Quello che non sarà mai

di Meme06
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vita... che seccatura! ***
Capitolo 2: *** Libertà ***
Capitolo 3: *** Legami strani... parenti ***
Capitolo 4: *** Momenti di solitudine ***
Capitolo 5: *** Battaglie, reali e mentali ***
Capitolo 6: *** Diventare amici... meglio provare ad uccidere Godzilla! ***
Capitolo 7: *** Un mistero svelato... ma non era un mistero ***
Capitolo 8: *** La felicità non dura mai... pensieri concretizzati ***
Capitolo 9: *** Salvataggio... l'umanità - in parte - di Amu ***
Capitolo 10: *** Alzare un po' il gomito ***
Capitolo 11: *** Unione nella luce ***
Capitolo 12: *** Le paure dei forti ***
Capitolo 13: *** Little by little ***
Capitolo 14: *** Fear me ***
Capitolo 15: *** Scontro all'ultimo colpo ***
Capitolo 16: *** Catene ***
Capitolo 17: *** La fine della battaglia ***
Capitolo 18: *** Tra amici ***
Capitolo 19: *** Sconfitta bruciante... ***
Capitolo 20: *** Non ci credi, vero? ***
Capitolo 21: *** Pieni di sangue e di dubbi ***
Capitolo 22: *** Pioggia ***
Capitolo 23: *** Enigmi ***



Capitolo 1
*** Vita... che seccatura! ***


- Ricorda sempre qual'è il tuo vero compito… - le stesse parole. Ripetute ogni giorno. L'unica cosa che le sapeva dire. L'unica cosa che sapeva dimostrarle.

La bambina abbassò gli occhi a fissare il pavimento e annuì. - Non dovrai mai piangere…

Sempre le stesse.

Annuì di nuovo mentre si allontanava da lei rinchiudendosi nella solita stanza.

La bambina si portò una mano al petto. Nonostante non fosse un dolore fisico faceva male. Terribilmente. Ingoiò le lacrime che premevano per uscire dai suoi occhi. Doveva obbedire. Senza dire nulla. Senza ribattere. tanto non sarebbe servito. Per questo se ne stava in silenzio e annuiva. Ascoltava… e annuiva. Obbediente e meccanica.


Era da un po' che Amu si chiedeva che diavolo erano quelle strane uova colorate trovate quella mattina stessa nel suo letto. All'inizio pensò che fosse uno scherzo da parte di suo fratello. Zenko. Poi si era ricreduta, visto che stava ancora dormendo. Constatando anche il fatto che non era Pasqua pensò che ci fosse davvero qualcosa di strano e bizzarro. Nonostante ciò, presa la solita colazione - pane e marmellata - si diresse a scuola. O meglio, quella che ora sarebbe stata sua. Si erano trasferiti da poco e il primo giorno di scuola trasmette sempre un misto di ansia e angoscia. Compagni nuovi. Classe nuova. Professori nuovi. Per non parlare del fatto che era in terza media e che ricominciare da capo proprio il suo ultimo anno non era una cosa che la allettava parecchio.

Il grande cancello della scuola era aperto e il viale brulicava di studenti che chiacchieravano allegramente in gruppo. Amu si guardò intorno prima di attraversare il cancello e dirigersi poi all'entrata dell'edificio. La sua classe era la 3a F o almeno così le era stato detto. Sezione Stella.

Bene, bene. Terzo piano. Ah, che belle rampe di scale che le sarebbe toccato fare ogni mattina da adesso. Magari le sarebbe pure servito per fare della ginnastica extra.Sorrise al suo pensiero leggermente comico, per poi dirigersi verso la classe.

Sospirò. L'insegnante era già fuori dalla porta ad aspettarla per presentarla a tutta la classe. Che entusiasmo. Badate che è sarcasmo.

Si avviò verso la donna che solo ora l'aveva notata, per poi sorriderle ed invitarla ad entrare con un cenno del capo. Dentro di sé, Amu, tirò un bel respiro profondo, pronta per affrontare anche Godzilla. Nonostante già sapesse che lì dentro non c'era un simpatico lucertolone ad attenderla. Bensì ragazzi della sua stessa età pronti a guardarla, sfotterla e giudicarla. Si, forse qualcuno sarebbe stato disposto a fare amicizia con lei. Fatto sta che tutto questo era decisamente peggio.

Entrò nell'aula scortata dalla prof. Ebbene cara mia… si disse sospirando leggermente, in modo che nessuno se ne sarebbe accorto. Lei non era tipo che si faceva problemi a dire la proprio o comunque ad essere se stessa. Il suo unico problema era l'ansia che aveva ereditato. E quando si ritrovava davanti a tante persone si bloccava e rimaneva come un pesce lesso.

- Ragazzi questa è Hinamori Amu. la vostra nuova compagna di classe. - la presentò la prof.

Tutti la fissarono. Deglutì rumorosamente prima di dire una sola parola che avrebbe segnato il suo anno di scuola per sempre.

- Piacere. - e basta. Sguardo torvo. Nessun sorriso. Ferma, decisa. O almeno così sembrava. Agli occhi degli altri.

Tutti la guardarono straniti. Non proprio tutti. In fondo. Un ragazzo e una ragazza la fissavano con un sorriso curioso in volto. Gemelli. Probabilmente.

Entrambi capelli lunghi e viola. Entrambi occhi grandi e nocciola.

Sembravano simpatici a vederli. Ma lei non poteva. No.

- Puoi sederti là. - le indicò un banco vuoto vicino ad una ragazza dai capelli rossi, raccolti in due lunghe trecce con nastri verdi.

Quella la fissò, giusto il tempo per lanciarle uno sguardo che mostrava superiorità. Amu non vi badò, sedendosi tranquillamente, pronta a seguire la lezione.

Nonostante facesse di tutto per non badarvi - in primo luogo non credendo che ciò fosse possibile - ogni tanto sentiva qualche colpetto che le trasmetteva la borsa con quelle strane uova colorate dentro. Forse era stata una pazzia del momento quella di infilarle in borsa e portarle a scuola. Fatto stava che a casa non avrebbe potuto comunque lasciarle. Sua madre le avrebbe potute trovare e magari involontariamente rotte. Cosa che, nonostante non avesse ancora capito cosa fossero, non le sarebbe andata a genio. Questo lo sapeva. Anche se non capiva perché.

Il primo giorno passò presto e nonostante non avesse attaccato bottone con nessuno, la cosa più importante era che era riuscita ad uscire senza essere disturbata da nessuno.

Mentre si dirigeva verso il cancello quattro ragazzi - tra cui due erano i gemelli che stavano in classe con lei - si avvicinavano con fare maestoso, ma non esprimevano antipatia, bensì un'insolita e alquanto ilare superiorità. Dovuta soprattutto alle mantelline in tinta con la divisa che indossavano. In una parola? Orribili.

- Chi diavolo sono quei fenomeni da baraccone? - chiese sussurrandolo a sé stessa.

- Come non lo sai? - e dire che lei sperava di non essere stata sentita.

Si girò, trovandosi la ragazza dai capelli rossa che le sedeva vicino in classe.

- A quanto pare. - rispose senza darle troppa soddisfazione, facilmente conquistabile con i nuovi arrivati.

- Loro sono i Guardiani. Ovvero coloro che si occupano di risolvere i problemi degli studenti o delle classi semplicemente. - le spiegò. - Sono Il King's Chair Soma Kukai. La Queen's Chair Yamato Nadeshiko. Suo fratello gemello Yamato Nagihiko, Jack's Chair e Saitou Ami, Ice Chair. E ora dimmi… Non trovi che Soma-kun sia figo?

- Eh? - fece fissando il ragazzo dai capelli castani e gli occhi smeraldo. Si, senza dubbio era carino. Poteva anche avere ragione quella lì sul fatto che fosse un gran bel ragazzo. Ma non lo avrebbe mai ammesso con una come quella a fianco. - Tu di sicuro lo pensi.

Rispose. Quelle fece una faccia abbastanza stranita. Per poi fare spallucce e dileguarsi.

Amu sbuffò. E dire che quella ci andava in classe! Mamma mia…

La borsa si mosse di nuovo. maledizione, ci facevano a posta o cosa a muoversi nei momenti meno opportuni?

Accidenti, la borsa si stava per aprire. Con la mano tentò di frenare quel dannato ovetto. Iniziava veramente a preoccuparsi.

Mentre lei si dava da fare come una matta per tenere fermo quel coso sentì una mano posarsi sulla sua spalla.

Si voltò sorpresa e leggermente infastidita. Toccarla non era una cosa che andava fatta. La infastidiva.

Davanti a lei, quel ragazzo che aveva chiamato Kukai, ora la stava guardando stupito.

- Non mi dirai che tu…

Amu non ebbe il tempo di pensare che prese il polso del ragazzo e lo tolse dalla sua spalla facendo una smorfia di fastidio.

- Io cosa? Non rompermi le scatole, senpai… - mormorò per poi girare i tacchi e andarsene.

Che bella figura e dire che la cosa non era stata neanche volontaria. Non ci aveva pensato. L'unica cosa che le era passata per la mente era stato un ricordo. Terribile. Per questo aveva reagito così. Nonostante la considerasse un'inutile scusa, visto e considerato che quel ragazzo di certo le avrebbe pensate tutte meno quella.

Stava tornando a casa. La testa fra le nuvole. I pensieri che guidavano il suo corpo. I piedi si muovevano da soli, conoscevano la strada. O almeno credevano di conoscerla, visto e considerato il fatto che in meno di dieci minuti già non riconosceva il luogo in cui si trovava.

Si guardò intorno smarrita, imprecando contro sé stessa per la sua sbadataggine e per non avere neanche un poco di senso dell'orientamento.

Ma tanto era ovvio. Solo lei era la calamita giusta per certe sfortune.

Dunque, era venuta di sicuro dal posto cui ora stava dando le spalle. Tornare indietro poteva essere una soluzione. Detto fatto, fece dietro front e iniziò a camminare, stavolta guardandosi bene intorno per memorizzare la strada.

- Dunque… ehm… - iniziò a biascicare confusa. - Non riconosco un cazzo!

Sbottò d'un tratto rossa di rabbia e anche di vergogna per aver fatto ricadere l'attenzione dei passanti su di lei.

Iniziò a camminare, convinta che prima o poi qualcosa avrebbe riconosciuto.

O almeno così sperava, perché non appena svoltò l'angolo si ritrovò all'inizio di un vicolo cieco.

- Ma allora ci fate apposta!! - esclamò rabbiosa.

- E tu saresti Amu, giusto? - una voce alle sue spalle la fece girare all'improvviso. Fissandolo duramente. Era un ragazzo. Molto più grande di lei all'apparenza. Aveva dei particolari capelli blu notte. E gli occhi di un meraviglioso viola. Profondi e cupi. Si ritrovò in quegli occhi. Sembravano narrarle il suo passato. Scacciò subito quel pensiero. Al di là di ciò, quello che contava era il fatto che davanti a lei c'era un tizio che non ispirava molta fiducia e ancor meno simpatia. - Non ti avrei fatto così piccola… Visto quello che possiedi. Davvero hai sogni così grandi?

Di che diavolo stava parlando? E come faceva poi a parlarle come se la conoscesse?

- Che diavolo vuoi? Forse non l'hai notato, ma sono impegnata a tornare a casa. - disse acida provando a superarlo. Azione che lui non le permise di fare prendendola per un braccio e gettandola contro il muro alle sue spalle. - Che accidenti…?

- Dove le tieni?

- Che cosa?

- Le uova. O meglio… i tuoi Shugo Chara.

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Capitolo 2
*** Libertà ***


Un ceffone le arrivò in pieno viso. Facendole uscire qualche lacrima a tradimento sul volto. Le sembrò infinito il tempo in cui quelle poche gocce salate percorsero tutta la sua guancia. Per poi cadere a terra.

- Ti avevo detto che non devi piangere! - esclamò di nuovo per poi schiaffeggiarla più forte sull'altra guancia.


- Shugo che? - domandò confusa la ragazza.

- Non fare la finta tonta che sei solo ridicola. - continuò quello. Cosa voleva da lei ancora non lo aveva capito con chiarezza. Insomma, chi è il malato mentale che ti viene lì a chiedere le tue uova colorate? Solo uno strambo come quel tipo.

- Sei tu il ridicolo qui. Mi stai davvero minacciando per darti delle uova di Pasqua? - gli domandò con gli occhi spalancati e il tono di voce che esprimeva derisione.

- Uova di Pasqua? Sciocca mocciosetta, non fare la furba con me… - continuò il ragazzo, sordo come un mulo, mentre le si avvicinava sempre di più.

Amu si mise in guardia, non si possono mai prevedere le mosse di uno che hai appena conosciuto e che sembra avere le scimmie ballerine al posto del cervello.

- Vuoi le mie uova? Va bene, tanto sai che me ne faccio di certi giocattoli che non so neanche a cosa servono… - disse con noncuranza, aprendo la borsa e tirando fuori tre uova di tre colori diversi e decorati in modo molto particolare con i semi delle carte da gioco. Cuori, picche e fiori.

Il ragazzo rimase sorpreso da quella mossa che probabilmente non si aspettava. Nonostante questo non poté fare a meno di sorridere soddisfatto e porgere la mano sinistra.

- Beh, dopo questo credo davvero che tu non abbia la minima idea di ciò che stai per fare… Ma poco importa, considerando che va tutto a mio vantaggio. - disse con un ghigno.

Amu aveva l'espressione neutra. In fin dei conti a lei che importava se si sbarazzava di quelle cianfrusaglie? Improvvisamente pensò che prima si erano mosse, nella sua cartella. Che stesse facendo una sciocchezza a consegnarle nelle mani di quel ragazzo? Di quello sconosciuto che non sembrava affatto avere buone intenzioni? Pensava… ma le mani erano sempre più vicine e stavano per sfiorare le uova. Mille emozioni la stavano attraversando improvvisamente. Quegli affari tutti colorati erano inutili… e allora perché lei li sentiva come di sua proprietà? Come se avessero un legame speciale con lei? Ma cosa andava dicendo? Non doveva pensarci e basta. Dopotutto certe cose si trovavano in ogni singolo negozio nei dintorni. Sembravano quasi oggetti da manga e anime per cui le Otaku facevano la fila per poterli comprare.

Improvvisamente le uova le vennero tolte di mano, ma non dal ragazzo dai capelli blu, bensì da uno che, nonostante avesse visto una volta, ricordava benissimo.

- Soma-kun? - domandò stranita fissando il ragazzo che stava reggendo quegli aggeggi come fossero gioielli da un estremo valore. - Che ci fai qui?

- Beh… diciamo che come guardiano è mio compito aiutare gli studenti in difficoltà.

Amu alzò un sopracciglio e lo guardo con la faccia di una che si aspettava tutto meno una risposta così banale.

- Me la so cavare benissimo da sola! - esclamò scontrosa.

Kukai si voltò a guardarla. Il volto serio non tradiva neanche un cenno di sarcasmo. Sembrava come arrabbiato. Con lei.

- Da quello che stavi per fare non si direbbe. - le disse mentre Amu non sapeva se arrabbiarsi oppure fare spallucce e andarsene da quella situazione assurda.

- Ehm… scusate se interrompo la vostra discussione, ma io sono ancora qua. - disse il ragazzo con fare canzonatorio, guardando quei due ragazzini litigare.

- Non l'ho affatto dimenticato. - disse Kukai guardandolo mentre si metteva di fronte ad Amu. Le restituì le uova, sicuro che sarebbe finita in combattimento. - Tienitele strette.

Lei non fece in tempo ad annuire che il ragazzo gridò una frase strana.

- Che cosa ha detto? Chancha Chein? - fece prima di vedere come i due aveva iniziato a scontrarsi.

Il ragazzo dai capelli blu aveva ora qualcosa di strano.

- Perché cacchio ha le orecchie e la coda da gatto?! - esclamò quasi sconvolta. Gli occhi due 'o' perfette. - Si muovono… che siano davvero le sue?

- Amu, scappa! - le gridò il King's Chair.

- E dove vuoi che vada? Non so nemmeno dove siamo! - esclamò a sua volta la ragazza per poi sbuffare e guardare l'ora sul display del suo cellulare grigio metallizzato.

Kukai e il ragazzo si battevano come se avessero in gioco la loro stessa vita. La ragazza non poteva far altro che scoppiare a ridere dentro di sé per la banalità della situazione.

- Che idioti… - guardò le uova. - Cos'avranno di così speciale questi cosi?

- Non siamo cosi…

- Ah? l'uovo… ha parlato.

Okay. Questa era proprio bella! Cos'erano, i sensi di colpa? Beh, considerando il fatto che le uova non parlano dovevano essere quelli.

- Certo che parlo!

L'uovo rosa e nero si mosse, facendo sobbalzare la nostra povera Amu. Quello poi si alzò a mezz'aria, all'altezza della sua faccia. Amu lo guardava con il viso che esprimeva l'incomprensione e l'incredulità più totali.

- Ma cos…

Prima che potesse continuare l'uovo si schiuse e ne uscì un esserino che di certo era tutto meno che umano.

- Che diavolo è 'sta cosa adesso?! - esclamò punzecchiandolo con il dito.

- Ehi! Un po' di rispetto! Io sono Ran e sono il tuo Shugo Chara. - si presentò l'esserino che sembrava essere la reincarnazione del rosa. A parte il cuore nero attaccato al cappellino con la visiera, rosa.

- Il mio cosa? - domandò Amu. - E cosa saresti?

- Ti sembra il momento adatto per le spiegazioni?! - esclamò allora Ran. - Quei due stanno combattendo!

- E allora? - domandò calma.

- E me lo chiedi? Dobbiamo intervenire!!! - disse tutta agitata.

Amu fece spallucce guardando verso i due. Sembrava che Kukai stesse avendo la peggio. Il suo viso e i graffi parlavano chiaro. Ma a lei non interessava.

- Non è affar mio. Per quel che m'importa possono anche scuoiarsi a vicenda. - disse tranquilla. Perché quel coso se ne preoccupava tanto?

L'affarino ci restò abbastanza male, ma nonostante questo non perse le speranze. Insistendo. Mossa sbagliata. Mai insistere con Amu. Alla ragazza bastò colpirla abbastanza forte con un dito sulla fronte, per farla allontanare da lei di qualche passo.

- Non hai capito? - le disse. Gli occhi cattivi, le labbra dritte. Neanche la rabbia sembrava provare in quel momento per quanto era neutra. - Non m'interessa.

- E allora perché sei ancora qui?

- Quel ragazzo mi ha seguita, posso sperare nel fatto che si ricordi la strada, almeno potrò tornare a casa. Inizio ad avere fame. - disse semplicemente.

Ran sembrava sconvolta dalla calma della sua portatrice. Abbassò il capo e dopo aver mormorato un 'come vuoi tu' ritornò nel suo uovo.

- Ahh, basta… mi sono stancato. - disse d'un tratto il ragazzo dai capelli blu, dando un ultimo calcio al corpo del ragazzo ormai a terra. Poi guardò verso Amu, la quale oltre all'indifferenza non gli trasmesse altro. - Ci vediamo piccola Amu!

Detto questo, con grandi balzi se ne andò. Degno di un gatto. La ragazza sbuffò mentre si avvicinava a Kukai. Il quale si stava già rimettendo in piedi.

Quasi controvoglia Amu gli porse la mano come per aiutarlo. Il ragazzo gliela schiaffeggiò alzandosi in piedi da solo.

- Lascia stare. - disse freddo. In quel momento lo notò. Dietro di lui. Lo stava seguendo qualcosa.

Preferì pensare che fosse frutto della sua immaginazione.

- Sapresti tornare a scuola? - gli chiese Amu.

- Si, perché?

- Mi sono persa, se mi porti a scuola almeno potrei orientarmi verso casa mia. - rispose.

Kukai annuì mentre tirava fuori un fazzoletto e si tamponava una ferita formata da tre graffi sul viso.

- Dai, vieni. - disse poi.

La ragazza lo seguì per un bel pezzo. Non le era sembrato di aver fatto tanta strada. Doveva proprio essere soprappensiero.

- Beh, ci si vede. - disse Kukai per poi dirigersi verso una strana struttura che aveva tutta l'aria di essere una serra.

Amu si voltò e tornò a casa. Lei era così. Non riusciva a portare una maschera. Era stata cresciuta con determinate regole. Regole che non poteva trasgredire. E una di queste parlava chiaro: Mai farsi amici.


Chiuse un attimo gli occhi per poi riaprirli e fissare il soffitto rosa pallido della sua stanza. Sua madre aveva pensato bene di fare le solite stronzate che fanno tanti genitori. Alla femmina il rosa e al maschio il blu. Di conseguenza, lei e suo fratello, si erano ritrovati: uno con la camera tutta sul blu e una con la camera tutta sul rosa.

In una parola? Terribile. A Zenko stava bene questo, ma a lei no. La sua stanza era troppo femminile. Per non parlare dei regali da parte dei parenti. Aveva un cassetto pieno di gonne che non metteva e un altro pieno di trucchi che non usava. Inutili cianfrusaglie. Solo perché era una femmina e aveva quel dannato colore di capelli - per l'appunto rosa - non significava mica che doveva essere l'incarnazione della femminilità. Già poi la scuola era contro di lei, facendole portare quella gonna striminzita. Purtroppo era contro le regole abbassare o alzare la gonna. L'unica cosa che finora non le avevano rimproverato era come aveva leggermente modificato la divisa scolastica, aggiungendovi accessori di cui non si sarebbe mai stancata. Una cintura con le borchie ad esempio. Anche per questo a volte veniva scambiata per una teppista, visto che la maggior parte dei liceali o degli studenti delle medie - come lei - che modificavano la divisa erano così. Sbuffò ripensando a quante rotture aveva subito per questo suo atteggiamento. Il fatto era che lei non poteva sopportare di essere - anche solo nel vestito - uguale agli altri. Lei era diversa. Diversa.

- Già… - mormorò voltandosi verso la sveglia sopra il comodino, dove accanto c'erano le sue tre uova. Dopo ieri Ran non si era più mostrata. - Mh? Sono già le dieci? Fortuna che è domenica.

Si alzò dal letto. Nonostante fosse ancora stanca non aveva affatto voglia di passare tutta la giornata a letto. Quindi meglio andarsi a fare un giro da qualche parte.

Si stiracchiò per bene e aprì l'armadio. Tirò fuori jeans e felpa neri per poi farsi una coda alta e scendere al piano di sotto.

- 'Giorno Amu! - la salutò felicemente un ragazzo dai capelli neri e gli occhi gialli.

- Buongiorno a te, Nii-san! - disse la ragazza sedendosi e facendo colazione.

- Vai da qualche parte? - le chiese notando che era vestita.

- Vado a fare quattro passi… giusto per sgranchirmi le gambe. - rispose portandosi alla bocca un cucchiaio di latte e cereali.

- Ah… Beh, lo sai chi arriverà oggi, no? - domandò il ragazzo enigmatico.

- Ah?

- Tua cugina sarà qui per il pomeriggio, non vorrai farla aspettare. Non vede l'ora di vederti.

Amu lo guardò a lungo, per poi annuire e avvicinarsi alla porta. Infilò le scarpe da tennis e dopo un breve 'ci vediamo' uscì.

- Mia cugina, ah? - si chiese mentre iniziava a camminare.

- Chi è tua cugina?

Istintivamente si voltò, nonostante la voce proveniva dalla sua spalla. Dalla sua spalla?

- E tu che ci fai qui? - domandò arrabbiata la ragazza. Ritrovandosi quell'affarino rosa davanti agli occhi. - Perché mi stai seguendo?

- Mi dispiace, ma non me ne posso andare. - le disse sorridendo. Cosa che stupì Amu. - Io sono il tuo Shugo Chara, devo restare con te.

- Mi spieghi una volta per tutte che diavolo significa Shugo Chara?

- Significa 'spirito guardiano'.

- Cioè… saresti una specie di angelo custode? - le chiese confusa.

- Ehm… veramente non è proprio così. Io sono ciò che tu vuoi diventare. Sono una personalità che desideri. Un desiderio che hai espresso in segreto. Nonostante non lo hai chiesto lo hai desiderato talmente forte che alla fine è nato.

- E che desiderio saresti? - domandò ancora più scocciata e leggermente sarcastica. Alzando un sopracciglio e incrociando le braccia.

- Il tuo desiderio di essere libera.

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Capitolo 3
*** Legami strani... parenti ***


Il suo desiderio di essere libera. Non aveva mai pensato che si potesse avverare. Lei era incastrata. La libertà era un concetto estraneo alla sua mene. Come i sentimenti lo erano al suo cuore. Reprimere. Cancellare. Eliminare. Questi erano i suoi veri compiti.

- Lo devi desiderare da molto per far nascere uno Shugo Chara. - commento sempre quell'affarino.

- Mmh… forse. - fu la sua risposta, prima di continuare a camminare. Se le persone attorno avessero notato che stava parlando da sola l'avrebbero presa per pazza. L'ultima cosa che in quel momento avrebbe voluto.

- Dunque, Amu Hinamori, giusto? - disse una voce da dietro di lei.

Si voltò incuriosita da chi le stesse rivolgendo la parola. Non capitava spesso. La sua faccia stupita divenne arrabbiata.

- Che diavolo vuoi, tu? - gli chiese arrabbiata incrociando le braccia.

- Calma, non voglio combattere. - la tranquillizzò il ragazzo alzando le mani e chiudendo gli occhi un attimo, un leggero sorriso a increspargli le labbra.

- E allora cosa vuoi? Non mi pare che abbiamo molto da dirci… - commentò Amu guardandolo con diffidenza.

Lui le si avvicinò di qualche passo. Per poi arrivargli con il viso ad un palmo dal suo volto. Amu non fece una piega.

- Oh, andiamo, non fare quella faccia… - disse il ragazzo fintamente deluso. - In quel modo non mi diverto.

Lei posò le mani sulle sue spalle, per poi spingerlo via.

- Visto che ti diverti tanto, almeno dimmi come ti chiami. - disse poi incrociando nuovamente le braccia.

- Come vuoi… Mi chiamo Ikuto. Tsukiyomi Ikuto. - rispose.

- Tsukiyomi… - mormorò lei. - Beh, credo sia inutile per me presentarmi.

Il ragazzo annuì.

- Che ci fai da queste parti?

- Passeggio. - fu la sua risposta evasiva.

- A vuoto?

- Ti crea forse problemi?

- Ti do così tanto fastidio da meritare questo tuo atteggiamento? - le domandò poi facendosi per un attimo serio.

Amu sgranò leggermente gli occhi per poi guardare verso di lui. Effettivamente non aveva torto. Ma non poteva farsi condizionare dalle sue parole. Lei si comportava come le pareva. E poi c'era un motivo ben preciso… che non poteva certo rivelargli!

- Devo scusarmi?

Ikuto sorrise.

- Non sarebbe affatto male.

- Senti Tsukiyomi… -kun… Tsukiyomi-kun, perché devi rompermi le scat… - un dito posato sulle sue labbra frenò la corsa di parole che stava gettando fuori dalla sua bocca.

- Ikuto. - disse togliendo il dito.

- Ah? - fece lei stranita.

- Tsukiyomi-kun è troppo formale! Sembra quasi che tu voglia davvero portarmi rispetto. - spiegò. - Ikuto è più che sufficiente, Amu.

La ragazza per un attimo rimase stupita, poi incrociò le braccia.

- Okay, ma chi ti ha detto che tu puoi chiamarmi con il mio nome?

- Il fatto che io te l'ho permesso per primo. - disse con un sorriso abbastanza strano.

Amu digrignò i denti. Quel ragazzo riusciva a farle perdere la calma. Ma lei non era fatta così, non si lasciava sopraffare così facilmente.

Tirò un lungo e profondo respiro. Calmandosi.

- Andiamo da qualche parte? - domandò d'un tratto Ikuto.

- Prego?

- Sei uscita per restare in piedi fuori da casa tua?

- Di certo non sono uscita per stare con te. - ribatté convinta per poi guardarlo di sottecchi con aria diffidente.

- Oh andiamo, non sono mica un cattivo ragazzo! - le disse quasi a lamentarsi.

Ma che diavolo voleva? Prima faceva tutto lo sbruffone e adesso le chiedeva di passeggiare allegramente insieme?

- Ehm… forse non ci siamo capiti… - disse Amu guardandolo strano. - In primo luogo io non ti conosco, tu non mi piaci e poi 'cattivo ragazzo' è una definizione fin troppo docile per uno come te.

- Ti è bastata una volta per giudicarmi così male? - le chiese serio.

Che se la sia presa? Ma figuriamoci.

- Esatto. Mi basta uno sguardo.

- Ahh… quindi posso immaginare che non sei dalla parte dei Guardiani.

- Eh? Dalla parte? Perché dovrei scegliere una squadra? - domandò confusa.

Ikuto fece una breve risatina.

- Beh, se è così io e te non siamo mica nemici. - le disse.

Okay, stop. Che diavolo gli era preso? Non è che si era mangiato una scatoletta per gatti avariata che gli aveva dato alla testa?

- Ah? Nemici? - questa era bella.

- Esatto. Se è per le uova sappi che c'era un motivo. - dal suo tono capì che non glielo avrebbe detto.

- E c'è un motivo del perché sei qui? - domandò.

Il ragazzo sgranò un attimo gli occhi, per poi chiuderli e sorridere.

- Mi hai scoperto, ah? - le disse. - Si, c'è un motivo.

- E sarebbe?

- Sei curiosa allora!

Amu fece spallucce.

- Tanto per me fa lo stesso. - disse, per poi voltare le spalle e prendere a camminare. Si ritrovò il ragazzo davanti in meno di dieci secondi. - Uff… come sei noioso! Ti togli dai piedi?

- Unisciti a noi.

- Ehm… mi dispiace, non frequento bande di ragazzini… - lo prese in giro per poi cercare di nuovo di superarlo. Questa volta lui la trattenne per un braccio.

- Non sto scherzando. Avrai sentito parlare della Ester, no? - le domandò poi.

Amu ci pensò su un po' prima di realizzare di che cosa si trattasse.

- Si. - rispose.

- Bene. Devi sapere che oltre una ditta che riesce a fare e sponsorizzare qualunque cosa è anche un'organizzazione segreta che cerca una cosa che ti potrebbe interessare.

- E sarebbe? - era riuscito a stuzzicare la sua curiosità.

- L'embrione.

- Ah?

- Si tratta di un uovo che può realizzare qualunque tuo desiderio. - le disse. L'entusiasmo nella voce.

- Ancora con le uova? Ma perché non vi comprate un pollaio, avrete tutte le uova che più vi piacciono! - esclamò sardonica.

Il ragazzo fece un mezzo sorriso, per poi tornare di nuovo serio.

- Penso che sarai abbastanza intelligente da capire che le tue uova colorate non le hanno fatte le galline.

- Chi le ha fatte non m'interessa, come non m'interessa di loro. - rispose risoluta. Strattonò il braccio, che era ancora tenuto stretto da Ikuto.

- Sei stupida se dici così. - le disse allora lui.

La ragazza rimase stupita da quelle parole e anche dalla serietà con cui le aveva dette.

- Ma non è affar mio… - continuò poi. Finalmente qualcosa l'aveva capito. - Come ti dicevo prima, la Ester ha bisogno di persone forti, determinate e soprattutto in gamba. Dopo aver visto le tue capacità mi hanno chiesto di convincerti a unirti a noi.

- Oh, mi spiace non posso.

- Ah? - sembrò sorpreso da quella risposta così improvvisa.

- Non posso.

- Si, questo l'ho capito. Perché?

- Affari miei.

- Oh beh…. rimarranno delusi, ma almeno io ci ho provato. - disse allontanandosi di qualche passo da lei e voltandosi. - Ci si vede, Amu…


- Amu!!! - un tornado dai lunghi capelli biondi e gli occhi nocciola la investì.

- Si, anche io sono contenta di vederti cuginetta! - disse lei dandole qualche colpetto sulla spalla e staccandola dal suo povero corpo che necessitava di aria. - Mamma mia, tu mi vuoi morta…

- Scusa! - disse l'altra sorridendo.

- Ti perdono, ti perdono! - con sua cugina era sempre così. Rima era sempre stata vivace, fin da piccola. E lei ne aveva subito tutti i suoi sprazzi di vivacità. Risentendone parecchio. Nonostante ciò con lei ci era sempre andata d'accordo ed erano davvero rare le volta che avevano litigato. Soprattutto per il fatto che era quasi impossibile litigare con lei. Anche se ti arrabbiavi il modo in cui sorrideva non poteva non farti fare almeno un mezzo sorriso.

- Sai che mi iscriverò alla tua scuola, vero?

- Si, si, lo so.

- Mi sono informata. Ho sentito che fanno fare molte cose divertenti.

- Si, se ti piace stare in mezzo ai conigli!

- Oh, io adoro i conigli, dovresti saperlo!

- Giusto… - non aveva capito il paragone, pazienza, dopo quattordici anni ci si fa l'abitudine dopotutto.

- Poi anche l'uniforme è molto carina! - esclamò sempre più entusiasta Rima. - Non capisco perché tu l'abbia rovinata in questo modo!

- Beh lo sai come sono fatta… - disse semplicemente.

- Lo so, lo so… - borbottò gonfiando le guance. Subito dopo però il sorriso tornò vivo sul viso della ragazza. - Domani almeno andiamo a scuola insieme, vero?

Faccia da cucciolo. Tecnica del giurassico. Ma ad Amu non dava fastidio questo suo lato da bambina.

- Si, si, non preoccuparti. Andiamo a scuola insieme. - la rassicurò.

Rima sorrise.

- Evviva! Non vedo l'ora di conoscere anche i tuoi compagni di classe! I tuoi insegnati! E anche i tuoi amici ovviamente. - beh, sarebbe stata dura conoscere i suoi amici, visto che bisognava avere una fervida immaginazione.

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Capitolo 4
*** Momenti di solitudine ***


L'edificio era prossimo e presto la sua cara cuginetta entusiasta avrebbe conosciuto quello che il giorno prima definiva come 'fantastico!' .

- Waahh! - esclamò Rima. - Quella è la tua scuola?

- A-ah.

- Fantastica! - ecco appunto. Ci risiamo. Come faceva ad essere così emozionata per un semplice giorno di scuola?

- Ehm… come vuoi. - rispose prima di entrare, seguita subito da sua cugina che stava saltellando per la felicità. Che bambina che era. Eppure era sicura che appena sarebbero entrate in classe si sarebbe aggrappata alla sua schiena, timida com'era.

- Ehi Amu! - la richiamò d'un tratto. - I tuoi amici stanno tutti nella tua stessa classe?

- Ehm… probabilmente se ne avessi si. - rispose tranquilla.

Rima rimase non poco stupita da quella rivelazione. Era sempre stata convinta che sua cugina, con il carattere che si ritrovava, avrebbe sempre fatto amicizia subito e con molte persone. Una specie di ragazza che sottometteva chiunque. Mentre Amu era proprio il tipo che non voleva problemi e che faceva il possibile per non averli, anche se a volte questi erano inevitabili.

Entrarono in classe, che con grande stupore dei presenti era quasi vuota. Fatta eccezione per un ragazzo e una ragazza che, a considerare l'incredibile somiglianza, dovevano essere gemelli.

- Ciao Amu! - salutarono in coro, sorridendo.

- Si, ciao. - rispose lei, indifferente.

I due non se la presero e continuarono a sorridere, fissandola. Ecco. Altra cosa che alla ragazza infastidiva era quando delle persone la fissavano. non si sentiva libera di fare quello che le pareva. Come intrappolata in una prigione di sguardi e iridi invadenti.

- Amu, quelli sono tuoi amici?

- Cosa ti ho detto prima? - le domandò con aria stanca ma seria.

Rima annuì.

- Ho capito.

Eppure a guardarli, quei due sembravano davvero suoi amici. Di certo sua cugina però non era una persona con cui si poteva insistere. Lasciò perdere e le si sedette vicino.

- Sai che dovresti aspettare fuori dall'aula?

- Cosa? Anche qui funziona così? - domandò tristemente.

- In ogni dannata scuola funziona così. Dai Rima non rompere e esci dall'aula. - le disse. Funzionava così da sempre, o almeno da quando lei aveva iniziato ad andare a scuola. Lo studente doveva essere introdotto dall'insegnante e solo quando esso dava lui il permesso di sedergli, egli poteva mettersi nell'unico banco vuoto disponibile. Prontamente preparato da qualcuno il giorno prima.

- Va bene. - sospirò delusa la biondina, prima di uscire dalla classe.

Poco dopo entrarono gli altri compagni di classe. Amu notò un insolito chiacchiericcio fra i babbei, quella mattina e si accorse che i due gemelli la stavano ancora fissando. Che rottura!

- Hey, hai visto quella ragazza?

- Si, è carinissima!

- Ha dei bellissimi capelli!

- Già, e poi hai visto che sguardo dolce e timido?

I discorsi che provenivano da dietro di lei erano chiari e facilmente decifrabili. Stavano parlando di Rima. Sua cugina aveva questa capacità. Era talmente piccola e dolce da piacere sempre a tutti. A volte anche lei doveva ammettere che sembrava una bambolina. Cosa che ovviamente non le diceva mai.

Sua cugina le aveva detto svariate volte - e consigliato anche - che se avesse mostrato a tutti la parte più dolce di sé sicuramente anche lei sarebbe piaciuta così tanto ai ragazzi. Amu aveva sempre detto che quella era la cosa da prendere meno in considerazione delle altre sciocchezze. Lei, non aveva tempo.

- Seduti ragazzi! - esclamò la capo classe non appena vide la prof. entrare. - In piedi! Salutate!

Gli studenti obbedirono, nonostante tutti i loro sguardi erano rivolti alla porta, ancora chiusa.

- Seduti!

- Bene ragazzi. Come già, penso, avrete notato, avete una nuova compagna di classe. - gli occhi della maggior parte dei ragazzi divennero a cuoricini, mentre gli sguardi delle ragazze erano poco più che incuriositi. - Vieni avanti!

La ragazza entrò. Tutti la fissavano e a lei questo non piaceva. Però sapeva che non poteva correre dietro Amu a coprirsi. Si fermò accanto alla cattedra e attese.

- Questa è Masashiro Rima. La vostra nuova compagna di classe. - Rima fece un breve inchino, per poi voltarsi verso l'insegnante.

- Posso andare a sedermi, adesso? - domandò.

La donna annuì non poco sorpresa.

- Ma certo, guarda, c'è un banco dietro Hinamori. Spero possiate andare entrambe d'accordo.

Non c'era alcun bisogno di dirlo. Questo pensò Amu dopo quelle parole. Rima invece rimase impassibile e si andò a sedere. Lei la conosceva troppo bene per non capire quanto fosse a disagio. Se sua cugina non rideva era per questo.

Un movimento della borsa la distolse dai suoi pensieri e la portò a guardare in basso, verso la cartella.

- Che sia…? - mormorò a bassa voce.

Aprire la borsa era fuori discussione, se usciva di nuovo quell'esserino sarebbero stati guai. Aveva capito subito che gli altri non li vedevano quei cosi. Bensì solo chi li possedeva. Però se si fosse messa a parlare o a bisbigliare in classe avrebbe di sicuro attirato l'attenzione. Povera pazza che parla con gli gnomi. Non le andava proprio a genio.

- Professoressa, posso andare in bagno? - domandò allora.

- Si, fai presto.

Amu annuì, prese velocemente il sacchettino dalla borsa dov'erano le uova e corse fuori dalla classe.

- Ahh, finalmente! Per quanto tempo ancora avevi intenzione di tenermi lì dentro! - esclamò Ran non appena uscita dall'uovo.

- Shh! Mi sa che non sei l'unica a voler uscire… - sussurrò la ragazza.

Ran la guardò interrogativa, per poi posare lo sguardo su ciò che teneva fra le mani. Era l'uovo blu.

- Dici che si sta per schiudere? - domandò.

- Non ne ho idea, non dovresti saperlo tu? - ribatté la ragazza.

- Come potrei saperlo io, ragiona!

Giurò che stava per prendere a pugni quel cosetto rosa. Ma non c'era tempo. Se anche l'uovo blu si sarebbe schiuso era meglio che lo faceva in fretta. Non poteva restare tutto il giorno in bagno e non poteva neanche permettersi di controllare quel coso ogni dieci minuti.

- Uff… spero solo che abbia la grazia di aspettare che finisca la scuola… - borbottò la ragazza, per poi tornare in classe.

- Guarda che non spetta a te decidere… - le disse Ran. Ma Amu nemmeno l'ascoltò. Tanto che il piccolo Shugo Chara tornò nel suo uovo ancora una volta.

La prima ora l'ascoltò così attentamente che si spaventò quando suonò la campanella.

- Amu, tutto bene? - le domandò sua cugina.

La ragazza annuì distratta. Era da prima che aveva avuto una strana sensazione. Forse era per quel motivo. Ma non voleva darci troppo peso.

- Rima, potresti tornare a casa da sola alla fine della scuola? Ho delle cose da fare… - le disse.

La bionda fece prima una faccia stranita, poi - conoscendo molto bene sua cugina - decise di annuire e basta. Niente proteste, o qui si finiva in una lite.

- Però non tornare tardi o zia se la prende con me. - le disse solo prima di guardare l'orario e tirare fuori i libri per la prossima ora di lezione.

- Non preoccuparti. - la 'tranquillizzò' Amu, puntandole addosso il suo sguardo glaciale.

Il resto della giornata passò in poco tempo, almeno per la maggior parte della classe. Per Amu invece era stato uno strazio. Nonostante le materie fossero state leggere per la ragazza era stato peggio di essere sotto tortura con tutti aghi puntati alla gola.

Aveva maledettamente da fare! Non poteva permettersi distrazioni o roba simile.

- Ciao Amu! - due voci in coro la salutarono bloccandole il passaggio.

Nadeshiko e Nagihiko. La guardarono sorridendo entrambi, cosa che non piaceva affatto alla sottoscritta.

- Ehm… Ciao, scusate devo…

- Oggi sei ufficialmente invitata a casa nostra! - annunciarono entrambi con soddisfazione. - Ci saranno tutti i guardiani per...

- Fantastico… - disse con finto entusiasmo e mettendo le mani sui fianchi. Stava iniziando ad arrabbiarsi. - Ho da fare! Non rompete e lasciatemi passare.

- Non vorresti sapere che cosa sono gli Shugo Chara?

- Intendete dire quelle strane uova?

- Esatto, le uova del cuore.

- Uova del cuore? L'ha inventato la Disney per caso il titolo?

I due gemelli risero.

- Davvero non sei curiosa?

- Possiamo rimandare per favore? - domandò scocciata la ragazza. - Non ho tempo per queste cose! Non adesso, non oggi.

- E quando? - ma come facevano a sincronizzare le loro voci alla perfezione?

- Domani! - e detto questo, prima di lasciarsi bloccare, sgattaiolò via.

Doveva sbrigarsi! Non poteva permettersi di…

- Amu, dove stai andando? - chiese Ran.

- Lo capirai quando arriveremo…

- Ma...

- Proprio non t'importa niente di noi, vero? - una voce la fece bloccare all'istante.

- Cosa?

L'uovo azzurro uscì dalla borsa e si mise alla stessa altezza del volto della ragazza. Qualche secondo e ne uscì un esserino completamente blu e sopra il cappello il seme di picche. In nero come quello di Ran.

- Quindi sei nata anche tu… - fece scrutandola un poco. - Sei una… femmina?

La piccola annuì.

- Si. Mi chiamo Miki e sono il tuo secondo Shugo Chara. - le disse.

Amu fece un mezzo sorriso mentre aggrottava la fronte, facendo un'espressione alquanto bizzarra.

- Beh, piacere.

- Perché ci porti ancora in giro? Ci vuoi vedere scomparire davanti ai tuoi occhi? Se non t'importa nulla di noi faresti meglio a lasciarci da qualche parte, tanto vale morire… - non l'avrebbe mai creduto, specialmente perché si conosceva troppo bene per arrivare ad una conclusione tanto assurda. Eppure le parole di quell'esserino blu l'aveva in qualche modo toccare.

- Noi siamo parte di te. Siamo nati per aiutarti. Siamo come degli arti in più… non ti mancherebbe un braccio o una gamba se la perdessi? Come non puoi essere curiosa di scoprire ancora di più te stessa?

Amu rimase allibita da quello che Miki le stava dicendo. Sentiva che aveva ragione, eppure non riusciva ad ammetterlo.

- Ha ragione… - mormorò Ran affiancando la Shugo Chara blu. - Se non t'importa, ma soprattutto, se non credi in noi… finiremo con lo scomparire. A questo punto anche io preferirei che il mio uovo venisse rotto.

Dopo queste parole un vento silenzioso trasportò i minuti seguenti, facendo riflettere la ragazza come mai aveva fatto prima d'ora.

Le due parole 'Ha ragione' la trafissero come una spada sul petto. Eppure… perché non riusciva a fidarsi di nessuno? Neanche di se stessa a quanto sembrava.

- Come posso sapere che…

- Lo sai già. Dentro di te. - la precedette Miki.

Amu si fissò i piedi prima di puntare il suo sguardo di nuovo sull'esserino. Poi sorrise lievemente e annuì convinta.

- Hai ragione. - confessò in fine. Miki fece un lieve sorriso e annuì. - Tu che cosa rappresenti di me?

- Il tuo lato artistico.

- Davvero ne ho uno?

- Considerando che nella tua stanza hai milioni di disegni nascosti direi di si.


- Oggi è il domani di ieri! - esclamarono all'unisono i due gemelli.

Se qualcuno le avrebbe fatto la grazia di darle un'aspirina le avrebbe di sicuro salvato la vita… e anche la sua preziosa testa.

- Quanto siete insistenti! So che cosa sono gli Shugo Chara!

- Quindi sai anche che vengono da qui? - le domandarono indicandole il petto.

- Ehm… dal petto?

- Dal cuore.

- Ma come diavolo fate a parlare sincronizzati?

I due si guardarono per poi sorridere.

- Sei davvero un tipo particolare! - esclamarono, di nuovo all'unisono.

Amu alzò un sopracciglio, poi decise di lasciar perdere risparmiando un po' di fiato.

