiarono a ridere entrambe, mentre ci preparavamo per tornare al piano di sopra. - Tranquilla, si finge sempre imbronciato, ma in realtà sta benone -.
- Si lo so, lo faceva spesso anche con la mamma -.
- E adesso complottano anche! -, sbottai di nuovo, mentre mi chiudevo la porta alle spalle, - Adesso vi faccio vedere io! -, dissi poi, cominciando a rincorrerle per le scale.
- Scappa, scappa! -, urlò Amy, cercando di farle allungare il passo. Riuscirono entrambe a sfuggirmi, andando immediatamente a sedersi di nuovo sul divano, la grande davanti alla piccola a farle da scudo. - Non toccare la mia povera, piccola, Mckenna, non ne hai il diritto, Haner -.
- Ne ho il diritto eccome, sono il fratello, e posso farle tutto quello che voglio, solletico per il complotto incluso -, spiegai, riuscendo a rimanere serio nonostante la situazione fosse più che divertente.
- Mi offro al posto suo per questa crudele tortura! -, disse con un tono da melodramma che avrebbe meritato l'Oscar.
- No Amy, non lo fare, lui è il mago del solletico! -, l'avvertì immediatamente lei.
- Sono il mago del solletico -, ripetei con voce lugubre, mentre mi gettavo su di loro, riuscendo bene o male a farlo a entrambe, che cominciarono a dimenarsi praticamente subito, dato che lo pativano entrambe, Mckenna soprattutto.
Le lasciai stare solamente quando mi fui divertito abbastanza, sorridendo soddisfatto. - Bene, il mio compito qui è concluso -.
- Ci vendicheremo! -, sbottò Amy mentre mi allontanavo, stringendo a se mia sorella come se la proteggesse.
- Non vi conviene, signorine -, dissi e, in risposta, ricevei una linguaccia da Mckenna e un dito medio da Amy.
- Bene, ora ditemi, cosa volete fare -.
- Io...non voglio di sicuro uscire -, commentò la piccola.
- No, neanche io, si muore di caldo -.
- Io ho del gelato -.
- E perché sei ancora qui se c'è il gelato? -, chiese con tono finto sprezzante mia sorella.
- Perché devi soffrire, piccolo mostro -, risposi, andando poi in cucina.
- Anche io ti voglio bene, fratellone -.
- Si certo, quando ti presto la chitarra mi vuoi bene! -, precisai, aprendo il frezeer e tirando fuori la vaschetta, - Sappiate che se lo volete dovete venire a prendervelo qui -.
- Anche.. -, disse, facendo capolino in cucina e sedendosi subito, con a seguito Amy. Cedere alla tentazione di avvicinarmi per baciarla era molto peggio di quello che avevo immaginato. Si accorse che la guardavo, ma invece che voltare lo sguardo indicò con un cenno del capo mia sorella, che stava li seduta, proprio davanti a me e avrebbe potuto beccarmi da un momento all'altro. Mi limitai così a distoglierlo, prendendo piuttosto tre bicchieri e cominciando a riempirli di gelato. - Allora, come va con la scuola? -, le chiesi, cambiando così argomento.
- Solita rottura, la prof di scienze ce l'ha con me -, si lamentò, prendendo poi il bicchiere che le avevo appena passato.
- Ce l'ha con te perché c'è una buona ragione o perché hai combinato qualcosa? -, chiese nel più specifico Amy.
- ..potrei aver fatto qualcosa, ma parliamo dell'inizio dell'anno scolastico! -.
- Dipende cosa hai fatto, io alla tua età combinavo cose che i miei professori potrebbero tranquillamente rinfacciarmi ancora, se mi incontrassero di nuovo.. -, dissi.
- Confermo pienamente, una volta ha messo della colla sulla sedia della professoressa di Inglese, che non è riuscita a muoversi di li per il resto della giornata -.
- Ah, vecchio scherzo, ma ha sempre il suo fascino -, sottolineai, passando poi il secondo bicchiere a lei, - Hey, non lo fare mai! -, lo avvertii.
- Tranquillo, non sono così crudele -, mi assicurò.
- Sei mia sorella, hai la crudeltà nel sangue -, chiarii, imboccando una prima cucchiaiata di gelato alla crema.
- Tu invece sei sempre stato un ottimo bugiardo -, disse lei improvvisamente, lasciando senza una risposta concreta né me né tanto meno Amy.
- Che intendi? -, chiesi, ancora con il gelato in bocca, mentre l'altra mi guardava con aria perplessa, ma anche curiosa, lo vedevo.
- Andiamo! -, sbottò, guardando prima me e poi lei, - Non fate i finti tonti, guardate che l'ho capito -.
- Capito cosa? -, insistette Amy.
- Che vuoi due state insieme, o che comunque vi piacete, okay che ho 13 anni, ma le so capire queste cose sapete? Soprattutto se tu non la smetti di fissarla con sguardo adorante! -, mi rinfacciò, facendola ridere imbarazzata.
- Io non..non la fisso con sguardo adorante! -, sbottai, indicandola con cucchiaino.
- Nooo! Almeno lei ci ha provato a nasconderlo, tu sei troppo pigro per fare anche quello...allora, ho ragione? -.
Io e Amy ci scambiammo una veloce occhiata e, nonostante il volessi con tutto me stesso ribattere a quella sua affermazione, mi limitai a dire: - Non devi dirlo ad anima viva, è chiaro? -.
- Quindi ho ragione? -, chiese con tono leggermente stupito.
- Si, ma davvero, non lo abbiamo detto a nessuno -, disse Amy, andandosi a mettere vicino a lei.
- Perché no? -.
- Stiamo ancora decidendo come procedere -, risposi al posto suo, posando il bicchiere ormai vuoto nel lavandino e incrociando le braccia al petto.
- Ma si vede lontano un miglio che siete cotti l'uno dell'altro, dovrete migliorare i vostri comportamenti quando siete insieme o rischierete che anche gli altri lo scoprano -, consigliò, imboccando un altro po' di gelato.
- E tu cosa ci consigli di fare? -, le chiese.
- Mh.. -, mugugnò, iniziando a pensarci, voltandosi quasi subito verso di me, - Tu devi essere più disinvolto quando è vicino a te, e smettila di fissarla in continuazione.. -.
- Ancora? Io non la fisso! -, sbottai esasperato, alzando gli occhi al cielo mentre mi avvicinavo ad entrambe, andando subito ad abbraccia Amy, fermandomi dietro le sue spalle, dal momento che comunque ero seduta. Posò le sue mani sulle mie, come al solito, stringendole in una lieve presa.
- E io invece? -, chiese alla fine lei.
- Tu invece...mh, anche tu più disinvolta, insomma, se dovete mantenere il segreto dovete fare il modo che gli altri vi vedano come eravate prima, quindi solamente amici, chiacchierate, scherzate, ma magari di tanto in tanto state anche lontani per un po' -, disse, neanche fosse una psicologa laureata col massimo dei voti, - Però siete teneri! -, sbottò di punto in bianco, guardandoci come di solito guardava Pinkly che dormiva.
- Davvero? -, chiesi, mentre Amy volgeva il viso per guardarmi: ne approfittai allora per rubarle un veloce bacio, tornando poi a concentrarmi su mia sorella, che ci guardava ancora con sguardo tenero.
- Si, è molto che state insieme? -.
- No, anzi, pochissimo...è successo tutto molto velocemente -, risposi.
- Oh, per questo volete andarci piano, ora capisco -.
- Già, vogliamo capire per bene tutto quanto -.
- Mh, comunque state bene insieme, davvero...però aspetta, se mai voi vi sposerete tu diventeresti mia cognata?! -, chiese con aria divertita e scioccata allo stesso tempo.
- Mi sembra piuttosto presto per parlare di cose del genere -, disse immediatamente Amy, sicuramente imbarazzata come al solito, forse anche peggio delle altre volte.
- Fidati, è cotto e stracotto, non l'ho mai visto guardare una donna come guarda te -.
- Guarda che io sono qui -, dissi, muovendo come una mano come se volessi farmi notare.
- Ti piaccio così tanto Brian? -, chiese conferma lei guardandomi e ridacchiando.
- Come se non lo sapessi -, risposi, andando a posarle un bacio sulla fronte, - Quindi quello che ci consigli e di comportarci in maniere più disinvolta, giusto? -.
- Esattamente, la disinvoltura è la risposta a tutto, funziona sempre, basta saperla sfruttare bene -.
- Faremo del nostro meglio -, promisi, - Ma tu, intanto, non devi dirlo neanche a mamma e papà, okay? O nel giro di neanche un giorno lo saprà tutta Huntington -.
- Si si, tranquillo, terrò la bocca chiusa, promesso -.
- Brava la mia sorellina -, dissi, andando a scompigliarle i capelli, che si sistemò di nuovo nervosamente appena qualche secondo dopo.
- Rimettimi un'altra volta le mani tra i capelli e giuro che prendo un megafono, vado in strada e lo grido -.
- Okay, scusa -, dissi arrendendomi.
- Bravo il mio fratellino -, disse lei, imitando il mio tono e facendo per avvicinarsi, ripensandoci subito dopo, - ..oh, Amy, glieli scompigli tu? Io non ci arrivo -.
Per tutta risposta lei allungò la mano, senza neanche voltarsi, scompigliandomeli quello che bastava per vendicarsi o meglio, vendicare mia sorella.
- Grazie -, rispose lei con un sorriso a 32 denti, mentre finiva definitivamente il suo gelato che ormai, in gran parte, si era sciolto.
- Non c'è di che -, disse facendole l'occhiolino. Restammo in cucina ancora per un po', continuando a chiacchierare, finché non ci trasferimmo in salone, buttandoci sul divano a guardare un film.
Finalmente potevo tenere Amy vicina a me, davvero vicina a me, tanto ormai mia sorella sapeva tutto quanto, dovevo solo sperare che mantenesse il segreto.

***

- Abbiamo ricevuto consigli su come muoverci da una 13enne, devo ammettere che tua sorella è molto più sveglia di quello che ricordassi -, commentò Amy dopo un momento di silenzio. Mckenna era andata via da una decina di minuti, dato che doveva svolgere dei compiti che lei riteneva “fondamentali” e noi non avevamo perso tempo per metterci a giocare alla play station.
- Già, io non pensavo neanche lontanamente che sospettasse qualcosa, insomma, mi sembrava di starmi comportando in maniera normale, come al solito -.
- A quanto pare ci sbagliavamo, e dobbiamo anche migliorare, anzi -, suggerì, prima di vincere l'ennesimo sconto a Tekken, - Ho vinto di nuovo, rassegnati, sono imbattibile -.
- Sarà, ma io sono pur sempre imbattibile in altro -, risposi, mentre la facevo voltare per posare un lungo quanto poco casto bacio sulle sue labbra, - Non posso mica essere perfetto -, aggiunsi, stringendomi nelle spalle.
- Secondo me lo sei ugualmente, comincio a sospettare che tu sia fatto di plastica, tipo il fidanzato di Barbie -.
- Ken? -, chiesi.
- Non so, non ricordo.. -.
- Io si, si chiama Ken, perché mia sorella lo decapitò quando aveva 3 anni e mi tirò la sua testolina di plastica in testa -.
Scoppiò subito a ridere, senza però smuoversi dalla posizione comoda in cui stava, ovvero seduta sulle mie gambe e completamente poggiata al mio petto. - E tu ti chiedi ancora perché adoro tua sorella -.
- Si certo, ridiamo sulle disgrazie altrui, brava eh! -, mi lamentai.
- Dai su, ti do la rivincita a Tekken se vuoi -.
- Mi dai un bacio prima? -, le chiesi col mo solito tono da cane bastonato.
- Sarei un'idiota a dirti di no, quindi d'accordo -, acconsentì sorridendo, mentre posava una mano sulla mia guancia, accarezzandola lievemente con la punta delle dita prima di posare definitivamente le labbra sulle mie. Inspirai profondamente, ricambiando quel bacio e lasciando andare il joystick sul divano, insieme al suo, mentre la intrappolavo sotto il mio corpo. Non avevo intenzione di fare niente, visto che non volevo che cominciasse a pensare al nostro solo come un rapporto fisico, anzi, volevo il contrario e, ormai, ero anche riuscito a dimostrarglielo.
Mi allontanai dopo un po', sorridendole dolcemente. - Ora puoi darmi quella rivincita -, sussurrai divertito, alzandomi di nuovo e tornando seduto composto.
- Ti straccio, Haner -, disse alla fine, impugnando di nuovo il suo joystick, pronta per vincere di nuovo, molto probabilmente. 

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Capitolo 14
*** Un grosso spavento. ***


Quel giorno avevo deciso di andare a trovare Matt, dato che era un po' che non mettevo piede in casa sua per dargli un po' di fastidio.
Quando suonai il campanello lo sentii urlare qualcosa contro Valary, ma non riuscii a capire bene cosa, quindi mi limitai ad aspettare, guardandomi intorno con aria perplessa. Era passata una settimana dal famoso giorno in cui mia sorella aveva scoperto di me e Amy, e da allora eravamo stati ancora più attenti, passando comunque molto tempo insieme. In fondo, mia sorella aveva più che ragione, se non volevamo dare nell'occhio e non essere scoperti prima, dovevamo migliorare i nostri atteggiamenti quando eravamo insieme.
Okay, di certo non flirtavamo, ma qualcosa l'avevamo lasciato capire: ogni volta che ci pensavo mi consolava il pensiero che magari era solamente un piccolo accenno, così quando lo avremmo detto, alla fine, gli altri non sarebbero stati neanche molto stupiti.
- Brian? -, mi “salutò” Matt, non appena aprì la porta.
- Stupito di vedere il tuo migliore amico che ti fa una visita? -, gli domandai ironico.
- Un po' si, dai entra -, m'invitò lasciandomi passare. Lo sorpassai, come al solito, vedendo poco dopo Valary scendere le scale, infuriata per qualcosa. - Vi ho beccato nel pieno di una litigata? Perché se è così scappo -, dissi, guardando prima uno e poi l'altro.
- No, non stavamo litigando, è solo che la mia cara mogliettina si diverte ad urlarmi dietro -.
- Mh si, niente di grave.. -, concordò lei, - Tanto il peggio lo vedrai dopo, non scappi -, lo avvertì lei, puntandolo con il dito prima di sparire in cucina.
- Ah si, decisamente la amo -, sbottò lui, anche se sapeva che non l'avrebbe sentito, poco prima di dirigersi verso il salone e di farmi cenno di seguirlo.
Allungai il passo all'ultimo momento, sedendomi su quello che di solito era il suo posto privato, ci mancava solamente la targhetta o il suo nome scritto in caratteri cubitali. - Quello è il mio posto -, si lamentò immediatamente.
- E io sono l'ospite -, risposi con un sorriso angelico.
- No, tu sei un rompicoglioni, che è ben diverso -.
- Questa si che è amicizia! -, sbottai, mentre mi lasciavo andare contro il tessuto fresco del divano, guardandolo poco dopo buttarsi su una
delle poltrone che componevano l'arredamento di quella stanza.
- Allora, hai qualche novità? -, mi chiese.
- No, niente di che, le solite cose...anzi, dovrei fare qualcosa di nuovo, così almeno mi allontanerei dalla mia solita routine -, spiegai.
- Trovati un hobby, tipo gli origami... -, ci scherzò su lui, ricevendo da me solo un'occhiata tra il confuso e il perplesso, - Valary li fa di continuo e cerca di trascinarci anche me, ma sa che non ci riuscirà, sono una frana con quei cosi -.
- Secondo me saresti bravo col lavoro all'uncinetto, ti ci vedo li tutto concentrato che fabbrichi un paio di presine -.
- Ah ah ah, come se spiritoso oggi Haner -.
- Lo sono sempre -, sbottai, prendendo la mia sigaretta di scorta da dietro l'orecchio e cominciando a rigirarmela tra le dita, - Valary? -, la chiamai a gran voce, aspettando che rispondesse dalla cucina.
- Si? -.
- Posso fumare o devo uscire? -, chiesi.
- Fa pure, ma se cade una sola cicca a terra te la faccio pulire con la lingua -, mi avvisò.
- La tua gentilezza mi commuove -, risposi, facendola scoppiare a ridere mentre me l'accendevo. Allungai poi il pacchetto verso Matt. - Tu ne vuoi? -.
- No, no non mi va, ma grazie lo stesso, è la prima volta in una vita che sei gentile con me, devo scriverlo sul calendario -.
- Perché tutti dicono che non sono gentile? Io sono gentilissimo, con tutti -, dissi prendendo poi prontamente il posacenere che si trovava li sul tavolino davanti a me, ciccandoci subito dentro.
Lui scoppiò a ridere, con il chiaro intento di sfottermi di nuovo. - Si certo, come quando mi hai svegliato con una secchiata d'acqua gelida perché mi ero scordato di farti gli auguri -. mi ricordò.
- Avevo un motivo valido, ti eri scordato il mio compleanno -, ribattei, come se la mia azione fosse stata più che comprensibile, facendo subito dopo un lungo tiro di sigaretta. Tossii, come era normale che facessi, di tanto in tanto, in fondo era una cosa che qualche volta succedeva anche a me, dato che fumavo da molto tempo ormai.
- Ti comportasti in modo drastico, e io mi trattenni dallo strozzarti -.
- Veramente, mi hai rincorso minacciandomi di morte fino all'ultimo, fino a che non mi sono arrampicato su un albero e tu hai dato forfait dopo un'ora passata ad aspettare che scendessi -, gli ricordai meglio.
- Quella è stata l'unica volta che ha mollato e poi non ti ha nemmeno picchiato -, puntualizzò Valary che, in quel momento, fece il suo ingresso nel salone, andando verso Matt e sedendosi sulle sue gambe poco dopo. Lui le circondò la vita con un braccio, poco prima di baciarla e sorriderle teneramente, comportandosi come un qualsiasi marito innamorato avrebbe fatto.
- Già.. -, concordai, non riuscendo ad aggiungere altro, facendo l'ennesimo tiro e spegnendo la sigaretta nel posacenere, anche se non era ancora neanche a metà. Mi sentivo strano, come se avessi un peso all'altezza del petto e un po' mi doleva anche. Non era il caso di farsi prendere dall'ansia, poteva essere qualunque cosa, quindi decisi di non pensarci.
- Non ti sei ancora deciso a trovare una possibile signora Haner, vero? -, chiese, di punto in bianco, Matt.
- Si, mi sono deciso eccome -, pensai tra me e me. - No, non ancora -, fu quello che dissi ad alta voce, sorridendo così da non lasciar trapelare nient'altro.
- Ah vedrai, anche tu troverai qualcuno -, disse Valary, circondandogli poi il collo con entrambe le braccia.
- E' la stessa cosa che ho detto a Amy poco tempo fa, ormai siete gli ultimi due rimasti, fateci il favore di trovarvi qualcuno entrambi -.
- Faremo del nostro meglio, o almeno, io lo farò, così non sarò più.. -, provai a dire, prima di bloccarmi improvvisamente. Sentii una fitta di nuovo all'altezza del petto e ci portai istintivamente la mano.
- Brian? -, mi chiamò Matt con tono preoccupato, - Brian tutto okay? -, chiese, mentre faceva alzare Valary per venirmi incontro. Proprio in quel momento cominciai a tossire violentemente, talmente tanto che cominciò a dolermi persino le gola per il troppo sforzo. Feci cenno di no con la testa, ora potevo cominciare ad aver l'ansia. Mi piegai in due, senza riuscire a smettere di tossire, finché Matt non dovette sorreggermi, rimettendomi poi del tutto in piedi. - Val, prendi le chiavi della macchina, dobbiamo portarlo in ospedale! -, urlò lui rivolto alla moglie, che lo guardava con sguardo spaventato, - Ora! -, la intimò, vedendo che non si muoveva, inizialmente.
Lei scattò subito dopo, mentre Matt mi trascinava verso la porta d'entrata, precipitandosi poi fuori e buttandomi praticamente sul sedile del passeggero, dove mi lasciai andare per tutto il tragitto, riuscendo anche di tanto in tanto a smettere di tossire, anche se solo per qualche secondo.


***

Quando arrivammo all'ospedale portarono subito via Brian, senza farci entrare, dato che non eravamo dei parenti. Provai a protestare, ma sapevo che era tutto inutile, così mi limitai a borbottare un “vaffanculo” sottovoce a quell'infermiera del cazzo. Mi sedetti sulla sedia, ancora nervoso, quando Valary mi posò una mano sulla spalla, facendomi voltare. - Andrà tutto bene, conosci Brian -.
- Si, prego che non sia niente di grave -, dissi, tirando poi fuori dalla tasca il mio cellulare, - Meglio se avverto gli altri, saranno tutti qui nel giro di qualche minuto -, aggiunsi, mentre scrivevo un messaggio comunque e lo inviavo nello specifico a Zack, Jhonny e Amy, a portare le altre ci avrebbero pensato loro. Alzai al massimo la suoneria, così che avessi potuto sentirlo meglio nel caso avesse squillato, poi lasciai andare il capo all'indietro, posandolo contro la parete fredda dietro di me, lasciando che Val posasse la testa sulla mia spalla, in attesa di sapere qualcosa.
Vedemmo un medico uscire dal reparto dove avevano portato Brian solo dopo un quarto d'ora buono e, per fortuna, ci venne subito incontro. - Signor Sanders? -, chiamò.
- Si, come sta? -.
- Si tratta di una semplice broncopolmonite, gli abbiamo somministrato degli antibiotici e ora sta meglio, meglio di come stava quando è arrivato, comunque -, ci spiegò, portando su un fianco la cartella clinica che aveva in mano, la sua probabilmente.
- Ma si rimetterà? -, chiese Valary prima che potessi farlo io.
- Si, si rimetterà presto, gli antibiotici faranno il loro lavoro e la broncopolmonite passerà nel giro di un paio di settimane, ma preferirei anche fargli fare una radiografia al torace, per eliminare qualsiasi dubbio.. -.
- Dubbio sul fatto che possa avere un cancro, dico bene? -, domandai, ancora più preoccupato di prima.
- Si, esatto...è solo per sicurezza, non sto dicendo che il suo amico è malato, ma è meglio prevenire che curare -.
- Si, ha ragione...quando gli faranno questa radiografia? -.
- L'ho già segnata per domani, ora se volete entrare per stare con lui potete, nessuno vi fermerà più -.
- D'accordo, grazie mille Dottor..? -.
- Freeman -, continuò per me.
- Oh, come l'attore -, osservò Valary, sorridendo. La sua passione per il cinema ogni tanto tornava in vita.
- Già, ma non ho nessuno tipo di parentela, purtroppo per me...ora vi lascio, stanza 67, seguite il corridoio oltre quella porta e la troverete -.
- Grazie -, replicammo in coro, guardandolo poi allontanarsi.

***

Stavo camminando di ritorno dalla spiaggia, quando ricevetti il messaggio di Matt. In un primo momento pensai fosse Brian, ma non appena vidi lo schermo illuminarsi e rivelare il numero rimasi interdetta: lo aprii immediatamente e lessi quelle poche righe con il panico che cominciava a crescermi dentro. “In ospedale, ora, Brian sta male”, ecco il contenuto.
Infilai di nuovo il cellulare in tasca e presi a correre, entrando in casa solo di sfuggita per afferrare le chiavi della macchina e precipitarmi di nuovo via, diretta a tutta velocità verso l'ospedale di Huntington Beach. Non distava molto, per fortuna e riuscii abilmente ad evitare ogni genere di possibile coda.
Parcheggiai nel primo posto che trovai e poi scesi, senza aspettare un attimo per correre verso la porta d'entrata, rischiando anche di essere investita da un'automobilista incazzato che non riusciva a trovare posto. Beh, tanto l'ospedale era li in fin dei conti; spalancai le grosse porte di vetro, riuscendo a scorgere a pochi metri da me Matt insieme a Valary, Zaky, Gena, Jhonny e Lacey. Ye, ero l'ultima come al solito. - Cos'è successo? -, chiesi, non appena fuori abbastanza vicina, mentre mi legavo distrattamente i capelli, dato che erano ancora un po' bagnati e, grazie alla salsedine, parecchio ricci.
- Era a casa con me e Valary, quando all'improvviso ha cominciato a tossire senza controllo, ci siamo preoccupati e lo abbiamo portato immediatamente in ospedale -, mi spiegò, senza però dirmi veramente cosa avesse.
- Si, ma cos'ha? -, chiesi di nuovo, cercando di apparire tranquilla, quando in realtà non lo ero affatto. Ricordai le parole di Mckenna e questo fece mutare velocemente il mio atteggiamento.
- Una brutta broncopolmonite, a quanto dicono.. -, rispose Zack al posto suo.
Mi voltai a guardarlo. - Broncopolmonite, solo questo? -.
- Così dicono, hanno deciso che gli fanno anche una radiografia domani, per controllare se c'è qualcosa di più grave.. -, sussurrò con voce flebile Lacey.
Non c'era bisogno di specificare, sapevo a cosa si riferiva e la cosa mi spaventava, davvero tanto. Era vero, Brian fumava, eccessivamente il più delle volte, ma non avevo mai pensato che potesse capitargli una cosa così: ma non era ancora detto il peggio, non avrei smesso di sperare nel meglio, e cioè nel fatto che non avesse niente, che fosse ancora sano come un pesce. Non volevo perderlo.
- Ho capito.. -, mormorai, - Possiamo vederlo? -, chiesi, indicando con un cenno del capo la porta del reparto.
- Si, stavamo aspettando te -, disse Matt, mentre gli altri si alzavano.
- Allora andiamo, vi ho fatto aspettare abbastanza -, dissi, cercando di far apparire quella frase come una sorta di scusa, anche se senza molto risultato.
- 'Sta tranquilla, andiamo su -, non ci fu neanche bisogno di ripeterlo, dato che nel giro di mezzo secondo ci stavamo tutti dirigendo in silenzio verso la stanza dove stava Brian.
- Che numero è? -, chiese Gena.
- 67 -, rispose Valary. Cominciai subito a guardarmi intorno, leggendo tutte le targhette attaccate alle porte, più ne sorpassavamo e più ci avvicinavamo. La sua era posta molto vicina alla fine del corridoio, con solo due o tre stanze di distanza dal muro occupato da una grossa finestra che dava su un giardino.
Matt, quello che ci aveva guidato fino alla stanza, aprì la porta, mettendo dentro inizialmente solo la testa. - Si può? -, chiese e, in quel momento, mi alzai in punta di piedi, dato che non riuscivo a scorgere praticamente niente.
- Oddio, finalmente, entrate... -, ci invitò e, nel giro di poco, ci stavamo già infilando tutti nella piccola stanza, che però ci avrebbe contenuti, che lo volesse o no. Il mio sguardo era più che preoccupato, e lui se ne accorse subito, lanciandomi immediatamente un sorriso rassicurante.
Sarei stata preoccupata finché non avessi saputo il risultato di quella maledetta radiografia, e sono sicura che lui l'avesse capito. - Gates, sappi che ci hai fatto prendere un gran bel colpo -, sbottò Zack, mentre circondava la vita a sua moglie, stringendosela a se.
- Tranquilli, è solo broncopolmonite..ma hanno detto che starò sotto osservazione per un paio di settimane.. -, disse.
- Si, ce lo hanno detto -, dissi, mentre andavo a mettermi vicino al letto.
- Che volete che sia, passerà, ma la tosse è insopportabile -, si lamentò.
- Il Dottor. Fremaan ha detto che dovresti allentare con fumo.. -, gli ricordò Jhonny, anche lui seriamente preoccupato.
- Si, lo so, e diciamo che quella sarà l'unica parte difficile, ma ci proverò -.
- Vedi di riuscirci, che non ho voglia di cercare un sostituto per la chitarra solista.. -, sbuffò Matt, riuscendo a farlo ridere.
- Vi pare che vi mollo così? Non vi libererete mai di me, la mia presenza è troppo fondamentale -.
- Non manca mai la giusta dose di autostima, giusto? -, domandai, ridendo.
- No, so che vi mancherei -.
- ..forse giusto un po' -, ammise Valary, mentre si stringeva a Matt.
Tutti scoppiamo in una fragorosa risata, finché lui non chiese: - Non avete avvisato i mie, vero? -.
Tutti ci scambiammo per un momento un'occhiata confusa, senza capire il motivo di quella domanda. - No, perché? -, chiese spiegazione Zack.
- Sono partiti per una vacanza nonricordodove e non mi va di disturbarli, non per una semplice broncopolmonite almeno -.
- Ci stai chiedendo di non avvertirli? Sei sicuro? -.
- Si, quando torneranno io sarò stato dimesso, o almeno spero, magari non lo sapranno neanche mai...se li chiamaste dicendogli che sono ricoverato di precipiterebbero qui, domani appena avrò un po' di tempo avvertirò Mckenna, di certo non posso sparire per due settimane, né a lui né tanto meno a Brent, dato che sta a casa sua, dopo che si è rifiutata di partire -.
Annuimmo, anche se tutti un po' sorpresi da quella sua scelta: di solito amava stare al centro dell'attenzione, era egocentrico, lo sapevamo tutti, invece aveva appena deciso di stare solamente con noi. - D'accordo, se preferisci ci muoveremo così, tu intanto vedi di riprenderti, okay? -, dissi, rispondendo a nome di tutti quanti, ricevendo infatti un cenno di assenso pochi secondi dopo.
- Ovviamente, l'ho detto, non vi libererete di me -, ribatté con tono convinto. Avrei voluto crederci fermamente, senza avere paura di qualcosa di più grave: ma dovevo aspettare, io come tutto gli altri. Eravamo tutti in ansia, ma speravamo anche tutti nel meglio, per il bene del nostro migliore amico, per il bene della persona che era diventata personalmente fondamentale per me. Più ci pensavo e più capivo che era diventato veramente importante per me. E più ti importa delle persone, più hai da perdere, e noi lo sapevamo bene, ormai.

***

Passammo gran parte del pomeriggio nella camera di Brian, a fargli compagnia mentre parlottavamo del più e del meno. Ad un certo punto lui, Jhonny e Matt si erano messi a giocare a carte, mentre noi ci limitavamo a scommettere su chi avesse vinto. Di tanto in tanto entrava un'infermiera, che controllava i suoi valori per vedere se tutto andava bene e, dato che non aveva fiatato neanche per una volta, non dovevano esserci complicazioni.
Ridendo e scherzando si erano fatto quasi le 18.30 e i primi ad andarsene furono Zack e Gena, dato che quest'ultima era stata colpita da un forte mal di testa, seguiti poi da Matt e Valary e alla fine da Johnny e Lacey. Io indugiai per un momento sulla porta, poi gli lanciai una veloce occhiata, sicura che avesse capito. Mi sarei allontanata per un po', avrei salutato gli altri fingendo di tornare a casa e poi sarei sgattaiolata di nuovo dentro, chiudendomi in camera sua prima di attirare l'attenzione di qualche infermiera.
Mi chiusi così la porta alle spalle e seguii gli altri, fino all'uscita dell'ospedale, salutandoli poi tutti quanti: mi diressi verso la mia macchina, facendo finta di allacciarmi le scarpe mentre gli altri se ne andavamo, salutandomi con un ultimo cenno della mano.
Li ricambiai, aspettando che fossero fuori dalla mia visuale, prima di fuggire di nuovo dentro: raggirai tutte le infermiere, finché non arrivai di nuovo alla sua stanza. Notai, grazie alle tapparelle alzate, che dentro c'era ancora un'infermiera, l'ultimo ostacolo, così mi sbrigai a nascondermi nel bagno davanti alla stanza.
Aspettai qualche minuti, mettendo poi la testa fuori per controllare e notando che, finalmente se n'era andata, facendosi strada lungo il corridoio. Lo attraversai di nuovo silenziosa, entrando nella stanza e richiudendo piano la porta. - Aggirato tutti gli ostacoli? -, mi chiese, non appena mi vide, con quel suo perenne sorriso.
- Si, tutti quanti, le infermiere sono dappertutto -, mi lamentai, avvicinandomi piano al letto, - Come stai? -.
- Meglio di quando sono arrivato qui.. -, confessò, - Tossisco ogni tanto, ma sto sicuramente meglio di prima...pensavo che ormai fossi immune a queste cose, e invece mi ritrovo in un letto d'ospedale con una broncopolmonite -.
Sorrisi. - Non se ancora Highlander, sai? -, dissi scherzando.
- Ah, sono Synyster Gates, che è molto meglio -, disse con quel suo solito tono di ovvietà, che riuscì comunque a strapparmi un sorriso, - Ora che ne dici di avvicinarti un attimo, giusto un pochino.. -, suggerì.
- Tipo così? -, chiesi, chinandomi piano al suo viso, arrivando a qualche centimetro dalle sue labbra.
- Si, tipo.. -, rispose, posando poi una mano sul mio collo e avvicinandomi del tutto a se, sorridendo per un momento contro le mie labbra, mentre mi baciava. Intrecciai le dita tra i suoi capelli corvini, stringendolo così maggiormente a me. Inutile dire che ero comunque molto preoccupata, ma che potevo fare? Di certo non prevedere il futuro.
Quando si allontanò di nuovo cercai di non lasciar trapelare niente, cercai di apparire tranquilla, in un certo senso, senza ottimi risultati ovviamente. - Dai, sputa il rospo, che c'è? -, mi chiese, accarezzandomi il viso con la punta delle dita.
Mi strinsi nelle spalle, cercando inutilmente di mentire. - Che c'è? -, ripetei.
- Dimmelo tu -.
- Non c'è niente -.
- Clarissa... -, sussurrò solamente, sapendo bene quanto quel nome mi facesse venire i nervi.
- Non chiamarmi Clarissa, mi chiamo Amelia.. -, sbuffai, mentre mi lasciavo cadere sulla sedia accanto al letto, o dovrei meglio dire poltrona, dato che era enorme, - E poi non è niente..sono solo.. -.
- Preoccupata? -, continuò lui al posto mio.
Annuii, chinando il viso. - E se non fosse solo broncopolmonite? -, domandai, più rivolta a me stessa che a lui, diciamo che era più un pensiero ad alta voce che altro, - Non voglio perdere anche te, Brian.. -, aggiunsi, non appena trovai una buona dose di coraggio.
- Non mi perderai mai, Amy...sono sicuro di non avere nient'altro se non questa stupida broncopolmonite -.
- Diciamo che avrò comunque paura fino a domani -, ribattei.
- Vuoi aprire un circolo di scommesse? Magari fai anche dei soldi extra -, mi suggerì, ridendo.
Sorrisi. - A volte mi chiedo come fai a comportarti così anche in queste occasioni -.
Esitò per un momento, poi si strinse nelle spalle. - Dote innata, a volte serve -.
- Vorrei saperlo fare anche io, così sarei meno ansiosa verso gli altri.. -, dissi, odiandomi in quel preciso istante: odiavo il fatto di non riuscire a pensare ad altro se non al fatto che ero terrorizzata.
- Vieni qui, Amelia -, disse poco dopo, sottolineando il fatto che mi aveva chiamato con il mio nome, primo nome, anzi, - Hai decisamente bisogno di un abbraccio -, aggiunse subito dopo, invitandomi a seguirlo mentre si spostava, lasciandomi un po' di spazio sul letto.
Accettai di buon grado, nonostante un mio iniziale ripensamento, sdraiandomi accanto a lui, che mi circondò subito la vita con un braccio, andando a posarmi anche un piccolo bacio sulla fronte, che mi fece ridacchiare. - Sei tu quello malato e io ho bisogno di un abbraccio, è una cosa di cui dovrei almeno vergognarmi -.
- E perché mai? Tutti abbiamo bisogno di un abbraccio, prima o poi -.
- Forse è vero...ma sappi che i tuoi mi piacciono particolarmente -.
Rise, prendendo subito dopo ad accarezzarmi il fianco. - L'avevo intuito -.
- Ricordati di chiamare Mckenna domani, non fare che te lo scordi come al solito -, gli ricordai.
- Sissignora...poi aspetta, io mi sono mai dimenticato qualcosa? Ricordo sempre ogni cosa! -.
- Oh davvero? La nostra prima sbronza? -, chiesi, alzando il viso solamente per guardarlo con aria di sfida.
- Mia, tua e degli altri? -, chiese conferma lui.
Annuii.
- Mh, okay, questa è difficile.. -, disse, facendosi subito pensieroso, - Okay, credo di averla trovata in un angolo remoto della mia memoria.. -, disse, cominciando a raccontare poco dopo, - Eravamo alla festa di nonmiricordochi, probabilmente Mark, te lo ricordi? -.
- Quello che ci provava con qualsiasi essere che respirasse? -.
- Si, quello -.
- Ah si, me lo ricordo, ricordo anche che ogni tanto facevate coppia fissa per andare in giro a cercare qualche povera ragazza da portarvi al letto -.
- ...quelli erano davvero bei tanti -, sussurrò lui, cercando di non farsi sentire.
Per tutta risposta gli diedi una lieve gomitata su un fianco, anche perché la posizione in cui stavo non mi permetteva poi molto movimento.
- Aio -.
- Sono bei tempi andati, sappilo -.
- Gelosa? -, chiese sorridendo beffardo.
- ..forse -, risposi solamente.
- Però aspetta...mi sorge spontanea una domanda, come fai ad essere gelosa se non stiamo ancora insieme? Manca comunque la domanda ufficiale -.
- Pensavo che ci fossimo messi insieme la sera in cui ti ho detto che volevo andare fino in fondo -.
- La sera del corridoio? -, mi ricordò, facendomi ridacchiare.
- Già, la sera del corridoio -, confermai.
Ci fu un momento di silenzio, che fui tentata di interrompere, dicendo qualsiasi cosa, anche se non ero molto brava con le uscite a caso. - ...manca comunque la domanda ufficiale -, ripeté, zittendomi a prescindere.
- E allora perché non ti sbrighi a farmi questa domanda ufficiale? -, gli chiesi, poggiando meglio il viso sulla sua spalla.
- Perché sarebbe troppo facile -.
- Chiedimelo, Haner -, ribattei decisa, ordinandoglielo praticamente.
Riuscii a farlo ridere, anche più di quello che avevo pensato, finché alla fine non si decise e, non appena ebbe ripreso fiato, parlò. - Vuoi stare con me, davvero? -.
- Mhh...sarebbe troppo facile rispondere solamente si -, dissi, riferendomi alla sua precedente affermazione.
- Di di si e basta -, sbottò, imitando il mio stesso tono dittatoriale di poco prima.
Non potei che scoppiare a ridere di nuovo sentendomi, in quel momento, particolarmente felice, più delle altre volte, addirittura. - Si -, riuscii a dire alla fine.
- Bene, quindi ora sei la mia ragazza? -.
- Direi di si -.
- Quindi non posso più provarci con nessun'altra? -, mi punzecchiò, anche se conosceva perfettamente la risposta.
- Direi di no -, dissi scuotendo il viso.
- Mi abituerò -, promise, prendendomi poi il mente tra le dita e avvicinandomi a lui, facendo poi combaciare perfettamente le nostre labbra in un bacio colmo di passione, qualcosa capace di farmi venire facilmente le farfalle nello stomaco. Non c'era niente di meglio, ormai quando stavo con lui tutto andava sempre bene, non c'erano mai imprevisti, non succedeva mai niente...beh, o quasi.
Eravamo ancora vicini l'uno all'altro, quando contro la finestra cominciò a picchiettare della pioggia, che ci fece voltare entrambi. - Che strano, il meteo diceva che oggi sarebbe stato sereno -, dissi.
- Non sempre ci azzeccano...oh hey, corri, in bagno! -, mi avvertì, mentre mi faceva scendere dal letto.
- Cosa? -.
- Infermiera in vista, è ora di cena e me n'ero scordato!! -, mi spiegò.
- Oh, merda, okay! -, fu l'ultima cosa che dissi, prima di chiudermi nel piccolo bagno della stanza, un attimo prima che la porta della camera si aprisse. Restai li dentro finché Brian non fischiò, avvertendomi che il pericolo era passato, solo allora aprii di nuovo la porta, tornandomene così seduta sulla sedia. - Sbucano proprio dal nulla, queste -.
- Già, ma per domani mattina non ci saranno problemi, l'orario delle visite inizia presto, se ti dovessi addormentare posso dire che sei arrivata presto e avevi sonno.. -, propose.
- Vuoi che rimanga qui? -, chiesi.
- ..se non hai altro da fare -, specificò, sorridendo.
- Mh, no, credo di non avere niente di meglio da fare, in fondo accudire un malato non è poi così male -, dissi, mentre rannicchiavo le gambe contro il petto, circondandomele poi con entrambe le braccia, - Ora magari mangia però -, aggiunsi poco dopo, indicando il vassoio sul suo letto.
- Agli ordini -, rispose, facendo un veloce saluto militare, prima di cominciare a mangiare tutta la roba che gli avevano portato. Ero stata in ospedale solamente una volta, ma ricordavo perfettamente quanto il cibo facesse schifo, però a lui sembrava piacere, probabilmente non aveva mangiato per niente, niente da quella mattina almeno, anche perché a pranzo noi c'eravamo e non aveva toccato cibo.
- Com'è il cibo dell'ospedale? -, chiesi, dopo un momento di silenzio.
- Lo ricordavo migliore.. -, ammise, buttando giù una cucchiaiata di quella che sembrava zuppa, ma non avrei saputo dire a cosa.
Risi. - Negli ospedali fa tutti schifo, tranne la frutta.. -, dissi, prendendo poi la mela dal vassoio e cominciando a giocarci, - La frutta è sempre buona -.
- A meno che non ci trovi dentro qualche verme -, ribatté, prendendola al volo dalle mie mani.
- Io non ce ho mai trovati -.
- Beh, non si può mai sapere.. -.
- Beh... -, cominciai a dire, prendendo poi accanto alla poltrona la mia borsa, che avevo recuperato in macchina quando ero andata via per la mia “finta uscita”, - Consolati, ho qualcosa di ancora più buono di una semplice mele con probabili vermi dentro -.
- Oh davvero? E cosa? -, chiese incuriosito.
- Caramelle gommose -, dissi ridendo, tirandole fuori dalla borsa e sventolandogliele davanti.
- Ci sono quelle a forma di orsetto? -, chiese, somigliando più a un bambino di 5 anni che a un uomo di 31.
- Penso di si, ma quella a forma di alligatore sono le mie -.
- Vederemo più tardi -. mi promise, aumentando all'improvviso il ritmo che aveva preso per mangiare, come se quella mia proposta lo avesse allettato peggio di ogni altra cosa. Aspettai che finisse, poi aprii il pacchetto con cautela, evitando di rovesciarle per terra come spesso mi capitava e cominciammo a mangiarle, un po' per uno, mentre parlavamo, e neanche uno dei discorsi era lontanamente serio, come si poteva immaginare.

***

Il sonno non si decideva ad avere la meglio su di me, mentre per Amy era assolutamente il contrario: si era addormentata da più o meno 10 minuti e io non osavo disturbarla, né tanto meno fare rumori bruschi che avrebbero potuto svegliarla. Men e stavo semplicemente sdraiato nel mio letto, facendo l'unica cosa che si fa quando si è da soli: mi misi a riflettere.
Riflettei su tutto quanto, su quello che c'era tra me e Amy, su quello che mi stava succedendo, sulla radiografia del giorno successivo; per qualche strano motivo non ero neanche lontanamente preoccupato, quindi, probabilmente, alla fine sarebbe andato tutto bene, così i miei amici avrebbero smesso di preoccuparsi per me.
Non poteva essere niente di più grave, ne ero certo, solo che dovevo aspettare il giorno seguente per farlo capire anche agli altri. Sospirai, mentre lasciavo andare la testa sul cuscino fresco, voltando poco dopo lo sguardo solamente per poterla guardare, almeno per un po': era capitato un paio di volte che mi fermassi a studiare la sua figura dormiente, mentre era comodamente accoccolata tra le mie braccia. Mi piaceva, mi piaceva da morire, e Mckenna aveva ragione, era cotto e stracotto, inutile provare anche solo lontanamente a negarlo. Era stato inaspettato, era vero, ma a volte queste cose succedono. E io sono stato più che fortunato. 

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Capitolo 15
*** Basta un po' di impegno. ***


Parto con lo scusarmi, dato che questo capitolo va oltre il pessimo, almeno secondo me, ma il poco tempo a mia disposizione non mi ha aiutato affatto. @_@
Prometto che il prossimo sarà molto meglio, compenserà di sicuro questo! Un bacio, e buona lettura. c:


Io e Matt camminavamo su e giù per la sala d'aspetto dell'ospedale, già stanchi di aspettare. Avevano portato Brian via solo da 20 minuti, eppure nessuno di noi ce la faceva già più.
- La smettete voi due? Mettete ancora più ansia così -, ci sgridò Zack, - Se sapesse che siamo messi così ci ucciderebbe, lo sapete vero? -.
Ci fermammo entrambi all'istante, scambiandoci una veloce occhiata prima che lui rispondesse. - In effetti è vero, ma sai benissimo che io sono ansioso..e Amy non è da meno -, disse, indicandomi poi.
- Io non sono affatto ansiosa! -, protestai, anche se sapevo perfettamente che non era vero. Aaaaah, l'orgoglio;
- Se non fossi ansiosa staresti seduta come gli altri, invece che passeggiare avanti e indietro come me -, disse lui di tutta risposta.
- Magari passeggio perché mi piace passeggiare -, dissi, posando le mani sui fianchi e facendo scoppiare a ridere tutti quanti, - Cazzo ridete? Siete degli stronzi -, piagnucolai, facendo il mio solito broncetto. Cosa che poi mi aveva attaccato Brian.
- Tu rispondo con cose che fanno ridere, e noi ridiamo! -, disse Jhonny, mentre faceva posare di nuovo Lacey sulla sua spalla.
- Infatti e poi...Brian? -, disse Matt, guardando oltre la mia spalla. Ci voltammo tutti immediatamente, scrutando poi la sua figura che ci guardava e ci faceva cenno di seguirlo, sparendo pochi secondo dopo dietro la porta per evitare lo sguardo di un'infermiera.
Tutti ci scambiammo una veloce occhiata, prima di seguirlo, nonostante l'occhiataccia della noiosa signora di mezza età alla reception. Oltrepassammo la porta, grazie a Matt che ce la teneva aperta, poi ci dirigemmo finalmente verso le stanza 67.
Quella stessa mattina, appena qualche ora prima, ero dovuta uscire dalla finestra della sua stanza, dato che erano arrivati anche gli altri; per poco non mi ero slogata una caviglia e, non appena avevo capito che era apposto, ero andata direttamente alla mia macchina, parcheggiata, ma ben nascosta, per prendere il cambio che avevo portato con me per la spiaggia: non usato, ovviamente, dato che alla fine non avevo neanche fatto il bagno. Mi ero cambiata velocemente nel bagno del bar davanti all'ospedale, dato che la proprietaria mi conosceva bene e non aveva fatto molte storie, poi ero tornata, facendo finta di niente e ricevendo in cambio un'occhiata divertita di Brian. Avevo risposto con un sorriso, poi ci eravamo tutti spostati nella sala d'aspetto in attesa che facesse quella dannata radiografia.
E ora eravamo di nuovo in quella stanza, dove lo trovammo spaparanzato sul letto con le mani dietro la nuca. - Che hai combinato? -.
- Sono scappato non appena mi hanno fatto la radiografia, l'infermiera mi stava molestando -, si lamentò, facendoci scoppiare a ridere tutti quanti.
- Tutti che molestano il povero Synyster Gates... -, disse Matt, non appena ebbe ripreso fiato e dopo essersi asciugato una lacrima.
- Sono desiderabile -, rispose lui con un ghigno beffardo, mentre un'infermiera parecchio incazzata faceva capolino nella stanza, - Signor Haner! Chi le ha dato il permesso di andarsene?! -, chiese infuriata.
- La radiografia era fatta, che dovevo rimanere a fare? -, chiese lui vagamente perplesso, facendo imbestialire ancora di più.
- Gli ultimi accertamenti, ecco cosa! Aaah, ma non ho intenzione di rimanere qui a combattere con lei, i risultati arriveranno tra un paio d'ore -, detto questo se ne andò, sbattendosi la porta alle spalle.
- Non dirmi che era lei quella che ti molestava! -, sbottò Zack ridendo.
- No, per fortuna no, ce n'era un'altra...e spero che abbia staccato dal turno di lavoro, però era carina.. -, borbottò, con il chiaro intento di darmi fastidio.
Mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo, limitandomi solamente a saltellare fino a Valary, prendendola subito sotto braccio e rivolgendomi anche a Lacey e Gena. - Che ne dite se andiamo al bar a prenderci qualcosa? Il ragazzo che c'è di turno ora è molto gentile, ci prova con me da quando siamo venuti la prima volta -, dissi, attendendo poi una risposta.
- Si, perché no, giochiamoci questa carta per qualche sconto extra -, disse Gena, prendendo a sua volta sottobraccio Valary.
- Come se i sconti ci servissero -, rispose Lacey per tutte quante, lanciando poi una veloce occhiata ai ragazzi. Ci mettemmo tutte a ridere, mentre loro borbottavano qualcosa sotto voce. Ne approfittai per guardare un momento Brian, che mi lanciò in tempo record un'occhiataccia coi fiocchi.
Non ci feci caso, pensando che non l'avrebbe avuta vinta, trascinando poi fuori le ragazze con me, senza che neanche chiedessimo agli altri se volevano qualcosa.
Sciogliemmo il nostro “abbraccio improvvisato” e cominciammo a dirigerci verso il bar, che si trovava nei pressi della reception. - Allora Valary, com'è la vita coniugale? -, chiese Lacey, riuscendo a farci ridere di nuovo.
- Ha i suoi alti e bassi, ma con Matt li avevo anche prima, quindi diciamo che non c'è niente di nuovo -, ci spiegò, con un grosso sorriso stampato sulle labbra, segno che era molto contenta di quello che loro avevamo costruito insieme. In fondo, lei e Matt erano una delle coppie più belle che avessi mai visto, stavano insieme da una vita e lo sarebbero stati sempre, a mio parere. Ma non volevo portare sfiga, così cercai di non pensarci.
- Anche con Zack è così, ma non potrei essere più felice -, ribatté Gena.
- E credimi, Lacey, prima o poi toccherà anche a te...Jhonny lo vedo molto convinto, anche se non è proprio la serietà fatta persona -, dissi.
- Perché? Qualcuno di loro è anche lontanamente serio? -.
- Ah beh, in effetti.. -, rispondé Lacey, tornando poi a concentrarsi sul vero argomento che stavamo trattando, mentre eravamo finalmente arrivate al bar, - Comunque, una volta abbiamo parlato del matrimonio...ma entrambi non abbiamo fretta, quando sarà tempo si vedrà, tanto la mia risposta sarà sempre sì -, disse, sorridendo imbarazzata.
- Uhhuhh, Lacey innamorata -, disse Gena.
- Ah, come se voi non lo foste! -.
- Colpito e affondato -, dissi, immischiandomi di nuovo nella conversazione, pochi attimi prima che il barista tanto simpatico di cui avevo parlato ci accogliesse, cominciando a consigliarci qualcosa da prendere.
Ordinammo con calma, anche per i ragazzi, alla fine, e ci facemmo mettere tutto dentro una busta di cartoncino, così da poter tornare in camera senza troppi problemi, dato che non eravamo ancora dei polipi.
- Oh, vedo che alla fine avete preso qualcosa anche per noi -, disse Jhonny, accogliendoci di nuovo.
- Già, in fondo vi vogliamo bene -, risposi io, mentre tiravo fuori il resto della roba, che poi consisteva soprattutto in caffé e cappuccini vari.
- Allora, avete ricevuto un sconto? -, chiese Brian borbottando, ma cercando di non darlo a vedere.
- Si, ci ha fatto tipo un sconto famiglia, gli abbiamo detto che eravamo tanti e ha accettato -, spiegò Valary, passando il caffé macchiato a Matt, il suo preferito.
Io mi presi il mio e poi andai a sedermi su una sedia accanto alla finestra, quella stessa da cui ero uscita poche ore prima. - Dobbiamo far passare queste ore velocemente... -, disse Matt, dopo un momento di silenzio.
- Ergo, dobbiamo inventarci qualcosa -, dissi io, mentre sorseggiavo il contenuto ancora bollente della mia tazza.
- Già -, concordarono tutti, zittendosi subito dopo per pensare.
- Il gioco della verità -, propose Lacey, - Non...si è mai troppo adulti per il gioco della verità -, aggiunse poco dopo imbarazzata, come se quello che aveva detto fosse sbagliato. In fondo era una buona idea, era comunque un modo per passare il tempo.
- Perché no? Ha sempre il suo fascino -, concordo Valary, sorridendole incoraggiante. Nel giro di pochi secondi, stavamo già tutti seduti a cerchio intorno al letto di Brian, chi sulle sedie e chi per terra, sul pavimento fresco. Andammo avanti per più di un'ora, durante la quale fui costretta ad affrontare anche domande come “Ti piace qualcuno?”, oppure “Sei già fidanzata e non vuoi dirci niente? La verità!”. E io stavo li a dare una mezza risposta mentre Brian se la rideva sotto i baffi.
A volte pensavo che potessero sapere qualcosa, magari anche solo sospettare, ma poi capivo che era piuttosto improbabile. Però chissà...potevamo anche essere attenti, ma i nostri amici erano svegli. Probabilmente prima o poi l'avrebbero capito, molto prima che noi ci decidessimo a parlare, almeno.

***

- Abbiamo i risultati -, ci informò il Dottor. Freeman, comparendo alle nostre spalle e attirando l'attenzione di tutti noi. Ci voltammo, non prima di aver lanciato un'ultima occhiata alla figura dormiente di Brian: si era addormentato da ormai mezz'ora e non accennava a svegliarsi.
- Se volete seguirmi -, aggiunse poco dopo, aprendo del tutto la porta e facendoci cenno di uscire. La sua espressione era neutra, non lasciava trasparire niente, ma lui sapeva e l'ansia mi stava letteralmente distruggendo l'anima. Fui la prima ad alzarmi, quasi in automatico, catapultandomi fuori dalla stanza nel minor tempo possibile, seguita subito dopo dagli altri.
Ci fermammo davanti al dottore, mentre incrociavamo le braccia al petto in segno d'attesa. - Allora? -, lo spronò Jhonny, - Cos'ha? -.
Solo allora il dottore alzò lo sguardo, guardandoci oltre la lente spessa degli occhiali che indossava. - Potete tirare tutti un sospiro di sollievo.. -, disse e, solo grazie a quelle parole, un sorriso sincero si dipinse sulle labbra di tutti, - La radiografia non mostra segni che potrebbero far pensare ad un cancro, in realtà, non mostra niente...se non i polmoni un po' malandati del vostro amico.. -, aggiunse, con a seguito un piccola risata.
- Quindi non ha niente? S-solo broncopolmonite? -, domandai, ancora un po' incredula.
- Già, beh, ha ancora la broncopolmonite, quindi dovrà comunque restare in osservazione per un paio di settimane, ma si riprenderà, queste sono cose che si possono curare con un semplice antibiotico e.. -, cerco di spiegare, ma non gli concedemmo il tempo per finire, dato che ci stavamo già abbracciando tutti quanti, troppo felici per quel resoconto positivo. Troppe cose erano andate storte fino a quel momento, e perdere un'altra persona fondamentale per noi era inconcepibile, quindi perché trattenere la nostra felicita?
- ..e vi lascio ai vostri festeggiamenti -, disse il dottore, poco prima di incamminarsi di nuovo, allontanandosi poco dopo da noi, - E mi raccomando, avvertitelo -, ci raccomandò, prima di sparire all'angolo.
- Grazie! -, dicemmo ad alta voce per farci sentire in un perfetto coro, poco prima di sciogliere l'abbraccio per tornare in camera. Matt sbatté la porta di proposito, facendo svegliare di soprassalto Brian. - Hey bell'addormentato, sveglia! -, lo intimò.
- Che volete? -, borbottò con voce assonnata, mentre sprofondava di nuovo il viso nel cuscino.
- Abbiamo i risultati -, esordii, portando entrambe le mani sui fianchi.
Lui si rizzò immediatamente a sedere, guardandoci con aria spaventata. - Sto morendo vero? Mi restano due giorni, vero? -, sbottò all'improvviso.

Zack scosse prontamente il capo, sorridendo allo stesso tempo. - Purtroppo rimarrai in mezzo alle palle ancora per un po'... -, disse.
- ...non c'è traccia di nessun cancro -, continuò Gena al posto suo, mentre sorrideva visibilmente felice di quella notizia.
Anche lui, come noi poco prima, tirò un sospiro di sollievo, mentre si lasciava ricadere sul letto. - Lo sapevo, sono indistruttibile! -, disse, cominciando subito a gasarsi.
- Si, ma vedi di dare retta al medico -, lo avvertì subito Matt, mentre lo raggiungevamo di nuovo verso il letto.
- A che proposito? -, chiese confuso. Probabilmente doveva ancora accendere il cervello, dato che si era appena svegliato.
- Il fumo, non puoi di certo continuare.. -, dissi con tono preoccupato.
- Si, lo so...proverò a smettere, parola di scout! -, disse, facendo il classico saluto.
- Non sei mai stato un scout, tu -, lo corresse Zack.
- Già, però mangiavo i biscotti che mi vendevano, quindi ho contribuito anche io, in parte -, disse, convinto che quel suo ragionamento avesse senso. Ci limitammo a ridere e, nonostante avessimo detto di avere tutti quanti da fare, restammo li per tutta la mattinata.
Niente era più importante degli amici, niente, quindi saltammo tutti gli impegni, rimanendo li finché il tempo, o almeno il mio, non terminò. - Ragazzi, io vi lascio...avevo la mattinata libera ma Meredith ha detto che devo essere da lei nel pomeriggio -, spiegai, mentre raccoglievo la mia borsa a cominciavo a salutare tutti.
- Vuoi che ti accompagni? -, mi chiese Matt, già pronto.
- No, no ho la macchina qui fuori, da qualche parte...ci vediamo appena il tempo me lo permette, okay? -, dissi, andando verso la porta e aprendola, - Ciao a tutti, ciao Brian -, salutai, un attimo prima di andarmene.
Per tutto il tragitto verso la macchina non feci altro che pensare al fatto che era sano, beh, si faceva per dire...in fondo non aveva niente, tutto quello che avevo sperato insomma, che stesse bene, che non avesse niente di grave.
Il dottore aveva ragione, la broncopolmonite si poteva guarire con un semplice antibiotico, quindi bisognava solamente aspettare, far passare quelle due settimane in attesa che guarisse.
La sfida più difficile però era ancora davanti a noi: farlo smettere con il fumo non sarebbe stata una cosa facile, non per lui, almeno. Aveva iniziato da giovane e poi non aveva più smesso, quindi farlo ora non sarebbe stata una passeggiata. Ma dopo quello che aveva rischiato ero sicura che ci si sarebbe messo d'impegno, in fondo bastava quello, finché non avesse raggiunto l'obbiettivo. Amava le sfide, le aveva sempre amate, quindi un buono metodo poteva essere anche quello: bastava far diventare quella storia una sorta di vera e propria competizione e sarebbe partito in quarta, ne ero certa. 

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Capitolo 16
*** Un piccolo consiglio. ***


Perdonate il ritardo di un giorno, ma non avevo tempo per finirlo. @__@ Comunque sia, mi ci sono messa d'impegno e alla fine ce l'ho fatta, tutto solo per agurarvi, come al solito, una buona lettura! Aspetto le vostre recensioni. Un bacio, Amy. c:


25 Aprile 2010. 
 
- Una sola -, mi chiese.
- Tu provaci e io ti taglio la mani -, lo avvertii, guardandolo con sguardo truce.
- Che può farmi una sola sigaretta? -, mi chiese piagnucolando.
- Tante cose, evitiamo di combinare altri casini che ti è passato la broncopolmonite da neanche tre giorni -, risposi, notando con piacere che alla fine si arrese, tornando seduto accanto a me.
- Ma era 
solo broncopolmonite -, disse.
- ...sai che il nipote di Meredith è meno capriccioso di te? -, gli chiesi retorica, mentre sogghignavo divertita.
- M-mi stai paragonando ad un bambino? -.
- Oh, andiamo, tu sei un bambino -, lo corressi, mentre mi appoggiavo comodamente al suo petto, riuscendo così anche a sentire il ritmo forte e regolare del cuore, - Un bambino molto sexy -, aggiunsi, riuscendo a distrarlo.
- Occhio al mio ego spropositato, Amy...potrei diventare anche peggio di così -.
- Non credo ci sia uno stadio peggiore di questo, fidati... -, dissi, - Ma hai tante altre caratteristiche che potrebbero peggiorare tranquillamente, quindi meglio che sto zitta -.
- Uhuhu, tipo? -.
- ...tipo sul fronte irritabilità, sei una persona irritante -.
- Ti riferisci all'infermiera carina che mi molestava in ospedale? -, chiese, nonostante conoscesse perfettamente la risposta.
- Zitto, non la voglia più sentire nominare -, dissi e, questa volta, quella a piagnucolare ero io, mentre chinavo il viso nell'incavo del suo collo.
Lui rise, posandomi poco dopo un bacio sui capelli. - Senti, l'hai fatto anche tu, con quel barista, non pensare che io non abbia capito che l'avevi fatto apposta -.
- L'avrebbe capito anche un bambino, tu hai provocato e io ho risposto -, dissi.
- E se ora ti provocassi di nuovo? Sotto altri aspetti...cosa faresti? -.
Sollevai di nuovo il viso, riuscendo alla fine ad incontrare il suo sguardo furbo. - Risponderei di nuovo, ovvio -, dissi corrispondendo a quel sorriso mentre lo costringevo a sdraiarsi, stendendomi poco dopo su di lui e baciandolo con ancora il sorriso sulle labbra.
Si allontanò dopo qualche secondo, percorrendo poi la schiena con entrambe le mani. - Mhm...mi piace -, sussurrò, facendomi chinare ancora una volta per intrappolarmi di nuovo in un bacio colmo di sentimento. Ormai succedevano sempre le stesse cose quando mi baciava, mi sentivo sempre allo stesso modo, con quelle fastidiose farfalle nello stomaco che mi facevano capire sempre di più quanto mi piacesse.
Il mio cellulare prese a squillare senza controllo, catturando la mia attenzione.
Lo afferrai, allontanandomi dalle sue labbra e voltandomi per vedere chi fosse, riuscendo a leggere in caratteri cubitali il nome di Matt.
- Lascialo squillare -, mi pregò lui, prendendo a baciarmi il collo con insistenza. Decisi che quella volta poteva anche passare, dato che era andato a toccare uno dei miei punti più deboli, come potevo resistere?
Il telefono smise di emettere il fastidioso suono della suoneria e, solo allora, presi una ciocca dei suoi capelli, stringendola con moderata forza e costringendolo a chinare di nuovo il viso all'indietro, così da poter tornare a baciarlo come stavo facendo fino a pochi secondi prima. Pensavo che niente ci avrebbe più disturbati, invece, appena un attimo dopo, quel suono, in quel momento molto, moolto, fastidioso, inondò di nuovo la stanza, facendomi allontanare mentre sbuffavo esasperata. - Se non è qualcosa di grave, lo ammazzo -, sbottai, mentre mi alzavo per riprendere il mio telefono, rispondendo e cercando di mantenere un tono pacato, - Pronto? -.
- Amy, Amy, Amy, ti ho mai detto che ti voglio un bene dell'anima? -, disse, con voce chiaramente disperata, poco prima che sentissi un gran trambusto, qualcuno che urlava e faceva baccano.
Mi tappai l'orecchio su cui non tenevo il cellulare, aggrottando la fronte con aria confusa. - Matt, che diavolo succede li? -, gli chiesi, voltando nello stesso momento il viso verso Brian che, di tutta risposta, mi guardò con aria ancora più confusa, avvicinandosi poi di nuovo con il solo fine di ricominciare a baciarmi il collo.
- Mia sorella, Amy alla seconda, mi ha chiesto di badare un po' a Lucas perché lei aveva da fare...gli ho detto che andava bene, ma è diventato una furia, corre dappertutto e tu sei brava con i bambini! e...e credo sia appena salito sul pianoforte, NO, HEY! GIU' DI LI! -, fu l'ultima cosa che urlò, costringendomi ad allontanare il cellulare dall'orecchio, poco prima che cadesse la linea.
- Che diavolo succede? -, mi chiese Brian, posando il mento sulla mia spalla.
- Matt ha in casa Lucas ed è una furia, a quanto ho sentito...credo abbia bisogno di essere salvato -, dissi.
- No, proprio ora? -, si lamentò.
- Facciamo così, vado, salvo la situazione, 
come al solito e tu mi aspetti qui, d'accordo? Tanto prima o poi torno sempre -, proposi.
- E cosa farò per il resto del pomeriggio? -, chiese, mentre io mi alzavo per recuperare la mia roba.
- Non fumare -, gli proibii, chinandomi subito dopo su di lui e posando entrambe le mani sulle sue spalle, baciandolo subito dopo, allontanandomi mentre ancora gli sorridevo.
- D'accordo, nessuna sigaretta, prometto...ma stasera non ti darò tregua, sappilo -, mi avvertì, facendomi ridere mentre mi dirigevo verso la porta posteriore, da dove ormai uscito spesso. Era meglio che non mi voltassi di nuovo, o probabilmente gli sarei corso di nuovo incontro, senza neanche pensarci.
- Mi preparerò psicologicamente, 
promesso -, ribattei, salutandolo un'ultima volta prima di chiudermi definitivamente la porta alle spalle. Andai subito verso la macchina e partii immediatamente, diretta verso casa di Matt, pronta a cercare di calmare la “furia” che diceva di stare ospitando.

***

- Oddio, ti amo! -, sbottò non appena mi vide, abbracciandomi talmente forte che per poco non soffocai.
- Matt..soffoco -, dissi annaspando e lasciando le braccia lungo i fianchi, incapace di fare altro.
- Ah si, scusa.. -, biascicò, mentre si allontanava e mi lasciava entrare.
- Valary dov'è? -, chiesi, guardandomi intorno e vedendo, pochi attimi dopo, il nipote di Matt corrermi davanti, urlando.
- Dai suoi genitori e ci rimarrà fino a stasera, non sapevo a chi altro chiedere e tu sei brava con i bambini -, disse.
Mi voltai a guardarlo, lasciando poi cadere la borsa per terra, ancora vicino alla porta d'entrata e incamminandomi verso il salotto, da cui il bambino sbucò di nuovo. - Alt! -, lo bloccai, - Basta correre, in primis -.
- Tu sei Amy? -, mi chiese, inclinando il viso da un lato.
- Si, io sono Amy e ora che ne dici se ci diamo una calmata, non ti pare di stare facendo un po' troppo casino? -.
- Ma a me piace fare rumore -, si lamentò.
- Lo so, ma allo zio Matt non piace molto e neanche a me, quindi che ne dici se ci inventiamo qualcos'altro? -, proposi, notando che, finalmente, si era calmato e, inoltre, sembrava allettato dalla proposta.
- ..altro tipo? -, chiese.
- Mh, lasciami pensare... -, dissi, andando poi verso il divano, dove si trovava un piccolo zainetto, probabilmente quello che Amy aveva lasciato a Matt se si fosse presentato un caso di urgenza, tipo cambiarsi. Lo aprii e riuscii, poco dopo, a trovare un costumino verde con dei mostri sopra. - Che ne dici se approfittiamo del fatto che lo zio Matt ha la piscina? Potremmo fare il bagno, che ne dici? -.
- Sii! Il bagno, si mi piace! -, urlò saltellando, correndo poi verso Matt, - Zio posso? Posso? -.
- Si certo, anzi, sono un'idiota, perché non ci avevo pensato...di recente non la usiamo molto spesso -, si giustificò, guardandomi e sorridendomi.
- Intanto abbiamo trovato qualcosa e poi, che tu sei un'idiota lo sappiamo tutti -, sorrisi, mentre passavo il costume a Lucas, che corse subito verso il bagno per cambiarsi.
- Anche io ti voglio bene -, sbottò, assumendo una delle sue tante facce da idiota, appunto.
- Anch'io, in fondo -, risposi, guardando corrermi davanti di nuovo Lucas, con indosso solo il suo costume. - Andiamo? Andiamo?? -, mi chiese, prendendomi poi per mano e trascinandomi di fuori, verso la porta finestra che conduceva alla piscina.
Quando uscimmo fui colpita da una folata di vento che mi scompigliò i capelli ma, prima che potessi concentrarmici davvero, per riuscire a capire se c'era altro sotto, Matt comparve alle mie spalle con in mano un asciugamano. - Ti ricordi il giorno del tuo matrimonio? Qui? -, gli chiesi, cercando di pensare ad altro.
- Quando siamo entrati in piscina tutti vestiti? -.
- Già -, concordai ridendo, - E quando Jimmy è... -, cominciai a dire, indicando un punto della piscina, senza però riuscire a continuare, non subito almeno, - ..quando si è tuffato -.
- Si, me lo ricordo...poi c'è stato il nostro abbraccio di gruppo e poi la foto tutti insieme, è in camera mia e di Valary -, spiegò, cercando di mantenere un tono pacato.
- Si...già -, dissi, un attimo prima di vedere Lucas buttarsi in piscina, cominciando subito dopo a sguazzarci dentro. - Allora, tua sorella come sta? -, gli chiesi, mentre mi sedevo comodamente su una sedia.
- Sta bene.. -, rispose un po' titubante, - Sempre in giro per lavoro, ma bene -.
- Anche tu sei spesso in giro per lavoro, che centra? -, gli chiesi retorica, mentre lui si sedeva come me.
- In effetti, non posso dire proprio niente -, disse poco dopo, mentre sorrideva, - C'è qualcosa sotto il fatto di fargli fare il bagno in piscina, vero? -, mi chiese subito dopo, avvicinandosi e abbassando la voce, nonostante non servisse più di tanto.
- Aspetta e vedrai -, gli promisi, voltandomi poi di nuovo per guardare Lucas giocare.
Lo lasciammo nell'acqua per un po' di tempo, mentre noi parlavamo, fino a che non si stancò, come era anche giusto che fosse e uscì da solo, senza che nessuno dei due lo forzasse.
Lo avvolsi nell'asciugamano e poi lo portai dentro in braccio, dato che aveva già cominciato a strofinarsi gli occhi con il dorso della mano, con Matt che mi seguiva, chiudendosi alle spalle la porta finestra. Corse un altro po' intorno al divano, ma alla fine crollò, nonostante fossero solo le 18.30 del pomeriggio, sotto gli occhi stupiti di Matt. - Visto? Bastava che si stancasse -, spiegai, mentre gli accarezzavo lievemente i capelli.
- Beh, è un'ottima tattica, ha funzionato perfettamente -, concordò, - Nel complesso ci sai comunque fare con i bambini, ti avevo già visto all'opera.. -, aggiunse, senza dire altro, anche se sapevo che voleva aggiungere qualcosa. Quello era solo un assaggio del discorso che voleva aprire.
- Dove vuoi arrivare? -, chiesi, sollevando lo sguardo dal bambino che dormiva tranquillo.
- Perché pensi che voglia arrivare da qualche parte? -.
- Perché ti conosco bene.. -.
- E va bene...stavo pensando, tu sai trattare bene con i bambini, allora perché non lavorarci? Insomma...ormai il negozio di fumetti non di da più molto -.
- Intendi...un lavoro tipo badante, quella roba li? Non credo faccia molto per me.. -, dissi, scuotendo impercettibilmente il capo.
- No, qualcosa come...non so, maestra d'asilo, tu sei l'unica di noi che è andata all'università invece di dedicarsi al cazzeggio totale! -, mi ricordò.
- Hey! Voi avete tirato su una band...io invece.. -.
- Tu hai una laurea -, continuò al posto mio.
- Si, e con questo? -.
- Valary ha una sua amica che gestisce un asilo, non è neanche molto lontano da qui, anzi...posso chiederle di metterci una buona parola -, spiegò.
- Vorrebbe dire lasciare il negozio dei fumetti.. -, sospirai.
- Lo so, ma non puoi di certo continuare con i soldi che ti hanno lasciato i tuoi nel patrimonio, dovresti metterne un po' da parte.. -.
- Si, forse hai anche ragione.. -.
- Hey, sono M. Shadows, io ho sempre ragione! -.
- Mi ricordi tanto quell'altro scemo di Brian quando fai così, stai cominciando a tirartela quanto lui! -, gli rimbeccai, mentre ci alzavamo silenziosi per spostarci in cucina. Decisi che potevo anche rimanere un altro po', senza scappare o roba simile e, mentre parlavamo, non potevo che ripensare alle sue parole: il negozio di fumetti di certo non mi dava molto, era vero, ma non sarebbe comunque stato facile lasciarlo, se mai fosse capitato.

***

Erano quasi le 21.00 e Amy ancora non era tornata. Mi aveva chiamato, dicendomi che doveva sbrigare delle cose e che ci avrebbe messo il meno possibile e, in fondo, non stava ritardando, non ancora, almeno. Mi meravigliavo sempre di quanto la casa fosse vuota quando non c'era lei con me, ma ormai ci avevo anche fatto l'abitudine. Avevo portato un po' Pinkly in giro, dato che anche lei era stanca di stare a casa, nonostante fosse pigra quanto me e poi me n'ero tornato a casa, trovando per fortuna subito qualcosa da fare.
Avevo tirato fuori un vecchio scatolone, pieno di roba che pensavo che non avrei mai più rivisto: foto, cassette, CD e un sacco di altra roba. Mi soffermai soprattutto sulle foto, trovandone alcune veramente assurde, risalenti ai nostri anni di scuola superiore. Le facevo scorrere a una a una, sorridendo ogni volta e cercando di ricordare bene le varie sere, spesso senza riuscirci.
Quando pensai che le più divertenti fossero finite, mi capitò sotto le mani una di Amy e Matt, completamente ubriachi al party di Halloween di un nostro amico: lui le stava dietro, in piedi su un sedia, intento a versarle un contenitore pieno di quello che sembrava punch in testa, mentre lei sorrideva a 32 denti facendo il segno dell'okay. Quella mi fece ridere in particolare, più di quella che ritraeva Jhonny addormentato in mezzo alla strada, reduce da una bella sbronza.
Sentii lo scatto della serratura mentre ero impegnato a rimetterle a posto e mi voltai prontamente, accogliendo Amy con un sorriso. - Bentornata -.
- Grazie -, rispose, facendo un piccolo inchino e avvicinandosi poi a me, sfilandosi le scarpe e scavalcando il divano con un abile salto, guardando le foto. - Hey, che cosa sono? -.
- Vecchie foto, cassette e CD, tanto vecchie.. -, risposi.
- Momento...quella non sono io, vero? -, chiese, prendendo poi la foto del punch, - Oddio sono io -.
- E quello è Matt che ti versa il punch in testa -, puntualizzai, indicandolo.
- Perché non ricordo niente? -.
- Indovina un po' -, le dissi, avvicinandomi per rubarle un veloce bacio. In men che non si dicesse lasciò stare la foto, sdraiandosi sul divano e trascinandomi su di se, mossa che assecondai ben volentieri. - Questo mi è mancato parecchio durante le due settimane in ospedale -, sussurrai, mentre mi allontanavo dalle sue labbra, infilando subito dopo le dita sotto la sua maglia nera.
- Si, decisamente anche a me...ma mi è mancato averti intorno in generale -, ammise, mentre giocherellava con i miei capelli.
Lasciai che le mie dita percorressero completamente il suo busto, fino ad arrivare al seno, che trovai completamente scoperto. - Niente reggiseno, un ostacolo in meno -, mormorai quasi sotto voce, facendola ridere.
- Stamattina non avevo voglia di metterlo -, si giustificò.
- Per fortuna non me l'hai detto prima che Matt chiamasse, o ti sarei saltata addosso -, dissi, baciandola di nuovo.
- Adesso pensiamo al resto, mhm? -, domandò retorica e con un sorriso furbo sulle labbra, mentre slacciava la cintura dei miei jeans.
- Non mi sembra male come idea -, dissi infine, costringendola a mettersi seduta, così le potessi sfilare più facilmente la maglia, e che lei potesse fare lo stesso con me. Le lasciammo cadere accanto a noi, finché, nel giro di qualche minuto, non fummo entrambi completamente svestiti. Solo allora presi il lenzuolo poggiata li sulla testiera del divano, quello che avevo portato giù quando avevamo capito che ormai il divano era diventato il posto che più amavamo per fare l'amore.

Fare l'amore...non l'avevo mai vista sotto quel punto di vista. In realtà, non sapevo neanche se amassi Amy, probabilmente ci ero vicino, molto molto vicino. Lo gettai alla cieca sopra di noi, mentre la presa delle sue mani sulle mie braccia si faceva sempre più ferrea, mano mano che entravo in lei. Un sospirò sommesso mi uscì dalle labbra, poco prima di ricongiungerle con le sue, iniziando a muovermi con movimenti lenti e regolari. Sentivo le sue unghie che, di tanto in tanto, mi graffiavano la schiena, senza però recarmi alcun tipo di dolore, non insopportabile, almeno e non riuscivo a far altro che sorridere. Passai la lingua sul suo labbro inferiore, prima di andare a tracciarle il contorno completo della clavicola, risalendo su verso il collo a poco a poco. Capii che era più che soddisfatta quando un gemito più forte degli altri si fece strada su per la gola e fino alle labbra, costringendola poi a rilassarsi, con la schiena inarcata di nuovo verso il basso, verso il tessuto che doveva essere freddo al contrario della sua schiena e del suo corpo accaldato. Ripresi fiato, mentre il mio respiro caldo sferzava contro la pelle morbida del suo collo, dove ero chinato, finché non trovai la forza necessaria per uscire completamente da lei. Ci volle qualche minuto prima che uno dei due spiccicasse almeno mezza parola, ma, nonostante questo, mi fece ridere lo stesso. - Ora capisco perché è mancato tanto anche a me... perché sei davvero bravo.. -, sussurrò, andando poi a posare un piccolo bacio sulle mie labbra, dal momento che avevo sollevato di nuovo il capo verso il suo.
- Sono bravo, vero? -, chiesi conferma.
- Mh mhm.. -, ribadì, mentre mi sdraiavo accanto a lei, - Posso sdraiarmi su di te? Il tuo petto è tremendamente comodo -, aggiunse sussurrando e sfoggiando uno dei suoi sguardi più teneri. Avrebbero fatto sciogliere anche il più perfido degli stregoni.
Merda, ero davvero completamente andato.
Senza risponderle, non a voce almeno, aprii entrambe le braccia, invitandola a sdraiarsi proprio come desiderava. Sorrise, stendendosi poi senza problemi sopra di me: le scoprii la schiena, lasciandola nuda e cominciando ad accarezzarla, facendo su e giù con il palmo della mano, mentre avevo portato quella libera dietro la nuca, appoggiandomici completamente sopra. - Allora...come è andato il salvataggio a casa Sanders? -, le chiesi, ridacchiando.
- Matt era esasperato, e io sono riuscita a stancare abbastanza Lucas perché si addormentasse -, mi spiegò, - E...a proposito di questo..secondo te..io me la cavo bene con i bambini? -, chiese, lasciandomi per un momento lievemente perplesso.
- Se parli del gestirli, beh si, ci sai fare...o Matt non avrebbe chiamato te, 
interrompendoci -, specificai, sentendola chiaramente ridere, - Perché? -.
- Perché Matt mi ha consigliato di..beh, di cercarmi un altro lavoro...io amo il negozio di fumetti, ci sto benissimo...ma forse ha anche ragione, non mi da quello che alla fine mi serve e non posso di certo continuare a tirare avanti con i soldi di quello che i miei mi hanno lasciato, sempre parole sue.. -.
- E lui ti ha consigliato di...? -.
- Ha detto che Valary ha una sua amica che lavora in un asilo, e ci metterà una buona parole -, disse, mentre poggiava meglio la testa sul mio petto.
- Beh, tu sei pur sempre andata all'università -, le ricordai.
- Si, ma non so se ho i requisiti giusti.. -.
- Sai trattare con i bambini, se sei riuscita a tenere a freno Lucas, puoi tenere a freno anche un centinaio di loro tutti messi insieme -, la rassicurai.
- Diciamo che si potrebbe tentare...mi ci vedi maestra d'asilo? -, mi chiese, posando il mento sul petto per guardarmi meglio.
- Si, saresti anche piuttosto sexy -.
- Ma smettila...hai bisogno di una visita dall'oculista -, ribatté, chinando di nuovo il viso, probabilmente per nascondere il rossore delle sue guance.
- Credimi, ci vedo benissimo.. -,sussurrai con tono sincero, mentre posavo due dita sotto il suo mento, così che potesse guardarmi di nuovo, - Guardami.. -, la intimai, vedendola poco dopo sollevare di nuovo lo sguardo verso di me e incrociare il mio, - Sei bellissima, d'accordo? -, replicai e, prima che potesse rispondere, la bacia di nuovo, meravigliandomi di quanto le sue labbra si muovessero sinuose con le mie.
Ci addormentammo l'uno stretto all'altro, come al solito e, la mattina seguente, quando mi svegliai non trovai nessuno, solamente un bigliettino, posato accanto a me, al posto dove aleggiava ancora il suo odore tanto buono.
“Non dimenticarti la cena a casa di Zack, stasera,e NON fumare. Mi mancherai. A.”, diceva solamente. Sorrisi, lasciandolo poi cadere sul divano, dove era stato riposto precedentemente, decidendo di rimanere ancora un po' sul divano ad oziare, quando invece mi sarei potuto andare a chiudere nel mio studio. Eeeeeeeeeeh, la pigrizia. 

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Capitolo 17
*** Beccati. ***


Oddio, sono riuscita a pubblicare due capitolo in un solo giorno! Sono stupita di me stessa, davvero. O: Comunque sia, eccomi di nuovo, sempre qui ad augurarvi buona lettura!

- Questo vino è davvero spettacolare.. -, dissi, mentre ne mandavo giù un altro piccolo sorso, - Scommetto che l'ha scelto Gena -, aggiunsi, ridendo.
- Beh, magari l'ho scelto -, ribatté Zack.
- No, l'ho scelto io, lui non sa un'accidente di vino, sono la vostra unica salvezza -, sussurrò lei, entrando velocemente in cucina per prendere delle posate mancanti a tavola.
Eravamo già tutti a casa di Zack, Brian compreso, stranamente in anticipo e tirato a lucido: ci eravamo salutati come al solito, bacio sulla guancia e niente di più. Quella situazione stava diventando a poco a poco sempre più stressante, lo leggevo nei suoi occhi e ero sicura che lui lo leggesse nei miei. La decisione di aspettare non era parsa così difficile, quando l'avevamo presa, ma ora ci stavamo accorgendo di trattenerci dal fare anche le cose più semplici, per paura di far saltare tutto quanto.
Vedevamo gli altri che si abbracciavano, si baciavano e stavano vicini, accoccolati, mentre io e lui ci potevamo permettere solo qualche occhiata fugace e, di tanto in tanto, dei sorrisi.
- Allora? Si mangia? -, chiesi, destandomi così dai miei pensieri e vedendo Zack che, poco dopo, tirava fuori dal forno una grande teglia di lasagne, - Uh, vi siete cimentati nel cibo italiano? -.
- Si, volevamo provare...forse non è venuta buonissima, ma si può provare -.
- Allora andiamo a provare -, la voce di Brian dietro di me mi fece voltare immediatamente. Era talmente vicino che per un momento pensai che volesse fare qualcosa, qualcos'altro, anzi. Rimasi ferma con il mio bicchiere in mano, sentendolo poco dopo la sua mano sfiorare la mia, senza stringerla, tuttavia. Quel piccolo contatto mi fece improvvisamente venire voglia di urlare a tutti la verità, ma non potevo, non prima di averne parlato con lui.
- Si, concordo -, dissi solamente, mentre seguivo entrambi nella sala da pranzo, dove avevamo già apparecchiato da un po'. Ci sistemammo tutti ai vari posti, iniziando a mangiare non prima di aver fatto un piccolo brindisi, senza un vero e proprio perché. La lasagna era veramente buona, nonostante fosse la prima volta che provavano a farla, infatti nessuno di noi si lamentò, anzi, si alzò un coro di complimenti non appena finimmo. - Ottima, davvero ottima -, disse Valary.
- Mia moglie ha ragione -, disse Matt, subito.
- Quoto -, dissi.
- Io farei anche il bis se non fosse finita -, piagnucolò Jhonny, facendoci ridere tutti.
- Occhio gnomo, o rischi di diventare più largo che lungo...anche se in fatto di lunghezza, beh, ormai sei un caso perso.. -, disse Brian, facendo alzare facilmente un altro brusio di risate da parte di tutti noi.
Jhonny, di tutta risposta, si accoccolò su Lacey, che lo strinse accarezzandogli la cresta che portava. - Mi prendono in giro -, disse, imitando un perfetto tono da bambino.
- Dai amore, stanno solo scherzando..non piangere -, disse lei, prendendolo in giro a sua volta.
- Mi dovresti coccolare, non prendere in giro come fanno quei stronzi -, si lamentò di nuovo, tornando seduto composto con un broncetto.
- Prenderti in giro è divertente -, si giustificò lei, bevendo un po' di vino mentre lui le lanciava un'occhiata truce.
Matt rise, un attimo prima di parlare. - Ragazzi, che ne dite di uscire? Andiamo a farci un giro al porto? -.
Tutti ci scambiammo una veloce occhiata e, a giudicare da i cenni d'assenso, a tutti andava bene. - Mi sembra un'ottima idea, magari li tira anche un po' d'aria, qui si muore -. disse Valary.
- Già -, concordammo involontariamente io e Brian in coro, guardandoci subito dopo e sorridendo di quel piccolo accaduto.
- Bene, allora andiamo su, con due macchine possiamo anche farcela -, disse Brian alzandosi subito, allettato all'idea, - Chi guida? -.
- Guidiamo io e Matt, che abbiamo entrambi le macchine -, disse Jhonny, mentre tutti ci dirigevamo verso l'uscita, senza neanche aver sparecchiato. Ci dividemmo nelle due macchine, e io venni buttata in macchina di Matt, con accanto Brian. Coincidenze che ogni tanto potevano anche non capitare.
Non appena vedevamo che Matt fissava la strada, senza lanciare occhiata allo specchietto, lasciavamo che le nostre mani si sfiorassero e che, qualche volta, si stringessero anche, solo per poco, giusto per aver almeno quel piccolo contatto. Quando arrivammo ci affrettammo a scendere, come se niente fosse successo, tornando esattamente come prima.
- E se facciamo un salto al bar? Un cicchetto a poi andiamo in spiaggia -, proposi, quando ormai ci eravamo tutti radunati vicino alle due macchine.
- Si, perché no -, concordarono un po' tutti e, in men che non si dicesse, stavamo tutti entrando a poco a poco nel piccolo bar della spiaggia, dove fummo accolti da Jack, il nostro fidato barista Jack, quello che ci aveva assecondato negli anni con un sacco di alcolici nonostante fossimo già sbronzi da un po'.
- Hey, guarda un po' chi si rivede, al completo poi -, disse, mentre puliva il bancone, facendolo tornare di nuovo lucido.
- Già, beviamo qualcosa e poi ce ne andiamo in spiaggia a...a non fare niente -, spiegò Zack, scuotendo poi impercettibilmente il capo.
- Bene, cosa volete? -, ci chiese.
- Fa un po' di tutto su un vassoio, come ai vecchi tempi -, gli disse Brian, ricevendo in risposta un cenno con il capo, mentre poi cominciava a prepararli un po' tutti.
Andammo a sederci a uno dei tavoli all'angolo, in modo che centrassimo comunque tutti quanti e aspettammo, finché non vedemmo Jack che ci raggiungeva col vassoio ben piazzato su una mano. - Ecco a voi ragazzi, offre la casa -.
- Grazie Jack -, lo ringraziammo in coro, prendendo poi uno per un i bicchierini, senza neanche sapere che tipo di alcolico c'era dentro. Come ai vecchi tempi.
-
Di niente, buona bevuta -, disse infine, allontanandosi poi di nuovo verso il bancone per tornare al suo lavoro e soddisfare le richieste di altri clienti.
- Al tre.. -, disse Matt, dandoci il tempo di alzare i bicchierini, preparandoci, - Uno..due...tre! -, disse alla fine, mentre tutti buttavamo giù il liquido, che fosse amaro o meno.
- La mia era vodka -, dissi.
- Jack -, esordì Zack.
- Jagermeister -, disse Brian, posando il bicchierino di nuovo nel vassoio. Facemmo tutti lo stesso, dividendoci poi quello che restava degli altri cicchetti e preparandoci per raggiungere la spiaggia. - Oh, momento, devo andare in bagno, scusate.. -, dissi, mentre mi alzavo e mi dirigevo velocemente verso il bagno del locale.
- Anche io, faccio subito -, disse subito dopo Brian, o almeno io così avevo sentito, dato che ero già abbastanza vicina al bagno. Magari me l'ero solo immaginato.
Ma no, non appena chiusi la porta questa si riaprì, mostrandomi di nuovo la figura di Brian che, senza pensarci troppo, si chinò su di me per baciarmi. - Cazzo se è difficile -, si lamentò.
- Già.. -, concordai pienamente, attirandolo però di nuovo a me grazie alla presa su un lembo della sua maglia bianca. Lo baciai ancora per qualche secondo, allontanandomi però poco dopo, impaurita dalla possibilità che qualcuno potesse entrare, magari uno dei nostri amici.
- Sei tentata di dirglielo, vero? -, mi chiese.
- Non lo farei mai prima di parlarne con te -, chiarii.
- Allora parliamone...tu vuoi dirglielo? Ormai è passato quasi un mese, giorno più giorno meno -.
- Vorrei farlo solo perché così non saremo più costretti a trattenerci, perché si, è più difficile di quello che immaginassi -, ammisi, mentre mi appoggiavo al lavandino del bagno.
- Allora facciamolo, in spiaggia o quando vuoi, tanto siamo tutti insieme -, acconsentì.
- Davvero? -.
Annuì. - Non sei l'unica che ha difficoltà con questa situazione, e poi...se glielo diciamo, avremmo anche più tempo da passare insieme, senza il rischio che lo scoprano -.
- Questo è il lato più positivo di tutti -, dissi, lasciando poi che mi sollevasse di nuovo il viso per baciarmi ancora. Questo volta durò un po' di più, ma dovevamo comunque sbrigarci, o chissà cosa avrebbero pensato.
Ci allontanammo di scatto quando sentimmo la porta aprirsi, e sperai con tutta me stessa che fosse solo uno dei tanti clienti del bar. Purtroppo le mie preghiere non vennero accolte, perché ci ritrovammo davanti Zack, che ci guardava incredulo. - Oh, che cavolo..? -, domandò lui, aggrottando la fronte con aria confusa.
Io mi schiarii la gola, mentre guardavo Brian con sguardo colpevole, come se fossi stata beccata a rubare caramelle, e beh, ero davvero stata beccata, solo non a rubare caramelle. - Ciao Zack -, esordì Brian al posto mio, con un sorriso di circostanza.
- Che state combinando? -, chiese di nuovo lui, indicandoci entrambi mentre chiudeva per bene la porta.
- Noi...beh.. -, provai a dire, ma lui mi interruppe subito.
- Vi stavate baciando, ecco cosa! -, disse all'improvviso, - Cioè, voi due, tu Amy e tu Brian, voi due... -, aggiunse, come se avesse appena scoperto qualcosa di imperdonabile.
- Sembri Matt... -, gli dissi, cercando di recuperare.
- Su Zack, non è una cosa così assurda in fondo...stiamo solo.. -.
- Insieme? -, proseguì lui, interrompendolo come aveva fatto con me.
Entrambi annuimmo, ancora con aria colpevole. - Ma non devi dirlo, lo facciamo noi, ne stavamo parlando un attimo prima che entrassi -, disse lui.
- Oh si, l'ho visto come ne parlavate.. -, rispose, giustamente.
- No, seriamente...ve lo avremmo detto una volta in spiaggia, e abbiamo ancora intenzione di farlo.. -, dissi, ormai sicura di poter parlare a nome di entrambi.
- Ma...da quanto? -.
- Da un po'..è quasi un mese -, risposi, mentre sentivo la stretta accogliente di Brian intorno alla mia vita.
- Cioè..siete stati insieme per quasi un mese e non ci avete detto niente? -.
- Ci serviva del tempo per capire...e davvero, se tu non fossi arrivato, l'avresti scoperto entro 10 minuti al massimo -.
- Si, ma ora è meglio andare, non pensate? O ci danno per dispersi -.
- E che devo fare io? Il finto sorpreso? -, chiese lui, ancora dubbioso.
- Tu provaci -, gli chiesi, - Poi se non ci riesci non fa niente -, aggiunsi, poco prima di uscire dal bagno e raggiungere di nuovo gli altri, che mi accolsero con l'ovvio “Pensavamo fossi andata a fare un viaggio nello scarico”. Risposi con una risatina, mentre gli altri due ci raggiungevano. Zack aveva ancora una faccia strana, non pensavo che l'avrebbe presa così...ora non potevo immaginare minimamente come avrebbero reagito gli altri. Andammo di nuovo velocemente al bancone e ognuno di noi si presa una birra, così, giusto per bere qualcosa in spiaggia.
Brian e io ci guardammo di nuovo con sguardo colpevole: non era incluso che uno di loro lo scoprisse prima ma, in fondo, anche noi eravamo stati stupidi. Potevamo provare a trattenerci. Ma tanto ormai il danno era fatto e anzi, non me ne pentivo neanche più di tanto, dato che l'avevo finalmente baciato di nuovo dopo una lunga giornata passata lontana da lui. Ci dirigemmo in spiaggia, lanciando di tanto in tanto delle occhiate a Zack, per controllare che non ci guardasse in modo troppo strano. Per fortuna non lo fece, anzi, si limitò a scherzare con noi mentre raggiungevamo il bagnasciuga.
- Vi ricordate quando ci siamo buttati dai scogli tutti vestiti? -, chiese Valary, sedendosi poi sulla sabbia.
- Eccome, io mi giocai il cellulare semi-nuovo quel giorno -, dissi, guardando Matt truce, dato che era stato lui a farmi ubriacare quel giorno, mentre, con l'aiuto delle altre, cominciavo ad aprire le varie bottiglie, che passavamo man mano, dato che mi ero già seduta anche io.
- Non vorrai tirare fuori la solita storia del “Fu lui a farmi ubriacare”, vero? -, chiese, mentre prendeva la sua.
Mi strinsi nelle spalle. - Beh, è così, c'è poco da fare -, ribattei, notando che, pian piano tutti avevano seguito i movimenti miei e di Valary, mettendosi seduti, fino a formare un piccolo cerchio.
- Io me la ricordo in modo diverso quella serata -, disse lui, cominciando poi a bere.
- A te l'alcool fa un brutto effetto, soprattutto sulla memoria -, continua, stuzzicandolo.
- Ha parlato! -.
- Avete finito di bisticciare voi due? Sembrate cane e gatto -, sbottò Johnny.
- Tutto affetto -, precisai, dando una spinta amichevole a Matt, che stava seduto accanto a me.
- A proposito di affetto -, disse improvvisamente Zack, attirando l'attenzione sia mia che di Brian. Lo vedevo dal suo sguardo, ci stava praticamente spronando a parlare, a dire quello che avevamo da confessare.
- Si, infatti, c'è una cosa che devo dire -, mormorai, ancora poco convinta, poggiando la bottiglia di birra ancora fresca sulla sabbia.
- Dobbiamo -, mi corresse subito lui, dandomi il giusto coraggio.
- Non avrete ucciso qualcuno mentre eravate ubriachi, vero? -, domandò spaventato Jhonny.
Scossi il capo, ridendo. - No, niente del genere...non è una cosa brutta, anzi, tutt'altro -.
- Ragazzi andiamo, davvero non l'avete capito? -, domandò Lacey, ricevendo assenso, subito dopo, sia da Valary che da Gena, - E' palese -.
- Cosa? Che ci siamo persi? -, chiese Matt confuso.
- Matt, sei sempre il solito tonto -, disse Valary, facendo scoppiare a ridere tutti quanti.
Quando riuscii a smettere, per quanto difficile fosse, tornai a concentrarmi su quello che avevo da dire, ma Brian fu molto più veloce di me. - Stiamo insieme, cioè io e Amy, stiamo insieme -, chiarì semplicemente, rischiando di far strozzare Matt che, poco dopo, ci sputò direttamente la birra addosso. - Cosa?! -.
- Stiamo...insieme -, ripetei, cercando di non ridere per la sua espressione da scemo totale.
- Ah ah!! Lo sapevo! -, urlò Lacey soddisfatta, dandosi poi il cinque con le altre, che ridevano insieme a lei.
- Cosa?! -, si limitò a ripetere Matt.
- Io mi unisco alle donne, sospettavo già qualcosa -, disse Johnny sorridendo ad entrambi, mentre tornava a bere la sua birra.
- Matt, inspira e espira su, su ce la puoi fare...respiri piccoli e profondi.. -, gli consigliò Valary, prendendolo anche un po' in giro. Okay, molto in giro. Quando vide che non rispondeva a quello che gli aveva appena detto lasciò stare. - Okay, ignoratelo...tralasciando il fatto che io lo avevo già immaginato, da quanto? -.
- Ormai è quasi un mese, ma non ve lo abbiamo voluto dire perché volevamo prenderci del tempo.. -, spiegai, neanche stessi leggendo un copione, dato che ormai le parole erano quelle, visto che lo avevo spiegato anche a Zack appena qualche minuto prima.
- Per capire, volevamo capire se andare davvero avanti o no -, precisò Brian, circondandomi poi la vita con un braccio, visto che ormai potevamo farlo senza problema alcuno.
- L'avete capito durante quel mese, non è vero? -, chiese Gena.
- Si, verso la fine, ma si -, risposi, guardando poi Matt, che sembrava riservare la sua attenzione solo alla sabbia davanti a lui, - Matt dai, non è la fine del mondo...neanche ti avessi detto che sono incinta! -, protestai, riuscendo alla fine ad attirare la sua attenzione, finalmente.
- Ma come è successo? Perché? Quando? -, chiese.
- Sono cose che succedono, sai? -, rispose Brian, - Tu come ti sei innamorato di Valary? -.
- Okay, era una domanda stupida...solo che, insomma...mi avete preso in contropiede, non avrei mai immaginato che voi due steste insieme, davvero -, ammise, - E poi, ora che ci penso, fino a poco tempo fa io vi incoraggiavo a trovarvi qualcuno, e invece voi due stavate già insieme, vero? -, chiese conferma.
Entrambi annuimmo, sorridendo.
- Ah, ecco... -, disse, sospirando rassegnato, riprendendo a bere la sua birra.
- E come sta andando? Su, ora siamo curiosi -, chiese Lacey, parlando anche per gli altri.
- Bene, va bene...come speravamo.. -, sussurrai, volgendo poi lo sguardo verso di lui e incontrando il suo poco dopo.
- Oh, ma guardateli, sono adorabili! -, disse Lacey, apparentemente al settimo cielo, - Qui però ci vuole un bacio! Che state aspettando?! -, ci chiese.
- Che stiamo aspettando? -, mi chiese Brian, avvicinandosi al mio orecchio e aspettando che mi voltassi di nuovo a guardarlo.
Ci misi un po' ma, dopo una prima esitazione, mi voltai di nuovo, decisa a battere la mia timidezza: in fondo erano i miei migliori amici, cosa c'era da vergognarsi? Avevo i miei migliori amici e l'uomo che stavo cominciando ad amare, inevitabilmente e sempre di più. La sue dita si posarono delicatamente sotto il mio mento, sollevandomelo e facendo in modo che le nostre labbra si incontrassero di nuovo: feci comunque la mia parte, andando ad accarezzare con la punta delle dita il suo collo, dove poi mi aggrappai letteralmente. Sentimmo gli altri fischiare e applaudire, persino Matt sembrava essersi svegliato del tutto dal suo stato di trance. Quando ci allontanammo il baccano non cessò, anzi, aumentò, lasciandoci li mentre sorridevamo come due cretini, senza sapere bene cos'altro fare. - L'hanno presa bene -, sussurrò, mentre mi stringeva a se.
- Si, meno male -, concordai, mentre mi accoccolavo sulla sua spalla, tornando così a guardare anche i miei amici.
- Quindi ora nessuno è solo se voi state insieme, siamo tutti felicemente accoppiati! -, disse Matt, uscendosene all'improvviso, riuscendo a farci ridere, - No seriamente, sono felice per voi -, aggiunse poco dopo.
- Grazie Matt, davvero -, risposi, stringendo la mano di Brian e lasciando che le nostre dita si intrecciassero.
Mi sorrise un'ultima volta, prima che ci concentrassimo su altro, cominciando a parlare e cambiando completamente argomento, anche se di tanto in tanto le ragazze ripetevano che eravamo davvero adorabili insieme. Era un sollievo che finalmente lo sapessero, ora potevamo almeno permetterci un abbraccio, o un bacio, meglio ancora. E poi...non mi andava di mentire ai miei amici, non lo avrei fatto, se la ragione non fosse stata davvero buona. Alla fine facemmo un piccolo brindisi, durante il quale Matt annunciò definitivamente che entro il mese successivo avrebbero iniziato a registrare il nuovo CD, quello che avrebbero dedicato completamente alla memoria di Jimmy, del nostro migliore amico Jimmy. Restammo talmente tanto in spiaggia che alla fine chiusi gli occhi, dopo Valary, Lacey e Gena: stavo troppo comoda per muovermi, e Brian non sembrava lamentarsi. Sentii che mi posava un bacio sulla fronte, poi mi addormentai.

***

Matt ci riaccompagnò a casa, a casa di Amy, stavolta, così che potessi metterla a dormire nel suo letto. Durante il tragitto non aveva dato segno di svegliarsi, neanche minimamente e io, semplicemente, non l'avevo disturbata. La tenni saldamente stretta al mio petto, aspettando che Matt aprisse la porta di casa: lo salutai silenziosamente ma, non appena varcai la soglia, la vidi aprire piano gli occhi. - Che ore sono? -, biascicò, affondando il viso nell'incavo del mio collo mentre salivo le scale che conducevano alla sua camera da letto.
- Quasi le 3 del mattino, tranquilla, ora ti rimetto a dormire -, le promisi, varcando poco dopo la soglia della sua camera e posandola delicatamente sul letto, mentre lei si sfilava le scarpe da ginnastica.
- Tu resti con me, vero? -, chiese, con voce chiaramente assonnata.
- Se vuoi.. -.
- Questa è un'affermazione stupida -, disse, facendomi ridere, mentre mi faceva cenno di seguirla. Non ci pensai due volte e accettai quell'invito, sfilandomi la giacca e le scarpe e stendendomi poco dopo accanto a lei. - Ora avremmo davvero più tempo per stare insieme.. -, sussurrò poco dopo.
- Si, ne avremmo molto di più e potremmo uscire dalla porta principale e non da quella posteriore -, le ricordai.
- Oh già, è vero..wow quanti lati positivi -, disse, mentre si girava su un fianco per affondare il viso nell'incavo del mio collo. Portai prontamente entrambe le braccia a stringerla a me, guardandola poi mentre si addormentava nel giro di pochi secondi. Istintivamente, portai lo sguardo a posarsi fuori dalla finestra, guardando il cielo notturno come se mi avesse chiamato, come se qualcuno mi avesse spinto a farlo. Non avevo mai creduto né ai spiriti né tanto meno ai fantasmi, ma in quel momento quello che feci mi venne naturale, spaventosamente naturale. - Mi prenderò cura di lei, Jim...te lo prometto, mi prenderò cura di lei -, promisi al silenzio della notte, sussurrando quella frase sotto voce, e lasciandomi poco dopo andare al sonno. Lasciai che prendesse anche me, finché non mi addormentai del tutto, cullato da una strana tranquillità. 

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Capitolo 18
*** Di nuovo insieme. ***


Il cellulare di Brian aveva preso a squillare senza controllo e, alla fine, era stato costretto a rispondere, nonostante fossimo entrambi più addormentati che altro. - Pronto, hey Matt..dimmi.. -, disse rispondendo, restando poi zitto. - Si, si certo...okay, allora ci vediamo allo studio di registrazione tra un'ora, va bene? D'accordo, d'accordo, ciao.. -, e riattaccò.
Era rimasta sdraiata, mentre mi strofinavo gli occhi, ma non riuscii a trattenermi dal dire la mia. - Tra un'ora...ma sono solo... -, dissi, controllando la sveglia accanto a me, - ..le 8.00 del mattino -.
- Lo so, ma siamo indietro con i tempi, avremmo dovuto iniziare a registrare a Febbraio, invece io ho pensato bene di fare il recluso.. -.
- Hey, non fartene una colpa adesso -, dissi, posandogli un mano sul braccio, finché non si stese di nuovo accanto a me.
- E' pur sempre colpa mia, quindi meglio rimediare.. -, sussurrò, abbracciandomi.
- Rimedierai, registrerete che non ci saranno problemi, ne sono sicura... -, lo rassicurai, - L'altro giorno ti ho anche visto scribacchiare qualcosa, cos'è...hai un nuovo pezzo? -.
Lui annuì, facendosi però immediatamente serio. - Si, in realtà si.. -.
- Jimmy...vero? -, chiesi, dopo un'esitazione.
- Già...glielo devo...una parte l'avevo già scritta da tempo, quando morì mio nonno...ma alla fine finì nel dimenticatoio.. -, mi spiegò, - Ora l'ho finita, e ho intenzione di dedicarla a lui -.
- A lui sarebbe piaciuta, ne sono certa... -, dissi, posando una mano sul suo petto, coperto da una canottiera bianca.
- Ti va di leggerla? -.
- Ora come ora mi farebbe un effetto orribile, già lo so.. -, ammisi, - La sentirò quando la sentiranno anche gli altri...dimmi solamente il titolo -, lo intimai.
Sospirò, posando poi le labbra sulla mia fronte. - So far away -, sussurrò.
Ebbi immediatamente una fitta lancinante alla bocca dello stomaco, solo dopo aver sentito il titolo. Se quello mi faceva quell'effetto non osavo immaginare cosa mi avrebbe fatto il testo, una volta che l'avessi letto. - Posso solo immaginare quanto sia bella -.
- Diciamo che me la cavo meglio con gli assoli che con i testi, ma ogni tanto posso anche prendermi un po' di merito.. -, disse, riuscendo a strapparmi una risata. Con lui era sempre semplice ridere, anche nelle situazioni peggiori.
- Si, infatti.. -, concordai, - Beh, non è meglio che ti cominci a preparare? -.
- Si, in effetti si, tu vuoi venire? Sono sicuro che ci saranno anche le altre -, dissi infine, mentre si alzava dal letto.
- Si, perché no... -, risposi, - Hey, sai che mi riterrò offesa se adesso entri in quel bagno senza avermi dato almeno un bacio, vero? -, aggiunsi, indicandolo mentre si voltava. Sfoggiai il mio sorriso più angelico, che si allargò man mano che lui si avvicinava. Quando fu abbastanza vicino si inginocchiò sul letto, mettendo ancora di più in risalto il suo petto nudo e chinandosi poi fino a raggiungere le mie labbra, posandoci poi sopra un lungo e tenero bacio. Senza volerlo, forse, mi lasciai andare sul letto, godendomi ogni secondo di quel contatto tanto meraviglioso. - Non mi tentare -, disse lui, scuotendo il capo.
- Io non sto facendo niente, sto solo baciando il mio ragazzo -, risposi, continuando comunque a sorridere.
- Lo baci e lo tenti anche, molto, fidati -, ribatté, mentre si alzava di nuovo per entrare in bagno, questa volta definitivamente.
- Mi fingerò dispiaciuta -, sussurrai, alzandomi subito dopo dal letto, cominciando a girovagare per la stanza con indosso solo un paio di slip e una vecchia maglietta, mentre cercavo la mia roba da vestire. Mi accorsi facilmente che mi stava guardando, dato che sentivo il suo sguardo addosso, e non mi sbagliavo mai su queste cose. Per questo mi venne naturale dire: - Smettila di guardarmi il sedere -.
- E' un po' difficile -, si giustificò.
- Fila a lavarti i denti -, gli ordinai ridendo, voltandomi a guardarlo e notando che aveva già in mano lo spazzolino con il dentifricio.
- Agli ordini -, obbedì, - Tu vestiti, o non sarò padrone delle mie azioni e rischiamo di arrivare in ritardo allo studio di registrazione -, aggiunse, mentre tornava in bagno e socchiudeva la porta. Feci come mi disse, decidendo di vestirmi nel più breve tempo possibile, così che anche io potessi andare a lavarmi. Mi stavo ancora allacciando i pantaloncini, quando cominciai a dirigermi verso il bagno. - Sono vestita, tranquillo -, lo avvertii, mentre aprivo piano la porta, facendo cigolare anche un po'.
- Meglio così -, disse, infilando poi lo spazzolino al suo posto, voltandosi poi per sorridermi per poi uscire, lasciandomi li da sola. Mi avvicinai al lavabo e poi mi lavai in fretta i denti, solo che quando uscii non lo trovai in camera, dove pensavo stesse per finire di vestirsi.
Guardai per un momento in direzione della porta e feci quasi per chiamarlo, ma ebbi il tempo di fare neanche un passo che lui era già sbucato dietro di me, caricandomi su una spalla. - Bene, andiamo a fare il caffè -, esordì, uscendo a grandi passi dalla camera.
- Brian Elwin Haner, mettimi subito giù! -, mi lamentai dimenandomi, bloccando però i miei movimenti quando cominciò a scendere le scale, troppo spaventata di cadere, anche perché ci saremmo fatti male entrambi.
- Come se non ti piacesse quando lo faccio -, borbottò.
- Mi piace, ma non quando mi arrivi alle spalle facendomi prendere un colpo -, ribattei, quando finalmente entrò in cucina, posandomi poco dopo sull'isola dove facevamo spesso colazione.
- Mi piace arrivare alle spalle degli altri -, disse, - Ho visto un po' troppi film Horror e Thriller -, aggiunse, mentre si allungava per azionare la macchina del caffé.
- Hai il cervello completamente fuso dai telefilm -, puntualizzai, mentre mi sedevo più comodamente sul ripiano freddo sotto le mie gambe magre.
- ..disse quelle che sbava dietro a Damon Salvatore -, disse, facendomi tornare in mente la sera in cui avevamo visto il Diario del Vampiro, la sera prima che succedesse tutto il resto.
- Quelli sono dettagli, lo hai visto? -, chiesi con ovvietà, mentre prendevo un biscotto dal vassoio accanto a me, cominciando a mangiucchiarlo.
- Si che l'ho visto, e sono convinto di essere molto meglio -.
- La tua modestia mi spaventa ogni volta, sai? -.
- Spaventa tutti quanti -, corresse.
- Io non sono tutti quanti, però -.
- No, infatti, tu sei Amy, che è molto meglio -, sussurrò praticamente contro le mie labbra, muovendosi poi velocemente per rubarmi un bacio.
- Sempre il solito ruffiano -, sussurrai, sentendo poco dopo il rumore del caffé che ormai era più che pronto, - Caffé a noi -, mormorai, voltandomi a controllare se avevo ragione.
- Io ne ho un bisogno estremo -, disse lui, correndo praticamente verso la macchinetta e versandosene un po' nella sua tazza.
- Sei tu quello che ieri notte mi ha tenuta sveglia, quella che dovrebbe correre verso la macchinetta sono io -, dissi, allungando la mano verso di lui, come a volergli fare capire che la prima tazza andava a me, piuttosto che a lui.
- La solita rompiscatole -, borbottò imitando il mio tono di voce in maniera quasi perfetta, - Rompiscatole troppo pigra per alzarsi, vero? -, aggiunse, mentre io afferravo la tazza, girando il contenuto con il cucchiaino per mischiare lo zucchero che lui ci aveva aggiunto.
- Come se tu non fossi pigro...e beh, io sono diventata così stando a perenne contatto con te, ho preso le tue abitudini.. -.
- ..da nullafacente? -, continuò al posto mio.
- Esattamente -, concordai sorridendo, bevendo poi un gran sorso di caffé, sperando con tutta me stessa di svegliarmi almeno un po'.
- Mi addormenterò suonando, ne sono sicuro.. -, sussurrò lui, mentre riponeva la tazza nel lavandino, riempiendola d'acqua.
- Suonando no, ma sono sicura che crollerai su uno dei divani -, dissi, scendendo dal ripiano per andare a mettere a mia volta la tazza nel lavandino, pronta per uscire insieme a lui diretta verso lo studio di registrazione.
- Ah, su questo non c'è dubbio...ma ti addormenterai anche tu, vedrai -.
- Vogliamo scommettere? -, lo sfidai.
- Se proprio ci tieni a perdere.. -.
- Non è detto che io perda, magari vinco...come al solito -.
- Intanto pensiamo ad andare.. -, disse, prendendo subito dopo le chiavi della macchina e sventolandomele davanti al viso, - ..e il primo che a fine giornata, o prima o poi, crollerà, perde, va bene? -, propose, allungando la mano verso la mia, in attesa che la stringessi.
- Benissimo -, concordai stringendola, mentre poi uscivo dalla cucina insieme a lui. Salimmo in macchina e andammo diretti verso la studio, non prima di aver fatto una fermata alla pasticceria, giusto per comprare qualcosa da mangiare.

***

- Quefti cofnetti fono ottimi -, mugugnò Matt, ancora con la bocca piena.
- Già, niente male davvero -, concordò Zaky.
A quanto pareva, a tutti piacevano i cornetti che avevamo preso prima di andare allo studio di registrazione, visto che nessuno si stava lamentando. Avevamo ancora un po' di tempo prima di cominciare a registrare, dato che i manager ci avevano concesso un piccola pausa-colazione. Lo studio mi era decisamente mancato, nonostante io ne avessi uno mio in casa che usavo spesso, niente comparava le ore che avevamo passato insieme in quello vero e proprio, dove non c'eravamo solo noi, ma anche Larry e le ragazze.
Finii di mangiare il mio cornetto e poi, su ordine di Larry, cominciammo a metterci al lavoro: mi avvicinai per dare un bacio a Amy, poi la lasciai a Valary e le altre, dato che stavano parlando di qualcosa che trovavano parecchio interessante. Ci mettemmo praticamente subito al lavoro, studiando le nostre parti e provandole a grandi linee, all'inizio magari solo io e Zacky. Poi Matt si metteva con la voce, testo alla mano, provandolo sulle melodie già arrangiate in precedenza.
Avevamo scritto parecchi pezzi prima che tutto il mondo ci crollasse addosso, quindi avevamo parecchio materiale. Ma non sarebbe stato comunque semplice andare avanti con tutte quelle registrazioni. Soprattutto perché, per la prima volta, Jimmy non ci sarebbe stato.
Avevamo già provveduto alle parti della batteria, eravamo stati costretti, in un certo senso, e Mike Portnoy aveva accettato di buon grado di registrarle, dicendoci che sarebbe stato onorato di portare viva la memoria del nostro migliore amico. Solo allora mi venne in mente della mia canzone: tenevo il foglio piegato 6 o 7 volte nella tasca del mio giacchetto, appeso li da qualche parte. Lo avevo portato con me perché volevo mostrarlo agli altri, ma non sembrava mai essere il momento giusto. Non che l'atmosfera fosse strana, anzi, sembrava sempre la stessa, a parte la sua assenza.
- Si, così va più che bene -, si congratulò Larry, attirando la mia attenzione, concentrata fino a poco prima sulle note da eseguire nel modo più perfetto possibile.
- Si? -.
- Si, non è per niente male, ci lavoriamo un po' su e sarà perfetta, come al solito -.
- Grazie Larry -, dissi, sorridendo.
- Di niente.. -, rispose lui, dandomi un'amichevole pacca sulla spalla. Tornai allora a concentrarmi su quello che stavo facendo, ovvero provare i vari pezzi, in modo che potessi cominciare a registrare seriamente. Era vero che era solamente il primo giorno, ma dovevamo impegnarci seriamente se volevamo cominciare il tour per Agosto, o anche prima. Avremmo fatto in modo che quel CD sfondasse nonostante tutto quanto, ci avremmo messo tutta l'anima dentro, lo sapevo già, me lo sentivo. Inoltre, avremmo tutti avuto l'onore di conoscere uno dei nostri artisti preferiti, mio come anche degli altri, ovvero Mike, che ci avrebbe raggiunto il giorno successivo, così da unirsi a noi. Avevamo pensato che potesse sentirsi un po' a disagio, quando Matt lo aveva contattato per fargli quella proposta, ma il suo entusiasmo fece tirare a tutti un grosso sospiro di sollievo, e ora eravamo più che eccitati.
- Hey, e questo cos'è? -, chiese una voce dietro di me, quella di Matt, mentre si chinava per raccogliere quello che sembrava essere il foglio su cui avevo scritto So Far Away.
- Ah, io beh...ve lo avrei mostrato dopo -, risposi solamente, troppo tardi per fermarlo, dato che la curiosità aveva già avuto la meglio su di lui, portandolo ad aprirlo per cominciare a leggere.
- E'..è quello che penso? -.
Annuii. - Era un vecchio testo...ci ho solo aggiunto qualche altra strofa, ma non è ancora completa -, spiegai, mentre lo vedevo prendere un grosso respiro, - Tutto bene? -, gli chiesi, facendo per mettere da parte la mia chitarra, comodamente posata sulle mie gambe.
- Si, sto bene...io sto sempre bene -, disse, facendo uno dei sorrisi più tirati che avessi mai visto in vita mia, - Al testo ci pensiamo, finiamo di scriverlo insieme, ti va? -.
- Certo.. -, dissi annuendo, - Tu sei più bravo di me con queste cose -.
- Altrimenti non sarei il frontman -, ribatté, con un sorriso più convincente, questa volta, poco prima di lasciarmi di nuovo solo, non prima di aver riposto quel foglio di nuovo nella tasca del mio giacchetto, da dove era caduto.
Tornai a guardare davanti a me, riflettendo veramente per la prima volta su come stessero gli altri, cercando per la prima volta di mettermi nei loro panni, di cercare di immaginare come loro stessero. Male, era ovvio. Ma in quell'ultimo periodo non avevo fatto altro che pensare a me stesso, a quello che stavo passando, piuttosto che preoccuparmi per i miei amici. Mi sentii uno schifo, in una maniera che non mi capitava spesso, ma che ogni volta faceva piuttosto male. Sentii una mano posarsi sulla mia spalla, proprio in quel momento, facendomi voltare immediatamente. - Tutto bene? -, la voce di Amy riuscii a tranquillizzarmi, per un momento, riportandomi al contempo alla realtà di quella situazione.
- Si...si -, biascicai, - Stavo solo riflettendo, e quando lo faccio non finisce mai bene -, le spiegai, mentre posavo almeno per un secondo la chitarra a terra.
- Si, conosco la sensazione... -, disse, - Ascoltami...so che questa volta non sarà semplice, okay? Lo sappiamo tutti...ma sono cerca che vi impegnerete anima e corpo per far si che questo CD diventi un vero e proprio successo, perché noi crediamo in voi, in tutti voi.. -, aggiunse, parlando a nome di tutte le ragazze.
- Ci impegneremo, sì.. -, disse la voce di Zack dietro di noi. Entrambi ci voltammo a guardarlo, notando solo allora che sulla porta non c'era solo lui, ma anche il resto dei nostri amici. - Per Jimmy -, disse, avvicinandosi e tendendo un braccio verso di me, in attesa che posassi la mano sulla sua, come fanno i giocatori prima di qualsiasi partita di sport.
- Per Jimmy.. -, ripetei, posando la mano sulla sua, dopo un'esitazione.
- Per lui e per nessun'altro -, disse Matt, aggiungendosi.
- Per tenere viva la sua memoria, ora è per sempre -, disse Johnny, stando attento a sottolineare per bene quelle ultime parole.
Ci sorridemmo tutti, un sorriso incoraggiante, prima di alzare le mani al cielo, dando il via al lavoro, decisi a far si che Nightmare diventasse qualcosa di eccezionale.

 

***
A fine giornata eravamo tutti piuttosto stanchi: Gena dormiva e Zack stava facendo lo stesso, mentre gli altri gironzolavano ancora di qua e di la, soprattutto per cercare qualcosa da mangiare.
- Puoi ancora vincere... -, sussurrai a Amy, posata sulla mia spalla, in procinto di addormentarsi.
- No...hai stravinto alla grande, sto praticamente dormendo -, sussurrò.
- Ora torniamo a casa, resisti un altro po' -, dissi, dandole un bacio sulla tempia, lasciandomi però scappare uno sbadiglio. La sera precedente avevamo dormito veramente poco e ora entrambi morivamo di sonno. Mossa davvero astuta, era stata la nostra.
Il giorno successivo ci saremmo dovuti ritrovare li intorno alle 10.00 e avremmo passato di nuovo gran parte della giornata li, mentre le altre si prendevano del tempo per loro, magari lo avrebbero passato in spiaggia o a fare un giro in centro.
Sapevo che si erano già organizzate, e di sicuro si sarebbero divertite molto di più che in studio con noi.
Alla fine, Larry ci lasciò andare e mi ci volle parecchio per convincere Amy ad alzarsi. - E poi sono io quello che si comporta da bambino capriccioso, eh? -, dissi, quando ormai si era messa in piedi, intenta a stiracchiarsi.
- ...me lo posso permettere anche io ogni tanto -, rispose, facendomi poi la linguaccia. Risi, mentre poi salutavamo gli altri per far si che potessimo tornare tutti a casa nostra, nei nostri letti, a dormire per davvero. Io probabilmente mi ci sarei fiondato subito, senza neanche pensarci, tanto ero stanco, praticamente mi si chiudevano gli occhi.
- Niente film fino a tardi stasera, neanche se è qualcosa di eccezionale, okay? -, proopose lei, quando fummo in macchina.
Misi subito in moto, inserendo la marcia e cominciando ad allontanarmi. - Facciamo che non accendiamo neanche la TV, così non ci possono essere tentazioni -
- Andata -, concordò, posando poi la testa sullo schienale, cominciando a guardare di fuori. Nel giro di pochi minuti fummo di nuovo a casa e, per fortuna, durante il tragitto non si addormentò, o sarei stato costretto a fare delle acrobazie per rientrare in casa.
Come avevo immaginato, ci buttammo entrambi sul divano, sistemandoci li con un tempo record di due secondi: io mi appoggiai comodamente su uno dei cuscino, mentre lei preferì usare il mio braccio, che a suo parere era altrettanto comodo.
- Nessuno dei due ha vinto la scommessa.. -, biascicò con tono addormentato.
- Oh già...è vero.. -, dissi, - Beh, ce ne saranno delle altre.. -, aggiunsi, quando ormai ero praticamente addormentato. Anche lei mollò, poco dopo di me e, quando ci svegliammo, l'ora di cena era già passata da un po', ma mangiammo lo stesso. Mettendo la cucina sottosopra, ovviamente. 

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Capitolo 19
*** Difficoltà. ***


Era passato già un mese da quando i ragazzi avevano iniziato a registrare il nuovo CD e, per quella volta, noi ci eravamo prese un po' di tempo per noi, che stavamo rigorosamente passando in una gelateria del centro.
Presi una cucchiaiata dalla mia coppa e la imboccai. - Allora Amy, come va con Brian? Non ci hai mica detto niente! -, si lamentò Lacey, imboccando poco dopo un po' del suo gelato.
Risi. - Cosa volete sapere? -, chiesi.
- Tutto, ovvio -, rispose Gena, stringendosi nelle spalle. In quello stesso istante, tutte quante posarono il gelato, posando entrambi i gomiti sul tavolo, in attesa che io parlassi.
- Beh...va tutto alla grande, non potrei chiedere di meglio, insomma...è dolce, premuroso e con lui sto benissimo, davvero.. -, ammisi, chinando il viso e arrossendo un po', sentivo chiaramente il calore sulle mie guance.
- Guardatela come è arrossita! -, disse Valary, ridendo, trascinandosi dietro anche le altre.
- Su dai, non mi prendete in giro! -, le pregai, coprendomi il viso con entrambe le mani, dato che avevo riposato di nuovo il gelato sul tavolino.
- Okay okay, la smettiamo... -, disse Gena, tornando immediatamente seria, - Però ora dicci...vi siete già detti quelle due paroline? -, domandò, prendendomi completamente in contropiede. Non ci pensavo spesso, a quel tipo di cose, anzi, non ci pensavo quasi mai, mi bastava solamente stare con lui e ormai avevo capito quanto tenesse a me, e lui aveva capito quanto io tenessi a lui, anche se non ci eravamo ancora detti niente.
- Uhm...no, in realtà no, non ancora -, risposi solamente, quasi mi sentissi in imbarazzo per quella piccola ammissione.
- Davvero? -, domandò Valary.
Annuii. - Si, non credo sia il genere da...da “ti amo” -, spiegai.
- Tutti gli uomini sono da ti amo, solo che non hanno il coraggio di dirlo, all'inizio... -, disse subito Gena, - Zack ci ha messo 3 mesi per dirlo...aveva paura di fare un passo falso e che avremmo rovinato tutto, quando io ero già innamorata persa! -, aggiunse, facendomi ridere.
- Si, magari ha solamente paura di rovinare tutto quanto, ci hai pensato? -, chiese Valary.
- Si, ci ha pensato sicuramente...ma hanno rischiato di rovinare tutto già una volta, quindi non vedo perché debba bloccarsi ora -, rispose Lacey prima che potessi rispondere io stessa.
- Oh già, non ci avevo pensato.. -, si arrese Valary, tornando con la schiena contro la sedia.
- Io penso solo che non sia pronto...forse non lo sono neanche io, quindi per ora aspetteremo, quando succederà succederà -, dissi, ricominciando anche a mangiare il mio gelato.
- Secondo me lui è più che pronto, anzi..mi gioco quello che vuoi che te lo dirà a breve...ma tu lo vuoi? -, mi chiese Gena.
Alzai di nuovo il viso, questa volta con un'espressione confusa stampata in faccia. - Io...io non lo so, non so se avrei il coraggio di dirglielo, ma... -.
- ..ma sei comunque innamorata di lui, non è vero? -, chiese conferma Lacey.
Annuii con vigore, sorridendo nello stesso tempo. - Si...credo proprio di si -, ammisi.
- Allora non ti resta che aspettare...invece il lavoro, come va? Ti trovi bene con Clare? -, chiese Valary, riferendosi al fatto che ormai avevo preso a lavorare all'asilo, anche se solo da una settimana. Non capito perché quella conversazione fosse incentrata solo su di me, quindi mi limitavo a rispondere; - Si, si mi trovo bene..anche se lasciare il negozio di fumetti non è stato per niente facile.. -, ammisi, con un velo di nostalgia, - Però Meredith era contenta che avessi trovato qualcosa che può darmi di più, e lei se la caverà bene anche senza di me.. -, aggiunsi, sorridendo e finendo con una sola cucchiaiata quello che rimaneva.
- Oh si, conosciamo tutti Meredith, sappiamo com'è fatta -, concordò Gena, sorridendo.
- Già -, dissero in coro le altre due.
- Sentite, che ne dite se andiamo a farci una passeggiata, o non so, a comprare qualcosa? Tanto il gelato lo abbiamo finito -, proposi, facendo per alzarmi e buttando la mia coppetta nel secchio vicino a noi.
- Si, per me va bene -, disse subito Valary.
- Anche per noi -, aggiunsero le altre, alzandosi con noi per seguirci. Non sapevamo dove saremmo andate, ma almeno avremmo camminato un po'. Avevo sempre odiato stare ferma, del resto.

 

***

Quando tornai a casa era già tardo pomeriggio ma, nonostante questo, Brian non era ancora tornato a casa: controllai in giro per casa, anche nel suo studio, ma niente. Probabilmente Larry li stava trattenendo fino a tardi perché dovevano finire di registrare alcune parti importanti, e lui era un tipo che odiava le cose a metà, preferiva finirle subito, anche a costo di farli restare chiusi in studio fino all'una di notte: e una volta era anche capitato. Doveva apparire crudele, ma in fondo loro si divertivano, per quanto fosse stancante.
Pensavo a quelle cose mentre mi dirigevo al piano superiore, entrando subito in bagno e cominciando a riempire la vasca, mettendoci dentro un po' di sapone per la schiuma, cercando di non esagerare. Avevo appena iniziato a spogliarmi, quando il suono della porta che si chiudeva al piano di sotto attirò la mia attenzione: aspettai qualche secondo, ma fu chiaro che era lui non appena la sua voce riempì la casa. - Amy? -, mi chiamò.
- Piano di sopra -, dissi solamente, posando la mia maglia sul ripiano del bagno, restando solamente con il mio reggiseno di pizzo indosso. Appena qualche secondo dopo riuscii a sentire i suoi passi sulle scale e, infine, la sua figura davanti alla porta del bagno aperta. - Uh, buonasera -, disse sorridendo, mentre entrava.
- A te -, risposi, andandogli incontro, mentre mi circondava, poco dopo, la vita con entrambe le braccia.
- Ti sei divertita con le altre? -.
- Si, siamo state in giro per gran parte del pomeriggio, ad essere sincera sono tornata neanche 10 minuti fa -, risposi, senza fare accenno minimamente all'ultimo argomento che avevamo affrontato, quello che mi aveva messo più in difficoltà di tutti.
- Bene, allora non sono l'unico stanco morto...e vedo anche che ti stai preparando per un bel bagno -, sussurrò, voltando appena lo sguardo verso la vasca ormai quasi piena.
Annuii. - Vuoi unirti? -, gli chiesi con voce suadente, per quanto poco mi riuscisse.
- Sarei uno stupido a rifiutare -, ribatté, percorrendo velocemente il mio ventre scoperto, arrivando velocemente al bottone dei miei jeans, slacciandolo con altrettanta velocità.
- Concordo pienamente, sai? -, sussurrai, non riuscendo a far altro che sorridere. Inutile dire che mi stupivo ancora di quanto stessi bene con lui, a dirla tutta, mi stupivo ancora di tutto quanto, la nostra relazione compresa.
Ci liberammo in poco tempo di tutti i nostri vestiti, solo io rimasi, alla fine, con indosso solamente i slip: lui si infilò nella vasca prima di me e, non appena lo fece, li sfilai, seguendolo senza battere ciglio. Mi sdraiai tranquillamente sul suo petto, posando le mani sulle sue come facevo sempre. - Larry vi ha tormentato anche oggi? -, gli chiesi, sentendo poco dopo le sue labbra posarsi sul mio collo ormai bagnato, che i miei capelli raccolti rendevano ancora più scoperto.
- Si, peggio degli altri giorni...pensa che non ci ha fatto mangiare finché non finivamo di provare una delle ultime canzoni che stiamo per registrare -.
Risi. - E' sempre stato così, ricordo ancora quanto vi ha tormentati durante le registrazioni di City of Evil -.
- Lo ricordo anche io, credimi, e anche piuttosto bene -, ribatté, come se stesse riportando alla memoria uno dei suoi peggiori ricordi, solo sotto il fatto della fatica, almeno.
- Dai non ci pensare...ora più che altro dovresti rilassarti, i bagni servono a questo -, gli consigliai, posando meglio la testa sulla sua spalle e socchiudendo gli occhi.
- Oh davvero, e io che pensavo che servissero per lavarsi -, sussurrò con tono perplesso, uno di quelli talmente perfetti che mi facevano ridere immediatamente, senza neanche rifletterci sopra.
- Queste tue battute sono sempre le migliori, sai? -, chiesi retorica, senza però aprire gli occhi, anzi, restando tranquillamente poggiata su di lui.
- Si, lo so, ma grazie per avermelo ricordato -, rispose, sorprendendomi con un bacio che non mi aspettavo per niente. Mi sollevai meglio a sedere, rispondendo ad esso praticamente subito, deliziandomi di tutta la sua dolcezza. Le sue carezze sulla mia pelle chiara, i suoi baci...tutte cose che mi facevano andare fuori di testa come poche. Ma quel maledetto pensiero mi tormentava ancora, talmente tanto che non riuscivo a capire perché me ne stessi preoccupando così tanto. Era sempre stato difficile per me esprimere quello che avevo dentro, ma non a questi livelli...avevo detto “ti amo” solo una volta in vita mia, solo una volta mi ero innamorata veramente, ma adesso era ricapitato. Mi ero innamorata di Brian, completamente e perdutamente.
Quando si allontanò a tradirmi fu il mio sguardo, e mi maledissi per questo. - Che c'è? -, mi chiese subito lui.
- I-io.. -, provai a dire, ma mi bloccai subito, sentendo la bocca stranamente asciutta, - Ahm...dovrei preparare qualcosa da mangiare, a meno che tu non abbia già mangiato -, dissi, un po' incerta all'inizio, ma cercando di mantenere sempre il solito tono calmo, cercando di non dare a vedere che stavo mentendo spudoratamente. Come immaginavo, dirgli che lo amavo era più difficile di quello che sembrasse.
- Ho mangiato qualcosa con gli altri, non preoccuparti -, rispose, anche se non era convinto del tutto, lo vedevo nei suoi occhi. Ma, nonostante questo, non aggiunse altro, limitandosi a sorridermi.
Ricambiai quel sorriso senza pensarci troppo, voltandomi poi così da stendermi a pancia in giù su di lui, tornando a baciarlo senza neanche dargli il tempo di fare mezza mossa. Rispose avvolgendomi di nuovo nel suo abbraccio rassicurante, stando a quel bacio finché non mi allontanai, ormai a corto di fiato. - Mi piacciono queste tue mosse inaspettate, parecchio -, ammise, posando un altro bacio sulle mie labbra rosee, facendomi venire i brividi lungo tutto il corpo.
- A me piaci tu, sinceramente -, dissi, sorprendendomi di me stessa. Mi era uscito del tutto naturale, senza che mi bloccassi o altro, ma comunque, poco dopo, mi sentii talmente in imbarazzo che chinai di nuovo il viso nell'incavo del suo collo, tutto pur di non continuare a sostenere il suo sguardo saldamente posato sul mio.
- Ti imbarazzi ancora così tanto? -, mi chiese, abbracciandomi ancora più stretta.
- Continuerò ad imbarazzarmi così tanto per il resto della mia vita, non è da me dire..certe cose -.
- Mi ci abituerò.. -, disse, - Adesso però guardami, sono il tuo ragazzo, mica uno sconosciuto -, aggiunse, facendomi ridere per l'ennesima volta. Così, anche se un po' esitante, sollevai di nuovo il viso e incontrai il suo, questa volta senza provare imbarazzato o chissà cos'altro: c'eravamo solo io e lui.
- Così -, sussurrò, riavvicinandomi per baciarmi ancora. Dopo quel momento restammo nella vasca per più di mezz'ora anche se, non appena uscimmo, ci ritrovammo a fare di nuovo l'amore, bagnando anche un po' le lenzuola del letto con l'acqua che ancora ci portavamo addosso. I suoi capelli erano umidi tra le mie dita, mentre non mi concentravo su altro se non sul fatto che ci stavamo baciando, che stavamo insieme. Ogni suo tocco mi provocava una serie infinita di brividi, ogni volta che le sue spinte aumentavano il piacere cresceva sempre di più, portandomi ad un limite tale che credetti quasi di impazzire, per un momento.
Era sempre bellissimo, ogni volta, lo era stato la prima volta e lo sarebbe stato sempre, o almeno così la pensavo io. Mi lasciai scappare vari sospiri, che lasciarono poi spazio ai gemiti, finché non raggiunsi quello che doveva essere il culmine, sentendo la pelle accaldata e il respiro corto, spaventosamente corto. Prima che potesse dire qualsiasi cosa, costrinsi di nuovo le sue labbra sulle mie, baciandolo con talmente tanta foga che sorprese persino me, come se in quel momento volessi fargli capire quello che non ero riuscita a dirgli poco prima. Uscì piano da me, attirandomi poi di nuovo contro il suo petto: ne approfittai per avvicinarmi di più al cuscino, così che potessimo stenderci entrambi, prima o poi, dato che ci eravamo semplicemente lasciati cadere sul letto, senza preoccuparci di poggiare in modo più comodo la testa. Ci infilammo entrambi sotto il lenzuolo leggero, avvolgendoci in esso mentre ci stringevamo l'uno all'altro, tutto pur di rimanere vicini. - Grazie -, sussurrai, quasi involontariamente.
- Per cosa? -, chiese lui, mentre la sua presa si faceva ancora più ferrea su di me.
Mi mossi leggermente verso di lui, facendogli capire che volevo voltarmi per guardarlo in viso, così che la sua presa si alleggerisse e mi permettesse più movimento: capì all'istante e, difatti, mi lasciò fare, mentre mi poggiavo sul fianco opposto a quello di prima. - Per essere qui...un po' per tutto, in realtà.. -, dissi, questa volta con estrema tranquillità.
- Sono io quello fortunato della coppia, fidati.. -, sussurrò, sorridendomi.
- ..sbaglio, o per la prima volta in vita tua ti stai sottovalutando? Hai la febbre per caso? -, domandai, andando poi a posare scherzosamente una mano sulla sua fronte, controllando la temperatura che sapevo essere la stessa di poco prima.
- No, non ti sbagli, sono fortunato, ecco tutto -, ribatté, afferrandomi saldamente per i fianchi e facendomi sdraiare completamente su di lui. Posai una mano sul suo viso, un attimo prima di baciarlo per l'ennesima volta in quella serata. Mi sentii comunque in dovere di rispondergli e questa fu l'unica cosa che mi fece allontanare dalle sue labbra, per quanto l'idea fosse riluttante. - Credimi, io sono fortunata quanto te -, ribattei, tornando ad abbracciarlo come stavo facendo fino a poco prima.
- Siamo fortunati -, disse, così che potesse valere per tutti e due.
- Esattamente, entrambi -, dissi. Restammo in silenzio per un po', finché non decidemmo di accendere la TV: allora cominciammo a commentare abbastanza stupidamente ogni singolo spot che mandavano. Lui era più bravo di me in queste cose, talmente tanto che, per un momento, per poco non mi soffocai con la mia stessa saliva a causa delle risate. Il vero divertimento iniziò quando lo accusai di aver tentato di uccidermi, facendomi ridere in quel modo, e da li partì tutto un discorso che non aveva né capo né coda. Era questo che mi piaceva soprattutto della nostra relazione: che tutto quello che facevamo lo facevamo con una semplicità quasi disarmante. Era tutto semplice, quando ero con lui e amavo quella cosa. Pensavo che mi sarei addormentata insieme a lui invece, poco dopo, entrambi ci infilammo qualcosa addosso per andare al piano di sotto a mangiare un po', dato che entrambi, a quanto pareva, morivamo di fame. Preparammo insieme delle uova, o quelle che sembravano uova e cominciammo a mangiarle praticamente subito, non prima di averle riempite di ketcup. - Questa cosa è altamente schifosa -, disse lui, poco prima di imboccare un'altra forchettata.
- Però sono buone, quindi mangiabili -, risposi, continuando a mangiare, finendo tutto nel giro di qualche secondo.
- Un giorno mi spiegherai come fai a mangiare così in fretta -.
- Dote naturale -, risposi, posando piano il piatto nel lavandino, - Ci ho vinto un sacco di scommesse per questo -, aggiunsi, voltandomi di nuovo mentre lui mi raggiungeva, posando a sua volta il piatto nel suo posto.
- Andiamo a commentare qualche altro spot in modo idiota? -, propose, indicando con un cenno del capo il divano in salone.
- Basta che non tenti di nuovo di uccidermi.. -, dissi piagnucolando, mentre uscivo saltellando dalla cucina.
- Non è colpa mia se sono bravo.. -, si scusò, seguendomi. Mi voltai a guardarlo per un secondo, poco prima che ci buttassimo entrambi sul divano: accendemmo di nuovo la TV e riprendemmo quello che avevamo lasciato poco prima, e si, mi fece ridere ancora più di prima, ma questa volta senza rischiare di farmi soffocare dal ridere.
Fu li che ci addormentammo, alla fine, dove una giornata che era stata estenuante per entrambi.

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Capitolo 20
*** Come non mai. ***


Era da un bel po' di tempo che io e Amy non ci concedevamo un pomeriggio insieme, da veri migliori amici, quindi potevo dire con tranquillità che quello ce l'eravamo veramente meritato. Valary era uscita con un paio di amiche e io ero riuscito a strappare Amy dalle grinfie di Brian: da quando stavano insieme le cose erano cambiate, anche loro avevamo bisogno di passare del tempo insieme, e chi ero io per impedirglielo?
Ero così contento per loro, ero contento di vedere che entrambi erano felici, felici in una maniera che non avevo mai visto. Non avrei mai pensato che Brian si sarebbe impegnato così tanto in una relazione, perché beh, lui non si era mai impegnato in niente nella vita, se non nella musica, nel suo lavoro. Per questo all'inizio ero spaventato all'idea che stessero insieme, perché le sue erano sempre state storie occasionali, dalla durata di un due settimana l'una, un mese massimo, insomma, giù di lì. Ma questa volta era davvero diverso, come anche lui mi aveva ribadito, una sera in studio mentre teneva Amy stretta tra le braccia, ormai addormentata: - Sei davvero sicuro di questa cosa? -, gli avevo chiesto.
- Come non mai -, aveva risposto solamente, mentre sorrideva, continuando a guardarla, senza degnare me neanche di uno sguardo, neanche mentre mi rispondeva. Era completamente concentrato su di lei, e riuscivo a leggere nei suoi occhi la più totale sincerità. Per la prima volta in anni di amicizia, persino il più puttaniere di tutti noi, si era innamorato sul serio. Mi chiedevo se gliel'avesse già confessato. - A che pensi? -, mi domandò, mentre continuavamo a camminare per il parco.
- Mh? -, mugugnai.
- A che pensi? -, domandò di nuovo e, questa volta, recepii la domanda.
- Ah, no, a niente, niente di particolare insomma...solo stavo pensando a come si sta comportando Brian di recente, è strano vederlo così.. -, ammisi.
- Comportarsi...in che modo? -, mi chiese, calciando poco dopo un sassolino che si era trovato sulla nostra strada.
- Comportarsi...bene, insomma, senza fare il puttaniere come ha sempre fatto, è strano -, risposi, facendola scoppiare a ridere.
- Si sai, fa strano anche a me -, ammise, portandosi una mano sulle labbra per smettere di ridere, - Però dai, un po' mi manca vederlo mentre ci provava con mezzo mondo -, aggiunse, questa volta facendo ridere me.
- Oh beh, si, aveva il suo fascino guardarlo mentre ci provava con tutte le donne presenti nei locali -.
- ...e Valary che si arrabbiava perché tu gli andavi dietro? -, chiese.
- Lo facevo apposta, non di certo per farla arrabbiare -, la corressi.
- Però si arrabbiava e quando non riuscivi a calmarla dovevo entrare in scena io -.
- Tu sei brava con le persone! Le fai ragionare facilmente, come con i bambini..e anzi, oh, come va lì all'asilo? -.
In un attimo un grosso sorriso gli riempì il viso. - Bene, va tutto alla grande, e i bambini sono meravigliosi, a casa sono piena di loro disegni.. -.
- A casa tua, o in quella di Brian? -, chiesi, sogghignando.
- A casa mia -, rispose, dandomi una spinta amichevole.
- Era una domanda lecita! -, ribattei.
- Si, certo! -.
- Beh, ma alla fine..tra voi va bene, no? -, gli chiesi, un po' titubante. Ero curioso, era vero, ma non volevo finire per fare la parte di quello che non sa farsi i cazzi suoi.
- Si, si va bene, anzi, benissimo.. -, disse, sorridendo imbarazzata.
- Siete parecchio presi l'uno dall'altro, a quanto vedo -.
Annuì. - Mi piace quello che abbiamo...ma ogni tanto ho sempre paura delle possibili conseguenze.. -.
- Hey.. -, dissi, fermandomi e posando entrambe le mani sulle sue spalle, costringendola ad incontrare del tutto il mio sguardo, - Non puoi e non devi far si che le possibili conseguenze ti fermino, vi fermino, o non potrai mai goderti appieno quello che avete, okay? -.
Prese allora un grosso sospiro, ribattendo poi tranquillamente. - Si, hai più che ragione.. -, concordò, - Non ce lo permetteremo, promesso -, aggiunse, sorridendo.
- Bene, continuate così, anche perché mi piacete molto insieme -, ammisi, riprendendo a camminare.
- Davvero? Beh, diciamo che a me è piaciuta la tua reazione quando ve lo abbiamo detto -.
- Vero? E' stata la migliore, la birra in faccia poi -, dissi, pavoneggiandomi anche se non ce n'era per niente bisogno.
- Si, quella niente e nessuno la batterà mai -, dissi, dandomi spago.
- Su, ora muoviamoci...o non raggiungeremo mai il nostro posto! -, mi lamentai, prendendola sottobraccio e aumentando vertiginosamente il passo. Quello che io chiamavo “il nostro posto” poi consisteva in uno spiazzo vicino al laghetto, ormai praticamente composto più da melma che da altro. Una volta ci avevamo persino dormito li, troppo sbronzi per muoverci altrove...ma non l'avevamo mai condiviso con gli altri, e nessuno ci andava mai, non c'era mai anima via. Era il nostro, e lo sarebbe sempre stato.
- Si si, d'accordo capo -, borbottò, aumentando insieme a me il passo, giusto per starmi dietro mentre praticamente correvo.


***

- Grazie per avermi gentilmente restituito la mia ragazza, Matt -, fu la prima cosa che dissi, quando aprii la porta di casa, ritrovandomeli davanti.
- Ciao anche a te -, disse lei, avvicinandosi per baciarmi, mentre l'altro continuava a rimanere sulla soglia di entrata.
Ricambiai quel suo veloce bacio, sorridendo; - E' anche la mia migliore amica, non puoi privarci del nostro tempo insieme -, ribatté, questa volta entrando e chiudendo la porta.
Mi allontanai dalle labbra di Amy, mentre entrambi sorridevamo. - Non voglio privarvi del vostro tempo insieme, ma ti sono comunque grato per avermela restituita sana e salva -, puntualizzai, - Ti fermi a cena con noi? -, gli chiesi, indicando vagamente la cucina.
- No, non posso, a quest'ora Valary sarà già rient.. -, cominciò a dire, quando nello stesso istante il suo cellulare prese a squillare, - Ecco, appunto.. -, disse, rispondendo, - Si, amore...sono a casa di Brian, sto tornando ora...si, sarò li tra poco, va bene, si, ti amo anche io -, biascicò, tornando poi ad attaccare.
- Tua moglie ti reclama -, disse Amy, sorridendo mentre si lasciava abbracciare da me.
- Già, meglio che vada...e hey! -, cominciò, rivolgendosi a me, - Ricordati che è anche la mia migliore amica -, ripeté.
- Me lo segno sull'agenda, promesso -.
- Bravo, e lunedì in studio alle 8, puntuale -.
- Tranquillo, ci penso io a svegliarlo.. -, lo rassicurò lei.
- Vorrei ben vedere.. -, disse, avvicinandosi alla porta e aprendola, - Non metterla incita! -, mi pregò, chiudendosela poi alle spalle con un tonfo, senza degnarci neanche di uno sguardo.
- Questo non posso prometterglielo.. -, dissi, sapendo bene che non avrebbe potuto sentire, sussurrando quella frase e posando subito dopo un bacio sulla tempia di lei.
- Mhm...non mi tentare, Haner.. -.
- Cederesti? -.
- Anche troppo facilmente...e poi, preferisco avere lo stomaco pieno prima di venire al letto con te, quindi andiamo a mettere sotto sopra la cucina -, consigliò, mentre si liberava dalla mia stretta per allontanarsi.
Risi. - Va bene...ho tirato fuori il pollo, va bene? -.
- Tu.. -, disse, voltandosi per un momento e indicandomi, - Tu mi leggi nel pensiero, l'ho sempre detto -, aggiunse, entrando poi in cucina.
- Oppure ti conosco, tanto semplice -.
- No no, questo va oltre la conoscenza, tu hai qualche abilità soprannaturale, te lo dico io -.
- Farò dei controlli, da uno strizza cervelli magari -, proposi, mentre la raggiungevo in cucina, trovandola già alle prese con il forno.
- Tu odi i strizza cervelli, quando eravamo bambini hai morso quello della scuola -.
- Era antipatico -, mi giustificai.
- Si, certo -, disse, alzandosi per prendere il pollo e metterlo in forno, così che si cuocesse a puntino e che potessimo cenare con tranquillità. Ci volle un po' prima che tutto fosse pronto, ma alla fine cenammo senza problemi. Il pollo era buono e ancora di più se immerso nella stana salsa che aveva preparato Amy. Diceva che era una sua ricetta segreta, probabilmente ideata insieme a sua nonna, cuoca, ovviamente.
Mettemmo i piatti nella lavastoviglie e facemmo partire il ciclo, lasciandola li mentre mettevamo nel forno a microonde un sacchetto di pop-corn da sgranocchiare davanti ad un film. - Che guardiamo? -, mi chiese, mentre attendevamo il suono sordo e squillante del timer.
- Non so, ora troviamo qualcosa, tanto fanno sempre un sacco di film...altrimenti possiamo ricorrere ai miei -, dissi, sentendo poco dopo l'allarme scattare. Aprii allora la porticina del microonde, prendendo la busta ormai grondante di pop-corn caldi. Li versammo in una ciotola di media grandezza e poi ce ne andammo in salone, accendendo la TV alla ricerca di un bel film da vedere. - Io propongo questo -, disse, dopo un po' che girava per i vari canali.
- La dura verità? -, domandai, cercando di ricordare se mi fosse famigliare o meno, - No okay, non l'ho visto -, aggiunsi poco dopo, lasciandomi cadere sul divano e sdraiandomici poco dopo.
- Bene, è carino, fa ridere! -, fu la prima cosa che disse con tono entusiasto, mentre si stendeva accanto a me, dandomi le spalle così che potesse guardare il film che era più o meno appena cominciato.
- D'accordo, allora vediamolo -, acconsentii, cominciando a mangiare i pop-corn mentre un braccio andava a circondarle completamente la vita.
Nel giro di pochi secondi fece la sua comparsa anche Pinkly, scodinzolando fino al divano e salendoci sopra poco dopo. - Hey Pinkly, dov'eri finita? -, le chiesi, ricevendo in risposta un abbaio.
- A mordere le tue scarpe, probabilmente -, disse Amy ridendo.
- Si, probabile -, risposi, mentre, sempre scodinzolando, si andava a posizione davanti ad Amy, sul piccolo spazio che rimaneva a disposizione del divano. Così ora eravamo in tre a mangiare, prima io, poi Amy e infine Pinkly. Certo, eravamo davvero il miglior trio del mondo. Verso la fine del film Amy cominciò a dare i primi segni di cedimento, nonostante continuasse a ripetermi che era solo perché stava in una posizione più che comoda. Scossi il capo, ormai rassegnato, aspettando i titoli di cosa prima di intimarla ad andare al piano di sopra, così che ci potessimo infilare nel letto e stare li tranquilli fino alla fine.
Accettò di buon grado la mia proposta, ma dovetti darle ragione, visto che non appena si alzò tornò pimpante come prima, forse anche un po' per non darmi la giusta soddisfazione che avrei voluto. Entrammo in camera e, mentre lei si metteva il pigiama, io me ne andavo in bagno per lavarmi i denti: ci restai solamente pochi minuti ma, quando uscii, la trovai sdraiata sul letto, con la schiena appoggiata sulla testiera del letto, impegnata a leggere un libro dietro la lente degli occhiali che portava raramente, dato che erano solo da riposo. Ancora con il sapore della menta in bocca, mi lascia andare contro lo stipite della porta del bagno, osservandola per un po' con un perenne sorrisetto stampato sulle labbra: i pantaloncini corti del pigiama mettevano in mostra le gambe magre e chiare, mentre la maglia leggermente attillata lilla faceva risaltare ancora di più il seno, come se già non bastasse. I capelli scuri e lunghi le ricadevano lungo la schiena e un po' anche sul viso, dato che ce l'aveva chinato verso il libro che teneva tra le mani. - Sei inquietante quando mi fissi -, mi ricordò, alzando lo sguardo verso di me senza però sfilarsi gli occhiali, come invece spesso faceva.
- Quegli occhiali ti rendono ancora più sexy di quanto tu non sia -, spiegai, mentre mi avvicinavo al letto.
- Sai essere tremendamente esagerato, quando ti ci metti -.
- Dico quello che vedo, cara la mia signorina -, sussurrai, mentre mi inginocchiavo sul materasso, davanti a lei.
- ..questo non toglie che tu sia esagerato, comunque -, ribatté ancora, poco prima di deglutire pesantemente, dato che mi ero chinato praticamente del tutto verso di lei. Sorrisi, ormai in procinto di baciarla, vedendo con mio grande piacere che alla fine la prima a cedere fu per davvero lei, lasciando completamente da parte il libro che, fino a poco prima, stava leggendo con tanto interesse, per gettarmi completamente le braccia al collo, mentre la trascinavo su di me.
- Ti sono mancato, vero? -, le domandai, tra un bacio e l'altro.
- Ah ah -, rispose, dandomi poi un'ulteriore bacio, uno che durò un po' di più rispetto agli altri.
- Domani facciamo qualcosa, solo io e te, va bene? -, proposi, non appena di allontanammo del tutto, scostando una ciocca di capelli dal suo viso color porcellana.
- Si, mi sembra una grande idea...anche perché poi lunedì Larry riprenderà a tormentarvi come al solito -.
- Non me lo ricordare.. -, borbottai, chiudendo gli occhi e lasciando andare il capo contro il materasso che si rivelò molto più comodo di quello che avevo immaginato.
- Okay, scusa scusa.. -, disse, andando a posare un piccolo bacio lungo il contorno della mia mascella, - Allora d'accordo, domani andremo dove vuoi, solo io e te -, ripeté, voltando il viso e posando la guancia destra sul mio petto, che si alzava e si abbassava regolarmente a casa del respiro.
- Magari a cena fuori, è una vita che non usciamo di casa -.
- In effetti hai ragione...andata per..la cena...fuori -, disse, sbadigliando allo stesso tempo.
- Muori di sonno, o sbaglio? -.
- No, sto bene! -, protestò con voce assonnata.
- Smettila di fare l'orgogliosa e dormi, non violerai nessuna legge -, l'avvertii.
- Spiritoso... -, bofonchiò, - Brian? -, mi chiamò, poco dopo.
- Si? Dimmi.. -.
- Non saprei cosa fare senza di te... -, sussurrò.
- Neanche io -, ammisi, - Quindi magari non roviniamo niente, okay? -.
- Okay, promesso.. -.
- Bene, e ora dormi -, le ordinai, con il tono più autoritario che riuscii a fare, mentre la sistemavo sotto le coperte.
- Tu rimarrai da solo se mi addormento.. -, continuò a lamentarsi, nonostante si vedesse lontano un miglio che aveva sonno da morire.
- Non è vero, e poi..sono in procinto anche io di addormentarmi, okay? Quindi shh, non ribattere di nuovo -.
- Va bene, va bene.. -, disse come ultima cosa, stringendosi poi a me sotto il lenzuolo che ci ricopriva.
- Brava -, sussurrai, andando a posarle un bacio sulla fronte. Reagì con un semplice sorriso, poco prima che crollasse completamente. Al contrario di quello che le avevo detto, per me ci volle un po' di più ad addormentarmi: non perché non avessi sonno, anzi, tutt'altro...solamente che i pensieri erano troppi, e continuavano a distrarmi dal mio vero obbiettivo, cioè riposare. Sospirai pesantemente per un momento, tornando poi ad osservare Amy, profondamente addormentata già da un po': se proprio non dovevo dormire, tanto valeva che guardassi la cosa più bella che c'era nella stanza. Due mesi, già due mesi che stavamo insieme, che condividevamo tutto...ancora non ci arrivavo pienamente, ancora non credevo di essere stato così fortunato. Ancora non credevo a quello che era riuscita a farmi: aveva tirato fuori una parte di me nascosta da tempo, quella disposta ad amare ancora, amare in un modo che neanche io stesso avrei mai creduto possibile. Senza neanche pensarci, mi ritrovai ad accarezzarle il viso con le dita, trattenendomi dal baciarla di nuovo, troppo spaventato dall'idea di destarla da quel suo stato di quiete e pace assoluta. - Ti amo..Amy.. -, sussurrai in automatico, meravigliandomi di quanto quelle parole suonassero strane dette da me. Sapevo che non poteva sentirmi..e forse era per questo che mi erano uscite: perché una parte di me aveva paura di dirglielo. Ma che c'era in fondo di tanto difficile? Certo era un bel passo, bastava rifletterci un attimo per capirlo...e, per quanto mostrassi sempre di avere fegato nelle peggiori situazioni, quello davvero non era il mio campo, non lo era mai stato. Non mi restava che aspettare ancora un po', finché non avessi trovato il momento più opportuno..allora avrei semplicemente vuotato il sacco, come era giusto che facessi.
Chissà se anche lei provava le stesso cose...chissà se anche lei era pronta ad amare un tipo come me. Speravo di si, perché, a quel punto, davvero non avrei più saputo cosa fare senza di lei e lo capivo senza neanche sforzarmi tanto, visto che la sola idea di perderla mi terrorizzava, più di quanto ogni altra cosa avesse mai fatto. Avevo già perso il mio migliore amico, come sarei sopravvissuto anche alla perdita dell'unica persona che amavo veramente? 

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Capitolo 21
*** Finalmente! ***


Come avevamo già programmato, quella sera saremmo usciti: avevamo bisogno di una serata insieme, o meglio, di una serata insieme fuori da quella casa.
Mi infilai distrattamente la maglietta pulita, inciampando poi addirittura sui miei stessi piedi mentre cercavo di infilarmi le scarpe, in modo molto teatrale, dovevo aggiungere.
Oltrepassai la soglia del salone, arrivando così proprio davanti alla rampa di scale che portava al piano di sopra: avevo lo sguardo rivolto verso il basso e, per questo, riuscivo solamente a vedere una piccolissima parte di quella che era Amy, ovvero le scarpe che aveva indossato per quella sera. Alzai piano il viso, incontrando alla fine il suo. - Oh.. -, riuscii a biascicare, continuando a guardare il suo corpo magro, coperto unicamente da un vestito verde chiaro con una sola spallina: i capelli erano sciolti, come al solito e le incorniciavano perfettamente il viso, che aveva occhi e labbra risaltati rispettivamente da un filo di matita nera e da un po' di rossetto rosso pallido.
- Non fare commenti, non mi vesto mai così... -, disse subito, facendo un paio di passi verso di me, - Allora? -, chiese, stringendosi lievemente nelle spalle, mentre gettava qualche altra occhiata al vestito.
- S-sei bellissima.. -, biascicai di nuovo.
- Sul..sul serio? Non sono ridicola? -.
Scossi il capo, mordendomi poi appena il labbro inferiore. - Sei perfetta, davvero.. -, dissi, allungando la mano verso la sua, invitandola a stringerla.
Allungò la sua dopo un'esitazione e, non appena la prese, le feci fare un giro su se stessa, mentre rideva divertita, attirando poi a me tramite una ferrea presa della sua schiena. - Andiamo? -, domandai, rubandole poi un veloce bacio a stampo.
- Si, certo -, acconsentì, sorridendomi, mentre uscivamo di casa, chiudendoci la porta alle spalle. Il tragitto con la macchina non era per niente lungo, anzi, per arrivare ci volevamo neanche 10 minuti. Spesso avevamo mangiato in quel ristorante, insieme agli altri, spesso ci eravamo ubriacati li: erano passati anni, eppure ricordavo quasi tutto con estrema chiarezza...a parte alcune serata particolari, ovviamente. Stavo tranquillamente stringendo la mano di Amy, quando Ted, uno dei camerieri del locale, ci accolse. - Amy, Brian..che piacere vedervi -.
- Anche per noi, Ted -, disse subito Amy, facendo un sorriso di circostanza.
- Ho già pronto il vostro tavolo, quindi, seguitemi, dai.. -, ci invitò, facendoci un cenno con la mano, poco prima di cominciare a camminare verso un spiazzo del locale pieno di tavoli occupati da nessuno.
Ci scambiammo una veloce occhiata, decidendo poi solamente di seguirlo. - Matt gliel'ha detto -, dissi, avvicinandomi al suo orecchio e abbassando appena la voce.
- Si, ovvio...mi chiedo se ormai non lo sappia tutta Huntington -, rispose, poco prima che scoppiassimo a ridere entrambi. Ci sistemò, come ci aveva promesso in precedenza, in un tavolo più che appropriato: era proprio accanto ad una delle finestre più grandi e dava sul mare, sul mare e sulla sua immensa distesa d'acqua.
- Ed eccovi i menù -, fu l'ultima cosa che disse, posandoli sul tavolo, un attimo prima di tornare al suo lavoro.
- Io so già cosa prenderò -, disse subito, senza neanche toccarlo.
Alzai subito lo sguardo verso di lei, smettendo del tutto di preoccuparmi del menù che invece avevo tra le mani. - Davvero? E cosa? -.
- Bistecca e patatine fritte, qui la fanno veramente buona.. -, disse.
- Oh si, è vero, non ci avevo pensato.. -, risposi, tornando poi a scrutare il menù, continuando a cercare qualcosa da ordinare per cena.
Alla fine, non appena arrivò il cameriere per servirci, mi arresi e presi anche io le stesse cose, dato che non avevo trovato niente che mi attirasse abbastanza. La cena si rivelò davvero ottima, più di quello che immaginai e, forse, proprio per questo finimmo nel giro di poco. Ci concedemmo comunque qualche altro minuto li, passandolo a chiacchierare come al solito, mentre io mi lamentavo spesso e volentieri di non voler tornare in studio. La cosa più bella era che avremmo dovuto registrare So Far Away, a breve, dato che avevo presentato il progetto già da un po', e la cosa mi spaventava. Non sapevo come avrei reagito, una volta dopo averla sentita, non sapevo come sarebbe stata per gli altri, o meglio...sì, lo sapevo, lo immaginavo...ma comunque non sarebbe stata una passeggiata. Niente era una passeggiata in quel periodo, tranne il mio rapporto con Amy.
Quando pagai il conto non sapevo bene dove saremmo potuti andare, ma di sicuro non a casa, era ancora troppo presto. Uscimmo semplicemente dal locale, recandoci subito dopo alla terrazza che si trovava non molto lontana di li, quella che dava direttamente sul mare, a qualche metro d'altezza, anzi, a parecchi metri d'altezza.
Io mi incamminai tranquillamente, accorgendomi qualche secondo dopo che Amy non mi stava seguendo: mi voltai allora, guardandola con aria perplessa, finché non mi ricordai che soffriva di vertigini, ma non feci in tempo a parlare. - Le vertigini, ricordi? -, disse lei, poco prima che potessi farlo io.
Annuii. - Si, è vero, me n'ero completamente scordato.. -, ammisi, scuotendo il capo con aria colpevole, tendendo però comunque la mano verso di lei, facendo un sorriso sghembo, cercando di incoraggiarla, nonostante sapessi che era molto difficile. Non soffrivo né avevo mai sofferto di vertigini, ma potevo immaginare come fosse e quanto fosse brutto.
Stringe le braccia al petto, appena sotto il seno, mentre un leggero venticello le scompigliava i capelli. - Io...non so se ce la faccio -, sussurrò, guardando per un momento altrove, ma tornando comunque a puntare il suo sguardo verso di me poco dopo.
- Provaci, prendi la mia mano, la vista è bellissima, fidati di me.. -, dissi, sorridendo finché non si decise a stringerla, anche se ancora un po' titubante all'idea di avvicinarsi anche solo lontanamente ad una terrazza a più di 20 metri da terra, anzi, da mare, se dovevamo dirla tutta.
Cominciai così a fare dei piccoli passi all'indietro, aspettando che mi raggiungesse e meravigliandomi quando la vidi addirittura superarmi, lasciando la mia mano per andare con aria decisa verso la ringhiera. La raggiunsi subito, mentre teneva il viso rivolto davanti a se, posando in un primo momento le mani sui suoi fianchi e bloccandomi li, dato che aveva sussultato non poco a causa di quel mio tocco. - Sono qui, tranquilla -.
Resto in silenzio per un bel po', prima di dire qualcosa, qualsiasi cosa. - Da piccola non ho mai sofferto di vertigini...è cominciato tutto quando avevamo 13 anni, quando io e Matt rischiammo di cadere da quell'impalcatura... -.
Portai vagamente la memoria a quel giorno, anche se ne ricordavo ben poco. - Si, ricordo...più o meno -, ammisi, - Non sapevo che fosse iniziato tutto da quello -.
- Io me ne resi conto poco tempo dopo, quando eravamo al porto e mi rifiutai di affacciarmi perché mi girava la testa.. -, dissi, ridacchiando comunque di quel ricordo.
- Questa la ricordo meglio, abbiamo provato in 3 a convincerti, ma niente -.
- Sono sempre stata molto testarda, si sa.. -.
- Già -, concordai, - Beh, finché non guardi giù va tutto bene, no? -.
- Finché tu sei qui con me va tutto bene -, mi corresse.
- Sono qui con te -, confermai e la sentii chiaramente lasciarsi scappare una risatina, seguita da un piccolo momento di silenzio, durante il quale posò come al solito la testa sulla mia spalla.
- Adesso ho io un'idea -, dissi improvvisamente, sciogliendo il nostro abbraccio e afferrandomi la mano, trascinandomi di nuovo verso l'entrata del locale.
- Che vuoi fare? -, gli domandai, mentre la seguivo.
- Vedrai.. -, disse solamente, continuando a camminare. Salutammo velocemente Ted e poi uscimmo definitivamente dal locale: Amy mi lasciò la mano, togliendosi poi entrambe le scarpe e cominciando a camminare lungo il marciapiede che costeggiava, a qualche metro di distanza, la spiaggia. - Muoviti lumaca -, mi intimò, notando che continuavo a tenere un passo lento.
- Lo sai che sono pigro -, mi giustificai, aumentando comunque un po' il mio passo, almeno per raggiungerla. Quando arrivammo alla spiaggia si mise a correre, ancora con le scarpe in mano, raggiungendo poco dopo il bagnasciuga. Continuai a guardarla, ancora con le mani in tasca, finché non si voltò di nuovo. - L'acqua è più calda di sera -, sussurrò, a tal punto che riuscii a sentirla a malapena.
- Vuoi fare il bagno? Davvero? -.
- L'acqua è più calda di sera -, ripeté solamente, mentre indietreggiava verso l'acqua, che le bagnò i piedi poco dopo.
- E questa sarebbe una buona scusa? -. 
- E' una scusa più che valida, ma se non vuoi venire vado da sola.. -, disse, sfoggiando un perfetto broncio, voltandosi poi di scatto e buttandosi completamente in acqua.
Sorrisi, inspirando poi a pieni polmoni l'odore della salsedine, poco prima di decidere di seguirla: mi sfilai allora sia le scarpe che la giacca, appoggiando sopra quest'ultima tutto quello che avevo in tasca, compreso portafogli, chiavi di casa e cellulare.
Cominciai così ad avvicinarmi sempre di più alla riva, sentendola ridere con aria soddisfatta. - Ti sei deciso, alla fine -.
- Chi ti dice che non stia venendo li con un secondo fine? -, le chiesi, mentre venivo a contatto con l'acqua, notando subito quanto fosse calda.
- Stai venendo per un secondo fine? -, chiese conferma, mentre nuotava davanti ai miei occhi, ormai completamente bagnata.
Mi strinsi nelle spalle. - Può darsi -, dissi solo, gettandomi a mia volta, andando completamente sott'acqua. Aprii gli occhi, quello che bastava per vederla, risalendo poi verso la superficie, arrivandole alle spalle e salutandola di nuovo con un sonoro “Buh”, che le fece prendere un colpo.
- Vaffanculo, Brian! -, mi urlò contro, ridendo ovviamente.
- E' così che mi saluti? Sei scortese.. -, mi lamentai, mentre mi avvicinavo.
- Tu sei stronzo, ma non te lo dico quasi mai...a parte ora -.
- ...sempre più cortese -, sbuffai, avvicinandola poi a me con una stretta presa sui suoi fianchi.
- Ovviamente, per chi mi hai preso? -, domandò retorica, mentre allacciava entrambe le braccia intorno al mio collo, così da appoggiarsi completamente.
- Ah già, infatti.. -, sussurrai alla fine, mentre mi avvicinavo pericolosamente alle sue labbra. Intrecciai una mano tra i suoi capelli lunghi e ormai bagnati, attirandola così maggiormente a me mentre assaporavo la dolcezza di quel bacio, di quel semplice contatto che era in grado di farmi scordare qualsiasi altra cosa avessi intorno.
Era buffo come una singola persona potesse diventare così importante, e in così poco tempo, al punto che a volte me ne meravigliavo ancora.
Fui scosso da un brivido che mi percorse completamente tutta la schiena, quello stesso brivido che mi fece allontanare dal suo viso, così da poterla guardare di nuovo in viso senza che niente ci dividesse. - Io...io dovrei dirti una cosa -, sussurrai, mentre intorno a noi riuscivo solamente a sentire il rumore dell'acqua che si muoveva.
- Anche io..in realtà.. -, disse, dopo un'esitazione.
- Davvero? -.
- Già.. -, confermò, - Forse è la stessa cosa -.
- Si, credo di si...beh, allora...che ne dici se facciamo una cosa infantile e la diciamo in coro? -.
- Si, non mi sembra male come idea -, concordò annuendo, mentre sorrideva.
- Bene, al tre? -, chiesi, ricevendo come risposta un cenno di assenso.
- ..uno -, disse.
- Due.. -, continuai.
- Tre -, dicemmo in coro, un attimo prima di aggiungere, sempre in coro, un sonoro “ti amo”: ci guardammo per un tempo che sembrò interminabile, prima che entrambi cominciassimo a ridere.
- Ti amo.. -, ripetei, - E non so neanche perché non te l'ho detto fino ad adesso -, aggiunsi.
- Anche io ti amo.. -, rispose, chinando il viso per qualche secondo, - ..e avrei voluto dirtelo da un po'...ma..non so, avevo paura, non so neanche io perché -.
- L'importante è che ci siamo riusciti, no? -, chiesi, andando a posare un bacio sulla sua mascella, intimandola così a sollevare di nuovo il viso verso il mio.
- Si, infatti -, sussurrò, alzando alla fine il viso e incontrando le mie labbra poco dopo, prendendomi per un momento in contropiede. L'attirai di nuovo a me, come avevo fatto poco prima. Non era stato difficile come avevo immaginato, anzi, era stato piuttosto facile e non potevo chiedere niente di meglio. Ora che ci pensavo, era la prima volta in cui dicevo “ti amo” a qualcuno: prima non mi era mai capitato di innamorarmi seriamente, perché non avevo mai avuto né il coraggio né la voglia di impegnarmi davvero in una relazione.
E invece poi tutto era cambiato, ma alla fine non ci facevo neanche più caso: ero sempre me stesso, e questo era l'importante. E anzi, essere me stesso con lei era una delle cose che mi riuscivano più facili in assoluto, perché ci conoscevamo entrambi come le nostre tasche, non c'erano segreti tra di noi, o almeno era quello che speravo.
Mi destai dai miei pensieri solo quando la sentii mordermi appena il labbro inferiore, sorridendo poi angelicamente mentre si allontanava. - Io propongo di tornare a casa, così magari ci cambiamo anche.. -, disse.
Annuii. - Sarà un piacere per me toglierti questo vestito bagnato, non hai neanche idea -, risposi, posando un piccolo bacio sul suo collo diafano, poco prima di cominciare a tornare verso le riva, trascinandola con me. Recuperai le mia roba e mi infilai di nuovo la maglietta, poi, semplicemente, ci incamminammo di nuovo lungo il marciapiede da cui eravamo venuti, passando di nuovo davanti al locale e salutando nuovamente Ted, che ci guardava scuotendo il capo come se fossimo entrambi un caso perso e, in fondo, era davvero così.
Salimmo in macchina e, non appena fummo a casa, ci venne invece la brillante idea di accendere il camino, dove ci posizionammo poco dopo, mentre, avvolti in una coperta, avevamo ancora addosso i nostri vestiti bagnati. Eravamo entrambi seduti sopra il tappeto, con la schiena appoggiata al tavolino dietro di noi e stavamo l'uno stretto all'altro, come se in quel momento non avessimo bisogno d'altro.
- Pensavo che ci avrei messo molto di più per dirlo..sai? -, disse improvvisamente, mentre giocava con un lembo della mia maglietta.
- Anche io lo pensavo, e invece è stato più semplice di quello che immaginavo.. -, risposi, dando così voce a quel mio precedente pensiero.
- Già, confermo...ti era mai capitato prima..di...innamorarti, intendo? -.
- No.. -, ammisi, scuotendo il capo, - Non davvero almeno, non come questa volta -, aggiunsi, evitando di domandarlo anche a lei, visto che conoscevo perfettamente la risposta. Non volevi che ci pensasse, non in quel momento, almeno.
- Per me è la seconda volta...non pensavo che dopo la prima mi sarebbe successo di nuovo, e invece...beh, mi sono dovuta ricredere.. -, sussurrò, - Sei riuscito a farmi vedere di nuovo l'amore come una cosa bellissima, quando io l'avevo praticamente dimenticato.. -, aggiunse, facendo dipingere sulle mie labbra un ampio sorriso, che non accennò a sminuirsi neanche mentre l'avvicinavo a me per rubarle un bacio a fior di labbra, che ricambiò comunque senza pensarci troppo su.
Quando ci allontanammo di nuovo tutto quello che feci fu portare una mano dietro la sua schiena, arrivando facilmente alla zip che si trovava proprio li, cominciando a tirarla giù finché non mi permise di sfilare piano il vestito. Mi sorrise dolcemente, poco prima di assecondarmi completamente.


