Miredhel

di Frulli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sogno ***
Capitolo 2: *** Il ritorno degli eroi ***
Capitolo 3: *** Orgoglio femminile ***
Capitolo 4: *** Il viaggio comincia ***
Capitolo 5: *** Pensieri di un Re ***
Capitolo 6: *** Ricordi di una strana fanciullezza ***
Capitolo 7: *** La Breccia di Rohan ***
Capitolo 8: *** Fino alla fine del mondo ***
Capitolo 9: *** Isengard ***
Capitolo 10: *** Non è un incubo... ***
Capitolo 11: *** Il Whiving ***
Capitolo 12: *** La verità ***
Capitolo 13: *** La tomba di Durin ***
Capitolo 14: *** Neldorim ***
Capitolo 15: *** Cosa sta succedendo? ***
Capitolo 16: *** La verità ***
Capitolo 17: *** la Luna di sangue ***
Capitolo 18: *** l'ombra di Lorien ***
Capitolo 19: *** Elenmir ***
Capitolo 20: *** La guerriera e lo stregone ***
Capitolo 21: *** Speranza ***
Capitolo 22: *** La strada di casa ***
Capitolo 23: *** L'ombra giunge ***
Capitolo 24: *** Il tempo si ferma ***
Capitolo 25: *** Una frettolosa partenza ***
Capitolo 26: *** Per la mia terra ***
Capitolo 27: *** Chi è l'alter - ego? ***
Capitolo 28: *** Distanti ***
Capitolo 29: *** L'unica via ***
Capitolo 30: *** Soccorso ***
Capitolo 31: *** La Guerra delle Razze ***
Capitolo 32: *** Solo me stesso ***
Capitolo 33: *** Assalto alla città ***
Capitolo 34: *** Dubbi e inganni ***
Capitolo 35: *** Vendetta ***
Capitolo 36: *** L'alba dell'eroe maledetto ***
Capitolo 37: *** Ultima battaglia ***
Capitolo 38: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il sogno ***


Capitolo 1:

Capitolo 1: il sogno

 

Vi racconterò una storia. Non una storia di famosi eroi, re ed elfi che hanno portato il bene nella Terra di Mezzo. Non vi narrerò della Guerra dell’Anello, né di quella del Fosso di Helm. Anche se sono passati più di venti anni dalla fine della Terza Era, queste storie sono narrate ogni qual volta che ve n’è l’occasione, da qualsiasi persona. Vi racconterò la storia di una semplice ragazza, semplice davvero. Una ragazza che abita a Rohan, più precisamente ad Edoras. Guardate, è nella sua stanza illuminata da una singola candela sul tavolo. Guardate, sta parlando. Ascoltiamo cosa dice…

“Mi trovo nell’Oscurità. Non vedo nulla, se non un bagliore blu davanti a me. Avanzo, incerta, spaventata ancora, sospesa nel buio. Osservo il bagliore sospeso sopra un piedistallo di pietra. E’ una gemma! Avanzo verso il piedistallo, verso la gemma che brilla come il sole. Allungo la mano verso l’oggetto e nello stesso istante due mani sento posarsi sulle mie spalle. Mi volgo e vedo due figure davanti a me, che mi sorridono, un uomo e una donna. L’uomo somiglia molto ad un Rohirrim: alto e possente, occhi verdi e capelli castani. La donna, invece, sembra fatta di luce e faccio fatica a credere che sia una mortale e non una dea: alta, esile, portamento nobile, occhi colore del mare, lunghi capelli d’oro, brillanti. Entrambi hanno negli occhi un’ombra di mistero e il loro sorriso è così sereno che entrambi paion le creature più felici della terra. Poi vedo qualcosa dietro di loro, un’altra figura. L’armatura d’oro lucente cela le sue fattezze, l’elmo dalla lunga criniera nasconde il viso, lasciando intravedere gli occhi chiari. La mano sinistra stringe una lunga spada la cui lama brilla da sé, nella destra invece stringe lo stendardo di Rohan, con il bianco cavallo che  galoppa. Quella è stata l’ultima immagine del sogno, poi mi sveglio.”

Alatar osservò gli occhi limpidi della ragazza seduta davanti a sè, alla luce della candela nella buia stanza del Palazzo d’Oro. Stava dicendo il vero, lo sapeva, ma non riusciva a comprendere a pieno il senso di quel sogno. Eppure quella gemma….- Suppongo che le due persone che ti hanno sorriso siano i tuoi genitori- rispose pacato lo stregone blu. La ragazza scosse il capo, ridacchiando. –Sai bene più di me che i miei genitori erano contadini di Edoras, Alatar. E quella donna e quell’uomo non avevano certo l’aspetto di due contadini. Essi sembravano…- . -…elfi? Si, comincio a pensare che lo fossero - rispose pacato lo stregone. La giovane davanti a lui spalancò appena gli occhi blu, incredula. –Cosa?!? Oh, andiamo! Se loro erano elfi, ciò significa che anche io dovrei esserlo, no? Ma non mi pare di avere orecchie a punta!- esclamò ad alta voce, facendo cenno di alzarsi; lo stregone però le afferrò l’avambraccio con forza ma anche con dolcezza, facendola rimanere sulla sedia. – Ho detto che comincio a pensare a questa ipotesi…ma ho bisogno di certezze, di risposte - . La ragazza scosse di nuovo il capo, sospirando mentre lo stregone le strinse la mano dolcemente. –Eowen, so cosa stai pensando. Dove troverò risposte a simili domande? Ma vedi, ci sono cose che i libri e le parole non possono contenere. Ma la memoria di una madre si…Partiremo domani all’alba, Eowen. Tieniti pronta ad un lungo viaggio – disse  l’ultima frase mentre percorrevano il lungo corridoio principale che portava alla sala del trono.

–Alatar! Dove andiamo, che dirà il re??- esclamò la giovane camminando velocemente dietro lo stregone che si fermò di colpo davanti una porta di una stanza chiusa. Sorrise dolcemente alla ragazza, posandole una mano sul capo. –Sfoglieremo la memoria di un’elfa di Lòrien. Per quanto riguarda Eomer, lui capirà, è un re saggio. Dopo il banchetto, quando tutti saremmo riuniti, darò l’annuncio della nostra partenza. Tu intanto prepara le tue cose!- e detto questo entrò nella stanza e si richiuse la porta dietro le spalle, lasciando Eowen sola nel corridoio.

 

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Capitolo 2
*** Il ritorno degli eroi ***


Capitolo 2

Capitolo 2: il ritorno degli eroi

 

 

Eowen osservò la porta chiusa, poi ripercosse il corridoio, diretta alla sua stanza. Entrò, sospirando. Non poteva essere un’elfa, era impossibile! Per prima cosa non aveva i caratteri semantici della razza, a cominciare dall’alta statura e dalle orecchie a punta. Ma c’era qualcosa negli sguardi delle sue figure del sogno, come se la conoscessero da molto tempo, da quando è nata…

Sospirò ancora, lentamente, scosse il capo. Io sono una dama di Rohan, sarò una guerriera che difenderà la sua patria e combatterà al fianco del suo sire, come dama Eowyn, pensò Eowen sorridendo. E subito il pensiero andò agli avvenimenti passati che sempre le raccontava il re Eomer ed Elessar: l’oscurità nei loro volti,  la paura della gente, la corruzione, il male che imperversava ovunque. E poi l’Anello, Frodo dalle Nove Dita, Samvise l’Impavido… Il sacrificio di Boromir e Theoden, che sono morti per i loro ideali, per la loro patria…Quale morte più venerabile di questa…! Preferirei morire a questa giovane età ma combattendo, piuttosto che vivere cento anni e più, vecchia, senza la gloria e l’onore, morendo di una malattia che mi logorerebbe lo spirito e il corpo lentamente, chiudendo per sempre gli occhi nell’ agonia, pensò decisa. Si trovò poco dopo a ridacchiare al ricordo delle parole che sempre le diceva Elfwine, il figlio del Re: “Se fossi nata maschio, di certo saresti stata un grande Cavaliere di Rohan!”. Perché non esserlo anche da donna? Perché le donne non possono combattere in guerra per amore del re e della patria?, sempre queste domande si poneva la giovane Eowen, anche in quel momento, mentre si stava posando sulle spalle il mantello verde sopra i comodi abiti maschili. Ancora pensierosa uscì dalla sua stanza, richiudendosi la porta dietro le spalle. Avanzò lungo il corridoio e dopo alcuni minuti, seguendo un tragitto segreto, si ritrovò davanti il portone d’ingresso, aperto per accogliere le dame e i messeri che entravano nel palazzo. Sorrise, felice…

Sulla terrazza osservava davanti a sé, oltre le torrette, oltre le mura di cinta. Purtroppo l’occhio le cadde su quattro figure che avanzavano in vestiti sfarzosi ed ebbe un tuffo al cuore per la tristezza e la rabbia: stava avanzando Wùlf, cugino di secondo grado di re Eomer, insieme a sua moglie, al suo primogenito e alle sue figlie gemelle. Tutte e cinque le figure erano orribilmente lussuriose, superbe e stizzite nel vedere gente semplice salire i gradini che conducevano alla dimora signorile. –Mia signora Eowen,buona sera- la salutò gentilmente una anziana che lei risalutò con altrettanta gentilezza. –A quanto pare mio cugino si è ridotto davvero male: accoglie nella sua dimora vecchie e poveri, senza dare il giusto benvenuto ai suoi parenti. Dovrebbe insegnare agli orfanelli che i ricchi sono più importanti dei poveri- proferì con estrema calma Wùlf, una calma quasi irritante. Eowen si volse verso di loro e notò che il primogenito la osservava con troppa insistenza: un motivo in più per odiare quella gente che credeva di possedere tutto il mondo con la sua ricchezza. –Almeno i poveri hanno più cervello dei ricchi, Wùlf - rispose pacata Eowen, osservandolo. L’uomo digrignò appena, come un cane, poi entrò nel palazzo, stizzito.

Eowen sorrise trionfante mentre aiutava l’anziana donna ad entrare nel palazzo, ma si fermò proprio sulla soglia udendo suoni di corno da lontano. Si volse di scatto verso i cancelli ed oltre vide una nube avvicinarsi velocemente. Scese velocemente verso l’ingresso della città ,sorridendo felice. Attese la compagnia di cavalieri di Rohan e rimase come sempre incredula e meravigliata davanti tutte quelle lucenti armatura, le risplendenti armi, i possenti cavalli e gli sguardi pacati dei cavalieri. Li osservò uno per uno, li salutò tutti e nessuno mancava, se non suo fratello. Si osservò intorno, nella piccola piazza al cui centro v’era la statua di Eorl. Sentì poi una voce chiamarla, dietro di lei, dall’altra parte del piazzale. –Eowen!- .

Si volse di scatto e intravide tra gli uomini la figura familiare di suo fratello, splendido nella sua dorata armatura, vicino al suo fedele cavallo. Corse verso di lui, facendosi largo tra la folla e si abbracciarono ridendo dopo un anno di lontananza. Si strinsero forte, Eorl le accarezzò il capo, socchiudendo gli occhi felice. –Sono felice di rivederti, sorellina…mi sei mancata tanto…-le sussurrò accanto all’orecchio e per un attimo ad Eowen parve di abbracciare suo padre, anche se non lo ricordava. Ma sentiva come un forte calore paterno in quell’abbraccio, in quelle parole. – Anche io sono felice di rivederti, fratellino…ogni sera ho pregato i nostri avi affinché ti proteggessero. Ma immagino che tu sia stanco, vieni- sussurrò lei in risposta, osservandolo dal basso, ancora a lui stretta mentre veniva cullata dalle carezze fraterne. Eorl sorrise ed annuì, poi affidò il cavallo ai garzoni e si diresse insieme alla sorella a palazzo.

–Raccontami tutto, voglio sapere ogni particolare!- esclamò poi lei entusiasta, mentre ora si dirigevano verso la stanza di Eorl. Rise quest’ultimo, scuotendo il capo. –Come sei curiosa, sorellina! Cosa dirti, vediamo…Ci siamo spinti fino ai campi del Celebrant e lì abbiamo incontrato un gruppo di orchetti, un centinaio. Probabilmente provengono dalle caverne di Moria o dai confini col Bosco Verde. Tuttavia non faranno più ritorno…- proferì pacato Eorl, mentre infine si toglieva l’armatura, aiutato dalla sorella che posò ogni pezzo al suo posto, con estrema delicatezza e precisione. Ma poco prima che Eorl potesse lavarsi ed Eowen uscire dalla stanza, qualcuno bussò alla porta. Senza attendere risposta, quel qualcuno entrò con un sorriso radioso sul volto.

–Elfwine!- esclamò felice la ragazza, andando ad abbracciare il principe, nonché suo grande amico che riteneva come un fratello. Il principe ricambiò l’abbraccio e la sua risata risuonò nella camera di Eorl. –Oh la mia piccola guerriera com’è cresciuta. Wen ,fra poco potrai cominciare a tenere già una spada a due mani!-esclamò ironico lui e tutti e tre scoppiarono a ridere. – Spero che durante la mia assenza tu ti sia allenata con la spada, l’arco e l’equitazione!- continuò poi il ragazzo, sorridendole. Eowen sorrise, poi uscì dalla stanza, lasciando suo fratello e il principe liberi di cambiarsi nelle loro rispettive stanze.

Avanzò lungo il corridoio, felice, la mente piena di pensieri positivi e gioiosi. Ma le si spense il sorriso nel vedere nella sala del trono le due figlie gemelle di Wùlf, Hild ed Hildwyn, borbottare tra loro mentre osservavano da lontano Fastred, figlio di dama Eowyn e di sire Faramir. Sospirò e attraversò la sala piena di gente, avanzando verso il suo caro amico. Venne fermata a metà passo da Hild, una bionda oca con gli occhi azzurri, che le gettò un boccale di vino sulla casacca. – Ops, scusami Aowen, non l ’ho fatto di proposito!- esclamò lei con la sua voce acuta e falsamente innocente. Eowen sospirò e rimase ad osservarla negli occhi. –Immagino, Hald- proferì la ragazza pacata, sbagliando di proposito il nome dell’oca, così come quest’ultima aveva fatto con lei, ben sapendo che “Hald” è un nome da uomo. Hild la fulminò con lo sguardo,poi andò via insieme alla sua gemella, appostandosi vicino alla colonna alla ricerca di qualche bel cavaliere da abbindolare. Giunse a pochi passi da Fastred occupato a conversare con Anarion, figlio di re Elessar. Osservò Fastred, molto simile a Faramir e allo stesso Anarion, essendo entrambi figli di Gondor. Tutti e due avevano neri capelli lunghi fino alle spalle, occhi grigi, statura alta e snella. Due ragazzi di ventitré anni con i tipici caratteri somatici dei Gondoriani. Anarion le sorrise e subito Fastred si volse verso di lei. –Eowen, buona sera!Non ti avevamo visto!- esclamò il principe di Gondor stringendola a sè. – Dimmi Eowen, come stai? Tuo fratello e il principe?- chiese poi Fastred, dopo averla abbracciata anch’egli e come in sua risposta una porta laterale della sala si aprì.

Entrarono proprio Eorl ed Elfwine, vestiti con tuniche e mantelli color oro, verde e marrone, la spada al fianco e i biondi capelli legati dietro la schiena. I presenti quando li videro si inchinarono a loro, sia per la presenza di un reale sia per la presenza di un eroe di Rohan. Eowen sorrise felice e fu soddisfatta quando i due ragazzi vennero da loro e non accolsero l’invito di Hild e Hildwyn a sedersi al loro tavolo. Tutti sapevano che quelle due oche erano innamorate dei due eroi di Rohan, anche se secondo Eowen erano innamorate della loro ricchezza e fama. Accolse l’abbraccio del fratello, sospirando, poi si sedettero ad un tavolo vuoto. Mangiarono e parlarono, ridendo e scherzando mentre le donne della corte passavano sui loro tavoli ogni tipo di pietanza. Eowen si osservò intorno, felice di vedere tra i nobili anche il semplice popolo.

Dopo aver ingoiato l’ultimo boccone di carne, Eowen sospirò massaggiandosi la pancia. –Accidenti, che abbuffata!- esclamò sazio Elfwine mentre guardava le facce soddisfatte dei loro amici. – Bene, io propongo di andare nel retro del palazzo a fumare la pipa!Vi unite a me?- aggiunse poi il principe alzandosi da tavolo. Subito gli altri tre ragazzi si alzarono annuendo e dopo aver salutato Eowen si diressero all’esterno del palazzo. Alla fine la ragazza decise di affacciarsi alla terrazza d’ingresso, per prendere un po’ d’aria e controllare che tutto vada bene. Le guardie poste all’ingresso del palazzo erano immobili mentre controllavano che tutto andasse bene. Si salutò con un lieve cenno del capo e poco dopo scese lentamente i gradini che portavano alla base del palazzo e all’inizio del vero e proprio villaggio. Si osservò intorno ma non si accorse di una figura che tra le tenebre comparve dietro una casa alle sue spalle…

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Capitolo 3
*** Orgoglio femminile ***


Capitolo 3

Capitolo 3: orgoglio femminile

 

 

Sospirò tra sé, un dolce sorriso sulle labbra chiuse ,posò le mani sull’elsa delle due spade corte agganciate alla cintura di cuoio. Si osservò intorno, udì un sibilo di lama che tagliava l’aria dietro di lei. Veloce di volse, estraendo le due spade dai foderi; parò il colpo del brigante che aveva davanti. La gamba destra si sollevò appena, piegando le gambe dell’uomo e facendolo cadere a terra. Velocemente Eowen afferrò il corno appeso alla cinta, soffiando forte dentro per attirare i cavalieri ed avvisarli del pericolo. Al suo richiamo s’udirono grida e passi veloci. Ma mentre tutto ciò accadeva comparvero una decina di briganti che accerchiano Eowen ed attaccarono la ragazza. Dopo pochi secondi giunsero i cavalieri di Rohan che soccorsero la guerriera, che con coraggio ed abilità si difendeva. Tra lo scontro si fecero spazio Eorl ed Elfwine che duellarono contro i briganti, mentre Eomer portava via Eowen dal combattimento, ferita alla spalla destra. Ansante, Eowen cercò di resistere alla forza del re che la trascinava lungo i gradini. –Lasciatemi andare, mio sire! Lasciatemi libera di combattere!- gridò mentre cercava di tornare indietro. – No, Eowen! Sei ferita e sei troppo debole per uno scontro del genere!- ribatté il signore di Rohan mentre la ragazza si dimenava e urlava.

Dopo alcune ore i briganti furono uccisi, tranne uno, che confessò ai cavalieri di essere dei sicari di Wùlf che li ha ingaggiati con l’obiettivo di uccidere la ragazza-guerriera e la famiglia di Eomer.  Dopo aver ordinato di rinchiudere il sicario, Eorl ed Elfwine corsero verso il corridoio ove si trovava la stanza di Eowen, ferita. La festa era ormai finita, tutti gli invitati erano andati via, dispiaciuti per l’accaduto. Giunti a pochi metri dalla stanza di Eowen, il principe e il suo migliore amico videro otto persone sostare davanti la porta. Osservarono i signori di Rohan, di Gondor e dell’Ithilien con i rispettivi figli, ed osservarono Alatar che poggiava la fronte sulla porta della stanza. –Che succede?- chiese allarmato Eorl, osservando il gruppo di gente. Eomer sollevò il capo,seduto su una panca lì vicino. – E’ colpa mia, Eorl. Ho trascinato via Eowen dallo scontro, dicendole che era troppo debole per combattere, ma al contrario si è dimostrata degna di essere una donna di Rohan. Si è arrabbiata ed è chiusa lì dentro da quando l’ ho costretta a starci. E’ anche ferita al braccio e non vuole farsi curare, non vuole che nessuno entri o le parli - disse in un sussurro mentre la regina lo osservava accarezzandogli una spalla. Eorl ascoltò quelle parole e non poté evitare di sorridere un po’: a nessun cavaliere sarebbe piaciuto essere trascinato via dalla battaglia e sentirsi dire parole simili…e sua sorella, come loro, era un cavaliere! –Alatar ,è inutile restare qui. Conosco bene mia sorella e l’ira non le passerà per oggi, soprattutto se toccata sull’onore. Mio signore, non è colpa vostra, non lo potevate sapere…- disse pacato Eorl. – Sì invece, avrei dovuto saperlo. E’ un mio cavaliere, dovrei conoscerla…è mia figlia, dovrei conoscerla…ed invece non è così, non la conosco abbastanza…-rispose Eomer, alzandosi e dirigendosi verso la sua stanza reale insieme alla regina. Lentamente tutti andarono via, tranne Eorl, Elfwine ed Alatar. Quest’ultimo osservò poi i due giovani, sorrise appena ma con sincerità. –Eowen deve conoscere il suo passato…deve venire con me a Rivendell, domani mattina…Voi due ci raggiungerete fra qualche giorno, quando il re vi darà il suo permesso - disse pacato, poi si volse verso la porta. –Eowen, io vado. Domani mattina, all’alba, all’entrata delle stalle. Porta poche cose con te - disse ancora, quindi con un cenno del capo verso i due ragazzi si diresse verso la sua stanza. Eorl ed Elfwine si osservarono, poi il fratello di Eowen si diresse stanco verso la sua camera. Elfwine si accostò alla porta, sospirando. –Wen, so che sei ancora sveglia e che sei irata. Ti chiedo scusa da parte di mio padre, è molto giù e dispiaciuto. Poso qui per terra le tue spade pulite, non le dimenticare. Ehm, ecco…basta così, non voglio disturbarti oltre. Ti auguro buon viaggio solamente…-sussurrò appena, poi si avviò lentamente verso la sua stanza. In cuor suo sperava di sentire la porta della stanza di Eowen aprirsi e almeno dirgli una parola, un saluto, un semplice sguardo…ma nulla di tutto ciò accadde e rimase fermo in mezzo al corridoio, il capo chino…Avanzò infine verso la sua stanza, il cuore pesante e la mente offuscata da tristi pensieri…

 

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Capitolo 4
*** Il viaggio comincia ***


Capitolo 4: il viaggio comincia

Capitolo 4: il viaggio comincia

Il sole, oltre le montagne innevate delle catene montuose, si affacciò ad est, luminoso, avvolgenti e caldi i suoi raggi dorati. La sua luce illuminò il tetto d’oro del Palazzo di Edoras, un vento leggero scosse le tende delle finestre e gli stendardi che svolazzavano dolcemente sulle loro aste. Dolce profumo d’autunno penetrò nella stanza illuminata, zefiro leggero scosse i lunghi ricci d’oro della giovane ragazza che stava preparando la sua sacca per la partenza. Poche cose, come Alatar le aveva ordinato: un cambio, delle erbe medicinali e provviste per qualche giorno. Sorride tra sé nel chiudere lo zaino per bene, poi indossò gli stivali, la casacca, gli stivali e agganciò alla vita le due spade. Osservò quest’ultime, sospirando appena pensando ad Elfwine, ad Eorl…pensando che forse non li avrebbe più visti…

Una volta sentì Alatar ed Eomer parlare insieme: Eomer vuol farle sposare il figlio di Wùlf, anche se controvoglia,  ci sia un po’ di pace fra le famiglie…Alatar invece vuole che vada con lui per tutta Terra di Mezzo,  salvare il mondo…con rabbia uscì dalla stanza. Ma insomma, chi si credono di essere quei due, degli dèi?? Non possono decidere il suo destino! Avrebbe deciso lei quando e con chi sposarsi, oppure se diventare una eroina o una contadina di Rohan! Entrò nella sala del trono,vuota e silenziosa: il palazzo dormiva ancora. L’attraversò ed aprì il portone. Sollevò il cappuccio sul volto per non esporre troppo il viso al freddo d’autunno, poi si diresse verso le stalle, varcò la soglia aperta e vide Alatar che con l’aiuto di Eomer stava pulendo il manto di Mirlàure, il bianco mearas dello stregone.

Senza nulla dire Eowen si diresse verso Gwaew, il suo nero mearas dallo sguardo fiero e la corporatura possente. Posò lo zaino a terra con un leggero tonfo e cominciò a montare da sola la sella del suo cavallo. –Eowen - sussurrò appena ma pacato il re. La ragazza non rispose, assicurò le redini e il morso del cavallo, il volto chino e celato in parte dal cappuccio. Alatar sospirò appena, finì di pulire il mantello del cavallo, poi montò in sella. – Forza Eowen, è tempo di andare - proferì verso la ragazza, senza guardarla. Lei obbedì e si caricò lo zaino sulle spalle, montò su Gwaew, infine uscì dalla stalla. –A presto Eowen, buona fortuna- proferì Eomer osservandola dal basso, lo sguardo triste. – Grazie, mio signore, anche a voi - proferì Eowen senza osservarlo in volto, ancora l’orgoglio troppo ferito. –Eowen, mi dispiace…- cominciò Eomer sospirando ma ormai la ragazza era già uscita dalle stalle, diretta ai portoni della città.

La ragazza e lo stregone avanzavano silenziosi lungo la strada principale della città, che presto li avrebbe condotti ai portoni. Nessuno dei due parla, ma osservavano la loro strada, immersi nei loro pensieri. Poi Alatar prese parola: - Eowen, potevi anche parlargli in modo conveniente…è comunque il tuo Sire…- . Eowen non guardò in viso lo stregone ma rispose alle sue parole, il tono freddo:- Tu parleresti in modo conveniente a qualcuno che ti nega di avere onore e orgoglio solo perché sei anziano e debole, ad esempio?- . Lo stregone la osservò e come se si fosse offeso ribatté subito: - La forza e l’onore di una persona non sta nella sua età, nel sesso, nella casta sociale e nelle virtù fisiche, ma nel suo spirito!- . –Appunto…- rispose a denti stretti la ragazza, prima di accelerare il passo del cavallo, superando lo stregone.

Si era imprigionato con le sue stesse mani. Sorrise: Eowen era davvero una testa calda, come ogni Rohirrim, ed aveva ragione ad essere triste per l’accaduto del giorno prima; ma doveva anche farle capire che Eomer l’aveva detto quelle parole solo per proteggerla dal pericolo,essendo lei come una figlia per i  sovrani di Rohan. Tuttavia ripensò al giorno in cui Eowen ed Eorl scoprirono di essere figli illegittimi dei due sovrani, in quando furono affidati a loro dai genitori, prima di morire.

Varcò il portone e raggiunse al trotto la ragazza che si era fermata ad attenderlo, rivolta verso la città. – Mi mancherà ogni singola cosa di questo luogo…Il profumo dell’alba, il freddo che proviene dalle montagne, l’odore di legno che brucia nei fuochi, le grida dei bambini, gli allenamenti…i guai che ho combinato insieme ad Eorl, Fastred, Eldarion …Elfwine…- proferì malinconica Eowen mentre avanzano verso nord. Sorrise a tutti i ricordi che aveva custodito gelosamente per diciotto anni, poi scosse il capo e ritornò seria. – Lo so Eowen, anche a me mancherà questo posto…ed anche se, come tutti i miei confratelli, sono un pellegrino, sento Rohan come casa mia…Ed anche un singolo sassolino o un fiocco di neve che cade in inverno, hanno per me importanza e valore…- rispose lo stregone, voltandosi per un’ultima volta verso Edoras dai Tetti d’Oro.

 

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Capitolo 5
*** Pensieri di un Re ***


Capitolo 5: pensieri di un Re

Capitolo 5: pensieri di un Re

 

 

Erano passati due giorni dalla partenza di Eowen e dello stregone. La regina Lothiriel stava camminando lentamente lungo il corridoio a cui si affacciavano la maggior parte delle stanze del Palazzo. Viveva in quella reggia da più di dieci anni,eppure riusciva sempre,ogni mattina,a stupirla con quelle colonne antiche,il pavimento di pietra decorata,gli intarsi d’oro e arazzi ovunque che narravano la storia di Rohan,da Eorl il Giovane fino a Theoden. Si fermò proprio davanti questo arazzo,osservando l’immagine di Theoden che combatteva al Fosso di Helm,la sua spada luminosa come fatta di perle,la sua armatura risplendente d’oro,così come la chioma. Un leggero sorriso sulle sottili labbra della bella regina. Molte leggende parlavano della sua famiglia come nati da Numenoreani e da Eldar. Scosse il capo la regina dalla lunga chioma nera e intrecciata con perle. Effettivamente,il suo aspetto era ben diverso da quello di una semplice donna: i suoi lineamenti erano delicati e sottili,gli occhi grigi e i capelli pari a nastri di seta scura; il colore della sua pelle era tra il rosa dell’alba e il biancore della neve…il suo sguardo era dolce,pacato,così come il suo atteggiamento,i suoi movimenti,il suo portamento ed anche il suo carattere…tutto in lei era equilibrio. Ma quella mattina,l’animo della figlia di Dol Amroth era irrequieto,poiché non aveva notizie della sua figlia adottiva da due giorni e il re suo sposo era ancora molto abbattuto da come aveva trattato la giovane.

Quella mattina aveva deciso di recarsi presso di lui,nel luogo dove sicuramente l’avrebbe trovato. Dunque,abbassò la maniglia dorata della porta accanto all’arazzo di Theoden,ed entrò. Si ritrovò in un’ampia stanza circolare,semibuia; contro il muro v’erano dodici statue dei dodici re di Rohan ed alla loro base v’era incisa una frase in antico Rohirrim. Al centro,illuminati da due spiragli di sole che giungevano dall’alto del letto a cupola,v’erano due tombe di marmo:la prima rappresentava un giovane bello e dal corpo atletico e fra le sue mani una lunga spada dall’elsa intarsiata d’oro; l’altra tomba rappresentava un uomo nel fiore dei suoi anni,dalla barba folta e i capelli lunghi…i suoi occhi,anche se di marmo,erano molto profondi e nelle mani stringeva un martello che pareva risplendere alla luce solare. Sorrise appena la regina,poi si volse verso l’ultima statua,quella di Theoden. Aveva pensato bene: lì era inginocchiato suo marito,le testa e le mani poggiate ai piedi della statua,gli occhi chiusi. Le affusolate mani sollevarono appena la pregiata veste blu e argentata,un leggero fruscio provocava mentre avanzava verso la statua. Si chinò sul volto del re,le labbra si posarono sulla sua fronte,in gesto affettuoso,i morbidi e profumati capelli sfiorarono appena il volto disteso del suo Sire che lentamente aprì gli occhi verdi,trovandosi vicino l’elfico viso della sua sposa. Sorride appena,sollevò il busto,la regina indietreggiò e gli porse una mano per farlo alzare. – Ti sei addormentato ai piedi della statua,mio Sire- la informò la dolce e vellutata voce della regina,dal tono pacato. Egli annuì e sbadigliò appena,poi posò le mani sugli esili fianchi della dama,sorrise dolcemente. – Mi ero recato qui per pregare i miei avi,dolce sposa mia,ma mi sono addormentato- rispose sorridendo appena. La regina ricambiò il suo sorriso,poi rispose: - E’ vero mio sire. E le vostre preghiere sono state ascoltate dai vostri avi e dagli dèi?-. Eomer osservò prima il delicato viso della sposa,poi quello fiero di Theoden. – Si,credo di si,Lothiriel…- sussurrò appena,rompendo del tutto il tono formale con su moglie. Altrettanto fece la donna che dolcemente,con la mano destra,portò il viso del marito davanti al suo. – Ascoltami,Eomer. Tua non è la colpa. Hai agito da padre,hai agito secondo i tuoi valori. E’ una ragazza,è giovane,è istintiva. Entrambi avete colpa,ma presto troverete pace nei vostri cuori. Ma ora,Eomer,Signore di Rohan,devi preoccuparti del tuo popolo e di ciò che presto avverrà. Chiama a te le persone più care,chiamale e ordina loro di proteggere le cose che hai più care…Loro ti obbediranno,ma non saranno forzati,poiché nient’altro desiderano che servire il loro Sire e proteggere ciò che anche a loro è caro…- rispose con estrema saggezza pacata la regina. L’uomo sorrise,appena,pensando che sua moglie doveva per forza avere sangue elfico oltre che umano,poiché la sua saggezza andava oltre quella dell’uomo. – Hai ragione,mia cara. Devo proseguire,devo preoccuparmi di ciò che ho in mano,e proteggerlo. Con Eowen c’è Alatar,ed egli è saggio e potente. Inoltre,con loro manderò Elfwine ed Eorl,poiché per ora i nostri confini sono ben protetti. Non ho bisogno di loro,per adesso. E poi con noi abbiamo Re Elessar,gli elfi silvani e mia sorella Eowyn,insieme al Sovrintendente di Gondor. Ce la faremo- rispose risoluto e sereno. Infine si abbracciarono senza dire più nulla,poiché bastava quel gesto a sigillare,ancora una volta,il loro amore e l’aiuto reciproco…

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Capitolo 6
*** Ricordi di una strana fanciullezza ***


Capitolo 6: ricordi di una strana fanciullezza

Capitolo 6: ricordi di una strana fanciullezza

 

 

- Eowen, svegliati. E’ l’alba, dobbiamo continuare - le parole dello stregone risuonarono nella sua mente, lontane e confuse, fino a farsi più nitide e vicine. Aprì i chiari occhi, vide lo stregone, davanti a lei, spegnere il piccolo fuoco e raccogliere le poche cose che Eowen si era portata per il viaggio.

Quinto giorno ed ancora nessun goblin, orchetto o anche un semplice bandito. Questo è il bilancio che fece Eowen alzandosi e allacciandosi il pesante mantello sulle spalle, per poi afferrare la sacca di cuoio. – Quanto manca, Alatar, per la prima tappa?- chiese mentre montavano a cavallo. – Non avere fretta, Eowen. La pazienza è la virtù dei forti - esclamò Alatar osservandola. – Non ho fretta, ho solo voglia di rimanere in un posto per più di una notte, tutto qui- rispose pacata la ragazza mentre lo seguiva lungo il cammino.

Erano ancora nelle terre di Rohan e mancava poco ai Guadi dell’Isen, il confine di Rohan. Aveva già passato il Fosso di Helm, dove Dremen, guardiano del luogo, aveva offerto loro aiuto e un caldo letto per una sola notte. Dentro di sé, non vedeva l’ora di superare i Guadi dell’Isen, perché ciò significava che poi sarebbe mancato poco per giungere ad Isengard, dove si sarebbero fermati per qualche giorno di riposo, come aveva promesso lo stregone.

I loro cavalli correvano velocemente lungo le praterie di Rohan illuminate dai raggi del sole che stava nascendo lentamente. Eowen sentì il freddo della notte scivolarle via dal corpo come acqua cristallina, lasciando posto a quella bella sensazione di calore, mentre i raggi solari parevano intrappolati nei riccioli d’oro e la sua pelle aveva un colorito non più bianco, ma più roseo, più colorito. Subito il pensiero si volse ad Edoras.

A quest’ora, pensò, sarei appena uscita dal Palazzo, diretta alle stalle per cavalcare con Eorl ed Elfwine, verso la Quercia poco lontano dalla reggia…lì avremmo riposato, sotto le fronde dell’albero, mangiando mele rubate dalle cucine, per poi allenarci con la spada e l’arco…Infine saremmo ritornati per ora di pranzo, il sole alto nel cielo, stanchi ma felici, mentre sentivamo le urla della cuoca che inveiva contro le serve perché mancavano le mele nel cesto dei frutti…Sorrise debolmente, una lacrima di perla le sfiorò la guancia, asciugata velocemente dal vento che le sfiorava il viso triste e malinconico. – Eowen!- la richiamò Alatar, poco davanti a lei. La ragazza sollevò il viso e vide davanti a loro la fine delle catene montuose e l’inizio della breccia di Rohan…ed infine, al limite del cielo, i Guadi. Sorrise felice verso Alatar che ricambiò il gesto, quindi aumentarono la velocità dei cavalli, forti ed abituati a lunghe corse.

 

Giunsero, nell’ora del Vespro, al confine tra la Breccia di Rohan e i Guadi dell’Isen. Smontarono e fecero dissetare i cavalli presso un piccolo ruscello che veniva proprio dall’Isen. Sorrise Eowen, stanca ma felice. Si sistemarono, per timore degli orchetti, sotto alcune enormi pietre che fungevano da piccola caverna. Legarono i cavalli dietro un piccolo boschetto così che non potessero essere visti da nessuno. – Non accenderemo il fuoco, troppo pericoloso. Mangeremo carne secca e formaggio - le disse lo stregone mentre si avvolgeva nel mantello e silenzioso mangiava, fissando la luna piena che diffondeva luce tutt’intorno. La ragazza lo osservò, silenziosa mentre mangiava anche lei.

Non sapeva molto su Alatar, ma quel che sapeva le bastava: era un confratello e amico di Gandalf il Bianco, nonché membro del Consiglio degli Anziani, creato ai tempi di Sauron. Era giunto dal mare, dalle Terre Immortali, per motivi a loro sconosciuti. L’aveva cresciuta insieme ai Sovrani di Rohan, insegnandole la cultura e la tolleranza verso i popoli stranieri. Distinse il bene e il male a proprie spese: una volta, quando aveva poco più che dieci anni, Alatar la condusse per la prima volta fuori da Rohan, fino ad Isengard. Durante il cammino incontrarono una piccola pattuglia di goblin.

Lo stregone, per metterla alla prova, la lasciò sola con un goblin. – Fa quello che ritieni giusto!- esclamò mentre lui combatteva con gli altri goblin. Eowen, impaurita, cominciò a fuggire, ritenendo che ciò fosse giusto. Ma quando inciampò e cadde a terra si rese conto che aveva sbagliato. Il goblin stava per ucciderla ed allora prese un pezzo di legno lì per terra e lo lanciò contro la testa del goblin che svenne per il colpo. Quando Alatar tornò verso di lei, sorrise felice nel vedere Eowen, impaurita, ed hai suoi piedi il goblin svenuto per la violenta percossa. – Ciò che hai fatto è stato giusto, mia piccola Eowen. Non l’ hai ucciso, ma non hai nemmeno lasciato che ti uccidesse. Vieni, ora - disse sorridendo e ritornarono verso Edoras.

Eowen sorrise a quel ricordo,ritornando alla realtà. Osservò per un ultima volta Alatar addormentato, poi si strinse anche lei nel mantello, chiudendo gli occhi, sicura che in quel viaggio avrebbe fatto del suo meglio per compiere ciò in cui credeva.

 

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Capitolo 7
*** La Breccia di Rohan ***


Capitolo 7: la Breccia di Rohan

Capitolo 7: la Breccia di Rohan

 

 

Quarto giorno di marcia per Eorl ed Elfwine ma già si trovavano nei pressi della Breccia di Rohan. Al trotto avanzavano lungo le immense distese color smeraldo, mentre il sole brillava alto in cielo, illuminando la natura circostante. Viaggiavano leggeri, senza armatura ma solo con una cotta di maglia sotto gli abiti comodi da cacciatori. – Accampiamoci tra quelle rocce - disse Elfwine allungando il braccio destro verso un mucchio di grosse pietre. –Va bene - gli rispose Eorl, quindi spronarono i cavalli al galoppo, raggiungendo dunque velocemente quella specie di piccola caverna. Giunti, smontarono da cavallo, facendoli bere e riposare presso un piccolo ruscello collegato all’Isen. Eorl si osservò intorno e solo quando ebbe posato la sacca a terra, osservò delle impronte sul terreno.

 – Elfwine - richiamò a sé l’amico che subito gli si avvicinò. Entrambi osservarono due tipi di impronte, entrambe non molto fresche, forse di qualche giorno prima. Eorl osservò il Principe. –Credi che abbiano raggiunto già i Guadi dell’Isen?- chiese in un sussurro non molto felice. Elfwine sospirò, sfiorando appena la terra. – Se così fosse non abbiamo un momento da perdere. La zona dei Guadi è molto frequentata da goblin e orchetti. Non possiamo rimanere qui per la notte, Eorl, dobbiamo correre velocemente da loro. Ci fermeremo per qualche ora, per far riposare i cavalli, poi dobbiamo ripartire- rispose il principe. Eorl ascoltò le sue parole e mentre affilava la sua spada pregò Ulmo di proteggere sua sorella e lo stregone, suo amico e maestro.

 

Finalmente i Guadi, pensò sospirando Eowen mentre raggiungevano al trotto le rive del fiume e il famoso passaggio, rinomato per l’affluenza di goblin e orchetti. – Stai molto attenta Eowen. Avverto altre presenze…- sussurrò al suo fianco lo stregone. Entrambi estrassero la spada e smontarono da cavallo. Si osservarono intorno…C’era silenzio, troppo silenzio, quasi opprimevole. Lentamente camminarono verso il ponte dell’Antica Via Sud. I loro stivali provocavano un leggero rumore sul legno. Eowen respirava a mala pena per la tensione, la mano che reggeva l’impugnatura della spada sudava. Gli occhi blu si osservavano intorno. Chinò gli occhi sul fiume, vide una riga rossa sul fiume,mescolata all’acqua. Seguì quella striscia, si affacciò sull’altro lato del ponte e spalancò la bocca nel vedere due occhi e una bocca sbarrati, il viso avvolto dalle alghe e una freccia sul petto dell’uomo circondato da una chiazza di sangue.

Fece per gridare, ma il terrore prese il sopravvento e non riuscì a dire nulla. Poi sentì qualcosa sfiorarle il viso e Alatar che, portandola a sdraiarsi sul legno, gridò:- Giù!!- . La freccia lanciata cadde in acqua,trasportata a sud dal fiume. La ragazza ebbe un tuffo al cuore che non sembrò fermarsi quando vicino a loro udì rumori di tamburi, grida di goblin e archi scoccare frecce. Erano almeno venti. – Corri oltre il ponte, nasconditi nel bosco ai piedi della montagna!!- urlò Alatar mentre tornava indietro, chino. Montò poi a cavallo e corse verso il gruppo di goblin.

– No Alatar!!!- urlò Eowen con tutto il fiato che aveva nei polmoni, ma lo stregone era già troppo lontano. Quasi in ginocchio torno dal suo cavallo, evitando le frecce dei goblin. Montò e cavallo e nel mentre afferrò arco e faretra. Si lasciò condurre al galoppo dal cavallo che evitava le frecce dei goblin mentre lei caricava l’arco. Quando si trovò a cinque metri dal gruppo,il cui unico bagliore in quella macchia nera era dato dalla veste cerulea dello stregone, scoccò il suo dardo che si infilò nella gola di un orchetto arciere. Subito gli altri tiratori portarono l’attenzione su di lei che cominciò ad arretrare ancora a cavallo mentre tirava frecce a volontà, lasciando un po’ libero dai nemici Alatar. Quando i goblin erano ormai troppo vicini per essere sotto tiro, lasciò cadere a terra arco e faretra e smontò da cavallo, lasciandolo andare via a ripararsi.

