Eternità

di Porrima Noctuam Tacet433
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Niccolò Machiavelli- Una fine per ogni cosa. ***
Capitolo 2: *** Billy the Kid-Cinque colpi di pistola. ***
Capitolo 3: *** John Dee- Sulla cima del mondo, mi fermerò. ***



Capitolo 1
*** Niccolò Machiavelli- Una fine per ogni cosa. ***


Niccolò Machiavelli

Una fine per ogni cosa


<< l’intelligenza sarà la tua rovina. >>

Perenelle Flamel aveva pronunciato quelle parole molti anni prima, ai piedi dell’Etna. E l’uomo alto e canuto le sentiva pesare sul suo corpo come un macigno, ancora oggi. Perché non le aveva mai dimenticate? Forse perché la donna lo aveva guardato con un sentimento molto simile alla…pietà? Possibile che potesse provare pietà per uno dei più potenti uomini al servizio degli Oscuri Signori? Le ricordava ancora, quelle parole, in ogni dettaglio e con disagio. Forse, in qualche modo, sapeva che erano la verità. Anche se non avrebbe mai smesso di sforzarsi per negarlo.

Aveva sempre avuto una mente brillante e fuori dal comune. Riusciva a vedere cose che gli altri non vedevano. La sua scienza, la sua specialità, era sempre stata il pensiero.Si era chiesto molte volte perché la gente non pensasse, non riflettesse così accuratamente come lui. Col tempo era diventato molto interessante agli occhi degli Oscuri Signori, anche se, con grande stupore di John Dee, questo non gli dava alcuna soddisfazione. Con il suo ingegno aveva manovrato a suo piacere intere generazioni, restando dietro le quinte. Aveva sempre rinfacciato al mago di essere superbo. Gli aveva detto più volte che quella sarebbe stata la sua rovina. Ma lui, Niccolò Machiavelli, il più grande manipolatore di tutti i tempi, non aveva saputo dire, in tutto quel tempo, quale sarebbe stata la sua fine. Forse tutto ha una fine, e l'immortalità non fa altro che rimandarla. Ed ora lo aveva capito, ne era sicuro. Grazie a Perenelle. La sua intelligenza, che l’aveva tanto divertito, l’aveva portato nella fossa. O comunque vicino ad essa. Era per queste sue capacità che Aton l’aveva scelto tra tanti altri. L’intelligenza, la scaltrezza, l’essere sempre di un passo avanti agli altri, la sua condanna e maledizione, che aveva spaventato tanti uomini. I Medici, i Borgia, e molti altri avrebbero fatto carte false pur di avere i suoi consigli strategici dalla loro parte. Ma lui, in passato, nel profondo dell’anima, non aveva mai sopportato di avere padroni. Il suo animo orgoglioso si ribellava all'idea, e lui, divertito, lo lasciava fare. Fino a quel giorno, l’inizio della fine, che era rimasto impresso, marchiato a fuoco, nella sua memoria.

Niccolò Machiavelli camminava per le strade strette e buie della sua città. Era stata una lunga giornata di lavoro, e aveva fatto molto tardi. Di nuovo. E gli dispiaceva. Marietta non glielo avrebbe comunque perdonato, e forse nemmeno i suoi figli. Si promise di passare più tempo con loro. Trascurarli non era mai stato un suo desiderio, amava la sua famiglia come niente al mondo. E, per la prima volta, sentiva di avere bisogno di un po’ di tregua. Tregua. Dal lavoro, dalla Cancelleria, dalla diplomazia e dal suo ruolo di ambasciatore, anche se era un uomo che amava davvero il suo lavoro, e soffriva nell’ozio e nella monotonia. Si sentiva tremendamente in colpa. Stava accadendo troppo spesso. In un primo momento non si era accorto di quello che stava succedendo. Ma poi, una sera, aveva sentito Marietta piangere nella loro camera da letto. E allora aveva finalmente capito. Lui stava fuori città troppo spesso, come ambasciatore, in un mondo dove ogni parola sbagliata può uccidere, trattando questioni importantissime e delicate. Si era divertito a rischiare. Ma non poteva vederla piangere, non lei, e allora la diplomazia gli aveva rivelato tutto il suo lato effimero. Ripensò con amarezza ai giorni in cui avevano entrambi appena sfiorato i trent’anni, quando ancora tutte quelle preoccupazioni e tutta quella nostalgia da parte di sua moglie non esistevano. Accelerò il passo.