***



- SI SONO DETTI CHE SI AMANO, SE LO SONO DETTI! -, urlò improvvisamente Helena, svegliandomi completamente da quello che doveva essere un riposino. Si, ero morto, ma di certo non era illegale dormire nell'aldilà, o quello che cazzo era, quindi ogni tanto me lo potevo concedere anche io.
- Che cosa? -, chiesi, ancora con voce mezza assonnata, mentre mi alzavo da terra per raggiungerla vicino al bordo della fontana di marmo.
- Si sono detti che si amano, Brian e Amy! Dio, sono bellissimi, insieme!! -, disse, tutta entusiasta.
- Davvero? Quello zuccone gliel'ha detto? -, chiesi, quasi sbalordito, quando ormai ero vicino a lei.
Annuì, sorridendo come una bambina. - E si sta anche avvicinando una scena molto piccante.. -, disse poco dopo, facendo cenno all'acqua sotto di noi, che li mostrava mentre si baciavano.
- Lasciagli un po' di privacy, e ricorda che sei sempre un angelo, dovresti essere una creatura immacolata! -, sbuffai, dando dei colpetti con la mano sinistra all'acqua, così che l'immagine sparisse del tutto. Non era giusto impicciarsi in cose di quel genere e poi vederle non mi faceva poi tutto questo bene.
- Sei felice per loro? -, chiese, senza preavviso alcuno, lei.
Mi voltai di nuovo a guardarla, stringendomi nelle spalle. - Certo che sono felice, se loro sono felici, io sono felice.. -, dissi, facendo rispettivamente dei cenni alla fontana e poi a me stesso, - Non posso di certo fare l'egoista, te l'avevo già accennato -.
- Si si, lo so...vuoi sapere come andrà a finire? Io lo so -.
- Non ci provare, non voglio sapere proprio niente -.
- Sicuro? Niente niente? -.
- No, niente niente, è la loro vita e la vivranno come meglio credono -.
- Va bene, d'accordo.. -, disse, alzandosi poi e cominciando a camminare avanti e indietro come faceva spesso, - Io me ne torno alle mie attività molto interessanti, tu torna pure al tuo risposino, ciao ciao -, mi salutò, un attimo prima di sparire completamente, andando chissà dove in quel posto talmente grande.
Sorrisi, decidendo poi di seguire il suo consiglio e di tornare a riposarmi, per quando i pensieri me lo impedissero. 

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Capitolo 22
*** So Far Away. ***


- Cheesburger? -, chiesi, tenendo saldamente in mano una delle tante buste di cartoncino del Mc. Donald.
- Mio, qui! -, disse Matt, facendomi cenno di tirarglielo.
- Il Big mac è il mio -, ci avvertì Zacky.
- Si, tieni -, rispose Valary, passandoglielo.
- Bene, finito, il resto è tutto roba nostra -, annunciai, lanciando poi un'occhiata agli altri, che stavano già tranquillamente mangiando, neanche fossero animali.
- A volte mi chiedo come facciamo a stare con quegli animali -, si lamentò Gena, mentre ci stavamo incamminando per andare verso uno dei tavolino che si trovavano nel grande studio dove i ragazzi stavano registrando da ormai un paio di mesi.
- Me lo chiedo anche io -, concordò Lacey, sbuffando e sedendosi, cominciando a tirare fuori anche per noi la roba dai sacchetti. La seguimmo a ruota, sedendoci a nostra volta e cominciando a mangiare, mentre lanciavamo qualche altra occhiata divertita ai ragazzi. - Si, animali -, ribatté Gena, facendoci ridere nuovamente.
- Hey, guardate che vi sentiamo -, si lamentò Brian, ancora con un pezzo di panino in bocca.
- Capita -, sbottai, voltandomi per sorridergli.
- Posso fartela pagare più tardi.. -, mi avvertì con tono malizioso.
Come unica risposta ammiccai in sua direzione, sorridendo subito dopo.
- Ti prego Bri, non entrare nei particolari -, lo pregò Matt con una faccia di chi potrebbe rimanere traumatizzato a vita.
- Matt dai, non ci pensare...si abbracciano solo! -, disse Zacky, posandogli una mano sulla spalla per consolarlo, facendo scoppiare a ridere tutti.
- Si Matt, solo abbracci -, concordò Brian, non appena smise di ridere.
- Giuratelo! -, sbottò Matt, lanciando un'occhiataccia prima a me e poi a Brian.
- Giuriamo -, dicemmo in coro, guardandoci poco dopo e scoppiando a ridere nuovamente, dato che la faccia di Matt era più o meno epica. Prima che potessi rendermene conto vidi Valary pararsi davanti a lui, facendogli una veloce foto con il suo I-phone, così da catturare a pieno quel momento. - Perfetto amore, questa la tengo -.
Solo allora si svegliò all'improvviso dal suo stato di trance, lanciando un'occhiata truce a sua moglie. - Cancellala immediatamente -, le ordinò.
- No, è spettacolare, non trovi Amy? -, mi chiese mostrandomela e, allora, dovetti davvero usare tutta la forza che avevo per non ricominciare a ridere come una matta.
- Si, davvero spettacolare, anzi...mandamela, diventerà il mio sfondo -, dissi, tirando fuori il mio cellulare dalla tasca destra.
- Pensavo fossi io il tuo sfondo.. -, si lamentò Brian.
- Io sono il suo migliore amico -, si pavoneggiò Matt.
- Io sono il suo ragazzo -, ribatté.
- Non centra niente, io rimango sempre il suo MIGLIORE AMICO! -, sbottò di nuovo, lanciandogli addosso un pezzo di insalata che si trovava nel suo panino.
- Io il suo RAGAZZO! -, ripeté di nuovo, - E non tirarmi l'insalata! -, aggiunse, lanciandogli a sua volta un pezzo di panino, che finì tra i suoi capelli.
- Hey hey, niente battaglie di cibo per favore, o vi uccido entrambi -, li avvertì Larry, entrando improvvisamente nella stanza.
- Non ci provare Larry, o te la vedrai con la mia rabbia da vedova -, disse Valary, puntando il suo sguardo su quello del manager dei ragazzi.
- Alla sua rabbia si aggiungerebbe la mia, quindi non so quanto ti conviene -, dissi poi io, posando una mano sulla spalla di Val e, solo allora, ricevemmo entrambe un cenno d'assenso dei ragazzi.
- Ragazzi...vi lascio stare -, concluse Larry.
- Avere delle ragazze serve a qualcosa.. -, disse subito dopo Matt, lanciando un'occhiata divertita a Brian che, nel mentre, aveva ripreso a mangiare. Guardai Larry uscire di nuovo definitivamente dalle dalla stanza, non prima di aver avvertito i ragazzi che avrebbero dovuto provare ancora a lungo per poter cominciare a registrare la prossima canzone. Erano tutti entusiasti, in fondo, per quanto le cose fossero pesanti, tutti si stavano divertendo a registrare quello che sarebbe stato l'album che avrebbe portato la memoria del nostro Jimmy.

***

- Non ce la faccio.. -, disse improvvisamente Brian, mentre era steso su uno dei divani dello studio, con me accanto, durante una delle piccole pause che Larry concedeva loro.
- A fare cosa? -, chiesi, mentre non accennavo a smuovermi dalla mia posizione, con la testa ben posata sulla sua spalla e con una mano sul suo petto.
- So far away...appena finita questa pausa dobbiamo andare a provare quello che abbiamo arrangiato finora e io...io non so se ce la faccio -, spiegò, facendomi venire un nodo in gola, che per poco non mi fece trattenere completamente il respiro. Vedere Brian in quello stato era sempre insopportabile.
- Ce la farai invece....io credo in te.. -, sussurrai, non sapendo bene cosa dire per convincerlo, almeno un pochino, che tutto andava bene, - Che ne dici se sto con te? Ti sto accanto mentre provate.. -, proposi, sperando di facilitasse in qualche modo le cose.
- Davvero staresti con me? -, chiese, quasi fosse stupito.
- Certo Brian, se questo può farti sentire meglio.. -, dissi, avvolgendo completamente il mio braccio alla sua vita, stringendomi così maggiormente a lui.
- Grazie Amy...davvero, non so come farei se non ci fossi tu.. -.
- Non pensare a questo, ora sono qui e sarò con te anche dopo, va bene? -.
- Si, va bene.. -, concordò, sospirando pesantemente.
Dopodiché rimanemmo semplicemente in silenzio, finché Larry non annunciò a noi come agli altri che dovevano riprendere a lavorare: così, anche se un po' titubanti e riluttanti, tutti si alzarono dalle loro postazioni, cominciando a riprendere i loro posti.
Trascinai una delle sedie accanto a Brian, sorridendogli speranzosa mentre impugnava la sua amata chitarra, cominciando ad ascoltare i consigli che Larry e gli altri gli stavano dando su come potesse essere, in linea di massima, l'assolo.
Cominciò allora a provare e a riprovare, sempre con la stessa decisione, la stessa passione che metteva in tutto, ogni volta: non era solo lavoro, per lui, era molto di più, era l'unico modo vero che aveva per esprimersi dato che a parole, come anche lui diceva, non era mai stato molto bravo.
Sorrisi, pensando a quella cosa, mentre incrociavo le gambe sulla sedie, guardando attentamente le sue mani che correvano sui tasti della chitarra e il suo sguardo concentrato come pochi. Non sapevo perché, ma ogni volta che lo guardavo mi veniva da sorridere, istintivamente, anche senza volerlo, solo sorridevo, perché era questo che lui sapeva fare meglio di ogni altra cosa: sapeva far sorridere le gente, sempre e comunque.
Dopo aver provato per una mezz'oretta finalmente riuscì ad eseguire un assolo che quasi mi tolse il fiato, tanto era bello: era la prima volta che lo sentivo, e che anche gli altri lo sentivano, e dovevo ammettere che era molto più bello di quello che avevo immaginato. Riusciva a trasmettere tutto quanto, tutto quello che provava ed era magico, c'era poco da fare.
Lo fece per due volte di fila, sotto gli occhi stupiti e malinconici dei nostri amici finché, ad un certo punto, i suoi occhi non si fecero lucidi. Gli altri non se ne accorsero, credo, ma io si. Non amava piangere davanti a noi, infatti non lo faceva quasi mai, salvo quando era ubriaco e non ricordava neanche come si chiamava, ma quelle erano altra situazioni.
Istintivamente portai una mano sulla sua spalla, la stessa mano sui cui poi mi appoggiai, mentre sussurravo: - E' splendido.. -, ricevendo come prima risposta un sorriso.
- L'avevo detto che me la cavavo bene con gli assoli -, rispose, facendo un mezzo sorriso, quasi tirato. Avrei voluto ribattere ancora, ma l'applauso generale degli altri mi bloccò, facendo sollevare il viso ad entrambi, incontrando così lo sguardo della nostra famiglia, tutta li riunita per farsi forza.
Brian posò la sua chitarra a terra, delicatamente e prese subito la mia mano tra le sue, lasciando intrecciare le nostre dita. - Allora? -, chiese, come se non avesse sentito per niente quegli applausi.
- Allora è perfetto, una volta finita sarà splendida, sarà veramente fiero di te.. -, disse Matt, apparentemente felice. Ma sapevamo tutti come stava veramente.
- Lo spero, perché sono stato in piedi fino alle 5 del mattino per scrivere tutto, me lo deve -, sbottò Brian, facendo ridere tutti quanti. Ecco cosa intendevo poco fa. Era una cosa che gli usciva totalmente naturale, una delle cose che amavo di più del suo essere.
Ma in fondo c'erano così tante cose che non si potevano neanche contare sulle dita delle mani.
Nonostante questo..continuavo a sentirmi strana, con quella solita sensazione alla bocca dello stomaco, come se stesse per succedere qualcosa che non andava, qualcosa che avrebbe potuto rovinare quel momento.
Odiavo sentire quelle cose perché, ovviamente, non era la prima volta che mi succedevano e la cosa peggiore era che non sbagliavano mai. E questo mi spaventava più di ogni altra cosa. - Amy? Che c'è? -, mi domandò lui, riportandomi alla realtà.
- Niente, stavo solo pensando...niente di importante.. -, risposi, sorridendo prontamente, - Sei stato fantastico.. -, aggiunsi, allungandomi per baciarlo, rifiutandomi di pensare che potesse succedere qualcos'altro di brutto, non ora, non in quel momento.
Ricambiò subito il mio bacio, accarezzandomi anche lievemente il viso: non avevo neanche pensato che i nostri amici erano li a guardarci e me ne ricordai solamente quando sentii un coro di “Oww” da parte delle ragazze, tutte, probabilmente.
Mi allontanai poco dopo, posando di nuovo il viso sulla sua spalla e guardando nuovamente gli altri, che ci sorridevano raddolciti. - Su, al lavoro, abbiamo un album da finire -, disse Matt, prendendo il suo testo e andando verso la sala di registrazione.
- Tu va a riposarti se vuoi, ti leggo in faccia che sei stanca -, mi disse Brian, centrando appieno.
- Posso resistere, non voglio lasciarti da solo.. -, mi lamentai, esibendo un broncetto da oscar.
- E io posso farcela, non preoccuparti per me e dormi un po', se ci riesci, okay? -.
- Sei sicuro? -, insistetti.
- Certo, sicurissimo -, rispose, sorridendo: un sorriso talmente bello che per poco non mi sciolsi.
- Va bene, agli ordini -, ribattei, una volta che mi risvegliai dallo stato di trance in cui mi aveva fatto cadere, facendo per alzarmi. Stavo quasi per cominciare ad avvicinarmi al divano, quando le sue mani andarono ad afferrare saldamente i miei fianchi, entrambi, tirandomi di nuovo a se e facendomi cadere perfettamente sulle sue gambe. - Senza neanche avermi dato un bacio? -, piagnucolò.
- Io te l'ho dato un bacio, veramente -.
Scosse subito il capo. - Si, ma non basta...sai che sono un uomo esigente, e poi... -, provò a dire, ma io lo precedetti, afferrando il suo collo con entrambe le mani e tirandolo a me, facendo così scontrare di nuovo le nostre labbra, sorridendo inizialmente contro di esse.
Quando mi allontanai gli morsi lievemente il labbro inferiore, sapendo già perfettamente come continuare quella frase che aveva provato a dire. - ..e poi parli troppo, i fatti sono migliori -, dissi, facendolo ridere di nuovo.
- Sai che ti amo, vero? -.
- Certo, tu sai che ti amo anche io? -.
- Lo ammetto: lo sospettavo da tempo -, disse con aria divertita.
- Ecco, appunto...ora mi fai alzare o mi costringi di nuovo a baciarti? -, chiesi, come se odiassi la cosa.
- Come se odiassi quando ti “costringo a baciarmi” -.
- Questo non lo puoi sapere -, risposi, fregandolo.
- Certo che posso, io so tutto -, disse, baciandomi poi nuovamente prima di lasciare completamente la presa da me. Mi alzai subito dopo, sorridendogli, mentre poi mi dirigevo definitivamente verso il divano, dove mi sdraiai poco dopo.
Non so di preciso quanto dormii, so solamente che quando mi svegliai ero a casa, nel mio letto e accanto a me c'era Brian, profondamente addormentato con addosso ancora la roba da vestire, scarpe comprese: aveva una mano posata sul petto, mentre l'altra era lungo il fianco e il suo viso era simile a quello di un angelo. Non riuscivo ad immaginare qualcuno più bello di lui.
Istintivamente mi avvicinai, accoccolandomi poi accanto a lui e posando la testa sul suo petto, stringendolo a me mentre il sonno prendeva di nuovo il completo possesso di me. Questa volta dormii molto più a lungo, fino alla mattina successiva e, allora, accanto a me sul letto trovai un vassoio con la colazione e un bigliettino, in cui mi diceva che era dovuto scappare perché il lavoro chiamava, come al solito e che mi amava. Lessi quelle due semplici paroline per non so quante volte, finché non mi lasciai di nuovo cadere sul letto, mangiucchiando il cornetto che aveva preso per me. 

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Capitolo 23
*** ..l'alcool comincia a farmi un brutto effetto. ***


25 Giugno 2010

Persino il mese di Giugno era ormai praticamente passato, e i ragazzi erano a buon punto con le registrazioni dell'album, anzi, lo avevano praticamente finito: il tour era previsto per Agosto inoltrato, se non i primi si settembre o roba simile, niente era ancora veramente sicuro.
Larry e gli altri erano tutti entusiasti del loro lavoro e non facevano altro che complimentarsi con i ragazzi per tutto l'impegno che avevano messo per arrivare fino a quel punto. Anche io, ovviamente, ero fiera di loro, in fondo, come potevo non esserlo? Tutti avevano dato il meglio di loro e Mike, neanche per un momento, li aveva messi a disagio, anzi, spesso e volentieri li trovavo a scherzare o comunque a parlare di come avrebbero voluto che suonasse il prossimo pezzo che dovevano registrare. Mentre pensavo a quelle cose, ignorando il mal di testa assillante, causato da una bella sbronza che ci eravamo presi con gli altri, me ne stavo tranquillamente sdraiata accanto a Brian, a guardarlo mentre dormiva, dato che erano appena le 6 del mattino e io ero già sveglia per chissà quale motivo.
Guardavo il suo profilo pressoché perfetto come se fosse la cosa più bella che avessi mai visto, anzi, sicuramente lo era: era l'uomo più perfetto che conoscessi, era un misto di tutto e non lo dicevo solo perché ero di parte. A volte mi sentivo persino troppo fortunata ad averlo con me, mi domandavo cosa avessi di tanto speciale per averlo fatto innamorare di me. Lui per me, invece, aveva tutto quanto, non c'era una singola cosa che avrei cambiato di lui, a parte forse il suo ego, un po' troppo straripante per i miei gusti, ma alla fine persino quello mi piaceva, perché mi faceva sempre ridere quando si pavoneggiava con i suoi modi altezzosi, e lui lo sapeva bene.
Sospirai pesantemente, sentendo poco dopo il suo braccio circondarmi meglio la vita, facendomi prendere un colpo, dato che credetti di averlo svegliato: invece non si mosse di nuovo, non aprì gli occhi, solo sorrise per un momento inconsciamente, probabilmente nel mezzo di un bel sogno. Mi sistemai allora meglio sul suo petto, tornando a dormire o comunque a cercare di dormire, mentre il lenzuolo leggero avvolgeva completamente il mio corpo.


***

- Amy, Amy, Amy, amore mio...hai visto le mie chiavi? -, mi chiese Brian speranzoso, facendo capolino in cucina mentre io mi stavo preparando un po' di caffé, giusto per sembrare un po' di meno uno zombie mangia cervelli.
- Ahm si... -, risposi, - Sono nel frigo -, aggiunsi, voltandomi a guardarlo con un'aria divertita, certa che non si ricordasse di quella cosa.
- Nel...frigo? -, chiese perplesso.
Annuii. - Guarda tu stesso -, lo invitai, facendo un cenno nella direzione del frigo, a pochi passi da lui.
Anche se ancora un po' titubante, lo vidi cominciare ad avvicinarsi, aprendo poco dopo l'anta del frigorifero e estraendone le chiavi, guardando prima queste ultime e poi me, in cerca di una possibile spiegazione. - Hai detto che avevano bisogno di una rinfrescatina, così hai aperto il frigo e ce le hai gettate dentro -, spiegai subito, senza però far sparire dal suo viso quell'espressione di profonda perplessità.
- L'alcool cominciare a farmi sempre di più un brutto effetto.. -, concluse, mettendosele velocemente in tasca.
- Vuoi del caffé? -, gli chiesi, mentre si avvicinava me, sicuramente per salutarmi prima di uscire definitivamente da casa.
- No, ne ho già bevuto un po' mentre tu eri sotto la doccia -, disse, - E ora scappo davvero, ormai abbiamo quasi finito, quindi meglio non mollare all'ultimo -, aggiunse, prendendomi il viso tra le mani e scoccandomi un veloce bacio sulle labbra.
- Ti aspetto per pranzo, merenda o cena? -, chiesi, mentre lo seguivo fuori dalla cucina, diretto verso la porta di casa, ridendo.
- Pranzo, finiamo di ricontrollare un po' il tutto e poi Larry ci lascia andare, passo a prenderti io al lavoro, va bene? -, propose, sorridendomi.
- Si, va benissimo, e ringrazia Larry da parte mia -, dissi sorridendo, con le braccia incrociate al petto, appena sotto il seno.
- Sarà fatto -, rispose, avvicinandosi ancora per baciarmi di nuovo, questa volta più a lungo, per fortuna, - Ti amo -, sussurrò, una volta lontano, più o meno, dal mio viso.
- Anche io, fate i bravi, tu e quegli altri -, lo avvertii, parlandone come se fosse un bambino di 5 anni, quanto invece ne aveva 29.
- Va bene, mamma -, sbuffò, rubandomi un ennesimo bacio prima di precipitarsi di fuori, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi definitivamente da sola.
Erano solo le otto del mattino e io non avevo dormito quasi per niente, ma questo non toglieva il fatto che anche io dovevo andare a lavorare e che, in fondo, non ero neanche così stanca, visto tutto il caffé che mi ero bevuta: andai così spedita a prendere la mia roba da vestire, che mi infilai mentre scendevo di nuovo le scale, cominciando a cercare le chiavi di casa, disperatamente.
Una volta trovate le infilai in tasca, dato che non avevo voglia di portare con me una borsa, insieme al cellulare e uscii di casa. Decisi di prendere la macchina, dato che per la prima volta in vita mia non mi andava di farmela a piedi e arrivai nel giro di qualche minuto, affrettandomi lungo il vialetto che portava alla struttura, dove fui accolta da Sarah, la bidella che si trovava quasi sempre all'entrata, intenta a pulire i vetri. - Buongiorno, Sarah -, salutai, con un sorriso stampato sulle labbra.
- 'Giorno Amy, i bambini sono impazienti di vederti -.
- Allora mi affretto -, ribattei, voltandomi per sorridere, un attimo prima di tornare sui miei passi e di raggiungere la mia classe, quella a cui da un bel po' ormai ero assegnata. I bambini non erano ancora arrivati, ed era comprensibile, visto che erano solo le 08.20 e le lezioni iniziavano alle 08.30.
Entrai così tranquillamente, andando a sedermi alla mia scrivania, non prima di aver dato una veloce sistemata a dei giochi che non erano al loro posto. Una volta fatto, tirai fuori dalla tasca il mio telefono, ritrovandomi come al solito a sfogliare tra tutte le foto idiote che io e Brian ci facevamo per ammazzare il tempo quando ci annoiavamo: alcune erano davvero assurde, altre ridicole, principalmente, ma altre invece erano davvero carine, al punto che ne misi una come sfondo, togliendo una volta per tutte le foto di Matt con quella faccia più che scandalizzata. Era semplice, carina e c'eravamo io e lui, mentre ci guardavamo con due espressioni che avrebbero fatto scoppiare a ridere chiunque: non potei non ridere, guardandola, mentre decidevo definitivamente che quello sarebbe stato il mio sfondo per molto, molto, tempo.
I dieci minuti che mi dividevano dall'apertura delle porte ai bambini passarono in fretta, talmente in fretta che quasi non me ne accorsi e, solo allora, le classi cominciarono a riempirsi a poco a poco. Vidi i miei allievi venire verso di me, tutti sorridenti e felici. - Ciao Amy -, mi salutò Parker, porgendomi un fiorellino.
- Ciao Parker, oh grazie, l'hai colto tu? -, chiesi, inginocchiandomi verso di lui e prendendolo tra le dita.
Lui annuì deciso. - Ti piace? -.
- Si, anzi, ora lo metto...guarda -, dissi, sfilando una molletta dai miei capelli. Gliela mostrai e poi incastrai il gambo del fiore li, attaccandolo così al lato dei capelli. - Come mi sta? -, chiesi.
- Bene! -, rispose, un attimo prima di correre nella classe per andare a posare il suo zainetto in uno dei tanti scomparti riservati ai bambini.
- Deve essere proprio brava, mio figlio la adora! -, disse la signore Law, mamma di Parker, prendendomi in contropiede.
- Oh beh, faccio del mio meglio, questo lavoro mi piace molto -, risposi.
- Lo vedo, e ora è meglio che io scappi o perderò il mio di lavoro -, disse ridendo, salutandomi velocemente e incamminandosi poi verso l'uscita.
- Bene, okay, si comincia -, farfugliai, entrando poi di nuovo in classe per cominciare ad accogliere tutti i bambini che ormai stavano arrivando. Come ogni giorno, da quando ero arrivata, li invitai a prendere uno dei tanti giochi che si trovavano nelle apposite ceste e di andare a giocare, senza dare fastidio a nessuno e che, nel caso, mi trovavano seduta alla mia cattedra.
Ma purtroppo non sempre andava così, ogni tanto mi toccava anche mettermi in mezzo a qualche litigio, ma faceva parte del mio lavoro, quindi di certo non potevo lamentarmi. - L'avevo preso io! -, urlò Sam, probabilmente. Alzai immediatamente il viso, riconoscendolo insieme a Zack. - Si, ma voglio giocarci anche io! -, si lamentò l'altro.
Lasciai allora cadere la penna sulla cattedra e mi alzai, dirigendomi immediatamente verso i due bambini, prima che scoppiasse chissà quale casino. - Allora, che succede qui? -, chiesi, incrociando le braccia al petto con aria autoritaria. E' l'unico modo in cui ti danno retta a volte, non puoi mai abbassare la guardia o trovano un modo per fregarti: sì, sono molto più furbi di quello che sembrano, questi bambini.
- L'avevo preso io -, si lamentò ancora Sam, indicando il giocattolo che invece stringeva Zack, che in fondo era solo un camioncino dei pompieri.
- Ma anche io voglio giocarci! -, ripeté Zack.
- Perché non trovate un gioco a cui potete giocare insieme, senza litigare...come le lego, provate a giocare con le lego -, proposi, sedendosi a terra così da guardare meglio entrambi, nonostante, alla fine, non fossi poi così alta.
- Le lego? -, chiese Sam, come se fosse confuso.
Sorrisi allora, allungando poi una mano per prendere il contenitore di lego, con cui quasi nessuno giocava: non capivo neanche perché, io da piccola le adoravo, al punto che piangevo quando mia madre distruggeva quello che costruivo. Lo posai poi atterra, davanti alle mie gambe incrociate, rovesciando poi il contenuto sul pavimento e cominciando a prendere dei vari pezzi, incastrandoli a poco a poco. - Vedete, è divertente...si possono costruire un sacco di cose -, dissi, lasciandomi andare, forse un po' troppo, prendendo altri pezzi ancora.
- Davvero? -, chiese conferma Zack, sedendosi a terra, seguito subito dopo da Sam. Ero riuscita a conquistarli entrambi, meglio di quello che avevo immaginato, sinceramente.
- Si, davvero, puoi costruire anche un sacco di navicelle spaziali.. -, dissi, sapendo bene che lui le adorava. Ricevetti un cambio un gran sorrisone, prima che a sua volta si lasciasse andare, cominciando a giocare.
- E poi sono abbastanza perché possiate giocarci entrambi -, fu l'ultima cosa che dissi, prima di alzarmi di nuovo da terra.
- Grazie Amy! -, trillò Sam, iniziando a sua volta a giocare.
- Prego, non c'è di che -, risposi, tornando alla mia postazione. Per tutta la restante giornata non successe nient'altro, né litigi, stranamente, né incomprensioni, e, verso le 13.30, le mamme cominciarono ad arrivare, reclamando i propri bambini. Li salutai uno per uno, mentre uscivano dalla classe, finché non ne rimase solo uno, ovvero Parker, il povero, piccolo Parker. - La mamma è di nuovo in ritardò -, si lamentò con tono cupo, mentre stava seduto su una delle sedioline.
- Sta tranquillo, vedrai che tra poco arriva, intanto fai un disegno, ti va? -, gli chiesi, nello stesso momento in cui sentii bussare un paio di colpetti alla porta della classe: sollevai così subito il viso, incontrando lo sguardo di Brian, poggiato ancora sullo stipite. - Disturbo? -, chiese, entrando poi nella classe con entrambe le mani nelle tasche.
Sorrisi, facendogli cenno di raggiungerci, mentre sentii Parker tirarmi la manica della maglietta, invitandomi ad abbassarmi verso di lui. - Lui chi è? -, chiese sottovoce per non farsi sentire da nessun'altro a parte me.
- Lui è Brian, ora te lo presento.. -, risposi, sorridendo incoraggiante, - Brian, questo è Parker, Parker, questo è Brian -, li presentai.
- Ciao Parker -, lo salutò lui.
- Ciao Brian.. -, rispose, scuotendo appena la mano, a mo di saluto, tirandomi poi nuovamente la manica della maglia per farmi avvicinare a lui, - Siete amici amici, vero? -, chiese in un sussurro, ma Brian lo sentì ugualmente, emettendo infatti una risatina divertita.
- Si, siamo amici amici -.
- Quindi vi volete tanto bene? -.
- Si, ci vogliamo tanto bene -, confermò Brian, sedendosi poi per terra, proprio davanti a me.
- Uhm...un po' come una mamma e un papà? -, continuò, sempre più curioso.
- Si, qualcosa del genere -, risposi io.
- Mh.. -, ribatté lui, apparentemente convinto, voltandosi poi di nuovo verso Brian e cominciando ad esaminare entrambe le sue braccia, - Come mai hai così tanti... -, cominciò a dire, - ..mhh...disegni sulle braccia? -, chiese, non trovando parola migliore e facendomi una tenerezza assurda.
Brian rise, ovviamente divertito da tutta quella situazione. - Perché mi piacciono, vuoi vederli meglio? -, gli chiese, facendo per avvicinarsi.
Lui annuì con vigore, allungando poi il collo per guardarli ancora meglio. - Sono tutti mostri -, esordì, una volta che Brian fu abbastanza vicino da farglieli vedere al meglio.
- Si, non ti fanno paura vero? -.
Lui scosse il capo. - I mostri non esistono! -, fu l'unica cosa che disse, senza aggiungere altro, ormai troppo preso dalla curiosità per dare retta sia a me che a lui. Lo lasciammo così fare, mentre faceva domande a cui, pazientemente, Brian rispondeva, finché la signora Law non arrivò, questa volta con 30 minuti di ritardo. - Mamma! -, strillò subito lui quando la vide, correndogli incontro con lo zainetto già bello che messo sulle spalle.
- Piccolo, scusami per tutto questo ritardo... -, disse, rivolgendosi poi a me, - Scusa Amy, farò in modo che non succeda più -, aggiunse.
Io mi strinsi nelle spalle. - Non si preoccupi, ci stavamo divertendo.. -, risposi, facendogli notare davvero per la prima volta Brian, al che si voltò a guardarlo, assumendo un espressione confusa, - Un momento, io ti ho già visto da qualche parte.. -, disse.
Lui si indicò da solo, un po' basito e facendo per parlare. - Si, si! Tu sei quel chitarrista, mio figlio Jonathan va matto per il tuo gruppo! -, disse poi, ricordandosi improvvisamente.
Beh, sarebbe stato strano che una signora di mezza età ascoltasse gli Avenged...ma beh, niente era impossibile, quindi.
- Oh, suo figlio ha ottimi gusti musicali allora -, disse, sfoggiando come al solito la sua innata modestia.
Lei scoppiò immediatamente a ridere, in una maniera anche piuttosto inquietante, in un ceto senso. - Posso chiederti un autografo? Mio figlio impazzirà sicuramente! -, chiese cordialmente, cominciando a frugare nella borsa in cerca di un foglio o di una qualsiasi cosa su cui scrivere.
- Certo, ha una penna per caso? Di solito non le porto dietro -, rispose.
- Ah, ma che spiritoso che sei! -, esordì lei, ridendo di nuovo e trovando finalmente un foglio con una penna bic, che gli porse.
Lui le prese immediatamente, appoggiandosi ad uno dei tavolini per fare una veloce firma, ormai abituato a quel genere di cose. - Oh grazie, dote innata -, rispose, drizzando poi di nuovo la schiena a porgendoglielo di nuovo.
- Grazie mille davvero, e ora è meglio se scappo -, disse, posando il borsa quello che aveva in mano e prendendo in braccio Parker.
- Ciao Amy, ciao Brian! -, ci salutò lui, sventolando come al solito la manina.
- Ciao Parker, ci vediamo domani -.
Lui fece un leggero cenno con il capo, prima che sparisse dalla mia visuale, lasciando me e Brian da soli. - Era inquietante -, osservò lui, come se mi avesse letto nel pensiero, o almeno, come se mi avesse letto nel pensiero appena qualche minuto prima.
- Di solito non si comporta così -, risposi, cercando di recuperare.
- Scateno strane reazioni nelle persone di sesso femminile, sai? -, mi chiese con fare altezzoso, mentre si avvicinava a me.
- Ah ah ah, spiri.. -, provai a dire, ma lui mi zittì subito con un bacio, uno di quelli che avrei voluto che durassero in eterno. - ..toso -, aggiunsi, quando si allontanò da me.
- Si, sono spiritoso, lo so e ora voglio andare a casa -, disse, sorridendo.
- Si, andiamo a casa...cucini tu? -, gli chiesi, mentre facevo una veloce corsa fino alla cattedra per prendere le mie cose, che poi consistevano soprattutto nei disegni che i bambini avevano fatto per me.
- Io proporrei di andare a comprare un po' di cibo Cinese, è da una vita che non lo mangiamo -, propose, mentre uscivamo dalla classe, incamminandoci verso l'uscita.
- E' vero, da quella sera in cui volevi farmi vedere IT -.
Rise. - Si, me la ricordo, non stavamo neanche insieme ancora -.
- No, infatti, quindi è passato proprio troppo tempo -, ribattei, salutando velocemente la bidelle e uscendo finalmente di li. 

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Capitolo 24
*** Non doveva andare così.. ***


Diciamo che la storia ha preso una leggera piega.. c:
Non odiatemi. T.T


Quella mattina mi sentivo piuttosto strana e, come al solito, non capivo perché. Pensai a ripensai a qualcosa, ma niente, arrivai addirittura a controllare se avevo l'influenza, ma neanche quella volta ci azzeccai. Avevo appena riposto il termometro sul tavolo, quando il mio telefono prese a squillare: ero a casa da sola, dato che era sabato e non dovevo andare al lavoro, quindi il suono si sentiva forte e chiaro senza che facessi neanche tanto sforzo.
Mi alzai a malavoglia dalla sedia della cucina e andai incontro all'apparecchio, che si trovava sul tavolino in soggiorno: quando lo presi pensai che fosse Matt, o magari Valary, ma tutti tranne Ben, il marito di mia sorella minore Maggie. - Pronto? -, dissi, affrettandomi a rispondere.
- Amy, ciao... -, disse, un po' titubante, - Sei occupata? -.
- Ehm, no...no, ma..non so, è successo qualcosa? -, chiesi, anche un po' preoccupata.
Fu allora che il suo tono si fece sempre più cupo, arrivando al punto che pensai che stesse piangendo. - Si tratta di Maggie, ti ho chiamato per una cosa che riguarda Maggie.. -, disse in un sussurro.
- Mi stai facendo preoccupare, cos'è successo? -, chiesi diretta, cominciando ad irritarmi quando sentii che non rispondeva, - Ben?! -, lo incalzai, forse con un po' troppo foga.
- E' malata, Amy...i medici le hanno riscontrato la Leucemia! -, disse, tutto d'un fiato, lasciandomi interdetta come mai era successo, - D-di recente si sentiva sempre debole e ho insistito per farle fare un controllo al mio ospedale...e...e -, aggiunse, provando a finire la frase senza ottimi risultati.
Io rimasi semplicemente li, a fissare un punto fisso davanti a me, mentre mi lasciavo cadere sul divano. - Cosa? -, chiesi, come se non avessi sentito niente di quelle che aveva detto, quando invece le sue parole mi rimbombavano sonoramente nella testa.
- Lei vorrebbe che tu venissi qui ad Atlanta...ha bisogno di te, Amy...come sorella, come amica...vuole che tu sia qui durante il periodo di chemioterapia -, disse, senza rispondere alla mia domanda.
- Quanto è grave? -, gli chiesi, praticamente sottovoce.
- I medici ancora non lo sanno, dipende tutto da come reagirà alla seduta di chemioterapia...ci hanno solo detto che il periodo può andare dai 4 ai 6 mesi.. -, rispose.
- D-devo venire la.. -, dissi, ancora praticamente sotto shock, - Farò il biglietto il prima possibile e sarò li -, aggiunsi, alzandomi e posando il telefono su una spalla, mentre mettevo sotto sopra casa mia per cercare qualcosa da vestire.
- L'ha già fatto Maggie, ti ha preso un biglietto con le sue miglia...sai, quando l'ha saputo era così spaventata che non ci ha pensato due volte, e io ti ho avvisato appena ho potuto -.
- Quindi lo sapete da pochissimo.. -, intuii.
- Si, solo da stamattina presto, ma sono rimasto con lei finché non si è addormentata, aveva bisogno di calmarsi un po' -, mi spiegò, - Ti ho già spedito il biglietto per posta..credo che arriverà domani e la partenza e prevista per le 17.00 dello stesso giorno...pensi di farcela? -.
- Devo farcela, è mia sorella, Ben.. -.
- Lo so...credimi, andrà tutto bene, sai meglio di me quanto è combattiva.. -, disse, cercando di tirarmi su.
- Si, ma qui stiamo parlando della leucemia, non di una gara di Matematica -, ribattei leggermente acida. In quel momento non riuscivo ad essere positiva, neanche un po' e la cosa di sicuro non aiutava.
Ricevetti in cambio solo il suo silenzio, che mi fece sentire ovviamente uno schifo. - Mi dispiace, Ben...non avrei dovuto dirlo -, mi affrettai a dire, sperando che non fosse troppo tardi.
- Non è niente...io continuo a sperare.. -, disse, facendo poi una pausa, - ..ci vediamo non appena sarai qui, vengo io a prenderti all'aeroporto -, mi disse subito dopo.
Annuii, restando poi li in ascolto finché la linea non cadde, lasciandomi sola con il mio dolore, per la seconda volta in un tempo troppo breve. Senza che neanche me ne accorgessi, ero già sdraiata in posizione fetale, con le gambe strette al petto: e piangevo, affondando il viso nel cuscino per attutire l'urlo disumano che era appena uscito dalle mie labbra. Non lei, non la mia sorellina Maggie. Perché dovevano sempre succedere cose di questo genere? Perché le persone intorno a me dovevano soffrire così tanto? Perché lei? Perché non potevo semplicemente essere felice con l'uomo che amavo? Oddio, Brian. Cosa avrei fatto con lui? Il tuor era ormai imminente e io sarei stata via per 4 mesi, se non di più, come aveva detto Ben poco prima. 4 mesi lontana da lui...lontana da tutti i miei amici, ma per mia sorella avrei fatto questo ed altro, dovevo farlo.
Saremmo stati lontani ugualmente, questo era vero...ma ora le cose erano più complicate, non ci saremmo visti per tanto tempo e io non
sapevo cosa fare. E poi era già pieno di problemi: la pubblicità per Nightmare, i concerti, le interviste...come avrebbe potuto gestire una relazione con me mentre ero a kilometri di distanza? In mezzo a tutto quel casino poi.
Volevo che si godesse appieno il successo che quell'album per il quale avevano sudato tanto gli avrebbe dato, senza che si preoccupasse inutilmente per me...e l'unica soluzione mi spaventava e mi rendeva incapace di rispondere qualsiasi cosa.

***
Mi ritrovai, dopo diverse ore di sonno, anzi, di dormiveglia, di nuovo seduta sulla sedia della cucina, con un mano una tazza di camomilla ancora bollente: avevo gli occhi rossi e gonfi, a causa del pianto che non era cessato neanche per un minuto.
Mi sentito impreparata e spaventata, perché sapevo che Brian sarebbe arrivato a momenti: continuavo a rimanere li invece che scappare a piangere in camera solo perché sapevo che era la cosa migliore da fare, l'unica soluzione che mi era venuta in mente per far si che lui non avessi troppi pensieri, durante quello che sarebbe stato un periodo già abbastanza pesante di suo...ma tutti pensieri, tutto quello che mi ero preparata da dire, svanì improvvisamente quando sentii la macchina parcheggiardi nel vialetto di casa, segno che era appena tornato.
Presi dei respiri profondi, continuando a rimanere in cucina e bevendo anche qualche sorso, finché la serratura della porta non scattò e lui entrò in casa. - Amy? -, mi chiamò subito, riponendo le chiavi nel solito piccolo cestino.
- Cucina.. -, biascicai, continuando a bere, anche se era ancora piuttosto calda per essere mandata giù. Non m'importava.
Non staccai gli occhi dal tavolo, non finché lui non fu al mio fianco e notò il fazzeletto usato posato davanti a me e i miei occhi più o meno lucidi. - Amy, che succede? -, mi chiese preoccupato, attendendo impaziente una risposta.
- Dobbiamo parlare.. -, dissi solamente, trovando il coraggio di alzare lo sguardo per incontrare il suo, - E' per mia sorella..Maggie, stamattina mi ha chiamato Ben...dicendomi che è malata -, gli spiegai, prendendo un grosso sorso dalla mia camomilla.
- E' m-malata? Che..che cos'ha? -, chiese, un po titubante.
Dovetti prendere tutta la forza che mi rimaneva per non mettermi a piangere di nuovo e, non so bene come, ci riuscii. Forse avevo qualcuno dalla mia parte. - Leucemia.. -, risposi, - Si sentiva debole da qualche giorno e Ben le ha fatto fare un controllo, devono iniziare la chemioterapia al più presto, prima che degeneri.. -, riuscii a dire, senza però toccare quello che era l'argomento principale, quello che più mi spaventava. Come avrei fatto..?
Restò in silenzio per un tempo interminabile, mentre cercava qualcosa da dire. Sapevamo entrambi che con le parole non se la cavava gran che. - M-mi dispiace..Amy -, sussurrò, mentre allungava un braccio verso di me, fino a toccarmi la spalla, come se volesse capire se mi sarei allontanata o meno.
Ma come facevo ad allontanarmi? Sapevo quello che dovevo fare, per questo mi limitai a guardare la sua mano, senza gettarmi tra le sue braccia, anche se la tentazione era tanta. - Sto bene.. -, fu tutto quello che riuscii a dire, - Ho avuto...tutto il pomeriggio per sfogarmi.. -, ammisi, bevendo un altro sorso di camomilla e passandomi una mano sugli occhi. - Ma...non è questa l'unica cosa che dovevo dirti... -, aggiunsi, chinando il viso verso il basso, guardando un punto fisso mentre aspettavo.
- Cos'altro può esserci, peggio di questo? -, chiese, mentre faceva il giro del tavolo, andandosi a sedere proprio davanti a me: ora guardarlo in viso sarebbe stato anche più difficile di quello che avevo immaginato.
- Devo andare da lei, vuole che le stia accanto durante la terapia e io non posso lasciarla da sola, perché è mia sorella e le voglio bene.. -, spiegai, inizialmente, ricevendo in risposta solamente il suo silenzio, probabilmente perché aveva intuito che avevo altro da dire, - ..quindi devo partire, devo andare ad Atlanta, domani.. -, fu tutto quello che riuscii ad aggiungere, sperando che capisse, anche se sapevo che non sarebbe stato semplice.
- Partire? E per quanto? Quando dovrai stare via? -, chiese titubante.
- Può andare dai 4 ai 6 mesi, dipende da quello che dicono i medici, e per ora non c'è niente di sicuro...e c'è di mezzo il tour per Nightmare, il vostro tour.. -, sussurrai.
- Dove vuoi arrivare? -, chiese brusco, facendomi persino sussultare leggermente.
Mi imposi di non piangere di nuovo, perché non potevo farlo, non me lo potevo permettere. - Lo sai dove voglio arrivare -, dissi, scuotendo lievemente il capo.
- No Amy, no -, disse deciso, alzandosi dalla sedia e dandomi le spalle.
- E' l'unica soluzione -, sbottai, con gli occhi che cominciavano a farsi lucidi.
- No, non è vero! -, disse, voltandosi di nuovo a guardarmi, - C'è il tour e allora? -.
- E allora non ci vedremo per più di 4 mesi! E io non voglio che tu abbia altri pensieri per la testa, voglio che vi divertiate! -.
- Non c'è di certo bisogno di arrivare a una decisione così drastica! Possiamo gestire una cosa così, possiamo farcela.. -, disse, con il tono
che si affievoliva man mano che andava avanti con quello che doveva dire.
- No, non possiamo farcela, così facendo tu non riuscirai a stare dietro agli altri, non riuscirai a concentrarti appieno per tutto quello che il tour porterà con se e io non riuscirò a gestire quello che sta succedendo ad Atlanta! -, dissi, alzandomi in piedi, - Nessuno dei due ce la farà -.
- Per questo ci stiamo lasciando? Perché pensi che non saremmo in grado di gestire la situazione..? -.
- No, ci stiamo lasciando perché sono sicura che non riusciremo a gestire questa situazione.. -, lo corressi.
Rimase semplicemente li a guardarmi e, quando pensai che non avrebbe fatto più niente, lui si avvicinò, prendendomi il viso tra le mani e costringendomi a guardarlo negli occhi, cosa che avevo più o meno evitato fino a quel momento. - Per favore -, disse, scandendo bene le due parole, - ..guardami negli occhi e dimmi che non mi ami più, mi renderesti la cosa decisamente più facile -, mi pregò.
Lo fissai per parecchio tempo, indecisa su cosa rispondere: non sapevo mentire, e con lui la cosa diventava anche più difficile. - Io non posso, non posso dirti una cosa del genere -, risposi, scostandomi bruscamente da lui e dandogli le spalle, come anche lui aveva fatto con me.
- Perché non puoi o perché non vuoi?! -.
- Perché non voglio! -, urlai voltandomi di scatto, - Perché ti mentirei, dicendoti una cosa così e tu lo sai! -, aggiunsi, cercando di moderare il mio tono, per quanto mi riuscisse difficile.
Fu allora che lasciò cadere di nuovo le braccia lungo i fianchi, con aria quasi esasperata. - No, no non lo so, non so niente, dato che mi sta lasciando -, disse, - Cos'è? Hai aspettato che mi innamorassi di te per prendere una decisione del genere?! -, mi domandò con un chiaro tono arrabbiato.
Come poteva dire una cosa del genere? Come aveva potuto anche solo pensarla? Tutto questo mi faceva arrabbiare: ero arrabbiata, infuriata quasi, con lui, per aver detto una simile sciocchezza, dopo tutto quello che avevamo passato insieme. - Come puoi dire una cosa così? -, ringhiai, - Come puoi anche solo pensare che io sia tanto egoista e stronza da fare una cosa così, eh?! -.
- Sembra che tu l'abbia fatto quasi apposta -, sbottò, con lo stesso tono di poco prima, - Ah, ma tanto la decisione l'hai già presa, giusto? Non serve neanche che io stia ancora qui! -, gridò, dandomi poi nuovamente le spalle e incamminandosi a grandi passi verso la porta.
- Io ti amo, Brian.. -, gli urlai contro, - E speravo che tu almeno avresti capito, almeno un pochino, che sto facendo tutto questo solo per te, perché sono sicura che è la cosa migliore.. -, aggiunsi, alzando la voce che, nonostante tutto, cedette a causa dei singhiozzi che avevo appena iniziato a fare.
- Non è la cosa migliore! -, ripeté, quando ormai la porta era aperta e lui era più o meno di fuori, - Quindi no, non riesco a capire e preferisco rimanere nella mia ignoranza -, aggiunse, chiudendola poi con un grosso tonfo. Ci misi un po' ad elaborare il tutto, ma alla fine mi lasciai semplicemente cadere a terra, raggomitolandomi sul pavimento mentre scoppiavo a piangere, per la 60esima volta in quella lunga giornata. Il mio misero tentativo di fargli capire quello che veramente volevo era fallito del tutto, lasciandomi li mentre mi sentivo uno schifo per quello che avevo appena fatto.
Per tutta la restante giornata/serata non feci assolutamente niente: spensi tutte le luci e me ne restai al buio, illuminata solo da una lampada accanto al divano, ignorando persino il telefono che squillava.
Matt mi lasciò almeno 3 messaggi in segreteria, che ascoltai senza muovermi neanche lontanamente dal divano, in cui mi diceva che aveva visto Brian infuriato in spiaggia, mentre calciava qualsiasi cosa si trovasse davanti. Sapevo bene che se non avessi risposto probabilmente sarebbe corso a casa mia per chiedermi delle spiegazioni, così afferrai il mio telefono e composi un veloce messaggio, in cui gli spiegavo tutto quanto.
Ovviamente mi chiamò, ma lo liquidai nel giro di 5 minuti: mi disse semplicemente che sarebbe passato la mattina seguente, perché voleva che gli spiegassi la situazione, anche se io non ne avevo per niente voglia.
Lo pregai di non farlo, ma lui non volle sentirmi, quindi lasciai perdere e misi fine alla telefonato, dopo che mi augurò un “buonanotte” piuttosto cupo. Mi raggomitolai allora meglio sul divano e mi lasciai andare li di nuovo, mentre chiudevo gli occhi ancora bagnati.

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Capitolo 25
*** Partenza. ***


- Leucemia, eh? -, chiese Matt, mentre gli porgevo la sua tazza di caffé.
- Già e non sappiamo ancora quanto è grave, o almeno io non lo so...Ben non mi ha chiamato e Maggie tanto meno -, risposi, sedendomi poi davanti a lui, il posto in cui la sera prima si era seduto Brian. Che bello;
- E con Bri invece? Cosa è successo? -, chiese, con tono apertamente preoccupato.
Mi strinsi nelle spalle, posando entrambi i gomiti sul tavolo, - Abbiamo litigato.. -, risposi solamente.
- Io l'ho visto in spiaggia, ma non ha voluto ascoltarmi, non si è neanche fermato quando l'ho chiamato.. -, mi spiegò.
- Ho semplicemente cercato di fargli capire quale era la cosa più giusta.. -, dissi, come se non avessi ascoltato quello che aveva appena detto, - Ma non mi ha dato retta e se n'è semplicemente andato -, aggiunsi.
- Io non so a chi dare retta, a dirla tutta... -, ammise, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia, - Sai quanto teneva a tutto questo.. -.
- Anche io ci tenevo Matt, ci tengo ancora.. -, dissi, senza farlo finire, - Ma la cosa migliore era questa, e credimi...davvero, l'ho fatto per lui, meno pensieri ha per la testa e meglio è.. -.
- Ma cosa farai una volta tornata? Come risolverete questa situazione? -, chiese, cominciando a giocare con la sua tazza. In effetti, né io né lui avevamo ancora bevuto niente, ci limitavamo a parlare.
- Non lo so, se lui vorrà rivolgermi la parola quando tornerò..io farò di tutto per ristabilire un'ordine, tra me e lui.. -.
- Anche lui farà di tutto, ma non sarà semplice, perché voi due vi amate e lo sapete anche bene.. -.
Quelle parole mi colpirono particolarmente, tanto da farmi chinare di nuovo il viso, presa dai sensi di colpa. - Lo so, Matt..lo so, ma almeno tu cerca di capirmi.. -, provai a dire, sollevando di nuovo lo sguardo verso di lui.
- Amy, io ti capisco...ho capito -, disse, posando una mano sulla mia, - Lo so che non avevi intenzione di fargli del male, ma per ora non starà bene, questa è una consapevolezza che devi avere -.
- Lo so -, ripetei, annuendo, di nuovo con lo sguardo verso il basso, - Ti chiedo solo una cosa, non nominarmi, non parlare di me e se devi chiamarmi stagli lontano, solo questo ti chiedo.. -.
- Va bene, tu invece stai accanto a tua sorella, ne ha bisogno, intesi? -, chiese.
- Si, lo farò -, ribattei, sotto forma di una specie di promessa.
Per tutta la mattinata non facemmo niente e, alla fine, mi aiutò a preparare la valigia, una mezz'ora prima di andarsene a casa.
L'aereo partiva alle 17.00 e io avevo ancora tutto il tempo per abbandonarmi ai miei pensieri, sapendo bene che non mi avrebbero fatto bene.
Ma, in fondo, ero la prima a non meritare di stare bene, visto quello che avevo fatto a Brian.
 
***
 
Stringevo tra le mani il mio biglietto aereo, mentre mi dirigevo verso l'imbarco. - Buon pomeriggio -, mi salutò l'addetta ai biglietti, a cui appunti lo passai.
Mi costrinsi a sorridere. - Giorno -.
Controllò che tutto fosse nella norma e poi me lo porse di nuovo. - Faccia buon viaggio -.
- Grazie -, risposi, prendendolo di nuovo e incamminandomi per entrare nell'aereo. Venni accolta da un' hostess che mi indicò il mio posto, così che potessi raggiungerlo più in fretta: trascinai con me il mio bagaglio, che poi riposi nel suo scompartimento, sedendomi alla fine al mio posto. Afferrai subito il mio I-phone e feci per metterlo nella modalità per l'aereo, ma un messaggio arrivò all'improvviso, ed era di Matt: "Fai buon viaggio e fatti sentire, NON APPENA ARRIVI. Ti voglio bene e saluta tanto tua sorella da parte mia e di Valary", diceva. Sorrisi e lo rilessi un paio di volte, prima di rispondere, passando subito dopo nella giusta modalità. Mi lasciai poi andare sul sedile, cercando di non pensare che nel giro di qualche minuto mi sarei trovata a chissà quanti piedi d'altezza.
Ci fu il benvenuto del comandante e poi il segnale luminoso che obbligava l'allaccio delle cinture per il decollo.
- Paura del volo? -, chiese improvvisamente l'uomo accanto a me: un signore sulla quarantina, uomo d'affari, probabilmente.
- Si, soffro di vertigini.. -, ammisi, anche se nemmeno lo conoscevo.
- Anche io, ma col tempo ci si abitua -.
- Deduco che viaggia spesso -, dissi, senza però staccare gli occhi dal sedile che avevo davanti.
- Affari -, precisò, stringendosi nelle spalle, dando così anche voce al mio precedente pensiero.
- Si, l'avevo immaginato -, e quella conversazione si concluse li, dato che decisi di mettermi a dormire, svuotando del tutto la testa.
 
***
 
- No, no! No, non doveva andare così! -, sbottai, fissando l'immagine di Amy nella fontana.
- Non puoi farci niente, Jimmy...e io sono dalla sua parte -.
- Quindi anche tu pensi che abbia fatto bene? -, le chiesi.
Lei si strinse nelle spalle. - Sai bene che l'ha fatto con tutte le più buone intenzioni, non voleva farlo soffrire.. -.
- Lo so, ma conosco Brian.. -.
- ...e sai che non sarebbe stato capace di gestire una situazione così -, continuò al posto mio, anche se non era proprio quello che volevo dire.
- Ma lui la ama... -, ribattei.
- Anche lei lo ama, ma ha deciso di andare avanti secondo quello che pensava fosse migliore...e poi tornerà per forza, anche prima di quello che pensi.. -, disse, con una vaga aria di mistero.
Aggrottai la fronte con aria confusa. - Che cosa sai? -.
- Spoiler -, disse solamente, svanendo come al solito e lasciandomi, come sempre, da solo.
 
***
 
- Spero che tu abbia fatto buon volo -, disse Ben, non appena mi vide.
Annuii. - Come sta? -.
- Sta bene, oggi ci dicono quanto è grave -, mi spiegò con aria cupa, - Passiamo a casa così puoi.. -.
- No -, lo liquidai prima che potesse aggiungere altro, - La valigia può aspettare, voglio andare in ospedale, voglio vederla -, lo pregai.
Si fece pensieroso, ma di certo non poteva negarmi una cosa così, era mia sorella e io dovevo vederla. - Va bene, allora andiamo, l'ospedale è a 20 minuti da qui -, mi disse, facendomi cenno di seguirlo: afferrai saldamente il mio bagaglio e comincia a camminare, tenendo un passo lento, anche se avrei voluto con tutta me stessa superarlo per precipitarmi in macchina. Quando arrivammo non ci mise neanche un secondo a mettere in moto, facendomi tirare un sospiro di sollievo: durante il tragitto parlammo poco o niente, giusto quando mi chiese se c'era stata qualche novità nella mia vita in quell'ultimo periodo. Stavo quasi per parlargli di Brian, mi usciva spontaneo, ma mi bloccai un attimo prima di farlo, dandomi mentalmente dell'idiota da sola: risposi così con un semplice no e dopo stetti zitta, ascoltando solamente quello che aveva da dirmi sulla salute di mia sorella in quel momento.
Voltai lo sguardo per guardare fuori dal finestrino, mentre continuavo ad ascoltare. Il tragitto per fortuna durò meno di quello che immaginavo e, non appena arrivammo, non ci misi neanche 5 secondi a scendere dalla macchina e a precipitarmi verso l'uscita, senza neanche aspettare Ben, che sicuramente era dietro di me. Chiesi velocemente alla reception il numero della stanza, dicendo che ero la sorella di Maggie e che quindi potevo entrare senza troppi problemi, sperando che non facessero nessun tipo di storia. Per fortuna la scampai e, non appena ebbi il numero corsi su e giù per i corridoi finché non trovai quella giusta: quando entrai lei dormiva e i costanti bip mi davano fastidio come avevano fatto solo in rare occasioni.
Mi avvicinai piano al letto, sentendo qualche secondo dopo fare capolino in camera anche Ben, ma non ci feci caso. - Maggie? -, chiamai, seppur sottovoce, senza ricevere in risposta niente di niente. - Maggie.. -, ripetei, cercando di non piangere. Lasciai passare qualche altro secondo e, quando la vidi aprire piano piano gli occhi, un grosso sorriso si illuminò sul mio viso, facendomi scordare per un momento di tutto quanto.
- Amy? -, chiese sottovoce, ancora mezza assonnata.
- Si, si sono io, sono Amy... -, sussurrai, chinandomi poi per abbracciarla senza che lei facesse niente, - E' bello vederti, finalmente... -, aggiunsi.
- Anche per me, spero che mio marito non ti abbia spaventato troppo, sto meglio di quello che sembra.. -.
- Questo lo sapremo oggi -, puntualizzò Ben dietro di noi.
- Sto bene -, ripeté lei, allontanandosi dal mio abbraccio e rivolgendogli una veloce occhiataccia.
- Sempre ottimista, questo è buono -, dissi io, asciugandomi una lacrima che mi era sfuggita.
- Sempre -, ripeté lei, sorridendo in modo incoraggiante. Ecco la dote che amavo di più di mia sorella, era una persona coraggiosa e forte, che non si arrendeva mai...non come me.
- Tu come stai, piuttosto? -, mi chiese lei, invitandomi a sedermi sulla sedia davanti al letto.
Lo feci tranquillamente, dato che mi facevano male le gambe, e mi strinsi nelle spalle. - Sto bene, tutto come al solito e Matt e Valary ti salutano tantissimo, sia te che Ben.. -, dissi, voltandomi a guardarlo per un momento, - Anzi, devo chiamarlo, prima che mi uccida.. -, aggiunsi poco dopo, sfilando il cellulare dalla tasca. Stupidamente, non avevo ancora cambiato la foto dello sfondo, c'era ancora quella mia e di Brian: avrei dovuto cambiarla quando ero sull'aereo, ma poi il sonno aveva avuto la meglio e mi era passato di mentre, ma ormai era il momento. Andai velocemente alla immagini, ne scelsi una a caso e la impostai, prima di comporre il numero di Matt e di chiamarlo. Rispose dopo 3 o 4 squilli, chiedendomi immediatamente come era andato il volo, come stava Maggie e cosa stavo facendo, tutto di fila, senza farmi capire quasi niente. - Okay, allora...Maggie sta bene, glielo leggo in faccia.. -, e, detto questo, vidi un grande sorriso comparire sul suo volto, - Il volo è andato bene, ho dormito praticamente tutto il viaggio e ora sono in ospedale, a parlare al telefono con te perché sapevo che se non ti avessi chiamato mi avresti ammazzato.. -.
- Ecco, esattamente...e oggi vi fanno sapere, giusto? -.
- Si, non so quando, ma si... -.
- Ciao Matt! -, urlò lei, mentre invece Ben era uscito dalla stanza per andare a prendere dei caffé.
- Ciao Maggie! -, rispose lui, - Ah, qui ti salutano tutti, dicono che gli manchi.. -.
- Di già? Ma sono via che neanche 5 ore.. -, dissi, ridendo.
- Siamo una famiglia, in famiglia ci manchiamo costantemente.. -.
- Già, è vero...beh, ora ti lascio, mi faccio sentire il prima possibile, d'accordo? -, gli chiesi.
- Va bene, va bene ci sentiamo il prima possibile, magari ti chiamo stasera, anche perché Valary vuole sentirti, o da di matto.. -.
- Va bene.. -, ripetei, ridendo questa volta più allegramente, nonostante la situazione, - Di a Valary che la salutò tanto, sia io che Maggie.. -, aggiunsi, dopo una sua occhiata.
- Va bene, ti voglio bene -.
- Anche io Mattie, ci sentiamo presto.. -, lo salutai e attaccai, riponendo di nuovo il telefono in tasca.
- Ah ah, posso giocare? -, mi chiese, assumendo il suo solito tono che la faceva apparire come una donna molto più giovane di quello che
era.
- Va bene, tieni.. -, dissi, porgendoglielo, anche se sapevo che c'era un doppio fine nascosto.
- Grazie! -, disse afferrandolo poi saldamente tra le mani e cominciando a frugare. Si mise a giocare con il primo gioco che trovò e la lasciai fare per un bel po' di tempo, mentre mi sistemavo meglio sulla sedia. La osservai un bel po', posando la testa sullo schienale della sedia, anche se non era di certo una posizione comoda.
Ero in procinto di riappisolarmi, non sapevo bene come, visto che avevo dormito per un bel po' di tempo, ma c'ero quasi, se non ci fosse stato l'urlo stridulo di mia sorella. - AAH -.
- AHHH -, ripetei, - CHE C'E'?! -.
- QUANDO?! -, domandò, mostrandomi la foto mia e di Brian, dato che era andata a sbirciare nelle foto, come avrei dovuto immaginare.
- Ahm.. -, biascicai, a corto di una vera spiegazione, - E'...una storia lunga -.
- E allora?! Tu e Brian?! Brian, cioè, Haner, lo stupido, immaturo Haner?! -.
Annuii. - Già...lui, ma non è come pensi, siamo stati insieme...poco, non funzionava.. -, le dissi. Di certo non potevo dirle che ci eravamo lasciati perché dovevo partire per Atlanta, non avrei mai potuto.
- Ma...siete ancora amici, vero? -.
- Si -, mentii, sorridendo nel miglior modo che potevo.
- Davvero? -.
- Si Maggie, siamo ancora amici.. -, dissi, chiudendo bruscamente quel discorso. Per fortuna, in quel momento, tornò Ben con i caffé e quella fu l'unica cosa che mi salvò, perché sapevo che mia sorella non avrebbe smesso con le domande, mi avrebbe tirato fuori la verità, se solo avesse sospettato che le avevo mentito.
Bevemmo il caffé in pace e, mentre aspettavamo i dottori, ricevetti solamente un'altra chiamata, quella di Clare, fatta per dirmi che sarei stata sostituita in quel periodo ma, che appena fossi tornata, avrei riavuto il mio posto senza problema alcuno, perché a quanto pare ero davvero brava a gestire quei bambini e non volevano perdermi.
Dopodiché la ringraziai calorosamente per tutto quello che aveva fatto per me e attaccai, andando così incontro ai dottori a testa alta, pronta, più o meno, per affrontare qualunque cosa dovessero dirci. 

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Capitolo 26
*** Non sarà semplice. ***


Io e Ben ce ne stavamo un po' in ansia nello studio di Alex Montgomery, o così diceva la targhetta sulla sua scrivania, ovvero il medico che si occupava delle cure di mia sorella Maggie.
Io continuavo a picchiettare con i piedi per terra, mentre Ben si guardava in torno con aria assente, come se non sapesse neanche perché era li in quel momento. Dal canto suo, cercava di non dare a vedere quanto fosse preoccupato, ma neanche lui ci riusciva più di tanto e, a volte, si lasciava persino andare, mostrando completamente quello che stava provando.
Sospirai più silenziosamente che potevo, un attimo prima di sentire la porta dello studio aprirsi lentamente. - Scusate il mio ritardo, ma un  paziente aveva bisogno di me.. -, disse una voce gentile alle mie spalle, facendomi voltare per accogliere il dottore che, al contrario di quello che avevo immaginato, era un uomo sulla trentina.
- Si figuri.. -, rispose Ben al posto mio, senza muoversi dal suo posto mentre l'altro si sedeva comodamente sulla sedia davanti a noi. Si mise a sfogliare una delle tante cartelle cliniche che teneva sulla scrivania, finché non trovò quella giusta. - Oh si, Maggie Pederson.. -, disse.
- Ci dia qualche buona notizia, la prego.. -, dissi io, quasi con tono di supplica.
- Beh.. -, ribatté lui, dando un ultimo sguardo ai fogli sotto il suo naso prima di sollevarlo di nuovo verso di noi, - Poteva andare decisamente peggio, visto che la leucemia di Maggie è grave a modo suo, sì, ma ha una percentuale veramente alta di sopravvivenza, tutto ora dipende da come il suo organismo reagirà alla chemio.. -, ci informò, facendo tirare un sospiro di sollievo ad entrambi, mentre si accomodava comodamente sullo schienale della sedia.
- Veramente alta? Sul serio? -, chiese conferma Ben.
Il dottore annuì. - Si, è veramente alta, per questo sono sicuro che ce la farà, è una donna forte e coraggiosa, potrebbe affrontare da sola anche un uragano -, disse, riuscendo a farmi ridere, dato che aveva sottolineato il lato migliore del carattere di mia sorella.
Ricevetti in cambio una veloce occhiata, prima che si dedicasse di nuovo alla cartella. - Per ora questo è quello che volevo dirvi, solo che Maggie starà bene, ne sono sicuro e che il trattamento con la chemio inizierà domani stesso, così da accelerare i tempi -, aggiunse, sorridendo ad entrambi con il solo fine di incoraggiarci in quella situazione.
Non ci disse nient'altro, a parte che il trattamento sarebbe durato qualche mese e che le dovevamo stare accanto per supportarla, cosa che avremmo comunque fatto, sempre. Ci alzammo entrambi e lo ringraziammo calorosamente, uscendo poi dallo studio per tornare in camera di mia sorella, dove lei stava ancora riposando.

***

- Io ve l'avevo detto che stavo bene -, fu una delle prime cose che disse, non appena si svegliò dalla sua lunga dormita.
- Tu dici sempre di stare bene, anche quella volta che volevi andare a scuola per fare il compito di matematica mentre avevi la febbre a 39 -, puntualizzai, facendola sorridere.
- Mi ero preparata tanto per quel compito, non potevo lasciare che l'influenza avesse la meglio -, ribatté.
- E alla fine ci andasti lo stesso, ma non arrivasti a fine giornata -, aggiunse Ben, mentre le sorrideva e si chinava per baciarla.
Lei ricambiò immediatamente quel bacio, facendomi venire una fitta alla bocca dello stomaco, dettata soprattutto dalla nostalgia. Che idiota che ero. - Si, me lo ricordo -, disse, una volta che fu lontana dalle labbra di lui.
- Me lo ricordo anche io.. -, dissi, - Venni con te perché non volevi stare da sola.. -, aggiunsi.
- E tu mi maledissi perché quel giorno eri riuscita a parlare per la prima volta con Trevor -.
Nel sentire quel nome iniziai istintivamente a ridere, ricordandomi di quel ragazzino per cui, per un periodo, avevo avuto una cotta tremenda. - Si, questa me la ricordo, anche troppo bene, ma in fondo mia sorella era più importante.. -, dissi.
Lei sorrise. - Grazie mille, ora però sul serio...credo sia meglio che tu vada a casa, per riposarti.. -.
- Ma mi sono già riposata, non ne ho bisogno -, protestai.
- Devi comunque sistemarti a casa.. -, disse Ben, precedendo Maggie.
- Già -, concordò lei, - E domani tornerai, sarò ancora qui, tranquilla -, aggiunse, facendomi sorridere.
- Sei sicura? Se vuoi resto.. -, ribattei di nuovo, anche se conoscevo bene la risposta.
- Preferisco che ti riposi, io starò bene, davvero -, risposte.
Ci pensai un attimo, ma alla fine sospirai rassegnata e feci per parlare, ma Ben fece prima di me. - Andiamo, ti accompagno a casa -.
- Va bene.. -, acconsentii, avvicinandomi poi a mia sorella per salutarla, posandole un piccolo bacio sulla guancia, - Ci vediamo domani, okay? -.
- Certo, domani ci sarà la parte peggiore! -, disse lei, comunque con il sorriso tra le labbra.
Non potei che annuire appena, visto che purtroppo io non riuscivo proprio a sorriderci su. - E io sarò con te -, le promisi, prima di seguire Ben fuori dalla stanza.
Prendemmo di nuovo la macchina e andammo verso casa, dove arrivammo nel giro di 20 minuti, senza parlare neanche un po', questa volta.
Quando parcheggiò nel vialetto scesi subito, andando verso il bagagliaio e prendendo la mia valigia, scaricandola e posandola per terra. - Allora, Maggie ha insistito per prepararti la casetta, voleva che avessi uno spazio solo per te... -, disse, indicandomi la struttura accanto alla casa, una seconda che faceva parte della villetta che avevano ormai da qualche anno.
- La casetta? Ma...mi sarebbe bastata la stanza degli ospiti.. -, dissi, fermandomi per un momento dietro di lui.
- Sai che quando Maggie insiste non la ferma nessuno, e poi..qui starai decisamente più comoda, visto che parliamo comunque di qualche mese.. -, disse, facendomi cenno di seguirlo, di nuovo.
Esitai di nuovo, ma alla fine cedetti e lo seguii: aprì la porta della casetta ed entrò. - Va bene, grazie.. -, dissi con voce flebile, entrando insieme a lui, sempre con la mia valigia dietro. La casetta era semplice e non troppo grande, ma abbastanza per ospitare una sola persona, ovvero io: c'era un letto matrimoniale, il bagno e un sacco di mobili, più una scrivania con un computer e un modem accanto.
- C'è anche internet, così non sarai costretta ad usare sempre il cellulare per parlare con gli altri.. -, mi spiegò.
- Si, ho visto, grazie davvero...questo mi farà spendere un sacco di soldi in meno -, dissi, ridendo appena.
- Si, esattamente.. -, disse, - Beh, ora ti lascio da sola, così potrai sistemarti e..e il resto -, aggiunse, stringendosi nelle spalle e dirigendosi di nuovo verso la porta.
- D'accordo -, acconsentii.
- Ti chiamo per la cena, a meno che tu non voglia una pizza.. -.
- No, va bene tutto, non c'è problema -, risposi.
- Va bene, allora a dopo.. -, fu l'ultima cosa che disse, poi uscì, lasciandomi da sola.
Non appena la porta si chiuse, mi guardai di nuovo intorno, andando poi a sedermi sul letto senza esitazione, lasciandomici cadere sopra. Restai li per un sacco di tempo, rischiando anche di addormentarmi ma, alla fine, optai per accendere il computer, entrando immediatamente con il mio account Skype, cercando tra i contatti quello di Matt, come al solito online: mi chiedevo come facesse Valary a sopportarlo ancora se viveva di videogiochi e computer. Quel pensiero mi fece sorridere, quasi quanto il fatto che, prima che potessi farlo io, lui mi stava già chiamando.
Accettai in men che non si dicesse la chiamata, attendendo poi che il video si caricasse, mostrando finalmente l'immagine sua e di Val. - AMMYYYYYY! -, urlarono entrambi, facendomi allontanare di colpi dal computer per un momento.
- Hey ragazzi, calmi, si, sono io.. -, risposi, facendoli ridere entrambi.
- Come stai? -, mi chiese subito Valary, - E tua sorella, sta bene vero? -.
- Io sto bene, tranquilla...e anche Maggie, è totalmente intenzionata ad affrontare la malattia a testa alta -. risposi.
- Questo è buono, sapevo che Maggie avrebbe reagito così -, disse Matt.
- Già e...niente, mi mancate già -, dissi, piagnucolando.
- Anche tu ci manchi già, poi ieri mia sorella è venuta con Lucas e appena ha saputo che eri partita per poco non dava di matto.. -, spiegò Matt.
- Oh, che picci, appena lo rivedi salutamelo, d'accordo? -, gli chiesi.
- Certo, lo farò -, promise.
- E per quanto tempo resterai ad Atlanta, i medici ve lo hanno detto? -, domandò Valary, facendosi più spazio nell'inquadratura della webcam.
- Hanno detto 4 mesi, per ora, ma non è ancora sicuro, bisogna vedere come l'organismo di mia sorella reagirà alla chemioterapia e in base a quello sapremmo per certo quanto tempo richiederà.. -, spiegai.
- 4 mesi... -, dissero in coro, sottovoce, - Spero davvero che si rimetta il prima possibile.. -, aggiunse poi Val.
- Si, anche io, ovviamente...e voi invece? Quando comincerete il tour per Nightmare? -, domandai, ovviamente incuriosita e anche un po' per cambiare argomento.
- Verso fine Agosto primi di Settembre, approssimatamente.. -, rispose lui, - E so già che sarà parecchio stressante -, disse subito dopo, ridendo...per non piangere, insomma.
- Dici sempre che sarà stressante, ma alla fine vi divertite, lo sapete.. -, lo rimbeccò Val.
- Val ha vinto -, dissi, ridendo.
- Eh, lo so -, si pavoneggiò lei.
- Sentite, ora è meglio che vada, devo ancora svuotare la valigia e..non so, probabilmente mi addormenterò non appena poserò la testa sul cuscino.. -, spiegai.
- Tienici aggiornati, per qualunque cosa, va bene? -, chiese Matt.
- Si, ovviamente e voi fate lo stesso, appena potrò..sentirò anche gli altri -, dissi.
- Va bene, allora ci sentiamo presto... -, disse Val, anche se un po' riluttante, - Ti vogliamo beeeene! -, urlarono poi entrambi, di nuovo in coro.
- Anche io vi voglio bene e..FATEMI UN NIPOTINO, ciao -, salutai, mettendo poi fine alla conversazione senza neanche aspettare una loro risposta. Chiusi Skype e spensi il monitor del computer, completamente intenzionata a mettere a posto la roba che avevo portato con me nella valigia.
Feci per prenderla, ma alla fine cedetti alla voglia che avevo di dormire e mi stesi, nonostante la mia dormita in aereo.
Pensavo che quella sarebbe bastata e invece ero ancora stanca, stanca a dir poco, visto che mi addormentai non appena posai la testa sul cuscino, proprio come avevo detto a Matt.
Quando mi svegliai di nuovo, l'ora di cena era passata da un po' e io avevo gli occhi completamente bagnati dalle lacrime, dettate dal sogno che avevo appena fatto. Gli incubi erano ufficialmente tornati e quel periodo non sarebbe stato per niente semplice, né per me, né per Maggie, né per Ben.

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Capitolo 27
*** Cambiamenti. ***


Avevo messo troppo zucchero nel caffé, come al solito e, infatti, solo una piccola parte si era sciolta del tutto. Presi a girarlo freneticamente con il cucchiaino, bevendone poi un piccolo sorso e alzandomi, scontrandomi con un dottore che passava li in quel momento, versando per sbaglio un po' di caffé sul camice. - Oh, mi...mi dispiace, non l'avevo vista.. -, mi scusai immediatamente, sollevando lo sguardo e riconoscendo solo allora lo sguardo tranquillo e vivace del dottor Montgomery.
- Non preoccuparti, è..è solo una macchia -, disse, abbassando lo sguardo sul camice per valutare il danno, - Tu sei la sorella di Maggie, Amy, giusto? -, chiese, scrutando il mio viso.
Annuì. - Si, sono io..e mi scusi ancora, ma sto praticamente dormendo.. -, ripetei.
- Non preoccuparti, e dammi del tu..comunque, io sono Alex.. -, disse, allungando la mano verso la mia, - ..sono due settimane che cerco di presentarmi ma non ci riuscivo mai -, aggiunse poco dopo.
Sorrisi cordialmente, allungando poi la mia mano e stringendo la sua. - Piacere mio, io sono Amy, anche se già lo sai.. -, risposi, ritraendola subito dopo, - Mi trovavi spesso a dormire, vero? -, domandai, sicura che quella fosse l'intuizione giusta.
- Si, deve essere stancante passare così tante ore in ospedale... -, disse.
- Si, è stancante, ma la parte peggiore la sta passando Maggie e ha bisogno di qualcuno che le stia accanto... -, spiegai, anche se era più o meno inutile, visto che la cosa era ovvia, - Per questo ricorro spesso e volentieri al caffé -, aggiunsi subito dopo, facendo per incamminarmi nuovamente verso la camera di mia sorella.
Lui mi seguì, tenendo stretta la cartella clinica che aveva in mano. - Maggie starà bene, credimi...il processo di chemio è appena iniziato e ha reagito benissimo.. -, m'informò, facendo illuminare come al solito il mio viso.
- Ne sei davvero sicuro? -, chiesi comunque.
- Si, ne sono sicuro e poi...sono un'inguaribile ottimista, non posso farci niente! -, rispose, strappandomi un sorriso, che si trasformò velocemente in una risatina, che cercai comunque di soffocare.
- Già, anche io vorrei essere ottimista, ma sono successe già cose negative nella mia vita di recente, e questo di certo non aiuta -, ammisi senza un motivo preciso, mentre mi avvicinavo sempre di più alla stanza di Maggie, dove stava riposando, visto che aveva finito solo un paio di ore prima l'ennesimo processo con la chemio.
- Oh, mi dispiace, ma fidati di me..questa volta non ci sarà nessuna complicazione, è solo questione di tempo, sei disposta ad aspettare? -, mi chiese, quando ormai eravamo davanti alla porta.
- Si, certo -, ribattei decisa, allungando la mano verso la maniglia. Ci fu un momento di silenzio, durante il quale ci guardammo e basta e poi, presa da un momento di imbarazzo, feci di nuovo per voltarmi, quando lui invece parlò. - Cosa risponderesti se ti chiedessi di uscire? -, fece all'improvviso, prendendomi totalmente in contropiede.
Mi voltai lentamente, ancora una volta, guardandolo incredula. - Sul..sul serio? -, domandai, facendo sicuramente la figura dell'idiota.
- Si, sul serio...se non vuoi rispondermi subito, non fa niente, posso aspettare.. -, e, detto questo, se ne andò, non prima di avermi sorriso di nuovo.
Rimasi li davanti alla porta, di spalle, bevendo in un solo sorso il caffé che era rimasto e gettando il bicchierino nel cestino accanto a me.
Dopodiché entrai semplicemente in stanza, in tempo per vedere mia sorella sveglia, da poco, vista la sua espressione assonnata. - Buongiorno.. -, mi disse, stropicciandosi gli occhi, - Quando ho dormito? -, chiese.
- Un paio d'ore, ero a prendere un caffé.. -, la informai, andando a sedermi accanto a lei.
- Oh, sono ancora stanca morta, è possibile? -.
Feci cenno di si con la testa. - E' normale, sono i lati negativi della chemio -, dissi, sedendomi poi più comodamente sulla sedia.
- Ben dov'è? -.
- Doveva sbrigare delle cose urgenti al lavoro, ha detto che torna più tardi.. -.
- Capito..tu invece, hai sentito gli altri? E/o combinato qualcosa mentre mi buttavano radiazioni addosso? -, domandò, facendomi sorridere.
- Si, mi ha chiamato Matt, come al solito, ma ho parlato praticamente solo con Valary, visto che doveva raccontarmi un sacco di cose...per il resto...mi hanno appena chiesto di uscire -, conclusi.
La sua reazione fu velocissima: spalancò gli occhi e, in un attimo, si stava già allungando verso di me. - Chi? chi, chi chi? Il barista simpatico? O quell'infermiere che ieri ti fissava? -, domandò, tutta eccitata.
Io scossi semplicemente il viso. - No, nessuno dei due! -.
- E allora chi?! -, chiese impaziente.
- Il...il dottor Montgomery -, risposi.
- Uhhh, quel gran bel pezzo di dottore.. -, disse lei.
- Hey! Tu sei sposata! -, la rimbeccai, ridendo.
- Ma infatti non ho detto niente, ho fatto solo un piccolo commento su quanto quel dottore sia in grado di far smuovere anche gli ormoni di una suora con la "s" maiuscola -, rispose tranquillamente, tornando con la schiena appoggiata al cuscino dietro di lei.
Risi ancora una volta, prima di rispondere, almeno. - Comunque..non so neanche se accettare, insomma, non lo conosco neanche -.
- E' a questo che servono gli appuntamenti, a conoscere la persona che ti ha invitato.. -, fece lei.
- Si, lo so a cosa servono gli appuntamenti...è solo che, non lo so, non mi va di frequentare qualcuno..in questo momento -, spiegai.
- E perché mai? -.
- Primo perché sarebbe inutile, visto che io abito ad Huntington...secondo perché.. -, provai a dire, bloccandomi subito dopo.
"Secondo perché amo ancora Brian", pensai tra me e me.
- ..secondo? -, mi spronò lei.
- Niente, solo non mi va.. -.
- Beh, comunque non è detto che diventi una vera e propria relazione, può anche darsi che sia solamente un'uscita così.. -, disse, - Secondo me devi provare -, aggiunse.
- Seriamente? -.
- Si! Una serata lontana da questo ospedale ti farà bene, hai tutto il diritto di divertirti e io non voglio di certo costringerti a rimanere qui contro la tua voglia -.
- Non mi tieni qui contro la mia voglia -, dissi immediatamente.
- Lo so, dico solamente che puoi concederti una serata fuori di qui, e ripeto...quel dottore è davvero un bell'uomo, secondo me hai fatto centro -.
Risi nuovamente. - Va bene, allora andata per l'uscita...appena lo vedrò di nuovo glielo dirò -, dissi.
- Perfetto! -, trillò lei, - E ora che ne dici se chiamiamo un'infermiera e le chiediamo se possiamo andare in giardino, questa stanza comincia a darmi noia -, propose.
- Dico che è un'ottima idea -, concordai, andando subito a chiamare l'infermiera, che accolse di buon grado la nostra richiesta, lasciandoci andare.


***

Mandai giù l'ennesimo cicchetto della giornata, posando poi di nuovo il bicchierino sul bancone davanti a me.
Me ne stavo al bar vicino alla spiaggia senza fare gran ché, a parte bere, ed ero anche mezzo sbronzo, tanto per dirne una. Allungai il bicchierino verso Jack, il barista che sia io che i ragazzi conoscevamo da una vita, intimandolo così a versarmi altro whisky. - Syn, non ti sembra di stare esagerando? -, domandò, esitando davanti al bicchierino.
Feci di no con la testa. - Per niente.. -, risposi, - Non sono ancora completamente ubriaco -, aggiunsi.
- Perché ti stai riducendo così, si può sapere? -.
- Perché non ho un cazzo da fare, ecco perché -, dissi solamente.
- E gli altri? Perché non sei con gli altri? -.
- Perché non ne avevo voglia, volevo stare un po' da solo...ora mi verseresti dell'altro whisky, per favore? -, chiesi cordialmente, per quanto mi riuscisse difficile, in quel momento.
- E' l'ultimo, o a casa illeso non ci tornerai mai -, sbottò, versando il liquido ambrato nel bicchiere.
- Tanto sono a piedi, mi basta camminare sul marciapiede invece che in mezzo alla strada -, dissi, buttando giù anche quell'ennesimo sorso. Mi alzai subito dopo, posando i soldi sul bancone e dirigendomi velocemente all'uscita del bar. Avevo il viso chinato e tutti si stavano facendo largo per farmi passare, come al solito, quando invece andai a sbattere contro qualcuno. - Scusa, non l'ho fatto apposta -, fu tutto quello che dissi, infilandomi poi gli occhiali da sole e uscendo, senza degnarmi neanche di guardare la persona a cui ero andato addosso.
- Hey, tu sei Synyster Gates o sbaglio? -, chiese una voce femminile, appena dietro di me.
Sospirai pesantemente, voltandomi subito dopo e togliendomi gli occhiali. - Si, in persona -, risposi.
- Oh, wow...è davvero un piacere per me conoscerti, io sono Michelle! -, disse lei, allungando immediatamente la mano verso di me.
La guardai per un attimo, prima lei e poi la mano e, alla fine, la allungai a mia volta, stringendola. - Piacere mio...e ora, mi dispiace, ma davvero non posso trattenermi, sento che da qui a breve vomiterò -, spiegai, senza preoccuparmi di essere delicato e chissà cos'altro: che mi importava, ero sulla retta via della sbronza.
- Posso darti una mano? Almeno ad arrivare a casa? -, domandò, cercando di rendersi utile.
In un'altra occasione, avrei sicuramente rifiutato, fino a qualche mese prima, avrei rifiutato, a dirla tutta, ma in quel momento non mi sembrava poi una cattiva idea. Dovevo tornare di nuovo Syn, quello che non rifiutava mai niente e lasciar da parte Brian, quello che di recente pensava solamente a quell'unica donna che l'aveva fatto innamorare. - Si, perché no, ma ti avverto, c'è da camminare.. -, feci, cominciando a muovermi, mentre mi infilavo di nuovo gli occhiali da sole.
In men che non si dicesse era già al mio fianco, che teneva il mio passo senza sforzo alcuno, nonostante io non stessi camminando poi tanto lentamente. Ci mettemmo un po' ad arrivare a casa, visto che ero a piedi, ma alla fine, non ci feci neanche caso: parlammo un po' durante il tragitto, ma di niente di entusiasmante, non per me almeno.
Quando varcai la porta di casa, come prima cosa, andai a prendermi del caffé, che offrii anche a lei, e, come seconda, me la portai al letto, senza provarci neanche più di tanto. 

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Capitolo 28
*** Nuove conoscenze. ***


Okay, se qualcuno se lo chiedesse (?) il personaggio di Chris è ispirato a Chris Miles di Skins, perché boh..lo amo tanto tanto, e non appena ho scritto quel pezzo mi sono immaginata lui. Quindi niente, ci tenevo a condividere questa cosa con voi. <3 ( http://25.media.tumblr.com/tumblr_kpsoxnleaA1qa384zo1_500.jpg )

Alla fine, dopo aver accettato l'invito, ero dovuta andarci per forza e, al contrario di quello che avevo pensato, non era andata neanche tanto male. Avevamo cenato in un ristorantino carino e avevamo parlato un po' delle nostre vite, così da conoscerci un po' meglio.
Alex era un tipo apposto, ma ero sicura che tra di noi non ci sarebbe mai potuto essere nient'altro, visto che non facevo altro che pensare a Brian, anche quando non volevo.
Ripensavo alla sera in cui lo avevo lasciato, agli incubi che avevano ricominciato a tormentarmi subito dopo...a tutto quanto, a quello che avevano passato insieme e capivo sempre meglio che la cosa non mi sarebbe passata facilmente, non mi sarebbe passata mai, probabilmente. Molto probabilmente.
Sapevo che, appena mia sorella avesse finito il trattamento e si fosse sentita meglio, sarei dovuta tornare ad Huntington, perché era quella la mia casa e io non potevo continuare a scappare come una codarda. Dovevo trovare la forza di sistemare le cose, anche se avevo combinato un casino madornale.
Avevo ricevuto l'ennesima telefonata di Matt e mi aveva detto che ormai tutto era pronto per iniziare il Tour, che non vedeva l'ora, lui insieme agli altri, ma che sarebbe stato difficile, cosa più che scontata. Lo incoraggiai più che potevo, dicendogli che alla fine sarebbe andato tutto bene ma, comunque, alla fine, finimmo entrambi per piangere, parlando nonostante i singhiozzi. Era strano sentire Matt piangere, visto che era sempre stato un tipo dal cuore d'oro, il classico che non dice come sta per non far preoccupare gli altri e che, raramente, esponeva le sue emozioni. Ma era il mio migliore amico, sapeva che poteva dirmi tutto e io sapevo di poter dire tutto a lui.
Lo lasciai andare dopo tante esitazioni, continuando a ripetergli che sarebbe andato tutto bene e che, se voleva, poteva chiamarmi alla fine di ogni spettacolo, anche agli orari più assurdi, perché per gli amici si faceva questo e altro. Riuscii a strappargli una risata, poco prima di concludere quella telefonata.
Mi asciugai gli occhi con le dita, vedendole immediatamente sporcarsi di nero, a causa della matita che era colata, poi mi costrinsi semplicemente ad alzarmi dal letto, così da poter andare in ospedale da mia sorella. Uscii dalla casetta, senza curarmi neanche di andare a suonare a Ben, visto che sapevo benissimo che era già in ospedale e mi incamminai nella direzione dell'ospedale, che distava un po' da li.
Decisi di mettermi le cuffiette, così da ascoltare un po' di musica durante il tragitto, ma venni interrotta, neanche dopo 10 metri, dal suono continuo di un clacson dietro di me. Feci per voltarmi, anche se non ero sicura che fosse per me e, solo allora, vidi una bella macchina nera, con alla guida Alex, che mi salutava e mi sorrideva. Mi fermai allora sul marciapiede, ricambiando il sorriso e avvicinandomi alla macchina. - Ti serve un passaggio fino all'ospedale? -, chiese.
- Ahm..posso..posso anche andare a piedi, mi piace camminare.. -, risposi, con una cuffietta si e l'altra no.
- Anche io sto andando all'ospedale, devo attaccare il turno tra un po', non è che mi disturbi! -, ribatté, vedendomi indecisa.
- Sicuro? -.
- Certo..andiamo, salta su -, mi intimò, allungandosi e aprendo la portiera.
- Va bene.. -, acconsentii, seppur sottovoce, avvicinandomi così definitivamente e sedendomi sul sedile, chiudendo la portiera. Mise subito in moto, partendo così in modo spedito verso l'ospedale; era la prima volta, dopo la nostra uscita, che ci ritrovavamo da soli, cioè, da soli, fuori dall'ospedale, quindi mi sentivo anche un po' in imbarazzo, anche se avevo capito che con lui provare imbarazzo era un po' difficile, visto che era in grado di mettere a loro agio tutti quanti, anche persone che conosceva da pochissimi. - Ti sei divertita l'altra sera..vero? -, chiese improvvisamente, destandomi dai miei pensieri, - Cioè, spero di non averti annoiato o roba simile -, aggiunse, quando io stavo quasi per rispondere.
- No, non mi hai annoiato, anzi, mi sono divertita molto e non lo dico per dire, anche perché non sono brava con le bugie.. -, feci,
tranquillizzandolo, apparentemente.

- Bene, mi fa piacere, perché anche io sono stato bene.. -, disse, voltandosi per un momento a guardarmi e sorridendo, poco prima di tornare a guardare la strada.
Io mi limitai a guardare davanti a me, sperando di non essere arrossita, mentre giocavo distrattamente con le mie cuffiette.
- Che stavi ascoltando? -, mi domandò, non appena vide che non davo segni di vita, dovuti ovviamente a quel piccolo momento di imbarazzo.
- Ahm...i Guns N' Roses, sono uno dei miei gruppi preferiti.. -, risposi, mostrandogli il nome della canzone sul display, visto che ci eravamo fermati ad un incrocio con un semaforo rosso.
- Estranged...gran bella canzone -, disse, - Non scorderò mai la prima volta che li ho visti live, è stato un concerto epico.. -.
- Cioè..quindi..piacciono anche a te? Davvero? -.
- E a chi non piacciono? Sono uno dei gruppi rock che ha rivoluzionato la storia, è difficile che non piacciano! -, rispose, partendo di nuovo,
visto che era scattato il verde.

- Si, in effetti è vero...io li ascolto da quando ho 15 anni, più o meno, io e i miei amici amavamo quel genere di musica, siamo cresciuti così.. -, dissi.
- Avete avuto una bella adolescenza, insomma.. -, dedusse, facendomi ridacchiare.
- Si, più che buona, devo dire.. -.
- Hai portato con te anche Maggie, a quanto ho visto, perché anche lei va matta per quel genere di musica -, aggiunse.
- Si, beh...lei era la minore, quindi cercava di riprendere un po' quello che io facevo, quando capii che le interessava davvero la istruii, praticamente...e feci anche un buon lavoro -, risposi.
- Si beh, l'hai cresciuta bene...anche perché, ha quanto so, eri come una mamma per lei..vista..la storia dei tuoi -.
Non appena accennò a quell'argomento, istintivamente, chinai di nuovo il viso, quasi con aria assente. - Si, più o meno, aveva bisogno di qualcuno che la proteggesse dal mondo circostante e da tutte le brutte cose che ne facevano parte, e io non potevo lasciarla da sola -, dissi, cercando di non scompormi più di tanto, limitandomi solamente a guardare fuori dal finestrino.
- Mi dispiace..forse non avrei dovuto tirare fuori questo argomento, scusami.. -, biascicò, ovviamente mortificato.
- No, sta tranquillo, sono abituata a parlare dei miei, non sei il primo che mi fa delle domande.. -, risposi, voltandomi a guardarlo di nuovo e sorridendo in modo sincero.
- D'accordo, ma scusami lo stesso...posso farmi perdonare con un caffé in ospedale? Qualcosa mi dice che non hai dormito molto -, dedusse, di nuovo.
- Si, andata, ho davvero bisogno di un caffé, come al solito, del resto -, risposi.
- Benissimo -, confermò, un paio di minuti prima che arrivassimo all'ospedale. Parcheggiò nel primo posto libero che trovò e poi scendemmo, avviandoci verso la grande porta d'entrata. Non appena entrammo di dirigemmo subito verso la caffetteria, dove ordinammo due caffé: restammo a chiacchierare per qualcosa come 20 minuti, poi lui si allontanò, visto che doveva attaccare a lavorare e io mi chiusi, come al solito, in camera con mia sorella, aspettando con lei il trasferimento per andare a fare la sezione giornaliera di chemio.

***

Fissavo il soffitto sopra di me con aria assente, nonostante accanto a me, proprio poggiata sul mio petto, ci fosse la bella ragazza bionda che avevo conosciuto quel giorno al bar. Era impossibile come neanche il sesso mi distraesse e la cosa mi dava quasi ai nervi.

Ma, in fin dei conti, era inutile prendersela, mi dovevo solo arrendere alla cosa, visto che continuavo a combinare tutte quelle stronzate solamente perché Amy mi mancava, mi mancava da morire. Solamente che non lo ammettevo con anima viva, mai e poi mai. Praticamente esasperato, mi liberai dalla lieve stretta di Michelle, o almeno mi pareva che si chiamasse così, e scivolai giù dal letto, infilandomi i boxer, buttati li a terra e uscendo dalla stanza, facendo il meno rumore possibile. Presi i primi vestiti che trovai in salotto e mi vestii, uscendo di casa nonostante fossero appena le 6 del mattino. In giro non c'era nessuno, giustamente, a parte qualche macchina e un paio di persone molto mattiniere che portavano a spasso il cane. Camminai tranquillamente, con entrambe le mani in tasca, senza una meta precisa: avevo solamente voglia di uscire da casa mia, una volta per tutte.
Continuai dritto davanti a me per quelli che potevano essere stati 20 minuti, finché non raggiunsi lo spiazzo dove, di solito, i ragazzi andavano a fare skate, non alle 6 del mattino, ovviamente.
Mi sedetti su un grosso muretto e restai li per un po', ricordandomi a poco a poco di tutte le volte che ero stato in quel posto, anche da ragazzo e a quante volte ero magari caduto, mi ero fatto male o mi ero addirittura rotto qualcosa. L'avevo scoperto per caso quando avevo 13 anni e subito mi era balzata in testa l'insana idea di imparare ad andare con lo skate, attrezzo che per uno con l'equilibrio pessimo come il mio era più che impossibile. Ma, alla fine, ce l'avevo fatta e una volta perfezionate le mie tecniche, ci avevo portato anche gli altri, che mi avevano seguito a ruota: una volta ci passammo tutto il pomeriggio, cercando di insegnarlo anche alle ragazze, senza molto successo. Lacey non se la cavava molto male, mentre Valary e Amy erano un disastro e perdevano l'equilibrio di continuo. Una volta le avevamo prese in giro per mezza giornata e loro erano andate in sciopero, decidendo che non avrebbero parlato con noi finché non ci fossimo scusati. Inutile dire che la cosa non era andata a buon fine, ma alla fine era stato Jimmy a convincerle, visto che con le parole era sempre stato meglio di noi.
Amy..Jimmy...possibile che non ci fosse almeno un posto in cui riuscivo a non pensare a loro? Mentre mi ponevo quella domanda mi ero già alzato, tornando sui miei passi, quando una voce dietro di me mi fermò. - Hey, aspetta...tu non sei, non sei Synyster Gates? -, chiese, mentre io mi voltavo, aggrottando lievemente la fronte, - Oddio si, sei Synyster Gates! -, aggiunse, indicandomi.
- Si, sono io -, risposti solamente, visto che ormai ero abituato a quel tipo di cose, che a volte erano comunque, davvero, molto, stancanti e stressanti.
- Oddio, io..adoro la tua band! Seriamente, vi seguo dal 2003! -, mi disse, sistemandosi il cappello che avevo in testa, il classico da skater, da dove spuntava un ciuffo di capelli castano scuro.
- Oh, sei un veterano allora.. -, dissi io, abbozzando un sorriso, - Scusa, ma stavo.. -, inizia a dire, cambiando invece subito dopo idea, - ..anzi no, hey, ti andrebbe di farmi un favore? -, gli domandai.
- Un favore? Certo, sei Synyster Gates! -, ripeté con voce infantile, indicandomi vagamente di nuovo.
Risi, trovandolo per qualche strano motivo anche abbastanza buffo, però sembrava un tipo apposto, a prima impressione. - Potresti farmi vedere qualcosa con lo skate, roba a caso...per ripassare le basi -, gli chiesi, mentre mi avvicinavo di nuovo.
- Cioè...vuoi vedere qualcosa con lo skate? -, chiese conferma.
- Si, io ho dimenticato persino come si frena.. -, scherzai, mentre gli passavo accanto a mi sedevo di nuovo sul muretto.
- Oh beh, sarà un onore -, rispose, prendendo poi saldamente in mano il suo skate e avvicinandosi alla pista, dove cominciò a fare avanti e indietro per prendere un po' di velocità. Dopodiché cominciò a farmi vedere davvero le basi, con salti e qualche altra piccola acrobazia che lui stesso si era inventato, o così aveva detto. Se ci avessi provato io, probabilmente mi sarei rotto una caviglia, cosa che avrebbe guastato a me e ai miei amici, visto che il tour iniziava a breve.
- Cavolo, sei davvero bravo, meglio di come me la cavavo io quando avevo 13 anni.. -, confessai, - Ma perché sei qui a quest'ora? Non è un po' presto per te..? -, chiesi, facendogli capire che volevo conoscere il suo nome.
- Chris, mi chiamo Chris, cioè, Christopher, ma tutti mi chiamano Chris -, rispose, - E vengo qui ora perché almeno posso stare da solo, dalle 7 in poi si riempie completamente e io non ho più il mio angolo di tranquillità.. -, aggiunse.
- Ti piace stare da solo? -.
- Si.. -, disse, stringendosi nelle spalle, - Quando capita mi piace, tanto mia madre non si lamenta se esco di casa presto, anzi, non se ne accorge neanche.. -, aggiunse, saltando di nuovo sullo skate e cominciando a fare di nuovo avanti e indietro, - Tu perché ci sei venuto? Se non sono indiscreto.. -.
Mi strinsi nelle spalle, scrollando poi lievemente il capo. - Nostalgia, credo...volevo rivivere dei vecchi ricordi -, dissi solo.
- Anche io ci vengo per questo, o almeno..è uno dei motivi.. -, disse, eseguendo poi l'ennesimo salto, - Riesco anche a pensare qui, quando non c'è troppo casino... -.
- Mi fa piacere che qualcuno lo frequenti ancora, pensavo che lo skate fosse passato di moda -.
- Ma scherzi? Lo skate non passerà mai di moda..è come una droga, se cominci..non smetti più.. -, e, detto questo, tornò di nuovo alla pista, esibendosi per qualche altro minuti prima di fermarsi ancora. Nonostante lo avessi appena conosciuto, gli proposi lo stesso di venire a prendere un caffé...tanto che quasi non ci credeva.
Chiacchierammo per un po', mentre eravamo nel bar e, così, scoprii che aveva 21 anni, poteva essere benissimo mio fratello, e che praticava quello sport da quando aveva 10 anni, perché suo padre glielo aveva fatto apprezzare, comprandogli il primo skate.
Non sapevo perché stavo intrattenendo quella conversazione con quel buffo ragazzo e neanche perché gli stessi raccontando molte cose della mia vita, sapevo solamente che sentivo di potermi, in qualche modo, fidare di lui. Forse ero solo ingenuo, ma quando me ne andai, diretto di nuovo verso casa mia, capii: quel ragazzo mi ricordava molto Jimmy, non per l'aspetto, ma solo per i modi di fare. Mi aveva raccontato di tutte le volte che si era messo in mezzo a delle risse per proteggere sua sorella minore, di quante volte si era sacrificato per aiutare sua madre, visto che il padre era molto da tempo e di quanto, nonostante tutto, non smettere di volere bene a entrambe. Era un ragazzo pieno di vita, come lo era Jimmy, pronto a tutto per far star bene quelli che aveva intorno, anche a costo di far star male se stesso.
La mattina seguente sarei tornato li, allo stesso orario e nello stesso posto, perché volevo incontrarlo di nuovo, magari parlarci e magari imparare di nuovo qualcosa in più sullo skate. Era strano, lo sapevo, eppure era questo che mi sentivo di fare e, come al solito, avrei seguito solo il mio istinto. 

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Capitolo 29
*** Tasti Dolenti. ***


Mi erano bastati un paio di giorni insieme a Chris per imparare di nuovo le basi dello skate e, ormai, me la cavavo già abbastanza bene, a parte qualche caduta di tanto in tanto, di cui ormai ridevo anche.
- Sicuro che non ti sei fatto male? -, mi chiedeva spesso lui, neanche avessi 6 anni, e io rispondevo sempre di no, anche se magari sentivo dolore.
Un giorno, decidemmo entrambi di andarcene prima, visto che la pista stava già cominciando a riempirsi nonostante fossero solamente le 7 del mattino e poi, sinceramente, non mi andava di essere assalito da chissà quante persone, quindi era meglio tagliare la corda il prima possibile. Andammo così verso casa mia, senza farci notare troppo, arrivando nel giro di qualche minuto: come al solito, Michelle era già andata via, visto che ormai veniva a casa mia solamente per il sesso, e io la facevo entrare per lo stesso motivo. Distrazioni, mi servivano distrazioni.
- Sono...dentro la casa di Synyster Gates.. -, disse, non appena varcò la soglia, chiudendosi poi la porta alle spalle.
- E' una casa come le altre -, dissi io, posando le chiavi sul solito davanzale.
- E' la casa di uno dei miei idoli, se permetti... -, spiegò, posando poi delicatamente il suo skate a terra, vicino al mio, quello che avevo tirato fuori da un vecchio sgabuzzino solo per quell'occasione.Risi. - Okay, te la do buona...ah, comunque grazie, per avermi insegnato di nuovo ad andare sullo skate, intendo! -.
Lui si strinse nelle spalle. - Non c'è di che, mi sono divertito e poi...non mi capita spesso di dare lezioni guida al chitarrista della mia band preferita -, disse nuovamente, guardandosi intorno con aria spaesata, rimanendo comunque praticamente sulla soglia di casa.
- Puoi venire avanti, nessuno ti mor... -, provai a dire, vedendo Pinkly fare, solo allora, capolino nella stanza, scodinzolando e facendo casino con il campanellino che aveva legato al collare. - No, nessuno ti morde, nel vero senso della parola -, aggiunsi, indicando la mia cagnolina che, incuriosita, annusava i pantaloni di Chris, dato che non l'aveva mai visto prima di allora.
- Pinkly, tu sei Pinkly, ciao -, fece lui, inginocchiandosi e cominciando ad accarezzarle la testolina. Evitai di chiedergli come facesse a sapere come si chiamava, visto che la risposta era molto ovvia, quindi decisi di stare zitto, mentre andavo in cucina per prendere due birre, una per me e una per lui.
Finimmo col metterci sul divano a guardare la replica di una partita dei Lakers, commentando tutti gli errori o le chiamate idiote degli arbitri: scoprii così che anche lui era tifoso dei Lakers e, ormai, non mi capitava più di vedere una partita insieme a qualcuno da molto tempo, non senza parlare ogni 3 secondi. Forse era per questo che nessuno accettava più i miei inviti, perché parlavo troppo e troppo spesso. Risi di quel pensiero, ricominciando poi a bere la mia birra, mentre continuavamo a guardare la partita, finché non finì.
- Niente male come partita -, osservò lui.
- Si, considerando che abbiamo vinto, non è stata per niente male e poi me l'ero persa ieri sera, quindi dovevo vederla comunque -, risposi, alzandomi dal divano con la mia lattina tra le mani, allungandomi poi a prendere anche la sua, tornando in cucina dove le gettai entrambe nel cestino dell'immondizia.
Stavo tornando di nuovo in salone, quando invece sentii battere alla porta. - BRIAAAAAAAAAAN, FACCI ENTRARE -, gridava una voce familiare, quella di Matt.
Chris si voltò a guardarmi con un'aria che era un misto tra lo sbalordito e il gasato, lo vedevo bene. - Ora ti presento gli altri -, dissi, gasandolo così ancora di più, avvicinandomi alla porta.
- Cosa? Davvero?! -.
- Beh, dovrò aprirgli la porta, oppure la butteranno giù, stanne sicuro -, risposi, afferrando il pomello e girandolo, aprendola subito dopo. - Ragazzi -.
- BRIAAAAAAAAAAAAAAAN -, fece di nuovo Matt, perforandomi un timpano, - Grandi notizie, fai le valige, si parte per il Tour! -, esordì, entrando poi in casa insieme agli altri.
Zack mi guardò, con aria quasi esasperata. - E' venuto a prendere anche me a casa, neanche 10 minuti fa -.
La guardai con comprensione, voltandomi poi giusto per vedere Chris che guardava tutti quanti con gli occhi sgranati. - Lui chi è? -, chiese Johnny, incuriosito.
- Lui è Chris, è un mio amico -, spiegai.
- ..e perché ci guarda con gli occhi spalancati? -, chiese Matt.
- E' un Sevenfolder, ecco perché vi guarda in quel modo -, spiegai, - Inutile che faccio le presentazioni -, aggiunsi, rivolgendomi questa volta a lui.
- Ciao Chris, è un piacere conoscerti -, fece Matt, allungando la mano verso di lui.
- Ah, ci-ciao -, rispose lui, allungandola a sua volta e stringendola, forse con un po' troppa foga, - E' un'enorme piacere conoscerti, conoscervi tutti quanti, io vi adoro, siete il mio gruppo preferito e vi ascolto da una vita!! -, aggiunse, mollando poi la sua mano e guardando gli altri, che lo osservavano con aria divertita- Mi ha insegnato ad andare di nuovo sullo skate, e stavamo guardando la replica della partita dei Lakers, prima che tu arrivassi a sfondare
la porta di casa -, spiegai.
- Hai ricominciato ad andare sullo skate? -, chiese Johnny, più sbalordito che altro.
Annuii. - Si, abbastanza, più che andare in skate abbraccio spesso la pista -.
- Si, c'era da aspettarselo, visto che l'ultima volta che hai fatto skate avrai avuto neanche 16 anni -, disse Matt, lasciandosi poi cadere sul divano, davanti a Chris, che li guardava ancora con aria adorante, uno per uno.
- Chris, siediti dai, non mordiamo -, disse Zack, buttandosi poi vicino a Matt.
- No, si, cioè..okay -, disse, sempre con aria disorientata, facendomi ridere, visto che, in quel momento, non dimostrava per niente i suoi 21 anni.
- Comunque dicevo, devi preparare le valigie, è praticamente tutto pronto per il Tour -, ripeté Matt, attirando così la mia attenzione, mentre mi incamminavo verso il divano con entrambe le braccia incrociate.- Il Tuor per promuovere Nightmare, vero? -, chiese Chris, prima che io potessi aprire bocca.
- Si, esatto, ci toccherà sgobbare per qualche mese -, proseguì Matt, facendo ridere, seppur amaramente, tutti quanti, - Viene a trovarci? -, gli chiese poi.
- Ahm...non lo so, non credo, però sono già stato ad un vostro concerto prima, nel 2006 -, disse.
- Davvero? -, chiese Zack, sbadigliando. Matt li aveva praticamente tirati giù dal letto, mi chiedo con quale autocontrollo non lo avessero ammazzato già.
- Si, ed è stato epico, il miglior concerto della mia vita -.
- In effetti.. -, cominciò Johnny, - ..siamo molto bravi, si -, si pavoneggiò, facendo acheggiare l'ennesima risata nella stanza dove ci trovavamo tutti quanti.
- Si, ci sarà un motivo se vi ascolto da tanto tempo, ho amato la vostra musica dal primo momento -.
- ..e i miei assoli, vero? -, domandai, ridendo poi divertito.
Anche lui rise. - Si, quelli soprattutto! -, rispose, voltandosi poi a guardare Zacky, quasi con aria mortificata, - Non per sminuire te, ovviamente! -, aggiunse subito.
- Tranquillo, so di essere bravo -, fece lui, facendogli tirare un sospiro di sollievo.
- Mai quanto me però, rassegnati -, ribattei, più convinto che mai.
- Non iniziare a tirartela tu, sai benissimo che iniziato il litigio non ci fermiamo più -.
- Ma a me piace litigare -, continuai.
- Gente, datemi dei pop corn, lo spettacolo sta per iniziare -, disse Johnny, poco prima che io e Zacky cominciassimo a bisticciare come al solito. Gli altri ci guardavano con aria divertita, anche se ormai erano abituati a quel genere di cose: l'unico che non le aveva ancora mai viste era Chris, che infatti seguiva con molta più attenzione tutta quella situazione.
Quando, alla fine, trovammo un modo per smettere, ormai era passata mezz'ora, più del solito, ora che ci pensavo e i ragazzi stavano
cominciando ad andare via, chi per un motivo e chi per un altro, finché non rimanemmo di nuovo solo io e Chris.
- Ecco, ora li hai conosciuti proprio tutti quanti -, dissi, non appena tutti furono fuori.
- Siete più fuori di testa di quello che immaginavo -, osservò.
Risi. - Si, facciamo quest'effetto, ma sappiamo anche essere seri, raramente, ma siamo capaci -, dissi, cominciando a prendere qualche lattina vuota che avevano lasciato i ragazzi, come al solito. Mi appuntai mentalmente di andare a fare casino a casa di ognuno di loro, uno di quei giorni, magari prima di partire per il Tour.
- Però siete davvero una famiglia, una bella famiglia -, continuò lui, con aria molto cupa. La famiglia che lui non aveva mai avuto davvero, ricordai, tanto che in quel momento mi fece davvero molta pena. Mi dispiaceva per quello che aveva passato, ed era strano, perché di solito non mi affezionavo subito alle persone, per me c'era sempre voluto tempo, invece con quel ragazzo ci avevo messo davvero poco. Tutto era legato al fatto che mi ricordava il mio migliore amico.
- Non mi lamento per niente, ma neanche la mia vita è perfetta, sai? -, gli confessai, toccando per la prima volta il mio tasto dolente in quel periodo, - Non è come tutti se la immaginano, piena di alcool, e divertimento, e pazzie, anzi...di recente è completamente il contrario -, aggiunsi.
- Come fa la tua vita a non essere perfetta? Sei riuscito a conquistare tutto quello che volevi, sei diventato famoso e fai parte di un gruppo composto dai tuoi migliori amici..dalla tua famiglia -, osservò, giustamente.
- La mia vita non è perfetta perché di recente, oltre a Jimmy, ho perso persino Amy.. -, dissi solamente, anche se sapevo che lui non aveva idea di chi fosse, non bene almeno.
- ..amy? -, domandò.
- Lei -, dissi, indicando una foto che si trovava sul tavolino davanti al divano, da giorni ormai. Anche se dopo un'esitazione, la presa, cominciando poi ad osservarla.
- Ho fatto l'errore di innamorarmi di lei -, sussurrai, prima che lui potesse parlare, - E lei ora non è qui con me...ecco perché dico che la mia vita non è perfetta, per essere perfetta dovrei essere felice la maggior parte delle volte, e invece ora non lo sono, non lo sono più da un po'.. -, aggiunsi.
- Mi dispiace.. -, fece lui, - L'amore ti fotte sempre -, aggiunse subito dopo.
- Si, ti fotte completamente, eppure non mi pento di quello che abbiamo passato insieme, anzi, se potessi tornare indietro lo rifarei senza esitazioni, perché sono innamorato di lei e lo sarò per molto tempo -, dissi.
- Se sei davvero innamorato di lei allora la aspetterai, anche se magari sei arrabbiato con lei.. -.
- Cosa ti fa pensare che io sia arrabbiato con lei? -.
- Te lo leggo in faccia, capisco meglio le emozioni degli altri che le mie, è sempre stata una mia particolarità.. -, spiegò, stringendosi nelle spalle, - La aspetterai? -, domandò.
- Non lo so, sinceramente non lo so...sono confuso -, dissi.
- Beh.. -, cominciò, alzandosi poi dal divano, - Devi solo seguire il cuore, quello ti porterà sulla strada giusta, ti farà capire cosa davvero vale la pena fare -, disse, lasciandomi spiazzato per un momento.
Per questo mi limitai ad annuire, inizialmente. - Si, lo farò e vedremo dove mi porta il cuore -.
- Quando l'hai capito fammi sapere -, mi disse, - E ora devo tornare a casa, o c'è il rischio che mia sorella chiami la polizia, ne sarebbe capace -, aggiunse, incamminandosi verso la porta.
- Va bene, domani alla stessa ora alla pista? -, chiesi.
- Si, perché no, a domani Brian -, mi salutò, un attimo prima di aprire la porta e di uscire, chiudendosela alle spalle.
- A domani, Chris -, dissi, troppo tardi perché potesse sentirmi. Andai poi a sedermi di nuovo sul divano, riflettendo sulle parole che mi aveva detto, ma senza arrivare ad un vero e proprio punto. Continuavo comunque ad essere confuso.
Alla fine mi stesi, accarezzando con la mano il tessuto del divano sotto di me e cominciando a ricordare, a ricordare e a ricordare, tutto quanto, finché quei ricordi non mi cullarono a tal punto che mi addormentai profondamente. 

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Capitolo 30
*** #Flashback number one. ***


- E anche Fiction è andata! -, disse Jimmy tutto contento, mentre si accendeva il suo sigaro, che Brian gli aveva appena passato.
- Già -, disse Matt, - Ora ci manca solamente tutto il resto dell'album -, e, fatta quella battuta, tutti cominciarono a ridere, come capitava spesso quando eravamo tutti insieme.
- Lo finiremo, e farà tanto successo, giusto perché è nostro -, cominciò a pavoneggiarsi Brian, mentre io e le altre non potevamo far altro che alzare gli occhi al cielo davanti a tutta quella modestia.
- Sei impossibile Brian, non sai vivere senza tirartela -, fece Valary, ridendo e accoccolandosi ancora di più vicino al marito.
- No, mi viene naturale, quindi perché smettere? -.
- Perché sei diventato un montato di merda, ecco perché -, osservò Zack, facendoci ridere tutti di nuovo.
Amavo quell'atmosfera: stavamo tutti così bene, eravamo tutti così felici e non c'era niente che non andava. Questo mi era sempre piaciuto dei miei amici, l'armonia e la facilità con cui ci divertivamo in ogni occasione, anche nella peggiore o nella più incasinata.
Una volta, non molto tempo prima, era capitato che ci eravamo ritrovati con l'auto a secco in mezzo al nulla e con la stazione più vicina a qualche miglio di distanza. All'inizio eravamo disperati ma, alla fine, avevamo deciso di spingere la macchina mentre cantavamo canzoncine idiote e allora tutto era diventato più facile, addirittura divertente.
Avevo come l'impressione che niente avrebbe mai potuto cambiare quello stato di quiete e divertimento che avevamo, anzi, era quello che più mi auguravo, perché altrimenti non avrei saputo cosa fare. Loro erano tutta la mia famiglia, insieme a mia sorella e a mia nonna, ovviamente, era tutto quello che di più importante avevo. E stavo passando, come al solito, una tranquilla serata con loro, a base di birra, sigarette che, in alcun caso, io non fumavo e giochi per la play station o, in casi eccezionali, addirittura film, che tanto poi non vedevamo mai.
- Io vorrei tanto prendermi una sbronza, ma la vedo dura solamente con qualche lattina di birra -, piagnucolò Johnny, osservando la sua lattina di Heineken ormai vuota da un pezzo.
- Posso andare a prendere qualche altro alcolico, magari più pesante, facciamo a gara a chi resiste di più? -, propose Matt, già pronto per alzarsi dal suo posto, anche se Valary sembrava non volerlo lasciar andare.
- Si, io direi che è un'ottima idea -, sussurrai, anche se ero più stanca che altro.
- Secondo me tu non resisti neanche 10 minuti, stai dormendo in piedi -, osservò Brian, con la sua solita aria di superiorità.
- Vogliamo scommettere? -, dissi, facendo alzare come sempre il solito coro di "uuuuuhh".
- E scommettiamo -, ribatté, con aria di sfida mentre tendeva la sua mano verso la mia.
La strinsi subito, nello stesso momento in cui Matt rientrò con gli alcolici giusti per una sbronza con i fiocchi, quel tipo di sbronze per le quali ti servono almeno 6 aspirine e due tazze di caffé.
Cominciò così una vera e propria lotta all'ultimo cicchetto che, piano piano, stava sfinendo sia me che Brian: lui ormai farneticava cose senza senso, mentre io mi limitavo a ridere ad ogni parola che sentivo, anche quelle che magari non aveva il minimo significato, perché anche gli altri non stavano poi combinati tanto bene, ormai.
L'unico ancora più o meno lucido era Matt, che teneva d'occhio sia me che Brian, per vedere chi dei due mollasse prima.
- Non ci siamo ancora scommessi niente, però! -, disse all'improvviso Brian, buttando poi giù l'ennesimo cicchetto di chissà cosa.
- Uuuuuhhh, è vero! -, concordai, cercando di riordinare le idee, - Okay...allora..facciamo che...chi molla prima, deve correre in mutande lungo il vialetto -, proposi, sempre con la stessa aria di sfida, bevendo poi a mia volta.
- ..facciamo nudo -, disse lui, alzando così la posta in gioco e bevendo il nuvo cicchetto che gli aveva appena passato Matt.
- Amy, lascia stare, sai che vincerà lui -, sussurrò Jimmy, notando probabilmente le mie condizioni abbastanza pessime.
- No, ce la faccio, non gliela darò vinta, Jim! -, ribattei, promettendo a me stessa di non vomitare, altrimenti avrei perso.
- Io ti ho avvertito -, ribatté sorridendomi, mentre fumava ancora il suo sigaro.
- Lo terrò a mente -, promisi, continuando poi quell'insana sfida con Brian, quella che sembrava non avere una fine.
Sentivo lo stomaco sottosopra e sapevo benissimo che, a breve, avrei vomitato ma, per fortuna, Brian lo fece molto prima di me, dandomela così completamente vinta. - HOOOOOO VIIIIIINTTTOO!! -, urlai tutta felice, facendo poi appena in tempo ad arrivare in bagno per vomitare. Quando tornai in salone lui si stava ancora riprendendo e, non appena mi vide, mi lanciò un'occhiata truce. - Bene, mi hai battuto -, disse.
- Ah ah, e ora dovrai correre per il vialetto nudo, questa era la penitenza -, gli ricordai.
- E va bene -, si arrese, anche se vedevo benissimo che si stava sforzando, perché odiava essere battuto, mentre si alzava dalla sedia dove stava comodamente seduto, cominciando a slacciarsi la cintura dei pantaloni.
Si diresse poi a grandi passi verso la porta, uscendo fuori di casa e cominciando a spogliarsi a poco a poco, finché non fu totalmente nudo: non pensavo che l'avrebbe fatto davvero, e invece eccolo li, a correre per il vialetto senza neanche un vestito addosso, solamente per una stupida scommessa di cui non si sarebbe neanche ricordato, se Zack non gli avesse fatto una foto a tradimento mentre tornava verso di noi per rivestirsi, coprendosi ovviamente i paesi bassi, giusto perché c'eravamo noi ragazze. Aveva persino attirato l'attenzione di qualche passante, sopratutto di una vecchietta che, inorridita da quella vista così poco "casta" si era coperta entrambe gli occhi, imprecando contro di lui affinché si rivestisse. Minacciò persino di sporgere denuncia per atti osceni in luogo pubblico e, in fondo, aveva anche ragione ma, in quel momento, ci veniva solamente da ridere e non riuscivamo davvero a prendere la cosa sul serio.
- Cazzo, l'hai fatto per davvero -, dissi, mentre si rivestiva, sempre sul ciglio di casa.
- Certo che l'ho fatto, una scommessa è pur sempre una scommessa -, rispose, mentre ormai stavamo rientrando tutti in casa.
Consumammo il resto della serata chi seduto per terra, chi sul divano, parlando di cose vecchie o raccontandoci storie assurde. Io mi ero comodamente accoccolata contro il petto di Jimmy, praticamente stavo sdraiata su di lui, mentre gli pregavo di tagliarsi quella barba. Lui continuava a ripetermi che era figa, mentre io gli dicevo semplicemente che assomigliava a Gesù: rideva ogni volta che glielo dicevo, ormai ci avevo fatto persino l'abitudine.
Ormai sbadigliavo di continuo e sentirlo mentre mi accarezzava i capelli mi dava un senso di sicurezza e di tranquillità, tanto che più di una volta rischiai di addormentarmi definitivamente, quando invece l'ultima cosa che volevo fare era appunto dormire.
- Menomale che esistono gli amici.. -, disse Matt all'improvviso, - Non saprei cosa fare senza di voi, ragazzi -, aggiunse, posando una mano sulla spalla di Brian, visto che gli stava seduto proprio vicino.
- Noi si che siamo fighi, altro che -, disse Gena, anche lei mezza addormentata.
- Siamo i best friend più belli di sempre! -, concordò Brian, sottolineando le parole "best friend" con una vocetta talmente fine che per poco non soffocai dalle risate. Solo lui poteva uscirsene con cose del genere, era davvero assurdo.
- Brian, sei il solito coglione! -, gli disse Jimmy, tra una risata e l'altra, incapace, come noi, di smettere.
- Lo so, ma tanto mi volete bene ugualmente, anzi, è proprio questo che amate di me.. -, cominciò a dire, sollevandosi a sedere e guardandoci uno per uno con aria pressoché seria, anche se non gli si addiceva per niente, - Perché sono un coglione patentato che vi fa ridere sempre e comunque -, aggiunse, stringendosi nelle spalle e tornando poi sdraiato a terra.
- Si, ma non te ne vantare, è una cosa un po' preoccupante che tu, all'età di 28 anni, ti comporti ancora come un bambino delle elementari -, osservai io, facendolo ridere.
- E' divertente.. -, si giustificò, - Dovreste provare, tutti quanti.. -, aggiunse poi, indicandoci vagamente.
- Lo faremo.. -, promise Jimmy, - Non appena ci saremmo ripresi da questa sbronza -.
- Già -, concordammo tutti in coro, ridendo.
Quella serata era ormai giunta al termine, soprattutto perché ormai neanche uno di noi riusciva più a tenere gli occhi aperti: alla fine ci addormentammo tutti ammassati nella stessa stanza, con addosso neanche una coperta o un lenzuolo e completamente vestiti, anche perché stavamo a casa di Matt, quindi era improbabile che qualcuno avesse con se il proprio pigiama.
Di quella serata avrei ricordato poco, come di molte altre che avevo passato con loro, ma sicuramente mi sarei ricordata che mi ero divertita, perché non c'era una singola volta in cui non mi divertivo con loro. Ringrazia velocemente il cielo per averli conosciuti, per aver avuto la fortuna di frequentare tutte e tre le scuola insieme a loro e per non averli mai abbandonati, neanche quando magari gli altri mi dicevano che erano gente da lasciar stare.
Ero felice di non aver mai dato ascolto agli altri, ma solo a me stessa, altrimenti in quel momento chissà in che situazione mi sarei ritrovata, chissà che amici avrei avuto accanto perché, per come la vedevo io, non c'era nessuno migliore di loro, nessuno.
Li guardai per un momento, uno per uno, Jimmy compreso, finché non mi addormentai, ormai incapace di lottare ancora contro le pupille che ormai si stavano chiudendo da sole, sotto il peso della stanchezza e di tutto l'alcool che mi era bevuta. 

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Capitolo 31
*** Sogno o realtà? ***


Stanco di stare in camera mia a non fare niente, avevo deciso di andarmene un po' in giro per quell'enorme albergo, tanto non avevo niente di meglio da fare.
Vagai per qualche minuti, attirando l'attenzione di molte persone, prima di arrivare ad una porta che conduceva fuori, dove si trovava anche un'immensa piscina, occupata da nessuno, visto che il tempo era uno schifo. Speravo vivamente che quella sera non piovesse, o il concerto non sarebbe stato una "passeggiata" come gli altri.
C'erano nubi grigie ovunque, ma non m'importava, quindi andai direttamente a sedermi su una sdraia vuota, tirando fuori dalla tasca dei miei jeans un pacchetto di sigarette: come se la mia passata broncopolmonite non ci fosse mai stata, me ne accesi una, cominciando a fumarla senza grande sforzo, a parte che non ero più molto abituato, quindi mi dava un po' fastidio, ma niente di insopportabile. Avevo anche appena infranto la promessa che avevo fatto ad Amy, ma in quel momento, cosa poteva valere ancora? Da quando l'avevo persa niente valeva più molto.
- Non dovresti fumare, lo sai -, fece una voce dietro di me, quella di Matt, ovviamente. Mi voltai per un momento, notando solo allora che si era seduto su una sdraia dietro alla mia.
- Non morirò, tranquillo -, risposi, prendendo un altro tiro e guardando di nuovo noncurante davanti a me, senza prestargli la minima attenzione.
- E se fossi io a chiedertelo? -, fece un'altra voce, sempre famigliare, terribilmente famigliare. Ci misi un po' per capire a chi appartenesse, per rendermene davvero conto e, quando mi voltai, non potevo credere a quello che vedevo. - J-jimmy? -, domandai e lui mi sorrise.
- Smettila di fumare, lo sai perfettamente che non ti fa bene -.
- C-come fai..come fai ad essere qui? Io ti vedo, sei qui? -, domandai, più confuso di prima, lasciando la presa dalla mia sigaretta e bruciandomi, senza però sentire alcun dolore, chissà per quale strano motivo.
- No, non sono qui e ora è meglio se ti svegli, buona fortuna.. -, disse, sparendo poi davanti ai miei occhi. Tutto divenne nero improvvisamente e io mi ritrovai di nuovo sdraiato sul letto, nella mia stanza, con Matt che mi scuoteva come un forsennato. - Brian, dai sveglia, dobbiamo andare! -, mi avvertì.
- Che cosa? -, domandai confuso, affondando di nuovo la faccia nel cuscino; avevo sognato tutto, quando invece ero convinto di essere uscito per davvero, ma davvero tanto, tanto, convinto.
- Svegliati, devi alzarti -, ripeté.
Aprii definitivamente gli occhi, mugugnando qualcosa di contrario ma alzandomi alla fine lo stesso, cercando ancora di capire come diavolo fosse possibile. Com'era possibile sognare una cosa ma essere sicuri allo stesso tempo che fosse reale?
- Quanto ho dormito? -, domandai, sbadigliando.
- Praticamente tutto il pomeriggio, ad un certo punto non riuscivamo proprio a svegliarti -, mi disse, - E ora muoviti, devi ancora cambiarti! -, aggiunse, uscendo poi dalla stanza.
Guardai per un po' davanti a me, ancora con aria assonnata, decidendo poi che era meglio sbrigarsi sul serio: mi avvicinai così alla mia valigia e la aprii, prendendo le prime cose che trovai, tra cui un paio di jeans, una maglietta e un giacchetto, niente di più.
Andai poi velocemente al bagno dove, oltre a farmi una sana pisciata, mi lavai il viso e i denti, giusto per svegliarmi un altro po'. Quando uscii dalla stanza, stavano tutti aspettando me. - Ce l'hai fatta, finalmente -, disse Matt.
- Ero ancora mezzo addormentato -, mi giustificai, - Ora possiamo andare -, aggiunsi, cominciando a camminare insieme a loro.
Prendemmo l'ascensore per raggiungere la hall al piano terra, così che poi potessimo prendere il bus che ci avrebbe portato direttamente laddove il concerto si sarebbe svolto.
Camminai tranquillamente, passando davanti alla porta che conduceva di fuori, ricordandomi solo allora, di nuovo, di quel mio sogno tanto strano: mi fermai allora di botto, voltandomi e notando che era la stessa piscina, identica, in ogni minimo particolare.
- Bri, che c'è? -, mi domandò Matt.
- Devo vedere una cosa -, fu tutto quello che dissi, andando poi direttamente alla porta e aprendola, precipitandomi di fuori. Mi guardai per un attimo intorno, cercando di ricordare meglio dove, nel sogno, mi ero seduto. Alla fine la trovai; la stessa sdraia, lo stesso tavolino, lo stesso tutto e non persi tempo ad avvicinarmi, anche se un po' intimorito. Forse mi stavo solamente facendo una sega mentale dietro l'altra, eppure volevo controllare, anche a costo di sembrare un malato mentale. Chinai così il viso a terra, cominciando ad ispezione il pavimento, finché non la vidi: una sigaretta, buttata li vicino al tavolino, proprio dove mi...dove mi era caduta. All'improvviso, mentre la guardavo ancora incredulo, il dito, o almeno una parte, cominciò a farmi un male assurdo, quello che di solito si prova dopo essersi bruciati con qualcosa. - Aah, aia.. -, sbottai, osservando subito dopo il punto fastidioso, dove ora spiccava una piccola bruciatura di sigaretta che, man mano, si stava allargando, diventando sempre più che grande e che, in quel momento, faceva un male cane.
Okay, quella situazione era più che strana e sinceramente, mi spaventava anche un po'. - Brian! Dobbiamo andare! -, gridò Matt, di nuovo, attirando così la mia attenzione.
- Si, arrivo.. -, risposi, dando subito dopo le spalle alla piscina, alla sdraia e a quella sigaretta. Forse dovevo farmi meno seghe mentali, ma ormai, dopo quella bruciatura apparsa improvvisamente, non sapevo davvero più che pensare.

***

- Ma sei impazzito?! -, mi sbottò in faccia Helena, camminando verso di me con l'aria di una che era un bel po' incazzata.
- Probabile, non sono riuscito a tenere sotto controllo la situazione.. -, dissi.
- Si, l'ho visto! E avresti dovuto essere più attento! -, continuò.
- Lo so, ma non sono ancora bravo a fare queste cose.. -, mi giustificai.
- Allora potevi evitare! -, sbottò nuovamente.
- Non potevo assolutamente evitare! Rischia il cancro se ricomincia a fumare e sinceramente, preferirei che continuasse a vivere, piuttosto che finire in questo schifo di posto come me, sai com'è -, urlai, quasi arrabbiato. Non mi ero mai arrabbiato con Helena, era strano.
- E ora cosa farà Brian? Sai che continuerà a pensarci! Soprattutto ora che si è accorto di avere quella bruciatura sul dito! Potevi avvertirlo prima che si accendesse quella sigaretta, no? Avresti combinato un casino in meno! -, protestò di nuovo, sgridandomi neanche fossi un bambino.
- Lo so che ho combinato un casino, ma almeno non si ricorda bene che è successo veramente, ho recuperato facendogli credere che stesse dormendo, non ricorda niente di quando stava tornando in stanza.. -.
- E se lo facesse? -.
- Non può farlo, è impossibile -.
- Ne sei davvero sicuro? -, domandò, buttandomi un sacco di dubbi addosso. No, ma era impossibile, totalmente impossibile che si ricordasse che non era stato un sogno, quindi non c'era niente di cui preoccuparsi eccessivamente.
- Senti, se cominciasse a ricordare qualcosa mi infilerei in uno dei suoi sogni e gli farei credere il contrario, va bene?! Adesso lasciami da solo, non ho voglia di parlare -, dissi, cercando di mantenere un tono calmo, anche se mi riusciva veramente poco.
- Va bene, ti lascio in pace, ma sappi che il casino è grosso e si risolve da se sarai solo che fortunato -, e sparì, come al solito, come sempre, lasciandomi da solo, mentre mi godevo lo spettacolo che i ragazzi stavano per iniziare. Decisi di non pensare più a quello che mi aveva appena detto Helena: ero ottimista e, se davvero fosse successo qualcosa, qualsiasi cosa, avrei trovato il modo di aggiustare le cose, come facevo sempre. Brian era sveglio, questo non potevo negarlo, ma di sicuro non poteva ricordare quella cosa, quel minimo particolare che avevo sbagliato: al massimo avrebbe continuato a pensare a quella bruciatura, ma senza ricevere una risposta. Prima o poi se ne sarebbe dimenticato, come minimo o almeno, lo speravo.
- Buona fortuna, ragazzi.. -, fu l'ultima cosa che dissi, sorridendo all'immagine riflessa nell'acqua della fontana. 

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Capitolo 32
*** Un buon caffé. ***


Correvo ormai da un bel po', con le mie cuffiette nelle orecchie e la musica sparata al volume massimo, visto che era l'unico modo che avevo per smaltire lo stress: ne avevo approfittato perché mia sorella si sentiva un po' meglio, a parte la solita stanchezza dovuta alla chemio che, tuttavia, si avvicinava alla fine, visto che erano ormai due mesi e mezzo che andava avanti e i medici continuavano a dire che la leucemia stava pian piano sparendo.
Mi fermai per riprendere un po' di fiato, sistemandomi la coda disordinata che mi ero fatta prima di uscire di casa, sapendo bene che avrei sudato, come al solito. Mi tolsi poi il giacchetto, legandomelo alla vita, anche se sapevo che rischiavo il collasso, vista l'aria più o meno fredda di metà Ottobre.
Ottobre, era già Ottobre ed erano già passati due mesi da quando...beh, da quando tutto era finito, da quando ero andata via da Huntington Beach.
Non sapevo quanto ancora sarei dovuta restare, ma ormai neanche ci pensavo più, perchè sapevo cosa mi attendeva, o meglio, lo sapevo, ma in parte. Sapevo perfettamente che, in qualche modo, avrei dovuto risolvere la situazione con Brian, ma da una parte, ero veramente spaventata da quello che avrei potuto trovare: e se avesse trovato qualcun'altra? Magari durante il breve periodo che precedeva l'inizio del Tour, Tour di cui, tra l'altro, conoscevo ogni singolo particolare, visto che Matt mi chiamava di continuo per raccontarmi. Non potevo di certo aspettarmi che rimanesse da solo, insomma...era pur sempre Brian, l'affascinante, divertente e dolce, Brian. Il solo pensiero di lui con qualcun'altra mi dava fastidio come poche cose, ero letteralmente gelosa e non potevo farci assolutamente niente, perché lo amavo, lo amavo davvero.
Ma potevo davvero continuare a tormentarmi in quel modo? Non riuscivo più a sopportare quella situazione.
E in tutto questo, c'era anche Alex, l'affascinante dottore a cui, a quanto pareva, piacevo e con il quale ero già uscita. Ci vedevamo spessissimo all'ospedale e parlavamo sempre, tra una sua e una mia pausa: lui dal lavoro e io da mia sorella e dalla chemio che stava affrontando.
- Amy? -, sentii chiamarmi, visto che la musica era ormai terminata da un po', ma io mi ostinavo a stare ancora con le cuffiette, in preda a
quei pensieri. Mi voltai così di scatto, vedendo solo allora la persona alla quale, fino a 3 secondi prima, stavo pensando, ovvero Alex.
- Alex, ciao.. -, feci, passandomi una mano sul viso, mentre poi mi toglievo le cuffiette, avvicinandomi.
- Anche tu corri? Non ti ho mai visto da queste parti -, disse, mentre riprendeva a sua volta fiato.
- Si, corro, ma sono andata un po' a caso, ho cominciato da casa mia e ho continuato, finché non sono arrivata qui.. -, ammisi, sorridendo.
- Stress, vero? -, mi domandò, lasciandomi spiazzata.
- S-si, come hai fatto ad indovinare? -.
- Perché anche io lo faccio per la stessa cosa, il lavoro all'ospedale non sempre e facile, e lo stress si accumula facilmente.. -, rispose, facendo poi cenno davanti a se, - Ti va di fare una passeggiata? Giusto per non morire congelati -, propose, sorridendomi speranzoso.
- Si, perché no? -, dissi, cominciando così di nuovo a camminare, al suo fianco questa volta.
- Tua sorella fa grandi progressi, hai visto? -.
- Si, e la cosa mi rende profondamente felice, finalmente comincia a sentirsi megio..è quello che ho desiderato dal primo momento.. -, dissi.
- Beh, ora è davvero sulla buona strada della guarigione e, non appena la chemio sarà finita, ci basterà tenerla un po' sotto controllo, per vedere se la leucemia torna di nuovo o se è sparita del tutto -, m'informò.
- Si beh, è la cosa migliore, e poi se lo dici tu mi fido ciecamente -, feci.
- In quanto medico so quello che dico -, ribatté, facendomi ridere.
- Già, se non ne sai tu -, feci io, alzando entrambe le mani in segno di resa.
- Oh, ascolta...per Halloween in ospedale si fa la solita festa annuale, così che anche i pazienti possano divertirsi un po' o almeno, quelli che sono in grado di farlo, ti va di...venirci con me, insomma? -, mi domandò, invitandomi al quarto appuntamento che avevamo da quando ci conoscevamo.
- ..e ci si può anche vestire? -, chiesi, visto che l'idea mi interessava non poco, anche perché Halloween era la mia festività preferita in assoluto.
- Si, volendo si -, rispose, stringendosi nelle spalle.
- Allora è andata -, dissi, accettando definitivamente, - Amo Halloween -, aggiunsi subito dopo.
- Si, piace molto anche a me, in verità, sicuramente più delle altre festività -, concordò.
- Io amo le cose macabre -, continuai, voltandomi a guardarlo.
- Si, anche io -, disse.
- Forse è per questo che andiamo d'accordo -, sussurrai, mentre continuavamo ovviamente a camminare.
- Si, credo proprio di sì...e credo anche di aver bisogno di un caffé per riprendermi dal kilometro e mezzo che mi sono fatto a correre, vieni? -, mi domandò, fermandosi, - Offro io -, aggiunse.
- Si, vengo volentieri, visto che anche io ho bisogno di una sana e buona tazza di caffé -, risposi, sciogliendo il giacchetto dalla mia vita e infilandomelo di nuovo, visto che cominciavo a sentire nuovamente freddo.
- Conosco un posto carino, qui vicino, ti piacerà -, mi disse, facendomi poi cenno di seguirlo.- Continuo a fidarmi -, fu l'ultima cosa che dissi, prima di seguirlo verso il bar dove ci saremmo presi entrambi da bere.
In effetti, quel posto era veramente vicino e, non appena arrivammo, l'aria calda del locale mi avvolse, facendomi correre un brivido lungo la schiena, prima che entrambi andassimo verso il bancone, dove fummo serviti da una gentile cameriera che avrà avuto neanche 19 anni.
Cominciammo a chiacchierare come al solito, mentre fuori aveva cominciato a piovere, per nostra sfortuna: dovemmo così anche aspettare che spiovesse, altrimenti né io né lui saremmo potuti tornare a casa, visto che avevamo entrambi solamente un misero cappuccio della felpa.
Ecco un'altra cosa che mi piaceva di Alex, mentre ero con lui riuscivo a distrarmi, a pensare a qualcos'altro che non fosse Brian, perché riusciva a farmi divertire, a farmi ridere, praticamente sempre. - ..e c'era questo bambino che correva, e urlava e chiamava la madre... -, mi stava raccontando, - E' stato un incubo, davvero, c'erano di continuo infermiere che lo rincorrevano per i corridoi, cercando di farlo dormire o comunque di fermarlo -.
Risi, ricordandomi poi immediatamente di quando avevo badato a Lucas, il nipote di Matt, durante quel pomeriggio piuttosto faticoso. - Una volta ho dovuto affrontare una situazione del genere, con il nipote del mio migliore amico, Lucas...è un concentrato di malvagità quel bambino, ogni tanto se ne inventa una nuova -, gli raccontai.
- Ecco, allora puoi anche capirmi più che bene! -, disse, prendendo poi di nuovo a bere il suo caffé, quello che un'altra cameriera ci aveva
riportato, riempiendoci di nuovo entrambe le tazze.
- Si, infatti, però posso dire di saperci fare con il bambini, non per altro sono una maestra d'asilo ad Huntington.. -, dissi, stringendomi nelle spalle.
- Sei una maestra d'asilo, davvero? -, mi domandò, facendomi ricordare che non gliel'avevo ancora mai detto, chissà perché.
- Ahm si, non l'avevo mai accennato prima, vero? -, chiesi, bevendo poi a mia volta un paio di sorsi.
- No -, rispose, - E da quanto lo fai? -.
- Da poco, pochissimo, non so da quanto di preciso, so solamente che mi piace davvero tanto, mi piace stare con i bambini e so prenderli, quindi era il lavoro migliore che potessi avere.. -, ammisi, - Ma ho lavorato anche in un negozio di fumetti, questo per un sacco di anni, e anche quello mi piaceva, ma non riuscivo più a pagare praticamente niente, quindi sono stata costretta a trovarmi qualcos'altro.. -, aggiunsi.
- Fumetti, eh? -.
- Già, passioni adolescenziali, li ho sempre amati -.
- Da adolescente piacevano anche me, ma ho sempre amato anche i libri, tanto che, fosse stato per me, sarei andato a studiare lettere,
piuttosto che medicina.. -, mi spiegò.
- E perché non ci sei andato? -, gli domandai, sperando di non essere troppo invadente.
- Perché mio padre voleva che facessi il medico, voleva che proseguissi con un lavoro che mi avrebbe garantito un futuro stabile...quello che probabilmente non avrei avuto facendo un qualsiasi mestiere che affiancasse la letteratura, almeno.. -.
- Quindi tu non volevi fare il medico? -.
- No, in realtà no, ma con il passare del tempo ho imparato ad apprezzarne i studi, finché non sono arrivato a questo punto e ora, posso dire tranquillamente, che il mio lavoro mi piace...ma nel tempo libero mi dedico comunque molto alla scrittura -, disse, - ..e alla corsa, quando capita -, aggiunse, guardando vagamente di fuori.
- Scrivere è una delle cose più belle del mondo, non trovi? -, chiesi.
Annuì. - Già, una delle migliori in assoluto, per questo continuo -, rispose, - E ha anche smesso di piovere, io proporrei di cominciare ad andare, o ricomincerà di nuovo, quasi sicuramente -.
- Si, concordo, ho bisogno di andare un po' a casa.. -, ammisi, alzandomi in simbiosi con lui dalla sedia. Lasciò dei soldi sul bancone e fece un cenno alla cameriera, facendoglieli vedere: lei ci sorrise, facendoci poi un veloce okay con la mano.
Cominciammo allora ad avvicinarci alla porta d'entrata, uscendo così poco dopo: lui doveva andare da una parte e io da un'altra, quindi ci salutammo direttamente li davanti al bar, sapendo bene che, il giorno dopo, comunque fosse, ci saremmo rivisti all'ospedale. 

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Capitolo 33
*** Questo è Halloween! ***


- Finalmente Halloween è arrivato, la tua festività preferita, sei contenta? -, mi chiese Matt, dopo più di un'ora che parlavamo al telefono.
- Si, parecchio, l'aspetto tutti gli anni con ansia -, risposi, ridendo.
- E che farai stasera? Hai intenzione di uscire? -.
- Ahm..si, si vado sempre all'ospedale da mia sorella, ci sarà una festa li, così da coinvolgere tutti i pazienti.. -, gli spiegai.
- E ci vai con quell'Alex, vero? -, mi domandò.
- Si, si ci vado con lui.. -, ammisi.
- Sembra un tipo apposto, da come me l'hai descritto.. -, osservò.
- Oh si, lo è...ma è solo un amico, non ho intenzione di fare niente con lui! -, sottolineai subito.
- Ma sono sicuro che gli piaci, vero? -.
- Sembrerebbe...e la cosa mi mette un po' con le spalle al muro, non vorrei fare qualcosa che lo potrebbe ferire, perché..beh, comunque mi sta molto simpatico, tutto qui -, dissi.
- Vedrai, andrà tutto bene, sai gestire questo tipo di situazioni.. -, mi disse.
- E invece no, visto come ho gestito quella mia e di Brian -, risposi, senza neanche pensarci. Sapevo che era così, quindi le parole mi erano uscite praticamente in automatico. 
- Quella è un'altra faccenda Amy, smettila di tormentarti con questa cosa, non ti fa bene.. -.
- Non mi farà bene, ma almeno continua a rendermi consapevole del fatto che ho sbagliato -, ribattei, ricevendo in risposta solamente un lungo silenzio, - ..parliamo d'altro, dai... -, aggiunsi, sospirando, sapendo bene che quelle mie uscite lo facevano innervosire perché, se c'era una cosa che odiava, era vedermi in quello stato, me lo ripeteva di continuo, - Tipo siete pronti per il concerto di stasera? -, gli chiesi.
- Si.. -, rispose, dopo un'esitazione, - Siamo pronti, alla fine è solamente l'ennesimo concerto da affrontare.. -, aggiunsi, ridendo appena.
- Scommetto che stasera allestiranno il palco in una maniera grandiosa, in fondo è Halloween e poi state promuovendo un album intitolato "Nightmare", quindi.. -, feci io, ridendo a mia volta.
- Si, non ci avevo pensato! Adesso la mia curiosità è decisamente cresciuta -, disse.
- Già, domani cercherò le foto sul web, così vedrò anche io come è stato -.
- Si, ottima idea -, concordò.
- Già..a proposito, gli altri che combinano? Come stanno? -, gli domandai.
- Stanno tutti bene e ormai combinano talmente tante cose che ho perso il conto! -, rispose, ridendo, - Zacky l'altro giorno è stato molestato da una cameriera, Johnny è rimasto chiuso in ascensore insieme a me e gli è preso un attacco di panico e Brian...Brian niente di che, a parte che l'altro giorno ha dormito tutto il pomeriggio, tanto che non riuscivamo a svegliarlo! -, mi spiegò. 
- Ah beh, tutte cose normali, insomma -, dissi.
- Si, infatti...lui che dorme come un ghiro poi è la cosa più normale del mondo -. 
- E tu invece, non sei stato molestato? -, gli chiesi, cercando di evitare di parlare ancora di Brian.
- Se conti anche che mi hanno tirato addosso 6 o 7 reggiseni appena la settimana scorsa durante un concerto.. -, cominciò, facendomi ridere, - Si, direi che sono stato molestato anch'io -, aggiunse poco dopo. 
- Si dai, diciamo che te la faccio valere -, gli dissi.
- Ti ringrazio -, ribatté con aria sarcastica, - Ora è meglio se vado, anche perché questa è la seconda chiamata da due ore che faccio da quando sono salito dopo il pranzo -. 
Risi ancora. - Va bene, allora ti lascio andare e mi raccomando stasera... -, cominciai a dire, lasciando apertamente la frase in sospeso.
- Cosa? -.
- ..spaccate i culi a tutti -, aggiunsi, facendolo scoppiare a ridere come al solito.
- Va bene, lo faremo -, mi promise, - Tu divertiti e non combinare danni, ti voglio bene -, aggiunse.
- Non combinerò niente, te lo assicuro, ti voglio bene anch'io, ciao.. -, lo salutai, poco prima che entrambi attaccassimo.
Voltai il viso verso l'orologio che era appeso in camera e segnava le 18.30 precise, il che voleva dire che avevo ancora mezz'ora di tempo per prepararmi, anche se alla fine non mi sarei vestita proprio da niente.
Mi alzai così tranquillamente dal letto, andando verso il bagno e cominciando a sistemarmi prima il groviglio che mi ritrovavo al posto dei capelli e poi il viso, visto che avevo deciso di truccarmi un po', niente di eccessivo.
Alla fine tutto quello che feci per i capelli fu cotonarli un po', facendogli assumere l'aria di un cespuglio peggio di prima, tanto ormai erano irrecuperabili, tanto valeva peggiorarli leggermente così che potessero darmi l'aria di una strega cattiva, magari mentre, per gli occhi, mi limitai ad usare un po' di matita, prima sopra e poi sotto, senza esagerare, comunque.
Mi infilai la prima maglia nera che trovai, aggiungendoci sopra un giacchetto pesante, visto che li faceva più freddo rispetto ad Huntigton, con un paio di jeans chiari e le converse nere. Presi poi le chiavi e il cellulare, infilandomeli entrambi in tasca e uscendo solo allora di casa, diretta, ovviamente a piedi, verso l'ospedale. 
 
***
 
- Immagino che tu non sia vestita da niente.. -, osservò mia sorella, che si stava già alzando dal letto.
- Si, esattamente.. -, dissi sorridendo, mentre le andavo incontro per aiutarla.
- Tranquilla Amy, devo solo infilarmi la vestaglia e le pantofole, posso farcela da sola -, disse subito lei. 
- Sicura? -, le domandai, visto che sapevo bene quanto fosse debole.
Annuì. - Certo, mi sento molto meglio rispetto ieri, davvero.. -, rispose, infilandosi poi la vestaglia senza grande sforzo.
- Oh, okay, se lo dici tu -, dissi io, lasciandola allora fare. Aspettai che fosse pronta e, dopodiché, uscimmo entrambe dalla sua stanza, incontrando praticamente subito Alex. 
- Vi lascio.. -, fece mia sorella, andando poi a passo spedito verso Ben, che la aspettava a sua volta.
Anche Alex non si era vestito da niente, alla fine, proprio come me. - Capelli cotonati, eh? -, mi chiese e io annuii, - Ti stanno bene -, osservò.
- Davvero? Non sembrano solamente un cespuglio che sarebbe meglio tagliare un po'? -, domandai, sorridendo.
- No, forse sono giusto da sfoltire.. -, precisò, - Ma per il resto non sono male -, aggiunse.
- Beh, grazie.. -, feci io, imbarazzata come al solito, - Allora, da quello che vedo si stanno divertendo un po' tutti -, dissi, guardandomi poi intorno, anche se lo avevo già affatto non appena ero arrivata.
- Si ed era proprio a questo che puntavamo, ogni tanto anche loro hanno bisogno di divertirsi, senza medici che li fermino tra le scatole -, rispose, riferendosi ovviamente ad ogni singolo paziente.
- Già, concordo.. -, fu tutto quello che dissi.
Chiacchierammo ancora un po', li in mezzo al corridoio poi, alla fine, decidemmo di andarci a prendere una buona cioccolata calda, visto che il freddo si faceva sentire anche dentro l'ospedale, nonostante i riscaldamenti accesi. C'erano tavolini ovunque, imbanditi con ogni genere di ciambellone o torta, seguiti anche da Thermos con dentro caffè, thé e cioccolata, ovviamente. Quasi tutti erano pieni di gente, ma riuscimmo lo stesso a prendere quello che volevamo e anche un pezzo di ciambellone, per nostra fortuna. 
- Questo ciambellone è ottimo -, dissi io, dandogli un secondo morso. 
- Si, in effetti è veramente buono -, concordò lui, finendolo e mandandolo del tutto giù con un po' di cioccolata.
- Mi chiedo perché faccia così freddo se siamo solamente ad Ottobre...chissà com'è qui a Dicembre.. -, dissi.
- Fa freddo, molto, molto freddo, te lo assicuro.. -, mi disse.
- Ah beh, io sono abituatissima al clima di Huntington, li raramente fa freddo, cioè...freddo vero, intendo.. -, chiarii.
- Si, l'avevo sentito dire, in quanto classica cittadina californiana ha comunque il suo clima -.
- Si, esatto e d'estate da il meglio di se, se non vai al mare puoi stare sicuro che morirai di caldo! -, gli assicurai, mentre avevamo ripreso a camminare, su e giù per i lunghi corridoi dell'ospedale, avvicinandoci comunque di nuovo alla grande entrata.
- Verrò a farci un salto, prima o poi, non sono mai stato in California in vita mia, che tu ci creda o no -. 
- Oh beh, Huntington è meravigliosa, credimi! -, dissi io, convintissima delle mie parole. 
- Si.. -, sussurrò lui e, subito dopo, cominciò quello che si rivelò un vero e proprio momento di imbarazzo, per me almeno.
Ce ne stavamo entrambi zitti, senza fiatare, ci stavamo solamente guardando e io ero spaventata da quello che avrebbe potuto fare o dire: e il motivo fu chiaro appena qualche secondo dopo, quando cominciò ad avvicinarsi al mio viso. Ero bloccata, era vero, ma avevo ancora un po' di sale in zucca, abbastanza da fermarmi e da capire quale fosse davvero la cosa giusta da fare. - Alex.. -, sussurrai, bloccando così ogni suo movimento, - M-mi dispiace...non posso -, aggiunsi, allontanandomi poi quanto bastava da lui.
- C'è..qualcosa che non va? -, mi chiese, imbarazzato come me da tutta quella situazione che si era venuta a creare tra di noi.
- Io...io non vado e davvero..non posso farlo, non sarebbe giusto.. -, gli spiegai, anche se non ero stata per niente chiara, - Non sarebbe giusto nei tuoi confronti, mi dispiace.. -, ripetei ancora.
- Perché c'è qualcun'altro, vero? -, chiese e, in quel momento, avrei preferito mille volte che fosse un po' meno perspicace, anche se anche un bambino lo avrebbe capito, quindi chiedevo davvero troppo. 
- Si...c'è qualcun'altro e mi dispiace di non avertene parlato.. -.
- Avresti dovuto -, disse immediatamente lui, senza darmi il tempo di aggiungere altro, - Così magari mi sarei fatto meno illusioni -, aggiunse, colpendomi apertamente e facendomi sentire uno schifo. Me lo meritavo, me lo meritavo totalmente.
- Non volevo ferirti, credimi, non era mia intenzione.. -, sussurrai, a corto di altre parole.
- Lo so, ma mi sarei sentito meglio sapendo in partenza che c'era qualcun'altro -, ribatté lui, dandomi poi le spalle e andandosene in un'altra direzione, opposta alla mia. 
Rimasi li in mezzo al corridoio per qualche secondo ancora, poi mi fiondai in bagno dove iniziai a piangere, mentre continuavo a ripetere a me stesso che ero davvero una grande idiota, una di quelle che raramente si incontrano. Prima avevo rovinato tutto con Brian e ora anche con Alex. Ma non avevo sbagliato, da una parte...non potevo baciarlo, o lo avrei davvero solamente usato e non volevo assolutamente. Il fatto che stare con lui non mi facesse pensare a Brian mi piaceva, ma non era solo per quello che stavo con lui, ma allora perché continuavo a sentirmi così tremendamente idiota? Mi costrinsi a smettere, sciacquandomi poi il viso e togliendo i residui di trucco nero che mi erano colati giù per le guance, finché non fui completamente pulita di nuovo, solo allora uscii dal bagno, non prima di essermi guardata intorno per assicurarmi che lui non fosse nei paraggi.
Me ne tornai così a casa, senza neanche avvertire mia sorella: non mi andava di rovinarle la serata, quindi preferivo sparire e basta, le spiegazioni gliele avrei date il giorno successivo.
Non appena uscii l'aria fredda e pungente mi fece seriamente rischiare il collasso ma, non appena mi ripresi, cominciai a camminare spedita, finché non raggiunsi casa, mentre continuavo a pensare a come mi ero comportata e a quanto tutto non andasse in quel preciso periodo. 

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Capitolo 34
*** Devi dirlo a qualcuno, sai che devi dirlo... ***


Okay, mi scuso in partenza per questo capitolo molto bleah, vi chiedo perdono, ma ho combinato un casino e questo è l'unico modo più o meno decente che ho per sistemare le cose, insieme ad un Flashback, che ci sarà ovviamente nel prossimo capitolo! Spero che apprezziate lo stesso, anche se, lo ripeto, 'sto capitolo fa schifo. :''') Un bacio e, sempre e comunque, buona lettura! 
 

- Briaaaaaan -, mi chiamò per l'ennesima volta Chris dall'altro capo del telefono. 
- Si...si ci sono -, biascicai, cercando di non sbadigliare di nuovo.
- Perché mi hai chiamato se stai morendo di sonno? -, mi domandò, ridendo.
- Perché voglio assicurarmi che la mia cagnolina sia ancora viva -, spiegai, ridendo a mia volta.
- Pinkly è vivissima, solo che ora è in giro per casa...ah no, eccola.. -, disse poco dopo, - Vieni qui, Pinkly, vieni dai.. -, la chiamò, finché, dopo un po', sentii il suo campanellino, quello che portava con il collare, insieme ad un abbaio. - L'hai sentita? -, mi chiese lui. 
- Si, l'ho sentita -, risposi.
- E le manchi un sacco, ogni volta che vango a controllarla si mette a piangere davanti alla porta -, mi disse.
- Coccolala un po' da parte mia -, gli dissi, mentre mi passavo una mano sul viso, sbadigliando questa volta con aria profondamente stanca.
- Va bene, tu vattene a dormire invece, qualcosa mi dice che ne hai bisogno -, mi consigliò.
- Non hai idea di quanto il tour sia stancante.. -, dissi, ignorando quello che mi aveva appena detto.
- ..e allora vai a riposarti, a Pinkly ci penso io, non ti preoccupare -, mi assicurò.
- Non hai organizzato nessun tipo di festa a casa mia, vero? -, domandai, cambiando improvvisamente discorso.
- No, niente affatto, te lo assicuro -.
- Va bene, mi fido...e ora vado davvero a dormire, non mi reggo in piedi -. 
- Ecco, io resto un altro po' con il tuo cane che si diverte a mordermi le scarpe e poi me ne torno a casa, salutami gli altri, mi raccomando -.
- Certo, li saluterò tutti quanti da parte tua, ci sentiamo presto, ciao Chris e grazie ancora! -, dissi, anche se l'avevo fatto almeno 2000 volte da quando ero partito.
- Non c'è di che, divertitevi, ciao! -, e riattaccò.
Posai di nuovo il cellulare sul comodino accanto a me, guardando la stanza in cui me ne stavo, l'ennesima diversa da quando il tour era cominciato, ormai ci avevo fatto l'abitudine, in fondo. Dopo un po' mi addormentai definitivamente, anche se sapevo perfettamente che quella sera ci sarebbe stato un altro concerto e, nei successivi giorni, altre interviste e con loro altre domande, tante altre domande che non sopportavo e a cui non mi piaceva per niente rispondere.
 
***
 
Devi dirlo a qualcuno, sai che devi dirlo...
Mi svegliai alle 04.30 del mattino, con in testa quella stupida frase: non ricordavo neanche cosa o chi avevo sognato, ricordavo solamente quella piccola frase. E sapevo anche bene a cosa si riferisse, ovviamente.
Mi passai una mano sul viso, con aria stanca, senza però alzarmi, rimanendo invece solo seduta: volevo e avevo bisogno di riflettere su cosa dovevo fare.
Avevo litigato con Alex e ormai ci ignoravamo apertamente a vicenda, nonostante io gli avessi detto fin da subito che non era mia intenzione ferirlo, non era mai stata mia intenzione, ma lui non l'aveva capito, mia sorella stava ancora facendo il suo trattamento con la chemio, ma sembrava che tutto andasse bene, o così ci dicevano i medici e, come se non bastasse, ero stanca, stanca di tutto quanto.
Mi coricai di nuovo, mentre quella frase continuava a rimbombarmi in testa: mai in vita mia ero stata tanto incasinata, mai e ora, invece, tutto stava succedendo in fretta e nello stesso momento, come se qualcuno si divertisse altamente a vedermi sclerare per ogni singola cosa. 
Sospirai pesantemente.
Devi dirlo a qualcuno, sai che devi dirlo...
Ancora, ancora e ancora quella frase.
Davvero dovevo dirlo? Perché non potevo semplicemente continuare a tenermelo per me come avevo fatto in quei 2 mesi e mezzo? E poi, a chi avrei dovuto dirlo, scusa? A Matt? Si, probabilmente avrei dovuto dirglielo, ma solo appena avessi trovato il momento giusto, cosa che non era riuscita a fare in quei 2 mesi e mezzo, visto che lui era già preoccupato/gasato/in ansia perenne per il tour che stavano affrontando e non volevo gettargli sulle spalle l'ennesima cosa, proprio non mi andava. Ecco perché l'avevo tenuto per me per tutto quel tempo.
A Maggie? ..no, anche lei era esclusa, comunque fosse, in qualsiasi caso. Anche perché conosceva un'altra versione della storia.
Magari avrei potuto parlarne con Valary, lei ne sapeva molto più di me di queste cose, anzi, sicuramente ne sapeva più di me.
- Che cosa devo fare? -, domandai a me stessa, sussurrando quella parole mentre fuori la pioggia cadeva senza controllo alcuno.
E poi...se non lo sapevo io chi poteva saperlo? Non potevo pretendere che fossero gli altri a risolvere i miei problemi, dovevo prendermi le mie responsabilità, visto che non ero più una bambina. 
Per un po', avevo addirittura ignorato la cosa, anche se era assurdo e lo avevo fatto solo per il semplice fatto che neanche io ci credevo ancora, non potevo credere a quello che stava succedendo, perché sembrava davvero che qualcuno lo avesse fatto apposta solo per peggiorare la mia situazione. E nessuno lo sapeva ancora, quella era la cosa più divertente...ma prima o poi avrei dovuto parlare, che lo volessi o no, dovevo. 
Anche perché sapevo che presto sarei tornata ad Huntington Beach e le cose si sarebbero complicate, perché sarebbe stato più difficile fare in modo che nessuno sapesse, non ancora almeno.
Mi misi su un fianco, con una mano sotto la testa, mentre la mia mente ripercorreva quel giorno, quell'esatto giorno che risaliva ad un paio di mesi addietro...

