Strength of life (la forza della vita) there's still hope

di Max
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Maggio, 2011 Londra Una settimana prima.

Malfoy,

…sembrava più facile quando ho deciso di prendere in mano carta e penna, ma per quanto coi diari e gli scritti io abbia molta famigliarità, non sono mai stata un’abile scrittrice. Non ho il dono della sintesi…e faccio sempre un gran pasticcio, ma ormai l’avrai capito.

Suppongo che questo dovrebbe essere il momento della verità e delle confessioni, in cui le parole dalla penna dovrebbero sgorgare con una semplicità quasi vergognosa, e invece io non so cosa dire. Se sei arrabbiato lo capisco, non pretendo neppure che tu arrivi in fondo a leggere. Anzi, forse sarebbe meglio, mi risparmierei forse questa figura pietosa.

So cosa stai pensando…Sì, sono una codarda. Ma quando questa notte non riuscivo a prendere sonno, ho capito che non ce l’avrei fatta a restare un secondo di più. Scusa, se alla fine non abbiamo parlato.

Din non se ne voleva andare, ha fatto i capricci per tutto il tempo. È colpa mia se non l’hai potuto salutare. Che pessima madre eh?…svegliare il figlio nel cuore della notte per dirgli che saremmo partiti appena fatto giorno, e non permettergli neppure di dire arrivederci a suo padre. Soltanto perché sua madre non ha saputo affrontare le cose in faccia e prendere la giusta decisione. Ma tu che avresti fatto al posto mio? No, non rispondere. Non voglio saperlo dopotutto.

Ci sto girando intorno, lo so. È facile con le parole, è incredibile quanto uno è in grado di far uscire dalle proprie labbra senza mai dir niente. Si può uccidere con le parole, e non sto parlando di magia, ma della semplicità con cui una frase pronunciata, o ascoltata per caso, può costruire città e distruggerle. Perdonami, sto divagando.

Ho avuto paura. Chiaro e semplice sentimento, e mentirei se sostenessi di non saperne la ragione. Sono certa che in questi giorni tra noi sono state dette e fatte molte cose, tante che nessuno intendeva, e altre che sicuramente volevamo. Io sono piuttosto brava ad ingannare me stessa e gli altri, ma non lo sono altrettanto nel fingere. C’è stato qualcosa. Lo sai tu, e lo so io.

Forse però, non era la stessa cosa per entrambe. Io non sono abituata a giocare giochi Malfoy. Non sono così. Ma non posso nemmeno correre tanti rischi ed espormi totalmente sperando che in qualche modo vada bene. Non posso permettermi di tentare la sorte ancora. Dare per avere. É triste, ma se io metto in piazza me stessa pretendo qualcosa d’incondizionato dall’altra parte; e non qualcosa, che non si sa se ci sarà ancora o meno domani. Capisci cosa intendo?

Io non posso saperlo se nessuno me lo dice.

Ti restituisco il tuo anello, è quello il suo posto, lo è sempre stato.

Sai, ieri sera l’avevo al dito. Continuavo a rigirarlo nervosa come al primo giorno di scuola, sono stata sorpresa nel constatare che il grande Malfoy non se ne sia accorto. Tu a questo che nome daresti Sharlock?

Ti restituisco la tua libertà, ti libero da questa zavorra, fanne buon uso mi raccomando. Non era questo che speravi di sentire dalle mie labbra? So di essere stata una parentesi, una grossa complicazione. Non darti tanta pena per me, alle persone non sembra, ma ho la pelle dura.

Malfoy, spero tu riesca a trovare qualunque cosa tu stia cercando. In quanto a me…a me per ora basta Damian.

P.S: un ultima cosa, e non sei neppure tenuto a darmi una risposta. Potrai anche mandarmi al diavolo se credi. Resta il fatto che potrai vedere Damian quando vorrai, era così l’accordo mi pare. Ti chiedo solo di aspettare qualche settimana, mi serve tempo per…abituarmi a questa nuova situazione, all’appartamento. Magari, se sei d’accordo, potresti anche venire a cena qualche volta, Damian sarebbe al settimo cielo, e io non avrei obiezioni. Ma come ti ho detto non sei obbligato a rispondere.

Ginny

Giorni nostri.

La radio portatile sul pavimento era accesa al massimo volume. Il 64, di Bayswater Road che si affacciava su Hyde Park era immerso nella musica, e se a qualcuno capitava di passare sotto la grande finestra del interno 14 non poteva far a meno di scuotere la testa alla canzone che da giorni sul tasto repeat risuonava per l’ultimo piano dell’edificio. I vicini di casa erano esasperati continuavano a lamentarsi e a suonare il campanello ma Ginny semplicemente non poteva sentirlo.

What kind of love have you got?*

You should be home but you're not

I don't wanna believe that it's over now

I could be wrong but I'm not

And you still think

You're on heart

I don't wanna believe that it's over now

Lalalalalalalalalalalalala

Lalalalalalalalalalalalala

Can you tell me a secret?

Then I'll tell you mine

Show me that you still love me

Then I will show real love

Uh baby

What kind of love have you got?

You should be home but you're not

I don't wanna believe that it's over now

I could be wrong but I'm not

And you still think

You're on heart

I don't wanna believe that it's over now

Lalalalalalalalalalalalala

Lalalalalalalalalalalalala

You are walking the wire

Looking for a loving between

But you don´t have desire

Do you know what I mean?

Uh baby

What kind of love have you got?

You should be home but you're not

I don't wanna believe that it's over now

I could be wrong but I'm not

And you still think

You're on heart

I don't wanna believe that it's over now

It's over now

Wake up you loose my loving

Wake up were stop thinking

Think twice about the things

That you have said and done

Wake up you loose my loving

Wake up were stop thinking

Think twice about the things

That you have said and done

Lalalalalalalalalalalalala

Lalalalalalalalalalalalala

What kind of love have you got?

You should be home but you're not

I don't wanna believe that it's over now

I could be wrong but I'm not

And you still think

You're on heart

I don't wanna believe that it's over now

Lalalalalalalalalalalalala

Lalalalalalalalalalalalala

Lalalalalalalalalalalalala

Lalalalalalalalalalalalala

It's over now

Non c’era niente che stava andando per il verso giusto. I traslatori avevano fatto casino con i mobili, all’emporio le avevano spedito meno barattoli di vernice di quanti le servissero, e alcuni erano del colore sbagliato, in quel cavolo di nuovo appartamento non c’era neppure un tavolo con delle sedie. Il letto che aveva ordinato, non si sapeva bene per quale ragione invece di essere a casa sua, era ancora in quel dannato negozio di Chelsea, stramaledetti tutti quegli stupidissimi italiani che vivevano lì. Le stava per venire una crisi isterica, si sarebbe messa a piangere, ma non sarebbe servito poi a molto visto che come una deficiente non aveva fatto altro da quando si era trasferita. Rilassati Ginny, prenditi del tempo per riflettere, stacca un momento, vivi più alla giornata…era una fortuna che Damian invece di spaventarsi, o rattristarsi dei suoi scleri si mettesse a ridere. Davvero consolante…i vicini poi erano insopportabili, non avevano ancora capito che se teneva la radio così alta era per non doverli sopportare. "Signora Weasley ma lei è vedova?" "Signora Weasley doveva essere un’adolescente quando ha avuto questo bambino." "Signora Weasley dov’è il padre?"

La ragazza, osservando la gigantesca parete mezza dipinta, si era tirata indietro i capelli corvini con una mano e l’aveva mantenuta ferma sulla testa. Sconsolata si era rivolta a Damian che stava pasticciando col secchio di vernice seduto al pavimento. – Se la lascio così dici che qualcuno se né accorge? –

Il bimbo ridacchiando aveva decisamente annuito col capo. – Ginny? –

Portandosi le mani alla faccia per la disperazione e sospirando la donna si era girata verso il figlio inclinando leggermente il capo. Era demoralizzata. – Eh? – Damian aveva sorriso. – Dimmi amore… -

Aveva alzato le spallucce, come se fosse la cosa più semplice e normale del mondo. – Perché non lo chiediamo a Draco di aiutarci? –

La maga aveva sollevato le sopracciglia annuendo col capo in una strana smorfia, come se avesse dovuto raccogliere da terra un calzino sporco. – Eh…- Come, no! Già, proprio, perché non lo chiedeva a Malfoy…

Sette giorni prima.

13, maggio 2011 Londra ore 11. 45 AM

Ginny aveva aperto la porta di casa spingendola con la schiena, i pacchi con la spesa e le chiavi da una parte, e la manina di Damian stretta nella sua dall’altra.

15, Maggio 2011 Londra ore 03. 02 PM

- Che diavolo state facendo? –

La ragazza aveva sgranato incredula gli occhi. Gli uomini incaricati del trasloco avevano piantato alcuni dei vecchi mobili, ancora imballati, nel mezzo del soggiorno e, senza fare mezza piega, si erano avviati verso la porta. Un tizio grasso e ben piazzato, con una barbetta incolta e la maglia madida di sudore, si era scrollato nelle spalle ed era uscito sbattendo la porta. – Mi spiace ci hanno detto solo di effettuare la consegna e non di sistemarli. –

La maga aveva sospirato e si era portata una mano alla testa. Poteva andare peggio di così?

16, maggio Londra ore 09. 35 PM

Damian era addormentato della grossa in un sacco a pelo su un materasso disposto al pavimento. Ginny a terra su alcune pagine di giornale stava tentando di aprire un barattolo di vernice. Era inginocchiata davanti al contenitore metallico che non voleva saperne di stapparsi, i capelli neri le ricadevano davanti al viso fastidiosamente. La ragazza stava facendo leva con le unghie nello spazio fra il bordo di latta e il coperchio. Dopo ripetuti tentativi e un paio di unghie rotte, il dischetto metallico che aderiva alle pareti era saltato via e, a causa della pressione, il contenuto era schizzato in faccia alla maga.

17, maggio Londra ore 10. 32 AM

Ginny stava passando lo spazzolone sul pavimento, era incredibile come si sporcasse facilmente fra la polvere e i vari lavori. Gli operai e l’idraulico, dovevano farsi ancora vedere sebbene fossero giorni che li stesse aspettando. Din aveva strattonato la ragazza per i jeans con vocina incerta. - Ginny? -

- Amore… - Si era asciugata il sudore dalla fronte con una mano e aveva sorriso.

- Credo che ci sia qualcosa che non va in bagno… -

- In bagno? –

Aveva scosso rapidamente il capo per risposta. La giovane maga aveva sgranato gli occhi un istante un po’ sorpresa. Si era lasciata guidare dalla manina del bimbo verso la toilette, ed effettivamente aveva notato le piastrelle del corridoio leggermente bagnate, ma non aveva voluto credere al sospetto che si era insinuato nella sua testa.

Il bagno era allagato.

17, maggio Londra ore 02. 32 PM

- No Hermione, non preoccuparti va tutto alla perfezione… - La voce della ragazza suonava leggermente alterata, come se si trovasse in difficoltà. Ginny era sulla porta del bagno completamente invaso dall’acqua, teneva il portatile con una mano e con l’altra si massaggiava la tempia. Damian come un vero ometto lasciava che il secchiello accanto alla tubatura incriminata si riempisse, per poi svuotare il suo contenuto nella vasca da bagno.

18, maggio Londra ore 01. 23 AM

L’appartamento era nel caos più completo, somigliava tanto al magazzino di una vecchia "casa d’arte" in ristrutturazione. Le pareti dipinte a metà e di diverso colore, come a voler provare la miglior gradazione, scatoloni aperti e chiusi con scritte a pennarello blu per riconoscerne il contenuto, mobili vecchi e nuovi, ancora avvolti nella carta da imballo.

Dei fogli di giornali ricoprivano vaste zone del pavimento e vi erano Post-it colorati appesi un po’ ovunque; barattoli di vernice, rulli, pennelli da imbianchino. Alcuni fili elettrici scoperti penzolavano dal soffitto e delle tele di dipinti erano posate contro le pareti; una vecchia scatola di attrezzi, confezioni di lampadine delle più svariate dimensioni, cellofan a ricoprire la maggior parte delle cose. Tre delle porte da cambiare erano state separate dai cardini, ma nessuno si era preso la briga di sostituirle con quelle nuove che adesso giacevano abbandonate al pavimento, e delle lampade non ancora montate erano state adagiate in prossimità dei punti dove sarebbero dovute essere collocate in seguito.

Il muro che separava il soggiorno dalla piccola saletta da pranzo era stato abbattuto a metà per ingrandire la zona giorno, ma il lavoro era stato lasciato incompleto non contribuendo a migliorare l’aspetto generale dell’ambiente che, illuminato dalla debole luce di qualche candela, assumeva l’aspetto sinistro e grottesco di un museo delle cere. Ginny e Damian erano sdraiati su un materasso adagiato accanto alla grande finestra aperta che dava sul parco, ma sebbene lo spettacolo fosse splendido e il venticello primaverile fresco, non era nulla se comparato alla vista che si poteva avere dalla terrazza dei Malfoy. Là il verde del vasto giardino sembrava più vivo, il profumo dei fiori più intenso, l’arietta più fresca, e si soffriva meno la solitudine.

La giovane maga osservava il figlioletto addormentato al suo fianco. Il bimbo teneva stretto stretto il sacco a pelo, come se dovesse sfuggirgli da un secondo all’altro, e il suo sonno era leggermente agitato. Doveva aver capito che qualcosa non andava, ed era incredibile come di giorno si comportasse come se non si fosse accorto di nulla. Alla fine era sempre Din ad andarci in mezzo, qualunque decisone prendesse, qualunque scelta facesse, era lui a pagarne le conseguenze. E che colpa né aveva lui se i suoi genitori semplicemente non riuscivano ad incontrarsi su nulla? Lei non poteva rischiare, era già abbastanza difficile senza che tra loro ci fossero ulteriori implicazioni, complicazioni. Avrebbe dovuto bruciare quella lettera…se n’era andata perché non poteva più restare, e aveva bisogno di chiarirsi le idee su lei, su lui, su loro…quella situazione in cui si erano ritrovati in mezzo che non aveva neppure un nome. Cosa erano loro? Che significato aveva tutto quello che era accaduto, nessuno? Qualcuno? Erano amici? Conoscenti? Persone che per qualche notte avevano diviso lo stesso tetto e che avevano un figlio in comune? Che si erano ritrovati a quel modo per una serie di strane coincidenze, quali la malattia di Din, il suo stupro, il fatto che non potesse più tornare nel suo appartamento? Erano semplicemente due individui che si sentivano troppo soli e che in qualche modo avevano visto qualcosa dove non c’era niente? E se lui le avesse parlato sarebbe rimasta? Se lui le avesse detto esattamente la frase che avrebbe voluto sentirsi dire, avrebbe fatto qualche differenza? Ma poi alla fine quelle parole le avrebbe intese veramente, o le avrebbe utilizzate solamente perché sapeva che altrimenti se ne sarebbe andata? E non era questo che voleva, che se né andasse? Dopotutto non era come se le fosse corso dietro…e lei? Lei cosa voleva? Voleva lui? Voleva semplicemente qualcuno e le sarebbe andato bene chiunque? Una volta aveva letto un libro, erano varie le frasi che aveva sottolineato una diceva: "La vita umana si svolge una sola volta e quindi noi non potremo mai appurare quale nostra decisione sia stata buona e quale cattiva, perché in una data situazione possiamo decidere una volta soltanto. Non ci viene data una seconda, terza o quarta vita per poter confrontare diverse decisioni.**" Che cosa avrebbe dovuto fare? Stupido orgoglio…stupido buon senso…no…la stupida era lei. Lei che prendeva una decisione e poi non riusciva ad affrontare le cose.

Ginny si era alzata dal giaciglio in frustrazione e si era diretta in bagno chiudendosi a chiave. La ragazza si era seduta sulla tavoletta abbassata del water con le gambe sollevate da terra e, portandosi una mano sul viso, aveva iniziato a piangere. Perché era stata così stupida…aveva fatto tutto il contrario di quello che sentiva…

Oggi.

20, maggio Londra ore 02. 06 PM

Per la gioia dei vicini di casa, la radio era stata finalmente abbassata e la canzone che faceva da sottofondo al canto degli uccellini e alle macchine che passavano sulla strada di sotto non era più la stessa. L’interno 14 sembrava avere un aspetto migliore confrontato allo stato in cui si trovava solo un paio di giorni prima. Damian era seduto sul divano circondato da fogli da disegno e colori, voleva fare un ritratto alla nuova casa da spedire al suo papà. Purtroppo c’era una cosina che secondo lui era fuori posto e lo infastidiva parecchio, infatti non l’aveva inclusa nel soggetto. Lo zio Harry. Sua mamma non sembrava essersene accorta, ma lui l’aveva notato subito.

Ginny stava accompagnando il ragazzo alla porta. Non ce l’avrebbe mai fatta senza il suo aiuto, e Din quando aveva appreso che invece di Malfoy sarebbe arrivato lo zio Harry, era diventato improvvisamente per nulla collaborativo. Ad un certo punto lei ed Harry erano diventati matti per trovare una vite che casualmente sembrava essere finita nei colori del bimbo.

La ragazza aveva rivolto all’amico un sorriso di scuse, era così mortificata per il comportamento di Din. Non aveva mai fatto così prima d’allora. - Grazie Harry, davvero…non so come avrei fatto senza il tuo aiuto, qua era tutto una tale confusione… -

- Lo sai che puoi chiamarmi per qualsiasi cosa Gin… - Aveva risposto con un sorriso sincero, e la giovane aveva abbassato lo sguardo prendendo a giocherellare distrattamente con il pendaglio che aveva al collo. La metteva in difficoltà quando la guardava a quel modo, come se fra loro non fosse cambiato niente. – Harry… -

Crash.

I due maghi si erano voltati di scatto.

Damian aveva rivolto alla madre un finto sguardo spiacente, da "oh, tu guarda cosa ho fatto". - Oops. – Ai piedi del divano giacevano abbandonati i cocci arancioni di uno dei vasetti di vetro trasparente che, qualche secondo prima, era stato posato sul tavolino di fronte al bimbo. In tutto ce n’erano stati tre, due rossi e uno arancione.

- Din! – Aveva scoccato al piccolo un’occhiataccia, e in tutta risposta Damian aveva ritratto la testa nelle piccole spalle imitando il movimento di una tartaruga.

Ginny imbarazzata si era rivolta nuovamente al giovane scuotendo il capo. – Sono così spiacente, non so che gli sia preso in questi giorni… -

- Non preoccuparti, ok? Sono sicuro che non l’avrà fatto apposta… - Aveva sorriso rassicurante e la maga si era sentita una perfetta idiota. Dall’altro capo della stanza il piccolo Weasley stava guardando torvo il suo zio acquisito facendogli il verso a bassa voce.

- Sì ma non avrebbe dovuto lo stesso, in fondo ci hai aiutato così tanto… - Ginny si era passata i capelli dietro ad un orecchio.

- Tranquilla Gin. – Le aveva parlato come se fosse stata una che stava per avere una crisi di nervi. - Ok, sì… - Si era messa a ridere. – Sì. -

- Allora…vado… -

- Ok… - Rendendosi conto di una cosa l’aveva fermato. - Oh, aspetta! – Ginny si era rivolta a Damian come sempre, sorridendogli e parlando dolcemente. Non riusciva a stare arrabbiata con lui per più di mezzo secondo, e poi quei vasetti erano stati scelti da Hermione e a lei non erano mai piaciuti. – Din, perché non vieni a salutare come si deve lo zio? -

Il piccolo aveva risposto ingenuamente come se lo pensasse sul serio, e come se si stesse occupando di una cosa della massima importanza per la quale era indispensabile la sua presenza. – Ginny…è che sono molto occupato…devo finire il disegno per papà. -

La ragazza aveva sospirato. Non poteva resistergli quando faceva quella faccettina buffa da adulto, però presto avrebbero dovuto fare un discorsetto. – E va bene… - Aveva guardato nuovamente Harry scuotendo il capo e con un mezzo sorriso. - …scusalo, non lo fa per cattiveria…-

- Figurati…- Di nuovo quello sguardo.

Aveva aperto la porta senza incontrare gli occhi del ragazzo. - Grazie. –

Draco Malfoy era davanti all’ingresso con le mani in tasca e un’espressione sorpresa sul viso. Che diamine ci faceva lì Potter?

* Natasha Thomas - It's Over Now

** L’insostenibile leggerezza dell’essere - Milan Kundera

Strength of life - Dedicate to:

Luna Malfoy

phi phi

Serena

Pallina

LunaBlu

Kri

Kiara

Neris

sissichi,

tamy

Heavy

_Kristel_

Blackmoony

tsunami,

fatamorgana

Pecker

Serena

Cloe

Lax

Laura

Lady of Lorien

E alla mia invadente Amica. ^_- (lo sai che scherzo)

Sapete che non mi aspettavo tante richieste? E io le promesse magari ci metto del tempo ma le mantengo. Ok, adesso non esageriamo, diciamo che ci provo.

Strength of life. - La forza della vita. - There’s still hope. (C’è ancora speranza.)

See You…

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Capitolo 2
*** 2 ***


Draco Malfoy era davanti all’ingresso con le mani in tasca e un’espressione sorpresa sul viso. Che diamine ci faceva lì Potter?

Questo era definitivamente un insieme di circostanze che andavano evitate, era stato il primo pensiero di Ginny, o meglio, il primo pensiero era stato "Draco…". No…non era quello il momento giusto, di tutti quelli che avrebbe potuto scegliere…non doveva pensare che lei ed Harry…no, questo mai e poi mai…Ma che cosa ci faceva davanti alla sua porta?

La situazione per un istante era stata di stallo, nessuno sembrava essere intenzionato a dire o fare qualcosa.

L’espressione del mago era passata dalla sorpresa, all’incredulità, infine all’irritazione. Era stato un bel idiota a decidere di venire…

Ginny, dal suo canto, non aveva potuto fare a meno di notare lo sguardo che si erano scambiati i due giovani. Era rimasta immobile con la bocca semiaperta tentando di trovare una qualche giustificazione, ma si era limitata a scuotere il capo e a balbettare un – Io… -. No, non era vero. Non stava accadendo a lei, era troppo irreale, somigliava ad una scena da soap opera e lei non voleva recitare la parte di qualche stupida eroina che…

- Papà! Papà! – Din lasciando cadere a terra il disegno, era zampettato giù dal divano trotterellando incontro al padre. Alcune matite colorate erano rotolate al pavimento finendo sul tappeto di tela. Il visino del bimbo non appena aveva veduto Malfoy si era illuminato a festa. Ginny sarebbe voluta scomparire dall’imbarazzo, per il repentino cambio di comportamento del figlioletto. Damian, nel frattempo, si era appiccicato ai pantaloni del mago che, sorridendo, lo aveva preso fra le braccia. – Ehilà mostriciattolo, ti sono mancato? -

Draco si era rivolto alla ragazza con naturalezza, ignorando deliberatamente Harry. – Ho scelto il momento sbagliato? – Vi era stato un che di provocatorio celato nel suo tono di voce, e lei era stata zitta e aveva distolto lo sguardo.

Notando la tensione nell’aria, e avendo la forte impressione di essere di troppo in quella specie di mal assortito quadretto famigliare, Harry aveva preso congedo. – Sarà meglio che vada… -

La giovane aveva annuito col capo – Sì, sarà meglio… - abbozzando un mezzo sorriso. - …grazie ancora per… - I suoi occhi si erano spostati un istante su quelli profondi di Malfoy, nel tentativo di leggere quello che stavano cercando di trasmetterle. Era arrabbiato con lei. Volgendosi nuovamente verso il mago al suo fianco, aveva parato con voce esitante. - …per tutto quanto… -

Era rimasta immobile quando Harry si era inclinato posandole un bacio sulla guancia. – Ben tornata Gin. –

In realtà si sentiva più perduta che mai.

Il giovane scambiando un’occhiata eloquente con Malfoy aveva preso le scale. Sarebbe stata una splendida giornata.

Ginny era ancora ferma sulla porta, quando Draco senza troppi complimenti era entrato in casa rivolgendole uno sguardo che non avrebbe avuto bisogno d’ulteriori spiegazioni. Damian era troppo occupato a giocherellare con le mai del padre per accorgersi di qualche cosa, sembrava che la sola presenza del mago fosse bastata a tranquillizzato. Non aveva neppure più opposto resistenza allo zio.

- Grazioso. – Si stava riferendo all’appartamento. Aveva parlato a labbra serrate senza mutare espressione.

Draco Malfoy era il più grande tra gli idioti del mondo. A cosa stava pensando quando aveva deciso di seguirla come un cagnolino? Questo era perché i Malfoy non correvano dietro a nessuna…specie se la persona in questione era l’eterna innamorata di Potter, nonché la più giovane degli Weasley. Così dovevano andare le cose, ed era un’assurdità volerle forzare a tutti i costi. Ginny Weasley qualunque cosa fosse accaduta sarebbe restata legata al suo cavaliere dalla stupida cicatrice. Perfetto. Semplicemente grandioso, e ci era voluto quanto per capirlo? Ma la cosa più sorprendente è che avrebbe scommesso qualunque cosa sul fatto che lei non volesse affatto Potter.

Ginny aveva richiuso la porta alle proprie spalle e si era inclinata contro ad essa, aveva la netta impressione di starsi mettendo in trappola con le proprie mani, e la cosa più assurda era che sentiva di volerlo. – Non ti aspettavo… - Era ovvio. – Io… - Non sapeva cosa dire, da dove iniziare. – Harry… -

Aveva scrollato il capo. - …non c’è niente fra me ed Harry. – Perché gli stava dicendo queste cose? Era troppo presto, non aveva ancora avuto tempo di pensare a loro, a se ci fosse un loro…e già si stava giustificando per qualcosa che neppure aveva fatto. Merlino quanto doveva essere patetica…è che non aveva risposte da dargli.

Il mago aveva alzato le sopracciglia. – Buon per te allora. –

Cosa? Ok, adesso sì che si sentiva patetica. Era chiaro che lui non aveva neppure per la testa…

E adesso che le prendeva?

- Ah, ok…volevo solo… - Si era stretta nelle braccia compiendo mezzo giro. – Ahm…allora ti piace? – Wow, brillante modo di cambiare discorso Ginny… - …non è ancora del tutto sistemato però… - Aveva sorriso nervosamente. Ma perché diavolo non aveva una qualche reazione? Di cos’era fatto di gomma? Come faceva a starsene lì in piedi come se nulla fosse? Come se si sentisse perfettamente a proprio agio…quando lei…

Era esplosa. – Dio Malfoy! Non ti aspettavo, ok? Che-che pretendi, che ti sorrida allegra? Che sia stata a letto per tutto il tempo aspettando un Gufo o una telefonata? Io…- Sembrava in preda ad una crisi isterica. Draco inizialmente aveva assistito incredulo allo scatto della ragazza, prima gli scriveva una lettera assurda e poi…,Din fra le sue braccia sorrideva allegro per quanto era buffa sua madre,…e poi, e poi non aveva più potuto trattenere le risate. Al diavolo l’orgoglio dei Malfoy, Ginny Weasley sapeva esattamente quello che voleva, soltanto era troppo imbranata per manifestarlo propriamente, non era poi tanto diversa dai tempi di Hogwarts…

L’aveva zittita premendole una mano sulla bocca. – Ok, Weasley credo di aver afferrato il concetto… - Aveva osservato il piccolo Weasley con sguardo complice, al bimbo era scappato un gridolino felice. Non stava capendo niente, ma il sorriso del suo papà gli diceva che le cose stavano andando bene, e poi lo zio Harry se n’era andato…e la sua mamma non sembrava più triste, allora le cose non potevano andare male, potevano?

Draco Malfoy stava sorridendo di lei?

Draco Malfoy stava sorridendo di lei, e lei invece di prenderlo a schiaffi lo lasciava fare…be, ma dove sarebbe andato a finire il mondo…

Il giovane mago aveva ammiccato. – Anche tu mi sei mancata Weasley. – Lei aveva allargato gli occhi, indispettita, e gli aveva schiaffeggiato la mano. – Ma piantala… - Che non era arrabbiata si vedeva lontano mezzo miglio. – Non ti aspettavo sul serio. – Aveva parlato in un disperato tentativo di riguadagnare il suo contegno, in fondo quella piccola scenetta non significava proprio nulla.

Si era stretto nelle spalle. - Ma non ti dispiace che io sia qui. - L’aveva detto con naturalezza e scioltezza come se fosse la cosa più chiara del mondo.

Gli occhi di Ginny si erano ristretti a due fessure. Brutto arrogante, borioso, viscido pallone gonfiato… come si permetteva di flirtare con lei a quel modo, davanti al bambino poi…e tutto quel discorso che gli aveva fatto allora? Per lui non era cambiato assolutamente niente.

- …non sforzarti troppo di pensare ad una risposta Weasley o ti andrà a fuco il cervello…allora scricciolo? Ti piace la nuova casa? -

- Draco? – Damian era diventato all’improvviso serio e crucciato, la piccola fronte gli si era tutta corrugata. C’era una cosa che non capiva.

- Mh? -

- Tu non vieni ad abitare qui? – L’ingenuità con cui aveva rivolto la domanda era stata disarmante.

- Io? – Aveva alzato le sopracciglia. Bella domanda. Il viso del mago aveva assunto la stessa espressione del figlioletto, come se comprendesse appieno ciò che il bimbo avesse inteso. – Più che giusto. – Per Ginny sarebbe potuto essere quasi comico. Quasi.

Damian aveva annuito col capo in risposta al padre, per esprimere la gravosità e l’importanza della cosa.

- Weasley…rispondi alla domanda… -

Sfortunatamente le paroline "giuste" che aveva in mente non sarebbero state indicate per le fragili orecchie del figlioletto, ma se avesse potuto probabilmente avrebbe sul serio soffiato via la testa al ragazzo. Si era dovuta sforzare per non essere perfida come avrebbe voluto.

La giovane maga aveva preso un bel respiro che gli era servito a far scemare la collera e aveva sorriso al piccolo, alzando leggermente lo sguardo verso Draco e notando che stava sorridendo a sua volta, il nervosismo se n’era andato. Ok, Ginny Weasley era completamente precipitata per un Malfoy.

Aveva sorriso ad entrambi e aveva prelevato Din dalle braccia del ragazzo. – La mamma ti vuole bene lo sai? –

Din aveva abbracciato stretto sua madre. Ginny aveva postato il mento sulla piccola testa del bimbo trovandosi faccia a faccia con Malfoy. – Il papà non viene ad abitare qui perché… -

Draco era intervenuto accarezzando i capelli del piccino. I suoi occhi non avevano mai lasciato quelli della ragazza. - …perché ci sono tante cose che deve sistemare. –

- E quando le avrà sistemate? – Aveva domandato con la sua vocina.

Era stata Ginny a rispondere – Forse. – affrettandosi a dirigersi verso la stanza del bimbo. – Perché non mostri la casa a papà adesso? –

20, maggio Londra ore 05. 34 PM

Malfoy era seduto su un lato del divano con le gambe accavallate e un braccio lungo lo schienale, stava osservando Ginny che era concentrata sull’opera d’arte che il figlioletto in mezzo a loro stava ultimando.

Era maledettamente bella quando sorrideva incurante di quanto aveva attorno. I capelli neri e lisci in fin dei conti non le stavano affatto male, e neppure quel filo di trucco sugli occhi e sulle labbra che le regalava un certo "non so che", ma chi voleva prendere in giro gli sarebbe andata bene anche calva e vestita di stracci…dannato Mails e il suo tempismo perfetto, aveva fatto bene a licenziarlo…era così vicina che avrebbe potuto…ma il piccolo Din, era appunto troppo piccolo per essere partecipe delle perversioni di suo padre…

La ragazza non era sembrata accorgersi dello sguardo puntato su di lei, aveva continuato imperterrita a ridere e scherzare con Damian.

20, maggio Londra ore 06. 37 PM

Ginny aveva alzato un istante lo sguardo, rendendosi conto solo in quel momento che era passato molto tempo dall’ultima volta che Malfoy aveva partecipato alla conversazione. Non si era aspettata di trovarsi occhi negli occhi col giovane e soprattutto di leggerci quello che aveva creduto di vedere. Era tornata a rivolgersi immediatamente a Din diventando bordeaux. Non sarà stato ad osservarla in quel modo per tutto il tempo…come aveva fatto a non accorgersene? Avrebbe dovuto sentirsi offesa, avrebbe dovuto…E poi il suo braccio era sullo schienale proprio dietro alle sue spalle, quando c’era finito?

Draco aveva sorriso, imbarazzare Ginny Weasley era un’esperienza della quale non avrebbe mai potuto fare a meno. – Ormai avrete terminato di sistemarvi… - Aveva tentato di essere casuale, tanto per parlare di qualcosa.

- Cosa? – La ragazza non era sembrata cogliere il senso della frase e l’aveva guardato confusa.

Il mago aveva roteato gli occhi. – L’appartamento Weasley, che altro… -

- Oh, no…no davvero… - Aveva scosso il capo e l’aveva osservato indignata, come se si fosse completamente bevuto il cervello.

– Vero, amore? -

- Sì. – Aveva risposto senza neppure sapere a cosa, troppo impegnato nel suo capolavoro. Ginny aveva sorriso al piccolo tornando a rivolgersi al suo interlocutore. – Come il nostro qui presente artista ha fatto eloquentemente notare…devo ancora finire di dipingere gli unicorni per Din, e pitturare la stanza della bambina…-

Si era schiaffeggiata mentalmente. Ginny sei un’idiota…ti sembrano gaffe da fare…

Bambina? Malfoy l’aveva fissata incredulo e un po’ scioccato sollevando un sopracciglio. – Bambina? –

La ragazza aveva agitato rapidamente le mani, nervosa, che grandissima idiota, ma a che cavolo stava pensando… - Bambino. – Ginny! Ti sembrano cose da dire? Tu neanche li puoi fare i bambini, così sembra proprio che…

Il mago aveva fatto un sorriso storto stava per scoppiarle a ridere in faccia. Allora era questo cui la nostra cara e innocente Virginia Weasley stava pensando, fare bambini…

Si era affrettata a correggersi in evidente nervosismo. - Volevo dire ospiti, camera degli ospiti. -

- Certo Weasley… - Aveva annuito, mal celando una risata.

- Certo. – Aveva ribattuto seccata, più per la figura appena fatta che perché lo fosse realmente.

Din si era scrollato nelle spalle. Mah, i suoi genitori erano proprio strani. Chissà se tutti, una volta diventati adulti, facevano quella fine…non era più mica tanto sicuro di voler diventare grande.

20, maggio Londra ore 10. 00 PM

Alla fine fuori si era fatto buio e Malfoy era rimasto a cena…e fino all’ora di mettere a nanna Din.

Ginny aveva chiuso dietro a sé la porta della cameretta del bimbo, alla fine si era addormentato. Era stata una faticaccia perché era così agitato per la presenza di suo padre…la maga aveva la sensazione che il figlioletto non volesse dormire perché sapeva, che quando avrebbe aperto gli occhi, Draco non ci sarebbe stato. Mellis finalmente sembrava essere tornato in casa dalla sua escursione giornaliera e, balzando giù dalla finestra, si era messo a fare le fusa contro le gambe della padrona.

A quanto pareva erano rimasti soli.

- Credo sia ora che vada… - Si era fatto veramente tardi, e in realtà non aveva programmato di trattenersi così a lungo, c’erano delle faccende che doveva sbrigare.

Di già? L’espressione smarrita della giovane aveva tradito i suoi pensieri. Accorgendosene si era passata una ciocca di capelli corvini dietro un orecchio abbassando lo sguardo. Sì, forse era meglio così. – Oh, ok…-

Malfoy aveva sorriso. Quindi non voleva se n’andasse…sarebbe rimasto volentieri, ma purtroppo c’erano delle cose più importanti che al momento doveva fare. Stava perdendo un’occasione…e sapeva se ne sarebbe pentito una volta tornato a casa nel suo bel letto vuoto.

La ragazza aveva accompagnato il mago alla porta fermandosi un istante sulla soglia a braccia conserte. – Allora…- Era arrivato il momento dei saluti. - …buonanotte. –

- Buonanotte. -

Nessuno si era mosso di un millimetro.

- Credo… - Aveva esitato. - … a questo punto dovresti andare. -

- E tu a questo punto dovresti chiudere la porta. – Aveva detto con semplicità senza però accennare ad andarsene.

- Vero. -

Ginny si era gratta un istante dietro al collo e aveva parlato nervosamente. – Allora… -

- Allora… - Aveva sorriso divertito.

La giovane aveva perso un passo e si era sollevata leggermente sulle punte per un rapido bacio della buonanotte, ma una volta che era stata faccia a faccia col mago non aveva saputo esattamente che fare, e dove…

Malfoy sorridendo aveva allungato un braccio e l’aveva tratta a se per la vita, premendole le labbra sulle sue, ma nessuno dei due aveva fatto in tempo ad approfondire il bacio perché una piccola manina aveva strattonato il giovane per i pantaloni. – Draco? –

Damian più sveglio che mai se ne stava fermo nel suo pigiamino a piedi nudi osservando i genitori con grandi occhi interrogativi.

Ginny aveva sorriso contro le labbra di Malfoy e aveva nascosto la testa nella spalla del ragazzo. Non era possibile.

Era stato un pomeriggio…interessante, Ginny l’avrebbe chiamato diversamente ma ciò non toglieva il fatto che si erano sentiti piuttosto comodi. Era stato strano, però piuttosto piacevole. Era da tanto che non si sentiva più così bene e tranquilla, ok più che tranquilla in pace. L’ultima cosa che riusciva ad essere avendo a fianco Draco Malfoy era tranquilla. Se si sforzava di cancellare un paio di dettagli avrebbe potuto dire di essere quasi felice, tuttavia, il problema restava. Non avevano ancora chiarito un piccolo dettaglio, che però per lei faceva una grande differenza. A quello continuavano a girare intorno, e per Draco non sembrava avere la stessa importanza che aveva per lei. Parole…erano solo una manciata di parole…ma cambiava tutto.

Perché non avrebbe potuto essere semplicemente sempre così fra loro? Entrambe sapevano che era questo ciò che volevano, per quale ragione non si poteva vivere le cose così come venivano. Dov’era il problema? Al diavolo l’orgoglio, il suo, quello di lei. Al diavolo tutto. Al diavolo le parole che incasinavano ogni cosa. Al diavolo gli altri. Si erano sempre capiti meglio quando non parlavano, quando si lasciavano andare alle emozioni senza ragionare, riflettere. Cosa poteva esserci di sbagliato in una cosa che faceva sentire così bene? Perché lei non poteva semplicemente arrendersi all’evidenza. Insieme funzionavano alla grande, meglio che da soli, che altro c’era da sapere? C’era sempre stato un qualcosa che li aveva attratti a vicenda, forse perché erano diversi, o maledettamente simili, o semplicemente così uguali nelle differenze. Il fatto era che lei era sua, lo era sempre stata, lo era in un milione di modi, e lo avevano chiarito proprio quel giorno alla Tana, quando lei era rimata ferma e non si era allontanata da lui, sarebbe bastata una semplice parola e lui avrebbe lasciato la stanza…ma lei era rimasta in silenzio, e lui invece aveva parlato. "Potter non ti merita." Quella frase detta per caso era bastata a tenerlo sveglio notti intere…ma lo stesso incontro ad Hogwarts, sebbene non fosse stato allora il tempo giusto, quando si era parata davanti a Harry per difenderlo, avrebbe dovuto far suonare ad entrambe i campanellini d’allarme…aveva cresciuto suo figlio, e aveva lottato per non perderlo. Si era messo a cercarlo quando tutti lo credevano morto…che altro c’era da aggiungere? Per questo non poteva permetterle di andare, e lei lo sapeva.

21, maggio Londra ore 03. 00 PM

Alla fine l’avevano convinta a partecipare ad una di quelle stupidissime riunioni del club delle mogli Weasley, lei che non era neppure sposata…e per tutto il tempo non aveva fatto altro che chiedersi cosa stava facendo lei lì…aveva un figlio dolcissimo che la stava aspettando a casa…ed era stata costretta a lasciarlo solo con lo zio George, Merlino solo poteva sapere che cosa quel degenerato di suo fratello avrebbe combinato durante la sua assenza…perché, perché non era nata uomo?

La ragazza era seduta al tavolo fra Alicia e Angelina e si teneva la fronte con una mano con fare afflitto, i capelli scuri le coprivano il viso. Quel giorno erano leggermente vaporosi perché non aveva chiuso occhio per tutta la notte continuando a rigirarsi nel letto, inoltre, le cognate non si erano trattenute dal farle notare che aveva cambiato stile d’abbigliamento. Indossava una maglietta color crema, trasparente, ricamata come lo erano le camicie di una volta. Le maniche erano a tre quarti, e l’ombelico era lasciato scoperto; abbinata alla maglia una minigonna di jeans leggermente sfilacciata.

- Allora Gin, come procedono le cose nel nuovo appartamento? – La voce di Misya, la moglie di Charlie, l’aveva risvegliata dai suoi pensieri. Ginny aveva alzato la testa sfoggiando il suo miglio sorriso di circostanza. – Bene, grazie. -

- No, no, Gin tu non ce la racconti giusta, qui gatta ci cova… - Angelina era intervenuta.

Ecco lo sapeva che sarebbe andata a finire così, andava sempre a finire così. Ma l’espressione vita privata non la conosceva più nessuno? – Ma…ma no… - Aveva risposto a disagio. Merlino fa che non iniziassero con le domande…- …non c’è davvero nient’altro… -

- Forse…ma ci siamo accorte tutte che quando non tenti di cavarti i bulbi oculari dagli occhi per via della nostra invadente compagnia, sorridi come un’ebete quando vedi passare delle coppiette… -

Ma di che stava parlando? - Che cosa? Ma non è affatto vero… -

Fleur e Alicia sapendo in parte cosa c’era dietro, e avendo intuito qualcosa, erano rimaste in silenzio per non creare ulteriore disagio alla giovane.

Hermione aveva osservato l’amica tentando di interpretarne il comportamento. - Ginny, in effetti, l’ho notato anch’io…è da quella sera alla raccolta fondi che sei strana… -

- Io lo so che succede…l’altro giorno ho incontrato Harry… - Il tempismo della moglie di Fred era a dir poco perfetto.

- Quindi è questo Gin? Hai ripreso a vederti con Harry…? – Hermione era rimasta un poco sorpresa.

- No, sentite non so che vada in giro dicendo Harry, o la gente, o chi per lui…ma io e Harry siamo solo amici, nient’altro…e vi pregerei di smettere ogni tre per due di nominarlo perché, il fatto che noi due si possa tornare insieme, non accadrà mai… -

Era stata decisa, e fra le ragazze era calato un silenzio imbarazzante.

Tra lei ed Harry era finita, ora più che mai.

21, maggio Palazzo Malfoy ore 04. 44 PM

Che stava facendo lì? Che cosa le era saltato in mente di afferrare la borsetta e lasciare il locale su due piedi…eppure lo aveva fatto. Ginny si stava guardando attorno nel grande ingresso stringendo la tracolla fra le mani.

Garrison era uscito dalla porta che dava all’ala della servitù scuotendo la giovane dai propri pensieri. – Il Signore è in giardino, vuole che la faccia annunciare. –

Annunciare? No, no, era già abbastanza a disagio così, avrebbe se non altro approfittato dell’effetto sorpresa, sempre che le sue gambe avessero retto fino allora. – N-no, non si disturbi io… -

- Nessun disturbo, l’annuncio immediatamente. -

Si era morsa il labbro inferiore. – No! –

Il maggiordomo era rimasto atterrito dallo scatto della giovane, e l’aveva osservata come se non fosse molto normale.

Fantastico, già prima la credeva pazza… - No, Garrison…preferisco fare da sola… -

Era sensibilmente perplesso. - Come la Signora desidera. –

- …e…io… - Aveva abbassato lo sguardo. - …lei dovrà avere una pessima opinione di me… -

- Con tutto il dovuto rispetto…è mia abitudine astenermi dall’esprimere le mie opinioni al riguardo, ma no, non ho una pessima opinione di lei…solo lievemente instabile. -

L’uomo aveva preso congedo.

- Lievemente instabile… - Era un modo carino per dirle che la riteneva matta da legare?

21, maggio Palazzo Malfoy ore 04. 54 PM

Si era schiarita la voce. - Draco? -

Il giovane era voltato di spalle. Stava osservando i cani di sua madre scorrazzare per il giardino notevolmente annoiato e di pessimo umore. La ricerca non stava procedendo come sperato.

Malfoy, al suono di quella voce famigliare, si era girato ad affrontare la sua ospite. Era piacevolmente sorpreso dal fatto che lei fosse tornata lì volontariamente, onestamente era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato; era più propenso all’ipotesi che lei gli avrebbe chiuso la porta in faccia la prossima volta che si fosse recato a casa sua, tuttavia, non voleva illudersi, c’era ancora la seconda opzione, ovvero che lei facesse finta di nuovo che tra loro non fosse accaduto nulla.

Ginny aveva avanzato qualche passo verso il mago, la borsetta era ancora stretta tra le mani come se servisse a darle sicurezza. Si era fermata poco distante dal giovane. Era in evidente difficoltà, una cosa piuttosto nuova a dire il vero…stava mostrando spontaneamente il proprio disagio senza accampare scuse o aggredirlo.

Valeva la pena di fare un tentativo. Malfoy aveva sollevato le sopracciglia parlando provocatoriamente. – Draco eh? –

Aveva sorriso imbarazzata senza sostenere completamente lo sguardo. Non ci aveva nemmeno pensato a quello… - Malfoy. –

- E perché? Draco va più che bene… - Era una cosa che lo stuzzicava da morire giocare sulla facilità con la quale lei s’imbarazzava, per questo aveva cercato di pronunciare il suo nome nel modo più sensuale possibile. - …Virginia. -

Era proprio necessario? Insomma…era sufficientemente nervosa anche senza le sue…Ma non era già abbastanza che si fosse presentata lì di propria iniziativa? Doveva anche farla sentire una stupida sciocca. - …io…Ginny, ok? Ginny è più…più… - E che s’inventava adesso?

- …lo sai meglio di me che Virginia o Ginny non fa nessuna differenza Weasley, posso metterti perfettamente in crisi con entrambe… - Aveva parlato divertito. – Andiamo, siamo adulti, perché sei qui? Per Damian? -

Non voleva proprio semplificarle le cose. – Din, lui…ci sono solo io… -

Questa poi proprio non se l’aspettava, che altro ancora sarebbe successo? Potter e Lenticchia che dichiarano finalmente il loro amore al mondo? - Tu? – L’aveva osservata stupefatto. – E che ci fai tu qui? –

- Ecco, sai, lo so che… - Era sbottata. - Cena!…Mi chiedevo se saresti, sì insomma, se ti andava di venire a cena da me… - Si era immediatamente corretta. - …da noi! Volevo dire da noi… -

Sì certo che gli andava…solo…sarebbe stata una buona idea? - Sei sicura? -

- No... – Le era uscito involontariamente.

Chiaro. - Be, perfetto. – Aveva sporto il labbro annuendo col capo.

Era partita in quarta. - Sì, insomma, so che avevo detto che avevo bisogno di un paio di settimane, e poi ci sono un sacco di cose che, ma in fondo è solo una cena non vedo perché… -

- Weasley, ok, ho capito, frena…quando? -

- Ehm domani? -

- No. -

- Oh, oooh…be, be… - Ora sì che si sentiva un’idiota. – Ok, ok…io…allora… - Aveva agitato distrattamente le mani per indicare che se ne sarebbe andata.

Aveva roteato gli occhi. - No, intendevo, domani non posso. -

Ginny aveva spalancato gli occhi. - Oh, certo, sì, chiaro, domani, certo…ehm giovedì? Venerdi? –

- Weasley… -

- Sabato? -

- Weasley… -

- Domenica? -

- Ginny! Cazzo! -

Si era zittita.

Finalmente…- Giovedì è ok. –

Aveva lasciato andare il respiro rilassandosi. - Bene… - Non era stato poi così complicato.

Era così buffa…le era scoppiato a ridere in faccia. Ginny c’era rimasta piuttosto male e aveva guardato il giovane, accigliata.

- Sei incredibile…non ho parole Weasley… - Le aveva sollevato una ciocca di capelli lasciandogliela poi ricadere.

- Perché mi sembra di essere tornata un’undicenne ad Hogwarts… - Aveva sospirato.

- Be, credimi…non hai l’aspetto di un’undicenne…se fossi stata così ad undici anni… - Era come se si fosse accorto solo in quel momento di quello che stava indossando. Abiti di Pancy…non li aveva trovati così interessanti però sulla precedente proprietaria…

Doveva prenderlo come un complimento?

Draco era diventato serio e aveva preso a giocherellare coi suoi capelli, indugiando accuratamente sul collo e sul mento.

Harry non l’aveva mai guardata così…mai. Perché Draco Malfoy aveva tutto quel potere su di lei, da farle semplicemente perdere la volontà per opporsi al suo tocco o protestare?

Il mago le aveva sollevato il mento con una mano, facendo scorrere lentamente il pollice sulle sue labbra.

- Virginia, che piacevole sorpresa. -

La ragazza si era scostata bruscamente, mentre, Malfoy aveva maledetto l’arrivo di sua madre. Lo facevano tutti quanti apposta?

Narcissa Malfoy non era né colpita né sorpresa, non vi era ombra d’imbarazzo o d’indignazione nella donna, era come se la scena davanti ai suoi occhi non l’avesse turbata minimamente. – Non ti aspettavamo così presto. – La Signora Malfoy aveva incrociato le braccia in un dignitoso contegno. – Draco, ti pare bello non avvertirmi…che mio nipote e sua madre sono venuti a farci visita… -

Malfoy avrebbe messo la mano sul fuoco che sua madre sapesse perfettamente che Virginia era venuta da sola.

Ginny si era portata una ciocca di capelli dietro ad un orecchio. Non era nervosa, solo…- …ad essere sinceri, Damian è da suo zio…io sono venuta qui solo per… -

La donna l’aveva osservata nell’attesa che terminasse la frase.

Si era portata le mani alla vita appendendo i pollici alla cintura della gonna. - …parlare…anzi, è il caso che io vada perché… - Aveva annuito col capo. – Signora Malfoy, Malfoy… - Senza attendere oltre, e alzando appena lo sguardo su Draco, aveva fatto per andarsene.

Malfoy, senza pensarci due volte, aveva afferrato la ragazza per un braccio e l’aveva tirata in un bacio da mozzare il fiato proprio sotto gli occhi di sua madre. Era stato lui ad interrompersi per primo rimanendo con la fronte contro a quella della maga, Ginny non si era neppure resa esattamente conto di cosa fosse accaduto. – A giovedì. –

- A giovedì. – Aveva risposto per riflesso, ancora sotto sopra. Confusa e stordita, giocherellando con la tracolla della borsetta, la giovane Weasley si era allontanata voltandosi di tanto in tanto ad osservare Draco. Una volta fuori dell’ingresso non aveva potuto fare a meno di scoppiare a ridere scuotendo la testa.

Narcissa Malfoy aveva fissato il figlio e aveva parlato a labbra serrate. Vi era un che di sottilmente pungente nel suo tono di voce. - Non gliel’hai ancora detto, vero? No…- La donna non si era preoccupata di celare quanto fosse schifata dal comportamento del giovane. - …e non hai intenzione di farlo…tipico…esattamente come tuo padre… -

- … -

- La perderai. -

Malfoy si era incamminato verso l’ingresso con le mani in tasca.

La Signora Malfoy aveva alzato la voce. - Tu credi che questo potrà bastarle ma ti stai solo illudendo…spero che per quel giorno avrai pronta una risposta…oppure troverà qualcun altro che le dirà esattamente ciò che vuole sentirsi dire al momento giusto! -

Il mago si era limitato ad alzare una mano e a salutare la donna dandole le spalle.

Narcissa aveva scosso il capo.

21, maggio Londra ore 06. 04 PM

La maga dai capelli corvini stava passeggiando per le strade di Londra osservando le vetrine col sorriso sulle labbra, era d’ottimo umore, prima di lasciare la casa di Malfoy aveva anche baciato sulla guancia Garrison. Finalmente le cose sembravano andare per il verso giusto, si sentiva più leggera e rilassata. Ok, forse non avevano ancora parlato, ma che bisogno c’era di affrettare tutto? In fondo non era come se stesse facendo qualcosa di male…era come il giorno del suo diciassettesimo compleanno, prima dell’incidente e che tutto quanto iniziasse a prendere una piega inaspettata, si sentiva felice. Era autosufficiente, aveva il lavoro dei suoi sogni, uno splendido bambino e…be, era ancora presto, comunque si tratta pur sempre di qualcosa…magari avrebbe perfino riaggiustato i rapporti con la sua famiglia e con Luna.

Ginny era stata interrotta dai propri pensieri dal braccialetto che aveva al polso, era diventato caldo, significava che al S. Mungo c’era bisogno di lei.

21, maggio Londra ore 06. 07 PM

Una volta materializzata al S. Mungo, Ginny era corsa alla reception mostrando il tesserino alla donna bionda dietro al bancone dell’accettazione. – Medimago Virginia Weasley, mi hanno chiamato per un’emergenza. -

- Sì, ecco lì nell’angolo. -

- Come? – La ragazza leggermente confusa si era voltata a guardare dietro le proprie spalle.

Luna Lovegood era in piedi di fronte a lei con le braccia incrociate. La stava osservando con le sopracciglia sollevate, quel giorno il suo aspetto era meno assurdo del solito. Indossava un abito dai colori sgargianti, rosa, verde pistacchio e arancio, sembrava composto di tanti grossi quadrati posti alla rinfusa. Portava dei pantaloni fino al ginocchio, che richiamavano il verde del vestito, dei sandali bassi di pelle e l’immancabile borsa tracolla arancione chiaro.

- Luna? -

– No la fata Morgana…Ce ne hai messo di tempo. –

21, maggio Londra ore 06. 15 PM

Ginny si era sbrigata a condurre la ragazza in una delle sale visita e aveva richiuso la porta dietro le proprie spalle. Luna nel mezzo della stanza la stava guardando sempre tenendo le braccia incrociate. La maga dai capelli corvini aveva sospirato, l’intera situazione non prometteva nulla di buono.

- Carino il nuovo look alla Pancy-puzza sotto il naso-Parkinson…ad ogni modo ho bisogno di un parere medico. -

- Sarebbe questa l’emergenza Luna? -

- Davvero perspicace Ginny. – La ragazza aveva frugato nella borsa e aveva estratto una cartelletta consegnandola all’amica.

- Tu lo sai che io ce la dovrei avere a morte con te per quell’articolo? -

- E tu lo sai che io ce la dovrei avere a morte con te per Harry? Bene, siamo pari. Ora… -

- Cos’è ti serve una consulenza per un nuovo pezzo? – Aveva aperto leggermente il fascicolo.

- No, un parere ginecologico. È mia quella cartella. -

Ginny l’aveva richiusa di scatto. – Luna! – Merlino santo, non l’avrebbe visitata neanche morta. Primo quello non era il suo campo, secondo lì c’erano anche le analisi di Harry, e terzo lei si era sempre rifiutata di fare esami approfonditi su amici o parenti, era imbarazzante.

- Ma di solito ti fumi qualcosa prima di prendere servizio? -

- Senti, ho una collega bravissima, anzi due… -

- Per tutti i Gargoil Ginny, non ti ho mica chiesto di controllare che la sotto fosse tutto a posto, sono solo esami…non ti chiederò di visitarmi… -

Sbuffando la giovane si era portata i capelli dietro un orecchio. – Ok. – Si era passata una mano sul collo. – Queste sono analisi Babbane… -

- È un problema genio? -

- No, figurati… scusa…ma che vuoi che ti dica esattamente? -

- Sono i test di fertilità miei e di Harry…quante probabilità ci sono che io possa avere un bambino? -

- Con Harry? Non molte…in pratica stando ai dati qua sopra… -

- In inglese per favore… -

- Be, entrambe avete dei problemi a concepire…non c’è una vera e propria impossibilità pratica, per così dire…ma se si sommano le scarse possibilità che tu abbia figli alle scarse possibilità di Harry… -

- No, non Harry Ginny…io… -

- Da sola…Luna… -

- Se io volessi avere un figlio…se al posto di Harry ci fosse qualcun altro… -

- Forse qualcuna…un venti, venticinque per cento… -

- e… lui da solo… -

- Altrettanto. -

Vi era stato un silenzio imbarazzante. – Pensavo che non vi interessasse… -

- Vuoi dire a lui…io voglio avere un bambino prima o poi. -

La maga aveva azzardato. - Vi siete lasciati? -

- Non proprio. -

- Capisco… -

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Capitolo 3
*** 3 ***


23, maggio Palazzo Malfoy ore 07. 01 AM

Damian si era addormentato quasi subito la sera precedente, Ginny era stata costretta a portarlo a casa di Malfoy perché il piccolo Weasley sembrava essersi improvvisamente trasformato in una fonte di guai da non potergli togliere gli occhi di dosso, o perché si sbrodolava, o perché andava a sbattere ovunque, o perché chiedeva di essere aiutato anche in quelle cose che solitamente era perfettamente in grado di fare da solo. La ragione? Harry. Il ragazzo era passato all’appartamento della giovane e lei lo aveva invitato a fermarsi per cena, le era sembrata una cosa carina e voleva parlargli di Luna e della vista che le aveva fatto, ma dal momento stesso in cui il bimbo aveva appreso che lo zio sarebbe rimasto loro ospite aveva escogitato ogni mezzo possibile per monopolizzare l’attenzione della madre. Esasperata e imbarazzata, Ginny aveva giocato l’ultima carta che le era rimasta.

Dodici ore prima.

Damian aveva fatto irruzione nello studio del padre e gli era saltato sulle ginocchia ridendo felice. Il mago seduto alla scrivania aveva avuto a malapena il tempo di alzare lo sguardo in direzione della porta, che un piccolo tornado gli si era precipitato incontro. – Scricciolo? Cosa ci fai qui? – Era rimasto piuttosto sorpreso.

Ginny era comparsa sulla soglia un istante dopo, alzando le sopracciglia e mordendosi contemporaneamente le labbra. – Toc. Toc. È permesso? – Quella sera indossava una maglietta verde chiaro, aderente e dall’ampio scollo, e una gonna stretta, nera, che le arrivava al ginocchio.

- Bene, bene, bene, le sorprese non arrivano mai da sole… - C’era stato un non so che di provocatorio nella voce che aveva portato la maga ad una risata nervosa e a denti stretti. Si era stretta nelle braccia guardandosi attorno con aria casuale, si era già scordata il perché di quella visita. – Ha-ai cambiato qualcosa qua dentro? Sembra più grande… -

- Sì, e scommetto che fa anche più caldo… - Vi era stato un misto di divertimento e malizia nella voce.

Il visino di Din era un punto interrogativo abbastanza grande. Ginny aveva accennato un altro sorriso nervoso, imponendosi di rivolgere lo sguardo altrove, e massaggiandosi la base del collo. Perché si trovava lì…?

La maga, in agitazione, aveva preso a giocherellare con una ciocca di capelli. – Dovrei chiederti un favore… -

- Aha. – Non le aveva levato gli occhi di dosso un solo istante. – Be non lo so Weasley…si può vedere quello che possiamo fare… -

- Possiamo? – Lo aveva guardato confusa poi, intuendo il doppio senso, aveva tentato di tornare seria, mal celando una certa agitazione. - Oh, no, no,…puoi…davvero, è piuttosto urgente… -

Malfoy aveva accarezzato la testolina del figlioletto e l’aveva posato a terra. – Din, perché non vai a cercare la nonna e le fai un ritratto? Narcisista com’è non dovrebbe avere da ridire…io e la mamma finiamo di parlare un momento. –

- Sì, è meglio… - Aveva annuito comprensivo. - …non li capisco tanto i vostri discorsi. -

I due maghi avevano sorriso, e il piccoletto si era incamminato verso la porta. – Ciao, Ginny. – La ragazza aveva alzato una mano e l’aveva agitata leggermente in segno di saluto, tornando a rivolgersi verso Malfoy scuotendo il capo. Il giovane si era alzato dalla scrivania e si era avvicinato. – Allora? – Aveva parlato in tono pratico.

- Cosa? - Ginny con la mente ancora rivolta a Damian e a tutta quella situazione, si era scordata lo scopo principale della visita.

- Hai detto che dovevi chiedermi un favore? – Aveva risposto scuotendosi nelle spalle.

- Giusto…vedi… - Si era interrotta non capendo una cosa. – Perché hai fatto andare via Din? -

Draco Malfoy aveva sorriso alzando un sopracciglio.

No, no, un momento, lei stava tentando di fare un discorso serio e quello sguardo non prometteva nulla di buono. La ragazza, rispondendo con un sorriso tirato, si era messa a cercare con la mano la maniglia alle proprie spalle. – No, sul serio, ti devo parlare… -

Senza sapere come si era ritrovata con la schiena premuta contro la porta e le mani del mago ai lati della propria testa.

- Parliamo… -

Draco si era inclinato e aveva iniziato a posare dei piccoli baci sul collo e il mento della ragazza. Ginny stava tentando disperatamente di recuperare la concentrazione per dire ciò che doveva, ma non riusciva ad emettere più di qualche suono incomprensibile. Le mani di Malfoy erano scese alla vita della ragazza, e le sue labbra avevano iniziato a risalire lentamente verso quelle semiaperte di lei. - …Harry… -

Il mago incredulo si era bloccato a mezz’aria. – Cosa? –

Draco si era risollevato con un’espressione illeggibile sul viso.

Finalmente… - È quello che stavo tentando di dirti…dovresti tenermi Din perché non sembra poter soffrire la presenza di Harry che attualmente è sul mio divano e mi sta aspettando per la cena… -

Malfoy aveva sorriso, a metà strada tra il divertimento e l’irritazione, dando le spalle alla ragazza, e appoggiandosi contro la scrivania con le mani in tasca. Non poteva credere alle proprie orecchie. – Fammi vedere se capito bene, tu vuoi che io tenga nostro figlio così che tu possa trascorrere tranquillamente una serata con Potter… -

- Esatto! – Aveva detto in trionfo la giovane.

Il mago aveva incrociato le braccia inclinando leggermente la testa. – Weasley esattamente quanto mi ritieni idiota? – Aveva sollevato le sopracciglia.

Ginny aveva spalancato gli occhi in realizzazione. – Noo…no, no, no, no…cos’hai capito…? Gli devo solo parlare di Luna, oggi è venuta… - Si era giustificata sorridendo.

Il giovane non era sembrato troppo convinto ma lei ormai aveva perso la tangente perdendosi nelle proprie riflessioni. – Nostro figlio? – Lo aveva detto mordendosi il labbro inferiore e inarcando le sopracciglia.

Malfoy aveva aggrottato la fronte. Cosa? Che razza di filo logico utilizzava per i propri pensieri?

- Hai detto "nostro figlio"… -

- E allora? – Aveva risposto privo d’entusiasmo.

- N-noo… – Aveva scosso la testa continuando con voce ingenua. - …è che suona piuttosto…bene…-

Draco aveva roteato gli occhi, in cosa si era andato a cacciare? – Vieni qui… - Le aveva fatto segno con la testa.

- Dovrei andare… -

- Ginny, vuoi che tenga Damian sì o no? -

- Se… - Aveva sbuffato.

Il mago aveva alzato le mani in segno di resa. – Giuro che non ti faccio niente...il pensiero di Potter ha raffreddato qualsiasi mia cattiva intenzione… –

Ginny si era avvicinata e Malfoy l’aveva abbracciata inspirando forte il profumo dei suoi capelli. – Mi stai facendo diventare matto, lo sai? –

Per un istante la ragazza aveva chiuso gli occhi e rilassandosi aveva svuotato la mente. Non poteva esserci niente di sbagliato in tutto questo, assolutamente niente.

Tempo presente.

Il piccolo Weasley si era sollevato a sedere un poco intontito stropicciandosi gli occhietti con le manine. Chissà se era stata una buon’idea lasciare Ginny da sola con quell’antipatico dello zio Harry…forse avrebbe dovuto insistere perché si fermasse anche lei a casa di Draco…almeno l’avrebbe avuta sotto controllo.

Aveva roteato gli occhi sbuffando…era così faticoso, gli adulti andavano sempre tenuti d’occhio, poveretti non erano tanto a posto, bisognava sempre spiegargli tutto. L’unico forse era lo zio George, lui era un po’ distratto ma né sapeva più di tutti gli altri…

La soluzione più semplice sarebbe stata che il suo papà e la sua mamma fossero rimasti ad abitare insieme, glielo doveva proprio dire prima o poi che nelle altre famiglie si faceva così…ed era una fatica in meno per i bambini che dovevano controllare i genitori…

Damian facendo dondolare i piedini a lato del letto era scivolato sul pavimento e, con il proprio orsetto di pezza rossa stretto in una mano, aveva lasciato la stanza per andare a svegliare il suo papà e spiegargli quello che aveva pensato.

Il bimbo una volta raggiunto il corridoio, a piedi scalzi, si era guardato a destra e a sinistra portandosi un dito alla piccola bocca con fare pensoso. Aveva come la vaga impressione di non sapere esattamente da che parte andare, o be…prima o poi avrebbe trovato la cameretta di Draco e al limite avrebbe chiesto a qualcuno dei Signori che c’erano sempre in giro per la casa, chissà poi dove se né andavano tutti quanti…mica l’aveva capito…

Dopo vari tentativi andati a vuoto, l’ultima porta che Din aveva spinto aperta era sembrata quella giusta. C’era un grande letto nella stanza e dentro sicuramente qualcuno stava dormendo, non vedeva poi molto ma sentiva respirare…

Il piccolo aveva tentato di mettere un po’ a fuoco, e nel farlo aveva assunto un’espressione tutta crucciata, ma non riusciva proprio a capire chi ci fosse lì dentro. C’era un'unica soluzione: arrampicarsi là sopra e controllare di persona. Damian affondando le manine ai piedi della coperta e senza mollare la presa dal suo pupazzo, si era tirato su, prima con una gamba, poi con l’altra, ritrovandosi in cima al baldacchino. Gattonando fino a metà, deciso a fare un assalto al suo papà, il piccolo Weasley, invece, era rimasto seduto a guardare gli occupanti del letto con un’espressione confusa e decisamente comica sul viso. C’era una Signora bionda che dormiva assieme a Draco, poveretta forse anche lei doveva aver avuto un incubo…però non era tanto intelligente, dormendo senza il pigiamino si sarebbe potuta prendere il raffreddore…forse non doveva svegliarla. Osservando meglio il bimbo aveva annuito col capo, no non era una Signora, era la zia Luna…allora andava bene, lei era un po’ strana…allora magari lo zio Harry aveva dormito a casa con Ginny…non gli piaceva tanto la cosa, solo lui poteva dormire con la sua mamma, e anche Draco se voleva, perché di solito le mamme e i papà dormono insieme…

Forse doveva aspettare che si svegliassero.

Din tranquillamente si era seduto a cavalcioni del padre.

Sei ore prima.

Il Murderous Pellet era uno dei locali più in del momento, l’ideale per rimorchiare qualcuno per la serata ed essere certo che non lo avresti più rivisto il mattino. Il peggio del meglio di Londra era riunito tutto là dentro senza distinzione fra Babbani e Maghi. C’era un po’ di tutto, ma soprattutto giovani che perdevano il proprio tempo fra la musica scadente, i piaceri dell’alcol, di roba leggera, e qualche sano rapporto sessuale con partner preferibilmente, ma non necessariamente, consenzienti.

In quella ressa, due persone non si trovavano lì dentro per divertimento personale, anzi, probabilmente se avessero potuto, si sarebbero tenute il più alla larga possibile. Luna Lovegood e Draco Malfoy erano seduti al banco, con un paio di super alcolici davanti e una sottilissima pila di carte fra loro. Entrambe irritati, entrambe vestiti per l’occasione. Un'unica differenza, la ragazza in fondo era divertita e intrigata dalla situazione.

- Sei in ritardo, sono stufa, non sono la tua segretaria perciò in futuro vedi di muovere il tuo adorato posteriore all’orario stabilito. -

- Sì, certo Lovegood, magari in un universo perfetto ma per adesso, spiacente, vivi in questo. Allora? -

- Allora, sì grazie sto bene, non ti devi preoccupare Malfoy, in fondo non è come se avessi rischiato il collo per queste informazioni. -

- Vuoi darci un taglio e aprire bocca? -

- Jemima Wright è dentro, quella donna è fantastica, se fossi lesbica le chiederei di uscire… -

- Sai Lovegood, le persone normali avrebbero detto "se potessi scegliere vorrei essere come lei", ma tanto che te lo dico a fare…un giorno mi rivelerai da che pianeta provieni? -

- Merlino, Malfoy che riesce a fare una battuta di spirito…potrei scrivere un articolo, che peccato, non interesserebbe a nessuno…comunque mi ha mostrato le cartelle…hai capito male, o forse no, sai questi Auror come sono fatti… -

- Attenta Lovegood, stai iniziando a sparlare del tuo amore… -

- Sì, be, Malfoy, Harry è il peggiore di tutti…per lui i dettagli…comunque non erano ragazze dai 20 ai 28, ma dai 20 ai 26… -

- Sai che sottile differenza… -

- Invece potrebbe cambiare tutto, erano tutte Maghe che hanno frequentato Hogwarts tra il 2002 e il 2009, sono sette anni…sai che significa? -

- Uno studente… -

- Bingo. -

Alcuni drink dopo.

- Che ha detto d’altro, quella specie di Troll? -

- Troll? Secondo me è una donna molto bella. -

- Hai ragione Lovegood, sei lesbica…comunque ha la grazia di un Troll zoppo, che altro ha detto? -

- Ma quanto hai bevuto stasera Malfoy…be, niente, avevo altro da fare al S. Mungo. -

- Che accidenti significa avevo altro da fare?! Lovegood, questo non è uno dei tuoi soliti stupidi articoletti di giornale… -

- Ho visto Ginny. -

- Be, e allora? E Ginny ha visto Harry… -

- Lo so, stanno cenando insieme…o meglio, stavano cenando insieme, adesso… -

- Se stai cercando di farmi arrabbiare, be complimenti ci stai riuscendo alla perfezione. -

- Figurati, per quello che m’importa di te…certo che è triste, fare tutto questo per una persona che nonostante tutto non riesce a chiudere definitivamente la porta in faccia al suo ex… -

- Be, non è più triste fare il tappabuchi di Potter? -

- Sai non sarebbe così, se la nostra Ginny adorata lo respingesse a chiare lettere una volta per tutte, e invece lo chiama tutte le volte…e lui da perfetto idiota corre, Luna mi dispiace ma Ginny è all’ospedale che si è fatta prendere per un punching-ball…Luna scusa, ma Gin ha bisogno per il trasloco…tesoro, mi dispiace ma Ginny si è rotta un’unghia! Io voglio bene a Ginny però…però lei non gli ha mai detto Harry io non ti amo, non ti ho mai amato e credo che a questo punto non ti amerò mai…se si sono lasciati è stata per una serie di circostanze…io credo che neppure lui l’ami più, ma che ormai si sia convinto di questa cosa…e adesso che sei saltato fuori tu apriti cielo… -

- Molte sono le cose che si getterebbero via se non fosse per il timore che qualcun altro le possa raccogliere. Oscar Wilde. -

- Evviva. Comunque ci ho riflettuto…torneranno insieme prima o poi, e io come una stupida indosserò la mia maschera di cinico sarcasmo e brinderò al loro matrimonio, e tu? Sarai lì a brindare con me? -

- Non credo che ci sarà proprio nessun matrimonio Lovegood, non sposerà mai Potter. -

- Solo finché lui glielo chiederà Malfoy…che non ami Harry, e che non sposi Harry sono due cose differenti, e a meno che tu arrivi prima… -

- Che cosa?! Non ho nessun’intenzione di chiederle di sposarmi, nella remota possibilità che la tua folle e strampalata previsione si avveri…Potter non le chiederà mai di sposarla, e se anche fosse? C’è sempre la magica parolina no. -

- Tu, non conosci le donne… -

- No, tu non conosci Ginny. -

- E tu credi veramente di conoscerla? E dimmi esattamente che tipo di relazione sarebbe la vostra? -

- … -

- Ah, ecco appunto. E se un giorno dovesse chiedertelo lei? -

- Ha così importanza dare un nome a tutto? -

- Forse no, a sedici anni…tu non hai capito ancora niente di lei…quando una cammina sempre sul filo del rasoio, ed è spaventata che tutto possa scivolarle via dalle mani, è naturale che cerchi qualcosa di stabile, certezze… -

- Sai non capisco una cosa, se siete così amiche… -

- Proprio perché siamo così amiche, non possiamo essere amiche. Non ci possiamo mentire a vicenda, caratteristica indispensabile di ogni sano rapporto che si rispetti. Sai non sono molto apprezzate le persone che si dicono in faccia esattamente quello che pensano, specie se così si feriscono gli altri. -

- Sei ubriaca Lovegood… -

- E tu allora…che stai perfino qui ad ascoltarmi?

23, maggio Palazzo Malfoy ore 07. 30 AM

Malfoy aveva sentito un piccolo peso posarglisi sullo stomaco, era così confuso, aveva la testa che sarebbe potuta esplodergli da un secondo all’altro…probabilmente doveva aver di nuovo esagerato con l’alcol, eppure non gli sembrava di aver bevuto più del solito…anche se a dirla tutta non ricordava un cavolo di niente…indi per cui era evidente che aveva alzato il gomito…be, se non altro aveva festeggiato degnamente il fatto che la madre di suo figlio stesse trascorrendo una piacevole serata col suo adorato Potter perfetto…sperando che da perfetto gentiluomo qual era non ci avesse provato con lei, il che visto lo sguardo che si erano scambiati l’ultima volta era molto probabile…

Il mago si era passato una mano sulla faccia sfregandosi gli occhi, quando li aveva riaperti si era trovato davanti al naso il figlioletto. Damian lo stava scrutando con attenzione.

– Scricciolo…? - Si era tirato su. – Cosa ci fai qui? Non dovresti essere a colazione con la nonna? -

Il piccolo Weasley aveva inclinato il capo.

- Draco? Come mai la zia Luna ha dormito qui? -

- Cosa? – Doveva aver capito male. Si era voltato ad osservare l’altro lato del letto ed era sbiancato. Cazzo. Ok, che diamine aveva fatto ieri sera…?

Il mago si era portato una mano alla fronte. Possibile che…?

Aveva serrato gli occhi. Cristo Santo, sì, era possibile.

- Draco, ti fa male il pancino? – Din aveva sbattuto gli occhietti, il suo papà si stava comportando in modo moooooolto strano. – Se ti fa male il pancino… -

I due erano stati interrotti da una voce famigliare. - Oh, finalmente…eccoti qui... -

La Signora Malfoy era comparsa sulla soglia della porta, in un primo momento non aveva notato che il figlio avesse ospiti. Aveva mandato la Signora Ingoldsby a prendere Damian, ma la vecchia governante non l’aveva trovato nella sua stanza. – Damian, tesoro, non è buona educazione irrompere nelle stanze delle persone di prima mattina…la Signora Ingoldsby ti ha cercato ovunque… - Aveva spostato lo sguardo sulla figura addormentata distesa accanto a Draco. – Précisément. - La sua espressione si era limitata a farsi leggermente più fredda e sostenuta. – Celui-ci est intéressant vraiment, je déduis que tu aies prête une explication impeccable, cependant ils ne sont pas affaires qu'ils me concernent…vieni tesoro, lasciamo tuo padre ai suoi… - Stava cercando il termine più appropriato. - … affaires…–

- Ciao. - Il piccolo era trotterellato giù dal letto, e aveva preso la mano di sua nonna. – Allora, amore che cosa avresti voglia di mangiare oggi per colazione… -

La donna scoccando un’occhiata eloquente al giovane aveva lasciato la stanza.

Luna stirandosi si era sollevata a sedere stringendo il lenzuolo al petto. – Mhm c’è sempre tutta questa confusione qui la mattina… -

Malfoy si era passato una mano nei capelli, tutta quella situazione aveva un che di tragicomico. Non era possibile…Luna-fuori di testa- Lovegood- nel suo letto…e la cosa più grandiosa era non ricordare neppure il perché…

Aveva fatto per parlare in esasperazione, voleva soltanto che si levasse alla svelta dalle palle. - Lovegood… -

- Rilassati Mr "i capelli sono miei e me li gestisco io", neppure io sto facendo i salti di gioia credimi…quindi dammi trenta secondi che faccio un favore ad entrambe levandomi dai piedi, anche perché alla mammina stava per prendere un infarto o meglio una…crise cardiaque… - Grattandosi la testa e sbuffando, la giovane si era messa a raccattare le proprie cose. – Allora alla semaine prochaine, stesso posto, stessa ora, e stavolta vedi d’essere puntuale, non ho tempo da perdere io. -

- Ma vai un po’ a farti fottere Lovegood… - Si era lasciato ricadere sul cuscino a braccia incrociate.

- Grazie, già fatto…e probabilmente se ricordassi qualcosa scoprirei che è stata l’esperienza più deludente della mia vita, non dimenticarti l’accordo… -

- Sei ancora qui? –

23, maggio Londra ore 07. 10 PM

Ginny era ai fornelli, praticamente vi era rimasta incollata tutto il pomeriggio. Certo, le dispiaceva che Harry si sentisse giù però…per quanto si fosse sforzata di consolarlo, si era sentita nell’imbarazzo più completo. Tutte le volte che aveva tentato di parlargli di Luna, lui aveva riattaccato col "ti ricordi…", certo che ricordava, però era passato tanto tempo…e sì, c’erano anche dei ricordi dolci, ma facevano parte del passato. Aveva scosso il capo mescolando il sugo per la pasta. Lei adesso era più orientata al futuro,…l’altra sera su quel divano con in mano due bicchieri di vino e riguardando vecchie foto…era stata una fortuna che si sentisse bene, e per nulla fragile, perché sarebbe stata la situazione ideale per un eventuale ritorno di fiamma. "Ritorno di fiamma", che parolona, no fra lei ed Harry non c’era mai stata una fiamma, semmai un fuocherello…tutto era semplice, tranquillo, calmo e perfetto…o almeno era così quando le cose andavano bene. Adesso…Aveva roteato gli occhi. Stava di nuovo sorridendo come una stupida, ed era bello…e poi era anche arrivata sul serio la primavera. Ginny, per l’amor del cielo, controllati! Tu sei una persona adulta, matura, e…e chi se ne fregava, niente avrebbe potuto rovinare questo momento perfetto, e al resto, be avrebbe pensato in seguito…chissà se Pancy approverebbe, oh Ginny, Ginny per tutti gli anelli di Quidditch, non fare così, è troppo presto. – Lentamente, fai un passo alla volta. – Nel parlare con se stessa, aveva agitato per aria il cucchiaio di legno.

La giovane aveva controllato lo stato di cottura della salsa portandosela alle labbra, poi aveva sospirato. – Ma io qui mi sto fossilizzando! –

23, maggio Londra ore 07. 30 PM

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

- Arrivo! –

Ginny era davanti allo specchio a figura intera che aveva ordinato assieme ai mobili della nuova stanza da letto, stava lottando coi capelli che aveva deciso di lasciare leggermente ondulati. Pessima mossa, il risultato era stato deludente, tutta colpa della pozione lisciante che aveva preso ad usare…ora erano dritti all’attaccatura e a boccoli in fondo. Ecco cosa accadeva a chi voleva strafare… - Dannati capelli… - Aveva osservato ad occhi stretti il proprio riflesso. Indossava una maglia nera senza maniche e dallo scollo alto e rotondo, le scendeva oltre i fianchi ed era di tessuto leggero. La gonna stretta in seta argento arrivava appena sotto il ginocchio.

Trrr.

Trrr. Trrr. Trrr.

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr. Trrr. Trrr.

Aveva roteato gli occhi. Questo era Din.

La ragazza era corsa alla porta, ed aveva iniziato ad aprire i vari catenacci. – Accidenti. – Aveva sempre avuto dei seri problemi con le porte blindate, e tutto per questa mania della sicurezza. Stava facendo una gran confusione.

- Serve una mano? – La voce di Malfoy di là dalla porta era suonata divertita.

- Ah, ah, sai è colpa tua se finisco per restare intrappolata in casa mia, è stata un’idea tua quella della porta a prova di bomba…un incantesimo sarebbe stato molto più semplice… -

- Ah, ah, Weasley bada a come parli, se non ricordo male qualcuno ha detto che "non si deve usare la magia per le cose che si possono fare senza" perché "soltanto i pigri, gli scansafatiche e la gente con la puzza sotto il naso lo fa". -

- …e anche i succhiasangue -

Nell’udire la vocina del figlioletto, la maga non aveva potuto trattenersi dal sorridere. - Sì, appunto per le cose che si possono fare senza…ti pare che io ce la possa fare? –

- Avanti, spostati. -

- Cosa? -

- Alohomora. -

I catenacci erano scattati da soli e Damian aveva spinto la porta aperta. Virginia Weasley stava osservando i due con un sorriso tirato e le braccia incrociate al petto. – Così sarei stata capace anch’io… -

Draco e Din si erano scambiati uno sguardo d’intesa. – Prima cosa, Weasley… - Il ragazzo si era voltato e aveva richiuso la porta con la bacchetta. - …la catenella…va levata… - Aveva sfilato la catenella metallica. – Secondo… - Si era voltato facendo segno con la mano. - …la sbarra di metallo…va sfilata… - Aveva compiuto anche quell’operazione. La giovane Weasley lo stava fissando con gli occhi ridotti a due fessure e le labbra ristrette. – Terzo, un catenaccio alla volta…uno… – Ad ogni manovra alzava gli occhi sulla ragazza. – …due… - Era tentata tra il baciarlo e lo schiantarlo. - …tre… - Aveva fatto un gesto in dimostrazione. - …et voilà. - Infine aperto la porta.

- Vuoi anche un applauso? -

- Mi accontenterei della cena. -

Il piccolo Weasley si era messo a ridacchiare.

23, maggio Londra ore 08. 03 PM

Il tavolo della cucina era già apparecchiato per tre e la pasta in breve era stata servita a ciascuno dei commensali, senza giri particolari, o chissà quali cerimonie. Malfoy era rimasto sorpreso dalla semplicità, e dall’ordine con cui tutto si era svolto. Non ci avrebbe scommesso neppure uno zellino, anche se l’aveva notato già dalla volta precedente; il servizio nonostante fosse così diverso da ciò cui era abituato non aveva nulla da invidiarvi. Allora era così che le cose funzionavano nelle famiglie normali? Ci si sarebbe potuto perfino abituare, non che n’avesse sul serio l’intenzione però…era strano vedere una persona darsi tanto da fare per servirlo senza essere neppure pagata…

Ginny era inginocchiata accanto a Damian intenta a legargli un tovagliolo attorno al collo. – Ma Ginny… - Il piccolo Weasley non sembrava molto d’accordo.

- Be, l’altra sera qualcuno aveva la sbrodolatura facile, non vorrei correre di nuovo il rischio… -

- Stasera secondo me non mi sbrodolo… - Aveva raggrinzito il nasino e scosso il capo.

- Ah, no? Allora dev’essere un effetto dello zio Harry… -

- Sì, credo anch’io. – Il piccino aveva annuito corrugando la fronte in un cipiglio veramente comico.

- Va bene, allora… - La maga, sorridendo, aveva disteso il tovagliolo sulle gambe del bimbo ed era tornata a sedere roteando gli occhi. – Be, deve aver preso da te… -

- E per quale ragione? Noi adoriamo lo zio Harry, vero scricciolo? – Draco aveva fatto l’occhiolino al figlioletto, e questo aveva risposto annuendo insistentemente col capo e sorridendo felice.

Ginny aveva sospirato e si era posata il tovagliolo sulle gambe. – Uomini… -

Padre e figlio erano scoppiati a ridere.