Estrasse la sua spada corta e il suo pugnale in tempo per parare il colpo di un goblin. Ricambiando, la giovane infilò la sua corta nel petto della creatura oscura che gridò dal dolore, cadendo ai suoi piedi. Non riusciva a credere ai suoi occhi: più uccidevano nemici, più questi parevano ritornare in vita, duplicandosi. –Alatar!! - gridò la giovane con il poco fiato rimastole, i muscoli doloranti e la stanchezza e la fatica che stavano per prendere il sopravvento. Si osservò intorno, la vista le si offuscava, le veniva da vomitare per la puzza che emanavano i cadaveri dei goblin. Lo stregone si volse verso di lei in un attimo di libertà, ansante. La vide in ginocchio, poggiata alla sua spada corta. – Resisti Eowen!!- urlò verso di lei mentre parava il corpo di un goblin, per poi ucciderlo. Ma era incredibile, non riusciva a raggiungerla. I goblin uccisi sembravano rianimarsi e opporsi alla sua strada, attaccando anche la giovane debole che a mala pena riusciva a proteggersi.

– Eowen! Eowen, dietro di te!- urlò lo stregone, correndo velocemente, evitando i cadaveri dei goblin. Ma qualcosa, o meglio qualcuno lo anticipò. Una figura parve giungere all’improvviso, parando il colpo del goblin destinata ad Eowen che confusa osservava Eorl, poi Elfwine. – Eowen! Alzati! - gridò Eorl mentre la proteggeva dai goblin che ora li circondavano. La ragazza, decisa ad alzarsi e rincuorata dalla presenza del fratello e del principe, si poggiò sulla spada e si sollevò in piedi, le gambe tremanti. Invano cercò di pararsi dal colpo di un nemico e subito Eorl si portò davanti a lei, uccidendo con un urlo furioso la creatura oscura. Nel mentre Elfwine l’aveva sollevata di peso e camminando velocemente la condusse al riparo dagli orchetti, sotto la protezione del boschetto ai piedi della montagna.

La mise a sedere accanto ad un masso, poi disse deciso:- Non ti muovere,resta qui!!-, ed infine corse ad aiutare Eorl ed Alatar. I due ragazzi e lo stregone combatterono per altri pochi minuti, quando Alatar finì l’ultimo goblin. Davanti a loro, una distesa immensa di orchetti morti. Ansante, Alatar si volse verso i due giovani. –Dobbiamo bruciare i loro corpi- disse pacato poco di prima di udire un urlo provenire dal boschetto. – Eowen - sussurrò terrorizzato Eorl, poi tutti e tre corsero velocemente nel punto in cui Elfwine l’aveva portata.

Dinanzi a loro una vista che mai avrebbero voluto vedere: il corpo immobile di Eowen, rovesciata sulla pancia, sopra il cadavere di un goblin, il pugnale infilato nel suo fianco ed in quello della ragazza. –No…- sussurrò Eorl, lasciando cadere sonoramente la spada. – E’ la fine di tutto…- sussurrò sentenzioso Alatar, mentre Elfwine con estrema dolcezza e delicatezza rovesciava il corpo della ragazza. Appena la portò supina fra le sue braccia, notò che il pugnale era infilato nel corpo del goblin mentre aveva preso di Eowen solo la maglia. Tutti e tre lanciarono un sospiro di sollievo e i due ragazzi l’abbracciarono. Lei sorrise, il candido volto sporco di sangue e polvere. – Non mi sono mossa, lo giuro…-sussurrò debolmente, come una bambina che si difende dall’accusa di aver combinato qualche marachella. – Lo so, Eowen, lo so…- sussurrò Elfwine sorridendo, il volto ora disteso e rilassato.

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Capitolo 8
*** Fino alla fine del mondo ***


Capitolo 8: fino alla fine del mondo

Capitolo 8: fino alla fine del mondo

 

 

La piccola compagnia si addentrò nella foresta, al sicuro poiché Alatar era certo che quella foresta fosse protetta dagli Ent. Accesero così un fuoco nella piccola radura ove si erano fermati. Fecero sdraiare a rifocillare per bene Eowen, avvolta nel suo mantello ed in quello di Alatar. Egli fece il primo turno di guardia, davanti al fuoco, le gambe incrociate e le mani allungate verso le fiamme che danzavano al freddo vento notturno. Elfwine dormiva vicino Eowen la quale apparentemente pareva anche lei dormire. Ma lentamente aprì gli occhi, dopo qualche ora, nel pieno della notte.

Vide la luce della luna e quella delle fiamme illuminare appena i lineamenti del fratello. Sorrise appena…Ricordò che da bambini litigavano di continuo e re Eomer non ne poteva più di quei mocciosi che si beccavano ogni attimo mentre la regina Lothiriel tentava di tenerli occupati, magari in posti diversi. Ma era inutile, i due bambini erano inseparabili anche se a quell’età non l’avrebbero mai ammesso. Poi, un giorno, mentre erano davanti le mura di Edoras, giunse una banda di briganti che tentò di rapire Eowen, allontanatasi dal fratello dopo il centesimo litigio. Subito però Eorl accorse a salvare la sorella e la trascinò via mentre i soldati di Rohan presero i briganti. “Non ti lascerò mai più sorellina, disse Eorl quella volta, mai più litigheremo e sempre ti proteggerò e ti aiuterò. Nulla ti accadrà se io sarò con te”.

Ridacchiò a quei ricordi e suo fratello si volse verso di lei, seduto al suo fianco. –Eowen,non riesci a prendere sonno?- chiese preoccupato il cavaliere. La Rohirrim scosse il capo, sorridendo, si mise a sedere avvolgendosi nel mantello insieme al fratello, stretti l’un con l’altra. – No, fratello, ma mi sono riposata abbastanza. Anzi, credo che darò il cambio ad Alatar – rispose Eowen e fece per alzarsi ma Eorl la bloccò dov’era, scuotendo il capo. – Assolutamente no! Tu devi riposare, sei ancora debole!- esclamò in un sussurro. – Non sono debole, sono in perfetta salute!- ribatté la sorella in tono irritato. – Certo che lo sei, sei debole! Altrimenti come lo spieghi che sei quasi svenuta oggi pomeriggio?- rispose Eorl deciso nelle sue parole. – Se io sono debole, tu sei una femminuccia!- ribatté Eowen e alle sue parole entrambi tacquero. Poi scoppiarono a ridere, piano, abbracciandosi forte. – Non riusciamo più a litigare, Eowen! Ma che razza di fratello e sorella siamo se non litighiamo nemmeno un po’??- esclamò ridendo Eorl, piano. Terminando lentamente di ridere Eowen rispose, osservandolo negli occhi, abbracciata a lui:- Un fratello che protegge sua sorella e una sorella che loda suo fratello come l’uomo più perfetto di tutto il mondo…- . – Oh- , rispose quasi in imbarazzo Eorl, –oh non è vero, Eowen dai! E allora tu sei la sorella più testarda e decisa di tutto il mondo…oltre ad essere la più maldestra e mascolina!- esclamò lui ridendo. – Ah grazie, bella considerazione che hai di me!- disse Eowen ridendo.

Poi rimasero in silenzio, abbracciati mentre osservavano il fuoco davanti a cui c’era Alatar apparentemente addormentato ad occhi aperti. – Sono felice che tu sia qui, Eorl…Non ce l’avrei mai fatta senza di te, non solo ora ma anche negli anni passati - sussurrò Eowen rompendo il silenzio. Eorl sorrise, posando un bacio e una carezza sulla bionda chioma della sorella, l’unico tesoro a cui teneva davvero. – Anche io sono felice di stare qui con te, Eowen…Anche perché non mi sarei mai perdonato che tu avessi intrapreso un viaggio senza di me, sola e lontana dalla tua famiglia…e poi tu avresti acquistato gloria e onori ed io no!!- esclamò infine ridendo sommessamente, insieme alla sorella. Videro poi Elfwine alzarsi, assonnato ancora. Fece loro un mezzo cenno di saluto con la mano, mentre andava a dare il cambio ad Alatar.

– Dormirai con me, Eorl, come quando eravamo piccoli, quando avevo paura delle ombre degli oggetti che si riflettevano su i muri della mia stanza?- chiese Eowen in un sussurro supplichevole. Eorl sorrise a quel tono, il tono che usava la sorella quando voleva ottenere qualcosa da lui. –“Eorl, per favore posso dormire con te? Ho paura delle ombre!”- disse il ragazzo imitando una voce infantile e da bambina. Eowen ridacchiò mentre si sdraiavano sull’erba,avvolti dalle coperte. – “Eh va bene, mocciosetta, ma solo per questa notte! E non avvicinarti a me durante la notte!”- rispose Eowen con voce da bambino seccato. Eorl rise sommessamente. – Eorl…allora posso dormire accanto a te per questa notte…?- chiese in un sussurro la giovane, osservando il fratello negli occhi. Lui sorrise e gli posò un bacio di buonanotte sulla fronte, lieve. – Va bene, ma solo per questa notte!- esclamò sorridendo divertito. Poi si sorrisero e lentamente caddero tra le braccia di Morfeo. L’ultimo pensiero di Eorl fu che quella non sarebbe stata l’ultima notte in cui avrebbe avuto al suo fianco la sorella, perché l’avrebbe protetta contro qualsiasi cosa, anche a costo della propria vita, anche a costo di perdere l’orgoglio, la libertà, le armi, tutto…Tutto per il tesoro più bello del mondo; tutto per l’unica cosa che gli era rimasta e a cui teneva davvero, che davvero avrebbe amato fino alla fine del mondo…

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Capitolo 9
*** Isengard ***


I seguenti sei giorni successivi trascorsero senza nulla di particolare: Eowen dovette cavalcare per due giorni con Eorl ma po

I seguenti sei giorni successivi trascorsero senza nulla di particolare: Eowen dovette cavalcare per due giorni con Eorl ma poi riprese a pieno le forze e poté cavalcare Gwaew da sola. Sospirò appena la giovane donna mentre al trotto di dirigeva verso Isengard. Portò il cappuccio sulle spalle ora che il freddo mattutino era volato via. Si arrestò d’improvviso quando Alatar,davanti a lei,sollevò in alto il braccio destro,verso una nera torre avvolta dalla natura che pareva brillare come scura perla. – Guardate…Isengard - proferì lo stregone prima di varcare i cancelli. Subito Eowen notò quel tono solenne e quasi commosso che avevano quelle parole dette da Alatar e sorrise appena voltandosi  verso Eorl ed Elfwine. Varcarono i cancelli,al passo percossero il sentiero che conduceva ai gradini di ingresso della torre. Quando la piccola compagnia fermò i cavalli e smontò da essi,ecco venire presso di loro un Ent dalla lunga barba,il passo lento e dondolante. – Barbalbero,amico mio…è per una gioia una rivederti!- esclamò felice ma pacatamente lo stregone,osservando l’arcana creatura. L’Ent sorrise appena sotto la fitta fronda che fungeva da barba,poi annuì appena,lentamente. – Alatar,caro amico…Da tempo remoti i nostri cammini  non si incontravano più…- rispose al saluto l’albero,per poi spostare gli occhi grandi e scuri verso i tre giovani. Un’espressione di stupore quando li vide. – Barbalbero,sono giunto qui dalle lontane terre del Mark per chiedere ancora una volta a te a ai tuoi fratelli aiuto e protezione contro il male,come tempo fa ha fatto Gandalf il Bianco- si affrettò a parlare Alatar nel vedere l’espressione di stupore dell’Ent,espressione che i tre giovani non riuscivano a spiegarsi. – Si,ricordo quel giovanotto tutto allegro ma molto,molto potente. Ebbene,Stregone Blu,dimmi: di quale male stai parlando?Non è forse stato sconfitto Sauron e bruciato l’Anello del Potere nel Monte Fato?- rispose lentamente l’Ent. Giovane Gandalf?,pensò Eowen,Se Barbalbero ritiene giovane Gandalf,che doveva avere dietro le sue spalle decenni,egli deve essere davvero antico. Forse più antico degli uomini stessi.

- Non erri nel tuo dire,amico mio. Sauron è stato sconfitto tempo fa,prima che io giungessi qui dalla mia terra. Ma ora un nuovo male si sta svegliando e sta radunando un esercito di orchi,goblin,umani e…una razza a me estranea purtroppo,di cui non conosco né nome né debolezze. Per questo chiedo il tuo aiuto. Tu sicuramente saprai di quale razza io stia parlando…e a quale nuovo Signore Oscuro io mi riferisca…- . L’Ent osservò prima lo stregone,ascoltando le sue parole,poi posò lo sguardo su i tre giovani. Eowen vide come un barlume di gioia e di mistero in quegli occhi scuri e arcani,e si sentì stranamente turbata da quell’espressione. – Bene,Alatar. A quanto vedo molto di ciò che da molti è stato dimenticato,presto verrò ritrovato…Come un polveroso libro rimasto in un angolo remoto per decenni e ritrovato poi da mani fanciullesche ed innocenti. Vieni,amico mio…- rispose lentamente l’Ent,facendo poi un lungo gesto con il braccio allo stregone per fargli capire che deve seguirlo nel folto del giardino della torre. Alatar annuì,poi si volse verso Eowen,Eorl ed Elfwine. – Se tutto va bene,avremmo la protezione degli Ent che marceranno verso Rohan,in sua protezione. Mentre io parlo con Barbalbero,voi salite nella torre,riposatevi e rifocillatevi. Mi raccomando,rimanete lì dentro,al sicuro,non uscite fuori dalla torre ne tantomeno dal giardino- disse velocemente osservandoli con i profondi e sereni occhi blu. – Alatar,aspetta!Perché gli Ent devono proteggerci?da cosa?Chi è questo male??- esclamò Eowen,stringendogli la mani. Era confusa,come i due ragazzi. Pensava che stavano dirigendosi a Gran Burrone per scoprire chi lei e suo fratello davvero fossero,ma a quando pare qualcosa di più oscuro v’era celato dietro quel viaggio. Alatar sorrise dolcemente sotto l’argentea barba lucente,sfiorò il capo della ragazza con una carezza. – Non temere Eowen,presto tutti vi sarà spiegato- sussurrò lo stregone prima di salire sulla spalle dell’Ent e scomparire nel giardino. Eowen lo osservò andare via e sospirò,scotendo appena il capo. Elfwine si fece avanti e le circondò le spalle con un braccio,avvicinandosi all’ingresso della torre insieme ad Eorl. – Avanti,piccola cavaliera. Andiamo a riposare,ci aspetta un lungo viaggio e credo anche un bel po’ di novità- disse sereno e pacato nella voce il ventiduenne,sorridendole. Lei annuì,accennando un sorriso ma mentre salivano verso la cima della torre sentiva come un’ombra abbattersi su di lei,come un’oscura sensazione che qualcosa di orrendo stava per accadere. A quel pensiero si volse verso suo fratello,al suo fianco,il quale aveva la sua stessa espressione preoccupata e tetra…

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Capitolo 10
*** Non è un incubo... ***


Eorl si girava e rigirava di continuo fra le coperte,inquieto

Eorl si girava e rigirava di continuo fra le coperte,inquieto. Si svegliò si soprassalto,la fronte imperlata di sudore,ansante. E’ solo in incubo,non allarmarti,pensò fra sé,sospirando. Osservò alla sua sinistra Eowen dormire profondamente,così come Elfwine alla sua destra. Sorride appena,posò poi un bacio sulla fronte della sorella e si alzò dal letto silenziosamente. Si infilò la casacca e la lunga giacca;alla cinta la lunga spada e ai piedi i morbidi stivali di cuoio. Quell’orribile bestia del sogno lo aveva scosso e decise così di uscire dalla torre,per vedere cosa diavolo stia facendo Alatar visto che era tardo pomeriggio. Uscì silenzioso dalla stanza,ritrovandosi nella stanza circolare dove c’era il trono e un piedistallo vuoto dove anni prima Saruman il Traditore vedeva le mosse dell’Oscuro Signore attraverso il suo Palantir. Si osservò intorno,ancora l’animo scosso. Sospirò appena,scotendo il capo:- Calmati Eorl,era solo un maledetto sogno…sembri una connetta impaurita- borbottò fra sé mentre si aggirava per le poche stanze della torre:camere da letto,una biblioteca,un piccolo bagno,dispense,un soggiorno…nulla di interessante,fin quando non vide alla sua sinistra una porta chiusa da pesanti catene ma la chiave dell’unico lucchetto poggiata lì accanto. Sembrava quasi una trappola ma la curiosità era troppa in Eorl. Prese la chiave,lentamente fece scattare il lucchetto e tolse le pesanti catene. Aprì la porta che cigolò appena. Una stanza circolare,vuota,avvolta quasi del tutto dall’oscurità se non fosse per la debole luce solare che penetrava da una piccola finestra posta in alto,davanti a lui. Anche questa stanza non aveva nulla di particolare,come le altre. Ma allora perché era chiusa a chiave e con pesanti catene?Non era una cosa normale. Quando Eorl entrò nella stanza,la porta si chiuse alle sue spalle e la chiave nella toppa scattò. Si osservò intorno,pensando fosse stato Elfwine a chiuderlo dentro,per scherzo. – Elfwine,apri su. Non è divertente- disse accanto alla porta,ma nessuno oltre questa rispose. Tuttavia,udì qualcosa nella stanza che rimbombò ovunque,dal pavimento al soffitto: delle catene che sbattevano contro il suolo,come fossero trascinate a fatica. –Chi c’è lì?- chiese Eorl volgendosi di scatto verso l’angolo completamente buio. –Elfwine,apri!!- gridò furioso il ragazzo ma in risposta ebbe solo ancora quel trascinare di catene unito ad un gutturale ringhio simile ad una grossa pietra che viene spostata. Pochi attimi dopo Eorl vide la morte davanti a lui…

 

 

-Eorl!!- gridò Eowen svegliandosi di soprassalto. Fece svegliare così anche Elfwine che sorridendo disse:- Non preoccuparti Eowen,era un incubo. Eorl dorme come un ghiro,non vedi?-. Entrambi posarono lo sguardo sul letto disfatto del ragazzo,la sedia vuota dai suoi vestiti. Si alzarono velocemente,gridando il suo nome,aprendo ogni porta. Ma non ebbero risposta. – Eorl,maledizione!Non è uno scherzo divertente,esci fuori!- gridò furiosa Eowen,le lacrime agli occhi. Nessuna risposta,nessun rumore,nessun cenno di forma vivente nella torre,se non loro. Nulla si muoveva,nemmeno i fogli sul tavolo davanti a loro al leggero vento che invece muoveva le fronde smeraldine degli alberi fuori dalla torre. – Elfwine…- sussurrò Eowen,osservandosi intorno. Non sapeva perché l’aveva chiamato,ma aveva bisogno di un appoggio,di un qualcosa di sicuro su cui poggiarsi. Osservò Elfwine che la fissava preoccupato,posò di nuovo lo sguardo intorno a lei. Cosa le stava accadendo?Aveva la sensazione di essere in un altro corpo,come se il suo spirito fosse non in lei,ma in un’altra ragazza. Si osservò,si tastò il viso e le braccia:no,era ancora lei. Eppure quella sensazione,quel fuoco che si stava accedendo. Non aveva mai avuto quella percezione,non sapeva nemmeno descriverla,non ne trovava le parole nè una spiegazione. Si osservò intorno,ancora,come se cercasse qualcosa,un indizio per trovare suo fratello…invano…mai più sarebbe tornato Eorl fra loro.

 

 

Alatar non finì la frase che stava pronunciando verso Barbalbero nel folto del giardino. Di scatto si volse verso  la cima della torre,verso la stanza dove dovevano essere i tre ragazzi. –Alatar…-sussurrò l’Ent simile ad un sfruscio di foglie spostate dal vento autunnale. Alatar chiuse gli occhi,aprì quelli della sua anima,vide la torre avvolta da un’aura oscuro e come una nube di fumo rossa giungere dall’alto,penetrare nella finestra di una stanza dove riconobbe l’anima di Eorl ma non quella di un altro essere. Vide lo spirito di Eorl avvolgersi di luce  e la sua potenza moltiplicarsi velocemente. Mai aveva visto una cosa simile,nemmeno tra gli elfi. – Tulkas, aiutalo…- sussurrò Alatar volgendosi il viso verso il cielo,come per cercare una riposta dal dio che detiene la forza e il valore…

 

 

Lothiriel aprì gli occhi color del vespro,osservò coloro che erano seduti al tavolo,che parlavano di tattiche militari,di provviste,di arruolamenti. Fissò le facce distorte di ogni persona,tranne quella di Arwen,nitida davanti a lei. Aveva la sua stessa espressione e i loro occhi vibravano di una arcana energia. – Tulkas,aiutalo…- proferirono  in una unica voce le figlie degli Elfi,osservando il vuoto davanti a loro. Le loro voci risuonarono per tutta la sala,potenti come fosse una voce unico e divina. I convitali tacquero d’improvviso osservando le due regine statuarie e i loro occhi completamente bianchi. Eomer,preoccupato per la moglie al suo fianco,le sfiorò appena l’avambraccio posato sul bracciolo della sedia. – Lothiriel…- sussurrò appena,ma appena la sua mano si posò sul braccio della dama,questa lentamente scivolò sulla sedia,cadendo a terra,gli occhi ancora spalancati,così come Arwen…ed entrambe destarono preoccupazione e meraviglia da parte dei presenti che subito le soccorsero.

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Capitolo 11
*** Il Whiving ***


-Alatar, che diavolo succede

-Alatar, che diavolo succede??- esclamò terrorizzata e furiosa allo stesso tempo Eowen, vedendo irrompere lo stregone nella sala centrale della torre. – Non ne sono sicuro, Eowen, ma se è quello che io penso…devo scusarmi immensamente con voi…- rispose pacato Alatar avvicinandosi velocemente verso la stanza chiusa a chiave. – Scuse? Eorl è scomparso e non so dove sia! Ed io sento…- rispose Eowen seguendolo, ma come al solito lo stregone terminò il suo pensiero: - Senti una strana sensazione dentro di te, vero? Come se il tuo spirito fosse in un altro corpo, come se tu fossi Eowen solo nell’anima ma non nel corpo? E mentre io parlo tu stai cominciando a conoscere cose che prima non conoscevi, come se avessi un’altra mente, vero?- . Eowen rimase sconvolta da quelle parole: era esattamente come diceva lui. Ora sapeva che Eorl era oltre quella porta, che la stanza dov’era lui, era magica, incantata e che con lui c’è uno spirito sconosciuto…Uno spirito?? Come fa a vedere spiriti, come fa a sapere che quello spirito è negativo? Lei non poteva vedere cosa c’era oltre quella porta né tanto meno se c’era uno spirito! – Alatar, io sono…- . – Confusa. Lo so Eowen e ti chiedo scusa per non avervi spiegato tutto da principio. Gli errori di un vecchio sono molteplici, nonostante possa non sembrare così…- rispose lo stregone socchiudendo gli occhi. – Ma ora – riprese posando lo sguardo oceanico sulla ragazza -  Devi aiutarmi. Eorl sta affrontando la più difficile, mortale e importante prova della sua vita. Ma non può farcela senza di te, Eowen. Concentrati, chiudi gli occhi ed espandi la tua forza vitale attraverso la porta, fino a toccare il cuore di tuo fratello. Dagli la forza interiore, mostragli la giusta via da seguire- .

Eowen ascoltò le parole dello stregone e quasi si spaventò nella consapevolezza che sapeva cosa intendeva dire Alatar e cosa doveva fare. Chiuse gli occhi ed eseguì con estrema facilità ciò che Alatar le aveva detto di fare, sotto gli occhi perplessi di Elfwine. Subito il suo pensiero andò a molti ricordi infantili dove vi erano sempre lei e suo fratello che litigavano per poi fare la pace. Sorrise ad occhi chiusi, concentrandosi su quei ricordi felici, l’unico aiuto che poteva dare al fratello.

– Eccomi fratellino, vengo in tuo aiuto- sussurrò appena, sorridendo.

 

 

 

Pochi attimi dopo quel rumore, Eorl vide davanti a sé la morte.

Una creatura con un agile salto venne alle scoperto, illuminato dalla poca luce che penetrava dall’esterno. Il suo corpo tozzo ed alto era coperto da scaglie rosso-lucente, avvolte da spuntoni acuminati. Il suo corpo emanava un odore orribile di morte e putrefazione, le sue membra sembravano provenire da diverse creature e cucite insieme malamente. I suoi occhi viola e pazzi fissarono Eorl mentre le lunghe zanne mordevano l’aria, gocciolanti di saliva verde che scioglieva qualsiasi cosa avesse contatto con essa. Eorl arretrò di qualche passo indietro, estraendo la spada dal fodero. Fissava sbalordito quella creatura putrefatta e malformata, non aveva mai visto nulla di simile fino a quel momento. Ma la creatura non gli diede la possibilità di trovare un modo di fuggire che subito con estrema agilità e allo stesso tempo goffaggine tentò di saltargli addosso, le fauci spalancate. Eorl agilmente di spostò alla sua destra, facilitato anche dal fatto che non indossava l’armatura. Si volse verso la fiera, in posizione di attacco, la spada tenuta saldamente davanti a sé. La bestia nel mentre era andata a sbattere contro la pesante porta e cacciò un gemito di dolore quando si accasciò al suolo e sangue blu cominciò a sgorgare da un occhio sporgente, mentre la sua saliva aveva sciolto alcune parti del pavimento e la maniglia della porta: ora non aveva nessuna possibilità di uscire. Il ragazzo osservò poi il suo nemico sollevarsi lentamente da terra, scotendo furiosa il capo coperto da una lunga peluria nera e stopposa. Subito subì il secondo attacco che evitò con estrema agilità e velocità, celandosi dietro una nera colonna, una delle tante che delineavano il perimetro della stanza maledetta. La belva sbatté la testa contro la colonna e questa vacillò prima di crollare. Eorl si scansò velocemente, al sicuro, mentre la fiera lanciò ancora un altro verso acuto di dolore. Solo in quel momento Eorl intravide velocemente che il suo ventre era molle, indifeso e senza aculei o squame. Forse aveva visto la sua salvezza…Tuttavia doveva trovare il modo di colpire il suo nemico proprio il quel punto. Subito questo si fece avanti, ancora, mentre si muoveva quasi a scatti, come impazzito dalla fame. Eorl tentava di guadagnare tempo fuggendo ed evitando i colpi, per poter pensare ad un modo per ucciderlo. Quando sentì la bestia camminare vicino alle catene, diretto verso di lui. Ma certo, le catene!

Eorl, rinvigorito da quel barlume di speranza, corse agile e veloce più di un elfo verso l’angolo oscuro e si fece coraggio tentando di non sentire il tanfo provocato dallo sterco e dal corpo della belva. Afferrò le catene che la belva poche tempo prima aveva staccato dal muro e le trascinò dietro di lui. La belva si mise in posizione di attacco, ringhiando con furore. Eorl portò le catene davanti a lui e quando la belva si scagliò per l’ennesima volta contro di lui, egli lanciò le pesanti catene contro il collo della belva che meravigliata dall’attacco improvviso, rimase ferma mentre le catene la trascinavano indietro, sbattendola contro una marmorea colonna. Le catene si avvinghiarono alla creatura e alla colonna, rendendola prigioniera. Tuttavia Eorl non poteva ancora ucciderla poiché il suo avversario non faceva che muoversi come in preda alle convulsioni, nella speranza di liberarsi dalle catene. Il Rohirrim si osservò intorno, sperando di trovare qualcosa di utile. Lo trovò: durante il duello quell’essere immondo aveva perso un aculeo dalla sua schiena. Fu così che Eorl afferrò il velenoso pungiglione e come un pugnale lo scagliò con tutta la forza che aveva contro la bestia,gridando con furore. L’ aculeo si piantò nel ventre della bestia che in preda agli spasmi gridava di dolore mentre sangue grondava velocemente dalle sue immonde membra, sporcando il nero pavimento. In pochi minuti Eorl vide l’agonizzante creatura morire dissanguata e avvelenata.

Lentamente cadde in ginocchio sul pavimento, il suo cuore che batteva velocemente, la sua forza che d’improvvisa stava venendo meno, così come la sua vista, fin quando con si riversò in avanti, la spada ancora stretta nella mano, svenendo.

 

 

 

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Capitolo 12
*** La verità ***


La prima cosa che Eorl vide quando aprì gli occhi, fu un largo sorriso e due occhi blu velati di lacrime

La prima cosa che Eorl vide quando aprì gli occhi, fu un largo sorriso e due occhi blu velati di lacrime. – Buongiorno dormiglione!- esclamò la voce familiare della sorella. Eorl si osservò intorno, cercando di capire che foresta era quella dove erano in quel momento. – Siamo a Fangorn e hai dormito per quasi tre giorni!- esclamò ridacchiando una voce al suo fianco. Si volse ed osservò il volto sorridente dell’amico Elfwine. – Tre giorni?Accidenti…- borbottò cercando di mettersi a sedere, ma la sorella glielo impedì, scotendo il capo. – Assolutamente no. Alatar ha detto che devi riposare il più possibile e che dobbiamo darti da mangiare per farti recuperare le forze. Ti sei indebolito molto dopo il duello con lo Whiving- rispose Eowen mentre lo aiutava a mettersi seduto. – Il che?- esclamò perplesso Eorl mentre posava sulle gambe il piatto che gli porgeva Elfwine, colmo di buone pietanze. – Il Whiving, Eorl, la creatura che hai ucciso nella torre di Isengard. E’ morta per mano della sua stessa arma. Sei stato davvero bravo…- rispose Elfwine con tono pacato ma sereno. Eorl era sempre più confuso: non sapeva nemmeno che quella creatura avesse un nome e come Eowen ed Elfwine facessero a saperlo. Ma in quel momento voleva solo mangiare, ed anche tanto. Afferrò così un coscio di pollo e lo divorò con gusto. La sorella sorrise nel vedere il fratello così affamato, poi volse gli occhi d’oceano verso il sentiero davanti a loro, riconoscendo subito la figura dello stregone blu.

Osservò per l’ennesima figura anziana, avvolta in una veste semplice e di colore del mare, un anziano che poggiava il peso dei suoi anni e della sua importanza ad un bastone di legno con in cima incastonata una gemma blu. Alatar, lo Stregone Blu. Quando era piccola aveva sempre pensate che egli fosse un mago, un buon compagno d’arme e di giochi, un amico e un dolce nonno; ma Alatar era di più, molto di più. Poche volte ci aveva pensato, ma Alatar era un Istari, un Mago, come veniva chiamato presso gli uomini. Sorrise nell’immaginare lontanamente l’età, la forza, la potenza e la saggezza di quella figura dalla lunga barba bianca con riflessi celesti, come i lunghi capelli. Si ritrovò a fissarlo quando lo stregone era davanti a lei:- Qualcosa non và, Eowen?- chiese cortese l’anziano, sedendosi al suo fianco. Eowen scosse il capo ed abbracciò sorridendo lo stregone e sobbalzò quasi e quel gesto inaspettato. Eorl ed Elfwine scoppiarono a ridere quando videro Alatar arrossire e dare delle goffe pacche sulla schiena di Eowen che rideva anche lei, felice che come guida avesse lo Stregone Blu.

Rimasero per qualche tempo a mangiare e ad organizzare il viaggio dei prossimi giorni, con destinazione le caverne di Moria e poi Gran Burrone. – Alatar, perché non passare per Lorièn e poi dirigerci a nord, verso il Bosco Atro e la Montagna Solitaria? Accorceremo il viaggio e guadagneremo tempo per il ritorno a Rohan – propose d’un tratto Elfwine mentre accendeva la pipa. Alatar scosse il capo:- No, Elfwine, dobbiamo prima andare a Gran Burrone. Dobbiamo scoprire la verità, essere sicuri di tutto. Poi ci dirigeremo a Lorièn ed infine al Bosco Atro- rispose. – Lorièn? Ma perché andiamo lì dopo essere andati a Gran Burrone? Insomma, andremmo su e giù per la Terra di Mezzo e sprecheremo tempo- disse Eowen perplessa. Lo stregone osservò la ragazza al suo fianco, sorrise appena: - Perché, se le mie supposizioni sono vere e la mia memoria non mi inganna…a Lothlorien v’è custodito qualcosa a noi molto utile…qualcosa in grado di annientare il male per sempre, qualcosa creato dagli stessi dèi, qualcosa che può evocarli e condurli qui da noi- rispose lo stregone. I tre ragazzi fecero silenzio, osservarono meravigliati Alatar. – Gli… gli dèi? Questa cosa può invocare l’aiuto e la presenza divina?- chiese stupefatto Eorl. Lo stregone annuì appena:- Si, Eorl, può chiamarli a noi per aiutarci. Un tempo, quando gli Uomini ancora non nascevano e i Primogeniti videro per la prima le stelle di Varda, gli dèi vivevano qui nella Terra di Mezzo. Tutto era buono e tutti vivevano in pace. Ma poi,come ben sapete, il male giunse qui, a cominciare da Melkor, il Signore del Male, fino a Sauron. Gli dèi abbandonarono la Terra di Mezzo e si diressero verso quelle che noi chiamiamo le Terre Immortali, dove tutt’ora vivono con gli elfi esuli che dopo tanto tempo si uniscono ai loro Padri-

-Ma Alatar…cos’è questo oggetto così potente e divino?- chiese curiosa e affascinata dalle parole dello stregone Eowen. Lo stregone sorrise appena:- In verità, Eowen, non ve ne è uno, bensì due. Questi oggetti sono due gemme chiamate Narmir, “gioiello di fuoco” ed Elenmir, “gioiello di stella”. Essi racchiudono parte della potenza di Tulkas, dio della forza, e di Varda, dea della luce, regina di tutti gli dèi. Ora, secondo la storia, queste due gemme sono state poste dagli dèi in due luoghi differenti nella Terra di Mezzo, con la speranza che due persone pure di cuore potessero divenire loro custodi e sconfiggere con esse il male per sempre -.

-Ma Alatar, perché creare queste gemme? Insomma, gli dèi potrebbero giungere di persona qui per distruggere il male…oppure no?- chiese perplesso Eorl.

Alatar osservò il ragazzo, chiuse per un attimo gli occhi e vide la luce di Varda e la voce di Ulmo che lo mandavano verso la Terra di Mezzo, costretto ad abbandonare le Terre Immortali. Riaprì gli occhi, non si accorse che erano velati, dopo un lieve sospiro rispose:- No, Eorl. Gli dèi possono ma non vogliono. Quando essi dimoravano qui avevano creato ogni cosa buona e bella: Yavanna si prendeva cura di tutto ciò che nasceva e Varda la riempiva della propria luce e bellezza. Tulkas costruì le grandi lampade che illuminavano tutta la terra, e tutti erano felici…tranne uno. Melkor, fratello di Manwe, odiava lui, odiava Varda che lo aveva ripudiato, odiava Eru, suo Padre, ed odiava tutto ciò che era buono.

- Melkor fuggì dagli dèi, nutrendo dentro di sé odio e disprezzo. Costruì la sua fortezza, Utumno, e creò un esercito di creature oscure e malvagie. Quando gli dèi riposavano per la loro fatica e Tulkas il Forte dormiva soddisfatto, ecco che Melkor avanzò, distruggendo i Luminari dei Valar, Illuin e Ormal, creati per dare luce alla Terra di Mezzo. Nonostante Melkor fu sconfitto e per molto tempo non tornò, la dimora dei Valar qui era andata distrutta ed egli dovettero dirigersi nella Terra di Aman, per non fare più ritorno. Il resto della storia la sapete-.

- Si ma allora…Perché fare le gemme? Chi le ha forgiate?- chiese sempre più perplessa ma curiosa Eowen. Alatar sorrise appena, poi rispose:- Le gemme furono forgiate da uno dei fabbri più bravi che vi siano stati nella Terra, Feaman, “spirito beato” . Egli era un elfo da parte di padre, un uomo da parte di madre. Un giovane intelligente, saggio, ma soprattutto un abile forgiatore. C’è chi dice che fosse imparentato con Feanor, ma io ne dubito fortemente. Fatto sta che Feaman fu ingannato da Sauron per poi essere imprigionato e sfruttato per le sue abilità di forgiatore, uno dei più bravi che siano mai esistiti in tutta la Terra di Mezzo. Poco prima che Feaman divenne uno spirito oscuro e malvagio, forgiò il Narmir e l’Elenmir. Pregò poi gli dèi di dare a quelle gemme il potere di distruggere il male per sempre. Fu così che Tulkas e Varda impressero in quelle gemme eliche parte dei loro poteri, per poi metterli a sicuro in posti celati nella terra e custoditi da creatura fantastiche ed invincibili, tranne per coloro che sono i veri custodi delle gemme. In quel caso le gemme diventano delle armi potentissime e se unite formano un gioiello leggendario, che molte storie raccontano ma che nessuno ha mai visto, nemmeno i più antichi abitanti della Terra di Mezzo: il Miredhel, l’oggetto più potente e divino mai creato. Il Miredhel ha una magia così forte che pochi riescono a sostenere il suo peso. Quelli che vi riescono, muoiono-

Tutti tacquero e solo in quel momento Eowen si accorse la loro missione andava oltre la sua vita personale. Qui si trattava di salvare tutto il mondo e per farlo dovevano usare un oggetto che li avrebbe sicuramente uccisi con la sua stessa capacità di uccidere il male. Socchiuse lentamente gli occhi, poi prese parole:- E Feaman? Che ne è stato di lui?- . – Quando capì che gli dèi lo avevano ascoltato, lasciò scivolare dal suo corpo l’unica parte ancora buona e divenne uno schiavo di Sauron, suo braccio destro e prediletto. Si nascose in un angolo remoto di Mordor, nei più profondi abissi ed il suo animo divenne nero come il male che lo avvolgeva, tant’è che i suoi amici e nemici lo appellarono con il nome di Feamor, “spirito nero”. Anche quando Sauron fu ucciso e gli Anelli del Potere distrutti o privati dei loro poteri, Feamor continuò a vivere, nutrendosi della sofferenza e dell’odio che ancora oggi cresce nei cuori di coloro che erano alleati di Melkor e di Sauron. Feamor si sta svegliando e gli unici che possono distruggerlo sono i Custodi delle Gemme. Ed io credo che questi custodi, siate proprio voi due- rispose infine Alatar, posando gli occhi d’oceano su Eowen ed Eorl. Fratello e sorella si osservarono, senza nulla dirsi. Ancora una volta nessuno parlò ed Eowen sentiva il cuore scoppiarle di disperazione. Sospirò appena, poi chiese in un filo di voce:- E’ l’unico modo per distruggere Feamor e il male dalla Terra di Mezzo e per sempre?-. – Ahimè si, Eowen, è l’unico modo. Tuttavia, anche se il Miredhel è molto potente, c’è una cosa che forse ancora non avete considerato: i custodi delle gemme sono legati da un profondo legame di amore, amicizia o parentela. Quindi, sia se l’altro custode è Eowen o Elfwine, avrete il vostro amore o la vostra amicizia a proteggervi e darvi forza, speranza. Non abbattetevi, figli di Rohan. Stanno cominciando di nuovo empi bui, è vero, ma c’è una cosa che il male non può distruggere: l’amore. Finché avrete il cuore colmo della luce dell’amore, il buio di Feamor non potrà toccarvi-.

Eowen ed Eorl si osservarono e si sorrisero appena, ma Eowen non si accorse che Elfwine la stava fissando in modo diverso dalle altre volte, e la fissò anche per tutta la notte mentre lei dormiva, e la fissò quando montò la sella del cavallo, la fissò quando spegneva il fuoco all’alba del giorno dopo, la fissò mentre montava a cavallo e partivano alla volta del passaggio d’ingresso alle Caverne di Moria.

 

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Capitolo 13
*** La tomba di Durin ***


Eowen si strinse nel mantello scuro, sistemò bene il cappuccio sul volto, ma era inutile, il freddo le penetrava nelle ossa e

Eowen si strinse nel mantello scuro, sistemò bene il cappuccio sul volto, ma era inutile, il freddo le penetrava nelle ossa e nel sangue, senza pietà. – Alatar, sto gelando!- esclamò in un sussurro verso lo stregone al suo fianco mentre cercava di non pensare ai cavalli che accanto a loro sbuffavano, irrequieti. – Manca poco, pochi minuti e varcheremo la soglia delle caverne- rispose in un sussurro affannato Alatar mentre dalla sua bocca usciva vapore condensato dal freddo. Eowen sospirò e voleva quasi correre verso il secondo ingresso per le caverne di Moria, se non fosse stato per il freddo e l’umidità che le impedivano qualsiasi movimento, se non camminare. Sorrise appena quando sentì dietro di lei Elfwine starnutire tre volte di fila. Si volse verso di lui, gli sorrise appena e il ragazzo ricambiò il gesto.

Come promesso dallo stregone, giunsero davanti i secondari cancelli di Moria in pochi minuti. Si fermarono davanti ad essi. – Alatar, dobbiamo lasciare qui i cavalli- disse Eorl allo stregone, ma questi scosse il capo. – No, Eorl, non dobbiamo. Il passaggio è una galleria alta ed ampia, semplice da attraversare. I cavalli possono farcela- rispose. Poi avvicinò la mano al portone di pietra, chiuse gli occhi e pronunciò alcune parole elfiche sussurrate che nessuno di loro comprese. Tuttavia i portoni si aprirono e la piccola compagnia poté entrare nelle caverne. Tutto era silenzioso e buio ma Eowen vedeva abbastanza bene anche grazie alla luce che emanava la gemma del bastone dello stregone. Avanzarono lentamente lungo la galleria sorretta da grossi pilastri e i loro passi risuonavano appena nel luogo maledettamente tranquillo. – Hai qualcosa da chiedermi, Eowen?- chiese d’un tratto Alatar mentre proseguiva a camminare, lo sguardo in avanti. In effetti Eowen lo stava osservando sottecchi con una domanda la stava tormentando da quando sono entrati nelle caverne. – In verità si, Alatar. Una volta Legolas mi disse quando la Compagnia dell’Anello attraversò le caverne di Moria incontrarono un demone del fuoco e dell’ombra, e che Gandalf il Grigio fu trascinato in un lungo combattimento con la creatura oscuro, uscendone poi vittorioso con il nome di Gandalf il Bianco. E’ vero?-. Alatar continuò a camminare lungo la galleria ma per un attimo la osservò con i suoi profondi e limpidi occhi blu. –Si è vero, Eowen, Legolas ti ha detto il vero. Gandalf è uscito vittorioso dallo scontro con il Balrog, ma non senza affanni e dolore. Tuttavia ne è uscito rinnovato, più potente e saggio di prima. Tutti noi abbiamo fatto un grosso sbaglio a non nominarlo capo del Consiglio…un grosso terribile sbaglio…- rispose con tono pacato, per poi chinare gli occhi a terra, come se ultime parole fossero indirizzate a se stesso. Eowen non capiva cosa lo stregone stava dicendo, anche se sapeva di cosa si trattasse il Consiglio Bianco. Stava per porre una seconda domanda ma lo stregone gliela tolse di bocca: - Se in caso, con questa domanda, vuoi anche chiedermi se c’è la possibilità di incontrarne uno anche ora e se mi capiterà la stessa cosa capitata a Gandalf, la risposta è negativa. Quel demone era l’ultimo della sua razza e con la morte di Sauron le creature oscure più potenti sono scomparse, come ad esempio i Balrog e i Nazgùl. In quanto a me, non temere, non vi lascerò soli, poiché io non ho nessun livello maggiore da raggiungere- continuò pacatamente, ma Eowen e gli altri notarono come una nota di malinconia e rimorso nelle sue parole.