<< Niccolò Machiavelli.>>

L’uomo dai capelli neri si girò di scatto. Era sicuro di aver sentito qualcuno chiamarlo. Non vide nessuno. Un bagliore lo accecò per un istante, pensò che fossero delle carrozze illuminate , ma non sentì il rumore dei cavalli. Scrutò il buio, con il solito sguardo attento e concentrato. Un uomo emerse dall’oscurità.

Era alto, avvolto in un lungo mantello nero. La pelle sembrava essere scolpita nel bronzo, e gli occhi, di un nero sfavillante, risplendevano lucenti alla luce della torcia che teneva in mano. I lineamenti alteri non lasciavano trasparire l’età precisa dell’uomo. Ma era bellissimo. I capelli rossi scendevano in un'unica cascata, fin quasi a sfiorare le caviglie, e gli occhi, in contrasto con il colore della chioma, luccicavano di interesse, un interesse che a Machiavelli sembrò quasi malsano. Avrebbe voluto andarsene, forse correre via, ma rimase congelato, fino a quando l’individuo non parlò di nuovo.

<< Ho sentito parlare di te. E della tua abilità. >> parlò scandendo ogni parola. Per la prima volta in vita sua, Machiavelli non sapeva cosa dire. La voce del rosso era profonda e penetrava nell’anima. I suoi occhi lo scrutarono come quelli di un rapace che cerca di capire se la preda merita la sua attenzione o meno.

<< Che cosa vuoi? >> chiese Niccolò, facendo appello a tutto il coraggio che aveva, guardandolo ostile. Decise di abbandonare le formalità fin da subito, visto che l'altro aveva fatto lo stesso con lui.

<< Siete sempre così pieni di domande. Soprattutto tu, Principe, tu ti fai tante domande. Ma mi piaci. Perché trovi risposte.>>

Niccolò rimase interdetto. Si sentiva come se la testa gli si fosse riempita di nebbia. Principe?

<< Tu dici? Interessante. Ora, se vuoi scusarmi, ho persone più assennate che mi aspettano.>>

Machiavelli si stupì di esser riuscito a pronunciare una frase intera. Si chiese, confuso, se quei suoni fossero usciti davvero dalla sua bocca, ma ormai aveva raggiunto l’apice dell’irritazione. Basta giochetti. Marietta lo aspettava.

<< Un animo così indomito. Difficile da comprendere. Dimmi, signor Machiavelli…. Sei più furbo del tuo signore?>>

Machiavelli si voltò lentamente, piantando il suo sguardo grigio negli occhi dell’uomo. Cercò di riprendersi il controllo sulla sua testa pesante e sulla sua mente, si sentiva come se gliela avessero portata via. La svuotò da tutti quei dubbi, e diradò la nebbia. Non seppe che cosa lo indusse a rispondere. Forse sapeva che sarebbe stato l’unico modo per liberarsi di quell’individuo.

<< Si.>> bisbigliò.

<< Certo che si. So che Firenze non è priva di nemici. Sei più furbo di loro? >>

<< Si.>>

<< Sei più furbo di me? >>

<< Si.>> rispose Machiavelli, anche se qualcosa dentro di lui aveva sobbalzato a ogni parola pronunciata dal suo interlocutore. Era poi così sicuro della sua ultima risposta ?

L’uomo sorrise e batté le mani color bronzo.

<< E allora di che cosa hai paura?>>

Machiavelli rimase congelato al suo posto. Non sapeva cosa fare, non sapeva nemmeno come pensare. Non capì, e questo lo preoccupò seriamente. L’uomo aveva parlato come chi sa già la risposta alla sua domanda. Machiavelli si voltò di scatto e riprese il suo cammino a passo svelto, colto da un improvviso capogiro. Sentì l’uomo ridere dietro di lui. Di cosa aveva paura? Dei suoi avversari politici, dei Medici, dei sanguinari con cui doveva andare a esercitare tutta la sua abilità diplomatica? No. Non di loro. Marietta non sarebbe stata d'accordo con questo pensiero, lo sapeva. Ma forse... la morte non lo spaventava quanto l'idea di poter perdere lei e i bambini. Ebbe miracolosamente la forza di non sobbalzare, quando l'uomo parlò di nuovo. A Niccolò parve che le parole si formassero direttamente nel suo cervello.

