Non c’era niente che stava andando per il verso giusto. I traslatori avevano fatto casino con i mobili, all’emporio le avevano spedito meno barattoli di vernice di quanti le servissero, e alcuni erano del colore sbagliato, in quel cavolo di nuovo appartamento non c’era neppure un tavolo con delle sedie. Il letto che aveva ordinato, non si sapeva bene per quale ragione invece di essere a casa sua, era ancora in quel dannato negozio di Chelsea, stramaledetti tutti quegli stupidissimi italiani che vivevano lì. Le stava per venire una crisi isterica, si sarebbe messa a piangere, ma non sarebbe servito poi a molto visto che come una deficiente non aveva fatto altro da quando si era trasferita. Rilassati Ginny, prenditi del tempo per riflettere, stacca un momento, vivi più alla giornata…era una fortuna che Damian invece di spaventarsi, o rattristarsi dei suoi scleri si mettesse a ridere. Davvero consolante…i vicini poi erano insopportabili, non avevano ancora capito che se teneva la radio così alta era per non doverli sopportare. "Signora Weasley ma lei è vedova?" "Signora Weasley doveva essere un’adolescente quando ha avuto questo bambino." "Signora Weasley dov’è il padre?"
La ragazza, osservando la gigantesca parete mezza dipinta, si era tirata indietro i capelli corvini con una mano e l’aveva mantenuta ferma sulla testa. Sconsolata si era rivolta a Damian che stava pasticciando col secchio di vernice seduto al pavimento. – Se la lascio così dici che qualcuno se né accorge? –
Il bimbo ridacchiando aveva decisamente annuito col capo. – Ginny? –
Portandosi le mani alla faccia per la disperazione e sospirando la donna si era girata verso il figlio inclinando leggermente il capo. Era demoralizzata. – Eh? – Damian aveva sorriso. – Dimmi amore… -
Aveva alzato le spallucce, come se fosse la cosa più semplice e normale del mondo. – Perché non lo chiediamo a Draco di aiutarci? –
La maga aveva sollevato le sopracciglia annuendo col capo in una strana smorfia, come se avesse dovuto raccogliere da terra un calzino sporco. – Eh…- Come, no! Già, proprio, perché non lo chiedeva a Malfoy…
Sette giorni prima.
13, maggio 2011 Londra ore 11. 45 AM
Ginny aveva aperto la porta di casa spingendola con la schiena, i pacchi con la spesa e le chiavi da una parte, e la manina di Damian stretta nella sua dall’altra.
15, Maggio 2011 Londra ore 03. 02 PM
- Che diavolo state facendo? –
La ragazza aveva sgranato incredula gli occhi. Gli uomini incaricati del trasloco avevano piantato alcuni dei vecchi mobili, ancora imballati, nel mezzo del soggiorno e, senza fare mezza piega, si erano avviati verso la porta. Un tizio grasso e ben piazzato, con una barbetta incolta e la maglia madida di sudore, si era scrollato nelle spalle ed era uscito sbattendo la porta. – Mi spiace ci hanno detto solo di effettuare la consegna e non di sistemarli. –
La maga aveva sospirato e si era portata una mano alla testa. Poteva andare peggio di così?
16, maggio Londra ore 09. 35 PM
Damian era addormentato della grossa in un sacco a pelo su un materasso disposto al pavimento. Ginny a terra su alcune pagine di giornale stava tentando di aprire un barattolo di vernice. Era inginocchiata davanti al contenitore metallico che non voleva saperne di stapparsi, i capelli neri le ricadevano davanti al viso fastidiosamente. La ragazza stava facendo leva con le unghie nello spazio fra il bordo di latta e il coperchio. Dopo ripetuti tentativi e un paio di unghie rotte, il dischetto metallico che aderiva alle pareti era saltato via e, a causa della pressione, il contenuto era schizzato in faccia alla maga.
17, maggio Londra ore 10. 32 AM
Ginny stava passando lo spazzolone sul pavimento, era incredibile come si sporcasse facilmente fra la polvere e i vari lavori. Gli operai e l’idraulico, dovevano farsi ancora vedere sebbene fossero giorni che li stesse aspettando. Din aveva strattonato la ragazza per i jeans con vocina incerta. - Ginny? -
- Amore… - Si era asciugata il sudore dalla fronte con una mano e aveva sorriso.
- Credo che ci sia qualcosa che non va in bagno… -
- In bagno? –
Aveva scosso rapidamente il capo per risposta. La giovane maga aveva sgranato gli occhi un istante un po’ sorpresa. Si era lasciata guidare dalla manina del bimbo verso la toilette, ed effettivamente aveva notato le piastrelle del corridoio leggermente bagnate, ma non aveva voluto credere al sospetto che si era insinuato nella sua testa.
Il bagno era allagato.