Nessuno parlò fin quando non raggiunsero un piccolo spiazzo con una camera posta alla loro destra. Entrarono lentamente e videro scheletri di orchetti, goblin e l’enorme carcassa di un troll di caverna. Alatar socchiuse gli occhi, sospirò appena. – Qui è passata la compagnia dell’Anello, anni fa. Qui hanno combattuto contro orchi e goblin prima di incontrare il Balrog. Mi sembra di sentire ancora le loro grida, i loro passi, le spade che cozzano tra loro- sussurrò quasi fra sé mentre i tre ragazzi camminavano per la stanza. Eowen si avvicinò a quella che pareva una tomba, lesse l’iscrizione in runico incisa sopra: - “Durin, signore di Khazad- dum”. Alatar, ma costui non era il cugino di Gimli?- chiese Eowen verso Alatar che si aggirava per la stanza, come in cerca di qualcosa. Lo stregone si volse verso la tomba e annuì appena verso la ragazza la quale continuò ad osservare la tomba, poi la ripulì dalla polvere e dalle regnatele; con l’aiuto dei due cugini, in silenzio, sistemò i pezzi di pietra rotti, ricostruendo il sarcofago del defunto Durin. Sospirò, poi si osservò intorno:- Alatar, che cosa stai cercando?-  chiese perplessa. Lo stregone si fermò, osservandola per alcuni istanti, in silenzio. – Muoviamoci, queste caverne non sono sicure, anche senza la presenza del Balrog. Muoviamoci!- esclamò camminando velocemente verso l’uscita. – Usiamo i cavalli, andremo più veloce- sussurrò montando velocemente sul mearas. Gli altri ubbidirono e cominciarono a galoppare verso la fine della galleria. – Alatar, ma che accade? Cosa hai visto?- chiese Eowen galoppando al suo fianco. Lo stregone non rispose, gli occhi fissi sul fondo della galleria, il bastone stretto nella mano sinistra. Ma alla risposta della giovane rispose in un lieve ringhio gutturale che risuonò alla fine della galleria. Frenarono velocemente e ansanti si fermarono ad ascoltare, mentre Eorl sperava che quel ringhio era solo uno scherzo della stanchezza e non quello che lui pensava. Tuttavia il ringhio giunse una seconda volta. – Alatar – sussurrò Eowen. Lo stregone osservò la fine della galleria, il suo cavallo sbuffò; si osservò poi intorno, quando speranzoso vide una seconda galleria alla loro sinistra che sicuramente portava all’uscita, a poche ore da Gran Burrone. Si volse verso i tre ragazzi e disse:- Ascoltatemi, non c’è molto tempo. Dovete prendere quella galleria, in poco tempo vi condurrà all’uscita; poi proseguite verso nord- ovest, fino ai confini di Gran Burrone. Io andrò dritto- . Eowen spalancò lentamente gli occhi e lo afferrò per le spalle:- No! No, non puoi andare, non puoi lasciarci! Lì morirai, è un’altra di quelle creature oscure di Isengard! Non andare Alatar!- esclamò in un sussurro mentre gli occhi le bruciavano per le lacrime. Lo stregone la osservò e le donò uno dei suoi dolci e delicati sorrisi, si liberò poi lentamente dalla sua presa e le posò un bacio sulla fronte. – Non vi lascio, Eowen, io vi raggiungo dopo. Eorl ha il Narmir, non dovete temere nessuna altra forza. In quando a me, non sarà certo quella creatura a rompere la vita di un secolare vecchietto- disse sorridendo con ironia. Eowen sorrise, mordendosi il labbro mentre le lacrime le scorrevano lungo le guance come fiumi. Si divisero così, i ragazzi verso l’uscita e Alatar verso il Whiving, lacrime e tristezza nei volti dei primi, un sereno sorriso e un’ arcana potenza sul viso del secondo.

 

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Capitolo 14
*** Neldorim ***


La notte stava scendendo lentamente e ormai Eowen aveva consumato tutte le proprie lacrime

La notte stava scendendo lentamente e ormai Eowen aveva consumato tutte le proprie lacrime. Al confine di un bosco, a poca distanza dalle caverne di Moria, osservava con gli occhi colmi di lacrime l’apertura da cui ore fa sono usciti e da poco stava attendendo che uscisse anche Alatar. Sospirò, sollevando il viso verso l’alto, tentando di vedere tra le fronde degli alberi la sfera lucente che diffondeva luce sul terreno sotto di lei, mentre a sud- est apparivano strane nubi. Si morse il labbro inferiore, mentre il cuore era colmo di rabbia e di rancore: perché, perché aveva lasciato andare Alatar? Ha fatto un terribile sbaglio, perché ora l’aveva perduto e loro non potevano più continuare la sua missione, poiché nessuno di loro si era spinto così lontano. Se solo fossero andati con lui…Eorl ora possedeva il Narmir, sarebbe stato facile uccidere il Whiving ed ora starebbero a riposare insieme a lui. Invece no, fissano quella maledetta apertura, con la disperata speranza che appaia la figura dello stregone dal lungo capello blu, la veste che oscilla al suo veloce passo, il peso della vecchiaia sorretto dal bastone di legno, la barba bianca come illuminata da quella luna che in silenzio li osservava. Continuò a fissare la luna, presa dai rimorsi e dai dolci ricordi di Alatar, mentre dentro di sé pregava disperatamente Varda affinché aiutasse lo stregone. “non vi lascerò soli, poiché io non ho nessun livello maggiore da raggiungere…”…perché aveva detto ciò? Eowen ignorava il motivo per cui Alatar non poteva acquisire più saggezza e più potenza. Più passava il tempo e più le sembrava che lo stregone stesse per crollare al suolo; vedeva sempre una remota luce triste negli occhi blu, che agilmente egli celava. Non conosceva il suo passato, forse ha fatto qualcosa che non doveva fare, qualcosa per cui è stato ammonito e punito dagli dèi. Sospirò di nuovo, scotendo appena il capo.

- Eowen, smettila di tormentarti, non è colpa tua- disse una voce lieve e pacata al suo fianco: era Elfwine. Eowen sorrise appena e raccolse le gambe al petto, poggiando il mento sulle ginocchia. – Invece si, avrei dovuto seguirlo, aiutarlo. Ed invece ho pensato a me stessa- rispose osservando il vuoto. Elfwine la osservò, poi si sedette al suo fianco, alimentando le fiamme del fuoco che avevano acceso per l’avanzare del freddo serale. – Non è colpa tua, smettila. Cosa potevi fare, come potevi aiutarlo? Le sue armi sono di certo più potenti delle tue. Non preoccuparti, tornerà presto- rispose deciso Elfwine, sorridendole. Eowen si volse per osservarlo negli occhi, poi annuì lentamente e con un sospiro posò la testa sulla sua spalla. Elfwine si irrigidì, non sapendo cosa fare, poi sorrise tra sé e strinse in un delicato abbraccio la ragazza. Pochi attimi ed entrambi, insieme ad Eorl poco lontano, si abbracciarono.

 

 

Lentamente, oltre le montagne innevate a nord, il sole stava spuntando, luminoso e rosso. I suoi raggi si diramarono ogni dove, cominciando a riscaldare l’aria mentre le stelle appassivano e sulla luna scendeva un albeggiante sipario. La brina sull’erba brillava come prato di perle alla luce solare, cominciavano ad uscire gli animali dalle proprie tane e a ripopolare il bosco dove Eowen, Eorl ed Elfwine si erano accampati. Gli uccelli cinguettavano allegri e stormi su nel cielo emigravano verso ovest, alla ricerca del caldo.

Eowen socchiuse gli occhi, svegliata dai suoni naturali e dall’umidità del terreno. Si accorse che al suo fianco non c’era Elfwine e lei era sdraiata sul suolo, avvolta dalla coperta. Volse il capo verso l’alto e chiuse forte gli occhi per la luce del sole posata sul viso. – Buongiorno Eowen – disse una voce sopra di lei, pacata e lieve. Eowen aprì di scatto gli occhi e vide su di lei il volto sorridente di un anziano dagli occhi dell’oceano e una lunga barba bianca. Spalancò gli occhi e la bocca, lentamente, mentre lo stregone scoppiò a ridere. – Dunque avevi messo in dubbio le mie capacità di combattimento? Ma brava, complimenti davvero!- esclamò ridendo Alatar, aiutandola ad alzarsi. Eowen si alzo e senza badare al freddo mattutino scoppiò a piangere ed abbracciò forte lo stregone la quale ridendo dolcemente l’accolse fra le sue braccia. – Come…come hai fatto??- esclamò meravigliata Eowen osservandolo appena dal basso. Lo stregone sorrise:- come ho fatto? Come farebbero tutti: con la spada e il bastone…e un po’ di aiuto divino- rispose facendole l’occhiolino, poi scoppiarono a ridere insieme e si abbracciarono di nuovo. – Alatar!- esclamarono in coro Eorl ed Elfwine, tornati dalla loro raccolta di legna. Questa cadde dalle loro braccia e vi avvicinarono velocemente allo stregone che li abbracciò. – E’ un piacere riaverti con noi Alatar – disse con decisione e con un sorriso sul volto Eorl, ed Alatala rispose ridendo:- Altrimenti dove sareste andati senza di me?-. Tutti e quattro i compagni risero felici e per un attimo Eowen ed Elfwine si osservarono e si sorrisero. Poi Alatar disse di accelerare la colazione poiché dovevano partire al più presto alla volta di Gran Burrone, per arrivare così per il pomeriggio. – Ci metteremo così poco?- chiese perplessa Eowen mentre assicurava la spada e la sua sacca alla sella di Gwaew. Lo stregone annuì:- Si, Gran Burrone è a poco ore da qui. Basta attraversare il bosco e raggiungere il sentiero che ci condurrà verso la città elfica. In caso qualcuno di voi debba perdersi, e mi auguro di no, il sentiero è posto a nord-est. Ed ora andiamo- rispose mentre montava a cavallo. Anche i ragazzi montarono a cavallo, poi spronarono questi al galoppo, verso nord-est.

 

Il viaggio alla volta di Gran Burrone non ebbe nessun ostacolo e la piccola compagnia avanzò senza indugi lungo il sentiero trovato ben presto. Era tardo pomeriggio ed il sole stava per tramontare quando il sentiero terminò e davanti a loro apparve la cascata cristallina e il burrone intorno a cui v’era costruita la città elfica un tempo governata da Re Elrond. Eowen fu estremamente colpita dalla bellezza e dalla moltitudine dei colori che abitavano ancora quei luoghi, nonostante abbandonati, avvolti dal tempo poiché la luce degli Eldar li aveva abbandonati. Alatar lì guidò lungo il sentiero principale, quello che accedeva all’ingresso della città elfica. Lentamente avanzarono verso lo spiazzo intorno a cui si diramavano le abitazioni. Fermarono i cavalli e si osservarono intorno, come in attesa di qualcosa. Alatar fece segno di fare silenzio e subito dopo delle figure giunsero dalla semi oscurità dei porticati. – Aave, Alatar, Elen sila lumenn omentilmo – (trad: Salve, Alatar, una stella brilla sul momento del nostro incontro). Alatar si volse verso la figura che era seguita da altre figure. – Elfi…- sussurrò meravigliato Eorl. Quelle figure erano infatti elfi dai lunghi capelli scuri e gli occhi chiari, gli abiti pregiati ma semplici, di colori accesi e vivaci; il loro portamento e la loro stessa lingua era delicata e regale. Gli Eldar circondarono la piccola compagnia e alcune fanciulle aiutarono i tre ragazzi a scendere da cavallo, sorridendo loro. – Neldorim, cormamin lindua ele lle- (trad: il mio cuore canta al vederti), rispose Alatar verso l’elfa che aveva parlato, la più alta e nobile d’aspetto. – I miei sogni mi avevano avvisato del tuo arrivo, amico mio…sono felice di rivederti- disse in Lingua Corrente poi Neldorim la quale abbracciò dolcemente Alatar che ricambiò l’affettuoso gesto. – Ed io sono felice di rivedere te, Neldorim, ed ancora qualche elfo che abita ancora Rivendell, anche se ha perso molto della sua luce- rispose sorridendo lo stregone. L’elfa sorrise, poi si volse verso Eowen e i due ragazzi a pochi metri dietro lo stregone. Spalancò lentamente gli occhi e disse inginocchiandosi lentamente: - Miei signori…- . Subito dopo tutti gli elfi presenti si inginocchiarono al cospetto dei tre Rohirrim i quali rimasero perplessi. – Alatar, perché…- chiese Eowen ma subito Alatar la interruppe:- Non chiedere ora, Eowen, ci sarà tempo per le domande. Ma ora dobbiamo riposare, mangiare e finalmente…scoprire la verità-. Detto ciò gli elfi si rialzarono e li condussero nel cuore di Rivendell, occupandosi di loro come regali ospiti.

 

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Capitolo 15
*** Cosa sta succedendo? ***


Il primo giorno a Rivendell stava morendo lentamente mentre il sole scompariva dietro le montagne innevate e la lucente luna a

Il primo giorno a Rivendell stava morendo lentamente mentre il sole scompariva dietro le montagne innevate e la lucente luna affiorava nel cielo rosso fuoco che in breve tempo si riempì di piccole e brillanti stelle.

Eowen assistette a quello spettacolo dalla terrazza della propria camera mentre lo zefiro notturno faceva ondeggiare lentamente le tende che dividevano la stanza dal balcone. La ragazza sospirò, ripensando a tutti i tramonti che ogni giorno vedeva dal terrazzo della sua stanza, nel palazzo di Meduseld. Ma finalmente erano al sicuro, sotto la protezione dei pochi elfi rimasti a Gran Burrone. Aveva mangiato, si era riposata ed ora stava assistendo a quel meraviglioso spettacolo…ma Alatar stava conversando con i capi della comunità elfica da quando erano giunti e lei era sempre più curiosa e preoccupata.

Sospirò di nuovo, osservando la luna e ripensando al racconto che lo stregone narrò nel bosco di Fangorn, riguardo gli dèi: le sarebbe piaciuto davvero vedere un essere divino, anche se ciò le sembrava totalmente impossibile e assurdo. Perché mai gli dèi dovrebbero avvicinarsi a me, una mortale? Certo, Alatar dice che potrei essere la custode dell’Elenmir, ma non è detto che lo sia…e poi anche se lo sono, che differenza fa?Sono comunque una mortale.

- Pensierosa?- chiese d’un tratto una voce alle sue spalle. Eowen sobbalzò e notò sulla soglia del terrazzo Elfwine, i capelli sciolti sulle spalle e vestito una lunga tunica verde e marrone. Sorrise al ragazzo che in quelle vesti aveva davvero l’aspetto di un elfo principesco. – Si, pensierosa- rispose Eowen annuendo, per poi voltarsi di nuovo verso il cielo stellato. Elfwine si affiancò alla ragazza e posò le mani sulla ringhiera di pietra; la osservò e sorrise:- Non preoccuparti, conoscerete presto la verità- disse con voce pacata e dolce. Eowen lo osservò e poi disse:- Ma come fai ad essere sempre così?- . – Così come??- . – Così! Così tranquillo e sereno, anche quando non c’è nulla che possa far stare tranquilla e serena una persona!- esclamò la ragazza sollevando appena le braccia al cielo. Elfwine scoppiò a ridere e scotendo il capo rispose:- Non è colpa mia! E poi cosa cambierebbe a stare nervosi e agitati? Non farebbe che peggiorare la situazione. Quindi tanto vale restare calmi ed attendere ciò che gli dèi hanno preparato per noi- . – Secondo me tu hai qualche potere soprannaturale! E’ impossibile che un Rohirrim abbia così tanta pazienza!- esclamò ridendo Eowen. Elfwine la osservò con finto fare irato con tanto di mani sui fianchi:- Ah bene! Dunque è questo ciò che pensi dei Rohirrim? Uomini analfabeti, rozzi, irascibili e senza cuore??- esclamò trattenendo a stento un sorriso. Eowen continua a ridere e rispose mentre cominciava ad arretrare:- Bene o male si! Soprattutto l’ultimo punto!- . A quel punto entrambi scattarono in una breve corsa che terminò quando Elfwine, ridendo, afferrò per la vita Eowen che gridando cercava di liberarsi dalla presa. – Non vale!!- gridava la diciassettenne ridendo. – Cosa non vale eh? Tu sei anche avvantaggiata che hai i pantaloni invece io ho la tunica! Sempre a lagnarti!- esclamò ridendo il ragazzo mentre cercava di tenerla ferma, invano. La ragazza continuava a ridere e a tentare di liberarsi, anche se riusciva a sfuggire solo per pochi attimi poiché subito Elfwine la riprendeva, ridendo. Tuttavia, dopo quasi mezz’ora di tira e molla, entrambi cominciarono a stancarsi e le loro risate si affievolivano lentamente per far posto solo lievi risate.

Alla fine, finalmente, si fermarono. Elfwine ascoltò il magico e sacro silenzio che si era venuto a creare dopo il loro baccano, chiuse gli occhi verdi e poggiò appena il mento su i profumati ricci biondi di Eowen che serena in viso osservava la luna in cielo, le mani posate di nuovo sulla ringhiera del balcone. Sospirò appena, rabbrividì un po’ e subito Elfwine la strinse di più a sé, ormai inebriato dal profumo che avevano i suoi ricci d’oro legati dietro al capo. Sospirò anche lui, un lieve sorriso sulla labbra quando sentì le mani di Eowen posarsi sulle sue, intrecciate a chiudere l’abbraccio in cui aveva dolcemente incatenato la giovane Rohirrim.

Passarono attimi, secondo, minuti, forse ore, ma l’abbraccio che li stringeva l’un con l’altro non si sciolse mai. Anzi, più il freddo avvolgeva l’aria notturna, più loro due di abbracciavano. Eowen portò indietro il capo e lo posò sulla spalla del ragazzo, poi socchiuse gli occhi: che le stava accadendo? Sentiva qualcosa di strano dentro di sé, come…non sa, una sensazione mai provata; non è forza, né voglia di combattere, né desiderio di gloria o di onore…No, non era niente di tutto ciò, era qualcosa di completamente nuovo….Cos’era? Certo ad Elfwine voleva molto bene, anche se non facevano altro che beccarsi e prendersi in giro. Ma ora? Ora erano cresciuti e non avevano tempo per parlare o beffeggiare l’altro. Ma allora perché sentiva il cuore a mille e una tranquillità interiore che raramente aveva sentito? Che sia amore?…No, non è possibile! Elfwine è come un fratello maggiore ed aveva dieci anni in più di lei! Anche se, certo, non poteva negare che aveva fatto un cambiamento positivo rispetto agli ultimi anni…Ma comunque non poteva essere lui il ragazzo che amava, anche perché era decisa e non sposarsi mai. Sorrise appena a quel rassicurante pensiero, subito interrotto dalle parole di Elfwine sussurrate dolcemente nel suo orecchio.

– Dovremmo andare a dormire, domani dobbiamo alzarci presto e Alatar lo sai che si arrabbia se non ci trova pronti-. Eowen ridacchiò divertita, così come Elfwine. – Va bene, se mi lasci signor “senza cuore” vado a dormire- rispose Eowen ridendo. Elfwine la lasciò di scatto e per poco la ragazza non cadde in avanti. Si volse verso di Elfwine che rideva come un matto. – Ma sei matto?!?Potevo cadere!- esclamò furiosa Eowen. – Oh povera piccola! Così impari ad offendermi!- esclamò divertito Elfwine, rientrando in camera insieme ad Eowen. Questo lo osservò, mortificata:- Ti sei offeso?- chiese in un lieve sussurro. Elfwine la prese in braccio e ridendo la condusse sul letto. – No, scherzavo- rispose ridacchiando. – Devo togliermi la casacca, quindi girati e se provi a spiare ti ritrovi appesa fuori dal balcone!- esclamò minacciosa Eowen. Lui si volse e portò le mani sugli occhi chiusi, attendendo che la ragazza si tolga la casacca e rimanga così con i pantaloni e una leggera maglia di fibra molto delicata. – Fatto, puoi girarti- annunciò Eowen mentre si infilava sotto le coperte. Elfwine la osservò e sorrise. – Che c’è ora? Perché sorridi?- chiese Eowen sistemandosi le coperte e poi sedersi con la schiena contro i cuscini. – Mi piace vederti, mi è sempre piaciuto. Soprattutto che ora sei cresciuta- rispose lui sorridendo. – Vattene, prima che sia costretta a picchiarti!- esclamò Eowen e per la prima la si poteva ammirare arrossire sul serio, mentre borbottava e si portava le coperte fino alle spalle, sdraiata. Elfwine scoppiò a ridere. – Perché dovresti picchiarmi, scusa?- chiese divertito. – Perché mi guardi- borbottò rossa in volto la ragazza, osservando il soffitto. – E non posso guardarti?- chiese lui curioso. Lei scosse ancora il capo:- Assolutamente no-. – Bhè, allora quando eri alle case di guarigione a Edoras per la ferita alla spalla? Lì avevi il petto nudo e io ti ho visto, solo che tu stavi dormendo- rispose il ragazzo e ricevette un ceffone in faccia, puntuale come un orologio svizzero. – Ma come ti sei permesso???- esclamò furiosa Eowen, quasi in lacrime. – Ehi, stavo scherzando! Se ricordi bene io quel giorno ero al Fosso di Helm e sono tornato tre giorni dopo!- esclamò lui massaggiandosi la guancia dolorante. Eowen non disse nulla, posò la guancia sul cuscino e osservò in nulla. Elfwine si avvicinò al suo viso, le sfiorò la guancia con una carezza lieve e delicata. – Dirmi di non guardarti sarebbe come ordinarmi di non guardare un bellissimo giglio, il giglio più bianco, esile e bello che possa esistere; un giglio in apparenza così fragile ma altrettanto forte, illuminato dal sole e bagnato dalle onde dell’oceano. E quando è primavera, tutti i fiori sono gelosi del giglio, che tutti vogliono cogliere ma che nessuno riesce mai, perché il giglio ha radici forte e non vuole essere di nessuno, se non di se stesso…- rispose in un dolce sussurro Elfwine. Eowen arrossì ma sorrise appena, chiaramente imbarazzata.

Elfwine non riusciva a staccargli gli occhi di dosso e continua a sfiorarle il viso. Come poteva essersi accorto solo quella quanto Eowen fosse bella? Fino a quel momento l’aveva vista solo come la sorella minore da prendere in giro, ma stava diventando una donna, sia nel corpo che nello spirito…uno splendido giglio. Loro non erano fratelli, poiché Elfwine ed Eowen erano stati adottati da Eomer e Lothiriel quando i loro genitori furono trovati morti, questo Elfwine lo sapeva…Ma non aveva mai pensato ad Eowen come una fidanzata, soprattutto perché avevano dieci anni di differenza e perché erano come fratello e sorella. Ma ora? Era confuso e tuttavia non  riusciva a staccare gli occhi dal suo viso.

Eowen si volse verso di lui e le loro labbra si sfiorarono appena, un tocco appena impercettibile, come una lieve brezza d’autunno. Eowen rimase immobile e con i muscoli tesi, come Elfwine. Subito la ragazza chinò lo sguardo verso il basso, imbarazzata e confusa più che mai. Per definire invece i sentimenti di Elfwine non bastano nemmeno tutte le parole esistenti. – Buonanotte- disse a tono lieve Eowen, ancora con gli occhi chini. Elfwine la osservò, sorrise dolcemente. – Buonanotte – rispose in un lieve sussurro, sentendo i loro respiri confondersi per quanto i loro visi erano vicini. Sapeva che non poteva andare via, ma sapeva anche che lei era Eowen, sorella del suo migliore amico, probabilmente una nobile elfa e custode di un oggetto che contiene il potere degli dèi. Come poteva lei avvicinarsi appena ad un Rohirrim, un semplice ragazzo. A quel pensiero il suo cuore ebbe un sussulto e decise di alzarsi e andare via, senza nulla dire.

Eowen osservò il soffitto per molti istanti, così come Elfwine nella sua stanza. Poi entrambi si addormentarono, stanchi e confusi.

 

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Capitolo 16
*** La verità ***


Il giorno seguente Eowen fu svegliata da Alatar molto preso, quando il sole era appena sorto

Il giorno seguente Eowen fu svegliata da Alatar molto preso, quando il sole era appena sorto. – Vestiti ed aspettami all’ingresso della città- le ordinò quando Eowen fu capace di comprenderlo, poi uscì dalla stanza. Si vestì ed uscì fuori, stringendosi nel mantello per il freddo mattutino. Si avvicinò al centro del cortile d’ingresso, sorridendo al fratello. Volse gli occhi verso un balcone di una casa che si affacciava sul cortile e notò Elfwine parlare con una elfa bella e giovane. Sbuffò irritata, anche se non avrebbe dovuto. – Gelosa?- disse una voce dietro di sé; si volse e sorrise al fratello. – Oh no, può fare quello che vuole lui!- rispose subito sorridendo. – Dove vuole portarci Alatar?- chiese poi, cambiando discorso. Elfwine sollevò le spalle. – Non lo so, ma credo voglia portarci dalla “memoria dei vostri genitori”, come dice sempre- rispose poi il fratello. Eowen annuì appena:- Elfwine non viene con noi?- chiese poi osservando gli i chiari occhi il Principe discorrere amorevolmente con la stessa elfa di prima. Eorl sorrise divertito:- No, non viene. Ci attende qui- rispose infine. Alatar giunse poco dopo:- Bene, siete qui. Presto, andiamo- annunciò guidando i due ragazzi lungo un sentiero tra le cittadina, verso il Palazzo ove un tempo viveva Mastro Elrond e la sua famiglia. Attraversarono il palazzo, senza soffermarsi, fino a giungere in quello che doveva essere il giardino reale: un luogo molto bello, ideale per un po’ di pace, dove il tempo sembrava essersi fermato. Camminarono lentamente lungo un sentiero in terra battuta, avvolti dal dolce cantare degli uccelli, dal fruscio delle fronde, dal silenzioso camminare degli animali che dimoravano in quel luogo da molto tempo.

Alatar li condusse lentamente verso il centro, il nucleo del giardino. Si fermarono al confine di una piccola radura sovrastata da una immensa quercia dalle fronde autunnali.  Sotto di essa, due statue. Eowen si avvicinò lentamente, insieme al fratello, mentre Alatar li lasciò andare da soli. Osservò le due statue di marmo e sentì il suo cuore accelerare velocemente, gli occhi bruciare. Raffiguravano un uomo e una donna: lui era un uomo dalle ampie spalle, lunghi capelli mossi gli ricadevano sulle spalle, occhi fieri e ridenti la fissavano, sull’armatura il bianco cavallo di Rohan; la donna invece aveva negli occhi grandi una dolcezza e una potenza che Eowen non aveva mai visto in nessuna persone, se non in Alatar; il suo corpo era alto, esile, delicato, sembrava una bambina; i suoi capelli erano ricci e le ricadevano lungo tutta la schiena e dai boccoli spuntavano due orecchie a punte. Le sue braccia piegate reggevano un libro aperto.

Eowen si avvicinò, una lacrima le solcò una guancia; posò la mano destra sulla guancia della statua e sussurrò con voce spezzata:- Mamma…-. Alatar sorrise dolcemente, le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla. – L’ hai riconosciuta, Eowen. Si, lei è tua madre e lui è tuo padre. Un maresciallo della Marca e un’elfa di Lorien, parente di Galadriel. Si dice che quel libro è il diario di tua madre scritto dall’incontro con tuo padre fino all’ultimo giorno di vita. Vieni, leggeremo solo alcune pagine-. Sfogliarono con cautela il libro di cuoio ed Eowen vide con meraviglia che anche se la lingua era diversa, la calligrafia della madre era uguale alla sua. Alatar si fermò ad una delle prime pagine del diario:

Molti di voi forse si staranno chiedendo perché un’elfa ha bisogno di scrivere un diario. Risponderò semplice: so il mio futuro e non vivrò abbastanza per raccontare la mia storia ai miei figli. Sono costretta quindi a lasciarla su queste pagine. Vi starete chiedendo inoltre come faccio a sapere il mio futuro. Per rispondere devo prima raccontare la mia storia: mi chiamo Elenwen e sono figlia di Dama Galadriel e di Celeborn, signori di Lorien. Mia sorella è Celebrian, moglie di Mastro Elrond. Sono nata a corte, ho lunghi ricci biondi e occhi blu. Con pochi giorni di vita sulle mie spalle, mia madre fu costretta a dividersi da me. Fui portata nel BoscoVerde, presso la corte di Re Thranduil. Il motivo è oscuro a molti, ma si pensa che mia madre abbia visto nel suo Specchio il desiderio di Sauron di impossessarsi di me. Fui divisa dalla mia  famiglia, mi dimenticai quale aspetto avessero. A nessuno sembrava preoccuparsi di ciò. Mi insegnarono a parlare elfico e la lingua corrente, a scrivere, a suonare il flauto, a cavalcare, a combattere, a tirare d’arco. All’età apparente di quindici anni tornai a Lorien e trascorsi tre giorni interi con i miei genitori, senza dormire né mangiare.

Forse qualcuno fra di voi saprà cosa significa essere lontani dal proprio cuore, senza una carezza materna, un abbraccio paterno, una risata felice. Io non ebbi nulla di tutto ciò nella mia infanzia. Quando tornai a casa mi sembrava di essere nelle Terre Immortali: risorta, tornata a nuova vita.

Venne la primavera, il re di Gondor ci invitò ad una festa e ad un rito molto importante dedicato a Yavanna, la madre della Natura, la Creatrice. Fu lì che incontrai Feru, Maresciallo di Rohan. Era giunto anche lui per il rito e ne fui subito attratta, sia per la sua bellezza, sia per la sua delicatezza e dolcezza, nonostante fosse un valoroso e fiero Cavaliere di Rohan. Ci sposammo in Estate e andammo a vivere ad Alburgo, dove molti dei suoi avi erano nati. La gente di Rohan è molto buona, gentile e alla mano. Mi ospitarono molto bene e mi sentii sempre a casa in quei luoghi. In Inverno nacque il nostro primogenito, Eorl II. Feru ha voluto dargli quel nome in memoria del primo Re di Rohan, Eorl il Giovane. Sette anni dopo nacque invece la mia unica figlia, Eowen, bella come l’alba di primavera. Il suo aspetto è molto simile al mio ma ha anche il coraggio, l’orgoglio e la fierezza di suo padre. La nostra trascorreva felicemente, senza dolore e rabbia, ma in pace e felicità. I miei figli crescevano forti e felici, ogni giorno che passava amavo sempre di più le mie creature e  mio marito, il mio unico amore…ed egli amava me. Fin quando non si realizzò la profezia di mia madre Galadriel.

Ieri mattina mi sono svegliata all’alba, come ogni giorno, per offrire le mie preghiere agli dèi e svegliare mio marito. Quando uscì da palazzo, però, vidi una nube nera coprire il cielo sereno. Non era una nube naturale, ma veniva da Mordor.

A mezzogiorno tutta la città era distrutta.

Ora mi trovo nelle case di Guarigioni di Gondor, colpita da una freccia avvelenata  alla spalla. Non vivrò ancora a molto, per questo devo lasciare qualcosa di me, della mia storia. Moriremo entrambi, io e Feru, e vivremo eternamente insieme…ma tuttavia i miei figli devono sapere chi sono, da quale famiglia provengono, che loro sono di stirpe elfica e umana, oltre che regale. Devo lasciare loro la mia storia, la loro storia. Grandi cose si presenteranno sul loro cammino, ma starà a loro decidere cosa è giusto e che cosa non è giusto. Re Eomer e dama Lothiriel, mia lontana parente, si sono offerti di prenderli come figli; in più con loro c’è Alatar. Avranno delle buone guide, ne sono sicura.

Ora devo riposare, sono stanca, le forze mi abbandonano. Presto raggiungerò i miei avi, i miei creatori. Il mio corpo sarà seppellito a Lorien ma Elrond vuole edificare due statue a Rivendell, in nostra memoria. “Celebrian avrebbe voluto onorarvi, come lo voglio anche io”mi ripete di continuo. Abbiamo accettato, magari un giorno i nostri figli visiteranno quel magnifico luogo e leggeranno questo diario. Forse si ricorderanno di noi, forse no…ma l’importante è che sappiano che loro sono figli di Feru di Rohan e di Elenwen di Lorien…E che i loro genitori saranno sempre su di loro a vegliare, sempre…

 

Qualsiasi cosa deciderete, sappiate che due piccole stelle nell’immenso cielo del mondo vi osservano e guidano, figli miei…

Mamma e papà.”

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Capitolo 17
*** la Luna di sangue ***


Capitolo 7: la luna di sangue

Capitolo 7: la luna di sangue

 

Una lacrima scivolò lentamente sulla gota destra di Eowen. Cadde sulla sua casacca, come goccia di rugiada si poggia dolcemente su una foglia primaverile, nel silenzio creato dalla fine della tempesta. Lesse e rilesse quella pagina, osservò con amore quella scrittura, identica alla sua. Sollevò poi lentamente il viso su quello marmoreo della madre.

La luce del sole le sfiorò dolcemente il viso mentre fissava il suo riflesso, sua madre, il suo sguardo dolce, il suo sorriso delicato e lieve. Un singhiozzo le sfuggì dalla bocca. Tutto ciò era ingiusto. Ingiusto che non abbia avuto tempo di conoscere sua madre, che non abbia un suo ricordo, ma solo il suo diario e una sua immagine, una sola…quella del sogno. Si, è sicura che quella bellissima donna dal volto di luce fosse sua madre, non poteva essere nessun’altra donna.

- Eowen - la voce lieve e dolce di Alatar e la sua mano sulla sua spalla la riportarono alla realtà. Si volse a sinistra, verso lo stregone che le sorrideva dolcemente. – Dobbiamo andare- annunciò infine, poi le posò un bacio sulla fronte, lieve come fruscio del vento a sfiorare le fronde degli alberi autunnali, dolce come pioggia d’estate che cade sul tuo viso. Eowen socchiuse gli occhi, annuì appena. –Alatar – catturò per un attimo l’attenzione dello stregone che si volse ad osservarla;- posso portare con me il diario? Durante le ore di ripose, anche se rare, vorrei leggerlo- sussurrò con voce strozzata appena dalla commozione ma pacata come sempre. Lo stregone sorrise dolcemente ed annuì. – Certo, Eowen, quel diario ora è tuo e di Eorl. Vostra madre l’ ha lasciato apposta per voi- rispose pacato, poi fece ritorno alla città. Eowen salì sulla base della statua, afferrò dolcemente il diario fra le proprie mani, lo richiuse dolcemente e con cura. Lei e il fratello diedero un ultimo sguardo alle statue dei propri genitori, tentando di imprimere nella mente le loro immagini. Poi si volsero e raggiunsero Alatar.

 

- Alatar, devo per forza?- sussurrò mesta Eowen accarezzando il muso del suo destriero. Lo stregone annuì appena:- Si, Eowen, devi lasciare qui Gwaew. Da adesso il viaggio è più arduo e dovremmo attraversare montagne, paludi, fitti boschi…luoghi non adatti ad un cavallo. Gli elfi lo ricondurranno ad Edoras  e lo troverai lì al tuo ritorno, sano e salvo…non preoccuparti. Ricorda che è un mearas e la sua intelligenza e quasi pari a quella nostra- rispose con la sua solita voce saggia e pacata. La ragazza annuì, pensando che fosse l’unica soluzione. Osservò i profondi occhi scuri del cavallo che sembravano dirle: “Non preoccuparti, ci rivedremo presto”. Sorrise e non potè trattenere una lacrime. Posò il viso vicino al muso di Gwaew, sospirò appena:- E’ la prima avventura che viviamo separati, amico mio. Non pensavo sarebbe giunto questo momento, ed invece eccomi qui, a salutarti. Aspettami ad Edoras, nella nostra patria, amico mio. Attendimi, presto tornerò- sussurrò come se l’animale potesse capire. Gwaew sbuffò appena e scosse appena la lunga criniera nera. Neldorim osservò quella malinconica scena e pensò che quella ragazza, così piccola e apparentemente debole, era davvero la legittima figlia di Elenwen e di Feru. Le sorrise quando afferrò le redini del cavallo. – Che Varda ti benedica, Eowen, figlia di Elenwen…E benedica anche te, Eorl…Ed anche voi, Principe Elfwine, figlio di Eomer Eadig. Sono sicura che le nostre strade presto si incroceranno di nuovo, Custodi. A presto- proferì con voce pacata e leggera, sorridendo loro dolcemente. I tre giovani risposero con un sorriso o un cenno del capo, poi gli occhi violacei di Neldorim si posarono su quelli profondi e vivaci di Alatar.

- Alatar…Vanya sulie…(trad: che i venti ti siano favorevoli)- sussurrò chinando il capo verso lo stregone. – Tenna ’ ento lye omenta,
Neldorim…Namarie - salutò Alatar prima di volgersi e varcare la soglia di accesso a Rivendell. Eowen salutò con un sorriso gli elfi di Gran Burrone e il suo destriero, poi si volse di scatto verso Elfwine: trovò i suoi occhi verdi puntati su di lei. Arrossì violentemente e si diresse al fianco di Alatar, con passo veloce. Si volse un’ultima volta verso quella cascata cristallina illuminata dal sole mattutino, verso i tetti luminosi delle case, verso gli alberi verdeggianti, verso il suono della natura che li stava salutando.

 

- Alatar, ti prego, fermiamoci…Sono quattro giorni che camminiamo senza tregua! Eowen sta morendo per la stanchezza!- esclamò ansante Eorl mentre aiutava a camminare la sorella tra le aspre salite di un tortuoso sentiero tra le Montagne Nebbiose. – Siamo quasi arrivati, un ultimo sforzo!- esclamò Alatar a pochi metri davanti a loro.

Dopo qualche minuti si ritrovarono davanti una caverna tra le rocce, buia e silenziosa. – La caverna dei Viandanti. Siamo arrivati, venite- sussurrò sospirando lo stregone. Varcarono la soglia della caverna e il bastone di Alatar mostrò loro come il luogo era molto ampio, spazioso, ma freddo. – Elfwine, raccogli dei detriti di legna tra le rocce, così accenderemo il fuoco. Partiremo domani dopo il pranzo- annunciò Alatar sedendosi contro una parete rocciosa. Eowen sospirò felice e si lasciò cadere a terra, esausta.

Mangiò lentamente il suo pasto serale, poi si avvolse nel mantello, vicino al fuoco. Sospirò felice, sorridendo tra sé, pensando che in fondo per essere felici, in quel periodo di tensione e guerra, bastasse anche dormire o il calore del fuoco. Chiuse gli occhi, rabbrividì sotto il mantello nel sentiero un soffio di gelido vento infilarsi sotto le sue vesti. Avvertì poi più calore sul corpo. Aprì gli occhi: vide Elfwine sdraiarsi al suo fianco, dietro le sue spalle, ed avvolgere entrambi con il suo mantello. – Non fa niente, copriti tu- sussurrò la ragazza sorridendo, ma il ragazzo scosse il capo appena, osservandola: - No, io non ho molto freddo; ci avvolgeremo insieme- rispose con tono pacato. Chiusero entrambi gli occhi e le onde dolci e leggiadre del sonno e della stanchezza presto li raggiunsero, stringendoli a loro con amore e protezione, impedendo al freddo di svegliare i loro corpi.

 

 

Il mattino seguente partirono subito dopo un pranzo abbastanza abbondante ma non pesante. Caricarono le leggere sacche sulle spalle, poi uscirono dalla caverna e furono colpiti dal forte vento che aleggiava tra le pietre della montagna, provocando un soffio acuto e fastidioso. – Seguitemi- esclamò Alatar ad alta voce, puntando il bastone a terra per aiutarsi nella salita.

Lentamente cominciarono ad ascendere lungo la parete rocciosa, obbligati a stringere forte le mani sulle pietre per il forte vento che rischiava di farli rotolare tra le pietre. Eowen sollevò la mano destra da una pietra e vide che aveva lasciato su di essa una macchia di sangue. Trattenne le lacrime per il bruciare ai graffi, si pulì il sangue sulla casacca e arrancò verso l’alto, aiutata per quanto poteva da suo fratello Eorl. D’improvviso Alatar scivolò con la gamba e dovette aggrapparsi di scatto ad un masso per non cadere indietro. Tuttavia il bastone gli scivolò dalle mani avendo attaccato entrambe le mani ferite ad un muso appuntito. Si ferì ma non ci badò e urlò indietro:- il bastone!- . Eowen vide scivolare il bastone dello stregone al suo fianco. Gli si gettò sopra, sbloccandolo, ma cominciò a scivolare su di esso. Gridò e cercò di afferrare un masso solido con la mano destra, libera. – Eowen!- gridarono i due ragazzi che impotenti osservavano una nube di polvere e detriti avvolgere la ragazza. Quando la nube scomparve, sospirarono di sollievo nel vedere che Eowen stringeva nella sinistra il bastone di Alatar e con la destra si reggeva ad un masso. - Eowen, dammi il bastone!- urlò Elfwine quando lui ed Eorl la raggiunsero; la ragazza fece forza con i propri fianchi e si tirò su anche col braccio sinistro, posandolo sul masso, infine tese in alto lentamente il bastone che alla fine i due ragazzi riuscirono a prendere. - Brava Eowen! Adesso dammi la mano, avanti!- esclamò Eorl tendendo la propria mano verso di lei, così come Elfwine. - Non ce la faccio!- esclamò in lacrime Eowen mentre tentava di reggersi alla meglio poichè le usciva molto sangue dalle ferite delle mani. - Si che ce la fai! Devi farcela, avanti! Sollevati lentamente, trova sostegno nel muro!- esclamò in risposta Elfwine, tendendo di più la sua mano. Eowen posò con forza i piedi contro la parete roccioso in quel punto ruvida, poi fece forza sulle braccia e sui reni e tese tutto il corpo in alto. Subito i ragazzi tentarono si afferrarla per le spalle ma non riuscirono nel loro intenti ed Eowen la parete, emettendo solo un gemito soffocato. - Concentrati, Eowen! Metti in pratica le lezione che abbiamo fatto ad Edoras!- esclamò lontana la voce di Alatar, impedito a raggiungerlo per la sua vecchiaia e la sua minore agilità rispetto ai giovani. Concentrati...Concentrati...ripeteva tra sè Eowen mentre riposizionava i piedi contro il muro; lentamente lasciò scivolare la mano sinistra, fece ondeggiare il corpo per darsi più carica. Alla fine eseguì un potente slancio e tese il braccio sinistro verso l'alto. Di nuovo i due ragazzi tentarono si afferrarla ed alla fine riuscirono nel loro intento: Elfwine strinse la propria mano intorno al suo avambraccio, poi Eorl afferrò l'altra mano della sorella quando il principe la sollevò. Entrambi la tirarono su ed alla fine la trassero in salvo. - Grazie al cielo-sospirò Alatar sorridendo. Eowen, ansante, rimase immobile fra le braccia del fratello, non riuscendo a muovere nessuna parte del corpo. Si alzarono solo quando giunse lentamente Alatar che le fasciò velocemente le mani con un pezzo di tessuto. Poi ripresero il cammino seguendo una via più lunga ma di certo più sicura.