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Capitolo 35
*** #Flashback Number Two. ***


Mi sentivo strana, da un paio di giorni ormai: continuavo a ripetermi che magari era solo un po' di influenza, che sarebbe passata con un po' di tempo...invece non cessava. Non avevo né febbre né altro, solo le idee confuse.
Capii di cosa si trattava solamente quando il mio ciclo non arrivò puntale come al solito: in media ero quasi sempre puntuale come un orologio svizzero, tanto che all'inizio pensai che fosse solamente un piccolo ritardo. Ma, quando arrivò a due settimane e mezzo, cominciai a preoccuparmi, finché non fui costretta ad agire.
Me ne stavo così seduta sul letto a gambe incrociate, guardando davanti a me e stringendo tra le mani la scatolina bianca che avevo acquistato quello stesso giorno in farmacia. Continuavo a girarla tra le dita, indecisa se togliermi quel dubbio tanto assurdo quanto probabile o meno.
Alla fine cedetti alla curiosità, nonostante un parte di me fosse anche spaventata, bevendo una lunga sorsata d'acqua direttamente dalla bottiglia, prima di dirigermi in bagno per fare il test.
Aspettai un po', finché non riuscii a fare pipì poi uscii semplicemente di nuovo e tornai a sedermi sul letto, in attesa di un risposta.
Stranamente non presi a camminare avanti e indietro per la stanza, come invece facevo di solito quando ero in ansia: in quel momento, riuscivo solamente a stare ferma, senza muovere un singolo muscolo, mentre osservavo il muro davanti a me con particolare attenzione.
Passarono i minuti che dovevano passare e solo allora abbassai di nuovo lo sguardo, guardando così il segno "+" nero sul test. Rimasi con il capo chinato per non so quanto tempo, incredula, soprattutto, di quello che stava succedendo.
Non bastavano tutti i casini che avevo tra cui mia sorella e il fatto che Brian mi mancasse da morire...ora avevo anche appena scoperto di essere incinta di lui. Ero incinta di Brian e questo complicava decisamente le cose, molto più di prima. Presi un respiro profondo, imponendomi di non piangere assolutamente, o avrei semplicemente fatto la figura della deficiente, mentre riflettevo su cosa era meglio fare.
Potevo tenerlo per me, magari...e risolverla a modo mio non appena fosse stato il momento opportuno, senza mettere in ansia nessuno. Era anche vero che avevo un forte bisogno di parlarne con qualcuno, mi succedeva sempre in quelle situazioni, ma tanto che avrei risolto? Alla fine mi sarei solo sfogata e, forse, per una volta potevo anche farne a meno, forse.
Non avevo intenzione di mentire, quindi prima o poi, in ogni caso, ne avrei parlato con Matt...magari quando le cose con mia sorella si fossero risolte almeno un minimo. E poi lo avrei detto anche a lei, ovviamente...anche se sapevo che le avrei dovuto spiegare anche tutta la storia con Brian, quando, tempo addietro, le avevo detto solamente che eravamo stati insieme per poco e che non aveva funzionato. Le avrei raccontato tutto quanto, e cioè che eravamo stati insieme per un bel po' e che, soprattutto, ci eravamo amati...e probabilmente ci amavamo ancora.
Alla fine andai anche a fare una visita, rivolgendomi ad una ginecologa che avevo visto spesso li in ospedale e con la quale, una volta, mi ero ritrovata a parlare, praticamente per caso, al bar. Mi visitò tranquillamente, dicendomi che ero incinta di 3 settimane: praticamente, se mia sorella si fosse ammalata solamente un mese dopo, in quel momento Brian lo avrebbe saputo, e allora sarebbe stato anche peggio fargli capire quanto era importante che io stessi con mia sorella in quel momento, perché aveva bisogno di me come non mai.
Le chiesi se, gentilmente, poteva non far parola con nessuno di quella visita, soprattutto con mia sorella, perché dovevo essere io a dirglielo e non qualcun'altro. Accettò volentieri, augurandomi poi buona fortuna per tutto quanto, mentre mi sorrideva incoraggiante: chissà a quante altre donne lo aveva fatto, chissà quante altre ne aveva tranquillizzate con le sue parole scelte accuratamente.
Mentre uscivo dallo studio, attenta a non farmi vedere da nessuno in particolare, ripensai vagamente al giorno in cui ero uscita con Matt e a quando mi aveva riaccompagnato a casa: Brian ci aveva aperto la porta e io gli ero subito saltata addosso, stringendogli le braccia al collo e baciandolo.
- Non metterla incinta! -, aveva detto Matt, mentre si chiudeva la porta alle spalle, e noi avevamo riso, come al solito, come sempre.
La mia mente andò di nuovo avanti, finché non mi ricordai anche di un altro particolare, che risaliva sempre a quella sera, dopo che avevamo guardato insieme uno dei miei film preferiti: eravamo andati in camera e io mi ero stesa al letto a leggere mentre lui era in bagno a lavarsi i denti.
Quando era tornato da me si era avvicinato subito al letto e ci eravamo baciati a lungo, incapaci di allontanarci: poi mi ero semplicemente stesa sul suo petto e avevamo cominciato a parlare un po', come al solito.
- Brian? -, lo avevo chiamato.
- Si? Dimmi.. -, aveva detto lui, rimanendo poi in silenzio in attesa che parlassi.
- Non saprei cosa fare senza di te... -, avevo sussurrato, con un tono che andava ben oltre il sincero.
- Neanche io -, aveva ammesso lui, - Quindi magari non roviniamo niente, okay? -, aveva aggiunto poco dopo, riuscendo a farmi sorridere.
- Okay, promesso.. -, gli avevo detto.
Gliel'avevo promesso e poi me n'ero andata lo stesso, lasciandolo da solo, quando tutto quello di cui aveva bisogno in quel periodo era di qualcuno che gli stesse accanto e che lo amasse, come io avevo fatto e come continuavo a fare.
Mi veniva sempre un groppo alla gola quando ci pensavo, quando pensavo che magari lui in quel momento se ne stava da solo in una stanza d'albergo, in attesa di partecipare all'ennesimo concerto del Tour mondiale. Non volevo che stesse da solo, eppure odiavo anche il pensiero di lui con qualcun'altra.
Ma sapevo che era una cosa stupida, quindi evitavo sempre di farlo. Nonostante tutto quello che avevo combinato, continuavo a sperare che lui stesse bene, speravo che avere Matt e gli altri accanto lo rendesse felice.
E, in quei momenti, mi veniva sempre da pensare: sarà mai una buona idea tornare ad Huntington Beach?
E se non fossi tornata? Se fossi rimasta ad Atlanta? Maggie e Ben avrebbero potuto lasciarmi la casetta per un po', ospitandomi, finché non mi fossi trovata una casa mia e un lavoro magari. Mi sarei fatta una nuova vita, lasciandomi alle spalle il passato. Brian si sarebbe dimenticato di me e avrebbe continuato la sua vita come preferiva, senza di me e senza il figlio che portavo in grembo.
La prima volta che ci avevo pensato mi era parsa un'idea abbastanza buona, ma solo perché era notte fonda e non riuscivo a dormire: e quando capitano queste cose, nella maggior parte dei casi, tutto quello che immagini sembra grandioso e senza conseguenze, invece quando ti svegli la mattina e lo ricordi arrivi alla conclusione che niente andava bene, che non c'era una singola cosa che filava.
Ed era quello che mi era successo. Non sarei mai potuta non tornare ad Huntington, perché quella era la mia casa, era il mio posto, li c'erano le mie abitudini e la mia routine, i miei amici, c'era tutto quanto.
Non potevo abbandonare tutto come una qualsiasi codarda, non avrei mai potuto abbandonare Matt e gli altri. Non avrei potuto mai abbandonare Brian, anche se l'avevo già fatto, in un certo senso.
Ora tutto quello che dovevo fare era continuare ad andare avanti, aiutare mia sorella, per quel poco che potevo fare e non dire a nessuno della mia gravidanza. Sarebbe stato un segreto finché non fosse arrivato il momento giusto, magari avrei fatto passare un paio di mesi, massimo tre...e il mio limite sarebbe stato la guarigione di mia sorella, la totale guarigione e quindi anche la fine della chemio.
Non riuscivo ad immaginare la reazione che avrebbe potuto avere Matt, poi: si era contenuto quando io e Brian gli avevamo detto che stavamo insieme, chissà cosa avrebbe detto quando gli avessi detto che ero incinta.
Io...incinta.
Faticavo ancora un po' a crederci, in fin dei conti...visto che era successo tutto molto velocemente, troppo velocemente per i miei gusti. Ma avevo sempre desiderato un figlio e il fatto che fosse di Brian me lo faceva amare ancora di più.
Mi chiedevo cosa avrebbe ereditato da lui una volta nato o nata: il naso leggermente all'insù? Le labbra piccole e sottili? Gli occhi scuri e espressivi? O magari il carattere, quel carattere unico che solamente lui aveva.
Sorrisi lateralmente mentre pensavo a quelle cose, poi decisi semplicemente di darmi un contegno, anche perché stavo andando in camera di mia sorella, così che potessimo stare un po' insieme prima che fosse trascinata via dai medici come al solito.
Di tanto in tanto, quando era distratta o troppo concentrata su una cosa, mi sfioravo il ventre, pensando che li dentro stava crescendo una vita, una nuova vita.
Inutile dire che la cosa mi spaventava a morte, ma l'avrei affrontata, proprio come avevo affrontato tutto il resto. 

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Capitolo 36
*** Era solo un piccolo ostacolo! ***


Quella mattina mi svegliai più tardi del solito, nonostante la sera prima fossi andata a dormire allo stesso orario di sempre, che poi si aggirava sempre tra le 21.00 e le 22.30.
Nell'ultimo periodo me ne stavo quasi sempre a leggere nel letto, visto che non avevo niente di meglio da fare, a parte stare in ospedale con mia sorella.
Mi alzai così in fretta e furia e cominciai a prepararmi, uscendo poi di casa e cominciando a farmela a piedi fino all'ospedale come al solito. Ci impiegai come al solito una decina di minuti, forse un po' di più e, quando raggiunsi la camera di mia sorella, dentro non ci trovai nessuno. Qualche secondo dopo entrò anche un'infermiera, li per prendere la cartella medica di Maggie, che m'informò che era già stata portata via dai medici. La ringraziai così velocemente dell'informazione, facendo poi per uscire dalla camera, quando invece notai, posata sul comodino accanto al letto, una busta bianca: mi avvicinai incuriosita, riuscendo alla fine a scorgere il mio nome scritto sopra la carta bianca. La guardai per un po', prima di prenderla e di aprirla, mentre uscivo di li. Sbirciai all'interno, arrivando alla fine alla conclusione che si trattava di un biglietto aereo, con destinazione Huntington Beach, solo andata. 
Che cosa significava? Lo tirai fuori e, nello stesso momento, vidi anche un altro bigliettino, che diceva: "Appena i medici mi lasciano stare ti spiego tutto quanto e credimi, sarai felice di sentire quello che ho da dirti". 
Indubbiamente era di mia sorella e poteva anche stare a significare solamente una cosa. 
 
***
 
Era ormai l'ora di pranzo, l'ora in cui mia sorella veniva sempre riportata in camera dopo il ciclo di chemio e io me ne stavo tranquillamente seduta sulla sedia, accanto al suo letto.
Mentre aspettavo non mi ero mossa dall'ospedale, a parte per andare al bar davanti a comprare un buon cornetto, visto che lì li avevano finiti tutti.
Poi avevo anche incontrato la Dottoressa Collins, la ginecologa che mi aveva visitato la prima volta, e ci avevo chiacchierato un po': mi aveva chiesto come stessi e se la mia gravidanza andava bene, e io le avevo semplicemente risposto che andava tutto alla grande. Il periodo peggiore sarebbe ancora dovuto arrivare, ovvero quello delle nausee. Quello si che sarebbe stato traumatico. 
- Hai trovato la busta, vero? -, mi domandò lei, facendo capolino in camera su una sedia a rotelle.
Mi voltai subito a guardarla, notando immediatamente che il suo colorito era decisamente migliorato, stava pian piano riprendendo colore e sembrava anche meno stanca di quanto fosse stata nei giorni addietro. - Si -, dissi, - Si, l'ho trovata e sono qui per saperne di più, forza -, aggiunsi, sorridendole mentre un'infermiera l'accompagnava dentro.
La aiutai a stendersi di nuovo al letto, nonostante mi avesse detto che ce la faceva da sola e, in effetti, era davvero così, quindi lasciai perdere in partenza, tornando a sedermi sulla sedia. - Pronta? -, mi chiese.
- Certo, sono tutta orecchie -, risposi, restando di nuovo in attesa.
- Bene, allora...ieri, mentre ero qui in stanza a farmi i cavoli miei e a guardare un po' di tv, è entrato il Dottore Montgomery, sperava di trovare Ben e invece ha trovato solamente me, così mi ha fatto un po' il quadro generale della situazione.. -, disse, facendo una pausa.
- ..e? -, la spronai io, continuando a tenere sulle gambe la busta bianca, mentre sorridendo speranzosa.
- ..e ha detto che sto benone, che a quanto risulta dai miei esami la mia leucemia sta sparendo, ormai è come se non ci fosse -, aggiunse, facendo un sorriso a 32 denti.
- E la chemio? -, domandai, facendo per alzarmi, pronta per abbracciarla.
- La chemio è finita, hanno detto che tutta quella che ho fatto è stata più che sufficiente, non hanno detto che posso tornare a casa, certo, ma.. -, provò a dire, ma io le ero già saltata con le braccia al collo, felice come non mai di quella notizia.
- Quindi stai bene! Stai bene per davvero, oddio! -, sbottai, quasi con le lacrime agli occhi.
- Esatto sorellina, ora devo solo rimanere qui in osservazione....per questo ti ho fatto prendere da Ben il biglietto per Huntington, è ora per te di tornare a casa -, m'informò, mentre ricambiava il mio abbraccio.
- E quanto dovrai stare in osservazione? -, chiesi, allontanandomi poi per guardarla di nuovo in viso.
- Un paio di settimane.. -, rispose, con un sospiro di rassegnazione, - Ma niente più di questo e hanno già anche informato Ben, che infatti verrà qui tra un po' -, aggiunse.
- Te l'avevo detto che ce l'avresti fatta a superare anche questa -, dissi io.
- Io supero sempre tutto quanto, questo era solo un piccolo ostacolo! -, si pavoneggiò con aria fiera, posando poi di nuovo la schiena contro i due cuscini che aveva dietro.
- Si okay, però ora non tirartela eh, sembri molto.. -, cominciai a dire, ma alla fine mi bloccai.
Lei mi guardò per un momento con aria confusa. - ..sembro molto Brian? -, domandò.
- Si, un po', con questo pavoneggiarsi -, le spiegai, cercando di apparire convincente.
- C'è qualcos'altro che devi dirmi su voi due, vero sorellina? -, fece.
- Cosa te lo fa pensare? -.
- Non lo so, ma ho come l'impressione che quello che mi hai detto la prima volta che ho visto la vostra foto non sia tutta la verità, c'è qualcos'altro sotto, vero? -, chiese.
Per un momento rimasi li, indecisa su cosa fare, ma, alla fine, decisi che tanto ormai il momento era arrivato, quindi annuii solamente. - Si, c'è qualcos'altro sotto -.
- E allora raccontami! -, disse, - Sono tutta orecchie -, aggiunse subito dopo, imitando perfettamente il mio tono.
Risi. - Beh...ti ricordi che ti dissi che eravamo stati insieme per poco e che non aveva funzionato? -, domandai.
Lei annuì.
- Ecco...beh, in verità...siamo stati insieme per un bel po', quasi per 6 mesi.. -, cominciai a dire, chinando il capo verso terra, - E stava funzionando, andava tutto alla grande...e poi sono venuta a sapere della tua malattia, gliel'ho detto, gli ho detto che sarei dovuta partire per venire qui e starti accanto...e lui..non lo so... -, biascicai, cercando di essere il più chiara possibile, anche se non mi stava riuscendo per niente, - ..abbiamo discusso e non parliamo da quel giorno -, fu l'ultima cosa che aggiunsi, sollevando di nuovo lo sguardo per incontrare quello di mia sorella.
- Q-quindi...è colpa mia se non state più insieme? -, domandò, con voce flebile.
- No! -, sbottai immediatamente, rendendomi improvvisamente conto che avevo scelto le mie parole con poca cura, che idiota che ero, - No, assolutamente no, tu non centri niente, io dovevo venire, non potevo starmene li con le mani in mano sapendo che tu eri qui malata di leucemia -, le dissi, cercando di tranquillizzarla, - Abbiamo discusso perché...perché io non avevo la forza di dare una possibilità a quello che avevamo e ho sbagliato, cazzo se ho sbagliato, perché.. -, provai a dire.
- Perché tu lo ami -, continuò lei al posto mio, togliendomi completamente le parole di bocca.
Non riuscii a fare altro che annuire, mentre tiravo su col naso. - Si, esatto...io lo amo, lo amo da impazzire, anche se può sembrare assurdo.. -, dissi, guardando poi di nuovo verso il basso, - E avrei davvero dovuto dare una possibilità a quello che avevamo...ma lui doveva affrontare il Tour e io ero qui, saremmo stati dei mesi l'uno lontano dall'altro e l'idea mi terrorizzava...tanto che alla fine presi la decisione che mi pareva migliore, ma anche quella che poi si dimostrò più stupida...e lo lasciai andare -, dissi, praticamente a bassa voce, mentre mi imponevo anche di non piangere. Come al solito. 
- La paura ci fa fare cose che a volte neanche immaginiamo di essere in grado di fare...funziona così purtroppo.. -, disse lei, con tono comprensivo. In quelle situazioni, sembrava lei la sorella maggiore: io, al confronto, potevo risultare solamente come una bambina di 6 anni. 
- Lo so, lo so.. -, sussurrai, - ..e ora non so che fare, so che devo tornare, voglio tornare, perché quella è casa mia, ma c'è anche un altro problema, cioè...non è un problema, però... -, cercai di spiegare, prendendo poi un respiro profondo.
- Credo di aver già capito -, disse.
A quella parole alzai nuovamente il viso, leggendo nei suoi occhi che aveva davvero capito a cosa mi riferivo. Non sapevo come facesse, però ci riusciva sempre. - Davvero? -, chiesi comunque.
Annuì. - Voglio sapere il mese, su, che aspetti a dirmelo? -, mi chiese.
Risi. - Terzo...sono da poco entrata nel terzo mese -, risposi.
- Uh, quindi tra un po' comincerà anche a vedersi la pancia? -, chiese, con un tono che lasciava trasparire perfettamente quanto fosse gasata.
- Si, esat...hey, aspetta, non sei arrabbiata con me per non avertelo detto? -, mi ritrovai a chiedere, un po' sbalordita. 
- Se non me l'hai detto un motivo ci sarà stato, quindi per questa volta evito di arrabbiarmi per il fatto che non mi hai detto subito che sarei diventata zia.. -, disse, aumentando di parola in parola il tono della sua voce, come a volermi far capire che era un po' arrabbiata, ma che si stava contenendo, - Lo sai che è una vita che sogno di diventare zia! -, aggiunse piagnucolando e incrociando le braccia sotto il seno con aria offesa.
- Lo so, lo so...ma hey, ora lo sai, mi perdoni? -, provai a dire, assumendo una delle mie migliori facce da cucciola.
- Mh...solo perché hai quell'espressione tanto dolce e tenera -, cedette alla fine.
- Grazie! -, trillai, alzandomi poi di nuovo per abbracciarla ancora. 
- Di nulla -, fu tutto quello che rispose, corrispondendo poi a quel mio secondo abbraccio.
Dopodiché, continuammo semplicemente a chiacchierare animatamente, mentre io cercavo di assimilare ancora il fatto che le avevo detto tutto, finalmente, e che, soprattutto, lei non se l'era presa per niente.
Era vero, forse avevo sbagliato a scegliere le parole, ma le avevo fatto capire che lei non centrava niente con la mia rottura con Brian, quella era stata solamente colpa mia, mia e della mia innata stupidità.
Mentre chiacchieravamo, verso le 15.00, arrivò finalmente anche Ben, che si gettò immediatamente tra le braccia della moglie, dicendole quanto fosse felice che stesse bene: si mise addirittura a piangere e alla fine lei fece lo stesso. Rimasi così ad osservare quella scena, finché non decisi di lasciarli un po' soli. 
Mia sorella mi consigliò di andare a farmi un giro che, in altre parole, equivaleva al fatto che voleva rimanere un po' da sola con il marito.
Recepii il messaggio e, senza fare obiezioni, uscii dalla stanza. Mentre mi dirigevo verso l'uscita, incrociai per la prima volta dopo un po' lo sguardo di Alex ma, come al solito, nessuno dei due fece niente, continuavamo semplicemente ad ignorarci. 

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Capitolo 37
*** E' ora di tornare a casa, sorellina. ***


- Tornare a casa dopo mesi in ospedale è decisamente meglio di quello che avevo immaginato -, esordì mia sorella, non appena varcammo la soglia di casa, io, lei e Ben.
- Si, è sempre così -, dissi io, mentre mi chiudevo la porta alle spalle. Dalle due settimane in osservazione non era uscito niente, se non che stava bene e che poteva tranquillamente tornare a casa, finalmente. La leucemia era sparita ma, in caso di un qualsiasi malessere, sarebbe dovuta tornare subito in ospedale per degli ulteriori controlli. Cosa che speravo non succedesse più.
- Vado a prendere quello che è rimasto in macchina e arrivo.. -, disse Ben, uscendo poi subito dopo di casa.
Mia sorella fece un cenno col capo, anche se lui era già andato e poi si rivolse a me. - Io ho voglia di un buon thè, ti va? -, mi chiese.
- E ce lo beviamo in veranda? -, proposi, sapendo bene quanto le piacesse.
- Si, è una vita che non lo facciamo insieme -.
- Si, è vero -, concordai, mentre andavamo in cucina per cominciare a preparare. Presi il pentolino, lo riempii d'acqua quanto bastava e poi lo misi sul fuoco, lasciandolo li mentre ci sedevamo su due sedie, una di fronte all'altra.
- Allora...hai intenzione di dirlo a qualcun'altro, oltre che a me? -, mi domandò.
Sospirai. - Si...prima di tutti lo dirò a Matt, sperando che non dia di matto o cose simili.. -, risposi, lasciandomi scappare una risatina.
- Lo fa ancora? Dare di matto per ogni singola cosa, intendo.. -.
Annuii con vigore. - Si, lo fa ancora e anzi, è andato peggiorando col corso degli anni! -, dissi, non riuscendo a trattenere neanche in quel caso una risata.
- Riesco solo ad immaginare -, sussurrò sorridendo, mentre si lasciava andare sullo schienale della sedia.
- Quindi...non so, penso che domani lo chiamerò, o anche oggi...e glielo dirò, poi passerò alla parte complicata, che comprende dirlo a Brian -, dissi, abbassando poi il capo verso terra, come se fossi terrorizzata da quella prospettiva. E beh, un po' in fondo lo ero.
- Hey.. -, disse lei, allungandosi poi verso di me e posando entrambi i gomiti sul tavolo, - Lo so che potrà sembrarti difficile, ora come ora...ma lui è il padre, e in quanto tale ha il diritto di saperlo.. -, aggiunse.
- Lo so che ha il diritto di saperlo, infatti non ho intenzione di tenerglielo nascosto, ma se reagisse male? -, le chiesi.
- Questo non lo puoi sapere e poi...beh, Brian può essere stupido e immaturo quanto gli pare, ma di certo non ti volterà le spalle in un momento così, se ti ama..non ti volterà mai le spalle -, mi assicurò lei.
- Allora posso solo sperare per il meglio.. -, dissi, come ultima cosa.
Alla fine, quando il thé fu pronto, ce ne andammo in veranda, come avevamo prestabilito e ci sedemmo sulle sedie a dondolo, facendo poi un cenno col capo a Ben che tornava in casa per sbrigare qualche faccenda inerente al lavoro.
- Quando ti sei accorta di essere incinta? -, mi domandò all'improvviso mia sorella, sorseggiando dalla sua tazza.
Io feci lo stesso, prima di risponderle, voltandomi a guardarla e tornando indietro con la mente. - Ahm...era un giovedì mattina, il mio ciclo era in ritardo e mi sentivo strana, così avevo preferito controllare.. -, le spiegai.
- E' stato inaspettato? -.
- Si, si ovviamente...lo è stato come lo è stata la mia storia con Brian -, ammisi, sorridendo tuttavia.
- Non riesco ancora a crederci appieno, non so perché... -, ammise, - Cioè, lui è Brian! -, esordì, facendomi ridere.
- Si, lo so, non ci credevo neanche io -, dissi.
- Però voglio che mi racconti per bene, com'è successo? -, mi chiese, sporgendosi verso di me.
Bevvi un po' di thé, nonostante scottasse, sorridendo poi lateralmente. - E' successo dopo un po'...dopo... -, provai a dire, inspirando profondamente, - ..dopo la morte di Jimmy si è chiuso in se stesso e aveva deciso di stare da solo -, raccontai, facendo una pausa, - ..a nessuno di noi andava bene...e una sera decisi di provare a farlo ragionare e alla fine ci riuscii anche, così lo convinsi e gli proposi di stare con lui, finché non avesse deciso cosa fare.. -, aggiunsi, riassumendo molto la storia.
- Quindi...sei stata con lui? -, domandò e io annuii, - Per quanto? -, chiese poi.
- E mese e qualcosa di più...e una sera mi disse che aveva deciso di tornare, finalmente...ero contentissima, tanto che gli corsi incontro -,
cominciai a dire, sorridendo e arrossendo allo stesso tempo al solo ricordo, - ..poi lui fece il primo passo e mi baciò, io ricambiai e poi...poi è successo quello che porta a questo -, aggiunsi, indicandomi la pancia che, entro un mese o poco più, avrebbe cominciato a crescere.
- Si okay, okay, non entrare nei particolati, per favore -, mi pregò.
- Va bene, lo terrò per me -, promisi.
- E...lui com'era? Come si comportava? -, chiese, sempre più curiosa.
- Si comportava...magnificamente -, ammisi con un sospiro, sorridendo per l'ennesima volta, - Era dolce, tenero, si preoccupava per me...e io...io non mi ero mai sentita in quel modo con nessuno, ero veramente felice di tutto quanto, tanto che nel giro di poco tempo mi resi conto di essere innamorata di lui.. -, sussurrai.
- Da migliori amici ad amanti.. -, disse lei.
Annuii. - Già, una cosa a cui non avrei mai pensato e invece è successa.. -, continuai, - E così mi sono ritrovata perdutamente innamorata di
uno dei miei migliori amici.. -, aggiunsi.
- E lui perdutamente innamorato di te, giusto? -.
- Si, esatto...e ora mi manca, non immagini neanche quanto -.
- Lo capisco...credimi -, mi assicurò lei, mentre io avevo ripreso a bere, - E entro qualche giorno potrai rivederlo...e affrontarlo -, disse, scandendo bene l'ultima parola.
- Sei sicura di volere che me ne vada? Posso anche spostare la partenza! -, le chiesi, colta all'improvviso da un attacco d'ansia.
- No, non devi spostare la partenza -, chiarì immediatamente, prendendo la mia mano e stringendola, - ..è ora di tornare a casa, sorellina -, aggiunse, sorridendomi incoraggiante.


***

- Ti voglio bene sorellina -, mi disse lei, abbracciandomi nel bel mezzo dell'aeroporto.
- Anche io, tantissimo -, risposi, allontanandomi poi e stringendo meglio la mia valigia, - Vedi di starmi bene, okay? -.
- Ovviamente, staremo benissimo -, disse, stringendosi a Ben, - E fammi sapere tutto quanto, chiaro? -.
- Si, certo, ti chiamo appena metto piede in casa -, le promisi, poco prima che la voce dagli altoparlanti mi avvertisse che il volo per Huntington sarebbe partito nel giro di qualche minuto e invitava i passeggeri a raggiungere il gate d'imbarco.
- E' ora, sii forte, d'accordo? -.
- Si, va bene -, dissi, abbracciandola poi di nuovo, - Farò del mio meglio -.
- E ricordati che lo stress non fa bene al bambino, quindi stai rilassata più che puoi -, mi ricordò ancora Ben, per l'ennesima volta.
- Okay, ci proverà -, promisi anche.
Ci fu il tempo di un ultimo abbraccio, prima di salutare del tutto entrambi, dirigendomi così a passi spediti verso il gate.
Un hostess giovane, sui 25 anni, mi sorrise. - Buongiorno -, esordì.
- Giorno -, risposi, porgendole poi il mio biglietto.
Gli diede una veloce controllata, poi me lo porse di nuovo. - Faccia buon viaggio -.
- Grazie mille -, dissi, cominciando poi ad entrare, mentre due ragazzi, seguiti dai genitori, correvano urlando lungo il corridoio, eccitati dal viaggio che stavano per affrontare.
Sorrisi, chinando poi il viso verso terra e camminando a passo spedito, finché non raggiunsi il grande sportello dell'aereo.
Trovai facilmente il mio posto e misi a posto il mio bagaglio, sedendomi poi comodamente sul mio posto, con tutta l'intenzione di non muovermi da li neanche una volta.
Presi dei piccoli respiri profondi ma, alla fine, l'ansia da decollo mi venne lo stesso, tanto che strinsi il bracciolo accanto a me talmente tanto che le nocche mi divennero bianche.
Per il resto del volo, non feci niente, a parte pensare e leggere, per quanto poco ci riuscissi. Pensavo a Brian, soprattutto a Brian. Lo avrei rivisto, volevo rivederlo, eppure il solo pensiero mi terrorizzava a tal punto da trattenere il fiato. Come mi sarei comportava una volta che ce lo avessi avuto davanti? Cosa gli avrei detto? "Hey ciao, sai sono incinta e il figlio sarebbe il tuo, ti va di contribuire a crescerlo?".
No, non gli avrei detto subito tutto, avrei fatto le cose per gradi, com era giusto che fosse.
Sospirai per l'ennesima volta pesantemente.
Matt mi aspettava all'aeroporto e lui mi avrebbe riaccompagnato a casa, nonostante fosse appena tornato dal tour e fosse ancora parecchio stanco: avevo cercato di dissuaderlo, dicendogli che avrei chiamato un taxi, ma non ne aveva voluto sapere. Avrei approfittato del viaggio in macchina per dirgli che ero incinta...anche se non era proprio una bella idea.
Sorrisi, nonostante tutto, riuscendo poi finalmente a chiudere gli occhi, anche perché la sera prima non avevo dormito proprio per niente.
Avevo davanti a me parecchie ore di viaggio, che speravo di usare per riposarmi un po'.

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Capitolo 38
*** Chissà.. ***


Arrivai in aeroporto intorno alle 18.00 del pomeriggio. Avevo dormito per un bel po', per mia fortuna, quindi mi sentivo anche più che bene. Andai a prendere la mia valigia e, dopodiché, mi incamminai a passi spediti tra la gente che continuava a spintonarsi a più non posso.
Allungai il collo, cercando invano Matt per un po', decidendo poi di recarmi fuori dalla mischia: cercai ancora un po', finché alla fine non lo vidi. Sorrisi, andandogli poi incontro e mollando la valigia accanto a me, così che potessi abbracciarlo. - Finalmente sei tornata! -, esordì lui, stringendomi forte.
- Già, è bello rivederti -, sussurrai, - E grazie per essermi venuto a prendere, davvero -, aggiunsi.
- Ti pare -, disse, prendendo la mia valigia. Provai a dissuaderlo, ma non mi ascoltò, come sempre. - Allora, come stai? E tua sorella? -, mi chiese, mentre ci incamminavamo verso l'uscita.
- Bene e anche lei sta bene, la chemio l'ha sfinita, ma alla fine si è ripresa -, spiegai.
- Bene, sono contento -.
Diglielo, diglielo, diglielo...su, vigliacca!
- Il tour invece? -, domandai, ignorando quella vocina nella mia testa, - C'è qualcosa che non mi hai raccontato? -.
Lui si strinse nelle spalle, pensieroso. - Si, forse qualcosa c'è, lasciami pensare.. -, mi disse, mentre raggiungevamo la macchina.
Misi la valigia nel bagagliaio, poi salimmo e, da li, cominciò a parlare senza tregua. Io, invece, continuavo a massacrarmi le mani, ansiosa come non mai in vita mia.
- Ah si, poi una sera...non mi ricordo dove eravamo, sinceramente..però siamo usciti per berci qualcosa e siamo finiti tutti completamente ubriachi, al punto che nessuno si ricordava neanche più dove stesse l'hotel! -, mi raccontò, tra una risata e l'altra.
Mi sforzai di ridere nella maniera più convincente possibile a mia volta. - Sempre i soliti, insomma -.
- Già...e poi una sera Zacky si è addormentato in ascensore e russava come un addannato! -, disse poi.
Continuai a ridere, prendendo poi un respiro profondo pronta, più o meno, a parlare. - Matt, ti devo dire una cosa.. -, riuscii a biascicare.
- Momento momento, l'ultima cosa, una sera Johnny si è messo a correre urlando per l'hotel e per poco non ci cacciavano, cioè...Brian ha dovuto parlare con il direttore, perché è l'unico che ci sa abbastanza fare! -.
- Matt.. -, riprovai, ma non mi sentì proprio.
- ...e alla fine ci hanno lasciato andare, ma hanno continuato comunque a rompere le palle -.
- Maaaaaatt -, provai ancora, ma ormai niente sembrava fermarlo più.
- ..e il cibo faceva schifo li, te lo avevo detto no? -, domandò.
- Matt sono incinta -, riuscii a dire alla fine e questa volta mi sentii chiaramente, perché si zittì. Ma, al contrario di quello che avevo pensato, scoppiò subito dopo in una sonora risata, svoltando poi ed imboccando la via che portava sia a casa sua che a casa mia che a quella degli altri.
- Okay, bel modo di farmi zittire, scusa...dimmi dai -, mi spronò.
- No Matt...è vero -, sussurrai, - Sono incinta...questo dovevo dirti -, ripetei, mordendomi lievemente il labbro inferiore, mentre guardavo
davanti a me.
Mezzo secondo dopo inchiodò con la macchina e, se non avessi avuto la cintura di sicurezza, sarei sicuramente finita con la faccia sul cruscotto. Eravamo a qualche miglio da casa mia e, solo dopo un po', trovai il coraggio di allungare il collo per guardarlo. - Matt? -, lo chiamai e, nonostante tutto, quella situazione mi fece sorridere, ma mi fermai mordendomi nuovamente il labbro.
- Cosa?! -, sbottò, voltandosi a guardarmi.
- Ti prego, non sclerare.. -, gli dissi, sperando bene.
- Sei...incinta? -, chiese.
Annuii. - Si...di tre mesi, sei il secondo a saperlo.. -.
- T-tre? -
Annuii ancora. - Non l'ho detto a nessuno quando l'ho scoperto, avrei voluto dirtelo subito...ma eri in tour e avevi già tante cose a cui pensare, non volevo farti pesare l'ennesima cosa.. -, gli spiegai, ricevendo in risposta solo un lungo silenzio, - Su dai...diventerai zio! -, aggiunsi, cercando di sdrammatizzare, mentre gli davo una piccola pacca sulla spalla, anche se lui si era voltato di nuovo a guardare davanti a se.
Ancora silenzio. Quelli erano i classici momenti in cui diventava peggio di un qualsiasi fratello maggiore, a volte mi metteva anche paura. - Da segni di vita..per favore -, lo pregai.
- Sto cercando di riprendermi dallo shock... -, mi informò.
- Non è una cosa...tanto brutta, in fondo.. -.
- Neanche Brian lo sa? -, chiese, guardandomi ancora.
Scossi il capo. - ..voglio prima risolvere le cose tra di noi -.
- Oh, d'accordo...ho capito -.
- Non andrai a dirglielo..vero? -.
- No, non lo farei mai.. -, mi assicurò, scuotendo impercettibilmente il capo e rimettendo allora in moto la macchina, - E...e è maschio o femmina?-, chiese, dopo aver preso l'ennesimo sospiro ed aver tossito appena.
- Non lo so ancora, ma spero femmina, ho sempre voluto una femmina.. -, ammisi.
- Hai paura? -.
Mi strinsi nelle spalle. - Si, un po sì...ma soprattutto ho paura di come potrebbe reagire lui.. -.
- Reagirà un po' come me, credo...ma non devi preoccuparti -, sussurrò.
- Perché non dovrei preoccuparmi? -.
- Perché ti ama ancora -, rispose, nello stesso momento in cui arrivavamo davanti casa mia.

***

Amy era incinta.
Amy, la mia Amy, era incinta. E io faticavo ancora a credermi. Ero contento, al settimo cielo, anzi, perché sapevo che sarebbe stata
un'ottima madre e una perfetta moglie. Era sempre stata portata per quel tipo di cose e aveva sempre desiderato un figlio, solo che non aveva mai trovato l'uomo giusto. Forse neanche io lo ero stato.
Ma ora aveva Brian, lo avrebbe riavuto, ne ero sicuro, perché neanche per un attimo lui aveva smesso di pensare a lei, questo lo sapevo bene. Era capitato che passasse nottate in bianco, ripensando a tutto quello che avevano avuto insieme, finché non si addormentava, sfinito dal peso dei ricordi.
Quel periodo per lui non era stato semplice, come non lo era stato per Amy e io non avevo potuto fare niente per impedirlo.
- Hai visto? -, mi domandò Helena.
Mi limitai ad annuire, cercando di non far trasparire il fatto che mi aveva fatto prendere un colpo come al solito. - Certo -.
- Amy...mamma, ti assicuro, ce la vedo davvero tanto! -.
- Si, anche io, ora possiamo solo sperare che lei e Brian riescano a risolvere, sono stanco di vederli l'uno lontano dall'altro, si mancano a vicenda -.
- Purtroppo tu non puoi farci niente, le scelte sono loro e solo loro possono gestire il loro destino.. -.
- ..il destino è già scritto -, ribattei.
- Non è vero, tutto lo pensano, ma non è così... -, sussurrò ma, vedendo che non dicevo niente, continuò, - ..tu immagina un libro vuoto, così grande da contenere dentro un'intera vita e poi pensa che sei tu quello che ha la penna in mano, e non qualcun'altro...siamo noi a scegliere, il fato non esiste, esistono solo le scelte giuste e quelle sbagliate -.
- E loro prenderanno quella giusta.. -, sussurrai.
- E loro prenderanno quella giusta -, ripeté lei, - Si amano talmente tanto da non riuscire a stare lontani, presto lo vedrai, lo vedremo -.
- E' snervante aspettare -.
- Lo so, ma non possiamo fare nient'altro, quindi tanto vale trovarci un passatempo.. -, propose, allungando la mano verso la mia.
La guardai per qualche secondo con disapprovazione, poi mi arresi e la strinsi, incamminandomi con lei chissà dove. - Dove andiamo? -, domandai.
- Dove vuoi andare? Questo posto è bello grande, in qualunque caso -, disse lei.
Sorrisi. - Proviamo a vedere dove arriviamo? -, sussurrai.
- Andata -, acconsentì, sorridendomi.
E, in quel momento, capii che forse c'era una speranza anche per me, che forse potevo essere felice anche lassù, nonostante fossi tagliato fuori dal mondo, nonostante fossi tagliato fuori dalla vita dei miei amici e dalla realtà in cui vivevano. Non avevo neanche vissuto la mia vita, non appieno almeno, e ora tutto quello che mi restava era viverla li, con qualcuno accanto che mi aiutasse. E Helena mi sembrava la scelta più adatta.


***

- Glielo hai detto? -, chiese mia sorella, dall'altra parte dell'apparecchio.
- Si, si gliel'ho detto...e ha reagito come doveva reagire -, le dissi, mentre tiravo fuori la mia roba dalla valigia, buttandola distrattamente sul
letto.
- E cioè? -.
- Stavamo tornando verso casa e lui ha improvvisamente inchiodato con la macchina, sarei finita sul cruscotto se non avessi avuto la cintura! -.
Lei rise di gusto. - Riesco ad immaginarmi la scena, giuro! -.
- Si, è stata divertente in fondo.. -.
- Beh, e gli altri invece? -.
- Non sono ancora riuscita a vedere nessuno, cioè...so che domani Matt viene con Valary, perché stasera avevano da fare e con loro
verranno anche gli altri, tranne.. -.
- ..tranne Brian -, concluse lei.
- Si, tranne Brian, suppongo che non verrà -.
- Mhh...quindi non sai neanche quando lo vedrai -.
- No, esatto...ma prima o poi succederà, se non da parte sua, sicuramente da parte mia -.
- Tu tienimi comunque aggiornata, va bene? -.
Sorrisi. - Certo, sempre aggiornata -, le promisi, sbadigliando, - E ora vado, sono ancora stanca nonostante le ore di sonno in aereo -.
- Va bene, io torno a leggere un buon libro mentre aspetto che Ben torni a casa, ti voglio bene, ricordalo! -.
- Certo e io ne voglio a te, un bacio.. -, sussurrai, prima di riattaccare. Posai di nuovo il telefono con comodino e, chissà per quale ragione, cominciai ad incamminarmi verso la finestra. Guardai fuori, osservando il cielo scuro sopra di me per un po', abbassando poi lo sguardo e accorgendomi solo allora di una figura incappucciata che camminava via a passi spediti. Attirò la mia attenzione nonostante, molto probabilmente, fosse solamente un passante che aveva allungato il passo per recarsi a casa, visto che le nuvole non promettevano niente di buono. Mi allontanai così dalla finestra, non prima di aver tirato le tende, entrando di nuovo in camera mia e stendendomi sul letto, dove mi coprii con una coperta pesante, visto che tremavo, decidendo di non pensare a quello che era appena successo.
Del resto, era inutile illudersi che quel passante potesse essere stato Brian...no?


 

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Capitolo 39
*** I ricordi fanno male. ***


 

Camminavo a testa bassa lungo il marciapiede che costeggiava tutte le abitazioni del quartiere, comprese la mia, quella di Amy, quella di Matt e degli altri. 
Non sapevo neanche perché ero uscito, forse giusto per prendere una boccata d'aria e sfuggire alla monotonia della mia vita, nonostante fossero quasi le 19.00 di sera. Mi sistemai un'ultima volta il cappuccio che portavo in testa, visto che delle grosse nuvole riempivano il cielo, infilando poi entrambe le mani in tasca e continuando a camminare a passo spedito. 
Sapevo che mi stavo dirigendo dalle parti di casa di Amy, ma non m'interessava: per quello che ne sapevo, lei era ancora ad Atlanta da sua sorella.
Nonostante tutto, quando fui praticamente arrivato, alzai il viso, vedendo, con mia grande sorpresa, che la luce del salone era accesa: per un attimo rimasi fermo, incredulo, cominciando poi a camminare di nuovo, quasi senza volerlo. Arrivai all'imbocco del suo vialetto, ritrovandomi proprio davanti alla grande finestra, e allora la vidi. Stava parlando al telefono, mentre camminava su e giù per il salone e non era mai stata tanto bella. Rivederla dopo tutto quel tempo mi stava lasciando praticamente senza fiato, mentre lottavo contro l'impulso di andare li, bussare alla porta ed entrare. Ma sapevo perfettamente che poi non sarei più stato tanto padrone delle mie azioni, probabilmente l'avrei baciata, anzi, sicuramente l'avrei baciata. Perché i miei sentimenti per lei non erano cambiati neanche un po'. Aveva i capelli sciolti, come al solito e forse anche leggermente più corti, ma da quella distanza non riuscivo a vederlo bene; la guardai per un po', incapace di fare altro, sentendo crescere dentro di me la stessa sensazione di abbandono che avevo provato la sera in cui mi aveva detto che sarebbe partita. Non mi ero mai sentito in quel modo, non volevo apparire debole perché nessuna era stata mai capace di indebolirmi, di farmi sentire in quel modo. Mai avevo desiderato di fare qualsiasi cosa per una donna, perché mai mi ero innamorato, quella era la verità. Non avevo mai creduto davvero nell'amore, lo vedevo come una cosa stupida e banale...finché persino io non c'ero finito in mezzo. Allora avevo capito davvero; mi costrinsi a distogliere lo sguardo, tornando così sui miei passi, prima che mi vedesse: non dovevo neanche essere li, quindi era meglio non farmi beccare. Per quanto mi fosse mancata e per quanto ancora mi mancasse, in quel momento non avevo la forza per rivederla, per affrontarla. 
Ma che c'era che non andava in me? Perché non andavo semplicemente li e sistemavo la situazione come qualsiasi altra persona normale avrebbe fatto? Perché dovevo per forza complicare tutto ogni volta?
Mi ricordai di quando mi ero ripromesso di non combinare alcun tipo di casino con lei, quando mi ero ripromesso di non fare niente che avrebbe potuto mettere a rischio la nostra amicizia...e invece guarda dove ero finito. In fondo, però, non mi pentivo minimamente di quei mesi che avevo passato con lei, come avrei potuto? Avevo accettato di correre il rischio, mi ero messo in gioco e alla fine ce l'avevo fatta. Pensavo che ormai niente avrebbe potuto dividerci e invece ecco quel piccolo imprevisto: sua sorella si era ammalata e io dovevo partire per il Tour. Ma il punto non era quello, non il principale almeno...il punto era che io mi ero arrabbiato perché non era riuscita a dare almeno un'altra piccola possibilità alla nostra storia, nonostante quello che in quei 6 mesi avevamo passato insieme.
Sei mesi non erano pochi, o almeno non lo erano per me...ma allora perché lo aveva fatto? Perché non era riuscita a mettersi in gioco anche quella volta, invece di lasciare tutto andare?
Scossi il capo, imponendomi di non pensare più a quelle cose, non ce la potevo fare: la testa cominciava addirittura a farmi male e sentivo una fitta alla bocca dello stomaco.
Avevo bisogno di distrarmi, facendo qualsiasi cosa, però dovevo distrarmi.
 
***
 
Quando mi svegliai erano quasi le 21.00 e stavo letteralmente morendo di fame. Mi alzai così dal letto, entrando in cucina e cominciando a tirare fuori l'essenziale per cucinarmi un buon piatto di pasta, visto che non avevo niente di meglio dentro casa. Mi appuntai mentalmente di andare a fare la spesa, anche perché il mio frigo ormai aveva le ragnatele.
Cominciai a preparare il sugo, assaggiandolo di tanto in tanto, mentre mettevo poi a bollire l'acqua per la pasta. Improvvisamente, mi ritrovai a pensare di nuovo a quell'uomo che avevo visto davanti casa mia, quello incappucciato che se ne andava a passo spedito...per un attimo avevo pensato che fosse Brian. Anzi, più che altro avevo sperato che fosse Brian, sì, perché tutto quello che volevo era rivederlo, ma non ne avevo il coraggio.
Sospirai per l'ennesima volta, appoggiandomi poi al piano della cucina, aspettando che l'acqua bollisse. Infilai poi una mano in tasca e tirai fuori il mio cellulare, cominciando a far scorrere i nomi nella rubrica, finché non trovai il suo: lo guardai per qualche secondo, lo rilessi duemila volte, nonostante lo sapessi già a memoria, ma non trovai neanche un briciolo di coraggio per premere il tasto verde della chiamata.
Mi sentivo così stupida: mi mancava eppure ero spaventata all'idea di rivederlo, ma tutto dipendeva dal fatto che dovevo dirgli che...beh, che ero incinta. Mi portai come al solito una mano sul ventre, accarezzandolo lievemente mentre ripensavo alla sera in cui l'avevo trovato a casa, proprio li in cucina, mentre preparava da mangiare. Avevamo cenato insieme, poi la luce era scattata e lui era arrivato alle mie spalle, abbracciandomi. Poi eravamo andati al piano di sopra e avevamo fatto l'amore: non avevo mai pensato che sarei potuta rimanere incinta, nonostante la cosa fosse molto più che probabile, visto che non avevamo mai usato nessun tipo di protezione, neanche una volta.
La cosa mi aveva anche preso in contropiede, ovviamente, ma di certo non per quello avrei abortito o roba simile. Il solo pensiero mi faceva venire il voltastomaco e poi non sarei mai stata in grado di fare una cosa del genere, o avrei finito per sentirmi la persona più orribile del pianeta, lo sapevo bene.
L'acqua bollì, finalmente e il sugo era pronto, così scolai la pasta e la misi in un piatto, condendola poi e cominciando a mangiare in santa pace. Quando il mio cellulare cominciò a vibrare, per un attimo smisi di respirare: ma tutto tornò tranquillo quando vidi che si trattava solo di Valary.
Lasciai allora da parte la pasta, per un momento e lo afferrai, rispondendo. - Hey Val, ciao! -, la salutai subito.
- Amy! Oddio, come stai? -, mi chiese.
- Sto...bene, perché? -.
- No..cioè, volevo solo..solo sapere -, biascicò, rendendosi conto di non essere stata abbastanza cauta.
- Matt te l'ha detto, vero? -, le domandai.
Rimase un attimo in silenzio, permettendomi di sentire che aveva appena chiuso una porta: probabilmente era uscita dalla porta finestra che portava alla piscina per non farsi sentire dal marito. - Si, ma tu non dirglielo, gli avevo promesso che non avrei aperto bocca -.
- Tranquilla, è tutto apposto -, la rassicurai.
- Quindi..stai bene? Matt mi ha detto che sei di tre mesi -.
- Si, tre, dal prossimo comincerà anche a crescere la pancia.. -, esordì, sorridendo.
- Oddio, non hai idea di quanto sono felice per te, davvero! Insomma, tu adori i bambini! -. 
- Si, è vero...anche io sono felice, se non fosse che c'è di mezzo anche il problema con Brian -, dissi.
- Non vederlo come un problema, sono sicura che riuscirete a risolvere presto -, sussurrò.
Sospirai, imboccando poi un po' di pasta. - Già, lo spero -. 
- Quando hai intenzione di dirglielo? -.
- Non lo so, sinceramente, appena troverò il momento giusto glielo dirò, me lo sono già ripromesso un centinaio di volte -, spiegai.
- Mh, ho capito...beh, tu comunque acqua in bocca con Matt, domani veniamo con gli altri e farò finta di non sapere niente! -.
Risi. - Va bene, allora ti reggerò il gioco -.
- Ho il permesso di sclerare e di abbracciarti domani? -, domandò.
Risi ancora, mangiando un altro po' e ingoiando per bene prima di rispondere. - Certo, permesso accordato -. 
- Aaahh! Che bello! E tu cosa vorresti?? -.
- Ahm..io una femmina, magari, ho sempre desiderato una femmina, ma se sarà maschio...beh, ben venga, non fa differenza -.
- Beh, tanto dal mese prossimo dovrai cominciare a fare le ecografie una volta ogni tot tempo e se sei fortunata riuscirai anche a vedere subito il sesso del bambino! -.
Sorrisi. - Wow, sei più gasata di me, ti rendi conto? -, le chiesi, divertita da quella situazione.
- Lo so, ma non è colpa mia, quando le mie amiche rimangono incinte per me è sempre festa, e poi dai...avremo un piccolo o una piccola Haner in giro per casa, il che è tutto dire! -.
- Si, infatti...avrete un piccolo esserino che magari avrà il carattere di Brian -, ribattei, sentendo una fitta di nostalgia alla bocca dello stomaco.
- Già, speriamo che sarà bello come la mamma almeno -, disse lei, facendomi ridere ulteriormente.
- Beh, lo vedremo tra sei mesi -.
- Si, infatti...beh, ora ti lascio, o Matt comincerà a chiedersi che fine ho fatto -, mi avvertì.
- Certo, allora ci vediamo domani, okay? -.
- Certamente, non vedo l'ora di abbracciarti! -.
- Anche io, mi sei mancata un sacco! -.
- Già, io manco sempre a tutti -, si pavoneggiò.
- Matt e la sua innata "modestia" hanno conquistato anche te, a quanto vedo -, osservai.
- Che ci posso fare, ho un marito gnocco, è ovvio che ogni tanto se la tira -. 
- Si dai...concediamoglielo, allora a domani -.
- Si -, concordò, - A domani, un bacio, ciao! -, mi salutò, riattaccando subito dopo.
Sempre sorridendo, riposi di nuovo il cellulare dove era stato fino a qualche secondo prima, finendo così anche di mangiare senza altre interruzioni. Misi poi il piatto nel lavandino, senza lavarlo, visto che proprio non ne avevo voglia. 
Decisi di passare il resto della serata in salone, davanti alla TV a guardare qualcosa, nonostante non ci fosse tutto questo gran che. Continuai a girare per i canali, finché non trovai quello che stava trasmettendo una vecchia puntata di The Vampire Diaries: allora, per l'ennesima volta, fui semplicemente assalita dai ricordi. 

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Capitolo 40
*** Scelte. ***


Non appena gli altri arrivarono a casa fu un susseguirsi continuo di abbracci, da parte di tutti quanti ma, sopratutto, da Valary.
- Ci sei mancata un sacco -, mi disse Zacky, mentre mi stringeva, seguito da Gena, dietro di lui.
Salutai tutti quanti, invitandoli poi a seguirmi in salone, così che potemmo metterci tutti quanti seduti: in fondo, stavo per dare loro una notizia abbastanza importante e sentivo, come al solito, l'ansia crescermi dentro.
- Ti vedo parecchio in ansia -, osservò Lacey.
Alzai immediatamente lo sguardo, sorridendo appena. - In effetti, devo dirvi una cosa importante -, risposi.
- Allora dicci, siamo tutti curiosi! -, ribatté.
Mi voltai istintivamente verso il Matt, che mi fece un cenno d'assenso con la testa, spronandomi a parlare. - Okay...diciamo che, mentre ero ad Atlanta, da mia sorella, ho scoperto una cosa, solo che inizialmente l'ho tenuta per me.. -, comincia, guardandoli tutti ad uno ad uno e notando che Gena stava trattenendo il fiato: sicuramente aveva già capito tutto.
- E..sarebbe? -, mi chiese Johnny, impaziente come sempre.
Presi un respiro profondo. - Sarebbe che...sono incinta, di Brian.. -, puntualizzai, anche se non era necessario, - ..sono di tre mesi -, aggiunsi poco dopo e nella stanza calò il silenzio più totale.
Mi guardavano tutti quanti con aria spaesata, alcuni, tipo Zacky, persino con aria incredula.
- ..parlate, vi prego.. -, li implorai.
- O mio dio -, fu tutto quello che commentò Valary, cominciando così la sua piccola recita. 
- Sei..cosa?! -, domandò Zacky, costringendomi a trattenere una risata.
- Hai sentito bene, diventerai zio -, risposi, sorridendo.
- E io zia! -, trillò Gena, con gli occhi quasi lucidi.
- Si, esatto -, risposi, felice di quella loro reazione.
- Oddio, diventerò zio pure io! -, scoppiò improvvisamente Johnny, alzandosi di scatto e correndo ad abbracciarmi.
Risi divertita, ricambiando poi il suo abbraccio. - E' una notizia fantastica Amy! -, disse Lacey, anche lei gasata.
- Sono contenta che..beh, siate contenti -, sussurrai sorridendo, sciogliendo poi l'abbraccio con Johnny per alzarmi anche dal divano, così da lasciare spazio anche agli altri.
Come mi aveva già promesso la sera prima, Valary mi abbracciò per tipo mezz'ora, prima di lasciarmi andare anche a gli altri. Ma non mi lamentavo per niente, quelle erano il tipo di situazioni in cui capivo davvero quanto i miei amici tenessero a me, e allora tutto diventava più facile, un pochino almeno. 
Nessuno mi domandò se lo avessi già detto a Brian, perché probabilmente la risposta era ovvia e non parlarono neanche di lui, o almeno non molto, a parte quando stavano raccontando di tutte le cazzate che avevano combinato in tour.
Di tanto in tanto mi distraevo, guardando fuori dalla finestra, quasi mi aspettassi di vederlo comparire magicamente, ma lui non arrivò.
Sapevo che non sarebbe arrivato e la cosa mi faceva sentire vuota, incompleta. In quel momento capii: non potevo continuare per quella strada, facendo finta che niente fosse successo e che tutto andasse bene, perché niente andava bene.
Lui mi mancava e io lo amavo ancora: mi mancavano i suoi baci, il suo scherzare, il suono dolce della sua risata e la voce assonnata che aveva di prima mattina, mista a quel sorriso stanco appena accennato che mi faceva sciogliere.
Avrei voluto averlo davanti in quel momento, gli avrei buttato entrambe le braccia al collo e gli avrei detto che avevo sbagliato ad andarmene senza darci una possibilità. Gli avrei detto che mi dispiaceva e che non potevo stare senza di lui, perché in fondo era quella la verità: niente aveva più senso da quando lui non era con me. Mandai giù il groppo che mi si era formato in gola, sentendo gli occhi cominciare a riempirsi di lacrime, ma non potevo di certo permettermi di piangere.
- Amy..sei con noi? -, la voce di Gena mi riportò alla realtà, mentre mi rendevo conto che, per tutto il tempo, avevo guardato fuori dalla finestra, fissando un punto impreciso.
Mi voltai di scatto, sfoggiando l'ennesimo sorriso e facendo finta di sbadigliare, così da giustificare gli occhi lucidi. - Si, scusate..è solo che sono un po' stanca, ieri sera non riuscivo a prendere sonno -.
- Vuoi che andiamo via? Così ti riposi? -, propose Valary.
- No, no neanche per scherzo, non mi va di rimanere da sola -, dissi subito.
- Okay -, sussurrò lei di rimando, sorridendo.
Ricambiai quel sorriso, alzandomi poi di nuovo dal mio posto. - Che ne dite di un po' di caffé? Così magari mi sveglio un po' -.
- Per me va bene, vengo a darti una mano -, disse Lacey, seguendomi poi in cucina.
- D'accordo, grazie, voi fate qualcosa di stupido intanto, noi torniamo subito -, dissi, mentre sparivamo in cucina.
Mi avvicinai subito alla macchina del caffé e sistemai il bricco sotto, azionandola subito dopo e aspettando che il caffé cominciasse a uscire.
- Ti manca, vero? -, domandò Lacey senza preavviso alcuno, facendomi voltai subito.
- Come? -.
- Intendo Brian...ti manca, non è così? -.
Annuii dopo un esitazione. - Si..ovvio che mi manca -. 
- Ma anche tu manchi a lui, lo sai si? -.
- Ma io l'ho fatto soffrire.. -, sussurrai a mezza voce.
- E questo cosa centra? -, domandò, scuotendo impercettibilmente il capo, - Ho visto come stava dopo che sei partita per Atlanta, e gli si leggeva in faccia che avrebbe dato qualsiasi cosa per vederti almeno ancora una volta -, aggiunse.
- Dici davvero? -, chiesi conferma.
- Si, dico davvero -, ribatté sorridendomi.
- Ho deciso che domani glielo dirò -, esordii dopo un momento di silenzio, notando che il caffé aveva preso ad uscire.
- Seriamente? -.
- Si, se non lo faccio rischio di cambiare idea, quindi domani andrò spedita a casa sua e gli parlerò.. -. 
- Se vuoi un supporto morale posso venire con te, basta che mi fai sapere.. -, disse lei, disponibile come sempre.
- Vedrò, ma devo davvero risolverla da sola.. -.
- Va bene, allora fammi solamente sapere come va -, fu l'ultima cosa che disse, mentre io prendevo il bricco del caffé, ormai pieno quasi fino all'orlo e lei il vassoio su cui aveva posato tutto i bicchieri.
- Certo, ora torniamo di la, così evitiamo che quegli altri mi sfascino casa -, disse sorridendo, visto che avevo già sentito un paio di rumori sordi di troppo.
- Si, infatti -, acconsentì lei, uscendo dalla cucina prima di me.
La seguii subito e, insieme, tornammo di nuovo in salone.
 
***
 
Guardai l'orologio che si trovava appeso alla parete davanti a me del bar, per l'ennesima volta: segnava le 20.30 e io ero ancora li a bere come un forsennato. 
Probabilmente ero anche sbronzo, ma la nausea che di solito mi portava al vomito non si era ancora presentata.
Buttai giù l'ennesimo goccio di Vodka e poi posai la testa sul bancone, sospirando. - Hey, ciao -, sussurrò una voce accanto a me, piuttosto suadente anche.
Ignorai i capogiri e alzai di nuovo lo sguardo, sorridendo alla ragazza bruna che avevo accanto. - Ciao -, risposi, - Io sono Syn -, mi presentai subito.
- Piacere, io Cindy -, rispose lei, sorridendo, - Ti va di offrirmi qualcosa? -, mi chiese, sedendosi poi accanto a me.
- Si, perché no? Cosa vuoi? -, le domandai, facendo intanto cenno al barista che si trovava li vicino.
- Un gin lemon andrà bene -, rispose.
- Sentito? -, chiese all'uomo che continuava a pulire il bancone.
Lui annuì, voltandosi poi per prendere la bottiglia giusta e riempire un bicchiere, che porse alla ragazza. - Grazie -, sussurrò lei, prendendo poi a bere, - Allora, che ci fa qui tutto solo un bell'uomo come te? -.
Sorrisi. - Non lo so neanche io, a casa mi annoiavo -, risposi, voltandomi e cercando di assumere l'aria più convincente che avevo.
Lei rise, una risata quasi stridula. - Oh capisco -, sussurrò, finendo poi il suo drink in una sola volta, - E hai piani per la serata? -, chiese, poco dopo.
- No, non direi, tu? -. 
Tanto ero sbronzo, no? 
- No, neanche io -, ribatté, sorridendo in modo malizioso.
Decisi di reggerle il gioco, invitandola così a casa mia, anche se per arrivare ci mettemmo un'eternità, visto che stavo poi particolarmente bene, non dopo tutti quei bicchieri di vodka.
All'inizio fece la sostenuta, continuando a dire che avevo una casa davvero bella e tutte quella cavolate li, ma non si tirò indietro quando le feci capire che in quel momento volevo solamente una cosa.
Avevo già imparato che il sesso non mi distraeva abbastanza, eppure continuavo, come ogni altro idiota avrebbe fatto. Perché alla fine quello ero: un'idiota. 
E quello era solo sesso, era solamente il modo più stupido che avevo per cercare di non pensare a lei. Ed era anche la seconda volta che facevo quel genere di cazzata e continuavo a chiedermi perché non imparassi mai. Tutti dicono che impariamo sempre dai nostri errori, eppure io non lo facevo. I postumi della mia sbornia non si fecero sentire neanche quando ero in procinto di addormentarmi, con quella ragazza, quella sconosciuta, praticamente, accanto, così decisi che me ne sarei preoccupato solo l'indomani. Di certo non avevo fretta di vomitare.

Mi odierete, ne sono sicura.

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Capitolo 41
*** C'è sempre qualcosa che va storto. ***


 

La sveglia suonò al solito orario, quella mattina: allungai la mano per zittirla e, non appena lo feci, mi ricordai immediatamente di quello che avrei dovuto fare quel giorno. 
Rimasi così per un momento immobile, indecisa se alzarmi dal letto o meno e, alla fine, mi ritrovai semplicemente a fissare il soffitto. Dovevo trovare la forza, ora in quel preciso momento, per alzarmi da quel letto e andare a casa sua, perché avevo bisogno di parlargli, avevo bisogno di vederlo.
Sospirai pesantemente, mettendomi poi a sedere e uscendo dalle coperte, venendo improvvisamente colta da un brivido, a causa del repentino cambio di temperatura.
Mi tirai su i calzini fino alle ginocchia, andando poi direttamente verso il mio armadio e cominciando a tirare fuori le prime cose che trovai, roba semplice.
Mi sfilai velocemente la maglietta del pigiama, tanto ormai il peggio, ovvero uscire da sotto le coperte, era passato. Stavo quasi per infilarmi quella che avevo scelto dall'armadio, quando invece mi bloccai davanti allo specchio: mi guardai per un attimo, riconoscendo che avevo un aspetto orribile e, istintivamente, mi voltai di lato, osservando la pancia che ancora non era cresciuta neanche un po', a parte un piccolo rigonfiamento, ma niente di eccessivo. Ero di tre mesi in fondo, non di quattro o cinque, quindi non potevo aspettarmi niente per il momento, anche se sapevo che, in alcuni casi, cominciava a crescere già dal terzo.
Forse semplicemente non era il mio caso; sorrisi, sfiorandomi poi per l'ennesima volta il basso ventre e cominciando poi a vestirmi, dato che cominciavo seriamente a sentire freddo.
Nel giro di qualche minuto fui pronta, così uscii dalla camera per andare a fare colazione, anche se non avevo molta fame: alla fine, infatti, mi limitai a sgranocchiare una barretta ai frutti rossi, visto che in casa non avevo di meglio. Si, era proprio ora di fare una spesa, una bella spesa.
Sospirai, finendola poi velocemente e andando a prendere la chiavi di casa, infilandomi il giacchetto pesante e uscendo poi di casa. Sarei andata a piedi, tanto non è che la casa di Brian distasse molto dalla mia, solo che, ad ogni passo, la mia paura cresceva sempre di più, perché non avevo idea di come avrei potuto articolare il discorso. Magari avrei fatto un casino, gliel'avrei detto nel modo sbagliato e davvero si sarebbe arrabbiato. Non ci volevo pensare, altrimenti era quasi certo che mi sarei fermata e sarei tornata indietro, correndo.
 
***
 
Aprii piano gli occhi, ancora sotto il peso della stanchezza, stiracchiandomi per quanto poco mi riuscisse. La testa mi faceva ancora male, anzi, peggio della sera precedente e stavo ufficialmente avendo i postumi della sbornia. 
- Buongiorno.. -, fece una voce accanto a me. Mi voltai immediatamente, ricordandomi subito della mora che la sera prima era venuta a casa con me. Si alzò a sedere con l'ausilio dei gomiti, dandomi poi un bacio a schiocco. - Vado a preparare il caffé -, mi informò, uscendo poi dal letto ancora completamente nuda e infilandosi solamente la mia camicia, che la copriva un bel po'. Non si curò neanche di infilarsi gli slip, solamente uscì dalla stanza e cominciò ad andare al piano di sotto. 
Ero ancora un po' confuso e le immagini della sera prima erano confuse e senza senso: mi ricordavo solo di essere andato al bar, di aver bevuto tanto e...niente. Nient'altro. Quella ragazza doveva averci provato con me e io le avevo dato spago, ovviamente, combinando l'ennesima cazzata della mia vita.
Mi passai una mano sul viso, alzandomi poi a sedere e venendo investito poi da una forte nausea. Mi rivestii, andando in bagno poco prima di vomitare. Mi lavai poi i denti, così da liberarmi di quel saporaccio che avevo in bocca, nonostante avessi ancora lo stomaco in subbuglio e poi me ne andai al piano di sotto: dovevo assolutamente dire a quella ragazza che doveva andare via. Avevo fatto la mia cazzata, ma non potevo continuare in quel modo, cominciavo a vergognarmi di me stesso. E la cosa era grave.
Arrivai sulla soglia della cucina, dove la trovai impegnata ad azionare la macchina del caffé e feci anche per parlare, solo che il campanello suonò...
 
***
 
Oddio, lo avevo appena fatto, avevo suonato quel campanello...e ora dovevo solo trovare la forza per non andarmene a gambe levate. Presi a torturarmi le unghie, mentre cercavo di pensare a quello che avrei potuto dirgli: la situazione era complicata e delicata, quindi dovevo andarci piano. Ero brava con le persone e con le parole, sì, ma ero anche impulsiva quando volevo. 
Dovevo trovare un contegno; più i secondi passavamo e più io mi agitavo, finché non sentii la serratura scattare e poi la porta aprirsi: smisi letteralmente di respirare, per un momento, perché lui era finalmente li davanti a me, di nuovo, con indosso solamente un paio di jeans. Quando mi vide rimase in silenzio e io feci lo stesso, per un po'. - C-ciao.. -, biascicai alla fine, anche se dopo molte esitazioni, di cui ero sicura che si fosse accorto.
- Ciao.. -, sussurrò infine a sua volta, con un tono che non lasciava trapelare nessun tipo di emozione.
- Io..ti devo parlare -, riuscii ad aggiungere poco dopo e lui fece anche per rispondere, ma una voce lungo il corridoio alle sue spalle lo precedette. - Syn, chi è? -, domandò.
Improvvisamente si irrigidì, mentre io invece cercavo di allungare il collo per vedere chi fosse ma, alla fine, non fu neanche necessario, perché comparve velocemente accanto a lui. - Oh, tu sei? -, chiese, rivolta a me questa volta.
La guardai per qualche secondo, osservando soprattutto la camicia che indossava, di Brian, ovviamente, senza nient'altro addosso. Sentii una fitta alla bocca dello stomaco e la bocca improvvisamente asciutta, di punto in bianco. 
- Nessuna.. -, risposi, - E' il momento sbagliato -, aggiunsi, questa volta rivolta unicamente a Brian, che mi guardava con aria quasi mortificata, quasi. 
Diedi così le spalle ad entrambi, tornando sui miei passi, senza fermarmi neanche quando lo sentii sussurrare il mio nome. - Amy.. -, disse, - Amy aspetta! -, aggiunse poco dopo, avvicinandosi, ma io allungai prontamente il passo, così da sfuggirgli, finché non cominciai proprio a correre, in preda a delle lacrime silenziose. Non volevo che mi sentisse, per questo mi impegnai ancora di più in quella corsa, arrivando di nuovo a casa mia nel giro di qualche minuto.
Varcai la soglia di casa e mi chiusi immediatamente la porta alle spalle, lasciandomi cadere per terra, con la schiena contro la porta.
 
***
 
- Mi dispiace, devi andare via -, fu la prima cosa che dissi non appena entrai in casa, rivolgendomi a Cindy. Si, finalmente mi ero ricordato come diavolo si chiamava quella donna, che se ne stava ancora tranquillamente in cucina.
- Per quale motivo scusa? -. 
- Perché non dovresti neanche essere qui, ieri sera ero ubriaco -, dissi, mentre cercavo per tutta casa una maglietta da mettermi, una a caso. Alla fine ne trovai una a terra, vicino al divano: probabilmente era li da tre giorni, ma non mi importava.
- Quindi era solamente una sveltina? -, mi domandò, guardandomi indignata, visto che mi aveva raggiunto in salotto. 
- Ripeto, ero ubriaco, quindi sì, mi dispiace -, ripetei, infilandomi poi la maglia, cominciando solo allora a cercare anche le chiavi di casa.
- Ti hanno mai detto che sei uno stronzo? -, mi chiese, incrociando le braccia al petto. 
- Lo so che lo sono, non c'è bisogno che gli altri me lo ricordino -, ribattei, trovando finalmente il mazzo di chiavi e incamminandomi verso la porta.
- Beh, io lo farò, stronzo -, sbottò, andandosene poi per le scale.
Mi voltai a guardarla per un momento, pensando che comunque non potevo dirle nient'altro, di certo non qualcosa che l'avrebbe fatta sentire meglio. Scossi impercettibilmente il capo e aprii la porta, catapultandomi di nuovo in men che non si dicesse. Il mio passo era veloce, perché non volevo perdere tempo, non ne potevo perdere altro. Quando fui nei pressi di casa sua cominciai letteralmente a correre, camminando poi  lungo il vialetto fino a raggiungere la porta di casa. Restai per un momento in ascolto, cercando di capire se fosse tornata a casa o se avesse preso un'altra direzione, magari per non farsi trovare da me e dagli altri, ma non sentii niente, così mi limitai a bussare, più volte. 
Bussai ancora, quando vidi che non c'era risposta e alla fine la porta si aprì, mostrandomi però Matt. - Matt, io devo.. -, provai a dire.
- Non vuole vederti ora, Brian, torna a casa -, m'interruppe lui.
- Che cosa? Ma io...davvero, ho bisogno di parlarle -. 
- Il problema è che lei non vuole parlare con te, lasciala stare, davvero.. -, mi consigliò lui, con aria decisa. Quando si trattava di Amy lui era così: impassibile e irremovibile, non sarei mai riuscito a fargli cambiare idea.
- Ho il diritto di vederla -.
- Sì, è vero, ma hai anche il dovere di rispettare la sua scelta, quindi torna a casa, ci penso io a lei -, fu tutto quello che mi disse, prima di chiudermi la porta in faccia. 
Rimasi per un po' li, indeciso se andarmene davvero o meno: ma, in fin dei conti, sapevo che stare li non sarebbe servito a niente così, per quanto fossi riluttante, feci marcia indietro e me ne tornai a casa mia, camminando piano.
Quando arrivai Cindy non c'era più, né lei né i suoi vestiti né altro e io tirai un sospiro di sollievo, prima di stendermi sul divano e di coprirmi gli occhi con un braccio. L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era il suo viso, il suo sguardo, fisso sul mio, poco prima di darmi le spalle e di andarsene. 
Non riuscivo neanche a smettere di chiedermi che cosa mi volesse dire, prima che Cindy facessa la sua comparsa.
E avevo bisogno di saperlo.

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Capitolo 42
*** Sentivo il bisogno di farlo. ***


- Stai bene? -, mi domandò Matt, notandomi probabilmente immersa nei miei pensieri.
- Si, sto bene.. -, ripetei per l'ennesima volta, - Mi state trattando come una bambina -, mi lamentai.
- Lo stiamo facendo per il tuo bene, lo stress non fa bene al bambino, lo sai anche tu.. -, sussurrò Valary, porgendomi una tazza colma del thé che aveva preparato. Erano passati circa quattro giorni da quando avevo deciso di andare a parlare con Brian e ormai, a turno, tutti quanti facevano un salto a casa mia per vedere come stessi, e la cosa cominciava a darmi sui nervi. Non ero una bambina emotivamente instabile, ero solo una donna incinta, che sotto alcuni aspetti era peggio.
- Lo so che lo fate per il mio bene, ma sta diventando stressante come cosa -, ammisi, dicendo quelle parole senza preoccuparmi, per la prima volta in vita mia, di come avrebbero potuto reagire loro.
- Sappiamo anche questo -, si limitarono a dire loro due in coro, strappandomi un sorrisino, mentre cominciavo a bere, - Ma, Amy..siamo i tuoi amici, la tua famiglia, è così strano se ci preoccupiamo per te? -, domandò Matt.
- No..è strano il fatto che ogni giorno veniate qui a farmi da balia, non sono una bambina! -, mi lamentai ancora.
- Non ti trattiamo da bambina, però vogliamo starti accanto il più possibile, sopratutto dopo quello che ha fatto Brian.. -, disse Valary, pronunciando il suo nome come se fosse forzata, probabilmente perché non voleva parlare di lui. Ormai l'argomento "Brian" era diventato un campo minato quando io ero nei paraggi.
- Brian non ha fatto niente, okay? Non potevo mica pretendere che mi aspettasse per tutta la vita senza farsi nessuna, è pur sempre un uomo -, ribattei io, prendendo per la prima volta dopo tanto tempo le sue difese, gesticolando in maniera nevrotica.
- Ma ti ha fatto soffrire.. -, provò ancora Valary.
- Anche io l'ho fatto soffrire, forse era quello che mi meritavo -.
- No Amy, non dirlo neanche per scherzo, qui nessuno si merita di stare male, è chiaro? -, disse Matt con tono duro.
- Chiaro.. -, concordai sotto voce, mentre Val mi raggiungeva di nuovo, sedendosi accanto a me e sorseggiando un po' di thé. - La cosa più importante rimane comunque che lui non deve sapere niente, okay? -, chiesi conferma.
- Si, lo sappiamo e ti possiamo assicurare che nessuno ha aperto bocca -, disse Matt.
- Si, me l'ha detto anche Zack ieri...e comunque va bene, appena troverò di nuovo la forza per affrontarlo gliene parlerò -, promisi, più a me stessa che a loro.
- Come vuoi tu -, concluse Valary, posandomi una mano sulla spalla.
 
***
 
Ero uscita di casa verso le 10.00 del mattino ed ero andata a fare la spesa: avevo segnato le cose importanti, quelle che mi servivano principalmente, per quello non avevo neanche preso la macchina. Il supermercato dove andavo sempre stava ad un paio di isolati da casa mia, a piedi erano neanche 5 minuti, quindi prendere la macchina per percorrere giusto qualche metro sarebbe stato solo uno spreco. 
Così ero andata tranquillamente ma, una volta uscita, mi ero ritrovata con due buste più che piene, abbastanza pesanti. Riuscivo a gestirle, certo, solo che avevo lo stomaco praticamente in subbuglio e speravo solo di non vomitare mentre tornavo a casa.
Camminavo piano e le braccia cominciavano a farmi male, ma cercavo di resistere, visto che non mancava molto per arrivare a casa mia. Mi feci forza, imponendomi di non fermarmi di nuovo, mentre tiravo su col naso.
- Amy.. -, una voce dietro di me mi chiamò, facendomi bloccare sul mio posto per un infinito momento. Continuai a rimanere di spalle, perché avevo capito subito a chi apparteneva quella voce: l'avrei riconosciuta anche in mezzo ad una folla di persone urlanti. Continuavo a guardare davanti a me, irrigidendomi ulteriormente quando sentii i suoi passi avvicinarsi. - Mi pare che ti serva una mano -, aggiunse poco dopo.
- No, ce la faccio da sola -, ribattei con voce roca a causa dello stupido mal di gola che mi ero beccata a furia di camminare scalza per casa. Presi allora meglio le buste, nonostante le mie dita fossero già bianche e doloranti per lo sforzo: nel farlo un manico mi scivolò e la busta rischio di cadere del tutto a terra, se lui non l'avesse afferrata al volo, visto che era comparso nel giro di pochi secondi accanto a me, togliendomela dalle mani, approfittando del fatto che avevo allentato la presa. 
Lo guardai con disapprovazione, mentre lui però mi passava avanti, rimanendo in silenzio. Io feci lo stesso, anche perché non sapevo che dire.
Raggiungemmo velocemente casa mia e lui fece anche per imboccare il vialetto, solo che io lo precedetti, superandolo e andando dritta verso la porta, visto che avevo appena preso la chiave: la infilai nella toppa e feci scattare la serratura, aprendo così anche la porta e mettendo all'interno una delle due buste.
Tornai poi indietro e presi anche l'altra dalla sua mano e, nel farlo, lui non obbiettò, lasciandola bensì andare senza problemi. - Che cosa ci fai qui? -, gli domandai infine, tenendo il viso basso e avvicinandomi di nuovo alla porta.
- Mi dispiace per quello che è successo l'altro giorno.. -, disse.
- Non fa niente -, ribattei io secca, bloccando sul nascere qualsiasi cosa che avrebbe voluto aggiungere.
Lui sospirò. - Avevi detto che volevi parlarmi.. -, provò.
- No, non è vero -, ribattei, dicendo la prima cosa che mi passò per la testa. Molto astuta come cosa.
- Si che è vero, e non ho pensato ad altro in questi giorni, anche perché quella volta Matt mi ha praticamente proibito di vederti -, sussurrò.
- Si preoccupava per me -. 
- Lo so che si preoccupava per te, ma avrebbe almeno potuto darmi la possibilità di spiegarmi..e di scusarmi -, disse, ricevendo in risposta da me solo un silenzio molto lungo, - Mi sei mancata.. -, aggiunge poi, con tono sommesso.
- Si, anche tu.. -, ribattei con tono fermo, chiudendomi poi la porta alle spalle.
Mi ci appoggiai di nuovo sopra, contemplando per qualche secondo il totale silenzio di casa mia,, prima di sentire dei colpi, forti e decisi, sul legno.
Una parte di me sperava che fosse Matt, ma sapevo bene che la cosa era improbabile, se non addirittura impossibile. Mi voltai allora di nuovo, lentamente, aprendo così la porta e ritrovandomi appunto davanti Brian, che fece un veloce passo verso di me che non riuscii neanche a cogliere, arrivando così vicinissimo al mio viso, tanto che sentivo il suo respiro caldo sulla pelle, poco prima che premesse le labbra sulle mie con decisione.
Riuscii a ricambiare quel bacio per un momento, per un solo, singolo, momento, prima che si allontanasse ancora, lasciandomi li scossa dai fremiti, talmente forti che mi tremavano addirittura le gambe. - Sentivo il bisogno di farlo -, sussurrò con tono caldo, dandomi questa volta lui le spalle, tornandosene così sui suoi passi, diretto verso casa.
Avevo il cuore che rischiava di uscirmi dalla gabbia toracica e il mio respiro era corto, mentre una misera lacrime mi scendeva giù per la guancia, provocandomi anche una fitta di freddo a causa del venticello che mi aveva appena colpito il viso. Le mie dita andarono istintivamente a posarsi sulle mie labbra, ancora umide, mentre rivivevo quel momento, anche se non erano passati neanche cinque minuti da quando se n'era andato. Era passato così tanto tempo che avevo quasi dimenticato l'emozione che i suoi baci mi facevano provare: erano la cosa più perfetta che avessi mai ricevuto in vita mia, e me ero privata per tre mesi. In quel momento non riuscivo neanche a capire come avessi fatto. 
Barcollai lievemente all'indietro, aggrappandomi in modo ferreo alla porta, visto che rischiavo di cadere a terra come un sacco di patate, dato il tremore che continuava senza tregua, prima di chiuderla con un tonfo, per la seconda volta nel giro di pochi minuti. Presi poi entrambe le buste e le trascinai fino alla cucina, cominciando a svuotarle mentre avevo gli occhi intrisi di lacrime, mentre cercavo di non pensare a quel bacio che mi ero appena scambiata con l'uomo che amavo più della mia stessa vita.
Era stato breve ma bellissimo, solo questo continuavo a ripetermi, mentre aprivo i vari scompartimenti e ci mettevo dentro la roba che avevo comprato. Avevo bisogno di calmarmi ma, più di tutto, di non pensare, anche se era impossibile, dovevo tentare.
Mi sedetti così su uno dei sgabelli, tenendomi con un braccio la pancia, mentre la mano libera era impegnata a coprirmi gran parte del viso. Solo allora presi a riflettere per l'ennesima volta su tutte le stupidaggini che avevo fatto, anche se sapevo che ormai tornare indietro era impossibile. E poi..una parte di me non voleva tornare indietro, magari avrei cancellato la parte in cui lo lasciavo perché ero troppo spaventata dalla prospettiva che mia sorella potesse morire, o magari avrei semplicemente cambiato il passato, decidendo di dare una possibilità a tutto quanto. Ma di sicuro non avrei cancellato quello che avevamo passato, quello che avevo provato quando ero con lui, quello no, perché ormai quei ricordi erano diventati parte integrante della mia esistenza. Erano l'unica cosa che mi aiutava ad andare avanti, senza non fermarmi e né scappare di nuovo.
 
***
 
Tutto quello che avevo sempre temuto ora era successo. Tutte le mie paure, che un tempo erano infondate, ora avevano preso vita e odiavo quella situazione più di ogni altra cosa.
Avrei dovuto dirgli che stavano facendo un'errore, ma come avrei potuto uscirmene in quel modo con loro due? Dopo che si erano messi insieme tutto era cambiato, non avevo mai visto Brian comportarsi in quel modo, per prima cosa, né tanto meno Amy sorridere così tanto, felicemente innamorata di un uomo che non l'avrebbe mai fatta soffrire. O quasi.
Scossi impercettibilmente il capo, prima di sentire una voce accanto a me, facendomi voltare. - Devi smetterla di pensare così tanto, vedo il fumo uscirti dalle orecchie.. -, disse Valary, appoggiata allo stipite della porta mentre si stringeva nel maglione blu che indossava.
Mi lasciai scappare una risatina, poco prima di farle cenno di raggiungermi. - Vieni qui, ho bisogno della mia bellissima mogliettina -, le dissi, riuscendo a farla ridere mentre camminava verso di me. Le circondai i fianchi con un braccio, facendola poi sedere sulle mie gambe, mentre lei pensava a sistemarsi comodamente sul mio petto. - Devi stare tranquillo, riusciranno ad aggiustare tutto -, mi disse, posandomi un bacio sulla guancia.
- Ma se non succedesse? -, chiesi.
- Succederà, ricordati che si amano, quei due, si amano veramente tanto -, mi assicurò.
- Si, è vero.. -, dissi, annuendo, - E sai qual'è un'altra coppia che si ama tanto, ma davvero tanto? -, le domandai, sorridendo.
- Uhm, non ne ho idea sinceramente, vuoi dirmelo tu? -, propose.
Come unica risposta la costrinsi ad alzarsi appena dalle mie gambe, solo per poi farla stendere sul divano, sotto il peso del mio corpo. - Indovina un po' -, le dissi, rubandole un veloce bacio sulle labbra.
Lo ricambiò immediatamente, sorridendo poi ampiamente. - Credo di aver capito! -, esordì infine, circondandomi il collo con entrambe le braccia.
- Ti amo, Val -, mi limitai a sussurrarle, sorridendo ancora e mettendo in piena mostra le mie fossette.
- Ti amo anch'io, non immagini neanche quanto -, rispose, poco prima che la baciassi di nuovo.
 
Spero che ora mi abbiate perdonato del tutto.
Un bacio,
Amy.

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Capitolo 43
*** Verità.. ***


Stavo seduto sul divano dal un bel po' ormai a guardare fisso la porta di casa mia nella penombra della stanza.
Avevo tirato entrambe le tende e quel giorno avevo disdetto il mio solito appuntamento con Chris alla pista di skate, dicendogli che non mi sentivo molto bene. Avrei recuperato andandoci il giorno dopo, me l'ero già ripromesso.
In quel momento, però, non riuscivo a pensare ad altro, se non a quel bacio: avrei voluto con tutto me stesso che durasse di più, volevo godermelo fino all'ultimo, assaporando ogni centimetro delle sue labbra...e invece mi ero allontanano praticamente subito, anche se con profonda riluttanza. Poi me n'ero andato. Sarei voluto correre di nuovo da lei, anzi, era quello che avevo intenzione di fare. Ma, quando uscii di casa, invece di girare a destra per andare verso casa di lei, girai a sinistra, cominciando così ad avvicinarmi a casa di Matt. In fondo, dovevo chiarire anche con lui, dirgli che mi dispiaceva per quello che Amy aveva visto, oppure, come minimo, mi avrebbe odiato per tutta la vita. Questo succedeva quando qualcuno faceva star male la sua migliore amica e quelli erano i momenti in cui capivo davvero quanto lui tenesse a lei.
Presi un respiro profondo e deciso, cominciando a camminare poi lungo il suo vialetto piastrellato e raggiungendo così la porta, dove cominciai a bussare, una volta, poi due, poi tre...
Alla fine ad aprirmi fu Valary, che mi guardava confusa. - Brian, ciao.. -, mi disse, sfoggiando poi uno dei suoi soliti sorrisi smaglianti.
- Ciao Val, senti..c'è Matt? -, chiesi.
- Si, è di la, dai entra -, mi disse, facendomi largo per farmi passare.
- Grazie -, risposi, accettando l'invito e varcando la soglia di casa, entrando nell'ambiente accogliente di casa Sanders.
- E' di la in salone, io sono in cucina se ti serve -, mi avvertì, sparendo poi oltre la soglia.
Non appena mi avvicinai al salone, non feci in tempo a parlare che lui lo fece prima di me. - Ciao Brian, a cosa devo la tua presenza qui? -, mi chiese, nonostante fosse impegnato a completare una missione di Call of Duty, come al solito.
- Voglio sapere che cos'ha Amy, e so che tu lo sai -, chiarii.
- E cosa ti fa pensare che io te lo dica? -, domandò.
- So già che non lo farai, voglio solamente sapere se è successo qualcosa di grave o no, so che tu ormai pensi il contrario...ma a me importa davvero di lei -. 
- Io non ho mai detto il contrario, né tanto meno lo penso...ma i dubbi sono cominciati quando ti sei fatto trovare a casa con una donna mezza nuda -. 
- Ero ubriaco, okay? La mattina neanche mi ricordavo niente, te lo assicuro! -, gli dissi, cercando di convincerlo.
- E secondo te credo che ce ne sia stata solamente una? -, mi chiese, mettendo poi finalmente in pausa il gioco e rivolgendosi a me, - Quante ce ne sono state dopo che lei è partita? -. 
Sospirai, sentendomi in colpa più che mai. - Due, solo due Matt, te lo giuro -. 
- Due.. -, ripeté lui.
- Si, posso giurartelo su quello che ti pare -, dissi di nuovo, questa volta con un tono ancora più fermo e deciso, - Sai che non avrei mai voluto farle del male, perché sai anche benissimo quanto la amo -, aggiunsi, mentre lui volgeva di nuovo lo sguardo verso terra.
- Lo so che la ami e ti credo, ma sappi che se non stai dicendo la verità in qualche modo lo scoprirò -, mi avvertì.
- Si, lo so, e a quel punto sarei davvero morto -, precisai, riuscendo a strappargli un sorriso.
- Esatto, saresti già dovuto esserlo dopo quello che hai combinato -, disse, prendendo poi di nuovo il suo joystick.
- Credimi, ho intenzione di mettere tutto apposto, voglio risolvere questa situazione -, ammisi.
Si voltò ancora, questa volta sorridendo felice. - Ora sei ufficialmente perdonato -, disse.
Sospirai di sollievo. - Pensavo che mi avresti odiato fino alla fine del miei giorni.. -, ammisi, mentre mi avvicinavo al divano. 
- Avrei potuto e posso ancora farlo, stai attento -.
In quel momento, anche Valary fece la sua comparsa sulla soglia del salone, rivolgendosi unicamente al marito. - Matt...ti posso parlare un secondo? -, gli domandò, mentre si asciugava le mani su uno strofinaccio.
Lui la guardò per qualche secondo, annuendo poi. - Certo, arrivo -, le disse, - Tu finisci questa missione, tanto è più semplice di quello che sembra -, aggiunse, mollandomi poi il suo joystick.
- Va bene, ci penso io -, dissi, sbloccando poi il gioco e riprendendo al posto suo. Per fortuna non stava facendo una partita online, altrimenti sarebbe stato imbarazzante, anche solamente indossare quelle ridicole cuffie con il microfono.
Giocai per qualche minuto, poi ebbi come il presentimento che Valary e Matt stessero parlando di qualcosa che riguardava direttamente me. Poteva essere solamente una sensazione, ma mi alzai comunque per andare a vedere se quel mio pensiero era fondato o meno. Di solito non mi impicciavo di quello che gli altri dicevano, sopratutto se la cosa era privata, per questo mi sentivo un po' strano a fare una cosa del genere.
Arrivai piano fino alla porta della cucina, che era socchiusa, avvicinandomi finché non riuscii a sentire le loro voci. - Dobbiamo dirglielo Matt...è assurdo che lui non lo sappia! -, disse Valary.
- No Val, amore..non possiamo dirgli niente, non ne abbiamo il diritto, e poi l'abbiamo promesso a Amy, ricordi? -.
- Si, ricordo...ma questo non gli fa bene, tutto questo stress.. -, cominciò a dire, - ..graverà sia su lei che sul bambino -, aggiunse poco dopo, lasciandomi per un momento pietrificato sul mio posto.
- Lo so, lo so..per questo dobbiamo assicurarci che sia il meno stressata possibile, vedrai..andrà tutto bene -, la rassicurò lui.
- Spero che glielo dica presto, non sono brava a fare finta di niente, sopratutto in queste situazioni.. -, ammise lei, mentre io mi allontanavo piano dalla porta della cucina.
Amy era..incinta? Ecco di cosa doveva parlarmi quella mattina, se solo io non avessi fatto quella grandissima cazzata.
Mi allontanai dalla porta della cucina, ancora incredulo, sbrigandomi a tornare in salotto, non potevo di certo rischiare di essere beccato: mi sedetti così di nuovo sul divano, riprendendo da dove avevo lasciato, rischiando di farmi sparare, visto che non avevo neanche messo pausa.
Quando sentii i passi di Matt mi irrigidii per un momento, tornando poi disinvolto, più che potevo almeno. - Semplice, vero? -, mi chiese, sedendosi poi vicino a me. 
- Si, sembra un livello per ritardati -, dissi, meravigliandomi del tono calmo e pacato con il quale avevo risposto.
- In effetti, è solo perché l'ho iniziato da poco -, chiarì.
- Iniziato di nuovo, vorrai dire -.
- Beh, quello era sottinteso -, ribatté.
Matt era davvero bravo a far finta di nulla, quasi lo invidiavo, anche se io non me la stavo cavando poi tanto male. - Ora è meglio se vado a casa, ho bisogno di farmi una doccia -, esordii, mettendo in pausa e alzandomi, restituendogli in quello stesso momento anche il joystick.
- Non ti fermi neanche a pranzo? -, chiese.
- No, mi arrangerò a casa, ma grazie lo stesso -, risposi.
- Okay -, concordò, - Hey, non combinare cazzate -, aggiunse, bloccandomi.
- Tranquillo, righerò dritto -, gli promisi, avvicinandomi al corridoio, - Ciao Val! -, gridai per farmi sentire, afferrando poi la maniglia della porta.
- Ciao Brian! -, rispose, uscendo dalla cucina solamente con la testa e guardandomi con uno sguardo incerto. Avrebbe voluto dirmi qualcosa, l'avrebbe fatto, lo sapevo..ma c'era una promessa di mezzo e non avrebbero mai tradito Amy.
Dopodiché mi chiusi semplicemente la porta alle spalle, sospirando pesantemente, anche se avrei voluto tanto parlare. Ma no, dovevo far finta di non sapere niente..ma ora il dilemma era proprio quello: andavo da Amy e le chiedevo spiegazioni oppure me ne stavo zitto?
Quella domanda mi assillò duranto tutto il tragitto per tornare a casa, ma alla fine decisi che, almeno per quel momento, sarei rimasto zitto, avrei aspettato un po' per vedere che cosa avrebbe fatto lei e beh..se proprio non fosse venuta, allora sarei andato io da lei.
 
***
 
Mi stavo stringendo addosso un giacchetto che avevo preso dal mio armadio e, nonostante fossero le 17 del pomeriggio passate da un po', me ne stavo ancora sdraiata sul divano a non fare niente. 
Avevo provato a guardare un po' di tv, ma non avevo trovato niente di interessante, così avevo lasciato stare a prescindere: tutto quello a cui riuscivo a pensare era a quel bacio, a quel momento. Mi toccai per l'ennesima volta le labbra, ancora incredula di quello che aveva fatto: non mi ero preparata per una cosa del genere, non ci avevo neanche pensato, a dirla tutta. Ma lui era sempre stato un tipo imprevedibile, quindi non c'era da meravigliarsi che mi avesse preso in contropiede per l'ennesima volta.
Ora la mia voglia di stare con lui era persino aumentata, ma c'era anche qualcosa che mi bloccava, da una parte: non sapevo cosa, non sapevo perché, ma avevo la sensazione che qualcosa non andasse. Dentro di me, sapevo anche benissimo che non sarei riuscita a tenere quel segreto con lui ancora a lungo e, per un momento, desiderai che lui già lo sapesse...
 
***
 
Ero rimasto sotto la doccia per più di mezz'ora, anche perché non avevo grandi cose da fare. Quando ero uscito, mi ero avvolto un asciugamano intorno alla vita, giusto perché avevo messo i riscaldamenti al massimo, quindi potevo girare per casa senza problemi e senza la paura di morire a causa di un collasso.
Uscii così dal bagno, andandomene in camera mia per prendermi qualcosa da vestire: aprii il cassettone dove stava tutta la mia roba e notai allora che il mio cellulare era proprio li sopra. Lo guardai per qualche secondo, prima di afferrarlo e di andare nella cartella delle immagini: avevo ancora un sacco di foto, mie e di Amy, non le avevo cancellate e non avevo neanche intenzione di farlo. Ne guardai alcune, decidendo poi che era meglio lasciar stare o altrimenti mi sarei semplicemente fatto del male da solo. 
Mi voltai e lo gettai così sul letto, dove atterrò, per fortuna senza finire per terra come a volte capitava.
Cominciai a vestirmi velocemente, infilandomi un paio di pantaloni a caso e una maglietta bianca. Nonostante tutto la cosa che più mi innervosiva e, soprattutto, mi faceva male, era che dentro casa non c'era una singola cosa che non mi ricordasse lei. E il fatto che l'avessi baciata neanche due giorni prima mi faceva sentire ancora peggio, perché la verità era che ci mancavamo entrambi. E avevamo bisogno di stare insieme, o io almeno ne avevo bisogno. Ma allora perché ci stavamo comportando in quel modo? 
Oltre a quello, poi, c'era il fatto che lei aspettasse un bambino, o una bambina...e io ero il padre, e il solo pensiero di diventarlo mi metteva una gran paura addosso. Me ne andai in cucina, cercando di distrarmi, dove aprii il frigo per prendermi qualcosa da bere: guardai dentro, optando poi per il succo d'arancia, senza neanche prendere un bicchiere, preferii attaccarmi direttamente per poi riporlo in frigo. 
Quando mi voltai, per un momento la immaginai li, sulla soglia della cucina, mentre mi sorrideva con le braccia conserte. Socchiusi gli occhi, scacciando quell'immagine, per quanto non lo volessi.

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Capitolo 44
*** Non sono niente senza di te. ***


Mi ero concessa una lunga serata fuori da casa, perché sentivo che se fossi rimasta li dentro anche solo altri 10 minuti sarei impazzita.
Il tempo aveva continuato a passare e il giorno di quel bacio si era allontanato sempre di più. Ormai risaliva quasi ad una settimana e mezzo prima. Solo che io non avevo smesso di pensarci neanche per un secondo. 
Sbadigliai sonoramente, mentre camminavo spedita verso casa mia, dato che erano le 23.00 passate e fuori era già buio da  un pezzo. Sfilai le chiavi della tasca, attraversando poi la strada in modo da imboccare direttamente il vialetto. Avevo il viso chinato, quindi ci misi un po' ad accorgermi di quello che avevo davanti: quando lo vidi mi bloccai immediatamente sul mio posto, a qualche passo da lui. Non mi aveva sentito e neanche visto, dato che ne stava sdraiato per terra all'inizio del vialetto, con gli occhi chiusi. Presi un respiro profondo, anche se quella situazione mi sembrava assurda e poi cominciai ad avvicinarmi, lentamente, tuttavia. - B-brian..? -, lo chiamai, quando fui abbastanza vicina. La prima volta non reagì, così mi presi un po' di tempo per osservarlo, notando che aveva un piccolo taglio all'altezza dello zigomo destro, dal quale usciva ancora un po' di sangue. Mi venne da vomitare alla vista di quel liquido rosso, ma mi trattenni, per quanto potessi riuscirci. - Brian.. -, riprovai e questa volta aprì gli occhi, voltandosi a guardarmi. 
- Finalmente sei tornata.. -, esordì, senza staccare per un attimo gli occhi dai miei. 
- Si, sono tornata.. -,ripetei, senza riuscire a pensare a qualcosa di meglio. Avevo la testa completamente svuotata, le farfalle nello stomaco e le gambe che avevano ripreso a tremare. Ritrovare la tranquillità e la disinvoltura in quel momento mi sembrava una cosa più impossibile che altro. - Sei..sei ubriaco? -, gli chiesi, poco dopo.
Lui scosse la testa. - Ho smaltito la sbronza.. -, chiarì.
Sospirai, anche se non ero proprio convintissima. - Come ti sei fatto quel taglio sullo zigomo? -, gli chiesi in seguito.
- Ho litigato con un tizio al bar..e mi sono beccato un pugno in faccia, con un anello grosso e pacchiano..ha fatto male -, rispose, - Non lo guardare, a te da fastidio il sangue.. -, aggiunse poi, lasciandomi li meravigliata: se lo ricordava ancora. 
- Sto bene -, dissi.
- Tu dici sempre di stare bene, ma la metà delle volte non è così.. -, ribatté.
- Credimi..è così ora -, ripetei, con tono convinto.
Mi guardò ancora per qualche secondo, poi voltò di nuovo lo sguardo, fisso verso il cielo scuro sopra di noi. Rimanemmo entrambi in silenzio e la cosa peggiore era che quella situazione era più tesa che mai, visto il bacio che ci eravamo scambiati appena poco tempo prima. Le gambe mi tremavano ancora, e non a causa del freddo di quella sera, ma a causa sua, tutti i fremiti, tutti i tremori e tutte le farfalle nello stomaco, erano a causa sua. E poi, l'imbarazzo da parte di entrambi era evidente. - Devi disinfettare quella ferita..altrimenti rischi che si infetti.. -, me ne uscii io improvvisamente, rompendo quel silenzio assordante, mentre osservavo il vapore condensato uscire dalle mie labbra ad ogni parola pronunciata.
Quando capii che non avrebbe detto nient'altro, feci per voltargli le spalle, ma subito la sua voce mi bloccò. - Solo se lo fai tu.. -, disse, riuscendo a far comparire sulle mie labbra un sorriso raddolcito.
- Entra in casa.. -, fu tutto quello che dissi, raggiungendo poi la porta di casa e aprendola. 
Entrai dentro e posai la mia borsa a terra, senza preoccuparmi più di tanto, mentre sentivo i suoi passi raggiungermi e poi la porta chiudersi con un tonfo. Mi voltai a guardarlo di sfuggita, notandolo entrare in salone, mentre io mi dirigevo verso il bagno, dove tenevo l'acqua ossigenata e tutto l'occorrente per disinfettare quel taglio. 
Cercai la roba nei vari scaffali, ma ero fin troppo distratta, dato che lui era in casa e io sentivo il bisogno di correre da lui e di baciarlo, ancora, ancora e ancora. Ripresi a cercare e alla fine riuscii a trovare almeno il cotone, facendo però cadere, senza volerlo, il mio specchietto, che per fortuna non si ruppe.
Mi chinai immediatamente a raccoglierlo, cercando di calmarmi. - Tutto okay? -, mi chiese lui, gridando per farsi sentire.
- Si.. -, dissi con voce flebile, - Si, si tutto okay -, ripetei a a voce più alta, afferrando poi anche l'acqua ossigenata, che stava nel mobiletto sotto il lavandino. 
Presi un respiro profondo e poi ritornai a camminare lungo il corridoio, arrivando velocemente sulla soglia del salone, dove lo trovai mentre si guardava intorno. - Ho..preso la roba -, lo avvertii, attirando così la sua attenzione su di me.
- Okay.. -, disse solamente lui, sedendosi poi sul divano.
Annuii, avvicinandomi poi con calma e cominciando a tirare fuori un po' di cotone, mentre nell'altra mano tenevo l'acqua ossigenata, con cui poi lo bagnai.
- Potrebbe bruciare un pochino.. -, dissi e lui si strinse semplicemente nelle spalle, facendomi capire che gli andava bene in ogni caso. 
Mi avvicinai piano a lui, cominciando così a passare il pezzetto di cotone imbevuto sul suo taglio, togliendo a poco a poco il sangue che, per fortuna, aveva smesso di uscire. Lui non fiatò, tutto quello che fece fu una smorfia di dolore, ma niente di più. 
Guardava davanti a se, mentre io guardavo lui, senza riuscire a distogliere lo sguardo. Mi morsi lievemente il labbro inferiore quando, improvvisamente, la sua voce risuonò nella stanza. - Di quanti mesi sei? -, mi domandò e dire che rimasi pietrificata sarà sempre troppo poco. 
Ero letteralmente immobilizzata, non riuscivo neanche a respirare e, di conseguenza, avevo bloccato anche i miei movimenti con il pezzetto di cotone. - Come..? -, provai a chiedere, con voce roca.
Ma lui mi interruppe sul nascere. - Nessuno mi ha detto niente, hanno mantenuto il tuo segreto...solo che sono bravo ad origliare -, mi spiegò, con tono neutro. 
Valutai per bene se rispondergli o no, ma ormai era tardi per pensare a quel genere di cose: di certo non me ne potevo stare zitta, senza dargli una risposta. - Tre..tre mesi -, balbettai.
- Tre.. -, ripeté lui.
Affrettai un po' i miei movimenti, prendendo poi il cotone sporco di sangue e allontanandomi. - Ho fatto.. -, dissi, voltandomi poi per andare in cucina e buttarlo. Poi me ne sarei andata al letto, perché sapevo che non sarei stata completamente padrona delle mie azioni se fossi rimasta, lui avrebbe potuto fare quello che voleva. 
Nello stesso momento in cui stavo uscendo di nuovo dalla cucina per tornare in salone e dirglielo, ecco che un forte tuono mi fece sobbalzare, costringendomi a voltare lo sguardo verso la finestra: la pioggia aveva cominciato a cadere, tutta insieme e in modo piuttosto forte, più del solito, in realtà. 
- Bene, fantastico.. -, dissi.
- Non fa niente, troverò un modo per tornare a casa -, disse semplicemente, avvicinandosi alla porta.
- T-troverai un modo? -, chiesi.
Si voltò nuovamente a guardarmi, stringendosi ancora nelle spalle. - Sono venuto a piedi, ma non fa niente, tornerò a piedi di nuovo, prenderò giusto un po' d'acqua -, continuò, mentre fuori i tuoni continuavano a fare un baccano tremendo. 
Sapevo che me ne sarei pentita, ma non potevo di certo lasciarlo andare, non con quel tempaccio. Certo che non era proprio il mio giorno fortunato. - Resta qui -, sbottai, prima che potessi cambiare idea, - Insomma, con questo tempo non riuscirai a muoverti per niente bene..e poi è tardi e buio.. -, mi affrettai ad aggiungere. 
- Se..per te non è un problema -, provò a dire.
- Tranquillo.. -, feci, dandogli poi le spalle, - La coperta è li sul divano, ti terrà al caldo -, gli dissi.
- Va bene..grazie -, ribatté, mentre io me ne andavo. Salii velocemente al piano di sopra e, non appena fui dentro, mi chiusi la porta alle spalle senza farla sbattere, infilandomi velocemente il mio pigiama e rintanandomi subito sotto le coperte, al caldo. 
Per un po' guardai solamente il soffitto, pensando solo a lui. M girai su un fianco, appoggiandomi così sul cuscino dove lui aveva dormito un sacco di volte, quando restava a casa con me: il suo odore non c'era più, ormai, ma il semplice contatto mi fece ricordare del suo corpo sopra il mio, mentre facevamo l'amore, stesi su quel letto, in una delle tante notti. 
Ebbi una stretta al cuore, molto più forte delle altre, ritrovandomi quasi subito a piangere, bagnando così anche il tessuto fresco della federa. Non avrei dovuto piangere, perché quel ricordo era semplicemente stupendo, tutti i ricordi che avevo con lui lo erano, in fondo.
E ora lui era la, al piano di sotto e io avrei potuto raggiungerlo in qualsiasi momento, se avessi voluto.
 
***
 
Il divano era persino più comodo di quello che avevo immaginato: niente in confronto al letto, ma di certo non era il momento per lamentarsi.
Avevo una mano dietro la testa e la usavo come appoggio, oltre al bracciolo, continuando a guardare sopra di me, mentre nella stanza riuscivo solo a sentire la regolarità del mio respiro e il ticchettio continuo dell'orologio in cucina. 
Il solo pensiero che fosse li mi faceva impazzire e agitare, perché sapevo che cosa avrei dovuto fare. Sapevo che cosa volevo, ma non ero sicuro che per lei fosse lo stesso. Mi stavo trattenendo, forse entrambi lo stavamo facendo, vista la situazione tesa che si era venuta a creare quando le avevo chiesto di quanti mesi fosse. La verità era che avevamo un disperato bisogno l'uno dell'altro, entrambi e questo ci spaventava. Bastava pensare a come ero stato dopo che era andata via: in fondo, è a questo che ti porta l'amore, no? Quando ami una persona sei pronto ad affrontare qualsiasi cosa, anche il dolore, perché non t'importa, ti basta averla accanto. Ma non appena realizzi che lei non è più con te, allora non sai che cosa fare. Anche all'inizio era stato difficile, perché di mezzo c'era anche la nostra amicizia, ma avevamo deciso di tentare lo stesso ed eravamo arrivati ad innamorarci entrambi. Ecco cosa c'era di mezzo questa volta: il nostro amore, non più solo un'amicizia di anni e anni, ma anche un sentimento molto più forte, un sentimento al quale, prima di lei, non avevo mai creduto del tutto. 
Ma, in quel momento più che mai, tutto quello che davvero volevo era tenerla stretta tra le mie braccia, baciarla, accarezzarle i capelli e dirle che l'amavo, l'amavo da morire. Sospirai pesantemente, dicendo a me stesso che potevo farlo ora oppure mai più, le opzioni erano due e io avevo appena scelto la prima. 
Mi tolsi la coperta di dosso, facendola cadere per terra senza volerlo e dirigendomi a passo svelto verso le scale che portavano al piano superiore, dove si trovava anche la sua camera. Salii i scalini a due a due, arrivando in un tempo più breve e meravigliandomi quando la porta si aprì, prima ancora che io allungassi la mano. 
 
***
 
Mi ero rigirata nel letto per altre duemila volte, prima di alzarmi definitivamente. Avevo camminato avanti e indietro davanti alla mia porta per un po', con entrambe le braccia strette intorno alla vita, prima di decidermi ad allungare la mano verso la maniglia. Esitai ancora un momento, riflettendo per un attimo su cosa avrei potuto fare: okay, sarei andata al piano di sotto da lui. Ma dopo, dopo cosa avrei fatto? 
Scossi la testa, socchiudendo gli occhi nello stesso momento in cui aprivo la porta: pensai di trovarmi la strada libera e invece eccolo li davanti a me, mentre mi guardava con aria sorpresa. Non ci fu tempo per dire niente, perché entrambi ci gettammo tra le braccia dell'altro, poco prima che lui mi baciasse in un maniera che mi fece venire i brividi. 
Mi ritrovai addossata contro la parete, mentre lo stringevo il più possibile a me, alzandomi nel contempo in punta di piedi per evitare che si ingobbisse ancora di più e circondandogli il collo con entrambe le braccia.
Si allontanò un momento dal mio viso, dandomi il tempo di guardarlo di nuovo, prima che ingoiassi del tutto quel groppo che avevo in gola, prendendolo poi per mano e trascinandolo dentro la mia stanza. Le sue labbra incontrarono di nuovo le mie, mentre lui chiudeva la porta con un tonfo.
Mi ritrovai, giusto qualche secondo dopo, di nuovo con la schiena al muro, sentendo poi le sue mani che scorrevano lungo il mio corpo, fino a raggiungere i lembi della camicia da notte che avevo indossato, tirandola su oltre il ginocchio in modo che potessi circondargli la vita con entrambe le gambe mentre mi sollevava da terra. 
Continuai a baciarlo, riuscendo anche, dopo qualche tentativo, a sfilargli la maglietta grigia, venendo così completamente a contatto con il suo petto ormai nudo. Intanto, sentivo le sue labbra scivolavano vogliose lungo il mio collo. - Non hai idea di quanto ti desideri in questo momento.. -, sussurrò, ansimando contro la mia pelle.
- Ti desidero anch'io.. -, risposi solamente, - Quindi prendimi e basta -, aggiunsi, stringendo poi una ciocca dei suoi capelli tra le dita.
Accolse con piacere quella mia richiesta, facendo per avvicinarsi al mio letto; sospirai appena, inarcando poi la schiena verso di lui quando cominciò a sfilare quello che avevo indosso, facendomi rimanere solamente in biancheria intima. Eliminò subito dopo quella misera distanza che ci separava dal letto dove avevamo già passato parecchie serate, facendomici stendere sopra con delicatezza, come sempre. Lo trascinai immediatamente con me, senza pensarci due volte, cominciando poi a slacciare i suoi pantaloni, deliziandomi in quello stesso momento dei baci che aveva ripreso a posare sul mio collo: lo lasciai fare per un po', incapace di muovermi tanto stavo bene, prima di costringerlo ad allontanarsi nuovamente così da poter ribaltare le posizioni, sedendomi a cavalcioni su di lui e continuando a sfilare i suoi jeans con il suo aiuto, finché non rimase a sua volta solamente in biancheria intima.
Mi circondò di nuovo la schiena, con il solo intento di arrivare ai gancetti del mio reggiseno, cominciando a giocarci senza però slacciarli né altro. Iniziai così semplicemente a baciarlo, facendo incontrare velocemente la mia lingua con la sua, mentre mi accarezzava le gambe, facendomi venire la pelle d'oca. 
Scesi a baciargli il petto, giocando con l'elastico dei suoi boxer, sapendo bene quanto lo facesse spazientire, riuscendo a sentire poco dopo la fascia del mio reggiseno che si slacciava, lasciando il mio busto completamente nudo: lo lasciai scivolare lungo le mie braccia, prendendolo subito dopo e lasciandolo cadere semplicemente a terra prima di stendermi di nuovo su di lui. 
Mi dimenticai allora completamente della situazione in cui si trovavamo, decidendo poi di ricominciare semplicemente a baciarlo, prendendogli il viso tra le mani: il resto non aveva più senso né importanza, c'era solamente lui. Ci baciammo così a lungo che, quando mi allontanai, ero praticamente senza fiato. Lo guardai sorridendo, mentre si mordeva il labbro inferiore, sollevandosi a sedere e costringendomi di nuovo intrappolata sotto il peso del suo corpo, sfilando i miei slip con lentezza disarmante: li lasciai scivolare lungo le mie gambe, finché non finirono a terra poi, solo dopo, cominciai ad occuparmi di nuovo dei suoi boxer. Sentivo le sue mani continuare a scivolare lungo il mio corpo, vicino al seno, poi sui miei fianchi e non potevo far altro che avere la pelle d'oca, come sempre del resto. Abbandonai la testa contro il cuscino fresco e accogliente, divaricando lentamente le gambe, dal momento che aveva preso a stuzzicare il mio interno coscia, posizionandocisi poi in mezzo: le mani andarono a posarsi sulle sue braccia, sfiorandole lentamente, mentre si avvicinava e mi baciava, entrando così piano in me. Riuscii a trattenere il primo gemito, ma con gli altri fu praticamente impossibile. Le sue labbra erano morbide e delicate sulle mie e le sue spinte sempre decise e lente. Lasciai la presa dalle sue braccia solamente quando afferrò la parte solida delle testiera del letto, aggrappandocisi letteralmente mentre continuava a spingere, facendo aumentare di gran lunga il numero dei miei sospiri. Mi sentivo terribilmente bene, nonostante le farfalle nello stomaco che sembravano avere ormai preso la residenza li, ma di quello non mi importava. 
Abbandonai quei pensieri nello stesso momento in cui le sue spinte aumentarono, facendomi gemere questa volta apertamente, per quanto avessi cercato di nasconderlo ugualmente ma, dal momento che si era allontanano dalle mie labbra, la cosa mi risultava molto più difficile.
Ad un certo punto, abbandonò semplicemente il viso nell'incavo del mio collo, posandoci di tanto in tanto qualche piccolo bacio. Quando capii che ero arrivata al culmine di un piacere travolgente, stesi entrambe le braccia lungo i fianchi, stringendo il lenzuolo un momento prima che un ennesimo gemito uscisse dalle mie labbra: lui lo fece poco dopo di me, continuando a tenere il viso nascosto. 
Lasciai andare il tessuto che ancora era intrappolato tra le mie dita, cercando di rilassarmi, mentre usciva con cautela da me. Restò in completo silenzio mentre si stendeva accanto a me e io feci lo stesso quando mi avvicinai di nuovo: pensai che non si sarebbe mosso e invece ecco di nuovo, per la prima volta dopo tanto tempo, le sue braccia che mi stringevano. 
Stavamo e continuavamo a stare entrambi in silenzio, eppure la situazione non era imbarazzante. Ci eravamo messi sotto la pesante coperta bianca, visto che la temperatura si era abbassata ancora di più, vista l'umidità che la pioggia aveva portato con se. Voltai lo sguardo verso la finestra, notando che non aveva smesso di piovere neanche per un momento, come se qualcosa o qualcuno avesse fatto in modo che lui restasse li. Perché diciamolo...se solo quell'acquazzone non fosse iniziato, se ne sarebbe andato a casa e tutto sarebbe finito li. Sapevo che l'avrebbe fatto. 
- Mi dispiace.. -, sussurrai improvvisamente.
- Shh...non ora -, mi pregò sottovoce.
- Mi sono comportata in modo sbagliato e tu sei qui ugualmente.. -, continuai, come se non l'avessi ascoltato.
- Io mi sono comportato in modo stupido, anche io ho sbagliato.. -, ribatté.
- E sei qui ugualmente.. -, ripetei.
- Vuoi che me ne vada? -, domandò.
- Non dirlo neanche per scherzo.. -, risposi, aggrappandomi letteralmente a lui, sempre col viso chinato nell'incavo del suo collo.
- Non riuscirei ad andarmene.. -, chiarì subito, sussurrando quelle parole con voce calda, - Non sono niente senza di te.. -, sussurrò poi subito dopo contro il mio orecchio, facendomi rabbrividire mentre continuava a coccolarmi tra le sue braccia. Sorrisi ampiamente, pensando che in quel momento non potevo chiedere di meglio, perché finalmente tutto si era aggiustato, finalmente eravamo tornati..noi. I noi di un tempo.
E io promisi a me stessa che non l'avrei mai più lasciato, non gli avrei mai più fatto del male, perché non se lo meritava, si meritava solo di avere accanto una persona che lo amava in tutto quello che era, e io sarei stata quella persona, io avrei fatto in modo che fosse sempre felice. 
Sorrisi lateralmente, sollevando subito dopo lo sguardo verso di lui, notando che lui mi stava già guardando, chissà da quanto e, per qualche secondo, trattenni il respiro. - Sto aspettando.. -, sussurrai infine e lui capì al volo a cosa mi riferivo.
Mi sorrise allora ampiamente. - Ti amo.. -, sussurrò alla fine, - Ti amo davvero da morire.. -, aggiunse pochi attimi dopo, ma non gli diedi la possibilità di dire altro, visto che mi ero già sollevata, posando così anche le mie labbra sulle sue: avevo entrambe le mani posate sul suo viso e sentivo sotto il palmo la barba che aveva ricominciato a crescere, ma che non era ancora molto visibile. 
La sua mano si posò sulla mia schiena, così calda in confronto alla mia pelle, facendomi rabbrividire per l'ennesima volta nel giro di pochissimo tempo. Quando mi allontanai gli sorrisi ancora, guardandolo negli occhi. - Ti amo anch'io, ora e.. -, cominciai.
- ..per sempre? -, domandò, continuando al posto mio. 
- Ora e per sempre -, ripetei, lasciandomi andare poi di nuovo sul suo petto. Mi strinse prontamente a se, coprendomi meglio con la coperta mentre socchiudevo gli occhi. 
- Mi va più che bene come cosa -, disse lui, ridendo piano.
Io feci lo stesso, rendendomi allora conto di quanto in realtà fossi stanca. - Già, anche a me -, ribattei. Dopo quella mia affermazione, nella stanza calò di nuovo il silenzio: stavo ormai per addormentarmi, ma preferii controllare prima, alzando così lo sguardo e guardandolo mentre dormiva tranquillamente. Mi allungai allora verso di lui, posandogli un ultimo, piccolo e quasi impercettibile, bacio sulle labbra, decidendo poi di mettermi a dormire insieme a lui. 

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Capitolo 45
*** Vuoi la verità? ***


Il canto melodioso degli uccelli fuori dalla finestra mi svegliò dal mio tranquillo sonno: socchiusi gli occhi, cercando di abituarmi alla luce del sole che entrava dalla finestra davanti a me, mentre mi concedevo ad un piccolo sbadiglio.
In un'altra qualsiasi mattina, mi sarei semplicemente alzata dal letto per andare di sotto a fare colazione, ma non quel giorno, non con Brian che mi teneva così stretta a se. 
Feci comunque per sollevarmi, ma non ne ebbi neanche il tempo. - Dove vorresti andare? -, mi domandò con voce assonnata.
- A preparare qualcosa per la colazione.. -, dissi, ridacchiando.
- No, tu non ti muovi da qui, mi dispiace -, continuò, sempre con aria assonnata. 
- Me se tanto tra cinque minuti ti riaddormenti! -, mi lamentai, prendendolo in giro.
- Hey, guarda che sono sveglissimo! -, mi assicurò, sollevandosi appena e posandomi un bacio tra i capelli, mentre stava allentando un po' la presa per fare in modo che io mi voltassi verso di lui a guardarlo.
Aveva aperto del tutto gli occhi e anche lui si stava abituando pian piano alla luce del sole e, velocemente, arrivai alla conclusione che lui non avrebbe parlato, quindi tanto valeva che lo facessi io, sopratutto perché dovevamo affrontare ancora un argomento abbastanza importante.
Mi schiarii allora la gola, cercando di tenere un tono calmo. - Penso che..dovremmo parlare ora...di beh, di questa cosa.. -, riuscii a dire alla fine.
- Allora parliamone.. -, acconsentì lui, circondandomi un fianco con il braccio.
- Prima di tutto...tu sei..sei sicuro di volere questo bambino? -, gli chiesi.
- Di sicuro non ti abbandonerò da un momento all'altro, se è questo a cui vuoi arrivare.. -, mi assicurò subito, - Non posso dirti che sono pronto a fare il padre, però sono pronto a starti accanto per qualsiasi cosa, questo lo sai.. -, aggiunse.
- Nessuno è pronto per fare il genitore.. -, dissi io.
- Lo impareremo strada facendo e andrà tutto bene, vedrai.. -, sussurrò, sollevandomi il viso verso il suo e sorridendomi.
- Si, è vero, andrà tutto bene -, ripetei, allungandomi poi per baciarlo velocemente.
Sorrise contro le mie labbra, guardandomi poi e togliendo una ciocca dei miei capelli da davanti ai miei occhi. - Non possiamo ancora sapere il sesso, vero? -, chiese.
Scossi il capo. - No, o magari si, bisogno vedere se siamo fortunati o meno, visto che varia di persona in persona.. -, spiegai velocemente, - Altrimenti dobbiamo aspettare un altro po', il tempo che io entri nel quarto mese, li ci sono molte più possibilità di vedere tutto quanto -, aggiunsi, ripetendo le stesse parole che mi aveva detto la ginecologa ad Atlanta.
- Vedo che ne sai parecchio -, osservò, ridacchiando.
- La ginecologa che mi ha visitato era veramente brava e disponibile, mi ha spiegato tutto quanto! -, dissi. 
- Ah ecco, ora capisco...quindi non ci resta altro che aspettare.. -.
- Già...non ti nascondo però che tutto questo mi mette molta paura, sono davvero spaventata.. -, dissi.
- Lo sono anche io, ma finché saremo insieme potremmo affrontare qualsiasi cosa, lo sai -, sussurrò, prendendo la mia mano e stringendola forte.
Lascia intrecciare le mie dita con le sue, sorridendo. - Lo so -, dissi sottovoce.
- Sarai una madre fantastica, ne sono sicuro e io ti prometto di fare del mio meglio per questo bambino.. -, mi rassicurò.
Sospirai, socchiudendo poi per un momento gli occhi. - Pensavo che avresti preso peggio questa notizia, per questo avevo paura.. -, cominciai a dire.
- Vuoi la verità? -, mi chiese.
Rimasi un momento in silenzio, poi annuii semplicemente e lo lasciai parlare. - All'inizio ero arrabbiato, perché avrei preferito che tu me lo avessi detto subito, ma forse chiedevo troppo, visto che neanche parlavamo.. -, disse, - Però ero arrabbiato, lo ammetto, ma ammetto anche che ho accettato l'idea, anche se diventare padre mi spaventa, te l'ho detto.. -, aggiunse.
- Mi dispiace di non avertelo detto, davvero..ti chiedo scusa, ma in quel momento ero convinta che tu non volessi neanche sentir parlare di me, pensavo che stessi meglio senza di me.. -.
- Come potevo stare meglio, Amy? -, mi chiese, con il chiaro intento di continuare, - Ti amavo, ti amo ancora e non ti avevo accanto, avrei fatto qualunque cosa perché tu fossi li con me, ma non potevo...non potevo fare niente e ti chiedo scusa per tutto quello che ho combinato, per averti ferito... -.
- La prima a ferirti sono stata io e non te lo meritavi -. 
- Mi è servito da lezione, ora ho capito veramente quanto sei importante per me.. -.
- L'ho capito anch'io, ma vorrei essere stata più coraggiosa quella volta.. -, sussurrai.
- Quel che è fatto è fatto, ora non ci pensiamo, d'accordo? -, mi chiese, mentre sollevavo lo sguardo verso di lui.
- Va bene, non ci pensiamo -, concordai, accarezzandogli appena il viso mentre si chinava verso di me per baciarmi.
Gli circondai il collo con entrambe le braccia, attirandolo a me mentre ricambiavo quel bacio. Ancora non ci credevo che finalmente era di nuovo li con me, che ci stavamo baciando e che presto avrebbe ripreso a coccolarmi tra le sue braccia. Non sapevo come, ma avevo dimenticato quanto bene lui riuscisse a farmi sentire, quanto amassi il calore che il suo corpo mi trasmetteva quando mi stringeva a se. In fondo, neanche io avevo smesso di pensare a lui, in quel periodo, neanche per un singolo istante, e la cosa era stata straziante. 
Ritornai con la mente a lui solo quando si allontanò dalle mie labbra, scendendo subito dopo a baciarmi il ventre, facendomi ridacchiare. - Sai, non vedo l'ora di sentirlo scalciare.. -, ammise, tornando a guardarmi.
- Anche io, ma ci toccherà aspettare anche per quello.. -, dissi sorridendo.
- Mhh, troveremo un passatempo, sono sicuro che torneremo di nuovo doppiamente geniali ora che stiamo di nuovo insieme.. -, sussurrò.
- ..stiamo di nuovo insieme? -, domandai, facendo la finta tonta.
- Stiamo di nuovo insieme da quando mi sono alzato da quel divano per venire in camera tua, sappilo -, ribatté, ridendo. 
Risi a mia volta, mentre passavo la punta del dito sul suo collo. - Posso farti una domanda? -, gli chiesi.
Mi guardò pensieroso per un attimo, poi annuii, stendendosi di nuovo al mio fianco. - Certo, dimmi -. 
Mi misi a mia volta su un fianco, posando una mano sotto il capo. - Se quell'acquazzone non fosse iniziato...te ne saresti andato, vero? -, domandai.
Sospirò. - Non lo so, sinceramente...forse sì, o magari sarei semplicemente uscito dalla porta per poi fare di nuovo irruzione e baciarti ugualmente.. -, disse, strappandomi di nuovo un sorriso, - Ma sarei tornato, questo te lo posso assicurare, però ringrazio ugualmente quell'acquazzone, o chiunque l'abbia fatto iniziare.. -. 
- Pensi..pensi sia stato lui? -. 
- Perché no? Avrebbe voluto vederci felici, per come la vedo io, quindi insieme...e se c'è il suo zampino, non posso che essergliene grato -, disse, sorridendo ampiamente. 
- Si, gliene sarei grata anche io, sono felice di come sono andate le cose, sono felice che tu sia qui -, ammisi, sottovoce, poco prima che le sue braccia mi avvolgessero di nuovo in un abbraccio.
Il suo corpo era come al solito caldo contro il mio e la coperta contribuiva ancora di più a riscaldarci. Restammo al letto per gran parte della mattina, a fare tutto e niente: chiacchierammo, mentre io me ne stavo al sicuro tra le sue braccia. Mi accarezzava i capelli e la schiena, facendomi rabbrividire con poco, anche con un semplice bacio a fior di labbra. Non mi sarei mai abituata a quelle sensazioni, lo sapevo bene, ma in fondo che importava? Così mi stava anche più che bene.
 
***
 
- Bella mossa quella dell'acquazzone.. -, osservò Helena, arrivando alle mie spalle come al solito.
- Vero? Ammettilo che sono stato geniale! -, dissi, facendola ridere mentre si avvicinava per posarmi il suo solito bacio sulla guancia.
- Ho detto bella mossa, ora non montarti la testa -, mi mise in guardai, lanciandomi un'occhiataccia ma senza riuscire a non ridere almeno un pochino.
- Va bene, okay...però sono tornati insieme, finalmente, tutta quella lontananza ormai li stava straziando.. -.
- Sono stati davvero molto male, vero? -, mi chiese, sedendosi accanto a me.
Io annuii. - Si, lei pensava a lui e lui pensava a lei, in alcune occasioni lo facevano anche insieme, nello stesso momento.. -, le spiegai.
- Non mi è capitato molte volte di trovare un'amore come il loro, sai? Quel tipo di amore così travolgente, e passione, e dolce...sono davvero rari -. 
- Si, lo so...sono felice che si siano trovati, perché ora saranno veramente felici, staranno insieme e questo è l'importante -, dissi, con tono convinto.
- Devi volergli veramente bene -. 
- Ne volevo a entrambi e ne voglio ancora -, ribattei, - Non smetterò mai di volere bene a nessuno di loro -, aggiunsi poco dopo.
 
***
 
Non appena ci eravamo decisi ad uscire dal letto, ci eravamo chiusi praticamente subito in bagno, visto che entrambi avevamo bisogno di una doccia.
L'idea era di non prolungarsi più di tanto, ma come al solito il nostro piano fallì e restammo sotto il getto d'acqua calda per qualcosa come mezz'ora. Avevo preso il mio asciugamano bianco e me l'ero legato intorno al corpo e lui aveva fatto lo stesso, solamente intorno alla vita, mentre ai capelli avevo fatto una semplice coda di cavallo, visto che erano fradici. Dopo qualche ricerca finalmente riuscii a trovare dei suoi vestiti: una maglietta e un paio di jeans che non avevo fatto in tempo a restituirgli, insieme ovviamente a delle biancheria intima. - Ora capisco dove era finita la mia roba -, disse, mentre gliela passavo.
- Sei tu che te la dimenticavi qui, non è mica colpa mia -, ribattei.
- Lo so, ma non è neanche colpa mia se la maggior parte delle volte che venivo qui i vestiti non mi servivano -, si giustificò.
- Queste battutine mi sono mancate -, dissi.
- Davvero? Anche quelle squallide? -.
- Si, quello più di tutto! -, confermai, sorridendo, - Vado a vestirmi -, lo informai, rubandogli un veloce bacio prima di chiudermi di nuovo nel bagno. Mi infilai velocemente quello che avevo portato con me, sciogliendo poi i capelli dall'elastico per asciugarli per bene. Mi misi a testa in giù, come al solito e quando finii somigliavo più ad un barboncino che ad altro. Cercai di sistemarli, per quanto poco mi riuscisse e alla fine, appunto, mi arresi, tanto non avevo niente di cui vergognarmi con lui.
Sorrisi di quel pensiero, facendo quasi per uscire dal bagno, quando invece mi ricordai di quel gesto che ormai facevo praticamente sempre: mi sollevai la maglietta e osservai per un po' il piccolo rigonfiamento, appena visibile tuttavia, pensando che li dentro c'era il nostro bambino, mio e di Brian e che io non potevo che essere più felice.
Mi infilai i miei calzini pesanti, visto che avevo ancora freddo, aprendo poi di nuovo la porta e raggiungendolo di nuovo in camera, dove lui si stava infilando la maglietta nera che gli avevo dato. Non appena mi vide rise lievemente, a causa dei miei capelli, ovviamente. - Sembri un leoncino -, mi disse.
- Non ci fare caso, li ho asciugati a cavolo e ora ho veramente tanta fame, tu non hai fame? -, gli domandai.
Sorrise ancora. - Si, in effetti un po' di fame ce l'ho -. 
- Bene, allora andiamo di sotto! -, dissi subito, trascinandolo poi con me. Lui non fece obbiezioni, salvandomi anche per un pelo quando inciampai come un'idiota nell'ultimo scalino e prendendomi in braccio, portandomi così fino alla cucina. - Stare tra le tue braccia mi è sempre piaciuto, sai? -.
- Ah sì? -.
- Già -, risposi, annuendo debolmente e baciandolo poco dopo, mentre scendevo di nuovo a terra. Preparammo qualcosa di semplice, soprattutto con la roba che avevo comprato pochi giorni prima al supermercato, o almeno con quella che era rimasta. - Misà che hai bisogno di fare un'altra spesa -, osservò.
- Si, pare proprio di sì -.
- Con la macchina questa volta, niente fatiche inutili e potrebbero far male al bambino -, disse.
- Che c'è, ora l'esperto sei tu? -.
Mi guardò truce. - Sono cose che si sanno, stress e fatiche inutili non fanno bene al bambino durante la gravidanza, se lo so io lo sanno tutti -, sussurrò, passandomi il sale da mettere nella frittata alle patate che stavo cuocendo sul fornello. Stavamo mangiando tranquillamente, quando invece il suo telefono cominciò a squillare. - E' Chris.. -, disse, guardando il numero sullo schermo.
- Chris? -, domandai.
- Storia lunga, ora te la racconto.. -, mi assicurò, rispondendo subito dopo, - Hey Chris, ciao, dimmi tutto -.
- Hey, hai disertato anche oggi alla pista! -, si lamentò.
- Oddio..è vero! Mi dispiace, ma me n'ero completamente scordato -.
- Tranquillo, sei a casa? -.
- Ahm..no, sono da...da Amy, in questo momento -. 
- Amy? Quella ragazza di cui mi avevi parlato? -.
- Si, lei -. 
- Oh, d'accordo, allora fa niente -.
- Se vuoi fare un salto ovviamente io sono qui, è la grande casa con il tetto rosso ad un paio di isolati dalla mia, non puoi sbagliare -. 
- D'accordo, dopo ti faccio sapere, ora devo fare un salto a casa -.
- Va bene, ci sentiamo -.
- Certo, ciao! -.
Riattaccò poco dopo, ritrovandosi solo con il mio sguardo interrogativo. - Si, ora ti spiegò -, mi promise, mangiando un po' di insalata, - Un po' di tempo fa mi sono ritrovato nei pressi della pista da skate che sta qui vicino e li ho incontrato questo ragazzo, Chris..ha più o meno 20 anni ed è un Sevenfolder, anche lui abita qui vicino e ti assicuro che è un ragazzo davvero simpatico -, mi spiegò.
- Vorresti dirmi che tu avevi ripreso a fare skate? -, gli domandai, non riuscendo a trattenere una risata.
- Certo, e sono anche piuttosto bravino, te lo assicuro! -. 
- E quante volte hai baciato il pavimento? -, chiesi, con il chiaro intento di stuzzicarlo.
- ..non tocchiamo questo tasto, però sono migliorato, un giorno ti farò vedere -. 
- Oh, va bene -.
- Ti piacerà, ne sono sicuro, è veramente molto simpatico e disponibile -, aggiunse, alzandosi poi dallo sgabello per prendere il suo piatto e riporlo nel lavabo, - Hey, per una volta io ho finito prima di te -, osservò.
Lo guardai con aria finta sorpresa per un po', sorridendo subito dopo. - Cavolo, è vero, ti meriteresti quasi un premio -. 
- Quasi? -, domandò, chinandosi piano verso di me.
- Si, ma lo avrai solo se sparecchierai anche -, ribattei, sfuggendo abilmente da lui e incamminandomi verso il salone. 
- Si, ti amo anch'io -, disse, facendomi ridere. In poco tempo mise quello che era rimasto nel lavabo e poi mi raggiunse subito in salone.
- Sta venendo qui? Chris intendo -, gli chiesi, posando la testa sulla sua spalla mentre mi teneva stretta contro il suo fianco.
- Si, da quello che ho capito si, ma non.. -, cominciò, ma il campanello lo precedette, - Ecco, credo sia lui -, aggiunse poco dopo, alzandosi per andare ad aprire la porta.
Lo seguii subito, mettendomi dietro di lui mentre afferrava la maniglia e apriva. - Oh, ho azzeccato casa per fortuna -. 
- Te l'ho detto che non potevi sbagliare -, disse, salutandolo e invitandolo poi ad entrare. 
- Effettivamente, ci ho messo davvero poco a trovarla.. -, disse, chiudendo poi la porta e guardando oltre la sua spalla, verso di me, - Oh, tu devi essere Amy, mi ha parlato di te.. -, aggiunse, allungando la mano, - Io sono Chris, piacere -, si presentò.
- Piacere mio, io sono Amy, spero che non abbia detto niente di compromettente -, sussurrai, mentre Brian ridacchiava.
- No, puoi stare tranquilla -. 
- Bene -.
- Ti fidi così poco di me? -, mi chiese subito dopo.
Sorrisi, guardandolo. - Era solamente per essere sicura, sai com'è...su vieni, preparo un po' di caffé, ne vuoi? -, gli chiesi.
- Ahm, si, perché no, grazie.. -, rispose, incamminandosi con Brian verso il divano. Si misero di nuovo entrambi seduti e io sorrisi guardandoli, un attimo prima di sparire in cucina.
 
***
 
- E' davvero bella come mi avevi detto -, fu la prima cosa che mi disse Chris, facendomi ridere.
- Vedi di tenere le mani apposto, o altrimenti te le taglio -, lo avvertii subito. 
- Tranquillo -, rispose, alzando entrambe le mani in segno di resa, - Ma quindi..state di nuovo insieme? -. 
- Sì esatto e credimi, non potrei essere più felice -.
- Ti capisco, devi amarla molto.. -, disse, attirando così maggiormente la mia attenzione, - Lo vedo dal modo in cui la guardi, è come se per te esistesse solamente lei -, mi spiegò.
- In un certo senso è così, ci credi? Non mi ero mai legato così tanto ad una donna in vita mia, è ancora tutto nuovo -.
- Dai, in fondo è anche una bella esperienza, soprattutto se anche lei ti ama -.
- Si, anche lei mi ama -, precisai, vedendola poco dopo comparire sulla soglia della cucina, con in mano solamente due tazzine.
Si avvicinò ad entrambi, posandole poi sul tavolino davanti a noi, dove Chris prese la sua. - Tu niente caffé? -, le domandai, mentre la accoglievo di nuovo accanto a me.
- Non mi andava molto.. -, rispose solamente.
Chris rise, lievemente, riuscendo però ugualmente ad attirare la nostra attenzione. - Grazie per non avermi detto niente.. -, sussurrò, bevendo un po' del suo caffé.
- Che vuoi dire? -, gli domandai.
- Credo che Amy mi abbia capito.. -. 
- Come hai fatto a capirlo con così poco? -, gli chiese lei.
- Per il caffé, è successo anche a mia madre quando era...beh, incinta di mia sorella -, rispose, lasciando me senza parole, mentre Amy non sembrava neanche tanto sorpresa dalla cosa.
- Sei perspicace -, osservò Amy, sorridendo.
- No aspettate...mi sono perso qualcosa -, intervenni io, stile ritardato di turno. 
- Ha capito tutto quanto solamente grazie al fatto che non ho preso il caffé, durante la gravidanza molte donne non riescono a prenderlo già dal primo mese, invece a me sta succedendo ora -, mi spiegò velocemente.
- Io non ci sarei mai arrivato -, ammisi, bevendo un goccio di caffé. 
- Amore tranquillo, sei intelligente lo stesso -, mi disse, posando un bacio sulla mia guancia.
Chris rise ancora. - A che mese sei? -, domandò a lei.
- Terzo e la pancia non si vede ancora praticamente per niente -.
- Beh, dal prossimo si, io ricordo mia madre, passavo intere giornate con lei solamente perché volevo sentire la bambina che scalciava -. 
- Anche io non vedo l'ora di sentirla, penso che la prima volta piangerò, come minimo.. -, ammise lei, stringendosi a me. 
- Siete pronti? -, domandò poi ad entrambi, finendo il suo caffé e posando di nuovo la tazzina sul tavolo.
Io e lei ci guardammo per un momento, sorridendoci poi appena a tornando a rivolgerci a lui. - Più o meno.. -, rispose lei. 
- Io me la sto facendo addosso, veramente -, sussurrai, facendoli ridere entrambi.
- Ma no dai, ve la caverete alla grande e hey, voglio essere il primo a sapere il sesso! -, dissi, indicandoci entrambi e facendosi poi pensieroso, - Ah no, aspetta...sarò il terzo, perché i primi due sarete voi -, aggiunse, facendoci ridere ancora.
- Sarai il terzo, promesso -, gli disse Amy.
Restò con noi per un bel po' di tempo, visto che aveva detto che non aveva niente da fare, visto che sua sorella, Hailey, era a casa di una sua amica e sarebbe dovuto passarla a prendere più tardi.
Chiacchierammo ancora un po', parlando del bambino che Amy aspettava, del fatto che sua madre aveva trovato di nuovo un lavoro e del ragazzo a cui piaceva Hailey, che però a lui non andava molto a genio. Mentre me ne parlava, mi ricordai della volta in cui avevo spaventato l'accompagnatore al ballo di fine anno di mia sorella Mckenna e glielo raccontai anche, riuscendo a farli ridere per l'ennesima volta entrambi. 

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Capitolo 46
*** Ora arriva la parte difficile.. ***


Amy era rimasta a casa mia quella sera, visto che il giorno dopo a casa avremmo avuto Mckenna, mia sorella minore, alla quale avevamo deciso di dire tutto. Ormai era passata una settimana, quasi, da quando io e Amy eravamo tornati insieme e l'avevamo già detto a tutti quanti, ora mancavano solo lei e i miei genitori.
Non appena le dicemmo tutto, per poco non impazzì. - ODDIO, AAAAAAAAAAAAAAAAAH!! -, urlò mia sorella, alzandosi poi di scatto per buttarsi tra le braccia di entrambi, - ODDIO, MA E' UNA COSA STUPENDA, DIVENTERÓ ZIA! -, aggiunse, continuando comunque ad urlare.
- Si, diventerai zia e mi sembri anche piuttosto felice! -, disse Amy, mentre ricambiava insieme a me quell'abbraccio.
- Vuoi scherzare? E' una cosa fantastica, eccezionale...oddio, adesso mi metto a piangere lo sento -, ammise, mentre si allontanava da noi, cercando di darsi un contegno.
- Quando è bella la mia sorellina che si commuove -, dissi io, abbracciandola di nuovo, - E mi raccomando, ricorda sempre che ci pensiamo noi a dirlo a mamma e papà, d'accordo? -, le chiesi.
- Si si, tranquillo, terrò la bocca chiusa fin quando vorrete -. 
- Bravissima -, le disse anche Amy, posandole una mano sulla spalla.
- Ma cioè..a che mese sei? Fra quanto si vedrà la pancia? E il sesso invece? Io voglio sapere da morire se è maschio o femmina! -, disse, tutta contenta, tornando poi a sedersi sul divano, guardandoci con gli occhi quasi lucidi dall'emozione.
Non avevo proprio immaginato che potesse reagire in quel modo, in tutta sincerità. 
- Troppe domande tutte insieme -, risposi io, lasciando poi la parola a Amy.
- Okay, allora...sono al terzo mese e la pancia per adesso si vede davvero pochissimo, ma dal prossimo dovrebbe cominciare ad esserci, così diventerò a tutti gli effetti una balena spiaggiata.. -, disse, facendola ridere di gusto, - E il sesso anche si vedrà solamente nel prossimo mese, quindi bisognerà aspettare un pochino -. 
- Oddio, è fantastico.. -, ripeté, - Sarebbe bellissimo se fosse femmina, un'altra piccola Haner alla riscossa! -, osservò.
- Si, ma hai idea di quanto la vizierebbero tutti quanti? -, le chiese, mentre prendeva la mia mano per stringerla.
Intrecciai le dita con le sue, come al solito, dicendo poi: - Diventerebbe viziato anche se fosse maschio, potete starne certe -.
- Si, effettivamente, in tutti e due i casi avrebbe i zii e i genitori che lo vizierebbero -, continuò Mckenna.
- Esattamente, però non sarebbe male se fosse una bambina.. -, disse Amy, alzando lo sguardo verso di me e facendo per la prima volta una preferenza riguardo al sesso del nostro futuro bambino.
- Sarebbe di sicuro una bambina stupenda.. -, osservai.
- Speriamo che da te prenda poco -, bisbigliò Mckenna.
Stavo quasi per baciare di nuovo Amy, quando invece decisi di voltarmi per lanciarle un'occhiataccia. - Cosa vorresti dire? -, le chiesi.
- Chi io? Io niente...ho solamente detto che sarebbe preferibile se da te non prendesse niente -, ripeté tranquillamente, stringendosi nelle spalle.
- Parli di me come se fossi un mostro -, sbottai, ridendo.
- A volte lo sei, e non dire il contrario, sai che ho ragione...la cosa più carina che potrebbe prendere da te è il naso! -, continuò, facendo ridere Amy. 
- Si, in effetti il mio naso è davvero stupendo.. -.
- E Amy, spero prenda la tua modestia, perché se prende la sua qui siamo finiti -, osservò.
- Prenderà la mai, sta tranquilla -. 
- Hey, che avete contro la mia modestia? -, domandai, piagnucolando.
- Quale modestia? Non ce l'hai! -, sbottò lei, indicandomi.
- Sono bello, bravo e famoso, c'è poco da essere modesto! -, continuai, convinto di quello che dicevo.
- Lascia stare, Mckenna, è una partita persa credimi -, le consigliò Amy.
- Lo so, ormai sono anni che ci combatto -. 
- Continua a dargli fastidio, mi raccomando -, le disse.
- Oh tranquilla, lo farò.. -, le assicurò lei, con tono furbo.
- ..e io sono sempre ancora qui -, dissi.
- Scusa amore, non ci fare caso -, mi disse lei, dandomi un veloce bacio sulla guancia.
- Mmh.. -, mugugnai, - E comunque, sappiate che ora arriva la parte più difficile -, aggiunsi, facendo diventare pensierose entrambe. Attesi qualche altro secondo, poi mi decisi a parlare. - Ora dobbiamo dirlo a mamma e papà -.
 
***
 
- E se prendessero male la notizia? -, domandò Amy, bloccandosi nel bel mezzo del vialetto di casa.
- Come potrebbero prenderla male? Vogliono più bene a te che a me, come minimo si mettono a piangere -, la rassicurai, mentre Mckenna rideva.
- E se glielo diciamo un altro giorno? Magari stanno dormendo.. -, provò di nuovo.
- Amore, è quasi mezzogiorno.. -, dissi, continuando a trascinarla con me.
- ..magari ieri hanno fatto le ore piccole! -, sbottò.
- Amy, amore, guardami.. -, dissi, posando entrambe le mani sulle sue spalle, - Saranno felicissimi di questa notizia, diventeranno nonni e ti abbracceranno come ha fatto Mckenna prima, d'accordo? -.
Prese un respiro profondo. - D'accordo, sì -, ripeté.
- Brava -, le sussurrai, baciandola piano prima di prenderla di nuovo per mano.
Mckenna ci precedette, suonando il campanello prima che potessimo farlo noi. Amy mi stringeva forte la mano, ma ormai si era calmata.
Attendemmo una manciata di secondi, poi la porta si aprì e noi ci ritrovammo davanti mia madre Suzy. - Oh, Brian, Mckenna..Amy, ciao! -, esordì, sorridendoci ampiamente.
- Ciao mamma -, feci io, - Possiamo entrare? -, domandai.
- Certo, venite, vostro padre e di sotto nello studio, ma se lo chiamò salirà subito -, ci disse, lasciandoci spazio per entrare in casa.
Mia sorella entrò prima di tutti, dando un veloce bacio a nostra madre, seguita poi da me e Amy. - Ragazzi, come state? -, ci chiese.
- Bene, tutto alla grande -, risposi io, salutandola a mia volta.
- Ho saputo da Matt che state di nuovo insieme, era ora che veniste a farmi una visita! -, si lamentò, mettendo entrambe le mani sui fianchi mentre Amy si chiudeva la porta alle spalle.
- Ci dispiace, ma avevamo da sistemare ancora qualche cosa, però ora siamo qui! -, disse Amy, parlando per la prima volta e avvicinandosi per darle un bacio sulla guancia.
- Vi perdono, per questa volta -. 
- Io vado a mangiare -, ci avvertì Mckenna, tirandosi così fuori da quella storia e sparendo in cucina.
- Niente schifezze, è quasi ora di pranzo! -, la ammonì subito mia madre.
- Okaaaay -, promisi lei, poco prima di aprire il frigo, visto il tintinnio di bottiglie che sentimmo.
A quel punto, anche mio padre comparse all'improvviso, sulla soglia della scale che portavano al piano di sotto. - Oh, guarda un po' chi c'è -. 
- Ciao papà -, lo salutai subito.
- Ciao Brian, ciao Amy, a cosa dobbiamo questa visita? -, ci chiese, affiancandosi a mia madre.
- Ecco appunto, dovremmo parlarvi -, gli disse Amy, ritrovando finalmente la sua innata tranquillità.
- Certo, diteci pure -, disse subito mia madre, curiosa come sempre.
- Sediamoci -, consigliai io, indicando il divano.
Anche se dopo un'esitazione, si incamminarono entrambi verso il divano, dove si sedettero comodamente mentre ci aspettavano.
Io e Amy ci guardammo per un momento, poi andammo con loro e ci accomodammo. - Premesso, non è niente di brutto né di grave -, dissi.
- State di nuovo insieme, giusto? -, domandò mio padre.
- Sì, si stiamo di nuovo insieme e la cosa infatti riguarda noi due -, rispose Amy, stringendo ancora la mia mano, più forte di prima. 
- Su, allora parlate, ci state solo incuriosendo di più! -, si lamentò mia madre, facendoci ridere.
- Okay, allora...sono.. -, cominciò a dire, bloccandosi poi per un momento, - ..sono incinta -, continuò poco dopo, mordendosi lievemente il labbro inferiore.
Voltai di nuovo lo sguardo verso i miei genitori, che ora ci guardavano entrambi senza parole, reazione a cui mi ero preparato.
- Diventeremo...nonni? -, chiese mio padre, con aria incredula.
- Già ma, per inciso, non sappiamo ancora neanche il sesso.. -, dissi.
- Mi sto già sentendo vecchio -, continuò lui.
- Anche io.. -, si aggiunse mia madre, poco prima di sorridere ampiamente, - Però è una notizia fantastica! Al diavolo la vecchiaia, è una cosa bellissima!! -, urlò la mamma, gettandosi come Mckenna tra le nostre braccia, stringendosi a se entrambi.
- Si, concordo, sono felicissimo per voi, ragazzi! -, disse poco dopo anche mio padre, gettandosi a sua volta su di noi e, per poco, non cademmo entrambi sul divano.
Mi voltai per un momento, riuscendo alla fine a scorgere sulla soglia della cucina mia sorella, che ci guardava sorridendo con un pezzo di formaggio in mano. Le sorrisi a mia volta, poco prima che i miei si allontanassero da entrambi e, come avevo previsto, mia madre già aveva gli occhi lucidi.
- Scusatemi ragazzi, non ci fate caso, è l'emozione.. -, si scusò lei, asciugandosi velocemente una lacrima che era scesa.
Amy si alzò prontamente dal divano, andando così ad abbracciarla di nuovo. - Sono contenta che abbiate preso così bene questa notizia -, le disse.
- Come potevamo non prenderla bene? -, le domandò la mamma. 
- Lo sai che mi faccio sempre i complessi per queste cose.. -, disse subito Amy, mentre mi alzavo per raggiungerla, circondandole prontamente un fianco con il braccio, accarezzandolo al contempo. 
Si voltò a guardarmi, sorridendo ampiamente. - Sono felice per voi, figliolo, davvero -, disse poi mio padre, abbracciandomi talmente forte che fui costretto a lasciare Amy.
- Dobbiamo festeggiare! Quindi restate qui a pranzo, non voglio sentire obiezioni! -, esordì mia madre, sparendo poi in cucina, talmente frastornata che per poco non andò addosso a mia sorella.
Facemmo come ci disse, altrimenti avrebbe scatenato il putiferio, restando volentieri a mangiare li, anche perché mia madre ai fornelli se la cavava piuttosto bene.
Per tutta la durata del pranzo non fecero altro che tartassarci di domande, di ogni genere. Ad un certo punto ci chiesero addirittura se ci saremmo sposati e questa domandò lasciò Amy inizialmente senza una risposta, finché io non avevo replicato un "Perché no?", lasciandola ulteriormente senza parole, ma con un grande sorriso stampato sulle labbra.
Ad essere sinceri, mi ero sempre ritenuto troppo giovane per il matrimonio, ma ormai non ero più neanche un ragazzino: forse tra me e Amy era ancora presto per una cosa del genere, ma stavo anche per diventare padre, quindi che importava?
Tutto quello che sapevo in quel momento era che amavo davvero Amy, la amavo più di ogni altra cosa e avrei fatto di tutto per lei, tutto per renderla felice.
Passammo a casa dei miei molto tempo e poi, appena verso le 16.00 del pomeriggio, ce ne tornammo a casa.
 
***
 
- Visto che l'hanno presa bene? -, mi chiese Brian, non appena mettemmo piede in casa. 
- Si, avevi ragione, okay? Lo ammetto -, dissi io, alzando le mani in segno di resa.
- Questo per farti capire che a volte è inutile farsi tutti quei complessi, insomma...mia madre ha pianto! -, dissi ridendo, mentre appendevo il mio giacchetto all'attaccapanni. 
- E tuo padre ci ha riempito di domande -, dissi io, mentre gli andavo incontro. Non appena fui abbastanza vicina, gli buttai entrambe le braccia al collo, baciandolo dolcemente sulle labbra.
- Dovresti saltarmi addosso più spesso, sai? -.
- Per un po' ne approfitterò, visto che dopo la pancia non me lo permetterà più -, dissi.
- Scommettiamo che sarai stupenda anche con il pancione? -, mi domandò.
- Mi chiedo se arriverà mai il giorno in cui la smetterai di essere così esagerato... -, sospirai.
- Tu non vedi quello che vedo io, ecco il punto, non vedi quello che vedono gli altri.. -. 
Senza dargli un'ulteriore risposta, mi allungai di nuovo verso di lui per baciarlo di nuovo, questa volta più a lungo e con più passione, sentendo poco dopo la sua mano che si posava saldamente sulla mia schiena. 
- Non farlo.. -, mi pregò, non appena fui abbastanza lontana.
- Cosa? -, domandai, ridacchiando.
- Questo, oppure c'è il rischio che non riesca a controllarmi -, mi spiegò, facendomi ridere ancora di più.
- Tieni il tuo amico nei pantaloni, per ora.. -, gli dissi, - Ho una cosa da farti vedere -, aggiunsi poco dopo, prendendolo per mano e trascinandolo con me fino alla camera da letto al piano di sopra.
Gliela lasciai solamente quando varcai la soglia, dirigendomi immediatamente verso il cassettone dove tenevo tutta la mia roba da vestire: scavai per un po' tra le maglie invernali e i pantaloni, finché non la trovai. Era la mia prima ecografia, quella che avevo fatto il giorno prima di ripartire per Huntington Beach, visto che si cominciava a farle già dal terzo mese, poi al sesto e poi ancora al nono. 
- Cosa stai cercando? -, mi domandò Brian, incamminandosi verso di me.
- Cercavo questa.. -, gli dissi, mostrandogli la piccola foto. 
Lui la guardò incredulo per un po', poco prima di eliminare la piccola distanza che ci separava per prenderla e stringerla tra le dita. - E'.. -, provò a dire, senza però finire la frase.
Io annuii, sorridendogli. - E' la prima ecografia, l'ho fatta il giorno prima di ripartire per tornare qui, solamente che pensavo di averla smarrita.. -, gli raccontai, - E invece ieri l'ho ritrovata, era tra le pagine di Assassinio sull'Orient Express.. -, aggiunsi.
- Il tuo libro preferito.. -, osservò, alzando lo sguardo di nuovo verso di me.
- Esatto... -.
- Quindi questo...è il nostro bambino o bambina.. -, disse, continuando a guardarla con sguardo adorante, come se non avesse visto niente di più bello.
- Sì.. -, sussurrai, sorridendo ancora, - Mi raccomando, non svenire.. -, aggiunsi, ridacchiando tra un sorriso e l'altro. 
Anche lui rise, scuotendo impercettibilmente il viso. - No, no sto bene...è solo che..l'emozione, come dice mia madre -, sussurrò.
Mi avvicinai piano a lui, affiancandolo subito dopo e guardando a mia volta per un po' l'ecografia che avevo portato con me. - Io ho cominciato a rendermi conto di questa situazione dopo averla vista...ti da una consapevolezza in più, se ci pensi -, dissi, posando il viso sulla sua spalla.
- Tu come hai reagito? Durante la visita intendo.. -, mi chiese.
Solo allora cominciai a pensarci veramente, a pensare a quel giorno in ospedale e a quanto avevo pianto davanti alla dottoressa che, nonostante tutto, aveva provato a calmarmi passandomi fazzoletti su fazzoletti. - Ho pianto davanti alla dottoressa per tutto il tempo.. -, ammisi, ridendo, - Mentre lei mi diceva di respirare profondamente, continuando a passarmi fazzolettini per asciugarmi gli occhi.. -, aggiunsi poco dopo.
- Doveva essere molto paziente.. -, disse lui.
- Te l'ho detto che era molto brava e disponibile, mi ha dato buoni consigli fin dall'inizio.. -.
- Troveremo una dottoressa eccezionale anche qui.. -, mi assicurò, voltandosi a guardarmi meglio in viso, - Anzi, dovrei chiamare l'ospedale e chiedere della miglior ginecologa che hanno, voglio il meglio per questo bambino fin da subito, voglio il meglio per te -, aggiunse, facendo dipingere sulle mie labbra l'ennesimo, ampio, sorriso. - Che c'è? -, mi domandò, sorridendo a sua volta e togliendo una ciocca di capelli da davanti al mio viso. 
- Niente.. -, ribattei, scuotendo appena il capo, - E' solo che...vederti di nuovo così felice...è una cosa che desideravo da tanto tempo.. -, sussurrai, sentendo le sue mani prendermi poi prontamente il viso per baciarmi ancora.
Socchiusi subito gli occhi, sorridendo per un momento contro le sue labbra, prima di ricambiare completamente quel suo bacio. 
Mi sentivo così bene che, da una parte, ero ancora convinta che tutto quello fosse solamente un sogno e che, da un momento all'altro, mi sarei svegliata semplicemente nel letto della casetta ad Atlanta, da mia sorella e Ben.
Però poi...mi bastava semplicemente posare una mano sul suo fianco, o sulla sua spalla, per rendermi conto che lui era davvero li, che era accanto a me a che non sarebbe andato più via, come non me ne sarei andata io, mai più. In quel preciso momento, mentre pensavo, mi venne in mente la donna che avevo visto quel giorno a casa sua e provai odio verso di lei, odio per chiunque si fosse avvicinata anche solo lontanamente a lui o, peggio ancora, a quelle labbra che desideravo fossero solamente le mie. Era stato stupido essere gelosa, allora, però ora ne avevo tutto il diritto e lo sarei stata fino alla fine, perché ero innamorata di lui fino al midollo e non accettavo l'idea che potesse stare con qualcun'altra che non ero io. 
Afferrai saldamente la stoffa della sua maglietta tra le dita, allontanandomi per un momento da lui solamente per spingerlo inesorabilmente verso il letto alle nostre spalle. 
Ci liberammo in breve tempo di tutti i nostri vestiti e cominciammo a fare l'amore quando ormai eravamo entrambi sotto la pesante coperta invernale. Sospiravo di piacere, mentre si muoveva dentro di me con decisione, appoggiato completamente con una mano sul mio fianco. Io, nel frattempo, continuavo a muovere il bacino verso di lui, assecondando così quei suoi movimenti, mentre continuavo a posare dei piccoli baci sul suo collo e lungo la mascella. Non avrei più avuto la forza di allontanarmi da lui, perché in quel momento eravamo legati più che mai: talmente legati che un altro periodo lontano, per quanto breve, ci avrebbe di sicuro sfiniti entrambi.

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Capitolo 47
*** Primi segni. ***


Uh, si, se qualcuno fosse interessato, il film che ho citato sentitola "Frequency, il futuro è in ascolto" ed è un film di fantascienza del 2000.
Comunque vi consiglio di vederlo, anche se è un po' impicciato, perché a parere mio è davvero bello e poi è uno dei miei preferiti in assoluto! Un bacio.
Amy.


Novembre era arrivato velocemente e non era mai stato così freddo e umido. Persino quel giorno, nonostante i meteorologi avessero predetto una tregua e un innalzamento delle temperature, continuava comunque a piovere, e anche abbondantemente. 
Proprio per questo, io e Amy ce ne stavamo semplicemente seduti entrambi sul divano, a guardare un po' di tv mentre aspettavamo le pizze che avevamo ordinato, che sarebbero arrivate nel giro di qualche minuto. 
Mi voltai a guardarla con la coda dell'occhio, mentre accarezzavo la pancia che ormai cominciava a vedersi sempre meglio, notando immediatamente la sua faccia un po' disgustata. - Vuoi che cambio canale? -, le chiesi, lanciando un'altra occhiata alla diretta che stavano mandando di The Walking Dead.
Lei scosse appena il capo. - E' colpa del mio riflesso del vomito sensibile.. -, si giustificò, nascondendo cinque secondi dopo il viso sul mio petto, per non vedere l'ennesima scena splatter. 
Sorrisi lateralmente, prendendo poi il telecomando e cambiando canale. - Così salveremo anche il tappeto.. -, dissi, ricevendo in cambio una sua occhiataccia, - Scherzavo..giuro -, aggiunsi poco dopo, sorridendo angelico.
- Meglio per te -, ribatté, stendendosi poi sul divano e posando la testa sulle mie gambe. 
Le sorrisi dolcemente, accarezzandole nello stesso momento il viso e allungando una mano verso il maglione blu che indossava, sollevandolo appena e scoprendo la pancia. - Come sta mio figlio? -, le domandai, posandoci una mano sopra.
- In completo silenzio, ti diverti con la mia pancia, vero? -, mi chiese, sorridendo.
- Certo, ho aspettato un mese per vederla ora se permetti ci gioco anche -, replicai divertito.
- Chissà perché sono sicura che quando lo sentirai scalciare o piangerai o sverrai -, sussurrò lei, prendendomi in giro.
- Dai, non sono così emotivo! -.
- Ma se quando ti ho fatto vedere l'ecografia hai quasi pianto? -, replicò ancora, poco prima che il campanello suonasse, - Ecco la nostra pizza -, aggiunse, sorridendomi mentre si sollevava a sedere così che potessi andare ad aprire. 
Come al solito, fu Drew a portarci le pizze, sorridendo ampiamente ad Amy quando vide la sua pancia. - Comincia a crescere, eh? -, le domandò, mentre afferravo i cartoni, già con i soldi in mano. 
- Già, comincia a farsi vedere ora -, rispose lei, - E grazie per le pizze -.
- Non c'è di che, vi auguro una buona serata! -, ci disse come al solito, prendendo poi i soldi che gli stavo porgendo e voltandoci le spalle, tornando verso il motorino con cui faceva tutte le consegne.
- Dovrebbe fare una statua a quell'uomo per tutte le volte che ci ha portato la pizza -, disse lei, chiudendo la porta.
- Effettivamente, è sempre stato parecchio gentile -, concordai, - Mangiamo sul divano? -, proposi.
- Si, perché no, tanto sono sicura che è anche già tagliata a spicchi.. -, disse, superandomi e sedendosi prima di me. Le arrivai davanti pochi secondi dopo, passandole il cartone con la sua pizza, che posò subito sull'isola del divano dove stavamo fino a poco tempo prima a guardare la tv.
La seguii senza pensarci troppo, non prima di aver controllato se effettivamente fosse tagliata: alla fine ci aveva azzeccato, quindi non ero stato neanche costretto ad andare in cucina per cercare in lungo e in largo le forbici. 
- Cosa avevi preso? -, le domandai, mentre aprivo il cartone.
- Zucchine e tu diavola -, rispose, - Buon appetito -, aggiunse, rubandomi un bacio ancora prima che me ne accorgessi.
Sorrisi, prendendo poi uno spicchio e mostrandoglielo. - Vuoi? -, chiesi.
Annuì, portandosi poi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e assaggiando un pezzo della mia pizza. - Buona -, commentò, prendendo poi a sua volta un pezzo, - Vai tu, quella con le zucchine è sempre deliziosa -, aggiunse.
Decisi di darle retta, assaggiandola così velocemente e scoprendo che era veramente buona come diceva. - La prossima volta prendo questa -, la informai, sorridendo. 
- Lo sapevo che ti sarebbe piaciuta -, disse, cominciando poi a mangiare. Io feci lo stesso, cercando nel frattempo qualcosa da vedere in tv, anche se Sky quella sera aveva pensato bene di non mandare niente di interessante.
- Uh uh uh, ferma qui, ferma qui! -, mi avvertì lei, facendomi bloccare su un film.
- Che cos'è? -, le chiesi.
- Sentitola Frequency, è un bel film, fidati! -, rispose, ricominciando a mangiare.
- D'accordo -, acconsentii, lasciando di nuovo il telecomando sul divano.
Mangiammo le nostre pizze mentre il film continuava ad andare avanti, rivelandosi alla fine davvero bello come aveva detto. Era principalmente di fantascienza, il genere che di solito non preferivo molto, ma la storia era davvero impicciata e strana, la tipica che mi prendeva subito. Per questo stavo continuando a vederlo senza dire niente.
- Ti piace? -, chiese, come se mi avesse letto nel pensiero.
- Si, non l'avevo mai visto -, ammisi.
- Su Sky cinema lo mandano in continuazione, ormai l'ho visto 20 volte -, disse lei, finendo il terzo trancio di pizza. 
- Lui è Dennis Quaid, vero? -, domandai, imboccando poi un altro pezzo di pizza.
- Esatto, bell'uomo vero? -.
- No -, sbottai, con un sorrisetto sulle labbra.
- Lo sapevo -, ribatté ridacchiando, poco prima di ricominciare a mangiare. Ogni tanto, dopo che avevamo ricominciato a guardare il film, mi capitava di posare lo sguardo sulla sua pancia, visto che proprio non riuscivo a fare altro. Forse perché ancora non realizzavo per bene che sarei diventato padre, ma in fondo...nessuno riusciva mai a farlo da subito.
Entrambi lasciammo un po' di pizza, lei due tranci e io uno, visto che proprio non ce la facevo più: colpa di tutto quello che mi ero mangiato nel giro di quel pomeriggio.
- Porto i cartoni in cucina e metto quello che abbiamo lasciato in forno, tanto so che dopo mi tornerà fame -, mi avvertì, scivolando giù dal divano e prendendo quello che doveva portare via, sparendo poi oltre la soglia.
- Dici che fare dei pop corn sarebbe altamente schifoso, vero? -, le domandai, alzandomi per raggiungerla dopo aver messo in pausa il film.
 
***
 
Lo sentii raggiungermi in cucina, mentre io infilavo nel forno quei tre pezzi di pizza che avevamo lasciato, facendomi poi quella proposta. - Sarebbe un po' schifoso, sì -, concordai.
- Mhh.. -, mugugnò, mettendo entrambe le mani sui fianchi prima di avvicinarsi del tutto per baciarmi.
Ricambiai quel bacio, sorridendogli subito dopo. - Se li vuoi, nella mensola in alto ci sono quelli da fare in microonde -, gli dissi, avvicinandomi poi al frigo per prendermi un bicchiere di succo di frutta. 
- D'accordo, allora ne preparerò un sacchetto -, mi disse, andando poi ad aprire la mensola che gli avevo indicato.
Sorrisi, facendo poi per aprire il frigo, quando improvvisamente lo sentii: mi bloccai sul mio posto, pensando che magari me l'ero solamente immaginato e aspettando, pazientemente. All'inizio non successe proprio un bel niente, tanto che stavo quasi per lasciar perdere: ma poi, come in risposta a quel mio pensiero, eccolo di nuovo. Mi portai una mano sul ventre, quando lo voce di Brian accanto a me mi riportò alla realtà. - Amy? -, mi chiamò, - Amy, che succede? -.
Mi voltai piano a guardarlo in viso di nuovo, con aria ancora incredula. - H-ha scalciato.. -, dissi.
Lui sgranò immediatamente gli occhi. - C-cosa? -, domandò.
Senza dire altro gli presi la mano, portandola velocemente sul mio ventre e aspettando, finché non lo sentii di nuovo e così anche lui. Per un po', continuò semplicemente a tenere il viso chinato verso la pancia, tanto che pensai che non l'avesse sentito. - L'hai.. -, provai a dire, ma lui mi bloccò con un veloce e deciso "sì".
- L'ho sentito.. -, aggiunse, poco dopo, sollevando lo sguardo e guardandomi, sorridendo come un bambino.
Senza volerlo, le lacrime cominciarono a riempirmi gli occhi, minacciando di cadere nel giro di qualche altro secondo. - Oddio..è..è stato stupendo, è..oddio -, biascicai, gettandomi poi di nuovo tra le sue braccia, alzandomi in punta di piedi per abbracciarlo nel miglior modo possibile. 
Lui mi strinse a sua volta, nascondendo il viso tra i miei capelli scuri e leggermente scompigliati, mentre rideva felice. Io, invece, non riuscivo più a trattenermi, tanto che mi misi a piangere poco dopo, continuando comunque a sorridere. 
- Menomale che dovevo essere io quello a piangere.. -, mi rinfacciò, prendendomi in giro.
- Zitto -, lo ammonii ridendo, - Io ho gli ormoni che stanno impazzendo, quindi anche il pianto facile.. -, aggiunsi, usando la mia migliore scusante.
- Per questa volta te la do buona -, disse mentre continuava a tenermi contro il suo petto, non accennando neanche per un secondo a lasciarmi andare.
Quando si allontanò da me feci quasi per protestare, ma mi zittii non appena si inginocchiò davanti a me per baciare la mia pancia, ancora con gli occhi lucidi dall'emozione. - Hey, piccolo..o piccola -, biascicò, iniziando a parlare, - Lo so che non puoi sentirmi, ma io sono il tuo papà, okay? E non vedo l'ora di vederti -, concluse, facendomi ridere teneramente mentre insinuavo le dita tra i suoi capelli corvini, accarezzandoli appena.
- Ti amo.. -, mi venne istintivamente da sussurrare, guardandolo poi mentre fissava i suoi occhi sui miei.
Si rialzò da terra e mi baciò teneramente sulle labbra. - Ti amo anch'io, amo te e questo bambino -, disse, dandomi poi anche un bacio sulla guancia, sorridendo poi contro di essa.
Non ribattei ancora, restai semplicemente in silenzio, contemplando quell'atmosfera che si era venuta a creare, così magica e perfetta, come se niente potesse andare più storto.
Ma c'era anche qualcos'altro, qualcosa che non riuscivo a comprendere a pieno: era una sensazione, le mie solite sensazioni, quelle che mi colpivano improvvisamente, facendomi riflettere. Era come se qualcuno lì, in quel momento, ci stesse dando la giusta dose di coraggio che ci serviva per andare avanti. Come se qualcuno ci stesse incitando, sussurrandoci che tutto sarebbe andato bene, che saremmo stati felici molto più di quanto già non eravamo.
Magari lo spirito di un amico di vecchia data che non c'era più. 
 