- Sono costretta?

I due annuirono.

- A che ora?

- Alle sei. - Amu rifletté. La scuola finiva alle quattro. Aveva due ore per finire quella cosa.

- Va bene. Ci saranno tutti?

- Tutti.

- Va bene. Devo portare qualcun altro?

- Tua cugina ha uno Shugo Chara?

- No.

- Allora basti tu. - risposero, per poi fare dietro-front e andarsene.

Amu abbandonò la testa sul banco. Ma proprio tutte a lei dovevano capitare?

Comunque sia, quello che era fatto ormai era fatto. Se avesse posseduto uno di quei ciaffi come su Harry Potter per tornare indietro nel tempo sarebbe stato molto meglio. Purtroppo per lei la vita non era così facile…

- Amu, tutto okay?

- Si Rima. Secondo i tuoi standard lo è…

Okay. L'indirizzo che le avevano dato non poteva essere sbagliato visto che l'avevano scritto loro e che quella era l'unica via di Tokyo con quel nome che - almeno lei - conosceva.

Ma allora perché piuttosto di essere andata ad un appuntamento con i Guardiani le sembrava di essere stata invitata dentro un Ryokan? *

Dopo essersi ripresa dalla sorpresa bussò alla porta.

Le venne ad aprire una donna molto anziana.

- Chi è?

- Sono Hinamori Amu. Nadeshiko e Nagihiko le hanno detto che venivo?

- Dunque… oh si! Vieni, entra pure! - esclamò la donna scortandola al suo interno.

- Ciao! Finalmente sei arrivata! - vedere Nagihiko da solo, senza Nadeshiko le fece terribilmente strano, quasi quanto sentire uno dei due gemelli parlare senza il supporto dell'altro.

- Già.

- Beh vieni. Ti stanno aspettando tutti. - detto questo la scortò all'interno di una stanza dove stavano tutti seduti intorno ad un tavolo a bere tè e mangiare biscotti. - Ragazzi, è arrivata Amu!

Tutti si girarono a guardarla e con sorrisi la salutarono.

- Ciao a tutti… - fece, lei per prima, con poco entusiasmo.

Li scrutò uno ad uno.

- Penso che ci conosci già tutti, ma per sicurezza meglio presentare di nuovo gli altri due… - disse Nagihiko. - Lui è Kukai, king's chair e lei è Saitou Ami, l'Ace chair.

- Si, mi ricordavo di loro. - disse apatica.

L'Ace chair le rivolse un'aria di superiorità, riavviandosi le ciocche biondo cenere e piantandole gli occhi legno addosso.

- Bene, anche noi ci ricordiamo di te. - disse Kukai guardandola sorridendo. - Io in modo particolare.

Amu non fece una piega. Quella volta se la ricordava anche lei. Non per questo ora si sarebbe giustificata per non averlo aiutato.

- Ottimo! - fece Nadeshiko. - Ora possiamo iniziare.

Strani esserini, molto simili a quelli che erano usciti dalle sue uova, fecero la loro comparsa da dietro le spalle dei guardiani.

- Ma quelli… - fece Amu sbalordita indicandoli.

- Esatto. - disse Kukai. - Questi sono i nostri Shugo Chara. Lui è Daichi. Ed è nato dal mio desiderio di essere bravo in tutti gli sport.

- Lei è Temari… - intervenne poi Nadeshiko. - Ed è nata dal mio desiderio di saper cucire bene. Infatti adoro fabbricare bambole.

- Lui è Ritmo… - questo era Nagihiko. - Ed è nato dalla mia passione per la musica. Visto che adoro suonare la chitarra.

- Lei è Shizu… - disse infine Ami. - ed è nata dal mio desiderio di imparare a ballare.

Timidamente, anche gli Shugo Chara di Amu uscirono dalla sua borsa e si mostrarono agli altri.

- Loro sono Ran e Miki… - le presentò. - Per il momento sono solo loro due.

- Vuol dire che ne hai un terzo? - domandò Ami.

Amu annuì.

- Comunque sia… le uova del cuore… - iniziò a dire Nagihiko. - Sono quei forti desideri che nascono ne cuore di ognuno. Quando uno smette di credere al desiderio quell'uovo viene automaticamente distrutto dalla stessa persona che lo ha deposto. Poi ci sono i desideri più forti che escono fuori e questi sarebbero gli Shugo Chara.

- Perché mi dite tutto questo?

- Perché ultimamente sono aumentati i casi di distruzione di uova del cuore. E non crediamo che sia da parte della persona che le aveva. - spiegò Kukai.

- Bensì c'è un'organizzazione che è alquanto sospetta. Secondo noi c'entra qualcosa. - intervenne Nadeshiko.

- Qual'è?

- La Ester. - disse Ami. - Secondo alcune ricerche, che io personalmente ho svolto quella società si comporta in modo alquanto sospetto. In più alcuni suoi membri sono spesso stati visti ne luoghi dove i bambini perdono le uova.

- Perché c'è un modo per distrugger l'uovo del cuore? - Amu era sempre più incuriosita da questa faccenda.

- Non siamo ancora sicuri del metodo che utilizzano. - spiegò Kukai. - Però sicuramente un metodo c'è.

- Perché mai dovrebbero farlo?

- Ottima osservazione… - disse Nagihiko. - Questo è proprio ciò che stiamo tentando di scoprire.


Uova del cuore. Quella parola le stava ossessionando la mente.

- Ciao Amu! - ed ecco la corale che le faceva visita.

- Ciao Nadeshiko, Nagihiko… - rispose posando lo sguardo su tutti e due.

- Allora, ci devi pensare? - chiesero in coro e con un sorriso a disegnare le labbra sottili.

- Esatto… devo pensarci.

- Mi raccomando, ricorda che dipende tutto…

- Lasciatemi pensare almeno! - sbottò all'improvviso.

I due gemelli persero il sorriso all'istante. Mentre un'espressione d'incomprensione si faceva largo sui loro volti. Nessuno dei due capì perché Amu si era arrabbiata.

- Va bene, a domani! - fece infine Nagihiko con un sorriso tirato, dopodiché se ne andarono.

Amu annuì affondando la testa tra le braccia conserte sopra il banco. La fronte si poggiò sul piano freddo del tavolino. Non ne poteva già più di questa storia.

- Stanca?

- Non sai quanto… - rispose senza pensarci. Restò con la testa sul banco finché le rotelle del suo cervello non presero a girare nel verso giusto e a chiedersi chi le aveva posto quella domanda. Alzò lentamente il capo, fino a trovarsi davanti ad un palmo dal viso di un ragazzo. D'istinto scattò in piedi. Ma non lo guardò male, bensì stupita.

- Che ci fai nella mia classe? Ikuto...



* Albergo di lusso tipico giapponese. Con al suo interno l'arredamento tradizionale giapponese. Serve anche i pasti tipici durante la giornata. Se volete saperne di più: http://www.sulgiappone.it/alloggi-giapponesi/ryokan

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Capitolo 5
*** Battaglie, reali e mentali ***


Quella di sicuro era la domanda più sensata che poteva porgli. O almeno l'unica che le veniva in mente per quella situazione così assurda. Che ci faceva lui lì? Non aveva affatto l'aria di un quattordicenne.

- Sono passato a salutarti… - disse con aria innocente. Che poteva essere benissimo tradotto con un: te l'ho messo nel culo! Visto che, ora che si guardava intorno, erano soli. Silenzio. L'aula era vuota. Era tardi e già iniziava ad imbrunire. Visto che erano quasi le cinque del pomeriggio. Come aveva fatto a restare un'ora in più a scuola senza accorgersene?

- Tsk… speraci che ci credo! - fece Amu incrociando le braccia. Erano soli in classe dopotutto. Soli. Lui. Uno che aveva poco del bravo ragazzo. Lei. Una che aveva molto poco della ragazza normale. In poche parole, se uno voleva combattere, non poteva scegliere momento migliore. - Se vuoi combattere ti consiglio di sbrigarti ad attaccarmi… sai, ho una casa io.

- Anche io ho una casa, proprio come anche io vado a scuola. - le rispose notando quanto si era stupita nel vederlo lì.

Amu infatti sgranò gli occhi.

- Quindi non sei solo uno stalker! - esclamò con il puro intento di sfotterlo.

- No, non solo a quanto pare. - rispose lui sorridendo, senza scomporsi minimamente.

- Che vuoi? - domandò allora, fredda. - Non mi unirò mai a voi.

- Beh, ormai l'ho capito, non c'è bisogno di schiacciare il tasto replay… ma dammi retta. Non unirti ai guardiani.

- Di certo non spetta a te decidere.

Lui le si avvicinò.

- Con chi credi di stare parlando? - le domandò. Era serio. - Se volessi non sprecherei tutto questo tempo a chiedertelo. Ti ci porterei con la forza.

Amu non sembrò particolarmente impressionata. Fece spallucce.

- Ma non sarebbe divertente… - concluse Ikuto. Per poi andarsene.


- Ehi! Guarda che sono pur sempre una ragazza! - sbottò Amu arrabbiata.

Per ricapitolare: In classe era arrivato il king's chair con una faccia come per dire non-rompetemi-oggi-che-non-è-aria. L'aveva guardata un attimo e senza lasciarle neanche il tempo di realizzare la situazione l'aveva presa per un braccio e condotta, senza badare di farle male o no, fuori dalla scuola. Accanto al campo di calcio. L'aveva sbattuta sul muro lì davanti con poca delicatezza. E l'unica cosa che le era sorta in mente era stata: Che cazzo vuole questo tizio da me?

- Lo sai quanto sia importante questa cosa… o forse ti ci vuole una dimostrazione pratica per fartene prendere atto?

- Non rompere re dei miei scalda muscoli! - ribatté la ragazza. Cos'è, all'improvviso da temuta della scuola era passata improvvisamente a la-ragazza-che-va-presa-di-mira?

- Perché ti ostini a fare la difficile?

- Ti informo che ci sono delle persone qua intorno e le tue gesta insieme alle tue frasi potrebbero venire pericolosamente fraintese… - lo informò senza la minima voglia di riprendere il discorso che il ragazzo stava sostenendo.

- Non m'importa niente! - sbottò. - Quello per cui sono preoccupato è che qui rischiamo di finire tutti lassù!

Disse indicando il cielo.

- Non rompere! Nessuno ha iniziato a muoversi e questo lo sai anche tu!

- Stai mentendo solo per svignartela! Anche tu lo sai che molto presto verremmo attaccati!

- Non m'importa io mi so difendere e se ti aspetti che metta le mie abilità a disposizione del tuo gruppetto di ragazzini puoi anche andartene subito dopo che ti avrò gridato uno: scordatelo!

Kukai strinse i pugni. Non aveva mai avuto così tanta voglia di picchiare qualcuno come in quel momento. Quella ragazza aveva davvero una bella faccia tosta! Diceva quello che pensava e come andava andava. Non aveva alcuna intenzione di spiegare mai nulla, né tanto meno di risparmiarsi qualche suo commento acido.

- Come puoi anche solo immaginare che dopo che so quello che sta succedendo io me ne vada lasciandoti in pace?

- L'ho appena pensato, peccato che molto spesso i pensieri non coincidano con la realtà…

- Smettila di blaterare cose senza senso! Non ci credo che non t'importa nulla delle per…

- Credici. Non c'è alcuna ragione che ti possa portare a pensare che dentro di me ci sia quella parola che tanto piace a voi umani ma che nessuno mette mai in pratica:altruismo. - disse questo tutto d'un fiato, poi se ne andò.

Il ragazzo rimase qualche secondo a fissare il muro dove circa cinque secondi prima c'era quella ragazza. ma che diavolo aveva che non andava? Non si rendeva conto davvero che le sue capacità erano indispensabili? Anche sua cugina era forte, questo lo avvertiva. Ma, uno, non aveva ancora uno Shugo Chara, due, non aveva le capacità di Amu. Tutt'al più, se mai Hinamori avesse davvero avuto intenzione di ignorarli fino alla fine dei tempi, poteva considerarla una specie di sostituzione a breve termine.

Kukai ritornò in classe. Prese la cartella e il borsone da ginnastica e si avviò verso i campi di calcio. La testa occupata dal solo pensiero di riuscire a trovare un modo per convincerla.


Rima gettò anche quell'indumento sul letto. Erano ore che ci stava provando, si può sapere com'era stato possibile che le era nata una cugina che era completamente il suo opposto? Bah, le disgrazie della vita…

- Posso andare ora o devi continuare? - le domandò Amu sbuffando.

- Se tu collaborassi sarebbe tutto più facile.

- Se collaborare significa vestirsi da cenerentola, allora no grazie.

- Insomma, mi vuoi accompagnare si o no?

- No.

- Uff… ma devi.

- Allora non fare domande inutili. - si stava irritando. In due giorni le erano successe più cose che in un'intera settimana. Non è che c'era in giro qualche strano complotto? Magari un club anti-Amu con la bandiera: uccidiamo le ragazzine dai capelli rosa.

- Posso sapere perché sei così asociale?

- Lo stesso motivo per cui tu sei così socievole.

Rima sospirò. Solo lei. Solo sua cugina riusciva a farla arrabbiare. Nonostante questo, la sua mente le aveva sempre detto che arrabbiarsi non porta nulla di buono. E lei si fidava del suo cervello. Quindi se si arrabbiava non lo dava a vedere. Le scenate in casa, finora, le aveva fatte solo sua cugina.

- Amu, è una festa d'istituto. Non ci credo che ancora non hai un amico. - le disse.

- Com'è che oggi ripetete tutti la stessa cosa?

- Come?

Non ci credo che non t'importa nulla delle per… anche Kukai.

-Nulla, lascia stare. Se ci vuoi andare vacci, ma non sperare in una mia comparsa. - e con questo si chiuse nella propria stanza. Non ci credeva nessuno a quello che diceva. Nessuno la conosceva ne nessuno la voleva conoscere. Possibile che fosse così irraggiungibile?

Entrò in bagno con l'intento di farsi una rapida doccia fredda. Mentre iniziava a spogliarsi pensò. Pensò a tutto quello che era successo in quei pochi giorni di scuola. Credette che neanche in una vita intera uno poteva essere più incasinato di come lei lo era in quel momento.

- Amu! Sbrigati!!

All'anima della 'rapida' doccia fredda. Si gettò sotto l'acqua e in pochi minuti ne era già fuori, con un asciugamano bianco a fasciarle il corpo.

- Ho fatto Rima! Ora puoi venire! - gridò prima di entrare in camera.

Da dietro la porta sentì i passi di sua cugina salire e poi la porta del bagno aprirsi e chiudersi.

Si andò a stendere sul letto. Non aveva molta voglia di vestirsi. Non solo perché aveva caldo, ma anche perché aveva avvertito una presenza poco rassicurante. Senza dire nulla scese dal letto e andò fuori, sul balcone. Fece finta di affacciarsi per guardare le stelle, mentre invece si stava guardando intorno.

- Che modo frenetico di guardare il cielo! - le disse una voce alle sue spalle.

Ma guarda guarda… ora poteva anche ricevere il nobel. Non sapeva di avere il pervert-radar impiantato nel corpo.

Si girò, stando bene attenta a tenere su l'asciugamano.

- Che ci fai qui, che diavolo voi e… non lo so, ti viene in mente qualche altra domanda che mi possa aiutare a capire la tua persecuzione nei miei confronti?

Il ragazzo fece un mezzo sorriso avvicinandolesi.

- Beh, credo che una ragazza mezza nuda in un balcone sia difficile da notare. - le disse lui, come a giustificare la sua presenza lì.

- Per un pervertito sicuro e, dammi retta, tu superi tutti quelli che conosco.

- Mi fa piacere… - non riusciva a capire come diavolo quel ragazzo riuscisse a mantenere in quel modo la calma. Lei anche ne era capace, ma con dei limiti che a volte diventavano molto ristretti.

- Uff… beh, se hai finito la tua scenetta puoi andartene no? A meno che tu non sia venuto qui per dirmi, in chissà quale altro modo, di unirmi a vo…

Le sue parole furono franate dal suo corpo che d'un tratto venne sbattuto sul muro. Una presa d'acciaio le teneva fermi i polsi. Le ci volle qualche minuto per realizzare che diavolo fosse successo. Per poi guardare Ikuto con un'espressione puramente incazzata.

- Che cazzo fai idiota? Lasciami andare! - un ghigno si formò sul volto del ragazzo. E Amu capì che se non voleva perdere del tutto la sua dignità doveva almeno tentare di stare ferma.

- Wow, a quanto pare il cervello non ce l'hai solo per parlare a raffica… - la prese in giro lui.

Dio… in quel momento come avrebbe voluto dargli un calcio in mezzo alle gambe e dopo aver imprecato per bene tornare dentro la sua stanza a vestirsi.

Cosa glielo impediva?

Forse il fatto che quel ragazzo non era così stupido da lasciarsi castrare così facilmente. Di conseguenza il suo movimento della gamba le avrebbe solo peggiorato le cose.

- Che diavolo vuoi?

- Sai, la Ester mi ha dato ordini precisi… - iniziò a dire. - E udite, udite. uno di questi riguarda anche l'ucciderti. Ma come ti ho già detto a me piace divertirmi e tu sei il genere di divertimento che cercavo. Toglierti di mezzo sarebbe fare un'emerita cazzata… poi, per loro, basta che non crei fastidi ed è tutto a posto…

- E chi ti ha detto che io non crei fastidi?

- Probabilmente il fatto che è successo oggi con quel ragazzino… - Amu s'irrigidì. Li aveva visti. - Se non ti unirai a loro alla Ester di certo non sarai meno indifferente di una mina.

- E tu cosa ci guadagni? - che domanda idiota, era ovvio quello che voleva…

- Un bel passatempo… - appunto. Cheee???

Aveva sentito bene? Avrebbe pensato qualcos'altro. Beh, fortuna che aveva l'abitudine di prepararsi sempre al peggio.

- Beh, ottima cosa… ora ti togli? - gli disse. Dome se sarebbe bastata una semplice domanda detta con il tono da stronza per smuoverlo da lì e allontanargli la mente dal suo intento.

Detto fatto il corpo del ragazzo iniziò ad avvicinarsi al suo. Decisamente troppo per il suoi gusti. Fino a sentire le su labbra sfioragli la pelle nuda del collo. Fremette. Era troppo vicino. Mosse un po' le spalle, ma questo non sembro curarsene affatto. Mano a mano che lui si specializzava nella sua opera d'arte… quella di demolirle il collo a furia di succhiarlo e baciarlo… le sue mani scendevano verso i fianchi della ragazza. La quale ne approfittò subito per serrare le mani davanti al seno, impedendo all'asciugamano di scendere. Ad Ikuto non sembrò piacere molto questa razione, visto che stava facendo troppa presa sul tessuto spugnoso.

Quando si staccò poté benissimo ammirare le guance di Amu ardere come il fuoco e la sua disperata lotta contro le sue mani nel tenere su l'asciugamano.

Gli scappò un risolino.

- E dire che prima eri tanto sfrontata! - la derise.

- Fottiti.

Lui lasciò la presa sui suoi fianchi e lei quasi gli fu grata, ma prima di realizzare che adesso poteva colpirlo lui era già saltato sul bancone e la guardava con scherno.

- Ci si vede… Amu.


Una mattina tranquilla. Era l'unica cosa che aveva chiesto la sera prima. A quanto pare però nessuno le voleva così bene da donarle quello che desiderava.

Ne stavano succedendo una peggio dell'altra. Ma forse era meglio se partiva dall'inizio…

Non appena era arrivata in classe sembrava tutto normale, il silenzio nella sua classe era cosa inesistente dopotutto. Ricordate il sembrava usato? Ecco… sembrava perché non appena si era seduta, non aveva fatto in tempo a poggiare i libri e si era ritrovata improvvisamente catapultata fuori dall'aula, con Ami, Kukai e i due gemelli che le chiedevano di prepararsi perché probabilmente sarebbero stati attaccati. Con il suo solito modo di fare lei li aveva liquidati ed era rientrata in classe, una delle poche volte che aveva davvero intenzione di seguire la lezione.

Durante l'ora di economia domestica - non chiedete perché devono farlo - il suo 'graziosissimo' terzo Shugo Chara aveva avuto la brillante idea di uscire in quel momento ad 'aiutarla' facendole versare tutta la panna montata addosso all'insegnante e al suo compagno di banco. Era corsa in bagno prima di prendersi una bella sgridata e ne aveva dette quattro a quell'affarino verde. Suu… meglio non aggiungere altro se non che aveva il seme di fiori, nero, sul cappellino verde chiaro. Quello che rappresentava l'aveva lasciata piuttosto perplessa, ma non aveva neanche avuto il tempo di chiedere il perché che un violento tornado l'aveva travolta per poi scaraventarla fuori dalla finestra. Se non si fosse aggrappata al ramo di un albero in quel momento di lei sarebbero rimaste solo i suoi amati arti pieni di sangue.

Ed ora eccola qui. Dopo aver capito bene a cosa servissero gli Shugo Chara aveva fatto il suo primo Chara Change. Secondo quello che aveva capito era come se una parte di potere dell'affarino venisse trasmesso a lei. Ran si era offerta subito volontaria e dopo aver gridato insieme a lei 'Chara Change' sui suoi capelli era apparso lo stesso cuore nero dello Shugo Chara.

Dopo quello si era affiancata ai guardiani - già tutti lì- a combattere contro un… ehm… un... 'coso'. Non avrebbe saputo dire cos'era con esattezza. Letteralmente aveva tutta l'aria di un dinosauro con una 'x' sulla fronte. Il perché di quel segno le era ignoto, almeno per ora…

- Hinamori colpiscilo là!!

- Come cazzo vuoi che faccia, Kukai?!! - gridò di rimando la ragazza schivando la coda di quell'essere.

- Devi colpirgli la x! La x! - oh, certo. Ora aveva capito… la x… era già tanto se ancora era intatta e lui gli diceva di colpirlo alla x sulla fronte.

Un attimo di distrazione e Amu venne colpita e scaraventata addosso al muro della scuola. Sentì come qualcosa rompersi dentro, mentre il sapore metallico del sangue iniziava a farsi sentire nella sua bocca. Mentre si metteva seduta intravide Kukai volare con uno skateboard sopra il dinosauro e colpirlo sulla x. Quel gigantesco affare s'illuminò di una luce bianca e si tramutò in un uovo nero con una x sopra. Il King's chair non perse tempo e lo colpì subito, frantumandolo. Poi scese a terra, annullò il Chara Change e si avvicinò ad Amu - alla quale si era annullato con la caduta.

- Tutto bene? - le chiese porgendole la mano.

Al contrario delle aspettative del ragazzo lei l'afferrò e si alzò in piedi.

- Si. - rispose. - Tutto ok.

- Ottimo! - le disse sorridendo.

- Che roba era quella?

- Era uno Shugo Chara x. Quel pomeriggio ci siamo dimenticati di parlarne. Sarebbero dei sogni infranti. O meglio, sogni a cui i bambini non credono più. Di solito questo processo avviene internamente, ma ultimamente c'è qualcuno che riesce a far uscire le uova x dai bambini. Il nostro compito è, o impedire che questo accada, oppure… cosa che non piace a nessuno fare… infrangere le uova.

- Se le si infrange che cosa succede?

- Il ragazzino al quale apparteneva l'uovo x rimarrà vuoto e senza sogni per sempre.

Forse si sarebbe aspettato una reazione più umana da parte sua. Ma la verità era che Amu non ci riusciva più. Non riusciva più a mostrare le sue emozioni, se non raramente.

- Capito. - disse semplicemente così.

Kukai fece un triste sorriso, per poi darle una pacca sulla spalla e sorridere.

- Dai, torniamo in classe… - le disse.


In quel mentre, anche qualcun altro decise di rientrare, ma non a scuola, bensì a casa sua. Dopo aver studiato le prime mosse di combattimento di una certa mocciosa, aveva fatto dietro-front e saltando di albero in albero era rientrato nella sua stanza, il suo solito sorriso sulle labbra.



Mi rendo conto che il finale fa pena, ma non sapevo come farlo finire u.u


*Ikuto alza la mano*


Meme: Si?


Ikuto: Perché io appaio nei tuoi racconti sempre come un bastardo sadico e pervertito che tenta di fare qualunque cosa discutibile alla protagonista?


Meme: Perché altrimenti non interesseresti a nessuno u.u


Amu: E perché io devo sempre lasciarmi fare tutto? >.<


Meme: Beh, considerando i tuoi docili pensieri diciamo che ho preferito non farti fare nulla per mantenere al nostro caro Ikuto un arto - molto importante - intatto.


Ikuto e Amu: Grrr


(era da una vita che volevo fare questi discorsi con i personaggi *-*)

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Capitolo 6
*** Diventare amici... meglio provare ad uccidere Godzilla! ***


Basta. In un momento del genere se le avessero offerto un biglietto gratuito per il suicidio sotto un treno in corsa, lo avrebbe accettato con molto piacere. Con vari inchini in aggiunta. Ma in quel momento l'unico che sembrava volerla aiutare era solo il suo peluche rosa che le sorrideva. Peccato davvero che quell'ammasso di stoffa non sapeva la matematica!

Esatto. La sua grande disperazione dipendeva soprattutto dal fatto che prossimamente avrebbero avuto una verifica in quella materia. E lei non ci stava capendo assolutamente nulla.

Posò la matita e alzò lo sguardo al soffitto. Era inutile continuare a tenere impegnato il cervello se continuava a bloccarsi anche per fare due più due.

Fuori oltretutto era una bella giornata. Avrebbe potuto benissimo uscire a fare quattro passi, invece che stare chiusa fra le quattro mura della sua camera a tentare di fare l'impossibile.

Si alzò, stiracchiandosi per bene, per poi cambiarsi - ovvero liberarsi della divisa scolastica - e scendere al piano di sotto.

- Ehi, vai da qualche parte?

Amu si girò. Zenko era stravaccato sul divano a guardare la televisione, non l'aveva neanche guardata, le aveva posto semplicemente la domanda. Se suo fratello faceva così c'era una spiegazione ben precisa.

- Dille che alle sette sarò di nuovo a casa.

- Con chi vai?

- Da sola… - disse quasi sbuffando. Suo fratello si preoccupava sempre troppo. Va bene che era il maggiore, ma a volte rompeva proprio. - Esco solo a fare quattro passi.

Il ragazzo spense la televisione e si avvicinò alla sorella.

- Quattro passi? - domandò per poi scompigliarle un po' i capelli. - Hai problemi di matematica?

Conosceva troppo bene sua sorella per non capire che quando diceva 'vado a fare quattro passi' significava che aveva problemi a scuola. E per quella testolina rosa la matematica era sempre stata la sua materia più problematica.

Amu annuì seria. Non gli faceva mai un sorriso. Neanche a pregarla tirava quelle labbra verso l'esterno. Zenko ci era abituato, ma nonostante tutto era ancora convinto che le avrebbe fatto bene qualche volta sorridere. Ridere ed essere allegra. Purtroppo non l'aveva mai vista così. Neanche da bambina.

- Se vuoi quando torni ti aiuto. - le disse. Nessuno lo avrebbe mai detto. Ma lui voleva bene a sua sorella. Non solo per quel motivo. Ma anche perché la conosceva. La conosceva davvero e sapeva com'era fatta. Sapeva che lei in realtà non era la musona che si mostrava sempre in pubblico. Non era quella ragazza antipatica e cinica che faceva venire il torcicollo anche a un santo. Oh meglio… non solo. Il suo lato dolce non lo mostrava mai. Ma come lui glielo faceva notare lei rispondeva che non ne aveva bisogno. Perché sorridere se non ce n'è un motivo più che valido?

- Grazie. Allora a dopo. - disse la ragazza prima di uscire.

Fuori l'aria fresca la mise all'istante di buon umore. Un intero pomeriggio passato sopra i libri non era per niente salutare. Durante la sera iniziavi a vedere tutto sotto forma di numero. Suo fratello stava per trasformarsi in un cinque.

Sospirò. Doveva ancora capire perché diavolo non riusciva in quella materia? Zenko diceva che era perché aveva la testa troppo dura. Forse aveva ragione… fatto sta che quello che non aveva intenzione di fare era proprio essere rimandata in una materia per uno stupido tre.

Iniziò a camminare, fino a raggiungere il parco. Quello che stava vicino casa sua. Ovvero l'unico posto di ritrovo dei ragazzi della sua scuola. Tutto partiva da lì, per poi ramificarsi alla gelateria, ai negozi di vestiti e altre cose.

Lei sinceramente ci andava solo per rilassarsi e respirare. Anche se qualche volta la bancarella di taiyaki non faceva troppi capricci prima di essere notata dalla ragazza, la quale non resisteva alla tentazione di prenderne uno.

Quel giorno non aveva fatto eccezione. Ritrovandosi seduta sulla panchina del parco con un taiyaki, alla marmellata di fagioli azuki, in mano.

Quando Zenko qualche volta l'aveva vista lì le si era fermato alle spalle e le aveva rubato il dolce di mano. Da quella volta aveva imparato a sedersi sempre sulla panchina di fronte all'entrata del parco e di Zenko non ce n'era stata più traccia.

- Ehi! - protestò non appena si sentì sfilare il taiyaki di mano.

Come aveva anche solo lontanamente pensato di poter passare un giorno in santa pace con quell'individuo ancora in libertà?

- Io li ho sempre preferiti al cioccolato. - disse dandone comunque un morso.

In meno di un minuto Amu si ritrovò contesa tra due scelte:


• Spaccargli la faccia e riprendersi il suo amato taiyaki.


oppure…


• Fare la ragionevole, mettere le mani in tasca e andarsene a comprare un altro.


Conclusione? Non scelse nessuna delle due.

- beh, allora mi dispiace se non è il tuo preferito. - disse semplicemente e fece per voltarsi, se non fosse stata bloccata dal ragazzo.

- Sei di cattivo umore oggi? - le domandò addentando la merenda.

Dannato con la faccia da schiaffi! Si, era di cattivo umore! Problemi?

Che tentazione dirgli in faccia tutto quello che pensava e sputargli addosso tutto il suo veleno. Peccato che dopo sarebbe sicuramente finita in un battibecco o in un combattimento e lei, era decisamente troppo stanca per quello. Oh per dirla tutta, pigra. Non ne aveva voglia.

- Cosa te lo fa pensare? - beh, era ovvio che la risposta acida ci doveva stare. Era pur sempre Hinamori Amu.

Ikuto non dimenticò di fare il suo solito mezzo sorriso.

- Il fatto che mi rispondi in questo modo. - e un altro pezzo di taiyaki se ne andò.

- Uff… bene, ci si vede.

Avrebbe giurato che da un momento all'altro si sarebbe sentita di nuovo strattonata per il braccio, invece non accadde. Che il suo lato leggermente normale avesse preso il sopravvento in quel minuto?

Impossibile. Probabilmente c'era qualcosa sotto.

- Perché ti sei fermata?

Si era bloccata quando d'un tratto capì che quello che stava facendo era sciocco. non poteva lasciare che un semplice ragazzo le rovinasse la giornata. Bastava ignorarlo.

Si voltò e si rimise a sedere sulla panchina. Chiuse gli occhi e alzò il viso verso il cielo. L'aria le carezzò il volto, mentre lei iniziava a rilassarsi.

Il ragazzo era rimasto più che stupito dalla reazione di Amu. Probabilmente non voleva dargliela vinta per averle rubato il taiyaki. Il suo unico problema era che stava giocando con il fuoco. Avrebbe capito presto che Ikuto non era tipo da prendere alla leggera e che se lui voleva infastidire qualcuno non era certo l'indifferenza nei suoi confronti a fermarlo.

Le si avvicinò finendo di mangiare il taiyaki, per poi sederle vicino. Si guardò intorno. C'era gente, questo era vero, ma non ce n'era tanta e poteva anche giocare un tantino. Giusto il tempo di farla arrabbiare e poteva anche ritenersi soddisfatto.

- Come mai ancora qui? - le domandò.

Lei non rispose.

- Mi sarei aspettato che saresti andata a comprarne un altro.

Nonostante la casuale vena che pulsava sulla sua fronte, Amu rimase impassibile.

- Guarda che mangiandolo ti ho fatto un favore… per la linea intendo.

Altra vena si formò affiancando l'altra.

- E poi…

Cos'aveva detto prima? Bastava… ignorarlo? Beh, se bastava questo allora perché aveva voglia di ucciderlo?

- Cazzo vuoi ancora?! - sbottò all'improvviso voltandosi verso di lui. Giusto il tempo di incontrare un attimo i suoi occhi trionfanti, le labbra piegate in un sorriso soddisfatto, che accadde quello che non doveva accadere.


- Beh, tentare non nuoce, giusto? - già. Parlava proprio bene. Il problema però qui, era che anche il tentarci stava diventando impossibile.

Kukai lo aveva capito. I metodi classici con Amu non funzionavano. Per convincerla davvero ad entrare nella loro squadra non bastava una sciocca riunione di gruppo e qualche sorriso. Doveva averne la prova. La prova che loro aveva realmente bisogno di lei.

- Non sa fare ancora la Chara trasformation, potremmo aspettare quella magari e poi chiederglielo di nuovo. - suggerì Nadeshiko.

Mmm… quella poteva essere una soluzione.

- E se provassi a parlare con i suoi Shugo Chara? - Temari. Sempre carina e positiva, o almeno quando non entrava in coppia con la sua portatrice. Perché in quel momento la sua personalità cambiava completamente, dando sfogo alla sua parte competitiva.

- Potrebbe essere una soluzione, ma… - intervenne Ritmo affiancandola.

- No. - disse Ami. - Dopotutto gli Shugo Chara non possono fare molto per convincere il loro portatore.

Kukai non aveva ancora parlato. Era perso nei suoi pensieri ancora una volta. Non riusciva mai a intervenire nei discorsi fino a che non aveva ben chiara la sua teoria così da poterla esporre.

Loro ci avevano provato con le buone. Lui ci aveva provato con le cattive. Nessuna delle due cose aveva avuto effetto. Inoltre aveva un sospetto. Se anche la Ester l'avesse notata e fosse riuscita prima di loro a farla andare dalla loro parte? Considerando gli avvenimenti però, anche avesse avuto l'invito, non doveva averlo accettato. Altrimenti non avrebbe combattuto con lui contro lo Shugo Chara x. Oddio… non sembrava desiderarlo tanto in quel momento o impegnarsi troppo, però… ahh, il cervello gli stava andando in fumo!

Poi d'un tratto gli venne un'idea. Chissà, magari con questo l'avrebbe addirittura aiutata, almeno un poco. Insomma, poteva anche azzeccarci e farle piacere.

- Ragazzi? - fece d'un tratto Kukai. Tutti si voltarono verso di lui. - Mi è venuta un'idea!


No. Non riusciva a crederci. Un giorno che doveva essere di pace, totalmente rovinato. Perché sempre a lei? Persino la voglia di uccidere quel ragazzo era passata in secondo piano.

- Vieni via! - sentì gridare, prima di avvertire un braccio che la stava strattonando via. Ikuto. Quel ragazzo la stava… aiutando?

Mentre lui se la coricò in spalla, ad Amu venne in mente una domanda da porgli.

- Perché lo fai?

- Perché almeno sarai in debito con me. - ovvio. Come aveva potuto sperare in qualcosa di più umano?

Sospirò.

- Beh, allora puoi anche lasciarmi andare… - disse.

Ikuto la guardò un po' strano, poi scosse la testa.

- Non se ne parla neanche! Ti porto lontano da qui e poi torno indietro e distruggo quel coso! - le disse.

Ma perché uno Shugo Chara x doveva per forza farsi vedere quando lei era nei paraggi? Fatto sta che non le piaceva essere salvata. Dopo si sentiva come un groppo alla gola. La brutta sensazione di aver avuto bisogno dell'aiuto di qualcuno. Di essersi sentita come… 'sottomessa'.

Con un calcio ben assestato alla pancia riuscì a liberarsi della presa del ragazzo. Il quale si tenne per un secondo lo stomaco, poi si voltò a guardarla, mentre correva verso quell'affare che aveva tutta l'aria di essere pericoloso. Era… un robot. Un robot con la 'x' sulla fronte. Forse un ragazzino sognava di diventare meccanico? Scosse la testa. Sai che importava a lui qual era il sogno di un moccioso che neanche conosceva!

Comunque sia, ora doveva seguire quella ragazza. Se sarebbe riuscito a sconfiggerlo e a 'salvarla' poteva dire davvero che sarebbe stata in debito con lui e magari concluderci qualcosina.

Iniziò a correre verso il parco, ormai deserto. La intravide mentre con un pezzo di ferro - preso chissà dove - stava tentando di colpire la 'x' di quel coso. Doveva aver fatto il chara change, perché sui suoi capelli era improvvisamente apparso il seme di picche, nero.

- Yoru! - esclamò. Il suo Shugo Chara si fece subito avanti e annuì.

- Vai Ikuto! - esclamò entusiasta il micio.

- Chara change! - fece quello e subito coda e orecchie nere apparvero sul suo corpo.

Balzò in aria per poi stringere il pugno e creare una gigantesca zampa di gatto, attaccando il robot. Riuscì a graffiare il metallo dell'armatura, portando subito l'attenzione di quel coso su di lui. Atterrò sul tetto di un edificio. Quello provò ad attaccarlo con una specie di raggio che gli fuoriusciva dalla mano. Lo schivò per miracolo. A quell'essere non sembrò fare molto piacere. Iniziò così a lanciargli delle grosse sfere nere. Dovevano essere pesanti almeno come una palla di cannone. Ikuto le schivava tutte abilmente, tenendogli testa in un modo davvero eccezionale.

- Amu, hai visto com'è bravo? - le disse Ran.

- Se continua solo a schivare si farà ammazzare. - rispose lei, impassibile. La resistenza di qualcuno poteva anche essere grande, ma c'è sempre un limite e a giudicare dall'espressione sul viso del ragazzo, non era rimasto molto dl superarlo.

Non avrebbe saputo dire il perché lo fece. Forse perché le sembrava da stupidi restare lì, immobili, a guardare. Specialmente quando lei aveva la possibilità di fare qualcosa.

Ikuto era stanco. Davvero stanco. Sapeva che doveva attaccare, ma il tempo di schivare tutte quelle sfere gli aveva consumato le forze e mentre le schivava non riusciva a fare un passo in avanti che ne doveva fare uno all'indietro per schivarne un'altra. Poi d'un tratto di era bloccato. Aveva bisogno di una pausa. Ma la fatica che faceva lui, non era certo paragonabile a quella che faceva il robot per sparargli quelle sfere. E una di quelle lo stava raggiungendo. Lui era stanco. Non ce l'avrebbe fatta a schivare. L'unica cosa che pensò fu che dopo l'impatto riuscisse ancora a respirare.

Quello che di certo non si sarebbe mai aspettato era di vedere quella ragazzina - sempre con il pezzo di ferro in mano - pararglisi davanti e colpire la sfera, spedendola lontano.

Poi guardò il robot. Una mano sul fianco e la spranga il mano.

Ikuto sgranò gli occhi.

- Perché lo hai fatto? - le chiese.

Lei si voltò verso di lui. Un leggero sorriso di soddisfazione ad increspargli le labbra.

- Perché almeno sarai in debito con me.

Una sfera la stava per colpire, ma lei si girò in tempo per pararla con la spranga di ferro e gettare anch'essa lontano.

Ne parò alcune, mentre altre ne schivava. Ikuto la guardava ammaliato. I suoi movimenti erano fluidi. Sembrava una danza, più che una lotta.

Prese la mira. Poi con un balzo e brandendo il pezzo di ferro, colpì la 'x' con tutta la forza che aveva. I robot si tramutò in uovo x e in un ultimo colpo, Amu lo frantumò. I pezzi caddero lentamente, polverizzandosi poi al suolo.

Lanciò lontano la spranga, per poi sedersi sul tetto e sospirare. Era la prima volta che lo faceva. Quella prima aveva solo guardato Kukai. però, visti i risultati, non era andata proprio male.

Ikuto si alzò, guardò un attimo la ragazza, poi sorrise.

- Ci vediamo…

Amu fece in tempo a girarsi giusto per vederlo sparire. Quel gattaccio era proprio strano. A volte sembrava limitarsi a volerla prendere in giro, sia con le parole che con i fatti. Altre la salvava. Poi se ne andava senza nemmeno ringraziare.

- Ingrato figlio di…


- Davvero? - chiesero tutti all'unisono.

Kukai annuì trionfante. Per poi guardare Ami. La ragazza storse il naso.

- Che hai da guardarmi così? - chiese sospettosa.

- Diciamo che dipende tutto da te… - le disse sorridendo.

- Come?

- La riuscita del piano dipende tutto dalle tue qualità recitative!

Tutti lo guardarono con un'espressione di pura incomprensione. Kukai sospirò e si affrettò a spiegare.

- Hinamori Amu non ha amici… - iniziò a dire. - Se tu diventerai sua amica, potrai facilmente trascinarla all'interno dei guardiani…

- Mi rifiuto! Non solo perché è meschino ma anche perché non ne ho affatto voglia! - esclamò arrabbiata.

- Non sei costretta a farlo… - intervenne Nagihiko. - Ma ci sarebbe molto utile.

- Non potete farlo voi? - domandò la ragazza. - Volevate già diventare amici di Hinamori, no?

- Si ed è proprio per questo che noi non possiamo farlo.

Ami si stupì e la sua faccia chiese spiegazioni.

- Uno che vuole diventare amico di una persona non vorrebbe mai costringerla a fare qualcosa che non vuole…

- Ti sei contraddetto da solo…

- Nonostante questo… - fece ancora il ragazzo, ignorando totalmente il commentino di Ami. - Abbiamo bisogno di lei. E tu devi portarcela.

La ragazza digrignò i denti. Perché toccava farlo a lei?

- Perché non lo fa il nostro caro King's chair invece? Visto che è stato lui ad avere l'idea?

- Perché Hinamori non si fida affatto di me… - avrebbe voluto farlo lui. All'inizio ci aveva pensato. Ma la verità era che per questo serviva qualcuno a cui non importava nulla diventare amico di Amu. Mentre a lui importava. Sapeva che era crudele. Ma come aveva già appurato prima con le buone ci avevano già provato, insieme, ora dovevano provare con le cattive. Se questo non avesse funzionato, non avrebbe saputo dove andare a sbattere la testa. - Tu invece puoi farlo benissimo. E poi sei una ragazza, potrebbe funzionare anche per questo fatto.

Ami non sapeva più che fare. Fissò Shizu, lo Shugo Chara dai capelli lilla non sapeva che dire e la fissava con i suoi grandi e dolci occhioni verdi. Doveva prendere una decisione, questo lo sapeva. Nonostante tutto quello che le veniva in mente era… perché tutte a me?



Ikuto: Dillo.


Meme: Eh?


Ikuto: Tu ce l'hai con me.


Meme: … dovrei? O.o


Ikuto: Si può sapere perché mi hai fatto passare per un deboluccio che necessitava della protezione si una ragazzina??? >.<


Meme: Dovevo un po' far valere la protagonista… ù.ù


Amu: potevi farlo benissimo senza farmi salvare questo escremento… -.-'


Meme: Pervertito cara, questa è la parola giusta…


Ikuto:Chissà perché qualcosa mi dice che dovrei arrabbiarmi…


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Capitolo 7
*** Un mistero svelato... ma non era un mistero ***


Posò la penna sul foglio.

- Ti arrendi?

- Già… non la capirò mai.

- Se tieni la mente sempre occupata dagli stessi pensieri è normale che per la matematica non resta neanche un po' di spazio. - le disse suo fratello.

- Lo so… - sbuffò la ragazza.- Ma che ci posso fare… e poi anche per te non è molto diverso.

Zenko sorrise.

- Probabilmente hai ragione. Ma almeno per adesso ce la fai a risolvermi questa benedetta scomposizione?

Amu fissò quell'ammasso di numeri, disposti in linea, sul foglio.

- Allora… che cos'è? - le chiese suo fratello.

- Dunque… un trinomio tipico?

- Ci rinuncio!


Prese le chiavi, la cartella e uscì di casa.

- Ciao mamma! Ciao papà! - salutò la ragazza.

- Ciao Ami! - salutarono i genitori. - Buona scuola cara!

La ragazza annuì, per poi chiudersi la porta alle spalle e incamminarsi verso la stazione. Rispetto ai suoi compagni di scuola lei viveva lontano dall'istituto. O almeno non così tanto vicino da poterci arrivare a piedi. Per questo ogni mattina doveva prendere il treno.

Arrivò alla fermata in pochi minuti e come al solito lui era lì ad attenderla.

- Naizen! - esclamò la ragazza correndogli in contro. Un ragazzo dai capelli rossicci e gli occhi nocciola si voltò nella sua direzione.

- Ciao! Come mai sei puntuale stamattina? Di solito sali quando il treno è in corsa… - la prese in giro.

- Divertente… - disse. - Come stai?

- Bene, non mi vedi?

Quel ragazzo era davvero fantastico. Insopportabile. Ma fantastico. O almeno lei gli voleva bene. Molte volte pensava dipendesse dal fatto che erano cresciuti insieme. Però poi si era accorta che era davvero un tipo unico al mondo. Insomma, di matti davvero matti ce ne sono pochi… come lui poi erano rari.

- Sei insopportabile.

- Si vede che faccio bene il mio mestiere. - disse lui chiudendo il libro che teneva in mano.

Ami glielo sfilò dalle mani.

- Che leggi?

- Un libro.

- Ma dai? Credevo fosse una bistecca! - iniziò a sfogliarlo interessata. Di solito avevano gli stessi gusti in fatto di libri. Proprio come lui anche lei amava le storie di avventura. - Di cosa parla?

- Di un ragazzo che è in cerca del corpo congelato della madre. - le rispose. *

- Il corpo congelato della madre? Ma è impazzito.

- No, c'è una buona ragione a tutto ciò.

- E sarebbe?

- Sai che io non faccio spoiler! - ribatté lui incrociando la braccia.

Ami sbuffò.

- Chi ti dice che lo leggerò?

- Il fatto che appena l'avrò finito te lo presterò.

Ormai non si stupiva più di niente. E come poteva con un tipo del genere nei paraggi? Era già tanto se non gli rinfacciava tutto quello che diceva.