 

Due giorni dopo si ritrovarono a percorrere la fine di un sentiero nella parte opposta della montagna. Questa volta non ci furono complicazioni od ostacoli perché il vento in quel lato della catena montuosa non soffiava molto ma soprattutto perché il sentiero creato da alcuni battitori nani agevolava molto il passo. – Probabilmente ce n’era uno anche per la saluta ma il vento e la caduta frequente dei massi avrà cancellato le tracce di qualsiasi tipo di sentiero- commentò Eowen mentre discendevano ancora. Eorl le sorrise divertito, poi subito Alatar sollevò il bastone verso la fine della montagna: dalla sua base nasceva un fiume, il Gaggiolo, sulle cui sponde era stata combattuta una remota battaglia. – Da quel momento, quella terra è stata sempre chiamata “campo Gaggiolo”. Guardate a nord, quello è Bosco Verde! Intravedete quella punta di montagna, piccola come un pezzo di pane? Quella è la cima dell’Erebor - spiegò loro Alatar. –E allora perché non ci dirigiamo lì, a Bosco Verde?- chiese Eowen. – Perché, zucca vuota che non sei altro, dobbiamo prima trovare la parte mancante per ricomporre il Miredhel! Solo allora potremmo dirigersi verso l’Erebor e riunire la gemma elfica- esclamò lo stregone senza però un tono molto severo. Eowen borbottò qualcosa di insensato, rossa in viso, mentre i due ragazzi ridevano sotto i baffi.

La sera del terzo giorno raggiunsero la base della catena montuosa. Eowen sospirò nel sentire sotto i suoi stivali il morbido terreno e poco distante il lieve scivolare del fiume Gaggiolo. – Dopo tutte quelle pietre, finalmente la terra, l’erba, il fiume…- sussurrò sospirando Eorl, leggendo nella mente della sorella e di Elfwine. Alatar si volse verso di loro, sorridendo. – Questa notte ci accamperemo qui, sotto la protezione della montagna e finalmente domani mattina raggiungeremo in poche ore Lothlorien, attraversando il fiume. Ora ristoratevi e riposate- proferì con voce pacata, prima di allontanarsi verso il fiume. I tre giovani non chiesero dove stesse andando, tanto non avrebbero ricevuto risposta. Si preoccuparono così di accendere un piccolo fuoco, di mangiare e di prepararsi per la notte. – Finalmente siamo giunti dalla seconda gemma…presto torneremo ad Edoras - sospirò felice Eorl avvolgendosi bene nel mantello. – Non cantare troppo presto vittoria, fratellino: ricorda che devo prima superare una prova per ottenere la gemma, sempre se sono io la Custode. Poi dobbiamo viaggiare verso Erebor, riunire le gemme e tornare ad Edoras…senza contare che siamo soli e circondati da nemici- rispose Eowen sospirando. –Accidenti come sei pessimista,sorellina- esclamò ridendo Eorl, poi le posò un bacio sulla guancia e diede la buonanotte ad entrambi. Poco dopo anche Eowen ed Elfwine si addormentarono, stanchi com’erano per l’attraversamento dei monti Nebbiosi. Poco prima della mezzanotte, tuttavia, Eorl sentì un lieve rumore in lontananza, scandito da lunghi tempi. Aprì lentamente gli occhi e si accorse che Elfwine era in piedi davanti il fuoco ed osservava verso nord. Subito si alzò, rivestendosi. – Che cosa c’è?- sussurrò all’amico. Elfwine sollevò le spalle:- Non lo so, non sono ancora un elfo. Ho sentito dei lievi rumori prima, come dei tamburi suonati in lontananza- sussurrò appena. Di nuovo…si, era decisamente un suono di tamburo. Quella notte la luna non era altro che un filo argentato e non potè così illuminare coloro che si stavano avvicinando velocemente. Solo quando sentirono urla acute e senza senso, i due ragazzi si accorsero che verso di loro stava giungendo una banda di goblin. – Eowen!- esclamò Eorl mentre si armava. La ragazza si svegliò di soprassalto e subito vide la gemma del fratello illuminarsi sul suo petto. – Goblin!- annunciò Alatar tornando velocemente dal suo breve viaggio verso il fiume. Eowen scattò in piedi ed afferrò nella mano destra la spada mentre nella sinistra stringeva il fodero, per parare i colpi. Subito ed Eorl ed Elfwine si posizionarono davanti la ragazza, per proteggerla. Quando la banda di goblin fu abbastanza vicina, il braccio di Alatar che reggeva il bastone scattò in alto e la sua celeste luce accecò e spaventò le creature oscure, facendole arretrare. –Andate via, creature del male! Io sono il Custode della Fiamma d’Oceano e Vassallo di Ulmo! Chiunque di voi si avvicinerà, perirà sotto i miei colpi e mandati nei più profondi Abissi della Disperazione!- urlò minaccioso e crudele lo stregone. Eowen lo osservò temendolo per la prima volta. “Custode della Fiamma d’Oceano e Vassallo di Ulmo”…solo quelle parole la terrorizzavano e si augurò di non dover essere mai nemica di quell’anziano apparentemente innocuo ma in verità potente come la più terribili delle tempeste. Un orchetto si avvicinò di qualche passo ad Alatar e scoppiò a ridere e la sua risata risuonò ovunque, terribile e sgradevole. - Stupido vecchio, non potrai mai distruggere il male!- esclamò in una lingua corrente poco corretta la creatura malefica. - Ed invece di sbagli, stupido orchetto!- esclamò Alatar sollevando ancora di più il bastone nel cielo, accecando l'orchetto che aveva parlato. Subito i suoi compagni attaccarono la piccola compagnia mentre la luna nel cielo, anche se lieve, parve risplendere come una lama d'argento...una lama che presto si sarebbe macchiata di sangue...

 

 

 

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Capitolo 18
*** l'ombra di Lorien ***


Eowen lentamente aprì gli occhi, ma si accorse che le palpebre erano troppo pensati e le ricaddero sugli occhi

Capitolo 18: l’ombra di Lorien

 

 

Lentamente Eowen aprì gli occhi, ma si accorse che le palpebre erano troppo pensati e le ricaddero sugli occhi. La prima cosa che avvertì fu il nauseabondo odore del sangue, della putrefazione, degli orchi. Issò di scatto il busto e rigettò a terra, reggendosi sulle braccia tremanti. Più tardi, si osservò intorno ma non riusciva a mettere a fuoco nulla. Si alzò, aiutandosi con la sua spada poco lontana. Sentiva le gambe cedere al peso del corpo ma si costrinse a rimanere in piedi. L’alba stava sorgendo ed il cielo era tinto di rosso.

Un mantello di corpi celava il terreno macchiato di sangue. Orchetti e goblin intorno a lei, con gli occhi ancora spalancanti. Le salirono le lacrime agli occhi nel vedere tutto quelle facce orribili, come i mostri che albergavano nei suoi sogni quando era più piccola. Avanzò fra i corpi e non si accorse che stava tremando e che grosse lacrime le scivolavano sul viso sporco. Trascinava a stento la spada dietro di sé e sentiva tutto il corpo debole, ferito, affaticato. Pianse per molto, terrorizzata al pensiero di essere rimasta la sola creatura vivente in quella distesa. Era presa senza Alatar, Eorl ed Elfwine, senza pensare alla grave perdita subita. Dove sarebbe andata ora? Non sapeva che strada prendere per proseguire ma nemmeno quella per tornare indietro. E se sarebbero giunti altri orchetti? O peggio ancora, uno Whiving? Che cosa avrebbe fatto? Lei non era forte, non aveva la gemma elfica. Come poteva essere custode di un così grande potere quando davanti al pericolo scoppiava in lacrime. Lascia la guerra agli uomini…le armi non sono adatte ad una donna. E se re Eomer avesse ragione? Sospirò, sedendosi su un pezzo di terreno risparmiato dal sangue. Ripensò al giorno della partenza e ripensò alla sua vita trascorsa ad Edoras: il fiero Eomer, l’arcana e misteriosa Lothiriel, quel combina guai di suo fratello; le cavalcate tra le infinite praterie, il sole che picchia sulla sua pelle, le beffe del principe per la sua poca femminilità. Sorrise appena e una delle poche lacrime rimaste le scivolò lungo una guancia. – E’ inutile restare qui seduta, Eowen. Qualche orchetto potrebbe essere ancora vivo e svegliarsi anche ora. Il fiume, devo attraversare il fiume- parlò tra sé. Il suo pensiero la incoraggiò ma altrettanto non fece la sua incredibile debolezza che le impedì anche si alzarsi dal terreno. Sbuffò, lasciandosi andare alla stanchezza.

- Battiamo la fiacca, signorina?- una voce la destò dal suo semi-coma. Sollevò di scatto gli occhi blu verso l’alto e una figura molto alta celava alla sua vita la luce abbagliante del sole. Mise a fuoco quei lineamenti, lentamente: occhi blu-oceano, un sorriso felice su un volto anziano e stanco, capelli candidi striati di azzurro cupo. – Alatar…- sussurrò con voce strozzata e sentì le mani rassicuranti dello stregone sollevarla  e stringerla in un lieve abbraccio.

 – Andiamo Eowen, Lothlorièn è vicina, siamo quasi arrivati- sussurrò Alatar mentre l’aiutava a camminare. – Alatar, aspetta…dove sono Eorl ed Elfwine?- chiese Eowen osservandosi intorno. Lo stregone si fermò, come in dubbio, poi la costrinse a continuare a camminare. Ma la ragazza puntò i piedi a terra e si fermò:- Alatar…dov’è mio fratello? Dov’è Elfwine?- chiese con tono più deciso ma alcontempo tremante. L’Istari la osservò, poi sospirò:- Eowen…Eorl ed Elfwine…rimangono qui…- rispose Alatar a capo chino. – che significa…rimangono qui? Che significa!- urlò Eowen facendo per colpirlo ma lo stregone le bloccò il polso. – Taci! Stanno arrivando altri orchi e loro si sono offerti di fermarli, per lasciarci liberi di raggiungere Lorièn! Cammina ora!- esclamò in un sussurrò l’anziano, nei suoi occhi Eowen vide rabbia e rancore. Tacque e cominciò a camminare velocemente verso il fiume, calciando via ogni cosa che trovava davanti a sé, trattenendo l’ira mentre singhiozzava in silenzio. Sentiva in lontananza le urla degli orchi e il corno di Elfwine che risuonava appena dietro le montagne mentre lei, come una codarda, fuggiva, verso quella maledetta gemma e quel maledetto luogo. Odiava Alatar, odiava suo fratello e il principe. Perché avevano preso quella decisione?? E perché Alatar li aveva lasciati andare così, senza opporre resistenza? Ma certo, a lui importa solo che questa maledetta gemma venga unita, non di mio fratello e di Elfwine! Per lui sono solo mortali deboli e fragile, in confronto alla sua figura!. – Non pensare questo di me, Eowen…Ho provato in tutti i modi ad impedire questa situazione, ma sono testardi…degni figli dei loro padri- la voce di Alatar raggiunse il suo udito, dietro di lei, e la fece sobbalzare. Da quando in qua Alatar legge nel pensiero?. – Da sempre…solo che uso questa abilità solo in casi estremi…- rispose Alatar sorridendo appena. Eowen l’osservò per alcuni istanti, poi tornò ad osservare le sue gambe immerse nella gelida acqua del fiume Gaggiolo.

Quando uscì dal torrente aveva le gambe intorpidite per il freddo. Si strinse nel mantello mentre il suo respiro si trasformava in nuvolette di vapore. Alatar le si affiancò e le indicò il confine di un boschetto poco lontano da loro dentro cui nasceva un sentiero appena visibile. – Andiamo, da quella parte…- sussurrò Alatar facendole strada. Si addentrarono nel bosco e subito Eowen su colpita da una sensazione. Le sembrava di essere già stata in quel posto, si aver già attraversato quel posto, di aver già visto quegli alberi. Socchiuse gli occhi mentre camminava dietro Alatar e fu avvolta dal silenzio di quel magico luogo. Anche lì, come a Rivendell, il tempo sembrava si fosse fermato. Gli altissimi e snelli alberi lasciavano penetrare la luce del sole nel sottobosco, così che le foglie che delicate cadevano sul terreno sembrava fossero fatte d’oro per il loro colore giallo e arancio. Sorrise appena la ragazza  e si sentì rincuorata da quel paesaggio così caldo, delicato, arcano. Un giorno mi piacerebbe vivere qui, per qualche periodo. Alla fine qui è il posto nativo di mia madre e probabilmente è anche il mio posto nativo. E’ bello come la mamma…pensò tra sé la ragazza mentre si divertiva e veder cadere le foglie autunnali davanti i propri piedi, come se il bosco stesso le stesse creando un tappeto regale, di foglie d’oro.

– Alatar quanto…- . – Siamo quasi arrivati- la interruppe lo stregone che si osservava intorno. Non gli chiese il motivo di quell’azione, era ancora arrabbiata con lui e non aveva intenzione di rivolgergli la parola per molto tempo. Ma la risposta le fu data dal movimento di qualcosa sul terreno, come di un’ombra. Sobbalzò e fece un passò indietro, sguainando la spada. – Riponila, non servirà contro di lei..-rispose subito Alatar fermandosi. Eowen ubbidì ma ancora non gli parlò. Si girò intorno, volgendo le spalle allo stregone. Che cos’era quell’ombra che era scivolata nel terreno velocemente? Doveva appartenere a qualcuno o qualcosa no? Osservò il cielo e notò che gli alberi ora l’oscuravano del tutto, creando una sorta di tetto impenetrabile al sole. – Alatar - chiamò finalmente lo stregone, in cerca di risposta, ma quando si volse indietro…non c’era più nessuno. Lo stregone era scomparso.

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Capitolo 19
*** Elenmir ***


Capitolo 19: Elenmir

Capitolo 19: Elenmir

 

 

In principio non si rese conto che Alatar era scomparso nel nulla, ma poi prese coscienza dell’accaduto e si osservò nervosamente intorno mentre sentiva il cuore battere veloce. Sta calma, concentrati, ripeteva nella sua testa, ma una voce nel profondo del suo animo le diceva che qualcosa di terribile stava per accadere.

Quando sentì il primo colpo se ne accorse solo qualche secondo dopo. Si ritrovò distesa a terra, la vista offuscata e la sensazione di aver sbattuto contro il tronco dell’albero che aveva davanti. Alcuni attimi dopo spalancò la bocca per il dolore alla mandibola ma nessun suono uscì, nemmeno un flebile grido. Tentò di alzarsi, poggiando la mano destra sul tronco dell’albero mentre con la sinistra si puliva il viso dal sangue. Non riusciva a capire com’era potuto accadere, in attimi così veloci. Pochi secondi dopo accadde la stessa cosa e una forza a lei sconosciuta la lanciò contro un albero. Sbatté la schiena e cadde di nuovo a terra. Questa volta gridò con tutte le sue forze mentre le lacrime scendevano copiose lungo il viso. Il dolore alla schiena era atroce e le sembrava che la sua spina dorsale si fosse rotta come un esile rametto. Si mise in ginocchio e vide un’ombra “posata” sul terreno, un’ombra modellata come una figura umana, una donna. Eowen sentì il dolore affliggerle il corpo ma sapeva che piangere e lamentarsi di certo non avrebbe fatto scomparire quella forza negativa. Si alzò così in piedi, con non poche difficoltà. Seguì il movimento lento dell’ombra che si muoveva verso la sua sinistra. Eowen non le permise di giungerle alle spalle ed evitò che i suoi piedi la incontrassero. L’ombra parve irritarsi alla testardaggine della ragazza. Tentò invano, più volte, di agganciarle i piedi o le gambe, per farla cadere, ma Eowen evitò i suoi attacchi con dei piccoli balzi, deboli e compiuti con molta fatica. – Alatar - invocò il nome dello stregone e sentì la mandibola scricchiolare. Il dolore stava divenendo insopportabile e in alcuni istanti le offuscava la vista e la mente. L’ombra la colse in un momento di distrazione, afferrò la mano poggiata sul tronco e la scagliò sul terreno, come si lancia via un ramoscello fastidioso. Eowen si alzò a stento, gemendo. Si accorse dunque che l’ombra poteva colpirla solo se si poggiava sugli alberi. Tuttavia si sbagliava in quanto ricevette altri due colpi dall’ombra che si trovava sul terreno.

Eowen era distrutta, sola, debole, ferita ed insanguinata…e nessuno sembrava poter interrompere la propria morte imminente. Dunque era questa la fine? Tutta questa fatica per morire per mano di…un’ombra? No! Lei avrebbe distrutto quella maledetta ombra! Che cosa voleva farle, ucciderla? Oh, si sbagliava di grosso! Non si uccide facilmente Eowen, figlia di Feru e di Elenwen! Si alzò decisa, osservando l’ombra contro il tronco di un albero. – Avvicinati, creatura malefica!- urlò con tutte le forze che aveva. Sputò a terra il sangue che le sporcava la bocca, poi attese l’avversaria. Questa si osservò intorno, come se una donna vera e propria stesse esplorando con gli occhi il bosco. Ciò che aveva catturato l’attenzione dell’ombra era il canto flebile ma allegro di un uccellino che volava sopra il tetto di alberi. Eowen portò gli occhi verso le fronde degli arbusti, poi subito verso l’ombra. Le sembrò che questa stesse scomparendo. Il canto di un uccellino aveva disturbato l’ombra…perché? Ripensò a quando era piccola e per non aver paura del buio cantava nella sua stanza, e il canto le teneva compagnia ed eliminava ogni suo terrore. Poi ricordò che durante una lezione con Alatar, lo stregone le aveva narrato che Ilùvatar aveva concepito il mondo con e nel canto e che gli stessi Ainur fossero nati dal canto di Ilùvatar! Dunque l’ombra aveva paura del canto sacro, benefico e positivo. Purtroppo la tenebra si accorse che Eowen aveva capito il suo punto debole e tentò di attaccarla, ma Eowen fu più lesta ed evitò l’offesa dell’ombra. Corse verso un albero e vi si arrampicò a stento. Subito afferrò un ramo che celava il sole, creatura del canto divino e luce celestiale. Il ramo non oscurava più la vista della sfera di fuoco e i suoi raggi irradiarono la radura sottostante. Un raggio solare colpì l’albero dove l’ombra si era nascosta.

Un grido acuto e straziante risuonò nella foresta e lentamente l’ombra venne offuscata dalla luce divina. Eowen sorrise, felice e portò gli occhi verso il cielo. Prima di cadere in un profondo oblio vide un’aquila solcare le onde della volta celeste, celando per alcuni istanti la luce solare alla sua vista…

 

 

Aprì lentamente gli occhi. Nulla.

Ebbe un soprassalto e fece per alzarsi, ma si accorse che sotto di lei non c’era nulla da cui sollevarsi. Era sospesa nel Nulla, nel Vuoto Primordiale. Alatar le aveva raccontato che accade così alle anime prima di raggiungere le Aule di Mandos. Si osservò e vide che indossava una tunica bianchissima, tant’è che non riusciva a capire quando finiva il tessuto e quando cominciava la sua carne. Sollevò gli occhi davanti a sé: librato nel nulla, come lei, v’era un piedistallo di pietra sopra cui girava lentamente su se stessa una gemma colore dell’oceano, sospesa a una decina di centimetri dalla pietra. Avanzò verso l’oggetto. Quello era il suo sogno…e quella era la gemma del suo sogno. Dunque stava sognando o era morta? Era illusione o realtà?

Tese la mano verso la pietra e contemporaneamente sentì due mani posarsi sulle sue spalle. Si volse e vide le stesse figure sorridenti del suo sogno. Ma ora poteva riconoscerli: erano i suoi genitori. – Ciao Eowen - proferì dolcemente il padre, sorridendole. – Ciao papà…-rispose lei in lacrime. – Ci hanno dato il permesso di parlarti per poco tempo, Eowen, quindi ascoltaci attentamente: come sai quella gemma è l’Elenmir ed in essa Varda Elentari ha racchiuso una piccola ma potente parte del suo potere, la Luce delle Stelle. Eowen, devi stare attenta. Quella gemma ha la volontà di poter anche ucciderti, se tu non la usi con saggezza e cautela. Hai capito? Usala solo quando è strettamente necessario, quando tutto è perduto ed essa è la sola soluzione- la mise in guardia sua madre, osservandola con i profondi occhi blu. Eowen annuì ma non riuscì a dire nulla per la gioia di sentire le loro voci, ma anche per la profonda tristezza. I suoi genitori le sorrisero:- So cosa provi, Eowen. Ma devi essere forte, forte! Forte come una spada di ferro e coraggiosa come il più valoroso dei cavalieri di Rohan - sussurrò suo padre sfiorandole la guancia con una carezza; - Saggia come una dea, decisa come una fiera, delicata come un giglio- aggiunse sorridendo la madre, stringendole la mano. La ragazza annuì appena, ricambiando il sorriso. – E’ ingiusto…- sussurrò poi con voce strozzata. Entrambi i genitori annuirono appena, malinconici. – Lo so, Eowen. E’ ingiusto che tu non ricordi nulla di noi, ma l’ingiustizia è data dall’uomo, non dagli dèi, ricordalo sempre. Ricorda anche che all’ingiustizia…segue la giustizia- rispose dolcemente Feru. Eowen annuì debolmente ma con decisione, poi le figure dei suoi genitori cominciarono a scomparire. – No, non andate!- esclamò tendendo una mano verso di loro. – Il tempo è scaduto, Eowen. Ma rimarremo sempre con te! Ricorda le mie parole sull’Elenmir e…salutaci Alatar - sussurrò dolcemente Elenwen, poi in un candido bagliore scomparvero lentamente, mentre nella mente Eowen sentiva la dolce risata cristallina della madre. Nello stesso istante la gemma dietro di lei emanò una profonda ed immensa luce blu che non le diede tempo di volgersi e che l’avvolse in tutta la sua potenza.

Null’altro vide.

 

 

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Capitolo 20
*** La guerriera e lo stregone ***


I suoi sensi si svegliarono, ma non aprì subito gli occhi

Capitolo 20: la guerriera e lo stregone

 

 

I suoi sensi si svegliarono, ma non aprì subito gli occhi.

Oltre le palpebre vedeva una dolce luce bianca che penetrava appena oltre le ciglia. Cominciò a sentire le foglie degli alberi che cadevano intorno a lei; il profumo della terra umida, del muschio, dall’acqua; sentiva la schiena contro il terreno duro ed il suo respiro regolare. Sentiva anche una profonda, immortale, immensa stanchezza e dolore in ogni parte del corpo, in particolare alla mandibola. Solo in quel momento si ricordò dell’ombra ed aprì lentamente gli occhi. Vide sopra di sé la dolce e delicata luna che emanava una flebile e magica luce argentata sul suo viso. Era circondata da alberi altissimi ed esili con foglie dorate ed argentate. Tutto intorno a lei c’era una luce debole ma luminosa, bianca, come se la stessa natura spandesse quell’atmosfera di sogno, di irrealtà. Subito le ritornò in mente un arazzo nella sala di lettura a Minas Tirith, in cui vi era rappresentata Valinor, la terra degli dèi e prima dimora degli Elfi. – Ben svegliata, Eowen - una voce dolce e pacata attrasse la sua attenzione, verso sinistra. Si sollevò a sedere lentamente e mise a fuoco per la seconda volta un sorriso felice e due profondi occhi blu velati di lacrime. – Pensavo di averti perso…- sussurrò Alatar mentre l’abbracciava. Eowen chiuse stancamente gli occhi e si lasciò abbracciare dallo stregone; solo quando abbracciò il suo maestro si accorse che al proprio collo pendeva qualcosa, qualcosa che prima non possedeva. Si scostò appena e vide appesa al suo collo una gemma, blu con riflessi argentati…- Elenmir…-sussurrò meravigliata dalla bellezza divina dell’oggetto. Lo stregone sorrise e annuì appena:- Già, proprio l’Elenmir. Abbiamo quasi terminato la nostra missione, Eowen, devi resistere. Avanti, devi alzarti. Siamo quasi arrivati…Un ultimo sforzo!- rispose lo stregone aiutandola ad alzarsi. La ragazza pose la mano sul tronco dell’albero, mentre nell’altra mano stringeva la gemma. Annuì alle parole dello stregone, decisa, e tuttavia i suoi passi erano incerti, barcollanti, la sua mente offuscata e i suoi sensi poco sviluppati.

Camminava a stento in quella natura magica, divina, sognante. Non ce la faceva più davvero, era stremata e distrutta ma doveva continuare a camminare lungo il sentiero, lungo una scalinata intagliata nel tronco di enormi alberi. Sollevò appena il capo verso l’alto e vide che sopra la scalinata v’era una tettoia sempre in legno che reggeva lampade di bianca luce. Riportò lo sguardo davanti a sé, verso la fine di quelle faticose scalinate. La scalinata, terminata, dava spazio ad una scalinata di pochi grandini ai cui piedi v’era un flet di legno a forma di foglia, dove si trovavano loro in quel momento. – Ecco, siamo arrivati Eowen. Ora dobbiamo solo attendere…- sussurrò lo stregone ansante, osservando la cima delle scalinate. – Attendere cosa, Alatar?- chiese con voce flebile Eowen mentre veniva sorretta dallo stregone ed osservava anch’ella la cima degli scalini illuminata da quella luce bianca ma che non dava fastidio agli occhi stanchi della giovane. – Attendere aiuto…- sussurrò misterioso lo stregone. Eowen voleva chiedere di più ma non ebbe il tempo, in quanto sentì dei rumori giungere alla destra della scalinata, celata dalle pareti degli alberi.

Ed ecco soffermarsi in cima alle scale una figura molto alta ed esile, avvolta dalla luce di Lorièn. Lentamente questa scese i gradini, verso di loro. Eowen osservò quel volto dallo sguardo indagatore, l’espressione pacata, quasi indifferente. Capelli d’oro erano raccolti in una lunga treccia, occhi di giada incastonati in volto dalla pelle candida. La donna indossava non una bella veste, né dei gioielli, ma pantaloni, casacca e stivali. Alla cinta una spada racchiusa nel fodero. L’unica cosa di “pregiato” era una coroncina sul capo, intrecciata con fili d’argento, semplice e molto delicata sul suo capo dorato. La giovane elfa, che in apparenza poteva avere ventisette anni umani, si fermò ai piedi della scalinata e finalmente Eowen vide un leggero sorriso sul suo volto, indirizzato allo stregone. – Mae Govannen, Alatar - salutò l’elfa chinando il capo. Lo stregone rispose al suo saluto solo con un lieve inchino, poi disse: - Boe ammen i dulu lin, Seridhil (trad: abbiamo bisogno del tuo aiuto, Seridhil) - la sua voce pacata ma grave risuonò tra i rami degli alberi. L’elfa osservò lo stregone con i suoi grandi e penetranti occhi verdi, poi rispose:- Perché dovrei arrecarti aiuto, Alatar?- . Lo stregone attese qualche minuto prima di rispondere, misurando bene le sue parole:- Così è volontà di Varda, Seridhil. Non vorrai disubbidire ad un suo desiderio, tu che sei la sua ancella sulla Terra di Mezzo…-. L’elfa sorrise appena, poi annuì:- Amin naa tualle (trad: sono ai tuoi servigi)- rispose ora con voce dolce e delicata, poi l’elfa e lo stregone si abbracciarono amichevolmente. Dopo il loro abbraccio, l’elfa di nome Seridhil si volse verso la giovane e stanca Eowen. Sollevò un sopracciglio nel vedere quella ragazza ferita, sporca e stanca, quindi le chiese: - Mani naa essa en elle? (trad: qual è il tuo nome?)-.

Eowen ascoltò le elfiche parole della guerriera e tentò di tradurre in Lingua Corrente grazie alle lezioni di dama Arwen quando si recava a Minas Tirith. – Eowen di Rohan, mia signora- rispose con voce flebile, sia per l’incertezza di aver capito bene, sia per la stanchezza. L’elfa spalancò lentamente gli occhi verdi che subito si posarono sulla gemma blu appesa al collo di Eowen; osservò poi Alatar che sorrise ed annuì. Subito Seridhil s’inchinò davanti ad Eowen, osservando il terreno e sussurrando: - Mia signora…onorata di essere alla vostra presenza…-. La giovane Rohirrim osservò perplessa Alatar che le fece cenno di tacere e così fece. Mia signora??Quell’elfa l’aveva scambiata per un’altra ragazza di certo! Lei non era signora di nessuno, lei non comandava nulla se non la sua spada ed il suo cavallo. Non ebbe tempo di chiedersi altro poiché Seridhil si alzò da terra ed osservò con fierezza Alatar e con timore Eowen. – Venite…sarete molto stanchi, immagino. Tuttavia prima dovrete seguirmi nella sala del Consiglio, in quando vi sono alcune persone che devono vedervi…Alatar, mia signora…seguitemi- detto questo, l’elfa salì le scale con agilità mentre impediva alla sua spada di sbattere contro la coscia. Eowen fu costretta così a salire ancora altri quindici scalini, poi la seguirono oltre un portone in legno chiaro. Si ritrovarono in un ampio ingresso da cui si diramavano varie scalinate ed una solo porta era presente in fondo alla stanza. Varcarono anche quella porta e si ritrovarono in un’altra stanza, rotonda, ampia e dal soffitto alto, tutta di legno; in cerchio erano posizionate dodici troni bianchi, metà occupati. – Siamo arrivati- sussurrò Seridhil sorridendo e scostandosi alla loro destra. Sollevò le mani in alto per attirare su di lei l’attenzione e gli elfi e le elfe presenti tacquero. – Mellyn! (trad: amici!)- esclamò l’elfa sorridendo ed indicando i loro due ospiti. Eowen osservò quelle bellissime ed arcane figure dalle orecchie a punta e i capelli dorati e castani. Osservò quelle figure che lentamente avevano un’espressione sconvolta e meravigliata su i loro volti. – Nin brennil…(trad: nostra signora)- sussurrò meravigliato un elfo dalla lunga barba bianca, anziano. Alle sue parole tutti gli elfi si alzarono ed insieme si inchinarono al cospetto di Eowen che rimase così sconvolta da non riuscir a muovere un solo muscolo. – Alatar, io non…- sussurrò senza parole, ma Seridhil le strinse lievemente una mano. – Non preoccupatevi, mia signora. So che siete confusa, ma ora dovete riposare e dar ristoro al vostro spirito. Quando sarete sveglia, tutto vi sarà spiegato- sussurrò conducendola lentamente fuori dalla Sala del Consiglio, verso un’altra stanza.

Alatar osservò le due ragazze andare via ma egli rimase nell’ampia sala ad ascoltare gli increduli elfi borbottare tra loro. – Alatar, dicci, com’è possibile una cosa del genere??- chiese meravigliato l’unico elfo che prima aveva parlato. Lo stregone rise divertito: - Non lo so, Golwen, ma è così! Quella fanciulla è Eowen, figlia di Elenwen, a sua volta figlia celata di Galadriel e di Celeborn. Sua madre ha lasciato lei e suo fratello Eorl II presso la corte di Edoras e i due fanciulli mai hanno saputo le loro origini elfiche fino a qualche tempo fa. Essi sono i custodi e i legittimi possessori del Miredhel. Lei possiede l’Elenmir, il potere di Varda, mentre il fratello Eorl possiede il Narmir, il potere di Tulkas. Siamo giunti qui poiché abbiamo bisogno di aiuto, di riposo ma soprattutto perché in questo posto Eowen avrebbe trovato la gemma elfica della luce divina- rispose pacatamente avvicinandosi al consiglio. – Siate allora i benvenuti, Alatar, tu e la nuova Dama di Lorien - una voce rispose dall’oscurità di un angolo della sala. Una figura molto anziana ma molto possente uscì dal buio, reggendosi su un bastone in legno, vestito di celeste. Tutti si volsero verso l’anziano dagli occhi celesti e i capelli bianchi. Egli si avvicinò ad Alatar, più piccolo ed esile. – Pallando…- sussurrò infine quest’ultimo e l’anziano sorrise felice. I due uomini si abbracciarono ridendo. – Amico mio, credevo fossi morto!- esclamò Alatar dando delle lievi pacche sulla schiena del suo amico. – Oh no, Alatar, ancora non è giunto il mio momento! Sapevo che non ci avevi traditi, sapevo che Saruman aveva torto! Tu non avresti mai lasciato il bene per il male, attendevi solo il sopraggiungere della tua missione! Gandalf ha concluso il suo lavoro qui, ed è tornato. Ora tocca a noi, amico e fratello- rispose Pallando, il secondo stregone mandato nella Terra di Mezzo insieme ad Alatar e agli altri tre Istari. Alatar sorrise ed annuì alle parole del suo amico ed in parte maestro. – Ora vai a riposare anche tu, Alatar. Quando vi sveglierete penseremo a cosa fare- aggiunse poi lo stregone, quindi fece accompagnare Alatar nella sua stanza.

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Capitolo 21
*** Speranza ***


Capitolo 21: speranza

Capitolo 21: speranza

 

 

E’ l’alba…Questa è la prima cosa che pensò Eowen al suo risveglio.

Si sentiva meglio rispetto alla sera precedente ed ora la sua mente era più lucida. Sorrise felice nel sentire il calore delle coperte e la morbidezza del giaciglio che gli elfi le avevano offerto. Si sedette lentamente sul letto e osservò le proprie mani guarite, tastò il suo viso senza una ferita e il suo corpo lavato e avvolto in una bianca e semplice veste. Sorrise di nuovo nell’osservare quel vestito: nonostante fosse un abito femminile, era molto comodo e lasciava il corpo libero di muoversi. Si osservò intorno e vide i primi giovani raggi del sole penetrare nella stanza, attraverso le ampie finestre e le candide tende. Socchiuse gli occhi, respirò quell’aria pulita e carica di arcana magia. Che sensazione magnifica…sembrava di essere in Valinor o nelle Aule di Mandos, dove tutto è luce e non c’è dolore e sofferenza, come le diceva sempre Alatar. Ora capiva perché per molto tempo gli elfi hanno dimorato in quel luogo così bello e simile ad un sogno.

Portò l’attenzione alla sua destra e vide un tavolino sopra cui v’era tanto cibo da poterla saziare abbondantemente. Mangiò tutto ciò che vi era sul vassoio per quanta fame avesse. Soddisfatta, si alzò lentamente dal letto e capì di non sentire più la greve stanchezza sul corpo. Com’è possibile che ho ripreso totalmente le forze e che non ho nessuna ferita, nemmeno un minuscolo insignificante taglio? Forse gli elfi devono avermi dato qualche loro medicinale magico, pensò la ragazza mentre si avvicinava ad una vicina finestra. Rabbrividì per il freddo del mattino ma sorrise nel sentire i raggi del sole sul suo viso. Socchiuse gli occhi, respirò l’aria della foresta e si sentì come purificata da ogni male e da ogni affanno. Solo in quel momento, dopo molte settimane, ebbe il tempo di fermarsi a pensare.

Quei giorni erano trascorsi così velocemente da non ricordare nemmeno tutto: l’attacco ad Isengard, Moria, gli orchetti nella pianura del Gaggiolo, l’ombra…-Eorl…- sussurrò il nome del fratello tra le onde del vento mattiniero, desiderando l’abbraccio del ragazzo più di qualsiasi altra cosa. Finché sarete uniti nel cuore, nulla potrà scindere il vostro amore e il Miredhel non vi farà del male, le sussurrò una voce dentro di sé. Sorrise appena e la sua memoria automaticamente tornò alla sua vita trascorsa insieme ad Eorl: gli allenamenti, le corse a cavallo, i litigi di pochi secondi che terminavano in una risata e un abbraccio…Senza accorgersene cominciò a piangere per la scomparsa del fratello, da quella violenta divisione. Non l’aveva salutato, non l’aveva abbracciato, nulla…Abbandonato al nemico, senza la possibilità di aiutarlo, di salvarlo…Non è colpa tua, le sussurrò ancora quella vocina nella sua mente, ma lei continuava a darsi la colpa. Avrei potuto disubbidire ad Alatar, girarmi e correre verso Eorl ed Elfwine; combattere ed uccidere insieme a loro il nemico…ed invece no, sono fuggita come una codarda, verso un rifugio. Chi sono io per meritarmi la salvezza più di Eorl o Elfwine? Erano eroi, erano giovani ed erano la mia famiglia…non avevi il diritto di portarmeli via, Mandos….- Eorl…- di nuovo sussurrò il nome del fratello mentre fiumi di lacrime scorrevano lungo le guance ed il cuore le faceva così male che dovette stringerlo nella mano.

Poi d’improvviso qualcuno bussò alla sua porta. – Avanti – rispose asciugandosi velocemente le lacrime volgendosi verso di essa per vedere chi avesse bussato. Entrò un’elfa di bell’aspetto che le sorrise dolcemente e si inchinò profondamente. – Mia signora, scusatemi…ma Alatar e Pallando vogliono vedervi- annunciò la giovane. Eowen annuì appena:- Conducetemi da loro- rispose mentre uscivano dalla stanza. Richiuse lentamente la porta dietro di sé, poi seguì l’elfa lungo i corridoi della reggia elfica.

Entrò in una sala non molto ampia e senza soffitto. Le fronde degli alberi fungevano da tetto a quella stanza dove sedevano, su due comode sedie a fumare la pipa, Alatar e Pallando. Quando Eowen entrò e l’elfa andò via, i due stregoni si volsero verso di lei e le sorrisero. – Buongiorno - esclamò felice Alatar, facendo cenno alla Rohirrim di sedersi. Dopo essersi accomodata, Eowen osservò Pallando e vide che era decisamente più giovane, alto e di grande stazza rispetto al piccolo e vecchio Alatar. – Dormito bene? Vedo che le ferite sono tutte scomparse- disse quest’ultimo sorridendole. – Oh si, sono guarita del tutto…anche se non capisco come- rispose la ragazza. A quelle parole i due stregoni scoppiarono a ridere: - Ovviamente l’Elenmir, Eowen! Alatar non ha fatto altro che avvisarti sulla sua forza negativa e tuttavia non ti ha mai parlato della sua potenza positiva! L’Elenmir ha il potere di guarire ferite e malattie ed in casi eccezionali di risorgere, anche se avviene molto raramente in quanto mette gravemente a rischio la vita del custode. Durante la notte la gemma ti ha guarita da ogni ferita e da ogni dolore- rispose Pallando sorridendo. – E tuttavia…c’è ancora qualcosa che ti affligge…un dolore così forte che nemmeno una gemma elfica e divina può cancellare…una ferita così profonda che nemmeno io posso guarire…- continuò con dolce e paterno tono Alatar, osservandola negli occhi e sorridendole. Eowen incontrò il suo sguardo ma dovette subito chinare gli occhi in basso non riuscendo a sostenere quelli dello stregone, troppo carichi di dolcezza ma anche di rancore e malinconia. – Mi hai chiamato per dirmi qualcosa di preciso?- chiese infine tornando ad osservarlo. Lo stregone scosse appena il capo: - Nulla di preciso, Eowen. Volevo solo sapere come stavi e dirti che partiremo da Lorien non domani mattina, bensì la prossima…così abbiamo il tempo di organizzarci e riposarci…Per te va bene?- chiese Alatar, sorridendole. Eowen annuì, poi si alzò lentamente dalla sedia. – Se non vi dispiace vorrei fare una passeggiata fuori dalla dimora- disse rivolgendosi ad entrambi i quali annuirono e la salutarono.

Uscì dalla sala richiudendo la porta dietro di sé, poi si diresse quasi correndo verso l’ingresso del palazzo. Ansante, si fermò sul flet dove conobbe Seridhil. Si osservò intorno ed in basso e vide figure camminare in ogni direzione, da soli o in compagnia, ridendo o in silenzio, con in braccio bambini o accompagnando anziani. Sorrise a quella scena così simile a quella di Edoras, quando la mattina presto si svegliava ed uscita fuori dal palazzo vedeva gli abitanti già aggirarsi per la capitale.

Si immerse in mille ricordi, pensieri per il futuro, il presente ed il passato. Non si accorse di ciò che le accadeva intorno, fin quando non udì un corno risuonare nella foresta. Subito ritornò nella realtà e la seconda volta udì perfettamente il limpido suono del corno. Vide che gli elfi si erano fermati e che dal confine della foresta giungevano voci e passi. Ed ecco che nella radura principale (da cui si diramavano le varie abitazioni) vide giungere Seridhil vestita in abiti da cacciatore, seguita da alcuni elfi e da…Ebbe un tuffo al cuore e senza pensarci corse giù per le scale, veloce e con il cuore in gola, pregando che non si stesse sbagliando…

 

 

Volse gli occhi stanchi verso l’alto dopo aver udito le rassicuranti parole di Seridhil. Vide la flebile luce del sole penetrare dalle fitte fronde degli alberi altissimi e massicci, sopra cui posavano le abitazione elfiche. Si fermò quando Seridhil lo fece. – Siamo arrivati, non temete. Qui siete al sicuro- la voce dell’elfa di nuovo risuonò dolce nelle sue orecchie e si sentì più leggero nonostante la stanchezza, il dolore e l’armatura pesante. Osservò le scalinate avvolte lungo i tronchi degli alberi ed intravide una figura che velocemente scendeva i gradini, verso la radura. La sua veste era candida come la più luminosa delle perle ed i suoi lunghi capelli sciolti parevano brillare di propria luce dorata.

Man a mano che la figura si avvicinava, si definiva sempre più, fin quando posò l’attenzione sul suo volto…Ebbe un tuffo al cuore…E’ viva, pensò tirando un sospirò di sollievo e sentì il suo amico fare la medesima cosa. Seridhil ebbe appena il tempo di spostarsi che quella bellissima ragazza avvolta di luce divina gli si gettò al collo, facendolo barcollare. Sentiva le sue dolci risate che tanto aveva desiderato sentire in quelle notti di inferno. Strinse a sé sua sorella, abbracciandola con tutta la forza e la dolcezza che aveva ancora. Non resistette ed anche lui lasciò libere di scivolare lacrime di gioia, di sollievo, di speranza, come un fiume in piena che trascinava con sé ogni detrito di stanchezza e tristezza.

 

 

Commovente non è vero?? Fratello e sorella si sono riabbracciati! Ma soprattutto i due eroi di Rohan non sono morti! Spero vi sia piaciuto questo chap perché a me è piaciuto molto! =P

 

P.S. ringrazio Valerie per la recensione e il tempo sprecato (in bene spero) a leggere questa mia FF !^_*

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Capitolo 22
*** La strada di casa ***


- Non abbandonarmi, fratellino…non farlo mai più…Resta con me, sempre ed ovunque

Capitolo 22: La strada di casa

 

 

- Non abbandonarmi, fratellino…non farlo mai più…Resta con me, sempre ed ovunque. Ho bisogno del mio fratellino…Sei la mia famiglia e non voglio perderti. Perdonami, perdonami per averti abbandonato, per averti lasciato solo…- sentì la voce della sorella rotta dai lievi singhiozzi mentre si stringeva a lui. – Scusami tu per averti lasciata sola, senza di me, senza un abbraccio o un conforto. Ma adesso nulla potrà dividerci, sorellina, nulla…Mai più ti lascerò, mai, nemmeno se dovessi morire- le rispose stringendola ancora di più a sé, inebriato dal suo profumo, dalla sua delicatezza e purezza.