<< sei una persona singolare, Niccolò Machiavelli. Sarai uno strumento prezioso.>>

Angolo autrice...
Ho scritto questa fic perchè sono molto affezionata a questa saga e speravo di trovare qui altri fan.
Non ho la minima idea, sinceramente, di come mi sia venuta questa breve storia, per questo sarei davvero molto felice se lasciaste una recensione : ) !!!
Avrei in mente un seguto, perchè non sono ben riuscita a trattenermi dal pensare a come potesse continuare, ma non so se valga davvero la pena di postare altri capitoli, anche perchè credo di dover mettere ordine ancora un po' le idee nella mia testolina : D per ora metto "completa", poi chissà....
Bhe, se siete arrivati fino a qui, credo voglia dire che avete letto, quindi grazie di cuore.
Non sono molto esperta, anzi, non lo sono per niente, quindi il vostro parere mi farebbe molto piacere!! ( anche le critiche sono ben accette, naturalmente : ) )
ciao
Porrima

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Capitolo 2
*** Billy the Kid-Cinque colpi di pistola. ***


Billy the Kid

Cinque colpi di pistola


Billy the Kid, tu sei un fuorilegge. La tua è una fama destinata a passare di bocca in bocca per tanto, tanto tempo. Lo dicono i libri, lo dicono i nonni ai nipoti, lo dice Wikipedia. Sei presente nella vita dei cittadini di tutto il mondo, e ne sei orgoglioso. È sufficiente digitare poche parole sulla tastiera di un computer per avere centinaia di risultati riguardanti la tua persona sotto gli occhi. Impossibile dimenticare William Bonney, il fuorilegge, il bandito, il ladro, il malfattore, l’assassino. Ricordi quando sei passato davanti a uno dei tanti banchi della fiera in una calda giornata di giugno, giunto lì per puro caso, accompagnato solo dal ticchettio dei tuoi stivali da cow boy. Allora facevi una visita al tuo luogo di nascita, lo stato di New York, il posto che fra tutti ti sta più a cuore.“Venite, gente! Fate una fantastica foto con Billy the Kid, il bandito senza scrupoli!” Ti sistemasti gli occhiali da sole sul naso, istintivamente, mentre una strana sensazione di disagio ti si insinuava dentro al petto.“Chi è quello, papà?” avevi sentito chiedere ad un bambino poco lontano da te e al settimo cielo per l’emozione." Davvero non lo sai? Billy the Kid, il famigerato e impietoso bandito"
“Un volgare malfattore senza morale.” aveva aggiunto una donna, con tono teatrale, un attimo prima di chinarsi sul bimbo e schioccargli un bacio sulla guancia.
“ Si dice che abbia ucciso tante persone quanti erano i suoi anni di età.”avevi sentito aggiungere, in tono sapiente, da quello che doveva essere il fratello maggiore, subito rimbeccato da uno sguardo accusatorio della madre. Evidentemente quest'ultima non voleva rischiare di spaventare troppo il bambino più piccolo.

Ora osservi la statua di cera che ti è davanti, fuorilegge; sono passati ben cinque anni da quel giorno, ma il tuo aspetto è rimasto lo stesso, come potrebbe non essere così? Ti sembra che anche la statua non sia cambiata, ti sembra che sia quasi identica ad allora. Forse ti ritrae di qualche anno più giovane. È così terribilmente simile a quella di quel giorno, a distinguerla solo qualche particolare, perfettamente trascurabile ai tuoi occhi. Anche le parole che vibrano nell’aria intorno a te sono rimaste le stesse. Sei ancora il volgare criminale senza scrupoli, Billy the Kid.
Stringi i pugni, con rabbia. Sai che per domani all’alba la statua di cera sarà trovata con cinque proiettili a sfigurargli la faccia, una bella statua rovinata per sempre, nessun bambino potrà mai più accomodarsi per fare una foto.