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Capitolo 48
*** Tutto non potrebbe andare meglio! ***


- Il bambino non scalcia a comando, Matt -, lo avvertii io, visto che ormai teneva le mani posate sulla mia pancia da un quarto d'ora.
Tutti si misero a ridere immediatamente, mentre lui continuava a rimanere concentrato. - Voglio essere il primo a sentirlo.. -, ribatté.
- La prima sono stata io, veramente -, lo corressi.
- E io sono stato il secondo -, continuò Brian, seduto accanto a me sul divano, ridacchiando.
- Va bene, allora sarò il terzo! -, sbottò.
- E io la quarta! -, gli andò dietro Val, con gli occhi lucidi dall'emozione.
Sorrisi ad entrambi, posando poi di nuovo il viso sulla spalla di Brian, mentre tutti intorno a me non facevano altro che coccolare il mio quasi pancione.
- Io sono sempre più convinta che nascerà una bella femmina -, osservò Lacey, stretta a Johnny. 
- Penso anch'io.. -, concordò Gena, - Però anche un bel maschietto non sarebbe male, insomma...vi immaginate.. -, provò a dire.
- Un piccolo Brian? -, continuò Zack al posto suo, scuotendo poi il capo, - Si, io riesco ad immaginarmelo e sarebbe tutto tranne che un bravo bimbo -, aggiunge, puntando lo sguardo verso Brian, che gli lanciò, ovviamente, un'occhiataccia coi fiocchi. 
- Senti, io ero un bambino tranquillissimo -, ribatté lui.
- Si, quando dormivi -, replicò Matt, facendo ridere sia me che Valary, soprattutto perché, nonostante tutto, continuava a tenere entrambe le mani sulla mia pancia, fissandola con aria attenta.
- Certo che siete proprio degli stronzi! -, sbottò lui, facendo l'offeso. 
- Hey shh shh shhh.. -, li ammonii io, dato che avevo appena sentito qualcosa. Valary si protese subito, posando una mano sulla pancia e rimanendo in attesa, proprio come il marito. 
Ci fu un attimo di silenzio, poi lo sentii chiaramente scalciare, provando di nuovo la stessa emozione della prima volta.
Loro, invece, rimasero interdetti, fermi per un lungo momento prima di alzare lo sguardo. - L'ho sentito.. -, disse Matt.
- Sì, anche io.. -, concordò Val.
- Hey, lo vogliamo sentire anche noi! -, borbottarono Johnny e gli altri, avvicinandosi a noi e spingendo praticamente via sia Matt che Valary.
Loro gli lasciarono il posto senza ribattere, alzandosi dal loro posto e guardando per tutto il tempo sia me che Brian con un sorriso totalmente raddolcito sulle labbra. Si vedeva che erano felici per noi e gli volevo ancor più bene per questo.
- Dovrete aspettare il vostro turno ora, non so se scalcerà di nuovo né tra quanto -, li avvertii, ma loro non si buttarono giù, anzi, rimasero li fermi ad aspettare finché il piccolo non si mosse di nuovo.
Alla fine tutti quanti lo sentirono scalciare almeno una volta e Gena rischiò davvero di scoppiare a piangere, proprio come avevo fatto io con Brian.
- Quindi, la nascita è prevista per Aprile, giusto? -, chiese Lacey, incuriosita.
- Si, il mese è Aprile, ma per il giorno dobbiamo aspettare ancora un bel po' di tempo, contando che non sappiamo neanche ancora il sesso -, risposi. 
- Io preferirei una nipotina, appuntatevelo -, disse Matt. 
- Io no, un maschietto sarebbe molto più carino -, ribatté Johnny.
- E per i nomi? Avete già pensato a qualcosa? -, domandò Gena, una volta che si fu ripresa.
Per la prima volta, dall'inizio di quella conversazione, io e Brian ci guardammo, visto che non avevamo ancora neanche lontanamente toccato quell'argomento. - No, in realtà no.. -, rispose lui.
- Già, penso che aspetteremo un altro po', magari cominceremo a pensare a qualche preferenza.. -, continuai io.
- Beh su, qualcosa in generale? -, domandò Zack, - Tipo, se fosse una femmina a te che nome piacerebbe, eh Amy? -, mi chiese.
- Ahm.. -, biascicai, cominciando a pensarci e arrivando velocemente ad una conclusione, - Mi..mi piacerebbe il nome Caroline, per una femmina... -, ammisi subito dopo.
- A te, Brian? -, chiese anche a lui.
- Caroline non mi dispiacerebbe, ma anche Pheobe, è un nome che mi è sempre piaciuto.. -, rispose.
- Okay, e per un maschio invece? -, chiese, rivolto sempre prima a me.
- James -, dicemmo alla fine in coro, sia io che lui, scambiandoci poi un'occhiata divertita, - Sì, se è maschio il nome sarà James, questo è sicuro -, aggiunsi io, voltandomi verso gli altri e vedendo che tutti stavano sorridendo teneramente a causa di quella nostra ammissione.
Era ovvio che, se fosse nato un maschio, l'avremmo chiamato come lui, era il nostro modo di onorare la sua memoria, insieme a molte altre cose, ovviamente. 
Posai nuovamente il viso sulla spalla di lui, sentendo poco dopo il bambino scalciare ancora e facendo in tempo a prendere la mano di Brian per farlo sentire di nuovo anche a lui: sorrise come al solito, allungandosi poi a baciandomi velocemente, prima di tornare a rivolgersi agli altri. 
Cenarono con noi, restando poi ulteriormente a chiacchierare mentre bevevamo la cioccolata calda che io e le altre avevamo preparato, stranamente più buona del solito. - Il segreto sta nel mescolarla continuamente mentre è sul fuoco -, mi disse Gena, mentre bevevamo.
- Me lo appunterò -, promisi, sorridendo e riprendendo ad ascoltare le chiacchiere più o meno senza senso degli altri. 
 
***
 
- E' stato un bel pomeriggio, no? -, mi domandò Brian, mentre entravamo in camera nostra.
Sorrisi lateralmente. - Si, lo è stato, soprattutto quando ti hanno preso in giro -, dissi, guardandolo e ridacchiando.
- Ah ah ah -, disse lui, - Certo che vi divertite proprio a prendermi per il culo -, si lamentò, sfilandosi la maglia e allungandosi a prendere quella che metteva per dormire.
- Ti vogliamo bene -, mi giustificai.
- Tu mi vuoi solo bene? -, domandò, avvicinandosi lentamente.
- Si -, ammisi, provando a rimanere seria, - Perché, pensavi altro? -, gli chiesi, sorridendo.
- Si, per un momento si, ma forse mi sono sbagliato -, continuò, ormai ad un soffio dalle mie labbra.
Sorrisi un'ultima volta, prima di allungarmi verso di lui e di posare le mie labbra sulle sue, baciandolo così con infinita dolcezza. La sua mano sulla mia schiena mi fece rabbrividire come sempre, mentre ricambiava quel mio bacio, mordendomi lievemente il labbro inferiore. - Così va decisamente meglio -, esordì. 
- Ne sono felice -, replicai, prendendo poi la sua mano e stringendola nella mia, - Sai...vorrei tornare all'asilo, è da molto che non mi presento e Clare non terrà quel posto libero per me ancora a lungo -, aggiunsi, parlandogli per la prima volta di quella cosa da quando avevo ricominciato a pensarci.
- Allora domani ci andiamo, se ti va -, propose.
- Davvero? -, chiesi conferma, sorridendo ampiamente.
- Certo -, rispose, come se la cosa fosse ovvia, sfoggiando poi uno dei suoi migliori sorrisi che mi fecero sentire chiaramente le farfalle nello stomaco. Come la prima volta.
Senza un vero motivo, mi ritrovai di nuovo ad abbracciarlo, forse un po' anche per nascondere le guance che si erano arrossate. - Non vedo l'ora -, ammisi.
- I bambini saranno sicuramente felici di vederti -, osservò, mentre mi stringeva, - Soprattutto il piccolo Parker -, aggiunse, sorprendendomi.
- Te ne ricordi? -, gli chiesi allora, allontanandomi da lui per guardarlo in viso.
Lui annuì. - Certo che me ne ricordo, ricordo il suo sguardo curioso mentre gli mostravo i miei tatuaggi -, disse, sorridendo, andando poi a scoprire il letto mentre io mi avvicinavo al cassettone dove tenevo la mia roba, tirando fuori un paio di pantaloni che ormai non mettevo più per uscire e una maglietta sbrillentata da tempo.
- Si, lo ricordo anche io, era molto preso -, concordai, mentre iniziavo a spogliarmi per infilarmi velocemente nel mio pigiama.
- ..e ricordo anche la madre leggermente isterica -, aggiunse, facendomi scoppiare a ridere involontariamente, mentre mi invitava a raggiungerlo nel letto dove si era già steso.
Cercai di darmi un contegno, infilando alla fine i miei pantaloni, visto che alla maglietta ci avevo già pensato e andandogli poi semplicemente incontro, sistemandomi con lui sotto le coperte pesanti.
Il suo braccio mi circondò prontamente le spalle, facendo in modo che mi accoccolassi su di lui nel miglior modo possibile. - Questo è sempre bello -, sussurrai, rompendo il silenzio che si era formato tra di noi.
- Cosa? -, domandò lui.
- Quando mi abbracci, quando mi stringe a te in generale -, risposi, - A volte penso che essere coccolate per tutta la notte dall'uomo che si ama sia meglio che fare l'amore in se.. -, ammisi, anche se con una punta di imbarazzo.
- Sono cose che ti fanno sentire protetta, ecco perché a volte sono più belle -, commentò lui, - Io sono del parere che entrambe sono belle a modo loro -, aggiunse.
- Si, anche io -, concordai, - E è vero che non mi uccidi se ti dico che ora preferirei di gran lunga che tu mi abbracciassi e basta, vero? -, chiesi, sollevando lo sguardo verso di lui.
Lui rise appena. - Parli come se ti costringessi a fare l'amore con me! -, disse.
- No, non intendevo questo - , mi sbrigai a ribattere, andando subito dopo a stendermi sul suo petto, - Stavo solo scherzando -, dissi anche.
- Ecco, anche perché di recente sei sempre tu a stuzzicarmi e/o a spingermi verso il letto.. -, ribatté, facendomi ridere.
- O verso il divano -, aggiunsi.
- O verso il tavolo della cucina -, fece lui.
- Anche verso il tappeto, volendo -, continuai.
- Perché stiamo elencando tutti i posti dove l'abbiamo fatto? -, domandò, ridacchiando.
- Non lo so, hai iniziato tu -, mi giustificai.
- Okay, è vero, ma è anche vero che la lista è davvero molto lunga -, mi fece osservare.
- In effetti, la chiudiamo qui? -, chiesi.
- Si, la chiudiamo qui -, acconsentì, dandomi un bacio sulla fronte.
Sorrisi, rimanendo poi un attimo in silenzio, prima di aggiungere. - Però c'era anche il corridoio, l'avevo dimenticato..e anche la doccia! -.
- Non l'avevamo chiusa? -, domandò, divertito comunque dalla cosa.
- Si okay, erano gli ultimi posti -, dissi, tornando poi al mio posto, stesa accanto a lui, con una mano sul suo petto mentre sorridevo lateralmente. 
- Ultimi.. -, ripeté lui, facendomi osservare praticamente di nuovo che la lista era davvero lunga.
Ridacchiai appena. - Allora, domani sveglia presto? -, gli domandai.
- Si, ci penso io a svegliarti, sono più bravo di te in queste cose - mi disse, - ..e poi sono anche più abituato -, aggiunse.
- Già, è vero -, concordai, poco prima di crollare a dormire.
 
***
 
- Si, io sono decisamente più bravo -, fu la prima cosa che mi disse, non appena fui abbastanza sveglia da recepire quel messaggio.
- Mh.. -, mugugnai, acconsentendo anche in un modo incomprensibile. Poco dopo, finalmente, riuscii a trovare la forza di sollevarmi a sedere, scendendo poi dal letto. - Okay, ci sono.. -, biascicai.
- Buongiorno -, disse, mentre io mi strofinavo gli occhi, ancora con aria stanca.
- Giorno.. -, risposi, sollevando il viso e venendo colta di sorpresa da un suo bacio, che mi fece sorridere subito, - E che buongiorno -, aggiunsi, posando una mano sul suo petto e guardandolo ancora negli occhi. 
- Ti è piaciuto? -, chiese.
- Certo, e mi piacerà anche la doccia che sto per andare a farmi -, dissi.
Rise. - Io vado a preparare la colazione, ti aspetto di sotto -, fece, rubandomi un altro bacio prima di fare per uscire dalla stanza, visto che lui si era già vestito. Mi domandavo da quanto fosse già sveglio. 
Mi passai distrattamente una mano tra i capelli ricci, andando poi verso il bagno e chiudendomi dentro. Mi spogliai velocemente, soffermandomi come al solito a guardare la mia pancia che ormai aveva preso a crescere sempre di più. La osservai riflessa nello specchio per un po', prima di finire di togliermi i vestiti e di infilarmi nella cabina, iniziando la mia rilassante doccia delle 07.40.
Mi passai più volte le mani sul viso, mentre il getto di acqua calda mi aiutava a svegliarmi sempre di più, finché non smisi addirittura di sbadigliare, cosa strabiliante. Mi insaponai subito dopo i capelli, e così anche il corpo, sciacquandomi con la stessa velocità di poco prima e uscendo neanche 10 minuti dopo, battendo ogni mio record.
Mi avvolsi nell'accappatoio e cominciai subito ad asciugare i miei capelli lunghi e spicciati a dovere: quando finii, ormai anche il mio corpo era asciutto, quindi non mi restava altro che vestirmi. In risposta a quel pensiero, uscii di nuovo dal bagno e andai verso il cassettone, da dove tirai fuori tutto l'occorrente: prima l'intimo e poi un paio di jeans a vita bassa con un maglione verde. 
Non appena fui pronta, andai al piano di sotto, dove Brian aveva già preparato il caffé. - Wow, hai fatto piuttosto in fretta -, osservò, porgendomi poi una tazza.
- Vero? Miglioro ogni giorno di più -, dissi, - Grazie -, sussurrai poi, prendendo la tazza tra le mani e cominciando a bere. Il caffé era molto caldo, ma non importava. 
Mentre bevevo, però, improvvisamente mi sentii strana e per fortuna capii subito che dovevo vomitare: lasciai allora la tazza sul tavolo, correndo poi verso il bagno, dove mi sentii male, per fortuna senza sporcare a terra o da altre parti. 
- Amy! -, mi chiamò lui preoccupato, raggiungendomi sulla soglia del bagno, - Hey amore.. -, continuò, avvicinandomi piano e inginocchiandosi accanto a me. 
- Nausee mattutine.. -, gli spiegai, - Credo che sia stata colpa del caffé.. -, aggiunsi, lasciandomi poi aiutare da lui mentre mi alzavo da terra, raggiungendo il lavandino, dove mi sarei lavata di nuovo i denti. 
- Le nausee, giusto.. -, disse, mentre mettevo il dentifricio sullo spazzolino, iniziando a lavarmi i denti, - Vuoi mangiare qualcosa o preferisci di no? -, mi domandò.
- Mh mh.. -, dissi, scuotendo il capo e sputando poi nel lavandino, sentendo finalmente di nuovo il sapore della mente in bocca, che non mi diede nessun fastidio, per fortuna, - No, sto bene così, poi ho paura di vomitare tutto -, dissi, raggiungendolo poi di nuovo.
- Va bene, come vuoi -, acconsentì, mentre tornavamo insieme in salone, dove prendemmo le ultime cose prima di uscire di casa.
- Ora so cosa odierò da morire in questa gravidanza -, ammisi, quando ormai eravamo già in macchina, mentre mi mettevo la cintura di sicurezza. 
- Chi non le odia.. -, disse lui, partendo subito dopo, - Mia madre le detestava mentre era incinta di Mckenna.. -, aggiunse.
- Si, me lo ricordo -, ammisi, ridendo, cominciando poi a giocare con le mie stesse mani, segno che ero nervosa.
Lui lo notò immediatamente, ormai notava sempre quando ero nervosa, o spaventata. Mi conosceva meglio di chiunque altro, e ci era riuscito in poco tempo. - Nervosa? -, mi chiese, anche se la cosa era ovvia.
- Un pochino...ho paura che Clare si arrabbi con me.. -, dissi.
- Perché dovrebbe? -.
- Perché...perché non mi presento all'asilo da un sacco di tempo, non posso arrivare di punto in bianco e chiederle se c'è ancora posto per me, forse non è stata una buona idea.. -, balbettai.
- Quei bambini ti adorano, Amy, l'ho visto con i miei occhi e anche se non ci fosse quel posto, te ne troverebbero un altro, li convincerebbero, anche perché sono sicuro che appena ti vedranno ti correranno tutti incontro -, sussurrò, voltandosi a sorridermi, dato che avevamo incontrato il primo semaforo rosso.
Presi un respiro profondo, decidendo che poteva avere ragione, poco prima di annuire. - Si..forse hai ragione -, dissi, smettendo definitivamente di farmi i complessi mentali.
Cercai di non pensare a quella possibilità per tutto il tragitto, cambiando argomento e parlando con lui di tutt' altro, mentre ormai avevamo raggiunto la struttura. Erano passati dei mesi, era vero, ma me la ricordavo ancora benissimo e, quando arrivammo, i bambini avevano quasi finito di entrare dentro, accompagnati dai loro genitori. 
Scendemmo entrambi dalla macchina, incamminandoci verso l'entrata: lui aprì la porta e fece passare prima me, poi mi seguì, nello stesso momento in cui la bidella alzò lo sguardo verso di me, riconoscendomi. - Oh, Amy, che bello rivederti qui! -, dissi, uscendo dalla sua postazione per abbracciarmi.
Ricambiai quell'abbraccio, guardando Brian che mi sorrideva incoraggiante. - Grazie, è bello essere di nuovo qui -, ammisi.
- Torni a lavorare qui? -, mi chiese, notando poi la mia pancia, - Hey..un momento -, disse, bloccandosi e guardandomi con gli occhi spalancati, - Ma tu sei.. -, cominciò, lasciando a metà la frase.
- Sì -, risposi, - Sono incinta -, chiarii, ricevendo un altro abbraccio.
- Oddio, ma è una cosa favolosa! -, commentò.
- Grazie, Doris -, sussurrai, allontanandomi poi da lei, guardandola mentre si voltava verso Brian, ancora dietro di noi.
- E lui è il padre? -, mi chiesi.
Annuii.
- Brian -, disse lui, allungando la mano per presentarsi.
- Piacere Brian, io sono Doris.. -, disse lei, lasciando poi di nuovo la mano lungo il fianco e rivolgendosi a me, sottovoce, - E' carino -, commentò, ma lui la sentì lo stesso.
- Si, lo so.. -, sussurrai, - Sai dirmi dov'è Clare? -, le chiesi subito dopo, seguendola mentre raggiungeva di nuovo la sua cattedra.
- Sì, è nella classe che tenevi tu, non oso immaginare quanti strilli ci saranno non appena ti vedranno -, disse anche lei.
Sorrisi ampiamente. - Vedremo.. -, sussurrai, prendendo poi Brian per mano per andare verso la classe, che oggi aveva la porta chiusa. Non appena fui davanti ebbi un attimo di esitazione, ma alla fine bussai ugualmente, spinta anche da Brian, che aveva stretto ancora meglio la mia mano.
Sentii chiaramente la voce di Clare, che ci invitò con il solito "Avanti", prima che aprissi del tutto la porta.
Non appena mi vide sorrise, mentre tutti i bambini si giravano a guardarmi. - Buongiorno.. -, feci io, fermandomi sulla soglia della classe.
- Amy, ciao! -, mi salutò lei, correndomi praticamente incontro per abbracciarmi.
Ricambiai il secondo abbraccio di quella mattinata, sentendo poco dopo i bambini cominciare a gridare il mio nome, proprio come aveva detto Doris. - Hey, c'è qualcosa che devi dirmi? -, mi domandò subito dopo Clare, guardando prima me in viso e poi la mia pancia.
Io sorrisi ampiamente. - Sorpresa -, dissi solamente, facendola sclerare talmente tanto che mi abbracciò di nuovo, - Oddio, sei incinta! Ma di quanto? -, chiese immediatamente.
- Quattro mesi, ma per tre di questi quattro non sono stata qui ad Huntington -, le spiegai.
- Oh, l'hai scoperto ad Atlanta? -.
Annuii. - Esatto, e sono venuta oggi per scusarmi del fatto che non mi sono più fatta vedere, mi dispiace.. -, sussurrai.
- Figurati, il posto è sempre li che ti aspetta, visto che a quanto pare i bambini rivogliono te a tutti i costi -, m'informò.
Istintivamente, mi voltai a guardare Brian, sorridendogli come per dirgli "Avevi ragione". E quando mai lui non ce l'aveva: ma era meglio non dirglielo, o si sarebbe montato la testa come sempre.
Sorrisi di quel pensiero, poi tornai a rivolgermi a Clare. - A proposito dei bambini.. -, dissi, salutandoli tutti quanti e individuando velocemente Parker, che fu il primo a raggiungermi, abbracciandomi forte.
- Perché non sei più venuta? -, mi domandò.
Lo guardai teneramente, inginocchiandomi poi fino alla sua altezza. - Ho avuto un sacco di cose da fare, ma ora sono di nuovo qui, sei contento? -, gli chiesi, scompigliandogli appena i capelli.
Lui sorrise, lasciandomi fare e annuendo con vigore. - Sì, certo! -, rispose, alzando poi lo sguardo verso Brian, agitando la mano in sua direzione, - Ciao..ehm.. -, provò a dire, ma evidentemente non si ricordava il nome.
- Brian.. -, gli sussurrai all'orecchio.
- Ciao Brian! -, si affrettò a dire, salutandolo e facendolo ridere.
- Ciao Parker -, rispose lui, agitando a sua volta la mano e infilandola poi di nuovo in tasca.
- Quindi sei tornata? -, mi chiese Zack.
- Se Clare acconsente, sì, sono tornata -, spiegai a tutti loro, che, nel giro di qualche secondo, si erano avvicinati a lei, accerchiandola completamente e pregandole di dire di sì, in una maniera talmente dolce che quasi mi venne da piangere.
Si levò un coro di "Ti prego" che ci fece ridere tutti e tre, prima che lei esordisse dicendo: - Va bene, va bene -, rivolgendosi poi a me, - Amy, puoi tornare, ovviamente finché te la senti -, mi disse.
- Grazie Clare, davvero, da domani sarò di nuovo qui, puntuale come sempre! -, le promisi.
- D'accordo, allora ci vediamo domani? -, mi domandò.
Io sorrisi ampiamente. - Ci vediamo domandi -, ripetei, - E anche con voi bambini, va bene? -.
La stragrande maggioranza annuì, salutandomi subito dopo; raggiunsi nuovamente Brian, che mi prese di nuovo per mano, conducendomi verso l'uscita.
Non appena fummo fuori, gli saltai praticamente in braccio, gettandogli le braccia al collo, perché ora la mia vita non poteva che andare meglio: avevo accanto a me un uomo che mi amava, proprio come io amavo lui, ero incinta e avrei avuto un bambino con lui e ora Clare aveva accettato di riprendermi con lei.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, finalmente tutti filava liscio. 

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Capitolo 49
*** Novità. ***


- La visita andrà alla grande, amore, te lo assicuro.. -, mi disse Brian, mentre ci dirigevamo in macchina verso l'ospedale di Huntington.
- Sarà, ma io ho l'ansia ugualmente -, ammisi, portando entrambe le mani sulla mia pancia. Pancione, ormai. 
Voltai lo sguardo fuori dal finestrino, guardando per l'ennesima volta gli addobbi di Natale che ricoprivano completamente le strade ormai da un po' di giorni. 
- Passerà, e poi..hai parlato con la dottoressa, no? -, chiese.
Mi voltai nuovamente a guardarlo, continuando a tenere le mani sul pancione. - Si, ci ho parlato, infatti dovrei essere più tranquilla ma.. -, comincia.
- ..ma non lo sei -, continuò lui al posto mio, mentre entrava nel grande parcheggio dell'ospedale.
Rimasi un attimo in silenzio, mordendomi lievemente il labbro inferiore, slacciando subito dopo la mia cintura di sicurezza. - Okay, basta su, andiamo prima che io diventi di nuovo codarda -, lo incitai, aprendo allora la portiera e scendendo dalla macchina.
Lui mi seguì, ridendo, mettendo gli occhi da sole e tendendomi la mano, invitandomi a stringerla: lo feci senza pensarci due volte, mentre ci dirigevamo verso l'entrata del grande ospedale di Huntington. 
Continuavo a respirare profondamente, anche dopo che lui mi aveva aperto la porta, facendomi così entrare prima di lui nel locale caldo ed accogliente che brulicava di persone.
Strinsi la sua mano fino all'ultimo, riluttante all'idea di lasciarla, mentre lui si rivolgeva alla ragazza alla reception con gentilezza. - Cerchiamo la dottoressa Adams, ginecologa, saprebbe aiutarci? -, le chiese. 
Teneva il capo chino, quindi non sapeva neanche chi aveva davanti: per questo, evidentemente, quando guardò in viso Brian rimase per un momento senza parole. - Ahm.. -, biascicò, cercando di formulare una risposta adeguata, - La dottoressa Adams sarà qui a momenti, sta..visitando un'altra paziente -, disse alla fine, indicando vagamente la porta a spinta a qualche passo da noi così come dalla reception. 
- D'accordo, allora aspetteremo il nostro turno -, intervenni io, sorridendo, ma lei neanche mi considerò più di tanto. Continuava a fissare quello che era a tutti gli effetti il mio ragazzo. 
- Già, grazie comunque per l'aiuto -, disse lui, trascinandomi poi con se verso una delle tante sedie che si trovavano nella sala d'aspetto.
- Quella ragazza ti sta praticamente mangiando con gli occhi -, sussurrai, una volta lontani dal bancone.
- Sarà perché oggi sono più sexy del solito -, disse, facendomi ridere immediatamente. 
- Purtroppo per te, tu sei praticamente sempre sexy -, lo corressi.
- Hey, grazie -, sussurrò, ridendo a sua volta, pochi istanti prima che davanti a noi comparisse una signora sui 30, 35 massimo.
- Buongiorno, voi dovete essere Brian e Amy, giusto? -, ci chiese.
Annuimmo. - Si, siamo noi, lei è la dottoressa Adams? -, chiesi io, mentre mi alzavo insieme a lui.
- In persona -, rispose, portandosi poi la cartella che teneva in mano in grembo, - Ci siamo anche sentite per telefono -. 
- Si, è un vero piacere avere lei come dottoressa, ho saputo che è la migliore in questo ospedale -, continuai.
- Così dicono -, disse lei, scuotendo impercettibilmente il capo, - Ora seguitemi, così possiamo fare l'ecografia -, aggiunse, facendoci un cenno prima di cominciare a camminare da dove era venuta poco prima. 
- Morfologica, giusto? -, chiese Brian, mentre camminava al mio fianco, con una mano posata saldamente sulla mia schiena.
- Si, così vedremo le condizioni del bambino o della bambina, oggi sapremo anche il sesso -, ci ricordò.
Non appena pronunciò quelle parole, smisi per un momento di respirare, eccitata da quella prospettiva. Sia io che Brian non vedevamo l'ora di sapere il sesso del bambino, anche perché non avevamo mai amato molto le sorprese, né io né tanto meno lui.
- Si, è vero.. -, sussurrai, stringendomi ancora di più a lui mentre raggiungevamo finalmente la stanza dove c'era tutto l'occorrente per fare un'ecografia con i fiocchi. Mi tolsi subito il giaccone, rimanendo con indosso solo il mio maglione pesante, visto che le temperature si erano leggermente abbassate di recente. 
- Bene, stenditi pure sul lettino e tira su il maglione -, mi disse e io ubbidii, prima sedendomi e poi sdraiandomi del tutto.
Brian fu subito accanto a me, prendendo la mia mano mentre anche la dottoressa Adams ci raggiungeva. Mi tirai su il maglione prima che me lo ripetesse, rabbrividendo poi quando mi spalmò sulla pelle il gel per fare l'ecografia. Fu allora che venni presa di nuovo dall'ansia e fu sempre allora che lui mi posò un bacio sulla fronte, facendomi sorridere e tranquillizzandomi, in qualche strano modo.
- Bene, si comincia.. -, ci avvertì la dottoressa, cominciando a muovere sulla pancia e così anche su quel gel freddo, la sonda, che ci permise di vedere sullo schermo il feto: come avevo immaginato, mi venne subito da piangere e andai istintivamente a cercare la mano di Brian, che trovò in fretta la mia, stringendola come non aveva mai fatto prima. Sollevai lo sguardo per guardarlo, ma lui era totalmente concentrato sullo schermo, con gli occhi quasi completamente lucidi. 
- Allora.. -, fece improvvisamente la dottoressa, facendomi voltare di nuovo, - Posso dirvi con certezza che sta più che bene, gli organi si sono formati tutti alla perfezione, da quello che posso vedere -, aggiunse, facendoci tirare un sospiro di sollievo. 
- E..e per il sesso? -, domandò lui, cercando di darsi un contegno. 
- Oh, io lo so, ora dovete dirmi voi se volete saperlo o meno -, gli rispose, sorridendo ad entrambi.
Questa volta, quando mi voltai, il suo sguardo era puntato sul mio. - Si, vogliamo saperlo -, disse alla fine.
- Amy? -, mi interpellò lei.
Voltai così di nuovo il viso. - Si, voglio saperlo anch'io -, feci, stringendogli per l'ennesima volta la mano, in ansia di sapere cosa avremmo avuto.
- Bene, allora sono felice di comunicarvi che.. -, cominciò, lasciando la frase in sospeso, facendoci attendere maggiormente apposta, - ..avrete una bella bambina -, aggiunse poco dopo, sorridendo ampiamente e riuscendo alla fine a farmi piangere sul serio.
- Una bambina.. -, ripetei, mentre le lacrime mi rigavano le guance, facendomi portare una mano davanti alla bocca, riprendendo a guardare lo schermo, di nuovo.
- Esatto, una bambina in ottima forma -, ripeté, - Avete idee sul nome? -, ci chiese subito dopo, sfilandosi i guanti di lattice e passandomi due o tre fazzoletti per pulirmi dal gel. 
Mi asciugai in fretta le lacrime, allungandomi poi a prenderli e cominciando a togliere il gel dalla pancia, così da poter tirare di nuovo già il maglione.
- Mhh...in realtà sì, siamo indecisi tra due nomi, a questo punto -, intervenni io, scendendo piano dal lettino.
- Oh, posso sapere quali? -, chiese.
- Caroline e Pheobe -, rispose Brian al posto mio, circondami la schiena con un braccio, dal momento che avevo lasciato la presa dalla sua mano.
- Mh, io voto per Caroline -, disse la dottoressa, facendoci ridere entrambi.
- Beh, hai vinto -, mi sussurrò lui, sorridendo ampiamente.
- Glielo metteremo solo se piace anche a te -, precisai.
- A me va benissimo -, ribatté, guardandomi con il suo classico sguardo alla "Preparati, sto per baciarti".
Ma la dottoressa Adams era ancora lì e, probabilmente, si stava già sentendo in imbarazzo a causa nostra. - La chiamerete Caroline allora -, ripeté.
- Sembrerebbe -, dissi, stringendomi nelle spalle, - E grazie ancora -, aggiunsi.
- Non c'è di che, è il mio lavoro...però ora dovete proprio scusarmi, ho oltre 5 visite, dopo di voi.. -, ci avvertì, allungandosi poi a prendere la foto dell'ecografia che aveva messo a stampare non appena avevamo finito. La guardò per qualche secondo e poi me la porse.
La presi subito, emozionata come la prima volta. - Si, non si preoccupi, togliamo immediatamente il disturbo -, dissi.
Ci sorrise. - Ci vediamo il prossimo mese per l'ecografia di controllo e mi raccomando: niente stress né sforzi inutili, chiaro? -, disse, rivolta unicamente a me.
- Ci penserò io a questo, la terrò lontana sia da stress che da sforzi inutili -, disse lui, precedendomi. 
Posai il viso sulla sua spalla. - Faremo tutto quello che ha consigliato -, le promisi, mentre ci avvicinavamo alla porta d'ingresso, - Arrivederci -, aggiunsi.
- Arrivederci -, disse anche lui.
Lei ci fece un ultimo cenno di saluto con la mano, prima che chiudessimo del tutto la porta. Non appena fummo fuori, mi lasciai andare nuovamente tra le sue braccia, stringendo intanto tra le dita la piccola fotografia. - E' una bambina...avremmo una bambina, ti rendi conto? -, gli chiesi, con il viso posato sulla sua spalla.
Lui rise a bassa voce. - Sì, ora vedrai come la vizieranno per bene gli altri -, disse.
- In effetti, la riempiranno sicuramente di attenzioni -, concordai, sciogliendo poi quell'abbraccio e guardandolo dritto negli occhi, - Sbaglio o prima avevi intenzione di baciarmi? -, gli domandai.
- Ho ancora intenzione di baciarti -, mi corresse.
- Allora che aspetti? -, domandai, sorridendo maliziosa mentre si chinava su di me, posando le labbra sulle mie con delicatezza, solamente per poi trascinarmi in un bacio colmo di passione, sia da parte sua che da parte mia.
Dovetti alzarmi in punto di piedi, come al solito, ma almeno riuscii a circondargli per bene il collo con entrambe le braccia, guardandolo come se fosse la persona più bella che avessi mai visto.
E beh..per me lo era.
- Su, andiamo a casa -, mi incitò, dandomi un altro fugace bacio prima di afferrare saldamente la mia mano e di dirigersi a passo spedito verso l'uscita.
Passammo di nuovo davanti alla reception e io non persi l'occasione per lanciare un'occhiataccia alla ragazza di poco prima, senza farmi vedere da Brian.
Lui era mio.
 
***
 
Erano passate ore, ormai, da quanto avevamo fatto ritorno a casa: nel frattempo, avevamo acceso il camino e, con esso, avevamo cominciato a tirare fuori tutto l'occorrente per fare l'albero di Natale, anche perché eravamo in ritardo di un paio di giorni.
Brian si era offerto di montare l'albero, proibendomi di muovermi da divano finché non avesse finito: aveva preso le parole della dottoressa Adams molto alla lettera e la cosa mi faceva venire le farfalle nello stomaco.
- Posso almeno addobbarlo? Mi sento inutile a stare qui seduta con le mani in mano -, lo pregai.
- Si, addobbarlo sì -, acconsentì.
Sorrisi, alzandomi poi piano dal divano. - Grazie, almeno questo -, dissi, andando a mettermi davanti all'albero spoglio.
Pochi secondi dopo cominciò a passarmi ad una ad una le varie palline, che io attaccavo con cura particolare dovunque trovassi spazio. Mi era sempre piaciuto fare l'albero di natale, soprattutto perché mi ricordava in maniera particolare la mia infanzia, insieme ai miei genitori.
Io e mia madre lo facevamo sempre insieme, mentre mio padre e mia sorella preparavano la cioccolata calda in cucina: era una sorta di rito che facevamo ogni anno tutti insieme. E dio se mi mancava.
Eravamo la classica famigliola felice, quella che non ha mai problemi né litigi gravi, o così apparivamo agli occhi degli altri: però solamente noi sapevamo bene che cosa stava succedendo tra di noi, solo noi sapevamo di tutte le spaccature che continuavano a formarsi.
Finché non arrivò quel giorno, il giorno in cui morirono. Non ricordavo molto, perché ero solo una bambina...ma un immagine non riuscirò mai a togliermela dalla testa, ovvero quella di mio padre che impugnava il coltello. Era successo tutto nel giro di pochi secondi, talmente pochi che non ero riuscita a rendermi conto di quello che avevo davanti. 
- Amy...che c'è? -, mi domandò Brian, notandomi imbambolata. 
Ci misi un po' a reagire, voltandomi e decidendo di scacciare via quel pensiero, visto che in quel momento non volevo farmi buttare giù dal passato. - Si, scusa..stavo ripensando ad una cosa -, gli spiegai, restando sul vago. 
- Sicura di stare bene? -, mi domandò, chiaramente preoccupato.
- Si, sto bene -, risposi, sorridendo ampiamente per far si che dal suo viso sparisse qualsiasi segno di dubbio, - Su, abbiamo un albero da addobbare e in più tra un'oretta arrivano gli altri -, gli ricordai.
- Giusto, oh..alla cena si è aggiunta anche mia sorella, quindi abbiamo un'inbucata -, mi disse.
- Davvero? -, domandai, felice di quella prospettiva.
- Si, la passa a prendere Matt e la porta qui, dopo ci penserò io a riportarla a casa -, mi spiegò, passandomi poi l'ennesima pallina, che attaccai.
Lasciammo cadere quella conversazione poco dopo, finendo in breve tempo il nostro lavoro, finché non rimaneva nient'altro da fare se non mettere la stella sulla punta.
- Questo lo faccio io -, mi ammonì subito.
Anche se a malincuore, gliela passai e lui, alzandosi appena in punta di piedi, la mise al suo posto, completando definitivamente l'addobbo.
- Ecco, ora è perfetto -, dissi, mentre mi stringevo a lui.
Mi abbracciò subito, sorridendo mentre le fiamme scoppiettavano nel camino ancora ben acceso. - Si, abbiamo fatto davvero un ottimo lavoro -, osservò.
- Ora però ci tocca cucinare -, gli dissi.
- Oh, giusto, su, rimbocchiamoci le maniche -, disse, poco prima di incamminarsi verso la cucina con me dietro.
 
***
 
- Buonasera, bellissima neo mamma -, mi salutò Valary, abbracciandomi calorosamente.
- Sera a te -, risposi, invitandoli poi ad entrare tutti.
Brian era di nuovo alle prese con il camino, visto che aveva pensato bene di spegnersi qualche minuto prima che i nostri migliori amici arrivassero. 
- Come è andata la visita? -, mi chiese subito dopo Gena, elettrizzata.
-E' andata bene -, risposi, rivolta apertamente a tutti quanti, - Ora sappiamo anche il sesso -, aggiunsi. 
- IL SESSO, DAVVERO?! -, saltò su Mckenna, precipitandosi davanti a me.
La guardai, sorridendo dolcemente, ma Brian mi precedette, rispondendo prima che potessi farlo io. - Si, ora vi diciamo tutto, quindi mettetevi pure comodi -, li esortò e, in breve tempo, furono tutti seduti comodamente seduti sul divano, o comunque sul bracciolo. 
- Non ci fate attendere, su, sputate il rospo -, ci pregò Johnny, mentre io mi sedevo accanto a Brian, davanti a tutti.
- Okay, tanto per cominciare, la ginecologa ci ha detto che va tutto bene, gli organi si sono formati perfettamente e non sembra avere nessuno tipo di problema.. -, cominciò lui, lasciando poi la parola a me.
- Esatto, quindi non c'è niente di cui preoccuparsi -, concordai, guardandoli poi velocemente tutti quanti, Matt in particolare, che mi stava tipo implorando con lo sguardo di parlare, - Lei è sanissima -, aggiunsi.
- Lei, è una lei allora?! -, domandò Lacey, che fino a quel momento era rimasta zitta.
Annuii con vigore, sorridendo ampiamente.
- Una piccola Haner da coccolare! -, disse Gena.
- Avrò una nipotina! -, trillò Mckenna. 
- Oddio, oddio e come la chiamate? Avete scelto il nome? -, domandò Zack.
- E' vero, che nome?? Che nome le date? -, chiese Matt.
- Calmi, uno per volta -, se la rise Brian, cercando di farli zittire, - Si, abbiamo scelto il nome -, aggiunse poco dopo, circondandomi le spalle con un braccio.
Io feci lo stesso, però con la sua vita, stringendomi al suo fianco il più possibile. 
- E..? -, domandò questa volta Johnny.
Mi voltai a guardare in viso Brian e, dopo aver avuto un suo cenno d'assenso, dissi: - E abbiamo scelto Caroline, si chiamerà così -, risposi.
- Caroline è un bellissimo nome -, convenne Lacey, facendo un sorrisone a 32 denti. 
- Si, trovo anche io -, disse a sua volta Gena.
- E abbiamo la foto dell'ecografia, questo c'è da aggiungerlo -, disse Brian, facendomene ricordare improvvisamente.
- DATEMELA! -, disse subito Mckenna, alzandosi dal divano prima degli altri. 
Scoppiai a ridere immediatamente, davanti a quella sua impazienza: impazienza che l'aveva sempre contraddistinta. Era proprio sorella di Brian, su questo non c'era dubbio.
- Vado a prenderla -, si offrì Brian, dandomi un bacio sulla fronte prima di sparire su per le scale, fino al piano di sopra, in camera nostra.
- La prossima ecografia è il mese prossimo, vero? -, mi chiese Valary.
- Sì, e poi un'altra al nono -, risposi, vedendo poco dopo Brian saltare gli ultimi due gradini, raggiungendoci di nuovo con la foto in mano, ben stretta.
- Eccomi, e tu non aggredirmi -, disse, avvertendo Mckenna che si era già materializzata davanti a lui, additandola.
- ..okay -, acconsentì lei, tornando poi al suo posto accanto a Matt, dove lui l'abbracciò.
Anche Brian tornò al mio fianco, porgendo poi con cura l'ecografia a Zack, che era il primo della fila: la guardò per qualche secondo, con un perenne sorriso stampato sulle labbra, poi la passò agli altri che, man mano, la videro a turno. 
Erano tutti emozionati, lo vedevo bene e la cosa non poteva che farmi piacere; quando arrivò il turno di Mckenna per poco non scoppiò a piangere, come avevo fatto io durante la visita. - Non piango, promesso -, disse appunto, tirando immediatamente su col naso.
- Da quando sei diventata così ipersensibile? -, la prese in giro Brian, beccandosi un mio piccolo colpetto col gomito sulle costole.
- Au.. -, si lamentò sottovoce, poco prima che lei sollevasse lo sguardo, guardandolo male. 
- E' la prima ecografia della mia futura nipotina, cosa ti aspettavi? -, si lamentò.
- E' solo che è strano vederti così, non mangiarmi.. -, la pregò lui, facendomi sorridere insieme agli altri. Persino lei sorrideva.
- Ogni tanto ho i miei momenti -, spiegò, porgendomi poi di nuovo la foto.
- Puoi tenerla -, le dissi, bloccando ogni suo movimento.
- Davvero? -, domandò, sorridendo ampiamente.
- Si, ne ho un'altra di sopra -, spiegai, guardando poi gli altri, - Magari domani faccio le fotocopie per tutti -, aggiunsi, facendo alzare un coro di risate.
- ..quand'è che si mangia? -, chiese Johnny, non appena calò di nuovo il silenzio.
- Mi chiedevo perché questa domanda non fosse ancora uscita dalla tua bocca -, saltò su Matt, facendomi ridere ulteriormente.
- In effetti -, convennero gli altri in coro, mentre io mi alzavo. 
- Su, la tavola è già apparecchiata, ma c'è da portare da mangiare, quindi se avete fame, aiutate una povera donna incinta -, dissi, incamminandomi verso la cucina.
- Arrivo! -, disse Gena.
- Io pure! -, si aggiunge Valary.
- Arriviamo -, dissero Lacey e Mckenna dopo un momento, mentre mi raggiungevano tutte in cucina. Gli uomini, ovviamente, rimasero tutti tranquillamente seduti sul divano a poltrire.
- Voi, uomini -, li ammonii prontamente, additandoli uno per uno, - Fate in modo che il camino non si spenga, almeno quello -, dissi, dando poi le spalle a tutti quanti per andare a concentrarmi sulle portate da portare in sala da pranzo.
Nel giro di qualche minuto, apparecchiammo del tutto e quel banchetto era più che invitante. 
- A mangiare, bambini -, disse Valary, facendoci ridere tutte e tre. 
- Agli ordini, mamma -, ribatté Matt, mentre tutti quanti raggiungevano il grande tavolo. 
Ci sedemmo tutti ai nostri posti e notai subito che Mckenna teneva ancora in mano l'ecografia, che posò poco dopo accanto al suo piatto, come se avesse troppa paura di perdersela da un momento all'altro. 
Sorrisi lateralmente, dando poi il buon appetito a tutti e cominciando a mangiare insieme agli altri che, per fortuna, trovarono quella cena deliziosa.

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Capitolo 50
*** Questione di minuti. ***


Oddio, sono arrivata al 50esimo capitolo, sinceramente...neanche ci credo lskdlasl. Okay, dopo questo piccolo sclero, vi auguro buona lettura. c: 

Avevamo passato insieme ai nostri migliori amici sia il Natale, organizzando una grossa cena con tutti quanti, sia il capodanno, quest'ultimo a casa di Matt, stavolta. Ci eravamo divertiti come matti, o meglio...ci eravamo divertiti veramente da quanto Jimmy non c'era più.
E così, persino il mese di Dicembre era completamente passato, lasciando spazio al freddo Gennaio, che portava con se anche un nuovo, emozionante, anno. 
- Perché ti ostini a stare ancora sveglia? -, mi chiese Brian, facendo capolino in camera.
Continuavo a guardare l'orologio da polso che tenevo in mano, aspettando con pazienza che scattasse la mezzanotte. - Sto aspettando -, gli risposi. Ormai mancavano solamente tre minuti.
- ..per? -.
- Te lo dirò tra due minuti -, risposi e, detto questo, rimase in silenzio, sedendosi giusto sul letto accanto a me, finché i due minuti che rimanevano non passarono, facendo scoccare la mezzanotte, - Ecco, sono ufficialmente entrata nel sesto mese -, lo informai, voltandomi verso di lui con un ampio sorriso stampato sulle labbra. 
- Per questo stavi aspettando? -, chiese, chinandosi a dare un bacio al mio pancione ormai evidente. E non poco. 
- Esatto, mi piace fare così quando si tratta di cose importanti -, sussurrai, passando le dita tra i suoi capelli scompigliato e scuri.
- Non ci credo, io mi sono fermato che eri al terzo mese...e ora sei già al sesto, il tempo sta volando.. -, disse e nel suo tono notai una strana sfumatura: sembrava paura. 
- Spaventato? -, gli domandai, stendendomi poi meglio sul letto.
- Un po' -, ammise, anche se l'aveva già fatto in passato, prendendomi tra le sue braccia e coprendomi del tutto con la coperta.
- Lo sono anch'io, lo sai.. -, sussurrai.
- Ma tu sei sicuramente più preparata di me, stai a contatto con i bambini per delle ore -, mi fece osservare.
- Si, ma bambini dai 3 anni in su, non so come ci si comporta con i neonati, come non lo sai tu -, lo corressi, - Chiederò qualche consiglio a Clare non appena le vacanze finiranno, ovvero questo lunedì, lei ha già un bambino -, aggiunsi, sorridendo.
- Penso che sarà felice di aiutarti -, disse, sollevandosi e sistemandosi meglio sul letto.
- Già -, concordai, lasciandomi scappare una risatina, - Hey, il prossimo mese è anche il compleanno di Mckenna -, gli ricordai.
Lui si svegliò improvvisamente. - Oh, è vero, dobbiamo organizzarle qualcosa -. 
- Io direi una bella festa, possiamo organizzarla tutti insieme, a casa dei tuoi magari -, proposi.
- Si, perché no, questo 6 Febbraio dovrebbe venire di domenica poi -, disse.
Lo guardai per qualche secondo, poi mi allungai a prendere il mio cellulare sul comodino e andai velocemente nell'agenda, per constatare se aveva davvero ragione: e in effetti era così.
- Come hai fatto? -, gli domandai, un po' stupita.
- Me lo sono ricordato -, disse solamente.
- Beh, ritiro tutto sulla tua cattiva memoria -, dissi, spegnendo poi il cellulare e posandolo di nuovo al suo posto, poco prima di spegnere la bajour, lasciando accesa solamente la sua.
Mi sdraiai meglio comodamente al suo fianco, posando prontamente il viso sul suo petto rassicurante e caldo. - Te l'ho detto oggi che ti amo? -, gli domandai, sorridendo ampiamente e sbadigliando appena poco dopo.
Lui rise. - No, non me l'hai ancora detto -, rispose.
- Oh beh, okay, notte allora -, feci, socchiudendo gli occhi, sapendo bene come avrebbe reagito. 
- Notte? -, domandò, confuso, - No, hey, niente notte -, aggiunse, scuotendomi appena in modo che riaprissi gli occhi. 
Lo feci subito, sorridendo comunque. - Dimmi -, lo intimai, con un sorrisetto angelico stampato sulle labbra.
- Dillo subito, su -, mi ordinò praticamente e, vedendo che non parlavo ancora, cominciò a farmi il solletico sui fianchi.
Presi a ridere in maniera quasi incontrollata, mentre mi contorcevo per cercare di sfuggirgli. - No, hey... -, provai a protestare, ridendo ancora, - Okay..okay lo dico! -, aggiunsi, ridendo ancora sotto i baffi, felice che si fosse fermato, - Ti amo -, sussurrai alla fine, sorridendo ancora.
- Ti amo anch'io -, rispose, appena pochi attimi dopo.
Intrecciai ancora una volta le dita tra i suoi capelli, costringendolo in quel modo ad avvicinarsi a me il più possibile, finché non riuscii finalmente a sfiorare le sue labbra, dapprima con delicatezza, poi con sempre più voglia. Sorrise, facendomi sciogliere dentro come al solito, gettandosi poi praticamente su di me per baciarmi dolcemente. 
Le mie braccia andarono prontamente a circondargli il collo, mentre gli accarezzavo i capelli alla basa delle testa. 
Fu allora che sentii la bambina scalciare, con decisione, e la sentì anche lui, perché si allontanò e guardò prima me, e poi il mio pancione. - Sbaglio o..? -, domandò, lasciando incompleta quella frase.
- Non sbagli -, dissi subito, scuotendo il capo, - Penso che le faccia piacere quando mi baci -, supposi, sorridendo.
- Penso anche io -, concordò, chinandosi poi, - Eh piccola? E' così? -, chiese.
Scalciò ancora, facendo sorridere ampiamente entrambi. - E le piace anche la tua voce, misà -, osservai.
- Non vedo l'ora che nasca -, ammise ad un certo punto.
- Anch'io..non vedo l'ora di stringerla tra le braccia, e di coccolarla, e di baciarla.. -, sussurrai, - Devo solo superare tutti i dolori prima e dopo il parto -, aggiunsi, ridendoci su. 
- Andrà tutto bene -, mi rassicurò immediatamente, - Pensa solamente che poi potrai stringerla davvero -, aggiunse.
- Si, è vero...meglio che pensi solo a questo, altrimenti mi faccio prendere dal panico -, sussurrai. Come se la bambina mi avesse sentito, scalciò ancora una volta, facendomi sorridere ampiamente.
- Esatto, e neanche la bambina vuole che vai nel panico, a quanto pare -, disse.
- Scommetto che sarà una bambina molto intelligente -, osservai.
- Se prende da te, sicuro...se prende da me..un po' meno -, disse.
- In effetti, non andavi molto bene a scuola -, osservai, sbadigliando ancora.
- ..certo, perché erano più le volte che non ci andavo -, mi fece osservare, ridacchiando nonostante ormai avesse praticamente gli occhi chiusi.
- E le volte che rimanevano passavi quelle poche ore a fare impazzire i professori -, ricordai. 
- Ricordi quella volta che mi hanno sbattuto in classe tua? ..professoressa di geografia se non sbaglio -, cominciò e sentii chiaramente che la sua voce si stava affievolendo a poco a poco. Eravamo entrambi stanchi morti. 
- Si.. -, sussurrai, - Avevi un cappello bianco con la visiera nera e fumasti in classe giusto per essere cacciato di nuovo -, continuai.
Rise di gusto. - Si, è vero -, concordò, accarezzandomi la spalla mentre ancora mi abbracciava.
Mi strinsi il più possibile a lui, sentendo che il sonno stava pian piano avendo la meglio su di me. - Non sei cambiato poi molto.. -, dissi.
- Non cambierò mai -, mi corresse, allungandosi per spegnere la sua bajour, mentre ci addormentavamo entrambi.
 
***
 
Quel lunedì era arrivato velocemente e io ero già in piedi alle 7.00 per prepararmi. Avevo lasciato Brian dormire, visto che la sera prima avevamo fatto tardi: difatti, avevo la voglia di andare al lavoro sotto i piedi. Però ero anche impaziente di rivedere tutti i bambini, dopo quelle vacanze che comunque si erano meritati. 
Quando fui pronta, dopo aver indossato uno dei tanti maglioni larghi che avevo e un paio di jeans, scrissi velocemente un biglietto per lui e corsi di sopra, facendo comunque piano, posandolo sul comodino accanto a lui. Mi imposi di non imbambolarmi a guardarlo come facevo di continuo, perché sapevo che altrimenti non mi sarei mossa da li per la restante mezz'ora. Sorrisi di quel pensiero, dandogli un veloce bacio sulla guancia, approfittando del fatto che era profondamente addormentato e poi scesi di nuovo di sotto, prendendo le chiavi e la mia borsa, uscendo di casa.
Andai a piedi, come al solito e arrivai addirittura con 10 minuti di anticipo: salutai Doris, che mi fece i complimenti per il mio pancione e poi mi recai in classe, attendendo il suono della campanella.
Durante quei 10 minuti attaccai alcuni disegni che i bambini mi avevano regalato alle pareti, facendomi una veloce e disordinata coda.
Quando ebbi finito, riposi lo scotch nel cassetto, in tempo per sentire la campanella squillare. Andai allora verso la cattedra e mi ci sedetti sopra: nel giro di qualche minuti i bambini cominciarono ad arrivare, riempiendo prima l'atrio e poi le varie classi, arrivando anche nella mia. - Amy! -, gridarono tre delle bambine, Katie, Christine e Tory , correndomi incontro.
Scesi prontamente, in tempo per abbracciarle. - Ciao piccole, su, andate a posare i vostri zaini -, le intimai, - Io arrivo subito -, aggiunsi, mentre si allontanavano.
- Amy! Sei tornata! -, fece Parker, correndomi a sua volta incontro. 
Abbracciai anche lui, sorridendo teneramente. - Certo che sono tornata, starò qui per tanto tempo, te l'avevo promesso -, gli dissi.
- E come sta lui? -, chiese, allontanandosi per rivolgersi unicamente al mio pancione.
- E' una lei, sai? E comunque sta bene, continua a crescere -, gli dissi.
- Come la chiamiate? -, chiese, con la sua solita curiosità.
Sorrisi. - Caroline -, risposi, - La chiameremo Caroline -.
- Mi piace! -, fece lui, sorridendo e mettendo in mostra tutti e 32 i denti. 
- Ne sono contenta, e ora vai a posare lo zaino, okay? Dopo ti raggiungo e disegniamo un po', ti va? -, proposi.
Lui annuì, allontanandosi poi da me per andare verso gli scaffali ormai quasi pieni. Ormai erano tutti in classe, a parte quei due o tre assenti, così chiusi la porta, sperando che l'aula si riscaldasse velocemente. 
 
***

Quando mi svegliai, ero ancora parecchio stanco, ma sicuramente meno della sera precedente. Mi sollevai a sedere e allora trovai il biglietto che mi aveva lasciato Amy, leggendolo velocemente e sorridendo lateralmente: “Ho preferito non svegliarti perché altrimenti mi avresti ucciso e sono andata al lavoro, ci vediamo appena stacco. Ti amo, Amy”. 
Presi il mio cellulare e lo accesi, mandandole un piccolo messaggio per dirle che sarei passato io a prenderla, così poi saremmo anche potuti uscire un po', giusto per smetterla di stare in casa. 
Mi imposi di alzarmi e alla fine ci riuscii anche, spinto dal brontolio continuo del mio stomaco vuoto.
 
***
 
Stavo disegnando insieme ai bambini, quando ricevetti il messaggio di Brian: diceva semplicemente che sarebbe passato lui a prendermi, e che quindi l'avrei dovuto aspettare all'entrata dell'asilo. Inoltre, c'era scritto che aveva una sorpresa per me, cosa che mi mise subito una grande curiosità addosso. 
Sorrisi ampiamente, riponendo poi di nuovo il cellulare nella tasca e tornando a concentrarmi sul disegno che stavo facendo insieme a Zack e Tory, due dei bambini più vivaci che avevo. Dopo poco, me ne tornai alla mia scrivania, dicendo ad entrambi che se avessero avuto bisogno di me bastava che mi raggiungessero e io sarei stata li. Era mentre mi sedevo che scorsi, appena fuori dalla porta, sulla soglia di una classe davanti alla mia, Chris, il ragazzo che Brian mi aveva fatto conoscere qualche tempo prima, lo stesso che, di tanto in tanto, veniva a trovarci. Era inginocchiato davanti ad un bambino e cercava di consolarlo, o così mi sembrava almeno: quando finalmente riuscì a calmarlo lo abbracciò e allora lui corse di nuovo nella classe, andando incontro alla sua maestra.
Mi avvicinai alla porta, con una mano sulla mia pancia e gesticolai per farmi vedere, visto che non era molto lontano, finché non mi notò, sorridendo ampiamente e venendomi incontro con il suo skate stretto in una mano. - Hey, Amy, tu..lavori qui? In questo asilo? -, mi domandò.
- Eh già, tu invece che ci fai qui? -, gli chiesi.
- Mi hanno chiamato perché mio cugino voleva andarsene, gli manca già casa.. -, mi spiegò.
- Primo giorno? -.
- Sì, era terrorizzato, povero piccolo -, disse.
- Lo capisco, anche i miei lo erano, però riuscii a tranquillizzarli facilmente, per fortuna -, gli raccontai.
- Anche io sono riuscito a tranquillizzarlo, per fortuna, altrimenti avrei dovuto portarlo di nuovo a casa, e mia zia non sarebbe stata molto felice -.
- Lo immagino.. -, commentai, ridacchiando.
- Beh hey, che bel pancione che hai -, mi disse, allungandosi a toccarla, sfiorandola per qualche secondo, - Sei al..? -.
- Sesto -, risposi subito. 
- Sesto, mamma mia..il tempo sta praticamente volando -, osservò.
- Già, non dirlo a me, comincio ad avere sempre più voglie strane, soprattutto di dolci e lei continua a scalciare neanche si stesse preparando per un futuro da calciatore! -, dissi, ridendo.
- Si, Brian mi aveva detto che aveva cominciato a scalciare, ne parlava di continuo ed era sempre gasatissimo! -, mi confidò.
Risi divertita. - Si, riesco ad immaginare, quando era con me ha avuto la stessa reazione -.
- Mh, e sbaglio o questo mese devi fare un'altra ecografia? -, domandò, posando lo skate sullo stipite della porta.
- Si, ma non subito, forse la prossima settimana, o quella ancora dopo, devo sentire la mia ginecologa e prendere appuntamento -, gli spiegai.
- Oh beh, fatemi sapere subito, anche se sono sicuro che sarà sicuramente in ottima salute -. 
- Lo spero, per ora non c'è nessun tipo di problema, sta benissimo -, lo rassicurai, gettando una veloce occhiata sulla pancia, prima di rivolgere di nuovo lo sguardo a lui. 
- Meglio così, nascerà una bellissima bambina, ci scommetto quello che vuoi -.
- Non sei il primo che me lo dice, in realtà -, confessai, sorridendo.
- Ne ero sicuro -, disse, - Comunque, è meglio che io vada, ho un paio di cose da fare -, aggiunse, riprendendo velocemente il suo skate.
- Si si, tranquillo, anzi, scusa se ti ho trattenuto qui a parlare -. 
- Ma figurati, mi ha fatto piacere, ci vediamo presto, okay? -, mi disse, facendo per congedarsi.
- Sì, certo, alla prossima! -, lo salutai, con un gesto veloce della mano, prima di rientrare di nuovo in classe per assistere i miei bambini.
Dopo di che, quella giornata passò più velocemente di quello che immaginavo: i bambini fecero la loro merenda e anche io misi qualcosa sotto i denti, anzi, più di qualcosa, visto che a quanto pareva ormai mangiavo per due, come era giusto che fosse. 
Come aveva promesso, a fine giornata Brian venne a prendermi e allora divenni ancora più curiosa, ripensando al suo messaggio. Gli chiesi quale fosse la sorpresa, ma lui come al solito non me la disse, visto che preferiva portarmi direttamente nel posto: un ristorantino carino e tranquillo dove non ero mai stata prima e dove pranzammo insieme, come ormai non facevamo da un po'. 

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Capitolo 51
*** Sorprese! ***


Il 6 Febbraio era arrivato e, come avevamo già previsto di fare, organizzammo la festa per mia sorella Mckenna. 
Mia madre aveva il compito di tenerla occupata fino alle 16.00 del pomeriggio, orario per il quale la festa sarebbe dovuta iniziare e avrebbero sicuramente ritardato un pochino, dandoci il tempo per nasconderci un po' tutti.
Amy, invece, non faceva altro che dare ordini a destra e a manca ed era riuscita, anche insieme alle altre e a noi, a tirare su una bella festa, addobbando praticamente ogni centimetro della casa. Mckenna sarebbe rimasta contentissima di quella sorpresa, ne ero sicuro, perché ormai la conoscevo più che bene, dopo 14 anni ormai. Ma non era l'unica sorpresa di quel giorno, ce n'era anche un'altra, che però conoscevo solamente io e che non centrava niente con il compleanno della mia sorellina.
- Okay sì, ora è tutto perfetto -, osservò Amy, mettendo entrambe le mani sui fianchi. Sembrava tutto, tranne che una donna incinta che ha di continuo bisogno di riposarsi, anzi, era come se quella gravidanza l'avesse rinforzata. 
- Sì, ormai abbiamo davvero finito -, concordò Valary, mentre io me ne stavo ancora appoggiato allo stipite della porta, osservando la situazione con attenzione.
- Che ora è? -, domandò allora Amy.
Guardai velocemente l'orologio che avevo al polso. - Sono le 16.15 -, dissi, - Ormai staranno arrivando -, aggiunsi.
- Sì, su cominciamo a.. -, provò a dire Gena, ma il rumore di una macchina che parcheggiava sul vialetto fu più veloce delle sue stesse parole.
- Su su, nascondetevi, su! -, li intimò Amy, gesticolando freneticamente e parlando a bassa voce, mentre poi correva per nascondersi dietro il muro della cucina, dove io mi ero già posizionato. Mi voltai a guardarla, sorridendole, mentre lei faceva lo stesso, sentendo poco dopo la porta aprirsi.
3...2...1..
- Sorpresa! -, gridammo, uscendo tutti fuori insieme, chi con in testa dei cappellini, chi con delle trombette. Io mi limitai a battere le mani, come anche Amy, mentre fischiavo di tanto in tanto, guardando mia sorella mentre ci guardava ad uno ad uno, incredula.
Si portò una mano davanti alla bocca, ridendo divertita, persino quando mi avvicinai per abbracciarla, augurandole buon compleanno. Mi ringraziò, e poi lasciai il posto agli altri. 
- Hey, a me nessun abbraccio? -, domandò Chris, in piedi dietro mia madre, - Io ho portato la torta -, aggiunse, mettendola in bella mostra ed entrando, visto che mia madre si era fatta da parte per farlo passare.
- Hey Chris, ce l'hai fatta ad arrivare -, mi lamentai, dandogli una pacca sulla spalla e chiudendo la porta.
- Ci hanno messe un po' con le decorazioni finali, non è stata colpa mia -, si giustificò, passandomi poi il grosso cartone bianco prima di andare ad abbracciare mia sorella, che praticamente lo stritolò.
- Grazie per la torta! -, gli disse, facendo un sorrisone a 32 denti.
- Di niente, spero che ti piaccia, l'ha scelta Amy -, le spiegò e, in men che non si dicesse, stava già correndo verso di lei, riuscendo ad abbracciarla nonostante il suo pancione di 7 mesi.
- Grazie Amy! -, trillò.
- Di niente, ma ringrazia anche gli altri, hanno dato il loro contributo per fare tutto questo -, le spiegò, quando si fu allontanata abbastanza per guardarla in viso, accennando con un cenno del capo a tutti noi.
Ci ringraziò allora tutti quanti, poco prima che i veri festeggiamenti avessero inizio. La facemmo sedere sul divano, così che potesse aprire i suoi regali, con noi tutti intorno che la incitavamo. 
- Ecco, le corde nuove si che mi servivano! -, fu la prima cosa che disse, quando scartò il regalo che io e Amy le avevamo fatto. 
- Se vuoi dopo posso anche montartele -, le proposi.
- O posso montartele io -, s'intromise mio padre, l'ultima persona che pensavo di vedere arrivare, anche perché era fuori per lavoro, in quel periodo.
- Papà! -, urlò lei, andandogli incontro e abbracciandolo, - Pensavo fossi fuori per lavoro -, disse.
- Lo ero, ma non potevo di certo mancare al compleanno della mia bambina -, spiegò, facendo poi un cenno col capo nella mia direzione, a mo di saluto.
Lo ricambiai, sorridendo, mentre abbracciavo Amy. - Con me non l'hai mai fatto, questa me la lego al dito -, mi lamentai.
- Hey, si che l'ho fatto, non ci provare -, ribatté lui, mentre si avvicinavano entrambi a tutti noi, sedendosi sul divano, - Ma che bel pancione -, osservò, questa volta rivolto solo ed esclusivamente alla ragazza che stavo ancora stringendo a me.
- Grazie, appena scalcia te la faccio sentire, ma non ora, ora pensiamo al compleanno di Mckenna -, disse, sorridendo ampiamente a mia sorella.
Così ricominciò tranquillamente a scartare i suoi regali, che andavano dalla roba da vestire a CD di band varie che la facevano impazzire. 
- Io proporrei di mangiare la torta, ora -, disse mio padre, facendo ridere tutti quanti.
- Io concordo -, si aggiunge Johnny.
- Se si tratta di mangiare, tu concordi sempre -, lo rimbeccò Lacey, ricevendo in risposta un'occhiataccia, più un muso triste.
- Vado a prenderla io -, si offrì Valary, alzandosi prontamente dal divano.
- Io vengo a darti una mano -, la seguì Amy, bloccandosi poi poco dopo essersi alzata, portandosi una mano sulla pancia, - Aah.. -, biascicò, facendomi allarmare subito.
In men che non si dicesse ero già accanto a lei, come anche Valary, che era appena tornata indietro. - Che c'è? -, le domandai, notando subito dopo che anche mia sorella era arrivata, mentre gli altri allungavano semplicemente il collo.
- Credo fosse una contrazione..la dottoressa aveva detto che ogni volta che si entrava in un nuovo mese capitavano -, mi spiegò, raddrizzandosi poi di nuovo con la schiena, - Era piccolissima, sta tranquillo -, aggiunge, tranquillizzandomi un minimo.
- Sicura? -, chiesi comunque.
- Sì, certo, andiamo Val, sto bene -, sussurrò, sorridendo incoraggiante e trascinandola poi in cucina con lei, sparendo oltre la soglia poco dopo. 
Tornai a sedermi, anche se una parte di me avrebbe semplicemente voluto correrle incontro, andare in cucina e tenere sotto controllo la situazione, in caso fosse successo qualcos'altro, qualsiasi cosa. 
- Ti stai già preparando, vero? -, mi domandò mio padre, affiancandosi a me talmente velocemente che neanche me ne accorsi, all'inizio.
- Più o meno -, risposi, voltandomi a guardarlo, - Credo di stare diventando paranoico -, aggiunsi, sospirando, mentre gli altri avevano ripreso a chiacchierare tra di loro, Mckenna compresa.
- E' normale, anche io ero terrorizzato da ogni cosa, avevo paura per tua madre e così anche per la bambina -, confessò.
- E' quello che sta succedendo anche a me, alla minima cosa..crollo nel panico, la maggior parte delle volte, cosa che non mi era mai capitata -. 
- Sì, ti capisco, ma è solamente una fase, passerà...e non appena nascerà, sono sicuro che sarai un padre perfetto -, mi incoraggiò, posando una mano sulla mia spalla.
- Ti ringrazio -, dissi.
- Non c'è di che -, replicò, mentre le ragazze facevano di nuovo capolino in salone, portando un po' e po' il grosso cartone bianco che conteneva la torta che Chris aveva portato.
La posarono con delicatezza sul tavolino, ormai sgombro da cartacce e regali, accedendo subito dopo le candeline che avevano già messo in precedenza.
Mia madre pensò a spegnere le luci, anche perché di fuori il cielo cominciava già a farsi scuro, nonostante fossero solamente le 16.45 del pomeriggio. Solo allora cominciammo a cantare la solita canzoncina dei compleanni, anche se, in mezzo a tutte le voci, spiccava come al solito quella di Matt.
Fischiai un po', come al solito. - Dai, esprimi un desiderio! -, la incitai, guardandola poco dopo mentre soffiava sulle candeline, spegnendole al primo colpo. 
- E che nessuno mi chieda cosa ho desiderato, tanto non ve lo dico! -, ci informò subito, facendoci ridere tutti quanti, mentre affondava il coltello nella torta, tagliando il primo pezzo.
Aiutai a distribuire i piattini insieme agli altri, dopo mettemmo tutti i pezzi che mia sorella, nel frattempo, tagliava, sporcandosi di continuo con la panna.
- Le tue mani sono diventate un tutt'uno con la torta, eh Mckenna? -, gli fece osservare Matt, mentre lei gli lanciava un'occhiataccia.
- Per un po' di panna, su -, si giustificò lei, ridendo comunque divertita.
La torta non era molto grande, non troppo, almeno, ma bastò per tutti quanti, contando che alcuni di noi non la presero, tipo Zacky.
- Ditelo a lei.. -, aveva detto subito, indicando Gena accanto a lui, - Mi sta proibendo di mangiare tutti i tipi di dolce, e poi non ne ho tanta voglia -, aggiunse, sprofondando poi di nuovo nel divano, accomodandosi completamente. 
- Vai Gena, fatti valere! -, la incitarono Amy e Lacey, ricevendo in risposta un ampio sorriso e un piccolo inchino. 
- Ti piace? -, mi chiese poi Amy, destandomi dai miei soliti pensieri.
Mi voltai a guardarla, mandando giù un altro piccolo boccone. - Si, è buona, ottima scelta -, mi complimentai, chinandomi e facendo per baciarla.
- La smettete di limonare, voi due? -, sbottò mia sorella, - Almeno in pubblico -, aggiunse. 
- In primo luogo, non ero ancora neanche abbastanza vicino e in secondo..un giorno lo farai anche tu -, la informai, sorridendo.
- No, mai -, disse subito lei, pronunciando quelle parole come se fossero una promessa solenne.
- Lo dici ora.. -, disse Amy, arrivando in mio soccorso, - Prima o poi capiterà anche a te -, aggiunse.
- Spero più dopo che prima -, concluse, riprendendo a mangiare il pezzo di torta che si era presa non troppo tempo prima.
Lasciai cadere li quella piccola conversazione, finendo il mio pezzo poco dopo e posando il piattino bianco sul tavolino davanti a me, lasciandomi così andare più comodamente sul divano. 
Le ragazze ripresero allora a parlare tra di loro, mettendosi in un gruppetto in disparte, sedute sul tappeto. Noi uomini, invece, ci limitavamo a stare sul divano a bere la birra che mio padre ci aveva portato, per fortuna. Fuori intanto il cielo si faceva sempre più scuro e il tempo passava, finché non furono le 18.00, poi le 18.30, poi le 18.50.
Verso le 19.00, finalmente, decidemmo di uscire per andare in pizzeria, dove ci attendeva un tavolo che Amy aveva già pensato a prenotare per una cena a base di pizza, la nostra preferita insomma. Visto che il posto non distava molto da casa di miei, decidemmo di andare a piedi tutti insieme, arrivando con 10 minuti neanche. Li c'erano già ad aspettarci alcuni amici di Mckenna, che avevamo pensato ad invitare così che non fosse un compleanno noiosi tra soli parenti: Amy e le altre avevano davvero pensato a tutto quanto e mia sorella era contentissima, glielo si vedeva in faccia.
Ci vollero altri 10 minuti solo per far ordinare a tutti quanti, visto che non eravamo per niente pochi ma, a parte quello, anche la cena filò liscia come l'olio. Ci stavamo divertendo tutti quanti, persino i miei partecipavano allegramente a tutte le conversazioni, cosa che per un momento mi apparve piuttosto strana. 
Mentre chiacchieravamo, lanciai distrattamente un'occhiata all'orologio che avevo ancora al polso, constatando che erano le 22.30, di già e poi ad Amy, notandola mentre sbadigliava appena, cercando di non farsi vedere. 
- Vuoi andare a casa? -, le domandai, avvicinandomi al suo orecchio per fare in modo che mi sentisse.
Annuì debolmente, trattenendosi dallo sbadigliare ancora. - Sì, non vedo l'ora di vedere il letto..e di sdraiarmi -, ammise, sorridendo mentre recuperava la sua roba e si alzava. 
Mi affrettai a darle una mano, circondandole un fianco per sorreggerla. - Ragazzi, noi andiamo -, dissi, avvisandoli così un po' tutti. 
- Come, di già? Noi pensavamo di fermarci fino alle 23 almeno -, disse mia madre. 
- E' che...sono molto stanca, non ho dormito bene stanotte e non vedo l'ora di sdraiarmi un po' -, spiegò lei, togliendomi praticamente le parole di bocca.
- Oh, capisco..allora andate, non vorrei essere io la causa di un tuo malessere -, continuò, mentre facevamo il giro del tavolo per andare verso la porta. 
- Figurati, ho solo bisogno di una lunga dormita, dopo di che tornerò piena di vita -, le spiegò, tranquillizzandola immediatamente. 
- Si, ti capisco... -, concluse mia madre.
- Allora buonanotte a tutti -, salutò lei.
- Notte.. -, feci anch'io, appena dopo di lei, infilandomi poi il mio giacchetto, visto che ero sicuro che fuori ci fosse una temperatura piuttosto fredda. 
Un coro di "notte" e "buonanotte" si alzò pochi secondi dopo, accompagnandoci poi mentre entrambi uscivamo dal locale, non prima di aver lasciato la parte di soldi che servivano per pagare la cena.
 
***
 
- Sarebbe stato meglio prendere la macchina -, fu la prima cosa che Brian mi disse, mentre camminavamo lungo il marciapiede, diretti verso casa mia.
- Camminare fa bene, soprattutto per le donne in gravidanza..e poi sarebbe stato inutile, insomma, per due o tre miglia -, rispose, mentre praticamente mi trascinava con lei.
- E' stata una bella festa, sai? Mckenna era davvero felice, glielo si leggeva negli occhi -, le feci notare, cambiando completamente discorso. 
- Meglio, sono più che felice che le sia piaciuta e che si sia divertita -, ammisi, stringendogli ancora più forte la mano. 
- Già.. -, disse, lanciandomi una veloce occhiata che non riuscii a decifrare, poco prima che ricominciassi a guardare davanti a me. Passarono si e no due secondi poi lui si bloccò di colpo sul posto, facendo bloccare ovviamente anche me. 
Mi voltai velocemente a guardarlo, con aria confusa. - Che c'è? -, gli domandai, incuriosita. 
Lui esitò un momento, rimanendo di conseguenza anche in silenzio. - Ho una piccola sorpresa -, mi disse, senza aggiungere assolutamente niente, lasciandomi in quello stesso momento la mano.
- Di che si tratta? -, gli chiesi, curiosissima come al solito.
- E' una cosa..carina -, disse solo, svagheggiando, - Ma prima...ti va di ballare? -, mi domandò, lasciandomi totalmente spiazzata mentre mi offriva la sua mano. 
- Ballare? -, chiesi, impaurita di aver magari capito male.
Lui annuì. - L-lo sai che non so ballare.. -, provai a dire.
- Neanche io, ma c'è una prima volta per tutto -, rispose tranquillamente, continuando a tenere la mano tesa verso di me.
Esitai ancora, guardandomi poi istintivamente intorno e notando che non c'era davvero nessuno, persino le luci dentro le abitazioni erano spente, nonostante fossero solo le 23 e qualcosa. - D'accordo.. -, acconsentii alla fine, anche se non ero molto sicura.
- Bene -, commentò lui, posando una mano sul mio fianco e stringendomi saldamente l'altra, mentre cominciava a condurre quella lenta danza. 
Io posai delicatamente una mano sulla sua spalla, mentre lo seguivo, tenendo gli occhi ben fissi sui suoi, nonostante avessi una paura matta di sbagliare o peggio ancora, di pestargli direttamente i piedi. Ad un certo punto, colta da un momento di imbarazzo, chinai il viso sulla sua spalla, mentre continuavo a muovermi. - Posso sapere il perché di questo ballo? -, azzardai.
- Volevo solo ballare con te, non abbiamo mai ballato, non così -, spiegò.
- E la sorpresa invece? Ti prego...non tenermi sulle spine -, lo implorai, praticamente.
Lui rise. - Dovrai attendere ancora un pochino -, m'informò.
- Va bene -, acconsentii, posando il viso sulla sua spalla e continuando a dondolarmi insieme lui. Stavo perdendo pian piano la cognizione del tempo, tanto che non avevo più neanche idea di che ora fosse, ma sinceramente non mi importava: non era una novità che, quando ero con lui, il resto diventava improvvisamente poco importante. Ormai era un dato di fatto.
- Sei bellissima stasera, lo sai vero? -, sussurrò, destandomi da quei miei pensieri e facendomi arrossire violentemente: era assurdo come ancora spesso mi capitasse. Ormai, nonostante tutto, stavamo insieme da praticamente un anno, eppure era ancora tutto come la prima volta, farfalle nello stomaco e guance rosse comprese.
- Grazie.. -, riuscii a biascicare, pensando che, comunque, quella sera non ero vestita in modo né appariscente né altro, come sempre del resto e lo stesso valeva per il trucco, - Tu lo sei praticamente sempre -, aggiunsi, sorridendo.
- Anche di prima mattina? -, domandò, ridacchiando.
- Soprattutto di prima mattina -, risposi, ridacchiando a mia volta, - Sei terribilmente dolce -, dissi subito dopo.
- Immagino, con la mia bellissima voce mezza addormentata -. 
- Lo sei, credimi, mi viene ancora più voglia di saltarti addosso di prima mattina, poi con tutti questi ormoni che girano.. -, ammisi, questa volta stranamente senza imbarazzo.
- Prenderò in seria considerazione questa cosa, visto che l'idea è molto allettante -, disse, allontanandosi poi e facendomi fare un giro su me stessa, talmente veloce che appena qualche secondo dopo mi ritrovai di nuovo con il viso a pochi centimetri dal suo. 
Questa volta, al contrario di quello che avevo immaginato, fu lui a chinare il viso verso il mio collo, evitando così abilmente il mio sguardo. - Ora possiamo passare alla sorpresa -, annunciò.
- Sono tutta orecchie -, gli dissi, continuando comunque a ciondolarmi con lui.
Dopo quelle mie parole, restò nuovamente in silenzio, talmente a lungo che, per un momento, pensai che davvero non avrebbe detto niente. Ma, alla fine, parlò eccome e la sua domanda mi prese per un momento in contropiede. - Mi ami? -, domandò, stringendo di più la mia mano.
- Questa è una domanda stupida.. -, replicai.
- Rispondi ugualmente.. -, mi intimò.
- Certo che ti amo, ti amo più della mia vita, lo sai -, sussurrai.
Non ne ero sicura, ma mi era parso di sentirgli sussurrare un flebile "Bene", prima che continuasse. - E cosa faresti se ti chiedessi di sposarmi? -, domandò, riuscendo a prendermi nuovamente alla sprovvista, mentre cercavo comunque di continuare a ballare con lui.
Sentii improvvisamente le gambe molli, come se non fossero più in grado di reggere il mio peso e per un attimo pensai di cadere a terra, se non fosse stato per la forte stretta che esercitava sulla mia vita. - C-cosa? -, chiesi appunto, mentre cercavo di controllare le mie emozioni.
- Cosa faresti se te lo chiedessi? Se ti chiedessi di diventare mia moglie? -, replicò, con lo stesso tono fermo e convinto che non molto spesso usava. 
Mi ritrovai a rifletterci su per qualche secondo, anche se la risposta era più che ovvia, senza trovare qualcosa con cui rispondere: tutte le frasi che mi venivano in mente sembravano così banali. Pensa, Amy, pensa! 
- ..tu prova a chiedermelo -, fu tutto quello che dissi, alla fine, dopo aver preso un lungo e profondo respiro.
Smise allora di muoversi, e così feci anche io, trattenendo il fiato quando vidi che si stava allontanando da me. Lasciò la mia mano e, solo allora, cominciò a frugare nella tasca destra dei suoi jeans, finché non trovò l'oggetto che gli interessava: tirò così fuori una scatolina di raso blu scuro, inginocchiandosi davanti a me e sollevando di nuovo lo sguardo per guardarmi dritta negli occhi. 
Il piccolo coperchio si aprì sotto una piccola pressione delle sue dita, mostrando così il bellissimo anello che conteneva, così prezioso e semplice allo stesso tempo. Non mi pareva vero, non poteva stare succedendo veramente; eppure lui era li, sapevo che era li e quando la sua voce risuonò nell'aria, ne ebbi solamente un'ennesima prova. - Amelia Clarissa Pederson.. -, cominciò, usando il mio nome per intero e facendomi sorridere ampiamente, mentre cercavo di ricacciare indietro le lacrime mordendomi lievemente il labbro inferiore, - ..vorresti tu, concedermi l'onore di diventare mia moglie? -, aggiunse poco dopo, continuando a mostrarmi quella meravigliosa scatolina di raso aperta.
Restai in silenzio per qualche secondo, mentre ancora cercavo di metabolizzare tutto l'accaduto, distogliendo poi per un momento lo sguardo da lui, solo per riposarcelo poco dopo, esordendo con un deciso "Sì". - Sì, certo che voglio diventare tua moglie! -, mi ritrovai ad aggiungere, poco dopo, mentre lo guardavo alzarsi, senza perdere tempo mentre si chinava a baciarmi con infinita dolcezza.
Mi sentii di nuovo sulla soglia delle lacrime, per un momento, mentre gli stringevo entrambe le braccia al collo, talmente felice che pensai di esplodere. Avrei voluto prendere a parlare a raffica, come facevo sempre, ma avrei cominciato a dire una cosa più strana dell'altra, quindi era meglio fermarmi finché ero in tempo.
Quando si allontanò di nuovo, lo guardai negli occhi per dei secondi interminabili, prima che lui allungasse l'anello, ormai privo di scatola, verso di me, afferrando la mia mano e infilandolo abilmente all'anulare: mi stava perfetto, né troppo largo, né troppo stretto, solo perfetto. Lo osservai per un po', studiandone i particolari, anche i più piccoli. - E' perfetto..e bellissimo -, riuscii a sussurrare, ad un certo punto.
- Sapevo che ti sarebbe piaciuto -, disse, accogliendomi poi di nuovo prontamente tra le sue forti braccia, braccia di cui non avrei mai potuto fare a meno, - Sei davvero pronta a sopportare un'idiota come me? -, mi chiese, mentre avevamo ripreso a ciondolare, l'uno stretto all'altro.
Risi. - Sono prontissima, tu invece? Sicuro di voler fare davvero questo passo..? -.
- Strano, ma sì, non mi sono mai sentito così pronto in vita mia, sei tu la persona con cui voglio passare il resto della mia vita, tu e la nostra bambina -, disse, riuscendo a farmi formicolare lo stomaco dall'eccitazione e dalla felicità, ovviamente, - Sei tutto ciò che ho sempre cercato e ti avevo sotto il naso fin dall'inizio, solo che non ero mai riuscito a capirlo -, aggiunse poco dopo, posando un bacio sul mio collo scoperto.
- Per fortuna ad un certo punto l'abbiamo capito entrambi.. -, osservai, sorridendo al solo ricordo della nostra prima notte insieme.
- Già, altrimenti ora non saremmo qui, non a questo punto almeno -.
- Esatto -, concordai, lasciando andare nuovamente il viso sulla sua spalla, sospirando leggermente per cercare di calmarmi, di darmi un contegno, cosa che vedevo un po' difficile da fare. 
- Torniamo a casa, ora...qualcosa mi dice che sei più stanca di prima -, sussurrò, sciogliendo quel nostro abbraccio e prendendomi la mano, costringendomi a seguirlo, di nuovo diretti verso casa. Restai in completo silenzio, mentre ci avvicinavamo sempre di più a casa, ricominciando a valutare per bene tutta quella situazione: era strano come ancora non ci credessi del tutto, però dovevo farlo, perché tutto quello era appena successo per davvero e l'anello che portavo al dito ne era la prova tangibile. 

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Capitolo 52
*** I need another chance to live. ***


- Non ci credo -, disse Valary.
- O mio dio -, la seguì Gena.
- Brian ha fatto..cosa?! -, domandò, ancora incredula, Lacey, mentre mi guardavano tutte con gli occhi sbarrati dallo stupore.
Io risi, non più imbarazzata come prima, per lo meno. - Già..non ci credevo neanche io, se può consolarvi -, ammisi, giocando distrattamente con l'anello che portavo all'anulare. 
- E come..come te la chiesto? -, mi domandò Gena, sorseggiando il thè che avevo preparato per il loro arrivo. 
Allora mi strinsi nelle spalle, andando indietro con la mente a tre giorni prima. - Beh, stavamo tornando a casa e poi mi ha chiesto di ballare, dicendomi che aveva una sorpresa.. -, dissi, - E poi..niente, si è inginocchiato e me l'ha chiesto.. -, aggiunsi, sorridendo ampiamente. 
- L'anello è fantastico -, fu la prima cosa che commentò Gena, dopo un momento di silenzio da parte di tutte, prendendomi la mano e osservandolo nuovamente. 
- Si, concordo con lei, è davvero bellissimo -, disse Lacey.
- Già -, si aggiunse per ultima Val. 
- Ma ora dov'è? Ancora a dormire? -, domandò allora Lacey.
- No, è uscito una mezz'oretta fa, poco prima che arrivaste..ma non so dove sia andato, sinceramente, però penso che voglia stare da solo.. -, dissi, bevendo il thé dalla mia tazza che, nel frattempo, si era raffreddato un pochino. 
- Perché? -, azzardò di nuovo lei.
Stavo per rispondere, ma Valary fu più veloce di me. - Oggi è 9 Febbraio, ricordi? -.
Rimase per un po' in silenzio, chinando poi il viso. - E' vero.. -, disse, con tono mortificato. 
- Non lo biasimo se vuole stare un po' da solo, probabilmente è al cimitero.. -, ipotizzai.
- Si, sicuramente -, concordò Gena, bevendo un po'.
- Andiamo, parliamo d'altro, ricordate che l'ultima cosa che voleva era vederci tristi -, ricordai a tutte quante, allungando la mano al centro del tavolo.
In breve tempo, tutte e tre posarono la loro sulla mia, come a dirmi che concordavano pienamente. - E' vero, non avrebbe voluto -, sussurrò Lacey, sorridendo.
Alla fine, riuscimmo a trovare un argomento tranquillo, anzi, più di uno, visto che ogni due secondi sfociavamo in uno nuovo. 
Ad un certo punto, dissi alle altre che dovevo andare un attimo in bagno, così uscii dalla cucina, lasciandole li a chiacchierare ancora. Una volta uscita dal bagno, quando ebbi finito, passai velocemente in camera mia e presi la candela blu che avevo comprato il giorno prima: il blu era sempre stato il colore preferito di Jimmy, insieme al nero, e avevo deciso che ogni 28 Dicembre e ogni 9 Febbraio, ne avrei accesa una, così da simboleggiare che, per noi, lui era ancora li.
Tirai fuori i fiammiferi da un cassetto e l'accesi, posandola su un mobiletto e guardandola per qualche secondo, tornandomene poi in cucina dalle altre.
 
***
 
Raggiunsi il cimitero e subito una piccola folata di vento mi investì, scompigliandomi i capelli. 
Mi guardai intorno, come se mi aspettassi di vedere qualcuno, quando invece quel posto era deserto. Mi incamminai così verso il posto che cercavo, verso la tomba del mio migliore amico. Avevo detto ad Amy che avevo bisogno di stare un po' da solo, ed ero sicuro che avesse capito perché, anche perché era una cosa piuttosto ovvia. 
Dopo qualche minuto, finalmente riuscii a trovare quello che cercavo e dovetti trattenermi dal piangere, perché in quel momento avevo davvero voglia di farlo. 
- Ciao amico.. -, fu la prima cosa che dissi, inginocchiandomi poi a terra e sfiorando la lapide fredda, - Si lo so, sono una merda perché..non sono venuto praticamente per niente, e ti chiedo scusa -, aggiunsi, notando il vapore condensato che usciva dalla mia bocca. Stavo parlando da solo, lo sapevo bene, ma non importava, per me era importante, soprattutto in quel giorno. 
- Sono venuto per dirti che mi manchi, manchi a tutti quanti e anche parecchio.. -, continuai, sfiorando ancora la lapide fredda, - Però ce la stiamo cavando, continuiamo a guardare avanti perché è tutto quello che ci rimane da fare...e tutti abbiamo accanto qualcuno che ci sta aiutando..io ho Amy, per esempio.. -, sussurrai, lasciandomi scappare un sorriso, - Ci credi? Perché io ancora non lo faccio...è successo tutto troppo in fretta e la situazione è ancora estranea per me, ma tu non immagini neanche quanto io la ami -, ammisi, continuando a parlare al vento che soffiava, - Le ho persino chiesto di sposarmi e...aspetta una bambina, il che vuol dire che sto anche per diventare padre, il che vuol dire che me la sto letteralmente facendo sotto dalla paura! -, dissi, lasciandomi cadere per terra e sedendomi, circondandomi entrambe le gambe con le braccia, anche se il prato era bagnato, mentre non potevo far altro che ridacchiare, - Rideresti..ne sono sicuro, e mi prenderesti in giro, lo facevi sempre e scommetto che stai continuando a farlo, dovunque tu sia.. -.
Restai allora in silenzio, ascoltando solo il fruscio degli alberi intorno a me, senza riuscire più a trattenermi: le lacrime cominciarono a rigarmi freneticamente il viso, come se avessero fretta di uscire tutte insieme, mentre chinavo il viso verso terra. - Vorrei davvero che tu fossi ancora qui, perché ho bisogno di te, ho bisogno del mio migliore amico e dei tuoi consigli, perché sono sicuro che tu saresti stato molto più bravo di me ad affrontare tutta questa situazione.. -, azzardai, provando a non singhiozzare, - Insomma..e se non dovessi farcela? Se non fossi tagliato per fare il padre e il marito, io non voglio che lei soffra a causa mia, è successo una volta e non voglio ripetere quell'errore, non voglio più vedere quello sguardo nei suoi occhi, voglio solo che resti con me fino alla fine.. -, aggiunsi, dando libero sfogo a tutto quello che avevo dentro, cose che avevo tenuto per me chissà per quanto tempo, - Vorrei che avessi una secondo opportunità per vivere, sai? "I need another chance to live.." -, canticchiai, ripetendo il motivetto nella mia testa, - Cantavi tu quella strofa ed è quello che in questo momento desidero, che ho sempre desiderato..fin dall'inizio -. 
Sentii un'altra folata di vento, questo più forte delle altre, colpirmi la schiena e scompigliarmi i capelli, di nuovo.
Mi voltai istintivamente a guardare, aspettandomi ancora una volta di vedere qualcuno. E se lui fosse stato li? Se Jimmy fosse li? Mi alzai in piedi.
- Sei qui..vero? -, domandai, praticamente al vento, - Perché se sei qui voglio approfittarne per ringraziarti, grazie per aver fatto in modo che restassi, quella sera.. -, sussurrai, - Perché altrimenti ora non saremmo a questo punto, magari l'avrei persa e non voglio che accada.. -, aggiunsi.
Rimasi ancora una volta in silenzio e, di nuovo, mi inginocchiai, pulendo del tutto la lastra dalla terra. - Saresti fiero di noi, faremo in modo che tu continui ad esserlo.. -, continuai, - E sappi che il tuo migliore amico è qui, sarò sempre qui e continuerò ad andare avanti solo perché so che tu lo vorresti, continuerò perché ti voglio bene, fratello mio...te ne vorrò sempre -, conclusi, ascoltando per qualche secondo il fruscio del vento che, in quel momento, aveva un non so che di rilassante.
Chinai il viso, lasciando cadere le ultime lacrime, poco prima di alzarmi e di incamminarmi verso lo stesso cancello da cui ero entrato. 
 
***
 
Feci ritorno a casa che erano le 15.00 del pomeriggio: avevo avvisato Amy che non sarei tornato per pranzo, visto che avevo ancora da fare.
Mi ero recato così a casa dei genitori di Jimmy, visto che non li vedevo da un bel po': non sapevo perché, ma avevo sentito il bisogno di parlare con loro.
Mi ero trattenuto per un'oretta, niente di più e poi mi ero incamminato definitivamente verso casa di Amy.
Quando entrai in casa, la trovai stesa sul divano, profondamente addormentata: sorrisi lateralmente, chiudendomi la porta alle spalle senza sbatterla. Cominciai ad avvicinarmi a lei a piccoli passi, raggiungendola poi e sedendomi accanto a lei, cominciando ad accarezzarle in modo molto delicato i capelli.
Ripensai a quello che avevo detto al cimitero e mi venne da sorridere di nuovo. 
- Sei tornato, finalmente.. -, biascicò, mandando a monte i miei piani che comprendevano il "non svegliarla".
- Si, sono tornato ora, ho fatto qualche giro.. -, le spigai.
- Mhh.. -, mugugnò, mettendosi a sedere e poggiando la schiena sul bracciolo del divano, - Io sono crollata, pensavo di non avere molto sonno, e invece alla fine.. -, aggiunse, strofinandosi gli occhi.
- Torna a dormire, se vuoi, posso resistere da solo -, proposi, notando la sua aria stanca.
- No, sto bene.. -, provò a ribattere, sbadigliando però sonoramente.
Sorrisi, prendendole il viso tra le mani. - Amore, sei distrutta, in fondo non sono io quello che ha avuto le nausee ieri notte -, dissi, posandole un bacio sulla fronte.
- Ma non mi piace mollarti da solo per dormire, lo sai.. -, provò a ribattere.
- Ho 29 anni, sopravviverò e tu pensa a riposare, scommetto che anche lei lo vuole.. -, le feci notare, accarezzando il suo pancione che ormai cresceva a vista d'occhio. 
- Forse.. -, disse, mentre si lasciava di nuovo andare sul divano, posando piano la testa sul bracciolo. 
- Dormi.. -, la intimai di nuovo, dandole un piccolo bacio e lasciandola poi in pace. Solo allora, quando mi alzai per andare verso la cucina, notai la candela blu accesa, posta sopra un mobile: sorrisi vedendola, visto che sapeva perfettamente per chi l'aveva accesa.
 
***
 
Quando mi svegliai, ero più frastornata che altro: avevo ancora sonno sì, ma non mi andava più di starmene sdraiata, anche perché sentivo chiaramente che Brian era al piano di sotto, che suonava il pianoforte, posto nella sala hobby. 
Non lo faceva molto spesso, ma in quelle rare volte, mi aveva sempre fatto sentire delle cose fantastiche, la maggior parte improvvisate. Mi alzai, anche se un po' a fatica a causa della pancia, fregandomene del fatto che ero scalza e incamminandosi verso le scale, che presi a scendere piano, scalino dopo scalino. Da quando ero incinta, avevo una gran paura delle scale, anzi, di poter cadere da un momento all'altro.
Feci così più attenzione possibile, arrivando poi sulla soglia della porta e rimanendo li ad osservarlo senza proferire parola: era concentrato come non mai, mentre muoveva la dita lunghe e affusolate sopra i tasti bianchi e neri. Non si accorse di me, non subito, così, con entrambe le mani sulla pancia, cominciai ad avvicinarmi a lui. - Dovresti suonare più spesso il piano, sai? -, gli chiesi, catturando così la sua attenzione su di me.
- Me lo ripeti spesso.. -, mi fece notare.
- E' perché sei bravo -, spiegai, restando in piedi dietro di lui e posando una mano sulla sua spalla, - Continua.. -, lo intimai, sorridendogli ampiamente.
Non dissi nient'altro, solo ricominciò a suonare e, in breve tempo, la stanza fu riempita di nuovo dal dolce suono di quelle note che stava improvvisando come al solito.
 Era tremendamente bravo anche con quello strumento, anche se il suo preferito rimaneva sempre e comunque la chitarra. 
Continuai a tenere la mano sulla sua spalla, notandolo mentre sorrideva ampiamente, totalmente rilassato. Poi successe all'improvviso, nel giro di qualche secondo: smise di improvvisare, cominciando a suonare quella che riconoscevo come "So far away". All'inizio non sembrava mostrare nessun tipo di problema, poi invece la sua espressione mutò, diventando quasi vitrea e le dita cominciarono a scivolare in modo svogliato sui tasti, fino quasi a fermarsi. 
Mi sedetti accanto a lui, pochi attimi prima di vederlo crollare completamente, lasciando cadere le lacrime giù per le guance. - Non ce la faccio più..mi manca così tanto -, sussurrò, lasciando da parte il piano.
Sentii le lacrime affiorare anche nei miei occhi, nello stesso momento in cui lo costringevo ad avvicinarsi: lui non oppose resistenza, anzi, si lasciò andare senza proferire parola, stringendomi come non aveva mai fatto a se, mentre piangeva. 
Tirai su col naso, scoppiando poi in una serie di piccoli singhiozzi insieme a lui. - Lo so...manca anche a me, ora più che mai.. -, sussurrai, accarezzandogli i capelli. 
Lo lasciai sfogare un po' e, di conseguenza, rimase anche in silenzio, pronunciando poi quelle parole che mi lasciarono per un lunghissimo momento spiazzata. - Per favore..non lasciarmi mai, non abbandonarmi..perché da solo non ce la faccio, ho bisogno di te..per affrontare tutto questo.. -, disse, mentre continuava a piangere.
Quella richiesta disperata mi fece stringere in cuore, facendomelo abbracciare ancora meglio. - Non lo farò mai, Brian..mai più, sarò sempre qui con te, per te, d'accordo? -, gli promisi, - Sempre qui con te.. -, ripetei, sperando di averlo in qualche modo calmarlo, anche se vedevo la cosa molto difficile.
Rimasi li ad abbracciarlo finché non trovò la forza di sollevare di nuovo il viso, facendomi vedere per bene quello sguardo pieno di tristezza e di dolore: gli accarezzai il viso, sorprendendomi quando si protese per posarmi un delicato bacio sulle labbra. Anche se ancora scossa dai brividi, lo ricambiai, baciandolo anche una seconda volta con più decisione, finché non lo sentii rilassarsi. Allora capii quanto lui in realtà mi amasse e quanto io amavo lui. La mia mano andò istintivamente sul suo viso, asciugando con la punta delle dita le sue lacrime: lasciai poi che si posasse sulla sua guancia. Socchiuse gli occhi, sospirando pesantemente e posando poi la sua mano sulla mia, restando in silenzio. - Ti amo infinitamente, Brian...ti amo più di ogni altra cosa al mondo e per niente al mondo mi allontanerò più da te, hai capito? -, gli chiesi.
Lui annuì, smontando completamente quella figura forte e sicura di se che dava a vedere alla gente. - Sì, ho capito... -, confermò, - Ti amo anch'io, più di ogni altra cosa.. -, aggiunse.
- Torniamo di sopra, ci penso io a te.. -, proposi, alzandomi a prendendolo per mano, costringendomi a seguirmi fuori da quella stanza e poi su per le scale.
Non appena raggiungemmo di nuovo il salone, si lasciò andare sul divano e, questa volta, quello ad addormentarsi come un bambino fu lui, e io lo lasciai fare, stendendomi addirittura con lui, di nuovo. 

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Capitolo 53
*** Influenza e... ***


- Non ho la febbre -, disse per l'ennesima volta Brian, ancora seduto sul divano.
- No, sei solo pallido come un lenzuolo e scotti come una pentola a pressione, sicuramente non hai la febbre -, lo presi in giro, notando immediatamente la sua occhiataccia.
- Sto bene..dai, davvero, non ti preoccupare -, provò a dire, facendo per alzarsi.
- No, tu non ti muovi da qui, devo misurarti la temperatura -, dissi, posando una mano sulla sua spalla e costringendolo di nuovo seduto, - E poi siamo due contro uno -, gli feci notare, inarcando in avanti il mio pancione all'ottavo mese. 
Gli feci scappare una risatina, mentre si arrendeva completamente. - Va bene, e dopo? -.
- Dopo ti riposi -, gli ordinai, mettendogli poi il termometro in bocca e posando di nuovo una mano sulla sua fronte, ancora parecchio calda. Attesi il tempo che serviva e poi me lo ripresi, controllando la temperatura che riportava un perfetto 38 e mezzo.
- Allora? -. 
- 38 e mezzo -, risposi solamente.
- Visto, sto bene! -.
Questa volta, quella a lanciare un'occhiataccia, fui io però. - Stai bene quando hai un 36, non un 38, quindi smettila di fare di fare il mulo e riposati, lo vuole anche la tua bambina -, gli dissi, dato che l'avevo sentita scalciare più volte.
- Ha scalciato? -, chiese.
- Eh già..uh..e continua a farlo -, sentii, prendendogli la mano e posandola velocemente sul punto con cui ormai si stava divertendo a tirare calci.
Non passò molto che lo vidi finalmente sorridere, ampiamente, come faceva ogni volta che sentiva la nostra bambina dare segni. - E' splendida.. -, sussurrò.
- Come fai a dirlo? -, gli chiesi, sorridendo a mia volta.
- Lo sento, ne sono sicuro -, rispose, - E il prossimo mese sarai già..al nono -, aggiunse.
- E allora cominceranno i dolori veri, altro che nausee -, dissi, ridendoci su come al solito e posandogli un bacio sulle labbra, - E ora vado a prepararti qualcosa di caldo.. -, aggiunsi, facendo per allontanarmi.
- Non hai paura di ammalarti? -, mi chiese, giustamente. 
- No -, risposi, voltandomi per un attimo, - Non mi ammalo dalle seconda media, 'sta tranquillo -, gli dissi, tornando poi sui miei passi ed entrando in cucina. Cominciai subito a tirare fuori l'occorrente per preparare una minestra, anche se sapevo che le detestava: ma non mi veniva in mente niente e mia nonna mi aveva abituato così, quando ero piccola. 
Stavo per mettere il pentolino dell'acqua sul fuoco, quando dei passi appena dietro di me catturarono la mia attenzione. - Non ti avevo detto di riposarti? -, gli chiesi, senza fermare i miei movimenti.
- Mi mancavi.. -, si giustificò, raggiungendomi e appoggiandosi al lavabo, ancora con la coperta sulle spalle.
Sorrisi teneramente, accendendo poi il fornello. - Ti sto preparando un po' di minestra.. -, lo informai.
- Minestra? -, domandò, con tono quasi disgustato.
- Sì, e lo so che non la sopporti, ma ti farà bene, almeno è qualcosa di caldo -, gli dissi.
- E se bevessi del thé? Andrebbe bene anche quello alla cannella e alla arancia! -, provò.
Sospirai, rassegnata a quel suo comportamento da bambino, spegnendo subito dopo il fuoco. - Mi chiedo quando la smetterai di comportarti come un bambino -, gli domandai, retorica, sorridendo comunque.
- Mai, è questa la cosa più brutta, se hai ancora intenzione di farlo..sposerai un bambino -, mi ricordò, facendo in modo che la stretta al mio stomaco tornasse a farsi sentire prepotentemente, come succedeva tutte le volte in cui ero veramente felice.
Sorrisi allora di nuovo ampiamente, poco prima di parlare di nuovo. - Si, ho ancora intenzione di sposarti, ma tanto ho accettato la storia del tuo "comportarti costantemente da bambino" quando ci siamo messi insieme, quindi.. -, gli ricordai questa volta io. 
- In effetti.. -, concordò, coprendosi meglio con la coperta, - Allora andata per il thé? -, mi chiese, subito dopo, sorridendo angelicamente.
- Solo perché non mi va di mettermi a discutere con te.. -, approvai, accendendo di nuovo il fornello, dal momento che avrei usato quell'acqua per il thé, tanto non ci avevo ancora messo dentro niente.
- Grazie amore.. -, sussurrò, dandomi poi un bacio sui capelli.
- Sparisci di la ora, devi riposarti -, gli ripetei, questa volta con tono più convinto di quello precedente.
- Va bene, agli ordini.. -, acconsentì, sorridendo un'ultima volta prima di darmi le spalle per andare di nuovo in salone: lo vidi barcollare appena, ma decisi di fare finta di niente, visto che sapevo che odiava quando gli altri si preoccupavano per lui.
Ma questo non toglieva il fatto che doveva prendere qualcosa, almeno per abbassare quella temperatura che, sicuramente, si era già alzata. Lasciai allora li il pentolino, aspettando che l'acqua bollisse, tirando poi fuori dai scaffali tutto quello di cui necessitavo: pane e un barattolo con dentro l'unica marmellata che mangiava senza fare storie. Gliene preparai tre e li misi da parte, tornando allora davanti al fornello e attendendo che in quei minuti l'acqua fosse pronta. Ormai stanca di aspettare, appena poco tempo dopo, decisi di toglierla, tanto non c'era poi tanto bisogno che bollisse, visto che non dovevo più cucinare niente. 
La versai nella tazza che avevo già preso in precedenza, mettendoci poi dentro la bustina del thé; quando fu tutto pronto, tornai di nuovo in salone da lui, trovandolo steso sul divano con aria mezza addormentata e coperto completamente. - Il thé è pronto.. -, lo avvisai, destandolo da quel quasi-sonno.
- Oh..grazie -, sussurrò, strofinandosi gli occhi.
Mi avvicinai piano e poggiai tutto sul tavolino, allungando poi una mano verso la sua fronte. - Scotti peggio di prima, quindi dovrai mangiare qualcosa.. -, lo avvisai subito.
- Tipo? -.
- Tipo panino con marmellata alla ciliegia, almeno avrai lo stomaco pieno per prendere il medicinale -, spiegai.
- Va bene.. -, acconsentì, mettendosi a sedere e prendendolo dalle mie mani, mentre gli sorridevo.
Mi sedetti poi meglio per terra, anche perché non avevo intenzione di muovermi da li, mentre lo guardavo mangiare piano il panino, come se avesse paura di sentirsi male da un momento all'altro, cosa che era anche molto possibile. 
- Odio l'influenza -, sbottò, non appena finì di mangiare.
- Ti rimetterai -, gli promisi, indicandogli la tazza con il thé dentro e facendogli cenno di prenderla, - Io vado a prendere la medicina.. -, lo avvisai, alzandomi poi come al solito a fatica e incamminandomi verso il bagno. Frugai nello scaffale dove tenevo tutto quanto, finché non trovai quello che cercavo, tornando solo allora sui miei passi.
Con mia grande sorpresa, lo trovai a mangiare tranquillamente già il secondo panino, mentre sorseggiava di tanto in tanto il thé. - Bene, vedo che stai mangiando -, sussurrai, avvicinandomi di nuovo. 
- Voglio prendere quella medicina, il mal di testa mi sta uccidendo -, disse, pulendosi la bocca, - E poi ho fame -, aggiunse.
Sorrisi, aprendo poi la scatola e prendendo una sola pasticca, tenendola sul palmo aperto mentre andavo di nuovo a sedermi accanto a lui.
Mangiò anche il terzo panino, bevendo così anche un altro po' di thé, non tutto però. - Bene, fatto -, disse, allungando poi una mano verso di me, - Ora posso prenderla -, aggiunse.
- Sì, ora sì, più o meno -, dissi, porgendogliela subito dopo. 
Non appena la prese se la infilò in bocca, mandandola giù con l'ultimo sorso di thè che era rimasto nella tazza, sbadigliando appena subito dopo. - E ora aspettiamo.. -, disse, stendendosi nuovamente.
- E ora aspettiamo.. -, ripetei, posando il viso sul divano e guardandolo, mentre mi accarezzava il viso.
Sentii poi improvvisamente il campanello suonare, facendomi voltare il viso di scatto. - Aspettavi qualcuno? -, mi domandò Brian.
- No, in realtà no -, fu tutto quello che risposi, alzandomi per la seconda volta da terra e andando velocemente verso la porta, aprendola e ritrovandomi davanti Matt e Valary, - Matt, Val,  ciao, che ci fate qui? -, gli chiesi.
- Ho saputo che il mio chitarrista è malato, così siamo venuti a fare un salto -, rispose.
- Vi consiglio di starmi alla larga, sempre se non volete prendervi anche voi una febbre da cavallo.. -, li avvertì lui, alzando la voce per farsi sentire.
Sorrisi, invitandoli poi ad entrare per chiudere la porta e lasciare fuori il freddo abbastanza pungente di Marzo.
- Tranquillo, non abbiamo paura di un'influenza -, rispose Valary, andando a sedersi su una delle due poltrone.
- Ne dovreste avere invece, il mal di testa mi sta uccidendo.. -, ribatté lui.
- Passerà amore, la medicina dovrebbe fare effetto a breve.. -, lo avvisai, andando a sedermi accanto a lui.
- Speriamo.. -, replicò, appoggiandosi poi con la schiena al divano.
- Mia nipote invece come sta? -, chiese poi Matt.
- Scalcia, vuole già uscire nonostante manchi ancora un mese -.
- E le contrazioni? Ne hai avute? Io so che vengono durante gli ultimi due mesi.. -, chiese Val.
- Ne ho avuta qualcuna, sì, ma niente di insopportabile, per adesso, sono solo qualche fitta di tanto in tanto...il problema è che mi prendono soprattutto di notte.. -.
- ..e questo spiega le occhiaie -, continuò Brian al posto mio.
- Già -, confermai, sorridendo, - E il fatto di dover andare in continuazione al bagno mi sta facendo venire i nervi -, aggiunsi.
- Credo che quello sia il dettaglio più fastidioso di una gravidanza -.
- Si, però è niente in confronto all'emozione di sapere che hai una vita dentro di te.. -, dissi, facendo calare un silenzio pesante nella stanza, lasciandoli senza parole.
- Poetica, amore.. -, osservò Brian, facendomi ridere.
- Ogni tanto capita, dai... -, ribattei, facendoli ridere ulteriormente.
Poi Matt, subito dopo, si voltò di nuovo verso di lui, osservandolo per un momento con attenzione. - Si può sapere quanto hai di febbre, sembri un cadavere.. -.
- 38 e mezzo -, rispose prontamente, tirando su col naso, - Sto uno schifo -. 
- Come sei delicato, Haner, ti facevo più combattivo e forte -, lo prese in giro.
- Hey, vorrei vedere con te con la febbre alta e il mal di testa! -, sbottò, guardandolo truce.
- Beh dai, intanto pensa a rimetterti -, intervenne Valary, ponendo così fine a quel piccolo battibecco che si era venuto a formare.
- Ci sta pensando la medicina, io intanto me ne rimango qui sul divano a non fare niente -.
- ..cosa che fai anche quando non sei malato -, gli fece osservare Matt, ricevendo un'altra occhiata truce.
- Matt, ti strangolo -, gli promise lui, con un sorrisetto maligno stampato sulle labbra.
- Okay, scusa, la smetto giuro -, promise, alzando entrambe le mani in segno di resa.
- E' meglio per te -, rimbeccò Brian.
- Ah, sai che paura -, sbottò lui.
- Ne avrai quando ti picchierò -, lo minacciò ancora, mettendosi a sedere meglio e allungandosi così meglio verso Matt, anche se si capiva perfettamente che stava scherzando.
Alzai lo sguardo verso Valary, che mi guardava a sua volta con aria quasi disperata, mentre scuoteva impercettibilmente il capo. Mi venne comunque da ridere, dato che quei due continuavano a bisticciare li davanti ai nostri occhi, senza pensare neanche più a noi. 
 
***
 
Dopo una serie infinita di sbadigli, Brian si era addormentato di nuovo: solo allora sia Matt che Valary andarono via, lasciandoci di nuovo da soli.
- Mi sono addormentato..? -, domandò, con voce assonnata, facendomi voltare di scatto verso di lui, anche perché mi aveva praticamente fatto prendere un colpo.
- Sì, sei crollato..e penso che tu abbia ancora sonno -, dissi, avvicinandomi di nuovo a lui: ero a qualche passo dal divano quando invece una forte fitta mi colpì, quelle a cui ormai mi ero semi-abituata. Mi portai così istintivamente una mano sul punto preciso, emettendo un piccolo rantolo di dolore.
Restai ferma lì, non accorgendomi neanche che Brian ero corso al mio fianco, circondandomi la vita per tenermi su in modo che non cadessi per terra. - Contrazione..vero? -, chiese.
Annuii debolmente. - Si, questa ha fatto male, davvero -, risposi, sentendo che piano piano quel dolore stava andando via, facendomi rilassare di nuovo. 
- Vieni, siediti -, mi intimò, come se in quel momento la malata fossi io.
Mi lasciai guidare senza protestare, visto che altri piccoli dolori si stavano facendo di nuovo strada dentro di me: mi lasciai andare subito sul tessuto morbido del divano, prendendo dei respiri lunghi e profondi. - Sto bene..sto bene.. -, biascicai, riaprendo piano gli occhi, - Mi ci dovrò abituare, meglio prima che dopo.. -, aggiunsi, sorridendo. 
- Forse dovremmo andare in ospedale, per una veloce visita, magari.. -, propose, con tono apprensivo. 
- No, non serve, sono normalissime all'ottavo mese e poi la visita è già prenotata per il prossimo, è tutto okay.. -, gli assicurai, voltandomi a guardando e posando subito una mano sulla sua fronte, che sembrava scottare molto meno rispetto a prima, - Credo che ormai la febbre si sia abbassata -, aggiunsi.
- Si, mi sento meglio e ora che ne dici se preparo io qualcosa? -, propose, alzandosi dal divano.
- Che? -, domandai.
- Preparo io la cena -, spiegò, - Tu mi hai aiutato con questa stupida febbre e io preparo la cena -, ripeté, andando poi a passo veloce verso la cucina, dove sparì.
Sorrisi, alzandomi poi dal divano, dato che non sentivo più nessun tipo di dolore, per mia fortuna, raggiungendolo così in cucina e trovandolo già alle prese con i fornelli. Decisi che per quella volta l'avrei lasciato fare, di certo non poteva dar completamente fuoco alla cucina, forse. 
Mentre lo guardavo, aiutandolo di tanto in tanto, la bambina continuava a scalciare, soprattutto quando parlava oppure mi chiedeva qualcosa, cosa che mi fece capire ancora di più quanto la nostra bambina amasse la sua voce. In quei momenti desideravo come non mai che fosse già nata, giusto per poterla tenere in braccio, e magari vederla sorridere con aria disorientata mentre guardava tutti i zii che avrebbe avuto. 
Più ci pensavo e più realizzavo che ormai mancava solamente un mese, cosa che mi rendeva si felice, ma anche spaventata per quello che avrei dovuto passare, soprattutto durante il cosiddetto “travaglio”. Mi venivano i brividi solo a pensarci. 

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Capitolo 54
*** Eventi e idiozie! ***


Ero ufficialmente entrata nel nono mese, da qualche giorno ormai e le contrazioni erano sempre più frequenti e forti: e mi stavano facendo letteralmente impazzire.
- Come va? -, mi chiese Brian, mentre mi aiutava a scendere dalla macchina.
- Bene, bene.. -, mormorai, - Niente altre contrazioni per adesso -, aggiunsi, chiudendo poi la portiera con un tonfo.
- Fantastico, così avrai un po' di tregua -, sussurrò, incamminandosi poi al mio fianco verso l'entrata dell'ospedale.
- Spero tanto che non ci sia la stessa ragazza dell'altra volta alla reception -, sbottai.
- Quale ragazza? -, domandò, con aria vaga.
Mi voltai verso di lui, guadandolo truce visto che sapevo benissimo che ne la ricordava; - Ah si, quella che mi ha spogliato con gli occhi? -, chiese.
- Si, proprio quella -, risposi, - Solo io posso spogliarti con gli occhi -, mi lamentai.
- Tu mi spogli in entrambi i sensi, potresti accontentarti e cedere il resto alle altre -, propose, facendomi sorridere.
- Si, forse non è male come accordo -, concordai, entrando poi dalla porta principale che lui aveva appena aperto davanti ai miei occhi.
Andammo a sederci come al solito in sala d'attesa, mentre gli facevo sentire la piccola che ormai aveva preso a scalciare in maniera più che frequente, vogliosa di uscire.
Nel giro di qualche minuto, la dottoressa Adams ci raggiunse, congratulandosi con me per il bel pancione che avevo: ci intimò poi a seguirla verso lo studio, dove mi avrebbe visitata come al solito.
- Allora, come andiamo con le contrazioni? -, mi chiese, chiudendosi poi la porta alle spalle.
- Si fanno sentire sempre più spesso -, risposi.
- Bene, allora non c'è niente di cui preoccuparsi e ora stenditi sul lettino, così facciamo l'ecografia -, mi ordinò e io obbedii annuendo.
Mi sfilai allora il giacchetto, che Brian prese prontamente dalle mie mani, per poi andare a stendermi e attendendo finché la dottoressa non mi fu accanto: allora alzai la mia maglia già abbastanza larga, rabbrividendo quando mi mise il gel freddo sul ventre.
- Bene, cominciamo -, esordì, impugnando lo scanner e cominciando a spalmare il gel: nel giro di qualche secondo l'immagine di quella che era nostra figlia comparì sullo schermo, riempiendomi il cuore di gioia.
Sentii la mano di Brian cercare la mai e istintivamente la strinsi, senza staccare gli occhi dallo schermo.
- Allora...è in perfetta posizione, tanto per cominciare -, disse, voltandosi poi a guardarmi, - Hai intenzione di fare un cesario o un parto naturale? -, domandò.
- Non lo so, in realtà...lei cosa mi consiglia? -.
- Beh.. -, cominciò, - Io direi un parto naturale, perché la bambina è in perfetta posizione, ma è presto per dirlo, perché è normale che si muova, prima o poi -, aggiunse.
- Io..dovrei partorire tra il 12 e il 15, o così penso.. -.
- Si, diciamo che le date sono in quell'arco di tempo, quindi entro la settimana prossima -.
- Già -, concordai, - E le contrazioni fanno sempre più male -, ripetei.
- Mi sembra strano che il tuo corpo si stia preparando per il travaglio, di già almeno, ma ormai tutto è possibile...potrebbe nascere anche ora, per come la vedo io -.
- Ma la bambina..sta bene, vero? -, chiese Brian, aprendo bocca per la prima volta da quando eravamo entrati.
- Si, sta benissimo, ma vi consiglio di stare all'erta -.
- Tanto sarò la prima a sentire se le acque si rompono -, dissi, ridendo appena.
Anche la dottoressa Adams rise. - In effetti -, concordò, - Comunque sei a posto -, mi ricordò di nuovo, passandomi poi dello scottex per pulirmi dal gel.
Lo feci subito, alzandomi poi e gettandolo nel cestino, non prima di aver tirato di nuovo giù il maglione. - Bene, allora ci terremo pronti -, promisi.
- Bene così, ci vediamo quando la bambina vorrà uscire, allora -, ci "salutò", passandomi poi le ecografie, che questa volta erano due, così che una potessi darla a Mckenna.
- D'accordo, allora arrivederci -, dissi.
- Arrivederci -, salutò anche Brian.
- Arrivederci -, ripeté lei, poco prima che chiudessimo la porta dello studio.
Sospirai liberamente, dato che mi sentivo anche meglio di quando eravamo arrivati. - E anche questa è andata -, commentai.
- Già, e ora possiamo andare dai miei, ci aspetta un bel pranzo, secondo me -, mi ricordò, mentre attraversavamo di nuovo l'ampio corridoio.
 
***
 
Bussai alla porta della camera di Mckenna, visto che Susy mi aveva detto che era li. - Posso? -, chiesi, aprendo un po' di più la porta per guardare dentro.
Si voltò immediatamente a guardarmi, lasciando da parte quello che stava facendo seduto davanti alla sua scrivania. - Amy, ciao! -, mi salutò, - Certo, entra -, aggiunse, facendomi un veloce cenno.
- Va bene -, acconsentii, entrando poi e chiudendomi la porta alle spalle.
- Come è andata la visita? -, mi domandò, invitandomi a sedermi sul suo letto.
Lo feci subito, anche perché le mie gambe erano un po' doloranti ormai. - Bene, benissimo, la bambina è in forma -, la informai, sorridendo ampiamente.
- Ti hanno detto quando nascerà? -.
- Beh, probabilmente entro la prossima settimana, non manca molto ormai -, risposi.
- Davvero? -, chiese conferma, con gli occhi lucidi dall'emozione.
- Si, davvero -, confermai, porgendole poi l'ecografia che avevo in mano, - E questa è per te -, aggiunsi.
Non esitò a prenderla, visto che si era anche avvicinata a me con la sua sedia, guardandola per dei lunghi secondi, totalmente rapita. - Oddio, che cosa...bellissima -, commentò.
- Già, e presto la potrai anche vedere, questa è la parte più bella -. 
A quelle mie parole, non fece altro che sorridere ancora più ampiamente. - E' vero.. -, sussurrò, incupendosi poi nel giro di mezzo secondo, - Spero che il parto vada bene, non vorrei che succedesse qualcosa.. -, aggiunse, appunto.
- Hey.. -, sussurrai, posando una mano sulla sua spalla, - Il parto andrà alla grande, ne sono sicura..e poi, ormai è tardi per tornare indietro, non trovi? -, domandai, sorridendo incoraggiante.
- In effetti.. -, concordò, - Allora possiamo solo aspettare -, disse.
- Esatto -, sussurrai di rimando.
- E comunque...quella volta avevo avuto ragione -, esordì, dopo un momento di silenzio.
- Su cosa? -, domandai, confusa.
- Sul fatto che saresti diventata mia cognata -, spiegò.
- Oh, è vero -, dissi, trovandomi in accordo con lei, voltando poi istintivamente lo sguardo verso il mio anello di fidanzamento.
- Posso rivederlo? -, mi chiese lei, con aria raddolcita.
- Certo -, acconsentii, allungando poi la mano verso di lei, facendo così in modo che la prendesse per osservarlo di nuovo fin quando avesse voluto.
- E' davvero bellissimo...non pensavo che mio fratello avesse dei gusti così buoni in questo campo -, ammise, riuscendo a farmi ridacchiare.
- E' stata una sorpresa un po' anche per me, con tuo fratello è tutta una sorpresa -, dissi, poco prima di sentire Susy dal piano di sotto che ci informava che era pronto il pranzo.
- E ora andiamo a mangiare -, mi intimò lei, sorridendo mentre si alzava dalla sedia.
- Già, ho una fame -, ammisi, poco prima di seguirla al piano di sotto.
Scesi le scale con la mia solita lentezza, grazie anche all'aiuto della più piccola degli Haner, che corse subito verso Susy per mostrarle l'ecografia che teneva ancora saldamente in mano.
Anche lei reagì in maniera esaltata, facendomi di nuovo i complimenti e abbracciandomi calorosamente, mentre raggiungevamo, poco dopo, gli altri in sala da pranzo, dove tutto ero già apparecchiato con grande cura.
- Tutto okay? -, mi domandò Brian, mentre mi sedevo accanto a lui.
- Si, tutto okay -, risposi, dandogli un piccolo bacio sulle labbra.
- D'accordo.. -, sussurrò, sorridendomi ampiamente, poco prima che iniziassimo a mangiare il delizioso pranzo che la mamma di Brian aveva preparato.
Lo consumammo parlando e scherzando, mentre i suoi genitori continuavano a guardare di continuo la mia ecografia, facendo commenti di tanto in tanto.
- Quindi entro la prossima settimana, eh? -, domandò Brian, o meglio, il papà di Brian.
- Sì, ma per la dottoressa potrebbe nascere anche tra due giorni o cose così, andremo in ospedale non appena la contrazioni diventeranno più forti -, spiegai, stringendo la mano di Brian sotto il tavolo.
- Così avremmo tutto il diritto di  cominciare a sentirci un po' vecchi -, commentò Susy, ridendo.
- Beh, avete ancora una settimana per scatenarvi, dopodiché diventerete dei nonni che amano tanto la loro nipotina -, li avvertì Brian, con tono scherzoso.
- Saremo esattamente così, dei nonni modello! -, promise Susy, - E per il matrimonio invece, ne avete parlato? -, domandò subito dopo.
Appena pochi secondi dopo quella domanda, tutti e tre si allungarono sui loro posti, posando entrambe le braccia sul tavolo in attesa di una risposta: l'avevano fatto praticamente tutti e tre insieme, e la cosa mi spaventava un pochino, però era anche incredibilmente divertente.
- Abbiamo..deciso che organizzeremo tutto non appena la bambina sarà un po' più grande, quindi tra qualche mese -, spiegò loro Brian, rubandomi le parole di bocca.
- Sarà tutto bellissimo, me lo sento! -, trillò Susy, di nuovo eccitata.
- Certo, anche perché ho deciso di lasciare a te il comando, se vuoi accettare l'incarico.. -, le proposi, mordendomi lievemente il labbro inferiore.
- Oh davvero? Ma certo che accetto l'incarico! Sarà il matrimonio del secolo!! -, esordì, alzandosi di scatto dalla sedia.
- Mamma, mi raccomando...niente...cose esagerate, okay? Vogliamo una cosa intima.. -, si affrettò ad aggiungere Brian, per evitare qualsiasi equivoco.
- Oh, ma certo, lo so come sono i vostri gusti, sarà il qualcosa di intimo, e carino e ci saranno i fiori, adoro i fiori! E li adorate anche voi, vero? -, ci domandò, ormai troppo su di giri per essere fermata in qualsiasi modo.
- Si si, amiamo i fiori.. -, rispondemmo, praticamente in coro, aiutandoci a vicenda per dare la risposta più giusta.
- Bene, benissimo! E ora vado a prendere la torta che ho preparato, solo un istante! -, aggiunse, sparendo poi verso la cucina.
- Non potete più fermarla, lo sapete vero? -, ci chiese il papà di Brian, mentre ridacchiava.
- Si, ma è un rischio che possiamo correre -, risposi io, voltandomi poi a guardare Mckenna, - E anche tu avrai un ruolo, ovviamente -, aggiunsi.
- Io? -, chiese, indicandosi con sguardo confuso. 
- Certo, non potrei mai lasciarti fuori, per questo ho deciso che sarai una delle damigelle -, la informai.
- ...e vedrai l'abito da sposa prima di me -, aggiunse Brian, prima che esplodesse in un fiume di “Oddio” e “Grazie” ripetuti non so quante volte, mentre si alzava e mi veniva incontro, abbracciandomi.
Rimasi seduta, ricambiando comunque quel suo abbraccio, sorridendo felice. - Non c'è di che, sono contenta che la notizia ti renda così felice -, ammisi.
- Sono elettrizzata! Non vedo l'ora! -, esordì, allontanandosi poi da me, giusto pochi secondi prima che Susy facesse ritorno con la sua torta tra le mani. 
- Eccomi, spero vi piaccia! E' al cioccolato -, ci disse, posandola poi con cura sul tavolo.
- Adoro il cioccolato -, replicò Brian.
- Io sono incinta, adoro tutto quello che è dolce -, ammisi, sorridendole mentre la tagliava a pezzi, porgendone poi un po' a tutti noi. 
Era proprio mentre mangiavo che ebbi un'altra contrazione, che mi prese parecchio alla sprovvista, facendo scappare dalle mie labbra un gridolino che allarmò tutti quanti. Afferrai subito di nuovo la mano di Brian, stringendola più che potevo, fino a farmi diventare le nocche bianche. - Okay..questa era discreta -, commentai.
- Più forte delle altre -, mi chiese, preoccupato.
- Si, un pochino..ma ora è tutto okay, sto bene -, sussurrai, con un filo di voce, mentre facevo dei respiri piccoli e profondi.
- Forse è meglio se la porti a casa, Brian...non mi sembra nel pieno delle forze -, propose Susy, evidentemente preoccupata a sua volta.
- Sto bene, davvero.. -, ripetei.
- No, ha ragione, stamattina eri già in piedi alle 7, non hai dormito neanche 5 ore -, mi ricordò lui, mentre mi aiutava ad alzarmi.
- Questo perché questa calciatrice si annoiava -, dissi, ridendo mio malgrado, portandomi poi una mano sulla pancia.
- Posso venire con voi? Non voglio rimanere qui a casa! -, disse Mckenna, mentre stavamo quasi per uscire dalla sala da pranzo.
- Tesoro, forse è meglio.. -.
- No.. -, la interruppi, - No, puoi venire, non c'è nessun problema -, mi affrettai ad aggiungere.
- Sì, lasciala venire...stasera la riaccompagno io dopo cena, d'accordo? -, disse Brian ai suoi, convincendoli del tutto.
- Va bene...allora, fai la brava! -, le fece promettere, mentre prendeva in fretta e furia il suo giacchetto.
- Si, mamma, tranquilla! -, ribatté, seguendoci poi all'esterno della casa.
 
***
 
Da quanto eravamo tornati a casa, Amy non aveva più avuto nessun tipo di contrazione, cosa che mi fece tirare un sospiro di sollievo.
Sapevamo che ormai il momento stava per arrivare, ed entrambi eravamo visibilmente spaventati, ma anche impazienti di tenere tra le braccia la nostra piccola.
- Sei pronto a diventare papà? -, mi chiese mia sorella, comparendo alle mie spalle nella grande cucina.
Mi voltai di scatto a guardarla, chiudendo lo sportello della dispensa che avevo aperto per cercare una cosa che neanche ricordavo più. - Mi hai fatto prendere un colpo.. -, fu tutto quello che dissi, inizialmente.
- Sono una ninja, non è una novità -.
- Sei una nana, altro che ninja -, ribattei.
- Ma se sono alta quasi quanto te! -, mi ricordò, ridendo.
- Quando avrai 30 anni, forse.. -, dissi, - E comunque, sì...sono pronto, ho avuto nove mesi per prepararmi...cioè, sei, ma fa lo stesso -, aggiunsi, correggendomi poi velocemente. 
- Sei mesi sono tanti.. -, commentò.
- Infatti ormai sono pronto, darò il meglio di me -.
- Oh, lo sappiamo tutti che lo farai, è lei che è riuscita a tirare fuori il meglio di te, lo sai vero? -, domandò.
- Che intendi dire? -.
- Da quando lei è nella tua vita, sei cambiato...in senso positivo, lei è riuscita a renderti migliore di quello che eri, non so come abbia fatto, però c'è riuscita.. -, mi spiegò.
Sorrisi, pensando che, nonostante tutte le prese in giro che le lanciavo, quella ragazza, la mia sorella, era davvero molto intelligente. - Beh, bene così allora...di sicuro mi ha insegnato ad amare di nuovo -, ammisi, sbirciando poi dalla cucina per controllare cosa stesse facendo: non si era mossa da come l'avevo lasciata, era sempre seduta sul divano, con aria stanca, mentre si accarezzava distrattamente il pancione.
- Sì, ti ha fatto credere di nuovo nell'amore, cosa che non facevi da un sacco di tempo -, concluse, tornando poi in salone da lei, che l'accolse di nuovo con un sorriso a 32 denti.
Ero contento del tipo di rapporto che quelle due avevano; erano sempre andate d'accordo, fin da quando Mckenna era piccola e Amy era stata una delle prime persone a prenderla in braccio, dopo i miei...e anche la prima a farle da babysitter. Quei ricordi sembravano così lontani, quasi come se appartenessero del tutto ad un'altra vita.
 
***
 
- Maaaaaaaanca poco! -, esordì Helena, facendomi ridere, anche perché continuava a saltellare con un elfo di qua e di la.
- Lo so che manca poco, me lo ricordi tutti i giorni -.
- Qui non ho ancora capito come passa il tempo, quindi preferisco ripeterlo per essere sicura che tu non lo dimentico -, spiegò.
- Amy è incinta e sta per sposarti con il mio migliore amico e secondo te me lo scordo, ti sembra una cosa possibile? -, domandai, con un tono carico di ovvietà, ma comunque divertito.
- Effettivamente no, ma prevenire è meglio che curare -, sussurrò, - Dici che sarà con lei quando partorirà? -.
- Si, ovvio, e spero che non svenga durante il parto, per fortuna è sempre stato forte di stomaco.. -, ricordai a me stesso, con un sospiro di sollievo.
- Beh, allora non c'è niente di cui preoccuparsi...la piccola nascerà, si sposeranno e saranno felici insieme, proprio come entrambi meritano -.
- Si, è vero.. -, concordai, sorridendo ampiamente, - Loro lo meritano -, aggiunsi.
- E tu meriti un po' di divertimento...che dici, andiamo a combinare qualche idiozia? -, propose, eccitata da quella prospettiva.
- Non le abbiamo già combinate tutte? -, chiesi, con tono confuso.
- C'è sempre qualcosa da inventarsi... -, disse, cominciando a saltellare davanti a me, allontanandosi, - Pensavo avessi più fantasia! -, aggiunse.
- Hey, io ho fantasia! -, protestai, mentre la seguivo, decidendo che anche per quel lungo giorno mi sarei dedicato solo ed esclusivamente a qualche stupidaggine. Tanto non potevano di certo cacciarci dal paradiso...o qualsiasi cosa fosse

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Capitolo 55
*** Due nuovi arrivi. ***


Mi ero svegliata presto, troppo presto anche per il sole e sicuramente non mi sarei riaddormentata: restai allora per un po' al letto, al caldo sotto le coperte, decidendo poi, dopo svariati minuti, di alzarmi per andare un po' al piano di sotto, così che potessi anche prepararmi una tazza di thé caldo.
La casa era silenziosa e tutto quello che sentivo era il respiro di Brian che continuava a dormire beato.
Gli rivolsi un dolce sorriso, socchiudendo poi la porta della camera e incamminandomi verso le scale che scesi scalino dopo scalino.
Mi strinsi nella maglia del mio pigiama, mentre avanzavo verso la soglia della cucina, prendendo subito dopo il pentolino dove mettevo sempre l'acqua a bollire: lo riempii quasi fino all'orlo, dato che non era molto grande e poi lo misi sul fuoco, riscaldandomi un po' con il calore che la fiamma emanava.
Fuori si intravedeva solamente un misero spiraglio di luce, dettato dal sole che ormai stava sorgendo: mi dissi di rimanere li, giusto per riscaldarmi un po' almeno le mani, ma non resistetti e così mi avvicinai praticamente subito alla finestra, per ammirare quello spettacolo naturale che avevo sempre amato fin da bambina. Il ticchettio continuo dell'orologio in salone era l'unica cosa che sembrava star rovinando quel momento che io reputavo magico, ma decisi che per una volta potevo anche ignorarlo e concentrarmi unicamente sull'arancione che piano si stava facendo strada tra le nuvole che non portavano di sicuro pioggia. Sospirai, notando solamente allora qualcosa nel prato, proprio li davanti: allungai il collo, incuriosita, per vedere meglio e riuscii così ad intravedere quello che sembrava un gattino, randagio probabilmente. Mi morsi lievemente il labbro inferiore, pensando che non era per niente una buona idea andare in quel momento li fuori per provare anche solo lontanamente a prenderlo, anche perché Pinkly non avrebbe gradito molto, anzi, per niente.
Sbuffai appena, sentendo poi subito dopo la piccola scalciare: chinai allora il viso verso il mio pancione, pensando che non sapevo se interpretarlo come un segno o meno. Alla fine scossi il capo, decidendo di provare, in fondo...non costava niente. Me ne tornai così di nuovo in salone, lasciando il pentolino con l'acqua sul fuoco, visto che mancava ancora un bel po' prima che bollisse, stringendomi nuovamente nella mia maglietta e aprendo subito dopo la porta: uscii sul portico, notando immediatamente che si era alzato di scatto dalla posizione rannicchiata che aveva tenuto per chissà quanto tempo.
- Tranquillo..o tranquilla -, sussurrai, anche se sapevo che era inutile, provando ad avvicinarmi.
Pensai che sarebbe scappato a gambe levate, come ogni altro gatto normale avrebbe fatto e invece eccolo corrermi improvvisamente incontro, cominciando a strofinarsi sulle mie gambe. Abbassai lo sguardo, guardando l'animale con aria confusa ma decidendo alla fine di prenderlo in braccio: controllai velocemente, e arrivai alla conclusione che era un maschio. - Bene, ciao gatto.. -, lo "salutai".
Per tutta risposta, lui miagolò, passando la piccola zampetta sulla mia guancia, senza graffiarmi o altro, tuttavia. Sorrisi lateralmente, stringendolo poi a me mentre rientravo in casa, trovandomi però immediatamente Pinkly davanti, che scodinzolava: sperai con tutta me stessa che non abbaiasse.
Il gattino si aggrappò subito a me, mentre invece l'adorabile cagnolina di Brian se ne tornava verso il divano, salendoci sopra e sedendosi comodamente, guardandomi come se mi aspettasse. - Che cerchi di farmi capire? -, domandai retorica, mentre mi avvicinavo.
Tutti sapevano che i gatti e i cani non andavano mai d'accordo, eppure lei non aveva fatto storie, non ancora almeno, quindi tanto valeva tentare: tornai così diretta verso il divano, dove mi sedetti, posando il gatto proprio accanto a me. Rimasi ad osservarli per un po', mentre si annusavano a vicenda, temendo per un momento il peggio: stavo addirittura quasi per riprendere il gattino in braccio, che tra l'altro era una piccola palla di pelo bianca e grigia, con degli enormi e teneri occhi verdi, quando invece Pinkly gli leccò il muso, starnutendo subito dopo a causa probabilmente del peli. In breve tempo, stavano tranquillamente giocando, senza mordersi né altro, solamente giocando. - Oh, bene...andate persino d'accordo, speriamo che sarà l'inizio di una lunga amicizia.. -, commentai, alzandomi subito dopo di nuovo dal divano per tornare in cucina, dal momento che l'acqua del thé stava bollendo.
 
***
 
Allungai una mano verso il posto che spettava ad Amy, accanto a me, e lo trovai vuoto: ci misi un po' ad elaborare, ma alla fine aprii gli occhi e mi resi davvero conto che lei non era li. Esitai ancora un momento nel letto, sentendo poi dei rumori che provenivano dal piano di sotto, gli stessi rumori che mi fecero alzare definitivamente dal letto.
Scesi le scale mentre mi strofinavo il viso, rischiando apertamente di inciampare e magari farmi tutti gli scalini con il culo, cosa che per fortuna, non successe. Riaprii del tutto gli occhi solamente quando arrivai in salone, dirigendomi verso il divano, con il viso inizialmente chinato. - Buongiorno amor...aaah -, mi interruppi, porgendo lo sguardo sul gatto che teneva in braccio, gatto che tra l'altro Pinkly osservava scodinzolando.
- 'Giorno amore.. -, replicò lei tranquillamente, sollevando poi il viso verso di me mentre ancora sorrideva, notando subito la mia espressione confusa, - Qualcosa non va? -, mi chiese allora.
- Quello da dove spunta fuori? ...e perché Pinkly non l'ha ancora sbranato, odia i gatti, molto.. -, domandai, notando invece che il suo comportamento nei confronti di quel cucciolo di gatto erano tutt'altro che omicidi.
- Era qui davanti casa tutto solo...mi ha fatto tenerezza e sono uscita per vedere se potevo fare qualcosa, così lui mi corso incontro e non ho resistito.. -, mi spiegò, mentre le faceva le fusa.
- Lui? -, chiesi, avvicinandomi.
- Sì, è un maschietto.. -, sottolineò, sollevando poi di nuovo il viso e guardandomi con aria preoccupata, - Possiamo tenerlo..vero? Non lo voglio lasciare di nuovo li da solo.. -, mi domandò, puntando quei suoi grandi occhi verdi nei miei.
- Se ti piace, certo..lo possiamo tenere -, concordai, dopo un'esitazione, andando poi a sedermi accanto a lei.
- Grazie amore! -, trillò tutta felice, posandolo sul divano e gettandomi entrambe le braccia al collo.
Risi. - Non c'è di che, basta che Pinkly non combini.. -, cominciai a dire, bloccandomi poco dopo nel vedere che avevano preso a giocare tranquillamente, ignorando il fatto che erano praticamente nemici per natura, - ..niente -, aggiunsi ugualmente, pochi secondi dopo, mentre si allontanava per guardare a sua volta.
- Vanno molto d'accordo, strano ma vero.. -, mi confermò.
- Già, lo vedo...hai già scelto un nome o ancora non ne ha uno? -, le chiesi, ricacciando indietro uno sbadiglio.
- No, ancora non ce l'ha..mi aiuti? -, propose, sorridendomi teneramente.
- D'accordo -, risposi, dandole un bacio a fior di labbra, - Ma sappi che non ho molta fantasia con i nomi, ti dico solo che Pinkly l'ha scelto mia madre.. -, aggiunsi.
- In realtà neanche io ho molta fantasia.. -, ammise, chinando il capo e riprendendo a coccolare il gattino senza nome.
Provai a pensare, per qualche secondo, ma alla fine arrivai come al solito ad una conclusione stupida. - Chiamiamolo Vodka.. -, proposi.
Si voltò subito a guardarmi, con un'aria che era un misto tra il divertito e il confuso. - Si, certo, e perché non chiamarlo direttamente Whiskey? -, ribatté.
- Hey, guarda che secondo me è un bel nome per un gatto, lo trovo carino.. -, dissi, stringendomi nelle spalle.
- Mhh..e se lo chiamassimo Leon?? -, propose.
- Leon? Come quello di Resident Evil? -, chiesi.
- ..no, Leon come..Leon -, disse, - Oppure Scott! O Kennedy, Kennedy non è male! -, aggiunse.
- Hai appena formulato il nome completo del protagonista del gioco per il quale hai un'ossessione, lo sai vero? -, le feci notare, non riuscendo a non ridacchiare.
- Aah..Leon Scott Kennedy -, sospirò, con aria sognante, come se stesso parlando di una persona vera.
- Hey, basta Leon...chiamiamolo.. -, cominciai a dire, lasciando però in sospeso quella mia frase, dal momento che quel gattino aveva di nuovo catturato la mia attenzione: era sceso velocemente dal divano e aveva cominciato ad avvicinarsi al mobiletto dove tenevo le chiavi di casa, allungando le zampetto proprio li sotto e riuscendo alla fine ad afferrare un vecchio pupazzetto con cui Pinkly non giocava più da un sacco di tempo, pupazzetto che pensavo di averle perso ormai da...non ricordavo, probabilmente qualche mese, - Sherlock -, proposi alla fine, voltandomi a guardarla, convinto come non mai che fosse una buona idea.
- Sherlock.. -, ripeté, - Sì, mi piace! -, aggiunsi, sorridendo ampiamente mentre tornava verso il divano, trascinando con se il pupazzo che aveva appena trovato.
- E' appropriato, ha trovato quel pupazzo di Pinkly che pensavo fosse andato perso da tempo -, le spiegai.
- E' un gatto intelligente.. -, mormorò, - Vero Sherlock? Sei davvero bravo.. -, aggiunse poco dopo, mentre saliva sul divano, posizionandosi poco dopo di nuovo sulle sue gambe e accomodandosi li.
- Sì.. -, concordai, accarezzandogli poi la testolina, - E non mi ha ancora morso né graffiato, il che è un buon segno -. 
- Non morde, né graffia, è solo tenero e vuole un sacco di coccole -, mi disse, nello stesso momento in cui cominciava a strofinare la sua testolina sulla mia mano, facendomi le fusa, - Vedi? -, chiese.
- Sì, è vero -, concordai, sorridendo, - Penso che andremmo d'accordo -, sussurrai poco dopo, sbadigliando, dal momento che questa volta non ero riuscito a trattenermi, nonostante ormai fossero le nove passate. Mi chiedevo da quanto fosse sveglia.
- Anche secondo me e magari andrà d'accordo anche con la bambina -, azzardò.
- Vedremo.. -, risposi, sorridendole.
Al contrario di quello che avevo pensato, non mi rispose, solo mi rivolse un'occhiata silenziosa. - Penso che lo vedremo presto.. -, disse alla fine, con sguardo vitreo, - Perché mi si sono rotte le acque -, aggiunse poco dopo, quasi in un sussurro, gettandomi nel totale panico.
- Oh..oh mio dio -, dissi, alzandomi poi di scatto dal divano, felice per la prima volta in vita mia di essere andato a dormire con dei semplici pantaloni della tuta, - Dobbiamo andare in.. -, cominciai a dire, ma un suo gridolino mi precedette, un gridolino che spaventò sia Sherlock, che Pinkly, che...me, soprattutto me.
- Contrazione... -, mormorò, mentre l'aiutavo ad alzarsi. Lasciai la sua mano solamente per afferrare le mie scarpe da per terra, infilandomele in fretta e furia, cercando di non farmi prendere dal panico, non più di quanto non avevo già fatto. Afferrai all'ultimo anche il mio cellulare, perché ero sicuro che mi sarebbe servito.
Per fortuna lei le scarpe le aveva già, anche se non sapevo bene perché: decisi che quello non era proprio il momento adatto per fermarmi a parlare, così afferrai le chiavi di casa e della macchina e mi precipitai fuori con lei, aiutandola a salire mentre continuava ad avvertire forti dolori, ormai uno a circa 5 minuti di distanza dall'altro.
Per tutto il tragitto mi imposi di stare calmo, anche se i lamenti di Amy non aiutavano per niente e quando arrivammo all'ospedale tirai un sospiro di sollievo, affrettandomi poi a scendere per andare ad aprirle la portiera: per fortuna, fuori dalla porta d'entrata c'erano due infermiere, probabilmente in pausa, che non appena ci videro ci corsero incontro, aiutandoci. - Contrazioni ogni? -, mi chiesero, non appena fummo dentro.
- 5 o 7 minuti.. -, risposi subito.
- Sta entrando in travaglio -, mi informò, - E' la dottoressa Adams che vi segue, giusto? -, chiese poi.
- Si -, sbottai.
- Allora la portiamo immediatamente da lei, deve vedere le sue condizioni -, spiegò, facendo poi sedere Amy su una sedia a rotelle, mentre continuava a prendere respiri profondi e lunghi, afferrando e stringendo la mia mano.
- Sono qui amore, sono qui.. -, le dissi, seguendola poi insieme alle infermiere verso lo studio della dottoressa, che ci accolse prontamente, ordinando alle ragazze di farla stendere subito per un veloce controllo: io cominciai a camminare su e giù per la stanza, mentre lei in modo molto professionale manteneva la più assoluta calma, dicendomi poco dopo che era in pieno travaglio e anche parecchio dilatata. Da li cominciò la corsa verso la sala operatoria, dove decisi di entrare all'ultimo minuto, sperando di non svenire. Le tolsero i vestiti, con cautela, mettendole addosso solamente il classico camicie bianco, poco prima di farla stendere di nuovo, questa volta sul lettino dove avrebbe dato alla luce la nostra bambina.
- Brian.. -, mi chiamò lei, in un sussurro, prendendo di nuovo la mia mano.
- Sì, sono qui, qui accanto a me.. -, dissi, cercando di farle coraggio, - Andrà tutto bene -, le promisi, baciandole la fronte e vedendo poco dopo il suo viso contorcersi di nuovo in una smorfia di dolore lancinante, dovuto all'ennesima forte contrazione.
Pochi secondi dopo, la dottoressa Adams fece di nuovo la sua entrata nella sala, totalmente pronta per affrontare il parto di Amy, sicuramente più di quanto lo eravamo noi. - Amy, ora ascoltami.. -, cominciò, attirando la sua attenzione, come anche la mia, - Prendi dei respiri lenti e profondi, la dilatazione è praticamente completa e quando ti dirò di spingere, prendi tutto il coraggio che hai e fallo, okay? -, le domandò.
Tutto quello che lei fece fu annuire, stringendo con ancora più forza la mia mano, mentre la Adams continuava a controllarla ogni due secondi. - D'accordo, ci siamo, okay tesoro? -, l'avvisò e lei annuì semplicemente per la seconda volta, - Ora..spingi! -, la intimò e lei obbedì, dopo una o forse più esitazioni.
- Brava, brava così.. -, si complimentò con lei, - Continua, con tutta la forza che hai, anche se fa male -, aggiunse e quello spingere continuò in eterno, o così sembrò a me e chissà grazie a cosa non svenni: mi voltai allora a guardare il grande orologio appeso alla parete, che in quel momento segnava le 10.15, il che voleva dire che eravamo li da quasi un'ora e un quarto. 
La mia testa aveva ormai iniziato a girare vorticosamente, rischiando di farmi cadere a terra come un sacco di patate più di una volta: ad un certo punto, semplicemente, i suoni intorno a me svanirono, lasciandomi da solo con il mio respiro corto. Non sentivo più le urla di Amy, né gli incoraggiamenti della dottoressa Adams, ero come se fossi solo in quella stanza.
Scossi il capo, impercettibilmente, tornando così alla realtà di quella situazione e voltandomi a guardare Amy: aveva abbandonato il capo contro il cuscino e la sua fronte era completamente imperlata di sudore a causa di quell'eccessivo sforzo. - Bravissima, così...ecco, ci siamo, vedo la testa! -, disse la dottoressa, - Un altro piccolo sforzo Amy, l'ultimo.. -, le promise, preparandosi poi a prendere la piccola, non appena fosse uscita.
In quel momento, mi resi conto che invece di continuare a dare il meglio di se, non stava facendo più assolutamente niente, non spingeva neanche più e la cosa, per  un momento, mi terrorizzò. - Amore no, non puoi mollare adesso.. -, le dissi, preoccupato come non mai che potesse gravare sul bambino, o comunque su di lei, - Amy, ascoltami...ci sei quasi e dopo potrai stringerla, devi solo continuare a spingere.. -, aggiunsi, vedendo una lacrima sfuggirle e scendere piano lungo la sua guancia, mentre riprendeva a spingere con più decisione di prima, sollevando di nuovo il capo e guardando fissa negli occhi la dottoressa. - Io sto spingendo.. -, sussurrò, parlando per la prima volta, - ..ora lei mi aiuti tirando fuori del tutto mia figlia -, aggiunse, facendoci sorridere entrambi.
Per i minuti che susseguirono, continuai anche io ad incitarla, visto che ormai l'ansia che avevo accumulato era andata pian piano scemando, fino quasi a svanire del tutto, finché non la vidi, finché non vidi mia figlia: la dottoressa l'aveva presa e la teneva stretta, mentre piangeva, completamente sporca.
- Ciao piccola.. -, sussurrò la Adams, sorridendo mentre si alzava e la copriva del tutto con un asciugamano verde, - Qui c'è qualcuno che vuole vederti.. -, aggiunse, porgendola poi con cautela ad Amy che, nonostante la stanchezza, la presa prontamente, iniziando a piangere poco dopo. Sollevò poi il viso verso il mio, mentre io mi chinavo a baciarla, prima di volgere di nuovo lo sguardo verso la nostra bambina. - Guardala.. -, mi intimò lei, - E'..stupenda -, aggiunse.
- Vi lascio da soli per un po', passerò tra un po' per gli esami -, ci avvisò la dottoressa, sorridendoci ampiamente e facendo per uscire dalla sala.
- Grazie.. -, mi affrettai a dire, poco prima che aprisse la porta.
- Non c'è di che, ho solo fatto il mio lavoro -, ribatté.
- Ha fatto un ottimo lavoro.. -, concordò Amy, rivolgendole un'occhiata piena di gratitudine, poco prima che ci lasciasse davvero da soli.
La piccola aveva smesso di piangere, ormai, e così se ne stava semplicemente tra le braccia dalla madre, allungando la manina nella speranza di riuscire a toccarla. Era così piccola, eppure incredibilmente bella, era la creatura più bella che avevi mai visto ed era mia, era la mia bambina.
- Sei così bella.. -, sussurrai.
- Prendila.. -, mi intimò lei, facendo appello alle sue ultime forze per porgermela.
Inutile dire che non vedevo l'ora di stringerla a me, ma una volta che fu tra le mie braccia, tutto si amplificò improvvisamente, diventando molto più bello di quello che avrei anche solo lontanamente provato ad immaginare. Quando mi vide mi sorrise, allungandosi e cercando di toccare anche me, facendomi quasi piangere del tutto. - Sei qui, finalmente.. -, fu tutto quello che dissi, troppo preso dal mio vortice interiore di emozioni per pensare qualcos'altro.
- Ne è valsa la pena, tutto quel dolore è niente in confronto a questo.. -, sussurrò lei, quando mi avvicinai e la posai di nuovo delicatamente tra le sue braccia, ascoltandola mentre faceva dei continui versetti.
Non me la sentii di ribattere, perché aveva completamente ragione: niente sarebbe mai stato al pari di quel momento, niente e assolutamente niente, e lo sapevamo bene entrambi. Proprio come la dottoressa ci aveva precedentemente detto, tornò di nuovo nella sala per visitare Amy e assicurarsi che stesse bene. Quella era la prassi dopo ogni parto.
Diede la bambina alla stessa infermiera che ci aveva soccorso all'entrata dell'ospedale, che aveva il compito di portarla all'incubatrice e di scrivere quale sarebbe stato il suo nome: glielo dicemmo e poco dopo la guardammo mentre se ne andava con in braccio la nostra piccola Caroline. Nonostante volessi ritardare il più possibile quel momento, alla fine dovetti andarmene per lasciarle da sole, così avrei anche potuto avvisare gli altri di venire immediatamente in ospedale. Prima di uscire mi avvicinai di nuovo a lei e le dissi che l'amavo, più della mia stessa vita, riuscendo poi anche a baciarla e promettendole che ci saremmo rivisti non appena quelle due successive ore fossero scadute. 
Quando uscii definitivamente, venni presi subito dalla voglia di rientrare, per stare li con lei, ma ovviamente non mi era permesso: così, tutto quello che feci fu tirare fuori dalla tasca dei miei pantaloni il cellulare, componendo il numero di Matt per dargli quella notizia. Notizia che poi lui avrebbe detto a tutti gli altri.
Da quel poco che capii, per colpa dei continui gridolini di gioia di Valary, sarebbero venuti prestissimo e avrebbero chiamato anche gli altri durante il tragitto, così che potessero essere li. Stetti per un po' seduto su una sedia, ripensando a tutto quello che era successo nel giro di poco più di un'ora e un quarto. Rimasi li per quasi mezz'ora ma, alla fine, decisi di chiedere informazioni, incamminandomi così verso la stanza dove si trovavano tutti i neonati, riposti ognuno in una sua piccola culla e distinti da una coperta celeste o da una rosa.
Quando la raggiunsi, mi sporsi immediatamente verso il vetro, riuscendo alla fine ad individuarla e scoppiando quasi di nuovo a piangere, decidendo però che per quella volta avrei passato, per godermi appieno quel momento. Sei mesi erano passati, per me almeno, eppure ricordavo ancora benissimo il giorno in cui avevo scoperto che Amy era incinta, come se fosse successo il giorno prima. E lei ora se ne stava lì stesa, tranquilla e completamente ripulita, con indosso un body bianco e completamente coperta dalla copertina rosa chiaro. Dormiva serenamente e, in quel momento, non potevo che essere totalmente sereno anche io.

