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Vi racconterò una storia. Non una storia di famosi eroi, re
ed elfi che hanno portato il bene nella Terra di Mezzo. Non vi narrerò della
Guerra dell’Anello, né di quella del Fosso di Helm. Anche se sono passati più
di venti anni dalla fine della Terza Era, queste storie sono narrate ogni qual
volta che ve n’è l’occasione, da qualsiasi persona. Vi racconterò la storia di
una semplice ragazza, semplice davvero. Una ragazza che abita a Rohan, più
precisamente ad Edoras. Guardate, è nella sua stanza illuminata da una singola
candela sul tavolo. Guardate, sta parlando. Ascoltiamo cosa dice…
“Mi
trovo nell’Oscurità. Non vedo nulla, se non un bagliore blu davanti a me.
Avanzo, incerta, spaventata ancora, sospesa nel buio. Osservo il bagliore
sospeso sopra un piedistallo di pietra. E’ una gemma! Avanzo verso il
piedistallo, verso la gemma che brilla come il sole. Allungo la mano verso
l’oggetto e nello stesso istante due mani sento posarsi sulle mie spalle. Mi
volgo e vedo due figure davanti a me, che mi sorridono, un uomo e una donna.
L’uomo somiglia molto ad un Rohirrim: alto e possente, occhi verdi e capelli
castani. La donna, invece, sembra fatta di luce e faccio fatica a credere che
sia una mortale e non una dea: alta, esile, portamento nobile, occhi colore del
mare, lunghi capelli d’oro, brillanti. Entrambi hanno negli occhi un’ombra di
mistero e il loro sorriso è così sereno che entrambi paion le creature più
felici della terra. Poi vedo qualcosa dietro di loro, un’altra figura.
L’armatura d’oro lucente cela le sue fattezze, l’elmo dalla lunga criniera
nasconde il viso, lasciando intravedere gli occhi chiari. La mano sinistra
stringe una lunga spada la cui lama brilla da sé, nella destra invece stringe
lo stendardo di Rohan, con il bianco cavallo chegaloppa. Quella è stata l’ultima immagine del sogno, poi mi
sveglio.”
Alatar
osservò gli occhi limpidi della ragazza seduta davanti a sè, alla luce della
candela nella buia stanza del Palazzo d’Oro. Stava dicendo il vero, lo sapeva,
ma non riusciva a comprendere a pieno il senso di quel sogno. Eppure quella
gemma….- Suppongo che le due persone che ti hanno sorriso siano i tuoi
genitori- rispose pacato lo stregone blu. La ragazza scosse il capo,
ridacchiando. –Sai bene più di me che i miei genitori erano contadini di
Edoras, Alatar. E quella donna e quell’uomo non avevano certo l’aspetto di due
contadini. Essi sembravano…- . -…elfi? Si, comincio a pensare che lo fossero -
rispose pacato lo stregone. La giovane davanti a lui spalancò appena gli occhi
blu, incredula. –Cosa?!? Oh, andiamo! Se loro erano elfi, ciò significa che
anche io dovrei esserlo, no? Ma non mi pare di avere orecchie a punta!- esclamò
ad alta voce, facendo cenno di alzarsi; lo stregone però le afferrò
l’avambraccio con forza ma anche con dolcezza, facendola rimanere sulla sedia.
– Ho detto che comincio a pensare a questa ipotesi…ma ho bisogno di certezze,
di risposte - . La ragazza scosse di nuovo il capo, sospirando mentre lo
stregone le strinse la mano dolcemente. –Eowen, so cosa stai pensando. Dove
troverò risposte a simili domande? Ma vedi, ci sono cose che i libri e le
parole non possono contenere. Ma la memoria di una madre si…Partiremo domani
all’alba, Eowen. Tieniti pronta ad un lungo viaggio – dissel’ultima frase mentre percorrevano il lungo
corridoio principale che portava alla sala del trono.
–Alatar!
Dove andiamo, che dirà il re??- esclamò la giovane camminando velocemente
dietro lo stregone che si fermò di colpo davanti una porta di una stanza
chiusa. Sorrise dolcemente alla ragazza, posandole una mano sul capo.
–Sfoglieremo la memoria di un’elfa di Lòrien. Per quanto riguarda Eomer, lui
capirà, è un re saggio. Dopo il banchetto, quando tutti saremmo riuniti, darò
l’annuncio della nostra partenza. Tu intanto prepara le tue cose!- e detto
questo entrò nella stanza e si richiuse la porta dietro le spalle, lasciando
Eowen sola nel corridoio.
Eowen
osservò la porta chiusa, poi ripercosse il corridoio, diretta alla sua stanza.
Entrò, sospirando. Non poteva essere un’elfa, era impossibile! Per prima cosa
non aveva i caratteri semantici della razza, a cominciare dall’alta statura e
dalle orecchie a punta. Ma c’era qualcosa negli sguardi delle sue figure del
sogno, come se la conoscessero da molto tempo, da quando è nata…
Sospirò
ancora, lentamente, scosse il capo. Io sono una dama di Rohan, sarò una
guerriera che difenderà la sua patria e combatterà al fianco del suo sire, come
dama Eowyn, pensò Eowen sorridendo. E subito il pensiero andò agli
avvenimenti passati che sempre le raccontava il re Eomer ed Elessar: l’oscurità
nei loro volti,la paura della gente,
la corruzione, il male che imperversava ovunque. E poi l’Anello, Frodo dalle
Nove Dita, Samvise l’Impavido… Il sacrificio di Boromir e Theoden, che sono
morti per i loro ideali, per la loro patria…Quale morte più venerabile di
questa…! Preferirei morire a questa giovane età ma combattendo, piuttosto
che vivere cento anni e più, vecchia, senza la gloria e l’onore, morendo di una
malattia che mi logorerebbe lo spirito e il corpo lentamente, chiudendo per
sempre gli occhi nell’ agonia, pensò decisa. Si trovò poco dopo a
ridacchiare al ricordo delle parole che sempre le diceva Elfwine, il figlio del
Re: “Se fossi nata maschio, di certo saresti stata un grande Cavaliere di
Rohan!”. Perché non esserlo anche da donna? Perché le donne non possono
combattere in guerra per amore del re e della patria?, sempre queste domande si
poneva la giovane Eowen, anche in quel momento, mentre si stava posando sulle
spalle il mantello verde sopra i comodi abiti maschili. Ancora pensierosa uscì
dalla sua stanza, richiudendosi la porta dietro le spalle. Avanzò lungo il
corridoio e dopo alcuni minuti, seguendo un tragitto segreto, si ritrovò
davanti il portone d’ingresso, aperto per accogliere le dame e i messeri che
entravano nel palazzo. Sorrise, felice…
Sulla terrazza osservava davanti a sé, oltre le torrette,
oltre le mura di cinta. Purtroppo l’occhio le cadde su quattro figure che
avanzavano in vestiti sfarzosi ed ebbe un tuffo al cuore per la tristezza e la
rabbia: stava avanzando Wùlf, cugino di secondo grado di re Eomer, insieme a
sua moglie, al suo primogenito e alle sue figlie gemelle. Tutte e cinque le
figure erano orribilmente lussuriose, superbe e stizzite nel vedere gente
semplice salire i gradini che conducevano alla dimora signorile. –Mia signora
Eowen,buona sera- la salutò gentilmente una anziana che lei risalutò con
altrettanta gentilezza. –A quanto pare mio cugino si è ridotto davvero male:
accoglie nella sua dimora vecchie e poveri, senza dare il giusto benvenuto ai
suoi parenti. Dovrebbe insegnare agli orfanelli che i ricchi sono più
importanti dei poveri- proferì con estrema calma Wùlf, una calma quasi
irritante. Eowen si volse verso di loro e notò che il primogenito la osservava
con troppa insistenza: un motivo in più per odiare quella gente che credeva di
possedere tutto il mondo con la sua ricchezza. –Almeno i poveri hanno più
cervello dei ricchi, Wùlf - rispose pacata Eowen, osservandolo. L’uomo digrignò
appena, come un cane, poi entrò nel palazzo, stizzito.
Eowen sorrise trionfante mentre aiutava l’anziana donna
ad entrare nel palazzo, ma si fermò proprio sulla soglia udendo suoni di corno
da lontano. Si volse di scatto verso i cancelli ed oltre vide una nube
avvicinarsi velocemente. Scese velocemente verso l’ingresso della città
,sorridendo felice. Attese la compagnia di cavalieri di Rohan e rimase come
sempre incredula e meravigliata davanti tutte quelle lucenti armatura, le
risplendenti armi, i possenti cavalli e gli sguardi pacati dei cavalieri. Li
osservò uno per uno, li salutò tutti e nessuno mancava, se non suo fratello. Si
osservò intorno, nella piccola piazza al cui centro v’era la statua di Eorl.
Sentì poi una voce chiamarla, dietro di lei, dall’altra parte del piazzale.
–Eowen!- .
Si volse di scatto e intravide tra gli uomini la figura
familiare di suo fratello, splendido nella sua dorata armatura, vicino al suo
fedele cavallo. Corse verso di lui, facendosi largo tra la folla e si
abbracciarono ridendo dopo un anno di lontananza. Si strinsero forte, Eorl le
accarezzò il capo, socchiudendo gli occhi felice. –Sono felice di rivederti,
sorellina…mi sei mancata tanto…-le sussurrò accanto all’orecchio e per un
attimo ad Eowen parve di abbracciare suo padre, anche se non lo ricordava. Ma
sentiva come un forte calore paterno in quell’abbraccio, in quelle parole. – Anche
io sono felice di rivederti, fratellino…ogni sera ho pregato i nostri avi
affinché ti proteggessero. Ma immagino che tu sia stanco, vieni- sussurrò lei
in risposta, osservandolo dal basso, ancora a lui stretta mentre veniva cullata
dalle carezze fraterne. Eorl sorrise ed annuì, poi affidò il cavallo ai garzoni
e si diresse insieme alla sorella a palazzo.
–Raccontami tutto, voglio sapere ogni particolare!-
esclamò poi lei entusiasta, mentre ora si dirigevano verso la stanza di Eorl.
Rise quest’ultimo, scuotendo il capo. –Come sei curiosa, sorellina! Cosa dirti,
vediamo…Ci siamo spinti fino ai campi del Celebrant e lì abbiamo incontrato un
gruppo di orchetti, un centinaio. Probabilmente provengono dalle caverne di
Moria o dai confini col Bosco Verde. Tuttavia non faranno più ritorno…- proferì
pacato Eorl, mentre infine si toglieva l’armatura, aiutato dalla sorella che
posò ogni pezzo al suo posto, con estrema delicatezza e precisione. Ma poco
prima che Eorl potesse lavarsi ed Eowen uscire dalla stanza, qualcuno bussò
alla porta. Senza attendere risposta, quel qualcuno entrò con un sorriso
radioso sul volto.
–Elfwine!- esclamò felice la ragazza, andando ad
abbracciare il principe, nonché suo grande amico che riteneva come un fratello.
Il principe ricambiò l’abbraccio e la sua risata risuonò nella camera di Eorl.
–Oh la mia piccola guerriera com’è cresciuta. Wen ,fra poco potrai cominciare a
tenere già una spada a due mani!-esclamò ironico lui e tutti e tre scoppiarono
a ridere. – Spero che durante la mia assenza tu ti sia allenata con la spada,
l’arco e l’equitazione!- continuò poi il ragazzo, sorridendole. Eowen sorrise,
poi uscì dalla stanza, lasciando suo fratello e il principe liberi di cambiarsi
nelle loro rispettive stanze.
Avanzò lungo il corridoio, felice, la mente piena di
pensieri positivi e gioiosi. Ma le si spense il sorriso nel vedere nella sala
del trono le due figlie gemelle di Wùlf, Hild ed Hildwyn, borbottare tra loro
mentre osservavano da lontano Fastred, figlio di dama Eowyn e di sire Faramir.
Sospirò e attraversò la sala piena di gente, avanzando verso il suo caro amico.
Venne fermata a metà passo da Hild, una bionda oca con gli occhi azzurri, che
le gettò un boccale di vino sulla casacca. – Ops, scusami Aowen, non l ’ho
fatto di proposito!- esclamò lei con la sua voce acuta e falsamente innocente.
Eowen sospirò e rimase ad osservarla negli occhi. –Immagino, Hald- proferì la
ragazza pacata, sbagliando di proposito il nome dell’oca, così come
quest’ultima aveva fatto con lei, ben sapendo che “Hald” è un nome da uomo.
Hild la fulminò con lo sguardo,poi andò via insieme alla sua gemella,
appostandosi vicino alla colonna alla ricerca di qualche bel cavaliere da
abbindolare. Giunse a pochi passi da Fastred occupato a conversare con Anarion,
figlio di re Elessar. Osservò Fastred, molto simile a Faramir e allo stesso
Anarion, essendo entrambi figli di Gondor. Tutti e due avevano neri capelli
lunghi fino alle spalle, occhi grigi, statura alta e snella. Due ragazzi di
ventitré anni con i tipici caratteri somatici dei Gondoriani. Anarion le
sorrise e subito Fastred si volse verso di lei. –Eowen, buona sera!Non ti
avevamo visto!- esclamò il principe di Gondor stringendola a sè. – Dimmi Eowen,
come stai? Tuo fratello e il principe?- chiese poi Fastred, dopo averla
abbracciata anch’egli e come in sua risposta una porta laterale della sala si
aprì.
Entrarono proprio Eorl ed Elfwine, vestiti con tuniche e
mantelli color oro, verde e marrone, la spada al fianco e i biondi capelli
legati dietro la schiena. I presenti quando li videro si inchinarono a loro,
sia per la presenza di un reale sia per la presenza di un eroe di Rohan. Eowen
sorrise felice e fu soddisfatta quando i due ragazzi vennero da loro e non
accolsero l’invito di Hild e Hildwyn a sedersi al loro tavolo. Tutti sapevano
che quelle due oche erano innamorate dei due eroi di Rohan, anche se secondo
Eowen erano innamorate della loro ricchezza e fama. Accolse l’abbraccio del
fratello, sospirando, poi si sedettero ad un tavolo vuoto. Mangiarono e parlarono,
ridendo e scherzando mentre le donne della corte passavano sui loro tavoli ogni
tipo di pietanza. Eowen si osservò intorno, felice di vedere tra i nobili anche
il semplice popolo.
Dopo aver ingoiato l’ultimo boccone di carne, Eowen
sospirò massaggiandosi la pancia. –Accidenti, che abbuffata!- esclamò sazio
Elfwine mentre guardava le facce soddisfatte dei loro amici. – Bene, io
propongo di andare nel retro del palazzo a fumare la pipa!Vi unite a me?-
aggiunse poi il principe alzandosi da tavolo. Subito gli altri tre ragazzi si
alzarono annuendo e dopo aver salutato Eowen si diressero all’esterno del
palazzo. Alla fine la ragazza decise di affacciarsi alla terrazza d’ingresso,
per prendere un po’ d’aria e controllare che tutto vada bene. Le guardie poste all’ingresso
del palazzo erano immobili mentre controllavano che tutto andasse bene. Si
salutò con un lieve cenno del capo e poco dopo scese lentamente i gradini che
portavano alla base del palazzo e all’inizio del vero e proprio villaggio. Si
osservò intorno ma non si accorse di una figura che tra le tenebre comparve
dietro una casa alle sue spalle…
Sospirò tra sé, un dolce sorriso sulle labbra chiuse
,posò le mani sull’elsa delle due spade corte agganciate alla cintura di cuoio.
Si osservò intorno, udì un sibilo di lama che tagliava l’aria dietro di lei.
Veloce di volse, estraendo le due spade dai foderi; parò il colpo del brigante
che aveva davanti. La gamba destra si sollevò appena, piegando le gambe
dell’uomo e facendolo cadere a terra. Velocemente Eowen afferrò il corno appeso
alla cinta, soffiando forte dentro per attirare i cavalieri ed avvisarli del
pericolo. Al suo richiamo s’udirono grida e passi veloci. Ma mentre tutto ciò
accadeva comparvero una decina di briganti che accerchiano Eowen ed attaccarono
la ragazza. Dopo pochi secondi giunsero i cavalieri di Rohan che soccorsero la
guerriera, che con coraggio ed abilità si difendeva. Tra lo scontro si fecero
spazio Eorl ed Elfwine che duellarono contro i briganti, mentre Eomer portava
via Eowen dal combattimento, ferita alla spalla destra. Ansante, Eowen cercò di
resistere alla forza del re che la trascinava lungo i gradini. –Lasciatemi
andare, mio sire! Lasciatemi libera di combattere!- gridò mentre cercava di
tornare indietro. – No, Eowen! Sei ferita e sei troppo debole per uno scontro
del genere!- ribatté il signore di Rohan mentre la ragazza si dimenava e
urlava.
Dopo
alcune ore i briganti furono uccisi, tranne uno, che confessò ai cavalieri di
essere dei sicari di Wùlf che li ha ingaggiati con l’obiettivo di uccidere la
ragazza-guerriera e la famiglia di Eomer.Dopo aver ordinato di rinchiudere il sicario, Eorl ed Elfwine corsero
verso il corridoio ove si trovava la stanza di Eowen, ferita. La festa era
ormai finita, tutti gli invitati erano andati via, dispiaciuti per l’accaduto.
Giunti a pochi metri dalla stanza di Eowen, il principe e il suo migliore amico
videro otto persone sostare davanti la porta. Osservarono i signori di Rohan,
di Gondor e dell’Ithilien con i rispettivi figli, ed osservarono Alatar che
poggiava la fronte sulla porta della stanza. –Che succede?- chiese allarmato
Eorl, osservando il gruppo di gente. Eomer sollevò il capo,seduto su una panca
lì vicino. – E’ colpa mia, Eorl. Ho trascinato via Eowen dallo scontro,
dicendole che era troppo debole per combattere, ma al contrario si è dimostrata
degna di essere una donna di Rohan. Si è arrabbiata ed è chiusa lì dentro da
quando l’ ho costretta a starci. E’ anche ferita al braccio e non vuole farsi
curare, non vuole che nessuno entri o le parli - disse in un sussurro mentre la
regina lo osservava accarezzandogli una spalla. Eorl ascoltò quelle parole e
non poté evitare di sorridere un po’: a nessun cavaliere sarebbe piaciuto
essere trascinato via dalla battaglia e sentirsi dire parole simili…e sua
sorella, come loro, era un cavaliere! –Alatar ,è inutile restare qui. Conosco
bene mia sorella e l’ira non le passerà per oggi, soprattutto se toccata
sull’onore. Mio signore, non è colpa vostra, non lo potevate sapere…- disse
pacato Eorl. – Sì invece, avrei dovuto saperlo. E’ un mio cavaliere, dovrei conoscerla…è
mia figlia, dovrei conoscerla…ed invece non è così, non la conosco
abbastanza…-rispose Eomer, alzandosi e dirigendosi verso la sua stanza reale
insieme alla regina. Lentamente tutti andarono via, tranne Eorl, Elfwine ed
Alatar. Quest’ultimo osservò poi i due giovani, sorrise appena ma con
sincerità. –Eowen deve conoscere il suo passato…deve venire con me a Rivendell,
domani mattina…Voi due ci raggiungerete fra qualche giorno, quando il re vi
darà il suo permesso - disse pacato, poi si volse verso la porta. –Eowen, io
vado. Domani mattina, all’alba, all’entrata delle stalle. Porta poche cose con
te - disse ancora, quindi con un cenno del capo verso i due ragazzi si diresse
verso la sua stanza. Eorl ed Elfwine si osservarono, poi il fratello di Eowen si
diresse stanco verso la sua camera. Elfwine si accostò alla porta, sospirando.
–Wen, so che sei ancora sveglia e che sei irata. Ti chiedo scusa da parte di
mio padre, è molto giù e dispiaciuto. Poso qui per terra le tue spade pulite,
non le dimenticare. Ehm, ecco…basta così, non voglio disturbarti oltre. Ti
auguro buon viaggio solamente…-sussurrò appena, poi si avviò lentamente verso
la sua stanza. In cuor suo sperava di sentire la porta della stanza di Eowen
aprirsi e almeno dirgli una parola, un saluto, un semplice sguardo…ma nulla di
tutto ciò accadde e rimase fermo in mezzo al corridoio, il capo chino…Avanzò
infine verso la sua stanza, il cuore pesante e la mente offuscata da tristi
pensieri…
Il sole, oltre le montagne innevate
delle catene montuose, si affacciò ad est, luminoso, avvolgenti e caldi i suoi
raggi dorati. La sua luce illuminò il tetto d’oro del Palazzo di Edoras, un
vento leggero scosse le tende delle finestre e gli stendardi che svolazzavano
dolcemente sulle loro aste. Dolce profumo d’autunno penetrò nella stanza
illuminata, zefiro leggero scosse i lunghi ricci d’oro della giovane ragazza
che stava preparando la sua sacca per la partenza. Poche cose, come Alatar le
aveva ordinato: un cambio, delle erbe medicinali e provviste per qualche
giorno. Sorride tra sé nel chiudere lo zaino per bene, poi indossò gli stivali,
la casacca, gli stivali e agganciò alla vita le due spade. Osservò
quest’ultime, sospirando appena pensando ad Elfwine, ad Eorl…pensando che forse
non li avrebbe più visti…
Una volta sentì Alatar ed Eomer parlare
insieme: Eomer vuol farle sposare il figlio di Wùlf, anche se
controvoglia, ci sia un po’ di pace fra le famiglie…Alatar invece vuole
che vada con lui per tutta Terra di Mezzo, salvare il mondo…con rabbia
uscì dalla stanza. Ma insomma, chi si credono di essere quei due, degli dèi??
Non possono decidere il suo destino! Avrebbe deciso lei quando e con chi
sposarsi, oppure se diventare una eroina o una contadina di Rohan! Entrò nella
sala del trono,vuota e silenziosa: il palazzo dormiva ancora. L’attraversò ed
aprì il portone. Sollevò il cappuccio sul volto per non esporre troppo il viso
al freddo d’autunno, poi si diresse verso le stalle, varcò la soglia aperta e
vide Alatar che con l’aiuto di Eomer stava pulendo il manto di Mirlàure, il
bianco mearas dello stregone.
Senza nulla dire Eowen si diresse verso
Gwaew, il suo nero mearas dallo sguardo fiero e la corporatura possente. Posò lo
zaino a terra con un leggero tonfo e cominciò a montare da sola la sella del
suo cavallo. –Eowen - sussurrò appena ma pacato il re. La ragazza non rispose,
assicurò le redini e il morso del cavallo, il volto chino e celato in parte dal
cappuccio. Alatar sospirò appena, finì di pulire il mantello del cavallo, poi
montò in sella. – Forza Eowen, è tempo di andare - proferì verso la ragazza,
senza guardarla. Lei obbedì e si caricò lo zaino sulle spalle, montò su Gwaew,
infine uscì dalla stalla. –A presto Eowen, buona fortuna- proferì Eomer
osservandola dal basso, lo sguardo triste. – Grazie, mio signore, anche a voi -
proferì Eowen senza osservarlo in volto, ancora l’orgoglio troppo ferito.
–Eowen, mi dispiace…- cominciò Eomer sospirando ma ormai la ragazza era già
uscita dalle stalle, diretta ai portoni della città.
La ragazza e lo stregone avanzavano
silenziosi lungo la strada principale della città, che presto li avrebbe
condotti ai portoni. Nessuno dei due parla, ma osservavano la loro strada,
immersi nei loro pensieri. Poi Alatar prese parola: - Eowen, potevi anche
parlargli in modo conveniente…è comunque il tuo Sire…- . Eowen non guardò in
viso lo stregone ma rispose alle sue parole, il tono freddo:- Tu parleresti in
modo conveniente a qualcuno che ti nega di avere onore e orgoglio solo perché
sei anziano e debole, ad esempio?- . Lo stregone la osservò e come se si fosse
offeso ribatté subito: - La forza e l’onore di una persona non sta nella sua
età, nel sesso, nella casta sociale e nelle virtù fisiche, ma nel suo spirito!-
. –Appunto…- rispose a denti stretti la ragazza, prima di accelerare il passo
del cavallo, superando lo stregone.
Si era imprigionato con le sue stesse
mani. Sorrise: Eowen era davvero una testa calda, come ogni Rohirrim, ed aveva
ragione ad essere triste per l’accaduto del giorno prima; ma doveva anche farle
capire che Eomer l’aveva detto quelle parole solo per proteggerla dal
pericolo,essendo lei come una figlia per i sovrani di Rohan. Tuttavia
ripensò al giorno in cui Eowen ed Eorl scoprirono di essere figli illegittimi
dei due sovrani, in quando furono affidati a loro dai genitori, prima di
morire.
Varcò il
portone e raggiunse al trotto la ragazza che si era fermata ad attenderlo,
rivolta verso la città. – Mi mancherà ogni singola cosa di questo luogo…Il
profumo dell’alba, il freddo che proviene dalle montagne, l’odore di legno che
brucia nei fuochi, le grida dei bambini, gli allenamenti…i guai che ho
combinato insieme ad Eorl, Fastred, Eldarion …Elfwine…- proferì malinconica
Eowen mentre avanzano verso nord. Sorrise a tutti i ricordi che aveva custodito
gelosamente per diciotto anni, poi scosse il capo e ritornò seria. – Lo so
Eowen, anche a me mancherà questo posto…ed anche se, come tutti i miei
confratelli, sono un pellegrino, sento Rohan come casa mia…Ed anche un singolo
sassolino o un fiocco di neve che cade in inverno, hanno per me importanza e
valore…- rispose lo stregone, voltandosi per un’ultima volta verso Edoras dai
Tetti d’Oro.
Erano passati due giorni dalla partenza di Eowen e dello
stregone. La regina Lothiriel stava camminando lentamente lungo il corridoio a
cui si affacciavano la maggior parte delle stanze del Palazzo. Viveva in quella
reggia da più di dieci anni,eppure riusciva sempre,ogni mattina,a stupirla con
quelle colonne antiche,il pavimento di pietra decorata,gli intarsi d’oro e
arazzi ovunque che narravano la storia di Rohan,da Eorl il Giovane fino a
Theoden. Si fermò proprio davanti questo arazzo,osservando l’immagine di
Theoden che combatteva al Fosso di Helm,la sua spada luminosa come fatta di
perle,la sua armatura risplendente d’oro,così come la chioma. Un leggero
sorriso sulle sottili labbra della bella regina. Molte leggende parlavano della
sua famiglia come nati da Numenoreani e da Eldar. Scosse il capo la regina
dalla lunga chioma nera e intrecciata con perle. Effettivamente,il suo aspetto
era ben diverso da quello di una semplice donna: i suoi lineamenti erano
delicati e sottili,gli occhi grigi e i capelli pari a nastri di seta scura; il
colore della sua pelle era tra il rosa dell’alba e il biancore della neve…il
suo sguardo era dolce,pacato,così come il suo atteggiamento,i suoi movimenti,il
suo portamento ed anche il suo carattere…tutto in lei era equilibrio. Ma quella
mattina,l’animo della figlia di Dol Amroth era irrequieto,poiché non aveva
notizie della sua figlia adottiva da due giorni e il re suo sposo era ancora
molto abbattuto da come aveva trattato la giovane.
Quella
mattina aveva deciso di recarsi presso di lui,nel luogo dove sicuramente
l’avrebbe trovato. Dunque,abbassò la maniglia dorata della porta accanto
all’arazzo di Theoden,ed entrò. Si ritrovò in un’ampia stanza
circolare,semibuia; contro il muro v’erano dodici statue dei dodici re di Rohan
ed alla loro base v’era incisa una frase in antico Rohirrim. Al
centro,illuminati da due spiragli di sole che giungevano dall’alto del letto a
cupola,v’erano due tombe di marmo:la prima rappresentava un giovane bello e dal
corpo atletico e fra le sue mani una lunga spada dall’elsa intarsiata d’oro;
l’altra tomba rappresentava un uomo nel fiore dei suoi anni,dalla barba folta e
i capelli lunghi…i suoi occhi,anche se di marmo,erano molto profondi e nelle
mani stringeva un martello che pareva risplendere alla luce solare. Sorrise
appena la regina,poi si volse verso l’ultima statua,quella di Theoden. Aveva
pensato bene: lì era inginocchiato suo marito,le testa e le mani poggiate ai
piedi della statua,gli occhi chiusi. Le affusolate mani sollevarono appena la
pregiata veste blu e argentata,un leggero fruscio provocava mentre avanzava
verso la statua. Si chinò sul volto del re,le labbra si posarono sulla sua
fronte,in gesto affettuoso,i morbidi e profumati capelli sfiorarono appena il volto
disteso del suo Sire che lentamente aprì gli occhi verdi,trovandosi vicino
l’elfico viso della sua sposa. Sorride appena,sollevò il busto,la regina
indietreggiò e gli porse una mano per farlo alzare. – Ti sei addormentato ai
piedi della statua,mio Sire- la informò la dolce e vellutata voce della
regina,dal tono pacato. Egli annuì e sbadigliò appena,poi posò le mani sugli
esili fianchi della dama,sorrise dolcemente. – Mi ero recato qui per pregare i
miei avi,dolce sposa mia,ma mi sono addormentato- rispose sorridendo appena. La
regina ricambiò il suo sorriso,poi rispose: - E’ vero mio sire. E le vostre
preghiere sono state ascoltate dai vostri avi e dagli dèi?-. Eomer osservò
prima il delicato viso della sposa,poi quello fiero di Theoden. – Si,credo di si,Lothiriel…-
sussurrò appena,rompendo del tutto il tono formale con su moglie. Altrettanto
fece la donna che dolcemente,con la mano destra,portò il viso del marito
davanti al suo. – Ascoltami,Eomer. Tua non è la colpa. Hai agito da padre,hai
agito secondo i tuoi valori. E’ una ragazza,è giovane,è istintiva. Entrambi
avete colpa,ma presto troverete pace nei vostri cuori. Ma ora,Eomer,Signore di
Rohan,devi preoccuparti del tuo popolo e di ciò che presto avverrà. Chiama a te
le persone più care,chiamale e ordina loro di proteggere le cose che hai più
care…Loro ti obbediranno,ma non saranno forzati,poiché nient’altro desiderano
che servire il loro Sire e proteggere ciò che anche a loro è caro…- rispose con
estrema saggezza pacata la regina. L’uomo sorrise,appena,pensando che sua
moglie doveva per forza avere sangue elfico oltre che umano,poiché la sua
saggezza andava oltre quella dell’uomo. – Hai ragione,mia cara. Devo
proseguire,devo preoccuparmi di ciò che ho in mano,e proteggerlo. Con Eowen c’è
Alatar,ed egli è saggio e potente. Inoltre,con loro manderò Elfwine ed
Eorl,poiché per ora i nostri confini sono ben protetti. Non ho bisogno di
loro,per adesso. E poi con noi abbiamo Re Elessar,gli elfi silvani e mia
sorella Eowyn,insieme al Sovrintendente di Gondor. Ce la faremo- rispose
risoluto e sereno. Infine si abbracciarono senza dire più nulla,poiché bastava
quel gesto a sigillare,ancora una volta,il loro amore e l’aiuto reciproco…
Capitolo 6 *** Ricordi di una strana fanciullezza ***
Capitolo 6: ricordi di una strana fanciullezza
Capitolo 6: ricordi di una strana fanciullezza
-
Eowen, svegliati. E’ l’alba, dobbiamo continuare - le parole dello stregone
risuonarono nella sua mente, lontane e confuse, fino a farsi più nitide e
vicine. Aprì i chiari occhi, vide lo stregone, davanti a lei, spegnere il
piccolo fuoco e raccogliere le poche cose che Eowen si era portata per il
viaggio.
Quinto
giorno ed ancora nessun goblin, orchetto o anche un semplice bandito. Questo è
il bilancio che fece Eowen alzandosi e allacciandosi il pesante mantello sulle
spalle, per poi afferrare la sacca di cuoio. – Quanto manca, Alatar, per la
prima tappa?- chiese mentre montavano a cavallo. – Non avere fretta, Eowen. La
pazienza è la virtù dei forti - esclamò Alatar osservandola. – Non ho fretta,
ho solo voglia di rimanere in un posto per più di una notte, tutto qui- rispose
pacata la ragazza mentre lo seguiva lungo il cammino.
Erano
ancora nelle terre di Rohan e mancava poco ai Guadi dell’Isen, il confine di
Rohan. Aveva già passato il Fosso di Helm, dove Dremen, guardiano del luogo,
aveva offerto loro aiuto e un caldo letto per una sola notte. Dentro di sé, non
vedeva l’ora di superare i Guadi dell’Isen, perché ciò significava che poi
sarebbe mancato poco per giungere ad Isengard, dove si sarebbero fermati per
qualche giorno di riposo, come aveva promesso lo stregone.
I
loro cavalli correvano velocemente lungo le praterie di Rohan illuminate dai
raggi del sole che stava nascendo lentamente. Eowen sentì il freddo della notte
scivolarle via dal corpo come acqua cristallina, lasciando posto a quella bella
sensazione di calore, mentre i raggi solari parevano intrappolati nei riccioli
d’oro e la sua pelle aveva un colorito non più bianco, ma più roseo, più
colorito. Subito il pensiero si volse ad Edoras.
A
quest’ora, pensò, sarei
appena uscita dal Palazzo, diretta alle stalle per cavalcare con Eorl ed
Elfwine, verso la Quercia poco lontano dalla reggia…lì avremmo riposato, sotto
le fronde dell’albero, mangiando mele rubate dalle cucine, per poi allenarci
con la spada e l’arco…Infine saremmo ritornati per ora di pranzo, il sole alto
nel cielo, stanchi ma felici, mentre sentivamo le urla della cuoca che inveiva
contro le serve perché mancavano le mele nel cesto dei frutti…Sorrise
debolmente, una lacrima di perla le sfiorò la guancia, asciugata velocemente
dal vento che le sfiorava il viso triste e malinconico. – Eowen!- la richiamò
Alatar, poco davanti a lei. La ragazza sollevò il viso e vide davanti a loro la
fine delle catene montuose e l’inizio della breccia di Rohan…ed infine, al
limite del cielo, i Guadi. Sorrise felice verso Alatar che ricambiò il gesto,
quindi aumentarono la velocità dei cavalli, forti ed abituati a lunghe corse.
Giunsero,
nell’ora del Vespro, al confine tra la Breccia di Rohan e i Guadi dell’Isen.
Smontarono e fecero dissetare i cavalli presso un piccolo ruscello che veniva
proprio dall’Isen. Sorrise Eowen, stanca ma felice. Si sistemarono, per timore
degli orchetti, sotto alcune enormi pietre che fungevano da piccola caverna.
Legarono i cavalli dietro un piccolo boschetto così che non potessero essere
visti da nessuno. – Non accenderemo il fuoco, troppo pericoloso. Mangeremo
carne secca e formaggio - le disse lo stregone mentre si avvolgeva nel mantello
e silenzioso mangiava, fissando la luna piena che diffondeva luce tutt’intorno.
La ragazza lo osservò, silenziosa mentre mangiava anche lei.
Non
sapeva molto su Alatar, ma quel che sapeva le bastava: era un confratello e
amico di Gandalf il Bianco, nonché membro del Consiglio degli Anziani, creato
ai tempi di Sauron. Era giunto dal mare, dalle Terre Immortali, per motivi a
loro sconosciuti. L’aveva cresciuta insieme ai Sovrani di Rohan, insegnandole
la cultura e la tolleranza verso i popoli stranieri. Distinse il bene e il male
a proprie spese: una volta, quando aveva poco più che dieci anni, Alatar la
condusse per la prima volta fuori da Rohan, fino ad Isengard. Durante il
cammino incontrarono una piccola pattuglia di goblin.
Lo
stregone, per metterla alla prova, la lasciò sola con un goblin. – Fa quello
che ritieni giusto!- esclamò mentre lui combatteva con gli altri goblin. Eowen,
impaurita, cominciò a fuggire, ritenendo che ciò fosse giusto. Ma quando
inciampò e cadde a terra si rese conto che aveva sbagliato. Il goblin stava per
ucciderla ed allora prese un pezzo di legno lì per terra e lo lanciò contro la
testa del goblin che svenne per il colpo. Quando Alatar tornò verso di lei,
sorrise felice nel vedere Eowen, impaurita, ed hai suoi piedi il goblin svenuto
per la violenta percossa. – Ciò che hai fatto è stato giusto, mia piccola
Eowen. Non l’ hai ucciso, ma non hai nemmeno lasciato che ti uccidesse. Vieni,
ora - disse sorridendo e ritornarono verso Edoras.
Eowen
sorrise a quel ricordo,ritornando alla realtà. Osservò per un ultima volta Alatar
addormentato, poi si strinse anche lei nel mantello, chiudendo gli occhi,
sicura che in quel viaggio avrebbe fatto del suo meglio per compiere ciò in cui
credeva.
Quarto
giorno di marcia per Eorl ed Elfwine ma già si trovavano nei pressi della
Breccia di Rohan. Al trotto avanzavano lungo le immense distese color smeraldo,
mentre il sole brillava alto in cielo, illuminando la natura circostante.
Viaggiavano leggeri, senza armatura ma solo con una cotta di maglia sotto gli
abiti comodi da cacciatori. – Accampiamoci tra quelle rocce - disse Elfwine
allungando il braccio destro verso un mucchio di grosse pietre. –Va bene - gli
rispose Eorl, quindi spronarono i cavalli al galoppo, raggiungendo dunque
velocemente quella specie di piccola caverna. Giunti, smontarono da cavallo,
facendoli bere e riposare presso un piccolo ruscello collegato all’Isen. Eorl
si osservò intorno e solo quando ebbe posato la sacca a terra, osservò delle
impronte sul terreno.
– Elfwine - richiamò a sé l’amico che subito
gli si avvicinò. Entrambi osservarono due tipi di impronte, entrambe non molto
fresche, forse di qualche giorno prima. Eorl osservò il Principe. –Credi che
abbiano raggiunto già i Guadi dell’Isen?- chiese in un sussurro non molto
felice. Elfwine sospirò, sfiorando appena la terra. – Se così fosse non abbiamo
un momento da perdere. La zona dei Guadi è molto frequentata da goblin e
orchetti. Non possiamo rimanere qui per la notte, Eorl, dobbiamo correre
velocemente da loro. Ci fermeremo per qualche ora, per far riposare i cavalli,
poi dobbiamo ripartire- rispose il principe. Eorl ascoltò le sue parole e
mentre affilava la sua spada pregò Ulmo di proteggere sua sorella e lo
stregone, suo amico e maestro.
Finalmente
i Guadi, pensò sospirando Eowen mentre raggiungevano al trotto le rive del
fiume e il famoso passaggio, rinomato per l’affluenza di goblin e orchetti. –
Stai molto attenta Eowen. Avverto altre presenze…- sussurrò al suo fianco lo
stregone. Entrambi estrassero la spada e smontarono da cavallo. Si osservarono
intorno…C’era silenzio, troppo silenzio, quasi opprimevole. Lentamente
camminarono verso il ponte dell’Antica Via Sud. I loro stivali provocavano un
leggero rumore sul legno. Eowen respirava a mala pena per la tensione, la mano
che reggeva l’impugnatura della spada sudava. Gli occhi blu si osservavano
intorno. Chinò gli occhi sul fiume, vide una riga rossa sul fiume,mescolata
all’acqua. Seguì quella striscia, si affacciò sull’altro lato del ponte e
spalancò la bocca nel vedere due occhi e una bocca sbarrati, il viso avvolto
dalle alghe e una freccia sul petto dell’uomo circondato da una chiazza di
sangue.
Fece
per gridare, ma il terrore prese il sopravvento e non riuscì a dire nulla. Poi
sentì qualcosa sfiorarle il viso e Alatar che, portandola a sdraiarsi sul
legno, gridò:- Giù!!- . La freccia lanciata cadde in acqua,trasportata a sud
dal fiume. La ragazza ebbe un tuffo al cuore che non sembrò fermarsi quando
vicino a loro udì rumori di tamburi, grida di goblin e archi scoccare frecce.
Erano almeno venti. – Corri oltre il ponte, nasconditi nel bosco ai piedi della
montagna!!- urlò Alatar mentre tornava indietro, chino. Montò poi a cavallo e corse
verso il gruppo di goblin.
–
No Alatar!!!- urlò Eowen con tutto il fiato che aveva nei polmoni, ma lo
stregone era già troppo lontano. Quasi in ginocchio torno dal suo cavallo,
evitando le frecce dei goblin. Montò e cavallo e nel mentre afferrò arco e faretra.
Si lasciò condurre al galoppo dal cavallo che evitava le frecce dei goblin
mentre lei caricava l’arco. Quando si trovò a cinque metri dal gruppo,il cui
unico bagliore in quella macchia nera era dato dalla veste cerulea dello
stregone, scoccò il suo dardo che si infilò nella gola di un orchetto arciere.
Subito gli altri tiratori portarono l’attenzione su di lei che cominciò ad
arretrare ancora a cavallo mentre tirava frecce a volontà, lasciando un po’
libero dai nemici Alatar. Quando i goblin erano ormai troppo vicini per essere
sotto tiro, lasciò cadere a terra arco e faretra e smontò da cavallo,
lasciandolo andare via a ripararsi.
Estrasse
la sua spada corta e il suo pugnale in tempo per parare il colpo di un goblin.
Ricambiando, la giovane infilò la sua corta nel petto della creatura oscura che
gridò dal dolore, cadendo ai suoi piedi. Non riusciva a credere ai suoi occhi:
più uccidevano nemici, più questi parevano ritornare in vita, duplicandosi.
–Alatar!! - gridò la giovane con il poco fiato rimastole, i muscoli doloranti e
la stanchezza e la fatica che stavano per prendere il sopravvento. Si osservò
intorno, la vista le si offuscava, le veniva da vomitare per la puzza che
emanavano i cadaveri dei goblin. Lo stregone si volse verso di lei in un attimo
di libertà, ansante. La vide in ginocchio, poggiata alla sua spada corta. –
Resisti Eowen!!- urlò verso di lei mentre parava il corpo di un goblin, per poi
ucciderlo. Ma era incredibile, non riusciva a raggiungerla. I goblin uccisi
sembravano rianimarsi e opporsi alla sua strada, attaccando anche la giovane
debole che a mala pena riusciva a proteggersi.
–
Eowen! Eowen, dietro di te!- urlò lo stregone, correndo velocemente, evitando i
cadaveri dei goblin. Ma qualcosa, o meglio qualcuno lo anticipò. Una figura
parve giungere all’improvviso, parando il colpo del goblin destinata ad Eowen
che confusa osservava Eorl, poi Elfwine. – Eowen! Alzati! - gridò Eorl mentre
la proteggeva dai goblin che ora li circondavano. La ragazza, decisa ad alzarsi
e rincuorata dalla presenza del fratello e del principe, si poggiò sulla spada
e si sollevò in piedi, le gambe tremanti. Invano cercò di pararsi dal colpo di
un nemico e subito Eorl si portò davanti a lei, uccidendo con un urlo furioso
la creatura oscura. Nel mentre Elfwine l’aveva sollevata di peso e camminando
velocemente la condusse al riparo dagli orchetti, sotto la protezione del
boschetto ai piedi della montagna.
La
mise a sedere accanto ad un masso, poi disse deciso:- Non ti muovere,resta
qui!!-, ed infine corse ad aiutare Eorl ed Alatar. I due ragazzi e lo stregone
combatterono per altri pochi minuti, quando Alatar finì l’ultimo goblin.
Davanti a loro, una distesa immensa di orchetti morti. Ansante, Alatar si volse
verso i due giovani. –Dobbiamo bruciare i loro corpi- disse pacato poco di
prima di udire un urlo provenire dal boschetto. – Eowen - sussurrò terrorizzato
Eorl, poi tutti e tre corsero velocemente nel punto in cui Elfwine l’aveva
portata.