Mentre alzi la pistola nel cuore della notte, William Bonney, non sai se il tuo gesto sia dovuto al bisogno di mantenere l’anonimato o a qualche altro sentimento, e non te ne importa. È strano vedere i propri lineamenti scolpiti su qualcosa che non è il tuo corpo con tanta maestria. Quel volto è identico a come ti vede la gente, non puoi negarlo. Impassibile davanti ad ogni cosa, privo di sentimenti. Un giorno potresti diventare così anche tu. La verità è che quel viso ti fa paura, più di molte altre cose, sicuramente molto più pericolose di due occhi azzurri scolpiti nella cera.
Premi il grilletto, perché Billy the Kid non ha paura di niente.
Un colpo, due, tre. Basterebbero, se tu fossi disposto a fermarti. La tua mano è rigida, tu sai che non tremerà mai… non davanti a una dannata e falsa statua. Il silenziatore fa il suo dovere, ma tu immagini lo stesso i tuoni che dovrebbero squarciare l’aria quando parte il proiettile, con tetra soddisfazione.

Al quarto colpo il fumo sottile ti fa storcere il naso. Eppure ti senti libero, leggero, in pace. Ti senti di nuovo sereno come sempre, e sollevato.
Cinque. Come avevi stabilito. Sul tuo viso si apre improvvisamente un sorriso ironico e sfrontato. Da quando hai scambiato un primo sguardo con la statua non si è più dipinto sulle tue labbra. Esattamente sei ore e trentanove minuti prima. Troppo tempo con un'espressione pensierosa e inevitabilmente cupa, Billy, non è da te.


Fin da ragazzo hai sempre aprezzato l'astuzia, anche se delle volte portava ad azioni che superavano i confini tracciati dalla morale. La tua esistenza è sempre stata così. Sospesa tra Angeli e Demoni. Non hai mai ignorato i tuoi Angeli, ma nemmeno hai mai disprezzato i tuoi Demoni. Ma quel giorno sfigurare quegli occhi inespressivi che non hanno niente di simile ai tuoi era la tua unica necessità. Tu non sei solo un bandito, c’è molto di più in te, e ci è sempre stato. La gente si sbaglia, lo sai. Ti piace essere considerato una leggenda passata alla storia, ma sai di essere diverso da come credono. Diverso dagli Oscuri Signori, diverso da alcuni immortali, diverso da un assassino senza morale e senza anima.

Tu credi ancora nella vita umana, Billy the Kid, tu hai rispetto, sei capace di provare pietà.

Tu non avrai mai un cuore di cera, fuorilegge.



Angolino di Rima

torno a rompere con un'altra one-shot di questa saga...
questa volta il fortunato (?) è stato Billy the Kid, personaggio che mi è sempre piaciuto.
mio malgrado... la tentazione di scrivere qualcosa su questi personaggi in questo periodo è troppo forte
non so come mi sia venuta in mente una storia simile... ha qualcosa di...lievemente (?) patetico, lo so, ma l'ho pubblicata perchè
sarei davvero molto contenta di sapere cosa ne pensate, ovviamente anche le critiche sono più che gradite.
la verità è che questa one- shot è stata pubblicata perchè, un pochino, mi ci sono affezionata : D

E quindi... un graziespeciale a tutti quelli che hanno letto queste breve one- shot!!!
Ciao!!!
Rima N.


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Capitolo 3
*** John Dee- Sulla cima del mondo, mi fermerò. ***


John Dee

Sulla cima del mondo, mi fermerò.

 

Il dottor John Dee non era mai stato in grado di sentire la mancanza di una persona. Non l’aveva fatto secoli prima, quando era solo un ragazzo, un adolescente. Aveva scelto il suo destino senza guardarsi indietro, rendendo insoddisfatto suo padre iscrivendosi ad una colta scuola inglese, invece di prodigarsi nel mestiere che la sua famiglia aveva scelto per lui. Non aveva sentito la mancanza del padre quando era morto, o della madre, mentre era impegnato a studiare e ad accrescere la sua cultura. Per decenni, aveva fatto di tutto per non provare malinconia ripensando a Virginia Dare, ed era riuscito a superare anche quell’ostacolo. Perché John Dee era un uomo di ampie ed alte ambizioni, e non aveva tempo di guardarsi alle spalle. Il mondo era una meraviglia da scoprire, la vita stessa era un gioco. Chi arrivava prima, godeva di più privilegi. Chi arriva prima vince il gioco, e sulla terra esistevano persone che non sarebbero mai arrivate dove era arrivato lui. Alcuni segreti sarebbero rimasti tali al mondo intero, e su questo Dee non aveva niente da ridire. Segreti celati al mondo, forse, ma non a lui.  Perché Dee sognava in grande, e gli piaceva pensare che i suoi non fossero solo sogni, era arrivato al punto di definirli “certezze”.