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Capitolo 56
*** Bello essere di nuovo a casa! ***


Ero rimasta in ospedale per altri 2 giorni, dopo il parto, per gli ultimi vari accertamenti e, in quei due giorni, i ragazzi erano venuti a trovarmi: Valary, Lacey e Gena avevano pianto e per poco non lo aveva fatto anche Matt, che alla fine, comunque, aveva deciso di mantenere intatta la sua reputazione da armadio a quattro ante.
Poi, finalmente, il mio ultimo giorno in quel letto d'ospedale era arrivato e me ne stavo tranquillamente sdraiata di fianco, guardando Brian che teneva in braccio la nostra piccola, quasi completamente addormentata, continuando comunque a dondolarsi un po' avanti e un po' indietro.
Era una delle cose più tenere che gli avessi mai visto fare e non riuscivo a non sorridere, in modo molto più spontaneo di quello che avevo immaginato. Era rimasto in silenzio per un po', canticchiando sotto voce una melodia che non riconobbi, poi aveva sollevato il viso verso il mio e mi aveva sorriso ampiamente, stringendosela ancora meglio al petto e lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.
Lui sembrava pieno di forze e pronto a fare qualsiasi cosa, mentre io ero addormentata quasi quanto Caroline, e dovevo sembrare molto un cadavere, vista da fuori.
- Prima che ti addormenti del tutto..vorrei chiederti una cosa -, aveva esordito, costringendomi a riaprire gli occhi che si erano ridotti ormai a due fessure.
- Chiedi pure.. -, l'avevo intimato, sistemandomi meglio sul cuscino fresco.
Lui aveva subito abbassato il viso, usando la piccola come scusa per non guardarmi in viso, tecnica che usava sempre quando era nervoso. - Io.. -, aveva iniziato, facendo poi una piccola pausa, - ..insomma, volevo chiederti se ti andava di venire a stare da me, se vi andava.. anzi.. -, mi aveva chiesto poi, lasciandomi per un momento senza parole, - Lo so che questo di solito si chiede prima di tutto, ma tanto ormai.. -, aveva anche aggiunto, sorridendo e alzando di nuovo lo sguardo, con aria speranzosa, - Allora, che ne dici? -.
Io avevo sorriso, sollevandomi dal mio posto e posando un gomito sul materasso per reggermi. - Dico che saremmo felicissime di venire a stare da te.. -, avevo risposto, sorridendogli e posando due dita sotto il suo mento, mentre mi baciava con infinita dolcezza.
Dentro di me, avevo sempre sperato che lui mi chiedesse una cosa del genere e ormai era anche ora, visto che andavamo ben oltre la semplice coppietta di innamorati alle prime armi: non lo eravamo più da un po', ormai. Istintivamente, quando si allontanò di nuovo da me, il mio sguardo andò a posarsi istintivamente sull'anello che portavo all'anulare, quello che avevo tenuto sempre da quando lui stesso me l'aveva infilato al dito. - Ti sta bene, sai? -, mi chiese lui.
- Solo perché tu hai fatto la scelta più giusta.. -, avevo esordito, sorridendogli prima di allungare entrambe le braccia verso di lui, - E ora posso tenerla un po' in braccio? -, gli avevo chiesto subito dopo, sorridendo ampiamente mentre me la passava: così l'avevo presa, finché non si era addormentata tra le mie braccia, del tutto questa volta.
Poi avevo fatto gli esami, gli ultimi, ultimissimi ed eravamo tornati tutti e tre a casa, dopo un lungo processo di dimissione.
- Siamo a casa, piccola -, esordì lui, mentre si richiudeva la porta alle spalle con un tonfo, porta che lui stesso aveva aperto, dato che io continuavo a tenere Caroline in braccio, nonostante avessimo la carrozzina e tutto il resto.
- Già, questa sarà la tua casa, d'ora in poi -, aggiunsi, cullandola un po' tra le mie braccia.
- E anche la tua -, aveva sottolineato, passandomi accanto non prima di avermi dato un bacio sulla guancia, andando poi velocemente a posare tutti i regali che i ragazzi ci avevano fatto in salone.
- E anche la mia.. -, avevo ripetuto, con aria sognante, ricordandomi solo allora che Caroline aveva sonno e anche parecchio, dal modo in cui continuava a sbadigliare: l'unico problema era che quella che sarebbe dovuta essere la camera della bambina non era ancora pronta, per niente.
- Stavo quasi per andare verso le scale, nonostante tutto, quando invece la voce di Brian mi fermò. - Aspetta...aspetta, aspetta, aspetta.. -, disse, posizionandosi davanti a me e bloccandomi la strada.
- Che c'è? -, gli chiesi, con aria confusa, sorridendo però ugualmente.
- C'è una sorpresa, ecco cosa -, spiegò, - Quindi seguimi di sopra -, aggiunse, facendomi cenno di andare con lui, cominciando a camminare su per le scale prima di me.
Sorrisi di nuovo, seguendolo subito dopo su per i scalini, cosa che mi riusciva molto più semplice da quando non ero incinta: mi assicurai che Caroline fosse sicura tra le mie braccia, mentre guardavo in modo piuttosto paranoico i scalini, mentre camminavo. Quando arrivai sul pianerottolo tirai istintivamente un sospiro di sollievo, anche piuttosto profondo. - Di cosa si tratta? -, gli chiesi, curiosissima come al solito.
- Ora lo vedrai.. -, rispose solamente, voltandosi a guardarmi e fermandosi davanti alla porta di una camera, in parallelo a quella della nostra, - E sappi che è soprattutto merito di Valary, Gena e Lacey...e anche mia e dei ragazzi, noi abbiamo portato su la roba -, aggiunse, attendendo ancora qualche secondo, prima di aprirla del tutto, mostrandomi il suo interno e riuscendo a lasciarmi senza fiato: era tutto...arredato e tutto in ordine e le pareti erano state dipinte di un color crema che era veramente bellissimo. C'era una culla bianco latte addossata alla parete e io, senza neanche accorgermene, ero a bocca aperta e continuavo a guardarmi intorno, meravigliata. - E'...è stupenda -, commentai alla fine.
- Ero sicuro che ti sarebbe piaciuta.. -, mormorò lui, che nel frattempo si era affiancato a me, circondandomi la vita con un braccio, - Le ragazze hanno deciso il colore mentre ci comandavano a bacchetta, dicendoci dove mettere tutte le varie cose...l'unica cosa che mi hanno lasciato scegliere è stata la culla -, aggiunse, avvicinandosi a quest'ultima.
Io, senza aggiungere altro, ma limitandomi a sorridere felice, lo seguii, osservandolo e pensando solamente che, per l'ennesima volta, aveva fatto una scelta più che azzeccata. - E' stupenda anche questa.. -, sussurrai, - Ed è anche arrivato il momento di testarla -, aggiunsi, questa volta sottovoce, dal momento che la piccola si era addormentata, senza neanche il bisogno che la cullassi. Doveva essere proprio stanca morta se era crollata così e io di certo non l'avrei svegliata: Brian si allungò prima di me, così da scoprirla e io, poco dopo, mi chinai per posarla sul materassino che sembrava anche piuttosto comodo, ricoprendola subito e osservandola mentre aveva il dito in bocca e gli occhi serrati dalla stanchezza.
- Torniamo di sotto e lasciamola dormire, qualcosa mi dice che ne ha bisogno.. -, sussurrò lui, prendendomi la mano e trascinandomi praticamente fuori dalla stanza.
- E io ho bisogno del mio fidanzato, invece -, replicai, chiudendomi la porta alle spalle e gettandogli entrambe le braccia al collo.
- Allora seguimi di sotto.. -, mi suggerì, baciandomi appena sulle labbra e portandomi con se verso l'ampia scalinata, - Oh, e c'è anche un'altra sorpresa -, aggiunse, non appena fummo al piano di sotto.
- Evito di chiedere di cosa si tratta, tanto non mi risponderesti.. -, feci io, sorridendo e assecondandolo mentre spariva in cucina, aprendo il frigo ed estraendone una bottiglia di vino rosso, - Uh, vuoi farmi ubriacare? -, gli domandai, divertita.
- Forse, da ubriaca sei uno spettacolo fantastico, soprattutto quando inizi a spogliarti... -, sussurrò, con tono malizioso, chinandosi su di me e rubandomi un altro piccolo bacio.
Ricambia quel suo bacio, sorridendo contro le sue labbra con fare divertito, nonostante sapesse che quella storiella mi metteva parecchio in imbarazzo. - E' successo una volta sola, ma me lo ricorderai a vita, non è così? -, gli chiesi.
- No, magari non a vita, ma io di certo non me lo dimenticherò -, replico, - E ora che ne dici se ti offro un buon bicchiere di vino rosso? Secondo me gradirai -, mi assicurò.
- Non vedo perché dovrei rifiutare, amo il vino rosso -, dissi, andando con lui verso la cucina, dove stappò la bottiglia, mentre io mi occupavo di prendere due bicchieri, che riempii io, entrambi.
- Devo ringraziare anche le altre, quella camera è davvero stupenda -, sussurrai, mentre cercavo di non pensare ai baci che mi stava posando appena dietro l'orecchio.
- Potrai farlo presto, vengono tutti qui verso le 16.00 -, mi informò.
- Davvero? -.
- Si, davvero...il che vuol dire che abbiamo ancora un'ora e mezza da passare insieme -.
- Se la bambina non si sveglia.. -, gli ricordai, voltandomi verso di lui e circondandogli di nuovo il collo con entrambe le braccia.
- Sarò più che felice di cullarla finché non si riaddormenta, in tal caso -, disse.
- Te l'avevo detto che saresti stato un padre perfetto -.
- Questo è ancora tutto da vedere, ne abbiamo di tempo davanti.. -, sussurrò, allontanandosi poi da quel nostro abbraccio per prendere i due bicchieri e porgermene uno, - E ora passiamo al brindisi -, aggiunse.
Presi il mio con tranquillità, sollevandolo poi appena verso l'alto e facendolo scontrare con moderata forza contro il suo, producendo quel tintinnio che di solito mi avrebbe dato fastidio. Ma non quel giorno: ero troppo felice per permettere ad uno stupido suono di darmi fastidio. Portai così il bicchiere alle labbra, bevendo un piccolo sorso e lasciando che il sapore di quella bevanda mi deliziasse completamente il palato. - Buono, vero? -, chiese Brian.
Annuii, inizialmente, visto che avevo preso un'altra piccola sorsata. - Sì, e qui c'è lo zampino di Gena, immagino -, ipotizzai.
- Immagini bene, sanno tutti che quando si tratta di vino è lei la migliore, così le ho permesso di sceglierne uno per l'occasione -, spiegò, bevendo poi a sua volta un altro sorso.
- Ringrazierò di cuore anche lei allora, avevo bisogno di un buon bicchiere di vino, mi sembra di non berlo da secoli -, ammisi, posando poi il mio bicchiere, già vuoto, sul tavolo della cucina.
- E in più è piuttosto buono, non poteva capitarti di meglio -, mi fece notare, finendolo poi a sua volta e posandolo accanto al mio.
- Effettivamente -, replicai, posizionandomi poi di nuovo davanti a lui e posando il viso, così come anche entrambe le mani, sul suo petto, sospirando di sollievo quando le sue braccia mi avvolsero, strappandomi a tutto quello che avevo intorno.
- Hai qualche piano per passare questa ora o poco più? -, mi chiese poi, giocherellando distrattamente con i miei capelli scuri.
- Io sì -, risposi, allontanando il viso dal suo petto e guardandolo negli occhi, - E tu? -.
- Sì, anch'io...chissà se abbiamo in mente la stessa cosa -, sussurrò.
- Vogliamo scoprirlo? -, azzardai.
- Si, perché no.. -, ribatté, chinandosi pochi attimi dopo verso di me e baciandomi dolcemente sulle labbra, dolcezza che in breve tempo lasciò lo spazio alla totale passione: passione che mi travolse completamente, costringendomi a circondargli ancora una volta il collo con le braccia. Lui mi tirò a se, sollevandomi poco dopo da terra e intimandomi a circondargli la vita con le gambe, cosa che tra l'altro feci immediatamente, sorridendo contro le sue labbra quando mi resi conto che stava uscendo dalla cucina per andare ovviamente verso il divano, che era stato spesso testimone del nostro amore, fin dall'inizio.
Mi sdraiai comodamente sul materasso comodo e accogliente, sorridendo ampiamente quando vidi che si stava già chinando su di me, puntando al mio collo come prima presa delle sue torture.
Ne approfittai per andare ad afferrare i lembi della sua maglietta, da dietro, iniziando così a sfilarla e lasciando man mano nuda la schiena, mentre sentivo dentro di me crescere il forte bisogno di averlo completamente. - Avevamo decisamente in mente la stessa cosa.. -, gli feci notare, ridacchiando e baciandogli a mia volta per un po' il collo, prima che mi costringesse ad allontanarmi per sfilare la mia maglia, che andò a finire sul pavimento.
- Già -, concordò lui, sorridendo e scendendo a baciarmi il petto con insistenza, lasciando delle piccolo scie umide lungo la mia pelle.Le mie mani scesero lungo il suo petto, incontrando alla fine il mio primo ostacolo, che mi imposi di aggirare velocemente: tirai così giù la zip dei suoi jeans e poi sbottonai il piccolo bottoncino, ringraziandolo mentalmente per non aver messo la cinta, quel giorno, altrimenti ci sarebbe stato solamente un ostacolo in più.
Quando finalmente entrambi fummo senza vestiti mi rilassai, posando prontamente entrambe le mani sui suoi fianchi, dal momento che aveva cominciato a muoversi dentro di me con una decisione che per la prima volta mi lasciò sbigottita. Aveva bisogno di me, come io ne avevo di lui, e me lo stava anche dimostrando apertamente, mentre cercavo di trattenere i miei gemiti continui. Le sue labbra non si allontanavano dalle mie neanche per un secondo, facilitandomi così quell'arduo compito e io non avevo il coraggio di staccarmi neanche per riprendere fiato.
Lasciai morire l'ennesimo gemito in gola, mentre gli accarezzavo distrattamente, molto distrattamente, la schiena, costringendolo ad inclinarla di tanto in tanto verso il basso a causa del solletico che gli stavo procurando, molto probabilmente. Lo sentivo ridere, sottovoce e istintivamente ridevo anche io, mentre sentivo di starmi avvicinando sempre di più al culmine del piacere.
Non volevo che quel momento arrivasse ed ero sicura che non lo volesse neanche lui, per questo decisi di godermela fin quando mi fosse stato concesso, continuando così a baciare quelle labbra sottili e morbide, così dolci e sinuose sulle mie. Non potevo desiderare di meglio, considerando che stavo facendo l'amore con l'uomo che amavo più della mia stessa vita, e non era solo un modo di dire.
Quando sentii di esserci quasi gli morsi appena il labbro inferiore, come per farglielo capire e poco dopo gemetti, riuscendo a contenermi in qualche strano modo: lui sollevò il viso verso l'alto, con gli occhi chiusi e la fronte imperlata di sudore, chinandolo poi di nuovo subito dopo nell'incavo del mio collo, come faceva ed aveva sempre fatto. Mi presi qualche secondo per riprendere fiato, sorridendo e trattenendo il fiato mentre usciva da me, osservandolo poi mentre si stendeva accanto a me: io rimasi per un momento immobile, sorridendo poi compiaciuta quando sentii che mi aveva di nuovo circondato la vita, per attirarmi a se e farmi sdraiare con lui, di fianco. - Ti amo, sai? -, sussurrai, praticamente contro il suo orecchio.
- Lo so.. -, risposi, guardandomi e sorridendo, - E ti amo anch'io -, aggiunse, costringendomi a stendermi sopra di lui, mentre ridacchiavo divertita. Come al solito, una coperta era li nel caso servisse, così decidemmo di usarla come sempre e anche quella volta finimmo per coprirci entrambi.
- Ci credi che non vedo l'ora di diventare tua moglie? -, gli domandai, retorica.
- Anche io non vedo l'ora che tu lo diventi, sarai mia -, sussurrò.
- Sono già tua -, gli ricordai, compiaciuta.
- Lo so, ma la fede che porterai al dito sottolineerà il concetto e guai a chi si avvicinerà troppo -, disse, con tono deciso.
- Nessuno si avvicinerà, e comunque...nessuno sarà mai in grado di farmi stare bene come fai tu, quindi trovo difficile l'ipotesi che io possa scappare con qualcun'altro -, gli assicurai.
- Meglio così -, sussurrò, prendendomi il mento tra le dita e baciandomi ancora una volta, sempre con la sua costante decisione.
Gli posai una mano sul collo, per niente intenzionata ad allontanarmi ancora, non quella volta: mi sollevai allora così meglio verso l'alto, senza smettere di baciarlo e lasciandomi trasportare dalla magia di quel momento così unico.
- Non abbiamo neanche finito il vino.. -, mi fece notare, dal momento che ne avevo approfittato per riprendere un po' di fiato.
- Lo finiremo.. -, promisi, sorridendogli, - Ne abbiamo tutto il tempo -, aggiunsi poco dopo, tornando a baciarlo: inizialmente rimasi stesa su di lui, ma alla fine lui invertì le posizioni e mi ritrovai sotto il peso del suo corpo, iniziando ad accarezzargli le braccia e scorrendo lungo i suoi tatuaggi, senza allontanarmi neanche per un momento dalle sue labbra.
Scese, come al solito, lungo il mio collo e così sul petto, baciandomi la clavicola con fare languido. - Si, questo mi piace.. -, sussurrai, sorridendo compiaciuta.
- Lo so, è un tuo punto debole.. -, disse, bloccandosi per un momento prima di continuare.
Senza neanche rispondergli, mi lasciai andare completamente a quelle sue attenzioni, perdendo del tutto le cognizione del tempo, come troppo spesso mi succedeva: riuscivo a sentire bene il ticchettio dell'orologio, così come anche il suo respiro sulla mia pelle, ma in un primo momento non me ne curai.
Fu quando sentii dei rumori di risate appena fuori la porta che mi allarmai, e lo fece anche Brian, perché si allontanò immediatamente da me. - Non dirmi che... -, iniziai, ma lui mi fece cenno di rimanere in silenzio e io obbedii.
Pochi secondi dopo, sentimmo bussare alla porta e la voce di Matt si fece largo fra tutte. - Haaaaaaaaaaaaaner, Peeeeeedersen, apriteci -, disse.
- Sono arrivati in anticipo! -, dissi, guardando distrattamente l'orologio e coprendo il mio corpo.
- Già! -, sbottò lui, sottovoce, sollevandosi a sedere e infilandosi i boxer in fretta e furia, così come anche i jeans.
- Corro in bagno! -, lo avvertii io, scendendo dal divano con la coperta che mi avvolgeva ancora il corpo e i vestiti saldamente stretti al petto.
- D'accordo, hey..hey -, mi chiamò, fermandomi e dandomi un piccolo bacio prima di lasciarmi andare di nuovo, diretto verso la porta, mentre si infilava la maglia.
Mi chiusi in bagno velocemente, vestendomi con la stessa velocità e assicurandomi poi, davanti allo specchio, che la maglietta non fosse al contrario o chissà cosa e che fossi presentabile, almeno un minimo. Infilai poi la coperta che mi ero portata dietro nella cesta dei panni sporchi, sentendo poi di fuori il parlottare dei miei amici e uscendo allora, mostrando la più totale tranquillità. - Ragazzi, cominciate a fare piano, Car dorme.. -, li avvertii, facendoli voltare tutti verso di me, mentre uscivo dal corridoio.
- Amyy! -, fecero le ragazze, per fortuna sotto voce, arrivandomi incontro nel giro di pochi secondi e abbracciandomi fortemente, facendomi ridacchiare di gusto.
- Ciao ragazze.. -, sussurrai, guardandole poi allontanarsi da me per guardarmi.
- Come stai? Stanca, vero? -, chiese Lacey.
Scossi il capo. - No, no sto bene, ho dormito un po' prima che arrivaste tutti... -, dissi.
- Oh, ecco perché il divano è in queste condizioni -, disse Matt.
- Sì, esatto -, fece Brian, al posto mio, rimanendo sul vago, totale vago, mentre si stringeva entrambe le braccia al petto: non so come trattenni le risate, però per fortuna ci riuscii.
- E la cameretta? Ti è piaciuta? Perché non eravamo convinte del colore e pensavamo.. -, cominciò a dire Lacey, ma la interruppi abbracciandole di nuovo tutte e tre.
- La cameretta è perfetta, non so come ringraziarvi.. -, sussurrai, stringendole forte, per quanto poco mi riuscisse.
- Non ci devi ringraziare, è un nostro regalo per la nascita della piccola -, risposte Valary.
- Anzi, possiamo vederla? Possiamo, possiamo??? -, mi implorò Gena, saltellando al contempo, dal momento che si erano allontanate da me.
Non riuscii a trattenere di nuovo un sorriso davanti a quella tenera richiesta, facendo poi cenno a tutte quante di salire. - Fate piano..non vorrei che si svegliasse di nuovo -, le avvertii, facendo di nuovo uno per uno i scalini e raggiungendo in breve tempo di nuovo la camera di mia figlia. Allungai la mano fino a raggiungere la maniglia, che abbassai con cura, aprendo poi la porta senza farla cigolare, facendo cenno alle altre si entrare: lo fecero immediatamente, incamminandosi a passi veloci verso la culla, dove Caroline dormiva ancora tranquilla.
Le raggiunsi poco dopo, osservandola e osservando anche le altre che la guardavano con ammirazione, totalmente rapite. - Ha preso il naso di Brian, come immaginavo.. -, notò Valary, facendomi ridacchiare insieme alle altre, seppur sotto voce.
- Già, speriamo che gli occhi siano i tuoi, però -, aggiunse Gena.
- Speriamo.. -, concordai.
- E anche il carattere.. -, disse anche Lacey.
- Facciamo metà e metà, vorrei che avesse totalmente il carattere del padre, piuttosto che totalmente il mio.. -, ammisi, allungando una mano per accarezzarle la guancia morbida.
- Sì dai, forse qualcosa di quello di Brian si salva.. -, concordò Val, sorridendo.
- Si, qualcosa si -, sussurrò Gena, di rimando.
- ..in effetti, forse, è vero -, si aggiunge Lacey.
Io non riuscii a non sorridere di nuovo, rizzando poi di nuovo la schiena e rivolgendomi poi di nuovo a loro. - Andiamo di sotto, prima che si svegli.. -, consigli, nonostante sapessi bene che l'ultima cosa che volevano fare era andarsene.
Seguirono comunque il mio consiglio, seguendomi di nuovo al piano di sotto, dove i ragazzi si erano già messi tutti in cucina e dove Brian stava facendo...il caffé.
- Non guardarmi in quel modo, ogni tanto lo faccio -, mi spiegò, notando subito la mia espressione stupida davanti a quell'azione.
Alzai le mani in segno di resa, avvicinandomi poi a lui, parlando sotto voce. - Grazie al cielo uno di noi sa mentire.. -, dissi, prendendo allo stesso tempo i bicchieri per il caffè.
- Dillo, sono il fidanzato perfetto.. -, sussurrò, sorridendo.
- Si, lo sei -, gli assicurai, voltandomi poi di nuovo verso i ragazzi e posando tutte le tazzine sul tavolo.
- Che confabulate voi due, eh? -, domandò Zacky.
- Questioni private -, risposi solamente, stringendomi nelle spalle mentre guardavo il mio fidanzato versare il caffé per tutti: lo prendemmo con tutta tranquillità in cucina e poi tornammo tutti in salone, fermando gli altri un attimo prima che si sedessero sul divano: mi inventai così che si era macchiato e ancora appiccicoso, e che non volevo che qualcuno si sporcasse o rischiasse comunque di sporcarsi. Andai così a recuperarne nella camera degli ospiti e fu quando aprii la porta che, come un razzo, ne uscì Sherlock, miagolando e strusciandosi immediatamente sulle mie gambe, facendomi le fusa. - Piccolino...che ci facevi li? -, chiesi retorica, tenendolo in braccio con una mano, mentre nell'altra tenevo la coperta, tornandomene poi a passi svelti in salone, - Eccomi, scusate.. -, aggiunsi, passando poi la coperta a Brian, che la stese sul divano velocemente.
- Hey, a questa palla di pelo chi è? -, chiese Johnny, avvicinandosi incuriosito.
- Lui è Sherlock -, risposi, - L'ho trovato qui davanti casa la stessa mattina che ho partorito -, aggiunsi, sorridendo e accarezzandogli la testolina.
- Beh, ciao Sherlock -, lo salutò allora e, di tutto risposta, il micio gli posò una zampa sul naso, facendo scoppiare a ridere tutti, me compresa.
- Vuol dire che gli piaci -, gli assicurai, - Altrimenti forse ti avrebbe graffiato -.
- Beh, in effetti.. -, mormorò, tornandosene poi vicino a Lacey, che nel frattempo si era seduta comodamente.
Io seguii Brian, accomodandomi al suo fianco e posando la testa sulla sua spalla, con Sherlock in grembo che ormai si era appallottolato del tutto. 

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Capitolo 57
*** Preferivo le contrazioni! ***


- Mi sento...uno schifo -, farfugliò Amy, mentre si teneva la pancia con la entrambe le braccia, in preda all'ennesimo crampo.
- Devi prenderti qualcosa, altrimenti non ti sentirai mai meglio -, le consigliai, un po' preoccupato per il suo colorito decisamente cadaverico.
Invece di rispondermi si gettò di nuovo stesa sul divano, mugugnando di dolore. - Preferivo le contrazioni ai dolori mestruali, non ne posso più -, disse, stendendosi meglio con indosso solamente una maglietta bianca, mia tra l'altro, e un paio di pantaloncini grigi corti, visto che il mese di Maggio aveva portato con se anche un po' di caldo.
- Sono davvero così terribili? -, le chiesi, sedendomi accanto a lei e accarezzandole lievemente il viso.
Annuì. - Lo sono e non le sopporto più -, replicò, mettendosi poi sdraiata a pancia in su, - Potresti farmi un favore? -, mi chiese, poco dopo.
- Dimmi -, sussurrai, sorridendole.
- Su, in bagno...nell'armadietto dei medicinali c'è quel farmaco che mi prendo sempre quando sto così..quella con la scatolina lilla, non
ricordo il nome! -, sbottò.
- Di sopra nell'armadietto dei medicinali, vado.. -, dissi, alzandomi poi velocemente e correndo su per le scale, andando subito a cercarlo e riuscendo per fortuna a trovarlo senza troppi problemi.
Stavo quasi per scendere di nuovo, quando invece sentii la bambina lamentarsi nella sua cameretta, al che mi affrettai a raggiungerla, sporgendomi per controllare che tutto fosse okay. - Hey, piccola mia.. -, sussurrai, infilandomi la scatolina con le compresse in tasca, dal momento che si era appena svegliata.
Lei mi sorrise subito, cominciando a muoversi nel lettino. - Vieni, ti porto dalla mamma -, dissi poco dopo, prendendola saldamente in braccio e conducendola con me al piano di sotto. Quando arrivai di nuovo in salone, Amy era ancora stesa sul divano, con aria cadaverica, ma non appena ci vide si illuminò di nuovo, nel giro di mezzo secondo. - Si è svegliata...è un po' prestino -, commentò, continuando comunque a tenersi la pancia.
- Meglio, così magari stanotte si fa tutta una tirata invece di svegliarsi -, dissi, ridacchiando.
- Effettivamente -, sussurrò lei, ricambiando il mio sorriso e prendendola in braccio, cullandola un po'.
Estrassi la scatolina dalla tasca e la posai sul tavolino, dandole poi un bacio sulla fronte. - Vado a prenderti dell'acqua -, la informai.
- Grazie.. -, disse lei, accarezzandomi lievemente il braccio e lasciandomi poi andare.
Varcai così la soglia, prendendo poi dalla mensola un bicchiere pulito e riempiendolo con un po' d'acqua fresca del rubinetto, che le portai poco dopo, trovandola che giocava con Caroline. - Vi divertite, eh? -.
- Sto approfittando del fatto che le fitte mi danno un po' di tregua -, spiegò, - Per lo meno non mi contorcerò dal dolore per tutto il giorno -, aggiunse.
- Prendi.. -, la intimai, porgendole una compressa col bicchiere, che accettò volentieri con l'ennesimo sorriso, mandandola poi giù con un piccolo sorso, dal momento che mi aveva passato Caroline, che se ne stava tranquilla in braccio a me.
- Spero che faccia effetto a breve.. -, disse.
- Stenditi di nuovo.. -, le consigliai, - Scommetto che ti sta facendo male anche la testa, vero? -, chiesi.
- Come fai a saperlo? -.
- Perché ti conosco, ormai so tutto di te.. -, sussurrai, con aria misteriosa, avvicinandomi e baciandola a fior di labbra.
- Come io so di te, non pensare.. -, ribatté.
- Beh, quello era sottinteso -, replicai, ridacchiando e facendo ridacchiare anche lei, mentre Caroline la guardava tutta pimpante.
- Vieni qui, bella bimba.. -, disse poco dopo, prendendola con delicatezza dalle mie braccia e sorridendole, - Hai dormito, eh? -.
- ..e io credo che abbia fatto anche altro -, le feci notare.
- Oh.. -, commentò lei, comunque divertita, - Bene, allora vuole dire che è arrivato il momento di affrontare la tua paura dei pannolini -, aggiunse.
Sgranai gli occhi. - Cosa? No, no...cioè, andiamo...no -, provai a protestare.
- E invece si, è arrivato il tuo momento! -, continuò comunque, ridendo, - E poi, vuoi davvero dire di no ad una creaturina così tenera? -, aggiunse, facendomi abbassare lo sguardo verso nostra figlia, che mi guardava col suo faccino e gli occhi chiari, sul verde, come quelli della madre.
- Io.. -, provai ancora, senza però riuscire a trovare le parole giuste, arrendendomi così poco dopo davanti a quel suo volere, - ..d'accordo -, dissi poco dopo, ormai rassegnato, - D'accordo, me ne occupo io -, fu l'ultima cosa che dissi, riprendendola poi con me per andare al piano di sopra: notai immediatamente che anche lei mi stava seguendo, così mi voltai di nuovo a guardarla, con un sopracciglio inarcato. - Tu non avevi i dolori? -.
- Sono passati.. -, si giustificò, - ..e poi non posso perdermi questo spettacolo -, aggiunse, ciondolando le braccia avanti e indietro.
Scossi impercettibilmente il capo, sorridendo e voltandomi di nuovo, questa volta per salire di nuovo i gradini, diretto verso il piano di sopra: varcai la soglia della cameretta e la stesi subito sul fasciatoio, dove Amy la controllò mentre io prendevo tutto l'occorrente.
- Su amore, ce la puoi fare -, commentò lei, sedendosi poi sulla sua a dondolo per godersi la scena.
- Sei crudele -, le feci notare.
- Affronta la tua paura! -, ribatté solamente, scoppiando poco dopo a ridere.
Cercai di rimanere serio, ma mi fu praticamente impossibile, tanto che risi insieme a lei, mentre la bambina continuava a guardarmi, sfoggiando il suo tenerissimo sorrisetto.
Stavo quasi per iniziare a cambiarla, quando invece sentii il campanello al piano di sotto suonare più di una volta, ma chi poteva essere a quell'ora? Forse Matt o uno dei ragazzi, oppure...
- Credo che sia Chris -, ipotizzai, - Oggi tornava a casa dalla florida -, aggiunsi.
- Bene, vado ad aprirgli -, si offrì lei.
- No, vado io, non ti preoccupare -, replicai, anticipando ogni sua mossa.
- Tanto non sfuggirai alla tua prova -, mi ricordò, affiancandosi di nuovo al fasciatoio.
- Però intanto mi prendo un po' di tempo per prepararmi psicologicamente.. -, dissi, sparendo poi oltre la soglia e scendendo velocemente le scale, ritrovandomi così poco dopo davanti alla porta e aprendola, trovandomi appunto davanti Chris. - Beeentornato! -, feci io, abbracciandolo.
- Graaaaaazie! -, rispose lui, ridendo e ricambiando il mio abbraccio, - Oddio, che bello essere di nuovo qui, non ce la facevo più in Florida, giuro -, aggiunse.
Lo lasciai andare, invitandolo poi ad entrare. - Dai, non può essere andata così male -, dissi.
- Per certi versi sì, e poi mi sono perso la nascita della piccola, e anche il suo primo mese di vita! -, piagnucolò, facendomi ridere come al
solito.
- Sono entrambe di sopra, se le vuoi vedere...e penso che ti farai anche due risate, sei arrivato in un momento cruciale -, gli dissi, facendo per andare verso le scale.
Lui mi seguì. - E cioè? -.
- Brian deve cambiare il pannolino alla piccola -, gridò Amy dalla stanza, prima che io stesso potessi parlare.
- Oh oh...ti tocca amico, ti tocca -, mi prese in giro lui, mentre varcavamo la soglia.
- Già, gli tocca -, convenne Amy, incamminandosi poi verso di lui e abbracciandolo, - Bentornato, Chris -, lo salutò, sorridendo ampiamente.
- Grazie, sono felice di essere di nuovo qui -, ripeté, allontanandosi poi dall'abbraccio, - Quindi questa è la piccola Caroline.. -, sussurrò poi, avvicinandosi al fasciatoio e osservandola curioso, sorridendo al contempo.
- Già, è stupenda, vero? -, gli chiesi.
- Si, è davvero bellissima -, commentò, - Gli occhi sono chiari, quindi non li ha presi da te -, intuì.
- Già, ma è ancora presto per dirlo, potrebbero anche diventare scuri -, azzardai, guardando Amy.
- Io spero diventino verdi -, commentò, come avevo immaginato.
- Posso prenderla in braccio? -, domandò poco dopo, rivolgendosi prima a me e poi a Amy, cercando una risposta nei nostri sguardi.
- Certo, ma occhio..è da cambiare -, lo avvertì lei, lasciando poi che la prendesse da dove stava comodamente sdraiata.
- Nah, non fa niente -, disse, prendendola bene e cominciando a ciondolarla un po', - Ciao piccolina, io sono Chris e sono tanto felice di conoscerti -, sussurrò.
Lo facemmo anche noi, sia io che Amy, osservando poi la scena con aria felice.
- E ora, neo-papà, cambia il pannolino a questa piccola cosetta, prima che inizi a piangere -, mi consigliò, poco prima di metterla di nuovo sul fasciatoio.
- Me la pagherete, entrambi -, promisi, voltandomi poi a guardare mia figlia sdraiata li davanti a me, che aspettava solamente che mi muovessi.
Presi così coraggio e cominciai a slacciarle il body che indossava, liberandola nel giro di qualche secondo e andando poi a concentrarmi sul pannolino, che era la cosa che più mi spaventava. - Devo proprio? -, domandai, tentando per l'ennesima volta.
- Affronta la tua paura! -, ripeté Amy, rompendo il silenzio che si era venuto a formare, ridendo comunque.
Lasciai perdere definitivamente e tornai così a concentrarmi sul mio attuale problema, cioè cambiare mia figlia. Cominciai allora a toglierle il pannolino, tirando un sospiro di sollievo quando vidi che la situazione non era così terrificante, in fin dei conti. - Bene, meglio di quello che mi aspettavo.. -, commentai.
- Dalla tua faccia disgustata non si direbbe.. -, commentò Chris.
- E' cacca, Chris, vorrei vederci tu qui -, dissi, facendo ridere di gusto Amy.
- Ma no, continua pure tu, stai andando così bene -, continuò poco dopo, sorridendo incoraggiante.
- Ecco -, sbottai, tornando poi al mio lavoro, prendendo qualche salviettina che Amy mi aveva passato per pulirla del tutto, chiudendo poi il pannolino sporco e gettandolo nel cestino.
Ne presi poi uno pulito e iniziai a metterglielo, non prima di averci messo sopra un po' di borotalco, allacciandolo poi ai lati con i due piccoli adesivi e infilandole poi un body pulito rosa: alla fine la presi in braccio, fiero del mio lavoro. - Paura affrontata -, commentai.
- Sei stato bravissimo -, concordò Amy, affiancandosi a me e dandomi un veloce bacio sulle labbra.
- Lo so! -, dissi, tirandomela un po'.
- Ecco che se la tira.. -, commentò Chris, ridendo.
- Questa volta me lo merito, vero piccolina? -, dissi, chiedendo conferma a Caroline che, di tutta risposta, posò la sua manina sul mio collo, posando poco dopo il viso sulla mia spalla, - Vedete, adora il papà -, aggiunsi, sorridendo del tutto intenerito.
- Siete stupendi -, commentò Amy.
- Si, sono d'accordo con lei -, concordò Chris, - E dopo averti visto cambiare un pannolino, penso di averti visto fare tutto -, disse.
- Si beh, ora sei tu quello che se la tira -, gli feci notare.
- Bene si, entrambi ve la tirate, ma ora dovrete lasciarmi un po' da sola con la piccola, perché è ora di mangiare -, ci avvertì Amy.
- Di già? -, chiesi, aggrottando la fronte.
- Sì, stamattina ha mangiato poco e niente, quindi le do qualcosa ora, così poi le manca solo la poppata di stasera -, spiegò.
- D'accordo.. -, acconsentii sorridendole, mentre gliela passavo di nuovo, - Ti aspettiamo di sotto -, aggiunsi.
- Va bene, sarò da voi tra poco -, promise, mentre uscivamo, lasciandola da sola in quella stanza.
Il tempo che passamo di sotto lo spendemmo bevendo un po' di birra, un paio di lattine a testa, si intende ed avevamo appena iniziato la seconda quando anche lei ci raggiunse, raggomitolandosi sul divano insieme a Sherlock, che per tutta la mattina in cui io non c'ero stato le aveva tenuto compagnia.
Si stava dimostrando un gattino molto affettuoso, ora che ci pensavo, cosa che di solito non succede con i gatti: col tempo avevo imparato che era diffidenti, facilmente incazzosi e che difficilmente si affezionavano davvero al padrone. Ma lui era molto diverso e ormai l'avevamo capito, l'aveva capito persino Chris.
Gli accarezzai per un po' la testolina, finché non si addormentò sul grembo di Amy, come al solito. - Devo essere molto comoda -, commentò lei, sorridendo.
- Evidentemente si -, concordai.
- Già -, convenne anche Chris, bevendo poi un sorso dalla sua lattina.
Era rimasto giusto il tempo per vedere la piccola e per bersi una birra, poi era dovuto andare a casa, visto che aveva da sistemare ancora la sua valigia, completamente, a detta sua.
Lo salutammo così appena un'ora dopo che era arrivato, dicendogli di venirci a trovare di nuovo non appena avesse potuto.
 
***
La bambina dormiva di nuovo, io e Amy avevamo cenato e ora ce ne stavamo sdraiati sul divano a guardare distrattamente la TV: i suoi dolori erano passati e ora si sentiva molto meglio, difatti se ne stava tranquillamente al caldo, sotto la coperta che avevo preso, addossato al mio fianco. Di tanto in tanto le accarezzavo la schiena, ma già da un po' né io né lei parlavamo.
- Posso farti una domanda? -, le chiesi, dopo un po', spostando lo sguardo dalla TV al suo viso, che ora era sollevato verso il mio.
- Mi metti ansia quanto fai così.. -, ammise, ridacchiando.
- Davvero? -.
- Un po' si.. -, continuò, - Dai, dimmi -.
Risi, ancora una volta, seppur lievemente, tornando poi serio per farle quella domanda. - Volevo chiederti...tu vuoi ancora sposarmi? -, domandai alla fine, preso come al solito da un attacco di paranoia.
- Certo che sì.. -, rispose, togliendomi di dosso qualsiasi dubbio, - Non avrai cambiato idea, vero? -, mi chiese poco dopo, con un'aria che era un misto tra il preoccupato e il divertito.
- Forse sì.. -, risposi, anche se non ero per niente serio.
- Cosa?! -.
- Dai...sto scherzando! -, dissi, tranquillizzandola, - Ti pare che cambio idea? -.
- Aaah, sei uno stronzo! -, sbottò, allontanandosi appena da me e dandomi una spinta.
- Hey, niente spinte, okay? -, domandai, ridendo.
- Altrimenti? -, chiese, dandomi un altra spinta, questa più forte della prima.
- Altrimenti questo! -, sbottai, sollevandomi dal mio posto e stendendomi su di lei, cominciando a farle il solletico.
- Aahhahahahah, Haner dai..per favore, basta! -, mi implorò, ridendo a crepapelle.
- La smetti di spingermi? -, le domandai, senza smettere di farle il solletico.
- E' colpa tua, mi ha fatto prendere un colpo! -, sbottò, ricominciando a ridere poco dopo, dimenandosi in continuazione, - ..stronzo! -, aggiunse poco dopo, riuscendo in qualche modo a sollevarsi, nonostante il peso del mio corpo, stendendo questa volta me sul divano, mentre ormai ridevamo entrambi.
- Shhh -, sussurrò lei, con un dito davanti alle labbra, - La bambina dorme -, aggiunse poco dopo, nonostante anche lei stesse ancora ridendo, a voce più bassa però.
- D'accordo, chiedo perdono.. -, dissi io, smettendo di ridere, solo per un momento, abbandonando poi la testa sul divano.
Pochi secondi dopo sentii le sue labbra posarsi sulla mia mascella, cominciando a baciarla mentre tracciava una linea sottile e invisibile. - Scommetto che gli ormoni stanno prendendo il sopravvento.. -, ipotizzai, non trattenendo una risatina.
- No, sono solo dei baci innocenti.. -, rispose lei, riprendendo poco dopo e raggiungendo le mie labbra, non baciandole di proposito, - Però se vuoi che mi fermo basta dirlo.. -, aggiunse, sorridendo malignamente.
- Non ti chiederei mai di fermarti, sarei maleducato.. -, ribattei, mentre le accarezzavo ancora la schiena.
- Si si, maleducato.. -, ripeté lei, guardandomi e sorridendo ampiamente poco prima di premere le sue labbra sulle mie con decisione.
- Quindi vuoi ancora sposarmi? -, le domandai di nuovo, quando il mio viso fu più o meno lontano dal mio.
- Si, direi proprio di sì, e non ho neanche intenzione di cambiare idea, non a breve almeno, se stai per chiedermelo.. -, sottolineò, sorridendomi.
- Bene così allora -, le dissi, baciandola di nuovo velocemente e facendola poi stendere di nuovo al mio fianco.
- Ti va se restiamo qui stasera? Non ho voglia di salire le scale, e di mettermi il pigiama, e di infilarmi nel letto...voglio stare qui con te, sul
divano.. -, propose.
- Si, mi va, in fondo i jeans sono comodi per dormire -, ammisi, ridendo.
- Dai sì, pensa che ci sono cose anche più fastidiose -, mi ricordò.
- Oh, per esempio? -.
- Per esempio una gonna, credimi, ho passato l'esperienza e non è per niente comoda -, ammise.
- Mi fido delle tue parole, allora -, dissi, posando poi la testa sul bracciolo del divano.
- Fai bene, credimi...a meno che tu non voglia essere sicuro della cosa, in tal caso andrei ben volentieri di sopra per prenderti una gonna, così potresti indossarla.. -, propose, trattenendosi dal ridere.
- Grazie, ma...no grazie, improvvisamente amo i miei jeans -, dissi.
- Io improvvisamente amo te -, sussurrò lei.
Chinai il viso verso il suo. - Improvvisamente, vero? -.
- Così è stato, tutto piuttosto improvviso -, mi ricordò.
- In effetti non hai tutti i torti -.
- Lo so, altrimenti non l'avrei detto.. -, sottolineò, socchiudendo poco dopo gli occhi e posando del tutto il viso sul mio petto, - Però ti amo ugualmente, ricordatelo -, aggiunse.
- Ti amo ugualmente anch'io -, conclusi, coprendola poi con la coperta che stava li vicino a noi, decidendo poco dopo di lasciarmi andare a mia volta al sonno.
 
***
 
- Non dovresti essere qui, lo sai vero? -, mi domandò mia mamma, nel suo letto d'ospedale: era notte fonda, e l'orologio che continuava a ticchettare attaccato alla parete segnava quasi l'una.
- Lo so, ma non volevo tornare a casa dalla nonna, li mi annoio -, ammisi, restando comodamente seduta sulla mia sedia, mentre mi stringevo entrambe le gambe al petto.
Lei mi sorrise, un sorriso piuttosto radioso per una persona a cui restano si e no 3 mesi di vita. - La nonna non è così noiosa, devi solo saperla prendere -, mi assicurò.
- Imparerò a prenderla, ma per il momento non voglio farlo.. -, risposi, sporgendomi poi verso di lei e prendendole la mano, - Per il momento voglio solo stare qui con te -, aggiunsi.
Sorrise di nuovo, con aria stanca, sbadigliando appunto qualche secondo dopo. - Mi fa piacere che tu voglia stare qui nonostante tutto, ma è solo per il momento, quando comincerò a stare davvero male non ti vorrò qui, chiaro? -, mi disse.
Quelle parole mi risultarono molto severe e cattive, in un primo momento, ma alla fine capii che in fondo lo voleva solamente per il mio bene: mia madre si chiama Jill, ha 30 anni ed è una malata terminale di cancro. Le troppe sigarette l'hanno portata a questo punto e presto io mi ritroverò orfana di madre, per questo cercavo da subito di accettare quella prospettiva futura.
- Si, va bene, mamma.. -, sussurrai, di tutta risposta, lasciandola poi riposare, visto che ne aveva un disperato bisogno, un bisogno che riuscivo a leggerle in faccia.
Il mio nome, invece, è Willow...e presto conoscerete la mia storia. 

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Capitolo 58
*** Un pomeriggio solo per noi! ***


- Nonna, sono a casa.. -, gridai, una volta oltrepassata la soglia.
Lei comparse come al solito dalla cucina, con entrambe le mani sui fianchi. - Willow, si può sapere dove sei stata? Sono quasi le 14.00 e tu uscivi da scuola alle 13.00! -, sbottò, parecchio nervosa.
- Sono finita in punizione, non è una novità -, spiegai, sfilandomi il giacchetto e mettendolo sull'appendiabiti.
- Di nuovo? Ma è la terza volta in questo mese! -, mi rinfacciò, avvicinandosi a me.
- I professori non mi ascoltano, pretendono di sapere tutto anche quando sbagliano -, mi lamentai, dandole le spalle e andandomi a sedere sul divano.
- O magari sei tu che sei poco paziente -.
- Io sono pazientissima, ma ho un limite come tutti gli esseri umani -, dissi, accendendo la tv e cominciando a fare zapping.
La sentii sospirare, ma comunque non mi mossi dal mio posto, notando solamente qualche secondo dopo che si stava avvicinando a me, sedendosi poi su uno dei braccioli del divano. - Capisco che a volte i professori possano apparire insopportabili, ma sarai costretta a sopportarli ancora per un po', cerca di farci amicizia -.
- Fare amicizia con loro? Neanche morta -, sottolineai.
- Allora fai in modo di andargli in simpatia, così non avrai più problemi.. -, consigliò.
- ..si, questo forse posso provare a farlo -.
- Brava, così si fa -, disse, accarezzandomi poi lievemente i capelli.
Per quanto lo odiassi, la lasciai comunque fare, accennando un sorriso. - Cosa c'è per pranzo? -, domandai, dopo qualche secondo di silenzio, sia mio che suo.
- Ti ho tenuto in caldo un po' di frittata, vieni...è nel forno -, disse, invitandomi a seguirla.
Lasciai allora stare la TV, spegnendola nuovamente e dirigendomi poi insieme a lei verso la cucina: presi uno dei tanti vassoi e ci posai sopra il piatto ancora caldo con la frittata, tirando poi fuori dal frigo un panino, che tagliai a metà, infilandocela dentro e cominciando a mangiare, piuttosto affamata.
- Vado a fare i compiti -, bofonchiai, ancora con un pezzo di pane in bocca, non appena finii di mangiare, uscendo poi di nuovo dalla cucina, così come ci ero entrata qualche secondo prima.
Dovevo muovermi a risolvere quei problemi di geometria se volevo andare da mia madre in ospedale, altrimenti mi sarei presa un altro impreparato e allora si che avrei rischiato di giocarmi l'anno, cosa che non volevo assolutamente fare. Non ero stata mai bocciata in vita mia e sicuramente non volevo iniziare adesso, perdendo così un anno di superiori, che avrebbe solamente aumentato il mio soggiorno forzato in quel carcere che traboccava di teeneger che non pensavano ad altro se non al sesso e a loro stessi.
Lasciai perdere quel pensiero, sapendo bene che tanto stavo sprecando tempo, chiudendomi così in camera mia, dove iniziai a spremermi le meningi per quegli stupidi esercizi che, nella vita, non mi sarebbero serviti proprio ad un bel niente.

***

Rientrai a casa dal lavoro che ormai erano quasi le 14.00 e trovai tutto in ordine, troppo in ordine. Mi guardai intorno, cercando Brian che però non vedevo da nessuna parte. - Uoo, c'è nessuno? -, domandai, camminando verso il divano, dove posai la mia borsa.
Restai subito dopo in ascolto, riuscendo alla fine a sentire dei rumori provenire dal piano di sopra: mi avvicinai così alle scale, che comincia a salire fino a raggiungere il piano dove si trovava la camera mia e di Brian, quella da cui provenivano anche i rumori della TV accesa.
Arrivai così in punta di piedi fino alla soglia, dove mi fermai appoggiata allo stipite ad osservare la situazione: Brian era sdraiato sul letto, addormentato e teneva saldamente stretta al petto Caroline, anche lei addormentata e con un dito in bocca. Mi morsi lievemente il labbro inferiore, sentendo una fitta alla bocca dello stomaco per quanto erano teneri: tornai così a camminare in punta di piedi, avvicinandomi al letto e facendo per prendere la piccola, così che potessi metterla nel suo lettino, dove avrebbe dormito fino a che non le fosse venuta fame. - Si sveglia...se la prendi -, mormorò all'improvviso lui, facendomi letteralmente prendere un colpo.
- Pensavo dormissi... -, sussurrai, di tutta risposta, inginocchiandomi accanto a loro.
- Ero in dormiveglia -, mi spiegò, - Mentre lei è proprio crollata, così l'ho lasciata dormire -, aggiunse.
- Hai fatto bene.. -, commentai, accarezzandole delicatamente la guancia.
- Come è andata al lavoro? -, mi chiese poco dopo, sempre sottovoce, mentre si sollevava a sedere, facendo sempre in modo che la piccola non si svegliasse.
Non gli risposi, in un primo momento, solo gli feci vedere tutti i diversi colori che ormai erano macchiati sulla mia maglietta un tempo grigia. - Mi hanno letteralmente scambiata per un foglio da disegno -, dissi poi.
- Beh dai, è carina.. -, osservò, - Sanno fare gli accostamenti di colore, almeno -, aggiunse, poco dopo.
Risi. - Si, effettivamente sono stati bravi -, commentai, facendogli poi spazio così che potesse alzarsi dal letto.
Lo seguii allora in camera, dove posò delicatamente la bambina nella sua culla: come al solito mi appoggiai ai bordi e la guardai, rapita come sempre.
- Ci credi che ha già quasi due mesi? -, domandai, sentendo poco dopo le braccia di Brian che mi stringevano.
- Il tempo è volato e intanto lei cresce.. -, sussurrò lui, contro il mio orecchio.
- Già, e diventa sempre più bella -, dissi, non riuscendo a trattenermi.
- Concordo anche su questo, chissà da quanti ragazzi dovrò proteggerla -.
Mi lasciai scappare un'altra risatina, posando poi le mie mani sulle sue. - Non riesco neanche ad immaginare -, sussurrai, - Però non vedo l'ora di vederti in versione “papà geloso e apprensivo” -, confessai.
- Non credo che per lei sarà lo stesso, invece.. -, mi fece notare, ridacchiando.
- In effetti hai ragione -, dovetti ammettere, mentre mi voltavo verso di lui per baciarlo.
Avevo appena posato le mie labbra sulle sue ed ecco il campanello suonare, rompendo quel nostro piccolo momento. - Chi sarà? -, domandò lui.
- Andiamo a controllare -, proposi, prendendolo per mano e trascinandolo con me al piano di sotto, dove ero stata fino a qualche minuto prima.
Lasciai la sua mano calda solamente quando dovetti allungare la mia per aprire la porta, ritrovandomi davanti Susy, la mamma di Brian.
- Susy? -.
- Mamma? -.
- Ciao ragazzi! -, disse lei, entusiasta come al solito, - Speriamo di non disturbare -, aggiunse poco dopo, questa volta allarmata.
- No, niente disturbo, la bambina dorme -, risposi.
- Bene, perché siamo venuti per dare una mano! -, spiegò, lasciandoci perplessi entrambi.
- Siamo? -, domandò Brian, mentre la faceva entrare in casa.
- Ci siamo anche noi! -, disse allora Mckenna, seguita al padre, comparendo improvvisamente sulla soglia di casa.
- Oh, ecco spiegato tutto -, commentai, facendo entrare anche loro e chiudendomi poi di nuovo la porta alle spalle.
- Ma...che vuol dire che siete qui per dare una mano? -, domandò allora Brian, prima che potessi farlo io.
- Vuol dire che siamo venuti per badare alla piccola, così che possiate uscire un po' e passare un bel pomeriggio voi due, soli soletti -, ci spiegò Mckenna.
Io e Brian ci guardammo allora, per un momento presi in contropiede. - Davvero? -, chiesi.
- Certo -, rispose immediatamente Susy, - Siete una coppia, e come ogni altra coppia avete bisogno di un po' di tempo da passare insieme! -, aggiunse.
- Come ha detto lei -, concordò il padre di Brian.
- Si, esatto -, convenne anche Mckenna.
- Beh ma...se avesse fame come fate? -, domandò lui, leggendomi nel pensiero.
Solo allora, Mckenna tirò fuori dalla borsa che teneva a tracolla una scatola arancione, che all'inizio non riconobbi. - Latte artificiale in polvere, siamo attrezzati, che credete? -, disse, facendomi ridere.
- Ancora qui siete? -, ci domandò Susy, notandoci fermi indecisi sui nostri posti, - Andate immediatamente di sopra a prepararvi e smammate, per oggi pomeriggio questa casa è nostra! -, esordì.
Ci fu un'altra piccola esitazione da parte di entrambi, prima che ci decidessimo davvero ad arrenderci a quel loro così tenero favore. - Grazie, davvero -, dissi allora, abbracciandola.-

- Beh, non è questo il dovere di una nonna, in fondo? Su, andate -, ripeté.
- Grazie mamma e grazie anche a voi due -, disse anche Brian, seguendomi poi al piano di sopra, dove io mi feci una veloce doccia, senza lavarmi i capelli, visto che erano talmente puliti da esser diventati addirittura elettrici. Mi vestii poi con le prime cose che trovai e così fece anche Brian, che però, alla fine, fece comunque la sua porca figura, anche se aveva indosso un semplice jeans nero con una maglietta col collo a “V” bianca.
- E' bava quella che perdi dalla bocca? -, mi domandò, prendendomi in giro.
- Mi chiedo perché tu debba essere sempre perfetto anche se sei vestito con cose di tutti i giorni -, mi lamentai, - Guarda me, sembro una barbona in confronto -, sbottai, osservando i miei normali blue jeans e la maglietta blu a mezze maniche.
- Non sembri affatto una barbona, amore, stai benissimo -, mi assicurò, prendendomi in braccio e costringendomi a circondargli il collo con entrambe le braccia per non rischiare di cadere all'indietro, anche se sapevo bene che lui non l'avrebbe permesso.
- Sarà, ma fai ancora comunque in tempo a scegliere di sposare una donna un po' più di classe -, gli ricordai, anche se quella prospettiva mi piaceva poco e niente. Più niente che poco.
- Ma io non ne voglio una di classe, io voglio te -, mi assicurò, riuscendo a farmi venire un groppo in gola.
Ecco, quelle erano le tipiche affermazioni a cui non sapevo come diavolo rispondere. Preferii così rimanere in silenzio, evitando anche di fare qualche figuraccia o di dire la cosa sbagliata e sostenendo semplicemente il suo sguardo, chinandomi poi a baciarlo poco dopo, a lungo e con tenerezza, cercando di fargli capire quello che sarei riuscita a dire a parole.
- Concetto afferrato.. -, mormorò, quando mi allontanai definitivamente dalle sue labbra, mentre scendevo di nuovo con i piedi per terra, grazie alla sua presa ancora stretta sulla mia vita.
- Perfetto...e ora andiamo -, dissi, prendendolo per mano e trascinandolo fuori con me, ridendo con lui mentre tornavamo al piano di sotto. Mckenna e Susy erano in cucina a preparare il latte, mentre il papà di Brian ci veniva incontro su per le scale.
- Dove stai andando? -, gli domandò lui.
- A vedere mia nipote, ne ho il diritto, no? -, domandò, sorpassandoci poi velocemente.
Risi. - Occhio a non svegliarla -, gli ricordai.
- Farò piano piano -, ci promise, prima di sparire nella stanza della piccola.
Ci guardammo per qualche secondo, scendendo poi del tutto i scalini, sempre mano nella mano ed andando verso la cucina. - Okay, siamo pronti, sicure di farcela? -, domandò allora Brian, ancora un po' indeciso.
- Certo che ce la facciamo, voi divertitevi -, ci ordinò praticamente Susy, mentre si avvicinava per salutare il figlio con un abbraccio caloroso.
- Va bene, lo faremo -, gli promise lui.
- E prendetevela comoda, siamo felici di stare un po' con la nostra nipotina -, disse a me, abbracciandomi poco dopo.
- Faremo tutto con calma, d'accordo -, promisi io, allontanandomi poi da quell'abbraccio e prendendo di nuovo per mano Brian, con cui mi avvicinai poi alla porta.
Prendemmo i nostri giacchetti, le chiavi di casa e quelle della macchina, poi uscimmo, fermandoci però subito sulla soglia di casa. - Bene, mia madre ci ha cacciato di casa, dove andiamo ora? -, domandò lui, voltandosi a guardarmi sperando in una risposta, che tuttavia non avevo.
Scossi allora appena il capo. - Non saprei, però ho voglia di cinema -, ammisi
- Cinema? -.
Annuii. - A te va? E' una vita che non ci vado e non ci siamo neanche mai andati insieme.. -, gli feci notare, sorridendo.
- Si, mi va -, rispose, - Andiamo, su -, mi spronò poi, circondandomi la vita con un braccio e invitandomi ad andare verso la macchina, parcheggiata li nel vialetto.
Mi avvicinai così insieme a lui, aprendo lo sportello e infilandomi poi comodamente dentro, guardandolo poco dopo mentre si sedeva accanto a me, facendo retromarcia e partendo poi diretto verso il cinema.

***

Dopo essere stati per quasi un quarto d'ora davanti alla lista dei film in sala, scegliemmo Mission: Impossible, Protocollo Fantasma, dopo che praticamente io lo pregai, dal momento che avevo seguito quella saga di film fin dal primo, datato 1996.
- Vedrai, ti piacerà! -, gli assicurai, mentre saltellavo insieme a lui verso l'entrata della sala. - Forse, ma di sicuro non mi piacerà vederti sbavare dietro a Tom Cruise.. -, ammise.
- Ma infatti non sbaverò dietro a lui.. -.
- Ah no? -, domandò.
- No, ma a Jeremy Renner si però -, lo corressi, lasciandomi scappare una risatina non appena vidi la sua espressione parecchio contrariata.
- Non è divertente.. -, sbottò, nonostante anche lui stesse ridendo.
- Però stai ridendo -, gli feci notare, entrando poi in sala, dal momento che mi aveva appena aperto la porta.
- E' colpa tua, hai la risata contagiosa -, spiegò, seguendomi poi dentro.
- Si certo, sempre colpa mia, mi raccomando -, mi lamentai.
Ridemmo entrambi, cominciando poi a cercare i nostri posti tra le tante file: la sala non era molto piena e, per fortuna, nessuno fece troppo caso a noi che, comunque, facevamo di tutto per tenerci lontano da sguardi indiscreti. Se avessero riconosciuto Brian sarebbe stata la fine e addio al nostro tranquillo pomeriggio insieme.
Le luci erano ancora tutte accese, così approfittai di quegli ultimi minuti in cui potevo vedere per andare a prendere delle pop corn dal bancone che un ragazzo sui 18 si era impegnato a portare in sala, nella speranza di vendere qualcosa.
Tornai al mio posto giusto in tempo per vedere tutto farsi buio, cominciando a mangiare i pop corn insieme a lui, mentre aspettavo impaziente che il film iniziasse.
- Guardiamola dal lato positivo, se dovessi iniziare a sbavare avrei qualcosa in cui farlo.. -, dissi, indicando poi il contenitore giallo dei pop corn.
- Non appena finisco, però, non vorrei mangiare pop corn con contorno di bava della mia fidanzata.. -, precisò.
- D'accordo, non appena finiscono allora.. -, concordai, questa volta sottovoce, dal momento che il film era ormai iniziato.
I pop corn finirono nel giro di neanche 10 minuti, come avevo immaginato e il resto del tempo lo passai a concentrarmi sulle varie scene, mentre stringevo la mano di Brian: di tanto in tanto sospiravo sognante, facendo sbuffare sempre di più Brian, accanto a me.
Lo facevo soprattutto apposta, cosa un po' cattiva da parte mia, ma adoravo vederlo mentre si ingelosiva, ero terribilmente tenero e bello. Beh, era sempre bello, in verità.
- Sono cinquanta volta meglio di quel Jeremy.. -, gli sentii dire, lasciandomi scappare una risatina sommessa.
- Ne sei sicuro? -, gli domandai, sottovoce.
- Sicurissimo -, rispose, con tono deciso.
Mi allungai, posandogli un bacio sulla guancia. - Tranquillo, sceglierei sempre te -, gli assicurai, posando il viso sulla sua spalla.
- Meglio così.. -, commentò, sorridendomi nonostante la sua intenzione iniziale fosse quella di mantenere un tono serio e pacato.
Dopo quel piccolo scambio di battute rimanemmo entrambi zitti, guardando solamente il film che, pian piano, andava avanti, facendoci capire qualcosa: come ogni altro film d'azione aveva i suoi intrighi e io non ero proprio sveglissima.
- Bene, ho anche un fisico migliore del suo -, disse lui, catturando la mia attenzione.
- Continuerai per tutti il film a paragonarti a Tom Cruise? -, gli chiesi, il più sottovoce possibile.
- Più o meno -.
- Dai, è una cosa infantile! -, gli feci notare, sorridendo divertita.
- Infantile è il mio secondo nome, altro che 007 -, disse.
Risi nuovamente, quasi senza volerlo. - In effetti, hai ragione -, concordai.
Per il resto del tempo, in qualche strano modo, riuscimmo per davvero a rimanere entrambi in silenzio, a parte qualche sua altra battutina che mi faceva sorridere come al solito, arrivando al finale mentre ancora ridacchiavamo divertiti.
Feci poi per alzarmi, ma lui mi bloccò prontamente. - Aspetta.. -, mi disse, facendomi cenno di sedersi di nuovo.
Così feci, sistemandomi di nuovo accanto a lui. - Perché? -, chiesi.
- Perché è meglio così, a luci accese e con tutta la gente che se ne va sarebbe più semplice riconoscermi, vuoi davvero che qualche fan scalmanata mi salti addosso? -, domandò, mentre sprofondava a poco a poco nella poltroncina.
- No, no di certo -, risposi, con uno sbuffo, guardando dietro di me per controllare quante persone ci fossero ancora in sala, - Ora possiamo andare.. -, gli dissi.
- Sicura? -.
- Si, via libera -, dissi, alzandomi definitivamente e cominciando a cantare la canzoncina classica dei film di 007, facendolo ridere.
- Sei tremendamente tenera -, confessò, mentre allungava il passo e mi prendeva per mano.
- Lo so -, risposi, come se la cosa fosse ovvia, lasciando intrecciare le nostre dita, mentre ci dirigevamo entrambi verso l'uscita. Riuscimmo ad arrivarci senza problemi, attirando solo l'attenzione dell'uomo che doveva entrare per fare le pulizie, che però ci superò senza dire niente.
- Sai che mia madre ci ucciderà se rientriamo in casa solamente dopo due ore, vero? -, domandò lui, mentre uscivamo dal cinema.
- Si, lo so, quindi vediamo di trovare qualcos'altro da fare -, proposi, aprendo poi la porta a spinta e uscendo di fuori, dove un venticello fresco mi scompigliò i capelli.
- Tipo cosa? Cosa ti va di fare? -, mi domandò, voltandosi a guardarmi e sorridendomi.
- Vorrei andare al mare -, confessai.
- Al mare? -, chiese, mentre ci avvicinavamo alla macchina.
- Sì, non so perché, ma ho voglia solo di quello -, chiarii poco dopo, sorridendogli speranzosa.
- D'accordo, allora andata per il mare -, concordò, lasciando la mia mano solamente quando dovette andare verso il posto di guida.
Salimmo così di nuovo in macchina, questa volta diretti verso la spiaggia, che da li non distava poi molto.
Non appena arrivammo, scesi di fretta, quasi come se sentire l'odore del mare in quel momento fosse questione di vita o di morte, sorridendo e saltando giù dall'unico muretto che ci divideva dalla spiaggia: poco dopo, lui era di nuovo al mio fianco, che mi teneva la mano. - Andiamo? -, chiese.
- A una condizione.. -, mormorai.
- Quale? -, chiese.
Fu in quel momento che sorrisi nuovamente, continuando a tenergli la mano ma allontanandomi piano da lui, un passo dietro l'altro. - Prima devi.. -, cominciai, lasciando poi del tutto la presa, - ..prendermi! -, aggiunsi, cominciando a correre nella direzione opposta alla sua.
- Hey no! Dove pensi di andare?! -, chiese, cominciando subito a rincorrermi.
- Non lo so, però corro! -, dissi ad alta voce, sperando che mi sentisse, mentre non accennavo a fermarmi.
Lui mi stava alle costole, lo sentivo e questo non faceva altro che motivarmi a correre più veloce. - Lo sai che ti prendo, ci sono vicino -, urlò.
Risi, correndo ancora un po', ma alla fine fu inutile, perché davvero riuscì a raggiungermi, ovviamente: mi circondò prima la vita con entrambe le braccia, bloccando del tutto la mia corsa e caricandomi poi su una spalla. - Ecco, presa -, disse, anche se col fiatone.
- Si, e ora mettimi giù! -, gli ordinai, ridendo.
- Non ci penso neanche, tutta questa fatica per prenderti e secondo te ti metto giù così facilmente? -, domandò, continuando a camminare, - Non ci penso neanche -, aggiunge, ridendo.
Mi lasciai allora andare a peso morto sulla sua spalla, sperando che prima o poi si stancasse, cosa che vedevo un po' difficile: per fortuna, qualche minuto dopo, si fermò, lasciandosi cadere sulla sabbia e parando la mia caduta con il suo petto, ridendo. - Mi hai fatto prendere un colpo! -, mi lamentai.
- Pensavi che ti facessi cadere? -.
- Per un momento sì -, confessai, arrampicandomi praticamente fino ad arrivare al suo viso.
- Non ti farei mai cadere, ti pare? -, chiese retorico, ridendo.
- Ne saresti capace però -, lo corressi, rubandogli un piccolo bacio sulle labbra.
- Forse, ma sta di fatto che non lo farei -, ribatté, sorridendomi teneramente e costringendomi a sdraiarmi sulla sabbia, stendendosi poco dopo su di me e baciandomi più e più volte, mentre sorridevo tra me e me.
Le mie dita si intrecciarono facilmente tra i suoi capelli neri, mentre assaporavo il sapore così dolce delle sue labbra, finché potevo, almeno. - Ti ho già detto che ti amo, oggi? -, mi domandò, quando fu lontano dal mio viso.
Sorrisi, scuotendo poi il capo, per quanto poco mi riuscisse. - Beh, allora ti amo -, sussurrò, ad un soffio dalle mie labbra.
- Anch'io -, risposi, baciandolo lievemente e allontanandomi poco dopo, - Sono felice di aver deciso di rimanere con te durante quel mese, sai? -, aggiunsi, qualche secondo dopo.
- Lo sono anche io, e sinceramente...pensare che se non fossi rimasta tutto questo non sarebbe successo mi fa un po' strano -, confessò.
- Fa strano anche a me, ma è successo, è questo l'importante in fondo, no? -, chiesi, accarezzandogli il viso con la punta delle dita.
- Già.. -, concordò, baciandomi nuovamente, - Mi domandò se altrimenti ti saresti mai innamorata di me -, disse, poco dopo.
- A volte me lo domando persino io, chissà come sarebbe andata in tal caso.. -.
- Beh..per cominciare, ora non sarei padre -, disse.
- Già, e non ti staresti neanche per sposare -, aggiunsi.
- Non sarei innamorato -, continuò.
- E saresti rimasto solamente il solito puttaniere -.
- Però avrei avuto il fascino del puttaniere -.
- Hai fascino anche da uomo innamorato, te lo assicuro -, gli dissi, allontanandolo poi appena da me così che io potessi alzarmi.
Obbedì subito a quella mia richiesta silenziosa, lasciando così che mi alzassi, sgranchendomi le gambe prima di dirigermi verso l'acqua. - Che vuoi fare? -, mi domandò, mettendosi a sedere sulla sabbia.
- Un bagno -, risposi, tranquillamente, sfilandomi il giacchetto che conteneva il mio cellulare, - Tu mi segui? -, gli domandai, voltandomi di nuovo a guardarlo e camminando così all'indietro, mentre mi sfilavo le scarpe.
Senza rispondermi si alzò anche lui, sorridendomi divertito mentre a sua volta si toglieva le scarpe, venendomi poi incontro.
Non rimasi ferma, anzi, entrai prima di lui, tuffandomi velocemente in acqua e riemergendo poco dopo a causa del fiato corto: mi guardai allora intorno, cercandolo ma senza ottimi risultati. Feci allora per voltarmi, per veder se era alle mie spalle ed ecco che, improvvisamente, anche lui riemerse proprio sotto di me, prendendomi per la seconda volta sulle spalle, - Aaah -, gridai, aggrappandomi immediatamente a lui per non cadere all'indietro.
- Ciao di nuovo, amore -, disse, ridendo.
- La devi smettere di farmi prendere questi colpi! -, gli consigliai, chinandomi poco dopo e dandogli un bacio sulla guancia.
- Lo dici solo perché in realtà non sai quant'è divertente -, mi corresse.
- Forse, forse.. -, mormorai, lasciando poi la presa da lui e tuffandomi all'indietro, sparendo poco dopo dalla sua visuale.
Aprii gli occhi, nonostante fosse sott'acqua e mi desse parecchio fastidio, notando che mi stava cercando, visto in modo frenetico in cui si muoveva.
Decisi allora anch'io di arrivare di soppiatto, posizionandomi così davanti a lui mentre era girato di spalle. - Come sei lento, Haner.. -, mormorai, catturando la sua attenzione su di me.
- Lento, eh? Infatti non ti ho preso subito prima, mentre correvi, vero? -, chiese, nuotando verso di me con un sorriso angelico dipinto sulle labbra.
- E' stata solo fortuna, avevo rallentato il passo -, ribattei, stringendomi nelle spalle e lasciandomi prendere quando mi attirò a se.
- Ah ah.. -, mormorò, prendendomi in giro e posandomi un bacio sul collo, quasi all'altezza dell'orecchio.
Intorno a noi, tutto quello che riuscivo a sentire era il rumore delle onde che ormai andavano placandosi e quello dei nostri respiri regolari, niente di più e niente di meno di quello. - Non ti ho ancora chiesto dove ti piacerebbe sposarti.. -, sussurrò poco dopo, risvegliandomi da quello che era diventato quasi un momento di estasi completa.
- Mi va bene qualsiasi posto, basta che all'altare ci sia tu.. -, risposi, sorridendo.
- Sarò lì e attenderò con ansia di vederti camminare verso di me con l'abito bianco e il bouquet in mano -, disse, ridacchiando sommessamente.
Ridacchiai a mia volta, senza riuscire a trattenermi, circondandogli poi il collo con entrambe le braccia e riflettendo per un momento. - Mi piacerebbe sposarmi al parco.. -, risposi alla fine, convinta come non mai di una mia scelta, - Quello dove ci nascondevamo da ragazzi per bere, te lo ricordi? -, gli chiesi, poco dopo.
- Si, certo che me lo ricordo...e trovo che sia davvero un bel posto per farlo -, concordò.
- Davvero? -, domandai, allontanandomi solo per guardarlo direttamente in viso, - Quindi..a te andrebbe bene? -.
Sorrise. - Si, mi va più che bene, trovo che sia una buona idea -, mi assicurò.
- Ecco perché ti amo -, sussurrai, baciandolo teneramente.
- Solo per questo? -, domandò, con una finta aria delusa.
- No, anche per un altro centinaio di cose, lo sai -, mi corressi.
Rimanemmo in acqua a non fare assolutamente niente per un bel po' finché, nonostante l'aria non fosse per niente ostile, non cominciai a tremare: allora lui mi ordinò praticamente di uscire, ma alla fine dovette farlo con la forza, dal momento che volevo rimanere ancora un po'. Evitai di infilarmi di nuovo il giacchetto, così almeno quello che non l'avrei bagnato e feci in modo di essere il meno sgocciolante possibile mentre entravo di nuovo in macchina.

***

Erano le 18.30 quando rientrammo a casa: lui aprì la porta e come al solito lasciò passare prima me. Sorrisi lateralmente, facendo poi un passo in avanti e trovandomi poco dopo davanti Susy, che ci guardava entrambi con aria confusa. - Che avete combinato? -, ci chiese, mentre si asciugava le mani su uno strofinaccio.
- Un piccolo imprevisto -, risposi, sorridendole, - La piccola? -, domandai.
- E' di sopra che dorme.. -, rispose, - E credo sia meglio se ci andiate anche voi, per togliervi quei vestiti fradici, per lo meno -, aggiunse, poco dopo.
Ridemmo entrambi. - Si, ora andiamo -.
- Hey! Siete già.. -, cominciò Mckenna, scendendo le scale e venendoci incontro, bloccando però poco dopo quelle sue parole, - ..che diavolo vi siete combinati? -, ci chiese anche lei, osservandoci.
- E' colpa sua -, rispose lui, indicandomi, ridendo poco dopo.
Io, per tutta risposta, mi strinsi nelle spalle. - Avevo voglia di un bagno, ma tuo fratello mi ha seguito perché voleva e non di certo perché l'ho costretto -, gli ricordai, lanciandogli una veloce occhiata.
Lui la ricambiò, sfoggiando di nuovo un perfetto sorriso innocente; - Beh, allora è meglio se andate di sopra a cambiarvi -, disse.
- Tale madre, tale figlia -, osservai, ridacchiando.
- Papà invece dov'è? -, chiese poi lui.
- Oh, è dovuto andare via, aveva da finire delle cose e non poteva trattenersi, ma mi ha detto ti salutarvi entrambi -, rispose.
- Oh, beh...d'accordo, tanto uno di questi giorni verremo noi a farvi una visita -, le promise, spingendomi poi inesorabilmente verso la scala che portava al piano superiore, - E ora, se ci scusate, noi andremo a cambiarci -, aggiunse, mentre io ridacchiavo ancora.
- Noi andiamo invece -, aggiunse poco dopo Susy, - Il nostro compito qui è finito -.
Ci voltammo allora entrambi verso di loro e io mi avvicinai subito per ringraziarle entrambe. - Grazie per averci fatto passare questo pomeriggio insieme, davvero -, dissi.
- Non c'è di che, ci siamo divertiti -, rispose Mckenna, - E poi mia nipote è stupenda, non riuscivo a mollarla neanche per un secondo -.
- Sì, so cosa si prova -, ammisi.
- Se mai vi servisse di nuovo una mano, sapete chi chiamare -, ci disse Susy.
- Lo terremo a mente -, rispose Brian, - E grazie anche da parte mia, ovviamente-.
- Non fate casino, mi raccomando, Car dorme tranquilla da un po' ormai -, ci ricordò Mckenna, ringhiandoci praticamente contro, mentre si avvicinava verso la porta insieme alla madre.
- Non la sveglieremo, tranquilla -, le assicurai, salutandole poi un'ultima volta prima che sparissero oltre la soglia della porta, chiudendosi la porta alle spalle.
Non sapevo perché, ma per un po' rimasi ancora a fissare la porta, finché la voce calda di lui non mi riportò sulle terra. - Andiamo a cambiarci, allora? -, domandò.
- Andiamo -, acconsentii.
Salimmo così definitivamente al piano di sopra, entrando in camera nostra non prima di essere andati a controllare la piccola, che dormiva ancora con un angioletto. Avevamo entrambi bisogno di una doccia, così proposi di fare a turni e lui accettò.
Entrai così per prima in bagno, spogliandomi e infilandomi poco dopo nel box, cominciando a far scorrere l'acqua che all'inizio era gelida come poche. Aspettai qualche secondo, finché finalmente quella calda non iniziò a fluire, avvolgendomi completamente e liberandomi dal freddo in cui il mio corpo era stato imprigionato.
Avevo appena iniziato a rilassarmi totalmente, quando invece sentii la porta del box aprirsi, facendo entrare quel poco di freddo che c'era all'esterno, riuscendo a farmi rabbrividire fino alle ossa. - Mi sentivo solo -, sussurrò.
Mi voltai a guardarlo, sorridendogli, mentre l'acqua mi bagnava ormai completamente. - Ora invece sei in buona compagnia -, dissi, circondandogli il collo con entrambe le braccia.
- In ottima compagnia, direi -, mi corresse, nascondendo poi il viso nell'incavo del mio collo e iniziando a baciarlo.
Gli accarezzai la schiena, costringendolo poi a farsi più avanti, così che anche lui si bagnasse, finendo praticamente con le spalle al muro. - E se la bambina si svegliasse? -, chiesi, mentre lottavo per non lasciarmi andare completamente a quei suoi baci così languidi.
- Allora andremo da lei.. -, rispose, tracciando poi il mio profilo fino a raggiunge le labbra, - Ma per ora..pensiamo ad altro -, mi consigliò, riuscendo a farmi rilassare di nuovo come poco prima, mentre mi zittiva con un bacio al quale non seppi resistere. 

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Capitolo 59
*** Tranquille passeggiate. ***


A volte mi capitava di pensare a quanto fosse difficile essere, beh..essere me.
Non avevo problemi ad ambientarmi, né a farmi nuove amicizie, ma dagli altri ero sempre stata vista come quella "strana". Ecco come ero classificata, io ero La strana, quella che tutti dovrebbero evitare a prescindere. Ma, al contrario, avevo un sacco di amici, con cui spesso e volentieri parlavo. L'unico problema era che prima di tutto mi sarei voluta confondere con gli altri, essere il meno appariscente possibile, ma è difficile quando a 15 anni sei già alta 1,70.
Mi sistemai velocemente lo zaino sulla spalla, sbuffando poi poco prima di entrare nella classe, dove come prima ora avevo geometria. - Oh, buongiorno signorina Willow -, fece il mio professore, il signor Martin, - Riuscirà mai ad arrivare in orario, lei? -, mi chiese poco dopo.
- Non ci speri troppo -, risposi, mentre mi sedevo al mio posto.
Lui mi lanciò un'occhiataccia, voltandosi poi di nuovo verso la lavagna e ricominciando a scrivere formule su formule: Martin era un professore piuttosto severo, o così dicevano tutti; a me, invece, era sempre sembrato un tipo normale, un po' eccentrico, sì, ma di certo non cattivo come altri professori che purtroppo avevo avuto la disgrazia di incontrare nel corso della mia carriera scolastica. Tuttavia, tutti quanti avevano paura di lui, a parte me, difatti ero l'unica che gli rispondeva in quel modo, e non solamente perché sapevo bene che tanto non mi avrebbe fatto niente, tanto perché, sinceramente, non me ne importava niente.
Cominciò a spiegare tranquillo, senza neanche fare caso al fatto che io mi stavo facendo gli affari miei, scarabocchiando su un pezzo di foglio che avevo staccato dal mio quaderno semi nuovo.

***

Era strano che io mi alzassi a tarda mattina, invece quel giorno era successo: quando aprii gli occhi erano le 11.50, orario piuttosto insolito per una che di solito si sveglia alle 9.00, massimo 9.30.
Il mio orologio biologico era un po' sballato e a volte si inventava davvero degli orari assurdi per farmi alzare/andare al letto, soprattutto ora che la bambina aveva sempre bisogno della poppata. Mi stiracchiai, per la prima volta in tutta calma, non meravigliandomi quando non trovai Brian accanto a me: del resto, quello che il suo orario ideale per svegliarsi, quindi. La bambina non piangeva e dal baby monitor non arrivava assolutamente nessun suono, quindi sicuramente erano entrambi al piano di sotto, forse a fare colazione.
Scesi allora dal letto, sbadigliando e stiracchiandomi ulteriormente, prima di alzarmi e di cominciare a barcollare fino all'uscita della camera: dovevo sembrare qualcosa di più simile ad uno zombie, dal momento che i miei occhi erano ancora semi chiusi. Presi così a strofinarmeli, riuscendo alla fine ad abituarmi alla luce che filtrava dalle finestre e a vedere sia Brian che Caroline sul divano, intenti a guardare un po' di tv: lei era totalmente tranquilla tra le sue braccia e gli stava spalmata sul petto, del tutto presa dal cartone animato che stavano trasmettendo.
Mi strofinai un'ultima volta gli occhi, evitando di sbadigliare ancora. - Buongiorno.. -, sussurrai, mentre mi avvicinavo ad entrambi.
Brian si voltò immediatamente a guardarmi, con un grande sorriso sulle labbra. - Giorno a te.. -, fece, senza muoversi dal suo posto, - Scusa, non posso muovermi, non me lo permette -, aggiunse, ridendo.
Risi a mia volta, avviandomi poi verso di loro e sedendomi sul divano, con le gambe rannicchiate sotto: solo allora la piccola mi vide, accennando un sorriso e lasciando totalmente da parte i colori e le immagini che la TV trasmetteva. - Ciao amore mio -, sussurrai, prendendola poi in braccio e dandole un bacio sulla guancia, - Da quant'è che siete svegli? -, domandai poi, mentre me la sistemavo sulle gambe.
- Io dalle 9.00 circa...lei si è svegliata una mezz'oretta dopo, così l'ho presa e l'ho portata giù con me, anche perché per la prima volta stavi ancora dormendo quando io invece ero in piedi -, mi disse.
- Già, cosa molto strana da parte mia.. -, ammisi, sedendomi poi di nuovo accanto a lui, con Caroline sulle gambe, - Dovrò cambiarla, penso che.. -, cominciai a dire.
- Già fatto -, disse lui, sorridendomi.
- L'hai già cambiata? -, domandai.
- Ho superato la mia paura dei pannolini, ricordi? -.
- ..uh, è vero, grazie alla sottoscritta poi -, gli feci notare.
- Si, grazie alla sottoscritta, ma ora non te la tirare -.
- Guarda che è colpa tua, il tuo carattere mi ha contagiato -.
- Il mio carattere contagia tutti -, mi corresse, allungandosi verso di me e baciandomi, alzandosi poco dopo dal divano per stiracchiarsi.
- Ah, mentre dormivi ho chiamato un paio di persone e ho chiesto loro se si poteva celebrare il matrimonio nel parco... -, cominciò, sorridendo sghembo.
Alzai immediatamente lo sguardo verso di lui, cercando di trattenere il mio entusiasmo. - Davvero? E..? -, chiesi.
- E hanno detto che non c'è nessun problema, ora basta lasciare il timone a mia madre e lei si occuperà di organizzare tutto, e immagino solo quanto si.. -, cominciò a dire, prima che io mi alzassi, stringendolo a me solo grazie al braccio che non era impegnato a tenere Caroline.
- Non hai idea di quanto io sia felice in questo momento.. -, ammisi, sorridendo mentre me ne stavo in punta di piedi per arrivare almeno un po' alla sua altezza.
- Mi basta sapere che lo sei, il resto non importa più di tanto.. -, sussurrò, stringendomi a se senza farsi problemi.
- Lo sono -, confermai, lasciandomi scappare una risatina e allontanandomi poco dopo da lui, prendendo di nuovo meglio in braccio nostra figlia.
- Senti, che ne dici se usciamo un po'? Noi tre, anche solo fare un giro, sono sicuro che anche lei apprezzerà.. -, propose, posando entrambe le mani sulle mie spalle.
- Dico che non è affatto una cattiva idea.. -, concordai, sorridendogli.
- Perfetto! -, rispose entusiasta, dandomi un veloce bacio sulle labbra con tanto di schiocco, - Su allora, tutte e due di sopra! -, mi spronò, guidandomi fino alle scale mentre ridevo divertita.

***

Per fortuna, anche quella giornata scolastica era finita e, in quel momento, non vedevo l'ora di raggiungere l'aula dove mi esercitavo insieme all'orchestra della scuola: ne facevo parte da quando ero avevo cominciato a frequentare quel liceo e suonavo il violino, strumento che mi aveva accompagnato fin da quando ero piccola insieme al pianoforte. Mia madre aveva sempre insistito su quel fronte, voleva che imparassi a suonare qualcosa perché lei adorava la musica, proprio come l'adoravo io o almeno, come avevo imparato ad adorarla.
Strinsi così tra le dita il manico della custodia del violino, aprendo poco dopo la porta ed entrando, salutando tutti. - Ciao ragazzi.. -, dissi, andando poi verso il mio solito posto, davanti ad uno dei tanti leggii.
- Hey Will...come sta tua madre? -, mi chiese Jennifer, una delle poche con cui parlavo spesso e volentieri.
Mi strinsi nelle spalle, sistemando poi i miei spartiti al loro posto. - Sta bene, comincia ad essere sempre più stanca, ma continua a resistere -, dissi, - Il professor Jackson? -, domandai, cambiando totalmente discorso e sperando che nessuno lo riaprisse più.
- E' andato a prendere la sua roba, l'aveva dimenticata nell'aula professori -, mi spiegò Sam.
- Ah okay...come vi sono andati a voi gli esercizi, perché io continuo ad incepparmi su alcuni passaggi e ieri mi sono massacrata anche le dita.. -, ammisi, sospirando mentre mi sedevo.
- No, anche a me alcuni non riescono ancora, ma abbiamo tempo per migliorare, in fondo lo spettacolo è a fine anno -, ci ricordò di nuovo Sam, mentre gli altri si stavano facendo tutti i cavoli loro.
- Cioè tre 2 settimane e mezzo.. -, specificai.
- Già.. -, sospirò Jennifer, - Ma ce la faremo, basta che ci impegniamo! -, aggiunse, con tono convinto.
Stavo per risponderle, quando invece il professor Jackson entrò in classe, col fiatone. - Scusate ragazzi, avevo dimenticato gli spartiti nell'aula professori -, ci spiegò, per quelli che almeno non erano arrivati in orario, nonostante metà classe lo sapesse già, - Pronti per iniziare con le prove? -, ci chiese, poco dopo.
Si alzò un coro di "si", prima che tutti andassero velocemente ai loro posti per cominciare: il brano che stavano provando ormai da un paio di mese era del gruppo indipendente E.S Posthumus e sentitolava Nara. Conoscevo quel brano già da tempo, visto che era stata la sigla d'apertura di Cold Case, uno dei miei telefilm preferiti fin da quando avevano 7 anni.
Tirai fuori con cura, come al solito, il mio violino, non prima di aver sistemato del tutto i miei spartiti sul leggio, mettendomelo poi sulla spalla, pronta per cominciare: la musica era sempre stata per me un'opportunità di sfogo e di divertimento e sentivo che lo sarebbe stata per sempre. Avevo iniziato a suonare il mio primo strumento, il pianoforte, quando avevo 5 anni, spronata da mia madre e poi avevo continuato con il violino, appena l'anno dopo.
Ero riuscita a migliorare con il tempo, fino a diventare piuttosto brava, o così almeno diceva il mio insegnante, che nel corso di ben 9 anni non era mai cambiato e che mi aveva sempre accompagnato, durante tutti i miei spettacoli.
Mi sarebbe piaciuto continuare a studiare violino con lui per molto altro tempo, ma sapevo che, non appena la scuola fosse finita, sarei dovuta partire: nel giro di qualche tempo sarei rimasta orfana, con neanche un genitore, quindi l'unica cosa che mi restava era andare a cercare quella che un tempo era stata la “famiglia” dei miei genitori. Volevo sapere e non mi sarei mai tolta dalla testa quel mio piccolo progetto.

***

La nostra passeggiata era stata piuttosto divertente, visto che alla fine eravamo rimasti fuori anche per pranzo: Caroline era stata buona per tutto il tempo e, nonostante questo, non appena avevamo rimesso piede dentro casa, si era addormentata tra le mie braccia, con il pancino pieno per lo meno. L'avevo così riposta nel suo lettino, come al solito, lasciandola li a riposare fino a che non avesse avuto di nuovo fame o comunque fino a che non si fosse svegliata di nuovo.
Ero così tornata tranquillamente al piano di sotto, non trovando Brian e intuendo, dallo scrosciare dell'acqua, che si stava facendo la doccia: per un momento avevo avuto la tentazione di andare li ed intrufolarmi con lui, ma subito mi ero resa conto che dovevo finire di controllare una cosa al pc e poi di scriverne un'altra, quindi era meglio che mi mettessi al lavoro.
Mi ero allora sistemata alla scrivania, infilandomi i miei occhiali e sedendomi comodamente sulla sedia con le gambe incrociate, controllando prima quelle due cose che mi erano rimaste e cominciando, subito dopo, a scrivere. Assunsi, come sempre, una posizione piuttosto scomoda, inarcando la schiena in avanti, nonostante sapessi quanto non fosse salutare.
Ero talmente concentrata su quel mio piccolo lavoro che neanche mi accorsi che l'acqua aveva smesso di scorrere, né tanto meno che lui era uscito, chissà da quanto: alla fine, riuscii comunque a cogliermi alle spalle, facendomi sussultare. - Non dovresti stare così, poi ti fa male la schiena.. -, mi ricordò persino lui, posando entrambe le mani sulle mie spalle e cominciando a massaggiarmele prima che potessi anche solo provare a rispondergli.
- Lo so, ma quando mi concentrò troppo finisco sempre così.. -, risposi, posando la schiena allo schienale della sedia e lasciandomi andare a quel suo massaggio che mi stava letteralmente rilassando pian piano.
- Brutte abitudini, amore mio.. -, sussurrò, ridacchiando, - Ed hai anche i nervi tesi.. -, mi fece notare, senza fermarsi, per mia fortuna.
- E tu invece sei bravo con i massaggi.. -, sussurrai, ormai con gli occhi persino socchiusi.
- Me la cavo -, ribatté.
- No, sei perfetto.. -, lo corressi, lasciandomi scappare una risatina, - Seriamente, sei l'uomo perfetto -, aggiunsi, presa da un improvviso attacco di dolcezza da diabete.
- Posso fare anche di meglio, se voglio.. -, mi ricordò, arrestando i suoi movimenti solo per continuare su un'altra zona, riuscendo a sciogliere completamente i miei nervi che, come aveva detto lui poco prima, erano piuttosto tesi.
- Oh, lo so che puoi fare di meglio, lo so.. -, sussurrai, - Ma mi vai benissimo così come sei -, dissi poco dopo.
Neanche mezzo secondo dopo i suoi movimenti si bloccarono improvvisamente e in poco tempo riuscii a sentire il suo respiro caldo sul mio collo, prima che lo baciasse. - Sei stupenda quando diventi così dolce.. -, disse.
- Lo so.. -.
- Uh, che modestia -.
- Ho imparato dal migliore -, gli ricordai, ridacchiando divertita.
- In effetti, un po' è anche colpa mia.. -, concordò, lasciando scivolare poi ancora le mani lungo le mie spalle, controllandomi velocemente di nuovo, - Bene, ora stai decisamente meglio -, aggiunse.
Io, di tutta risposta, mi scrocchiai velocemente il collo, per quanto poco mi riuscisse in quel momento, constatando che davvero mi sentivo infinitamente meglio. - Si, d'ora in poi chiederò più spesso un tuo massaggio.. -, gli assicurai, alzandomi poi dalla sedia e sfilandomi gli occhiali, riponendomi sulla scrivania e chiudendo il PC.
- Io posso chiedere un tuo bacio? Me lo concedi? -, domandò, con un sorrisetto sulle labbra.
- Non vedo perché dovrei risponderti di no.. -, sussurrai, alzandomi allora in punta di piedi e circondandogli il collo con entrambe le braccia.
La maggior parte delle volte odiavo essere più bassa di lui, ma alla fine non ci potevo fare niente e lui mi aiutava parecchio quando decideva di prendermi in braccio, proprio come aveva appena fatto in quel momento: amavo e avevo sempre amato stringermi a lui, soprattutto mentre ci baciavamo e probabilmente mai avrei perso quella mia piccola abitudine, sapendo bene che a lui non dava di certo fastidio.
- Senti che silenzio.. -, sussurrò, non appena fu lontano dal mio viso.
- Già...ci siamo solo noi e quel piccolo angioletto che dorme di sopra -, dissi io, baciandolo nuovamente senza però soffermarmi ad approfondire.
- Comincio a pensare davvero che quella bambina sia un angelo, sai? -, mi domandò lui, sorridendo ampiamente.
- Io lo penso da quando è nata..e non lo dico solamente perché sono di parte.. -, mi assicurai di sottolineare, mentre posavo il viso nell'incavo del suo collo, inspirando a pieni polmoni il suo profumo.
- Nemmeno io lo dico solamente per quello, anzi.. -, sussurrò.
Risi lievemente, prima di allontanarmi appena da lui per guardarlo di nuovo in viso. - Dici che posso chiederti un altro massaggio? -, gli domandai, sorridendo angelicamente.
- Se proprio lo vuoi -, disse lui.
- Bene, allora comincia ad andare verso il divano, su.. -, lo intimai, ritrovandomi qualche secondo dopo seduta con lui accanto.
Mi fece allora un altro massaggio e io, in compenso, preparai dei pancake, che ci mangiammo tranquillamente con del succo di frutta mentre guardavamo un film. 

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Capitolo 60
*** Il battesimo, din don dan! ***


L'ultimo era stato un periodo piuttosto pieno sia per me che per Brian: io avevo il lavoro, lui ormai un paio di interviste a settimana e c'era da organizzare un po' il tutto, matrimonio compreso che, per fortuna, avevamo lasciato nelle mani di Susy, che avrebbe senza dubbio fatto un lavoro eccezionale.
In quel momento, l'unica cosa a cui riuscivamo a pensare, era il battesimo di Caroline, visto che ormai aveva compiuto 3 mesi e ci sembrava il momento giusto per farlo: avevamo così cominciato a pensare anche a quello, decidendo il giorno e riuscendo ad organizzarci, senza troppi problemi anche.
Quella domenica mattina, poi, iniziò in modo molto tranquillo, anche se alzarsi non fu molto semplice. - Ci dobbiamo alzare.. -, gli ricordai, con voce ancora assonnata, nonostante fossi la prima a non volermi liberare di quel suo abbraccio così caldo e protettivo.
- Mhhmh.. -, mugugnò lui, di tutta risposta.
- Si..lo so.. -, concordai, concedendomi un sonoro sbadiglio, posando poco dopo un bacio sul suo petto nudo e sollevandomi a sedere.
Stavo quasi per alzarmi, quando invece sentii la sua mano posarsi sulla mia schiena nuda, carezzandola lievemente e facendomi rabbrividire. - ..dieci minuti -, mi chiese, sussurrando, - Dieci minuti e poi ci alziamo -, aggiunse, mentre io sospiravo rassegnata.
Mi voltai allora di nuovo verso di lui, stendendomi poco dopo sul suo petto accogliente e lasciandomi andare a quella meravigliosa sensazione di tranquillità, stringendo entrambe le gambe ai suoi fianchi. - Solo dieci minuti.. -, sussurrai.
- Si, tranquilla...e anzi, ho parlato di nuovo con la guardia forestale del parco e hanno detto che gli ultimi di questo mese sarebbero perfetti per un matrimonio.. -, disse, con voce ancora assonnata, riuscendo a farmi sorridere felice come al solito.
- E' perfetto allora...non vedo l'ora di dirlo a tua madre -, ammisi, divertita da quella prospettiva, sollevando lo sguardo solo per guardarlo in quei suoi grandi occhi scuri.
- Impazzirà, poco ma sicuro -, mi disse, lasciandosi scappare una risata.
- Già..però si divertirà, scommetto che avremo un matrimonio bellissimo -, fantasticai, con aria parecchio sognante.
- Con mia madre al timone lo scommetto anch'io -, confessò.
Io sorrisi, aprendomi in un sorriso ancora più ampio quando cominciò ad avvicinarsi a me: posò le sue labbra delicatamente sulle mie, baciandole poi con foga sempre più crescente. Portai istintivamente una mano tra i suoi capelli, stringendoli come al solito in una forte presa: mi ero totalmente abbandonata a quel momento che mi accorsi solamente dopo qualche secondo di Caroline che aveva iniziato a piangere. Esitai ancora qualche secondo, prima di allontanarmi, seppur con riluttanza. - Car si è svegliata.. -, sussurrai.
- La sento.. -, disse lui, senza però accennare a lasciare o anche solo ad allentare la presa dalla mia vita, anzi, baciandomi ancora.
Sorrisi di nuovo contro le sue labbra, trovando poi non so dove la forza di alzarmi per andare nella cameretta. - Fila a farti la doccia, io vado a farla mangiare -, lo avvertii, scivolando così via dalla sua presa e sedendomi sul bordo al lato del letto.
- Hai imparato a resistermi ormai -, mi fece notare.
Mi infilai velocemente le mie culotte, dandogli le spalle e ridendo di quella sua affermazione: mi voltai poi, subito dopo, a mezzo busto per guardarlo, sorridendo. - Già, sto diventando anche brava nel farlo -, ribattei, allungandomi a prendere ila mia maglia, che mi infilai velocemente.
- Ieri notte però non ci sei riuscita più di tanto... -, disse, stuzzicandomi.
- La prossima volta mi impegno di più, se vuoi -, proposi, alzandomi poco dopo aver sussurrato quelle parole: mi voltai in tempo per guardarlo fare un cenno di totale dissenso. - No, tranquilla, mi vai bene così -, disse, tirandosi su a sedere, ancora mezzo coperto dal lenzuolo.
- Allora basta battutine -, lo pregai, avvicinandomi e posandogli un bacio a schiocco sulle labbra. - E ora...alza quel tuo bellissimo culo dal letto -, aggiunsi, tornando poi in posizione dritta e facendo per uscire dalla stanza.
- Ho un bel culo? -, mi domandò, accennando una risata divertita.
- Si, è una delle tante cose degne di nota che hai -, risposi, continuando a dargli le spalle e uscendo poi in definitiva dalla stanza: entrai, piuttosto, in quella della piccola che, nel frattempo, aveva più o meno smesso di piangere.
Quando mi vide sorrise come sempre e io non ci pensai due volte a prenderla in braccio. - Scusa amore mio, il tuo papà mi ha trattenuto -, sussurrai, facendo un paio di passi indietro e raggiungendo così la sedia a dondolo su cui mi sedevo sempre per darle il latte.
Presi a dondolarmi come al solito, mentre tiravo su la mia maglia fino a scoprire il seno destro, quello da cui le davo sempre da mangiare: l'avvicinai piano, guardandola poco dopo mentre cominciava a mangiare tranquillamente.
Dato il silenzio che c'era nella stanza, riuscii a sentire perfettamente la porta del bagno chiudersi, segno che Brian si stava facendo la doccia, doccia che, non appena avessi finito, sarebbe spettata anche a me. Avevamo circa un'ora e mezza di tempo per lavarci e vestirci, poi dovevamo incontrarci con Matt e gli altri in chiesa, dove avremmo celebrato il battesimo di Caroline. Potevamo farcela, bastava solo che ci dividessimo i compiti.
Quando fu sazia, dopo circa un quarto d'ora di poppata, mi sbrigai a cambiarla e, per fortuna, non fece storie, né tanto meno pianse, ma del resto non piangeva quasi mai. Ecco perché la consideravo un angelo, il mio piccolo angioletto.
Ora mi mancava solamente da vestirla e l'avrei anche fatto, se Brian non fosse comparso improvvisamente sulla soglia della cameretta, già con indosso i pantaloni del completo. - La posso vestire io, se vuoi.. -, propose, allungando entrambe le braccia così che gliela passassi, con un grosso sorriso stampato sulle labbra.
- Davvero? -, domandai, continuando a tenerla in braccio.
- Certo, vai pure a farti la doccia -, mi disse, prendendola definitivamente e dandomi un veloce bacio a schiocco.
Lo ricambiai senza neanche pensarci, dal momento che ero stata presa in contropiede, carezzandogli poi lievemente una guancia. - Grazie -, sussurrai, incamminandomi poi verso il bagno.
- Non c'è di che -, risposte lui, posando poi Caroline sul fasciatoio, intrattenendola mentre si allungava a prendere il suo vestitino: li guardai per dei secondi interminabili poi, finalmente, mi decisi a lasciarli da soli così da potermi concedere una doccia.
A passo svelto me ne andai allora in bagno, restando sotto il getto d'acqua calda per parecchi minuti, prima di cominciare ad insaponarmi, per lo meno. Quando uscii di nuovo c'era più vapore che altro, visto che tendevo a farmi la doccia sempre bollente, così fui costretta ad aprire un po' la finestra per farlo uscire.
Avevo già deciso in precedenza che cosa mettermi per quel giorno, per questo quando fui fuori dal bagno non ebbi nessun tipo di problema: mi infilai la mia biancheria intima, scegliendo anche quella con cura, avvicinandomi poi all'armadio, dal quale tirai fuori una gonna nera lunga fino al ginocchio, o comunque poco più sopra. Camminai a piedi nudi fino al letto, dove me la infilai velocemente, cominciando subito dopo a cercare la camicetta bianca che dovevo abbinarci.
Dopo vari tentativi la trovai, notando pochi secondi dopo Brian fare capolino in camera. - Caroline è pronta, l'ho lasciata nel lettino a giocare, sperando che non si riaddormenti -, mi avvisò, - Per che ora ci aspettano in chiesa? -, mi domandò poco dopo, cominciando a prendere la roba che doveva mettersi.
Io, intanto, mi infilai la camicietta, allacciando a poco a poco i bottoncini. - Per le 10 e mezzo, e siamo anche stranamente in orario -, dissi, sistemandomi poi la gonna.
- Meglio, ci mancherebbe che arriviamo in ritardo al battesimo di nostra figlia -, ipotizzò sorridendo, mentre anche lui si infilava la camicia, anch'esse bianca.
Lo guardai allora per qualche minuto, dal momento che avevo sempre pensato che gli donassero particolarmente. - Sai che le camicie ti stanno veramente bene? -, gli domandai retorica, avvicinandomi poi e prendendogli dalle mani la cravatta nera, sapendo bene che tanto ci avrebbe litigato un quarto d'ora prima di riuscire a fare il nodo.
- Cosa non mi sta bene, in fondo -, mi fece notare, sorridendo divertito.
Risi, mettendogliela poi intorno al collo e cominciando a fare il nodo. - Effettivamente, però le camicie soprattutto -, ribattei, sistemandola un'ultima volta prima di allontanarmi, - Ecco, perfetta -, sussurrai.
- Prima o poi imparo a farlo questo nodo, giuro -, promise, ridacchiando e infilandosi la giacca. Io, nel frattempo, mi infilavo le scarpe, scelte senza molto tacco, altrimenti non sarei arrivata a fine giornata con le gambe intere.
Riuscimmo così a prepararci del tutto e anche con 10 minuti di anticipo: tornai così nella camera della piccola, prendendola dal suo lettino, dove giaceva giocando ancora. - E' ora di andare -, dissi, stringendola a me e tornando da Brian. Andammo così al piano di sotto, dove controllammo di aver preso tutto, chiavi di casa comprese, prima di uscire definitivamente, diretti verso la chiesa.


***

Quando arrivammo per prima trovammo Gena e Zacky, che ci salutarono calorosamente. - Hey, da quanto siete qui? -, gli domandò Brian, controllando l'orologio che teneva al polso.
- Da neanche due minuti, tranquilli, siete in orario -, ci assicurò Gena, mentre mi salutava.
- Menomale.. -, mormorai io, prendendo meglio in braccio la piccola, che aveva preso a muoversi, agitata.
- Hey piccolina, ciao! -, sussurrò allora lei, sorridendole ampiamente e carezzandole poco dopo la guancia, - Questo vestitino è un'amore! -, commentò, mentre Brian e Zacky parlavano tra di loro, proprio accanto a noi.
- Trovo anch'io che le stia davvero bene -, ammisi, sistemandole la gonnellina bianca, - Tanto riuscirà sicuramente a sporcarlo prima della fine della giornata -, aggiunsi, ridendo.
- Questo l'ha preso da Brian -, ipotizzò.
- Cosa ha preso da me? -, domandò allora lui, tornando al mio fianco e circondandomelo con un braccio.
- Lo sporcarsi immediatamente i vestiti puliti, da piccolo lo facevi in continuazione.. -, risposi.
- Per questo mia madre portava sempre un cambio quando andavamo da qualche parte -, disse.
Scoppiammo tutti a ridere e, poco dopo, anche lui, poi tornammo a chiacchierare, mentre aspettavamo l'arrivo degli altri: intorno alle 10.45 c'erano già i genitori di Brian, Matt e Valary e infine anche Johnny e Lacey. Poi si unirono anche i fratelli maggiori di Brian, insieme a Mckenna, che cominciò da subito a giocare con la piccola.
Gliela lasciai in braccio solamente quando alle mie spalle udii una voce famigliare, quella di mia sorella che, da Atlanta, era venuta fino ad Huntington solo per il battesimo. - Oddio, sei venuta! -, esordì, quasi stupita, mentre l'abbracciavo.
- Certo, non potevo di certo perdermi il battesimo della mia prima nipotina -, disse, stringendomi forte.
La allontanai poco dopo da me, sorridendole ampiamente e andando poi ad abbracciare Ben: pochi secondi dopo Brian era di nuovo accanto a me e anche lui salutava mia sorella. - La stai trattando bene, vero? -, gli chiese lei, facendo ridere me.
- Certo, 'sta tranquilla, è in buone mani -, rispose lui, abbracciandola poco dopo.
- Mi fido.. -, sussurrò poi, prendendosi un po' di tempo per osservarlo, - Devo dire che sei cambiato parecchio da quando eravamo ragazzini -, aggiunse, comunque con tono ovvio.
- Anche tu, devo dire, ma tua sorella resta comunque la più bella -, disse, stringendomi a se, stuzzicandola come avevano sempre fatto anche quando andavamo ancora a scuola.
- Sempre molto simpatico -, ribatté lei.
- Lo so, è una dote che ho mantenuto nel tempo -, continuò, ridendo insieme a loro.
Risi anche io, ovviamente, poco prima di chiederle. - Come ti senti? -.
- Un fiore, mai stata meglio -, rispose con aria serena, - Anche se di tanto in tanto devo andare ancora in ospedale, sai come sono i medici, sempre a controllare che tutto sia apposto -, aggiunge.
- Meglio prevenire che curare, ce lo ripeteva sempre la nonna -, le ricordai.
- E' quello che stiamo facendo -, continuò, stringendosi a Ben mentre sentivamo le campane che prendevano finalmente a suonare, segno che la cerimonia stava per iniziare e che quindi era meglio cominciare ad entrare, dal momento che eravamo ormai tutti.


***

Due mesi, non tre: erano bastati due mesi a portarla via e io in quel momento lottavo per non piangere. Non mi piaceva piangere davanti agli altri, ma quando sei al funerale di tua madre è un po' difficile non farlo.
Avevo entrambe le braccia lungo i fianchi e mi sistemavo in continuazione il vestito nero che avevo scelto, ascoltando distrattamente il prete. - Siamo qui oggi...per ricordare la vita della persona meravigliosa che era Jill.. -, continuò, tenendo in mano la sua bibbia, - Era una persona solare, sempre disposta ad aiutare gli altri e soprattutto gentile.. -, aggiunse poco dopo e io già cominciavo a sentirmi montare dentro una rabbia assurda.
- ..per questo sono convinto che il Signore nostro Gesù l'accoglierà nel suo regno, e non le farà mancare niente, finalmente la renderà libera, libera dal peccato, dalle tentazioni e da tutto quello che la vita terrena ci mostra ogni giorno -, sussurrò poco dopo, con tono convinto.
Fu allora che, spinta dalla rabbia più totale nei confronti di quelle parole, strinsi la rosa che avevo in mano fino a farmi male: mi feci così strada tra la gente, dal momento che mi ero messa dietro, arrivando allora sia davanti al prete, sia davanti alla bara di legno lucido in cui ormai riposava mia madre. - Non so come lei faccia a dire queste cose con tale convinzione, ma sappia che io non ci credo, perché se davvero fosse esistito un dio, non mi avrebbe portato via anche mia madre -, dissi, con un tono abbastanza alto da far in modo che tutti mi sentissero. Posai poi la rosa sul legno, carezzandolo lievemente mentre trattenevo le lacrime, prima di togliermi le scarpe con quel fastidioso tacco che avevo messo così che potessi camminare in pace sull'erba fresca, diretta a casa mentre mi lasciavo alle spalle il parlottare continuo di tutte quelle persone.

***

Per nostra fortuna, la cerimonia era andata piuttosto bene: Caroline aveva pianto, ovviamente, ma neanche più di tanto, meravigliando il prete che ci aveva detto subito che era una delle poche neonate che non aveva fatto quasi per niente storie.
Subito dopo aver concluso e aver nominato mia sorella e Ben come padrino e madrina ci eravamo recati al ristorante, prenotato con largo anticipo sia da me che da Brian, visto che avevamo dovuto un po' litigare per riuscire a prendere tutti i posti: alla fine, comunque, ce l'avevamo fatta e ora ce ne potevamo stare tranquilli al tavolo, mentre ridevamo insieme ai nostri amici.
Mi sentivo incredibilmente felice e in fondo, come potevo non esserlo? Avevo accanto a me l'uomo che amavo, l'uomo che non avrei più lasciato andare e mia figlia sorrideva tranquilla sulle mie gambe, guardandosi intorno con aria assorta e curiosa. I miei amici erano tutti li, al completo e a breve mi sarei addirittura sposata e, in cuor mio, non riuscire ancora a credere che all'altare ci sarebbe stato Brian: il mio migliore amico d'infanzia, Brian, quello con il quale ero cresciuta, con il quale avevo riso, scherzato, litigato anche...l'uomo del quale poi mi ero addirittura innamorata follemente. Tutto era così strano, quasi da sembrare finto, quando invece quella che stavo vivendo era la più totale realtà: fatta di sveglia che suonavano al mattino, di persone con cui confidarsi nei momenti no, di colazioni con pan cake e succo d'arancia, fatta di tutte quelle piccole cose che mi facevano star bene ogni giorno.
Sorrisi allora tra me e me, avvertendo poco dopo le labbra di Brian che si posavano sulla mia guancia. - A che pensi? -, mi chiese.
- Niente.. -, feci io, voltandomi e dandogli un piccolo bacio a schiocco, - Non è importante ora -, aggiunsi, sorridendogli.
- D'accordo -, acconsentii con tono deciso.
E, in men che non si dicesse, stavamo di nuovo ridendo insieme ai nostri amici e ormai anche Caroline lo faceva, facendo quasi piangere di gioia Susy.

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Capitolo 61
*** Abiti da sposa e vecchie foto. ***


Ormai si è capito chi è Willow, detto questo, buona lettura. c: 

Valary mi aveva svegliato alle 9 passate, quella mattina: la sera prima io e Brian eravamo usciti, lasciando Caroline alla nuova baby-sitter e, proprio per quel motivo, mi sentivo ancora parecchio stanca. Mi costrinsi comunque ad alzarmi e così risposi anche al cellulare, dicendole che nel giro di 10 minuti sarei stata pronta. Lasciai lui a dormire e io, nel frattempo, cominciai a prepararmi, infilandomi un paio di jeans e una maglietta nera. Andai poi velocemente in camera della piccola e, mentre era ancora profondamente addormentata, le posai un bacio sulla guancia. Feci lo stesso con Brian, tornando in camera poco dopo, che, invece di rimanere addormentato, mi circondò la vita con un braccio, facendomi cadere sul suo petto. - Starai via per molto? -, mi domandò, posandomi un leggero bacio sulle labbra.
- Un paio d'ore massimo, conoscendo Valary -, risposi, sorridendo poco dopo contro le sue labbra, - C'è un po' di latte artificiale in frigo, è solo da scaldare, quando si sveglia dagliene un po', d'accordo? -, mi raccomandai, concedendomi ad un altro suo bacio, sentendo poco dopo il campanello suonare.
- Tranquilla, ci penso io.. -, mi assicurò, prima di allentare la presa dalla mia vita.
Solo allora mi alzai del tutto. - Ti amo, ci vediamo dopo -, sussurrai come ultima cosa, sorridendogli ampiamente: andai poi velocemente al piano di sotto, scendendo le scale due gradini alla volta.
Mi scusai con Valary e poi la seguii in macchina, dove ci aspettavano anche le altre, mia sorella compresa, dal momento che sarebbe rimasta ad Huntington fino al giorno del matrimonio.

***

Come avevo immaginato, per quasi tutta la mattina girammo per negozi, finché non ne scovammo uno perfetto: era arrivato il giorno e io ormai dovevo cominciare a cercare il mio futuro abito da sposa e, per fortuna, avevo già qualche idea in mente.
- E' ufficialmente aperta la caccia al vestito perfetto -, disse Gena, facendoci ridere.
- Su, si comincia -, concordai, poco prima di andare in una direzione opposta a quella delle altre, accompagnata da mia sorella.
Ognuna di noi era impegnata in un lato del negozio, fino a che una ragazza bionda, la stessa ragazza che fino a poco prima stava dietro al bancone, ci venne incontro per darci una mano: mi chiese come avrei voluto che fosse il mio vestito e, a quel punto, feci mente locale della situazione. Dopo qualche secondo tutto quello che riuscii a metabolizzare fu che ne volevo uno piuttosto semplice, senza gonne pompose o altro, piuttosto lo volevo morbido e comodo. -Mhh, penso che uno in stile impero sarebbe perfetto per quello che cerca.. -, azzardò lei, sorridendo entusiasta, come se sapesse già che mi sarebbe piaciuto, - Seguitemi, ve ne mostro alcuni -, aggiunse, cominciando a camminare davanti a noi.
Io la seguii immediatamente, eccitata all'idea di vedere qualche abito e, magari, di trovare quello perfetto: ci condusse allora davanti ad una fila lunghissima di abiti, tutti appesi con delle stampelle, tra i quali cominciò a rovistare, canticchiando intanto un motivetto. Allungai il collo per cercare di vedere qualcosa, ma non ci riuscii del tutto, non finché lei non ne prese uno in particolare, che mi mise davanti agli occhi. - Questo ci è arrivato appena ieri, fa parte di una nuova collezione e ha praticamente tutti i requisiti che ha chiesto, se vuole provarlo.. -, propose, mentre mi avvicinavo, con aria rapita: allungai allora le mani, fino a toccare il tessuto, che sotto le mie dita risultò estremamente morbido.
Sorrisi. - Si, voglio provarlo -, confermai.
- Benissimo, i camerini sono di la -, disse, indicandomeli.
Senza pensarci due volte lo presi, stringendo la stampelle tra le dita mentre le altre mi seguivano: entrai così nel piccolo spazio che era il camerino, appendendolo ad uno dei ganci. Cominciai a sfilarmi la roba che avevo indosso, dal momento che non vedevo l'ora di provarlo, perché lo trovavo estremamente bello. Speravo solamente che mi stesse bene, altrimenti il mio sogno di avere già trovato il vestito perfetto si sarebbe infranto.
Stavo quasi per cominciare ad infilarmelo, quando invece sentii la voce della ragazza, appena al di là dalla tenda che avevo tirato. - Avevo scordato il velo.. -, disse, passandomelo poi attraverso una piccola fessura.
- Oh, grazie.. -, dissi, prendendolo e posando su una sedia che si trovava li con me. Cominciai solo ad allora a mettermelo, riuscendo a chiudere la zip senza problemi, visto che si trovava di lato: il busto era perfetto, stretto al punto giusto e la gonna scendeva morbida lungo le mie gambe, proprio come desideravo. Mi osservai per qualche secondo allo specchio, sorridendo istintivamente. - Allora, vuoi uscire? -, mi pregò Lacey.
- Si, si..arrivo -, risposi, più sottovoce che altro, controllandomi un'ultima volta prima di allungare la mano per scostare la tenda. Lo feci del tutto solo dopo aver preso un respiro profondo, mostrandomi poi alle mie amiche che, non appena mi videro, spalancarono le bocca, meravigliate.
- Allora? -, domandai, dopo un'esitazione.
- Ti sta da dio.. -, commentò mia sorella, quasi con gli occhi lucidi.
- Concordo, è stupendo...e perfetto, concordò Valary, avvicinandosi ed entrando nel camerino, solo per prendere il velo, che mi posò delicatamente sui capelli, completando il tutto.
- Davvero? -, domandai, continuando a guardarlo a lisciarlo ai lati.
- Si, davvero -, disse Lacey, affiancandomi poco dopo, - Brian rimarrà senza fiato, te lo dico io -, aggiunse poco dopo.
Sorrisi istintivamente, rivolgendo poi di nuovo alla ragazza bionda, che avevo scoperto chiamarsi Jane. - Le sta davvero bene.. -, concordò anche lei, - Però se ne vuole vedere altri.. -, aggiunse, lasciando quella frase a metà di proposito.
- Si, penso che ne vedrò comunque qualcun'altro -, concordai, anche se l'idea di tornare in camerino per togliermelo non mi piaceva per niente. Mi rassegnai comunque poco dopo, tornando dentro a togliermi l'abito, riponendolo con cura sulla stampella, prima di rimettermi la mia roba.
Quando uscii di nuovo Jane mi fece vedere, sempre insieme alle altre, un sacco di altri abiti: alcuni li provai addirittura, due o tre, ma nessuno mi piacque abbastanza, non come il primo, almeno. Ero totalmente impuntata su quello, tanto che alla fine decisi di prenderlo, senza ripensamenti o altro: era perfetto e sarebbe stato mio.
Comunicai così con forse troppo entusiasmo la mia scelta a Jane, così che potessimo cominciare a pensare agli abiti delle damigelle, ora era il loro turno.
Ci avviammo allora verso un'altra parte del negozio, totalmente dedicata ad abito di ogni tipo: lunghi, corti, sgargianti, semplici...ce n'era per tutti i gusti! Anche in quel caso ne guardammo parecchi, tanto scelto un modello bastava mettersi d'accordo tutte insieme, quindi forse non ci sarebbe voluto poi molto, come non c'era voluto molto, anzi, praticamente niente, per trovare il mio vestito.
Ogni tanto Valary o Gena ne trovavano uno che mostravano alle altre, ma c'era sempre qualcosa che non andava: ad un certo punto, la situazione era critica, talmente critica che dovettero chiedere di nuovo consiglio a Jane, dal momento che si era dimostrata molto utile e anche parecchio brava.
- D'accordo, tanto per cominciare io proporrei un colore chiaro, quasi sul crema, per far si che si intoni al vestito.. -, propose, posandosi una mano sul mento con aria pensierosa, - Altrimenti potreste sceglierne uno di un colore totalmente diverso, per smorzare il tutto, questa scelta spetta a voi -, aggiunse, con una stretta di spalle.
Le ragazze si guardarono allora tra di loro, riflettendoci silenziosamente e capendosi anche solo con uno scambio di sguardi, che riuscii a percepire, dal momento che le conoscevo tutte da molto tempo, ormai; alla fine a parlare fu Gena, seppure con un sospiro. - Votiamo per il colore simile e il crema andrà bene -, disse, ricevendo un cenno d'assenso dalle altre.
- Benissimo ottima scelta, vi mostro qualcosa allora! -, conclusi, con lo stesso tono entusiasto di poco prima, cominciando a guardare in mezzo a tutti i capi che erano appesi stampelle per stampella: i primi cinque non piacquero a nessuna delle 4, ma dal sesto in poi cominciarono a fare meno storie, finché non ne trovarono uno che a parere loro era “perfetto quanto l'abito”. E a tutte andava bene, cosa ancora più strana!
Risi di quel mio stesso pensiero, mentre loro confermavano a Jane la scelta di tutto: mentre eravamo impegnate con i vari pagamenti cominciai a pensare che per quel giorno volevo essere perfetta e che quel vestito avrebbe dato quel tocco di classe in più che avevo cercato fin dall'inizio. Salutammo Jane prima di uscire dal negozio, visto che ormai era diventata più un'amica che altro, poi salimmo di nuovo in macchina. - Magari avessi trovato io il mio vestito da sposa così in fretta! -, commentò Valary, quando ormai avevano preso ad allontanarci dal negozio, dirette verso casa.
Ridemmo tutte quante, mentre io controllavo distrattamente l'orologio che portavo al polso, rendendomi conto solo allora che erano le 11 passate: non ero preoccupata, visto che ero sicura che Brian se la stessa cavando benissimo, come al solito.
Quando arrivammo di nuovo a casa le salutai tutte quante, ringraziandole per quella mattinata ed entrando poco dopo in casa: questa volta, al contrario delle altre, trovai subito sia Brian che la piccola, in cucina. - Oh, eccoti.. -, disse, dandomi un bacio a schiocco non appena fui abbastanza vicina, - Sai..penso che cominci ad averne abbastanza di me -, aggiunse poco dopo, facendomi vedere chiaramente quanto Caroline, ormai, si stesse sporgendo verso di me: la presi allora in braccio, baciandole la guancia. - Quando si è svegliata? -, gli chiesi, rubandogli la fetta di pane e marmellata che si era appena fatto.
- Un'oretta fa, l'ho fatta mangiare e le ho fatto anche il bagno -, rispose, lanciandomi un'occhiataccia, dal momento che avevo appena addentato la fetta di pane, - ..anche se in verità è stata lei a fare il bagno a me -, aggiunse, grattandosi la fronte con aria fintamente confusa.
Risi. - Sei stato bravissimo -, mi complimentai, alzandomi in punta di piedi solamente per baciarlo di nuovo.
- Grazie.. -, rispose, con un sorriso sulle labbra.
Ricambiai quel sorriso, riprendendo poi a mangiare quella fetta di pane, sedendomi poco dopo su uno sgabello con la piccola sulle gambe.

***
Era passata quasi una settimana dal funerale di mia madre, eppure mia nonna continuava a rinfacciarmi il “cattivo comportamento” che avevo avuto, ma a me non importava.
A scuola, invece, era sempre la stessa noia: gente a destra a manca mi faceva le loro condoglianze e io li ringraziavo con lo stesso tono neutro e distaccato. L'unica cosa a cui ormai riuscivo a pensare era all'esecuzione che dovevo fare con i miei compagni d'orchestra.
A casa, come se non bastasse, la situazione era così insopportabile che quasi preferivo starmene a scuola, tanto che a volte mi facevo mettere in punizione apposta, o comunque giravo per il quartiere senza farmi vedere dai vicini che sicuramente sarebbe andati a fare la spia come al solito. Non appena varcavo la soglia non passavano neanche 5 secondi che lei cominciava già a tartassarmi di domande e io sinceramente non ne potevo più.
Una mattina, poi, mi alzai che avevo la febbre: un bel 38 e mezzo e ogni parte del corpo, o quasi, mi faceva male. Ovviamente me ne restai a casa, anche se sapevo in partenza che sarebbe stata una auto-condanna a morte.
Ero in cucina a fare colazione, quando mia nonna tornò dopo essere andata a comparare qualcosa, come tutte le mattine: come avevo immaginato mi chiese perché ero a casa e, nonostante la mia risposta più che soddisfacente, si lamentò perché non voleva che perdessi una giornata intera di scuola. Dovevo trovare un modo per farle chiudere il becco, altrimenti avrei dato di matto, me lo sentivo.
- ...e ricordati di chiamare per farti dare il compiti, non esiste che rimani indietro con... -, continuava a dire, finché non la interruppi.
- Chi era mio padre? -, le domandai improvvisamente.
Finalmente si azzittò completamente, guardandomi con aria quasi esterrefatta: alzai il sopracciglio, con aria di sfida, vedendo che comunque non rispondeva, seguendola con lo sguardo mentre poi usciva dalla cucina.
Stavolta ero io quella confusa; né lei né mia madre mi avevano mai parlato di lui, sapevo solamente pochissime cose e ormai non mi bastavano più, non più.
Mi ero quasi rassegnata, tanto che avevo cominciato di nuovo a girare i miei cereali, che si trovavano ancora nel latte, quando invece mia nonna fece di nuovo la sua entrata in cucina. Non smise neanche per un attimo di guardarmi, neanche quando si sedette accanto a me. - Non ho molto.. -, disse, posando poi sul tavolo una foto, tutta spiegazzata e dall'aria vecchia, - ..solamente questa foto, ma tua madre mi aveva fatto promettere di dartela, un giorno, quando saresti stata abbastanza grande -, aggiunse, lasciandola scivolare sul tavolo e passandomela.
Senza neanche mezza esitazione la presi, scoprendo che non era solamente di mio padre, piuttosto di un gruppo di amici: e io come facevo a sapere quale fosse?
Come se mi avesse letto nel pensiero, allungò un dito e lo posò sul viso di uno dei ragazzi, già piuttosto alto, anche se nella foto dimostrava qualcosa come 13 anni. - Eccolo, è lui -, mi disse, - E questa è tua madre -, aggiunse poi, posando il dito sul viso di un'altra giovane ragazza, che si trovava nella foto proprio accanto al ragazzo che si presumeva essere mio padre.
- Lui? -, chiesi, quasi incredula, osservando i suoi lineamenti, anche se non si vedevano benissimo e trovandoli molto simili ai miei. Troppo simili.
- Si, è lui.. -, confermò, - E' sempre stato come un figlio per me, ma quando tua madre rimase incinta avevano solo 13 anni, le rovinò la vita praticamente...e da quel giorno non volli più vederlo -, mi spiegò, anche se nel suo tono c'era del rammarico.
- E ti arrabbiasti anche con la mamma? -, le chiesi, approfittando del fatto che, da quanto ero andata a vivere con lei per via di mia madre, quello era il primo discorso civile che avevamo e che almeno non riguardava la scuola o questo tipo di cose.
- Si, ovviamente...ero sconvolta -, ammisi, - Tanto che scappò di casa, andando a rifugiarsi da una sua amica, di cui non mi ha mai detto il nome...ma, per quanto fossi arrabbiata e delusa da lei, era comunque mia figlia e quando lei decise di tenerti nonostante tutto io l'aiutai -, aggiunse.
- Come fece a scegliere di tenermi? Aveva solamente 13 anni.. -, dissi, appoggiandomi allo schienale della sedia, non prima di aver preso in mano la foto, guardandola mentre attendevo una risposta.
- Perché nonostante l'età era già molto matura e l'idea di uccidere una vita la disgustava.. -, rispose.
- E tu non glielo impedisti? -.
- Avrei potuto farlo...ma per quanto fosse sbagliata come cosa, anche per me il pensiero di uccidere una vita era orribile, inaccettabile quasi.. -, disse, - Così, dopo che nascesti, ti crescemmo insieme...e tuo padre veniva a trovarti spesso -, continuò, posando entrambe le braccia sul tavolo di legno.
- Allora perché non l'ho mai conosciuto? -, mi ritrovai a domandare, con aria confusa, mentre porgevo di nuovo il mio sguardo al ragazzo nella foto.
- Perché tua madre preferì così, poi lui ebbe successo e beh..noi ci trasferimmo qui a Portland.. -, spiegò, - Però, nonostante questo, ti posso assicurare che lui era davvero una persona eccezionale, già da piccolo, aveva un carattere d'oro, e tu gli somigli molto.. -, continuò, lasciandomi per un momento senza parole.
- D-davvero? -, domandai, sentendo una fitta alla bocca dello stomaco.
- Si, davvero, per questo me lo ricordi molto -, ammise, - Avrei voluto che lo conoscessi meglio, davvero -.
- Vorrei averlo conosciuto anche io.. -, confessai, tirando su col naso, - Quindi...lui abitava ad Huntington, giusto? -, chiesi, osservando per l'ennesima volta la foto.
- Si, è nato li.. -, confermò.
- E chi sono tutti questi altri? -, chiesi, posando di nuovo la foto sul tavolo e indicando tutti gli altri ragazzi che li circondavano, tutti ridenti e felici.
- Quelli erano tutti amici di tua madre, che non ha più sentito dopo il trasferimento.. -, disse, - Molti di loro, anzi, tutti per l'esattezza...abitano ancora li -, aggiunse, indicandomi poi un ragazzo con i capelli alla basa scuri, ma sopra biondi, che sorrideva ampiamente mentre si lasciava abbracciare il collo dalla versione piccola di mio padre, - Lui era il migliore amico di tuo padre, e abita li -, disse infine.
- Migliore amico? -.
- Già...erano come fratelli, sono cresciuti insieme e non si separavano mai -, spiegò, con un sorriso divertito stampato sulle labbra.
Istintivamente sorrisi anch'io, accarezzando per un momento la foto. - Dici che lui potrebbe dirmi qualcos'altro su mio padre? -, chiesi, anche se la risposta era ovvia.
- Sì, certo, lui ne sa molto più di me... -, disse con tono deciso.
- E se andassi la? -, azzardai, anche se sapevo che era una cosa più impossibile che altro.
- Ad Huntington? Tornare ad Huntington per cercare il migliore amico di tuo padre? -.
- Perché no? Ho bisogno di sapere, io devo sapere! -, dissi.
- No Willow, non se ne parla -, disse, scuotendo energicamente il capo, - Non ti crederebbero neanche -.
- Mamma aveva conservato il mio certificato di nascita, li c'è anche la firma di papà, l'ho vista milioni di volte..potrei portarla con me e.. -.
- No Will, mi dispiace, anche perché non abbiamo neanche uno straccio di indirizzo, sarebbe un viaggio a vuoto -, e, detto questo, si congedò, lasciandomi da sola in cucina, con in mano solamente una misera foto.
Cercai di sbollire quella rabbia improvvisa che mi era salita dentro, come al solito. Possibile che in quelle rare volte in cui riuscivo a parlare seriamente con mia nonna doveva sempre finire in quel modo?
Era una cosa che non sopportavo dal profondo del cuore, ma in quel momento, sinceramente, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che quello che era stato il migliore amico di mio padre abitava ancora nella città dove ero nata e cresciuta, anche se fino ad un certo punto e come pretendeva mia nonna che non volessi andare?
Io ci sarei andata eccome, nonostante il suo divieto, portando con me tutto il necessario, perché ero stanca di essere trattata come una bambina.
Li, in quella cittadina della California, c'era l'unica ultima, forse, persona che mi legava a mio padre e io l'avrei raggiunta, in un modo o nell'altro. 

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Capitolo 62
*** Addio al celibato e addio al nubilato! ***


Ricevimento, torta nuziale, guardia forestale, musica, fiori, addobbi e ristorante...erano una miriade di cose da fare, e invece Susy ci era riuscita perfettamente: mi aveva assicurato che tutto era apposto e che io e Brian potevamo stare completamente tranquilli. Ancora una volta la ringraziai, e probabilmente, non avrei mai smesso di farlo, visto che organizzare tutte quelle cose non era per niente semplice.
Ancora non ci credevo neanche io, però mancava solamente un giorno al matrimonio e quella mattina mi svegliai più felice che mai. - Hey, buongiorno.. -, mi salutò Brian, non appena aprì gli occhi, dal momento che io l'avevo fatto già da qualche minuto ed ero troppo impegnata a guardare i suoi lineamenti perfetti per accorgermi del fatto che aveva aperto gli occhi.
Proprio per questo sussultai, sorridendo però pochi secondi dopo. - Buongiorno a te -, risposi, allungandomi a posargli un bacio sulle labbra, bacio che lui ricambiò con foga.
Prima di allontanarmi di nuovo del tutto gli posai anche un bacio sulla guancia, ormai completamente andata. - Piuttosto felici questa mattina, vedo.. -, commentò lui, abbracciandomi stretta.
- Direi... -, fu tutto quello che dissi, con un sospiro liberatorio.
- Strano come il grande giorno sia già arrivato, vero? -, mi domandò, mentre mi accarezzava i capelli come faceva quasi tutte le mattine in cui rimanevamo a poltrire al letto.
- Sì, il tempo è passato in maniera velocissima.. -, concordai, sollevando poi lo sguardo per guardarlo in viso, - Ma devo dire che mi va benissimo così -, aggiunsi, baciandolo prima che potesse anche solo aprire bocca per ribattere.
- Mhh.. -, mugugnò, una volta lontano dalle mie labbra, - Non mi tentare, altrimenti resteremo al letto per un sacco di altro tempo -, aggiunse, con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
- L'idea mi attira parecchio.. -, confessai, rubandogli un altro bacio sulle labbra, poco prima di posizionarmi sopra di lui, - ..però tra un po' arriva mia sorella insieme a Ben, quindi siamo limitati -, aggiunsi.
- Si, ero sicuro che ci fosse la fregatura -, disse, ridacchiando.
- Ma arriveranno per pranzo, poi il pomeriggio staremo un po' insieme e prima di andare via prenderanno Caroline.. -, gli ricordai, lasciandomi
poi di nuovo cadere al suo fianco, socchiudendo per un momento gli occhi.
- Momento, questa parte mi è sfuggita... -, confessò.
A quel punto aprii di nuovo gli occhi, stiracchiandomi per un momento. - La portano a casa con loro per questa notte, dal momento che i ragazzi ci terranno impegnati entrambi... -, dissi.
Solo allora sembrò ricordarsi di quello che ci aspettava per quella sera e così anche per quella notte, ad essere sinceri. - Oh...l'addio al celibato! -, sussurrò allora.
- ...e al nubilato -, aggiunsi, ridacchiando.
- Già, me n'ero completamente scordato! -, ammise, ridendo a sua volta.
- Questa è colpa di tutte le canne che ti sei fatto -, dissi io, prendendolo in giro.
- Perché tu non te le facevi, vero? -, mi domandò, sempre con la stessa aria divertita.
- Guarda che è colpa vostra se ho iniziato.. -, gli rinfacciai, - Colpa vostra e delle vostre stupide scommesse -, aggiunsi, affondando il viso nel cuscino di proposito.
- E poi è bello il fatto che mi ricordo ancora quel giorno, non facevi altro che ridere e dire cose senza senso.. -, sussurrò, non trattenendosi dal ridere di nuovo.
Scoppiai a ridere a mia volta, sollevando il viso dal cuscino, anche se io, al contrario suo, non ricordavo proprio niente di quello che aveva appena detto. - Dovevo essere parecchio fatta.. -.
- Si, eri completamente andata -, confermò.
Ridemmo al letto di quel semi ricordo per quasi mezz'ora, poi io dovetti alzarmi per dare da mangiare, come tutte le mattine, alla piccola: lui invece andò direttamente al piano di sotto, a preparare la colazione, dato che era decisamente migliorato ai fornelli nell'ultimo periodo.
Non mi dispiaceva affatto ammettere che, in un certo senso, stavo diventando solamente ancora più perfetto di quanto già non fosse di suo.

***

Maggie e Ben arrivarono che erano le 13.30, in perfetto orario per il pranzo: alla porta andò ad aprire Brian, dal momento che io cercavo inutilmente di cullare Caroline affinché si addormentasse. - Oh, ma eccola la mia nipotina bellissima! -, sussurrò mia sorella, entusiasta come non mai.
- Già, la nipotina bellissima che non vuole dormire -, dissi, tornando a cullarla poco dopo, approfittando del fatto che, vedendo Maggie, sembrava aver acquistato un pizzico in più di calma, - Hey, forse tu sei la cura -, le feci notare.
- Forse, così stanotte non farà tanti capricci -, disse, sollevando poi il viso per rivolgersi a me, - Allora, com'è il programma? -.
- I ragazzi verso una certa ora ci rapiranno e ci porteranno a destra e a manca in giro per Huntington, solo che vorrei che ci fossi anche tu! -, gli ripetei per l'ennesima volta, sedendomi sul divano accanto a lei e vedendo poco dopo che sia Brian sia Ben avevano preso a parlare tranquillamente tra di loro degli ultimi risultati dei Lakers, squadra preferita di entrambi.
- Lo sai che non sono per queste cose e poi hai bisogno di qualcuno che tenga Caroline, oggi sarà il nostro giorno, stanotte lo sarà delle ragazze.. -, disse, anche se era la 20esima volta che lo faceva.
- Si, va bene.. -, mi arresi alla fine, notando che, anche grazie alle carezze di Maggie, la piccola si era praticamente appisolata, - Tu hai il tocco magico della nonna -, le dissi.
- Sarò una buona mamma, se mai succederà -, sussurrò, stringendosi nelle spalle.
- Si, lo sarai sicuramente -, concordai, sbrigandomi poi a metterla nella carrozzina che stava accanto al divano, coprendola con la sua copertina per lasciarla riposare.
- Allora, mi sembra strano che tu non abbia ancora sclerato in nessun modo..sai? -, domandò, con aria divertita, mentre incrociava entrambe le gambe sul divano.
Tornai a sedermi accanto a lei, mentre mi sentivo dentro quella solita sensazione di emozione: era talmente tanto che pensavo che da un momento all'altro sarei esplosa, ma quelle poche volte in cui cercavo di esprimermi non trovavo mai le parole giuste, mai. - Non ci riesco...cioè, vorrei...ma sono talmente felice che neanche riesco a trovare le parole per descriverla.. -, confessai allora.
- E' una bellissima sensazione, lo so.. -, concordò lei, con un ampio sorriso.
- Si, lo è...ma a volte penso davvero di poter impazzire, soprattutto con lui, non lo so che mi ha fatto..so solamente che gli basta poco per farmi ridere come una deficiente.. -, mi ritrovai ad aggiungere.
- Si chiama amore, sorellina, è una cosa per la quale dobbiamo passare tutti, prima o poi! -, mi assicurò, con un finto tono melodrammatico, posando poco dopo una mano sulla mia spalla.
La guardai, ridendo poco dopo. - Già.. -, concordai, chinando il viso verso terra.
- Certo che, comunque...non avrei mai pensato che saresti andata a finire proprio con Brian -, ammise, anche se in passato me l'aveva già detto un paio di volte.
- Perché..pensavi che io lo immaginassi? -, domandai retorica, scuotendo per l'appunto il capo, impercettibilmente, - Non ne avevo idea...non me l'aspettavo, però è successo e credimi che ora come ora non potrei desiderare di meglio.. -, dissi, gettando istintivamente un'occhiata alla carrozzina accanto a me.
- Ti capisco...e sono sicura che, per quanto lui sia sempre stato inaffidabile, questa volta è abbastanza serio -, disse.
Mi voltai di nuovo verso di lei. - Puoi dirlo forte...sta diventando più perfetto di quanto già non fosse -, confessai, dando così voce al stesso pensiero di quella stessa mattina.
- Ragazze, io proporrei.. -, cominciò a dire Brian, entrando in salone, dove ci trovavamo entrambe, prima che lo zittissimo con un sonoro “shhh”, seguito da un dito davanti alle labbra per rafforzare il concetto.
- Scusate.. -, disse lui, questa volta sotto voce, - Venite in cucina comunque, è quasi pronto -, aggiunse, facendoci segno di seguirlo. Sia io che Maggie, in quello stesso istante, ci alzammo e gli andammo dietro, unendoci a loro in un'allegra chiacchierata.
Per fortuna eravamo riusciti a cucinare senza problemi, a parte quando ci eravamo praticamente tirati la farina addosso, tanto che per terra c'erano ancora quei pochi residui, di cui loro non si accorsero.
Apparecchiammo tutti insieme e, mentre Caroline ancora dormiva, riuscimmo a consumare il nostro pranzo: come avevamo immaginato restammo a tavola fino alle 15.00 del pomeriggio e allora, solo allora, la piccola si svegliò di nuovo e così si aggiunse a noi, per la gioia di Maggie.
- Allora...alla fine avete davvero lasciato tutto nelle mani di Susy! -, attaccò lei, dopo un po', ridacchiando.
- Già, e domani vedremo il suo operato -, feci io, sentendo come al solito la fitta alla bocca dello stomaco, dal momento che Brian aveva anche appena iniziato ad accarezzarmi il fianco, infilando abilmente le dita affusolate sotto la mia maglia, arrivando direttamente alla mia pelle.
Evitai di rabbrividire come facevo sempre, concentrandomi piuttosto sul discorso che stavamo portando avanti con i ragazzi. - Si, si sarà sbizzarrita completamente, ve lo dico io -, concordai.
- Di sicuro! -, convenne poi Brian, - Come minimo sarà il matrimonio del secolo -, aggiunse.
- Soprattutto grazie all'abito che indosserà la mia sorellina -, disse allora Maggie, facendomi un veloce occhiolino.
Grazie a quelle parole, ripensai immediatamente all'abito che avevo scelto qualche tempo prima insieme a lei e alle altre, ricordandomi di quanto fosse perfetto. - Oh, l'abito...è vero -, sussurrò Brian, rompendo i miei pensieri e chinandosi verso di me, - Non mi hai dato neanche un piccolo spoiler, ora che ci penso -, aggiunse, mentre la piccola si allungava per toccarlo in viso.
- Domani lo vedrai.. -, fu tutto quello che dissi, - ...quindi dovrai aspettare un altro po' -, aggiunsi, con aria perfida.
- Sei cattiva -, si lamentò allora, prendendo poi Caroline dalle mie braccia e stringendola tra le sue.
- Possiamo solo dirti che sarà uno schianto! -, gli concesse Maggie, entusiasta.
Io arrossii immediatamente e la situazione peggiorò quando lui disse: - Credimi, lo è sempre.. -, sussurrò.
Chinai il viso per sorridere e lo sollevai di nuovo solamente perché era ora di sparecchiare: riposi così Caroline nella sua carrozzina, deve stette tranquilla mentre io andavo ad aiutare gli altri. Sia io che Maggie ci sbrigammo, così che potessimo starcene un po' per conto nostro, visto che comunque Brian e Ben avevano legato di nuovo parecchio.
La trascinai così con me per tutta casa, facendole vedere le mie ecografie, le foto del battesimo di Caroline, prima di tutte quella di gruppo, che avevo messo in una cornice bellissima che mi aveva regalato Gena.
Restammo poi in camera a chiacchierare, del più e del meno, passando da un argomento all'altro con una facilità estrema, dimenticandoci addirittura degli altri al piano di sotto, che sicuramente si stavano divertendo ugualmente. Avrei voluto che quel pomeriggio con lei non finisse mai, ma ovviamente non fu così: quando ormai erano le 18.45 cominciai a preparare la borsa di per Caroline, mettendoci dentro l'essenziale: un cambio, il vestitino che avevo scelto per lei, le scarpe e uno dei body che le mettevo sempre per dormire, insieme ovviamente ai pannolini e al resto. In poco tempo fu pronta, così iniziai a prepararmi io, infilandomi un paio di jeans semplici e una maglietta bianca, sopra la quale misi una vecchia felpa di Brian, che adoravo anche se mi stava larghissima. La nottata l'avrei passata fuori, a casa di Valary e Matt con le altre, mentre i ragazzi sarebbero andati a casa di Zacky, così presi anche per me qualcosa per dormire, ammesso che fossi riuscita a farlo.
Infilai così tutto nella stessa borsa poco ingombrante che mi sarei portata, tornando poi con Maggie al piano di sotto, in tempo per vedere che Brian stava parlando al telefono con qualcuno, Matt probabilmente. - Si, capito, vi aspettiamo -, disse, poco prima di attaccare.
Si, era Matt. - Allora? -, domandai, attirando la sua attenzione.
- Stanno arrivando -, rispose, con un sorriso.
Dopodiché sia io che lui restammo con la piccola il più possibile, finché tutti non arrivarono, con 20 minuti di ritardo tra l'altro.
- Sì, siamo in ritardo -, disse Chris, non appena aprimmo la porta.
- Per lo meno siete qui, questo è l'importante -, feci io, con un ampio sorriso stampato sulle labbra.
Sherlock che, per tutto il pomeriggio, non aveva fatto altro che dormire, improvvisamente comparve accanto a me, scivolando poi via dalla mia visuale per andare da Johnny. - Oh, il gattino a cui piacevo -, disse lui, prendendolo in braccio.
- Attento a non farlo scappare, nano -, lo rimbeccò Zacky, con un sorriso angelico, mentre li facevamo entrare.
C'era chi doveva andare in bagno, chi aveva sete o chi chiacchierava con mia sorella e Ben, difatti uscimmo di casa quasi un quarto d'ora dopo: salutai calorosamente Maggie, ringraziandoli entrambi per il fatto che avrebbero tenuto la piccola, poi la baciai sulla guancia, guardandola sorridere. - Ci vediamo domani, piccola.. -, fece Brian, ormai al mio fianco, che la guardava a sua volta.
- Si, a domani.. -, sussurrai anche io, allontanandomi poi di nuovo e facendo così andare via Maggie e Ben, che sarebbero tornati a casa.
- Allora siete pronti? Avrete rispettivamente l'addio al nubilato e al celibato più bello che si sia mai visto! -, disse Valary, entusiasta come al solito, trattenendosi dal battere le mani.
- Lo sappiamo.. -, dissi io, - Allora, come sono i piani? -, domandai, incuriosita, stringendomi a Brian.
- Oh beh...lo vedrete presto! -, fu tutto quello che ci disse Gena.
- Bene, allora andiamo! -, propose Brian, con aria divertita.
Tutti si trovarono in accordo con lui, tanto che appena qualche secondo dopo uscimmo insieme, salendo in macchina e lasciandoci portare dai nostri amici chissà dove.
Per tutto il tragitto ci guardammo intorno, arrivando alla conclusione che stavano andando in un unico posto: il bar di Jack. I nostri sospetti giunsero ad una conclusione quando Matt parcheggiò nell'ampio parcheggio del bar, che costeggiava la spiaggia dove avevamo detto a tutti, per la prima volta, che stavamo insieme.
- Avete molta fantasia.. -, li prese in giro Brian, scendendo dopo di me.
- Era il posto migliore per fare un bel brindisi, in fondo li abbiamo fatti tutti qui! -, disse Zacky, varcando poco dopo la soglia.
Noi li seguimmo dentro, dove venimmo accolti come al solito dal nostro barista preferito. - Ho saputo che qualcuno si sposa! -, fece, uscendo da dietro al bancone e venendo direttamente in direzione nostra.
Per prima abbracciò me, stringendomi forte. - Amy che reggeva poco l'alcool, sono felice per voi! -, disse, con aria apertamente entusiasta.
Risi, allontanandomi poco dopo e sorridendogli. - Grazie Jack, davvero! -, feci io, lasciando poi che si avvicinasse a Brian per abbracciare anche lui.
- Andiamo su! Per stasera le vostre bevute..sono gratuite -, disse, sussurrando l'ultima parte della frase al nostro orecchio, così che il resto del bar non sentisse.
- Grazie amico.. -, rispose Brian, mentre gli altri ci raggiungevano.
Ce ne andammo immediatamente al bancone, dove ognuno prese un drink per se. - Questo brindisi è per questi due ragazzi che dentro questo bar sono praticamente cresciuti, a Brian e Amy! Augurandoci che abbiate sempre una vita felice! -, disse Jack e, in breve tempo, tutto il locale si unì all'applauso: eravamo improvvisamente al centro dell'attenzione e la cosa mi imbarazzava non poco, però cercavo di non pensarci. Piuttosto, l'unica cosa che mi frullava per la mente era il pensiero che appena il giorno seguente...avrei sposato Brian.
- Auguri! Auguri! -, un coro di tante voci diverse mi riempiva la testa, mentre brindavo insieme ai miei amici e, in tutta serenità, mandavo giù il primo drink della serata, che sarebbe stato seguito da altri drink ancora, ne ero certa. E il solo pensiero attivava il mio riflesso del vomito.
Come aveva detto anche Jack io ero sempre stata “Amy che reggeva poco l'alcool” li dentro, ma poco importava, per quella sera, non mi interessava.
Quando uscimmo di nuovo dal locale, dopo aver salutato e ringraziato Jack, decidemmo di andare a farci una passeggiata, comprando lungo la strada qualcosa da mangiare, dal momento che nessuno di noi aveva cenato: camminammo costeggiando la spiaggia, chiacchierando, allontanandoci anche parecchio dalla macchina. Quando controllai per la prima volta il mio orologio mi resi conto che erano quasi le 21.00 e infatti, come se mi avesse letto nel pensiero, Valary si bloccò. - Teeempo scaduto! -, disse.
- Cosa? Di già? -, si lamentò Matt.
- Si, sono le 21.00.. -, intervenne Gena, affiancando la prima, - Il che vuol dire che d'ora in poi ci dividiamo, voi state per conto vostro e noi
anche -, aggiunse.
- Il che vuol dire, Brian, che dovrai consegnarci Amy -, gli ricordò Lacey, avvicinandosi a sua volta alle altre.
Tutte e tre si misero di lato, superando poi i ragazzi per cominciare a dirigersi così dalla parte opposta, dove avevamo lasciato le macchine.
Io mi voltai subito a guardare Brian, riluttante all'idea di lasciare anche solamente la sua mano, ma comunque sorridendo: come se stessimo andando al patibolo, con lentezza ci avvicinammo, superando Johnny e Zacky e arrivando allora davanti alle ragazze, che attendevano impazienti.
Lui mi trattenne tramite una presa sul polso, impedendomi così anche solamente di voltarmi. - Posso almeno salutarla? -, domandò, con aria divertita.
Dopo che le tre si furono lanciate una veloce occhiata, Valary si strinse nelle spalle. - Si, fai pure -, accettò.
La ringraziai silenziosamente, lasciando poi che Brian mi tirasse a se per baciarmi dolcemente: un bacio lungo e caldo, uno di quello che ti toglie il fiato anche se hai il polmoni pieni zeppi d'aria.
Mi raggomitolai completamente tra le sue braccia, sentendolo poco dopo che, praticamente, mi sollevava da terra per tenermi ancora più stretta. - Niente spogliarellisti.. -, mi pregò, quando fu lontano dal mio viso.
- Lo stesso vale per te, ricordatelo -, lo avvertii, rubandogli un altro bacio, che speravo durasse molto più a lungo di quanto in realtà non fu.
- Dai Brian, lasciaci Amy che dobbiamo dedicarci al suo addio al nubilato! -, lo rimproverò Lacey, con le braccia conserte.
Risi istintivamente. - Meglio che vada.. -, sussurrai allora.
- Tanto ci vediamo domani -, mi ricordò.
- Io sarò quella col vestito bianco che camminerà verso di te all'inizio della cerimonia -, sussurrai.
- Io quello vestito da pinguino che starà li a fissarti per tutto il tempo -, sussurrò a sua volta.
Ci fu il tempo di un altro veloce bacio, poi dovetti davvero andare con le ragazze, altrimenti mi avrebbero mangiata viva per colazione: lo sentii allora allentare gradualmente la stretta dalla mia vita, lasciandomi poi completamente andare, anche se non accennava a lasciarmi la mano, come se non ci dovessimo vedere più.
- A domani.. -, ripetei, con un sorriso ampio sulle labbra, cominciando solo allora ad allontanarmi, prima che cambiassi idea e tornassi seriamente indietro da lui.

***

La prima tappa fu un altro bar, uno in cui lavorava una vecchia amica di Gena: si chiamava Alyssa e non appena arrivammo sbucò fuori dal bancone, saltando praticamente in braccio all'amica.
Io, come le altre, invece, non la conoscevamo, così ci furono prima le presentazioni, seguite dalle sue congratulazioni per il mio futuro matrimonio e, infine, da lei che ci accompagnava al tavolo circolare che ci aveva riservato: il locale era pieno di gente e la musica era abbastanza alta, ma non tanto da non permettere almeno di farsi una chiacchierata. Più mi guardavo intorno e più mi rendevo conto che mi piaceva veramente e che Gena, come al solito, aveva fatto la scelta più giusta.
- Vi porto subito da bere -, ci disse, dopo che ci fummo accomodate e congedandosi pochi secondi dopo.
In quel breve tempo in cui fu via facemmo appena in tempo a sollevare un argomento che lei era già di ritorno, con un vassoio colmo di cicchetto. - Buona bevuta! -, ci augurò con un sorrisone, posando tutto sul tavolino davanti a noi e andandosene di nuovo.
Ci allungammo tutte immediatamente per prenderne uno, finché nessuna di noi rimase a mani vuote. - Ed ora brindiamo..per la secondo volta.. -, cominciò Valary, ridacchiando, - ..alla nostra Amy e al suo futuro matrimonio con Brian! -, aggiunse poco dopo, prima che facessimo quel veloce cin cin.
Dopodiché bevemmo velocemente il nostro cicchetto e il mio mi procurò addirittura un lieve bruciore alla gola.
- ...però sei ancora in tempo, se vuoi scappare.. -, cominciò Lacey, lasciando la frase a metà.
- ... il biglietto aereo te lo paghiamo noi -, continuò Gena, stringendosi nelle spalle.
Scoppiai istintivamente a ridere, arrivando al punto di coprirmi la bocca con una mano. - No...no credo che per questa volta passerò -, risposi, quando riuscii a riprendere fiato.
- Beh, noi almeno ci abbiamo provato.. -, disse Valary, - Poi non dire che non abbiamo provato a salvarti! -, aggiunse, ridendo.
- D'accordo..d'accordo, se un giorno Brian dovesse diventare insopportabilmente insopportabile mi ricorderò di questo vostro tentativo! -, dissi.
- Brava, e ora...si balla! -, disse Gena, alzandosi prima di noi e facendo il giro del tavolino, facendo per andare verso la pista dove la gente si stava radunando.
Dopo esserci scambiate una veloce occhiata, ci alzammo a nostra volta, seguendola così fino ad arrivare vicino a lei, in mezzo alla gente: non mi piaceva per niente ballare nei club, non mi era mai piaciuto, perché raramente riuscivo a sciogliermi davvero. Pensavo che neanche quella volta avrebbe fatto eccezione, invece in qualche strano modo riuscii a ballare, almeno un pochino, anche grazie alle ragazze che ridevano divertite insieme a me. Ci divertimmo talmente tanto in mezzo a tutta quella gente che neanche conoscevamo che il tempo passò quasi senza che ce ne accorgessimo: quando ci fermammo, ormai, si erano fatte quasi le 21.30 passate e stavamo morendo di fame, di nuovo.
Sempre ridendo come delle scalmanate ci incamminammo verso il tavolino, dove riprendemmo la nostra roba, lasciando li i soldi e salutando velocemente Alyssa, che mi abbracciò improvvisamente: anche se un po' confusa ricambiai quell'abbraccio, ridendo e seguendo poi le ragazze fuori dal locale.
- Dove andiamo? -, domandai, mentre mi infilavo di nuovo la felpa di Brian.
- A prendere una pizza...e poi a casa, dove ce ne staremo fino a domani mattina.. -, disse Lacey, - Hai comunque bisogno di dormire, domani è un giorno importante! -, aggiunse, saltellando mentre camminava.
Sembrava più felice lei di me, cosa un po' difficile, tra l'altro!
Passammo velocemente nella pizzeria che si trovava vicino casa di Valary e Matt e ne prendemmo veramente tanta, talmente tanta che
sicuramente non l'avremmo neanche finita, non da sole almeno.
Ce ne tornammo a casa senza molta fretta, dove ci sistemammo a mangiare quello che avevamo comprato, mentre ci scambiavamo qualche confessione tra donne, alcune anche piuttosto piccanti, che sarebbero rimaste ovviamente tra di noi.
- ...Matt in questo periodo è piuttosto.. -, cominciò Valary, prendendo un altro pezzo di pizza, ma lasciando la frase a metà.
- ...piuttosto voglioso? -, concluse Gena al posto suo, ridendo.
- Si! -, rispose subito lei, - Cioè, non che mi lamenti, anzi...anche perché è veramente eccellente.. -, aggiunse, con una stretta di spalle, poco prima che tutte insieme scoppiassimo a ridere come delle matte.
- Lo è anche Brian.. -, saltai su improvvisamente, sorseggiando un po' di vino e ricevendo in cambio tutte le loro occhiate, - Che c'è? Siamo in vena di confessioni, no? -, domandai, divertita.
- In effetti.. -, convenne Gena, - Anche Zacky è bravo...mostruoso direi -, si corresse dal sola, con una risatina.
Noi le andammo dietro, continuando intanto a mangiare. - Visto che l'avete detto tutte, vado anche io! -, disse Lacey, al suo terzo trancio di pizza, - ..Johnny è qualcosa di assurdo, non mi stupirei se rimanessi incinta da un giorno all'altro -, confessò.
Scoppiammo tutte a ridere di nuovo, mentre io scuotevo impercettibilmente il capo. - Magari muovetevi, così non sarò più da sola! -, le pregai, poco prima di prendere un altro sorso di vino.
La bottiglia piano piano si svuotava e quando ormai fu finita, cominciammo a mettere apposto, dividendoci poi gli spazi per dormire etc: io avrei dormito insieme a Gena nella stanza degli ospiti, dove per di più c'era il mio abito da sposa, accuratamente appeso ad una stampella.
Mi presi la briga di osservarlo un altro po', dal momento che indossavo già il mio pigiama, prima di andare ad infilarmi sotto le coperte: mi ero messa di nuovo la felpa di Brian e avevo intenzione di dormirci, anche se sapevo che non avrei preso sonno tanto presto, ne ero sicura. L'unica cosa che mi fece sorridere fino alla fine fu il suo profumo, che era ancora intriso in quel tessuto bianco: lo respirai affondo e così mi addormentai, pensando solamente che, appena qualche ora dopo, avrei camminato verso di lui fino a raggiungere l'altare.

***

Quella sera farsi trascinare da un locale all'altro fu più difficile del solito: Matt ne conosceva a bizzeffe, ma decise per uno solamente quando ormai erano le 21.00 circa.
Inutile dire che nel giro di neanche un'ora avevo bevuto di tutto: partendo dal brindisi fino ad arrivare ai vari cicchetti che ci eravamo sgolati, anche per fare una gara, poco prima che quella serata giungesse al termine.
Era stato tutto piuttosto divertente, anche se avrei preferito di gran lunga che con noi ci fosse anche un'altra persona, anche se sapevo che ormai era impossibile. Mi ritrovai a pensarci un paio di volte, durante quella serata, ma i ragazzi riuscirono sempre a distrarmi, come se avessero intuito quello che stava succedendo nella mia testa.
- Solo tu potevi decidere di rifiutare le spogliarelliste, questa sera! -, mi rinfacciò per l'ennesima volta Zacky, ridendo, mentre ci avvicinavamo alla macchina.
- Non ne avevo voglia, che vi devo dire! -, ribattei io con una stretta di spalle, dal momento che durante quella serata avevo pensato anche spesso a Amy: avevo provato ad immaginarla con indosso il suo abito da sposa, abito di cui non aveva voluto dirmi neanche mezzo particolare.
Mettere finalmente piede in casa di Matt fu un sollievo, visto che cominciavo a sentirmi veramente stanco: nonostante questo, non avevo voglia di mettermi a dormire, non subito almeno. Proprio per questo ce ne andammo in cucina, dove bevemmo birra fino alle 3 del mattino. Alla fine la vera sbronza ce la prendemmo tristemente a casa e io crollai semi svenuto sul divano. Sapevo che il giorno seguente i ragazzi mi avrebbero svegliato, ne ero sicuro, quindi non mi preoccupai.
In fondo...il giorno seguente mi sarei sposato, no? Avrei sposato Amy e questo mi bastava per starmene tranquillo, anche se il divano era piuttosto scomodo.

***

- Sto che stai facendo un casino immane, ma non il perché..si può sapere che devi combinare? -, mi domandò Helena.
Io, di tutta risposta, continuai a camminare avanti e indietro, nervoso. - Domani Brian si sposa e voglio andare giù, voglio essere...presente! Ci devo essere! -, sbottai, nervoso come non mai.
- Cosa ti hanno detto quando sei andato a chiedere? -.
- Che non era possibile perché l'ho già fatto un paio di volte, e allora? Un paio di volte, non 40! E questa volta è importante! -, mi lamentai.
- E l'hai detto agli anziani? -.
- Non mi vogliono ascoltare neanche più, per poco neanche mi fanno entrare nello studio -, spiegai.
- Beh...se vuoi ci parlo io, sai che ascoltano e hanno sempre ascoltato molto di più me -, disse, tirandosela anche un pochino.
- Beh certo...sei qui da molto più tempo di me -.
- Esatto...anch'io sono un'anziana, se ci pensi un attimo -, mi fece notare, - Allora? Vuoi che provo? -, mi domandò.
- Mi faresti un enorme favore.. -, sussurrai, ormai a corto di altre soluzioni.
Sorrise ampiamente. - Allora aspettami qui, sarò di ritorno entro 10 minuti massimo! -, disse, sparendo poi dalla mia vista.
Feci come mi disse, fidandomi come al solito ciecamente di lei: mi sedetti sul bordo della fontana, con il capo chino, in attesa. Speravo con tutto me stesso che Helena convincesse gli anziani, perché quella volta dovevo proprio andare, non potevo mancare, andiamo.
In quel momento mi misi a riflettere...ero già sceso un paio di volte? Ma allora perché neanche me lo ricordavo? Tutte le volte in cui avevo dato il mio aiuto l'avevo fatto attraverso la fontana, niente di più...possibile che mi avessero mentito? E se sì..perché?
Mi posai entrambe le mani sul viso, sospirando stancamente...quando invece la mia attenzione fu catturata da un rumore proveniente dalla fontana, anzi, dall'acqua a dirla tutta: mi voltai piano e notai che si stava muovendo, era agitata, si poteva dire. Non era anomalo, insomma, era già capitato in passato, così decisi di aspettare, finché non cominciò ad intravedersi la figura di una persona, una persona che non riconobbi.
- Non guardare -, mi sentii dire alle spalle, e la voce era ovviamente quella di Helena.
Mi voltai allora di scatto. - Cosa? Che c'è? -, domandai.
- Li dentro c'è la risposta -, disse.
- La risposta? -.
- Del perché non vogliono che scendi di sotto -.
- E qual'è questo perché? -.
- Temono che tu possa avvicinarti ad una persona...quella persona è proprio li, dentro quella fontana in questo momento...ma se deciderai di voltarti, poi dovrai starmi anche ad ascoltare -, spiegò, anche se tutto era molto confuso.
- Io voglio solo essere presente al matrimonio del mio amico, quindi ti ascolterò.. -, decisi, voltandomi allora a guardare la figura che, nel frattempo, si era schiarita sempre di più, mostrando una giovane ragazza, 15 o 16 anni massimo.
Mi appoggiai con entrambe le mani al bordo della fontana, osservandola attentamente e notando che..beh, mi somigliava e anche molto. Possibile che fosse...che fosse proprio lei? Proprio Willow? Ebbi un fremito e per poco non caddi a terra, sbigottito. - Quella è.. -, cominciai, - ..è.. -, provai a dire, lasciando però di nuovo la frase a metà.
- Sì, è lei...lei solo molto cresciuta dall'ultima volta che l'hai vista -, sussurrò lei, ormai alle mie spalle.
- E' mia figlia.. -, riuscii a dire poco dopo.
- Sì...e non volevano mandarti perché avevano paura che tu tentassi di metterti in contatto con lei.. -.
- Ma..avrebbero potuto non dirmelo..io...non lo ricordavo....queste cose si dimenticano qui, lo sai! -, sbottai, quasi più arrabbiato e nervoso di prima.
- Lo so che si dimenticano...ma quando torni di sotto avverti la loro presenza, in qualche modo e l'unica cosa che vuoi è andare da lei o lui -, mi spiegò.
E in fondo quel discorso aveva senso..solo che ero ancora un po' confuso per capirlo. - E mi mandano...si o no? Posso andare dal mio migliore amico si o no? -, domandai.

- Hanno detto che va bene...ma devi promettere che non ti metterai in contatto con lei, puoi andarci sì...ma non la devi toccare, neanche sfiorare, o sentirà la tua presenza -, mi disse.
- Perché non lo posso fare? -.
- Perché altrimenti non potrai più tornare qui e la tua sarà una vita a metà...mettersi in contatto con i propri famigliari vivi non è mai un bene, soprattutto per noi -, disse, lasciando poi da parte quell'aria triste per far spazio ad un sorriso, - Ma sappi che lei sta bene, davvero...è una brava ragazza: non fuma, non si droga e non beve...è solo un po'.. -, cominciò.
- ..un po'? -, domandai, voltandomi a guardarla nella fontana.
- ...un po' come te, non le piacciono molto le regole della scuola -, spiegò.
Allora scoppiai a ridere. - Ha qualcosa in mente, vero? -, domandai, sfiorando l'acqua.
- Sì, in effetti si -, rispose, - Sta cercando un modo per raggiungere Huntington, ha tutta l'intenzione di andare a cercare Brian e gli altri.. -, disse.
- Perché? -, domandai, mentre guardavo la sua figura camminare su e giù per la stanza, non riuscendo a prendere sonno.
- Perché vuole conoscerti e sa che l'unico modo è mettersi in contatto con lui.. -.
- Ce la farà...ne sono sicuro -, commentai.
- E' testarda quanto te, questo te lo posso assicurare -.
- Allora mi conoscerà..anche se solamente in questo modo.. -, dissi infine, senza staccare lo sguardo da lei che, proprio in quel momento, si stava infilando nel letto, scivolando nel sonno poco dopo. 

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Capitolo 63
*** Finalmente sposi! ***


Bene, questo è ufficialmente il capitolo più lungo che abbia mai scritto, quindi tutto quello che posso fare è augurarvi buona lettura e sperare che vi piaccia!

Quella mattina il sole mi colpiva dritto in viso e fu anche grazie a quello che mi svegliai, appena cinque secondi prima che Valary facesse la sua entrata in camera da letto. - Sveglia sveglia, dormigliona! E' il grande giorno! -, disse, saltellando poi fino al letto.
Sorrisi ampiamente, poco prima di sollevare il viso, sbadigliando sonoramente. - Si..si ci sono -, risposi, stiracchiandomi.
- Benissimo, perché dobbiamo cominciare a prepararci! Di la c'è già la colazione, poi dobbiamo raggiungere Susy e gli altri al parco! -, mi avvertì.
Mi sollevai prontamente a sedere, anche se avevo ancora solamente un occhio aperto, cercando inutilmente di abituarmi alla luce del sole. Senza neanche risponderle mi alzai, scendendo dal letto e rabbrividendo al contatto con il pavimento freddo, anche se sicuramente fuori l'aria era piuttosto calda, come sempre in quegli ultimi giorni.
Velocemente andai a prendere la mia roba da vestire, uscendo poi dalla stanza ancora in pigiama: dissi alle ragazze che andavo a farmi una doccia, così dopo avrei potuto fare colazione e, infine, uscire con loro dirette verso il parco.
Corsi così a chiudermi in bagno, restando per qualcosa come 30 secondi e sorridere come una cretina addossata alla porta, con le farfalle che continuavano a girarmi nello stomaco: era il giorno del mio matrimonio, e io non ero mai stata così eccitata in vita mia. Poi, dopo quella lunga serata passata a casa di Valary, avrei anche rivisto Caroline, cosa che mi rendeva doppiamente impaziente di andare.
Per molto tempo avevo pensato che il matrimonio fosse una cosa inutile...ma dopo Brian avevo cambiato idea, era come se, attraverso quel giuramento, gli volessi dimostrare ancora meglio quanto in realtà lo amavo.
E speravo che anche per lui fosse così; mentre quei pensieri mi vorticavano nella testa mi infilai, ormai nuda, nella doccia: decisi che non sarebbe durata molto, sopratutto perché non vedevo l'ora di vedere con i miei occhi quello che Susy era stata capace di fare. Ero sicura che sarebbe stato fantastico, eppure l'idea che presto l'avrei visto con i miei occhi mi rendeva quasi euforica.
Ero al settimo cielo e non potevo farci niente.
Quando terminai la mia doccia mi infilai l'accappatoio che Valary mi aveva dato, uscendo dal bagno con ancora i capelli bagnati: per la prima volta in vita mia riuscii a vestirmi in fretta, tornando così di sotto per fare colazione, con un turbante, questa volta.
- Allora...eccitata? -, mi domandò Gena, appoggiata con la schiena al lavabo della cucina.
- Fi.. -, risposi, con ancora i cereali in bocca, mandandoli poco dopo giù, - E forse sto anche esagerando, finirò per fare la figura della pazza..
-, aggiunsi, sorseggiando il latte semi freddo.
- Ma no...ricordi come stavo messa io il giorno del mio matrimonio? -, domandò Valary.
Per dare una risposta concreta a quell'affermazione tornai indietro nel tempo, a quando tutto non era ancora neanche cominciato. - Si, me lo ricordo.. -, ammisi, ridacchiando.
- Ecco, quindi puoi stare tranquilla, se non ho fatto io la figura della pazza come potresti farla tu? -, chiese.
- ..ma effettivamente tu hai fatto la figura della pazza -, la prese in giro Lacey, facendoci ridere tutte, Val compresa, anche se combatteva con se stessa per non darlo a vedere.
- Non è vero dai! Ero calmissima! -, ribatté appunto.
- Si, come può esserlo un tacchino il giorno del ringraziamento! -, continuò Gena.
- Siete delle oche! -, sbottò allora, ridendo quasi a crepapelle.
Anch'io ormai facevo lo stesso, senza riuscire a trattenermi: quasi mi cadde la tazza del latte dalle mani dal ridere, però per fortuna riuscii a riporla nel lavabo senza problemi.
Le ragazze finirono poi di prepararsi, così che potessimo uscire di casa definitivamente.


***

Alzarsi fu traumatico, quella mattina: non eravamo in ritardo, eppure dentro casa era un fuggi fuggi continuo. Mi ero alzato ormai da dieci minuti ed ero ancora impegnato a consumare la mia colazione, senza fretta, dal momento che avevo anche già preso il mio smoking, privo di cravatta o altro.
Non nascondevo che dentro di me ero ansioso come pochi, anche se non lo stavo dando a vedere per niente: non vedevo l'ora di uscire di casa, andare al parco e vedere finalmente Amy. Il solo pensiero che finalmente l'avrei sposata mi rendeva l'uomo più felice sulla faccia della terra e forse ero persino troppo ripetitivo.
- D'accordo, ci siamo, hey sposo, hai finito di mangiare? Non vorrai ingrassare il giorno del tuo matrimonio! -, mi prese in giro Matt, sulla soglia della cucina.
Risi immediatamente, riponendo allora la scodella nel lavabo e lasciandola li. - Sono in perfetta forma, non ti preoccupare -, risposi, in tutta tranquillità, prendendo di nuovo il mio smoking, che avevo appeso al pomello di uno sportelletto in cucina.
- Allora si va? Siamo tutti pronti e anche in orario! -, chiese Zacky, controllando l'ora sul suo cellulare.
- Si si, si va! -, commentai io, mostrando per la prima volta il mio sincero entusiasmo.
- Qualcuno è impaziente di andare.. -, notò Johnny, ridendo divertito.
- Vorrei vederti a te il giorno del tuo matrimonio! -, lo rimbeccai, mentre gli altri si erano già incamminati verso la porta, ridendo di quelle nostre affermazioni.
- Sicuramente sarò più calmo di te! -, disse allora.
- Ma stai zitto! -, sbottai, ridendo divertito mentre gli davo una leggera spinta.
Uscimmo poi tutti insieme di casa e allora la mia eccitazione non fece altro che aumentare: avevo voglia di chiamare Amy, ma non mi andava di risentire la sua voce, per la prima volta dalla sera precedente, per telefono, volevo sentirla dal vivo, mentre pronunciava il giuramento che ci avrebbe uniti, magari.

***

Il lavoro di Susy mi lasciò a bocca aperta, come avevo immaginato: il parco era quello di sempre, l'unica cosa che cambiava era che, in uno spiazzo deciso in precedenza, era allestito un piccolo altare. Varie file di sedie, poi, erano posizionate li davanti e, sul prato, che sarebbe stato instabile non appena avessi messo le scarpe per la cerimonia, era stato steso un lungo tappeto tappeto bianco che arrivava fino all'altare.
Mentre ancora osservato quel bellissimo lavoro, anche insieme alle ragazze, alle mie spalle comparve proprio lei. - Amy, eccoti finalmente!! -, disse.
Mi voltai subito e, non appena fu abbastanza vicina, l'abbracciai stretta. -Oddio Susy, è tutto stupendo! -, esclamai, mentre ancora l'abbracciavo.
- Sono contenta che ti piaccia, ho urlato ordini a destra e a manca per fare tutto questo! -, ammise, facendomi ridere.
Mi allontanai piano, ancora sorridendo. - I tuoi ordini hanno messo su qualcosa di eccezionale! -, mi ritrovai a dire.
- Lo sarà ancora di più quando la cerimonia inizierà, credimi! -, disse, puntando poco dopo lo sguardo oltre la mia spalla, - ...e credo che ora ci sia qualcuno che vuole vederti -, aggiunse.
Mi voltai subito, vedendo solo allora la mia piccolina. - Amore mio, hey... -, sussurrai, mentre mi allungavo per prenderla dalle braccia di mia sorella, affiancata ovviamente da Ben, - Si è comportata bene? -, le domandai, mentre le posavo un piccolo bacio sulla guancia.
- Benissimo, non ha fatto neanche storie per dormire -, mi disse, sorridendo ampiamente, - Il tuo addio al nubilato? -, domandò.
- Tutto alla grande, ci siamo divertite molto -, ammisi, con un sorriso, lanciando una veloce occhiata a Valary e alle altre.
- Bene, adesso però è ora di andare a prepararsi, non voglio che Brian arrivi e ti veda prima della cerimonia! -, disse allora Susy, indicandomi vagamente il cottage non molto lontano da noi.
Dovetti allora dare di nuovo Caroline, seppur riluttante, a mia sorella, che a sua volta la diede a McKenna, che non vedeva l'ora di prenderla in braccio.
Le salutai di nuovo velocemente, dirigendomi poi verso il cottage insieme alle altre, che mi avrebbero dato una mano con i capelli e il trucco. Brian non era ancora arrivato, quindi non c'era pericolo che mi vedesse prima, anche perché le ragazze l'avrebbero impedito in ogni caso.
Quando varcammo la soglia mi ritrovai davanti ad un altro fantastico spettacolo: era tutto addobbato con dei fiori e a pochi passi da me c'era un bellissimo specchio con una sedia, dove mi sarei potuta preparare.
C'era anche un secondo specchio, questo più alto per una visuale complete del lavoro finito.
- Voglio che Susy organizzi anche il mio matrimonio, se mai ci sarà, vi prego -, commentò Lacey, mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Risi. - Penso che la ringrazierò per tutta la vita -, fu tutto quello che riuscii a dire, guardandomi ancora intorno.
- Lo farei anch'io se fossi in te -, concordò allora Lacey.
- Bene, abbiamo poco più di un'ora per truccarti e farti i capelli, devi solo dirci come ti piacerebbero -, cominciò Gena.
Mi voltai subito a guardarla, pensandoci su. - I capelli li vorrei tirati su, con delle ciocche davanti che scendono sul viso, per abbinarli bene all'abito -, proposi, sperando che l'idea piacesse.
- Secondo me non è una cattiva idea, anzi, sarebbe perfetto con l'abito! -, disse entusiasta Valary.
Tirai un sospiro di sollievo, avvicinandomi poi a passo svelto al mio abito, che era spostato li: lo conoscevo a memoria, eppure mi fermai per l'ennesima volta a guardarlo.
Comunque fosse, non potevamo perdere tempo, così mi costrinsi ad allontanarmi, sedendomi comodamente sulla sedia, pronta a vedere che cosa avrebbero fatto le ragazze.
Si misero d'accordo e alla fine risultò che Valary avrebbe pensato ai capelli e Gena e Lacey al trucco. Io, invece, mi sarei solamente dovuta lasciare andare, sapendo bene che il loro lavoro sarebbe stato sicuramente fantastico.

***

Quando arrivammo eravamo in perfetto orario, o quasi. - Fratellone, eccoti finalmente! -, disse McKenna, arrivandomi incontro con Caroline tra le braccia.
- Pensavi che non venissi? -, le domandai, mentre prendevo la piccola in braccio, così che potessi salutarla. Sorrisi teneramente, dal momento che si stava sporgendo verso di me con le manine, come faceva praticamente sempre sia con me che con Amy.
Amy...quanto avrei voluto vederla in quel preciso momento.
- Con te non si può mai dare niente per scontato! -, disse lei, prendendomi in giro.
Le lanciai un'occhiataccia, cominciando poi a giocare con Caroline, anche se sapevo bene che quella aveva mangiato.
- Se la sballottoli così ti vomita addosso, poco ma sicuro -, disse una voce alle mie spalle, che ovviamente apparteneva a Maggie.
La presi allora meglio in braccio, anche se mi dispiaceva fermarmi, visto che stava ridendo a crepapelle. - Ma stava ridendo così tanto.. -, dissi, giustificandomi.
- È la tua faccia che la fa ridere, sicuramente -, continuò lei.
Allora le lanciai un'occhiataccia, concentrandomi poi di nuovo sulla piccola e dandole un bacio sulla guancia.
Proprio in quel momento accanto a me passò mia madre: inizialmente non mi vide, poi invece si fermò di botto, tornando indietro. - Oh, ma allora siete qui! -, disse, mettendo sotto un braccio quello che sembrava un grosso block-notes, rivolgendosi a me come anche agli altri, - Bene, benissimo, svelti, dovete prepararvi! -, aggiunse.
- Hai fatto così per tutto il tempo per mettere su tutto questo? -, le domandai, guardandomi intorno ancora con aria affascinata, senza però accennare a lasciare Caroline.
- Si, più o meno, però come vedi ho fatto un ottimo lavoro... -, disse, pavoneggiandosi un po', - E adesso lascia Caroline o a Maggie o a Mckenna, così potete andare a prepararvi! -, disse, gesticolando un po' verso di noi.
- Okay okay, si, andiamo.. -, acconsentii, dando poco dopo Caroline a Mckenna, anche perché sapevo che moriva dalla voglia di tenerla in braccio, salutandola un'ultima volta prima di dirigermi insieme agli altri verso la casetta dove mi sarei dovuto preparare.
Non appena entrammo a chiudere la porta fu Zacky: avevamo tutti lo smoking e circa un'ora per prepararci. 
Andai così verso il bagno, dove mi chiusi, sciacquandomi il viso: dovevo svegliarmi del tutto e quello era uno dei modi più veloci per farlo.
Quando uscii di nuovo trovai Matt e gli altri che mi aspettavano, mentre sorridevano tutti. - Cosa sono
quelle facce da idioti? -, domandai, ridendo.