23, maggio Londra ore 09. 02 PM

Din era seduto al tavolino in soggiorno, stava mangiando la sua fetta di torta al cioccolato davanti alla tv accesa. Era difficile dire se fosse più preso dai cartoni animati o dal proprio dolce, il visino in ogni caso era tutto imbrattato di glassa. Ginny e Draco erano in cucina, la ragazza appoggiata contro il lavabo e il giovane in piedi accanto a lei. La maga stava torturando con le mani il ripiano alle sue spalle, un secondo prima Malfoy era sul divano che guardava il figlioletto, mentre lei stava caricando la lavapiatti, e improvvisamente se l’era trovato a pochi centimetri che la osservava con interesse. Panico. In qualche modo riusciva a farla sentire sempre a disagio e ingabbiata. Non sapeva cosa dire. – Allora… - Ok, aveva la sensazione che le sarebbe scoppiato a ridere in faccia.

Draco aveva sollevato un sopracciglio. – Allora… - Si divertiva a metterla in difficoltà.

La maga aveva abbassato lo sguardo e aveva fatto per lasciare la cucina. – H-ho…dimenticato la finestra aperta in camera da letto… - Bella scusa Ginny, soprattutto credibilissima…abiti all’ultimo piano è probabile che qualcuno si arrampichi qua sopra…

Il ragazzo era rimasto nel mezzo della cucina con un’espressione indecifrabile sul viso. – Certo… - A quanto pareva era destinato a doverla rincorrere sempre.

23, maggio Londra ore 09. 08 PM

Certo che gli sarà dovuta sembrare patetica…e invece si sentiva terrorizzata da tutta quella situazione, non poteva ancora crederci, loro due che si comportavano a quel modo…lui era così, incredibilmente arrogante, e strafottente, e sicuro di sé…e la faceva sentire bene. Troppo bene. Non rispondeva più delle sue azioni, c’erano tante volte in cui la faceva arrabbiare, ma la maggior parte si sentiva come se avesse voluto baciarlo fino a farlo diventare inanimato. Era normale? Si poteva desiderare tanto una persona da perdere il controllo? Era così felice da averne quasi paura, perché ogni volta capitava qualcosa che le ricordava che non era destinata ad esserlo.

Quando Malfoy era entrato nella stanza, Ginny si trovava seduta sul letto. Non lo aveva sentito arrivare, si massaggiava il collo con lo sguardo perso a contemplare il vuoto.

- Ehi, tutto bene? -

- Mh? – Si era voltata dalla parte del ragazzo e aveva sorriso. – Fin troppo… -

- Be, io sono sicuro che possiamo migliorare ancora le cose… - Aveva abbassato lo sguardo con aria di finta indifferenza ed era avanzato di qualche passo con le mani in tasca.

- Davvero…? – Aveva alzato le sopracciglia, chissà perché non n’era poi così sicura delle sue buone intenzioni.

- Ti fidi di me? -

La risposta era stata un sorriso storto per nulla convinto.

Draco si era seduto accanto a lei e aveva scostato i capelli dalle sue spalle prendendo a massaggiargliele delicatamente. Ginny aveva chiuso gli occhi. – Mhmmm…sai che c’è Din di là, vero? –

- Ma io non sto facendo nulla di male…ancora… -

Era una sensazione davvero piacevole, la tensione di quei giorni sembrava sciogliersi via ad ogni tocco, si sarebbe potuta persino addormentare.

Il ragazzo aveva iniziato a tracciarle la curva del collo con le labbra. No, decisamente non si sarebbe addormentata, sarebbe svenuta. La bocca di Malfoy aveva proseguito il suo viaggio fino ad arrivare alla clavicola, al mento…la stava torturando lentamente, e lei sentiva di non avere nel proprio corpo neanche un’oncia di forza per opporvisi. – Hai un buon profumo…è dolce… - Lo aveva sussurrato senza smettere. Il leggero sfiorare di labbra si era tramutato in piccoli baci all’altezza del mento, della mascella… - Ti piace? –

- Mhmh. -

Finalmente le loro labbra si erano incontrate, prima lentamente, in brevi baci, poi con sempre maggior intensità ed insistenza, fino a che i due si erano scambiati un vero bacio. E Ginny avrebbe giurato di non aver mai provato una cosa simile per qualcuno.

Il giovane l’aveva spinta dolcemente sul letto, senza interrompere quel contatto.

- Draco? – Il piccolo Weasley era comparso sulla soglia. Aveva inclinato leggermente la testa di lato un po’ confuso. – Cosa stai facendo alla mamma? -

Malfoy esasperato si era lasciato andare sul letto a braccia aperte, tempismo perfetto. Gli veniva da ridere per l’assurdità della situazione. Se voleva combinare qualcosa probabilmente avrebbe dovuto rapirla. Il suo scricciolo era qualcosa d’incredibile…

Anche la maga dai capelli corvini aveva sorriso, ecco arrivare il suo piccolo eroe in salvataggio della sua virtù…ma invece di allontanarsi si era accomodata sul petto di Draco, non riuscendo a trattenersi dal ridacchiare. – Vieni qui amore…c’è posto anche per te… -

Prima un po’ incerto, il piccolino aveva sorriso e si era fiondato sul lettone accoccolandosi vicino alla sua mamma, fra le braccia dei suoi genitori. Era così che dovevano andare le cose, forse poi non avrebbe dovuto spiegarglielo.

Ginny aveva baciato i capelli di Damian e schioccato un bacio sulla bocca di un Malfoy un po’ interdetto. La sua famiglia.

23, maggio Londra ore 09. 30 PM

Erano rimasti così Malfoy ad accarezzare i capelli di Ginny e la ragazza a coccolare il figlioletto. Si stava così bene.

- Ginny? -

- Sì? -

- Perché le persone dormono insieme? -

- Mhm… - La ragazza aveva sollevato il capo in direzione di Draco. - …perché non lo chiedi al papà? -

Il sorriso della maga si era spento. L’occhiata sul viso del giovane, non era quella che si sarebbe aspettata, era strana, illeggibile. Ginny aveva agiato gli occhi tentando di comprendere quello che stava accadendo, poco prima andava tutto bene e adesso quello sguardo. Ma che significava? Era ad un tratto scostante, freddo.

Si era sollevato a sedere. – Weasley… -

No, che stava accadendo…no…La ragazza aveva fatto un sorriso tirato. – Be, ma che succede… - Aveva spostato rapidamente lo sguardo su Damian, improvvisamente non aveva più avuto tanta voglia di sapere quello che stava accadendo. – Vieni, qui amore… - Aveva sorriso come se nulla fosse.

Il piccolo Weasley era confuso, le cose non stavano più andando bene, e non ne capiva la ragione, gli veniva voglia di piangere.

Si era schiarita la voce. – …le persone dormono insieme quando si vogliono bene. – Aveva asciugato gli occhietti del bimbo e l’aveva stretto, quello era uno di quei momenti in cui avrebbe voluto prendere a calci Malfoy. – Sì. – Aveva annuito contro il petto della madre. – Però, Ginny io non voglio che tu dorma con lo zio Harry… -

- Cosa? – Aveva sorriso e guardato negli occhietti Din. – E perché dovrei fare una cosa del genere? -

- Tu non vuoi bene allo zio Harry? -

- Sì, certo che gli voglio bene… - Gli aveva schiacciato il nasino. - …ma non quanto ne voglio a te, ci si deve volere proprio tanto, tanto bene…capito? -

- Allora Draco vuole tanto, tanto bene, alla zia Luna? – Aveva inclinato la testolina.

Malfoy alle spalle dei due aveva chiuso gli occhi. Avrebbe dovuto immaginarlo ci sarebbe stata questa possibilità…e non aveva una scusa, non aveva niente, se non il fatto che per lui non aveva significato assolutamente nulla. Era stato un maledettissimo incidente.

- Cosa…? – Era stato un bisbiglio. Ginny era rimasta imbambolata per un istante. Cosa? Non aveva capito bene.

- No? – Il bimbo aveva sbattuto gli occhietti. – Giiiiiiiiiiiinyyyyyyyy? – Le aveva agiato una manina davanti al viso.

Una lacrima era scivolata rapidamente sulla guancia della ragazza infrangendosi nel tessuto nero della maglia che aveva indosso. Aveva scosso il capo sorridendo per riflesso. – Sì…a-amore, ti va di andare a dormire dallo zio George questa sera? –

- Sì! – La faccina del piccolo si era illuminata, aveva alzato le braccine per aria.

- Weasley… -

- Saluta il papà amore… - Lo aveva completamente ignorato osservando il soffitto della stanza.

- Ciao Draco. – Damian aveva avvolto le piccole braccia attorno al collo del padre e l’aveva stretto un attimo, prima di trotterellare in salotto.

- Weasley… -

Ginny si era diretta all’armadio e né aveva sfilato un giubbotto di jeans. – Accompagno Din da George. – Stava facendo di tutto per non guardarlo in faccia.

Draco l’aveva voltata. Era agitatissima, aveva gli occhi lucidi e si vedeva che era un miracolo se non stava ancora piangendo.

- Io… - Si era staccata dal mago. - …vado. –

- Weasley… -

- No… - Aveva scosso il capo. - …no. -

Una volta in soggiorno aveva preso in braccio il bambino e si era materializzata a casa del fratello.

23, maggio Londra ore 10. 00 PM

Era stata un’impresa spiegare al fratello cosa ci facesse in casa sua a quell’ora, specie se era evidente come non mai che stava per mettersi a piangere.

Ginny aveva aperto la porta del proprio appartamento e si era sfilata il giubbotto di jeans. Si sentiva svuotata, una vera stupida, un’idiota. Perché glielo aveva permesso? Perché lo aveva fatto avvicinare di nuovo tanto? Si era sentita felice, al settimo cielo…si era detta che non c’era fretta, che andava bene così…una famiglia…come, no…ma quanto incredibilmente patetica doveva essergli apparsa? Era stata lei ad andarsene e aveva fatto bene, e poi…in meno di una settimana si era rimangiata tutto quanto, pronta persino a farsi portare a letto da lui…e Merlino solo sa se lo voleva…Ginny, sei una stupida, una stupida, una stupida.

Ancora scossa si era seduta sul bordo del divano. Parole?…no, non erano state le parole a dividerli, lui era andato a letto con un’altra, tre giorni dopo aver rimesso piede in casa sua…e non un’altra qualsiasi, Luna Lovegood, la cara zia Luna. Che figlio di…e prima aveva anche lasciato che la baciasse con quelle labbra, con suo figlio nella stanza accanto…che grandissima…ma come aveva fatto a non capirlo, che non c’era niente…era solo lei la stupida, come se non lo avesse saputo, che non poteva funzionare, che lui…per lui era soltanto quello…l’ennesima tacca sulla sua bacchetta…l’ennesima sciocca che si faceva incantare da quel suo modo di fare che le faceva credere che ci fosse qualcosa di speciale, ma come poteva esserci qualcosa di speciale se lui non le aveva mai detto nulla della sua vita? Della sua famiglia? Di quello che sentiva? Dio lei praticamente gli si era mostrata completamente indifesa…

La maga si era nascosta il viso fra le mani. Gli aveva detto quello che non aveva mai detto a nessuno, di quand’era piccola e tutto il resto…era stata così ingenuamente sincera nel aprirsi, nel assicurargli che ormai non c’era più nulla fra lei ed Harry…nel giustificarsi per qualcosa che non aveva neppure fatto e lui…ed aveva avuto il coraggio di tornare a casa sua, con il suo sorriso divertito, e le sue belle maniere… "il papà non viene ad abitare qui perché"…"perché ci sono tante cose che deve sistemare"…

Non riusciva più a trattenere le lacrime.

Da quando Draco Malfoy era tornato, non aveva fatto altro che piangere, illudersi, e tornare a piangere…perché le parole per lei erano così importanti? Be, perché la loro mancanza come a volersi dimostrare significava che per lei lui non provava niente, o non sarebbe andato a letto con la sua amica. O cos’era tutto un brillante piano, per portarsi a letto le donne di Potter? No, insomma, non poteva…perché dare false speranze a Din, fingere che avrebbero potuto essere una famiglia? No, lui non era così, no, non era così. Ma allora perché? Insomma di chi avrebbe dovuto fidarsi, della persona che era quando stava con suo figlio, quando tentava di consolarla, quando la faceva stare così bene, o del Draco Malfoy che aveva tentato di portarle via Din, il Draco Malfoy che tutti conoscevano, egoista, calcolatore, freddo, che trattava le persone come oggetti…ma che le importava, lui era andato a letto con Luna. Non una tizia che aveva rimorchiato in un bar, o una delle sue vecchie amiche, no…la sua amica, l’attuale ragazza di Harry…non sapeva neanche che si fossero rivisti da quando era tornato a Londra…

Ginny si era stretta nelle braccia. Insomma cos’è non era sufficiente tentare di portarsi a letto lei? Stava diventando una cosa troppo lunga? Non poteva aspettare qualche altro giorno, tanto ormai ce l’aveva intorno al suo dito indice…era solo una questione di tempo. E poi? Che avrebbe fatto? L’avrebbe liquidata e tanti saluti? O avrebbe continuato ad uscire con lei, a vederla finché fosse stata abbastanza innamorata e abbastanza felice, da ridurla di nuovo a terra scomparendo nel nulla?

No, non le importava di essere ragionevole, l’ultima cosa che voleva era essere ragionevole. Perché tutto questo era irragionevole, era irragionevole farla sentire così e poi…dico ma li aveva visti anche Din…suo figlio…ma non aveva un briciolo di cuore da qualche parte?

- Ginny ascolta… -

La ragazza aveva sollevato il viso arrossato per il pianto e aveva scosso il capo, disgustata. Non poteva crederci, era ancora lì…con che coraggio, dopo di quello che era successo?

Malfoy era appoggiato con una mano allo stipite della porta della camera da letto.

- Ginny, per la causa di Merlino, stammi a sentire… - Aveva alzato la voce, e la giovane n’era stata scossa. Si stava arrabbiando? Come si permetteva…aveva parlato a denti stretti. – Vattene. -

Il mago si era schiaffeggiato mentalmente, non era perdendo la calma che avrebbe risolto le cose. - Ginny, non è stato niente. – Non avrebbe voluto suonare così freddo, ma era tutto quello che poteva dirle per giustificarsi.

Le era uscita una risata isterica. – Noo? Noo? – Si era alzata. – Be, anche questo non è stato niente! –

Gli aveva dato le spalle, era scossa dai singhiozzi. – Vattene, vattene, vattene! –

- Ginny stammi a sentire, ok? Parliamone… -

Si era voltata ad affrontarlo sembrava una furia. – Vuoi parlarne, ok! Parliamone! È stato bello? Entusiasmante? Che intenzioni avevi esattamente? Fare una sera lei e una io? Oooooh, no forse una sera io, e una sera un’altra, o magari soltanto una sera io e poi tanti saluti arrivederci e grazie! Parliamone! – Lo aveva spinto. – Vaffanculo Malfoy! Ma tu non ce l’hai una coscienza? Insomma…farti beccare da Damian a letto con Luna! Se almeno non vuoi essere onesto con me… diamine! Tuo figlio ha cinque anni! – Era scoppiata in un singhiozzo. – Ha solo cinque anni… -

Il mago si era portato entrambe le mani alla testa in frustrazione. – Cazzo Ginny ero ubriaco, ok? Non l’avevo mica programmato! –

Erano tutti e due al limite, stavano gridando. – Sì, be neanch’io l’avevo programmato d’innamorarmi di te! Questo come ti suona? VAI VIA!…VAI VIA! – Il volto della ragazza era contratto per la rabbia e rigato dalle lacrime.

- … - Ora sì che si sentiva un verme.

Non stava più urlando, ma parlando lentamente a denti stretti. La voce era rotta, appariva innaturalmente calma. Ginny era distrutta. - Ah, ah, e questo come ti suona? Piacevole? Che bello scherzo eh? Scommetto che neanche questo l’avevi programmato… -

- … -

- …sorpresa, sorpresa, Malfoy…noi patetici Grifondoro siamo fatti così… -

- Io… - Cazzo. Non sapeva cosa dire, onestamente e sinceramente, non sapeva cosa dire. Non perché non se lo aspettasse, semplicemente non era preparato a vederselo sbattuto in faccia a quel modo. No, in tutta onestà non avrebbe mai creduto che lei glielo dicesse apertamente, perché, be perché era così. Non dovevano andare così le cose, non era in programma. Un secondo prima, stava tentando di convincerla che il fatto di essere andato a letto con Luna non significasse nulla per non perderla, e un secondo dopo lei gli urlava che era innamorata di lui. Lo faceva sembrare un mostro, ma per lui quella notte con Luna non aveva significato sul serio niente e non sapeva come fare perché lei lo capisse, e sinceramente a quel punto non sapeva se qualunque cosa che le avesse detto avrebbe potuto fare qualche differenza.

- Vai via…vai via per favore, non rendere tutto più difficile…non può andare, così non può andare…viviamo le cose in modo troppo diverso Malfoy… -

- Non ha significato davvero nulla per me Ginny… -

- …ma per me sì. – Si era sforzata di sorridere, alcune lacrime le erano scese sul viso. – Io non mi accontento di metà Draco…o tutto o niente…e ormai, preferisco niente…non voglio che Din venga più a casa tua…-

- Che cosa?! -

Aveva scosso il capo. – Quando vorrai verrai tu qui, c’è perfino una stanza in più, o il divano o quello che vuoi…solo assicurati che io non sia in casa… -

- Ginny no…ehi no…guardami! -

- È finita, qualunque cosa sia stato…è finita… -

- Non lo pensi sul serio, non puoi farlo…tu hai bisogno di me… -

- Sì, ma ho più bisogno di me, e non sono in me quando sto con te. -

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Capitolo 4
*** 4 ***


- È finita, qualunque cosa sia stato…è finita… -

- Non lo pensi sul serio, non puoi farlo…tu hai bisogno di me… -

- Sì, ma ho più bisogno di me, e non sono in me quando sto con te. -

Non era stato tanto difficile…era solamente come se le avessero portato via un’altra illusione, non era neppure una novità. Stava solo peggio, peggio di quando i suoi le avevano in pratica, chiuso allegramente la porta in faccia. C’era davvero qualcosa per la quale valeva la pena di sentirsi così? No, non lo credeva. Aveva ancora Din, aveva ancora il suo bambino…e il suo lavoro, aveva ripreso anche quello…ok, ora che si era sistemata nella nuova casa, e che aveva ricevuto l’ennesima bastonata per inaugurarla…non le restava che andare avanti con la propria vita, vedere se era possibile ricucire almeno i rapporti con la sua famiglia, contenere i danni che quella situazione avrebbe potuto provocare a Damian, lui non aveva nessuna colpa, aveva diritto ad avere un padre e una madre, anche se non avrebbero certo potuto vivere insieme. "Qualcuno si deve mordere la lingua e sopportare" ormai era il suo mantra.

- È finita, qualunque cosa sia stato…è finita… -

- Non lo pensi sul serio, non puoi farlo…tu hai bisogno di me… -

- Sì, ma ho più bisogno di me, e non sono in me quando sto con te.

Non esisteva che finisse così, da nessuna parte, lei era innamorata di lui per la miseria e questo avrà pur dovuto significare qualcosa…e lui, insomma per chi diavolo credeva stesse sforzandosi di fare le cose per bene, una volta nella sua vita?

Tutto non poteva ridursi a due stupide parole…perché accidenti per lei era tanto importante? Perché non capiva che non tutti esprimevano le emozioni allo stesso modo? Non riusciva a vedere che non aveva senso? Che non poteva dirle delle parole che per lui non significavano nulla? Era come costringere un non credente ad una professione di fede…regalare a qualcuno una scatola vuota…le parole, le promesse, possono essere sempre cancellate o infrante…bastava vedere come si erano ridotti i suoi genitori…ma bastava vedere la facilità con cui le persone dicevano di amarsi anche senza pensarlo minimamente, perché era comodo, era facile giustificarsi, zittire, far rimanere buoni con un "ti amo" detto al momento giusto. Era questo che voleva? E ammesso che le avesse detto esattamente ciò che voleva sentirsi dire, gli avrebbe creduto? No, non gli avrebbe creduto comunque, perché lui era Draco Malfoy, e chi poteva avere fiducia in lui?

Ok, aveva commesso un errore con Luna, un grosso errore…ma era stato un incidente, era stato sesso, e non si ricordava nemmeno come fosse successo esattamente. Non aveva niente a che vedere con loro due, era una cosa completamente diversa, andare a letto con una persona non equivaleva ad amare quella persona, come dire "ti amo" ad una persona non implicava necessariamente l’amare quella persona. E se per lui amare qualcuno avesse avuto un qualche significato, non avrebbe avuto nessun problema a dire che Draco Malfoy era innamorato di Ginny Weasley. Perché Draco Malfoy, era innamorato di Ginny Weasley.

Giugno, Londra

Erano già trascorsi alcuni giorni e Ginny non aveva mai risposto a mezzo Gufo, o telefonata. Le lettere le bruciava, e i messaggi sulla segreteria li cancellava senza ascoltarli. Sì, non era una mossa sapiente, alcuni erano di lavoro. Quando Malfoy veniva a trovare Din si sincerava di aver già lasciato l’appartamento; capitava che tornasse dal lavoro e trovasse padre e figlio addormentati sul divano, solitamente trasportava Damian nel suo lettino e copriva il mago con una coperta, si cambiava e usciva per tornare una volta che Draco se ne fosse andato. Al ragazzo non restavano molte alternative. Aveva persino tentato di trattenersi ad aspettarla, quel giorno Ginny non era affatto rientrata a casa.

Le domande del figlioletto avevano di volta in volta iniziato a farsi più pressanti, e la giovane si era limitata a sorridere dicendo che lei e il suo papà avevano tempi diversi, e in un certo senso era anche vero. Ginny aveva ripreso a vedere i propri genitori, e i vari membri della sua famiglia, Angelina era persino riuscita a trascinarla in palestra. Di Malfoy, con Fleur e Alicia, aveva parlato soltanto una volta, aveva spiegato alle cognate che avevano ragione. Se una cosa faceva soffrire così tanto non ne valeva la pena. Tenersi occupata le faceva bene, le permetteva di non pensare, e il pensiero in quel periodo era più che mai suo nemico. Tutti i giorni le veniva in mente Pancy, spesso rileggeva la lettera che le aveva lasciato…a volte aveva l’impressione che lei sarebbe potuta essere l’unica vera amica che avesse mai avuto.

Un pomeriggio era passata al negozio di tatuaggi, voleva farsi cancellare il proprio ma all’ultimo non ce l’aveva fatta., era una stupida sentimentale. Alla fine aveva pitturato la stanza degli ospiti di rosa, sì era stata un’idea sciocca, e aveva dipinto tante farfalle come la sua…se solo avesse potuto avere un altro figlio, le sarebbe piaciuto che fosse una bambina. Se solo…

Anche riprendere a frequentare l’orfanotrofio e il reparto di pediatria le aveva fatto bene, i bambini da sempre riescono a trasmettere una serenità incredibile, forse perché sono innocenti e ingenui…c’era stata una piccola epidemia d’influenza che aveva coinvolto un po’ tutti, persino lei e Din. Erano rimasti a letto una settimana fra le amorevoli cure dell’infermiera Ronald Weasley, e lei non aveva mai voluto bene a suo fratello come in quei giorni. Malfoy non si era fatto vivo. Sì, era infantile ma una minuscola parte di lei aveva sofferto della cosa, in fondo quella presenza silenziosa ma costante, era in un certo qual modo rassicurante; le aveva mandato dei fiori con un biglietto che diceva soltanto: Tutto tornerà al suo posto. Guarisci presto Weasley. Forse aveva semplicemente voluto darle un po’ di respiro, e teoricamente avrebbe dovuto essergliene grata. In realtà, sarà stato per la debolezza, o per la malattia, non gli sarebbe spiaciuto che ci fosse stato, magari nell’altra stanza con Damian, ma comunque nei paraggi. Una volta guarita si era resa conto che assieme ai fiori c’era anche il suo anello. L’aveva indossato.

All’inizio aveva tentato di chiarire le cose, sentiva su di sé lo sguardo pieno di disapprovazione eppure così placido di sua madre, e gli era capitato di chiedersi come accidenti facesse a rimanere sempre così fredda e distaccata, eppure a colpire esattamente il tasto dolente. Lo faceva solo stare peggio. Tutta quella situazione era così frustrante. Primo, non ci aveva mai saputo fare con le parole, ogni volta che apriva bocca sputava un mix d’ironia e sarcasmo non molto utile all’occorrenza; secondo, sapere che tutto quello che volevi era stato a portata di mano, e te lo eri fottuto da solo…né gufi, né telefonate erano servite a nulla. Non che ci avesse realmente confidato…tutte le volte che si era recato al suo appartamento non l’aveva mai trovata a casa, aveva persino tentato di trattenersi sino ad un orario improponibile, e lei quel giorno non era neppure rientrata. Scacco al re.

Ad umiliarsi non era mai stato capace, non intendeva iniziare adesso. Dovevano parlare era evidente, ma era altrettanto evidente che lei al momento era troppo arrabbiata, e determinata ad evitarlo a tutti i costi, e la ragione la sapevano entrambe. Se si fossero trovati faccia a faccia, lei alla fine avrebbe ceduto di nuovo, sì era presuntuoso da parte sua pensarlo, ma era la verità, com’era altrettanto vero che per lui era lo stesso…se la sarebbe presa persino sfigurata permanentemente e con una gamba di legno. Tra loro era così, erano attratti l’uno dall’altra come una falena lo era dal fuoco. Niente avrebbe cambiato le cose, nessuna Luna Lovegood e nessun Harry Potter del mondo.

A complicare ulteriormente tutto c’erano gli affari dei Malfoy che non gli davano tregua, e le fastidiosissime domande di Damian. Se non gli avesse voluto così bene, se non fosse stato suo figlio, nonché una versione ridotta e notevolmente migliorata di se stesso, probabilmente non l’avrebbe retto e, patetico per patetico, lui gli ricordava lei in miliardi di cose. Un giorno gli aveva chiesto delle spiegazioni riguardo a lui e Ginny, non aveva saputo che rispondergli e gli aveva domandato cosa dicesse lei di tutto questo. "Che avevano tempi diversi." Niente di più vero. Era esattamente quello che aveva pensato lui quando lei viveva ancora a casa sua. "Non riuscivano mai ad incontrarsi nel mezzo, erano sempre fuori tempo."

Le ricerche e gli incontri al Murderous Pellet erano ripresi a pieno ritmo, lui e la Lovegood non erano più ritornati su quanto era accaduto tra loro, o su altri argomenti personali. Entrambe tuttavia non avevano più bevuto insieme niente che andasse oltre qualche birra. La collaborazione col Medimago Wright aveva portato a maggiori risultati del previsto, e forse sarebbero riusciti a beccare alcuni dei Maghi coinvolti nella serie di stupri e rapine; per quanto lo riguardava, a lui sarebbe bastato mettere le mani su chi aveva osato toccare Ginny.

Quando la ragazza aveva i turni all’ospedale, gli capitava di rimanere al suo appartamento per la notte. La prima volta era stato un incidente, si era addormentato con Damian sul divano, il mattino dopo lei in casa non c’era già più stata, tuttavia si era ritrovato avvolto in una coperta. In seguito lo aveva fatto di proposito, e ogni volta lei lo copriva con la medesima coperta. Era da parte di entrambe un comportamento assurdo eppure, nonostante tutto, non avevano mai smesso.

Negli ultimi tempi, era stato in grado di individuare pressappoco il momento preciso in cui lei decideva di tornare dall’ospedale. Non era mai lo stesso, poteva variare d’alcuni minuti. Era sempre sveglio quando lei gli posava sopra la coperta e si allontanava, tuttavia non aveva mai approfittato di quell’occasione per coglierla alla sprovvista. Di preciso non sapeva il perché, ma non lo trovava giusto. Si limitava a spiarla mentre si muoveva per l’appartamento o si cambiava, era così bella tutta concentrata nel non fare il minimo rumore…era capitato che fosse inciampata al buio, o andata a sbattere da qualche parte, e mio Dio il frastuono che non faceva con quella dannata porta…trattenere le risate era un’impresa, e una volta non c’era proprio riuscito, lei però aveva fatto finta di nulla e se n’era andata Gli accadeva, ma forse era solo un’impressione, di pensare che lei sapesse di essere osservata eppure non lo desse a vedere.

Certe mattine era così stanca, che si sdraiava sul proprio letto e si addormentava, lui allora si tratteneva di più perché una volta alzata avesse il tempo di andarsene lo stesso per prima; era impossibile che non se ne fosse resa conto, anche quello sembrava essere divenuto uno dei loro taciti accordi. In quelle occasioni lasciava il divano e andava a sdraiarsi accanto a lei, poi rimaneva ad osservarla dormire. Era capitato che le accarezzasse i capelli, o che la baciasse facendo attenzione a non svegliarla.

Nell’ultima settimana, all’orfanotrofio c’era stata una piccola epidemia d’influenza che aveva coinvolto anche Ginny e Din. Aveva voluto permettere un po’ di resto e così non si era presentato a casa sua, inoltre, all’ultimo era saltata fuori una pista piuttosto buona da seguire.

15, giugno Londra ore 02. 20 AM

Tic. Tac. Tic. Tac. Tic. Tac.

Il 64, di Bayswater Road, e l’intero Hyde Park, era immerso nel silenzio di quella calda notte Londinese. La maggior parte delle finestre agli ultimi piani dell’edificio era aperta, per permettere l’ingresso della poca brezza che andava a rinfrescare gli ambienti. Ginny si era addormentata presto, ancora reduce dai postumi dell’influenza. Durante gli ultimi giorni si era sentita coccolata da amici e parenti, e non le era spiaciuto per una volta tornare a recitare la parte della bambina bisognosa; anche Din riposava tranquillamente nella stanza accanto. L’aspetto della ragazza appariva maggiormente riposato rispetto alle settimane precedenti; aveva iniziato a riprendere peso, anche se lentamente, costretta a nutrirsi dalle amorevoli cure del fratello, e dalle visite a sorpresa di sua madre. Soprattutto il viso era tornato più armonioso, e il pallore, accentuato lievemente dall’influenza, risultava tuttavia compromesso dal colorito roseo delle guance, dovuto all’aumento della temperatura corporea. La Signora Weasley non aveva mancato di farle notare che con quegli spinaci in testa somigliava alle streghe della fantasia Babbana e così, per fare contenta la donna, la maga si era rassegnata a lasciarli al naturale. In realtà non aveva detto a sua madre che se lo faceva era più per pigrizia che per altro, non aveva semplicemente tutta questa voglia di lasciare il letto. I capelli le erano sempre piaciuti di più lisci. Adorava quelli di Pancy e, infatti, sul nero era stata irremovibile.

Il sonno della ragazza era privo di sogni, e il suono del suo respiro, proprio perché rilassata, era impercettibile; se non fosse stato per il leggero movimento del petto si sarebbe potuto pensare che non stesse respirando per nulla.

La coperta tirata alla vita lasciava intravedere la stoffa colorata della camicia da notte estiva, un regalo di Fleur per una pronta guarigione e, in effetti, lo stile era proprio da Fleur. L’indumento composto di due strati in tessuto leggero, era retto unicamente da delle minuscole spalline, del medesimo colore della fantasia e dei laccetti incrociati sul davanti. Fucsia. Il primo strato, trasparente e bianco, era decorato con un motivo floreale; il secondo, più consistente, era color cipria.

Gnnnnnnnnnnnnnnn.

Un sottile spiraglio di luce si era aperto nella stanza e dei passi si erano avvicinati al letto. – Ginny? – Non vi era stata risposta. – Ginny? –

La maga destata dal proprio sonno aveva socchiuso leggermente gli occhi, prima di spalancarli completamente e sollevarsi a sedere. La catenina d’oro che aveva al collo era scivolata completamente all’indietro provocandole una sensazione di soffocamento. C’era qualcuno! L’impulso immediato era stato quello di gridare ma una mano aveva tappato prontamente la sua bocca. Il cuore le martellava nel petto a ritmo serrato, e si sarebbe agitata ulteriormente se i suoi occhi non si fossero abituati all’oscurità permettendole di riconoscere la figura che aveva davanti. La fronte di Ginny aveva assunto un cipiglio confuso. Che diamine ci faceva suo fratello Ron in casa sua nel cuore della notte? Voleva farla morire di paura?

Il giovane Weasley aveva lasciato andare la sorella. - Ron? –

Un'altra voce famigliare aveva parlato. – Lumos. -

L’oscurità dell’ambiente era stata sostituita dalla penombra.

- Harry? – La maga aveva scosso il capo. – Ma vi siete completamente affumicati il cervello a strisciare a casa delle persone nel bel mezzo della notte?! Poteva venirmi un infarto! – Si era portata una mano alla fronte e aveva alzato gli occhi al soffitto. – Merlino…conoscete quella cosa chiamata telefono? E ce n’è un’altra perfettamente efficace chiamata campanello… -

Prestando maggiore attenzione, la ragazza aveva notato che entrambe i giovani avevano un aspetto malconcio. Il labbro inferiore di Ron era tagliato, e così anche il suo sopracciglio, e una grossa contusione si stava scurendo nei pressi della mascella. Harry non sembrava passarsela meglio, con una mano si teneva la spalla, un taglio profondo gli squarciava la tempia e un occhio era livido. Ma che stava accadendo? Che cosa avevano fatto? – Cosa…che mi venga un colpo… -

Quando finalmente la maga aveva interrotto quel fiume di parole, il fratello l’aveva presa per un braccio. – Devi prendere la tua borsa e venire con noi… -

Gli occhi di Ginny scrutavano agitati quelli del ragazzo, era sbigottita, frastornata, e decisamente confusa. – M-ma… -

Era stato Harry ad intervenire. – Niente ma Ginny, non c’è tempo per le spiegazioni. –

- Un momento, e Damian? -

- Lo porto io dalla mamma Gin, adesso vai! -

La ragazza, reagendo al tono del fratello, si era alzata dal letto di scatto e, continuando a voltarsi verso i giovani, aveva raggiunto l’armadio dov’era riposta la borsa da lavoro con gli strumenti del mestiere. Aveva fatto per tirare fuori degli abiti ma era stata fermata da Harry. – No Ginny, dovrai venire così come sei, prendi solo una giacca. –

Ubbidendo quasi meccanicamente, ancora senza capire cosa stava accadendo, aveva raccolto il giubbotto di jeans abbandonato sulla poltrona e si era avvicinata al ragazzo aggrappandosi alla sua spalla; mentre si materializzavano chissà dove, Ginny aveva visto Ron uscire dalla stanza per andare a prendere Din.

15, giugno Palazzo Malfoy ore 02. 27 AM

Nel momento in cui erano riapparsi, la ragazza aveva avuto un capogiro ed era stata costretta a tenersi anche con l’altra mano alla spalla dell’amico. Doveva avere ancora qualche linea di febbre, la materializzazione le dava una sensazione di nausea. Non appena aveva riaperto gli occhi e alzato il capo si era resa conto di essere avvolta nella più completa oscurità, tuttavia, le sembrava di conoscere quel posto; la borsa le era caduta a terra quando si era servita di Harry per sostenersi.

Lumos. -

Una lieve luce aveva illuminato la stanza, e Ginny avrebbe preferito che ai suoi occhi non fosse rivelata una simile vista. Le iridi celesti della maga si erano di colpo allargate e la cornea era ormai divenuta un piccolo puntino nero appena visibile. – Draco… -

Draco Malfoy non aveva un bell’aspetto. Era sdraiato a letto, col viso sofferente contratto in una smorfia di dolore, e nessuno avrebbe potuto dire se fosse cosciente o meno di qualsiasi altra cosa oltre al male fisico, i capelli spettinati e intrisi di sudore, la fronte madida a causa della traspirazione. Il viso era persino più pallido del solito. Il labbro superiore era tagliato e vi erano anche delle abrasioni a livello dello zigomo destro, doveva essere stato colpito duramente all’occhio. Il naso era definitivamente rotto e il sopracciglio sinistro sfregiato, malgrado tutto, non era quello ad aver allarmato la giovane, ma l’enorme macchia di sangue che si stava rapidamente propagando attraverso la camicia bianca. Il mago alle sue spalle, nell’assistere a quella scena pietosa, aveva avuto l’impulso di trattenerla e lasciare morire Malfoy dissanguato. Non aveva mai, mai, da quando l’aveva conosciuta, vista assumere un’espressione così disgustosemente preoccupata per nessuno. Neppure quando erano stati insieme nella camera dei segreti, o quando suo padre era stato morso dal Basilisco; o durante l’esplosione di Hogwarts, o in un qualsiasi altro dannatissimo evento devastante della sua vita. Perché per Malfoy?

Ginny si era precipitata al capezzale del giovane, non curandosi di essere sbarcata malamente sul pavimento e dei lividi che avrebbero seguito quell’azione irresponsabile, e aveva acceso la lampada ad olio adagiata sul comodino. – Merlino…cosa ti hanno fatto… - Non sapeva neppure dove iniziare a mettere le mani, non voleva fargli del male e non voleva peggiorare la situazione. Aveva preso ad accarezzargli il volto come se questo potesse alleviare le sue sofferenze, non sopportava di vederlo così. Gli occhi della ragazza erano così agitati, e brillavano leggermente alla luce della flebile fiammella. Si era voltata di scatto verso Harry e gli aveva gridato contro, Ron era comparso in quell’istante. - Si può sapere perché non l’avete portato all’ospedale?! Dove siete stati?! – Parlando a denti stretti, la voce rotta e scossa, era suonata maggiormente collerica. - Che cosa avete fatto? Esigo una spiegazione…-

Il fratello della maga aveva osservato l’amico e questo gli aveva voltato le spalle. Sua sorella era una pazza furiosa, non l’avrebbero mai dovuta chiamare, preoccuparsi a quel modo per un ex Mangiamorte…

- Non potevamo portalo al S. Mungo per via della ferita, il Ministero avrebbe aperto un’inchiesta e Harry sarebbe finito nei guai, ed anche io e Malfoy… -

Harry si era scosso nelle spalle. – Avevamo trovato alcuni dei tizi coinvolti nella rapina a casa tua, e volevamo dargli una lezione…per arrestarli ci sarebbero volute prove, sfortunatamente queste non ci sono…non pensavamo che questi avessero con sé delle armi Babbane… -

- Armi Babbane… - Ginny si era voltata e aveva aperto la camicia del giovane. – …gli hanno sparato…. - Non poteva crederci. Suo fratello e Harry…che cos’era giustizia privata? Si era presa le tempie fra il pollice e l’indice e aveva scosso il capo. – Ditemi che non è morto nessuno… -

- Be, non ancora purtroppo… - Il mago dagli occhi verdi aveva rivolto uno sguardo a Malfoy.

Era la prima volta che sentiva Harry ridere con cattiveria, anche l’occhiata di Ron, pur trattandosi di Draco Malfoy, era stata di biasimo nei confronti dell’amico. Ginny si era voltata e aveva stretto dolcemente una mano di Draco. – Prega solo che sopravviva Harry, o sarò io ad andare a denunciarvi al Ministero… -

- Che cosa?! –

Ron aveva zittito il compagno facendo un gesto con la mano. – Pensi di poter fare qualcosa Gin? –

- I-io non lo so… - Si era alzata da terra e sfilandosi il giubbotto l’aveva gettato sulla poltrona accanto al letto. – Mi serve più luce… - Aveva preso la brocca d’acqua sulla toilette e aveva versato un po’ suo contenuto nella bacinella lì accanto, prendendo a lavarsi le mani col sapone.

- Incendio. – Harry lo aveva mormorato senza gentilezza nella voce, più per "dovere" che per altro. Le candele nella stanza si erano accese improvvisamente. – Dovrai accontentarti di questo, la luce potrebbe attirare qualcuno… -

- Sai quanto me né importa… – Aveva parlato a labbra serrate e con rabbia mentre apriva la sua borsa da lavoro, e n’estraeva il necessario.

Harry aveva rivolto lo sguardo altrove, mentre Ron era rimasto ad osservare la sorella che depositava un panno con alcuni arnesi a lato del letto. Le tremavano le mani.

Si stava sforzando di apparire calma e di ragionare a mente lucida.- Andrà tutto bene vedrai…andrà bene… - Stava parlando più per se stessa che per il mago, non era neppure certa che potesse sentirla. Merlino, non poteva farle uno scherzo del genere…non era pronta a perderlo sul serio.

Ginny aveva scostato gentilmente i capelli dalla fronte del giovane, prima di farsi coraggio e aprire nuovamente la camicia. Era una brutta ferita l’aveva capito immediatamente, e stava perdendo troppo sangue, non bisognava essere Medimaghi per intuirlo. Il colore che stava assumendo non le piaceva per niente, c’era qualcosa che non andava…

Aveva voltato leggermente il ragazzo per valutare l’entità del danno. Vista la posizione non sarebbero dovuti essere stati lesi organi vitali…ma allora perché…Ginny aveva spalancato gli occhi. – Dov’è il foro d’uscita della pallottola? – Era ancora dentro…

- È dentro Gin. -

Aveva preso un respiro profondo. - Va bene…reicio globulus… -

Una strana scia bianca aveva colpito il foro d’ingresso della pallottola, ma era stata respinta indietro. Malfoy aveva urlato per il dolore.

Harry si era voltato e Ron aveva guardato la sorella, scioccato.

Ginny era pietrificata. Che cosa aveva fatto…

Il mago castano si era diretto alla porta e si era messo in ascolto. – Potremmo aver svegliato qualcuno… -

La ragazza aveva chiuso gli occhi per un secondo e si era morsa le labbra per non imprecare, poi inspirando nuovamente aveva mosso appena la bocca. "Mio Dio" Gli aveva fatto del male…

- …no, nessuno si è accorto di nulla. - I due giovani alle sue spalle erano allibiti, la giovane Weasley aveva sbattuto un istante gli occhi e due lacrime erano scese sulle sue guance. Aveva parlato a fatica. – La ferita…non sono proiettili normali…la ferita è magica…non posso usare la bacchetta per estrarre il proiettile o guarirlo…perché potrei ucciderlo… -

- Che significa Gin? – Ron aveva scosso il capo senza capire.

- Che devo estrarlo a mano… - Una piccola risata isterica le era scappata fra le lacrime. - …e non sono sicura di riuscirci… -

Harry si era seduto sulla poltrona restando ad osservare la scena, alienato, mentre il giovane Weasley posava una mano confortante sulla spalla della sorella. – C’è la puoi fare Gin…io so che ce la puoi fare… -

- Avreste dovuto portarlo ad un ospedale Babbano… -

- L’hai detto tu Gin, la ferita è magica, non è possibile… -

- E che succede se invece sbaglio qualcosa e lo uccido, mi assolvi tu eh Ron? -

- Preferisci guardarlo morire… -

- Sì, e poi che racconto a suo figlio?…scusa amore, tua madre ha fatto secco il tuo papà ma non ha fatto apposta, è un Medimago incompetente… -

Ginny si era asciugata le lacrime dagli occhi e aveva preso a massaggiarsi le tempie. – Ok… - Aveva accarezzato nuovamente la fronte del mago. – Malfoy…mi senti?…non provare a restarci secco o giuro che stavolta me la paghi… - Non era suonata divertente, anche se avrebbe voluto esserlo.

Ginny aveva preso delle pinze. – Tenetelo fermo, non posso dargli niente…non conosco che tipo d’incantesimo hanno usato sui proiettili… -

I due ragazzi si erano sistemati ai lati del letto e avevano afferrato Draco per le spalle.

- Silencio…scusami. -

Mentre la ragazza inseriva le pinze nella carne, il mago aveva iniziato ad urlare e a contorcersi come se fosse sotto la maledizione Cruciatus. L’espressione della maga era rimasta d’estrema concentrazione, si stava imponendo di ignorare quello che Draco doveva stare provando. Le sue labbra erano strette per evitare di mettersi a gridare lei stessa. Il proiettile era in profondità.

Terminata l’operazione, Ron e Harry avevano lasciato andare Malfoy e Ginny, dopo essersi sbarazzata della pallottola, aveva preso a tamponare la ferita. Continuava a sanguinare…

Il polso era instabile, e la sua fronte era bollente. – Ha la febbre alta…la ferita è andata in setticemia… - Aveva preso in mano la bacinella ripulendola del contenuto e versandovi dell’altra acqua. – Glacio… -

Puntellando la superficie gelata e riducendola in minuscoli frammenti vi aveva riempito una pezza e l’aveva postata sulla fronte del giovane. – Devo dargli qualcosa… -

- Ma hai detto… -

- Lo so quello che ho detto Ron!

15, giugno Palazzo Malfoy ore 03. 49 AM

Ginny aveva iniettato a Draco una piccolissima dose di pozione che avrebbe dovuto avere lo stesso effetto di un antibiotico, dopodiché non aveva lasciato un istante il capezzale del giovane. Malfoy era in uno stato di semi incoscienza e delirava.

La giovane Weasley pur essendo ancora affaticata a causa della passata influenza non era voluta andarsene; continuava imperterrita a cambiare la pezza sulla fronte del mago quando questa diveniva calda, a controllare la fasciatura e il ritmo cardiaco, prendere la temperatura corporea…

Ron ed Harry avevano tentato di portarla via, quando secondo loro aveva iniziato a comportarsi in modo tanto ossessivo, con l’unico risultato di essere congedati con estrema freddezza.

La maga, seduta sulla poltrona accanto al letto, osservava Malfoy appoggiata alla fronte con una mano; l’altra era stretta attorno a quella del ragazzo. Iniziava a sentire la stanchezza…tuttavia, era troppo spaventata all’idea di chiudere gli occhi, temendo che quando li avesse riaperti qualcosa potesse essere andato incredibilmente storto.

Draco doveva star soffrendo parecchio…e Merlino solo poteva sapere se non avrebbe fatto qualsiasi cosa per dividere un po’ di quel dolore con lui…Sì, era patetico, lei era patetica, ma quando lo aveva visto steso su quel letto si era sentita morire sul serio per lui…anche se non cambiava niente, non cambiavano le cose, l’idea di perderlo definitivamente…poteva detestarlo, odiarlo, no odiarlo no mai…disprezzarlo, per quello che le aveva fatto, ma l’idea che non avrebbe potuto più sentire la sua voce, essere guardata da quegli occhi, no non voleva Draco Malfoy morto. In quel momento aveva realizzato che poteva convivere con il fatto di un Harry morto, o dietro alle sbarre di Azkaban, ma non poteva vivere all’idea che Draco smettesse di esistere, di essere Draco…

Aveva scosso il capo massaggiandosi il viso. Ecco gli effetti della febbre e della mancanza di sonno, aveva iniziato a fare pensieri sconclusionati…doveva andare a casa, cambiarsi, risposare, andare a riprendersi Din…e, invece, se ne stava lì troppo impaurita ad allontanarsi per fare qualche movimento…

- Va bene Gin…un ultimo controllo…e poi… - Si era alzata e aveva sentito il polso e la temperatura. Sembrava stabile. – Ok… -

Aveva fatto per andarsene, quando era stata afferrata per un braccio da una stretta d’acciaio e attirata indietro con forza. Il gesto improvviso l’aveva fatta sbarcare in malo modo sul letto a pochi centimetri dal viso del giovane. – Ginny… -

La ragazza era rimasta perplessa. L’aveva riconosciuta? No…stava solo delirando. Aveva sorriso con difficoltà osservando il volto del giovane, aveva gli occhi aperti, ma si vedeva che non era in sé. Con una mano gli aveva spostato alcune ciocche dalla fronte. Ma come ci riusciva a farla sentire indifesa, anche quando era lui ad essere steso in un letto privo di forze? – Shhhh, shhhh devi risposare…devi solo riposare…va tutto bene… - Aveva preso ad accarezzargli il viso. Possibile che lo trovasse attraente anche in quelle condizioni? Avrebbe potuto sembrare quasi un angelo quando rimaneva in silenzio. Ecco che ricominciava a piangere, perché doveva essere così debole? - …tranquillo…non vado da nessuna parte…resto qui, non me ne vado…tu però non fare scherzi, eh? Capito Malfoy? – Gli aveva strofinato il naso contro la guancia prima di abbracciarlo con delicatezza. - …niente scherzi… -

Ginny aveva spalancato gli occhi quando le mani del giovane avevano risposto all’abbraccio. – Non andare… - Era stato a malapena un bisbiglio.

- Cosa? -

La stretta si era fatta più intensa.

Aveva tirato su col naso e aveva ripreso ad accarezzargli i capelli per tranquillizzarlo, temeva stesse risalendogli la febbre. - Sh, sh, sh, sh…tranquillo…tranquillo…–

- Gin- -

- Shhhhhh…non devi fare sforzi…- Lo aveva guardato in viso. - …io sono qui…io sono-… - Le labbra del giovane si erano premute contro le sue. - Sh, sh… -

- …resta… - La bocca di Draco continuava a cercare quella della ragazza. - …Gi… -

Ginny continuava a parlare fra i baci, se si fosse agitato gli sarebbe tornata alta la temperatura. Non doveva fare sforzi. - …andrà bene…andrà…tranquillo…non parlare… - Non doveva…

Si era arresa al bacio e aveva risposto continuando a piangere come una stupida, sentendosi una stupida.

Le mani di Malfoy lentamente avevano preso ad errare il corpo della ragazza. Ormai la maga aveva smesso di pensare a qualsiasi cosa; gli aveva baciato la fronte, le guance, e poi di nuovo la bocca, permettendogli di esplorare lentamente il suo corpo, ancora non sapendo bene che cosa stava accadendo.

Ben presto la camicia da notte della giovane era scivolata via, così come ogni sua cautela o assennatezza.

15, giugno Palazzo Malfoy ore 07. 09 AM

La luce del giorno aveva rischiarato le pareti della stanza, e assieme alla fresca aria mattutina irradiato di nuova vita l’ambiente. Un profumo di fresco e di pulito si era dipanato all’interno della camera da letto, attraverso la portafinestra aperta, era misto alla fragranza di fiori ed erba appena tagliata.

Delle candele ormai consumate ancora poche erano rimaste accese, la fiammella traballava ad ogni leggera folata di vento, e sembrava sempre sul punto di esaurirsi.

Ginny si sentiva incredibilmente bene, piuttosto in forma per essere reduce da una brutta influenza. Provava una strana sensazione di beatitudine e completezza. Si stava meravigliosamente avvolti nel tepore delle coperte, quando l’aria del mattino, che ti sfiorava la pelle scoperta, ti faceva rabbrividire leggermente. E poi le lenzuola sapevano così di buono…strano, dove aveva già sentito quel profumo…era piacevole quel calore attorno alla vita e alle spalle…

La maga aveva aperto gli occhi, vagamente spaesata. Calore? Vita? Spalle? Non si ricordava di essere andata a letto svestita…e soprattutto con qualcun altro…perché con lei c’era qualcun altro…

Aveva alzato la testa dal torace pallido sopra il quale stava riposando, ancora consapevole della presa attorno al proprio corpo, e si era ritrovata a pochissimi centimetri dal viso di Draco Malfoy.

Shock, realizzazione, ansia, e infine panico, avevano attraversato lo sguardo della ragazza.

Casa sua, suo fratello, Harry, Draco, la ferita…ma certo, come aveva potuto essere così stupida da dimenticarsene…

Che cosa aveva fatto…che cosa avrebbe fatto…che cosa…

Ginny turbata e scossa, aveva tentato di liberarsi rapidamente e con molta attenzione dalla stretta. Non doveva svegliarlo, per nessun motivo, e con tutta probabilità neppure avrebbe ricordato nulla…Dio come aveva potuto?

- Ahi. -

Aveva sentito un piccolo fastidio al collo, ma non vi aveva prestato attenzione.

Una volta libera era rimasta seduta sul bordo del letto per un momento, prendendosi il viso fra le mani e dondolando avanti e indietro. Lui stava delirando per la febbre…lei avrebbe dovuto curalo e non…

Era scattata in piedi raccogliendo la propria camicia da notte e indossandola, aggirandosi scalza per la camera cercando di non fare rumore; mentre tentava di recuperare la propria roba.

Non doveva scordare niente…niente. Afferrando la propria borsa e il giubbotto di jeans aveva scarabocchiato una rapida nota e si era materializzata nel proprio appartamento.

La ferita sembra guarire rapidamente ma per precauzione sarebbe meglio che ti facessi visitare dal tuo Medimago, se ti occorrono dettagli o chiarimenti chiedi a Ron o a Harry. Non fare sforzi inutili e riposati.

Gin

Più tardi, molto più tardi, si sarebbe schiaffeggiata mentalmente per la stupidità di quella nota.

15, giugno Londra ore 07. 16 AM

Si era materializzata nel proprio soggiorno lasciando cadere a terra, borsa, biancheria, e giubbotto, e iniziando a massaggiarsi una tempia con la mano. Era così confusa e frastornata, la sensazione era di essersi presa una sbronza pazzesca e di essere andata a letto con uno sconosciuto, con la differenza che non si era ubriacata, e perciò non provava nausea o mal di testa, che non era stata con uno sconosciuto, tutt’altro, e soprattutto che era dolorosamente innamorata di quella persona. La stupidità doveva essere il suo forte, o non avrebbe fatto una cosa simile…era sbagliato, era immorale, era che lui probabilmente non si sarebbe neppure ricordato nulla, che lei invece ricordava troppo e che restava comunque il fatto che era andato a letto con un’altra, che non potevano stare insieme e c’erano mille e mille ragioni, perché anche se al momento poteva sembrarle così giusto, perfetto, così come doveva essere, era ingiusto, imperfetto, e non avrebbe assolutamente dovuto essere. Per lei, per lui, per Damian. Non sistemava le cose, le complicava soltanto. Era stato un errore, ma un suo errore, e non avrebbe in nessun caso dovuto ripetersi.

La maga si era asciugata gli occhi e aveva sollevato il ricevitore componendo un numero.

- Mamma?…Sì, sono io…sì…lo so mi dispiace è stata un’emergenza…no, no, assolutamente, è che dopo mi sono addormentata sul divano e non ho fatto caso al telefono…sì…ok, lo vengo a riprendere più tardi…sì, anch’io. -

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Capitolo 5
*** 5 ***


15, giugno Palazzo Malfoy ore 07. 45 AM

Draco Malfoy era sveglio, la sensazione era di essere passato attraverso un match non troppo amichevole di Quidditch e aver fatto un volo di almeno trenta metri. Il mago aveva provato a sollevarsi a sedere e si era portato rapidamente una mano alla spalla; una fitta lancinante appena sopra il petto l’aveva costretto a desistere. Che cazzo…aveva abbassato lo sguardo e notato il bendaggio. Decisamente quella non doveva essere stata opera di Potter o dell’idiota, fosse stato per loro avrebbero chiamato un prete e lo avrebbero lasciato morire dissanguato…quei figli di puttana allora ce l’avevano fatta a scappare, certo, se no quei due gran pezzi di merda, non si sarebbero presi la briga di cercare un Medimago e di portarlo a casa sua…Luna aveva proprio avuto un colpo di genio a raccontare ad Harry e Ron quello che stavano facendo, se i grandi eroi non si fossero messi in mezzo a quest’ora quei luridi bastardi sarebbero stati cibo per i vermi…

Aveva emesso un ringhio in esasperazione. Be, quello era grande, adesso sapevano che li tenevano d’occhio e chissà quanto ci sarebbe voluto prima che commettessero un altro passo falso…si poteva essere più coglioni? Avevano voluto mettersi in mezzo, bene, avevano voluto fare a modo loro, bene, ma dovevano proprio all’ultimo decidere di sfoderare il loro gran repertorio di trucchi da prestigiatore? Ed ecco che un semplice pestaggio si era trasformato in una sparatoria.

Il mago aveva tirato un pugno al materasso; la conseguenza era stata un’ulteriore fitta, seguita da una smorfia di dolore. Evviva l’Auror idiota e il giocatore di Quidditch esaltato…ma soprattutto evviva quella gran zitella rinsecchita della Lovegood, grande affare aveva fatto a darle retta, ecco cosa accadeva a deviare dalla formula normale che prevedeva l’ignorare le persone patetiche e frustrate come lei. In pratica non aveva fatto altro che rovinargli la vita, prima con quel fottutissimo articolo di giornale, poi con le sue seghe mentali da sbornia, e adesso questo.

Draco si era massaggiato la fronte con una mano, chissà magari se avesse premuto un po’ troppo forte finalmente sarebbe riuscito a stritolarsi la testa. L’attenzione del mago era stata catturata da un pezzo di carta a lato del letto.

La ferita sembra guarire rapidamente ma per precauzione sarebbe meglio che ti facessi visitare dal tuo Medimago, se ti occorrono dettagli o chiarimenti chiedi a Ron o a Harry. Non fare sforzi inutili e riposati.

Gin

Aveva sorriso. Allora era stata lei…avrebbe dovuto saperlo, di chi altro potevano essere le mani che avevano passato metà della notte ad accarezzargli e inumidirgli la fronte? Sentiva di avere il suo profumo addosso, e questo spiegava anche il sogno e le allucinazioni…doveva avergli dato proprio qualcosa di forte, perché se solo avesse saputo che cosa avrebbe immaginato…

15, giugno Londra ore 03. 20 PM

- Ginny sei proprio certa di sentirti bene? -

- Come? -

Aveva accettato di uscire di casa e prendere una boccata d’aria con Hermione, era assurdo che si sentisse imbarazzata da Damian, ma era così. I piccoli occhi del bimbo la guardavano sempre come se stessero implorandola di qualcosa; e se rimaneva ferma ad osservarlo gli veniva in mente Draco, la ferita, e la notte appena trascorsa…oltretutto si sentiva ancora un po’ influenzata, e anche Din non stava benissimo. Entrambi avevano passato le ore precedenti a rimettere, e solo una volta arrivato George, Damian era sembrato sentirsi meglio. Era strano credeva che le fosse passata, ma doveva aver ancora qualche linea di febbre; sì, be probabilmente anche Draco doveva essere nelle sue condizioni, anzi peggio…quasi sicuramente gli aveva fatto risalire la temperatura invece di abbassargliela, e quando l’effetto della pozione che gli aveva dato fosse terminato…comunque adesso era un problema del suo Medimago, non la riguardava più.

Le due ragazze erano sedute al loro bar preferito; Hermione era ancora un po’ suscettibile per via della gravidanza indesiderata, ancora un paio di settimane e sarebbe entrata nel terzo mese, tuttavia Ginny aveva ascoltato ben poco di quanto le era detto dall’amica, continuava a rimestare in maniera assente il liquido azzurrognolo del suo bicchiere. I capelli mossi erano tenuti indietro da una bandana nera con i disegni bianchi e, sotto il solito giubbotto, indossava dei jeans, e una semplice polo bianca.

- Be sto parlando da almeno un’ora, ed è da altrettanto tempo che tu stai mescolando quella bibita indicibile piena di coloranti con un’espressione… -

La giovane aveva lasciato andare il cucchiaio e si era portata le mani in grembo.

- …ehi Ginny, ma che succede? -

- Niente, non succede proprio niente. – Ginny si era costretta a sorridere, ma la rapidità della risposta e il nervosismo nella voce non avevano tratto in inganno l’amica.

- Merlino, Ginny neanche ti avessi chiesto se stai andando a letto con qualcuno… - L’aveva detto scherzando, invece la ragazza si era irrigidita e aveva assunto un’espressione colpevole.

- … -

- O cielo! -

- No, no, ti stai sbagliando, non vado a letto proprio con nessuno. – Era palesemente agitata.

- Ginny, forse non sarò la tua confidente numero uno, ma l’ultima volta che ho avuto quell’espressione è stato la prima volta che io e Ron… -

La maga dai capelli corvini si era portata rapidamente le mani alle orecchie. – Non lo dire, non lo voglio sentire, è già abbastanza difficile sapere che quasi tutti i miei fratelli hanno dei figli e che quindi…non voglio anche conoscerne i dettagli… - Aveva arricciato il naso rabbrividendo.

- Ok, scusa…ma chi… -

- Non c’è nessun chi. -

- Come… -

- E neppure nessun come. Io non vado a letto con nessuno, non mi vedo con nessuno, e non sono innamorata di nessuno. -

Hermione aveva spalancato gli occhi. Un momento, l’unica altra persona con cui si vedeva oltre a Harry era… – Non è… -

- No. -

- Ma se non sai nemmeno cosa stavo per dire… -

- No! -

- Ok, ma Ginny se è come penso, è meglio che tu stia attenta a quello che fai. -

16, giugno Londra ore 09. 44 PM

- Allora, sogni d’oro amore. -

Ginny aveva messo a letto Damian, e richiuso la porta della stanza alle proprie spalle. La giovane aveva dato uno sguardo all’orologio, avrebbe fatto meglio a sbrigarsi; fra poco sarebbe arrivato Draco, fino allora era stata bravissima nell’evitarlo, e sinceramente non se la sentiva d’incrociarlo proprio ora dopo quanto era accaduto. Non riusciva neppure ancora a spogliarsi senza ripensare a…

Trrrrr. Trrrr. Trrrrrrrrrr.

La maga aveva osservato confusa la porta. Ok, questo era strano. Malfoy sapeva perfettamente che lei non gli avrebbe mai aperto, infatti, la giovane aveva supposto che non avesse più suonato ma si fosse limitato ad entrare aprendo la porta con la bacchetta nell’ultimo periodo; anche perché se avesse suonato lei avrebbe saputo esattamente qual era il momento migliore per materializzarsi al S. Mungo, invece, di anticiparlo e ritardarlo tutte le sere al solo scopo di non correre il rischio d’incontrarlo…ma allora chi era? Per i suoi fratelli, da quello che aveva potuto capire il campanello era un optional, si sentivano in diritto di materializzarsi a casa sua come più gli pareva e piaceva; un giorno avrebbe dovuto installare un incantesimo anti-materializzazione nei loro confronti, da quando gli aveva permesso di farlo una volta…e sua madre telefonava sempre prima, in più, tutti quelli che conosceva sapevano che a quest’ora si recava al lavoro…

Trrrrrrrrrrrrrrr.

Ginny si era avvicinata alla porta con circospezione e, diffidente, aveva osservato dallo spioncino. Luna?!

No, non aveva proprio voglia di affrontarla. Oltretutto di lì a poco sarebbe arrivato Draco, e l’idea di averli vicino insieme la irritava in un modo indicibile; sarebbe stata una perfetta idiota se l’avesse fatta entrare…

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

- … -

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

Non se ne sarebbe andata, quella ragazza era estremamente caparbia e furba. Doveva aver visto dalla strada le luci accese perciò sapeva che era ancora in casa. Ginny aveva roteato gli occhi sospirando. Ok, ma lo faceva unicamente per dirle che se riprovava a farsi vedere nei paraggi, la sterilizzava in modo permanente…Non aveva avuto nessun diritto di mettersi in mezzo, e probabilmente l’aveva fatto unicamente per ripicca visto che le cose con Harry non andavano; continuava ad incolparla, quando era lei che non sapeva tenere al guinzaglio il proprio fidanzato.

Mio Dio ma che le stava prendendo? Da dove le erano usciti questi pensieri? Sembrava perfino gelosa…

La giovane aveva aperto la porta con un’espressione inequivocabile sul viso, voleva tentare di apparire fredda e controllata. L’ultima cosa che avrebbe permesso era mostrare a Luna che era così furiosa con lei che le avrebbe volentieri cavato gli occhi dalle orbite. Ma una volta che la porta aveva rivelato la figura scossa e agiata della giovane, Ginny aveva sentito contorcerlesi qualcosa all’interno dello stomaco, tutto quello che era riuscita a mostrare era confusione e preoccupazione.

Luna aveva il viso arrossato e gli occhi lucidi, i suoi capelli avrebbero avuto bisogno di una buona spazzolata, e anche nel suo modo di vestire c’era qualcosa che non andava. Indossava una gonna rossa e arancione più lunga da un lato, le cuciture erano all’esterno, e una semplicissima camicia bianca i cui bottoni erano allacciati in modo sbagliato. A parte lo stato generale, avrebbe potuto apparire quasi normale.

- Luna…ma cosa… -

La maga bionda si era abbandonata ad un pianto disperato nelle braccia dell’amica, Ginny aveva esitato un attimo, troppo stordita per avere una qualsiasi reazione, prima di rispondere all’abbraccio, e tentare di confortare la ragazza. In quel momento sulla soglia della porta era comparso Malfoy, la scena ricordava molto la prima volta che il mago si era presentato all’appartamento; anche il suo viso aveva assunto le medesime espressioni, benché le ragioni fossero diverse.

Draco Malfoy era davanti all’ingresso con le mani in tasca e un’espressione sorpresa sul viso.

Sorpresa, perché non avrebbe pensato di trovare Ginny ancora in casa, incredulità per la scena che aveva di fronte, infine irritazione…che cazzo ci faceva lì quella stronza?

Ginny in un moto di rabbia improvvisa, aveva chiuso in faccia la porta al ragazzo. Non aveva saputo neppure lei il perché, ma era chiaro che non poteva gestirli entrambe allo stesso momento; inoltre il vederli accoppiati aveva riacceso in lei tutto il rancore e l’umiliazione. Erano andati a letto insieme, li detestava, e non conosceva la ragione, ma adesso Luna stava piangendo come una fontana e si era rivolta a lei; aggiunto al fatto che Din era nell’altra stanza, e che lei avrebbe dovuto trovarsi al lavoro…si sentiva di troppo nel suo appartamento, ed era semplicemente assurdo.

Il movimento, l’agitazione, e la debolezza della convalescenza, le avevano dato un capogiro. Era corsa in bagno a vomitare.

In un primo istante, dopo aver rimesso l’anima nella tazza, aveva pensato di chiudersi in bagno e aspettare che tutti se ne fossero andati, oppure di materializzarsi al S. Mungo e lasciare che se la sbrigassero tutti quanti da soli; ma aveva visto il modo in cui Draco aveva fissato Luna, e una porta neppure chiusa a chiave di certo non avrebbe fermato un Malfoy. Non poteva piantarla in quelle condizioni, anche se avrebbe voluto soltanto portala non troppo gentilmente alla toilette e tirare lo sciacquone…e poi non sopportava di lasciarli da soli, e questo era davvero troppo anche per lei.

Tornata in soggiorno, Ginny aveva visto confermato il suo sospetto. Il mago era in piedi che fissava la ragazza seduta sul divano come se attendesse spiegazioni. Luna non gli prestava neppure attenzione, continuava a piangere senza sosta. La giovane Weasley si era sentita uno schifo, avrebbe davvero piantato in asso l’amica in quello stato, poteva avere qualcosa di serio e Draco non sembrava curarsene minimamente.

La giovane si era diretta al frigorifero e aveva estratto una bottiglietta d’acqua, versandone un po’ in due bicchieri e portandone uno alla maga bionda. – Prendi. –

Luna aveva accettato il bicchiere e cercando di calmarsi un poco aveva preso dei piccoli sorsi. Ginny servendosi a sua volta non aveva spostato un secondo lo sguardo dall’amica. Si era passata una mano sul viso e si era stretta fra le braccia sforzandosi d’essere gentile. – Meglio? –

Aveva annuito col capo porgendo il bicchiere alla ragazza.

Malfoy si era limitato ad osservare la scena, era ancora irritato.

- Bene. -

- Credo…di aver avuto un aborto… -

- Cosa?! -

Sia Ginny che Draco avevano spalancato gli occhi, il secondo non aveva però detto una parola.

Ok, questo era veramente troppo…non riusciva neanche a sentirsi dispiaciuta, non riusciva a provare più niente…e va bene, non era il momento di pensare al perché al percome, lei era un Medimago, si trattava del suo lavoro…era solo lavoro…non volva neanche sapere come fosse possibile, o di chi fosse…

- Ok, ho capito. È necessario fare un controllo…puoi venire al S. Mungo con me. – Era stata fredda e professionale.

- Grazie… -

- Sono un Medimago… - Nel pronunciare il resto della frase aveva osservato Malfoy. - …curare i feriti è il mio mestiere. -

Il mago non aveva potuto fare altro che chiudere gli occhi.

16, giugno Londra ore 10. 54 PM

- Mi dispiace per la tua amica, è molto sfortunata… -

Jemima aveva passato a Ginny la cartella con le analisi di Luna.

- Sono cose che capitano dopotutto, non è il caso di farne un dramma. - Si era portata i capelli dietro un orecchio, e aveva iniziato a sfogliare il plico con freddezza. La donna le aveva rivolto uno sguardo per nulla convinto. Ginny aveva sollevato a malapena gli occhi dal fascicolo. – Che c’è? -

- C’è che sei diventata una stronza ultimamente Virginia Weasley, perciò vedi di fartela passare… -

- Che cosa? – Aveva emesso un suono simile ad una ristata per nulla divertita.

- Hai capito. Stai perdendo di professionalità. A parte il modo in cui vieni vestita, che non mi riguarda, quando si tratta di bimbi sei tutta zucchero e sorrisi…poi diventi così…non sei l’unica a cui capitano disgrazie, e c’è gente che si spacca il culo e si fa in quattro per te…potresti almeno mostrarti riconoscente. -

- Ma che cosa né sai tu eh? – Non poteva crederci, adesso ci si metteva lei a farle la paternale.

- So che quella ragazza e il tipo che ti ronzava attorno quand’eri ricoverata qui hanno speso il loro e il mio tempo per mettere le mani sull’uomo che ti ha aggredito, ad esempio, e che tu li ripaghi in questo modo… -

- Cosa? – L’aveva guardata come se fosse completamente pazza. Ma che assurdità…

Jemima Wright aveva alzato le sopracciglia e fatto segno con la testa. "Secondo te?"

- Non starai dicendo sul serio… - Non era possibile.

La donna se n’era andata sbattendo la porta.

- Perfetto, ci mancava anche questa… - Irritata, aveva ripreso ad osservare le analisi e si era interrotta di colpo…un momento…ma allora…

Era un’idiota.

16, giugno Londra ore 11. 11 PM

Luna era seduta sul lettino col camice dell’ospedale, quando Ginny era entrata nella sala visite tenendo la cartella fra le mani. – Ciao…come ti senti? –

- Tutto sommato niente male, voglio dire, considerando il fatto che ho appena perduto il mio bambino…fin troppo bene… -

- Ci sarà bisogno di farti un incantesimo di raschiamento… -

- Me lo farai tu? -

- Sì, se vuoi sì. -

- Allora suppongo che sia ok. -

- Senti…tu lo sai che era di Harry, vero? -

- Cosa…? -

Aveva annuito col capo. – Eri al secondo mese… -

- No…no, è possibile… - Si era presa il viso fra le mani.

- Mi dispiace… - Aveva sospirato. - …e mi dispiace anche per come ho reagito, io credevo che fosse di… -

- Malfoy. -

- Già… -

- Comunque fra me ed Harry è finita perciò…perciò se anche tu volessi uscirci non avrei il diritto di obiettare. -

- Ma io non voglio uscirci…almeno, non per ora… - Aveva tentato di fare la spiritosa, alla ragazza era scappato un flebile sorriso. – Jemima mi ha detto quello che avete fatto…grazie… -

- È stata un’idea di Malfoy…io ho solo visto la fonte di un ottimo articolo… -

- Grazie lo stesso. -

- Non li abbiamo mica presi… - Era scettica.

Aveva roteato gli occhi. – Be, grazie comunque…di un po’… – Aveva fatto segno col dito. - …non avrai preso anche tu parte a quella specie d’incontro di pugilato… -

- Te l’ho detto e te lo ripeto, ma tu ti fumi qualcosa prima di prendere servizio?…Comunque grazie per il tentativo di farmi ridere. –

Ginny era già alla porta. - Figurati. – Aveva ruotato la maniglia. – A che servono le peggiori amiche? –

Una volta al di fuori, Ginny si era inclinata contro la porta stringendo la cartelletta al petto.

Si sentiva male per l’amica, eppure vi era una piccola parte di lei che né stava traendo soddisfazione, e questo non le piaceva per niente. Non perché le fosse stato insegnato che gioire delle disgrazie altrui fosse ingiusto; semplicemente perché significava che era divenuta, esattamente il tipo di persona che si era ripromessa di non diventare. Infelice. Quando s’iniziava a provare consolazione nel dolore altrui era sintomo che non si era felici, non che fosse una novità il sapere di esserlo, era il divenirne consapevole il problema. Mordersi la lingua e stare zitti…prima o poi l’avrebbe ingoiata la propria lingua…ma era sempre stata così emotiva?

Alla fine, dopotutto, evitare di pensare ai problemi non serviva a risolverli…

È che non lo sapeva più neanche lei, il perché delle proprie azioni, o meglio, delle proprie reazioni. Sembrava che avesse definitivamente perso il controllo di sé, e questo era spaventoso, era una delle poche certezze che aveva sempre avuto il poter fare affidamento sulle proprie forze, perché anche se tutto il resto si disfaceva nelle proprie mani, avrebbe comunque avuto sé stessa per uscirne a testa alta in qualche modo, o almeno uscirne. Invece adesso come faceva ad uscire da qualcosa che non aveva né capo né coda? Certo, ce l’aveva con Luna e con Malfoy, ma non poteva vederli soffrire perché dopotutto teneva a loro; e al secondo teneva così tanto che non poteva sopportare di averlo lontano e la uccideva lo stragli vicino. Aveva fatto l’amore con Draco Malfoy, perché amava Draco Malfoy, e non poteva stare con lui perché lo amava. Ironico? La felicità e l’amore probabilmente dovevano essere due cose disgiunte, non andavano di pari passo. Chissà forse la felicità vera si poteva trovare unicamente dove non ci fosse amore…no, neanche con Harry era stata felice.

E se non poteva essere felice, almeno avrebbe dovuto cercare d’essere serena.

Aveva fatto la cosa giusta ad allontanarlo, perché era impossibile smettere di provare dolore, ed allora era meglio scegliere il minor male. Era vero che soffriva a stare senza di lui, ma faceva più soffrire stare con lui. Perché ripensava al male che le aveva fatto, e non poteva impedirsi di credere che gliene avrebbe fatto dell’altro. E poi, e poi c’era sempre quel problema…e Din, e il loro differente sistema di affrontare e vedere le cose…ma se lo sapeva, perché ogni volta che lo sentiva vicino si scordava di tutto quanto? E da lì si ritornava al punto di partenza, non poteva più avere la certezza di sé stessa…e sì, aveva bisogno di lui, ma, sì, aveva molto molto più bisogno di lei, e Din né aveva bisogno più di chiunque altro. Forse doveva soltanto accettare le cose. Non poteva mandare completamente alle ortiche il rapporto con Malfoy soltanto perché ci stava male; restava pur sempre il padre di Din, e lei stessa non poteva fare a meno di lui, ma tra loro non poteva esserci una storia, nessun futuro…avrebbe preso quel poco che avrebbe trovato, cercando di farselo bastare finché, se non Damian, almeno lei avesse potuto farne a meno.

Già…

…fino alla prossima volta…

Chi stai tentando di prendere in giro eh Ginny? Ma andava bene anche così, mentendo a se stessa magari prima o poi avrebbe finito col crederci sul serio.

17, giugno Londra ore 05. 00 AM

- Non preoccuparti scricciolo, il papà risolverà anche questa. -

Draco era sdraiato sul divano nell’appartamento di Ginny, Damian stava dormendo tranquillamente nelle sue braccia. Il mago accarezzava i capelli del figlioletto osservando il soffitto; presto o tardi, anche quel giorno sarebbe dovuta tornare a casa, non doveva fare altro che aspettare.

Era stato impreparato a ritrovarsi di fronte Ginny, e l’ultima persona che avrebbe immaginato di vedere con lei sarebbe stata proprio Luna Lovegood; anche se non c’era da stupirsi che per una cosa del genere si fosse rivolta a lei…Merlino, lo sguardo accusatorio con cui l’aveva fissato…lui neppure sapeva che fosse incinta…e se doveva essere onesto, neppure gli importava. Alla fine il problema pareva essersi risolto da solo, e si sentiva sollevato, non avrebbe saputo affrontare la cosa. Certo, non avrebbe potuto fare finta di nulla; ma non era come se lui avesse avuto una storia con Luna.

Era impossibile prevedere quella che sarebbe stata la reazione di Ginny, ovviamente né era stata sconvolta, e se Luna non avesse perduto il bambino di certo non glielo avrebbe mai perdonato, non che così lo avrebbe fatto, soprattutto visto che lei nemmeno avrebbe potuto darglielo un figlio…

…mai.

Di certo non le avrebbe permesso di lasciarlo uscire dalla sua vita, no assolutamente, meno che mai ora, dopo la difficoltà con cui erano arrivati a quella sorta di pacifica convivenza e sopportazione…anche se così era abbastanza frustrante avrebbe fatto di tutto pur di non essere allontanato, le avrebbe perfino detto quelle parole, qualsiasi parola, se fosse servito a sistemare le cose.

Averla tanto vicino e saperla così lontana…quante volte era stato sul punto di mandare tutto all’aria perché lei rispondesse a quei baci che lui le rubava quand’era addormentata, ed era certo che lei aspettasse solo quello…insomma quella tortura a cui si stavano entrambe sottoponendo pur di stare vicini avrà pur dovuto significare qualcosa? Il fatto che rispettasse il suo non volersi confrontare direttamente,…forse era vero avevano idee differenti su tante cose, e allora? Sarebbe stato incredibilmente noioso il contrario. Gli piaceva proprio perché era così, perché viveva tutto così totalmente non accettando le mezze misure, e se doveva dirle "ti amo", lo avrebbe fatto, se avesse dovuto sposarsela avrebbe fatto anche quello. Ma non lo capiva che a quel punto non gli importava più di nulla? Sarebbe andato perfino contro tutto quello in cui credeva, contro la propria indole, se fosse servito; soltanto non doveva chiuderlo fuori dalla sua vita, e lui si sarebbe impegnato e avrebbe fatto tutto il possibile per rendere lei e Damian felici.

Questo sì che era patetico…lo stava rendendo debole, e lui la stava lasciando fare, più ovvio di così che tenesse a loro?

17, giugno Londra ore 06. 10 AM

Ginny si era materializzata all’interno del proprio appartamento, sapendo esattamente cosa aspettarsi; da un certo punto di vista la faceva sorridere…in fondo anche quella era una piccola certezza…ma che poteva farci? Amava farsi del male…

Aveva sorriso leggermente, eccoli lì i due uomini della sua vita…insieme erano perfino adorabili…quando li vedeva così provava una sorta di dolce dolore, febbre, pazzia, amore, di qualunque cosa si trattasse avrebbe dovuto semplicemente imparare a conviverci. In fondo non era poi così terribile come sembrava, in uno strano modo malato li aveva lo stesso entrambe per sé, padre e figlio…e allora perché le veniva di nuovo da piangere? Ma quanto doveva essere stupida per fare così tutte le volte, e va bene…avrebbe continuato a recitare la sua parte di brava ragazza, avrebbe sorriso, e…una volta è un caso, due volte una coincidenza, ma tre un complotto…ma come le era venuta in mente questa frase? Forse non era neppure esattamente così…tuttavia, il copione di questa follia prevedeva che lei, portasse Din nella sua cameretta e coprisse Draco con una coperta…

Ginny si era mossa verso il divano come se fosse la cosa più naturale del mondo, e aveva preso il bimbo fra le braccia, stringendolo forte forte. Al momento nella stanza c’era tutto quello che poteva desiderare, un vero peccato si trattasse solo di un’illusione. Dando un ultimo sguardo ai suoi due ragazzi, la maga consolidando la presa sul piccolo si era diretta alla cameretta di Damian.

- La mamma e il papà ti vogliono bene…si sistemerà tutto, è una promessa. -

Gli aveva rimboccato le coperte, dato un bacio e accarezzato la testolina, prima di chiudere la porta alle proprie spalle stando attenta a non fare rumore. La maga aveva fatto per dirigersi alla propria stanza, ma raggiunta la soglia si era bloccata con la mano sullo stipite. Aveva chiuso gli occhi e sospirato, poi si era voltata verso Draco, ed era rimasta ferma ad osservarlo stringendosi fra le braccia. Sei passi…soltanto sei passi da lì al divano…sarebbe bastato non pensare, sarebbe bastato gettare all’aria ogni buona intenzione…a vederlo così indifeso come un bambino, era impossibile anche solo credere che sarebbe stato capace di ferirla di proposito, guardarlo con Din…se poteva essere così buono e paziente con una creaturina indifesa…ma come faceva a cancellare quello che aveva sentito, quando aveva saputo di lui e Luna? Immaginarlo con un’altra; ammettendo anche che per lui non avesse significato niente…ma era comunque successo…eppure Ginny quando ci hai fatto l’amore non sembravi averci fatto molto caso…no, infatti, tutto quello cui aveva pensato è che era vivo, e che era stata sul punto di perderlo, e non voleva che accadesse…

…e se fosse stata intelligente si sarebbe voltata, avrebbe chiuso quella porta, si sarebbe cambiata e sarebbe uscita, per ritornare una volta che lui fosse andato…se…

Sei passi.

Il primo passo, al Ghirigoro in difesa di Harry.

Il secondo, nell’ufficio della Umbridge.

Il terzo, quella mattina alla Tana.

Il quarto, Damian.

Il quinto, quel bacio.

Il sesto, il sesto da lì al divano; non avrebbe mai fatto quel passo.

Non era necessario scappare, solo un ultimo sguardo, solo un ultimo bacio e poi si sarebbe chiusa in camera, e avrebbe aspettato che se n’andasse.

Ginny si era avvicinata lentamente a Draco, cercando di essere il più silenziosa possibile, e si era chinata in ginocchio di fronte a lui posandogli un bacio sulle labbra. Malfoy aveva aperto gli occhi; di tutte le cose non si era aspettato una simile. Aveva risposto al bacio. La ragazza non era sembrata neppure sorpresa, né si era allontanata; tuttavia il mago non aveva avuto il coraggio spostare un muscolo, aveva paura che se l’avesse toccata l’incanto si sarebbe spezzato. Le labbra di Ginny si muovevano lentamente su quelle del ragazzo, il tocco era leggero, così come l’incontro delle loro lingue; la stava assecondando, perché non sapeva che cosa poteva significare.

Quando si era tirata indietro aveva accennato sorriso triste. – Va a casa. – Sollevandosi da terra, si era diretta alla camera da letto chiudendosi dentro con la chiave. Non aveva previsto che si sarebbe sentita così…che sarebbe stato tanto difficile una volta…forse…forse se gli avesse dato un'altra opportunità…

Draco si era alzato a sedere, aveva una bruttissima sensazione. Era sembrato un bacio d’addio…aveva raggiunto la porta chiusa appoggiandovi sopra una mano. – Ginny? – Aveva cercato di ruotare la maniglia. – Ginny? -

È difficile recuperare un’occasione perduta. Di là di quella parete Ginny stava contando fino a cento. Arrivata a cento avrebbe aperto la porta, sì era un gioco stupido, ma al momento non aveva alternativa; se fosse arrivata a cento e lui fosse stato ancora lì ci avrebbe pensato, allora…se a cento avesse avuto il coraggio di aprire quella porta, nonostante tutto.

Arrivata a quaranta, aveva smesso di chiamarla; a settanta, i passi avanti e indietro avevano smesso di sentirsi di là dalla porta. A novanta i respiri di frustrazione erano scomparsi. A cento, quando non ce l’aveva più fatta e aveva aperto la porta, di lui non c’era stata alcuna traccia.

Avrebbe dovuto saperlo.

Era corsa all’ingresso, insultandosi mentalmente, magari era soltanto lì fuori, magari…

Nessuna traccia.