<< Che cosa speri di diventare? Un intellettuale? Non sarai niente di quello che sogni di essere, e avrai solo perso tempo. >>

<< Lo vedrete, padre. Non sono come voi, e la vostra vita non fa per me. >>

Una risata di scherno. John stringe i pugni, e si riempie la testa di giuramenti tra se e se, per il suo futuro.

<< Ah, sì? Perché, sono troppo in basso per te? La mia ambizione è troppo arida? >>

<<  Esatto. >>

Prende un respiro.

<< Smetterete di guardarmi come se avessi il destino già segnato, come se non potessi fare altro, come se non potessi scegliere la mia vita!  Vi sorprenderò, non ho nessuna intenzione di rimanere inchiodato qui! >>

L’uomo serra la mascella. Quando parla di nuovo, la sua voce è come un sibilo.

<< Non mi renderai comunque fiero di te. >>

<< Allora renderò fiero me stesso. >>

Davvero suo padre pensava di convincerlo con quelle parole?

<< John… >> l’uomo lo guarda negli occhi, un avvertimento preoccupato si nasconde nell’espressione impassibile.

<< Non ne avrai mai abbastanza, di conoscenza…. E ti metterai nei guai.  >>

<< Forse… >> inizia il giovane, abbassando lo sguardo e riducendo la voce a un sussurro. Poi, spinto dall’orgoglio e dalla determinazione, rialza la testa di scatto.

<< Forse è quello che voglio! >>

Che cosa avrebbe detto il suo vecchio se avesse saputo che suo figlio era arrivato al punto di sconfiggere la morte, e aveva passato già diverse vite su questa Terra?

L’ambizione, l’arroganza, la presunzione erano profondamente radicati nel suo essere. Sapeva di avere qualcosa di più rispetto agli altri, era speciale, e lo sarebbe diventato sempre di più. La voglia di essere superiore a tutti, e la soddisfazione di riuscirci, lo avevano spinto ad incrementare dentro il suo animo un insaziabile desiderio di conoscenza e potere. La sua determinazione era infinita, perché alla fine, quando vivi per l’eternità, devi trovare qualcosa per cui vale la pena vivere, e per lui poter vedere dall’alto tutto ciò che gli era inferiore era più che sufficiente.

No, John Dee non era mai stato in grado di sentire la mancanza di una persona, perché sapeva pensare solo a se stesso. Era egocentrico, egoista, superbo, ma  non se ne vergognava, sapeva che la sua arroganza l’avrebbe portato esattamente dove voleva arrivare. In cima ad un mondo ospite di una civiltà che non lo avrebbe mai superato.

Nella sua vita non c’era posto per la pietà. Serviva i suoi padroni con devozione e ambizione, e non aveva fatto fatica a scrollarsi di dosso tutti gli scrupoli che fanno parte della natura umana. John Dee era stato umano, ma adesso era qualcosa di più. La pietà impone limiti, Dee non ne aveva e non avrebbe mai voluto averli. Perché la pietà, per i suoi gusti, si guardava troppo alle spalle, e troppe volte distoglieva lo sguardo da quello che davvero contava, il traguardo finale. La vita era un gioco, e se non si gioca bene, si arriva ultimi. Se non si punta a vincere, il gioco perde il suo senso.

John Dee ne era convinto da quando era ragazzo, e allora molte persone ancora dubitavano delle sue capacità. Non sarebbe mai più successo, perché lui aveva dimostrato al mondo quanto valeva, ed era pronto a rifarlo.

Per questo non capiva Machiavelli, che diceva di sentirsi umano e di “ non aver mai dimenticato le sue radici”.  Per quanto potesse essere fuori dal comune, l’italiano era proprio come tutti gli altri. Perché sentirsi umani quando si poteva essere qualcosa al di là di ogni immaginazione? Che cosa ci trovava negli homines di così speciale?

<< Gli homines sono destinati a lasciare il posto ad esseri più potenti di loro, a quelle esistenze che hanno sempre ignorato, che non hanno mai saputo scoprire. Stiamo giocando una partita dove si perde tutto o si vince tutto. E loro non vinceranno mai. Saranno distrutti dalla loro stessa umanità. >>

Machiavelli inclina leggermente la testa, impassibile.