Dinanzi
a loro una vista che mai avrebbero voluto vedere: il corpo immobile di Eowen,
rovesciata sulla pancia, sopra il cadavere di un goblin, il pugnale infilato
nel suo fianco ed in quello della ragazza. –No…- sussurrò Eorl, lasciando
cadere sonoramente la spada. – E’ la fine di tutto…- sussurrò sentenzioso
Alatar, mentre Elfwine con estrema dolcezza e delicatezza rovesciava il corpo
della ragazza. Appena la portò supina fra le sue braccia, notò che il pugnale
era infilato nel corpo del goblin mentre aveva preso di Eowen solo la maglia.
Tutti e tre lanciarono un sospiro di sollievo e i due ragazzi l’abbracciarono.
Lei sorrise, il candido volto sporco di sangue e polvere. – Non mi sono mossa,
lo giuro…-sussurrò debolmente, come una bambina che si difende dall’accusa di
aver combinato qualche marachella. – Lo so, Eowen, lo so…- sussurrò Elfwine
sorridendo, il volto ora disteso e rilassato.
La piccola compagnia si addentrò nella foresta, al sicuro
poiché Alatar era certo che quella foresta fosse protetta dagli Ent. Accesero
così un fuoco nella piccola radura ove si erano fermati. Fecero sdraiare a
rifocillare per bene Eowen, avvolta nel suo mantello ed in quello di Alatar.
Egli fece il primo turno di guardia, davanti al fuoco, le gambe incrociate e le
mani allungate verso le fiamme che danzavano al freddo vento notturno. Elfwine
dormiva vicino Eowen la quale apparentemente pareva anche lei dormire. Ma
lentamente aprì gli occhi, dopo qualche ora, nel pieno della notte.
Vide
la luce della luna e quella delle fiamme illuminare appena i lineamenti del
fratello. Sorrise appena…Ricordò che da bambini litigavano di continuo e re
Eomer non ne poteva più di quei mocciosi che si beccavano ogni attimo mentre la
regina Lothiriel tentava di tenerli occupati, magari in posti diversi. Ma era
inutile, i due bambini erano inseparabili anche se a quell’età non l’avrebbero mai
ammesso. Poi, un giorno, mentre erano davanti le mura di Edoras, giunse una
banda di briganti che tentò di rapire Eowen, allontanatasi dal fratello dopo il
centesimo litigio. Subito però Eorl accorse a salvare la sorella e la trascinò
via mentre i soldati di Rohan presero i briganti. “Non ti lascerò mai più
sorellina, disse Eorl quella volta, mai più litigheremo e sempre ti
proteggerò e ti aiuterò. Nulla ti accadrà se io sarò con te”.
Ridacchiò
a quei ricordi e suo fratello si volse verso di lei, seduto al suo fianco.
–Eowen,non riesci a prendere sonno?- chiese preoccupato il cavaliere. La
Rohirrim scosse il capo, sorridendo, si mise a sedere avvolgendosi nel mantello
insieme al fratello, stretti l’un con l’altra. – No, fratello, ma mi sono
riposata abbastanza. Anzi, credo che darò il cambio ad Alatar – rispose Eowen e
fece per alzarsi ma Eorl la bloccò dov’era, scuotendo il capo. – Assolutamente
no! Tu devi riposare, sei ancora debole!- esclamò in un sussurro. – Non sono
debole, sono in perfetta salute!- ribatté la sorella in tono irritato. – Certo
che lo sei, sei debole! Altrimenti come lo spieghi che sei quasi svenuta oggi
pomeriggio?- rispose Eorl deciso nelle sue parole. – Se io sono debole, tu sei
una femminuccia!- ribatté Eowen e alle sue parole entrambi tacquero. Poi
scoppiarono a ridere, piano, abbracciandosi forte. – Non riusciamo più a
litigare, Eowen! Ma che razza di fratello e sorella siamo se non litighiamo
nemmeno un po’??- esclamò ridendo Eorl, piano. Terminando lentamente di ridere
Eowen rispose, osservandolo negli occhi, abbracciata a lui:- Un fratello che
protegge sua sorella e una sorella che loda suo fratello come l’uomo più
perfetto di tutto il mondo…- . – Oh- , rispose quasi in imbarazzo Eorl, –oh non
è vero, Eowen dai! E allora tu sei la sorella più testarda e decisa di tutto il
mondo…oltre ad essere la più maldestra e mascolina!- esclamò lui ridendo. – Ah
grazie, bella considerazione che hai di me!- disse Eowen ridendo.
Poi
rimasero in silenzio, abbracciati mentre osservavano il fuoco davanti a cui
c’era Alatar apparentemente addormentato ad occhi aperti. – Sono felice che tu
sia qui, Eorl…Non ce l’avrei mai fatta senza di te, non solo ora ma anche negli
anni passati - sussurrò Eowen rompendo il silenzio. Eorl sorrise, posando un bacio
e una carezza sulla bionda chioma della sorella, l’unico tesoro a cui teneva
davvero. – Anche io sono felice di stare qui con te, Eowen…Anche perché non mi
sarei mai perdonato che tu avessi intrapreso un viaggio senza di me, sola e
lontana dalla tua famiglia…e poi tu avresti acquistato gloria e onori ed io
no!!- esclamò infine ridendo sommessamente, insieme alla sorella. Videro poi
Elfwine alzarsi, assonnato ancora. Fece loro un mezzo cenno di saluto con la
mano, mentre andava a dare il cambio ad Alatar.
–
Dormirai con me, Eorl, come quando eravamo piccoli, quando avevo paura delle
ombre degli oggetti che si riflettevano su i muri della mia stanza?- chiese
Eowen in un sussurro supplichevole. Eorl sorrise a quel tono, il tono che usava
la sorella quando voleva ottenere qualcosa da lui. –“Eorl, per favore posso
dormire con te? Ho paura delle ombre!”- disse il ragazzo imitando una voce
infantile e da bambina. Eowen ridacchiò mentre si sdraiavano sull’erba,avvolti
dalle coperte. – “Eh va bene, mocciosetta, ma solo per questa notte! E non
avvicinarti a me durante la notte!”- rispose Eowen con voce da bambino seccato.
Eorl rise sommessamente. – Eorl…allora posso dormire accanto a te per questa
notte…?- chiese in un sussurro la giovane, osservando il fratello negli occhi.
Lui sorrise e gli posò un bacio di buonanotte sulla fronte, lieve. – Va bene,
ma solo per questa notte!- esclamò sorridendo divertito. Poi si sorrisero e
lentamente caddero tra le braccia di Morfeo. L’ultimo pensiero di Eorl fu che
quella non sarebbe stata l’ultima notte in cui avrebbe avuto al suo fianco la
sorella, perché l’avrebbe protetta contro qualsiasi cosa, anche a costo della
propria vita, anche a costo di perdere l’orgoglio, la libertà, le armi,
tutto…Tutto per il tesoro più bello del mondo; tutto per l’unica cosa che gli
era rimasta e a cui teneva davvero, che davvero avrebbe amato fino alla fine
del mondo…
I seguenti sei giorni successivi trascorsero senza nulla di particolare:
Eowen dovette cavalcare per due giorni con Eorl ma po
I
seguenti sei giorni successivi trascorsero senza nulla di particolare: Eowen
dovette cavalcare per due giorni con Eorl ma poi riprese a pieno le forze e
poté cavalcare Gwaew da sola. Sospirò appena la giovane donna mentre al trotto
di dirigeva verso Isengard. Portò il cappuccio sulle spalle ora che il freddo
mattutino era volato via. Si arrestò d’improvviso quando Alatar,davanti a
lei,sollevò in alto il braccio destro,verso una nera torre avvolta dalla natura
che pareva brillare come scura perla. – Guardate…Isengard - proferì lo stregone
prima di varcare i cancelli. Subito Eowen notò quel tono solenne e quasi
commosso che avevano quelle parole dette da Alatar e sorrise appena
voltandosiverso Eorl ed Elfwine. Varcarono
i cancelli,al passo percossero il sentiero che conduceva ai gradini di ingresso
della torre. Quando la piccola compagnia fermò i cavalli e smontò da essi,ecco
venire presso di loro un Ent dalla lunga barba,il passo lento e dondolante. –
Barbalbero,amico mio…è per una gioia una rivederti!- esclamò felice ma
pacatamente lo stregone,osservando l’arcana creatura. L’Ent sorrise appena
sotto la fitta fronda che fungeva da barba,poi annuì appena,lentamente. –
Alatar,caro amico…Da tempo remoti i nostri cammininon si incontravano più…- rispose al saluto l’albero,per poi
spostare gli occhi grandi e scuri verso i tre giovani. Un’espressione di
stupore quando li vide. – Barbalbero,sono giunto qui dalle lontane terre del
Mark per chiedere ancora una volta a te a ai tuoi fratelli aiuto e protezione
contro il male,come tempo fa ha fatto Gandalf il Bianco- si affrettò a parlare
Alatar nel vedere l’espressione di stupore dell’Ent,espressione che i tre
giovani non riuscivano a spiegarsi. – Si,ricordo quel giovanotto tutto allegro
ma molto,molto potente. Ebbene,Stregone Blu,dimmi: di quale male stai
parlando?Non è forse stato sconfitto Sauron e bruciato l’Anello del Potere nel
Monte Fato?- rispose lentamente l’Ent. Giovane Gandalf?,pensò Eowen,Se
Barbalbero ritiene giovane Gandalf,che doveva avere dietro le sue spalle
decenni,egli deve essere davvero antico. Forse più antico degli uomini stessi.
-
Non erri nel tuo dire,amico mio. Sauron è stato sconfitto tempo fa,prima che io
giungessi qui dalla mia terra. Ma ora un nuovo male si sta svegliando e sta
radunando un esercito di orchi,goblin,umani e…una razza a me estranea
purtroppo,di cui non conosco né nome né debolezze. Per questo chiedo il tuo
aiuto. Tu sicuramente saprai di quale razza io stia parlando…e a quale nuovo
Signore Oscuro io mi riferisca…- . L’Ent osservò prima lo stregone,ascoltando
le sue parole,poi posò lo sguardo su i tre giovani. Eowen vide come un barlume
di gioia e di mistero in quegli occhi scuri e arcani,e si sentì stranamente
turbata da quell’espressione. – Bene,Alatar. A quanto vedo molto di ciò che da
molti è stato dimenticato,presto verrò ritrovato…Come un polveroso libro
rimasto in un angolo remoto per decenni e ritrovato poi da mani fanciullesche
ed innocenti. Vieni,amico mio…- rispose lentamente l’Ent,facendo poi un lungo
gesto con il braccio allo stregone per fargli capire che deve seguirlo nel
folto del giardino della torre. Alatar annuì,poi si volse verso Eowen,Eorl ed
Elfwine. – Se tutto va bene,avremmo la protezione degli Ent che marceranno
verso Rohan,in sua protezione. Mentre io parlo con Barbalbero,voi salite nella
torre,riposatevi e rifocillatevi. Mi raccomando,rimanete lì dentro,al
sicuro,non uscite fuori dalla torre ne tantomeno dal giardino- disse
velocemente osservandoli con i profondi e sereni occhi blu. – Alatar,aspetta!Perché
gli Ent devono proteggerci?da cosa?Chi è questo male??- esclamò
Eowen,stringendogli la mani. Era confusa,come i due ragazzi. Pensava che
stavano dirigendosi a Gran Burrone per scoprire chi lei e suo fratello davvero
fossero,ma a quando pare qualcosa di più oscuro v’era celato dietro quel
viaggio. Alatar sorrise dolcemente sotto l’argentea barba lucente,sfiorò il
capo della ragazza con una carezza. – Non temere Eowen,presto tutti vi sarà
spiegato- sussurrò lo stregone prima di salire sulla spalle dell’Ent e
scomparire nel giardino. Eowen lo osservò andare via e sospirò,scotendo appena
il capo. Elfwine si fece avanti e le circondò le spalle con un
braccio,avvicinandosi all’ingresso della torre insieme ad Eorl. –
Avanti,piccola cavaliera. Andiamo a riposare,ci aspetta un lungo viaggio e
credo anche un bel po’ di novità- disse sereno e pacato nella voce il
ventiduenne,sorridendole. Lei annuì,accennando un sorriso ma mentre salivano
verso la cima della torre sentiva come un’ombra abbattersi su di lei,come un’oscura
sensazione che qualcosa di orrendo stava per accadere. A quel pensiero si volse
verso suo fratello,al suo fianco,il quale aveva la sua stessa espressione
preoccupata e tetra…
Eorl si girava e rigirava di continuo fra le coperte,inquieto
Eorl
si girava e rigirava di continuo fra le coperte,inquieto. Si svegliò si
soprassalto,la fronte imperlata di sudore,ansante. E’ solo in incubo,non
allarmarti,pensò fra sé,sospirando. Osservò alla sua sinistra Eowen dormire
profondamente,così come Elfwine alla sua destra. Sorride appena,posò poi un
bacio sulla fronte della sorella e si alzò dal letto silenziosamente. Si infilò
la casacca e la lunga giacca;alla cinta la lunga spada e ai piedi i morbidi
stivali di cuoio. Quell’orribile bestia del sogno lo aveva scosso e decise così
di uscire dalla torre,per vedere cosa diavolo stia facendo Alatar visto che era
tardo pomeriggio. Uscì silenzioso dalla stanza,ritrovandosi nella stanza
circolare dove c’era il trono e un piedistallo vuoto dove anni prima Saruman il
Traditore vedeva le mosse dell’Oscuro Signore attraverso il suo Palantir. Si
osservò intorno,ancora l’animo scosso. Sospirò appena,scotendo il capo:-
Calmati Eorl,era solo un maledetto sogno…sembri una connetta impaurita-
borbottò fra sé mentre si aggirava per le poche stanze della torre:camere da
letto,una biblioteca,un piccolo bagno,dispense,un soggiorno…nulla di
interessante,fin quando non vide alla sua sinistra una porta chiusa da pesanti
catene ma la chiave dell’unico lucchetto poggiata lì accanto. Sembrava quasi
una trappola ma la curiosità era troppa in Eorl. Prese la chiave,lentamente
fece scattare il lucchetto e tolse le pesanti catene. Aprì la porta che cigolò
appena. Una stanza circolare,vuota,avvolta quasi del tutto dall’oscurità se non
fosse per la debole luce solare che penetrava da una piccola finestra posta in
alto,davanti a lui. Anche questa stanza non aveva nulla di particolare,come le
altre. Ma allora perché era chiusa a chiave e con pesanti catene?Non era una
cosa normale. Quando Eorl entrò nella stanza,la porta si chiuse alle sue spalle
e la chiave nella toppa scattò. Si osservò intorno,pensando fosse stato Elfwine
a chiuderlo dentro,per scherzo. – Elfwine,apri su. Non è divertente- disse
accanto alla porta,ma nessuno oltre questa rispose. Tuttavia,udì qualcosa nella
stanza che rimbombò ovunque,dal pavimento al soffitto: delle catene che
sbattevano contro il suolo,come fossero trascinate a fatica. –Chi c’è lì?-
chiese Eorl volgendosi di scatto verso l’angolo completamente buio. –Elfwine,apri!!-
gridò furioso il ragazzo ma in risposta ebbe solo ancora quel trascinare di
catene unito ad un gutturale ringhio simile ad una grossa pietra che viene
spostata. Pochi attimi dopo Eorl vide la morte davanti a lui…
-Eorl!!-
gridò Eowen svegliandosi di soprassalto. Fece svegliare così anche Elfwine che
sorridendo disse:- Non preoccuparti Eowen,era un incubo. Eorl dorme come un
ghiro,non vedi?-. Entrambi posarono lo sguardo sul letto disfatto del
ragazzo,la sedia vuota dai suoi vestiti. Si alzarono velocemente,gridando il
suo nome,aprendo ogni porta. Ma non ebbero risposta. – Eorl,maledizione!Non è
uno scherzo divertente,esci fuori!- gridò furiosa Eowen,le lacrime agli occhi.
Nessuna risposta,nessun rumore,nessun cenno di forma vivente nella torre,se non
loro. Nulla si muoveva,nemmeno i fogli sul tavolo davanti a loro al leggero
vento che invece muoveva le fronde smeraldine degli alberi fuori dalla torre. –
Elfwine…- sussurrò Eowen,osservandosi intorno. Non sapeva perché l’aveva
chiamato,ma aveva bisogno di un appoggio,di un qualcosa di sicuro su cui
poggiarsi. Osservò Elfwine che la fissava preoccupato,posò di nuovo lo sguardo
intorno a lei. Cosa le stava accadendo?Aveva la sensazione di essere in un
altro corpo,come se il suo spirito fosse non in lei,ma in un’altra ragazza. Si
osservò,si tastò il viso e le braccia:no,era ancora lei. Eppure quella
sensazione,quel fuoco che si stava accedendo. Non aveva mai avuto quella
percezione,non sapeva nemmeno descriverla,non ne trovava le parole nè una
spiegazione. Si osservò intorno,ancora,come se cercasse qualcosa,un indizio per
trovare suo fratello…invano…mai più sarebbe tornato Eorl fra loro.
Alatar non finì la frase che stava pronunciando verso
Barbalbero nel folto del giardino. Di scatto si volse versola cima della torre,verso la stanza dove
dovevano essere i tre ragazzi. –Alatar…-sussurrò l’Ent simile ad un sfruscio di
foglie spostate dal vento autunnale. Alatar chiuse gli occhi,aprì quelli della
sua anima,vide la torre avvolta da un’aura oscuro e come una nube di fumo rossa
giungere dall’alto,penetrare nella finestra di una stanza dove riconobbe
l’anima di Eorl ma non quella di un altro essere. Vide lo spirito di Eorl
avvolgersi di lucee la sua potenza
moltiplicarsi velocemente. Mai aveva visto una cosa simile,nemmeno tra gli
elfi. – Tulkas, aiutalo…- sussurrò Alatar volgendosi il viso verso il
cielo,come per cercare una riposta dal dio che detiene la forza e il valore…
Lothiriel
aprì gli occhi color del vespro,osservò coloro che erano seduti al tavolo,che
parlavano di tattiche militari,di provviste,di arruolamenti. Fissò le facce
distorte di ogni persona,tranne quella di Arwen,nitida davanti a lei. Aveva la
sua stessa espressione e i loro occhi vibravano di una arcana energia. –
Tulkas,aiutalo…- proferironoin una
unica voce le figlie degli Elfi,osservando il vuoto davanti a loro. Le loro
voci risuonarono per tutta la sala,potenti come fosse una voce unico e divina.
I convitali tacquero d’improvviso osservando le due regine statuarie e i loro
occhi completamente bianchi. Eomer,preoccupato per la moglie al suo fianco,le
sfiorò appena l’avambraccio posato sul bracciolo della sedia. – Lothiriel…-
sussurrò appena,ma appena la sua mano si posò sul braccio della dama,questa
lentamente scivolò sulla sedia,cadendo a terra,gli occhi ancora spalancati,così
come Arwen…ed entrambe destarono preoccupazione e meraviglia da parte dei
presenti che subito le soccorsero.
-Alatar, che diavolo
succede??- esclamò terrorizzata e furiosa allo stesso tempo Eowen, vedendo
irrompere lo stregone nella sala centrale della torre. – Non ne sono sicuro,
Eowen, ma se è quello che io penso…devo scusarmi immensamente con voi…- rispose
pacato Alatar avvicinandosi velocemente verso la stanza chiusa a chiave. –
Scuse? Eorl è scomparso e non so dove sia! Ed io sento…- rispose Eowen
seguendolo, ma come al solito lo stregone terminò il suo pensiero: - Senti una
strana sensazione dentro di te, vero? Come se il tuo spirito fosse in un altro
corpo, come se tu fossi Eowen solo nell’anima ma non nel corpo? E mentre io
parlo tu stai cominciando a conoscere cose che prima non conoscevi, come se
avessi un’altra mente, vero?- . Eowen rimase sconvolta da quelle parole: era
esattamente come diceva lui. Ora sapeva che Eorl era oltre quella porta, che la
stanza dov’era lui, era magica, incantata e che con lui c’è uno spirito
sconosciuto…Uno spirito?? Come fa a vedere spiriti, come fa a sapere che quello
spirito è negativo? Lei non poteva vedere cosa c’era oltre quella porta né
tanto meno se c’era uno spirito! – Alatar, io sono…- . – Confusa. Lo so Eowen e
ti chiedo scusa per non avervi spiegato tutto da principio. Gli errori di un
vecchio sono molteplici, nonostante possa non sembrare così…- rispose lo
stregone socchiudendo gli occhi. – Ma ora – riprese posando lo sguardo oceanico
sulla ragazza -Devi aiutarmi. Eorl sta
affrontando la più difficile, mortale e importante prova della sua vita. Ma non
può farcela senza di te, Eowen. Concentrati, chiudi gli occhi ed espandi la tua
forza vitale attraverso la porta, fino a toccare il cuore di tuo fratello.
Dagli la forza interiore, mostragli la giusta via da seguire- .
Eowen ascoltò le parole
dello stregone e quasi si spaventò nella consapevolezza che sapeva cosa
intendeva dire Alatar e cosa doveva fare. Chiuse gli occhi ed eseguì con
estrema facilità ciò che Alatar le aveva detto di fare, sotto gli occhi
perplessi di Elfwine. Subito il suo pensiero andò a molti ricordi infantili
dove vi erano sempre lei e suo fratello che litigavano per poi fare la pace.
Sorrise ad occhi chiusi, concentrandosi su quei ricordi felici, l’unico aiuto
che poteva dare al fratello.
– Eccomi fratellino, vengo
in tuo aiuto- sussurrò appena, sorridendo.
Pochi attimi dopo quel
rumore, Eorl vide davanti a sé la morte.
Una creatura con un agile
salto venne alle scoperto, illuminato dalla poca luce che penetrava
dall’esterno. Il suo corpo tozzo ed alto era coperto da scaglie rosso-lucente,
avvolte da spuntoni acuminati. Il suo corpo emanava un odore orribile di morte
e putrefazione, le sue membra sembravano provenire da diverse creature e cucite
insieme malamente. I suoi occhi viola e pazzi fissarono Eorl mentre le lunghe
zanne mordevano l’aria, gocciolanti di saliva verde che scioglieva qualsiasi
cosa avesse contatto con essa. Eorl arretrò di qualche passo indietro,
estraendo la spada dal fodero. Fissava sbalordito quella creatura putrefatta e
malformata, non aveva mai visto nulla di simile fino a quel momento. Ma la
creatura non gli diede la possibilità di trovare un modo di fuggire che subito
con estrema agilità e allo stesso tempo goffaggine tentò di saltargli addosso,
le fauci spalancate. Eorl agilmente di spostò alla sua destra, facilitato anche
dal fatto che non indossava l’armatura. Si volse verso la fiera, in posizione
di attacco, la spada tenuta saldamente davanti a sé. La bestia nel mentre era
andata a sbattere contro la pesante porta e cacciò un gemito di dolore quando
si accasciò al suolo e sangue blu cominciò a sgorgare da un occhio sporgente,
mentre la sua saliva aveva sciolto alcune parti del pavimento e la maniglia
della porta: ora non aveva nessuna possibilità di uscire. Il ragazzo osservò
poi il suo nemico sollevarsi lentamente da terra, scotendo furiosa il capo
coperto da una lunga peluria nera e stopposa. Subito subì il secondo attacco
che evitò con estrema agilità e velocità, celandosi dietro una nera colonna,
una delle tante che delineavano il perimetro della stanza maledetta. La belva
sbatté la testa contro la colonna e questa vacillò prima di crollare. Eorl si
scansò velocemente, al sicuro, mentre la fiera lanciò ancora un altro verso
acuto di dolore. Solo in quel momento Eorl intravide velocemente che il suo
ventre era molle, indifeso e senza aculei o squame. Forse aveva visto la sua
salvezza…Tuttavia doveva trovare il modo di colpire il suo nemico proprio il
quel punto. Subito questo si fece avanti, ancora, mentre si muoveva quasi a
scatti, come impazzito dalla fame. Eorl tentava di guadagnare tempo fuggendo ed
evitando i colpi, per poter pensare ad un modo per ucciderlo. Quando sentì la
bestia camminare vicino alle catene, diretto verso di lui. Ma certo, le catene!
Eorl, rinvigorito da quel
barlume di speranza, corse agile e veloce più di un elfo verso l’angolo oscuro
e si fece coraggio tentando di non sentire il tanfo provocato dallo sterco e
dal corpo della belva. Afferrò le catene che la belva poche tempo prima aveva
staccato dal muro e le trascinò dietro di lui. La belva si mise in posizione di
attacco, ringhiando con furore. Eorl portò le catene davanti a lui e quando la
belva si scagliò per l’ennesima volta contro di lui, egli lanciò le pesanti
catene contro il collo della belva che meravigliata dall’attacco improvviso,
rimase ferma mentre le catene la trascinavano indietro, sbattendola contro una
marmorea colonna. Le catene si avvinghiarono alla creatura e alla colonna,
rendendola prigioniera. Tuttavia Eorl non poteva ancora ucciderla poiché il suo
avversario non faceva che muoversi come in preda alle convulsioni, nella
speranza di liberarsi dalle catene. Il Rohirrim si osservò intorno, sperando di
trovare qualcosa di utile. Lo trovò: durante il duello quell’essere immondo
aveva perso un aculeo dalla sua schiena. Fu così che Eorl afferrò il velenoso
pungiglione e come un pugnale lo scagliò con tutta la forza che aveva contro la
bestia,gridando con furore. L’ aculeo si piantò nel ventre della bestia che in
preda agli spasmi gridava di dolore mentre sangue grondava velocemente dalle
sue immonde membra, sporcando il nero pavimento. In pochi minuti Eorl vide
l’agonizzante creatura morire dissanguata e avvelenata.
Lentamente cadde in
ginocchio sul pavimento, il suo cuore che batteva velocemente, la sua forza che
d’improvvisa stava venendo meno, così come la sua vista, fin quando con si
riversò in avanti, la spada ancora stretta nella mano, svenendo.
La prima cosa che Eorl vide quando aprì gli occhi, fu un largo sorriso e
due occhi blu velati di lacrime
La
prima cosa che Eorl vide quando aprì gli occhi, fu un largo sorriso e due occhi
blu velati di lacrime. – Buongiorno dormiglione!- esclamò la voce familiare
della sorella. Eorl si osservò intorno, cercando di capire che foresta era
quella dove erano in quel momento. – Siamo a Fangorn e hai dormito per quasi
tre giorni!- esclamò ridacchiando una voce al suo fianco. Si volse ed osservò
il volto sorridente dell’amico Elfwine. – Tre giorni?Accidenti…- borbottò
cercando di mettersi a sedere, ma la sorella glielo impedì, scotendo il capo. –
Assolutamente no. Alatar ha detto che devi riposare il più possibile e che
dobbiamo darti da mangiare per farti recuperare le forze. Ti sei indebolito
molto dopo il duello con lo Whiving- rispose Eowen mentre lo aiutava a mettersi
seduto. – Il che?- esclamò perplesso Eorl mentre posava sulle gambe il piatto
che gli porgeva Elfwine, colmo di buone pietanze. – Il Whiving, Eorl, la
creatura che hai ucciso nella torre di Isengard. E’ morta per mano della sua
stessa arma. Sei stato davvero bravo…- rispose Elfwine con tono pacato ma
sereno. Eorl era sempre più confuso: non sapeva nemmeno che quella creatura
avesse un nome e come Eowen ed Elfwine facessero a saperlo. Ma in quel momento
voleva solo mangiare, ed anche tanto. Afferrò così un coscio di pollo e lo
divorò con gusto. La sorella sorrise nel vedere il fratello così affamato, poi
volse gli occhi d’oceano verso il sentiero davanti a loro, riconoscendo subito
la figura dello stregone blu.
Osservò
per l’ennesima figura anziana, avvolta in una veste semplice e di colore del
mare, un anziano che poggiava il peso dei suoi anni e della sua importanza ad
un bastone di legno con in cima incastonata una gemma blu. Alatar, lo Stregone
Blu. Quando era piccola aveva sempre pensate che egli fosse un mago, un buon
compagno d’arme e di giochi, un amico e un dolce nonno; ma Alatar era di più,
molto di più. Poche volte ci aveva pensato, ma Alatar era un Istari, un Mago,
come veniva chiamato presso gli uomini. Sorrise nell’immaginare lontanamente l’età,
la forza, la potenza e la saggezza di quella figura dalla lunga barba bianca
con riflessi celesti, come i lunghi capelli. Si ritrovò a fissarlo quando lo
stregone era davanti a lei:- Qualcosa non và, Eowen?- chiese cortese l’anziano,
sedendosi al suo fianco. Eowen scosse il capo ed abbracciò sorridendo lo
stregone e sobbalzò quasi e quel gesto inaspettato. Eorl ed Elfwine scoppiarono
a ridere quando videro Alatar arrossire e dare delle goffe pacche sulla schiena
di Eowen che rideva anche lei, felice che come guida avesse lo Stregone Blu.
Rimasero
per qualche tempo a mangiare e ad organizzare il viaggio dei prossimi giorni,
con destinazione le caverne di Moria e poi Gran Burrone. – Alatar, perché non
passare per Lorièn e poi dirigerci a nord, verso il Bosco Atro e la Montagna
Solitaria? Accorceremo il viaggio e guadagneremo tempo per il ritorno a Rohan –
propose d’un tratto Elfwine mentre accendeva la pipa. Alatar scosse il capo:-
No, Elfwine, dobbiamo prima andare a Gran Burrone. Dobbiamo scoprire la verità,
essere sicuri di tutto. Poi ci dirigeremo a Lorièn ed infine al Bosco Atro-
rispose. – Lorièn? Ma perché andiamo lì dopo essere andati a Gran Burrone?
Insomma, andremmo su e giù per la Terra di Mezzo e sprecheremo tempo- disse
Eowen perplessa. Lo stregone osservò la ragazza al suo fianco, sorrise appena:
- Perché, se le mie supposizioni sono vere e la mia memoria non mi inganna…a
Lothlorien v’è custodito qualcosa a noi molto utile…qualcosa in grado di
annientare il male per sempre, qualcosa creato dagli stessi dèi, qualcosa che
può evocarli e condurli qui da noi- rispose lo stregone. I tre ragazzi fecero
silenzio, osservarono meravigliati Alatar. – Gli… gli dèi? Questa cosa può
invocare l’aiuto e la presenza divina?- chiese stupefatto Eorl. Lo stregone
annuì appena:- Si, Eorl, può chiamarli a noi per aiutarci. Un tempo, quando gli
Uomini ancora non nascevano e i Primogeniti videro per la prima le stelle di
Varda, gli dèi vivevano qui nella Terra di Mezzo. Tutto era buono e tutti
vivevano in pace. Ma poi,come ben sapete, il male giunse qui, a cominciare da
Melkor, il Signore del Male, fino a Sauron. Gli dèi abbandonarono la Terra di
Mezzo e si diressero verso quelle che noi chiamiamo le Terre Immortali, dove
tutt’ora vivono con gli elfi esuli che dopo tanto tempo si uniscono ai loro
Padri-
-Ma
Alatar…cos’è questo oggetto così potente e divino?- chiese curiosa e
affascinata dalle parole dello stregone Eowen. Lo stregone sorrise appena:- In
verità, Eowen, non ve ne è uno, bensì due. Questi oggetti sono due gemme
chiamate Narmir, “gioiello di fuoco” ed Elenmir, “gioiello di stella”. Essi
racchiudono parte della potenza di Tulkas, dio della forza, e di Varda, dea
della luce, regina di tutti gli dèi. Ora, secondo la storia, queste due gemme
sono state poste dagli dèi in due luoghi differenti nella Terra di Mezzo, con
la speranza che due persone pure di cuore potessero divenire loro custodi e
sconfiggere con esse il male per sempre -.
-Ma
Alatar, perché creare queste gemme? Insomma, gli dèi potrebbero giungere di
persona qui per distruggere il male…oppure no?- chiese perplesso Eorl.
Alatar
osservò il ragazzo, chiuse per un attimo gli occhi e vide la luce di Varda e la
voce di Ulmo che lo mandavano verso la Terra di Mezzo, costretto ad abbandonare
le Terre Immortali. Riaprì gli occhi, non si accorse che erano velati, dopo un
lieve sospiro rispose:- No, Eorl. Gli dèi possono ma non vogliono. Quando essi
dimoravano qui avevano creato ogni cosa buona e bella: Yavanna si prendeva cura
di tutto ciò che nasceva e Varda la riempiva della propria luce e bellezza.
Tulkas costruì le grandi lampade che illuminavano tutta la terra, e tutti erano
felici…tranne uno. Melkor, fratello di Manwe, odiava lui, odiava Varda che lo
aveva ripudiato, odiava Eru, suo Padre, ed odiava tutto ciò che era buono.
-
Melkor fuggì dagli dèi, nutrendo dentro di sé odio e disprezzo. Costruì la sua
fortezza, Utumno, e creò un esercito di creature oscure e malvagie. Quando gli
dèi riposavano per la loro fatica e Tulkas il Forte dormiva soddisfatto, ecco
che Melkor avanzò, distruggendo i Luminari dei Valar, Illuin e Ormal, creati
per dare luce alla Terra di Mezzo. Nonostante Melkor fu sconfitto e per molto
tempo non tornò, la dimora dei Valar qui era andata distrutta ed egli dovettero
dirigersi nella Terra di Aman, per non fare più ritorno. Il resto della storia
la sapete-.
-
Si ma allora…Perché fare le gemme? Chi le ha forgiate?- chiese sempre più
perplessa ma curiosa Eowen. Alatar sorrise appena, poi rispose:- Le gemme
furono forgiate da uno dei fabbri più bravi che vi siano stati nella Terra,
Feaman, “spirito beato” . Egli era un elfo da parte di padre, un uomo da parte
di madre. Un giovane intelligente, saggio, ma soprattutto un abile forgiatore.
C’è chi dice che fosse imparentato con Feanor, ma io ne dubito fortemente.
Fatto sta che Feaman fu ingannato da Sauron per poi essere imprigionato e
sfruttato per le sue abilità di forgiatore, uno dei più bravi che siano mai
esistiti in tutta la Terra di Mezzo. Poco prima che Feaman divenne uno spirito
oscuro e malvagio, forgiò il Narmir e l’Elenmir. Pregò poi gli dèi di dare a
quelle gemme il potere di distruggere il male per sempre. Fu così che Tulkas e
Varda impressero in quelle gemme eliche parte dei loro poteri, per poi metterli
a sicuro in posti celati nella terra e custoditi da creatura fantastiche ed
invincibili, tranne per coloro che sono i veri custodi delle gemme. In quel
caso le gemme diventano delle armi potentissime e se unite formano un gioiello
leggendario, che molte storie raccontano ma che nessuno ha mai visto, nemmeno i
più antichi abitanti della Terra di Mezzo: il Miredhel, l’oggetto più potente e
divino mai creato. Il Miredhel ha una magia così forte che pochi riescono a
sostenere il suo peso. Quelli che vi riescono, muoiono-
Tutti
tacquero e solo in quel momento Eowen si accorse la loro missione andava oltre
la sua vita personale. Qui si trattava di salvare tutto il mondo e per farlo
dovevano usare un oggetto che li avrebbe sicuramente uccisi con la sua stessa
capacità di uccidere il male. Socchiuse lentamente gli occhi, poi prese
parole:- E Feaman? Che ne è stato di lui?- . – Quando capì che gli dèi lo
avevano ascoltato, lasciò scivolare dal suo corpo l’unica parte ancora buona e
divenne uno schiavo di Sauron, suo braccio destro e prediletto. Si nascose in
un angolo remoto di Mordor, nei più profondi abissi ed il suo animo divenne
nero come il male che lo avvolgeva, tant’è che i suoi amici e nemici lo
appellarono con il nome di Feamor, “spirito nero”. Anche quando Sauron fu
ucciso e gli Anelli del Potere distrutti o privati dei loro poteri, Feamor
continuò a vivere, nutrendosi della sofferenza e dell’odio che ancora oggi
cresce nei cuori di coloro che erano alleati di Melkor e di Sauron. Feamor si
sta svegliando e gli unici che possono distruggerlo sono i Custodi delle Gemme.
Ed io credo che questi custodi, siate proprio voi due- rispose infine Alatar,
posando gli occhi d’oceano su Eowen ed Eorl. Fratello e sorella si osservarono,
senza nulla dirsi. Ancora una volta nessuno parlò ed Eowen sentiva il cuore
scoppiarle di disperazione. Sospirò appena, poi chiese in un filo di voce:- E’
l’unico modo per distruggere Feamor e il male dalla Terra di Mezzo e per
sempre?-. – Ahimè si, Eowen, è l’unico modo. Tuttavia, anche se il Miredhel è
molto potente, c’è una cosa che forse ancora non avete considerato: i custodi
delle gemme sono legati da un profondo legame di amore, amicizia o parentela.
Quindi, sia se l’altro custode è Eowen o Elfwine, avrete il vostro amore o la
vostra amicizia a proteggervi e darvi forza, speranza. Non abbattetevi, figli
di Rohan. Stanno cominciando di nuovo empi bui, è vero, ma c’è una cosa che il
male non può distruggere: l’amore. Finché avrete il cuore colmo della luce
dell’amore, il buio di Feamor non potrà toccarvi-.
Eowen
ed Eorl si osservarono e si sorrisero appena, ma Eowen non si accorse che
Elfwine la stava fissando in modo diverso dalle altre volte, e la fissò anche
per tutta la notte mentre lei dormiva, e la fissò quando montò la sella del
cavallo, la fissò quando spegneva il fuoco all’alba del giorno dopo, la fissò
mentre montava a cavallo e partivano alla volta del passaggio d’ingresso alle
Caverne di Moria.
Eowen si strinse nel mantello scuro, sistemò bene il cappuccio sul
volto, ma era inutile, il freddo le penetrava nelle ossa e
Eowen
si strinse nel mantello scuro, sistemò bene il cappuccio sul volto, ma era
inutile, il freddo le penetrava nelle ossa e nel sangue, senza pietà. – Alatar,
sto gelando!- esclamò in un sussurro verso lo stregone al suo fianco mentre
cercava di non pensare ai cavalli che accanto a loro sbuffavano, irrequieti. –
Manca poco, pochi minuti e varcheremo la soglia delle caverne- rispose in un
sussurro affannato Alatar mentre dalla sua bocca usciva vapore condensato dal
freddo. Eowen sospirò e voleva quasi correre verso il secondo ingresso per le
caverne di Moria, se non fosse stato per il freddo e l’umidità che le
impedivano qualsiasi movimento, se non camminare. Sorrise appena quando sentì
dietro di lei Elfwine starnutire tre volte di fila. Si volse verso di lui, gli
sorrise appena e il ragazzo ricambiò il gesto.
Come
promesso dallo stregone, giunsero davanti i secondari cancelli di Moria in
pochi minuti. Si fermarono davanti ad essi. – Alatar, dobbiamo lasciare qui i
cavalli- disse Eorl allo stregone, ma questi scosse il capo. – No, Eorl, non
dobbiamo. Il passaggio è una galleria alta ed ampia, semplice da attraversare.
I cavalli possono farcela- rispose. Poi avvicinò la mano al portone di pietra,
chiuse gli occhi e pronunciò alcune parole elfiche sussurrate che nessuno di
loro comprese. Tuttavia i portoni si aprirono e la piccola compagnia poté
entrare nelle caverne. Tutto era silenzioso e buio ma Eowen vedeva abbastanza
bene anche grazie alla luce che emanava la gemma del bastone dello stregone.
Avanzarono lentamente lungo la galleria sorretta da grossi pilastri e i loro
passi risuonavano appena nel luogo maledettamente tranquillo. – Hai qualcosa da
chiedermi, Eowen?- chiese d’un tratto Alatar mentre proseguiva a camminare, lo
sguardo in avanti. In effetti Eowen lo stava osservando sottecchi con una
domanda la stava tormentando da quando sono entrati nelle caverne. – In verità
si, Alatar. Una volta Legolas mi disse quando la Compagnia dell’Anello
attraversò le caverne di Moria incontrarono un demone del fuoco e dell’ombra, e
che Gandalf il Grigio fu trascinato in un lungo combattimento con la creatura
oscuro, uscendone poi vittorioso con il nome di Gandalf il Bianco. E’ vero?-.
Alatar continuò a camminare lungo la galleria ma per un attimo la osservò con i
suoi profondi e limpidi occhi blu. –Si è vero, Eowen, Legolas ti ha detto il
vero. Gandalf è uscito vittorioso dallo scontro con il Balrog, ma non senza
affanni e dolore. Tuttavia ne è uscito rinnovato, più potente e saggio di
prima. Tutti noi abbiamo fatto un grosso sbaglio a non nominarlo capo del
Consiglio…un grosso terribile sbaglio…- rispose con tono pacato, per poi
chinare gli occhi a terra, come se ultime parole fossero indirizzate a se
stesso. Eowen non capiva cosa lo stregone stava dicendo, anche se sapeva di
cosa si trattasse il Consiglio Bianco. Stava per porre una seconda domanda ma
lo stregone gliela tolse di bocca: - Se in caso, con questa domanda, vuoi anche
chiedermi se c’è la possibilità di incontrarne uno anche ora e se mi capiterà
la stessa cosa capitata a Gandalf, la risposta è negativa. Quel demone era
l’ultimo della sua razza e con la morte di Sauron le creature oscure più
potenti sono scomparse, come ad esempio i Balrog e i Nazgùl. In quanto a me,
non temere, non vi lascerò soli, poiché io non ho nessun livello maggiore da
raggiungere- continuò pacatamente, ma Eowen e gli altri notarono come una nota
di malinconia e rimorso nelle sue parole.
Nessuno
parlò fin quando non raggiunsero un piccolo spiazzo con una camera posta alla
loro destra. Entrarono lentamente e videro scheletri di orchetti, goblin e
l’enorme carcassa di un troll di caverna. Alatar socchiuse gli occhi, sospirò
appena. – Qui è passata la compagnia dell’Anello, anni fa. Qui hanno combattuto
contro orchi e goblin prima di incontrare il Balrog. Mi sembra di sentire
ancora le loro grida, i loro passi, le spade che cozzano tra loro- sussurrò
quasi fra sé mentre i tre ragazzi camminavano per la stanza. Eowen si avvicinò
a quella che pareva una tomba, lesse l’iscrizione in runico incisa sopra: -
“Durin, signore di Khazad- dum”. Alatar, ma costui non era il cugino di Gimli?-
chiese Eowen verso Alatar che si aggirava per la stanza, come in cerca di
qualcosa. Lo stregone si volse verso la tomba e annuì appena verso la ragazza
la quale continuò ad osservare la tomba, poi la ripulì dalla polvere e dalle
regnatele; con l’aiuto dei due cugini, in silenzio, sistemò i pezzi di pietra
rotti, ricostruendo il sarcofago del defunto Durin. Sospirò, poi si osservò
intorno:- Alatar, che cosa stai cercando?-chiese perplessa. Lo stregone si fermò, osservandola per alcuni istanti,
in silenzio. – Muoviamoci, queste caverne non sono sicure, anche senza la
presenza del Balrog. Muoviamoci!- esclamò camminando velocemente verso
l’uscita. – Usiamo i cavalli, andremo più veloce- sussurrò montando velocemente
sul mearas. Gli altri ubbidirono e cominciarono a galoppare verso la fine della
galleria. – Alatar, ma che accade? Cosa hai visto?- chiese Eowen galoppando al
suo fianco. Lo stregone non rispose, gli occhi fissi sul fondo della galleria,
il bastone stretto nella mano sinistra. Ma alla risposta della giovane rispose
in un lieve ringhio gutturale che risuonò alla fine della galleria. Frenarono
velocemente e ansanti si fermarono ad ascoltare, mentre Eorl sperava che quel
ringhio era solo uno scherzo della stanchezza e non quello che lui pensava.