Che idiota…fino all’ultimo ci aveva sperato, perché se fosse contata realmente qualcosa per lui, avrebbe tentato di parlare, avrebbe trovato il modo, si sarebbe inventato qualcosa, magari avrebbe anche urlato però almeno avrebbe avuto una qualche reazione…e invece tutte le volte dalla sua bocca non usciva niente, niente che avesse un qualche valore. Sì, il piano non era stato quello all’inizio, avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle tutto definitivamente, ma poi una volta che si era ritrovata lì…perché non fare ultimo tentativo? Dargli la possibilità di uscirsene con qualcosa che le facesse cambiare idea, qualcosa che spazzasse via ansie e paure…perché non tentava di convincerla che così era giusto, che lei si sbagliava, che insieme potevano funzionare, che sarebbe andato tutto bene…che c’era di più fra loro…che c’era molto di più…

…era davvero finita…si era rassegnato…

Allora alla fine c’era riuscita…l’aveva fatto andare via davvero, adesso che realizzava che era l’ultima cosa che voleva…che avrebbe mandato al diavolo tutto quanto, se solo lui si fosse trovato dietro quella maledetta porta.

L’aveva chiuso un'altra volta fuori, e lui non era un idiota, ma non sapeva come prenderla…che significava quel bacio? Perché non gli aveva aperto quando le aveva chiesto spiegazioni? Era stanco di avere a che fare con queste sue uscite, perché se solo gliene avesse dato l’opportunità le avrebbe detto tutto, tutto quanto, di lui, di lei, di loro…che stava diventando pazzo nello starle così vicino e non poterla toccare, nel misurare ogni parola per paura che fosse quella sbagliata, che ogni suo gesto potesse essere male interpretato; perché si stava sforzando sul serio di aggiustare le cose. Le avrebbe detto che l’idea di non potere stare con lei lo stava distruggendo, che la voleva a tal punto che faceva male, e avrebbe setacciato Londra in lungo e in largo per uccidere chi aveva osato toccarla, che se avesse voluto passare il resto della propria vita con qualcuno quel qualcuno sarebbe stato lei; la voleva come moglie, come amante, come amica, come madre di suo figlio…se per sempre avesse avuto un qualche significato, lui avrebbe voluto dividere la propria vita con lei.

18, giugno Londra ore 09. 48 PM

Aveva deciso di recarsi al lavoro a piedi quel giorno, sentiva il bisogno di schiarirsi un poco le idee e forse due passi in mezzo alla gente avrebbero fatto bene. Ginny osservava distrattamente le vetrine e i passanti, non aveva idea se Draco si sarebbe presentato a casa sua quella sera, il giorno precedente aveva evitato di andare e così, per non trovarsi nei guai all’ultimo momento, aveva pregato sua Madre di guardare Damian per lei.

La giovane maga si era arrestata un attimo guardandosi attorno. Nessuno. Era sciocco, ma aveva la sensazione d’essere seguita…anche ieri sera le era accaduta una cosa simile, stava diventando paranoica, probabilmente doveva essere la stanchezza; comunque c’era troppa poca gente in quella via, avrebbe fatto meglio ad utilizzare la strada principale.

Un rumore improvviso l’aveva fatta voltare di scatto.

Aveva sospirato. Era soltanto un gatto che aveva fatto cadere un bidone dell’immondizia…

Si era portata una mano alla fronte; le sembrava di essere un fascio di nervi, dormiva pochissimo e non riusciva a trattenere niente nello stomaco, oltretutto, la febbre di Din, continuava ad andare e venire. Si era rivelato essere un fatto nervoso, e sinceramente parlando, lei non sapeva che farci.

Ginny aveva messo le mani in tasca.

Un momento, quei pantaloni non si supponeva avessero le tasche davanti, no…aveva sbagliato a prenderli dall’armadio, e il tesserino dell’ospedale era negli altri…stupendo…

La ragazza aveva iniziato a trafficare con la borsa nel mezzo della strada semi deserta, forse se era fortunata avrebbe avuto con se quello di riserva…per la fretta e il nervosismo la valigietta le era scivolata a terra, parte del suo contenuto si era vuotato sull’asfalto scuro.

Aveva alzato la testa al cielo. Fantastico…

Ginny non aveva fatto in tempo a chinarsi che qualcuno l’aveva afferrata di spalle, una mano era andata a tapparle la bocca. L’ultima cosa che avrebbe ricordato nitidamente sarebbe stata la sua bacchetta rovesciata proprio accanto alla borsa, e la fitta di terrore e panico che l’aveva colta nel sentire la voce di quell’uomo. – Ti sono mancato? –

19, giugno Londra ore 05. 32 AM

Si sentiva intirizzita e dolorante, la testa le pulsava in maniera impressionante, ed aveva un senso di nausea. La gola asciutta le bruciava da impazzire, mentre, in bocca sentiva il sapore metallico e sgradevole del sangue. Aveva freddo, e si sentiva umida e appiccicaticcia. Ginny si era alzata a sedere con notevole sforzo, quasi immediatamente era stata colta da un capogiro ed aveva rimesso lì vicino. Non c’era un muscolo che sembrasse non dolerle; le gambe, le braccia, ma soprattutto lo stomaco e il viso. Si era portata una mano alla testa ma l’aveva ritratta immediatamente emettendo una sorta di sibilo a denti stretti. Doveva avere un brutto taglio, e probabilmente non solo in quel punto.

Era tutto buio e deserto attorno a lei, non aveva neppure idea di dove si trovasse o che ora fosse…facendo leva sul terreno bagnato e viscido aveva tentato di rimettersi in piedi barcollando. Doveva trattarsi di un vicolo, ed era o incredibilmente tardi o incredibilmente presto; la sua borsa si trovava poco lontano rovesciata sull’asfalto. Era ancora scossa e spaesata, la sua mente sembrava essere una pagina bianca…avvicinandosi al luogo dove era abbandonata la borsa, aveva inquadrato immediatamente le proprie cose…la bacchetta si trovava leggermente più lontano rispetto al resto e la maga si era chinata a raccoglierla per poi farla precipitare di nuovo al terreno. Adesso ricordava tutto…

Aveva chiuso rapidamente gli occhi stringendosi fra le braccia e scivolando con le ginocchia sul cemento.

Non era possibile…non di nuovo…

Lacrime amare erano iniziate a scorrerle lungo le guance, mentre i singhiozzi le attanagliavano la gola aumentando l’intensità del bruciore.

Non di nuovo…

Coi pugni stetti aveva colpito l’asfalto, fino all’esaurimento delle forze, quando sopraffatta dalle lacrime si era rannicchiata in posizione fetale rinchiudendosi nel proprio dolore.

19, giugno Londra ore 08. 02 AM

Si era addormentata esausta col solo desiderio di non risvegliarsi mai più, ma quando aveva riaperto gli occhi il suo corpo era stato semplicemente più consapevole del dolore fisico provocato da una simile notte trascorsa all’aperto, e si era ritrovata completamente sola. Nessun paio di braccia stavolta era stato lì per consolarla; nessuna mano ad asciugare le sue lacrime, o voce gentile a cancellare ansie e paure. Solo lei il suo dolore, l’asfalto, e il sole tiepido del mattino.

Alzandosi da terra si era tirata indietro i capelli un istante lisciandoli come in una coda, e meccanicamente aveva iniziato a raccogliere le proprie cose, in un’operazione simile a quella fatta la mattina di tre giorni prima a casa di Malfoy, solo che era completamente diverso. Non per il male fisico, quello con un paio di colpi di bacchetta e un po’ di riposo se ne sarebbe andato, è che detestava il proprio corpo perché in un modo o nell’altro trovava sempre un’occasione per umiliarla. Perché non poteva dare figli, perché agiva fuori del suo controllo, perché era stato usato a quel modo per ben due volte; se non altro ora aveva davanti a sé l’esatta idea di cosa intendesse Draco quando le aveva detto che con Luna non aveva significato nulla, ed era ancora più disgustoso…in quella cosa non c’era amore…non c’era niente…le persone smettevano di essere persone e diventavano oggetti, come se non pensassero, o non avessero un’anima…era…non voleva più saperne di niente, di uomini, di bambini, d’amore…voleva solo essere lasciata in pace da tutti, annullarsi, essere niente, provare niente.

Il suo corpo l’aveva tradita, il suo cuore l’aveva tradita, ma la sua testa, oh no, a lei non avrebbe permesso di giocarle altri scherzi.

19, giugno Londra ore 08. 30 AM

Tornata all’appartamento aveva fatto cadere la borsa sul divano, si era sfilata gli abiti sporchi permettendogli di scivolare al pavimento, e dopo essersi curata alla meglio il grosso delle contusioni si era infilata sotto la doccia abbandonandosi ad un pianto liberatorio, lasciando che fosse l’acqua a lavare via le sue ferite.

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Capitolo 6
*** 6 ***


19, giugno Londra ore 09. 01 AM

Uscita dalla doccia si era sfregata i capelli nella salvietta, e notando la spia rossa della segreteria lampeggiare aveva premuto il tasto di cancellazione dei messaggi. Biiiiiiip "Non ci sono nuovi messaggi". Seguendo il filo del telefono fino alla presa l’aveva strappato con forza lasciandolo poi precipitare al pavimento.

Ginny si era abbandonata sul divano sollevando le proprie gambe da terra e sedendovisi sopra; l’accappatoio appendeva scioltamente al suo corpo e i capelli bagnati precipitavano sulle sue spalle in onde spettinate. Non aveva un bell’aspetto, per cancellare i lividi e i tagli sul viso, nonché le contusioni abbastanza evidenti, non era sufficiente un colpo di bacchetta sarebbe dovuta andare al S. Mungo; e avrebbe dovuto anche spiegare perché non si era presentata al lavoro. Non aveva voglia per il momento di affrontare tutto questo, né la preoccupazione dei suoi famigliari perché non era andata a riprendersi Din.

La giovane aveva abbracciato le proprie gambe. Era sicura che neanche volendo sarebbe riuscita a schiacciare un pisolino, o comunque a prendere sonno, ogni volta che chiudeva gli occhi riviveva tutto quanto; il tesserino, la borsa che cadeva…si sarebbe mai più sentita al sicuro da qualche parte? Come faceva a sapere che si era trattata di una coincidenza e che non l’avesse seguita, o che stesse spiandola…grazie al cielo non era successo in casa, se Damian fosse stato presente…

Ginny si era portata le mani ad asciugarsi gli occhi.

19, giugno Londra ore 11. 30 AM

Aveva impiegato l’intera mattina per compiere un’operazione semplice come quella di vestirsi, viveva tutto con estrema lentezza e osservarsi nello specchio le dava il voltastomaco; aveva indossato un tailleur nero, i pantaloni erano in coordinato alla giacca, e una semplice camicia bianca. Era l’abbigliamento più coprente in assoluto che avesse, e che le permetteva di nascondere le varie contusioni, aveva dovuto persino rispolverare i vecchi occhiali da sole, o i colleghi le avrebbero fatto decine di domande, e Merlino solo poteva sapere se non era l’ultima cosa di cui avesse bisogno. Non era riuscita a trovare la sua collanina dorata, ma non vi aveva attribuito importanza, non si sentiva comunque nell’umore d’indossarla. Ormai non riusciva neanche più a vedersi bella o brutta, il suo corpo la disgustava e basta.

Una volta pronta, o almeno riuscita ad ottenere una parvenza d’aspetto normale, si era decisa a fare quella telefonata. Le parole erano uscite dalle sue labbra completamente atone. – Sì, sono io…sto bene sì…mi dispiace, lo so…ho avuto un’emergenza, un’altra,…mamma no, non lo so quando posso venire a riprenderlo…no è che non sono in città…un convegno a Parigi…un paio di giorni, forse tre o quattro…sì digli che gli voglio bene anch’io… -

Aveva chiuso la comunicazione e gettato il ricevitore sul divano, prima di Materializzarsi al S. Mungo.

19, giugno Londra ore 12.07 AM

Ginny era seduta sul lettino della sala visite con lo sguardo perso in un punto indefinito della stanza, Jemima l’aveva costretta ad indossare il camice lilla, malgrado lei si fosse opposta strenuamente, e a "starsene tranquilla". Non era sicura si fosse bevuta la storia della rapina, ma almeno le aveva dato una scusa per rifiutare di sottoporsi ad un esame ginecologico; l’ultima cosa che desiderava in quel momento era avere qualcuno che le controllasse lo stato delle parti intime, tuttavia, non aveva potuto evitare che le fossero fatti delle analisi per scoprire se avesse subito un trauma cranico. In effetti, aveva picchiato la testa piuttosto duramente ed era stata inconscia per molto tempo, inoltre aveva dato di stomaco, ma quello poteva essere benissimo stato lo spavento o l’influenza.

Le ferite e le escoriazioni ormai erano totalmente scomparse.

Il Medimago Wright era entrato nella stanza chiudendo la porta alle proprie spalle, nelle mani teneva stretta una cartelletta gialla della quale faceva scorrere i fogli; finalmente la sua attenzione era stata rivolta alla ragazza che la stava fissando in maniera assente. – A quanto pare sei stata fortunata, te la sei cavata con una leggera commozione celebrale, tuttavia se dovessi svenire o vomitare di nuovo sarebbe opportuno che ti facessi ricoverare un paio di giorni per degli accertamenti. –

Ginny aveva annuito e aveva lasciato cadere le gambe a lato del letto, voleva solo andarsene il più in fretta possibile. Si era gratta il punto in cui il bracialettino dell’ospedale le graffiava la pelle. Li aveva sempre detestati quegli affari, non erano mica mucche…

- Aspetta. -

Aveva sollevato lo sguardo. – Cosa? –

Jemima aveva incrociato le braccia, poi aveva preso una sedia e l’aveva tirata accanto al letto occupando il posto. – Una rapina? –

- Sì. – Non l’aveva guardata negli occhi, il tono di voce era stato a malapena udibile.

- Un’altra… -

- Non ero a casa…stavo venendo qui… - Era a disagio, si vedeva lontano un miglio che non le andava di parlarne.

- Ma perché ridurti in questo stato…e poi, non avevi la bacchetta?… - Non le credeva, troppe cose non tornavano.

La maga aveva chiuso gli occhi, rivivendo la scena in cui la borsa le cadeva a terra. Aveva scosso il capo. – La borsa mi era caduta a terra e io mi stavo chinando per raccoglierla… - Aveva tagliato corto. - …e poi è successo… -

- Capisco…- L’aveva assecondata. - Ma perché picchiarti? -

Si era stretta nelle spalle. – Senti, non lo so, ok? Probabilmente non le aveva tutte a posto… -

- Ti ha ridotta inconscia…Ginny…sei sicura che non abbia anche… -

- No! -

- Non ho finito di parlare. -

- Be, ma erano piuttosto chiare le tue implicazioni… -

L’espressione della donna si era fatta dura. – Ginny, avevi i segni delle sue dita sui polsi e sulle gambe… -

- Smettila, ok? Non mi ha fatto niente. -

- E se capitasse di nuovo? Mh? Lo denunceresti finalmente, oppure… -

- Tu dai perfino per scontato che sia la stessa persona, Jemima ma ti senti? Sei assurda, non è successo niente, e non vedo perché dovremmo stare qui a parlarne… -

- Ma certo, e non ti sembra strano che dopo quello che i tuoi amici hanno combinato al Murderous Pellet un paio di giorni dopo… -

- Dovevo saperlo che c’eri dentro anche tu… - Aveva roteato gli occhi, seccata. - Ma chi vi ha chiesto niente eh? Io stavo benissimo prima che tutti quanti voi metteste il naso in questa storia…l’avevo dimenticato va bene? Ero finalmente riuscita a cancellarlo, ma voi noooo, non potevate lasciare le cose come stavano, non potevate lasciar fare agli Auror o alla polizia… - Stava gridando.

- Sono tutte ragazze che hanno frequentato Hogwarts Ginny, tutte, e tutte tra il 2002 e il 2009…non lo capisci che potrebbe essere qualcuno che conoscevi?… - Anche Jemima si era piuttosto animata, non capiva perché la collega si rifiutasse a quel modo di collaborare, soprattutto visto che c’era in gioco così tanto.

- Sì ma potrebbe essere anche e semplicemente uno schifoso depravato, e se quello che tu dici fosse vero e mi avesse fatto realmente qualcosa, da come l’hai messa giù sembra che debba ringraziare proprio voi per questo, l’hai detto tu no? Due giorni dopo il Murderous Pellet, perciò vi conviene che non mi abbia fatto nulla…vi risparmio i sensi di colpa. - Alcune lacrime avevano iniziato a sgorgare dagli occhi della giovane, ma questa le aveva scacciate rapidamente. – Sei mai stata stuprata Jemima? -

La domanda aveva colto di sorpresa la donna. – No… -

- Ecco, bene, allora non parlare di cose che non conosci. – L’aveva detto infilandosi con rapidità i pantaloni sotto il camice, non sarebbe rimasta per un istante di più.

Jemima Wright aveva osservato la maga sfilarsi la maglia dell’ospedale, indossare frettolosamente la camicia senza neppure allacciarla, e porvi sopra la giacca. In pochi secondi, Ginny si era allontanata lasciando la porta aperta.

19, giugno Londra ore 12. 11 AM

Erano rimasti tutti a fissarla, quando aveva spalancato la porta della sala visite e a passo spedito si era incamminata per il corridoio stringendosi nelle braccia; ma ognuno aveva ben presto finto di riprendere le proprie occupazioni, continuando ad osservare con la coda dell’occhio la collega. Ginny teneva lo sguardo basso, non prestando realmente attenzione a chi si trovava attorno a lei; voleva solo ritrovarsi fuori di lì il più rapidamente possibile. Jemima si era diretta alla porta tranquillamente e aveva sfolgorato a chiunque sembrasse star manifestando un eccessivo interessamento in quello spettacolo gratuito. Si era limitata a guardare allontanarsi la ragazza.

Virginia Weasley stava perdendo consensi al S. Mungo, per i corridoi girava già voce che a ridurla in quello stato fosse stato il padre del suo bambino; dopotutto, nessuno mai aveva trovato completamente chiara quella storia. Versioni rivedute e corrette della realtà prendevano piede con una rapidità mostruosa. Alcune dicerie erano state messe in circolo da colleghe o colleghi invidiosi, altre da pazienti, e così via…unito ai repentini sbalzi d’umore che la ragazza sembrava avere ultimamente, si affermava che presto sarebbe finita nel reparto di lunga degenza per malattie mentali.

Draco Malfoy stava percorrendo rapidamente i corridoi e le rampe di scale del S. Mungo, senza curarsi minimamente delle persone che investiva al suo passaggio; se non per abbozzare di tanto in tanto un accenno di scuse, per altro non fermandosi mai la sua corsa. Ad una tale velocità avrebbe potuto tranquillamente battere il record mondiale dei cento metri piani. Era stato avvertito da Jemima che Ginny la notte precedente non si era presentata al lavoro, ed oggi era ricomparsa come se nulla fosse in condizioni piuttosto sospette che avrebbero potuto far pensare al peggio. Senza sapere come o perché si era Materializzato al S. Mungo con un’unica certezza: doveva vederla.

La maga dai capelli corvini procedeva a grandi passi verso l’uscita dell’ospedale, aveva ormai raggiunto il limite massimo di sopportazione oltre la quale non era più possibile stare zitta e mordersi la lingua. Perché dovevano sempre rendere tutto più complicato? Non potevano semplicemente lasciarla in pace e permetterle di dimenticare? Era già abbastanza difficile per lei accettare le cose, sforzarsi di tirare avanti quando avrebbe unicamente voluto porre fine in modo definitivo alle sue sofferenze. Ognuno sembrava sentirsi in diritto di dirle come doveva vivere la propria vita, anche chi di lei non conosceva assolutamente niente; erano tutti così prodighi nel mostrare interessamento e preoccupazione che si sentiva soffocare da quelle attenzioni.

I due maghi si erano incontrati sulle scale che portavano al primo piano, inutile dire che la ragazza aveva serrato gli occhi un istante e si era imposta di fare retro front. Era corsa via. Non voleva vederlo. Non ce l’avrebbe fatta ad affrontarlo, a guardarlo in faccia e leggervi la pietà nel suo sguardo; si disprezzava a sufficienza da sola. Malfoy non aveva impiegato molto tempo a raggiungerla e ad afferrarla per un braccio costringendola a voltarsi.

- Weasley… -

Ed era stata una doccia fredda sentire il suo cognome, tuttavia aveva continuato a tenere la testa bassa decisa a non dargli la soddisfazione di neppure lei sapeva cosa.

- Ginny… - Il tono di voce si era ammorbidito.

Gli occhi le si erano riempiti di lacrime. Non ce la faceva, voleva che le permettesse di andare e al contempo gli si voleva gettare fra le braccia e abbandonarsi ad un pianto senza riposo.

- Avanti Gin guardami… -

- … - Aveva alzato il capo, gli occhi lucidi erano arrossati e la fronte era corrugata. Stava soffocando le lacrime con le labbra.

Nell’espressione di Malfoy si leggevano tutte quelle emozioni di rabbia, frustrazione, e sofferenza, fino allora represse.

Ginny aveva chiuso gli occhi e un paio di lacrime erano scivolate sulle sue guance. Il giovane aveva accarezzato il suo viso con una mano, e lei senza mai aprire gli occhi glielo aveva permesso.

- Andrà bene… -

- No… - Aveva scosso il capo rifiutando il tocco della mano. Era stanca delle promesse, delle illusioni.

- Gin… -

- No… -

Malfoy aveva consolidato la presa sulle spalle della giovane. – Sì, sì, mi hai capito Gin? –

- … - Continuava a piangere scuotendo la testa.

- Sistemeremo tutto, si aggiusterà tutto, non ti lascio. Puoi dire quello che vuoi ma non ti libererai di me. -

- Smettila…smettila… -

- No. – Lo aveva detto semplicemente con un sorriso gentile. – No, mai, non la smetterò mai, hai capito Gin? – Draco aveva portato entrambe le mani al viso della maga. – Voglio stare con te, e non m’importa niente del resto, può andare tutto in malora, e non me ne importa se dici di no, se insieme siamo sbagliati, io… -

Si era scostata bruscamente, coprendosi le orecchie con le mani. – Smettila! Basta! Falla finita, falla finita…io non ti voglio, non ti voglio, non voglio questa merda mi hai capita? Sono stufa, sono stanca, io non ce la faccio…basta bugie, tu ti vuoi solo sentire meglio…ma io non sono disposta a lenire i tuoi sensi di colpa Draco, no…e non m’interessa nulla di quello che dici…io non ti credo…non ti credo, mi hai sentita? – Non aveva più retto, non capiva più niente. Tutte quelle emozioni e così tanta confusione. Sapeva solo che lui era lì e che lei in quel momento non lo voleva lì, e che le sarebbe piaciuto tanto credergli, ma non ce la faceva. Stava troppo male, faceva troppo male. Il suo tocco, le sue, carezze, le sue parole, invece che farla sentire meglio la facevano stare peggio. Che cosa si sarebbe aggiustato? Cosa? Avrebbe mai più ripreso a sentirsi al sicuro? Sarebbe mai più riuscita a dare la propria fiducia a qualcuno? Gli incubi se ne sarebbero andati? Come poteva credergli? Lui quando lei avrebbe creduto ci sarebbe potuta essere una possibilità per stare insieme se n’era andato. Non aveva fatto altro che deludere le sue aspettative….cosa significava che non gli importava del resto? Che non gli importava se lei diceva di no? Importava a lei. Non si potevano aggiustare le cose…non in quella maniera, non soltanto precipitandosi lì adesso che…non c’era niente che poteva essere riparato, assolutamente niente, perché era lei a non poter essere riparata.

Non sapeva esattamente cosa lo avesse posseduto in quel momento, ma quando aveva realizzato ormai era tardi, la mano era già partita ed era andata ad incontrarsi con la sua guancia. Non sarebbe voluto arrivare a colpirla.

- Credi di essere la sola che sta male e che soffre per questa situazione? Credi che io non soffra al fatto di sapere che qualcun altro ti ha toccata? Che lo ha fatto contro la tua volontà? Penso che non abbia provato, che non provi, l’impulso di setacciare la città, trovarlo, e massacrarlo con queste mani? Perché ti assicuro che una semplice maledizione senza perdono sarebbe troppo poco… -

Ginny si era portata una mano alla guancia, la sua testa aveva registrato soltanto le prime parole. "Credi che non soffra al fatto di sapere che qualcun altro ti ha toccata".

- Ginny, devi piantarla di compatirti in questo modo! È vero forse la tua vita non è fantastica o meravigliosa come l’avevi sognata da bambina, ma è questa e la devi accettare. E devi accettare il fatto che io voglio farne parte, e che farai di tutto per renderla migliore. È così frustrante sapere che ti ho vicino, e che tu continui a respingermi e a chiudermi fuori, e non parlo di sesso Ginny. Ogni volta che mi avvicino troppo a te, tu trovi una scusa per chiudermi la porta in faccia. Per qualcosa che dico, o che non dico, per qualcosa che faccio, sembra quasi che il fatto che io voglia stare con te, e solo con te non conti nulla… -

- Allora è questo il tuo problema… - Era incredula, si sentiva esasperata. - …che qualcun altro mi abbia toccata? -

- Cosa…? -

- Be, Signor Malfoy se è solo questo il tuo grande problema…temo che dovrai convivere col fatto che per me non sei stato il primo, e a questo punto dubito molto che sarai l’ultimo! Io non sono una tua proprietà! Sono una persona accidenti, ho dei sentimenti, ho… ci sto male! Fa terribilmente male! Tu-tu…aaaaargggggh… -

- Io non ho detto… -

- Ma lo sai che significa sentire qualcuno su di te che fa quello che vuole senza troppi problemi? Che non si cura che tu non sia d’accordo, e se tenti di ribellarti ti assesta un bel calcio…mi dai il voltastomaco! -

Aveva tentato di tenerla ferma e costringerla a ragionare. – Ginny ascoltami …

La porta di uno studio lì vicino era stata aperta. - Che sta succedendo qua fuori? - Un uomo in là con gli anni, grassoccio, e dai capelli completamente bianchi, era rimasto inchiodato sulla soglia con un’espressione allibita. – Signorina Weasley… -

Ginny aveva spalancato gli occhi ed si era sottratta magistralmente dalla presa di Draco, tentando di ridarsi un contegno. - Medimago Rockingham… - Malfoy si era limitato a passarsi una mano nei capelli osservando l’uomo come davanti a sé avesse qualcosa d’insignificante.

- …vorrei presentarle una persona…conosce Draco Malfoy? -

- È uno dei nostri finanziatori. – L’uomo era apparso sospettoso.

- Draco, questo è il Medimago Avon Rockingham… -

I due si erano stretti la mano.

- Piacere. -

- No, mi creda il piacere è tutto mio. – Aveva parlato con sarcasmo misto ad ironia. Il giovane mago stava iniziando a scocciarsi di queste interruzioni.

- …ehm il Medimago Rockingham è il Primario del S. Mungo. – L’espressione che aveva rivolto a Draco avrebbe voluto dire. "Ed in pratica il mio capo, l’uomo che mi da mangiare. Sii cortese." - …Draco Malfoy è…è… -

Malfoy aveva sollevato un sopracciglio. – Uno dei finanziatori? L’hai già detto… –

- Giusto… -

Le aveva messo entrambe le mani sulle spalle. - Nonché il padre di suo figlio. – Non aveva saputo trattenersi, e Ginny gli aveva sparato uno sguardo assassino.

Avon Rockingham era confuso. – Virginia credevo che il padre di Damian fosse morto… -

- O-oh… -

- Sono resuscitato. – Aveva scherzato di proposito.

- M-ma certo… - L’uomo rendendosi conto che non era opportuno indagare sulle faccende private del loro più grande finanziatore, aveva preferito lasciare cadere l’argomento. - …ad ogni modo capiti a proposito, volevo giusto pararti… -

- Signore, se è per l’altra sera… -

- No, no, assolutamente, Jemima mi ha già detto tutto, non devi preoccuparti…un tentativo di rapina non è esattamente una cosa che augurerei a chiunque… -

- Un tentativo di rapina eh? - Malfoy non poteva credere alle sue orecchie.

- ? - L’uomo si sentiva sempre più spaesato.

- Ehm, D-draco…te l’avevo giusto detto prima no?… -

- Devo essermene dimenticato, sarà l’età… -

- Di che cosa voleva parlarmi Signore? -

Il Medimago aveva esitato.

– Draco se ne stava giusto andando, vero? -

- Certo tesoro. – Aveva sfoderato un brillantissimo sorriso tirato, e si era inclinato per dare un breve bacio sulla bocca alla ragazza; consapevole che col suo capo alle spalle non avrebbe potuto reagire. Ginny era rimasta rigida.

- Allora a dopo. -

La maga aveva risposto con un altrettanto fasullo sorriso, lo scambio di sguardi fra i due era stato chiaro "Non credo proprio." "Non finisce qui". Malfoy si era allontanato.

- Si accomodi… -

- Grazie… -

19, giugno Londra ore 12. 45 AM

- Parigi? -

Ginny aveva osservato l’uomo dietro alla scrivania non celando la propria sorpresa. Certo, dal tenore della conversazione aveva intuito qualcosa, ma non si sarebbe certo aspettata nulla di simile.

Il Medimago Rockingham aveva congiunto le mani fra loro. – Vede Signorina Weasley, io e la direzione dell’ospedale eravamo incerti se farle o meno questa proposta, tuttavia, crediamo che sarebbe un’ottima opportunità per lei per ampliare le sue conoscenze. La medicina francese, rispetto a noi, è avanti di alcuni passi nel campo della ricerca…inoltre, a nostro avviso, le farebbe bene cambiare aria… -

- Perdoni Signore ma, ho come l’impressione che stiate tentando di liberarvi di me. -

- Ammetto che ultimamente vi sono state alcune lamentele da parte dei suoi colleghi, tuttavia tenga presente che non è costretta a dare una risposta affermativa, avrebbe tre mesi di tempo per decidere…sfortunatamente oltre questa data non sarei più in grado di inserirla nel programma… -

- … -

- Signorina Weasley, lei indubbiamente è un ottimo Medimago, il S. Mungo le è grato per la grande collaborazione che ha dato nel reperimento di fondi; e al di là delle ulteriori vicende che l’hanno coinvolta in questo periodo, io ritengo che il suo lavoro sia di qualità…deve ammettere che la sua carriera farebbe un bel passo avanti se accettasse l’offerta. Il Medimago Fix è d’accordo con me su questo punto. -

- I-io non so cosa dire, è tutto così imprevisto… -

- Ne sono consapevole, e mi scuso per questo. Comprendo che un simile evento comporterebbe degli enormi cambiamenti nel suo stile di vita…e forse vorrà discuterne col padre del suo bambino prima di prendere una decisione…però conosciamo entrambe che, malgrado il cospicuo finanziamento e la scenetta di poc’anzi, non siete in buoni rapporti…mi scuso, ma ho sentito un accenno della vostra discussione…Virginia ci rifletta attentamente, sono certo che per Draco Malfoy compiere un viaggetto di quando in quando fino a Parigi non sarà un problema…qui stiamo parlando del suo futuro invece. La borsa di studio è valida per tre anni con possibilità di assunzione alla scadenza, ma questo starà a lei, anche se io voglio sperare che non si scorderà di chi le ha fornito questa possibilità e ritornerà da noi. Il suo stipendio rimarrà inalterato, e le spese di viaggio saranno a carico del S. Mungo…io le consiglierei di valutare la cosa, si tratta pur sempre di 5614 galeoni e tre anni retribuiti al Rocher di Parigi… -

- Esattamente, quali sarebbero le mie occupazioni al Rocher? -

- Ricerca nell’ambito delle malattie infantili, sarebbe sistemata al reparto pediatrico. -

- Malattie infantili? Ma al Rocher non se né occupa già il Medimago Sauver? -

- Per l’appunto, Isée Sauver, lei lo coadiuverebbe nella sua ricerca. –

- … -

- Ci pensi. -

- Sì certo, lo farò… -

19, giugno Londra ore 01. 56 PM

Ginny era entrata in casa e aveva postato le chiavi sul mobiletto accanto all’ingresso, dando uno sguardo all’appartamento si era passata una mano nei capelli. Gli abiti erano ancora a terra dove li aveva lasciati; erano trascorse solo poche ore, eppure le sembrava essere mancata da giorni. Ironico che la bugia del soggiorno a Parigi si fosse trasformata in una sorta di realtà, si era presentata davanti a lei una possibilità di fuga da tutto quanto; l’unico problema è che non aveva il coraggio di coglierla. Le mancava la forza per affrontare un simile cambiamento, dopo essersi appena trasferita nel nuovo appartamento, ma soprattutto non si sentiva abbastanza stabile da rimettere in discussione tutto quanto. Almeno non era necessario che prendesse una decisione su due piedi, qualsiasi scelta in quel momento sarebbe stata impulsiva e dettata dalla paura, probabilmente se ne sarebbe pentita presto o tardi.

La maga si era stretta nelle braccia continuando a scrutare lo spazio circostante. Non era completamente abituata a quel vuoto che la circondava, le metteva una certa ansia…era tutto così grande e ostile che…

La stanza aveva iniziato a ruotare improvvisamente, sembrava che le pareti avessero preso a chiuderlesi attorno, e un senso d’oppressione misto a nausea si era formato all’interno del suo stomaco. Non riusciva a respirare; era come se stesse avendo un leggero attacco di panico, il che non aveva il minimo senso perché lei non né aveva mai sofferto…

Presto le considerazioni della ragazza erano state tagliate via, e tutto si era fatto buio, prima che colpisse pesantemente il pavimento.

19, giugno Londra ore 02. 30 PM

Si era svegliata con un gran mal di testa ed era corsa in bagno a prendere qualcosa ma si era trattenuta, altro che attacco di panico…aveva avuto una leggera commozione celebrale poteva benissimo trattarsi di quello, unito al fatto che non era ancora riuscita a trovare propriamente del sonno. Non era una buona cosa svenire e picchiare ripetutamente la testa a distanza di così poco tempo, ma ripresentarsi all’ospedale sarebbe stato addirittura ridicolo. La maga aveva deciso per la pozione contro il mal di testa e una borsa per il ghiaccio.

Doveva anche riattaccare il telefono…

21, giugno Londra ore 03. 32 AM

Non aveva riattaccato il telefono e non aveva dato alcun motivo a sua madre di credere che fosse tornata da Parigi; aveva invece preso tre giorni di permesso dal S. Mungo ed era rimasta a casa a leccarsi le ferite, con un bell’incantesimo sigillante sulla porta. Altro che borsa di studio, se andava avanti ad assentarsi a quel ritmo l’avrebbero licenziata su due piedi. Così aveva trascorso l’ultima coppia di giorni a piangere senza chiudere occhio, guardare vecchie fotografie, rileggere lettere, mangiare schifezze e ricordare il tempo in cui tutto era più facile, e se avesse avuto sedici anni nessuno le avrebbe detto nulla…peccato che quel giorno ne compiva ventiquattro e teoricamente avrebbe avuto anche delle responsabilità dalle quali si stava defilando. La più dolce di tutte quelle responsabilità ora stava con sua madre e le mancava da morire, tuttavia non poteva farsi vedere in quello stato da Din, poteva? No, avrebbe dato libero sfogo alle sue lacrime, si sarebbe arrabbiata, avrebbe preso a pugni il cuscino, ogni tanto sarebbe stata colta dal terrore al suono di passi, o di qualche rumore…e dopo si sarebbe rimessa in forze cercando di fare le cose per il meglio; fingendo che non fosse mai accaduto niente.

21, giugno Londra ore 03. 40 AM

Alla fine, dopo l’ennesimo pianto disperato, si era addormentata esausta e sfinita.

21, giugno Londra ore 06. 00 AM

Toc. Toc.

Due semplici colpi alla porta erano bastati per far saltare la ragazza a sedere. Una spallina della camicia da notte azzurra era scivolata da parte, e gli occhi di Ginny avevano setacciato con ansia l’oscurità davanti a se. Veniva dal soggiorno…l’orologio accanto al letto segnava le sei. Chi poteva essere a quell’ora? Gli assassini e gli stupratori non bussavano, e neppure le uniche persone che conoscevano che era in città. Per precauzione la maga aveva impugnato la bacchetta e, sollevando la spallina, si era diretta in salotto.

Una volta raggiunta la porta aveva guardato dallo spioncino. Nessuno.

Si era stretta nelle braccia. Forse l’aveva solo sognato…

Non convinta la giovane Weasley aveva rimosso i catenacci e sfilato la sbarra metallica, evitando però di rimuovere la catenella. Alla fine in un certo senso aveva imparato, se l’avesse dovuto fare di corsa probabilmente non ci sarebbe riuscita ma a quel ritmo...

Ginny aveva dato una sbirciata fuori della porta. Nessuno. Solitamente nei film a quel punto qualcuno infilava una mano, un coltello, o un oggetto contundente attraverso lo spiraglio; non era quello il caso.

Prendendo un respiro aveva rimosso anche la catenella e tirato aperta la porta. La ragazza era uscita sul pianerottolo guardandosi a destra e a sinistra, la bacchetta sempre impugno. Si era massaggiata una spalla. – Stano… - Voltandosi di nuovo per rientrare, la maga aveva notato la scatola argentata col fiocco di raso appoggiata accanto all’ingresso. Chiunque fosse stato, doveva sapere che era in casa. Aveva afferrato il pacco in fretta e furia ed era corsa nuovamente dentro ripristinando con rapidi movimenti lo stato iniziale della porta. Dopotutto ce l’aveva fatta…

Ginny si era diretta in cucina con la scatola, il rumore pesante dei piedi nudi sul pavimento della cucina era l’unico suono all’interno dell’abitazione. Il cuore le pompava furiosamente nel petto. Aveva spacchettato e scoperchiato la scatola senza alcuna cura…boccioli di rose arancioni, adagiate in seta verde. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto, diciannove, venti, ventuno, ventidue, ventitré e ventiquattro.

Ventiquattro rose arancioni. Ogni anno, dal suo diciottesimo compleanno qualcuno le spediva delle rose, forse dopotutto non era Bill. E se fosse stato il suo aggressore…no, non era possibile, erano un gruppo di maghi e si limitavano a derubare e stuprare streghe, non mandavano prima regali o cose simili…già ma non stupravano nemmeno due volte la stessa persona prima di adesso, o magari sì ma nessuno faceva parola del secondo stupro, e forse neppure dei regali…ma la seconda volta aveva agito da solo, e se ce l’avesse avuta con lei…ma sarebbe stato folle, dovevano essere coincidenze, perché avrebbe dovuto aspettare tutti quegli anni? Sette anni…no, non aveva senso, doveva essere lei paranoica…probabilmente si trattava davvero di Bill, ma certo…e poi erano così belle…e lei aveva perfino conservato le prime diciotto, no, non poteva trattarsi del suo aggressore. Si sarebbe sentita così finché lo avessero preso? Ma lo avrebbero mai preso?

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Capitolo 7
*** 7 ***


21, giugno Londra ore 08. 32 AM

Ginny era seduta al tavolo della cucina, stava bevendo una tazza di caffè davanti alla scatola argentata aperta. Se non avesse messo i fiori in un vaso sarebbero appassiti; era un pensiero stupido, ma non aveva potuto trattenersi dal formularlo. Era in quella posizione, con gli occhi fissi sulle rose, da chissà quanto tempo, e quello era stato il primo pensiero che non avesse a che fare con la sua situazione o con tutto il resto e, sorpresa delle sorprese, aveva scoperto che non le importava. Non le importava se i fiori fossero appassiti, se fuori ci fosse stata la pioggia o il sole, o se Draco si fosse fatto vivo o meno. Non le interessava se i suoi genitori avessero ripreso a trattarla con riguardo solo perché si erano resi conto che lei non stava avendo più a che fare con i Malfoy, se Ron o Harry la ritenevano matta da legare per i suoi comportamenti dell’ultimo periodo, o del S. Mungo e di Parigi; e neppure dei problemi di Hermione col Ministero, o del fatto che Luna aspettasse o meno un figlio…dopo che aveva pianto tutte le sue lacrime, singhiozzato fino a sentire la gola bruciare e la testa dolere, provava una strana sensazione di vuoto e indifferenza. Niente rabbia, niente dolore, assolutissimamente niente. C’erano state diverse Ginny, nessuna delle quali era sembrata soddisfare il resto del mondo, e lei le aveva odiate tutte quante.

Si era alzata dalla sedia. Forse poi sarebbe tornata al suo vecchio colore di capelli. Forse.

Oscar Wilde scriveva "L’esperienza insegna che non appena si giunge all’età giusta per saperne di più, è proprio allora che non si sa mai niente di niente". Mai frase era stata più appropriata o più vera.

Però alla fine una cosa l’aveva imparata, ad essere egoista.

21, giugno Londra ore 08. 32 AM

Se c’era una cosa che Hermione le aveva insegnato era ad agire con cautela valutando tutte le possibili opzioni; era necessario darsi una scala di priorità, degli obiettivi, e se anche questo non fosse servito a niente, almeno le avrebbe tenuta la mente occupata per qualche ora. Ancora in camicia da notte aveva tirato fuori un blocco ed una penna e si era messa a scrivere.

Aveva sempre pensato ingenuamente che l’essere così trasparente e spontanea nelle sue scelte fosse stata la via giusta e che, cerare di far pesare il meno possibile i propri problemi agli altri, fosse la cosa più naturale da fare. Forse Pancy e Fleur si sbagliavano dopotutto, mostrare i propri sentimenti e le proprie debolezze, non può portare a nulla di buono. Era sempre stata così ceca di fronte all’ipocrisia perché dentro di sé voleva credere comunque che le persone che amava fossero oneste con lei; ma si parte svantaggiati se si mostra la propria vulnerabilità, se ci si ostina ad avere fiducia negli altri anche quando ci si ripete che non si sarebbe più fatto. In una piccola parte di lei doveva esserci ancora la bambina dal carillon rotto…si era sempre lasciata guidare dall’istinto nelle sue scelte, gettando al vento ogni cautela, ed era stato un errore. Non per quanto riguardava Pancy e Din, no, loro erano le uniche cose buone che l’ascoltare il proprio cuore le aveva portato; ma l’ostinarsi a vivere in un appartamento che non era sicuro soltanto perché affezionati e legati a ricordi. Il visitare tutti gli anni la tomba di un semi sconosciuto per il quale non si riusciva a provare odio. Il trascurare la salute di proprio figlio solo perché si aveva fiducia in quello che si credeva un amico, senza ascoltare il parere di altri Medimaghi. Il mettersi a setacciare Londra per trovare un uomo dichiarato morto mettendo a repentaglio la propria incolumità. Il non preoccuparsi di dare un padre a Damian, per l’assurda idea che un padre seppur morto ce l’aveva. Il ribellarsi come una scolaretta alla propria famiglia, ai propri amici, non dando retta a mezzo consiglio, per questa assurda sete d’indipendenza. Il lasciare che le cose con Malfoy si ingarbugliassero in quel modo, prima di metterlo a conoscenza dell’esistenza di Damian. Il trascurare la storia dei fiori. Il non denunciare il proprio aggressore, pensando che così si sarebbe cancellata quella storia. L’accettare di vivere in casa dei Malfoy, permettendo di essere coinvolta in qualcosa che dal principio si sapeva senza futuro. Il trascurare la propria salute. Quella stupida lettera nel quale si manifestavano così apertamente le proprie emozioni. L’illudersi di poter mettere in piedi una famiglia con Draco. L’aver accettato di riprendersi il suo anello. Avergli dato tutta quella libertà di andare e venire dal proprio appartamento. Aver fatto l’amore con lui. L’essersi ridotta a detestare il proprio lavoro, a detestare se stessa…e la lista poteva essere infinita…

Sì, la vita non era fantastica e meravigliosa come l’aveva sognata da bambina. Draco aveva ragione su questo punto, era quella e la doveva accettare. Se per non impazzire sarebbe dovuta diventare come quella massa d’ipocriti aridi ed egoisti, così pieni di cinismo e totalmente materialisti, allora lo avrebbe fatto. Damian, famiglia, e lavoro. Come un bravo giocoliere si sarebbe sforzata di non lasciarli precipitare al pavimento.

21, giugno Londra ore 06. 09 PM

Ginny era entrata nel proprio appartamento e aveva chiuso la porta con una gamba, fra le mani teneva ogni sorta e genere di pacchetti e pacchettini. Fare compere era liberatorio, specie nel giorno del proprio compleanno. Aveva già deciso che la sera stessa sarebbe andata a riprendersi Damian e avrebbe passato del tempo con lui, in fin dei conti non sarebbe tornata al lavoro fino a lunedì, voleva stare un po’ col suo bimbo. Esausta ma contenta, dopo aver depositato le borse sul tavolino del salotto, si era lasciata cadere sul divano. Era stato un pomeriggio intenso; aveva perfino incontrato Riley Chase ai grandi magazzini, adesso lavorava come aiuto chef in un ristorante di Bayswater. Si era sforzata di essere cortese rendendosi perfettamente conto di apparire piuttosto fredda e rigida, tuttavia, invece di sentirsi spiacente per lui a causa di quella sua imbarazzante timidezza, che a dire il vero suonava un po’ fuori luogo dopo che lo aveva visto in atteggiamenti intimi con la cameriera dei Malfoy, e dopo quel bacio indesiderato, ora gli faceva piuttosto pena. Non si sentiva più ben disposta nei suoi confronti, e neppure nei confronti di molti altri che prima la rendevano così incline ad essere disponibile e servizievole nei loro riguardi. Riley Chase gli era apparso semplicemente una seccatura, ed evitando quella dolorosa compassione che la portava a reagire di conseguenza, come se si trattasse di empatia, e fosse in grado di sentire il dolore e il disagio delle persone, aveva notato che non era riuscito a guastare quella sorta di buon umore, o forse allegra indifferenza per il suo prossimo che attualmente stava provando. Così aveva continuato quel suo shopping che, chissà perché, prima aveva tanto disdegnato; notando che fare acquisti, preoccuparsi del proprio aspetto che continuava a ributtarla, e mangiare quantità industriali di dolci riusciva a farla sentire meglio. A riempire quella sorta di vuoto interiore che ultimamente si era creato al suo interno. Quel mondo fittizio e d’apparenza che aveva sempre detestato non era poi tanto male. Al di là dai sentimenti, a quel punto catalizzati tutti sulla preservazione della propria famiglia, lei e Din, il resto non era da buttare via dopotutto. I suoi genitori le volevano bene, e così anche i suoi fratelli, le sue amiche, o meglio cognate. I suoi superiori la ritenevano un bravo Medimago, o non le sarebbe stata offerta una borsa di studio, e i suoi colleghi, be per mettere in giro quelle voci così piacevoli nei suoi riguardi, o dovevano essere verdi dall’invidia per chissà quale oscura ragione, o semplicemente la loro vita era così deludente da doversi occupare di quella altrui. Non doveva lei stessa essere da buttare via, se Harry e Draco la cercavano con tanta insistenza, che importava se a lei non sembrava lo stesso, ciò che contava è che per gli altri fosse così.

Pazienza se sentiva di non essere felice ma soltanto allegra, o se non avrebbe vissuto un grande amore.

Era da un po’ che non passava del tempo con Maggie, così né aveva approfittato per fermarsi all’Under Spell; la donna aveva capito subito che in lei c’era qualcosa di diverso, e si vedeva che non approvava, eppure era stata cordiale e non aveva fatto commenti, invece, avevano avuto una piacevole conversazione. Dopo aver depredato alcuni negozi, era passata dal parrucchiere, praticamente da quando era nata non vi aveva mai messo piede. Doveva ammettere che era stato piuttosto piacevole farsi massaggiare la testa da qualcuno. No, alla fine non era tornata del suo colore, però aveva tagliato almeno trenta centimetri di capelli e preso la risoluzione di tenerli mossi; così con la nuova acconciatura e il nuovo completo era passata al negozio di tatuaggi e stavolta l’aveva fatto. Be, non esattamente, la farfalla era ancora al suo posto ma vi aveva fatto apportare alcune modifiche. All’interno delle ali erano stati aggiunti ulteriori motivi però in rosa e arancione, così che almeno lei era sembrata essere tornata alla vita. Era a dir poco sfarzosa. Inoltre, inoltre aveva visto una persona e, a suo parere, aveva sistemato in modo definitivo le cose. Non gli aveva permesso d’incantarla stavolta, e perché sapeva non sarebbe riuscita a controllarsi, aveva chiesto alla madre di Draco il favore di non lasciare per nessuna ragione la stanza.

21, giugno Palazzo Malfoy ore 06. 09 PM

Narcissa Malfoy dando le spalle al figlio aveva lasciato la stanza. Draco non poteva credere a quello che era appena accaduto. Chi diavolo era la persona che si era fatta annunciare nel suo ufficio in modo tanto formale, richiedendo la presenza di sua madre e mettendosi a parlare di "affari"? Come poteva pretendere che le credesse, quando aveva avuto bisogno della presenza della donna per reggere al confronto con lui? Sapeva bene che se non vi fosse stata Narcissa lei non avrebbe potuto parlare con tanta indifferenza nella voce, tuttavia, questo non l’aveva reso meno sorpreso. Si era reso conto di averle sputato addosso delle parole dure al S. Mungo, ma si sentiva così frustrato, voleva vederla reagire, voleva che finalmente gli permettesse di spiegarle; invece, ancora una volta gli aveva messo in bocca delle parole non sue, o meglio aveva rivoltato le sue stesse parole per utilizzarle contro di lui. Sì, sapeva che era sconvolta, e tutto quello che avrebbe voluto era che gli permettesse di alleviare le sue sofferenze. Probabilmente non era stato il momento migliore per uscirsene fuori con le grandi rivelazioni, ma dopo quanto accaduto nell’appartamento di lei…era rimasto due ore sotto il portone di casa sua a passeggiare avanti e indietro, sperando in chissà che cosa…e i giorni successivi aveva evitato di mostrarsi nei paraggi per via delle indagini che lui, Luna, e Jemima stavano conducendo. Lo avrebbe ammazzato con le sue mani il bastardo, ormai erano così vicini a rintracciarlo…

Si era barricata in casa negli ultimi tre giorni, era venuto a sapere che aveva preso un permesso, e che aveva raccontato alla sua famiglia di essere a Parigi, che grande inventiva…così non aveva neppure potuto passare del tempo con suo figlio, a meno che avesse voluto sottrarlo alle grinfie dei cari nonni, e questa era stata una carognata senza ombra di dubbio, ma date le circostanze…

Lui come un idiota aveva continuato a pensare a quella sera che l’aveva portata al S. Mungo, dopo la prima aggressione, si sentiva un verme perché non era stato con lei questa volta…non sapeva neppure come fosse successo esattamente, ma una cosa era certa, se non avesse deciso di dare una lezione a quei figli di puttana la sera della sparatoria al Murderous Pellet, forse una cosa simile non sarebbe mai successa, e sicuramente se si fosse presentato a casa di lei come ogni notte, Ginny non avrebbe mai attraversato quella strada a piedi, sarebbe stata costretta a Materializzarsi direttamente al S. Mungo. L’aveva realizzato solo più tardi, e per questo si sentiva in colpa, e avrebbe accettato tutta la merda che lei gli avesse gettato addosso perché né aveva tutti i diritti; anzi sarebbe stato ancora poco. Avrebbe accettato che l’odiasse, che gli urlasse contro, che lo picchiasse…e se non fosse stato che lui non poteva fare a meno di lei e che, anche lei, malgrado dicesse il contrario, non poteva fare a meno di lui, avrebbe accettato il fatto che si rifiutasse di avere ancora a che fare con lui.

Ma questo…l’ipocrisia sul suo viso, la finta cortesia, la manifesta indifferenza; come se la sua vita fosse assolutamente vivibile e meravigliosa e lui non ne facesse semplicemente più parte, ad eccezione di ciò che riguardava Damian…e la totale assenza di cattiveria in tutto questo, di odio, anzi molto probabilmente di qualsiasi sentimento, non poteva sopportarlo. Avrebbe voluto schiaffeggiare nuovamente il suo viso affinché mostrasse una benché minima emozione…qualunque cosa fosse accaduto tra loro, qualunque cosa si fosse messa in mezzo, era ben lontano dall’essere niente. Ed erano cose come questa che sporcavano tutto quanto, che sentiva come blasfeme, e non una notte di sesso con Luna Lovegood.

E la vera pazzia in tutto questo è che lui continuava a volerla, come e più di prima. Non avrebbe potuto avere più torto su quello che gli aveva rinfacciato all’ospedale, è vero gli faceva maledettamente male il fatto che qualcun l’avesse sfiorata, e ancora di più perché l’aveva fatto contro la sua volontà ma questo perché non poteva concepire la sua sofferenza, per lui sarebbe stato molto peggio se lei fosse stata consenziente, sì era malato e contorto. Ma a lui non importava niente e nulla, l’avrebbe voluta comunque, anche se fosse stata con mille uomini diversi.

L’unica cosa era che lei non sembrava volerlo allo stesso modo; con la stessa intensità, e lui non ne capiva la ragione. Sembrava che fosse disposta a rinunciare a lui per quei suoi ideali, quei suoi valori, mentre lui l’avrebbe voluta anche se per questo avrebbe ottenuto solo dolore e sofferenza. Infatti, non aveva mai capito quelli che decidevano di rinunciare a qualcuno perché questo potesse essere felice, che razza di amore era? No, lui avrebbe lottato e avrebbe ottenuto ciò che voleva, Ginny e suo figlio.

Due ore prima.

- Signor Malfoy, la Signorina Weasley chiede di vederla. -

Il ragazzo aveva sollevato la testa dalle carte sulla propria scrivania, sembrava divertito. – Cosa? –

Il vecchio maggiordomo aveva ripetuto nello stesso tono di voce, come se si trattasse di una semplice comunicazione di servizio. - La Signorina Virginia Weasley ha richiesto di poter parlare con lei, Signore. Devo dirle di attendere, o posso farla accomodare? –

Malfoy aveva incrociato le braccia sollevando le sopracciglia. – È un qualche genere di scherzo di mia madre Garrison? –

- Signore? -

- Ginny è davvero lì fuori? – Aveva aggrottato la fronte. Non era per nulla convinto.

- Come ho già detto, Signore, la Signorina ha richiesto di parlare con lei. -

Si era scollato nelle spalle. – Garrison si può sapere perché non l’hai fatta entrare subito? –

L’uomo aveva sospirato. – La Signorina ha richiesto di essere annunciata, Signore. –

Ok, non era il caso d’indagare oltre. Il giovane mago si era massaggiato la fronte, e aveva fatto segno di lasciare stare con la mano. – Falla entrare Garrison… -

- Sì, Signore. – Aveva fatto per andarsene ma si era arrestato. – Ah, Signore? -

Draco aveva sospirato. - Che cosa c’è ancora? –

- La Signora Narcissa è con lei. -

- Che cosa?! – No, questo era veramente troppo anche per loro…a che genere di gioco stavano giocando? Era già tanto se di solito bussavano, e adesso si facevano annunciare dal maggiordomo…

Il ragazzo aveva fatto segno con la mano di andarsene. Un istante dopo Ginny era entrata nella stanza seguita dalla Signora Malfoy. La donna si era messa in disparte accanto alla porta ed era rimasta con le braccia conserte, permettendo alla ragazza di parlare.

Draco Malfoy non sapeva se mettersi a ridere o iniziare a preoccuparsi; l’assurdità di tutta quella situazione l’avrebbe reso più propenso alla prima ipotesi, ma gli eventi degli ultimi giorni avrebbero fatto intendere il contrario. Virginia era, senza ombra di dubbio, diversa dall’ultima volta che aveva avuto modo di vederla, appariva più tesa, malgrado volesse dare l’impressione contraria; pur tuttavia dimostrando una lucidità e determinazione di cui, durante l’incontro al S. Mungo, sembrava essere priva, era evidente che il suo atteggiamento era forzato. Anche il suo aspetto sembrava differente, i capelli, leggermente tirati indietro, erano più corti e le ricadevano sulle spalle in boccoli che dovevano essere naturali; e c’era definitivamente un "non so che" in lei che la rendeva ancora più bella. Indossava una gonna stretta, di tessuto lucido e rosso, che le arrivava appena sotto le ginocchia; e sopra un bustino nero e aderente, accuratamente ricamato. Al collo portava legato da un sottile nastro di raso rosso un antico cammeo.

- Malfoy. -

Malfoy? Erano ritornati al Malfoy adesso? – Se è uno scherzo, non è divertente. –

- No, in effetti, non è uno scherzo. Sappiamo entrambe che era necessario parlare prima o dopo… -

Ora sembrava sua madre. Draco si era portato una mano al mento, e le aveva fatto cenno. – Sentiamo. – Era proprio curioso di sapere con che novità se ne sarebbe uscita questa volta.

- Bene, è chiaro che le cose così non possono continuare…non funzionano…perciò la mia è un’offerta di pace. A me basta che ci mostriamo civili di fronte a Damian, per il resto non voglio avere nessun altro tipo di rapporto. -

- Questa è davvero buona… - Non era apparso divertito.

- Non sto scherzando, altrimenti l’unica soluzione è rivolgersi nuovamente agli avvocati, e tornare al progetto di affidamento alternato…io non voglio coinvolgere Damian in una cosa simile e tu? Perciò puoi venire quando vuoi, soltanto che ti sia presente che è solo una bella recita davanti a Din. -

- Spero tu stia scherzando, sul serio Virginia, perché questa è la cosa più assurda che io abbia mai sentito. – Ma si ascoltava? Come poteva continuare a parlare con quella semplicità nella voce?

- In realtà sono serissima, sono perfettamente d’accordo che tu faccia parte della vita di Damian e lo sai, solo non è assolutamente indispensabile che tu faccia parte della mia vita. È la mia ultima parola, Draco lo sai che se voglio posso farlo, sul serio. Non m’interessa chi o cosa io debba smuovere, ma se ti ostini a non accettare la cosa posso ottenere un ordine restrittivo. -

- Un ordine restrittivo?! Mi impediresti di vedere mio figlio?! – Si era alzato dalla sedia sbottando adirato. Era troppo.

- No, assolutamente. L’ordine restrittivo non riguarda Din, riguarda me. Sto pensando di denunciare il mio aggressore, e se mi chiederanno dei nomi…se continui ad insistere e ad importunarmi, posso ottenere quel maledetto ordine. -

- Non puoi parlare sul serio… -

- Be, io non so più che fare per farti capire di starmi lontano…ti sei persino presentato al S. Mungo…hai chiesto a Jemima di informarti su alcuni dati riservati che mi riguardavano… -

- Ginny! Ma ti rendi conto che è una cosa assurda! – Questa sua apparente calma lo stava innervosendo.

- I-io non voglio che tu faccia parte della mia vita. –

Ma non aveva notato che un simile ragionamento non stava in piedi? Si stava persino tradendo con quel seppur accennato balbettio. - Ma io faccio già parte della tua vita! -

- Non per mia scelta! -

- E avresti preso questa brillante decisione dalla sera alla mattina… -

- No, ovviamente no…i-io… -

- Mi hai baciato, tesoro, solo qualche sera fa e non te l’ho chiesto io… -

- È stato un errore… -

- Ginny, indossi il mio anello… -

- Cosa? –

Aveva indicato il suo dito. Osservando la propria mano la maga se l’era stretta al petto. L’aveva dimenticato. - Senti…sono seria… -

- Bene, come vuoi. -

- Davvero? -

- Certo, davvero… – Aveva sorriso sarcastico. - …finché resisterai ovviamente. -

Se n’era andata sbattendo la porta.

28, giugno Londra ore 06. 09 AM

- Be non m’importa un fico secco di quello che dice il Medimago Gascoigne. Si tratta di un mio paziente Teresa, e io dico che non può ancora essere dimesso. Perciò mia cara puoi anche scordarti di staccare prima dal turno. -

Ginny era uscita dalla sala visite sbattendo la porta e massaggiandosi una tempia. Quello era assolutamente un pessimo modo per concludere un turno, almeno era riuscita di nuovo a non perdere la calma. Non aveva gridato e aveva sorriso. In quei giorni stava impazzendo, tra il lavoro e le visite di Draco…e il punto era che lui né approfittava in tutti i modi per metterla in difficoltà davanti a Damian, dove sapeva che non avrebbe potuto reagire, e comparendo al S. Mungo quando era di turno. Aveva persino avuto il coraggio di farle un’improvvisata all’orfanotrofio, e al negozio di Maggie. Era già abbastanza difficile e complicato, e lui non sembrava intenzionato a facilitarle le cose…forse era stata troppo ottimista, almeno prima non era invadente…ora la stava ossessionando, e le persone che più le stavano a cuore era riuscito ad accattivarsele e a tirarle dalla propria parte. Din, Mag, Dimitri, e la cosa peggiore era che persino i suoi colleghi e vicini di casa lo guardavano con simpatia. Strano ma vero, l’unico momento di respiro riusciva a trovarlo a casa dei suoi genitori o fratelli, almeno lì aveva la decenza di non presentarsi. Ora era piuttosto felice che nessuno dei suoi famigliari lo vedesse di buon occhio. Era stata una stupida a credere che la loro discussione avesse avuto un qualsiasi effetto. Sì, senza ombra di dubbio il suo nuovo modo di affrontare le cose, le permetteva di essere se non altro più leggera, più schietta, tuttavia restava il fatto che non poteva e non voleva lasciare che Damian fosse coinvolto in un problema che era solo suo, così il suo essere civile con Malfoy di fronte al figlio le era difficile perché si ritrovava a godere sul serio di quel tempo trascorso insieme. Chissà se gli altri l’avevano notato che il suo essere amichevole in realtà era soltanto fredda cortesia…a dire il vero non le importava, era l’unica risposta che aveva trovato per evitare di non riuscire neppure ad alzarsi dal letto.

Il suo nome era indifferenza. Sorrideva, era gentile, ma diceva esattamente quello che pensava; senza arrabbiarsi, magari con un commentino pungente, cattivo e non troppo sottile, e soprattutto evitando di curarsi se questo faceva soffrire qualcuno, all’infuori di Din ovviamente. In sua presenza anche con Draco evitava, o meglio cercava di evitare questo stato di ipocrisia ed era per questa ragione che era difficile, che si ritrovava ad apprezzare sul serio quei momenti di spontaneità in cui forse non era solo fredda cortesia dopotutto. Ed era lì che continuava a rifugiarsi, e dove Draco batteva il chiodo perché la sapeva più debole. L’unica pecca del suo grande piano…comunque durante le altre occasioni, al diavolo i colleghi, al diavolo i vicini, sorridendo e con tutta calma gli spiattellava in faccia tutta la falsità di cui era capace, aggiunta ad un sagace uso di perfida ironia. Sapeva perfettamente che al lavoro le davano della troia, della cagna, e di quant’altro, per questo suo nuovo modo d’essere; e lo stesso non le faceva né caldo né freddo.

La maga si era diretta ai distributori automatici, sentiva il bisogno di bere qualcosa di dolce. Inserendo cinque falci, e selezionando un liquido bluastro, aveva atteso che la bottiglietta scendesse dall’apertura.

Aveva una sete pazzesca. Sospirando, dopo aver aperto il contenitore, aveva preso un sorso della bevanda. Non era neppure riuscita ad ingoiare che aveva sentito contrarsi qualcosa alla bocca dello stomaco, un tremendo urto di vomito l’aveva colta all’improvviso. Ginny era corsa in ai servizi investendo chiunque al passaggio e ignorando chi le domandava se andasse tutto bene.

Non appena giunta alla toilette era entrata nel primo cubicolo facendo appena in tempo a sollevare la tavoletta del water. Aveva rimesso l’anima a ripetizione prima di appoggiarsi con la fronte al bordo freddo della tazza. Fantastico, doveva essersi beccata un dannato virus intestinale o qualcosa del genere.

- Tutto bene? -

Jemima aveva notato la ragazza entrare come un fulmine ai servizi e l’aveva seguita. La donna era rimasta ad osservare la collega appoggiata con una mano alla porta.

Ginny si era sollevata ed era andata a sciacquarsi la bocca, prima di strappare con noncuranza una salviettina di carta dal contenitore. – Certo…sto ancora trattando coi postumi dell’influenza… -

- Caparbia come influenza, te la porti dietro da tre settimane…non hai preso niente… -

- Sì, in effetti sì, ma credo che si tratti di un virus intestinale o qualcosa del genere…non faccio altro che rimettere… -

- Analisi accurata per un Medimago non c’è che dire…ti stai trascurando… -

- Non è niente, Jemima…anzi devono anche arrivarmi le mie cose perciò…ed ho già avuto delle perdite… -

- Hai ripreso peso… -

- Sì leggermente, grazie a mia madre…Jemima sto ok, sul serio, è solo che da qualche mese sto passando un periodaccio e il fisico né risente…in più credo proprio di essermi presa un dannato virus… -

- Damian come sta? -

- Bene, prima si faceva venire la febbre ogni volta che non poteva stare con suo padre… -

- Sai non credo che si tratti di un virus…perché saresti l’unica ad averlo preso, ieri sono stata all’orfanotrofio…sono guariti tutti perfettamente, e da quello che mi dici Din la febbre se la faceva venire da solo… -

- Non crederai si tratti ancora della commozione celebrale…ok, ho picchiato la testa ma… -

- No, non c’era trauma cranico…invece, di fare congetture perché non ti sottoponi ad una visita? -

- Sto bene, magari ho mangiato qualcosa di avariato… -

- Non fare la bambina, perché fai sempre tante storie a farti visitare eh? -

- Un’altra volta… -

La maga aveva fatto per uscire dai servizi, ma aveva avuto un capogiro ed era stata costretta ad appoggiarsi al lavabo.

- No, adesso. Andiamo…se fai la brava ti do un lecca lecca quando abbiamo finito… -

- Ti prego…potrei rimetterti in faccia… -

- Su, Medimago Weasley, forza… -

28, giugno Londra ore 07. 09 AM

Ginny si stava rivestendo, aveva già indossato la gonna nera ed era intenta ad infilarsi la maglia bianca senza maniche. Era tardi, sarebbe già dovuta essere a casa da più di un’ora. Se non avesse dato retta a Jemima…comunque adesso che aveva accettato di farsi visitare l’avrebbe finalmente lasciata in pace.

Quando il Medimago Wright era rientrato nella sala, la giovane si stava rassettando gli indumenti. La maga si era voltata portandosi i capelli dietro un orecchio e osservando la collega; non aveva con sé nessuna cartelletta. Ginny aveva sorriso. – Be…che succede, sto per morire? –

La donna aveva mantenuto la stessa espressione che solitamente i Medimaghi tenevano nel trattare coi pazienti. La giovane Weasley conosceva bene il significato di quello sguardo, le cose non andavano come si sarebbe supposto dovessero andare. Il sorriso sul suo viso si era spento. – Va così male? –

- Ti va di sederti? -

- Jemima! -

- Siediti Ginny. -

La maga dai capelli corvini era rimasta per un istante a fissare Jemima come se l’avessero appena schiaffeggiata in viso senza motivo. Si era seduta meccanicamente mettendosi a fissare le mai in grembo.

- Quando hai avuto il ciclo per l’ultima volta? -

- Cosa? – Era confusa. – Che cosa c’entra…io…non lo so… - Aveva tentato di giustificarsi senza sapere per cosa. - …insomma non sono mai stata molto regolare… -

- L’ultima volta che ti ricordi… -

- Ah… - Era stato un gemito. - …credo in aprile…il sei o il sette, quando hanno ricoverato Damian all’ospedale… -

- Sei sicura? -

Aveva scosso il capo. - Sì…dopo c’è stata l’udienza, e il furto… - Non aveva guardato la collega in viso, aveva troppa paura di quello che vi avrebbe visto. - …ho perso peso, parecchio…ed ero stressata… -

- In maggio? -

- No…dovevano arrivarmi il quattro…ma come ho detto, continuavo a non mangiare e a perdere peso… -

- Sì capisco…perciò non…-

Ginny aveva alzato lo sguardo. - Ho un tumore? -

- Cosa? – La donna era apparsa sconcertata. – No, assolutamente, rilassati…ma come ti è venuta in mente una cosa simile? -

La maga dai capelli corvini era interdetta. – Be ma…allora? Insomma cos’è tutta questa buffonata? Sembra che io debba morire domani da come né parli…così ho pensato…be in alcuni casi, una della prime cose che scompare è il ciclo e allora… -

Il Medimago aveva roteato gli occhi. - Ginny…quando dovevano arrivarti l’ultima volta? -

- Guarda che lo so già che non posso avere figli, perciò se è un disturbo… -

- Quando? -

- Non lo so…oggi è il ventotto….suppongo oggi…comunque non dovrebbero tardare perché mi sento esattamente come se dovessero arrivare da un momento all’altro…ho già avuto delle perdite… -

- …sii? – Le stava per ridere in faccia, per la miseria era un Medimago e si comportava come… - Tensione al seno, nausea, dolore ai reni, al basso ventre… -

- Sì…inoltre, come ti ho detto…già dopo l’influenza ho ricominciato a mangiare normalmente perciò…insomma, Jemima…non avrò qualche specie di malattia venerea… -

- No, affatto Medimago Weasley…sei soltanto incinta. -

La giovane era scoppiata a ridere. – Jemima, è un po’ tardi per un pesce d’aprile…non è assolutamente possibile, ok? Sì, sarò anche stressata e tutto il resto ma… -

- Immaginavo che non l’avresti presa bene…ma ho controllato e ricontrollato le analisi e gli incantesimi una decina di volte…congratulazione Ginny. -

- No, no, assolutamente ti dico…non è proprio possibile…io non sono incinta. -

- Ehm Ginny…sì, senza ombra di dubbio… -

- No, e poi le perdite… -

- Ecco…può darsi che fosse una minaccia d’aborto, forse serviranno degli accertamenti…ultimamente il tuo stile di vita… -

- No, ti sbagli…avranno confuso gli esami… - Era stata dura.

- Non stai rendendo più facili le cose… -

- Non posso essere incinta Jemima, non è possibile… -

- Perché? -

- Perché…perché bisogna essere almeno in due e io non… - Si era bloccata, e invece sì…due volte, e a distanza di poco per giunta. - Oddio. – Si era portata le mani al viso. – Ma né sei certa? -

- Sì. – La donna aveva accennato un debole sorriso e le aveva posato confortante una mano sulla gamba.

- Aspetto un bambino… - Era incredula e confusa. Una strana risata le era sorta dalla gola. - …un bambino vero… -

- Ti lascio qualche istante da sola, ok? Poi però torna a casa, e non a piedi… -

Il Medimago Wright aveva lasciato la stanza dando un ultimo sguardo alla ragazza e scuotendo il capo. Ginny era rimasta seduta immobile. No, era assurdo…e poi così… Si era messa a ridere di una risata isterica. No, era troppo. Insomma lei non poteva averne e adesso, e la cosa più divertente è che non sapeva neppure di chi fosse. Si era portata le mani alla testa. Era tutto quello che aveva sempre voluto, per cui aveva sempre pregato…ma non così, non a quel modo…che diavolo avrebbe fatto adesso? Da un lato sentiva che avrebbe dovuto esserne felice, ma come accidenti faceva ad esserne felice? Nella migliore delle ipotesi era figlio del bastardo che le aveva messo le mani addosso…e poi, ah certo, e poi c’era l’altra meravigliosa possibilità…che fosse di Draco, e sinceramente data la sua fortuna quante possibilità aveva? E sarebbe realmente stata una fortuna? Che avrebbe fatto? L’avrebbe costretta a sposarlo solo per senso del dovere? No, ancora meglio, glieli avrebbe portati via entambe quando si fosse stufato di ossessionarla con la sua presenza? Che avrebbe detto a tutti? Ai suoi genitori…buon natale mamma, ah a proposito fra qualche mese partorisco, ma non so chi è il padre. Ci sono due opzioni però…la prima è che sia di Malfoy, la sceonda…be, sai siccome un giorno sono stata stuprata…ma non fa niente non preoccuparti, Fred e George hanno già aperto le scommesse…no…no…no…

Ginny si era coperta il viso con le mani e aveva iniziato a dondolarsi avanti e indietro, alcune lacrime le erano scese sulle guance. Aveva ripreso a ridere. Sì, perché c’era qualcosa di irresistibilmente tragicomico in tutto questo…in una vita precedete probabilmente doveva essere stata Voldemort in persona per meritare tutto questo…che aveva fatto di male, che cosa? Tutto quello che aveva sempre sognato era una vita normale, un marito, una famiglia…non certo questo…che avrebbe raccontato a Damian? Al suo piccolo bambino…che sua madre era un’idiota? Perché poteva evitare di farsi mettere incinta in primo luogo…se non fosse stata tanto…non avrebbe mai, mai dovuto, fare l’amore con Draco. Che razza di persona era? Adesso o non sarebbe incinta, o almeno saprebbe che il padre era il bastardo che l’aveva violentata…e allora? Che avrebbe fatto? Non avrebbe tenuto il bambino? Avrebbe gettato alle ortiche forse la sua unica possibilità di essere madre? Di dare la vita? Ma poi né sarebbe stata capace di stroncare una vita sul nascere? Pancy…

- Be Weasley sono incinta. -

La giovane che inizialmente aveva avuto quel sospetto, nel vederlo confermato aveva sentito come una fitta al ventre ed era rimasta in silenzio.

- Che entusiasmo, da non credere…sì, anch’io ho avuto precisamente quella reazione. -

- No scusa, è che sono rimasta…sorpresa. Congratulazioni. -

- Mi stai prendendo in giro Weasley? -

- Come? No perché? Voglio dire è meraviglioso. -

- Meraviglioso? Ma hai capito bene? -

- Perfettamente. -

- Tu sei matta! Ho diciannove anni, nessun fidanzato, e sono senza il becco di un quattrino. Vivo in un buco, e per pagare l’affitto lavoro in una tavola calda. Che cosa c’è di tanto meraviglioso nell’aspettare un piccolo bastardo? -

- Be Pancy, mi dispiace che la tua vita faccia tanto schifo, ma aspettare un bambino è sempre una cosa stupenda. Dovresti sentirti fortunata. -

- Fortunata eh? Si può sapere che hai aggiunto nel tuo tè? Perché stai delirando… -

- Fammi indovinare, deduco che non lo terrai. -

- Che intuito Miss Weasley. -

 

- Non potrei mai essere una buona madre, lo sai vero? -

- Cosa? -

- Una buona madre, non potrei mai esserlo, io non saprei che fare con un bambino…non avrei nulla da offrirgli. -

Una lacrima era scivolata lungo il viso della maga dai capelli rossi, ma lei l’aveva scacciata con una mano e aveva sorriso. – Pancy nessuno nasce genitore, lo diventa…e poi a lui o a lei basterebbe avere te. –

- Ginny io non posso tenerlo…sono da sola… -

- Ci sono io, ti aiuterò io. -

- Tu? -

- Sì, se vuoi. -

- Non lo so… -

- Preferisci bere quell’intruglio e vedere come va a finire? -

- No, credo di no. -

- Dimmi solo una cosa, amavi suo padre? -

- Dio sì. -

- Chi… -

- È morto durante il giorno dei diplomi a Hogwarts. -

- Pensi di poter amare suo figlio? –

Come poteva anche solo pensare di liberarsene…se avesse avuto la certezza che fosse di Draco…almeno lui l’amava…ma poi che discorso era? Non stava parlando di una cosa, era un bambino, e lui non aveva nessuna colpa se…adesso era una sua responsabilità. Ok, forse non era accaduto come avrebbe voluto, tuttavia, ora c’era…aveva il diritto come chiunque altro di vivere, soprattutto dato che poteva offrirgli comunque tutto il suo amore, e la sua zoppa famiglia…Damian avrebbe avuto un fratellino o una sorellina, e lei avrebbe usato finalmente la stanza rosa…forse era un’ingrata…Luna aveva perduto il suo bambino…a lei ora era stata data quell’opportunità per la quale aveva pregato da sempre, non avrebbe neanche dovuto dubitare per un istante quale fosse la scelta migliore, l’unica scelta possibile. Avrebbe avuto quel bambino. Un figlio. Suo figlio.

La ragazza aveva sfiorato il proprio ventre ancora piatto. Sembrava tanto irreale…era questo allora che si provava? Ora sì che era spaventata…completamente, incredibilmente, terrorizzata…con Din era stato tutto diverso…certo era stata vicino Pancy, tuttavia, soltanto adesso riusciva a comprendere come doveva essersi sentita l’amica. Un salto nel vuoto…sì, chiaramente lei era un medico perciò…ma un conto era sapere quello che in teoria accadeva, altra cosa era sperimentarlo su di sé…da sola…come avrebbe fatto? Che cosa si sarebbe inventata? E poi Jemima aveva parlato di una minaccia d’aborto, lei non stava curando minimamente la propria salute ultimamente questo poteva mettere a rischio la gravidanza…ma se non riusciva neppure ancora a rendersi bene conto. Era incinta.

Ginny aveva ripreso a piangere non sapendo se si trattassero di lacrime di gioia o di disperazione, rassegnazione. Forse dopotutto era soltanto felice, maledettamente frastornata, confusa, impaurita, ma felice. Era pazza per sentirsi così? Non ci credeva ancora, non aveva esattamente realizzato, ma già gli voleva bene. Adesso erano tre le cose che doveva difendere, Din, se stessa, e questa creaturina che stava crescendo dentro di lei.

Damian sarebbe stato al settimo cielo…

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Capitolo 8
*** 8 ***


28, giugno Londra ore 07. 45 AM

Ginny si era asciugata le lacrime e alzandosi in piedi aveva sorriso. Si sentiva elettrizzata come se si fosse innamorata una seconda volta, quella sensazione allo stomaco, ma forse era solo fame…no, cioè sì, ok, aveva fame ed era necessario che mangiasse, anzi indispensabile visto che adesso erano in due, in due…suonava bene; ma non era neanche questo. Era…bello, pauroso, ma comunque bello. Merlino, doveva fare qualcosa per fermare quel sorriso che si era incollato sul suo viso, era troppo aperto e sincero, addirittura spontaneo, perché gli altri non lo notassero, e non dovevano notarlo, in maniera assoluta.

Era uscita dalla sala visite ritrovandosi davanti l’infermiera con cui poco prima aveva avuto una discussione. – Buongiorno… -

- B-buongiorno… - La donna aveva osservato la giovane maga come se fosse pazza rispondendo con riluttanza.

Non le veniva di mantenere il contegno alla "Narcissa Malfoy", non adesso che si sentiva così, e dire che lei e Pancy erano state il suo modello di comportamento nelle ultime settimane. – Sai…dopotutto, non è necessario che tu ti trattenga…ci sono fin troppe infermiere rispetto al numero di pazienti su questo piano, e anche se non viene dimesso sono sicura che il Signor Appleton non peggiorerà durante la mezz’ora fra un turno e l’altro…resto io con lui, perciò va pure. –

- È sicuro Medimago Weasley? – Aveva sollevato le sopracciglia come se davanti avesse una qualche specie sconosciuta di vermicolo.

- Certo, trenta minuti per me non sono un problema…ho a casa una specie di… - Si era interrotta cercando il termine più adatto. - …efficiente baby-sitter. -

- Oh, ok…grazie. -

- Figurati. -

Allontanandosi l’infermiera aveva sussurrato ad una collega. – È pazza… -

Ginny aveva inspirato l’odore sgradevole di disinfettante come fosse acqua di rose e aveva sorriso.

28, giugno Londra ore 08. 15 AM

Dopo aver ascoltato per trenta minuti le chiacchiere del vecchio Appleton, con una pazienza e un interesse non comune, Ginny si era materializzata a casa. Aveva voglia di vedere il suo piccolo pezzetto di cielo, stringerlo forte e ricoprirlo di baci. Un bambino…stava per avere un bambino…forse era proprio vero che in tutte le cose brutte era possibile intravedere una piccola luce, e avrebbe fatto tutto il possibile per fare le cose nel modo giusto stavolta. Lei, Din, e il piccolo o la piccola.

Guardandosi attorno, la maga aveva notato che Draco e Damian non erano da nessuna parte. Strano se c’era una cosa che non era mai cambiata durante tutto quel tempo era il rito del divano…anche se aveva subito una piccola modifica, dopo aver messo a letto Din cercava di stare il più alla larga possibile dal mago, che per la cronaca aveva iniziato ad autoinvitarsi a colazione…

La giovane Weaskey era entrata nella cameretta del bimbo, padre e figlio erano addormentati sul letto; Draco sopra le coperte, teneva tra le mani un libro di favole.

Ginny era rimasta un po’ ferma sulla porta ad osservarli e si era abbracciata il ventre domandandosi se fosse sano il vivere i propri giorni in funzione di quei pochi attimi che trascorrevano tutti assieme. Gli unici momenti in cui non fingeva…se solo fosse stato suo…se solo fosse riuscita ancora a fidarsi…se solo non si fosse dovuta preoccupare di mantenere in equilibrio tutto quanto come un giocoliere…ma la vita in fondo non si basava su i se e i forse. C’era solo ciò che era giusto, e ciò che andava fatto…e stavolta nessun fuori programma. Avrebbe regalato una vita serena ai suoi due bambini e niente si sarebbe messo in mezzo. – Vero amore? – Aveva carezzato teneramente il proprio grembo.

Ginny si era avvicinata al letto e aveva accarezzato il figlioletto, ricoprendolo di baci e sistemandogli le lenzuola. Poi aveva dato uno sguardo a Draco roteando gli occhi. Che poteva farci? Doveva convivere coi sentimenti che provava col padre di Damian senza lasciare che questi sviassero la sua strada.. Forse se li avesse semplicemente accettati imparando a conviverci…Era tornata in salotto e prelevando il plaid sulla poltrona, si era diretta nuovamente nella stanza e aveva coperto il giovane.

28, giugno Londra ore 08. 30 AM

Un bagno rilassante era quello di cui aveva bisogno per distendere i nervi, doveva assolutamente mantenersi calma e serena se voleva che questa gravidanza arrivasse al termine senza inconvenienti. Non era una sciocca, conosceva il proprio stato di salute, non si trattava solo di un problema di concepimento. Dopo l’incidente aveva fatto parecchie visite e controlli, i risultati non erano stati incoraggianti; se non voleva rischiare di perdere quel bambino avrebbe dovuto cambiare il suo stile di vita. Ma basta con questi pensieri negativi, non l’avrebbero condotta da nessuna parte. Sarebbe stata attenta, avrebbe fatto tutto il necessario, preso le vitamine, integrato la sua dieta, persino sedute di Yoga se fosse servito…era incita, incinta.

Raggiunta la toilette collegata con la propria stanza da letto aveva impiegato più tempo del dovuto a spogliarsi, si era ritrovata davanti allo specchio ad indagare con curiosità la propria figura. Alcuni mesi e sarebbe stato evidente…eppure per il solo fatto di quella piccola creaturina dentro di lei, adesso si sentiva bella come non si era sentita da tempo…probabilmente non l’avrebbe più pensata così quando fosse diventata un pallone aerostatico. Pancy era enorme…ed era splendida. Sarebbe stata una mamma fantastica se solo…

Preparato il tutto e raccolti i capelli, la giovane si era immersa in un bagno di bolle.

28, giugno Londra ore 09. 07 AM

Scivolata fuori dalla vasca e indossata la vestaglia di seta verde con i fiorellini azzurri ricamati, frutto di uno dei recenti pomeriggi di spese folli, e sciolti i capelli; la maga, soddisfatta di sé stessa, si era recata in cucina a preparare la colazione. Dando un’occhiata all’orologio aveva scosso il capo, erano già le nove e dei due uomini della sua vita nessuna traccia; se avesse scoperto che Draco aveva fatto fare un'altra volta a Din le ore piccole…Aprendo il frigo la giovane aveva riflettuto un istante, era chiaro che il caffè e le solite schifezze fritte, o comunque schifezze, andassero abolite…inoltre pensare al fritto in quel momento le dava la nausea…quindi…? Latte e Pancake? Ginny si era bloccata un istante con lo sportello del frigorifero aperto, Merlino…com’era che in quelle settimane non aveva notato quanto tutto questo la facesse sembrare una vecchia casalinga che preparava al marito e al figlio la colazione…sì, da un lato si sentiva entusiasmata, ma dall’altro non le piaceva per nulla…era come se fosse…vecchia…e poi, insomma…Draco faceva colazione lì, a volte pranzava e cenava lì, rimaneva per la notte…Niente pensieri negativi Ginny, niente pensieri negativi, non aveva bisogno di riflettere su quanto quella situazione fosse assurda e complicata…no, grazie.