17, maggio Londra ore 02. 32 PM
- No Hermione, non preoccuparti va tutto alla perfezione… - La voce della ragazza suonava leggermente alterata, come se si trovasse in difficoltà. Ginny era sulla porta del bagno completamente invaso dall’acqua, teneva il portatile con una mano e con l’altra si massaggiava la tempia. Damian come un vero ometto lasciava che il secchiello accanto alla tubatura incriminata si riempisse, per poi svuotare il suo contenuto nella vasca da bagno.
18, maggio Londra ore 01. 23 AM
L’appartamento era nel caos più completo, somigliava tanto al magazzino di una vecchia "casa d’arte" in ristrutturazione. Le pareti dipinte a metà e di diverso colore, come a voler provare la miglior gradazione, scatoloni aperti e chiusi con scritte a pennarello blu per riconoscerne il contenuto, mobili vecchi e nuovi, ancora avvolti nella carta da imballo.
Dei fogli di giornali ricoprivano vaste zone del pavimento e vi erano Post-it colorati appesi un po’ ovunque; barattoli di vernice, rulli, pennelli da imbianchino. Alcuni fili elettrici scoperti penzolavano dal soffitto e delle tele di dipinti erano posate contro le pareti; una vecchia scatola di attrezzi, confezioni di lampadine delle più svariate dimensioni, cellofan a ricoprire la maggior parte delle cose. Tre delle porte da cambiare erano state separate dai cardini, ma nessuno si era preso la briga di sostituirle con quelle nuove che adesso giacevano abbandonate al pavimento, e delle lampade non ancora montate erano state adagiate in prossimità dei punti dove sarebbero dovute essere collocate in seguito.
Il muro che separava il soggiorno dalla piccola saletta da pranzo era stato abbattuto a metà per ingrandire la zona giorno, ma il lavoro era stato lasciato incompleto non contribuendo a migliorare l’aspetto generale dell’ambiente che, illuminato dalla debole luce di qualche candela, assumeva l’aspetto sinistro e grottesco di un museo delle cere. Ginny e Damian erano sdraiati su un materasso adagiato accanto alla grande finestra aperta che dava sul parco, ma sebbene lo spettacolo fosse splendido e il venticello primaverile fresco, non era nulla se comparato alla vista che si poteva avere dalla terrazza dei Malfoy. Là il verde del vasto giardino sembrava più vivo, il profumo dei fiori più intenso, l’arietta più fresca, e si soffriva meno la solitudine.
La giovane maga osservava il figlioletto addormentato al suo fianco. Il bimbo teneva stretto stretto il sacco a pelo, come se dovesse sfuggirgli da un secondo all’altro, e il suo sonno era leggermente agitato. Doveva aver capito che qualcosa non andava, ed era incredibile come di giorno si comportasse come se non si fosse accorto di nulla. Alla fine era sempre Din ad andarci in mezzo, qualunque decisone prendesse, qualunque scelta facesse, era lui a pagarne le conseguenze. E che colpa né aveva lui se i suoi genitori semplicemente non riuscivano ad incontrarsi su nulla? Lei non poteva rischiare, era già abbastanza difficile senza che tra loro ci fossero ulteriori implicazioni, complicazioni. Avrebbe dovuto bruciare quella lettera…se n’era andata perché non poteva più restare, e aveva bisogno di chiarirsi le idee su lei, su lui, su loro…quella situazione in cui si erano ritrovati in mezzo che non aveva neppure un nome. Cosa erano loro? Che significato aveva tutto quello che era accaduto, nessuno? Qualcuno? Erano amici? Conoscenti? Persone che per qualche notte avevano diviso lo stesso tetto e che avevano un figlio in comune? Che si erano ritrovati a quel modo per una serie di strane coincidenze, quali la malattia di Din, il suo stupro, il fatto che non potesse più tornare nel suo appartamento? Erano semplicemente due individui che si sentivano troppo soli e che in qualche modo avevano visto qualcosa dove non c’era niente? E se lui le avesse parlato sarebbe rimasta? Se lui le avesse detto esattamente la frase che avrebbe voluto sentirsi dire, avrebbe fatto qualche differenza? Ma poi alla fine quelle parole le avrebbe intese veramente, o le avrebbe utilizzate solamente perché sapeva che altrimenti se ne sarebbe andata? E non era questo che voleva, che se né andasse? Dopotutto non era come se le fosse corso dietro…e lei? Lei cosa voleva? Voleva lui? Voleva semplicemente qualcuno e le sarebbe andato bene chiunque? Una volta aveva letto un libro, erano varie le frasi che aveva sottolineato una diceva: "La vita umana si svolge una sola volta e quindi noi non potremo mai appurare quale nostra decisione sia stata buona e quale cattiva, perché in una data situazione possiamo decidere una volta soltanto. Non ci viene data una seconda, terza o quarta vita per poter confrontare diverse decisioni.**" Che cosa avrebbe dovuto fare? Stupido orgoglio…stupido buon senso…no…la stupida era lei. Lei che prendeva una decisione e poi non riusciva ad affrontare le cose.