Tuttavia il ringhio giunse una seconda volta. – Alatar – sussurrò Eowen. Lo
stregone osservò la fine della galleria, il suo cavallo sbuffò; si osservò poi
intorno, quando speranzoso vide una seconda galleria alla loro sinistra che
sicuramente portava all’uscita, a poche ore da Gran Burrone. Si volse verso i
tre ragazzi e disse:- Ascoltatemi, non c’è molto tempo. Dovete prendere quella
galleria, in poco tempo vi condurrà all’uscita; poi proseguite verso nord-
ovest, fino ai confini di Gran Burrone. Io andrò dritto- . Eowen spalancò
lentamente gli occhi e lo afferrò per le spalle:- No! No, non puoi andare, non
puoi lasciarci! Lì morirai, è un’altra di quelle creature oscure di Isengard!
Non andare Alatar!- esclamò in un sussurro mentre gli occhi le bruciavano per
le lacrime. Lo stregone la osservò e le donò uno dei suoi dolci e delicati
sorrisi, si liberò poi lentamente dalla sua presa e le posò un bacio sulla
fronte. – Non vi lascio, Eowen, io vi raggiungo dopo. Eorl ha il Narmir, non
dovete temere nessuna altra forza. In quando a me, non sarà certo quella
creatura a rompere la vita di un secolare vecchietto- disse sorridendo con
ironia. Eowen sorrise, mordendosi il labbro mentre le lacrime le scorrevano
lungo le guance come fiumi. Si divisero così, i ragazzi verso l’uscita e Alatar
verso il Whiving, lacrime e tristezza nei volti dei primi, un sereno sorriso e
un’ arcana potenza sul viso del secondo.
La notte stava scendendo lentamente e ormai Eowen aveva consumato tutte
le proprie lacrime
La notte stava scendendo lentamente e ormai Eowen aveva
consumato tutte le proprie lacrime. Al confine di un bosco, a poca distanza
dalle caverne di Moria, osservava con gli occhi colmi di lacrime l’apertura da
cui ore fa sono usciti e da poco stava attendendo che uscisse anche Alatar.
Sospirò, sollevando il viso verso l’alto, tentando di vedere tra le fronde
degli alberi la sfera lucente che diffondeva luce sul terreno sotto di lei,
mentre a sud- est apparivano strane nubi. Si morse il labbro inferiore, mentre
il cuore era colmo di rabbia e di rancore: perché, perché aveva lasciato andare
Alatar? Ha fatto un terribile sbaglio, perché ora l’aveva perduto e loro non
potevano più continuare la sua missione, poiché nessuno di loro si era spinto
così lontano. Se solo fossero andati con lui…Eorl ora possedeva il Narmir,
sarebbe stato facile uccidere il Whiving ed ora starebbero a riposare insieme a
lui. Invece no, fissano quella maledetta apertura, con la disperata speranza
che appaia la figura dello stregone dal lungo capello blu, la veste che oscilla
al suo veloce passo, il peso della vecchiaia sorretto dal bastone di legno, la
barba bianca come illuminata da quella luna che in silenzio li osservava.
Continuò a fissare la luna, presa dai rimorsi e dai dolci ricordi di Alatar,
mentre dentro di sé pregava disperatamente Varda affinché aiutasse lo stregone.
“non vi lascerò soli, poiché io non ho nessun livello maggiore da
raggiungere…”…perché aveva detto ciò? Eowen ignorava il motivo per cui Alatar
non poteva acquisire più saggezza e più potenza. Più passava il tempo e più le
sembrava che lo stregone stesse per crollare al suolo; vedeva sempre una remota
luce triste negli occhi blu, che agilmente egli celava. Non conosceva il suo
passato, forse ha fatto qualcosa che non doveva fare, qualcosa per cui è stato
ammonito e punito dagli dèi. Sospirò di nuovo, scotendo appena il capo.
-
Eowen, smettila di tormentarti, non è colpa tua- disse una voce lieve e pacata
al suo fianco: era Elfwine. Eowen sorrise appena e raccolse le gambe al petto,
poggiando il mento sulle ginocchia. – Invece si, avrei dovuto seguirlo,
aiutarlo. Ed invece ho pensato a me stessa- rispose osservando il vuoto.
Elfwine la osservò, poi si sedette al suo fianco, alimentando le fiamme del
fuoco che avevano acceso per l’avanzare del freddo serale. – Non è colpa tua,
smettila. Cosa potevi fare, come potevi aiutarlo? Le sue armi sono di certo più
potenti delle tue. Non preoccuparti, tornerà presto- rispose deciso Elfwine,
sorridendole. Eowen si volse per osservarlo negli occhi, poi annuì lentamente e
con un sospiro posò la testa sulla sua spalla. Elfwine si irrigidì, non sapendo
cosa fare, poi sorrise tra sé e strinse in un delicato abbraccio la ragazza.
Pochi attimi ed entrambi, insieme ad Eorl poco lontano, si abbracciarono.
Lentamente,
oltre le montagne innevate a nord, il sole stava spuntando, luminoso e rosso. I
suoi raggi si diramarono ogni dove, cominciando a riscaldare l’aria mentre le
stelle appassivano e sulla luna scendeva un albeggiante sipario. La brina
sull’erba brillava come prato di perle alla luce solare, cominciavano ad uscire
gli animali dalle proprie tane e a ripopolare il bosco dove Eowen, Eorl ed
Elfwine si erano accampati. Gli uccelli cinguettavano allegri e stormi su nel
cielo emigravano verso ovest, alla ricerca del caldo.
Eowen socchiuse gli occhi, svegliata dai suoni naturali e
dall’umidità del terreno. Si accorse che al suo fianco non c’era Elfwine e lei
era sdraiata sul suolo, avvolta dalla coperta. Volse il capo verso l’alto e
chiuse forte gli occhi per la luce del sole posata sul viso. – Buongiorno Eowen
– disse una voce sopra di lei, pacata e lieve. Eowen aprì di scatto gli occhi e
vide su di lei il volto sorridente di un anziano dagli occhi dell’oceano e una
lunga barba bianca. Spalancò gli occhi e la bocca, lentamente, mentre lo
stregone scoppiò a ridere. – Dunque avevi messo in dubbio le mie capacità di
combattimento? Ma brava, complimenti davvero!- esclamò ridendo Alatar,
aiutandola ad alzarsi. Eowen si alzo e senza badare al freddo mattutino scoppiò
a piangere ed abbracciò forte lo stregone la quale ridendo dolcemente l’accolse
fra le sue braccia. – Come…come hai fatto??- esclamò meravigliata Eowen
osservandolo appena dal basso. Lo stregone sorrise:- come ho fatto? Come farebbero
tutti: con la spada e il bastone…e un po’ di aiuto divino- rispose facendole
l’occhiolino, poi scoppiarono a ridere insieme e si abbracciarono di nuovo. –
Alatar!- esclamarono in coro Eorl ed Elfwine, tornati dalla loro raccolta di
legna. Questa cadde dalle loro braccia e vi avvicinarono velocemente allo
stregone che li abbracciò. – E’ un piacere riaverti con noi Alatar – disse con
decisione e con un sorriso sul volto Eorl, ed Alatala rispose ridendo:-
Altrimenti dove sareste andati senza di me?-. Tutti e quattro i compagni risero
felici e per un attimo Eowen ed Elfwine si osservarono e si sorrisero. Poi
Alatar disse di accelerare la colazione poiché dovevano partire al più presto
alla volta di Gran Burrone, per arrivare così per il pomeriggio. – Ci metteremo
così poco?- chiese perplessa Eowen mentre assicurava la spada e la sua sacca
alla sella di Gwaew. Lo stregone annuì:- Si, Gran Burrone è a poco ore da qui.
Basta attraversare il bosco e raggiungere il sentiero che ci condurrà verso la
città elfica. In caso qualcuno di voi debba perdersi, e mi auguro di no, il
sentiero è posto a nord-est. Ed ora andiamo- rispose mentre montava a cavallo.
Anche i ragazzi montarono a cavallo, poi spronarono questi al galoppo, verso
nord-est.
Il
viaggio alla volta di Gran Burrone non ebbe nessun ostacolo e la piccola
compagnia avanzò senza indugi lungo il sentiero trovato ben presto. Era tardo
pomeriggio ed il sole stava per tramontare quando il sentiero terminò e davanti
a loro apparve la cascata cristallina e il burrone intorno a cui v’era
costruita la città elfica un tempo governata da Re Elrond. Eowen fu
estremamente colpita dalla bellezza e dalla moltitudine dei colori che
abitavano ancora quei luoghi, nonostante abbandonati, avvolti dal tempo poiché
la luce degli Eldar li aveva abbandonati. Alatar lì guidò lungo il sentiero
principale, quello che accedeva all’ingresso della città elfica. Lentamente
avanzarono verso lo spiazzo intorno a cui si diramavano le abitazioni.
Fermarono i cavalli e si osservarono intorno, come in attesa di qualcosa.
Alatar fece segno di fare silenzio e subito dopo delle figure giunsero dalla
semi oscurità dei porticati. – Aave, Alatar, Elen sila lumenn omentilmo – (trad:
Salve, Alatar, una stella brilla sul momento del nostro incontro).
Alatar si volse verso la figura che era seguita da altre figure. – Elfi…-
sussurrò meravigliato Eorl. Quelle figure erano infatti elfi dai lunghi capelli
scuri e gli occhi chiari, gli abiti pregiati ma semplici, di colori accesi e
vivaci; il loro portamento e la loro stessa lingua era delicata e regale. Gli
Eldar circondarono la piccola compagnia e alcune fanciulle aiutarono i tre
ragazzi a scendere da cavallo, sorridendo loro. – Neldorim, cormamin lindua ele
lle- (trad: il mio cuore canta al vederti), rispose Alatar verso l’elfa
che aveva parlato, la più alta e nobile d’aspetto. – I miei sogni mi avevano
avvisato del tuo arrivo, amico mio…sono felice di rivederti- disse in Lingua
Corrente poi Neldorim la quale abbracciò dolcemente Alatar che ricambiò
l’affettuoso gesto. – Ed io sono felice di rivedere te, Neldorim, ed ancora
qualche elfo che abita ancora Rivendell, anche se ha perso molto della sua
luce- rispose sorridendo lo stregone. L’elfa sorrise, poi si volse verso Eowen
e i due ragazzi a pochi metri dietro lo stregone. Spalancò lentamente gli occhi
e disse inginocchiandosi lentamente: - Miei signori…- . Subito dopo tutti gli
elfi presenti si inginocchiarono al cospetto dei tre Rohirrim i quali rimasero
perplessi. – Alatar, perché…- chiese Eowen ma subito Alatar la interruppe:- Non
chiedere ora, Eowen, ci sarà tempo per le domande. Ma ora dobbiamo riposare,
mangiare e finalmente…scoprire la verità-. Detto ciò gli elfi si rialzarono e
li condussero nel cuore di Rivendell, occupandosi di loro come regali ospiti.
Il primo giorno a Rivendell stava morendo lentamente mentre il sole
scompariva dietro le montagne innevate e la lucente luna a
Il primo giorno a Rivendell stava morendo lentamente
mentre il sole scompariva dietro le montagne innevate e la lucente luna
affiorava nel cielo rosso fuoco che in breve tempo si riempì di piccole e
brillanti stelle.
Eowen
assistette a quello spettacolo dalla terrazza della propria camera mentre lo
zefiro notturno faceva ondeggiare lentamente le tende che dividevano la stanza
dal balcone. La ragazza sospirò, ripensando a tutti i tramonti che ogni giorno
vedeva dal terrazzo della sua stanza, nel palazzo di Meduseld. Ma finalmente
erano al sicuro, sotto la protezione dei pochi elfi rimasti a Gran Burrone.
Aveva mangiato, si era riposata ed ora stava assistendo a quel meraviglioso
spettacolo…ma Alatar stava conversando con i capi della comunità elfica da quando
erano giunti e lei era sempre più curiosa e preoccupata.
Sospirò
di nuovo, osservando la luna e ripensando al racconto che lo stregone narrò nel
bosco di Fangorn, riguardo gli dèi: le sarebbe piaciuto davvero vedere un
essere divino, anche se ciò le sembrava totalmente impossibile e assurdo. Perché
mai gli dèi dovrebbero avvicinarsi a me, una mortale? Certo, Alatar dice che
potrei essere la custode dell’Elenmir, ma non è detto che lo sia…e poi anche se
lo sono, che differenza fa?Sono comunque una mortale.
-
Pensierosa?- chiese d’un tratto una voce alle sue spalle. Eowen sobbalzò e notò
sulla soglia del terrazzo Elfwine, i capelli sciolti sulle spalle e vestito una
lunga tunica verde e marrone. Sorrise al ragazzo che in quelle vesti aveva
davvero l’aspetto di un elfo principesco. – Si, pensierosa- rispose Eowen
annuendo, per poi voltarsi di nuovo verso il cielo stellato. Elfwine si
affiancò alla ragazza e posò le mani sulla ringhiera di pietra; la osservò e
sorrise:- Non preoccuparti, conoscerete presto la verità- disse con voce pacata
e dolce. Eowen lo osservò e poi disse:- Ma come fai ad essere sempre così?- . –
Così come??- . – Così! Così tranquillo e sereno, anche quando non c’è nulla che
possa far stare tranquilla e serena una persona!- esclamò la ragazza sollevando
appena le braccia al cielo. Elfwine scoppiò a ridere e scotendo il capo
rispose:- Non è colpa mia! E poi cosa cambierebbe a stare nervosi e agitati?
Non farebbe che peggiorare la situazione. Quindi tanto vale restare calmi ed
attendere ciò che gli dèi hanno preparato per noi- . – Secondo me tu hai
qualche potere soprannaturale! E’ impossibile che un Rohirrim abbia così tanta
pazienza!- esclamò ridendo Eowen. Elfwine la osservò con finto fare irato con
tanto di mani sui fianchi:- Ah bene! Dunque è questo ciò che pensi dei
Rohirrim? Uomini analfabeti, rozzi, irascibili e senza cuore??- esclamò
trattenendo a stento un sorriso. Eowen continua a ridere e rispose mentre
cominciava ad arretrare:- Bene o male si! Soprattutto l’ultimo punto!- . A quel
punto entrambi scattarono in una breve corsa che terminò quando Elfwine,
ridendo, afferrò per la vita Eowen che gridando cercava di liberarsi dalla
presa. – Non vale!!- gridava la diciassettenne ridendo. – Cosa non vale eh? Tu
sei anche avvantaggiata che hai i pantaloni invece io ho la tunica! Sempre a
lagnarti!- esclamò ridendo il ragazzo mentre cercava di tenerla ferma, invano.
La ragazza continuava a ridere e a tentare di liberarsi, anche se riusciva a
sfuggire solo per pochi attimi poiché subito Elfwine la riprendeva, ridendo.
Tuttavia, dopo quasi mezz’ora di tira e molla, entrambi cominciarono a
stancarsi e le loro risate si affievolivano lentamente per far posto solo lievi
risate.
Alla
fine, finalmente, si fermarono. Elfwine ascoltò il magico e sacro silenzio che
si era venuto a creare dopo il loro baccano, chiuse gli occhi verdi e poggiò
appena il mento su i profumati ricci biondi di Eowen che serena in viso
osservava la luna in cielo, le mani posate di nuovo sulla ringhiera del
balcone. Sospirò appena, rabbrividì un po’ e subito Elfwine la strinse di più a
sé, ormai inebriato dal profumo che avevano i suoi ricci d’oro legati dietro al
capo. Sospirò anche lui, un lieve sorriso sulla labbra quando sentì le mani di
Eowen posarsi sulle sue, intrecciate a chiudere l’abbraccio in cui aveva
dolcemente incatenato la giovane Rohirrim.
Passarono
attimi, secondo, minuti, forse ore, ma l’abbraccio che li stringeva l’un con
l’altro non si sciolse mai. Anzi, più il freddo avvolgeva l’aria notturna, più
loro due di abbracciavano. Eowen portò indietro il capo e lo posò sulla spalla
del ragazzo, poi socchiuse gli occhi: che le stava accadendo? Sentiva qualcosa
di strano dentro di sé, come…non sa, una sensazione mai provata; non è forza,
né voglia di combattere, né desiderio di gloria o di onore…No, non era niente
di tutto ciò, era qualcosa di completamente nuovo….Cos’era? Certo ad Elfwine
voleva molto bene, anche se non facevano altro che beccarsi e prendersi in
giro. Ma ora? Ora erano cresciuti e non avevano tempo per parlare o beffeggiare
l’altro. Ma allora perché sentiva il cuore a mille e una tranquillità interiore
che raramente aveva sentito? Che sia amore?…No, non è possibile! Elfwine è come
un fratello maggiore ed aveva dieci anni in più di lei! Anche se, certo, non
poteva negare che aveva fatto un cambiamento positivo rispetto agli ultimi
anni…Ma comunque non poteva essere lui il ragazzo che amava, anche perché era
decisa e non sposarsi mai. Sorrise appena a quel rassicurante pensiero, subito
interrotto dalle parole di Elfwine sussurrate dolcemente nel suo orecchio.
–
Dovremmo andare a dormire, domani dobbiamo alzarci presto e Alatar lo sai che
si arrabbia se non ci trova pronti-. Eowen ridacchiò divertita, così come
Elfwine. – Va bene, se mi lasci signor “senza cuore” vado a dormire- rispose
Eowen ridendo. Elfwine la lasciò di scatto e per poco la ragazza non cadde in
avanti. Si volse verso di Elfwine che rideva come un matto. – Ma sei
matto?!?Potevo cadere!- esclamò furiosa Eowen. – Oh povera piccola! Così impari
ad offendermi!- esclamò divertito Elfwine, rientrando in camera insieme ad
Eowen. Questo lo osservò, mortificata:- Ti sei offeso?- chiese in un lieve
sussurro. Elfwine la prese in braccio e ridendo la condusse sul letto. – No,
scherzavo- rispose ridacchiando. – Devo togliermi la casacca, quindi girati e
se provi a spiare ti ritrovi appesa fuori dal balcone!- esclamò minacciosa
Eowen. Lui si volse e portò le mani sugli occhi chiusi, attendendo che la
ragazza si tolga la casacca e rimanga così con i pantaloni e una leggera maglia
di fibra molto delicata. – Fatto, puoi girarti- annunciò Eowen mentre si
infilava sotto le coperte. Elfwine la osservò e sorrise. – Che c’è ora? Perché
sorridi?- chiese Eowen sistemandosi le coperte e poi sedersi con la schiena
contro i cuscini. – Mi piace vederti, mi è sempre piaciuto. Soprattutto che ora
sei cresciuta- rispose lui sorridendo. – Vattene, prima che sia costretta a
picchiarti!- esclamò Eowen e per la prima la si poteva ammirare arrossire sul
serio, mentre borbottava e si portava le coperte fino alle spalle, sdraiata.
Elfwine scoppiò a ridere. – Perché dovresti picchiarmi, scusa?- chiese
divertito. – Perché mi guardi- borbottò rossa in volto la ragazza, osservando
il soffitto. – E non posso guardarti?- chiese lui curioso. Lei scosse ancora il
capo:- Assolutamente no-. – Bhè, allora quando eri alle case di guarigione a
Edoras per la ferita alla spalla? Lì avevi il petto nudo e io ti ho visto, solo
che tu stavi dormendo- rispose il ragazzo e ricevette un ceffone in faccia, puntuale
come un orologio svizzero. – Ma come ti sei permesso???- esclamò furiosa Eowen,
quasi in lacrime. – Ehi, stavo scherzando! Se ricordi bene io quel giorno ero
al Fosso di Helm e sono tornato tre giorni dopo!- esclamò lui massaggiandosi la
guancia dolorante. Eowen non disse nulla, posò la guancia sul cuscino e osservò
in nulla. Elfwine si avvicinò al suo viso, le sfiorò la guancia con una carezza
lieve e delicata. – Dirmi di non guardarti sarebbe come ordinarmi di non
guardare un bellissimo giglio, il giglio più bianco, esile e bello che possa
esistere; un giglio in apparenza così fragile ma altrettanto forte, illuminato
dal sole e bagnato dalle onde dell’oceano. E quando è primavera, tutti i fiori
sono gelosi del giglio, che tutti vogliono cogliere ma che nessuno riesce mai,
perché il giglio ha radici forte e non vuole essere di nessuno, se non di se
stesso…- rispose in un dolce sussurro Elfwine. Eowen arrossì ma sorrise appena,
chiaramente imbarazzata.
Elfwine
non riusciva a staccargli gli occhi di dosso e continua a sfiorarle il viso.
Come poteva essersi accorto solo quella quanto Eowen fosse bella? Fino a quel
momento l’aveva vista solo come la sorella minore da prendere in giro, ma stava
diventando una donna, sia nel corpo che nello spirito…uno splendido giglio.
Loro non erano fratelli, poiché Elfwine ed Eowen erano stati adottati da Eomer
e Lothiriel quando i loro genitori furono trovati morti, questo Elfwine lo
sapeva…Ma non aveva mai pensato ad Eowen come una fidanzata, soprattutto perché
avevano dieci anni di differenza e perché erano come fratello e sorella. Ma
ora? Era confuso e tuttavia nonriusciva a staccare gli occhi dal suo viso.
Eowen
si volse verso di lui e le loro labbra si sfiorarono appena, un tocco appena
impercettibile, come una lieve brezza d’autunno. Eowen rimase immobile e con i
muscoli tesi, come Elfwine. Subito la ragazza chinò lo sguardo verso il basso,
imbarazzata e confusa più che mai. Per definire invece i sentimenti di Elfwine
non bastano nemmeno tutte le parole esistenti. – Buonanotte- disse a tono lieve
Eowen, ancora con gli occhi chini. Elfwine la osservò, sorrise dolcemente. –
Buonanotte – rispose in un lieve sussurro, sentendo i loro respiri confondersi
per quanto i loro visi erano vicini. Sapeva che non poteva andare via, ma
sapeva anche che lei era Eowen, sorella del suo migliore amico, probabilmente
una nobile elfa e custode di un oggetto che contiene il potere degli dèi. Come
poteva lei avvicinarsi appena ad un Rohirrim, un semplice ragazzo. A quel
pensiero il suo cuore ebbe un sussulto e decise di alzarsi e andare via, senza
nulla dire.
Eowen
osservò il soffitto per molti istanti, così come Elfwine nella sua stanza. Poi
entrambi si addormentarono, stanchi e confusi.
Il giorno seguente Eowen fu svegliata da Alatar molto preso, quando il
sole era appena sorto
Il giorno seguente Eowen fu svegliata da Alatar molto
preso, quando il sole era appena sorto. – Vestiti ed aspettami all’ingresso
della città- le ordinò quando Eowen fu capace di comprenderlo, poi uscì dalla
stanza. Si vestì ed uscì fuori, stringendosi nel mantello per il freddo
mattutino. Si avvicinò al centro del cortile d’ingresso, sorridendo al
fratello. Volse gli occhi verso un balcone di una casa che si affacciava sul
cortile e notò Elfwine parlare con una elfa bella e giovane. Sbuffò irritata,
anche se non avrebbe dovuto. – Gelosa?- disse una voce dietro di sé; si volse e
sorrise al fratello. – Oh no, può fare quello che vuole lui!- rispose subito
sorridendo. – Dove vuole portarci Alatar?- chiese poi, cambiando discorso.
Elfwine sollevò le spalle. – Non lo so, ma credo voglia portarci dalla “memoria
dei vostri genitori”, come dice sempre- rispose poi il fratello. Eowen annuì
appena:- Elfwine non viene con noi?- chiese poi osservando gli i chiari occhi
il Principe discorrere amorevolmente con la stessa elfa di prima. Eorl sorrise
divertito:- No, non viene. Ci attende qui- rispose infine. Alatar giunse poco
dopo:- Bene, siete qui. Presto, andiamo- annunciò guidando i due ragazzi lungo
un sentiero tra le cittadina, verso il Palazzo ove un tempo viveva Mastro
Elrond e la sua famiglia. Attraversarono il palazzo, senza soffermarsi, fino a
giungere in quello che doveva essere il giardino reale: un luogo molto bello,
ideale per un po’ di pace, dove il tempo sembrava essersi fermato. Camminarono
lentamente lungo un sentiero in terra battuta, avvolti dal dolce cantare degli
uccelli, dal fruscio delle fronde, dal silenzioso camminare degli animali che
dimoravano in quel luogo da molto tempo.
Alatar li condusse lentamente verso il centro, il nucleo del
giardino. Si fermarono al confine di una piccola radura sovrastata da una
immensa quercia dalle fronde autunnali.Sotto di essa, due statue. Eowen si avvicinò lentamente, insieme al
fratello, mentre Alatar li lasciò andare da soli. Osservò le due statue di
marmo e sentì il suo cuore accelerare velocemente, gli occhi bruciare.
Raffiguravano un uomo e una donna: lui era un uomo dalle ampie spalle, lunghi
capelli mossi gli ricadevano sulle spalle, occhi fieri e ridenti la fissavano,
sull’armatura il bianco cavallo di Rohan; la donna invece aveva negli occhi
grandi una dolcezza e una potenza che Eowen non aveva mai visto in nessuna
persone, se non in Alatar; il suo corpo era alto, esile, delicato, sembrava una
bambina; i suoi capelli erano ricci e le ricadevano lungo tutta la schiena e
dai boccoli spuntavano due orecchie a punte. Le sue braccia piegate reggevano
un libro aperto.
Eowen si avvicinò, una lacrima le solcò una guancia; posò la mano
destra sulla guancia della statua e sussurrò con voce spezzata:- Mamma…-.
Alatar sorrise dolcemente, le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla. – L’
hai riconosciuta, Eowen. Si, lei è tua madre e lui è tuo padre. Un maresciallo
della Marca e un’elfa di Lorien, parente di Galadriel. Si dice che quel libro è
il diario di tua madre scritto dall’incontro con tuo padre fino all’ultimo
giorno di vita. Vieni, leggeremo solo alcune pagine-. Sfogliarono con cautela
il libro di cuoio ed Eowen vide con meraviglia che anche se la lingua era
diversa, la calligrafia della madre era uguale alla sua. Alatar si fermò ad una
delle prime pagine del diario:
“Molti di voi forse si staranno chiedendo perché un’elfa ha
bisogno di scrivere un diario. Risponderò semplice: so il mio futuro e non
vivrò abbastanza per raccontare la mia storia ai miei figli. Sono costretta
quindi a lasciarla su queste pagine. Vi starete chiedendo inoltre come faccio a
sapere il mio futuro. Per rispondere devo prima raccontare la mia storia: mi
chiamo Elenwen e sono figlia di Dama Galadriel e di Celeborn, signori di
Lorien. Mia sorella è Celebrian, moglie di Mastro Elrond. Sono nata a corte, ho
lunghi ricci biondi e occhi blu. Con pochi giorni di vita sulle mie spalle, mia
madre fu costretta a dividersi da me. Fui portata nel BoscoVerde, presso la
corte di Re Thranduil. Il motivo è oscuro a molti, ma si pensa che mia madre
abbia visto nel suo Specchio il desiderio di Sauron di impossessarsi di me. Fui
divisa dalla miafamiglia, mi
dimenticai quale aspetto avessero. A nessuno sembrava preoccuparsi di ciò. Mi
insegnarono a parlare elfico e la lingua corrente, a scrivere, a suonare il
flauto, a cavalcare, a combattere, a tirare d’arco. All’età apparente di
quindici anni tornai a Lorien e trascorsi tre giorni interi con i miei
genitori, senza dormire né mangiare.
Forse qualcuno fra di voi saprà cosa significa essere lontani dal
proprio cuore, senza una carezza materna, un abbraccio paterno, una risata
felice. Io non ebbi nulla di tutto ciò nella mia infanzia. Quando tornai a casa
mi sembrava di essere nelle Terre Immortali: risorta, tornata a nuova vita.
Venne la primavera, il re di Gondor ci invitò ad una festa e ad un
rito molto importante dedicato a Yavanna, la madre della Natura, la Creatrice.
Fu lì che incontrai Feru, Maresciallo di Rohan. Era giunto anche lui per il
rito e ne fui subito attratta, sia per la sua bellezza, sia per la sua
delicatezza e dolcezza, nonostante fosse un valoroso e fiero Cavaliere di
Rohan. Ci sposammo in Estate e andammo a vivere ad Alburgo, dove molti dei suoi
avi erano nati. La gente di Rohan è molto buona, gentile e alla mano. Mi
ospitarono molto bene e mi sentii sempre a casa in quei luoghi. In Inverno
nacque il nostro primogenito, Eorl II. Feru ha voluto dargli quel nome in
memoria del primo Re di Rohan, Eorl il Giovane. Sette anni dopo nacque invece la
mia unica figlia, Eowen, bella come l’alba di primavera. Il suo aspetto è molto
simile al mio ma ha anche il coraggio, l’orgoglio e la fierezza di suo padre.
La nostra trascorreva felicemente, senza dolore e rabbia, ma in pace e
felicità. I miei figli crescevano forti e felici, ogni giorno che passava amavo
sempre di più le mie creature emio
marito, il mio unico amore…ed egli amava me. Fin quando non si realizzò la
profezia di mia madre Galadriel.
Ieri mattina mi sono svegliata all’alba, come ogni giorno, per
offrire le mie preghiere agli dèi e svegliare mio marito. Quando uscì da
palazzo, però, vidi una nube nera coprire il cielo sereno. Non era una nube
naturale, ma veniva da Mordor.
A mezzogiorno tutta la città era distrutta.
Ora mi trovo nelle case di Guarigioni di Gondor, colpita da una
freccia avvelenataalla spalla. Non
vivrò ancora a molto, per questo devo lasciare qualcosa di me, della mia
storia. Moriremo entrambi, io e Feru, e vivremo eternamente insieme…ma tuttavia
i miei figli devono sapere chi sono, da quale famiglia provengono, che loro
sono di stirpe elfica e umana, oltre che regale. Devo lasciare loro la mia
storia, la loro storia. Grandi cose si presenteranno sul loro cammino, ma starà
a loro decidere cosa è giusto e che cosa non è giusto. Re Eomer e dama
Lothiriel, mia lontana parente, si sono offerti di prenderli come figli; in più
con loro c’è Alatar. Avranno delle buone guide, ne sono sicura.
Ora devo riposare, sono stanca, le forze mi abbandonano. Presto
raggiungerò i miei avi, i miei creatori. Il mio corpo sarà seppellito a Lorien
ma Elrond vuole edificare due statue a Rivendell, in nostra memoria. “Celebrian
avrebbe voluto onorarvi, come lo voglio anche io”mi ripete di continuo. Abbiamo
accettato, magari un giorno i nostri figli visiteranno quel magnifico luogo e
leggeranno questo diario. Forse si ricorderanno di noi, forse no…ma
l’importante è che sappiano che loro sono figli di Feru di Rohan e di Elenwen
di Lorien…E che i loro genitori saranno sempre su di loro a vegliare, sempre…
Qualsiasi cosa deciderete, sappiate che due piccole stelle
nell’immenso cielo del mondo vi osservano e guidano, figli miei…
Una
lacrima scivolò lentamente sulla gota destra di Eowen. Cadde sulla sua casacca,
come goccia di rugiada si poggia dolcemente su una foglia primaverile, nel
silenzio creato dalla fine della tempesta. Lesse e rilesse quella pagina,
osservò con amore quella scrittura, identica alla sua. Sollevò poi lentamente
il viso su quello marmoreo della madre.
La luce
del sole le sfiorò dolcemente il viso mentre fissava il suo riflesso, sua
madre, il suo sguardo dolce, il suo sorriso delicato e lieve. Un singhiozzo le
sfuggì dalla bocca. Tutto ciò era ingiusto. Ingiusto che non abbia avuto tempo
di conoscere sua madre, che non abbia un suo ricordo, ma solo il suo diario e
una sua immagine, una sola…quella del sogno. Si, è sicura che quella bellissima
donna dal volto di luce fosse sua madre, non poteva essere nessun’altra donna.
- Eowen
- la voce lieve e dolce di Alatar e la sua mano sulla sua spalla la riportarono
alla realtà. Si volse a sinistra, verso lo stregone che le sorrideva
dolcemente. – Dobbiamo andare- annunciò infine, poi le posò un bacio sulla
fronte, lieve come fruscio del vento a sfiorare le fronde degli alberi
autunnali, dolce come pioggia d’estate che cade sul tuo viso. Eowen socchiuse
gli occhi, annuì appena. –Alatar – catturò per un attimo l’attenzione dello
stregone che si volse ad osservarla;- posso portare con me il diario? Durante
le ore di ripose, anche se rare, vorrei leggerlo- sussurrò con voce strozzata
appena dalla commozione ma pacata come sempre. Lo stregone sorrise dolcemente
ed annuì. – Certo, Eowen, quel diario ora è tuo e di Eorl. Vostra madre l’ ha
lasciato apposta per voi- rispose pacato, poi fece ritorno alla città. Eowen
salì sulla base della statua, afferrò dolcemente il diario fra le proprie mani,
lo richiuse dolcemente e con cura. Lei e il fratello diedero un ultimo sguardo
alle statue dei propri genitori, tentando di imprimere nella mente le loro
immagini. Poi si volsero e raggiunsero Alatar.
-
Alatar, devo per forza?- sussurrò mesta Eowen accarezzando il muso del suo
destriero. Lo stregone annuì appena:- Si, Eowen, devi lasciare qui Gwaew. Da
adesso il viaggio è più arduo e dovremmo attraversare montagne, paludi, fitti
boschi…luoghi non adatti ad un cavallo. Gli elfi lo ricondurranno ad
Edorase lo troverai lì al tuo ritorno,
sano e salvo…non preoccuparti. Ricorda che è un mearas e la sua intelligenza e
quasi pari a quella nostra- rispose con la sua solita voce saggia e pacata. La
ragazza annuì, pensando che fosse l’unica soluzione. Osservò i profondi occhi
scuri del cavallo che sembravano dirle: “Non preoccuparti, ci rivedremo
presto”. Sorrise e non potè trattenere una lacrime. Posò il viso vicino al
muso di Gwaew, sospirò appena:- E’ la prima avventura che viviamo separati,
amico mio. Non pensavo sarebbe giunto questo momento, ed invece eccomi qui, a
salutarti. Aspettami ad Edoras, nella nostra patria, amico mio. Attendimi,
presto tornerò- sussurrò come se l’animale potesse capire. Gwaew sbuffò appena
e scosse appena la lunga criniera nera. Neldorim osservò quella malinconica
scena e pensò che quella ragazza, così piccola e apparentemente debole, era
davvero la legittima figlia di Elenwen e di Feru. Le sorrise quando afferrò le
redini del cavallo. – Che Varda ti benedica, Eowen, figlia di Elenwen…E
benedica anche te, Eorl…Ed anche voi, Principe Elfwine, figlio di Eomer Eadig.
Sono sicura che le nostre strade presto si incroceranno di nuovo, Custodi. A
presto- proferì con voce pacata e leggera, sorridendo loro dolcemente. I tre
giovani risposero con un sorriso o un cenno del capo, poi gli occhi violacei di
Neldorim si posarono su quelli profondi e vivaci di Alatar.
-
Alatar…Vanya sulie…(trad: che i venti ti siano favorevoli)- sussurrò
chinando il capo verso lo stregone. – Tenna ’ ento
lye omenta, Neldorim…Namarie - salutò Alatar prima di volgersi e varcare la soglia
di accesso a Rivendell. Eowen salutò con un sorriso gli elfi di Gran Burrone e
il suo destriero, poi si volse di scatto verso Elfwine: trovò i suoi occhi
verdi puntati su di lei. Arrossì violentemente e si diresse al fianco di
Alatar, con passo veloce. Si volse un’ultima volta verso quella cascata
cristallina illuminata dal sole mattutino, verso i tetti luminosi delle case,
verso gli alberi verdeggianti, verso il suono della natura che li stava
salutando.
-
Alatar, ti prego, fermiamoci…Sono quattro giorni che camminiamo senza tregua!
Eowen sta morendo per la stanchezza!- esclamò ansante Eorl mentre aiutava a
camminare la sorella tra le aspre salite di un tortuoso sentiero tra le
Montagne Nebbiose. – Siamo quasi arrivati, un ultimo sforzo!- esclamò Alatar a
pochi metri davanti a loro.
Dopo
qualche minuti si ritrovarono davanti una caverna tra le rocce, buia e
silenziosa. – La caverna dei Viandanti. Siamo arrivati, venite- sussurrò
sospirando lo stregone. Varcarono la soglia della caverna e il bastone di
Alatar mostrò loro come il luogo era molto ampio, spazioso, ma freddo. –
Elfwine, raccogli dei detriti di legna tra le rocce, così accenderemo il fuoco.
Partiremo domani dopo il pranzo- annunciò Alatar sedendosi contro una parete
rocciosa. Eowen sospirò felice e si lasciò cadere a terra, esausta.
Mangiò
lentamente il suo pasto serale, poi si avvolse nel mantello, vicino al fuoco.
Sospirò felice, sorridendo tra sé, pensando che in fondo per essere felici, in
quel periodo di tensione e guerra, bastasse anche dormire o il calore del
fuoco. Chiuse gli occhi, rabbrividì sotto il mantello nel sentiero un soffio di
gelido vento infilarsi sotto le sue vesti. Avvertì poi più calore sul corpo.
Aprì gli occhi: vide Elfwine sdraiarsi al suo fianco, dietro le sue spalle, ed
avvolgere entrambi con il suo mantello. – Non fa niente, copriti tu- sussurrò
la ragazza sorridendo, ma il ragazzo scosse il capo appena, osservandola: - No,
io non ho molto freddo; ci avvolgeremo insieme- rispose con tono pacato.
Chiusero entrambi gli occhi e le onde dolci e leggiadre del sonno e della
stanchezza presto li raggiunsero, stringendoli a loro con amore e protezione,
impedendo al freddo di svegliare i loro corpi.
Il
mattino seguente partirono subito dopo un pranzo abbastanza abbondante ma non
pesante. Caricarono le leggere sacche sulle spalle, poi uscirono dalla caverna
e furono colpiti dal forte vento che aleggiava tra le pietre della montagna,
provocando un soffio acuto e fastidioso. – Seguitemi- esclamò Alatar ad alta
voce, puntando il bastone a terra per aiutarsi nella salita.
Lentamente
cominciarono ad ascendere lungo la parete rocciosa, obbligati a stringere forte
le mani sulle pietre per il forte vento che rischiava di farli rotolare tra le
pietre. Eowen sollevò la mano destra da una pietra e vide che aveva lasciato su
di essa una macchia di sangue. Trattenne le lacrime per il bruciare ai graffi,
si pulì il sangue sulla casacca e arrancò verso l’alto, aiutata per quanto
poteva da suo fratello Eorl. D’improvviso Alatar scivolò con la gamba e dovette
aggrapparsi di scatto ad un masso per non cadere indietro. Tuttavia il bastone
gli scivolò dalle mani avendo attaccato entrambe le mani ferite ad un muso
appuntito. Si ferì ma non ci badò e urlò indietro:- il bastone!- . Eowen vide
scivolare il bastone dello stregone al suo fianco. Gli si gettò sopra,
sbloccandolo, ma cominciò a scivolare su di esso. Gridò e cercò di afferrare un
masso solido con la mano destra, libera. – Eowen!- gridarono i due ragazzi che
impotenti osservavano una nube di polvere e detriti avvolgere la ragazza.
Quando la nube scomparve, sospirarono di sollievo nel vedere che Eowen
stringeva nella sinistra il bastone di Alatar e con la destra si reggeva ad un
masso. - Eowen, dammi il bastone!- urlò Elfwine quando lui ed Eorl la
raggiunsero; la ragazza fece forza con i propri fianchi e si tirò su anche col
braccio sinistro, posandolo sul masso, infine tese in alto lentamente il
bastone che alla fine i due ragazzi riuscirono a prendere. - Brava Eowen!
Adesso dammi la mano, avanti!- esclamò Eorl tendendo la propria mano verso di
lei, così come Elfwine. - Non ce la faccio!- esclamò in lacrime Eowen mentre
tentava di reggersi alla meglio poichè le usciva molto sangue dalle ferite
delle mani. - Si che ce la fai! Devi farcela, avanti! Sollevati lentamente,
trova sostegno nel muro!- esclamò in risposta Elfwine, tendendo di più la sua
mano. Eowen posò con forza i piedi contro la parete roccioso in quel punto
ruvida, poi fece forza sulle braccia e sui reni e tese tutto il corpo in alto.
Subito i ragazzi tentarono si afferrarla per le spalle ma non riuscirono nel
loro intenti ed Eowen la parete, emettendo solo un gemito soffocato. -
Concentrati, Eowen! Metti in pratica le lezione che abbiamo fatto ad Edoras!-
esclamò lontana la voce di Alatar, impedito a raggiungerlo per la sua vecchiaia
e la sua minore agilità rispetto ai giovani. Concentrati...Concentrati...ripeteva
tra sè Eowen mentre riposizionava i piedi contro il muro; lentamente lasciò
scivolare la mano sinistra, fece ondeggiare il corpo per darsi più carica. Alla
fine eseguì un potente slancio e tese il braccio sinistro verso l'alto. Di
nuovo i due ragazzi tentarono si afferrarla ed alla fine riuscirono nel loro
intento: Elfwine strinse la propria mano intorno al suo avambraccio, poi Eorl
afferrò l'altra mano della sorella quando il principe la sollevò. Entrambi la
tirarono su ed alla fine la trassero in salvo. - Grazie al cielo-sospirò Alatar
sorridendo. Eowen, ansante, rimase immobile fra le braccia del fratello, non
riuscendo a muovere nessuna parte del corpo. Si alzarono solo quando giunse
lentamente Alatar che le fasciò velocemente le mani con un pezzo di tessuto.
Poi ripresero il cammino seguendo una via più lunga ma di certo più sicura.
Due
giorni dopo si ritrovarono a percorrere la fine di un sentiero nella parte
opposta della montagna. Questa volta non ci furono complicazioni od ostacoli
perché il vento in quel lato della catena montuosa non soffiava molto ma
soprattutto perché il sentiero creato da alcuni battitori nani agevolava molto
il passo. – Probabilmente ce n’era uno anche per la saluta ma il vento e la
caduta frequente dei massi avrà cancellato le tracce di qualsiasi tipo di
sentiero- commentò Eowen mentre discendevano ancora. Eorl le sorrise divertito,
poi subito Alatar sollevò il bastone verso la fine della montagna: dalla sua
base nasceva un fiume, il Gaggiolo, sulle cui sponde era stata combattuta una
remota battaglia. – Da quel momento, quella terra è stata sempre chiamata
“campo Gaggiolo”. Guardate a nord, quello è Bosco Verde! Intravedete quella
punta di montagna, piccola come un pezzo di pane? Quella è la cima dell’Erebor
- spiegò loro Alatar. –E allora perché non ci dirigiamo lì, a Bosco Verde?-
chiese Eowen. – Perché, zucca vuota che non sei altro, dobbiamo prima trovare
la parte mancante per ricomporre il Miredhel! Solo allora potremmo dirigersi
verso l’Erebor e riunire la gemma elfica- esclamò lo stregone senza però un
tono molto severo. Eowen borbottò qualcosa di insensato, rossa in viso, mentre
i due ragazzi ridevano sotto i baffi.