- Buongiorno. -

La maga nel vedere padre e figlio e nel pensare a sé stessa e a quella scena aveva sospirato. Malfoy era sulla soglia della cucina, con un’espressione assonnata e i capelli lievemente spettinati…Damian era la versione ridotta di suo padre, col pigiamino in confusione e i piedini nudi.

– Ciao. – Il bimbo si era stropicciato gli occhietti e aveva sorriso. La piccola voce era ancora impastata dal sonno.

- Buongiorno a tutti e due. – Aveva risposto al sorriso, e anche Draco aveva ricambiato. La giovane si era limitata ad un piccolo cenno della testa, prima di rivolgersi al figlioletto incrociando le braccia. – Be, non si abbraccia più la mamma? -

Din si era precipitato fra le braccia di Ginny, con tanto impeto e tanta vivacità che, la ragazza, aveva mal incassato il colpo. – Ouc. Ehi… - Aveva sorriso per lo slancio d’affetto, pensando che forse cose del genere nel suo stato andavano evitate, tuttavia, l’aveva preso in braccio e stretto forte forte; magari un po’ troppo…Dio, non avrebbe voluto più lasciarlo andare. Il suo amore…adesso come non mai desiderava passare il più a lungo possibile del tempo con lui…coccolarlo, proteggerlo, viziarlo e riempirlo di baci.

– Ginny… - Malfoy stava per mettersi a ridere, lo stava soffocando…

- Ginny? – Din stava tentando di attirare la sua attenzione. – Mamma… - La voce era avviluppata. – Mamma…mi stai soffocando… -

Resasi conto della situazione Ginny aveva allentato la presa. - Oh, oh… - Era imbarazzatissima e il mago le era scoppiato a ridere in faccia. – Merlino…Din mi dispiace… -

- Fa niente… -

- Deduco che ti siamo mancati. – Aveva fatto l’occhiolino al bimbo. – Vero Scricciolo? -

- Sì. -

- Vieni qua piccolo…prima che alla mamma venga in mente un bis… -

- Ah ah. - La giovane riprendendo un po’ del proprio contegno aveva alzato gli occhi al cielo, per poi rimettersi ai fornelli. -

La vocetta del figlioletto l’aveva fatta voltare di nuovo. Dal tono della voce doveva chiederle qualcosa. - Ginny? –

Il ragazzo accarezzava la testolina del piccolo Weasley che nel frattempo gli si era incollato ad una gamba.

- Sì, amore? -

- Draco non lo abbracci? -

Non si era aspettata una cosa simile cioè, non era la prima volta che Damian se ne usciva con una trovata del genere, specie dopo il piccolo disguido che aveva rovinato completamente le cose fra loro; se non avesse saputo che lo faceva ingenuamente avrebbe creduto che lui e Draco si fossero messi d’accordo. Il problema in queste situazioni è che non aveva il cuore di mettersi a spiegare al bimbo perché una cosa del genere non fosse conveniente, e non era neppure sicura che avrebbe capito…

- Sì Ginny, Draco non lo abbracci? – Malfoy aveva alzato le sopracciglia provocatoriamente, stava traendo la massima soddisfazione da tutto questo. Sì, Ginny vediamo come te la cavi adesso…La ragazza era stata sempre piuttosto restia a qualsiasi contatto fisco dalla storia di Luna.

- Amore…Draco è grande, e poi sono sicura che a casa ha una mamma tutta sua da abbracciare. -

- Vero… - Non aveva potuto controbattere altrimenti, il ragionamento non faceva una piega. Tuttavia, il ragazzo non aveva celato molto bene la delusione nella voce. Più che delusione era stata rassegnazione all’inevitabile, non si era aspettato certo che l’avrebbe abbracciato realmente, e forse era meglio così o non l’avrebbe più lasciata andare.

Anche Din, era apparso piuttosto deluso. Era convinto che al suo papà sarebbe piaciuto un abbraccio della sua mamma. - Ma Ginny…la sua mamma non è qui adesso…e poi lui è il mio papà…ultimamente sembra triste, gli farebbe bene un abbraccio…l’hai detto tu che la miglior cura per la tristezza è un abbraccio… -

Ginny si era bloccata un momento, il mago notando la sua difficoltà, e non volendo insistere oltre, aveva accarezzato la testa del piccino. – Non preoccuparti scricciolo, ho già ricevuto un sacco di abbracci da farne il pieno, e poi la mamma stamattina ha una presa un tantino…pericolosa…meglio non correre il rischio. – L’aveva buttata sul ridere e Damian, infatti, aveva emesso un gridolino divertito.

La giovane Weasley aveva sospirato e roteato gli occhi. Come faceva a controbattere ad una cosa simile? – Che cosa? Non è assolutamente vero, tuo padre si sbaglia… - Si era portata le mani suoi fianchi come soleva fare sua madre, la spatola per giare i Pancake ancora in una mano. Il modo in cui lo aveva detto era sortito come sperato, Din aveva riso ancora di più. Che matti la sua mamma e il suo papà.

- Ma sentitela… -

- Avanti Signor Malfoy venga qui. -

- Che cosa? – Era incredulo, lo stava pigliando per il culo?

- Hai capito benissimo. -

- Che? -

- Te lo devo sillabare in Troll? Spicente, non lo conosco… -

Malfoy aveva indirizzato un’occhiata comica al figlioletto come se si stesse dirigendo al patibolo ed era avanzato di qualche passo. Damian scrutava la scenetta divertente.

- Be? Non mordo mica… -

Ancora un passo avanti. - Ginny… -

- La paletta… - Din aveva fatto osservare alla maga la spatola che aveva in mano.

La paletta? Ah, la spatola…la paletta…

- Sì, posa quell’affare è meglio…io sono già cotto a sufficienza… -

Altra ristata del bambino.

- Divertente… -

Malfoy aveva sorriso e aveva preso una mano della ragazza prima di tirarla a sé. Il bimbo si era portato le manine a coprisi il visino, sbirciando però tra le dita. Ginny aveva spalancato gli occhi.

Merlino se non aveva aspettato di fare altro da una vita…gli era mancato il sentire quel profumo di fiori così vicino, gli era mancata lei. Non aveva avuto molte altre occasioni di averla tanto vicina, sveglia, e consenziente. Si era sempre reso conto che il corpo di lei sembrava adattarsi perfettamente al suo, era così molle e fragile…tuttavia c’era qualcosa di differente, era meno spigolosa dall’ultima volta che l’aveva tenuta, doveva aver riacquistato peso…sì, non era un pensiero molto romantico, ma gli portava alla mente la vecchia Ginny…non troppo sottile e piena di vita…un momento…

…non indossava niente sotto la vestaglia? Oh Merlino…non per fare il manico ma la poesia se ne andava tutta a farsi benedire anzi era meglio che si staccava alla svelta se non voleva dare uno spettacolo indecente.

La maga era rimasta piuttosto rigida, era una situazione incomoda e ci si era trascinata da sola. Avrebbe mentito però se avesse detto che non gli era mancato, lui, il suo profumo, il suo tatto…i pensieri indecenti di quando avevano fatto l’amore…si era rilassata. Non avrebbe fatto male godere di un piccolo attimo di serenità…e poi si stava così bene., avrebbe voluto restare lì per sempre, dimenticare tutto il resto…il bambino…no, che stava combinando? Era incinta, era incinta, fine della discussione, non sapeva neppure se fosse lui il padre…

Ginny era stata destata dai suoi pensieri dalla risata di Malfoy, aveva tentato di soffocarla contro la spalla della giovane. Poi la realizzazione…o cavolo, cavolo, cavolo, cavolo…non stava portando niente sotto! Merlino e se avesse pensato che…

I due giovani si erano staccati contemporaneamente, Din ormai stava guardando la tv.

La maga era tornata rapidamente alla propria occupazione ai fornelli, era bordeaux; alle sue spalle Draco continuava a ridere. Prima di lasciare la ragazza alla propria vergogna e raggiungere il figlioletto, Malfoy si era voluto prendere un’ultima soddisfazione. Aveva abbracciato Ginny dalle spalle e le aveva piantato un bacio sul collo poi, come se niente fosse, era andato a sedersi sul divano accanto a Damian.

Doveva solo avere pazienza…era certo che presto o tardi avrebbe ceduto, e allora le avrebbe detto ogni cosa, tutto quello che aveva sempre voluto dirle, tutto quello che lei aveva sempre voluto sentire.

28, giugno Londra ore 10. 27 AM

Ginny era seduta sul divano ancora in vestaglia con una mano sul bracciolo, l’espressione della giovane era piuttosto comica, si sarebbe detta imbronciata. Il motivo? Damian aveva preferito trascorrere del tempo con lo zio George piuttosto che con lei…non sapeva perché ma la cosa l’aveva infastidita, da quando aveva scoperto di essere incinta le era venuta voglia stare il più a lungo possibile con il figlio; sì, era irragionevole, ma lei era sua madre! Persino Draco l’aveva presa in giro…si era offerto di farle compagnia. Sì, certo…era l’ultima cosa che voleva. Din le aveva persino detto di non preoccuparsi che tornava presto…lo sapeva anche lei…solo che si sentiva in apprensione…

Aveva sospirato roteando gli occhi. Improvvisamente le sembrava d’essere vulnerabile, e non poteva assolutamente, non con la piccola vita che stava crescendo dentro di lei…doveva essere forte, pensare a cosa fare, a come dirlo alla sua famiglia…

Si era accarezzata il ventre provando un moto di tristezza. Aveva detto che avrebbe fatto funzionare le cose, ma non sapeva come…era entusiasta certo, al settimo cielo…ma sola. Completamente, inesorabilmente, sola. Una cosa così bella avrebbe dovuto portare gioia in una famiglia, ma nella sua…e poi come dirlo a Din? Sì, né sarebbe stato più che felice, ma avrebbe voluto sapere il "come"…non poteva spiegare ad un bambino di cinque anni il come! Ok, la storia della cicogna e quello che vuoi…ma i suoi amichetti avevano tutti una mamma e un papà, lei…non poteva averlo concepito da sola! E Draco? Merlino l’avrebbe disprezzata…e gli altri…inseminazione artificiale? L’avrebbero presa per pazza, altro che diseredarla…che s’inventava? Serviva un padre e lei ne era piuttosto sfornita…già, un padre…era giusto dare a quel bambino un padre, con Din era stato diverso…i suoi genitori erano morti perciò non aveva dovuto mentirgli…era assurdo, l’aveva fatto una volta ed era mille volte più complicato di adesso, perché non doveva essere in grado di crescere un altro figlio da sola? Ma l’altra volta era stata lei il sostegno di Pancy nei nove mesi, ora…sì, ok era lei ad essere incinta. Ma che cambiava? Merlino…allora non aveva neppure un lavoro degno di tale nome, solo un impiego part-time e la borsa di studio, eppure ce l’aveva fatta e aveva fatto un ottimo lavoro. Sì, ma non aveva paura…o meglio, non questa irrazionale paura, perché allora doveva essere lei quella forte, e si sentiva forte. Ginny aveva sollevato le gambe da terra e le aveva strette al proprio corpo. Ora, invece, era dentro di lei che si stava formando questa nuova vita ed era terrorizzata all’idea di sbagliare, di finire per commettere un errore e perdere il bambino. Era fragile, e non doveva, aveva paura, e non doveva…era felice certo, ma era sola…e c’era Din, e c’erano le responsabilità…e lei era completamente sola, sola. E se si fosse sentita male? Se qualcosa fosse andato incredibilmente storto? Pancy era morta…e lei non aveva idea di come gestire…Aveva nascosto il viso nelle ginocchia. Per la prima volta sentiva di aver bisogno che qualcuno si prendesse cura e si occupasse di lei, che le stesse vicino, che le dicesse che sarebbe andato tutto bene…stavolta non ce la faceva a fare tutto da sola, non voleva fare tutto da sola, né aveva piene le scatole delle responsabilità, di dover essere quella forte…e se non ce l’avesse fatta a crescere quel bambino? E se…come poteva? Come? Non era mai stata abituata a curare sé stessa, di solito si occupava degli altri; della sua salute, di lei, non si era mai interessata; ma adesso era costretta perché il bambino dipendeva da lei, erano una cosa sola…un conto era concentrarsi solo su ciò che era giusto per Din, un conto…non sapeva badare a sé, prendersi cura di sé; bastava vedere quello cui aveva sottoposto il proprio fisco nell’ultimo periodo.

Si era asciugata le lacrime con una mano. Anche adesso, stava facendo del male al bambino agitandosi in questo modo…era un disastro, come…cosa…chi l’avrebbe aiutata? Chi le avverrebbe dato il tipo di aiuto di cui aveva bisogno? Malfoy? Ah, ah, ah…se avesse avuto un marito, se fosse stata sposata…sì, se solo avesse potuto assicurare un futuro sereno ai propri figli; di sé da quel punto di vista non le importava più, magari avrebbe dovuto mettere un annuncio e trovarsi un marito…almeno avrebbe dato una famiglia vera a Din e al piccolo o alla piccola…come no…proprio…

…proprio…

La maga si era rizzata a sedere incrociando le gambe, le guance erano ancora bagnate dalle lacrime. …già…era folle, era una pazzia ma…

Forse c’era qualcuno che, che di fronte ad un impegno non si sarebbe tirato indietro…

Ginny ti rendi conto di quello cui stai pensando? Ti rendi conto delle conseguenze? Ma forse era l’unica cosa che le era rimasta da fare.

28, giugno Londra ore 11. 34 AM

Harry quella mattina si sarebbe aspettato di tutto fuorché Ginny Weasley presentarsi al proprio appartamento. Si era appena alzato dal letto, dopo aver trascorso gran parte della notte su un caso che aveva condotto gli Auror del Ministero a Notturn Alley, perciò era stato piuttosto sorpreso nel ritrovarsi la maga sulla soglia di casa. Era da quando si erano lasciati che Ginny non aveva più rimesso piede lì, e sinceramente non capiva che cosa avesse potuto farle improvvisamente cambiare idea; tuttavia non aveva avuto modo di approfondire quel pensiero perché, appena aperta la porta, la ragazza, senza alcun preavviso gli si era gettata al collo e aveva preso a baciarlo come una furia. Il giovane mago era rimasto spiazzato, non aveva avuto modo di reagire in alcuna maniera perché si trattava di una cosa talmente assurda e insensata che non poteva essere vera.

Ginny aveva avvolto le braccia attorno ad Harry assaltandogli la bocca, e il giovane era rimasto con le proprie a mezz’aria non sapendo dove metterle.

- Sposami. - La ragazza si era staccata un istante per poi riprendere a piantargli dei baci infuocati sulle labbra. Harry aveva spalancato gli occhi, doveva avere capito male. – Cosa? – Si era staccato per parlare ma lei si era impossessata nuovamente della sua bocca. Non farlo pensare, ma soprattutto non pensare, era l’unico modo per andare fino in fondo a questa cosa. Se le avesse chiesto spiegazioni, se non le avesse permesso di continuare non ce l’avrebbe mai fatta, avrebbe fatto marcia indietro.

Finalmente il mago aveva risposto al bacio e, dopo un po’, la ragazza si era staccata. Entrambe avevano le labbra gonfie e arrossate; il primo istinto di Ginny era stato quello di asciugarsi la bocca invece aveva parlato fissando Harry profondamente negli occhi. - Ho detto "sposami". –

Il ragazzo l’aveva guardata per un attimo sottosopra, non poteva aver detto quello che pensava avesse detto. Si era passato una mano fra i capelli. Era confuso, ma soprattutto frastornato dall’assurdità di quella situazione. Ginny davanti a lui lo osservava in un modo…c’era qualcosa nel suo sguardo…una determinazione mista a supplica…Merlino se era bella con indosso quell’abito estivo bianco e nero che faceva tanto "anni sessanta"…i capelli mossi erano leggermente fuori posto, le labbra, con il rossetto chiaro ormai quasi completamente andato; il suo petto si alzava e abbassava rapidamente, aveva il respiro affannato a causa di quel loro piccolo match, e quell’ansia dipinta sul viso…

Il mago aveva sorriso. – Allora avevo capito bene… -

- Già. – Aveva risposto con gli occhi che ridevano, come se avesse in mente qualcosa di folle e imprevisto. Harry aveva scambiato il suo nervosismo per eccitazione, e in un certo senso era vero. L’ansia per quella sua folle idea, la paura di venire respinta e arrendersi alle umilianti conseguenze di un simile gesto, unite all’intensità messa in quel bacio quasi disperato, e alla sorta d’insana lucida pazzia che l’aveva spinta ad una cosa del genere…

- Ma perché? Perché adesso non capisco… - Sempre sorridendo aveva manifestato un legittimo scetticismo.

Aveva sorriso parlando con semplicità. - Perché l’ho capito solo adesso…non c’è nessun altro con cui posso pensare di avere una famiglia, Harry… -

- Ma, Ginny… - Aveva aggrottato le sopracciglia, in parte, divertito, in parte, non convinto.

- No ascolta…riflettici Harry…non c’è nessun altro con cui possiamo costruire qualcosa di… - Avrebbe voluto dire di "stabile" o di "duraturo" ma si sarebbe tradita. - …buono. Non stavamo bene insieme Harry? Prima che io rovinassi tutto con la mia stupida idea d’indipendenza? -

Aveva sorriso. – Certo. –

- Certo. – Aveva sorriso di nuovo. - Ragiona, non era quello che avevamo sempre desiderato crearci una famiglia nostra? -

- Sì, io sì Ginny, eri tu che non volevi sentire parlare di matrimonio… -

- Ma adesso sono qui, e ti sto supplicando Harry…io voglio trascorrere con te il resto della mia vita, solo con te posso immaginare un futuro… -

Aveva fatto per parlare ma lei lo aveva zittito. – Sì, lo ammetto che questa è una dichiarazione strampalata però… - E qui si era vista costretta a mentire a proprio favore. Sapeva dei sentimenti di Harry per sé, erano da sempre stati evidenti a tutti, ora doveva convincerlo dei propri. – È da quando abbiamo avuto quella chiacchierata a casa mia che non faccio che pensarci, ma allora avevo avuto paura…sai Din e Draco… - Cavolo. Pessima scelta di soggetto, l’occhiata del mago nel sentire il nome del rivale era stata eloquente. - …è…è che avevo paura capisci? Perché lui resta pur sempre il padre di Damian e temevo che tu non avresti accettato una situazione simile…ma Harry io…ero terrorizzata dall’idea che tu potessi respingermi dopo tutto quello che ti avevo fatto… -

- Ho capito. – Aveva accennato col capo.

- Sì? -

Le aveva accarezzato una guancia sorridendo gentilmente. – Sì. –

Ginny aveva preso un bel respiro aggrottando le sopracciglia in segno di richiesta. – Allora? –

- Allora… - Harry aveva trascinato volontariamente la frase.

- Allora? -

Il mago aveva ridacchiato. - Sì, va bene sì. Ti sposo. –

La piccola Weasley gli si era gettata al collo abbracciandolo. Era felice. Non la stessa felicità che stava provando il giovane, ma pur sempre felice…be, soddisfatta. Il primo passo era fatto. Ora avrebbe avuto un padre per il suo bambino; qualcuno di dolce, gentile e affidabile, qualcuno che sarebbe stato un buon marito e possibilmente un buon padre, qualcuno che l’amava. Harry era stabile, su di lui poteva contare. Nessuna sorpresa.

Era bello aver qualcuno che ti stringesse fra le braccia senza che ti dovessi curare delle conseguenze. Tutto quello che restava da fare ora era affrettare il matrimonio al prima possibile, perché non era sicura di tre cose: di Draco, di sé stessa, e del bambino; e quelle erano le uniche che avrebbero potuto mettersi in mezzo mandando all’aria tutto. Se solo avesse trovato il modo per non farlo sapere a Malfoy fino a fatto compiuto…

Harry le aveva pianto un bacio sulla fronte. – Ti amo, mi sei mancata Ginny. –

- Anche tu. – Lo aveva abbracciato di nuovo spostando lo sguardo altrove.

28, giugno Londra ore 01. 34 PM

Aveva detto ad Harry che voleva parlarne con Damian, prima di dirlo alla sua famiglia, e il giovane aveva accettato di buon grado; così dopo un'altra, più o meno obbligata, seduta di effusioni era tornata a casa. Per un attimo aveva temuto che Harry volesse festeggiare altrimenti il loro fidanzamento…fortunatamente gli aveva fatto capire che era sua intenzione aspettare almeno fin dopo le nozze; perché era passato tanto tempo, perché non si sentiva tranquilla finché fossero state chiarite le cose con Din…come sospettava, il fidanzato si era dimostrato comprensivo e paziente. Un’ulteriore dimostrazione che avesse fatto la cosa giusta. Harry non le avrebbe mai rifiutato nulla…forse non l’aveva mai capita fino in fondo, ma era sincero quando diceva di volerla rendere felice. Il problema ora era Damian. Din adorava suo padre, e non poteva vedere Harry…tuttavia se c’era una cosa che voleva fargli capire era che non avrebbe mai voluto che lo zio Harry prendesse il posto del suo papà; anche se era sicura che il mago, se non per simpatia verso Din, ma per affetto, amore nei suoi confronti, e sano principio di competizione, sarebbe stato un più che ottimo padre in assenza di Draco. Era sicura che Harry non sarebbe mai riuscito ad accattivarsi le attenzioni di Damian, e le andava bene così, ma almeno ci avrebbe provato. Era Draco il padre di Damian punto. Cosa diversa era per il bambino che gli avrebbe fatto credere suo…si sentiva in colpa per questo, ma che altro avrebbe potuto fare? Non voleva ingannare Draco, non poteva, e non voleva neanche che questo decidesse di sposarsi per senso del dovere, anche se né dubitava molto…più probabilmente le avrebbe portato via i bambini, e se poi fosse saltato fuori che il figlio che aveva in grembo non era suo? No, no non ci riusciva ad ingannarlo…Harry…con lui era diverso…Harry l’amava, e poi, e poi poteva concepire l’idea di ingannarlo…sì, era brutto, era mostruoso, ma in cambio avrebbe avuto lei. Sarebbe stata una moglie perfetta, e insieme avrebbero costruito quel quadretto patetico di famiglia perfetta che andava tanto a genio a lui e a sua madre…era convinta che a loro non importasse se tanto fosse stato unicamente una bella finzione, e quello che non si ha modo di conoscere non può fare male giusto? Lei dopotutto voleva un padre e una famiglia per i suoi figli, lui voleva lei. Scambio piuttosto equo no?

Merlino suonava orribile messo in quel modo, quando ci aveva pensato non era stato così…

Ginny dopo pranzo si era avvicinata al suo piccolo artista appoggiando le mani sulla spalliera del divano. Din come il solito era intento in un dei suoi capolavori, col visino tutto concentrato come se da quello che stesse facendo dipendessero le sorti del mondo. Era così semplice per i bambini essere felici, e altrettanto semplice per un adulto turbare questa felicità. La maga aveva sorriso, avrebbe voluto soltanto sedersi accanto a lui e tenerlo stretto stretto per sempre, non farlo crescere mai, e invece lo costringeva a crescere. Sì, avrebbe voluto proteggerlo da tutto e tutti, ma non poteva se doveva essere onesta, e mentire a lui la ripugnava. Come glielo avrebbe detto? – Amore…-

Il bimbo aveva sollevato la testolina e aveva sorriso alla ragazza.

- Ma che stai facendo? – Aveva sorriso divertita.

- Un disegno per Draco. -

- Oh, scommetto che sarà felice… -

La maga aveva fatto il giro del sofà e si era seduta accento a Din, mettendogli un braccio attorno alla spalla, attirandolo a sé, e baciandogli i capelli. – Tesoro…lo sai che la mamma ti vuole bene? – Lo aveva stretto. - E anche il papà te né vuole…un bene dell’anima… -

Damian aveva annuito col capo, sistemandosi meglio contro il petto della giovane e rispondendo all’abbraccio. Sembrava un micino. Ginny aveva messo il mento sulla piccola testa prendendo ad accarezzargli dolcemente i capelli. – Amore ti ricordi quando ti ho detto che io, il tuo papà, la tua mamma, i tuoi zii e le tue zie, andavamo a scuola insieme? –

- Sì. -

Il piccolo si era abbandonato alle carezze di Ginny.

- Il tuo papà e la tua mamma passavano tanto tanto tempo assieme, ed anche lo zio Ron e la zia Hermione, lo zio Fred e la zia Angelina, e lo zio George e la zia Alicia…ed anch’io e lo zio Harry… -

- Ma la zia Luna? – Non aveva capito tanto bene.

La maga aveva sorriso - La zia Luna si era trasferita in Francia…i tuoi zii e le tue zie hanno finito per sposarsi, sono andati a vivere insieme, e hanno avuto i tuoi cuginetti…anche alla tua mamma sarebbe piaciuto tanto sposare il tuo papà… -

- E a te? – Si era rivolto a lei incuriosito.

- A me? – Ginny aveva guardato il figlioletto in viso. – Sì, be, in un certo senso qualche volta l’ho… diciamo…immaginato, se vogliamo metterla così, ma io allora pensavo avrei sposato lo zio Harry amore. -

- Come lo zio Ron e la zia Hermione? -

- Sì, così…ma per colpa mia abbiamo avuto una brutta, bruttissima, discussione e non ci siamo più… -

- Sposati? -

- Sì, qualcosa di simile…ma vedi amore, io e lo zio Harry adesso abbiamo fatto la pace…così abbiamo deciso di sposarci e andare a vivere assieme. -

- Ma Ginny e il mio papà? Non doveva venire a vivere anche lui con noi? -

- … - E adesso? Che gli diceva adesso? Non era sicura avesse capito la metà di ciò che aveva detto fino ad ora, come gli spiegava questo?

- Non ci viene più? -

- … -

- E colpa mia Ginny? – Aveva chiesto con vocina triste.

Aveva stretto a sé Din. Sapeva che sarebbe stato difficile. - No, no assolutamente amore… -

- Ma… - Aveva le lacrime agli occhi.

- Amore, tesoro…il tuo papà ti adora sopra ogni cosa, non è colpa tua no, è solo… - Aveva fatto un sorriso triste. - …è mia…è colpa mia… -

Damian aveva scosso rapidamente il visino. – No, Draco ci vuole bene…lo ha detto a me… -

- Sì, anche io gliene voglio ma…io e lui non andiamo molto d’accordo amore, un po’ come lo zio Ron e la zia Hermione…inoltre, lo zio Harry mi vuole un sacco di bene, e né vuole anche a te… -

- Non mi piace lo zio Harry Ginny. – Ancora con gli occhi lucidi aveva sporto la boccuccia mettendo il broncio; la vocina era suonata comica ed la ragazza, nonostante stesse anche lei sforzandosi di non piangere, non aveva saputo trattenere un risolino. – Sì…ma piace a me, e mi vuole sposare… - Gli aveva dato un buffetto sul nasino voleva far assumere un tono divertente alla conversazione.

Si era intristito di nuovo e aveva abbassato il capo. – Ma di solito i papà non si sposano con le mamme?-

- Amore…- Aveva sospirato. - Din, lo sai che la nostra non è una situazione normale…tu hai due mamme… -

- Ma non voglio due papà Ginny. -

- Ma amore, non avrai due papà…solo Draco sarà il tuo papà e lo vedrai ogni volta che vorrai…e poi non ti piacerebbe avere un fratellino o una sorellina? -

Din aveva alzato la testolina, era un po’ titubante e incerto, nonché diffidente. Lui lo zio Harry non lo voleva. - Sì. –

Aveva sorriso.

- Tu non vuoi bene al mio papà? -

- Amore ma certo, certo che gliene voglio, un mondo… - Forse si era lasciata un po’ trasportare.

- È perché papà vuole bene alla zia Luna? -

Oddio, ancora con quella storia… - S-sì, anche…in un certo senso… -

- Ma Ginny io so che a te ti vuole più bene…non puoi sposare lui, invece dello zio Harry? -

Damian non sembrava essere disposto a facilitarle le cose quel giorno.

- Il tuo papà non mi vuole sposare…. – Magari semplificando la cosa avrebbe capito.

- Secondo me sì. -

- Diin! -

- Ma Ginny… -

- Tesoro…non è possibile…proprio non lo è… -

Gli occhi del piccolo si erano riempiti di nuovo di lacrime.

- Amore… - Ginny gli aveva accarezzato la fronte, era bollente, si stava facendo nuovamente salire la febbre.

Aveva iniziato a piangere. Non era da lui fare simili capricci…ma da chi aveva imparato? Già, da chi…

Lo aveva stretto al petto. - Tesoro…senti, sai cosa facciamo? Ti va di andare per un po’ a casa di papà?-

Din aveva sollevato il visino e ancora in lacrime aveva sorriso. – Sì. – Sembrava si fosse improvvisamente illuminato. Ginny sospirando gli aveva asciugato gli occhi e pulito il nasino. – E va bene. – Perché diamine preferiva tanto suo padre a lei non l’avrebbe mai capito…forse sarebbe dovuta tornare sull’argomento Harry in un altro momento, anche se probabilmente, dalla reazione appena avuta, Din aveva capito fin troppo bene quello che sarebbe successo.

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Capitolo 9
*** 9 ***


28, giugno Londra ore 04. 32 P.M

Ginny era nervosa, rigirava continuamente il pendaglio che aveva al collo osservando la sua immagine riflessa nello specchio del soggiorno. Harry sarebbe arrivato in pochi minuti e insieme avrebbero dato la lieta novella a suo padre ed a sua madre. Non si sentiva a posto ed iniziava a credere non si trattasse dell’abbigliamento. Indossava una maglia ampia a righe rosse e verdi, aveva le maniche corte e lo scollo a V, piuttosto pronunciato, lasciava intravedere la canottiera rossa che portava sotto. In coordinato col resto aveva optato per una gonna stretta rossa che le arrivava sotto il ginocchio. Lo stava facendo per i suoi figli, eppure dopo che aveva accompagnato Damian a casa del padre aveva sentito dei crampi allo stomaco per nulla promettenti; non doveva agitarsi nelle sue condizioni e invece era rimasta inquieta per tutto il tempo. La ragazza si era portata una mano al ventre. – Andrà tutto bene piccolo…ma ti prego non fare scherzi…penserà a tutto quanto la mamma… - Aveva sorriso. Sì, sì, doveva soltanto prendere un bel respiro e…sarebbe andato tutto bene. Una famiglia…un bambino…il suo bambino…avrebbe avuto un bambino. Se era triste, se si sentiva agitata, le bastava pensare al piccino che stava crescendo nel suo grembo, e all’altro piccino che adesso stava col suo papà. – Sei anche tu nervoso? A chi lo dici…mi puoi sentire? – Si era morsa il labbro inferiore e aveva sorriso.

Trrrrrrrrrrrrrrr.

Ginny si era voltata verso la porta. – Hai sentito? È arrivato il tuo nuovo papà… - Prendendo un altro respiro aveva aperto la porta sorridendo. Harry. Il suo Harry. – Entra… - Aveva fatto un cenno del capo. - …a dire la verità credevo ti saresti materializzato… – Il cuore aveva preso a batterle all’impazzata come ad un primo appuntamento. Era strano, non era una brutta sensazione, ma per tutti quegli anni si era abituata all’idea di lui come amico, e adesso…

- In effetti Gin ci avevo pensato, ma ho voluto fare le cose per bene. – L’aveva detto con voce dolce, e la ragazza si era sentita una carogna. – Oho… - Aveva spostato lo sguardo prendendosi le mani tra loro. Ginny andiamo, prima gli sei praticamente saltata addosso, da dove arriva tutta questa timidezza…

Harry si era avvicinato e le aveva preso le mani fra le sue dandole prima un piccolo bacio sulla guancia, e poi iniziando ad occuparsi della sua guancia, il mento, il collo…

La maga, prima immobile, aveva abbracciato il fidanzato sforzandosi di lasciarsi andare, in fondo non era come se fosse la prima volta, e poi lei voleva bene ad Harry. I baci del ragazzo erano delicati, dolci, e piacevoli…certo nessun contorcersi dello stomaco, brividi, sensazione di svenimento…era come stare nelle braccia di Ron o Bill, e quello non era un bel pensiero. Draco…no, quello non era decisamente un buon pensiero…era matta se desiderava che quelle mani fossero le sue? Quelle braccia, quelle labbra…Harry aveva un buon profumo ma…quando Draco la baciava, quando la toccava, si sentiva andare a fuoco…poi certo c’era anche dolcezza e tutto il resto ma…se ripensava all’incontro che avevano avuto nella cucina dei Malfoy…

Senza pensarci due volte, Ginny aveva catturato le labbra di Harry nelle proprie, nel tentativo di risentire quelle stesse emozioni; aveva preso a divorargli la bocca come se quella fosse una lotta più che un bacio, con violenza. Il giovane all’inizio era rimasto spiazzato ma poi aveva assecondato la ragazza piuttosto entusiasta del cambiamento. Non lo aveva mai baciato in quel modo, con una tale passione, desiderio…

La giovane Weasley non sembrava volesse dare un momento di tregua al mago. Se fosse stata credente come sua madre era peccato baciare qualcuno e immaginarsi qualcun altro? Era sbagliato desiderare, fantasticare, sull’uomo che amava invece che quello al quale voleva bene? Ginny si era fermata per prendere aria, ancora nelle braccia di Harry. Aveva postato la fronte contro quella del ragazzo.

– Wow Gin, non era propriamente a questo che stavo pensando quando avevo detto di volere fare le cose per bene ma…lo sai che faremo tardi? -

- Già. – La giovane aveva tenuto lo sguardo basso portandosi una mano ad asciugarsi le labbra, probabilmente doveva avere tutto il rossetto sbavato. Era strano, provava vergogna…non aveva senso ma si sentiva leggermente una prostituta, altro infelice pensiero…

- Comunque in realtà, volevo solo darti questo. -

Ginny lo aveva guardato confusa. Harry aveva estratto dalla tasca dei pantaloni una scatoletta di velluto rosso.

No, questo no…non stava accadendo a lei. La giovane maga era rimasta impalata con la bocca socchiusa, nella mano di Harry vi era l’anello di Lily Potter. Era una piccola rosellina di diamanti incastonata in un sottilissimo cerchietto di platino.

- Harry…era di tua madre…io… -

- Ginny Weasley vuoi sposarmi? -

- … - E aveva iniziato a piangere. Il ragazzo doveva averle interpretate come lacrime di gioia perché aveva sorriso. Lei non si era mai sentita tanto infelice in vita sua. Ricacciando giù in gola il senso di colpa e di sporcizia, aveva sorriso…non si era mai sentita veramente ipocrita, mai fino a quel momento.

- Sì…sì, certo. -

Harry le aveva infilato l’anello al dito e l’aveva abbracciata, si era dovuta imporre di ritornare l’abbraccio. Aveva pensato al suo piccino e aveva sorriso pensando che presto sarebbe stata madre. Era l’unico modo che aveva per resistere e non fuggire il più lontano possibile da Harry e dal suo anello…lui le aveva aperto il suo cuore e lei gli regalava il suo corpo…perfetto.

28, giugno La Tana ore 05. 03 P.M

- Mamma?…Papà?…Siete in casa? -

Ginny era entrata dalla cucina guidando Harry dentro casa, teneva stretta una mano del ragazzo con la propria. Non capiva perché improvvisamente Harry Potter fosse diventato Mr. Timidezza, in pratica era già considerato dai suoi uno di famiglia, anzi era probabile che i suoi genitori avessero sempre preferito avere lui come figlio piuttosto che lei, perciò quale era il suo problema? La cosa la irritava, sì era irragionevole, ma perché accidenti per una volta non poteva fregarsene di far buon’impressione a tutti! Da chi cavolo voleva ulteriori conferme? Nel corso degli anni si era dimenticata di questi lati del suo carattere…allora era così cotta che non vi badava, adesso…no, forse era solo nervosa per via del matrimonio…aveva convinto Harry che non c’era bisogno di aspettare tanto tempo perché in pratica era come se fossero fidanzati da una vita…inoltre, era già incinta di qualche settimana se voleva che la paternità di Harry fosse plausibile doveva sbrigarsi…

- Mamma? -

Molly e Arthur Weasley erano scesi con rapidità dalle scale ed avevano raggiunto i due ragazzi. Ginny si era rifiutata di chiedersi cosa suo padre facesse a casa dal lavoro a quell’ora, e perché lui e sua madre fossero al piano di sopra, sapeva che i suoi erano sempre innamorati come il primo giorno ma non era pronta per ulteriori sorprese. Erano i suoi genitori!

- Tesoro…come mai da queste parti? Dove hai lasciato Damian? – Molly si era accorta solo in quel momento di Harry. – Harry… - Evidentemente non doveva avere realizzato bene, non aveva preso a fargli le sue solite feste…

- Ciao Harry, tesoro,…avevi bisogno di qualcosa? -

Ginny aveva roteato gli occhi, e il mago accanto a lei era rimasto in silenzio. Andiamo non avevano neppure notato che si stavano tenendo per mano?

- Signora Weasley, Signor Weasley. -

- Ma che succede cara? – La donna aveva iniziato ad allarmarsi un po’.

- Mamma io e Harry dovremmo dirvi una cosa… - Questo era patetico, lei era un’adulta, Harry era un adulto.

Il Signor Weasley che era rimasto di qualche passo indietro alla moglie si era avvicinato. Molly e Arthur si erano fatti improvvisamente preoccupati e seri, non capivano cosa stava accadendo.

Raccogliendo tutte le sue forze e sfoggiando il suo miglior sorriso Ginny aveva mostrato la mano. – Io e Harry ci sposiamo. –

L’uomo aveva spalancato gli occhi e si era passato una mano nei pochi capelli sorridendo. – Be, be, congratulazioni, questa è una bella notizia… -

Molly Weasley aveva gridato di gioia, l’impulso nervoso doveva essere finalmente giunto al suo cervello perché il viso le si era tutto illuminato ed era improvvisamente diventata accaldata. – Io lo sapevo! Che cosa ti avevo detto Arthur Weasley? La nostra bambina prima o poi sarebbe rinsavita. Oh, come sono felice, che bella notizia. Harry! – E così facendo aveva assalito il futuro genero. Ginny si era fatta piccola piccola, preparandosi a sopportare un lunghissimo pomeriggio, e ad affrontare la reazione di sua madre quando le avessero detto che il matrimonio era in due settimane; e che non voleva niente di vistoso ed in grande stile ma, anzi, qualcosa che passasse inosservato.

29, giugno La Tana ore 08. 30 P.M

La famiglia Weasley al gran completo si era riunita per festeggiare il lieto evento, Molly aveva avuto un bel da fare ad organizzare quella cena di fidanzamento in così breve tempo, e sebbene Ginny le avesse spiegato che non era necessario, visto il già grande impegno richiesto dai preparativi per il matrimonio, la donna non aveva voluto sentire ragioni. Era una tradizione di famiglia, e come tale andava rispettata. La ragazza, che non si sentiva di affrontare un simile evento in cui tutti avrebbero presentato i loro più cari auguri alla coppia, aveva dovuto rassegnarsi ad essere sottoposta ad una simile tortura. C’erano tutti, ma proprio tutti, ad eccezione dell’unica persona che lei avrebbe voluto presente, il suo piccolino.

Fratelli, cognate, nipoti, tutti i nipoti, i suoi genitori, Il professor Lupin e Tonks, Maggie e Dimitri, e infine, Albus Silente. Il vecchio mago continuava a posare su di lei il suo sguardo bonario. Non riusciva neppure a guardarlo negli occhi, perché accidenti quell’uomo doveva sempre vedere oltre le cose…

Ginny sedeva fra Harry e Bill. Le sue care cognate, nonché amiche, avevano avuto uno scoppio simile allo starnazzare di uno stormo d’anatre, una volta appresa la notizia. Soltanto Fleur, Alicia, e con sua sorpresa Hermione, avevano reagito in maniera tardiva; neanche loro le avevano levato gli occhi di dosso durante l’intera serata.

Solo due giorni e già Ginny si sentiva esausta. Il club delle Mogli Weasley si era riunito quello stesso pomeriggio, presieduto da Molly Weasley in persona; con l’aggiunta di Maggie e Tonks. Grazie a Dio nessuno aveva invitato Luna. Ad un certo punto le era salita la nausea così forte che aveva dovuto correre in bagno inventandosi che si trattasse dell’agitazione. Aveva rimesso tre volte di fila, finché Fleur era venuta a controllare le sue condizioni. Nessuno si era accorto di nulla, e così avevano ripreso a pensare agli inviati e a chi rivolgersi per la cerimonia, il pranzo di nozze…invece, di sentirsi felice e di provare piacere in tutto questo, come aveva sempre creduto sarebbe stato il pianificare il proprio matrimonio, aveva desiderato che quel giorno arrivasse e passasse al più presto. Adesso circondata da tutta la sua famiglia, l’unica cosa su cui si poteva concentrare per sorridere e ridere era il bambino che portava in grembo, e allora riusciva perfino a trarre diletto da tutta quella situazione. Si diceva che era la stanchezza e che in fondo tutto quanto era perfetto. Osservare Harry così ben integrato con tutti loro, vederlo sorridere, guardarla con amore, stare agli scherzi e alle buffonate di tutti i suoi fratelli, le dava serenità. E non era forse quella serenità, quel clima tranquillo, che desiderava per i suoi figli?

Si era accarezzata il grembo, non si sarebbe mai stancata di fare una cosa simile, e aveva stretto la mano di Harry. L’uomo che presto sarebbe diventato suo marito, e cui voleva bene. Avrebbe lasciato fare a sua madre e alle sue amiche come credevano, intanto lei avrebbe fantasticato sul suo bambino…lei ed Harry avevano deciso che sarebbe stato lui a trasferirsi da lei, e che per il momento avrebbe utilizzato la stanza degli ospiti per non mettere in crisi completa Damian. Era presto per dirlo, ma desiderava così tanto che fosse una bambina…la stanza rosa con le farfalle sarebbe stata perfetta, però era necessario che vi apportasse qualche modifica. Non vedeva l’ora…e c’era da pensare ad un nome e…sì, era presto e non poteva ancora dirlo a nessuno, e poi c’erano i controlli, la dieta, e tutto il resto…ok, una cosa alla volta. Intanto però lei era incinta. Incinta.

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

La maggior parte dei commensali visto il caos e le chiacchiere non si era neppure resa conto del campanello.

- Arthur caro, chi può essere a quest’ora? -

- Non lo so tesoro… -

- Arthur Weasley prega solo che non si tratti del Ministero… -

Ginny aveva sorriso. – Vado io, non preoccupatevi… - Aveva proprio bisogno di un break.

- Sei sicura Gin… -

- Ma certo…goditi questo momento di gloria… - Aveva dato uno sguardo alla tavola. - …sono tutti tuoi. - Baciando sulla guancia il fidanzato, si era diretta alla porta. Probabilmente era soltanto qualche amico di famiglia che chissà come aveva già ricevuto la bella notizia, oppure un lontano parente che facendosi beffe delle distanze si era precipitato a festeggiare con loro; a volte capitava. Era troppo sperare che si trattasse dei suoi nonni, i genitori di suo padre. Sua nonna era…era unica. Scuotendosi da questi pensieri si era sistemata la gonna verde e aveva aperto la porta.

29, giugno La Tana ore 08. 35 P.M

Il suo cuore aveva perso un battito. – No… - Era stato appena un bisbiglio, prima che tentasse di tirare chiusa la porta di nuovo. Draco aveva reso impraticabile la mossa della ragazza, aveva afferrato la maga per un polso con la mano che non stava tenendo aperta la porta., sembrava arrabbiato.

- Ginny! Chi è? – Quella era la voce di sua madre, c’era la famiglia riunita a pochi passi di distanza.

- Nessuno! Solo u-una collega… - Aveva urlato sforzandosi di mantenere un tono normale, poi parlando a bassa voce. - Va via…va via ti prego… - Lo stava supplicando con lo sguardo, quello non era il momento.

- Perché? – Malfoy aveva alzato le sopracciglia, ma non stava scherzando. Perché avrebbe dovuto fare una cosa simile? Il viso del giovane era duro e la mascella contratta per la rabbia.

- Perché?! – Non poteva credere alle proprie orecchie. Cercava di non farsi sentire dagli altri, sarebbe stato un completo disastro. – Di là ce tutta la mia famiglia… -

- Credevo che noi fossimo una famiglia… -

- Ti prego…ti prego, non farmi questo… - Aveva scosso il capo. – …va via… - Gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime. - …per favore… -

- Solo se vieni con me. -

- Cosa?! Non posso…non so se ti è chiara l’idea…di la ci sono tutti i miei parenti, c’è Harry…mi sto per sposare… -

- Ginny io senza di te non me ne vado, perciò ti conviene prepararti una buona scusa per tutta la famigliola felice, sempre che tu non preferisca di loro come stanno veramente le cose… -

- Come stanno veramente le cose…le cose non stanno in nessuna maniera Draco, io non devo spiegare a loro proprio niente…fra due settimane ci sarà il mio matrimonio… -

- Ginny!!!!!!! – La voce della Signora Weasley si stava facendo impaziente. – Arrivo! - La ragazza aveva tentato di liberarsi dalla presa e raggiungere la sala ma Malfoy non le aveva permesso di andare.

- No. -

Ginny era agitatissima lo guardava con occhi sgranati.

- Ginny!!!!!!!!!!!!!!!!! -

Aveva preso una boccata d’aria, ma non aveva detto nulla; quando la seconda volta si era decisa a parlare vi era stato un tremito nella sua voce. – Esco un momento! –

Prima che qualcuno potesse ribattere, Ginny aveva afferrato il giubbotto di jeans dall’appendiabiti e si era chiusa la porta alle spalle. Quel rumore le era pesato come un macigno sullo stomaco.

29, giugno La Tana ore 08. 47 P.M

I due giovani avevano camminato in silenzio finché si erano ritrovati abbastanza lontano. I passi sull’erba e il frinire dei grilli per alcuni minuti erano stati gli unici suoni ad aver accompagnato quella marcia. La luce del sole aveva iniziato a diminuire, anche la temperatura si stava abbassando. Ginny si era stretta ulteriormente nella giacca di jeans, teneva le mani nelle tasche.

- Allora?…Immagino sarai soddisfatto… -

Draco aveva chiuso gli occhi e sospirato per evitare di darle uno schiaffo; come sempre non aveva capito un cazzo. – No veramente. – Si era stretto nelle spalle. Sembrava essersi calmato. – Quando contavi di dirmelo? –

- … -

- Non contavi di dirmelo…fantastico. -

- È stato Damian? -

- Per quanto potrà sembrarti strano…no. – Il giovane aveva estratto dalla tasca un pezzo di carta e lo aveva allungato alla ragazza.

29, giugno 2011 Londra 5 zellini anno22 – numero 180

IL CAVILLO

CHI HA INCASTRATO HARRY POTTER?

( Matrimonio in vista per l’ex scapolo d’oro più ambito di Londra. Omaggio del Cavillo al grande eroe dei nostri giorni. )

Il 13 luglio 2011 alle ore 16.00 di una località tenuta nascosta. Harry James Potter si unirà in matrimonio a Virginia Kathleen Weasley, Medimago al S.Mungo e sua ragazza ai tempi di Hogwarts. Dopo circa cinque anni di separazione i due hanno deciso da un giorno con l’altro di sposarsi. Il giornale e i nostri lettori non possono che fare le congratulazioni per la sorprendente notizia.

Tra ieri e oggi storia di un eroe dei nostri tempi. Gli articoli più belli di questi anni. Da pagina 2 a pagina 13…

- Luna… -

- Il tuo fidanzatino non ha perso tempo… -

- Non né avevo idea…be, non era mica un segreto e Luna è nostra amica… -

- Sì, dev’essere per questo che si è vendicata con un simpatico articolo… -

- Senti, se era solo per farmi vedere questo… - Aveva sventolato l’articolo di giornale.

- Non sarai felice… -

- … -

- …non andrai mai fino in fondo… -

- Che cosa?! Con che diritto ti presenti a casa dei mie genitori, insceni questa patetica specie di rapimento, e mi vieni a dire che non sarò felice, che non andrò fino in fondo?! -

- Con che diritto? Tesoro, te ne sei saltata fuori con questa storia del matrimonio da un giorno con l’altro…tu non lo ami… -

- Non venirmi a dire chi amo e chi non amo, tu non sai niente di me! Tu non mi conosci! Io amo Harry e io sposerò Harry! -

- Siamo tornati a questo punto? Io amo io sposo? Vuoi che ti scoppi a ridere qui in faccia adesso? -

- Io sposerò Harry…e non c’è niente che tu possa dire o fare per cambiare le cose… -

- Tu non ami Harry… -

- A no? -

- No. -

- E perché? -

- Semplice. Perché sei stramaledettamente, completamente, e totalmente innamorata di me. -

- No. -

- No? -

- No. -

- Provalo. -

- Cosa? -

- Che non mi ami. -

- E come? -

- Mandami via. -

29, giugno La Tana ore 09. 09 P.M

Erano rimasti per un po’ a fissarsi in silenzio finché Ginny non era più stata in grado di sostenere lo sguardo del ragazzo.

- Io non devo provarti niente. – Gli aveva voltato le spalle e aveva fatto per andarsene.

- Non puoi, vero? -

Si era bloccata. – È tardi…si staranno chiedendo dove sono finita… –

La maga aveva ripreso a camminare, sentendo che ogni passo la portava più lontana dall’unico luogo in cui avrebbe voluto essere realmente.

- Ginny dammi un’altra opportunità! – Lo aveva urlato perché lei era già lontana.

Ginny aveva chiuso gli occhi prendendo a camminare più rapidamente, se si fosse fermata, se si fosse voltata anche per un momento, non sarebbe più stata capace di andarsene.

Era stato col cuore infinitamente più pesante che, tornata a casa, aveva preso di nuovo posto fra i membri della sua famiglia.

1, luglio Londra ore 09. 05 A.M

Ginny era seduta al tavolo della cucina ancora in vestaglia, i capelli erano stati raccolti sulla testa alla meglio; la giovane continuava a rimestare il suo pancake, aveva assunto un aspetto a dir poco orribile. Merlino avrebbe dato non so cosa per un caffè…

Quella mattina lo squadrone delle donne della famiglia Weasley, più le solite aggregate, le aveva invaso la casa, eeeeeeeh sì avevano un altro giorno in meno per preparare il matrimonio, era necessario organizzarsi…organizzarsi, iniziava a detestare quella parola…aveva sonno, era stanca, aveva già dovuto sopportare le congratulazioni di mezzo mondo e un paio di tentativi d’aggressione da parte della stampa…aggiunto al fatto che stava evitando con ogni mezzo possibile di restare sola con Hermione, Fleur e Alicia che richiedevano "spiegazioni"…

- Buongiorno… - Harry era emerso dalla camera degli ospiti con un’espressione leggermente allibita sul viso, non era esattamente quella l’immagine che si era aspettato al risveglio.

Vi era stato un coro di "buongiorno", prima che le donne tornassero alla propria occupazione.

La maga dai capelli corvini aveva sollevato appena lo sguardo dalla colazione sfoggiando il miglior sorriso di circostanza che era stata in grado di fare, non per Harry, era felice che fosse lì con lei a condividere quelle pazze scatenate, ma per l’intera situazione che era stancante. – Buongiorno. –

Il giovane aveva appoggiato una mano sulla sedia adiacente a quella della ragazza e si era inclinato per posarle un bacio sulla guancia, Ginny non aveva mai smesso di sorridere.

- Già attive di prima mattina… -

- Infatti… - Aveva roteato gli occhi. - …resti? – Lo aveva osservato speranzosa, non aveva voglia di sopportare quel delirio da sola, ma la smorfia di difficoltà del mago aveva parlato chiaro: l’avrebbe mollata lì a sciropparsi le ragazze. – Gin…devo andare al Ministero hanno bisogno, ho già dovuto fare i salti mortali per chiedere un permesso speciale per la luna di miele… -

Luna di miele? Luna di miele?! Si era dovuta sforzare al massimo per mantenere la calma e sorridere ancora. – Giusto…ok, a-allora a più tardi… - Sì, decisamente era meglio che si levava dalle scatole perché se gli avesse rifilato un’altra bella notizia probabilmente avrebbe commesso qualche atto inconsulto…avrebbe dovuto sospettare che Harry sarebbe voluto partire per un bel viaggetto romantico, ma lei aveva il lavoro e poi c’era Din…e le nausee…luna di miele?!…presto avrebbe anche dovuto assolvere ai doveri coniugali, non che in sé fosse un problema…forse si stava facendo troppe paranoie, senza dubbio…probabilmente erano gli sbalzi d’umore relativi alla gravidanza…ironico non se ne fosse ancora reso conto nessuno visto che passava ore e ore al bagno…agitazione certo…

- Tutto bene Gin? -

- Come? – Aveva assunto uno strano cipiglio. Acci, doveva stare più attenta e continuare a sorridere. – Ma certo… -

Il suono del telefono aveva interrotto i due; aveva risposto Fleur. – Pronto? -

- Chi è? – La maga aveva chiesto incuriosita.

- Non lo so…ha agganciato. -

Ginny si era stretta nelle spalle. – Harry allora… - Ancora il telefono. Tutti i presenti avevano iniziato a guardarsi. La padrona di casa si era alzata dalla sedia e si era fatta passare il ricevitore dalla cognata.

Si era passata una mano nei capelli guardando l’amica con espressione buffa. - Pronto? -

- Riunione di famiglia? -

Era la voce di Malfoy.

- J-Jemima… -

- Allora ci ho azzeccato…quindi non puoi parlare, interessante… -

Si era voltata dando le spalle ai presenti e fingendo un tono normale. - Dimmi come posso aiutarti? -

- Non ti sei ancora stancata con questa pagliacciata? Se mi passi Potter potrei sistemare le cose in un minuto… -

- Temo che non sia possibile. -

- Ti rendi conto che sei assurda? In questo momento è come se mentissi a Potter e alla tua famiglia…non trovi che sia sospetto? Sono il padre di tuo figlio Gin, è normale che possa avere bisogno di parlarti… -

- Non spiega perché prima tu abbia riattaccato però… - Accidenti, doveva stare più attenta.

- Perché così è più divertente…no, scherzi a parte, dobbiamo parlare. -

- Come ti ho già detto non credo che sia possibile. -

- Se continuerai ad evitarmi sarò costretto a presentarmi il giorno del matrimonio, è questo che vuoi? -

- Pensavo avessi detto che non ci sarebbe mai stato. -

- Avevo sottovalutato la tua stupidità. -

- Garzie… -

- Gin, hai ascoltato una parola di quello che ti ho detto all’ospedale? -

- Eccome, in particolare un certo passaggio. -

- Anche la parte in cui ho detto che volevo passare la mia vita con te e Damian? -

- … -

- Be? L’offerta sta ancora in piedi… -

- L’offerta? Stiamo ancora parlando di finanziamenti? Il S. Mungo non ha bisogno d’ulteriori offerte. -

- Sai cosa intendevo… -

- Ehm, mi dispiace ma temo di non poterti essere d’aiuto questa volta Jemima…ho già dato. -

- Sì ma non hai permesso a me di farlo…perché Potter? Perché adesso? Non ha senso, di che cosa hai paura? Di poter stare finalmente con la persona giusta? -

- … -

- Ginny tu mi chiudi fuori ogni volta che mi avvicino troppo, ancor prima che io possa fare qualcosa per convincerti del contrario… -

- … -

- Se quello che stai aspettando è che mi umili hai solo da dirlo…non che poi io lo faccia sia chiaro, giusto per sapere… -

- … -

- Solo una domanda, dov’è il mio anello in questo momento? Ce l’hai addosso, vero? -

- Ciao Jemima. -

Ginny aveva chiuso la comunicazione e aveva stretto la mano destra, dove prima dell’anello di fidanzamento vi era quello argentato. Quando l’aveva indossato aveva rivoltato il simbolo dall’altra parte perché nessuno lo vedesse…avrebbe dovuto sbarazzarsene invece che portarlo con sé…

- Chi era? – Harry aveva osservato la ragazza, incuriosito.

Si era sforzata di apparire naturale ma non aveva salutato Harry con un bacio. - Lavoro…vado a farmi una doccia. -

1, luglio Londra ore 09. 29 A.M

Aveva lasciato scorrere l’acqua per un po’ osservandola con sguardo assente, prima di sfilarsi la vestaglia e immergersi sotto il getto caldo. Doveva rilassarsi, svuotare la mente e non pensare a Draco. Ginny riaprendo gli occhi aveva fissato la mano con i due anelli sullo stesso dito, se l’era portata al grembo. Improvvisamente alcune fitte al basso ventre l’avevano costretta ad appoggiarsi alla parete trasparente della doccia. Era rimasta così per un po’, aspettando che il dolore si calmasse, e si era accasciata al pavimento prendendosi la testa fra le mani e iniziando a piangere.

Non andava bene, così non andava bene…avrebbe dovuto starsene tranquilla e a riposo, specie nelle sue precarie condizioni; era già un problema lo stress da lavoro, organizzare un matrimonio in due settimane non era cosa da poco neppure se si fosse trattato di circostanze normali…sì la sua famiglia era fantastica, si stava occupando di tutto, e a lei non restava che dire si o no alle loro scelte ma…ciò che le costava di più era dover mentire…quel matrimonio si sarebbe già basato su due grosse menzogne, lei voleva bene ad Harry e poteva essere una brava moglie, anzi doveva visto che lo sposava senza amarlo e ingannandolo con un figlio che non era neppure suo…gli doveva almeno questo…ma la storia di Jemima che aveva già usato due volte…sì, forse stava ingigantendo qualcosa di minuscolo…in fondo non era un dramma che non avesse detto che si fosse trattato di Draco, lui era pur sempre il padre di Din, era normale che…il problema stava nel fatto che per lei era un problema, chiarissimo…e, invece sì…se faceva tante scene per una cosa che doveva essere niente, significava che era ben al di là dall’essere niente…non andava bene, non doveva vedere Draco prima del matrimonio, non doveva perché lei n’era innamorata e questo…questo era ingiusto nei confronti di Harry…e dopo il matrimonio? Lui era il padre di Damian…è che quando lo vedeva, lo sentiva…si chiedeva tutte le volte perché non avrebbe potuto funzionare fra loro, anche se li sapeva i perché…inoltre, lui aveva avuto ragione su tutto. Lei non amava Harry…lei amava lui e se non fosse stato per il bambino…ma il bambino adesso c’era…che senso aveva torturarsi così, con questi pensieri? Di certo alla salute del bambino non giovava…Draco non avrebbe mollato…lo sapeva, doveva essere per una sorta di senso di rivalsa nei confronti di Harry o qualcosa di simile…la considerava ancora una sua proprietà visto che era la madre di Din, figurarsi se il bambino che portava in grembo fosse stato suo…già Damian, Damian detestava Harry, e a lei adesso mancava il suo piccolino…se lo avesse avuto vicino si sarebbe sentita già più forte.

1, luglio Palazzo Malfoy ore 09. 29 A.M

Tu-Tu-Tu-Tu-Tu-Tu

Ginny aveva interrotto la comunicazione e il giovane era rimasto ad osservare l’apparecchio muto. Quella risposta era stata più che sufficiente.

Damian, sdraiato a pancia in giù sul grande tappeto dello studio, aveva sollevato la testolina dai suoi colori. – Draco? –

Il mago aveva risposto distratto senza spostare lo sguardo dal ricevitore. – Sì, scricciolo? –

- Perché non la sposi tu la mamma? – Il piccolo aveva assunto un’espressione buffa estremamente concentrata e crucciata di chi sta manifestando un’opinione a lungo meditata.

- Mpf. – Draco in risposta aveva accennato un sorriso. Il suo scricciolo…

Il giovane aveva spento il portatile, si era avvicinato al figlioletto chinandosi al pavimento e l’aveva acchiappato stringendolo forte. – Vieni qua mostriciattolo…- Il bimbo aveva ridacchiato fra le braccia del padre.

- …è proprio quello che sto cercando di fare, ma ahimè la tua mamma è un osso duro e non si arrende neppure di fronte all’evidenza. – Aveva scherzato. Din era tornato serio e aveva posato la piccola manina sul braccio del giovane, come se volesse tranquillizzarlo e prendere in mano la situazione. – Ma noi siamo più duri, giusto Draco? -

- Giusto. – Non aveva potuto trattenersi dal sorridere prima di farsi nuovamente serio. – E io ti prometto che in un modo o nell’altro sistemerò le cose. -

Con decisone e alquanto comica aria risoluta, da "non devi preoccuparti fidati di me", Damian aveva osservato serio serio gli occhi di Draco. - Ti aiuto io se vuoi. –

- Sii? – Aveva guardato il suo piccolo divertito.

- Sì. -

1, luglio Palazzo Malfoy ore 09. 56 A.M

- Andiamo…avanti, dillo…so che non aspetti altro…che cosa ne pensi? –

- Ti sei ingannato allora, non ne penso nulla. Non è una questione che mi riguarda e neppure te da quello che so, non è più un problema tuo, se mai lo è stato. –

Draco e Narcissa Malfoy stavano avendo una conversazione nei giardini dell’abitazione. Damian a pochi metri di distanza giocava allegramente con Laus, Reges, e gli altri cuccioli di Golden.

- Tesk certo…mamma… -

- Draco non usare quel tono con me non lo tollero, non conosco i fatti, lungi da me esprimere un’opinione. Devi però ammettere che per lei questa è una soluzione ottimale…ha un figlio piccolo, un buon lavoro, malgrado io sia una sostenitrice delle donne che vogliono affermare la propria indipendenza…onestamente, caro, quale alternativa aveva di fronte? -

- L’aveva un’alternativa. Io e Damian eravamo l’alternativa. -

- Ottimo. Devo dedurre allora che abbia declinato l’offerta. -

- Devi-devi dedurre che abbia declinato l’offerta?! – Il giovane si era scaldato. – Complimenti mamma acuta osservazione! -

- A volte ho l’impressione che tuo padre non sia affatto morto, proprio come in questo momento. Vuoi sapere realmente cosa ne penso? E va bene…è la tua vita. Io non ho il diritto né l’intenzione d’intromettermi. Sì, sei mio figlio e io sono tua madre; non ho mai avuto la pretesa di essere un’ottima madre. Ho sempre assecondato le tue decisioni e i tuoi voleri, e prima dei tuoi quelli di tuo padre, e sono stata zitta, ma non è questo il punto. Draco ritengo sia giunto il momento che tu assuma finalmente la responsabilità delle tue azioni, io ho osservato in silenzio fino ad ora e quello che ho visto non mi è piaciuto. Forse tu non hai ancora presente che qui non stiamo parlando di una delle tue solite frequentazioni e che c’è di mezzo un bambino, mio nipote, e che una donna che avrebbe avuto mille e più ragioni per non prendersi cura di lui invece lo ha fatto, oserei dire in maniera soddisfacente; magari non sempre razionalmente, ma ha provato, e tuttora sta agendo con in mente quello scopo soltanto, uno scopo che tu in tutto questo hai sempre trascurato. Sono terribilmente spiacente che le cose non siano andate nel modo in cui tu auspicavi, ma la responsabilità di tutto questo non è mia e nemmeno di mio nipote, perciò non venire alla ricerca di un alleato o di un consiglio. Non sono in grado di fornire il benché minimo consiglio e non sono disposta a farlo. –

Tredici ore prima.

Come ogni mattina la signora Malfoy aveva fatto scorrere le varie pagine dei quotidiani davanti alla propria tazza di tè, quando era capitata fra le sue mani la prima pagina del "Cavillo". Dando una breve scorsa all’articolo la donna aveva sollevato lo sguardo dal periodico rivolgendolo al figlio – Immagino che tu non abbia ancora letto i giornali questa mattina.. – La frase era stata lasciata cadere con noncuranza e Narcissa era tornata alla propria occupazione. Draco aveva terminato di masticare un boccone di cibo e si era pulito la bocca col tovagliolo prima di riporlo nuovamente sulle gambe. – Cosa? –

La Signora Malfoy gli aveva rivolto appena un’occhiata indifferente per poi prendere un sorso di tè facendo spallucce. – Mi chiedevo semplicemente se avessi già letto i giornali. –

Il giovane aveva allargato gli occhi in un modo che avrebbe potuto voler dire "e allora? Dove vuoi arrivare mamma?" – No. –

- Penso che dovresti. – Aveva scostato la propria sedia e si era alzata con garbo prendendo congedo dal figlio.

- E va bene... - Era lievemente irritato dall’atteggiamento della donna. Malfoy si era sporto per prendere la piccola pila di quotidiani, facendo immediatamente cadere l’occhio su quello che doveva aver letto sua madre per ultimo.

Grande. Il Cavillo, si trattava senz’altro di "ottime" notizie.

- Che cosa?! – Scorrendo la prima pagina l’espressione sul viso del giovane si era fatta incredula. Cos’era una specie di scherzo? Draco aveva diretto lo sguardo nella direzione della donna come se volesse chiedere conferma dei suoi sospetti e incolpare sua madre di quella notizia.

Narcissa aveva già abbandonato la stanza.

Lo aveva detto ridendo. - Che accidenti significa….- Una risata per nulla divertita.

No, non poteva essere, ci doveva essere stato una specie di grandissimo equivoco perché una cosa simile non aveva nessun senso. Che cazzata era questa? Che razza di grandissima puttanata era questa? Era merda ecco cos’era…da dove era uscita una cosa simile?

Il mago si era portato una mano alla fronte. Era semplicemente assurdo, era…aveva serrato le labbra e indurito la mascella. Era una stramaledettissima vigliacca, ecco cos’era. L’aveva giocato di nuovo, stava diventando una dannatissima partita a scacchi e né aveva piene le scatole. Faceva una mossa e lei reagiva di conseguenza. Solo che adesso stava esagerando…Cos’era? La signorina si era resa nuovamente conto che lui si stava avvicinando troppo? Che a parole poteva benissimo sputare sentenze e tutto il marciume e la spazzatura che volva ma che messa di fronte ai fatti non era in grado di gestire la situazione? Di affrontare loro due.

E adesso si rifugiava da S. Potter piuttosto che ammettere che insieme funzionavano meglio che da soli, che erano già una famiglia, e che l’unico ostacolo concreto al momento era sua mancanza di volontà per far funzionare le cose. Merlino, non ci avevano neanche provato, alla prima difficoltà, alla prima divergenza di opinioni, aveva alzato un muro. Si impuntava su questioni di semantica, si nascondeva dietro a parole, e soltanto perché era così maledettamente terrorizzata dal finire nuovamente scottata che piuttosto di rischiare, di lottare e di combattere, sceglieva la strada più facile e più sicura, e ora andava bene anche Potter. Potter perfetto. Potter ammirato e amato dalla famiglia. Potter che neppure amava.

Be aveva fatto male i suoi conti perché Virginia Weasley non avrebbe sposato Harry Potter. Perché Virginia Weasley non sarebbe mai andata fino in fondo ad una cosa simile, perché lui non l’avrebbe permesso a costo di trascinarla via con la forza.

1, luglio Londra ore 09. 15 A.M

Ginny era nella stanza da letto intenta a scegliere un vestito per quella che sarebbe stata un’atra lunghissima giornata di preparativi, purtroppo sembrava non potesse sottrarsi a tutto questo. In fondo non era poi così male, piccoli imprevisti o telefonate indesiderate a parte.

La maga si era rassettata i capelli davanti allo specchio a figura intera prima di concentrarsi nuovamente sulla propria entusiasmante occupazione. Si era sfiorata il ventre con una mano. – Tu che ne dici mh? La mamma ce la farà a passare attraverso a tutto questo? – Aveva passato i capelli dietro alle orecchie sorridendo e accennando col capo. – Ma tu non puoi capire nulla perché sei soltanto una piccola palla di cellule in espansione ed io una sciocca perché parlo da sola… -

- Sai cosa si dice delle persone che parlano da sole? -

Fleur aveva fatto capolino nella stanza tentando di scherzare come sempre.

- Fleur… - La giovane Weasley si era voltata in direzione della cognata stringendosi nelle braccia.

- Tutto bene? -

- Certo… -

La maga bionda si era morsa le labbra ed era avanzata di qualche passo nella stanza.

- Sai…non sei costretta a dirlo per tranquillizzarci, o meglio per tranquillizzarmi…non voglio impicciarmi ma mi sei sembrata strana dopo quella telefonata di Jemima. -

- Già, m-ma no…ooooh accidenti perché devi sempre essere così? -

- Così come? – Aveva riposto divertita.

Ginny si era seduta sul letto. – Non era Jemima…era, era il padre di Damian.

- Ehm Ginny…intendi Draco Malfoy? -

La maga dai capelli corvini si era morsa le labbra. – Già. –

- Ma Ginny…io non capisco, proprio non capisco. -

Si era portata una mano alla fronte e aveva chiuso gli occhi. – Non c’è molto da capire, a dire il vero non lo capisco molto bene neanch’io. –

Fleur non la stava più seguendo. Si era seduta accanto all’amica.

- Ginny io non ti sto più seguendo, dopo quello che è accaduto credevo, sì insomma che tu e Malfoy…e che tu e Harry…io non voglio esprimere giudizi ma avevi detto che non ci sarebbe mai più stato un te ed Harry e…ma posso sbagliarmi, anzi sicuramente mi sbaglio, è che queste nozze sono state così improvvise, ma se mi dici che lo ami allora va bene… -

- Già… - Si era sforzata di sorridere ma si vedeva che era in difficoltà. – Già…hai ragione, infatti, infatti è così…io amo Harry, certo, e poi lui sarà un ottimo padre per Din e per i nostri figli, se ne avremo… -

- Sì, certo. -

- Certo. -

- Quindi è questo quello che vuoi? Posso anche tranquillizzare Hermione e Alicia… -

- Ma certo… -

Aveva fatto per andarsene ma si era fermata. – Ma Ginny? –

- Sì? – Si era portata i capelli dietro alle orecchie.

- Prima… -

Fleur stava giocherellando con le mani. - …hai detto che non era Jemima ma…ma che era Malfoy…se è tutto ok perché hai mentito?…Comunque non sono affari miei, ti lascio vestire. - La ragazza aveva chiuso la porta alle proprie spalle lasciando sola Ginny.

La giovane aveva preso fra i denti l’unghia del pollice iniziando a torturarla. Erano proprio cose come quelle che stava cercando di evitare…

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Capitolo 10
*** 10 ***


Al giorno del matrimonio mancavano meno di due settimane e i preparativi procedevano con una certa rapidità. La Signora Weasley si era incaricata di far funzionare ogni cosa, e anche gli altri membri della famiglia si erano impegnati nel dare una mano.

La Tana e l’appartamento di Ginny erano in subbuglio, c’era un continuo viavai di gente; per non parlare della necessità di avvisare tutti i parenti più lontani. Si era deciso di fare le cose in grande e si doveva contattare l’orchestra, il fiorista, il servizio catering, occuparsi delle decorazioni, dell’abito da sposa, quelli delle damigelle, i testimoni, gli anelli…tutto doveva essere perfetto e dare l’aria di festa. Harry si era offerto di pagare le spese, e per una volta i Signori Weasley non avevano avuto nulla in contrario, in fondo stava per entrare a far parte della famiglia. Ginny aveva provato ad obiettare che avrebbe preferito una cerimonia più semplice, che non desse nell’occhio, e che darsi tanto da fare non era necessario, ma nessuno era sembrato essere disposto ad ascoltarla e così, eccetto qualche rara occasione, aveva continuato a limitarsi a sorridere e ad annuire pregando silenziosamente di sopravvivere fino al lieto evento. Dopotutto quante altre volte le sarebbe capitato di sposarsi? E quanti altri matrimoni fra Harry Potter e Virginia Weasley sarebbero potuti essere celebrati?

Ginny si era costretta ad evitare discussioni e a bere litri di tisane distensive, e che Merlino gliela mandasse buona…inoltre, per tutti quanti, e in particolare Molly, quello era un evento meraviglioso; la sua adorata bambina che convolava a nozze e faceva il grande passo con quello che da sempre aveva considerato il suo ottavo figlio.

Finalmente le cose sembravano essere tornate alla normalità e aver preso a girare per il verso giusto, ma c’era ancora un mucchio di lavoro da sbrigare. I parenti erano davvero tanti, zii, cugini, nipoti, e non era così semplice far funzionare le cose e accontentare tutti con un preavviso così breve; la chiesa soprattutto, si era rivelata un vero problema, ma su quello Molly era stata irremovibile: voleva sua figlia sposata davanti ad un prete con rito cattolico.

La Signora Weasley perciò non era mai stata tanto felice e contrariata allo steso tempo. Che fretta mai potevano avere per non poter aspettare un paio di mesi e fare le cose per bene? Capiva benissimo che come tutti i giovani innamorati fossero impazienti ma che bisogno c’era di tirarsi il collo a quel modo? Inoltre, proprio non capiva l’atteggiamento della figlia…tutti stavano facendo del loro meglio per regalarle un matrimonio da sogno e lei non appariva darsi nessuna pena; eccetto quando s’impuntava su alcune questioni e allora…apriti cielo…non faceva altro che dire "va bene", "è perfetto", "mi piace", "ma io mi fido" a tutto, mostrando uno strano placido entusiasmo e bevendo litri e litri di "chissà cosa" caldo in piena estate, con sguardo perso da ebete o un stranissimo sorriso, ed ogni volta che l’aveva sott’occhio era intenta a mangiare, non molto, ma in continuazione.

Ogni volta che suonava il cellulare o il telefono saltava via, era strana, e magari scompariva per delle mezzore, quando pranzava o cenava a casa loro certi piatti li scartava, sembrava che all’improvviso li ritenesse troppo conditi o troppo pesanti. Era così ansiosa che trascorreva moltissimo tempo in bagno…

Quella mattina Molly e Ginny avevano avuto un altro dei loro diverbi che si era concluso soltanto quando la ragazza se n’era andata.

2, luglio Londra ore 01. 15 P.M

- Mi dispiace che Hermione fosse impegnata, probabilmente avresti preferito che ti avesse accompagnato lei a scegliere il vestito. -

Fleur aveva sorriso alla cognata stringendosi nelle braccia e guardandosi attorno; Ginny stava passando in rassegna i vari capi d’abbigliamento. Alcuni giorni prima Molly aveva ordinato proprio in quel negozio gli abiti delle damigelle. Era stato deciso che fossero color lavanda; la maga dai capelli corvini si era limitata a sfoggiare uno dei suoi migliori sorrisi di circostanza e baciare sua madre sulla guancia dicendole che si fidava e che era certa avrebbe fatto un ottimo lavoro. Con che coraggio avrebbe potuto annunciarle che non le importava nulla persino del fatto che ci fossero o non ci fossero le damigelle? I tempi in cui aveva desiderato un matrimonio da sogno erano trascorsi, ed i preparativi della cerimonia adesso la divertivano fino ad un certo punto; le piaceva il clima familiare e così natalizio che si era instaurato, tuttavia…tuttavia le sembrava la replica del matrimonio di Ron ed Hermione, non voleva ritrovarsi a provare lo stesso senso di inadeguatezza e disagio. Era il suo matrimonio dopotutto e non quello della sua famiglia…brava Gin era proprio il caso di continuare a ripetersi anche quello…

- No, perché, mi fa piacere che tu abbia accettato d’accompagnarmi… - Si era rivolta all’amica rispondendo al sorriso, per poi tornare ad occuparsi degli abiti. Non ce n’era nessuno che fosse adatto… - …cioè non fraintendermi, mi avrebbe fatto piacere se ci fosse stata anche lei ma ti avrei chiesto comunque di venire con noi. -

- Sai cosa? Mi sorprende che tua madre non abbia tirato fuori il suo vestito da sposa. – Naturalmente stava scherzando, eppure quella semplice affermazione aveva messo Ginny in imbarazzo. Era stato subito evidente dal suo tono di voce, ma soprattutto dal modo in cui si era passata i capelli dietro alle orecchie dopo che le sue mani si erano bloccate improvvisamente nello scorrere gli ometti.

- Oh ma l’ha fatto, l’ha tirato fuori…sono stata io a non volerlo indossare. – Aveva pronunciato l’ultima parte della frase come se biasimasse il proprio comportamento.

- Posso…chiederti la ragione… - La maga era apparsa confusa e Ginny aveva accennato un debole sorriso. – Non me la sentivo, ecco tutto,… - Vi era stata una pausa prima che proseguisse, come se non fosse stata certa di fare la cosa giusta confessando le proprie ragioni; eppure si sentiva quasi obbligata a farlo come se una spiegazione fosse dovuta. - …sai, è assurdo ma…già l’avere indosso l’anello della madre di Harry mi opprime…mi fa sentire soffocare. É come se tutti avessero delle aspettative nei miei confronti e io…e se non fossi in grado di soddisfarle? È tutta questa situazione, è…lo so è irrazionale… -

Aveva scosso il capo. – Nooo, cioè, se non te la senti è giusto così. –

- Grazie…lo apprezzo. -

Alcune ore prima.

Ginny era seduta sul letto nella stanza di quand’era bambina, teneva stretta nelle braccia la vecchia bambola di pezza che le era stata regalata dalla nonna paterna per il suo settimo compleanno; al piano inferiore tutti erano presissimi dai preparativi per il matrimonio e nessuno aveva notato la sua assenza. A volte le sembrava che fosse la sua famiglia intera a starsi per sposare e non lei, dopotutto aveva finito per accontentare le loro aspettative. Sposava Harry. Faceva uno strano effetto l’idea che in meno di due settimane sarebbe diventata sua moglie, la signora Potter…se ripensava a tutte le volte che vi aveva fantasticato proprio ai piedi di quel letto quand’era piccola…credeva che sarebbe stata felice ed a suo modo lo era, anche se per la ragione sbagliata. Se pensava a quella vita che le cresceva in grembo si sentiva al settimo cielo, e lo sarebbe stata ancora di più quando avrebbe potuto omettere di tenerlo nascosto. Bugia. Si era riscoperta estremamente gelosa di quella che in un certo qual modo riteneva una cosa solo sua, l’unica persona alla quale avrebbe potuto rivelarlo sarebbe stata sua nonna Penny, lei avrebbe capito, era anche per questo che aspettava con impazienza il suo arrivo.

Penelope Sara Weasley e suo marito Johnatan erano sempre in viaggio da che la ragazza ricordasse; non amavano fermarsi troppo a lungo in un luogo, e neppure in quel posto speciale chiamato casa. Ginny aveva avuto poche occasioni per restare in loro compagnia, ammirava così tanto la nonna e la sua vitalità, il suo non arrendersi mai di fronte alle difficoltà…tutti avevano sempre detto che le somigliava moltissimo quand’era giovane e lei n’era sempre stata così fiera…

- Tesoro sei qui? -

La Signora Weasley aveva aperto la porta della stanza, la giovane maga scossa dai propri pensieri si era voltata verso la donna.. – Non ti si può perdere di vista un momento che scompari nel nulla… -

" E tu riesci sempre a trovarmi." Era stata la risposta che Ginny aveva avuto in mente. Ecco svanire tutta la pace e la serenità accumulate…

In quel periodo si era resa conto d’isolarsi involontariamente dal resto del mondo e di concentrarsi unicamente sul pensiero del bambino. Sarebbe stata una buona madre? Harry sarebbe stato un buon padre? Stava facendo la cosa giusta? Queste e altre mille domande le avevano affollato di continuo la testa, accanto ad immagini rubate alla propria infanzia o create dal suo cervello di sana pianta…vedeva bambini ovunque.

Ironia era che si sposasse per avere qualcuno accanto e che, invece, cercasse qualunque pretesto per restare sola e avere un po’ di quiete…ma in fondo lo sapeva che non era così semplice, se si fosse trattato solo di questo non sarebbe arrivata ad un punto simile. – Mi spiace…mi sono… - Aveva preso fra le mani la tazza accanto al comodino, - …lasciata andare ai ricordi. – e preso un sorso del suo contenuto. Non aveva voglia di discutere con sua madre e farsi venire l’emicrania. – Quassù è così tranquillo… - Si era costretta a sorridere e Molly aveva fatto segno di lasciare stare con la mano.

- Oooooh andiamo, non è il momento di essere nostalgici. C’è un matrimonio da organizzare…il giorno più felice e atteso da ogni ragazza…e poi ti sposi con Harry, non posso ancora crederci, è meraviglioso… -

La maga dai capelli corvini aveva trangugiato ancora un bel po’ di tisana sperando che servisse a distenderle i nervi. Non aveva mai amato l’alcol ma ora avrebbe volentieri scambiato quell’intruglio puzzolente con un martini. – Meraviglioso…sì… - Trovava difficile partecipare ai festeggiamenti con sua madre che partiva in quarta a quel modo nel tessere le lodi del suo futuro genero, ripetendo in continuazione quanto sarebbe stata felice e quant’era fortunata. Ogni parola pesava come un grosso macigno sul suo stomaco e la riempiva di sensi di colpa.

Erano tutti tanto accecati dall’idea di quel matrimonio che non avevano visto o si erano rifiutati di vedere l’assurdità di una simile decisione presa di punto in bianco, dalla sera alla mattina. Molly Weasley era così contenta nel credere che la sua bambina fosse rinsavita, e così sicura delle sue buone intenzioni, che non pareva lontanamente concepire che li stesse ingannando tutti a quel modo.

Almeno significava che stava facendo un buon lavoro…

La maga si era asciugata la bocca col dorso della mano tentando d’ignorare sua madre, impresa impossibile tentare d’ignorare Molly Weasley. Basta, basta, era ora di accantonare i pensieri negativi, per la sua sanità mentale e per la salute del bambino.

- Avevi bisogno di me da basso? -

- Veramente non proprio tesoro…ho qui una sorpresa per te… -

- Per me? – Ecco adesso sì che era preoccupata. Ginny aveva assunto un’espressione crucciata, non le piaceva lo sguardo così speranzoso negli occhi della donna., si sentiva come se avesse dovuto infrangere le sue illusioni da un momento all’altro.

- Da bambina avevi sempre voluto indossarlo… -

La Signora Weasley con un colpo di bacchetta aveva fatto comparire una fodera bianca ripiegata con cura. Era la custodia di un abito. La donna aveva aperto la cerniera sollevando un lembo di stoffa con la mano. Il tessuto era bianchissimo e luminoso, quasi cangiante attraversato dalla luce del sole che filtrava dalla finestra aperta. Sembrava seta, e in alcuni punti era come se fosse spolverato da tante piccole stelle argentate.

Ginny durante tutti quegli anni non aveva mai visto niente di simile all’abito da sposa della madre, e ogni volta restava senza fiato.

- È il tuo… -

- Abito da sposa? Sì, ma adesso è tuo… -

La maga era rimasta immobile a fissare la stoffa non sapendo cosa dire o fare. Non era preparata a quello.