<< Perdere è facile. Vincere non è poi così difficile. Saper perdere, saper lottare, questo è davvero lodevole. Non pensi, dottore? >>

<< La sconfitta è per i deboli. >>

<< Per i deboli o per i pietosi, dottore?  >>

<< Non c’è differenza. >>

John Dee sente bruciare la rabbia dentro il petto, i suoi occhi incendiano il ghigno divertito di Niccolò Machiavelli. La sua aura divampa per un istante, spargendo nell’aria il fetore di uova marce.

<< Che hai da ridere? >>

<< Nessuno ha ancora detto che non si può ridere davanti a situazioni potenzialmente tragiche, John. >>

Il Mago rimane in silenzio, stringe i pugni, a dir poco infastidito, mentre per l’ennesima volta si ritrova a pensare a quanto sia irritante e insopportabile quell’uomo che parla sempre per enigmi. Ma niente di quello che l’italiano ha da dirgli gli importerà mai, in fin dei conti.

John Dee sapeva vedere ben oltre ciò che era visibile. Era anche un idealista, tra le altre cose. Lo era sempre stato, e aveva deciso di impegnarsi più di ogni altro per dimostrare il proprio valore nel momento in cui aveva capito che in molti ridevano dei suoi sogni, dei sogni che all’inizio non erano stati nemmeno molto ambiziosi.

Era come se quel ragazzo apparentemente come tutti gli altri avesse già sentito il peso del futuro che lo aspettava, fin dai quindici anni. Era vero, John Dee era diventato superbo, arrogante, tremendamente ambizioso e di un egoismo radicato, o forse lo era sempre stato. Tutte qualità che la gente considerava profondamente negative e malsane. Alla fine, però, John Dee, il mago, il negromante, sarebbe arrivato più in alto di tutti loro. Questo suo spirito così fuori da ogni schema lo aveva portato agli Oscuri Signori, alla magia, al potere.

E, tempo addietro, lo aveva portato anche davanti  ad un portone di una via parigina, dove tutto era iniziato, e i suoi sogni si erano realizzati.

<<  Nicholas Flamel?  >>

L’uomo gli sorride, benevolo.

<< Sì, sono io. Che cosa posso fare per voi?  >>

John Dee chiuse gli occhi per un istante. Tutto era partito da quel portone, quando ancora il mago non era nessuno. Aveva riesaminato per una vita intera, per diverse vite in realtà, i suoi ricordi, per trovare qualcosa che gli fosse utile a catturare Flamel. Dee era stato capace di fare tutto. Tranne sconfiggere l’ Alchimista. E questo non riusciva ad accettarlo, perché, in fondo al cuore, temeva che suo padre avesse sempre avuto ragione. Tutti hanno paura, non è così? Persino gli Oscuri Signori. La paura, un nemico che Dee non poteva distruggere.

<< Vorrei diventare vostro allievo, signore. >>

Si guardano negli occhi per alcuni istanti, l’azzurro chiarissimo trafigge il grigio pietra. Poi, il corpo magro dell’Alchimista si fa leggermente da parte.

<< Qual è il vostro nome? >>

<< John Dee. >>

<< Entrate. >>

 

Angolino di Rima

Eccomi di nuovo a rompere, miei cari “ due o forse tre” fans di questa saga! Per prima cosa, mi scuso per il titolo, ogni volta trovarne uno adatto e decente è una battaglia senza speranza di successo.

Per tanto tempo sono rimasta incerta se continuare o no la raccolta.  Ora mi sono finalmente decisa * suonano le trombe* ed ecco a voi… John Dee! Questo personaggio è stato forse anche più difficile da mettere su carta di Billy The Kid o Machiavelli,  forse perché non è il mio personaggio preferito. Comunque, volevo scrivere assolutamente qualcosa su di lui, anche se ho cambiato o aggiunto pezzi di storia almeno quaranta volte! (quindi sarò grata in eterno a chi mi farà sapere come sono andata con questa One shot : D)

La voglia di scrivere su questa saga è davvero tanta, ma ho deciso che questa piccolissima raccolta finisce qui. Le altre storie ( perché non ce la faccio a non scriverle : D ), le pubblicherò a parte. Un altro titolo per Eternità potrebbe essere “ antagonisti che hanno affascinato di più Porrima “, per questo ha solo tre capitoli.

Grazie a chi avrà voglia di recensire, o chi semplicemente leggerà questa storia ( lo so, lo dico sempre) !

Ciao!

Rima ; )

 

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