La sera
del terzo giorno raggiunsero la base della catena montuosa. Eowen sospirò nel
sentire sotto i suoi stivali il morbido terreno e poco distante il lieve
scivolare del fiume Gaggiolo. – Dopo tutte quelle pietre, finalmente la terra,
l’erba, il fiume…- sussurrò sospirando Eorl, leggendo nella mente della sorella
e di Elfwine. Alatar si volse verso di loro, sorridendo. – Questa notte ci
accamperemo qui, sotto la protezione della montagna e finalmente domani mattina
raggiungeremo in poche ore Lothlorien, attraversando il fiume. Ora ristoratevi
e riposate- proferì con voce pacata, prima di allontanarsi verso il fiume. I
tre giovani non chiesero dove stesse andando, tanto non avrebbero ricevuto
risposta. Si preoccuparono così di accendere un piccolo fuoco, di mangiare e di
prepararsi per la notte. – Finalmente siamo giunti dalla seconda gemma…presto
torneremo ad Edoras - sospirò felice Eorl avvolgendosi bene nel mantello. – Non
cantare troppo presto vittoria, fratellino: ricorda che devo prima superare una
prova per ottenere la gemma, sempre se sono io la Custode. Poi dobbiamo viaggiare
verso Erebor, riunire le gemme e tornare ad Edoras…senza contare che siamo soli
e circondati da nemici- rispose Eowen sospirando. –Accidenti come sei
pessimista,sorellina- esclamò ridendo Eorl, poi le posò un bacio sulla guancia
e diede la buonanotte ad entrambi. Poco dopo anche Eowen ed Elfwine si
addormentarono, stanchi com’erano per l’attraversamento dei monti Nebbiosi.
Poco prima della mezzanotte, tuttavia, Eorl sentì un lieve rumore in
lontananza, scandito da lunghi tempi. Aprì lentamente gli occhi e si accorse
che Elfwine era in piedi davanti il fuoco ed osservava verso nord. Subito si
alzò, rivestendosi. – Che cosa c’è?- sussurrò all’amico. Elfwine sollevò le
spalle:- Non lo so, non sono ancora un elfo. Ho sentito dei lievi rumori prima,
come dei tamburi suonati in lontananza- sussurrò appena. Di nuovo…si, era
decisamente un suono di tamburo. Quella notte la luna non era altro che un filo
argentato e non potè così illuminare coloro che si stavano avvicinando
velocemente. Solo quando sentirono urla acute e senza senso, i due ragazzi si
accorsero che verso di loro stava giungendo una banda di goblin. – Eowen!-
esclamò Eorl mentre si armava. La ragazza si svegliò di soprassalto e subito
vide la gemma del fratello illuminarsi sul suo petto. – Goblin!- annunciò
Alatar tornando velocemente dal suo breve viaggio verso il fiume. Eowen scattò
in piedi ed afferrò nella mano destra la spada mentre nella sinistra stringeva
il fodero, per parare i colpi. Subito ed Eorl ed Elfwine si posizionarono
davanti la ragazza, per proteggerla. Quando la banda di goblin fu abbastanza
vicina, il braccio di Alatar che reggeva il bastone scattò in alto e la sua
celeste luce accecò e spaventò le creature oscure, facendole arretrare. –Andate
via, creature del male! Io sono il Custode della Fiamma d’Oceano e Vassallo di
Ulmo! Chiunque di voi si avvicinerà, perirà sotto i miei colpi e mandati nei
più profondi Abissi della Disperazione!- urlò minaccioso e crudele lo stregone.
Eowen lo osservò temendolo per la prima volta. “Custode della Fiamma d’Oceano e
Vassallo di Ulmo”…solo quelle parole la terrorizzavano e si augurò di non dover
essere mai nemica di quell’anziano apparentemente innocuo ma in verità potente
come la più terribili delle tempeste. Un orchetto si avvicinò di qualche passo
ad Alatar e scoppiò a ridere e la sua risata risuonò ovunque, terribile e
sgradevole. - Stupido vecchio, non potrai mai distruggere il male!- esclamò in
una lingua corrente poco corretta la creatura malefica. - Ed invece di sbagli,
stupido orchetto!- esclamò Alatar sollevando ancora di più il bastone nel
cielo, accecando l'orchetto che aveva parlato. Subito i suoi compagni
attaccarono la piccola compagnia mentre la luna nel cielo, anche se lieve,
parve risplendere come una lama d'argento...una lama che presto si sarebbe
macchiata di sangue...
Eowen lentamente aprì gli occhi, ma si accorse che le palpebre erano
troppo pensati e le ricaddero sugli occhi
Capitolo 18: l’ombra di
Lorien
Lentamente
Eowen aprì gli occhi, ma si accorse che le palpebre erano troppo pensati e le
ricaddero sugli occhi. La prima cosa che avvertì fu il nauseabondo odore del
sangue, della putrefazione, degli orchi. Issò di scatto il busto e rigettò a
terra, reggendosi sulle braccia tremanti. Più tardi, si osservò intorno ma non
riusciva a mettere a fuoco nulla. Si alzò, aiutandosi con la sua spada poco
lontana. Sentiva le gambe cedere al peso del corpo ma si costrinse a rimanere in
piedi. L’alba stava sorgendo ed il cielo era tinto di rosso.
Un
mantello di corpi celava il terreno macchiato di sangue. Orchetti e goblin
intorno a lei, con gli occhi ancora spalancanti. Le salirono le lacrime agli
occhi nel vedere tutto quelle facce orribili, come i mostri che albergavano nei
suoi sogni quando era più piccola. Avanzò fra i corpi e non si accorse che
stava tremando e che grosse lacrime le scivolavano sul viso sporco. Trascinava
a stento la spada dietro di sé e sentiva tutto il corpo debole, ferito,
affaticato. Pianse per molto, terrorizzata al pensiero di essere rimasta la
sola creatura vivente in quella distesa. Era presa senza Alatar, Eorl ed
Elfwine, senza pensare alla grave perdita subita. Dove sarebbe andata ora? Non
sapeva che strada prendere per proseguire ma nemmeno quella per tornare
indietro. E se sarebbero giunti altri orchetti? O peggio ancora, uno Whiving?
Che cosa avrebbe fatto? Lei non era forte, non aveva la gemma elfica. Come
poteva essere custode di un così grande potere quando davanti al pericolo
scoppiava in lacrime. Lascia la guerra agli uomini…le armi non sono adatte
ad una donna. E se re Eomer avesse ragione? Sospirò, sedendosi su un pezzo
di terreno risparmiato dal sangue. Ripensò al giorno della partenza e ripensò
alla sua vita trascorsa ad Edoras: il fiero Eomer, l’arcana e misteriosa
Lothiriel, quel combina guai di suo fratello; le cavalcate tra le infinite
praterie, il sole che picchia sulla sua pelle, le beffe del principe per la sua
poca femminilità. Sorrise appena e una delle poche lacrime rimaste le scivolò
lungo una guancia. – E’ inutile restare qui seduta, Eowen. Qualche orchetto
potrebbe essere ancora vivo e svegliarsi anche ora. Il fiume, devo attraversare
il fiume- parlò tra sé. Il suo pensiero la incoraggiò ma altrettanto non fece
la sua incredibile debolezza che le impedì anche si alzarsi dal terreno.
Sbuffò, lasciandosi andare alla stanchezza.
-
Battiamo la fiacca, signorina?- una voce la destò dal suo semi-coma. Sollevò di
scatto gli occhi blu verso l’alto e una figura molto alta celava alla sua vita
la luce abbagliante del sole. Mise a fuoco quei lineamenti, lentamente: occhi
blu-oceano, un sorriso felice su un volto anziano e stanco, capelli candidi
striati di azzurro cupo. – Alatar…- sussurrò con voce strozzata e sentì le mani
rassicuranti dello stregone sollevarlae stringerla in un lieve abbraccio.
– Andiamo Eowen, Lothlorièn è vicina, siamo
quasi arrivati- sussurrò Alatar mentre l’aiutava a camminare. – Alatar,
aspetta…dove sono Eorl ed Elfwine?- chiese Eowen osservandosi intorno. Lo
stregone si fermò, come in dubbio, poi la costrinse a continuare a camminare.
Ma la ragazza puntò i piedi a terra e si fermò:- Alatar…dov’è mio fratello?
Dov’è Elfwine?- chiese con tono più deciso ma alcontempo tremante. L’Istari la
osservò, poi sospirò:- Eowen…Eorl ed Elfwine…rimangono qui…- rispose Alatar a
capo chino. – che significa…rimangono qui? Che significa!- urlò Eowen facendo
per colpirlo ma lo stregone le bloccò il polso. – Taci! Stanno arrivando altri
orchi e loro si sono offerti di fermarli, per lasciarci liberi di raggiungere
Lorièn! Cammina ora!- esclamò in un sussurrò l’anziano, nei suoi occhi Eowen
vide rabbia e rancore. Tacque e cominciò a camminare velocemente verso il
fiume, calciando via ogni cosa che trovava davanti a sé, trattenendo l’ira
mentre singhiozzava in silenzio. Sentiva in lontananza le urla degli orchi e il
corno di Elfwine che risuonava appena dietro le montagne mentre lei, come una
codarda, fuggiva, verso quella maledetta gemma e quel maledetto luogo. Odiava
Alatar, odiava suo fratello e il principe. Perché avevano preso quella
decisione?? E perché Alatar li aveva lasciati andare così, senza opporre
resistenza? Ma certo, a lui importa solo che questa maledetta gemma venga
unita, non di mio fratello e di Elfwine! Per lui sono solo mortali deboli e
fragile, in confronto alla sua figura!. – Non pensare questo di me, Eowen…Ho
provato in tutti i modi ad impedire questa situazione, ma sono testardi…degni
figli dei loro padri- la voce di Alatar raggiunse il suo udito, dietro di lei,
e la fece sobbalzare. Da quando in qua Alatar legge nel pensiero?. – Da
sempre…solo che uso questa abilità solo in casi estremi…- rispose Alatar
sorridendo appena. Eowen l’osservò per alcuni istanti, poi tornò ad osservare
le sue gambe immerse nella gelida acqua del fiume Gaggiolo.
Quando
uscì dal torrente aveva le gambe intorpidite per il freddo. Si strinse nel
mantello mentre il suo respiro si trasformava in nuvolette di vapore. Alatar le
si affiancò e le indicò il confine di un boschetto poco lontano da loro dentro
cui nasceva un sentiero appena visibile. – Andiamo, da quella parte…- sussurrò
Alatar facendole strada. Si addentrarono nel bosco e subito Eowen su colpita da
una sensazione. Le sembrava di essere già stata in quel posto, si aver già
attraversato quel posto, di aver già visto quegli alberi. Socchiuse gli occhi
mentre camminava dietro Alatar e fu avvolta dal silenzio di quel magico luogo.
Anche lì, come a Rivendell, il tempo sembrava si fosse fermato. Gli altissimi e
snelli alberi lasciavano penetrare la luce del sole nel sottobosco, così che le
foglie che delicate cadevano sul terreno sembrava fossero fatte d’oro per il
loro colore giallo e arancio. Sorrise appena la ragazzae si sentì rincuorata da quel paesaggio così
caldo, delicato, arcano. Un giorno mi piacerebbe vivere qui, per qualche
periodo. Alla fine qui è il posto nativo di mia madre e probabilmente è anche
il mio posto nativo. E’ bello come la mamma…pensò tra sé la ragazza mentre
si divertiva e veder cadere le foglie autunnali davanti i propri piedi, come se
il bosco stesso le stesse creando un tappeto regale, di foglie d’oro.
–
Alatar quanto…- . – Siamo quasi arrivati- la interruppe lo stregone che si
osservava intorno. Non gli chiese il motivo di quell’azione, era ancora
arrabbiata con lui e non aveva intenzione di rivolgergli la parola per molto
tempo. Ma la risposta le fu data dal movimento di qualcosa sul terreno, come di
un’ombra. Sobbalzò e fece un passò indietro, sguainando la spada. – Riponila,
non servirà contro di lei..-rispose subito Alatar fermandosi. Eowen ubbidì ma
ancora non gli parlò. Si girò intorno, volgendo le spalle allo stregone. Che
cos’era quell’ombra che era scivolata nel terreno velocemente? Doveva
appartenere a qualcuno o qualcosa no? Osservò il cielo e notò che gli alberi
ora l’oscuravano del tutto, creando una sorta di tetto impenetrabile al sole. –
Alatar - chiamò finalmente lo stregone, in cerca di risposta, ma quando si
volse indietro…non c’era più nessuno. Lo stregone era scomparso.
In
principio non si rese conto che Alatar era scomparso nel nulla, ma poi prese
coscienza dell’accaduto e si osservò nervosamente intorno mentre sentiva il
cuore battere veloce. Sta calma, concentrati, ripeteva nella sua testa,
ma una voce nel profondo del suo animo le diceva che qualcosa di terribile
stava per accadere.
Quando
sentì il primo colpo se ne accorse solo qualche secondo dopo. Si ritrovò
distesa a terra, la vista offuscata e la sensazione di aver sbattuto contro il
tronco dell’albero che aveva davanti. Alcuni attimi dopo spalancò la bocca per
il dolore alla mandibola ma nessun suono uscì, nemmeno un flebile grido. Tentò
di alzarsi, poggiando la mano destra sul tronco dell’albero mentre con la
sinistra si puliva il viso dal sangue. Non riusciva a capire com’era potuto
accadere, in attimi così veloci. Pochi secondi dopo accadde la stessa cosa e
una forza a lei sconosciuta la lanciò contro un albero. Sbatté la schiena e
cadde di nuovo a terra. Questa volta gridò con tutte le sue forze mentre le
lacrime scendevano copiose lungo il viso. Il dolore alla schiena era atroce e
le sembrava che la sua spina dorsale si fosse rotta come un esile rametto. Si
mise in ginocchio e vide un’ombra “posata” sul terreno, un’ombra modellata come
una figura umana, una donna. Eowen sentì il dolore affliggerle il corpo ma
sapeva che piangere e lamentarsi di certo non avrebbe fatto scomparire quella
forza negativa. Si alzò così in piedi, con non poche difficoltà. Seguì il
movimento lento dell’ombra che si muoveva verso la sua sinistra. Eowen non le
permise di giungerle alle spalle ed evitò che i suoi piedi la incontrassero.
L’ombra parve irritarsi alla testardaggine della ragazza. Tentò invano, più
volte, di agganciarle i piedi o le gambe, per farla cadere, ma Eowen evitò i
suoi attacchi con dei piccoli balzi, deboli e compiuti con molta fatica. –
Alatar - invocò il nome dello stregone e sentì la mandibola scricchiolare. Il
dolore stava divenendo insopportabile e in alcuni istanti le offuscava la vista
e la mente. L’ombra la colse in un momento di distrazione, afferrò la mano
poggiata sul tronco e la scagliò sul terreno, come si lancia via un ramoscello
fastidioso. Eowen si alzò a stento, gemendo. Si accorse dunque che l’ombra
poteva colpirla solo se si poggiava sugli alberi. Tuttavia si sbagliava in
quanto ricevette altri due colpi dall’ombra che si trovava sul terreno.
Eowen
era distrutta, sola, debole, ferita ed insanguinata…e nessuno sembrava poter
interrompere la propria morte imminente. Dunque era questa la fine? Tutta
questa fatica per morire per mano di…un’ombra? No! Lei avrebbe distrutto quella
maledetta ombra! Che cosa voleva farle, ucciderla? Oh, si sbagliava di grosso!
Non si uccide facilmente Eowen, figlia di Feru e di Elenwen! Si alzò decisa,
osservando l’ombra contro il tronco di un albero. – Avvicinati, creatura
malefica!- urlò con tutte le forze che aveva. Sputò a terra il sangue che le
sporcava la bocca, poi attese l’avversaria. Questa si osservò intorno, come se
una donna vera e propria stesse esplorando con gli occhi il bosco. Ciò che
aveva catturato l’attenzione dell’ombra era il canto flebile ma allegro di un
uccellino che volava sopra il tetto di alberi. Eowen portò gli occhi verso le
fronde degli arbusti, poi subito verso l’ombra. Le sembrò che questa stesse
scomparendo. Il canto di un uccellino aveva disturbato l’ombra…perché? Ripensò
a quando era piccola e per non aver paura del buio cantava nella sua stanza, e
il canto le teneva compagnia ed eliminava ogni suo terrore. Poi ricordò che
durante una lezione con Alatar, lo stregone le aveva narrato che Ilùvatar aveva concepito il mondo con e nel canto e che gli stessi Ainur
fossero nati dal canto di Ilùvatar! Dunque l’ombra aveva paura del canto sacro,
benefico e positivo. Purtroppo la tenebra si accorse che Eowen aveva capito il
suo punto debole e tentò di attaccarla, ma Eowen fu più lesta ed evitò l’offesa
dell’ombra. Corse verso un albero e vi si arrampicò a stento. Subito afferrò un
ramo che celava il sole, creatura del canto divino e luce celestiale. Il ramo
non oscurava più la vista della sfera di fuoco e i suoi raggi irradiarono la
radura sottostante. Un raggio solare colpì l’albero dove l’ombra si era
nascosta.
Un grido acuto e straziante risuonò nella foresta e lentamente
l’ombra venne offuscata dalla luce divina. Eowen sorrise, felice e portò gli
occhi verso il cielo. Prima di cadere in un profondo oblio vide un’aquila
solcare le onde della volta celeste, celando per alcuni istanti la luce solare
alla sua vista…
Aprì lentamente gli occhi. Nulla.
Ebbe un soprassalto e fece per alzarsi, ma si accorse che sotto di
lei non c’era nulla da cui sollevarsi. Era sospesa nel Nulla, nel Vuoto
Primordiale. Alatar le aveva raccontato che accade così alle anime prima di
raggiungere le Aule di Mandos. Si osservò e vide che indossava una tunica
bianchissima, tant’è che non riusciva a capire quando finiva il tessuto e
quando cominciava la sua carne. Sollevò gli occhi davanti a sé: librato nel
nulla, come lei, v’era un piedistallo di pietra sopra cui girava lentamente su
se stessa una gemma colore dell’oceano, sospesa a una decina di centimetri
dalla pietra. Avanzò verso l’oggetto. Quello era il suo sogno…e quella era la
gemma del suo sogno. Dunque stava sognando o era morta? Era illusione o realtà?
Tese la mano verso la pietra e contemporaneamente sentì due mani
posarsi sulle sue spalle. Si volse e vide le stesse figure sorridenti del suo
sogno. Ma ora poteva riconoscerli: erano i suoi genitori. – Ciao Eowen -
proferì dolcemente il padre, sorridendole. – Ciao papà…-rispose lei in lacrime.
– Ci hanno dato il permesso di parlarti per poco tempo, Eowen, quindi ascoltaci
attentamente: come sai quella gemma è l’Elenmir ed in essa Varda Elentari ha
racchiuso una piccola ma potente parte del suo potere, la Luce delle Stelle.
Eowen, devi stare attenta. Quella gemma ha la volontà di poter anche ucciderti,
se tu non la usi con saggezza e cautela. Hai capito? Usala solo quando è
strettamente necessario, quando tutto è perduto ed essa è la sola soluzione- la
mise in guardia sua madre, osservandola con i profondi occhi blu. Eowen annuì
ma non riuscì a dire nulla per la gioia di sentire le loro voci, ma anche per
la profonda tristezza. I suoi genitori le sorrisero:- So cosa provi, Eowen. Ma
devi essere forte, forte! Forte come una spada di ferro e coraggiosa come il
più valoroso dei cavalieri di Rohan - sussurrò suo padre sfiorandole la guancia
con una carezza; - Saggia come una dea, decisa come una fiera, delicata come un
giglio- aggiunse sorridendo la madre, stringendole la mano. La ragazza annuì
appena, ricambiando il sorriso. – E’ ingiusto…- sussurrò poi con voce
strozzata. Entrambi i genitori annuirono appena, malinconici. – Lo so, Eowen.
E’ ingiusto che tu non ricordi nulla di noi, ma l’ingiustizia è data dall’uomo,
non dagli dèi, ricordalo sempre. Ricorda anche che all’ingiustizia…segue la
giustizia- rispose dolcemente Feru. Eowen annuì debolmente ma con decisione,
poi le figure dei suoi genitori cominciarono a scomparire. – No, non andate!-
esclamò tendendo una mano verso di loro. – Il tempo è scaduto, Eowen. Ma
rimarremo sempre con te! Ricorda le mie parole sull’Elenmir e…salutaci Alatar -
sussurrò dolcemente Elenwen, poi in un candido bagliore scomparvero lentamente,
mentre nella mente Eowen sentiva la dolce risata cristallina della madre. Nello
stesso istante la gemma dietro di lei emanò una profonda ed immensa luce blu
che non le diede tempo di volgersi e che l’avvolse in tutta la sua potenza.
I suoi sensi si svegliarono, ma non aprì subito gli occhi
Capitolo 20: la guerriera e
lo stregone
I
suoi sensi si svegliarono, ma non aprì subito gli occhi.
Oltre le palpebre vedeva una dolce luce bianca che
penetrava appena oltre le ciglia. Cominciò a sentire le foglie degli alberi che
cadevano intorno a lei; il profumo della terra umida, del muschio, dall’acqua;
sentiva la schiena contro il terreno duro ed il suo respiro regolare. Sentiva
anche una profonda, immortale, immensa stanchezza e dolore in ogni parte del
corpo, in particolare alla mandibola. Solo in quel momento si ricordò
dell’ombra ed aprì lentamente gli occhi. Vide sopra di sé la dolce e delicata
luna che emanava una flebile e magica luce argentata sul suo viso. Era
circondata da alberi altissimi ed esili con foglie dorate ed argentate. Tutto
intorno a lei c’era una luce debole ma luminosa, bianca, come se la stessa
natura spandesse quell’atmosfera di sogno, di irrealtà. Subito le ritornò in
mente un arazzo nella sala di lettura a Minas Tirith, in cui vi era
rappresentata Valinor, la terra degli dèi e prima dimora degli Elfi. – Ben
svegliata, Eowen - una voce dolce e pacata attrasse la sua attenzione, verso
sinistra. Si sollevò a sedere lentamente e mise a fuoco per la seconda volta un
sorriso felice e due profondi occhi blu velati di lacrime. – Pensavo di averti
perso…- sussurrò Alatar mentre l’abbracciava. Eowen chiuse stancamente gli
occhi e si lasciò abbracciare dallo stregone; solo quando abbracciò il suo
maestro si accorse che al proprio collo pendeva qualcosa, qualcosa che prima
non possedeva. Si scostò appena e vide appesa al suo collo una gemma, blu con
riflessi argentati…- Elenmir…-sussurrò meravigliata dalla bellezza divina
dell’oggetto. Lo stregone sorrise e annuì appena:- Già, proprio l’Elenmir.
Abbiamo quasi terminato la nostra missione, Eowen, devi resistere. Avanti, devi
alzarti. Siamo quasi arrivati…Un ultimo sforzo!- rispose lo stregone aiutandola
ad alzarsi. La ragazza pose la mano sul tronco dell’albero, mentre nell’altra
mano stringeva la gemma. Annuì alle parole dello stregone, decisa, e tuttavia i
suoi passi erano incerti, barcollanti, la sua mente offuscata e i suoi sensi
poco sviluppati.
Camminava
a stento in quella natura magica, divina, sognante. Non ce la faceva più
davvero, era stremata e distrutta ma doveva continuare a camminare lungo il
sentiero, lungo una scalinata intagliata nel tronco di enormi alberi. Sollevò
appena il capo verso l’alto e vide che sopra la scalinata v’era una tettoia
sempre in legno che reggeva lampade di bianca luce. Riportò lo sguardo davanti
a sé, verso la fine di quelle faticose scalinate. La scalinata, terminata, dava
spazio ad una scalinata di pochi grandini ai cui piedi v’era un flet di
legno a forma di foglia, dove si trovavano loro in quel momento. – Ecco, siamo
arrivati Eowen. Ora dobbiamo solo attendere…- sussurrò lo stregone ansante,
osservando la cima delle scalinate. – Attendere cosa, Alatar?- chiese con voce
flebile Eowen mentre veniva sorretta dallo stregone ed osservava anch’ella la
cima degli scalini illuminata da quella luce bianca ma che non dava fastidio
agli occhi stanchi della giovane. – Attendere aiuto…- sussurrò misterioso lo
stregone. Eowen voleva chiedere di più ma non ebbe il tempo, in quanto sentì
dei rumori giungere alla destra della scalinata, celata dalle pareti degli alberi.
Ed
ecco soffermarsi in cima alle scale una figura molto alta ed esile, avvolta
dalla luce di Lorièn. Lentamente questa scese i gradini, verso di loro. Eowen
osservò quel volto dallo sguardo indagatore, l’espressione pacata, quasi
indifferente. Capelli d’oro erano raccolti in una lunga treccia, occhi di giada
incastonati in volto dalla pelle candida. La donna indossava non una bella
veste, né dei gioielli, ma pantaloni, casacca e stivali. Alla cinta una spada
racchiusa nel fodero. L’unica cosa di “pregiato” era una coroncina sul capo,
intrecciata con fili d’argento, semplice e molto delicata sul suo capo dorato.
La giovane elfa, che in apparenza poteva avere ventisette anni umani, si fermò
ai piedi della scalinata e finalmente Eowen vide un leggero sorriso sul suo
volto, indirizzato allo stregone. – Mae Govannen, Alatar - salutò l’elfa
chinando il capo. Lo stregone rispose al suo saluto solo con un lieve inchino,
poi disse: - Boe ammen i dulu lin, Seridhil (trad: abbiamo bisogno del tuo
aiuto, Seridhil) - la sua voce pacata ma grave risuonò tra i rami degli
alberi. L’elfa osservò lo stregone con i suoi grandi e penetranti occhi verdi,
poi rispose:- Perché dovrei arrecarti aiuto, Alatar?- . Lo stregone attese
qualche minuto prima di rispondere, misurando bene le sue parole:- Così è
volontà di Varda, Seridhil. Non vorrai disubbidire ad un suo desiderio, tu che
sei la sua ancella sulla Terra di Mezzo…-. L’elfa sorrise appena, poi annuì:-
Amin naa tualle (trad: sono ai tuoi servigi)- rispose ora con voce dolce
e delicata, poi l’elfa e lo stregone si abbracciarono amichevolmente. Dopo il
loro abbraccio, l’elfa di nome Seridhil si volse verso la giovane e stanca
Eowen. Sollevò un sopracciglio nel vedere quella ragazza ferita, sporca e
stanca, quindi le chiese: - Mani naa essa en elle? (trad: qual è il tuo
nome?)-.
Eowen
ascoltò le elfiche parole della guerriera e tentò di tradurre in Lingua
Corrente grazie alle lezioni di dama Arwen quando si recava a Minas Tirith. –
Eowen di Rohan, mia signora- rispose con voce flebile, sia per l’incertezza di
aver capito bene, sia per la stanchezza. L’elfa spalancò lentamente gli occhi
verdi che subito si posarono sulla gemma blu appesa al collo di Eowen; osservò
poi Alatar che sorrise ed annuì. Subito Seridhil s’inchinò davanti ad Eowen,
osservando il terreno e sussurrando: - Mia signora…onorata di essere alla
vostra presenza…-. La giovane Rohirrim osservò perplessa Alatar che le fece
cenno di tacere e così fece. Mia signora??Quell’elfa l’aveva scambiata per
un’altra ragazza di certo! Lei non era signora di nessuno, lei non comandava
nulla se non la sua spada ed il suo cavallo. Non ebbe tempo di chiedersi altro
poiché Seridhil si alzò da terra ed osservò con fierezza Alatar e con timore
Eowen. – Venite…sarete molto stanchi, immagino. Tuttavia prima dovrete seguirmi
nella sala del Consiglio, in quando vi sono alcune persone che devono
vedervi…Alatar, mia signora…seguitemi- detto questo, l’elfa salì le scale con
agilità mentre impediva alla sua spada di sbattere contro la coscia. Eowen fu
costretta così a salire ancora altri quindici scalini, poi la seguirono oltre
un portone in legno chiaro. Si ritrovarono in un ampio ingresso da cui si
diramavano varie scalinate ed una solo porta era presente in fondo alla stanza.
Varcarono anche quella porta e si ritrovarono in un’altra stanza, rotonda,
ampia e dal soffitto alto, tutta di legno; in cerchio erano posizionate dodici
troni bianchi, metà occupati. – Siamo arrivati- sussurrò Seridhil sorridendo e
scostandosi alla loro destra. Sollevò le mani in alto per attirare su di lei
l’attenzione e gli elfi e le elfe presenti tacquero. – Mellyn! (trad:
amici!)- esclamò l’elfa sorridendo ed indicando i loro due ospiti. Eowen
osservò quelle bellissime ed arcane figure dalle orecchie a punta e i capelli dorati
e castani. Osservò quelle figure che lentamente avevano un’espressione
sconvolta e meravigliata su i loro volti. – Nin brennil…(trad: nostra
signora)- sussurrò meravigliato un elfo dalla lunga barba bianca, anziano.
Alle sue parole tutti gli elfi si alzarono ed insieme si inchinarono al
cospetto di Eowen che rimase così sconvolta da non riuscir a muovere un solo
muscolo. – Alatar, io non…- sussurrò senza parole, ma Seridhil le strinse
lievemente una mano. – Non preoccupatevi, mia signora. So che siete confusa, ma
ora dovete riposare e dar ristoro al vostro spirito. Quando sarete sveglia,
tutto vi sarà spiegato- sussurrò conducendola lentamente fuori dalla Sala del
Consiglio, verso un’altra stanza.
Alatar
osservò le due ragazze andare via ma egli rimase nell’ampia sala ad ascoltare
gli increduli elfi borbottare tra loro. – Alatar, dicci, com’è possibile una
cosa del genere??- chiese meravigliato l’unico elfo che prima aveva parlato. Lo
stregone rise divertito: - Non lo so, Golwen, ma è così! Quella fanciulla è
Eowen, figlia di Elenwen, a sua volta figlia celata di Galadriel e di Celeborn.
Sua madre ha lasciato lei e suo fratello Eorl II presso la corte di Edoras e i
due fanciulli mai hanno saputo le loro origini elfiche fino a qualche tempo fa.
Essi sono i custodi e i legittimi possessori del Miredhel. Lei possiede
l’Elenmir, il potere di Varda, mentre il fratello Eorl possiede il Narmir, il
potere di Tulkas. Siamo giunti qui poiché abbiamo bisogno di aiuto, di riposo
ma soprattutto perché in questo posto Eowen avrebbe trovato la gemma elfica
della luce divina- rispose pacatamente avvicinandosi al consiglio. – Siate
allora i benvenuti, Alatar, tu e la nuova Dama di Lorien - una voce rispose
dall’oscurità di un angolo della sala. Una figura molto anziana ma molto
possente uscì dal buio, reggendosi su un bastone in legno, vestito di celeste.
Tutti si volsero verso l’anziano dagli occhi celesti e i capelli bianchi. Egli
si avvicinò ad Alatar, più piccolo ed esile. – Pallando…- sussurrò infine
quest’ultimo e l’anziano sorrise felice. I due uomini si abbracciarono ridendo.
– Amico mio, credevo fossi morto!- esclamò Alatar dando delle lievi pacche
sulla schiena del suo amico. – Oh no, Alatar, ancora non è giunto il mio
momento! Sapevo che non ci avevi traditi, sapevo che Saruman aveva torto! Tu
non avresti mai lasciato il bene per il male, attendevi solo il sopraggiungere
della tua missione! Gandalf ha concluso il suo lavoro qui, ed è tornato. Ora
tocca a noi, amico e fratello- rispose Pallando, il secondo stregone mandato
nella Terra di Mezzo insieme ad Alatar e agli altri tre Istari. Alatar sorrise
ed annuì alle parole del suo amico ed in parte maestro. – Ora vai a riposare
anche tu, Alatar. Quando vi sveglierete penseremo a cosa fare- aggiunse poi lo
stregone, quindi fece accompagnare Alatar nella sua stanza.
E’
l’alba…Questa è la
prima cosa che pensò Eowen al suo risveglio.
Si
sentiva meglio rispetto alla sera precedente ed ora la sua mente era più
lucida. Sorrise felice nel sentire il calore delle coperte e la morbidezza del
giaciglio che gli elfi le avevano offerto. Si sedette lentamente sul letto e
osservò le proprie mani guarite, tastò il suo viso senza una ferita e il suo
corpo lavato e avvolto in una bianca e semplice veste. Sorrise di nuovo
nell’osservare quel vestito: nonostante fosse un abito femminile, era molto
comodo e lasciava il corpo libero di muoversi. Si osservò intorno e vide i
primi giovani raggi del sole penetrare nella stanza, attraverso le ampie
finestre e le candide tende. Socchiuse gli occhi, respirò quell’aria pulita e
carica di arcana magia. Che sensazione magnifica…sembrava di essere in Valinor
o nelle Aule di Mandos, dove tutto è luce e non c’è dolore e sofferenza, come
le diceva sempre Alatar. Ora capiva perché per molto tempo gli elfi hanno
dimorato in quel luogo così bello e simile ad un sogno.
Portò
l’attenzione alla sua destra e vide un tavolino sopra cui v’era tanto cibo da
poterla saziare abbondantemente. Mangiò tutto ciò che vi era sul vassoio per
quanta fame avesse. Soddisfatta, si alzò lentamente dal letto e capì di non
sentire più la greve stanchezza sul corpo. Com’è possibile cheho
ripreso totalmente le forze e che non ho nessuna ferita, nemmeno un minuscolo
insignificante taglio? Forse gli elfi devono avermi dato qualche loro
medicinale magico, pensò la ragazza mentre si avvicinava ad una vicina
finestra. Rabbrividì per il freddo del mattino ma sorrise nel sentire i raggi
del sole sul suo viso. Socchiuse gli occhi, respirò l’aria della foresta e si
sentì come purificata da ogni male e da ogni affanno. Solo in quel momento,
dopo molte settimane, ebbe il tempo di fermarsi a pensare.
Quei
giorni erano trascorsi così velocemente da non ricordare nemmeno tutto:
l’attacco ad Isengard, Moria, gli orchetti nella pianura del Gaggiolo,
l’ombra…-Eorl…- sussurrò il nome del fratello tra le onde del vento mattiniero,
desiderando l’abbraccio del ragazzo più di qualsiasi altra cosa. Finché
sarete uniti nel cuore, nulla potrà scindere il vostro amore e il Miredhel non
vi farà del male, le sussurrò una voce dentro di sé. Sorrise appena e la
sua memoria automaticamente tornò alla sua vita trascorsa insieme ad Eorl: gli
allenamenti, le corse a cavallo, i litigi di pochi secondi che terminavano in
una risata e un abbraccio…Senza accorgersene cominciò a piangere per la scomparsa
del fratello, da quella violenta divisione. Non l’aveva salutato, non l’aveva
abbracciato, nulla…Abbandonato al nemico, senza la possibilità di aiutarlo, di
salvarlo…Non è colpa tua, le sussurrò ancora quella vocina nella sua
mente, ma lei continuava a darsi la colpa. Avrei potuto disubbidire ad
Alatar, girarmi e correre verso Eorl ed Elfwine; combattere ed uccidere insieme
a loro il nemico…ed invece no, sono fuggita come una codarda, verso un rifugio.
Chi sono io per meritarmi la salvezza più di Eorl o Elfwine? Erano eroi, erano
giovani ed erano la mia famiglia…non avevi il diritto di portarmeli via,
Mandos….- Eorl…- di nuovo sussurrò il nome del fratello mentre fiumi di
lacrime scorrevano lungo le guance ed il cuore le faceva così male che dovette stringerlo
nella mano.
Poi d’improvviso qualcuno bussò alla sua porta. – Avanti –
rispose asciugandosi velocemente le lacrime volgendosi verso di essa per vedere
chi avesse bussato. Entrò un’elfa di bell’aspetto che le sorrise dolcemente e
si inchinò profondamente. – Mia signora, scusatemi…ma Alatar e Pallando
vogliono vedervi- annunciò la giovane. Eowen annuì appena:- Conducetemi da
loro- rispose mentre uscivano dalla stanza. Richiuse lentamente la porta dietro
di sé, poi seguì l’elfa lungo i corridoi della reggia elfica.
Entrò
in una sala non molto ampia e senza soffitto. Le fronde degli alberi fungevano
da tetto a quella stanza dove sedevano, su due comode sedie a fumare la pipa,
Alatar e Pallando. Quando Eowen entrò e l’elfa andò via, i due stregoni si volsero
verso di lei e le sorrisero. – Buongiorno - esclamò felice Alatar, facendo
cenno alla Rohirrim di sedersi. Dopo essersi accomodata, Eowen osservò Pallando
e vide che era decisamente più giovane, alto e di grande stazza rispetto al
piccolo e vecchio Alatar. – Dormito bene? Vedo che le ferite sono tutte
scomparse- disse quest’ultimo sorridendole. – Oh si, sono guarita del
tutto…anche se non capisco come- rispose la ragazza. A quelle parole i due
stregoni scoppiarono a ridere: - Ovviamente l’Elenmir, Eowen! Alatar non ha
fatto altro che avvisarti sulla sua forza negativa e tuttavia non ti ha mai
parlato della sua potenza positiva! L’Elenmir ha il potere di guarire ferite e
malattie ed in casi eccezionali di risorgere, anche se avviene molto raramente in
quanto mette gravemente a rischio la vita del custode. Durante la notte la
gemma ti ha guarita da ogni ferita e da ogni dolore- rispose Pallando
sorridendo. – E tuttavia…c’è ancora qualcosa che ti affligge…un dolore così
forte che nemmeno una gemma elfica e divina può cancellare…una ferita così
profonda che nemmeno io posso guarire…- continuò con dolce e paterno tono
Alatar, osservandola negli occhi e sorridendole. Eowen incontrò il suo sguardo
ma dovette subito chinare gli occhi in basso non riuscendo a sostenere quelli
dello stregone, troppo carichi di dolcezza ma anche di rancore e malinconia. –
Mi hai chiamato per dirmi qualcosa di preciso?- chiese infine tornando ad
osservarlo. Lo stregone scosse appena il capo: - Nulla di preciso, Eowen.
Volevo solo sapere come stavi e dirti che partiremo da Lorien non domani
mattina, bensì la prossima…così abbiamo il tempo di organizzarci e
riposarci…Per te va bene?- chiese Alatar, sorridendole. Eowen annuì, poi si
alzò lentamente dalla sedia. – Se non vi dispiace vorrei fare una passeggiata
fuori dalla dimora- disse rivolgendosi ad entrambi i quali annuirono e la
salutarono.
Uscì
dalla sala richiudendo la porta dietro di sé, poi si diresse quasi correndo
verso l’ingresso del palazzo. Ansante, si fermò sul flet dove conobbe
Seridhil. Si osservò intorno ed in basso e vide figure camminare in ogni
direzione, da soli o in compagnia, ridendo o in silenzio, con in braccio
bambini o accompagnando anziani. Sorrise a quella scena così simile a quella di
Edoras, quando la mattina presto si svegliava ed uscita fuori dal palazzo
vedeva gli abitanti già aggirarsi per la capitale.
Si
immerse in mille ricordi, pensieri per il futuro, il presente ed il passato.
Non si accorse di ciò che le accadeva intorno, fin quando non udì un corno
risuonare nella foresta. Subito ritornò nella realtà e la seconda volta udì
perfettamente il limpido suono del corno. Vide che gli elfi si erano fermati e
che dal confine della foresta giungevano voci e passi. Ed ecco che nella radura
principale (da cui si diramavano le varie abitazioni) vide giungere Seridhil
vestita in abiti da cacciatore, seguita da alcuni elfi e da…Ebbe un tuffo al
cuore e senza pensarci corse giù per le scale, veloce e con il cuore in gola,
pregando che non si stesse sbagliando…
Volse
gli occhi stanchi verso l’alto dopo aver udito le rassicuranti parole di
Seridhil. Vide la flebile luce del sole penetrare dalle fitte fronde degli
alberi altissimi e massicci, sopra cui posavano le abitazione elfiche. Si fermò
quando Seridhil lo fece. – Siamo arrivati, non temete. Qui siete al sicuro- la
voce dell’elfa di nuovo risuonò dolce nelle sue orecchie e si sentì più leggero
nonostante la stanchezza, il dolore e l’armatura pesante. Osservò le scalinate
avvolte lungo i tronchi degli alberi ed intravide una figura che velocemente
scendeva i gradini, verso la radura. La sua veste era candida come la più
luminosa delle perle ed i suoi lunghi capelli sciolti parevano brillare di
propria luce dorata.
Man
a mano che la figura si avvicinava, si definiva sempre più, fin quando posò
l’attenzione sul suo volto…Ebbe un tuffo al cuore…E’ viva, pensò tirando
un sospirò di sollievo e sentì il suo amico fare la medesima cosa. Seridhil
ebbe appena il tempo di spostarsi che quella bellissima ragazza avvolta di luce
divina gli si gettò al collo, facendolo barcollare. Sentiva le sue dolci risate
che tanto aveva desiderato sentire in quelle notti di inferno. Strinse a sé sua
sorella, abbracciandola con tutta la forza e la dolcezza che aveva ancora. Non
resistette ed anche lui lasciò libere di scivolare lacrime di gioia, di
sollievo, di speranza, come un fiume in piena che trascinava con sé ogni
detrito di stanchezza e tristezza.
Commovente non è vero?? Fratello e sorella si sono
riabbracciati! Ma soprattutto i due eroi di Rohan non sono morti! Spero vi sia
piaciuto questo chap perché a me è piaciuto molto! =P
P.S. ringrazio Valerie per la recensione e il tempo sprecato (in
bene spero) a leggere questa mia FF !^_*
- Non abbandonarmi, fratellino…non farlo mai più…Resta con me, sempre ed
ovunque
Capitolo 22: La strada di casa
-
Non abbandonarmi, fratellino…non farlo mai più…Resta con me, sempre ed ovunque.
Ho bisogno del mio fratellino…Sei la mia famiglia e non voglio perderti.
Perdonami, perdonami per averti abbandonato, per averti lasciato solo…- sentì
la voce della sorella rotta dai lievi singhiozzi mentre si stringeva a lui. –
Scusami tu per averti lasciata sola, senza di me, senza un abbraccio o un
conforto. Ma adesso nulla potrà dividerci, sorellina, nulla…Mai più ti lascerò,
mai, nemmeno se dovessi morire- le rispose stringendola ancora di più a sé,
inebriato dal suo profumo, dalla sua delicatezza e purezza.
Sciolsero
l’abbraccio dopo non poco ma subito Eowen andò ad abbracciare Elfwine. Entrambi
scoppiarono a ridere, felici di rivedere l’altro e con il cuore sollevato. –
Ammetti che per un po’ hai pensato di esserti liberata di me! Ma non ci si
libera facilmente di Elfwine, figlio di Eomer!- esclamò il ragazzo stringendola
a sé dolcemente. Lei rise e scosse il capo: - Accidenti, pensavo di avercela
fatta ed invece di nuovo tra i piedi!- esclamò in tono irritato, ma le sue
lacrime tradivano quelle parole. – Venite, dovete riposare!- disse poi con
decisione, non importandosene minimamente della veste sporcata dalle armature
dei due ragazzi. Appena cominciarono a camminare, ecco Alatar e Pallando
dirigersi verso di loro. – Eorl, Elfwine! – esclamò ridendo il primo, prima di
abbracciare i due Rohirrim. – Alatar!- rispose Eorl abbracciando il maestro e
amico. – Ero sicuro che ce l’avreste fatta, ero sicuro! Ho pregato tanto gli
dèi ed alla fine la vostra forza e la vostra determinazione vi hanno salvati!