Aveva posato la tazza e si era avvicinata di qualche passo portandosi i capelli dietro un orecchio. Davanti a lei c’era l’abito da sposa su cui aveva fantasticato sin da bambina; generazioni di donne Prwett l’avevano indossato all’altare. Quell’indumento era forse la cosa più preziosa che sua madre possedesse, non soltanto per il suo valore economico ma per quello sentimentale, c’erano un mucchio di ricordi legati a quel vestito che da sempre aveva associato all’idea di una vita felice e perfetta, al sogno di un grande amore, una famiglia, ed altre sciocchezze simili di cui ci si riempie la testa da bambini. Ginny aveva sfilato l’indumento dalla custodia. Quell’abito rappresentava il suo sogno romantico, in mezzo a quel trambusto si era persino scordata della sua esistenza, e adesso che lo aveva davanti non poteva indossarlo…lo trovava sbagliato, ingiusto, e non sapeva come dirlo a sua madre. Già scrivere i voti matrimoniali si stava rivelando…"complicato"…Non voleva mentire davanti a Dio, non sapeva se vi credesse o meno ma pronunciare parole solenni di fronte alle persone che amava…lei era una maga, le avevano sempre insegnato a prestare attenzione alle parole perché si potevano creare mondi, costruire case…promettere di amare, onorare e rispettare qualcuno per tutta la vita, significava per tutta la vita, e se lo avesse detto sarebbe stato perché l’avrebbe inteso veramente. Non si tornava indietro. Era come un incantesimo o un giuramento di mago…il divorzio, be non è che nella comunità magica si utilizzasse spesso come avveniva per i Babbani. Rompere un simile giuramento non era qualcosa che condivideva, ok forse in alcuni casi, ma lei non avrebbe divorziato e se lei avesse pronunciato quelle parole avrebbe preso molto seriamente la cosa…

Non poteva sposare qualcuno senza amarlo con quel vestito indosso. Sì, forse arrivata a quel punto non aveva senso ma nella sua testa un qualche senso l’aveva. Avrebbe comprato un altro vestito, e magari chissà se il suo bimbo fosse stato una femmina un giorno Molly avrebbe avuto l’opportunità di vedere quell’abito indossato.

- È bellissimo mamma…io…ma non posso accettarlo. – Aveva dato le spalle alla donna tornando a prendere la tazza di tisana, quando si era voltata nuovamente Ginny si era costretta a sorridere. La Signora Weasley aveva uno sguardo illeggibile, teneva l’indumento stretto al petto. Ginny aveva sentito il cuore finirle nello stomaco. – Vedi…manca così poco tempo, e per le modifiche se non vogliamo rovinarlo ci vorrà minimo un mese, lo hai sempre detto tu no?…che bisogna farlo a mano se non si vuole guastare il tutto… - Aveva cercato di prenderla alla leggera tentando di non farne un dramma per evitare che sua madre finisse per farne una tragedia. Sapeva cosa significava per lei.

La donna sembrava veramente delusa e ferita.

- Ma se soltanto tu volessi… -

- Io ed Harry ci teniamo così tanto a sposarci al più presto…e poi… - Aveva preso a giocherellare col suo anello di fidanzamento. - …pensavo che avrei scelto un abito più… - Si era voltata alla ricerca di uno spunto.

- Capisco. -

- Cosa? -

- No, capisco, in fondo è un vecchio abito… -

- …mamma… -

C’era rimasta male…

- Grazie mamma. – Aveva annuito col capo.

Molly aveva abbassato il volto. Non era d’accordo, ma non aveva scelta. Se lei aveva deciso così…- Ma ti serve comunque un vestito. –

Il finto broncio andava bene. Ginny aveva baciato sua madre sulla guancia prima di scomparire sulle scale. – Per favore…mamma vedrai che andrà bene lo stesso… -

2, luglio Londra ore 01. 35 P.M

No che non sarebbe andato bene lo stesso…quei vestiti erano semplicemente…orribili…ooh certo, il tessuto e la fattura erano fantastici, molti grandi nomi dello spettacolo Babbani si erano serviti lì per i loro matrimoni lampo, eppure, erano così fasulli, così immacolati da sembrare appena usciti dalla sartoria, pronti per l’uso…lei non era una stramaledetta Barbie perfetta, e certamente non stava per sposare uno stramaledetto Ken biondo…be ma che le stava prendendo? Era solo un vestito, e non era nemmeno così importante, non era questo, …quegli abiti non avevano assolutamente nulla che non andasse, erano meravigliosi, non c’era altro aggettivo per definirli, tuttavia, tuttavia…

Ginny era scesa dalla predellina prestando attenzione a sollevare i lembi del tessuto candido che aveva addosso, accanto alla porta, vicino allo specchio, Fleur era in piedi nella sua estrema mortificazione. Ginny non sembrava una sposa felice, e quegli abiti…semplicemente non erano adatti a lei.

La maga dai capelli corvini aveva fissato per l’ennesima volta la propria immagine sul grande armadio a specchio poggiato contro la parete in costernazione; non sarebbe occorso un genio per capire che si stesse sforzando di vedersi bella infilata dentro quell'abito, troppo complicato perché le caratteristiche naturali della giovane non venissero perse in quel mare di particolari e dettagli. La ragazza aveva rivolto un sorriso imbarazzato alla cognata. – È molto bello, non è vero? – Dal tono della sua voce, si sarebbe potuto dire che stesse tentando di convincere se stessa della propria affermazione.

- Ma certo… -

Fleur aveva improvvisamente provato un moto di compassione per l’amica, si sentiva a disagio per lei. La maga aveva risposto con un sorriso timido, sforzandosi di dare maggior credito alle proprie parole. Tutta quella situazione le appariva così triste…

Ginny aveva percepito quella nota di falsità nella voce, il suono di una bugia detta a fin di bene.

- Sì. – Aveva abbassato il capo, lateralmente, per non essere costretta a reggere lo sguardo della cognata, ed aveva iniziato ad incamminarsi verso il paravento. – Già, …magari prendo questo… -

- È un abito molto particolare… - Aveva tentato d’incoraggiarla l’amica, ma era tutto ciò che poteva dire senza essere costretta a mentire ancora. Fleur aveva accennato un debole sorriso. – A Harry piacerà sicuramente. – E lo pensava davvero.

L’espressione di Ginny si era bloccata. C’era stata una sincerità rassicurante nella voce della maga bionda che le aveva fatto male. - …a-allora probabilmente prenderò questo… - Aveva ripreso a camminare verso il fondo della stanza fino a scomparire dietro la stoffa del paravento.

Era stato il volto di Fleur a rimanere pietrificato questa volta, non era normale il comportamento dell’amica, sembrava che d’improvviso fosse diventata spiacente per qualcosa. Sicuramente era delusa. La domanda era: perché? Nessuno la costringeva a scegliere un abito di questi se non credeva fossero adatti, e di certo Harry l’avrebbe trovata meravigliosa con qualsiasi cosa indosso perciò non doveva sentirsi costretta ad accomodare per forza i gusti del fidanzato se non corrispondevano ai suoi…Allora cos’era a non andare? Che si sentisse in colpa per aver rifiutato d’indossare l’abito da sposa della madre? Ma se si trattava di questo poteva semplicemente andare da lei e dirle di aver cambiato idea…no, non era questo…Ginny le aveva spiegato che si sentiva soffocare dall’abito di sua madre, dall’anello della madre di Harry…ora che però ci rifletteva, anche questa cosa era molto strana…che cosa stava accadendo?

La maga era avanzata di qualche passo. – Ginny… -

- Sì? -

- …se quell’abito non ti convince perché non ne provi un altro? -

Ginny era emersa da dietro il paravento con un’espressione confusa, non aveva capito bene, era troppo concentrata nel tentativo, per altro piuttosto maldestro, di disfare l’infinità di laccetti sul retro del bustino. Non riusciva a respirare bene dentro quel coso, figuriamoci ad eseguire delle complicatissime manovre di contorsionismo. – Cosa? –

- Non sei obbligata a comprare quel vestito se non sei sicura sia quello giusto nessuno ti costringe…puoi provarne un altro, magari un modello diverso, più semplice,…se anche non corrisponde all’ideale che si è creato nella sua testa Harry,…o tua madre, non fa niente. Ginny anche se a qualcuno non piacerà il tuo vestito va bene lo stesso, è la tua giornata, il tuo matrimonio, …e poi, qualunque cosa avrai indosso, Harry ti vedrà sempre bellissima. -

2, luglio Londra ore 01. 55 P.M

Ginny stava fissando in timore reverenziale la propria immagine riflessa dal grande specchio. Era un abito meraviglioso, non c’erano altre parole per descriverlo. Fleur leggermente scostata dalla ragazza aveva trattenuto il respiro per alcuni istanti. Era quello l’abito adatto a lei, non c’erano dubbi al riguardo. Quando aveva consigliato all’amica di fare un ulteriore tentativo non si era sentita molto ottimista, ogni singolo capo del negozio sembrava sfarzoso oltre ogni limite di decenza ed, in effetti, le prove successive erano state un vero disastro. Per carità Ginny stava bene, certo, non vi era alcun dubbio, tuttavia, il bianco non sembrava giovare molto alla carnagione lattea della ragazza, e seppur magra, Ginny non era esattamente una modella perciò, la combinazione di balze, pizzi, merletti, e quant’altro, appesantiva un tantino la sua figura. Se avessero avuto più tempo sarebbe stato diverso…è che malgrado ciò che le aveva detto, Fleur conosceva la cognata e sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per fare felici Harry, sua madre, e tutto il resto della famiglia, anche se questo avesse voluto dire indossare un abito che non era adatto a lei. La maga per esperienza personale conosceva bene i gusti della Signora Weasley, e aveva anche una vaga idea di quelli di Harry: un bell’abito bianco come la neve, sontuoso, elegante, casto ma regale, dalla gonna ampia e voluminosa…un po’ come quello che aveva indossato Hermione il giorno delle sue nozze. In fondo capiva sia Harry che la Signora Weasley, loro vedevano Ginny come una principessa non c’era da stupirsi che desiderassero per lei un abito sfarzoso.

Alla fine, però, il problema sembrava essersi risolto da solo.

Ginny non poteva credere ai propri occhi, non era possibile che fosse lei la ragazza dello specchio…

…invece era lei.

L’abito sembrava esserle stato cucito addosso, non era uno dei soliti modelli, le fattezze erano più quelle di un abito da sera, non solo per via del colore crema, caldo e tendente all’oro, anche per la maniera in cui il tessuto cadeva al pavimento. Ora né indossava solo una parte, era un tubino di seta. I ricami erano in rilievo, si trattava di fiori, ed era come se fossero fatti di neve dorata.

Poteva quasi immaginare la scena…, quasi, perché nella sua fantasia lo sposo non aveva un volto, non era Harry, la chiesa era minuscola e poco illuminata, c’erano tante candele e piccole luci simili a quelle natalizie, l’anello che aveva al dito non le pesava come un macigno. Le panche di legno scuro, lungo la navata, erano deserte; ricoperte soltanto da dei teli chiari. Unicamente le prime due file accanto all’altare erano occupate da quelli che dovevano essere i suoi parenti, e la melodia di un piano suonava quella che sarebbe dovuta essere la loro marcia nuziale…

Accanto alla giovane una delle commesse del negozio stava aggiustando le pieghe del tessuto sperando che questa fosse finalmente la volta buona.

Persa nella sua fantasticheria, Ginny non si era resa conto delle due persone che erano entrate nella stanza e di Fleur che si era voltata per accogliere i visitatori.

- Le cade troppo da questo lato? – Aveva domandato la commessa nel tono cordiale tipico dei negozianti abituati a trattare con i clienti.

La maga dai capelli corvini era stata riportata sulla terra ferma da una voce che si era sovrapposta alla melodia suonata dal pianoforte. Aveva abbassato lo sguardo per osservare la donna inginocchiata accanto alla predellina e nel suo campo visivo erano entrati momentaneamente anche i due nuovi venuti, Fleur stava parlando con loro. – Cosa? –

- Mi chiedevo se le stesse cadendo troppo da questo lato, posso fermarlo con uno spillo un paio di centimetri più indietro. -

- Oh, no… - Si era portata i capelli dietro alle orecchie ancora un poco frastornata e confusa, la sua attenzione era ripartita fra il tentare di capire di cosa stesse parlando la donna e l’inquadrare le due persone in fondo alla sala. Damian e Draco. - …no, va bene così, è-è perfetto… -

La maga bionda era rimasta piuttosto sorpresa da quella visita inaspettata, si era immediatamente portata all’altezza del nipotino nel tentativo di mascherare il proprio imbarazzo per quella situazione. Non la divertiva trovarsi in mezzo a due fuochi. Era trascorsa una decina d’anni dall’ultima volta che aveva visto Draco Malfoy di persona, e poco più di ventiquattr’ore dall’ultima volta che né aveva sentito parlare in un discorso alquanto confuso. La presenza del mago non poteva portare niente di buono. – Eeehi…ciao tesoro, è da un po’ che non ci vediamo…ma guarda come sei cresciuto… -

Din, che poco prima se ne stava tranquillo col suo papà, era rimasto spiazzato dall’eccessivo e quanto mai sospetto entusiasmo della zia. La zia era impazzita. Il bimbo aveva spalancato i piccoli occhietti stringendosi alla gamba di Draco. Malfoy aveva accarezzato la testolina del figlio sorridendo divertito, evidentemente il suo arrivo aveva sortito l’effetto sperato almeno per qualcuno, ma forse, dopotutto, Fleur Delacour non era l’unica persona parecchio agitata in quella stanza.

Il cuore di Virginia Weasley aveva perduto un battito. La ragazza era rimasta immobile sulla predellina con gli occhi spalancati.

No, no, no, no, no, quella era stata una pessima idea da parte sua, una pessima idea…che cosa ci faceva qui? Perché aveva portato anche Din? Che cosa avrebbe pensato la gente? Ok, Ginny…Ginny, respira, tanto nessuno ti conosce qui. Ma come aveva fatto a trovarla anche qui? Nessun problema, non c’era nessun problema…si sarebbe comportata come, come…come una persona che ha incontrato casualmente il padre di suo figlio…e se fosse arrivata sua madre? Non era possibile, perché non le aveva detto che stava andando lì…era assurdo, si stava facendo prendere dal panico per una situazione del tutto normale. Non c’era niente di male, niente di male.

Ma che cosa si stavano dicendo? Lui non aveva il diritto di parlare alle persone che lei conosceva, non aveva il diritto di farlo. Merlino solo poteva sapere che cosa si sarebbe lasciato uscire da quelle labbra…

2, luglio Londra ore 01. 57 P.M

Fleur si era sollevata da terra rivolgendosi per la prima volta al giovane che aveva accanto. – Salve. –

C’era stata una pausa incerta. – Tu devi essere il padre di Damian, giusto? –

- Né è passato di tempo Delacour. – Aveva risposto quasi cordialmente, era difficile evitare di riderle in faccia quando si vedeva lontano un miglio che la sua presenza rendeva la ragazza ridicolmente nervosa. I casi erano due, o Fleur Delacour si era completamente trasformata in questi anni, o Ginny le aveva parlato di lui, e chissà cosa le aveva detto…

- È vero. – Si era sforzata di essere gentile, cosa che stranamente non le era venuta difficile. Bizzarro, non percepiva alcuna ostilità da quel giovane, al contrario. Si era voltata un attimo per osservare l’amica ed improvvisamente ed involontariamente, aveva intuito qualcosa. Ora era tutto molto più chiaro, l’agitazione, quel comportamento assurdo, e perfino l’occhiata che aveva in quel momento la ragazza. I tasselli tornavano tutti al loro posto…o quasi. Si era stretta nelle braccia…chissà se Ginny si rendeva conto dell’aria che assumeva ogni volta che si trattava di Draco Malfoy…

- A-aspettate…adesso che ci penso…vergogna…vergognatevi entrambe. – Lo aveva detto puntando un dito inquisitore, tentando di gettarla sul ridere e alleviare la tensione, sperava che in quel modo Ginny avesse avuto almeno il tempo per riprendere a respirare. – Non dovreste essere qui, non sapete che è di cattivo augurio vedere la sposa prima delle nozze? -

- Ma non mi dire…be rilassati Delacour, è un’usanza che vale solo per lo sposo…giusto Gin-… - Voleva fare lo spiritoso e provocare la maga, ma la frase gli era morta sulle labbra. Era la prima volta da quando era entrato nella stanza che prestava realmente attenzione alla giovane in abito da sposa; anche il piccolo Damian nel vedere la propria mamma vestita come una principessa si era tutto illuminato.

Lo sguardo di Ginny aveva intercettato quello del ragazzo, non c’era stato bisogno di parole, non aveva potuto fare altro che abbassare il capo. Ma come faceva ad andare fino in fondo in queste condizioni? Patetico, era arrivata al punto di non riuscire a sostenerne lo sguardo…perché era lui e non Harry che voleva che la guardasse a quel modo…e quel vestito n’era la prova. Non l’aveva scelto per Harry, per sua madre o per se stessa…solo adesso si rendeva conto di averlo voluto per lui…doveva andare a cambiarsi…doveva…

La commessa era uscita momentaneamente dalla sala per andare a prendere il copri spalle.

Fleur era incredula. Pazzesco, era come se quei due fossero da soli nella stanza. – Ehm, Din…che ne dici se io e te ci andiamo a prendere un bel gelato e lasciamo la mamma e il papà un attimo da soli? -

Malfoy continuava ad accarezzare la testolina del figlio senza neppure rendersi conto.

Come sempre accade, l’attenzione dei bambini è molto più facile da distrarre rispetto a quella degli adulti, Damian aveva osservato ancora una volta il suo papà e la sua mamma per poi rivolgersi a Fleur con tono incerto e sospettoso. – Con fragole e miele? –

La ragazza aveva sorriso osservando quella scena piuttosto surreale. - Con tutto quello che vuoi. -

Damian aveva sorriso a sua volta e si era rivolto al padre. – Draco? – Aveva inclinato il piccolo capo. – Draco? Posso andare? –

- Certo… -

Il piccolo aveva sbuffato, non lo stava ascoltando.

- Andiamo, vieni, il tuo papà è momentaneamente troppo perso nelle sue fantasticherie… - Aveva appoggiato con fare incoraggiante una mano sulla schiena del piccino volgendosi ancora un istante verso Ginny. - …e anche la tua mamma temo… - E quello sì che poteva essere un grosso problema…

- Zia? -

- Cosa? -

- Non ho capito. -

- Andiamo a prendere quel gelato che è meglio. – Aveva sorriso.

2, luglio Londra ore 02. 00 P.M

Quando la maga si era accorta del movimento della cognata aveva scosso il capo e rivolto uno sguardo supplichevole in direzione della ragazza. – No, no Fleur… -

Era un incubo, uno stramaledettissimo incubo dal quale non riusciva a svegliarsi. Non era reale, quella situazione non poteva essere reale. Ginny si era agitata a pugni stretti sulla predellina, in un movimento impacciato aveva portato le braccia lungo il corpo e voltato la testa di lato. Non poteva neanche scendere da quella specie di piedistallo senza correre il rischio di mostrare molto più di quanto fosse ragionevole, era una situazione incomoda e imbarazzante, e tutto quello che poteva fare era starsene lì in piedi come una stupida con indosso uno stupidissimo vestito, neppure fossero stati ad Hallowen.

Avrebbe pianto, sul serio, lo avrebbe fatto…

La giovane aveva continuato a guardasi attorno nella piccola area circoscritta che aveva a propria disposizione alla ricerca di una soluzione.

- Stai benissimo. –

Ginny aveva sollevato lo sguardo.

Stando lì in piedi sentendosi un perfetto idiota, Draco Malfoy non aveva potuto far altro che ammettere l’amara verità.

E lei era rimasta immobile, in quel vestito improvvisamente troppo stretto, nei suoi capelli mossi che le apparivano in una tale confusione, forzati in quel taglio un poco troppo corto rispetto al passato, in quella tinta scura e opaca, l’incarnato del viso ancore più pallido per le nausee, e gli occhi cerchiati di rosso per le notti insonni; e lei avrebbe pianto perché era un disastro e perché aveva incasinato tutto, e lui era lì davanti a lei, e lei non avrebbe potuto dirgli niente di quello che sentiva perché, se avesse iniziato, se gli avesse detto realmente quanto si sentisse morire dentro, niente e nessuno sarebbe più stato in grado di salvarla.

- Potter è un uomo fortunato. – Già, il suo e di Din era stato un grande piano, peccato che nel vederla così, ora più che mai, gli era sembrata così irraggiungibile; e nonostante sapesse perfettamente ciò che voleva, e lui voleva solo lei, per la prima volta da quando si era reso conto che per lui era diventata tanto importante, aveva avuto paura che fosse tardi.

- No, non lo è. – Avrebbe avuto accanto a lui una donna innamorata di un altro uomo.

- Cosa? -

Si era portata una mano alla bocca in realizzazione, che cosa aveva detto…accidenti, perché? Perché? Al telefono era semplice, facile, quando era circondata dai parenti era automatico, una difesa…ma quando erano soli mentire era pressoché impossibile, e lei era così stanca di dover discutere, lottare su tutto… - O-ora dovrei cambiarmi perciò…n-non è questo il vestito che ho scelto… - Poco lontano, il manichino di velluto scuro giaceva in un angolo dimenticato con indosso l’abito bianco che poco prima la giovane si era sforzata di farsi piacere. - …non va bene, sembro una sciocca, non è adatto a me…e n-non sembra neanche un abito da sposa… - Per tutte le Streghe di Avalon doveva riprendere il proprio controllo…Ma non contava la valanga di sproloqui e scempiaggini che era appena uscita dalle labbra della maga, perché quella frase, pronunciata appena prima che si coprisse la bocca, aveva suscitato più effetto di mille complicati discorsi.

Dio quanto non la sopportava quando faceva così…

Era andato lì per dimostrarle una volta di più che non avrebbe rinunciato a loro due così facilmente, che non poteva liberarsi del pensiero di lui facendo semplicemente finta di niente. Lei non sarebbe andata fino in fondo a quella cosa, e non perché era lui a dirlo, ma perché non era ciò che voleva…e invece di provare a farla ragionare mettendola di fronte all’evidenza, lei con quella sua dannatissima mancanza di chiarezza era riuscita a farlo innervosire di nuovo. Non era uno sciocco, non meritava che la sua intelligenza fosse presa in giro. - Non è il vestito, secondo me non ha niente che non vada, è perfetto. – Lo aveva detto con una strana gentilezza mista a freddezza, continuando a guardarla dritto negli occhi.

Ginny aveva preso coraggio nonostante sentisse cedevoli le ginocchia. - A Harry non piacerebbe. - Lo aveva detto come se questo chiudesse l’argomento. Merlino non ci credeva neanche lei a quelle parole…

- Forse non dovresti sposare Harry… - Dal tono utilizzato dal mago più che un suggerimento era sembrato un dato di fatto. E in quella provocazione, Ginny trovato la forza necessaria a reagire. - Ma io sposerò Harry. – Gli aveva tenuto testa. La ragazza aveva sollevato leggermente il vestito tentando si scendere dalla predellina. – Sempre che io riesca ad uscire da questo vestito. – La frustrazione per la situazione iniziava ad emergere nel suo tono di voce.

- Qui il vestito non c’entra niente Weasley. -

- Ooooh credimi, invece, sì…come se non sapessi perché ho scelto questo… - Era arrabbiata, con lui, con se stessa, col mondo…o più semplicemente era solo per via della gravidanza, ormoni, che la facevano girare come una banderuola al vento, ma solo con lui, come sempre…ah, e poi c’era il fatto della predellina, sembrava un’anatra ad agitarsi lì sopra; ma non erano tutte quelle sciocchezze, e lo sapevano entrambe, era ciò che servivano a celare.

- Ah, così io c’entrerei nella scelta del tuo abito da sposa? Impressionante…non credevo ci stessimo per sposare, hai declinato la mia proposta, se non sbaglio…- Era stato un misto d’ironia e sarcasmo, se non altro riusciva ancora a vedere il lato comico delle situazioni, anche se il tutto sembrava allontanarsi sempre di più dal punto cruciale e degenerare in uno dei loro soliti battibecchi. Lui diceva una cosa, lei né capiva un’altra…ordinaria amministrazione, anzi sembravano persino già sposati, non era questo che dopotutto facevano le coppie?

Le parole avevano appena avuto il tempo di essere registrate dalla mente della giovane. Quale proposta?

Draco le aveva fatto segno con la testa. - …dai, ti aiuto a scendere… - Aveva aggiunto, in parte esasperato, in parte rassegnato.

- Cosa hai appena detto…? Quale…quale proposta?… -

Il giovane era avanzato con l’intenzione di sollevarla ma si era arrestato con le mani sulla sua vita, le mani di Ginny si erano mosse per appoggiarsi leggermente al suo torace mentre coi propri occhi cercava quelli del ragazzo.

- Starai scherzando, vero Weasley? Cosa credi io abbia cercato di fare tutto il tempo? Non dirmi che senza anello e uno stupido inchino non sai riconoscere di cosa sto parlando… -

- Quando? -

- Dio Wesley, sempre… -

Aveva scosso il capo. – No, da quando? –

- Dall’ospedale, da prima, non lo so…qual è il punto? -

- Tu volevi sposarmi? -

- Voglio, presente, Weasley. -

- Non l’avevi capito? – Aveva sorriso accarezzandole una guancia con la mano. Dio come faceva a starle lontano?

Non era possibile…non era giusto…perché? Perché adesso che…

Gli occhi della giovane si erano riempiti di lacrime.

…che aspettava un bambino…

Perché non poteva essere il loro? Perché la vita le giocava sempre questi scherzi crudeli.

Aveva chiuso gli occhi un momento. Ormai era fatta, non si tornava indietro.

- Be? Che cosa c’è adesso?… - Malfoy aveva scherzato. – Non è esattamente questa la reazione che uno si aspetterebbe Weasley…dai, vieni, ti faccio scendere… -

L’aveva sollevata fra le braccia.

- Situazione ironica non trovi? – Qualcosa non stava andando nel modo giusto. – Ginny? -

Ginny si era asciugata una lacrima. – Già. Puoi mettermi giù adesso? –

- Certo… -

Erano rimasti lì in piedi, le mani di lui sulla sua vita e quelle di lei sul suo torace.

– E adesso va a casa…qualcuno potrebbe arrivare da un momento all’altro. – Non era lei che stava parlando, la sua voce era suonata vuota, priva d’emozione. Non aveva neppure il coraggio di dirlo guardandolo negli occhi.

- Cosa?! – Era risuonato come un lamento, il giovane non poteva credere alle proprie orecchie.

- Hai capito. – Si percepiva chiaramente lo sforzo nella voce.

- Credo di meritare ben più di questo… - Draco era stato brusco.

- "Più di questo" esattamente cosa? -

- Una spiegazione ad esempio! -

- Sto per sposare Harry! -

- Mi correggo, una buona spiegazione. – Quella frase era stata pronunciata con tutta la perfidia di cui solo un Malfoy può essere capace.

- Ma come ti permetti?! - Lo aveva detto puntandogli sul petto e premendo forte, non una, non due, ma una certa quantità di volte, per ogni aggettivo utilizzato. - Arrogante, spaccone, presuntuoso…ma chi ti credi di essere?! – La rabbia aveva iniziato a prendere il sopravvento sulla ragazza. - Non ti sposerei neanche se tu fossi l’ultimo uomo sulla faccia della terra! -

- Fa attenzione, mi raccomando, qualcuno potrebbe anche crederci. -

- Io ti odio! – Non aveva potuto trattenersi, la reazione di Ginny era stata fisica, aveva puntato le mani sul petto del ragazzo per allontanarlo, ma quel giorno Malfoy si era arrabbiato una volta di troppo per permetterle di farlo. Il giovane mago l’aveva afferrata per le spalle e si era avventato sulle sue labbra con l’unico desiderio di farla tacere. L’aveva costretta in un bacio che entrambe volevano da tempo, pieno di rabbia, foga, frustrazione. Draco non l’aveva lasciata andare nemmeno quando quasi immediatamente aveva iniziato a dimenarsi e a ribellarsi, al contrario, era diventato ancora più rude, più grezzo. C’erano troppe emozioni represse che cercavano di venire a galla…lingua e denti che cozzavano fra loro. Non era occorso molto perché Ginny smettesse di lottare per allontanarlo da sé e iniziasse un altro tipo di lotta, un bacio, uno scontro, e chi avrebbe potuto dirlo? Era così disperato, così pieno di bisogno.

La maga non si era neppure resa conto di essersi messa a piangere, sentiva solo le sue labbra sulle proprie, sulla propria pelle, quelle mani che avevano iniziato a fare cose meravigliose sul proprio corpo…e all’improvviso si era trovata pigiata al divanetto circolare accanto alla predellina, il velluto rosso e fresco sulla pelle surriscaldata della propria schiena. Non le importava più di niente…non c’era nient’altro in quel momento, solo labbra, pelle, respiri e mani.

Più tardi, molto più tardi, una volta rimasta sola col proprio abito sgualcito, Ginny si sarebbe resa conto che, se l’arrivo della commessa non l’avesse fermata, probabilmente si sarebbero amati su quel divano.

La minuscola donna bionda, con le sue belle scarpette col tacco e la sua andatura ondeggiante, era rientrata nella saletta tenendo davanti a se il copri spalle di pizzo ricamato; trovandosi di fronte a quella scena aveva praticamente gridato dall’imbarazzo. – Oh mio Dio! –

Il copri spalle l’era scivolato al pavimento; la voce sconvolta della donna era stata una doccia fredda per i due giovani che si erano affrettati a separarsi rimanendo seduti sul divanetto.

I capelli di Malfoy erano una confusione di ciuffi ribelli mentre quelli di Ginny un groviglio ancora peggiore di boccoli, entrambe i ragazzi avevano il respiro affannato e le labbra gonfie ed arrossate, ed il vestito indossato dalla giovane, mal celava i segni rossi di quegli accenni di graffi sulle braccia e lo sterno.

La commessa aveva iniziato a blaterare qualcosa d’incomprensibile coprendosi gli occhi con una mano, Fleur e Damian erano arrivati proprio in quel momento.

– Mi dispiace-io-sono mortificata-se avessi saputo… -

Ginny, stordita e imbarazzata, si era portata una mano alla bocca e aveva nascosto il viso contro la spalla di Draco. Tutta quella situazione era stranamente troppo famigliare…

Din era rimasto confuso e pensieroso sulla soglia, si era portato una manina al mento in fare riflessivo come un grande, non capiva cosa stava accadendo, e perché Ginny e Draco avessero l’aria di essere finiti sotto un martello gigante come accadeva alla tv nei cartoni animati.

Fleur era scioccata, non poteva credere ai propri occhi, che cosa aveva fatto lasciandoli soli…Merlino sembravano due sedicenni sorpresi dal professore di turno, e lei si rifiutava di essere quel professore; come aveva potuto essere tanto superficiale e spensierata…

Malfoy aveva chinato il capo per affrontare la maga accanto a lui, aveva ancora la fronte nascosta contro la sua spalla. Parte di lui si sentiva colpevole per aver provocato tutto questo, parte di lui si domandava ancora perché non l’avesse fatto molto prima, il risultato era lo stesso…non aveva messo Ginny in una bella posizione davanti alla sua famiglia. Il giovane aveva sollevato il viso della ragazza con una mano, aveva le guance ancora rigate dalle lacrime e questo l’aveva fatto sentire ancora più un verme. Non solo, non aveva concluso nulla, probabilmente l’aveva messa nella posizione di non volerlo vedere mai più. Se soltanto lei avesse smesso di lottare contro di lui, contro di loro…

La sua espressione era di una bambina che si era appena sbucciata le ginocchia, sembrava così piccola e indifesa, eppure, così consapevole di quello che avevano fatto. Ancora carpendole il viso con la mano, il ragazzo aveva iniziato ad accarezzarle con il pollice il mento e il labbro inferiore, era ancora gonfio. – È stata colpa mia…non sarei dovuto venire fin qui, scusami… -

Ma non capiva che così la faceva sentire peggio? Adesso si scusava? Le stava chiedendo veramente scusa?

L’espressione della ragazza era mutata rapidamente, la sua fronte si era contratta, e in un gesto rapido aveva respinto la mano del giovane schiaffeggiandola con la propria e alzandosi dal divanetto. Lei non era la stupida eroina di un romanzetto per adolescenti e non era neppure una bambina, era un’adulta. C’era un matrimonio da organizzare, il suo matrimonio, e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di rovinarlo. Si era asciugata le guance con una mano. – S-se non vi dispiace vorrei finire di provare il mio abito…da sola…Fleur ti dispiace aspettarmi a casa con Damian? Ci vorranno pochi minuti… -

- C-certo, come vuoi Ginny. -

- A questo punto sarà meglio che vada anch’io… - Draco si era passato una mano nei capelli.

Ginny aveva abbassato il capo e bisbigliato qualcosa, poi si era dileguata dietro al paravento, soltanto quando era stata certa che tutti avessero lasciato la stanza si era inginocchiata a terra e aveva iniziato a piangere.

2, luglio Londra ore 02. 27 P.M

- Ci vediamo allora… -

Era stato appena un bisbiglio, mentre superava il ragazzo e scompariva dietro al paravento. Draco l’aveva sentito.

Ginny aveva atteso che tutti se ne fossero andati, soltanto allora si era chinata a terra ed aveva iniziato a piangere. Era arrivata ad un punto in cui non sapeva più nemmeno la ragione di quelle lacrime, se fosse il senso di colpa, la paura di aver commesso un atto imperdonabile, l’emozione per aver capito unicamente in quel momento che Draco avrebbe avuto l’intenzione di sposarla, oppure per il bambino, il matrimonio…no, erano state quelle parole di scusa, l’avevano fatta sentire male, sporca…non il fatto che Fleur, Damian, ed una completa sconosciuta, l’avessero vista non prestare fede ai giuramenti nuziali ancor prima di averli pronunciati, ma quelle parole, ed era assurdo perché avrebbe comunque sposato Harry indipendentemente da tutto…ma il fatto che lui si fosse rimangiato tutto dopo cinque minuti di rapide effusioni…credeva che lei non fosse in grado di far fronte alle proprie azioni? Che non sarebbe stata capace di affrontare davanti alla sua famiglia e ad una perfetta estranea le conseguenze di un simile comportamento? Che eroe, scusandosi si era assunto la piena responsabilità dell’accaduto lasciandola pulita, liberandole la coscienza da quel senso di aver fatto una cosa orribile? Ed era orribile appunto perché non le era sembrato affatto orribile…

Si era presa la testa fra le mani iniziando a dondolare avanti e indietro. Era assurdo si stava facendo venire un esaurimento per una cosa che non contava nulla…si era assunto lui la piena responsabilità dell’accaduto, e allora? Meglio così no? Una cosa in meno da spiegare a Fleur…eppure la stava facendo impazzire…non aveva il diritto d’interferire così con la sua vita, fare, disfare…e portarla sempre al limite. Sempre. Lei non voleva le sue stramaledettissime scuse, non poteva sopportare le sue scuse…di cosa esattamente si doveva scusare? Di averle detto di volerla sposare? Di aver messo in dubbio la sua storia con Harry? Di essere riuscito ad esasperarla? Oppure di averla baciata? O meglio ancora, di tutto quanto messo insieme…c’era anche lei lì, c’era anche lei in quella stanza, erano le sue l’altro paio di labbra coinvolte…

"Non avrebbe dovuto…" Che cosa eh? Rimangiarsi tutto nel giro di mezzo secondo, liquidare l’accaduto come uno sbaglio, perché era stato uno sbaglio, no? Dirle di volerla sposare, dirle che stava commettendo un errore…e perché mai? Si trattava soltanto della verità, era adulta, era vaccinata, poteva anche sbattere in faccia alle cose.

Non l’aveva umiliata l’essere stata messa in imbarazzo di fronte alla sua famiglia, erano state le sue parole di scusa ad umiliarla.

La maga si era sollevata dal pavimento rassettandosi l’abito e asciugandosi il viso, quando si era voltata di nuovo le era scappato un singhiozzo e le lacrime avevano iniziato a scorrere di nuovo.

- Non era mia intenzione chiederti scusa… - Si era grattato la testa regalandole un sorriso storto. - …tanto per mettere in chiaro le cose. -

Una piccola risata le era scappata fra i singhiozzi, anche se non vi era assolutamente nulla per il quale ridere, non aveva potuto farne a meno.

Era avanzato di qualche passo. – Volevo soltanto… - Le aveva messo una mano sul viso e si era inclinato per darle un breve bacio sulla bocca. - …baciare la sposa…. –

- Io sposo Harry. -

- Lo so… -

Ginny gli aveva regalato un debole sorriso. Il giovane aveva le mani in tasca, sembrava per la prima volta in difficoltà. Era stato il turno della maga di fare un passo avanti e prendendo il viso di Draco fra le mani lo aveva baciato di nuovo, un bacio più lungo del precedente, ma prima che il ragazzo potesse toccarla o approfondire il bacio si era separata nuovamente da lui. – Volevo soltanto baciare te… -

- Ma sposi lo stesso Harry… -

- Già. -

- Già. -

Malfoy aveva preso la mano destra della ragazza con la propria, l’aveva voltata dalla parte del palmo e aveva iniziato a tracciare dei piccoli cerchi col pollice.

- Porti il mio anello… -

- Sì. -

- Riuscirò mai a vederti senza quello di Harry…? -

- No. -

- No, già… -

Il mago aveva sfilato dall’anulare della ragazza il piccolo cerchietto col fiore di diamanti.

- Draco, no… -

- Voglio solo vedere per una volta come sarebbe…lasciati guardare… -

Le aveva preso entrambe le mani con le proprie dandole uno sguardo.

- Non ha niente che non vada…sei bellissima Ginny… -

- Grazie… - Si era liberata dalla presa rimpossessandosi dell’anello e portandosi i capelli dietro alle orecchie. Stava di nuovo superando il confine…

- Ma cambierai lo stesso vestito e sposerai Harry. -

- Già. -

- Sai una cosa? -

- Cosa? – Era rimasta perplessa dal cambiamento di discorso.

- Non lo credo affatto… - Aveva sorriso divertito e infilandosi le mani in tasca aveva dato le spalle alla ragazza. – Ci vediamo… -

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Capitolo 11
*** 11 ***


- Non lo credo affatto… - …- Ci vediamo… -

E lei era rimasta lì, immobile, senza sapere cosa dire o fare, troppo scioccata per rispondere, impaurita che quella risposta potesse portarla a fare una scelta.

Parte di lei avrebbe voluto rincorrerlo, dirgli che si sbagliava, che l’avrebbe fatto, sarebbe andata fino in fondo, ma adesso si rendeva conto di non esserne più così sicura. Aveva paura che guardandolo negli occhi avrebbe scoperto di non esserne capace, di non poter andare attraverso tutto quello, che avrebbe scoperto che rischiare di rimanere sola, senza un padre per la creatura che portava in grembo, non la spaventava quanto l’idea di perdere Draco per sempre, ed era un rischio che non poteva correre, proprio perché sarebbe stata disposta a farlo.

2, luglio Londra ore 03. 37 P.M

Ginny, tornata a casa, aveva lasciato il sacchetto della boutique sul pavimento accanto all’ingresso.

- Sono tornata! – Non aspettandosi realmente una risposta, si era diretta al tavolo della cucina e, con scarso interesse, aveva preso a scorrere le buste della posta. Bollette…bollette, bollette, alcune risposte agli inviti, bollette…ah…la pubblicità di quel nuovo shampoo…altre bollette…

Fleur aveva aperto la porta della camera di Damian in quel momento, non aveva potuto smettere di pensare a quanto era accaduto al negozio per un solo secondo, e adesso non sapeva realmente come affrontare l’amica. – Ginny… -

- Ciao. – L’aveva detto come se niente fosse, come se non si fosse accorta della presenza della ragazza fino a quell’istante, alzando a malapena gli occhi dall’estratto conto della carta di credito.

Fleur era rimasta spiazzata. Era soltanto lei a sentirsi imbarazzata?

- eh-hh… - Le era sembrato di essere una stupida, stava lì, in piedi, cercando di razionalizzare l’accaduto, quando era evidente che Ginny aveva già scordato ogni cosa.

La giovane Weasley aveva avvertito l’amica stare in piedi accanto a lei, e le era sembrato strano che dal momento stesso in cui era entrata nella stanza fosse rimasta in silenzio. La maga aveva sollevato la testa dai fogli mezza divertita. - Be?… Ma che succede? -

- Ginny io… - C’era stata una pausa in cui la ragazza si era domandata se valesse la pena insistere. - …non so se faccio bene a chiedertelo ma…esattamente, che cosa è successo al negozio?… – Non era riuscita a stare ferma e aveva mosso qualche passo. – …Dentro di me vorrei ci fosse una spiegazione logica ma…ti prego, dimmi che c’è una spiegazione logica… -

- Certo, che c’è una spiegazione logica. - Le aveva risposto come se fosse ovvio, sorridendo imbarazzata; poi, abbassando lo sguardo e portandosi i capelli dietro le orecchie, aveva aggiunto - Solo non sono sicura che tu la voglia sentire… -

- Dimmi solo una cosa, ami Harry? -

- Sai che non farei del male a Harry… ti basta come risposta? – Era la semplice verità.

Ginny…

- Cambierebbe qualcosa? – Aveva risposto Fleur rassegnata.

- No. No,… - Aveva scosso il capo tentando di giustificarsi con una certa difficoltà. Si era costretta ad un sorriso forzato. - …n-non vale la pena di star qui a discuterne, davvero, è stata una cosa senza importanza. -

- Ne sei sicura? – Aveva domandato alzando le sopracciglia. Non n’era molto convinta…

- Ma certo, se fosse un problema…non le permetterò di essere un problema, andrà tutto bene, deve solo passare questa settimana… - C’era una lieve nota d’isteria nella voce.

- Ginny… - Che cosa doveva fare con lei…

- No, sul serio… io, io ho fatto la scelta giusta, la migliore. Io amo Harry, sei soddisfatta? Lo amo e voglio sposarlo. -

- E Malfoy? -

- Lo amo, ma non intendo sposarlo. Lo amo…ma non lo sposo, e sai perché?…Perché lui non è Harry. Non è Harry…non potrà mai essere Harry, ed è Harry l’uomo con cui intendo passare il resto della mia vita. -

- Io…io non dirò niente ma, senti Ginny questo non mi sembra il discorso di una persona che è felice di sposarsi…Nessuno ti costringe…senti io, io non ce la faccio mi dispiace a reggerti il gioco, se riesci a fingere che vada tutto bene…non sono nessuno per impedirti di farlo ma… io non ci riesco. -

Fleur aveva preso dalla sedia la propria borsetta. - Ci vediamo il giorno della cerimonia. – Era dispiaciuta per l’amica ma non aveva potuto fare altrimenti.

La maga dai capelli corvini era rimasta a guardare la cognata andarsene riuscendo solo ad emettere un lieve sospiro. Non poteva crederci…

…l’aveva lasciata lì da sola…perfetto, non né indovinava una…

Sapeva di star facendo la cosa giusta.

Era la cosa giusta ma, era stata così occupata, nel cercare di far funzionare le cose, che aveva dimenticato il perché. Era per il bambino…, certo, per dargli un padre, una famiglia normale… ma era come se, impiegando tutte le sue forze per raggiungere quell’obiettivo, avesse finito per perdere di vista lo scopo. Tutto quell’accanimento, quel ripetersi di voler andare fino in fondo…era riuscita soltanto a combinare un gran disastro, ad incasinare tutto quanto, anche le cose semplici…questa cosa la stava travolgendo e lei non riusciva a porvi fine, anzi, andava sempre peggio…probabilmente era solo una sensazione, tutto sembrava così incredibilmente sbagliato, e non era così che si supponesse dovessero andare le cose…, il matrimonio, Harry, Draco, …il fatto che tutte le persone la cui opinione per lei contasse qualcosa finivano per ritenere che stesse commettendo un errore…da quando aveva scoperto di aspettare un bambino aveva agito contro tutto quello in cui credeva, l’amore, il rispetto, la fiducia…Era questo che voleva per suo figlio? Per i suoi figli? Stava ingannando Harry, stava per dare ai suoi figli una famiglia costruita su due grosse menzogne…Harry non era il padre di suo figlio, e lei non lo amava, e se soltanto una di queste due cose fosse venuta fuori, a pagarne le conseguenze sarebbero stati solo Damian e il bimbo che stava per arrivare…era questo che voleva insegnare a quei bambini? Che vivevano in un mondo dove il fine giustificava i mezzi? Come avrebbe mai potuto giurare fedeltà ad Harry se neppure adesso riusciva ad esserlo? Se non riusciva a sentirsi colpevole quanto avrebbe dovuto per ciò che aveva fatto e continuava a fare?

È che improvvisamente tutte le ragioni che le erano sembrate così buone…ma come poteva essere giusto se Fleur si era rifiutata di vederla fino al giorno della cerimonia perché non aveva il coraggio di guardarla in faccia, se Damian detestava Harry con tutte le sue forze, se non era neppure riuscita ad indossare il vestito di sua madre. Aveva baciato Malfoy, portava il suo anello sul dito dove c’era quello di Harry…tutti erano eccitati per le nozze, ma nessuno lo era per come si stavano svolgendo le cose…

Ma dopotutto non era come se avesse un’alternativa, giusto? Ammettendo anche per un momento che fosse stata onesta, che avesse detto a tutti quanti che aspettava un bambino che voleva più di ogni altra cosa…chi era il padre? Avrebbe dovuto riconoscere davanti alla sua famiglia, ai suoi amici, i suoi conoscenti, che quel bambino era il frutto di uno stupro…si sarebbe trovata di nuovo sola, contro tutti, a crescere un figlio che un giorno avrebbe voluto sapere il nome di suo padre…sicuramente a quel punto né Harry né Draco avrebbero voluto sposarla…e sarebbe stato poi così terribile? Non stare con la persona che amava e stare con qualcuno per il quale provava semplice affetto non era in fondo la stessa cosa? Soltanto lei, Damian, e il bimbo, senza bugie, inganni, …senza finire per ferire tutti quanti…

Già, come no… sarebbe andata dai suoi genitori e avrebbe mandato all’aria il matrimonio scaricando su di loro la notizia del bambino, come una bomba; si sarebbe attirata addosso l’odio e l’indignazione di tutti…e che avrebbe raccontato a Damian?

Be, forse dopotutto, sarebbe perfino stato contento; il suo piccolo, dolce, bambino che detestava lo zio Harry…lui non lo voleva un altro padre…già, ma lui l’aveva un padre, e lì adesso c’era un'altra piccola e indifesa creatura da considerare…anche se aveva fatto un ottimo lavoro con Damian, prima che tornasse Draco, ed era anche più giovane, viveva in un misero appartamento di periferia e non aveva ancora un vero e proprio impiego…ma allora era diverso, era…

….peggio…

…era molto peggio…era vero ora era lei ad essere quella debole, quella incinta e senza uno straccio di marito, ma sarebbe stato solo per nove mesi, e per quanto la sua famiglia potesse decidere di chiuderle la porta in faccia, sarebbero stati sempre la sua famiglia…e stavolta non c’era nessun Ministero che le alitasse sul collo per riprendersi suo figlio…

…che cosa aveva fatto…

Non lo stava facendo per il bambino, lo stava facendo per se stessa…perché aveva avuto paura. Si era comportata da egoista…

Quando aveva deciso di sposare Harry era disperata, era appena stata stuprata, provava vergogna, non sapeva come dirlo alla sua famiglia, al lavoro le era stato proposto di trasferirsi a Parigi, e Draco era sempre così Draco…voleva qualche sicurezza, temeva non sarebbe stata in grado di farcela da sola…

…ma allora cos’era cambiato adesso?

Semplice. Non si sentiva più sola. O meglio, non allo stesso modo…forse era perché era passato del tempo, o perché aveva visto la sua famiglia sinceramente preoccupata che lei fosse felice, che tutto fosse perfetto per il gran giorno, e questo la portava a credere che le sarebbero stati vicini anche col bambino, o forse perché l’uomo che amava stava rendendo la sua vita un inferno per non permetterle di sposare Harry, o semplicemente il fatto che Fleur le avesse fatto quel discorso sia sul vestito che sul matrimonio, ma molto più probabilmente era stato l’aver realizzato che Draco avrebbe voluto sposarla, anche se avrebbe sicuramente cambiato idea appena appresa la lieta notizia…

Ma forse non era stata nessuna di queste cose, semplicemente Ginny Weasley non era fatta così, l’ingannare le persone che amava la stava facendo uscire di senno, specie se l’unico risultato era esattamente l’opposto di quello voluto. Stava rendendo, o avrebbe reso, tutti quanti infelici.

Harry come padre…ma se i figli non avevano mai neppure attraversato i suoi pensieri…si era sempre trovato a disagio con i bambini…e Din lo detestava…no. No. Sarebbe stato differente, avrebbe pensato che quel figlio fosse loro…ma che cosa stava dicendo? Non era lui il padre che voleva per suo figlio…

Basta, basta, basta. Era tutta colpa di Draco, doveva smetterla con quei pensieri.

Era fatta. Non poteva tirarsi indietro adesso, ormai era troppo tardi.

In quei giorni i preparativi per il matrimonio erano proseguiti come da copione, ma Fleur non si era nemmeno più presentata alla Tana; aveva adottato la scusa delle bambine con la Signora Weasley, ed aveva fatto sapere a Ginny che se avesse avuto bisogno di parlare con qualcuno lei sarebbe stata disponibile. Non aveva più nominato l’incidente del negozio, e di questo la maga le era stata grata. Nessuno era sembrato essersi accorto di nulla, era evidente dagli sguardi così carichi di promesse e aspettative che Harry rivolgeva alla fidanzata, se solo avesse saputo…ma non poteva sapere, e quel giorno, non appena rientrato a casa, sfinito dal lavoro, Ginny l’aveva costretto in una seduta amorosa piuttosto intensa. In pratica lo faceva ogni volta che per qualche ragione si trovava a dover affrontare Draco…e ultimamente era accaduto spesso. Il giovane Malfoy aveva inteso fino in fondo l’asserzione che le aveva rivolto una volta che tutti quanti avevano lasciato il negozio, e non aveva mai mancato un’occasione per dargliene la prova.

4, luglio La Tana ore 06. 09 A.M.

Ginny era entrata nella sua vecchia stanza. Damian stava dormendo. La maga aveva sorriso nel vedere il suo piccolino addormentato, i ciuffi biondi erano tutti spettinati e il pigiamino di seta verde scuro era stropicciato e sollevato leggermente all’altezza della piccola vita. Nonna Narcissa, che gliel’aveva regalato, non sarebbe stata molto contenta. Secondo la donna i Malfoy dovevano tenere un contegno perfetto anche nel sonno, ma se avesse visto il nipote, o lo stesso figlio, durante le ultime notti che aveva trascorso a casa sua, probabilmente avrebbe cambiato idea. Mhm, probabilmente no, ma lei così li trovava entrambe adorabili…anche Draco, seppur lui stesso non l’avrebbe mai ammesso, da quando aveva avuto a che fare con lei, la mattina non sembrava esattamente una perla di freschezza…

Ginny aveva riso internamente e si era avvicinata al letto per coprire Din con il lenzuolo che si trovava sul pavimento. Era appena rientrata dal lavoro, perciò non aveva avuto modo di cambiarsi, e i tacchi delle scarpette nere avevano creato un po’ di confusione sul pavimento; il bimbo si era mescolato nel sonno. – Shhhh. –

La ragazza, sistemandosi la gonna nera di taffettà sotto le gambe, si era seduta sul bordo del letto; sopra indossava unicamente una camicia bianca, tagliata da uomo, piuttosto corta e dalle maniche a tre quarti. I capelli erano tirati indietro da due mollette nere su un lato e da una soltanto sull’altro, permettendo ai boccoli di ricadere leggermente sulle spalle.

Aveva accarezzato il bambino sulla testolina trascinando la mano sulla piccola guancia e il nasino. Poteva volere più bene di così a qualcuno? No, non era possibile…forse era anche per questo che si era innamorata di suo padre…

- Ginny? – Damian, ancora intontito dal sonno e con gli occhi a malapena aperti, aveva parlato con la vocina impastata.

- Amore… - Gli aveva accarezzato dolcemente una guancia, il tono di voce era stato morbido ma lievemente colpevole. – …mi dispiace…ti ho svegliato? -

- È già mattina? -

- Sì, ma è prestissimo…torna a dormire. – Aveva rimboccato meglio la coperta del piccolo.

- Dov’è papà? -

La maga aveva sorriso. – Amore, papà starà anche lui dormendo… -

Damian si era girato sull’altro lato portandosi dietro la coperta e biascicando qualcosa che, secondo la giovane, avrebbe potuto voler dire "allora lo vedrò domani".

8, luglio La Tana ore 07. 39 A.M.

- No. No, un momento…che significa che i fiori non arriveranno prima di due settimane? Il matrimonio è fra cinque giorni. – Ginny si stava agitando avanti e indietro per la cucina tenendo il portatile all’orecchio e facendo un baccano micidiale. – Be non m’interessa se la serra si è allagata il 4 di luglio…No, ascolti lei, io sto per avere una crisi isterica, mi sposo fra cinque giorni, e non c’è niente di pronto! Il violoncellista si è ammalato, gli abiti delle damigelle sono stati persi, il sacerdote è scappato a Las Vegas, e il servizio catering a cui mi sono rivolta per il rinfresco è sotto inchiesta per avvelenamento! Che cosa?! No ma dico, mi ha sentito bene? No, glielo dico io, sa come facciamo? Lei si procura quei dannati fiori da qualche parte entro il 13 di luglio e io non maledico lei e la sua famiglia! - La maga aveva pigiato il tasto di chiusura della comunicazione con forza.

- Ginny! -

La giovane Weasley si era voltata di scatto trovandosi di fronte sua madre. – Mamma?! –

9, luglio La tana ore 02. 04 P.M.

- Ah, ah, ah, ah, ah! -

- Non c’è niente da ridere Harry. -

Ginny era seduta al tavolo della cucina con il gomito appoggiato sulla superficie di legno rovinata. Si stava tenendo il viso con una mano mentre nell’altra aveva una tazza fumante di caffè d’orzo; Harry era accanto a lei e non riusciva a trattenere le risate. La Signora Weasley aveva appena terminato di raccontare al giovane la scenetta cui aveva assistito la mattina precedente e adesso stava lavando i piatti.

Quando il mago era finalmente riuscito a smettere di ridere aveva sollevato con una mano il viso imbronciato della ragazza parlando allegramente. – Andiamo Gin…vedrai che si sistemerà tutto…faremo in tempo, te lo prometto… -

Si era voltata dall’altra parte e aveva preso un sorso di caffè. – Ma piantala… -

Il mago si era rimesso a ridere.

Certo, era facile per lui, passava metà delle sue giornate al lavoro infischiandosene allegramente di tutto, peccato che anche lei lavorasse, trovasse a malapena il tempo per dormire, nonostante si addormentasse ovunque, si occupasse di Damian e di tenere a bada suo padre, soddisfacesse le richieste del suo adorato fidanzato, ed infine sopportasse il tormento dei preparativi per le nozze…e c’era da dire che in ultimamente in questi si era buttata a capofitto perché, se non altro, le permettevano di non pensare a quello che stava facendo.

Molly dall’altra parte della stanza sorrideva sotto i baffi.

- Facciamo così, tua madre mi ha detto che vorrebbe tu scegliessi le musiche per il matrimonio, domani pomeriggio torno prima dal lavoro e lo facciamo insieme, ti va? -

- Davvero? – Aveva alzato il capo osservandolo speranzosa. Questa sì che suonava come una grande idea, se avesse dovuto far tutto da sola probabilmente sarebbe impazzita e avrebbe finito col tormentare il piccolo Din per tutto il pomeriggio…almeno così sarebbe stato, se non divertente, almeno sopportabile.

- Certo. – Aveva risposto come a voler dire "ti ho mai delusa?". Harry aveva guardato l’orologio. – Accidenti com’è tardi, adesso devo proprio andare, ci vediamo stasera. – Aveva baciato sulla fronte la ragazza ed era scomparso.

Ginny si era voltata dalla parte di sua madre guardandola riconoscente. – Grazie. -

10, luglio Londra ore 02. 02 P.M.

- Che cosa?! -

La maga dai capelli rossi era sbottata rivolgendosi all’interlocutore dall’altro capo del telefono. Damian, che stava disegnando sul tavolino in soggiorno, aveva rivolto un rapido sguardo alla ragazza prima di tornare alla propria occupazione.

- Sì certo, come no… - Aveva ribattuto con sarcasmo. – Sì, ok, ho capito…Harry ho detto che ho capito, sì be dispiace anche a me. -

Ginny aveva chiuso la comunicazione sbuffando e lasciato cadere il portatile sul divano alle sue spalle. Il piccolo Malfoy aveva sollevato lo sguardo dal foglio ed era rimasto ad osservare la sua mamma, dirigersi in cucina, e sedere scompostamente su una sedia.

Dalla "mise" di quel giorno si notava che la ragazza non aveva in programma di ricevere visite, se non quelle abituali, di parenti o amiche invadenti. Indossava unicamente una maglietta bianca piuttosto aderente. Il collo era tondo e cucito all’esterno; le maniche corte, sporgevano come delle piccole ali. Dallo stato dei disegnini che s’intravedevano in trasparenza, doveva aver subito una buona dose di lavaggi; vi aveva abbinato, i pantaloni grigi, di una vecchia tuta che non sapeva nemmeno più di avere in casa, e delle calze bianche di spugna.

La giovane aveva sollevato la matita dal blocchetto appoggiato sul tavolo, e si era messa a giocherellarci in modo assente; sul ripiano del mobile era stato adagiato provvisoriamente lo stereo. Il vano cd era aperto, si poteva leggere chiaramente il titolo della compilation inserita sul piatto. Lì accanto, parecchi cd, nelle loro custodie, erano raggruppati in piccole pile da quattro.

I primi venti minuti erano trascorsi facendo passare le classiche canzoni tradizionali, e si erano trasformati in una noia mortale per entrambe; madre e figlio. Damian aveva cercato di concentrarsi sulla propria opera d’arte, ma con quegli ululati che risuonavano per l’appartamento, sembrava impossibile, era come ascoltare il lupo di cappuccietto rosso col mal di pancia, e senza che si fosse ancora ingoiato la nonnina e la nipote…

Il bimbo, ogni tanto, si grattava la testolina coi colori tentando d’impegnarsi; dietro a lui, Ginny, teneva la testa fra le mani, iniziava a sentire la vena sulla fronte pulsare dolorosamente.

Dopo altri quindici minuti, la ragazza si era messa a dondolare pericolosamente sulla sedia in cucina. Din si era ritrovato a cancellare tutto il lavoro fatto fino a quel momento.

Allo scoccare della prima ora, la maga, aveva iniziato ad impostare, di proposito, allo stereo, canzoni semplicemente assurde per un matrimonio: canzoni dei cartoni animati, rep, pop, musiche da discoteca; così che, Damian, aveva accantonato definitivamente il proprio disegno, troppo occupato a ridacchiare come un matto.

Avevano trascorso così mezz’ora, ridendo e ballando, prima di mettersi al lavoro seriamente. Ginny aveva trasferito lo stereo su un mobiletto del soggiorno, mentre, il bimbo, era rimasto sul divano ad osservare la madre con sguardo critico; quando, esattamente, il suo piccolo adorato bambino fosse diventato di gusti così difficili in fatto di musica, la ragazza, non avrebbe saputo dirlo, ed aveva iniziato a sospettare ci fosse lo zampino di Draco…

Din aveva continuatao a storcere il naso ad ogni tentativo della giovane; a volte, Ginny, si era ritrovata ad improvvisare un balletto, per mantenere viva l’attenzione del bambino, ed entrambe erano scoppiati a ridere. Niente da fare. Non c’era stata canzone ad essere di gradimento del piccolo principe…

Damian, però, dopo un'altra mezz’ora di quel passatempo, aveva raggiunto il limite della sopportazione; aveva nascosto la piccola testolina sotto i cuscini del divano, tentando di coprirsi le orecchie comicamente, per segnalare che si era stufato.

Ginny aveva roteato gli occhi e inserito le cuffie nella presa. L’apparecchio aveva iniziato a riprodurre una nuova canzone e, la ragazza, si era portata le mani alle orecchie mettendosi in ascolto.

Like a ghost don't need a key*

Your best friend I've come to be

Please don't think of getting up for me

You don't even need to speak

Non si era neppure accorta di aver chiuso gli occhi. Il bimbo uscendo dal proprio nascondiglio era rimasto ad osservarla scuotendo la testolina. Si era rimessa a ballare di nuovo…

Damian aveva sospirato stringendosi nelle spalle.

When I've been here for just one day

You'll already miss me if I go away

Trrrrrrrrrrrrrrrrr. Il campanello aveva iniziato a suonare. Din aveva dato, prima, uno sguardo a sua madre, poi, alla porta.

So close the blinds and shut the door

You won't need other friends anymore

Trrrrrrrrrrrrr. Il piccolo aveva roteato gli occhi ed era andato ad aprire, ma si era fermato davanti alla porta. E se fosse stato un succhiasangue?

Oh don't leave home, oh don't leave home

If you're cold I'll keep you warm

If you're low just hold on

Cause I will be your safety

Oh don't leave home

Aveva scosso il capo; Ginny si era dimenticata anche di mettere tutti i catenacci…

- Scricciolo? – La voce di Draco si era sentita chiaramente dall’altro lato della porta.

- Papà? – Il bimbo aveva domandato con diffidenza.

- No, il lupo cattivo… - Aveva scherzato. - …dov’è la mamma? –

Malfoy aveva provato a roteare la maniglia. Era aperto. Tipico.

Il giovane era entrato nell’appartamento tenendo le mani in tasca, Damian gli aveva fatto cenno con la testa verso Ginny. L’espressioncina esasperata del bimbo era uno spettacolo…

And I arrived when you were weak

I'll make you weaker, like a child

Now all your love you give to me

When your heart is all I need

Oh don't leave home, oh don't leave home

…la scena alla quale Draco si era trovato di fronte lo era stata ancora di più. Ma bene…guarda, guarda, cosa avevamo qui…allora era così che Ginny organizzava le sue nozze…

Il giovane aveva guardato il figlioletto con sguardo complice, e gli aveva fatto segno di rimanere in silenzio, lentamente, Malfoy, si era avvicinato alla ragazza, aveva staccato le cuffie dallo stereo, lasciando che la musica riempisse la stanza; la maga non si era resa conto di nulla

If you're cold I'll keep you warm

If you're low just hold on

Cause I will be your safety

Oh don't leave home

Draco aveva preso Ginny per la vita, incrociando, le dita della mano della ragazza con le proprie. La giovane, sentendo quel contatto, aveva spalancato gli occhi; trovandosi di fronte quelli di Malfoy si era rilassata di nuovo. Il mago le aveva regalato uno dei soliti sorrisi strafottenti, e lei aveva semplicemente roteato gli occhi, continuando a ballare, dando un breve sguardo a Din. Era radioso.

Il piccolo, nel frattempo, si era arrampicato nuovamente sul sofà e aveva nascosto il viso, nel morbido bracciolo, lasciando scoperti solo gli occhietti.

La giovane Weasley aveva scosso il capo non riuscendo a smettere di sorridere.

Oh how quiet, quiet the world can be

When it's just you and little me

Everything is clear and everything is new

So you won't be leaving will you

And if you're cold I'll keep you warm

And if you're low just hold on

Cause I will be your safety

Oh don't leave home

Cause I will be your safety

and I will be your safety

and I will be your safety

Oh don’t leave home

10, luglio Londra ore 04. 15 P.M.

Quando la canzone era cambiata, i due ragazzi avevano continuato a ballare senza dire una parola. Damian aveva capito di essere di troppo. I grandi erano proprio strani…

Aveva preso i suoi colori e il suo album da disegno, ed era andato a chiudersi in camera. – Vieni Mellis… -

Il gatto, che era rimasto nascosto sotto il tavolo tutto il tempo, si era stiracchiato, e aveva seguito il padroncino nell’altra stanza.

- Chissà se papà riuscirà a sistemare le cose… -

Prima che la musica cambiasse di nuovo, vi erano stati tre lenti; la canzone, questa volta, era stata più veloce, ma non era sembrato essere un problema per i due. Ginny si stava divertendo troppo per potersi fermare, era una vita che non ballava; era così liberatorio. A Harry non era mai piaciuto.

Per Malfoy era sufficiente poterla tenere un po’ fra le braccia senza che lei tentasse di scappare di nuovo; avere la possibilità di respirare il suo profumo, il profumo dei suoi capelli.

Is it love tonight**

When everyone's dreaming

Of a better life

In this world

Divided by fear

We've gotta believe that

There's a reason we're here

Yeah, there's a reason we're here

Cause these are the days worth living

These are the years we're given

And these are the moments

These are the times

Let's make the best out of our lives

Non avevano smesso un istante di guardarsi negli occhi. Ad ogni giravolta Ginny sentiva mancarle il respiro. Si sentiva talmente euforica…

See the truth all around

Our faith can be broken

And our hands can be bound

But open our hearts and fill up the emptiness

With nothing to stop us

Is it not worth the risk?

Yeah, is it not worth the risk?

Cause these are the days worth living

These are the years we're given

And these are the moments

These are the times

Let's make the best out of our lives

Even if hope was shattered

I know it wouldn't matter

Cause these are the moments

These are the times

Let's make the best out of our lives

C’era stata una giravolta di troppo, entrambe i giovani erano finiti distesi sul divano, Ginny era sbarcata malamente a cavalcioni sopra Draco. I due erano scoppiati a ridere senza potersi trattenere.

We can't go on

Thinking it's wrong

To speak our minds

I've gotta let out what's inside

Is it love tonight

When everyone's dreaming

Can we get it right?

Improvvisamente non c’era più stato poi molto di divertente. Malfoy aveva preso il viso della giovane fra le mani, non era stato necessario un ulteriore invito. I due si erano baciati.

Yeah, well can we get it right?

Le labbra della ragazza avevano trovato immediatamente quelle di Draco, tutto quanto si erano tenuti dentro era venuto fuori ancora, e ancora. I baci urgenti e bisognosi, le mani ansiose. Esattamente come la prima volta in quella cucina a casa dei Malfoy; esattamente come pochi giorni prima all’interno del negozio.

Le dita del ragazzo avevano iniziato a scorrere sulla pelle nuda della schiena di Ginny, proprio sotto la sottile maglietta di cotone. Erano sempre e comunque troppo lontani.

Cause these are the days worth living

These are the years we're given

And these are the moments

These are the times

Let's make the best out of our lives

Even if hope was shattered

I know it wouldn't matter

Because these are the moments

These are the times

Let's make the best out of our lives

Let's make the best out of our lives

Let's make the best out of our lives

Vi era stato un momento di silenzio, ed era iniziata una nuova canzone.

Oh the first flush of youth was upon you when our eyes first met***

And I knew that to you and into your life I had to get

I felt light-headed at the touch of this stranger's hand

An assault my defenses systematically failed to withstand

Le mani della giovane erano rimaste ferme sulle spalle del ragazzo, mentre, questo, le accarezzava i fianchi, le gambe, la zona dietro alle ginocchia, senza mai rompere il contatto con le sue labbra.

Cuz you came at a time

When the pursuit of one true love in which to fall

Was the be-all and end-all

Love is only a feeling

Draco aveva preso a baciarle il collo. - Ti amo. –

Drifting away

When I'm in your arms I start believing

- A-anch’io. -

It's here to stay

But love is only a feeling

Anyway

Ginny aveva spalancato gli occhi in realizzazione. Che cosa stava facendo… Si era separata bruscamente dal giovane, le mani erano ancora sulle sue spalle. La maga lo aveva fissato negli occhi per un momento. – No… - Era stato un gemito, e si era sollevata rapidamente in piedi.

The state of elation that this unison of hearts achieved

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr. Era il campanello.

I had seen, I had touched, I had tasted and I truly believed

Ginny era corsa a spegnere lo stereo.

10, luglio Londra ore 04. 41 P.M

"Dio fa che non sia Harry", era stato il pensiero della maga mentre era corsa all’ingresso. Ginny aveva deliberatamente ignorato Malfoy, non aveva avuto il coraggio di confrontarsi nuovamente con la sua espressione confusa e adirata. Prima di guardare dallo spioncino, si era fermata a controllare un istante la propria immagine nello specchio. La maga aveva passato le mani nei capelli cercando di dar loro una parvenza d’ordine. Per le labbra non c’era stato niente da fare, erano gonfie e arrossate. Ginny le aveva sfiorate leggermente.

Alle spalle della ragazza, Draco, si era sollevato a sedere con un’espressione illeggibile sul viso, era rimasto ad osservare lo spazio davanti a sé un istante per evitare di esplodere in una scenata. Né avrebbe avuto tutta l’intenzione…

Era dannatamente infuriato con lei.

Damian, non sentendo più la musica provenire dal soggiorno, aveva sbirciato un attimo dalla porta, notando che tutto era tornato tranquillo, era uscito dalla propria cameretta. Il piccolo si era diretto verso il padre. C’era una strana atmosfera…e poi avevano anche suonato alla porta…

La giovane Weasley, controllando attraverso lo spioncino, aveva provato un tuffo al cuore. Sua nonna, Penelope Sarah Weasley, si trovava davanti alla porta. Lanciando uno sguardo nervoso al sofà, la maga si era quasi tranquillizzata; Draco stava accarezzando Din sulla testolina. Aveva indugiato ancora un istante, e preso un bel respiro, prima di aprire finalmente la porta e scandire chiaramente le parole.

- Nonna! -

La madre di Arthur Weasley non era esattamente il classico esempio di nonna che uno si aspetterebbe. Penny aveva i capelli corti, completamente bianchi, e due occhi vividi di un blu intenso; indossava dei pantaloni di lino beige, una maglia aderente, a maniche corte, verde militare, ed un pashmina azzurro avvolto attorno al collo. Era definitivamente una bella donna.

La ragazza aveva baciato la donna su entrambe le guance, era felice di vederla, dall’ultima volta che avevano parlato erano trascorsi tre anni.

- Tesoro…né passato di tempo dall’ultima volta…ma guardati, sei diventata bellissima…e i capelli ti stanno benissimo… -

- Che bella sorpresa, non ti aspettavamo fino a venerdì sera…- Ginny si era fatta da parte per lasciare passare la donna.

- Lo so… - Aveva fatto segno col dito. - E ringrazia il cielo che voglio bene a tuo nonno, dovevamo partire giusto venerdì ma…sai lui com’è fatto quando si tratta dei suoi nipoti… -

- Sì, ne ho una vaga idea…ma il nonno dov’è adesso? -

- Be ti saluta, e saluta anche il piccolo Damian, ma in questo momento è in albergo relegato a letto…purtroppo durante il nostro ultimo safari ha avuto a che fare con un gigantesco Erumpent, si era messo in testa di procurarsi uno di quei loro grossi corni…io gliel’ho detto che alla sua età…ti pare che lui mi ascolti…morale della favola adesso è a letto con tutte le ossa fratturate o finite chissà dove…litri e litri di pozione ossofast e ossofix… -

La maga era incredula. - Vuoi dire che è-è…esploso? -

- No, purtroppo no…gli sarebbe servito di lezione, comunque c’è andato vicino… -

- Ma se è conciato così male perché non siete partiti prima? -

- E rovinare così le mie vacanze? Ooooooh no, no, no, no, no…se non fosse stato per il tuo matrimonio cara, saremmo rimasti lì ancora sei mesi…ma dov’è mio nipote? -

- Ehm ehm… - Malfoy si era schiarito la voce, appariva irritato. L’intera situazione era semplicemente allucinante, lo faceva andare in bestia. Non sopportava di venire trattato come se non si trovasse neppure nella stanza; ed osservare la ragazza, agire come se niente fosse, comportarsi come se fossero stati appena interrotti nel bel mezzo di un tè, era davvero troppo.

Damian aveva osservato con diffidenza l’estranea rimanendo a cavalcioni sulle ginocchia del padre.

Gli occhi di Ginny in quel momento si erano spalancati per il terrore. Oh Dio, si era scordata che lui fosse lì…

- Per la barba di Merlino, non mi ero accorta che avessi ospiti… - Aveva guardato per un attimo Draco confusa. - Ginny, chi è questo giovane?…Ha un’aria così famigliare… -

- Ecco… - Panico. Panico. Panico. E adesso che s’inventava?

- Ma certo… - La donna aveva battuto insieme le mani, sorridendo come se si fosse appena resa conto dell’ovvio. - Lui dev’essere il padre di Din… -

Malfoy era rimasto freddo. - Sono lusingato dal fatto che lei sappia chi sono…ma temo di non aver avuto ancora il piacere di fare la sua conoscenza… -

La tensione si sarebbe potuta tagliare con un coltello. La giovane Weasley non aveva potuto fare a meno di pensare che quell’atteggiamento fosse rivolto a lei, dopotutto lo meritava. Era evidente che fosse arrabbiato, e Merlino solo poteva sapere che cosa si sarebbe fatto uscire da quelle labbra su di loro…

Ginny aveva sentito venire meno le forze, si era seduta sulla poltrona accanto al divano ed aveva abbassato lo sguardo. Al contrario, Penelope Weasley, non sembrava essere stata minimamente intaccata dal commento ed era rimasta sorridente. Un ragazzo piuttosto scorbutico non c’era che dire, tuttavia, aveva la nettissima sensazione che quel modo di porsi fosse stato provocato da qualcosa che la sua presenza doveva avere interrotto. - Niente di più vero… - La donna aveva assunto l’espressione accigliata di chi si rende perfettamente conto delle proprie mancanze. Era buffa. - …alla mia età tendo a saltare da palo in frasca perdendomi in chiacchiere e traendo da sola tutte le conclusioni…e dire che dovrei cercare di vivere le cose più lentamente visto che facendo quattro conti avrei tutto da guadagnarci in fatto di tempo, non so se mi spiego…comunque… - Aveva sorriso. - …io sono Penelope Sarah Tyndale Weasley, la nonna di Ginny…quella ancora viva per intendersi… -

Padre e figlio al momento avevano la stessa espressione allibita. Ginny aveva trattenuto a stento una ristata, riuscendo a celare a malapena il sorriso. Signori e Signore ecco sua nonna…ed ecco perché l’adorava…non tutti erano preparati a lei, e chi non era preparato, come a volersi dimostrare, stentava a credere ai propri occhi…e alle proprie orecchie…

Malfoy era sconcertato. Che diavolo avevano che non andava in quella famiglia…? Doveva essere qualcosa di genetico, perché sembravano incapaci di produrre esseri umani normali…sì, proprio lui parlava… Che cosa poteva replicare ad una cosa del genere? Aveva allungato la mano, avrebbe potuto essere quasi cordiale. - Signora Wesley, Draco Malfoy, il padre di Damian. –

Aveva stretto la mano del mago sempre sorridendo. – Chiamami Penelope Draco…o Penny, preferisco, la Signora Wesley era mia suocera, che Dio l’abbia in gloria, ma era una vera lagna… -

- D’accordo, Signora Penelope. – Non aveva nemmeno avuto la forza per ribattere, era semplicemente alienato; quella situazione era troppo assurda per essere vera.

La maga dai capelli rossi aveva sorriso. Era identico a Damian, non la voce, certo, ma l’espressione, il modo di fare…

- Mhm, non proprio ma quasi…molto meglio però… - L’attenzione di Penelope si era spostata sul bimbo. - E immagino che quest’ometto sia il mio Damian… -

Il piccolo Malfoy aveva battuto le palpebre un paio di volte. Questa Signora era davvero strana…

- Ciao. – Damian aveva tenuto una manina stretta alla camicia del suo papà.

- Ciao tesoro… -

- Signora… - Il piccolo aveva raggrinzito il nasino. - …hai tutti i capelli bianchi… -

Era stato il turno di Draco per portarsi una mano alla bocca tentando di mascherare una risata. Il suo scricciolo…aveva sempre una parola giusta per tutti…

- Amore… - Ginny aveva sorriso scuotendo il capo.

Penelope si era portata una mano ai capelli. – Cielo, l’hai notato? Però tesoro credo che non sia molto educato da far notare ad un’anziana signora, e credimi alla mia età sarai già felice di avere ancora tutti i capelli… -

- Certo… - Aveva annuito come se comprendesse la serietà del discorso.

Penny aveva dato al mento del bimbo una scossetta amorevole con la mano. - Molto comprensivo da parte tua caro… -

La ragazza si era alzata dalla poltrona e aveva sollevato Din nelle proprie braccia portandolo all’altezza della Signora Weasley. - Tesoro…- Aveva consolidato la presa. - Questa Signora…è la mia nonna… -

- Allora deve essere proprio vecchia… -

- Din! -

- Lascia cara…- Aveva sospirato. - …ahimè, per quanto mi duole ammetterlo, Damian ha ragione…ad ogni modo, questo fa di me anche la tua vecchia nonna Penny….ora, - Aveva dato un buffetto sul naso del piccolo. - …chi vuole del tè? –

10, luglio Londra ore 05. 15 P.M

Penelope aveva sollevato lo sguardo dalla propria tazza di tè. - Sai Draco, sono proprio felice di conoscerti finalmente…Ginny non ha fatto altro che parlarmi di te e di Damian nelle sue lettere…tanto che, quando a me e a John è arrivato l’invito al matrimonio, per un momento ho creduto che stesse per sposare te invece che Harry… - La donna era seduta sul divano; Damian che si era trasferito sulle sue ginocchia era occupato a masticare alcuni biscotti.

Malfoy aveva preso posto sulla poltrona opposta a quella di Ginny, non aveva tolto gli occhi di dosso alla ragazza un solo istante da quando la Signora Weasley era scomparsa in cucina con Damian, per preparare il tè. Vi era stato silenzio fino al ritorno della donna con le tazze fumanti. La maga non aveva fatto altro che guardare a terra, realizzando solo in quel momento di indossare unicamente delle calze.

Il giovane aveva distolto lo sguardo da Ginny come se nulla fosse. - Davvero? – Era tornato a guardare la ragazza e aveva sorriso, parlando con un finto candore. - Mi creda Signora, per un momento l’ho creduto anch’io… -

La maga, che fino allora aveva fatto di tutto per apparire casuale, recependo la provocazione, si era strozzata prendendo un sorso di tè ed aveva iniziato a tossire.

Penelope si era rivolta alla nipote apparendo leggermente impensierita, fra le sue braccia Din continuava imperterrito a masticare. - Tesoro, va tutto bene? –

- Sì tesoro, va tutto bene? – Aveva replicato Malfoy provocatoriamente.

- Ma certo… - Si era costretta ad un sorriso tirato lanciando un’occhiata assassina al giovane. - …perché non dovrebbe… - Aveva commentato a bassa voce, seccata.

Il ragazzo aveva accavallato le gambe sorridendo alla donna. - Non immaginavo le avesse parlato di me… -

- Oooh eccome, in pratica non ha fatto altro…mi ha raccontato tutto, dal primo all’ultimo dettaglio… -

- Dal primo all’ultimo dettaglio… - Era suonato come un "ma sentitela…". Avrebbe scommesso qualunque cosa che certi particolari dettagli fossero stati omessi nella narrazione.

Ginny si era coperta il viso con una mano. Merlino, era così imbarazzante…

- …e adesso che ti conosco, devo dire che non sono rimasta affatto sorpresa. Ciò che mi ha sorpreso veramente è stata la notizia di queste nozze…se non ricordo male Harry, l’ultima volta che l’ho visto era un ragazzino di quindici anni estremamente irrequieto e piuttosto impulsivo, con un pessimo taglio di capelli, ma immagino che in questi anni sia cambiato parecchio… -

- Non ci conterei troppo se fossi in lei Penelope… - Aveva sorriso divertito come se parlasse con una vecchia amica, e la cosa più terribile era che non si stava affatto prendendo gioco della donna, la Signora Weasley n’era stata conquistata e aveva risposto al sorriso.

No, non era possibile…non stava accadendo a lei…aveva ripreso lo stesso atteggiamento assunto quel giorno col suo capo all’ospedale…quella cordialità mista a famigliarità così irritante…

- No, sul serio Ginny, un ragazzo così carino e cordiale con un figlio adorabile, non posso credere che mia nipote non ci abbia fatto un pensierino…senza togliere nulla al caro Harry, s’intende,… -

- Nonna… - Era suonata come una supplica.

- Per l’amor del cielo, Ginny rilassati, si faceva solo per scherzare…non mi ricordavo avessi così poco senso dell’umorismo… mi chiedo come questo affascinate giovane, che sicuramente avrà parecchi affari da sbrigare, conoscendo la fortuna dei Malfoy, non si annoi tremendamente a trascorrere il poco tempo libero nell’appartamento della madre adottiva di suo figlio… -

Non vi era stata alcun’insinuazione nel tono di voce utilizzato dalla Signora Weasley, perciò era stata parecchio strana la reazione di entrambe. Un silenzio imbarazzante che era valso più di mille parole.

Draco e Ginny avevano ripensato a quello che era accaduto fra loro prima dell’arrivo della donna, col risultato che la maga aveva abbassato il viso rosso per la vergogna e, il giovane, aveva spostato altrove lo sguardo.

L’unico rumore in soggiorno per un momento era stato lo sgranocchiare dei biscotti di Damian.

Una reazione piuttosto inequivocabile…

Penelope si era affrettata a cambiare discorso non lasciando trasparire il minimo stupore. - Tesoro, e tu cosa ne pensi del matrimonio della mamma? Sei felice? –

Aveva la bocca troppo piena. Aveva provato ad aprirla regalando una bella panoramica del contenuto, ma non c’era stato niente da fare. Era andato avanti a masticare.

- Allora l’ho indovinata, questi biscotti ti piacciono parecchio eh? -

Aveva assentito col piccolo capo.

- Bene. – Aveva sorriso e si era rivolta alla nipote. – Allora Ginny, dove andrete ad abitare tu ed Harry? Oh, a proposito, quest’appartamento è davvero grazioso…ad essere sincera sono rimasta sorpresa quando Molly mi ha detto che avevi lasciato Brixton… -

- a-ah… - Ginny aveva passato i capelli dietro un orecchio. - …ci…ci sono stati dei problemi con… -

Malfoy l’aveva guardata. Quello non era certo un altro argomento felice da sollevare…non aveva realmente intenzione di dirle come si erano svolte le cose? Ma la giovane al momento non aveva saputo formulare nessuna risposta, davanti ai suoi occhi si era ripresentata la scena della propria stanza da letto devastata. - …allora ti piace? – Si era stretta nelle braccia.

La Signora Weasley era rimasta ad osservare la nipote in apprensione. Ginny appariva scossa.- Tesoro…sei pallida come un cencio… -

- Non è niente nonna…sono solo un po’ agitata per via del matrimonio e dei preparativi… - Non aveva alzato lo sguardo, si era semplicemente affrettata a giustificarsi con un filo di voce e, quando aveva rialzato gli occhi, l’ombra sul suo viso era passata. – Harry vive già qui, per adesso dorme nella stanza degli ospiti… -

- Capisco… - Evidentemente non era il caso d’insistere, forse, dopotutto, Ginny nelle sue lettere non aveva raccontato proprio ogni cosa. – È davvero una bella zona tranquilla, non c’è che dire…forse, non sarà un po’ troppo costosa cara? -

La giovane Weasley si era portata una mano sul viso di nuovo. Non avrebbe potuto essere più imbarazzata.

Draco era intervenuto in soccorso della ragazza. - A dire il vero, Signora, Ginny non può saperlo…sono stato io ad insistere che venisse a vivere qui, e sono sempre io a pagare le spese… - Aveva dato uno sguardo di sfuggita alla maga. – Damian è anche mio figlio… -

- Ma sicuro, certo, certo… - Sembrava che oggi Penelope Weasley non riuscisse a combinarne una giusta. Era sinceramente dispiaciuta per aver messo Ginny in difficoltà… - Harry deve essere davvero un ottimo giovane…accettare di buon grado una simile situazione, farebbe onore a chiunque…tuo padre non ci sarebbe riuscito, e tuo nonno… -

La giovane Weasley aveva guardato altrove spostandosi sulla poltrona improvvisamente incomoda. – Harry non lo sa… -

- Ah..ah…meglio così, allora… - Non sapeva più nemmeno lei cosa stava dicendo. Penelope si era rivolta di nuovo a Din. – E tu? Che ne dici ti piace lo zio Harry? -

Il piccolo aveva scosso rapidamente la testa. Ginny sarebbe voluta morire.

- Be, a questo punto sarà meglio che vada… - Draco si era alzato dalla poltrona.

No…non doveva…

La maga si era sollevata di scatto, non sapeva perché ma nonostante la situazione non voleva che se n’andasse, e poi non sarebbe riuscita a reggere ad altre domande simili senza di lui. - No! – Aveva portato immediatamente una mano a coprire la bocca. – Ma…forse hai ragione, sì è-è meglio che tu vada… - Si era mossa. – Ti accompagno alla porta… -

Penelope era rimasta seduta sul divano con gli occhi spalancati. Che cosa era appena accaduto?