Sciolsero l’abbraccio dopo non poco ma subito Eowen andò ad abbracciare Elfwine. Entrambi scoppiarono a ridere, felici di rivedere l’altro e con il cuore sollevato. – Ammetti che per un po’ hai pensato di esserti liberata di me! Ma non ci si libera facilmente di Elfwine, figlio di Eomer!- esclamò il ragazzo stringendola a sé dolcemente. Lei rise e scosse il capo: - Accidenti, pensavo di avercela fatta ed invece di nuovo tra i piedi!- esclamò in tono irritato, ma le sue lacrime tradivano quelle parole. – Venite, dovete riposare!- disse poi con decisione, non importandosene minimamente della veste sporcata dalle armature dei due ragazzi. Appena cominciarono a camminare, ecco Alatar e Pallando dirigersi verso di loro. – Eorl, Elfwine! – esclamò ridendo il primo, prima di abbracciare i due Rohirrim. – Alatar!- rispose Eorl abbracciando il maestro e amico. – Ero sicuro che ce l’avreste fatta, ero sicuro! Ho pregato tanto gli dèi ed alla fine la vostra forza e la vostra determinazione vi hanno salvati! Ma ora riposatevi e mangiate, parleremo dopo!- rispose sorridendo Alatar, quindi la piccola compagnia si diresse verso la dimora dei signori di Lorien, affinché i due eroi potessero riposare.

 

- Chiederò agli elfi di aggiustarli- annunciò Eowen osservando lo scudo, la spada, la cotta di maglia del fratello abbandonati su una panca, nella stanza dove i cerusici stavano medicando e lavando il guerriero. – Per me possono anche lasciarli così…Non ho mai odiato le mie armi così tanto come in questi giorni! Erano pesanti, sporche di sangue ed emanavano un odore sgradevole! Sarei svenuto se non fosse intervenuta Seridhil che ci ha immersi nel fiume…- rispose il fratello ridacchiando appena. Tacque d’improvviso e strinse forte gli occhi quando un elfo cominciò a richiudere una ferita sull’addome.

Eowen si avvicinò al fratello e rimase dietro di lui, posando le mani sulle sue spalle come per dargli conforto. – Ancora non capisco perché Alatar non mi ha fatto usare l’Elenmir per guarirti. Non avresti sofferto e in pochi attimi saresti tornato come nuovo- borbottò alle spalle del ragazzo il quale sorrise appena. – Non vuole che sprechi forze inutilmente. Queste ferite non sono gravi, guariranno presto con le cure elfiche. Tu risparmia energie per la fine del viaggio ed il ritorno ad Edoras…- rispose mentre un elfo gli fasciava il ventre. – Edoras…- ripeté con un sospirò la sorella. – Manca anche a te, vero? La nostra Edoras…- le chiese il fratello una volta che i cerusici furono andati via per lasciare fratello e sorella soli. Eowen si sedette sul bordo del letto, stringendo la mano del ragazzo seduto e con le gambe distese:- Si, mi manca tantissimo. Questa mattina ho visto l’alba dalla mia camera e mi sembrava di vederla dalla mia stanza a palazzo…Ti ricordi quando cavalcavamo di notte io, te ed Elfwine e vedevamo spuntare il sole sotto l’Albero Verde?- rispose con tono malinconico. Il fratello annuì per le sorrise e la strinse a sé in un delicato abbraccio. – Non preoccuparti Eowen, presto ti riporterò a casa…Dormiremo di nuovo nelle nostre stanze, ci sveglieremo dopo prima dell’alba, ruberemo da mangiare nelle cucine e fuggiremo via con i cavalli, ridendo alle lontane grida della cuoca. Poi ci addestreremo con la spada ed infine, quando giungere l’alba, le daremo il benvenuto sotto l’Albero Verde, facendo insieme colazione…Vedrai, tornerà tutto come prima. Il male andrà via per sempre dalla Terra di Mezzo e noi potremmo vivere in pace, per sempre- rispose in un sussurro, accarezzando i ricci dorati della sorella ancora stretta nel suo abbraccio. Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi il ragazzo riprese parola:- Ricordi invece quando eravamo piccoli e ci perdevamo sempre nel bosco vicino Edoras? Quando arrivava la sera non riuscivamo mai a trovare la strada di casa, ma io ti stringevo la mano e ti dicevo:- Canta, Eowen, canta e troveremo la strada di casa…E la Madre Luna ci guiderà- . Ti ricordi sorellina? Hai voglia di cantare ancora per me…?Mi piace sentirti cantare, mi ricorda la nostra casa, la nostra vita, i nostri ricordi…Canta Eowen, canta e troveremo la strada di casa…- sussurrò socchiudendo gli occhi. Eowen posò il capo sul cuscino, sdraiandosi al fianco del fratello. Chiuse gli occhi, prese fiato e cominciò a cantare una dolce e quasi infantile melodia, il tono della voce delicato e lieve. Il fratello si addormentò lentamente, così come anche lei, inconsapevole che la gemma che pendeva al suo collo brillava debolmente…

 

 

Quando Eowen si svegliò vide che era ancora notte fonda. Si alzò lentamente dal letto e posò un bacio sulla fronte del fratello immerso in un sonno profondo. Uscì silenziosamente dalla stanza e si diresse verso la sua. Non si udiva nessun rumore lungo i corridoi, se non il fruscio della sua veste e delle fronde degli alberi mentre danzavano al lieve vento invernale. Rabbrividì per il freddo e si avvolse in un mantello trovato nella sua stanza. Non voleva dormire, non aveva sonno e decise così di uscire fuori. Girò per la dimora elfica, curiosando nelle sale e nelle stanze, senza provocare il minimo rumore. Scese poi i gradini che conducevano nella radura principale. La esplorò da cima a fondo fin quando trovò un piccolo sentiero che conduceva nel bosco. Si fece coraggio ed entrò nella foresta: il sentiero era largo e gli alberi non soffocavano la sua vista, rendendo l’atmosfera molto piacevole, anche grazie alla soffusa luce lunare. Avanzò ancora, fin quando fermò il passo sulla cima di una scalinata di pietra. Curiosa, cominciò a scendere i gradini sollevando appena la veste ed il mantello.

Poco prima della fine della scalinata posò lo sguardo su due statue ai lati dei gradini, due donne sorridente che reggevano due ceste colme di frutta. Forse stanno a significare l’abbondanza e la floridezza di Lorien, pensò la giovane mentre posava i nudi piedi sull’erba fresca: si ritrovò in una piccola radura circondata da alberi, al cui centro v’era un piedistallo e sopra un recipiente colmo d’acqua cristallina. Sentiva il rumore dell’acqua provenire da un piccolo ruscello che sfociava in una fonte. Si avvicinò al piedistallo, curiosa. Perché v’era un catino d’acqua in mezzo alla piccola radura? A cosa serviva? Si sporse in avanti, posando le mani sul bordo della pietra: vide il proprio viso riflesso sulla superficie dell’acqua e la luna sopra di lei illuminare dolcemente tutto il luogo. Ma poi l’immagine cambiò e vide il proprio viso mutare, divenire più da adulta, da donna. Il riflesso le sorrise e per la paura Eowen arretrò di qualche passo, ansante mentre il cuore le batteva a mille. Chi era quella donna e perché le aveva sorriso? Era una magia, un sortilegio elfico? Oppure semplicemente aveva visto male e la stanchezza le aveva giocato un brutto scherzo? Si osservò intorno e vide che non c’era nessuno nella radura oltre a lei. Si avvicinò tremante alla fonte e si sedette sul bordo di pietra. Immerse le mani nell’acqua e fu pervasa da una dolcezza e una forza forte ma insieme delicata. Portò le mani chiuse a coppa verso la bocca e bevve l’acqua della fonte, fresca e dissetante. Osservò la luna in cielo e sospirò appena. – Eowen…-  sentì una voce chiamarla e sobbalzò, alzandosi dalla fonte. Per un istante di secondo credette che fosse un elfo a chiamarla e che bere l’acqua della fonte fosse proibito, ma sorrise quando vide Elfwine in piedi alla fine delle scale.

 

 

 

Ecco a voi il 22° chap! Per fortuna i nostri tre Rohirrim hanno tempo per riposare prima dell’ultima tappa del viaggio: Esgaroth, la Montagna Solitaria. Spero che questo chap vi sia piaciuto…a me sinceramente si, in quanto adoro Eowen ed Eorl quando stanno insieme! ^_*

 

P.S. un ringraziamento a tutti i lettori ed anche a blackrystal per l’ultima recensione al racconto! Grazie a tutti!

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Capitolo 23
*** L'ombra giunge ***


Gli si avvicinò lentamente, sollevando appena la veste candida ma ancora sporca

Capitolo 23: l’ombra giunge

 

 

Gli si avvicinò lentamente, sollevando appena la veste. Si sorrisero quando ella giunse accanto a lui. – Nemmeno tu hai sonno…?- le chiese il cavaliere, osservandola con gli occhi verdi. Eowen annuì:- Ho dormito per molte ore e sono in piene forze…Ma ciò non significa che voglio andare via da qui. E’ un posto magnifico vero?- rispose. Il ragazzo annuì e camminò per la radura, curioso. – Perché non riesci a riposare?- chiese infine la ragazza in un sussurro. – Sogni inquieti, Eowen…Incubi attanagliano la mia mente e mi destano madido di sudore. Ho rinunciato al riposo dopo un’ora…-rispose il cavaliere posando un piede su un tronco di un albero posto sul terreno. Osservò la luna e sorrise appena: - Luna d’Argento, Madre Luminosa, protegge questi tuoi figli, allontana gli spiriti maligni e dispettosi dai loro sogni…- intonò poi una breve e dolce ninna-nanna. Eowen sorrise e si affiancò a lui:- La cantava sempre tua madre quando eravamo piccoli ed avevamo paura del buio. Io piangevo sempre ed anche se dicevate di no, tu ed Eorl avevate paura quanto me!- sussurrò divertita ed entrambi scoppiarono a ridere. – Una volta lo ammisi, ricordi? Ma Eorl ancora non lo ammette!- esclamò ridendo  Elfwine. – Mi ricordo che Eldarion rise così tanto quando glielo dicemmo che non riusciva più a fermarsi!- disse Eowen ridendo anche lei. – Oh si, è vero! Ricordo! “Che babbei, hanno paura del buio!” esclamava ridendo e tu eri rossa per la rabbia e la vergogna e gli tirasti un calcio su uno stinco!- rispose il ragazzo e risero ancora di più, seduti a terra, piegati in due.

- Mi manca la nostra vita, Elfwine. Le risate con Eldarion e il piccolo Hartad, le storie che ci raccontavano sempre Re Elessar, sire Faramir, Dama Eowyn e Re Eomer…Le leggende elfiche di Legolas e le battute esilaranti di Gimli…Le lezioni di elfico di Dama Arwen e Dama Lothiriel…E quando fa freddo, ci riunivamo nella sala del Consiglio, per stare insieme e parlare…- sussurrò infine Eowen con tono malinconico. Elfwine chiuse gli occhi e rivide il viso sorridente di suo padre, dei suoi zii, di suo cugino che aveva appena sei anni. Rivide lo sguardo rapito dei suoi compagni quando i loro genitori e sovrani narravano della Compagnia dell’Anello, di Sauron, degli Elfi, degli Orchi, del sacrificio degli uomini per la libertà della Terra di Mezzo…- Anche a me manca tutto ciò, Eowen. E dire che alcune volte riuscivamo ad annoiarci. Ma ora, lontano da casa e da tutti i nostri cari…Vorrei tanto avere le ali e volare subito da loro…Cancellare il male, la guerra, il dolore e vivere in pace con i nostri amici…- rispose stringendo appena la mano della giovane.

Eowen sospirò appena e poggiò la testa sulla spalla del ragazzo. – Sento qualcosa dentro di me, Elfwine…Più ci avviciniamo alla fine della missione e più ho il presentimento che qualcosa di terribile sta per accadere…E non parlo della guerra che ci sarà…Qualcosa di più grande e terribile…- disse a voce flebile, le palpebre e celare gli occhi velati di lacrime. Elfwine la strinse a sé, non curandosi delle dolenti ferite sul petto. – Non devi preoccuparti, Eowen…Quando giungeremo ad Esgaroth nulla potrà più fermarci. Avremo un’arma potente e i nostri eserciti lo sono altrettanto- rispose prima di posarle un bacio sulla fronte. Eowen sospirò e lentamente si addormentarono, cullati dalla luce della luna argentea e luminosa.

 

 

Quella stessa luna osservava gli occhi carichi di amarezza e tristezza di un uomo. Un uomo che aveva appena ricevuto notizia da sua moglie in lacrime che il loro unico figlio ed erede al trono…era morto. Morto…Quella parole risuonava nella sua testa ed ormai non badava più all’emicrania che la martellava. Davanti agli occhi vedeva il corpo senza vita del suo bellissimo e valoroso figlio, insanguinato, fredda la sua pelle e vuoti i suoi occhi spalancati. Grida di vittoria, puzza di sangue vorticano intorno al suo corpo mentre Eorl, Eowen ed Alatar fuggono via e gli orchi cantano vittoria. Nessun padre lascerebbe suo figlio insepolto, nessun padre non darebbe vendette alla sua morte ingiusta…nessun padre starebbe lì, nella sua stanza, mentre in quella accanto sente i pianti soffocati della propria moglie, disperata dal dolore…Lei che ha visto nella sua mente, con i suoi poteri veggenti, il loro figlio…Lei, portatrice di luce nel suo cuore, dolce sorriso e candida essenza…Dilaniata ora da un dolore così grande da poterla uccidere, una ferita nel cuore che nessuno può guarire…nemmeno lui, Eomer Eadig, Re di Rohan…Messaggeri ha mandato a Gondor e nell’Ithilien ed ora i suoi amici e parenti stanno giungendo con i loro eserciti lì a Rohan.

Ancora guerra, ancora morte, ancora dolore e sofferenza…Basta, io voglio vivere in pace, voglio dormire serenamente la notte, voglio augurare un felice buongiorno ai miei sudditi, garantire loro la vita e la tranquillità. Non vogliamo più guerre né onore…Solo la pace….

Qualcuno bussò alla porta. Si volse appena e vide entrare una donna dai lunghi capelli color dell’oro ed un abito color della notte. Il suo sorriso appena dolce e delicato per un attimo alleggerì il suo cuore dal dolore. – Eowyn…- sussurrò il nome della sorella, ancora seduto. La donna richiuse la porta alle sue spalle. – Oh Eomer…- rispose lei avvicinandosi. Si pose davanti a lui e lo strinse dolcemente; il Re sospirò, posando il capo sul ventre della sorella. – Mi dispiace, Eomer…Mi dispiace enormemente…- sussurrò Eowyn accarezzando i biondi capelli del caro fratello. – Mio figlio…Il mio unico adorato figlio…E’ morto…Non ci saranno più trombe squillanti e grida di gioia per il suo ritorno…Non ci saranno più serate insieme per festeggiarlo…Non parlerò più con lui, non potrò chiedergli più nulla…Non avrò il suo appoggio, la sua risata, la sua mano nella mia in segno di rispetto eterno…Elfwine…Figlio mio…- sussurrò con gli occhi fissi sulla porta della stanza, vuoti e assenti di emozione. Calde lacrime scivolare sulle guance e la sorella lo strinse più forte a sé, sospirando e soffocando le lacrime. Rimasero per molto tempo così, nel silenzio del lutto, nell’abbraccio fraterno e tuttavia senza il minimo sollievo…

- Tutti sono giunti, fratello mio…Elessar e i suoi compagni, io e Faramir, i tuoi cavalieri. Tutti sono qui, al tuo fianco…Combatteremo insieme, di nuovo… E questa sarà l’ultima volta, Eomer…L’ultima…- sussurrò infine Eowyn, sollevando appena il viso del fratello. Egli s’alzò lentamente e strinse la vita della sorella, poggiando la fronte sulla sua. – Il tempo della fine sta per giungere…Mordor è di nuovo sveglia e marcia verso di noi…Il tempo per compianto di Elfwine arriverà, ma ora mettiamo da parte il dolore e avvolgiamo i nostri cuori di coraggio, per l’ultima volta…- sussurrò in tono pacato, ma la tristezza e la rabbia nei suoi occhi lo tradirono. Fratello e sorella si abbracciarono forte, incoraggiandosi a vicenda. – Questa sera ceneremo in suo onore, fratello mio…E lo vendicheremo, sta sicuro. Vendicheremo lui e tutti coloro che sono morti in tutte le Tre Ere per combattere il male, per la libertà, per la Terra di Mezzo…Questo è l’ultimo male, il loro ultimo avamposto…Abbattuti loro, tornerà eterna luce sulla nostra terra…E noi vivremo in pace e i nostri avi riposeranno anche loro in pace…- sussurrò Eowyn sorridendo dolcemente al fratello, sfiorandogli appena le gote. Il Re annuì ma non ebbe tempo di rispondere che una vocina allegra si udì nella stanza insieme al cigolìo della porta che si apriva. – Zio!!- esclamò un bambino dai riccioli biondi e gli occhi azzurri. – Hartad!- rispose Eomer scoppiando a ridere e prendendo al volo il nipotino, abbracciandolo. – Vedi, sono tornato presto zietto! Te l’avevo promesso!- esclamò Hartad circondando il collo dello zio con le piccole braccia. Eomer strinse a sé il piccolo, sospirando lentamente. – Che c’è zietto, stai male? Se hai mal di pancia, mammina sa un rimedio infallibile!- esclama Hartad ponendogli le mamine sulle guance. Eomer gli sorrise appena, scompigliandogli i capelli biondi. – No, non ho mal di pancia, Hartad…Sto bene, ma ora vai, mamma ti accompagnerà da Zoccofuoco…Vieni, ti confesso una cosa…- e dopo aver posato a terra il nipote, questi si avvicinò con l’orecchio proteso. – L’altra sera, Zoccofuoco ha ammesso che gli mancavi e che con molto piacere ti avrebbe portato in giro per le praterie, ma solo se mangerai le verdure e se andrai a dormire quando mamma lo dirà!- sussurrò al suo orecchio e il bambino ride felice, saltellando intorno allo zio. -Va bene, farò tutto quello che vuoi, lo giuro su i miei calzoni nuovi!- esclamò felice. Eowyn scoppiò a ridere e prese in braccio il figlio mentre osservava Eomer sorridere. – A dopo, Eomer - lo salutò posandogli un bacio sulla guancia. – Si, a dopo…- rispose il re, osservando madre e figlio andare via.

Si volse verso il cielo sereno, illuminato da una bellissima luna piena. – Il cielo è felice…ma il cuore piange…Ironia della divinità…- sussurrò tra sé, poi sistemò la spada al fianco ed uscì dalla stanza.

 

Dopo la cena, avvenuta in modo quasi silenzioso se non fosse stato per i capricci di Hartad, tutti si ritirarono nelle proprie stanze, lentamente. – Eomer…-,la placida voce di Elessar fece voltare il re di Rohan, - Vorrei parlarti…- sussurrò di nuovo il Gondoriano, ma l’amico scosse appena il capo, sorridendo debolmente. – Per favore, Elessar…Riuniamoci in consiglio. La guerra è vicina, il nemico sta per uscire dalle sue torri e colpirà forte e veloce, qui a Rohan. Verrò il giorno per lacrime e pianti, ma non è questo il tempo…- disse con voce pacata Eomer. Elessar lo osservò, poi sorrise appena ed annuì, seguendolo verso la sala del consiglio.

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Il tempo si ferma ***


Capitolo 24: il tempo si ferma

Capitolo 24: il tempo si ferma

 

 

Passi regolari e lenti misuravano il corridoio principale del Palazzo. Era l’alba e pochi erano i cittadini svegli.

Eowen si osservò intorno, di nuovo persa in quel palazzo. Posò lo sguardo su un fascio di luce che usciva da una stanza con la porta socchiusa. Aprì quest’ultima ed osservò la stanza illuminata dai primi raggi del sole, dal vento che gonfiava come vele le tende candide. Varcò la soglia e spaziò con gli occhi, ammirata, gli splendidi mobili di legno, il letto, i tessuti, gli arazzi: tutto era luminoso, di chiari colori, di luce candida. Si avvicinò al letto, si sedette sul bordo, sistemando la spada sul suo fianco. Si, indossava di nuovo i comodi pantaloni marroni, la casacca verde, gli stivali di cuoio, e la cinta al fianco che reggeva la sua spada…Non sapeva resistere sotto una lunga veste per più di un giorno, non era per lei: lei era una guerriera di Rohan e la spada era la sua migliore amica. Socchiuse gli occhi, felice, poi posò lo sguardo su un comodino al fianco del letto. Curiosa, aprì il primo cassetto. Dentro v’era un piccolo cofanetto bianco con intrecci d’oro e d’argento e una lettera. Prese per prima questa e la lesse :

“Aaye Eowen, sapevo che avresti scoperto questa lettera.

Il mio nome è Galadriel, Dama di questo palazzo e di questo bosco nonché tua nonna. Molto tempo è passato da quando ti vidi l’ultima volta, appena bambina. Sicuramente non ti ricorderai di me, di tuo nonno, di tutti i tuoi familiari, ma ciò che importa è che, giunta a questo punto del tuo viaggio, sai chi sei. Ciò di cui voglio avvisarti, è anche quello di cui ti hanno avvisato i tuoi genitori ed Alatar: ora che hai conquistato l’Elenmir, sta attenta. La gemma divina ha un potere troppo grande per essere usato senza equilibrio e cura. Più grande sarà il potere quando unirete l’Elenmir ed il Narmir nel Miredhel, la divina gemma in cui gli dèi racchiusero parte del loro potere.

Attenzione, piccola mia, estrema attenzione. Non puoi nemmeno immaginare lontanamente quanto possa essere grande la potenza della gemma se ne perdili controllo! Devi pensare prima di agire, sempre e comunque. Ho visto il tuo futuro ed è pieno di male, di lacrime e di sofferenza. Tuttavia, so che ce la farai: hai l’aiuto di Alatar, un grande stregone, insieme al suo compagno Pallando; hai l’aiuto degli elfi di Lorien, rimasti qui per attendere l’arrivo dell’ultimo erede della casa reale; hai l’aiuto di Rohan, il grande popolo di Rohan, cavalieri ed abili strateghi…ma non solo. Hai infine l’amore di tuo fratello, dei tuoi parenti e d' Elfwine. Si, ho visto anche lui nel tuo futuro e so cosa provi per lui, anche se tu ancora non lo sai. Ma presto tutto sarà più nitido e comprensibile.

Non temere, piccola Eowen, tutto si sistemerà. Prega gli dèi e fai buon uso della gemma e delle tue qualità. Prima di lasciarti, ho un dono per te. Nel cofanetto che hai trovato vicino questa lettera, ci sono due anello che un tempo appartenevano ai loro possessori. Essi sono due dei tre Anelli degli Elfi che Sauron diede a noi. Usammo i loro poteri per il bene della Terra di Mezzo, ma quando Sauron morì il loro potere si dissolse e gli anelli divennero semplici ornamenti di bellissima fattura. Ora, io dono ai Custodi del Miredhel questi due anelli. Lì imprigionerete i vostri poteri dopo l’unione del Miredhel che rimarrà ad Esgaroth. Portate gli anelli al dito e il potere divino resterà intrappolato nelle fedi fino alla fine della battaglia.

Ancora mi raccomando, Eowen…fa attenzione…

 

Che i Valar ti guidino e ti proteggano.

A presto

Galadriel

Eowen osservò la bellissima scrittura di sua nonna e rilesse più volte quelle parole. Poi aprì il cofanetto e spalancò la bocca nel vedere i bellissimi anelli. S' infilò al dito Nenya, l’anello d’Aria, e l’osservò risplendere alla luce del sole. – E’ bellissimo…- sussurrò tra sé fissandolo. Per altri brevi attimi rimase lì, seduta sul letto ad osservare quell’anello, poi si alzò e ripose tutto, dirigendosi velocemente nella stanza del fratello. – Eorl, ho una cosa per te! – esclamò felice entrando, ma vide che la stanza era vuota, il letto sfatto. Perplessa uscì dal palazzo e si affacciò subito verso la radura. Sorrise nel vedere Eorl ed Elfwine allenarsi con le armi, a petto nudo, chi con il braccio fasciato, chi con un occhio leggermente più gonfio dell’altro.

– Eorl!- lo chiamò a gran voce, come faceva ogni mattina a Rohan. – Che c’è, non vedi che sto facendo??- rispose il fratello come sempre. Eowen rise a quelle parole e scese velocemente i gradini, salutando la gente che incontrava. Quando li raggiunse attese che si accorgessero di lei. – Questa piccoletta non se ne vuole proprio andare eh!- esclamò ansante Elfwine mentre continuavano a duellare. – Ah è così? Dunque sarei una piccoletta? Bene, ora questa piccoletta ti fa vedere come si combatte davvero!- esclamò in tono di sfida Eowen, poggiando le sue cose sul terreno, sotto un albero. Si tolse gli stivali ed il mantello, poi estrasse la spada dal fodero e divise i due. Puntò la spada prima su l’uno, poi sull’altro, sorridendo: - Avanti, fatevi sotto…piccoletti! -. – Accidenti, questa è un’offesa bella e buona!- esclamò Eorl con le mani sui fianchi, quindi i ragazzi attaccarono la giovane che evitò abilmente entrambi. – Oh, vuol fare sul serio la signorina!- esclamò ridendo Elfwine. – Quindi adesso sono una signorina? Decidetevi!- rispose Eowen portandosi subito in difesa. I ragazzi attaccarono di nuovo ma Eowen parò di nuovo il colpo, dando un calcio sullo stinco di Eorl. – Caspita non vale! Non ho l’armatura!- esclamò piagnucolando il ragazzo. Eowen scoppiò a ridere, scotendo il capo: - E quindi? Nemmeno io ed Elfwine abbiamo l’armatura, ma non piangiamo mica!- ribatté divertita. L’allenamento andò avanti fra risate e battute, fin quando i due ragazzi bararono e attaccarono Eowen con un’arma che funzionava sempre: il solletico. – Adesso non fa più la superba, eh Elfwine?- esclamò ridendo Eorl mentre la sorella si dimenava gridando. –Va bene, vi prego basta! Contrattiamo! – esclamò in lacrime la giovane. I due ragazzi subito la lasciarono perché sapevano che avrebbero ottenuto qualcosa di bello. – Per te, fratellino caro, ho una cosa che ci ha lasciato nostra nonna…- disse Eowen porgendogli la lettera di Galadriel ed il cofanetto. Subito Eorl si appartò per leggere la lettera. – Per me?- chiese speranzoso Elfwine. Eowen sollevò le spalle: - Niente, non ti meriti niente!- esclamò ridendo e detto ciò scappò nel folto della foresta. – Ehi, non vale!- ribatté sbuffando il ragazzo che subito la rincorse. Ridendo correvano tra gli alberi, i ruscelli, gli animali del bosco e la luce del sole che illuminava il terreno. Elfwine sorrise nel vedere i capelli della ragazza risplendere come l’oro e ne rimase terribilmente affascinato.

Mentre correva gli ritornò in mente la sera precedente e quella a Rivendell…Aveva provato qualcosa di diverso, come una morsa nello stomaco, come un forte pugno che ti mozza il respiro…Non poteva essere quello che pensava, non poteva: Eowen era la sorella del suo migliore amico, era l’ultima erede degli elfi, l’ultima del suo popolo…e doveva tornare a Valinor. A quel pensiero rallentò il passo, fino a fermarsi tra gli alberi, ansante. Se Eowen sarebbe andata via, lui cosa avrebbe fatto? Niente, cosa vuoi fare? Rimarrai a Rohan, combatterai le guerre ed attenderai il tuo trono; poi governerai con forza e saggezza e renderai il tuo popolo ancora più forte d'ora…Si, sarò felice di farlo…ma chi sarà con me? Chi mi farà ridere, chi si allenerà con me? Eldarion?No, anche lui diventerà Re di Gondor. Eorl? Andrà a Valinor, con Eowen. Mio padre? Sarà troppo vecchio e stanco di combattere. Resterò solo, anche se circondato da molte persone…Si accorse solo dopo un bel po’ che Eowen lo stava fissando con i profondi occhi blu, preoccupata. – Ehi Elfwine, che hai? Non ti senti bene, ti fa male il braccio?- le chiese in un lieve sussurro. Il ragazzo sorrise appena e scosse lievemente il capo. L’abbracciò dolcemente, senza preavvisi, ed Eowen rimase imbambolata, senza saper cosa fare, se non abbracciarlo. – L’unico regalo che puoi farmi e di rimanere con me. Non andare via, Eowen, non partire per Valinor…Resta ad Edoras, resta nella Terra di Mezzo…- sussurrò il ragazzo, gli occhi chiusi. – Elfwine…io…cosa ti fa pensare che io voglia andare via?- chiese perplessa la ragazza. Il ragazzo sollevò le spalle: - Hai sangue elfico nelle vene, sangue reale…Dopo la guerra gli elfi ti chiederanno di andare con loro a Valinor e tu andrai da loro, dai tuoi nonni, dagli dèi…Ma io non voglio!- rispose il ragazzo con espressione triste e contrariata.

Eowen scoppiò a ridere e la sua risata aprì il cuore d' Elfwine…- Ma cosa ti fa pensare questo, matto! Io non andrò mai via da questa bellissima terra! Devo ancora esplorare tutto questo bosco, visitare tutta la Terra di Mezzo, conoscere i suoi popoli con le loro tradizioni! Non andrò a Valinor, Elfwine…è troppo perfetto per me, è troppo divino per una guerriera di Rohan. Diranno che sono matta, che non capisco che lì sarò immortale, che lì sarò onorata, che lì vivrò nella perfezione…Ebbene, allora vuol dire che voglio vivere nell’imperfezione umana!- esclamò sorridendo felice la ragazza. Il ragazzo rise insieme a lei, al settimo cielo. – Non sai quanto mi rendi felice, Eowen, non sai quanto!- esclamò ridendo.

Tanta era la felicità che senza pensarci posò un bacio sulle labbra della ragazza. Sentì Eowen irrigidirsi fra le sue braccia e subito allontanò le labbra dalle sue. Aprì la bocca ma non sapeva cosa dire mentre la ragazza aveva il capo chino e le gote rosse per l’imbarazzo. Si stupì ancora di più, però, quando Eowen sollevò gli occhi su di lui e scoppiò a ridere. Perplesso la osservò e fu contagiato dalla sua gioia, tant’è che di nuovo risero abbracciati l’un l’altro. La seconda volta fu la ragazza a baciarlo, timidamente e lievemente. Stava per ritrarsi ma il ragazzo la trattenne, prendendole il viso fra le mani. Il tempo intorno a loro si fermò: le foglie non cadevano più dai rami secchi, gli animali non attraversavano più il terreno, il freddo non colpiva più la loro pelle. Tutto era immobile, fermo intorno a loro, mentre i loro respiri si confondevano, le loro anime si intrecciavano, i loro corpi si stringevano l’un l’altro e le loro labbra ancora si baciavano. Quando si distaccarono, Elfwine chinò il capo e posò il viso fra i biondi capelli, respirando il suo profumo. Eowen si strinse al ragazzo, sorridendo e socchiudendo gli occhi blu. Rimasero così per molti, non importandosene del freddo che in altre circostanze avrebbe attanagliato la loro pelle…ma in quel momento nulla, nemmeno Feamor in persone, avrebbe potuto abbattere la barriera che il loro amore ed il loro affetto avevano costruito.

Il suono del dolce corno degli elfi li destò da quel magico sogno. Quel suono significava “pericolo”, così subito corsero verso la radura principale, poi verso il palazzo, facendosi largo tra gli elfi che preoccupati osservavano dallo spiazzo il palazzo reale. Mano nella mano, salirono due a due i gradini delle innumerevoli scale, fin quando non giunsero sul flet principale. Fu lì che videro Alatar, Pallando e Seridhil parlare tra loro in elfico, gesticolando velocemente e un’espressione allarmata nel viso. – Alatar, che succede…?- chiese andante Eowen osservando lo stregone. Questi si volse di scatto verso i due ragazzi e fece loro segno di seguirli.

 

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Capitolo 25
*** Una frettolosa partenza ***


Capitolo 25: una frettolosa partenza

Capitolo 25: una frettolosa partenza

 

 

- Alatar! Che succede?- esclamò ad alta voce Eowen mentre seguiva i due stregoni e la guerriera lungo i corridoi del palazzo. – Dobbiamo partire subito, Eowen! Ci riuniamo in un breve consiglio e poi partiamo subito alla volta di Esgaroth. Il nemico è pronto ormai, ci siamo soffermati troppo…E’ giunto il momento di andare  e dirigere velocemente i nostri passi verso il Miredhel, ora che parte della nostra missione è stata compiuta. Avevo intenzione di partire dopo il pranzo, ricordi? Non abbiamo tempo, però, partiremo fra un’ora massimo- spiegò Alatar con voce calma ma carica di tensione. Eowen strinse la mano di Elfwine e l’osservò. Il ragazzo ricambiò dolcemente la stretta e le sorrise, incoraggiandola.

Entrarono nella Sala dell’Alto Consiglio e lì vi trovarono Eorl, un vecchio elfo dagli occhi ambrati ed altre persone del popolo. Si sedettero intorno al tavolo rotondo, quindi subito Alatar prese parola: - Le pietre parlano chiaro: dobbiamo partire immediatamente. Chiunque possa darci aiuto o semplici suggerimenti…si faccia avanti- .

Subito un elfo dai capelli neri e gli occhi violacei si alzò, vestito con abiti da cacciatore: - Alatar, non conviene che attraversiate a piedi l’Anduin…dovrete risalirlo con le nostre barche e raggiungere la sponda occidentale, dove gli elfi silvani vi attendono per il tramonto. Ho deciso di accompagnarvi io stesso, se questa idea vi aggrada e la nostra presenza vi rincuora. In caso di attacco, almeno non sarete in quattro…senza contare che Eorl ed il Principe non hanno ancora ripreso tutte le forze- disse l’elfo con voce decisa ma calma. Molti degli elfi presenti annuirono ed Alatar rispose: - Va bene, Adrin, tu ci guiderai sulle acque dell’Anduin. Il viaggio sarà veloce e guadagneremo parte del tempo perso-. – Verrò anche io – intervenne subito Seridhil sollevandosi dal suo posto. Altri elfi si alzarono, annuendo decisi. Eowen li osservò e rincuorata vide che in totale erano almeno una decina. – Bene, allora è deciso. Raggiunta la sponda orientale, in corrispondenza dell’Antica Via Silvana, ci lascerete per far ritorno qui – avvertì Alatar facendo segno ai ragazzi Rohirrim di alzarsi.

Poco dopo tutti uscirono dalla Sala dell’Alto Consiglio, dirigendosi ognuno verso le proprie stanze per prepararsi. – Eorl, Eowen, Elfwine – Alatar richiamò i tre che si girarono verso lo stregone, sulla soglia della Sala. – Raccogliete velocemente solo ciò che avete portato. Avremmo bisogno solo di un breve pranzo che consumeremo lungo il tragitto, senza fermarci. Giunti alla fine del fiume, come ho detto, ci saranno gli elfi di Thranduil, padre di Legolas, ad accoglierci e guidarci verso Esgaroth. Ora andate, fra pochi minuti vi attendo nella radura principale- disse Alatar prima di allontanarsi a passi veloci. I ragazzi annuirono, poi si diressero verso le loro stanze, vicine.

 

Eowen infilava gli abiti e alcuni medicinali nella sacca, senza molta cura. Solo quando prese il cofanetto con dentro i due anelli, fece molta attenzione e posò il piccolo scrigno tra i morbidi panni. Era nervosa. Tutta quella fretta, quell’ansia…non facevano che peggiorare il suo stato d’animo. Sapeva che fra pochi giorni, forse meno di una settimana, sarebbe tornata ad Edoras e certo non vedeva l’ora…Ma come l’avrebbe trovata? Ancora forte o in macerie? Avrebbe ritrovato il suo popolo oppure solo cadaveri e lamenti? Poggiò una mano sul tavolo, sorreggendosi. Aveva paura, tanta. Non era forte come suo fratello, come Alatar o Elfwine. Lei aveva paura, anzi era terrorizzata. Aveva accettato quella missione, credendo di poter salvare il mondo dal male…ma invece lei non era niente, proprio niente. Tutti contavano sulle sue capacità, ma su chi poteva contare lei? Non era che una ragazza di appena diciassette anni che aveva paura come una ragazza normale; soffriva, piangeva e gioiva, non era un cavaliere senza macchia e senza paura, non rimaneva ferma e silenziosa quando la ferivano, ma gridava dal dolore. Era affascinata dai racconti sui libri ad Edoras riguardo quei cavalieri che hanno compiuto grande imprese, quelle donne che hanno sacrificato la sua vita per la famiglia, il popolo, per quelle vite volontariamente spezzate…ma lei ce l’avrebbe fatta? Lei sarebbe riuscita ad uccidersi per gli altri, importandosene di se stessa? Sarebbe riuscita a salvare i suoi cari, ma soprattutto sarebbe riuscita a salvare un intero mondo solo con le sue forze?

Scosse il capo per allontanare quei pensieri, poi caricò lo zaino sulle spalle ed aprì la porta della stanza. Prima di andare via, si soffermò sulla soglia ed osservò la camera. Cercò di imprimere nella sua mente quella stanza, quella luce che penetrava dalle finestre, trafiggendo le candide tende, quei tessuti chiari e luminosi, i mobili di legno, i profumi e i colori di cui avrebbe avuto bisogno durante il suo viaggio.

Richiuse la porta ma quando si volse sbattè contro qualcuno: Elfwine. – Sei pronta?- le chiese deciso. Lei annuì e fece per incamminarsi verso l’uscita del palazzo, ma il ragazzo le afferrò un braccio, dolcemente. – Eowen, aspetta- sussurrò facendola girare. – Va tutto bene?- le chiese ancora, osservandola con i chiari occhi. Eowen sorrise appena, annuendo: - Tutto bene- . Il ragazzo si avvicinò e l’abbracciò dolcemente, facendole poggiare la testa sul suo petto. Sospirò dolcemente mentre respirava il suo dolce profumo. – Andrò tutto bene, vedrai. Ce la faremo, insieme – sussurrò Elfwine accarezzandole i capelli d’oro stretti in una treccia. Si scambiarono un lieve ma dolce bacio prima di scendere insieme verso la radura.

Quando raggiunsero gli altri elfi, alla base degli alberi, si diressero verso Eorl che sorrise loro. – Alatar sta parlando con alcuni messaggeri di Lorien giunti proprio ora da Bosco Verde: dicono che una pattuglia di Elfi Silvani è sulla sponda occidentale dell’Anduin, ad attenderci. Se partiamo adesso, per mezzogiorno potremmo anche raggiungerli. Al massimo nel primo pomeriggio – disse loro mentre Alatar borbottava qualcosa agli elfi messaggeri. Eowen si osservò intorno e vide intorno a lei molti Cacciatori. Tra loro si notavano subito Seridhil, con la sua armatura elfica, ed Adrin, vestito con abiti comodi, da cacciatore, i lunghi capelli scuri raccolti in una treccia. I due si stringevano la mano mentre Alatar era ora rivolto verso i tre ragazzi di Rohan. Eowen sorrise appena nel vedere quel gesto affettuoso ed anche lei strinse la mano di Elfwine dopo che lo stregone ebbe esplicato il loro piano una volta giunto a Bosco Verde: avrebbero passato la notte nel regno di Thranduil per poi dirigersi verso la Montagna Solitaria per l’alba.

– Bene, ora possiamo andare. Seridhil, facci strada- annunciò Alatar annuendo alle sue stesse parole. L’elfa avanzò lungo il sentiero principale che attraversava il bosco, verso la riva del fiume. Seguivano Adrin, Alatar, Eowen, Eorl ed infine Elfwine. Giunsero alle barche in poco tempo: lì trovarono alcuni elfi giunti per salutarli ed avevano già caricato i loro zaini sulle imbarcazioni. – Bene, ora saliamo- ordinò Alatar e subito dopo salì nella prima barca. Eowen stava per salire dietro di lui ma sentì qualcuno tirarle il bordo della tunica, dal basso. La ragazza si volse e vide al suo fianco una bambina di apparentemente cinque anni. I suoi grandi occhi verdi la osservavano sereni e felici, come il sorriso sul faccino tondo e solare. – Salvateci, Signora – le disse con dolce innocenza. Eowen rimase stupefatta da quelle parole e si inginocchiò davanti alla piccola elfa. – Farò del mio meglio, piccolina…farò tutto ciò che mi è possibile- le rispose Eowen accarezzandole dolcemente il viso. – Eowen, andiamo- le ordinò pacato lo stregone, volgendosi verso di lei. La ragazza si alzò, sorrise alla piccola elfa e si sedette nella prima imbarcazione, dietro Alatar e Seridhil. Si volse verso la seconda imbarcazione e ricambiò il sorriso che Eorl ed Elfwine le stavano rivolgendo. Andrà tutto bene…, pensò tra sé con ottimismo mentre gli elfi li salutavano con i loro bianchi corni.

 

 

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Capitolo 26
*** Per la mia terra ***


Capitolo 26: per la mia terra

Capitolo 26: per la mia terra

 

 

- Manca poco, avanti. Siamo quasi arrivati!- annunciò Alatar ad alta voce per sovrastare il rumore dell’acqua. Erano due o tre ore che viaggiavano contro corrente, remando, ed Eowen aveva i muscoli delle braccia distrutti. Sospirò rincuorata alle parole dello stregone e con un ultimo sforzo mandò verso la riva la barca. La sponde orientale era costituita da un breve tratto di spiaggia che lasciava poi il posto ad una miriade di alberi dalle fronde un pò spoglie per via della stagione invernale.

Si osservò poi intorno e notò qualcosa di strano nell’aria, nel cielo, nell’acqua: tutto sembrava morto, assente, vuoto. – Lo spirito di Feamor ha raggiunto già Bosco Verde. Fra pochi giorni tutta la Terra di Mezza cadrà nella rovina e nella degradazione. Dobbiamo muoverci, Alatar. Lesti e silenziosi raggiungeremo Esgaroth senza fermarci. Non abbiamo tempo per sostare da Thranduil, lui comprenderà- sussurrò Seridhil mentre trascinavano le barche sotto gli alberi per celarle alla vista altrui.

Detto questo si addentrarono un po’ nella Via Silvana ma lo spettacolo che videro davanti fu raccapricciante: distesi a terra vi erano gli elfi silvani, morti e squartati dalla gola al ventre. Una testa era appesa ad una lancia elfica piantata nel terreno coperto di sangue e di grosse orme. Eowen si tappò la bocca con la mano e si volse verso il fiume mentre la puzza le faceva venire il volta stomaco. Seridhil e gli altri rimasero sconvolto e increduli davanti quella visione. – I Whiving…hanno raggiunto Bosco Verde, ecco perché tutto sembra nero e grigio. Feamor sa che siamo qui, dobbiamo muoverci!- esclamò Seridhil afferrando Eowen e trascinandola in avanti. La marcia lungo la via Silvana fu veloce e quasi correndo l’attraversarono. Non si fermarono, non mangiarono e non bevvero durante il cammino. Per loro fortuna non incontrarono nessun ostacolo e verso il tramontar del sole raggiunsero la fine dell’Antica Via Silvana e la sponda dei Flutti.