- Okay, okay… ma ora saliamo sul treno o a scuola sarà dura che ci arriveremo in orario. - gli disse correndo verso l'entrata, seguita da Naizen.

La mezz'ora di treno la passarono come al solito in silenzio. Dopotutto era vietato parlare, se non sottovoce. E per loro parlare sottovoce equivaleva a stare zitti. Di conseguenza preferivano restare in silenzio e sfogarsi fuori dopo. Quello che fecero una volta usciti.

- Ahh… un giorno o un altro non riuscirò più a trattenermi e urlerò dallo stress! - fece Ami.

- Già, capisco che dura prova ti tocchi subire tutte le mattine.

- Vedi di non rompere troppo! - lo ammonì subito la ragazza.

Naizen sorrise.

- A proposito… - riprese il discorso Ami. Il ragazzo si girò verso di lei, mentre iniziava a camminare verso la scuola. - Come va il racconto?

- Ah?

- Ma si, quello che stai scrivendo!

- Oh, beh… va e basta. O meglio, è da molto che non va più.

- Come mai?

- Avrò sviluppato il blocco dello scrittore. - fece spallucce. Come se non gl'importasse. Ma Ami sapeva bene che non era così. Lui ci teneva davvero a quello che faceva e questa era la prima volta che iniziava a scrivere una storia. Il suo sogno dopotutto, era quello di fare lo scrittore. Una volta lo aveva persino sfidato a scrivere una storia sulla sua carriera di ballerina, quando sarebbe diventata famosa. "Spetterà a te scrivere la mia biografia!" gli aveva detto puntandogli il dito contro e sorridendo. Lui aveva annuito sorridendo.

- Tu? Il blocco dello scrittore? Magari, risparmieresti alle future vittime del tuo racconto di immergersi nella tua mente geniale e malata! - gli fece la ragazza dandogli qualche pacca sulla spalla.

Naizen sorrise.

- Già, probabilmente hai ragione.

- Certo che ho…

- Ami? - una voce esterna richiamò l'attenzione della bionda.

- Kukai… dimmi?

- Ci hai pensato?

Naizen passò lo sguardo su tutti e due e nella sua testa frullò qualcosa come un 'meglio se me ne vado'.

- Beh… ne riparleremo più tardi… - disse continuando a camminare. - A dopo Ami!

- Oh… a dopo Naizen… - dopo questo guardò di nuovo Kukai. - Dicevi?

- Ci hai pensato?

- Uff… ancora con questa storia? - gli domandò scocciata. - Non funzionerà fidati.

- Non puoi saperlo finché non ci provi.

- Non m'interessa di provarci. Lo so già. E poi è sciocco… - disse sicura. - Perché non provi a ricattarla?

- E con cosa? Le rapiamo l'astuccio e le lanciamo un bigliettino con su scritto 'se vuoi che non facciamo nulla alle sue penne e matite devi unirti ai guardiani'?

- Mmm… allora non lo so. Ma se ci tieni tanto ti ripeto: Fallo tu! - disse infine. - Io me ne lavo le mani! Non ho alcun interesse a diventare sua amica, neanche per finta. - disse in fine, per poi correre via a raggiungere Naizen.

Kukai sospirò. Come cavolo doveva fare?

Decise anche lui che per il momento era meglio non pensarci. Chissà, magari Amu stessa avrebbe deciso che era meglio unirsi a loro e contattarlo. In sostanza era… totalmente impossibile.

- Ehi Kukai! - il ragazzo si voltò. Non era difficile indovinare chi lo aveva chiamato.

- Ciao Nagihiko, Nadeshiko.

- Sei ancora preoccupato? - domandarono in coro.

- Beh, considerando dagli avvenimenti si.

- Già, abbiamo sentito anche noi che è successo un disastro al parco l'altro giorno… - disse Nadeshiko.

- Appunto, mi chiedo chi abbia risolto tutto.

- E se fosse stata lei? - domandarono entrambi.

Kukai li guardò un attimo.

…Credici. Non c'è alcuna ragione che ti possa portare a pensare che dentro di me ci sia quella parola che tanto piace a voi umani ma che nessuno mette mai in pratica:altruismo…

Le parole di Amu gli affiorarono in mente come le rose a maggio. Il ragazzo si voltò.

- Impossibile che sia stata lei…


- Yaaawwwn! - sbadigliò la ragazza mentre si accasciava sul banco. - Che noia…

Mormorò a se stessa.

- Problemi signorina Hinamori?

Con te sicuro…

- No, no prof.

L'insegnante si voltò e tornò a scrivere sulla lavagna. Che rottura, ma doveva riprenderla per ogni stronzata? Valli a capire i docenti.

Il suono di una campanella non era mai stato così bello da sentire.

Si alzò dal banco stiracchiandosi stile gatto. Poi prese il panino al tonno dalla borsa e uscendo dalla classe iniziò a mangiarlo. Certo, come pranzo non era granché, ma ultimamente non aveva molta fame. Probabilmente dipendeva da quello.

- Tutto lì il tuo pranzo? - lo aveva appena spiegato il perché no? No, solo nella sua testa.

Si voltò. Bene, meglio tornare indietro. Si voltò di nuovo, per andarsene stavolta. Ma, guarda un po', venne trattenuta per un braccio.

- Che vuoi?

- Sei stata tu?

- Ah?

- L'altro giorno. Al parco. Sei stata tu a sconfiggere quel coso che era apparso?

Amu sgranò un attimo gli occhi, poi tornò con la sua aria indifferente.

- No.

- Non mentirmi. Alcuni ragazzi di questa scuola erano lì e dicono di aver visto una ragazza dai capelli rosa.

- Avrò anche il colore di capelli più buffo del mondo ma scommetto che non ci sono solo io con i capelli rosa! - ribatté Amu strattonando il braccio e sciogliendo la presa di Kukai.

- Uff… che tipo complicato che sei. Lo so che hai protetto qualcuno. Che ti costerà mai dirmi di si?

La sua risposta fu un morso al panino e un'alzata di spalle. Poi, dopo aver ingoiato quel boccone, si voltò e tornò in classe.

Ma perché quel ragazzo non la lasciava in pace? Era troppo furba per credere che volesse davvero diventare suo amico. Lei non aveva mai avuto amici, di certo non avrebbe iniziato adesso. Non perché non li volesse. Il motivo era un altro. Ma lasciamo perdere…

- Sei davvero una persecuzione tu! - esclamò al ragazzo seduto sul suo banco. - Non ti fai problemi vero?

Gli domandò notando come le ragazze della sua classe lo stavano guardando. I loro occhi percorrevano il corpo del ragazzo come uno scanner. Okay, non che fosse brutto quel tipo, ma se avessero conosciuto il suo carattere avrebbe dubitato fortemente che i loro occhi sarebbero stati ancora così sognanti.

- Direi di no. - rispose quello sorridendo. - Beh, non ti avvicini?

- Non mi fido.

In quel momento, nonostante in classe ci fossero almeno sette ragazze, sembrava come se ci fossero solo loro due. Forse perché era silenzioso. Fatto sta che non era la prima volta che aveva questa sensazione quando stava in sua presenza.

- Oh, mi dispiace… e io che pensavo di trasmettere fiducia ad occhio…

- Mi spiace deluderti… - fece lei incrociando le braccia al petto. Lo sguardo del ragazzo per un attimo vagò da quelle parti, per poi tornare sui suoi occhi. - Che diavolo vuoi ancora?

- Solo infastidirti.

- Beh, grazie per la tua sincerità.

- Più che altro volevo dirti che tra poco verrete attaccati.

Amu alzò un sopracciglio.

- E come mai me lo vieni a dire?

- Mah, così…

Qui c'era sotto qualcosa.

- Strano che un nemico ti viene a…

- Ma io non sono tuo nemico. Fino a che non stai con i guardiani io sono solo una semplice…

- Testa di cazzo.

- Come ti pare. - detto questo uscì dall'aula.

Le ragazze si avvicinarono cautamente ad Amu.

- Ehm… Hinamori-san? - domandò una di loro.

- Che c'è?

- Chi era quel bel ragazzo? State insieme?

Questo era il colmo. Ma che avevano al posto del cervello? L'acqua piovana?

- Secondo voi una può chiamare il suo ragazzo 'testa di cazzo'?

Tutte scossero la testa.

- Allora vi siete rispose da sole.


Cazzo… quel dannato aveva ragione! Come faceva a saperlo? Doveva essere lui la causa di tutto questo. Non c'erano altre spiegazioni.

- Hinamori! - ma cos'aveva un radar impiantato?

- Kukai?

- Presto, vieni!

- Ma che…

- Non c'è tempo per spiegare! - gridò, detto questa l'afferrò per un braccio e la trascinò fuori dalla scuola, di nuovo. - Lo vedi quel coso?

- Mi sembra alquanto improbabile non riuscire a vedere una cosa alta tre metri. - fece Amu.

- Bene, allora vedi di darci una mano!

- Cosa…

- Lo so che eri tu quella volta al parco. Quindi ora ci aiuterai, che ti piaccia o no!

Ma tu guarda se quel tizio era normale! Darle ordini in quel modo!

- Chi cazzo i credi di…

- M'insulterai dopo! Ora vieni! - le disse e dopo essere stata per l'ennesima volta strattonata Amu si convinse a raggiungere gli altri guardiani.

Davanti a loro c'era…

- Un topo? - domandò alzando un sopracciglio. Gigante. Un topo gigante. - Chi è che voleva diventare il topo di biblioteca qui?

- Poco spirito! La vedi quella x? - le domandò Kukai.

Amu annuì.

- Allora sai cosa fare. - le disse sorridente Nadeshiko.

Amu annuì di nuovo.

- Ran! - disse. Lo Shugo Chara le andò vicino e sorrise.

Amu ricambiò con quello che sembrava più essere una smorfia.

- Chara Change! - gridò, poi spiccò un balzo, atterrando sulla testa di quell'affare. Il topo si mosse e lei venne scaraventata a terra. Fortuna che Kukai riuscì a prenderla al volo, altrimenti addio Amu.

- Tutto a posto? - le domandò. Amu annuì rimettendosi in piedi. - Non avere fretta…

- Sto bene. - lo bloccò Amu.

Nel frattempo anche gli altri si stavano dando da fare. Nadeshiko e Nagihiko lo attaccarono in coppia, ma riuscirono solo a tagliargli un braccio. Sangue nero uscì dal topo, andando a sporcare sia i ragazzi che gli edifici circostanti.

Per non parlare del grido di dolore. Quell'essere stava gridando terribilmente forte. Tutti si tapparono le orecchie, mentre il topo continuava ad agitarsi.

Ami era la più vicina a quel coso. Il topo alzò una zampa e stava per colpirla, ma ciò non avvenne. Davanti a lei c'era…

- Amu? - domandò incredula la ragazza.

- Scappa!

- Cosa?

- Zitta e obbedisci, cazzo! - esclamò lei mentre tratteneva la zampa del ratto. Aveva un asta di legno in mano, sembrava un Bokken, la spada usata per il Kendo. Probabilmente l'aveva presa in palestra, non era molto lontano da dov'erano loro.

Ami si alzò e corse via, affiancando Kukai che guardava Amu concentrato.

- Tutti a posto Ami?

- Si. - rispose lei guardando Amu. Quel bastone fra poco si sarebbe spezzato. - Ma non vai ad aiutarla?

Kukai era quello che riusciva sempre a colpire la x. E ora gli si presentava un'occasione d'oro - visto che il topo era troppo impegnato a schiacciare Amu.

- No, voglio vedere come se la cava.

- Sei pazzo? Potrebbe venire schiacciata!

- Se muore avremo la conferma che non è stata lei quella volta al parco. Dopotutto se era lei anche quella volta era sola, no?

- Kukai…

- Non preoccuparti, quella ragazza è capace di fare molto più di quanto non sembri. - le disse sorridendo.

Un'altra cosa che aveva quel ragazzo e che Ami non era mai riuscita a capire, era il fatto di capire al volo il carattere e le potenzialità di una persona. Forse con il fatto che era capitano della squadra di calcio era abituato a capire certe cose. Eppure era così con tutti. A volte anche lei avrebbe voluto avere questa capacità. Perché ora come ora, capiva che era stata un'idiota a giudicare subito male Amu.

Il Bokken era prossimo allo spezzarsi. Amu non ce la faceva più. La fatica di respingere la zampa si stava sommando alla fatica di tenere intatto il bastone.

Quando capì di non farcela più, si staccò all'improvviso, rotolando all'indietro. Si alzò subito e puntò il Bokken contro il topo.

- Ran, ce la fai a farmi tornare lassù?

- Dove? - rispose la Shugo Chara.

- Sulla sua testa.

- Ci provo.

- Bene. - prese la rincorsa e balzò. Non sarebbe mai atterrata sulla sua testa, era troppo distante con le gambe, ma sarebbe riuscita comunque a colpirlo - di questo era certa. Alzò il bastone e colpì forte la x. Il topo si agitò un po', dopo di che venne inghiottito dalla luce e si tramutò in uovo x. Con grande sorpresa della ragazza venne distrutto senza che lei facesse nulla. Da uno skateboard.

Il Chara change si sciolse e lei atterrò pesantemente, fortuna che non era tanto in alto.

- Tutto bene Amu? - domandò Nagihiko una volta andatole vicino.

La ragazza annuì. A poco a poco anche gli altri le si avvicinarono.

- Sei stata brava! - esclamò Nadeshiko.

Amu fece un mezzo sorriso, come a ringraziare. Ami la guardava, in disparte. Probabilmente dopo le sarebbe andata a parlare.


- Lo sapevo. - annunciò una volta ritornato entrambi in classe, da soli.

- Evviva… - fece con poco entusiasmo la ragazza. - E con questo?

- Cosa ti costava dirmi che avevi aiutato qualcuno al parco? - le chiese Kukai sorridendo. Gesto che Amu non ricambiò.

- Non sarebbe stato da me.

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia.

- In che senso?

- Quello che vedono gli altri di me è solo un lato, trovo inutile mostrare l'altro. Preferirei non essere riconosciuta quando faccio qualcosa considerato 'buono' che essere vista come una che può compiere anche azioni altruistiche. - si spiegò meglio lei mentre si sedeva al suo banco, giusto per stare seduta.

Kukai rimase un attimo stupito, poi il sorriso spuntò nuovamente sul suo viso. Prese una sedia e la capovolse, sedendosi davanti ad Amu.

- Quindi vuoi che le persone conoscano solo un lato di te. - disse infine il ragazzo.

Amu annuì.

- Non ha senso con le persone che non si conoscono bene. Se uno ti vede sempre serio quando all'improvviso sorridi è come se vedessero un'altra persona.

Il ragazzo la guardava assorto. La capiva. Capiva quello che intendeva dire. Non poteva dire di essere d'accordo con lei. Ma neanche di darle torto. In quel momento si rese conto di stare pensando a che passato doveva aver avuto. Doveva esserci stato qualcosa che l'aveva portata a comportarsi così nei confronti degli altri. Nonostante questo lui voleva davvero fare amicizia con lei. La reputava una ragazza interessante. Di sicuro diversa da molte altre.

- Sai, credo tu non abbia torto. - le disse. Amu sgranò gli occhi. - Anche perché in effetti è strano vederti così stupita.

Disse in fine scoppiando poi a ridere. Per la prima volta Amu lo seguì. Anche lei rise. Rise di gioia, tanto che le vennero le lacrime agli occhi.

- Beh, forse hai ragione… - disse una volta che si fu calmata.

Kukai sorrise.

- Amu? - una voce la richiamò da dietro il ragazzo. Ami era affacciata alla porta dell'aula. La cartella in mano, pronta per andare.

- Si? - tutto d'un colpo la ragazza tornò seria.

- Ecco… io… - entrò nell'aula e le si avvicinò. - Grazie.

Disse tutto d'un fiato, chinandosi.

- Ah?

Ami si rimise ritta.

- Ecco… prima mi hai protetta e, beh, ne sono stata felice.

- Oh… figurati. - rispose. Il tono con cui lo disse esprimeva nel senso più profondo una sola cosa: menefreghismo.

Kukai sorrise. Ormai aveva capito com'era fatta.


- Wow… ecco, questa non me l'aspettavo. - annunciò la ragazza fissando l'uovo colorato nelle mani di Rima.

- Ehm… mi vuoi dire che sai cos'è? - fece l'altra.

- Certo, è uno Shugo Chara.

- Come?

Amu sospirò, spiegandole poi tutto ciò che aveva appreso dalla sua 'esperienza'. Alla fine della spiegazione sua cugina aveva l'espressione più stupita che le avesse mai visto.

- Caspita… quindi anche tu…

Prima che finisse la frase tre Shugo Chara sbucarono da dietro la schiena di Amu.

- Esatto. - si limitò a dire la ragazza.

- Io sono Ran!

- Io Miki.

- E io sono Suu.

Suu. Già. Ancora non riusciva a credere quello che rappresentava quello Shugo Chara. La sua capacità di…

- Ahh, che carini! - esclamò la biondina. - Speriamo che anche il mio sia così carino!!!

Amu sospirò. Doveva sopportarla, giusto? Era sua cugina infondo.


Era rimasto stupito. Non che non si sarebbe aspettato - almeno qualche volta - una reazione umana da parte di quella ragazzina. Ma da qui a vederla ridere di gusto, in compagnia di un ragazzo con cui, solo qualche giorno prima, aveva litigato ce ne voleva.

Ikuto non sapeva perché, ma vederla così allegra per quello che aveva detto qualcun altro lo infastidiva. La prima volta che l'aveva vista, quello che aveva pensato era stato - prima di 'le ruberò le uova' - voglio riuscire a modellare quella faccia. Sarebbe stata una specie di sfida. Nonostante questo aveva perso miseramente contro un ragazzino. Si, c'era stata quella volta che l'aveva imbarazzata, ma più che cambiare l'espressione le aveva cambiato colore.

- Ehi, Ikuto! - esclamò il suo Shugo Chara. Un gattino blu. - Giochiamo? Ah? Giochiamo, giochiamo?

- Ora non mi va, Yoru.

Il micino sbuffò.

- Che noia…

Ikuto si voltò su un lato - visto che era sdraiato sul letto della sua stanza - mentre continuava a pensare a quella ragazza. Chissà, forse con quello che gli era venuto in mente sarebbe riuscito anche lui a fargli cambiare espressione.



"- Ma io non sono tuo nemico. Fino a che non stai con i guardiani io sono solo una semplice…

- Testa di cazzo.

- Come ti pare. "


*Ikuto riguarda la registrazione più volte*


Ikuto: Come ti pare? Come ti pare? Quella lì… *indica Amu* … Quella lì mi chiama 'testa di cazzo' e io rispondo 'come ti pare'? Ma ti sembra normale?


Meme: No. Ma che m'importa, sono io che decido XP


Ikuto: Crudele ç.ç


Meme: Muahahahahah!!!


Amu: Sta ancora dando di matto? *guarda schermo dove gira il filmato* Guardi ancora 'sta roba?


Ikuto: Questa pazza mi sta sfottendo… mi ero creato un'immagine io! Sta mandando tutto a puttane! >.<


Amu: Immagine? Pff… non sei cambiato poi tanto in questa ff ù.ù


Meme: Brava Amu! Così si dice! *fa il tifo in stile cheerleader con i pon pon, insieme a Ran*


Amu: Piuttosto… *si gira verso Meme* se sta rovinando l'immagine di qualcuno quella è la mia. - scintillio degli occhi-


Meme: L'avete vista anche voi la voglia omicida nel suo sguardo?


*tutti fanno spallucce*


Meme: Aiuto… ç.ç



Angolo delle note °^° *me soddisfatta del suo primo 'angolo delle note'*


*Ho intenzione di scriverla davvero una one-shot di questo genere *-*

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Capitolo 8
*** La felicità non dura mai... pensieri concretizzati ***


Neanche il tempo di ribattere le era stato concesso. Forse si stava comportando da stupida. Eppure stare con quel ragazzo era davvero la fine del mondo. Si divertiva un casino. Proprio in quel momento, senza preavviso e nonostante i suoi continui rifiuti, era riuscito a farle assaggiare la sua merenda.

- Allora?

- Okay, lo ammetto. Buona. - rispose Amu.

- Che ti dicevo? - le fece lui scompigliandole tutti i capelli. Ultimamente i pranzo sembrava passare più velocemente del solito. Forse perché Kukai le faceva tutti i giorni compagnia. A volte con i guardiani e sua cugina. Altre -molto più numerose - da solo. Quest'ultima lei la preferiva. Essendo la prima persona che era stata capace di farsela amica, riusciva ad essere più spontanea nei suoi confronti. - A proposito…

Fece d'un tratto il ragazzo. Amu aggrottò le sopracciglia, aspettando che continuasse.

- Si?

- Ti hanno invitata al Royal Garden. - le disse sorridendo.

L'espressione impassibile di Amu lo portò a capire che non ne era del tutto entusiasta.

- E allora? Che cos'è?

- Oh, giusto! - esclamò il ragazzo. - Dimenticavo che ti sei trasferita da poco… strano però, credevo te ne avessero già parlato le altre ragazze…

- Si, mi hanno detto qualcosa… ma che significa essere invitate lì?

- Oh, beh… vieni a prendere un tè da noi. Tutto qui. - fece il ragazzo.

Amu rimase impassibile.

- Oh, tutto qui…

- Già, già. Tutto qui!

- Allora non c'è motivo di andare. - concluse dando un morso al suo secondo tramezzino. - Il tè lo prendo anche a casa.

- M-ma c'è differenza!

- E quale?

- Qui siamo tutti amici!

Amu lo guardò seria.

- Voi siete tutti amici… - gli disse correggendolo.

- Ma tu sei mia amica, quindi sei obbligata a venire! - esclamò puntandole il dito contro.

- Tsk… altrimenti? - domandò. Stava per dare un altro morso quando il tramezzino le venne sottratto. - Ehi!

- Altrimenti farò qualcosa a questo tramezzino dall'aspetto così invitante. - le disse.

Amu sbuffò. Minacciarla in questo modo era proprio da stolti.

- Ridammelo subito!

- Costringimi… - la sfidò il ragazzo.

Per tuta risposta sul viso di Amu si formò un bellissimo ghigno, poco prima di saltargli addosso e sfilargli il tramezzino di mano.

- Ehi, io non ti sono saltato addosso! - si lamentò il ragazzo.

- Non conta, io sono una ragazza!

- Oh, certo… peso piuma.

Amu lo guardò di sottecchi, mentre mordeva il suo pranzo, decisamente sudato e meritato.

- Tu pesi più di me.

- Qualche chilo solo.

- Oh, certo… dopo tutto sono solo ventidue chili, nulla più!

- Come sei esagerata! - esclamò il ragazzo, dopo di che si mise a fare qualche calcolo. - Oh… mi sa che hai ragione.

Amu sorrise e Kukai la seguì a ruota.

- Comunque davvero… - fece d'un tratto il ragazzo.

- Cosa?

- Devi venirci.

- Quand'è?

- Domani pomeriggio alle cinque. - rispose lui tutto soddisfatto.

- Mm… domani… oh, ma è sabato!

- Che c'è? Hai da fare?

- No, no, pensavo solo che visto il fatto di uscire prima il sabato era perfetto! - rispose invece stupendo Kukai che la guardò sbalordito.

- Dici sul serio?

- Mi verresti a prendere a casa se non ci venissi, vero? - gli domandò con aria scontata.

Lui annuì. Amu si alzò accartocciando la carta dove erano avvolti i due tramezzini appena divorati.

- Allora suppongo di non avere scelta. - annunciò infine, nonostante dentro di sé fosse contenta per questo.


- Voglio venire anch'io!! - esclamò Rima aggrappandosi alla gamba della cugina.

- No! No! No! - gridò per l'ultima volta Amu calciandola via. - Se non la finisci ti lego alla sedia e ti libero solo al mio ritorno.

Rima deglutì, mentre si allontanava verso l'angolo della stanza.

- Uffa… tutte a te le fortune!

Per un attimo Amu si bloccò, ripensando alle parole della cugina. Poi però scosse la testa e ritornò quella di prima.

- Fortuna? Sono stata obbligata…

- Vedi? Non sai nemmeno apprezzare le cose belle! Ma guarda che… - continuò a borbottare a lungo, ignorata totalmente dalla cugina che continuava a vestirsi. - Però, carina quella gonna Amu!

- Silenzio! - la ammonì la ragazza. - Grazie ai miei genitori ho solo un paio di jeans, che ora è in lavatrice. Sono obbligata a vestirmi così.

Rima sbuffò.

- Che pizze!

Beccandosi subito dopo una linguaccia da parte di Amu.

- Beh, io esco! - altro sbuffo da parte di Rima.

- Vedi di tornare, lo sai che girano delle voci a scuola di te e il King's chair? - le disse la biondina.

- Siamo solo amici.

- Questo è quello che dicono tutti… - le disse con voce canzonatoria.

Amu sbuffò e uscì di casa. Guardò l'orologio.

- Cosa? Le quattro e mezzo? - chiese ad alta voce, stupita. Era terribilmente in anticipo. Beh, avrebbe voluto dire che avrebbe fatto la strada con calma. Visto che bastavano dieci minuti per arrivare alla sua scuola.

Iniziò a camminare tranquilla, ma irritata.

- Hai intenzione di stare su quell'albero ancora per molto? - domandò voltandosi.

- Caspita, come mi hai scoperto? - chiese il ragazzo scendendo e avvicinandolesi.

- La tua presenza è irritante, anche se non fai rumore ti sento. - rispose lei.

Ikuto fece un risolino. Era stato lui a fare pressione sui rami per far si che lo sentisse.

- Oh, capisco… emano un'aria così irritante?

- Decisamente. - rispose quella incrociando le braccia. - Però capiti a fagiolo. Ho dieci minuti che devono passare velocemente, poi devo andare.

- Oh, beh… in dieci minuti non si può fare molto. - fece lui con aria maliziosa.

- Neanche in mezz'ora per quello che mi riguarda. - rispose lei acida.

- Beh, io non ci giurerei.

Prima che potesse avvicinarsi di più, Amu fece un passo indietro.

- Che diavolo vuoi ancora? - gli domandò.

- Perché indietreggi?

- Perché non mi fido. E poi devo andare al Royal Garden…

- Wow, che nome regale! - fece ironico il ragazzo. - E scommetto che questo giardino regale ha anche un re…

Amu assottigliò gli occhi. Lì c'era qualcosa che non andava.

- Che vuoi dire? - gli domandò sospettosa.

- Che senza un re… il Royal Garden non ha senso…

Amu non ci vide più. Gli corse incontro e lo strattonò prendendolo per la maglia.

- Che vuol dire? - gli chiese guardandolo dritto negli occhi.

- Mi vuoi tentare per caso? - quella frase gli costò un pugno sul naso. Facendogli uscire del sangue.

- Non fare l'enigmatico con me! Le cose le voglio sapere chiare e subito!

Ikuto si mise una mano sul naso. Quella ragazzina stava giocando con il fuoco.

- Oh, ma davvero! - la prese in giro. - Piccola ingrata, te la farò pagare…

- Dopo, ora mi rispondi! E comunque… - come un lampo che le aveva attraversato la mente, improvvisamente realizzò la cosa. - Tu mi avevi detto di andare a scuola?

- Oh, davvero?

- Si, quella volta che ti ho ritrovato in classe! Ma se vieni davvero a scuola con me… - dopotutto era possibile, loro erano medie e superiori insieme. - Allora com'è possibile che non conoscevi il Royal Garden?

Tutti a scuola, anche il terzo liceo, lo conosceva. Era praticamente impossibile non averne sentito parlare per niente.

Ikuto sorrise.

- Ahia! Beccato! - fece mentre con un fazzoletto tentava di fermare il sangue dal naso. - Dimmi un po', quanti anni mi davi?

Amu era seria.

- Beh… - fece pensierosa. - Ti avrei fatto uno del terzo. Diciotto.

- Ci sei andata vicino.

- Eh?

- Ne ho venti. - annunciò il ragazzo. - Non vado più a scuola da due anni.

Amu per un attimo sgranò gli occhi, poi tornò normale. In effetti le era sembrato più grande, però non gli avrebbe dato addirittura sei anni più di lei.

Ma stavano divagando.

- Stavamo parlando di Kukai… - disse Amu riprendendo il discorso.

- Oh, giusto, il ragazzino…

- Non prenderlo in giro! Dimmi piuttosto, che gli hai fatto? - continuò la ragazza.

Ikuto fece un mezzo sorriso e la guardò, la sfida negli occhi.

- Perché non lo scopri?

- Ma si può sapere perché cavolo lo hai fatto?

- Beh, se te lo dicessi svelerei una cosa importante e bla,bla,bla… direi per il fatto che la Ester è interessata alle tue capacità.

Amu sgranò gli occhi.

- Cosa? E perché cavolo di motivo?

- Ora chiedi troppo. - le disse il ragazzo. Si era già tolto il fazzoletto dal naso e se lo mise in tasca, visto che in giro non c'erano cestini.

Amu strinse forte i pugni, fino a fare diventare le nocche bianche. Tentò di trattenersi. Ma giurò comunque a se stessa che non appena avrebbe trovato Kukai gliel'avrebbe fatta pagare. Non ci sarebbe per niente andata leggera.

- Aspetta solo che scopra dove lo tieni… - gli disse guardandolo negli occhi. - Nel frattempo immagina pure come ti ucciderò…

- Che paura… - fu il commento derisorio di Ikuto. Si voltò. - Beh, fino a quel momento… Ci vediamo… Amu.


Batté forte il pugno contro l'armadio.

- Amu…

- Cazzo! - esclamò picchiando ancora quell'ostaggio silenzioso e inflessibile. Era la prima volta. La prima volta che si faceva un amico e succedeva tutto questo. Si voltò verso la cugina, che la fissava preoccupata. L'uovo colorato ancora stretto in mano. In quel momento avrebbe voluto davvero rendere felice Amu. Non ci era mai riuscita. Il sorriso di Amu lo vedevano in pochi e lei non lo aveva mai visto. - Rima… scusami… ho bisogno che tu te ne vada…

La ragazzina per un attimo aprì la bocca, come per parlare, poi la richiuse subito e annuì. Uscì dalla stanza, triste.

- Perché?! - gridò ancora Amu. Iniziava a sentire il dolore sulle nocche, per via dei colpi. Ma non le importava. Lo avrebbe ucciso se fosse successo qualcosa a Kukai. Ancora si interrogava sul perché. Era stata una mossa sciocca, solo per farla arrabbiare. Ma a che scopo poi?

Il suo cellulare vibrò qualche istante sul letto. Amu gli si avvicinò e lo prese.

Aprì l'e-mail che le era stata mandata.

"Kukai non si è fatto vivo, tu ne sai qualcosa? Ami."

- Ami? Come fa ad avere la mia mail?

La voglia di frantumare il cellulare c'era, ma non lo fece e con tutta la calma che le era rimasta scrisse la risposta.

"Domani te ne parlo"

"Cos'è successo, è grave?"

La ragazza s'irritò ancora di più. Ancora domande! Se le aveva detto che gliene avrebbe parlato domani voleva dire che domani le avrebbe parlato.

"Te ne parlo domani… - restò un attimo indecisa se scrivere qualcos'altro o no. - Ora non posso."

Almeno se la sarebbe fatta finita con le domande.

"Ok".

Posò il cellulare sulla scrivania. Non fece in tempo a fare un passo che si sentì di nuovo quel fastidioso 'bi-bip'. Riprese in mano quell'aggeggio e guardò il display.

"Sai niente di Kukai? Nagihiko."

- Anche lui?

Non fece in tempo a scrivere una lettera che ricevette un'altra e-mail.

"Sai niente di Kukai? Nadeshiko."

Ora anche le mail in sincronia.

"Ne parleremo meglio domani… puoi dire a tua sorella di smetterla di spedire la stessa mail?" la inviò a tutti e due, cambiando rispettivamente la parola fratello/sorella.

"Ok".

"Ok".

E ti pareva? Posò di nuovo il cellulare e si buttò sul letto. La mano le faceva ancora un po' male. Nonostante questo aveva bisogno di sfogarsi. Questa storia non le piaceva e non vedeva l'ora di finirla.

Il giorno dopo si sarebbe messa d'accordo con quei ragazzi e sarebbe andata a salvare Kukai. Poi avrebbe ucciso quel bastardo di Ikuto.


Strano. Di sicuro ne aveva viste di serre e giardini, ma con il Royal Garden, la prima parola che le era venuta in mente era stata 'strano'. Insomma, solo poche persone penserebbero di riunirsi a studiare in una serra. Dove oltretutto fa un caldo terribile visto che è di vetro.

- Ehm… a luglio come diavolo fare? - aveva domandato.

I due gemelli avevano sorriso.

- Ci veniamo in costume.

Amu abbassò il capo, capendo perfettamente che stavano scherzando. Fatto sta che rimaneva un mistero. Soprattutto perché loro indossavano quelle mantelline orribili.

- Comunque… a proposito di Kukai. Ieri a quanto ho capito non è venuto qui, vero? - domandò Amu mentre si sedeva ad un tavolino bianco, agghindato da dolci e tazze di tè lilla.

- Oh, no, è venuto invece! - rispose Ami.

Amu inarcò un sopracciglio.

- Ehm… ma allora che…

- Noi ci siamo incontrati mezz'ora prima. Dopo che era arrivato… - disse Nagihiko, prendendo la parola. - aveva pensato che era meglio venirti a prendere, non so il perché, forse era preoccupato. Così ci ha detto di scusarlo ed è uscito. Da lì non si è più fatto vivo.

- Quindi ieri mi avete inviato quelle e-mail perché pensavate che era con me… - constatò Amu dopo la spiegazione del ragazzo.

I tre annuirono.

- Kukai ce l'aveva data in caso di emergenza. - disse Nadeshiko.

Amu annuì. Dopo complicate riflessioni ci era arrivata a capire come avessero avuto la sua mail, visto che l'unico ad averla era appunto Kukai.

- Comunque ieri, mentre venivo qui ho incontrato un ragazzo.

- Chi? - domandò Ami.

- Tsukiyomi Ikuto.

I tre sgranarono gli occhi. A quanto pare lo conoscevano.

- Ti ha fatto qualcosa? - domandò ancora Ami.

- Non ci vorrai dire che… - fece Nadeshiko preoccupata.

Amu annuì.

- Si, è stato lui a rapire Kukai.

- Perché? - domandò Ami.

Amu sospirò incrociando le braccia al petto.

- Se lo avessi saputo ve lo avrei già detto.

- Sai dove si trova? - domandò Nadeshiko.

- Beh, considerando direi che è molto basso il tasso di probabilità che il rapitore di confessi dove ha nascosto la preda. - rispose Amu seria.

I gemelli annuirono.

- Effettivamente… - fece Ami fissando il tavolino. Poi guardò di nuovo la ragazza. - Ma noi come facciamo ad aiutarlo?

Amu chiuse gli occhi un attimo, come a concentrarsi. Quei tre la guardavano speranzosi, come se avesse potuto risolvere i loro problemi con uno schiocco di dita. Fosse stato così semplice.

- Non ne ho la più pallida idea. - disse infine. - Ma… qualcuno sa per caso dove risiede la Ester?

- Di preciso no. Ha molti contatti. Il loro capo si sposta di continuo. - rispose Nadeshiko.

- Ma ci sarà un posto che frequentano più degli altri. - insistette Amu.

La ragazza la guardò perplesso, mentre tentava di pensarci.

- Forse… lo studio registrazione. - suggerì Nagihiko.

Tutti lo fissarono incuriositi.

- Perché pensi questo? - domandò Ami.

- Beh, molti gruppi e cantanti sono sponsorizzati dalla Ester. - disse il ragazzo. - Potrebbe esser diventata una compagnia famosa partendo da quello.

- Mmh… - fece Amu mettendosi una mano sotto il mento e fissando il tè, lui si che poteva starsene tranquillo dentro la tazza. - Potrebbe anche essere. In tal caso, dove si trova?

- Ecco, questa è un'ottima domanda. - commentò Nagihiko.

- Beh, direi che si può rintracciare facilmente. - disse Ami.

I loro sguardi si puntarono tutti sulla ragazzina bionda.

- Ehi, non guardatemi così!

- Cosa intendi? - chiese Amu.

Lei sorrise e tirò fuori il portatile dalla borsa. Lo mise sul tavolo e lo accese.

- Internet. - rispose. - Google map è un'invenzione molto utile, sapete?

Tutti sgranarono gli occhi. Come avevano fatto a non pensarci prima?

Ami digitò 'Ester' sulla barra di ricerca e dopo aver cliccato invio, il computer le invio almeno un centinaio di siti sull'argomento. Tra cui molti che riguardavano la Pasqua.

- Trovato! - esclamò soddisfatta la ragazza. Tutti le si accerchiarono e fissarono lo schermo. Ami indicò un indirizzo scritto a fine pagina. - Questo è il sito ufficiale della compagnia. La loro casa discografica è proprio lì. E ora…

Aprì un altro pannello e digitò 'google map'. Trascrisse l'indirizzo e in meno di un minuto trovarono la via.

- Ecco qui! - annunciò soddisfatta. - Non è molto lontano. Un autobus sarà più che sufficiente per arrivare nelle vicinanze.

Gli altri sorrisero.

- E brava la nostra Ami! - annunciò Nagihiko circondandole le spalle con un braccio e strattonandola piano.

- Grazie, grazie… - fece la ragazzina arrossendo lievemente. Dopodiché spense il computer e lo rimise in borsa.

- Un momento… - fece Amu. - Anche se arriviamo là, credete davvero che ci faranno passare senza farci nessuna domanda?

Già, quella non l'avevano pensata. Era uno studio per aspiranti cantanti e così via. Come diavolo facevano ad entrare.

- Potremo intrufolarci. - suggerì il ragazzo.

- Si, ma da dove? E poi non credo sia piccolo il posto… Dobbiamo studiarla meglio prima di andare là. Kukai potrebbero tenerlo ovunque. Forse non è nemmeno là.

I tre la fissarono rattristati. Era dura ammetterlo, ma Amu aveva maledettamente ragione.

- E allora che facciamo? - il grande sorriso sul volto di Ami era svanito nel nulla.

- Non lo so, ma non possiamo buttarci alla cieca senza neanche un piano.

- Tu credi che lo tengano da qualche altra parte? - domandò allora Nadeshiko.

- No, sarebbe difficile gestire un luogo che non è principalmente controllato da loro. - rispose la ragazza. - Però Kukai potrebbe essere ovunque. Ami?

La bionda la guardò.

- Stampa la mappa della via e prova a trovare - anche fosse un vago riferimento - una piantina dell'interno della struttura.

La ragazza annuì.

- Va bene.

- Domani è lunedì, giusto?

- Si. - rispose Nagihiko.

- Quindi usciamo alle quattro da scuola… per le sei ci ritroviamo qui e studiamo bene la cosa. Ora è inutile fare tutto di fretta.

Gli altri annuirono. Per salutarsi e tornare a casa.

Stava facendo la cosa giusta. Era questo che pensava mentre tornava a casa. per una volta sentiva davvero di essere dalla parte giusta. Avrebbe trovato Kukai. Lo avrebbe salvato e avrebbe fatto il culo ad Ikuto!





Ikuto: Io ti denuncio.


Meme: Per cosa scusa? O.o


Ikuto: Per maltrattamento di personaggi di Anime indifesi. ù.ù


Meme: Ti sei offeso perché Amu ti ha spaccato il naso? o.o


Amu: A me è piaciuto farlo *sorriso sadico*


Ikuto: Anche per questo… *indica Amu* … come diavolo l'hai rimodellata? Che fine ha fatto l'imbranata del manga?


Meme e Amu: Quella è morta. *scintillio degli occhi*


Ikuto: Inizio ad avere paura. é.è


Amu: A proposito… Kukai che fine ha fatto?


Meme: ma come non lo sai?


Amu: Guarda che sei tu che scrivi la storia -.-''


Meme: Giusto *o*


Ikuto: Sei davvero senza speranze =.= Inoltre non capisco cosa ti ho fatto per farmi odiare così tanto =.=


Meme: Dai gattaccio pervertito, non ti preoccupare… anche tu hai un ruolo importante nella storia… o meglio, lo avrai ^o^


Ikuto: Perché mi suona tanto come una presa in giro?


Meme: Forse perché lo è.


Ikuto e Amu:


Meme: Ehi! Mai sentito parlare di sincerità? ù.ù


Ikuto e Amu:


Meme: E rispondeteee!!! >o<


Ikuto e Amu:


Meme: Cattivi ç.ç

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Capitolo 9
*** Salvataggio... l'umanità - in parte - di Amu ***


- Dici che va bene? - domandò Ami mettendole davanti la piantina stampata e con varie indicazioni a penna sopra.

Amu la prese e le diede un'occhiata.

- Direi di sì. Hai una vaga idea di dove lo tengano? - le chiese fissandola. - E poi come l'hai trovata così dettagliata la piantina?

Ami arrossì un poco abbassando la testa.

- Ehm… sono entrata nel loro sistema operativo. - confessò.

Amu sgranò un attimo gli occhi.

- Capisco, hacking. - disse.

Nagihiko diede una pacca sulla spalla ad Ami.

- Ehi, non fare così la riservata, tanto l'ha già capito. - le disse.

- Perché, c'è qualcosa di strano? - domandò Amu con la faccia tranquillissima. Gli altri si stupirono un poco, ma ormai ci erano abituati alle sue stranezze, quindi lasciarono perdere.

- No, figurati. - si affrettò a dire Nadeshiko.

- Comunque… - intervenne Ami. - Potrebbero tenerlo qui.

Disse indicando un luogo abbastanza isolato e stretto a giudicare dalle apparenze.

- Qui? Sarà un metro quadro. - commentò Nagihiko, dando un'occhiatina.

- No, Ami potrebbe avere ragione… - disse Amu. - Di solito le stanze che disegnano piccole sono fatte a posta per non essere notate e quindi non rivelano la vera grandezza del luogo. D'altronde anche noi non l'avevamo notata subito, il problema è da capire quale delle tre è, visto che i piani sono tutti uguali.

I tre la fissarono incuriositi.

- Come lo sai?

- Beh, nei videogiochi è sempre così. - disse Amu volgendo lo sguardo da un'altra parte.

Gli altri sorrisero.

- Ti piacciono i videogiochi? - domandò Nagihiko.

- Direi…

- Beh, nonostante tutto potresti avere ragione. - commentò Nadeshiko. - In effetti se fossi stata in loro lo avrei tenuto lì.

- Però… - fece Amu. - Siamo davvero sicuri che sia questo l'edificio giusto?

Ami annuì convinta.

- Sicuro. Ho controllato le altre piantine, hanno al massimo venti o trenta stanze sotto il loro controllo. Sarebbe praticamente impossibile controllare solo una parte senza essere visti da nessuno o comunque essere notati. - spiegò la ragazza. - Inoltre, bisognerebbe avere il massimo controllo ventiquattrore su ventiquattro. Quello che in base ai risultati delle mie ricerche…

- Ehm, ehm… delle tue infiltrazioni… - disse Nagihiko, fingendo di tossire.

- Di quello che ho fatto… - continuò Ami. - Loro non hanno.

- Sei stata davvero brava, Ami. - commentò Nadeshiko sorridendo. Facendo di nuovo arrossire Ami.

- Allora ci siamo. - disse Amu, prendendo la piantina e mettendosela in borsa. - Andiamo a prendere il prossimo autobus.

- Lo abbiamo appena mancato. - la informò Nagihiko.

- Bene…


La casa discografica della Ester era davvero immensa. Non l'avevano mai vista da così vicino. Anche perché come avevano calcolato non era molto lontano. Quaranta minuti di autobus. Rispetto a molti altri luoghi era vicino.

- Wow, eccoci qui… - fece Nagihiko ammirando la struttura.

- Wow davvero… - concordò la sorella.

- Già, wow… - fu in commento passivo di Amu. - Coraggio andiamo.

C'era un porta laterale, nella zona rifiuti, che veniva controllata solo ogni due ore, visto che era raro vedere gente passare per quei vicoli bui.

Sarebbero entrati da lì e si sarebbero divisi proprio come avevano deciso prima. C'erano quattro piano, più piano terra. Poco a poco ognuno avrebbe preso una strada diversa per arrivare da Kukai e chi sarebbe arrivato prima lo avrebbe liberato.

- Tenete i cellulare accesi, dobbiamo essere sempre in contatto. - disse Amu, prima di aprire la porta ed entrare. Si separarono e ognuno cercò di seguire il suo percorso.

- Nagi, andiamo! - esclamò la sorella e i due s'incamminarono per il corridoio a loro assegnato. Cartina in mano ed occhi ben aperti.

- A che piano era? - le domandò il fratello.

- Il terzo. Ma noi dobbiamo raggiungere il secondo per le scale in fondo. - rispose.

Alla loro sinistra c'erano proprio le stanza della mappa. La E, la F e la G. Ognuna di loro aveva una funzione diversa. Ma non era importante saperlo.

- Amu sarà passata per l'altro corridoio. A noi basta andare dritto. - constatò Nagihiko osservando la mappa. Nadeshiko annuì. Raggiunsero la scala in fondo, la via più breve.

- Lei dice? Potrebbe anche darsi…

- Nadeshiko… - mormorò Temari spaventata.

- Nagihiko… - fece poi Ritmo.

I due si bloccarono. Nadeshiko si voltò verso il fratello.

- Sta arrivando qualcuno. - bisbigliò.

Nagihiko si morse il labbro inferiore, prese la sorella per mano e la trascinò verso l'altra parte del corridoio. Le voci si stavano avvicinando. Nagihiko guardò velocemente le stanze davanti a loro. Erano tutte chiuse tranne…

- La D! Forza entriamo! - esclamò il ragazzo e insieme alla sorella entrarono lì dentro, per poi chiudersi la porta alle spalle.

Ami aveva tanto bei pregi. Il migliore di sicuro era il computer. Il saper navigare in internet sicuramente meglio di molti altri. La rete era il suo mondo. Quello che si chiedeva ora era perché cavolo di motivo se sapeva navigare così bene in internet non aveva nessun senso dell'orientamento.