Ma ora riposatevi e mangiate, parleremo dopo!- rispose sorridendo Alatar,
quindi la piccola compagnia si diresse verso la dimora dei signori di Lorien,
affinché i due eroi potessero riposare.
-
Chiederò agli elfi di aggiustarli- annunciò Eowen osservando lo scudo, la
spada, la cotta di maglia del fratello abbandonati su una panca, nella stanza
dove i cerusici stavano medicando e lavando il guerriero. – Per me possono
anche lasciarli così…Non ho mai odiato le mie armi così tanto come in questi
giorni! Erano pesanti, sporche di sangue ed emanavano un odore sgradevole!
Sarei svenuto se non fosse intervenuta Seridhil che ci ha immersi nel fiume…-
rispose il fratello ridacchiando appena. Tacque d’improvviso e strinse forte
gli occhi quando un elfo cominciò a richiudere una ferita sull’addome.
Eowen
si avvicinò al fratello e rimase dietro di lui, posando le mani sulle sue
spalle come per dargli conforto. – Ancora non capisco perché Alatar non mi ha
fatto usare l’Elenmir per guarirti. Non avresti sofferto e in pochi attimi
saresti tornato come nuovo- borbottò alle spalle del ragazzo il quale sorrise
appena. – Non vuole che sprechi forze inutilmente. Queste ferite non sono
gravi, guariranno presto con le cure elfiche. Tu risparmia energie per la fine
del viaggio ed il ritorno ad Edoras…- rispose mentre un elfo gli fasciava il
ventre. – Edoras…- ripeté con un sospirò la sorella. – Manca anche a te, vero?
La nostra Edoras…- le chiese il fratello una volta che i cerusici furono andati
via per lasciare fratello e sorella soli. Eowen si sedette sul bordo del letto,
stringendo la mano del ragazzo seduto e con le gambe distese:- Si, mi manca
tantissimo. Questa mattina ho visto l’alba dalla mia camera e mi sembrava di
vederla dalla mia stanza a palazzo…Ti ricordi quando cavalcavamo di notte io,
te ed Elfwine e vedevamo spuntare il sole sotto l’Albero Verde?- rispose con
tono malinconico. Il fratello annuì per le sorrise e la strinse a sé in un
delicato abbraccio. – Non preoccuparti Eowen, presto ti riporterò a
casa…Dormiremo di nuovo nelle nostre stanze, ci sveglieremo dopo prima
dell’alba, ruberemo da mangiare nelle cucine e fuggiremo via con i cavalli,
ridendo alle lontane grida della cuoca. Poi ci addestreremo con la spada ed
infine, quando giungere l’alba, le daremo il benvenuto sotto l’Albero Verde,
facendo insieme colazione…Vedrai, tornerà tutto come prima. Il male andrà via
per sempre dalla Terra di Mezzo e noi potremmo vivere in pace, per sempre-
rispose in un sussurro, accarezzando i ricci dorati della sorella ancora
stretta nel suo abbraccio. Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi il
ragazzo riprese parola:- Ricordi invece quando eravamo piccoli e ci perdevamo
sempre nel bosco vicino Edoras? Quando arrivava la sera non riuscivamo mai a
trovare la strada di casa, ma io ti stringevo la mano e ti dicevo:- Canta,
Eowen, canta e troveremo la strada di casa…E la Madre Luna ci guiderà- . Ti
ricordi sorellina? Hai voglia di cantare ancora per me…?Mi piace sentirti
cantare, mi ricorda la nostra casa, la nostra vita, i nostri ricordi…Canta
Eowen, canta e troveremo la strada di casa…- sussurrò socchiudendo gli occhi.
Eowen posò il capo sul cuscino, sdraiandosi al fianco del fratello. Chiuse gli
occhi, prese fiato e cominciò a cantare una dolce e quasi infantile melodia, il
tono della voce delicato e lieve. Il fratello si addormentò lentamente, così
come anche lei, inconsapevole che la gemma che pendeva al suo collo brillava
debolmente…
Quando
Eowen si svegliò vide che era ancora notte fonda. Si alzò lentamente dal letto
e posò un bacio sulla fronte del fratello immerso in un sonno profondo. Uscì
silenziosamente dalla stanza e si diresse verso la sua. Non si udiva nessun
rumore lungo i corridoi, se non il fruscio della sua veste e delle fronde degli
alberi mentre danzavano al lieve vento invernale. Rabbrividì per il freddo e si
avvolse in un mantello trovato nella sua stanza. Non voleva dormire, non aveva
sonno e decise così di uscire fuori. Girò per la dimora elfica, curiosando
nelle sale e nelle stanze, senza provocare il minimo rumore. Scese poi i
gradini che conducevano nella radura principale. La esplorò da cima a fondo fin
quando trovò un piccolo sentiero che conduceva nel bosco. Si fece coraggio ed
entrò nella foresta: il sentiero era largo e gli alberi non soffocavano la sua
vista, rendendo l’atmosfera molto piacevole, anche grazie alla soffusa luce
lunare. Avanzò ancora, fin quando fermò il passo sulla cima di una scalinata di
pietra. Curiosa, cominciò a scendere i gradini sollevando appena la veste ed il
mantello.
Poco
prima della fine della scalinata posò lo sguardo su due statue ai lati dei
gradini, due donne sorridente che reggevano due ceste colme di frutta. Forse
stanno a significare l’abbondanza e la floridezza di Lorien, pensò la
giovane mentre posava i nudi piedi sull’erba fresca: si ritrovò in una piccola
radura circondata da alberi, al cui centro v’era un piedistallo e sopra un
recipiente colmo d’acqua cristallina. Sentiva il rumore dell’acqua provenire da
un piccolo ruscello che sfociava in una fonte. Si avvicinò al piedistallo,
curiosa. Perché v’era un catino d’acqua in mezzo alla piccola radura? A cosa
serviva? Si sporse in avanti, posando le mani sul bordo della pietra: vide il
proprio viso riflesso sulla superficie dell’acqua e la luna sopra di lei
illuminare dolcemente tutto il luogo. Ma poi l’immagine cambiò e vide il
proprio viso mutare, divenire più da adulta, da donna. Il riflesso le sorrise e
per la paura Eowen arretrò di qualche passo, ansante mentre il cuore le batteva
a mille. Chi era quella donna e perché le aveva sorriso? Era una magia, un
sortilegio elfico? Oppure semplicemente aveva visto male e la stanchezza le
aveva giocato un brutto scherzo? Si osservò intorno e vide che non c’era
nessuno nella radura oltre a lei. Si avvicinò tremante alla fonte e si sedette
sul bordo di pietra. Immerse le mani nell’acqua e fu pervasa da una dolcezza e
una forza forte ma insieme delicata. Portò le mani chiuse a coppa verso la
bocca e bevve l’acqua della fonte, fresca e dissetante. Osservò la luna in
cielo e sospirò appena. – Eowen…-sentì
una voce chiamarla e sobbalzò, alzandosi dalla fonte. Per un istante di secondo
credette che fosse un elfo a chiamarla e che bere l’acqua della fonte fosse
proibito, ma sorrise quando vide Elfwine in piedi alla fine delle scale.
Ecco a voi il 22° chap! Per fortuna i nostri tre Rohirrim
hanno tempo per riposare prima dell’ultima tappa del viaggio: Esgaroth, la
Montagna Solitaria. Spero che questo chap vi sia piaciuto…a me sinceramente si,
in quanto adoro Eowen ed Eorl quando stanno insieme! ^_*
P.S.
un ringraziamento a tutti i lettori ed anche a blackrystal
per l’ultima recensione al racconto! Grazie a tutti!
Gli si avvicinò lentamente, sollevando appena la veste candida ma ancora
sporca
Capitolo 23: l’ombra giunge
Gli
si avvicinò lentamente, sollevando appena la veste. Si sorrisero quando ella
giunse accanto a lui. – Nemmeno tu hai sonno…?- le chiese il cavaliere,
osservandola con gli occhi verdi. Eowen annuì:- Ho dormito per molte ore e sono
in piene forze…Ma ciò non significa che voglio andare via da qui. E’ un posto
magnifico vero?- rispose. Il ragazzo annuì e camminò per la radura, curioso. –
Perché non riesci a riposare?- chiese infine la ragazza in un sussurro. – Sogni
inquieti, Eowen…Incubi attanagliano la mia mente e mi destano madido di sudore.
Ho rinunciato al riposo dopo un’ora…-rispose il cavaliere posando un piede su
un tronco di un albero posto sul terreno. Osservò la luna e sorrise appena: - Luna
d’Argento, Madre Luminosa, protegge questi tuoi figli, allontana gli spiriti
maligni e dispettosi dai loro sogni…- intonò poi una breve e dolce
ninna-nanna. Eowen sorrise e si affiancò a lui:- La cantava sempre tua madre
quando eravamo piccoli ed avevamo paura del buio. Io piangevo sempre ed anche
se dicevate di no, tu ed Eorl avevate paura quanto me!- sussurrò divertita ed
entrambi scoppiarono a ridere. – Una volta lo ammisi, ricordi? Ma Eorl ancora
non lo ammette!- esclamò ridendoElfwine. – Mi ricordo che Eldarion rise così tanto quando glielo dicemmo
che non riusciva più a fermarsi!- disse Eowen ridendo anche lei. – Oh si, è
vero! Ricordo! “Che babbei, hanno paura del buio!” esclamava ridendo e tu eri
rossa per la rabbia e la vergogna e gli tirasti un calcio su uno stinco!- rispose
il ragazzo e risero ancora di più, seduti a terra, piegati in due.
-
Mi manca la nostra vita, Elfwine. Le risate con Eldarion e il piccolo Hartad,
le storie che ci raccontavano sempre Re Elessar, sire Faramir, Dama Eowyn e Re
Eomer…Le leggende elfiche di Legolas e le battute esilaranti di Gimli…Le
lezioni di elfico di Dama Arwen e Dama Lothiriel…E quando fa freddo, ci
riunivamo nella sala del Consiglio, per stare insieme e parlare…- sussurrò
infine Eowen con tono malinconico. Elfwine chiuse gli occhi e rivide il viso
sorridente di suo padre, dei suoi zii, di suo cugino che aveva appena sei anni.
Rivide lo sguardo rapito dei suoi compagni quando i loro genitori e sovrani
narravano della Compagnia dell’Anello, di Sauron, degli Elfi, degli Orchi, del
sacrificio degli uomini per la libertà della Terra di Mezzo…- Anche a me manca
tutto ciò, Eowen. E dire che alcune volte riuscivamo ad annoiarci. Ma ora,
lontano da casa e da tutti i nostri cari…Vorrei tanto avere le ali e volare
subito da loro…Cancellare il male, la guerra, il dolore e vivere in pace con i
nostri amici…- rispose stringendo appena la mano della giovane.
Eowen
sospirò appena e poggiò la testa sulla spalla del ragazzo. – Sento qualcosa
dentro di me, Elfwine…Più ci avviciniamo alla fine della missione e più ho il
presentimento che qualcosa di terribile sta per accadere…E non parlo della
guerra che ci sarà…Qualcosa di più grande e terribile…- disse a voce flebile,
le palpebre e celare gli occhi velati di lacrime. Elfwine la strinse a sé, non
curandosi delle dolenti ferite sul petto. – Non devi preoccuparti, Eowen…Quando
giungeremo ad Esgaroth nulla potrà più fermarci. Avremo un’arma potente e i
nostri eserciti lo sono altrettanto- rispose prima di posarle un bacio sulla
fronte. Eowen sospirò e lentamente si addormentarono, cullati dalla luce della
luna argentea e luminosa.
Quella stessa luna osservava gli occhi carichi di amarezza
e tristezza di un uomo. Un uomo che aveva appena ricevuto notizia da sua moglie
in lacrime che il loro unico figlio ed erede al trono…era morto. Morto…Quella
parole risuonava nella sua testa ed ormai non badava più all’emicrania che la
martellava. Davanti agli occhi vedeva il corpo senza vita del suo bellissimo e
valoroso figlio, insanguinato, fredda la sua pelle e vuoti i suoi occhi
spalancati. Grida di vittoria, puzza di sangue vorticano intorno al suo corpo
mentre Eorl, Eowen ed Alatar fuggono via e gli orchi cantano vittoria. Nessun
padre lascerebbe suo figlio insepolto, nessun padre non darebbe vendette alla
sua morte ingiusta…nessun padre starebbe lì, nella sua stanza, mentre in quella
accanto sente i pianti soffocati della propria moglie, disperata dal dolore…Lei
che ha visto nella sua mente, con i suoi poteri veggenti, il loro figlio…Lei,
portatrice di luce nel suo cuore, dolce sorriso e candida essenza…Dilaniata ora
da un dolore così grande da poterla uccidere, una ferita nel cuore che nessuno
può guarire…nemmeno lui, Eomer Eadig, Re di Rohan…Messaggeri ha mandato a
Gondor e nell’Ithilien ed ora i suoi amici e parenti stanno giungendo con i
loro eserciti lì a Rohan.
Ancora guerra, ancora morte, ancora dolore e
sofferenza…Basta, io voglio vivere in pace, voglio dormire serenamente la
notte, voglio augurare un felice buongiorno ai miei sudditi, garantire loro la
vita e la tranquillità. Non vogliamo più guerre né onore…Solo la pace….
Qualcuno bussò alla
porta. Si volse appena e vide entrare una donna dai lunghi capelli color
dell’oro ed un abito color della notte. Il suo sorriso appena dolce e delicato
per un attimo alleggerì il suo cuore dal dolore. – Eowyn…- sussurrò il nome
della sorella, ancora seduto. La donna richiuse la porta alle sue spalle. – Oh
Eomer…- rispose lei avvicinandosi. Si pose davanti a lui e lo strinse
dolcemente; il Re sospirò, posando il capo sul ventre della sorella. – Mi
dispiace, Eomer…Mi dispiace enormemente…- sussurrò Eowyn accarezzando i biondi
capelli del caro fratello. – Mio figlio…Il mio unico adorato figlio…E’
morto…Non ci saranno più trombe squillanti e grida di gioia per il suo
ritorno…Non ci saranno più serate insieme per festeggiarlo…Non parlerò più con
lui, non potrò chiedergli più nulla…Non avrò il suo appoggio, la sua risata, la
sua mano nella mia in segno di rispetto eterno…Elfwine…Figlio mio…- sussurrò
con gli occhi fissi sulla porta della stanza, vuoti e assenti di emozione.
Calde lacrime scivolare sulle guance e la sorella lo strinse più forte a sé,
sospirando e soffocando le lacrime. Rimasero per molto tempo così, nel silenzio
del lutto, nell’abbraccio fraterno e tuttavia senza il minimo sollievo…
- Tutti sono giunti,
fratello mio…Elessar e i suoi compagni, io e Faramir, i tuoi cavalieri. Tutti
sono qui, al tuo fianco…Combatteremo insieme, di nuovo… E questa sarà l’ultima
volta, Eomer…L’ultima…- sussurrò infine Eowyn, sollevando appena il viso del
fratello. Egli s’alzò lentamente e strinse la vita della sorella, poggiando la
fronte sulla sua. – Il tempo della fine sta per giungere…Mordor è di nuovo
sveglia e marcia verso di noi…Il tempo per compianto di Elfwine arriverà, ma
ora mettiamo da parte il dolore e avvolgiamo i nostri cuori di coraggio, per
l’ultima volta…- sussurrò in tono pacato, ma la tristezza e la rabbia nei suoi
occhi lo tradirono. Fratello e sorella si abbracciarono forte, incoraggiandosi
a vicenda. – Questa sera ceneremo in suo onore, fratello mio…E lo vendicheremo,
sta sicuro. Vendicheremo lui e tutti coloro che sono morti in tutte le Tre Ere
per combattere il male, per la libertà, per la Terra di Mezzo…Questo è l’ultimo
male, il loro ultimo avamposto…Abbattuti loro, tornerà eterna luce sulla nostra
terra…E noi vivremo in pace e i nostri avi riposeranno anche loro in pace…-
sussurrò Eowyn sorridendo dolcemente al fratello, sfiorandogli appena le gote.
Il Re annuì ma non ebbe tempo di rispondere che una vocina allegra si udì nella
stanza insieme al cigolìo della porta che si apriva. – Zio!!- esclamò un
bambino dai riccioli biondi e gli occhi azzurri. – Hartad!- rispose Eomer
scoppiando a ridere e prendendo al volo il nipotino, abbracciandolo. – Vedi,
sono tornato presto zietto! Te l’avevo promesso!- esclamò Hartad circondando il
collo dello zio con le piccole braccia. Eomer strinse a sé il piccolo,
sospirando lentamente. – Che c’è zietto, stai male? Se hai mal di pancia,
mammina sa un rimedio infallibile!- esclama Hartad ponendogli le mamine sulle
guance. Eomer gli sorrise appena, scompigliandogli i capelli biondi. – No, non
ho mal di pancia, Hartad…Sto bene, ma ora vai, mamma ti accompagnerà da
Zoccofuoco…Vieni, ti confesso una cosa…- e dopo aver posato a terra il nipote, questi
si avvicinò con l’orecchio proteso. – L’altra sera, Zoccofuoco ha ammesso che
gli mancavi e che con molto piacere ti avrebbe portato in giro per le praterie,
ma solo se mangerai le verdure e se andrai a dormire quando mamma lo dirà!-
sussurrò al suo orecchio e il bambino ride felice, saltellando intorno allo
zio. -Va bene, farò tutto quello che vuoi, lo giuro su i miei calzoni nuovi!-
esclamò felice. Eowyn scoppiò a ridere e prese in braccio il figlio mentre
osservava Eomer sorridere. – A dopo, Eomer - lo salutò posandogli un bacio
sulla guancia. – Si, a dopo…- rispose il re, osservando madre e figlio andare
via.
Si volse verso il cielo
sereno, illuminato da una bellissima luna piena. – Il cielo è felice…ma il
cuore piange…Ironia della divinità…- sussurrò tra sé, poi sistemò la spada al
fianco ed uscì dalla stanza.
Dopo la cena, avvenuta in
modo quasi silenzioso se non fosse stato per i capricci di Hartad, tutti si
ritirarono nelle proprie stanze, lentamente. – Eomer…-,la placida voce di
Elessar fece voltare il re di Rohan, - Vorrei parlarti…- sussurrò di nuovo il
Gondoriano, ma l’amico scosse appena il capo, sorridendo debolmente. – Per
favore, Elessar…Riuniamoci in consiglio. La guerra è vicina, il nemico sta per
uscire dalle sue torri e colpirà forte e veloce, qui a Rohan. Verrò il giorno
per lacrime e pianti, ma non è questo il tempo…- disse con voce pacata Eomer.
Elessar lo osservò, poi sorrise appena ed annuì, seguendolo verso la sala del
consiglio.
Passi
regolari e lenti misuravano il corridoio principale del Palazzo. Era l’alba e
pochi erano i cittadini svegli.
Eowen
si osservò intorno, di nuovo persa in quel palazzo. Posò lo sguardo su un
fascio di luce che usciva da una stanza con la porta socchiusa. Aprì
quest’ultima ed osservò la stanza illuminata dai primi raggi del sole, dal
vento che gonfiava come vele le tende candide. Varcò la soglia e spaziò con gli
occhi, ammirata, gli splendidi mobili di legno, il letto, i tessuti, gli
arazzi: tutto era luminoso, di chiari colori, di luce candida. Si avvicinò al
letto, si sedette sul bordo, sistemando la spada sul suo fianco. Si, indossava
di nuovo i comodi pantaloni marroni, la casacca verde, gli stivali di cuoio, e
la cinta al fianco che reggeva la sua spada…Non sapeva resistere sotto una
lunga veste per più di un giorno, non era per lei: lei era una guerriera di
Rohan e la spada era la sua migliore amica. Socchiuse gli occhi, felice, poi
posò lo sguardo su un comodino al fianco del letto. Curiosa, aprì il primo
cassetto. Dentro v’era un piccolo cofanetto bianco con intrecci d’oro e
d’argento e una lettera. Prese per prima questa e la lesse :
“Aaye
Eowen, sapevo che avresti scoperto questa lettera.
Il mio nome è Galadriel, Dama di questo palazzo e di
questo bosco nonché tua nonna. Molto tempo è passato da quando ti vidi l’ultima
volta, appena bambina. Sicuramente non ti ricorderai di me, di tuo nonno, di
tutti i tuoi familiari, ma ciò che importa è che, giunta a questo punto del tuo
viaggio, sai chi sei. Ciò di cui voglio avvisarti, è anche quello di cui ti
hanno avvisato i tuoi genitori ed Alatar: ora che hai conquistato l’Elenmir,
sta attenta. La gemma divina ha un potere troppo grande per essere usato senza
equilibrio e cura. Più grande sarà il potere quando unirete l’Elenmir ed il
Narmir nel Miredhel, la divina gemma in cui gli dèi racchiusero parte del loro
potere.
Attenzione, piccola mia, estrema attenzione. Non puoi
nemmeno immaginare lontanamente quanto possa essere grande la potenza della
gemma se ne perdili controllo! Devi pensare prima di agire, sempre e comunque.
Ho visto il tuo futuro ed è pieno di male, di lacrime e di sofferenza.
Tuttavia, so che ce la farai: hai l’aiuto di Alatar, un grande stregone, insieme
al suo compagno Pallando; hai l’aiuto degli elfi di Lorien, rimasti qui per
attendere l’arrivo dell’ultimo erede della casa reale; hai l’aiuto di Rohan, il
grande popolo di Rohan, cavalieri ed abili strateghi…ma non solo. Hai infine
l’amore di tuo fratello, dei tuoi parenti e d' Elfwine. Si, ho visto anche lui
nel tuo futuro e so cosa provi per lui, anche se tu ancora non lo sai. Ma
presto tutto sarà più nitido e comprensibile.
Non temere, piccola Eowen, tutto si sistemerà. Prega gli
dèi e fai buon uso della gemma e delle tue qualità. Prima di lasciarti, ho un
dono per te. Nel cofanetto che hai trovato vicino questa lettera, ci sono due
anello che un tempo appartenevano ai loro possessori. Essi sono due dei tre
Anelli degli Elfi che Sauron diede a noi. Usammo i loro poteri per il bene
della Terra di Mezzo, ma quando Sauron morì il loro potere si dissolse e gli
anelli divennero semplici ornamenti di bellissima fattura. Ora, io dono ai
Custodi del Miredhel questi due anelli. Lì imprigionerete i vostri poteri dopo
l’unione del Miredhel che rimarrà ad Esgaroth. Portate gli anelli al dito e il
potere divino resterà intrappolato nelle fedi fino alla fine della battaglia.
Ancora mi raccomando, Eowen…fa attenzione…
Che i Valar ti guidino e ti proteggano.
A presto
Galadriel
Eowen osservò la
bellissima scrittura di sua nonna e rilesse più volte quelle parole. Poi aprì
il cofanetto e spalancò la bocca nel vedere i bellissimi anelli. S' infilò al
dito Nenya, l’anello d’Aria, e l’osservò risplendere alla luce del sole. – E’
bellissimo…- sussurrò tra sé fissandolo. Per altri brevi attimi rimase lì,
seduta sul letto ad osservare quell’anello, poi si alzò e ripose tutto,
dirigendosi velocemente nella stanza del fratello. – Eorl, ho una cosa per te!
– esclamò felice entrando, ma vide che la stanza era vuota, il letto sfatto.
Perplessa uscì dal palazzo e si affacciò subito verso la radura. Sorrise nel
vedere Eorl ed Elfwine allenarsi con le armi, a petto nudo, chi con il braccio
fasciato, chi con un occhio leggermente più gonfio dell’altro.
– Eorl!- lo chiamò a gran
voce, come faceva ogni mattina a Rohan. – Che c’è, non vedi che sto facendo??-
rispose il fratello come sempre. Eowen rise a quelle parole e scese velocemente
i gradini, salutando la gente che incontrava. Quando li raggiunse attese che si
accorgessero di lei. – Questa piccoletta non se ne vuole proprio andare eh!-
esclamò ansante Elfwine mentre continuavano a duellare. – Ah è così? Dunque
sarei una piccoletta? Bene, ora questa piccoletta ti fa vedere come si combatte
davvero!- esclamò in tono di sfida Eowen, poggiando le sue cose sul terreno,
sotto un albero. Si tolse gli stivali ed il mantello, poi estrasse la spada dal
fodero e divise i due. Puntò la spada prima su l’uno, poi sull’altro,
sorridendo: - Avanti, fatevi sotto…piccoletti! -. – Accidenti, questa è
un’offesa bella e buona!- esclamò Eorl con le mani sui fianchi, quindi i
ragazzi attaccarono la giovane che evitò abilmente entrambi. – Oh, vuol fare
sul serio la signorina!- esclamò ridendo Elfwine. – Quindi adesso sono una
signorina? Decidetevi!- rispose Eowen portandosi subito in difesa. I ragazzi
attaccarono di nuovo ma Eowen parò di nuovo il colpo, dando un calcio sullo
stinco di Eorl. – Caspita non vale! Non ho l’armatura!- esclamò piagnucolando
il ragazzo. Eowen scoppiò a ridere, scotendo il capo: - E quindi? Nemmeno io ed
Elfwine abbiamo l’armatura, ma non piangiamo mica!- ribatté divertita.
L’allenamento andò avanti fra risate e battute, fin quando i due ragazzi
bararono e attaccarono Eowen con un’arma che funzionava sempre: il solletico. –
Adesso non fa più la superba, eh Elfwine?- esclamò ridendo Eorl mentre la
sorella si dimenava gridando. –Va bene, vi prego basta! Contrattiamo! – esclamò
in lacrime la giovane. I due ragazzi subito la lasciarono perché sapevano che
avrebbero ottenuto qualcosa di bello. – Per te, fratellino caro, ho una cosa
che ci ha lasciato nostra nonna…- disse Eowen porgendogli la lettera di
Galadriel ed il cofanetto. Subito Eorl si appartò per leggere la lettera. – Per
me?- chiese speranzoso Elfwine. Eowen sollevò le spalle: - Niente, non ti
meriti niente!- esclamò ridendo e detto ciò scappò nel folto della foresta. –
Ehi, non vale!- ribatté sbuffando il ragazzo che subito la rincorse. Ridendo
correvano tra gli alberi, i ruscelli, gli animali del bosco e la luce del sole
che illuminava il terreno. Elfwine sorrise nel vedere i capelli della ragazza
risplendere come l’oro e ne rimase terribilmente affascinato.
Mentre correva gli ritornò
in mente la sera precedente e quella a Rivendell…Aveva provato qualcosa di
diverso, come una morsa nello stomaco, come un forte pugno che ti mozza il
respiro…Non poteva essere quello che pensava, non poteva: Eowen era la sorella
del suo migliore amico, era l’ultima erede degli elfi, l’ultima del suo popolo…e
doveva tornare a Valinor. A quel pensiero rallentò il passo, fino a fermarsi
tra gli alberi, ansante. Se Eowen sarebbe andata via, lui cosa avrebbe fatto? Niente,
cosa vuoi fare? Rimarrai a Rohan, combatterai le guerre ed attenderai il tuo
trono; poi governerai con forza e saggezza e renderai il tuo popolo ancora più
forte d'ora…Si, sarò felice di farlo…ma chi sarà con me? Chi mi farà ridere,
chi si allenerà con me? Eldarion?No, anche lui diventerà Re di Gondor. Eorl?
Andrà a Valinor, con Eowen. Mio padre? Sarà troppo vecchio e stanco di
combattere. Resterò solo, anche se circondato da molte persone…Si accorse solo dopo un bel po’ che Eowen lo stava
fissando con i profondi occhi blu, preoccupata. – Ehi Elfwine, che hai? Non ti
senti bene, ti fa male il braccio?- le chiese in un lieve sussurro. Il ragazzo
sorrise appena e scosse lievemente il capo. L’abbracciò dolcemente, senza
preavvisi, ed Eowen rimase imbambolata, senza saper cosa fare, se non
abbracciarlo. – L’unico regalo che puoi farmi e di rimanere con me. Non andare
via, Eowen, non partire per Valinor…Resta ad Edoras, resta nella Terra di
Mezzo…- sussurrò il ragazzo, gli occhi chiusi. – Elfwine…io…cosa ti fa pensare
che io voglia andare via?- chiese perplessa la ragazza. Il ragazzo sollevò le
spalle: - Hai sangue elfico nelle vene, sangue reale…Dopo la guerra gli elfi ti
chiederanno di andare con loro a Valinor e tu andrai da loro, dai tuoi nonni,
dagli dèi…Ma io non voglio!- rispose il ragazzo con espressione triste e
contrariata.
Eowen scoppiò a ridere e
la sua risata aprì il cuore d' Elfwine…- Ma cosa ti fa pensare questo, matto!
Io non andrò mai via da questa bellissima terra! Devo ancora esplorare tutto
questo bosco, visitare tutta la Terra di Mezzo, conoscere i suoi popoli con le
loro tradizioni! Non andrò a Valinor, Elfwine…è troppo perfetto per me, è
troppo divino per una guerriera di Rohan. Diranno che sono matta, che non
capisco che lì sarò immortale, che lì sarò onorata, che lì vivrò nella
perfezione…Ebbene, allora vuol dire che voglio vivere nell’imperfezione umana!-
esclamò sorridendo felice la ragazza. Il ragazzo rise insieme a lei, al settimo
cielo. – Non sai quanto mi rendi felice, Eowen, non sai quanto!- esclamò
ridendo.
Tanta era la felicità che
senza pensarci posò un bacio sulle labbra della ragazza. Sentì Eowen
irrigidirsi fra le sue braccia e subito allontanò le labbra dalle sue. Aprì la
bocca ma non sapeva cosa dire mentre la ragazza aveva il capo chino e le gote
rosse per l’imbarazzo. Si stupì ancora di più, però, quando Eowen sollevò gli
occhi su di lui e scoppiò a ridere. Perplesso la osservò e fu contagiato dalla
sua gioia, tant’è che di nuovo risero abbracciati l’un l’altro. La seconda
volta fu la ragazza a baciarlo, timidamente e lievemente. Stava per ritrarsi ma
il ragazzo la trattenne, prendendole il viso fra le mani. Il tempo intorno a
loro si fermò: le foglie non cadevano più dai rami secchi, gli animali non
attraversavano più il terreno, il freddo non colpiva più la loro pelle. Tutto
era immobile, fermo intorno a loro, mentre i loro respiri si confondevano, le
loro anime si intrecciavano, i loro corpi si stringevano l’un l’altro e le loro
labbra ancora si baciavano. Quando si distaccarono, Elfwine chinò il capo e
posò il viso fra i biondi capelli, respirando il suo profumo. Eowen si strinse
al ragazzo, sorridendo e socchiudendo gli occhi blu. Rimasero così per molti,
non importandosene del freddo che in altre circostanze avrebbe attanagliato la
loro pelle…ma in quel momento nulla, nemmeno Feamor in persone, avrebbe potuto
abbattere la barriera che il loro amore ed il loro affetto avevano costruito.
Il suono del dolce corno
degli elfi li destò da quel magico sogno. Quel suono significava “pericolo”,
così subito corsero verso la radura principale, poi verso il palazzo, facendosi
largo tra gli elfi che preoccupati osservavano dallo spiazzo il palazzo reale.
Mano nella mano, salirono due a due i gradini delle innumerevoli scale, fin
quando non giunsero sul flet principale.
Fu lì che videro Alatar, Pallando e Seridhil parlare tra loro in elfico,
gesticolando velocemente e un’espressione allarmata nel viso. – Alatar, che
succede…?- chiese andante Eowen osservando lo stregone. Questi si volse di
scatto verso i due ragazzi e fece loro segno di seguirli.
-
Alatar! Che succede?- esclamò ad alta voce Eowen mentre seguiva i due stregoni
e la guerriera lungo i corridoi del palazzo. – Dobbiamo partire subito, Eowen!
Ci riuniamo in un breve consiglio e poi partiamo subito alla volta di Esgaroth.
Il nemico è pronto ormai, ci siamo soffermati troppo…E’ giunto il momento di
andaree dirigere velocemente i nostri
passi verso il Miredhel, ora che parte della nostra missione è stata compiuta.
Avevo intenzione di partire dopo il pranzo, ricordi? Non abbiamo tempo, però,
partiremo fra un’ora massimo- spiegò Alatar con voce calma ma carica di
tensione. Eowen strinse la mano di Elfwine e l’osservò. Il ragazzo ricambiò
dolcemente la stretta e le sorrise, incoraggiandola.
Entrarono
nella Sala dell’Alto Consiglio e lì vi trovarono Eorl, un vecchio elfo dagli
occhi ambrati ed altre persone del popolo. Si sedettero intorno al tavolo
rotondo, quindi subito Alatar prese parola: - Le pietre parlano chiaro:
dobbiamo partire immediatamente. Chiunque possa darci aiuto o semplici
suggerimenti…si faccia avanti- .
Subito
un elfo dai capelli neri e gli occhi violacei si alzò, vestito con abiti da
cacciatore: - Alatar, non conviene che attraversiate a piedi l’Anduin…dovrete
risalirlo con le nostre barche e raggiungere la sponda occidentale, dove gli
elfi silvani vi attendono per il tramonto. Ho deciso di accompagnarvi io
stesso, se questa idea vi aggrada e la nostra presenza vi rincuora. In caso di
attacco, almeno non sarete in quattro…senza contare che Eorl ed il Principe non
hanno ancora ripreso tutte le forze- disse l’elfo con voce decisa ma calma.
Molti degli elfi presenti annuirono ed Alatar rispose: - Va bene, Adrin, tu ci
guiderai sulle acque dell’Anduin. Il viaggio sarà veloce e guadagneremo parte
del tempo perso-. – Verrò anche io – intervenne subito Seridhil sollevandosi
dal suo posto. Altri elfi si alzarono, annuendo decisi. Eowen li osservò e
rincuorata vide che in totale erano almeno una decina. – Bene, allora è deciso.
Raggiunta la sponda orientale, in corrispondenza dell’Antica Via Silvana, ci
lascerete per far ritorno qui – avvertì Alatar facendo segno ai ragazzi
Rohirrim di alzarsi.
Poco
dopo tutti uscirono dalla Sala dell’Alto Consiglio, dirigendosi ognuno verso le
proprie stanze per prepararsi. – Eorl, Eowen, Elfwine – Alatar richiamò i tre
che si girarono verso lo stregone, sulla soglia della Sala. – Raccogliete
velocemente solo ciò che avete portato. Avremmo bisogno solo di un breve pranzo
che consumeremo lungo il tragitto, senza fermarci. Giunti alla fine del fiume,
come ho detto, ci saranno gli elfi di Thranduil, padre di Legolas, ad
accoglierci e guidarci verso Esgaroth. Ora andate, fra pochi minuti vi attendo
nella radura principale- disse Alatar prima di allontanarsi a passi veloci. I
ragazzi annuirono, poi si diressero verso le loro stanze, vicine.
Eowen
infilava gli abiti e alcuni medicinali nella sacca, senza molta cura. Solo
quando prese il cofanetto con dentro i due anelli, fece molta attenzione e posò
il piccolo scrigno tra i morbidi panni. Era nervosa. Tutta quella fretta,
quell’ansia…non facevano che peggiorare il suo stato d’animo. Sapeva che fra
pochi giorni, forse meno di una settimana, sarebbe tornata ad Edoras e certo
non vedeva l’ora…Ma come l’avrebbe trovata? Ancora forte o in macerie? Avrebbe
ritrovato il suo popolo oppure solo cadaveri e lamenti? Poggiò una mano sul
tavolo, sorreggendosi. Aveva paura, tanta. Non era forte come suo fratello,
come Alatar o Elfwine. Lei aveva paura, anzi era terrorizzata. Aveva accettato
quella missione, credendo di poter salvare il mondo dal male…ma invece lei non
era niente, proprio niente. Tutti contavano sulle sue capacità, ma su chi
poteva contare lei? Non era che una ragazza di appena diciassette anni che
aveva paura come una ragazza normale; soffriva, piangeva e gioiva, non era un
cavaliere senza macchia e senza paura, non rimaneva ferma e silenziosa quando
la ferivano, ma gridava dal dolore. Era affascinata dai racconti sui libri ad
Edoras riguardo quei cavalieri che hanno compiuto grande imprese, quelle donne
che hanno sacrificato la sua vita per la famiglia, il popolo, per quelle vite
volontariamente spezzate…ma lei ce l’avrebbe fatta? Lei sarebbe riuscita ad
uccidersi per gli altri, importandosene di se stessa? Sarebbe riuscita a
salvare i suoi cari, ma soprattutto sarebbe riuscita a salvare un intero mondo
solo con le sue forze?
Scosse
il capo per allontanare quei pensieri, poi caricò lo zaino sulle spalle ed aprì
la porta della stanza. Prima di andare via, si soffermò sulla soglia ed osservò
la camera. Cercò di imprimere nella sua mente quella stanza, quella luce che
penetrava dalle finestre, trafiggendo le candide tende, quei tessuti chiari e
luminosi, i mobili di legno, i profumi e i colori di cui avrebbe avuto bisogno
durante il suo viaggio.
Richiuse
la porta ma quando si volse sbattè contro qualcuno: Elfwine. – Sei pronta?- le
chiese deciso. Lei annuì e fece per incamminarsi verso l’uscita del palazzo, ma
il ragazzo le afferrò un braccio, dolcemente. – Eowen, aspetta- sussurrò
facendola girare. – Va tutto bene?- le chiese ancora, osservandola con i chiari
occhi. Eowen sorrise appena, annuendo: - Tutto bene- . Il ragazzo si avvicinò e
l’abbracciò dolcemente, facendole poggiare la testa sul suo petto. Sospirò
dolcemente mentre respirava il suo dolce profumo. – Andrò tutto bene, vedrai.
Ce la faremo, insieme – sussurrò Elfwine accarezzandole i capelli d’oro stretti
in una treccia. Si scambiarono un lieve ma dolce bacio prima di scendere
insieme verso la radura.
Quando
raggiunsero gli altri elfi, alla base degli alberi, si diressero verso Eorl che
sorrise loro. – Alatar sta parlando con alcuni messaggeri di Lorien giunti
proprio ora da Bosco Verde: dicono che una pattuglia di Elfi Silvani è sulla
sponda occidentale dell’Anduin, ad attenderci. Se partiamo adesso, per
mezzogiorno potremmo anche raggiungerli. Al massimo nel primo pomeriggio –
disse loro mentre Alatar borbottava qualcosa agli elfi messaggeri. Eowen si
osservò intorno e vide intorno a lei molti Cacciatori. Tra loro si notavano
subito Seridhil, con la sua armatura elfica, ed Adrin, vestito con abiti
comodi, da cacciatore, i lunghi capelli scuri raccolti in una treccia. I due si
stringevano la mano mentre Alatar era ora rivolto verso i tre ragazzi di Rohan.
Eowen sorrise appena nel vedere quel gesto affettuoso ed anche lei strinse la
mano di Elfwine dopo che lo stregone ebbe esplicato il loro piano una volta
giunto a Bosco Verde: avrebbero passato la notte nel regno di Thranduil per poi
dirigersi verso la Montagna Solitaria per l’alba.
–
Bene, ora possiamo andare. Seridhil, facci strada- annunciò Alatar annuendo
alle sue stesse parole. L’elfa avanzò lungo il sentiero principale che
attraversava il bosco, verso la riva del fiume. Seguivano Adrin, Alatar, Eowen,
Eorl ed infine Elfwine. Giunsero alle barche in poco tempo: lì trovarono alcuni
elfi giunti per salutarli ed avevano già caricato i loro zaini sulle
imbarcazioni. – Bene, ora saliamo- ordinò Alatar e subito dopo salì nella prima
barca. Eowen stava per salire dietro di lui ma sentì qualcuno tirarle il bordo
della tunica, dal basso. La ragazza si volse e vide al suo fianco una bambina
di apparentemente cinque anni. I suoi grandi occhi verdi la osservavano sereni
e felici, come il sorriso sul faccino tondo e solare. – Salvateci, Signora – le
disse con dolce innocenza. Eowen rimase stupefatta da quelle parole e si
inginocchiò davanti alla piccola elfa. – Farò del mio meglio, piccolina…farò
tutto ciò che mi è possibile- le rispose Eowen accarezzandole dolcemente il
viso. – Eowen, andiamo- le ordinò pacato lo stregone, volgendosi verso di lei.
La ragazza si alzò, sorrise alla piccola elfa e si sedette nella prima
imbarcazione, dietro Alatar e Seridhil. Si volse verso la seconda imbarcazione
e ricambiò il sorriso che Eorl ed Elfwine le stavano rivolgendo. Andrà tutto
bene…, pensò tra sé con ottimismo mentre gli elfi li salutavano con i loro
bianchi corni.
- Manca
poco, avanti. Siamo quasi arrivati!- annunciò Alatar ad alta voce per
sovrastare il rumore dell’acqua. Erano due o tre ore che viaggiavano contro
corrente, remando, ed Eowen aveva i muscoli delle braccia distrutti. Sospirò
rincuorata alle parole dello stregone e con un ultimo sforzo mandò verso la
riva la barca. La sponde orientale era costituita da un breve tratto di
spiaggia che lasciava poi il posto ad una miriade di alberi dalle fronde un pò
spoglie per via della stagione invernale.
Si osservò
poi intorno e notò qualcosa di strano nell’aria, nel cielo, nell’acqua: tutto
sembrava morto, assente, vuoto. – Lo spirito di Feamor ha raggiunto già Bosco
Verde. Fra pochi giorni tutta la Terra di Mezza cadrà nella rovina e nella
degradazione. Dobbiamo muoverci, Alatar. Lesti e silenziosi raggiungeremo
Esgaroth senza fermarci. Non abbiamo tempo per sostare da Thranduil, lui
comprenderà- sussurrò Seridhil mentre trascinavano le barche sotto gli alberi
per celarle alla vista altrui.
Detto questo
si addentrarono un po’ nella Via Silvana ma lo spettacolo che videro davanti fu
raccapricciante: distesi a terra vi erano gli elfi silvani, morti e squartati
dalla gola al ventre. Una testa era appesa ad una lancia elfica piantata nel terreno
coperto di sangue e di grosse orme. Eowen si tappò la bocca con la mano e si
volse verso il fiume mentre la puzza le faceva venire il volta stomaco.
Seridhil e gli altri rimasero sconvolto e increduli davanti quella visione. – I
Whiving…hanno raggiunto Bosco Verde, ecco perché tutto sembra nero e grigio.
Feamor sa che siamo qui, dobbiamo muoverci!- esclamò Seridhil afferrando Eowen
e trascinandola in avanti. La marcia lungo la via Silvana fu veloce e quasi
correndo l’attraversarono. Non si fermarono, non mangiarono e non bevvero
durante il cammino. Per loro fortuna non incontrarono nessun ostacolo e verso
il tramontar del sole raggiunsero la fine dell’Antica Via Silvana e la sponda
dei Flutti.
Si fermarono
ansanti e caddero a terra sfiniti. – Però..che corsetta rinfrescante…!-
sussurrò Elfwine ironico, facendo sorridere la piccola compagnia. –
Alatar…siamo costretti ad accamparci qui per la notte. I Whiving sicuramente ci
attaccheranno quindi dobbiamo stare molto all’erta. Non addormentiamoci sui bordi
della via ma sulla sponda del fiume: è più sicuro. Domani all’alba, se saremo
ancora vivi, attraverseremo a piedi la riva occidentale dei Flutti e
raggiungeremo Esgaroth, sperando che ci sia qualcuno che possa aiutarci a
raggiungere l’Erebor – disse Adrin mentre osservava lo stregone negli occhi. –
Si, hai ragione Adrin-, rispose Alatar con un sospiro, - ci accamperemo più
avanti, sulla riva dei Flutti-. In poco tempo accesero un piccolo fuoco per
riscaldarsi, mangiarono in silenzio e mentre gli altri dormivano Adrin fece il
primo giro di ronda.