Ginny si era alzata dal giaciglio in frustrazione e si era diretta in bagno chiudendosi a chiave. La ragazza si era seduta sulla tavoletta abbassata del water con le gambe sollevate da terra e, portandosi una mano sul viso, aveva iniziato a piangere. Perché era stata così stupida…aveva fatto tutto il contrario di quello che sentiva…
Oggi.
20, maggio Londra ore 02. 06 PM
Per la gioia dei vicini di casa, la radio era stata finalmente abbassata e la canzone che faceva da sottofondo al canto degli uccellini e alle macchine che passavano sulla strada di sotto non era più la stessa. L’interno 14 sembrava avere un aspetto migliore confrontato allo stato in cui si trovava solo un paio di giorni prima. Damian era seduto sul divano circondato da fogli da disegno e colori, voleva fare un ritratto alla nuova casa da spedire al suo papà. Purtroppo c’era una cosina che secondo lui era fuori posto e lo infastidiva parecchio, infatti non l’aveva inclusa nel soggetto. Lo zio Harry. Sua mamma non sembrava essersene accorta, ma lui l’aveva notato subito.
Ginny stava accompagnando il ragazzo alla porta. Non ce l’avrebbe mai fatta senza il suo aiuto, e Din quando aveva appreso che invece di Malfoy sarebbe arrivato lo zio Harry, era diventato improvvisamente per nulla collaborativo. Ad un certo punto lei ed Harry erano diventati matti per trovare una vite che casualmente sembrava essere finita nei colori del bimbo.
La ragazza aveva rivolto all’amico un sorriso di scuse, era così mortificata per il comportamento di Din. Non aveva mai fatto così prima d’allora. - Grazie Harry, davvero…non so come avrei fatto senza il tuo aiuto, qua era tutto una tale confusione… -
- Lo sai che puoi chiamarmi per qualsiasi cosa Gin… - Aveva risposto con un sorriso sincero, e la giovane aveva abbassato lo sguardo prendendo a giocherellare distrattamente con il pendaglio che aveva al collo. La metteva in difficoltà quando la guardava a quel modo, come se fra loro non fosse cambiato niente. – Harry… -
Crash.
I due maghi si erano voltati di scatto.
Damian aveva rivolto alla madre un finto sguardo spiacente, da "oh, tu guarda cosa ho fatto". - Oops. – Ai piedi del divano giacevano abbandonati i cocci arancioni di uno dei vasetti di vetro trasparente che, qualche secondo prima, era stato posato sul tavolino di fronte al bimbo. In tutto ce n’erano stati tre, due rossi e uno arancione.
- Din! – Aveva scoccato al piccolo un’occhiataccia, e in tutta risposta Damian aveva ritratto la testa nelle piccole spalle imitando il movimento di una tartaruga.
Ginny imbarazzata si era rivolta nuovamente al giovane scuotendo il capo. – Sono così spiacente, non so che gli sia preso in questi giorni… -
- Non preoccuparti, ok? Sono sicuro che non l’avrà fatto apposta… - Aveva sorriso rassicurante e la maga si era sentita una perfetta idiota. Dall’altro capo della stanza il piccolo Weasley stava guardando torvo il suo zio acquisito facendogli il verso a bassa voce.
- Sì ma non avrebbe dovuto lo stesso, in fondo ci hai aiutato così tanto… - Ginny si era passata i capelli dietro ad un orecchio.
- Tranquilla Gin. – Le aveva parlato come se fosse stata una che stava per avere una crisi di nervi. - Ok, sì… - Si era messa a ridere. – Sì. -
- Allora…vado… -
- Ok… - Rendendosi conto di una cosa l’aveva fermato. - Oh, aspetta! – Ginny si era rivolta a Damian come sempre, sorridendogli e parlando dolcemente. Non riusciva a stare arrabbiata con lui per più di mezzo secondo, e poi quei vasetti erano stati scelti da Hermione e a lei non erano mai piaciuti. – Din, perché non vieni a salutare come si deve lo zio? -
Il piccolo aveva risposto ingenuamente come se lo pensasse sul serio, e come se si stesse occupando di una cosa della massima importanza per la quale era indispensabile la sua presenza. – Ginny…è che sono molto occupato…devo finire il disegno per papà. -
La ragazza aveva sospirato. Non poteva resistergli quando faceva quella faccettina buffa da adulto, però presto avrebbero dovuto fare un discorsetto. – E va bene… - Aveva guardato nuovamente Harry scuotendo il capo e con un mezzo sorriso. - …scusalo, non lo fa per cattiveria…-
- Figurati…- Di nuovo quello sguardo.
Aveva aperto la porta senza incontrare gli occhi del ragazzo. - Grazie. –
Draco Malfoy era davanti all’ingresso con le mani in tasca e un’espressione sorpresa sul viso. Che diamine ci faceva lì Potter?