Più guardava la mappa, meno capiva.

- Mmm… dunque, secondo quanto è disegnato qui dovrei trovarmi al secondo piano. - commentò. Poi si guardò un po intorno. - Uffa! Fortuna che le ho scaricate io le piantine! Non ci sto capendo nulla!

- Ahahahah!! - rideva Shizu.

- Che cavolo ridi! Non è colpa mia!

- E di chi sarebbe la colpa se non tua? - ribatté lo Shugo Chara.

Ami sorrise e Shizu la imitò. Scoppiarono a ridere insieme.

Si guardò per la centesima volta intorno, niente, non riconosceva…

- Aspetta forse è… - non fece in tempo a continuare che sentì una mano premerle sulla bocca, un braccio circondarle la vita e trascinarla via.


- Ci sono! - esclamò Amu non appena vide la terza porta con 'vietato l'ingresso ai non addetti'. Terzo piano, la terza porta uguale alle altre. Era stata convinta fin dall'inizio che era al terzo piano. Ma lì per lì aveva deciso di parlare in modo più generico.

- Amu? - la richiamò Miki. Amu si voltò verso la sua Shugo Chara, scoprendola preoccupata.

- Cosa c'è?

- Sicura di voler andare? - intervenne Ran.

Amu annuì sicura. I suoi tre Shugo Chara sorrisero.

- Allora d'accordo! - annunciò Suu. - Ti aiuteremo noi se ne avrai bisogno!

La ragazza sorrise.

Corse verso la porta e la spalancò di colpo. Ma quello che vide non le piacque affatto.

- Wow, come hai fatto a trovare la porta giusta? - domandò il ragazzo.

- Dov'è Kukai? - domandò lei entrando lentamente e fissandolo dritto negli occhi.

- Non prendertela con me… - le disse mostrando le corde che aveva in mano. Avevano del sangue rappreso su di esse, segno che con quelle lo avevano legato. - L'amico se n'è andato da solo.

Concluse gettandole a terra. Amu strinse forte i pugni, mentre gli si avvicinava.

- Come diavolo pensi che riesca a crederti? - domandò.

Ikuto fece spallucce.

- Mah, forse ragionando sul fatto che se lo avessi ucciso qui dentro aleggerebbe il dolce odore della putrefazione. - rispose con un mezzo sorriso sadico.

Amu rimase seria, troppo arrabbiata anche per fare solo del sarcasmo. Si guardò intorno. Era pieno di armi. Ai lati. Prima che Ikuto riuscisse a capire le sue intenzioni lei corse a sinistra e prese a caso un'arma, trovandosi con una spada - comune - in mano. La puntò contro Ikuto.

- Miki? - chiamò la ragazza facendo il chara change. - Dimmi dove si trova Kukai o ti faccio a fette.

- Non posso dire che non sei minacciosa in questo modo, anzi oserei dire che stai anche bene con la spada in mano… - la prese in giro lui. - Ma non so dove si trova Kukai. Quel ragazzo è scappato non appena avete attivato tutti gli allarmi qua dentro.

- Allarmi? - domandò con gli occhi sgranati.

- Credevate davvero che entrare dalla porta laterale vi avrebbe fatti passare inosservati? - le chiese, una mano nel fianco e lo sguardo derisorio fisso negli occhi miele della ragazza.

Amu non rispose. Era stata una stupida, eppure doveva immaginarlo. E adesso gli altri? Doveva raggiungerli subito.

Gettò a terra la spada, ma non fece in tempo a voltarsi che si sentì afferrare per le spalle e gettata a terra. La porta venne chiusa e Ikuto iniziò ad avvicinarsele.

Lei si alzò subito in piedi e riafferrò la spada.

- Vedo che non puoi trasformarti ancora… - le disse. Al che Amu inarcò un sopracciglio confusa.

- Come?

Ikuto sogghignò. Proprio come immaginava.

- Vorrà dire che te la risparmierò, finirei con l'annientarti subito. - le disse, per poi prendere anche lui una spada. - Combattiamo alla pari in questo modo.

Amu sorrise trionfante.

Era inutile, quella ragazza non sapeva proprio che voleva dire essere felice. Non sapeva proprio cos'erano le emozioni umane.

Parò all'istante un colpo che gli mandò dritto al cranio la ragazza. Però, bassetta e magra ma piuttosto forte.

La rispedì indietro con la spada, facendola traballare un poco. La ragazza attaccò di nuovo e Ikuto parò. Continuarono un poco in questo modo, fino a che Amu non scartò di lato e si poggiò con la schiena alla parete. Ikuto sfruttò il momento per tentare di colpirla, ma lei parò subito e con un gesto riuscì a colpirlo alla mano, ferendolo. Ikuto venne preso alla sprovvista, ma non si lasciò impressionare. Cambiò mano per impugnare la spada e la ferì ad una spalla. Istintivamente la ragazza si portò la mano al graffio. Sentendo il sangue sotto le dita. Lui non si fermò e la colpì anche al fianco facendola per un attimo sbilanciare. Continuò a colpirla, ma durante questi colpi Amu riuscì a schivare. Non poteva permettersi altre ferite.

Quando lui le si allontanò un poco - posando la spada sulla spalla - come per ammirare una sua creazione, la ragazza non riuscì a non arrabbiarsi.

- Hai forse deciso di farmi a pezzi la divisa?

- Pensi ch'io sia così crudele? - le domandò con un mezzo sorriso, non molto buono. - Farti rimanere in biancheria sarà più che sufficiente.

- Tsk, figurati se ci riesci. - lo sfidò lei portando di nuovo la spada davanti a lei. Forse quella frase poteva pure risparmiarsela, aveva la brutta sensazione che da un momento all'altro i panni le sarebbero scivolati via e per lei non ci sarebbero state molte possibilità di coprirsi. Anche perché non vedeva coperte o qualcos'altro con cui coprirsi.

- Sicura che vuoi che ci provi?

La ragazza si morse il labbro inferiore a sangue.

- Attacca invece che restare lì impalato! - esclamò lei. Doveva fare in fretta. Se non l'avesse sconfitto non l'avrebbe lasciata andare. Si stava divertendo fin troppo per i suoi gusti. Aveva intenzione di togliergli quel fastidioso sorriso dalla faccia. Strinse forte la spada e digrignò i denti. L'intenzione di ucciderlo era forte. Era una sensazione terribile da provare. Voler uccidere qualcuno e non poterlo fare. Quando la sola cosa che vorresti è vederlo strisciare ricoperto di sangue, fino a vedere solo il suo corpo, freddo, immobile, con gli occhi aperti e vacui.

Ikuto attaccò, ma Amu fu più veloce e schivò l'attacco colpendolo al fianco.

Il ragazzo sgranò un attimo gli occhi, per poi girarsi di scatto per colpirla, peccato che lei parò subito e lo fece traballare all'indietro. Non perse tempo e lo attaccò di nuovo, colpendolo al braccio e facendogli volare via l'arma. Lanciò la sua spada lontano e gli si gettò sopra. Cominciando a riempirlo di pugni. Il sangue le schizzò sul viso quando colpì il naso che a quanto pare non era ancora completamente a posto. Sorrise, mentre si alzava e ammirava il ragazzo completamente ricoperto di sangue.

Recuperò la spada e gliela puntò al collo.

Ikuto rimase prima stupito, poi sorrise. L'aveva sottovalutata a quanto pare.

- Beh? Vuoi restare qui tutto il giorno? - le domandò.

- Davvero Kukai è scappato? - chiese seria.

Ikuto annuì.

- Si, saranno tremila volte che te lo dico. - le disse sbuffando.

- Bene… - fece Amu alzandosi e lanciando via la spada. Poi se ne andò lasciando lì il ragazzo.

- Amu? - fece Suu. - Vuoi davvero lasciarlo così?

- Non c'è motivo per aiutarlo.

Uscì da quella stanza e corse via. Cazzo, si era dimenticata di chiedergli perché avevano rapito Kukai. Pazienza, non era importante. Ora però, doveva trovarlo. Tirò fuori il cellulare e provò a chiamarlo.


Ami iniziò a tremare quando avvertì che qualcuno l'aveva presa alle spalle. Quando poi sentì la voce del ragazzo, la voglia di fuggire si era tramutata in voglia di abbracciarlo. Vedendo che si era calmata l'aveva lasciata andare.

Ami si era voltata e gli era saltata letteralmente al collo.

- Kukai!!

Il ragazzo era ridotto piuttosto male, ma in confronto a quello che aveva immaginato non era niente di che. Aveva i segni delle corde ai polsi, dai quali probabilmente era uscito del sangue. Qualche graffio qua e là, che nonostante fosse piccolo ricopriva di striscioline di sangue il viso del ragazzo.

- Ciao, Ami…

- Come diavolo hai fatto a fuggire? - domandò mentre cercava di trattenere l'emozione.

- C'erano un po' di armi in quel posto e sono riuscito a prendere un pugnale e a tagliarmi le corde.

- Non ti sorvegliava nessuno?

- Certo, ma l'ho fatto quando se n'era andato.

La ragazza tornò ad abbracciarlo.

- Oh cielo! - esclamò staccandosi. - Amu!

- Cosa?

- Amu è qui! Era venuta con noi a cercarti! Probabilmente…

- Amu è venuta qui a salvarmi? - domandò il ragazzo sgranando gli occhi. Allora era lei la ragazza di cui parlava… pensò.

- Certo! A quanto pare sei riuscito a diventare suo amico. - disse Ami.

- Ma come…

- Ora ti spiego tutto… - fece la ragazza ed iniziò a raccontargli del loro piano e come Amu era stata brava ad organizzare tutta la squadra.

Kukai era sempre più stupito. A quanto pare quella ragazzina stava diventando brava a stupirlo.

- Wow, non l'avrei mai… - proprio in quel momento il cellulare squillò.

- Ti hanno lasciato il cellulare?

- Certo che no, l'ho ripreso. - disse Kukai prima di rispondere.

-- Pronto? --

-- Kukai? --

-- Amu? --

-- Dove cazzo sei? Ti sto cercando in lungo e in largo!! --

-- Ehi, ehi, calma… sono… - alzò un attimo lo sguardo. - Al secondo piano --

-- Bene, sono quasi arrivata, raccattate Nagihiko e Nadeshiko intanto --

-- Ci sono anche loro? --

-- Esatto, dovrebbero essere al primo piano --

-- Bene, ci pensiamo noi. --

-- Ottimo, ci vediamo fra poco --

Kukai guardò Ami, la quale annuì, per poi correre con il ragazzo fino al primo piano. Ami tirò fuori il cellulare e chiamò gli Nadeshiko. Dopo un po' d'incomprensione riuscirono a trovare il luogo dove si erano rifugiati per tutto il tempo.

- Kukai! Ti trovo bene… - fece Nagihiko.

- Si, abbastanza.

- La tua uniforme è intatta, ma che hai fatto al viso.

- Beh, i tentativi di fuga hanno il loro prezzo. - fece il ragazzo sorridendo.

Anche i gemelli sorrisero, insieme ad Ami.

Sentirono dei passi avvicinarsi a loro velocissimi, ma non fecero in tempo a nascondersi, che si ritrovarono davanti…

- Amu? - domandarono all'unisono.

La ragazza alzò lo sguardo. Aveva il fiatone e si era piegata in due per riprendere fiato.

- Beh, che avete da guardarmi così stupiti? Si sapeva che avremmo avuto da fare. - disse lei, per poi spostare lo sguardo su Kukai. Sgranò gli occhi in un modo impercettibile, ma il ragazzo se ne accorse lo stesso.

Le si avvicinò sorridendo.

- Beh… non dici niente? - le fece sorridendo.

- Che dovrei dire? - rispose lei, incrociando le braccia.

Kukai non rispose, semplicemente le si avvicinò e l'abbracciò forte. Amu sgranò gli occhi. Non l'aveva previsto e non sapeva come comportarsi in quelle situazioni. Non era mai stata abbracciata prima. Se non da suo fratello. Ma era diverso. Questo era il suo primo amico. Non rispose all'abbraccio, rimase così, ferma. Aveva capito perfettamente che quello era il modo di Kukai per dire grazie.


- Ahi, ahi signorino Tsukiyomi. - fece l'uomo. - Si è lasciato battere da una ragazzina.

Continuò stringendo le bende attorno al suo braccio un po' più forte. Al che Ikuto fece una smorfia di dolore.

- Non era previsto. Mi sono solo divertito. Non ci ho certo fatto a posta. - rispose il ragazzo.

- Oh, beh, almeno abbiamo raccolto dei dati. - commentò compiaciuto l'altro fissando lo schermo davanti a loro. Nel quale girava il filmato della battaglia contro Ikuto di qualche ora prima. - Devo dire che aveva ragione. Questa ragazzina è veramente forte. Non passerà molto prima che riesca a fare la Chara Trasformation.

Il ragazzo non disse nulla, si limitò a guardare la figura dai capelli rosa e gli occhi miele volteggiare nella battaglia. Danzare una danza della morte che lo avrebbe ucciso se solo ne avesse avuto l'intenzione. Non si era sbagliato. Era proprio un soggetto interessante. Si sarebbe davvero divertito molto con lei.

- Vorrei raccogliere più dati su di lei. - disse d'un tratto l'uomo.

- Questo che vuol dire? Che devo fare?

- Oh, sempre intuitivo a quanto vedo. Beh, se mentre le sue ferite si rimarginano lei la spiasse e raccogliesse qualche informazione su di lei non sarebbe male. - fece.

Ikuto posò il mento sulla mano e guardò dall'altra parte. Poi chiuse gli occhi e annuì.

- Ho capito.

- Ottimo. Ho finito…


- Non sta in piedi! - sbottò Amu, quando rimase sola con Kukai. Gli altri se n'erano tutti andati e lei aveva deciso di chiarire la cosa una volta per tutte.

- Che cosa?

- Come ti sei liberato?

- Te l'ho detto…

- Sembra di stare in un libro per bambini. Non ci crederò mai, quindi, o mi racconti la verità o…

- Va bene, va bene. A quanto pare a te non ti si può mentire, ah?

Amu annuì. Kukai sospirò e guardò la ragazza.

- Anche se, credo che dopo quello che ti sto per dire inizierai a prendere in considerazione la probabilità che quello che ti ho raccontato non sia una bugia.

- Spara!

- Ikuto.

- Ah?

- Quel ragazzo… è stato lui ad aiutarmi a fuggire.



Meme: Ikutooooo!!!! *si getta tra le braccia del ragazzo*


Ikuto: E adesso che hai da urlare in questo modo? Ti sei forse pentita per quello che mi hai fatto?(vena pulsante sulla fronte) *tenta di scrollarsela di dosso*


Meme: Sciocco, ovvio che non mi pentirei mai con te e poi ti ho dato un po' di lode alla fine, no? T.T


Ikuto: No comment.


Amu: Probabilmente è per quella cosa.


Ikuto: Eh? o_o


Amu: Sta andando in astinenza. ù.ù


Ikuto: … Ehm… di che?


Meme: Di manga. T.T


*goccioloni enormi sui presenti*


Ikuto: Ma se ieri ne aveva comprati almeno una decina.


Amu: Li ha letti tutti ed è andata in astinenza. ù.ù


Ikuto: Non ho parole -.-"


Meme: Ikuto… .


Ikuto: Cosa sono quegli occhioni da cucciolo?


Meme: Voglio altri manga!!! >o< *batte i pugni sul petto del ragazzo*


Ikuto: Ahi, ahi… e che ci posso fare io se te li mangi i manga? Poi è ovvio che devi aspettare!


Meme: Cattivo ç.ç


Amu: Mi chiedo dove trovi il tempo di studiare ù.ù


Meme: Non sono affari tuoi…


*fischietta*


Ikuto e Amu: No comment -.-"


Kukai: Autrice, perché io sono ancora insanguinato?


Meme: Perché mi sono dimenticata di farti curare. Ma dal prossimo capitolo non lo sarai più tranquillo.


*sguardo preoccupato del ragazzo*


Meme: Prometto!


Amu, Ikuto, Kukai: Ah, allora si può stare tranquilli… =_=

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Capitolo 10
*** Alzare un po' il gomito ***


Se fosse stata in uno di quei cartoni animati probabilmente la sua mascella avrebbe toccato terra e sarebbe tornata su a serrandina.

- Non mi guardare così, è vero. - fece Kukai.

- Come posso non guardarti così, ho appena massacrato il ragazzo che ha salvato il mio amico… - si tappò la bocca di scatto e fisso il terreno.

Erano corsi subito a casa di Kukai, nonostante il ragazzo le avesse detto che i suoi genitori erano fuori per lavoro. Aveva avuto fortuna, questo era stato il primo pensiero di Amu.

"E i tuoi non si preoccupano per te?" le aveva chiesto Kukai.

"Loro ci sono abituati" aveva risposto lei, prima di entrare in casa. La gonna aveva retto fino a lì per miracolo. Ma Kukai non si era fidato di quei brandelli e le aveva prestato una sua maglia, bianca. Era una felpa larga che le arrivava alle ginocchia. Dopotutto quel ragazzo era almeno venti centimetri più alto di lei. Le sue maglie erano come dei sacchi per lei. Dopo lo aveva aiutato a curarsi le ferite ed ora erano nella sua stanza, mentre lei ancora lo guardava stupita.

- Wow, amico, mi sono alzato di grado! - esclamò trionfante.

- È stato solo un caso…

- Sé, sé… comunque… lo hai massacrato? Ma lui non ti ha detto niente?

- Mi aveva detto che eri scappato. Probabilmente anche se me lo avesse detto lo avrei fatto lo stesso… mi mi fido di quel tipo. - rispose. Nonostante questo però le era sembrato strano fin dall'inizio che fosse scappato senza che nessuno fosse riuscito a fermarlo. - E poi non avrebbe passato dei guai a liberarti?

- Aveva staccato le telecamere e poi mi aveva lasciato fuggire.

- Le telecamere stanno anche fuori.

- Si, ma in questo modo nessuno poteva vedere come mi ero liberato o chi mi aveva aiutato, nessuno sapeva che lui era lì. Così mi disse almeno… - rispose lui posando il mento sulla mano e fissandola.

- Che c'è adesso? - domandò lei notandolo.

- Ti fermi qui stasera o torni a casa?

- Che domanda è, mi pare ovvio il fatto che tornerò a casa.

- Tua madre non si fida di lasciarti a casa di un amico.

- Dubito penserebbe ch'io sia davvero a casa di un mio amico. - rispose sospirando. - Comunque no, non posso.

- E se poi mi rapiscono di nuovo?

La ragazza sgranò gli occhi e lo guardò.

- Non succederà… - fece, ma sembrava voler convincere più se stessa che lui. - Vero?

- Io non lo so.

- Puoi sempre chiamare Nagihiko…

- A quest'ora sarà già a letto.

Amu aggrottò le sopracciglia, prima di fissare l'orologio e scoprire che erano quasi le dieci di sera.

- Oh, cazzo! - guardò il cellulare. - Strano che non mi abbiano chiamata.

Una lucetta rosa lampeggiava al lato del portatile. La ragazza sorrise. Doveva immaginarlo.

- Tutto okay? - domandò Kukai.

- Va bene…

- Ah?

- Visto che ci tieni tanto resto qui… - sapeva di potersi fidare di Kukai e poi il fatto che prima lo aveva 'accidentalmente' chiamato amico non era cosa da poco. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era felice. Veramente felice.

Nonostante non fosse nulla di speciale. Dormire sul divano del salotto di un suo amico non era proprio uno spasso. Ma sapere di essere lì per qualcuno è già tanto.


- Ehi, Amu? - qualcuno la stava chiamando.

Lentamente la ragazza aprì gli occhi, trovandosi un ragazzo davanti.

- Kukai… che ci fai nella mia stanza? - domandò stropicciandosi gli occhi.

- Non sei nella tua stanza, ma nel mio salotto… - le disse sorridendo, mentre lei si alzava e si guardava intorno confusa.

- Oh, è vero! - esclamò come se si fosse appena accorta che quei mobili non erano bianchi e rosa, ma marroni. - Ma, noi non dobbiamo andare a scuola?

- E secondo te perché ti ho svegliata? Comunque con la divisa in quelle condizioni non potrai andare lontano, meglio che ne richiedi una nuova e oggi ti presto qualcosa io. - le disse.

Amu annuì.

- Bene, torno subito…

- Ehm, Kukai? - lo richiamò lei prima che lui se ne andasse.

Il ragazzo si voltò, sempre sorridendo.

- Si?

- Ecco… - continuò a torcersi le mani ancora un po', prima di aprire di nuovo bocca. - Grazie.

Kukai annuì e corse nella sua stanza.

Mentre si incamminavano il ragazzo la fissava sorridendo, per non ridere. Era davvero buffa con dei vestiti più grandi di tre taglie.

- Se devi ridere fallo. - lo sorprese la ragazza.

- Perché dovrei… - ma non riuscì a trattenersi ancora per molto, al che anche Amu fece un mezzo sorriso guardandolo.

- Te lo avevo detto. - disse poi. Entrarono a scuola e la ragazza si voltò verso di lui. - Vado a richiedere una nuova divisa.

- Non ti chiederanno spiegazioni?

- Non penso, ma se lo facessero inventerò una scusa…

- Del tipo? Sono stata investita da un camion?

- Forse, nel frattempo… ci vediamo! - esclamò, per poi correre via, a raggiungere l'ufficio che le interessava.

Fu tutto piuttosto semplice. Disse che per via un una 'disgrazia' la sua divisa aveva fatto una brutta fine e - nonostante gli sguardi dubbiosi del preside - riuscì ad ottenere una nuova divisa. Le chiesero di indossarla subito, non poteva stare a scuola in jeans e maglietta, specialmente se rischiava di venire inghiottita da quegli abiti. Amu aveva annuito ed era corsa in bagno a cambiarsi.

Beh, dovette ammettere che la divisa non le era mai sembrata così comoda come allora. Prima in strada rischiava di inciampare da un momento all'altro con quei jeans. Sarebbe stato un problema portarli per un giorno intero.

Mentre si dirigeva verso l'aula il cellulare vibrò nella tasca della giacca. Guardò il display. Come si era aspettata. Zenko si stava preoccupando.

"Sei a scuola?"

"Si". ma non fece in tempo a mettersi il cellulare in tasca che un altro messaggio le arrivò.

"Tutto ok?"

"Ovvio"

"Dopo a casa mi racconti tutto, ok?"

"Vedremo"

"No, me lo racconti!"

"Okok" spense il cellulare ed entrò in classe. Rima la fissava con gli occhi sgranati. O insomma, non ornava a casa una sera e tutti si preoccupavano. Eppure lo sapevano com'era fatta. Sospirò e si sedette al suo posto.

- Amu?

- Chiedimi cos'è successo e ti picchio. - Rima si ammutolì. - Non c'è ancora l'insegnate o è solo uscita un attimo?

- No, non è ancora arrivata.

- Bene. - fece solo lei, prima di tirare fuori un manga ed iniziare a leggerlo.

- Che leggi?

- Un manga.

- Di che parla?

- Ti basti sapere che è il mio genere.

- Cioè?

- Splatter.

- Sei una ragazza e leggi manga di questo genere.

- Non dovevi essere andato in classe? - domandò Amu voltandosi verso il ragazzo. - Ah, Kukai?

- La prof non è ancora arrivata né da voi né da noi, quindi…

- Ho capito.

- Mi fai vedere? - le domandò avvicinandosi.

Lei annuì e gli passò il manga. Non appena lo aprì l'immagine di una testa che volava lo incuriosì parecchio, o almeno il necessario, da fargli sfogliare anche il resto solo per i disegni.

- Me lo presti non appena lo hai finito?

Amu rimase 'leggermente' stupita e - con gli occhi sgranati - annuì.

- Quanti numeri sono?

- Una ventina.

- Neanche tanti.

- Per coprire il rosa delle mura nella mia camera dovevo pur far qualcosa, no? - domandò incrociando le braccia.

- Hai la camera rosa? - le domandò stupito e divertito al tempo stesso. Se non altro dal fatto che un simile soggetto abbia la cameretta stile Barbie e le dodici principesse danzanti.

- Si, per volere della mia cara mamma… - disse con sarcasmo.

- E come l'avresti voluta?

- Totalmente nera… o per lo meno di un altro colore… no rosa e neanche giallo! - esclamò nominando i colori terrorizzata.

Kukai rise.

- Beh, la mia è verde, l'hai vista no?

- Sicuramente è meglio della mia. - borbottò.

- Un giorno me la farai vedere, ok?

- Non è un bello spettacolo.

- Non m'importa, tu hai visto la mia…

- Tu hai visto la sua camera? - in quel momento sia lei che il ragazzo si erano dimenticati di sua cugina, Rima, la quale se n'era stata zitta tutto il tempo. Almeno fino a che non ce l'aveva fatta più. E ora li guardava, leggermente rossa in viso.

- Si, perché? - fece Amu di rimando, tranquilla, come se avesse detto la cosa più naturale del mondo. Naturale per lei. A quanto pare non per Rima.

- Perché non me l'hai detto?

- Perché non me l'hai chiesto.

- Mi hai minacciata di morte prima che ti potessi dire qualunque cosa…

Vedendo il botta e risposta tra le due ragazze, Kukai non poté fare a meno di sorridere. Amu era davvero un tipo particolare. Quella ragazzina era normale e come tale si emozionava per le novità. Mentre Amu era talmente riservata che la infastidiva qualunque domanda su qualcosa che le era successo.

- Perché sorridi? - domandò la ragazza notandolo.

Lui mise le mani avanti e scosse la testa.

- Niente di particolare, giuro.

- Sarà… - fece Amu, per poi guardare l'orologio. - Venti minuti di ritardo… dev'essere successo qualcosa, trovo alquanto impossibile un simile ritardo da parte della professoressa.

- Penso anch'io. - rispose Kukai, lo sguardo serio.

Non fecero in tempo a dirsi altro che un forte scossone fece alzare tutti gli studenti. Per quanto ci fossero abituati ai terremoti e agli scossoni, tutti realizzarono che quello non era normale.


- Waahh!!! - gridò la ragazza.

L'amico era ad aspettarla come sempre, a quanto pare anche lui non era stato puntuale quella mattina.

- Non mi dirai che è da stamattina che mi aspetti… - domandò Ami una volta arrivata. Aveva il fiatone. Considerando che aveva corso per almeno otto chilometri di fila, senza sosta, per paura di perdere il prossimo treno.

- No, sono arrivato qualche minuto fa anch'io. - rispose Naizen.

- Anche tu hai passato la notte in bianco? - domandò stupita. - Strano da parte di uno studente modello come te…

Naizen sorrise.

- Chiunque passerebbe una notte in bianco quando legge certi racconti.

- Cos'è un horror? Non mi dirai che ti ha messo paura?

- Si è un horror. Ma non è che mi ha messo paura. Semplicemente non riuscivo a smettere di leggere e sono andato a dormire alle tre. - si spiegò il ragazzo porgendole il libro.

Ami lo esaminò con cinica accuratezza.

- Non sembra male. Me lo presti?

- Perché no. - rispose lui mettendo le mani in tasca.

La ragazza sorrise e mise il libro nella cartella. Proprio in quel momento arrivò il treno. Vi entrò insieme al ragazzo e per quei minuti cercò di trovare una scusa che potesse risultare credibile per il suo ritardo, da rifilare al prof. di giapponese. Una vera serpe. Già lei più di quaranta non prendeva mai con lui. Ora che gli arrivava pure in ritardo era davvero il colmo.

- Ehm… Ami? - il ragazzo l'afferrò per un braccio e la fece uscire dal treno giusto in tempo, prima che il mezzo ripartisse. - Ti eri incantata?

- Scusa Naizen, stavo cercando una scusa da utilizzare con il prof.

Il ragazzo annuì sorridendo. Non appena si volse però il suo sorriso sparì.

- Sai, credo che non avrai bisogno di tanti giri di parole… - commentò.

- Ah?

- Guarda. - fece lui indicando davanti a sé. Kukai e Amu stavano combattendo contro qualcosa di indescrivibile.

- Ma… Quello non può essere quello che penso! - esclamò Ami.

- Lo pensavo anch'io. - commentò Shizu.

- Come? - domandò la ragazza a bassa voce. Naizen non poteva vedere gli Shugo Chara e già non la considerava normale, figurarsi se la sorprendeva a parlare da sola.

- Quello non può essere uno Shugo Chara… è troppo deformato, non rappresenta alcun desiderio. - spiegò lo Shugo Chara.

Ami annuì. Era la stessa cosa che stava pensando lei. Ma che cosa fosse non se lo avrebbe saputo spiegare. Sarebbe voluta essere di aiuto, ma quell'essere… aveva paura. Non riusciva a muovere un passo.

- Ami? - domandò il ragazzo.

- Naizen…

- Scappiamo.

Non se lo fece ripetere due volte. Nonostante fosse un guardiano. Nonostante fosse loro amica. Non aveva intenzione di rischiare la vita in quel modo.


- Ora tu mi spieghi che cazzo è quel coso informe! - gridò Amu puntando il dito contro quella cosa che stava davanti a loro. Okay i dinosauri, avrebbe affrontato anche King Kong, ma quella roba… era solo un ammasso di carne. Senza una forma precisa.

Kukai la guardò sorpreso quanto lei.

- Te lo spiegherei volentieri se potessi. Ma non lo so neanche io. - rispose il ragazzo.

- Quindi noi… - Amu deglutì. - Dovremmo sconfiggere quella roba?

Kukai annuì.

- Se non lo facciamo noi ci andranno di mezzo anche altre persone.

- E gli altri guardiani? Ci sei solo tu? - domandò la ragazza.

- A quanto pare si.

Amu strinse i pugni. Doveva farsi coraggio. Ce la poteva fare. Di questo ne era sicura. E allora perché era paralizzata di fronte a quel mostro?

- Amu? - la richiamò Ran preoccupata.

Lei si voltò verso i suoi Shugo Chara. Scosse piano la testa.

- Non devo avere ripensamenti. Chi mi aiuta? - domandò.

- Questa volta mi renderò utile io! - esclamò Suu.

Tutte la guardarono stupite. Fino a quel momento Suu non si era mai fatta avanti per combattere, pacifica com'era.

- Bene. - fece Amu. - Chara change!

Subito, il seme di fiori - nero - fece la sua comparsa tra i capelli della ragazza.

Kukai guardò Daichi. Il quale sollevò il pollice come per dire 'ok'.

- Andiamo Kukai!

- Si! Chara change! - annunciò anche il ragazzo, prima di affiancare Amu. - Che facciamo?

- Non ne ho la più pallida idea.

- Ottimo. Allora che ne dici di attaccare in sincro?

- Ah?

- Tu dietro e io davanti. Miriamo entrambi alla testa e colpiamo la X. - propose il ragazzo.

Amu ci pensò un po', prima di annuire e correre dietro a quell'affare gigante.

- Ci sei Kukai?! - gridò.

- Si! Andiamo!

Presero entrambi la rincorsa e dopo aver fatto un balzo verso il capo del coso provarono a colpire la X. Ma fu come se venissero respinti da un campo magnetico, che li rigettò a terra, facendoli schiantare al suolo.

Amu si alzò lentamente. Un colpo solo e già le doleva dappertutto. Beh, dopotutto il cemento fa male.

Guardò il coso che sembrava divertirsi a vederli in difficoltà, nonostante la sua faccia non fosse ben definita. Carne e qualche osso che spuntava fuori. Faceva veramente schifo. Le braccia le facevano male, ma poteva resistere, poi le gambe potevano ancora correre per dodici chilometri. Andata e ritorno. Prese di nuovo la rincorsa e cercò di colpirlo, non precisamente alla X. Più che altro lo voleva svantaggiare un po'. Niente occhi certo e magari neppure orecchie. Ma sicuramente non erano visibili, perché non appena gli fu vicina, con un braccio la colpì, mandandola a sbattere contro la scuola. Per un attimo il respiro le si arrestò. Le sembrò di morire… cosa che sarebbe stata fin troppo positiva, rispetto alla situazione in cui si trovava adesso. Il sangue era l'unica cosa che la faceva sentire ancora viva. Le ossa che scricchiolavano non erano un buon segno. Per di più le sue fedeli gambe la stavano abbandonando. E proprio quando stava tentando un altro attacco capì perché il suo braccio non rispondeva.

- È rotto… - mormorò a mezza voce. Ecco perché faceva così male. E adesso?

Avrebbe voluto mettersi in salvo, ma quel coso l'afferrò all'improvviso. Sentire la sua carne molliccia addosso, che le causava ancora più dolore, non era affatto piacevole. Per di più il braccio minacciava di staccarsi dal corpo.

La carne la stava soffocando… l'aria non le arrivava più. Il sangue alla testa. Per un attimo vide tutto rosso… si sentì morire.

Almeno fino a che non vide un ragazzo prendere alle spalle il mostro e colpirgli forte la X. Lo trasformò in uovo X, permettendo così ad Amu di crollare al suolo. Distrusse l'uovo e si precipitò da lei.

- Amu! Tutto bene? - domandò il ragazzo mentre cercava un modo di aiutarla senza farle male.

- Ti dispiace se la risposta è negativa…?

- In queste condizioni ti va ancora di scherzare? - le chiese Kukai sollevandola, mentre scioglieva il Chara change e si dirigeva verso l'infermeria.


- Però… ero sicuro che ci sarebbe riuscita, ma devo dire che ridursi in quel modo… mi ha eccitato non poco. Amu, sei veramente carina tutta insanguinata… - mormorò, mentre se ne stava appollaiato sul tronco di un albero.

- Ikuto?

- Si, Yoru?

- Perché non hai combattuto tu di persona? Non volevi vendicarti per quello che ti ha fatto?

- Credo che come vendetta è riuscita anche in questo modo. - disse serio. - E poi per vederla ridotta così ne è valsa la pena. Era da tanto che non provavo questa sensazione…




Meme (soddisfatta del suo lavoro/sbrilluccicante): Bene, finalmente il prologo è finito! ^o^


Ikuto, Amu, Kukai: O.O Pro-pro-prologo?


Meme: Esatto ^o^ Cosa pensavate che fosse?


Ikuto: Dieci capitoli di solito significa che la storia è già iniziata -.-''


Meme (mani sui fianchi): Ed è qui che ti sbagli *punta dito contro Ikuto* ora la vera battaglia inizierà dal prossimo capitolo. Questo era solo tutto quello che è successo per portare Amu ad un0importante decisione e per svelare un po' della tua mente malata ù.ù *indica sempre Ikuto*


Ikuto: In questa ff ho la mente malata solo per colpa tua! >o<


Meme: Dettagli, dettagli u.u *scuote la mano con noncuranza*


Amu: Ehm… autrice?


Meme: Si cara? :3


Amu (tira fuori una katana): Mettimi subito in sesto! *sguardo omicida mentre minaccia Meme*


Meme (deglutisce): Ehm… quella non dovresti ancora averla e poi… come fai a tenerla così bene? Non eri tutta insanguinata con le ossa che ti scricchiolavano? éoè *trema*


Amu (ghigna): Mai sentito parlare di controfigure?


Ikuto: Guarda che lei non è tanto normale da poterle conoscere =o=


Meme (piange): Grazie del sostegno! Non è che ti hanno castrato? Perché sei un gatto senza


Amu (fa a fette tutti): Così imparate a rendermi così moribonda ù.ù


Mano dell'autrice: *striscia*


Occhio dell'autrice: *guarda e piange*


Bocca dell'autrice: Alla prossima! )


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Capitolo 11
*** Unione nella luce ***


Saltare la scuola non era male, ma stare una settimana a fare i 'cavoletti' tuoi è un conto. Stare una settimana in un letto. Costretta a starci per cause di forza maggiore. Ovvero: ossa rotte e ammaccature. Era un altro. Certo non erano tutte cose gravi. Aveva un braccio rotto e qualche costola. Il resto erano solo dolori. Kukai e gli altri ogni tanto le facevano visita e anche Rima. Quello che veniva più di tutti era Kukai. Anche perché era l'unico che riusciva davvero a farla stare di buon umore. Neanche i suoi Shugo Chara si riuscivano sempre.

Non era all'ospedale. Sembrava ne avesse bisogno. Ma non appena le avevano detto così aveva subito protestato. Dicendo che poteva benissimo restare nella sua camera a leggere manga a palate e a mangiare cioccolata. Okay, aveva detto solo la parte positiva. Visto che non poteva nemmeno usare il computer o disegnare. Provate voi a disegnare supine e poi ne riparliamo. A volte poteva mettersi seduta. Ma il dolore alle costole in quella posizione aumentava e più ci stava, più le faceva male. Per questo anche leggere i manga a volte diventava stressante. Provava a leggerli sdraiata, ma ad un certo punto iniziavano a farle male le braccia o a girarle la testa a leggere in quella posizione. Non vedeva l'ora di riprendersi.

- Come sta oggi il mio libro stracciato? - eccolo con un'altra delle sue battutine.

- Ha quasi finito i suoi giorni da libro.

- Come siamo drammatici! - esclamò il ragazzo sedendosi accanto a lei.

Amu sospirò. Eh si, era strano farla sorridere, ma le piaceva. Kukai si guardò intorno, come faceva sempre quando entrava in camera sua.

- Comunque, come l'avevi fatta tragica quando mi hai parlato della tua stanza… - commentò.

- Ma è tragica.

- C'è solo un po' di rosa…

- Già, praticamente le sue radici sono rosa, a partire dalle pareti… - fece acida, fissando con odio le coperte rosa ciliegia.

- Ma come fai ad odiare il rosa? - domandò Ran gonfiando le guance.

- Amu ha ragione, è molto meglio il blu… - intervenne Miki.

- No, il verde è il colore migliore!

- Ma che dici… - stava per dire Ran, quando venne interrotta dalla sua portatrice.

- Basta. A me piace solo il nero e questo basta e avanza! - fece Amu.

- Io però sono d'accordo sul verde. - intervenne Daichi sorridendo.

Suu ricambiò il sorriso. Kukai guardò il suo Shugo Chara, era contento che lui andasse d'accordo con quelli della sua amica.

Il ragazzo si alzò, andando verso la credenza accanto alla scrivania.

- Però… ne hai pochi di manga. - commentò sarcastico.

- Mi piacciono, che c'è di male?

- Assolutamente niente, anzi… - guardò una ad una le serie presenti e sorrise. - Immaginavo che non potevano essere Shojo.

- Sarò anche una ragazza, ma non sono così smielata.

- Beh, allora andiamo d'accordo.

Amu sorrise.

- Direi di si…

Trascorsero il pomeriggio continuando a parlare dei manga e scoprendo di avere gli stessi gusti.

- A proposito… - fece d'un tratto Kukai. - Quel manga che stavi leggendo a scuola, qual'è? Me lo dovevi prestare, ricordi?

Amu annuì.

- Guarda dovrebbe essere la terza serie, si chiama Jack Frost*… - rispose indicando con il braccio la sua posizione.

- Ah, bene! - esclamò contento Kukai prendendo il primo volume, iniziando a sfogliarlo. I suoi occhi si illuminavano ad ogni pagina. - Wow… che figata!

- Vero? Hai fatto bene a ricordarmelo, almeno avrò qualcuno con cui parlarne.

- Tuo fratello non è malato come te?

- Molto spiritoso… comunque no. Lui è più per 'ossessione cd'.

- Gli piace la musica? Con Nagihiko si sposerebbe… devi vedere che collezione che ha quel ragazzo!

- Beh, non ho visto quella di Nagihiko, ma ti assicuro che quella di Zenko non è da poco.

- Ci credo, ci credo… comunque non ero venuto qui solo per farti una visita. - le confessò Kukai.

Amu corrugò la fronte e lo guardò curiosa e confusa.

- E per cosa sei venuto?

Il ragazzo mise una mano in tasca, estraendo un oggetto che le lanciò poco dopo. Amu lo prese al volo. Era..

- Un lucchetto? Non ho un diario io.

- Beh, consideralo un regalo da parte mia. Può esserti utile.

- La chiave?

- Non ce l'ho.

Di nuovo Amu guardò strano il ragazzo.

- Un lucchetto senza chiave non è un po' inutile.

- Non è un normale lucchetto. Questo è magico. - le spiegò. - Si chiama Humpty Lock. Dietro di lui è nascosta una leggenda. Si dice che chi abbia più di due Shugo Chara sia speciale e debba possedere questo lucchetto.

Amu fissò l'oggetto che aveva tra le mani. Era un normalissimo lucchetto argentato, con una serratura un po' particolare.

- Non ci credo alle leggende… - commentò rigirandoselo tra le mani. - Però ti ringrazio.

Kukai sorrise.

- Figurati, non c'è di che, tienilo sempre con te mi raccomando… - d'un tratto il ragazzo guardò l'orologio. - Oh cavolo, è ora che vado! Vieni Daichi!

- Ciao Daichi! - salutarono le Shugo Chara di Amu.

- Ciao, ci vediamo!

- Ciao Amu! - salutò Kukai, prima di afferrare le cartella e correre via.

- Ciao! - salutò a sua volta lei. Il suo sguardo andò per un attimo alla finestra, al lato opposto al suo, della stanza. Era stata solo una sua impressione o aveva appena visto qualcuno? Di sicuro si sbagliava.


Ne era convinto. Peccato che si fosse sbagliato. Anche lei avrebbe tanto voluto ma sua madre aveva insistito terribilmente e la ragazza non avrebbe potuto dire altro che si. Dopotutto era estate. Avevano solo l'ultima settimana di luglio fino alla prima di settembre di vacanza. Una quarantina di giorni. Di questi Midori, sua madre, aveva avuto la brillante idea di organizzare una gita di una settimana. Al mare. Avrebbe di gran lunga preferito uscire tutti i giorni con Kukai. Si era rimessa da poco e già sua madre la portava in vacanza. Che rottura...

- Che peccato… beh, usciremo un'altra volta! - fece il ragazzo.

Ultimo giorno di scuola. E la prima volta che quel ragazzo ormai suo amico da diversi giorni, le chiedeva di andare da qualche parte, visto che il giorno dopo era vacanza e non avevano da studiare. E lei invece aveva da fare le valigie.

- Si… - rispose lei. Era triste, ma non l'avrebbe dato a vedere nemmeno se l'avesse pregata in ginocchio. Dopotutto sarebbe stata la sua prima uscita con un amico e, per quanto bene volesse a sua madre, in quel momento l'avrebbe uccisa per aver deciso di uscire proprio quella prima settimana.

- Ehi! Non preoccuparti che appena torni se non esci subito ti vengo a prendere io! - esclamò il ragazzo scompigliandole un po' i capelli.

Amu avrebbe spalancato la bocca. Non poteva aver fatto un'espressione triste, non ci era abituata. Come faceva a capirla così bene sempre? Quando molte volte neanche suo fratello ci riusciva.

- F-figurati se mi preoccupo, è ovvio che usciremo dopo la settimana, sono stata obbligata dalla mia famiglia andarci… - cercò di dire la ragazza incrociando lo braccia.

- Mmh… strano, se davvero non t'importava non avresti detto che ti ci hanno costretta. - commentò mettendo una mano sotto il mento e sorridendo vedendola sgranare gli occhi.

- M-ma che dici, io… e non ridere! - protestò la ragazza.

- Qualche volta dimostri davvero l'età che hai. - disse Kukai fra le risate.

Uffa, una volta tutto questo non le capitava. Eppure, essere presa in giro da lui non la offendeva, la faceva sentire… viva? Mah, forse era proprio quello che le mancava. Non era più una semplice ragazza. Era una persona.

- Comunque è già tardi, Rima sarà furibonda.

- Ti aspetta fuori dalla scuola?

- Si, vieni con me?

- Ma si, dai, tanto devo tornare a casa anch'io… - disse il ragazzo iniziando a camminare con lei. - Ma… Rima viene con voi?

- Attualmente vive insieme a me, quindi si.

- Attualmente?

- Si è trasferita perché ha scelto le superiori adiacenti al nostro istituto. Quindi sua madre le aveva consigliato di fare direttamente la terza media qui e poi iniziare dal prossimo anno le superiori. Però lei per il momento non poteva traslocare, quindi l'ha mandata a vivere da me. Nel frattempo si sta organizzando per trovare un appartamento o una casa qui nelle vicinanze, così da poter traslocare… comunque si vedrà, a me Rima non da fastidio, per quanto rumorosa e ficcanaso. - spiegò Amu.

- E tu anche hai scelto queste superiori qui?

Amu rimase in silenzio per qualche minuto.

- Non so se frequenterò le superiori… d'altronde non sono mica obbligatorie… - commentò poco dopo.

- Poca voglia di studiare? - domandò scherzosamente Kukai.

- … Probabilmente è quello. - commentò. Eppure non sembrava essere tanto convinta della sua affermazione. Certo, poteva anche essere per un motivo finanziario.

L'iscrizione alle scuole private costa molto e le pubbliche non sono ritenute abbastanza buone. Nonostante questo il motivo era un altro. E non era neanche una sua scelta…

- La prossima settimana ho una partita. - disse d'un tratto Kukai.

- Kukai gioca a calcio? - domandò stupita Miki.

- Eccome ed è anche il numero 10! - rispose Daichi, soddisfatto della bravura del suo portatore. - E poi sa fare anche molti altri sport!

Amu si voltò verso il ragazzo. Che stupida, si era dimenticata che lui era il capitano della squadra di calcio delle superiori.

- Davvero?

- Già, giovedì. Mi vieni a vedere? Così dopo facciamo un giro. - le propose.

La ragazza annuì. Cadeva giusto, giusto. Lei tornava martedì. Il tempo di riprendersi un giorno che sarebbe subito dopo uscita con Kukai. Fantastico!

- A che ora è?

- Di mattina alle dieci.

- Va bene.

- Amu! - esclamò una voce da lontano. Doveva essere piuttosto incavolata a giudicare come l'aveva chiamata.

- Arrivo, arrivo! - esclamò la ragazza.

- Tua cugina sembra arrabbiata…

- Già, spero solo sia un'impressione. - commentò lei. Nella sua voce c'era noia. Quando Rima si arrabbiava faceva la bambina piccola. Come se si fossero dimenticati del suo compleanno e non le avessero fatto gli auguri.