- Vorremmo proporre un altro brindisi -, disse allora Matt, tirando fuori da dietro la schiena quella che sembrava una bottiglia di spumante.
- Un altro? Non abbiamo bevuto abbastanza ieri sera? -, chiesi, sempre con tono divertito.
- No, altrimenti non ne proponevamo un altro! -, ribatté Zacky, levando dalle mani di Matt la bottiglia e avvicinandosi al tavolo.
Johnny, invece, si occupò di prendere i bicchieri, dentro al quale Zacky versò lo spumante: li distribuì e per la seconda volta facemmo un brindisi con i fiocchi, seguito da più di una battutina sullo scappare dal mio stesso matrimonio, perché ero ancora in tempo.
Declinai decisamente l'offerta, pensando solamente che ormai era ora di prepararsi: cominciammo così a prepararci e mentre mi abbottonavo la camicia bianca non facevo altro che passeggiare su e giù per la stanza.
- Brian, devi stare tranquillo! -, mi ripeté Zacky per l'ennesima volta.
- Vorrei tanto, ma non ci riesco.. -, ammisi, facendo per infilarmi la giacca.
- Non farti prendere dall'ansia, altrimenti sei finito -, disse poco dopo Matt, uscendo dal bagno completamente preparato.
- Si, lo so.. -, dissi, cercando di darmi un contegno, - Bene, tutto okay, sono calmissimo -, aggiunsi.
- Bene così! -, ribatté lui, dandomi una pacca sulla spalla, - E ora è meglio che vada, devo accompagnare la tua quasi moglie all'altare -, continuò poco dopo, avvicinandosi alla porta d'entrata.
- Non farla cadere -, lo pregai, sorridendo divertito.
- Non lo farò -, promise, poco prima di uscire e di richiudersi la porta alle spalle.
Ormai mancava poco, 20 minuti al massimo e il tempo era trascorso quasi senza che io me ne accorgessi. Provai ad immaginarmi Amy ancora una volta e mi lasciai andare a quei pensieri, pregustando il momento in cui l'avrei finalmente vista con i miei occhi.


***

I capelli erano perfetti, il trucco anche e il vestito..beh, il vestito era il tocco finale.
Le ragazze si erano superate e mi avevano resa più bella di quello che avrei mai potuto immaginare: ero fiera di loro e, proprio per questo, non feci altro che ringraziarle per 10 minuti di fila, cercando di trattenere le mie lacrime di gioia. Lacrime che mi avevano proibito di lasciar scendere, altrimenti il fondotinta sarebbe andato a puttane e non me l'avrebbero mai perdonato, non dopo tutto il lavoro.
Stavo dando gli ultimo ritocchi al velo, davanti allo specchio, quando vidi attraverso il riflesso la porta aprirsi e mostrare Matt: mi voltai subito verso di lui, lisciando istintivamente la gonna morbida dell'abito.
- Oddio, che ne hai fatto della mia migliore amica? -, domandò allora con tono divertito, mentre si richiudeva la porta alle spalle.
- Merito di tua moglie e delle ragazze se ora sto così -, dissi io, lanciando una veloce occhiata alle interessate, notando immediatamente che si stavano già gongolando tutte fiere.
Senza rispondere a quella mia affermazione si avvicinò, abbracciandomi poco dopo. - Non ci credo che stai per sposarti -, sussurrò.
- Nemmeno io, e se aggiungiamo che sto per sposarmi con Brian tutto diventa ancora più surreale -, gli feci notare, sentendo le ragazze ridacchiare.
- Effettivamente! -, concordò, allontanandosi poco dopo da me, - Bene, tra poco si va -, aggiunse.
- Non me lo ricordare o vado di nuovo nel panico -, dissi, con un tono di preghiera quasi.
- Ti posso assicurare che anche Brian è un po' impanicato, ma non dirgli che te l'ho detto -, ammise.
Sorrisi divertita, scuotendo poi impercettibilmente il capo, senza però rispondere o altro; i minuti successivi passarono veloci, finché Valary e le altre non uscirono per andare a prendere posto vicino all'altare. Ancora qualche minuto e poi sarebbe stato il nostro turno. Continuavo a chiedere l'ora a Matt, senza dargli tregua poi, finalmente, mi disse che era tempo di andare: sollevai così la gonna del vestito, per non inciampare, uscendo insieme a lui e prendendolo sotto braccio solo quando fummo nascosti dietro l'albero che ci divideva dal percorso verso l'altare.
Mi trattenni dallo sbirciare, sentendo pochi secondi dopo la marcia nuziale iniziare: mi ritrovai a dover prendere un respiro profondo, prima di aggrapparmi quasi completamente al braccio di Matt.
- Sta tranquilla, non ti farò cadere -, disse, sorridendomi ampiamente.
Ricambiai quel sorriso, annuendo poco dopo e oltrepassando l'albero insieme a lui: tutti gli invitati si alzarono e, solo allora, Brian si voltò nella mia direzione, incrociando il mio sguardo.

***

Zacky mi stava intrattenendo con una piccola conversazione, mentre ce ne stavamo tutti e tre in piedi, aspettando l'inizio della cerimonia.
Stavo per rispondere alla sua ennesima affermazione, quando invece partì la marcia nuziale: sollevai lo sguardo, incontrando per un momento quello di Zacky, che sorrideva.
- Ti consiglio di voltarti, ora.. -, sussurrò, restando però nella sua posizione.
Feci come mi disse, spinto anche dalla voglia che avevo di vederla e, ovviamente, rimasi senza fiato: era ancora più bella di quello che avevo potuto lontanamente immaginare e tutto quello che riuscivo a fare era guardarla.
I capelli erano raccolti, mettendo così in mostra il suo viso perfetto e l'abito che aveva scelto, quello di cui io non conoscevo neanche mezzo particolare, le stava da dio.
Mi sorrideva ampiamente, mentre teneva in mano il bouquet di rose bianche, parecchio imbarazzata, glielo leggevo negli occhi. Più si avvicinava e più mi sembrava incredibile che stessimo per sposarci, finché non mi arrivò davanti: porse il bouquet a Valary, che lo prese prontamente, affiancandomi poi del tutto e sorridendomi. Si voltò poi per un momento verso Caroline, che stava in braccio a Maggie, prima di rivolgere la sua attenzione al prete.
Dovetti ricorrere a tutto il mio buon senso per distogliere lo sguardo dal suo viso, guardando così a mia volta il prete, che ci sorrise raggiante. - Bene, possiamo iniziare! -, disse, facendo poi cenno agli invitati di sedersi di nuovo.
Tutti obbedirono e, solamente allora, l'uomo parlò di nuovo. - Siamo qui riuniti oggi per celebrare l'unione di questa giovane coppia.. -, cominciò, - Se qualcuno è a conoscenza di un qualsiasi motivo per cui questa unione non debba avvenire, parli ora o taccia per sempre.. -, aggiunse, ricevendo in risposta solamente il silenzio.
Sentii allora la mano di Amy cercare la mia e subito la strinsi, sorridendo tra me e me. - Bene, possiamo cominciare.. -, proseguì, aprendo la sua bibbia, - Vuoi tu, Brian Haner Jr. prendere Amelia Pedersen come tua legittima sposa? Ed amarla e onorarla, in salute e in malattia, finché morte non vi separi? -, mi chiese., dopo una piccola pausa.
- Lo voglio -, risposi con tono deciso, sorridendo e aumentando, per quanto fosse possibile, quella stretta.
Si rivolse poi a Amy. - E vuoi tu, Amelia Pedersen, prendere Brian Haner Jr. come tuo legittimo sposo? Ed amarlo e onorarlo, in salute e in malattia, finché morte non mi separi? -, chiese anche a lei, questa volta in maniera un po' più sbrigativa.
- lo voglio -, rispose lei, facendo un piccolo cenno d'assenso con il capo.
Il prete sorrise allora ampiamente. - Vi dichiaro allora marito e moglie! -, disse, con entusiasmo, - Può baciare la sposa.. -, aggiunse poi, rivolgendosi unicamente a me.
Non me lo feci ripetere due volte e, senza esitazioni, mi voltai verso di lei: sollevai il velo fino a scoprire il suo viso, prendendoglielo poi tra le mani e baciandola dolcemente, lasciandomi andare a quel momento.
Le sue braccia mi circondarono il collo, quando improvvisamente partirono gli applausi e i fischi: sorrisi a lungo contro le sue labbra, trattenendomi dall'approfondirlo.
Quando ci allontanammo entrambi, quasi in contemporanea, Valary e Matt picchiettarono sulle nostre rispettive spalle, allungandoci così gli anelli: li ringraziammo in silenzio e poi li prendemmo.
Presi così delicatamente la sua mano, infilandoglielo all'anulare e sorridendo, mentre lei faceva lo stesso con me: allora gli applausi aumentarono, automaticamente, mentre ci concedevamo ad un altro piccolo bacio, prima di voltarci a guardare i presenti.
- Congratulazioni amico! -, dissero Matt, Zacky e Johnny in coro.
Le ragazze invece abbracciarono direttamente Amy, costringendola a lasciare la presa dalla mia mano per un momento: lo stesso fecero tutti gli altri. Mia madre piangeva, persino Mckenna piangeva, mentre mio padre continuava ad applaudire senza sosta.
- Lancia in bouquet, su! -, le ricordò Gena, mentre tutte le invitate si radunavano davanti all'altare. Lei acconsentì con un cenno del capo poi, lasciando la mia mano, di nuovo, si voltò di spalle e poco dopo lo lanciò all'indietro: la fortunata che lo prese, alla fine, fu Lacey, guardando poi con la coda nell'occhio Johnny, con aria imbarazzata._
- Questo è un segno, amico! -, dissi allora, ridendo e circondando la vita di mia moglie, perché finalmente lo era.
- Terrò in considerazione l'idea! -, rispose Johnny, facendo ridere Lacey, che stringeva ancora il bouquet.
Maggie fu poco dopo al nostro fianco e, dopo aver dato un bacio sulla guancia alla sorella, le porse Caroline, che sorrideva teneramente sia a lei che a me.
La prese in braccio come al solito e, nello stesso momento in cui la baciavo di nuovo, ci scattarono una foto, la foto perfetta, visto che eravamo tutti e tre insieme.


***
Ero rimasto a guardare, li seduto tra gli ospiti, in silenzio: non che potessi fare molto, anzi, però per lo meno avevo assistito alla cerimonia e non nascondo che ho addirittura pianto.
Avevano superato tutto insieme, persino quando si erano allontanati e ora finalmente erano ufficialmente sposati: avrei tanto voluto andare li per abbracciarlo, per dirgli che ero contento per lui, come avevano fatto Matt, Zacky e Johnny, ma sapevo che non era possibile. Niente mi era possibile dal momento che ero qualcosa di più simile ad un fantasma.
Li di sopra non vogliono mai che scendiamo, non quando si tratta di queste cose, perché temono che ci attacchiamo troppo a quella che è stata la nostra vita terrena, ma per me era diverso: io non mi ero mai separato veramente da loro e mai l'avrei fatto.
Anche da morto, avevo continuato a proteggerli...ma adesso la situazione era diversa, lo era diventata da quando avevo scoperto, anzi, ricordato, di avere una figlia.
Helena aveva ragione, dal momento in cui ero sceso l'unica cosa che avevo desiderato fare era stata raggiungerla, ma sapevo di non potere, o chissà quali casini avrei combinato.
L'importante, comunque, era che ero riuscito ad assistere al matrimonio del mio migliore amico, in fondo, avevo fatto incazzare gli Anziani per quello.
Li avevo guardati andare via, insieme a tutti gli altri e avevo persino salutato la piccola Caroline, che se ne stava tranquilla tra le braccia della madre: pochi lo sanno, ma i neonati sono in grado di percepirci, percepirci, ma non vederci. E lei c'era riuscita, perché mi sorrise, agitando la manina nella mia direzione.
Era una bambina incredibilmente bella e aveva preso moltissimo da Brian, anche se lui non lo sapeva ancora: sarebbe stata felice, perché lui l'avrebbe sempre resa tale, sarebbe stato un padre perfetto ed io ero fiero di lui come mai in vita mia.

***

 

La cerimonia era ormai finita, così ci recammo tutti al ristorante che non distava molto dal parco, per nostra fortuna.
La piccola rideva, mentre cercava di afferrare il mio velo: Brian, invece, continuava a guidare tranquillo, assicurandosi di tanto in tanto che gli altri ci stessero seguendo ancora.
Avevamo aspettato un sacco di tempo e ora finalmente ce l'avevamo fatta, non riuscivo neanche ad esprimere la mia felicità e speravo solamente che lui capisse il mio silenzio, in fondo, c'era sempre riuscito.
Con un braccio continuavo a tenere stretta Caroline, assicurandomi che non cadesse e cedendole il velo, con il quale cominciò a giocare subito: con quello libero, invece, mi allungai fino a raggiungere la sua mano, che sfiorai delicatamente. - Ancora non ci credo.. -, sussurrai allora.
Proprio in quel momento, prese la mia mano e, velocemente, se la portò alle labbra, con le quali la baciò sul dorso. - Credici, perché è tutto vero -, ribatté.
Non accennai a lasciare la presa dalla sua mano, visto che le amavo quando erano intrecciate, costringendolo così a guidare con una sola: non che lui avesse problemi, anzi, sembrava piuttosto felice di quel mio gesto e questo mi convinse ancora di più a non lasciare la presa.
Qualche minuto dopo, senza problemi, arrivammo al ristorante e gli altri ci raggiunsero in breve tempo, chi prima chi dopo.
Aspettammo così che tutti gli invitati ci raggiungessero, salutando amici e parenti e ringraziandoli per i loro auguri, che furono veramente tanti. La sorella di Brian, poi, ci corse incontro, abbracciandoci entrambi come se fossimo dei pupazzi e lo stesso fece sua madre e così anche suo padre.

- Possiamo entrare ora -, annunciò poco dopo, indicandomi con un cenno del capo tutti gli invitati che si erano finalmente radunati.
- Si, andiamo -, acconsentii, dandogli un bacio sulle labbra per poi prendere Caroline, incamminandomi al suo fianco verso l'entrata.
Non ci fu neanche bisogno che richiamassimo tutti, perché ci seguirono tranquillamente anche se non avevamo detto niente.
Il cameriere che ci accolse ci accompagnò fino al tavolo che Susy aveva prenotato, mentre gli altri si stavano occupando dei menù, ormai disposti quasi completamente ad ogni posto a sedere.
Il ristorante era bello e non troppo vistoso allo stesso tempo, segno che Susy aveva fatto per l'ennesima volta una scelta perfetta.
Quando ci accomodammo, prontamente, uno dei camerieri ci portò un seggiolino per Caroline: lo ringraziammo così calorosamente e poi la sistemammo li, sperando che non le dispiacesse più di tanto, anche se ero sicura che preferisse di gran lunga stare sulle mie gambe o su quelle di Brian.
Per tutto il tempo tenni mi strinsi a lui, dal momento che aveva addirittura avvicinato la sedia alla mia, mentre chiacchieravamo con gli altri in attesa del pranzo. Ci fu addirittura un altro brindisi, questa volta da parte di Brian Sr. : - Parto col dire che sono felicissimo per voi, davvero, come sono felice di dirti.. -, cominciò, spostando allora la sua attenzione solamente su di me, - ..che sei la benvenuta nella nostra famiglia e che non potevamo chiedere di meglio! A Brian e Amy! -, terminò, seguito dal tintinnio dei bicchieri e dalle risate dei nostri amici.
Lo ringraziai sorridendo e poi bevemmo anche quel drink, che fu seguito da altre chiacchiere e aneddoti, finché le portate non arrivarono: Caroline fece un po' di storie con il mangiare, ma alla fine si arrese, anche perché Mckenna la fece divertire abbastanza da costringerla a darci retta.
Per il resto il pranzo continuò tranquillamente, anche se più di una volta Susy raccontò qualche episodio dell'infanzia di Brian abbastanza imbarazzante, che però si limitava a ridere con gli altri e a stringersi nelle spalle.
Quando finimmo di mangiare, la prima ad aprire di nuovo bocca fu Lacey. - Adesso è l'ora dei regali!! -, annunciò.
In men che non si dicesse tutti stavano farfugliando la parola "regalo", prendendoli poco dopo in mano per passarceli: quella fu veramente una cosa che andò per le lunghe, dal momento che erano veramente tanti, più di quelli che avevamo potuto anche solo lontanamente immaginare.
Per fortuna nessuno era troppo grande, quindi ce la saremmo cavata non appena il pranzo fosse finito; l'unica cosa che mi ero completamente scordata erano i possibili, anzi, probabili, balli che, per una che non sa ballare, sono un vero incubo.
Stavo quasi per rifiutarmi, quando invece mi ricordai della sera in cui Brian mi aveva chiesto di sposarlo: allora avevamo ballato. Solo così mi convinsi e alla fine accettai, concedendo il mio primo ballo, ovviamente, a quello che ormai era mio marito.
Quando ci avvicinammo alla pista tutti ci seguirono, restando però intorno a noi, senza avvicinarsi per unirsi a noi: era tradizione fare così e io di certo non l'avrei rotta.
La musica partì poco dopo e io mi lasciai andare praticamente subito tra le sue braccia, che mi strinsero come mai: il mio viso andò a posarsi sulla sua spalla, mentre sorridevo teneramente. - Ti amo.. -, sussurrai, così piano che solo lui poté sentirmi.
- Ti amo anch'io, ora e per sempre.. -, sussurrò a sua volta, posando un bacio sulla mia fronte.
Le gambe quasi mi cedettero, non sapevo neanche io il perché: ero abituata a sentire quelle parole, eppure in quel caso mi erano arrivate con un'altra sfumatura, una sfumatura che non aveva mai colto più...la sfumatura di una persona follemente innamorata.
Lo era lui, come lo ero io, inutile dire; ci ciondolammo l'uno stretto all'altro ancora per qualche minuto poi, a poco a poco, anche gli altri si unirono, circondandoci.
Dovetti concedere molti balli a tante persone, tra i quali Matt, il papà di Brian, Zacky e Johnny. Fu divertente e neanche per una volta inciampai, per mia fortuna, così evitai anche di fare delle figuracce.
Il tempo trascorse in maniera tranquilla, c'era quiete in qualunque cosa facessimo, finché non si fecero le 16.00 passate: era praticamente ora di andare.
Con mio grande dispiacere dovetti allontanarmi per qualche minuto di Brian e da Caroline, visto che avevo deciso di cambiarmi l'abito con uno un po' più comodo: per il momento, inoltre, saremmo solamente tornati a casa. Avevamo deciso di rimandare il viaggio di nozze a quando Caroline fosse stata un po' più grande, insieme e in fondo la cosa non ci dispiaceva neanche più di tanto, ci bastava stare tutti e tre insieme.
Cambiai velocemente il mio vestito da sposa con un altro più comodo, color crema, che mi arrivava al ginocchio: lo riposi poi al suo posto, nell'involucro con la stampella, così che arrivasse sano e salvo fino a casa.
Quando tornai dagli altri dovetti salutarli tutti, visto che era davvero tempo di andare.
Uno dei tanti lati negativi del tornare a casa era che, finalmente, potevo togliermi le scarpe col tacco, che erano state il mio tormento per tutto l'intero giorno.
- Aspetta! -, mi ammonì Brian, quando stavo quasi per varcare la soglia di casa.
Mi voltai così subito a guardarlo, con la piccola in braccio. - Che c'è? -, chiesi, con tono divertito.
- Devo portarti dentro in braccio, anche questa è una tradizione -, mi spiegò allora, avvicinandosi a prendendo Caroline dalle mie braccia, portandola dentro e sistemandola nel suo box, pieno di giochi.
Sorrisi tra me e me, osservandolo poi mentre tornava verso di me: gli lasciai lo spazio per uscire e non protestai quando mi prese in braccio con aveva detto, mentre io tenevo in mano le mie scarpe.
Non richiuse la porta, tuttavia, dal momento che tutti i regali erano ancora in macchina, in attesa di essere portati dentro: mi portò semplicemente al centro del salone, dove mi mise di nuovo giù, chinandosi per baciarmi.
Avvinghiai come al solito entrambe le braccia al suo collo, alzandomi in punta di piedi per arrivarci meglio, continuando a baciarlo finché non sentii il fiato mancare. - Sarà meglio portare dentro tutta la roba che abbiamo in macchina... -, gli ricordai ancora.
- Hai appena rovinato un momento magico, lo sai? -, mi fece notare, imitando un perfetto tono offeso.
- Mi farò perdonare stasera -, risposi, con tono malizioso, alzandomi e baciandolo di nuovo. Lo superai poco dopo, lasciandolo li mentre sorrideva come un bambino: mi infilai alla svelta di nuovo le scarpe e così cominciammo a portare tutto dentro.
Per sistemare tutto quanto vi volle quasi tutto il pomeriggio ma, per lo meno, per l'ora di cena avevamo quasi finito e Caroline se ne stava tranquilla nel box a giocare. - Sono stati carini a farci anche altri regali per la piccola.. -, commentai, mentre guardavo l'ennesimo completo che le avevano regalato e ripiegandolo poco dopo.
- Si, è vero...e sono anche tutti piuttosto carini -, disse lui, mostrandomene uno verde chiaro.
Sorrisi e annuii poco dopo. - Si, sono tutti piuttosto carini -, convenni.
- Posso sapere in che modo ti farai perdonare stasera? -, mi chiese poco dopo, con un sorriso beffardo sulle labbra.
- Ceniamo e fammi mettere a dormire Caroline, poi vedrai -, fu tutto quello che gli anticipai, rendendolo, sempre se fosse possibile, ancora più curioso.
Per la cena ci ingegnammo con un po' di pasta, anche perché non avevamo molta fame, non dopo la mangiata al ristorante, almeno: diedi poi da mangiare anche alla piccola che, con mia grande sorpresa, si addormentò senza fare molte storie.
- E' la nostra serata fortunata -, commentai, voltandomi a guardarlo e notando che lui lo stava già facendo.
- Già.. -, concordò, spegnendo poi la TV precedentemente accesa, - La portiamo di sopra? -, propose poco dopo.
- Si, andiamo.. -, convenni, alzandomi poi piano dal divano, così che non si svegliasse e seguendolo su per la rampa di scale. Aveva già il ciuccio in bocca, quindi tutto quello che feci fu metterla nel suo lettino e coprirla, prima di spegnere la bajour posta sul comodino, per farla riposare.
Né io né Brian ci eravamo ancora tolti i vestiti della cerimonia, a parte lui che si era sfilato la giaccia, senza un vero motivo e forse solamente per pigrizia.
- Esponimi i tuoi piani... -, sussurrò, socchiudendosi la porta alle spalle.
Ero di spalle, così ne approfittai per sorridere maliziosa, di nuovo. - Beh...è comunque la nostra prima notte di nozze -, dissi, con tono ovvio, voltandomi di nuovo verso di lui.
- ..continua -, mi intimò, circondando la mia vita con entrambe le braccia.
- ...quindi sarai costretto a fare l'amore con me -, aggiunsi poco dopo, allacciando come sempre le braccia al suo collo.
- “Costretto” non è proprio la parola più adatta per questo contesto.. -, replicò, scendendo a baciarmi il collo, - ..signorina Haner -, aggiunge poco dopo, sottolineando per bene il suo cognome, che ormai era anche il mio.
Mi beai di quei baci, sorridendo ampiamente. - Suonava bene, però -, mi giustificai, afferrando in quello stesso momento i lembi della sua camicia, cominciando a tirarla fuori dai pantaloni.
Dopo quella mia affermazione, si limitò semplicemente a baciarmi, lasciando che percorressi con le dita il suo corpo: sbottonai ogni bottoncino con estrema cura, finché non fui in grado di sfilargliela del tutto, lasciandola scivolare lungo le sue spalle.
Dischiusi le labbra e rabbrividii quando avvertii la sua mano cominciare a tirare giù la zip del vestito, posta dietro la mia schiena; la tirò giù finché la mia schiena non fu completamente nuda, bloccandosi però poco dopo.
- Non fermarti, toglilo pure.. -, lo pregai, baciandogli il petto con fare languido.
- Come preferisci -, replicò solamente, sfilandomelo in poco tempo e lasciandolo cadere per terra: rimasi così con indosso solamente gli slip, dal momento che non avevo indossato il reggiseno né per l'abito da sposa né per quello di ricambio.
Sorrisi divertita, poi lo trascinai semplicemente con me fino al letto, dove mi sedetti senza smettere di baciarlo: in poco tempo si stese su di me, dandomi modo di slacciare la cintura dei suoi pantaloni, con la quale dovetti litigare per qualche secondo.
Il mio desiderio nei suoi confronti cresceva ogni secondo di più, per questo sospirai soddisfatta quando anche lui rimase con indosso solamente i boxer neri. Le sue labbra continuavano a percorrere il mio corpo e, peggio ancora, il mio ventre, costringendomi ad inarcare la schiena verso l'alto per averlo ancora più vicino alle labbra.
Ero già in estati e mi domandavo fino a che punto sarei arrivata quando finalmente sarei diventata per l'ennesima volta un tutt'uno con lui.
In risposta a quel pensiero, cominciai a giocare maliziosamente con i suoi boxer, infilando le dita al di sotto del tessuto elasticizzato: non volevo ancora sfilarglieli, ma solo intimarlo ad andare avanti, perché ormai lo conoscevo e sapevo perfettamente che l'avrebbe fatto.
Attesi si e no due minuti, poi fui costretta ad inarcare meglio il bacino, per far si che i miei slip scivolassero via, lungo le gambe e così fino al pavimento o al letto, non m'interessava.
Inutile dire che sorrisi di nuovo soddisfatta, decidendo allora di essere un po' meno sadica: gli tolsi di dosso così anche quell'ultimo misero indumento, preparandomi a quello che mi attendeva.
Cominciò come al solito ad accarezzarmi le gambe, mentre non accennava a smettere di baciare il mio collo, anche se sapeva benissimo che era un mio punto debole, motivo per il quale ogni volta lo sfruttava al massimo.
Afferrai automaticamente il lenzuolo con le dita quando lo sentii stuzzicare il mio interno coscia, finché non divaricai abbastanza entrambe le gambe, lasciando così a lui il comando, per un po', almeno.
Lui non sapeva che i miei piani erano altri, ma presto glieli avrei mostrati, molto presto.
Questa volta quello altamente sadico su lui: dopo aver posato entrambe le mani sui miei fianchi, come unico appiglio, cominciò ad entrare in me con lentezza estenuante, quasi si divertisse a vedermi attendere impaziente. Decisi di non dargliela vinta, circondandogli allora il fondoschiena con entrambe le gambe, avvicinandolo più velocemente al mio bacino così come anche alla mia intimità. Fui scossa dai fremiti, che aumentarono quando lo sentii iniziare a muoversi con decisione. - Brian.. -, sussurrai, pochi minuti dopo, stringendo con ancora più forza il lenzuolo tra le dita.
Lui non disse niente, ma in compenso, fece unire di nuovo le nostre labbra, in un bacio che di casto non aveva proprio niente. Dischiusi le labbra, permettendo così alla sua lingua di trovare la mia, cominciando a giocarci lentamente e con malizia, mentre lui non accennava a diminuire la velocità di quelle spinte.
Ad un certo punto, fui costretta ad allontanarmi dalle sue labbra, così che potessi liberarmi di un gemito che era rimasto in silenzio per troppo tempo, inclinando il viso all'indietro.
Dovevo rimanere lucida, per lo meno per la parte essenziale del tuo piano, era meglio agire in fretta, o non ne avrei più avuto occasione. - Fermati.. -, sussurrai, con sua grande sorpresa, - ..adesso è il mio turno -, aggiunsi, in un sussurro.
- A te il comando.. -, disse allora, uscendo, anche se a malincuore, da me, facendomi trattenere il fiato finché non si stese accanto a me.
Mi voltai a guardarlo, esaminando per qualche secondo il suo corpo nudo. - Mettiti seduto comodamente.. -, sussurrai, avvicinandomi allora lentamente a lui.
Fece come gli dissi, trascinandosi fino alla spalliera del letto, dove si appoggiò completamente: mi sollevai allora a mia volta, sedendomi su di lui a cavalcioni e lasciando che entrasse di nuovo in me, questa volta esclusivamente per mano mia. Lo vidi lasciarsi scappare un sorriso, poco prima di posare una mano sulla mia schiena: avvertii subito l'oro freddo della fede, che mi fece quasi tremare, poco prima che cominciassi a muovermi su di lui ritmicamente.
Andai ad aggrapparmi alla base dei suoi capelli, mentre lo sentivo baciarmi il petto e il seno: quella sensazione mi diede nuovamente i brividi, costringendomi a socchiudere gli occhi per qualche secondo, prima di riaprirli del tutto.
- Non fermarti.. -, mi pregò, mordendo poi lievemente la mia spalla.
La sensazione dei suoi denti sulla mia pelle fu la goccia che fece traboccare il vaso: cominciai fin da subito ad aumentare i miei movimenti e così anche i miei gemiti, già piuttosto acuti, senza badare ai polpacci che già mi gridavano di fermarmi per riposare.
Non sentivo nessuno tipo di dolore, solamente il piacere che gli stavo e mi stavo causando, quello era più forte di qualsiasi altro dolore.
I miei gemiti non diminuirono, anzi, aumentarono addirittura, soprattutto quando ormai eravamo entrambi vicino all'orgasmo: decisi di godermi quell'ultimo momento, diminuendo così la velocità dei miei movimenti e arrivandoci lentamente, gridando più piano che potevo.
Ci misi un po' a riprendere fiato, e così anche lui: restammo in quella posizione per qualche momento ancora, poi lui ribaltò le posizioni e fu di nuovo sopra di me, uscendo allora con cautela da me e abbandonandosi completamente sul mio petto, annaspando ancora. Lasciai che regolasse di nuovo il respiro poi, non appena lui me ne diede la possibilità, mi stesi su un fianco, sorridendo di nuovo solo quando le sue braccia mi circondarono la vita, ormai semi coperta dal lenzuolo.
Restammo in silenzio per quella che sembrò un'eternità, poi finalmente parlò di nuovo, sussurrando quelle parole vicino al mio orecchio. - E' stato fantastico.. -, disse.
- Si, non posso che concordare.. -, replicai.
- Forse dovrei lasciarti il comando un po' più spesso... -, sussurrò, ridacchiando.
- Io di certo non mi lamenterei -, dissi, lasciandomi scappare a mia volta una risata.
Presi, poco dopo, la sua mano e subito la strinsi alla mia, osservando per un po' non solo le nostre dita intrecciate, ma anche le fedi che portavamo entrambi: era bello vederle finalmente, più bello di qualsiasi altra cosa.
- Mi fa ancora strano vederle.. -, ammisi, pochi secondi dopo.
Rise. - Col tempo ci si abitua.. -, disse lui, - ..e intanto sei mia moglie -, aggiunse poco dopo, in un sussurro.
- E tu mio marito -, gli ricordai, sorridendo.
- Ed io tuo marito -, replicò poco dopo, - Tu e Caroline siete tutto per me, ormai.. -.
- Non ti lasceremo mai, se è questa la tua preoccupazione -.
- Mai? Promesso? -.
- Promesso -, risposi decisa, portando la sua mano sul mio cuore, che in quel momento batteva all'impazzata. 

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Capitolo 64
*** Progetti. ***


Nell'ultimo periodo, tra gli ultimi impegni e il resto, ero andata al lavoro poco e niente e ormai l'estate era arrivata: era luglio e ad Huntington faceva un caldo atroce.
Il caffé ormai era impossibile da prendere, se non di sera, inoltrata, quando si riusciva almeno a respirare: per questo tutte le mattine preparavo o una spremuta d'arancia o comunque qualcosa di fresco da bere.
Lo stesso valeva per la bambina, che ormai non sopportava più il latte caldo e io non potevo di certo darle torto.
Finii di spremere la quarta arancia, gettando quello che ne rimaneva nel cestino, mentre spostavo di continuo la mia posizione per trovare conforto nel freddo del pavimento: versai poi il contenuto in due bicchieri diversi, che posai su un vassoio da portare di la, insieme al biberon del latte. Mi incamminai così verso la soglia della cucina, arrivandoci poco dopo e vedendo solo allora Brian, che teneva a mezz'aria la piccola, giocandoci. - Sei l'amore della mia vita, piccolina.. -, lo sentii sussurrare, portandosela di nuovo vicino al petto e baciandole la guancia.
- Hey, e io? -, domandai con aria divertita, mentre posavo il vassoio sul tavolino.
Catturai così la sua attenzione, che si voltò allora per sorridermi, prima di guardare ancora per qualche secondo Caroline. - Tu e la mamma -, si corresse allora. Lei rise subito, allungando le mani e battendole appena, facendoci ridere entrambi.
Mi sedetti poco dopo insieme a loro, passando il biberon a Brian che cominciò a darle da mangiare: li osservai entrambi, ma come al solito mi fermai eccessivamente a guardare lui e il suo profilo.
La mia vita in quanto sua moglie era iniziata da neanche due settimane e tutto andava alla grande: avevo sempre saputo che era un uomo fantastico, ma mai lo si era dimostrato così tanto, soprattutto in quell'ultimo periodo.
Sorrisi ampiamente, posando il viso sulla sua spalla: lui si voltò subito per lanciarmi una veloce occhiata, tutto sorridente, tornando poi a far bere il latte alla piccola. - Sembra ancora più piccola quando è in braccio a me.. -, osservò, ridacchiando.
Risi anch'io. - Effettivamente, però siete belli ugualmente -, commentai, - Oh..a proposito.. -, aggiunsi poco dopo, dal momento che mi ero appena ricordata di un piccolo particolare, - Oggi pomeriggio andiamo tutti a casa di Matt e passiamo il pomeriggio con loro e gli altri... -, dissi allora, raccogliendo entrambe le gambe sul divano.
- Ah si, Matt me l'aveva accennato, ma era tutto ancora molto incerto -, disse, pulendo in quello stesso momento la bocca di Caroline, dalla quale era uscito un piccolo rivolo di latte, - Quando ha chiamato? -, domandò poco dopo.
- Mentre tu dormivi -, risposi sorridendo, allungandomi poi a posargli un bacio privo di malizia sul collo, prendendo poi il mio bicchiere colmo di spremuta d'arancia.
- Oh giusto, chissà perché non ci ho pensato prima.. -, convenne, ridendo, - E per che ora dobbiamo essere la? -.
- Ha detto per le 16.00 o comunque per le 16.30, è uguale -, risposi, arrivando a metà della mia bevanda, posandola poi di nuovo sul tavolino.
- D'accordo, allora saremo li per quell'ora -, disse, allontanando poco dopo il biberon dalla bocca della piccola, dal momento che il latte era ormai finito, - Bene, e anche questa è fatta -, aggiunse, passandomi poi di nuovo il biberon.
Presi anche quello e lo posai sul tavolino. - Ora dammi tua figlia così puoi bere la spremuta -, gli dissi, prendendogliela poco dopo dalle braccia per sistemarla tra le mie.
- Allora, dormito bene? -, mi domandò, poco prima di cominciare a bere.
Presi a cullare Caroline, che rideva come al solito. - Si, più che bene, tu? -, gli domandai a mia volta.
- Bene anch'io.. -, disse, prendendo poi una lunga sorsata, - Ed è strano, visto che fin dall'inizio ci avevano detto che probabilmente non avremmo dormito a causa della piccola -, aggiunse.
- Oh, ma perché lei è bravissima.. -, sussurrai, - Vero che lo sei, piccolina? -, le domandai sorridendo ampiamente, mentre mi beavo della sua risata e le posavo un bacio sulla guancia.
Ridemmo insieme, poi giocammo con lei, finché non fui costretta a metterla nella sua carrozzina, mentre Brian la intratteneva.


***

- Cosa vorresti fare tu? -, mi domandò incredulo Thomas, mentre si sedeva al tavolo con me per fare colazione, al solito bar dove andavamo.
- Andare ad Huntington Beach, ho controllato voli e prezzi e ho i soldi, parto il prima possibile -, gli spiegai per l'ennesima volta, mentre addentavo il mio cornetto.
- E' una follia, tua nonna non ti manderà mai, lo sai -, mi ricordò, ancora ignaro, in parte, dei miei piani.
- Chi ha detto che deve saperlo? -, dissi allora, cogliendolo di sorpresa.
- Non glielo vorresti dire...sai che sarebbe come...scappare di casa? Le verrà un colpo! -, sbottò, con tono contrariato, lasciandosi cadere a peso morto sulla sedia.
- Non le verrà nessun colpo, ha il cuore forte -, dissi, ricevendo però in cambio solo un'occhiataccia, mentre avevo in bocca tipo metà cornetto, - Okay..sfufa -, dissi poco dopo.
- Sai di non poter prendere l'aereo da sola? Serve il permesso di un genitore per i minorenni -, mi disse, cercando di scoraggiarmi.
Altra parte del piano che non gli avevo detto. - ..potrei partire se ci fosse un maggiorenne con me, vero? -, gli chiesi, girandoci intorno.
- Beh sì, certo, ma solo in quel caso e poi...ehy aspetta! -, sbottò, arrivando al vero punto a cui io stessa volevo che arrivasse. Allora puntò il suo sguardo nel mio, di nuovo con aria contrariata, - No, no Will te lo scordi -, aggiunse, scuotendo energicamente il capo.
- Ti prego! Ti prego...ho bisogno di qualcuno che mi accompagni o non so come fare! -, dissi, pregandolo, - Il biglietto posso pagartelo io, ho i soldi di tutti i compleanni messi da parte! -, aggiunsi.
- Will non è per quello.. -, disse immediatamente, - Mi stai chiedendo di accompagnarti ad Huntington per andare a trovare una persona che neanche ti conosce -.
- Lui non mi conosce ma io conosco lui..più o meno.. -, dissi, con un'alzata di spalle, - E comunque è l'unica persona che sapeva qualcosa di mio padre, devo incontrarlo -, aggiunsi, con aria supplichevole, - Ti prego.. -, tentai di nuovo, guardandolo fisso negli occhi anche se stava evitando il mio sguardo.
Io e Thomas eravamo amici da più di tre anni e lui ormai aveva compiuto 18 anni, era maggiorenne quindi poteva accompagnarmi a tutti gli effetti in quel viaggio che volevo a tutti i costi intraprendere, ma sembrava comunque ancora molto dubbioso al riguardo. Per avere la sua età risultava, agli occhi degli altri, ancora più grande, visto che era alto e magro. L'unica cosa che lo faceva somigliare davvero ad un ragazzino erano i vestiti che portava, semplici, e i capelli neri e scompigliati, misti ai suoi occhi verde scuro, che facevano a gara con i miei azzurri.
E in fondo aveva ragione: si stava prendendo la responsabilità di una ragazza quindicenne per un viaggio che magari non avrebbe risolto niente, per un viaggio che magari avrebbe lasciato in sospeso sempre le stesse domande.
- Ci devo pensare, Will.. -, rispose solamente.
- E' già qualcosa.. -, ribattei, lasciandomi andare sulla sedia, con un'improvvisa voglia di piangere.
- Non ho detto di no, lo so che vuoi conoscerlo quel.. -, cominciò, lasciando a metà la frase.
- ..Brian -, continuai al posto suo, dal momento che non si ricordava il nome, dando un contegno a me stessa.
- Brian sì -, ripeté lui.
Annuii impercettibilmente, chinandomi poi ad afferrare la mia borsa. - E' meglio che vada ora, devo tornare a casa -, lo informai, alzandomi e lasciando sul tavolino 5 dollari.
- Come, così presto? -, chiese, bevendo un goccio del suo cappuccino.
- Si, ho sonno e voglio andare solo a dormire a casa -, gli spiegai, mettendomi la borsa a tracolla su una spalla.
Feci per voltarmi, ma le sue parole mi bloccarono. - Sei arrabbiata perché non ti ho dato una risposta, vero? -, mi domandò.
Io scossi solamente il capo e lui sorrise. - Ti conosco troppo bene per non capire queste cose -, aggiunse allora.
- Anche fosse? Non vuoi accompagnarmi, ma tanto troverò un altro modo -, gli dissi, - Sai che lo farò -, aggiunsi, con tono deciso.
- So che lo farai sì, ed è questo che mi spaventa -.
- Che vuoi dire? -, gli domandai.
- Che ti accompagno, o sono sicuro che come minimo ti perderesti -, tagliò corto, alzandosi a sua volta e lasciando i suoi soldi sul tavolo, avvicinandosi a me per restituirmi i miei.
- Non mi perderei -, ribattei, con lo stesso tono deciso, declinando l'offerta che prevedeva la restituzione dei miei soldi, - E pago io la colazione, tu l'hai pagata troppe volte -, dissi poco dopo.
- Ma saresti sola e io qui a preoccuparmi, prenota quei stupidi biglietti e fammi sapere, prima che cambi idea -, sussurrò, anche se sentivo ancora del dissenso nel suo tono.
- Aaah grazie grazie grazie! -, riuscii a dire solamente, gettandogli poco dopo entrambe le braccia al collo e stringendolo a me.
Anche lui mi abbracciò subito, ridacchiando. - Prego, non voglio rischiare che tu ti faccia male -, sottolineò di nuovo.
Sorrisi, anche se un po' imbarazzata e quando mi allontanai, mettendomi in punta di piedi, feci l'unica cosa che pensavo non avrei mai fatto: mi protesi a baciarlo.
Non sapevo perché l'avevo fatto, forse solo perché ero davvero contenta che mi accompagnasse, oppure stavo semplicemente dando libero sfogo a qualcosa che avevo tenuto per me da un po'. Tutti sapevano che mi piaceva Thomas, era un bravo ragazzo, ma mai mi sarei sognata di fare una cosa del genere, mai in vita mia. Quando mi allontanai di nuovo trovai il coraggio di guardarlo ugualmente, anche se avevo le guance in fiamme e non sapevo che dire. - V-vado a casa.. -, ripetei, imbarazzata come mai in vita mia.
- Sì.. -, fece lui, ancora un po' shoccato da quel mio gesto.
Feci così per voltarmi, con la mia borsa su una spalla sola, quando invece lui mi afferrò di nuovo il braccio, costringendomi di nuovo vicino a lui: non perse tempo e mi baciò di nuovo, in maniera delicata e dolce. Ero talmente rapita che lasciai cadere la mia borsa a terra, senza curarmi della gente che ci fissava intorno a noi.
Questa volta allontanarsi fu ancora più difficile, perché ero doppiamente imbarazzata, visto quello che avevamo appena fatto. - Questo è nuovo -, sussurrò lui, sorridendomi.
- E' anche bello -, aggiunsi io.
- Sì, lo è -, dissi, abbracciandomi di nuovo mentre ridevamo insieme.
Okay, quello che era appena successo era completamente senza senso, ma che importava? Mi andava più che bene, anche se avevo paura di quello che sarebbe potuto succedere ora.
- Non voglio che cambi niente tra di noi, sei ancora il mio migliore amico -, mi affrettai a dire, stringendolo ancora.
- Non cambierà niente, sai che ti vorrò bene per sempre, mai sai anche che mi piaci -, disse, lasciandomi li a sorridere come una bambina a cui hanno appena dato le caramelle.
- Veramente non lo sapevo.. -, sussurrai, con tono divertito.
- Ora lo sai, allora -, ribatté lui, ridacchiando, - Allora, quando si parte? -, mi domandò poco dopo, mentre ormai avevo recuperato la mia borsa ed eravamo diretti verso le nostre rispettive case, che erano attaccate.
- Presto -, risposi solamente, sussultando quando mi prese la mano.

***

Arrivammo a casa di Matt stranamente in anticipo, tanto che gli altro non erano ancora neanche arrivati. - Hey ragazzi! ...strano vedervi già qui -, disse Valary, prendendoci in giro.
- Già, non ti ci abituare -, gli disse Brian, ridendo, mentre mi seguiva dentro.
Trascinai la carrozzina oltre la soglia, con Caroline dentro che giocava con un sonaglino, mentre sorridevo. - Almeno siamo qui -, dissi io, salutando sia lei che Matt, che era comparso improvvisamente accanto alla moglie.
Ci sistemammo tranquillamente e io mi stavo ancora sfilando il giacchetto, quando anche gli altri arrivarono ad uno ad uno: come al solito ci furono i saluti, poi decidemmo di spostarci di fuori, sul tavolo vicino alla piscina, che era ben coperto da un grosso ombrellone piantato proprio nel mezzo.
Quando fummo tutti d'accordo, optammo per una bella birra, che Valary e Matt avevano appositamente messo nel congelatore, anche perché la giornata era decisamente afosa; li ringraziai mentalmente almeno 400 volte, mentre davo una mano a tutti quanti.
- Oh, non c'è niente di meglio della birra ghiacciata! -, commentò subito Zacky, mettendosi seduto su una delle sedie libere.
Risi, mentre sistemavo la carrozzina accanto a me e a Brian. - Si, concordo -, dissi, afferrando poi la bottiglia ormai stappata che lui mi stava passando.
- Concordiamo tutti -, disse Matt, tagliandola corta.
Brindammo senza un vero motivo e poi prendemmo uno per uno una lunga sorsata di birra, che mi fece veramente sentire meglio, dato che il caldo mi aveva seccato quasi la gola.
Fu quanto mi allontanai che, improvvisamente, sentii Caroline mugugnare come al solito: mi voltai curiosa e la vidi allora allungare le mani verso di me, anzi, più precisamente verso la bottiglia che avevo in mano. Gli altri si allungarono a guardare e subito risero divertiti. - Ecco cosa ha preso dal padre! -, commentò Johnny.
Continuai a ridere, quasi incapace di fermarmi. - Visto amore? E' un primo segno -, gli dissi, dandogli un baio sulla guancia.
Anche lui rise, prendendo poi un'altra sorsata. - Non berrà alcolici fino ai 21 anni, però -, disse subito, facendo di nuovo ridere tutti quanti.
- Bene, e ora passiamo alle cose importanti -, annunciò Matt, posando la sua bottiglia, già quasi vuota, sul tavolo.
- Ci sono cose importanti? -, domandò Gena.
- Sì -, rispose subito l'altro, - Io e Valary abbiamo pensato ad una cosa e volevamo proporvela -, aggiunse, sistemandosi poi di nuovo sullo schienale della sedia.
- Allora uno di voi due parli -, li spronai io, prendendo un altro sorso di birra mentre Caroline giocava con la mia mano.
- Okay beh.. -, cominciò allora Valary, - Noi avevamo pensato, dato che ormai è estate e nessuno ha dei piani precisi...beh...di andare in vacanza assieme, che ne dite? -, aggiunse poco dopo, con il suo solito tono speranzoso.
Per qualche secondo ci furono solo scambi di occhiate e silenzi, poi Lacey parlò. - Io ci sto -, rispose.
- Io pure -, convenne Johnny.
Anche Zacky e Gena acconsentirono subito e gli unici a rimane zitti, alla fine, fummo io e Brian, anche se continuavamo a lanciarci delle occhiate. - Brian, Amy..voi? -, domandò Matt.
Io ci riflettei ancora un attimo, poi mi voltai a guardare lui e parlai solo quando lo vidi acconsentire con una semplice occhiata. - Non lo sappiamo...cioè, avevamo deciso di fare un vero viaggio solo quanto Caroline fosse cresciuta..non vorremmo essere un peso per il vostro divertimento, ecco.. -, dissi allora, sperando di aver formulato bene la mia frase.
- Ma non sarete un peso, se vorrete andare a fare una passeggiata solo vuoi due la piccola la possiamo tenere noi -, ci ricordò Gena, con tono comprensivo.
- E' vero, non è questo il problema, e poi tutti adoriamo la piccola, è della famiglia ormai! -, convenne Matt.
- E poi che amici saremmo se non vi dessimo una mano, eh? -, domandò Zacky, con un finto tono offeso.
Io risi subito e, nuovamente, io e Brian ci scambiammo un'altra occhiata, rivalutando ancora la situazione: mi dispiaceva pensare che magari saremmo stati un peso per i ragazzi, durante quella possibile vacanza, però mi sollevava pensare che avremmo potuto allontanarci un po' da Huntington, così da lasciare li tutti i pensieri.
- Va bene -, risposi allora, dal momento che Brian mi aveva sorriso, prendendomi la mano, - Accettiamo -, aggiunsi, voltandomi di nuovo a guardare tutti quanti.
- Benissimo! -, esclamò Matt, - Brindiamo di nuovo! -, disse poco dopo, sollevando di nuovo la sua bottiglia, che era comunque quasi vuota.
Tutti lo facemmo immediatamente, ridendo; - Alla nostra futura vacanza -, disse, - Alla salute! -, aggiunse poco dopo, ridendo.
- Alla salute! -, rispondemmo noi in coro, bevendo poi anche un altro sorso, per alcuni l'ultimo, dalla bottiglia.

***

- Allora, che ne pensi tu di quello che oggi ha proposto Matt? -, mi domandò Brian, mentre ero in bagno e ormai avevo finito di lavarmi i denti.
Sorrisi tra me e me, sistemando poi la sottile e corta camicia da notte che avevo indossato: era comunque mio dovere continuare a piacere a mio marito, no?
- Penso che una vacanza non ci guasterebbe per niente -, risposi allora, uscendo dal bagno e spegnendo la luce.
Lui era ancora di spalle e, quando si voltò, da lui ottenni proprio la reazione che volevo, dal momento che era rimasto a bocca aperta.
- Comincio ad amare l'estate -, commentò, con un tono divertito e un sorriso malizioso sulle labbra.
- Anche io -, convenni, avvicinandomi a lui e posando entrambe le mani sul suo petto nudo, ricambiando poco dopo il bacio che mi aveva appena regalato.
Velocemente, le sue mani andarono a posarsi sulle mie gambe, mentre mi prendeva poco dopo in braccio per portarmi sul letto, dove ci spostammo completamente: una volta lì, mi sistemai sulle sue gambe, sistemando le mie intorno ai suoi fianchi.
- Quindi tu sei d'accordo? -, mi domandò di nuovo, per sicurezza.
- Sì.. -, risposi, ma c'era ancora un po' di dubbio nelle mie parole, - La mia paura è solo quella di diventare un peso -, ammisi.
- Ma hai sentito i ragazzi, no? Se capitasse che una volta vogliamo uscire da soli la piccola la possono tenere loro, ne erano entusiasti.. -, sussurrò, ricordandomi di quel particolare.
Risi. - Sì...si è vero -, confermai.
- E poi...potremmo considerarlo una valida alternativa al nostro viaggio di nozze -, sussurrò.
Dopo quelle parole, lasciai da parte la mia risata e incurvai piano le labbra in un sorriso, che si fece sempre più ampio, mentre gli cingevo il collo con le braccia. - Si, anche questo è vero -, confermai, - Sia allora per il viaggio, ci divertiremo! -, aggiunsi, con tono felice.
- Allora domani chiamo Matt e glielo dico -, mi informò.
- D'accordo -, risposi in un sussurro, poco prima di ricambiare un altro suo bacio, che approfondii sotto il suo volere, così come anche sotto il mio.
- Ti ho mai detto che sei bello? -, gli domandai una volta lontana dalle sue labbra, ridacchiando.
Lui si strinse nelle spalle. - Un paio di volte, sì -, rispose.
- Non c'è due senza tre -, ribattei solamente, posando poi il viso sulla sua spalla, con aria stanca.
Quella sera far addormentare Caroline non era stato molto semplice, però alla fine ci ero riuscita e inutile dire che mi sentivo soddisfatta, molto soddisfatta. Tuttavia ero anche parecchio stanca, talmente tanto che uno sbadiglio mi scappò senza che neanche me ne accorgessi.
- Meglio dormire un po', non credi, signorina Haner? -, mi domandò, notandomi in quello stato.
Feci un piccolo cenno d'assenso con il capo e piano allontanai le gambe dai suoi fianchi, rifugiandomi con lui sotto il lenzuolo bianco. - Hey.. -, lo chiamai, seppure sotto voce.
- Cosa? -, domandò, sistemandosi bene sul suo cuscino bianco.
- Ti amo.. -, risposi, con tono ovvio, sorridendo poi teneramente.
Lo sentii ridere. - Ti amo anch'io.. -, ribatté, dandomi un bacio tra i capelli, - Sei l'amore della mia vita -, aggiunse e, in quel preciso istante, totalmente serena e felice, mi lasciai davvero andare al sonno, trovando che il letto, quella sera, era straordinariamente comodo. 

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Capitolo 65
*** Voglia di avventura. ***


Io e Thomas avevamo preso i biglietti e ormai tutto era pronto: partivamo alle 7.30 del mattino, così avrei avuto modo di uscire di casa senza che mia nonna se ne accorgesse.
Quella sera, tutta via, non riuscivo proprio a dormire: ero troppo eccitata all'idea di raggiungere finalmente Huntington e, soprattutto, di incontrare Brian.
Non sapevo cosa mi aspettava, sapevo solamente che lui aveva tutte le informazioni che volevo, eppure avevo un brutto presentimento.
Eppure non c'era niente che non andasse, anzi, ero riuscita a scovare, anche grazie all'aiuto di Thomas, l'indirizzo di un bar dove si diceva che andasse spesso, anche insieme agli altri, e quella sarebbe stata senza dubbio la mia prima tappa.
Sospirai, stretta al mio cuscino e in quel momento la mia mente andò altrove, concentrandosi solo su Thomas: quello che era successo tra di noi era stato bellissimo e nessuno dei due aveva azzardato a nient'altro. Ne avevamo parlato però, ed eravamo arrivati entrambi alla stessa conclusione e cioè che non volevamo rovinare la nostra amicizia, ma ormai la situazione era complicata.
Non eravamo riusciti a terminare quel discorso che ci eravamo baciati di nuovo e quando ci eravamo allontanati avevamo riso insieme.
Sorrisi tra me e me, ripensando a quell'accaduto, poi provai semplicemente a godermi quelle poche ore di sonno che avevo a disposizione.

***

Sia io che Brian ci eravamo svegliati da dieci minuti e poco più, eppure io me ne stavo ancora sul letto, con aria pensierosa.
- Hey, cos'hai? -, mi domandò Brian, facendo per alzarsi.
- Mh? -, mugugnai, voltandomi verso di lui e connettendo solo allora, - Ah no, niente..stavo pensando -, aggiunsi.
- Qualcosa di grave? -, chiese, mettendosi di nuovo seduto accanto a me.
Scossi il capo. - No, in realtà pensavo a Jimmy...anzi, più che altro a qualcosa che lo riguarda, ma non so cosa di preciso.. -, ammisi allora.
- E' per qualcosa che hai sognato? -, domandò, come se mi avesse letto nel pensiero.
Annuii. - Si, in effetti si, ma era un sogno piuttosto strano, ricordo solo che riuscivo a vedere i suoi occhi azzurri, ma non c'erano solo i suoi, erano due paio di occhi azzurri, solo questo... -, spiegai, meglio che potevo.
- Chissà cosa significa.. -, disse, con aria ovviamente confusa.
- Non lo so, ma ho il presentimento che lo scopriremo presto -, dissi, con un tono addirittura troppo deciso.

***

Sgattaiolai fuori di casa alle 6.40 precise e cominciai subito a camminare con il mio borsone a tracolla: avevo lasciato solamente un biglietto con scritto che stavo bene e che non c'era niente da preoccuparsi e ora l'unica cosa che mi interessava era raggiungere il solito bar dove avevo appuntamento con Thomas.
In giro non c'era anima viva, ma comunque continuavo a tenere il cappuccio della felpa in testa, finché non raggiunsi il punto d'incontro: lui era già lì. - Oh, eccoti -, disse, sorridendomi non appena mi vide.
- Ho dovuto lasciare un biglietto e non ho sentito proprio benissimo la sveglia -, spiegai, andandogli incontro.
Lui mi prese subito il viso tra le mani e così mi baciò, salutandomi, in un certo senso: la mia reazione fu sempre la stessa e mi ritrovai a sorridere contro le sue labbra per parecchi secondi, anche se quel piccolo gesto era ancora un po' estraneo per me. - Ciao a te.. -, sussurrai, quasi a corto di fiato, sorridendo.
- Ciao -, ripeté lui, dandomene un altro piccolo, - Siamo in perfetto orario, comunque -, aggiunse poco dopo.
- Bene, cominciamo ad andare? -, proposi, - Al massimo aspettiamo li -, aggiunsi.
- D'accordo -, rispose, lasciandosi scappare uno sbadiglio, - Andiamo allora -, disse, poco dopo, tendendomi la mano.
Sorrisi e senza esitazione la presi, poi cominciammo tranquillamente a camminare lungo il marciapiede: a piedi erano circa 20 minuti, dato che Thomas aveva la patente, ma non la macchina. Ai suoi aveva detto che andava a trovare suo cugino Dexter, che abitava ad Huntington, per nostra fortuna.
Conoscevo Dex e lui conosceva me: lui aveva 21 anni e, al contrario di Thomas, era andato via appena aveva compiuto 18 anni, rifugiandosi a Long Beach, spinto dal suo amore per il surf.
In fondo, le spiagge di Huntington erano praticamente le più belle della California, o così sapevo io.
Quel piccolo viaggio a piedi sembrò, comunque, durare molto meno di 20 minuti, perché io e Thomas non avevamo fatto altro che parlare, di tutto quanto: era sempre stato semplice per noi trovare un argomento, non avevamo mai incontrato difficoltà nel farlo.
- Sicuro che Dex possa ospitarci? -, gli domandai, mentre entravamo nel grande aeroporto.
- Sicuro, sono il suo cugino preferito -, rispose.
- Tu...ma io? -.
- Ha detto che non ci sono problemi, possiamo restare fino a quando ne abbiamo bisogno, ma temo che le stanze saranno separate -, mi spiegò, con tono divertito.
- Sopravvivremo -, gli assicurai, ridendo, tirando poi fuori dalla tasca piccola dello zaino i biglietti stampati in precedenza.
Andammo velocemente a fare il check-in e poi ci accomodammo nella sala d'aspetto: allora mi accorsi che avevo davvero sonno. In breve tempo, la stanza si riempì di tante altre persone, finché l'altoparlante non ci avvertì di incamminarci verso il punto d'imbarco.
- Ci siamo -, sussurrai, stiracchiandomi.
- Si, e tu stai morendo di sonno -, rispose, ridacchiando.
Sorrisi e poi mi strofinai gli occhi, prima di seguirlo: la signora di mezz'età alla porta d'imbarco ci accolse, richiedendoci i biglietti. Glieli mostrammo senza problemi, poi a Thomas furono chiesti i documenti, seguiti da dei fogli da firmare.
Mi concessi ad un altro sbadiglio, poi lo seguii lungo il corridoio per raggiungere l'aereo: non vedevo l'ora di sedermi di nuovo, però ero anche molto spaventata. In vita mia non avevo mai volato ed ero ansiosa, ma di certo non l'avrei ammesso, mai. Trovammo facilmente i nostri posti e lo aiutai a mettere i bagagli nei rispettivi scompartimenti, dato che ci arrivavo, per mia fortuna.
Gli cedetti senza ripensamenti il posto vicino al finestrino, perché io non me la sentivo di stare li, poi mi accomodai semplicemente accanto a lui e restai sveglia finché non scattò il segnale che diceva di allacciare le cinture per il decollo.
"Tranquilla Will, dopo il decollo andrà tutto bene!", ricordai a me stessa, ma alla fine mi tranquillizzai solo quando Thomas presa la mia mano, stringendola forte.
- E' tutto okay.. -, sussurrò.
- Sto bene -, gli assicurai, col tono più deciso che riuscii a fare.
- Si, certo -, ribatté ridacchiando e posandomi un bacio sulla fronte, poco prima che l'aereo cominciasse a prendere il volo.
Inutile dire che trattenni il fiato per tutto il tempo, finché non raggiungemmo davvero quota: ero stanca, quasi impaurita, ancora e sapevo che saremmo arrivati a destinazione solamente nel primo pomeriggio.
Mentre facevo di nuovo mente locale dei nostri piani, posai il viso sulla spalla di Thomas e in breve tempo mi addormentai tranquillamente, stanca com'ero.

***

Quando mi svegliai, chissà quanto tempo dopo, notai che il mio pseudo ragazzo si era profondamente addormentato. Lo guardai per qualche secondo, sorridendo ampiamente perché lo trovavo davvero bello. Distolsi lo sguardo solamente quando notai che una hostess stava passando accanto a me, così la fermai. - Scusi, quanto manca all'arrivo? -, domandai, dato che comunque fuori dal finestrino il sole era alto nel cielo.
- Tra poco più di un'ora, signorina -, rispose con tono gentile, allontanandosi poco dopo proprio come era arrivata.
"Un'ora o poco più", pensai tra me e me, mancava poco e finalmente avremmo raggiunto la nostra destinazione.
- Un'ora è? -, domandò Thomas, facendomi prendere un colpo.
Mi voltai di scatto verso di lui, sorridendogli però di nuovo, istintivamente come al solito. - Già, un'ora.. -, ripetei, tornando a posare il viso sulla sua spalla, - Non oso immaginare quanto griderà mia nonna al telefono, non appena atterreremo -, aggiunsi, in un sussurro.
- Non oso immaginarlo neanche io, scommetto che non servirà neanche il viva voce -, suppose, ridendo e facendo ridere anche me.
- Vedremo tra un'ora e poco più -, gli ricordai, ancora con un sorriso sulle labbra.
- Già.. -, sussurrò e poi crollò di nuovo a dormire, visto che era stanco quanto me. Non lo disturbai più, né provai a svegliarlo, lo lasciai a dormire finché praticamente non arrivammo e non ebbe bisogno di me per fare niente, visto che ci pensò il segnale acustico.
Sbadigliammo entrambi, sonoramente, mentre ci allacciavamo di nuovo le cinture per la discesa dell'aereo, che fu decisamente più piacevole della salita, anche se di solito era il contrario praticamente per tutti.
Nonostante il trambusto che faceva tutta la gente che ci stava intorno, riuscimmo a prendere i nostri bagagli e subito uscimmo: toccare di nuovo terra fu decisamente la cosa più bella di tutta quella esperienza.
- Oddio, siamo ad Huntington! -, esclamai con entusiasmo, visto che ancora non credevo a tutto quello che avevo fatto pur di partire.
- Già, e non siamo morti durante il volo, direi che è la nostra giornata fortunata! -, fece lui, mentre ci facevamo spazio tra la folla di gente: Dex doveva venire a prenderci, quindi il nostro compito per ora era di trovarlo.
Ci guardammo in giro per qualcosa come dieci minuti, finché alla fine non lo intravedemmo, mentre si sbracciava: andammo così nella sua direzione, con i nostri borsoni. - Eccovi, pensavo che non mi vedeste! -, disse ridendo e abbracciando poco dopo Tommy.
- E invece ce l'abbiamo fatta -, ribatté, allontanandosi poi.
- Ciao Dex -, feci io.
- Ciao a te -, rispose, abbracciando anche me, - Wow, sei cresciuta dall'ultima volta che ti ho visto -, aggiunse, con tono divertito.
- Si, anche tu -, risposi, ridacchiando.
Si allontanò poco dopo. - Allora, tua nonna non sa niente, giusto? -, ci domandò, più a me che a Tommy, ovviamente.
Scossi il capo. - No, non sa niente, sono scappata di casa, praticamente -, risposi.
- Ho saputo di tua madre...mi dispiace davvero, era una brava persona.. -, disse poco dopo, facendo sparire dalle mie labbra anche quell'unico sorriso.
Abbassai per un momento il capo, cercando di non dare a vedere che ero a disagio. - Già, dispiace anche a me -, dissi solamente.
Sentii subito Tommy sfiorarmi il braccio con la punta delle dita, ma lo bloccai prontamente con uno sguardo veloce, prima che Dex parlasse di nuovo. - ..comunque, voglio esserci quando tua nonna chiamerà per urlare -, disse, cercando di ravvivare di nuovo l'atmosfera che si era fatta di colpo tesa. Poco dopo si voltò semplicemente di spalla, facendoci cenno di seguirlo verso l'uscita.
Di fuori ci aspettava la sua macchina, con la quale saremmo andati a casa sua: Dex non era fidanzato, non gli erano mai piaciute le storie serie, e questo mi preoccupava. Speravo solo che non fosse il tipo che ogni sera ne ha una diversa dentro casa, altrimenti la cosa sarebbe diventata parecchio imbarazzante. Ma in fondo che importava? Tutto quello che volevo era conoscere Brian.
- Dex...tu conosci il bar a questo indirizzo? -, gli domandai, passandogli il pezzetto di carta su cui lo avevo scritto.
Lui lo prese subito, reggendo con una mano sola il volante, mentre lo esaminava. - Ahm si..so come arrivarci, perché? -, chiese.
- Perché vorrei andarci.. -, dissi, notando la sua immagina perplessa nello specchietto, - ..ora -, aggiunsi poco dopo.
- E' legata alla persona che cerchi? -, domandò.
- Sì -, risposi prontamente, - Quella è la mia prima tappa per cercare di trovarlo -, spiegai.
- Bene, allora andiamo! -, rispose tranquillamente, anche un po' gasato, svoltando poi velocemente in una vietta.
Guardai fuori dal finestrino con estrema curiosità per praticamente tutto il viaggio, che alla fine fu anche abbastanza corto: il mio cellulare, intanto, era ancora spento e io non avevo di certo intenzione di accenderlo, non in quel momento.
- Eccoci, ci siamo -, mi informò Dex, fermando l'auto.
Mi voltai alla mia destra, osservando così quello che era il bar che cercavo, non molto distante da una delle tante spiagge di Huntington. - Vuoi che ti accompagno? -, domandò Tommy.
Scossi il capo. - No, ce la faccio -, dissi, aprendo poi lo sportello, - Torno subito -, aggiunsi, scendendo poco dopo e richiudendolo alle mie
spalle.
Camminai con passo un po' incerto verso l'entrata, prendendo dei respiri profondi di tanto in tanto, neanche stessi andando al patibolo: quando fui vicina all'entrata sentii che dentro non c'era neanche tanto casino, anzi, sembrava un posto piuttosto tranquillo.
Con un po' di coraggio aprii la porta d'entrata e subito mi ritrovai gli occhi di parecchie persone addosso, che probabilmente si stavano chiedendo cosa ci facesse li una ragazzina di 15 anni.
Decisi di ignorarli e, abbassando lo sguardo, mi avvicinai al bancone con le mie scarpe da ginnastica per niente rumorose: se in quel bar ci andavamo spesso sia Brian che gli altri, forse anche mio padre c'era stato. Ma che dicevo..sicuramente c'era stato e questo mi rese ancora più curiosa di sapere.
Quando fui davanti a quello che doveva essere il barista mi schiarii la voce, attirando così la sua attenzione. - Mi spiace, non serviamo alcolici ai minorenni -, disse subito, tornando poi a concentrare di nuovo la sua attenzione sul bancone che stava pulendo.
- Non sono in cerca di alcolici, veramente...cercavo il proprietario del bar -, ammisi, con un sorriso forzato.
- Jaaaaaaaaaaack! -, gridò allora lui, facendomi sussultare.
Restai in attesa, finché non vidi sbucare dal retro bottega un uomo con la barba e un po' sovrappeso, ma neanche tanto, che quando mi vide restò a fissarmi per qualche secondo. - Questa ragazzina cercava te -, aggiunsi il tipo, andando poi a servire due clienti, allontanandosi.
- E' lei Jack? -, domandai.
Annuì. - E tu chi sei? -, mi chiese, mentre mi studiava meglio.
Mi sentii di nuovo a disagio. - Mi chiamo Willow...e beh, sono venuta perché volevo chiederle una cosa -, spiegai, ma lui non mi rispose, rimase zitto ad osservarmi, - ..p-perché mi fissa? -, riuscii a domandare poco dopo.
Solo allora lui sembrò svegliarsi da quello specie di stato di trans in cui era caduto, ritornando alla realtà. - Posso sapere il tuo cognome? -, domandò.
- Drablow -, risposi subito, esibendo il cognome di mia madre.
- Drablow...già sentito -, disse, in un sussurro, posando poi entrambe le mani sul bancone e continuando ad osservarmi.
- Jill Drablow -, gli dissi allora.
- Ma certo! Jill! -, esclamò, - Jill è tua madre? -, chiese.
- Già..era mia madre, è morta pochi mesi fa -, ammisi, anche se ad un totale sconosciuto.
- Oh..buon dio, mi dispiace molto -, sussurrò, con tono sinceramente afflitto.
- Non è di mia madre che volevo parlare, ma di mio padre.. -, dissi, - Lui abitava qui, insieme ad i suoi migliori amici, si chiama Jimmy.. -, gli spiegai, posando sul bancone l'unica foto che avevo a mia disposizione, quella che mi aveva mostrato mia nonna.
Restò senza parole, letteralmente, e non accennò neanche a guardare la foto, continuava a guardare me e i miei occhi. - Ecco perché quegli occhi mi erano tanto famigliari.. -, dissi solo.
- Anche i suoi erano così azzurri? -, domandai, sentendo una fitta alla bocca dello stomaco.
- Oh si, proprio come i tuoi.. -, rispose, - Sono impressionanti, sinceramente -, aggiunse.
- Lui veniva spesso qui? -.
- Sì, insieme a Brian e gli altri.. -, disse.
Non appena sentii quel nome, mi ricordai della mia missione originaria. - Sa dirmi dove posso trovare Brian, ho bisogno di parlare con lui.. -, sussurrai.
- Posso darti l'indirizzo...ti chiedo solo di non spargerlo in giro, ci tengono alla loro privacy -, disse.
- No no...voglio solo incontrarlo -, dissi, in totale sincerità, osservandolo mentre trascriveva su un pezzo di carta quello di cui avevo bisogno per incontrare quella persona che era stata tanto importante nella vita di mio padre.
- Buona fortuna, Amy e Brian reagiranno sicuramente come ho reagito io -, disse, mentre io lo afferravo.
- Amy? -, domandai, visto che non avevo mai sentito parlare di lei, neanche da mia nonna, o almeno non ricordavo.
- Sì, è la moglie di Brian, hanno persino una bambina, sono davvero una bella famigliola -, mi spiegò, con un sorriso sulle labbra.
- Oh, capito...adesso devo andare, vengo da lontano -, ammisi, mentre mi incamminavo verso l'uscita.
- Comunque.. -, disse, attirando di nuovo la mia attenzione, - ..Jimmy era veramente una persona eccezionale, non ne avevo mai conosciute come lui neanche con il lavoro che faccio, ma sono sicuro che Brian saprà dirti molto di più -, aggiunse, poco dopo.
Mi voltai di nuovo, lentamente. - Lo spero...domani vedremo -, dissi, uscendo poi di nuovo all'aria aperta.
Tenni stretto tra le dita il foglietto su cui era scritto l'indirizzo, salendo poco dopo di nuovo in macchina. - Allora? -, mi domandarono Tommy e Dex in coro.
Sollevai il foglietto. - Ho l'indirizzo...domani vado -, dissi, lasciandomi andare sul sedile mentre la macchina si metteva in moto. 

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Capitolo 66
*** Waiting for.. ***


Mi ero alzata da poco, eppure ero già parecchio in ansia al solo pensiero della giornata che mi attendeva: mi ero vestita quasi in fretta e furia e continuavo a tenere stretto in mano il foglietto su cui c'era scritto l'indirizzo che mi avrebbe portata dritta a casa di Brian e della sua famiglia.
Mi sciacquai per la quarta volta il viso, uscendo poi dal bagno: tornai per un momento nella camera dove Dexter mi aveva sistemato, controllando per l'ennesima volta il contenuto della mia borsa. Sembrava che avessi preso tutto, ma non era mai detta l'ultima parola: portafoglio, il mio libro preferito che portavo dovunque andassi e il mio certificato di nascita, che era l'unica prova concreta della mia parentela con Jimmy.
- Sicura che non vuoi che ti accompagni? -, mi domandò per l'ennesima volta Thomas.
- Sì..penso davvero di dover andare da sola -, gli spiegai, finendo poi di bere il latte nella mia tazza, riponendola poi nel lavabo.
- D'accordo...però tienimi comunque aggiornato, sperando che tutto vada bene.. -, mi ricordò, mentre mettevo la mia borsa a tracolla su una spalla, pronta per uscire.
- Ti scrivo appena arrivo -, gli promisi, alzandomi in punta di piedi per baciarlo velocemente, prima di voltargli le spalle per uscire dalla cucina e così anche dalla casa.
Dexter mi aveva detto che da li non era molto fino a quell'indirizzo, ma che, sinceramente, non c'era mai stato: non sapevo che aspettarmi, eppure stavo letteralmente correndo lungo il marciapiede.
Più volte mi guardai intorno e ancora più volte chiesi informazioni ai bar che incontravo lungo il mio cammino, finché l'ennesima persona che non conoscevo mi disse che non ero più molto lontana, dovevo solo svoltare all'incrocio successivo.
Ringraziai così velocemente e poi tornai sui miei passi, percorrendo quel tratto di strada correndo, letteralmente: ricontrollai il numero civico e poi guardai quello a cui ero arrivata.
Ripresi fiato e cominciai a rallentare, ritrovandomi poco dopo davanti alla casa: era semplice, al contrario di quello che avevo pensato, posta su due piani e con un bel giardino verde. Mi avvicinai a piccoli passi, raggiungendo il vialetto e cominciando a camminare verso la porta: come avevo immaginato mi fermai più di una volta, prendendo dei grossi respiri per cercare di calmarmi. Mi presi la briga di inviare un piccolo messaggio a Thomas, dicendogli che ero arrivata e che stavo bene, giusto per prendere ancora un po' di tempo prima di agire.
“Dai Will, è tutto okay”, gridai a me stessa.
Ero una fifona, lo ammettevo e in quel momento ero anche in ansia, non c'era niente di peggio per me. Scossi il capo, ormai rassegnata, allungando la mano verso il legno della porta prima che potessi di nuovo cambiare idea: bussai più volte e mi sentii una totale idiota quando mi resi conto che avrei potuto tranquillamente usare il campanello.
“Questo è il panico..”, dissi a me stessa.
Restai in ascolto per qualche secondo, catturando ogni possibile rumore all'interno dell'abitazione, irrigidendomi di continuo per questo: non vedevo l'ora di parlare con Brian, in tutta sincerità, solo che avevo ancora quel brutto presentimento. Speravo solo di sbagliarmi.
Stavo stringendo saldamente una spallina della mia borsa a tracolla, quando vidi la porta aprirsi: al contrario di quello che avevo pensato mi trovai davanti una ragazza, una donna, anzi e doveva essere Amy, sicuramente. Era di statura media, con dei lunghi capelli scuri e mossi e i suoi grandi occhi verdi mi scrutavano con aria curiosa.
- B-buongiorno.. -, riuscii solo a dire.
- Buongiorno -, rispose lei cortesemente, - Posso fare qualcosa per te? -, mi domandò poco dopo, anche se con aria incerta.
- Ahm..ho avuto questo indirizzo da un uomo al bar sulla spiaggia..Jack -, specificai, - So che qui abita Brian..giusto? -, chiesi.
- Sì.. -, rispose tranquillamente, continuando però a guardare i miei occhi, soprattutto, proprio come aveva fatto il barista il giorno prima, - Sì, abita qui, solo che in questo momento non è in casa.. -, mi spiegò.
- Oh.. -, dissi, con un tono quasi deluso, - D'accordo...allora non fa niente, cioè... -, cominciai, inceppandomi, - ..grazie comunque -, dissi alla fine, facendo dietro front per ripercorrere il vialetto e tornarmene a casa.
- Hey! -, mi chiamò però lei, - Hey aspetta! -, aggiunse poco dopo, così da essere sicura che mi fermassi.
E non solo ci era riuscita, ma mi era addirittura venuta incontro. - Come ti chiami? -, mi domandò.
- W-willow.. -, risposi.
- Perché sei qui, Willow? -, chiese.
- Non credo di poterti dire subito il perché...però avevo bisogno di parlare direttamente con lui -, dissi solo.
- I tuoi occhi.. -, sussurrò allora, - ..mi ricordano un vecchio amico -, disse poco dopo, con gli occhi quasi lucidi.
- Lo so.. -, risposi.
- Lo sai? -.
Non avevo il coraggio di risponderle, per questo l'unica cosa che feci fu infilare una mano nella mia borsa, mentre frugavo alla ricerca del mio certificato di nascita: era l'unica prova che avevo, in fondo, quindi tanto valeva usarla da subito, visto che con le parole non è che me la cavassi proprio benissimo. Quando rialzai lo sguardo lei già mi stava guardando, così mi limitai ad allungarle quel foglio vecchio e mezzo spiegazzato.
Lo guardò per qualche secondo e poi semplicemente lo prese, esaminandolo il tempo che bastava per capire che cosa fosse: il suo sguardo si fece ancora più incredulo e potevo ben capirla. Anche lei doveva essere stata legata molto a mio padre, come gli altri, del resto. - Vieni con me.. -, sussurrò poi, facendomi cenno di seguirla.
Mi fece di nuovo strada lungo il vialetto e io la seguii senza ribattere, varcando poi la soglia di casa. Per il nervosismo continuavo ancora a stringere la mia borsa, mentre mi guardavo intorno: notai subito la bambina che ancora dormicchiava nella sua culla, la figlia di Brian e Amy, ecco qual'era il suo nome, Amy.
- Tua madre...come si chiama? -, mi chiese ad un certo punto, continuando a tenere in mano il certificato.
- Jill.. -, risposi, - Jill Drablow -, specificai.
- Oh, Jill.. -, sussurrò, - Sì, conoscevo Jill, la conoscevamo tutti, finché non si è trasferita altrove.. -, aggiunse.
- La conoscevi? -, chiesi.
Annuì. - Uscivamo spesso insieme, con lei e i ragazzi e passavamo i pomeriggi a girare per Huntington, anche solo camminando -, mi raccontò.
Sorrisi. - L'ha raccontato anche a me.. -.
- E' tutto vero? -, mi domandò, dopo un momento di silenzio.
- Sì..quel certificato ne è la prova..non..non sono una bugiarda -, le assicurai.
- Lui non ce l'ha mai detto.. -.
- Così chiese mia madre, ma da quanto so lui veniva a trovarmi, spesso.. -, spiegai, - Poi mia madre e mia nonna mi portarono via, crescendomi altrove e solo ora ho deciso di tornare...in un certo senso, all'insaputa di mia nonna -, dissi.
- E tua madre? -, domandò.
- Lei non c'è più.. -, chiarii subito, con un tono meno melodrammatico della prima volta che l'avevo detto, a Jack.
Lei si incupì subito. - Cosa le è successo? -.
- Cancro.. -, risposi, - Pochi mesi fa, anche per questo sono venuta..conoscevo bene mia madre, ma non mio padre..e le uniche persone che lo conoscevano davvero siete voi, tu, Brian e gli altri.. -, aggiunsi.
- Sì, ho capito.. -, sussurrò, sedendosi poco dopo sul divano, - Jill era mia amica, nonostante tutti i nostri diverbi, ma non ci siamo più viste dopo il suo trasferimento -, ammise.
- Mi ha parlato spesso di te -, le dissi allora, provando a tirarle su il morale, - Mi diceva spesso che ti diceva tutto, eri la sua migliore amica in un certo senso... -.
- Veramente? -, chiese, sollevando per la prima volta di nuovo lo sguardo verso il mio.
Annuii. - Sì, parole sue -, le assicurai, - E' per te che avrebbe preferito rimanere qui piuttosto che andarsene, ma ormai tutti avevano cominciato a giudicarla male e non se la sentiva più di vivere qui -, dissi.
- La capisco...non dev'essere stato semplice tenere una bambina a quell'età -.
- Già...però lei mi tenette, era matura nonostante la sua età -, dissi, usando le stesse parole di mia nonna, più o meno.
- Lo è sempre stata, questo lo ricordo bene.. -, disse, sospirando poco dopo.
Accennai di nuovo un piccolo sorriso, poi mi ritrovai a spostare il mio sguardo sul mobile non molto lontano da me, sul quale si trovavano una fila di foto: una spiccava tra tutte quante e li ritraeva tutti e tre. - Siete sposati da molto? -, domandai allora.
In quel momento, sembrò svegliarsi dallo stato di trans in cui era caduta, rivolgendosi di nuovo a me. - Ad essere sinceri non da molto, è quasi un mese, comunque.. -, rispose, con un sorriso ampio sulle labbra. Gli occhi le scintillavano, letteralmente, segno che quello che provava per Brian doveva essere davvero autentico.
- Siete bellissimi in quella foto, davvero.. -, commentai, sorridendole ampiamente.
- Grazie...cioè, mi fa strano parlare di una cosa così quando mi hai appena detto di essere la figlia di Jill e Jimmy..insomma -, ammise, ancora con aria incredula.
- Lo so.. -, riuscii a dire.
- E aspetta...tu con chi vivevi? E come sei arrivata qui? -, mi chiese ad un certo punto.
- Sono arrivata in aereo, insieme a Thomas.. -, mi lasciai scappare, - Cioè il mio..il mio ragazzo.. -, specificai, - ..e vivevo con mia nonna, che in realtà non mi ha ancora chiamato.. -, dissi, rendendomi conto in quel momento di quella praticamente assurda verità.
- Sei scappata di casa? -, domandò.
- Sì, qualcosa del genere, non mi avrebbe mai mandato perché diceva che mi sarei legata troppo al mio passato e forse questo la spaventava, forse non voleva perdermi.. -, dissi, con tono abbastanza cupo.
- Forse si è resa conto che questo era quello che in fondo volevi -, disse lei.
- In fondo sì, volevo solo conoscere Brian per sapere qualcosa su mio padre.. -, sussurrai.
- Tra poco sarà di nuovo qui, ma per il momento posso dirti qualcosa io, tu domanda, io ti risponderò -, propose.
Mi illuminai anch'io, letteralmente. - Veramente? -.
- Sì, veramente, e nel frattempo cercherò di abituarmi a questa...nuova verità! -, disse, con un tono che andava tra il divertito e l'ancora sotto shock.
- Ti ringrazio.. -, dissi poco dopo, con aria sincera.
Ci spostammo in cucina e li iniziammo a parlare: alla fine non le dovetti fare neanche tante domande, visto che ero presa da tutte le storie che mi stava raccontando.
Era molto simpatica e, soprattutto, disponibile visto che mi stava raccontando una cosa dietro l'altra, nonostante per lei fossi solamente un'estranea.
Mentre l'ascoltavo, di tanto in tanto, sorridevo, immaginandomi mio padre e gli altri, quando avevano la mia età: per fortuna che in fatto di fantasia ero sempre stata piuttosto brava.
Però continuavo a domandarmi comunque quando sarebbe arrivato Brian.
Forse mancava poco o magari molto, non lo sapevo e non l'avrei saputo, potevo solamente starmene li ad aspettare, mentre la bambina, che avevo scoperto chiamarsi Caroline, dormiva nella sua carrozzina.

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Capitolo 67
*** ..you. ***


Parcheggiai la macchina nel vialetto come tutti gli altri giorni: avevo passato la mattinata fuori insieme a Matt, Zacky e Johnny e, in quel momento, non desideravo altro che tornare a casa per rivedere sia Amy che Caroline.
Fino ad un paio di anni prima la sola prospettiva di tornare a casa mi metteva sempre tristezza, preferivo passare fuori casa tutta la notte, fino alle prime ore del mattino, a volte: ora tutto era decisamente diverso, perché li avevo una famiglia che mi aspettava, una famiglia che amavo talmente tanto da voler raggiungere ogni volta.
Aprii lo sportello e allora scesi, mettendo le chiavi della macchina in tasca e prendendo quelle di casa, con le quali avrei aperto la porta. Mi lasciai scappare un piccolo sbadiglio, poi mi incamminai verso il vialetto e così lo percorsi, infilando poi le chiavi nella toppa. - Amore, sono a casa.. -, dissi subito, lasciando poi come al solito le chiavi sul mobile.
Avevo il viso chinato, per questo non mi accorsi subito che Amy era uscita dalla cucina, e ormai si stava avvicinando a me: aveva un'aria strana però, sembrava preoccupata. - Tutto bene? -, le domandai, lanciando poi una rapida occhiata alla carrozzina, che si trovava li in salone, dove Caroline stava dormendo come un angioletto.
- Dobbiamo parlare -, disse solamente, poco prima che sentissi degli altri piccoli rumori provenire proprio dalla cucina.
- Non siamo soli, giusto? -, le chiesi.
Scosse il capo. - No, di questo devo parlarti.. -, mi spiegò, voltandosi poi giusto in tempo, facendomi notare la ragazza, 16 anni massimo, che era appena uscita dalla cucina.
Concentrai la mia attenzione su quest'ultima, e la prima cosa che notai in lei furono gli occhi: azzurri e intensi, riuscivo a vederli bene nonostante non fosse molto vicina a me.
Si era irrigidita, non appena mi aveva visto e, sinceramente, non riuscivo a capire perché: proprio per questo portai di nuovo lo sguardo su mia moglie, con un'espressione più interrogativa che altro.
Mi guardò con aria comprensiva, poco prima di voltarsi di nuovo verso la ragazza. - Willow, dacci qualche minuto, per favore.. -, le disse allora e lei, senza ribattere, tornò da dove era venuta, sparendo di nuovo nella cucina.
Si rivolse poi ancora a me. - Willow? -, domandai.
- Sì, vieni.. -, m'intimò sottovoce, mentre faceva qualche passo indietro per sedersi sul divano.
La seguii senza dire nient'altro, spinto soprattutto dalla curiosità di sapere chi fosse la giovane ragazza che stava in cucina. - Perché stiamo parlando sottovoce? -, le chiesi, mantenendolo il mio tono a mia volta basso.
- Perché non vorrei che ci sentisse -, rispose, preoccupandosi come sempre.
- Chi ci dovrebbe sentire? Chi è quella ragazza? -, le domandai, di nuovo.
- E' questo il difficile da spiegare.. -, ammise, - E' arrivata stamattina e probabilmente non crederai a quello che sto per dirti.. -, aggiunse.
- Tu prova a dirmelo -, le dissi.
Volse allora lo sguardo altrove, come faceva sempre quando non riusciva a trovare le parole. - Ti ricordi Jill? Jill Drablow? -, mi domandò allora.
- Jill.. -, ripetei, tornando indietro con la memoria e ricollegandola allora a una ragazza che usciva con noi quando eravamo ragazzi, una delle tante a cui piaceva Jimmy, - Sì, più o meno, ma che centra questo? -, mi chiese.
- Centra.. -, rispose, - Centra con Willow -, aggiunse.
- E in che modo centra con Willow? -.
Fu allora che prese un respiro profondo, prima di parlare di nuovo. - E' sua figlia, Willow è la figlia di Jill -, mi spiegò.
- Ma c'è dell'altro, cosa non mi stai dicendo? -, le chiedi, dato che le leggevo in faccia che quella sua frase era tutto tranne che finita.
Continuò a sostenere il mio sguardo per ancora qualche secondo, poi scosse appena il capo, alzandosi dal suo posto: stavo quasi per fermarla, quando invece la vidi prendere un semplice foglio da sopra il mobiletto.
Quando me lo mise davanti lo guardai con sguardo interrogativo per qualche secondo, poi cominciai direttamente a leggere, mentre lei era li in attesa di una mia reazione: era un documento, questo lo vedevo, ma fu solo quando iniziai a leggere che mi resi davvero conto di quello che avevo tra le mani in quel momento.
Un certificato di nascita, datato 20 Agosto 1994 e fino a qui tutto andava bene, se non fosse che in fondo, proprio alla fine del foglio, c'erano due firme: e una apparteneva a Jimmy, la riconoscevo.
Restai a fissarlo per qualche secondo, probabilmente con la bocca aperta, visto che ero molto più che stupito. - Che diavolo.. -, fu l'unica cosa che dissi.
- Lo so, è stata la mia stessa reazione -, ammise.
- Cioè..mi stai dicendo che quella ragazza, quella Willow... -, cominciai, facendo una piccola pausa, alzando poco dopo lo sguardo di nuovo verso di lei, - ..è la figlia di Jimmy? -, le domandai, ancora con tono incredulo.
- Sì.. -, rispose solamente.
Presi quasi subito a gesticolare, poco prima di alzarmi dal divano, lasciando cadere sul tavolino quel foglio, che per me era solamente un pezzo di carta. - No, chi ci dice che è vero? Potrebbe anche essere falso! -, ipotizzai, continuando a tenere un tono basso, perché preferivo ancora che quella ragazza non ci sentisse.
- Io non credo che sia falso, non mi sembra una persona che sa mentire così bene e poi perché..che senso avrebbe? -, mi domandò, giustamente.
- Non lo possiamo sapere, chiunque ci guadagnerebbe andando in giro e raccontando una storia simile e ormai a procurarsi uno di quei cosi non ci vuole niente -, continuai a dire, sentendomi quasi nervoso e arrabbiato, mentre indicavo il foglio posato li sul tavolino.
- Per favore..cerca di calmarti.. -, mi pregò lei, avvicinandosi di un altro passo a me.
- Come? E se stesse mentendo? Stiamo parlando di Jimmy e se sta mentendo è come se stesse disonorando la sua memoria! -, sbottai, ancora sotto voce e ancora gesticolando.
Fu allora che lei mi abbracciò, prendendomi completamente alla sprovvista: all'inizio neanche ricambiai quel suo abbraccio, poi, quasi senza neanche accorgermene, cominciai a lasciarmi andare a tal punto da rilassarmi, abbandonando il viso nell'incavo del suo collo.
- Va tutto bene, amore...calmati.. -, mi sussurrò.
Di tutta risposta la strinsi in maniera ancora più forte, inspirando a pieni polmoni l'odore così buono della sua pelle. Presi dei respiri profondi, finché non ritrovai quell'apparente calma che avevo perso, forse anche senza motivo.
- Hai tutte le ragioni per non credermi.. -, sentimmo poi improvvisamente, sia io che Amy.
Ci allontanammo così l'uno dall'altro e così riuscimmo a scorgere la figura di Willow, in piede vicino alla soglia della cucina.
Cercai ancora una volta lo sguardo di Amy, poco prima di voltarmi di spalle, sedendomi così di nuovo sul divano e prendendomi il viso tra le mani, sospirando pesantemente. - Lo so.. -, fu tutto quello che riuscii a dire, - Jimmy era il mio migliore amico, allora perché non mi ha mai detto niente di una cosa così importante? -, domandai, più a me stesso che a lei, visto che ero sicuro che non avesse una risposta e del resto non era di certo colpa sua.
Proprio come avevo immaginato, per svariato tempo, rimase in silenzio. - Glielo chiese mia madre.. -, disse solamente.
- Non è una buona motivazione -, sussurrai.
- Sì che lo è -, disse allora Amy, prendendomi alla sprovvista, - Ha solamente rispettato la sua scelta -, aggiunse, poco dopo, stringendosi poi le braccia al petto.
- Sentite, so che è praticamente impossibile credermi...avevo già fatto i conti con una cosa così prima di venire qui.. -, disse lei, poco prima che io stesso potessi ribattere con qualsiasi cosa, - Posso solo assicurarvi che sto dicendo la verità, non avrei motivo di mentirvi.. -, aggiunse poco dopo.
Anche questa volta feci per parlare, ma venni di nuovo interrotto, questa volta però da Caroline che si era svegliata, piangendo. Lasciai che Amy si avvicinasse, prendendola così dalla sua culla: inutile dire che si calmò nel giro di un paio di minuti, come sempre, del resto.
- Mia madre mi ha raccontato del vostro rapporto, o almeno quel poco che sapeva.. -, continuò poi lei, mentre guardava incuriosita sia Amy che Caroline, - So che non ti avrebbe mai mentito.. -, aggiunse.
- Lo so, conoscevo il mio migliore amico -, risposi io secco, con un tono forse un po' troppo duro.
- Allora dovresti capire perché ha mantenuto questo segreto -, ribatté lei, con lo stesso tono fermo che avevo usato io.
In quel momento mi arresi: me l'aveva appena ricordato con quella semplice frase. Fu come un deja-vu e io rimasi letteralmente senza parole. Persino Amy non sapeva che cosa dire, mentre cullava appena la piccola tra le sue braccia.
- Perché sei venuta qui? -, mi limitai a chiederle, visto che davvero non sapevo cos'altro dire.
- Perché non l'ho conosciuto, e voglio imparare a farlo, anche se non c'è più.. -, disse, con un tono più cupo di quello che avrei potuto immaginare.
- Sei da sola? -.
Scosse il capo. - Il mio ragazzo mi ha accompagnato.. -, disse, facendosi improvvisamente timida.
Sospirai, rivalutando ancora una volta quella situazione: quel pezzo di carta era quasi niente per me, però quel suo modo di rispondere era riuscito a convincermi. Forse mi sbagliavo comunque, o forse stavo solamente credendo ad un mucchio di bugie, non lo potevo sapere. Sapevo solamente che persino quella situazione mi incuriosiva, in un certo senso.
- Ti dirò quello che vuoi sapere -, sussurrai allora, ed ero sicuro di aver sentito Amy lasciarsi scappare un piccolo sospiro liberatorio.
Non c'era dubbio che lei le credesse, ora tutto quello che bisognava vedere era se davvero avevamo ragione, magari un giorno l'avremmo scoperto.
- Anche se non mi credi? -, mi chiese, giustamente.
- Anche se non ti credo -, ripetei, - Col tempo vedrò se questa mia scelta sarà stata giusta o meno -, aggiunsi, alzandomi poi di nuovo dal divano.
Mi avvicinai ad Amy e così mi chinai verso il suo viso, dandole un piccolo bacio sulle labbra, prima di superare sia lei che Willow: senza guardarmi indietro mi incamminai su per le scale, finché non arrivai in camera.
Non appena varcai la soglia andai verso l'armadio, cominciando a rovistare al suo interno, trovando alla fine la scatola dove avevo messo dentro tutte cose legate alla mia adolescenza: mi trasferii nel letto e li cominciai a cercarci dentro.
Alla fine trovai quello che cercavo, ed era una vecchia foto in cui eravamo tutti insieme, compresi Jimmy e Jil. Di lei non sapevo molto, anzi, quasi niente, tutto quello che ricordavo era che era stata molto legata a Jimmy e che si, una volta l'avevano addirittura fatto. Ma possibile che fossero stati così stupidi da non usare le precauzioni? Vista anche l'età che avevano.
Mi passai nervosamente una mano sul viso, dal momento che ero talmente confuso da non sapere che cosa pensare, figuriamoci che cosa fare. Amy sembrava avere molta fiducia in quella ragazza, nonostante la conoscesse da neanche un giorno, mentre io continuavo ad essere dubbioso, molto dubbioso.
Dei colpi sul legno della porta attirarono però la mia attenzione, lasciando a metà quei miei pensieri. - Posso entrare? -, mi domandò allora Amy, che era salita con Caroline in braccio.
Mi limitai a farle un cenno con il capo, mentre tenevo in mano la foto. - Dov'è? -, le chiesi.
- E' andata via -, rispose, incamminandosi verso di me.
- Tu le credi? Cioè..non hai neanche il minimo dubbio? -, le domandai poco dopo, mentre si sedeva davanti a me sul letto.
- Si che ho dei dubbi, come potrei non averceli? Il problema è che, non so come, quella ragazza mi ispira fiducia.. -, ammise.
- Io non so che pensare -, ribattei, lasciando andare di nuovo la foto.
- Lo so..non lo sapevo neanch'io quando si è presentata stamattina.. -, disse, - Ma c'è dell'altro, vero? C'è un motivo se hai accettato di dirle quello che vuole sapere? -, mi chiese poco dopo, capendo come al solito quello che mi frullava per la testa.
- Quel suo modo di rispondere.. -, cominciai, lasciando quella mia frase a metà, - ..me l'ha ricordato immediatamente -, aggiunsi, completandola.
- E' successo anche a me, mentre parlavamo prima che arrivassi -, sussurrò, - Forse è per questo che mi fido di lei -, aggiunse.
In quel momento Caroline mugugnò qualcosa di incomprensibile, allungandosi verso di me quel poco che bastava per far capire a Amy che voleva essere presa in braccio un po' anche da me: sorrisi come al solito tra me e me e poi la presi, senza pensarci due volte.
- Anche lei è preoccupata per te -, sussurrò lei, avvicinandosi ulteriormente a me.
- Tu lo sei? -, le chiesi, anche se la risposta era ovvia.
- So quello che ti succede quando i ricordi riaffiorano.. -, sussurrò, con tono comprensivo, accarezzandomi poi il viso con una mano.
- Già.. -, sussurrai, beandomi di quel suo tocco così familiare.
- Andrà tutto bene -, disse poco dopo, allungandosi e posando il viso sulla mia spalla, - Presto vedremo se abbiamo fatto bene a fidarci o meno -.
- Lo pensi davvero? -.
- Sì, ne sono sicura -, ribatté, con quel tono fermo che usava spesso quando era sicura di qualcosa.
E in quell'ultimo periodo aveva sempre ragione. 

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Capitolo 68
*** La cena. ***


I miei dubbi riguardo a quella ragazza non si erano alleviati, nel corso dei due giorni successivi: ci avevo pensato e ripensato, e alla fine avevo deciso di portare il certificato per vedere se fosse davvero autentico, anche se era praticamente una follia, dal momento che c'erano addirittura le firme.
Come avevo immaginato, il mio viaggio fu soprattutto a vuoto, visto che mi dissero praticamente subito che era autentico.
Avevo quindi passato quasi un pomeriggio a rimuginare davanti a quel pezzo di carta, non riuscendo comunque a concludere niente: tutto quello che continuavo a chiedermi era ancora perché Jimmy non mi avesse, anzi, ci avesse, mai detto niente.
Che poi io sapevo benissimo la risposta, solo che ancora non riuscivo a capacitarmene, anche se ci avevo provato. Per di più ne dovevamo parlare anche con gli altri, proprio per quello avevamo invitato tutti quanti a casa, anche se l'argomento da portare avanti non sarebbe stato uno dei migliori.
Eravamo indecisi, ma alla fine avevamo optato per invitare anche Willow, dal momento che era lei il fulcro della situazione.
Sospirai pesantemente, mentre me ne stavo steso sul letto insieme ad Amy, che dormicchiava tranquilla sulla mia spalla: già da un po' avevo preso ad accarezzarle i capelli, talmente piano che non avevo neanche lontanamente rischiato di svegliarla.
In realtà anche io ero piuttosto stanco, il problema era che non riuscivo proprio a dormire, mentre persino Caroline lo stava facendo, nella sua culla accanto al nostro letto.
Il solo pensiero di quello che avremmo dovuto dire agli altri quella sera mi toglieva ogni speranza di riuscire ad addormentarmi.
- Brian, smettila.. -, disse proprio in quel momento lei, facendomi prendere un colpo.
- Di fare cosa? -, le domandai, con nonchalanse.
- Di pensare e ripensare a Willow, lo so che lo stai facendo -, rispose.
- Come non potrei? -.
- Dormendo un po', qualcosa mi dice che anche tu sei piuttosto stanco -, sussurrò, prendendo a giocare con il bordo della mia maglietta, - Lo so che questa storia ti ha turbato, lo capisco...e sai che ha turbato anche me.. -, continuò, quando capì che sarei rimasto in silenzio, - ..ma non so, prova a non pensarci per un po', almeno fino a stasera -, propose, sollevando allora lo sguardo per guardarmi in viso.
A mia volta abbassai il mio, e così mi lasciai andare ad un piccolo sospiro liberatorio. - Ci proverò, almeno fino a stasera.. -, dissi allora, posandole un bacio sulla fronte e stringendola maggiormente a me, - Cosa pensi che diranno i ragazzi, comunque? -, le chiesi ugualmente.
Si strinse nelle spalle. - Non so, non riesco ad immaginarlo, sinceramente.. -, ammise.
Feci per ribattere, ma proprio in quel momento sul nostro letto salto Sherlock, che ci raggiunse velocemente. - Hey, guarda un po' chi c'è.. -, sussurrai, mentre lo guardavo andarsi ad accoccolare accanto a Amy.
- C'è il gatto più coccolato di questo pianeta -, sussurrò lei, prendendo ad accarezzarlo.
Sorrisi lateralmente. - Ti ricordi il giorno in cui l'hai trovato? -, le domandai.
Annuì. - Certo che me lo ricordo, quello stesso giorno è nata Caroline.. -, sussurrò, di rimando.
- Già..e va anche ancora totalmente d'accordo con Pinkly, questa è la cosa più assurda -, le feci notare.
- Beh, questo è anche buono.. -, sussurrò, allungandosi a posarmi un bacio sulle labbra, piccolo e deciso allo stesso tempo, - Adesso prova seriamente a dormire un po', faresti un favore a te stesso.. -, propose di nuovo, e questa volta decisi di darle retta.

***

- Stasera quindi vai lì? -, mi domandò Thomas, mentre ce ne stavamo sdraiati sul divano.
Io annuii. - Già, e ho una paura che neanche ti immagini.. -, ammisi, alzando solo allora il viso verso il suo, - Che ne dici di venire con me? Sento che da sola proprio non ce la farei.. -, sussurrai poco dopo.
- Per me non c'è alcun problema, lo sai.. -, disse.
- Allora vieni, sento che così tutto andrà meglio -, sussurrai, posando di nuovo il viso sul suo petto.
Erano quelli i momenti in cui capivo che, nonostante avessimo tre anni di differenza e lui ormai fosse maggiorenne, non mi importava...eravamo stati amici per tanto tempo e forse avevo sempre saputo di amarlo.
Amarlo..non mi ero mai innamorata in vita mia, e pensavo che non sarebbe mai successo.
- Va bene.. -, concordò, prendendo ad accarezzarmi i capelli, sapendo bene quanto mi piacesse.
- Grazie.. -, sussurrai, per quanto poteva servire.
- Non ringraziarmi, per te farei questo e altro -, disse, facendo diventare le mie guance immediatamente rosse. Per fortuna avevo il viso chinato e non poteva vedermi, altrimenti sarebbe stato addirittura più imbarazzante.
Stavo per rispondere, quando sentimmo la serratura della porta di casa scattare, segno che Dexter era appena rientrato: ci alzammo allora entrambi quasi come una molla, sistemandoci ai piedi del divano, cercando di apparire il meno presi in contropiede possibile.
- Ho portato la pizza! -, gridò, entrando in quel momento in salone, gettando le chiavi in un piattino sul mobile.
- Ahm, grazie Dex.. -, dissi io, con un sorriso.
Lui, di tutta risposta, ci squadrò entrambi. - Andiamo ragazzi, farete finta ancora per molto? -.
- Cosa? -, chiese Thomas, prima che potessi farlo io.
- Lo so che state insieme, insomma, l'ho capito -, disse lui allora, posando il cartone con la pizza sul tavolino, - E so che dovrei essere contrario, insomma, però che importa? Se state bene insieme ben venga! -, aggiunse.
Entrambi eravamo senza parole, tanto che continuavamo semplicemente a guardarci. - Da quanto lo sai? -, gli domandò allora Thomas, circondandomi nel frattempo la vita con un braccio.
- Più o meno da quando siete arrivati -, rispose, con una stretta di spalle, lasciandoci ulteriormente senza parole, - E anzi, vi dirò di più...le dicerie sui surfisti stupidi a causa del troppo sole sono solamente idiozie -, aggiunse, facendoci scoppiare a ridere entrambi.
- Su, ora mangiate! -, ci disse, sistemandosi sulla sua poltrona e indicandoci il cartone posato li sul tavolino.
Entrambi ci stringemmo nelle spalle e così tornammo seduti sul divano, dove mangiammo due pezzi di pizza a testa, scoprendoci molto più affamati di quello che pensavamo.
Stavamo poi di nuovo tranquillamente chiacchierando, quando sentii il mio cellulare squillare: lo tirai fuori senza neanche pensarci, restando senza parole quando vidi che si trattava di mia nonna che, durante quei tre giorni, non si era fatta sentire neanche una volta. Nonostante fossi scappata di casa.
- E' mia nonna.. -, dissi.
- Su, rispondile, voglio proprio sapere cosa dice! -, scherzò come al solito Dexter, allungandosi sulla sua poltrona.
Thomas, invece, mi circondò di nuovo la vita con un braccio, sorridendomi incoraggiante: ricambiai allora quel sorriso e così, poco dopo, risposi. - Ciao nonna.. -, dissi, nonostante l'incertezza.
- Ciao Willow -, rispose lei.
- Se devi farmi una ramanzina falla subito, per favore -, le dissi, alzandomi poco dopo dal divano e cominciando a camminare, come facevo sempre quando ero al telefono.
- Non voglio che la mia sia una ramanzina, anzi...sono quasi felice che tu non mi abbia ascoltato -, ammise, lasciandomi a bocca aperta davanti a Dex e Tommy.
- In che senso felice? -, le domandai, notando le loro facce stupite, nonostante non stessero ascoltando la conversazione con me. Dovevano aver intuito.
- Ho fatto male a dirti di no in partenza, spero solo che tu ora riesca a conoscere Brian...e se lo vedi, portagli i miei saluti -, mi disse, con un tono stranamente divertito.
- Quindi tu davvero non sei arrabbiata? -.
- No, anzi..all'inizio lo ero, per questo non ti ho chiamata in questi tre giorni, ma poi ho capito...e tutto quello che posso dirti è di fare attenzione alle scelte che fai, d'accordo? -, mi chiese.
Annuii. - Sì, te lo prometto -, risposi.
- E ora, un'ultima cosa..potresti mettermi in viva voce, un momento? -, mi domandò.
- Okay.. -, risposi, ridacchiando e allontanando il cellulare dall'orecchio, azionandolo poi proprio come mi aveva chiesto.
- Dexter, c'è Dexter lì? -, domandò allora.
- Sì, sono qui -, rispose lui.
- Ecco, bene, visto che sei il più grande della combriccola tienili d'occhio entrambi, se uno dei due si fa male darò la colpa a te, d'accordo? -.
- Non si preoccupi, sono in buone mani! -, gli promise lui, mentre ridacchiava.
- Mi fido -, rispose allora mia nonna, - E Will..prima o poi verrò anch'io, non appena avrai deciso che cosa fare -, m'informo.
- Sì, d'accordo.. -, risposi tranquillamente.
- Bene, allora adesso vi lascio..a qualunque cosa voi steste facendo -, ci disse, - Ci sentiamo presto, d'accordo? -.
- Sì, a presto nonna -, risposi, mettendo poi fine a quella chiamata, piuttosto bizzarra, tra l'altro.
- Cosa le è preso? -, mi domandò Tommy, con aria ancora esterrefatta.
Mi strinsi nelle spalle. - Non lo so...però almeno non mi ha urlato contro per 10 minuti, no? -.

***

- Per che ora arrivano tutti? -, domandai ad Amy, mentre tenevo Caroline in braccio, che continuava a ridere.
- Verso le 18.00..e Willow arriverà poco dopo -, mi rispose, abbandonandosi poi sul divano accanto a me, - ..quindi dovrebbero essere qui a momenti -, aggiunse, lasciandosi scappare un sospiro.
- Bene -, ribattei, - Oh..e guarda un pò che ha imparato a fare Car -, aggiunsi, mettendola allora giù.
Neanche il tempo di farlo che lei aveva già preso a dondolarsi per mettersi seduta, cosa che alla fine riuscì a fare senza più problemi. Mi voltai allora a guardare Amy, che in quel momento stava sorridendo. - La nostra piccola ormai sta crescendo.. -, sussurrò poco dopo, posando il viso sulla mia spalla.
- Già...il tempo vola, non trovi? -, le domandai, mentre le prendevo la mano per stringerla alla mia.
- Si, trovo -, rispose, accennando ancora un sorriso, mentre la bambina, ai nostri piedi stava battendo le mani.
Poco dopo sentimmo finalmente il campanello suonare e allora ad alzarsi fu lei, così che potesse aprire agli altri: I primi ad arrivare furono Matt e Valary. - Ben arrivati -, dissi io, restando però seduto comodamente sul divano.
- Stranamente in orario -, disse invece lei, ridendo, mentre si chiudeva la porta alle spalle.
Valary, poco dopo, non ebbe neanche il tempo di entrare in salone che Caroline si aprì in un grande sorriso, allungando le braccia verso di lei. - L'ho sempre detto che questa bambina mi adora -, sussurrò allora, mentre si inginocchiava per prenderla in braccio.
- Lei adora tutti -, ribattei io, sorridendo angelicamente.
- Me in particolare -, ribatté lei, dandole così un bacio sulla guancia.
- Allora..possiamo sapere il perché di questa cena? -, domandò Matt, mentre si sedeva a sua volta sul divano.
Poco dopo anche Amy fece lo stesso, e così anche Valary. - Avevamo bisogno di parlarvi -, rispose allora Amy.
- Ma né successo qualcosa di grave? -, chiese Val.
In quel momento io e Amy ci scambiammo una veloce occhiata, prima che io rispondessi. - No, non grave, solo..strano -, dissi.
- Ci fate preoccupare così -, ribatté lei.
- Vi diremo tutto non appena arriveranno gli altri -, chiarì Amy, mentre ormai non ci restava che aspettare.

***

Mi sentivo più nervosa di quando ero dovuta andare a cercare Brian e beh...ne avevo tutto il diritto, dal momento che quella sera avrei dovuto vedere anche gli altri.
Speravo solo che non avessero la stessa reazione di Brian, anche se ne dubitavo.
Finii di vestirmi che ero stranamente in orario e, proprio in quel momento, Thomas fece capolino nella mia stanza. - Sei pronta? -, mi domandò.
Annuii. - Si, si sono pronta -, risposi, voltandomi poi a guardarlo, - Andiamo -, aggiunsi, poco dopo, avvicinandomi a lui.
Si scostò così da farmi passare, arrivando poco dopo di nuovo al mio fianco: salutammo poi Dexter e così uscimmo.
Per fortuna mi ricordavo ancora bene la strada; - Gliel'hai mostrato il certificato? -, mi domandò lui, mentre stringeva la mia mano.
Annuii nuovamente. - Si, ce l'ha ancora Amy -, risposi.
- Amy? -.
- La moglie di Brian -, chiarii, sorridendo, - E' stata molto gentile, se deve essere sincera -, aggiunsi.
- Anche lei conosceva Jimmy? Cioè...tuo padre? -, mi chiese, correggendosi alla fine.
- Si, è stata lei a dirmi qualcosa di quello che ti ho raccontato -, spiegai, - E poi hanno una bimba di quasi 6 mesi che è un'amore! -, dissi, poco dopo, con un ampio sorriso sulle labbra.
- Davvero? E come si chiama? -.
- Caroline -, risposi, - Caroline Haner -, specificai.
- E' un bel nome -, commentò lui, rubandomi poi un bacio sulle labbra, - E beh..io sto seguendo te...lo sai vero? -.
Risi. - Ricordo la strada, se è questa la tua preoccupazione -, chiarii, continuando così a camminare.
Mi guardai intorno parecchie volte, riconoscendo per fortuna parecchio punti di riferimenti, che mi ero fissati nel mio primo tragitto fino a quella casa: il nervosismo continuava a farsi sentire, era vero, ma ora che Thomas era con me, proprio come avevo pensato, mi sentivo stranamente più leggera e tranquilla.
Camminammo in silenzio, mano nella mano, per quelli che si rivelarono non più di 10 minuti, poi raggiungemmo semplicemente la casa dove Brian abitava con la sua famiglia, dove sapevo che avrei trovato anche il resto di quelli che erano stati i migliori amici di mio padre. - Ci siamo.. -, sussurrai a Thomas.
La sua mano si strinse ancora di più alla mia. - Allora andiamo.. -, rispose, - Ce la puoi fare -, aggiunse, in un sussurro.
- Sicuramente, ora che ci sei anche tu -, ribattei, attirandolo poi a me per baciarlo, sorridendo alla fine contro le sue labbra. Ci scambiammo poi una velocissima occhiata, prima di cominciare a percorrere il vialetto di casa.


***

Io, Brian e i ragazzi ci radunammo tutti in salone, dove avremmo dovuto dire loro tutto quanto, o per lo meno qualcosa.
- Io ripeto, mi state facendo preoccupare -, disse Val, mentre si sedeva, continuando a tenere sulle gambe Caroline.
Le lancia una veloce occhiata, però né io né lui ribattemmo, preferendo piuttosto aspettare che tutti si sedessero: a quel punto Brian tirò fuori la vecchia foto che aveva fatto vedere anche a me, un paio di giorni prima, passandomela. - Vi ricordate Jill? -, chiesi allora, osservandola per qualche secondo prima di sollevare di nuovo lo sguardo, - Jill Drablow? -, specificai.
Ovviamente i ragazzi si scambiarono un'occhiata confusa, finché a parlare non fu Zacky. - Io sì, più o meno -.
Anche gli altri poi, uno ad uno, cominciarono ad annuire. - Lei è punto, diciamo -, sussurrò allora Brian.
- Per favore, parlate e basta.. -, ci supplicò Gena.
- Jill e Jimmy hanno avuto una figlia -, dissi allora io, senza peli sulla lingua e meravigliandomi addirittura di me stessa.
Persino Brian mi guardò con aria stupita e in quel momento mi pentii di quel mio gesto così impulsivo. - Cosa? -, domandò Matt.
- E' come ha detto lei -, ribatté Brian, mentre io mi prendevo il viso tra le mani.
- Scusatemi..non volevo dirvelo così -, ammisi, scuotendo impercettibilmente il capo.
- Va tutto bene -, sussurrò lui, vicino al mio orecchio, dandomi poi un bacio sulla fronte.
- Frenate...cosa vuol dire che hanno avuto una figlia? -, domandò di nuovo Matt, mentre gli altri continuavano a rimanere a bocca aperta, senza dire niente.
Allora il campanello suonò e io mi alzai quasi automaticamente, e così anche Brian. - Vado io -, gli sussurrai.
- D'accordo -, ribatté.
Mi allontanai allora dai ragazzi, uscendo dal salone e avvicinandomi così alla porta di casa, che aprii poco dopo: mi ritrovai allora davanti Willow e Thomas, il ragazzo di cui mi aveva parlato. - Benvenuti -, riuscii a dire.
- Grazie.. -, rispose lei, anche se un po' incerta.
- Andrà bene -, le promisi, mentre mi scostavo per farli entrare.
- Non ne sono molto sicura.. -, sussurrò di tutta risposta.
Sospirai, capendola e allungando poco dopo la mano verso il ragazzo. - Io sono Amy -, dissi.
- Thomas, piacere -, rispose, con un sorriso cortese sulle labbra.
Lo ricambia, poi feci un cenno ad entrambi. - Venite.. -, sussurrai.
Ci avvicinammo allora di nuovo alla soglia del salone e quando ci arrivai, entrambi rimasero ancora per qualche secondo dietro il muro, senza farsi vedere. - Lei è Willow -, sussurrai, oltrepassando poi la soglia e voltandomi, finché anche loro non lo fecero.
Non osavo immaginare come si sentisse in quel momento, come non lo immaginavo per i ragazzi, che continuavano a guardarla con un'espressione indecifrabile sul volto.
Lei sollevò poco dopo lo sguardo, accennando quello che si rivelò una specie di saluto, senza però ribattere niente: continuava semplicemente a stringere la mano di Thomas.
- Willow? -, domandò Johnny, a sua volta con aria stupita, - A Jimmy..piaceva molto quel nome -, aggiunse, probabilmente perché era l'unico che si ricordasse quel piccolo particolare.
- Lo so...cioè, me l'ha detto mia madre.. -, sussurrò allora lei, parlando per la prima volta, - Cioè..mi ha detto che l'aveva scelto lui -, aggiunse, correggendosi.
Per un po' nessuno parlò, tutto quello che riuscimmo a fare fu metterci seduti, lasciando poi che il suo certificato di nascita passasse di mano in mano.
- Perché non ci ha mai detto niente? -, domandò Matt, proprio come avevo pensato e come aveva fatto anche Brian.
- Glielo chiese Jill -, risposi prontamente, per l'ennesima volta, mentre sentivo il braccio di Brian stringersi intorno alla mia vita.
- Lui ha solo rispettato la sua scelta -, aggiunse Willow, quasi in un sussurro.
Probabilmente si sentiva ancora parecchio in imbarazzo solo nel rivolgere la parola agli altri.
Le lanciai così un ennesimo sguardo incoraggiante, che lei ricambiò con un sorriso.
- É strano.. -, disse allora Zacky, alzandosi dal suo posto e andandole incontro per osservarla meglio, - Però gli occhi sono decisamente quelli di Jimmy -, aggiunse, notando il primo particolare importante e sedendosi poi accanto a lei e Thomas.
- E anche la statura è decisamente quella -, continuò Gena, accennando un sorriso.
Sia io che Brian ridacchiammo, guardandoci poi per qualche secondo prima di tornare ad osservare la situazione. - Quanti anni hai, Willow? -, le domandò poco dopo Lacey, restando seduta accanto a Johnny.
- 15... -, rispose lei timidamente, - Ne compio 16 tra poco però, a Settembre -, aggiunse, poco dopo.
- E tu Thomas? -, domandò poco dopo, sempre Lacey.
- Ahm..io 18, li ho compiuti il mese scorso -, rispose allora.
- Tua madre ti aveva già detto qualcosa di Jimmy, o non sai davvero niente? -, le domandò allora Matt, prendendo per la prima volta la parola dopo parecchio tempo.
Il suo sguardo andò così a concentrarsi unicamente su quello di lui, mentre giocava nervosamente con le sue stesse mani. - Qualcosa mi ha raccontato, soprattutto per quanto riguardava il suo carattere.. -, cominciò, facendo poi una pausa, - ..diceva spesso che era simile al mio, poi tutto quello che mi ha detto riguardava degli episodi di quando eravate piccoli, qualche vostra avventura qui ad Huntington -, aggiunse, accennando un piccolo sorriso.
Anche gli altri risero, tutti quanti, Matt e Brian compresi: per fortuna le loro reazioni non erano state poi così brutte, anzi, sembravano fidarsi di quella ragazza che, più osservavo, e più vedevo uguale al nostro migliore amico scomparso. In un certo senso, dai sui modi di fare, di parlare...era come se lui fosse di nuovo tra noi, cosa che mi fece uno strano effetto, facendo crescere dentro di me una sensazione di felicità.
Credevo a quella ragazza, a quelle sue parole e sapevo che non mi stavo sbagliando, lo sapevo per certo.
Alla fine ci spostammo nella grande sala da pranzo, dove tutto era già apparecchiato e li cominciammo a mangiare, mentre Willow, ormai a suo agio, ci riempiva di domande: ad ogni risposta un ampio sorriso invadeva il suo viso ovale e tenero, facendole addirittura luccicare gli occhi.
Persino Brian ormai sembrava crederle, anzi, sicuramente le credeva, anche se come colpo non era stato piccolo: non lo era stato per nessuno, ma per lui soprattutto e lo sapevamo bene, non solo io.
Quando terminammo anche la cena ormai Willow aveva almeno la metà delle informazioni che desiderava, dal momento che neanche per un momento avevamo smesso di raccontare quello che da ragazzi combinavamo nella nostra piccola città.
Ovviamente non ci limitammo solo a questo, anzi: le raccontammo di Jimmy, dei suoi modi di fare e di quante volte le sue battute ci avevano fatto ridere e divertire, di tutte le volte che aveva risolto i conflitti tra i nostri amici e di quanto, da ubriaco, fosse assurdo.
Sparecchiammo insieme che ormai erano quasi le 23.00 e, strano a dirsi, Caroline si era già addormentata senza fare storie e persino io cominciavo a sentirmi stanca. Mi allontanai allora dai ragazzi, portandola al piano di sopra e mettendola nel suo lettino, sistemandoci accanto il baby monitor.
Quando tornai di sotto, lasciandomi scappare un lungo sbadiglio mentre scendevo le scale, mi resi conto che persino Matt e Valary avevano annunciato la loro dipartita: non ne ero sicura al 100%, ma qualcosa mi diceva che quei due ci stavano nascondendo qualcosa. Evitai però di fare domande, sapevo che tanto prima o poi sarebbero stati loro a parlare, o uno o l'altro.
Li salutai allora entrambi, poi anche Johnny e Lacey e così anche Zacky e Gena, che furono gli ultimi a lasciare casa: alla fine rimanemmo solamente io, Brian, Willow e Thomas e ci fu il tempo per ancora una chiacchierata, prima che anche loro andassero, ovviamente non da soli, non a quell'ora.
Brian li riaccompagnò a casa, mentre io rimasi a casa da sola a controllare la bambina per quello che si rivelò non più di un quarto d'ora: durante quel breve tempo, però, ripensai a tutta quella serata, alle domande che ci aveva fatto e alle nostre risposte.
Mi sedetti sul divano e alla fine posai il viso sul bracciolo del divano, dove mi addormentai: non sognai niente, però sentii chiaramente Brian che mi prendeva in braccio, portandomi al piano di sopra.
Lasciai che mi adagiasse su letto e, solo allora, mi misi su un fianco, allungando poi una mano e prendendo la sua, mentre aprivo piano gli occhi. - Pensavo dormissi.. -, sussurrò, sedendosi piano al mio fianco.
- Quasi.. -, risposi, allungando meglio la mano per accarezzargli il braccio, - Non è stata male come serata, no? -, gli domandai.
- No.. -, rispose, scuotendo impercettibilmente il capo, - Comincio a credere davvero a quella ragazza, anche se non capisco bene perché -, aggiunse, in un sussurro.
- Non lo capivo neanch'io.. -, ammisi, sollevandomi poi a sedere, - ..poi ha iniziato a parlare e me l'ha ricordato, non immagini quanto -, dissi, poco dopo.
- Credo sia quello che è successo anche a me -, disse, mentre io posavo il viso sulla sua spalla.
- Ed è quello che sicuramente è successo anche agli altri -, continuai, lasciandolo poi andare così che potesse venire a sdraiarsi accanto a me.
C'infilammo così sotto le coperte e restammo a parlare di quella serata appena trascorsa per un tempo infinito, mentre io me ne stavo tranquilla tra le sue braccia grandi e forti, come avevo sempre amato fare.
Prima parlavamo, poi cominciammo a sussurrare solamente, finché quel sussurro non diventò un bisbiglio ed entrambi crollammo a dormire.

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Capitolo 69
*** Continuare a conoscersi. ***


Di recente ci metto un po' ad aggiornare perché ho da fare con la scuola, visto che devo recuperare delle materie...e poi non so neanche perché lo sto scrivendo, visto che quasi più nessuno legge questa storia...auguro comunque una buona lettura a quei pochi, e mi scuso ancora.
Amy.


Era passata quasi una settimana dalla cena a cui avevano partecipato anche Willow e Thomas e, finalmente, Brian sembrava essere tornato tranquillo.
Ed essendo tornato tranquillo, era anche tornato lo stesso di sempre e io non potevo che esserne felice: ce ne stavano tranquillamente entrambi al letto, mentre la bambina dormiva nella sua camera e lui aveva deciso bene di cominciare a torturare il mio collo, sapendo bene quanto debole fosse per me quel punto.
- Hai intenzione di farlo ancora per molto? -, gli domandai, lasciando definitivamente l'articolo che stavo leggendo da parte.
- Cosa? -, domandò, riprendendo poco dopo e anzi, lasciando scivolare ancora di più la spallina della mia maglietta sbrillentata lungo il mio braccio.
- Lo sai bene -, ribattei, voltandomi con il busto e costringendolo a sdraiarsi sul letto, posandogli così anche un tenero bacio sulle labbra.
Sorrise per un momento contro le mie labbra, prima di abbandonarsi ad esse: presi così ad accarezzargli come al solito il viso, allontanandomi qualche secondo dopo. - Ormai dovrei essermi abituata a questi tuoi modi di fare, e invece..-, sussurrai, sedendomi a cavalcioni sulle sue gambe, dal momento che si era appena messo a sedere, nuovamente.
- E invece sono proprio come le prime volte -, sussurrò lui.
- La prima volta, in realtà, sul divano...in salone -, dissi, con tono divertito.
- Ah si, me la ricordo quella, me la ricordò tutta quanta -, ammise.
Di tutta risposta, ancora sorridendogli, mi chinai di nuovo su di lui, posandogli così un altro veloce bacio sulle labbra, sentendo purtroppo il campanello suonare. - Se è di nuovo quel postino che flirta con te giuro che potrebbe salirmi l'istinto omicida -, disse lui, mentre scendevo piano dal letto.
- Ora che ci penso è piuttosto carino.. -, sussurrai, apposta.
- Chi è carino? -, domandò lui, con tono schietto.
Mi voltai subito a guardarlo, rivolgendogli un sorrisino innocente. - Tu amore, tu -, rispose, dandogli poi di nuovo le spalle e varcando del tutto la soglia della stanza, mettendo in mostra i miei pantaloncini estivi.
- Guarda che farmi vedere il tuo bel lato B non mi fa dimenticare quello che hai detto -, sbottò, cominciando solo allora a seguirmi.
- Se fai il bravo dopo potrei anche ricompensarti -, gli dissi, scendendo poi le scale.
- Allora farò il bravo -, promise.
Sorrisi di nuovo tra me e me e così scesi anche gli ultimi gradini, dirigendomi subito verso la porta, dal momento che avevano suonato di nuovo il campanello. - Arrivo, arrivo! -, dissi allora, allungando poi la mano verso la maniglia e aprendola, trovandomi davanti Willow, stranamente non accompagnata da Thomas, - Oh, Will, ciao, che sorpresa! -, dissi, salutandola.
- Disturbo? -, chiese, preoccupata come al solito.
- No, certo che no, entra pure -, le dissi, facendomi da parte per lasciarle spazio.
Mi sorrise e così varcò la soglia. - Ero da queste parti e così ho deciso di passare -, ammise.
- Oh beh, noi eravamo di sopra a poltrire e la piccola dorme ancora, finché non si sveglia siamo tranquilli -, le dissi, facendole cenno di seguirmi in cucina, - Vuoi del succo all'arancia? -, le chiesi, notando allora che anche Brian ci aveva ormai raggiunto.
- Si, grazie, oggi fa un caldo.. -, ribatté.
- Oh, ecco chi era, ciao Will -, disse allora, sorridendole a sua volta.
- Ciao Brian -, lo salutò anche lei, seguendomi poi del tutto in cucina: mi diressi subito verso il frigo, che aprii poco dopo, tirando fuori il contenitore con il succo all'arancia rossa dentro, - E' rossa, va bene ugualmente? -, le domandai.
- Si, anzi, la preferisco -, rispose, sedendosi poi su uno dei sgabelli liberi, mentre invece Brian prendeva a mangiare una mela, cosa che in realtà faceva raramente.
- Per lo meno non era il postino -, sussurrò poi sottovoce, ma io lo sentii ugualmente.
- Postino? -, chiese Will curiosa, mentre le passavo il bicchiere ormai colmo della bevanda.
- E' geloso del ragazzo che ci consegna la posta quasi sempre -, le spiegai, non trattenendo un sorrisetto.
- In quanto tuo marito, ho il diritto di essere geloso -, si lamentò lui, esibendo come al solito quello che era un quasi perfetto broncio, prima di dare l'ennesimo morso alla mela.
- Ma avrà vent'anni, t i pare che scappo con un ventenne? -, gli domandai, prendendo una sorsata dal mio bicchiere, mentre Will se la rideva.
- I giovani sono sempre migliori -.
- Preferisco i 31enni -, chiarii, scuotendo impercettibilmente il capo, rivolgendomi poi di nuovo a Will, - Allora, come mai oggi non c'è Thomas con te? -, le chiesi.
Si strinse nelle spalle. - E' andato in giro per cercare un lavoro, insomma..Dexter ci ospita ma vorremmo comunque dargli una mano, almeno per la spesa -, ci spiegò.
- E' un gesto carino -, sussurrai.
- Già..io non ho ancora l'età per lavorare, ho provato, mentre lui è già maggiorenne, può fare quello che vuole e poi cerca una cosa semplice, quindi.. -, aggiunse.
- Se avete problemi faccelo sapere, magari potremmo darvi una mano -, le disse Brian, continuando a mangiare la sua mela.
Lei sorrise, entusiasta di quella proposta. - Lo faremo, sarete i primi a saperlo, promesso -, disse, finendo poi con un ultimo sorso il suo succo.
Ci fu, subito dopo, un momento di silenzio, che tuttavia venne rotto dal pianto improvviso di Caroline: non avrebbe dovuto svegliarsi, non ancora e sicuramente non aveva neanche fame, dal momento che le avevo dato latte in abbondanza prima che si addormentasse.
Feci allora per incamminarmi verso le scale, ma Brian mi precedette. - Vado io, tu resta qui con lei -, disse, facendo poi il giro del tavolo della cucina solo per darmi un veloce bacio.
Lo lasciai allora andare, voltandomi poi di nuovo per posare entrambi i bicchieri che avevamo usato io e Willow nel lavabo: facemmo poi in tempo a spostarci in salone che Brian scese di nuovo, con la piccola in braccio ormai sveglia, che prese subito a dimenarsi dato che, sicuramente, voleva scendere. - Oggi è irrequieta -, disse lui, con tono divertito, facendola poco dopo sedere per terra, dove c'erano sparsi alcuni suoi giochi.
- Già, lo vedo -, confermai, sedendomi poi sul divano insieme a Willow, che si mise subito accanto a me.
- Non ti abbiamo ancora chiesto se ti piace Huntington.. -, dissi io, dopo un piccolo momento di silenzio.
Lei alzò subito lo sguardo su di me, annuendo poco dopo. - Si, mi piace..è più bella di quello che avevo immaginato -, ammise, facendo una piccola pausa, - E anzi...prima di venire qui sono andata in molti dei posti che mi avete descritto -, aggiunse.
- Anche il parco? -, le domandò Brian.
Annuì nuovamente. - E' stata la mia prima tappa e devo dire che anche quello è stupendo, mi ci sono fermata per parecchio tempo -, ammise.
- Un giorno magari ti portiamo noi a fare un giro, insomma...anche in posti che non abbiamo citato.. -, proposi, stringendomi nelle spalle.
- Davvero lo fareste? -, domandò.
Voltai lo sguardo verso Brian per avere la sua approvazione, che arrivò poco dopo, come avevo immaginato. - Si, perché no, non mi sembra male come idea -, sussurrai, con tono deciso.
- Beh, allora non vedo l'ora! -, ribatté, con tono entusiasta.
Ci fu un altro piccolo momento di silenzio, durante il quale Brian si alzò dal suo posto. - Mi avete fatto venire voglia di succo di frutta -, disse, poco prima di dirigersi verso la cucina, mentre sorrideva divertito.
Sia io e Will ricambiammo quel suo sorriso, tornando poi a chiacchierare. - Quanti mesi ha ora Caroline? -, mi chiese.
- Sei e mezzo...eppure mi ricordo ancora com'era quando è nata.. -, ammise.
- Beh, quale mamma non lo farebbe, del resto? -, domandò, retorica.
Annuii. - Già! -, sussurrai poi.
Poco dopo, poi, mentre Brian rientrava in salone con un bicchiere colmo di succo, sentii Caroline che ridacchiava, battendo poi le mani: aveva la solita aria felice di tutti i giorni, quella che la caratterizzava e che aveva preso soprattutto da Brian. Restai li ad osservarla per qualche secondo, vedendola poi cominciare a gattonare nella mia direzione, cosa che non aveva mai fatto. - Brian! -, lo chiamai subito e lui mi fu accanto subito dopo, - Brian gattona! Sta gattonando! -, aggiunsi, alzandomi poi dal mio posto, sorridendo ampiamente mentre continuavo a guardarla.
Persino Willow sorrideva, mentre ormai lui aveva abbandonato il bicchiere sul tavolo, inginocchiandosi accanto a me per terra: tesi così subito le braccia, intimandola. - Vieni amore, vieni dalla mamma! -, dissi, con un tono eccessivamente felice, probabilmente, guardandola poi mentre si avvicinava sempre di più a me: quando fu vicinissima cedette con un braccio, ma la presi prima che potesse farsi male, lasciandomi andare per terra e posandola sulle mie gambe. - Bravissima, sei stata bravissima.. -, sussurrai, sollevando poi lo sguardo su Brian, che mi baciò di nuovo.
Quando mi allontanai di nuovo da lui, lei riprese a dimenarsi, così la lasciai libera di nuovo, curiosa di vedere che cosa volesse fare: solamente allora prese a gattonare di nuovo, sempre più verso Willow, alla quale si avvicinò del tutto pochi secondi dopo. Nel mentre continuava ad emettere i suoi solito versetti, come se volesse parlare, allungando poi una manina verso la sua gamba. - P-posso prenderla? -, ci domandò lei.
Entrambi annuimmo. - Certo che puoi prenderla -, le rispose allora lui, mentre io mi ero ormai abbandonata per terra, tra le sue braccia.
- Oh beh..d'accordo -, ribatté allora, chinandosi poi verso di lei e prendendola poco dopo: la fece sedere a sua volta sulle sue gambe, come avevo fatto io. Per un po' Caroline semplicemente la guardò, poi cominciò ad allungare le mani, che alla fine posò sulle sue guance. - Le sei simpatica -, le disse Brian, dato che quello era il suo modo, ormai da un po', di dimostrare affetto, dal momento che per le parole era ancora piuttosto presto.
- Lo dimostra così? -.
- Sì, e non con tutti -, chiarii io, mentre ci alzavamo da terra, andandole così incontro. La piccola intanto continuava a guardarla con aria quasi stupita, ridacchiando divertita.
- Eh si, le sei davvero simpatica! -, dissi a mia volta, dopo quel suo ultimo gesto.
- E' davvero una bambina bellissima, sapete? -, sussurrò lei, poco dopo, - E assomiglia molto ad entrambi.. -, continuò, facendo un pausa, - ..e il naso è quello del papà -, aggiunse anche, ridendo.
Anche noi ridemmo. - Per lo meno siamo sicuri che una cosa bella da me l'ha presa -, ribatté lui, continuando a ridere.
Ci sedemmo poco dopo di nuovo accanto a lei, giocando di tanto in tanto con la piccola, che ormai non sembrava voler più scendere dalle sue gambe: di solito non si comportava così con tutti, anzi, il contrario. Non sapevamo come mai lo stesse facendo, sapevamo solamente che come segno era più che buono.

***

Restammo insieme, tutti e tre, per la maggior parte del pomeriggio: poi Thomas la passò a prendere e riuscimmo a convincerli a fermarsi per cena.
Lui e Brian ormai avevano addirittura fatto comunella, dal momento che anche il ragazzo sembrava avere un debole per la chitarra. Fu durante quella discussione che uscì fuori che Willow suonava il violino, strumento del quale non ci aveva mai parlato, anche perché non la conoscevamo ancora così bene.
Alla fine eravamo praticamente divisi: i bambini a parlare di videogame e musica da una parte e io e Will a parlare dei miei ricordi e dei suoi da un'altra.
Quando dovettero andare quasi non volevamo lasciarli andare, ormai più Brian che io, cosa che mi fece piuttosto piacere: il periodo dubbi forse stava decisamente svanendo. Magari tutto sarebbe andato finalmente per il verso giusto, senza più sorprese.
- Credo di adorare quel ragazzo -, ammise poi mentre, con Caroline addormentata tra le braccia, saliva al piano di sopra insieme a me.
- Io credo di adorare Willow, ha un carattere piuttosto particolare -, dissi, seguendolo pochi secondi dopo, mentre varcava la soglia della stanza di Caroline: la posò come al solito con delicatezza nel suo lettino, dal quale sicuramente non si sarebbe mossa tanto facilmente. - Ora il prossimo stadio è la camminata -, dissi, sottovoce.
- Esattamente, allora vedrai come diventerà un piccolo pericolo pubblico, essendo una Haner -, sussurrò lui, contro il mio orecchio.
- Ha anche l'essenza dei Pedersen in se, magari sarà controllata -, ipotizzai, lasciandomi scappare una risatina.
- Sono curioso di vedere -, ammise, trascinandomi poi con se fuori dalla stanzetta, dandomi almeno il tempo di socchiudere la porta.
Varcammo appena la soglia della nostra di camera che lui già aveva preso a baciarmi e io di certo non potevo resistere, forse non avrei mai imparato davvero a farlo. - Devo imparare a dirti di no -, riuscii a dire, approfittando di un momento lontano dalle sue labbra, prima di tornare a baciarlo.
- Più tardi magari, fra molti.. -, cominciò, posando nel frattempo un bacio sul mio collo, - ..molti anni -, aggiunse, con tono divertito.
Ridacchiai ancora e così non mi opposi quando mi spinse inesorabilmente verso il letto, dove mi ritrovai stesa pochi secondi dopo: mi rilassai immediatamente, e le sue labbra che continuavano ad accarezzare il mio ventre, che stava continuando a scoprire a poco a poco, davano il loro grande aiuto. Socchiusi addirittura gli occhi, lasciando vagare le dita sulla sua schiena, riuscendo alla fine ad arrivare ai lembi della sua maglietta, che sfilai.
- Voglio solamente fare l'amore con mia moglie.. -, sussurrò poco dopo, nascondendo di nuovo il viso nell'incavo del mio collo e riprendendo a baciarlo
- Concesso.. -, sussurrai a mia volta, con un sorriso divertito sulle labbra.
Sollevò di nuovo il capo e così anche lui mi sorrise, intrappolandomi ancora una volta in un bacio colmo di desiderio. Ci spogliammo a poco a poco, pregustando quel momento, finché di nuovo non mi fece sua, rendendomi parte di lui. Quella sensazione era impareggiabile, lo sarebbe stata sempre, per come la vedevo e non mi lamentavo.
Mi aggrappai come al solito alla sua spalla, affondando forse un po' troppo le unghie nella sua carne, e usando come appiglio per avvicinarmici, cominciando a posarsi sopra svariati baci: sentivo il suo petto attaccato al mio e il mio cuore che batteva all'impazzata, come non aveva mai fatto probabilmente. Quel battito continuò costante, addirittura quando dovetti gemere per dar voce a tutto il piacere che avevo appena provato, mentre continuavo a stringere la presa sulla sua spalla, quasi incapace di lasciarla. Abbandonai comunque ancora una volta il viso sul cuscino e lo attirai a me con la mano libera per baciarlo, senza preoccuparmi del respiro che praticamente era assente, potevo farne a meno se la ricompensa era sentire le sue labbra sulle mie.
Le sue mani sul mio corpo mi fecero rabbrividire, cosa che mi portò anche ad allentare la presa dalla sua spalla, lasciandolo finalmente libero da quel dolore che gli avevo causato fino a quel momento, mentre lo sentivo ormai uscire da me.
Con un ultimo sospiro mi allontanai poi dalle sue labbra, osservandolo mentre si stendeva al mio fianco e il lenzuolo freddo tornava a coprire il mio seno che, fino a pochi secondi prima, era tenuto al caldo dal suo corpo: come sempre non persi tempo e mi allungai fino a lui, posando il viso sul suo petto, molto più vicina alla spalla a cui mi ero aggrappata, però. - Ho sottovalutato le tue unghie..sai? -, mi domandò pochi secondi dopo, con una risatina.
Sorrisi tra me e me, allungandomi poi ulteriormente e posando dei baci suoi segni rossi e freschi che gli avevo lasciato. - Non volevo farti male, scusami.. -, ribattei, restando tuttavia in quella posizione.
- In verità..non ci stavo neanche pensando al dolore, ero impegnato con altro -, sussurrò, andando a posare una mano sulla mia schiena, già imperlata di brividi di suo.
Risi contro la sua spalla, posandoci poi un'altra serie di baci, prima di abbandonarci il viso sopra. - Così facendo hai fatto diminuire ulteriormente le probabilità che io scappi con il postino, sai? -, gli domandai, cercando di nascondere il mio tono divertito.
- C'erano delle probabilità? -, mi domandò, con un finto tono secco.
Mi strinsi nelle spalle. - Forse.. -, risposi.
- La prossima volta che lo vedo lo uccido -, disse allora.
Scoppia immediatamente a ridere, sollevando il viso per guardarlo e notandolo solamente allora che mi indicava. - E non ridere, non..non ridere! -, disse, cercando invano di non ridere a sua volta.
- Però poi finiresti in prigione.. -, gli ricordai, posandogli un bacio sulle labbra, - ..e io ti voglio qui con me -, aggiunsi, dandogliene un altro.
- Allora d'ora in poi la posta la prendo io -, propose, costringendomi poi di nuovo sotto il suo corpo, baciandomi a lungo e con dolcezza, sorprendendomi con quella sua semplicità che mi aveva fatto innamorare.
- Andata.. -, sussurrai poco dopo, contro le sue labbra, circondandogli poi il collo con entrambe le braccia

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Capitolo 70
*** L'uscita. ***


Avevo promesso a Willow che un pomeriggio l'avremmo portata in giro per farle vedere meglio Huntington, e così avevamo fatto, anche se quella nostra uscita era durata relativamente poco, per colpa di un temporale estivo, il primo della stagione.
Mi dispiaceva di quell'accaduto, per questo avevo pensato subito ad inventarmi qualcos'altro: avevo così parlato con gli altri e insieme ci eravamo messi d'accordo, organizzando quella che sarebbe stata di sicuro una bella uscita.
- Davvero ci siamo mai stati? -, mi domandò Brian, mentre gli facevo vedere il punto che avremmo raggiunto sulla cartina.
- Sì, una volta..ma forse eri troppo ubriaco per ricordare -, dissi, tornando seduta sulle sue gambe.
- Ma ero sempre ubriaco? -, domandò, ridacchiando.
- Sì, il 60% delle volte, sì.. -, risposi, con una stretta di spalle.
Lui, di tutta risposta, si allungò a farmi il solletico, facendomi addossare del tutto al suo petto. - E quindi hai in mente..una bella scampagnata -, disse.
- Già..dovremmo camminare -, gli ricordai.
- Sono già stanco -, ammise, imitando un perfetto sospiro.
Risi divertita, allungando poi il collo fino alla sua spalla, che ricontrollai. - Non ci credo, sono ancora lì? -, gli domandai, riferendomi ai graffi.
- A quanto pare -, rispose, cominciando a giocare con i miei capelli, che anzi, in quell'ultimo periodo si erano allungati anche parecchio, ormai mi arrivavano oltre la metà schiena, - Però sono decorativi -, aggiunse, ridacchiando.
- In effetti -, ribattei, alzando poi il viso per baciarlo.
Lasciò così andare i miei capelli, stringendo piuttosto le braccia intorno alla mia vita. - A che ora dobbiamo essere in piedi? -, mi domandò.
- Per le 9 penso che andrà bene, così ho tutto il tempo anche di preparare tua figlia -, risposi, dandogli un altro bacio, prima di sentirla emettere dei versetti acuti.
Ci voltammo così entrambi, guardandola mentre si metteva a sedere nel suo box, dal momento che fino a qualche minuto prima ci stava dormendo. - E' decisamente tua figlia -, sussurrai, con tono divertito.
- Solo perché dorme ovunque? -, mi domandò, mentre posavo il viso sulla sua fronte.
- Esattamente, non servirà mai neanche un test di paternità -, continuai, con lo stesso tono divertito, alzandomi poi per andarla a prendere, visto che era l'ora della poppata.
Lo sentii ridere di nuovo, riuscendolo poi a vedere con la coda dell'occhio mentre portava entrambe le mani dietro la nuca. - E ora dovrai..denudarti qui davanti a me? -, mi domandò, quasi con tono drammatico.
- Se vuoi posso andare di la -, gli proposi, sorridendo beffarda, mentre prendevo meglio in braccio Caroline.
- No okay, posso resistere -, ribatté.
Sorrisi allora di nuovo divertita, avvicinandomi sempre di più al divano, dove poco dopo mi sedetti: darle da mangiare fu semplice come al solito, anche perché stava morendo di fame, a quanto pareva.
Quando ebbi finito, Brian me la prese letteralmente dalle braccia e cominciò così a giocarci, non prima di averle fatto fare il ruttino: dopo l'ultima esperienza, quando le rigettò praticamente tutto addosso, aveva imparato che il ruttino era decisamente una cosa fondamentale.

***

Stranamente, la mattina successiva riuscimmo ad alzarci per l'ora che avevamo prestabilito, riuscendo così a fare tutto quanto: fu anche piuttosto divertente, dal momento che parlammo per tutto il tempo con Valary e Matt, in viva voce col mio cellulare.
- Voi a che punto siete? -, gli domandai, mentre finivo di vestire Caroline.
- Ci siamo appena vestiti, saremo a casa vostra tra 15 minuti, più o meno -, rispose Matt.
- Perfetto, avete sentito gli altri? -, domandò loro Brian.
- Si, io ho sentito Lacey e loro erano già diretti da voi -, rispose Val.
- Zacky lo stesso -, intervenne Brian, mostrandomi il suo cellulare, - Mi ha scritto ora -, aggiunse.
- Benissimo -, sussurrai.
- Allora andiamo anche noi, così ci vediamo tra poco -, disse Val.
- D'accordo, allora ci vediamo tra un po' -, dissi io, lasciando poi la piccola sul letto, mentre giocava con il suo ciuccio e allungandomi piuttosto per mettere finire a quella chiamata.
- Oh, e Amy...un'ultima cosa -, m'interruppe Matt.
- Cosa? -, domandai, notando Brian che rideva sotto i baffi.
- Solo.. -, cominciò, facendo poi una piccola pausa, - ..smettila di maltrattare il mio chitarrista, guarda che li ho visti i graffi! -, sbottò, facendomi subito arrossire violentemente.
Mi lasciai comunque scappare una risata, sentendo che persino Valary lo stava facendo, prima di replicare: - E' stata soprattutto colpa del tuo amico, io centro ben poco! -, dissi, giustificandomi.
- Si certo, dicono tutti così -, continuò.
- Tranquilla Amy, sono cose che capitano, io ho fatto di peggio -, mi tranquillizzò Valary.
- Oh sì, me lo ricordo quel peggio, già.. -, sussurrò lui, poco prima che la linea cadesse da sola.
Guardai istintivamente Brian ed entrambi scoppiammo di nuovo a ridere, notando che persino Caroline lo stava facendo: solo allora gli saltai praticamente in braccio, baciandolo delicatamente sulle labbra. - Ha anche il tuo sorriso -, gli feci notare.
- Dio...sicuramente dovrò proteggerla da un sacco di possibili fidanzati -, sussurrò, sbuffando per un momento.
- La proteggeremo insieme -, gli dissi, slacciando poi entrambe le braccia dal suo collo per tornare a terra, - Insieme sempre -, aggiunsi, restando così ancora per qualche secondo vicina al suo petto.
- Sempre, eh? -, domandò.
Annuii con vigore, ricambiando così poco dopo il suo bacio, dal momento che si era chinato verso di me: il campanello che suonò fu l'unica cosa che ci interruppe, costringendoci a recarci al piano di sotto, anche perché ormai eravamo pronti.
Io presi la piccola e Brian prese la borsa, così andammo ad accogliere i primi, che alla fine si rivelarono Willow e Thomas.
Non ci volle molto prima che anche gli altri ci raggiungessero e solo allora potemmo partire verso la nostra meta: con la macchina non ci voleva niente e avevo già spiegato il tragitto sia a Matt che a Zacky, ma il bello sarebbe venuto solamente dopo.
Per raggiungere il punto dove ci saremmo fermati si doveva camminare e questo dettaglio lo conoscevamo solo io, Brian, Willow e Thomas.
- Fa niente, a me piace camminare -, disse lei.
- A me no -, intervenne Thomas, con un chiaro tono di lamento.
- Visto amore? Neanche a Thomas piace camminare -, sussurrò Brian.
- Beh, lo farete lo stesso... -, cominciai, facendo poi una piccola pausa, - ...camminare fa bene -, aggiunsi, in coro con Willow.
Entrambe ci guardammo subito, scoppiando a ridere. - Telepatia -, dissi, continuando a ridere.
- Già, qualcosa del genere -, convenne.
Per il resto del viaggio restammo in silenzio, a parte qualche chiacchiera di tanto in tanto, soprattutto quando mi voltavo per controllare che gli altri ci stessero ancora seguendo.
- Conoscendo Matt...potrebbero sparire da un momento all'altro -, commentò Brian.
- Si, concordo -, sussurrai, prima di tornare a guardare davanti a me.
Una volta raggiunto il punto, per fortuna, eravamo ancora tutti insieme e nessuno perse l'occasione per stiracchiarsi, neanche avessimo fatto un viaggio di ore e ore.
- Allora, siamo arrivati? -, domandò Zacky, sbadigliando addirittura.
- Sì, siamo arrivati -, dissi, prendendo meglio in braccio la piccola, che non faceva altro che dimenarsi e sorridere, indicando poco dopo un piccolo sentieri, - Dobbiamo andare di la -, aggiunsi.
Subito un coro di “cosa” si alzò, mentre tutti mi guardavano con aria curiosa. - Già, si dovrà camminare -, chiarì Brian, prendendo poi la borsa che avevamo preparato.
- Questo non ce l'avevi detto però! -, si lamentò Johnny.
- Lo so, doveva essere una sorpresa -, dissi, voltandomi poi per guardarli tutti, - Andiamo! Non dobbiamo camminare per kilometri, e una volta arrivati ci fermeremo per parecchie ore! -, aggiunsi, sperando di convincerli.
- Si, per me non ci sono problemi -, disse Val, arrivando subito al mio fianco, - Quindi muoviti, Matt, o sai cosa ti tolgo -, aggiunse, scoccando un'occhiata furba al marito.
Subito lui arrivò al nostro fianco, dal momento che anche Brian ci aveva già raggiunto. - Ci sono, ci sono -, disse subito.
Scoppiai a ridere insieme a lei, ovviamente, mentre persino Willow e Thomas lo facevano sotto i baffi: in poco tutti si unirono e solo allora partimmo del tutto.
Le lamentele però non si placarono, anzi, aumentarono, ma erano più quelle che ci facevano ridere che altro, quindi andava più che bene.
Ero già stata nel posto che stavamo per raggiungere, quando ero bambina, con i miei genitori e mia sorella: ricordo che mi divertii come poche volte ed ero sicura che quel giorno avrei ripetuto quell'esperienza, anche se erano passati tanti anni e io ormai ero adulta.
Ritornarci mi avrebbe fatto venire in mente tantissimi ricordi, ma io mi sarei concentrata unicamente sul divertimento con i miei amici, quello era l'importante. - Eccoci, ci siamo -, annunciai, svegliando involontariamente Caroline, che si era addormentata sulla mia spalla, - Scusa amore -, sussurrai, dandole un bacio sulla fronte.
- Si era addormentata? -, mi domandò Brian, mentre entravamo definitivamente nella piccola radura della mia infanzia.
- Sì, ma è già di nuovo pimpante -, gli feci notare, dal momento che stava già lottando contro di me per scendere a terra, - ..però dovrà aspettare, capito furbacchiona? -, le dissi, riuscendo a catturare la mia attenzione.
Come al solito mi diede ascolto, reagendo di conseguenza e calmandosi, appena avessimo steso i teli per terra l'avrei lasciata libera di gattonare, dal momento che da quando aveva imparato a farlo non faceva altro.
Ci mettemmo così subito al lavoro, sistemando i teli per terra in modo da poterci sedere: per mangiare avremmo usato uno dei piccolo bracieri che c'erano nel parco, tanto ci sarebbe bastato.
Per Caroline invece avevo portato il latte, come al solito, più la frutta, schiacciata, che da un po' le piaceva anche parecchio. - Non vedo l'ora di mangiare, giuro -, commentò Matt.
- Mi sembrava strano che tu non l'avessi ancora detto -, ammisi, mentre mettevo giù la piccola, che prese subito a gattonare.
- Allora, gattona del tutto ora, eh? -, domandò retorica Lacey, affiancandomi con le braccia strette al petto.
- Già, devi vederla per casa, ormai non la ferma più nessuno -, dissi, cominciando a tirare fuori la roba dalla borsa.
- Riesco solo ad immaginare -, sussurrò, mentre la osservavamo giocare con Willow.
Si era molto affezionata a lei, e viceversa e la cosa poteva solo che farmi piacere: ogni volta che la vedeva correva subito da lei, o meglio, gattonava.
Sorrisi di quel pensiero, sentendo poco dopo le braccia di Brian circondarmi la vita. - Questo poso mi piace -, sussurrò, con il viso chinato nell'incavo del mio collo.
- Davvero? -, domandai, entusiasta.
- Sì -, rispose, posandomi un bacio sul collo, - Sento che oggi ci divertiremo -, aggiunse.
- Sì, è quello che spero -, ammisi.
Fino a quel momento le mie erano solo parole, ma cominciarono a concretizzarsi quando ci fu da preparare la brace per le bistecche: alla fine eravamo tutti più sporchi di fuliggine che altro, ma anche in quel caso trovammo un modo per renderla divertente.
- Guarda amore, chi sono? -, mi domandò Brian, indicandomi le due strisce, una su entrambi i zigomi.
Risi subito. - Uhm..Nikki Sixx? -, domandai, sorridendogli.
- Bravissima -, sussurrò, rubandomi poi un veloce bacio sulle labbra.
Ci lasciammo andare ancora per un po' a quel piccolo divertimento, includendo come al solito anche i ragazzi, nonostante Willow fosse parecchio impegnata con Caroline, che sembrava non volerla lasciare andare, poi semplicemente cominciammo a mettere la carne sulla griglia. - Quante bistecche sono? -, domandò Matt, che era diventato praticamente il supervisore della cottura.
- Sono 10, per tutti quanti, più 4 salsicce -, risposi io, visto che avevo già fatto i conti precedentemente.
- Perfetto, perché su questa griglia ne possiamo cuocere massimo 6 -, disse.
- Beh, abbiamo tutto il tempo -, disse Zacky, che nel frattempo si era sistemato su uno dei teli insieme a Gena.
- Contando che tu non stai facendo niente -, gli rimbeccò lui, ridendo mentre girava una delle bistecche dal lato opposto.
Nel frattempo anche io e Brian ci eravamo sistemati su uno dei teli, e io ormai ero più che abbandonata sul suo petto. - La mia ben cotta, mi raccomando -, dissi, sicura che gli avrebbe dato fastidio.
- Hey, non cominciate, altrimenti ve le fate da soli queste bistecche! -, disse subito, puntando il forchettone nella nostra direzione.
Tutti ridemmo subito e, per solidarietà, ci alzammo per dare una mano: stendemmo così l'ennesimo telo, su cui avremmo mangiato, cominciando poi a distribuire i piatti con le varie bistecche, o comunque bistecche e salsicce, finché nessuno rimase a mani vuote.
- Se non ci fossi io con il vino qui neanche si berrebbe -, disse Gena, tirando fuori una delle bottiglie che aveva portato con se.
- Io l'ho sempre detto che sei la nostra salvezza -, commentai, passando poi il cavatappi a Brian, che era molto più abile di me.
Io, imbranata com'ero, l'avrei solo rovesciato per terra, me lo sentivo, e preferivo limitare i danni tenendomene alla larga.
Di tutta risposta, lei si stringe nelle spalle con aria fiera, lasciandosi andare poi ad una piccola risatina.
Nonostante stessimo seduti per terra, quel pranzo fu piuttosto carino e divertente, proprio come avevo sperato: più volte rischiammo di far cadere la nostra roba da mangiare sul telo, ma ogni volta riuscivamo ad impedirlo all'ultimo, scoppiando a ridere.
Ero estremamente felice di passare quella mattinata con i miei migliori amici e la mia famiglia, migliori amici che tra l'altro avevano ormai accettato del tutto l'idea che una piccola Sullivan si fosse unita a noi.
Ormai la trattavano come se ci conoscessimo da anni, anche perché dai suoi comportamenti sembrava Jimmy, per la maggior parte delle volte, quindi era un po' come se già la conoscessimo.
Il momento più bello di quella giornata, comunque, fu quando Lacey gonfiò un pallone da spiaggia che si era portata con se: l'idea era di giocarci a pallavolo, ma era talmente leggero che la minima corrente d'aria lo faceva volare via, e furono più le corse per andarlo a riprendere che il gioco vero a proprio.
Poi ci fu Caroline che, sempre seduta su uno dei teli con accanto Willow e Thomas, ci intrattenne con parecchi “gaga”, che spesso e volentieri urlava per attirare la nostra attenzione. - Brian, si vede proprio che è figlia tua -, commentò Johnny, lasciandosi poi cadere per terra, sfinito per l'ennesima corsa che aveva fatto dietro alla palla.
- Da cosa stavolta? -, domandò lui.
- Guardala.. -, lo intimò lui, indicandola, - Vuole stare al centro dell'attenzione, come il padre -, aggiunse.
- Molto simpatico -, commentò lui, tirandogli addosso il pallone, che stavolta era toccato a lui recuperare.
Risi divertita, poi mi abbandonai completamente sul telo, chiudendo addirittura gli occhi: per qualche secondo mi dedicai solamente ai suoni che avevo intorno a me, nonostante fossero parecchi. Non mi importava, in quel momento ero rilassata all'ennesima potenza e non potevo chiedere di meglio.
Riaprii gli occhi solamente quando sentii una lieve pressione sul mio fianco, rendendomi conto che Caroline aveva gattonato fino a me, e ora mi guardava con un grande sorriso sulle labbra. - Hey, piccola mia -, la salutai, mettendomi poi a sedere e prendendola in braccio, - Finalmente vi ha lasciati un po' liberi, eh? -, sussurrai, rivolta a Willow e Thomas, che stavano comunque molto vicini ad entrambi.
- Già, ma non mi dispiace per niente tenerla..insomma, è così tenera -, commentò lei, con aria raddolcita.
- Si, è vero, lo è molto -, concordò Thomas, - E poi ride sempre! -, aggiunse.
- E' una qualità che ha preso da entrambi -, sussurrai, - Quella di ridere sempre, intendo -, specificai.
- Anche tu eri così alla sua età? -, mi domandò lei, mentre osservavo di sfuggita mio marito che, di punto in bianco, era tornato bambino, mentre era tutto concentrato a giocare a pallone.
- Sì, o così dice mia nonna -, risposi, stringendomi nelle spalle mentre lasciavo che la piccola giocasse con le mie mani, - E crescendo non sono cambiata -, aggiunsi.
Entrambi risero poi, improvvisamente, Willow si portò una mano sulla pancia, mugugnando dal dolore.
Ovviamente mi spaventai, come al solito e subito mi allungai verso di lei, come anche Thomas aveva fatto. - Hey Will, che c'è? -, le domandai, osservandola mentre però riacquistava la tranquillità.
- Un crampo.. -, rispose, in un sussurro, - Proprio alla bocca dello stomaco -, aggiunse.
- Vuoi mangiare qualcos'altro? Magari hai ancora fame.. -, propose Thomas.
- No -, rispose, scuotendo impercettibilmente il capo, - Sento che vomiterò se mangio qualcos'altro -, spiegò. 
- Avevi già avuto crampi del genere prima? -, le domandai, mentre Caroline aveva ricominciato a gattonare nella sua direzione.
- No, oggi è la prima volta -, rispose, riprendendo finalmente a respirare regolarmente.
- D'accordo, ma se li avverti di nuovo ti consiglio di andare a farti vedere -, le dissi, rivolgendomi poco dopo a Thomas, - Se dovesse sentirsi di nuovo male portala in ospedale, okay? -, sussurrai.
Lui annuì, posando poi una mano sulla spalla di Willow. - Si, ve bene -, confermò.
- Tranquilli, sto bene adesso.. -, ribatté di nuovo lei.
- Si, ma è meglio prevenire che curare -, dissi, osservando poi la piccola che le sorrideva di nuovo, come se anche lei volesse aiutarla a sentirsi meglio.
Dopo quel piccolo accaduto, per fortuna, non le successe nient'altro e col tempo che ci rimaneva facemmo in tempo a preparare di nuovo la roba per tornare ognuno alla propria casa: da un lato ero ancora sollevata, visto che mi sentivo stanca, e bisognosa di una doccia.
- Hey, potremmo andare al mare, uno di questi giorni, no? -, propose Matt, dicendo, in fin dei conti, la cosa più ovvia che potessimo fare tutti assieme.
- Mi domando perché non ci abbiamo pensato prima -, dissi allora io.
- Perché le idee geniali vengono sempre a me -, ribatté lui.
Tutti scoppiammo subito a ridere, Will compresa, anche se vedevo che c'era ancora del dolore nella sua espressione: non potevo sapere che cosa avesse, magari niente di grave, eppure ero comunque preoccupatissima. Cosa che non andava per niente bene, non per i miei standard, almeno.


***

- Che cos'ha Will? -, domandai a Helena, sapendo bene che era dietro di me, con aria anche piuttosto preoccupata.
- Non lo sappiamo, da qui non possiamo sapere questo tipo di cose -, rispose, lasciandomi decisamente con l'ansia addosso.
- Neanche qualcosa di piccolo? -, domandai, voltandomi a guardarla.
Scosse il capo. - No, neanche qualcosa di piccolo, hanno paura di.. -, cominciò, ma io la bloccai.
- Paura paura paura! Hanno paura di tutti, quelli li! -, dissi, apostrofandoli, - Perché non si fanno semplicemente gli affari loro? -, domandai, anche se sapevo che non avrei ottenuto risposta.
Come immaginavo, lei rimase in silenzio.
- E poi è mia figlia, è ovvio che mi preoccupi per lei -, aggiunsi.
- Questo sì, è ovvio..ma sapendo che cos'ha ti preoccuperesti solamente di più! -, ribatté.
- Mi..preoccuperei solo di più? E perché? E' davvero qualcosa di grave? -, domandai, ora seriamente preoccupato.
- Non ho detto questo -.
- Ma l'hai pensato -, ribattei.
Sospirò. - Anche fosse..ci sono Amy e Brian con lei, sai che qualunque cosa succeda, sarà sempre al sicuro con loro -, mi ricordò.
Istintivamente tirai un sospiro di sollievo. - Si, forse hai ragione.. -, sussurrai, come se non lo volessi ammettere.
- Si che ho ragione, quanto mai non ce l'ho? -, domandò retorica, col suo solito sorrisetto sulle labbra.
- Ti vanti quasi come faceva Brian -, le rimbeccai, sedendomi poco dopo a terra.
- Come
fa Brian, vorrai dire -, sussurrò, correggendomi.
- Già, immagino che non abbia smesso -.
- Immagini bene e anzi, per quanto sia possibile, è anche peggiorato -, disse, lasciandosi scappare una risatina.
- Sì, ci credo.. -, sussurrai, - Santa Amy che lo sopporta ancora -, aggiunsi.
- L'amore ti fa fare qualsiasi cosa! -, disse allora lei, con tono anche abbastanza teatrale.
- Si, su questo non posso che concordare! -, mi ritrovai a ribattere, lasciandomi poi cadere a terra, steso.
In un attimo, lei fu di nuovo accanto a me. - Anche tu hai fatto follie per amore? -, mi domandò.
- Oh si, molte più di quelle che puoi immaginare -, risposi, lasciandomi poi andare ai ricordi, in silenzio.

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Capitolo 71
*** Avete presente quando... ***


Avevo sperato per tutto il tempo che quei dolori che mi avevano assalito durante l'uscita non si presentassero più, e invece, una mattina, ricominciarono di nuovo, questa volta sotto forma di un forte mal di stomaco.
Erano appena le 7, quindi tutti dormivano ancora, e io dovevo solamente fare piano per evitare di svegliare tutti quanti: per prima cosa, andai in bagno, dove trovai qualcosa da prendermi, ma niente a stomaco vuoto.
Sbuffai, prima di andare in cucina, dove mi preparai una bella tazza di thé, mangiando poi una misera merendina, dal momento che non avevo molta fame. Avevo sempre paura di vomitare, anche se non era ancora successo, grazie al cielo.
Odiavo vomitare, più di ogni altra cosa e mi capitava raramente, giusto quanto avevo la febbre alta o qualcosa del genere, quindi mi ritenevo piuttosto fortunata.
Mi sedetti, sempre senza far rumore, su una delle sedie della cucina e li iniziai a sorseggiare dalla mia tazza, visto che per fortuna l'acqua non aveva bollito, quindi non era poi molto calda.
A che serviva poi farla bollire del tutto? Poi tanto dovevi aspettare finché non si raffreddava almeno un minimo, quindi tanto valeva non farlo bollente. Andavo avanti con questo ragionamento che da quando avevo imparato ad usare la macchina del gas, quindi davvero parecchio tempo.
In poco tempo avevo finito il mio thé e così anche di mangiare la merendina: allora presi l'unica medicina che avevo trovato, sperando che facesse effetto il più presto possibile.
Anche se era estate, in quel momento avevo freddo e l'unica cosa che feci fu tornarmene in camera per mettermi sotto le coperte e restare lì il più possibile, sperando che quel maledetto mal di stomaco passasse.

***

Susy aveva di nuovo deciso di prendersi cura della piccola per quella mattina, lasciando ancora una volta a me e Brian la possibilità di fare qualcosa insieme e io avevo già un'idea.
- Vuoi andare a..a correre? -, mi domandò, quasi con aria terrorizzata.
Mi strinsi nelle spalle, infilandomi poi una canottiera e cominciando poco dopo a scendere le scale. - Si..ma hai una faccia neanche ti avessi proposto di uccidere la nostra vicina di casa -, sussurrai.
- No è che...non vado a correre dalle...dalle medie? -, domandò a se stesso, seguendomi.
Scoppiai a ridere, mentre ormai mi stavo facendo la coda, mentre lui aveva indosso solo i pantaloni della tuta ed era a torso nudo, cosa che in fondo non mi dispiaceva per niente. - Beh, sarà divertente, andiamo in spiaggia, magari -, proposi, saltando gli ultimi due scalini e voltandomi a guardarlo.
- La spiaggia va bene -, concordò, mettendosi solo allora anche una maglietta, una grigia senza maniche.
- Bene, allora andiamo -, sussurrai.
- Andiamo -, ripeté lui, caricandomi poi su una spalla.
- Hey! -, gridai, lasciandomi scappare un urletto, che si trasformò subito in un'altra risata.
- Come se non ti piacesse -, disse, aprendo poco dopo la porta e uscendo. Al contrario di quello che avevo pensato mi mise subito giù, allungandosi poi a farmi il solletico, poco prima che iniziassi a correre nella direzione della spiaggia.
- Dai, aspettami! -, gridò lui, riuscendo alla fine ad arrivare al mio fianco, iniziando a tenere il mio passo.
- Sei una lumaca -, sbottai, ridendo.
- Ah sì? Lumaca? -, ribatté, allungando allora il passo, superandomi di gran lunga.
Risi subito tra me e me e subito, a mia volta, lo allungai, riuscendo a raggiungerlo di nuovo: con quell'andatura raggiungemmo la spiaggia quasi nella metà del tempo, ritrovandoci allora sulla sabbia, sulla quale per poco non cademmo.
- D'accordo..d'accordo.. -, dissi, boccheggiando ancora, - D'ora in poi..passo normale, da corsa, bene? -, aggiunsi, quasi in un sussurro.
- Sì, andata.. -, concordò lui, riprendendo pienamente fiato e iniziando allora a correre a passo lento verso destra, lungo la spiaggia semi deserta.
Mi incamminai a mia volta e così lo raggiunsi di nuovo, cominciando a tenere il suo passo senza alcun problema: per un po' rimanemmo in silenzio, correndo soltanto, cosa che insieme non avevamo davvero mai fatto.
Più lo guardavo e più pensavo che non avrei resistito molto senza fargli almeno un minimo scherzo, almeno uno piccolo: trattenni allora una risata, mordendomi il labbro inferiore, prima di fargli un piccolo sgambetto, non facendolo però cadere. - Hey! Guarda che questo non vale! -, sbottò subito, mentre io ormai avevo preso a correre di nuovo di più, sorpassandolo e ridendo senza riuscire a fermarmi.
- Tutto vale! -, dissi solamente.
- Adesso ti prendo, poi voglio vedere! -, disse allora poco dopo, e sapevo perfettamente che era dietro di me, non molto distante.
Non mi scoraggiai, anzi, continuai a correre, non facendo caso alle persone occasionali che ci guardavano piuttosto male: sapevo che mi avrebbe preso e questo successe appena pochi secondi dopo. Mi ritrovai per l'appunto stretta a lui, dato che ormai mi aveva sollevato da terra, continuando a ridere. - Ah no! Lasciami! -, urlai, dimenandomi un minimo.
- Lasciarti? No, non ci penso proprio! -, ribatté, mentre entrambi cadevamo a terra, ridendo come matti.
Ci volle un po' prima che uno dei due riprendesse a parlare, anche perché eravamo troppo impegnati a riprenderci da quelle risate che stavano ancora continuando, tra l'altro. - Menomale...che dovevamo correre -, sussurrò lui allora, facendomi ridere ancora di più.
- Già...ci hai fatto caso che facciamo sempre quello che ci prefissiamo? -, gli domandai, mentre mi mettevo a pancia in giù, così da poterlo guardare in viso.
- Certo che ci ho fatto caso, siamo bravissimi in quello -, concordò, continuando a ridere, proprio come anche io stavo ancora facendo.
Mi protesi subito dopo a baciarlo, in quello che pensavo sarebbe stato un bacio veloce: con mia grande sorpresa, non si rivelò tale, soprattutto quando sentii le sue dita affondare nei miei capelli, così da avvicinarmi maggiormente a lui.
Con gli occhi ancora socchiusi, gli accarezzai il viso, allontanandomi dalle sue labbra solamente quando anche lui lo fece. - Ah...ma che facevo io prima di innamorarmi di te? -, domandò allora, stringendo le braccia intorno alla mia vita, di nuovo.
Per una volta, ringrazia che la spiaggia fosse davvero semi deserta, così che nessuno potesse stare li a fissarci neanche fossimo due fenomeni da baraccone. - Ci provavi con il resto del mondo, ecco che facevi -, gli ricordai.
- Ci provavo con il resto del mondo.. -, ripeté, con tono teatrale, quasi sottoforma di domanda, - ..quando invece avevo la donna della mia vita sotto il naso, non è buffo? -, aggiunse.
- Lo è..lo è.. -, concordai, posando il viso sul mio petto, - Anni e anni di uomini sbagliati per poi andare a sposarmi con uno dei miei migliori amici, e chi se lo aspettava -, ammisi, con una risata.
Lui la ricambiò, riprendendo poco dopo ad accarezzarmi i capelli, nonostante fossero ancora legati dal laccio. - L'importante è che siamo qui ora, no? -, mi domandò.
- Si, assolutamente -, risposi, praticamente subito, sorridendo tra me e me, - E ora alziamoci, basta poltrire! In piedi! -, gli ordinai, alzandomi prima di lui, anche perché, fino a qualche secondo prima, ero io a stare sdraiata sopra di lui.
- Sei passata da "romantica" a "dittatrice"? Fammi capire! -, sbottò, alzandosi poi a malavoglia dalla sabbia, ripulendosi la maglia e i pantaloncini.
- Si, praticamente si, e ora.. -, cominciai, lasciando a metà la frase, saltellando del tutto vicino a lui e rivolgendogli un sorriso tenero, - ..io ho fame -, aggiunsi, con un tono quasi di lamento.
- Ma non dovevamo correre? -, mi domandò nuovamente.
- ..dopo aver mangiato, così poi smaltiamo tutto -, gli dissi, sperando di convincerlo.
Anche se dopo un'esitazione, annuì, con un sospiro. - E va bene, e cosa vorresti mangiare? -, mi domandò.
- Gelato, cos'altro se no? -, risposi, facendo il giro e saltandogli sulle spalle.
Lui non si fece trovare impreparato, anzi, dal momento che non l'avevo smosso di neanche un centimetro. - Oh, e vuoi anche essere portata in braccio? -, mi domandò, caricandomi meglio sulla sua schiena, cominciando a camminare verso il bar della spiaggia, aperto, ma anch'esso semi deserto.
Io annuii con vigore, posando il mento sulla sua spalla. - Non ho sposato un armadio a due ante per niente -, gli dissi, ridacchiando.
Anche lui lo fece, subito dopo di me, poco prima che entrambi arrivassimo al bar: solo allora lasciò la presa dalle mie gambe, così che io potessi scendere.
Avevo davvero voglia di un gelato, così, all'improvviso e sapevo che in fondo anche lui ne aveva.