Si fermarono ansanti e caddero a terra sfiniti. – Però..che corsetta rinfrescante…!- sussurrò Elfwine ironico, facendo sorridere la piccola compagnia. – Alatar…siamo costretti ad accamparci qui per la notte. I Whiving sicuramente ci attaccheranno quindi dobbiamo stare molto all’erta. Non addormentiamoci sui bordi della via ma sulla sponda del fiume: è più sicuro. Domani all’alba, se saremo ancora vivi, attraverseremo a piedi la riva occidentale dei Flutti e raggiungeremo Esgaroth, sperando che ci sia qualcuno che possa aiutarci a raggiungere l’Erebor – disse Adrin mentre osservava lo stregone negli occhi. – Si, hai ragione Adrin-, rispose Alatar con un sospiro, - ci accamperemo più avanti, sulla riva dei Flutti-. In poco tempo accesero un piccolo fuoco per riscaldarsi, mangiarono in silenzio e mentre gli altri dormivano Adrin fece il primo giro di ronda.

Eowen si strinse nel mantello e si raggomitolò vicino ad Elfwine che sorridendole la strinse a sé. Lentamente cadde in un sonno profondo causata dalla stanchezza, dalla fretta e dalla paura…Sognò i Whiving, sognò che la uccidevano, sognò che la portavano via e che le squartavano il ventre. Tuttavia sognò di nuovo il guerriero vestito da un’armatura d’oro con il vessillo di Rohan in una mano e la spada splendente nell’altra. Chi era quel cavaliere? Forse suo padre che la proteggeva? O forse suo fratello? O magari Elfwine…Vide il cavaliere avvicinarsi a lei, sorridendole da sotto l’elmo che celava le sue fattezze. Ma poi vide che l’uomo mutava in una creatura enorme ed orribile e si sveglio d’improvviso, madida di sudore.

Si osservò intorno e vide il fuoco spento ed Alatar in piedi sulla riva del fiume. Lo stregone si volse verso di lei e gli sorrise ma subito la sua espressione mutò in terrore. – Eowen dietro di te!!- urlò facendo svegliare tutti. Eowen si volse di scatto e vide a pochi metri dal suo giaciglio un’ombra enorme che ringhiava. Subito, senza pensarci, si alzò dal terreno insieme agli altri ed estrasse da sotto la casacca l’Elenmir che bruciava di luce blu. Vide il mostro spalancare la grandi fauci e le sue pupille dilatarsi per la rabbia. Arretrò, piena di terrore mentre Eorl ed Elfwine si facevano avanti. Seridhil ed Adrin lanciarono molte frecce contro il Whiving ma questi parve non sentirle. Si concentrò su Eowen ed in poco tempo fece fuori i due cavalieri. L’afferrò per la gola, stringendo le dita intorno al suo esile collo.

Eowen tentò di respirare ma sentiva che non ci riusciva, che le forze stavano per abbandonarla. Il mostro sollevò lentamente gli artigli su di lei. La giovane chiuse gli occhi…

 

- Eowen! – una voce la richiamò sulla terra e la Rohirrim aprì gli occhi. Si trovava ai piedi di una montagna dalla vetta invisibile, circondata da nere nubi. Stordita fece leva sulle braccia e si mise a sedere sul freddo e duro terreno. – Dove…dove siamo…- sussurrò con voce flebile. Eorl davanti a lei le sorrise appena: - siamo ai piedi della Montagna Solitaria, Eowen. Siamo arrivati, la nostra missione sta per terminare…- le rispose il fratello dolcemente, aiutandola a rimettersi in piedi.

Eowen si osservò intorno ma ancora non riusciva a capire come nel giro di quelli che le sembravano minuti, sarebbero riusciti a raggiungere la base della montagna lontanissima dalla fine dell’Antica Via Silvana. – Chi…come…siamo riusciti ad arrivarci?- chiese di nuovo, ora rivolta ad Alatar che le allacciava il mantello sulle spalle. – Le Aquile, Eowen. Il Re dei Venti Gwaihir e suo fratello Landroval ci hanno condotto in salvo da Bosco Verde, ormai infestato dai Whiving. Purtroppo tutti gli Elfi Silvani sono morti e solo alcuni sono riusciti a fuggire ad est, verso Esgaroth. Ma presto anche l’isola verrà attaccata dai Whiving se non ci sbrighiamo. Le Aquila ci condurranno a Rohan, leste e silenziose, quando la nostra missione sarà terminata. E’ stato davvero un colpo di fortuna trovarle, non è vero? Esse hanno giurato fedeltà agli dèi ed a chi da loro saranno mandati. Dunque, così come aiutarono molte volte Olòrin, così ora presteranno aiuto non a me, ma a voi, Custodi del Miredhel. Ora lesti, andiamo! –

La piccola compagnia dunque cominciò a salire lungo la parete orientale della montagna, evitando i pericoli quasi a stento per il buio che intorno a loro aleggiava come una cappa opprimente e minacciosa. In un momento di breve risposo, nemmeno a metà della scalata, Eowen volse gli occhi al cielo soffocato dalle nere nubi e vide il sole brillare debolmente, cercando di penetrare invano la barriera oscura. La sua luce era così debole, flebile che Eowen per un attimo ebbe paura che si stesse per spegnere. La voce di Alatar la richiamò alla realtà e lei continuò a salire, aggrappandosi con le mani e i piedi, affaticata dal peso dei pesanti abiti che indossava.

Non poteva permettere che la sua terra, la terra dove era nata e cresciuta, fosse distrutta. No, l’avrebbe protetta anche a costo della vita, con tutte le forze che aveva, anche se poche. Certo, sacrificare la propria vita potrebbe essere esagerato…Io non so cosa fareste voi, ma la giovane Eowen certo non avrebbe permesso la morte del suo Re per mano del nemico, strappato con violenza dalla vita; non avrebbe permesso la distruzione della sua città, del suo paese, della sua terra, del suo mondo; non avrebbe permesso la morte di milioni di abitanti. Avrebbe più assaporato il calore del sole o il freddo della neve? Il brivido della pioggia o la freschezza salmastra del mare? No, avrebbe provato solo il freddo ferro della prigione, le doloranti catene della servitù, l’amaro odore del sangue delle vittime. E se fosse morta? Dunque non è forse meglio morire per la patria, combattendo da eroi e da coraggiosi, piuttosto che attendere da vigliacchi la fine di tutto? Eowen non sapeva come sarebbe andata a finire la guerra. Forse tutti sarebbero morti, forse la Terra di Mezzo sarebbe passata al male; o forse il male sarebbe morto ed il bene avrebbe trionfato, come in ogni storia. Ma quella che lei stava vivendo, dalla sua partenza da Edoras fino alla scalata della Montagna Solitaria, quella non era una storia o una leggenda. Era la sua vita ed aveva paura di perderla. Ricordò poi le parole che un giorno le disse Re Eomer: “Ci sono momenti in cui tutti noi, persino il più valoroso dei guerrieri, ha paura. Ma non c’è niente di più terribilmente saggio che avere paura della paura stessa. E’ lì, è in quei momenti che dobbiamo raccogliere tutte le nostre forze e combattere per noi, per la terra e per i nostri amici. Spesso, durante le battaglie dell’Anello, ero solo con i nemici che mi attaccavano con foga. Lì hai così paura che vorresti fuggire. Ma poi raccogli le tue forze e pensi che la vita di un tuo suddito vale più della tua, perché non è lui che serve te, ma sei tu a servire lui…”

Nonostante la fatica e la paura, sorrise rassicurata da quelle parole e continuò la lenta e pericolosa marcia verso la vetta della montagna.

 

 

Salve a tutti, ragazzuoli! Spero che questo capitolo "patriottistico" vi sia piaciuto, eheh! Nel prossimo capitolo assisterete finalmente alla nascita del Miredhel...e da ora in poi ne vedrete davvero delle belle, a distanza di pochi giorni dalla Grande Battaglia delle Razze!

Ci sentiamo presto, un bacio a tutti e grazie per le recensioni!!

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Capitolo 27
*** Chi è l'alter - ego? ***


Giunsero all’ingresso verso il tramonto, quando udirono dei ringhi gutturali nel profondo della foresta sotto di loro risuonar

Capitolo 27: chi è l’alter - ego?

 

 

Giunsero all’ingresso verso il tramonto, quando udirono dei ringhi gutturali nel profondo della foresta sotto di loro risuonare nella pesante aria. – I Whiving si stanno svegliando, usciranno in branco per cacciare durante la notte. Presto, entriamo nella montagna e nascondiamo il passaggio: quelle creature sono forti ma poco agili e impiegherebbero giorni interi per scalare la montagna- annunciò Seridhil mentre varcavano la soglia. Alatar batté lievemente due volte il bastone a terra e la pietra blu sulla sua cima prese a brillare come una fiaccola, illuminando il grande ingresso prima di una ripida scalinata. In pochi attimi Seridhil, Adrin ed Eorl coprirono l’ingresso con i rami degli alberi lì intorno, alcuni massi e un po’ di muschio, facendolo sembrare così solo una piccola cavità nella pietra.

Cominciarono a scendere, gradino dopo gradino, desiderosi di accelerare il passo ma ostacolati dal buio pesto.

Eowen camminava dietro Alatar che conduceva la piccola compagnia insieme a Seridhil dalla vista acuta. La giovane Rohirrim sentì un lieve tocco nel buio e prima di sobbalzare riconobbe subito il profumo ed il respiro di Elfwine. Si volse alla sua destra e sollevò appena il capo per incontrare per brevi secondi gli occhi sereni del ragazzo; sentì la sua mano sfiorarle le spalle ed abbracciarla mentre continuavano a scendere sempre di più. – Grazie di essere venuto con noi, Elf…- sussurrò nel buio mentre dalla fine della galleria giungeva un dolce odore di acqua e un fresco vento. – Nessun ringraziamento, Eowen…E’ un onore e un piacere essere qui con voi…con te…- rispose con voce flebile il guerriero sfiorandole appena una guancia, come se la sua mano fosse guidata nel buio da Varda stessa. Eowen sorrise rasserenata da quel lieve ma dolce tocco. Posò la mano su quella del ragazzo, poi la lasciò e si concentrò su quella brezze fredda che proveniva dal basso. – Sempre che lì in fondo ci sia una caverna – azzardò a dire Eorl dietro di loro. – E’ quel che ho pensato anch’io- rispose Alatar mentre alzava appena in alto il bastone, per illuminare gli ultimi gradini.

Svoltarono l’angolo e davanti a loro videro uno spettacolo incredibile: una enorme caverna dal tetto quasi infinito si estendeva a vista d’occhio; nel mezzo di essa v’era un lago di acqua densa e celeste: al suo centro un piedistallo inciso di rune luminose; infine in altro, in corrispondenza del piedistallo, una pietra enorme era sospesa nell’aria mentre roteava appena. – Mio Dio….- sussurrò meravigliato Adrin mentre i loro visi erano illuminati dalla luce che emanava il fondo del piccolo lago ed i loro occhi se ne nutrivano come nettare divino. – Il Piedistallo, finalmente. Eorl, Eowen: spogliatevi delle armi e dei mantello, poi posate i vostri anelli e le vostre pietre sul piedistallo – ordinò velocemente Alatar, senza lasciarsi incantare dal posto. Subito i due fratelli ubbidirono senza indugiare oltre: posarono mantelli e armi ai bordi del lago e si immersero in esso. Calde onde sfioravano i loro bacini mentre sollevavano le braccia per posare le pietre sulla superficie piatta e fredda del piedistallo. Rimasero tutti fermi, con il fiato sospeso, pronti per assistere ad un evento magnifico….ma quell’evento non li raggiunse.

Tutto rimase immobile, la pietra continuò a girare lentamente su di sé, le rune continuavano a brillare debolmente, le onde del piccolo d’acqua luminosa continuavano stancamente a lambire la spiaggia di sabbia nera. Eorl ed Eowen si volsero verso Alatar che li ammonì: - Non voltatevi e concentratevi sul vostro fine! – gridò quasi irritato. Subito entrambi chiusero gli occhi, posarono le mani sui bordi della pietra grigia ed invano pregavano. Nulla, nulla accadde. Eorl si volse di nuovo verso la spiaggia: tutti ad occhi chiusi, tutti che si concentravano. Nemmeno il tempo di voltarsi verso il piedistallo che sentì sua sorella gridare. Tutti la osservarono ma solo Eorl vide una macchia nera apparire sotto di loro e trascinare sua sorella nell’abisso d lago.

– No!! – gridò tentando si afferrare le mani della sorella che disperatamente cercava di emergere. Non ci fu niente da fare…Eowen scomparve dalla loro vista nel giro di pochi secondi. Già Eorl stava già per tuffarsi ma la salda presa di Adrin glielo impedì. – Fermati, non sai che cosa potrebbe aver preso la Custode!- esclamò l’elfo mentre gli altri lo raggiungevano. – Non mi importa che cosa l’abbia presa! E’ mia sorella, ha bisogno del mio aiuto! – urlò furioso Eorl. Si liberò dalla presa dell’elfo e si gettò nel punto in cui Eowen era scomparsa, ma l’abisso si era chiuso sotto di lui e non trovò altro che un basso terreno. – No…non può essere…- sussurrò incredulo il Rohirrim mentre con mani tremanti stavano il terreno sotto il lago, in ginocchio. – Eorl basta! – esclamò Elfwine sollevando l’amico che furioso sollevava schizzi d’acqua. – La nostra missione è fallita, dunque…Tutto è stato vano…Non resta che tornare a Rohan ed attendere il nemico, combatterlo con le nostre forze fin quando la vita reggerà…- sussurrò Alatar osservando lo specchio d’acqua lucente. – Nulla è perduto ancora, Alatar…C’è sempre un barlume di speranza. Attenderemo fino a quando i Whiving torneranno nel bosco, dopo la caccia. Se prima nulla sarà accaduto, le Aquile ci porteranno comunque a Edoras…Mio padre ha bisogno di me…- rispose con parole pacate e sagge Elfwine, posando una mano sulla spalla dell’amico.

 Vi fu un attimo di silenzio, poi Alatar annuì: - Va bene, attenderemo fino a quando non sentirò più la presenza dei Whiving intorno a noi. Accampiamoci al riparo dalle correnti d’aria- . Dunque si accamparono, in attesa di un qualcosa che stava ritardando. 

 

Eowen aprì debolmente gli occhi, svegliata da un dolore tagliente alla fronte. Subito capì di essere in una caverna sotterranea, seduta in un angolo e un rivolo di sangue che le usciva dai capelli. Si tamponò la fronte con la manica della casacca, sopportando a stento il bruciore e il dolore. Poi sentì un rumore nell’oscurità. Ritirò le gambe al petto, spaventata e indifesa. All’unica candela posta vicino a lei si mostrò un uomo vestito di una bellissima armatura nera, lunghi capelli che ondeggiavano come mossi da un vento impercettibile, ed una spada allacciata al suo fianco. Eowen osservò il cavaliere e la sua spada ed ebbe paura….paura di morire. – Ciao, Eowen…mi riconosci? Certo che no, come potresti? Io sono colui che tu stai cercando di distruggere – disse con voce serena l’uomo che si celava dietro l’elmo. Eowen non poteva credere a ciò che stava pensando: quel cavalieri non poteva essere lui…- Feamor…- sussurrò alla fine, tra il dubbio e l’incredulità. Il cavaliere annuì appena, avvicinandosi a lei.

– Esatto, piccola Eowen. Io sono Feamor, ultimo Signore Oscuro. Non temere, io non sono davanti a te realmente, questo è solo un mio riflesso, quindi non posso farti nulla di male. Sono tuo nemico, ma tuttavia un nemico onesto e non attaccherei mai l’avversario indifeso. So che sei spaventata e turbata, tuttavia ti chiedo di ascoltarmi e, se potrai, di aiutarmi. Non ho molto tempo, quindi riassumerò in poche parole: conosci la mia storia, Alatar te l’ ha raccontata. Io ho creato il Miredhel, ma io non posso usarlo o distruggerlo. Sai perché? Perché ora il mio spirito è malvagio e la gemma non riconosce più me come suo padrone, ma te e tuo fratello. Vi sono momenti, lo confesso, in cui adoro essere figlio di Mordor, eppure ricordo la mia precedente vita, quella di elfo e uomo. La rimpiango, Eowen, sì. Le piccole gioie e soddisfazioni che ora non ci sono: o vinco o perdo. Vorrei tanto tornare un elfo, Eowen, ma non posso. Il ricordo del mio padrone, come una freccia nel fianco, mi porta sempre sulla via della maledizione. Rare sono le volte, come ora, in cui torno me stesso. E’ un tormento, giovane Eowen. Ma sarò libero solo se vincerò questa battaglia e se tu useresti il potere di Varda, dell’Elenmir a mio favore, io sarei libero…- spiegò con voce dolce il cavaliere.

Eowen era incredula, stupefatta ed attonita. Non sapeva cosa fare o dire. Vedeva la sincerità nel volto dello spirito, vedeva la sua sofferenza…ma non poteva allearsi contro di lui. La sua vittoria avrebbe significato la morte non solo sua ma di tutta la Terra di Mezzo. Le dispiaceva incredibilmente per Feamor, ma è meglio che muoia una singola persona che il mondo intero, in questi casi estremi. E poi Feamor, se pentitosi delle sua azioni, avrebbe potuto anche ottenere il perdono degli dèi.

Scosse il capo, osservando gli occhi scuri del cavaliere: - Mi dispiace, ma non posso Feamor. Mi chiedi di andare contro i miei ideali, i miei fini, la mia missione, contro il mio stesso popolo. Non posso ucciderli, non posso uccidere chi mi ha cresciuto, chi mi ha insegnato ad essere quella che ora sono. Se sono Eowen è anche grazie a loro. Mi dispiace, ma non posso. Ti prego, lasciami andare…- sussurrò mentre le lacrime le scivolavano sul volto, per la paura ed il dispiacere. Vide lo spirito chinare il capo come affaticato da un grosso peso, ebbe un fremito e subito rialzò il capo ridendo. – Eh va bene, mocciosa. Vorrà dire che ti ucciderò per poi uccidere anche il tuo fratellino! – esclamò furioso Feamor mentre i suoi occhi bruciavano come fuoco impetuosi. – Feaman…- sussurrò Eowen atterrita. Lo spirito s’irrigidì, i suoi occhi si sbarrarono e per un attimi gli occhi tornarono scuri. Eowen l’osservò, sperando fosse tornato l’elfo ma cantò troppo tardi la vittoria. Un attimo dopo Feamor prese il totale sopravvento su Feaman, distruggendolo. – Muori, sporca Rohirrim! – urlò mentre sguainava la spada e si lanciava su Eowen. La ragazza non oppose resistenza, sorrise per il terrore e la pace che sperava di ottenere con la morte.

L’ultima cosa che vide furono gli occhi di bragia che le fissavano…

 

Ebbene, che ve ne pare di questo nuovo chap? Lo so, vi avevo promesso la nascita del Miredhel, ma poi ho deciso di aggiungere questo nuovo pezzo. Che ve ne pare di Feamor? Decisi fin dall’inizio che non doveva essere il solito nemico senza scrupoli che appare sempre indirettamente e solo alla fine si manifesta (come ad esempio Sauron). Ho voluto creare un nemico diretto, contraddittorio, ancora legato alla sua vita mortale, alcune volte malinconico, altre volte deciso ad uccidere chiunque gli metta i bastoni fra le ruote, come ad esempio Eowen, morta per i suoi ideali. Non preoccupatevi, ci sarà Eorl come Custode del Miredhel!

A presto per il prossimo chap!^_*

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Capitolo 28
*** Distanti ***


La terra cominciò a tremare e subito la piccola compagnia si alzò dalla spiaggia, osservando le onde del lago rivenire sempre

Capitolo 28: distanti

 

 

La terra cominciò a tremare e subito la piccola compagnia si alzò dalla spiaggia, osservando le onde del lago rivenire sempre più grandi ed il masso sospeso in aria fremere appena, come un uovo che stava per rompersi. Le rune del piedistallo cominciarono a brillare più distintamente, così come le gemme e gli anelli di Galadriel. La pietra sospesa si spaccò, dividendosi in quattro spicchi dalle rune luminose. Le gemme e gli anelli si librarono nell’aria, lentamente, come attratti dagli spicchi di pietra. Questi cominciarono a roteare quando le gemme si fermarono al loro centro. Roteavano lentamente, poi sempre più veloce, fin quando erano solo una scia.

La compagnia rimase attonita davanti quello spettacolo, ansiosi di vederne la fine. Essa venne dopo qualche minuto, quando lentamente le pietre si fermarono e sul piedistallo scesero i due anelli, ricolmi di luce, ed una pietra che era formata da luce blu e rossa. – Il Miredhel…- sussurrò meravigliata Seridhil mentre Alatar ed Eorl avanzavano verso il piedistallo. – Prendi entrambi gli anelli, Eorl, prendili entrambi- ordinò con voce pacata lo stregone. Il ragazzo ubbidì e con delicatezza infilò gli anelli di cristallo e di rubino nelle sue dita, lasciando il Miredhel al centro del piedistallo, con la punta poggiata sulla pietra. – Ad esso baderà la montagna, non temere. Ora andiamo, presto!- esclamò Alatar avviandosi verso l’uscita della caverna, ma Eorl lo fermò afferrandogli deciso un braccio: – Eowen?-. Alatar lo osservò, poi scosse il capo: - E’ stata presa dalla montagna, Eorl, è di sua proprietà ora. Mi spiace, ma dobbiamo lasciarla qui – spiegò con voce flebile lo stregone prima di camminare velocemente verso la riva. Eorl rimase pietrificato da quelle parole, incredulo e restio a crederci. – Eorl, muoviti!- urlò Alatar mentre si avviavano tutti dalla montagna scossa dal terremoto. Il Rohirrim tornò in sé solo quando Elfwine lo trascinò per un braccio fuori dalla montagna, risalendo di corsa i gradini, cadendo e rialzandosi subito, aiutandosi tra loro. – Avanti, Eorl, forza e coraggio…!- sussurrò con vigore Elfwine all’amico, stringendogli una spalla mentre all’ingresso dell’Erebor Gwaihir e Landroval, insieme ad altre due aquile, li attendevano. Salirono sulle loro schiene e subito spiccarono il volo. Eorl strinse dolcemente fra le mani le piume di Landroval, sospirò e chiuse gli occhi. Aveva abbandonato sua sorella, destinandola a morire lì dentro, fra le rocce. No, non poteva essere, non poteva lasciarla lì!! Appena avrebbe potuto, appena avrebbe avuto un attimo di respiro, Landroval l’avrebbe condotto da lei e l’avrebbe liberata dalle fondamenta dell’Erebor. Reclinò in avanti il busto fino a posare il capo sul dorso dell’aquila. Si lasciò cullare, sempre reggendosi, mentre sfogava la sua rabbia e la sua angoscia con un silenzioso pianto.

Giunsero poco dopo sopra Esgaroth e la videro in fiamme e desolata. Elfwine rimase colpito da quella scena, già scosso dalla perdita della sua Eowen. – Che cosa aspettando…Perché attaccano i popoli intorno a noi e non attaccano noi?- sussurrò tra sé. – Tattica di guerra, Sire. Attaccano prima gli alleati, poi il nemico. Gli elfi silvano avrebbero potuto darci aiuto, raggiungendosi attraverso l’Anduin, così come gli abitanti di Esgaroth. Anche Minas Tirith è stata assediata, prima che voi raggiungevate i confini di Lorien. I gondoriani hanno ricevuto gravi perdite ma hanno allontanato gli eserciti nemici che si sono duplicati e che fra non molto raggiungeranno Edoras – spiegò Seridhil, abbracciata ad Adrin. Poi notò l’espressione cupa del Rohirrim e gli sorrise appena: - Non temere, signore dei cavalli. Ogni movimento d’ala di queste aquile equivale ad un’ora di marcia di un grande esercito. Raggiungeremo in tempo la tua città e potrai combattere al fianco di tuo padre e dei tuoi uomini. Essi sono degli uomini coraggiosi e validi, i più abili guerrieri e strateghi che io conosca dopo gli elfi - . Elfwine le rivolse un sorriso di ringraziamento, poi posò gli occhi sulle nuvole scure che da Mordor si stavano espandendo a macchia d’olio sulla Terra di Mezzo. Hanno già raggiunto la bianca Minas Tirith, domani pomeriggio raggiungeranno anche Rohan, pensò tra sé il giovane. Sospirando si volse verso Eorl, osservò i suoi occhi che fissavano il nulla e il volto che si confondeva con le lunghe piume scure di Landroval. Gli sorrise incoraggiante: - Avanti, Eorl, non temere. E’ viva e presto andremmo a liberarla. Giusto il tempo di dare una bella lezione a Feamor e fargli vedere di che pasta è fatto un Rohirrim!- esclamò con allegria. Nonostante non fosse così facile come aveva detto Elfwine, Eorl non potè evitare di accennare un sorriso e di sentirsi il cuore più leggero.

 

 

Ancora l’ultima passeggiata tra il giardino di corte. Ancora l’ultimo respiro prima del grande salto. Questo pensava il re di Rohan mentre camminava lentamente lungo i sentieri del giardino del re, posto a poca distanza dal palazzo. Osservò le foglie degli alberi, la corteccia dei tronchi, i germogli dei cespugli, i ciuffi d’erba…tutto gli sembrò nuovo, una nuova scoperta davanti gli occhi del bambino, ora che mancava poco alla guerra contro Feamor, contro l’ultimo baluardo di Mordor. Non penso di potercela fare, non questa volta. Anche se è l’ultima, sono stufo di combattere, di vedere la mia gente soffrire, di vedere il loro sangue ed i loro corpi sulle verdeggiati colline di Rohan, mentre gli orchi imperversano nella mia terra. Troppo dolore, troppa sofferenza…eppure che fare, che fare? Non posso abbandonare il mio popolo, il popolo che per secoli i miei avi hanno difeso pagando con la loro stessa vita…Padre, zio, aiutatemi e datemi la forza di questa ultima guerra. Poi basta, poi non ci saranno più guerre, battaglie, sangue sprecato, scudi spezzati. Ma solo pace, semplice tranquillità. Chiedo tanto, déi immortali? Io non chiedo, ricchezza, fama, potere, prole numerosa…io chiedo pace!

Si sedette su un gradino del sentiero di pietra che conduceva nel folto del giardino. Scostò appena la spada dal suo fianco per sedersi meglio, poi incrociò le braccia al petto ed osservò a lungo le stelle del cielo sereno. Udì poi dei lievi passi ed un tintinnio di spada. Portò gli occhi davanti a sé e vide Elessar avvicinarsi a lui, sorridendo. Senza nulla dire gli si sedette a fianco e sospirò: - Cielo sereno, speriamo che domani piova un po’ per rinfrescare l’aria – commentò Elessar con la sua familiare voce pacata e serena. Eomer osservò l’amico ed annuì: - Già, speriamo…- rispose con tono atono. – Eomer ascoltami. So che è terribile il momento che stai vivendo, ma non devi abbatterti. Infondi coraggio e te stesso e lo infonderai ai tuoi uomini. Loro ti vedono, sai? Loro capiscono la tua sofferenza e soffrono per te. Ma non devi lasciare che il dolore ti accechi…- sussurrò Elessar posando una mano sulla spalla dell’amico. – Elessar…tu hai ancora tuo figlio, tu ricordi tua madre e tuo padre, tu hai l’approvazione dei tuoi amici, dei tuoi consiglieri, del tuo popolo. Io non ho più mio figlio, non ho conosciuto i miei genitori né tanto meno ho l’approvazione di qualcuno! Io sono Re solo per successione di trono, il mio popolo mi odia e mio figlio è morto! – esclamò alzando sempre di più la voce fin quando la sua possente voce non risuonò nel giardino. Elessar lo osservò con fare severo e con decisione scosse il capo: - Ed invece ti sbagli. Noi ti amiamo, Eomer, il tuo popolo ti ama e ti amerà fino alla morte! Loro amano questa terra, molti sono morti per salvarla! Perché ragioni così, amico mio? Perché? L’ultimo respiro prima del salto, ricordi? Non farti vincere dal dolore, ma combattilo con la forza ed il vigore che solo tu hai sotto questa armatura. Non sei solo, Eomer. C’è Lothiriel, tua sorella, i tuoi cavalieri, il tuo popolo…ci sono io – ribatté con voce serena e calma il re gondoriano. – E ci sono anche io! – esclamò con decisione una voce a poca distanza da loro. Si volsero e videro Eowyn al fianco di Faramir, entrambi che li osservavano con espressione decisa e ferma. Eomer sorrise ed insieme ad Elessar si alzò. Abbracciò la sorella e il Principe dell’Ithilien. – Anche noi ci siamo – borbottò una voce rauca. Si volsero di nuovo e videro il barbuto Gimli in compagnia del bel Legolas. Eomer sorrise al nano e all’elfo, poi a tutti loro che si erano riuniti intorno a lui. – Hai visto quanti siamo, amico mio? E ne saremo ancora di più domani, sul campo, al tuo fianco. Saremo un mondo intero, tutta la Terra di Mezzo ti sarà vicina, con la spada e con il cuore e la preghiera…- disse sorridendo Elessar. –…e con i canti hobbit! – aggiunse una voce allegra. Tutti si volsero e videro mastro Merry e Pipino in compagnia del piccolo Hartad. Tutti scoppiarono a ridere mentre Eomer si inginocchiava ad abbracciare i suoi amici e suo nipote. – Merry, Pipino non avreste dovuto venire. Domani Edoras non sarà più un luogo sicuro – li ammonì con dolcezza, ma i due Hobbit ed Hartad gonfiarono il petto orgogliosi. – Non abbiamo nemmeno cinquant’anni, siamo ancora giovani e capaci di prendere in mano una spada! – esclamarono insieme i due hobbit mentre Hartad annuiva. Eomer scoppiò a ridere ed annuì: - Va bene va bene, combatterete! Ma tu no, Hartad, Zoccofuoco non me lo perdonerebbe mai! -  esclamò arruffando i capelli del nipote che lo osservò con aria contrariata ma non replicò. – Eomer…I tuoi amici sono al tuo fianco…Combatti insieme a noi per Rohan, per la Terra di Mezzo…per Elfwine…- sussurrò Elessar annuendo deciso alle sue stesse parole. Vi fu un attimo di silenzio, poi Eomer sollevò appena gli occhi al cielo e la luna illuminò il suo sorriso sereno e i suoi occhi velati di lacrime. – Si…per Elfwine…- sussurrò sospirando.

 

 

Eh si, purtroppo Eomer sa ancora che Elfwine è morto durante lo scontro contro i goblin, sulle sponde del Gaggiolo…ma non temete, nel prossimo capitolo tutto verrà sistemato…bene o male!

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Capitolo 29
*** L'unica via ***


Forse da minuti, forse da ore stava passando il pettine tra i lunghi capelli scuri, con un movimento della mano lento e debole

Capitolo 29: l’unica via

 

 

- Mio signore, Sire Eomer!! - . Eomer si destò d’improvviso, insieme a sua moglie, nel sentire qualcuno bussare con vigore alla sua porta. Si alzò e velocemente andò ad aprire. – Havat, che succede? – chiese con un lieve trepido nella voce mentre osservava il Rohirrim davanti a lui. Questi indicò la finestra davanti a loro, lungo il corridoio. – Le Aquile, signore! Le Aquile sono giunte per aiutarci! Portano con loro dei cavalieri! – esclamò ad alta voce per sovrastare le grida di gioia dei soldati e degli abitanti, che si affrettavano ad uscire dalle loro case per osservare gli eleganti e veloci movimenti delle aquile, per capire chi siano i cavalieri che giungessero in loro soccorso. Eomer si infilò la tunica verde e corse lungo il corridoio mentre si agganciava la cintura della spada intorno alla vita. Dietro di lui Lothiriel avanzava con le mani intrecciate al petto, mentre pregava dentro di se che fossero Eorl, Eowen ed Alatar.

Uscirono dal palazzo e scesero i gradoni che conducevano allo spiazzo principale della città. Le Aquile fecero un ampio giro poi scesero sul terreno con eleganza e delicatezza. Le loro immense ali sollevate celavano i cavalieri che stavano smontando dai loro destrieri alati. Quando le ali delle Aquile si avvicinarono al resto del corpo, ecco apparire uno stregone vestito di notte e due cavalieri dai capelli d’oro e dal corpo scolpito avvicinarsi sorridenti ai Sovrani di Rohan. – Elfwine…- sussurrò Eomer incredulo mentre Lothiriel trattenne il respiro al suo fianco. – Elfwine! – gridò infine la regina, gettandosi fra le braccia del figlio, in lacrime. – Madre! – esclamò di rimando il Principe abbracciando forte la madre. – Non sei morto…non sei morto…- sussurrò Eomer avvicinandosi incredulo al figlio. La regina si spostò così che il marito potè toccare il braccio ed il viso del figlio. – No, padre, non sono morto. Sono tornato da voi, come avevate ordinato. Siamo tornati per dare speranza a questa terra…- rispose con tono onorevole Elfwine, posando la mano sulla spalla del padre. – vieni qui, fatti abbracciare!- esclamò ridendo il re, cingendo le spalle del figlio. Tutti, felici, risero di quel gesto ed applaudirono il ritorno del loro principe. – Eorl, bentornato!- annunciò felice il re, abbracciando il ragazzo che sorrise appena.

Sopraggiunsero anche Elessar e dama Arwen, Eowyn e Faramir, gli Hobbit, Hartad ed Eldarion e tutti loro diedero il benvenuto agli eroi della città e ai due elfi di Lorien. Tuttavia per molti minuti nessuno si accorse che un membro della compagnia mancava, fin quando, giunti nella sala del trono del palazzo, Fastred, figlio di Faramir, chiese loro sorridendo: - Dov’è Eowen?- . – Già…dov’è Eowen?- esclamò felice Eldarion mentre porgeva un boccale di vino ad Elfwine. Calò un pesante silenzio in cui la piccola compagnia si osservò di nascosto, senza dire nulla. Il sorriso sul viso dei sovrani e di tutti loro scomparve. Attendevano un “sorpresa!” proveniente da qualche angolo nascosto del salone; attendevano una risata cristallina e divertente; attendevano che una ragazzina dai ricci d’oro corresse verso di loro…ma ciò non avvenne.

– L’Erebor l’ ha voluta con sé ed ella ora è figlia della montagna…- sussurrò a capo chino Alatar, con la voce che tremava appena. Ancora un insopportabile silenzio oppresse la sala ed i pochi presenti che increduli non riuscivano a credere alla morte della ragazza. Eorl sollevò a stento gli occhi da terra e vide lo sguardo perso e chino di Eldarion; vide i sovrani di Rohan con gli occhi su Alatar, in attesa di un sorriso; vide i sovrani di Gondor e Legolas sussurrare parole elfiche per l’anima di sua sorella. Ingoiò le lacrime che tentavano di scendere dagli occhi e strinse la sua rabbia tra i denti.

– Voi…voi pregate, sperate in un suo ritorno, voi vi date forza, voi sperate che sia uno scherzo…voi, voi che non sapete che cosa significhi perdere una sorella!! Siete degli ipocriti, dei bugiardi! Fingete di mettervi nei miei panni, ma io ho perso la mia famiglia, voi no!! E’ colpa di questa guerra, di Feamor! E’ colpa vostra!! E’ colpa di Alatar che le ha messo in testa l’idea che fosse Custode di questo stupido Miredhel! Colpa di Eomer che non le ha vietato di andare via! Colpa di tutti voi!! – urlò furioso con tutta l’aria che aveva in corpo mentre le lacrime scesero come fiumi lungo il suo viso, rigandolo. Tutti rimasero colpiti da quella reazione di Eorl, sempre un ragazzo calmo e sorridente. Ma come poteva essere calmo e sorridente se aveva visto sua sorella scomparire davanti i suoi occhi?

Lanciò il bicchiere contro una colonna: il vino si rovesciò sul pavimento e il boccale rotolò ai piedi di Eowyn. Il ragazzo furioso uscì dalla sala, diretto in camera sua. Sbatté la porta e lanciò un calcio al baule in fondo al letto. Cominciò a gettare per terra tutto ciò che trovava, a rompere qualsiasi cosa, sfogando in silenzio la sua ira, il suo dolore, la sua delusione. – Dimentichi questo – disse una voce sulla soglia: era Eowyn con in mano il boccale di legno. Eorl lo afferrò e con rabbia lo scagliò contro il muro. Ansante e dolorante si lasciò cadere sul letto. La dama Bianca si fece largo tra le schegge e i cocci gettati inermi a terra, poi si sedette sul letto del ragazzo.

- L’impotenza…credo sia la cosa più brutta del mondo. L’ira, il dolore, la delusione, tutti quei sentimenti che tu provi ora, derivano da essa. Non puoi fare nulla per Eowen e sfoghi tutto in questo modo…- sussurrò la donna mostrando con un lieve cenno della mano la camera, distrutta come se ci fosse appena passato un troll di caverna. – Non preoccuparti, non ti dirò frasi come “ti capisco” oppure “so cosa provi”, perché non è vero. Credo sia un dolore troppo grande per essere capito, provato e sfogato con grida e distruzione. Eppure ti posso capire sull’impotenza: quando ero più giovane, diciamo come te, mio zio Theoden e mio fratello non mi permettevano di combattere, di fare spedizioni, di uscire dalla città. Mi permettevano solo di allenarmi. “Di che utilità sono gli allenamenti se non posso combattere??” chiedevo io arrabbiata.

Ma poi venne la guerra e fummo costretti a dirigerci prima al Fosso di Helm, poi a Minas Tirith. Decisi che se non potevo combattere da donna, allora l’avrei fatto da uomo. Divenni Dernhelm, difesi il mio signore, uccisi il re dei Nazgul…ma non servì a nulla, mio zio morì. Ecco, quella volta mi sentii tanto impotente ed inutile. Dopo tutte quelle fatiche, non avevo salvato il mio re…- spiegò Eowyn osservando il muro davanti a sé. Eorl si alzò dal letto, sedendoglisi a fianco. – Ma non è stata colpa tua, Eowyn…- rispose con voce rotta. La dama gli sorrise e gli posò una mano sulla spalla. – Lo sapevo, ma era più forte di me. Avrei voluto uccidere Mandos stesso, minacciarlo di riportare indietro mio zio, mio cugino ed i miei genitori…Ma non potevo, non ne ero in grado.

Ma poi, durante la mia Guarigione, ho conosciuto Faramir e lui mi fece capire che purtroppo il nostro destino è già segnato, che la nostra morte è gia stata decisa, che non possiamo modificarla, ma solo prolungarla nel futuro. Io non potevo fare nulla per mio zio, perché la sua missione qui era terminata. Lo stesso discorso vale per te, Eorl: Eowen era consapevole della gravità della sua missione. Non poteva tirarsi indietro, non per ordine di Alatar ma per il destino, una cosa anche più grande di Eru stesso. Nessuno può comandarlo. Non potevi far nulla per lei, perché la sua missione in questo mondo è finita.

Capisci le mie parole, Eorl? Questa non è impotenza, ma è semplicemente il capire fin dove possiamo spingerci. Non potevi salvarla perché il tuo limite l’avevi raggiunto. Purtroppo è così, dobbiamo rassegnarci. Non abbatterti, ma continua a vivere. Vivi per tua sorella, donale la gioia dei tuoi giorni, donale la felicità della vita che il destino le ha tolto. Combatti il destino, non te stesso…- rispose Eowyn.

Eorl ascoltò con attenzione quelle parole che lo confortarono in parte. – Hai ragione, purtroppo è così. Ma io avrei potuto almeno provare a seguirla! Ed invece il terreno si è chiuso sotto i miei piedi…- sussurrò mentre davanti gli occhi vedeva la montagna risucchiare via sua sorella che lo fissava con occhi spalancati, gli chiedeva aiuto e protendeva le mani verso di lui. – Appunto, Eorl! Il terreno si è chiuso sotto i piedi! Cosa volevi fare, metterti a scavare miglia e miglia sotto terra? Tua sorella non avrebbe voluto che tu spendessi tempo e fatica per lei, ma che li custodissi per la battaglia. Questo lo puoi fare: vendicala su Feamor, dai a lui la colpa, è lui la causa delle nostre perdite! Questa è l’unica cosa che puoi fare…- rispose Eowyn stringendogli con decisione la spalla. Il ragazzo annuì, sospirando: - Farò così. Almeno non distruggerò ancora di più la mia stanza…- . Eowyn sorrise, poi si alzò. – Riposati, Eorl. Nessuno ti disturberà- sussurrò prima di uscire dalla stanza e richiudere dolcemente la porta.

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Capitolo 30
*** Soccorso ***


Capitolo 30: soccorso

Capitolo 30: soccorso

 

 

La mattina seguente l’alba era rosso-sangue, celata lievemente da nere nubi che provenivano da est. Eorl si alzò proprio al sorgere del sole, l’osservò per l’ultima volta. Pensò a sua sorella, a quanto le piacesse vedere l’alba e meravigliarsi ogni volta della sua incantevole bellezza. Ricordava anche se si divertiva ad annusare i profumi del mattino, chiamandoli per nome. Eowen, tutto questo è per te…d’ora in poi, ogni mia azione sarà per te, per ricordarti sempre, pensò mentre si infilava la cotta di maglia ed agganciava la spada alla cinta di cuoio. Si diresse poi nella sala del consiglio, lasciando nella stanza, chiusa nell’armadio, la sua splendida armatura d’oro.

Entrò, sperando invano di non dare nell’occhio. Si sedette vicino ad Eowyn che gli sorrise e gli posò una mano sulla spalla. – La riunione è quasi finita, vi verrà spiegato tutto direttamente sul campo…- annunciò la Dama Bianca, sorridendogli. – Combatterai anche tu, vero?- chiese il ragazzo. La donna sorrise di nuovo ed annuì: - Ovviamente. Eomer era molto restio, così come Elessar e Faramir, ma alla fine ho  gli ho strappato il permesso! – sussurrò entusiasta. Eorl ridacchiò divertito, poi Eomer prese parola: - Bene, abbiamo deciso tutto. Se qualcuno ha delle domande le esponga subito…– terminò infine il sovrano con il suo tono deciso e pacato. Eorl sollevò appena la mano e tutti lo osservarono. Al contrario lui spostò l’attenzione sullo stregone blu: - Alatar, non posso prendere entrambi gli anelli. Se combatto non posso pensare ad essi. Se mi uccidono si impossesseranno di entrambi – disse sollevando appena le spalle. In verità, però, non voleva avere niente a che fare con quei maledetti anelli.