- Beh, io vado… - la informò il ragazzo. - Buone vacanze!

- Grazie, anche a te. Ci vediamo tra una settimana! - detto questo si separarono e Amu raggiunse la biondina. Che se ne stava ad aspettarla a braccia conserte e con il broncio.

- Alla buon'ora! - esclamò Rima battendo il piedino a terra.

- Non cominciare, non è aria…

- Hai litigato con il tuo ragazzo? Eppure sembravate così carini prima…

Stop. Frena, frena, frena. Cosa aveva appena detto? 'Ragazzo'? 'Così carini'? Ma che diavolo di discorsi andava facendo sua cugina? Oddio, ma davvero era convinta che lei e Kukai stessero insieme?

- Ehm… Rima? - fece, mente con tutta la calma possibile si voltava verso di lei, mentre gli occhi emanavano bagliori rossi.

- S-si…? - già la ragazza aveva avvertito qualcosa di maligno aggirarsi nell'aria. Cosa? Bastava guardare lo sguardo assassino di Amu che le stava trapassando il cranio da parte a parte.

- Da dove ti è giunta voce che io e Kukai stiamo insieme? - domandò, mentre le sue gambe le imploravano di correre alla ricerca di chiunque avesse messo in giro certe voci.

Prima che potesse ucciderla, Rima aveva messo le mani nella borsa e tirato fuori un foglio.

Amu lo prese tra le mani…


Giornalino scolastico

NUOVI AMORI ALL'INTERNO

DELL'ISTITUTO

Edizione speciale, da non perdere!!!


Amu Hinamori, 14 anni, sezione

Stella. Ultimamente è stata scoperta

flirtare con il nostro caro e bene ama-

to King's Chair, Kukai Soma. Detto

questo possiamo confermare che…


Prima di qualunque altra parola il giornale era finito in mille pezzettini. Talmente piccoli che neanche il puzzle ci si poteva fare.

- A-Amu… in effetti sembrate davvero…

- Odio… - disse in un sussurro, stringendo i pugni. - Odio terribilmente queste cose. Stupide dicerie! Che cazzo vogliono tutti? Una non può essere neanche amica di un ragazzo adesso? Deve per forza starci insieme… E che cazzo!

Quello che l'aveva veramente fatta incazzare però non era solo il giornale scolastico. Era il fatto che sua cugina aveva abboccato come un pesce e non le aveva chiesto niente.

- Amu, io…

- Ti piace Kukai, vero?

Il viso di Rima andò in fiamme in un attimo e quella fu la conferma di quello che aveva detto.

- A-anche fosse? - fece la biondina, tentando di mascherare la cosa.

- Sappi solo che a me non importa un fico secco. - disse tranquilla Amu. - Solo questo, per farti sapere che la prossima volta che ti baserai sulle dicerie e non me lo chiederai direttamente, quello che pensi e vuoi sapere, non sarò così gentile da spiegarti come stanno realmente le cose. Semplicemente non ti risponderò e me andrò. Capito?

Rima abbassò lo sguardo e annuì. Amu voltò le spalle e iniziò ad incamminarsi verso casa. Le giornate erano davvero calde e questo la infastidiva non poco.

Per di più era da un po' che non venivano attaccati e che non rivedeva più quel ragazzo. Ikuto. Quella volta, mentre era ancora a letto, avrebbe giurato di averlo visto. Ma era stata una volta sola. Certo, era una fortuna. Perché se l'avesse attaccata in quelle condizione sarebbe stata davvero spacciata. Allo stesso tempo però aveva come l'impressione che quel ragazzo non le avrebbe mai fatto una simile carognata. E poi voleva chiedergli perché aveva liberato Kukai? Che ci guadagnava? Questo non capiva. Forse non era più utile. Ma allora non lo avrebbero liberato proprio quando loro erano arrivati. La cosa era davvero strana. Tornò a casa con questi pensieri, senza neanche rivolgere la parola ai suoi Shugo Chara, che la fissavano perplessi.


- Ma come? Quello è tanto carino!!! - esclamò sua cugina. Amu fissò i suoi tre Shugo Chara disperata. Le tre le sorrisero come ad incoraggiarla.

Okay, ora davvero non la sopportava più. E fortuna che aveva detto a Kukai che non la infastidiva. Probabilmente lo pensava, fino ad ora almeno.

Non poteva neanche decidere lei il suo costume da bagno. Perché non poteva portare quello nero? A Rima piaceva quello bianco… e allora?

- Ti ricordo che il costume da bagno bianco ti fa correre numerosi rischi…

- E cioè?

- Se non è più che fatto bene rimani nuda.

- Uffa! ma quello è fatto bene!

- Allora mettilo tu!

- Che pizze… io l'ho già il costume da bagno. Quello verde!

- E allora posso mettere quello che mi pare e piace anch'io?! - ribatté abbastanza alterata Amu.

Rima storse la bocca, ma annuì. Come se non bastasse era tutta colpa di quella piccola biondina se stavano facendo tardi ad andare in spiaggia.

Midori le aveva detto che avevano dieci minuti. Ma i dieci minuti di Rima sono trenta minuti umani.

- Ora possiamo andare? - domandò Amu, una volta infilati maglietta e pantaloncini e aver aperto la porta.

Rima annuì, seguendola.

- Finalmente! - esclamò la donna non appena le vide scendere le scale. - Stavo per venirvi a chiamare.

- Io non mi assumo nessuna responsabilità. - annunciò Amu per poi uscire di casa e dirigersi in spiaggia. Avevano la casa praticamente attaccata alla spiaggia. Era veramente comodo e, per quanto lei odiasse il sole, amava terribilmente nuotare. Rima era l'opposto. Lei d'estate voleva abbronzarsi e stava sempre sotto il sole. Praticamente l'ombrellone si portava solo per Amu. Perché lei voleva stare all'ombra, a leggere o ad ascoltare la musica.

- Amu, questo è il mare? - domandò Ran tutta eccitata.

- Si, è questo.

- Ahh!!! Che bello! Amu, hai visto che bello?! - esclamò sua cugina una volta guardata la spiaggia. - Peccato che ci sono poche persone.

Avrebbe detto fortuna, ma meglio non infierire troppo. Il mare era bello proprio perché era tranquillo. Le persone lo agitavano. Quando non c'era quasi nessuno era un regalo per Amu.

- Già, un peccato… - commentò a bassa voce, per nulla convinta.

- Ci mettiamo qui? - domandò Midori.

Le due ragazze si voltarono e annuirono.

- Zio dov'è? - chiese Rima d'un tratto.

- Oh, lui ha preferito rimanere a casa. Sai com'è Tsumungu. - commentò la donna sorridendo.

Rima annuì, per poi spogliarsi e stendere l'asciugamano lilla, posandovisi sopra con grazia ed eleganza.

- E Zenko? - chiese Amu.

- Oh, non te l'ho detto? Lui ci raggiunge stasera.

Anche Amu si spogliò, gettando i vestiti lì dove capitava e correndo a tuffarsi in acqua.

- Che meraviglia… - commentò la ragazza, prima di iniziare a farsi una bella nuotata.

- Non ti allontanare! - le raccomandò la madre.

- Sii!! - possibile che anche a quattordici anni le venivano ancora dette certe cose?

- Dai sii più carina con tua madre, si preoccupa solo per te. - disse Suu notando il tono con cui aveva risposto alla donna.

- Uff...

Dopo circa due ore che stava in acqua decise di uscire ad asciugarsi e… magari sentire un po' di musica.

Non appena giunta la loro 'postazione' prese l'asciugamano e se lo avvolse intorno al corpo, sedendosi sotto l'ombrellone. Fissò per un attimo le due sun-forever, poi prese l'mp3 e messe le cuffiette iniziò a sentire la musica.

Non era arrivata alla terza canzone che intravide qualcosa nel mare. Lì per lì non ci fece troppo caso, poi però iniziò davvero a preoccuparsi su che diavolo ci fosse in acqua.

Fissò il punto dove aveva visto qualcosa di curioso uscire dall'acqua.

- Che cazzo è… il mosto di Loch Ness? - domandò con un mezzo sorriso.

Ma non fece in tempo ad andare a controllare che si ritrovò inghiottita dall'acqua.

- Amu! - gridarono all'unisono sua madre e sua cugina. Ma lei non poteva rispondere, era sott'acqua e stava venendo trascinata sempre più a largo.

Dannazione! Adesso che faccio? I miei Shugo Chara… Aiuto! Aiuto!

Si sentiva soffocare. L'acqua le stava entrando nei polmoni. Sarebbe morta tra poco, ne era convinta. Prima di chiudere gli occhi intravide qualcosa. Sembrava rosa.

Ran?

- Uan! Uan! - chiamava da sott'acqua.

Le sembrò che sorridesse. Non c'era più molto tempo… le sue possibilità di salvezza erano sempre meno. Si concentrò. La sua Shugo Chara le voleva dire qualcosa, ne era sicura.

Ran, cosa vuoi dirmi?

Un'improvvisa luce l'avvolse completamente. Poco a poco, l'acqua che la circondava e la 'teneva in pugno', la lasciò andare. Non appena fuori tirò una grossa boccata d'aria, prima di sorridere al suo Shugo Chara.

Guardò di fronte a se… quel coso sembrava davvero il mostro di Loch Ness.

- Ran… - la Shugo Chara annuì. Sentivano entrambe una nuova forza, una nuova energia avvolgerle completamente. - Atashi no kokoro, unlock!

Una luce nera dai contorni rosa le avvolse. Amu si ritrovò più potente in un qualche modo e abbigliata in una maniera piuttosto strana.

Addosso aveva una gonna e un top - che le lasciava scoperta la pancia - entrambi rosa dai bordi neri. Scalda muscoli rosa dai bordi neri, scarpe nere e un cappellino con la visiera, sempre rosa a bordi neri, con sopra lo stesso cuore nero del suo Shugo Chara.

Al petto, legato alla catenina che gli aveva messo, prima di fare le valigie, c'era Humpty Lock.

Che sia stato questo lucchetto ad aiutarmi?

Lo prese tra le mani e lo fissò incuriosita. Poi si guardò intorno.

- Ran? Ran dove sei? - domandò spaventata,non trovando più la sua Shugo Chara.

"Amu? Non preoccuparti…"

- Che cazzo mi fai preoccupare così se poi stai bene e puoi parlare? Dove sei?

"Ma come, non lo capisci?"

- Non farmi arrabbiare. - l'ammonì la ragazza.

"Sono dentro di te. Quello che abbiamo fatto si chiama Chara Trasformation."

- Come? Chara Trasformation?

"Esatto. Si tratta di un'unione tra il portatore e lo Shugo Chara."

- Come abbiamo fatto a farla? - domandò la ragazza, anche se più guardava quel lucchetto più era convinta che c'entrasse qualcosa lui.

"Probabilmente è opera del regalo che ti ha fatto Kukai. Comunque ti consiglio di sbrigarci."

Amu guardò davanti a sé. Quel mostro si stava muovendo. In effetti non aveva molta scelta. Si voltò indietro verso la spiaggia. Sia Rima che sua madre erano sparite, probabilmente erano corse a cercar aiuto.

- Bene, allora muoviamoci! - schioccò le dita e in un attimo, tra le mani, le si materializzò un Kusarigama - Come diavolo…

"Adesso non ci pensare!"

- Giusto! Coraggio finto mostro di Loch Ness, attaccami! - esclamò Amu, pronta a colpire - come al solito - la X sulla sua testa.

Il coso si mosse infatti nella sua direzione. Amu si mise in posizione e schivò agilmente un colpo di pinna che le stava per arrivare, la quale alzò almeno un metro di sabbia sbattendo a terra.

Amu balzò in aria, mentre saltava si girò e tentò di attaccarlo con la sua arma. Riuscì a ferirlo al collo, non colpendo così la X e purtroppo non facendo neanche un taglio abbastanza profondo. Del sangue verde uscì comunque fuori dalla ferita. Amu atterrò e fissò quel mostro che le stava di nuovo venendo in contro per attaccarla. Questa volta riuscì a colpirla e a gettarla supina sulla sabbia. Si graffiò la schiena e l'impatto le fece non poco male. Si alzò lo stesso e strinse con maggior forza l'impugnatura delle due falci argentate. Saltò e fulminea ferì una pinna del mostro prima che potesse colpirla, macchiandosi però di sangue verde e appiccicoso. Non vi badò e con un altro balzo, sempre schivando i colpi di quel coso, riuscì ad arrivargli più vicino. Quell'affare, ormai con gli arti quasi del tutto danneggiati, provò ad attaccarla con il capo e a morderla. Amu incassò il colpo, avvertendo qualche dente conficcato nella spalla. Strinse i denti e gli conficcò il kusarigama nel capo. Il grido del coso le giunse alle orecchie, costringendola ad estrarre l'arma e a tapparsi le orecchie, chiudendo forte gli occhi. Doveva fare un ultimo sforzo. Guardò quel mostro agitarsi come un dannato per il dolore. Spiccò un balzo e finalmente riuscì a colpirlo alla X. Tramutandolo in uovo X.

Stava per distruggerlo, quando…

"Ferma Amu! Si può fare in un altro modo, lascia guidare me!"

- Ma…

"Per favore!"

Decise di ascoltarla.

- Va bene, ma sbrigati!

Iniziò, insieme a Ran a mettere le mani a cerchio e a puntarle verso l'uovo.

- Tsumi o kakusu kuroi tamago... Seisei sa reta! - gridarono insieme.

Un fascio di luce bianca investì l'uovo, che da uovo X diventò un uovo colorato, simile alle sue. Dopodiché volò via, probabilmente stava ritornando dal suo portatore. Nonostante non lo sapesse qualcosa le disse che era così.

Le gambe non la ressero più e in un attimo si trovò a terra. La Chara Trasformation si sciolse e Ran uscì dal suo corpo. Amu le sorrise, mentre anche le altre due Shugo Chara la raggiungevano.

- Amu? Tutto bene? - chiesero preoccupate.

- Sono solo un po' ammaccata, sarà il periodo, mi sono dimenticata di leggere il mio oroscopo. - fece scherzosamente.

Dopo qualche minuto sentì le voci di sua cugina e sua madre che la chiamavano, avvicinandolesi.

- Amu! - esclamò Rima non appena la vide. - Come hai fatto a…

- Sono riuscita a nuotare abbastanza bene per uscire dall'acqua. - rispose subito lei.

- Ma tu guarda che non dev'esserci un bagnino in questa spiaggia! - esclamò la madre abbracciandola e sentendo la schiena piena di tagli della figlia. - Mio Dio Amu, che è successo?

- Beh, sai, non è stato così semplice uscire dall'acqua. - rispose la figlia.

- Fortuna che non sono tagli profondi. - commentò la donna mentre le controllava la schiena. L'aiutò ad alzarsi. Non aveva mai visto sua madre così preoccupata come allora. - Dai, torniamo alla residenza, che ti medico quella ferite…


Nel frattempo un ragazzo la stava fissando. Eh già, l'aveva seguita anche lì. Ma come non poteva? Doveva pur trovare il suo punto debole, no? Altrimenti come poteva sconfiggerla divertendosi pure.

- Ikuto? - lo richiamò il suo Shugo Chara.

- Si?

- Credi che anche se scopri il suo punto debole riuscirai in qualche modo a, non so, spaventarla almeno?

- No, non credo. Ma farò di tutto per riuscirci. - rispose deciso il ragazzo, mentre un sorrisetto già gli spuntava in volto.

- Questo mese non è proprio a favore del tuo segno, è cuginetta? - domandò Rima.

Amu annuì mentre si guardava allo specchio le ferite sulla schiena. Era piena di cerotti.

Addio mare…

Pensò sconsolata.

- Dai Amu, non te la prendere, dopotutto sei stata bravissima! - esclamò Suu cercando di consolarla.

Amu annuì. Non poteva parlare con i suoi Shugo Chara mentre c'era Rima nei paraggi. A lei era nato un uovo, questo lo sapeva, ma non si era ancora schiuso.

- Suu ha ragione! Non ti abbattere Amu! - fece Ran.

Miki annuì, silenziosa come sempre.

D'un tratto la porta si spalancò di colpo, facendo apparire suo fratello che la raggiunse subito. Lei stava per tirarsi giù la maglia, quando lui glielo impedì e guardò i suoi tagli.

- Ma come diavolo hai fatto a farti queste ferite?

- Ehm… acqua, mare, attrito… sai è una cosa naturale. - rispose infastidita dalle attenzione del fratello e da fatto che si preoccupava sempre troppo per lei.

Non appena la lasciò si abbassò la maglia e incrociò le braccia.

- Ti fanno male.

- Ciao anche a te Nii-san! - esclamò.

- Scusa, ero preoccupato. - fece il ragazzo mettendo le mani sui fianchi. - Ciao!

- Ehm… ciao Zenko.

Il ragazzo si voltò. Non si era neanche accorto della presenza di Rima.

- Oh, ciao Rima! Tutto ok? Tu sei stata più attenta di questa qui?

La ragazzina annuì sorridendo.

- Voi avete già mangiato?

- Si, tra poco io vado a letto, ho un sonno! - esclamò Amu sbadigliando. Erano solo le nove di sera, ma avrebbe fatto di tutto pur di togliersi di torno quei due rompi scatole.

Rima roteò gli occhi e uscì dalla stanza.

- Notte Amu! - esclamò prima di chiudersi la porta alle spalle.

- Tu chi sei, il souvenir? - domandò la rosa sedendosi sul letto e fissando il fratello.

- Sicura che non vuoi dormire con me?

- Non ho più sei anni! - esclamò indispettita, voltando la testa di lato e incrociando le braccia, di nuovo.

- Quindi posso dedurre che la paura dei fantasmi non sia più viva in te, ah? - le chiese il fratello.

Amu sgranò un attimo gli occhi. Poi li chiuse, per non guardarlo dritto negli occhi, e annuì.

- Esatto e ora… fila via! - esclamò in fine infilandosi sotto le coperte e spegnendo la luce.

Zenko sorrise.

- Allora buona notte, sorellina. - disse uscendo e chiudendo la porta.

- Notte, stupido… - mormorò Amu prima di addormentarsi.

Ignara che qualcuno aveva ascoltato tutto quello che avevano detto. Appollaiato fuori dalla finestra.





Ikuto:


Amu:


Meme: :) Allora, che ne dite?


Tutti: No comment.


Meme: Andiamoooo!!!! *o* Siete così cattivi!!!? ç.ç


Tutti: Esatto ù.ù


Ikuto: Ti ricordo che i lettori si aspettano qualcosa da me, qualcosa di concreto, non che mi comporto come un pettirosso che se ne sta sul ramo di un albero! -.-


Meme: Tu poi sei l'ultimo che si può lamentare! Anzi se continui ad infastidirmi come stai facendo metto cross-over e ti faccio finire con Orihime!!!


Ikuto: O.O *muto*


Meme: Ottimo ^ ^ Qualcuno a qualcos'altro da ridire su questo capitolo? *luccichio rosso degli occhi*


Tutti:


Meme: Bene! ^o^


*Amu alza la mano*


Meme: Dimmi. ^ ^


Amu: Nel prossimo capitolo mi massacrerai ancora?


Meme: Beh… fisicamente no…


Tutti: O.O


Kukai: Ehm, ehm… che intendi?


Meme: *fischietta*


Amu: Ho paura O.O


Ikuto: A chi lo dici =.= Come minimo mi farà apparire come un PSF


Tutti (autrice compresa): O.o ?


Ikuto: Pazzo Sadico e Folle.


Meme: Questa da dove l'hai tirata fuori? =.=


Ikuto: Ho letto il tuo diario -.-''


Meme: O.O


Amu: O.O


Kukai: O.O


Meme: Ehm, ehm… alla prossima!! ^.^


Secondo angolo delle note °^°


* Per LullabyMylla_Te lo dirò anche di persona, intanto… QUEL MANGA È…È… STUPENDO!!!! *-*

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Capitolo 12
*** Le paure dei forti ***


La notte le era sempre piaciuta quando era piccola. Perché nascondeva le cose brutte. Non aveva paura quando si svegliava nel cuore della notte e restava per qualche minuto sveglia. I suoi genitori non avevano mai dormito una volta con lei. E ora che aveva sei anni e si sentiva già una 'donna' era ancora meglio.

Quella sera c'era il temporale. I tuoni, i lampi, i fulmini, neanche loro avevano la capacità di metterle paura. O almeno, ancora non ci erano riusciti. Perché quella sera, era stato l'inferno disceso sulla terra, per lei.

Era buio e per via del temporale non riusciva a prendere sonno. Era in vacanza con la sua famiglia e i suoi zii. In montagna. Fuori c'era un meraviglioso prato e dopo qualche metro un piccolo bosco, non molto fitto.

La bambina si era affacciata alla finestra spesso quella sera, anche parlando con i tuoni e dicendo loro di fare più piano. Quando venivano i genitori a controllare se avesse paura, lei fingeva di dormire. Non voleva mostrare debolezza, a nessuno. D'un tratto però, mentre ancora tentava di prendere sonno, un rumore diverso dai lampi. Si era alzata di scatto e si era affacciata alla finestra. Non aveva visto niente, ma lei era sempre stata molto più curiosa perfino di un gatto. Ma i proverbi molte volte hanno ragione 'La curiosità uccise il gatto'. Non le accadde in senso fisico certo… ma quella sera fu la prima volta che lei provò cosa voleva dire avere paura.

Era uscita dalla sua stanza e da casa. La pioggia la stava bagnando tutta, ma lei era troppo curiosa per curarsene. E poi in mezzo a quei rami aveva intravisto qualcosa.

Si era avvicinata per vedere meglio…


- Aaaaaaaaahhhhhhh!!!!! - gridò Amu balzando sul letto. Subito accese la luce della sua stanza e sentì la porta spalancarsi, facendo entrare suo fratello. - Nii-san…

Il ragazzo le si avvicinò subito e l'abbracciò. Era una sensazione strana, abbracciare di nuovo Amu. Sembrava quasi la prima volta. Come se sua sorella fino adesso non fosse mai esistita. E in certo senso, parlando di tatto, era così.

- Tutto bene…? - domandò mentre vedeva che il respiro della ragazza stava tornando regolare. - Amu?

Sua sorella annuì, sciogliendo l'abbraccio e guardando il ragazzo che aveva un'espressione preoccupata.

- Lo hai…?

- Di nuovo. - confermò lei capendo subito di cosa parlasse il fratello.

- Amu, ascolta, quella volta probabilmente eri scossa… quello che hai visto non può essere…

- Vero? - lo precedette lei. - No, infatti non era vero. Era reale.

Zenko sospirò.

- Eri piccola, i bambini si immaginano… possiedono molta fantasia…

- Io l'ho visto ti dico! - esclamò, per poi stendersi nuovamente e tirare su le coperte per coprirsi. - Puoi anche andare…

- Se hai bisogno di qualcosa…

- Mi sentirai gridare se sarà così.

Il ragazzo si alzò e uscì dalla stanza. Le ultime parole di Amu significavano chiaro e tondo che non avrebbe mai avuto bisogno di lui.

Tornò nella sua stanza e si sdraiò sul letto a pensare. Nonostante fosse il fratello maggiore era stato contento di avere una sorellina. Essere il più grande significava avere delle responsabilità certo, però significava anche avere qualcuno che ti stimava, essere l'idolo di qualcuno. O almeno questo aveva pensato, quando sua madre gli aveva detto che aspettava un bambino. Lui e sua sorella si toglievano otto anni. E a quell'età era abbastanza grande per capire la situazione. Invece di come se l'era immaginato era tutto diverso. Amu non era affatto così. Sapeva anche il perché, ma avrebbe creduto davvero che grazie a lui sarebbe cambiata. Avrebbe sorriso. Invece no. Non era successo.

Inoltre, quando aveva saputo che sua sorella si era fatta un amico aveva sgranato gli occhi dallo stupore. Lui era il primo che voleva essere suo 'amico' e non ci era riuscito. Eppure non sapeva quasi niente di Amu, perché lei non aveva interesse di farglielo sapere.

Intanto la ragazza in questione se ne stava sotto le coperte e tentava in tutti i modi di prendere sonno.

- Amu? - la richiamò d'un tratto Miki.

- Mmh?

- Che cos'hai? - domandò ancora lo Shugo Chara.

Un movimento delle coperte fece capire che aveva scosso la testa, come per dire 'niente'.

- Come puoi sperare che ti crederemo? - domandò allora Ran.

Altro movimento delle coperte. Entrambe le Shugo Chara sospirarono, mentre si fece avanti Suu.

- Amu, non ce ne vuoi parlare? Potrebbe farti stare meglio… - consigliò la piccolina.

Per un attimo tutte e tre credettero che le parole di Suu avevano ottenuto l'effetto desiderato, invece un altro movimento delle coperte confermò che Amu non era intenzionata a dire nulla.


- Palla! - gridò Rima, schiacciando nel campo nemico e riuscendo a fare punto.

- Wow! Brava! - si complimentò la zia.

- Grazie! - fece la ragazza soddisfatta.

Quel giorno erano venuti anche il padre e il fratello di Amu al mare. E ora se ne stavano, a due a due, a giocare a Beach volley. Rima con Midori e Zenko con Tsumungu.

- Ehi, Amu! - chiamò d'un tratto il fratello.

Lei alzò gli occhi dal manga che stava leggendo, mettendosi una mano davanti agli occhi per proteggersi dalla luce del sole.

- Che c'è? - domandò piuttosto scocciata.

- Perché non vieni a sostituire tuo padre? Almeno riuscirò a vincere una partita! - fece il ragazzo, beccandosi un 'ehi tu!' da suo padre.

- Non mi va.

- Dai Amu, per favore!!! - questa era Rima, che giunte le mani la guardava con un'espressione da cucciolo.

- Quella faccia non mi ha mai convinto. - fece Amu, tentando di riprendere a leggere.

- E va bene… - fece Zenko. - L'hai voluto tu!

Neanche il tempo di capire le ultime parole del fratello che il ragazzo le si era lanciato addosso e, dopo averle tolto dalle mani il manga, l'aveva sollevata e portata davanti alla rete, dove stavano giocando.

- Ehi Zenko! Smettila, non mi diverti! - sbraitò la ragazza una volta che fu posata a terra. - Non ho voglia di giocare…

Lui le passò la palla e sorrise.

- Dai, che ti costa? - le chiese.

- Una partita solo però. - disse seria Amu.

Lui annuì. Il padre uscì dal campo e si mise seduto a guardarli. La rosa lanciò la palla nell'altro campo. Rima prontamente la prese e la rilanciò… continuarono a giocare divertendosi, anche Amu nonostante non lo dimostrasse. Poiché 'una sola partita' erano diventate ben sei partite di fila.

Alla fine il tempo volò letteralmente.

- Zia, io avrei un po' di fame e voi? - domandò d'un tratto Rima.

- Ora che ci penso è quasi l'una e noi non abbiamo mangiato. - osservò la donna.

- Beh, allora non ci resta che tornare a casa e andare a mangiare, non abbiamo niente qui, non era previsto che saremo restati così tanto. - disse Zenko.

Amu annuì, notando che il fratello la guardava. Così d'accordo, tornarono a casa.

- Amu, non sei triste? - domandò d'un tratto Rima, mentre si stavano facendo la doccia. Le docce erano separate, ma adiacenti e si poteva parlare mentre ci si stava lavando.

- Ah? A cosa ti riferisci?

- La settimana è passata in un soffio! Domani già si torna a casa! Non ti sei divertita?

- Certo, ma che c'entra, è normale che le cose finiscano. - rispose neutra.

- Uff! Quanto sei noiosa! Spesso mi domando se siamo davvero cugine! - esclamò sbuffando.

- Già, anche io.

Amu era sempre più veloce a farsi la doccia, probabilmente perché lei non aveva una cascata di capelli da dover lavare più che bene. Per questo uscì prima e tornò in camera, per asciugarsi e vestirsi con calma.

Ovviamente senza sapere che da fuori la finestra un ragazzo che la stava spiando da diversi giorni, aveva appena avuto l'onore di assistere ad un bello spettacolino. Termine riduttivo, perché se lei lo avesse saputo di certo non si sarebbe limitata a dire così poco.

Intanto Ikuto era più che soddisfatto di ciò che vedeva. Nonostante fosse una ragazzina non era affatto male. Anzi… se però iniziava a fantasticare qui sarebbe finita molto male.

- Ehi, Ikuto? - lo richiamò Yoru.

Il ragazzo fece segno al suo Shugo Chara di tacere, mentre un sorrisetto gli increspava le labbra. Quella ragazzina era davvero carina, nonostante fosse molto magra aveva già delle forme abbastanza evidenti seppur non esagerate. Quasi gli dispiacque quando la vide infilarsi la biancheria intima e successivamente una maglia bianca - molto larga - per dormire comoda.

Prima o poi, quando se o sarebbe potuto permettere, avrebbe preso quella mocciosetta, l'avrebbe rinchiusa in una stanza e ne avrebbe fatto quello che voleva.

- Amu!

- Arrivo! - rispose Amu dopo che Rima l'ebbe chiamata. Guardò l'orologio. In effetti era quasi ora di cena. Però lei non aveva molta fame.

Uscì dalla stanza e scese al piano di sotto.

- Cosa c'è per cena?

- Donburi. - annunciò Rima entusiasta.

- Chi ha cucinato? - non che volesse essere cattiva, ma se avesse cucinato sua madre o Rima avrebbe preferito rimanere a stomaco vuoto. Cosa che, in quel momento poi, avrebbe fatto più che volentieri.

- Zenko! - esclamò Rima.

Avrebbe voluto tirare un sospiro di sollievo, ma si trattenne, meglio non litigare. Suo fratello era davvero bravo a cucinare. Si poteva benissimo dire che se non cucinava lui lei preferiva prendere pane, prosciutto e mangiare un panino, piuttosto che qualche piatto strano della sua famiglia. Suo padre proprio non aveva mia cucinato. Ma questo per Amu voleva dire: 'non so fare quindi non ci provo neanche'.

Andò in cucina insieme a sua cugina e si sedette a tavola.

- Itadekimasu! - fece sua madre tutta contenta.

Un coro di 'grazie' prima che tutti iniziassero a gustare la bontà preparata da suo fratello.

Lui si avvicinò alla sorella.

- Ti piace? - le chiese.

Lei annuì, rivolgendogli un piccolo sorriso. Nonostante avesse mosso appena le labbra, il ragazzo provò una felicità immensa. Ma non lo diede a vedere, continuando a mangiare e sorridendo ogni tanto - molto apertamente - alla sorella.


- Che cosa hai escogitato? - domandò lo Shugo Chara, addentando la sardina che il ragazzo gli porse.

- Lo vedrai molto presto Yoru. - rispose lui sorridendo. - Sai, nonostante tutto non credo che funzionerà…

- Come mai?

- Non lo so, ho quest'impressione.

- Secondo me invece le farai prendere un bello spavento! - esclamò il micino, divorando un altra sardina.

Ikuto sorrise.


Il cellulare le vibrò in tasca. Era ancora intontita, visto che si era addormentata in macchina. La prossima volta che andava in vacanza doveva aggiungere al foglio 'cose da non fare mai in vacanza' anche quella di non addormentarsi mai in macchina. Appena ti sveglia sei ancora più stanco. E per di più il suo cervello non connetteva per niente. Riuscì lo stesso a concepire dove si trovasse il suo cellulare. Lo estrasse dalla tasca dei suoi jeans e vide che le era arrivato un nuovo messaggio.

"Domani vieni alla mia partita, vero?" era Kukai.

Dunque, per rispondere ad un messaggio serve premere i tasti del cellulare. Non ne aveva voglia. Gli avrebbe risposto dopo… no, se ne sarebbe dimenticata.

"Si." scrisse.

"Ottimo :D" non poté non pensare che quella faccina si addiceva perfettamente a Kukai.

Appena entrata in casa, la prima cosa che fece, dopo aver portato le valigie in camera, fu crollare sul letto, sfinita.

- Ehi, Amu! Un po' di energia!! - la rimproverò Ran.

- Ma che vuoi…? - domandò con la voce che piano piano le si affievoliva.

- Dai, facciamo qualcosa! - fece anche Miki, intenta a disegnare, chissà cosa.

- Non vedete come sono messa? - domandò, un poco alterata.

- Oh si, credo che lo vedano bene!

- Ottimo allora… - prima o poi ci avrebbe rimesso le penne a non dare mai ascolto al timbro di voce che sentiva. Infatti poco dopo realizzò che la voce aveva un non so che di sarcastico e divertito. Alzò un poco il capo per vedere chi era. E non appena ebbe appurato che si trattasse di chi pensava lei chiese gli occhi e si rimise a letto.

Ikuto rimase sorpreso da questa sua reazione perfettamente menefreghista.

L'altra volta era balzata come se qualcuno l'avesse punta. Ora invece se ne stava semplicemente lì ad ignorarlo.

- Amu? - domandò Suu preoccupata.

- Suu, lasciami in pace… è solo quel gatto senza pudore, nulla di più… - la sua voce era davvero stanca. - A proposito… ho un bel culo? Lo guardavi con così tanto interesse ieri sera…

Ikuto e gli Shugo Chara sgranarono gli occhi. Ecco un'altra cosa che non si sarebbe aspettato. Lui le si avvicinò. Per come stava rannicchiata sembrava una corda che era stata arrotolata.

- Devo risponderti solo a voce?

- Puoi anche stare zitto. - rispose, alzandosi lentamente e mettendosi seduta. Sbadigliò, senza neanche mettersi la mano davanti alla bocca. Era una chiara dimostrazione del fatto che lui non valesse niente per lei. Una che è stata spiata mentre si cambiava avrebbe reagito in modo diverso. Ma - sorvolando il fatto che quella ragazzina non era di certo normale - questo faceva capire che lui non era preso in considerazione nemmeno per quello. Questo era quello che pensò Ikuto. Senza pensare che quando Amu era stanca, aveva il coraggio di dire tutto con tranquillità, senza pensare bene a cosa stia dicendo o di che argomento si stia parlando. - Piuttosto, che cazzo vuoi?

- Vedo che sei sempre tu, stavo sentendo la mancanza dei tuoi calorosi saluti… - disse il ragazzo sarcastico.

- Immagino… - rispose strofinandosi gli occhi.

- Come mai sei così tranquilla? - domandò.

- Mi hai detto che io e te non siamo nemici, perché dovrei preoccuparmi? - mugolò sbadigliando.

- Beh… non sei neanche curiosa di sapere perché sono qui? - chiese allora.

- No.

Ikuto sbuffò. Che ragazza impossibile.

- Sei davvero così stanca?

- Rischierei di addormentarmi a sentirti parlare ancora. In effetti lo vorrei… - disse la ragazza. Ma anche se non lo voleva ammettere aveva paura che addormentarsi in presenza di un tizio del genere non era affatto prudente.

- Puoi dormire se vuoi… - le disse, avvicinandolesi di più. - Ma non garantisco niente.

Appunto. Lo aveva appena pensato.

- Non sono più stanca, mi irriti così tanto da farmi tornare la forza,… per picchiarti. - fece stiracchiandosi. - A proposito… come diavolo sei entrato?

Lui indicò la finestra aperta.

- Sei proprio rintontita, ah? - domandò. - Hai lasciato la finestra aperta e mi chiedi come sono entrato.

Le si avvicinò, fino a fissarla dritto negli occhi. Lo sguardo che gli rivolgeva sempre era freddo. Eppure era convinto che prima o poi gli avrebbe rivolto tutt'altro tipo di sguardo. E lui avrebbe lavorato sodo per vederlo.

- Può essere. In ogni caso tu non dovresti essere qui.

- Uff, non posso neanche divertirmi adesso? - le domandò con una faccia da cucciolo.

- Quella faccia non funziona con me. - disse incrociando le braccia. Mano a mano si stava davvero svegliando.

- Lo so. - le si stava avvicinando sempre di più e Amu se ne accorse. Mentre il suo cervello iniziava a mettere in moto un 'mantenere le distanze' che lampeggiava rosso.

Pensò subito a spingerlo indietro e provò a farlo posandogli le mani sul petto. Ma il ragazzo le afferrò subito i polsi prima che potesse fare qualsiasi altra mossa brusca. Le si avvicinò ancora di più al volto.

- Ti diverti? - sibilò la ragazza.

Lui sorrise trionfante.

- Non sai quanto…

- Beh, io non tanto, quindi… - fece girando la testa di lato, visto che il viso del ragazzo si stava avvicinando troppo e non certo per parlare. - fila via!

Concluse cercando di liberare la presa sui suoi polsi.

- Oh, certo, ora vado subito… - fece sarcastico, per poi fare una risatina. - Ma come ci speri che dopo che sono entrato qui me ne vada come se niente fosse?

E detto questo, con uno strattone la alzò in piedi - visto che lei era ancora seduta sul letto e lui le si era solo avvicinato - seppur non spostandola dal letto. Amu lo guardò rabbiosa. Ma quanto diavolo era alto quel tizio? Era in piedi sul letto eppure non lo superava neanche di un millimetro. In effetti, ora che ci ragionava, quando stava di fronte a lui non gli arrivava neanche alla spalla, anzi, per puro caso raggiungeva il petto. Kukai di sicuro gli era sotto di almeno una quindicina di centimetri. Okay, aveva sei anni più di lei ed era un ragazzo, però… Basta, ora pensiamo solo ad allontanarlo o qui finisce male…

- Oh, non lo so, semplicemente ho paura che qui finirà molto male e non per me. - disse. Lui strinse la presa sui suoi polsi, il sangue stava iniziando a mancare. Le faceva male, ma ovviamente non glielo avrebbe mai messo. La soddisfazione non gliel'avrebbe mai data. - Che diavolo vuoi?

Con una spinta riuscì a gettarla supina sul letto e a metterlesi sopra, bloccandole i polsi sopra la testa.

- Strano, pensavo di essere stato abbastanza chiaro. - le disse sorridendo.

- Pedofilo!

- Ah?

- Ho sei anni meno si te pervertito! Cercati qualcuna più grande, magari con anche più seno, così vedrai come ti diverti…

- Guarda che non cambio idea. - le disse, per un attimo ancora divertito. Poi il suo sguardo si assottigliò. - Però non sei molto carina a dire certe cose…

Mentre le teneva i polsi con una sola mano con l'altra stava già iniziando a toglierle la maglietta, stavolta, anche se si agitava, non riusciva ad ottenere altro che un leggero movimento del letto.

Dannazione… sbraitò nella sua mente, guardando il viso di Ikuto… Bastardo!!!

- Amu?! - era la voce di suo fratello.

Entrambi guardarono verso la porta. Ikuto sbuffò, mentre l'altra non era mai stata così contenta di sapere che suo fratello si stava preoccupando per lei.

Detto questo guardò il ragazzo e anche lei mostrò un sorriso trionfante. Notò che la presa sui suoi polsi si era allentata e si liberò subito, per poi gettarlo a terra. Il ragazzo si alzò subito e uscì dalla finestra, girandosi un ultima volta. Lo sguardo che le mostrò prima di sparire non era piaciuto molto ad Amu. Aveva tutta l'aria di un 'ritornerò'. Sbuffò, mentre la porta si aprì di colpo.

- Amu, ti ho chiamato, che stavi facendo? - domandò suo fratello.

- Ehm… mi sembrava di aver sentito qualcosa… stavo… - mosse veloce lo sguardo alla ricerca di una scusa. Di certo non poteva dire 'stavo 'discutendo' con un maniaco pervertito'. - Ascoltando la musica!

Annunciò in fine indicando il computer.

- Con il computer spento? - domandò Zenko notando lo schermo nero.

- Non è spento, è in standby. - fece Amu.

Con tutte le sue forze pregò che suo fratello non andasse a controllare. Wow, vennero esaudite! Zenko alzò le spalle.

- Tra poco è pronta la cena.

- Scendo subito. - annunciò. Meglio evitare di restare da sole in camera. Prima di seguire il fratello però chiuse la finestra. Anche questa cosa era meglio evitarla.


- Questa potevi risparmiartela Ikuto… - commentò Yoru, mentre se ne stava di nuovo appoggiato alla spalla del suo portatore.

- Oh, andiamo, non lo avrei fatto per davvero, volevo solo vedere come avrebbe reagito. - rispose il ragazzo sorridendo. - Però devo ammettere che ero tentato…

- Chissà perché me lo aspettavo. Se l'arpia ci scopriva sarebbero stati guai, lo sai vero?

- Si, si… - rispose sbuffando. - Ma ora non ho tempo di pensarci. E poi domani sarà la prova del nove.


La sveglia. Stava suonando. Le sveglie non devono suonare d'estate.

- Drin drin, ti ammazzo se continui! - sbraitò la ragazza prendendo la sveglia e gettandola contro il muro. - Che ti avevo detto?

La voce era ancora assonnata, ma esprimeva con chiarezza una certa voglia di uccidere chiunque l'avrebbe svegliata. La sveglia era testimone delle sue parole.

Qualcuno bussò alla porta. La ragazza mugolò e si rigirò nel letto, portandosi le coperte sopra la testa.

- Amu? Sei sveglia?

- No… - fece la ragazza, affondando la faccia sul cuscino.

- Sorellina, io non dico niente, se vuoi far aspettare il tuo amico è un problema tuo, ma ti consiglio di pensarci su…

Le parole di Zenko la riportarono alla realtà. E in un attimo il suo cervello fece due più due e capì.

Amico. Partita. Calcio.

- Kukai!!! - esclamò balzando in piedi e andando a recuperare la sveglia, finita in fondo alla stanza. - Fiuuu… la partita è alle dieci per fortuna.

Erano solo le otto. Aveva tutto il tempo di prepararsi.

- Finalmente ci sei arrivata! - esclamarono dall'altro lato della porta.

- Ora scendo…

- Ti aspetto, la colazione è pronta. - rispose il fratello. Sentì il rumore dei suoi passi scendere le scale.

Uscì dalla stanza e corse in bagno. Dove si diede una bella svegliata, gettandosi l'acqua fresca sulla faccia. Dopo essersi asciugata si fissò allo specchio un attimo. Faceva troppo caldo per i capelli sciolti. Prese un elastico, con sopra una crocetta nera e un altro con una bianca. Si fece due codini lasciando qualche ciocca libera davanti al viso. Poi uscì dal bagno e tornò in camera.

Si diresse verso l'armadio e spalancò le ante. Raccattò una gonna nera, una maglietta bianca a maniche corte, calzini bianchi a bordo nero e si vestì. Fissò un attimo due braccialetti che stavano sul comodino e notando il loro colore (bianco e nero) decise di indossarli, d'accordo sul fatto che ci sarebbero stati molto bene.

Nessuno l'avrebbe mai detto se l'avesse visto, ma anche lei, come molte ragazze, teneva - nei limiti necessari - all'aspetto. Non che stesse ventiquattrore su ventiquattro a guardarsi allo specchio, oppure - come sua cugina ad esempio - ore e ore in bagno per truccarsi in modo 'decente'. per quanto fondotinta si metteva Rima, lei era convinta che da un giorno all'altro non le sarebbe più servito usare il latte e il tonico per togliere il trucco, ma le sarebbe venuta via come una maschera.

Uscì dalla stanza e scese al piano di sotto.

- 'Giorno! - salutò pimpante.

- 'Giorno Amu… - rispose con un sorriso. - Ho fatto dei toast, ne vuoi uno?

La ragazza annuì. Appena il fratello glielo porse lei afferrò subito la marmellata di fragole, spalmandocene una bella dose sulla fetta di pane tostato. Si avvicinò anche la tazza di tè, già pronta per lei. Mangiò con calma. Mentre Zenko, dal lavandino, la guardava - tra un piatto e l'altro - sorridendo.

- A che ora vi incontrate? - le chiese.

- Alle dieci. - rispose aggredendo di nuovo la sua fetta di pane.

- E dove?

- Sei curioso Nii-san?

- Ti infastidisce?

Scosse la testa, visto che la bocca era intenta ad assaporare la marmellata.

- Al campetto di calcio. - rispose poi.

- Al campetto?

- Mi ha invitata a vedere la partita. - il giorno prima, quando aveva chiesto al fratello di svegliarla per essere sicura che sarebbe arrivata in tempo, aveva omesso tutte le altre informazioni.

- Gioca a calcio? - domandò stupito.

- Già.

- E com'è? Bravo?

- Oggi lo appurerò. - e l'ultimo boccone della fetta di pane finì per sempre nel suo stomaco. - Che ore sono?

- Le otto e quaranta.

- Ah, allora c'è tempo. - fece.

- Senti ma… - disse d'un tratto il fratello.

- Cosa?

- Ieri che diavolo stava succedendo in camera tua?

- Te l'ho detto, stavo ascoltando la musica.

- Cosa stavi ascoltando per essere talmente persa da non sentirmi neanche? - era sospettoso. Uff, che noia…

- Ehm… un CD che mi hai passato tu.

- Ah, si? Quale? - domandò. Ora più stupito che altro. Lui le passava molti CD e lei glieli restituiva puntualmente il giorno dopo. Però non avevano mai parlato di musica. Tanto che era sempre stato convinto che non li aveva mai ascoltati.

- I Radiohead. Mi pare che il titolo dell'album fosse Kid A. - rispose.

Lui sgranò gli occhi, mentre asciugava i piatti.

- Davvero? E ti è piaciuto?

- Si, è davvero bellissimo. - non era del tutto una bugia quello che stava dicendo. Quel CD glielo aveva passato suo fratello prima della 'entusiasmante' settimana di vacanza e lei lo aveva ascoltato lo stesso giorno che glielo aveva prestato. Le era piaciuto davvero molto. Quindi, nonostante fosse una scusa per non dirgli 'ieri stavo lottando contro un ragazzo di sei anni più grandi di me per motivi strettamente legati alla privacy', c'era un fondo di verità.

- Caspita, allora li ascolti davvero i CD che ti passo?

Questa volta fu lei a mostrarsi un po' stupita.

- Certo, altrimenti perché me li terrei un giorno intero in camera?

- Beh, quando me li restituivi non mi hai mai detto nulla del tipo 'bello' o 'carino', oppure anche 'mi è piaciuto'. Quindi pensavo che facevi solo finta di ascoltarli. Tanto non ne parlavi mai. - le confessò, mentre finiva di riporre piatti e tazze nella credenza.