Eowen si
strinse nel mantello e si raggomitolò vicino ad Elfwine che sorridendole la
strinse a sé. Lentamente cadde in un sonno profondo causata dalla stanchezza,
dalla fretta e dalla paura…Sognò i Whiving, sognò che la uccidevano, sognò che
la portavano via e che le squartavano il ventre. Tuttavia sognò di nuovo il
guerriero vestito da un’armatura d’oro con il vessillo di Rohan in una mano e
la spada splendente nell’altra. Chi era quel cavaliere? Forse suo padre che la
proteggeva? O forse suo fratello? O magari Elfwine…Vide il cavaliere
avvicinarsi a lei, sorridendole da sotto l’elmo che celava le sue fattezze. Ma
poi vide che l’uomo mutava in una creatura enorme ed orribile e si sveglio
d’improvviso, madida di sudore.
Si osservò
intorno e vide il fuoco spento ed Alatar in piedi sulla riva del fiume. Lo
stregone si volse verso di lei e gli sorrise ma subito la sua espressione mutò
in terrore. – Eowen dietro di te!!- urlò facendo svegliare tutti. Eowen si
volse di scatto e vide a pochi metri dal suo giaciglio un’ombra enorme che
ringhiava. Subito, senza pensarci, si alzò dal terreno insieme agli altri ed
estrasse da sotto la casacca l’Elenmir che bruciava di luce blu. Vide il mostro
spalancare la grandi fauci e le sue pupille dilatarsi per la rabbia. Arretrò,
piena di terrore mentre Eorl ed Elfwine si facevano avanti. Seridhil ed Adrin
lanciarono molte frecce contro il Whiving ma questi parve non sentirle. Si
concentrò su Eowen ed in poco tempo fece fuori i due cavalieri. L’afferrò per
la gola, stringendo le dita intorno al suo esile collo.
Eowen tentò
di respirare ma sentiva che non ci riusciva, che le forze stavano per
abbandonarla. Il mostro sollevò lentamente gli artigli su di lei. La giovane
chiuse gli occhi…
- Eowen! –
una voce la richiamò sulla terra e la Rohirrim aprì gli occhi. Si trovava ai
piedi di una montagna dalla vetta invisibile, circondata da nere nubi. Stordita
fece leva sulle braccia e si mise a sedere sul freddo e duro terreno. –
Dove…dove siamo…- sussurrò con voce flebile. Eorl davanti a lei le sorrise
appena: - siamo ai piedi della Montagna Solitaria, Eowen. Siamo arrivati, la
nostra missione sta per terminare…- le rispose il fratello dolcemente,
aiutandola a rimettersi in piedi.
Eowen si
osservò intorno ma ancora non riusciva a capire come nel giro di quelli che le
sembravano minuti, sarebbero riusciti a raggiungere la base della montagna
lontanissima dalla fine dell’Antica Via Silvana. – Chi…come…siamo riusciti ad
arrivarci?- chiese di nuovo, ora rivolta ad Alatar che le allacciava il
mantello sulle spalle. – Le Aquile, Eowen. Il Re dei Venti Gwaihir e suo
fratello Landroval ci hanno condotto in salvo da Bosco Verde, ormai infestato
dai Whiving. Purtroppo tutti gli Elfi Silvani sono morti e solo alcuni sono
riusciti a fuggire ad est, verso Esgaroth. Ma presto anche l’isola verrà
attaccata dai Whiving se non ci sbrighiamo. Le Aquila ci condurranno a Rohan,
leste e silenziose, quando la nostra missione sarà terminata. E’ stato davvero
un colpo di fortuna trovarle, non è vero? Esse hanno giurato fedeltà agli dèi
ed a chi da loro saranno mandati. Dunque, così come aiutarono molte volte
Olòrin, così ora presteranno aiuto non a me, ma a voi, Custodi del Miredhel.
Ora lesti, andiamo! –
La piccola
compagnia dunque cominciò a salire lungo la parete orientale della montagna,
evitando i pericoli quasi a stento per il buio che intorno a loro aleggiava
come una cappa opprimente e minacciosa. In un momento di breve risposo, nemmeno
a metà della scalata, Eowen volse gli occhi al cielo soffocato dalle nere nubi
e vide il sole brillare debolmente, cercando di penetrare invano la barriera
oscura. La sua luce era così debole, flebile che Eowen per un attimo ebbe paura
che si stesse per spegnere. La voce di Alatar la richiamò alla realtà e lei
continuò a salire, aggrappandosi con le mani e i piedi, affaticata dal peso dei
pesanti abiti che indossava.
Non poteva
permettere che la sua terra, la terra dove era nata e cresciuta, fosse
distrutta. No, l’avrebbe protetta anche a costo della vita, con tutte le forze
che aveva, anche se poche. Certo, sacrificare la propria vita potrebbe essere
esagerato…Io non so cosa fareste voi, ma la giovane Eowen certo non avrebbe
permesso la morte del suo Re per mano del nemico, strappato con violenza dalla
vita; non avrebbe permesso la distruzione della sua città, del suo paese, della
sua terra, del suo mondo; non avrebbe permesso la morte di milioni di abitanti.
Avrebbe più assaporato il calore del sole o il freddo della neve? Il brivido della
pioggia o la freschezza salmastra del mare? No, avrebbe provato solo il freddo
ferro della prigione, le doloranti catene della servitù, l’amaro odore del
sangue delle vittime. E se fosse morta? Dunque non è forse meglio morire per la
patria, combattendo da eroi e da coraggiosi, piuttosto che attendere da
vigliacchi la fine di tutto? Eowen non sapeva come sarebbe andata a finire la
guerra. Forse tutti sarebbero morti, forse la Terra di Mezzo sarebbe passata al
male; o forse il male sarebbe morto ed il bene avrebbe trionfato, come in ogni
storia. Ma quella che lei stava vivendo, dalla sua partenza da Edoras fino alla
scalata della Montagna Solitaria, quella non era una storia o una leggenda. Era
la sua vita ed aveva paura di perderla. Ricordò poi le parole che un giorno le
disse Re Eomer: “Ci sono momenti in cui tutti noi, persino il più valoroso
dei guerrieri, ha paura. Ma non c’è niente di più terribilmente saggio che
avere paura della paura stessa. E’ lì, è in quei momenti che dobbiamo
raccogliere tutte le nostre forze e combattere per noi, per la terra e per i
nostri amici. Spesso, durante le battaglie dell’Anello, ero solo con i nemici
che mi attaccavano con foga. Lì hai così paura che vorresti fuggire. Ma poi
raccogli le tue forze e pensi che la vita di un tuo suddito vale più della tua,
perché non è lui che serve te, ma sei tu a servire lui…”
Nonostante
la fatica e la paura, sorrise rassicurata da quelle parole e continuò la lenta
e pericolosa marcia verso la vetta della montagna.
Salve a tutti, ragazzuoli! Spero che questo capitolo
"patriottistico" vi sia piaciuto, eheh! Nel prossimo capitolo
assisterete finalmente alla nascita del Miredhel...e da ora in poi ne vedrete
davvero delle belle, a distanza di pochi giorni dalla Grande Battaglia delle
Razze!
Ci
sentiamo presto, un bacio a tutti e grazie per le recensioni!!
Giunsero all’ingresso verso il tramonto, quando udirono dei ringhi
gutturali nel profondo della foresta sotto di loro risuonar
Capitolo 27: chi è l’alter -
ego?
Giunsero
all’ingresso verso il tramonto, quando udirono dei ringhi gutturali nel
profondo della foresta sotto di loro risuonare nella pesante aria. – I Whiving
si stanno svegliando, usciranno in branco per cacciare durante la notte.
Presto, entriamo nella montagna e nascondiamo il passaggio: quelle creature
sono forti ma poco agili e impiegherebbero giorni interi per scalare la
montagna- annunciò Seridhil mentre varcavano la soglia. Alatar batté lievemente
due volte il bastone a terra e la pietra blu sulla sua cima prese a brillare
come una fiaccola, illuminando il grande ingresso prima di una ripida
scalinata. In pochi attimi Seridhil, Adrin ed Eorl coprirono l’ingresso con i
rami degli alberi lì intorno, alcuni massi e un po’ di muschio, facendolo
sembrare così solo una piccola cavità nella pietra.
Cominciarono
a scendere, gradino dopo gradino, desiderosi di accelerare il passo ma
ostacolati dal buio pesto.
Eowen
camminava dietro Alatar che conduceva la piccola compagnia insieme a Seridhil
dalla vista acuta. La giovane Rohirrim sentì un lieve tocco nel buio e prima di
sobbalzare riconobbe subito il profumo ed il respiro di Elfwine. Si volse alla
sua destra e sollevò appena il capo per incontrare per brevi secondi gli occhi
sereni del ragazzo; sentì la sua mano sfiorarle le spalle ed abbracciarla
mentre continuavano a scendere sempre di più. – Grazie di essere venuto con
noi, Elf…- sussurrò nel buio mentre dalla fine della galleria giungeva un dolce
odore di acqua e un fresco vento. – Nessun ringraziamento, Eowen…E’ un onore e
un piacere essere qui con voi…con te…- rispose con voce flebile il guerriero
sfiorandole appena una guancia, come se la sua mano fosse guidata nel buio da
Varda stessa. Eowen sorrise rasserenata da quel lieve ma dolce tocco. Posò la
mano su quella del ragazzo, poi la lasciò e si concentrò su quella brezze
fredda che proveniva dal basso. – Sempre che lì in fondo ci sia una caverna –
azzardò a dire Eorl dietro di loro. – E’ quel che ho pensato anch’io- rispose
Alatar mentre alzava appena in alto il bastone, per illuminare gli ultimi
gradini.
Svoltarono l’angolo e davanti a loro videro uno spettacolo
incredibile: una enorme caverna dal tetto quasi infinito si estendeva a vista
d’occhio; nel mezzo di essa v’era un lago di acqua densa e celeste: al suo
centro un piedistallo inciso di rune luminose; infine in altro, in
corrispondenza del piedistallo, una pietra enorme era sospesa nell’aria mentre
roteava appena. – Mio Dio….- sussurrò meravigliato Adrin mentre i loro visi
erano illuminati dalla luce che emanava il fondo del piccolo lago ed i loro
occhi se ne nutrivano come nettare divino. – Il Piedistallo, finalmente. Eorl,
Eowen: spogliatevi delle armi e dei mantello, poi posate i vostri anelli e le
vostre pietre sul piedistallo – ordinò velocemente Alatar, senza lasciarsi
incantare dal posto. Subito i due fratelli ubbidirono senza indugiare oltre:
posarono mantelli e armi ai bordi del lago e si immersero in esso. Calde onde
sfioravano i loro bacini mentre sollevavano le braccia per posare le pietre
sulla superficie piatta e fredda del piedistallo. Rimasero tutti fermi, con il
fiato sospeso, pronti per assistere ad un evento magnifico….ma quell’evento non
li raggiunse.
Tutto
rimase immobile, la pietra continuò a girare lentamente su di sé, le rune
continuavano a brillare debolmente, le onde del piccolo d’acqua luminosa
continuavano stancamente a lambire la spiaggia di sabbia nera. Eorl ed Eowen si
volsero verso Alatar che li ammonì: - Non voltatevi e concentratevi sul vostro
fine! – gridò quasi irritato. Subito entrambi chiusero gli occhi, posarono le
mani sui bordi della pietra grigia ed invano pregavano. Nulla, nulla accadde.
Eorl si volse di nuovo verso la spiaggia: tutti ad occhi chiusi, tutti che si
concentravano. Nemmeno il tempo di voltarsi verso il piedistallo che sentì sua
sorella gridare. Tutti la osservarono ma solo Eorl vide una macchia nera
apparire sotto di loro e trascinare sua sorella nell’abisso d lago.
–
No!! – gridò tentando si afferrare le mani della sorella che disperatamente
cercava di emergere. Non ci fu niente da fare…Eowen scomparve dalla loro vista
nel giro di pochi secondi. Già Eorl stava già per tuffarsi ma la salda presa di
Adrin glielo impedì. – Fermati, non sai che cosa potrebbe aver preso la
Custode!- esclamò l’elfo mentre gli altri lo raggiungevano. – Non mi importa
che cosa l’abbia presa! E’ mia sorella, ha bisogno del mio aiuto! – urlò
furioso Eorl. Si liberò dalla presa dell’elfo e si gettò nel punto in cui Eowen
era scomparsa, ma l’abisso si era chiuso sotto di lui e non trovò altro che un
basso terreno. – No…non può essere…- sussurrò incredulo il Rohirrim mentre con
mani tremanti stavano il terreno sotto il lago, in ginocchio. – Eorl basta! –
esclamò Elfwine sollevando l’amico che furioso sollevava schizzi d’acqua. – La
nostra missione è fallita, dunque…Tutto è stato vano…Non resta che tornare a
Rohan ed attendere il nemico, combatterlo con le nostre forze fin quando la
vita reggerà…- sussurrò Alatar osservando lo specchio d’acqua lucente. – Nulla
è perduto ancora, Alatar…C’è sempre un barlume di speranza. Attenderemo fino a
quando i Whiving torneranno nel bosco, dopo la caccia. Se prima nulla sarà
accaduto, le Aquile ci porteranno comunque a Edoras…Mio padre ha bisogno di
me…- rispose con parole pacate e sagge Elfwine, posando una mano sulla spalla
dell’amico.
Vi fu un attimo di silenzio, poi Alatar
annuì: - Va bene, attenderemo fino a quando non sentirò più la presenza dei
Whiving intorno a noi. Accampiamoci al riparo dalle correnti d’aria- . Dunque
si accamparono, in attesa di un qualcosa che stava ritardando.
Eowen
aprì debolmente gli occhi, svegliata da un dolore tagliente alla fronte. Subito
capì di essere in una caverna sotterranea, seduta in un angolo e un rivolo di
sangue che le usciva dai capelli. Si tamponò la fronte con la manica della
casacca, sopportando a stento il bruciore e il dolore. Poi sentì un rumore
nell’oscurità. Ritirò le gambe al petto, spaventata e indifesa. All’unica
candela posta vicino a lei si mostrò un uomo vestito di una bellissima armatura
nera, lunghi capelli che ondeggiavano come mossi da un vento impercettibile, ed
una spada allacciata al suo fianco. Eowen osservò il cavaliere e la sua spada
ed ebbe paura….paura di morire. – Ciao, Eowen…mi riconosci? Certo che no, come
potresti? Io sono colui che tu stai cercando di distruggere – disse con voce
serena l’uomo che si celava dietro l’elmo. Eowen non poteva credere a ciò che
stava pensando: quel cavalieri non poteva essere lui…- Feamor…- sussurrò alla fine,
tra il dubbio e l’incredulità. Il cavaliere annuì appena, avvicinandosi a lei.
–
Esatto, piccola Eowen. Io sono Feamor, ultimo Signore Oscuro. Non temere, io
non sono davanti a te realmente, questo è solo un mio riflesso, quindi non
posso farti nulla di male. Sono tuo nemico, ma tuttavia un nemico onesto e non
attaccherei mai l’avversario indifeso. So che sei spaventata e turbata,
tuttavia ti chiedo di ascoltarmi e, se potrai, di aiutarmi. Non ho molto tempo,
quindi riassumerò in poche parole: conosci la mia storia, Alatar te l’ ha
raccontata. Io ho creato il Miredhel, ma io non posso usarlo o distruggerlo.
Sai perché? Perché ora il mio spirito è malvagio e la gemma non riconosce più
me come suo padrone, ma te e tuo fratello. Vi sono momenti, lo confesso, in cui
adoro essere figlio di Mordor, eppure ricordo la mia precedente vita, quella di
elfo e uomo. La rimpiango, Eowen, sì. Le piccole gioie e soddisfazioni che ora
non ci sono: o vinco o perdo. Vorrei tanto tornare un elfo, Eowen, ma non
posso. Il ricordo del mio padrone, come una freccia nel fianco, mi porta sempre
sulla via della maledizione. Rare sono le volte, come ora, in cui torno me
stesso. E’ un tormento, giovane Eowen. Ma sarò libero solo se vincerò questa
battaglia e se tu useresti il potere di Varda, dell’Elenmir a mio favore, io
sarei libero…- spiegò con voce dolce il cavaliere.
Eowen
era incredula, stupefatta ed attonita. Non sapeva cosa fare o dire. Vedeva la
sincerità nel volto dello spirito, vedeva la sua sofferenza…ma non poteva allearsi
contro di lui. La sua vittoria avrebbe significato la morte non solo sua ma di
tutta la Terra di Mezzo. Le dispiaceva incredibilmente per Feamor, ma è meglio
che muoia una singola persona che il mondo intero, in questi casi estremi. E
poi Feamor, se pentitosi delle sua azioni, avrebbe potuto anche ottenere il
perdono degli dèi.
Scosse
il capo, osservando gli occhi scuri del cavaliere: - Mi dispiace, ma non posso
Feamor. Mi chiedi di andare contro i miei ideali, i miei fini, la mia missione,
contro il mio stesso popolo. Non posso ucciderli, non posso uccidere chi mi ha
cresciuto, chi mi ha insegnato ad essere quella che ora sono. Se sono Eowen è
anche grazie a loro. Mi dispiace, ma non posso. Ti prego, lasciami andare…-
sussurrò mentre le lacrime le scivolavano sul volto, per la paura ed il
dispiacere. Vide lo spirito chinare il capo come affaticato da un grosso peso,
ebbe un fremito e subito rialzò il capo ridendo. – Eh va bene, mocciosa. Vorrà
dire che ti ucciderò per poi uccidere anche il tuo fratellino! – esclamò
furioso Feamor mentre i suoi occhi bruciavano come fuoco impetuosi. – Feaman…-
sussurrò Eowen atterrita. Lo spirito s’irrigidì, i suoi occhi si sbarrarono e
per un attimi gli occhi tornarono scuri. Eowen l’osservò, sperando fosse
tornato l’elfo ma cantò troppo tardi la vittoria. Un attimo dopo Feamor prese
il totale sopravvento su Feaman, distruggendolo. – Muori, sporca Rohirrim! –
urlò mentre sguainava la spada e si lanciava su Eowen. La ragazza non oppose
resistenza, sorrise per il terrore e la pace che sperava di ottenere con la
morte.
L’ultima
cosa che vide furono gli occhi di bragia che le fissavano…
Ebbene, che ve ne pare di questo nuovo chap? Lo so, vi
avevo promesso la nascita del Miredhel, ma poi ho deciso di aggiungere questo
nuovo pezzo. Che ve ne pare di Feamor? Decisi fin dall’inizio che non doveva
essere il solito nemico senza scrupoli che appare sempre indirettamente e solo
alla fine si manifesta (come ad esempio Sauron). Ho voluto creare un nemico
diretto, contraddittorio, ancora legato alla sua vita mortale, alcune volte
malinconico, altre volte deciso ad uccidere chiunque gli metta i bastoni fra le
ruote, come ad esempio Eowen, morta per i suoi ideali. Non preoccupatevi, ci
sarà Eorl come Custode del Miredhel!
La terra cominciò a tremare e subito la piccola compagnia si alzò dalla
spiaggia, osservando le onde del lago rivenire sempre
Capitolo 28: distanti
La
terra cominciò a tremare e subito la piccola compagnia si alzò dalla spiaggia,
osservando le onde del lago rivenire sempre più grandi ed il masso sospeso in
aria fremere appena, come un uovo che stava per rompersi. Le rune del piedistallo
cominciarono a brillare più distintamente, così come le gemme e gli anelli di
Galadriel. La pietra sospesa si spaccò, dividendosi in quattro spicchi dalle
rune luminose. Le gemme e gli anelli si librarono nell’aria, lentamente, come
attratti dagli spicchi di pietra. Questi cominciarono a roteare quando le gemme
si fermarono al loro centro. Roteavano lentamente, poi sempre più veloce, fin
quando erano solo una scia.
La
compagnia rimase attonita davanti quello spettacolo, ansiosi di vederne la fine.
Essa venne dopo qualche minuto, quando lentamente le pietre si fermarono e sul
piedistallo scesero i due anelli, ricolmi di luce, ed una pietra che era
formata da luce blu e rossa. – Il Miredhel…- sussurrò meravigliata Seridhil
mentre Alatar ed Eorl avanzavano verso il piedistallo. – Prendi entrambi gli
anelli, Eorl, prendili entrambi- ordinò con voce pacata lo stregone. Il ragazzo
ubbidì e con delicatezza infilò gli anelli di cristallo e di rubino nelle sue
dita, lasciando il Miredhel al centro del piedistallo, con la punta poggiata
sulla pietra. – Ad esso baderà la montagna, non temere. Ora andiamo, presto!-
esclamò Alatar avviandosi verso l’uscita della caverna, ma Eorl lo fermò
afferrandogli deciso un braccio: – Eowen?-. Alatar lo osservò, poi scosse il
capo: - E’ stata presa dalla montagna, Eorl, è di sua proprietà ora. Mi spiace,
ma dobbiamo lasciarla qui – spiegò con voce flebile lo stregone prima di
camminare velocemente verso la riva. Eorl rimase pietrificato da quelle parole,
incredulo e restio a crederci. – Eorl, muoviti!- urlò Alatar mentre si
avviavano tutti dalla montagna scossa dal terremoto. Il Rohirrim tornò in sé
solo quando Elfwine lo trascinò per un braccio fuori dalla montagna, risalendo
di corsa i gradini, cadendo e rialzandosi subito, aiutandosi tra loro. –
Avanti, Eorl, forza e coraggio…!- sussurrò con vigore Elfwine all’amico,
stringendogli una spalla mentre all’ingresso dell’Erebor Gwaihir e Landroval,
insieme ad altre due aquile, li attendevano. Salirono sulle loro schiene e
subito spiccarono il volo. Eorl strinse dolcemente fra le mani le piume di
Landroval, sospirò e chiuse gli occhi. Aveva abbandonato sua sorella,
destinandola a morire lì dentro, fra le rocce. No, non poteva essere, non
poteva lasciarla lì!! Appena avrebbe potuto, appena avrebbe avuto un attimo di
respiro, Landroval l’avrebbe condotto da lei e l’avrebbe liberata dalle
fondamenta dell’Erebor. Reclinò in avanti il busto fino a posare il capo sul
dorso dell’aquila. Si lasciò cullare, sempre reggendosi, mentre sfogava la sua
rabbia e la sua angoscia con un silenzioso pianto.
Giunsero
poco dopo sopra Esgaroth e la videro in fiamme e desolata. Elfwine rimase
colpito da quella scena, già scosso dalla perdita della sua Eowen. – Che cosa
aspettando…Perché attaccano i popoli intorno a noi e non attaccano noi?-
sussurrò tra sé. – Tattica di guerra, Sire. Attaccano prima gli alleati, poi il
nemico. Gli elfi silvano avrebbero potuto darci aiuto, raggiungendosi
attraverso l’Anduin, così come gli abitanti di Esgaroth. Anche Minas Tirith è
stata assediata, prima che voi raggiungevate i confini di Lorien. I gondoriani
hanno ricevuto gravi perdite ma hanno allontanato gli eserciti nemici che si
sono duplicati e che fra non molto raggiungeranno Edoras – spiegò Seridhil,
abbracciata ad Adrin. Poi notò l’espressione cupa del Rohirrim e gli sorrise
appena: - Non temere, signore dei cavalli. Ogni movimento d’ala di queste
aquile equivale ad un’ora di marcia di un grande esercito. Raggiungeremo in
tempo la tua città e potrai combattere al fianco di tuo padre e dei tuoi
uomini. Essi sono degli uomini coraggiosi e validi, i più abili guerrieri e
strateghi che io conosca dopo gli elfi - . Elfwine le rivolse un sorriso di
ringraziamento, poi posò gli occhi sulle nuvole scure che da Mordor si stavano
espandendo a macchia d’olio sulla Terra di Mezzo. Hanno già raggiunto la
bianca Minas Tirith, domani pomeriggio raggiungeranno anche Rohan, pensò
tra sé il giovane. Sospirando si volse verso Eorl, osservò i suoi occhi che
fissavano il nulla e il volto che si confondeva con le lunghe piume scure di
Landroval. Gli sorrise incoraggiante: - Avanti, Eorl, non temere. E’ viva e
presto andremmo a liberarla. Giusto il tempo di dare una bella lezione a Feamor
e fargli vedere di che pasta è fatto un Rohirrim!- esclamò con allegria.
Nonostante non fosse così facile come aveva detto Elfwine, Eorl non potè
evitare di accennare un sorriso e di sentirsi il cuore più leggero.
Ancora
l’ultima passeggiata tra il giardino di corte. Ancora l’ultimo respiro prima
del grande salto. Questo
pensava il re di Rohan mentre camminava lentamente lungo i sentieri del
giardino del re, posto a poca distanza dal palazzo. Osservò le foglie degli
alberi, la corteccia dei tronchi, i germogli dei cespugli, i ciuffi
d’erba…tutto gli sembrò nuovo, una nuova scoperta davanti gli occhi del
bambino, ora che mancava poco alla guerra contro Feamor, contro l’ultimo
baluardo di Mordor. Non penso di potercela fare, non questa volta. Anche se
è l’ultima, sono stufo di combattere, di vedere la mia gente soffrire, di
vedere il loro sangue ed i loro corpi sulle verdeggiati colline di Rohan,
mentre gli orchi imperversano nella mia terra. Troppo dolore, troppa
sofferenza…eppure che fare, che fare? Non posso abbandonare il mio popolo, il
popolo che per secoli i miei avi hanno difeso pagando con la loro stessa
vita…Padre, zio, aiutatemi e datemi la forza di questa ultima guerra. Poi
basta, poi non ci saranno più guerre, battaglie, sangue sprecato, scudi
spezzati. Ma solo pace, semplice tranquillità. Chiedo tanto, déi immortali? Io
non chiedo, ricchezza, fama, potere, prole numerosa…io chiedo pace!
Si
sedette su un gradino del sentiero di pietra che conduceva nel folto del
giardino. Scostò appena la spada dal suo fianco per sedersi meglio, poi
incrociò le braccia al petto ed osservò a lungo le stelle del cielo sereno. Udì
poi dei lievi passi ed un tintinnio di spada. Portò gli occhi davanti a sé e
vide Elessar avvicinarsi a lui, sorridendo. Senza nulla dire gli si sedette a
fianco e sospirò: - Cielo sereno, speriamo che domani piova un po’ per
rinfrescare l’aria – commentò Elessar con la sua familiare voce pacata e
serena. Eomer osservò l’amico ed annuì: - Già, speriamo…- rispose con tono
atono. – Eomer ascoltami. So che è terribile il momento che stai vivendo, ma
non devi abbatterti. Infondi coraggio e te stesso e lo infonderai ai tuoi
uomini. Loro ti vedono, sai? Loro capiscono la tua sofferenza e soffrono per
te. Ma non devi lasciare che il dolore ti accechi…- sussurrò Elessar posando
una mano sulla spalla dell’amico. – Elessar…tu hai ancora tuo figlio, tu
ricordi tua madre e tuo padre, tu hai l’approvazione dei tuoi amici, dei tuoi
consiglieri, del tuo popolo. Io non ho più mio figlio, non ho conosciuto i miei
genitori né tanto meno ho l’approvazione di qualcuno! Io sono Re solo per
successione di trono, il mio popolo mi odia e mio figlio è morto! – esclamò
alzando sempre di più la voce fin quando la sua possente voce non risuonò nel
giardino. Elessar lo osservò con fare severo e con decisione scosse il capo: - Ed
invece ti sbagli. Noi ti amiamo, Eomer, il tuo popolo ti ama e ti amerà fino
alla morte! Loro amano questa terra, molti sono morti per salvarla! Perché
ragioni così, amico mio? Perché? L’ultimo respiro prima del salto, ricordi? Non
farti vincere dal dolore, ma combattilo con la forza ed il vigore che solo tu
hai sotto questa armatura. Non sei solo, Eomer. C’è Lothiriel, tua sorella, i
tuoi cavalieri, il tuo popolo…ci sono io – ribatté con voce serena e calma il
re gondoriano. – E ci sono anche io! – esclamò con decisione una voce a poca
distanza da loro. Si volsero e videro Eowyn al fianco di Faramir, entrambi che
li osservavano con espressione decisa e ferma. Eomer sorrise ed insieme ad
Elessar si alzò. Abbracciò la sorella e il Principe dell’Ithilien. – Anche noi
ci siamo – borbottò una voce rauca. Si volsero di nuovo e videro il barbuto
Gimli in compagnia del bel Legolas. Eomer sorrise al nano e all’elfo, poi a
tutti loro che si erano riuniti intorno a lui. – Hai visto quanti siamo, amico
mio? E ne saremo ancora di più domani, sul campo, al tuo fianco. Saremo un
mondo intero, tutta la Terra di Mezzo ti sarà vicina, con la spada e con il
cuore e la preghiera…- disse sorridendo Elessar. –…e con i canti hobbit! –
aggiunse una voce allegra. Tutti si volsero e videro mastro Merry e Pipino in
compagnia del piccolo Hartad. Tutti scoppiarono a ridere mentre Eomer si
inginocchiava ad abbracciare i suoi amici e suo nipote. – Merry, Pipino non
avreste dovuto venire. Domani Edoras non sarà più un luogo sicuro – li ammonì
con dolcezza, ma i due Hobbit ed Hartad gonfiarono il petto orgogliosi. – Non
abbiamo nemmeno cinquant’anni, siamo ancora giovani e capaci di prendere in
mano una spada! – esclamarono insieme i due hobbit mentre Hartad annuiva. Eomer
scoppiò a ridere ed annuì: - Va bene va bene, combatterete! Ma tu no, Hartad,
Zoccofuoco non me lo perdonerebbe mai! -esclamò arruffando i capelli del nipote che lo osservò con aria
contrariata ma non replicò. – Eomer…I tuoi amici sono al tuo fianco…Combatti
insieme a noi per Rohan, per la Terra di Mezzo…per Elfwine…- sussurrò Elessar
annuendo deciso alle sue stesse parole. Vi fu un attimo di silenzio, poi Eomer
sollevò appena gli occhi al cielo e la luna illuminò il suo sorriso sereno e i
suoi occhi velati di lacrime. – Si…per Elfwine…- sussurrò sospirando.
Eh si, purtroppo Eomer sa ancora che Elfwine è morto durante lo
scontro contro i goblin, sulle sponde del Gaggiolo…ma non temete, nel prossimo
capitolo tutto verrà sistemato…bene o male!
Forse da minuti, forse da ore stava passando il pettine tra i lunghi
capelli scuri, con un movimento della mano lento e debole
Capitolo 29: l’unica via
-
Mio signore, Sire Eomer!! - . Eomer si destò d’improvviso, insieme a sua
moglie, nel sentire qualcuno bussare con vigore alla sua porta. Si alzò e
velocemente andò ad aprire. – Havat, che succede? – chiese con un lieve trepido
nella voce mentre osservava il Rohirrim davanti a lui. Questi indicò la
finestra davanti a loro, lungo il corridoio. – Le Aquile, signore! Le Aquile
sono giunte per aiutarci! Portano con loro dei cavalieri! – esclamò ad alta
voce per sovrastare le grida di gioia dei soldati e degli abitanti, che si
affrettavano ad uscire dalle loro case per osservare gli eleganti e veloci
movimenti delle aquile, per capire chi siano i cavalieri che giungessero in
loro soccorso. Eomer si infilò la tunica verde e corse lungo il corridoio
mentre si agganciava la cintura della spada intorno alla vita. Dietro di lui
Lothiriel avanzava con le mani intrecciate al petto, mentre pregava dentro di
se che fossero Eorl, Eowen ed Alatar.
Uscirono
dal palazzo e scesero i gradoni che conducevano allo spiazzo principale della
città. Le Aquile fecero un ampio giro poi scesero sul terreno con eleganza e
delicatezza. Le loro immense ali sollevate celavano i cavalieri che stavano
smontando dai loro destrieri alati. Quando le ali delle Aquile si avvicinarono
al resto del corpo, ecco apparire uno stregone vestito di notte e due cavalieri
dai capelli d’oro e dal corpo scolpito avvicinarsi sorridenti ai Sovrani di
Rohan. – Elfwine…- sussurrò Eomer incredulo mentre Lothiriel trattenne il
respiro al suo fianco. – Elfwine! – gridò infine la regina, gettandosi fra le
braccia del figlio, in lacrime. – Madre! – esclamò di rimando il Principe
abbracciando forte la madre. – Non sei morto…non sei morto…- sussurrò Eomer
avvicinandosi incredulo al figlio. La regina si spostò così che il marito potè
toccare il braccio ed il viso del figlio. – No, padre, non sono morto. Sono
tornato da voi, come avevate ordinato. Siamo tornati per dare speranza a questa
terra…- rispose con tono onorevole Elfwine, posando la mano sulla spalla del
padre. – vieni qui, fatti abbracciare!- esclamò ridendo il re, cingendo le
spalle del figlio. Tutti, felici, risero di quel gesto ed applaudirono il
ritorno del loro principe. – Eorl, bentornato!- annunciò felice il re,
abbracciando il ragazzo che sorrise appena.
Sopraggiunsero
anche Elessar e dama Arwen, Eowyn e Faramir, gli Hobbit, Hartad ed Eldarion e
tutti loro diedero il benvenuto agli eroi della città e ai due elfi di Lorien.
Tuttavia per molti minuti nessuno si accorse che un membro della compagnia
mancava, fin quando, giunti nella sala del trono del palazzo, Fastred, figlio
di Faramir, chiese loro sorridendo: - Dov’è Eowen?- . – Già…dov’è Eowen?-
esclamò felice Eldarion mentre porgeva un boccale di vino ad Elfwine. Calò un
pesante silenzio in cui la piccola compagnia si osservò di nascosto, senza dire
nulla. Il sorriso sul viso dei sovrani e di tutti loro scomparve. Attendevano
un “sorpresa!” proveniente da qualche angolo nascosto del salone; attendevano
una risata cristallina e divertente; attendevano che una ragazzina dai ricci
d’oro corresse verso di loro…ma ciò non avvenne.
–
L’Erebor l’ ha voluta con sé ed ella ora è figlia della montagna…- sussurrò a
capo chino Alatar, con la voce che tremava appena. Ancora un insopportabile
silenzio oppresse la sala ed i pochi presenti che increduli non riuscivano a
credere alla morte della ragazza. Eorl sollevò a stento gli occhi da terra e
vide lo sguardo perso e chino di Eldarion; vide i sovrani di Rohan con gli
occhi su Alatar, in attesa di un sorriso; vide i sovrani di Gondor e Legolas
sussurrare parole elfiche per l’anima di sua sorella. Ingoiò le lacrime che
tentavano di scendere dagli occhi e strinse la sua rabbia tra i denti.
–
Voi…voi pregate, sperate in un suo ritorno, voi vi date forza, voi sperate che
sia uno scherzo…voi, voi che non sapete che cosa significhi perdere una
sorella!! Siete degli ipocriti, dei bugiardi! Fingete di mettervi nei miei
panni, ma io ho perso la mia famiglia, voi no!! E’ colpa di questa guerra, di
Feamor! E’ colpa vostra!! E’ colpa di Alatar che le ha messo in testa l’idea
che fosse Custode di questo stupido Miredhel! Colpa di Eomer che non le ha
vietato di andare via! Colpa di tutti voi!! – urlò furioso con tutta l’aria che
aveva in corpo mentre le lacrime scesero come fiumi lungo il suo viso,
rigandolo. Tutti rimasero colpiti da quella reazione di Eorl, sempre un ragazzo
calmo e sorridente. Ma come poteva essere calmo e sorridente se aveva visto sua
sorella scomparire davanti i suoi occhi?
Lanciò
il bicchiere contro una colonna: il vino si rovesciò sul pavimento e il boccale
rotolò ai piedi di Eowyn. Il ragazzo furioso uscì dalla sala, diretto in camera
sua. Sbatté la porta e lanciò un calcio al baule in fondo al letto. Cominciò a
gettare per terra tutto ciò che trovava, a rompere qualsiasi cosa, sfogando in
silenzio la sua ira, il suo dolore, la sua delusione. – Dimentichi questo –
disse una voce sulla soglia: era Eowyn con in mano il boccale di legno. Eorl lo
afferrò e con rabbia lo scagliò contro il muro. Ansante e dolorante si lasciò
cadere sul letto. La dama Bianca si fece largo tra le schegge e i cocci gettati
inermi a terra, poi si sedette sul letto del ragazzo.
-
L’impotenza…credo sia la cosa più brutta del mondo. L’ira, il dolore, la
delusione, tutti quei sentimenti che tu provi ora, derivano da essa. Non puoi
fare nulla per Eowen e sfoghi tutto in questo modo…- sussurrò la donna
mostrando con un lieve cenno della mano la camera, distrutta come se ci fosse
appena passato un troll di caverna. – Non preoccuparti, non ti dirò frasi come
“ti capisco” oppure “so cosa provi”, perché non è vero. Credo sia un dolore
troppo grande per essere capito, provato e sfogato con grida e distruzione.
Eppure ti posso capire sull’impotenza: quando ero più giovane, diciamo come te,
mio zio Theoden e mio fratello non mi permettevano di combattere, di fare
spedizioni, di uscire dalla città. Mi permettevano solo di allenarmi. “Di che
utilità sono gli allenamenti se non posso combattere??” chiedevo io arrabbiata.
Ma
poi venne la guerra e fummo costretti a dirigerci prima al Fosso di Helm, poi a
Minas Tirith. Decisi che se non potevo combattere da donna, allora l’avrei
fatto da uomo. Divenni Dernhelm, difesi il mio signore, uccisi il re dei
Nazgul…ma non servì a nulla, mio zio morì. Ecco, quella volta mi sentii tanto
impotente ed inutile. Dopo tutte quelle fatiche, non avevo salvato il mio re…-
spiegò Eowyn osservando il muro davanti a sé. Eorl si alzò dal letto,
sedendoglisi a fianco. – Ma non è stata colpa tua, Eowyn…- rispose con voce
rotta. La dama gli sorrise e gli posò una mano sulla spalla. – Lo sapevo, ma
era più forte di me. Avrei voluto uccidere Mandos stesso, minacciarlo di
riportare indietro mio zio, mio cugino ed i miei genitori…Ma non potevo, non ne
ero in grado.
Ma
poi, durante la mia Guarigione, ho conosciuto Faramir e lui mi fece capire che
purtroppo il nostro destino è già segnato, che la nostra morte è gia stata
decisa, che non possiamo modificarla, ma solo prolungarla nel futuro. Io non
potevo fare nulla per mio zio, perché la sua missione qui era terminata. Lo
stesso discorso vale per te, Eorl: Eowen era consapevole della gravità della
sua missione. Non poteva tirarsi indietro, non per ordine di Alatar ma per il
destino, una cosa anche più grande di Eru stesso. Nessuno può comandarlo. Non
potevi far nulla per lei, perché la sua missione in questo mondo è finita.
Capisci
le mie parole, Eorl? Questa non è impotenza, ma è semplicemente il capire fin
dove possiamo spingerci. Non potevi salvarla perché il tuo limite l’avevi
raggiunto. Purtroppo è così, dobbiamo rassegnarci. Non abbatterti, ma continua
a vivere. Vivi per tua sorella, donale la gioia dei tuoi giorni, donale la
felicità della vita che il destino le ha tolto. Combatti il destino, non te
stesso…- rispose Eowyn.
Eorl
ascoltò con attenzione quelle parole che lo confortarono in parte. – Hai
ragione, purtroppo è così. Ma io avrei potuto almeno provare a seguirla! Ed
invece il terreno si è chiuso sotto i miei piedi…- sussurrò mentre davanti gli
occhi vedeva la montagna risucchiare via sua sorella che lo fissava con occhi
spalancati, gli chiedeva aiuto e protendeva le mani verso di lui. – Appunto,
Eorl! Il terreno si è chiuso sotto i piedi! Cosa volevi fare, metterti a
scavare miglia e miglia sotto terra? Tua sorella non avrebbe voluto che tu
spendessi tempo e fatica per lei, ma che li custodissi per la battaglia. Questo
lo puoi fare: vendicala su Feamor, dai a lui la colpa, è lui la causa delle
nostre perdite! Questa è l’unica cosa che puoi fare…- rispose Eowyn stringendogli
con decisione la spalla. Il ragazzo annuì, sospirando: - Farò così. Almeno non
distruggerò ancora di più la mia stanza…- . Eowyn sorrise, poi si alzò. –
Riposati, Eorl. Nessuno ti disturberà- sussurrò prima di uscire dalla stanza e
richiudere dolcemente la porta.
La mattina seguente l’alba era rosso-sangue, celata
lievemente da nere nubi che provenivano da est. Eorl si alzò proprio al sorgere
del sole, l’osservò per l’ultima volta. Pensò a sua sorella, a quanto le
piacesse vedere l’alba e meravigliarsi ogni volta della sua incantevole
bellezza. Ricordava anche se si divertiva ad annusare i profumi del mattino,
chiamandoli per nome. Eowen, tutto questo è per te…d’ora in poi, ogni mia
azione sarà per te, per ricordarti sempre, pensò mentre si infilava la
cotta di maglia ed agganciava la spada alla cinta di cuoio. Si diresse poi
nella sala del consiglio, lasciando nella stanza, chiusa nell’armadio, la sua
splendida armatura d’oro.
Entrò, sperando invano di non dare nell’occhio. Si sedette
vicino ad Eowyn che gli sorrise e gli posò una mano sulla spalla. – La riunione
è quasi finita, vi verrà spiegato tutto direttamente sul campo…- annunciò la
Dama Bianca, sorridendogli. – Combatterai anche tu, vero?- chiese il ragazzo.
La donna sorrise di nuovo ed annuì: - Ovviamente. Eomer era molto restio, così
come Elessar e Faramir, ma alla fine hogli ho strappato il permesso! – sussurrò entusiasta. Eorl ridacchiò
divertito, poi Eomer prese parola: - Bene, abbiamo deciso tutto. Se qualcuno ha
delle domande le esponga subito…– terminò infine il sovrano con il suo tono
deciso e pacato. Eorl sollevò appena la mano e tutti lo osservarono. Al
contrario lui spostò l’attenzione sullo stregone blu: - Alatar, non posso
prendere entrambi gli anelli. Se combatto non posso pensare ad essi. Se mi
uccidono si impossesseranno di entrambi – disse sollevando appena le spalle. In
verità, però, non voleva avere niente a che fare con quei maledetti anelli.
- Mi dispiace, Eorl, ma nessuno di noi può portarli. Sei
tu il Custode, loro ubbidiscono solo a te. Se li prende uno di noi non avranno
più nessun potere e non ci saranno d’aiuto – rispose lo stregone scotendo il
capo. Eorl annuì appena, gli occhi chini. “Sei tu il Custode”…avresti dovuto
aggiungerci che ora sono il Custode…per colpa vostra…, pensò tra sé
il ragazzo mentre usciva dalla sala insieme agli altri. – Elfwine, Eorl – il re
di Rohan richiamò i due giovani che, al lieve cenno dell’uomo, lo seguirono in
silenzio. Giunsero lungo un corridoio semibuio, illuminato solo dalle fiaccole
che mostravano ai loro occhi magnifici arazzi. Videro tutti i grandi re di
Rohan, le loro imprese, le loro vittorie. Tuttavia i due ragazzi non sapevano
cosa stessero facendoil quel
corridoio, davanti quegli arazzi che narravano la storia di Rohan. Il re
sorrise appena alla perplessità espressa su i volti dei due giovani, poi
scomparve dietro l’arazzo di Theoden al Fosso di Helm. Sentirono una serratura
scattare: - Venite – sussurrò Eomer ai due ragazzi che curiosi lo seguirono.