Ginny si era allontanata verso l’ingresso seguita da Draco.

10, luglio Londra ore 05. 45 P.M

Harry aveva aperto la porta di casa in quel momento e si era ritrovato di fronte i due giovani. C’era una strana atmosfera nell’aria, non gli era piaciuta per niente. La Signora Weasley era ancora seduta sul divano con Damian.

- H-harry… - Aveva pronunciato il suo nome con voce sovreccitata. Il giovane avrebbe detto che l’espressione della ragazza era apparsa quasi colpevole.

- Ho interrotto qualcosa? – Si era sentito leggermente un idiota, e il non saperne la ragione l’aveva infastidito ulteriormente. Malfoy era rimasto ad osservare il ragazzo come se fosse un perfetto estraneo.

- No, no, certo… - Era palesemente agitata e in difficoltà, stavano accadendo troppe cose alla volta. - …sono semplicemente sorpresa, n-non ti aspettavo così presto… - Aveva tentato di giustificarsi.

- Vedo… - E vedeva eccome; una patetica scenetta da quadretto famigliare alla quale lui non sembrava essere stato invitato.

Ginny aveva sorriso appena.

- Volevo farti una sorpresa tornando prima, ma invece sembra che l’abbia fatta tu a me… Malfoy, Signora Weasley… -

Penelope si era sporta leggermente dalla spalliera del divano. – Harry… -

- Se avete bisogno di me sono in camera mia. -

- Spero di vederti più tardi Harry… - La donna si era rivolta gentilmente al mago.

- Senz’altro… - Aveva guardato Ginny e poi Malfoy. – Non appena gli ospiti di Ginny se ne saranno andati. - Quella frase aveva ferito la ragazza, era chiaro che con quelle parole, volutamente o no, Harry si riferisse a Draco e a Damian. Damian non era un ospite.

La giovane aveva sorriso leggermente a Penelope, come se fosse stata spiacente per la scortesia del fidanzato, e avesse voluto dire "di solito non è così". Ed era vero, Harry non si era mai comportato a quel modo, e se oggi lo aveva fatto la colpa era stata esclusivamente sua. Sì, lui non poteva sapere che cosa fosse accaduto lì in realtà, e che la sua rabbia era sicuramente più che giustificata, lei però si sentiva ugualmente responsabile. Forse inconsciamente Harry aveva intuito qualcosa…

- Andiamo? – Sospirando si era rivolta a Draco.

- Sì. – Il mago era arretrato di qualche passo ed era andato a scompigliare i capelli del figlioletto. – Ci vediamo scricciolo… - Din che aveva ancora la bocca piena e impastata, aveva sporto le labbra come fanno le scimmie e si era limitato ad annuire. Malfoy aveva sorriso.

Ginny aveva indirizzato al bimbo un sorriso stanco e si era portata i capelli dietro un orecchio. – Amore, adesso però basta con quei biscotti o ti rovinerai l’appetito… -

Damian aveva ripetuto l’espressione precedente.

- Signora Wesley, Penelope, … -

- Ciao Draco…spero di vederti di nuovo… -

- Sicuramente. -

10, luglio Londra ore 05. 55 P.M

Ginny aveva chiuso la porta alle proprie spalle e vi si era appoggiata contro stringendosi nelle braccia. Gli occhi della giovane erano rivolti al pavimento perfettamente lucidato. – Io… - Non lo sapeva più nemmeno lei, era tutto talmente assurdo. Aveva alzato lo sguardo. – …mi dispiace, credo. –

Malfoy si era stretto nelle spalle tenendo le mani in tasca. - E di cosa? -

Aveva sospirato prima di scuotere il capo. - Non lo so… - Si era passata una mano nei capelli. – È tutto così assurdo… -

- Sì? -

- Sì. -

- Sta tranquilla…troverai una scusa buona per tutto, ci riesci sempre no? -

- Non sempre. – Lo aveva detto con un filo di voce.

- Noo? – Avrebbe voluto farla sorridere tentando d’essere spiritoso, tuttavia, non aveva molta voglia di ridere. Alla rabbia iniziale si era sostituito uno strano stato d’apatia.

C’era riuscito. Le labbra di Ginny si erano inarcate impercettibilmente. - No. –

Sembrava così stanca, così pallida, come se tutta quella situazione l’affaticasse a tal punto da prosciugarle tutte le energie…, eppure, era lo stesso bellissima.

Malfoy aveva portato una mano ad accarezzarle la guancia. – Dove abbiamo sbagliato eh? –

Ginny aveva sollevato comicamente un sopracciglio, sorridendo in un modo che avrebbe potuto voler dire "sei sicuro di voler tornare sull’argomento?". Draco aveva lasciato cadere la mano dal viso della ragazza, abbassando il viso e lasciando uscire dalle labbra una ristata soffocata da un sospiro. – Forse è meglio non saperlo… - Aveva dato le spalle alla maga e aveva fatto per allontanarsi.

La giovane aveva aperto le labbra per parlare ma le aveva richiuse. Se soltanto… Aveva dato una scossa al capo e alzato leggermente la voce. - Forse… -

Malfoy si era arrestato.

Ginny aveva preso un respiro. Era rischioso, era terribilmente rischioso. Si era inumidita le labbra. - …forse dovremmo parlare… -

Draco si era voltato per osservarla, doveva essere sicuro che non stesse scherzando. L’espressione del mago era incerta, dubbiosa; il volto serio e la fronte aggrottata.

Sembrava che non avesse recepito il messaggio.

– Sei sicura? –

Aveva accennato col capo.

- D’accordo. – Il giovane aveva annuito.

- Domani pomeriggio, alle quattro alla cappella…io… - Avrebbe voluto digli che non era più sicura di niente, invece, aveva torto le proprie mani fra loro. - …non dimenticati l’appuntamento… - Ginny aveva abbassato nuovamente lo sguardo.

Draco aveva sorriso prendendo qualche passo in avanti. La giovane aveva sentito l’ombra del ragazzo su di sé e aveva sollevato lo sguardo. Malfoy si era inclinato con una mano contro la porta giungendo all’altezza del suo viso. Le aveva accarezzato una guancia. – Niente potrà trattenermi. –

Era rimasta a guardarlo negli occhi. - Lo so… -

Draco lentamente si era inclinato su di lei senza rompere mai il contatto con il suo sguardo. L’aveva baciata dolcemente. Un istante dopo la porta era stata aperta. – Ginny tesoro, forse è meglio che vada-… - Penelope era rimasta a fissare i due, sconcertata. - …-anch’io… - Aveva concluso la frase con un filo di voce, senza neppure rendersene conto.

Ginny e Draco si erano separati. Probabilmente non era nulla che la donna non avesse già sospettato… Ormai era fatta. La giovane aveva voltato il viso di lato leggermente, e si era morsa le labbra prima si poggiarci il dorso della mano sopra; Malfoy aveva era arretrato di un solo passo e si se era passato una mano nei capelli. – È meglio che adesso vada sul serio…ci vediamo domani Ginny... – Le aveva baciato la fronte.

- Sì. – Aveva annuito col capo.

Mentre Malfoy si allontanava per le scale, Ginny si era voltata ad affrontare Penelope.

* Dido - Don't Leave Home -

** The Calling - Our Lives -

*** Darkness - Love Is Only A Feeling -

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Capitolo 12
*** 12 ***


10, luglio Londra ore 06. 03 P.M

Ginny si era voltata ad affrontare Penelope. Avrebbe voluto dire qualcosa che desse una spiegazione esauriente e veritiera dell’accaduto, qualcosa che lavasse via quello sguardo dagli occhi della donna e la facesse tornare la persona sorridente che conosceva, ma come spesso capita quando poche parole non sono sufficienti per esprimere ciò che si sente, si era ritrovata incapace di farlo. – Nonna… -

L’espressione sorpresa della Signora Weasley era divenuta seria. – Entriamo in casa Ginny. – Il tono non avrebbe ammesso repliche.

Penelope aveva preceduto la nipote nell’appartamento senza guardarla in viso; la giovane si era soffermata a chiudere la porta tentando di rimandare il più possibile il momento del confronto con la donna.

Era stata la Signora Weasley a parlare per prima, e non era stato come Ginny si sarebbe aspettata. – Ci stavo già riflettendo da qualche tempo… - Aveva continuato a darle le spalle prendendo a massaggiarsi una mano. - …ed adesso ho preso una decisione... – Si era voltata per guardare la nipote in viso. La giovane maga appariva confusa, era preparata a dover dare mille spiegazioni e invece Penelope aveva iniziato a parlare come se fosse stata sola. Parlava a lei ma non con lei. - …Non credo che parteciperò al matrimonio. –

Era occorso un istante perché Ginny fosse in grado di registrare il concetto. – Come? – Ed era stato un sussurro. Non si era trattato solo della delusione provata, era stato molto più di questo; ovvio, c’era rimasta male, tuttavia, per un momento aveva creduto di aver smesso di respirare. Era il suo matrimonio, il suo matrimonio, e la persona per lei più importante le aveva appena detto che non sarebbe stata presente. Forse, dopo quanto accaduto, avrebbe dovuto aspettarselo, in fin dei conti era stata appena trovata fra le braccia di un uomo che non era il suo fidanzato; è che si era talmente abituata a dare spiegazioni per il proprio comportamento e ad essere sempre creduta e perdonata che…

Gli occhi della ragazza erano diventati lucidi per le lacrime, e se n’era rimasta lì, come una bambola rotta, l’espressione vuota e la bocca schiusa.

Penelope aveva stretto le labbra osservando spiacente la nipote. – Mi dispiace tesoro, mi dispiace tanto.-

Non stava capitando a lei. Non era vero. Adesso avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe svegliata; si sarebbe resa conto che si era trattato solo di un sogno, che non aveva mai smesso di dormire dal giorno dell’incidente, che i sette anni trascorsi erano stati soltanto un’illusione.

Ginny aveva scosso impercettibilmente il capo, una lacrima le era scivolata sulla guancia e lei l’aveva asciugata con la mano.

- È che non mi sembri felice bambina. – Aveva continuato la donna. - É come se avessi qualcosa da nascondere, non mi sembra di parlare con la stessa persona che mi ha scritto quelle belle lettere… - Le era scappato un sospiro. – Ginny sei nervosa, agitata, …sembra che tu sia sempre sulle spine, allerta, preoccupata da qualcosa… - Si era interrotta, non sicura che la ragazza stesse ascoltando. Ginny l’aveva guardata, era stato sufficiente per spingerla a proseguire. - …Sono sicura che sono ottime ragioni a spingerti verso un simile passo ma…tesoro, in quelle lettere non mi hai mai parlato di Harry, perciò sono rimasta sorpresa nell’apprendere delle tue nozze… -

La giovane aveva tirato su col naso coprendosi con la mano; la sua voce era rotta dal pianto. - Non puoi essere semplicemente felice per me… -

- Mi stai chiedendo di fingere? - Aveva inclinato il capo sorridendo tristemente. - Potrei… - Penelope si sentiva sinceramente spiacente nel farle questo. - …se sapessi che è per il tuo bene… - La maga aveva preso qualche passo in avanti. Aveva sollevato il capo leggermente come se stesse osservando un punto indefinito della parete. – Ginny tua madre ti ha mai raccontato di un certo Caleb Rosier? -

La ragazza aveva scosso il capo. Non aveva alcun indizio di cosa sua nonna parlasse, non era nemmeno sicura di volerlo sapere arrivata a quel punto, aveva idea che di qualunque cosa si trattasse sarebbe solo servita ad aggiungere sofferenza alla sofferenza.

La Signora Weasley aveva congiunto entrambe le mani. – Lo immaginavo… - Riabbassando il capo aveva preso a camminare per la stanza volgendo le spalle alla nipote. Ginny si era sentita più persa che mai, non le era rimasto che ingoiare e preparasi al racconto della donna.

- Tu credi che tua madre sia sempre stata così? Che sia sempre stata una moglie, una madre perfetta? È tipico di ogni figlio non riuscire ad immaginarsi diversamente i propri genitori ma credi a me…Molly Alanora Prewett non era lontanamente la persona che tu credi di conoscere… - E Ginny osservando Penelope era rimasta in ascolto, la maga era riuscita a catturare completamente la sua attenzione.

- Ti hanno sempre raccontato che somigliavi a me, ma per quanto io sia orgogliosa di questo, non è completamente vero…sarai tu a dimostrarmelo…Io e tua madre non eravamo poi così diverse, sai? Potrò anche essere stata la madre di Arthur, ciò non toglie che per Molly ho sempre avuto una predilezione, allora ci scambiavano per sorelle…avevamo un non so che di simile, anche se il colore dei capelli e i tratti del viso erano differenti…ho sempre sognato una figlia femmina… - Penelope si era resa conto si stare divagando. - Erano altri tempi. Molly era un figurino, non è magra oggi e non lo era allora per carità, ma otto figli hanno contribuito parecchio a mutare le sue già morbide forme… -

…Otto…

…doveva aver capito male…

Penelope non era sembrata dar peso alla cosa, e Ginny, credendo in un errore, era tornata a rivolgere la propria attenzione al racconto.

- Se era bella…forse una taglia o due più di te adesso…tuo padre era estasiato da lei, e non era il solo…le donne della tua famiglia non sono mai state belle in modo convenzionale, ma anche con tutti i loro difetti era difficile trovare un insulto da rivolgere loro…ad ogni modo, a quei tempi c’era un giovane dal carattere impossibile, tuo padre e lui si detestavano con tutto l’ardore di cui un ragazzo della loro età può essere capace, il suo nome era Caleb Baker Rosier. -

Rosier…

…dove l’aveva già sentito…

…un momento… - Ma i Rosier non sono gli stessi che hanno congiunto il lato oscuro? -

- Sì, Ginny, proprio così. -

La ragazza era rimasta ad osservare la donna con le braccia conserte, pareva guardasse un extraterrestre. Si sentiva confusa, non riusciva a collegare i pezzi di quel racconto e non capiva cosa avesse a che vedere con le proprie nozze.

Penelope aveva compreso la domanda silenziosa della nipote e si era affettata ad aggiungere - Adesso ci arrivo… - La maga aveva ripreso la narrazione, ora consapevole di avere la completa attenzione della giovane. - Caleb era l’opposto di tuo padre, non godeva di una buona reputazione e di certo il suo carattere non era uno dei più facili da comprendere…era un ragazzo che aveva tanti problemi… - Aveva assentito col capo, quasi che provasse una pena interna, estremamente consapevole della realtà celata dietro tali parole. – Tua madre Ginny amava sinceramente tuo padre, con tutto il cuore, ma c’era qualcosa in quel ragazzo che…ancora oggi non ti saprei spiegare. –

Sua nonna stava forse dicendo che sua madre e Caleb…

- Caleb aveva i più sorprendenti occhi blu che io avessi mai visto…non i tuoi Ginny, non i miei, non quelli di tuo padre, né quelli di chiunque altro…sembravano neri, come il cielo quando si fa notte, o l’oceano più profondo…ma non era solo il loro colore, era quello che vi stava dietro…e tuo padre lo sapeva…Molly e Caleb si amarono profondamente, più di quanto io stessa ritenga sia umanamente possibile… -

La domanda era scaturita automatica. - Che n’è stato di Caleb? -

- È morto Ginny…servendo una causa più grande di lui, una causa alla quale non credeva… -

- Ma perché? Voglio dire se era innamorato della mamma e… - All’animosità e alla partecipazione con cui la nipote aveva reagito al racconto Penelope non aveva potuto fare a meno di sorridere.

- Come ti ho detto, erano altri tempo Ginny…, inoltre, dovresti sapere che le persone non sempre agiscono razionalmente. Caleb ha avuto una scelta…e tua madre non era te…ma il punto adesso non è capire perché Caleb l’abbia fatto, è capire quali sono state le conseguenze di quel gesto… -

Ginny aveva smesso di seguirla. Era semplicemente assurdo che se Caleb fosse stato innamorato di sua madre avesse preferito farsi ammazzare…non era così che sarebbero dovute andare le cose, quando due si amano…

…quando due si amano…

- Ginny mi stai ancora ascoltando? -

- Come? -

La Signora Weasley aveva sorriso; sua nipote iniziava a capire. – Lascia correre per un momento i perché, vuoi? Non ho ancora finito di raccontare…quando avrò terminato avrai tempo per provare a capire…ma devo avvertirti che a distanza d’anni io non sono ancora riuscita a darmi una risposta… -

Ginny sembrava essersi data una calmata, tuttavia, la donna conosceva perfettamente quello scintillio negli occhi della ragazza. Aveva ripreso a raccontare. – Come dicevo, quelli erano altri tempi, le cose non erano facili come lo sono adesso, e prima che tu possa ribattere, sì Ginny, le cose oggi sono molto più semplici di quanto non lo fossero allora, tua madre ne sa qualcosa. La morte di Caleb non è passata indolore per tua madre, anche perché si era accorta di aspettare un figlio… -

Sua madre…cosa?!…

…lei non ne sapeva niente…

La giovane aveva spalancato gli occhi, in parte per lo stupore, in parte perché si trattava di sua madre; la donna che l’aveva cresciuta, aveva rimboccato le sue coperte, insegnato ciò che era giusto fare, ciò che andava fatto. Quel racconto invece parlava di una donna, una donna innamorata, ed era così famigliare da fare quasi paura. Inconsciamente la maga si era portata una mano al ventre.

- …un figlio che voleva più di qualsiasi cosa. Ovviamente decise di tenere il bambino, non fu una scelta facile, i Prewett erano delle gran brave persone, ma provenivano da generazioni di maghi e streghe irlandesi, abituati ad una rigida disciplina cattolica, puoi solo immaginare quale sarebbe stata la loro reazione... -

- Che cosa fece allora? -

Penelope aveva sorriso. - Chiese consiglio a me. -

- E tu che cosa le dicesti? -

Faceva piacere sapere che la cosa non l’avesse sorpresa. - Le dissi di sposare Arthur. -

Ginny non aveva potuto credere alle proprie orecchie. - E papà fu d’accordo nel fare una cosa simile?! –

- Tuo padre Ginny ama tua madre più chiunque altro, l’avrebbe sposata comunque, e né io ne tuo nonno avremmo potuto fargli cambiare idea. -

- U-un momento, ma allora il bambino? -

Penelope aveva sospirato. – Purtroppo quel bambino non è mai nato…alla vigilia delle nozze tua madre ebbe un aborto spontaneo… -

- No… -

Non era giusto…

Alcune lacrime avevano solcato il viso della giovane maga. Ginny aveva stretto con forza la mano all’altezza del ventre, afferrando fra le dita il sottile tessuto della maglia.

Penny aveva osservato un istante la nipote. Avrebbe voluto poter far qualcosa per lei; doveva esserci molto più dietro la decisione di sposare Harry…

La ragazza aveva tentato di ricomporsi tirando su col naso e asciugandosi il viso dalle lacrime. Stava diventando una piagnona, e si domandava se sarebbe stato così per altri nove mesi o se fosse da sempre una sua dote particolare. - Perché mi stai raccontando tutto questo, nonna? -

- Perché alla mia età Ginny si finisce per aver visto tante cose, e se ne imparano a vedere molte altre senza la necessità di possedere quel "dono". -

- Sai, temo di non capire… -

La maga aveva sorriso a quell’ingenuità, o stato di cecità volontaria.. – Ginny la storia si ripete…io non ho sposato il mio Harry tesoro, quando l’ho incontrato l’ho riconosciuto, tua madre però ha sposato il suo… - E a quelle parole Ginny non aveva saputo cosa rispondere. - Se una delle ragioni per cui lo stai facendo è che desideri la benedizione di tua madre, sappi che non la potrai mai avere, non nel modo in cui tu te l’aspetti; perché se Molly accettasse l’idea che tu potresti non essere felice con Harry, dovrebbe anche confrontarsi con il fatto che lei non sarà mai in grado di amare tuo padre nello stesso identico modo in cui lui ama lei…Caleb, tesoro, è morto, niente lo riporterà in vita. Lei adesso è serena, ed è convinta che non ci sia essere al mondo che lei ami più di tuo padre, ed è la verità. –

L’unica cosa di cui Ginny sembrava essersi resa conto al momento era non essere preparata per quelle rivelazioni. Mancavano meno di settanta ore alle sue nozze e le sole certezze che avesse, erano che il suo nome fosse Virginia Weasley e che avesse ventiquattro anni.

11, luglio Londra ore 03. 07 P.M

Cinquantatré minuti all’incontro.

Ginny stava camminando per le vie di Londra; indossava un top aderente che le lasciava scoperte le spalle, era di un tessuto pieghettato rosso carminio. L’indumento si avvolgeva attorno al collo dando l’impressione che lateralmente portasse un foulard; la tonalità in quella zona, come sui bordi, diveniva più chiara, era simile ad un colore cipria scuro. La giovane vi aveva abbinato una gonna stretta e nera che le arrivava appena sotto il ginocchio.

Andava ad incontrare Draco.

Non poteva credere che sua nonna avesse raccontato quella storia con Harry a meno di dieci metri di distanza, e neppure di essere rimasta ad ascoltarla fino in fondo. Fatto sta che Penelope aveva preso la porta subito dopo, affermando che lei e Johnatan avrebbero lasciato Londra la sera stessa; e comunque non prima di aver spiegato a Molly che le condizioni del mago si erano aggravate ulteriormente e che sarebbero stati costretti a ripartire immediatamente.

Sentiva di avere un grande caos in testa, e sperava che vedere Draco le avrebbe aperto gli occhi su ciò che avrebbe dovuto fare. Ginny aveva così lasciato l’appartamento con un netto anticipo non potendo aspettare ulteriormente. Non era certa che quell’incontro fosse stato un’idea brillante, la notte prima non era riuscita a chiudere occhio; aveva impiegato più di quanto fosse lecito nel prepararsi e ora la convinzione di ritrovarsi a complicare nuovamente tutto si era ripresentata più forte che mai.

Voleva che la trovasse bella…

Non aveva perso una sola sillaba del discorso di sua nonna, e neppure delle parole che qualche giorno prima le erano state rivolte da Fleur. Era importante che lei e Draco chiarissero le cose, e anche se a dire il vero non era sicura di ciò che avrebbe fatto una volta che se lo fosse ritrovata davanti, era stata certa che lo avrebbe capito allora. Non stava dicendo che avrebbe mandato all’aria le nozze, questo no, o perlomeno non era questa la sua intenzione…in realtà andava là proprio per questo, sperando che in qualche modo le desse una buona ragione per farlo. Pazzesco, stava andando là con la convinzione che avrebbe gettato ogni cosa alle ortiche, ed era esattamente questo che stava facendo ad ogni passo che la portava verso la cappella. Non potevano essere bastate una manciata di parole a fare questo, il semplice fatto che uno dei suoi invitati non si sarebbe presentato al matrimonio, e che un altro avesse deciso di non avere contatti con lei fino a quel giorno…

Ginny tu pensi troppo…sei tu a fare ogni cosa, fare, disfare, nella tua testa…forse se avesse provato a parlare di più, ascoltare di più, invece, di pensare e agire senza dar retta a nessuno…non era Draco a non sapere ciò che volesse, dopotutto.

In giro non c’era nessuno. La giovane era salita per le scalette in pietra che portavano ad una specie di terrazza di fronte alla chiesa. Davanti a lei e dietro di lei un immenso prato verde.

É umano cambiare idea. Sì, brava, continua a ripetertelo…così eviti di chiederti quello che stai facendo qui…con ben…

Aveva controllato l’ora.

…trentasette minuti d’anticipo.

La maga si era seduta sulla panchina accanto alla balconata, da lì poteva vedere chiunque giungesse alla cappella. Il vicario stava avanzando accanto ad una vecchia signora. Tempo di confessioni Ginny…

Soltanto una volta, da ragazza, era entrata in una chiesa e si era confessata ad un anziano prete, quello stesso prete sei mesi dopo era finito in prigione con delle accuse per la verità poco lusinghiere; da allora vi aveva rinunciato. Non aveva mai saputo se credere in Dio oppure no, fosse stato per sua madre non avrebbe neppure dovuto dubitare il contrario, lei però era sempre stata poco convinta. Un Dio che permette che accadano certe cose, che razza di Dio mai poteva essere? Così si era limitata a credere in certi valori, e lasciare che questi diventassero la propria fede…e dove l’avevano portata questi valori…

Aveva sospirato. Pensare non costa niente, però complica la vita, d’altronde quando uno rimane solo è normale finire per riflettere…ma con quei pensieri non ci faceva niente, a molti neppure interessavano, e lo stava facendo di nuovo…Merlino era impossibile per lei arrestare un momento il flusso della sua mente? Promemoria per l’anno nuovo: farsi lobotomizzare.

Ginny aveva preso ad osservare i pochi passanti perdendo completamente la cognizione del tempo. Era da una vita che non le capitava più, una delle ultime volte era stato con Pancy; sedere su una panchina e cercare di capire che cosa facessero nella vita le persone che si trovavano lì attorno; immaginare a cosa stessero pensando, inventarsi delle storie…quando aveva osservato nuovamente l’ora l’orologio segnava le quattro meno uno.

Strano. Draco non era ancora arrivato…avrebbe giurato che sarebbe finito con il trovarsi lì almeno quindici minuti prima; evidentemente non voleva smentire le buone vecchie abitudini dei Malfoy, quelle secondo le quali era indispensabile spaccare il secondo, o arrivare con almeno due ore di ritardo. Sinceramente sperava che visto la loro situazione non si trattasse del secondo caso.

Ok Mr. Malfoy Mancavano esattamente dieci…nove…otto…sette…sei…cinque…quattro…tre…due

…uno…zero…tempo scaduto.

Le campane della chiesetta avevano iniziato a battere i rintocchi proprio in quel momento.

E uno.

E due.

E tre.

E quattro.

Erano le quattro in punto e Ginny aveva iniziato a chiedersi che cosa ci facesse sola su quella panchina.

Il sole se n’era andato coperto da qualche nuvola, e una brezza leggera aveva iniziato a soffiare tra le foglie degli alberi. Aria di tempesta.

Come aveva potuto essere tanto stupida…

Cinquantatré minuti all’incontro.

Il giovane si stava dirigendo verso il luogo dell’appuntamento; era decisamente in anticipo ma conoscendo l’auto controllo di Ginny probabilmente la ragazza si trovava già sul posto. Il piano consisteva appunto nell’evitare che in quei minuti da sola potesse far correre troppo la testolina e si tirasse indietro di nuovo. Ormai volente o nolente aveva finito per imparare a conoscerla, e malgrado questo la innervosisse terribilmente, era uno dei pochi vantaggi che Draco avesse su di lei, perduto quello avrebbe perso anche quella parvenza di controllo che si ripeteva di avere sulla loro relazione. Cristo, non sapeva esattamente nemmeno quando quella era diventata una relazione…

Una cosa era certa, meno lei avesse saputo di lui, e più lui avrebbe evitato di essere sopraffatto da lei. Era già abbastanza difficile lo stato d’irrazionalità permanente al quale l’aveva portato, il fatto che avesse disintegrato ogni sua certezza riuscendo a fargli mettere in discussione ogni cosa, se fosse anche arrivata a conoscerlo meglio di quanto lui facesse con se stesso, se si fosse aperto a lei completamente, avrebbe finito per diventare vulnerabile, per permetterle di avere il comando. Era lui ad avere il controllo della situazione e questo non doveva mai essere messo in discussione. Mai.

Non poteva credere di averle detto quelle parole, di volerla a tal punto che sposarla era divenuta non solo un’opzione ma ciò che desiderava davvero.

Il cellulare del ragazzo aveva iniziato a squillare. Per quanto detestasse quegli aggeggi Babbani, per gli affari dei Malfoy, lentamente erano divenuti indispensabili, inoltre, il Ministero non né aveva il controllo. Malfoy aveva cercato l’apparecchio nella tasca dei pantaloni, e quando l’aveva avuto fra le mani lo aveva fatto scattare aperto. Non l’avrebbe mai ammesso ma quel gesto lo entusiasmava parecchio.

- Draco Malfoy. -

- Oooooooh, mi scusi allora devo aver sbagliato numero… - Aveva rimbeccato ironicamente una voce di donna.

- Lovegood?! Come hai avuto questo numero? -

- Sono una Reporter, Malfoy, conoscere i fatti degli altri è il mio mestiere. -

- Ma davvero? Vedrò di cambiare gestore, ti saluto. -

- No, no, aspetta…ok, prometto di comportarmi da persona… - La maga aveva cercato la parola adatta.

- Adulta? -

- …normale. -

- Non ti sembra adesso di chiedere troppo Lovegood? -

- Ah, ah, molto spiritoso…credevo non avessi tempo da perdere… -

- Infatti Lovegood. – Draco aveva ribattuto a denti stretti.

- Ci sono delle novità importanti, e ho pensato potessero interessarti, probabilmente mi sono sbagliata… -

- Si può sapere di cosa parli?! -

- Sicuro, Sharlock, il nostro uomo ha colpito ancora…stavolta però abbiamo la vittima, ma non so quanto potrò trattenerla, devi venire immediatamente… -

- Adesso? -

- No, con calma domani mattina…mi sembra ovvio. –

- Ho capito, arrivo… -

- Fra quindici minuti davanti al Murderous Pellet. -

11, luglio Londra ore 04. 10 P.M

Ginny aveva dato uno sguardo attorno allo spiazzo spostandosi incomodamente sopra la panchina di pietra. Forse era semplicemente in ritardo; probabilmente aveva avuto un banalissimo contrattempo e sarebbe stato lì in pochi minuti. Gli affari dei Malfoy comprendevano così tanti settori ed era piuttosto normale che richiedessero l’impiego di parecchio tempo, anzi, si sarebbe stupita del contrario.

La maga si era ritrovata ad osservare nuovamente l’ora, prima sul proprio orologio, poi, alzando il viso verso il campanile.

Si stava comportando come una sciocca, sicuramente c’era un’ottima spiegazione…erano solo dieci minuti di ritardo dopotutto…

Aveva sospirato.

…già…

11, luglio Londra ore 05. 07 P.M

La giovane dai capelli corvini era rimasta seduta sulla panca in pietra con le braccia strette al corpo, aveva lo sguardo assente; le dita della mano erano intente a tracciare linee immaginarie sulla pelle lasciata scoperta dal top.

Un po’ lungo come ritardo…

Aveva scosso il capo. Il posto era quello, e l’orario era già trascorso da sessantasette minuti. Tirando le somme, questo significava che era seduta lì da centoventi minuti: due ore. Centoventi minuti spesi come una stupida su quella panchina…

…forse poi era il caso d’iniziare a considerare l’ipotesi che non sarebbe venuto…

…considerare l’ipotesi di per sé non costituiva un problema, il problema stava nell’accettare che l’ipotesi divenisse realtà, e la realtà era che alla fine, dopotutto, aveva mancato l’appuntamento.

Lei si era presentata lì con cinquantatré minuti d’anticipo pronta a buttare tutto quanto alle ortiche; pronta ad affrontare la propria famiglia, la propria situazione, Harry, e lui alla fine non era venuto.

Ginny si era portata una mano alla fronte premendo leggermente con le dita nel centro.

Come se non l’avesse saputo…in fondo era quello che accadeva tutte le volte, no? Smuoveva mari e monti per averla, per convincerla delle sue buone intenzioni, e quando finalmente lei finiva per arrendersi lui faceva sempre qualcosa che le faceva rimpiangere di essersi fidata. E lei si sentiva una perfetta idiota…, ovvio, era esattamente lo stesso con Harry, conquistato finalmente il trofeo, nella scala delle priorità lei slittava al secondo posto…ma con Draco era peggio, era peggio perché lui dava per scontato che fosse così irrimediabilmente innamorata di lui che tanto lo avrebbe sempre scelto sopra ogni cosa. Che non aveva importanza il momento in cui avrebbe bussato alla sua porta perché, qualunque cosa avesse fatto, lei avrebbe sempre finito per accoglierlo a braccia aperte. Se fosse stato il contrario, se lei fosse stata al suo posto, …ma lei non sarebbe mai stata al suo posto, era lui ad avere il controllo e questo la faceva impazzire. Che razza di relazione avrebbe potuto essere? Se ogni volta le dava un motivo in più per non fidarsi, se dava per scontati quelli che erano i suoi sentimenti…

Merlino sapeva quanto era importante che parlassero, sapeva quanto questo significasse per lei…le stava chiedendo di mandare all’aria le sue nozze, di mettersi contro la propria famiglia, i propri cari, non garantire nulla alla creatura che portava in grembo, e tutto questo in nome di che cosa? Dell’amore? Di quelle due parole che le aveva sussurrato quando non sarebbe stato in grado di riconoscere neppure sua madre? Ma cosa pretendeva da lei? Che basasse la sua vita in sua funzione? Che rimanesse in disparte brava e tranquilla aspettando di raccogliere le briciole? Ma allora…che importanza dava a loro due? Bastava così poco per…ma poteva immaginare di passare il resto della sua vita a quel modo?

- "Niente potrà trattenermi." – Lo aveva ripetuto ad alta voce. – Promesse… -

Promesse promesse promesse.

La maga aveva chinato il capo prendendoselo fra le mani. E adesso che cosa doveva fare? Cancellare di nuovo tutto quanto? Tornare al progetto del matrimonio? Lei si sarebbe dovuta sposare in meno di quarantasei ore…

Non le veniva nemmeno da piangere, forse per la prima volta in una vita si era ritrovata senza lacrime da versare. Il suo corpo non reagiva più allo stimolo, persino lui si era rassegnato, gridava solo per ottenere riposo e pace.

Voleva Draco Malfoy ed Harry Potter fuori della sua vita una volta per tutte, non morti, altrove, in un altro continente…Ginny sai di non pensarlo realmente…ma non per questo lo voleva di meno…

La ragazza si era lasciata sfuggire dalle labbra una piccola risata isterica. Provava pena per se stessa, sul serio.

- Gin… -

Harry.

Ginny si era voltata per affrontare il proprietario della voce; il tono del mago era suonato abbastanza sorpreso. Era evidente non si aspettasse di trovarla lì, ma nemmeno lei aveva immaginato d’incontrarlo; se le cose fossero andate in modo leggermente diverso probabilmente ci sarebbe stato anche Draco su quella panchina, allora nessun inganno avrebbe retto, ma lei si trovava completamente sola. "The show must go on."

- Harry… - Il modo in cui aveva pronunciato quella parola era stato sufficiente per esprimere quanto la giovane si sentisse esaurita. Aveva i nervi a pezzi.

- …che cosa ci fai qui? –

Dolce e comprensivo come sempre…

Harry si era portato le mani in tasca. - Sei venuta a parlare col pastore? -

- Nah…volevo solo fare due passi… - La ragazza aveva accennato un sorriso stanco. Non aveva realmente voglia di discutere.

- Ehi… - Harry aveva accarezzato la fronte della giovane con il pollice sorridendo gentilmente. - …piccola…che cos’è quell’espressione Gin…qualcosa non va? -

La maga non avrebbe saputo dire perché, ma quelle parole, il loro suono, avevano scosso qualcosa dentro di lei; alcune lacrime avevano iniziato a scorrere sul suo viso.

No, non adesso…Merlino dovevano riaprirsi proprio adesso i rubinetti…

L’espressione del ragazzo si era fatta preoccupata. – Gin… -

Ginny aveva tentato di asciugarsi il viso, ma non riusciva a smettere di piangere.

- …ehi… - Harry si era chinato di fronte a lei prendendole il volto fra le mani. - …che cosa c’è?… - Ma la maga non aveva più retto, si era sollevata dalla panca e aveva avvolto le braccia al collo del fidanzato finendo per inginocchiarsi a terra. Aveva un disperato bisogno di essere abbracciata, sentire calore sulla pelle intorpidita dall’aria della sera; percepire quel tocco maschile, forte, ma gentile.

- …piccola, no… - Il ragazzo aveva appoggiato dolcemente il mento sulla fronte della ragazza. - …qualunque cosa sia, ti prometto che aggiusteremo tutto…andrà tutto per il meglio Gin… - Aveva iniziato ad accarezzarle i capelli. - …povero il mio tesoro, ho lasciato che ti caricassi tu di tutti gli impegni… - Il giovane aveva preso il viso di Ginny fra le mani asciugandole le lacrime con i pollici. - …sarai esausta… - L’aveva abbracciata di nuovo. - …da adesso in poi mi occuperò io d’ogni cosa, non dovrai più preoccuparti di niente, è una promessa Gin. -

12, luglio Londra ore 07. 02 A..M

Trentaquattro ore al momento della cerimonia.

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

- Arrivo! -

Ginny aveva sospirato esasperata ed era uscita dal bagno lasciando aperta la porta; si trovava sotto la doccia quando il campanello aveva iniziato a suonare. La giovane, a piedi nudi e asciugandosi i capelli scuri nella salvietta, si era diretta all’ingresso con passo pesante imprecando mentalmente per essere stata interrotta in quello che da sempre considerava il momento più rilassante della giornata; era andata ad aprire con indosso unicamente l’accappatoio di spugna.

La ragazza, maledicendo i catenacci che quella mattina si erano messi a complicarle nuovamente la vita, aveva lasciato andare aperta la porta bruscamente e si era guardata attorno.

Non c’era nessuno.

Gli occhi di Ginny si erano ridotti a due fessure, e la bocca si era ristretta come quella di una gatta che si sta preparando a graffiare; se quel burlone che si divertiva a scocciare le persone di prima mattina le fosse capitato a tiro probabilmente gli avrebbe cavato gli occhi dalle orbite.

La maga si era voltata per rientrare nell’appartamento, quando la sua attenzione era stata catturata da una busta dei servizi postali che si trovava posata sul pavimento. Ginny si era chinata a raccoglierla con la mano che non stava contenendo la salvietta e, senza neppure attendere di essere entrata nuovamente in casa, aveva lacerato l’incarto. Infilando una mano nell’apertura, la ragazza si era ritrovata a fissare un cellulare.

Ma cosa…

L’oggetto aveva iniziato a suonare con insistenza. Guardandosi di nuovo attorno; la maga aveva aperto l’apparecchio. Prestando attenzione al numero sul display Ginny aveva roteato gli occhi. Draco. Aveva richiuso immediatamente lo sportellino; tempo pochi secondi, e il cellulare aveva ripreso a suonare.

12, luglio Londra ore 07. 05 A..M

- Merda… -

Aveva riattaccato…

Draco aveva schiacciato il tasto per ripetere la chiamata e si era portato l’apparecchio nuovamente all’orecchio; non aveva un aspetto riposato. I capelli erano una confusione e non si faceva una doccia da quasi ventiquattro ore. Il mago aveva trascorso l’intera notte insonne tentando, con Luna e Jemima, di far ragionare la ragazza che era stata stuprata. C’era voluta tutta la sua pazienza e la sua comprensione per restare calmo ed evitare di spaventare la ragazza comportandosi come al suo solito, la verità era che si trattava di una situazione terribilmente frustrante; quella giovane era l’unica ad avere visto in volto l’aggressore, ma riuscire a strapparle anche e solo una frase si era rivelato pressoché impossibile. Come se non bastasse aveva mancato l’appuntamento con Ginny, e Merlino solo poteva sapere le conseguenze…era stato un vero idiota, ma aveva completamente perso la cognizione del tempo, e adesso sperava sinceramente che non fosse troppo tardi.

- Ehi, James Bond… – Luna si era affacciata dalla stanzetta dell’albergo dove avevano portato la maga. - …sembra che tu ci sia riuscito. Si è decisa a parlare… -

Niente.

Malfoy aveva chiuso il cellulare. – Arrivo… – Si era infilato l’apparecchio in tasca provando a inoltrare nuovamente la chiamata.

12, luglio Londra ore 08. 00 P.M

Ginny era seduta al tavolo della cucina con indosso la vestaglia di seta, aveva il viso appoggiato contro le mani conserte, davanti a lei, il piccolo cellulare argentato non aveva smesso un solo istante di suonare; mancavano ventuno ore al momento della cerimonia.

La maga aveva trascorso il pomeriggio tentando d’ignorare l’apparecchio posato sul tavolo; aveva sfogliato delle riviste passando dal divano, alle poltrone, alle sedie della cucina, al letto, arrivando a chiudersi in bagno prendendo posto sulla tazza della toilette; aveva fatto zapping tra i canali finendo pure per ordinare uno stupidissimo scopettone ad una televendita promozionale; si era ritrovata a scendere in rosticceria per scegliere il pranzo; aveva fatto il bucato; aveva ordinato uno spuntino al ristorante cinese, e alle quattro aveva fatto un salto in pasticceria; aveva sentito Damian che si trovava a casa della nonna al telefono, ed Harry dall’ufficio; aveva preparato la valigia per la luna di miele destinazione Lapponia; si era accordata per i prossimi turni ospedalieri con il Medimago Rockingham che era stato deluso per non avere ancora ricevuto una risposta riguardo a Parigi…

…e, in tutto questo, non era riuscita a togliersi dalla testa il pensiero di quello stupido telefono che suonava.

Non voleva vedere Draco, non voleva parlargli, non voleva sentire nessuna delle sue plausibilissime scuse…si sposava domani.

12, luglio Londra ore 09. 08 P.M

Il telefono aveva smesso di squillare e la ragazza, ancora seduta al tavolo della cucina, non si era resa conto di aver trattenuto il respiro.

Beh…

…meglio così, no?…In fondo non era come se avesse avuto intenzione di rispondere…

…aveva smesso di suonare. Era un sollievo…

Quell’improvviso silenzio, per le stanze della casa, faceva uno strano effetto. Ginny aveva posato le mani sul tavolo voltandosi in direzione della camera da letto.

…bene…

Bene.

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

Era il campanello.

La maga restando immobile aveva spostato lo sguardo verso la porta, ed era tornata a fissare lo spazio davanti a sé. Non le sembrava di vivere la scena quanto piuttosto di osservarla da lontano.

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

Aveva tamburellato con le dita sulla superficie di legno levigato e si era sollevata in piedi; lentamente si era diretta all’ingresso e aveva posato una mano sulla maniglia. Aprire o non aprire la porta?

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

I passi lungo il pianerottolo si erano mossi e la giovane aveva roteato la maniglia.

Draco che ormai aveva dato le spalle all’entrata si era voltato; teneva le mani in tasca nonostante la busta di cartone che portava con sé, appariva sorpreso.

Era stata Ginny a parlare. - Ciao… - In quel saluto debole e lontano, erano emerse tutte le emozioni racchiuse fra i due. Non era timidezza, o vero e proprio imbarazzo, piuttosto l’eco di un ricordo ormai distante; di tutto quello che avrebbe potuto essere e non era stato, dell’insoddisfazione e della delusione di una situazione irrisolta. Era come se quell’incontro fosse percepito da entrambi come fuori luogo. Forse dopotutto era solo imbarazzo.

La maga non aveva sollevato completamente gli occhi dal pavimento.

- Ciao… -

Aveva fatto la strada di corsa come un matto dopo aver lasciato l’Inquiring Inn, quando avrebbe potuto semplicemente materializzarsi davanti al suo appartamento, ad ogni modo si era comunque costretto ad una tappa obbligata, non avrebbe potuto fare altrimenti. Non era neppure andato a casa a cambiarsi, tutto quello al quale era riuscito a pensare era stato precipitarsi da lei, parlarle, chiarire le cose; nella tasca della giacca il telefono continuava a ripetere la chiamata all’infinito nell’attesa di chissà cosa, e quando era stato davanti al suo palazzo, si era fermato un istante sulla scalinata per riprendere fiato, giusto il tempo che una vecchia Signora rientrasse a casa e lui approfittasse dell’occasione per sgusciare all’interno del portone. Aveva fatto le scale di corsa, ignorando l’ascensore, perché era impossibile per lui pensare di poter aspettare che questo fosse pronto e starsene lì immobile aspettando che scorressero i piani; il tutto per arrivare da lei bagnato di sudore, coi capelli spettinati, il cuore in gola, e i polmoni che gli scoppiavano nel petto…

…e aveva sbagliato appartamento.

Non se n’era accorto subito. Aveva suonato più volte, e poi si era ritrovato a sedersi al di fuori della porta; con la schiena appoggiata contro alla parete lì accanto, per un tempo che era sembrato un’infinità, aspettando che lei rientrasse da un momento all’altro, avendo tempo per calmarsi e riflettere. Si stava rassegando all’idea che fosse tutto perduto, che fosse tardi, quando la porta finalmente era stata aperta e si era ritrovato davanti una perfetta estranea, dall’aria stravolta e adirata, coperta unicamente da un lenzuolo. Allora sì che si era sentito un idiota…

Aveva di nuovo fatto le scale leggermente di corsa fino a raggiungere il piano esatto, e davanti alla porta si era arrestato. Che cosa credeva di fare? Pensava realmente che se si fosse precipitato da lei adesso sarebbe cambiato qualcosa? Doveva almeno tentare. Aveva suonato, suonato, suonato, e suonato; quando aveva finalmente pensato che fosse tutto inutile, e aveva fatto per andarsene, Ginny aveva aperto la porta. Non se l’era aspettato, e non aveva potuto fare nient’altro che rimanere lì impalato, mentre tutte le parole che avrebbe voluto gridarle in faccia avevano perduto improvvisamente forze e significato; non aveva saputo cosa dire.

Malfoy aveva esitato un istante sull’espressione della ragazza. - …posso…entrare? –

Non vi era stata alcuna risposta, la ragazza si era semplicemente fatta da parte.

Ginny aveva chiuso la porta. Si era voltata ad affrontare il giovane con le braccia strette al corpo; appariva stanca. – È tardi… - Era stata una semplice considerazione fatta per riempire un silenzio scomodo. Non aveva inteso riferirsi a loro due, quanto all’orario scelto dal ragazzo per venire, ma in fondo era lo stesso; era comunque tardi.

Draco aveva annuito col capo; sapeva entrambe le cose. – Mi dispiace… –

- Per cosa? – La voce era suonata spenta, priva d’ogni inflessione, quasi fredda; come se non le importasse, o non se ne curasse. - Per essere venuto a casa mia a quest’ora o per non essere venuto all’appuntamento? -

Il mago aveva chiuso gli occhi. Di nuovo entrambe. – Non lo so…entrambe. -

La giovane aveva sollevato leggermente capo e sopracciglia come a prenderne atto, poi, aveva compiuto un mezzo giro su se stessa. Aveva chiuso gli occhi. – Esattamente… - Si era voltata di nuovo e aveva inclinato lateralmente il viso. - …che cosa ti aspetti di ottenere venendo qua adesso? –

Malfoy aveva emesso un suono simile ad una risata amara. - Onestamente? - Vi era stata una pausa; il mago si era stretto nelle spalle. – Niente. –

Era stanca, in tutti i sensi, non aveva voglia di affrontare altre discussioni. - È tardi. -

- Lo hai già detto. -

- È la verità. -

- Mi stai mettendo alla porta? -

- Sì. -

Draco aveva stretto le labbra e aveva annuito col capo. - Congratulazioni Signora Potter…alla fine ci sei riuscita. –

- Grazie a te… - Si era pentita subito di averlo detto e avrebbe voluto rimangiarselo. Non sapeva di serbare tanto rancore, di possedere una simile dose di cattiveria.

Il mago aveva chiuso gli occhi scrollando il capo in esasperazione. Non poteva crederci…E brava Ginny…complimenti per la scelta delle parole, davvero azzeccata, ma questa avrebbe potuto risparmiarsela. – Come vuoi tu Ginny. – Aveva fatto per andarsene ma si era bloccato. – Ah, quasi dimenticavo… - Vi era stato del sarcasmo nel suo tono di voce; la rabbia era ormai evidente. Tenendolo con una mano aveva estratto dal sacchetto che aveva con sé una scatola di cartone, sollevandola in aria l’aveva scossa leggermente. – È per te. – Lo aveva detto con cattiveria, prima di lanciare rudemente la confezione alla ragazza.

La scatola era finita direttamente nelle braccia di Ginny.

– Auguri agli sposi. – Se n’era andato sbattendo la porta; la maga aveva avuto un sussulto ed aveva stretto gli occhi premendo al corpo la scatola, quando li aveva riaperti l’appartamento era stato vuoto. A terra era rimasta unicamente la busta di cartone.

Game Over.

Fine dei giochi Ginny…

La ragazza aveva sospirato osservando la scatola che teneva fra le mani. Una scatola? Era questo tutto quello che le sarebbe rimasto di lui…dopo quasi cinque mesi…una scatola e i ricordi…

Aveva stretto la presa.

Si era fatta forza e aveva sollevato il coperchio; spostando la carta sottile, alla vista del contenuto, si era bloccata immediatamente. Le era scappato un singhiozzo e si era portata una mano alla bocca.

Grandissimo stupido che non era altro…

Ginny aveva sollevato un lembo sottile dell’indumento dorato. Era il vestito da sposa che aveva provato al negozio…

La giovane si era portata una mano alla fronte; una volta sollevato il capo aveva osservato la porta chiusa. Aveva fatto un passo e si era arrestata. Ma che cosa voleva fare?

Perché? Perché accidenti aveva fatto una cosa simile? Perché diamine era dovuto arrivare lì e…

Non poteva credere che fosse arrivato con quel vestito da sposa sottobraccio…che fosse andato al negozio e l’avesse comprato…

…Draco Malfoy che faceva una cosa carina…

No…come l’aveva trattato…

Non pretendeva che fosse felice per lei, no, e nemmeno che capisse le sue ragioni…faticava a comprenderle persino lei…

…no…

…non doveva andare così…era sbagliato, era tutto sbagliato…

…e non cambiava le cose…non cambiava assolutamente le cose…

…sarebbe stato giusto che lui non le avesse permesso di andarsene allora, sarebbe stato giusto che non fosse andato a letto con Luna, che le avesse detto quelle parole quando né aveva avuto bisogno, o che si fosse trovato fuori della porta della sua stanza quella sera, che fosse andato all’appuntamento ieri…non così, così no.

12, luglio Londra ore 09. 17 P.M

Draco era uscito dal portone ed era sceso dalle scale rapidamente andando a scontrarsi con qualcuno; non si era nemmeno voltato. – Scusi. –

- Qualcuno a quanto pare sta andando piuttosto di fretta… - Aveva affermato una voce non troppo divertita.

Malfoy si era arrestato. – Mi scusi? – Aveva voltato il capo. – Chase… - Era l’ultima persona che si era aspettato d’incontrare da quelle parti.

Riley Chase era di fronte al ragazzo; teneva fra le mani quelle che sembravano due scatole di pizze. Aveva fatto un cenno di saluto col capo. – Signor Malfoy… -

- Che ci fai tu qui?… - Il mago aveva sollevato un sopracciglio. – Finalmente hanno trovato un incarico adatto alle tue abilità…ti hanno messo a fare le consegne… -

- Il ragazzo che fa le consegne di solito si è ammalato… -

Draco aveva sfoggiato il suo miglior sorriso da gran bastado. Per quella sera né aveva avuto piene le scatole di tutti. – Buon per te… - Aveva ripreso a scendere le scale senza degnare di un ulteriore sguardo il giovane. Aveva sempre detestato quel ragazzo.

- È stato un piacere… - Riley aveva osservato Malfoy allontanarsi con un’espressione di puro odio sul viso.

12, luglio Londra ore 09. 19 P.M

Ginny si trovava ancora in piedi con la scatola fra le mani. Non poteva crederci…

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

- Mh? – La giovane aveva sollevato lo sguardo verso la porta; la sua espressione era divenuta confusa. Di nuovo il campanello. Chi poteva essere ancora? Aveva chiuso la scatola e l’aveva appoggiata sul tavolo della cucina, prima di dirigersi verso l’ingresso.

Ginny aveva roteato la maniglia e aveva aperto la porta appoggiando una mano sul battente; se fosse stato possibile la sua espressione era divenuta ancora più sorpresa. Di tutte le persone al mondo, Riley Chase era l’ultima che si sarebbe aspettata di trovarsi davanti in quel momento. Nel vedere il giovane, la maga aveva arrestato lo scorrimento della porta lasciandola socchiusa, e si era appoggiata contro al chiavistello stringendosi nelle braccia. – Riley… -

- Ciao. – Il giovane mago aveva sorriso con entusiasmo, e lei non aveva saputo cosa replicare; era ancora piuttosto scioccata per la visita inaspettata, e non provava esattamente la stessa esaltazione del ragazzo. Nessuna meraviglia, gioia, o fervore, quanto più un "ah…"; un vago senso di perplessità mista a disappunto. – Ciao… - La domanda sottintesa era "che cosa ci fai tu qui?".

- Wow, ti trovo bene… - Le aveva dato un’occhiata con decisamente troppo appetito, e sinceramente fuori luogo. Merlino essere guardata così da un ragazzino che aveva ancora la bava alla bocca…non le erano mai interessati i lattanti, e un simile comportamento era a dir poco sconveniente…che avrebbero pensato i vicini di casa? Ginny aveva morso le proprie labbra e si era stretta ulteriormente nella vestaglia. Ma quando era diventata così bigotta? La verità era che lui non poteva saperlo, ma per l’amor del cielo, stava guardando una donna incinta con un figlio di cinque anni che si sarebbe sposata il giorno seguente…

La giovane aveva schiarito la voce. – Grazie… - Sospirando aveva sollevato un sopracciglio. – Che cosa fai qui Riley? –

- Ma come?! Ginny mi deludi, è così che si accoglie un vecchio compagno di scuola? – Riley aveva scherzato.

- Riley… - Era chiaro che la maga si stesse spazientendo.

- D’accordo ho capito… - Aveva ridacchiato prima di ricomporsi leggermente. – Ho saputo che ti sposi, volevo farti le mie congratulazioni… -

- Ah…grazie… - Non le importava un granché ma non le piaceva nemmeno essere scortese.

- Ho portato qualcosa per festeggiare. -

- Pizza? – Era incredula. Ginny non avrebbe saputo se mettersi a ridere per l’assurdità della situazione, o a piangere perché non né poteva più di tutte queste entrate in scena. Festeggiare un matrimonio con una pizza…sinceramente le appariva ingenuo e un po’…patetico.

Aveva fatto cenno con la testa al giovane di entrare. – Entra…ti offro un caffè… -

Ginny aveva sospirato e, senza neppure prestare attenzione a che il ragazzo chiudesse la porta, si era diretta in cucina.

12, luglio Londra ore 09. 24 P.M

Stringendosi ancora una volta nella vestaglia, Ginny, aveva spostato la scatola dal tavolo ad una sedia, e si era messa di fronte ai fornelli. – Allora… - La maga aveva tentato un abbozzo di conversazione. - …come va il lavoro? – Si era passata una ciocca di capelli dietro ad un orecchio e aveva aperto la credenza per prendere il caffè. Non le importava assolutamente niente della risposta, sperava soltanto che dandogli retta per un po’ alla fine se ne sarebbe andato.

Riley era entrato in cucina con le mani in tasca e si era guardato attorno. - Piuttosto bene direi… - Aveva riposto allegro osservando il fondoschiena della ragazza.

- Mi fa piacere… - In realtà non stava prestando minimamente attenzione, era troppo impegnata nel preparare il caffè.

- Mi piace il nuovo appartamento… - Il giovane si era avvicinato.

La ragazza aveva proseguito nella propria occupazione non accorgendosi dei movimenti alle sue spalle. - Davvero? Pensa che io non mi ci sono ancora abituata…specie la notte, ogni tanto mi dico "ma qua non dovrebbe esserci un tavolo?"…capita spesso che vada a sbattere contro i mobili, e credimi non è divertente…ho sempre pensato che fosse troppo grande… -

- Ti sentirai al sicuro… -

- Come?… – Ginny si era voltata. - …A proposito come lo prendi il caffè… - Non si era accorta di avere il mago proprio dietro a lei e aveva avuto un leggero sussulto. Non avrebbe saputo spiegare perché ma qualcosa in quella situazione l’aveva turbata. – Riley… - Era suonato come un "che cosa ci fai qui?".

Il ragazzo si era inclinato in avanti appoggiandosi con le mani sul ripiano alle spalle di Ginny. – Ah-ah, Riley non è divertente. – Aveva scherzato ma non si stava divertendo. Riley non aveva accennato a spostarsi e la maga aveva fatto per andarsene; il giovane aveva reso impraticabile il suo passo. Non le era piaciuto per niente il modo in cui la stava guardando, vi era qualcosa di diverso, strano, decisamente fuori della norma. – Spostati. – Glielo aveva ordinato. – Ora. – Ma Non vi era stata alcuna reazione da parte del mago, aveva semplicemente continuato a fissarla con sguardo malato.

- Riley… - Ginny stava iniziando a spaventarsi sul serio. - …credo che a questo punto te ne dovresti andare, Harry tornerà a momenti… - Gli occhi della giovane si spostavano irrequieti su quelli del ragazzo, e incredibilmente lui aveva sorriso. Riley sembrava stare godendo appieno della situazione. – Non l’hai ancora capito, vero? – Il mago si era abbassato giungendo all’orecchio di Ginny; poi, aveva sussurrato. - Ti sono mancato? -

Quella voce.

La giovane Weasley aveva spalancato gli occhi in realizzazione, una fitta di terrore si era dipanata lungo tutta la sua schiena. No…

…no…

…Merlino non di nuovo…

Non si era neppure resa conto di avere iniziato a tremare; gli occhi le si erano riempiti di lacrime, ma lei riusciva solo a percepire il suono del suo respiro e la sgradevole sensazione d’angoscia che improvvisamente le stava prendendo gola, cuore, carne, e ossa. Aveva un solo nome; Paura. L’adrenalina che ti pompa furiosamente nelle vene minacciando di scoppiare, che t’intima di reagire, agire, trasformando la ragione in un concetto sopravvalutato, e centuplicando le forze e le risorse dell’essere più indifeso.

L’unico pensiero che la ragazza aveva avuto era stato che non poteva permettere che accadesse di nuovo. Doveva scappare.

Ora.

Ginny aveva impiegato tutte le sue forze nel tentativo di allontanare Riley da sé, il mago non si era aspettato una reazione della ragazza ed era stato colto di sorpresa quando Ginny aveva tentato la fuga; lo aveva spinto mandandolo a sbattere contro la credenza, poi, aveva cercato di uscire dalla cucina finendo per urtare una sedia e facendola precipitare al pavimento.

Non era stata abbastanza veloce. - Vieni quì! – Riley l’aveva afferrata per un braccio voltandola dalla sua parte ed affrettandosi a carpire l’altro polso.

– No! – Ginny aveva provato a divincolarsi ma la presa del mago sui suoi polsi era stata simile alla morsa di una tenaglia; la ragazza era stata unita con forza al frigorifero, nello spostamento aveva colpito duramente la testa. – Ah! -

– Dove credevi di andare eh? -

- Lasciami! – Sembrava una gatta impazzita, non aveva smesso un solo istante di lottare contro quella stretta.

Riley aveva bloccato entrambi i polsi della ragazza sopra la sua testa e li aveva tenuti fermi con una mano, mentre, con l’altra, aveva iniziato a trafficare con la cintura.

La maga aveva stretto gli occhi.

No…Merlino…

Aiuto…

Approfittando di quel momento di distrazione del giovane aveva preso tutto il suo coraggio e, prima, aveva morso il suo aggressore sul braccio, poi, gli aveva dato una testata. Non era stata una mossa molto intelligente; aveva sentito un dolore lancinante lungo il capo e il collo, qualcosa che non aveva mai provato prima, per un momento aveva creduto che la scatola cranica le fosse esplosa dall’interno. Riley era indietreggiato imprecando ed aveva finito per urtare con la mano il cellulare abbandonato sul tavolo.

La maga aveva premuto la propria fronte con i palmi, perdendo l’equilibrio, era precipitata contro la credenza e a terra; cercando di risollevarsi, si era ferita le mani con i cocci sparsi sul pavimento. In un momento Riley era stato di nuovo su di lei.

12, luglio Londra ore 09. 20 P.M

Draco si era allontanato dallo stabile con le mani in tasca, era intenzionato a mettere la maggiore distanza possibile fra lui e quel posto, fra lui e lei. Per la prima volta in mesi sentiva di averne avuto troppo di quella situazione. Si ostinava a non volerlo ascoltare? A negare quello che c’era fra loro? A trovare un milione di scuse per le quali non sarebbero dovuti stare insieme? Utilizzare della falsa cattiveria per tenerlo a distanza.? Bene.

Bene.

C’era riuscita.

Non era più un problema suo. Era decisa a sposare il suo eroe dalla sfavillante armatura? A passare il resto dei suoi giorni consumandosi lentamente al proprio interno, spegnendosi un po’ di più giorno dopo giorno? Fingendo di vivere? Padronissima…ma lo avrebbe fatto senza di lui.

Non sarebbe stato là a guardarla. Non avrebbe raccolto i pezzi. Non avrebbe fatto parte di quel piano.

Lui non era uno stramaledetto vigliacco, non più. Aveva smesso di esserlo tanto tempo fa. Non era il tredicenne che si nascondeva dietro ai suoi tirapiedi, dietro al nome di suo padre, ai suoi soldi. A nessuno, a nessuno avrebbe permesso di renderlo ridicolo. Neppure a lei. Neppure all’unica donna alla quale aveva detto ti amo; per la quale era entrato in un negozio e aveva acquistato un abito da donna. Era vero forse i Malfoy non accettavano un no come risposta, ma nemmeno erano disposti ad umiliarsi. E sorpresa delle sorprese Weasley, lui non era i Malfoy; era solo Draco.

Lei pensava davvero di aver capito tutto, di conoscerlo, ma c’era un piccolo particolare, lui non gliel’aveva permesso, e non le avrebbe permesso di attribuire a lui la responsabilità della sua vita. Era stata lei a decidere di sposare Harry, senza una ragione, senza un motivo. Non era stato per l’appartamento, per Luna, o perché avesse mancato l’appuntamento…la verità era che lei aveva cercato da sempre un pretesto, una scusa, per potersi dire che quello che c’era fra loro fosse sbagliato. Non c’era stato niente di sbagliato…e solo dieci minuti fa avrebbe rifatto tutto da capo, tutto allo stesso modo, perché altrimenti non sarebbero mai arrivati dove si trovavano ora...ma quando prima lei gli aveva detto quelle parole, improvvisamente, si era reso conto di non essere più disposto a farlo.

Non era più disposto a rincorrerla.

Il cellulare del giovane aveva iniziato a suonare in quel momento.

Ginny?!

Si era trattato soltanto di un paio di squilli, e quando l’apparecchio aveva ripreso a suonare il numero sul display era cambiato.

Cristo…si era completamente bevuto il cervello…

Draco, prima di rispondere, aveva sgranato gli occhi un istante, poi, aveva avvicinato l’oggetto all’orecchio rimanendo in silenzio.

- Ehi! Ma ci sei o ci fai? – La voce di Luna aveva rimbeccato dall’altra parte. – Pronto? Mr. Miliardo? -

- Ho sentito non sono sordo. – Il mago si era passato una mano nei capelli.

- Simpatico come al solito tu, eh…? - La giovane dal capo opposto dell’apparecchio aveva roteato gli occhi. – …comunque…abbiamo l’identikit. Il disegno non è un granché considerando il suo autore… -

- Ma non mi dire, Jemima non ha esattamente delle doti artistiche… -

- Tu non hai idea di quanto io stia godendo questo momento…mi dispiace che i tuoi commentini arguti per una volta risultino fuori luogo, ma ci siamo rivolte ad un professionista. -

- Chi? L’uomo che dipinge coi gessetti davanti al parcheggio del supermercato? -

- No, tua madre. -

- Che cosa?! -

- Sai com’è…considerando che non era come se potessimo andare alla polizia, e poi sbaglio o ha aperto numerose gallerie d’arte a Parigi… -

- Io sono persino sorpreso che vi abbia fatto entrare in casa… -

- …ad ogni modo, devo ammettere che ha un viso piuttosto familiare…sfortunatamente la ragazza era parecchio sconvolta e il fatto che fosse notte non va certo a nostro favore… -

- Nient’altro? -

- No Mr., e che tu ad un certo punto abbia preso e te ne sia andato non è stato molto d’aiuto…ah, adesso che ci penso però…la ragazza ha detto che aveva un tatuaggio… - La giovane aveva dato uno sguardo al foglio che teneva in mano. - …una specie di croce sulla spalla sinistra… -

- Sulla spalla sinistra hai detto? Lovegood ci saranno un miliardo di persone al mondo con un simile tatuaggio… -

- Ooooooh no, non come questo mio caro…non in Inghilterra, e non certo a Londra…e poi deve trattarsi di uno studente di Hogwarts ricordi? -

- Che intendi dire? -

- Che è strano, voglio dire, la croce è decorata come se avesse delle catenine rosse avvolte intorno…e poi…mah non so, è una sensazione… -

- Grandioso… -

- Andiamo quanti nostri compagni di scuola conosci che abbiano un simile tatuaggio? -

- Primo, Lovegood, il mio passatempo preferito a scuola non era quello di spogliare i nostri compagni, secondo, non hai mai pensato possa esserselo fatto di recente… - Aspetta…

Aspetta…dove aveva già visto un simile tatuaggio…

- Malfoy? -

Merda.

- Malfoy ci sei ancora? -

12, luglio Londra ore 09. 29 P.M

Ginny aveva tentato di alzarsi dal pavimento ma non vi era riuscita, Riley si era avventato nuovamente su di lei come una furia, e la maga aveva cercato immediatamente di levarselo di dosso; non poteva permettergli di farle una cosa simile, non di nuovo…non l’avrebbe sopportato. Non ce l’avrebbe fatta…sarebbe morta prima, avrebbe preferito morire che sopportare nuovamente quell’umiliazione…che passare di nuovo attraverso quello.

Non doveva farle del male, non doveva fare del male a lei e al bambino…

Nonostante le mani della ragazza cercassero di respingere il viso del giovane con le unghie infilate nella carne, sembrava tutto inutile, era troppo forte.

Forse avrebbe dovuto lasciarlo fare…tanto non sarebbe riuscita a fermarlo comunque, almeno quella sofferenza sarebbe finita prima…se avesse continuato a ribellarsi avrebbe potuto anche ferirla sul serio, in modo più grave…

…doveva solo chiudere gli occhi, svuotare la mente e aspettare che finisse…

Riley perdendo la pazienza aveva colpito Ginny sul viso, ed era stato in quel momento, quando la maga aveva sentito di non avere in corpo nemmeno più un’oncia di forza per reagire, che Draco era entrato nella stanza e, vedendo la scena, si era lanciato con violenza sul giovane, afferrandolo per la camicia e strappandolo di dosso alla ragazza. Malfoy aveva spinto Riley contro la credenza e l’aveva colpito con tutta la rabbia che aveva in corpo. Riley Chase non avrebbe mai dovuto permettersi di toccarla. Riley Chase era un morto che camminava, ancora.

Draco aveva spinto il mago al pavimento e non si era fatto alcuno scrupolo nel percuoterlo con pugni e calci fino a ridurlo inconscio, e, neppure allora, si era fermato, soltanto quando i singhiozzi di Ginny avevano riempito l’aria aveva permesso al giovane di andare.

Cristo. Ginny.

Virginia Weasley era rannicchiata contro al lavello col viso nascosto nelle ginocchia; piangeva di un pianto disperato; in parte per la vergogna provata, in parte per la paura, ma soprattutto, per il sollievo. Si sentiva una stupida, per aver trattato Draco a quel modo, perché lui adesso l’aveva salvata, per essersi comportata con tanta leggerezza facendo entrare Riley in casa, per non aver capito immediatamente che si era trattato di lui…perché era tutta colpa sua se si era cacciata in una simile situazione e non meritava d’essere stata salvata…

Draco aveva lasciato andare rudemente il giovane al pavimento e si era voltato per accertarsi dello stato della maga. Il respiro del giovane era affannato; si era sentito invadere da una tale rabbia quando l’aveva visto su di Ginny che non aveva capito più nulla, aveva dimenticato che a pochi passi di distanza c’era anche lei. L’aveva osservata un istante, cercando di darsi una calmata. Non voleva correre il rischio di spaventarla ulteriormente, ed era ancora così pazzo d’ira con Chase che probabilmente doveva avere uno sguardo a dir poco allucinato; tuttavia, invece di sbollire, la rabbia si era accresciuta maggiormente non appena aveva notato lo stato in cui Riley l’aveva ridotta. I lividi che si stavano formando sulle gambe e sulle braccia, esposti dalla vestaglia strappata e sporca di sangue; le ferite e le abrasioni sulle mani, il labbro tagliato e la guancia gonfia nascosti leggermente dai capelli…

Malfoy si era ritrovato a stringere i pugni al corpo fino a far divenire bianche le nocche delle dita; il giovane era avanzato verso la figura accovacciata e si era chinato leggermente. Aveva quasi paura di toccarla, ciò nonostante aveva allungato una mano sollevandole con gentilezza il viso. Ginny soltanto sentendo quel contatto sulla sua guancia si era resa conto che Draco si trovava proprio davanti a lei; aveva alzato gli occhi su quelli del ragazzo rendendosi conto che stava provando la sua stessa identica paura, gli stessi sentimenti, si era sentita mancare di nuovo. Le lacrime avevano ricominciato a scorrere con, se fosse stato possibile, più forza, come se avessero voluto attendere che fosse stato lui ad asciugarle, come se non avessero aspettato altro per tutto questo tempo. La maga aveva gettato le braccia al collo del ragazzo seppellendo il viso nel suo torace, nel suo profumo, in quel calore così famigliare. Voleva che lui la salvasse, che la salvasse sul serio, da tutti gli sbagli, tutti gli errori, le bugie, gli inganni…perché era lui il suo eroe, il suo compagno, l’uomo che aveva amato dal primo sguardo…al primo insulto, perché aveva sempre voluto che la guardasse, che si accorgesse di lei…che la credesse forte, intelligente, capace di tenergli testa…voleva essere lei la persona capace di strappargli dalle labbra quelle parole, quel ti amo…e non si era mai resa conto di niente, a causa del suo orgoglio, di quello di lui, del fatto che volesse dimostrarsi superiore, di quello le aveva insegnato a credere la sua famiglia, che diceva la gente…e aveva invidiato Pancy, con tutto il cuore, con tutte le forze…

- Non andare via… -

- … -

- …non andare… -

- … -

- …non lasciarmi qui… -

- … - Draco le aveva accarezzato la testa, i capelli; l’espressione del suo volto era illeggibile, vuota. – Shhhhhh…non vado da nessuna parte Weasley… - "Non sono mai andato da nessuna parte." Avrebbe voluto aggiungere, ma dentro di sé sapeva che era questione di tempo; se lei agiva così era solo perché era sconvolta. Non doveva farsi illusioni.

Il mago aveva chiuso gli occhi. Doveva mantenere il controllo di sé stesso per entrambi, prima che tutto si tramutasse in un gigantesco errore di cui lei certamente si sarebbe pentita, di cui lui non voleva essere costretto a pentirsi. Uno dei due doveva mantenersi lucido, essere capace di ragionare per entrambi, e questa volta era il suo turno per costringersi ad esprimere un distacco che non provava.

Draco aveva scostato da sé la ragazza con tutta la dolcezza possibile per un simile gesto, e Ginny aveva sentito l’aria fredda avvolgere improvvisamente il suo corpo, rabbrividendo; avrebbe voluto dirsi che si era trattato di un prodotto della sua fantasia, che ciò che aveva sentito era stata solamente un’illusione, che il distacco percepito era la normale conseguenza del gesto del ragazzo, eppure, dentro di lei una piccola voce aveva sussurrato che non era così. Il mago aveva asciugato le lacrime sul viso della giovane gentilmente, ma non sembrava essere intenzionato a farlo con quelle interne. Stava tentando di proteggersi da lei?

- Devo occuparmi di Chase, lo capisci Weasley? -

Avrebbe voluto gridargli che no, non lo capiva, che trovava insopportabile sentirlo pronunciare quel nome come a voler inconsciamente prendere le distanze, invece, aveva annuito.

Malfoy aveva accennato col capo. – Pensi di poter restare da sola per un po’? –

Aveva scosso il capo. Poteva accettare che la tenesse a distanza, che la chiamasse col suo cognome come faceva quando erano due perfetti estranei, ma non poteva chiederle questo, non poteva chiederle di affrontare da sola quella casa, non dopo quello che era appena successo. Non dopo che era stata sul punto di rivivere tutto quanto da capo. No.

- Va bene… - Aveva capito e lo accettava. - …è giusto,…sei in grado di apparire a casa mia? -

La ragazza aveva assentito impercettibilmente.

- Ok, allora aspettami lì. -

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Capitolo 13
*** 13 ***


13, luglio Palazzo Malfoy ore 00. 04 A.M

Draco era tornato a casa ed era crollato sulla poltrona nella propria stanza, stanco, esausto; sentiva le vene pulsare dolorosamente all’interno della sua testa, nelle tempie, sulla fronte. Si era assicurato che Chase non avrebbe più potuto essere una minaccia per nessuno; dopo che aveva finito con lui, il giovane era in un tale stato che si era trovato ad implorare di poter confessare tutto quanto agli Auror. Il mago si era allentato la cravatta lasciando che questa appendesse scioltamente alla camicia; se avesse trascorso altri cinque minuti con lui non sarebbe più stato nemmeno in grado di parlare…

Malfoy si era sfregato una mano sulla fronte cercando di alleviare un poco la tensione, l’unico risultato era stato che la vista gli si era appannata leggermente; aveva dovuto strizzare un paio di volte gli occhi perché questa tornasse normale. Non dormiva d’almeno trentanove ore.

Chissà se Ginny si era già addormentata…probabilmente sì, il matrimonio era oggi.

Il ragazzo aveva roteato il capo all’indietro prendendo a massaggiarsi la base del collo, si sentiva vagamente a pezzi, in tutti i sensi, ed i suoi occhi erano chiusi perciò non si era accorto del movimento all’interno della stanza.

Ginny aveva scostato la porta della camera stando attenta a non causare troppo rumore, non voleva disturbarlo né farlo innervosire. Era scalza, i suoi passi sulla moquette verde non si erano neppure sentiti; l’ambiente era avvolto nella penombra, il giovane non si era scomodato ad accendere la luce e lei era stata costretta a procedere tentoni nell’oscurità. Davanti a lui si era arrestata.

Probabilmente se non vi fosse stato tanto silenzio la voce della maga non si sarebbe udita. - Non ti ho sentito arrivare… -

Allora non stava dormendo, dopotutto. Draco aveva aperto gli occhi; si era trovato di fronte allo sguardo della ragazza e vi aveva letto quella domanda silenziosa. Aveva sospirato in segno di resa cercando le parole più adatte per una risposata che in realtà conoscevano entrambi, e invece della verità, le aveva detto ciò che sapeva non avrebbe voluto sentire. - …credevo stessi dormendo, non ti ho voluto svegliare. – Si era sollevato dalla poltrona e aveva dato le spalle alla giovane.

L’espressione di Ginny si era deformata fino a diventare contrariata. No, che non era quello che voleva sentire bastardo ipocrita che non era altro; voleva sapere perché stesse evitandola, voleva sapere perché la vedesse ma non la guardasse negli occhi, perché se aveva qualcosa da dire non glielo sbattesse in faccia, invece, di agire come se non fosse niente, e non come se niente fosse, come al solito, proprio come se non fosse niente, non ci fosse niente da dire…ma, al contrario, aveva fatto il suo gioco; era stata zitta chiudendo gli occhi e permettendo alla rabbia di scemare, purtroppo non c’era riuscita completamente e, invece di infiocchettare una bugia adeguata, si era lasciata sfuggire la verità.

- Ti aspettavo…avevi detto… - Ascoltando la propria voce era rimasta basita; non aveva mai creduto di potersi sentire, di poter apparire, così patetica.

Non si era aspettato di dover avere a che fare con la sua insistenza, la sua testardaggine quando si metteva in testa una cosa, e quella sera, Ginny Weasley sembrava averlo eletto eroe del momento. Un vero peccato che lui non ce la facesse, che fosse stanco; non avesse voglia di affrontare, confrontarsi con la sua fragilità, vulnerabilità. Era ancora sconvolta, e non era bastata neppure una doccia a tranquillizzarla; sarebbe servito ben altro. Lui non era disponibile. - Mi dispiace, come ti ho detto credevo dormissi…per te domani è una giornata importante, e anch’io ho bisogno di riposo. -

Mai. Mai, in tutta la sua vita, si era sentita tanto umiliata quanto in quel momento; stando lì, in piedi, scalza, coi capelli bagnati, indossando soltanto uno strato di tessuto umido. Ginny aveva stretto ulteriormente la cintura dell’accappatoio ed aveva rivolto il capo al pavimento; era sciocco ma, nonostante fosse buio, e lui le desse le spalle, non aveva voluto che potesse vedere sul suo viso quello che stava provando in quel momento. Non aveva capito niente di lei…non era una prostituta, non gli si stava offrendo, o forse sì chi lo sa, d’altronde era così che era riuscita a farla sentire; ma era giusto così, era stata lei a sgusciare nella sua stanza, ancora fresca della doccia, con indosso soltanto un accappatoio…Merlino lei neppure ci aveva pensato…era ovvio che avesse bisogno di lui, dopo quanto era accaduto più che mai. Non gli era passato minimamente per l’anticamera del cervello che desiderasse solo la sua compagnia, sentirlo vicino…la propria stanza era così grande, vuota, e lei era ancora terrorizzata e neppure sapeva per cosa…

Una singola lacrima era scesa dagli occhi della maga ed era precipitata sulla moquette scura. Nessuna pietà, eh Malfoy?…cos’era, la stava punendo per le parole che gli aveva rivolto quando si era presentato a casa sua? Per aver lasciato entrare Riley nell’appartamento ed aver finito con l’essere stata aggredita di nuovo? Oppure perché non aveva acconsentito a starsene da sola in casa, sussultando ad ogni più piccolo rumore? O per non essere rimasta chiusa nella sua stanza, aspettando l’alba prima di sgattaiolarsene via come una ladra? - Mi dispia-… -

Draco non aveva permesso che continuasse. - No! – L’aveva messa in guardia dal parlare, puntandole contro l’indice e prendendo agitarlo - Non dire che ti dispiace Weasley… - Né aveva piene le scatole del suo vittimismo. - …o non saresti venuta qua in primo luogo. –

Ginny si era animata, aveva scosso il capo con gli occhi lucidi spalancati. - E va bene, che cosa vuoi che ti dica allora? -

- Niente. - Aveva risposto stancamente. - Voglio che tu torni in camera tua e mi lasci riposare in pace per qualche ora. –

La maga era rimasta a fissarlo con la bocca chiusa, tentando di trattenere le lacrime; non si era mossa, tuttavia, era restata immobile troppo pietrificata per reagire.

Malfoy si era seduto sul letto. - Ma evidentemente è chiederti troppo. – Non vi era stato alcun mutamento nel suo tono di voce, soltanto, era sembrato che stesse più parlando con se stesso invece che con lei. – Hai intenzione di rimanere lì impalata per tutta la notte? -

La ragazza si era limitata a scuotere il capo senza rispondere e il giovane aveva preso atto.

Ginny aveva portato le braccia al corpo rabbrividendo, i capelli gocciolanti e l’accappatoio umido la stavano rendendo intirizzita; quando aveva parlato era stato come se si fosse risvegliata da uno stato di trance. - Perché non mi hai detto subito che eri tu a spedire le rose? –

- Sai…mi sono sempre chiesto che razza di filo logico tu utilizzassi per i tuoi pensieri… - Nonostante la freddezza studiata, la maga non si era ingannata, anche se impercettibilmente, tanto che neppure lui pareva essersene accorto, era cambiato qualcosa nel suo atteggiamento. Chissà…forse l’aveva solo voluto ignorare.

La giovane aveva abbozzato un flebile sorriso. – Nessuno che provenga dalla testa… -

- Sì, l’avevo intuito. -

- …non hai risposto alla domanda. –

- Che vuoi farci, a quanto pare nemmeno io utilizzo un filo logico per i miei pensieri. – Era suonato serafico.

- Io dico di sì, solo che non mi vuoi rispondere, e non capisco il perché. -

- Nooo, fidati, secondo me tu lo capisci fin troppo bene il perché, sembri essere un mago, Weasley, in questo gioco. – Si era alzato dal letto ed era tornato a sedersi sulla poltrona. Aveva ironizzato di proposito; sembrava si stesse alterando di nuovo. – Rispondi tu ad una domanda, come hai capito che ero io? – Draco aveva appoggiato il gomito sul bracciolo e si era preso la testa con una mano mettendosi a studiare Ginny.

La fronte della ragazza si era contratta all’istante. - Cos’è hai avuto un assaggio della tua stessa medicina e l’hai trovata amara?… - Si era arrestata con la bocca ancora aperta come se stesse per mettersi a sparare una sequela d’insulti, invece, era rimasta silenziosa. Il primo impulso era stato quello di provare rabbia però, anche se la risposta l’aveva seccata, probabilmente…possibile che invece fosse stata lei ad aver ricevuto un assaggio della propria medicina? Ben ti sta Ginny…

Malfoy era rimasto ad attendere, quando lei lo aveva guardato aveva fatto segno con le mani di continuare.

- …o-oh…o…forse sono io ad aver ricevuto un assaggio della mia medicina… - Aveva sospirato lasciando cadere la questione. Si sentiva ridicola. – I fiori in camera…- Lui stava ancora fissandola come se stesse decidendo il da farsi e lei, nemmeno sicura che stesse prestando attenzione alle sue parole, aveva abbassato lo sguardo. - C’erano anche la prima volta che sono stata qui ma temo di aver inconsciamente rimosso la cosa…non so perché…ad ogni modo, prima, sì, insomma, il mio era stato un tentativo piuttosto zoppo di ringraziarti… -

- Sì, avevo capito anche questo. -

La maga aveva chiuso gli occhi e preso un respiro. Allora sarebbe finita così…

Era occorso ben più del suo coraggio per trovare la forza per parlare. - Quindi mi stai congedando? –Draco, nella medesima posizione col viso appoggiato su una mano, aveva scosso il capo. – No. – Era esausto, aveva la testa che gli scoppiava, continuava a considerarlo uno sbaglio, eppure, non era riuscito a mandarla via. Non era un mostro, dopotutto, e Ginny né aveva passato davvero troppe.

Il ragazzo aveva indicato il proprio armadio con la testa. – Infilati il mio accappatoio o ti verrà una polmonite. – Si era lasciato andare sulla poltrona e aveva preso a fissare il soffitto. Questo non cambiava assolutamente niente.

La maga era restata immobile, con le braccia lungo il corpo e le spalle basse, sentiva pesare ogni singolo muscolo, giuntura, osso, e per un momento sarebbe voluta soltanto correre via, lontano, impedirgli di farla sentire così, ed invece si era fatta forza, e aveva camminato verso l’armadio. Ginny aveva aperto un’anta, prestando attenzione a non osservare il proprio riflesso nello specchio; sentiva di aver toccato il fondo. Voleva forse farle espiare qualche cosa? Perché, a quello, avrebbe preferito mille volte che l’avesse afferrata per un braccio e sbattuta fuori della stanza intimandole di non farsi più vedere.

La giovane aveva permesso all’indumento umido di scivolare al pavimento, il contatto dell’aria con la pelle nuda l’aveva fatta rabbrividire. Non aveva pensato un istante che Draco l’avrebbe guardata; prendendo fra le mani l’accappatoio scuro del giovane aveva esitato un attimo…era grande… e mentre, se l’era infilato addosso aveva inalato il suo profumo. La sensazione del capo asciutto aveva dato un poco di sollievo alle sue membra intorpidite, ed era stato come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Lo sentiva così vicino da soffocare, era quasi come averlo sulla pelle; non avrebbe saputo spiegarlo, ma era frustrante, perché la realtà era che lui era seduto su quella poltrona e non era mai stato tanto lontano.