- Potevi anche chiedermelo tu che ne pensavo. - gli disse.

In effetti non aveva tutti i torti. Ma non ci aveva mai pensato. A dire la verità era sempre stato convinto che fare la prima mossa con sua sorella era sempre sbagliato. Che stupido.

- Oh, sono quasi le dieci… - fece Amu. - …è meglio che vada.

- Ah, va bene, verso che ora torni?

- Il pomeriggio, pranzo fuori con Kukai.

- Okay, allora buon divertimento! Prima o poi me lo farai conoscere questo tuo amico?

- Mi sembri nonna quando dici certe cose.

- Eh?

- Ciao, ci vediamo! - esclamò, prima di afferrare il cellulare, la borsetta con le sue uova e uscire.

Gli Shugo Chara uscirono fuori all'istante.

- Ahh, che bell'aria fresca! - esclamò Ran stiracchiandosi. - Oggi c'è la partita di Kukai, vero?

Amu annuì. Se non eri un bravo osservatore non lo notavi, ma un lievissimo sorriso stava delineando le labbra della ragazza.

- Sei felice Amu? - domandò Miki.

- Sto solo camminando. - ribatté Amu, senza rispondere alla domanda della piccola.

Nonostante questa risposta Miki sorrise. Si, la sua portatrice stava sorridendo.

Nell vicinanze del campetto Amu si stava già guardando intorno per trovare Kukai.

- Amu! Qui! - si voltò a sinistra, trovando il suo amico che la chiamava, facendole segno con la mano.

Lei gli si avvicinò.

- Ciao!

- Wow, sei puntualissima! - si stupì il ragazzo.

- Mi sembra tanto un insulto… - disse lei.

- Ma no, semplicemente mi chiedevo se saresti venuta veramente. - sorrise lui.

- Beh, ma è ovvio che sarei venuta, ti pare? - fece incrociando le braccia.

Kukai rise.

- Ciao Daichi! - anche gli Shugo Chara erano contenti di vedersi.

- Ciao ragazze!

- Fra poco iniziamo, vai pure a sederti.

Amu annuì seguendo il suo consiglio. Ripensò alla domanda del fratello, mentre vedeva Kukai giocare. Ora ce l'aveva una risposta. Kukai non era bravo a giocare, era fenomenale! Il modo in cui si muoveva, sembrava stesse danzando con la palla. I suoi movimenti avevano una sinuosità incredibile. Anche i loro avversari erano forti. Infatti molte volte lo vide in difficoltà. Ma come se la sapeva cavare a combattere un uovo X, se la sapeva cavare a condurre la palla dove voleva lui. Il primo tempo fu un pareggio. Mentre il secondo lo vinse la sua squadra. Per un punto, ma vinsero loro.

- Evvai! - esclamò il ragazzo saltando, insieme agli altri ragazzi.

Amu rimase in disparte a guardarlo, finché non fu lui a chiamarla.

- Allora? Come sono andato? - le domandò con un sorriso a trentadue denti.

- Molto bravo. - ammise lei, sorridendo.

- Davvero? Grazie mille! - esclamò, sempre sorridendo. Quel ragazzo era così solare, a volte anche lei avrebbe voluto essere così spensierata. Ma non ci era mai riuscita. Sicuramente era un suo problema, eppure anche se lo desiderava, era più forte di lei. - Andiamo?

- Non ti devi fare la doccia prima?

- Si, facciamo un salto a casa mia e poi usciamo. - le disse.

- Ah, okay.

Il ragazzo si voltò verso la sua squadra. I quali membri stavano allegramente parlando sulla partita.

- Ragazzi! Io vado! - annunciò.

- Okay, ciao! - tra i saluti normali c'era anche chi lo guardava malizioso.

Kukai li ignorò, anzi… circondò le spalle di Amu con un braccio e iniziò a camminare verso casa sua.

- Guarda che così accentuerai le voci che girano su di noi. - lo informò Amu.

- Che vuoi che m'importi! Perché, a te crea qualche problema?

- Ormai non più.

- Bene allora… quelli dopotutto sparlano solo perché credono che le ragazze non possono essere delle buone amiche. - le disse sorridendole.

Buone amiche. Buona amica. Lei si poteva davvero definire così? Fece un sorrisetto, pensando che mai era stata definita così prima, da nessuno. Si sentiva felice.

Entrarono a casa del ragazzo che dopo un 'faccio subito' si chiuse in bagno.

- Ah, Amu… - fece dall'altra parte della porta.

- Si?

- Hai sentito le voci che girano ultimamente sulla scuola?

- No, che voci? - come se lei s'interessasse di gossip della scuola. Sarà sicuramente un pettegolezzo su un'altra coppietta che si trova nell'istituto…

- C'è chi ha detto che ci sono i fantasmi nell'istituto.

La ragazza sgranò gli occhi, mentre un brivido le attraversò la schiena. Ringraziò il cielo che Kukai fosse in bagno in quel momento.

- A-ah, si? - domandò poi.

- Si, ma sicuramente sono tutte balle. Qualcuno che se l'è inventate per fare un po' di scena.

- Già, sicuramente è così.

- Ti va di fare un giro a scuola stanotte?

Amu sobbalzò.

- P-prego? - non poteva essere vero. Questo era peggio che se le avessero chiesto di girare 'the ring'.

- Ma si, giusto per vedere se è vero quello che dicono. Insomma, per curiosità. Magari hanno visto una tenda che si muoveva e hanno pensato che fosse un fantasma.

Non ci sono tende nell'istituto…

- Amu? - fece preoccupata Suu. Lo sguardo della ragazza era terrorizzato.

- Che ne dici Amu?

- O-okay, perché no dopo tutto! Non ho mica paura dei fantasmi!

- Amu ma che… - la ragazza tappò la bocca a Ran.

- Ah, perfetto! Immaginavo che una come te non poteva avere paura di certe stupidaggini. - rise il ragazzo.

Amu abbassò lo sguardo tristemente.

- Beh, è ovvio, no? - fece in modo spavaldo, nonostante il suo viso dicesse il contrario.


Ikuto non seppe dire perché. Probabilmente se qualcuno glielo avesse chiesto non avrebbe saputo rispondere. Ma mentre spiava quella ragazza e notava la sue espressioni, che non coincidevano affatto con le sue frasi e il suo tono di voce, si sentì improvvisamente simile a lei. Non provava pietà, come sicuramente qualcuno al suo posto avrebbe nutrito nei suoi confronti. Bensì un'immensa consapevolezza. Che quella paura che aveva fosse davvero dovuta ad un'esperienza terribile che avesse vissuto? E non solo una semplice paura infantile che persino lui aveva preso in giro nella sua mente.

Beh, comunque sia, lo avrebbe testato molto presto. Ormai era tardi per tornare indietro.


- Però, la scuola fa davvero paura di notte… - commentò Kukai.

Amu annuì. Poco prima, aveva avvertito a casa che avrebbe passato la notte da Kukai e in quel momento, sentire suo fratello geloso di questo fatto l'aveva fatta sorridere. Ma ora, vedere la scuola avvolta nella notte e sapere che dentro avrebbe potuto rivederlo, era tutt'altro che gaia come cosa.

- Già. - ammise Amu.

Kukai si voltò verso di lei e le sorrise.

- Dai andiamo, sono proprio curioso di vedere cos'ha tanto spaventato gli alunni della nostra scuola. - disse avanzando.

Amu non si mosse. Le gambe non le volevano dare retta. Si maledisse. Non era da lei essere così fifona.

Il ragazzo si voltò.

- Amu?

Lei annuì e - più per miracolo che per la sua forza di volontà - mosse le gambe fino a raggiungerlo.

- Tutto bene? - domandò preoccupato. Il viso della sua amica era più bianco del solito. Nonostante la carnagione di Amu fosse chiara, ora era più pallida del solito.

- Ehm… si. - rispose annuendo. Doveva stare calma. Non poteva mostrarsi così debole di fronte a Kukai. Era una questione di orgoglio.

Entrarono nell'edificio. Era veramente buio. Non si riusciva a vedere la fine del corridoio. Non sembrava nemmeno di stare nello stesso istituto che frequentava di giorno.

Stava tremando. Non riusciva a credere che le avrebbe fatto questo effetto. Avrebbe voluto dire a Kukai di andare via. Gli avrebbe voluto dire tutta la verità e trascinarlo via da lì. Ma non ci riusciva. Era convinta che si sarebbe messo a ridere. O magari l'avrebbe guardata deluso. No, questo non lo voleva. Eppure, aveva paura… ma non riusciva a fermarlo, a dirgli cosa provava in quel momento. Vide un'ombra. Si bloccò e strizzò gli occhi. Quando li riaprì Kukai non c'era più.


Ikuto sorrise.

- Si va in scena… - disse con un tono abbastanza sadico.


- K-Kukai? - domandò la ragazza. - Kukai! Kukai!! Kukai!!!

Okay, era decisamente impaurita. Chiamava il nome del ragazzo, ma non aveva la forza per muovere un passo ed andarlo a cercare. Paura. Quell'emozione che le corrodeva l'animo. Si sedette a terra, ormai sicura che quelle gambe tremolanti non l'avrebbero portata da nessuna parte e di certo non l'avrebbero sorretta ancora per molto.

Ombre. Vedeva tutte ombre.


Si era avvicinata per vedere meglio…


Tutto attorno a lei era un ombra. L'avrebbero raggiunta. Strisciò piano all'indietro, fino ad incontrare il muro.


Appeso ad un albero c'era un corpo.

- Z-zio… - mormorò con la voce tremolante. Non riusciva a crederci e come poteva. Non aveva mi visto un cadavere. E di certo non sperava di vederlo, soprattutto non il suo.

Rimase a fissarlo, immobile. Non riuscì a gridare, non riuscì a fare nulla. Gli occhi vuoti la fissavano. Velati di una triste ombra. La bocca leggermente socchiusa. Il collo era messo in modo strano, doveva essersi rotto. Mentre magari tentava di liberarsi. Si voltò e corse via…


Avvicinò le ginocchia al petto e le circondò con le braccia. Affondò il capo fra di esse. Non riusciva a smettere di tremare. Non voleva alzare lo sguardo. No, aveva troppa paura.


Corse all'interno della casa e lì tornò in camera sua e si infilò sotto le coperte.

Non pianse, né gridò. Restò così fino al giorno dopo…


Paura. La stava divorando.


Quando il giorno successivo trovarono il cadavere lei non disse nulla. Il groppo allo stomaco era gigantesco, ma decise comunque di resistere. Quando tornò in camera…


Alzò lo sguardo e gridò.


Gridò. Gridò di terrore. Suo fratello accorse subito ad abbracciarla. Quello che vide. L'ombra che vide. Era lui. Ne era sicura. Lo aveva visto…


Era pieno di ombre. Che si agitavano su di lei, l'avrebbero divorata? Era convinta di sentirne quasi la consistenza. Iniziò ad agitarsi e a gridare. Si rannicchiò di nuovo con le ginocchia al petto. Paura.


Quello che aveva visto era sicuramente lui. Nonostante fosse lui anche quella volta nel bosco. Era lui. Si sentì terribilmente male. Come in colpa per non aver detto subito del suo corpo agli altri. Paura.


- Basta, basta… - provò a riguardare. Qualcosa si stava avvicinando. Per un attimo sperò che fosse Kukai. Ma no, non poteva essere lui, quella cosa non era il suo amico e la stava raggiungendo. Gridò di nuovo. Sempre più forte. L'afferrò per un braccio.


Raccontò tutto a suo fratello. Lui rise, nonostante la stesse guardando con tristezza. Ora era chiaro. Lui non le credeva. D'altronde come avrebbe potuto? una bambina che vede un fantasma. Sicuramente era rimasta traumatizzata dall'evento.


Gridò più forte, quando si sentì afferrare e strattonare.

- Amu? Amu! Apri gli occhi dannazione! - le gridava.

Scosse la testa. Non voleva. Aveva paura.

- Amu! Cazzo, Amu! Ascoltami!

Lentamente aprì gli occhi e guardò il ragazzo che le stava davanti.

- K-Kukai… - mormorò. Lo scintillio di due lacrime illuminò il buio in cui si trovavano. Solo due le scesero dagli occhi caramello, ma tanto bastavano per far capire al ragazzo la paura che aveva provato. Non seppe come, d'un tratto l'aveva persa di vista. Poi l'aveva sentita urlare ed era corso da lei. C'era qualcosa di strano. C'era un gioco di ombre. Stavano facendo apparire tutto in un altro modo. ma era solo un gioco. Come con le ombre cinesi. Eppure l'avevano spaventata. Avrebbe tanto voluto sapere il perché. Ma doveva essere lei a decidere se dirglielo o no. - Dove diavolo eri finito?

Gli domandò fissandolo. Stava ancora tremando, più lievemente ma stava tremando.

- Amu, cosa…? - provò a dire lui.

Lei annuì.

- Dammi cinque minuti, poi… - un singhiozzo fermò per un attimo la sua frase. - Ti racconterò tutto.

Il ragazzo annuì.


Gli occhi di Ikuto erano due tondi perfetti, tanto erano aperti dallo stupore. Non se lo sarebbe davvero mai aspettato. Lei che tremava in quel modo? Che gridava? Che piangeva? Gesù, stava piangendo. Lo aveva visto.

Era convinto che non avrebbe sortito alcun effetto su di lei. Dopotutto, le altre volte lui aveva provato a fare di peggio con lei che un semplice gioco di ombre. Eppure, l'aveva davvero spaventata.

Non capì il motivo di tale sensazione. Ma non era contento di questo. Nonostante avesse creduto che lo sarebbe stato. Non era affatto contento di essere riuscito a spaventarla in quel modo.

Ormai neanche lui stava più capendo se stesso.






Ikuto: Ho paura di me stesso


Meme: O.o perché?


Ikuto: Sono diventato in dodici capitoli un pervertito, un sadico, uno stalker e ora anche un sentimentale del cazzo.


Meme: -.-'' Sei proprio senza speranze allora.


Ikuto: Questo è tutto a causa tua!!!! >.<


Meme: Su, su, prenditi le tue responsabilità ù.ù giusto? *si volta verso gli altri*


Tutti: -.-'' No.


Meme: ç.ç cattivi. Comunque ^o^ questo capitolo è lunghetto, eh? *-* Ho l'impressione che più si va avanti con la storia più il capitolo diventa lungo… Questa cosa mi spaventa °^°


Ikuto: =.= Anche a me… cosa combinerò nel prossimo capitolo? Sarò una ballerina di danza classica?


Meme: uh, uh, ti ci vedo *°*


Tutti: -.-''


Ikuto: A proposito, Amu dov'è finita? O.o


Kukai: Giusto, era qui un attimo fa. °o° Si stava deprimendo in modo così carino nell'angolino coltiva funghi.


Rima: Se cercate Amu è appena uscita a comprare un lanciafiamme per farla fuori *indica Meme*


Meme: A me? O.O


Rima: *annuisce*


Meme: Ehm,ehm… cambiamo argomento u.u Ho notato che in questa storia compariranno molto spesso delle armi giapponesi. Per chi non le conosce ho ritenuto opportuno (consiglio ricevuto da Mylla :) mettere dei link per chi non ha voglia di digitare i loro nomi su Google. Vero, persona citata tra parentesi? :D


Ikuto: Per caso sta parlando con il suo amico immaginario? -,-''


Kukai: No, quella si chiama in un altro modo.


Ikuto: O.O La mia era una battuta.


Meme: Ehi voi, zitti! >.< Rovinate l'atmosfera! èoé


Ikuto e Kukai: -.-'' Che noia…


Ecco l'immagine dell'arma apparsa nell'altro capitolo:


Kusarigama: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/c/c3/Kusarigama.jpg/200px-Kusarigama.jpg


Meme: Per chi ha visto Soul Eater sarà facile individuarla ^ ^


BlackStar: Vuoi dire per chi conosce il mitico BlackStar, sarò facile individuarla!!! *sorriso a trentadue denti*


Meme: O.O Che diavolo ci fai tu qui?


BlackStar: Mi stavo annoiando, ha già dimenticato che devi leggere il manga?


Meme: Giusto!! Ma questo non c'entra! Smamma!! *lo caccia via*


Ikuto: Uff…


Meme: Tu che vuoi? >.<


Ikuto: Quando pensi che verrò apprezzato un po' di più da Amu? =.=


Meme: *vuoto di memoria* Non te lo dico! ù.ù


Ikuto: Stronza!


*Arriva Amu con il lanciafiamme e lo punta verso Meme*


Amu: Preparati a morire *sorriso sadico*


Meme: Aiuto ç.ç


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Capitolo 13
*** Little by little ***


Dopo quel giorno il ragazzo si era sentito in dovere di scusarsi. Nonostante il fatto passò liscio, come se non ci fosse mai stato, Kukai avvertiva lo stesso che ad Amu non era bastato essere consolata e capita da lui. Ma quando si scusò tutto si sarebbe aspettato che una risata da parte della sua amica.

"Che sciocco! Ti pare che me la sia presa per quello che hai detto! Spesso l'ho pensato anche io di essere una stupida fifona!" aveva esclamato.

Quella sera gli aveva raccontato come stavano le cose. Dopo che erano ritornati a casa, l'aveva fatta sedere e lei gli aveva raccontato la sua terribile esperienza.

"Comunque quello di oggi era tutto finto, era solo uno stupido gioco d'ombre!" aveva esclamato lui."Mi chiedo solo chi diavolo potrebbe averlo fatto…"

Amu non aveva risposto. Una mezza idea ce l'aveva, ma non voleva dirla. Altrimenti Kukai le avrebbe di sicuro chiesto il motivo di tale supposizione. E lei non aveva voglia di dargli delle spiegazioni in proposito.

"Comunque sei stata in vacanza e ancora non mi hai raccontato niente!"

"Non c'è granché da raccontare…"

"Dai andiamo!" stava cercando di farla sorridere. Di farla divertire. Una cosa in cui lui era maestro.

"Uff, va bene, anche se ho un po' sonno…"in quel momento era uscito fuori il discorso della battaglia. Purtroppo Amu era crollata nel sonno prima di finire.


Le loro facce ansiose erano una tortura per lei. Ma in quella situazione lo sarebbero state per chiunque. Nadeshiko, Nagihiko, Ami, perfino Kukai aveva quell'espressione in viso. Contavano così tanto su di lei? La credevano davvero così forte? No, lei non lo era. O meglio… in questa situazione no. Non sapeva che fare.

- Perché proprio io?

- Te lo abbiamo spiegato molte volte. - rispose Nagihiko.

Amu tirò un profondo respiro. Che diavolo faceva adesso? Sarebbe stata la decisione giusta? Probabilmente loro non si rendevano lontanamente conto di che cosa le avevano smosso nella testa con una semplice domanda. Era una vera e propria lotta contro gli ingranaggi del suo cervello. Ma doveva prendere alla svelta una decisione, non poteva certo metterci una settimana per dire 'si' o 'no'. Altro respiro profondo.

- … Va bene. - disse infine, incrociando le braccia al petto e guardando tutti seri. In completo disaccordo con le loro espressioni allegre.

- Dici davvero? - domandò Kukai con un sorriso in volto.

Amu annuì.

- Si, mi unirò a voi, ma non voglio nessun ruolo speciale e nessun… abitino speciale. - disse mettendo ben in chiaro le cose.

Il ragazzo annuì.

- No problem! - annunciò.

- Che bello! - esclamò Ami provando ad abbracciare la ragazza. bastò uno sguardo della sottoscritta per farle cambiare immediatamente idea. - Ehm… ho capito!

Nadeshiko, al contrario, non si fece per nulla intimorire e abbracciò Amu, stritolandola come in una morsa. Almeno fino a che la ragazza non iniziò a boccheggiare in cerca di aria.

- Ma quindi… adesso sei proprio dei nostri! - fece Nagihiko allegro. - Ci aiuterai sempre nelle battaglie.

- Non mi sembra di non avervi aiutato finora. - fece la ragazza.

Kukai le circondò le spalle con un braccio.

- Esatto! - esclamò lui. - Persino in vacanza le è toccato combattere!

I tre sgranarono gli occhi.

- Cosa? Dici davvero? - domandò Nadeshiko preoccupata.

Lei annuì.

- Sembrava il sogno di un bambino che voleva fare il paleontologo. - disse ripensando a quella creatura mostruosa che l'aveva attaccata. Creatura che l'aveva attaccata. Sorvolando ovviamente Ikuto.

- Poteva essere benissimo. - commentò Nagihiko.

- Già… mi chiedo piuttosto che sogno fosse quell'ammasso di carne che ci era capitato l'altra volta… - fece Kukai pensieroso.

Amu fece spallucce.

- Comunque sia ora non c'è più bisogno di distruggere le uova, o almeno io non dovrò più farlo.

- Cosa?! - esclamarono tutti e quattro all'unisono, guardandola con espressioni stralunate. Cose se improvvisamente si fosse trasformata in un omino verde pastello che li fissava tutti confuso. Minuscolo e senza naso.

- Perché non ci sentite? - domandò lei.

- Ma questo è impossibile, non c'è modo di far tornare le uova com'erano prima. - disse Ami.

- A quanto pare c'è… - rispose Amu e prese fra le mani il lucchetto magico. - E credo che sia proprio questo lucchetto la risposta.

Tutti la stavano ancora fissando tra l'incerto e lo stupore.

- Beh, di certo non posso spiegarvi come, dovreste vederlo per capire. - disse poi Amu. Era la verità, visto che neanche lei sapeva bene che cos'era successo. Sarebbe stato come tentare di spiegare qualcosa che non si è capito. Quindi meglio mostrarlo con una semplice dimostrazione.

- Okay, ho capito. Quindi non ci resta che attendere il prossimo attacco. - dissero poi in coro i gemelli.

Oh cielo, e lei che sperava che stavano smettendo di parlare in coro.

- Già. - si limitò a rispondere.


-- Al pan'ya*? Che devi fare là? --

-- Prendere il pane forse? --

-- Cretino! Non intendevo questo… beh, non importa, ci vediamo là! --

Ami riattaccò il ricevitore, sorridendo. Naizen era una continua sorpresa. Sempre. Insomma, quante persone - di quelle normali, ovvio - ti dava appuntamento in posti del genere? Perché poi l'ultimo era il più normale degli altri. Ma era meglio sorvolare.

- Mamma! Io esco! - esclamò la ragazza prendendo la borsa.

- Va bene!

Uscì di casa e corse al pan'ya più vicino. Fortunatamente era lì. Per come era fatto quel ragazzo era capace anche di farti prendere il treno perché la panetteria era quella a mezz'ora di viaggio. Rise pensando a lui. Era strano si, ma era anche un grande amico.

- Ehi! - salutò lei sorridendo.

- Yo! - fece il ragazzo mettendo via il libro.

- E stavolta che stai trangugiando? - gli domandò ridendo, cercando di leggere il titolo del libro.

- Un libro. - ecco, le sue risposte erano davvero odiose.

- Tu dici? - domandò con finto stupore.

- Direi di si. - finì il ragazzo, porgendole il libro, visto che stava facendo i salti mortali per tentare di vedere cosa c'era scritto sulla copertina.

- 'Il rosso del passato… il bianco del sangue' - lesse la ragazza ad alta voce. - Di cosa parla, della bandiera del nostro paese? - domandò sarcastica.

- Parla di una ragazza nelle cui vene scorre il latte, perché ha visto talmente tanto sangue nel suo passato che non ha voluto più vederlo neanche in se stessa.** - le rispose.

Ami sgranò gli occhi.

- Leggi davvero dei libri bizzarri… come diavolo ha fatto ha trasformarsi in latte il sangue?

- Guarda che è fantastico.

- Non lo metto in dubbio, però…

- Parlavo del genere.

- Oh… beh, comunque me lo presti non appena lo hai finito? - gli chiese.

- Fortuna che sono io lo strano, vero? - le domandò riprendendosi il libro.

- Certo che sei tu e stai tranquillo che lo rimarrai sempre!

- Tremo dall'emozione. - fece sarcastico.

- Comunque… ora che ci penso gli altri sono in ritardo.

- Gli altri? - chiese confuso Naizen.

- Si, non ti ricordi? - fece Ami stupita. - Ti avevo detto che ti avrei presentato i miei amici, no?

- Oh, giusto… - quando stava con lei era sempre aperto e 'spensierato'. Ma a vederlo non si sarebbe detto certo tipo socievole, anche perché se ne stava sempre sulle sue. A leggere. Lei era stata l'unica a dargli confidenza. Iniziando proprio chiedendogli che cosa stesse leggendo. Poi aveva capito che era un tipo assai singolare. Leggeva cose fuori dal mondo. Che non sentivi nominare neanche per caso. Solo lui le conosceva e poi ne rendeva partecipe anche Ami.

- Dovevamo incontrarci al parco alle quattro e sono già le quattro e mezza e…

- Ehm, ehm… Ami, qui non siamo al parco.

- Oh cavolo! - esclamò la ragazza, afferrando per il polso Naizen e iniziare a trascinarlo.

Ecco, questo era di sicuro il lato più buffo di quella ragazzina. A volte era davvero infantile nel comportamento. Però bastava che le davi in mano un computer e ti sapeva tirare fuori il mondo intero.

- Era ora! - esclamò un ragazzo dai capelli castani, non appena Ami e Naizen fecero la loro comparsa all'ingresso dei giardinetti. - Stavo per chiamarti.

- Scusa Kukai, ero andata a prenderlo… - disse indicando Naizen dietro di lei.

- Non sono un pacco postale.

- Si che lo sei! Ecco, lui è il mio amico… - disse spingendolo davanti.

Erano tutti presenti.

- Lui è Kukai, loro sono Nadeshiko e Nagihiko e lei è Amu. - li presentò tutti. - Ragazzi, lui è Naizen, il TS.

- TS? - domandò lui confuso.

- Tizio Strambo. - spiegò in poche parole la ragazza dai capelli rosa.

- Amu! Non dovevi dirlo! - si lamentò Ami.

- Tanto ci sarebbe arrivato. - fece Kukai sorridendo.

- Non è detto!

- Quanto mi reputi stupido, Ami?

Lei lo guardò un attimo e bastò ad entrambi per scoppiare a ridere.

Amu li guardava entrambi. 'Devono essere amici da tanto' questa è la frase classica, che pensa chiunque quando vede due persone divertirsi così. Eppure lei e Kukai erano spensierati allo stesso modo e non si conoscevano da chissà quanto. Non erano nemmeno nella stessa classe. Non avevano neanche la stessa età, se proprio dovevano dirla tutta.

- Beh, andiamo a prenderci un gelato? - domandò Ami guardandoli sorridente.

- A noi va benissimo! - esclamarono insieme i due gemelli.

Amu e Kukai si scambiarono uno sguardo d'intesa, mentre Ami fece, rivolta verso Naizen:

- Ah, ho dimenticato di dirti che abbiamo una corale incorporata nel nostro club!

Naizen sorrise guardando i due gemelli e Ami, per poi avviarsi - insieme agli altri - verso la gelateria.

- Salve ragazzi, desiderate? - domandò il ragazzo che stava dall'altra parte del bancone.

- Dunque… - iniziò Ami. - Per me alla fragola per favore.

- Pistacchio, per favore. - esclamò Kukai.

- Vediamo… io alla nocciola. - disse Naizen.

- Noi alla pesca. - il ragazzo per un attimo li guardò sbattendo un po' le palpebre, poi annuì.

- Tu Amu non lo vuoi? - le domandò Kukai.

- No, no lo voglio. - rispose. Stava decidendo quale prendere. - Io… stracciatella.

- Ecco a te. - fece il ragazzo.

- Grazie.

- Mi fai assaggiare? - fece subito Kukai.

- Non rompere! Mangia il tuo pistacchio e zitto!

- Come sei cattiva… assaggia pure il mio. - le disse porgendole il cono.

Stava per dargli una leccatina, quando il cono si spostò 'accidentalmente' e le sporcò il naso di gelato al pistacchio.

- Kukai!!! - esclamò, tornando al bancone e prendendo una salvietta per pulirsi il naso. Nonostante questo però le venne da ridere. Era davvero strano, quel ragazzo non c'era minuto che non la metteva di buon umore. Ogni giorno che passava poi sentiva di fidarsi sempre di più di lui. Era una sensazione strana, che nonostante tutto la faceva sentire bene.

- Ehi, ti sei incantata? - le domandarono i gemelli, in coro.

- Ah? No, no! - si affrettò a dire lei, dopodiché corse verso Kukai, il quale ancora rideva. - Non scappare vigliacco!

Mentre si stavano divertendo, un vento fortissimo si levò, costringendo Amu a fermarsi e aggrapparsi alla maglia dell'amico, altrimenti sarebbe volata via.

- Ma la Bora non sta in Italia? - domandò mentre tentava di ripararsi e restare con i piedi per terra. - Che diavolo è?

- Non ne ho idea! - rispose l'amico.

Poco a poco, anche gli altri li raggiunsero, cercando sempre di non violare la forza di gravità.

- Ehi! Qualcuno sa che cosa sta succedendo? - domandò Ami, che, proprio come Amu, era aggrappata a Naizen, il quale a sua volta lo era a una panchina.

- No! - esclamarono i gemelli.

- Non ne ho idea. - disse il rosso.

- Comunque sia cerchiamo di non muoverci da qui! - gridò Kukai, ma non era affatto facile.

Detto fatto, bastò un piccolo movimento che il vento lo scaraventò, assieme ad Amu - visto che era aggrappata a lui - contro il vetro della gelateria. Kukai fece in tempo a portarla davanti a lui per impedirgli l'impatto con il vetro.

Rompendolo e conficcandogli non pochi vetri nella carne. Le persone all'interno del posto si alzarono tutte impaurite, guardando quei due ragazzi finire lì dentro come se niente fosse. Nessuno però si mosse per aiutarli. Ma c'era da aspettarselo.

- Ehi, stai bene? - domandò Amu alzandosi e aiutando anche lui.

- Un po' scocciolato ma bene… - sorrise il ragazzo.

- Non scherzare! - lo riprese la ragazza, guardandogli la schiena. - Oh cazzo, sei pieno di vetri…

- Amu…

- Stai zitto… riesci a trattenere il fiato per cinque secondi?

- Cosa…?

- Ti voglio togliere questi vetri, mi pare ovvio! - esclamò la ragazza. Notò che non erano conficcati profondamente nella carne. - Stringi i denti.

Disse, prima di afferrargli un pezzo di vetro e tirarlo via. Kukai emise un gridolino. Il pezzo estratto era segnato da sottili linee rosse, che lentamente gocciolavano creando un ornamento al quanto macabro sul pavimento.

- Tieniti forte, ora tiro via anche quest'altro… - poco a poco li tirò fuori tutti. Kukai non aveva mai sentito tanto dolore in vita sua. C'erto non era stato uno scherzo farsi togliere dei vetri dalla schiena, senza anestesia non dimentichiamocelo. La gente all'interno del locale era sparita tutta. Ma come avevano fatto ad andare via con quel vento? A meno che il vento non l'avessero mandato solo dalla loro parte. Niente di più facile. Era convinta fin dall'inizio che erano loro il bersaglio.

- A-Amu…

- Scusa se ti ho fatto male, ma sarebbe stato difficile fare più delicatamente.

- No, non è per quello…

- Allora per… - il ragazzo indicò davanti a lui. - Oddio…

- Somiglia tantissimo a quell'ammasso informe che avevamo combattuto. - disse il ragazzo.

- Già… - concordò Amu. - Tu resta qui!

- Dove credi di andare? - domandò il ragazzo afferrandola per il polso.

- A sconfiggere quel coso.

- Sei pazza? Hai visto cos'è? Sarà tre volte più grande di quello dell'altra volta!

- Io posso effettuare la Chara Trasformation, gli altri no… e poi c'è anche un ragazzo che non ha nemmeno lo Shugo Chara! - gli rispose, indicando Naizen.

Kukai si morse il labbro inferiore.

- Dammi cinque secondi e ti vengo ad aiutare anch'io! - esclamò.

- Ora sei tu quello pazzo. Conciato in questo modo ti faresti solo ammazzare. Mi chiedo come fai a stare ancora in piedi… - gli rispose. - Siediti e aspettami.

Si liberò dalla presa del ragazzo e corse fuori.

- Ran!

- Subito! - lo Shugo Chara annuì contento.

- Atashi no kokoro, unlock! - gridò la ragazza ed in un attimo le comparve addosso il costume dell'altra volta. Schioccò le dita e la Kusarigama era di nuovo nelle sue mani.

Kukai e gli altri guardiani, insieme a Naizen, sgranarono gli occhi non appena la videro.

- Amu…? - mormorò Ami stupefatta.

- Ehm… che ha fatto la tua amica? - domandò Naizen.

- Ti spiegherò tutto dopo, per il momento lasciamo il posto a lei. - fece la ragazza e preso per mano l'amico corse vicino a Kukai.

- Nagihiko? - domandò la sorella.

Lui annuì.

- Temari!

- Ritmo!

- Chara Change! - esclamarono insieme. Un fiore comparve tra i capelli di Nadeshiko, assieme ad una Naginata dal manico rosa. Mentre una nota su quelli di Nagihiko, anche lui una Naginata - solo dal manico blu. - Andiamo!

Amu intanto era già presa dal combattimento. Attaccava ogni angolo di quella creatura con il suo Kusarigama, senza ottenere risultati molto positivi però.

La determinazione di quel coso era più difficile da fendere della sua carne molliccia che ad ogni colpo di ricostruiva.

- Combatti lealmente maledetta spazzatura! - esclamò la ragazza, dopo che l'ennesimo colpo che era andato a segno venne curato.

La creatura non sembrò affatto ascoltarla, probabilmente perché non capiva ciò che diceva. Solo lei in una situazione del genere aveva la demenza di parlare ad un affare come quello.

- Amu! - esclamarono i gemelli.

Lei si girò un attimo verso di loro, il tempo esatto in cui quel coso la sbatté violentemente dentro la gelateria. Una parte del vetro, rotto, la prese di striscio, provocandole un taglio abbastanza profondo al braccio destro. Amu strinse la mano attorno alla ferita, mentre già avvertiva il calore del sangue sulla pelle diafana.

- Ehi! - che aveva Kukai da chiamarla? Lui se ne doveva stare buono buono e lasciarla massacrare come voleva.

Si alzò e si voltò verso il ragazzo.

- Che c'è? - domandò.

- Prova a colpire con un colpo solo la X. Almeno non ti farai altri danni.

- Hai visto quanto è alto? Se non lo faccio un po' a pezzi sarà dura riuscire a colpire la X.

- Sali su quest'edificio e con l'aiuto del tuo Shugo Chara saltagli sopra.

Amu assunse un'aria pensierosa. Non era proprio male come idea. Però avrebbe dovuto impiegare gran parte delle sue energie per un salto e poi non era neanche sicuro che sarebbe andato a segno.

- Va bene, ci provo. - fece la ragazza.

Uscì fuori di corsa. Nadeshiko e Nagihiko le stavano dando un aiuto molto più prezioso di quanto si sarebbe aspettata. Erano bravi a combattere. Soprattutto perché sfruttavano il gioco di squadra. Sembrava quasi che i loro movimenti fossero premeditati. Erano sempre sincronizzati e i loro colpi riuscivano - nella maggior parte delle volte - ad andare a segno.

- Ran, sei pronta?

«Certo che lo sono!»

- Bene allora! - spiccò un balzo e si ritrovò sul tetto della gelateria. Fissò quell'ammasso informe e calcolò quanta spinta le sarebbe servita per saltargli addosso e colpire la X. Strinse più forte la Kusarigama e si morse il labbro inferiore. - Come faccio ad arrivargli così vicino?

«Dai Amu, salta! Ti aiuto io!»

Amu annuì. Prese la rincorsa e saltò. Le sembrò di vedere tutto a rallentatore. Il suo salto era più in alto di quanto avesse sperato. Aveva saltato almeno a cinque metri di altezza. Strinse di nuovo la presa su un'accetta della Kusarigama e con un colpo solo colpì. Ma rispetto a quello che si era spettata, il colpo non andò a segno.

- Cazzo, no!!! - gridò prima di accorgersi di essere così in alto. Prima non ci aveva pensato. Saltare da così in alto e poi cadere era un fenomeno naturale. Che però portava anche delle conseguenze…

- Mi spaccherò il cranio di cado! - gridò.

Stava cadendo, il problema era quello, stava cadendo. Accadde tutto in pochi secondi. tanto che per un momento pensò di stare avendo delle allucinazioni - invece di stare vedendo la sua vita tutta davanti agli occhi - quel coso venne perforato da una luce accecante e bianca. Che gli inizialmente gli forò solo il petto, poi mano a mano la feriva si allargava e distruggeva quella creatura. Fino ad arrivare alla X. Si tramutò in uovo e Amu capì. Ci avrebbe provato.

Mise le mani a cerchio e le puntò verso il mostro, come l'altra volta e recitò le parole assieme al suo Shugo Chara.

- Tsumi o kakusu kuroi tamago... - una fitta improvvisa alla schiena le impedì di continuare, sputò sangue, rendendosi conto di essere arrivata a terra. L'impatto fu meno lieve di quanto avrebbe voluto. Eppure la spina dorsale sembrava essere ancora intatta, nonostante non riuscisse a muoversi.

- Amu! - dovevano essere le voci dei gemelli. Ma non si voltò a guardarli. Osservava l'uovo che improvvisamente veniva distrutto. I residui scendevano lentamente a terra, sparendo prima di raggiungere il suolo. Si voltò verso Kukai. Impossibile che sia stato lui, era ancora seduto a terra.

I due gemelli pure erano fuori questione.

Ma allora chi era stato? Guardò avanti, mentre una figura incappucciata avanzava verso di lei.

Non mi dirai che è stata la morte a salvarmi la vita? pensò ironicamente. Dopodiché chiuse gli occhi, addormentandosi.


Avrebbe giurato di trovarsi nella sua stanza, se non fosse stato per le coperte bianche e il fatto che il rosa era comunque scuro per essere quello della sua stanza - l'unica cosa positiva infatti era che era tenue.

- Ma che diavolo… - mormorò alzandosi e guardandosi intorno confusa.

- Buon giorno Amu! - esclamò qualcuno alla sua sinistra. Aveva una felpa celeste, con il cappuccio che gli copriva - grazie all'ombra che faceva - quasi tutta la faccia, all'infuori delle labbra e del naso. Indossava Jeans larghi e anche dei guanti alle mani, bianchi.

Sgranò gli occhi quando capì di chi si trattava. La fissò confusa.

- Che ci fai qui? - domandò.

- Ciao, anche io sono contenta di vederti! Come sto? Oh, non male, grazie.

- Non sto scherzando. - disse seria Amu.

- Ti ho visto nei guai e ti ho aiutata. - rispose semplicemente. - C'è poco da spiegare.

- Credevo che non potevi esporti al sole. - le disse.

- Infatti! Non vedi come sono coperta? - le chiese sorridendo, mostrando le mani e muovendo un poco i diti.

- Si, comunque… sei stata tu prima, non è vero?

La ragazza annuì.

- Che hai usato? L'ultima volta non possedevi alcun tipo di arma. - domandò Amu.

- Ora te lo mostro. - rispose. Tirò fuori una penna e la spezzò a metà. Il liquido violaceo che ne uscì fuori cadde a terra e fece apparire - mano a mano che colava - un'arma molto simile al Bazooka. Almeno di aspetto.

- Sembra proprio un Bazooka. - fu il suo commento.

- Si, dall'aspetto è identico ad un Bazooka… - iniziò a dire l'altra. - e anche per la funzione in teoria, visto che è un'arma lanciarazzi. Solo che quello che lancia non sono affatto normali razzi o proiettili assistiti a razzo. Bensì sono un prodotto chimico capace di distruggere le creature create dalle uova X e di farle tramutare in uovo.

- Beh, non me lo sarei mai aspettato un prodotto così elaborato… - disse Amu. - ti devi essere esercitata molto per usarlo, Mara.

La ragazza annuì.

- In effetti mi ci è voluto un po'. Ma alla fine ce l'ho fatta! - esclamò trionfante.

- Sono contenta per te. I miei amici dove…?

- Sono qua fuori, vuoi che li chiamo?

Amu annuì.

- Ehi, ragazzi! Entrate pure, si è svegliata. - fece la ragazza.

Tre persone entrarono subito nella stanza. I gemelli e Kukai.

- Come va Amu, tutto bene? - domandò Nagihiko. - Ti abbiamo visto precipitare…

- Sto bene, non preoccuparti. - lo interruppe lei.

- Sicura? Non sembri molto in forma a giudicare dalle bende. - fece Kukai indicando la fasciatura che aveva sul corpo.

Ora che ci faceva caso sembrava una mummia. Aveva il busto completamente avvolto, più una parte del braccio. Quella dove si era tagliata. Qualche cerotto sulle dita, probabilmente estraendo i vetri a Kukai si era procurata qualche taglio lieve, che però si era esteso con il proseguire della battaglia.

- Guarda che tu non sei messo molto meglio di me. - rispose la ragazza, intravedendo da sotto la maglietta le bende che gli ricoprivano il busto. Più un cerotto rettangolare, posizionato sotto l'occhio destro.

Il ragazzo si mise un braccio dietro la testa e sorrise.

- Eh, eh, non hai torto!

Quelli che sembravano non essere stati massacrati erano i due gemelli. Nadeshiko aveva una parte del braccio sinistro fasciata e qualche cerotto alle dita. Nagihiko innumerevoli cerotti sparsi qua e là sulle braccia, più una fasciatura al ginocchio sinistro.

- Sei stata tu a sconfiggere quel mostro, vero? - domandò d'un tratto Nadeshiko, rivolta alla strana presenza in quella stanza.

- Si. - rispose.

- Possiamo sapere ora chi sei? - disse poi Kukai. - Prima ci hai portati qui dicendo semplicemente che eri un'amica di Amu. Nient'altro. Possiamo sapere almeno come ti chiami?

Lei annuì.

- Mi chiamo Mara. Mara Ivanov. - rispose.

- Non sei giapponese. - disse nadeshiko.

La ragazza scosse il capo.

- No, mio padre è russo.

- Il tuo nome non sembra essere russo. - disse Nagihiko.

- No, è ebraico. Mia madre era ebrea.

- Comunque… - disse d'un tratto Kukai. - non hai caldo? Siamo in luglio.

I gemelli fecero un'espressione strana, come per dire che anche loro non vedevano l'ora che qualcuno ponesse quella domanda.

- Beh… diciamo che ho un problema. - si limitò a dire Mara. Amu sapeva che stava guardando nella sua direzione. Chiedeva sempre il suo aiuto in queste situazione.

- Si tratta di una cosa che le è successa da piccola. - intervenne infatti la ragazza. - Ha la pelle quasi tutta coperta da strani segni neri. Sono bruciature che si è fatta con un fuoco un po' particolare.

Si limitò a dire questo. tanto prima o poi l'avrebbero vista. Era difficile da descrivere com'erano distribuiti quei strani segni, che sembravano fatti da un pittore per quanto erano belli. Ma allo stesso tempo terribili perché la costringevano a coprirsi il corpo, non potendo esporsi al sole. La sua carnagione sarebbe andata a fuoco, perché quei così attiravano i raggi solari come una calamita.

Improvvisamente nella sala calò un silenzio tombale e i tre guardiani puntarono i loro sguardi sui loro piedi, estremamente interessanti in quel momento.

- A proposito… - fece d'un tratto Amu. - Che fine hanno fatto Ami e Naizen? Erano anche loro con noi, giusto?

- Oh, sono spariti mentre stavate combattendo. - disse Kukai. - Prima sono venuti verso di me. Mi hanno chiesto come stavo e si sono seduti dietro la mia schiena. Poi però, quando un momento mi sono girato, non c'erano più.


-- Si, può bastare così. --

-- Allora, lei dice che è ora? --

-- Beh, forse… mmm… okay, hai il permesso di usarlo --

Il ragazzo sorrise trionfante.

-- Benissimo, grazie mille capo --

Chiuse il telefono e rivolse il suo sguardo interessato al cielo notturno. Yoru era sulla sua spalla, come al solito, a guardare le stelle insieme a lui.

- Per me stai esagerando, Ikuto. In più da quando non vuoi uccidere un nemico con le tue mani? - domandò il micino.

Il ragazzo chiuse gli occhi. Quella domanda lo aveva sorpreso non poco, ma non lo diede a vedere. In effetti era piuttosto strano il suo comportamento. Se ne rendeva conto anche lui. Ma non riusciva a comportarsi in modo diverso. Sentiva che doveva fare così. Per questo se voleva uccidere quella ragazza una volta per tutte aveva bisogno di lui.

- Semplicemente non vedevo l'ora di provarlo. Sicuramente in questo momento lo stanno scongelando. - rispose tranquillo, incrociando le mani dietro la nuca. - Ci sarà da divertirsi. Lo voglio vedere giocare con le budella di quella ragazzina.

Yoru però, non era molto convinto di questa risposta.





Meme: Okay, ero convinta che questo capitolo sarebbe venuto fuori un po' più corto… invece no u.u Beh, pazienza, tanto a voi non interessa vero? *si volta verso gli altri in cerca di conforto*


Tutti: *dormono*


Meme (tira fuori megafono): Ehi!!! SVEGLIAAAAAA!!!!!!!!!!!!


Ikuto: Ehi! Malata mentale, che diavolo combini? > o <


Amu: Concordo con il gatto senza pudore! Ti sembra questo il modo di svegliarci? =-=


Ikuto: Gatto senza pud…


Meme: Poche storie! ù.ú Stavate tutti dormendo mentre io scrivevo le vostre "eroiche" avventure.


Amu: Perché quelle virgolette? Mi hai quasi spezzato la schiena! >.<


Meme: Teoricamente si, ma praticamente no, visto che hai usato una controfigura. u.u


Kukai: E non la potevi usare anche per me? é.è


Meme: Scherzi?!? O.O Per i maschi fig… ehm,ehm… per i ragazzi che piacciono ai lettori non posso.