Chiusa la porta, si accorsero di essere in una stanza circolare e molto ampia,
illuminata solo da deboli raggi solari che provenivano da due piccole finestre.
Contro la nuda pietra v’erano dodici statue alla cui base v’era incisa una
frase in antico Rohirrim. Al centro,infine,
due tombe di marmo bianco, e che i due giovani riconobbero come quelle di Eorl
il Giovane e di Helm Mandimartello.
-
La Sala dei Dodici Re…! – sussurrò stupito Elfwine, osservandosi intorno con
stupore. – Si, la Sala dei Dodici Re…dove riposano le anime dei nostri grandi
Re. Senza di loro, ora non saremo qui, probabilmente non saremo nemmeno nati.
So che si mostra questa stanza solo agli eredi al trono e solo il giorno prima
della loro incoronazione, ma le circostanze attuali sono diverse. Mio zio non
ebbe il tempo di mostrarmela, perché morì in battaglia. La vidi da solo...
Invece io non voglio che vi accada lo stesso: voglio che sappiate l’importanza
di questa sala, il fuoco di tutta la nostra esistenza. Forse a questa battaglia
non sopravvivrò e voglio che il mio erede veda con me questa sala. Eorl, tu sei
qui perché per me sei come un figlio e come tale, se io ed Elfwine moriremo,
diventerai re di Rohan – spiegò Eomer ai due giovani. – Non ditelo nemmeno per
scherzo, mio signore! Io ed Elfwine siamo troppo inesperti per governare e voi
siete ancora troppo giovane per morire e lasciare da solo il vostro popolo!-
esclamò con decisione Eorl, osservando il suo signore. Eomer sorrise e sollevò
le spalle: - Non si può mai sapere, Eorl. Non siamo noi a decidere del nostro
destino, ma è il destino che decide per noi – rispose pacato. Eorl rimase
colpito da quelle parole, simili a quelle dette da Eowyn la sera prima.
Il
re li condusse presso le tombe di Helm ed Eorl il Giovane. Per alcuni minuti
rimasero in silenzio, ad ammirare i volti espressivi delle due statue, per
spostare poi l’attenzione sui loro corpi sciolti e che parevano quasi vivi. –
Tutti noi, per affrontare quest’ultima guerra, dovremmo raccogliere tutte le
nostre forze ed avere lo stesso coraggio e la stessa determinazione che i
nostri avi hanno avuto nelle loro battaglie. Sarà l’ultima guerra quella che
noi vivremo sulla nostra pelle, da questa dipenderà tutto: la nostra esistenza,
la nostra libertà, la nostra salvezza. Se perdiamo, lasceremo nelle mani del
nemico le chiavi della nostra vita…- sussurrò Eomer mentre sfiorava le mani di
Helm strette intorno al suo poderoso martello. I due ragazzi non dissero nulla,
custodendo quelle parole nei loro cuori.
Rimasero
ancora per qualche minuto a discorrere in quella stanza, fin quando non furono
distratti dalle grida dei soldati e dal suono dei corni che risuonavano
nell’aria. Si diressero a passo veloce verso l’uscita del palazzo. Fermi ai
piedi della scalinata, videro salire lungo il sentiero principale almeno
duecento figure celate da mantelli verdi e bianchi. Giunti ai piedi dell’ampia
scala, due figure uscirono dal piccolo esercito e scoprirono i loro volti.
– Padre…- sussurrò
Legolas, meravigliato. Il re silvano abbracciò il figlio, sussurrandogli parole
di conforto. L’altra figura incappucciata di bianco era invece Pallando, il
quale abbracciò amichevolmente il suo compagno Alatar. – Amico mio, è un
sollievo averti qui con noi…ma come siete arrivati qua, in così poco tempo? E
voi, sire Thranduil…abbiamo trovato Bosco Verde ed Esgaroth distrutti dai
Whiving…come avete fatto a sopravvivere?- chiese perplesso lo stregone blu. –
Mio caro Alatar, non solo tu possiedi la fedeltà delle Aquile. Appena siete
andati via ed abbiamo avuto notizia dei silvani uccisi, abbiamo compreso la
gravità della cosa, anche dal fatto che Seridhil e Adrin non tornavano più.
Così ci organizzammo ed in poco tempo siamo giunti qui, con l’aiuto del popolo
di Gwaihir e con il favore del vento…- rispose Pallando sorridendo.
–
In verità, come tu stesso hai pensato, all’inizio pensammo di dirigerci ad
Esgaroth, per ripararci dagli Whiving. Ma poi abbiamo avvertito nella natura
qualcosa di oscuro che proveniva da ovest e ci siamo diretti dai nostri
fratelli a Lothlorien. Tuttavia li abbiamo incontrati lungo il sentiero che
attraverso il bosco. Chiesi loro perché si dirigessero fuori Lorièn vestiti con
le armature, e saputo il motivo ci unimmo subito a loro, per venire in vostro
aiuto. Sire, Eomer, i nostri servigi sono a vostra disposizione…- rispose
infine Thranduil, osservando con i chiari occhi il re di Rohan. Questi sorrise
e strinse la mano all’elfo e allo stregone. – Spero di vivere dopo questa
battaglia, per potervi così conoscere, sire Thranduil – rispose sorridendo.
L’elfo annuì e chino elegantemente il capo.
–
Alatar! Gli Ent? – chiese d’improvviso Elfwine, ricordandosi del colloquio
avvenuto tra lo stregone e Barbalbero, ad Isengard. L’anziano si volse verso il
ragazzo e scosse il capo, sospirando: - Gli Ent non verranno…Se per noi
giungere da Isengard ad Edoras è un viaggio di pochi giorni, per loro è un
viaggio di almeno tre mesi...Non riuscirebbero mai ad arrivare per la guerra,
nemmeno se avessero il vento sotto i piedi! – rispose con voce pacata e serena.
Eomer sospirò, quasi tentato dal fuggire verso Isengard. Ma subito accantonò
quell’idea, sorrise verso l’esercito alleato e fece loro segno di avanzare. –
Venite ora, vecchi e nuovi amici, pranziamo insieme prima della battaglia -
disse, aprendo le porte ai suoi compagni di guerra.
Una leggera pioggia da pochi minuti scivolava lungo i tetti d’oro della
cittadella, lungo le mura di pietra, sull’erba verdegg
Capitolo 31: la Guerra delle Razze
Una
leggera pioggia da pochi minuti scivolava lungo i tetti d’oro della cittadella,
lungo le mura di pietra e sull’erba verdeggiante.
Scivolava
lungo le armature d’oro e d’argento dei cavalieri, lungo le aste, gli archi,
gli elmi.
Ventimila
uomini ed elfi erano immobili davanti le mura della città, ad attendere il
nemico sotto la pioggia. Lontano, verso l’orizzonte, risuonavano i tamburi dei
nemici, mentre dalla cima della cittadella giungevano i canti delle donne e i corni
dal suono limpido e chiaro, come un tuono che segue il fulmine.
Solo
alcuni cavalieri si muovevano avanti e indietro per le file dell’esercito, a
cavallo, dando gli ultimi ordini prima dello scontro.
Il
re di Rohan si fermò davanti Elfwine ed Eorl, osservandoli con sguardo deciso:
- Quando avanzerò, voi verrete dietro di me con le éored di destra e sinistra,
dopo che gli elfi dalla città avranno abbattuto le prime file. Ricordate:
accerchiamoli come i lupi accerchiano le pecore. Io da davanti, voi dai lati –
sussurrò loro, annuendo alle sue stesse parole. – Eomer! -. Dopo aver
licenziato i due ragazzi, il re si volse e vide sua sorella avvicinarsi a lui,
celata dalla splendida armatura e trasportata dal suo cavallo. – Eowyn, tu
avrai il compito di proteggere le porte centrali della città, con la tua éored.
Se noi cadiamo, la città è nelle mani tue e degli elfi – rispose il re alla
domanda che leggeva negli occhi della sorella. Questa annuì, gli sfiorò la
spalla con una mano, poi corse verso le ultime fila dell’esercito. – Fastred,
Anarion! Proteggete le porte laterali della città, a qualsiasi costo! Gimli, tu
mi servirai tra i fanti di Gondor! Legolas, credo tu voglia stare con tuo
padre, sulle mura. Difendete le cinta e non lasciate passare nemmeno un orchetto!
– gridò verso i suoi compagni.
Sentì
poi qualcuno toccare il suo stivale, sulla staffa. Chinò il capo a terra e
attraverso l’elmo vide il suo scudiero, mastro Meriadoc, vestito della sua
armatura, che l’osservava con determinazione. Gli sorrise e senza replicare gli
diede una mano per salire su Zoccofuoco, dietro di lui.
Si
volse infine verso il suo esercito. Sospirò lentamente ed osservò Elessar,
Alatar e Faramir davanti a sè. Gli sorridevano e lo incoraggiavano solo con un
loro semplice sguardo.Sollevò appena
il capo e sguainò la bellissima spada dal suo fodero, poi prese parola: - Elfi,
uomini, nani, persino hobbit…è triste pensare che il motivo della nostra unione
è una guerra. Il dolore e la sofferenza comune ci hanno avvicinato, scavalcando
le inimicizie e i pregiudizi. Oggi, amici e fratelli, combatteremo insieme,
un’ultima volta, per la nostra terra! Questa terra, che tanto ci ha dato, che
tanto ha sofferto per noi, che tanto ha gioito per le nostre piccole felicità.
Ma ora gioite, amici miei! Vendetta e morte combatteranno con noi, oggi, in
questa estrema battaglia contro chi ci vieta la libertà!! Combattete, fratelli,
combattete per la Terra di Mezzo, per la libertà e per la morte!!! – gridò
Eomer sollevando al cielo la spada che rosseggiava alla luce del sole. I corni
risuonarono in tutto l’esercito mentre i soldati sollevavano le spade e lance
al cielo, gridando il nome del loro sovrano. Come un fulmine squarcia il cielo
sereno e desta paura in coloro che lo osservano, preannunciando una violenta
tempesta, così il nemico si fermò sulla linea dell’orizzonte, atterrito dal
corno di Rohan che risuonava nelle valli e nelle pianure, come il corno di
Orome il Grande e la potenza di Tulkas il Possente.
Poi
i corni tacquero e fecero spazio al lieve suono della pioggia che innocente
cadeva sulle lucenti armature e sulle nere spade degli orchetti. Si sentiva il
regolare respiro dei cavalieri e il digrignare dei Whiving, trattenuti a stento
da grossi orchi. Davanti all’esercito nemico una figura si stagliava alta e
possente, avvolta in una nera armatura. – Feamor…- sussurrò Alatar facendo
voltare i soldati vicini a lui. – Non abbiate paura della morte, Eorlingas!
Meglio morire in questo campo, con l’assenso dei nostri avi, che morire dentro
le nostre case, piangendo di paura! Combattete, combattete Rohirrim e cavalcate
verso la libertà!!! – urlò con vigore Eomer mentre la sua possente voce
risuonava nei cuori dei combattenti.
I
cavalli irrequieti mordevano le redini e gli scudi e le spade fremevano nelle
mani.
Alle
ultime parole del re di Rohan, il cavaliere nero sollevò la sua spada infuocata
e gli orchetti cominciarono a correre verso l’esercito avversario,
disordinatamente, le spade al cielo e gli scudi davanti al petto. Eorl sospirò
e portò al cuore la mano sinistra, dove portava l’anello di Eowen. L’osservò e
cercò di imprimere nella sua mente il sorriso della sorella. – Per te, Eowen…-
sussurrò ad occhi chiusi. Li riaprì solo quando sentì la bella lingua degli
elfi risuonare nell’aria fresca.
-
Uu Ata! (trad: non ancora!) – esclamò
Seridhil sulle mura, mentre gli arcieri attendevano il suo ordine. – Seridhil –
la richiamò Thranduil poco lontano da lei, con l’arco teso accanto al figlio.
L’elfa guerriera non badò all’elfo, ma attese…dieci metri…- Seridhil!- la
chiamò nuovamente Thranduil, alzando la voce. – Uu..Ata! – ribadì l’elfa,
scandendo le parole a tono più alto del sovrano. Ancora attese…sette
metri…sei…- SERIDHIL!!!- gridò Thranduil non tutta l’aria nei polmoni. –
Tuka!!!! (trad: tirare!) – ordinò
l’elfa; pochi attimi dopo sentì l’aria esser tagliata da una pioggia di frecce
che si abbatté sulle prime tre file di orchetti.
-
Forza Eorlingas! – gridò con furore Eomer. Quindi spronò Zoccofuoco e si lanciò
contro l’esercito, seguito dal resto dell’esercito. Le grida di morte e di
terrore degli Eorlingas atterrirono gli orchetti che come pietrificati
accolsero le spade e le lance dei nemici nei loro corpi. I cavalli trascinavano
i loro corpi, li pestavano, mentre le abili mani dei soldati affondavano le
carni malefiche del nemico. Davanti a loro, pari ad un dio, Eomer Eadig, re di
Rohan e degno successore dei suoi avi, avanzava per primo, inarrestabile.
Fiamme scorrevano nelle sue vene e nei suoi occhi, i capelli oscillavano come
onde d’oro sotto l’elmo luminoso, il cavallo di Rohan sulla sua dorata corazza
risplendeva come forgiato dalla luce delle stelle. Tutti i nemici non osavano
nemmeno avvicinarsi a lui, e ne fuggivano, mentre gli alleati e i suoi soldati
lo onoravano, gli rivolgevano grida di gioia e di lode.
Ugualmente,
Elfwine ed Eorl avanzavano come due fiumi impetuosi ai lati del nemico,
uccidendo e travolgendo qualsiasi orchetto che avessero davanti. Le loro grida
di furore risuonavano sopra ogni altra e chi li ammirava da lontano, vedeva
risplendere in essi la fiamma degli antichi re di Rohan e la forza di Orome
stesso.
Eorl
lasciò la sua lancia nel ventre di un orchetto, quindi subito prese nella mano
destra la sua spada ed uccise qualunque nemico avesse di fronte. Pensava a sua
sorella, alla vendetta che le stava dando, all’ira che stava sfogando contro
coloro che aveva provocato la sua morte. Finirà mai, allora, di uccidere,
essendo la sua ira interminabile?
Uccideva
sempre di più, con rabbia, anche quando cadde da cavallo e si perse nella
mischia, non riuscendo più a vedere i suoi soldati. La battaglia si allargava a
macchia d’olio su tutta la distesa, segno che il loro piano stava fallendo. Perché? Eravamo partiti molto bene e stavamo
per accerchiarli del tutto! Cosa ha spinto i soldati ad arretrare?, pensava
tra sé Eorl mentre continuava a difendersi e a combattere.
D’improvviso
sentì il terreno muoversi sotto di lui e la paura dei soldati sopraffarlo.
Corse verso la scorta reale che formava un cerchio intorno ad Eomer. – Mio signore,
che accade?- esclamò a gran voce il ragazzo, ansante. Eomer uscì dalla
protezione della scorta ed osservò Eorl dall’alto, senza badare al sangue che
gli scivolava appena su un occhio. – I Whiving, Eorl! Sono migliaia, stanno
venendo verso di noi! – esclamò il sovrano allarmato, mentre intorno a loro i
soldati arretravano sempre più velocemente. – Eomer! –, Elessar richiamò il re
di Rohan, – torniamo vicino alle mura, difendiamole e trafiggiamo gli Whiving
con le frecce!- . – Non ce la faremo mai, sono troppo vicini! – ribatté Eomer
scotendo il capo. – Non se qualcosa lì blocca e li tiene occupati fino a quando
voi non sarete pronti…Andate, presto, io li distrarrò! – esclamò Eorl e senza
dare tempo ai due sovrani di replicare, corse verso la linea dell’orizzonte.
Si volse e vide, oltre una decina di corpi inermi, uno Whiving
osservarlo con i suoi occhi furenti
Capitolo 32: solo me stesso
L’esercito
nemico si era ritirato lasciando liberi i Whiving che sempre di più si
avvicinavano, trascinando le catene che precedentemente li avevano trattenuti.
Eorl si tolse i guanti di cuoio ed attese che si avvicinassero di più. Che cosa
sarebbe successo non lo sapeva, ma pregava con tutto il cuore che la magia del
Miredhel avrebbe ucciso quelle malefiche creature, o almeno le avrebbe tenute
occupate con qualcosa.
Respirò
profondamente mentre già sentiva il respiro veloce e gutturale delle bestie, il
loro ripugnante odore e la loro brama di sangue e carne. Quando furono a
quattro metri da lui, Eorl sollevò le braccia al cielo non sapendo minimamente
se la magia avrebbe funzionato. In caso contrario, la conseguenza era certa ed
ovvia.
Tuttavia
accadde qualcosa che mai Eorl aveva visto in vita sua: dagli anelli uscirono
due fasci di luce, blu e rossa, che subito di diressero verso il cielo,
espandendosi in lungo e in largo, fino a formare una solida barriera magica. I
Whiving sbatterono contro di essa, cadendo a terra e gli uni sopra gli altri.
Eorl avrebbe riso per il quadro comico se non si fosse trovato davanti mille
creature infernali, nel ben mezzo di una guerra, ferito, stanco e con due
anelli incantati nelle mani. Sentiva la magia scorrergli come un fluido caldo
nelle vene. Si sentiva leggero, senza pensieri o sofferenze. Non aveva paura
delle bestie che cercavano di abbattere il muro, non aveva paura di morire, non
provava più vendetta…era libero da qualsiasi cosa.
La
magia gli parlava, gli sussurrava dolci parole…dolci o ingannevoli? Gli parlava
di potere e fama eterni, di ricchezze, di tutto ciò che voleva…se lui avesse
lasciato morire il suo popolo. Aprì di scatto gli occhi, terrorizzato. Uccidere…il mio popolo? Mai! Anche se mi
offrissero tutta la magia del mondo, mai ucciderei il mio popolo!, pensò
risoluto tra sé. E tuttavia la magia lo stava conquistando con le sue
ingannevoli promesse. Si sentiva sempre più assente e lontano da quella realtà,
come se l’anima si stesse staccando dal corpo. Stava morendo, lo sapeva…Non
riusciva a dare la colpa a nessuno, in quel momento, se non a lui stesso. Era
troppo debole per un potere così grande. Si credeva forte ma il suo spirito
aveva la forza di un infante…la magia era più potente, non poteva farci nulla.
Era chiuso in una rete che non gli permetteva di svegliarsi da quel torpore
incantato, di non udire le grida di Alatar che tentavano di svegliarlo, di non
sentire che la barriera stava per scomparire, di non aver paura della furia
ceca dei Whiving.
Poi
sentì qualcosa strapparlo dalla magia, afferrarlo da dietro e tirarlo su, verso
il cielo. Subito tornò nel mondo reale, le braccia protese in avanti ed una
confusione di rumori, grida e suoni nelle orecchie. Si volse appena e vide
delle lunghe piume scuotersi al vento del tramonto: era Gwaihir. Questi lo
condusse fino alle ultime file dell’esercito, proprio davanti le mura, poi
spiccò di nuovo il volo. Eorl osservò le proprie mani e gli anelli spenti della
luce magica. Avanzò lentamente, ancora leggermente frastornato, ma si obbligò a
rimanere a mente lucida.
Lo
scontro andò avanti per ore ed ore, fino a notte fonda. Rimanevano ancora metà
Whiving e tre quarti dell’esercito nemico…ma di Feamor nemmeno l’ombra.
Elfwine
si osservò intorno per un attimo: tentò di trovare con lo sguardo il suo amico
Eorl, ma su tutto vano. Il terreno era quasi ricoperto interamente di cadaveri
e la loro puzza ormai era divenuta sopportabile. La battaglia si era sviluppata
in tutta la pianura e alla base delle mura dove le truppe di Eowyn e degli elfi
stavano difendendo con valore la città.
Elfwine
si diresse a cavallo verso le mura, schivando i nemici. Giunse al fianco di
Eowyn che combatteva a piedi e con un profondo taglio tra la spalla e il braccio
dell’armatura. – Stai bene?- le chiese mentre scendeva da cavallo. Allontanò
l’animale e subito aiutò la zia a combattere il nemico. – Si, ma se non li
facciamo arretrare non dureremo molto a lungo!- esclamò la donna infilando la
sua spada nel ventre di un orchetto. – Più di così non possiamo, zia! Gli
uomini sono stanchi e non reggeranno per molto! Dobbiamo trattare per
un’interruzione e ricominciare all’alba! – ribatté il principe ad alta voce.
Come in risposta alla sua esclamazione, il terreno tremò violentemente e subito
l’esercito nemico raccolse a sé gli Whiving e si ritirò verso l’orizzonte, dove
si intravedevano i primi segni di un accampamento.
Pochi
minuti dopo, edificarono alla meglio un accampamento davanti le mura e
riposarono, mentre le loro mogli portavano il cibo e le anziane curavano le
loro ferite.
Eorl
entrò nella tenda che avevano preparato per lui e si tolse velocemente
l’armatura, rimanendo solo con i pantaloni neri. Si sedette sul morbido letto e
sospirò nel sentire l’aria sulla sua pelle, dopo ore ed ore a combattere sotto
chili e chili di metallo. Portò le mani dietro la testa ma sentì una fitta di
dolore dietro la schiena. Gemette appena mentre si sollevava, osservando il
sangue lasciato sulla coperta. Si tastò dietro il busto e capì di avere un
brutto taglio vicino la scapola destra. – Mio signore, ha bisogno di cure? –
sentì una voce femminile che gli parlava oltre l’entrata della tenda chiusa. –
Ehm…in effetti si, capitate proprio nel momento giusto…entrate pure – rispose
il giovane attendendo l’ospite. Entrò non un'anziana, bensì una ragazza più o
meno della sua età, con lunghi capelli neri, occhi scuri e fra le mani un
vassoio per i medicamenti. Con le gote lievemente rosse, la giovane si avvicinò
al letto e si inginocchiò dietro il ragazzo. Cominciò a trafficare con le bende
e gli oli, in silenzio. Lavò la ferita del ragazzo, poi vi spalmò sopra un
liquido fresco.
-
Ah…brucia…!- sussurrò a denti stretti Eorl, stringendo le mani. – Scusatemi,
mio signore, ma è per il vostro bene…ora dovrò cucirvi la ferita, farà male ma
sarà breve…- rispose in un sussurro umile la giovane. Con delicatezza cucì la
ferita del ragazzo che tirò un lungo sospiro di sollievo quando la ragazza
terminò la sutura. – Ho quasi finito, mio signore…solo le fasce, mio signore…-
sussurrò la giovane mentre srotolava un tessuto candido. – Non chiamatemi “mio
signore”, giacché non lo sono. Chiamatemi Eorl, un cavaliere di Rohan…e posso
sapere il vostro nome, invece? – rispose il ragazzo mentre sentiva le calde mani
della ragazza sfiorargli appena il busto mentre gli avvolgeva la ferita con le
bende.
-
Eàmane, sire Eorl…Vengo da Dol Amroth e sono un’apprendista curativa. Il mio
sire Imrahil mi ha portato con sé per curare i soldati durante la guerra…-
rispose la ragazza, mentre infine riponeva i suoi strumenti. – Eàmane…molto
piace, allora! Bhè, per essere solo un’apprendista, siete molto brava! Salvate
le persone e questo per me è molto bello…Anche a me piacerebbe fare qualcosa di
utile per il mio popolo, sapete…– rispose Eorl sorridendo. La ragazza ridacchiò
e si alzò, avanzando verso l’uscita. – Ma voi fate qualcosa di utile! Siete un
cavaliere, un soldato, combattete contro il nemico e salvate la vostra patria…!
- rispose con ammirazione Eàmane, ferma sulla soglia. Eorl la osservò per un
attimo, poi scosse il capo, sorridendo: - Io non penso sia così, Eàmane. Si, da
una parte salvo la mia patria dal nemico, ma avete mai pensato a quante persone
muoiono per essa? La guerra porta solo dolore, sofferenza e perdite continue… -
rispose chinando appena il capo. – Ma questo è il vostro compito, sire Eorl,
come il mio è quello di salvare le vite. In fondo, io salvo la vita di una
persona, voi di un popolo intero. Vi è sempre il negativo come il positivo in
tutto…- rispose sorridendo la ragazza, poi chinò appena il capo ed uscì dalla
tenda senza nulla dire.
Eorl
l’osservò andare via, poi si sdraiò lentamente sul letto, sospirando.
Concentriamoci sulla
battaglia e non pensiamo alle ragazze…non devo distrarmi o sarà finita. Però
Eàmane…che bel nome…lei non è venuta qui perché sono io, perché sono il custode
del Miredhel o un eroe o che so io…non lo sapeva, si vedeva…è venuta qui per
Eorl e basta, per un uomo qualsiasi…pensò
il ragazzo, felice di quell'osservazione.
Gli
piaceva di essere solo Eorl, un ragazzo come tutti gli altri, un cavaliere tra
i tanti. Lui era quel tipo di Eorl, non l’eroe e il Custode del Miredhel, non
il prescelto degli dèi, non il nipote di Dama Galadriel…
All’alba la battaglia riprese, più feroce di prima
Capitolo 33: assalto alla città
All’alba la battaglia riprese, più feroce di prima.
L’esercito nemico si era duplicato in quanto molti troll e molti Whiving erano
giunti da Mordor come ultima forza oscura. – Non riusciremo a distruggerli se
continuano a crescere di numero!- esclamò Eomer ad Elessar, mentre insieme
abbattevano un troll di caverna. – Lo so, ma possiamo sperare che questi siano
gli ultimi! Vieni, ritiriamo le truppe verso le mura!! – esclamò il sovrano di
Gondor, cavalcando verso Edoras. Per l’ennesima volta l’esercito condusse il
nemico a pochi metri dalle mura, per poi giustiziarli in pochi attimi.
Decimarono l’esercito degli orchetti, ma rimanevano ancora molte delle creature
più grandi e pericolose. – Legolas, Seridhil, scendete e venite a combattere! –
gridò verso le merlature Eomer, facendo cenno agli elfi di scendere.
Poco
prima che potessero tornare alla battaglia, un rombo, come di un tuono, risuonò
in tutta la pianura, sovrastano le grida di qualsiasi altra creatura. Uomini,
elfi, troll, orchetti e Whiving si volsero verso la parte occidentale delle
mura, dove un enorme varco era stato aperto da un esplosivo e da cui un fiume
di nemici stava irrompendo nella città. Grida di gioia e ghigni terribili
risuonarono nell’aria, sovrastano le grida delle donne e i pianti dei bambini.
– Noo!!- urlò incredulo Eomer, correndo verso la sua città. Eorl ed Elessar lo
trascinarono via, spingendolo lontano. – Ci sono Eowyn, Fastred ed Anarion a
proteggerla! Noi dobbiamo impedire che altri nemici l’attacchino! – esclamò
Elessar mentre cercava di riportare Eomer alla battaglia sulla pianura. Alla
fine il Rohirrim cedette ed affrontò con forza e rabbia i nemici, quelle
maledette creature che avevano osato abbattere le fortissime mura di Edoras. Questa
è l’ultima cosa che hanno fatto, lo giuro sul mio onore e sugli dèi stessi!!,
gridò dentro di sé mentre abbatteva i nemici sotto la sua spada.
-
Eowyn, porta al sicuro il popolo, conducili nell’ultimo cerchio! – gridò
Anarion verso la Rohirrim. La donna si volse e cavalcò velocemente, inseguita
dai troll che furono bloccati dalla sua éored. – Presto, venite!- gridò Eowyn
verso le donne, i vecchi ed i bambini che si affrettarono velocemente verso i
piedi del palazzo. Le guardie reali armarono le mura e chiusero il cancello che
delimitava l’ultimo cerchio della città. Subito Eowyn ridiscese velocemente le
strade vuote, verso la prima cinta. Lì affrontò il nemico, correndo a piedi tra
le loro gambe e tagliando loro i tendini degli arti. – Tagliate i muscoli! Tagliate
i tendini! – gridava mentre abbatteva i troll che poi venivano freddati dai
suoi uomini. In poco tempo ma con molta fatica i troll furono uccisi e
macchiarono con il loro sporco e nero sangue le strade della città.
Subito
dopo venne la volta degli Whiving che decimarono le truppe dei tre eroi.
Eorl
si volse di scatto verso le grida degli uomini che morivano sotto gli artigli
delle immonde bestie. Volse velocemente il cavallo dietro di sé e lo spinse al
galoppo, mentre il vento faceva ondeggiare i dorati capelli e la scura criniera
del destriero. Senza nemmeno smontare da esso, estrasse di nuovo il Miredhel e
con un grido di furia la magia esplose dentro di sé, rovesciandosi sulle oscure
creature. In pochi attimi queste morirono, scomparendo nell’aria come nuvole di
polvere. Questa volta il ragazzo riuscì a controllare la magia quanto bastava
per non soccombere. Riaprì con fermezza gli occhi e chiuse le mani sugli anelli
che subito smisero di brillare. La magia svanì ma gli ultimi Whiving rimasti
vivi lo attaccarono con rabbia. Riuscì a nascondere gli anelli sotto la cotta
che subito uno di loro lo fece cadere da cavallo, il quale impaurito fuggì via.
Immediatamente
i suoi amici lo soccorsero, combattendo contro i due Whiving rimasti, per
proteggerlo. Eorl si riprese dopo abbondanti minuti ed alla fine si alzò a
fatica. Sguainò la spada e si avvicinò all’unico Whiving rimasto, più grande e
feroce degli altri, probabilmente il loro capo. Fastred era già ferito ad un
braccio ma continuava a combattere solo con la mano destra. Eorl tentò di
ferire la bestia alla gamba, ma il suo colpo su bloccato da un calcio di
quest’ultimo. Cadde di nuovo a terra, riparandosi il viso con le braccia. Si
volse appena in tempo per vedere una scia di sangue volare nell’aria ed il suo
amico Anarion cadere a terra, con l’armatura aperta dagli artigli della bestia.
– Anarion!!!- gridò Eorl correndo verso di lui. Subito il ferito fu trasportato
in un angolo, lontano dalla bestia tenuta occupata da Fastred e da Eowyn. –
Anarion, mi senti? Anarion svegliati!- sussurrò Eorl scuotendo l’amico. Gli
tolse la corazza quasi spaccata in due. Osservò le profonde ferite sul petto ed
il sangue che macchiava il suo viso. Miracolosamente il principe aprì gli occhi
ed osservò confuso il suo amico. – Anarion, non temere, ti porteranno nelle
case di guarigioni! Vedrai, starai meglio…- sussurrò Eorl mentre quattro
soldati lo sollevavano per condurlo sulla cima della città. Eorl si volse con
rabbia verso lo Whiving che aveva ferito gravemente il suo amico, quindi si
abbatté su di lui, ferendolo ad una gamba, poi al ventre. La creatura cadde a
terra e continuò a combattere anche quando Fastred gli amputò un braccio. Alla
fine Eowyn con un urlo lo decapitò e il suo rantolo cessò una volta per tutte
mentre la sua testa rotolò fino ai piedi della sovrana dell’Ithilien.
-
Abbiamo salvato la città, grazie a te Eorl. Ma ora, se non sei ferito, devi
tornare nella pianura. Fastred, tu vai nelle Case di Guarigione, fatti curare
quella ferita e poi proteggi l’ultimo cerchio, in caso dovessi fallire. Porta
con te anche gli uomini feriti gravemente. Io qui, con i miei uomini, difenderò
le mura fin quando ce ne sarà bisogno. Andate!- ordinò la donna mentre poggiava
il peso della stanchezza sulla lancia. – Eowyn, no, rimango qui con te. Non
posso andare via sapendo che tu qui sei da sola! – ribatté Eorl scotendo il
capo, ma Eowyn l’osservò, gli circondò le spalle e lo spinse in avanti, verso
il varco aperto dal nemico. – No, Eorl, devi andare! Se ci saranno più uomini in
battaglia, le mura non saranno più toccate. Ho ancora i miei uomini e gli elfi
con me, non temere. Vai, te lo ordino! – rispose decisa la dama osservando il
ragazzo oltre l’elmo dorato. Eorl la osservò per alcuni istanti, poi corse
verso la battaglia.
Il
combattimento si era spinto abbastanza lontano dalla città, così da far pensare
al ragazzo che nessun nemico avesse più il coraggio d‘attaccarla. Trovò un
cavallo senza padrone, impaurito. – Sssh, amico mio, ci sono io qui. Vieni,
conducimi verso la battaglia…- sussurrò vicino al muso dell’animale che respirò
profondamente e si tranquillizzò. Riuscì a montare sulla sella e a farsi
condurre a pochi metri dalla battaglia. Lasciò andare via il cavallo che si
diresse al sicuro, verso la cittadella. Eorl sguainò la spada e controllò che
gli anelli fossero sotto la sua cotta di maglia, all’altezza del cuore. Avanzò
quindi velocemente verso un orchetto che stava attaccando un giovane soldato, e
lo uccise.
Il
sole e la pioggia danzavano insieme in quel giorno di sangue e di morte.
L’acqua che proveniva dal cielo sereno lavava le ferite degli uomini ma
alcontempo creava pozzanghere e fango, impedendo così delle poderose cavalcate
e un combattimento facile.
Nel
pomeriggio inoltrato erano rimasti appena trecento orchetti e quasi duemila
uomini ed elfi: la loro vittoria era ormai vicina.
Eorl
si avvicinò per un attimo ad Eomer, che ansante estraeva la sua spada dal
ventre di un orchetto. – Mio signore…mi sembra troppo strano- commentò ad alta
voce il ragazzo mentre combatteva. – Che cosa, Eorl? Che stiamo vincendo così
facilmente? Ti dirò, anche a me sembra strano!- rispose il sovrano con un lieve
sorriso sul viso coperto dall’elmo diventato quasi del tutto rosso. – Non
intendevo quello, signore! Ma insomma…Feamor si è fatto vedere all’inizio della
battaglia, ma non ci ha nemmeno sfiorati…Credete che ci stia giocando qualche
brutto scherzo?– ribatté il giovane eroe mentre insieme uccidevano un grosso
orchetto.
Il
re non rispose.
Il
cielo si oscurò, il sole s'inabissò dietro le catene montuose, le stelle
morirono, la luna fu ingoiata dalle tenebre.
La
pioggia fu asciugata da un forte e ardente vento dell’est e con esso giunse
un’ombra di paura che s'impossessò di tutti loro - uomini, elfi ed orchetti -
immobilizzandoli.
Ragazzi, ci siamo quasi: il racconto sta per terminare.
Mancano due o tre capitoli, poi sarete liberi da questo mattone! Ringrazio fin
da adesso coloro che hanno commentato o letto questa FF e che mi hanno dato la
voglia di continuarla. Grazie veramente di cuore!
Ora, prima di chiudere questo capitolo, vi lascio un piccolo
annuncio: nel prossimo capitolo la guerra si concluderà e vi sarà presentato,
finalmente, il cattivone: Feamor.
Una figura alta ed esile, avvolta in una nera armatura, si
stagliava sull’orizzonte, dietro l’esercito nemico. Questo si divise in due
parti, creando così un passaggio alla figura che avanzava lentamente verso di
loro, a piedi, una mano sull’elsa della spada.
Il
suo corpo era completamente celato dall’armatura nera, preziosa e sinistra.
L’unica parte del corpo visibile erano gli occhi, grandi profondi e chiari.
Erano quasi…umani.
Eorl
osservò il Signore Oscuro, Feamor. Si, sapeva che era lui, non aveva bisogno di
nessuno che glielo dicesse. Lo sapeva perché l’aveva sognato mille volte, lo
sapeva che sotto l’armatura, la magia bruciava. Si volse verso Eomer che
fissava quella figura dall’aspetto così nobile ed elegante, eppur pericolosa.
-
Era una trappola…era tutta una maledetta trappola, mio signore. Ecco perché la
battaglia è stata meno ardua di molte altre, ecco perché erano così pochi, ecco
perché facevano così fatica ad assediare la città. Avevano ricevuto l’ordine di
affaticarci, ma non di distruggerci del tutto…questo compito l’avrebbe
rivestito Lui stesso. Maledetto…- sussurrò ansante Eorl, osservando gli
orchetti inchinarsi goffamente al passaggio del nobile cavaliere gli Whiving
ammansirsi al suo sguardo, come bestie domestiche alle dolci parole del
padrone.
- Eorl, sta
calmo…ormai non possiamo far nulla, non possiamo fuggire…combatteremo- rispose
Alatar stringendogli la spalla, incoraggiandolo.
-
Elfi, uomini e nani…tutti presenti per una grande battaglia che si rispetti.
L’ultima, a dir la verità. Non vi deriderò perché ammiro il vostro coraggio
davanti la morte. Ammiro il vostro amore verso questa terra che se non fosse
per voi sarebbe morta già da moltissimi anni. Ammiro i vostri sacrifici, il
sangue versato e gli amici perduti…per me, per noi, per il male. Ma ditemi,
amici, che cosa sarebbe il male senza il bene, o il bene senza il male?
Potrebbero esistere senza l’altro, così come potrebbe esistere l’uomo senza la
donna, il bianco senza il nero? No, non potrebbero.
Ebbene, popoli d'ogni angolo di questa terra, sono pronto
a difendermi, sono pronto a combattere per i miei ideali, così come lo siete
voi. Combattimento leale ed a vostro vantaggio, in quanto noi siamo a mala pena
trecento mentre voi siete più di duemila. Chi è il malefico ora, ditemi…- così
disse la figura, con una voce calma e che non aveva nulla di malefico nella
voce. Il suo tono era comprensivo, umano quasi. Il suo discorso non aveva
niente di negativo: aveva semplicemente detto la verità. Eppure perché aveva
detto ciò? Di certo Eomer e gli altri cavalieri non si erano aspettati delle
parole simili. Anzi, nemmeno avevano creduto che Feamor fosse capace di parole
così profonde e…umane.
Eomer
osservò quella figura, o meglio osservò la sua armatura che tanto incuteva
timore. Sorrise appena ad un lieve ricordo che affiorò nella sua mente. Suo
figlio, Eorl ed Eowyn, che avevano nel ricordo appena novi anni, correvano da
lui con le spade in mano e delle grandi armature sul corpo, supplicandolo di
portarlo con se fuori dalla città. – Mio signore, tutto bene?- chiese Havat
osservando l’espressione serena e divertita del sovrano. Questi si volse verso
di lui, annuì e rispose: - Si, Havat, sto bene. Perlustra l’esercito e manda
dietro le mura millesettecento uomini, facendone rimanere qui solo trecento.
Presto – Il comandante dell’esercito, dapprima perplesso, spinse il cavallo
verso le varie éored. – Eomer, hai perso il senno?? Feamor potrebbe mentire!-
sussurrò Elessar osservandolo incredulo, ma Eomer scosse il capo e sorrise. La
maggior parte dei soldati tornò indietro, mentre rimasero sul campo solo cento
uomini, tra cui Eomer, Elessar, Eorl, Elfwine, Alatar, Pallando e Legolas. In
totale, su quell’immensa distesa di cadaveri e di sangue, v’erano poco più di
seicento figure.
Il
re di Rohan si volse verso i suoi amici. – Non ho intenzione di farmi
intenerire dalle sue parole, ma in parte devo ammettere che ha ragione. Eorl,
Elfwine, dirigetevi verso il lato sinistro di Feamor; Legolas, Alatar, Gimli,
voi prendete quello destro. Elessar, vorrei te al mio fianco, in queste ultime
ore - disse Eomer, osservando per ultimo il suo amico. Elessar annuì ed i due
uomini si strinsero la spalla con la mano, in segno d'amicizia. – Anche fino
all’ultimo battito di ciglia, Eomer Eadig, signore del Mark – rispose in un
sussurro il re di Gondor.
-
Anarion! - . Arwen Undomiel corse verso una barella sorretta da quattro
soldati, che conduceva suo figlio ferito. La raggiunse subito dopo dama
Lothiriel ed una giovane guaritrice proveniente da Dol Amroth. – Vieni, Arwen,
adagiamolo su un letto – sussurrò Lothiriel posando le mani sulle esili spalle
della regina di Gondor che preoccupata e con il cuore soffocato dalla
preoccupazione seguiva i soldati che spostarono il principe su un morbido
letto. Subito la giovane guaritrice, dai capelli scuri ed il fare silenzioso,
si mise all’opera, mescolando ingrediente e pestando erbe medicinali. Lothiriel
fece per condurre alla finestra Arwen ma questa scosse il capo, osservando la
dama. – Rimango qui, con mio figlio. Ti raggiungerò dopo, Lothiriel – sussurrò
con gli occhi velati di lacrime (e quando mai!// N.d.A. lol!).
Lothiriel
annuì, poi uscì dalla stanza dove era stato posto il principe di Gondor.
Attraversò la sala principale delle case di guarigione, dove le guaritrici
andavano dai feriti per assisterli. Tra tutto quel via vai, Lothiriel scorse
una figura solitaria, in piedi davanti la finestra. Eowyn, dama d’Ithilien,
osservava il susseguirsi della battaglia con tanta passione, quanto un bambino
chiuso in casa potrebbe osservare con tristezza i suoi amici giocare in piazza.
– Eowyn…cos’ hai? Ti hanno curata? – fu la prima cosa che Lothiriel le chiese,
una volta giunta da lei.
La
donna dai lunghi capelli d’oro e vestita di bianco si volse verso di lei,
sorrise appena ed indicò con lo sguardo il braccio fasciato ed una tazza
fumante sul davanzale di pietra. – Mi sono ferita durante il combattimento, ma
non me n'ero quasi accorta. Purtroppo un soldato mi ha costretta a venire qua e
le guaritrici mi hanno vietato di tornare in battaglia. Come sempre,
d’altronde, come le altre volte. Appena vengo ferita, anche se si tratta di un
graffio, subito alle case di guarigione! Attenzione che potrei distruggermi a
momenti…- rispose rabbuiata Eowyn. Lothiriel ridacchiò per l’espressione della
dama, quasi infantile, poi le posò una mano sulla spalla. – Eowyn, suvvia, non
essere così triste, non posso vederti con quell’espressione tetra. Pensa che
cosa sarebbe successo quel giorno, ai campi del Pelennor, se tu non fossi stata
portata alle case di guarigione. Non avresti conosciuto Faramir, per prima
cosa…- ribatté sorridendo. – Non l’avrei conosciuto lì, ma magari l’avrei
conosciuto all’incoronazione di Re Elessar o chissà in quale altra occasione! –
rispose sollevando le spalle Eowyn. – Si, ma non l’avresti conosciuto come hai
fatto nelle case di guarigione…- disse Lothiriel sorridendo dolcemente. Eowyn
aprì bocca per controbattere, ma non trovò nessuna parola. Aveva ragione…in
altre occasioni Faramir non le avrebbe dato tanto conforto quanto quei giorni
alle case di guarigione; le avrebbe sorriso diversamente, le avrebbe detto cose
differenti da quei momenti, forse non si sarebbe mai dichiarato.