Ginny non si era mossa di un passo, aveva sentito di non farcela, di non avere il coraggio di avvicinarsi e rendersi ridicola; non poteva affrontare l’indifferenza, la gentilezza misurata, studiata, i gesti vuoti, le frasi pronunciate come se non si trovasse lì con lei.

Lo sguardo di Malfoy era sceso ad osservare la parete davanti a sé. – Non sei costretta a stare in piedi, puoi anche sederti. –

Forse aveva accettato la sua presenza per il momento, o forse si era solo rassegnato al fatto che lei si trovasse ancora lì; ma nulla era cambiato nel suo atteggiamento, nell’inflessione della sua voce.

La maga aveva raggiunto il letto senza neppure sapere come vi fosse arrivata; si era seduta sul bordo. Draco non aveva avuto alcuna reazione.

Ginny aveva abbassato gli occhi al pavimento osservando i propri piedi scalzi sulla moquette; le mani, posate ai suoi lati, avevano stretto le lenzuola di seta verde scuro. Aveva alzato lo sguardo sul profilo del giovane. – Cosa diresti se io volessi restare qui... –

Malfoy non aveva mosso un muscolo. Si era aspettato anche questo, quella sera non sembrava essere in grado di stupirsi in alcun modo. - Puoi restare, se non vuoi tornare a casa. –

La giovane era rimasta ad osservarlo. – Io intendevo qui. –

Draco finalmente si era voltato a guardarla.

– Non è un problema, se questo può aiutarti a prendere sonno…andrò in un'altra stanza.- Si era alzato dalla poltrona infilandosi le mani in tasca; il corpo rivolto alla porta.

- Qui con te. -

Il ragazzo aveva girato la testa di scatto puntando i propri occhi direttamente sui suoi, al loro interno per un istante era balenata una scintilla d’avvertimento. Stava tirando la corda. Non sapeva per quanto ancora potesse sopportare la sua presenza. - Va bene… - Se era questo che voleva.

- Grazie… -

E qualcosa dentro di lui si era rotto.

Aveva spalancato gli occhi in colpo. Non sapeva se fosse stato il suo tono di voce sincero, o il fatto che apparisse così vulnerabile, remissiva; gli era insopportabile vederla ridotta ad umiliarsi, ad essere costretta quasi a supplicarlo di poter restare, ad accettare qualunque cosa, fare esattamente ciò che le era detto tranne andare via… Cristo se da una parte avrebbe voluto prenderla a schiaffi…merda, non poteva semplicemente comportarsi a quel modo per ottenere tutte le volte ciò che voleva…l’aveva capita; chiedeva scusa, piangeva, finiva per apparire lei la vittima innocente, e funzionava lo stesso…e quando la vedeva così…

Aveva espirato chiudendo un momento gli occhi. Non cambiava assolutamente niente. Non cambiava assolutamente niente.

Draco si era seduto accanto a lei tenendo le mani in tasca e fissando lo spazio davanti a sé. – Non ringraziarmi, è ok… -

- Grazie lo stesso… -

Il giovane aveva posato le mani sul letto e Ginny aveva contattato una di loro con la propria; la mano di Malfoy però era rimasta immobile e la ragazza non aveva resistito a quella freddezza, si era ritratta come se avesse toccato il fuco. Si era voltata dall’altra parte. Ferita, umiliata, completamente distrutta nell’orgoglio. Aveva iniziato a piangere.

Non lo sopportava, non sopportava che evitasse il suo sguardo, che ogni cosa gli scivolasse addosso. Era come se fosse diventato completamente insensibile al calore di un altro corpo, ai sentimenti, alle parole.

Draco si era girato a guardarla, convinto che la sua reazione fosse stata per il ricordo di quanto accaduto quella notte, che il contatto di un momento avesse richiamato in lei la memoria di qualche attimo particolarmente doloroso. – È finita Ginny. –

- Come? – Si era asciugata gli occhi, e per un attimo il suo sguardo confuso era entrato in contatto diretto con quello del giovane; quando lui se n’era accorto si era affrettato a tornare a fissare il vuoto. – È finita. -

Comprendendo ciò che aveva dovuto pensare il ragazzo, Ginny aveva scosso il capo. Non aveva capito proprio niente; non si era reso conto del perché di quelle lacrime, che era lui a farla stare male e non Riley Chase. La mente della maga era stata attraversata da un flash dell’aggressione nel vicolo…non vi aveva più nemmeno pensato fino a quel momento…credeva davvero che sarebbe bastato prendere quel bastardo per dire che fosse finita? Allora si sbagliava…e si sbagliava anche su loro due. - Non è finita finché sopravvivono i ricordi… - "Non è finita finché si continua a pensare, a vivere, a respirare…"

- Le persone dimenticano in fretta Ginny…anche se non sono sicuro se questo sia un bene o una maledizione. -

"Ma non mi dire Draco…" Aveva scosso il capo, altre lacrime avevano percorso le sue guance. Ginny si era portata una mano a coprire la bocca, avrebbe voluto soffocare i singhiozzi.

Il giovane aveva intercettato la sua mano posata sul letto, ma non vi era stato alcun calore in quel tocco e lei aveva lo aveva rifiutato.

- Quindi è questo che stai facendo? Dimenticando? -

L’aveva guardata negli occhi come se fosse stato colto alla sprovvista, come se avesse detto una cosa assurda, priva di senso.

La giovane Weasley si era rifiutata di continuare per quella strada; aveva rivolto il capo alla porta, ruotando leggermente il bacino e prendendosi la fronte con una mano. Era esausta. No, non sarebbe rimasta di nuovo a fissarlo come una stupida mentre lui girava il capo chissà dove fingendo che lei non avesse nemmeno parlato.

Draco aveva spalancato gli occhi, sentendo la spinta improvvisa di reagire con violenza. Come poteva dire una cosa simile? Come poteva anche solo pensarla? Perché credeva che cercasse in ogni modo di prendere le distanze, di non guardarla in volto? Era per non dover trovarsi di nuovo impantanato con lei fino al midollo, per non dover stare lì a dire cose che alla fine non intendevano dire. Che senso aveva continuare a quel modo se entrambi sapevano già come sarebbe andata a finire? Perché avrebbe dovuto dimostrarle ancora una volta quello che sentiva se serviva unicamente ad allontanarla ancora di più? Che senso aveva torturare entrambi se poi lei avrebbe in ogni caso spostato Harry?

Dio quanto trovava insopportabile trovarsi a fissare la sua schiena…cos’è non aveva neanche il coraggio di affrontare le conseguenze delle proprie parole? Lo aveva accusato di stare dimenticando quando lei in poche ore sarebbe stata completamente di un altro, quando appena uscita di lì avrebbe chiuso loro due in un cassetto e gettato per sempre la chiave. Voleva sul serio che le dimostrasse quanto ricordasse ogni cosa alla perfezione, quanto bene avesse impresso nella mente ogni centimetro del suo corpo, anche quelli che non aveva potuto nemmeno toccare? Voleva sul serio che le desse qualcosa che neanche se fosse finita all’inferno avrebbe potuto dimenticare? No, no di certo…lei non voleva ricordare, perché faceva troppo male…perché ci sono cose che non si possono cancellare, che ti dannano l’anima per tutta la vita facendoti maledire ogni singolo secondo, ogni istante…perché ti ripeti che se le cose soltanto fossero andate diversamente, se avessi fatto meglio, se fossi stato più attento, più veloce nel cogliere i segni…

Una domanda simile non meritava neppure una risposta.

Ginny aveva scosso il capo. No. No. No. Come aveva potuto anche e solo presentarsi in quella stanza…che cosa aveva sperato di ottenere? Che cosa aveva creduto di fare? Non voleva sentire la riposta a quella domanda, non sapeva nemmeno perché le fosse uscita dalle labbra…ma come si era ridotta…

Si era morsa le labbra e aveva emesso dei suoni impercettibili. - Non rispondere, non rispondere, non rispondere… - Era apparsa una supplica. Non voleva saperlo; non l’avrebbe sopportato. Sarebbe voluta andarsene, sarebbe voluta scomparire inghiottita dalla propria vergogna.

- Weasley non ho intenzione di rispondere ad una cosa simile. –

La maga aveva sentito mancarle le forze. Ormai era seduta completamente sul letto, aveva trascinato le proprie gambe sul materasso duro e vi si era adagiata sopra, si teneva sollevata solo grazie alle mani aggrappate saldamente alle lenzuola; la testa nelle spalle, i capelli che le coprivano il viso. Allora era così…

… non c’era più niente…

…niente da dire, da fare…

Era soltanto riuscita ad umiliarsi fino all’ultimo.

Alle spalle della ragazza Draco si era maledetto mentalmente, perché si era ripromesso di mantenere le distanze, di essere freddo, distaccato, e tutto quello al quale riusciva a pensare era dimostrarle che si sbagliava, che non importava come sarebbe finita, se lei si fosse o meno sposata, non avrebbe mai potuto dimenticare; perché lo aveva capito solo ora, era lei ad aver avuto sempre il controllo. Sempre.

Ginny si era mossa.

Malfoy aveva scosso il capo. Al diavolo tutto.

La maga si era trascinata verso il bordo del letto intenzionata a scendere, a porre fine a quella tortura, ma non le era stato permesso; una stretta improvvisa l’aveva trattenuta.

- Resta. Resta Weasley. – Non gli importava di niente, sarebbe potuto andare tutto quanto in malora e non gli sarebbe interessato di meno, per Draco Malfoy il mondo sarebbe potuto crollare anche quella notte; l’unica cosa che voleva era dentro quella stanza e non l’avrebbe lasciata andar via.

Aveva circondato la vita della ragazza con le braccia attirandola a sé. Il capo del giovane si era inclinato sulla sua spalla, accanto alla curva del collo, adattandosi alla perfezione; Ginny poteva sentire il calore del respiro del mago sulla guancia, di fianco all’orecchio, la forza di quella stretta, l’improvviso contatto, la richiesta finalmente soddisfatta del proprio corpo accanto a quello di lui, il suo profumo, ogni singola emozione racchiusa in quell’abbraccio. Il respiro le si era fermato, il pensiero, la capacità di ragionare; ogni cosa si era arrestata, e soltanto le lacrime avevano iniziato a pungerle gli occhi implorando per una liberazione. Aveva pianto, di gioia, di sollievo; pianto come una bambina.

Malfoy si era perso nel tatto di lei, nel suo odore; anche se si trattava solo di shampoo.

Non erano state dette parole, non ce n’era stato bisogno; tutto quello che ad entrambi serviva sapere in quel momento è che erano insieme.

Ginny si era voltata, ancora stordita e confusa da tutte quelle emozioni e sensazioni che si stavano ingarbugliando al suo interno, tutto era così intenso, così carico di bisogno, e così reale, soprattutto reale; gli si era gettata al collo senza smettere di piangere, le mani strette quasi dolorosamente alle sue spalle, alla camicia. Nessun pensiero, soltanto azioni, soltanto pelle, calore, contatto; quella pressante necessità di riempire tutti gli spazi, curare le ferite, scacciare la solitudine, quella sensazione di vuoto, di non esistere. Allora era emersa tutta la disperazione provata fino a quel momento dalla ragazza, la paura di essere respinta, abbandonata, il non poter affrontare la freddezza che le era stata rivolta; Draco aveva risposto all’abbraccio con la stessa intensità, con una stretta che altrimenti sarebbe apparsa soffocante, accarezzandole la schiena, i capelli, tenendola stretta come se non avesse mai più voluto permetterle di andare.

Non l’avrebbe lasciata andare.

Il mago aveva sollevato il viso della giovane, era stato il suo ultimo pensiero razionale della serata, doveva capire quello che stava accadendo, era necessario che vedesse i suoi occhi, che vi leggesse il significato che lei dava a tutto questo; in realtà voleva solo guardarla per accertarsi che lei fosse realmente lì, che non si trattasse di un sogno, o di una delle allucinazioni che aveva avuto quand’era stato ferito. Ginny non gliene aveva però dato il tempo, perché non appena lui aveva sollevato il suo viso lei aveva cercato le sue labbra.

Si erano ritrovarti a baciarsi come due adolescenti, con urgenza. C’era ansia, c’era necessità, come se da quei baci dipendesse la loro sopravvivenza, se n’avessero bisogno come l’aria; ed era stato così che avevano fatto l’amore, in fretta, riducendo il contatto al minimo indispensabile, come se avessero avuto paura di essere sorpresi da un momento all’altro, senza poter aspettare di levarsi i vestiti di dosso.

13, luglio Palazzo Malfoy ore 10. 04 A.M

Il sole a quell’ora del mattino irradiava la stanza dipingendo la moquette e le pareti scure di una piacevole luce rilassante. Non era ancora mezzogiorno, ma neppure le prime ore dell’alba, il momento ideale per aprire gli occhi e iniziare una nuova giornata. Il leggero vento del mattino aveva sospinto i vetri della portafinestra aprendoli; permettendo di entrare, non solo al profumo dei fiori e dell’erba appena innaffiata, ma anche, ai rumori tranquilli di una magione isolata: il cinguettio degli uccellini sugli alberi, i cani che scorrazzavano in giardino…

La camera sarebbe apparsa immacolata se non fosse stato per i vestiti e l’accappatoio lasciati dimenticati a lato del letto. Ginny prima di aprire gli occhi si era rimestata nel sonno; nonostante fosse estate non aveva mai smesso di apprezzare quella lieve sensazione di tepore al risveglio, d’inverno, la sua mancanza il mattino, era quanto di più spiacevole potesse capitare, ed accadeva ogni volta che, a causa di un sonno agitato, le coperte andavano a finire chissà dove.

Era strano; sembrava trascorsa una vita dall’ultima volta che aveva sperimentato un sonno così rilassante, che le regalasse quella piacevole sensazione di benessere che le faceva passare qualsiasi voglia di lasciare il letto, eppure si sentiva ugualmente esausta; come quando porti a termine un compito estremamente faticoso e sei soddisfatto, felice, ma completamente stremato. Una stanchezza che però ti fa sentire bene…

La maga si era voltata prestando attenzione a non svegliare la figura in riposo accanto a lei; le braccia di Draco erano ancora avvolte al suo corpo. No, non si era dimenticata di quello che era successo…e sapeva anche che presto o tardi sarebbe stato il momento di sollevare le cortine lasciando svanire la notte e permettendo al giorno di entrare.

…immagine molto poetica…

Ginny aveva postato una mano sul cuscino dando uno sguardo al ragazzo addormentato al suo fianco. Aveva sorriso. Tale padre, tale figlio; non si sarebbe mai stancata di osservarli dormire.

Draco era veramente bello, sapeva che era sciocco riferito ad un ragazzo, e la cosa a volte l’aveva infastidita. Un così bel viso d’angelo incollato su una persona così orribile…no, non era vero…

La giovane si era lasciata andare sul cuscino, trattenendo il lenzuolo con le mani e osservando il soffitto; mancavano sei ore al matrimonio.

A livello di emozioni aveva l’impressione di essere tornata una diciassettenne ad Hogworts.

Ginny aveva sentito il fruscio delle coperte e un movimento accanto a lei.

- Buongiorno. – Il mago aveva parlato con voce impastata, e dal tono utilizzato non le sarebbe servito guardarlo in faccia per capire che stesse sorridendo.

Non c’era altra cosa che la ragazza desiderasse in quel momento quanto poter rimandare oltre l’inevitabile, differire ulteriormente ciò che sarebbe avvenuto in seguito; ma per quanto fosse stata bene quella notte, e per quanto avesse significato per lei, non poteva mandare all’aria il matrimonio, non arrivata a quel punto. Era incredibilmente egoista da parte sua, ma non n’era capace…

Non era convinta di quello che stava facendo, non era innamorata di Harry, non l’avrebbe mai amato…ma non ci sarebbe stato abbastanza tempo per spiegare, per capire, e per Draco di accettare la creatura che portava in grembo…e ormai era abbastanza chiaro che non sarebbe stata capace d’ingannarlo…non dopo quanto avevano condiviso insieme. Adesso che era arrivato il momento sarebbe solo voluta scappare, ma dopotutto non si sentiva preparata a dare un simile colpo alla propria famiglia, a Harry…

…era lui il più forte, quello che sarebbe stato in grado di sopportare meglio…

…pensava di farcela, pensava di essere più forte…, invece, non n’era capace…

…che cosa avrebbe detto la gente…che cosa avrebbero scritto i giornali…pensato di lei al lavoro. Cose alle quali non aveva mai dato importanza adesso…

Ginny si era voltata di lato; Malfoy la stava osservando con la testa appoggiata ad una mano, il gomito postato sul cuscino.

- Buongiorno. – Aveva sorriso a sua volta, e le dita del giovane avevano iniziato a strofinare gentilmente la sua spalla arrivando fino alle guance.

Quegli occhi…

Non era riuscita a reggere oltre il suo sguardo; aveva abbassato il capo e si era alzata dal letto tenendosi il lenzuolo stretto al petto, estremamente consapevole dell’espressione contrariata sul viso del giovane.

Doveva crederle, faceva più male a lei.

La ragazza si era passata una mano nei capelli distrattamente, guardandosi attorno, non era come se si fosse dovuta preoccupare di poter dimenticare qualcosa dopotutto.

Draco aveva chiuso gli occhi per un istante, la voce sarebbe voluta apparire normale ma era evidentemente alterata. – Weasley ti prego dimmi che non è come sto pensando… -

Ginny non aveva parlato, stava tentando strenuamente di ignorarlo.

Non era possibile…si stava sforzando di vedere il lato comico in tutto questo, il fatto che lui lo sapesse, che si fosse lasciato fregare di nuovo come un perfetto idiota…

La ragazza aveva continuato ad osservare lo spazio attorno a sé, non sapeva neppure lei alla ricerca di cosa.

- Weasley… - Aveva pronunciato il suo nome duramente, come se la sfidasse a provare a dire che aveva ragione. Non poteva sopportare che se ne stesse lì, zitta, agendo in quella maniera assurda.

- Mi dispiace…io… - Era nervosa, incomoda, e vi era stata una sottile nota d’isteria nella sua voce.

"Ovvio", aveva pensato il giovane, si sentiva colpevole, sapeva che quello che stava per fare si trattava di un fortuitissimo errore, ed era così vigliacca che, pur di non affrontare le conseguenze delle proprie azioni, preferiva farlo comunque.

- …io credevo di poterlo fare…invece non posso… - Si era portata una mano alla tempia e si era rivolta a se stessa. - …non posso… - Aveva preso a camminare come un’ossessa per la stanza gesticolando con le mani. - …non posso, non posso… -

Ma certo…perfetto….semplicemente grandioso. Draco si era abbandonato sul letto in frustrazione. I più vivi complimenti per il tempismo e la portata della rivelazione…e no cazzo, e no, lui non era un maledetto coglione…

- Cristo Santo Weasley! – Il mago si era sollevato di scatto.

Ginny aveva avuto un sussulto, si era bloccata nel mezzo della stanza osservando il ragazzo ad occhi larghi. Era ben più che turbata. – Io… - Aveva scosso il capo. - …mi dispiace… -

- Ti dispiace? – Aveva alzato la voce. - Ah, ti dispiace?! – Malfoy si era sollevato rapidamente dal letto; la giovane aveva abbassato lo sguardo. – Sono cazzate Weasley. – Aveva raggiunto la maga con passi spediti e l’aveva afferrata per i polsi duramente costringendola a guardarlo. – Guardami! – L’aveva scossa. – Ho detto guardami! - Le stava facendo male, lo sapeva, e non era soltanto il dolore fisico per quella stretta. Voleva farle male. Voleva farle male tanto quanto lei né stava facendo a lui.

Non si era reso conto di starla ferendo più di quanto immaginasse, perché erano state veramente poche, sino a quel momento, le volte che lei aveva avuto realmente paura di lui.

Ginny aveva sollevato il capo; le sue labbra erano strette e gli occhi lucidi per via delle lacrime che si stava sforzando di trattenere. Stava tremando, era semplicemente terrorizzata. Dentro di sé sapeva che lui aveva mille e più ragioni per avercela con lei, che la sua reazione era giusta, giustificabile, che non le avrebbe mai fatto del male intenzionalmente, tuttavia, tuttavia così gli ricordava terribilmente Lucius Malfoy, tuttavia così gli ricordava terribilmente Riley Chase…

Draco si era bloccato.

Ma cosa stava facendo…

L’aveva lasciata andare. Ginny si era allontanata rapidamente da lui, aggrappandosi un istante al legno del letto a baldacchino e rivolgendo al giovane appena uno sguardo, prima di scomparire materializzandosi nel proprio appartamento.

13, luglio Londra ore 10. 15 A.M

Crak.

Ginny si era materializzata nel proprio soggiorno, appena dietro al divano; nell’atterrare un piede le era finito sul lenzuolo che teneva stretto al petto ed era stata quasi sul punto d’inciampare. Era talmente sconvolta che non si era resa conto di aver iniziato a piangere, soltanto quando aveva sbattuto gli occhi un paio di volte e si era morsa le labbra, aveva sentito il liquido ancora caldo sulla pelle del viso e il sapore del sale in bocca.

- Ginny? -

La maga, nell’udire quella voce all’ingresso, si era voltata in direzione del corridoio senza realizzare completamente quello che stesse accadendo.

- Ginny, tesoro, sei in casa? – Il tono della Signora Weasley era apparso lievemente agitato.

- Ehm…non deve preoccuparsi Signora Weasley, sono sicura che Ginny non abbia sentito il telefono… - A risponderle con fare tranquillizzante era stata la voce di Fleur; la ragazza aveva continuato la frase apparendo divertita. - …o magari non ha semplicemente resistito ed è andata a trovare Harry… -

Telefono…

Ginny aveva osservato il tavolino al centro della stanza dove il portatile era inserito nella sua base, la spia rossa della segreteria telefonica stava lampeggiando; i passi nel frattempo si erano fatti più vicini.

- A trovare Harry?! Sei ore prima delle nozze?! -

- F-forse voleva soltanto fare una passeggiata… -

- Una passeggiata… - Molly era sembrata ponderare la cosa.

Nozze…

La maga dai capelli corvini aveva spalancato gli occhi prendendo finalmente coscienza della situazione in cui si trovava; era mezza svestita nel centro del proprio salotto, con l’aspetto di una che era stata quasi assassinata a morte, mentre tutta la sua famiglia la stava disperatamente cercando perché si sarebbe dovuta sposare entro sei ore, ed adesso, sua madre e la sua damigella d’onore erano appena entrate nel suo appartamento…

La porta che dava sul soggiorno era stata aperta da Fleur. – Gin-…-

La Signora Weasley era alle spalle della nuora. – Ginny per l’amor del cielo! –

- M-mamma… - Ginny si era sforzata di sorridere, fingendo di non aver notato quello che le due donne dovevano aver pensato dello stato in cui si trovava. - …ciao… - Si era grattata il collo nervosamente. - …non ti aspettavo così presto… -

La giovane Signora Weasley era rimasta sulla porta basita e incredula, aveva ancora la mano stretta alla maniglia sulla quale stava facendo forza per continuare a reggersi in piedi. Il suo cervello si rifiutava di pervenire al risultato ottenuto elaborando le informazioni attualmente in suo possesso. Ginny-Malfoy, Ginny scomparsa; Ginny mezza nuda nel suo salotto.

…Ginny non poteva aver fatto una cosa simile…non il giorno delle sue nozze…

Molly, ancora scioccata, stava osservando la figlia in un insensato tentativo di comprendere che cosa avesse potuto ridurla in quello stato. - Tesoro…-

- Io… - La maga, in difficoltà, aveva rivolto momentaneamente lo sguardo al pavimento. - …credo che adesso, andrò a farmi una doccia… -

- …c-che cosa hai fatto? -

Ginny si era arrestata. – Oh, oh…questo dici?…aaah – Aveva asciugato prontamente le lacrime dagli occhi con entrambe le mani, come se stesse semplicemente spolverando il proprio indumento – Ma-ma no...niente, è che sono così felice che… -

La Signora Weasley portandosi una mano al petto aveva emesso un sospiro di sollievo. - …e io chissà cosa avevo pensato… -

La giovane si era sforzata di sorridere, sentiva su di sé lo sguardo per nulla convinto della cognata.

Molly sentendosi più rilassata aveva potuto dare finalmente il via alla sua predica.- Perché non hai risposto al telefono? Ero così preoccupata…ma lo sai che mancano soltanto sei ore alla cerimonia…con tutto quello che c’è da fare poi… -

Ginny aveva sorriso di nuovo in difficoltà. – Scusami… -

- Ma ora non ha più importanza. – Aveva fatto segno di lasciar correre con la mano. – Va’ a darti una bella strigliata, io e Fleur prepariamo una colazione sostanziosa e ci occupiamo di ogni cosa… -

- Va-va bene… - La maga aveva rivolto per un istante gli occhi all’amica e si era incamminata.

- Ginny, prima potrei parlarti per un momento? – Fleur aveva osservato la cognata con fare pensoso; le braccia della maga erano conserte e si stava tenendo il mento con una mano.

- Ecco… -

- Ci vorrà solo un istante… -

- Aha. -

Le due ragazze si erano appartate leggermente. - Ginny, che cosa è successo qui? -

- Qui?…Qui?…ma-ma niente. -

- Ginny… -

La Signora Weasley aveva fatto per lasciare la stanza.

- Niente, davvero… -

Un momento…che cosa aveva appena detto sua madre? Che cosa andava a fare? U-una colazione sostanziosa…

La cucina!

Ginny aveva posato le mani sulle spalle della cognata facendola da parte. - Fleur scusa un attimo… - Senza prestare più attenzione alla ragazza alle proprie spalle, si era lanciata all’inseguimento di sua madre chiamandola con voce squillante. – Mamma… – Era comica a trascinarsi con le lenzuola che le impacciavano i movimenti. – Mamma-mamma-mamma-mamma… -

Molly si era arrestata proprio sulla soglia della cucina senza guardare al suo interno. – Tesoro… -

La ragazza aveva messo un braccio attorno alle spalle della donna tentando di trascinarla via. – Sai a cosa stavo pensando? Sono così agitata che credo rimetterei tutto quanto… - Sfortunatamente il suo stomaco traditore non aveva voluto cooperare, o meglio, il bambino. Aveva fame.

- Forse, ma credo, tesoro, che se tu non metterai qualcosa sotto i denti al più presto, all’altare non ci arriverai neanche strisciando… - La donna aveva fatto per voltarsi quando Ginny gliel’aveva impedito nuovamente. – Mamma-mamma-mamma… -

Non c’erano stati santi. - Ginny, devi mangiare qualche cosa. –

La giovane Weasley aveva chiuso gli occhi, ed aveva atteso l’arrivo delle grida della donna, rimanendo con i pugni in aria e i denti stretti.

Silenzio.

Molly era entrata in cucina e aveva iniziato a trafficare con le pentole.

Ma…

Ma cosa…

La maga si era sporta per dare un’occhiata all’interno della stanza.

Era tutto in perfetto ordine…

- Hai rotto dei piatti, tesoro? -

Ginny era avanzata di qualche passo, la Signora Weasley aveva continuato ad occuparsi della colazione imperterrita. - Come? -

- Ci sono dei piatti rotti in pattumiera.-

- Oh… - Aveva risposto la prima cosa che le era venuta in mente. - …Din. -

La donna non aveva prestato attenzione.

Din…

Si era completamente scordata di lui. - Diiiiiiiin!…Mamma, dov’è Damian? Pensavo lo avresti portato qui… -

- … -

- M-mamma? -

La Signora Weasley aveva interrotto la propria occupazione e si era voltata. – Ecco…tesoro, questa mattina era un poco agitato e… -

Non capiva. - E? -

- … -

Che cosa diavolo significava quel silenzio! - E? -

- …c’è stato un piccolo incidente… -

La reazione di Ginny era stata a dir poco spropositata. - C’è stato un piccolo incidente?! Che cosa vuol dire che c’è stato un piccolo incidente?! -

Molly si era asciugata le mani nello straccio, appariva lievemente imbarazzata.

- Ecco…nulla davvero tesoro…non volevamo dirtelo per evitare che tu stessi in pensiero…Damian questa mattina è scappato… -

- Che cosa?! – La giovane si era immediatamente animata. – Che fine ha fatto il mio bambino?! – Non poteva crederci, era assurdo…lo affidava a sua madre perché di lei si fidava, perché stesse tranquillo e non fosse coinvolto nei preparativi, e lei dopo dieci minuti buoni che era arrivata in casa sua le diceva in tutta calma che non sapeva che fine avesse fatto…

- Ginny, George lo sta già cercando…sono sicura che si tratta solo di una bravata, sai come sono fatti i bambini vogliono attirare l’attenzione…tu oggi ti sposi… -

La maga aveva piegato il capo scuotendolo, massaggiandosi il volto con una mano, quando aveva sollevato il viso di nuovo, la sua espressione era stata di fredda determinazione. – Sia ben chiaro una cosa mamma, io se non salta fuori il mio bambino non sposo proprio nessuno… -

- Ginny… -

Ginny era tempestata fuori della cucina andando a sbattere in pieno contro Fleur.

- Gin-… - La cognata avrebbe voluto chiederle che cosa stava accadendo ma non le era stato dato il tempo. - …-ny… -

- Ginny! – Molly si era sporta leggermente dalla stanza.

La porta della camera da letto della ragazza era stata sbattuta.

13, luglio Londra ore 10. 32 A.M

Ginny aveva già indossato una maglietta colore salmone, dal taglio sportivo e i laccetti davanti, e un paio di vecchi jeans, quando la Signora Wesley aveva aperto la porta della stanza; la maga era seduta sul letto e si stava infilando le scarpe da ginnastica.

- Ginny per l’amor del cielo, dammi ascolto…Din è un bambino vivace e molto sveglio, presto scopriremo che si è nascosto qua attorno con l’unico risultato che… -

- No. – Aveva parlato duramente. – Mi hai capito mamma? No. – Si era alzata andando a prendere la bacchetta adagiata sopra la toilette. – Stiamo parlando del mio bambino, mio figlio, e credo che sia leggermente più importante di una stupidissima cerimonia… -

Fleur si era presentata sulla soglia della camera facendo cenno alla nuora di lasciarla sola con la cognata.

La maga dai capelli corvini aveva sospirato. – Che cosa c’è adesso? –

- Ascoltami Ginny, stavolta credo che tua madre abbia ragione… -

- Che cosa?! -

- Senti…se tu lo stai facendo perché non ti vuoi sposare con Harry allora è ok, ma se lo fai perché…è il giorno del tuo matrimonio Ginny, e sia tu che io che tua madre o chiunque altro sappiamo che l’unico motivo per il quale Din lo ha fatto è che non vuole che ti sposi…e sappiamo benissimo che se salterà fuori sarà solamente passata d’un pezzo l’ora della cerimonia. È da ieri sera che Damian ha iniziato a nascondersi ovunque e non ha smesso di fare i capricci un solo istante…non è una novità, sarebbe perfino stato strano il contrario…George lo sta cercando, Bill, Fred, Charlie, e tuo padre lo stanno cercando…perciò se mi dici che non vuoi sposarti e hai deciso di prendere la scusa di Diamian è un conto, altrimenti è ora che inizi a prepararti per la cerimonia. -

Ginny era rimasta per un istante immobile, stava pensando a quelle parole.

- Allora? -

La ragazza aveva chiuso gli occhi ed emesso un sospiro. – Vado a fare la doccia, chiamami se si hanno notizie di Din. –

- Sicura? -

Aveva annuito.

13, luglio Londra ore 03. 40 P.M

Damian era stato trovato venti minuti prima, quando Ginny non aveva più resistito e aveva detto a sua madre che voleva mandare all’aria la cerimonia ed andare a cercare il suo bambino, George era entrato nella saletta di prova con il piccolino fra le braccia; si era nascosto nel capanno delle scope quella mattina e non l’avrebbero trovato se non fosse stato per l’allergia del bimbo al pollame. Avevano seguito gli starnuti e avevano trovato Din appollaiato assieme alle galline, il piccolo, si era spaventato a morte perché non riusciva a respirare bene ed era caduto fuori del suo nascondiglio rompendosi il naso; adesso stava bene ma aveva una mega intelaiatura di garze nel bel mezzo del visino, il Medimago Fix aveva detto che se l’avessero curato con la magia sarebbe stato senz’altro più rapido ma gli avrebbe fatto più male, perciò avevano preferito rifarsi alla vecchia maniera Babbana.

La giovane, finalmente ripresa dallo spavento e dall’ansia, si era resa conto che sarebbero mancati soltanto venti minuti alla cerimonia così, piazzata immobile davanti al grande specchio, era rimasta a contemplare la propria immagine piena di dubbi, timori, ripensamenti, e rimorsi. Continuava a rigirare attorno al dito l’anello di Draco, in tutto quel trambusto si era scordata l’anello della madre di Harry a casa…

Che cosa stava facendo lì…

…vestita come una gigantesca meringa…

Aveva controllato, la finestra era stata inchiodata dall’esterno; non che avesse avuto intenzione di usarla, era stato più che altro per curiosità. Chi potrebbe mai aver avuto un’idea del genere?

Ginny aveva indosso l’abito bianco scelto con Fleur quel giorno al negozio; non era così orribile, dopotutto, non lo era affatto; era costituito da un corpetto rigido di seta bianco, composto d’alcune liste verticali, la parte superiore, che comprendeva parte del collo e le maniche, era di tessuto trasparente, partiva da dove terminava il bustino e terminava con dei nastri avvolti attorno, e da una gonna a campana di seta anch’essa. I capelli erano stati lasciati al naturale, Hermione vi aveva però inserito alcuni fiorellini.

Chissà se si erano liberati anche di tutti gli oggetti taglienti, nel caso che in quei diciassette minuti le fosse venuto in mente di tagliarsi le vene…l’attesa era un tale strazio…non le sembrava di stare per sposarsi quanto di dover andare a ripetere l’esame di Anatomia comparata…l’aveva semplicemente detestato, forse perché il professore era una vera carogna…

Ma cosa le veniva in mente adesso…

Basta. Doveva distrarsi…

La giovane si era guardata attorno alla ricerca di un’occupazione.

La radio. Perfetto.

Ginny aveva armeggiato con l’apparecchio, la musica era partita quasi immediatamente.

Is it love tonight*

When everyone's dreaming

Of a better life

In this world

Divided by fear

We've gotta believe that

There's a reason we're here

Yeah, there's a reason we're here

Cause these are the days worth living

These are the years we're given

And these are the moments

These are the times

Let's make the best out of our lives

Non era possibile…

See the truth all around

Our faith can be broken

And our hands can be bound

But open our hearts and fill up the emptiness

With nothing to stop us

Is it not worth the risk?

Yeah, is it not worth the risk?

Aveva cambiato immediatamente stazione, ed aveva incrociato le braccia; la voce di un uomo stava elencando la classifica delle canzoni.

Qualcuno doveva avercela con lei, non poteva esserci altra spiegazione…

Toc. Toc.

Forse le erano venuti a dire che il soffitto della cappella era crollato misteriosamente e che non si sarebbero potute celebrare le nozze…

Sì, probabile…sogna Ginny…

- Avanti. -

Sua madre doveva aver avuto in mente uno di quei discorsi "da madre a figlia", ma non importava, se le fosse servito a non pensare sarebbe andato bene anche quello, chissà che magari le avesse fatto una rivelazione che…sì, già, neanche fosse Budda…ma cosa stava dicendo…

Prima notte tra noi**

Con i piedi tra i tuoi

Vestiti sparsi qua e là

E di un letto per 2

E bastava metà

Non puoi scordarlo

La porta era stata aperta rivelando l’ultima persona che la giovane si sarebbe aspettata di vedere lì, e il cuore di Ginny si era fermato.

Draco.

La maga aveva spalancato gli occhi. No…di tutte le persone…

…perché proprio adesso…

Il giovane era entrato tranquillamente con le mani in tasca, appariva calmo, troppo calmo. – Ciao. –

Ginny aveva osservato l’orologio sulla parete. Si sposava tra quindici minuti.

- Mi sposo fra… -

- Quindici minuti. -

Sto scrivendo da qui

Un messaggio per te

Ci sto provando già da un po’

La mia mano però

Non sta dietro alle idee

La maga era attonita…non era neanche sicura che la persona di fronte a lei fosse reale, aveva abbassato lo sguardo; era così assurdo…

Gli occhi della ragazza erano tornati su quelli del giovane; Draco non aveva interrotto un istante il contatto con i suoi. - Non farlo, sei ancora in tempo Weasley, vieni via con me… -

Il mattino arriva sai

Ma non siamo pronti noi

Con la rabbia non si và in nessun posto

Sì, senza dubbio doveva trattarsi di un’allucinazione.

- …o ti porterò via di peso. -

Una risata era scappata dalle labbra della ragazza, dopotutto non si trattava di un’allucinazione; aveva fatto per parlare ma Malfoy l’aveva bloccata. Il mago aveva preso il viso di Ginny fra le mani. – Ginny… -

Era rifuggita al suo sguardo. - Non posso… - Ed era stato a mala pena un alito.

La fronte di Draco si era contratta. – Per la miseria Weasley! Guardami! … - Lo aveva gridato.

Come pensi che io

Faccia a meno di te

Lo vedi che ti cerco già

Non è tardi per noi

Tardi è dirsi di no

O dirmi che non puoi

La giovane si era sottratta alla presa del mago.

Perché doveva rendere tutto più difficile…

Il ragazzo aveva mosso qualche passo e l’aveva bloccata per il polso. – E no, stavolta no. Si può sapere cos’è che non va? Perché sinceramente non lo capisco…Come puoi pensare di rinunciare così in fretta? Come puoi far finta di niente dopo quanto è successo ieri notte? Spiegami perché vuoi sposare Potter e io uscirò dalla tua vita, spiegami il perché e io me ne andrò seduta stante da quella porta senza cercarti mai più. Dammi una buona ragione, una sola buona ragione per cui lo stai facendo e ti giuro che ti lascerò in pace e la smetterò di tormentarti… -

Ma se il tempo che vuoi

Per rifletterci su

È un modo per mandarmi via

Come pensi che io sia d’accordo con te

- Vuoi saper una ragione…solo una ragione e non farai più parte della mia vita, non mi cercherai più, non mi chiamerai più, e accetterai che io d’ora in avanti sarò la moglie di Harry… -

- Una sola ragione Weasley e non sarai più costretta a vedermi. -

- Sei così sicuro di te, vero? -

- Una ragione. -

Ginny si era fatta seria. – Bene. Io amo Harry. -

Draco le era scoppiato a ridere in faccia.

Le promesse tra di noi

Non le ho mantenute mai

Ma la notte sai non può

Tradire l’alba

- Che cosa c’è di così divertente? -

- Scusa, intendevo una ragione credibile… -

- Falla finita, hai detto una ragione e io te l’ho data, ora vattene. – Si era arrabbiata, aveva cercato di liberarsi dalla presa del mago.

- E no… - Malfoy aveva preso anche l’altro polso della maga. - …non così in fretta…mi ami? -

- Cosa? Starai scherzando… -

- Affatto. Mi ami? -

- Non intendo rispondere alla domanda. -

- Mi ami? -

- Smettila, smettila immediatamente. -

Come pensi che io

Faccia a meno di te

Lo vedi che ti cerco già

Se davvero vai via

So che almeno vorrei

Guardarti in faccia

- Weasley è semplice mi ami o non mi ami? -

- Non è questo il punto. -

- Mi ami? -

- Sì, maledizione, sì ti amo…va bene? Ti amo…devo sillabartelo? Ti amo. Vuoi che lo gridi, è questo che vuoi? Mi vuoi sentire gridare? -

Come pensi che io

In due righe così

Ci metta tutto quel che sei

Non è tardi per noi tardi è dirsi di no

O dirmi che non puoi

Non dirmi… Non dirmi… Non dirmi no

Le aveva dato una leggera scossa. - No, razza di stupida, voglio sapere perché per te è così importante sposare Harry. –

- Falla finita, falla finita, falla finita… -

- Perché Weasley?! -

- Perché sono incinta va bene!? Aspetto un bambino. – Quando si era resa conto di ciò che aveva detto era stato tardi, si era portata rapidamente una mano alla bocca.

Draco aveva lasciato cadere la presa, incredulo e totalmente alienato, era rimasto a fissare la giovane alla ricerca di qualcosa nel suo sguardo che gli desse conferma di aver capito bene.

Non dirmi… Non dirmi… Non dirmi no

Prima notte tra noi

Con i piedi tra i tuoi

Vestiti sparsi qua e là

E di un letto per 2

E bastava metà

Non puoi scordarlo

Appunto…

Ginny si era allontanata di alcuni passi, gli occhi le avevano iniziato a riempirsi di lacrime. Alla fine, se non altro, c’era riuscita, gliel’aveva detto, sembrava aver trovato una ragione sufficientemente buona…

- È uno scherzo… -

Continuando a dargli la schiena, la ragazza aveva scosso il capo.

- Quando? – Draco aveva alzato le mani. – Anzi, lascia perdere…non voglio saperlo… -

La giovane non aveva mosso un muscolo per replicare.

Nooooooooo

Nooooooooo

Non puoi scordarlo

Nooooooooo

Nooooooooo

Non puoi scordarlo

Malfoy si era portato le mani in tasca, aveva un’espressione dura sul viso. - Sai una cosa? Avevi ragione…sarebbe stato un grosso errore…permettimi di dire solo una cosa, non sono io ad avere qualcosa che non funziona Weasley…non è la mia famiglia a non andare, è la tua…lei e il tuo piccolo gruppo di amici…sorridi piccola Weasley non sarò io a rovinare il tuo giorno perfetto, è una cosa che ti riesce benissimo anche da sola. -

Il mago aveva fatto per andarsene ma si era fermato, Ginny in tutto questo non si era mai voltata. – Ah dimenticavo, forse non capisco molto bene certe cose, ma…sorvolando il fatto che credevo tu non potessi avere figli, ho sempre creduto che nella tua logica contorta i bambini si facessero perché si volesse costruire qualcosa insieme, e non il contrario, comunque… -

Draco si era sporto per aprire la porta.

Toc. Toc.

- Ginny? Ginny va tutto bene? Ho sentito delle grida…di là siamo quasi pronti… -

Harry.

Malfoy si era voltato a dare uno sguardo alla maga.

Virginia Weasley, ancora di spalle, si sarebbe potuta anche mettere a ridere. Qualcosa poteva andare incredibilmente peggio quel giorno?

- Ginny? -

Incuriosito da ciò che avrebbe fatto la giovane, Malfoy era rimasto fermo sulla porta.

- Ginny? Io entro… -

Harry aveva ruotato la maniglia e la prima cosa che si era ritrovato di fronte era stata Draco Malfoy. L’espressione del mago si era irrigidita. - Che cosa ci stai facendo qui Malfoy, non mi sembra che qualcuno ti abbia invitato… -

- È vero… - Draco aveva lanciato un’ulteriore occhiata a Ginny. La ragazza si era morsa le labbra, si sentiva come se fosse stata appena schiaffeggiata in pieno viso. - …volevo solo fare gli auguri agli sposi… - Il giovane aveva spostato lo sguardo ad Harry. - Sarà meglio che vada…congratulazioni paparino… -

La maga dai capelli corvini si era gelata.

Harry era stanco di quella presenza ormai costante nel rapporto fra lui e Ginny; con voce rassegnata, si era rivolto all’ex compagno di scuola per sentire quale altra cavolata si sarebbe inventato. - Di che accidenti stai parlando Malfoy… -

La giovane Weasley aveva chiuso gli occhi.

Draco si era arrestato e aveva parlato come se stentasse a credere ciò che aveva appena sentito. – Come? Potter, andiamo, vuoi farmi credere che non lo sai… -

Ora il mago era proprio esasperato. Non solo aveva avuto il coraggio di presentarsi lì, il giorno del suo matrimonio, e di chiudersi in una stanza con la sua fidanzata, mancavano tre minuti all’inizio della cerimonia e se ne saltava fuori con le sue trovate. - Te lo ripeto per la prima ed ultima volta di che accidenti stai parlando? –

Draco si era rivolto alla giovane per cercare di capire quello che stava accadendo; aveva alzato le sopracciglia. – Non glielo hai detto… - No, questo era semplicemente troppo anche per lei…

- Dirmi cosa Malfoy. – Harry aveva sibilato a denti stretti.

Era stata Ginny a parlare, ormai non aveva più senso fare finta di niente. – Sono incinta. –

- Che cosa?! – Il mago aveva guardato la giovane come se avesse di fronte una completa estranea. Non era possibile…ma cosa…- Ma come… - Si era portato una mano in mezzo alla fronte scuotendo il capo. No…non aveva il minimo senso…era semplicemente assurdo…

Malfoy sentiva di aver perso qualche passaggio. Qualcosa non andava. Un momento… - Si può sapere quale accidenti è il tuo problema Potter? –

Harry aveva fulminato il rivale con uno sguardo. – Il mio problema Malfoy è che io e la nostra cara Ginny non abbiamo mai dormito insieme… - Aveva concluso la frase guardando, in maniera sprezzante, quella che fino a tre secondi fa aveva considerato la sua fidanzata; la persona che al mondo aveva creduto di conoscere meglio, la futura madre dei suoi figli, l’essere più vero e più puro che non avesse mai avuto l’occasione d’incontrare.

Malfoy aveva chiesto conferma alla ragazza. - È vero? -

Ginny aveva chiuso nuovamente gli occhi e aveva annuito col capo. Sembrava che infine le carte fossero state scoperte, e nel peggiore dei modi…

Tutta quella storia si era rivelata un errore fin dall’inizio, come aveva potuto credere di riuscire a fare una cosa del genere, che cosa l’aveva portata a pensare che mentire a tutti quanti fosse la cosa giusta…la migliore.

Mio Dio fin dove aveva spinto le cose, fino a che punto sarebbe andata avanti, avrebbe potuto continuare?

Avrebbe voluto trovare le parole adatte per giustificarsi, per spiegare, ma sapeva che arrivata così lontano non sarebbe servito a nulla; aveva commesso troppi sbagli, fatto troppo male, non era nemmeno più sicura di cosa fosse giusto dire. Sentiva di non avere in mano più nulla, di aver guastato tutto, ogni cosa… - Harry… -

Draco era rimasto con gli occhi puntati sulla maga. Ma allora…

Harry aveva fissato la ragazza con sguardo incomprensibile. – Dimmi solo una cosa…è suo? –

L’espressione di Ginny era divenuta confusa. Come…? Aveva scosso il capo.

Il mago aveva accennato. - Bene, la cerimonia inizia fra poco. Vedi di farti trovare pronta. – Era stato gelido, ma non era stato il tono della sua voce a sorprendere la ragazza quanto le parole che aveva pronunciato. Voleva sposarla comunque?

- Come? – Si era trattato solo di un bisbiglio; era troppo incredula perché potesse comprendere appieno la portata di quelle parole e formulare una risposta coerente. – A-aspetta Harry…stai dicendo che vuoi sposarmi lo stesso? -

- Mi sembra ovvio, non cambia niente. Hai detto che il bambino non è suo, giusto? -

Era irragionevolmente assurdo. – Quindi non t’importa assolutamente chi sia il padre? –

- No. -

- Fammi vedere se ho capito bene…ti va bene lo stesso, basta che il padre non sia lui? -

Harry aveva dato uno sguardo all’orologio al proprio polso. – Siamo già in ritardo. –

Lo aveva gridato in frustrazione. - Ma non va bene a me! – Aveva scosso il capo. – Nooo…Harry! - Era esasperata da quell’atteggiamento, dalla situazione. - Ti rendi conto di quanto sia assurdo tutto questo? – Si era portata le mani giunte al viso. – Merlino… -

Non ce la faceva più…basta…basta…

…era riuscita a tirare fuori il peggio di tutti loro, compresa se stessa…

Pancy…

Sei così prevedibilmente buona e sincera Ginny, che non riesci neppure a fingere di aver sentimenti per una persona quando non è così. Piccola Ginny sei troppo onesta per gli ipocriti che ti circondano, quindi, voglio darti un consiglio, se ami, ama più che puoi e con tutto il tuo cuore e non vergognarti qualunque sia l’oggetto del tuo affetto. Con la sincerità si feriscono gli altri, ma con le bugie facciamo del male anche a noi stessi.

…"prevedibilmente buona e sincera"…

…se l’avesse vista in quel momento…il giorno del suo matrimonio con una persona che non amava, a pochi secondi dalle nozze, dentro ad un vestito che non aveva alcun significato, tentando di fingere una felicità che non provava, ingannando la sua famiglia, deludendo suo figlio, respingendo l’unica persona che per lei contsse qualcosa, incinta dell’uomo che l’aveva violentata, chiusa in una stanza accanto alla cappella gremita di gente, non riusciva neanche più a tenere la testa alta sotto il perso delle proprie menzogne…

…stentava a riconoscersi perfino lei…

Era arrivata a non distinguere più la realtà dalla menzogna; non capiva più nulla, soltanto una cosa le era chiara: si era andati troppo oltre. Era ora che qualcuno chiudesse quella specie di farsa; lei aveva iniziato, e adesso, lei avrebbe rimesso a posto le cose, o perlomeno ci avrebbe provato.

Ginny aveva preso un respiro. – E va bene… - Non ci sarebbe stato un modo facile per farlo.

La ragazza si era rivolta all’uomo con il quale avrebbe dovuto sposarsi, niente bugie questa volta, la verità, a costo di perdere tutto. – Harry… - La voce aveva tradito le sue emozioni, l’incertezza, l’esitazione, il desiderio di fare per una volta la cosa giusta. - …mi dispiace. -

Sul volto della maga era apparso un sorriso triste. - Mi dispiace…ma non posso sposarti, non così… - Aveva fatto una pausa nella quale aveva preso un altro respiro. – …Harry, tu non mi ami…non mi ami…se mi amassi, no…- Stava divagando. - …vuoi soltanto trovare l’ennesimo modo per colpire Draco ma non siamo più a Hogwarts…torna da Luna Harry…va da lei, parlale, risolvete le cose…lei ti ama, e tu la ami, è colpa mia se le fra voi non ha funzionato, e adesso voglio provare a rimediare. - La ragazza aveva ingoiato il groppo che aveva in gola. - Andrò io di là a spiegare ogni cosa agli invitati, a spiegare perché oggi Virginia Weasley non sposerà Harry Potter, è compito mio, è colpa mia, e me n’assumo la completa responsabilità… -

Harry aveva mantenuto gli occhi al pavimento tutto il tempo.

- Harry… - Ma il mago con la mano aveva impedito che proseguisse. Senza un’ulteriore parola o sguardo, aveva lasciato la stanza sbattendo la porta.

Rimasta ad osservare la porta chiusa, Ginny, aveva capito una cosa, quel giorno il suo rapporto con Harry era stato compromesso per sempre, e fra poco lo sarebbe stato anche quello con la sua famiglia. Non era come se lo sarebbe aspettato, tuttavia, aveva il sospetto che non avrebbe potuto esservi un altro modo perché entrambi potessero andare avanti. Pensava avrebbe fatto più male…invece aveva lasciato nell’aria un sapore dolce-amaro.

Draco, che fino allora era stato ad osservare in silenzio, si era deciso a parlare. Nemmeno per lui era facile accettare o comprendere ciò che era appena avvenuto lì dentro, né poteva esserlo prevederne le implicazioni, qualcosa però era successo. – Ti sei pentita? –

La ragazza aveva voltato il capo come se non avesse avvertito fino a quel momento che il giovane si trovasse ancora nella stanza, tuttavia non aveva risposto, stava ancora cercando di scendere a patti con se stessa per ciò che aveva appena fatto, per le conseguenze che presto ci sarebbero state.

Malfoy era rimasto ad attendere senza forzarla ad una risposta, sapeva che quando la giovane fosse stata pronta ad interagire con lui lo avrebbe fatto.

Ginny aveva preso nuovamente coscienza di sé ed aveva guardato il mago negli occhi. - È tardi per pentirsi…comunque no… -

Draco aveva annuito impercettibilmente. Era come se si fosse creato un delicato equilibrio che entrambi stentavano a rompere. - Che cosa intendi fare adesso? -

- Non lo so. -

- È di Chase, vero…? -

La maga aveva assentito col capo.

- Lo terrai? -

- Sì. -

- Capisco… -

- Non è vero… -

- Già. -

- Weasley senti io…non ce la puoi fare da sola… -

- Ti stai offrendo di sposarmi? -

- … -

- No, lo immaginavo… -

- Senti, cerca di capire… -

- Guarda che non devi mica giustificarti. -

- … -

Ginny aveva sollevato leggermente l’abito bianco dal pavimento. - Adesso scusami, di là ci sono delle persone che vorranno avere delle spiegazioni. –

- E sia. -

La ragazza si era arrestata. – Come? –

- Va bene, se per averti devo accettare il figlio di Riley Chase… - Al giovane non era stato permesso di continuare, Ginny gli aveva posato le dita sottili sulle labbra.

- Non dirlo…ho già perso un padre per questo bambino oggi, non voglio essere costretta a perderne un altro… -

Aveva prelevato la mano della maga. - …allora non farlo, sai che sarei disposto… -

- …shhh, mi detesterei per il resto della mia vita se accettassi, e finiresti per detestarmi anche tu…non posso chiederti di accettare il figlio di qualcun altro…e anche se adesso hai le migliori intenzioni, domani potresti non esserne capace, o non pensarla più così…no. - Draco aveva permesso alla sua mano di andare; abbassando il capo, Ginny si era apprestata ad uscire.

- Soltanto una cosa Weasley, perché Potter? -

Lo sguardo nei suoi occhi era stato la risposta. Senza aggiungere un’ulteriore parola, la ragazza aveva lasciato la stanza.

13, luglio Londra ore 04. 08 P.M

Cinquecento invitati erano stati chiamati ad assistere alla cerimonia; cinquecento persone intente a bisbigliare fra loro, ognuna delle quali, domandandosi il perché di quell’attesa.

Sull’altare il pastore, vistosamente imbarazzato, stringeva convulsamente il libro delle celebrazioni, lì accanto, Ronald Weasley, il testimone dello sposo, lanciava sguardi preoccupati all’orologio; in sottofondo il quartetto d’archi si stava esercitando in alcuni passaggi nei quali si sarebbe dovuto esibire durante la cerimonia.

Le damigelle della sposa si osservavano l’una l’altra senza sapere che cosa pensare, mentre la sua famiglia, rossa in viso per la vergogna, cercava piuttosto goffamente di simulare la calma, Arthur Weasley con sguardo mesto stretto al proprio cappello; la Signora Weasley con occhi larghi, bocca serrata, e braccia postate rigidamente in grembo.

Ginny aveva percorso il lungo corridoio in un leggero stato d’apprensione, non si trattava di vera e propria ansia, sapeva cosa avrebbe provocato quanto si apprestava a compire e aveva accettato la piena responsabilità di quel gesto; era ciò che restava da fare. Aveva persino scoperto, sorprendentemente, di non aver paura di trovarsi là dentro, sola, davanti a tutti. A che scopo agitarsi? Non intendeva rendere ridicolo nessuno col proprio comportamento e voleva provocare la minore sofferenza possibile; riflettendoci bene, non le importava ciò che avrebbero potuto pensare persone che nemmeno conosceva e per le quali non nutriva la benché minima stima…

La maga aveva raggiunto l’ingresso della sala, la musica aveva iniziato a suonare, e cinquecento teste si erano voltate verso di lei. Senza udire una parola dei commenti che le piovevano attorno, e non prestando alcun’attenzione alle domande e ai gesti di richiamo dei propri famigliari, Ginny aveva continuato a camminare con passo deciso; soltanto quando era stata a metà del tappeto rosso, il quartetto d’archi aveva interrotto la musica.

Raggiunto l’altare, la ragazza era salita sui gradini e, ignorando il fratello, si era avvicinata al celebrante. – Padre. – Ginny aveva preso il posto del religioso. – Permette? –

L’uomo era apparso sorpreso ma, felice di non essere più il centro dell’attenzione, si era fatto da parte.

- È acceso? – Riferita al microfono.

Il pastore aveva annuito.

- Posso avere per un momento la vostra attenzione? -

Il cicaleccio si era arrestato bruscamente.

- Grazie. –

Era il momento.

- Vi ringrazio per essere venuti fin qua oggi, considerato lo scarso preavviso col quale sono stati consegnati gli inviti, e mi dispiace che siate stati costretti ad attendere così a lungo, vi chiedo di pazientare solo un altro istante, grazie. – C’era stata una pausa. – Non potete immaginare quanto mi abbia fatto piacere la vostra presenza qui in questo giorno, ed è con estrema difficoltà che sono costretta a comunicarvi che quest’oggi non sarà celebrato alcun matrimonio. – Nel parlare aveva utilizzato un tono semplice e calmo; forse non era apparsa felice, o allegra, ma sicuramente serena.

Vi era stato un boato, le voci si erano nuovamente sovrapposte fastidiosamente le une alle altre.

Molly Weasley aveva perduto i sensi fra le braccia del marito.

Ginny era stata costretta ad alzare la voce. - Con questo… - Aveva proseguito giovialmente. - …visto che è già stato tutto pagato, in segno di scuse, per quanti di voi vorranno rimanere, nella sala accanto, i festeggiamenti proseguiranno ugualmente… -

La maga aveva accennato un debole sorriso e rivolto un ultimo sguardo alla sua famiglia. - Scusate. – Sollevando da terra l’abito, era scesa dall’altare.

13, luglio Londra ore 04. 13 P.M

Aveva già deciso di rimandare le spiegazioni con la propria famiglia, sinceramente non se la sentiva di dover affrontare il clan Weasley al completo in simili condizioni, ed era cosciente che qualsiasi cosa avesse detto in quel momento non avrebbe fatto alcuna differenza. Non l’avrebbero nemmeno ascoltata…

Aspettandosi la reazione di Ron e degli altri fratelli, Ginny aveva fatto in modo d’ignorare quanto stava avvenendo attorno a sé ed era scomparsa nella stanzetta solitamente utilizzata dai preti per cambiarsi prima delle funzioni; il piccolo spazio comunicava attraverso un’uscita secondaria direttamente con l’esterno.

Chiudendo la porta alle proprie spalle, la ragazza si era sentita finalmente in salvo; come previsto, dall’altra parte, le voci dei giovani Weasley avevano richiesto insistentemente di poter entrare.

- Ginny apri! -

- Andiamo Gin vieni fuori! -

- La mamma si è sentita male… -

- Ginny?! -

- Si può saper cos’è successo? -

Ginny aveva inclinato la schiena contro la porta chiudendo gli occhi nel tentativo di lasciare all’esterno tutti i rumori. Si sentiva esausta. Non poteva credere di essere stata lei a causare quello scompiglio…

…almeno era finita…

Recuperando le forze, aveva slacciato il retro del collo dell’abito e i nastrini avvolti intorno alle maniche; passando poi a sbottonare l’interno della parte iniziale del corsetto, dove lo strato di tessuto trasparente era tenuto fermo, liberandolo così da quell’accessorio fastidioso.

Finalmente poteva respirare…

Che cosa avrebbe fatto adesso? Già, bella domanda…

Grat, grat, grat, grat.

La maga era stata distratta da uno strano rumore proveniente dalle sue spalle. - Mh? -

Strano.

Non c’era nessuno…

Grat, grat, grat, grat.

Ginny, piuttosto confusa, aveva osservato sospettosamente la porta prendendo a massaggiarsi il collo.

Sembrava che là fuori vi fosse un gatto che stesse graffiando insistentemente la porta per ottenere l’accesso alla stanza. Solo un piccolo particolare, lì non c’erano gatti.

Non aveva chiuso a chiave, aveva dato per scontato che i suoi fratelli avrebbero presunto il contrario non facendo alcun tentativo per entrare; molte delle persone invitate alla cerimonia erano Babbani, perciò non si sarebbero neppure presi la briga di utilizzare la magia.

Grat, grat, grat, grat.

Nella stanza adiacente si era creata non poca confusione, alcuni invitati non si erano accontentati delle spiegazioni fornite dalla maga ed erano rimasti all’interno della chiesa, desiderosi di cogliere nuovi dettagli e assistere a succulenti sviluppi della vicenda; i numerosi parenti della sposa si erano accalcati attorno ai coniugi Weasley per chiedere delucidazioni o per prestare soccorso a Molly.

Arthur, Hermione, Fleur, Bill, Tonks, e il professor Lupin, erano accanto alla donna semi inconscia, stavano cercando di farla riavere, mentre Ron, Charlie, Fred, e George, rivolgendo le spalle alla porta dietro alla quale si era chiusa Ginny, stavano discutendo concitatamente un modo per costringere la sorella ad uscire.

Misya, in disparte, si era accollata l’ingrato compito di badare al vecchio zio Russel; il quale aveva estratto dalla giacca una fiaschetta sospetta e, augurando felicità agli sposi, aveva iniziato a bere.

In tutto questo, nessuno aveva badato ad una piccola figura che, muovendosi all’ombra degli adulti, senza attirare su di sé l’attenzione, era riuscita dove avevano fallito tutti gli altri.

Din aveva grattato alcune volte la porta utilizzando le piccole unghiette, poi, non ricevendo risposta, si era alzato sulle punte dei piedini e aveva ruotato la maniglia.

- Ginny? -

13, luglio Londra ore 04. 17 P.M

- Ginny? -

Il piccolo Malfoy era entrato nella stanza e aveva richiuso la porta proprio sotto il naso dei suoi zii, nessuno si era accorto di qualcosa. Vedendo il figlioletto e trascorso lo stupore iniziale, la maga non aveva potuto fare a meno di sorridere. - Din… -

Era vero non c’erano gatti, soltanto una picolissima volpe bionda; incredibile che l’unico là fuori ad aver semplicemente provato a ruotare la maniglia fosse un bimbo di cinque anni.

- …amore… - Merlino, con quell’intelaiatura sul nasino era un vero spettacolo. - …cosa ci fai qui? -

- Non capisco…che cosa succede là fuori? Perché tutta quella gente si comporta in modo così strano? -

Che cosa avrebbe mai fatto senza il suo piccolo ometto?

La ragazza, sorridendo, si era chinata per prendere fra le braccia il bambino. – Vieni qui… - Sollevandolo da terra aveva consolidato la presa. - …oppla… -

- Ginny? -

- Vedi amore…tutte quelle persone…la maggior parte delle quali io e te neppure conosciamo… - Dicendolo aveva dato un buffetto alla fasciatura sul viso del bimbo; Damian aveva provato a raggrinzire il nasino ma si era ritrovato impossibilitato. – Aio… - Il piccolo si era portato entrambe le manine a coprirsi la parte dolorante.

Ginny aveva sorriso. - …sono un poco nervose perché la mamma ha detto loro che hanno fatto tanta strada per niente… -

- Perché Ginny? -

- Perché…si aspettavano di vedere la mamma sposare lo zio Harry… -

Din non era apparso propriamente convinto. – Non era quello il matrimonio Ginny? –

- Mpf. – La ragazza aveva dovuto sforzarsi per non mettersi a ridere. – Direi proprio di no, amore… -

- Ah. – Din aveva annuito comicamente col capo.

- Ah. - Ginny aveva ripetuto, facendogli il verso e strofinandogli il naso sulla fronte.

- Ginny? -

- Sì? -

- Non lo sposi più lo zio Harry? -

Dubitava sinceramente che l’avrebbe voluta persino vedere di nuovo, figuriamoci sposarla… - No, non credo proprio. – Aveva posato a terra il figlioletto. – Andiamo? –

Din si era affrettato ad agganciare la propria manina con quella della ragazza; madre e figlio, si erano incamminati verso l’esterno.

– Ginny? –

Ginny si era arrestata e aveva abbassato lo sguardo sul bimbo. – Mh? –

- Se non sposi più lo zio Harry, con chi ti sposi allora? -

- Il prossimo lo sceglierai tu, intesi? -

Avevano ripreso a camminare.

- Allora io scelgo… -

La giovane aveva roteato gli occhi. "Siamo leggermente impazienti, non è vero?" Il suo ometto era incredibile…

Aveva sorriso divertita scuotendo leggermente il capo. - Non adesso, adesso torniamo a casa… -

- Uffa. – Damian era apparso deluso. Lui ce l’aveva già una risposta…

* The Calling - Our Lives –

**Daniele Ronda - Come Pensi Che Io –

1 capitolo (massimo 2) alla fine…

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


- Che cosa intendi fare adesso? -

- Non lo so. -

Non lo so…

13, luglio Londra ore 05. 02 P.M

Il tragitto verso casa si era svolto in silenzio, avevano camminato continuando a tenersi per mano, entrambi, perduti nei propri pensieri.

Damian aveva percepito la tensione della ragazza dal modo in cui, prima di lasciare la chiesa, lei aveva stretto la mano attorno alla sua; per questo si era trattenuto dal rivolgerle altre domande, limitandosi ad alzare di tanto in tanto lo sguardo timoroso sul suo viso, pensando a quanto sarebbe stato bello se Draco fosse stato lì con loro.

Ginny non si era neppure resa conto di essere soprappensiero, non avrebbe mai allarmato Din altrimenti; non era triste o arrabbiata, al contrario, semplicemente stava riflettendo su ciò che avrebbe fatto da quel momento in avanti.

Giunti in prossimità dell’ingresso, la maga aveva riacquistato coscienza di quanto le stesse attorno realizzando, improvvisamente, di non avere avuto con sé le chiavi per aprire; tutte le sue cose erano rimaste alla cappella. Schiaffeggiandosi mentalmente per la propria sbadataggine, sebbene riluttante, avendo avuto modo di conoscere il livello d’indiscrezione e sfacciataggine dell’uomo, era stata costretta a citofonare al portiere; in pochi secondi il portone era stato aperto.

Norton Sherman si trovava dietro al bancone della reception con la testa sprofondata nel "Tribune".

Non appena Ginny e Damian avevano varcato la soglia dell’edificio, l’uomo, aveva interrotto la propria lettura e, allungando il collo oltre le pagine del giornale, aveva parlato animatamente; un po’ troppo, animatamente, avrebbe aggiunto la maga. – Signora Potter, buon pomeriggio…ciao Damian, congratulazioni per le nozze…allora, come si sente? –

Din che era sempre stato un po’ intimorito dal troppo entusiasmo e dall’enfasi utilizzata dalle persone, allarmato, era andato a nascondersi dietro la gonna della madre; la giovane gli aveva accarezzato in maniera rassicurante la testolina, rivolgendogli un sorriso complice e divertito. Sì, anche lei trovava che il Signor Sherman fosse invadente e, a dirla tutta, anche un po’ suonato. I due si erano scambiati uno sguardo d’intesa, e mentre Ginny si era apprestata a rispondere, il bimbo, ormai del tutto tranquillizzato, aveva roteato gli occhi.

- La Signora Potter non so…dato che si trova sei piedi sotto terra, io piuttosto bene, la ringrazio…potrei avere le mie chiavi? - Aveva risposto tranquillamente e, afferrando il mazzo di chiavi allungatole dall’uomo, si era incamminata con Damian verso le scale, lasciando un Norton Sherman piuttosto scioccato ad osservare il fantasma della loro presenza.

Due rampe di scale più avanti, si sarebbero sentite le risate di madre e figlio.

13, luglio Londra ore 05. 07 P.M

Erano entrati in casa ridendo ancora come matti; Ginny, riprendendo fiato, aveva posato il mazzo di chiavi sul mobiletto accanto all’ingresso. Era stato liberatorio. Sentiva che il proprio corpo, prima rigido e intirizzito, ormai si era rilassato e che, la tensione, ovunque fosse stata, non si trovava più là.

Non poteva credere di averlo fatto sul serio, né di aver mandato all’aria il matrimonio meno di un’ora prima, l’ultima volta che aveva fatto una cosa tanto pazza…

…era stato quando aveva invitato a cena Draco la prima volta…

No, non voleva pensarci adesso…era troppo su di giri e contava di rimanerci almeno per un altro po’ perciò… - Allora amore, che cosa ti va di fare adesso? – L’entusiasmo della maga si era esaurito rapidamente non appena aveva rivolto lo sguardo al figlioletto. Damian, a pochi passi di distanza, osservava il pavimento con fare abbattuto. – Din… -

La ragazza si era inginocchiata a terra prendendo il bimbo per la piccola vita e girandolo verso di sé. - …tesoro… - Sembrava improvvisamente così depresso… - …cosa c’è? –

- È che io avrei voluto mangiare la torta… -

Ginny aveva sospirato in sollievo. La torta…e lei già pensava chissà cosa…la torta…

- Mpf. - La giovane aveva roteato gli occhi ed aveva spostato leggermente qualche ciuffo ribelle dalla fronte di Damian. - E sì, questo è grosso problema… - Lo aveva detto annuendo con finta serietà.

- …che ne dici se adesso io e te andiamo in quella mega gelateria giù all’angolo e ci prendiamo la più grossa torta gelato che c’è? – Dicendolo aveva sentito un’improvvisa voglia di torta alla meringa imbevuta nel più grosso ammasso di gelato al kiwi e alla fragola. Nel giro di qualche mese sarebbe diventata una balena se avesse assecondato le richieste del bambino…

Din si era illuminato. – Siiiiiiiiii! – Aveva gridato tuffandosi nelle braccia della madre.

- E sia… - Sollevandosi dal pavimento aveva inclinato il capo. – Andiamo? – Ginny aveva offerto la mano al bimbo, Din sorridendo l’aveva afferrata con la propria.

- Ginny? -

- Cosa? -

- Vieni vestita da principessa? -

- Eh? –

Cosa?

…Aaah…il vestito da sposa…da principessa…

- ? - Il piccolo aveva sbattuto gli occhietti interrogativamente.

La maga si era portata un dito al mento come se stesse riflettendo. - Mhmm… - Aveva sollevato lo sguardo mordendosi le labbra. – Sì, perché no… -

- Evviva! – Il piccolo era saltato sollevando le braccia trascinando con sé anche la mano di Ginny.

- È o non è il giorno del mio matrimonio?…Din sai cosa si dice del giorno del proprio matrimonio? -

Damian aveva scosso rapidamente la testolina.

- Che è il giorno più felice nella vita di una ragazza. –

Il bambino aveva aggrottato la piccola fronte. – Perché Ginny? –

Già bella domanda…- Sai una cosa? – Non ci aveva mai riflettuto, sì, era chiaro, sposavi la persona della quale eri innamorato ma…

Aveva scrollato le spalle. - Non lo so, dopotutto ci sono altri giorni ancora più felici… -

- È vero. – Era stato d’accordo.

- Già. -

- Come quando si va a mangiare un’intera torta gelato? -

Ginny aveva riso. – Sì, più o meno…si va? -

La risposta del bambino era stata un sorriso radioso.

13, luglio Londra ore 10. 04 P.M

Era da tanto tempo che non trascorreva un pomeriggio così, solo lei e Damian, a ridere e scherzare come matti; senza che qualche brutto pensiero le sfiorasse la testa. Ormai non aveva più niente da nascondere…non era legata ad Harry, e presto anche la sua famiglia avrebbe saputo del bambino…

Ogni persona che avevano incontrato lungo la strada e dentro la gelateria si era voltata almeno una volta ad osservarla scuotendo il capo con biasimo. Non le importava.

Era stato bello sedersi al tavolino del negozio semplicemente mangiando, ridendo, e divertendosi; osservare dalla vetrina i passanti, scherzare sull’abbigliamento di qualcuno ricordando poi improvvisamente com’era conciata lei stessa, non pensare ad altro che al presente. Era stato bello. Per un momento aveva avuto l’impressione di essere tornata la Ginny di Hogwarts che trascorreva i propri fine settimana ad Hogsmeade, seduta ad un tavolino di Madama Piediburro o dei Tre Manici di Scopa, con Luna o qualche altra compagna di classe.

Tornati a casa, avevano visto un film alla tv e mangiato il resto della torta finché era stata l’ora di Din per andare a letto. Si trovavano sul divano quando il bimbo aveva iniziato a sbadigliare ed appoggiare la testolina sulla spalla della madre chiudendo gli occhietti. Ginny l’aveva sollevato e portato nella propria camera, rimboccandogli poi le coperte. Era normale che fosse esausto per la giornata…

Seduta accanto al piccino, la maga sorridendo gli aveva accarezzato col dito il nasino ancora bendato. Damian si era accoccolato meglio fra le lenzuola.

Il suo angioletto… - Amore? -

- Mh? – Aveva risposto nel dormiveglia.

- Sei felice? -

Il bimbo si era sforzato di aprire un poco i piccoli occhi e aveva annuito col capo.

- Din… - La voce della ragazza si era fatta incerta. - …ti piacerebbe avere un fratellino o una sorellina?-

Din aveva aperto maggiormente gli occhi e si era sollevato appena dalle coperte, il visino del piccolo si era fatto basso, appariva quasi triste; quando Damian aveva alzato i piccoli occhi aveva parlato con una vocina triste. – Ginny… –

Virginia Weasley aveva sentito spezzarsi il proprio cuore; non aveva pensato mai, neanche per un momento, che Din avrebbe potuto reagire non prendendo bene la cosa, che il suo piccolo bambino potesse essere infelice poiché un'altra creaturina sarebbe entrata in quella casa. Non avrebbe saputo cosa fare, come…

- …tu resterai sempre la mia mamma, vero? -

- Amore… - Non avrebbe dovuto neanche pensarla una cosa simile. - …ma-ma certo… - Ginny aveva stretto a se il figlioletto. - …certo…sempre, sempre amore, sempre. –

Il bimbo aveva avvolto le piccole braccia attorno alla madre aggrappandosi forte forte al suo vestito. Erano rimasi così un po’ finché, la giovane, l’aveva scostato leggermente abbassando il capo per poterlo guardare nei piccoli occhi. In quell’istante aveva capito che Damian Malfoy era suo figlio punto, e non le importava del sangue, non le importava di niente, perché avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, e che qualcuno si fosse azzardato a dire il contrario. – Non devi mai, dico mai, dubitare di una cosa simile, intesi? -

C’era così tanto dolore nella voce della maga, così tanta paura. Aveva accarezzato una guancia del bimbo. – Sei tutta la mia vita, sei la cosa più importante del mondo, non ci sarà mai niente di più importante o che potrà tenermi separata da te…Din ascoltami, qualunque cosa accada, qualunque cosa succeda, tu sarai sempre al primo posto… - Non era sicura che Damian comprendesse appieno le sue parole. Si sarebbe messa di nuovo a piangere se non fosse stato per l’espressione buffa e poco convinta del piccino. Per Damian, non appena lei aveva detto che sarebbe stata sempre la sua mamma e l’aveva abbracciato, la questione era finita lì, perché se Ginny diceva "sempre" voleva dire sempre, sempre.

- Non sono mica convinto sai…e Draco? -

Alla ragazza era scappata una risata simile ad un singhiozzo.

- Anche lui sarà sempre al primo posto per me qua dentro…- Aveva indicato il proprio cuore. Era la verità dopotutto. -…ma è diverso… -

Ma di primo posto non ce n’era solo uno? Din non era sembrato un granché convinto del ragionamento.

- ok, diciamo al secondo…lui è grande e grosso… - Aveva sorriso. - …e se la può cavare da solo…inoltre anche per lui sei tu al primo posto, capisci? -

Il visetto di Damian era comico. Il bimbo appariva tutto crucciato. Aveva scosso il capo. – Non tanto… -

Forse lo stava confondendo e basta… - Noo eh? – Se l’era portato fra le braccia di nuovo posandogli il mento sulla testolina. – Vediamo se così ti è più chiaro…vi voglio bene allo stesso identico modo ma, sia per me che per lui, tu resti sempre la cosa più importante di tutte… -

- Ginny? -

- Sì? -

- Allora va bene, sì insomma, non dev’essere tanto male avere un fratellino o una sorellina, mi piacerebbe avere qualcuno con cui giocare… -

- Sei sicuro? -

Aveva annuito col capo.

- Ma devi prima chiedere il permesso anche a Mellis… -

- D’accordo. – Aveva sorriso divertita, poi scherzando aveva aggiunto. – Guarda che sarà parecchio dura eh? Mi servirà il tuo aiuto… -

Din con una piccola espressione adulta aveva sospirato con consapevolezza e comprensione come se fosse d’accordo. – Dovrò curarvi tutte e due. -

- Sono sicura che lo farai benissimo. -

- E dovrò spiegargli un sacco di cose… -

- Dovrai volergli bene… -

Il bimbo aveva sorriso con semplicità come se fosse la cosa più ovvia del mondo. – Ma Ginny io gliene voglio già. –

Ecco si sarebbe commossa. Stupidi ormoni…Cosa aveva fatto per meritare che un simile angelo entrasse nella sua vita? – Sii?…Va bene, dammi la manina… -

Ginny aveva preso la mano del bimbo con la propria e se l’era messa sul ventre. - …ecco qua… -

Damian l’aveva osservata confuso.

La ragazza aveva parlato dolcemente con voce bassa come se temesse di poter svegliare la minuscola creatura che portava in grembo. - Sono felice che tu l’abbia detto perché….lui o lei c’è già…è qui dentro… -

Virginia Weasley non aveva mai visto un sorriso così bello come quello che aveva appena acceso il volto del bambino.

- Allora dev’essere proprio piccolo… - Aveva annuito con la testolina. - …si deve stare attenti a non schiacciarlo… -

Din aveva posato il piccolo capo sull’addome della madre. – Ciao…io sono Damian… -

Ginny si era messa a ridere. – Sono sicura che adesso che ti ha conosciuto è molto più tranquillo…ora, qualcuno qui dovrebbe essere già a letto… -

- Ma Ginny… -

- Niente ma…forza… - La maga aveva alzato la trapunta leggera e il bimbo si era infilato sotto le coperte. Ginny aveva preso a sistemargli le lenzuola e gli aveva baciato la fronte. – Sogni d’oro amore. -

- Ginny? -

- Cosa? -

- Tu resti sempre qui vero? -

- Sempre. -

- Mamma? -

- Sì? -

- Sono contento che sei tornata felice… -

Allora…

…si era sempre accorto di tutto…

13, luglio Londra ore 10. 20 P.M

Ginny aveva chiuso la porta della stanza da letto alle proprie spalle; sospirando, aveva fatto qualche passo e si era lasciata cadere sul divano.

Non si era mai fermata un istante a pensare che Damian potesse aver intuito ciò che provasse, certo, sapeva che era contrario allo zio Harry, ma che si fosse reso conto di quanto anche lei non fosse esattamente entusiasta per quelle nozze…

…gli aveva fatto ancora una volta del male…

Nonostante fosse a conoscenza di quanto lui adorasse suo padre, che per lui nessuno avrebbe potuto prendere il suo posto, che aspettasse ancora si risolvessero le cose tra loro…

…gli aveva imposto la presenza di un completo estraneo sperando in neppure lei avrebbe saputo dire cosa…

Era un po’ tardi per recriminare…aveva fatto ciò che aveva ritenuto giusto, ciò che voleva, e aveva sbagliato…ora le era stato presentato il conto.

Alzando lo sguardo aveva visto la propria immagine riflettersi nel televisore spento, e si era resa conto di non sapere più chi avesse davanti. Il viso pallido, i capelli scuri dai boccoli ormai rovinati, gli occhi gonfi e perennemente lucidi, le labbra arrossate dal suo continuo tormentarle, e quel vestito da sposa sgualcito.

Che cosa n’era stato di lei eh? Chi era la persona seduta sul suo divano, nel suo appartamento, la persona che ogni giorno usava il suo corpo, abbracciava e baciava suo figlio, viveva la sua vita.

Troppo occupata a far funzionare le cose, preoccupata del giudizio della gente, del giudizio di se stessa e di quello della propria famiglia, impegnata nell’evitare di ferire le persone che amava, di essere ferita a sua volta, aveva finito per perdere di vista ciò che contava realmente…le cose importanti…Così accecata dall’idea di fare la cosa migliore, dal pensiero che esistesse un unico modo corretto nel quale dovessero andare le cose, semplicemente perché così era giusto, aveva ottenuto l’esatto opposto. Si era auto convinta che stava agendo per il meglio di tutti, per una causa più nobile, e neppure quando era stato chiaro che fosse un errore, e che era stata lei ad essersi costruita un’immagine mentale della situazione, completamente lontana dalla realtà, basata su ragionamenti validissimi in teoria, ma totalmente inutili nella pratica, poiché non tenevano assolutamente conto di ciò che provava, di quanto le sue emozioni fossero vere, incoerenti, soggette agli eventi, e impossibili da razionalizzare, neanche allora, aveva fatto marcia indietro. Aveva avuto paura di quello che sarebbe stato di lei e aveva iniziato a raccontarsi credibilissime bugie che dessero una possibile giustificazione al proprio comportamento; ma la realtà era che aveva pensato unicamente a se stessa, adesso aveva capito, che il raccontarsi di non voler ferire chi le stava accanto, era stato un modo per mascherare il fatto che volesse unicamente proteggersi da altro dolore.

Inutile piangere sul succo di zucca versato…

Sua nonna glielo diceva sempre quando era una bambina…

…già, Penelope Tyndale lo aveva sempre saputo, e sicuramente sapeva anche questo…

Era stata lei a non voler ascoltare, non voler sentire niente e nessuno, nemmeno la propria coscienza, soprattutto la propria coscienza; e così aveva finito per perdersi in quel mare di bugie e mezze verità, nella persona che aveva preteso a tutti i costi d’essere, diventando il riflesso distorto di qualcuno che ormai si trovava in una tomba, qualcuno alla quale aveva voluto bene e alla quale non era arrivata a somigliare neppure lontanamente…

…non si piaceva e non sarebbe piaciuta nemmeno a lei. A Pancy.

E la cosa più incredibile era che le poche persone ad essersene rese conto lei le avesse respinte tutte in un modo o nell’altro, costringendole al silenzio, a non vederla, a cambiare persino continente…aveva voluto credere alla menzogna che vedeva riflessa negli occhi di altri, sua madre in cima alla lista…

Mandare all’aria il matrimonio era la prima cosa sensata che avesse fatto in molto tempo, la prima che la facesse sentire bene.

Era come se finalmente si fosse tolta un peso, ed era un inizio; da molto non provava quella sensazione di pace con se stessa.

Ora che ci pensava, non aveva mai seguito il consiglio di Fleur; quello che la maga gli aveva rivolto quella sera a casa di Perdita…prendere tempo per sistemare le cose, per capire…non aveva resistito ed appena se l’era ritrovato davanti era precipitata nelle sue braccia, nelle braccia di Draco…forse era stato lì l’errore…se di errore poteva trattarsi, incominciare qualcosa senza avere risolto nulla, chiarito nulla…non erano andati abbastanza lentamente, non si conoscevano, o meglio, non conoscevano quelli che erano i loro bisogni, i loro desideri…o non li avevano espressi correttamente…

Stava vaneggiando…o forse no…dopotutto era la mancanza di chiarezza che l’aveva portata dove si trovava adesso…si era sempre vergognata di esprimere ciò che sentiva per paura di non essere accettata o capita, aveva ingoiato tutto quanto e se n’era stata zitta, anche nel suo rapporto con Harry. Certo, esprimeva le sue emozioni, piangeva, rideva, era piuttosto onesta nei suoi pensieri, ma non spiegava mai i suoi desideri, le sue paure…si vergognava di dire ai suoi che non amava Harry, non l’aveva mai amato, gli aveva voluto un gran bene, ci aveva creduto, ma era stato sempre più come un fratello, solo che non se n’era mai resa conto per via della mancanza di legami di sangue…all’inizio non si era innamorata di Harry, ma del bambino sopravvissuto, dell’eroe che la gente vedeva in lui poi…Buffo che proprio lei trovasse tanto importanti le parole, lei che non era mia stata in grado di dire a nessuno come si sentisse esattamente dentro…solo a Draco aveva concesso una piccola parte di sé, raccontandogli della sua infanzia, del carillon, ma non era mai andata oltre…

…aveva preteso che capisse, che accettasse le sue azioni, senza mai dare una spiegazione, senza un vero perché…e si era rifiutata di sentire qualunque cosa lui tentasse di dirle le poche volte che ci aveva provato, anche se sapeva lo sforzo che questo richiedesse a lui…e poi lo accusava, ma sempre nella sua mente, di non averle raccontato mai nulla di lui, di non avere aperto il suo cuore, …quando lei stessa si era solo illusa di averlo fatto, eppure lui era stato in grado di capirla ugualmente, rispettare il più delle volte le sue decisioni, o almeno, quelle che ritenesse sensate, arrivando perfino ad anticipare i suoi pensieri; non l’aveva mai forzata in niente…

…e lei non aveva nemmeno mai provato a capirlo. Si era rifiutata di ascoltarlo la prima volta, quando era praticamente scappata; si era rifiutata di ascoltarlo quando aveva provato a spiegarle cos’era accaduto con Luna, quando lo aveva baciato e si era chiusa in camera; quando lui era corso da lei all’ospedale e le aveva praticamente chiesto di sposarlo. Non lo era stata a sentire quando gli aveva fatto quell’improvvisata a casa della sua famiglia; quando gli aveva chiuso la comunicazione in faccia mentre Harry, sua madre, e le sue cognate, si trovavano lì con lei, quando dopo che non si era presentato all’appuntamento gli aveva inviato il cellulare…

…e a voler ben vedere, persino oggi aveva fatto in modo che non terminasse di parlare.