***

Stavamo ormai tornando a casa, dopo aver passato ancora un'ora in spiaggia, più a stare seduti a guardare il mare che a correre, in effetti e quello che stavamo mandando avanti era un acceso dibattito sui gusti per il gelato. - Pistacchio e cioccolato non stanno assolutamente bene insieme, andiamo! -, dissi Brian, come se fosse una cosa ovvia.
- Beh, neanche pesca e vaniglia centrano molto, perché vieni a fare la predica a me? -, gli domandai, spintonandolo leggermente.
- Niente spinte, ricordi?! -, sbottò, allungandosi fino a farmi il solletico come al solito.
Saltai verso destra, dopo un piccolo spasmo, correndo verso casa mentre ridacchiavo: neanche due passi che già mi faceva male la milza, cosa non molto buona, se ci pensavo bene.
- E' inutile che scappi da me! -, sbottò, raggiungendomi neanche a farlo apposta qualche secondo dopo, - ..lo sai che ti prenderò sempre! -, aggiunse, circondandomi la vita con un braccio e stringendomi a se.
- Solo perché io mi lascio prendere! -, sbottai, mentre mi lasciavo condurre ormai verso il vialetto di casa.
- Sì amore, certo -, ribatté lui.
Di tutta risposta, gli diedi una lieve gomitata sul fianco, lasciandomi allora andare così che potessi aprire la porta di casa: decisamente avevo bisogno di una doccia, o meglio, entrambi ne avevamo bisogno.
- Se io entro in doccia con te non ne usciamo più, lo sai vero? -, mi domandò lui, chiudendo la porta alle spalle, quasi mi avesse letto nel pensiero.
- Certo che lo so, però potremmo.. -, iniziai, voltandomi a guardarlo con un sorrisetto angelico sulle labbra, - ..correre il rischio -, aggiunsi.
In quel momento lui si avvicinò, posando saldamente le mani sui miei fianchi e chinandosi a baciarmi: le mie braccia andarono poi istintivamente a circondare il suo collo, finché il campanello non suonò ripetutamente, interrompendo quel nostro momento.
- Perché siamo così sfigati? -, mi domandò allora lui, quasi con aria esasperata.
- Non lo so, però lo siamo -, fu tutto quello che risposi, andando poi velocemente alla porta per vedere chi fosse.
Non rimasi stupita quando vidi Willow ma, al contrario delle altre volte, mi spaventai: aveva un colorito pallido, più pallido del solito, e sembrava che non dormisse almeno da un paio di giorni, non bene almeno. - Ciao Amy.. -, biascicò.
- Will, tesoro...che diavolo hai? -, le domandai, invitandola poi subito ad entrare.
Avanzò verso di me con passo lento, permettendomi alla fine di chiudere la porta. - Non lo so, avevo la febbre..e a casa ero da sola, non sapevo dove altro andare.. -, disse.
- Thomas e Dexter? Dove sono loro? -, le domandò Brian, preoccupato quanto me da quel suo stato.
- Entrambi al lavoro, e io avevo bisogno di una boccata d'aria, mi sentivo soffocare in casa -, disse, scuotendo impercettibilmente il capo.
Subito le posai una mano sulla fronte, sentendola piuttosto calda. - Tu scotti, ti sei misurata la febbre? -, le domandai, mentre la facevo avvicinare al divano, così che ci si potesse sedere sopra.
- No, sono semplicemente venuta qui.. -, sussurrò, sedendosi poi comodamente sul divano.
- Vado subito a prendere il termometro -, dissi io, precipitandomi subito dopo in bagno, dove cominciai a frugare nei scaffali, finché non lo trovai.
Mi sbrigai poi a tornare in salone, dove trovai Willow sdraiata sul divano e Brian Che ancora la controllava. - Mi sembra Che scotti di più -, mi disse, con un chiaro tono preoccupato.
- Adesso vediamo -, sussurrai, avvicinandomi poi a lei e mettendole il termometro in bocca, proprio sotto la lingua.
Tutto quello Che facemmo poi fu aspettare che squillasse, così che potessimo vedere quanto avesse, perché ormai era chiaro Che non stava bene.
Alla fine squillò. - Eccolo -, disse subito Brian, passandomelo poco dopo.
- Ha quasi 39 -, dissi.
- Dobbiamo darle qualcosa, Will, hai mangiato qualcosa? -, le chiese.
Lei scosse il capo. - No..prima ci ho provato e ho vomitato -, rispose, anche se in un sussurro.
- Vomito, febbre... -, sussurrai, pensandoci poi sopra.
- Cosa Amy? -, mi domandò Brian.
- Temo Che sia qualcosa di più grave -, fu tutto quello Che aggiunsi, - Will, Che altri dolori hai avuto? -, le chiesi.
- Non lo so.. -, biascicò.
- Pensaci bene -, insistetti.
Lei mugugnò appena, portando poi una mano sul fianco, appena sopra il bacino. - Qui.. -, disse allora, pochi secondi prima di alzarsi per correre in bagno, lasciando esterrefatti sia me Che Brian.
- Che cos'ha? -, mi domandò lui, mentre ci dirigevamo in bagno a passo svelto.
- Appendicite, molto probabilmente -, risposi, affacciandomi poco dopo sulla soglia del bagno, dove la trovai inginocchiata sul water, continuando a vomitare. - Hey, tesoro... -, sussurrai, tenendole i capelli mentre finiva e, quando alzò il viso, il suo sguardo era ancora più vitreo di quanto lo fosse fino a poco prima.
- Che mi sta succedendo? -, mi domandò, con le lacrime agli occhi per il troppo sforzo.
- Dobbiamo andare in ospedale, d'accordo? -, le dissi e, notando il suo sguardo spaventato, mi affrettai ad aggiungere, - Fidati di me -.
A quel punto annuì, asciugandosi gli occhi. - Bene.. -, sussurrai, facendo poi per aiutarla ad alzarsi, mentre anche Brian ormai si era avvicinato.
Quando ci provò, tuttavia, non riuscì neanche a mettersi in piedi. - La gamba! -, sbottò con un lamento.
- Brian, devi portarla in braccio...e ci dobbiamo anche sbrigare -, gli dissi, mentre si avvicinava del tutto a me: aiutai allora Willow a circondargli il collo con un braccio, mentre lui la prendeva del tutto in braccio.
Corremmo lungo il corridoio, fino ad arrivare alla porta di casa: ero talmente spaventata e carica di adrenalina in quel momento che avrei potuto fare qualsiasi cosa, ma quella più importante in quel momento era guidare fino all'ospedale. Presi così le chiavi della macchina di Brian, aiutandolo poi a stenderla sui sedili posteriori, prima di andarmi a sedere nel posto del passeggero, passandogli il mazzo così che potesse mettere in moto.
Durante tutto il viaggio io controllai la situazione di Willow, che sembrava peggiorare ogni secondo di più: avevo già visto in passato gente con quei sintomi, era successo persino ad uno dei bambini dell'asilo e ormai avevo imparato che c'era un limite che non si poteva superare, un limite che poteva portare anche alla morte.
Cercai di non pensarci, anzi, scacciai subito quel pensiero, mentre per fortuna entravamo nel grande parcheggio dell'ospedale, ospedale che avevo già frequentato in passato. Scesi così subito dalla macchina, attirando l'attenzione di due infermieri che si precipitarono nella nostra direzione con una barella, pronti per soccorrerci. - Temo che abbia l'appendice infiammata.. -, dissi, mentre li seguivo dentro insieme a Brian, che ormai teneva stretta la mia mano.
L'infermiere di turno, di tutta risposta, le alzò appena la maglia, tastando la parte dove si trovava proprio l'appendice. - E io temo che lei abbia ragione, dobbiamo operarla subito -, dissi, - Voi siete i genitori? -, ci domandò poco dopo.
- No, ma era con noi quando si è sentita male -, risposi io, mentre ormai guardavo la barella mentre veniva portata via, visto che degli altri medici ci avevano appena bloccato la strada, dicendoci che non potevamo entrare.
- Verrà operata d'urgenza e so che come richiesta sarà scontata, ma vi pregherei di andare nella sala d'attesa...appena ci saranno notizie ve lo faremo sapere -, ci disse, sparendo poi oltre la porta a spinta dietro la quale era sparita, poco prima, anche la barella con sopra Willow.
Solo allora mi accorsi di avere gli occhi lucidi, che tentai di asciugare prima che Brian mi vedesse, senza ottimi risultati però. - Vieni qui.. -, sussurrò, come faceva sempre per calmarmi, abbracciandomi poco dopo e tenendomi stretta a se, - Andrà bene, starà bene.. -, aggiunse.
- Ho una paura che non ti immagini -, dissi, quasi in un sussurro.
- Lo so, lo so... -, sussurrò lui, posando le labbra sulla mia fronte, - Andiamo a sederci, non ci resta che aspettare -, aggiunse poco dopo, costringendomi a seguirlo mentre ancora stringeva la mia mano.
Annuii, anche se in maniera impercettibile, seguendo poi il suo consiglio e andando a sedermi con lui su una delle tante sedie della sala d'attesa, sala che mi era fin troppo familiare, solamente che l'ultima volta che c'ero stata ero piuttosto incinta.

In breve tempo avevamo avvertito tutti quanti, soprattutto Thomas, che a sua volta aveva avvertito Dexter.
Quando arrivarono tutti era già passata si e no un'ora e mezza da quando Willow era entrata in sala operatoria e ormai dire che ero preoccupata era decisamente poco. L'unico modo con cui cercavo di calmarmi era tenere in braccio Caroline, continuando a cullarla. - Il medico da cui l'ho portata un paio di giorni fa ha detto che non aveva niente.. -, sbottò Thomas, quasi ringhiando e tirando poco dopo un calcio a una delle sedie, - Maledetti medici -, aggiunse, continuando a passeggiare avanti e indietro.
A quel punto passai la piccola a Brian, alzandomi e andandogli incontro, posando una mano sulla sua spalla. - Thomas, devi calmarti..credimi, essere arrabbiato non serve a niente -, gli consigliai.
- Perché non ci hanno saputo dire niente? -.
- Perché questa è il tipo di cosa che non si può prevedere finché i primi sintomi non compaiono, non é colpa di nessuno.. -, gli dissi, anche se in quel momento doveva risultare piuttosto banale.
Avevo appena finito di parlare che un medico uscì dalla sala: ne erano già usciti due o tre, ma questo volta, grazie al cielo, si avviò verso di noi, togliendosi la mascherina: attese ancora qualche secondo, poi finalmente iniziò a parlare. - L'intervento è andato bene, ma non nascondo che l'avete portata in ospedale appena in tempo, ancora un'ora o poco più e sarebbe stato troppo tardi -, ci informò.
Tirai un lungo sospiro di sollievo, posando il viso sul petto di Brian.
- Possiamo vederla? -, domandò subito Thomas, che per fortuna si era calmato.
- Non ancora, per adesso deve solamente riposare e la manderemo di nuovo a casa solamente tra un paio di giorni -, disse, - Ovviamente potete tornare domani, la troverete sveglissima -, aggiunse.
- Grazie Dottore -, ribatté Brian, così come anche Thomas e gli altri.
Dopo quella piccola disavventura tutto quello che volevo era tornarmene a casa, con il pensiero che però tutto era andato per il meglio, nonostante lo spavento generale.

***

Avete presente quando siete in dormiveglia? Quel momento in cui sei lucido solamente in parte? Beh, era proprio quello che stavo affrontando.
Sicuramente in quel momento ero schiava in un sogno, un sogno tremendamente realistico: non ero più nel mio letto, anzi, vagavo per i corridoi e nessuno mi vedeva, passavo accanto agli infermieri e loro andavano semplicemente avanti. Era una figata, ero invisibile: il sogno segreto della mia vita!
Continuavo a scorrazzare tranquillamente, finché, alla fine del corridoio, intravidi un'altra figura alta, più alta di me ed era un uomo, che mi sorrideva.
Per un momento pensai di tornare indietro, ma per qualche strano motivo cambiai idea: piuttosto mi avvicinai, con aria curiosa. - Non aver paura, non ho intenzione di ucciderti -, disse.
- Ecco, meglio, perché ho già rischiato di morire e non vorrei ripetere l'esperienza -, ammisi, facendo poi una piccola pausa, - Chi sei? -, gli domandai allora, notando che comunque gli infermieri non vedevano neanche lui.
- Questo non posso dirtelo -.
- Perché? -, gli domandai.
- Perché puoi capirlo anche da sola -, ribatté, poco prima di fare un cenno allo specchio alla mia destra, quello che non avevo notato per niente, anche se ero ferma in quel punto del corridoio ormai da un po'.
Mi voltai allora piano, senza fare più neanche caso agli infermieri che mi passavano accanto, guardando il mio riflesso: quando lui si affiancò a me non mi spaventai, anzi, ero stranamente tranquilla. - Guarda bene -, mi consigliò solamente, restando in piedi accanto a me.
Solo dopo quelle parole mi misi ad esaminare più attentamente non più solo il mio viso, che stava cominciando a riprendere colore dopo l'operazione, ma anche il suo, cogliendo quei tratti che erano così simili ai miei, quasi identici. - Tu sei.. -, fu tutto quello che riuscii a dire.
Lui mi sorrise lateralmente, annuendo poco dopo. - Assomigli molto a tua madre -, disse.
- Assomiglio molto anche a te -, sussurrai, nonostante il groppo alla gola.
- E' vero... -, ribatté, - Il carattere è decisamente il mio, su questo non c'è dubbio -, aggiunse.
- Davvero? -, gli domandai.
Okay, sogno o meno, quello era mio padre, tanto valeva rimanere addormentata...se davvero lo ero.
- Già -, rispose, allontanandosi poi a poco a poco dallo specchio, così che non potessi più vederlo specchiato, - E quel Thomas mi piace, sai? -, aggiunse.
- Davvero? -, ripetei, sorridendo, con gli occhi ormai lucidi.
Lui si strinse nelle spalle. - Sì, è un tipo apposto...in quanto tuo padre dovevo dirtelo -, disse, - Oh e..mi farebbe piacere se prendessi il mio cognome -, aggiunse, continuando ad indietreggiare.
Provai a seguirlo, ma lui mi fece segno di rimanere ferma e così io feci, nonostante desiderassi il contrario. - Non so se Brian.. -, cominciai.
Lui m'interruppe. - Brian sarà d'accordo, credimi -, mi assicurò, - Quindi prendilo pure, Willow Sullivan suona benissimo -, aggiunse.
- Sullivan è un bellissimo cognome.. -, sussurrai, ormai sulla soglia del pianto, - Ma la mamma diceva che Drablow era più elegante.. -, aggiunsi, lasciandomi scappare una risatina sommessa.
- Lo è, lo è... -, sussurrò, - Ma non nascondo che mi piacerebbe vedere il mio cognome accanto al tuo nome -, ripeté, indietreggiando del tutto, - E ora mi dispiace, ma il mio tempo è finito -.
- Dove vai? -, gli domandai, restando comunque ferma al mio posto, come se fossi bloccata, come se lui mi avesse bloccato.
- Dove potrò proteggerti finché non saremo di nuovo tutti insieme -, rispose, svanendo poi del tutto dalla mia visuale.
Solo allora riuscii di nuovo a muovermi, lasciandomi allora cadere per terra, dove mi sedetti e rimasi...finché non mi svegliai di nuovo nel mio letto. 

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Capitolo 72
*** Perché adesso? ***


I giorni successivi all'operazione non furono poi tanto pesanti, se non fosse stato per gli esami: quelli si che li odiavo, e con tutta me stessa anche. Il problema era che continuavo a pensare in continuazione al mio "sogno", tanto che sentivo il bisogno di parlarne con qualcuno.
Me ne stavo tranquillamente sdraiata nel mio letto, nella mia stanza, quando all'improvviso entrò Thomas, con in mano un sacchetto del bar. - Buongiorno.. -, mi salutò, chiudendosi poi la porta alle spalle.
- 'Giorno.. -, risposi io, ancora con aria assonnata, - Quella è la mia colazione? -, gli domandai, sorridendogli.
Lui guardò il sacchetto, poi di nuovo me e solo allora ricambiò del tutto il mio sorriso. - Sì, visto, per una mattina l'ho ricordata -, disse allora.
Ridacchiai subito, facendogli poi cenno di avvicinarsi. - Sto morendo di fame -, ammisi.
- Beh, ci credo, dopo aver visto quello che ti danno da mangiare qui dentro -, disse, sedendosi sulla sedia accanto al letto e porgendomi così la bustina.
La presi subito, aprendola e sentendo il profumo che emanava. - Mhh, cannella -, sussurrai, tirando poi fuori il cornetto, - Cornetto alla cannella, il mio preferito -, aggiunsi.
- Ricordati sempre che prima di essere la mia ragazza eri la mia migliore amica -, disse lui.
Diedi un piccolo morso al cornetto, sorridendogli poco dopo. - Perché? Non sono ancora la tua migliore amica? -, gli domandai.
- Lo sei, sì, ma sei anche la mia ragazza -, chiarì.
- Sì, quello sempre -, risposi, allungandomi per baciarlo.
Sorrise contro le mie labbra, prima di accarezzarmi il viso come faceva sempre. - E ora mangia la tua colazione, ho dovuto litigare con una signora per avere quel cornetto -, mi disse, facendomi ridere.
- Agli ordini -, risposi, cominciando così a mangiare, senza fiatare ancora.
Tuttavia, per quanto restassi in silenzio, sapevo di dovergli dire una cosa: non perché fossi obbligata, ma semplicemente perché avevo bisogno di parlarne con qualcuno, e lui era e sarebbe stata sempre la persona più adatta. - E devo anche dirti una cosa.. -, sussurrai allora, lasciando per un momento da parte la mia colazione.
- Cosa? -, mi domandò.
- Niente di terrificante o preoccupante, tranquillo -, chiarii subito, - ..però..l'altra sera ho sognato mio padre -, aggiunsi, in un sussurro, - Ed era un sogno tremendamente realistico -, dissi anche, infine.
- Che intendi per “tremendamente realistico”? -, chiese.
- Intendo...”tremendamente realistico” -, risposi, scuotendo impercettibilmente il capo, - Era come se fosse davvero lì con me, contando che mi sono sognata mentre vagavo per i corridoi dell'ospedale...oh! Ed ero anche invisibile! -, aggiunsi, accennandogli il dettaglio più divertente di tutta quella situazione che si era scatenata nella mia testa.
Lui rise. - Beh, hai sempre desiderato esserlo, quindi come cosa quadra -, mi ricordò.
Annuii. - Già.. -, sussurrai, cercando di pensare a qualcos'altro e ricordandomi solo allora un altro piccolo particolare, che per poco non mi era sfuggito, - ..e ad un certo punto lui mi ha detto che gli sarebbe piaciuto se avessi preso il suo cognome -, aggiunsi, prima che potesse parlare lui.
- Sullivan, quindi, giusto? -.
- Sì..Sullivan.. -, risposi, - Willow Sullivan -, aggiunsi.
- Non suona male -, ammise.
- Trovi? -, gli domandai.
- Già...e sai, in fondo quel cognome è tuo di diritto, dal momento che hai anche il certificato di nascita che lo prova -, mi disse.
- E' vero...hai ragione -, dissi, stendendomi di nuovo meglio sul letto, appoggiando comodamente la testa al cuscino, - ..prima di quel sogno mi sembrava strana anche solo l'idea di prendere quel cognome -, ammisi, tornando a guardarlo.
- E perché mai? -.
- Non lo so -, risposi, - Non lo so proprio -, fu tutto quello che dissi.
- Beh, era comunque tuo padre, tu sai che era così e ormai sia Amy, che Brian, che tutti gli altri si fidano di te, hai conquistato la loro fiducia, perché sai di essere stata sincera in tutto e per tutto -, mi ricordò.
Annuii nuovamente. - Hai ragione...di nuovo -, gli dissi.
- Ti sei scelta un ragazzo intelligente, che ci vuoi fare? -.
- Sono stata fortunata -, ammisi.
- Forse un pochino, sì -, rispose.
Risi divertita e poco dopo anche lui lo fece, seguendomi a ruota.
Ad interrompere quel piccolo momento di tranquillità fu, come al solito, l'infermiera di turno, che mi rapì per l'ennesima volta per altri esami, prima della dimissione che sarebbe avvenuta quello stesso giorno.
Mi apprestai così a salutare Thomas, ricordandogli che ci saremmo visti di nuovo non appena avessi finito quei stramaledetti esami, poi semplicemente seguii la donna di mezza età che mi aveva scortato anche i giorni precedenti.


***

Dexter ci aveva fatto avere il numero della nonna di Willow, dal momento che doveva comunque essere avvertita di quello che era successo a sua nipote, dal momento che era lei la tutrice legale.
All'inizio era stato strano, ma alla fine darle quella piccola notizia non fu tanto difficile, saltando la parte in cui dovetti calmarla, dal momento che era stata presa da un attacco di ansia in piena regola.
Nonostante l'avessimo avvertita lo stesso giorno dell'incidente, proprio come tutti, farla arrivare da Portland non fu facile, dal momento che i voli non erano proprio dalla nostra parte.
L'unico sarebbe atterrato solamente alle 13.00, in tempo per le dimissioni di Willow.
La sera precedente, tuttavia, avevo fatto le ore piccole, soprattutto perché ero ancora molto preoccupata per Willow, nonostante sapessi che comunque tutto era andato bene.
Aprii piano gli occhi, puntandoli subito verso la sveglia alla mia destra: segnava le 10.52.
Per la seconda volta nella mia vita avevo dormito fino a “tardi”, solo che mi meravigliai quando vidi che accanto a me non c'era nessuno: per quello che ne sapevo poteva anche essere di sotto a fare colazione, insieme alla piccola magari, ma il biglietto che trovai poco dopo sul comodino diceva altro.
Sì, per la seconda volta ho preferito lasciarti dormire, così noi siamo andati in ospedale con Matt, chiamami non appena ti svegli, siamo qui ad aspettarti, ti amo”.
Sorrisi tra me e me, posando di nuovo il biglietto sul comodino, prima di stiracchiarmi come si doveva, rotolandomi per qualche secondo tra il lenzuolo.
Quando mi alzai andai subito in bagno, dove mi sciacquai più volte il viso: non vedevo l'ora di raggiungere tutti in ospedale, per questo feci tutto un po' di fretta, dal vestirmi alla colazione.
All'inizio odiavo quando Brian mi lasciava dormire, invece di svegliarmi, ma alla fine avevo imparato ad apprezzarlo, soprattutto quando facevo le ore piccole a causa dell'ansia e non era di certo la prima volta che mi capitava.
Scesi le scale a due a due, arrivando alla fine al piano di sotto, dove cercai le chiavi della macchina, con cui Caroline giocava sempre e che, spesso e volentieri, faceva finire da qualche parte chissà dove. Per fortuna le trovai poco dopo, sotto il divano, non troppo lontane per arrivarci senza spostare il divano, per lo meno.
Saltellai così fino alla porta, ancora più impaziente di prima, infilando in tasca le chiavi di casa e uscendo lungo il vialetto, fino alla macchina.
Tirai fuori il cellulare della tasca e così composi il numero di Brian, che rispose al secondo squillo. - Buongiorno -, disse, con voce allegra.
- 'Giorno a te -, risposi, con un sorriso sulle labbra.
- Dormito bene? -, mi domandò.
- Sì, benissimo e sto venendo ora in ospedale, sarò li tra poco, okay? -, dissi, mordendomi lievemente il labbro inferiore.
- D'accordo, ti aspettiamo -, disse, - Ti amo -, aggiunse poco dopo.
- Ti amo anch'io -, ribattei, chiudendo poco dopo la telefonata.
Stranamente avevo ancora sonno, per questo, lungo il tragitto, mi fermai al solito bar, dove mi presi un bel caffé, di cui avevo sinceramente bisogno in quel momento: ne bevvi una lunga sorsata mentre risalivo il macchina, e lo finii solamente mentre guidavo, dal momento che ero bloccata al semaforo, rosso da quasi 5 minuti.
Sbadigliai sonoramente, lasciando poi da parte il cartone in cui era contenuto fino a poco prima quella bevanda che, un minimo, mi aveva svegliato dal mio torpore mattutino.
Ero vicina all'ospedale, vicinissima, dal momento che superato quel semaforo la strafa sarebbe stata completamente dritta: controllai ancora una volta il semaforo, sempre rosso e lo fissai, finché finalmente non scattò.
Accelerai così nuovamente, facendo per svoltare, nella direzione giusta: fu un attimo, un improvviso attimo. Un impatto, che scaraventò me e la macchina lontano, verso destra, facendomi battere violentemente la testa. Avevo la vista offuscata, non capivo cosa stesse succedendo e poi fu semplicemente tutto nero. Tutto quello che avevo avuto, era scomparso.


***

- Come mai Amy non è ancora arrivata? -, mi domandò Valary, mentre ce ne stavamo ad aspettare nella sala d'attesa, io con in braccio Caroline.
- Non lo so, in verità, mi ha chiamato venti minuti fa dicendomi che stava arrivando.. -, risposi, cominciando solo allora a preoccuparmi un po'.
- Allora starà arrivando, su, dammi la piccola e va a fare colazione, sento il tuo stomaco che brontola da dieci minuti buoni -, mi disse, tenendo le mani verso di me.
Sorrisi. - Sì, effettivamente ho fame -, ammisi, passandogliela, - Ragazzi, voi volete qualcosa? -, domandai un po' a tutti, alzandomi dalla mia sedia.
Un coro di no ne seguì. - D'accordo, allora andrò a mangiare solo io -, dissi, incamminandomi verso le scale, che scesi velocemente.
Il bar era proprio al piano di sotto: magari sarei potuto rimanere lì ad aspettare Amy.
Andai così a mettermi in fila per prendermi qualcosa da mangiare, quando un grande baccano attirò la mia attenzione: mi voltai così nella direzione da cui provenivano quei continui rumori, riuscendo ad individuare una barella che veniva portata dentro.
In un altro caso non mi sarei preoccupato, ma comunque allungai il collo e non so in che modo riuscii a rimanere in piedi quando vidi chi c'era su quella barella.
Cominciai così a correre in quella direzione, spintonando parecchio persone, quando invece venni fermato da un infermiere. - Mi dispiace, nessuno può entrare -, mi disse, continuando a tenermi.
- Quella è mia moglie! -, urlai, - Che diavolo le è successo?! -, domandai, mentre la facevano sparire in una sala.
- Incidente d'auto, un pazzo l'ha travolta -, rispose, tenendomi ancora fermo, - La stanno portando ora in sala operatoria, ma per un incidente del genere è stata anche piuttosto fortunata -, aggiunse.
- Che cosa intende?! -, sbottai, smettendo di divincolarmi.
Sapevo che non mi avrebbero mai fatto passare.
- Ha una commozione celebrale e un paio di fratture, riferirò al medico di turno che è suo marito, così sarà il primo a sapere -, mi assicurò, lasciandomi poi andare e scomparendo a sua volta nella sala, oltre la porta a spinta.
Per non so quanto cercai di metabolizzare quello che avevo appena visto, ma nonostante tutto non ci riuscivo proprio: cominciai a chiedere ad ogni medico o infermiere se sapessero qualcosa di più, ma nessuno mi dava una risposta vera e concreta.
Non riuscivo a togliermi dalla testa l'immagine di Amy, stesa su quella barella, con una mascherina per l'ossigeno sulla bocca: non mi sarei calmato finché non me l'avessero fatta vedere.
- Brian, allora? Ti sei perso? -, mi domandò Zacky, arrivando alle mie spalle.
Mi voltai subito a guardarlo, ritrovandomi a guardare in faccia uno dei miei migliori amici, con le lacrime agli occhi. - Brian, che diavolo succede? -, mi domandò.
- Amy ha avuto un incidente -, dissi, senza troppi peli sulla lingua, - E l'hanno portata ora in sala operatoria -, aggiunsi, con voce strozzata.
- Che cosa?! -, mi domandò, guardando poi a sua volta verso la sala dove è sparita la barella.
- L'infermiere ha detto che ha una commozione celebrale e un paio di fratture, ma che per un incidente del genere è stata fortunata -, continuai, rispondendo quasi per niente a quella sua domanda.
Lui, senza ribattere nient'altro, mi abbracciò. - Dio mio...devi tranquillizzarti, andrà bene, okay? -.
- Perché tutto ora? Prima Willow, adesso Amy?! -, domandai, anche se sapevo che lui non aveva una risposta, nessuno ce l'aveva.
- Non lo so, non lo so, ma l'importante è che quell'infermiere ti ha detto che è stata fortunata, okay? Sta bene, sai meglio di me quanto è forte quella donna! -, mi ricordò.
Lo strinsi ancora per qualche secondo, cercando di smetterla di piangere.
Non era possibile, non ci credevo.

***

- Che diavolo è successo a Amy? -, mi domandò Helena, mentre mi correva praticamente incontro.
- Ha avuto un'incidente, ma l'ho protetta -, risposi, senza staccare gli occhi dalla fontana, dal momento che stavo controllando quello che succedeva di sotto, - Quassù non ci salirà prima dei 90 anni -, aggiunsi.
- Che vuol dire l'hai protetta? -, mi domandò, - Sei intervenuto? -.
- Che altro potevo fare? Lasciarla morire? -, le domandai.
- Non ti sto rimproverando -, mi rassicurò.
Sospirai. - Lo so, scusa...è..è la tensione, sono ancora scosso -, mi giustificai, - Ancora qualche secondo e non sarei potuto intervenire, non avrei fatto in tempo.. -, aggiunsi.
- Ma ci sei riusciti, questo è l'importante! -, sussurrò, - Come sta ora? -.
- E' uscita da poco dalla sala operatoria e i pensieri del dottore che l'ha curata sono buoni e positivi, soprattutto -, dissi, sentendomi decisamente meglio.
- Allora non c'è da preoccuparsi, si rimetterà presto -.
- Spero che i medici non facciano domande.. -, dissi, poco dopo.
- Che vuoi dire? -, mi domandò, sedendosi accanto a me.
- Beh, scampare da una morte sicura non è una cosa da tutti i giorni -, le spiegai.
- Ringrazia che c'è ancora gente che crede nei miracoli -, mi disse, sorridendomi, - E sono sicura che Brian ti sta già ringraziando -.
- Oh, l'ha già fatto, parecchie volte -, le assicurai, - Lui sa meglio di chiunque altro che sono qui per badare a lui, alla sua famiglia e agli altri, non permetterò che si facciano del male e anche se sarà una lavoraccio..eviterò qualunque altra cosa brutta -, le assicurai.
- E io ti darò una mano, sono brava con queste cose, ricordi? -.
- Sì, è vero, saremmo un'ottima squadra -, le dissi.
- Oh, certo che lo saremmo, avevi dubbi? -.
Alzai le mani in segno di resa. - Mai avuti -, ribattei.
Come al solito Helena era riuscita a distrarmi, cosa che neanche da vivo gli altri riuscivano a fare tanto facilmente: le mie preoccupazioni c'erano sempre, ma erano attenuate quando parlavo con lei ed era una cosa che avevo sempre apprezzato.
Più tardi tornai comunque a controllare la situazione e, come al solito, una complicanza c'era stata, ma per me era stato impossibile prevederla.

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Capitolo 73
*** Together, as always. ***


- Signor Haner? -, mi sentii chiamare e, in un primo momento, pensai di stare solo sognando, - Signor Haner? -, sentii di nuovo e, a quel punto, aprii gli occhi.
Mi rizzai a sedere meglio neanche fossi una molla, guardando così il medico che avevo davanti. - Sì..si mi dica -, sussurrai.
- Mi dispiace, ma devo chiederle di andarsene, l'orario delle visite è finito già da un po' -, mi disse.
- Lo so..mi ero addormentato -, ammisi, nonostante sapessi che l'avevo visto con i suoi occhi, voltandomi di nuovo a guardare Amy, stesa sul letto, durante quello che sembrava solamente un normale sonno. Era il coma in cui era caduta, invece, che la faceva dormire in quel modo e non passava secondo in cui io non ci pensassi.
- Lo so che non dev'essere facile allontanarsi da sua moglie, ma può tornare domani, le assicuro che sarà ancora qui.. -, disse, con tono simpatico, cercando probabilmente di tirarmi su il morale.
Sorrisi, scuotendo poi il capo. - Sì, lo so.. -, sussurrai, in un primo momento, - Si sveglierà, vero? -, domandai poco dopo.
- Si, pensiamo di sì -, rispose.
- Pensate? -, domandai.
- Niente è sicuro quando si tratta di coma, non si sa mai neanche quanto potrebbe durare -, ammise.
- Si, lo so.. -, sospirai, alzandomi poi dalla sedia dove ero seduto, - La ringrazio comunque -, aggiunsi.
- Non c'è di che -, ribatté, seguendomi poi con lo sguardo mentre uscivo dalla camera.
Mentre camminavo lungo il corridoio, istintivamente, ripensai a quella giornata assurda appena passata: gli altri se n'erano già andati da un pezzo, dal momento che erano quasi le 21.00, sotto mia richiesta. Willow poi era stata dimessa quello stesso giorno e dopo essere venuta a conoscenza dell'incidente di Amy e delle sue condizioni era letteralmente crollata, cominciando a piangermi su una spalla.
Avevo cercato di consolarla, di consolare tutti quanti, ma non ero mai stato molto bravo con quelle cose e loro lo sapevano: così alla fine avevo consigliato a tutti di tornare a casa, anche se sapevo che si sarebbero rifiutati.
Avevo poi affidato Caroline Matt e Valary, che in quel momento mi stavano aspettando a casa. Ero stato in ospedale per ore e ormai era tempo di tornare a casa, nonostante fossi ancora riluttante all'idea di lasciare Amy sola.
Scesi fino al piano terra, prendendo le scale invece che l'ascensore e, mentre camminavo, un pensiero solo continuava a tormentarmi, senza darmi un'apparente tregua: era colpa mia. Io l'avevo fatta venire da sola, perché se fosse venuta con noi ora non sarebbe stata in coma in un letto d'ospedale.
Tutta colpa mia.
Mi imposi di non piangere di nuovo, uscendo allora nel grande parcheggio dell'ospedale di Huntington, muovendomi verso la mia macchina.
Quando arrivai a casa, parcheggiando sul vialetto, notai che la macchina di Matt era ancora li, così non persi tempo per entrare.
Non feci in tempo ad infilare la chiave nella toppa che la porta si aprì, mostrandomi Valary. - Scusate l'orario -, dissi, entrando poi in casa.
- Lei come sta? -, mi chiese, mentre posavo le chiavi di casa nel solito piattino.
- Come quando siete andati via, le sue condizioni sono stabili -, risposi, avvicinandomi poi al lettino dove Caroline dormiva.
- Sicuro di voler rimanere da solo, -, mi domandò Matt.
Annuii, prendendo poi la piccola in braccio. - Si, ce la faccio -, risposi, voltandomi di nuovo a guardarli, - Se avrò bisogno di qualcosa sarete i primi a saperlo -, aggiunsi, accennando un piccolo sorriso.
- Va bene -, confermò Matt, dandomi poi una piccola pacca sulla spalla.
- Ci vediamo domani in ospedale -, disse invece Valary, seguendo poi il marito verso la porta.
- Certo, a domani -, ribattei, guardandoli poi infine mentre richiudevano la porta, lasciandomi definitivamente solo.
Fu allora che Caroline si mosse, alzando il visino a forma di cuore dalla mia spalla, guardandomi per qualche secondo con aria spaesata. - Hey, amore.. -, sussurrai, prendendo a cullarla di nuovo, sperando che non si mettesse a piangere, - Tranquilla, va tutto bene.. -, aggiunsi, - ..va tutto bene -, ripetei, nonostante stessi praticamente già singhiozzando.
Allora la sentii di nuovo allontanarsi dalla mia spalla, guardandomi questa volta con gli occhi decisamente più aperti di prima, rivolgendomi un piccolo sorriso e posando la sua manina sulla mia guancia: era assurdo, sembrava quasi che mi stesse incoraggiando a non piangere di nuovo. Mi stupivo sempre di quei suoi piccoli gesti, dal momento che era una bambina di soli 7 mesi, ma del resto, era figlia mia e di Amy ed ero sicuro che sarebbe stata precoce in tutto, era più intelligente di quello che avevamo sempre pensato.
- E' vero...andrà bene -, mi ritrovai a sussurrare, posandole allora un bacio sulla fronte, mentre lei sbadigliava sonoramente, di sicuro ancora stanchissima, - Va bene, andiamo a dormire, ti va? -, sussurrai ancora, incamminandomi di nuovo verso le scale, lasciandole posare di nuovo il visino sulla spalla.
Una volta arrivato in camera la stesi sul letto, dal momento che era già di nuovo profondamente addormentata, andando nella sua cameretta e trascinando il suo lettino di nuovo fino alla camera: se dovevo dormire, volevo che mia figlia fosse accanto a me, soprattutto quella notte e per tutte le notti, finché Amy non fosse tornata da me, da noi.
Ora ero fermamente convinto di quella cosa, ora sapevo che presto si sarebbe svegliata e che un giorno avremmo pensato a quel brutto incidente solo com un vecchio ricordo, un vecchio e insignificante ricordo.
Presi poco dopo la piccola dal letto e così la riposi nel suo, non prima di averlo scoperto: sollevai poi nuovamente il lenzuolino fin sopra le spalle, stendendomi poco dopo a mia volta su letto, senza neanche preoccuparmi di mettermi qualcosa di più comodo.
Nonostante il mio sonnellino in ospedale, ero ancora parecchio stanco, per questo mi addormentai quasi subito, girandomi e rigirandomi da un fianco all'altro.


***

Il viaggio per tornare a casa nostra da quella di Brian era sempre stato corto, ma in quel momento, con quel silenzio assordante che riempiva la macchina, sembrava stare durando un'eternità. Istintivamente, allungai la mano e presi quella di Valary, attirando così anche la sua attenzione. - Hey, Terra chiama Valary.. -, sussurrai, facendola voltare del tutto verso di me.
- Sì, ci sono.. -, ribatté, stringendo a sua volta la mia mano, - Stavo pensando -, aggiunse.
- Lo so, anch'io -, dissi.
- Pensi che andrà tutto bene? -, mi domandò improvvisamente, - Pensi che si sveglierà, vero? -.
Continuai a guardare davanti a me, parcheggiando poco dopo nel vialetto, dal momento che finalmente eravamo arrivati a destinazione. - Certo che lo penso, ho scacciato qualsiasi pensiero negativo da quando ha avuto quel maledetto incidente -, risposi allora, scendendo dalla macchina in simbiosi con lei.
- Sì, anch'io -, concordò, chiudendosi poi la portiera alle spalle, con un tonfo.
Teneva entrambe le braccia ben strette al petto, quasi avesse freddo: ma quella sera faceva decisamente troppo caldo. Mi avvicinai così velocemente a lei, bloccandola prima che potesse raggiungere la porta e abbracciandola, tenendola ben stretta a me. - Sono sicuro che andrà tutto bene, vogliamo scommettere? -, sussurrai, accennando una piccola risata.
Lei ricambiò subito il mio abbraccio, posando il viso sul mio petto. - E scommettiamo -, concordò, ridacchiando sommessamente a sua volta.
Solo allora mi allontanai, prendendole il viso tra le mani e allungandomi fino alle sue labbra, per baciarla dolcemente. - Dobbiamo solamente aspettare -, sussurrai poi.
- E stare vicino a Brian e a Caroline -, aggiunse lei.
- Sì, ed è quello che faremo, saremo uniti come sempre -, chiarii, - E ora entriamo, d'accordo? -.
- Sì, d'accordo.. -, sussurrò di rimando, seguendomi poi verso la porta, che aprii poco dopo.
Mi sentivo talmente stanco che, nonostante non fosse poi così tardi, sapevo che sarei crollato a dormire, come sapevo anche che per Valary era lo stesso: fece appena in tempo a mettersi un paio di pantaloni del pigiama che crollò a dormire sul divano, tra le mie braccia.
Non mi mossi di un centimetro, per evitare di svegliarla, prendendo però ad accarezzarle piano i capelli, mentre pensavo, pensavo e pensavo: la mia migliore amica era in un letto d'ospedale in coma, dopo che un pazzo l'aveva travolta insieme alla sua macchina. Quello era il resoconto della giornata, ma solo in quel momento mi rendevo davvero conto di tutto quanto e fu allora che mi sentii davvero uno schifo.
Non osavo immaginare come stesse Brian in quel momento, anche perché non ci voleva un genio per arrivarci: in questo tipo di situazioni ti senti sempre un po' inutile, ed era così che mi stavo sentendo io in quel momento, per davvero, e tutto quello che potevo fare era stare accanto al mio migliore amico e alla mia nipotina acquisita.

***

Era la seconda volta ufficiale che scendevo al piano di sotto: alla fine gli Anziani avevano capito che ne avevo bisogno e avevano acconsentito, purché non lo facessi molto spesso, a meno che la situazione non fosse davvero importante.
E ora lo era, lo era eccome.
Mi trasportai direttamente nella camera d'ospedale di Amy anche se, dato che nessuno poteva vedermi, sarei anche potuto entrare dalla porta principale: ero un fantasma no? Ormai potevo fare quello che volevo senza essere visto, ma trasportarsi direttamente era decisamente più facile e ci voleva meno tempo.
Dopo un primo momento di confusione strizzai gli occhi, come se mi fossi appena svegliato, cominciando ad avvicinarmi al suo letto, dove era sdraiata e profondamente addormentata: accanto a lei c'era una sedia, la stessa su cui era stato seduto Brian quando era andato a trovarla per farle compagnia, così decisi di sedermi, perché sapevo che sarei stato li per parecchio tempo.
Il non poter toccare la gente mi dava il nervoso, ma avevo imparato che se desideravo davvero una cosa questa succedeva: non sapevo se fosse una cosa normale o se riuscissi a farla solo io, ma intanto potevo, e la cosa mi bastava decisamente. Allungai così la mano verso la sua, prendendo un respiro profondo prima di posarcela sopra: non nascosi un sorriso quando riuscii a toccarla, perché in quel momento era tutto quello che volevo.
- Ti sveglierai presto, so che è così -, sussurrai, - Sei sempre riuscita a superare ogni tipo di ostacolo, e supererai anche questo -, aggiunsi poco dopo, lasciandomi scappare un sorriso.
Porta poi la mia mano ad accarezzarle il viso, cosa che una volta potevo fare sul serio: potevo farlo e lei poteva sentirmi, quella era la sensazione più bella. Ed era bello anche vederla sorridere delle mie battute stupide: ma ora non ero più io a farla ridere, era Brian, il mio migliore amico che era riuscito a donarle tutto se stesso pur di farla felice.
Tutto era cambiato così velocemente che quasi non me n'ero accorto, ma se loro erano felici lo ero anch'io, lo sarei sempre stato.
- Ti meritavi tutto questo, hai sempre meritato il meglio...perché sei sempre stata migliore di tutti noi -, dissi poco dopo, notando allora un piccolo segno, notando allora che i suoi occhi si era mossi, come quando si sta sognando.
Allontanai così velocemente la mano, quasi spaventato, alzandomi addirittura dalla sedia: possibile che mi avesse sentito? No, no non era possibile, ma che andavo pensando? Ero un fantasma e i fantasmi non possono comunicare in nessun modo con i vivi, o sbaglio?
- Forse è meglio andare -, mi consigliò una voce, appena dietro di me.
Mi voltai subito. - Tu che ci fai qui? -, le domandai.
- Sono venuta a recuperarti -, rispose, avvicinandosi poi a me e al letto di Amy.
- Ma sono appena arrivato -, ribattei.
- Così mi hanno ordinato -, chiarì.
Sospirai. - Non è giusto, non ho fatto niente! -.
- A te sembra niente, ma per loro non lo è -, disse, indicando Amy, - E tu lo sai meglio di chiunque altro -, aggiunse poco dopo.
In un primo momento feci per dire qualcosa, ma mi bloccai di nuovo, lasciandomi andare ancora una volta sulla sedia. - Voglio solo starle accanto.. -, sussurrai.
- Lo so.. -, sussurrò a sua volta, posando una mano sulla mia spalla, - Ma lei non è sola, e se davvero vuoi starle accanto, devi evitare di fare questo tipo di cose -, mi suggerì.
- Non l'ho fatto apposta -, ribattei nuovamente.
- Lo so, te lo sto solamente ricordando -, rispose.
Sospirai nuovamente. - D'accordo, allora andiamo..prima che cambi idea -, acconsentii.
- Potrai tornare -, mi assicurò, non appena la raggiunsi.
- Te l'hanno detto gli Anziani? -, le domandai.
- Meglio.. -, sussurrò, voltandosi poi a guardarmi, - Me l'hanno promesso -, disse poco dopo, mentre tornavamo nell'unico luogo che apparteneva ad entrambi. 

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Capitolo 74
*** Trauma. ***


Erano passate due settimane ormai e in Amy non c'era il minimo miglioramento: sapevo di non dover perdere la speranza così facilmente, ma a volte era davvero difficile continuare ad essere forte.
Entrai come al solito nella sua camera, avvicinandomi fin da subito al comodino, dove si trovavano i fiori che ormai, nonostante l'acqua, avevano preso ad appassire: li tolsi così dal vaso, sostituendoli con quelli che le avevo comprato, i suoi preferiti.
Più tardi anche gli altri sarebbero arrivati, mia madre con Mckenna e papà compresi, e con loro anche Caroline, che avevo preferito restasse con loro.
Mi sedetti come al solito sulla sedia accanto al suo letto, allungando la mano fino a stringere la sua: quella notte non avevo dormito molto, forse non avevo dormito affatto. Mi ero illuso che presto avrei smesso di preoccuparmi, ma ovviamente non era stato così.
Quel periodo si stava rivelando orribile, peggio di quello che avevo immaginato e mi mancava mia moglie, soprattutto mi mancava mia moglie.
Mi passai una mano sul viso, con aria stanca, in tempo per vedere Matt entrare in stanza. - Hey, da quanto sei qui? -, mi domandò, raggiungendo poi a sua volta il letto.
- Dieci minuti, credo -, risposi allora, - Comunque non da molto -, aggiunsi, poco dopo.
- Come sta? -, mi domandò poco dopo, come se davvero io potessi dargli una risposta adeguata, mettendosi poi seduto su un'altra sedia che si trovava nella stanza.
Mi strinsi nelle spalle. - Bene, o almeno il medico che si sta prendendo cura di lei dice così -, risposi.
- E tu invece? -.
Mi strinsi nelle spalle, come ormai da un po facevo spesso. - Sto bene, aspetto solo che si svegli -, fu la mia unica risposta.
- Almeno hai dormito? -, mi domandò poco dopo, con aria preoccupata.
Anche se mentivo, le mie occhiaie parlavano per me. - Poco in realtà -, dissi, trattenendo uno sbadiglio, sospirando piuttosto.
- Beh, Valary è giù con le altre a prendere dei caffè, saliranno tra poco -, mi disse, - Ci sono anche i tuoi -, aggiunse.
- Vado a dare una mano, così prendo anche Caroline -, lo avvertii, alzandomi poi dalla sedia.
- Vuoi che venga con te? -, mi chiese.
Scossi il capo, avviandomi poi verso la porta. - No, resta qui, ce la faccio -, risposi, aprendo poi la porta e richiudendomela poco dopo alle spalle.
Non appena uscii presi un respiro profondo, andando poi velocemente verso le scale, che scesi a due a due, raggiungendo in poco tempo il piano inferiore: il bar era proprio lì, anche se andarci di nuovo non mi rendeva proprio felice.
Mi accesi comunque in un sorriso non appena vidi Caroline in braccio a mia madre, allungando allora il passo. - Avete trattato bene mia figlia? -, le domandai, cogliendola di sorpresa.
Lei si voltò immediatamente e così anche la piccola, che si protese subito verso di me. - Brian, eccoti -, sussurrò.
- Si, ero di sopra -, risposi, prendendola poi dalle sue braccia, dandole un piccolo bacio sulla fronte.
- I medici hanno detto qualcosa di nuovo? -, mi domandò Mckenna.
Portai lo sguardo su di lei, scuotendo poi il capo. - No, niente di nuovo, sono due settimane che non ci dicono niente -, risposi, con aria parecchio frustrata.
Mia madre posò una mano sulla mia spalla, guardandomi con aria preoccupata, quanto la mia. - Tornerà da te, questo è poco ma sicuro -, mi disse allora, come avevano fatto quasi tutti ormai.
- Sì, è vero -, concordò Valary, arrivando al nostro fianco, - Si sveglierà -, aggiunse.
Strinsi maggiormente a me Caroline, che come al solito posò il viso sulla mia spalla, - Lo so, ci credo, andrà tutto bene -, concordai, prendendo a cullare un po' la piccola, - Ha dormito stanotte? -, chiesi poi a mia madre.
Lei annuì - Si, come un ghiro, e a mangiato agli orari giusti -, rispose.
- Bene, speriamo che dorma anche questo pomeriggio, così lo farà anche stanotte -, dissi.
- Se vuoi possiamo tenerla di nuovo noi -, propose mia sorella.
Io scossi lievemente il capo. - No, la tengo io, non c'è nessun problema -, risposi, - Voi cominciate ad andare di sopra, io resto un po' qui con lei, d'accordo? -, domandai, un po' a tutti.
Loro annuirono, anche se sembravano un po' riluttanti all'idea di lasciarmi andare. - Tranquilli, sto un po' qui, prendo un boccata d'aria e poi vi raggiungo -, aggiunsi, poco dopo, notando le loro facce.
- Vuoi che prenda Caroline? -, mi domandò Lacey, avvicinandosi.
Scossi nuovamente il capo. - No, voglio tenerla un po' io -, risposi, - In fondo è stata da mia madre un paio di giorni, mi è mancata mia figlia, sapete? -, aggiunsi, accennando un piccolo sorriso che alla fine convinse tutti.
Li guardai così poco dopo incamminarsi su per le scale, insieme ai caffé che erano rimasti li appositamente per prendere. Io, piuttosto, mi incamminai lungo il corridoio, notando che la piccola aveva un'aria stranamente allegra. - Ti ha trattato bene la nonna, sì? -, le domandai, posandole un altro piccolo bacio sulla fronte.
Lei di tutta risposta sollevò il capo verso il mio, guardandomi con i suoi occhioni grigio verdi, ancora non ben definiti a causa dei pochi mesi che aveva, sorridendomi. - D'accordo, lo prendo come un sì -, aggiunsi poco dopo, continuando a camminare, prima di fermarsi e di sedermi su una delle sedie nella sala d'attesa.
Salutai di tanto in tanto qualche medico che mi passava davanti, dal momento che ormai ne conoscevo la maggior parte: ero stato li praticamente tutti i giorni, a parte quando dovevo per forza tornare a casa, anche per Caroline. Io potevo restare li tranquillamente, ma lei aveva bisogno di dormire e mangiare ai suoi orari e non potevo non rispettarli.
Amy me l'aveva ripetuto per giorni nel corso della sua gravidanza, mi diceva in continuazione che se la bambina si abituava a degli orari era meglio continuare su quelli piuttosto che cambiarli improvvisamente, e così io stavo facendo, e la piccola mi aiutava molto, dal momento che il suo orologio biologico funzionava alla perfezione.
Presi a cullarla un po' anche una volta, tenendola ben salda a me, canticchiando una canzoncina: non per farla addormentare, ma giusto per il gusto di farlo. Lo facevo spesso di recente.
Non so quanto restai li seduto, forse un'ora, aggirandomi di tanto in tanto di nuovo per i corridoi: era come se non volessi tornare di sopra, non subito almeno. Volevo che anche gli altri stessero con lei o forse l'avevo vista stesa inerme su quel letto per troppo tempo, arrivando al punto di non riuscire più a sopportarlo.
Avrei fatto di tutto per vederla aprire gli occhi, per riaverla di nuovo con me, dopo due settimane di coma. Nonostante i medici dicessero che presto avrebbe ripreso conoscenza a volte mi buttavo talmente tanto giù che lo dimenticavo, e di conseguenza cominciavo a pensare alle cose peggiori.
Mi odiavo quando lo facevo, ma a volte non lo facevo neanche apposta.
Sospirai ancora una volta, dando un altro piccolo bacio sulla fronte della piccola, che aveva preso a giocare con le sue stesse dita, come faceva spesso. - Che ne dici, andiamo di sopra? -, le domandai e, anche in quel momento, desiderai per l'ennesima volta che potesse già parlare.
Tutto quello che ottenni in risposta, però, fu vederla voltare lo sguardo, alla mia destra, fissando un punto indefinito in cui però non c'era niente: io mi voltai di conseguenza, incuriosito e scrutando il paesaggio del corridoio.
Il punto era che non c'era assolutamente nessuno, solamente medici e infermiere che andavano avanti e indietro con cartelle cliniche in mano: forse ad attirarla era stato semplicemente un rumore, era probabile. - Che c'è, eh piccola? -, sussurrai, scrutando ancora una volta quello che avevo davanti, con maggiore attenzione.
Fu allora che la vidi sorridere, allungandosi verso quel punto come se davvero ci fosse qualcuno. Per quanto assurdo fosse, ero ancora incuriosito, così la misi a terra, dove prese a gattonare: ovviamente la seguii, fermandomi ad osservarla quando, ad un certo punto, sollevò il viso verso l'alto, continuando a sorridere.
Fino a qualche tempo prima l'avrei vista solamente come una cosa curiosa, o al massimo un po' strana, ma non in quel momento. In quel momento tutto mi era chiaro, più o meno.
- Almeno tu puoi vederlo.. -, sussurrai, subito dopo essermi inginocchiato accanto a lei.
La presi così di nuovo in braccio, riprendendo poi a camminare, anche se con passo incerto: la prima cosa che sentii fu un brivido, seguito da una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Lui era lì, lo sapevo. C'era sempre stato.
Mentre rimuginavo su quella cosa mi sentii chiamare, così alzai di scatto il viso, notando solamente allora Lacey che mi correva incontro. - Lacey, che c'è? -, le domandai, poco prima che mi si parasse del tutto davanti.
- Vieni di sopra, Amy si è svegliata! -, disse, ansimando ancora per la corsa.
Sgranai subito gli occhi. - C-cosa? -, balbettai.
- Hai sentito bene, muoviti! -, disse, mettendosi poi dietro di me e dandomi una lieve spinta verso le scale.
D'istinto comincia a mia volta a correre, anche se non come avrei voluto, dal momento che avevo la piccola in braccio: lei però sembrava divertirsi, anzi, rideva addirittura.
Arrivai così velocemente al piano di sopra, di nuovo, dove trovai la porta della sua stanza aperta: al contrario di quello che avevo pensato nessuno era ancora entrato nella stanza.
La prima che vidi fu mia madre, che si allungò subito per prendere la bambina. - Entriamo insieme -, disse, come se mi avesse letto nel pensiero.
Io annuii, nello stesso momento in cui anche il medico che l'aveva seguita ci raggiungeva, rivolto anche agli altri: mi protesi subito dopo verso la porta, spingendola verso l'interno e aprendola.
Come immaginavo, vederla sveglia mi fece uno strano effetto, ma ovviamente non riuscii neanche a contenere la mia felicità. - Amy.. -, dissi, attirando così anche la sua attenzione, mentre mi avvicinavo sempre di più al letto.
Lei mi guardò con aria confusa, come anche feci io poco dopo. - Sì? -, domandò, ma prima che potessi dire qualsiasi altra cosa il medico mi superò.
- Signor Haner.. -, cominciò, lasciando ovviamente la sua frase a metà.
- Cosa? Che altro c'è? -, domandai, sapendo benissimo che qualcosa era andato storto.
- Credo sia meglio parlarne in privato.. -, mi assicurò.
- Dottore, ma che succede? Chi sono tutte queste persone? -, domandò lei, dal momento che anche gli altri erano appena entrati.
Volsi così di nuovo lo sguardo verso di lei, guardandola mentre non sapevo davvero bene che cosa dire. Solo allora, anche il dottore, mi guardò, come a volermi dire "Gliel'avevo detto". - Tranquilla Amy, va tutto bene -, la rassicurò, avvicinandosi al letto.
Fu, comunque, quello che feci io, di nuovo, nonostante Matt mi avesse appena afferrato una spalla per fermarmi. - Che significa? Amy, tu sai chi sono, vero? -, le domandai, attirando nuovamente la sua attenzione, - Vero? -, chiesi di nuovo.
Lei guardò di nuovo il dottore, come se cercasse in lui una risposta, prima di tornare a concentrarsi su di me per poi scuotere lievemente il capo. - No, mi dispiace...non ho idea di chi tu sia -, rispose e in quel momento ebbi il peggior tuffo al cuore di tutta la mia vita, probabilmente, - E..e neanche loro -, aggiunse, indicando vagamente tutti i nostri amici.
Sentivo qualcuno singhiozzare, ma non potevo saper chi fosse, dal momento che continuavo a fissare con sguardo vuoto mia moglie, mia moglie che non sapeva più chi ero.
Provai a trovare qualcosa da dire, ma alla fine tutto quello che riuscii a fare fu voltare le spalle sia a lei che al dottore per poi uscire dalla stanza. Presi a camminare per il corridoio, arrivando davanti alla grande finestra che dava sul parcheggio, prima di lasciarmi cadere a terra lì, seduto: mi circondai le ginocchia che entrambe le braccia, cercando di fare mente locale di tutto quello che era successo fino a quel momento. 
Il dottore mi raggiunse, poco dopo, quando ormai mi ero di nuovo alzato da terra. - Signor Haner -, ripeté, per attirare la mia attenzione.
- Che cos'altro è successo? -, gli chiesi.
- Il trauma cranico ha provocato a sua moglie un'amnesia post traumatica -, disse, facendo una piccola pausa, - O così pensiamo , aggiunse.
Sollevai di nuovo il capo verso di lui. - Così pensate? -, domandai, - Quindi potrebbe essere anche qualcosa di più grave? -.
- Il cervello è complicato -, fu tutto quello che replicò, - Ma capita spesso che i pazienti, dopo aver affrontato oltre che un incidente del genere anche un coma, si ritrovino ad affrontare anche questo tipo di cose -, aggiunse.- E quante possibilità ci sono che la riacquisti? -, chiesi, - Che riacquisti la memoria? -, specificai.
Lui sospirò. - Il 50% -, rispose.
- E scommetto che non potete neanche sapere quanto questo periodo durerà, o comunque tra quanto ci saranno novità serie, giusto? -.
Un altro sospiro; - Concetto afferrato -, fu tutto quello che dissi, avvicinandomi poi di nuovo ai miei amici.
Avevo bisogno di andare via di li, di portare di nuovo Caroline a casa, ma Willow mi bloccò la strada, insieme a Thomas. - Dove vai? -, mi domandò.
- A casa -, risposi, prendendo la piccola, - Non riesco più a rimanere qui, sto diventando claustrofobico -, aggiunsi.
- Noi veniamo con te, la bambina.. -, cominciò, ma la interruppi con un semplice “ce la faccio da solo”.
Dopodiché semplicemente andai di nuovo verso le scale, che scesi velocemente, mentre Caroline mi guardava con aria curiosa, come a volermi chiedere che diavolo stavo combinando.
Uscii dall'ospedale quasi come una furia, tanto era il bisogno che avevo di andarmene, anche se avrei dovuto stare comunque accanto a Amy, anche con quello che le era successo ora: ma come ci sarei riuscito? Come avrei fatto a guardare in viso mia moglie e sapere che lei non si ricordava neanche chi io fossi?
E se fosse stata permanente? Se davvero non avrebbe più ricordato niente? Nessun nostro momento, nessun momento in generale: la nascita di Caroline, il nostro primo bacio o la prima volta che avevamo fatto l'amore.
Non riuscivo a pensarci, non volevo pensarci, perché mi sentivo troppo male, perché quell'idea mi metteva a dir poco i brividi.
Misi Caroline sul seggiolino, legandole bene la cintura e dandole il suo pupazzo preferito, quello con cui giocava sempre durante il breve tragitto: l'unica cosa che volevo in quel momento era tornare a casa, anche se sapevo che presto tutti mi avrebbero raggiunto. Non sarei mai stato da solo e non sapevo se apprezzare la cosa o meno. 

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Capitolo 75
*** Rivelazioni. ***


Ritrovarsi completamente da solo con Caroline stava diventando piuttosto difficile: era vero, avevo già passato due settimane senza nessun tipo di aiuto, ma ora aveva cominciato a piangere sempre più frequentemente e io non ero mai stato particolarmente bravo a calmarla.
Amy le leggeva spesso delle storie, le fiabe che erano state le sue preferite quando era bambina, e così avevo cominciato anche io, nonostante ogni volta che lo facessi mi venissero in mente quei momenti, quando persino io mi fermavo ad ascoltarla rapito.
Era sempre stata brava a raccontare storie, era sempre stata brava con i bambini in generale, per questo avevo sempre pensato che sarebbe stata una madre fantastica, come si era dimostrata in quei 7 mesi.
Stavo quasi per addormentarmi sul divano, dopo essere riuscito a far addormentare la piccola, anche se con difficoltà, quando invece sentii il campanello suonare: inutile dire che mi alzai subito, correndo verso la porta così che quel rumore fastidioso non si ripetesse, altrimenti si sarebbe svegliata sicuramente e allora sarebbe stata la mia piccola fine.
Aprii immediatamente la porta e così vidi Willow. - Will, ciao -, fu tutto quello che dissi. Non vedevo Willow dall'ultima volta in ospedale, in realtà, liquidavo praticamente tutti quanti da quel giorno. Era sempre stato un mio errore spingere via gli altri in quel tipo di situazioni, l'avevo fatto anche quando Jimmy ci aveva lasciati.
- Ciao, posso entrare? -, mi domandò.
In quel momento, non me la sentii di dirle di no. - Sì, entra, ma fa piano, Caroline si è addormentata da poco -, risposi, facendomi poi di parte per lasciarla passare.
- D'accordo, nessun problema -, rispose in un sussurro, entrando poco dopo.
Richiusi di nuovo la porta, voltandomi poi di nuovo verso di lei. - Come sta la cicatrice? -, le domandai, andando di nuovo a sedermi sul divano.
- Meglio, adesso sembra più solamente un taglietto che una cicatrice -, rispose.
- Beh, meglio.. -, sussurrai, sentendo poco dopo Caroline emettere un piccolo lamento: speravo solamente che non fosse già di nuovo sveglia, ma purtroppo non mi sbagliavo. Prese così a piangere, come faceva sempre appena sveglia, portandomi di nuovo ad avvicinarmi al suo lettino, - Wow, oggi è durata più del solito -, dissi, lasciandomi scappare un piccolo sospiro mentre la prendevo in braccio.
- Non dorme più regolarmente? -, mi domandò lei.
- Solo di pomeriggio, la sera dorme tranquilla e con i tempi giusti -, risposi, - Senti, tra poco vado in ospedale, oggi dimettono Amy e...e devo sentire che cosa dice il medico -, dissi.
- Sì, lo so, vengo anch'io -, disse subito.
- D'accordo, io dovrei prepararmi, puoi controllare tu Caroline finché non ho finito? -, le domandai, dal momento che avevo bisogno di farmi una doccia, prima di uscire di casa.
- Sì, non c'è problema.. -, rispose, - La tengo d'occhio io -, aggiunse, avvicinandosi e prendendola dalle mie braccia, mentre io mi allontanavo verso il bagno, dove mi chiusi poco dopo.

***

Brian si chiuse poco dopo nel bagno, mentre io tenevo in braccio la piccola: continuava a piangere, però pian piano sembrava calmarsi sempre di più, guardandomi in viso, ignara del periodaccio che entrambi i suoi genitori stavano passando.
Non osavo immaginare come stesse Brian in quel momento, ma sapevo benissimo che la situazione non era facile, anzi, tutto il contrario.
Mi domandavo come sarebbe finita quella storia, mi domandavo se Amy avesse riacquistato la memoria o meno...ma se non fosse successo come avremmo fatto tutti?
Non potevamo di certo impiantarle tutti i ricordi nel cervello: tutto quello che potevamo fare era starla accanto come meglio potevamo.
- Allora piccola.. -, dissi, cominciando a guardarmi intorno, in cerca del suo pupazzo che, stranamente, non si trovava nel lettino, finché non notai il pianoforte, posto in un angolo semi buio della stanza: fino a quel momento non l'avevo notato, anzi, non sapevo proprio che avessero un piano in casa, - ..ti va se ti suono qualcosa? -, le domandai, avvicinandomi poi tranquillamente al pianoforte: la sistemai nel suo passeggino, avvicinandola poi allo sgabello nero sul quale mi sedetti poco dopo.
Lei prese a fissarmi da subito, incuriosita: sorrisi istintivamente, poi cominciai a far scivolare le dita sui vari tasti, suonando una delle poche cose che ricordavo ancora. Avevo studiato pianoforte, era vero, ma era passato tanto tempo dall'ultima volta e poi, sinceramente, avevo sempre preferito il violino.
Violino che di recente avevo un po' messo da parte: prima lo suonavo molto più spesso, ora solamente se era mia nonna a chiedermelo, che era venuta a stare per un po' a casa di Dexter con me, o comunque Thomas. Per lui suonavo sempre.
Sorrisi di quel pensiero, continuando a suonare, dal momento che ormai Caroline era piuttosto presa e non osavo immaginare cosa avrebbe fatto se mi fossi fermata.
Fino a quel momento avevo suonato solamente cose a caso, a parte qualcosa a memoria, finché, all'improvviso, non mi ricordai di uno spartito che avevo trovato tra le cose di mia madre: l'unica cosa che mi aveva detto era che era un regalo di mio padre e che un giorno gli sarebbe piaciuto se gliel'avessi suonata...ma alla fine non l'avevo mai fatto.
- Per te, mamma -, sussurrai allora, cominciando a ricordare pian piano le note scritte su quel vecchio foglio che avevo addirittura portato con me.
In quel momento Caroline sembrò diventare ancora più allegra di quello che era all'inizio, cosa che mi lasciò confusa per un momento: non mi fermai però, anzi, continuai più tranquillamente di prima, sorridendole prima di tornare a guardare i tasti.
- Come conosci queste note? -, mi domandò Brian, che in un brevissimo tempo era arrivato di nuovo alle mie spalle.
Bloccai immediatamente i miei movimenti, voltandomi talmente in fretta che quasi caddi dallo sgabello. - A-avevo trovato lo spartito tra le cose di mia madre.. -, risposi, - Immagino che anche tu le conosca, però -, aggiunsi.
Lui annuì, avvicinandosi poco dopo al piano. - Jimmy la scrisse durante un pomeriggio di noia e ce la suonò per dei giorni, finché non ci entrò in testa.. -, mi disse, chinandosi durante il tragitto per raccogliere uno dei giochi di Caroline da terra, - ..forse è per questo che la ricordo ancora -, aggiunse.
- Già, penso proprio di sì.. -, sussurrai, alzandomi poco dopo dallo sgabello, - ..anche Caroline sembrava gradire -, dissi poco dopo.
- Sì, ha buon gusto, l'ha preso da me -, disse, abbozzando un sorriso.
Sorrisi a mia volta. - E' una bambina decisamente intelligente, soprattutto per la sua età -, gli feci notare, nonostante fossi sicura che lui lo sapeva già benissimo.
- Quello l'ha preso da Amy, decisamente -, disse, - E adesso bisogna andare, in ospedale intende -, aggiunse.
- Sì, ah comunque..gli altri ci aspettano li, da quello che ho capito -, gli dissi.
- Si, Matt me l'aveva accennato -, ammise, prendendo poi le chiavi di casa, mentre io prendevo di nuovo Caroline dal passeggino.
- Allora si va, nessun problema -, dissi.
- Ce la fai a tenerla? -, mi domandò.
- Certo, non pesa poi molto -, ribattei, incamminandomi verso la porta.
- D'accordo -, disse per ultima cosa, prima di seguirmi verso la porta e poi fuori di casa.
In breve tempo raggiungemmo l'ospedale, dove entrammo poco dopo, diretti immediatamente verso il piano dove si trovava la stanza di Amy.


***

Il medico di Amy era nella stanza ormai da un po', mentre io me ne stavo di fuori insieme a Willow e Caroline, e ovviamente anche agli altri.
Dire che ero in ansia era poco, ma cercavo comunque di trattenermi, partendo dallo smettere di camminare avanti e indietro nel corridoio. Persino la piccola sembrava cominciare a stancarsi di quei miei gesti, così semplicemente mi fermai, appena qualche secondo prima che la porta della stanza si aprisse: ovviamente scattai subito, parandomi davanti all'uomo che ormai avevo visto spesso. - Allora? -, gli domandai.
Lui sospirò, come al solito. - E' arrivato il momento di parlarle -, mi disse, sapendo bene che avrei capito al volo, - Solamente lei -, aggiunse.
Istintivamente mi voltai verso i miei amici, lanciando una veloce occhiata a tutti quanti e lasciando poco dopo che mia madre prendesse Caroline. - D-d'accordo, va bene -, acconsentii, - Ma che cosa dovrei dirle? -, gli domandai, dal momento che non ne avevo idea.
- La verità, ma non la carichi troppo, le dica solamente delle cose basilari, chiaro? -, mi disse.
- Chiaro -, sussurrai, posando poi una mano sul legno freddo della porta, che cominciai ad aprire poco dopo.
A piccoli passi entrai nella stanza, attirando la sua attenzione su di me solamente quando la richiusi. - Ohm...ciao -, sussurrò lei, decisamente più serena degli altri giorni.
I segni dell'incidente stavano pian piano guarendo, per primo il taglio che si era procurata sulla fronte e così anche i lividi, che ormai erano davvero quasi invisibili. - Ciao -, ribattei, cercando di svuotare la mente, di non pensare assolutamente a niente, mentre andavo a sedermi sulla sedia che era posta come al solito accanto al suo letto.
Mi sedetti, ma comunque non sapevo cosa diavolo dire: il dottore aveva detto che dovevo cominciare dalle cose basilari, quindi da cosa? Dal fatto che ero suo marito? E continuare poi dicendole che avevamo addirittura una figlia di quasi otto mesi?
Beh, non vedevo pista migliore, quindi tanto valeva iniziare così: mi schiarii così la voce, sollevando poco dopo di nuovo il viso verso di lei. - Ahm..d'accordo, io..io sono Brian -, cominciai, vedendo apparire sul suo volto un sorriso, che quasi mi mozzò il fiato.
- Sì, lo so, il Dottor Bennett me l'ha detto -, mi disse, accennando un piccolo movimento del capo come per sottolineare meglio quel piccolo concetto.
- Oh, d'accordo, bene allora.. -, fu tutto quello che dissi, - Cos'altro ti ha detto il dottor Bennett? -, le domandai poco dopo.
Lei ci pensò per un momento, restando in silenzio per poi rispondere qualche secondo dopo. - Quasi niente, solo mi ha detto i vostri nomi..ma non li ricordo tutti, sinceramente -, ammise, con aria imbarazzata.
"Però ricordi il mio", pensai.
La speranza era comunque sempre l'ultima a morire.
- Tu sei qui per dirmi dell'altro, vero? -, mi domandò poco dopo.
Portai così di nuovo la mia attenzione sul suo viso, prendendo un piccolo respiro prima di risponderle. - Sì, in effetti devo dirti dell'altro -, ammisi, - ..cominciando dal fatto che tutte le persone che hai visto di recente sono dei tuoi amici d'infanzia -, dissi, come prima cosa.
- Oh sì, anche questo mi era stato accennato..e poi beh...l'ho immaginato -, ammise ancora.
- Mhh, d'accordo.. -, mugugnai, muovendomi sulla sedia, dal momento che non riuscivo a trovare una posizione stabile e, soprattutto, comoda, - Loro sono i tuoi amici, io invece..io sono tuo marito -, aggiunsi poco dopo, stringendo tra le dita la fede che le avevano tolto, quella che precedentemente avevo preso dalla mia tasca.
Lei, come avevo immaginato, mi guardò con aria incredula per qualche secondo, prima di posare lo sguardo sulle sue mani, sull'anulare, in cerca della prova concreta. - E' qui -, fu tutto quello che aggiunsi, posando il suo anello, la sua fede, sul letto, proprio accanto al suo fianco.
Evitando abilmente il mio sguardo allungò una mano verso quest'ultimo, sfiorandolo con un dito prima di afferrarlo saldamente.
Decisi che era meglio stare zitto per il momento, senza aggiungere altri particolari, ora aveva solo bisogno di tempo per metabolizzare quell'informazione che le avevo appena dato.
- E immagino che.. -, cominciò, prendendomi alla sprovvista mentre ascoltavo quello che aveva da dire, - ..che quella bambina.. -, aggiunse, lasciando però quella frase a metà, cercando una risposta nel mio sguardo.
- Sì -, dissi solamente, - E'..proprio come immagini -, aggiunsi, - Il dottor Bennett mi ha chiesto di dirti le cose basilari e credo siano queste..non ho altro da dire -, aggiunsi, alzandomi poco dopo dalla sedia.
- A-aspetta.. -, sussurrò, costringendomi di nuovo a voltarmi.
- Sì? -, le domandai, cercando di non far trapelare dal mio sguardo neanche la minima emozione. Se lo avessi fatto, sarei crollato definitivamente.
- V-voglio vederla.. -, disse, - La piccola intendo.. -, aggiunse poco dopo.
Ci pensai un attimo, ma alla fine arrivai alla conclusione che non c'era assolutamente niente di male, anzi. - Vado a prenderla -, ribattei, incamminandomi di nuovo verso la porta.
Ne uscii poco dopo e subito davanti mi si parò Matt. - Allora? -, mi domandò.
- Le ho detto quello che avevo da dirle e ora è confusa -, spiegai velocemente, senza scendere nei particolari, - E ora vuole vedere Caroline -, aggiunsi, rivolgendomi questa volta direttamente al dottor Bennett.
- Sì, non credo sia malvagia come idea, anzi -, acconsentì, - E ne approfitto per entrare anche io, dobbiamo parlare ancora di un paio di cose -, aggiunse.
- Sì, nessun problema -, acconsentii, prendendo poi Caroline dalle braccia di mia madre.
Non appena facemmo per entrare anche gli altri ci seguirono, ma subito lui li fermò, dicendo loro che non era buono per Amy vedere di nuovo tutte quelle persone, soprattutto ora che sapeva che erano una parte davvero importante della sua vita.
I ragazzi, anche se a malincuore, accettarono quelle parole e a passo incerto si diressero di nuovo verso le sedie della sala d'attesa, dove eravamo stati nel giro di quelle ultime due settimane per la maggior parte del tempo.
Con l'aiuto dell'unico braccio libero chiusi la porta, andando dritto spedito verso il letto: Amy intanto guardava sia me che Caroline con sguardo curioso, soprattutto quando la vide allungarsi verso di lei. - Lo faceva sempre quando ti vedeva.. -, chiarii subito, tornando a sedermi, subito dopo aver avvicinato maggiormente la sedia al bordo del letto.
Ora potevo tenere Caroline, ma allo stesso tempo lei poteva stare appoggiata con la manine al letto. - Bene, la situazione è delicata e lo sappiamo tutti -, cominciò il dottor Bennett, tenendo come sempre ben stretta la cartella clinica di Amy, - Non ci sono vere e proprie cure per un'amnesia, e probabilmente non ci saranno mai, quindi tutto quello che posso consigliarti, Amy.. -, aggiunse, rivolgendosi unicamente a lei, anche se ormai era totalmente presa da Caroline, - ..è di tornare alla tua normale vita, con le tue vecchie abitudini -, dissi, come ultima cosa.
- Ma..ma io non le ricordo.. -, disse lei, giustamente.
- Io sì.. -, risposi, praticamente in automatico, - Ti conosco come le mie tasche -, aggiunsi, in un sussurro, quasi a me stesso.
Mi guardò ancora per qualche secondo, poi tornò a concentrarsi sul dottore. - Ma io.. -, cominciò, bloccandosi però improvvisamente, - ..io non conosco neanche lui, sarebbe come andare a vivere con..con un estraneo -, aggiunse, con tono incerto, probabilmente perché si sentiva imbarazzata e, conoscendola, addirittura in colpa, anche se non ne aveva motivo.
- Lo so, Amy..ma credimi, in questi casi è la cosa migliore da fare -, le assicurò il dottor Bennett.
Lei lo guardò ancora per qualche secondo, poi Caroline riuscì ad attirare la sua attenzione, dal momento che aveva preso a giocare con la sua mano.
Dopo quelle sue parole si congedò di nuovo e al suo posto ci raggiunse un'infermiera, che le disse che poteva tranquillamente rivestirsi così da poter andare a firmare i documenti per la dimissione totale dall'ospedale.
Naturalmente uscii di nuovo dalla stanza, nonostante Caroline non fosse molto contenta e me lo fece capire anche chiaramente, visto che si mise a piangere praticamente subito. - Shh piccola...la mamma è qui, okay? Tra poco la rivedrai, tranquilla -, continuavo a sussurrare, cullandola di tanto in tanto.
Attendemmo così, tutti insieme, ancora qualche minuto, poi ci incamminammo verso il piano di sotto, dove firmammo tutti i documenti.
- Buona fortuna -, mi sussurrò la ragazza alla reception, poco prima che uscissimo da quel dannato ospedale.

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Capitolo 76
*** Incidente..incidente..incidente. ***


Incidente, incidente, incidente...buio.
Questo era quello che ricordavo. Nient'altro.
Ero spaventata, questo lo ammettevo, soprattutto perché avevo accettato di tornare alla mia "vecchia vita" o così la definiva il dottor Bennett, quando non sapevo neanche cosa prendesse questa mia vecchia vita.
Tutto quello che sapevo era di essere sposata...e di avere addirittura una figlia, ma non una famiglia, niente parenti da cui poter tornare per sentirmi davvero a casa.
- Siamo quasi arrivati.. -, sentii dire, mentre guardavo fuori dal finestrino con aria assente.
Mi voltai a guardare l'uomo che avevo accanto: era sulla trentina, esattamente come me e così erano anche tutti gli altri, tutti i miei amici. Aveva i capelli e gli occhi neri, ed era alto, sicuramente più di me, anche se in fin dei conti non ci voleva molto.
Era bello, questo c'era da ammetterlo, ed era mio marito...ma allora perché non mi ricordavo di lui? Né degli altri? Mentre invece riuscivo a ricordare dei dettagli insignificanti che avevano fatto parte della mia vita quando ero solamente una bambina.
Mia sorella la ricordavo, sì e sapevo che presto sarebbe venuta da me, per vedere come stavo: di lei mi ricordavo perfettamente e questo quasi mi dava i nervi e mi rendeva triste...soprattutto triste.
Il pensiero che una parte della mia vita fosse stata strappata via mi faceva sentire male, dal momento che non sapevo neanche se avrei mai riacquistato la memoria.
Però, ogni volta che incrociavo il suo sguardo, era come se dentro di me qualcosa si accendesse, solo per un momento: dentro di me sapevo di conoscerlo, almeno un pochino, ma le risposte erano comunque nascoste, troppo profonde perché io ci arrivassi.
Mi immaginavo che i miei ricordi fossero lì, solamente racchiusi in una specie di bozzolo, in attesa di essere lasciati di nuovo liberi...in attesa che qualcosa mi permettesse di ricordare.
Mi limitai ad annuire, dal momento che ero solamente rimasta lì a guardarlo, voltando poi immediatamente di nuovo lo sguardo verso fuori.
Non meno di cinque minuti dopo arrivammo davvero a casa e, come avevo pensato, non provai nulla: nessuna piccola scintilla era nata in me, non come era successo quando avevo incrociato lo sguardo di quell'uomo, almeno.
Aprii la portiera e così scesi, restando in piedi e anche piuttosto in imbarazzo quando lo vidi raggiungere lo sportello posteriore, dove si trovava la piccola Caroline, cosa che io non avevo nemmeno provato a fare.
Mi sentii a disagio, come avevo immaginato, ma speravo almeno che lui capisse...in fondo per me erano comunque ancora due estranei e chissà per quanto ancora lo sarebbero stati.
Lasciai che mi superasse e mi offrii addirittura di tenere la bambina, mezza addormentata, così che lui potesse aprire la porta. - Tranquilla, ce la faccio -, rispose, con tono piatto, aprendola poco dopo e lasciandomi spazio per entrare.
Senza alzare il viso, così da non incrociare il suo sguardo, entrai all'interno dell'abitazione, anche piuttosto carina, dovevo dire: camminai fino al centro della stanza e nello stesso momento mi guardavo intorno con aria curiosa.
- Bentornata.. -, lo sentii sussurrare, quasi non volesse che lo sentissi davvero.
Non me la sentii di replicare, però mi voltai nuovamente a guardarlo, in tempo per vederlo mettere la piccola nel suo lettino, visto che si era addormentata del tutto.
- Bene, di sopra c'è la nostra..cioè, la stanza, c'è la tua stanza.. -, disse, correggendosi all'ultimo e superandomi di nuovo, per avviarsi piuttosto con fare silenzioso verso la rampa di scale.
Tenendo entrambe le braccia strette al petto lo seguii, temendo di inciampare durante tutto il tragitto e lasciandomi scappare piuttosto un piccolo sospiro subito dopo aver superato l'ultimo gradino.
Lui si allungò ad aprire la porta prima che potessi farlo io e subito dalla stanza uscì, come una saetta, un gatto, piccolo e con un bel pelo grigio e nero. - Oh! -, feci, lasciandomi scappare un piccolo urletto.
- Oh sì, lui è Sherlock, è..il nostro gatto -, chiarì, mentre quest'ultimo cominciava a farmi le fusa, sfregando il muso sulle mie gambe.
- E'..tenero -, fu tutto quello che mi venne da dire, mentre poco dopo mi chinavo per prenderlo in braccio.
- Sì...l'hai trovato tu, non graffia né morde, anzi...e va anche d'accordo con Pinkly -, disse.
- Pinkly? -, domandai, mentre entravo in stanza, sentendo il grande bisogno di stendermi sul bel letto matrimoniale, tenendo ancora in braccio il gattino che aveva preso a strofinare la testolina sul mio collo, facendomi anche un po' di solletico.
- Ahm..Pinkly è il nostro cane, è un Maltese bianco di quasi 11 anni.. -, rispose, facendomi notare che continuava comunque a rimanere al di fuori della stanza.
- Oh..e..? -, cominciai, ma lui mi interruppe vedendo che mi stavo guardando intorno, come avevo fatto da quando eravamo arrivati.
- Ora è a casa dei miei, ho preferito lasciarla lì per un paio di giorni perché non ero più molto presente a casa.. -, spiegò velocemente, assumendo poi di nuovo una postura dritta, - ..e ora vado di sotto, se ti serve qualcosa, mi trovi lì -, aggiunse, un attimo prima di sparire lungo il corridoio, diretto verso le scale.
Restai per qualche secondo buono a fissare la porta ormai vuota, avvicinandomi poi e socchiudendola.
Dopo aver posato Sherlock sul letto, mi sfilai il giacchetto leggero che indossavo, lasciandomi andare poi seduta sul letto comodo di quella stanza così grande: mi lasciai andare ad un piccolo sbadiglio, e così poco dopo mi ritrovai stesa sul letto, con la testa completamente affondata nel cuscino.
Cambiai fianco più di una volta, così da poter guardare meglio la stanza, esaminandola, studiandola e catturandone ogni minimo particolare, ogni cosa, pur di saziare la mia mente così curiosa.
Sospirai, tornando poco dopo a guardare il soffitto, mentre accarezzavo ritmicamente la testolina del piccolo gattino sdraiato accanto a me: non ricordavo di essere mai andata gran che d'accordo con i gatti, eppure quello mi era stranamente simpatico. E poi non mordeva né graffiava, proprio come aveva detto Brian.
La voglia di stare sdraiata mi passò nel giro di qualche minuto, così tornai nuovamente seduta, cominciando a girovagare per la stanza: avevo già visto precedentemente le foto, ma solo in quel momento mi stavo fermando davvero per guardarle bene una ad una.
Ce n'erano parecchie, in verità e la maggior parte mi ritraevano insieme a Brian, e alcune addirittura insieme alla piccola: una risaliva al giorno del mio...del mio matrimonio e diavolo, il mio abito era assolutamente stupendo!
Presi la cornice tra le mani e me l'avvicinai, scrutando i piccoli particolari: ovviamente, anche Brian, con il suo smoking, era davvero perfetto e così anche Caroline, con il suo vestitino bianco.
Sembravamo la classica famiglia felice e forse era davvero quello che eravamo. Perché non ricordavo?
Sospirai ancora una volta. - Mi sono scordato di.. -, cominciò la voce di Brian, prendendomi alla sprovvista e facendo cadere dalle mie mani la cornice, che cadde a terra con un tonfo.
- Diavolo! -, sbottai, inginocchiandomi immediatamente e vedendo subito che anche lui l'aveva fatto, raggiungendomi.
- Scusa, avrei dovuto bussare.. -, sussurrò, giustificandosi.
Il vetro di era rotto e mi sentivo parecchio in colpa. - No io..p-potevo stare più attenta -, fu tutto quello che riuscii a replicare, sollevando in un secondo momento lo sguardo verso di lui.
Mi sentii avvampare quando vidi che anche lui l'aveva fatto e, anzi, mi guardava già da un po', probabilmente: non esitai e mi alzai subito, portando con me la cornice che io stessa avevo rotto.
- Cos'avevi scordato? -, gli domandai, continuando a tenere la cornice stretta al petto.
- Di..di dirti che domani..Matt verrà qui a casa.. -, disse e, vedendomi di nuovo mezza confusa, continuò, - E' il tuo migliore amico -.
- Oh, sì..d'accordo -, replicai, tornando a sedermi sul letto solamente quando mi lasciò di nuovo sola.
Cominciai allora ad armeggiare con i fermi dietro la cornice, togliendo e mettendo poco dopo al sicuro la foto: la posai velocemente sul comodino e li rimase mentre mi stendevo nuovamente sul letto. Con un sbadiglio, poco dopo, chiusi gli occhi e chissà per quanto rimasi addormentata.

 

***

Mi chiusi la porta della stanza alle spalle senza fare rumore, tornando poi senza alcuna esitazione al piano di sotto: più lontano stavo da lei e meglio era, probabilmente.
Sentivo che prima o poi avrei combinato qualche casino, ero il re dei casini, in fondo.
Sapevo che di me non si ricordava, sapevo che non ricordava praticamente niente della sua vita, non dopo quello stramaledetto incidente, eppure...eppure una parte di me sperava solamente di non essersi immaginata quel breve lampo nei suoi occhi, quello che avevo visto quando avevo incrociato il suo sguardo.
Sapevo che era reale, quindi forse poteva anche tornare me, poteva davvero tornare da me.
La bambina per fortuna non si era svegliata, anzi, continuava tranquillamente il suo sonno, che si era decisamente meritata, dopo quell'ennesima giornata pazza. Entrambi avevamo bisogno di tranquillità, ma ero sicuro che non l'avremmo ottenuta tanto facilmente, non con quella situazione in atto.
Riuscivo solo ad immaginare quando sarebbe stato difficile evitare di fare tutte quelle piccole cose che avevano sempre caratterizzato la vita mia e di Amy, ma dovevo farlo, dovevo farlo per forza.
Sospirai e mi sedetti senza neanche pensarci sul divano, prendendomi per un momento il viso tra le mani: Finii per stendermi poi comodamente, approfittandone per afferrare il telefono e ordinare una pizza, dal momento che io sapevo cucinare solamente la pasta e neanche tanto bene.
Di conseguenza mi venne in mente il pomeriggio durante il quale mi ero fatto trovare a casa sua, intento a cucinare quel poco che sapevo: era stata una delle serate più belle della mia vita e risaliva ormai a parecchio tempo prima, quando stavamo ancora decidendo come procedere.
Sapevo che torturarmi con quei ricordi non sarebbe servito a niente, così mi limitai ad accendere la TV, col volume basso ovviamente, per evitare di svegliare la piccola. -
Non avrei davvero voluto addormentarmi, ma alla fine lo feci ugualmente, facendo addirittura cadere il telecomando per terra, telecomando che fino a poco prima avevo stretto in mano.

 

***

Quando mi svegliai di nuovo avrei tanto voluto vedere che ora fosse, ma il mal di testa che si era impossessato di me mi impediva persino di allungare un braccio fino al comodino.
Mi stropicciai gli occhi, notando con piacere che fuori non c'era più la luce del sole, quindi dovevano essere le 19, molto probabilmente. Sbadigliai poco dopo e, solamente quando finalmente ci riuscii, mi misi a sedere sul letto, continuando comunque a tenere una mano sulla tempia destra, cercando di placare il dolore.
Il medico aveva detto che sarebbero stati normali, però non pensavo che avrebbero fatto così male..magari un'aspirina mi avrebbe fatto sentire meglio, anzi, sicuramente mi avrebbe fatto sentire meglio.
Con un buco nello stomaco e un dolore che sembrava aumentare sempre di più mi mossi fuori dalla stanza, decidendo che era meglio scendere al piano di sotto: uno scalino alla volta arrivai di nuovo in salone e allorai notai che Brian era addormentato sul divano, con la TV ancora accessa. Persino la piccola dormiva ancora, cosa che mi lasciò stupita..doveva essere stata molto stanca. Valutai le opzioni e beh..sarei potuta tornare di sopra, altrimenti andare lì a svegliarlo e la seconda mi metteva parecchio in imbarazzo, ad essere sincera.
C'era già stato quel casino su in camera, un paio di ore prima e avrei preferito non ripetere una cosa del genere, almeno per il momento.
Presi un respiro profondo, poi decisi semplicemente di superare il divano e di andare in cucina per prendermi un bicchiere stracolmo d'acqua, o comunque qualcosa da bere. Ero proprio una codarda, ora che ci pensavo.
Superai la soglia della cucina e mi diressi subito verso il frigo, dove trovai facilmente del succo, che mi versai velocemente in un bicchiere pulito.
Lo bevvi quasi senza respirare, come se davvero non bevessi da anni, quando invece ero rimasta addormentata solamente un paio d'ore.
Il campanello che suonò all'improvviso mi fece poi letteralmente prendere un colpo e per poco non feci cadere anche il bicchiere, ci mancava che rompessi qualcos'altro.
Stavo quasi per andare verso la porta, quando Brian mi bettè di nuovo sul tempo, cadendo quasi dal divano per alzarsi in tempo. - Cazzo.. -, sbottò, tra se e se, andando poi prima a controllare che Caroline stesse bene, prima di avviarsi verso la porta, che aprì poco dopo.
Io, invece, me ne restai solamente in cucina, valutando di nuovo l'opzione di scappare di sopra il più silenziosamente possibile, senza farmi vedere.
- Ciao, grazie per le pizze.. -, lo sentii dire, prima di allungare i soldi alla figura di un ragazzo, coperta però quasi completamente dalla porta. In un altro caso mi sarei sporta a vedere, ma di nuovo non riuscivo a muovermi dalla mia posizione per l'imbarazzo.
Quando chiuse di nuovo la porta fu inevitabile per lui voltarsi e allora mi vide, con le pizze ancora in mano. - Oh, non ti avevo neanche visto.. -, disse.
- Sì, sono..sono scesa mentre eri ancora addormentato -, chiarii, rimanendo poi al mio posto, dal momento che lui invece si era incamminato verso di me e così anche verso la cucina.
- Ah sì, sono crollato.. -, ammise, varcando poi la soglia e posando i cartoni con le pizze sul ripiano della cucina, - Ho preso la cena, non sono molto bravo ai fornelli -, aggiunse poco dopo, accennando un piccolo sorriso.
- Quale ai..? -, stavo per domandargli, ma ancora una volta terminò la frase al posto mio.
- Funghi, ti è sempre piaciuta -, sussurrò.
Mi lasciai scappare un piccolo sorriso. - E mi piace ancora -, chiarii, sentendo poco dopo un piccolo lamento provenire dal solone.
Entrambi ci voltammo di nuovo, dal momento che poteva essere solamente Caroline che si era svegliata. - Vado io -, dissi quasi in automatico, - ..non mi piace stare con le mani in mano -, aggiunsi, notando la sua aria stupita.
Mi allontanai senza dire nient'altro, sentendolo chiaramente sussurrare "Oh, lo so", ma decidendo comunque di continuare a camminare verso il lettino della piccola: come avevo immaginato, aveva da poco aperto gli occhi, visto che se li stava ancora stropicciando.
Mi meraviglia comunque quando la vidi, visto che mi sorrideva raggiante...era sempre strano. - Ciao..piccola -, sussurrai, con tono quasi incerto, prima di chinarmi per prenderla.
Quando mi alzai di nuovo, tornando a guardare verso la cucina, vidi che Brian stava già armeggiando con le pizze, tagliandole velocemente, sia la sua che la mia.
In un attimo, la piccola si gettò al mio collo con le piccole e paffute braccia, posando il viso sulla mia spalla. - Oh..oh, okay... -, mi ritrovai a sussurare, lasciandola poi lì, anche se la cosa era strana per me.
In fondo lo era tutto, okay.
- Ha dormito parecchio.. -, osservai, mentre entravo di nuovo in cucina.
- Sì, diciamo che questo è davvero un suo record, le altre volte dorme in modo alternato, cioè, ogni tanto si sveglia.. -, disse, tagliando l'ultimo spicchio di pizza.
- D-dove la metto? -, domandai, sperando di non essere di nuovo arrossita come una demente.
- Nel seggiolino andrà bene, è ora di mangiare anche per lei -, disse, muovendosi poi velocemente verso il frigo, dal quale estrasse un biberon pieno di latte fino all'orlo, quasi.
- Wow, beve tutto quello? -, domandai, accennando un sorriso.
- A volte questo più un'altra metà, ama il latte -, rispose, posandolo poi proprio davanti al seggiolino, dove io la riposi poco dopo.
Si staccò a malincuore da me, guardandomi poi un momento con un'aria tenerissima, prima di concentrarsi sulla sua cena, che doveva essere molto più invitante: con un gesto veloce preso il biberon, senza farlo neanche scivolare e cominciando a bere.
- Fa..fa già da sola? -, domandai a Brian, mentre mi sedevo sullo sgabello libero, continuando a guardarla meravigliata.
- Sì, è precoce in quasi tutto, contanto che ha solamente 8 mesi -, disse, sedendosi poi a sua volta.
- Gìà, ne dimostra molti di più, non solo perché è sveglia -, ammisi, prendendo poi il primo trancio di pizza, che cominciai a mangiare quasi subito. Il mal di testa, per lo meno, era andato via via scemando, ma era ancora presente.
- L'essere sveglia non l'ha preso da me, io alla sua età quasi neanche gattonavo.. -, ammise.
Dovetti soffocare, almeno un po', la mia risata, soprattutto perché il mio imbarazzo era ancora tanto: c'era di buono che lui era decisamente un tipo con cui era difficile non sentirsi a proprio agio. Se non pensavo al fatto che era mio marito e che avevamo addirittura concepito una figlia, potevo addirittura riuscire ad instaurarci una conversazione, magari.
- Io ho iniziato alla sua età, credo... -, dissi, riprendendo poi a mangiare.
- E sei sempre stata davanti a tutti noi quasi in ogni cosa, soprattutto nella scuola -, disse, mangiando un po' di pizza.
- Ero brava? Questo non lo ricordo.. -, sussurrai.
- Oh, sì, lo eri, sei l'unica di noi che ha davvero continuato la scuola fino all'ultimo, infatti noi il diploma non ce l'abbiamo -, mi confidò, sorridendo ancora.
- Oh, capisco.. -, fu tutto quello che replicai, sorridendo a mia volta, mentre mangiavo.
Finimmo di cenare in breve tempo, chiacchierando in alternanza a dei momenti di silenzio totale che avrei voluto sempre rompere, perché erano addirittura assordanti, poi semplicemente gettammo i cartoni nell'immondizia, mentre la piccola giocava con il suo pupazzo, che Brian era andato prontamente a prenderle quando aveva finito di mangiare.
Non mi ero ancora alzata neanche dallo sgabello, visto che il mal di testa era tornato: decisi di prendermi ancora qualche minuti, tenendomi le tempie e prendendo respiri profondi. - Stai bene? -, mi domandò lui improvvisamente, dal momento che era di nuovo tornato in cucina, dopo aver portato Caroline, di nuovo addormentata, di sopra, nella sua stanza, probabilmente.
Mi voltai di scattò, sentendo il dolore aumentare di nuovo. - E' la testa...il dottore ha detto che sarebbe stato normale -, sussurrai, sentendo che la mia voce si affievoliva man mano che parlavo.
- In bagno c'è dell'aspirina, posso andare.. -, cominciò, ma lo interruppi sul nascere.
- Posso..posso fare da sola, ce la faccio -, dissi, provando poi ad alzarmi, con il risultato che barcollai solamente, perdendo l'equilibrio e rischiando di cadere come un sacco di patate, se solo lui non mi avesse preso.
- Questa è una tua cattiva abitudine.. -, disse lui poco dopo, mettendomi un braccio intorno alla vita e accompagnandomi fino al divano.
- Che intendi? -, gli domandai, lasciando scivolare di nuovo il mio braccio dal suo collo al mio fianco, prima di sedermi.
- Che dici sempre di stare bene, quando magari non è affatto così -, rispose, dandomi un'ultima occhiata, - Vado a prenderti l'aspirina -, aggiunse poi, sparendo sulle scale.
Dovetti respirare profondamente, per evitare che tutta la cena mi risalisse completamente: l'ultima cosa che volevo era vomitare, sinceramente, c'era già quell'odioso mal di testa a rompermi le palle.
Lui tornò qualche secondo dopo, con in mano una scatoletta bianca contenente la mia unica salvezza: mi superò e andò così in cucina per prendere un bicchiere e riempirlo d'acqua. Avrei voluto tanto alzarmi per andare a prendermi tutto da sola, ma persino le gambe si stavano rifiutando di funzionare nel modo corretto.
- Tieni, queste fanno effetto praticamente subito -, mi disse, porgendomi la piccola pasticca e il bicchiere.
- Lo spero.. -, biascicai, mettendola poi in bocca e mandandola giù con un grande sorso d'acqua. Aveva un saporaccio, come tutte le pasticche del resto, ma per sentirmi meglio questo e altro.
Pensavo di riuscire a salire al piano di sopra da sola, invece mi dovette aiutare di nuovo, accompagnandomi fino alla soglia della camera: inutile dire che, ancora una volta, mi addormentai senza alcuno sforzo, facendo giusto in tempo a mettermi il pigiama.

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Capitolo 77
*** Famiglia. ***


Perdonatemi se questo capitolo è veramente orrendo, ma vi prometto che il prossimo sarà infinitamente meglio, giuro!!

Quella mattina mi ero svegliato relativamente presto, visto che dovevo andare a prendere Maggie all'aeroporto.
Mi vestii in fretta, salendo al piano di sopra per dare un veloce bacio a Caroline, che dormiva profondamente. Se si fosse svegliata, Amy sarebbe stata lì, l'avrebbe sentita comunque. Ma speravo ugualmente di tornare prima che riaprisse gli occhi e forse ce l'avrei anche fatta.
Tornai al piano di sotto e così recuperai le chiavi della macchina: l'aeroporto non distava molto, in fin dei conti, al massimo saranno stati 15 minuti.
Quando arrivai ebbi addirittura il tempo per un caffé, per svegliarmi meglio, prima che l'aereo atterrasse.
Mi affrettai poi verso l'uscita del gate, che era stata aperta da poco, restando poi lì ad aspettare, finché diverse persone non iniziarono ad uscire: allungai subito il collo per vedere dove fosse Maggie, riesco ad individuarla senza molto difficoltà poco dopo. Però era sola, al contrario di quello che avevo pensato.
Non che fosse molto difficile riconoscerla, dal momento che somigliava parecchio a Amy, se non fosse stato per il colore degli occhi: i suoi, infatti, erano scuri, mentre quelli di Amy erano sempre stati di un verde acceso. Gli erano sempre piaciuti quegli occhi, quel colore.
Quando mi vide si incamminò immediatamente verso di me. - Ciao Brian.. -, sussurrò, abbracciandomi poco dopo con un braccio solo, visto che con l'altro teneva la valigia.
- Ciao Maggie.. -, ribattei, - Pensavo venissi con Ben, come mai non c'è? -, le domandai poco dopo, prendendo la sua valigia e facendole cenno di seguirmi.
- Era sommerso dal lavoro e non è potuto venire, purtroppo neanche io posso fermarmi molto, ad essere sincera.. -, cominciò, bloccandosi poi improvvisamente, - Ma non parliamo di questo ora, piuttosto, lei come sta? E soprattutto..tu, come stai? -, mi domandò.
- Lei sta bene -, dissi, dopo un'esitazione, - Stiamo bene -, precisai poco dopo, continuando a camminare.
- E Caroline? -.
- Bene anche li, ma lo vedo che...che le manca sua madre, le mancano quei piccoli gesti che le dedicava -, ammisi.
Lei sospirò, riprendendo poi a guardare davanti a se. - Quindi non ricorda..assolutamente niente? -.
- No -, risposi subito, con tono abbattuto, - Non di noi, almeno, però ha dei ricordi vaghi della sua infanzia e beh..ovviamente si ricorda di te -, le spiegai.
- Riuscirà a ricordare, lei ha sempre superato questo tipo di cose -, mi assicurò.
- E se invece non succedesse? -, le domandai, mostrando per la prima volta i miei timori.
- Lei tornerà comunque da te, in un modo o nell'altro -, mi disse, con un tono talmente convinto che mi lasciò interdetto per qualche secondo.

 

***

Quando mi svegliai Caroline piangeva e Brian non era in casa, visto che mi aveva accennato che sarebbe andato a prendere mia sorella all'aeroporto.
Cercai di non andare nel panico come sempre, anche perché fare la mamma non doveva essere così difficile, insomma, se ci ero riuscita in passato potevo farlo tranquillamente anche ora. - Hey...shh, piccola -, cominciai a dire, facendo poi una pausa, - Sono qui, tranquilla -, aggiunsi poco dopo e come al solito mi stupii nel vederla calmarsi non appena mi vide.
"Idiota, sei comunque la madre, anche se non te lo ricordi", disse una vocina dentro la mia testa, mentre mi allungavo per prenderla.
Il suo pianto cessò all'istante, del tutto, facendomi tirare un sospiro di sollievo, mentre raggiungevo di nuovo il salotto al piano di sotto.
Ero sola, dal momento che Brian non era ancora rientrato e beh...in quel momento mi sentivo strana, come se mi mancasse. Insomma, averlo intorno era piacevole, si poteva dire, ma spesso e volentieri mi trovavo ancora in difficoltà e lo vedevo, ogni singola volta, evitare dei piccoli gesti, anche i più stupidi e questo mi faceva sentire inutile.
Era colpa mia se stava così, colpa dell'incidente: la mattina quando mi alzavo lui era già in piedi, in cucina, intento a fare chissà cosa e ormai da un po', le occhiaie gli circondavano gli occhi, di solito tanto vivaci ed espressivi.
Mi sentivo come se fosse compito mio farlo stare meglio, ma del resto come potevo? Che avrei potuto fare? Fingere che tutto fosse okay? Fingere di ricordare? No, gli avrebbe spezzato il cuore e poi quale persona spregevole avrebbe mai fatto una cosa del genere? E in che modo.
Mi sorpresi addirittura a pensare a una cosa tanto stupida.
Mi diressi così a grandi passi verso la cucina, mettendo poi Caroline nel suo seggiolino e cominciando a cercare il suo biberon, che si trovava come al solito pronto nel frigo: accesi il microonde e ce lo misi dentro, attendendo poi quel fastidioso “bip” che segnava la fine della cottura.
- D'accordo...vediamo un po' -, sussurrai, facendo cadere un po' del contenuto sulla mia mano, per sentire se scottasse o meno, - No okay, perfetto -, sussurrai ancora, posandolo dopo un'esitazione davanti alla piccola. Era così strana che già mangiasse da sola, per me almeno.
Ma, come al solito, puntualmente, lo prese con le mani piccole e paffute e, dopo un'iniziale aiutino da parte mia, cominciò da sola, finendolo con pochissimo tempo. - Direi che hai gradito -, osservai, sentendo solamente allora il rumore dei pneumatici della macchina, appena parcheggiata nel vialetto.
Mi feci subito attenta, perché voleva significare solamente una cosa: Brian era tornato, e con lui mia sorella Maggie.
Trattenni il respiro mentre la porta si apriva, restando immobilizzata al mio posto, come da un po' mi succedeva spesso, finché entrambi non entrarono dentro. - Hey -, dissi, per attirare la loro attenzione, giocando nervosamente con le mie stesse mani.
Maggie mi corse immediatamente incontro, gettandomi poi le braccia al collo, quasi stritolandomi. - Sorellina! -, disse.
- Ciao a te -, dissi, con un tono basso, probabilmente solo lei mi aveva sentito, mentre posavo una mano sulla sua schiena, ricambiando almeno in parte quell'abbraccio, - Così mi soffochi però.. -, le feci notare poco dopo, lasciandomi scappare una risata.
Lei subito allentò la presa, sorridendomi. - Come ti senti? -.
- Bene.. -, risposi, seguendo con lo sguardo Brian che mi passava accanto per andare dalla piccola, dopo aver lasciato la valigia di mia sorella accanto al divano, - Mi sono svegliata da poco insieme alla piccola -, specificai.
- E il mal di testa invece? Brian mi ha detto che.. -.
- Sono apposto, non ho dolori da ieri sera -, dissi subito, interrompendola sul nascere.
Lei annuii impercettibilmente, senza ribattere.
- La stanza di sopra è vuota, l'ho preparata ieri sera -, disse allora Brian, - E ora penso che...vorrete stare un po' da sole, quindi io vado -, aggiunse, dal momento che aveva già in braccio la piccola.
- Vai? -, domandai, incuriosita.
- Sì, da Matt, gli avevo promesso che passavo -, rispose, prendendo poi la borsa con dentro tutto l'occorrente per un bebé, quella che mi aveva detto che portavo sempre con me, per ogni evenienza.
- Oh, beh..d'accordo -, ribattei.
- Grazie per il passaggio, Brian -, le disse mia sorella.
- Non c'è di che -, rispose lui, incamminandosi poi verso la porta, - Ci vediamo stasera -, fu l'ultima cosa che disse, prima di uscire di casa.

***

Raggiunsi casa di Matt a piedi neanche cinque minuti dopo essere uscito, suonando il campanello più volte. - Oh, pensavo venissi più tardi.. -, ammise lui, che aveva aperto la porta.
- Sono andato a prendere Maggie all'aeroporto, sono sveglio da un pezzo, che tu ci creda o no -, ammisi, entrando poco dopo in casa, con la piccola che ormai sbracciava per scendere e gattonare. Ero uscito talmente in fretta che non l'avevo neanche cambiata, indossava ancora il suo body-pigiamino.
Decisi di accontentarla e solamente allora la misi giù, lasciandola gattonare libera nel salone di casa Sanders.
- Come sta? -, mi domandò lui, mentre entrambi ci sedevamo sul divano.
- Bene, sembrerebbe essersi ripresa del tutto dopo la leucemia, cosa che speravamo -, risposi, accomodandomi poi completamente, - E ho deciso di venire qui anche per lasciarle un po' da sole, ne avranno di cose da dirsi..credo -, aggiunsi.
- Amy invece? Lei come sta? -, mi domandò.
Mi strinsi nelle spalle. - Non ha mal di testa da ieri sera, cosa che è un record...ma niente è cambiato, forse niente cambierà -, dissi.
- Hey, niente pessimismo, okay? -, sbottò subito lui, - Non ci serve in questo momento -.
Sospirai. - E' vero..hai ragione -, ammisi, scuotendo il capo, - Dovevi sentire prima Maggie...mi ha assicurato che lei tornerà da me, e il suo tono mi ha anche spaventato un po' -, gli dissi.
- Non dovresti neanche avere dubbi su questo, insomma, il medico ha detto che è reversibile, ci sono tutte le buone possibilità del mondo che riacquisti la sua memoria e quando succederà noi ci saremo, saremo tutti lì per lei -.
- Lo so che ci sarete, ci siete sempre stati -.
- E' questo che fa una famiglia, no? -.
- Già -, concordai.
- E ora, dopo questo piccolo momento di dolcezza...posso tentarti con una birra? Di prima mattina non dovrebbe mai mancare -.
Accettai di buon grado. - Sì, perché no -, dissi, prendendo di nuovo la piccola in braccio per portarla fino alla cucina insieme a noi. 

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Capitolo 78
*** Consigli e visite. ***


Un'altra settimana, altro tempo, speso a non fare niente: mi alzavo la mattina, andavo a fare colazione ed ero costretto a guardare Amy scendere e comportarsi come ormai faceva solitamente, dopo l'incidente e dopo la perdita della memoria.
La piccola intanto sembrava crescere a vista d'occhio, ormai gattonava come un razzo per tutta casa e se non la mettevi giù cominciava a piangere.
Stavo perdendo, man mano, la voglia di fare tutto, ormai dimenticavo persino di radermi, cosa che di solito facevo almeno una volta ogni paio di giorni e dovevo avere davvero un aspetto orribile. Nemmeno dormivo più bene, e quando ci riuscivo avevo degli incubi che mi facevano svegliare nel pieno della notte, sudato e con i brividi.
Quando c'era Amy accanto a me la cosa era diversa, se avevo un incubo e mi svegliavo lei era lì per me, era lì con me. Ora ero solo, nella stanza degli ospiti, dove ormai dormivo da un po', costretto ad alzarmi in piena notte a causa della continua insonnia.
- Sai..il sonnifero fa miracoli -, mi sentii sussurrare una notte, mentre ero in cucina per bere un po' d'acqua.
Sobbalzai, ovviamente, prima di voltarmi a guardarla. - Già, ma odio i farmaci.. -, dissi, tornando a bere.
- No, la verità è che vuoi farcela da solo -, disse, con le braccia stretta al petto, - Ho ragione? -, mi domandò, poco dopo.
Annuii, stringendomi poi nelle spalle. - Sì, hai ragione -, dissi, - Prima o poi riuscirò a dormire di nuovo -, aggiunsi poco dopo, - Come..come mai sei sveglia a quest'ora? -, le domandai, poi.
- Avevo sete...e poi il mal di testa è tornato di nuovo -, mi spiegò, avvicinandosi poi al lavandino, facendo il giro opposto al mio.
- Ci sono le aspirine di là.. -, le ricordai.
- Già presa, ma ha perso l'effetto e sinceramente ci tengo al mio stomaco -, ammise, sorridendo, prima di allungarsi a prendere un bicchiere, riempiendolo così d'acqua.
Dio, quanto avrei voluto avvicinarmi velocemente e baciarla come avevo sempre fatto da un anno a quella parte, fino a poco tempo prima: avrei voluto dirle quanto l'amavo, quanto mi mancava averla nel letto accanto a me la notte, quanto mi mancava guardarla dormire, poco prima che anche io crollassi, soprattutto.
Quanto ero stato stupido a pensare che quella situazione sarebbe passata facilmente. Non sarebbe mai passata facilmente e forse era arrivato il momento di farmene una ragione.
- Mi dispiace.. -, la sentii sussurrare all'improvviso.
Mi destai così subito dai miei pensieri, alzando lo sguardo verso di lei. - Mh? -.
- Mi dispiace -, ripeté solamente, con tono deciso, mentre mi dava ancora le spalle e posando poco dopo il bicchiere ormai di nuovo vuoto nel lavabo, - ..è..è colpa mia se tu ora stai così -, aggiunsi.
- Così? Amy, io sto bene -, dissi, scrollando poi lievemente il capo e mentendo a me stesso.
- Non ti credo -, rispose, voltandosi allora a guardarmi, puntando i suoi grandi occhi verdi nei miei, - Lo vedo e vorrei solo che finisse, vorrei che tutto passasse -, aggiunse.
- Non puoi farti una colpa di questo, okay? -, le dissi, avvicinandomi poi a lei, ma fermandomi comunque ad una certa distanza.
Solo allora mi abbracciò, gesto che mi lasciò perplesso per qualche secondo. - Sei una splendida persona, Brian...anche se tecnicamente ti conosco solo da poco.. -.
- ..in teoria mi conosci da sempre -, proseguii io, al posto suo, mentre ricambiavo, seppur appena, quel suo abbraccio.
- Esatto.. -, convenne, allontanandosi poi per guardarmi di nuovo in viso, - Torna a prenderti di nuovo cura di te stesso...non credo che la tua Amy voglia vederti così quando tornerà -, aggiunse poco dopo, con un sorriso sulle labbra.
Di rimando, sorrisi a mia volta, quasi senza volerlo. - D'accordo, mi preparerò ogni giorno per il suo ritorno, allora -, le promisi.
Continuai a sostenere il suo sguardo per un po', finché lei non lo abbassò per allontanarsi di nuovo, per tornare in camera, camera che ormai divideva con sua sorella Maggie.
Bevvi poi l'ultimo sorso d'acqua, tornando nella mia stanza, dove dormivo fino a poco prima, ripensando più e più volte a quelle sue parole: forse aveva ragione, forse dovevo davvero ricominciare a prendermi cura di me stesso. Mi domandavo quando avessi smesso di farlo, sinceramente.
Ma doveva essere successo, dato che quando mi guardavo allo specchio, di recente, quasi non mi riconoscevo più.
Mi chiusi poco dopo la porta alle spalle, stendendomi senza indugio sul letto e crollando addormentato più velocemente di quanto non riuscissi a fare da settimane.

***

Salii velocemente le scale, cercando di capire dove diavolo avessi trovato la forza per dirgli quelle cose: a beh, sapevo solamente che c'ero riuscita e quello bastava. Speravo che mi avesse ascoltato, per lo meno, speravo che seguisse il mio consiglio.
Cercai di fare il più piano possibile mentre rientravo in camera, ma comunque mi prese un colpo quando la voce di mia sorella interruppe il silenzio. - Tutto okay? -, mi domandò.
Mi avvicinai con nonchalance al letto, facendo cenno di sì con la testa, seppur impercettibilmente. - Sì, tutto okay, ero solo di sotto a prendere un bicchiere d'acqua -.
- C'era anche Brian? -, mi chiese, come se mi avesse letto nel pensiero. Come sempre.
- In effetti sì -, risposi, stendendomi di nuovo sul letto, lasciandomi andare ad un piccolo sbadiglio.
- Ed è successo qualcosa? Con lui intendo? -.
- No, Maggie..solo...solo gli ho detto che secondo me deve ricominciare a prendersi cura di se stesso, è cambiato molto da..dalla prima volta che l'ho visto -, ammisi apertamente.
- Su questo non posso darti torto...ma tu pensi che ti darà retta? -.
Istintivamente mi misi di nuovo a sedere, portando le ginocchia al petto. - Hai detto che mi ama...e tanto...quindi spero di sì -, sussurrai.
- Credimi, che ti ama è più che scontato, e Brian non è mai stato il tipo che si innamora...voleva sempre essere quello duro, forte, che non si faceva sopraffare dai sentimenti, ed ha continuato così per tanto tempo -, mi disse.
Risi, anche piuttosto spontaneamente. - Davvero? -.
- Oh sì! -, mi assicurò, - Ma tu gli hai decisamente cambiato la vita, non ci credevo quando mi hai detto che stavate insieme, te lo assicuro...né tanto meno quando ti ha chiesto di sposarlo -, ammise.
- E il matrimonio come è stato? -, le domandai, ormai curiosa di sapere qualcosa di più sul mio “passato”.
- Stupendo.. -, disse, facendo una pausa prima di continuare a raccontare, - L'avete celebrato nel grande parco di Huntington, organizzato quasi completamente dalla madre di Brian, Suzy...gli invitati erano pochi, lo volevate piuttosto intimo, ma è stato comunque bellissimo e lo era anche il tuo vestito -, aggiunse, poco dopo.
- Il mio vestito? Com'era? -, domandai, ancora.
- E' nell'armadio, se vuoi vederlo -, mi disse, indicandolo al lato della parete.
Senza neanche pensarci mi alzai, diretta verso quest'ultimo: aprii così entrambe le ante, cominciando a cercare, finché non trovai sia uno smoking che un vestito bianco, stile impero. Lo tirai fuori e lo osservai per parecchio tempo, tornando poi vicino al letto per posarcelo delicatamente sopra. - E mi stava bene? -, chiesi, sorridendo.
- Mai visto vestito più perfetto per te -, rispose, solamente.
- E lui? -.
- Lui è rimasto a bocca aperta, come io ti avevo anche anticipato, prima della cerimonia -.
Sorrisi ancora, prima di riporlo di nuovo nell'armadio e di tornare al letto. - Vorrei tanto ricordare, sai.. -, ammisi, in un sussurro, mentre mi stendevo di nuovo, per rimanere questa volta in posizione supina.
- Ricorderai, sorellina...e sappi che domani abbiamo anche la visita in ospedale, per i vari controlli -, mi ricordò.
- Oddio...davvero? -, chiesi, dal momento che me ne ero completamente scordata.
- Già, ma è alle 11:00, quindi hai tutto il tempo di dormire, almeno fino alle 10:30 -, mi assicurò, visto che, per quanto ricordavo, l'ospedale di Huntington Beach distava neanche 10 minuti da casa “nostra”.
- Oh bene, allora va anche bene -, fu l'ultima cosa che dissi, sbadigliando di nuovo, - E adesso è meglio dormire..io ho un certo sonno.. -, ammisi, poco dopo, prima di chiudere in definitiva gli occhi.

***

- Oh, mia piccola Amy...presto ricorderai, io lo so -, sussurrai, sedendomi accanto a lei, su una sedia nell'angolo della stanza, - Ma non ancora, non per adesso -, aggiunsi, nonostante stessi parlando da solo. La dura vita di un fantasma...che bel gioco di parole, tra l'altro.
Riconobbi, ovviamente, sua sorella, stesa e addormentata proprio come Amy, accanto a lei: era arrivata ad Huntington non appena aveva saputo del suo incidente e soprattutto, delle conseguenze di quest'ultimo. Era sempre stata premurosa nei suoi confronti, nonostante fosse la minore ed era una qualità che tutti avevamo sempre apprezzato, soprattutto io.
Era lei a darmi i consigli per quanto riguardava Amy, quando eravamo ragazzi ed io ero follemente innamorato di lei: mi aveva salvato parecchie volte da delle situazioni imbarazzanti e mi aveva sempre aiutato a capire dove sbagliavo con lei, finché non ero riuscito ad imparare anche la più piccola cosa su di lei, da quelle che le davano fastidio a quelle che adorava.
Non avrei mai smesso di ringraziarla per questo, mi aveva fatto conquistare l'amore della mia vita, in un certo senso.
Sorrisi di quel pensiero e poi smisi di osservarle, preferendo piuttosto spostarmi nella camera accanto, dove si trovava Caroline: mi stupivo ancora di quanto somigliasse a suo padre, lo vedevo anche nelle cose più piccole, come il taglio degli occhi e le labbra. Da Amy invece aveva preso gli occhi, o almeno, io già sapevo che sarebbero diventati di un bel verde smeraldo, ma anche per loro non sarebbe stata una sorpresa, in fondo.
Era la copia sputata dei suoi genitori e la più bella nipotina che potessi desiderare: era intelligente, sveglia e per la sua età sapeva già fare moltissimo.
Per quello che ne sapevo, anche Willow era sempre stata così: sempre sveglia, attenta, furba, finché crescendo non era diventata la bellissima figlia che un qualsiasi padre avrebbe voluto avere. E io non avevo neanche la possibilità di abbracciarla, nonostante fosse l'unica cosa che avrei voluto fare, in quel momento, come in qualsiasi altro della mia piccola vita, che era tra l'altro durata assai poco.
Decisi di dare un veloce bacio sulla guancia della piccola, prima di spostarmi in un'altra stanza ancora, quella in cui dormiva, finalmente sereno, il mio migliore amico, che in quel periodo non era il massimo della felicità. E come dargli torto, del resto?
Se solo avessi potuto dirgli che non l'aveva persa, sapevo che sarebbe stato meglio, che si sarebbe aggrappato a quella speranza...ma per fortuna anche Amy sembrava cercare di fargli capire che in fondo quella era l'unica verità, come se persino lei, dentro di sé, sapesse che la sua memoria sarebbe tornata, prima o poi.
- Hai un aspetto orribile, amico...e neanche poco -, sussurrai, osservando il viso, dove ormai cresceva una barba ispida e incolta, - Ma ti riprenderai anche da questa situazione, in fondo l'hai sempre fatto? Vedi di non mollare, fallo per me -, aggiunsi.
Lo vidi muoversi solo allora, stendendosi su un fianco e tornando nuovamente tranquillo. 

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Capitolo 79
*** La visita. ***


Avrei potuto dormire seriamente fino alle 10:30, invece alle 9:00 ero già in piedi: lasciai mia sorella a dormire, mentre io scendevo al piano di sotto.
Pensai che non ci fosse nessuno, invece trovai Brian in cucina, come la notte precedente: al solo pensiero di quello che gli avevo detto mi sentii avvampare.
- Giorno -, dissi comunque, poco dopo.
- Oh, buongiorno -, rispose lui, voltandosi e rivolgendomi un sorriso.
Aveva il viso riposato e le occhiaie si notavano un po' di meno: inoltre si era rasato e persino i capelli sembravano più corti, seppur di poco.
- Sei in piedi da molto? -, gli domandai, andando a sedermi su uno degli sgabelli.
- No, non da molto... -, rispose, continuando a rimanere davanti ai fornelli, - Bacon? -, mi domandò, mostrandomi il contenuto della padella.
- Sì, magari -, risposi, - Ma lascialo un altro po' sul fuoco, non è ancora pronto -, aggiunsi, scendendo dallo sgabello e raggiungendolo.
Allungai la mano verso il fornello, abbassando la fiamma mentre lui rimatteva la padella sul fuoco. - Altri cinque minuti ed è fatto -, dissi.
- Oh beh, non me la sono mai cavata ai fornelli.. -, disse, facendo una pausa, - E ora non so neanche riconoscere un bacon cotto da uno no, sono un disastro -, aggiunse, ridacchiando.
Risi nuovamente, questa volta sedendomi sullo sgabello davanti ai fornelli. - Ma no, tutti possono sbagliare -, lo rassicurai, restando in silenzio per qualche secondo, prima di aggiungere in un sussurro: - Vedo che hai seguito il mio consiglio -.
- Già, avevi ragione...e poi ero davvero orribile, e raramente lo sono -, disse, facendomi ridere ulteriormente.
- Alla tua Amy piaceva questo tuo atteggiamento? -, gli domandai, con tono divertito.
- Beh.. -, cominciò, girando poi alcune fette di bacon, - Aveva imparato ad apprezzarlo, diciamo così -, continuò, poco dopo.
- D'accordo, allora imparerò ad apprezzarlo anche io, se servirà -, gli promisi, con un sorriso.
Ricambiò il mio sorriso, per poi voltare il viso altrove. - Oggi abbiamo la visita, ricordi? -, mi chiese.
- Me l'ha ricordato Maggie, vale lo stesso? -, domandai, mentre metteva nel mio piatto tre fette di bacon, con contorno di uova
strapazzate. - Grazie -, sussurrai, poco dopo.
- Sì dai, diciamo che vale -, rispose, facendomi poi un cenno col capo che finì per valere come un "prego" silenzioso.
- E avrei anche potuto dormire, invece sono già in piedi -, sussurrai, cominciando a mangiare, visto che avevo anche parecchia fame.
- Era così anche prima, spesso ti svegliavi prima della sveglia stessa e prima di me, ovviamente -, mi confidò.
- Da piccola non ero mattiniera, ora che ci penso -, ammisi, mangiando un po' di bacon.
- Oh, davvero? Questa non la sapevo -, disse, sedendosi su un altro sgabello, cominciando a mangiare la sua porzione di colazione. Il resto era ancora nella padella, per Maggie, forse era meglio andare a svegliarla... - Sì, è così, spesso, d'estate, neanche mangiavo e se lo facevo era verso le 15:30, minimo! -, gli raccontai.
- Oh, wow...giuro che non lo sapevo, anche perché quando eravamo ragazzi uscivamo quasi sempre di pomeriggio -, disse.
- Allora è sicuramente così che mi sono tenuta la mia reputazione di mattiniera, o meglio...di finta mattiniera -, sussurrai, finendo le mie uova.
Lui rise. - Si, esattamente -, concordò, - E poi dopo la nascita di Caroline siamo un po' stati costretti a svegliarci presto, per seguire i suoi orari, almeno -, mi ricordò.
- Oh giusto...stanotte però non si è svegliata -, gli feci notare, - Cioè..io non l'ho sentita -, aggiunsi.
- No, è perché...l'ho portata di sotto con la sua culla, pensavo fosse meglio che dormissi un po' di più -, mi disse.
- Disse quello che fino a pochi giorni fa aveva due occhiaie da far paura.. -, dissi, per sentirmi meno in imbarazzo di quello che ero, - Comunque grazie -, aggiunsi, poco dopo.
- Non c'è di che e poi è stata tranquilla, si è svegliata solamente una volta e si è riaddormentata quasi subito, dopo aver bevuto un po' di latte -, mi assicurò, alzandosi poi dal suo sgabello e prendendo entrambi i piatti della colazione, ormai vuoti, per riporli un attimo dopo dentro il lavabo.
- Adesso è ancora in stanza? -, gli domandai.
- Sì, proprio accanto al mio letto -, rispose, voltandosi di nuovo a guardarmi.
Fu allora che iniziò un silenzio piuttosto imbarazzante, che per fortuna venne interrotto dalla voce assonnata di mia sorella. - C'è ancora qualcosa da mangiare per me? -, domandò, varcando poco dopo la soglia della cucina.
Ci voltammo entrambi di scatto a guardarla, mentre Brian rispondeva al posto mio. - Sì, è qui...forse un po' freddo ma c'è -, rispose, mostrandogli la padella.
- Grazie comunque -, replicò lei, andando a prendersi la sua porzione.
- Io...vado di sopra a fare una doccia.. -, dissi all'improvviso, allontanandomi dal tavolo e uscendo poco dopo dalla cucina, semi imbarazzata, ancora.

***

- Allora? -, domandai a Brian, mentre lui continuava a fare l'indifferente, mettendo a posto la cucina.
- Allora cosa? -, mi domandò, di rimando.
- E' successo qualcosa? -, chiesi, più specificatamente, imboccando un po' di uova.
- No, cosa dovrebbe succedere? -, domandò ancora, voltandosi finalmente a guardarmi.
- Qualsiasi cosa -, risposi.
Si strinse nelle spalle. - Abbiamo solo parlato...per un momento mi era sembrato che fosse tornata la Amy di sempre -, ammise.
- Anche per me è stato così, ieri sera, ogni tanto ha questi momenti...come di lucidità, in cui sembra tornare la vecchia lei -.
- Cos'ha fatto ieri sera? -, mi chiese, visibilmente curioso.
- Mi ha chiesto del vostro matrimonio -, risposi tranquillamente, vedendo subito la sua espressione cambiare.
- Oh, davvero? -, domandò di nuovo, incrociando le braccia al petto, - E cosa ti ha chiesto al riguardo? -, aggiunse poco dopo.
- Com'era stato e come fosse il suo vestito -, risposi, riprendendo a mangiare.
Lo vidi chiaramente sorridere. - Il suo vestito... -, ripeté.
- Già, il suo vestito e i tuo occhi spalancati -, ribattei, non facendo a meno di ridere.
- Ce li avevo così tanto? -, domandò.
- Si, parecchio -, risposi, poco dopo.
- E tu cosa le hai detto? -, chiese.
Ci ripensai velocemente, facendo così mente locale. - Le ho detto che era piuttosto intimo e che l'aveva organizzato quasi del tutto tua madre.. -, risposi, facendo una piccola pausa prima di continuare, - ..e per il vestito le ho solamente detto di vedere lei stessa, dal momento che era nell'armadio -, aggiunsi in un secondo momento, finendo velocemente le mie uova.
- Quel vestito era assolutamente perfetto per lei -, ammise.
- Si, su questo non posso che concordare... -, ammisi a mia volta, - E comunque...lei è curiosa di sapere del suo “passato”, magari potresti raccontarle anche tu qualcosa, forse potrebbe fungere anche da terapia.. -, gli dissi.
- Lo pensi davvero? -, chiese, ancora con le braccia strette al petto.
- Perché no? E' un modo come un altro di stimolare la sua memoria, in fondo -, gli assicurai.

***

Arrivammo in ospedale in perfetto orario e, dopo aver raggiunto la sala d'attesa, una certa dottoressa Adams mi salutò e io, come al solito, mi sentii imbarazzata, dal momento che non ricordavo chi fosse.
Solo dopo Brian mi disse che era stata la ginecologa che mi aveva assistito durante la mia gravidanza, e allora mi sentii avvampare ancora di più.
Per fortuna poco dopo ci chiamarono e solo allora potemmo entrare in sala.
Tirai così un sospiro di sollievo, prima di fare la mia entrata nell'anonima sala dove mi sarebbe stata fatta la visita. - Buongiorno.. -, dissi, anche se con voce flebile, per attirare l'attenzione della dottoressa che si trovava davanti a noi, seppur ancora di spalle.
- 'Giorno... -, disse, voltandosi solo allora, - Lei deve essere la signorina Pedersen -, aggiunse.
Annuii impercettibilmente. - Sì, sono io -, confermai poco dopo.
- Puoi andare a sederti lì sul lettino, inizieremo la visita tra un momento -, mi assicurò, voltandosi nuovamente per posare in un grosso box una cartella clinica, probabilmente.
Feci comunque come mi aveva detto, togliendomi il giacchettino che Brian prese subito, quasi senza accorgersene, come se fosse un gesto automatico, mentre mia sorella continuava ad affiancarmi, avvicinandosi con me fino al lettino: mi sedetti, cominciando a guardarmi intorno, in attesa che la dottoressa fosse davvero pronta per visitarmi.
- Allora...hai avuto problemi? Dolori? Di qualsiasi tipo? -, mi domandò.
- Sì..dei mal di testa, ma niente di più -, risposi, tranquillamente, mentre lei inforcava gli occhiali, avvicinandosi al lettino.
- Sei svenuta mai da quando sei stata dimessa? -, mi domandò.
Scossi il capo. - Ho solo avuto dei capogiri..ma niente di più -, le assicurai, mentre mi ordinava di guardare la luce che mi stava puntando negli occhi.
- Bene...allora posso dire che sei decisamente sulla via della guarigione, di solito gli altri pazienti arrivano alla prima visita e ancora soffrono di parecchi svenimenti -, mi disse.
- Quindi passi avanti? -, le domandai.
- Da gigante -, mi assicurò, con un sorrisone, che mia sorella e Brian ricambiarono pienamente.
Mi limitai a sorridere a mia volta; - Con la memoria invece? Come stai procedendo? -, mi domandò, poco dopo.
- In che senso? -, le chiesi, un po' imbarazzata.
- I ricordi? Sei riuscita a ricordare qualcosa? -, mi domandò, più nello specifico.
Istintivamente, il mio sguardo andò a Brian, che però in quel momento teneva lo sguardo chino per terra, come se avesse immaginato che mi sarei volata per guardarlo, anche solamente per un secondo. - No...in effetti no -, risposi allora, anche se un po' in imbarazzo.
- Veramente? -.
Scossi nuovamente il capo. - Già...non ho ancora ricordato niente -, sussurrai.
- Beh...questo può voler dire più cose -, mi disse, allora.
- Che intende? -, chiese Brian, intervenendo per la prima volta e continuando a tenere la piccola stretta a sé, nonostante continuasse a muoversi.
- Intendo che, a questo punto, l'amnesia potrebbe anche essere permanente -, rispose.
Subito lui si irrigidì, e anche io ebbi una fitta alla bocca dello stomaco...o al cuore, addirittura.
- E se semplicemente fosse solo troppo presto? Magari basta lasciare correre un altro po' di tempo -, azzardò Maggie.
- Si, può darsi, purtroppo con il cervello niente è mai sicuro, si va sempre per ipotesi -, ci assicurò, - Ma io sono ottimista, lo sono con tutti i miei pazienti -, aggiunse.
- Quindi c'è comunque la possibilità che io recuperi la memoria? -, domandai.
- Diciamo solo che io continuo a sperarlo, e credo che anche voi lo stiate facendo -, sussurrò.
In quel momento, per la prima volta, tutti e tre ci guardammo, a lungo, prima di tornare a concentrare la nostra attenzione sulla dottoressa. - Sì..ovvio -, mi ritrovai a sussurrare, talmente piano che probabilmente neanche mi avevano sentita.
Alla fine, la dottoressa mi prescrisse delle pasticche da prendere per il mal di testa, ma con le quali non avrei dovuto esagerare, visto che erano più forti di una semplice aspirina. La ringraziammo così poco prima di uscire dalla stanza, recandoci nuovamente all'entrata e uscendo poco dopo: per tutto il viaggio in macchina parlai con Maggie, mentre lei continuava a ripetermi che sicuramente avrei recuperato tutti i ricordi, che bastava solo far passare un po' di tempo, o meglio, altro tempo.
Nonostante stessi parlando con lei, la mia attenzione andò a posarsi più e più volte su Brian, visto che non riuscivo a capire come stesse, non dalla sua espressione almeno: era rimasto in silenzio per tutto il tempo, limitandosi solamente a guidare e i suoi occhi sembravano vitrei. Non riuscivo a capire se fosse ancora più demoralizzato o silenziosamente speranzoso.
Sospirai tra me e me, riprendendo poi a parlare unicamente con mia sorella.
Quando poi arrivammo a casa, una manciata di minuti dopo, noi restammo in salone, mentre lui sparì al piano di sotto, nella sala hobby, continuando a non parlare.

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Capitolo 80
*** Brian passione spesa. ***


Il frigo era vuoto, anzi, se dovevo dire la sincera verità, era completamente vuoto.
Forse era seriamente giunto il momento di andare a fare una spesa, anche se ero parecchio negato per quel tipo di cose: ma beh..o andavo oppure non avremmo cenato.
Feci così una veloce lista, con le cose essenziali, uscendo poi di casa insieme alla piccola, mentre le donne di casa dormivano ancora entrambe: aprii la macchina e la sistemai sul suo seggiolino, dandole il suo pupazzo preferito, così almeno avrebbe giocato senza piangere durante il tragitto.
Accesi un po' la radio e, quasi a farlo apposta, beccai praticamente solo canzoni che mi ricordavano Amy: dio, che fortuna.
Misi così in moto, sospirando, imboccando poi subito dopo la strada che portava al supermercato più vicino, mentre sentivo la piccola ridere, cosa che del resto non era molto strana.
Non appena entrai nel parcheggio, poco dopo, mi infilai tra due macchine e scesi, andando poi a liberare la piccola dal suo seggiolino che, sapevo bene, odiava. - Per ora, sarai costretta a starci, che tu lo voglia o no -, sussurrai, prendendola in braccio, mentre lei mi rivolgeva un'occhiata torva.
Facemmo così il nostro ingresso nel grande supermercato, non prima di aver preso un carrello, comunque, lo stesso in cui sistemai la piccola in modo che non cominciasse a lamentarsi. - Bene, si comincia -, sussurrai, poco prima di cominciare a camminare lungo le corsie, costeggiate dai scaffali pieni di roba, leggendo più volte la lista che io stesso avevo scritto, cercando di sembrare il meno disorientato possibile.
Ero intento a scegliere i pannolini per la piccola, dal momento che quelli che prendeva solitamente Amy sembravano finiti, quando la mia attenzione fu catturata da una voce alle mie spalle. - Brian? -, mi sentii chiamare.
Mi ritrovai così a dover sollevare il capo, restando sorpreso quando davanti a me vidi la sorella di Valary, non che mia ufficiale ex ragazza ai tempi dell'High School: e in fondo, era proprio da quei tempi che non la vedevo, ovvero da quando aveva deciso di trasferirsi, a differenza di sua sorella, che aveva deciso di restare ad Huntington con Matt. - M-michelle? -, domandai, ancora incredulo.
- Dio, quanto tempo! -, ammise, abbracciandomi poco dopo.
Ricambia quell'abbraccio, ovviamente, seppur con un po' di imbarazzo. - Già, decisamente -, sussurrai, - Ma tu che ci fai qui? -, le domandai, poco dopo.
- Oh beh, sono venuta a fare una sorpresa a mia sorella, ma avevo bisogno di un paio di cose che mi sono dimenticata, così sono passata qui -, mi spiegò.
- Oh..capito -, dissi, mentre la sua attenzione si spostava sulla piccola, che si stava dimenando per farsi vedere: come una piccola Haner a tutti gli effetti.
- E questa deve essere la piccola Caroline, Val mi ha parlato un sacco di lei! -, ammise.
- Si, è proprio lei -, sussurrai, rivolgendole l'ennesima occhiata, mentre osservava Michelle davanti a lei.
Subito dopo ci fu semplicemente un momento di silenzio, prima che sollevasse nuovamente il capo. - Ho..ho saputo di Amy -, disse, solo allora.
- Si, lo immaginavo -, ammisi, prendendo poi un pacco a caso di pannolini, quelli che mi sembravano più buoni.
- Mi dispiace molto... -, sussurrò, - Ma sono sicura che andrà tutto bene, è solo un periodo -, aggiunse.
- Si, è quello che ormai mi dicono tutti -, dissi.
- Quindi non credi in questa eventualità? -, mi domandò, mentre cominciavamo di nuovo a camminare lungo le corsie.
- Non è che non ci credo, semplicemente evito di illudermi -, ammisi.
Un secondo momento di silenzio cominciò proprio allora, finché non fu interrotto di nuovo da lei, anche perché io non sapevo bene che dire. - Sai, non avrei mai pensato a te e ad Amy, insieme intendo -, ammise, mentre io continuavo a prendere quello di cui avevo bisogno.
Sorrisi tra me e me, scuotendo poi impercettibilmente il capo. - Nemmeno io ci avrei mai pensato, è successo tutto talmente velocemente che non ce ne siamo quasi resi conto, in tutta sincerità -, dissi.
- Siete così diversi -, continuò, sorridendo a sua volta.
- Forse è proprio per questo che ci siamo trovati -, le feci notare.
- Si, sicuramente -, concordò, - Ci sarei voluta essere al vostro matrimonio, ma il lavoro mi stava uccidendo in quel periodo , si scusò.
- Si, Val me l'aveva accennato, magari ti faccio avere le riprese, visto che i miei non hanno fatto altro -, le proposi.
- Si, non mi sembra male come idea -, disse, sorridendo ancora.
Ricambiai a mia volta quel sorriso, prendendo poi le ultime cose e dirigendomi insieme a lei alla cassa.
- Visto che ci siamo, vieni a casa con noi -, le proposi, stringendomi nelle spalle, - C'è Amy insieme a sua sorella, beviamo qualcosa tutti insieme, ti va? -, aggiunsi poco dopo.
In un attimo si illuminò di nuovo in un grande sorriso. - Si, mi piacerebbe, però non ho la macchina, sono venuta a piedi -, rispose.
- Tranquilla, la mia è abbastanza grande -, le assicurai, pagando poi velocemente e cominciando a mettere le cose nella busta, mentre la piccola continuava a stare tranquilla nel carrello. Aspettai che anche Michelle pagasse e poi ci avviammo fuori, verso la mia macchina, dove sistemai di nuovo la piccola sul seggiolino e la spesa nel cofano.
- Alla fine ce l'avete fatta a raggiungere il vostro sogno, visto? -, mi domandò, quando ormai avevo messo in moto.
- Già, chi l'avrebbe mai detto, eh? -, ribattei.
- Io lo dicevo, eri tu che non mi credevi -, mi ricordò.
Sorrisi. - Ero giovane e scettico, tutto qui -, mi giustificai.
- Si, questo è vero...eppure giuro, mi sembra ieri che provavate nel garage per le serate nei pub! -, ammise.
- Sembra ieri anche a me, anzi, il tempo non sembra passato affatto -, dissi, fermandomi poi al semaforo rosso.
- E ti ricordi invece di quando stavamo insieme? -, mi domandò.
Sorrisi, facendo mente locale. - Certo, siamo stati insieme per quasi 3 anni -, dissi.
- ..tra tira e molla -, puntualizzò.
- Già, ora che ci penso è vero -, concordai, lasciandomi scappare una risata, - E ora invece? Io sono sposato, ma tu? -, le domandai.
Un piccola smorfia comparve improvvisamente sul suo volto. - Solamente storie di pochi mesi, che tu ci creda o no, l'anno l'ho superato solamente con te, ai tempi della scuola -, mi confidò.
- Oh, davvero? -, le domandai, - Mi sento onorato -, aggiunsi.
- E' perché sei sempre stato molto bravo in..alcuni campi -, disse, lanciandomi un veloce sguardo che catturai appena.
Conoscevo fin troppo bene quella donna, così come conoscevo il significato di quell'occhiata. - Quella è sempre stata la parte migliore di me, non trovi? -, le domandai solamente, mentre imboccavo la strada che portava a casa.
- Trovo -, rispose, stringendosi nelle spalle mentre tornava a guardare davanti a se.
Accelerai di proposito, arrivando così in minor tempo a casa, parcheggiando così nel vialetto, come sempre del resto. - Ecco, ci siamo -, l'avvertii, scendendo poco dopo e andando a prendere la piccola, prima di occuparmi della spesa nel cofano.
- Vuoi una mano? -, mi domandò, dal momento che con Caroline in braccio mi stavo praticamente impiccando per aprire il cofano.
- Si, magari -, risposi, lasciandola poi fare.
Presi così anche la busta, mentre ci dirigevamo verso casa. - E' carina -, disse.
- Da fuori, dentro forse è un po' più incasinata -, l'avvertii, ridacchiando e infilando la chiave nella toppa, che aprii poco dopo.


***

Mi ero svegliata e già da un po' passeggiavo per casa, cercando di capire se davvero avevo fame o era solo un'illusione partorita dalla mia mente.
Mi strofinai più volte gli occhi, capendo immediatamente che in casa c'eravamo solamente io e mia sorella, ancora dormiente al piano di sopra. Non ricordavo che dormisse così tanto, in verità, di solito ero sempre stata io quella dormigliona della famiglia.

Continuavo a strofinarmi gli occhi con fare meccanico, cercando anche di scacciare, senza ottimi risultati, il mal di testa con il quale mi ero svegliata: fu allora che sentii la macchina parcheggiarsi sul viale di casa, seguita poi da delle risate, una di Brian, era ovvio, ma anche da una seconda, che non riuscivo a riconoscere.
Con fare curioso mi avvicinai alla porta, con entrambe le braccia strette al petto, finché non la vidi aprirsi. - Si, certo che me lo ricordo! -, sentii dire dalla seconda voce, prima che la figura di Brian e della donna misteriosa mi si parassero davanti.
- Amy -, disse subito Brian, guardandomi per qualche secondo, prima di fare un gesto verso la donna alle sue spalle, - Lei è..Michelle -, aggiunse, poco dopo.
- Michelle? -, domandai, con il solito imbarazzo.
- Sono la sorella di Valary, gemella -, disse lei, facendo un passo verso di me.
- Oh..beh, io..ho -, provai a dire, gesticolando e indicandomi alla fine la testa.
- ..l'amnesia, lo so, mia sorella me l'ha detto -, chiarì subito, mentre io prendevo la bambina, visto che Brian sembrava avere comunque bisogno di una mano.
- Oh, meglio, odio doverlo spiegare ogni volta -, ammisi, accennando un piccolo sorriso.
- Si, posso immaginare -, disse.
Momento di silenzio; - Beh...ho invitato Michelle per bere qualcosa insieme, quindi..perché non andiamo in cucina? -, propose lui, sentendo sicuramente l'aria tesa.
- Si, perché no -, concordai, incamminandomi per prima e varcando la soglia con in braccio la piccola, che si fece sistemare nel suo seggiolino senza fare neanche troppe storie. Migliorava ogni giorno di più.
Subito dopo mi raggiunsero anche loro, così Brian poté posare la busta sul ripiano della cucina, in attesa di essere svuotata del tutto. - Allora, cosa prendo? -, domandò lui, nascondendo la testa nel frigo, in cerca di qualcosa.
- A me va bene tutto -, rispose Michelle, sedendosi su uno dei sgabelli liberi.
- Allora vada per un po' di thé freddo -, disse lui, chiudendo poi l'anta del frigo con un piccolo tonfo.
Io presi velocemente quattro bicchieri, uno per mia sorella, dato che sicuramente da lì a poco si sarebbe svegliata, me lo sentivo, posandoli sull'isola della cucina. - Allora, quanto ha ora Caroline? -, domandò lei, sorseggiando poi dal suo bicchiere.
- Quasi otto mesi -, rispose Brian, - Ma a volte sembra anche più grande -, aggiunse.
- Precoce come te? -, gli domandò.
- Solo sotto alcuni punti -, rispose.
- Allora deve aver preso da Amy -, azzardò.
Io mi limitai a sorridere, prima di ribattere. - Già, a quanto pare -, sussurrai.
- E per il resto? Come stai da...dopo l'incidente? -, mi chiese.
Mi strinsi nelle spalle, bevendo un'ulteriore goccio prima di risponderle. - Frequenti mal di testa e parecchi momenti d'imbarazzo a causa dei miei ricordi svaniti, detto nel modo più breve possibile -, dissi.
- Già -, sentii sussurrare Brian, anche se probabilmente il suo intento iniziale era quello di non farsi sentire del tutto.

Quella "conversazione" continuò ad andare avanti per qualche minuto ancora, anzi, per più di mezz'ora, praticamente e la cosa peggiore era che le continue occhiate di quella donna a Brian mi davano persino troppo fastidio. Mi sentivo strana e quasi stupida, perché niente aveva senso in quel momento e io di certo non potevo essere gelosa di lui, visto che non ricordavo niente della nostra vita insieme.
Eppure lo ero, sapevo riconoscevo quando ero gelosa di qualcuno e in quel momento lo ero: ma ovviamente tenni la bocca chiusa, tirando comunque un sospiro di sollievo quando disse che per lei era il momento di andare.
Peccato, perché sembrava anche piuttosto simpatica....ma quella sensazione sgradevole dentro di me non voleva proprio spegnersi, a quanto pareva.
Poco prima della sua dipartita, comunque, mia sorella arrivò al piano di sotto, appena svegliata e non appena la vide, per una frazione di secondo, mi lanciò un'occhiata che non riuscii a capire: comunque la salutò, ovviamente, scusandosi per non essere scesa un po' prima.
Per la piccola era, inoltre, arrivata l'ora di mangiare, così presi uno dei suoi biberon con dentro il latte e cominciai a darglielo, mentre Brian l'accompagnava alla porta, dove si salutarono definitivamente prima che quest'ultima si chiudesse.
- E' tutto okay? -, mi domandò lui, tornando in cucina e prendendomi alla sprovvista, mentre la piccola aveva ripreso a reggere il biberon da sola e mia sorella si incamminava verso il bagno, alla fine del corridoio.
- Che? -, domandai, facendo finta di nulla.
- C'è qualcosa che non va? Mi sembravi strana -, disse.
- E' solo perché non sapevo chi fosse, ma sembra simpatica -, dissi, continuando a non rispondere alla sua domanda.
- Però non mi hai risposto -, disse.
Ecco, appunto.
- Se non l'ho fatto vuol dire che è tutto okay -, gli feci notare. Chissà se ero davvero convincente come pensavo.
- Lo sai che ti conosco meglio di chiunque altro, vero? -, se ne uscì, dopo un piccolo momento di silenzio.
- Persino meglio di me stessa? -, ribattei, lasciandolo per un momento senza una risposta.
- Sì -, ribatté ugualmente, - Persino meglio di te stessa -, aggiunse poco dopo, - E so quando non dici la verità, andiamo...ricordati che siamo sposati -.
- Non l'ho dimenticato -.
- Quest'affermazione non è del tutto esatta -, disse allora, lasciando questa volta me senza nient'altro da dire. Persino la piccola continuava a spostare la sua attenzione da me a lui, come se cercasse di capire cosa stava succedendo, cosa che in realtà non sapevo neanche io.
Fu solo quando fece per andare via che trovai il coraggio di parlare ancora, pentendomene profondamente da un lato. - Lei si sarebbe ingelosita, probabilmente -, dissi, trattenendo subito dopo il respiro.
Lui si fermò di colpo. - A me sembri gelosa persino tu, in questo momento -, rispose, voltando poi di nuovo lo sguardo verso di me, - Non ti starai innamorando di me, vero? -, mi chiese allora, con un sorrisetto sghembo dipinto sulle labbra.
Di colpo, mi sentii arrossire violentemente, limitandomi poi a chinare solamente il capo, mentre lui saliva al piano di sopra.
Dio, che presuntuoso che era.
Mi costrinsi a non pensare a quelle sue parole, portando la mia attenzione di nuovo sulla piccola, che mi guardava con aria curiosa. - Spero che tu non abbia preso il suo carattere -, sussurrai, scuotendo impercettibilmente il capo.


***

- Tu sai chi è quella donna, vero? -, mi domandò Maggie, mentre eravamo entrambe sedute sul letto in camera, lei con Caroline mezza addormentata in braccio.
La mia prima reazione fu quella di voltarmi a guardarla, poi la mia espressione fece tutto. - Okay, domanda idiota -, sussurrò da sé.
- Già -, concordai, tornando a posare la testa sul cuscino.
- Beh, comunque...non è solamente la sorella gemella di Valary, lei e Brian sono stati insieme per più di tre anni, quando eravamo al liceo! -, mi avvertì.
- Sì, questo l'avevo capito, prima se lo stava mangiando con gli occhi -, le dissi.
- Davvero? Ci provava?! Beh, non fatico a crederci, Michelle è sempre stata così...e anzi, ha sempre avuto una certa fissa per Brian -.
- Una..fissa? -, chiesi.
- Lo voleva sempre tutto per sé, e a volte andava anche oltre la normale gelosia...non dubito che lo amasse, perché era così, ma spesso mi chiedo ancora come abbia fatto quell'uomo a sopportarla per tutto quel tempo -, ammise.
- Forse anche lui l'amava -, azzardai.
Questa volta, fu lei a lanciarmi un'occhiata che valse più di mille parole. - Che c'è?! -, sbottai.
- Quando eravamo al liceo tutto quello a cui pensava Brian era il sesso, è sempre stato così e a Michelle non dispiaceva farsi girare e rigirare.. -.
- Maggie, ho capito -, dissi, bloccando quelle sue parole che ero sicura, mi avrebbero traumatizzato a vita, - E poi c'è la piccola, contieniti un minimo -, aggiunsi.
- E' vero, scusa...ma comunque resta il fatto che sono stati insieme e scommetto quello che ti pare che a lei non è mai andato giù il fatto che lui si sia fatto una vita, dopo di lei -, disse.
- Come andò tra di loro? -, domandai, visto che lei sembrava saperne molto.
- Si misero insieme che avevano 17 anni, e tra tira e molla ne durarono tre...ma alla fine Brian era stufo dei suoi continui sbalzi d'umore, dei suoi cambiamenti d'opinione e delle sue sclerare in pieno stile DiBenetto, così la lasciò, dopo lei partì e giuro, io non la vedevo da allora -, mi raccontò.
- Neanche Brian, a quanto ho capito... -, dissi, - Quindi lui la mollò, in poche parole...e ora pensi che ne approfitterà per..riprenderselo? -, le domandai, trovando non so dove il coraggio di dire quell'ultima parola.
- Ci proverà, credimi, ma Brian non è così stupido, sei l'unica che abbia mai amato veramente e non si lascerà infinocchiare da qualche occhiatina maliziosa -, disse.
E sinceramente, io non sapevo se crederci o meno. 

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Capitolo 81
*** Non smetterò mai. ***


Me l'ero immaginato, oppure davvero Amy si era dimostrata gelosa di Michelle? Ormai non facevo altro che pensare a quello, soprattutto la sera, quando mi mettevo al letto
Non che fosse stato quello il mio scopo, insomma, non mi sarei mai aspettato quella reazione, anche se non sapevo bene se si era davvero scatenata in lei o meno.
Ma se anche fosse stato? Cosa voleva dire? Forse la stavo conquistando di nuovo? Non che ci fossero problemi per me, avrei ricominciato volentieri tutto da capo, pur di riaverla con me.

***

- Resta il fatto che è un presuntuoso -, dissi, stringendo per l'ennesima volta entrambe le braccia al petto, mentre io, la piccola e mia sorella ce ne stavamo sedute su una delle tante panchine del parco.
- Lo so, Amy, lo ripeti da quando siamo uscite di casa e praticamente da ieri sera -, mi avvertì Maggie, mentre cullava un po' al piccola.
Sbuffai. - Lo so, ma insomma...è così -, tornai a ripetere.
- E' una cosa alla quale ti eri abituata, visto che l'hai sposato -, disse lei, lanciandomi un'occhiata divertita, - Ma ora passiamo alla domanda fondamentale -, aggiunse.
- E cioè? -.
- Cioè...sei davvero gelosa di Michelle? Perché se è così questo può voler dire più di una cosa -, mi domandò.
- Io non lo so...non so se sono gelosa di lei e se anche fosse non ne avrei motivo, insomma...io non mi ricordo di lui, lo sai -, sussurrai, chinando il capo.
- Se sei gelosa sei gelosa, punto, non centra il fatto che non ti ricordi della vostra vita assieme prima dell'incidente...però di certo può voler dire altro -, azzardò.
- Non mi sto innamorando di lui -, sbottai, continuando a tenere le braccia strette al petto.
- Forse, ma per lui provi sicuramente qualcosa, e sai quanto tempo è passato da quando ti hanno dimessa da quell'ospedale? -, mi domandò.
Mi strinsi nelle spalle. - Un mesetto..? -, provai.
Annuì. - E indovina quanto tempo ci hai messo per innamorarti di lui la prima volta -, sussurrò.
Tornai nuovamente a guardare davanti a me, con aria spaesata. - Un mese, non mi dire -, sbottai ancora, - Ma di nuovo non centra niente, quella donna mi da fastidio, mi fa venire i nervi, e allora? -.
- E allora Brian ha fatto breccia nel tuo cuore per la seconda volta, eravate proprio destinati a stare insieme -, concluse, mentre una folata di vento scompigliava sia i suoi che i miei capelli.
- Sarà, ma è la prima e l'ultima volta che gli dimostro davvero la mia...gelosia -, dissi, promettendo quella cosa praticamente a me stessa.
- Bisogna vedere se davvero ci riuscirai, comunque -, mi avvertì.
- Davvero allora ci ho messo solamente un mese per innamorarmi di lui? -, le domandai di nuovo, con tono incerto.
- Da quello che mi avevi raccontato, sì -, rispose, - E se è successo una motivazione c'era, forse Brian è davvero speciale per te, anche per quella che non lo ricorda -, aggiunse.
- Sì...forse -, risposi alla fine, senza sapere più bene cosa dire e continuando comunque a guardare davanti a me, mentre le persone mi passavano davanti, chi correndo chi no.
- Ah, ma siete qui -, sentii all'improvviso accanto a me, voltandomi di scatto verso la fonte di quella voce, - Non ho neanche provato a chiamarvi, visto che i cellulari erano entrambi a casa -, aggiunse.
Non so come evitai di arrossire, cercando di non ripensare a tutto quello che mi ero detta fino a quel momento con mia sorella. - Ti avevamo detto che uscivamo -, disse subito lei.
- ..allora devo averlo dimenticato -, disse solamente, venendo poi a sedersi tra me e mia sorella, costringendomi a spostarmi di qualche centimetro per farlo entrare.
- Il solito delicato -, sbuffai, mentre lui prendeva tranquillamente Caroline in braccio, cosa che a lei piacque parecchio.
- E' il mio secondo nome -, rispose solamente, - E adesso passiamo alle cose importanti, visto che ci siamo, andiamo a mangiare fuori -, propose.
Sospirai per un momento, prima di rivolgermi a mia sorella, che mi guardava in cerca di una risposta da parte mia. - No, io credo che me ne tornerò a casa, il mal di testa è tornato -, dissi, alzandomi poco dopo, - Ma voi andate, Caroline ha bisogno di uscire da casa -, aggiunsi, facendo per andare via.
- No, a questo punto torno con te.. -, cominciò mia sorella.
- No, andate pure, io starò bene, sono grande, grossa e vaccinata...sopravviverò -, assicurai ad entrambi.
- Caroline odia quando non ci sei, vieni... -, disse a sua volta Brian, - Parleremo sotto voce, per il tuo mal di testa -, aggiunse poco dopo, lanciandomi un piccolo sorriso.
- Ahm.. -, biascicai, cercando di capire se davvero volevo andare o se semplicemente volevo tornare a casa, correndo magari.
- Hey, ragazzi! -, urlò qualcuno alle mie spalle, superandomi poco dopo.
Michelle, ma guarda un po': insieme alla mia, l'espressione di mia sorella si indurì di colpo.
- Michelle -, disse solamente Brian, sorridendo nuovamente.
- Che coincidenza incontrarvi qui! -, disse, mettendo entrambe le mani sui fianchi e riprendendo fiato, dal momento che era uscita chiaramente per fare Jogging, visto come era vestita.
- Già, il mondo è proprio piccolo -, sussurrai, quasi a denti stretti.
- Che combinate, eh? -, domandò allora, togliendosi definitivamente tutte e due le cuffiette.
- Stavamo.. -, cominciò Brian, guardandomi e facendo una pausa.
- ..per andare a mangiare fuori -, aggiunsi allora io, avvicinandomi a lei e rivolgendole un sorriso, - Ti unisci a noi? -, le domandai, facendo venire alla luce tutte le mie capacità recitative per evitare di ridere o peggio, di ringhiare.
- Ahm.. -, biascicò, un po' spaesata, - Si, non mi dispiacerebbe...se non disturbo -, aggiunse.
- Nessuno disturbo -, mi affrettai a ribattere, prima che potesse farlo o Brian o comunque mia sorella, - Allora, Brian, dove andiamo? -, gli chiesi, visto che non sapevo se ci fossero ristoranti o comunque fast food da quelle parti.
- C'è un'ottima pizzeria qui vicino, non penso sia male come meta per il pranzo -, rispose lui, poco dopo, cercando di capire probabilmente quali erano le mie intenzioni.
Il punto era che non ne avevo, o meglio, l'unica cosa che volevo davvero era evitare di dimostrargli di nuovo quello che avevo dentro e forse con quella piccola mossa ci sarei riuscita, per quanto mi costasse.
Nel giro di pochi minuti ci eravamo già messi in marcia, io accanto a mia sorella, che stava spingendo la carrozzina con dentro Caroline. - Che hai in mente? -, mi chiese ad un certo punto, sottovoce.
- Niente, solo...voglio sembrare indifferente -, le dissi, mentre guardavo Brian e Michelle davanti a noi mandare avanti un'animata conversazione, a quanto sembrava.
- Beh, vista la reazione di Brian...credo che questa volta tu l'abbia preso in contropiede -, mi disse.
- Uno a zero per me, allora -, conclusi, con un sorriso soddisfatto dipinto sulle labbra.
Una manciata di minuti dopo, finalmente, raggiungemmo la pizzeria che Brian aveva menzionato, riuscendo a trovare un tavolo senza troppi problemi. - Sicuro che si mangi bene qui? -, domandò Maggie, poco dopo essersi messa seduta.
- Sì, ci vengo spesso -, rispose lui.
- Ci venivamo anche da ragazzi, ricordi? -, le chiese Michelle, che nel frattempo si era messa il giacchetto della sua tuta.
- Già, ci siamo praticamente cresciuti qui dentro -, concordò.
- Si, me lo ricordo persino io -, si aggiunse mia sorella.
- Io no -, dissi, con tono sarcastico, prendendo poi uno dei menù.
- E' una cosa temporanea -, sussurrò Michelle, che era anche l'unica che non poteva mettere bocca su quella situazione, dato che presumevo non ne sapesse poi così tanto, a parte quello che Valary le aveva detto.
- Lo è da un mesetto, ormai -, ribattei, senza farmi problemi, in tempo per vedere l'arrivo del cameriere.
- Avete le vostre ordinazioni? -, ci chiese.
- Si, io una capricciosa -, disse Maggie.
- Io una 4 formaggi -, disse Michelle.
- Io una capricciosa e lei una funghi.. -, disse, indicandomi.
- No, una diavola -, lo corressi, porgendo poi di nuovo il menù al cameriere.
- Ma hai sempre preso la funghi -, ribatté lui.
- Oggi ho voglia di piccante, i gusti cambiano -, risposi solamente, stringendomi nelle spalle con aria indifferente.
Inutile dire che di nuovo dovetti assistere ad un conseguirsi di “Oh, e poi ti ricordi di quello?” “E di quell'altro invece?”, ma per tutto il tempo cercai di pensare ad altro, prendendo soprattutto a giocare con la piccola, sempre più sveglia, ogni giorno che passava.
- Caroline è davvero stupenda, sapete? -, ci domandò all'improvviso lei, dopo aver finito il suo secondo pezzo di pizza, senza strozzarsi purtroppo.
- E' impossibile negarlo -, sussurrò lui, con tono divertito.
- E poi ha preso molto da te, Amy -, disse, poco dopo.
- Si, ci sto facendo caso solamente di recente...il naso invece è di Brian -, dissi.
- Per fortuna non è a patata -, cercò di sdrammatizzare mia sorella, prendendo poi un sorso dalla sua birra.
- Le sarebbe stato bene anche a patata, secondo me -, commentò lei, con un chiaro tono divertito.
- Si, anche secondo me -, concordai, sforzandomi di nuovo di sorridere, questa volta non tanto per lei, ma più che altro per il mio mal di testa che era tornato a farsi sentire, come avevo immaginato. Inutile pensare che sarebbe passato con poco, ogni volta tendevo ad autoconvincere me stessa.
Proprio per questo, lasciai la pizza a metà, visto che il mio stomaco si era quasi del tutto chiuso, senza toccare praticamente per niente la mia birra ghiacciata: in quel momento, il ghiaccio l'avrei voluto solamente in testa, e per un bel po' di tempo, altro che.
Mi costrinsi a non posare la testa sul tavolo e a tenere gli occhi aperti, anche se la mia mente si faceva sempre meno lucida ogni momento che passava e temevo che prima o poi qualcuno di loro se ne sarebbe accorto, cosa un semi certa.
Fu allora che mi alzai dal mio posto. - Io...io me ne torno a casa, scusate -, sussurrai, tirando poi fuori dalla tasca un biglietto da 10 dollari, che lasciai sul tavolo, prima di incamminarmi verso l'uscita.
- Amy, aspetta...abbiamo quasi finito ormai -, provò a fermarmi lui.
- Lo so, ma non ce la faccio più a stare qui dentro, mi sento...claustrofobica e strana -, ammisi, riprendendo allora la mia camminata verso la porta d'uscita, con entrambe le braccia strette al petto. Sentivo persino di dover vomitare, della serie, di bene in meglio.
Fu solo quando uscii che la situazione peggiorò: il sole mi colpì dritta in viso, come se non vedessi quella luce da chissà quanto tempo, facendomi male. Inoltre i rumori tipici della città, fatti di clacson etc, si stavano ammassando uno sull'altro, riempiendomi il cervello e facendomi venire voglia di urlare.
Mi misi allora a camminare, non vedendo l'ora di arrivare a casa e stringendo tra le dita le mie chiavi, ben riposte nella tasca dei miei pantaloni e cercando di non pensare a niente, se non al fatto che presto mi sarei stesa e che magari mi sarei anche sentita meglio.
Scossi così lievemente il capo, arrestandomi però di colpo quando sentii uno stridio di gomme ad appena qualche centimetro dal marciapiedi, facendomi prendere un colpo e costringendomi a fare praticamente un balzo indietro, finendo per terra. - MA SEI IMPAZZITO?! -, gridò la voce di un uomo, uscendo dalla vettura, mentre io continuavo a stare seduta per terra, col fiato talmente corto per lo spavento che per un momento pensai di svenire.
Feci per rialzarmi, come se niente fosse, ma di nuovo, all'improvviso, il mal di testa mi colpii, mentre quel poco che ricordavo dell'incidente tornava a galla. - Amy! Amy...hey guardami -, mi sentii intimare, e la voce era ovviamente quella di Brian, rialzando così lo sguardo, nonostante gli occhi pieni di lacrime.
- Quella macchina...ha sbandato e..e -, provai a biascicare, lasciandomi poco dopo abbracciare da lui, prima che anche Maggie e Michelle ci raggiungessero.
- Va tutto bene, non ci pensare...non è successo niente -, sussurrò contro il mio orecchio, mentre abbassavo del tutto le mie difese e mi abbandonavo a quell'abbraccio, che in quel momento era la cosa più rassicurante che potevo ricevere.
- Andiamo a casa, vieni... -, disse poco dopo, quando ormai mi ero semi calmata, almeno un minimo.
Fu solo allora che mi alzai definitivamente, soprattutto con il suo aiuto, continuando a restare aggrappata al suo braccio. - Michelle, mi dispiace..sarà per un'altra volta -, fu tutto quello che le disse, prima di incamminarsi del tutto verso casa.
Fu solo dopo qualche metro che riuscii a camminare da sola, anche se il mal di testa era ancora forte, allungando il passo di proposito per arrivare il prima possibile a casa.
Quando fui finalmente davanti alla porta tirai fuori dalla tasca le chiavi, anche se con fare parecchio goffo, ma alla fine ad aprirla fu comunque Brian, visto che le mie mani continuavano a tremare come non mai, anche se non sentivo freddo, era solo lo spavento, ancora. Mi sentivo così stupida, eppure ancora così spaventata allo stesso tempo, tanto che mi fiondai subito dentro, come se avessi avuto paura di sentire di nuovo quello stridio così fastidioso e brutto, che era in grado di ricordarmi il momento peggiore di tutta la mia vita, l'unica cosa che non avevo dimenticato, non del tutto almeno.
- Amy, dovresti prendere qualcosa...per la tua testa -, mi consigliò mia sorella, mentre la piccola aveva iniziato a piangere e lei tentava, quasi inutilmente, di calmarla.
- Sto bene -, fu tutto quello che sussurrai, prima di incamminarmi a grandi passi verso il bagno, dove vomitai quel poco di pizza che avevo mangiato. Per fortuna avevo avuto il tempo di chiudere la porta a chiave, visto che odiavo quando gli altri mi vedevano in quello stato, quelle poche volte che mi capitava.
Quando ebbi finito mi lavai i denti due volte di fila, per togliere del tutto quel saporaccio dalla bocca, saltando poi letteralmente in aria quando udii dei forti colpi alla porta, gli ennesimi probabilmente. - Amy, apri per favore..stai bene? -, mi domandò Brian, anche se sentivo ancora la piccola piangere, segno che mia sorella era lì fuori dalla porta insieme a lui.
- Sto bene -, sbottai, - E' tutto okay -, aggiunsi poco dopo, letteralmente sotto voce.
- Allora apri questa porta.. -, sentii supplicare da mia sorella.
Presi un respiro profondo, incamminandomi subito dopo verso la porta, anche se per fare quei pochi passi dovetti usare tutte le poche forze che mi erano rimaste. - Ci sono..ci sono -, sussurrai, una volta aperta la porta, superandoli poi entrambi per andare verso le scale, diretta al piano di sopra, - Me ne vado di sopra -, aggiunsi poco dopo.
- Ti accompagno di sopra..? -, propose Brian.
- Grazie, ma non ho più 5 anni -, sbottai, continuando a dare le spalle ad entrambi.
Dopo quella mia affermazioni rimasero in silenzio, finché non cominciai a salire i gradini. - Puoi dire o fare quello che ti pare, ma se permetti, non smetterò mai di preoccuparmi per te -, sbottò Brian.
Mi imposi di non fermarmi, continuando piuttosto diretta al piano di sopra, dove mi chiusi in stanza cercando di non pensare assolutamente a niente, se non al fatto che finalmente me ne stavo sdraiata su un letto comodo e fresco: chiusi gli occhi solamente una volta affondato per bene il viso nel cuscino, cercando di abbandonarmi completamente al sonno, che ero sicura, almeno per un po', avrebbe lenito il mio mal di testa.
Ma, nonostante dormire fosse tutto quello che volevo, non riuscivo a non pensare a quella frase, quell'unica frase che Brian aveva detto appena un paio di minuti prima: possibile che non riuscissi a pensare a niente se non a quello? Possibile che una minima cosa detta da lui mi facesse impallare così tanto?
Dio, lo odiavo, cioè no...non lo odiavo, ma odiavo quello che mi faceva provare, in tutti i sensi. 