Lentamente
Lothiriel si allontanò dalla donna immersa nei suoi più lontani ricordi. Si
volse solo dopo alcuni minuti, per dirigersi chissà dove. Se non si fosse
girata, proprio in quel momento, magari non avrebbe visto il sorriso di gioia
sul viso di suo marito che era fermo davanti la porta dell’edificio, ancora vestito
dell’armatura, ansante e l’elmo sotto braccio. Che gioia rivederlo tornare da
lei, sano e salvo! Corse ad abbracciarlo, non badando nemmeno al braccio
ferito. Faramir scoppiò a ridere e la strinse a sé, dolcemente. – E’ bellissimo
rivederti, mia dolce e bella Eowyn, dopo tanta morte, tanta stanchezze, tanti
volti morti e orribili davanti il viso. E’ come sognare cose orribili e la
mattina svegliarsi con la luce del sole che penetra nella stanza, insieme al
vento estivo e al dolce odore dei frutti…- sussurrò Faramir mentre respirava il
profumo dei capelli di sua moglie, mentre lasciava che la seta morbida
accarezzasse le sue dita sporche. – Oh Faramir, non sai quanto sono felice di
sapere che sei vivo! – rispose in lacrime Eowyn scostandosi appena dal suo
volto. L’uomo le accarezzò il volto e suggellò la sua gioia in un dolce bacio
ed in un protettivo abbraccio. – Fastred…come sta, sta bene? – chiese Faramir,
qualche minuto dopo, mentre nella stanza del figlio si toglieva l’armatura. –
Oh sì, si è ripreso prima di me. Anche lui voleva raggiungervi, ma le
guaritrici…- rispose borbottando Eowyn mentre aiutava il marito a togliersi la
casacca sporca di terra, fango e sangue. Faramir osservò il figlio dormire
serenamente, poi l’espressione contrariata della moglie. Ridacchiò divertito e
scosse il capo: - E’ meglio andare via dalla battaglia a causa di una ferita,
che andare via perfettamente integro. Eomer mi ha ordinato di sorvegliare la
città, in caso loro dovessero fallire. Ma come possono fallire, duemila contro
trecento?? – rispose scuotendo il capo. Eowyn ascoltò le sue parole in
silenzio, mentre lavava con acqua tiepida i suoi lievi graffi sul petto. – Non
prendertela, Faramir. C’è sempre del positivo nelle cose. Se fossi rimasto lì,
ad esempio, io sarei morta dalla preoccupazione e dal dubbio di non rivederti –
ribatté sorridendo la donna. – Dunque stai mettendo in dubbio le mie capacità
belliche? – chiese Faramir alzandosi e stringendo dolcemente le spalle della
moglie che rise sommessamente e scosse il capo. – No di certo, mio signore! –
ribatté ironica, poco prima di sentire qualcosa di strano nell’aria. Entrambi
si volsero verso la finestra e videro che il cielo sereno si stava oscurando
d’improvviso, che la pioggia cessava rapidamente, che tutta l’acqua sul terreno
si stava ritirando.
I
loro occhi si portarono sulla figura armata di nero che avanzava verso il loro
esercito. – Lothiriel…- sussurrò Eowyn, correndo poi verso la sala principale.
Trovò la dama di Rohan affacciata alla finestra, come altre poche guaritrici e
feriti in grado di camminare. – Lothiriel…che accade…- sussurrò Eowyn mentre
osservava gli occhi vuoti della donna. – La verità è inganno…Lui è Lei…Non
tutto ciò che vediamo…è sempre ben illuminato…- rispose con voce rotta
Lothiriel, mentre osservava fuori dalla finestra, ben oltre le montagne, ben
oltre il cielo.
Eomer si
volse verso i suoi uomini, osservò i loro volti decisi. Sospirò lentamente mentre sollevava la spada al cielo, dando segno
all’esercito di muovere verso il nemico. Altrettanto fece Feamor, ma
diversamente dagli uomini, gli orchetti e gli Whiving
cominciarono a correre, gridando e sollevando in aria le loro armi, minacciosi.
Subito gli avversari si misero in posizione di difesa, puntando contro di loro
le aste.
Molti
orchetti morirono, ma la maggior parte si lanciò contro i cavalli, disperdendo
a macchia d’olio l’esercito. La battaglia andò avanti per molto, senza che
nessuno dei due eserciti cedeva. Più aumentava il
numero dei caduti, più i sopravvissuti reagivano con potenza.
Elfwine si
osservò intorno, subito dopo aver liberato la sua spada dal corpo di un
orchetto. Davanti a sé, a pochi metri, Feamor lo attendeva.
Senza nulla
dire o pensare, il giovane avanzò velocemente verso di lui. Si fermò a pochi
metri dal nemico e lo vide estrarre la sua spada lunga, rilucente di rosso
fuoco. Con soli due passi il nemico fu di fronte a lui e lo sovrastò con la sua
altezza. Elfwine arretrò velocemente, osservando Feamor fendere l’aria.
– Hai
schivato questo colpo, ma non schiverai il prossimo!- esclamò furioso Feamor. Perché…perché
parla in questo modo? Ci ha ingannato, prima? Eppure ha mantenuto la parola,
non ha mandato rinforzi, pensò tra sé Elfwine mentre
il nemico avanza di nuovo, minaccioso. Si concentrò sul duello e riuscì a
parare il colpo del nemico. Le loro spade s'incrociarono più e più volte, senza
mai tregua.
Il sudore
scivolava sotto l’armatura del ragazzo, le gambe cominciavano a cedere dopo
quasi un’ora di duello, e la spada era diventata insopportabilmente pesante.
– Cosa c’è,
principe, siete stanco? Venite, io potrò darvi un dolce riposo! – gridò Feamor
ridendo maleficamente. Elfwine scosse appena il capo, ansante.
– Preferisco
duellare per tutta la notte, piuttosto che morire sotto la vostra spada! –
ribatté furioso.
– Vi
accontento subito, allora! – rispose Feamor sollevando la spada al cielo.
Elfwine tentò
di spostarsi, ma il colpo fu troppo pesante e veloce. Feamor sghignazzò
quando sentì la carne del ragazzo aprirsi e rompersi al passaggio della
sua spada; con piacere vide il caldo sangue sgorgare dal suo petto e sentì la
sua anima che lo abbandonava. Elfwine aprì lentamente gli occhi, non riuscendo
nemmeno a gridare dal dolore. Osservò la spada del nemico, aprì la bocca ma uscì solo sangue che si riversò sul terreno. Il
ragazzo, tremante, osservò Feamor negli occhi, così blu, così umani.
Gli parve per
un attimo di vedere un’ombra di disperazione e di profondo dolore in quelle
iridi, ma subito si ricredette nel sentire la voce del nemico: - Non meriti
nemmeno di morire velocemente. Ti lascerò qui, agonizzante. Muori, principe di
Rohan…muori…- sussurrò Feamor, estraendo lentamente la lama dal corpo del
ragazzo.
Questi cadde
a terra, lentamente, posando la schiena sul corpo riverso di un elfo. Per un
assurdo istante vide davanti a sé Eowen, vestita di bianco e di luce, che gli
sorrideva e lo salutava felice.
– Eowen…-
sussurrò, sollevando gli occhi al cielo. Il dolore era troppo per poter
rimanere ancora sveglio. Il sangue ormai lo circondava e la sofferenza era così
tanta da renderlo muto, poi cieco, infine sordo. Chiuse lentamente le pesanti
palpebre, la spada scivolò sul terreno.
Abbandonò la
sua anima tra le braccia di Mandos.
Eorl uccise
l’ennesimo orchetto, facendolo cadere a terra con uno spintone. Raccolse la sua
spada e si osservò intorno: la battaglia era ormai alla fine, solo un centinaio
di figure si muovevano sul terreno ricoperto di sangue, cadaveri ed armi senza
più padrone. Cercò il volto di Feamor, desideroso di ucciderlo. Era pieno di
sé, carico di forza, coraggio e potenza. Lo trovò, finalmente, chino su un
cadavere. Stava raccogliendo una spada ed Eorl subito la riconobbe, anche se
era lontano. Una furia cieca prese Eorl mentre cercava
di pensare che si fosse sbagliato, che quell’uomo morto, con la schiena posata
su un elfo, non era Elfwine, non era il suo migliore amico, non era lui…
-
Maledetto!!!! – urlò furioso verso Feamor che si volse di scatto ed attese. Lo
vide correre come un fulmine, dritto davanti a sé, senza inciampare sui
cadaveri, come se volasse.
– Maledetto,
lo hai ucciso!! – gridò di nuovo il ragazzo, ora fermo
a pochi metri da Feamor, incapace ancora per poco di
trattenersi. Feamor l’osservò da sotto l’elmo e lanciò debolmente la spada di
Elfwine ai suoi piedi.
– Ha
combattuto con onore e coraggio, sire Eorl…- sussurrò il nemico con voce seria
e pacata, come fosse uno di loro. Eorl si chinò e raccolse la spada,
accarezzandone l’impugnatura. Pulì la splendente lama ed osservò le sue lacrime
infrangersi su di essa come il mare contro le
scogliere. Troppo grande era il dolore per essere sopportato, ma non abbastanza
da rimanere lì, senza far nulla, senza arrecare vendetta anche ad Elfwine,
oltre che ad Eowen.
– Presto lo
raggiungerai, non temere…- sussurrò sogghignando d’improvviso Feamor.
Eorl si alzò,
posando la sua spada ed impugnando quella dell’amico, in suo ricordo.
– Io ti
ucciderò, Feamor, Spirito Dannato, Ultimo Signore Oscuro. Io ti ucciderò per
dare vendetta ai miei genitori, a mia sorella, al mio migliore amico e ad ogni
singola anima che tu hai condannato a morte. Come i miei avi hanno lottato
contro i tuoi, perseguendo una gloriosa vittoria, così io lotterò contro di te,
discendente contro discendente…la resa dei conti è questa, mio diletto nemico,
è questa…Combatti da cavaliere o muori da codardo!! –
esclamò infine Eorl correndo verso di lui. Feamor parò con estrema facilità il
colpo dell’umano, ridendo divertito. Eorl indietreggiò, bilanciando il proprio
peso. Riattaccò di nuovo, tentando di colpire il nemico al ventre. Anche questa
volta Feamor parò il colpo, e tuttavia la lama tagliò il guanto di cuoio. E’
dunque un umano…Non è uno spirito, come il suo nome lascia intendere, ma un
uomo, una creatura come me. E’ invincibile solo perché protetto da una grande
magia. Ma se io riuscissi ad abbattere questa barriera
magica…ma certo, il Miredhel!!, pensò dentro di sé il ragazzo. Alla fine il
Miredhel aveva lo scopo di combattere il male. E di certo quello era il momento
più opportuno per usarlo!
Con la mano
libera dalla spada, estrasse da sotto la corazza i due
anelli e tese la mano verso il cielo, stringendoli forte. Una luce rossa e blu
si sprigionò da essi, creando colonne di luce che
corsero in ogni direzione. Feamor indietreggiò, urlando così forte da poter
spaccare i timpani ad un uomo. Tutti, uomini ed orchetti, si voltarono verso
quella scena: la grande figura di Feamor indietreggiava davanti ad una sfera di
luce creatasi tutta intorno al cavaliere umano. Più la luce del Miredhel si spandeva
in lungo e in largo, più l’aura nera intorno Feamor
s'indeboliva e la sua stazza pareva diminuire, come se stesse morendo. Eorl sorrise trionfante, osservando la sofferenza negli
occhi del nemico, sentendosi al di sopra d'ogni altra cosa, di ogni altro uomo.
La vittoria era ormai sua e lui sarebbe diventato l’eroe del mondo, il padrone
assoluto su quella terra, l’eletto degli dèi, più potente di Alatar, più saggio
di Pallando.
D’improvviso
però, qualcosa avvenne davanti ai suoi occhi, come un mutamento. Apparve
davanti a sé sua sorella Eowen. Era in ginocchio, il viso coperto di sangue,
una ferita profonda sul petto…piangeva e lo implorava. “Eorl, ti prego,
smettila! Non usare il Miredhel, ti sta mutando in qualcosa di oscuro, di
orribile! L’ambizione, l’egoismo, l’avidità…stanno prendendo il sopravvento su
di te, Eorl, svegliati da questo sogno! Sono io, Eowen, non mi riconosci…? Non
uccidermi, Eorl, sono io…”.
– Basta,
smettila! – gridò furioso Eorl, mentre le sue parole si eliminavano a contatto
con la magia, più forte di lui. Lo stava controllando, sarebbe divenuto il
nuovo signore oscuro, lo sapeva. Allentò la presa intorno agli anelli, non per
volontà ma per debolezza. Le forze lo stavano abbandonando, Feamor stava
vincendo. L’immagine di sua sorella vorticava tutto intorno, perseguitandolo.
–
Basta…smettila…non è vero…è un inganno…sei frutto della mia immaginazione!! – sussurrò scuotendo il capo.
– Eorl,
fermati…basta, smettila…Elbereth…- mormorò Alatar, osservando la scena,
incapace di far nulla.
L’aura di
Feamor prese di nuovo vita, si spanse intorno al suo
padrone per poi raggiungere la barriera di luce creata dal Miredhel. Le due
magie, sotto il controllo dei duellanti, stavano combattendo, chi per il male
chi per il bene. Il tempo correva sopra di loro, alato e veloce. Quale sarebbe
stato l’esito del silenzioso duello? Le due luci non si muovevano perché ognuna
di loro difendeva con tutte le forze il proprio territorio. Eorl non riusciva
più a trattenere la magia, ma era la magia che tratteneva lui. Non sopportava
più il suo peso, non poteva smettere, non poteva arrendersi…ormai la magia lo
dominava interamente, anima e corpo. Ma ecco che qualcosa cambiò, interrompendo
quell’attimo lunghissimo. Un leggero sibilo giunse all’udito di tutti ed una
freccia si piantò sulla coscia di Feamor, tra due pezzi d’armatura, proprio dove
la carne era nuda. Solo un elfo avrebbe potuto tirare quella freccia, così
veloce e precisa.
L’incanto
s’interruppe violentemente, Feamor gridò di dolore ed Eorl cadde indietro, tra
i cadaveri. Gli anelli si ruppero in mille pezzi perché la loro magia era stata
sfruttata troppo ed un forte bagliore gli colpì gli occhi, scomparendo poi
nell’aria. Non poteva crederci…anche il Miredhel era morto e lo aveva
abbandonato. Gli girava la testa, ma doveva assolutamente uccidere Feamor prima
che questo si riprendesse. Sollevò gli occhi stanchi e
vide Seridhil, lontana da lui, con l’arco in mano e la corda che ancora vibrava
leggermente. Eorl le sorrise appena, ringraziandola con lo sguardo. Fu sicuro
di vedere un lieve sorriso sul volto rigido dell’elfa ed un lieve cenno
d'assenso. Ma immediata fu la reazione dell’esercito: gli orchetti gridarono e
corsero verso l’esercito nemico, concentrandosi su Seridhil che gettò l’arco a
terra, estrasse la sua spada e cominciò a lottare, difendendosi. Tutti si
distrassero dalla vera battaglia: quella tra Feamor ed Eorl. Quest’ultimo si
levò davanti il suo avversario che tentava di alzarsi.
– Questo è
per mia sorella!! – gridò Eorl sollevando la spada al
cielo.
Il silenzio
scese su di loro, di nuovo, come se ogni cosa si fosse fermata. Un atroce
grido, acuto e sottile, seguì della situazione statica. Era Feamor che gridava
di dolore. Ed Eorl, pieno di rabbia e di soddisfazione, osservò il sangue
scivolare via dalla corazza del nemicoposarsi a terra. Quando Feamor spirò,
nacque l’alba.
Ebbene,
siamo quasi giunti alla fine…Feamor è morto ed Eorl ha vendicato la morte di
Eowen e di Elfwine. Ma una sorpresa vi attende nel prossimo capitolo…brutta o
bella, vi state chiedendo? Pazientate ancora un po’ e vedrete…
Eorl estrasse
lentamente la spada di Elfwine dal corpo di Feamor. L’eroe della Terra di
Mezzo, con gli occhi puntati verso il nemico, assistette vittorioso alla sua
morte, mentre nel suo cuore battevano i tamburi della gloria. Si sentiva così
pieno di sé, ora che aveva sfamato la sua vendetta. Le anime di sua sorella e
di Elfwine potevano riposare in pace, da quel momento fino alla fine del mondo.
Il cielo si
squarciò e il sole appena nato penetrò le nubi oscure, che presto scomparvero;
i suoi raggi illuminavano le valli insanguinate e le corazze dorate dei
cavalieri, che gioivano all’alba di un giorno nuovo. Un profondo grido, come
proveniente dal nucleo terrestre, scosse l’aria e tutti i nemici, vivi o morti,
scomparvero in deboli soffi di cenere, trasportati dal vento lontano. Un boato
lentamente si fece largo tra il silenzio, proveniente prima dalla pianura, poi
dalla città. Grida di gioia, pianti felici e canti intonati dai cavalieri
risuonavano ogni dove, in segno di vittoria e di pace.
Già…la pace
era tornata su quella terra, per sempre…Eppure Eorl doveva ancora svolgere
un’ultima missione: vedere il volto del suo nemico che con tanta fatica, e con
il sacrificio di molti, aveva ucciso. Se era morto, se il corpo ancora giaceva
lì, insieme al suo rosso sangue, v’era anche il suo volto, il suo corpo…
Osservò la
spada di Elfwine e la piantò nel terreno, sospirando.
– Riposa in
pace, amico mio…- sussurrò posandosi una mano sul cuore. Si osservò poi intorno
e vide molti cavalieri uscire dalla città per abbracciare i loro compagni; vide
le donne e i bambini discendere le strade, accogliendo i loro mariti e i loro
figli davanti le mura. Si tolse l’elmo e lo lasciò cadere a terra. I raggi del
sole appena nato gli bagnavano il volto, medicando la sua stanchezza. Si
avvicinò di un passo al cadavere rovesciato di Feamor, ma subito un cavaliere
lo richiamò, correndogli incontro.
– Mio
signore, sire Eorl! Il principe è vivo, sire! Il nemico lo ha risparmiato,
riesce ancora a respirare! Lo stanno portando nelle case di guarigione, insieme
agli altri feriti!! – esclamò sorridendo il Rohirrim.
Non ha
ucciso Elfwine…è vivo…non l’ ha ucciso…ma perché? Perché gli ha salvato la
vita, perché?, pensò tra sé l’eroe, sempre più
incuriosito da quel nemico, così malefico e così pietoso insieme.
– Che possa
essere perdonato dagli dèi e che la sua anima riposi in pace…- sussurrò il
soldato, posandosi una mano sul cuore.
– Andate,
soldato, e riferite al nostro Re che lo raggiungerò a breve…ho ancora un
compito da svolgere…- sussurrò pacato Eorl, mentre s'inginocchiava al fianco di
Feamor, osservando la sua schiena. Il Rohirrim chinò
appena il capo, poi si avviò verso la città.
Intorno
all’eroe v’era la desolazione più completa e solo le
anime gli facevano compagnia. Con mani tremanti, non riuscendo più a trattenere
la curiosità e la felicità, portò il cadavere steso sul dorso, anche se a
fatica. I suoi occhi blu erano ancora aperti, come se stessero osservando
l’infinità del cielo sereno. Eorl gli osservò, perplesso. Come poteva essere
che una creatura così malefica e corrotta quale era stato Feamor, avesse degli
occhi così limpidi e belli? Eorl non indugiò oltre quei pensieri, sollevò il
capo del cadavere e fece scivolare via l’elmo.
Morì.
La gioia
cessò di battere, l’onore e la gloria si frantumarono come una finestra rotta,
la vista scivolò dagli occhi, l’udito dalle orecchie. Tratteneva il respiro,
per morire soffocato, ma il cuore palpitava sempre di più.
Misero, di
che godevi? Pagherai quel sangue, eroe maledetto…Ogni singola goccia di rubino
pagherai con le tue amare lacrime…Apri gli occhi, codardo, osserva ciò che hai
fatto!
Eorl
osservava inerme, pietrificato, il volto vellutato e candido di sua sorella.
Osservava i
suoi occhi aperti al cielo, quegli occhi che lo avevano pregato di
fermarsi…lui, cieco, non li ha visti.
Osservava le
sue labbra ancora schiuse in una tacita preghiera, rivolta a suo fratello, al
suo assassino…lui, sordo, non l’ ha udita.
Sentiva
ancora il suo profumo, un profumo unico e che non somigliava a nessuno degli
altri esistenti. Quel profumo che avrebbe dovuto riconoscere, lui che con lei
era cresciuto…ma non l’ ha sentito, accecato dalla
gloria e ammutolito dalla fama.
Comincia a
pagare il prezzo di quel sangue, eroe maledetto…
Calde ed
amare lacrime scivolarono sul suo viso contratto dal dolore. Le mani tremanti
ora sollevavano il busto della sorella. La strinse forte a sé, mentre i dorati
capelli sfioravano le sue braccia ed il terreno. Le grida ed i canti dell’esercito
vittorioso furono sovrastati dal terrificante grido di dolore del ragazzo, come
se fino a quel momento avesse preso fiato per gridare, gridare solamente.
Eppure solo Eomer ed Alatar si volsero verso la scena, mentre i cavalieri erano
ancora in preda alla gioia. In principio i due uomini osservarono increduli
quella verità terribile e funesta. Ma dovevano fare qualcosa: Eorl era ormai
morto nell’anima e avrebbe potuto fare qualcosa di insensato. Il loro dolore
era indescrivibile, ma ebbero la forza di correre velocemente verso il ragazzo.
– Eorl!! – lo
richiamò Eomer, lasciando a terra l’elmo, la spada e lo scudo.
– Eowen!!! –, gridò furioso Eorl, piangendo sempre di più, – Perché
me l’ hai portata via, maledetto?!? Perché!! Perché l’ hai uccisa!! Era me che dovevi uccidere, non lei!!!
– urlò impazzito, mentre osservava il cielo. Aveva perso sua sorella, l’unica
ragione della sua vita, e la speranza di poterla riavere. Ricordò quel suo
sussurro, a Lorien: “Non abbandonarmi,
fratellino…non farlo mai più…Resta con me, sempre ed ovunque. Ho bisogno del
mio fratellino…”. Tentava di sgombrare dalla mente quella frase e quel
volto così dolce e bello, ma fu tutto inutile…l’angoscia, la colpa e il dolore
presero il sopravvento, avvolgendogli intorno al collo una corda, pronta per
essere stretta…
Cullò il
corpo di sua sorella, mentre le baciava il viso e le mani, mentre le sue
maledette lacrime scivolavano sulla nera armatura della sorella e sul suo
marmoreo volto.
Si scostò
lievemente dal corpo della sorella, osservandola. La forza per stare in piedi
si stava esaurendo. Quel sorriso, quei baci affettuosi, quel tono di
rimprovero, quei gesti leggeri…tutto di lei era scomparso, per sempre...
–
Eowen…perché…perché mi hai abbandonato…Ho bisogno di te, Eowen - sussurrò il
ragazzo. Posò poi la sua salma sul terreno e lentamente si sollevò, tremando.
- Eorl!! –
ripeté di nuovo Alatar, giunti vicino al ragazzo. Questi si volse lentamente ed
osservò freddo lo stregone e il sovrano.
– Andate
via…non vedete? Io e mia sorella vogliamo rimanere da soli…io e lei…per sempre
insieme…- sussurrò fissando il viso della sorella. Poi afferrò la sua spada e
velocemente la diresse verso di sé, per togliersi la vita.
– No Eorl,
fermati!! – gridò Eomer, stringendogli il polso.
– No,
lasciatemi!! Voglio stare con mia sorella, lasciate
uccidermi!! - gridava Eorl, impazzito, dimenandosi e
tentando di liberarsi dalla forte presa del re.
– Eorl,
ascoltami! Non è stata colpa tua, non puoi fare nulla! Non lo sapevi che lei
era Feamor, nessuno di noi lo sapeva! – gridò il sovrano allontanando la spada
dal ragazzo ed abbracciandolo.
– E’ colpa
mia invece! Io dovevo proteggerla, dovevo stare sempre con lei, per sempre!
L’avevo promesso, l’avevo promesso!! – urlò piangendo
Eorl, poggiando la fronte sulla spalla del sovrano.
Lentamente
Eomer riuscì a tranquillizzarlo, sussurrandogli parole di conforto. Alatar nel
mentre prese tra le braccia la ragazza e constatò che la sua anima aveva
abbandonato il corpo da molto tempo. Non poteva dire ad Eorl che quella volta,
nell’Erebor, Eowen era stata presa da Feamor; che Feamor si era impossessato
del suo corpo, per potersi muovere tra la battaglia…non poteva dirgli tutto ciò
ed anche altre cose che lui stesso non sapeva. Accarezzò il viso di Eowen e le
posò un bacio sulla fronte, sospirando.
– Riposa in
pace, Eowen, figlia di Elenwen, Custode del Miredhel…- sussurrò in elfico, ad occhi chiusi. Nel frattempo molti cavalieri si
erano avvicinati, insospettiti dai pianti e dalle grida. Sospiri e preghiere mormorati
risuonavano nell’aria immota insieme al disperato pianto di Eorl. Alatar andò
ad abbracciare il ragazzo, sussurrandogli anch’egli parole di conforto, mentre
Eomer stava per sollevare la salma della vergine guerriera.
– No…voglio
portarla io…- ordinò Eorl, dopo aver pianto tutte le sue lacrime e sputato
fuori tutta la sua ira.
Tutti i
cittadini, dal poveroal
nobile, dal bambino all’anziano, recavano omaggio a fratello e sorella, con le
teste chine e le labbra che si muovevano in dolci melodie e sentite preghiere.
Tutti lì, presenti, ad onorare chi aveva portato la pace nella Terra di
Mezzo…con la morte e con il dolore.
Ed infine eccoci qui, al colpo di scena. Quel poco di bontà che era
rimasta in Feamor, era stata soffocata dalla sua potente malvagità. Aveva preso
possesso del corpo di Eowen, nell’Erebor. Chiedo
perdono per la lunga descrizione della morte di Eowen, ma è una scena troppo
toccante per non essere descritta nel minimo dettaglio! Anzi, doveva essere
molto più lunga di questa…
Inoltre
volevo dirvi che con la morte di Eowen ho, in un certo
senso, onorato quella di un personaggio di un famoso autore
rinascimentale…vediamo se indovinate chi è.
Bene,
adesso vi lascio tra le vostre lacrime (spero di averle suscitate qualcuna!), e
vi aspetto al prossimo, penultimo capitolo.
Elfwine ed
Eomer entrarono in silenzio nella camera dove le guaritrici stavano lavando il
corpo di Eowen. Subito videro due anziane pettinare i lunghi capelli d’oro
della giovane, come se la stessero preparando per il suo matrimonio. Accanto al
letto, seduto ricurvo su una sedia, stava Eorl, ancora vestito della sua
armatura e con i capelli sciolti sul volto bianco e senza espressione.
I
due cavalieri entrarono e si sedettero vicino al letto, chiudendosi in
preghiera. Elfwine sollevò gli occhi verso le mani di Eowen,
intrecciate sul petto; osservò il suo bel volto, orfano del familiare sorriso;
osservò le ferite, osservò la bianca veste, osservò le candide lenzuola.
Crudele, malefico destino, che ha voluto la morte di un germoglio appena
sbocciato, lasciando in vita le vecchie querce.
Le
guaritrici terminarono il loro lavoro, si inchinarono davanti ai reali, poi
uscirono in silenzio dalla stanza. Nessun boccale era colmo di birra, nessun
canto di gioia e nessuna risata felice risuonavano nella sala del trono del
palazzo…tutto il villaggio era coperto da un mantello nero.
-
Eorl…dovresti riposare e farti curare quelle ferite…- azzardò Eomer, rompendo
il silenzio venutosi a creare nella stanza.
– Fra poco,
si…andrò fra poco…- sussurrò Eorl fissando il volto di sua sorella. Eomer chinò
il capo e chiuse lentamente gli occhi, sospirando. Aveva trattato male Eowen,
la sera del ritorno di Elfwine. Avrebbe voluto chiedergli scusa per quella
volta e per tante altre: per non averla fatta uscire dalla città, per averla
protetta troppo, per non aver lasciato che diventasse un cavaliere di Rohan.
Voleva solamente piangere per non aver fatto e detto tutte quelle cose, ma non
riusciva nemmeno a versare una lacrima…stanchezza, dolore? Forse entrambe,
forse tante altre motivazioni…Aveva perso una figlia e non le aveva chiesto
scusa per le lacrime che ha versato per i suoi stupidi
ordini. Ma forse era ancora in tempo, forse lo spirito di Eowen avrebbe
accettato le sue scuse…
Si alzò
faticosamente dalla sedia, come oppresso da un gran macigno; non badò al dolore
del braccio rotto e s'inginocchiò vicino al letto della vergine. Le strinse
dolcemente la mano fredda. – Perdonami, Eowen…se puoi, perdonami e accetta le mie scuse…- mormorò vicino al suo orecchio, poi
si alzò lentamente ed uscì dalla stanza, lasciando i due amici soli con i
propri pensieri.
Elfwine
osservò Eorl e pensò che probabilmente non l’avrebbe visto sorridere per i
prossimi anni. Pensò anche a quel novello sentimento che era nato tra lui ed
Eowen, lungo il viaggio: la sera a Rivendell, il bacio a Lorien,
il sorriso lungo l’Anduin e lo sguardo di
disperazione nell’Erebor, mentre la vedeva scomparire nel terreno. Irato, chinò
velocemente il capo. Non poteva credere che l’ultimo ricordo che aveva di
Eowen, era uno sguardo terrorizzato!! Perché il fato
era così malefico verso di loro?…Il destino aveva vinto, di nuovo. Non solo gli
aveva portato via la sua amata, ma anche il suo migliore amico. Si, Eorl era
lì, vivo, ma dentro di se sapeva che egli era morto appena aveva visto il viso
di sua sorella…Lui stesso sarebbe in quella situazione se avesse visto sua
sorella nelle veci del nemico, dopo averla uccisa con le proprie mani. Ma
doveva fare qualcosa, almeno parlargli…
Si alzò
lentamente e si sedette vicino all’amico, posandogli una mano sulla spalla.
– Eorl…io…non
so cosa dirti…so che non posso alleviare le tue sofferenze, ma devi pensare che
la colpa non è tua, non è di nessuno…non potevamo saperlo. Non dico che adesso
tutto è risolto, ma non puoi vivere per sempre pensando che è colpa tua…perché
non è vero, Eorl. Non è vero – mormorò con tono debole ma deciso. L’amico si
volse lentamente verso di lui, osservandolo senza espressione.
– Anche se
quel che tu dici fosse vero…ti sentiresti meglio? O penseresti comunque che è colpa tua? Riusciresti a mettere da parte il dolore e la
disperazione, lasciando posto alla razionalità? Se è così, dimmi come fai,
amico mio…Perché il dolore che provo è divenuto insopportabile e la
disperazione mi stringe forte il cuore, facendolo rompere in mille pezzi
d'agonia…- sussurrò Eorl in tono sempre più debole e tremante, fin quando le
lacrime cominciarono di nuovo a solcargli il volto.
– Eorl…io…-
rispose pietrificato l’amico. I due amici si abbracciarono mentre
Eorl tentava di soffocare e sopprimere le lacrime che di nuovo gli rigavano il
viso distrutto.
E’ vero, Eorl
aveva ragione: nemmeno lui avrebbe trovato pace nelle sue parole. Ma doveva
esserci una soluzione! Non poteva vedere Eorl, il suo migliore amico, suo
fratello, in quello stato!.
– Forse è
meglio che riposi, ora, amico mio. Il sonno ti porterà un po’ di forze e di
conforto, almeno…- sussurrò stringendogli le spalle. Finalmente, dopo ore e ore
di veglia e di battaglia, Eorl acconsentì. Elfwine l’aiutò a sollevarsi e lo
accompagnò a lenti passi verso la sua stanza.
Pochi minuti
dopo entrarono nella stanza Seridhil ed Adrin. Videro
al centro della stanza, illuminata da deboli raggi del sole, il letto dove era
stata adagiata Eowen, circondata dai suoi averi e dalle sue armi. I due elfi si
avvicinarono lentamente, accompagnati dalle preghiere mormorate dalle anziane
presenti. Si avvicinarono al capezzale ed osservarono il marmoreo e sereno
volto della ragazza.
– Non posso
crederci, Adrin…dopo tanta fatica, tante sofferenze,
tante delusioni…Feamor l’ ha uccisa. Aveva faticato e sofferto tanto, superato
con coraggio gli ostacoli che le avevano sbarrato il cammino. Non la conoscevo
bene, certo, ma appena la vidi, quel giorno a Lorien,
capii subito che nonostante l’età fosse di spirito forte e deciso. Si era
assunta la responsabilità della missione, era decisa ad andare fino in fondo…e
c’era quasi riuscita – sussurrò la guerriera stringendo i pugni. L’elfo le
strinse dolcemente le spalle con un braccio, dandole un bacio sulla fronte. –
Lo so, mea melin…ma purtroppo il destino ha voluto
così. Non possiamo far nulla, se non pregare per la sua anima…Anch’io la
conoscevo poco, ma anch’io ho visto nei suoi occhi la determinazione e il
coraggio che caratterizzano sia il nostro che il suo popolo. Era molto
giovane…troppo per dover morire così presto…- sussurrò l’elfo, osservando la
salma. Seridhil annuì lentamente, asciugandosi le lacrime: - Era davvero figlia
di Elenwen. Ma ora, mea melin, lasciamo che le donne del suo paese preghino per
lei…i nostri fratelli ci attendono, vogliono sapere che cosa faremo ora, senza
una guida…- rispose l’elfa, osservando il suo amato. Questo annuì appena, poi
la baciò lievemente ed uscirono dalla stanza, dopo aver osservato per l’ultima
volta la Custode.
Passarono
alcune ore, in cui la stanza mortuaria accoglieva le persone che erano state
care ad Eowen. Lothiriel, Faramir, Eowyn, Elessar ed Arwen, Fastred ed
Eldarion…tutti si erano recati da Eowen per il loro ultimo saluto.
Alla fine fu
la volta del vecchio stregone blu. Aprì la stanza e si fermò sulla soglia,
osservando il capezzale in silenzio. Appena lo stregone giunse, le anziane
uscirono in silenzio dalla camera. Alatar si avvicinò al letto e si sedette
lentamente.
– E dunque, Eowen,
eccomi qui. Il tuo maestro è venuto a salutarti. Lo so, sono in ritardo, tu sei
andata via già da molto. Eppure ti sento, sei ancora qui tra noi…So che ti
beffi del nostro dolore, che non è nulla, nemmeno un assaggio, di quello che tu
hai sopportato. Non hai potuto lottare, ma non importa…Presto ti raggiungerò,
mia piccola Eowen, e prima o poi anche quelli che ora sono vivi e ti
compiangono. Sei stata una brava discepola, forse un po’ troppo loquace, ma buona! Ti confesso che ero molto affezionato a te,
come un nonno può esserlo verso sua nipote. Ho cercato di proteggerti in ogni
modo, Eowen, ma alla fine il destino ha posto un ostacolo tra me e te e non ho
potuto far nulla.
Devo inoltre
chiederti scusa…non ti ho mai detto molto di me. Non sai da dove vengo
esattamente, non sai da dove vengono nemmeno i miei poteri, non sai perché sono
lontano dalla mia patria e perché non posso farvi ritorno. Non ero visto bene
nelle Terre Immortali, sai? D’altronde come anche il mio amico Pallando.
Eravamo stati ritenuti dei traditori, dei deboli che c’eravamo uniti al nemico
per desiderio di potere. Andammo via allora, celando le nostre presenze e
facendo dimenticare le nostre essenza. Nessuno è mai
riuscito a trovarci, nemmeno Saruman o Gandalf…fino alla tua nascita, Eowen. Allora
comincia a vagare per le terre degli uomini, acquistando la loro fiducia, fino
a diventare “Alatar il saggio”. Gli dèi videro che le mie azioni erano buone,
come quelle di Pallando. Bhè, alla fine se potrò tornare al di là del fiume, è
solo merito tuo, Eowen. Quindi…grazie, grazie di cuore per tutto, per ogni
singola giornata vissuta insieme, per ogni passo fatto, per ogni parola
scambiata, per ogni lezione imparata…per ogni lacrima versata. Grazie –
pronunciò lo stregone, osservando con un sorriso il volto di Eowen. Batté le
palpebre e due lacrime gli solcarono il viso, scomparendo nella folta barba
argentata. Si asciugò subito gli occhi quando sentì il
lieve cigolìo della porta.
Entrò un uomo
con indosso un lungo mantello nero, gli occhi scuri e i capelli del medesimo
colore. Si avvicinò al capezzale, osservò senza dir nulla Eowen, poi si volse
verso Alatar e sorrise appena.
– Ah, sei
tu…- sussurrò lo stregone osservando la figura familiare.
– E chi ti
aspettavi, Alatar il Saggio, Lui? – rispose sorridendo l’uomo vestito di nero.
– Sei venuto
a prenderla, immagino…come mai di persona?- chiese con tono tranquillo Alatar.
– Ne è
degna…E’ stata Custode, la tua eletta. E poi voglio essere sicuro che sia
morta…- rispose l’uomo sollevando le spalle.
Avvicinò il
viso alla salma, respirò lentamente, ad occhi chiusi, poi ritornò in posizione
eretta ed annuì: - Si, è morta davvero…- annunciò.
– Questo già
lo sapevo- rispose Alatar osservando Eowen.
– Mi dispiace
per la ragazza, Alatar, ma è la legge- sussurrò con tono serio l’uomo vestito
di nero.
– Sì, lo
so…prendila pure, è tua – annuì Alatar, sospirando.
- Io non
credo – annunciò una voce limpida dietro di loro. I due uomini si volsero e
videro una donna sulla soglia della stanza. Questa avanzò, mostrandosi: era una
signora di mezza età, il vestito e i capelli grigi, il viso pallido e gli occhi
chiari.
– C’è
qualcosa che non mi quadra…Non dovresti essere qui – ,
commentò l’uomo dal nero mantello, perplesso, - quest’anima è mia, oppure…c’è stato
un cambiamento? – chiese infine.
La donna
annuì, sorridendo dolcemente ed avvicinandosi ai due: – Esatto, fratello,
cambiamento. Aaye, Alatar…è da molto che i nostri
cammini non s'incontrano. Ti ho seguito molto, in questi anni, ed ho notato che
molto hai appreso da me. Sono contenta di ciò – rispose pacata la donna. Alatar
annuì appena, lentamente.
- Bene,
allora la mia presenza qui è inutile. Torno nelle mie aule…sorella, a presto.
Alatar, Namaarie – salutò l’uomo, prima di uscire
lentamente dalla stanza. Alatar rispose con un lieve chinare del capo, poi
spostò la sua attenzione sulla donna che osservava il volto di Eowen.
– Sei sicura
di ciò che stai per fare? Lui potrebbe non essere d’accordo. Alla fine stai
disubbidendo ad un suo volere…- chiese Alatar chinando il capo d’un lato.
– Ne sono
sicura, Alatar. Egli non ha potere contro il suo supremo capo, lo sai. Ed è il
supremo che me l’ ha ordinato. C’è stato un cambiamento di rotta, diciamo…- , rispose sorridendo la donna, poi strinse dolcemente la
mano di Eowen e sussurrò: - Edelthari, figlia di Elenwen, regina degli elfi…- .
- Bene, ora
andiamo…- disse Alatar avviandosi verso la porta. La donna annuì ed insieme
uscirono dalla stanza, senza voltarsi indietro.
La brezza
fresca del mattino entrò nella stanza, dalla finestra, ed un sussurro leggero
trasportò, come di un sospiro. I capelli biondi di Elwen
furono smossi appena. E le labbra viola si mossero appena, in un appena
accennato sorriso.
“Ed infine, siamo giunti alla fine di questo lungo viaggio.
I nostri eroi hanno di certo faticato molto per salvare la loro patria:
hanno combattuto fino allo svenimento, si sono feriti, sono morti, hanno
commesso gravi errori…ed anche se alla fine il destino li ha comandati, gli dèi sono dalla loro parte…
E dunque,
stavo pensando se alla fine i lettori di questo mio racconto – magari tanti,
magari pochi – si siano chiesti chi fosse il narratore, colui che vi ha
descritto le avventure dei fratelli mezzelfi e dei suoi compagni.
Io sono
Tinlome, un abitante di queste magnifiche terre…e sono stato il vostro
narratore dalla prima pagina fino ad ora.
Ho
costruito con voi questo libro…sarete sempre con me, tra queste pagine, tra
queste parole, a ricordare che senza di voi io sarei nulla.
Ma forse
ora vorreste sapere cos’è successo dopo la guerra, cosa è capitato ai nostri
eroi. Volete davvero saperlo? Siete sicuri? Ebbene, ve lo dirò.
Sono
passati esattamente ventitre anni dalla battaglia, da quel giorno in cui il
male è scomparso per sempre dal mondo. Gli dèi hanno premiato il coraggio degli
uomini ed ora loro abitano tra noi. L’armonia e la pace finalmente albergano
queste lande, dopo quasi quattro Ere di lotte, battaglie e sofferenze. Sire
Elessar governa con giustizia il suo regno, così come anche Re Eomer, che
ospita nel suo Palazzo Alatar il Saggio. Dama Seridhil, insieme a ser Adrin,
hanno ricostruito Minas Ithil, nel territorio dell’Ithilien, ed ora lì vivono,
custodendo di nuovo la torre di luna. Re Thranduil II ha potuto riavere le sue
terre e si è preoccupato di curare Bosco Verde dal veleno lasciato dagli
Whiving.
Insomma…tutto
è tornato alla normalità, con qualche nuova grande modifica. Tutti siamo pieni
della luce divina e di notte le stelle di Varda
risplendono come gemme…come il Miredhel.
Forse ora
penserete che vi dica di Eowen, Elfwine ed Eorl, i nostri protagonisti ed eroi.
Ma vi sbagliate, non vi dirò nulla su di loro, lasciandovi la soddisfazione di
pensare voi ad un finale. Vi lascerò invece con un saluto e magari con
l’augurio di rivederci presto.
Vi
ringrazio dal più profondo del mio cuore, per avermi assistito e seguito pagina
per pagina, dal primo al trentottesimo capitolo…Che gli
dèi possano amarvi per sempre!
Tinlome”
Il giovane osservò la lettera
scritta nell’ultima pagina del suo libro e soddisfatto lo chiuse, riponendo il
pennino e posando per un attimo lo sguardo sul titolo: “Miredhel”. Sorrise
felice, posando il capo sul tronco della quercia ai cui piedi riposava. Era estate,
faceva molto caldo ma in quel prato, sotto
quell’albero, si stava davvero bene. I biondi capelli oscillavano al flebile
vento ed il viso rilassato si godeva quell’atmosfera di pace.
- Tinlome, vieni! – esclamò una voce
femminile, lontano, proveniente dalla grande radura. Il giovane aprì di scatto
gli occhi verdi ed intravide, sulla soglia di un balcone, una donna giovane,
vestita di una veste bianca, con ricci d’oro che le ricadevano sulle spalle. La
mano destra poggiava sul ventre rigonfio che a mala pena riusciva a vedere.
– Arrivo,
madre! – rispose ad alta voce Tinlome. Si alzò dal terreno, ma non si diresse
tuttavia verso la radura di Lorien, bensì a pochi metri dall’albero. In quello
stesso spiazzo, infatti, v’erano state depositate due statue, raffiguranti un
uomo e una donna. Lo scultore più bravo del villaggio le aveva create, molto
simili a quelle di Rivendell, ma a suo parere più belle e
reali.
Pose
delicatamente il libro tra le mani della statua femminile, che sorrideva come
per ringraziare il nipote.
–
Per te, nonna, affinché la nostra storia non abbia mai
fine…- sussurrò il giovane sfiorando le marmoree mani con le proprie.
–
Tinlome, non far arrabbiare tua madre o sono guai! – esclamò la voce possente
ma divertita del padre.
Tinlome
ridacchiò, sentendo risuonare quella frase tra i boschi. – Si
eccomi, arrivo!! – ribatté quasi urlando, cominciando ad arretrare.
Con un gesto
veloce della mano salutò le due statue, poi corse velocemente verso la casa dei
reali di Lorien.