Ikuto: E perché mai? =.=


Meme: Per due motivi u.u *tenta di fare la seria*


Ikuto: -.-


Meme: 1. I ragazzi insanguinati (se il sangue è quello loro altrimenti non fa lo stesso effetto) ispirano tantissimo e sapete cosa intendo *-*


Ikuto: -.-'


Meme: 2. LullabyMylla mi avrebbe uccisa se non le avrei fatto Kukai insanguinato almeno una volta e al più presto u.u


Ikuto: -.-''


Tutti: No comment


Meme: Insomma! un po' di spirito! Amu, sei una ragazza anche tu, no? A te vedere Ikuto insanguinato non è piaciuto l'altra volta?


Amu: Molto… *sorriso inquietante*


Meme: Io intendevo in un altro senso -.-


Ikuto: Devo ricordarti ancora che nessuno è fuori come te? =.=


Meme: No grazie, hai già fatto abbastanza… *va a fare i cerchietti nell'angolino*


TNI (Tizio Non Identificato): Non ci sarebbe questo mortorio se mi avessi fatto comparire prima.


Tutti: O.O T-tu???


TNI: Esatto! ;)


*Meme si gira e - con strema depressione - prende un'accetta e gliela tira addosso, centrando in pieno la fronte*


Meme: *-*


Ikuto: Ehm… che ci fai di nuovo qui in piedi? Non eri depressa? O.o


Meme: Beh, sai, non credevo sarebbe uscito così tanto sangue *-*


Ikuto: -.-'''


Meme: Alla prossima! ^.^


Ikuto: Ma quale prossima! Libera subito i corpi delle persone che stai possedendo! Mi rifiuto di credere che seguono la tua ff di tua spontanea volontà. -.-


Meme: Ignoratelo ^-^ e passiamo direttamente all'Angolo delle Armi…


Corner of Weapon (COW)


‹Lavori in corso›


Meme: Che diavolo significa? O.O


Ikuto: Che l'angolo delle armi non è ancora pronto e poi quelle comparse in questo capitolo le conoscono tutti u.u Quelle dei due gemelli c'erano anche nell'anime ù.ù Mentre il Bazooka dubito che qualcuno non lo conosca.


Meme: Giusto… Allora passiamo all'angolo delle note ^°^


Angolo delle note


* Panetteria

** Altra storia che scriverò :P




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Capitolo 14
*** Fear me ***


- Sarebbe stato tutto decisamente più semplice. - aveva dichiarato d'un tratto.

- Trovi?

La ragazza annuì energicamente.

- Certo. E poi da quando in qua uno va in giro con armi del genere e nessuno se ne accorge? Ti è andata di culo.

- Ahh, capisco. Quindi se ti avessi lasciata morire, sarebbe stato tutto più semplice… - rispose, mettendosi la mano sotto il mento.

- Decisamente.

- Tu sei fuori, uno ti aiuta e l'unica cosa che sai dire è 'non volevo che mi salvassi la pelle'. Non è che hai visto Bleach?

- Perché? - domandò un tantino alterata.

- Lascia stare… - concluse quella. - Comunque, gli altri come stanno?

- Bene, a proposito… grazie per non averci portato all'ospedale. Le sarebbe venuto un colpo altrimenti.

- Non preoccuparti. Alla fine poi come siete messi?

- Mah, così e così. Kukai e io siamo messi male. Ma gli altri si stanno già riprendendo. Non erano feriti poi così tanto e neanche gravemente. - rispose, incrociando le braccia e guardando per un attimo fuori dalla finestra. L'altra la osservava silenziosamente, guardando ogni tanto le sue scarpe e tamburellando le dita sulla tavola.

- Beh… - fece alzandosi. - Meglio così, no?

- No. Potevano morire.

- Tu coerente mai, eh?

- Non parlo di me. - rispose, guardandola di nuovo. - Non appena rivedo Ami la uccido.

- Non si è più fatta vedere?

Amu scosse il capo.

- Probabilmente ha capito che voglio vederla sputare sangue al più presto.

Mara ridacchiò, sistemandosi meglio la felpa, che lasciava intravedere qualche 'cicatrice' nera.

- Già, è probabile, emani aria omicida da tutti i pori.

- Davvero? - domandò, con un tono come per dire 'lo so ed è giusto così'.

- Bene, bene… - fece l'altra, fissando poi un libro che si trovava all'angolo del tavolo. - Stai leggendo un altro manga?

Amu la guardò, annuendo.

- Si, si chiama Ga-rei. - rispose con un sorrisetto soddisfatto.

- Ti piace a quanto pare.

- Stai scherzando? Quel manga è fantastico!

- Okay, okay, non andiamo oltre su questo argomento o rischiamo di non uscirne più fuori.

- Che rottura… - fece la ragazza, voltandosi poi a guardare l'orologio. - Piuttosto… quando avevi detto di avere l'appuntamento?

- Alle sei, perché?

- Allora dovrai inventarti una bella scusa, perché hai tre quarti d'ora di ritardo.

Mara scattò in piedi.

- Cosa? Oh cavolo! - esclamò dirigendosi verso la porta e infilandosi in fretta e furia le scarpe. - Beh allora ciao!

- Ciao. - rispose Amu, infilando poi le mani in tasca. Adorava quei pantaloni. Erano larghi e verde militare. Ci stava comodissima. Per non parlare poi della maglia di tre taglie più grandi, anche se a maniche corte. Nera con un teschio bianco dai contorni verdi. Era estate, ma - cosa che non succedeva mai in Giappone, o almeno raramente - fuori stava piovendo e lei non poteva uscire. Non poteva, esatto. Era da notarlo quel termine, visto che lei sarebbe benissimo uscita anche con la grandine per quel che le riguardava. Il problema era che sua madre non le aveva permesso di uscire. Che rottura di scatole.

- Ma non mi dire, anche tu leggi i manga?

- Si, per… - eh no, questa volta non ci sarebbe cascata - come sempre. - Che diavolo vuoi?

- Fa piacere parlare con qualcuno che guarda fuori dalla finestra e ti ignora completamente.

Amu si voltò, trovandosi davanti Ikuto che la guardava con un'espressione più strafottente del solito.

- Che vuoi?

- Oh nulla, solo passare un po' il tempo.

- Ma non hai qualche amico a cui rompere i coglioni più di me? Anche se mi sorprenderebbe parecchio… - fece abbassando un poco le spalle e il capo.

Ikuto fece un mezzo sorriso e alzò un poco il capo, inclinandolo verso destra.

- Con loro non è così divertente… comunque non preoccuparti, non sarò io quello a romperti di più.

- Ah?

Il ragazzo sospirò, ma non come se fosse stanco o annoiato, come se ci provasse gusto a far arrivare l'aria nei polmoni in quel modo. Che tizio strano e pensare che ci stava facendo l'abitudine a vederlo le metteva i brividi.

- Lascia stare.

- Beh, in questo sono brava. - rispose, volgendo di nuovo lo sguardo alla finestra e osservando con uno strano interesse le goccioline di pioggia scendere lungo il vetro. Si voltò di scatto. - Anche tu leggi i manga?!?

Domando - a scoppio ritardato - sgranando gli occhi. Il ragazzo prima la guardò con tutte e due le sopracciglia alzate, come per dire 'ma ci sei o ci fai?'. Poi scoppiò a ridere di gusto.

- Certo che sei proprio strana. - buffo che lei lo avesse pensato di lui nemmeno due secondi fa. - Comunque si, leggo anche io i manga.

Amu rimase in silenzio, a fissarlo. Non che ne fosse poi così tanto sorpresa. In Giappone non era la sola a leggere i manga. Dopotutto con Kukai ne aveva parlato tante volte. Ma in un qualche modo - che neanche lei si sarebbe potuta spiegata - sapere di avere qualcosa in comune con quel ragazzo non le dava affatto fastidio. Non che la faceva saltare di gioia, certo.

- Che genere leggi? - le domandò.

- Mah, basta che sia Seinen e Shonen e va tutto bene. - rispose, rimanendo sul vago. Aveva la strana sensazione che se avesse iniziato a dirgli i titoli, l'avrebbe guardata strabuzzando gli occhi e chiedendo 'tu sei una ragazza, giusto?'

- Beh, allora io e te non abbiamo gusti tanto diversi. - disse con un mezzo sorriso. - Con mia sorella non posso parlare di manga, legge solo Shojo quella lì…

Amu stava per rispondere quanto odiasse anche lei quel genere. D'un tratto però qualcosa nella sua mente scattò. Ricordandole di non stare parlando con un suo amico. Ma con un… beh, nemico era una parolona.

- Già. - disse semplicemente, per poi voltarsi di nuovo verso il vetro e guardare fuori. Cosa diavolo stava facendo? Stava parlando tranquillamente con quello lì? - Ma tu perché…

Non finì la frase, non appena si accorse che una volta voltata lui non c'era più. Ma che modi. Si era praticamente volatilizzato senza dire nulla. A proposito, come diavolo era entrato? Oh beh, pazienza.

Si voltò verso la finestra e la aprì, giusto per curiosità di vedere se si trovasse ancora lì vicino. Si sporse e guardò in alto, la pioggia le bagnava il viso e anche per colpa sua non riuscì a scorgere una figura che le arrivò contro a tutta velocità. Sbattendola con un colpo solo fuori di casa.


Passò tutte le copertine dei libri con lo sguardo. Eppure c'era, ne era sicura.

- Ma dov'è finito? - si guardò intorno cercando di trovarlo. Quel giorno era toccato a lei riordinare la libreria della scuola. Li doveva rimettere in ordine alfabetico e di genere. Per quest prima aveva sistemato i libri a gruppi sui banchi, poi con calma avrebbe rimesso tutto a posto. Ora, lei era da sola in classe. Stava per prendere il secondo libro con la lettera K, quando vide che il libro non c'era più. - Trovo impossibile che si sia volatilizzato.

- Cerchi questo? - domandò una voce allegra, che proveniva dal lato destro della stanza. Rima si voltò, trovandosi a fissare un ragazzo, alto poco più di lei. Due centimetri più di Amu, più o meno. Non doveva essere giapponese, considerando dalla strana forma degli occhi.

- Ehm, si… - rispose lei, leggermente stupita, fissando gli occhi azzurri del ragazzo.

- Scusami, solo che il titolo mi ha attirato. - disse sorridendo.

Rima gli si avvicinò e lesse.

- Il coraggio di Kevin? - chiese stupita. *

Il ragazzo sorrise, grattandosi un poco la testa e smuovendo un poco i capelli castani lunghi fino alle spalle.

- Beh, sai, io mi chiamo Kevin.

Per un po' Rima rimase ancora a fissarlo perplessa, poi sorrise anche lei.

- Ah, ho capito. - rispose. - Piacere di conoscerti.

Disse, facendo un piccolo inchino.

- Ehi, cosa sono tutte queste formalità? - domandò l'altro.

- Beh, è normale, no? - domandò la ragazza, inclinando leggermente la testa verso sinistra e fissandolo.

- Oh, scusami, non sono di qui. - lo aveva capito, anche per lo strano accento. Però le era sembrato da maleducati chiedere di dov'era.

Rima sorrise.

- Si, lo avevo pensato. Comunque io sono Masashiro Rima. - disse.

- Ah, piacere Rima! - esclamò, con il sorriso abbonato al volto.

Per un attimo lei si stupì. L'aveva chiamata subito per nome, senza nessun suffisso. Una cosa di questo genere qualcun altro l'avrebbe potuta interpretare come una forma di maleducazione. Ma a lei non importava. Era anche normale che lui non sapesse ancora tutto della loro lingua.

Sorrise.

- Kevin, giusto? - l'altro annuì. - Posso chiederti di dove sei?

Domandò timidamente.

- Certo. Sono Inglese. - rispose. Per poi porgerle il libro. - Tieni, scusa se mi sono intromesso. Stavi mettendo a posto la credenza?

La ragazza lanciò un'occhiata alla libreria alle sue spalle, sbuffando leggermente.

- Giusto. - fece, voltandosi di nuovo verso il ragazzo e prendendo il libro dalle sue mani. - Torno al mio lavoro.

- Senti, ti posso aiutare se vuoi. - disse improvvisamente Kevin.

- Davvero?

Lui annuì convinto. Rima sorrise.

- Allora grazie infinite. - disse, avvicinandosi a un banco e iniziando a mettere in ordine alfabetico i libri.

Kevin non sapeva ancora leggere bene il giapponese. Il titolo infatti non lo aveva letto tutto, aveva semplicemente visto il suo nome scritto in Katakana. E quello lo sapeva scrivere nei caratteri di quella lingua.

Per questo, aiutare Rima significava mettere i libri sul ripiano. Nonostante molte volte si confondeva e li mettesse da sinistra verso destra, mentre era l'opposto.

- Lassù come ci arriviamo? - domandò Rima. Già al penultimo ripiano ci erano arrivati per miracolo. L'ultimo nessuno dei due riusciva a toccarlo.

Kevin la fissò pensieroso.

- Trovato! Vieni! - le disse.

- Ah?

- Io ti tiro su e tu metti i libri. - e propose.

Le guance di Rima si colorarono di un bellissimo colorito bordeaux. Mentre Kevin sorrise ancora di più.

- V-va bene. - balbettò la ragazza, lasciandosi sollevare - con in mano i libri - e tentando di metterli sul ripiano. - Ci sono quasi… coraggio…

- Ci sei quasi Rima, un ultimo sforzo.

Senza volerlo un libro le scivolò di mano, cadendo proprio sul naso di Kevin, il quale nel tentativo di portarsi una mano al naso dolorante, fece perdere l'equilibrio a Rima. Caddero a terra tutti e due.

- Kevin, tutto bene? - domandò preoccupata.

- Si, non preoccupati.

- Fammi vedere. - disse avvicinandosi e togliendogli le mani dal naso. - No che non stai bene, sanguini!

Si alzò velocemente.

- Aspettami qui che vado a prendere qualcosa per medicarti…

- Non ce n'è bisogno. - disse tentando di fermarla.

- Si che c'è! - rispose lei, risoluta. Si sentiva in colpa. - Torno subito!

Disse e corsa via, verso l'infermeria. Era vuota. beh, anche normale. Lei stava a scuola per aiutare con i corsi di recupero, ovvio che nessun altro sarebbe stato lì. Anche se la scuola sarebbe ricominciata di lì a poco.

Si mise a cercare l'occorrente, quando avvertì un movimento nella tasca della gonna. Ovviamente non avrebbe avuto altro posto dove metterlo. Ma che si sarebbe mosso non se lo sarebbe mai aspettato. Lo tirò fuori con cautela, quasi avesse paura che succedesse qualcosa di brutto all'improvviso.

L'uovo colorato si mosse ancora.

- Oh?

E tutto d'un tratto l'uovo si alzò in aria e si schiuse, facendo uscire un esserino assai bizzarro.


Certo, essere sbattute contro un albero, per di più con la pioggia, non era di certo uno dei suoi sogni nel cassetto.

Si alzò a fatica, guardando davanti a lei. Ad accoglierla - ovvero chi l'aveva sbattuta fuori come se niente fosse - c'era un ghigno. O meglio, un ragazzo abbastanza strano, con un ghigno stampato in faccia. Doveva essere alto almeno un metro e novanta. Quaranta centimetri buoni più di lei. I capelli erano celesti, con striature blu e completamente spettinati. Sembrava che ci avesse messo il gel. Gli occhi erano chiarissimi, di un celeste puro e glaciale. Sfioravano il bianco della neve, ma senza la stessa morbidezza. La guardavano sfidandola. Per di più era a petto nudo e aveva un fisico niente male. La pelle anch'essa che sfiorava l'azzurro. Portava dei pantaloni larghi e blu, abbastanza lacerai, sia ai bordi che qua e là nel tessuto. Tenuti in vita da una cinta di pelle nera. Le scarpe erano abbastanza pesanti, dovevano essere anfibi.

Mosse qualche passo. In quel momento Amu si accorse di un altro particolare davvero interessante e strano. All'altezza del petto, a sinistra, c'era una specie di quadrato meccanico, con vari cavetti attaccati e pulsanti. Più un rettangolino bianco dove erano incisi tre numeri: 037. In argento. Probabilmente quella cosa serviva come ad attivarlo. Una cosa simile era sulla fronte. Solo che era una semplice palla di metallo - ignorava la sua funzione. Sopra c'erano incise due lettere dell'alfabeto inglese. Sue iniziali probabilmente.

- JK? - domandò perplessa la ragazza, inarcando un sopracciglio.

- Ma bene… - disse quel ragazzo. - Vedo che hai già imparato il mio nome.

- Ah? Il tuo nome è formato da due lettere? - domandò sempre più stupita.

- Come tutti noi. - rispose quello, serio, sembrava essersi offeso.

- A-ah. Ed è abitudine di 'tutti voi' attaccare le persone che neanche conoscete? - domandò incrociando le braccia.

- Beh, se ce lo ordinano…

Amu si fece seria.

- Chi diavolo sei?

- Pensavo fosse abbastanza chiaro. - disse il 'ragazzo'. - Sono un cyborg. L'esperimento di potenzialità 037 e il numero 6. Jk, sono due lettere vicine dell'alfabeto inglese. Per questo sono stato chiamato così.

Amu aggrottò le sopracciglia. Okay, aveva capito. Ora le restava solo una domanda da fargli.

- E… che cazzo vuoi da me? - iniziava già a dargli sui nervi.

- Anche questo è ovvio… - disse chiudendo un attimo gli occhi, abbassando leggermente il capo. Poi tornò a guardarla, assottigliando gli occhi. - Voglio ucciderti.

- Ah, capito. - rispose tranquilla. Solo in quel momento si accorse che i suoi Shugo Chara erano rimasti in silenzio e nascosti dietro di lei, fino adesso. - Ehi! Ran!

La piccola uscì allo scoperto lentamente. Che si fossero spaventate?

- Si Amu…?

- Facciamolo!

Ran annuì incerta.

- Atashi no kokoro, un… Ah! - gridò d'un tratto, rendendosi conto di essere stata scaraventata contro casa sua.

- Dove credi di essere? - le domandò il ragazzo. - In un manga? Credevi davvero che ti avrei lasciato trasformare? No, no ragazzina… - fece comparire in mano, dal nulla, due H&K SR9. - Qui si fa sul serio. La tua trasformazione del cazzo te la dovrai guadagnare.

Amu digrignò i denti. Quello lì le era risultato subito antipatico. Ma adesso aveva superato ogni limite. Non voleva giocare ad armi pare, eh? Forse lo avrebbero ucciso se non l'avesse fatta fuori, si sarebbe svelato il mistero del perché avesse tanta fretta.

- Mpf… riuscirò lo stesso a trasformarmi, anche senza avere tutta la pace che avevo prima. - gli disse. Era un tono di sfida. Avrebbe vinto lei, questo era poco ma sicuro. Non poteva certo farsi ammazzare. Da uno che poi aveva dei circuiti al posto del cervello.

- Ahahahahah!!! - rise il ragazzo. - Come no! Ti avverto che non sarà facile per te riuscirci!

- Sei proprio una macchina… - sbuffò lei. - invece di spararle grosse. Per di più utilizzando frasi fatte. Vedi di darti una mossa a uccidermi.

Jk sorrise sadico. Bene, gliel'avrebbe fatta vedere lui a quella mocciosetta che si vantava tanto. Probabilmente era sicura delle sue capacità. Ma che non s'illudesse troppo. Non avevano neanche iniziato.


- Che ci fai lì per terra? - domandò Kevin con gli occhi sgranati per lo stupore. Fissando Rima. La ragazza se ne stava accartocciata sotto un lettino e fissava un punto preciso. - Che è successo?

Le domandò avvicinandolesi. La mano era ancora sul naso.

- Che diavolo è quello? Un fantasma? - domandò tremante.

Kevin si voltò nella stessa direzione dove stava guardando lei.

- Ah? Ti è nato uno Shugo Chara? - domandò stupito avvicinandosi a quel cosetto. - Non devi avere paura, è il tuo spirito guardiano.

- C-che cos'è? - domandò, non uscendo da lì.

Da dietro Kevin all'improvviso sbucò fuori un piccoletto simile all'altro.

- Noi siamo gli Shugo Chara! - esclamò fiero. - Il mio nome è Kisune e Kevin è il mio portatore.

- Shugo Chara? Portatori? Mi state prendendo in giro? - domandò. Ora più arrabbiata che impaurita.

Il ragazzo sospirò. Con lo sguardo notò una scatola di cerotti, posta in un angolo del tavolino accanto al lettino. La aprì e ne prese uno. Si tamponò un po' la ferita, disinfettandola anche. Con le cose che trovò lì. Poi, una volta messo il cerotto sul naso si voltò verso Rima. La quale era uscita da sotto il lettino.

- Ascolta… - iniziò così a spiegarle tutto. Ovvero tutto quello che Kisune gli aveva spiegato quando si era schiuso il suo uovo. Rima lo fissava con stupore, mentre il suo Shugo Chara piano piano le si avvicinava. Kevin le si era seduto vicino e le aveva spiegato tutto con calma e con tutti i suoi sorrisi. - Capito ora perché non devi avere paura di loro?

Rima annuì, fissando l'esserino che la guardava sorridente. Era proprio carina.

- Come ti chiami? - le domandò, accogliendola tra le proprie mani.

Lo Shugo Chara sorrise contento.

- Kusukusu. - rispose sorridente. - E nasco dal tuo desiderio di far sorridere la persona a te più cara.

Rima sgranò gli occhi per un attimo. Poi sorrise. Chissà se quell'esserino sarebbe stata davvero capace di avverare questo suo desiderio. Lei almeno non ci era mai riuscita con le sue sole forze.

- Beh, allora mettiamocela tutta insieme d'ora in poi. - disse sorridendo.


- Ma mi prendi per il culo?!? - esclamò Amu, aveva il fiatone a furia di schivare tutti i colpi fasulli che le mandava. Jk rise di gusto. - Ti faccio tanto ridere bastardo?!?

- Non sai quanto! - rispose. - All'interno di questi fucili ci sono venti proiettili. Dieci sono a salve. Dieci invece sono autentici e se ti colpiscono non ci vanno leggeri. Sta a te capire quando schivare e quando no.

Disse, finendo la frase con un ghigno terrificante.

- Ran! - gridò la ragazza. Non ce la faceva più. Se non si trasformava al più presto, andava a finire che la uccideva per davvero. Il solo Chara Change non bastava mica. Non con un tipo del genere. Corse dietro casa sua.

- Che fai, scappi? - le gridò dietro Jk. Inseguendola subito, con quel dannato sorriso di soddisfazione stampato in faccia.

La ragazza conosceva casa propria dopotutto. Sapeva che dietro c'erano travi di legno che utilizzava suo fratello per fare le sue amate mensole per i CD. Erano pesanti, ma le avrebbe dovute sfruttare poco. Ne sollevò una e, non appena Jk le arrivò di nuovo di fronte, gliela lanciò con tutta la forza che aveva. Non lo colpì affatto, ma bastò a distrarlo. Giusto il tempo per trasformarsi.

- Atashi no kokoro, unlock! - gridò e in un attimo si ritrovò nei soliti panni neri e rosa. Richiamò il Kusarigama e lo strinse talmente forte da farsi venire le nocche bianche.

Il ragazzo per un attimo la guardò stupito, poi scoppiò a ridere.

- Cazzo ridi?

- Non siamo a carnevale, quel costumino non è affatto minaccioso e poi… credi davvero di avere speranza con quell'arma contro i miei H&K SR9?

- Beh, credo che farò un tentativo. - rispose sorridendo.

No, non lo credeva affatto. Ma in qualche modo gli avrebbe tenuto testa. Non appena il ragazzo scattò in avanti per colpirla con una delle sue armi, lei scartò di lato e lo colpì al fianco. Facendolo solo sorridere però.

- Sei proprio una ragazzina! - commentò ghignando, sparandole un colpo che non fece in tempo ad evitare. - Uh, ti è andata di culo. Anche questo era a salve.

Amu aveva il respiro corto. La paura di morire l'aveva toccata talmente da vicino da poter sentire il suo fiato sul collo. Tanto freddo da mettere i brividi.

Si alzò in piedi, fissando seria il ragazzo. Ma quell'espressione era solo il tentativo di nascondere la paura.

Quel tipo le stava mettendo davvero paura. Sentiva il sangue gelarlesi nelle vene. Le gambe e le braccia tremavano. Allora lei stringeva più forte le sue armi, ma non serviva a molto. La paura era sempre lì. Dietro di lei.

Non svaniva. Non riusciva a scacciarla. Fissare quegli occhi di ghiaccio erala paura stessa.


(Tutti seduti in cerchio a giocare)


*Kukai pesca*


Kukai: Lettera… B! Vai Amu.


Amu: Babbeo


Ami: Boccioli ^.^


Kukai: Basket


Meme: Baka!


Tutti: -.-''


Meme: Che c'è? O.o


Ikuto: Che solo tu potevi pensare a quella parola che iniziava con la B -.-'' Piuttosto… che gioco state facendo? =.o


Meme: A turno ognuno estrae una lettera e gli altri, lui compreso, dicono una parola che inizia con quella lettera. Non lo avevi capito? -.-


Ikuto: Che stronzata! =.=


Meme: E non rompere! >.< Piuttosto, vieni anche tu a giocare! *cerca di tirarlo*


Ikuto: Figurati.


Kevin: Mi unisco anch'io!


Meme: Bene ^.^ Pesca allora!


Kevin: Vediamo un po'… la Z é.è *va a deprimersi nell'angolino*


Meme: Ehm? O.o Kevin? Che diavolo combini?


Rima: Si è andato a deprimere perché non è uscita la K ù.ù


Tutti: Prego??? O.O


Meme: In effetti è probabile. Non avete fatto caso com'è attaccato al suo nome? u.u


Ikuto: Solo tu potevi creare un personaggio così complessato =.=


Meme: Zitto e vieni a giocare!


Ikuto: No u.u


Kukai: Meme! Tocca a te pescare!


*Meme pesca*


Meme: Dunque… C


Amu: Coglione


Kukai: Certo che anche tu con i termini non ci vai leggera =.=


Amu: Cosa rompi? o.-


Kukai: *sospira* Calcio


Ami: Camomilla ^.^


Meme: Cadavere


Ikuto: -.-''


Meme: Ehi! Non fare quella faccia! >.< Andiamo, vieni a giocare anche tu!!!! *o*


Ikuto: Col cazzo -.-


*lampadina sopra di meme*


Meme: Questa è una parola con la C! O.O Sei ufficialmente dentro il gioco u.u


Tutti: -.-''


Ikuto: Pregoo??? O.O


Meme: Bene, riprendiamo… *lo ignora completamente* Ami, tocca a te ^ ^


Ami: Bene! ^.^ *pesca* Lettera… U!


Kukai: Urra! :D


Amu:Ustione u.u


Ami: Ehm… uno.


Ikuto: *sbuffando* Udire? O.o


Meme:


Ami: Ehm… Meme?


Meme:


Amu: hai qualcosa contro la lettera U? O.o


Meme: … (Ulquiorra *-*)


Corner of Weapon (COW)


Meme: Ho giusto notato adesso che la sigla dell'angolo delle armi significa mucca in inglese ^.^


Ikuto: e tu faresti il linguistico? -.-''


Meme: Baka! una distrazione no?? >.<


Meme: Comunque ù.ù L'arma oggi presente era: H&K SR9. Si tratta di un fucile da caccia o da tiro sportivo.

Ecco il link: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/7f/HK_SR9T_Rifle.jpg



Angolo delle note °^°


* Ovviamente inizia con la K, perché in giapponese il soggetto è sempre il primo, infatti il titolo sarebbe: Kebin no yuki (kebin, perché in giapponese la 'v' non esiste e viene sostituita dalla b ^ ^)

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Capitolo 15
*** Scontro all'ultimo colpo ***


Paura. Se forse sarebbe riuscita a non pensarci, quelle maledette gambe si sarebbero potute muovere senza quel fastidioso tremolio. Eppure non ci riusciva. Questa volta aveva davvero paura di morire. Quel tizio davanti a lei invece lo prendeva come un gioco. 'Ops, anche questo era a salve' sempre la stessa maledetta frase. Lo odiava, lo voleva uccidere. Però… aveva paura.

Si limitava a schivare i colpi che le mandava o i proiettili che non capitavano spesso.

Uno, due, tre, quattro, cinque… Proiettile. Ora aveva capito, che fosse questo il meccanismo? Dopo un tot di colpi a salve c'era subito un proiettile. Ma non te ne accorgevi se non lo contavi. Allora, forse poteva ancora avere una chance di batterlo. Si mosse piano in avanti. Stando attenta a non fargli capire la sua intuizione, ovvero lui non doveva accorgersi che lei aveva capito il meccanismo.

Uno, due, tre, quattro, cinque… Proiettile. Si stava avvicinando. Lanciò il kusarigama. Colto alla sprovvista non fece in tempo a schivarlo del tutto e gli graffiò la guancia.

Amu sgranò gli occhi. Non stava uscendo sangue. Quello che s'intravedeva sotto la pelle erano migliaia di circuiti. Lui si accorse del modo in cui lo osservava.

- Sei diventata più bianca di me, è successo qualcosa? - domandò con scherno.

Amu deglutì, tornando seria e concentrata. Scosse il capo e fece un mezzo sorriso.

- No, ho solo capito che mi fai proprio schifo. - impugnò saldamente le due falcette del kusarigama. Pronta a sferrare un altro colpo. Corse verso di lui, veloce. Ormai aveva capito, in cinque colpi che lui mandava, lei poteva raggiungerlo e colpirlo. Doveva però stare attenta al sesto colpo. O comunque se faceva in tempo a sparargliene altri.

Nonostante questo, scattò in avanti verso il suo obbiettivo. JK sorrise sadico.

Amu non mosse neanche tre passi che si ritrovò a terra, con la faccia premuta contro l'asfalto. Una pallottola conficcata nel braccio destro. Sicuramente ci aveva fatto a posta a colpirla lì. Non poteva credere che aveva sbagliato mira. Era un cyborg, un computer, non ci riusciva neanche se voleva. Con il braccio sinistro si fece forza e tentò di alzarsi da terra, almeno per guardarlo in faccia. Non appena alzò il volto, sporco e sofferente, si ritrovò davanti la canna del H&K SR9.

Sorrise tristemente, riabbassando il volto. Non sentiva più il braccio destro, se non un immenso dolore. Il sangue alla bocca. La ferita al busto, fasciata, si doveva essere riaperta con tutti i movimenti bruschi che aveva fatto. Sentì qualcosa di caldo scivolarle giù per la guancia. Ecco, si era anche ferita alla testa. Vide gocciolare il sangue a terra. Il suo sangue. Per un attimo le prese male e dovette chiudere gli occhi se non voleva continuare a vedere tutto doppio.

Quando li riaprì li puntò su JK. L'aveva sconfitta. Aveva sbagliato il calcolo. Si era basata su un solo fucile. Non aveva tenuto conto del fatto che c'era l'altro e che probabilmente fosse caricato in modo diverso. Che stupida…

- Guarda che non è come pensi. - le disse il cyborg.

Amu lo guardò confusa. Che cosa voleva dire? Le aveva forse letto nel pensiero?

- Avevo capito che stavi osservando gli intervalli di sparo del mio H&K SR9. Ma stavi sbagliando calcolo. Non ti ho sparato con l'altro fucile. Era sempre quello. Solo che li ho scambiati in modo veloce.

Amu ci capiva sempre meno. JK sospirò. Com'erano noiose e lente le menti umane.

- In questo H&K SR9 sono caricati ad intervalli di due proiettili a salve, sue colpi. - disse indicando il destro. - In questo ad intervalli di tre. Mentre ti sparavo contavo i colpi e ogni due o ogni tre cambiavo, in modo da farti credere che in una sola pistola ci fosse caricato un colpo ogni cinque a salve. Il movimento era talmente veloce che nessuno avrebbe potuto vederlo, a meno che non avesse avuto gli occhi come un cyborg. Ovvero, senza il battito di ciglia.

La ragazza sgranò gli occhi. Cosa? Voleva dire che si era mosso alla velocità di un battito di ciglia? Ma cosa diavolo era? Non poteva essere un semplice cyborg, si rifiutava di crederlo. Vedendo il suo volto il ragazzo sorrise.

- Per concludere, quello che hai contato era quello che io volevo tu contassi. Alla fine poi ti ho sparato con l'altro fucile, che però a te è sembrato sempre lo stesso. Che ne dici…? - domandò poi. Poggiandole poi il piede sulla schiena e dandole un colpo, facendole tossire sangue. - Sono stato bravo?

Con una mano, anche se a fatica, riuscì a pulire il sangue che le scivolava giù per il mento. Mentre fissava quei stramaledetti occhi che la guardavano glaciali. Il fucile ancora puntato di fronte a lei, pronto a trapassarle il cranio con un proiettile. Non avrebbe chinato il capo. Se doveva morire sarebbe morta così. Sparò il colpo.


L'aeroporto di Tokyo era davvero grande. Immenso. Più lo guardava più se ne convinceva. Certo, non che nelle città dalle sue parti fosse da meno, però rimase veramente stupita, quando il suo aereo atterrò il quello spazio enorme.

Si guardò intorno, scorgendo finalmente una figura familiare. Sua zia Wang era proprio lì davanti, ad accoglierla con il suo solito sorriso forzato. Giungere lì all'improvviso, senza nessuna spiegazione era una cosa che le succedeva spesso. Sua zia la chiamava e lei arrivava subito.

- Ciao Naoki. - salutò la donna, scrutando la nipote.

- Ciao zia. - rispose lei, accennando appena un sorriso. Naoki Wang era una ragazzina di appena dodici anni, di origine cinese da parte di padre e giapponese da parte di madre. Nonostante la sua giovane età ne aveva passate di tutti i colori. I suoi genitori erano scomparsi appena tre anni fa. Non erano mai stati ritrovati i corpi. Questo fatto molti bambini lo prendevano come una 'speranza'. Pensando che i loro genitori fossero ancora vivi e che presto li avrebbero rivisti. Naoki no. Aveva accettato questo fatto. Aveva pianto come tutti i bambini, in silenzio, capendo che d'ora in avanti non ci sarebbero più stati conforti o incoraggiamenti per lei. Sua zia aveva avuto 'cura di lei' a distanza. Dal Giappone. Tramite un computer Naoki viveva la sua famiglia. Non aveva amici. Era talmente indifferente a tutto che passava tra le persone come un fantasma. Un fantasma sempre vestito di abiti lunghi e neri. Stile Aristocrat Lolita. Abiti di seta nera. Con gonne lunghe a più strati. Veline e pizzi, sempre dello stesso colore. Era molto elegante e matura come moda per essere portata da una dodicenne. Ma lei non se ne curava. Si sentiva a suo agio solo in quel modo. Anche la benda che portava sull'occhio sinistro era nera con intorno del pizzo. Aveva perso quell'occhio appena un anno fa. Sua zia le aveva inviato quella benda e pagato l'intervento, dopodiché quel suo 'difetto' era passato in osservato a lei stessa che lo aveva.

- Vogliamo andare? - disse la donna.

La ragazzina annuì, fissando la parente che si voltava a camminare con l'occhio pece. Seguì la donna.

Mentre camminava i capelli verdi leggermente mossi le ricadevano morbidi sulle spalle, creando un fruscio sul tessuto che avvertiva sulla schiena.

Una Toyota grigia le aspettava. L'autista era sempre lui. Quando lo vide fece un breve inchino e un sorrisetto, distendendo appena le labbra rosee e sottili.

Entrò nel veicolo e si mise comoda, sollevando un poco la gonna, per non farla sgualcire mentre si sedeva. Posò poi le mani diafane sul grembo e attese paziente che anche sua zia entrasse.

- Parti pure. - disse la donna all'autista, il quale obbedì all'istante, partendo subito verso la loro destinazione.

- Hai cambiato casa, zia? - domandò Naoki non riconoscendo la strada.

- Si, infatti. Ricordavi bene la strada a quanto vedo.

La ragazzina annuì, continuando a guardare fuori dal finestrino. Le case scorrevano come nella pellicola di un film.

Quando arrivarono davanti la nuova casa di sua zia Naoki sgranò un poco l'occhio. Era davvero grande. Una villa dalle mura gialle.

Entrarono e a Naoki sembrò quasi di essere appena entrata in una catacomba. Era terribilmente freddo e scuro. Proprio da sua zia.

- La stanza è di là. - le disse la donna. - Ma ora è meglio che ti accompagni nella tua camera.

La condusse così lungo uno stretto corridoio, con in fondo delle scale nere che conducevano in un'unica stanza. La porta di un bianco folgorante, che stonava con il resto della casa. Era in un posto angusto e percorrere quel tratto le dava un senso di claustrofobia.

Sua zia tirò fuori le chiavi e aprì la porta, rivelando una stanza immersa nel nero, con qualche accenno bianco. Il letto, grande e al centro, aveva le coperte e i cuscini neri, con il pizzo bianco. I comodini bianchi e i tappeti come il letto. Le pareti erano di un nero pece. Proprio come il suo occhio.

- Alle otto in punto si cenerà. - le disse la donna. - Ma, immagino non ci sia bisogno di dirti di essere puntuale.

Lei annuì e la zia chiuse la porta, uscendo dalla stanza. Lentamente si avvicinò al letto e vi si sedette. Passò le mani sulle coperte e sopra i cuscini. Notando quanto fosse simile il colore della sua pelle a quello del pizzo candido. Lanciò uno sguardo al soffitto color panna, per poi spostarlo sull'armadio davanti a lei. Si alzò e, curiosa di vedere i vestiti al suo interno, lo aprì. Gli abiti erano proprio nel suo stile e del suo colore. Solo uno, era diverso dagli altri. Lo prese e lo guardò attentamente. Sembrava una divisa. Una divisa scolastica. La gonna era nera e bianca, a scacchi. Una camicia bianca e sopra una giacca nera. In ultimo una cravatta, nera. La guardò per un po', poi la rimise a posto. Il messaggio era chiaro. Doveva andare a scuola.

Ma ad essere sinceri non ne aveva molta voglia. Nonostante questo sapeva che andava fatto e che anche se era contro la sua volontà non poteva sottrarsi.

Guardò la sveglia nera sopra il comodino. Due minuti alle otto. Era ora di scendere. Giunse al piano di sotto ed entrò nella sala da pranzo. La porta era sempre la stessa dopotutto. la riconosceva sempre. Era quella a due ante. L'unica dopo la camera - che però si trovava sempre al piano di sopra.

- Come immaginavo, non c'era bisogno di dirti di essere puntuale. - commentò la donna, non appena entrò sua nipote.

Naoki si sedette di fronte alla zia. Entrambe vennero servite da Mina, la domestica e mangiarono in silenzio. I pasti erano sempre silenziosi nella famiglia Wang. Anche con i suoi genitori. Questo se lo ricordava bene. Quando si mangiava neanche una farfalla aveva il permesso di volare. Però, dopo cena la famiglia era allegra. Lei si divertiva con i suoi. Giocavano con lei, sorridevano. Sorridevano sempre. Sempre…

- Si stanno muovendo. - disse d'un tratto la donna, portandosi alla bocca un boccone di carne.

- Tutte? - domandò sgranando gli occhi.

- Mi pare ovvio. Questa volta non siamo stati noi a venire 'attaccati'.

- Allora perché ci stiamo intromettendo?

- Non possiamo lasciarli scontrare. Di questo passo Tokyo non rischia solo di perdere gli abitanti, ma di venire distrutta completamente.

- Cioè… è grave fino a questo punto? - domandò sgranando gli occhi.

La donna annuì. Non appena finì di cenare si pulì al lato delle labbra con cura, dopodiché si alzò. Cosa che fece anche Naoki.

- Hai già visto la divisa? - domandò poi.

- Si.

- Bene, allora avrai già capito quello che devi fare.

- Si.

- Allora buonanotte Naoki.

- Buonanotte zia. - disse, salendo poi le scale e tornando in camera.

Trovò la borsa poggiata accanto al letto. Si era quasi dimenticata dei bagagli che aveva fatto. O per meglio dire, delle cose indispensabili che aveva portato.

Tirò fuori un libro e la camicia da notte bianca. Si mise a letto ed iniziò a leggere.


Aprì lentamente gli occhi, guardandosi intorno confusa. Lo conosceva quel posto, ne era sicura. Ma il mal di testa le impediva di ricordare quando ci fosse stata. Soprattutto non ricordava come ci era arrivata.

- Ehilà! Buongiorno! - esclamò una voce familiare.

Amu strizzò gli occhi, quella voce le aveva perforato le orecchie. Si alzò lentamente, mettendosi seduta e guardandosi di nuovo intorno, per individuare il proprietario.

- Dove…?

- Ma come? Già ti sei dimenticata di questa stanza? - domandò ancora, avvicinandolesi e mettendole una mano sulla fronte. - Mmh… la febbre è sparita.

Lei alzò lo sguardo, incontrando due occhi grandi e verdi.

- Kukai…

- Mi sarei offeso se non ti fossi ricordata di me. - disse il ragazzo sorridendo. - Mi hai fatto prendere un bello spavento Amu.

- Come?

- Beh, immagina quanto è stato piacevole trovarti in mezzo alla strada, sanguinante mentre la pioggia ti bagnava. Quando mi sono avvicinato scottavi da morire. Mi sorprende che ti sia già svegliata. Sei fatta proprio di marmo tu, eh?

Amu lo guardava sempre più confusa. Ricordava qualcosa. Ricordava la battaglia contro quel cyborg. I colpi che aveva ricevuto e i pochi colpi che era riuscita a sferrare. Poi…

- Mi aveva sparato.

- Ah?

- Si, avevo il fucile puntato al cranio. Era venuto per uccidermi, mi aveva sparato?

- Ma di chi parli? - giusto. Lui non lo poteva sapere. Beh, tanto valeva spiegarglielo.

- Di un cyborg.

- Prego? Esistono davvero cose del genere? Avrei giurato che fossero solo invenzioni per gli anime. - disse, grattandosi la testa con fare confuso.

- A quanto pare no. - rispose lei seria. - Quel ragazzo, JK, era interamente fatto di cavi. L'ho graffiato con una falce del Kusarigama, sotto la pelle ci sono sotto congegni strani, cavi elettrici e chissà cos'altro.

- Scusa ma… questo cosa vuol dire?

- Che per trasformarlo in questo modo quel ragazzo non poteva che essere un cadavere. Hanno preso il cadavere di un corpo abbastanza resistente e l'hanno mutato. - spiegò la ragazza, stringendo forte le coperte verde menta.

- Oh… - mormorò Kukai. - Te ne intendi di queste cose.

- Affatto, ragionandoci sopra è facile arrivarci. Nessun essere umano da vivo sarebbe potuto resistere a questo processo senza morirne. Tanto valeva prendere uno già morto.

Il ragazzo annuì. Seguiva il ragionamento dell'amica. Amu aveva la capacità di spiegare le cose più difficili in modo semplice. Perché ti ci faceva arrivare e tu capivi.

- Un momento! - esclamò d'un tratto il ragazzo. - Non ti aveva sparato!

- Beh, se non sono morta direi di no.

- Io ti ho curato solo la ferita al braccio.

Amu si guardò la fasciatura, poi sgranò gli occhi.

- V-vuoi dire che hai tolto il proiettile?

- Ah? No, ti pare? - fece lui di rimando. - Non ne sarei mai in grado.

- E allora come…?

Kukai sorrise.

- Beh, non ci crederai, ma si è sciolto.

Amu sgranò gli occhi.

- Come?

- Si, beh… - fece Kukai. Neanche lui sapeva spiegare perché. - Si è sciolto il proiettile.

- Come lo sai?

- Non sono un tipo che s'impressiona facilmente… - disse. - Quindi dopo averti riportata a casa e averti medicato le ferite più superficiali, rifacendoti anche la fasciatura che ti aveva fatto quella ragazza - Mara mi sembra - ho guardato quella che avevi al braccio, che aveva un aspetto terribile. Sospettavo dall'aspetto che non poteva essere una semplice ferita di arma da taglio. Infatti quando ho guardato dentro ho visto qualcosa d'argento brillare. Dopo qualche secondo quell'affare si è sciolto, uscendo dalla ferita in forma di liquido.

Amu aveva gli occhi fuori dalle orbite. Che diavolo erano quei proiettili? Che le avesse sparato e le si fosse sciolto. Impossibile, un buco al cervello rimane e poi ti uccide o per lo meno non ti fa ritornare in buone condizioni mentali.

- Però perché mi avrebbe lasciata in vita se era venuto per uccidermi? - domandò voltandosi a guardarlo.

- Magari gli hanno ordinato di ritirarsi. Oppure sei svenuta prima che ti sparasse e non ha trovato gusto a sparare ad un morto o comunque uno in fin di vita. - rispose, cercando di ragionare.

- Mmh… - fece Amu abbassando n attimo lo sguardo sulle sue mani. - Conosci il H&K SR9?

- Ehm, l'ho sentito nominare… perché?

- Aveva in mano due di quelli. Mi ha sparato con uno di quelli.

Kukai strabuzzò gli occhi, sbattendoli più volte.

- Beh, dev'essere bravo per manovrare quelle armi.

- Perché?

- Perché non sono molto sicure, a volte possono sparare anche con un piccolo movimento. - spiegò lui. - Uno che ne usa addirittura due dev'essere proprio bravo.

- Anche tu te ne intendi. - osservò la ragazza sorridendo.

- Eh, eh… diciamo che queste cose un po' mi affascinano. - disse mettendosi una mano dietro la testa.

- Comunque… grazie.

- Oh?

- Non farmelo ripetere, hai capito benissimo. - disse incrociando le braccia e chiudendo gli occhi.

- Senti… - la ragazza aprì un occhio guardandolo, poi entrambi, poggiando le mani sul materasso. - Sono a corto di manga, hai qualcos'altro da prestarmi?

- Mmh… Death note?

- Hai il manga?

- Deduco dalla tua reazione che te lo devo prestare.


- Che diavolo hai fatto! - esclamò Rima non appena la vide.

Classico comportamento di sua cugina. Una va a scuola. Piena di lividi, ferite, tagli e fasciature. E lei cosa nota?

- Ho solo dato una spuntatina.

- Ma cosa dici! Avrai tolto almeno venti centimetri di capelli! - si lamentò la ragazza.