- Mi dispiace, Eorl, ma nessuno di noi può portarli. Sei tu il Custode, loro ubbidiscono solo a te. Se li prende uno di noi non avranno più nessun potere e non ci saranno d’aiuto – rispose lo stregone scotendo il capo. Eorl annuì appena, gli occhi chini. “Sei tu il Custode”…avresti dovuto aggiungerci che ora sono il Custode…per colpa vostra…, pensò tra sé il ragazzo mentre usciva dalla sala insieme agli altri. – Elfwine, Eorl – il re di Rohan richiamò i due giovani che, al lieve cenno dell’uomo, lo seguirono in silenzio. Giunsero lungo un corridoio semibuio, illuminato solo dalle fiaccole che mostravano ai loro occhi magnifici arazzi. Videro tutti i grandi re di Rohan, le loro imprese, le loro vittorie. Tuttavia i due ragazzi non sapevano cosa stessero facendo  il quel corridoio, davanti quegli arazzi che narravano la storia di Rohan. Il re sorrise appena alla perplessità espressa su i volti dei due giovani, poi scomparve dietro l’arazzo di Theoden al Fosso di Helm. Sentirono una serratura scattare: - Venite – sussurrò Eomer ai due ragazzi che curiosi lo seguirono. Chiusa la porta, si accorsero di essere in una stanza circolare e molto ampia, illuminata solo da deboli raggi solari che provenivano da due piccole finestre. Contro la nuda pietra v’erano dodici statue alla cui base v’era incisa una frase in antico Rohirrim. Al centro,  infine, due tombe di marmo bianco, e che i due giovani riconobbero come quelle di Eorl il Giovane e di Helm Mandimartello.

- La Sala dei Dodici Re…! – sussurrò stupito Elfwine, osservandosi intorno con stupore. – Si, la Sala dei Dodici Re…dove riposano le anime dei nostri grandi Re. Senza di loro, ora non saremo qui, probabilmente non saremo nemmeno nati. So che si mostra questa stanza solo agli eredi al trono e solo il giorno prima della loro incoronazione, ma le circostanze attuali sono diverse. Mio zio non ebbe il tempo di mostrarmela, perché morì in battaglia. La vidi da solo... Invece io non voglio che vi accada lo stesso: voglio che sappiate l’importanza di questa sala, il fuoco di tutta la nostra esistenza. Forse a questa battaglia non sopravvivrò e voglio che il mio erede veda con me questa sala. Eorl, tu sei qui perché per me sei come un figlio e come tale, se io ed Elfwine moriremo, diventerai re di Rohan – spiegò Eomer ai due giovani. – Non ditelo nemmeno per scherzo, mio signore! Io ed Elfwine siamo troppo inesperti per governare e voi siete ancora troppo giovane per morire e lasciare da solo il vostro popolo!- esclamò con decisione Eorl, osservando il suo signore. Eomer sorrise e sollevò le spalle: - Non si può mai sapere, Eorl. Non siamo noi a decidere del nostro destino, ma è il destino che decide per noi – rispose pacato. Eorl rimase colpito da quelle parole, simili a quelle dette da Eowyn la sera prima.

Il re li condusse presso le tombe di Helm ed Eorl il Giovane. Per alcuni minuti rimasero in silenzio, ad ammirare i volti espressivi delle due statue, per spostare poi l’attenzione sui loro corpi sciolti e che parevano quasi vivi. – Tutti noi, per affrontare quest’ultima guerra, dovremmo raccogliere tutte le nostre forze ed avere lo stesso coraggio e la stessa determinazione che i nostri avi hanno avuto nelle loro battaglie. Sarà l’ultima guerra quella che noi vivremo sulla nostra pelle, da questa dipenderà tutto: la nostra esistenza, la nostra libertà, la nostra salvezza. Se perdiamo, lasceremo nelle mani del nemico le chiavi della nostra vita…- sussurrò Eomer mentre sfiorava le mani di Helm strette intorno al suo poderoso martello. I due ragazzi non dissero nulla, custodendo quelle parole nei loro cuori.

Rimasero ancora per qualche minuto a discorrere in quella stanza, fin quando non furono distratti dalle grida dei soldati e dal suono dei corni che risuonavano nell’aria. Si diressero a passo veloce verso l’uscita del palazzo. Fermi ai piedi della scalinata, videro salire lungo il sentiero principale almeno duecento figure celate da mantelli verdi e bianchi. Giunti ai piedi dell’ampia scala, due figure uscirono dal piccolo esercito e scoprirono i loro volti.

 – Padre…- sussurrò Legolas, meravigliato. Il re silvano abbracciò il figlio, sussurrandogli parole di conforto. L’altra figura incappucciata di bianco era invece Pallando, il quale abbracciò amichevolmente il suo compagno Alatar. – Amico mio, è un sollievo averti qui con noi…ma come siete arrivati qua, in così poco tempo? E voi, sire Thranduil…abbiamo trovato Bosco Verde ed Esgaroth distrutti dai Whiving…come avete fatto a sopravvivere?- chiese perplesso lo stregone blu. – Mio caro Alatar, non solo tu possiedi la fedeltà delle Aquile. Appena siete andati via ed abbiamo avuto notizia dei silvani uccisi, abbiamo compreso la gravità della cosa, anche dal fatto che Seridhil e Adrin non tornavano più. Così ci organizzammo ed in poco tempo siamo giunti qui, con l’aiuto del popolo di Gwaihir e con il favore del vento…- rispose Pallando sorridendo.

– In verità, come tu stesso hai pensato, all’inizio pensammo di dirigerci ad Esgaroth, per ripararci dagli Whiving. Ma poi abbiamo avvertito nella natura qualcosa di oscuro che proveniva da ovest e ci siamo diretti dai nostri fratelli a Lothlorien. Tuttavia li abbiamo incontrati lungo il sentiero che attraverso il bosco. Chiesi loro perché si dirigessero fuori Lorièn vestiti con le armature, e saputo il motivo ci unimmo subito a loro, per venire in vostro aiuto. Sire, Eomer, i nostri servigi sono a vostra disposizione…- rispose infine Thranduil, osservando con i chiari occhi il re di Rohan. Questi sorrise e strinse la mano all’elfo e allo stregone. – Spero di vivere dopo questa battaglia, per potervi così conoscere, sire Thranduil – rispose sorridendo. L’elfo annuì e chino elegantemente il capo.

– Alatar! Gli Ent? – chiese d’improvviso Elfwine, ricordandosi del colloquio avvenuto tra lo stregone e Barbalbero, ad Isengard. L’anziano si volse verso il ragazzo e scosse il capo, sospirando: - Gli Ent non verranno…Se per noi giungere da Isengard ad Edoras è un viaggio di pochi giorni, per loro è un viaggio di almeno tre mesi...Non riuscirebbero mai ad arrivare per la guerra, nemmeno se avessero il vento sotto i piedi! – rispose con voce pacata e serena. Eomer sospirò, quasi tentato dal fuggire verso Isengard. Ma subito accantonò quell’idea, sorrise verso l’esercito alleato e fece loro segno di avanzare. – Venite ora, vecchi e nuovi amici, pranziamo insieme prima della battaglia - disse, aprendo le porte ai suoi compagni di guerra.

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Capitolo 31
*** La Guerra delle Razze ***


Una leggera pioggia da pochi minuti scivolava lungo i tetti d’oro della cittadella, lungo le mura di pietra, sull’erba verdegg

Capitolo 31: la Guerra delle Razze

 

 

Una leggera pioggia da pochi minuti scivolava lungo i tetti d’oro della cittadella, lungo le mura di pietra e sull’erba verdeggiante.

Scivolava lungo le armature d’oro e d’argento dei cavalieri, lungo le aste, gli archi, gli elmi.

Ventimila uomini ed elfi erano immobili davanti le mura della città, ad attendere il nemico sotto la pioggia. Lontano, verso l’orizzonte, risuonavano i tamburi dei nemici, mentre dalla cima della cittadella giungevano i canti delle donne e i corni dal suono limpido e chiaro, come un tuono che segue il fulmine.

Solo alcuni cavalieri si muovevano avanti e indietro per le file dell’esercito, a cavallo, dando gli ultimi ordini prima dello scontro.

Il re di Rohan si fermò davanti Elfwine ed Eorl, osservandoli con sguardo deciso: - Quando avanzerò, voi verrete dietro di me con le éored di destra e sinistra, dopo che gli elfi dalla città avranno abbattuto le prime file. Ricordate: accerchiamoli come i lupi accerchiano le pecore. Io da davanti, voi dai lati – sussurrò loro, annuendo alle sue stesse parole. – Eomer! -. Dopo aver licenziato i due ragazzi, il re si volse e vide sua sorella avvicinarsi a lui, celata dalla splendida armatura e trasportata dal suo cavallo. – Eowyn, tu avrai il compito di proteggere le porte centrali della città, con la tua éored. Se noi cadiamo, la città è nelle mani tue e degli elfi – rispose il re alla domanda che leggeva negli occhi della sorella. Questa annuì, gli sfiorò la spalla con una mano, poi corse verso le ultime fila dell’esercito. – Fastred, Anarion! Proteggete le porte laterali della città, a qualsiasi costo! Gimli, tu mi servirai tra i fanti di Gondor! Legolas, credo tu voglia stare con tuo padre, sulle mura. Difendete le cinta e non lasciate passare nemmeno un orchetto! – gridò verso i suoi compagni.

Sentì poi qualcuno toccare il suo stivale, sulla staffa. Chinò il capo a terra e attraverso l’elmo vide il suo scudiero, mastro Meriadoc, vestito della sua armatura, che l’osservava con determinazione. Gli sorrise e senza replicare gli diede una mano per salire su Zoccofuoco, dietro di lui.

Si volse infine verso il suo esercito. Sospirò lentamente ed osservò Elessar, Alatar e Faramir davanti a sè. Gli sorridevano e lo incoraggiavano solo con un loro semplice sguardo.  Sollevò appena il capo e sguainò la bellissima spada dal suo fodero, poi prese parola: - Elfi, uomini, nani, persino hobbit…è triste pensare che il motivo della nostra unione è una guerra. Il dolore e la sofferenza comune ci hanno avvicinato, scavalcando le inimicizie e i pregiudizi. Oggi, amici e fratelli, combatteremo insieme, un’ultima volta, per la nostra terra! Questa terra, che tanto ci ha dato, che tanto ha sofferto per noi, che tanto ha gioito per le nostre piccole felicità. Ma ora gioite, amici miei! Vendetta e morte combatteranno con noi, oggi, in questa estrema battaglia contro chi ci vieta la libertà!! Combattete, fratelli, combattete per la Terra di Mezzo, per la libertà e per la morte!!! – gridò Eomer sollevando al cielo la spada che rosseggiava alla luce del sole. I corni risuonarono in tutto l’esercito mentre i soldati sollevavano le spade e lance al cielo, gridando il nome del loro sovrano. Come un fulmine squarcia il cielo sereno e desta paura in coloro che lo osservano, preannunciando una violenta tempesta, così il nemico si fermò sulla linea dell’orizzonte, atterrito dal corno di Rohan che risuonava nelle valli e nelle pianure, come il corno di Orome il Grande e la potenza di Tulkas il Possente.

Poi i corni tacquero e fecero spazio al lieve suono della pioggia che innocente cadeva sulle lucenti armature e sulle nere spade degli orchetti. Si sentiva il regolare respiro dei cavalieri e il digrignare dei Whiving, trattenuti a stento da grossi orchi. Davanti all’esercito nemico una figura si stagliava alta e possente, avvolta in una nera armatura. – Feamor…- sussurrò Alatar facendo voltare i soldati vicini a lui. – Non abbiate paura della morte, Eorlingas! Meglio morire in questo campo, con l’assenso dei nostri avi, che morire dentro le nostre case, piangendo di paura! Combattete, combattete Rohirrim e cavalcate verso la libertà!!! – urlò con vigore Eomer mentre la sua possente voce risuonava nei cuori dei combattenti.

I cavalli irrequieti mordevano le redini e gli scudi e le spade fremevano nelle mani.

Alle ultime parole del re di Rohan, il cavaliere nero sollevò la sua spada infuocata e gli orchetti cominciarono a correre verso l’esercito avversario, disordinatamente, le spade al cielo e gli scudi davanti al petto. Eorl sospirò e portò al cuore la mano sinistra, dove portava l’anello di Eowen. L’osservò e cercò di imprimere nella sua mente il sorriso della sorella. – Per te, Eowen…- sussurrò ad occhi chiusi. Li riaprì solo quando sentì la bella lingua degli elfi risuonare nell’aria fresca.

- Uu Ata! (trad: non ancora!) – esclamò Seridhil sulle mura, mentre gli arcieri attendevano il suo ordine. – Seridhil – la richiamò Thranduil poco lontano da lei, con l’arco teso accanto al figlio. L’elfa guerriera non badò all’elfo, ma attese…dieci metri…- Seridhil!- la chiamò nuovamente Thranduil, alzando la voce. – Uu..Ata! – ribadì l’elfa, scandendo le parole a tono più alto del sovrano. Ancora attese…sette metri…sei…- SERIDHIL!!!- gridò Thranduil non tutta l’aria nei polmoni. – Tuka!!!! (trad: tirare!) – ordinò l’elfa; pochi attimi dopo sentì l’aria esser tagliata da una pioggia di frecce che si abbatté sulle prime tre file di orchetti.

- Forza Eorlingas! – gridò con furore Eomer. Quindi spronò Zoccofuoco e si lanciò contro l’esercito, seguito dal resto dell’esercito. Le grida di morte e di terrore degli Eorlingas atterrirono gli orchetti che come pietrificati accolsero le spade e le lance dei nemici nei loro corpi. I cavalli trascinavano i loro corpi, li pestavano, mentre le abili mani dei soldati affondavano le carni malefiche del nemico. Davanti a loro, pari ad un dio, Eomer Eadig, re di Rohan e degno successore dei suoi avi, avanzava per primo, inarrestabile. Fiamme scorrevano nelle sue vene e nei suoi occhi, i capelli oscillavano come onde d’oro sotto l’elmo luminoso, il cavallo di Rohan sulla sua dorata corazza risplendeva come forgiato dalla luce delle stelle. Tutti i nemici non osavano nemmeno avvicinarsi a lui, e ne fuggivano, mentre gli alleati e i suoi soldati lo onoravano, gli rivolgevano grida di gioia e di lode.

Ugualmente, Elfwine ed Eorl avanzavano come due fiumi impetuosi ai lati del nemico, uccidendo e travolgendo qualsiasi orchetto che avessero davanti. Le loro grida di furore risuonavano sopra ogni altra e chi li ammirava da lontano, vedeva risplendere in essi la fiamma degli antichi re di Rohan e la forza di Orome stesso.

Eorl lasciò la sua lancia nel ventre di un orchetto, quindi subito prese nella mano destra la sua spada ed uccise qualunque nemico avesse di fronte. Pensava a sua sorella, alla vendetta che le stava dando, all’ira che stava sfogando contro coloro che aveva provocato la sua morte. Finirà mai, allora, di uccidere, essendo la sua ira interminabile?

Uccideva sempre di più, con rabbia, anche quando cadde da cavallo e si perse nella mischia, non riuscendo più a vedere i suoi soldati. La battaglia si allargava a macchia d’olio su tutta la distesa, segno che il loro piano stava fallendo. Perché? Eravamo partiti molto bene e stavamo per accerchiarli del tutto! Cosa ha spinto i soldati ad arretrare?, pensava tra sé Eorl mentre continuava a difendersi e a combattere.

D’improvviso sentì il terreno muoversi sotto di lui e la paura dei soldati sopraffarlo. Corse verso la scorta reale che formava un cerchio intorno ad Eomer. – Mio signore, che accade?- esclamò a gran voce il ragazzo, ansante. Eomer uscì dalla protezione della scorta ed osservò Eorl dall’alto, senza badare al sangue che gli scivolava appena su un occhio. – I Whiving, Eorl! Sono migliaia, stanno venendo verso di noi! – esclamò il sovrano allarmato, mentre intorno a loro i soldati arretravano sempre più velocemente. – Eomer! –, Elessar richiamò il re di Rohan, – torniamo vicino alle mura, difendiamole e trafiggiamo gli Whiving con le frecce!- . – Non ce la faremo mai, sono troppo vicini! – ribatté Eomer scotendo il capo. – Non se qualcosa lì blocca e li tiene occupati fino a quando voi non sarete pronti…Andate, presto, io li distrarrò! – esclamò Eorl e senza dare tempo ai due sovrani di replicare, corse verso la linea dell’orizzonte.

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Capitolo 32
*** Solo me stesso ***


Si volse e vide, oltre una decina di corpi inermi, uno Whiving osservarlo con i suoi occhi furenti

Capitolo 32: solo me stesso

 

 

L’esercito nemico si era ritirato lasciando liberi i Whiving che sempre di più si avvicinavano, trascinando le catene che precedentemente li avevano trattenuti. Eorl si tolse i guanti di cuoio ed attese che si avvicinassero di più. Che cosa sarebbe successo non lo sapeva, ma pregava con tutto il cuore che la magia del Miredhel avrebbe ucciso quelle malefiche creature, o almeno le avrebbe tenute occupate con qualcosa.

Respirò profondamente mentre già sentiva il respiro veloce e gutturale delle bestie, il loro ripugnante odore e la loro brama di sangue e carne. Quando furono a quattro metri da lui, Eorl sollevò le braccia al cielo non sapendo minimamente se la magia avrebbe funzionato. In caso contrario, la conseguenza era certa ed ovvia.

Tuttavia accadde qualcosa che mai Eorl aveva visto in vita sua: dagli anelli uscirono due fasci di luce, blu e rossa, che subito di diressero verso il cielo, espandendosi in lungo e in largo, fino a formare una solida barriera magica. I Whiving sbatterono contro di essa, cadendo a terra e gli uni sopra gli altri. Eorl avrebbe riso per il quadro comico se non si fosse trovato davanti mille creature infernali, nel ben mezzo di una guerra, ferito, stanco e con due anelli incantati nelle mani. Sentiva la magia scorrergli come un fluido caldo nelle vene. Si sentiva leggero, senza pensieri o sofferenze. Non aveva paura delle bestie che cercavano di abbattere il muro, non aveva paura di morire, non provava più vendetta…era libero da qualsiasi cosa.

La magia gli parlava, gli sussurrava dolci parole…dolci o ingannevoli? Gli parlava di potere e fama eterni, di ricchezze, di tutto ciò che voleva…se lui avesse lasciato morire il suo popolo. Aprì di scatto gli occhi, terrorizzato. Uccidere…il mio popolo? Mai! Anche se mi offrissero tutta la magia del mondo, mai ucciderei il mio popolo!, pensò risoluto tra sé. E tuttavia la magia lo stava conquistando con le sue ingannevoli promesse. Si sentiva sempre più assente e lontano da quella realtà, come se l’anima si stesse staccando dal corpo. Stava morendo, lo sapeva…Non riusciva a dare la colpa a nessuno, in quel momento, se non a lui stesso. Era troppo debole per un potere così grande. Si credeva forte ma il suo spirito aveva la forza di un infante…la magia era più potente, non poteva farci nulla. Era chiuso in una rete che non gli permetteva di svegliarsi da quel torpore incantato, di non udire le grida di Alatar che tentavano di svegliarlo, di non sentire che la barriera stava per scomparire, di non aver paura della furia ceca dei Whiving.

Poi sentì qualcosa strapparlo dalla magia, afferrarlo da dietro e tirarlo su, verso il cielo. Subito tornò nel mondo reale, le braccia protese in avanti ed una confusione di rumori, grida e suoni nelle orecchie. Si volse appena e vide delle lunghe piume scuotersi al vento del tramonto: era Gwaihir. Questi lo condusse fino alle ultime file dell’esercito, proprio davanti le mura, poi spiccò di nuovo il volo. Eorl osservò le proprie mani e gli anelli spenti della luce magica. Avanzò lentamente, ancora leggermente frastornato, ma si obbligò a rimanere a mente lucida.

 

Lo scontro andò avanti per ore ed ore, fino a notte fonda. Rimanevano ancora metà Whiving e tre quarti dell’esercito nemico…ma di Feamor nemmeno l’ombra.

Elfwine si osservò intorno per un attimo: tentò di trovare con lo sguardo il suo amico Eorl, ma su tutto vano. Il terreno era quasi ricoperto interamente di cadaveri e la loro puzza ormai era divenuta sopportabile. La battaglia si era sviluppata in tutta la pianura e alla base delle mura dove le truppe di Eowyn e degli elfi stavano difendendo con valore la città.

Elfwine si diresse a cavallo verso le mura, schivando i nemici. Giunse al fianco di Eowyn che combatteva a piedi e con un profondo taglio tra la spalla e il braccio dell’armatura. – Stai bene?- le chiese mentre scendeva da cavallo. Allontanò l’animale e subito aiutò la zia a combattere il nemico. – Si, ma se non li facciamo arretrare non dureremo molto a lungo!- esclamò la donna infilando la sua spada nel ventre di un orchetto. – Più di così non possiamo, zia! Gli uomini sono stanchi e non reggeranno per molto! Dobbiamo trattare per un’interruzione e ricominciare all’alba! – ribatté il principe ad alta voce. Come in risposta alla sua esclamazione, il terreno tremò violentemente e subito l’esercito nemico raccolse a sé gli Whiving e si ritirò verso l’orizzonte, dove si intravedevano i primi segni di un accampamento.

Pochi minuti dopo, edificarono alla meglio un accampamento davanti le mura e riposarono, mentre le loro mogli portavano il cibo e le anziane curavano le loro ferite.

 

Eorl entrò nella tenda che avevano preparato per lui e si tolse velocemente l’armatura, rimanendo solo con i pantaloni neri. Si sedette sul morbido letto e sospirò nel sentire l’aria sulla sua pelle, dopo ore ed ore a combattere sotto chili e chili di metallo. Portò le mani dietro la testa ma sentì una fitta di dolore dietro la schiena. Gemette appena mentre si sollevava, osservando il sangue lasciato sulla coperta. Si tastò dietro il busto e capì di avere un brutto taglio vicino la scapola destra. – Mio signore, ha bisogno di cure? – sentì una voce femminile che gli parlava oltre l’entrata della tenda chiusa. – Ehm…in effetti si, capitate proprio nel momento giusto…entrate pure – rispose il giovane attendendo l’ospite. Entrò non un'anziana, bensì una ragazza più o meno della sua età, con lunghi capelli neri, occhi scuri e fra le mani un vassoio per i medicamenti. Con le gote lievemente rosse, la giovane si avvicinò al letto e si inginocchiò dietro il ragazzo. Cominciò a trafficare con le bende e gli oli, in silenzio. Lavò la ferita del ragazzo, poi vi spalmò sopra un liquido fresco.

- Ah…brucia…!- sussurrò a denti stretti Eorl, stringendo le mani. – Scusatemi, mio signore, ma è per il vostro bene…ora dovrò cucirvi la ferita, farà male ma sarà breve…- rispose in un sussurro umile la giovane. Con delicatezza cucì la ferita del ragazzo che tirò un lungo sospiro di sollievo quando la ragazza terminò la sutura. – Ho quasi finito, mio signore…solo le fasce, mio signore…- sussurrò la giovane mentre srotolava un tessuto candido. – Non chiamatemi “mio signore”, giacché non lo sono. Chiamatemi Eorl, un cavaliere di Rohan…e posso sapere il vostro nome, invece? – rispose il ragazzo mentre sentiva le calde mani della ragazza sfiorargli appena il busto mentre gli avvolgeva la ferita con le bende.

- Eàmane, sire Eorl…Vengo da Dol Amroth e sono un’apprendista curativa. Il mio sire Imrahil mi ha portato con sé per curare i soldati durante la guerra…- rispose la ragazza, mentre infine riponeva i suoi strumenti. – Eàmane…molto piace, allora! Bhè, per essere solo un’apprendista, siete molto brava! Salvate le persone e questo per me è molto bello…Anche a me piacerebbe fare qualcosa di utile per il mio popolo, sapete…– rispose Eorl sorridendo. La ragazza ridacchiò e si alzò, avanzando verso l’uscita. – Ma voi fate qualcosa di utile! Siete un cavaliere, un soldato, combattete contro il nemico e salvate la vostra patria…! - rispose con ammirazione Eàmane, ferma sulla soglia. Eorl la osservò per un attimo, poi scosse il capo, sorridendo: - Io non penso sia così, Eàmane. Si, da una parte salvo la mia patria dal nemico, ma avete mai pensato a quante persone muoiono per essa? La guerra porta solo dolore, sofferenza e perdite continue… - rispose chinando appena il capo. – Ma questo è il vostro compito, sire Eorl, come il mio è quello di salvare le vite. In fondo, io salvo la vita di una persona, voi di un popolo intero. Vi è sempre il negativo come il positivo in tutto…- rispose sorridendo la ragazza, poi chinò appena il capo ed uscì dalla tenda senza nulla dire.

Eorl l’osservò andare via, poi si sdraiò lentamente sul letto, sospirando.

Concentriamoci sulla battaglia e non pensiamo alle ragazze…non devo distrarmi o sarà finita. Però Eàmane…che bel nome…lei non è venuta qui perché sono io, perché sono il custode del Miredhel o un eroe o che so io…non lo sapeva, si vedeva…è venuta qui per Eorl e basta, per un uomo qualsiasi…pensò il ragazzo, felice di quell'osservazione.

Gli piaceva di essere solo Eorl, un ragazzo come tutti gli altri, un cavaliere tra i tanti. Lui era quel tipo di Eorl, non l’eroe e il Custode del Miredhel, non il prescelto degli dèi, non il nipote di Dama Galadriel…

Solo Eorl, solo se stesso…

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Capitolo 33
*** Assalto alla città ***


All’alba la battaglia riprese, più feroce di prima

Capitolo 33: assalto alla città

 

 

All’alba la battaglia riprese, più feroce di prima. L’esercito nemico si era duplicato in quanto molti troll e molti Whiving erano giunti da Mordor come ultima forza oscura. – Non riusciremo a distruggerli se continuano a crescere di numero!- esclamò Eomer ad Elessar, mentre insieme abbattevano un troll di caverna. – Lo so, ma possiamo sperare che questi siano gli ultimi! Vieni, ritiriamo le truppe verso le mura!! – esclamò il sovrano di Gondor, cavalcando verso Edoras. Per l’ennesima volta l’esercito condusse il nemico a pochi metri dalle mura, per poi giustiziarli in pochi attimi. Decimarono l’esercito degli orchetti, ma rimanevano ancora molte delle creature più grandi e pericolose. – Legolas, Seridhil, scendete e venite a combattere! – gridò verso le merlature Eomer, facendo cenno agli elfi di scendere.

Poco prima che potessero tornare alla battaglia, un rombo, come di un tuono, risuonò in tutta la pianura, sovrastano le grida di qualsiasi altra creatura. Uomini, elfi, troll, orchetti e Whiving si volsero verso la parte occidentale delle mura, dove un enorme varco era stato aperto da un esplosivo e da cui un fiume di nemici stava irrompendo nella città. Grida di gioia e ghigni terribili risuonarono nell’aria, sovrastano le grida delle donne e i pianti dei bambini. – Noo!!- urlò incredulo Eomer, correndo verso la sua città. Eorl ed Elessar lo trascinarono via, spingendolo lontano. – Ci sono Eowyn, Fastred ed Anarion a proteggerla! Noi dobbiamo impedire che altri nemici l’attacchino! – esclamò Elessar mentre cercava di riportare Eomer alla battaglia sulla pianura. Alla fine il Rohirrim cedette ed affrontò con forza e rabbia i nemici, quelle maledette creature che avevano osato abbattere le fortissime mura di Edoras. Questa è l’ultima cosa che hanno fatto, lo giuro sul mio onore e sugli dèi stessi!!, gridò dentro di sé mentre abbatteva i nemici sotto la sua spada.

 

- Eowyn, porta al sicuro il popolo, conducili nell’ultimo cerchio! – gridò Anarion verso la Rohirrim. La donna si volse e cavalcò velocemente, inseguita dai troll che furono bloccati dalla sua éored. – Presto, venite!- gridò Eowyn verso le donne, i vecchi ed i bambini che si affrettarono velocemente verso i piedi del palazzo. Le guardie reali armarono le mura e chiusero il cancello che delimitava l’ultimo cerchio della città. Subito Eowyn ridiscese velocemente le strade vuote, verso la prima cinta. Lì affrontò il nemico, correndo a piedi tra le loro gambe e tagliando loro i tendini degli arti. – Tagliate i muscoli! Tagliate i tendini! – gridava mentre abbatteva i troll che poi venivano freddati dai suoi uomini. In poco tempo ma con molta fatica i troll furono uccisi e macchiarono con il loro sporco e nero sangue le strade della città.

Subito dopo venne la volta degli Whiving che decimarono le truppe dei tre eroi.

Eorl si volse di scatto verso le grida degli uomini che morivano sotto gli artigli delle immonde bestie. Volse velocemente il cavallo dietro di sé e lo spinse al galoppo, mentre il vento faceva ondeggiare i dorati capelli e la scura criniera del destriero. Senza nemmeno smontare da esso, estrasse di nuovo il Miredhel e con un grido di furia la magia esplose dentro di sé, rovesciandosi sulle oscure creature. In pochi attimi queste morirono, scomparendo nell’aria come nuvole di polvere. Questa volta il ragazzo riuscì a controllare la magia quanto bastava per non soccombere. Riaprì con fermezza gli occhi e chiuse le mani sugli anelli che subito smisero di brillare. La magia svanì ma gli ultimi Whiving rimasti vivi lo attaccarono con rabbia. Riuscì a nascondere gli anelli sotto la cotta che subito uno di loro lo fece cadere da cavallo, il quale impaurito fuggì via.

Immediatamente i suoi amici lo soccorsero, combattendo contro i due Whiving rimasti, per proteggerlo. Eorl si riprese dopo abbondanti minuti ed alla fine si alzò a fatica. Sguainò la spada e si avvicinò all’unico Whiving rimasto, più grande e feroce degli altri, probabilmente il loro capo. Fastred era già ferito ad un braccio ma continuava a combattere solo con la mano destra. Eorl tentò di ferire la bestia alla gamba, ma il suo colpo su bloccato da un calcio di quest’ultimo. Cadde di nuovo a terra, riparandosi il viso con le braccia. Si volse appena in tempo per vedere una scia di sangue volare nell’aria ed il suo amico Anarion cadere a terra, con l’armatura aperta dagli artigli della bestia. – Anarion!!!- gridò Eorl correndo verso di lui. Subito il ferito fu trasportato in un angolo, lontano dalla bestia tenuta occupata da Fastred e da Eowyn. – Anarion, mi senti? Anarion svegliati!- sussurrò Eorl scuotendo l’amico. Gli tolse la corazza quasi spaccata in due. Osservò le profonde ferite sul petto ed il sangue che macchiava il suo viso. Miracolosamente il principe aprì gli occhi ed osservò confuso il suo amico. – Anarion, non temere, ti porteranno nelle case di guarigioni! Vedrai, starai meglio…- sussurrò Eorl mentre quattro soldati lo sollevavano per condurlo sulla cima della città. Eorl si volse con rabbia verso lo Whiving che aveva ferito gravemente il suo amico, quindi si abbatté su di lui, ferendolo ad una gamba, poi al ventre. La creatura cadde a terra e continuò a combattere anche quando Fastred gli amputò un braccio. Alla fine Eowyn con un urlo lo decapitò e il suo rantolo cessò una volta per tutte mentre la sua testa rotolò fino ai piedi della sovrana dell’Ithilien.

- Abbiamo salvato la città, grazie a te Eorl. Ma ora, se non sei ferito, devi tornare nella pianura. Fastred, tu vai nelle Case di Guarigione, fatti curare quella ferita e poi proteggi l’ultimo cerchio, in caso dovessi fallire. Porta con te anche gli uomini feriti gravemente. Io qui, con i miei uomini, difenderò le mura fin quando ce ne sarà bisogno. Andate!- ordinò la donna mentre poggiava il peso della stanchezza sulla lancia. – Eowyn, no, rimango qui con te. Non posso andare via sapendo che tu qui sei da sola! – ribatté Eorl scotendo il capo, ma Eowyn l’osservò, gli circondò le spalle e lo spinse in avanti, verso il varco aperto dal nemico. – No, Eorl, devi andare! Se ci saranno più uomini in battaglia, le mura non saranno più toccate. Ho ancora i miei uomini e gli elfi con me, non temere. Vai, te lo ordino! – rispose decisa la dama osservando il ragazzo oltre l’elmo dorato. Eorl la osservò per alcuni istanti, poi corse verso la battaglia.

Il combattimento si era spinto abbastanza lontano dalla città, così da far pensare al ragazzo che nessun nemico avesse più il coraggio d‘attaccarla. Trovò un cavallo senza padrone, impaurito. – Sssh, amico mio, ci sono io qui. Vieni, conducimi verso la battaglia…- sussurrò vicino al muso dell’animale che respirò profondamente e si tranquillizzò. Riuscì a montare sulla sella e a farsi condurre a pochi metri dalla battaglia. Lasciò andare via il cavallo che si diresse al sicuro, verso la cittadella. Eorl sguainò la spada e controllò che gli anelli fossero sotto la sua cotta di maglia, all’altezza del cuore. Avanzò quindi velocemente verso un orchetto che stava attaccando un giovane soldato, e lo uccise.

 

Il sole e la pioggia danzavano insieme in quel giorno di sangue e di morte. L’acqua che proveniva dal cielo sereno lavava le ferite degli uomini ma alcontempo creava pozzanghere e fango, impedendo così delle poderose cavalcate e un combattimento facile.

Nel pomeriggio inoltrato erano rimasti appena trecento orchetti e quasi duemila uomini ed elfi: la loro vittoria era ormai vicina.

Eorl si avvicinò per un attimo ad Eomer, che ansante estraeva la sua spada dal ventre di un orchetto. – Mio signore…mi sembra troppo strano- commentò ad alta voce il ragazzo mentre combatteva. – Che cosa, Eorl? Che stiamo vincendo così facilmente? Ti dirò, anche a me sembra strano!- rispose il sovrano con un lieve sorriso sul viso coperto dall’elmo diventato quasi del tutto rosso. – Non intendevo quello, signore! Ma insomma…Feamor si è fatto vedere all’inizio della battaglia, ma non ci ha nemmeno sfiorati…Credete che ci stia giocando qualche brutto scherzo?– ribatté il giovane eroe mentre insieme uccidevano un grosso orchetto.

Il re non rispose.

Il cielo si oscurò, il sole s'inabissò dietro le catene montuose, le stelle morirono, la luna fu ingoiata dalle tenebre.

La pioggia fu asciugata da un forte e ardente vento dell’est e con esso giunse un’ombra di paura che s'impossessò di tutti loro - uomini, elfi ed orchetti - immobilizzandoli.

 

Ragazzi, ci siamo quasi: il racconto sta per terminare. Mancano due o tre capitoli, poi sarete liberi da questo mattone! Ringrazio fin da adesso coloro che hanno commentato o letto questa FF e che mi hanno dato la voglia di continuarla. Grazie veramente di cuore!

Ora, prima di chiudere questo capitolo, vi lascio un piccolo annuncio: nel prossimo capitolo la guerra si concluderà e vi sarà presentato, finalmente, il cattivone: Feamor.

A presto!

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Capitolo 34
*** Dubbi e inganni ***


Capitolo 34: dubbi e inganni

Capitolo 34: dubbi e inganni

 

 

Una figura alta ed esile, avvolta in una nera armatura, si stagliava sull’orizzonte, dietro l’esercito nemico. Questo si divise in due parti, creando così un passaggio alla figura che avanzava lentamente verso di loro, a piedi, una mano sull’elsa della spada.

Il suo corpo era completamente celato dall’armatura nera, preziosa e sinistra. L’unica parte del corpo visibile erano gli occhi, grandi profondi e chiari. Erano quasi…umani.

Eorl osservò il Signore Oscuro, Feamor. Si, sapeva che era lui, non aveva bisogno di nessuno che glielo dicesse. Lo sapeva perché l’aveva sognato mille volte, lo sapeva che sotto l’armatura, la magia bruciava. Si volse verso Eomer che fissava quella figura dall’aspetto così nobile ed elegante, eppur pericolosa.

- Era una trappola…era tutta una maledetta trappola, mio signore. Ecco perché la battaglia è stata meno ardua di molte altre, ecco perché erano così pochi, ecco perché facevano così fatica ad assediare la città. Avevano ricevuto l’ordine di affaticarci, ma non di distruggerci del tutto…questo compito l’avrebbe rivestito Lui stesso. Maledetto…- sussurrò ansante Eorl, osservando gli orchetti inchinarsi goffamente al passaggio del nobile cavaliere gli Whiving ammansirsi al suo sguardo, come bestie domestiche alle dolci parole del padrone.

- Eorl, sta calmo…ormai non possiamo far nulla, non possiamo fuggire…combatteremo- rispose Alatar stringendogli la spalla, incoraggiandolo.

- Elfi, uomini e nani…tutti presenti per una grande battaglia che si rispetti. L’ultima, a dir la verità. Non vi deriderò perché ammiro il vostro coraggio davanti la morte. Ammiro il vostro amore verso questa terra che se non fosse per voi sarebbe morta già da moltissimi anni. Ammiro i vostri sacrifici, il sangue versato e gli amici perduti…per me, per noi, per il male. Ma ditemi, amici, che cosa sarebbe il male senza il bene, o il bene senza il male? Potrebbero esistere senza l’altro, così come potrebbe esistere l’uomo senza la donna, il bianco senza il nero? No, non potrebbero.

Ebbene, popoli d'ogni angolo di questa terra, sono pronto a difendermi, sono pronto a combattere per i miei ideali, così come lo siete voi. Combattimento leale ed a vostro vantaggio, in quanto noi siamo a mala pena trecento mentre voi siete più di duemila. Chi è il malefico ora, ditemi…- così disse la figura, con una voce calma e che non aveva nulla di malefico nella voce. Il suo tono era comprensivo, umano quasi. Il suo discorso non aveva niente di negativo: aveva semplicemente detto la verità. Eppure perché aveva detto ciò? Di certo Eomer e gli altri cavalieri non si erano aspettati delle parole simili. Anzi, nemmeno avevano creduto che Feamor fosse capace di parole così profonde e…umane.

Eomer osservò quella figura, o meglio osservò la sua armatura che tanto incuteva timore. Sorrise appena ad un lieve ricordo che affiorò nella sua mente. Suo figlio, Eorl ed Eowyn, che avevano nel ricordo appena novi anni, correvano da lui con le spade in mano e delle grandi armature sul corpo, supplicandolo di portarlo con se fuori dalla città. – Mio signore, tutto bene?- chiese Havat osservando l’espressione serena e divertita del sovrano. Questi si volse verso di lui, annuì e rispose: - Si, Havat, sto bene. Perlustra l’esercito e manda dietro le mura millesettecento uomini, facendone rimanere qui solo trecento. Presto – Il comandante dell’esercito, dapprima perplesso, spinse il cavallo verso le varie éored. – Eomer, hai perso il senno?? Feamor potrebbe mentire!- sussurrò Elessar osservandolo incredulo, ma Eomer scosse il capo e sorrise. La maggior parte dei soldati tornò indietro, mentre rimasero sul campo solo cento uomini, tra cui Eomer, Elessar, Eorl, Elfwine, Alatar, Pallando e Legolas. In totale, su quell’immensa distesa di cadaveri e di sangue, v’erano poco più di seicento figure.

Il re di Rohan si volse verso i suoi amici. – Non ho intenzione di farmi intenerire dalle sue parole, ma in parte devo ammettere che ha ragione. Eorl, Elfwine, dirigetevi verso il lato sinistro di Feamor; Legolas, Alatar, Gimli, voi prendete quello destro. Elessar, vorrei te al mio fianco, in queste ultime ore - disse Eomer, osservando per ultimo il suo amico. Elessar annuì ed i due uomini si strinsero la spalla con la mano, in segno d'amicizia. – Anche fino all’ultimo battito di ciglia, Eomer Eadig, signore del Mark – rispose in un sussurro il re di Gondor.

 

- Anarion! - . Arwen Undomiel corse verso una barella sorretta da quattro soldati, che conduceva suo figlio ferito. La raggiunse subito dopo dama Lothiriel ed una giovane guaritrice proveniente da Dol Amroth. – Vieni, Arwen, adagiamolo su un letto – sussurrò Lothiriel posando le mani sulle esili spalle della regina di Gondor che preoccupata e con il cuore soffocato dalla preoccupazione seguiva i soldati che spostarono il principe su un morbido letto. Subito la giovane guaritrice, dai capelli scuri ed il fare silenzioso, si mise all’opera, mescolando ingrediente e pestando erbe medicinali. Lothiriel fece per condurre alla finestra Arwen ma questa scosse il capo, osservando la dama. – Rimango qui, con mio figlio. Ti raggiungerò dopo, Lothiriel – sussurrò con gli occhi velati di lacrime (e quando mai!// N.d.A. lol!).

Lothiriel annuì, poi uscì dalla stanza dove era stato posto il principe di Gondor. Attraversò la sala principale delle case di guarigione, dove le guaritrici andavano dai feriti per assisterli. Tra tutto quel via vai, Lothiriel scorse una figura solitaria, in piedi davanti la finestra. Eowyn, dama d’Ithilien, osservava il susseguirsi della battaglia con tanta passione, quanto un bambino chiuso in casa potrebbe osservare con tristezza i suoi amici giocare in piazza. – Eowyn…cos’ hai? Ti hanno curata? – fu la prima cosa che Lothiriel le chiese, una volta giunta da lei.

La donna dai lunghi capelli d’oro e vestita di bianco si volse verso di lei, sorrise appena ed indicò con lo sguardo il braccio fasciato ed una tazza fumante sul davanzale di pietra. – Mi sono ferita durante il combattimento, ma non me n'ero quasi accorta. Purtroppo un soldato mi ha costretta a venire qua e le guaritrici mi hanno vietato di tornare in battaglia. Come sempre, d’altronde, come le altre volte. Appena vengo ferita, anche se si tratta di un graffio, subito alle case di guarigione! Attenzione che potrei distruggermi a momenti…- rispose rabbuiata Eowyn. Lothiriel ridacchiò per l’espressione della dama, quasi infantile, poi le posò una mano sulla spalla. – Eowyn, suvvia, non essere così triste, non posso vederti con quell’espressione tetra. Pensa che cosa sarebbe successo quel giorno, ai campi del Pelennor, se tu non fossi stata portata alle case di guarigione. Non avresti conosciuto Faramir, per prima cosa…- ribatté sorridendo. – Non l’avrei conosciuto lì, ma magari l’avrei conosciuto all’incoronazione di Re Elessar o chissà in quale altra occasione! – rispose sollevando le spalle Eowyn. – Si, ma non l’avresti conosciuto come hai fatto nelle case di guarigione…- disse Lothiriel sorridendo dolcemente. Eowyn aprì bocca per controbattere, ma non trovò nessuna parola. Aveva ragione…in altre occasioni Faramir non le avrebbe dato tanto conforto quanto quei giorni alle case di guarigione; le avrebbe sorriso diversamente, le avrebbe detto cose differenti da quei momenti, forse non si sarebbe mai dichiarato.