Una cosa però l’aveva capita; se le persone erano infelici, se Ginny Weasley era infelice, era soltanto perché non volevano essere felici, non facevano nulla per esserlo. Forse la vita non era come l’avevano sognata, desiderata, e neppure come l’avevano voluta o programmata, ma era quella e andava accettata, vissuta. Non si trattava di accontentarsi, lasciarsi vivere, ma di sapersi accontentare…incolpare il destino, ragionare per "se", guardare gli eventi precipitati addosso, non portava a niente…giusto, sbagliato, non avevano alcun significato…ignorare se stessi, i propri sentimenti per far felici gli altri…be spesso non rendevano felici neppure le persone le quali si erano fatti tanti sforzi, sì, certo, era giusto evitare di ferire intenzionalmente le persone, ma ferire se stessi nel tentativo di preservare gli altri dal dolore, e magari nemmeno riuscirci…

…per tutto questo tempo non si era mai chiesta che cosa volesse e, adesso, si era ritrovata a non conoscere nemmeno più la risposta.

Lei non era infelice perché la vita con lei era stata ingiusta, per colpa del destino, la verità era che non aveva mai fatto nulla per essere felice. Come poteva pretendere di riuscire a rendere felice qualcuno, facendo del male a se stessa…che razza di contorto ragionamento poteva essere? Si era sempre fatta in quattro per il suo prossimo, e questo andava bene ma… "mordersi la lingua e stare zitto"?…ma come diavolo le era venuto in mente?

Perché avrebbe dovuto vergognarsi dei propri sentimenti? Di aver provato attrazione per Malfoy, di aver cresciuto suo figlio, di essere andata all suo funerale, o alla sua tomba a portare dei fiori, quando l’aveva creduto morto? Perché avrebbe dovuto vergognarsi di soffrire quando aveva pensato di non poter avere figli, della sua passione per la danza, di essersi resa conto di non amare Harry? Del fatto di essere stata violentata…

…di questo poi…sì insomma, come se fosse dipeso da lei…

…di essere incinta e voler tenere il bambino…

…di amare ancora Draco Malfoy…

Forse ora sapeva cosa doveva fare.

Ginny si era alzata dal divano e aveva raggiunto la finestra.

Sapeva esattamente cosa doveva fare.

Hyde Park quella notte era immerso nel silenzio.

Parigi adesso non sembrava più una possibilità così lontana…avrebbe detto tutto alla sua famiglia e ricominciato da capo. Aveva bisogno di quel tempo che non si era presa allora per capire; di trascorrere in tutta tranquillità i restanti mesi di gravidanza, e per il resto…e con "il resto" intendeva Draco…

- Se deve essere… -

13, luglio Londra ore 11. 06 P.M

- Damian… -

Ginny si era seduta sul bordo del letto dove il piccolo Malfoy stava dormendo tranquillo; aveva chiamato il nome del bimbo a bassa voce.

- …amore… -

Din si era mescolato nel sonno. – Ginny… - Aveva borbottato con la vocina impastata e gli occhi a mala pena aperti. - …che cosa succede? –

Si sentiva un po’ colpevole per non aver atteso il mattino. – Niente… - Gli aveva accarezzato la piccola fronte. - …amore, ti piacerebbe vedere il paese di nonna Narcissa e zia Fleur? –

Ancora con gli occhietti semichiusi per il sonno, e facendo strani suoni, Din aveva annuito col capo. – Viene anche papà? –

Ecco adesso sì che si sentiva colpevole al duecento per cento. - N-no amore, solo tu, io e Mellis… -

- …e il fratellino… -

- …e il fratellino. –

- E lo zio George? -

La maga aveva stretto le labbra regalando al bimbo un sorriso dispiaciuto. – No…- Aveva passato una mano sul suo viso dolcemente. – …sarebbe solo per qualche tempo…e poi potremo dire di venirci a trovare anche a papà… -

- Quando? -

- Be, non appena mamma avrà sistemato certe questioni… -

Il piccolo aveva scosso il capo. – Lo dite tutte le volte… -

- Lo so amore, è che… -

- Tu continuerai a sorridere se ci andiamo? -

- Sì. -

- Allora va bene. -

- Te lo prometto Din, non so come, ma questa volta andrà meglio… -

- É per il fratellino che papà non vuole venire? -

- È colpa di mamma amore, papà farebbe qualsiasi cosa per starci vicino, davvero… -

- Ma poi ci viene da noi, vero? -

- Ma certo, e… - Anche se non sarebbe stato necessario, Ginny aveva preso a sistemare il colletto del pigiama di Damian. - …poi verranno anche i nonni, spero, …gli zii, i cuginetti… -

- E tu resti sempre con me… -

- Sicuro, ehi, ma cos’è tutta questa paura?…amore, io non vado da nessuna parte… -

Din aveva abbracciato la maga.

- Tesoro…ma… - La ragazza aveva risposto all’abbraccio accarezzando in maniera rassicurante la piccola schiena del bimbo. - …su, su, è ora di fare la nanna… -

Ginny aveva rimboccato le coperte del piccolo ed era rimasta a tenergli la manina finché si era addormentato. Non si era resa conto di quanto il matrimonio con Harry fosse riuscito a metterlo in ansia…

14, luglio Londra ore 10. 14 A.M

Toc. Toc. Toc. Toc. Toc.

- Arrivo!!! -

Toc. Toc. Toc. Toc. Toc.

- Ho detto che sto arrivando! -

Ginny aveva percorso il corridoio con passo leggero e spedito, una volta raggiunta l’ingresso aveva fatto scorrere in tutta tranquillità un catenaccio dopo l’atro; quando la porta era stata aperta Fleur Delacour e Luna Lovegood erano rimaste un istante a fissare la ragazza sulla soglia dell’appartamento.

Non avevano avuto bisogno di dire nulla, perché entrambe avevano percepito immediatamente la luce insolita che sembrava circondare la giovane maga. Forse era stato per via del sorriso sincero, o per la luminosità assoluta del suo sguardo, per i capelli, ora rossi, che in leggere onde le circondavano il viso, o forse era stato il modo in cui quei semplici abiti le stavano addosso, quali che fossero le ragioni, Virginia Weasley non era mai apparsa così radiosa e bella come in quella mattina d’estate, vestita in pantaloni di lino bianchi e in una camicetta azzurra dalle maniche a tre quarti.

- Fleur… - L’espressione gaia della giovane, nel notare "chi" la cognata aveva portato con sé, era divenuta sorpresa. - Luna?! -

Ginny si era fatta da parte e con la mano aveva invitato le ragazze ad entrare; malgrado il sincero stupore per quella visita inaspettata, la maga, non aveva mostrato alcun segno d’irritazione o preoccupazione, era rimasta altrettanto cordiale e piuttosto di buon umore. – …non ti aspettavo così presto…in realtà, Luna non l’aspettavo proprio…entrate… -

Le due ragazze erano rimaste a dir poco spiazzate da quella reazione; telefonata "delle cinque" a parte s’intende. In effetti, quella mattina, Fleur era stata svegliata all’alba da una chiamata della giovane che le chiedeva d’incontrarla, era apparsa leggermente sovreccitata, aveva blaterato per mezz’ora parlando di viaggi, case, banche e prestiti, e tutto ciò che la maga bionda aveva compreso era che qualcuno sarebbe andato a Parigi e che avrebbe avuto bisogno d’aiuto per organizzare la partenza. Non aveva avuto il tempo di chiedere né delle nozze né di qualsiasi altra questione perché Ginny aveva già riattaccato; allora Fleur si era rivolta a Luna pensando che magari andando insieme dalla ragazza avrebbero capito qualcosa o, almeno, ottenuto una qualche spiegazione.

L’appartamento era zeppo di scatole e scatoloni, alcuni già sigillati e coperti da scritte come "abiti" o "fragile", altri ancora in fase d’imballaggio con cellofan e polistirolo ovunque. Luna e Fleur si erano scambiate uno sguardo eloquente, era fin troppo chiaro chi avesse intenzione di partire, ora la domanda era "volevano realmente sentire il perché?".

- Ginny…che-che succede? -

Ginny si era limitata a sbattere le ciglia, sorpresa, e a sporgere lievemente le labbra. – Come? –

Luna all’uscita della "compagna di spedizione", visto che non aveva mai considerato Fleur un’amica e niente più che una conoscente, con le mani in tasca aveva roteato gli occhi. Avrebbe potuto fare una domanda più ovvia? O forse era una domanda retorica?

Aveva osservato la ragazza al proprio fianco. Ovviamente no.

Evidentemente la moglie di Bill Weasley oltre ad aver acquisito finalmente una pronuncia inglese decente, liberandosi di quel suo marcato accento francese, non aveva fatto ulteriori progressi mentali: continuava a fare domande stupide. No, giusto, non stupide, "innocenti". Ora capiva perché lei e Ginny andassero tanto d’accordo, solitamente sembravano persone sveglie, solitamente. – Be, Sharlock, mi pare piuttosto ovvio, Biancaneve qui si sta dando alla fuga… -

Per la maga rossa il commento dell’amica era passato totalmente inosservato, si era abituata da tempo a quell’atteggiamento un po’ rude e cinico, e sapeva che non era per cattiveria che Luna si rivolgeva alle persone in quel modo…per certi versi le ricordava quasi Pancy e Draco…

- Oh. – Fleur era apparsa imbarazzata. Che sciocca…era ovvio che se Ginny avesse avuto intenzione di trasferirsi a Parigi avrebbe smantellato l’appartamento, tuttavia anche se aveva intuito immediatamente la situazione, la realtà è che non aveva voluto crederci. Sì, insomma, prima mandare a gambe all’aria il matrimonio, adesso questo…, inoltre, la parola fuga suonava così incredibilmente…non era un tantino prematuro fare armi e bagagli?

- Oh. – Le aveva fatto il verso Luna.

Anche Ginny era apparsa in difficoltà, sebbene fosse più per avere messo in crisi la cognata che per il fatto in sé; la verità era che non provava la minima vergogna per quello che stava per fare, come non riusciva a provava vergogna per aver mandato a monte le nozze, e dire che, forse, almeno per quello, un minimo d’imbarazzo sarebbe stato doveroso. Aveva sospirato mostrando un sorriso teso. – Beh…questa non era esattamente la reazione in cui avrei confidato ma…suppongo che sia naturale…no, seriamente, sono contenta che siate qui… -

Luna l’aveva guardata scetticamente.

- …sì, anche tu Luna, perché ho assoluto bisogno del vostro aiuto… -

- Ecco, Ginny, con tutto il dovuto rispetto, io non ti capisco davvero più…so di essere ripetitiva, ma prima mi dici che vuoi sposare Harry, poi il giorno della cerimonia fai davanti a tutti quell’annuncio, e stamattina quella telefonata assurda in cui dicevi di voler andare a Parigi e…io non sono sicura di aver afferrato bene in che modo ti aspetti il mio aiuto…e di banche non ci capisco niente… -

- Della serie manteniamo la calma…ottimo self-control Delacour… - La maga si era poi rivolta a Ginny. - Non per farmi gli affari tuoi, ma ho il vago sospetto che tutti si stiano aspettando una spiegazione un po’ meno riduttiva di " oggi non ci sarà alcun matrimonio"…non so se ho reso l’idea… -

- Vero. – Poi parlando a se stessa. – Vero… - La ragazza dai capelli rossi si era stretta nelle braccia. – Harry non ti ha detto nulla? – Poi scuotendo il capo. – Non importa, tanto avevo già intenzione di spiegare le cose comunque… - Ginny aveva alzato lo sguardo sulle due maghe. – Sono incinta. -

- Oh Signore… - Fleur non aveva potuto trattenersi, poi rendendosi conto di essere stata indelicata si era affrettata ad aggiungere sorridendo in difficoltà. - …cioè, io volevo dire…è una bella, una splendida notizia … -

Ginny si era lasciata scappare un suono a metà strada fra un sospiro ed una risata, distogliendo lo sguardo, ancora una volta per riflesso all’imbarazzo della cognata.

- Ma dai? – Era stata la reazione per nulla sorpresa di Luna.

- No sentite, o meglio, senti Fleur non c’è bisogno che ti sforzi di apparire… - Non le venivano le parole. - …come cerchi di apparire, so che questo, unito al matrimonio mandato all’aria, è una specie di follia…e che vi sto lanciando una bomba addosso, perciò non pretendo che capiate… -

- È-è di Harry? -

- Dieci ad uno che non è suo. -

Si stava rivelando più complicato del previsto…- In effetti…no… -

- A-allora è di-di Malfoy… -

Luna dallo sguardo allarmato dell’amica aveva iniziato a capire. – E no…che non è di Malfoy…se fosse di Malfoy… - Non si era neppure resa conto di stare parlando ad alta voce. Ma non era nemmeno così…c’era qualcosa nell’espressione di Ginny che…

…adesso era chiaro…- Tu non lo sai… -

Fleur era semplicemente sconcertata, aveva osservato la cognata ad occhi larghi implorandola silenziosamente di dire qualcosa che smentisse l’affermazione di Luna.

-H-ha ragione Luna… -

- Ginny! – Era rimasta per un secondo a bocca aperta, poi si era scossa. – No, è-è ok, sono sicura che c’è un’ottima spiegazione…io ti conosco, tutti noi ti conosciamo tu non… -

- Forse non la conoscete abbastanza poi. – Aveva suggerito l’altra maga. Fleur gli aveva scoccato un’occhiata di disappunto.

- No, non mi hai capito, forse non mi sono spiegata bene…intendevo semplicemente dire che ci sono alcune cose di cui tu e gli altri è probabile che non siate a conoscenza…dico bene Ginny? –

La giovane aveva annuito in risposta. – Quando vi ho detto che ero ad una conferenza a Parigi non sono stata completamente onesta… -

Gli occhi della maga bionda erano cresciuti maggiormente in larghezza.

Luna era sbottata. - Buon Merlino Ginny! Vuoi essere più chiara con lei, o penserà che hai avuto un’avventura romantica o qualcosa di simile! –

- Scusa…Luna ha ragione, non si tratta di niente di simile puoi tranquillizzarti…anche se non credo che dopo quanto sentirai…comunque…non sono stata onesta per niente, non ero a Parigi ma qui…esattamente il diciotto giugno, all’incirca un mese fa, mentre mi stavo dirigendo al S. Mungo, sono stata aggredita…di nuovo… -

- C-con aggredita intendi dire… -

- Sì. -

Fleur Delacour si sarebbe aspettata tutto ma niente di simile.

Lei non n’aveva avuto idea…

Ora il comportamento di Ginny aveva maledettamente senso, o almeno, si spiegava. Non poteva credere che la cognata si fosse tenuta dentro per tanto tempo una cosa del genere…

Solo una cosa non capiva… - Di nuovo? -

- La prima volta…ma adesso non c’entra niente… -

- Cosa…? -

Luna era intervenuta. - Hai detto che volevi spiegare le cose, forse dovresti farlo dall’inizio alla fine non credi? –

- Il furto all’appartamento non è stato un semplice furto; quella è stata la prima volta, la seconda…in quel dannato vicolo, e la terza… -

- Terza?! -

Ginny non aveva prestato ascolto. - …avrebbe potuto essere due giorni fa, se Draco non fosse intervenuto… -

Era inorridita. - Mio Dio… -

Luna aveva ascoltato in silenzio per tutto il tempo, conosceva la storia nei minimi dettagli.

- …e il bambino? -

La ragazza dai capelli rossi aveva scosso il capo, non aveva capito cosa volesse sapere l’amica.

- È di… -

- Non lo so. -

- Ma come… -

Luna Lovegood non era per il sentimentalismo ma avrebbe schiaffeggiato volentieri la bocca della maga, non lo capiva che con la sua sconsiderata curiosità e indiscrezione stava unicamente tormentando l’amica? Che fosse per ingenuità o per spensieratezza questo non poteva giustificare lo strazio al quale era sottoposta Ginny, e Merlino solo poteva sapere come sarebbero andate le cose se avesse dovuto ripetere ogni cosa ad Harry, Hermione, e ad altri sette componenti della sua famiglia…i dettagli si sarebbero sprecati…

- Per favore Fleur… - L’aveva supplicata la cognata. - …lui nemmeno lo sa… -

Chissà perché neanche questo era riuscito a sorprendere la maga dai capelli corti.

- Ma Ginny non puoi… - Aveva insistito Fleur. Ginny l’aveva interrotta. – Ascolta…è inutile che io adesso ti stia qui a spiegare il perché e il percome delle cose, perché non servirebbe a cambiare la situazione…io non posso sapere chi è il padre di questo bambino e, sì, voglio tenerlo…Draco non si ricorda neppure di quella notte passata insieme e io non voglio illuderlo, non voglio illudermi…se poi risultasse che il bambino è suo…ma io non voglio nemmeno pensarci adesso o rischierei d’impazzire, se così dovesse essere e se lui ci volesse ancora…ma se così non fosse io non voglio aver creato delle false speranze, perché ti assicuro che per la prima volta da tanto tempo mi sento bene, sul serio, ma se dovessi affrontare ora una simile questione so già come andrebbe a finire…mi deprimerei e finirei per commettere qualche altra sciocchezza…ed è un lusso che nel mio stato non mi posso permettere. Non voglio rischiare di perdere il mio bambino Fleur, nessuno dei due… -

- E io ti assicuro che questo non accadrà, ci hai chiamato per questo no? - Aveva detto Luna in tono casuale ma deciso.

- Ho bisogno del vostro aiuto. -

Fleur era stata zitta, troppo turbata e commossa per parlare.

- Mi hanno offerto una borsa di studio di tre anni a Parigi. -

- E qui abbiamo due esperte di Parigi giusto? -

- Pensavo di comprare una casa… -

- E così si spiegano mutuo e banche… -

Finalmente la maga bionda, dopo aver tirato su col naso, era intervenuta. – Allora? Che cosa stiamo aspettando? –

Papà, mamma,

sarei voluta arrivare al giorno in cui finalmente fossi riuscita ad aprirvi il mio cuore continuando ad essere da voi considerata come la vostra adorata bambina, ma mi rendo conto che per questo è tardi; i rapporti che vengono ad essere logorati col tempo non possono essere ricostruiti dalla sera al mattino, e come basta un soffio per perdere la fiducia di qualcuno, una vita non può bastare per ricostruire ciò che è andato distrutto.

Pensavo che quando il momento sarebbe arrivato io sarei stata lì con voi, e non a mille miglia di distanza, ma un’amica mi ha fatto capire che si sarebbe trattato di un errore; le parole che sarebbero uscite dalle mie labbra, per scrupolo o per paura, non sarebbero state quelle che ora scaturiscono dalla mia penna ma altre forse più semplici per me da pronunciare e per voi d’accettare.

C’è un’altra ragione ad avermi spinto ad affidare i miei pensieri a questa missiva; non avrei potuto sopportare lo sguardo di delusione, o ancor peggio di biasimo, nei vostri occhi.

Ho immaginato milioni e milioni di volte lo svolgersi della scena nella mia testa; frasi, gesti, espressioni. La mia sciocca e ingenua visione si sarebbe conclusa con lacrime e abbracci, in tutta onestà, adesso quell’immagine mi appare lontana. Non sono pronta a rovinare anche i ricordi, e se oggi fossi stata con voi, a confrontarmi con le domande, la rabbia, e il dolore, il mio e il vostro, temo che della nostra famiglia non sarebbe rimasto più nulla.

Andandomene vi voglio fare un dono prezioso. Il tempo. Per pensare, riflettere, magari perdonare. Io l’ho già fatto; ho perdonato me stessa per gli errori, gli sbagli, e i silenzi, e ho perdonato voi per non aver mai cercato di capire che cosa questi nascondessero, cosa celasse ogni sorriso.

Ero soltanto una bambina quando inconsciamente ho smesso di credere in quei sogni tipici dell’infanzia e ho iniziato a costruirne di miei propri; utilizzando un metro che più si adattasse a quelle che erano le mie possibilità, le vostre aspettative, le nostre disponibilità.

Mi avete sempre considerata il vostro gioiello più prezioso, l’unica figlia femmina, e io ammetto di essermi crogiolata a lungo in questo; essere considerata la piccolina di casa, quella che andava protetta, coccolata…è sciocco, ma a volte questo lato infantile di me emerge ancora adesso. Volevo rendervi orgogliosi…

Ricordo come fosse ieri l’ultima volta che sono entrata a confidarmi al sicuro della tua stanza mamma…la sera prima di andare ad Hogwarts. L’ansia, l’emozione, la paura…e poi quella sorta di serenità quando mi chiusi la tua porta alle spalle…

…non potevi sapere che solo alcuni istanti dopo, nel buio della mia cameretta, avrei aperto per la prima volta le pagine di quel diario che molti credono, a torto, abbia cambiato il corso della mia vita.

È un’altra storia, ed è vera solo in parte.

Non te l’ho mai detto…allora ti ho mentito, forse per la prima volta, non so perché; non ho mai pensato che qualcuno avesse lasciato il diario nelle pagine del mio libro e se lo fosse scordato, io credevo che fosse un tuo regalo mamma…ma allora mi sono sentita così umiliata…impaurita…quelle parole sono uscite da sole…forse il diario di Tom Riddle non mi ha cambiato la vita, ma ha cambiato il mio rapporto con voi due. Invece di raccontarvi sempre tutto, come sarebbe stato logico dopo una simile esperienza, ho fatto l’esatto opposto…dalle mie labbra è sempre uscito solo quello che credevo voleste sentire, arrivando fino a convincere me stessa che si trasse della verità.

Ero solo una bambina, mamma, quando mi prese quella cotta per il bambino sopravvissuto, per l’eroe che aveva portato alla caduta di Voldemort, sì, avete capito bene, Vodemort. Non ho paura di pronunciarlo, di scriverlo; io l’ho visto, ho visto com’era da ragazzo, ho parlato con lui, e crescendo mi sono resa conto che si era trattato unicamente di un impostore, un crudele buffone, prodotto dei sogni contorti e delle frustrazioni di un piccolo patetico bambino emarginato…

Io ho amato Harry Potter, ma non nel modo in cui avrei voluto; in cui tu, papà, e Ron, avreste voluto…l’ho amato come ciò che era rimasto di un sogno, come un fratello, come un amico…

…mai come amante.

È difficile per me parlare di queste cose con voi, con i miei genitori; voi mi avete insegnato l’affetto, il calore, e per un po’ ho creduto che questo potesse bastare.

Non basta.

Non sono impazzita, non mi sto per mettere a parlare di sesso, ambascia, lussuria; no. Penso che, mio malgrado, voi mi conosciate abbastanza da sapere che non sono così. Non inizierò a parlare di passione, desiderio, trasporto…parlo d’amare; amare talmente che la lontananza diventa un dolore fisico, che il solo guardarsi negli occhi faccia sentir morire.

Non parlo di sogni, fantasie, ciò che dico è reale. Io l’ho provato, e lo provo anche adesso; soltanto non per la persona che voi vorreste, ma forse neanche questo è vero. Ho la sensazione che non possiate capire quello che sto dicendo, perché per voi è semplicemente inconcepibile che la figlia che avete cresciuto possa sentire certe cose.

Virginia Weasley ama, è innamorata, di Draco Malfoy.

Da quando?

Da Hogwarts. Da sempre. Da quando voi inconsapevolmente gli avete aperto la vostra casa, io, invece, gli ho aperto il mio cuore; poi la vostra porta è rimasta chiusa, il mio cuore no. Ha aspettato che tornasse, perché in fondo sapeva che non era morto. Ho cresciuto suo figlio, nostro figlio.

Se io sono qui oggi, se posso scrivervi, pensarvi, è per merito suo; perché mi ha salvato in un milione di modi, del primo, del resto, n’è stata data anche voi la prova. Il giorno dei diplomi, sei anni fa’; quando Hogwarts è crollata, ed il mondo è sembrato esplodere, è stato lui a trascinarmi via, lo so. Adesso lo so.

Non so cosa ne sarà di noi, non voglio pensarci; non saprei spiegare, e voi non capireste.

Aspetto un figlio mamma. Un figlio che vorrei con tutto il cuore fosse suo, ma la verità è che non oso neppure sperarci.

No, non è di Harry.

I miei sentimenti non sono l’unica cosa su cui ho mentito, ma quando sentirete il seguito qualcosa mi fa pensare che con quanto resta del mio racconto sarete indulgenti.

Scusate, se in nome dell’onestà, mi vedo costretta a farvi del male di nuovo.

Sono stata violentata da Riley Chase. Due volte. Sarebbero potute essere molte di più. La prima, quando hanno ripulito il mio appartamento, poco dopo l’udienza al Ministero; la seconda, quando non mi sono presentata il giorno dopo a prendere Damian. Come vedete non ero a Parigi. La terza e ultima non c’è mai stata, la sera prima delle mie nozze, ironia, proprio per merito dell’uomo che voi tutti odiate.

Ora Chase è ad Azkaban e io di notte ho gli incubi.

Resta un solo interrogativo, e io ho finito le parole.

Un mese fa mi è stato offerto un impiego all’estero. Oggi l’ho accettato.

Non vi sto dicendo addio, ma arrivederci; ad un altro momento, a quando saremo pronti

Vi chiedo solo un favore, fate leggere questa lettera a Ron e agli altri.

Vi voglio bene.

Per sempre vostra (ma non solo),

Ginny

16, luglio Palazzo Malfoy ore 06. 16 P. M

"È vero?"

" Ti stai offrendo di sposarmi?"

"…"

"No, lo immaginavo…"

"Lo terrai?"

"Perché sono incinta…"

"…sono incinta…"

Trummmm…

Il giovane aveva premuto contemporaneamente tutte e dieci le dita sulla tastiera del pianoforte, la musica nella stanza si era bruscamente interrotta con quel suono grottesco. Sollevandosi di scatto dallo sgabello, in un movimento rapido aveva afferrato il bicchiere di scotch dal profilo superiore dello strumento, e si era diretto sulla terrazza; in quel processo il liquido ambrato contenuto nel vetro era ondeggiato pericolosamente.

Draco, una volta all’esterno, si era appoggiato al parapetto. Si trovava nella stanza che era appartenuta a Ginny.

"È di Chase, vero…?"

Il figlio di Riley Chase.

Il mago aveva alzato il bicchiere in aria. – Congratulazioni figlio di puttana. –

Aveva preso un sorso.

"Lo terrai?"

"…non ce la puoi fare da sola…"

"Ti stai offrendo di sposarmi?"

"…"

"No, lo immaginavo…"

Se fosse servito probabilmente lo avrebbe anche fatto, se fosse servito; ma non ce n’era stato bisogno dopotutto.

"…cerca di capire…"

"Guarda che non devi mica giustificarti."

"E sia."

"… sai che sarei disposto…"

Era stato meglio così, probabilmente l’avrebbe delusa.

"…non ce la puoi fare da sola…"

"Ti stai offrendo di sposarmi?"

"Ti stai offrendo di sposarmi?"

No.

Non poteva…

…avrebbe voluto dirle che si sbagliava, ma quando la guardava…

Non poteva…

Non era così che sarebbero dovute andare le cose, non era quello che…

…il figlio di quel verme…

Avrebbe voluto mettere da parte la rabbia, quel senso di disappunto, di essere stato preso in giro…non era colpa sua, era legittimo che volesse tenerlo, solo che lui non capiva, era più forte di lui; se lei avesse detto di sì, forse l’avrebbe anche sposata, ma non sarebbe stato lo stesso, niente avrebbe potuto più esserlo, perché se anche lo avesse fatto, non l’avrebbe inteso veramente…

…e Ginny non glielo avrebbe mai perdonato; probabilmente neanche lui stesso ci sarebbe riuscito…ma se sarebbe dovuto essere quello il prezzo da pagare per averla, nonostante fosse ingiusto, l’avrebbe fatto comunque, avrebbe anche sopportato quello per lei…

Non glielo aveva permesso. Se avesse voluto essere completamente onesto con se stesso, avrebbe ammesso che da un lato era stato un sollievo; l’aveva sollevato da ogni responsabilità, placando il suo senso di colpa, ma non dalla rabbia. Parte di lui ce l’aveva con lei, la incolpava. Era irrazionale, ma non avendo mai creduto nel destino, e con Chase fuori della scena, restava soltanto lei cui attribuire il proprio senso d’impotenza.

Toc. Toc.

- Signore? -

Garrison era entrato nella stanza e Malfoy si era voltato ad affrontarlo.

- Mi stavo domandando che cosa avrei dovuto fare con gli indumenti della Signorina Weasley. – L’uomo teneva fra le braccia la vestaglia di Ginny, strappata e coperta da alcune macchie di sangue, della biancheria scura, e la sottoveste che probabilmente la ragazza doveva avervi indossato sopra quella sera. - Se vuole posso farla lavare e recapitare direttamente alla sua abitazione, o riporla nell’armadio, se la Signorina avesse intenzione di tornare a trovarci. -

Draco aveva osservato il maggiordomo con uno sguardo strano.

- Signore? -

- No. -

- Signore? -

- Lasci tutto com’è, me n’occupo io. -

Garrison aveva fatto un cenno col capo e, posando gli indumenti sulle lenzuola, si era accomiatato. - Signore. –

Non appena l’uomo aveva lasciato la stanza, Draco aveva preso fra le mani la vestaglia di seta e, prima di inalarne il profumo, l’aveva fissata un istante. Sapeva di lei. Sapeva di fiori freschi, sangue e…sapeva anche di Chase. Stringendo dolorosamente il tessuto, in un gesto rabbioso, il giovane aveva fatto per strapparlo, invece l’aveva lanciato rudemente assieme agli altri indumenti.

La Signora Malfoy all’esterno della stanza si era imbattuta in Garrison.

- Signora. -

- Garrison. Mio figlio si trova ancora là dentro, non è vero? -

- Sì, Signora. -

- Lo immaginavo. Grazie, Garrison. -

- Signora. -

La donna, senza rivolgere un ulteriore sguardo al proprio dipendente, era entrata nella stanza e aveva raggiunto il figlio sulla terrazza. I cani stavano scorrazzando in giardino.

- Allora sei qui. -

Draco non si era aspettato l’arrivo di qualcuno alle proprie spalle, e un po’ per la tensione, un po’ per il tremore delle mani dovuto all’alcol, aveva lasciato precipitare il bicchiere. Il vetro, cadendo oltre il parapetto, si era infranto al suolo con uno schianto. I cani avevano iniziato ad abbaiare e guaire.

- Cristo Santo! -

- Una fine davvero ingloriosa. – Aveva affermato la donna con la solita cadenza indifferente.

- Voglio sperare che tu stia parlando del bicchiere. -

- Tu che ne dici? Adoravo quel cristallo. -

- Sta tranquilla te ne comprerò di nuovi. -

- No, non sarà necessario, ho sopportato delusioni peggiori nella mia vita che un vetro rotto. -

- Che cosa sei venuta a fare qui eh? -

- Sono impressionata dalla tua sfacciataggine, giacché, se la memoria non m’inganna, la metà di questa proprietà appartiene ancora a me. -

- Sai perfettamente quello che intendevo, mamma. – Aveva ribattuto gelidamente il giovane, prima di tornare ad affacciarsi nuovamente dalla balconata.

- Malgrado quello che hai sempre pensato, Draco, i problemi che affliggono la tua vita non mi concernono, perciò gradirei almeno un minimo di quel doveroso rispetto che salvi almeno le apparenze.-

- Ci siamo solo noi qua fuori. -

- Quanto basta. -

- Sei incredibile… -

- Sai, non credo di comprendere il tuo punto di vista, da quanto mi pare di apprendere Virginia non si è sposata. Non era questo ciò che volevi? -

- Sembra che da quando mio padre è morto, il tuo passatempo preferito sia quello di tormentarmi. -

- Affatto, benché tu non lo creda preferisco dilettarmi differentemente durante la giornata; gradirei che cancellassi dalla tua mente l’idea che la tua vita abbia tutta quest’influenza sulla mia. Non hai più cinque anni Draco, anche se non impeccabilmente il mio dovere nei tuoi confronti l’ho già assolto, è un’illusione quella che i genitori siano responsabili dei figli per tutto il tempo che è dato loro di trascorrere su questo mondo. -

- Sì, tu sei corsa a lavartene le mani non appena ho compiuto diciassette anni, vergogna, non hai neppure atteso che tuo figlio raggiungesse la maggiore età. -

- Ho atteso ben sette anni che tu me lo rinfacciassi. -

- Ebbene, sentiamo, cos’hai da dire in proposito? -

- Caro, se tu ti aspetti realmente che io giustifichi il mio comportamento con te devo aver realmente sbagliato qualcosa nel modo in cui ti ho educato. -

- Ma certo…figuriamoci… -

- Non è a me che è rivolto il tuo rancore, frattanto ti suggerirei di tenere gli occhi sulla pluffa, inoltre, tieni presente che la mia morte avrebbe dato ben poca utilità alla tua vita. –

- Davvero un nobile pensiero mamma… -

- Io questo non l’ho detto. -

- Vuoi sapere davvero cosa c’è? E va bene, è incinta. - Il giovane glielo aveva spiattellato in faccia.

- Questo indubbiamente spiega molte cose. -

- Sii? Bene, sono felice che adesso il quadro ti sia finalmente chiaro. – Il tono sarcastico della voce non aveva avuto alcun impatto sulla Signora Malfoy, come del resto non lo aveva avuto quella rivelazione.

- Davvero ammirevole, personalmente mi è incomprensibile, ma senza dubbio ammirevole. -

- E cosa esattamente ti è incomprensibile? -

- È molto semplice, avrebbe potuto avere uno qualsiasi di voi due come padre per il suo bambino, tutto quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato restare in silenzio, invece, ha scelto la soluzione per lei più sconveniente: ha detto la verità. Personalmente io avrei optato per il silenzio. -

- Ed è esattamente per questo, cara mamma, che ho scelto lei e non una come te. -

- Ah, davvero? Strano…perché ho come avuto l’impressione che tu ti fossi affrettato a comportarti esattamente come avrei fatto io, come un Malfoy. Tu ora sei qui, lei dov’è? -

- Vedi, è qui che ti sbagli…io le ho offerto il mio aiuto, è stata lei a non averlo accettato. -

- Sì, vedo che per questo ti stai struggendo dal dolore… -

- Che cosa vorresti insinuare, che è colpa mia? -

- No, affatto, non c’è n’è alcun bisogno, perché ho come l’impressione che tu ti senta già sufficientemente colpevole. Io non ti sto giudicando, ti stai giudicando da solo. Personalmente non sposerei mai una donna che aspetta un figlio da un altro uomo, ma nemmeno crescerei il figlio partorito da un’altra donna, e soprattutto, non avrei la sfacciataggine e la presunzione di affermare che "ho offerto il mio aiuto", quando è disgustosamente palese la riluttanza con cui ti sei accinto a farlo…ma ti prego continua…com’è che le hai esattamente offerto il tuo aiuto? Ti sei premurato di mandarle un assegno? -

- Ehi! Io ci ho provato, va bene? Le ho detto che ero disposto a farlo, che se per averla avessi dovuto accettare il figlio di… -

- Una gentile concessione senza ombra di dubbio. Se non mi sono ingannata, l’entusiasmo con cui ti sei prestato a farti avanti deve averla certamente colpita. Una dichiarazione che ogni donna anela sentire dalle labbra dell’uomo di cui è innamorata… -

- Ah, certo, avrei dovuto dimostrare meglio il mio entusiasmo per il fatto che la donna per la quale sono passato attraverso ad un inferno aspetta un bastardo, figlio dell’uomo che l’ha stuprata! -

- E ancora ti stupisci che abbia declinato la tua offerta? Temo che sia stata fin comprensiva, perché se avesse intuito anche e solo lontanamente quali che sono i tuoi pensieri, ho idea che alla sola ipotesi che tu un giorno potessi avvicinarti a suo figlio ti avrebbe riso in faccia. Ho come la sgradevole l’impressione che il vero problema qui sia un altro, se non altro abbi la decenza di non insultare oltre la mia intelligenza e quella della Signorina Weasley… -

- Ma di che parli… -

- Perché non ammetti semplicemente che la vera questione qui è che le cose non sono andate nel modo in cui tu volevi, e sì, davvero una spiacevole complicazione che lei aspetti un figlio da un altro uomo…Draco la cosa t’infastidisce vero? Questo rovina i tuoi piani, ma non ti sei soffermato nemmeno un istante a pensare che forse questo abbia rovinato anche i suoi…lei adesso è completamente sola, tu sei arrabbiato, irritato, ce l’hai col mondo e con lei, non capisci perché si sia decisa a tenere il bambino ed è come un tarlo che ti corrode la testa…ma in fin dei conti per te la cosa si conclude qui. Lei deve crescerlo quel bambino, e malgrado tu non mi giudichi un’esperta, posso affermare con certezza che lei voglia farlo con amore…deve amare la creatura di un uomo che le ha fatto del male...Draco Malfoy, quella donna a cresciuto tuo figlio, il figlio che hai avuto con un’altra, perciò, visto che non sono un’illusa e nelle favole non ho mai creduto, sei liberissimo di lavartene le mani e avrai ancora la mia benedizione, ma per favore non agire come se fossi tu la vittima inconsapevole del destino crudele, perché è un po’ démodé e non si addice a questa famiglia, della quale per tua sfortuna fai ancora parte. -

- Hai finito? -

Il giovane si era allontanato sbattendo la porta.

16, luglio Palazzo Malfoy ore 06. 45 P. M

Draco si era chiuso nella propria stanza.

Quella donna non sapeva assolutamente niente…

Aveva tutto il diritto di essere arrabbiato.

Certo, come no…

Idiota. Idiota. Idiota. Grandissimo pezzo d’idiota.

" Va bene, se per averti devo accettare il figlio di Riley Chase…"

Avrebbe potuto dirlo in un altro milione di modi, avrebbe dovuto usare un altro tra quei milioni di modi…

…era indispettito, irritato, e non aveva cercato di nascondere minimamente il proprio scarso entusiasmo. Voleva lei, ed era stato chiaro, ma non si era sforzato troppo di non mostrare quanto disprezzasse l’idea di quel bambino.

Si era sempre ripetuto che l’avrebbe voluta comunque, sfigurata, zoppa, con una gamba di legno, persino se fosse stata con mille uomini diversi…

Bella prova Malfoy.

Lei aveva cresciuto suo figlio come se fosse stato il loro, e quella era stata tutta la comprensione che era stato in grado di riservarle. Era vero, odiava Riley Chase, niente avrebbe cambiato le cose, impazziva all’idea che quello che lei aspettasse non fosse un figlio loro, ma questo non aveva niente a che vedere con quello che provava per lei; col fatto che lui volesse stare con lei. Ed era vero, se per averla avesse dovuto crescere quel bambino, lo avrebbe fatto, perché era lei, perché lo voleva lei.

Era un bambino, solo un bambino, non era responsabile per gli errori dei suoi genitori, come Damian non era stato responsabile per i suoi errori. Lui stesso era figlio di Lucius Malfoy, un Malfoy, ma aveva sempre disprezzato il proprio padre…

Ovviamente sarebbe stato difficile, ma se per una cosa simile avesse mandato tutto in malora…

…lui aveva fatto il diavolo a quattro per averla, le aveva incasinato vita, l’aveva rivoltata contro la sua famiglia e, quando finalmente era stato ad un passo dalla meta, le aveva voltato le spalle. Non l’aveva più voluta.

Toc. Toc.

- Avanti. -

- Signore? -

Draco si era strofinato il viso con una mano. – Cosa c’è? –

- Nulla d’importante… -

Il giovane aveva sollevato le sopracciglia. Ma davvero…allora perché accidenti lo disturbava?

- …volevo solo riferirle che questa mattina, quando le cameriere hanno pulito la stanza, hanno rinvenuto un oggetto dietro al letto. –

- Ah, sì? - Come se al momento gli importasse davvero qualcosa… - Di che si tratta? -

Il maggiordomo aveva estratto dalla tasca una catenina dorata, il fermaglio era rotto. - Immagino che non sia sua, Signore. –

- No, infatti. -

- Allora posso suggerire che magari appartenga alla Signorina Weasley? – Vi era stata una strana implicazione nelle parole dell’uomo.

Draco aveva sorriso come a voler dire "ma davvero…tu pensi questo…" - A Ginny? – Il mago aveva allungato una mano. – Può suggerire quello che vuole, dal momento che mi pare l’abbia già fatto. – Aveva osservato l’oggetto. – Non credo, non aveva indosso nulla di simile l’altra sera… -

Garrison si era schiarito la voce. – Signore, sono quasi sicuro che l’avesse indosso per quasi tutto il tempo durante il suo soggiorno qui. –

- Va bene…allora è probabile che sia sua… - Aveva aggiunto spazientito.

- Posso andare, Signore? -

- Sì. -

Quando l’uomo era uscito, Malfoy aveva osservato meglio l’oggetto. Era vero, apparteneva a Ginny, l’aveva avuto indosso quel giorno alla Tana…ed anche in seguito…

Il fermaglio era rotto.

Strano che si trovasse lì, erano state veramente poche le volte in cui lei era entrata nella sua stanza.

Be l’avrebbe restituita non appena fosse andato a parlarle…

Davvero curioso che le cameriere l’avessero trovata adesso, questo a dimostrazione di quanto spesso pulissero dietro al letto…però non spiegava come fosse finita lì. Dubitava seriamente che durante la sua permanenza nell’abitazione, la ragazza, si fosse intrufolata nella stanza.

Mah…

Magari aveva preso un abbaglio e non era neppure sua…ma, no, impossibile, l’avrebbe riconosciuta ovunque, quel tipo di chiusura non veniva nemmeno più fabbricata, era troppo cedevole…

Il ragazzo aveva spalancato gli occhi in realizzazione.

Nooo…

…non era possibile…

…la sua mente iniziava a giocargli brutti scherzi…

E se invece…

…no, era semplicemente assurdo, doveva essere proprio malato se andava a pensare una cosa simile…

Un conto era l’immaginazione, un conto…

…con una ferita del genere poi…Ginny non avrebbe mai…

Ginny forse no, ma lui…

Era patetico che fosse arrivato a credere una cosa simile…eppure la collana era lì.

Aveva la febbre, stava delirando, e quelle allucinazioni erano apparse così reali ma…

…la collana era lì.

Ricordava perfettamente di aver sentito il suo profumo addosso, il mattino seguente, d’altronde aveva passato la notte vicino a lui, però, in effetti, così tanto era stato strano…allora non vi aveva fatto caso…

Sì, poteva aver chiesto che restasse, anzi, sicuramente lo aveva fatto considerato lo stato confusionale in cui si trovava; Merlino gliel’avrebbe chiesto anche se fosse stato nel pieno delle proprie forze, se l’avesse avuta così vicina…

Avevano fatto l’amore, quella notte avevano fatto l’amore e lui aveva creduto si fosse trattato di un sogno…

Questo voleva dire che forse…

Quand’era stato? Tre giorni prima dell’aggressione…

Poteva essere suo. Il bambino poteva essere suo…no, correzione, era suo. Era suo e basta, punto. Non voleva saperlo, lo sapeva, qualunque cosa sarebbe stata in seguito non gli importava.

Il mago aveva spalancato gli occhi.

Cristo santo, che cosa stava facendo ancora lì?!

16, luglio Londra ore 07. 55 P. M

Draco si era precipitato fuori della propria stanza come un pazzo, era sceso dalle scale saltando i gradini a due, ignorando completamente i domestici, sua madre, e chiunque si fosse trovato in mezzo alla sua strada. Non poteva aspettare un secondo di più doveva vederla, parlarle.

Suo figlio…

Era stato coi capelli scompigliati, il respiro affannato, e gli abiti sgualciti, che era arrivato davanti alla sua porta. Cristo, puzzava ancora persino d’alcol…

La scena che si era trovato davanti non era stata però quella che si era aspettato. Fleur stava uscendo dall’appartamento, teneva fra le mani il sacchetto dell’immondizia; la maga lo aveva osservato sorpresa, ed era stata con una strana calma che aveva chiuso la porta alle proprie spalle. – È partita. –

- Cosa?! -

- Se n’è andata questa mattina. -

- Andata dove?! -

- Mi spiace Malfoy, le ho dato la mia parola. -

No..

Non era possibile…

Non di nuovo…

– Dannazione! – Il giovane, imprecando, aveva fatto un gesto con la mano; poi si era portato la medesima alla fronte.

Fleur, scossa da quella reazione, era rimasta immobile.

Il giovane, con violenza, aveva iniziato a prendere a calci il cestino di metallo adagiato contro alla parete.

La maga era impallidita, le caratteristiche del volto del ragazzo si erano deformate per la rabbia, n’aveva avuto quasi paura.

Draco aveva afferrato la giovane per le spalle. – Ascolta Delcour… -

- Malfoy lasciami andare immediatamente o chiamo qualcuno. -

Il ragazzo aveva levato le mani di dosso alla maga, tenendole sollevate in aria come se non avesse avuto realmente intenzione di toccarla. – Scusami…senti, ho bisogno di parlare con lei… -

Fleur aveva risposto duramente. - Perché? -

- Come? -

- Perché? Non credi di avere già fatto abbastanza? -

Era incredulo. –Prego? –

- Hai capito perfettamente. -

- È vero, ma non credo che questi siano affari che ti riguardano. -

- Be, è vero, ma riguardano Ginny… -

- Per l’appunto, tu non sei Ginny. -

La ragazza aveva fatto per andarsene. – Mi dispiace, non posso esserti d’aiuto. –

- Aspetta. - Malfoy l’aveva bloccata per un polso ma l’aveva rilasciata subito.

Fleur aveva scosso il capo. – Se le tue intenzioni sono buone dalle del tempo. –

- Che cosa?! Perché dovrei fare una cosa simile? -

- Perché n’avete bisogno entrambi, perché finalmente lei sta bene, perché sai che è la cosa giusta, e perché non l’hai fatto la prima volta. -

- Aspetta…ora ho capito, sei stata tu a darle quel fantastico consiglio allora, fammi indovinare Delacour anche questa è opera tua… -

- No, ha deciso da sola, perché per quanto ti sembra impossibile ha una testa che funziona autonomamente. -

- Questo lo so…si può sapere a cosa è dovuta tutta quest’ostilità? -

- Perché ho visto com’era, ho visto com’è diventata, e ho visto com’è adesso. Ora scusami… -

Draco aveva fatto segno con le mani di lasciar stare e se n’era andato, non avrebbe potuto sapere che, non appena avesse girato l’angolo, la porta dell’appartamento si sarebbe aperta di nuovo.

Ginny era uscita in corridoio. - Fleur che cosa sta succedendo qua fuori? -

La maga aveva sorriso. – Niente, adesso va a finire di prepararti. –

- Va bene… -

Dicembre, 2011 Parigi, 33, rue Saint-Louis en l'Ile

- Gabrielle sono tornata! -

Ginny aveva posato al pavimento le buste colorate dei vari acquisti e richiuso l’uscio alle proprie spalle, la ragazza si era poi sfilata il soprabito di camoscio verde, scrollandosi così la neve di dosso, e lo aveva appeso all’attaccapanni; aveva tolto i guanti aiutandosi con i denti, e li aveva posati assieme alle chiavi sul mobiletto accanto all’ingresso. L’anello di Draco era scintillato all’anulare della mano sinistra.

Non appena aveva infilato la punta del naso dentro casa, aveva provato quella piacevolissima sensazione data dall’entrare in un ambiente riscaldato dopo che si è trascorso lungo tempo a zonzo per le strade ghiacciate; era stata avvolta da un leggero tepore che si era propagato al suo viso, arrossato per il freddo, accentuandone la colorazione, e in tutto il corpo.

Aveva sempre adorato il natale.

La maga si era sfilata la sciarpa azzurra lasciando che congiungesse il proprio cappotto e aveva ravvivato con una mano i capelli. Erano una confusione d’onde appiattite e appiccicate fra loro dalla neve; quel clima era un vero disastro per qualsiasi tipo d’acconciatura, e adesso che avevano iniziato a ricrescerle, era anche peggio.

La ragazza si era diretta tranquillamente in soggiorno, Gabrielle stava scendendo proprio in quel momento dalle scale; già dai primi giorni trascorsi nella nuova città aveva scoperto di possedere una strana placida calma rispetto al futuro e agli eventi che si era trovata ad affrontare durante le sue giornate, non era minimamente spaventata da quello che sarebbe stato l’avvenire o dai problemi che avrebbe potuto incontrare. La gravidanza le aveva regalato una strana forza e determinazione, nonché una certa esuberanza, come se fosse stata in grado di fare qualunque cosa, in effetti, non era proprio così, e a causa di questo aveva finito con mettere in agitazione un po’ tutti quanti, colleghi, vicini di casa, amici, conoscenti, perfino la cassiera del supermercato…

Non poteva farci nulla; era rilassata e distesa a livello fisico e spirituale, eppure, si sentiva su di giri e piena d’energie, elettrizzata ed eccitata a livello mentale.

- Ginny… -

Gabrielle Delacour si era fermata a metà delle scale con le mani posate sui fianchi, ed aveva osservato la cognata di sua sorella come una bambina con la quale non si sa più cosa si deve fare. Sembrava una mamma che si apprestava a sgridare il proprio figlioletto, anzi no, sembrava se stessa quando si sforzava di apparire seria e rimproverare Damian.

Ginny aveva sorriso alla Malfoy. – Ciao. –

Era incredibile, la sorellina di Fleur aveva soltanto diciotto anni, eppure spesso si comportava come se fra loro due l’adulta fosse lei. Gabrielle Delacour era una ragazza ben messa, il cui viso, a differenza della costituzione, era molto somigliante a quello della sorella; portava i capelli biondi e mossi tagliati appena sotto le spalle, e un leggero filo di trucco sugli occhi e sulle labbra. Non era molto alta, Ginny che non era proprio una top model la superava di parecchi centimetri.

Gabrielle era un piccolo genio. Si era diplomata a Beauxbatons a soli sedici anni e adesso stava per laurearsi in scienze Babbane applicate alla magia, voleva diventare alchimista; aveva iniziato a lavorare da lei come baby-sitter a tempo perso e si era immediatamente affezionata a Damian, in pratica era diventata una specie di domestica, governate, dama di compagnia, e amica, tutto in uno. Diceva che occuparsi di Din e d’alcuni lavoretti manuali serviva a distrarle la mente, in realtà, la maga dai capelli rossi aveva sempre avuto il sospetto che la ragazza mal sopportasse il suo status di "persona dotata" e che desiderasse essere come tutte le altre sue coetanee.

- Ha telefonato il Medimago Sauver, voleva sapere se ti stavi riposando… -

- E tu cosa gli hai risposto? -

- Che al momento non eri nelle condizioni di rispondere al telefono…questo le prime sei volte, poi sono stata costretta a dirgli che non avevo la più pallida idea di dove tu ti trovassi, e che era molto improbabile fossi impegnata in qualcosa che non richiedesse lo sforzo di almeno quatto persone… -

- Be, potevi dirgli che avrebbe fatto meglio ad impiegare i soldi dell’ospedale tenendomi nella sua équipe invece che costretta a casa in questa specie di vacanza forzata… -

- Ma davvero…considerando che hai la bellezza di undici mesi davanti prima di poter rimettere il naso in ospedale e questo è il tuo primo giorno di riposo avresti potuto almeno fingere di seguire le prescrizioni mediche almeno per una settimana invece di fiondarti fuori a… -

- Fare compere. -

- Già. -

- È natale… -

- Mancano ventiquattro giorni. -

- Ho fatto solo due passi… -

- E portato più pacchi di quanti un facchino in un anno! -

- Auch. -

Ginny si era portata le mani al ventre, aveva ricevuto un bel colpetto; quel giorno indossava dei pantaloni rossi piuttosto larghi e con molte tasche, ed un maglione bianco a collo alto, in alto a sinistra, dei brillantini formavano un fiocco di neve.

- Ginny che succede stai male? È il bambino? - La giovane maga era apparsa preoccupata, invece la futura mamma aveva riso leggermente.

- Sì, è il suo modo di ribellarsi, è stufo delle tue lamentele e dei tuoi rimproveri… -

- Ah, ah…veramente quelli sono rivolti a te… -

- Be, forse vuole prendere le mie difese, anche a lui non piace stare sempre fermo nello stesso posto, siamo stanchi di rimanere chiusi qua dentro… -

- Ma se da stamattina avrai trascorso in casa si e no trenta minuti… -

Ginny continuando a sorridere all’amica si era accarezzata il grembo.

Erano trascorsi quattro mesi e mezzo da quando lei e Damian avevano lasciato Londra, ma solamente adesso il ventre della ragazza aveva iniziato a diventare evidente; inizialmente n’era stata allarmata, sapeva che in alcuni casi era possibile che la pancia non fosse visibile fino ad oltre il quarto mese ma lei era già alla ventiseiesima settimana e, generalmente, le donne della sua famiglia avevano la tendenza ad esibire già dal secondo mese una leggera rotondità, tuttavia il Medimago l’aveva rassicurata: tutto era nella norma, solo che il suo piccino, o la sua piccina, dato che non aveva voluto conoscere il sesso, era davvero minuscolo. Onestamente a quella rivelazione si era sentita mancare, fin dall’inizio, e soprattutto durante i primi tempi, aveva avuto dei seri problemi, e il fatto che il bimbo fosse molto piccolo non era certo confortante, invece, contrariamente ad ogni previsione, si era rivelato essere molto forte e caparbio.

No, non erano state tutte rose e fiori, c’erano stati anche per lei dei momenti difficili, momenti nei quali era stata tentata di tornare a "casa".

L’abitazione nella quale si trovava adesso era appartenuta alla zia di Fleur, se n’era innamorata a prima vista, la donna viveva solo col marito, l’ultimo dei suoi tre figli quattro anni prima si era sposato; dall’ora aveva sempre sentito un gran vuoto dentro quella casa, già da tempo stava cercando un possibile acquirente.

Si trattava di una di quelle vecchie villette che solitamente si vedono nei film alla tv: due piani, una soffitta, una cantina, tre stanze da letto, due bagni, cucina vivibile, e soggiorno. Era un sogno.

Al di là dei problemi col prestito in banca, le formalità si erano rivelate davvero poche, visto che tutto sarebbe restato in famiglia. Ottenere il mutuo dalla Gringott, e convertire una simile somma in euro, era stato la cosa più difficile; tutto sommato, negli anni era riuscita a mettere da parte qualcosa, ed anche se la cifra si era rivelata ugualmente spaventosa l’aveva fatto lo stesso. Aveva comprato casa; era indebitata fino al collo, ma n’era valsa la pena. Il fatto di essere la sorella di una stella del Quidditch, e che Luna avesse un qualche genere di conto in sospeso con il proprietario della banca, anche se ancora adesso non aveva assolutamente il coraggio di chiedersi di cosa si trattasse, avevano avuto il loro peso.

Gabrielle era sempre stata con loro tutto il tempo, fin dall’inizio, ed avere con se un volto amico in una città straniera aveva significato veramente tanto; specie se si trattava di iniziare tutto quanto da capo.

Aveva sfruttato le settimane della sua luna di miele per sistemare l’arredamento, ridipingere le pareti, far rivivere gli unicorni nella stanza di Damian e le farfalle nella nuova camera "rosa"; era stato più complicato rispetto a quando si era trasferita la prima volta, ma era stato anche più divertente. Ogni pomeriggio lei e Damian lo trascorrevano esplorando la città, cercando di conoscere i quartieri, i suoi abitanti, ed era stato speciale, soprattutto con l’arrivo del freddo. Pargi era magica.

Aveva imparato a fare lunghe passeggiate solitarie per il quartiere, attraversando l’île de la Cité raggiungendo Notre Dame, lungo il Pont Neuf, oppure costeggiando la Senna.

L’île Saint-Louis era localizzato nel quarto arrondissement; una specie d’isoletta fra le due sponde del fiume che, come altre piccole zone sparse per la capitale, si trattava di un mondo a parte. Nessun grande monumento, fatta eccezione per la chiesa di Saint Louis en I'lle, e soltanto un’unica strada principale; sembrava regnasse un’atmosfera fuori dal tempo.

A volte, le capitava di apprendere dai giornali o dalla tv qualche notizia sui Malfoy alla quale seguiva un breve momento di sconforto; ma poi guardava Damian ridere o sentiva muovere dentro di sé il bambino e tutto passava.

Vedere Din alle prese con la nuova lingua era stato divino, per lei si era rivelato più semplice; a quindici anni era stata costretta a prendere lezioni di Francese da Bill, il ragazzo allora non voleva ammettere che stesse frequentando Fleur e trovava ogni scusa per portarla a casa.

Fleur e Luna erano state a trovarla qualche volta, e sua nonna Penelope in ottobre aveva trascorso con lei e Damian un’intera settimana.

I primi di novembre aveva ricevuto una lettera di sua madre, diceva che stavano tutti bene, Hermione aveva partorito con due mesi d’anticipo un bel maschietto, lei e Ron avevano deciso di chiamarlo Harry.

Non l’aveva invitata a tornare a casa, si era limitata a mandare un abbraccio a Damian e a chiedere sue notizie; aveva inoltre aggiunto che sperava lei e il bambino stessero bene.

Le aveva risposto raccontandole di Parigi, del lavoro e dei progressi di Din con il francese; sul proprio stato di salute aveva detto la verità, stava bene, e il bambino, di cui non aveva voluto conoscere il sesso, seppur piccolo era in salute.

Da allora non l’aveva più sentita.

Damian non aveva più chiesto di Draco da quando il giovane aveva iniziato ad inviargli delle lettere. Ginny non aveva mai saputo cosa ci fosse scritto, era sempre Gabrielle a leggerle per lui e a scrivere la risposta. Era stata la maga a domandarle di farlo, l’unica raccomandazione era stata di non inserire nulla che potesse rivelare il posto esatto dove si trovassero.

In autunno, la giovane, aveva iniziato ad insegnare a Damian scrivere; in un primo momento non aveva capito il perché di quella richiesta da parte del bambino. Un pomeriggio, alcune settimane prima, era tornata a casa e lo aveva trovato intento a leggere un libro, aveva creduto stesse giocando, invece, seppur a fatica e sbagliano molte parole, lo aveva fatto sul serio: voleva poter scrivere a suo padre di persona e leggerne le lettere.

L’impiego al Rocher si era rivelato essere quello che aveva sempre sognato; l’ambiente era estremamente professionale, eppure accogliente. Tutti si erano subito fatti in quattro per aiutarla ad ambientarsi, nutriva il sospetto che molti credessero fosse vedova…

Era stato il Medimago Sauver a sentenziare che una volta entrata nel sesto mese avrebbe dovuto seguire riposo assoluto, era riuscita a tirare le cose fino al settimo dopodiché, Isée Sauver, aveva sentenziato che se avesse voluto continuare a lavorare per il Rocher anche in futuro sarebbe dovuta stare in casa ad assolvere i suoi doveri di chioccia. Aveva utilizzato proprio quelle parole.

Gabrielle aveva puntato il dito contro la ragazza in avvertimento. – Siediti. –

- Va bene… - Ginny aveva alzato le mani in segno di resa e sorridendo si era lasciata cadere sul divano. – È tadi, non dovresti tornare a casa tua… - L’aveva provocata la giovane.

- Sì, infatti, ma prima vado riscaldare la cena e tu non ti muoverai da questo divano. -

Gabrielle era tempestata in cucina. - Merlino quanta pazienza… -

La maga si era portata un cuscino in grembo ridendo.

- Dov’è Din? -

- Sta facendo il bagno a Mellis. -

- Nooo… - La giovane aveva esclamato divertita.

Trrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.

Era il campanello.

- Vado io… - Ginny aveva anticipato l’affermazione della ragazza e si era affrettata ad alzarsi ridacchiando, estremamente consapevole che Gabrielle, nell’altra stanza, avrebbe roteato gli occhi.

Sbuffando la giovane dai capelli biondi si era sfilata il grembiule. - Ginny, io vado a salutare Damian, la cena è nel microonde… -

- Va bene… - Aveva risposto la maga portandosi i capelli dietro le orecchie e procedendo verso la porta.

Gabrielle era scomparsa oltre le scale.

Ginny aveva ruotato la maniglia in tutta calma; appena aperta, la porta aveva lasciato entrare un soffio d’aria gelida. Fuori nevicava ancora. La maga non aveva nemmeno concluso il proprio movimento, era stata investita pienamente dalla corrente fredda ed era rabbrividita; istintivamente aveva portato le braccia al corpo per proteggersi. Era stato il successivo colpo di vento ad aprire completamente la porta e a farla muovere in ritorno, se le mani del visitatore non l’avessero arrestata per tempo con ogni probabilità si sarebbe chiusa nuovamente; Ginny d’altronde non aveva mosso un muscolo per impedirlo. Lo scoppio di vento aveva permesso alla giovane di prendere in visone le caratteristiche dell’individuo fermo sulla soglia: le scarpe firmate che spiccavano sopra lo zerbino coperto di neve, i pantaloni scuri dal taglio impeccabile, i guanti di pelle pregiata, il lupetto di chasmire messo in evidenza dal soprabito a doppio petto aperto, il finale tocco di classe fornito dalla sciarpa chiara appoggiata appena alle spalle; e in tutto questo lo stagliarsi di sottili capelli biondi nell’oscurità della sera.

Si era gelata.

Era rimasta immobile come un pezzo di marmo, con le membra che avevano iniziato ad intorpidirsi per il freddo.

Aveva fatto tabula rasa di tutto per ricominciare, e adesso lui era qui.

- Weasley… - Draco Malfoy aveva trascorso le ultime due ore sotto la neve, camminando avanti e indietro lungo il Pont Neuf, tentando di decidersi ad andare da lei. Erano trascorsi più di quattro mesi, non sarebbe stato facile; se l’era ripetuto di continuo tra una sigaretta e l’altra, e più volte nel corso delle settimane successive alla partenza di Ginny. Era stato allora che aveva cominciato a fumare, un quarto d’ora dopo aver parlato con Fleur era entrato in una tabaccheria e aveva comparto un pacchetto di sigarette. Voleva vederla, aveva sognato quel momento praticamente da sempre, eppure, eppure non era come dirlo. Il tempo aveva la capacità di cambiare le persone, e per la prima volta Draco Malfoy aveva avuto paura di chi si sarebbe trovato davanti.

Adesso, due ore più tardi, dopo essersi passato il naso fra il pollice e l’indice inconsapevolmente e aver gettato l’ultima sigaretta nella Senna, l’aveva finalmente avuta di fronte in tutta la sua gloria e non aveva saputo da che parte iniziare.

- … -

Era bella, no bellissima; aveva un aspetto meraviglioso. I capelli nuovamente rossi e sciolti in onde scarmigliate, il colorito sano, la figura semplicemente perfetta nonostante il ventre arrotondato, quella luce negli occhi, e il sorriso così vitale che non appena lo aveva avuto di fronte era scomparso dal suo viso; non era una bella sensazione il sapere che era a causa sua se ora quel sorriso adesso se n’era andato.

- … -

- … -

Gli sguardi dei due giovani si erano incontrati a metà strada. C’era stato silenzio.

- Come… -

- Luna. -

Ginny non si era spostata per farlo entrare e lui non aveva rimosso le mani dalla porta. Dovevano ancora stabilire se fosse il benvenuto.

- … -

- … -

Proprio lì. Davanti a lei. - Sei reale… - Era sembrata distante, come se nemmeno lei stessa fosse stata sicura di trovarsi lì.

Draco aveva annuito impercettibilmente col capo.

Ginny era rimasta a fissarlo stranita sbattendo un paio di volte le ciglia.

Il mago aveva lasciato andare la porta; incerto sul da farsi aveva allungato una mano, era stato allora che lei aveva parlato. Malfoy si era già arrestato a mezz’aria.

- Sto bene. -

Aveva chiuso il pugno e ritratto il braccio. – Lo so. – Non vi era stata freddezza e neppure rassegnazione nella voce, ma nemmeno aveva sorriso o si era preso gioco di lei. Aveva detto semplicemente la verità. Era un dato di fatto, lo aveva visto coi suoi occhi ed era felice per lei.

- No, non lo sai… - Ginny aveva preso un passo in avanti e si era appoggiata al battente come se avesse voluto chiudere il giovane al di fuori.

Draco aveva posato una mano sulla porta, appena sopra quelle della ragazza. Non sarebbe stato necessario. Forse inconsciamente la maga avrebbe voluto allontanarlo, in quel momento però aveva ricercato semplicemente qualcosa cui aggrapparsi per darsi sostegno.

Era vero, stava bene, per la prima volta dopo tanto tempo stava finalmente bene.

La ragazza aveva poggiato la testa contro al battente e aveva sorriso sinceramente, sebbene con una punta di malinconia. Non voleva ricominciare tutto quanto da capo, ormai aveva voltato pagina. - …dico sul serio. Adesso sto bene. –

Malfoy aveva inclinato il viso abbassandolo in prossimità di quello della giovane.

- Ginny lo so. – Era stato incoraggiante regalandole uno dei suoi rari sorrisi storti.

Ginny aveva roteato gli occhi. – No che non lo sai. -

- Ti dico di sì. – Aveva insistito ora divertito. – Ho capito. Ci credo. -

La ragazza aveva fatto per replicare ma il giovane le aveva preso il viso con una mano spremendole le guance in modo che le labbra sporgessero in fuori rendendole estremamente allettanti. Non l’aveva baciata tuttavia. – Wealey. – Aveva ripreso il tono provocatorio di sempre. - In questo modo possiamo anche andare avanti all’infinito, non potresti semplicemente lasciarmi entrare in casa, sto congelando qua fuori. –

La maga aveva annuito col capo e Draco aveva rilasciato la presa. – Bene. –

Ginny aveva sospirato esasperata e si era fatta da parte per lasciarlo passare. – Entra… -

La ragazza aveva richiuso la porta alle proprie spalle godendo il cambiamento di temperatura. Effettivamente stava iniziando a congelarsi; quando si era voltata Malfoy la stava osservando.

Giusto. Per una frazione di secondo si era scordata che c’era anche lui.

Ginny aveva raggiunto le scale sotto lo sguardo del ragazzo e si era protesa leggermente verso il pianerottolo. - Gabrielle ti dispiace rimanere ancora un po’? -

- C’e qualche problema Ginny? – Aveva urlato in risposta la giovane.

- No, no, c’è solo… - Si era voltata verso Draco e la voce le era morta in gola. - …una questione che devo risolvere… -

Gabrielle aveva fatto capolino. - Come? Ginny non ho sentito… - Notando che l’amica non era sola e facendo due più due… - Salve! – Aveva allargato gli occhi in colpo e parlato con voce forse un po’ troppo squillante. Si era notato immediatamente che era in difficoltà. – Io…io…torno magari più tardi… -

La più piccola Delacour si era affettata a scomparire di nuovo.

Malfoy aveva sollevato un sopracciglio. - Una questione? È questo che sono diventato? –

Aveva sospirato. - Pressoché. – La giovane aveva scosso il capo. – Senti… -

Il ragazzo aveva incrociato le braccia casualmente. – Sentiamo. –

Ginny aveva aperto la bocca per palare e aveva scoperto di non aver niente da dire. - … -

- Hai finito? Bene…adesso ascoltami… -

- … -

- … -

No, non era possibile…perfetto. Di tutte le cose che avrebbe voluto dirle adesso…

Era stata la giovane stavolta ad incrociare le braccia. - Hai finito? –

- Non è divertente. -

- Oooh, invece lo è. – Aveva risposto acida.

I due si erano fissati per un momento entrambi irritati dall’atteggiamento dell’altro; curioso che avessero in testa il medesimo pensiero. "No, non era così che si supponesse andassero le cose."

Avrebbero voluto spiegare come si sentivano, ma improvvisamente le parole erano diventate sopravvalutate; avrebbero voluto spiegare le proprie ragioni in modo da non lasciare spazio a dubbi, a fraintendimenti, invece, improvvisamente avevano scoperto di non avere nulla da dirsi. Era ovvio perché lui si trovasse lì, o perlomeno così lei credeva, ed era chiaro che lei volesse in tutti modi dimostrargli che era riuscita ad andare avanti, che ce l’avrebbe fatta anche da sola.

Lei non voleva la sua pietà, lui non sopportava che lei credesse che la propria si trattasse di pietà.

Lei avrebbe voluto spiegargli che non era previsto che si rivedessero così presto, che, sì, adesso stava bene, ma non ce la faceva ancora ad affrontare l’argomento "loro due", sempre che ancora esistesse un "loro due" e che lui fosse lì per questo e non soltanto per Damian.

Lui avrebbe voluto farle capire che se si trovava lì adesso non era per Damian o per il bambino ma per lei, e che per una volta si era deciso a fare la cosa giusta, a darle tempo, ma che questo non significava che avesse avuto dei dubbi su di loro, e che sapeva che il figlio che portava dentro era suo, ma che se anche non fosse stato così non gli sarebbe importato, non avrebbe fatto differenza.

La maga si era rilassata, erano ridicoli, comportandosi come due bambini non avrebbero risolto nulla. Tanto valeva mettere le carte in tavola.

Aveva sorriso. - Draco io sto bene, sul serio, non c’è bisogno che tu… -

- Weasley voglio. -

- Il bambino… -

- È mio. – Lo aveva detto con semplicità.

- Cosa?! No, non è… -

- È mio. -

La fronte della giovane si era contatta per il nervoso. - Non è tuo…. – Aveva fatto per replicare ma si era arresta. - …aspetta…tu allora ti ricordi?… - Aveva scosso il capo. – Ma non è questo il punto…non è detto che sia tuo e io non posso garantire che… -

- È mio. -

- Non puoi saperlo. – La maga aveva iniziato ad agitarsi.

- È mio. – Draco l’aveva fermata. – Ginny… - Le aveva preso le mani. – Ginny. -

- Ginny ascoltami. – Lei aveva sollevato lo sguardo. – È mio. -

- Ma… -

- Ti ho detto che è mio. -

- E se non fosse tuo? E poi perché? Perché adesso, sono passati più di quattro mesi. -

- Perché l’hai detto tu, adesso stai bene…perché avevo bisogno che tu ti abituassi all’idea, perché una volta nella mia spregevole e inutile vita ho deciso di fare la cosa giusta e darti quel tempo che non ti ho negato all’inizio… - Poi aveva aggiunto divertito. - Ah, e poi perché quando sono arrivato al tuo appartamento te n’eri già andata… -

- Mi stai prendendo in giro? -

- No. -

- Non puoi parlare sul serio, il bambino potrebbe anche essere di Chase, non posso chiederti di crescere il figlio di un altro… -

- Weasley… -

- …io non posso saperlo… -

- Ginny ascolta… - L’aveva presa per le spalle e dato loro una leggera scossa. - …potrebbe essere anche di Voldemort in persona che per me non farebbe alcuna differenza… -

- Non sto scherzando Draco, potrebbe non essere tuo, non posso chiederti… -

- Non m’importa, io sono qui per te, e comunque è mio. -

- Dico sul serio. -

- Sono serio. -

- E se non fosse tuo? -

- Senti… -

- No, potrebbe, e cosa accadrebbe allora eh? -

- Niente, non accadrebbe niente. -

Ginny lo aveva guardato come se volesse dire "oh, per favore, andiamo, non crederai veramente che mi beva una cosa simile."

- Ascolta, non sto dicendo che sarei felice… -

La maga aveva voltato il capo dall’altra parte. Ecco, lo sapeva, lo sapeva che…perché ancora insistevano a parlarne?

- Ginny vuoi starmi a sentire? – Draco aveva cercato i suoi occhi. – È vero, non mi fa piacere ma non cambia niente. È solo un bambino, che male può fare un bambino? -

La ragazza non era voluta starlo a sentire e aveva fatto per andarsene. – No. – Malfoy non lo aveva permesso. - Ho fatto come hai voluto, adesso è il tuo turno di fare a modo mio. Mi hai chiesto del tempo e io te l’ho dato, adesso sono io a chiederti qualcosa. –

- Cosa? -

- Fidati di me. -

- … -

- È vero, sono un cane, un vigliacco, un essere riprovevole e aberrante che nella sua vita ha fatto solo cazzate, e se potessi ucciderei Chase con le mie mani per quello che ti ha fatto, ma è anche vero che ti amo… -

L’espressione di Ginny era stata memorabile.

- Sì, hai capito bene ti amo, e non me n’andrò di qui a meno che tu e Damian veniate via con me. -

- Mi ami? -

- Ti amo. -

- Sul serio? -

Draco si era spazientito. - No, per finta…ma certo Weasley! -

- Va bene. -

- Cosa? -

- Ho detto ok, facciamolo. Mi fido di te. -

- Sicura? -

La maga si era stretta nelle spalle. - Ti amo. – Era tutto quello che aveva bisogno di sapere in fondo.

Malfoy era rimasto spiazzato dalla semplicità disarmante con la quale aveva detto quelle parole; dalla facilità in cui Ginny aveva reso le cose. Ora aveva capito cosa aveva voluto dire allora con "io amo" "io sposo".

La ragazza aveva sorriso. – Ma devi essere tu a dire a Gabrielle che deve aggiungere un posto a tavola, lei detesta cucinare. –

Cara Pancy,

non avrei mai pensato che l’ultima occasione che avrei avuto di parlarti sarebbe stata quella di prendere in mano di nuovo carta e penna. Ho scritto veramente poche lettere nella mia vita, e sempre quando si è trattato di chiudere una fase mai di aprirne una nuova; ma immagino che ci sia una prima volta per tutto.

Ha volte ho l’impressione di vivere la tua vita, di averti rubato qualcosa, so che è sciocco ma non per questo meno vero; volevo solo dirti grazie. Grazie perché quando ho creduto di non aver più nulla per cui valesse la pena di lottare ancora, tu mi hai insegnato che mi sbagliavo.

Mi sono imposta nella tua vita e non mi hai sbattuta fuori, tu e Damian siete diventati la mia famiglia quando ho sentito di non fare più parte di quella in cui sono crescouta; sono stata egoista e ho preteso di cambiare il tuo mondo per renderlo più simile al mio, e tu l’hai fatto. Hai portato a termine la gravidanza anche se sapevi quali sarebbero state le conseguenze.

Mi hai regalato una seconda opportunità per vivere la mia vita, parte di me era morta il giorno dell’incidente, non so quante altre persone avrebbero fatto questo per qualcuno che conoscevano appena.

Mi manchi Pancy.

Mi mancano i nostri stupidi litigi, il chiacchierare di niente, i tuoi insopportabili consigli. Mi manca la tua voce, la tua risata, le tue continue lamentele.

Se qualcuno ai tempi di Hogwarts mi avesse detto che saremmo finite a vivere insieme gli avrei riso in faccia, d’altronde non avrei neppure pensato che avrei cresciuto il figlio di Draco Malfoy o che avrei amato qualcun altro che non fosse Harry.

A volte mi domando se tu non sapessi che sarebbe finita così, chiedendomi di occuparmi di Din; poi mi rendo conto che è semplicemente assurdo.

Amiamo entrambe le stesse identiche persone. Saresti dovuta essere tu qui Pance, così è ingiusto. Mi sembra di sentirti nella mia testa "e chi ha mai detto che la vita sia giusta".

Non conosco ancora Draco, almeno non abbastanza, ma credo che a modo suo ti amasse; penso che allora fosse l’unica maniera che conoscesse. Si può dire che in un certo senso ho rinunciato a farlo, non fraintendermi, voglio, ma aspetto che sia lui a sentirne il bisogno. Non m’importa se non mi ha raccontato della sua infanzia, del suo rapporto con il padre, di quello che ha fatto per più di cinque anni quando non era qui, ha accettato di crescere il nostro bambino senza neppure avere la certezza che fosse proprio, penso di dovergli almeno un po’ di fiducia.

Briana Patricia Hope Malfoy è nata il sette di marzo, ha gli occhi di Draco e i capelli rossi dei Weasley. È la nostra principessa, Damian se n’è innamorato a prima vista; come era prevedibile Draco Malfoy non ha voluto fare il test di paternità, e figurarsi…ha detto che è sua e basta. Lo sapevo ma non ho resistito, l’ho fatto io per lui; se lui lo scoprisse probabilmente s’infurierebbe. È sua figlia, al cento per cento.

Ci siamo spostati due volte, la prima in municipio. È stato tre giorni dopo che lui mi ha raggiunto a Parigi; eravamo seduti al Deux-Magots, un café in Saint-Germain-des-Prés, e l’ha buttata lì. Credevo che scherzasse e gli ho detto "va bene, perché no, dammi il tempo di finire il caffè", due ore dopo ero la Signora Malfoy. Abbiamo fatto le cose per bene dopo che è nata Briana, ci siamo sposati il dieci di maggio in una piccola chiesetta in île Saint-Louis, col vestito comparto quel famoso giorno al negozio di abiti da sposa. Chi ha detto che porta sfortuna vedere la sposa prima delle nozze?

Non c’era davvero molta gente; soltanto mia nonna Penelope e il nonno John, Narcissa Malfoy, Maggie e Dimitri, Fleur e Bill, Gabrielle, e Luna.

La mia vera famiglia.

Harry e Luna sono tornati insieme; quando Luna ha lasciato il mio appartamento quel mattino con Fleur mi ha ringraziata, io le ho chiesto per cosa e lei mi ha detto che subito dopo aver lasciato la chiesa Harry è andato da lei e le ha chiesto di ricominciare da capo. Mi ha raccontato che si è dato dell’idiota per tutto il tempo ed è questo che stranamente l’ha convinta a dargli un’altra opportunità, o così dice lei, io in realtà credo che sia il semplice fatto che lei lo ama. Luna ancora oggi sostiene che non stanno insieme, che è solo in prova e che per quanto la riguarda ci resterà a lungo. Bisogna capirla, ci scherza su ma io sono convinta che sia rimasta ferita sul serio da tutta questa storia.

Neanche a crederci il testimone di Draco è stata proprio Luna, non gliel’ha chiesto e lei non ha accettato, ancora adesso per me è un mistero come sia successo. La nonna mi prende in giro, dice che è il modo di Luna per farmi pagare quello che le ho fatto passare con Harry, ovviamente scherza, anche se devo ammettere che ogni tanto la cosa m’irrita.

Sai io invece cosa penso? Che in qualche oscuro e contorto modo, incomprensibile agli occhi di noi comuni mortali, quei due, siano diventati dei veri amici.

Adesso noi quattro viviamo a Parigi, nella grande casa che finalmente ho finito di pagare. Ok, confesso, l’ha pagata lui; ma gli ho detto che gli avrei restituito ogni centesimo, ovviamente si è messo a ridere.

I rapporti con i miei genitori sono quelli che sono, non mi faccio grandi illusioni; ad eccezione di Ron, i miei fratelli si sono già offerti di venirmi a trovare. A volte ho l’impressione che vogliano solo scroccare una vacanza, non parlo di Charlie e Bill ma di Fred e George.

Harry ed io non ci parliamo più, è trascorso ormai quasi un anno; ma sai una cosa? Ho scoperto che non m’importa. Rimpiango di lui il fratello, questo sì, ma credo che ormai sia impossibile aggiustare le cose.

Sono felice Pancy, sono felice e mi sento in colpa.

Non sai cosa darei per poterti parlare ancora una volta…credo che alla fine questo sia il mio unico rimpianto, avere perso un’amica quando finalmente mi sono resa conto d’averla trovata.

È troppo tardi per noi due? Ci sono momenti in cui mi sembra di averti proprio qui vicino a me e Din.

Ti ho invidiata Pancy Patricia Parkinson; ti ho odiata e ti ho amata e mi sono odiata per questo. Avrei voluto essere te, suppongo che io debba essere già abbastanza grata di stare vivendo la tua vita.

Forse un giorno, dopotutto, rifarò a Draco quella domanda. Non volermene a male, ho bisogno di saperlo…

Non ti dimenticherò mai Pance, campassi cent’anni.

Ginny

I never thought I'd ever make it, I can't believe the hell I've been through

Couldn't see the light at the end of the tunnel, I didn't know what to do

I've been through the rain, I've been through the fire

There was something that I never knew

Chorus

I had an angel on my shoulder, with a plan for me divine

Must be an angel on my shoulder, who was right there all the time

(Angel, must be an angel) This world can be so cold and so heartless

Its hard to find your way alone, I used to run so fast, no one could catch me

I couldn't find the way back home, but I've laughed, I've cried

I almost died, but my broken heart just never knew

Chorus

I had an angel on my shoulder, with a plan for me divine

Got to be an angel on my shoulder, who was right there

Right there all the time, everybody needs someone to cling to

With an unchanging love, I finally found a hand to hold on to

A shelter to run to, now I see He's watching over me

Chorus

(Angel on my shoulder, angel) I've got an (angel on my shoulder)

Angel on my shoulder, with a plan for me divine

Got to be an (angel on my shoulder), angel on my shoulder

Who was right there, right there, right there all the time

Got to be an angel, an angel, an angel, right there all the time

Angel On My Shoulder - Natalie Cole

 

FINE

Harry Potter e i personaggi creati da J. K. Rowling non mi appartengono.

 

Le poesie, le canzoni, e i riferimenti a libri, utilizzati ai fini del racconto, non mi appartengono.

Grazie a tutti per avermi seguito fin qui.

Grazie a:

_Kristel_

angelface

Anjulie

Austacchia

Ay

cloe

Daisy

Edvige

eleonor87

Enika

Erda

Eyo^chan

Fatamorgana

Federica

Florinda

Gajra

Ginevra

Heavy

HermioneKNO

IceCamille

Jessy

Jessygirl

Kiara

Kiara-chan

KIRA83,

Klaretta

Laura

Lax

Lazyl

Lelly

Luna Malfoy

Mary1986

MaryAngel

Misskiller

Mitika_viola

MoonLilith

Neris

Nyla

Oryenh

Osyen

Pallina

Pecker

phi phi

RachelDickinson

Romina

Ryta Holmes

Sele-chan

Sendy Malfoy

Serena

sissichi

tink

Tsunami

vale

Vega

Virginia

Whitelady

whitelady86

Spero di non aver fatto pasticci coi nomi e non aver scordato nessuno.

Un grazie particolare anche alla mia Amica, anche se la vigliacca non ha più recensito. ^_^ Tranqui, lo so che lavori e hai poco tempo.

Un grazie a tutti quelli che hanno letto.

Fatemi sapere cosa ne pensate e se per voi andrebbe cambiato qualcosa, altrimenti sigh sob, suppongo che questa sia davvero la fine. Temo che mi mancheranno Damian, Draco e Ginny, mi ero così abituata a loro…immagino che adesso mi ritoccherà prendere in mano Heartbreaking o inventarmi addirittura qualcos’altro.

Sono così commossa…giuro, mi fa uno strano effetto. Davvero grazie a tuttissimi.

Alla prossima.

Max.

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