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Capitolo 82
*** Il sogno. ***


- Insomma..tu pensi che ad Amy dia fastidio il fatto che questa Michelle ti stia intorno, ho capito bene? -, gli domandai, mangiando al contempo la mia mela.
Era da un po' che non vedevo Brian, per questo ne avevo approfittato per andarlo a trovare, lui ed Amy, scoprendo solamente allora che lei non era in casa, ma bensì fuori con sua sorella.
- Non lo penso, lo so, conosco mia moglie.. -, disse, prendendosi poi il collo con entrambe le mani.
- E quindi cos'hai intenzione di fare? -, gli chiesi.
- Io non farò niente, tanto è Michelle di sua spontanea iniziativa che continua a comparire, in ogni singolo momento -, rispose, continuando a guardare un punto fisso davanti a se, - E poi c'è un'altra cosa a mia favore, io so anche quello che non dice -, aggiunse.
Diedi l'ennesimo morso alla mela, guardandolo poi con aria torva. - Che vuoi dire? -, gli domandai allora.
- Io le piaccio, lo so -, disse allora.
- Sei sicuro anche di questo? -.
- Si capisce lontano un miglio, okay che sono un uomo ma fino a qui ci arrivo anche io -, sussurrò, - E io...io ricomincerei anche tutto da capo, con lei, non mi importerebbe -, aggiunse poco dopo.
- Allora presumo che questo sia il piano B nel caso lei...lei non.. -, cominciai, senza finire la frase.
- Nel caso lei non recuperi la memoria, sì -, concluse al posto mio.
Sospirai. - Io sono sempre del parere che ricorderà tutto -, dissi, anche se sapevo che non serviva a molto.
- Io continuo a sperarlo, nonostante tutto -, ammise.
Solamente allora sentimmo la porta aprirsi, segno che Amy e sua sorella Maggie erano tornate a casa, finalmente: Brian voltò subito lo sguardo verso la soglia della cucina, restando, come me del resto, seduto sul suo sgabello, finché non le vedemmo arrivare, finalmente. - Oh, ciao...tu devi essere Willow! -, disse Maggie, visto che effettivamente era la prima volta che ci vedevamo.
- Sì, si sono io -, risposi, tendendo come al solito la mano e stringendogliela, sorridendo.
- Wow... -, sussurrò allora, cominciando ad osservarmi come avevano fatto in passato anche Brian e gli altri, - ..i tuoi occhi, sono proprio come i suoi -, aggiunse.
- Lo so, ne vado molto fiera -, ammisi, accennando allora un altro sorriso, mentre Caroline si muoveva appena dalle sue braccia, dove probabilmente era rimasta addormentata fino a quel momento: allora fu lei a rivolgere un sorriso a me, emettendo un piccolo gridolino prima di protendere le braccia verso di me.
- Oh beh, è stufa di me...ti va di tenerla? -, mi domandò.
- Certo, nessun problema -, ribattei immediatamente, prendendola così dalle sue braccia e cominciando a coccolarla come mi piaceva tanto fare.
- Io me ne vado in salone, mi fanno male le gambe -, disse Amy, che parlò per la prima volta da quando entrambe erano arrivate.
Fu allora che sia che Brian e Maggie le rivolgemmo per bene l'attenzione, prima di vederla darci le spalle.


***

Mi lasciai andare pesantemente sul divano, in uno specie di trans, limitandomi poi ad accedere la TV, anche se non avevo tutta questa voglia di guardarla.
Mi scordai, in brevissimo tempo, del fatto che in casa era tutt'altro che sola e comincia piuttosto a fare zapping con i canali, visto che ormai, di recente, quello che mi riusciva meglio era crearmi una bolla in cui potevo tranquillamente rinchiudermi, anche se questo mi portava ad evitare tutto e tutti.
Da giorni l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era a come mi ero sentita impotente, frastornata e spaventata solamente sentendo quel maledetto stridio di gomme...quell'incidente maledetto mi aveva segnato l'esistenza e dubitavo che l'avrei mai dimenticato.
Avevo dimenticato praticamente tutto..allora perché non avevo dimenticato l'incidente peggiore della mia vita?
Posai il viso sul mio pugno, sospirando, quando all'improvviso mia sorella si sedette accanto a me, facendomi sobbalzare. - Un programma potresti anche lasciarlo -, disse.
Scossi lievemente il capo. - Non c'è niente -, fu tutto quello che risposi.
- Questo è perché non ti fermi a guardare neanche per mezzo secondo -, mi fece notare.
Voltai lo sguardo verso di lei, accennando un piccolo sorriso: Brian, Willow e la bambina non erano più insieme a noi, però sentivo il suono del piano nella sala hobby, quindi erano lì senza ombra di dubbio.
- Si, forse hai ragione.. -, sussurrai allora, bloccandomi quando ormai ero sintonizzata sulla Fox, dove stavano mandando un episodio di Ghost Whisperer, - Questo andrà bene, anche se non ho idea di che cosa sia -, aggiunsi poco dopo.
- Lei vede i fantasmi e li aiuta con le loro faccende in sospeso, questa è la trama in sintesi -, disse lei.
- Non ho mai adorato molto i fantasmi -, ammisi.
- Lo so, sono tua sorella -, ribatté lei, rivolgendomi l'ennesima occhiata.
Per un po' restammo in silenzio, mentre la puntata continuava a scorrere, senza apparenti colpi di scena: non che li amassi, però così diventava tutto un po' noioso.
Fu proprio quando pensai che non sarebbe successo niente che, improvvisamente, la protagonista (una certa Melinda Gordon), cominciò a ripulire la vasca da dei giocattoli lasciati dal figlio piccolo....vedendo poco dopo un'ombra al di la di una tenda.
Wow, un'ombra, niente di traumatico...finché non la scostò, lasciando intravedere un clown che di bello aveva relativamente poco, anzi, era a dir poco inquietante: senza neanche accorgermene mi ritrovai a cacciare un grido, poco prima di voltare il capo e di coprirmi gli occhi con entrambe le mani. - Maggie, per favore, cambia canale! -, implorai, mentre sentivo dei passi pensati su per le scale.
- Okay, okay tranquilla.. -, disse subito lei, spegnendo del tutto il televisore.
Quando davvero fui sicura che non c'era più niente ricominciai a guardare, trovando seduto a pochi centimetri da me Brian. - Tutto okay? Cos'era quel grido? -, mi domandò.
Mia sorella fu più veloce di me nel rispondere. - Credo sia colpa di quel clown, quello del telefilm..l'ha spaventata -, spiegò.
- Il..clown? -, domandò lui, con aria confusa, rivolgendo poi ancora una volta la sua attenzione verso di me, - Amy, ti ricordi della tua paura per i clown? -, mi chiese allora.
- Cosa? -, chiesi, mezza intontita, mentre Willow ci guardava entrambi con aria preoccupata, come anche Caroline e mia sorella.
- La tua paura...tu avevi paura dei clown, e ce l'hai anche adesso...forse questa è una delle cose che potrebbe aiutarti a ricordare -, mi spiegò.
Ci pensai su. - Io..io non lo so, so solo che mi ha fatto uno strano effetto, come se mi avessero smosso tutte le viscere -, gli dissi.
- Si, succedeva anche alla vecchia Amy -, ammise, continuando a guardarmi per vedere se stavo bene, e beh..apparte quel piccolo incidente col clown, non stavo per niente male, non avevo neanche mal di testa, quindi.
Mi presi il viso tra le mani, come al solito, cercando di focalizzare qualcosa, qualsiasi cosa che mi riconducesse ad un vecchio ricordo, mi sarei aggrappata ad ogni cosa in quel momento...ma proprio niente, era come se il mio cervello si rifiutasse di collaborare, spesso e volentieri. Odiavo sentirmi in quel modo.
Quando sentii la mano di Brian posarsi sulla mia spalla, pochi secondi dopo, sobbalzai, ma la sua voce riuscì a calmarmi per l'ennesima volta. - Lascia stare, non sforzarti di ricordare...i ricordi verranno a galla da se, col tempo -, sussurrò, con tono calmo.
- E se non succedesse? -, gli domandai, come se mi fossi scordata di nuovo che, lì con noi, c'erano anche altre tre persone, che stavano assistendo a quel piccolo "spettacolo".
- Troveremo un modo...sarei anche disposto a sposarti una secondo volta, nel caso ti innamorassi di nuovo di me, è ovvio -, disse, sorridendo come al solito. Non capivo però, se era un sorriso dettato dalla speranza o dalla sicurezza, ma puntavo di più sulla seconda.
- Vedrò cosa posso fare -, gli promisi, alzando lo sguardo verso di lui per ricambiare quel sorriso, che in tutta sincerità era davvero uno dei più belli che avessi mai visto.

***

Dopo un paio di tazze di tisana riuscii finalmente ad andare a sdraiarmi, non prima di aver dato la buonanotte sia a Brian che a Caroline, guardandoli poi chiudersi dentro la stanza degli ospiti, dove entrambi dormivano da un bel po' ormai.
Salii le scale come un perfetto zombie, raggiungendo il mio letto quando ormai ero in procinto di addormentarmi, anzi, quando ormai ero più addormentata che sveglia, facendo giusto in tempo a fare un cenno col capo a mia sorella, prima di infilarmi sotto le coperte. - Afferrato, hai sonno -, disse allora, spegnendo la luce della lampadina sul comodino accanto al suo posto.
Mi limitai a mugugnare, prima di posare comodamente la testa sul cuscino per abbandonarmi a quello che speravo sarebbe stato un sonno tranquillo.
Da un parte fu davvero così, per una volta almeno, visto che non ebbi neanche un incubo, piuttosto...feci un sogno piacevole: c'ero io e con me c'era Brian, eravamo nella stessa casa, sullo stesso divano, davanti alla tv, mentre ridevamo e scherzavamo.
Lui continuava a mostrarmi il suo sorriso smagliante, rivolgendomi anche qualche occhiata di tanto in tanto, mentre io me ne stavo seduta accanto a lui, continuando ad assecondarlo. I miei capelli erano leggermente più lunghi e sembravo persino un po' più magra! Non che questo mi importasse, però non era male come sogno se ero almeno un pochino più magra!
Probabilmente, mentre ero profondamente addormentata, sorrisi; il sogno, comunque, continuava, anche se la scena era completamente cambiata: questa volta eravamo sempre insieme, mentre discutevamo di qualcosa, solo che proprio non riuscivo a capire cosa. Di mezzo c'era un film, un film che non mi piaceva e che probabilmente lui voleva vedere...ma no, c'era anche qualcos'altro! Questo film mi...mi cosa? Mi metteva ansia? Angoscia? No, era qualcos'altro, qualcosa di più forte!
Paura! Ma certo, mi metteva paura! Un film che mi metteva paura! Cercai di sforzarmi di capire quale, in quel casino di sogno, ma a questo proprio non arrivavo.
Mi mossi nel letto e poi improvvisamente aprii gli occhi e tutto scomparve, lasciandomi nella stanza con mia sorella accanto: stesso letto, ma orario diverso, visto che erano passate quasi 3 ore da quando mi ero stesa per dormire.
Feci subito mentre locale, imponendomi di non scordare neanche mezzo dettaglio, neanche uno! Un film che mi faceva paura...e beh, forse aveva davvero a che fare con quello che avevo visto quel pomeriggio, forse Brian aveva ragione! Forse erano soprattutto le piccole cosa che mi avrebbero aiutato a ricordare tutto!
Dovevo raccontarlo a Brian, sì, andare immediatamente di sotto prima che dimenticassi qualche particolare interessante o comunque importante: mi alzai così in fretta dal letto, comunque attenta a non svegliare Maggie, sgattaiolando poi fuori dalla stanza per dirigermi al piano di sotto.
Raggiunsi la stanza, ma sapevo che dentro c'era anche la piccola che dormiva, ed era decisamente meglio non svegliarla dal suo sonno. Allungai così cautamente la mano, abbassando a poco a poco la maniglia e sbirciando poi dentro per vedere com'era la situazione: con la poca luce della stanza riuscii a scorgere subito la figura di Brian steso sul letto, mezzo coperto e...e a petto nudo, certo, grazie Brian.
Mi sentii arrossare le guance come al solito, ma mi imposi di fregarmene, per una volta, prendendo un grosso respiro e aprendo un po' di più la porta, per entrare del tutto. - Brian? -, sussurrai, nonostante sapessi bene che al 90% non mi avrebbe mai sentito.
Mi avvicinai di più, in punta di piedi. - Brian..hey -, sussurrai di nuovo, questa volta dandogli un piccolo colpetto con il dito sulla spalla.
Allora si mosse, seppur di poco. - Mhh.. -, mugugnò, ancora completamente addormentato.
- Brian...per favore, devo parlarti... -, provai di nuovo, vedendo che comunque non dava alcun segno vitale, - Oh insomma, Brian! -, sbottai, seppur ancora sottovoce, dandogli qualche altro leggero colpetto, finché finalmente non aprì gli occhi.
- Amy? -, domandò, con voce assonnata.
- No, il fantasma formaggino -, risposi, prendendolo in giro.
- Che..che ci fai qui? -, domandò, tra uno sbadiglio e l'altro, voltandosi poi per guardare la radiosveglia accanto a lui, - Sono le..le 3 del mattino -, aggiunse.
- Lo so, ma ho fatto un sogno! -, gli dissi.
- Un sogno? Che tipo di sogno? -, si decise finalmente a chiedermi.
- In realtà...credo che me lo debba dire tu.. -, dissi, notando subito la sua aria confusa, - Credo fosse più un ricordo che un sogno vero e proprio...ma questo dovrai dirmelo tu -, aggiunsi poco dopo.
Con quella frase, catturai del tutto la sua attenzione, facendolo mettere addirittura a sedere, cosa che, nel frattempo, avevo fatto anche io. - Raccontami -, m'intimò allora.
Presi così un respiro profondo, cominciando a raccontargli tutto quanto, cercando di non tralasciare neanche un piccolo dettaglio: non mi interruppe neanche una volta, anzi, mi stette ad ascoltare fino all'ultimo, finché sul suo viso non comparse un sorriso radioso. - Quella sera hai fatto il diavolo a quattro, pur di non vedere quel film.. -, sussurrò, poco dopo.
- Quindi è un ricordo? Un ricordo della vecchia Amy? -, gli chiesi, quasi impaziente di sapere del tutto.
Annuì, cercando di trattenere il suo entusiasmo, cosa che alla fine non riuscì a fare, visto che mi abbraccio come se non ci fosse un domani: come al solito, ebbi il mio breve momento di imbarazzo, che passò velocemente, grazie al cielo. Posai allora tranquillamente il viso sulla sua spalla, contenta che lui fosse contento, in un certo senso, meravigliandomi di quanto il suo corpo fosse caldo rispetto al mio, era una sensazione dannatamente piacevole.
Passammo il resto del tempo su quel letto, con la piccola che dormiva vicinissima a noi, mentre mi facevo raccontare tutti i particolari che non ero riuscita a sognare da lui: fu divertente starlo ad ascoltare, anche perché quella serata, così descritta, doveva davvero essere stata decisamente divertente.
Cercai di ridere il più piano possibile, anche se a volte mi riusciva decisamente difficile...e ad un certo punto finii per addormentarmi, visto che ero comunque ancora sfinita, anche perché mi ero fatta solamente 3 ore di sonno.
Abbandonai così di nuovo il capo contro il cuscino fresco, solamente che questa volta era il cuscino fresco della stanza degli ospiti e stavo dormicchiando accanto a Brian: inutile dire che sentii il suo sguardo addosso per un bel po', lo stesso sguardo che in fondo non mi dava neanche fastidio, anzi, tutto il suo contrario.
"Troveremo un modo...sarei anche disposto a sposarti una secondo volta, nel caso ti innamorassi di nuovo di me, è ovvio": quella frase mi tornò in mentre proprio in quel momento, facendomi abbozzare un piccolo sorriso e lasciandomi lì, mentre mi chiedevo se davvero fosse possibile che io mi innamorassi di lui, come aveva fatto anche la vecchia me, la sua Amy, del resto. 

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Capitolo 83
*** Dubbi. ***


- Mh mh.. -, sentii mugugnare, ma in un primo momento deciso di ignorarlo, restando piuttosto comodamente sdraiata sul letto. - Mh mh! -, sentii di nuovo, questa volta più forte di prima, tanto che persino Brian, ancora accanto a me, si mosse, seppur di poco.
Portai allora una mano sul viso, finendo per strofinarmi più volte gli occhi, fino ad aprirli del tutto: voltai così il viso in direzione del rumore appena sentito, vedendo allora mia sorella e sobbalzando letteralmente, mettendomi a sedere di colpo. - Maggie! -, dissi, talmente ad alta voce che svegliai anche Brian.
- La colazione è quasi pronta -, disse, lanciando poi una veloce occhiata sia a me che a lui, guardandoci poi con aria torva, prima di uscire dalla stanza.
- Sei diventata bordeaux.. -, sussurrò Brian.
- Oh, stai zitto! -, sbottai, scuotendo lievemente il capo, facendolo ovviamente ridere, prima di scendere da quel maledetto letto.
Camminai spedita verso il corridoio senza voltarmi indietro, raggiungendo poco dopo la cucina, dove c'erano sia mia sorella che Caroline, nel suo seggiolino. - Allora... -, cominciò, prima che io potessi anche solo lontanamente aprire bocca, - ..che combinavate voi due? -, mi chiese, poco dopo.
- Niente, semplicemente mi sono addormentata lì! -, le spiegai, raggiungendola vicino ai fornelli.
- E come ci sei arrivata in camera sua, questa è la domanda fondamentale! -, ribatté.
- Ho... -, cominciai, - ..ho fatto un sogno -, aggiunsi poco dopo, lasciandomi andare su uno dei sgabelli.
Allora si incuriosì persino lei, come anche Brian la notte prima. - Che sogno? -, mi chiese.
- Ho sognato...un ricordo -, cominciai a spiegare, - Un ricordo della vecchia Amy e visto che non ne ero sicura sono andata da Brian e l'ho raccontato a lui, ecco perché ero in camera sua e ecco perché..mi ci sono addormentata -, aggiunsi poco dopo.
- Oh beh, è una spiegazione accettabile -, disse allora, lasciando da parte quello che stava finendo di cucina per la colazione, - Ma questo non toglie il fatto che eravate praticamente...appiccicati -, aggiunse, con un sorrisetto sulle labbra.
- Non guardarmi in quel modo, quando mi sono addormentata ero nella mia parte di letto! -, protestai.
- Oh beh, farò finta di crederci allora -, disse semplicemente.
- Parlavate di me? -, chiese allora Brian, prima che io potessi ribattere all'affermazione di mia sorella, arrivando in cucina.
- No -, ribattei subito.
- Non ora almeno -, aggiunse mia sorella, bevendo poi un goccio di caffé dalla sua tazza, mentre le lanciavo un'occhiataccia.
Brian, ovviamente, sorrise compiaciuto come sempre;


***

Sfogliavo ormai da un'ora e passa un vecchio album di foto dei tempi dell'High school: mia sorella l'aveva tirato fuori da una vecchia scatola dopo che gliel'avevo chiesto ripetute volte, e ormai guardavo solamente quello.
C'eravamo proprio tutti ed eravamo così giovani che, persino per me, era difficile riconoscerci: l'unico a non essere cambiato più di tanto era, ovviamente, Brian, o almeno, la sua espressione era sempre la stessa, così come i suoi modi di fare altezzosi e divertenti.
Non ci eravamo visto per parecchi anni, eppure era bastato poco per ricordarmi tutto: sì, decisamente quello che provavo per lui era ancora grande e sì, probabilmente non si era mai davvero spento, neanche quando ero partita per allontanarmi da tutto e tutti.
Ma del resto, non potevo mica pretendere che lui non si facesse una vita, insomma, era normale, ma perché proprio con Amy? L'unica persona che per lui era completamente sbagliata? Era diversi e diversi radicalmente, tanto che mi chiedevo come fosse possibile che lui si fosse innamorato di lei!
Ci sarei voluta essere al vostro matrimonio, ma il lavoro mi stava uccidendo in quel periodo”, dio come non era vero! Per fortuna ero sempre stata un'ottima attrice, altrimenti non mi sarei mai salvata da quella situazione! La verità, in fondo, era semplicemente che non ce l'avrei mai fatta a vederlo mentre si sposava con un'altra, soprattutto se quell'altra era lei. Il solo pensiero mi aveva fatto muovere immediatamente un moto di tristezza che non aveva pari e solamente mia sorella lo sapeva, nemmeno Matt e speravo che mai venisse a saperlo visto che, essendo uno dei migliori amici di Brian, probabilmente non ci avrebbe messo molto a dirglielo, a costo di infrangere una piccola promessa.
E ora Amy aveva un'amnesia, e sembrava anche piuttosto grave, quindi il campo era libero, no? Potevo agire come meglio credevo, visto che negli ultimi tempi la vita mi aveva insegnato ad essere anche più stronza di quanto non fossi mai stata da ragazza.
In fondo, Brian mi aveva amato una volta, no? Magari poteva farlo di nuovo, con una piccola spintarella nella direzione giusta, magari.

***

- Si, secondo me potrebbe funzionare -, concordai, mentre mangiavo la mia insalata, quasi in fretta e furia.
- Si, anche secondo me, in fondo è una mia idea -, mi ricordò, pavoneggiandosi.
- Ricordati che sono stata
io a fare quel sogno, ho aiutato molto! -, ribattei subito, finendo poi quel poco che rimaneva nel piatto.
Io e Brian, quella mattina, avevamo deciso di uscire a pranzo, lasciando mia sorella a casa con la piccola, per poi recarci in vari luoghi che, secondo lui, avrebbero risvegliato qualcosa in me: era ancora presto per dirlo, ma magari davvero avrebbe funzionato.
Insomma, avevo visto quel clown e la stessa sera aveva sognato un ricordo chiaro appartenuto alla vecchia Amy, era stato un caso o davvero potevamo procedere così? Questo nessuno dei due lo sapeva, potevamo solamente sperare che tutto andasse secondo i piani, perché lo vedevo, vedevo che Brian aveva bisogno di me, della vecchia me, perché gli mancava più di quanto non avesse già ammesso.
Era uno strazio vederlo così, persino per me ormai e speravo con tutta me stessa che finisse presto. - Allora, dove si va? -, gli domandai, una volta usciti dal piccolo ristorante dove avevamo pranzato.
- Da questa parte, andiamo in spiaggia -, mi disse, restando poi in silenzio mentre ci dirigevamo nella direzione giusta.
- In spiaggia? -, gli chiesi.
- Sì, ci siamo andati parecchie volte insieme, magari potrebbe far scattare qualcosa -, disse.
- D'accordo, e spiaggia sia -, concordai, continuando poi a seguirlo.

La strada per arrivare a destinazione, comunque, non era neanche molto lunga, visto che ci mettemmo 5 minuti scarsi a piedi, non osavo immaginare con la macchina.
- A te piace parecchio la spiaggia, vero? -, gli domandai, mentre mi porgeva la mano per scavalcare il muro che costeggiava la sabbia chiara.
- Sì, è uno dei miei posti preferiti, e lo era anche per te -, mi disse, infilando poi entrambe le mani in tasca.
- La spiaggia mi piace tutt'ora -, gli dissi.
- Lo so, ma per la vecchia Amy era come un posto magico, se non sapeva dove andare veniva qui e camminava anche per ore, avanti e indietro, senza mai stancarsi.. -, mi raccontò, - Per questo siamo qui -.
- Anche per te è così? -, gli chiesi, mentre lo seguivo.
- Sì, certo, ma ora non parliamo di me, siamo qui per te -, mi ricordò, prima che un paio di ragazzi ci passassero accanto ridendo e scherzando, come qualsiasi altro adolescente.
- Cosa faccio..? -, gli chiesi, dopo un po', visto che non sapevo da dove cominciare.
- Non so.. -, cominciò lui, indicando poi vari punti davanti a sè, - Guardati intorno, cerca di vedere se c'è qualche particolare che ti ricorda qualcosa, qualunque cosa, io poi ti dirò se effettivamente fa parte di quello che hai dimenticato o meno, come con il sogno -, aggiunse, abbozzando un sorriso.
Per un po' feci come mi aveva detto, cercando di catturare, per quanto fosse difficile, qualsiasi particolare di quel posto così bello.
- Niente.. -, sussurrai, quando ormai ci eravamo allontanati parecchio dal punto di partenza.
- Sicura? -, mi domandò.
Annuii, seppur impercettibilmente. - D'accordo, torniamo indietro allora, mh? -, propose, allungando questa volta la mano verso la mia, fino a stringerla, cosa che non aveva mai fatto.
Guardai così per un momento la sua mano stretta alla mia, finché lui stesso non la ritrasse, come se si fosse accorto solo in quel momento di quello che aveva fatto. - Sì, torniamo.. -, ripeté allora, facendo per incamminarsi di nuovo.
- No, aspetta! -, dissi subito, avvicinandomi di nuovo quel poco che bastava per riprendergli la mano, stringendola.
- Cosa c'è? -, mi domandò subito, con aria confusa.
- Zitto! -, lo ammonii subito, cercando di concentrarmi di nuovo, visto che avevo avuto, solo per un secondo, l'impressione che qualcosa stesse saltando fuori dalla mia memoria.
Lui fece come gli avevo detto, rimanendo in silenzio mentre socchiudevo gli occhi, consapevole del fatto che lui mi stava ancora guardando, probabilmente molto incuriosito.
Fu allora che, continuando a concentrarmi e a riflettere, riuscii a vedere qualcosa, anche se erano solamente delle immagini sfocate, che non riuscivo ad afferrare appieno. - Parla, per favore.. -, sentii sussurrare Brian, poco dopo.
- Vedo solamente qualche immagine sfocata, niente di più.. -, risposi, aprendo allora gli occhi.
- Che tipo di immagini? Prova a descrivermele.. -, mi disse, mentre la gente continuava a passarci accanto senza degnarci di uno sguardo, per fortuna.
- Non so, vedo due persona, forse siamo noi, sulla spiaggia...forse io indossavo una tuta -, dissi, mentre gesticolavo, cercando di ricordare qualche altro piccolo particolare.
- Si, ci siamo anche con questo! -, mi disse subito.
- Che vuoi dire? -, gli chiesi.
- Che è successo davvero, un paio di mesi fa.. -, cominciò, facendo una piccola pausa prima di continuare, mentre io gli lasciavo finalmente la mano, anche un po' imbarazzata, alla fine, - Volevi andare a correre e mi hai trascinato qui in spiaggia -, mi spiegò, ridendo.
- Ero davvero una rompiscatole -, dissi, sorridendo.
- Anche per questo mi ero innamorato di te -, disse improvvisamente.
"Non arrossire, Amy!", gridai a me stessa, mentre chinavo il viso. - Si, immaginavo.. -, mi limitai a sussurrare.
- Però, hey! -, disse, abbracciandomi allora di nuovo, come aveva fatto la notte in cui gli avevo raccontato il mio sogno, - Siamo già a due, ricordare non è poi così difficile, no? -, mi domandò.
- In effetti! -, concordai, ricambiando quel suo abbraccio, nascondendo per qualche secondo il viso, completamente rosso, ovviamente, sulla sua spalla.

***

La spiaggia di Huntington mi era sempre piaciuta, ma dopo aver visto Brian ed Amy abbracciati, lì in piedi sulla sabbia, cominciavo a dubitare di quella cosa.
Dovetti fare uno sforzo immane per distogliere lo sguardo, cercando di ignorare quella fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco, quella sensazione che si faceva man mano sempre più prepotente.
Fu quando finalmente si allontanarono che decisi di incamminarmi verso di loro, facendo come al solito finta di niente, visto che in fondo ero andata lì per correre, di certo non per spiarli. - Michelle? -, mi sentii chiamare, mentre facevo per infilarmi la mia cuffietta, nonostante non stessi sentendo assolutamente la musica.
- Oh, Brian, Amy, ciao! -, dissi, con finta sorpresa, - Che ci fate qui? -, domandai loro, poco dopo.
- Stavamo..facendo un giro per stimolare un po' la memoria di Amy, sembrerebbe funzionare -, spiegò.
- Oh, beh, è una buona cosa, no? -, sussurrai, chissà con quale coraggio.
- Si, lo è -, ribatté subito Amy, con un tono fintamente gentile. Sapevo di non starle particolarmente simpatiche, anche perché probabilmente era già venuta a sapere del fatto che, seppur in passato, io e Brian eravamo stati insieme: ero sicura al 110% che lei si stesse di nuovo innamorando di lui, in fondo, non ci voleva molto per farlo e ormai lo sapevo bene.
- Beh, io vado, devo buttare giù qualche kilo -, dissi, abbozzando un sorriso ad entrambi, - Ma tanto ci si vede, no? -, domandai.
- Certo, alla prossima -, disse Brian, mentre Amy continuava semplicemente a rimanere in silenzio, con le braccia strette al petto.
Non persi tempo a lanciare una particolare occhiata a Brian, assicurandomi prima che lei mi vedesse: perché alla fine era anche quello il mio scopo, volevo renderla gelosa marcia di me, solamente per puro divertimento, da un lato.

***

"Trattieniti Amy, va tutto bene!", gridai a me stessa, in quel momento più forte che mai.
Dio, che odio, che fastidio che mi dava quella donna, probabilmente era impareggiabile e questo era tutto dire, per me.
Continuai così a tenere entrambe le braccia strette al petto, aspettando che si allontanasse per poi dire: - Spero che tu l'abbia vista -, cominciando poi semplicemente a camminare.
- Visto cosa? -, mi domandò, cadendo dalle nuvole come era suo solito.
- Sai benissimo cosa -, ribattei, con un tono più indifferente che potevo, anche se dopo quella mia affermazione era una cosa decisamente incoerente.
- Andiamo è solo..è solo Michelle, che vuoi che faccia? -, mi chiese.
- Oh guarda, non voglio pensare a cosa potrebbe fare, sinceramente -, ammisi, mentre camminavo tranquillamente sulla spiaggia, dritta al punto di partenza, ovvero il muretto che avevamo scavalcato.
- E tu ti domandi ancora perché sono convinto che ti stai innamorando di nuovo di me, eh? -, disse, con tono beffardo.
- Io non mi sto innamorando affatto di te! -, sbottai all'istante, voltandomi per guardarlo.
- Oh, secondo me si e secondo me sei anche parecchio gelosa di Michelle, oserei dire -, azzardò.
- Il fatto che mi dia fastidio non vuol dire per forza che ne sia gelosa -, dissi, sostenendo il suo sguardo.
- Oh, quindi ti da fastidio? -, mi chiese, abbozzando solamente l'ennesimo sorriso compiaciuto.
- No, no! -, dissi subito, prima di continuare, - Stavo..scherzando -, fu tutto quello che riuscii ad aggiungere, dandogli poi un'altra volta le  spalle per riprendere a camminare.
- Oh, d'accordo, come vuoi -, lo sentii ribattere, più o meno sottovoce.
Scossi impercettibilmente il capo e, per tutto il tragitto, non dissi niente, nemmeno quando finalmente arrivammo a casa: un po' perché non sapevo che altro dirgli e un altro po' perché semplicemente aveva ragione, ma di certo non l'avrei ammesso. 

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Capitolo 84
*** Nuovi ricordi. ***


 Ad Huntington aveva sempre fatto caldo persino con l'avvicinarsi dell'inverno e invece, ormai da un paio di giorni, si riscontravano solamente vento e pioggia, che ci stava ormai costringendo a casa.
Il brutto tempo mi aveva sempre fatto passare facilmente la voglia di uscire e in quel momento lo stava facendo più che mai: così avevo preferito di gran lunga starmene a casa con mia sorella e la piccola, mentre piegavamo l'ultima lavatrice che aveva fatto.
- Gli hai praticamente detto che sei gelosa -, mi disse, dopo che ebbi finito di raccontarle quello che era successo, neanche un paio di giorni prima.
- Cose che capitano -, dissi solamente, visto che sapevo perfettamente quello che avevo fatto e da una parte neanche me ne pentivo, piegando poco dopo l'ennesima maglietta che mi era capitata tra le mani.
Il campanello poi, all'improvviso, cominciò a suonare, mettendo in allarme tutte e tre, soprattutto la piccola, che alzò subito il visino con aria allarmata. - Vado io -, dissi subito, incamminandomi senza neanche pensarci fuori dalla stanza.
Brian non era in casa, quindi poteva essere lui, altrimenti non sapevo a chi altro pensare.
"Magari è Michelle che fa una visitina propria in cerca di lui", disse una parte del mio cervello, che decisi ovviamente di ignorare apertamente.
Dopo quel mio pensiero, comunque, controllai dallo spioncino, vedendo per fortuna che non si trattava di lei, bensì di sua sorella, Valary e di Matt, quello che si presumeva essere il migliore amico della vecchia me.
Aprii così tranquillamente la porta, salutando entrambi con un sorriso. - Matt, Valary...ciao -, sussurrai.
- Ciao, disturbiamo? -, chiese Matt, posando una mano sul fianco della moglie.
- No, eravamo di sopra a sistemare.. -, dissi, lasciandoli poi entrare e richiudendo la porta con un piccolo tonfo.
In quello stesso momento, mia sorella comparve sulla soglia delle scale, con Caroline tra le braccia. - Hey, ragazzi, che sorpresa -, disse, prima di raggiungerci.
- Sì, non avevamo niente da fare e abbiamo pensato di farvi una visita -, disse Valary.
- Ci fa piacere, andiamo in cucina, vi offro qualcosa -, dissi io, incamminandomi poi oltre la soglia di quella stanza.
Fu solo quando raggiunsi il frigo che Matt si avvicinò a sua volta. - Come stai? -, mi domandò.
- Bene -, risposi, stringendomi nelle spalle, - Come al solito -, aggiunsi.
- E con i ricordi invece? -, mi domandò, sedendosi poco dopo su uno dei sgabelli, accanto a Valary, ovviamente, - Il piano di Brian ha funzionato? -, domandò anche, poco dopo.
Io annuii. - Si, diciamo che ha funzionato...qualcosa ho ricordato -, risposi.
- Oh, bene no? -, sussurrò Valary.
- Si, bene, spero di riuscire a...beh, a ricordare tutto, non sarebbe male come cosa -, ammisi, passando poi ad entrambi i bicchieri che avevo riempito di succo di frutta, una delle poche cose in frigo abbastanza fresche.
- Già.. -, concordò Valary, seppur praticamente sotto voce, prima che la piccola facesse i suoi soliti versetti per far cadere l'attenzione su di lei, come faceva spesso.
- Ed eccola la mia nipotina preferita! -, disse allora Matt, alzandosi dal suo posto e prendendola dalle braccia di mia sorella, che gliela cedette tranquillamente, sorridendo, - Piccola pulce! -, sussurrò poco dopo, cominciando a farle il solletico, mentre lei ridacchiava divertita dalle attenzioni dello zio.
- So che hai conosciuto mia sorella -, disse improvvisamente Valary, lasciando da parte il suo bicchiere, mentre io stavo ancora bevendo dal mio e per poco non finii addirittura per strozzarmi.
- Si -, dissi, evitando di tossire per non darlo a vedere ancora di più, - Si, l'ho conosciuta -, aggiunsi poco dopo.
- Già, è venuta a stare da noi per un po', le mancava Huntington -, cominciò, stringendosi nelle spalle.
“Si, proprio Huntington..”, pensai, tra me e me.
- ...mi ha detto anzi che vi incontrate spesso -, aggiunse, poco dopo.
- Si, ma non ho avuto ancora occasione di parlarci per bene, di farci una chiacchierata, insomma -, ammisi, riponendo poi il mio bicchiere, ormai vuoto, dentro il lavabo.
- Si, mi ha detto anche questo -, disse, mentre Matt e mia sorella invece andavano in salone, probabilmente a cercare qualche gioco per la piccola.
Allora lei mi prese da parte per bene, avvicinandosi per sussurrare qualcosa. - Amy, volevo solo dirti...non preoccuparti per Michelle, lei fa così.. -, cominciò, con tono rassicurante.
- Che intendi? -, le chiesi, voltandomi a guardarla e lasciando da parte del tutto i bicchieri.
- Intendo...che ha dei modi di fare..particolari -, disse, non riuscendo a trovare aggettivo migliore per descrivere le sorella, probabilmente.
- Oh si, diciamo che...l'ho notato -, ammisi, cercando di non pensare a tutte le volte che mi ero ritrovata gelosa marcia di quella donna.
- Davvero? -, mi chiese.
Annuii impercettibilmente.
- Se vuoi posso..parlare con lei -, propose.
- Oh no, non serve, davvero! -, dissi immediatamente, - Non ha fatto niente -, aggiunsi poco dopo.
- Lo so, ma è comprensibile che i suoi comportamenti ti..diano fastidio, ecco -, disse.
- Posso sopportali -, ribattei subito, senza soppesare quelle mie parole, senza pensare a quanto, in realtà, dicessero.
- Quindi è proprio vero -, disse allora lei.
- Che cosa? -, le domandai, di rimando.
- Che cominci a provare qualcosa per Brian, ci è riuscito di nuovo? -, mi chiese.
Arrosii, ovviamente. - N-non lo so -, biascicai, questa volta senza nient'altro da aggiungere.
- Ne sei sicura? -, mi domandò, come se già sapesse, in realtà.
- E' così evidente? -, mi limitai a chiederle, allora, questa volta senza guardarla in viso.
- Diciamo che conosco la mia amica Amy, eri messa così anche...anche la prima volta, insomma -, ammise.
- Allora forse è meglio se divento un'attrice un po' più brava.. -, sussurrai, ridendoci su.
Anche lei rise, scuotendo poi impercettibilmente il capo. - Sicura che non vuoi che parlo con mia sorella? Davvero, non c'è nessun problema, l'ho già fatto in passato -, mi assicurò.
Scossi il capo a mia volta. - No, è tutto okay -, dissi allora.
- Sta tranquilla, Brian ti ama, su questo non c'è dubbio -, sussurrò.
- Sì..si lo so -, dissi, anche se il mio piccolo timore restava ugualmente.

***

Mi ero dimenticato, con l'avanzare del tempo, quando andare in palestra fosse divertente e soprattutto rilassante, sotto molti punti di vista. Dio solo sapeva quanto ero stressato in quell'ultimo periodo, anche se ero talmente bravo da non darlo a vedere, e beh...avevo decisamente bisogno di scaricarmi da qualche parte, e quale altro posto se non la palestra?
Erano già venti minuti buoni che correvo sul tapirulan, con la musica nelle orecchie e il fiato meno corto dell'ultima volta che l'avevo fatto, visto che avevo smesso di fumare da un bel po' ormai. Non che i miei polmoni potessero migliorare solo perché avevo smesso, però era già un bel passo avanti aver lasciato perdere, forse così sarei vissuto un po' di più.
Cominciai a rallentare solo quando raggiunsi la mezz'ora piena, scendendo poi del tutto per andare a fare un po' di pesi, cosa che in realtà non mi piaceva molto, però non sarebbe stato male farsi tornare almeno un po' di muscoli: non volevo diventare Schwarzenegger, quello no, ma almeno un minimo potevo farlo.
Mi tolsi le cuffiette mentre mi incamminavo nell'altra sala, lasciandomi andare ad un piccolo sbadiglio: guardai distrattamente l'orologio mentre varcavo la soglia, notando solamente allora che erano ormai le 16.00, ergo, ero stato lì dentro più di tre ore e mi domandavo se non fosse meglio tornare a casa. Mi bloccai così quando ormai ero vicino ad una delle postazioni libere, decidendo alla fine che altri dieci minuti non sarebbero stati male, in fondo.
Speravo solo che, rimanendo ancora lì, non incontrassi magari Michelle, anche se la possibilità era decisamente remota, per fortuna: ormai ovunque andassi, nel 60% dei casi, ci incontravamo e la cosa cominciava persino a sembrarmi sospetta. In fondo, lei era sempre stata così, con me almeno, sapevo meglio di chiunque altro, probabilmente, che cosa avesse in mente in quella precisa situazione e la cosa non mi piaceva per niente.
Si era sempre comportata in quel modo, anche in passato e ormai riconoscevo i segnali, visto che li avevo già visti: ero sposato e benché mia moglie non si ricordasse ancora di me, né della nostra vita, io l'amavo e niente mi avrebbe fatto cambiare idea su di lei e sui sentimenti che provavo.
Mi destai da quei miei pensieri solamente quando avvertii una fitta al braccio, che mi costrinse a bloccare i movimenti che ormai stavo facendo meccanicamente con il peso: decisi allora di cambiare braccio, cominciando ad allenarmi con l'altro, che non aveva subito ancora il minimo sforzo. I movimenti ripreso ad essere meccanici, l'unica cosa che cambiò fu che evitai di pensare ancora a tutta la situazione con Michelle, anche se continuavo ad essere del parere che in mente avesse molto, ergo, avrei dovuto tenere gli occhi aperti, in ogni situazione, dal quel momento in avanti.
Non che fosse difficile, in fondo, ero già un passo avanti.
Mi concessi un'altra mezz'ora ai pesi, poi decisi finalmente di andarmene, anche perché ero stanco morto e temevo che, non appena avessi messo piede in casa, sarei crollato a dormire. Visto che stavo anche morendo di fame, decisi di farmi la doccia direttamente a casa, anche perché avevo sempre odiato farla direttamente in palestra.
Feci così un veloce salto negli spogliatoi, mentre mi asciugavo la fronte con una vecchia maglietta che non indossavo più da tempo, recuperando poi il mio borsone, quello che di solito lasciavo in garage quando tornavo a casa.
Mi affrettai poi ad uscire dalla palestra, cercando di non dare nell'occhio come al solito: per ora nessuno mi aveva ancora mai riconosciuto, per fortuna e speravo vivamente che non succedesse, altrimenti avrei dovuto cambiare palestra, finendo chissà dove. Mi sarei dovuto spostare quando invece ce l'avevo praticamente dietro casa e la cosa decisamente non mi sarebbe andata a genio, per questo continuavo a stare attento, anche se non era mai stato il mio forte.
Sbadigliai di nuovo, incamminandomi poi con il borsone su una spalla lungo il marciapiede, diretto verso casa: in meno di 10 minuti ero già di ritorno, notando solamente allora Matt e Valary che, apparentemente, stavano andando via. - Hey! -, gridai allora, raggiungendo il vialetto di casa.
- Brian! -, disse subito Matt, voltandosi a guardarmi insieme a Valary.
- Non sapevo veniste, altrimenti sarei rimasto a casa -, dissi, gettando poi il borsone sul prato, l'avrei recuperato dopo.
- Abbiamo deciso di fare una visita all'ultimo -, disse Valary, - Era da un po' che non venivamo -, aggiunse.
- E tu invece? Hai ricominciato ad andare in palestra? -, mi domandò Matt, indicando nel frattempo il borsone sul prato.
Gli lancia una veloce occhiata, prima di stringermi nelle spalle e di tornare a guardarlo per rispondergli. - Diciamo di sì, avendo tempo libero -, risposi.
- Per lo meno non diventerai un ciccione come mio marito -, ribatté Val, ricevendo un'occhiataccia dal marito.
- Ciccione eh? Dopo te la faccio pagare -, le promise, con un tono di sfida.
- Non vedo l'ora -, ribatté lei, prima di allungarsi per baciarlo.
- Okay, prima che vi lasciate andare qui sul mio vialetto, io me ne vado dentro -, dissi, allungando la mano fino ad afferrare di nuovo il mio borsone, mentre loro ridevano, - E anzi, Matt, che ne dici domani di una partita a basket? Chiama anche gli altri, come ai vecchi tempi -, proposi, rimettendomi di nuovo il borsone su una spalla.
- Si, perché no, ci vediamo domani allora -, disse.
- Perfetto, a domani -, ribattei, prima di incamminarmi verso la porta di casa.
Quando entrai il salone era deserto, così mi incamminai direttamente verso il bagno, abbandonando prima il borsone nella camera degli ospiti dove dormivo: non avevo mai sentito il bisogno di una doccia come il quel momento, per questo non persi tempo a spogliarmi e a infilarmi nel box, dove rimasi per parecchio tempo, rischiando anche il collasso, visto che stavo usando praticamente solo acqua fredda, tanto avevo avuto caldo quel giorno.
C'era di buono che ormai l'inverno era alle porte, e finalmente le giornate afose sarebbero finite, o almeno così si sperava.
Quando uscii definitivamente della doccia mi resi conto, lanciando una veloce occhiata al mio orologio abbandonato sul mobiletto, che ero rimasto lì dentro per più di mezz'ora, tanto che le dita erano diventate praticamente palmate, come non mi succedeva da un po', in verità: mi legai così velocemente un asciugamano alla vita, strofinandomi per qualche secondo i capelli, prima di aprire la porta per andare in camera a prendere qualcosa per vestirmi e andare finalmente a mangiare qualcosa, visto che ormai le forze mi stavano decisamente abbandonando anche per quello.
Continuavo a tenermi l'asciugamano stretto alla vita, ma per poco non cadde quando vidi che davanti a me, all'inizio del corridoio, c'era Amy. - Oh, ciao -, dissi, tenendolo meglio di prima.
- Ciao, non...ti ho sentito rientrare -, ammise, ovviamente imbarazzata, lo vedevo.
- Si, sono andato subito in bagno per una doccia e stavo andando a vestirmi.. -, dissi.
- Si, certo, va pure -, disse lei allora, sparendo dalla mia visuale, come probabilmente aveva desiderato fare non appena mi aveva visto.
Con un'innocente sorriso sulle labbra entrai del tutto in camera, cominciando a vestirmi tranquillamente e finendo alla fine per indossare un paio di pantaloncini da mare e una maglietta bianca a maniche corte.
- Fame, Brian? -, mi domandò Maggie, ai fornelli come sempre, mentre Amy era seduta su uno sgabello a giocare con la piccola, cercando in tutti i modi di evitare il mio sguardo.
- Si, abbastanza, vuoi una mano? -, le domandai, visto che non mi andava di stare con le mani in mano come al solito.
- Si, mi faresti un grande favore se prendessi uno dei recipienti che sono nella mensola in alto, io non ci arrivo -, disse, indicandomela.
- Voi Pedersen siete sempre state tutte bassine -, dissi allora, lanciando una veloce occhiata a Amy, che invece continuò a giocare indisturbata con Caroline, che sembrava starsi divertendo come non mai.
- ..già, quante dio distribuiva l'altezza io e Amy eravamo in fila per l'intelligenza -, ribatté lei, facendo chiaramente ridacchiare anche la sorella.
- Cosa vorresti insinuare? -, le domandai allora, porgendole al contempo il recipiente che mi aveva chiesto precedentemente.
- Io non insinuo niente, Brian, tranquillo -, ribatté nuovamente, mentre io scuotevo il capo rassegnato. Mangiammo 10 minuti più tardi, in totale tranquillità, almeno finché non sentimmo Caroline borbottare qualcosa, qualcosa di decisamente diverso da quello a cui eravamo stati abituati fino a quel momento. - Pa..pà -, borbottò, ridendo subito dopo e indicandomi, stringendo poi più volte le manina a pugno, come se mi stesse salutando.
Per poco non lasciai cadere la mia forchetta per terra, ma comunque mi alzai di scatto, avvicinandomi subito a lei. - Come? Hey..piccola, ripetilo.. -, sussurrai, prendendola in braccio, - Ripetilo dai -, la incitai, sorridendole ampiamente, mentre Amy e Maggie osservavano la scena incuriosite e stupite quanto me.
- Pa..pà..papà! -, ripeté allora di nuovo, questa volta con più vivacità ed entusiasmo.
- Oh, piccola mia! -, dissi immediatamente, abbracciandola meglio di quanto non stessi già facendo, - Ha detto papà! Sentito?! Ha detto papà! -, sbottai, con lo stesso entusiasmo che lei aveva dimostrato appena pochi secondi prima, voltandomi a guardare di nuovo sia Amy che Maggie, con un grosso sorriso dipinto sulle labbra.
- Ho sentito -, sussurrò Amy, ed ero sicuro che avesse gli occhi lucidi.
Allora la piccola si voltò a guardare anche lei, e per un momento fui sicuro che avesse trattenuto il respiro, mentre finalmente chiamava anche lei. - Ma..mà -, provò a dire, inizialmente, facendo poi una piccola smorfia, prima di riprovare, - Ma..mma! -, disse allora, con più convinzione, tornando a sfoggiare la sua risata squillante.
- Oh, piccolina -, sussurrò allora lei, avvicinandosi senza neanche pensarci e abbracciandola, abbracciando inevitabilmente anche me. Le posò un bacio sulla fronte, rivolgendole poi un sorriso, - Questo sarà un bel ricordo da conservare -, sussurrò allora.
- Beh, ora devo solo aspettare che dica anche “zia Maggie” e siamo proprio a cavallo -, disse Maggie, mettendo così fine al piccolo momento di silenzio che ormai incombeva tra noi.
- Questo magari tra un po' -, dissi io, ridacchiando. 
 

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Capitolo 85
*** Scuse. ***


Da quando Caroline aveva detto quelle famose due paroline, la sera prima, non smetteva più di parlare, cercando di addirittura di dire dell'altro, ma forse per quello era ancora presto. Si, decisamente era presto.
Per ora dormiva ancora, come era giusto che fosse, anche se ormai erano quasi le 10 del mattino: in realtà, non aveva mai dormito così tanto, quindi dovevo presumere che durante la notte si fosse svegliata parecchie volte, povero Brian.
Quella sera l'avrei portata di nuovo in camera con me e mia sorella, non era giusto che lui si prendesse tutto il da fare, tanto valeva ricominciare per bene a fare a turni.
Feci un salto un cucina, dove mi presi un bicchiere colmo d'acqua, che bevvi quasi tutto d'un fiato, mentre mi avvicinavo alla finestra che dava sul giardino, attirata dal rumore di un pallone che cadeva a terra, rimbalzando probabilmente.
Scostai la tenda quel poco che bastava e solamente allora vidi Brian, intento a tirare a canestro con un vecchio pallone da basket, a petto nudo, ovviamente. Dall'ultima volta che l'avevo visto in quello stato sembrava addirittura...migliorato, o meglio, aveva messo su più muscoli. Ora capivo dove andava quando il pomeriggio spariva.
- Vuoi un fazzoletto? -, mi domandò mia sorella, comparendo improvvisamente alle mie spalle.
Sobbalzai, voltandomi così di scatto nella sua direzione. - Cosa? -, le domandai, con espressione confusa.
- Beh..stai sbavando, vuoi un fazzoletto per pulirti? -, mi domandò ancora, questa volta indicando con lo sguardo Brian di fuori, ancora intento a tirare la palla a canestro.
- Oh, non sto sbavando! Non è vero! -, ribattei subito, dandole una piccola spinta amichevole, mentre un sorrisetto spontaneo mi compariva comunque sulle labbra.
- Oh certo, diciamo che te lo stavi mangiando con gli occhi.. -, mi disse allora, avvicinandosi ancora di più alla finestra, per osservarlo come, del resto, stavo facendo io, - Sbaglio, o è in perfetta forma? -, mi chiese.
- Allora non sono l'unica ad averlo notato -, ammisi.
- Eh no, avrà ricominciato ad andare in palestra...buon per te -, disse, lanciandomi un'occhiata divertita.
- Hey, che vorresti insinuare? -, le chiesi allora.
- Che...lui ti piace, e prima o poi ricorderai tutto..e beh, finirete di nuovo.. -, cominciò, prima che la interrompessi sul nascere.
- Oh, si si, ho capito, grazie! -, sbottai, - Santo cielo, non ti facevo così.. -, aggiunsi poco dopo.
- E' tuo marito, queste cose sono inevitabili! -, mi disse, - E non puoi negare che ti attira parecchio anche sotto il punto di vista estetico.. -, aggiunse.
- Beh certo...è...è un bell'uomo! Insomma...è..è bello -, biascicai.
- Ripeto: buon per te! -, disse ancora, prima che il suo telefono squillasse, - Oh, ecco Ben...pronto amore, ciao! -, disse, allontanandosi poi verso il piano di sopra.
- Ciao Ben! -, gridai, sperando che mi avesse sentito, prima di voltarmi di nuovo verso la finestra: per quanto gridassi a me stessa che non dovevo farlo, il mio sguardo andò a posarsi di nuovo sul suo petto, ma tornai comunque, poco dopo, ad osservare il suo viso, che ora mostrava un sorriso ampio, dovuto al fatto che aveva appena fatto un centro perfetto.
Fu allora che volse lo sguardo nella mia direzione e io, come un'idiota, pur di non farmi vedere, mi allontanai talmente in fretta dal piccolo davanzale dove ero posata, letteralmente di peso, finendo col culo rovinosamente a terra. Sapevo che tanto era stato inutile, perché sicuramente mi aveva visto, ma per fortuna a distrarmi, proprio nel momento in cui mi alzavo, arrivò il pianto della piccola, che finalmente si era svegliata: non persi così tempo ad andare verso la stanza, dove la trovai che si dimenava nella culla. - Hey, siamo agitati stamattina? -, domandai, prendendola poi in braccio, - Ci sono su, basta piangere.. -, sussurrai dolcemente, cominciando a cullarla e uscendo dalla stanza, pronta per farle bere un po' di latte.

***

La vidi e beh, non potei fare a meno che chiedermi da quanto fosse lì: poteva essersi appena affacciata, come poteva essere rimasta lì per qualche minuto, chi lo sapeva.
Però decisamente optavo più per la seconda, visto il modo in cui era "fuggita" dalla mia visuale e io di solito non mi sbagliavo su quel tipo di cose.
Tornai comunque, con un perenne sorrisetto sulle labbra, a fare palleggi su palleggi, finché non sentii la voce di Matt alle mie spalle. - Ti alleni per la sconfitta? -, mi chiese.
Mi voltai subito. - Sconfitta? Sono sempre stato più bravo di te a basket -, ribattei, lanciandogli il pallone, che afferrò al volo, mentre anche gli altri ci raggiungevano, tutti con indosso vecchi pantaloncini da mare e magliette sgualcite.
- Sì, ma io sono più alto -, disse.
- Già, strano però come alla fine ti battessi sempre -, gli ricordai.
- Devi ammettere che ha ragione, Matt -, disse allora Zacky, prendendogli il pallone da sotto al naso e avvicinandosi al canestro, dove lo fece entrare perfettamente poco dopo.
- Già già, solo fortuna, a volte -, ribatté lui.
- A volte, certo! -, dissi, battendo poi le mani in un unico, sonoro, applauso, - Allora, cominciamo questa partita o stiamo qui a pettinarci i capelli? -, dissi, poco prima che ci dividessimo finalmente in squadre da due per giocare.

 

***

- Eddai, è solo un taglietto! -, sentii gridare dalla porta di ingresso, mentre ero ancora in cucina con la piccola, che si voltò di scatto per vedere da dove provenisse tutto quel baccano.
- Ah si, certo! Intanto però fa un male cane! -, si lamentò Zacky, comparendo allora sulla soglia della cucina.
- Che succede? -, domandai, allungando il collo per vedere, evitando il più possibile lo sguardo di Brian.
- Zacky si è fatto un taglietto e ora si lamenta come una femminuccia.. -, riassunse Matt, continuando a prenderlo in giro.
- Beh, non sembra proprio un taglietto.. -, dissi io, ora che finalmente lo potevo vedere meglio. Beh, non era profondo, ma neanche uno di quelli da non disinfettare per niente.
- Finalmente qualcuno che l'ha capito! -, disse, sedendosi poi su uno dei sgabelli.
Risi. - Vado a prendere dell'acqua ossigenata e del cotone -, li informai, uscendo così dalla cucina per andare verso il bagno. Per fortuna trovai tutto subito, senza stare a cercare più di tanto, tornando così in breve tempo dai ragazzi, che stavano ancora lì, a guardarlo con le braccia incrociate, mentre ridevano.
- La smettete di fare gli stronzi? -, domandai loro, scuotendo impercettibilmente il capo.
- Ce l'abbiamo nel DNA -, rispose semplicemente Johnny, mentre porgevo a Zacky l'occorrente per disinfettare il taglio sul ginocchio.
- Grazie Amy.. -, disse lui, mentre prendeva il tutto.
- Di niente -, risposi, affiancando di nuovo la piccola, che li osservava mentre mordeva la parte di plastica del suo cucchiaino.
- Un uccellino mi ha anche detto che questo scricciolo ha parlato, ieri sera -, disse Matt, ridendo.
- Ha detto mamma e papà, e anche piuttosto bene! -, dissi, sorridendo, mentre le davo un buffetto sulla guancia.
- Chissà quando inizierà a parlare seriamente cosa combinerà -, disse Johnny.
- Per questo dovremmo aspettare ancora un po' -, gli ricordò Brian, che in quel momento si avvicinò a sua volta, fermandosi a non molti centimetri da me.
- Che guardavi alla finestra prima? -, mi domandò allora, approfittando del fatto che gli altri erano distratti dalla piccola, bevendo intanto dalla sua bottiglietta d'acqua.
- Mh? -, mugugnai impreparata, - Oh niente..mi ero avvicinata un secondo per vedere..che tempo facesse, sì, perché Maggie aveva detto di voler uscire.. -, aggiunsi poco dopo, col tono più convincente possibile.
- Oh, d'accordo.. -, rispose allora lui, avvicinandosi per un momento al mio orecchio, - Farò finta di crederci -, aggiunse poi, prima di unirsi di nuovo ai ragazzi, che ormai stavano uscendo di nuovo dalla cucina.
Lo osservai mentre seguiva gli altri, prendendomi poi il viso tra le mani con aria con fare teatrale. - Non potevi inventartene una migliore, eh Amy? -, sussurrai a me stessa.
- No, perché ogni volta che ce l'hai davanti vai nel pallone -, mi ricordò mia sorella, facendomi prendere un colpo per la seconda volta.
- Hey! Ma la smetti di comparire così di botto? Mi hai spaventata di nuovo! -, mi lamentai, lanciandole un'occhiataccia
- Spavento o no, ho ragione! -, disse, posando poi il suo cellulare sul tavolo.
- Mh.. -, mugugnai, senza darle una risposta concreta, - Ben come sta? -, le chiesi allora.
- Sta bene -, rispose, lasciando da parte del tutto il precedente discorso, - Un po' stressato per via del troppo lavoro, ma in fondo bene -, aggiunse.
- Sai che se vuoi puoi anche tornare...insomma, qui va tutto bene ormai -, le suggerii.
- E lasciare la mia piccola sorellina? No no, resterò qui finché non avrai riacquistato la memoria! -, mi assicurò.
- Ma non sappiamo tra quanto succederà.. -, le ricordai, offrendo poi un dito alla piccola, che cominciò a stringere, giocandoci.
- Beh, Ben ha detto che se davvero ci vorrà più tempo, verrà lui qui...non appena si sarà liberato di un po' del lavoro -, disse.
- D'accordo allora -, risposi, sobbalzando poi quando sentii tre colpi secchi alla porta.
Pensai che fossero di nuovo i ragazzi, invece mi ritrovai davanti le ragazze, anche Michelle. - Possiamo? -, domandò Valary, mostrandomi un grosso bricco pieno di quello che sembrava limonata.
- Certo, entrate -, risposi subito, facendomi poi da parte per lasciarle entrare tutte e trattenendomi con tutte le forze dal fare uno sgambetto degno di Oscar a Michelle, quando mi passò accanto con assoluta tranquillità.
- Dubito che quei giuggioloni finiscano entro poco, così siamo venute a farvi compagnia -, spiegò Gena.
- Menomale, perché avevamo già in programma di piazzarci davanti alla TV fino all'ora di pranzo -, ammise mia sorella al posto mio, mentre la raggiungevo di nuovo in cucina.
- Già -, concordai io, comunque, continuando ad avvicinarmi, seppur con riluttanza, alla soglia della cucina, mentre Michelle si era già bella che accomodata.
"No, ma fai come se fossi a casa tua..", pensai tra me e me, cercando di trattenere il solito moto di rabbia che avevo nei suoi confronti.
Evitai di parlare per un bel po', lasciando fare a mia sorella che era sempre stata più brava di me sul quel fronte, almeno finché i ragazzi non rientrarono tutti, questa volta senza nessun nuovo infortunio. - Finito di lamentarti per i taglietti? -, domandò Gena a Zacky, andandogli incontro e rubandogli un veloce bacio prima che potesse rispondere.
- Non ti ci mettere anche tu ora -, la pregò lui, tornando poi in cucina insieme a lei.
Ancora una volta, Brian mi affiancò, sedendosi questa volta sul ripiano della cucina, bevendo nuovamente dalla sua bottiglietta colma d'acqua. - Non le sei ancora saltata alla gola? -, mi sentii domandare all'improvviso da lui, mentre gli altri chiacchieravano tra loro.
- Sei ancora convinto che io voglia ucciderla? -, gli domandai a mia volta.
- Lo penso vivamente -, rispose.
- Per me può fare quello che vuole -, ribattei, tranquillamente.
- Persino provarci con me? -, mi domandò allora, stuzzicandomi come probabilmente non aveva mai fatto.
- ..può fare quello che vuole -, sbottai allora, controllando comunque il mio tono di voce, mentre uscivo dalla cucina senza degnare più nessuno di una parola, non che avessi parlato molto, comunque.
Senza voltarmi indietro andai in bagno, dove mi sciacquai più volte il viso, prima di strofinarmi con il solito asciugamano. Già in passato i comportamenti o le parole di Brian mi avevano dato fastidio, ma quella volta era stato diverso, forse peggio delle altre volte.
Solo quando mi sentii meglio uscii di nuovo dal bagno, ma comunque non tornai in cucina, anzi, me ne andai subito in camera, dove decisi di rimanere il più possibile, almeno finché gli altri non se ne fossero andati.

***

- Cos'hai detto a Amy? -, domandai a Brian, mentre preparavo un po' di insalata e lui intratteneva la piccola.
- Cosa? -, mi domandò, facendo il finto tonto come al solito.
- Hai capito cosa ti ho chiesto, non lo ripeterò -, dissi ancora, con tono fermo, puntando entrambe le mani sull'isola della cucina, in attesa di una risposta per lo meno soddisfacente.
Lui sospirò, senza però rispondere ancora.
- Fammi indovinare.. -, cominciai io al posto suo, visto che potevo immaginare cosa avesse dato fastidio ad Amy, - Centra Michelle? -, gli chiesi allora.
- Fuoco -, rispose.
Alzai gli occhi al cielo, prima di portarmi una mano sul viso, con aria esasperata. - Ti diverti così tanto a stuzzicarla? -, gli domandai, scuotendo impercettibilmente il capo.
- Mi è scappato, neanche gliela volevo dire quella cosa.. -, disse allora, lasciando da parte la piccola per alzare lo sguardo verso di me.
- Allora forse non è meglio se vai di sopra e provi a farla uscire da quella camera? -, gli proposi.
Esitò per qualche secondo, ma alla fine mi diede le spalle per uscire dalla cucina ed ero quasi sicura di aver sentito un “Si, forse hai ragione”, parole che Brian non aveva mai detto molto volentieri.

 

***

Maggie aveva ragione: io mi ero comportato da deficiente e io l'avrei tirata fuori da quella camera, in un modo o nell'altro.
Bussai due o tre volte. - Amy? -, chiamai, ma ovviamente non mi rispose, - Amy, andiamo mi dispiace...davvero, avrei potuto..evitare di dire stronzate, almeno stavolta -, aggiunsi, avvicinandomi il più possibile alla porta, così che mi sentisse.
Di nuovo silenzio. - Se esci ti prometto che non farò più battutine su Michelle, non la nominerò neanche...anche se..ti rendi conto che mi hai apertamente dimostrato che sei gelosa di lei? -, le feci notare.
- Come se già non l'avessi capito.. -, sentii allora, seppur non molto bene.
Chinai per un momento il viso, non riuscendo a nascondere un sorriso. - Non che fosse molto difficile.. -, dissi, - Allora, esci o no? -, le domandai ancora, questa volta allontanandomi un po' dalla porta, soprattutto quando sentii finalmente lo scatto della serratura.
- Ah ah, non mi guardare, questa volta no! -, disse subito, mettendosi una mano davanti al viso, per poi sorpassarmi, diretta verso le scale.
Con un gesto veloce, però, riuscii comunque ad afferrarle il braccio. - Non così in fretta -, sussurrai, costringendola a voltarsi nuovamente, avvicinandola in un secondo a me, talmente vicino che riuscivo a sentire il suo respiro caldo sulla mia pelle.
Inizialmente cercò di evitare il mio sguardo, liberandosi dopo dei lunghi secondo dalla mia stretta. - Ho..ho un po' fame -, sussurrò allora, sbrigandosi a darmi le spalle.
All'improvviso fu come svegliarsi da un sogno, solo allora davvero mi resi conto di quanto eravamo stati vicini fino a pochi secondi prima: quanto avrei voluto baciarla, anche solo per un momento, ma ovviamente, neanche quella volta, ero andato davvero in fondo.
Forse perché avevo paura della sua reazione, di quello che avrebbe potuto dire...ma perché avrei dovuto, in fondo, se ormai sapevo perfettamente che lei era gelosa di Michelle. Per quanto non volesse ammetterlo, i suoi comportamenti dicevano tutto e per ora a me bastavano.

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Capitolo 86
*** Quel bacio.. Parte I. ***


Alla fine, Ben aveva davvero deciso di venire ad Huntington Beach, dopo avevo consigliato la cosa a mia sorella per l'ennesima volta: non volevo che stessero lontani tutto quel tempo, soprattutto non per causa mia.
A quanto pareva, era finalmente riuscito ad ottenere un periodo feriale, dopo tutto il lavoro che aveva portato a termine praticamente da solo: dopotutto se lo meritava.
Proprio per questo io, mia sorella e la piccola ci stavamo recando in aeroporto, dove l'avremmo preso per poi andare a casa, o almeno loro: loro sarebbero andati nella mia vecchia casa, visto che nella nostra non c'era un'altra camera che lo potesse ospitare e comunque, dopo tutto quel tempo, si meritavano anche un lungo periodo insieme, senza bambini che piangevano e sorelle che rompevano.
Risi di quel pensiero, mentre finalmente parcheggiavamo. - Aeroporto enorme e parcheggio piccolo, che geni -, si lamentò mia sorella, scuotendo il capo mentre scendeva.
Io presi meglio in braccio la piccola, aprendo poi lo sportello a mia volta. - Forse quello che l'ha progettato era ubriaco -, le dissi, ridendo e affiancandola poco dopo.
- Si, forse, oppure ha avuto la sua laurea da topo gigio -, mi corresse, facendomi ridere di nuovo.
A grandi passi ci incamminammo comunque verso la grande entrata e, una volta arrivate, ci spostammo subito nella grande sala d'attesa, già gremita di persone che attendevano l'arrivo del volo.
Non ci furono annunci di ritardi, e per fortuna l'aereo atterrò praticamente in perfetto orario. - Ben, amore siamo qui! -, gridò mia sorella, con fare piuttosto eccitato, mentre si sbracciava in direzione del marito, finché finalmente non ci vide: allora si incamminò a grandi passi verso di noi, fiondandosi immediatamente tra le braccia della moglie. - E' così bello rivederti! -, gli disse, prima di allontanarsi per baciarlo.
- Anche per me, e il volo non ha neanche ritardato -, disse con entusiasmo, prima di rivolgersi a me, - Ciao Amy -, disse, abbracciando allora anche me.
- Ciao a te, tranquillo, di te mi ricordo -, gli assicurai.
- Si, Maggie mi ha già avvertito -, disse, ridendo, prima di allontanarsi nuovamente.
- Oh, perfetto allora -, sussurrai infine, - Su, andiamo a casa -, li spronai, incamminandomi prima di loro verso l'uscita.
In tempo record tornammo a casa, poi loro andarono verso la mia, o meglio, la loro, da quel momento fino a quando fossero rimasti, almeno. - Sicura che starai bene? -, mi domandò mia sorella, bloccandosi al fianco di Ben.
- Certo, sono grande e grossa, posso sopravvivere da sola...e poi c'è sempre Brian, 'sta tranquilla -, dissi, rassicurandola, - Voi non mi distruggete casa però -, aggiunsi, sorridendo.
- Tranquilla, faremo i bravi -, mi assicurò Ben, prima di prendere la mano della moglie, con la quale si incamminò definitivamente.
Solo allora, mi chiusi semplicemente in casa, sistemando la piccola in cucina con me, come al solito. - Siamo di nuovo solo io e te, piccola, visto che il tuo papà è sparito come al solito -, sussurrai, prendendomi poi il viso tra le mani, dopo aver sentito una forte fitta alle tempie, segno che il mal di testa cronico stava per arrivare. - Mà...ma -, sentii sussurrare Caroline, che mi guardava ora come aria curiosa.
Istintivamente risi, sfiorandole poi il visino con un dito. - La mamma sta bene, piccola e adesso ti do anche un po' di latte, non è che tu abbia mangiato più di tanto oggi -, sussurrai, andando immediatamente verso il frigo, dal quale presi il biberon, che lei accettò senza troppi problemi.

***

Avevo passato di nuovo due ore buone in palestra e per quel giorno potevo dire di essere anche abbastanza soddisfatto. Per quella volta, decisi di farmi la doccia in palestra: non sapevo neanche io bene il perché, visto che comunque avevo sudato come gli altri giorni, niente di insopportabile.
Ci misi comunque il minor tempo possibile, rivestendomi e uscendo dagli spogliatoi, munito sempre dei solito occhiali e dei capelli ancora praticamente bagnati: mi misi il borsone in spalla come facevo sempre e presi a camminare a testa bassa, finché qualcuno non mi sbarrò la strada. - Hey, Brian! -, squillò una voce, appena dietro di me.
Mi voltai, seppur praticamente contro voglia, togliendomi allora gli occhiali. - Michelle, ciao -, dissi.
- Che coincidenza -, disse, come al solito, avvicinandosi mentre faceva un cenno di saluto con la mano, cenno che mi limitai a ricambiare.
- Già, che ci fai da queste parti? -, le chiesi, stringendomi nelle spalle.
- Ma niente, un giro...in realtà, stavo per andare al parco, ti va di accompagnarmi? -, propose, indicandolo vagamente.
- Ahm..veramente, stavo andando a casa..sai, c'è Amy da solo con la piccola -, provai a dire.
- Oh, lo immaginavo...ma in fondo, è solo una strada un po' più lunga, una volta attraversato il sentiero principali sbuchiamo sulla via di casa vostra -, mi ricordò, come se si fosse preparata quella frase prima.
A quel punto, non seppi più che dire, così mi limitai ad abbozzare un sorriso. - D'accordo..perché no -, acconsentii allora, affiancandola mentre cominciava a camminare.
- Allora, come stai? -, mi chiese.
- Bene, come al solito.. -, risposi, - Tu? -.
- Come al solito anche io, penso che mi fermerò un'altra settimana qui ad Huntington, sai? Questo posto mi è mancato così tanto! -, ammise.
- Oh, davvero? Mi fa piacere.. -, mi limitai a dire, col tono più convincente che avevo.
- Già, fermarsi, sai...oppure tornare direttamente ad abitare qui, non lo so ancora -, aggiunse poi, mentre ormai facevamo la nostra entrata nel tranquillo parco della cittadina.
- Si beh, non è male come idea -, ribattei, - Per lo meno saresti più vicina a tua sorella -, aggiunsi.
- Sì, già, anche per quello -, disse, lanciandomi una delle sue solite occhiate, che come al solito preferii evitare.
- A proposito, lei come sta? -, le domandai, cercando di deviare il discorso.
- Oh, bene, è la Valary di sempre -, rispose, - Amy invece? -, mi domandò.
Mi strinsi nelle spalle. - Anche lei bene, non ha più neanche i suoi mal di testa, da quello che mi risulta almeno -, risposi.
- E con i ricordi? -, domandò ancora.
- Siamo sempre allo stesso punto, lei...non ricorda niente -, risposi, cercando di mantenere il mio tono di sempre.
Per un po', dopo quella mia risposta, rimase in silenzio e davvero, con tutto me stesso, sperai che lo facesse finché non fossimo arrivati a casa: speravo di sbagliarmi, eppure avevo il presentimento che prima o poi avrebbe combinato qualcosa, qualcosa in pieno stile Michelle Dibenedetto. Contando che poi era completamente diversa dalla sorella, da lei ci si poteva aspettare proprio di tutto.
- Sai, l'altro giorno stavo pensando...cosa faresti se lei non ricordasse? -, mi chiese allora, toccando definitivamente uno dei miei tasti dolenti.
- Le starei accanto -, risposi, senza esitazioni, quando ormai vedevo finalmente l'uscita del parco, da lì qualche altro metro e poi casa mia.
- E se lei non si innamorasse di nuovo di te? Insomma...non preferiresti andare avanti? -, continuò, mentre quello che avevo pensato fino a pochi secondi prima stava pian piano prendendo vita.
- Non ci riuscirei -, risposi allora.
- Neanche con il mio aiuto? -, mi domandò, con un tono forse più suadente di quello che sarebbe dovuto essere.
Per un po' rimasi zitto, limitandomi poi a domandarle: - Che intendi dire? -.
- Intendo dire.. -, cominciò, uscendo poco dopo del tutto dal sentiero del parco e raggiungendo definitivamente la strada che costeggiava casa mia, come anche quella degli altri, - ..che potrei darti una mano ad andare avanti, magari potrei essere addirittura io la persona con la quale andresti avanti -, aggiunse, specificando del tutto quello che probabilmente aveva avuto in testa fin dal primo momento.
- No Michelle, questo mai -, replicai, con tono deciso, volgendo lo sguardo per guardarla un momento, prima di accelerare il passo per superarla definitivamente e per tornarmene a casa, dove c'era l'unica persona con la quale sarei mai andato avanti, se ce ne fosse stato bisogno.
Non replicò, e per un momento pensai che non mi stesse neanche seguendo, ma alla fine la vidi di nuovo al mio fianco, quando ormai ero bello che arrivato sul vialetto di casa. - Una parte di te è ancora innamorata di me, Brian, lo sai anche tu -, disse, con tono deciso.
- Ne sei così sicura? -, le domandai, lasciando cadere a terra il mio borsone, sul prato ancora bagnato.
- Oh sì -, rispose, avvicinandosi allora a me, - Ho desiderato riaverti dal primo momento in cui ti ho rivisto.. -, aggiunse.
- Per capriccio, Michelle, hai sempre fatto tutto per capriccio -, le ricordai, con tono fermo.
- Con te era diverso, se solo...mi dessi un'altra possibilità.. -, sussurrò, di nuovo con quel tono esageratamente suadente, avvicinandosi ancora di più, finché non fu seriamente ad un soffio dalle mie labbra.

***

Una strana sensazione mi aveva colpito alla bocca dello stomaco, quella stessa sensazione che, proprio in quel momento, mi aveva fatto tornare in salone, dopo aver lasciato la bambina nel suo lettino: finalmente aveva sonno e beh, meglio tardi che mai, visto che erano quasi le 17.00 del pomeriggio.
Stavo per andare in cucina, quando all'improvviso deviai strada, dirigendomi così tranquillamente verso la finestra, chissà per quale strano motivo: inizialmente guardai il cielo, che in quel momento era coperto di nuvole, che preannunciavano un nuovo, quanto umido, acquazzone, quasi sicuramente, poi il mio sguardo andò semplicemente sulle due figure in piedi sul vialetto di casa, figure che riconobbi subito: era Brian e Michelle, e quest'ultima era pericolosamente vicina a lui, a lui e soprattutto al suo viso. Una sensazione di vuoto totale mi colpì in quel preciso istante, facendomi distogliere lo sguardo: se proprio dovevano baciarsi preferivo non vederlo, non volevo assistere anche a quello spettacolo.

***

- No, Michelle -, tornai a ripetere, allontanandomi con un veloce passo indietro da lei, - Non ti darò un'altra possibilità, perché amnesia o no, l'unica donna che amo è Amy, questa cosa non cambierà mai, come tu non mi riavrai mai indietro -, aggiunsi, con un tono talmente duro che io stesso mi meravigliai.
Non mi importava di essere stato un pezzo di merda, sapevo che tramava qualcosa fin dall'inizio e stupido ero stato io a darle anche quel minimo di corda che neanche meritava, perché, conoscendola, non andava mai in giro senza un piano ben preciso in testa.
Le diedi le spalle e recuperai il mio borsone, eliminando poi la poca distanza che mi divideva dalla porta di casa: aprii velocemente quest'ultima e la chiusi con un tonfo, senza neanche pensare che, molto probabilmente, la bambina dormiva nella sua cameretta, visto che avevamo di nuovo spostato il lettino al piano di sopra per fare un po' a turno, di nuovo.
Feci per chiamare Amy, quando invece la vidi in cucina, che mi dava le spalle. - Amy? -, la chiamai, facendo per avvicinarmi.
- Ho..ho visto..dalla finestra -, fu tutto quello che disse.
- Cosa? -, domandai, inizialmente confuso, prima di rendermi conto del vero significato di quelle sue parole, - No Amy, non è successo niente! -, mi affrettai ad aggiungere.
- Si invece...ma non devi venire di certo a dare spiegazioni a me, io sono quella con l'amnesia -, mi disse, facendo poi per passarmi accanto.
La fermai immediatamente. - No Amy, dico sul serio, pensi davvero che avrei baciato Michelle? Seriamente? -, le domandai.
- Non lo so.. -, rispose semplicemente, - L'avresti fatto? -, mi domandò allora.
- No, no non l'avrei fatto e non l'ho fatto -, ribattei.
Si liberò facilmente della mia stretta, scuotendo poi impercettibilmente il capo e dandomi nuovamente le spalle: fu allora che, definitivamente, persi quel poco di autocontrollo che avevo nei suoi confronti, quello che mi ero assicurato rimanesse intatto fin dall'inizio, per evitare di fare qualsiasi tipo di stronzata. Strinsi allora di nuovo le dita intorno al suo polso, costringendola a voltarsi per guardarmi un'altra volta, questa volta solamente per pochi secondi, prima che finalmente la baciassi come non facevo da mesi, come mi ero trattenuto dal fare per mesi. Abbandonai la presa dal suo polso per concentrarla poi unicamente sulla sua vita, sperando con tutto me stesso che semplicemente non mi spingesse via, cosa che fino a quel momento non aveva fatto.
Se c'era una persona che volevo baciare era lei, non di certo Michelle: amavo mia moglie come non avevo mai amato nessun'altra e mai nella vita avrei tradito la sua fiducia, soprattutto per una come Michelle.
Non mi importava dell'amnesia, se non mi aveva respinto era perché, nel profondo, sapeva perfettamente di amarmi, sapeva che si era innamorata di me per una seconda volta e che non poteva farci niente: l'avevo riconquistata e ora ne avevo la prova.
Quando misi fine a quel bacio mi ritrovai praticamente senza fiato, mentre tutto intorno a me cominciava pian piano a riprendere quel poco di significato che aveva perso nel momento in cui le nostre labbra si erano toccate di nuovo. Quello che non mi aspettavo era il sonoro schiaffo che ne seguì, quello che mi colpì in pieno viso, facendomi addirittura voltare il viso di lato: restai in quella posizione per parecchi secondi, riuscendo solamente a sentire il mio respiro ancora un po' affannoso, finché non trovai di nuovo il coraggio di tornare a guardarla, ma lei fu comunque più veloce, dandomi nuovamente le spalle mentre, la sentivo chiaramente, cominciava a singhiozzare.
- C'era una sola persona che volevo baciare, e quella eri tu, non di certo Michelle -, dissi improvvisamente, dando voce al pensiero che avevo formulato pochi secondi prima.
Tutto quello che feci poi fu andare a grandi passi verso la porta di casa, che mi ritrovai ad aprire di nuovo per uscire, sentendomi meglio solamente quando vidi che Michelle si era definitivamente tolta dai piedi: avevo bisogno di un po' di aria fresca, lontano da quel posto, cercando in tutti i modi, magari, di non pensare a quello che era appena successo.
Una parte di me voleva solamente tornare dentro per sistemare le cose, l'altra voleva continuare a camminare finché le gambe non avessero ceduto, voleva solamente trovare un po' di pace in quel periodo così tremendamente incasinato. 

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Capitolo 87
*** Quel bacio.. Parte II. ***


Non mi voltai di nuovo finché non sentii la porta chiudersi definitivamente: mi sentivo così in imbarazzo, eppure, al tempo stesso, così...bene. Ma anche arrabbiata, un po' come me stessa e un po' con lui. Tutto era così confuso, ma alla fine, quasi inevitabilmente, andai comunque a posare le dita sulle mie stesse labbra, quelle labbra che fino a poco prima erano state intrappolate in un bacio che non avrebbe mai avuto rivali: era stato così..caldo, e affettuoso, e passionale, cavolo, era stato un mix di tutto e io ero letteralmente senza fiato, anche se una parte di me non voleva ammetterlo.
Mi presi allora il viso tra le mani, lasciandomi andare ad un sospiro completamente liberatorio, mentre barcollavo all'indietro, rischiando anche di cadere, se non ci fosse stata la poltrona dietro di me: proprio in quel momento, uno dei miei fortissimo mal di testa mi colpì forte come non mai, arrivai addirittura ad urlare, mentre come al solito mi tenevo le tempie, spingendole in cerca di un po' di conforto: conforto che non arrivò, ovviamente.
E poi successe in un attimo, in un veloce attimo: nel mio cervello scattò qualcosa, come una molla e il dolore sparì di colpo, lasciandomi solamente lì ancora più confusa. Cercai in tutti i modi di concentrarmi e riuscii a ricordare l'incidente: avevo battuto la testa, ero stata in coma...e avevo avuto un'amnesia post-traumatica parziale. Ecco cos'era successo! L'amnesia!
Poi le immagini di quello che era successo appena qualche minuti prima mi riempirono la testa, mentre rivedevo il viso di Brian a pochi centimetri dal mio, così come rividi lo schiaffo che gli avevo inferto. - Brian! -, scattai in quel momento, alzandomi dalla poltrona e precipitandomi, dopo una piccola esitazione, verso la porta.
La aprii di scatto, senza pensare a niente, cominciando semplicemente a guardarmi intorno, finché non lo vidi che camminava, allontanandosi sempre di più da casa. - BRIAN! -, lo chiamai, ma lui non si girò.
Cominciai così a correre verso di lui, a perdifiato, urlando nuovamente il suo nome, cercando di catturare la sua attenzione: alla fine ci riuscii, notando con grande felicità che si era girato e ora mi guardava con aria confusa.
Aumentai il passo e così arrivai definitivamente davanti a lui, saltandogli in braccio e non perdendo tempo nell'allacciare le gambe intorno alla sua vita. - Dio, Brian.. -, sussurrai, col viso sulla sua spalla e una ciocca dei suoi capelli neri stretta nella mano destra, - ..come..come ho potuto dimenticarmi di te? -, aggiunsi poco dopo, cercando di trattenere i miei singhiozzi.
- Amy..io non.. -, cominciò, ma io lo interruppi sul nascere, allontanandomi dalla sua spalla per guardarlo in viso.
- Sono io, sono tornata -, mi affrettai a dire, - Sono la tua Amy -, aggiunsi poco dopo, usando quel piccolo nomignolo che entrambi avevamo usato fino a quel momento, sorridendo mentre continuavo a guardare i suoi occhi, nei quali brillarono parecchie emozioni, una dietro l'altra.
Fece per parlare, ma io fui più veloce di nuovo, chinandomi così verso le sue labbra per baciarlo ancora: fu di nuovo preso alla sprovvista, ma ci mise meno di un secondo per ricambiare quel mio gesto, mentre stringeva entrambe le braccia intorno alla mia vita sottile, facendomi diventare definitivamente un tutt'uno con il suo petto.
Solo quando mi allontanai nuovamente, seppur controvoglia, sembrò capire appieno quello che era successo. - Sei...sei davvero tu.. -, sussurrò, ancora con tono incredulo, mentre scostava una ciocca di capelli dal mio viso.
Annuii. - Sono davvero io.. -, dissi con tono deciso, mentre lasciavo che le lacrime mi rigassero il viso.
Scivolò allora ad accarezzarmi il viso, mentre io slacciavo lentamente le gambe dalla sua vita, tornando nuovamente davanti a lui e con i piedi per terra: si chinò poco dopo nuovamente a baciarmi, con molta più dolcezza e trasporto dalla volta precedentemente e, prima che me ne rendessi conto, eravamo di nuovo diretti verso casa: non appena arrivammo chiuse la porta con un tonfo, tornando a posare entrambe le mani sul mio viso color porcellana, che in quel momento desiderava solo il tocco delle sue mani. Feci qualche passo indietro, allontanandomi dalle sue labbra e fermandomi praticamente al centro del salotto, infilando entrambe le mani al di sotto della sua maglietta, sfiorando così per qualche secondo gli addominali che aveva pensato a scolpire in quell'ultimo periodo: mantenni comunque il contatto visivo con lui, altrimenti non l'avrei mai notato mentre mi regalava uno dei suoi tanti sorrisi divertiti. Forse non era mai stato così bello.
Senza pensarci due volte sfilai del tutto quell'indumento futile, proprio mentre lui tornava a prendermi in braccio, facendo così qualche altro passo avanti, diretto alla camera degli ospiti, dove aveva dormito per parecchio tempo: desiderai con tutta me stessa che entrasse solamente, invece eccolo di nuovo fermarsi, spingendomi con moderata forza contro la parete, 'ove appoggiai del tutto la schiena, mentre lo aiutavo semplicemente a sfilare la mia di maglietta, finendo con indosso solo il mio reggiseno nero.
Lo costrinsi a lasciarmi andare ancora una volta, quando ormai eravamo a pochi passi dalla stanza, sorridendo tra me e me quando dovetti aiutarlo di nuovo per sfilare del tutto i miei pantaloncini, che appartenevano ad una vecchia tuta che ormai non mettevo più, restando così solamente in intimo. Mi occupai dei suoi poco prima di raggiungere il grande letto al centro della stanza: lo vidi allora osservare per qualche secondo il mio corpo, prima che mi facesse stendere completamente sul materasso accogliente.
Il suo tocco era quello di sempre, così come i suoi baci, ma era passato così tanto tempo che in quel momento tutto mi sembrava nuovo. Era una sensazione più che piacevole e speravo solo che non finisse mai, come sempre del resto.
A poco a poco ci spogliammo, spargendo i nostri vestiti un po' per terra, un po' sul letto, mentre io continuavo a tenere ben stretta una ciocca dei suoi capelli: le sue labbra si muovevano intanto con le mie, con fare sinuoso, mentre sentivo le sue mani continuare a scendere lungo tutto il mio corpo, accarezzandolo e facendomi venire i brividi dalla testa ai piedi.
Abbandonai il capo all'indietro, mordendomi lievemente il labbro inferiore, cercando di godermi appieno tutte le sensazioni che mi stava regalando, anche mentre mi baciava semplicemente il ventre: sentivo la pelle accapponarsi come se niente fosse, mentre cercavo di non irrigidirmi, bensì di rimanere rilassata, per quanto difficile fosse in quel preciso momento. Continuai ad accarezzare i capelli alla base del suo collo, soprattutto quando cominciò a risalire, tracciando una breve scia di baci sui miei seni, prima di solleticarmi il collo con il suo stesso respiro: istintivamente mi lasciai scappare una risatina sommessa, mentre finalmente raggiungeva di nuovo il mio viso. Mi lasciai allora andare ad un altro bacio che mi riscaldò letteralmente, come se niente fosse, cominciando solamente allora a rilassarmi definitivamente sul materasso, provando inutilmente a prepararmi per la forte scossa di piacere che mi pervase quando finalmente scivolò dentro di me, accarezzando con delicatezza le mie gambe.
Fu allora che mi aggrappai letteralmente alle sue spalle, stringendo successivamente entrambe le gambe sulle sua vita e incitandolo con i movimenti che già di suo stava compiendo più che egregiamente: i miei gemiti si fecero man mano sempre più acuti, mentre sentivo persino gli addominali dolermi appena, tanto continuavo a stringermi a lui per sentire ancora il suo petto sicuro e caldo sul mio. Quel calore mi faceva sentire bene, mi aveva fatto sempre sentire bene, come...come a casa, lui era la mia casa, lo sarebbe stato sempre. Era entrato nella mia vita un passo alla volta, ma si era insediato nel mio cuore come nessun'altro, ci era riuscito persino con l'altra Amy, con quella che seriamente non ricordava assolutamente niente.
Una sensazione alla bocca dello stomaco mi riportò alla realtà, in tempo per farmi sentire i suoi denti posarsi con apparente leggerezza sulla pelle delicata del mio collo, dove lasciò un piccolo segno che sapevo sarebbe rimasto lì almeno un paio di giorni. Almeno.
I suoi movimenti continuavano comunque ad essere decisi, come li ricordavo, se non addirittura migliori, tanto che alla fine fui costretta ad inarcare la schiena verso l'alto quando l'ennesimo spasmo mi colpì in pieno, evitando di poco quello che sarebbe stato un urlo di piacere anche piuttosto sentito: mi limitai così a gemere di nuovo, cercando poi in tutti i modi di regolare la mia respirazione che era diventata via via più corta.
Era strano però come non ne avessi ancora abbastanza, non ne avevo mai avuto abbastanza, ma in quel momento era diverso: non volevo che finisse, non ancora, volevo semplicemente che continuasse. In risposta a quel pensiero le mie mani presero a scivolare automaticamente dalle spalle fino alla schiena e così al fondoschiena, imperlato completamente di sudore: ci passai più e più volte le dita, prendendo poi tutto il fiato che mi serviva, mentre sentivo che anche lui stava facendo lo stesso. - Brian..io... -, provai a dire, ma non feci in tempo, perché aveva già ripreso a muoversi dentro di me, senza che io aggiungessi assolutamente niente.
Un sorriso spuntò allora sulle mie labbra, mentre allungavo il collo per arrivare nuovamente alla sua spalla, dove posai svariati baci mentre il piacere continuava a salire momento dopo momento, come un fuoco che divampa, rendendomi impossibile pensare anche solo per un altro momento a qualsiasi cosa che non fosse lui e quello che stavamo condividendo.
Facemmo l'amore così a lungo che alla fine ero veramente esausta: non come le altre volte, allora ero semplicemente stanca, in quel momento invece sentivo come se tutto quello che desiderassi fosse stare sdraiata per giorni in quel letto, tra le sue braccia, senza bisogno né di parole, né di discorsi, solo di lui e delle sue carezze.


***

Non riuscivo ancora a credere bene a tutto quello che era appena accaduto, eppure Amy era ancora lì e io non mi ero svegliato assolutamente da nessun tipo di sogno: continuavo a stringerla a me e a posare un bacio dietro l'altro sulla sua spalla, come se fossi incapace di smettere, come se quello fosse l'unico modo che avevo per convincermi che lei era davvero lì con me.
- I ricordi cominciano ad affiorare.. -, la sentii sussurrare in quel momento, rompendo il piccolo silenzio che si era venuto a formare.
- Raccontameli.. -, la incitai, fermando per un momento i miei movimenti.
Come immaginavo si voltò di fianco, rivolta verso di me e sollevando subito lo sguardo verso il mio. - Ricordo la nostra prima notte insieme e la nascita della piccola.. -, cominciò a raccontare, mentre le accarezzavo il viso, - Mi ricordo di tutte le visite, e di tutte le paranoie che avevo...di tutte le cene con gli altri e della notte in spiaggia, quando abbiamo detto agli altri che stavamo insieme -, aggiunse.
- Ricordi anche la birra che Matt ci ha sputato addosso per la sorpresa? -, le domandai, con aria divertita.
Lei annuì, lasciandosi scappare una risata. - Anche quella...persino la faccia di Zacky quando ci ha trovato nel bagno del locale mentre ci baciavamo -, disse allora.
- Come dimenticarla -, dissi io.
- E momento.. -, disse, restando per qualche secondo in silenzio, prima di sollevarsi per mettersi a sedere, sfuggendo dalla mia presa e continuando a tenere il lenzuolo intorno al corpo magro, - Ricordo anche Michelle e di quanto ero gelosa di lei, e di quanto lei ci provasse con te! Dio santo, sapeva che eri mio marito e continuava a lanciarti certe occhiatine da denuncia per atti osceni in luogo pubblico! -, sbottò.
Dopo quella su affermazione ridacchiai di nuovo. - Perché ridi? -, mi domandò, anche lei con aria divertita, prima che io potessi dire qualcosa.
- Perché sei assurdamente più bella quando sei gelosa -, ammisi.
- Tu sempre assurdamente esagerato -, replicò, stendendosi nuovamente accanto a me.
- Sì, sei decisamente tornata quella di sempre -, concordai.
- E tu..insomma..tu non hai mai..sentito il bisogno di.. -, provò a dire, gesticolando in maniera confusa, - ..con lei, vero? -, aggiunse poi.
Visto che capii al volo quello che intendeva mi limitai a farle voltare di nuovo il viso verso di me, baciandola ancora con tutta la dolcezza che riuscii a tirare fuori. - Volevo una risposta, non un bacio.. -, sussurrò allora, ancora a pochi centimetri dalle mie labbra.
- Il mio bacio era la risposta -, dissi, - Per tutto questo tempo tutto quello che ho fatto è stato aspettarti -, aggiunsi, riuscendo a vedere le sue guance tingersi di rosso con una velocità disarmante.
Come suo solito, chinò per un momento il capo. - ...e andare in palestra, anche -, si limitò ad aggiungere poco dopo, facendo scivolare il lenzuolo leggero e bianco verso il basso, così da lasciare scoperti i miei addominali abbastanza evidenti.
- Vedo che è una cosa che ti ha fatto piacere -, dissi.
- Beh, devo dire che questi addominali ti donano molto, non c'è che dire -, ammise, sollevando ancora una volta il capo verso il mio per sorridermi.
- Allora magari continuo ad andare in palestra, che ne dici? -, le proposi.
- Andata, a patto che non ci sia Michelle nei paraggi -, disse.
- Potrò mantenere questo patto senza alcun problema -, le assicurai, facendola poco dopo accomodare di nuovo tra le mie braccia, come era stata fino ad un paio di minuti prima.
Ci fu ancora un altro piccolo silenzio, che fu di nuovo lei a rompere. - E comunque...mi avevi fatto innamorare di nuovo -, disse, confermando una volta per tutte tutti i miei sospetti.
- Sì, ne ero certo -, ammisi.
- E questo è tutto dire... -, sussurrò, tornando a guardarmi ancora, - Saresti in grado di farmi innamorare anche in altre 4 vite, per come la vedo io -, aggiunse.
- Per ora accontentiamoci di questa -, sussurrai, allungandomi solamente allora verso il cassetto del comodino, dove conservavo la sua fede, che lei aveva preferito restituirmi un pomeriggio, quando ancora tutto era confuso e strano, - Tanto dovremmo condividerla per sempre, no? -, le domandai, quando ormai avevo preso l'anello.
- Per sempre -, confermò, mentre gliela infilavo per la seconda volta all'anulare.

***

Mi ero addormentata insieme a Brian verso le 17.00, mentre ormai l'orologio segnava quasi le 18.00: da un momento all'altro la bambina si sarebbe svegliata, secondo i soliti orari, quindi avevo tempo ancora per fare una cosa.
Scivolai così ancora una volta via dalla presa delle sue braccia, passando dal caldo di quest'ultime al freddo della stanza, o così sembrava a me, vestendomi poi nel minor tempo possibile e uscendo allora prima dalla stanza e poi di casa, senza dimenticare la chiavi.
Il mio passo accelerò automaticamente quando puntai casa di Matt e Valary, dove sapevo si trovava anche Michelle: quando arrivai ai piedi del vialetto alzai lo sguardo verso le camere, notando con grande piacere che era alla finestra, in tempo per vedermi arrivare.
Accennai allora un piccolo sorriso, uno di quelli che più finti non si può e che di vero ha solo il maligno, prima di fare un cenno con la mano verso la porta di casa, verso la quale mi diressi poco dopo: restai lì davanti in piedi, pensando solamente a tutto quello che aveva fatto fino a quel momento, approfittando della mia amnesia e di quanto in realtà ci avesse provato con mio marito, con l'uomo che amavo, finché finalmente la porta non si aprì. - Amy -, disse allora, mostrandomi a sua volta un sorriso che di sincero non aveva niente, mormorando il mio nome come se fosse una parolaccia, - A cosa devo questa visita? -, mi domandò.
Non pensai minimamente a risponderle, anche perché non ero andata lì per quello, solamente alzai la mano destra talmente in fretta da prenderla completamente alla sprovvista con il mio schiaffo, che fece anche un sonoro schiocco mentre raggiungeva la sua guancia. - Giù le zampe da mio marito -, mi limitai allora a dire, scandendo bene parola per parola, tornando poi a darle le spalle con una sensazione di potenza interiore mai provata prima, mentre stringevo le chiavi di casa per cercare di compensare tutta la rabbia che le avrei volentieri sfogato addosso, se solo avessi potuto.
Ero tornato a casa nel giro di neanche 10 minuti e Brian dormiva ancora, cosa che mi permise di stendermi di nuovo accanto a lui per accarezzargli ancora un po' i capelli, mentre ormai, dopo solamente un'ora di sonno, si svegliava anche lui. - Mi sono addormento.. -, sussurrò allora.
- Ho dormito anch'io -, gli assicurai, mentre il suo sguardo andava a posarsi inevitabilmente sui vestiti che indossavo.
- Come mai sei vestita? -, mi domandò allora, con aria confusa ma allo stesso tempo divertita.
- Dovevo fare una cosa, sai...cose da donne -, dissi solo, restando sul vago.
- Oh, capisco -, sussurrò, posando le mani sui miei fianchi e trascinandomi sul suo petto, ancora semi coperto dal lenzuolo, mentre ci baciavamo per l'ennesima volta in quel pomeriggio che era stato così strano e inaspettato, alzandoci poco dopo per andare ad assistere la nostra bambina che si era appena svegliata. 

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Capitolo 88
*** Matrimonio in arrivo! ***


- I ragazzi arriveranno a momenti.. -, ricordai a Brian, anche se lui continuava comunque ad accarezzarmi i capelli, piuttosto riluttante all'idea di allentare la presa dalla mia vita.
- Non siamo nudi, non abbiamo fretta.. -, mi fece notare, ridacchiando.
- Potremmo diventarlo..se continui ad accarezzarmi così i capelli.. -, sussurrai, con voce quasi assonnata, tanto ero rilassata sul suo petto.
- Più tardi prenderò in considerazione questa tua ipotesi.. -, sussurrò, ridacchiando.
- Mhh... -, mugugnai, restando per un momento in silenzio, visto che la testa aveva cominciato a farmi male, anche se lievemente, per fortuna.
- Va tutto bene? -, mi domandò lui allora, cercando di farmi sollevare il viso, che continuavo comunque a tenere chinato sul suo petto, con entrambi gli occhi chiusi.
- Si, solo un po' la testa.. -, risposi.
- Domani andiamo in ospedale, mh? Abbiamo saltato un paio di visite...ora che ci penso -, disse.
- Tanto non erano obbligatorie.. -, gli ricordai, lasciandomi scappare una risatina mentre sollevavo nuovamente il capo, rivolgendogli un grande sorriso.
Per qualche secondo ci guardammo semplicemente, senza parlare di nuovo: mi stavo letteralmente perdendo nei suoi occhi scuri, così profondi, seppur di un colore così comune. Mi erano sempre piaciuti, anzi, li avevo sempre amati, come lui aveva sempre amato i miei, di un verde smeraldo. Occhi così diversi, noi eravamo diversi, in tutto e per tutto, praticamente, però dentro di me sentivo che lui era l'unico uomo con cui desideravo stare, ne avevo avuto la conferma ricordandomi di tutto quello che mi faceva provare persino quando non mi ricordavo di lui.
Allora, mentre tutti quei pensieri mi vorticavano per il cervello, lui prese ad accarezzarmi il viso, con fare tenero e dolce. - Mi sei mancata così tanto.. -, ammise allora, anche se quelle parole me le aveva gridate fino a quel momento grazie al suo sguardo.
- Mi sei mancato anche tu, amore mio.. -, sussurrai di rimando, allungandomi poi fino al suo collo, dove chinai il viso per posarci un piccolo bacio, sorridendo subito dopo.
Fu allora che il campanellò suonò, più volte anche, come se qualcuno avesse fretta di entrare...cosa che immaginavo i ragazzi volessero fare, in quel momento, dopo aver saputo da Brian che avevo riacquistato del tutto la memoria. - Il nostro momento romantico è stato appena rovinato.. -, borbottò lui.
- Continueremo più tardi -, gli assicurai, alzandomi da sopra il suo petto così che anche lui potesse alzarsi.
- Preparati, ho paura di quello che potrebbe fare Matt.. -, mi disse, quando ormai stringevo la maniglia della porta.
- Anche io, in verità -, ammisi, ridacchiando di nuovo e aprendo questa volta del tutto la porta, ritrovandomi davanti tutti quanti i miei amici. 
In men che non si dica mi furono tutti addosso: prima Gena, poi Valary e così anche Lacey. - Amy! -, gridarono, tutte e tre in coro, cominciando a fare domande su domande, alle quali non avrei mai potuto rispondere tutte insieme.
- Una per volta...una per volta -, dissi, ridacchiando mentre si allontanavano, solamente per lasciare spazio ai ragazzi, che mi furono a loro volta addosso in meno di mezzo secondo, soprattutto Matt.
- Sei proprio la mia migliore amica Amy? -, mi domandò sottovoce.
Annuii. - Si, sono proprio io -, risposi con convinzione, allontanandomi poco dopo per far si che tutti entrassero.
- Non mi fissate tutti in quel modo...sembrate gufi -, li pregai, vedendo che continuavano a guardarmi come se fossi un esperimento da laboratorio.
- No è che...è strano, sai...sapere che sei di nuovo tu! -, disse Valary, parlando ovviamente anche per gli altri, che annuirono poco dopo.
- Era io anche prima, solo con qualche ricordo in meno -, dissi, guardandoli uno per uno, fino ad arrivare a Brian, che era accanto a me, - Ma ora sono tornata, Amy 1, amnesia 0! -, esclamai, facendoli ridere tutti quanti.
- Ora andrai a fare una visita, vero? Per vedere se è tutto apposto! -, disse Gena.
- Si, chiameremo l'ospedale più tardi, visto che comunque qualche mal di testa ce l'ho ancora -, ammisi, con un tono semi esasperato.
- L'importante è che sei di nuovo tra di noi! -, disse allora Lacey, - Anche perché noi avremmo qualcosa da dirvi -, ammise.
- Mh? -, mugugnammo tutti, praticamente in coro.
Notai solamente allora, quando ormai stava per rispondere, che teneva la mano destra sotto quella sinistra, come se volesse nascondere qualcosa, allora capii: matrimonio in arrivo!
Proprio come immaginavo tirò fuori la mano, mostrando a tutti quanti l'anello infilato al dito, sollevando un coro confuso da parte di tutti. - Oddio, anche Christ è impazzito alla fine! -, esclamò Brian, ricevendo una piccola gomitata da parte mia.
- Tu sei impazzito prima di lui, caro mio -, gli ricordai, dandogli un veloce bacio sulla guancia.
- Colpito e affondato, Haner -, disse Matta, ridendo, mentre tutti gli altri si precipitavano verso Johnny per fargli i migliori auguri, stessa cosa che stavamo facendo noi con Lacey.
- Okay basta! ORA USCIAMO! DOBBIAMO FESTEGGIARE! -, propose Zacky, facendo abbastanza rumore da svegliare del tutto la piccola.
- Hai appena svegliato mia figlia, complimenti! -, gli disse allora Brian, dandogli una piccola spinta amichevole.
- Oh, mia nipote! -, esclamò allora, avviandosi verso la camera degli ospiti, dove l'avevamo sistemata a dormire quel pomeriggio.
Poco dopo tornarono entrambi, mentre la piccola si stava ancora strofinando gli occhi, con aria stanca. - Povera la mia piccolina, l'hanno svegliata troppo presto! -, borbottai, guardando Zacky che continuava a tenerla in braccio, mentre la prendevo con me.
- Non l'ho fatto apposta! -, si giustificò.
- Sei perdonato, per stavolta -, gli dissi, - Datemi il tempo di cambiarla e andiamo, tanto io devo solamente infilarmi un paio di pantaloni e una maglietta -, dissi, correndo poi verso il piano di sopra, che raggiunsi velocemente come raggiunsi la stanza mia e di Brian.
In breve tempo cambiai la piccola, infilandole un completino semi nuovo, uno che non le avevo mai messo e che lei sembrò apprezzare parecchio, visto che cominciò a giocare da subito con il merletto bianco. La lasciai poi giocare sul letto, mentre ero io a vestirmi, infilandomi i primi pantaloni e la prima maglietta che trovai.
Una volta finito tornammo entrambe al piano di sotto. - Eccoci qui, pulite e pronte! -, esclamai, mentre gli altri erano ancora lì ad aspettarci, ancora tutti immersi negli auguri più sinceri per Lacey e Johnny.
- Allora possiamo andare! -, esclamò Zacky,
- Si, ma dove? -, domandò
- In spiaggia! -, disse allora Brian, uscendo dalla cucina con una confezione di birre issata sulla spalla destra, - A bere per festeggiare! -, aggiunse, poco dopo, ricevendo l'assenso di tutti i presenti.
- Che idee inventive che abbiamo ogni volta -, osservai, ridendo poi divertita mentre uscivamo tutti insieme, incamminandoci a piedi verso la spiaggia.
- Le spiagge di Huntington sono le più belle della Costa Californiana, meglio andarci il più possibile, sai...anche per quelli che non possono perché non sono di qui -, disse Matt, blaterando per la metà parole senza un senso preciso.
Proprio per quello risi, mentre le ragazze mi affiancavano tutte completamente. Tutti insieme attraversammo la strada e da lì scavalcammo il muretto che portava dritto sulla sabbia: stranamente, quel giorno era anche semi vuota, se non per qualche passante occasionale, proprio come lo era stata quel pomeriggio con Brian, quando stavo ancora cercando in tutti i modi di recuperare i miei ricordi.
Ci sistemammo in un piccolo spazio, abbastanza vicini al bagnoasciuga, mentre la piccola prendeva a giocare con la sabbia, scavando quella che sembrava una piccola buca: decisa di lasciarla stare, di mettere offline la mia versione di “mamma apprensiva”, anche se la cosa mi risultava piuttosto difficile. Era stato così strano dovermi comportare da mamma in quell'ultimo periodo, contando il fatto che non ricordavo neanche di aver mai partorito e proprio per quello Caroline mi era mancata così tanto, come mi era mancato tutto il resto.
Come regalo pre-nozze, i ragazzi pensarono bene di caricarsi Johnny, trascinandolo così in tre verso l'acqua, dove lo gettarono poco dopo, mentre ridevano soddisfatti tutti assieme. - Oh, ma chi abbiamo sposato? -, domandai, sospirando mentre li guardavo divertirsi come dei bambini, sorridendo comunque tra me e me.
- E io chi sto per sposare? -, domandò Lacey, sospirando con fare teatrale come avevo fatto io.
- Un nano da giardino -, rispose Gena, facendoci ridere tutti quanti.
Persino Lacey cominciò a ridere come una matta, apparentemente proprio senza riuscire a fermarsi. - Beh, nel complesso sono degli idioti! -, riuscì a dire alla fine.
- Già, ma forse è anche per questo che li amiamo -, azzardò Valary, mentre tornavano di nuovo verso di noi.
- Signore, che ne dite di seguirci in acqua? -, propose Matt, con uno strano tono, molto più teatrale del mio sospiro precedente.
- Matt, io ho la piccola.. -, gli ricordai, mentre trascinava le altre con sé.
- Allora ti darà il cambio, tu vieni con me -, disse Brian, mentre Matt prendeva la piccola dalle mie braccia per poi lasciarsi andare sulla sabbia. Dopodiché lui mi caricò su una spalla come si divertiva tanto a fare, arrivando in poco tempo verso l'acqua: neanche cercai di liberarmi, sapevo che era inutile.
- Avrei dovuto pensarci due volte prima di sposarti! -, sbottai ridendo, mentre entrava di nuovo in acqua.
- Beh tesoro, quel che è fatto è fatto! -, mi ricordò, scaraventandomi poi verso la superficie cristallina. Mi lasciai andare per un po', prima di risalire, saltandogli subito dopo sulle spalle.
- E non me ne pento -, aggiunsi, posandogli poi un bacio sul collo, assaporando la sua pelle che ormai sapeva di sale.
Continuammo poi a stare in acqua, uscendo a turno per controllare la piccola, finendo poi di nuovo tutti seduti in cerchio, completamente bagnati, bevendo le birre che Brian aveva avuto l'idea di portare.
- Avete già deciso dove vi sposerete? -, chiesi loro, quando ormai il sole stava iniziando a calare all'orizzonte, finendo poi la birra dalla mia bottiglia.
- Non siamo sicuro, ma ci piacerebbe la Napa Valley, lì fanno un vino fantastico, sarebbe ottimo per una cena -, rispose Lacey, che su queste cose era sempre molto organizzata e meticolosa. Se c'era una persona di cui mi fidavo per organizzare un matrimonio, dopo Susy, era senza dubbio lei.
- Oh si, concordo sul vino, una volta l'ho bevuto ed è qualcosa di sublime! -, concordò Gena, che di vini ne aveva sempre saputo abbastanza, anche se non ricordavo bene dove avesse imparato tutte quelle cose.
- Visto, lo dice anche Gena! -, esclamò Lacey, chiaramente felice, rivolta unicamente a Johnny.
- Per me va bene dovunque, l'importante è che ci sposiamo -, ribatté, finendo poi a sua volta la birra.
- Hey Seward, non vorrai diventare più romantico di me, vero? -, sbottò Brian, con tono divertito.
Un ampio sorriso si accese sulle mie labbra dopo quelle sue parole, mentre posavo il viso sulla sua spalla, continuando a fare stringere alla piccola, che si trovava sulle sue gambe incrociate, il mio dito, nonostante ormai me lo stesse praticamente stritolando.
- Non oserei mai -, rispose lui, alzando le mani in segno di resa, continuando comunque a ridere.
- Comunque ho sentito parlare bene di quel posto in generale, non solo del vino -, aggiunse Gena, - Dicono tutti che è un ottimo posto per ogni genere di eventi, ma si celebrano soprattutto matrimoni, sono sicura che sarà fantastico! -.
- Lo speriamo, ora la mia più grande preoccupazione è l'abito -, ammise lei, facendosi piccola piccola per l'imbarazzo.
- L'abito? Ma dai, ti ricordi cosa abbiamo combinato per trovare quello di Amy? Abbiamo girato mari e monti finché non l'abbiamo trovato, pensi che con te non faremo lo stesso? -, disse Valary, parlando come se quella fosse davvero la preoccupazione minore, cosa che in fondo era.
- Valary ha ragione, non ci fermeremo finché non l'avremmo trovato, nessun problema -, concordai, proprio come fecero tutte le altre, - Se ho trovato io il vestito perfetto lo troverai anche tu -, aggiunsi, poco dopo, con un grande sorriso sulle labbra.
- Già, il tuo era davvero perfetto -, concordò lei, con un tono quasi sognante.
- Quel vestito è riuscito persino a far sta zitto Brian, mentre camminavi verso l'altare -, ci ricordò Valary, facendoci ridere tutti di nuovo.
- E ce ne vuole per farlo stare zitto, ve lo assicuro -, concordai, con tono divertito, posandogli un altro bacio sul collo, più all'altezza dell'orecchio questa volta.
- Tu però ci riesci sempre molto bene, soprattutto in altre occasioni -, ribatté, con tono perfido, mentre ascoltavo le risatine sommesse degli altri. Di tutta risposta, si beccò una gomitata sulle costole.
- Spesso e volentieri non stai zitto neanche in quelle situazioni -, gli rinfacciai. Uno a zero per me.
- Occhio Brian, mai mettersi contro una Pedersen -.
- Ben detto sorellina -, dissi allora, mentre lei e Ben si avvicinavano a noi, dopo che le avevo mandato un messaggio per invitarli.
- Siamo qui da mezz'ora, deduco che avete fatto ritardo -, disse Brian.
- Colpa sua -, disse Ben, indicando mia sorella, - Si è salvata una birra? -, chiese poco dopo.
- Noi Pedersen siamo ritardatarie, è un difetto al quale ci si abitua col tempo -, dissi io, con tono tranquillo, mentre passavo una birra a Ben.
- Ci si abitua a tutto per amore -, disse allora Matt, lasciandoci tutti a bocca aperta.
- Sentite un po' il nostro Matt -, mormorò Zacky, con tono divertito.
- Ogni tanto capita -, ribatté lui, con tono divertito, mentre beveva l'ultimo sorso dalla sua birra.
Presto si unirono a noi persino Willow e Thomas, che non vedevo decisamente da un po': non appena mi vide Willow mi corse incontro, dandomi appena il tempo per alzarmi, prima di abbracciarmi. - ..questo è un ciao? -, le domandai, ridacchiando.
- Più un “ciao, come stai dopo aver riacquistato finalmente la memoria?” -, mi corresse, ridacchiando a sua volta.
- Sto bene -, risposi allora, con tono deciso, - Tutti i pezzi del puzzle stanno andando al loro posto -, aggiunsi, con tono felice.
- E' così bello riaverti, davvero, non immagini quanto! -, ammise, con tono entusiasto.
- Lo è anche per me, sediamoci...ma niente birra, non hai ancora l'età -, le dissi, facendola ridere mentre tornavamo sedute accanto agli altri.
- Comunque non mi piace la birra -, la sentii sussurrare, prima che riprendessimo a parlare del più e del meno.
A fine serata le birre erano finite e Brian sembrava addirittura leggermente brillo, ma continuava comunque a negare ogni volta che provavamo a chiederglielo. - Strano, perché è così che ci comporta quando lo è -, feci notare a Valary, che era accanto a me mentre tornavamo a casa, indicandolo mentre saltava con agilità il muretto che portava al marciapiede, rischiando di cadere, ma continuando comunque a scherzare con gli altri, mentre persino la piccola rideva guardandola.
- Sentitela, come ride! -, disse Willow, ridendo poco dopo.
- E' mia figlia quella che ride? -, domandò Brian, con la voce forse un po' troppo alta.
- Vedi altri bambini? -, gli domandai, mentre prendevo un'altra strada per raggiungere il marciapiede, arrivando poco dopo accanto a lui.
Per fortuna casa era vicina, visto che alla fine iniziò addirittura a barcollare, facendomi ridere forse anche di più. - Peggio che tenere d'occhio un bambino -, mi fece notare Gena, mentre Brian entrava finalmente in casa.
- Meglio che mi sbrighi ad andare, conoscendolo romperà qualcosa -, dissi, ridacchiando continuando a tenere la piccola, salutando velocemente tutti prima di rientrare in casa. Lo trovai steso sul divano, a guardare il soffitto. - Non sono brillo -, ripeté.
Ridacchiai di nuovo. - Va bene, amore.. -, feci io, mettendo poi Caroline nel suo box, - Però ti preparo lo stesso un caffé -, aggiunsi, sorridendo e inginocchiandomi comunque accanto a lui.
Lo vidi chiaramente sorridere. - Sai che sei la moglie migliore che potessi chiedere? -, domandò, retorico.
- Allora hai fatto proprio bene a sposarmi -, ribattei, con tono divertito.
- E' stata la decisione meglio presa della mia vita -, ammise allora.
- Secondo me sei ubriaco, non solo brillo, vado a fare questo caffé -, dissi allora, facendo per alzarmi: lui come al solito mi afferrò prima che potessi anche solamente incamminarmi, costringendomi seduta accanto a lui, riprendendo a ridacchiare. - Tu sei tutto matto -, sussurrai allora, mentre lasciavo che mi facesse stendere sul suo petto.
- Un po' -, ammise, strofinandosi appena gli occhi, - Soprattutto di te -, aggiunse.
- E pure sdolcinato, un mix perfetto -, scherzai, posando poi il viso sul suo petto.
Alla fine riuscii comunque a convincerlo a bere un po' di caffé, mentre la bambina ci intratteneva in cucina, mormorando di continuo i nostri nomi e agitando la mani paffute per aria, come per festeggiare i miglioramenti che stava facendo, giorno dopo giorno.
In quel momento non potevo essere più felice di così: i miei ricordi erano tornati, mio marito non mi aveva abbandonato neanche per un secondo, avevamo una figlia stupenda e avevo tirato un bel ceffone a quella sbruffona di Michelle. La mia vita non era affatto male, vista così e me ne convinsi ancora di più quella notte, quando feci per l'ennesima volta l'amore con l'uomo della mia vita.
- Se continuiamo così ci scappa un altro bebè -, gli feci notare, tra un bacio e l'altro.
- Vale la pena rischiare -, mormorò, sorridendomi divertito mentre mi accarezzava la schiena. 

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Capitolo 89
*** Napa Valley! ***


Tra organizzazione, vestito e resto erano passati tre mesi da quando Johnny e Lacey ci avevano dato la grande notizia del loro fidanzamento e ormai il grande giorno era arrivato.
- La Napa Valley non è per niente male -, commentai, mentre portavamo le valigie in camera, cosa che in realtà stava facendo Brian, visto che io avevo la piccola in braccio, la piccola che ormai aveva ufficialmente un anno.
- In effetti è così, magari torniamo qui, per il nostro secondo matrimonio -, propose, mentre io chiudevo la porta.
- Vorresti sposarmi di nuovo? -, gli domandai allora, sorridendo ampiamente.
- Anche altre 10 volte, per quanto mi riguarda, ma questa è un'altra storia -, ribatté, posandomi un lieve bacio a fior di labbra.
Ricambiai quest'ultimo, continuando poi a sorridergli. - Beh, per adesso pensiamo a Johnny e Lacey, domani sarà il loro grande giorno -, gli ricordai.
- E ci toccano un altro addio al celibato.. -, cominciò.
- ..e al nubilato -, conclusi io, - Però le regole sono le stesse del nostro, intesi? -, gli dissi.
- Stavolta non posso promettertelo, decide Johnny.. -, mi ricordò.
- Giusto, l'avevo dimenticato.. -, sussurrai, - Beh, non ti avvicinare comunque neanche a mezza spogliarellista, Haner -, dissi, puntandogli allora il dito contro, come per minacciarlo, cosa che in fondo stavo anche facendo.
- Sissignora -, rispose, con tono divertito, mentre ormai era ora di svuotare le valigie, piene di quel poco che ci eravamo portati.

***

- Assurdo che tu non sappia farti il nodo alla cravatta, grande e grosso come sei! -, dissi a Brian, mentre armeggiavo con quel fastidioso pezzo di stoffa.
- Tutti abbiamo i nostri difetti -, ribatté, tranquillo, lanciandomi però un'occhiataccia.
Decisi di ignorarla, riuscendo alla fine a fare un bel nodo, forse il migliore che avevo mai fatto. - Ecco, perfetto -, dissi, sistemando poi per l'ennesima volta il mio vestito da damigella, lungo fin sotto il ginocchio e di un verde smeraldo, con qualche piccolo fiore ricamato di nero sopra.
- Anche tu sei perfetta -, ribatté allora, passando una mano sul mio fianco destro come se a sua volta volesse sistemarmelo, - Come al solito del resto -, aggiunse.
- Non è che stai facendo così lo smielato, più del solito, perché ieri siete andati avanti a spogliarelliste, vero? -, gli domandai, osservandolo per bene.
- Ti fidi così poco di me? -, mi domandò, quasi con tono offeso.
- No, cerco solo di farti sputare il rospo -, gli assicurai.
- Non c'è nessun rospo da sputare, abbiamo solo bevuto a cazzeggiato.. -, disse, - ..e guardato uno spettacolo -, aggiunse poco dopo, soffocando quella frase con un piccolo colpo di tosse.
- Cosa? -, gli domandai subito.
- Cosa? -, domandò, a sua volta.
- Cos'hai detto per ultima cosa? -, gli chiesi allora, più nello specifico, guardandolo con gli occhi che ormai si erano ridotti a due fessurre.
- Io? Niente, ho solo tossico -, disse, facendolo per una secondo volta, sistemandosi poi il colletto della camicia.
- Non è vero, hai detto esattamente "e guardato uno spettacolo" -, gli dissi.
- No, avrai capito male -, disse ancora, avvicinandosi poi al lettino della piccola, dove era intenta a giocare con il suo pupazzo preferito.
- Ti tengo d'occhio, Haner -, gli ricordai, scuotendo poi impercettibilmente il capo.
Finii poi di preparare la piccola, facendole indossare il vestitino blu da cerimonia che le avevo comprato non molto tempo prima proprio per il matrimonio di Lacey e Johnny.
- Bene, ora è meglio se comincio ad andare da Lacey, sono convinta che servirò anche io per calmarla un po' -, dissi, prendendo in braccio la piccola.
- D'accordo, vuoi che porti Caroline con me? -, mi domandò, mentre si sistemava la giacca.- No, no la porto da Lacey, fa sempre un buon effetto per l'ansia -, gli ricordai, mettendomi in punta di piedi per posargli un bacio sulle labbra, - Ci vediamo dopo -, aggiunsi poi.
Lui indugiò di più sulle mie labbra, dal momento che mi aveva di nuovo preso il viso tra le mani, per qualche altro secondo. - A dopo -, ribatté poi e andarmene da quella stanza fu difficile come al solito, come tutte le volte che dovevo allontanarmi da lui, anche solamente per poco tempo.
Sapevo che l'avrei rivisto da lì a poco, visto che lui era uno dei testimoni e io una delle damigella, però mi mancava già da morire, come sempre del resto. Non era poi una novità.
Arrivai poi a grandi passi verso la stanza dove si trovavano Lacey, Valary e Gena e già da fuori riuscivo a sentire parecchi lamenti, dettati dall'ansia, sicuramente. Bussai così tre volte, finché Lacey, praticamente, gridò “avanti”. - Sono io..sono io -, dissi, notando immediatamente che era in un pieno attacco d'ansia.
- Amy! -, esclamò allora.
- Va tutto bene? -, domandai, un po' rivolta a tutti, andando a posare poi la piccola su uno dei comodi divani.
- No, è in preda all'ansia.. -, disse Valary, senza sapere più che cosa fare, probabilmente.
- Sì, si vede -, sussurrai, avvicinandomi poco dopo e posando entrambe le mani sulle sue spalle, - Lacey, respira, tanto per cominciare -, le ricordai.
Solo allora seguì quel mio consiglio. - Sì, d'accordo...va tutto bene -, si ripeté, probabilmente per l'ennesima volta.
- Cosa c'è che non va? Cosa l'ha fatta scattare? -, domandai, di nuovo rivolta a lei come a tutte le altre.
- Il velo, dice che è troppo corto rispetto all'originale.. -, rispose Gena, quasi sottovoce, come se non glielo volesse ricordare di nuovo.
- Ma...l'hai chiesto tu così -, le ricordai.
- Lo so, ma adesso mi sembra troppo corto, insomma...guardalo! -, mi disse, allontanandosi poi in fretta da me per raggiungere il grande specchio che era posto lì vicino a lei, dandogli le spalle per poterlo guardare nuovamente.
- Secondo me è perfetto, né troppo lungo, né troppo corto, non ha niente che non va! -, disse allora Valary.
- Davvero? -, chiese conferma lei.
- Sì, davvero -, conclusi io, - Non ha niente che non va, è solo l'ansia pre-matrimoniale a farti parlare, noi tre lo sappiamo bene -, le assicurai.
In quel momento, finalmente, sembrò calmarsi, o almeno, sorrise ampiamente, cacciando poi fuori un grosso sospiro. - Sì, è vero, avete ragione...sto facendo i drammi per una cosa minuscola.. -, ammise.
- E' normale, tutte eravamo messe così durante il nostro giorno, chi non lo è, del resto? -.
- Tia! -, esclamò allora la piccola, che nel frattempo era rimasta buona buona sul divano, - Tia La, tia la! -, cominciò a dire, battendo poi le manine.
- Visto, anche lei cerca di calmarti -, le feci notare.
- Oooooh, la mia nipotina! -, disse allora, gettandosi su di lei e prendendola in braccio, facendola ridere ancora di più.
- Buona mossa portare la piccola -, sussurrò Gena, vicino al mio orecchio per non farti sentire.
- Ha un effetto calmante su tutti, del resto -, sussurrai, sorridendo mentre le guardavo giocare.
Passammo i restanti 10 minuti ad aspettare, poi, controllando in continuazione che tutto fosse apposto: il trucco, i capelli, il vestito, visto che altrimenti avremmo rischiato un altro attacco d'ansia da parte della nostra povera Lacey.
Fu quanto finalmente l'orologio scoccò l'ora che tutte ci preparammo per bene, accompagnando poi la sposa verso il suo altare, quello che non avrebbe scordato per il resto della vita: tutte e tre, sia io che Valary, che Gena riuscivamo a comprendere come si sentisse in quel momento, visto che avevamo già tutte e tre affrontato un giorno speciale come quello, per questo avevamo continuato a supportarla anche durante le crisi più isteriche, come qualsiasi buona amica avrebbe fatto. - Sto per piangere! -, disse, mentre aspettavamo che la marcia nuziale avesse inizio.
- Tu prova a rovinare il fondotinta da 35.00$ che ti ho messo e ti farò pagare ogni singoli centesimo! -, disse allora Gena, riuscendo a farla ridere immediatamente.
- Hai ragione, giusto! -, disse immediatamente, prendendo allora un grosso respiro, quando finalmente la musica riempì tutto lo spazio intorno a noi.
Le persone tutte sedute lì si alzarono immediatamente e noi cominciammo a scortare la sposa lungo la navata, che in questo caso era un semplice manco d'erba, di un verde acceso: non persi tempo a sorridere a Brian, prima di raggiungere il mio posto insieme alle altre, tenendo in mano il piccolo boquet, con la composizione di fiori che tra l'altro avevo scelto io. Ebbi il tempo di guardare anche Johnny, sorridendo poi nel vedere che la mascella gli era praticamente caduta a terra. - E' rimasto senza fiato.. -, sussurrò allora Valary, che in quel momento era proprio dietro di me.
- Peggio di Brian.. -, sussurrai a mia volta, facendole ridere tutte e due.
Lanciai allora una veloce occhiata sia a Willow e Thomas che a mia sorella e Ben, che in quel momento erano tutti e quattro seduti per tenere la piccola, che continuava comunque ad agitarsi, nella nostra direzione. Le mandai così un piccolo bacio, lanciandole un'occhiata che diceva chiaramente che doveva smetterla di fare i capricci: seppur con un piccolo broncio, alla fine mi diede retta e tutti e quattro mi ringraziarono in silenzio, mentre Brian ridacchiava dal suo posto, nel suo perfetto smoking nero. - Siamo qui riuniti, per celebrare l'unione tra questi due giovani amanti.. -, cominciò allora il prete, facendo calare definitivamente il silenzio, - Il matrimonio è in assoluto l'unione più forte e importante che si possa celebrare, quindi diamogli pure inizio! -, aggiunse, aprendo poi la sua piccolo bibbia e schiarendosi la voce, - Vuoi tu, Johnathan Seward, prendere come tua legittima sposa la qui presente Lacey Franklin, per amarla e onorarla, in salute e in malattia, in ricchezza e povertà, finché morte non vi separi? -, gli domandò, rivolgendo poi la sua attenzione su di lui.
- Lo voglio -, rispose lui, con tono fermo.
- E vuoi tu, Lacey Franklin, prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Johnathan Seward, per amarlo e onorale, in salute e in malattia, in ricchezza e povertà, finché morte non vi separi? -, domandò, anche a lei.
- Lo voglio -, rispose a sua volta, dopo aver presto l'ennesimo respiro.
Ci fu poi un piccolo momento di silenzio, durante il quale trattenni il fiato, tanto ero emozionata. - Per il potere conferitomi dallo stato della California allora..io vi dichiaro marito e moglie, può baciare la sposa! -, concluse, in tempo per vedere Johnny sollevare il velo senza neanche pensarci, baciando poi quella che era ufficialmente sua moglie.
Io, come le altre, lasciammo cadere a terra il nostro boquet, cominciando così ad applaudire ai novelli sposi, cosa che alla fine fecero tutti gli invitati insieme. - Auguri!! -, gridò qualcuno, mentre Zacky e Gena allungavano, rispettivamente, le fedi, che si infilarono poco dopo entrambi all'anulare.
- Visto, non era poi così difficile da affrontare! -, dissi a Lacey, quando finalmente riuscii a prenderla da parte.
- Già, in effetti hai ragione! -, disse, ridendo. La lascia poi andare insieme a Johnny, dal momento che insieme attraversarono di nuovo la navata, mano nella mano, mentre una pioggia di riso volava sulle loro teste.


***

Il cielo passò dall'essere di un azzurro acceso, fino a diventare piano piano arancione e poi definitivamente nero, illuminato solamente dalla luna piena e dalle stelle che brillavano.
Lacey e Johnny avevano optato per una cena all'aperto e dovevo dire che la loro scelta era stata perfetta. - Basta discorsi, per favore! -, disse allora Johnny, dopo che Matt aveva avuto il suo turno.
- Il mio sarebbe bastato, era epico -, disse Brian, mentre faceva divertire la piccola, seduta sulle sue gambe.
- Sempre il solito modesto -, sussurrai, prendendo poi Caroline per poterle dare da mangiare, - E la piccola ha fame -, gli dissi subito, sorridendogli.
- Le verdure di prima le sono piaciute, comunque -, mi ricordò.
- Sì, e spero che ora non vomiti con il latte.. -, dissi, automaticamente.
- Daglielo più tardi...a me non sembra che abbia così fame.. -, mi fece notare, dal momento che, in verità, la piccola non moriva proprio dalla voglia di bere dal suo biberon, non in quel momento almeno.
- In effetti hai ragione.. -, fui costretta ad ammettere, - Dio, sto diventando paranoica.. -, aggiunsi.
- No, sei solo abituata alle abitudine della piccola, ma in teoria ora dovremmo iniziare anche lo svezzamento, giusto? -, disse, lasciandomi stupita.
- Wow, sei preparato.. -, dissi, ridacchiando mentre anche gli altri continuava a chiacchierare tra di loro, allegramente.
- Visto? Il marito perfetto! -, ripeté per l'ennesima volta, facendomi ridere.
- Sì, lo sei e comunque, avevo intenzione di iniziarlo una volta tornati a casa, ormai è ora, già.. -, concordai, guardando poi Caroline che, in quel momento, era impegnata a fare a pezzi un povero fazzoletto di carta, - Ha le tue manie di distruzione, comunque.. -, dissi, ridacchiando poco dopo.
- Qualcosa doveva pur prenderla da me, no? -, mi chiese, giustamente.
Ma prima che potessi rispondere, di nuovo Zacky si alzò, levando di nuovo in aria il suo bicchiere colmo di vino bianco. - Avevo detto basta con i discorsi! -, si oppose di nuovo Johnny, seduto a capotavola insieme a Lacey.
- Zitto nano, ho un momento d'ispirazione! -, si lamentò subito lui, facendo ridere tutti, - Sinceramente, mi domandavo quando saresti caduto anche tu nel tranello del matrimonio.. -, iniziò allora, in tempo per beccarsi una gomitata da Gena, seduta lì accanto a lui, - ..e ormai avevo perso le speranze, come tutti del resto! E invece eccovi qui ora, sposati, felice, contenti e cazzi e mazzi! Quindi, di nuovo auguri! Sperando che il vostro sia un matrimonio lungo e felice! Ai novelli sposi! -, esclamò poi, tornando seduto mentre tutti applaudivano.
- E questo era il tuo grande momento d'ispirazione? -, gli chiese Johnny, facendo levare di nuovo le risate.
- Accontentati! -, sbottò allora di nuovo Zacky.
- Hey! Ora che ci penso non avete fatto neanche mezzo ballo, voi due! -, dissi io, indicandoli entrambi.
- Balli? Hey no, niente balli! -, disse subito Johnny.
- Oh sì invece! -, dissi subito, passando di nuovo la piccola a Brian e alzandomi, - Damigelle, con me! -, dissi, facendo cenno e Gena e Valary di unirsi, cosa che fecero praticamente subito.
- Vai amore, fatti valere! -, gridò Brian insieme alla piccola, che invece si limitò a gridare un “mamma..mamma” piuttosto isterico, quasi mi stesse incitando anche lei.
Raggiungemmo così gli sposi, prendendoli entrambi e costringendoli ad uscire da dietro il tavolo dove si erano riparati, prima di spingerli definitivamente verso il centro del grande balcone dove era stata allestita la cena.
- Musica! -, gridò allora uno dei camerieri che ci aveva servito fino a quel momento, accendendo poi uno stereo così che una musica lenta circondasse tutti i presenti.
Seppur dopo averli spronati nuovamente, i due cominciarono finalmente a ballare, sotto gli occhi incantati di tutti: inutile dire che alla fine ci unimmo un po' tutti, persino mia sorella e Ben, che di solito odiavano quel tipo di cose e persino la piccola che, con l'aiuto di Brian, volteggiò per un po', ridendo come una matta.

***

Avevo lasciato che mia sorella portasse in camera nostra la piccola, già bella che addormentata, pochi minuti prima che anche noi cominciassimo a salire: c'era da salutare un sacco di gente, oltre che a complimentarsi ancora con Johnny e Lacey, cosa che in fondo avevamo fatto un po' per tutta la sera. Inoltre, le mie scarpe mi stavano letteralmente massacrando i piedi, cosa che ammisi davvero a me stessa solamente quando mi trovai davanti alla rampa di scale che portava alla nostra camera: come se Brian mi avesse letto nel pensiero, cosa che cominciavo seriamente a sospettare sapesse fare, si avvicinò a me fino ad afferrarmi di nuovo per la vita, prendendomi poco dopo in braccio. - Va meglio ora? -, mi domandò, sorridendomi.
- Molto meglio, sì -, risposi, accoccolandomi poi contro il suo petto, - Mi hai sempre letto nel pensiero, del resto.. -, aggiunsi, sottovoce.
- Mi vanto di conoscere mia moglie, del resto.. -, sussurrò, con tono divertito, mentre avevamo già raggiunto il nostro piano, come se quella rampa fosse composta da due scalini invece che venti.
- Piano, la bambina dorme.. -, lo avvertii, allungandomi quello che bastava per aprire la porta, senza fare rumore, restando comunque in braccio a lui.
- Era così stanca che dormirà per almeno due giorni.. -, sussurrò lui, di nuovo sottovoce.
- In effetti.. -, concordai, con tono divertito, scendendo solo allora dalle sue braccia e togliendomi immediatamente le scarpe che indossavo, lasciandole abbandonate lì accanto alla porta.
Andai poi verso il letto matrimoniale, accendendo una delle bajour che si trovavano rispettivamente su entrambi i comodini, per fare un po' di luce nella stanza, mentre Brian richiudeva la porta dietro le sue spalle, facendo il minor rumore possibile. - Dio, che stanchezza.. -, ammisi, sbadigliando e cominciando poi a tirare giù la zip del mio vestito, così che potessi togliermelo per infilarmi qualcosa di decisamente più comodo.
- Già, però è stato davvero un gran bel matrimonio.. -, disse, mentre si toglieva definitivamente la cravatta, visto che aveva già tolto la giacca in precedenza.
- Su questo non c'è dubbio -, sussurrai, lasciando poi cadere a terra il mio vestito, che scivolò senza alcun problema lungo il mio corpo.
- Uh, hey, sei pazza? -, mi domandò allora lui, con tono teatrale, mentre mi abbassavo per raccoglierlo.
- Mh? -, gli domandai, con tono divertito, dal momento che ero rimasta solamente in biancheria intima.
- Ho il cuore fragile, non puoi uscirtene così! -, si lamentò, avvicinandosi comunque poco dopo a me.
- La prossima volta ti avvertirò.. -, gli promisi.
- La prossima volta sarò io a spogliarti, non servirà avvertirmi.. -, sussurrò di rimando, dandomi poi un piccolo bacio a fior di labbra, che approfondii io poco dopo, allacciando entrambe le braccia intorno al suo collo.
- Misà che io dormo così, non ho la forza neanche di cambiarmi.. -, ammisi.
- Oh, io ti seguo -, disse lui solamente, allentando la presa dalla mia vita solamente per togliersi a sua volta quei vestiti scomodi. Io nel frattempo mi stesi al letto, mentre la piccola dormiva nella lettino accanto a noi, combattendo contro la voglia di chiudere definitivamente gli occhi solo per aspettare che si stendesse accanto a me. - Penso che anche io dormirò per almeno due giorni.. -, ammisi, quando finalmente mi raggiunge, accoccolandomi poco dopo sul suo petto accogliente e privo di vestiti, in quel momento.
- ...e io ti seguo -, ripeté.
Ridacchiai istintivamente, prima di tirare su il lenzuolo per coprirmi, che stesi anche su di lui, spegnendo poi la bajour sul comodino per abbandonarmi ad un sonno tranquillo tra le sue braccia.

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Capitolo 90
*** 5 anni dopo.. ***


Dopo 90 capitoli sono qui per annunciare ufficialmente che questa FF è giunta al termine. Ringrazio di cuore tutti coloro che l'hanno letta, che l'hanno apprezzata e che me l'hanno sempre dimostrato con tutte le recensioni che ho ricevuto, è stato bello sapere che quello che scrivo piaceva a qualcuno e spero di essere sempre stata in grado di emozionarvi o anche solamente farvi sorridere! Grazie ancora, di tutto. <3

Amy.



5 anni dopo...

La nostra vita era andata avanti, eravamo cresciuti, eppure ogni singolo ricordo era ancora ben piazzato nella mia mente. Quei cinque anni erano praticamente volati, forse addirittura troppo in fretta, ma io e Brian eravamo rimasti sempre quelli di un tempo: felici, innamorati e con la nostra bellissima bambina, che ormai aveva 6 anni tondi tondi. Non che fosse un'adolescente, ma era strano vederla finalmente così cresciuta. - Di nuovo pensierosa? -, mi fece notare lui, mentre continuava ad accarezzarmi i capelli: eravamo comodamente seduti sul piccolo dondolo che si trovava sul nostro portico, a guardare la nostra bambina giocare.
- Un po', stavo riassumendo questi cinque anni.. -, ammisi.
- Mamma! Mamma guarda! -, gridò allora Caroline, porgendomi un fiorellino che aveva appena colto dal nostro giardino, - Non è bellissimo? -, mi chiese.
- Sì amore, è stupendo -, dissi con entusiasmo, mettendomi a sedere meglio, - Perché non lo indossi? -, le chiesi allora, prendendo la piccola mollettina che indossava per fermarlo poi su una ciocca di capelli.
- Come mi sta? -, chiese subito, cercando di guardarlo.
- Benissimo -, rispose Brian al posto mio, - E ora torna a giocare, o il piccolo Sanders si arrabbia.. -, aggiunse poi, anche se era già praticamente corsa via.
- Ha preso tutta la vanità del padre.. -, gli feci notare, ricevendo di tutta risposta un'occhiata torva, - E comunque, tra quei due c'è del feeling -, aggiunsi, con tono divertito, mentre mi stendevo di nuovo su di lui.
- Tra lei e Owen? Dici? -, mi domandò, ridacchiando.
- Già, meglio stare attenti -, ribattei, ridacchiando a mia volta, - Oh e hey, tra poco arrivano Willow e Thomas! -, gli ricordai. Persino quei due alla fine avevano deciso di trasferirsi stabilmente ad Huntington, visto che ormai entrambi si erano affezionati sia a noi che al posto in generale. Thomas ormai aveva 23 anni, eppure era già riuscito a trovare un ottimo lavoro, mentre Willow ne aveva 21 e presto sarebbe diventata una giovane mamma a tempo pieno, di un bellissimo maschio che avrebbero chiamato James, in onore di suo padre.
- Sì, lo so, anche se devo ammettere che il pancione di quella ragazza mi turba ancora un po'.. -, ammise.
- E' tua nipote, acquisita ma comunque nipote, è ovvio che ti turbi ancora un po' -, gli assicurai.
- Già, ma prima o poi mi ci abituerò, come mi ero abituata al tuo quando eri incinta di Caroline -, sussurrò, posando poi istintivamente una mano sul mio ventre, piatto da anni. Dopo di lei non c'era stata nessun'altra gravidanza, e la cosa ci andava bene, in fondo: certo, avere più di un figlio era sempre stato il mio sogno, ma nella vita non si poteva di certo avere sempre tutto quello che si desiderava, e comunque, la mia era già perfetta così, non potevo chiedere di meglio.
- Esattamente -, ribattei allora, posando a mia volta la mano sulla sua.
- Ci credi che Jimmy sarebbe diventato nonno? Insomma, lui? -, mi chiese allora, in un sussurro.
- Se tu sei riuscito a diventare padre, lui poteva tranquillamente diventare nonno -, sussurrai allora, ridacchiando poco dopo.
- E che padre, il migliore di tutti i tempi -, ribatté, pavoneggiandosi come al solito.
- Sì, sei l'eroe della nostra bambina -, sussurrai nuovamente, questa volta alzando il viso per poter posare un bacio sulle sue labbra.
- E tu la sua eroina, chi altro sarebbe in grado di cucire quei bellissimi vestiti per i suoi saggi? -, mi ricordò.
- Tua madre -, risposi, con una stretta di spalle.
- E' vero, ma tu sei più brava -, aggiunse, riprendendo ad accarezzarmi i capelli con fare lento. In quel momento ero talmente rilassata che mi sarei anche potuta addormentare, molto tranquillamente per di più: l'unica cosa che sembrò svegliarmi da quel torpore fu il rumore del clacson della macchina dei nostri ospiti. - Eccoli -, disse allora Brian, aspettando che mi alzassi io prima di seguirmi, cosa che fu anche un po' costretto a fare, visto che ero stesa completamente su di lui. - Willow! -, gridò allora la piccola, correndole incontro, senza darle quasi neanche il tempo di scendere dall'auto, abbracciandola poi per quanto poco ci riuscisse, come fece anche il piccolo Owen.
- Caroline, Owen calmatevi, fatela respirare almeno -, sussurrai, mentre ci avvicinavamo ad entrambi, - Ciao Will, Thomas -, aggiunsi poi, facendo un veloce cenno ad entrambi.
- Ciao Amy, grazie per averci invitati -, disse lei, mentre accarezzava appena i capelli della piccola, visto che in quel periodo si era addirittura alzata di un altro paio di centimetri.
- Oh, non c'è di che, andiamo dentro su! -, li incitai poi, - Così vi offriamo qualcosa -, aggiunsi.
- Vi seguiamo -, disse allora Brian, che nel mentre aveva affiancato Thomas, per fargli il solito terzo grado.
- Allora, come sta il mio nipotino? -, domandi automaticamente a Willow, mentre tenevo per mano Caroline, che a sua volta teneva per mano Owen.
- Oh, benissimo, dall'ecografia risulta che è tutto okay, nessuna complicazione -, rispose, con un sorriso raggiante.
- E sei già al nono mese, il momento è ormai vicino -, le ricordai, con fare materno.
- Lo so, ma non sono poi molto spaventata, insomma...non vedo l'ora di vederlo, che sarà mai qualche ora di travaglio? -, disse, ridendoci su.
- Oh si, continua a ragionare così, altrimenti avrai il panico assicurato! -, le assicurai, mentre entravamo tutti in casa.
Ci spostammo tutti in cucina, come al solito, mentre la tavola era già apparecchiata per tutti quanti: non era stato molto semplice far entrare tutti, ma per fortuna alla fine avevamo trovato i posti. Sarebbe stato il pranzo di famiglia allargata migliore della storia, me lo sentivo. Ebbi allora il tempo di voltarmi a guardare Brian e Thomas, che ancora parlavano fittamente. - Il solito terzo grado -, le sussurrai all'orecchio, - Niente di preoccupante -, aggiunsi, poi.
- Sicura che si ricordi che ho raggiunto la maggiore età? -, mi domandò, prima di scoppiassimo entrambe a ridere.
- Parlavate di noi? -, chiese allora Brian.
- No amore, metti a bada le tue manie di protagonismo, per una volta -, lo supplicai, mentre mi avvicinavo a grandi passi al frigo, - Cosa volete da bere? -, domandai poi a tutti.
- Succo! -, dissero in coro Caroline e Thomas.
- Sì, anche per me andrà bene del succo -, si aggiunse Willow, facendo un po' di fatica per mettersi seduta, persino con l'aiuto del marito.
- Per me uguale -, disse poi Thomas, mentre Brian semplicemente annuì impercettibilmente.
- Bene, allora succo per tutti -, dissi nuovamente, tirandolo fuori dal frigo mentre l'uomo di casa prendeva i bicchieri. Per il primo giro di bevuta restammo in silenzio, solamente al secondo ricominciarono le chiacchiere. - Allora, gli altri quando arrivano? -, domandò Willow, prendendo poi un altro sorso dal suo bicchiere.
- A momenti, avevano tutti delle commissioni da fare -, le risposi, lanciando una veloce occhiata complice a Brian, che capì al volo.
- Oh, che genere di commissioni? -, chiese Thomas.
- Niente di che, le solite cose.. -, rispose Brian, restando ovviamente sul vago, - Allora, come è andata questa ecografia di controllo? -, le chiese, subito dopo.
- Bene, benissimo, il bambino è sano come un pesce e non vede l'ora di usci.. -, cominciò a dire, bloccandosi poi probabilmente dopo aver sentito un forte calcio, - ..come dicevo, non vede l'ora di uscire -, aggiunse allora, completando quella frase e facendo ridere tutti di gusto.
- E' tutto okay? -, le domandò allora Thomas, con fare apprensivo.
- Bene, tutto bene -, rispose lei, prendendo poi un piccolo respiro.
- Willow...che cos'hai? -, le domandò allora Owen, seguito da Caroline, - Si Willow, stai male? -, le chiese.
- No piccoli, sto benone e voi presto avrete un...cuginetto di secondo grado? -, domandò, rivolta a tutti noi, ridacchiando.
- Sì, tanto siamo comunque tutti una grande famiglia, stabilire qual'è veramente il legame non serve -, rispose Brian, prendendo poi Caroline in braccio, mentre io feci lo stesso con Owen.
- Esattamente -, concordai, - Però sta bene -, gli assicurai poi.
- Willow..posso sentire quando scalcia? -, le domandò allora Caroline, allungando una manina verso il suo pancione.
- Certo, poggia pure.. -, la incitò, posando poi la mano su quella di lei, - Sta per farlo, ne sono sicura.. -, aggiunse poco dopo e ne avemmo la conferma quando Caroline scoppiò a ridere, divertita come al solito.
- L'ho sentito! L'ho sentito! -, esclamò, tutta contenta.
- Appena nasce potrai anche prenderlo in braccio, sei contenta? -, le chiese.
Lei annuì con vigore, prima che Owen ribattesse: - E io? -, chiese, con un piccolo broncio.
- Anche tu, tutti prenderanno in braccio il nostro piccolino -, rispose allora, tranquillamente, stringendo nel contempo la mano di Thomas.
- Va bene -, ribatté allora, sorridendo ampiamente e mostrando le sue fossette già abbastanza evidenti, che ovviamente aveva preso totalmente dal padre.
Fu proprio in quel momento che, improvvisamente, sentii il mio telefono vibrare: lo tirai allora fuori dalla tasca senza dare nell'occhio, leggendo sotto l'isola della cucina il messaggio che Valary mi aveva appena mandato. Istintivamente diede una leggera gomitata a Brian, comunque senza farmi vedere, facendolo leggere anche a lui.
- Oh oh, io corro un attimo in bagno, torno tra un secondo -, disse allora Willow. Oh, che fortuna!
- Certo tesoro, va pure -, dissi, aspettando poi che uscisse dalla cucina per parlare nuovamente, - Sono qui, sbrighiamoci -, esclamai, sotto voce. Ovviamente, tutti erano a conoscenza del perché gli altri erano stati fuori tutta la mattina, tutti eccetto Willow. Una sorpresa rimaneva una sorpresa, del resto.
Completamente di corsa, facemmo entrare tutti in casa, sistemando poi i vari regali che le avevano comprati, praticamente tutti per il piccolo in arrivo, sul tavolino e sul divano del soggiorno. - Su su, muovetevi! -, dissi, mentre ci appostavamo tutti ai lati, lasciando libera la visuale. Non molto dopo sentimmo finalmente lo scarico del wc, poi subito dopo la porta aprirsi. - Sorpresa! -, gridammo tutti in coro, Thomas e i bambini compresi, quando arrivò alla fine dell'ingresso, con un'aria semi sconvolta dipinta in viso.
- Ma...ma..cos'è tutta quella roba? -, chiese, poco dopo, mentre noi ancora ridevamo.
- E' per il bambino in arrivo, più qualcosa anche per voi -, rispose Valary, che ovviamente si era occupata di dirigere la cosa fin dall'inizio, - Niente ringraziamenti, l'abbiamo fatto volentieri -, aggiunse, tutta di fretta, ricambiando poi l'abbraccio che Willow le aveva appena dato, stringendola forte nonostante il pancione.
- Grazie, grazie, grazie! -, esclamò, tutta contenta, passando poi a Matt, così a Gena, poi a Zacky e infine a Johnny e Lacey, - Ma non dovevate comunque...insomma, è tantissima roba.. -, aggiunse poi, con gli occhi lucidi, mentre Thomas l'affiancava.
- E che importa? Possiamo permettercela, no? -, chiese Zacky, ricevendo poi un segno d'assenso da tutti noi.
- E poi l'abbiamo fatto con molto piacere, davvero -, ripeté Gena, stringendosi al marito.
Prima che qualcuno potesse replicare, sentimmo bussare alla porta, che era ancora semi-chiusa. - Toc toc, si può? -, chiese allora Chris, riunendosi a noi per la prima volta dopo due anni, dal momento che era partito per quello che aveva definito “il viaggio della sua vita”.
- Chris! -, dicemmo tutti in coro, - Entra, muoviti! -, aggiunse allora Brian, andandogli incontro per abbracciarlo stretto. In fondo, era un bel po' di tempo che non si vedevano e in quel tempo era anche cambiato, un po' almeno: si era alzato di qualche centimetro, aveva lasciato crescere la barba e il viso aveva assunto un'espressione forse addirittura più matura dell'ultima volta che l'avevo visto. Era cambiato anche il fatto che, in quel momento, con lui c'era una giovane donna: probabilmente della sua stessa età, con due grandi occhi chiari, misti ad una carnagione non molto scura. - E vedo che hai portato anche qualcun'altro -, aggiunse allora, - Ciao, io sono Brian -, aggiunse poco dopo, tendendogli la mano.
- Maya -, rispose lei, cordialmente.
- Sì -, concordò poi Chris, - Maya, ti presento, Brian, Amy, Willow, Thomas, Gena, Zacky, Lacey e Johnny e ovviamente i piccolini, Caroline e Owen.. -, aggiunse, tutto d'un fiato, ridacchiando prima di continuare. - E James, ovviamente -, disse poi, indicando il pancione di Willow. - E beh, ragazzi, vi presento Maya, la mia fidanzata -, specificò poco dopo.
- Piacere di conoscervi, ho sentito tanto parlare di voi...però non vi prometto che riuscirò ad imparare tutti questi nomi velocemente -, disse lei, con aria imbarazzata, ridendo comunque poco dopo.
- Prenditi il tempo che ti serve, intanto accomodatevi entrambi -, disse ancora Brian, chiudendo poi la porta al posto loro.
- Ora mancano solamente mia sorella e Ben.. -, dissi, facendo appena in tempo a finire la frase per sentire il campanello squillare più volte.
- Dicevi, amore? -, domandò allora Brian, andando poi ad aprire agli ultimi invitati.
- Sempre gli ultimi, eh? -, domandai a Maggie, che nel frattempo stava facendo scendere dalle sue braccia la piccola Kara, che ormai aveva la stessa età di Owen.
- Abbiamo una reputazione da mantenere, del resto -, mi ricordò Ben, mentre ci salutavamo.
- Bene, ora che siamo al completo, donne, in cucina con me, avrò bisogno di una mano se vogliamo mangiare -, ammisi, incamminandomi poi semplicemente verso la cucina, con a seguito Caroline e le altre.
- Arriviaaamo! -, disse Valary, con tono teatrale, prima che tutte entrassimo nella grande cucina, dove da lì a poco ci saremmo messe al lavoro.
- Voi maschietti...non rompete niente -, dissi, lanciando una veloce occhiata a tutti quanti, prima di tornare dalle altre.
- Allora, quasi mamma, come va la gravidanza? -, domandò Maggie a Willow, che stava aiutando Gena a prendere un contenitore per l'insalata, troppo in alto per la sua statura.
- Bene, benissimo, il parto dovrebbe essere a giorni, in realtà -, rispose.
- Ti senti pronta? -, le domandò allora, mentre prendeva dal frigo l'insalata che era solamente da condire.
- Beh, ho avuto nove mesi per prepararmi, del resto, ma sono sicura che quando sarà il momento rimarrò comunque spiazzata -, ammise.
- E' normale che sia così, qui l'abbiamo provato in tre, puoi crederci -, disse Valary, cominciando a tagliare i pomodori.
Io, invece, cominciai a mettere l'acqua sul fuoco, visto che il piatto principale di quel pranzo sarebbe stata la pasta, con un ottimo sugo tutto italiano. - Andrà tutto bene, tu devi solamente stare tranquilla e rilassata -, le consiglia.
- E' quello che sto facendo, anche perché ho Thomas che mi controlla costantemente... -, cominciò, assumendo poi una postura più dritta e rigida, alzando l'indice, - ..non fare quello, attenta a quell'altro, niente sforzi! -, disse, imitando il tono del marito, facendoci ridere tutte.
- E' apprensivo, è una cosa buona -, constatò Lacey, continuando a ridere.
- Sì, è per questo che lo amo -, ammise, - Ho fatto proprio bene a sposare il mio migliore amico, ora che ci penso -, aggiunse poco dopo, facendoci ridere di nuovo.
- Si, sposare i propri migliori amici è sempre la cosa migliore -, concordai.
- Tu sì che mi capisci -, disse lei, dandomi una piccola pacca sulla spalla.
Ridemmo ancora tutte insieme, prima di tornare al lavoro, cominciando seriamente a preparare il pranzo che avremmo consumato tutti insieme.
- E tu Maya? Da quanto stai con Chris? -, le chiesi, evitando così che si sentisse tagliata fuori.
- Tre mesi, ma mi sembrano una vita -, rispose, con l'aria di una che era perdutamente innamorata.
- Vi siete conosciuti mentre lui era in viaggio? -, le chiese Lacey, mentre beveva il po' di succo che si era appena presa.
- Sì, proprio alla stazione per Tokyo, ero in viaggio anche io, diretta lì, sullo stesso treno -, disse.
- Oh, che fortuna allora! -, esclamai.
- Già, io mi ero seduta al suo posto per sbaglio, ero molto stanca e lui è arrivato improvvisamente, dicendomi con fare gentile che gli avevo appena rubato il sedile...ero imbarazzatissima e lui se ne accorse subito, così mi invitò a restare, sedendosi accanto a me nonostante il posto fosse di un altro -, cominciò a raccontare, - Per tutto il viaggio abbiamo parlato, scoprendo addirittura che i nostri Hotel erano vicino, poi appena scesi ci siamo dati appuntamento per visitare una delle tappe turistiche e da quel giorno siamo insieme -, aggiunse, in un secondo momento.
- Wow, sembra un film.. -, disse Willow, con aria sognante, - Io ho conosciuto Thomas a scuola, io facevo la seconda media e lui il secondo superiore -, disse poi, ridendo e facendoci ridere ancora una volta.
- E' comunque romantico -, disse allora Maya, come per consolarla.
- Sì dai, mi accontento! -, concluse lei, scuotendo appena il capo.
- Su signore, ora al lavoro vero o dopo niente dolce fatto in casa! -, le minaccia, prima che ci rimboccassimo tutte le maniche.

 

***

Cominciammo a portare le cose da mangiare in salone solamente quando i ragazzi finirono di apparecchiare il grande tavolo che avevamo addirittura dovuto unire ad un altro, facendogli poi fare i turni per andare a prendere le bottiglie con la roba da bere. Ci sedemmo tutti solamente dopo 10 minuti buoni, dal momento che avevamo dovuto servire tutti i piatti. - Oh, finalmente si mangia! -, dissero i ragazzi in coro.
- Ringraziate almeno le cuoche -, mi lamentai, mentre mi sedevo.
- Grazie -, dissero allora, nuovamente in coro, dopo essersi scambiati un'occhiata.
Tutte insieme, allora, scuotemmo il capo, mentre io mi accingevo a tagliare la pasta di Caroline, visto che i spaghetti non le erano mai andati molto a genio, prima di cominciare a mangiare a mia volta.
- Quindi ormai il parto è imminente? -, domandò Chris, - Diavolo, sono partito che avevate in mente solo di sposarvi e ora state per mettere addirittura su famiglia! -, aggiunse, prima che potesse rispondere.
- Sì, ormai si, dovrebbe essere entro il finesettimana -, disse, rispondendo alla prima domanda, - E beh..strano come cambiano le cose, eh? -, aggiunse.
- Già, come sono strani i capelli bianchi che stanno spuntando a Brian.. -, disse lui.
- Hey! Che dici? Non ho assolutamente nessun capello bianco! -, si lamentò lui, ovviamente.
- In effetti, Brian.. -, cominciò Zacky, che gli sedeva accanto, - ..credo di averne appena trovato uno -, aggiunse, con fare divertito.
- Impossibile, ho solo 35 anni, per la miseria -, si lamentò, decidendo poi di non ascoltarli più, mentre finiva il suo piatto di pasta.
Trascorremmo i successivi minuti soprattutto ad osservare divertiti Caroline, Owen e Kara che guardavamo con fare insistente il pancione di Willow, posandoci le mani sopra solamente quando lei li avvertiva che il piccolo stava scalciando. - D'accordo, chi vuole il dolce? -, chiesi.
- C'è anche un dolce? -, domandò Johnny, curioso.
- Proprio così, però stavolta sarete voi maschi ad andare a prenderlo, noi abbiamo già fatto abbastanza -, sussurrai, con un sorriso divertito sulle labbra, lanciando poi un'occhiata complice alle altre.
- Oh beh, cosa non si fa per mangiare -, ribatté Johnny, alzandosi per primo, seguito poco dopo dagli altri, che sparirono in cucina per qualche minuto.
- Siete finiti nel tritarifiuti? -, gridò Valary, dopo qualche altro minuto di attesa.
- No, abbiamo fatto i piatti -, rispose Brian, entrando poco dopo di nuovo in salone, con in mano due piattini con dentro il dolce che avevo preparato.
- Addirittura i piatti? -, domandai, quasi incredula, sorridendogli comunque.
- Visto come sono bravo a stupirti? -, mi domandò, rubandomi un veloce bacio mentre posava uno dei due piatti davanti a me.
- Sono anni che mi stupisci, ormai -, gli feci notare, dopo aver ricambiato quel suo bacio.
Nel giro di qualche altro minuto tutti avevano finalmente il dolce, che per fortuna piacque a tutti, portando con sé anche parecchi complimenti. - Porta una cosa del genere alla prossima cena! -, disse subito Zacky, facendoci ridere tutti.
- In effetti è talmente buono che potrei anche rifarlo -, ammisi, in presa ad un attacco di modestia.
- La modestia.. -, sussurrò Brian, ridacchiando.
- Inutile dire che ho ripresto dal migliore, vero? -, sussurrai a mia volta, imboccando poi un altro pezzo di dolce.
- Oh.. -, mormorò allora Willow, - Misà che devo andare di nuovo in bagno -, aggiunse, alzandosi poco dopo e facendo velocemente il giro del tavolo.
- Tutto bene? -, le domandai.
- Sì.. -, rispose subito, voltandosi poi di scatto verso di me, - No..mi si sono rotte le acque -, aggiunse, col fiato corto, guardando poi per terra il pavimento, in quel momento completamente bagnato.
Nel giro di mezzo secondo eravamo già tutti in piedi, impanicati come non capitava dal parto di Valary. - Io prendo le chiavi della macchina, voi, Thomas e Amy, cominciate a portarla fuori! -, ci ordinò Brian, cominciando allora a cercare le chiavi.
- Sì, andiamo, su.. -, sussurrai, mormorando poi qualche veloce parola, cercando di rassicurarla il più possibile. Io e Thomas la portammo allora di fuori, verso la macchina, quando finalmente Brian ci raggiunse.
Farla salire non fu facile, dal momento che era nel panico più totale. - Amore, respira, devi respirare, okay? -, disse subito Thomas, passandole una mano sul viso per scostarle una ciocca di capelli.
- Sì..si -, ansimò lei, cominciando a respirare forse ancora più affannosamente, stritolando praticamente la mia mano. Partimmo allora diretti verso l'ospedale, mentre gli altri ci seguivano dietro con le loro auto. Non appena arrivammo l'aiutammo nuovamente a scendere, mentre un paio di infermieri lì di turno ci aiutavano. - E' in travaglio -, dissi subito.
- La ricoveriamo subito, allora -, rispose, mentre entravamo, - Jackie! Portami quella sedia a rotelle! -, gridò, facendola poi sedere per portarla poi via.
- Posso venire, vero? Sono il marito! -, disse subito Thomas.
- Certo, venga, e si prepari, non credo manchi molto al parto -, gli assicurò l'infermiere, mentre insieme sparivano oltre la porta, lasciandoci lì in preda al panico quasi quanto Willow.

***

Passarono tre ore, tre ore che passammo in sala d'attesa, camminando avanti e indietro, prima che qualche infermiere ci desse qualche nuova notizia. - Allora, come sta? E il bambino? -, domandai subito, tenendo in braccio Caroline, mentre gli altri erano tutti dietro di me.
- Stanno bene entrambi, il parto non ha avuto complicazioni, sono stati entrambi molto bravi -, rispose, con un sorriso raggiante, prima di tornare al suo lavoro.
Passarono allora altri 20 minuti, prima che ci lasciassero entrare per vedere entrambi: inutile dire che ci catapultammo tutti nella stanza, nonostante non fosse poi così grande.
La scena che ci si parò davanti era probabilmente una delle più belle che avessi mai visto, e mi ricordò molto il giorno in cui avevo partorito io stessa la mia bambina, e così sicuramente successe a Valary: Willow era ovviamente sdraiata sul letto, con la schiena appoggiata a due enormi cuscini e Thomas le sedeva accanto, mentre entrambi guardavamo il piccolo James con aria rapita. Quest'ultimo aveva gli occhi chiusi e la manina stretta intorno al dito della mamma. - E'...è bellissimo -, sussurrò Gena, quasi in preda alle lacrime.
- Si, lo è.. -, rispose Willow, semplicemente.
- Possiamo ufficialmente dare il benvenuto a questo piccolino nella famiglia Sevenfold, giusto? -, domandò Brian, commosso, anche se cercava in tutti i modi di nasconderlo.
Lasciai la piccola a terra, prendendo allora automaticamente la sua mano e stringendola. - Si che possiamo.. -, sussurrò in risposta Willow, - Diamo il benvenuto al piccolo James Alexander Sullivan... -, aggiunse, sollevando allora il capo verso Brian, sorridendogli, - Prenderà anche il suo cognome, abbiamo deciso così -, sussurrò poi nuovamente, questa volta facendo commuovere del tutto Brian, che si lasciò scappare una lacrima.
Avevamo promesso, tutti quanti, di rimanere sempre una famiglia ed eravamo riusciti a mantenere quella promessa: nel corso degli anni ci eravamo sempre aiutati l'un l'altro, eravamo sempre rimasti insieme, nel bene o nel male e ora avevamo appena dato il benvenuto all'ennesimo componente.
Da piccola ero solita farmi tanti film mentali su come sarebbe potuta essere la mia vita, ma mai mi sarei aspettata che fosse così...perfetta. I miei amici mi avevano sempre aiutato a renderla tale e Brian e la nostra bambina avevano semplicemente completato l'opera.
E ora eravamo tutti lì, in una stanza d'ospedale, cercando di trattenere le lacrime di fronte ad un bambino che, sicuramente, sarebbe stato straordinario esattamente come la mamma e il papà. E chissà, magari anche come il nonno che ero sicura, in quel momento, ci stesse guardando dall'alto. Come aveva fatto sempre e come avrebbe sempre fatto.

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