Lentamente Lothiriel si allontanò dalla donna immersa nei suoi più lontani ricordi. Si volse solo dopo alcuni minuti, per dirigersi chissà dove. Se non si fosse girata, proprio in quel momento, magari non avrebbe visto il sorriso di gioia sul viso di suo marito che era fermo davanti la porta dell’edificio, ancora vestito dell’armatura, ansante e l’elmo sotto braccio. Che gioia rivederlo tornare da lei, sano e salvo! Corse ad abbracciarlo, non badando nemmeno al braccio ferito. Faramir scoppiò a ridere e la strinse a sé, dolcemente. – E’ bellissimo rivederti, mia dolce e bella Eowyn, dopo tanta morte, tanta stanchezze, tanti volti morti e orribili davanti il viso. E’ come sognare cose orribili e la mattina svegliarsi con la luce del sole che penetra nella stanza, insieme al vento estivo e al dolce odore dei frutti…- sussurrò Faramir mentre respirava il profumo dei capelli di sua moglie, mentre lasciava che la seta morbida accarezzasse le sue dita sporche. – Oh Faramir, non sai quanto sono felice di sapere che sei vivo! – rispose in lacrime Eowyn scostandosi appena dal suo volto. L’uomo le accarezzò il volto e suggellò la sua gioia in un dolce bacio ed in un protettivo abbraccio. – Fastred…come sta, sta bene? – chiese Faramir, qualche minuto dopo, mentre nella stanza del figlio si toglieva l’armatura. – Oh sì, si è ripreso prima di me. Anche lui voleva raggiungervi, ma le guaritrici…- rispose borbottando Eowyn mentre aiutava il marito a togliersi la casacca sporca di terra, fango e sangue. Faramir osservò il figlio dormire serenamente, poi l’espressione contrariata della moglie. Ridacchiò divertito e scosse il capo: - E’ meglio andare via dalla battaglia a causa di una ferita, che andare via perfettamente integro. Eomer mi ha ordinato di sorvegliare la città, in caso loro dovessero fallire. Ma come possono fallire, duemila contro trecento?? – rispose scuotendo il capo. Eowyn ascoltò le sue parole in silenzio, mentre lavava con acqua tiepida i suoi lievi graffi sul petto. – Non prendertela, Faramir. C’è sempre del positivo nelle cose. Se fossi rimasto lì, ad esempio, io sarei morta dalla preoccupazione e dal dubbio di non rivederti – ribatté sorridendo la donna. – Dunque stai mettendo in dubbio le mie capacità belliche? – chiese Faramir alzandosi e stringendo dolcemente le spalle della moglie che rise sommessamente e scosse il capo. – No di certo, mio signore! – ribatté ironica, poco prima di sentire qualcosa di strano nell’aria. Entrambi si volsero verso la finestra e videro che il cielo sereno si stava oscurando d’improvviso, che la pioggia cessava rapidamente, che tutta l’acqua sul terreno si stava ritirando.

I loro occhi si portarono sulla figura armata di nero che avanzava verso il loro esercito. – Lothiriel…- sussurrò Eowyn, correndo poi verso la sala principale. Trovò la dama di Rohan affacciata alla finestra, come altre poche guaritrici e feriti in grado di camminare. – Lothiriel…che accade…- sussurrò Eowyn mentre osservava gli occhi vuoti della donna. – La verità è inganno…Lui è Lei…Non tutto ciò che vediamo…è sempre ben illuminato…- rispose con voce rotta Lothiriel, mentre osservava fuori dalla finestra, ben oltre le montagne, ben oltre il cielo.

 

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Capitolo 35
*** Vendetta ***


Capitolo 35: vendetta

Capitolo 35: vendetta

Eomer si volse verso i suoi uomini, osservò i loro volti decisi. Sospirò lentamente mentre sollevava la spada al cielo, dando segno all’esercito di muovere verso il nemico. Altrettanto fece Feamor, ma diversamente dagli uomini, gli orchetti e gli Whiving cominciarono a correre, gridando e sollevando in aria le loro armi, minacciosi. Subito gli avversari si misero in posizione di difesa, puntando contro di loro le aste.

Molti orchetti morirono, ma la maggior parte si lanciò contro i cavalli, disperdendo a macchia d’olio l’esercito. La battaglia andò avanti per molto, senza che nessuno dei due eserciti cedeva. Più aumentava il numero dei caduti, più i sopravvissuti reagivano con potenza.

Elfwine si osservò intorno, subito dopo aver liberato la sua spada dal corpo di un orchetto. Davanti a sé, a pochi metri, Feamor lo attendeva.

Senza nulla dire o pensare, il giovane avanzò velocemente verso di lui. Si fermò a pochi metri dal nemico e lo vide estrarre la sua spada lunga, rilucente di rosso fuoco. Con soli due passi il nemico fu di fronte a lui e lo sovrastò con la sua altezza. Elfwine arretrò velocemente, osservando Feamor fendere l’aria.

– Hai schivato questo colpo, ma non schiverai il prossimo!- esclamò furioso Feamor. Perché…perché parla in questo modo? Ci ha ingannato, prima? Eppure ha mantenuto la parola, non ha mandato rinforzi, pensò tra sé Elfwine mentre il nemico avanza di nuovo, minaccioso. Si concentrò sul duello e riuscì a parare il colpo del nemico. Le loro spade s'incrociarono più e più volte, senza mai tregua.

Il sudore scivolava sotto l’armatura del ragazzo, le gambe cominciavano a cedere dopo quasi un’ora di duello, e la spada era diventata insopportabilmente pesante.

– Cosa c’è, principe, siete stanco? Venite, io potrò darvi un dolce riposo! – gridò Feamor ridendo maleficamente. Elfwine scosse appena il capo, ansante.

– Preferisco duellare per tutta la notte, piuttosto che morire sotto la vostra spada! – ribatté furioso.

– Vi accontento subito, allora! – rispose Feamor sollevando la spada al cielo.

Elfwine tentò di spostarsi, ma il colpo fu troppo pesante e veloce. Feamor sghignazzò quando sentì la carne del ragazzo aprirsi e rompersi al passaggio della sua spada; con piacere vide il caldo sangue sgorgare dal suo petto e sentì la sua anima che lo abbandonava. Elfwine aprì lentamente gli occhi, non riuscendo nemmeno a gridare dal dolore. Osservò la spada del nemico, aprì la bocca ma uscì solo sangue che si riversò sul terreno. Il ragazzo, tremante, osservò Feamor negli occhi, così blu, così umani.

Gli parve per un attimo di vedere un’ombra di disperazione e di profondo dolore in quelle iridi, ma subito si ricredette nel sentire la voce del nemico: - Non meriti nemmeno di morire velocemente. Ti lascerò qui, agonizzante. Muori, principe di Rohan…muori…- sussurrò Feamor, estraendo lentamente la lama dal corpo del ragazzo.

Questi cadde a terra, lentamente, posando la schiena sul corpo riverso di un elfo. Per un assurdo istante vide davanti a sé Eowen, vestita di bianco e di luce, che gli sorrideva e lo salutava felice.

– Eowen…- sussurrò, sollevando gli occhi al cielo. Il dolore era troppo per poter rimanere ancora sveglio. Il sangue ormai lo circondava e la sofferenza era così tanta da renderlo muto, poi cieco, infine sordo. Chiuse lentamente le pesanti palpebre, la spada scivolò sul terreno.

Abbandonò la sua anima tra le braccia di Mandos.

Eorl uccise l’ennesimo orchetto, facendolo cadere a terra con uno spintone. Raccolse la sua spada e si osservò intorno: la battaglia era ormai alla fine, solo un centinaio di figure si muovevano sul terreno ricoperto di sangue, cadaveri ed armi senza più padrone. Cercò il volto di Feamor, desideroso di ucciderlo. Era pieno di sé, carico di forza, coraggio e potenza. Lo trovò, finalmente, chino su un cadavere. Stava raccogliendo una spada ed Eorl subito la riconobbe, anche se era lontano. Una furia cieca prese Eorl mentre cercava di pensare che si fosse sbagliato, che quell’uomo morto, con la schiena posata su un elfo, non era Elfwine, non era il suo migliore amico, non era lui…

- Maledetto!!!! – urlò furioso verso Feamor che si volse di scatto ed attese. Lo vide correre come un fulmine, dritto davanti a sé, senza inciampare sui cadaveri, come se volasse.

– Maledetto, lo hai ucciso!! – gridò di nuovo il ragazzo, ora fermo a pochi metri da Feamor, incapace ancora per poco di trattenersi. Feamor l’osservò da sotto l’elmo e lanciò debolmente la spada di Elfwine ai suoi piedi.

– Ha combattuto con onore e coraggio, sire Eorl…- sussurrò il nemico con voce seria e pacata, come fosse uno di loro. Eorl si chinò e raccolse la spada, accarezzandone l’impugnatura. Pulì la splendente lama ed osservò le sue lacrime infrangersi su di essa come il mare contro le scogliere. Troppo grande era il dolore per essere sopportato, ma non abbastanza da rimanere lì, senza far nulla, senza arrecare vendetta anche ad Elfwine, oltre che ad Eowen.

– Presto lo raggiungerai, non temere…- sussurrò sogghignando d’improvviso Feamor.

Eorl si alzò, posando la sua spada ed impugnando quella dell’amico, in suo ricordo.

– Io ti ucciderò, Feamor, Spirito Dannato, Ultimo Signore Oscuro. Io ti ucciderò per dare vendetta ai miei genitori, a mia sorella, al mio migliore amico e ad ogni singola anima che tu hai condannato a morte. Come i miei avi hanno lottato contro i tuoi, perseguendo una gloriosa vittoria, così io lotterò contro di te, discendente contro discendente…la resa dei conti è questa, mio diletto nemico, è questa…Combatti da cavaliere o muori da codardo!! – esclamò infine Eorl correndo verso di lui. Feamor parò con estrema facilità il colpo dell’umano, ridendo divertito. Eorl indietreggiò, bilanciando il proprio peso. Riattaccò di nuovo, tentando di colpire il nemico al ventre. Anche questa volta Feamor parò il colpo, e tuttavia la lama tagliò il guanto di cuoio. E’ dunque un umano…Non è uno spirito, come il suo nome lascia intendere, ma un uomo, una creatura come me. E’ invincibile solo perché protetto da una grande magia. Ma se io riuscissi ad abbattere questa barriera magica…ma certo, il Miredhel!!, pensò dentro di sé il ragazzo. Alla fine il Miredhel aveva lo scopo di combattere il male. E di certo quello era il momento più opportuno per usarlo!

Con la mano libera dalla spada, estrasse da sotto la corazza i due anelli e tese la mano verso il cielo, stringendoli forte. Una luce rossa e blu si sprigionò da essi, creando colonne di luce che corsero in ogni direzione. Feamor indietreggiò, urlando così forte da poter spaccare i timpani ad un uomo. Tutti, uomini ed orchetti, si voltarono verso quella scena: la grande figura di Feamor indietreggiava davanti ad una sfera di luce creatasi tutta intorno al cavaliere umano. Più la luce del Miredhel si spandeva in lungo e in largo, più l’aura nera intorno Feamor s'indeboliva e la sua stazza pareva diminuire, come se stesse morendo. Eorl sorrise trionfante, osservando la sofferenza negli occhi del nemico, sentendosi al di sopra d'ogni altra cosa, di ogni altro uomo. La vittoria era ormai sua e lui sarebbe diventato l’eroe del mondo, il padrone assoluto su quella terra, l’eletto degli dèi, più potente di Alatar, più saggio di Pallando.

D’improvviso però, qualcosa avvenne davanti ai suoi occhi, come un mutamento. Apparve davanti a sé sua sorella Eowen. Era in ginocchio, il viso coperto di sangue, una ferita profonda sul petto…piangeva e lo implorava. “Eorl, ti prego, smettila! Non usare il Miredhel, ti sta mutando in qualcosa di oscuro, di orribile! L’ambizione, l’egoismo, l’avidità…stanno prendendo il sopravvento su di te, Eorl, svegliati da questo sogno! Sono io, Eowen, non mi riconosci…? Non uccidermi, Eorl, sono io…”.

– Basta, smettila! – gridò furioso Eorl, mentre le sue parole si eliminavano a contatto con la magia, più forte di lui. Lo stava controllando, sarebbe divenuto il nuovo signore oscuro, lo sapeva. Allentò la presa intorno agli anelli, non per volontà ma per debolezza. Le forze lo stavano abbandonando, Feamor stava vincendo. L’immagine di sua sorella vorticava tutto intorno, perseguitandolo.

– Basta…smettila…non è vero…è un inganno…sei frutto della mia immaginazione!! – sussurrò scuotendo il capo.

– Eorl, fermati…basta, smettila…Elbereth…- mormorò Alatar, osservando la scena, incapace di far nulla.

L’aura di Feamor prese di nuovo vita, si spanse intorno al suo padrone per poi raggiungere la barriera di luce creata dal Miredhel. Le due magie, sotto il controllo dei duellanti, stavano combattendo, chi per il male chi per il bene. Il tempo correva sopra di loro, alato e veloce. Quale sarebbe stato l’esito del silenzioso duello? Le due luci non si muovevano perché ognuna di loro difendeva con tutte le forze il proprio territorio. Eorl non riusciva più a trattenere la magia, ma era la magia che tratteneva lui. Non sopportava più il suo peso, non poteva smettere, non poteva arrendersi…ormai la magia lo dominava interamente, anima e corpo. Ma ecco che qualcosa cambiò, interrompendo quell’attimo lunghissimo. Un leggero sibilo giunse all’udito di tutti ed una freccia si piantò sulla coscia di Feamor, tra due pezzi d’armatura, proprio dove la carne era nuda. Solo un elfo avrebbe potuto tirare quella freccia, così veloce e precisa.

L’incanto s’interruppe violentemente, Feamor gridò di dolore ed Eorl cadde indietro, tra i cadaveri. Gli anelli si ruppero in mille pezzi perché la loro magia era stata sfruttata troppo ed un forte bagliore gli colpì gli occhi, scomparendo poi nell’aria. Non poteva crederci…anche il Miredhel era morto e lo aveva abbandonato. Gli girava la testa, ma doveva assolutamente uccidere Feamor prima che questo si riprendesse. Sollevò gli occhi stanchi e vide Seridhil, lontana da lui, con l’arco in mano e la corda che ancora vibrava leggermente. Eorl le sorrise appena, ringraziandola con lo sguardo. Fu sicuro di vedere un lieve sorriso sul volto rigido dell’elfa ed un lieve cenno d'assenso. Ma immediata fu la reazione dell’esercito: gli orchetti gridarono e corsero verso l’esercito nemico, concentrandosi su Seridhil che gettò l’arco a terra, estrasse la sua spada e cominciò a lottare, difendendosi. Tutti si distrassero dalla vera battaglia: quella tra Feamor ed Eorl. Quest’ultimo si levò davanti il suo avversario che tentava di alzarsi.

– Questo è per mia sorella!! – gridò Eorl sollevando la spada al cielo.

Il silenzio scese su di loro, di nuovo, come se ogni cosa si fosse fermata. Un atroce grido, acuto e sottile, seguì della situazione statica. Era Feamor che gridava di dolore. Ed Eorl, pieno di rabbia e di soddisfazione, osservò il sangue scivolare via dalla corazza del nemico posarsi a terra. Quando Feamor spirò, nacque l’alba.

Ebbene, siamo quasi giunti alla fine…Feamor è morto ed Eorl ha vendicato la morte di Eowen e di Elfwine. Ma una sorpresa vi attende nel prossimo capitolo…brutta o bella, vi state chiedendo? Pazientate ancora un po’ e vedrete…

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Capitolo 36
*** L'alba dell'eroe maledetto ***


Capitolo 36: l’alba dell’eroe maledetto

Capitolo 36: l’alba dell’eroe maledetto

Eorl estrasse lentamente la spada di Elfwine dal corpo di Feamor. L’eroe della Terra di Mezzo, con gli occhi puntati verso il nemico, assistette vittorioso alla sua morte, mentre nel suo cuore battevano i tamburi della gloria. Si sentiva così pieno di sé, ora che aveva sfamato la sua vendetta. Le anime di sua sorella e di Elfwine potevano riposare in pace, da quel momento fino alla fine del mondo.

Il cielo si squarciò e il sole appena nato penetrò le nubi oscure, che presto scomparvero; i suoi raggi illuminavano le valli insanguinate e le corazze dorate dei cavalieri, che gioivano all’alba di un giorno nuovo. Un profondo grido, come proveniente dal nucleo terrestre, scosse l’aria e tutti i nemici, vivi o morti, scomparvero in deboli soffi di cenere, trasportati dal vento lontano. Un boato lentamente si fece largo tra il silenzio, proveniente prima dalla pianura, poi dalla città. Grida di gioia, pianti felici e canti intonati dai cavalieri risuonavano ogni dove, in segno di vittoria e di pace.

Già…la pace era tornata su quella terra, per sempre…Eppure Eorl doveva ancora svolgere un’ultima missione: vedere il volto del suo nemico che con tanta fatica, e con il sacrificio di molti, aveva ucciso. Se era morto, se il corpo ancora giaceva lì, insieme al suo rosso sangue, v’era anche il suo volto, il suo corpo…

Osservò la spada di Elfwine e la piantò nel terreno, sospirando.

– Riposa in pace, amico mio…- sussurrò posandosi una mano sul cuore. Si osservò poi intorno e vide molti cavalieri uscire dalla città per abbracciare i loro compagni; vide le donne e i bambini discendere le strade, accogliendo i loro mariti e i loro figli davanti le mura. Si tolse l’elmo e lo lasciò cadere a terra. I raggi del sole appena nato gli bagnavano il volto, medicando la sua stanchezza. Si avvicinò di un passo al cadavere rovesciato di Feamor, ma subito un cavaliere lo richiamò, correndogli incontro.

– Mio signore, sire Eorl! Il principe è vivo, sire! Il nemico lo ha risparmiato, riesce ancora a respirare! Lo stanno portando nelle case di guarigione, insieme agli altri feriti!! – esclamò sorridendo il Rohirrim.

Non ha ucciso Elfwine…è vivo…non l’ ha ucciso…ma perché? Perché gli ha salvato la vita, perché?, pensò tra sé l’eroe, sempre più incuriosito da quel nemico, così malefico e così pietoso insieme.

– Che possa essere perdonato dagli dèi e che la sua anima riposi in pace…- sussurrò il soldato, posandosi una mano sul cuore.

– Andate, soldato, e riferite al nostro Re che lo raggiungerò a breve…ho ancora un compito da svolgere…- sussurrò pacato Eorl, mentre s'inginocchiava al fianco di Feamor, osservando la sua schiena. Il Rohirrim chinò appena il capo, poi si avviò verso la città.

Intorno all’eroe v’era la desolazione più completa e solo le anime gli facevano compagnia. Con mani tremanti, non riuscendo più a trattenere la curiosità e la felicità, portò il cadavere steso sul dorso, anche se a fatica. I suoi occhi blu erano ancora aperti, come se stessero osservando l’infinità del cielo sereno. Eorl gli osservò, perplesso. Come poteva essere che una creatura così malefica e corrotta quale era stato Feamor, avesse degli occhi così limpidi e belli? Eorl non indugiò oltre quei pensieri, sollevò il capo del cadavere e fece scivolare via l’elmo.

Morì.

La gioia cessò di battere, l’onore e la gloria si frantumarono come una finestra rotta, la vista scivolò dagli occhi, l’udito dalle orecchie. Tratteneva il respiro, per morire soffocato, ma il cuore palpitava sempre di più.

Misero, di che godevi? Pagherai quel sangue, eroe maledetto…Ogni singola goccia di rubino pagherai con le tue amare lacrime…Apri gli occhi, codardo, osserva ciò che hai fatto!

Eorl osservava inerme, pietrificato, il volto vellutato e candido di sua sorella.

Osservava i suoi occhi aperti al cielo, quegli occhi che lo avevano pregato di fermarsi…lui, cieco, non li ha visti.

Osservava le sue labbra ancora schiuse in una tacita preghiera, rivolta a suo fratello, al suo assassino…lui, sordo, non l’ ha udita.

Sentiva ancora il suo profumo, un profumo unico e che non somigliava a nessuno degli altri esistenti. Quel profumo che avrebbe dovuto riconoscere, lui che con lei era cresciuto…ma non l’ ha sentito, accecato dalla gloria e ammutolito dalla fama.

Comincia a pagare il prezzo di quel sangue, eroe maledetto…

Calde ed amare lacrime scivolarono sul suo viso contratto dal dolore. Le mani tremanti ora sollevavano il busto della sorella. La strinse forte a sé, mentre i dorati capelli sfioravano le sue braccia ed il terreno. Le grida ed i canti dell’esercito vittorioso furono sovrastati dal terrificante grido di dolore del ragazzo, come se fino a quel momento avesse preso fiato per gridare, gridare solamente. Eppure solo Eomer ed Alatar si volsero verso la scena, mentre i cavalieri erano ancora in preda alla gioia. In principio i due uomini osservarono increduli quella verità terribile e funesta. Ma dovevano fare qualcosa: Eorl era ormai morto nell’anima e avrebbe potuto fare qualcosa di insensato. Il loro dolore era indescrivibile, ma ebbero la forza di correre velocemente verso il ragazzo.

– Eorl!! – lo richiamò Eomer, lasciando a terra l’elmo, la spada e lo scudo.

– Eowen!!! –, gridò furioso Eorl, piangendo sempre di più, – Perché me l’ hai portata via, maledetto?!? Perché!! Perché l’ hai uccisa!! Era me che dovevi uccidere, non lei!!! – urlò impazzito, mentre osservava il cielo. Aveva perso sua sorella, l’unica ragione della sua vita, e la speranza di poterla riavere. Ricordò quel suo sussurro, a Lorien: “Non abbandonarmi, fratellino…non farlo mai più…Resta con me, sempre ed ovunque. Ho bisogno del mio fratellino…”. Tentava di sgombrare dalla mente quella frase e quel volto così dolce e bello, ma fu tutto inutile…l’angoscia, la colpa e il dolore presero il sopravvento, avvolgendogli intorno al collo una corda, pronta per essere stretta…

Cullò il corpo di sua sorella, mentre le baciava il viso e le mani, mentre le sue maledette lacrime scivolavano sulla nera armatura della sorella e sul suo marmoreo volto.

Si scostò lievemente dal corpo della sorella, osservandola. La forza per stare in piedi si stava esaurendo. Quel sorriso, quei baci affettuosi, quel tono di rimprovero, quei gesti leggeri…tutto di lei era scomparso, per sempre...

– Eowen…perché…perché mi hai abbandonato…Ho bisogno di te, Eowen - sussurrò il ragazzo. Posò poi la sua salma sul terreno e lentamente si sollevò, tremando.

- Eorl!! – ripeté di nuovo Alatar, giunti vicino al ragazzo. Questi si volse lentamente ed osservò freddo lo stregone e il sovrano.

– Andate via…non vedete? Io e mia sorella vogliamo rimanere da soli…io e lei…per sempre insieme…- sussurrò fissando il viso della sorella. Poi afferrò la sua spada e velocemente la diresse verso di sé, per togliersi la vita.

– No Eorl, fermati!! – gridò Eomer, stringendogli il polso.

– No, lasciatemi!! Voglio stare con mia sorella, lasciate uccidermi!! - gridava Eorl, impazzito, dimenandosi e tentando di liberarsi dalla forte presa del re.

– Eorl, ascoltami! Non è stata colpa tua, non puoi fare nulla! Non lo sapevi che lei era Feamor, nessuno di noi lo sapeva! – gridò il sovrano allontanando la spada dal ragazzo ed abbracciandolo.

– E’ colpa mia invece! Io dovevo proteggerla, dovevo stare sempre con lei, per sempre! L’avevo promesso, l’avevo promesso!! – urlò piangendo Eorl, poggiando la fronte sulla spalla del sovrano.

Lentamente Eomer riuscì a tranquillizzarlo, sussurrandogli parole di conforto. Alatar nel mentre prese tra le braccia la ragazza e constatò che la sua anima aveva abbandonato il corpo da molto tempo. Non poteva dire ad Eorl che quella volta, nell’Erebor, Eowen era stata presa da Feamor; che Feamor si era impossessato del suo corpo, per potersi muovere tra la battaglia…non poteva dirgli tutto ciò ed anche altre cose che lui stesso non sapeva. Accarezzò il viso di Eowen e le posò un bacio sulla fronte, sospirando.

– Riposa in pace, Eowen, figlia di Elenwen, Custode del Miredhel…- sussurrò in elfico, ad occhi chiusi. Nel frattempo molti cavalieri si erano avvicinati, insospettiti dai pianti e dalle grida. Sospiri e preghiere mormorati risuonavano nell’aria immota insieme al disperato pianto di Eorl. Alatar andò ad abbracciare il ragazzo, sussurrandogli anch’egli parole di conforto, mentre Eomer stava per sollevare la salma della vergine guerriera.

– No…voglio portarla io…- ordinò Eorl, dopo aver pianto tutte le sue lacrime e sputato fuori tutta la sua ira.

Tutti i cittadini, dal povero al nobile, dal bambino all’anziano, recavano omaggio a fratello e sorella, con le teste chine e le labbra che si muovevano in dolci melodie e sentite preghiere. Tutti lì, presenti, ad onorare chi aveva portato la pace nella Terra di Mezzo…con la morte e con il dolore.

Ed infine eccoci qui, al colpo di scena. Quel poco di bontà che era rimasta in Feamor, era stata soffocata dalla sua potente malvagità. Aveva preso possesso del corpo di Eowen, nell’Erebor. Chiedo perdono per la lunga descrizione della morte di Eowen, ma è una scena troppo toccante per non essere descritta nel minimo dettaglio! Anzi, doveva essere molto più lunga di questa…

Inoltre volevo dirvi che con la morte di Eowen ho, in un certo senso, onorato quella di un personaggio di un famoso autore rinascimentale…vediamo se indovinate chi è.

Bene, adesso vi lascio tra le vostre lacrime (spero di averle suscitate qualcuna!), e vi aspetto al prossimo, penultimo capitolo.

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Capitolo 37
*** Ultima battaglia ***


Capitolo 37: ultima battaglia

Capitolo 37: ultima battaglia

Elfwine ed Eomer entrarono in silenzio nella camera dove le guaritrici stavano lavando il corpo di Eowen. Subito videro due anziane pettinare i lunghi capelli d’oro della giovane, come se la stessero preparando per il suo matrimonio. Accanto al letto, seduto ricurvo su una sedia, stava Eorl, ancora vestito della sua armatura e con i capelli sciolti sul volto bianco e senza espressione.

I due cavalieri entrarono e si sedettero vicino al letto, chiudendosi in preghiera. Elfwine sollevò gli occhi verso le mani di Eowen, intrecciate sul petto; osservò il suo bel volto, orfano del familiare sorriso; osservò le ferite, osservò la bianca veste, osservò le candide lenzuola. Crudele, malefico destino, che ha voluto la morte di un germoglio appena sbocciato, lasciando in vita le vecchie querce.

Le guaritrici terminarono il loro lavoro, si inchinarono davanti ai reali, poi uscirono in silenzio dalla stanza. Nessun boccale era colmo di birra, nessun canto di gioia e nessuna risata felice risuonavano nella sala del trono del palazzo…tutto il villaggio era coperto da un mantello nero.

- Eorl…dovresti riposare e farti curare quelle ferite…- azzardò Eomer, rompendo il silenzio venutosi a creare nella stanza.

– Fra poco, si…andrò fra poco…- sussurrò Eorl fissando il volto di sua sorella. Eomer chinò il capo e chiuse lentamente gli occhi, sospirando. Aveva trattato male Eowen, la sera del ritorno di Elfwine. Avrebbe voluto chiedergli scusa per quella volta e per tante altre: per non averla fatta uscire dalla città, per averla protetta troppo, per non aver lasciato che diventasse un cavaliere di Rohan. Voleva solamente piangere per non aver fatto e detto tutte quelle cose, ma non riusciva nemmeno a versare una lacrima…stanchezza, dolore? Forse entrambe, forse tante altre motivazioni…Aveva perso una figlia e non le aveva chiesto scusa per le lacrime che ha versato per i suoi stupidi ordini. Ma forse era ancora in tempo, forse lo spirito di Eowen avrebbe accettato le sue scuse…

Si alzò faticosamente dalla sedia, come oppresso da un gran macigno; non badò al dolore del braccio rotto e s'inginocchiò vicino al letto della vergine. Le strinse dolcemente la mano fredda. – Perdonami, Eowen…se puoi, perdonami e accetta le mie scuse…- mormorò vicino al suo orecchio, poi si alzò lentamente ed uscì dalla stanza, lasciando i due amici soli con i propri pensieri.

Elfwine osservò Eorl e pensò che probabilmente non l’avrebbe visto sorridere per i prossimi anni. Pensò anche a quel novello sentimento che era nato tra lui ed Eowen, lungo il viaggio: la sera a Rivendell, il bacio a Lorien, il sorriso lungo l’Anduin e lo sguardo di disperazione nell’Erebor, mentre la vedeva scomparire nel terreno. Irato, chinò velocemente il capo. Non poteva credere che l’ultimo ricordo che aveva di Eowen, era uno sguardo terrorizzato!! Perché il fato era così malefico verso di loro?…Il destino aveva vinto, di nuovo. Non solo gli aveva portato via la sua amata, ma anche il suo migliore amico. Si, Eorl era lì, vivo, ma dentro di se sapeva che egli era morto appena aveva visto il viso di sua sorella…Lui stesso sarebbe in quella situazione se avesse visto sua sorella nelle veci del nemico, dopo averla uccisa con le proprie mani. Ma doveva fare qualcosa, almeno parlargli…

Si alzò lentamente e si sedette vicino all’amico, posandogli una mano sulla spalla.

– Eorl…io…non so cosa dirti…so che non posso alleviare le tue sofferenze, ma devi pensare che la colpa non è tua, non è di nessuno…non potevamo saperlo. Non dico che adesso tutto è risolto, ma non puoi vivere per sempre pensando che è colpa tua…perché non è vero, Eorl. Non è vero – mormorò con tono debole ma deciso. L’amico si volse lentamente verso di lui, osservandolo senza espressione.

– Anche se quel che tu dici fosse vero…ti sentiresti meglio? O penseresti comunque che è colpa tua? Riusciresti a mettere da parte il dolore e la disperazione, lasciando posto alla razionalità? Se è così, dimmi come fai, amico mio…Perché il dolore che provo è divenuto insopportabile e la disperazione mi stringe forte il cuore, facendolo rompere in mille pezzi d'agonia…- sussurrò Eorl in tono sempre più debole e tremante, fin quando le lacrime cominciarono di nuovo a solcargli il volto.

– Eorl…io…- rispose pietrificato l’amico. I due amici si abbracciarono mentre Eorl tentava di soffocare e sopprimere le lacrime che di nuovo gli rigavano il viso distrutto.

E’ vero, Eorl aveva ragione: nemmeno lui avrebbe trovato pace nelle sue parole. Ma doveva esserci una soluzione! Non poteva vedere Eorl, il suo migliore amico, suo fratello, in quello stato!.

– Forse è meglio che riposi, ora, amico mio. Il sonno ti porterà un po’ di forze e di conforto, almeno…- sussurrò stringendogli le spalle. Finalmente, dopo ore e ore di veglia e di battaglia, Eorl acconsentì. Elfwine l’aiutò a sollevarsi e lo accompagnò a lenti passi verso la sua stanza.

Pochi minuti dopo entrarono nella stanza Seridhil ed Adrin. Videro al centro della stanza, illuminata da deboli raggi del sole, il letto dove era stata adagiata Eowen, circondata dai suoi averi e dalle sue armi. I due elfi si avvicinarono lentamente, accompagnati dalle preghiere mormorate dalle anziane presenti. Si avvicinarono al capezzale ed osservarono il marmoreo e sereno volto della ragazza.

– Non posso crederci, Adrin…dopo tanta fatica, tante sofferenze, tante delusioni…Feamor l’ ha uccisa. Aveva faticato e sofferto tanto, superato con coraggio gli ostacoli che le avevano sbarrato il cammino. Non la conoscevo bene, certo, ma appena la vidi, quel giorno a Lorien, capii subito che nonostante l’età fosse di spirito forte e deciso. Si era assunta la responsabilità della missione, era decisa ad andare fino in fondo…e c’era quasi riuscita – sussurrò la guerriera stringendo i pugni. L’elfo le strinse dolcemente le spalle con un braccio, dandole un bacio sulla fronte. – Lo so, mea melin…ma purtroppo il destino ha voluto così. Non possiamo far nulla, se non pregare per la sua anima…Anch’io la conoscevo poco, ma anch’io ho visto nei suoi occhi la determinazione e il coraggio che caratterizzano sia il nostro che il suo popolo. Era molto giovane…troppo per dover morire così presto…- sussurrò l’elfo, osservando la salma. Seridhil annuì lentamente, asciugandosi le lacrime: - Era davvero figlia di Elenwen. Ma ora, mea melin, lasciamo che le donne del suo paese preghino per lei…i nostri fratelli ci attendono, vogliono sapere che cosa faremo ora, senza una guida…- rispose l’elfa, osservando il suo amato. Questo annuì appena, poi la baciò lievemente ed uscirono dalla stanza, dopo aver osservato per l’ultima volta la Custode.

Passarono alcune ore, in cui la stanza mortuaria accoglieva le persone che erano state care ad Eowen. Lothiriel, Faramir, Eowyn, Elessar ed Arwen, Fastred ed Eldarion…tutti si erano recati da Eowen per il loro ultimo saluto.

Alla fine fu la volta del vecchio stregone blu. Aprì la stanza e si fermò sulla soglia, osservando il capezzale in silenzio. Appena lo stregone giunse, le anziane uscirono in silenzio dalla camera. Alatar si avvicinò al letto e si sedette lentamente.

– E dunque, Eowen, eccomi qui. Il tuo maestro è venuto a salutarti. Lo so, sono in ritardo, tu sei andata via già da molto. Eppure ti sento, sei ancora qui tra noi…So che ti beffi del nostro dolore, che non è nulla, nemmeno un assaggio, di quello che tu hai sopportato. Non hai potuto lottare, ma non importa…Presto ti raggiungerò, mia piccola Eowen, e prima o poi anche quelli che ora sono vivi e ti compiangono. Sei stata una brava discepola, forse un po’ troppo loquace, ma buona! Ti confesso che ero molto affezionato a te, come un nonno può esserlo verso sua nipote. Ho cercato di proteggerti in ogni modo, Eowen, ma alla fine il destino ha posto un ostacolo tra me e te e non ho potuto far nulla.

Devo inoltre chiederti scusa…non ti ho mai detto molto di me. Non sai da dove vengo esattamente, non sai da dove vengono nemmeno i miei poteri, non sai perché sono lontano dalla mia patria e perché non posso farvi ritorno. Non ero visto bene nelle Terre Immortali, sai? D’altronde come anche il mio amico Pallando. Eravamo stati ritenuti dei traditori, dei deboli che c’eravamo uniti al nemico per desiderio di potere. Andammo via allora, celando le nostre presenze e facendo dimenticare le nostre essenza. Nessuno è mai riuscito a trovarci, nemmeno Saruman o Gandalf…fino alla tua nascita, Eowen. Allora comincia a vagare per le terre degli uomini, acquistando la loro fiducia, fino a diventare “Alatar il saggio”. Gli dèi videro che le mie azioni erano buone, come quelle di Pallando. Bhè, alla fine se potrò tornare al di là del fiume, è solo merito tuo, Eowen. Quindi…grazie, grazie di cuore per tutto, per ogni singola giornata vissuta insieme, per ogni passo fatto, per ogni parola scambiata, per ogni lezione imparata…per ogni lacrima versata. Grazie – pronunciò lo stregone, osservando con un sorriso il volto di Eowen. Batté le palpebre e due lacrime gli solcarono il viso, scomparendo nella folta barba argentata. Si asciugò subito gli occhi quando sentì il lieve cigolìo della porta.

Entrò un uomo con indosso un lungo mantello nero, gli occhi scuri e i capelli del medesimo colore. Si avvicinò al capezzale, osservò senza dir nulla Eowen, poi si volse verso Alatar e sorrise appena.

– Ah, sei tu…- sussurrò lo stregone osservando la figura familiare.

– E chi ti aspettavi, Alatar il Saggio, Lui? – rispose sorridendo l’uomo vestito di nero.

– Sei venuto a prenderla, immagino…come mai di persona?- chiese con tono tranquillo Alatar.

– Ne è degna…E’ stata Custode, la tua eletta. E poi voglio essere sicuro che sia morta…- rispose l’uomo sollevando le spalle.

Avvicinò il viso alla salma, respirò lentamente, ad occhi chiusi, poi ritornò in posizione eretta ed annuì: - Si, è morta davvero…- annunciò.

– Questo già lo sapevo- rispose Alatar osservando Eowen.

– Mi dispiace per la ragazza, Alatar, ma è la legge- sussurrò con tono serio l’uomo vestito di nero.

– Sì, lo so…prendila pure, è tua – annuì Alatar, sospirando.

- Io non credo – annunciò una voce limpida dietro di loro. I due uomini si volsero e videro una donna sulla soglia della stanza. Questa avanzò, mostrandosi: era una signora di mezza età, il vestito e i capelli grigi, il viso pallido e gli occhi chiari.

– C’è qualcosa che non mi quadra…Non dovresti essere qui – , commentò l’uomo dal nero mantello, perplesso, - quest’anima è mia, oppure…c’è stato un cambiamento? – chiese infine.

La donna annuì, sorridendo dolcemente ed avvicinandosi ai due: – Esatto, fratello, cambiamento. Aaye, Alatar…è da molto che i nostri cammini non s'incontrano. Ti ho seguito molto, in questi anni, ed ho notato che molto hai appreso da me. Sono contenta di ciò – rispose pacata la donna. Alatar annuì appena, lentamente.

- Bene, allora la mia presenza qui è inutile. Torno nelle mie aule…sorella, a presto. Alatar, Namaarie – salutò l’uomo, prima di uscire lentamente dalla stanza. Alatar rispose con un lieve chinare del capo, poi spostò la sua attenzione sulla donna che osservava il volto di Eowen.

– Sei sicura di ciò che stai per fare? Lui potrebbe non essere d’accordo. Alla fine stai disubbidendo ad un suo volere…- chiese Alatar chinando il capo d’un lato.

– Ne sono sicura, Alatar. Egli non ha potere contro il suo supremo capo, lo sai. Ed è il supremo che me l’ ha ordinato. C’è stato un cambiamento di rotta, diciamo…- , rispose sorridendo la donna, poi strinse dolcemente la mano di Eowen e sussurrò: - Edelthari, figlia di Elenwen, regina degli elfi…- .

- Bene, ora andiamo…- disse Alatar avviandosi verso la porta. La donna annuì ed insieme uscirono dalla stanza, senza voltarsi indietro.

La brezza fresca del mattino entrò nella stanza, dalla finestra, ed un sussurro leggero trasportò, come di un sospiro. I capelli biondi di Elwen furono smossi appena. E le labbra viola si mossero appena, in un appena accennato sorriso.

Era tornata.

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Capitolo 38
*** Epilogo ***


Capitolo 38: epilogo

Capitolo 38: epilogo

“Ed infine, siamo giunti alla fine di questo lungo viaggio.

I nostri eroi hanno di certo faticato molto per salvare la loro patria: hanno combattuto fino allo svenimento, si sono feriti, sono morti, hanno commesso gravi errori…ed anche se alla fine il destino li ha comandati, gli dèi sono dalla loro parte…

E dunque, stavo pensando se alla fine i lettori di questo mio racconto – magari tanti, magari pochi – si siano chiesti chi fosse il narratore, colui che vi ha descritto le avventure dei fratelli mezzelfi e dei suoi compagni.

Io sono Tinlome, un abitante di queste magnifiche terre…e sono stato il vostro narratore dalla prima pagina fino ad ora.

Ho costruito con voi questo libro…sarete sempre con me, tra queste pagine, tra queste parole, a ricordare che senza di voi io sarei nulla.

Ma forse ora vorreste sapere cos’è successo dopo la guerra, cosa è capitato ai nostri eroi. Volete davvero saperlo? Siete sicuri? Ebbene, ve lo dirò.

Sono passati esattamente ventitre anni dalla battaglia, da quel giorno in cui il male è scomparso per sempre dal mondo. Gli dèi hanno premiato il coraggio degli uomini ed ora loro abitano tra noi. L’armonia e la pace finalmente albergano queste lande, dopo quasi quattro Ere di lotte, battaglie e sofferenze. Sire Elessar governa con giustizia il suo regno, così come anche Re Eomer, che ospita nel suo Palazzo Alatar il Saggio. Dama Seridhil, insieme a ser Adrin, hanno ricostruito Minas Ithil, nel territorio dell’Ithilien, ed ora lì vivono, custodendo di nuovo la torre di luna. Re Thranduil II ha potuto riavere le sue terre e si è preoccupato di curare Bosco Verde dal veleno lasciato dagli Whiving.

Insomma…tutto è tornato alla normalità, con qualche nuova grande modifica. Tutti siamo pieni della luce divina e di notte le stelle di Varda risplendono come gemme…come il Miredhel.

Forse ora penserete che vi dica di Eowen, Elfwine ed Eorl, i nostri protagonisti ed eroi. Ma vi sbagliate, non vi dirò nulla su di loro, lasciandovi la soddisfazione di pensare voi ad un finale. Vi lascerò invece con un saluto e magari con l’augurio di rivederci presto.

Vi ringrazio dal più profondo del mio cuore, per avermi assistito e seguito pagina per pagina, dal primo al trentottesimo capitolo…Che gli dèi possano amarvi per sempre!

Tinlome”

Il giovane osservò la lettera scritta nell’ultima pagina del suo libro e soddisfatto lo chiuse, riponendo il pennino e posando per un attimo lo sguardo sul titolo: “Miredhel”. Sorrise felice, posando il capo sul tronco della quercia ai cui piedi riposava. Era estate, faceva molto caldo ma in quel prato, sotto quell’albero, si stava davvero bene. I biondi capelli oscillavano al flebile vento ed il viso rilassato si godeva quell’atmosfera di pace.

- Tinlome, vieni! – esclamò una voce femminile, lontano, proveniente dalla grande radura. Il giovane aprì di scatto gli occhi verdi ed intravide, sulla soglia di un balcone, una donna giovane, vestita di una veste bianca, con ricci d’oro che le ricadevano sulle spalle. La mano destra poggiava sul ventre rigonfio che a mala pena riusciva a vedere.

– Arrivo, madre! – rispose ad alta voce Tinlome. Si alzò dal terreno, ma non si diresse tuttavia verso la radura di Lorien, bensì a pochi metri dall’albero. In quello stesso spiazzo, infatti, v’erano state depositate due statue, raffiguranti un uomo e una donna. Lo scultore più bravo del villaggio le aveva create, molto simili a quelle di Rivendell, ma a suo parere più belle e reali.

Pose delicatamente il libro tra le mani della statua femminile, che sorrideva come per ringraziare il nipote.

– Per te, nonna, affinché la nostra storia non abbia mai fine…- sussurrò il giovane sfiorando le marmoree mani con le proprie.

– Tinlome, non far arrabbiare tua madre o sono guai! – esclamò la voce possente ma divertita del padre.

Tinlome ridacchiò, sentendo risuonare quella frase tra i boschi. – Si eccomi, arrivo!! – ribatté quasi urlando, cominciando ad arretrare.

Con un gesto veloce della mano salutò le due statue, poi corse velocemente verso la casa dei reali di Lorien.

“…Ora sapete la verità…”

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