Amu sbuffò. Che rottura. Perché capitavano tutte a lei?

- Senti, mi davano fastidio i capelli così lunghi.

- I miei sono più lunghi! I tuoi arrivavano solo fino a metà schiena, ora non toccano più nemmeno lo spalle! - continuò a sgridarla, incrociando le braccia e mettendo il broncio.

- Uffa, sarò io la proprietaria dei miei capelli? Li taglierò come voglio, non credi? - non poteva reggere una lamentela di Rima più a lungo. - Io così sto più comoda, non m'importa se a te piacciono i capelli più lunghi.

Sua cugina stava per dire qualcosa, ma si tappò la bocca. Era vero, a lei piacevano i capelli lunghi e ad Amu no. Come poteva li tagliava. Non la capiva proprio. Già lei ce l'aveva l'atteggiamento da maschiaccio, ora pure i capelli corti?

- E poi… - ricominciò d'un tratto. - Che hai fatto alla fronte?

Oh, se n'era accorta adesso. Certo che era proprio senza speranza. Ma come faceva lei a notare certe cose per ultime.

- Sono morta poi mi hanno resuscitata?

- Cosa?

- Pff… e tu ci credi pure? Ho combattuto contro un tizio dall'aria poco amichevole e poco umana. - disse infine.

- Come?

Invece di risponderle la ragazza sbuffò, andando a sedersi al suo banco. Rima stava per protestare, quando l'insegnante fece il suo ingresso in aula.

La mattina passò velocemente, quel tanto che bastava per non farti addormentare alle lezioni della professoressa di giapponese.

- Ehi! Come ti senti?

- Non male. - rispose la ragazza, riavviandosi i capelli, sfiorando il grande cerotto a quadrato bianco che aveva sulla fronte. - Mi gira solo un po' la testa.

- Solo? - le fece eco Miki.

- Tu silenzio!

- Ti fa male qui? - le domandò, posandoci delicatamente sopra due dita. Sembrava preoccupato. Dentro di sé, Amu sorrise. Kukai era davvero un grande amico per lei. - Perché stai sorridendo?

Oh, a quanto pare aveva sorriso davvero.

- Non era un sorriso, era una smorfia.

- Oookay. - disse il ragazzo sorridendo, usando un tono che aveva tutta l'aria di un 'se-lo-dici-tu'. - Comunque, hai sentito la novità?

- No. Che novità è? - domandò, leggermente timorosa. L'ultima volta che le aveva detto così non era finita molto bene per lei, tanto meno per la sua psiche.

- Non si tratta di nessun entità mistica, tranquilla. - la rassicurò il ragazzo, notando il suo cambio - seppure minimo - di espressione. - Semplicemente è arrivata una nuova studentessa delle medie.

- Ah, si? - domandò lei, per nulla interessata.

- Già, anch'io ero così sorpreso! - la prese in giro lui.

Amu sorrise.

- Ha la nostra età?

- No, ha due anni in meno. Fa la prima media. - rispose lui.

- Si sa già come si chiama oppure i pettegolezzi della scuola ancora non hanno completato il giro dell'intero istituto?

- Lo hanno completato, dopotutto io faccio le superiori. Sembra si chiami Wang Naoki.

- Dal cognome sembra cinese.

- Dovrebbe esserlo di origine. Parla bene il giapponese a quanto hanno detto.

- L'hai già vista? - domandò lei.

- Si, di sfuggita.

- Ce l'ha? Uno Shugo Chara intendo.

- No, non l'ho visto.

- E poi io non ho avvertito nessuna presenza. - disse Daichi.

- Gli Shugo Chara avvertono le presenze dei loro simili? - domandò Amu stupita.

- Certo! - intervenne Suu. - Anche quando un uovo sta per schiudersi noi già lo sappiamo!

- Questo potevi anche dirmelo subito. - commentò Amu.

- Eh, eh…

- Comunque sia… - disse la rosa voltandosi nuovamente verso Kukai. - Cosa c'è di strano?

- Ah?

- Me lo hai detto nonostante sai che a me non me ne importa nulla. Che cos'ha di strano? - domandò di nuovo.

- Non lo so con esattezza. Mi ha semplicemente fatto una strana impressione. - spiegò il ragazzo.

- Ah, capito. - concluse lei.

- Amu! - esclamò d'un tratto una voce familiare. - Ehi! Amu!

- Rima? - mormorò lei. Che diavolo voleva ancora sua cugina? Romperle un po' di più le scatole forse?

La biondina le si avvicinò.

- Ho dimenticato di dirti una cosa prima.




Meme:… *-*


Amu: Come mai così silenziosa? O.o


Ikuto: O sta sospettando qualcosa oppure sta guardando qualcosa e non si è accorta che il capitolo è finito. -.-''


Kukai: Ma non lo ha scritto lei? O.o


Amu: Secondo l'angolo scleri si u.u


Ikuto: Ma che sta guardando che è così assorta?


*tutti si affacciano allo schermo del computer*


Amu: Ancora con Bleach?


Meme: …*-*


Ikuto: Ormai è andata -.-'' Ma chi è che le ha fatto conoscere quell'anime? Sto rischiando tantissimo in questo periodo! >.<


Amu: Perché? =.o


Ikuto: Quella malata mentale possiede una lista dei ragazzi che più ispirano u.u


Kukai e Amu: E allora? O.o


Ikuto: Io ero al primo posto!!!


Amu(guarda la lista di meme): Se non sbaglio lo sei ancora… guarda tu stesso *indica la lista*


Ikuto: Si, ma me la sto battendo alla grande con il secondo! Prima quello lì non c'era neanche sulla lista! Quando è entrato è un miracolo che l'abbia messo al secondo! ç.ç


Amu: Oookay, da quando ti interessano queste cose?


Ikuto: O.O Ehm…


Amu: -.-''


Kukai: O.o


Meme: …*-*

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Capitolo 16
*** Catene ***


- Che cosa diavolo stavi facendo?!? - gridò quello, scaraventando il cyborg a terra. Quello si alzò con un sorrisetto divertito in volto.

- Non mi sembri stupido, non è ovvio?

Il ragazzo strinse i pugni. Lo avrebbe fatto fuori lui, con le sue mani, un giorno o un altro. Quell'ammasso di rottami non rispettava mai le regole. Se non fosse arrivato in tempo l'avrebbe fatta fuori di certo. Fortunatamente non si era mai fidato di JK. Infatti l'aveva seguito e aveva visto tutto il combattimento con Amu. Poi però le cose si erano messe male e prima che lui sparasse il colpo era intervenuto, spostandogli il braccio in tempo. Poi l'aveva trascinato via dal corpo della ragazza. Ora che ci pensava non sapeva se era sopravvissuta. Conciata com'era poteva benissimo essere morta proprio il quel momento.

- Non era quello il punto. Il tuo obbiettivo non è stato di ucciderla fin dall'inizio. - ribatté Ikuto, cercando di trattenersi dal farlo a pezzi subito.

- Come credi anche solo che lei prima o poi verrà dalla nostra parte? - domandò ironico il cyborg, sorridendo sfacciatamente. - Ti devo ricordare io che ormai lei sta con i bambocci?

- Non è ancora detta…

- Si che lo è. Il fatto che si sia messa con quelli e non con noi dice tutto. - fece il ragazzo, scuotendo la testa e fissando per un attimo il pavimento dov'era seduto. Poi alzò il capo, fisso Ikuto e le sue labbra si estesero in un sorriso poco rassicurante.

- Che hai da guardarmi così? - domandò il ragazzo mettendo le mani in tasca.

- Non è che le emozioni umane stanno avendo troppo effetto su di te, vero? - domandò il ragazzo fissandolo con quei suoi occhi glaciali. Il tono era ironico e il sorrisetto ancora presente in quella dannata faccia.

- Figurati. Che diavolo vai dicendo?

Il ragazzo piegò una gamba e si appoggiò con il mento sopra il ginocchio.

- Non so, ho avuto quest'impressione. Da quando ti dai così tanto la pena per far entrare qualcuno nella squadra? Credevo che le riconoscessi a prima vista le cause perse. - gli disse.

Il ragazzo incrociò le braccia e sospirò. Che rottura quel coso. Aveva una razionalità impossibile.

- Esatto. Per questo ti posso dire con certezza che non è una causa persa. Si è messa con i Guardiani solo perché il suo amichetto è in quel gruppo. - disse.

- Allora basterà eliminare il suo amichetto.

- A volte sei proprio cretino. - disse Ikuto, contento di poterlo insultare. - Credi davvero che in questo modo verrebbe dalla nostra parte? Farebbe di peggio, idiota.

- A cosa devo l'onore di tutti questi complimenti? - domandò in modo sardonico il ragazzo. - Allora rapiamolo.

- Ci ho già provato. - rispose Ikuto. Certo, alla fine lo aveva liberato lui. Non per bontà, semplicemente aveva capito che era stato inutile. Quindi perché affaticarsi ulteriormente.

- Uff… e come avresti pensato che io l'avrei potuta convincere? - domandò allora il cyborg.

- Sapevi benissimo che la tua doveva essere una minaccia! - esclamò lui.

- Quella è talmente dura di testa che sarebbe morta pur di non assecondarmi. - Provare a te non costava niente.

- Invece mi rompe parecchio. Sai bene quanto amo divertirmi. - gli disse, passandosi la lingua fra le labbra. - Io non possiedo sangue, quindi avvertirne il calore da qualcun altro è sempre un piacere.

- La prossima volta che disobbedirai a un ordine ti rispedisco nella cella d'ibernazione a far compagnia a LM! Oppure preferisci che ti venga ad aiutare?

Il sorriso di JK si spense nel sentire quelle parole. LM era sua 'sorella'. Lui non ricordava nulla di quando era in vita. L'unico ricordo che aveva era il forte affetto verso quella ragazza. Gli avevano spiegato che era solo sua sorella. Nonostante ciò, tornare ad essere congelato o farla scongelare non sarebbero state scelte molto allettanti. Lei non doveva combattere.

- Non è necessario… - disse serio, alzandosi in piedi e mettendo le mani in tasca. - Dovrò combattere di nuovo con lei?

- Certo, questa volta cercherai di portarla dalla nostra parte.

- E se non ci dovessi riuscire? - domandò con fare annoiato, guardandolo con la testa leggermente piegata verso destra.

- Allora avrai il permesso di farla fuori, nel modo che preferisci.

Il volto di JK si illuminò di una luce pazza e malata, vogliosa di combattimento e di sangue.

- Bene. - disse sorridendo.


Avrebbe voluto dirglielo. Ci aveva pensato. Per questo l'aveva chiamata mentre stava parlando con Kukai. Anche lei aveva uno Shugo Chara e ora riusciva a vedere i suoi. Non appena la scuola era finita e non appena aveva visto sua cugina e Kukai fare insieme la strada del ritorno non aveva più potuto tirarsi indietro.

- Ho dimenticato di dirti una cosa. - sembrava una dichiarazione. Che frase del cavolo che aveva usato. Solo che, anche lei voleva stare con sua cugina e Kukai. Soprattutto con Kukai. Amu stava sempre con lui. Ora anche lei aveva un motivo per starci. Aveva capito perché i Guardiani erano tutto un gruppo e perché anche Amu poteva stare con loro in qualsiasi momento. Per questo aveva detto a Kusukusu - il suo Shugo Chara - di starsene nascosto. Almeno fino a che non avesse detto agli altri la notizia.

- Cosa c'è Rima? - domandò con tono stanco Amu, mettendo una mano sul fianco e guardandola annoiata.

- Ecco… - non fece in tempo a dire nulla, perché venne sbattuta contro il muro di una casa improvvisamente. - Cos…?

Sgranò gli occhi, non appena vide cos'era successo. Di fronte a lei c'era un ragazzo. Oh meglio, una specie di ragazzo. La stava guardando in modo terrificante. Chi diavolo era? Un cosplayer?

- Ma che diav… Amu! - esclamò non appena vide sua cugina e Kukai, corsi di fronte a lei. - Chi è quel tipo?

- Amu, è lui quello che ti ha ridotta così? - domandò il ragazzo, mentre una rabbia cieca cresceva dentro di lui.

Amu annuì appena, presa dallo sguardo gelido e odioso di quel tipo.

- Ran! - esclamò e subito il suo Shugo Chara la raggiunse annuendo.

- Andiamo Amu!

- Atashi no kokoro, unlock! - questa volta l'aveva lasciata trasformare, senza muovere un muscolo. Per un attimo pensò che aveva fatto così perché non la riteneva abbastanza forte senza la Chara Trasformation.

- Questa volta mi farai divertire di più spero, visto che ti ho lasciato fare quella 'mutazione' da bambini.

- Mutazione? Non sono una carcassa come te! - ribatté la ragazza richiamando il Kusarigama.

- Pff… Eppure ti sei fatta battere da questo cadavere. - disse il ragazzo. - Queste cose dovrebbero farti pensare.

Amu strinse forte i manici del Kusarigama. Avvertì una mano sulla spalla e si voltò, trovando Kukai davanti a lei che la fissava serio. L'avrebbe aiutata. Quell'espressione esprimeva questo.

- Guarda che neanche con l'aiuto del tuo ragazzo riuscirai a battermi. - le disse sorridendo. - E pensare che quel cretino si da tanta pena per portarti dalla nostra parte, chissà che vorrà da te…

- Cosa? - domandò Amu confusa.

- Mah… - fece lui ignorandola. - Probabilmente roba da una botta e via.

- Di che diavolo stai parlando? - domandò Kukai d'un tratto.

- Oh, lasciate perdere… - fece lui con noncuranza, guardandosi intorno. Quel bastardo c'era davvero. Lo stava davvero osservando. - Hinamori Amu…

- A-ah?

- Che ne diresti di lasciare i bambocci e unirti a noi?

- I b-bambocci?!? - esclamò Kukai.

- Unirmi a voi? - domandò invece Amu confusa. - Voi chi?

Domandò incuriosita e sospettosa. Aveva lo strano presentimento che in tutto questo c'entrasse una persona in particolare. Eppure che senso avrebbe mandare un tramite. Uff… se era lui allora poteva finalmente dire che quel ragazzo era davvero un tipo piuttosto particolare e incomprensibile. La prossima volta che lo avrebbe visto avrebbe chiesto un interprete.

- Andiamo, chi credi che mi abbia mandato?

Amu alzò un sopracciglio e scosse la testa piano.

- Non so, un microonde?

- Ah, ah, carina… - fece con tono tutt'altro che divertito. - Se ti dico la parola gatto ti viene in mente nulla?

- Ah? - fece con gli occhi sgranati. Allora ci aveva preso.

- Amu? - la richiamò Kukai.

Lei si voltò verso di lui con sguardo quasi preoccupato. Quello lì l'aveva presa così tanto di mira? Così tanto da mandare addirittura quello lì.

Non le fu necessario chiederglielo. 'O viene con noi o puoi ucciderla'. Magari non era stata proprio così la frase, però sicuramente era quello il loro intento.

- Kukai, se vuoi puoi anche non combattere, tanto vuole…

- Non se ne parla!

- Ma…

- Ti aiuterò. - disse sicuro.

Amu accennò un sorriso. Quel ragazzo era davvero una testa dura. Però, era un vero amico proprio per questo.

- Vedi di non farti ammazzare. - gli disse allora lei sorridendo.

Kukai le fece l'occhiolino e al alzò il pollice.

- Okey!

- Ooohhiii! Avete finito di fare la coppia allegra e vi date una mossa ad iniziare? - li richiamò il cyborg con una faccia annoiata.

- Ran, sei pronta?

"Certo Amu!".

- Finalmente… - mormorò JK. Quanto ci sperava che non accettasse la loro proposta. A quanto pare i suoi desideri erano stati ascoltati. Si sarebbe divertito e stavolta non avrebbe lasciato che nessuno la salvasse. Fissò un attimo il ragazzino affianco al suo obbiettivo. No, non sarebbe stato un problema, poteva benissimo affrontarlo con lei e se ne sarebbe sbarazzato subito. Anche perché, a quanto sembrava non aveva neanche la Coso Trasformation. - Non sai quanto speravo che non avresti accettato!

Esclamò, richiamando i suoi amati H&K SR9.

- Senti un po'! - fece d'un tratto Kukai.

- Che vuoi piccoletto?

Piccolet…

- Che razza di proiettili usi? - domandò.

JK inarcò un sopracciglio confuso, poi il suo volto si rilassò e le sue labbra formarono un sorriso.

- E così lo hai notato!

- Ho curato io la ferita di Amu, ho visto che si è sciolto il proiettile.

- Ma che carino… - disse, quasi disgustato il ragazzo. - Mi pare ovvio che sia fatto di ghiaccio.

- C-cosa? - fece Kukai.

- Di ghiaccio? - gli fece eco Amu.

- Esatto. Un ghiaccio un po' particolare però. Mischiato ad una base chimica ideata dal mio creatore quello diventa un proiettile a tutti gli effetti, solo che… - spiegò il ragazzo. - Dopo qualche tempo si scioglie e congela il nemico, in modo che anche se sopravvive muore congelato, perché tutto il suo organismo si congela. Questo a meno che il liquido non esca fuori dalla ferita. Cosa che a quanto pare è successa. Non mi dispiace però… nonostante questa particolarità e vantaggio dei miei fucili ho sempre preferito dare io il colpo di grazia. Intendo direttamente.

Kukai sgranò gli occhi. Ma che diavolo… prendevano tutto così dannatamente sul serio? Che cosa aveva la sua amica che tutti erano disposti a prendersi o a ucciderla. Qui c'era qualcosa di strano. Amu gli stava nascondendo qualcosa. Qualcosa di molto importante probabilmente. Guardò la ragazza. Era seria. Non sembrava essere minimamente preoccupata. Avvolte dubitava che lei avesse davvero voglia di vivere. Che combattesse per la sua vita, piuttosto che per il fatto che qualcuno l'avesse semplicemente sfidata.

- Amu… - mormorò il ragazzo preoccupato. - Daichi.

Lo Shugo Chara gli si avvicinò.

- Chara Change! - esclamò e subito una stella nera comparve tra i suoi capelli.

- Andiamo, quanto ci mettete a darvi una mossa? - esclamò il cyborg correndo verso di loro. - Devo iniziare io a quanto pare!

Si gettò subito sulla ragazza, sparando un colpo che sbatté sull'accetta sinistra della Kusarigama, spedendolo lontano. Cercò di colpirla con un fucile alla testa, ma lei parò, anche se a malapena. Strinse i denti. Per puro miracolo quello si allontano, provando però ad infierirle un altro colpo alla spalla. Lo parò malamente, permettendo comunque al metallo di farle male e ferirle un poco la carne. Lanciò una falce, mirando al braccio del nemico. Jk schivò abilmente, saltando e finendo dietro di lei, colpendola alla schiena e facendola sbilanciare in avanti. Mise in tempo il piede destro in avanti per non cadere e si voltò subito, lanciando una falce contro di lui e sfiorandogli il fianco. Lanciò l'altra verso la sua gamba. La stava per colpire quando, inaspettatamente, JK l'afferrò. Sorrise. Strattonò la ragazza verso di se, grazie alla catena del Kusarigama.

Amu sgranò gli occhi, prendendo in mano l'altra, pronta a parare un eventuale colpo. Lui infatti alzò un fucile e provò a colpirla. Amu parò, lanciandogli un calcio alla gamba, non facendogli alcun male.

- Sei debole… - disse quello, prima di colpirla alla testa con il fucile, spedendola indietro. La raggiunse subito, mettendolesi di fronte e puntandole il fucile contro. Sparò il colpo. Amu si girò di lato, riuscendo a schivarlo. Poi si rialzò in piedi, nonostante sbandasse un poco, per via del colpo forte che aveva ricevuto alla tempia.

Kukai la guardò, indeciso se intervenire, oppure se aspettare un momento migliore. Conosceva Amu, ormai aveva capito che lei voleva mettercela tutta con le sue forze, ma che, quando ne necessitava, l'aiuto non le dispiaceva affatto. Probabilmente avrebbe fatto così. Avrebbe aspettato. Si voltò verso Rima che li fissava terrorizzata. Si era completamente dimenticato di lei. Ora che doveva fare? Forse doveva riportarla a casa e poi tornare ad aiutare Amu. Oppure non doveva perdere tempo, altrimenti la sua amica si sarebbe fatta ammazzare, tanto Rima non sembrava intenzionata a prendere parte alla battaglia.

- Ehi! Che ti succede piccolina? - la voce strafottente di JK giunse alle orecchie di Kukai, facendolo girare immediatamente, preoccupato. - Non mi sembri più molto in forma!

Il cyborg stava tenendo Amu da dietro. Il braccio a contatto stretto con la schiena. Un solo movimento brusco le avrebbe rotto il braccio in un attimo.

- Amu! - gridò d'istinto il ragazzo.

Amu teneva gli occhi serrati, tentando di non muoversi, cercando il modo migliore per liberarsi senza farsi male da sola.

"Amu…" mormorò Ran dentro la sua portatrice. Preoccupata per lei.

- A quanto pare la tua trasformazione non era granché, che noia, a quanto pare non troverò mai nessuno che sia alla mia altezza… - si lamentò con finto rammarico JK.

Amu aprì gli occhi, fissando Kukai. Il ragazzo sarebbe andato ad aiutarla all'istante. Tuttavia, il suo sguardo diceva l'opposto. Non voleva che l'aiutasse. Ma come diavolo avrebbe fatto a liberarsi da sola, stavolta?

La ragazza strinse forte l'unica accetta che stava impugnando del suo Kusarigama. L'altra l'aveva ripresa lui e ora la stava minacciando con la sua stessa arma, puntata alla gola.

- Sai… - le mormorò in tono sadico. - Secondo il mio parere questa è la morte più brutta… morire uccisi dalla propria arma.

Amu si morse il labbro inferiore. Doveva fare al più presto qualcosa. Non poteva semplicemente lasciarsi ammazzare, senza neanche aver provato a liberarsi in un altro modo.

- Ti direi che hai combattuto bene… - disse ancora. - Ma… mentirei spudoratamente.

La lama dell'accetta toccò appena la gola di Amu. In quell'istante i suoi occhi si sgranarono e un'incredibile voglia di vivere - che non avrebbe mai creduto di possedere - la invase. Strinse forte gli occhi e strinse ancora più forte i pugni. Fino a che le nocche non sbiancarono. Fino a che non sentì le sue stesse unghie conficcate nel palmo della mano.

Un'energia, quasi mistica, l'avvolse come in un abbraccio. Sgranò gli occhi improvvisamente, avvertendo quella forza vagare in lei.

- Ran? - domandò confusa.

JK, lo stesso sorpreso, l'aveva guardata un attimo. In quei secondi di distrazione, Amu riuscì a liberarsi, riprendendo il Kusarigama in mano e voltandosi verso di lui.

- Henkan no ni! - gridò la ragazza, neanche lei capendo bene il significato delle sue parole. 'Seconda trasformazione'. Che diavolo…

Una luce nera l'avvolse. JK la guardò con gli occhi sgrananti. Confuso e arrabbiato. Ce l'aveva quasi fatta. L'aveva quasi fatta fuori. Maledizione!

Il completo non era cambiato. Aveva solo invertito i colori. Ora era nero con i bordi e i dettagli - cuore sul cappello compreso - rosa. In mano però, non aveva più il Kusarigama.

Amu fissò la sua nuova arma.

- Un Kusari-fundo? - domandò sorpresa. In mano stringeva la catena argentata, dove ai suoi lati pendevano strani pesi identici. Larghi circa due centimetri, eppure pesantissimi.

Guardò JK, che se ne stava fermo a fissarla. Nel suo sguardo si intravedeva rabbia. Amu sorrise. No, non avevano ancora finito. Ora toccava a lei e lui poteva star certo, che non sarebbe stato da meno.

Non aveva mai usato quell'arma, ma già la sentiva sua. JK avanzò verso di lei, i fucili stretti saldamente in mano. Un ghigno di puro odio dipinto in volto. Questa volta voleva solo ucciderla, lo leggeva nel suo sguardo. Non si sarebbe trattenuto a giocare con lei.

Kukai guardava entrambi sorpreso, gli occhi sgranati. Lo stesso faceva Rima, nonostante la paura non avesse ancora abbandonato il suo animo.

- Cos'è adesso questa? Un'arma segreta? - domandò il cyborg.

- Ti risponderei di si… il problema è che non è stata opera mia. - rispose la ragazza, sorridendo soddisfatta.

Era sicura. Lo avrebbe battuto. Ora poteva farcela. Quel potere le aveva infuso non solo forza, ma anche una grande sicurezza che prima non aveva.

Strinse la grande catena e aspettò una mossa da parte del cyborg. Il quale, scattò subito in avanti, pronto a colpirla. Mirando al fianco sinistro.

Amu lanciò in alto la catena, l'afferrò per un anello, infilandola nel mignolo destro e facendola roteare in modo molto veloce e pericoloso. Non appena JK le si avvicinò, lei fece roteare la catena accanto a lui, avvolgendola intorno al suo collo, trattenendo in mano sua solo l'estremità. Afferrò il fucile, fermando il suo colpo. Tirò la catena verso destra stringendo di più.

Il cyborg sorrise maligno.

- Hai dimenticato che io non respiro? - le domandò.

- Affatto. - fu la ferma risposta di Amu. - Ma questo non vuol dire che senza la testa tu possa sopravvivere.

JK sgranò gli occhi. Non lo avrebbe fatto davvero. Non ne sarebbe stata capace.

- Se pensi che te lo permetterò te lo puoi scordare! - gridò, colpendola con l'altro fucile al braccio, allontanandola di qualche passo e liberandosi così dalla sua presa. Si tolse la catena dal collo e la gettò lontano. Prima di finire in qualunque altro posto quella scomparve.

- Cosa…? - fece JK confuso.

- Quell'arma è parte di me… - fece Amu e in un attimo la catena riapparve tra le sue mani. - Posso richiamarla quando voglio.

Il cyborg digrignò i denti. Strinse forte i suoi H&K SR9, puntandoglieli contro e iniziando a sparare velocissimo. Amu iniziò a far roteare la catena, iniziando a parare quasi tutti i colpi. Molte volte li dovette schivare.

Dietro di lei Kukai respingeva i colpi che le sfuggivano con il suo skateboard. Fortuna che poteva sempre contare su di lui. Rima se ne stava buona buona a tremare, dando ogni tanto qualche urletto di spavento.

JK si spostò velocemente dietro di lei. Ma questa volta non l'avrebbe colpita. Si girò velocemente e provò a colpirlo. Lui afferrò uno di quei pesi e insieme al Kusari-fundo, lanciò Amu lontano da lì. Altre ferite e ammaccature si aggiunsero al suo corpo. Ormai veramente stanco. Si alzò in piedi, voltandosi di nuovo verso di lui. Trovandoselo quasi ad un solo metro di distanza. Gli lanciò di nuovo contro la catena, tenendo sempre con una mano un'estremità. Il cyborg stava per afferrarlo di nuovo. Amu sorrise trionfante. Proprio come si aspettava.

In un attimo il Kusari-fundo mutò in Kusarigama.

- Che cazz… - mormorò JK, prima di accorgersi che ora, al posto della mano, c'erano solo dei cavi tagliati. Il suo prezioso arto era a terra, ai suoi piedi. Lo guardò con gli occhi sgranati. Poi puntò lo sguardo di ghiaccio, ora infuocato di rabbia, sulla ragazza. - Tu… me la…

Non gli fece nemmeno finire la frase, con un colpo secco - lanciando l'altra falcetta del Kusarigama - gli tagliò via l'intero braccio.

Altri cavi sbucarono fuori dal suo corpo. JK urlò. Non sentiva dolore, ma era arrabbiato. Incazzato nero. La guardò con odio.

Tirò un respiro profondo, poi sorrise. Sadico.

- Credi di avere la vittoria in pugno, non p così ragazzina? - le chiese guardandola. Amu aggrottò le sopracciglia. Ora cosa c'entrava quella domanda. - Ma non c'è bisogno di ricordarti che sono un cyborg, vero?

- Cosa vuol dire? - domandò la ragazza.

La risata di JK le ferì le orecchie. Che aveva da ridere in modo così teatrale? Aveva forse una specie di arma segreta?

- Ora lo vedrai… - disse. La sua mano andò alla placca metallica che aveva nella parte sinistra del petto. Premette il secondo bottone. I cavi dal suo braccio iniziarono ad allungarsi, assembrandosi tutti insieme. Poi da essi uscirono fuori pezzi di metallo, che formarono una specie di 'custodia' sopra di essi.

Amu sgranò gli occhi. Quello era un braccio metallico oppure aveva le allucinazioni?

- Sorpresa mocciosa? - domandò lui sorridendo.

- Cos…

- Già, ti capisco. Chi poteva immaginare che sarei stato in grado di rigenerarmi?



Ikuto: *totalmente depresso, nell'angolino a fare i cerchietti con nuvolette e righe tremolanti nere sopra*


Meme: Ehm, Ikuto… ^ ^


Ikuto:


Meme: Come dire, non è che sia colpa tua… O.o


Ikuto:


Meme: Diciamo che, i gusti cambiano, le persone cambiano e… beh… O.o Non so più che dirti.


Ikuto:


Amu: Ma che ha fatto? =.O


Meme(sospira teatralmente): È andato in depressione… ù.ù


Amu: E perché? O.o


Meme: Beh, guarda la lista e capirai…


Amu: Oh, capisco, non è più al primo posto. Beh, ci credo che è andato in depressione u.u Oggi fanno un anno, due mesi e diciassette giorni che lui è il primo della tua lista ù.ù


Meme: O.O Sei informata bene vedo… comunque mi dispiace, ma ormai non si cambia più U.U


Amu: =.= Mi dici come farai a farlo tornare su con il morale?


Meme(scintillio degli occhi): Beh… vedrai che dal ventesimo capitolo sarà di nuovo in forma :D


Amu: Perché qualcosa mi dice che dovrei avere paura? O.O


Mente di Meme: "Muahahahahahah!!!"


Corner of Weapon COW


Meme: Allora ^o^ A quanto pare oggi il nostro caro Ikuto è troppo in depressione per sfottermi, quindi staremo tranquilli tranquilli a seguire quello che vi dirò sull'arma di oggi. La nuova arma di Amu è un'arma molto simile alla Kusarigama, per questo l'ho scelta, altrimenti non mi sarebbe piaciuto fare due armi troppo diverse l'una dall'altra ^.^


Ecco il link: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/39/Manriki.JPG


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Capitolo 17
*** La fine della battaglia ***


Gli occhi di Amu erano due tondi perfetti. Che fissavano quel ragazzo terrorizzati.

Questo non era previsto. Quel cyborg si sapeva anche rigenerare. Come diavolo avrebbero fatto a sconfiggerlo? Fece un passo indietro. Giusto per inquadrare meglio la situazione. Cazzo! E adesso?

- Ahahahahah!!! - rise il ragazzo. - Sei rimasta senza parole?

- S-sei…

- Che cosa? Cosa sono? Un mostro? - le domandò curioso e maligno. - Beh, ma questo lo sapevi già, no?

Dietro di lei Amu avvertì una presenza, si voltò, trovando Kukai che la guardava serio e preoccupato.

- Kukai… - lo chiamò lei. Che stava succedendo? Tutto d'un tratto sembrava aver deciso di entrare in battaglia. - Cosa…

- Non posso restarmene lì con le mani in mano. Specialmente se ho paura che quello lì ti possa massacrare. - le disse.

Lei sgranò appena gli occhi. Quando era stata l'ultima volta che qualcuno aveva avuto paura per lei? Neanche a suo fratello aveva mai permesso una cosa simile? Probabilmente, Kukai le era stato più fratello di Zenko. Lei voleva bene a Zenko, non era da fraintendere, ma molte volte lui non aveva avuto il coraggio di difenderla, anche se lo avesse voluto. Il suo carattere non glielo permetteva, questo era vero. Lei faceva di tutto per cercare di cavarsela da sola. Molto spesso però non le sarebbe affatto dispiaciuto se suo fratello avesse insistito un poco per aiutarla, oppure lo avesse fatto. Aldilà del fatto che lei dopo avrebbe sbraitato e si sarebbe finta offesa.

Amu sorrise, abbassando lo sguardo a terra, per poi posarlo poco dopo su JK.

- Okay, vedi di darmi una mano per bene allora! - esclamò la ragazza sorridendo. Un nuovo spirito combattivo era nato in lei.

- Sarà fatto! - rise a sua volta lui.

- Oh, ma che carini! Fa piacere vedere una coppia così affiatata aiutarsi a vicenda!

- Senti un po', ma chi ti ha detto che noi siamo una coppia? - domandò Amu, leggermente irritata. All'inizio non le aveva dato fastidio. Dopotutto era di Kukai che si stava parlando, il suo migliore amico. Non le importava poi molto essere scambiata per la sua ragazza. Però ora basta. Quello era puro sfottere. E non era affatto piacevole, soprattutto per una coppia di amici come loro.

- Beh, da quando due amici si aiutano tanto?

- Si vede che tu non hai mai avuto qualcuno che abbia tenuto a te. - rispose acida la ragazza.

Lo sguardo di JK si oscurò. Assottigliò gli occhi e impugnò meglio i suoi H&K SR9 - avendo già raccolto quello caduto in precedenza.

- Non c'è bisogno di tanta scena per esprimere la tua voglia di combattere. - affermò il ragazzo con un mezzo sorriso, che sembrava più essere forzato. Il suo sguardo aveva un non so che di triste.

- Bene allora… - fece la ragazza. Nelle mani le comparvero due Kusari-fundo.

- Potevi richiamarne due? - domandò Kukai sorpreso, guardando quasi afflitto il suo unico oggetto da battaglia, lo skateboard.

- A quanto pare… - fece Amu, lei stessa sorpresa.

JK sogghignò, scuotendo piano la testa. Quella ragazzina era proprio una principiante sul campo di battaglia. Non si conosceva neanche le sue stesse potenzialità. Beh, il suo compito infondo era quello di scoprirle tutte. Di spremerla come un limone.

- Beh, quanto ancora mi vorrete far aspettare? - domandò lui.

Kukai attaccò per primo. Tentò di colpirlo con il suo skateboard. Il cyborg parò tutti i suoi colpi. Spedendo infine - con il solo utilizzo del braccio metallico - il ragazzo lontano di qualche metro da se. La guancia strusciò contro l'asfalto, spellandosi non poco. Amu gli si avvicinò preoccupata. Toccandogli un poco la ferita e sporcandosi le dita di rosso.

- Cielo, Kukai… - mormorò.

- Ehi! Invece di preoccuparti di lui, combatti! - esclamò JK gettandosi contro di lei. Amu parò il colpo con un Kusari-fundo, intrecciando con la catena attorno al fucile e tirandoglielo via. Poteva anche massacrarla. Ma non potevano ferire le persone a cui teneva. Erano troppo poche per andare perse.

JK sgranò un attimo gli occhi. Si era faccio togliere l'arma con troppa facilità. Passò l'altro H&K SR9 nella mano sinistra e le sparò. Per puro miracolo Amu lo schivò. Tuttavia il ragazzo non le diede pace. Continuò a sparare. Dietro di lei c'era Kukai, non poteva permettersi di far passare neanche un proiettile. I Kusari-fundo facevano la loro funzione. Respingevano i proiettili, li deviavano, spedendoli in altre direzioni. D'un tratto però, si accorse che sua cugina era ancora lì. Rima. La guardava terrorizzata. Per la miseria, e se un proiettile le fosse andato addosso? Come diavolo avrebbe fatto? Sarebbe stata abbastanza veloce da parare il colpo? La risposta era semplice: impossibile.

Un proiettile la stava per colpire al fianco e lei non fece in tempo a pararlo. Tuttavia il colpo non arrivò. Kukai, davanti a lei, era riuscito a pararlo in tempo. Il ragazzo si voltò verso di lei.

- Devi smetterla di trattarmi come uno da proteggere, tu non sei certo da meno.

Amu sgranò gli occhi. Quel ragazzo aveva sempre la frase pronta per farla sentire come voleva lui. Che roba ragazzi…


- Non dovresti essere ad una specie di riunione? - domandò il ragazzo non appena la vide davanti a lui.

- Beh, non avevo molta voglia di andarci. - rispose lei sorridendo. - Posso entrare?

- Vieni, vieni. - rispose lui, con il suo solito sorriso che aveva tutta l'aria di dire 'io mi arrendo'.

- Non fare quella faccia! Invece dovresti essere felice ch'io ti sia venuta a trovare. - disse lei, incrociando le braccia con fare offeso e guardandolo con gli occhi da cucciolo.

- Okay, okay… mi stavo preparando del tè. Lo vuoi anche tu? - domandò lui andando in cucina.

- Si, grazie. - annuì seguendolo. - Cosa stavi facendo?

- Leggevo.

- Che cosa?

- Come siamo curiosi….

- Non rompere e fammi vedere! - esclamò lei, voltandosi in tutte le direzioni per trovare il libro in questione. Una copertina blu attirò finalmente la sua attenzione. Si avvicinò al tavolino accanto ai fornelli e prese in mano il volume. Leggendo il titolo. - 'Green eyes'.

Lesse sorpresa.

- Lo stai leggendo in lingua? - domandò, aprendo il libro e dando un'occhiata al contenuto.

- Si, è per la scuola. Attenta a non perdermi il segno. - disse il ragazzo, mentre versava l'acqua calda nelle tazze. Certo, con quel clima un tè non era cero la decisione migliore, ma a lui piaceva così tanto che neanche il caldo gli avrebbe impedito di berlo.

- Oh, è bello? Di che parla? Non riesco a leggere la trama.

- Sei proprio una frana in inglese Ami!

- Sarai bravo tu! - ribatté lei, punta sul vivo.

- Eccome se lo sono. Ti devo ricordare i miei voti?

- Non vantarti troppo secchione! - esclamò lei divertita. - Dai dimmi la trama!

- Si, è interessante. Lo definirei un racconto introspettivo su una persona che non accetta la sua natura. Probabilmente è una delle classiche storie fantastiche che servono a farti capire determinate cose. Nonostante questo lo trovo piuttosto scontato.

- Chi è il protagonista?

- Un ragazzo dagli occhi verdi, appunto, che riesce a vedere il futuro di una persona dal primo momento in cui l'ha vista. Questo però lo blocca spesso con le persone. Perché vedere il loro futuro non è affatto piacevole. - spiegò Naizen. - Nonostante questo adempie a tutti i suoi doveri.

- Qui c'è un sotto testo, a chi ti stai riferendo?

- Era una riunione importante quella a cui dovevi partecipare?

- No, non preoccuparti. - lo 'tranquillizzò' lei.

- Anche se fosse, non sarei di certo io quello che si dovrebbe preoccupare. - disse lui serio, porgendole una tazza di tè. - Ecco a te. Latte?

- Si, grazie.

- Sbaglio?

- Che palle! Una tua amica non ti può neanche venire a trovare che tu rompi così tanto… - si lamentò lei, iniziando a giocare con la collanina con il ciondolo a forma di orsetto che aveva appesa al collo.

- La tieni ancora? - domandò lui sorpreso. Era il primo regalo che lui le aveva fatto da quando erano diventati amici. Lei non se n'era mai separata.

- Certo! - esclamò. Quasi offesa da quella domanda. - L'ho sempre avuta con me, solo che era coperta dalla mantellina a scuola e dai vestiti pesanti in inverno!

- Ah, capito. - sorrise lui. - Sei proprio una bambina.

- Ha parlato l'adulto. - fece lei, prendendo un lungo sorso di tè.

- Mi devi dire qualcosa in particolare?

Ami abbassò lo sguardo sul tavolo. Naizen ci prendeva sempre. Possibile che la conoscesse così bene? A quanto pare si.

- Ecco, per quella volta alla gelateria… non avevo idea che sarebbe capitata una cosa del genere.

- E quindi?

- Ti volevo chiedere scusa. - fece lei, imbarazzata, posando timidamente gli occhi su di lui.

Naizen sorrise.

- E si, sei proprio una bambina. - le disse alzandosi e posando le tazze, ormai vuote, nel lavandino.

- Ancora con questa storia?! - domandò lei.

- Di cosa ti scusi? Parli come se fossi stata tu la causa di tutto. Credi che ce l'abbia con te per quello che è successo? Forse ti stai scusando con la persona sbagliata. - le disse lui.

Shizu, che in quel momento era stata nascosta, uscì fuori e la guardò. Sapeva che Naizen non la poteva vedere, quindi non se ne curò. Di solito restava nascosta, perché se qualcuno si fosse accorto che Ami parlava da sola l'avrebbe definita pazza.

- La persona sbagliata? - domandò lei.

- Tu sei venuta qui per scusarti, ma sai meglio di me che non ce n'è motivo. Inoltre non ti sei presentata alla riunione. Questo mi porta a pensare che le persone a cui ti vuoi scusare sono i Guardiani. Solo che non hai il coraggio di farlo. Per questi speravi di seppellire le tue sensazioni di rimorso scusandoti con me. - rispose il ragazzo, il suo particolare sorriso non era ancora sparito. Naizen aveva un modo strano di mostrare la sua felicità. Perché nella maggior parte dei casi i suoi sorrisi erano solo di soddisfazione. Raramente esprimevano felicità e gioia.

Ami non riuscì a protestare. Era vero. Lei era andata lì per quello. Eppure anche se sapeva il motivo e, anche dopo le parole di Naizen, non riusciva ad andare da loro.

- Ora hai capito? - le domandò, mettendolesi davanti e cercando di guardarla negli occhi. La scrutò attentamente.

Lo sguardo nocciola esprimeva tristezza. I suoi capelli biondo cenere le ricadevano lunghi e lisci sulle spalle, trattenuti ai lati da due fermagli con un fiocchetto rosso ciascuno. Una maglietta bianca con un enorme cuore al centro con su scritto 'Love', dove da dietro sbucava un orsetto. La gonna rossa, con rifiniture e decorazioni bianche. Parigine a strisce orizzontali, sempre rosse e bianche. Infine ballerine nere. Non era cambiato affatto il suo modo di vestire, da quando era piccola. La solita piccola Casual lolita.

- Ora, che ne dici di andare insieme a quella riunione?


Più la guardava più le piaceva e allo stesso tempo la inquietava. Qualcuno l'avrebbe presa per una masochista, ma cosa le sarebbe interessato se a lei piacevano proprio perché le mettevano timore?

Le bambole di porcellana. Lei possedeva una collezione di bambole provenienti da ogni angolo del mondo - esatto, la sua famiglia aveva soldi da spendere. Bastava guardare la casa in cui viveva. Molti dei suoi amici si trovavano a disagio ad entrarvi. Anche i Guardiani a volte. Non tutti certo.

- Sorellina, hai fatto? - Nagihiko si era appena affacciato per chiamare sua sorella, la quale stava allegramente sistemando - per la centesima volta - le sue bambole preferite.

- Quasi. - era la stessa risposta che gli dava ogni volta che faceva quel lavoro. Sembrava essere infinito. Nadeshiko le adorava proprio le bambole ed era anche brava a cucirle. Oltre alla collezione, ordinatamente esposta sul ripiano di fronte al letto della ragazza, la stanza era piena delle sue creazioni. Soprattutto il letto. Si poteva dire che anche senza cuscino si dormiva comunque comodi.

- Lascia perdere, tanto ci metterà almeno un'altra ora. - disse Temari sorridendo.

- Concordo con lei! - esclamò Ritmo, facendo sorridere Nagihiko.

Loro avevano la camera in comune. Per questo c'era molto spazio, in modo tale da soddisfare le passioni di entrambi i gemelli. Il lato destro era di Nadeshiko, il sinistro di Nagihiko. Non appena entravi nella stanza notavi subito il 'lato delle bambole' e 'il lato dei CD'. Dopotutto anche il ragazzo aveva le sue passioni e le sue fisse. Una credenza, che poteva contenere centinaia di libri, era piena di CD. Di ogni genere di musica. A lui piaceva ascoltare di tutto. Dal classico al rock. Non per questo gli piaceva tutta la musica, si poteva dire che amava provare 'cose nuove'.

- Bene, allora ti aspetterò. - annunciò il ragazzo, sedendosi sul letto e prendendo in mano la chitarra. Una Fender telecaster color blu notte. Stupenda. Quello strumento era magico. Ne era sempre stato consapevole. Per questo la suonava.

Invece di continuare a riordinare le sue bambole, Nadeshiko si sedette a terra, davanti al fratello.

- Che c'è, hai finito? - le domandò sorridendo Nagihiko.

- Beh, diciamo che sto facendo una pausa. - sorrise a sua volta la sorella. Vedendo poi che il gemello la guardava e basta lei gli indicò lo strumento. - Dai suona.

- Ah, ecco… - disse lui, con un tono furbo, come per dire 'stavo aspettando che lo dicessi'. Le mani si posizionarono sullo strumento. La sinistra sulla testiera. La destra pronta a far vibrare le corde. Iniziò la musica. Nadeshiko la riconobbe alle prime note.

- Ma questa è 'Time is running out' dei Muse! - esclamò sorridendo.

Nagihiko la guardò e annuì. Appena dopo qualche vibrazione del suono suo fratello iniziò a cantare la canzone. Mentre sua sorella sorrideva sempre di più, cantando ogni tanto insieme a lui - specialmente nel ritornello. O a volte facendogli il contro canto. La loro madre dopotutto era una cantante famosa in Giappone, era anche normale che avessero ereditato almeno una parte del suo grande talento.

Inoltre la cosa particolare era che Nagihiko aveva la voce molto alta per essere un maschio, quindi cantare i Muse era abbastanza facile per lui, anzi era molto più facile, visto che il cantante di note alte ne tirava fuori a fiotti.

Non appena la canzone finì, i due si guardarono e si sorrisero.

- Ami mi ha mandato un messaggio poco fa. - disse Nagihiko.

- Non viene?

- No.

- Amu e Kukai?

- Non riesco a rintracciarli. - rispose il ragazzo, posando la chitarra sul letto.

- La riunione quindi non si farà. - concluse la ragazza. Sarebbe stato alquanto comico andare in due a fare una riunione. Senza contare che quei due erano anche gemelli.

- Direi di no. - confermò Nagihiko. - Mi chiedo che fine abbiano fatto tutti. Che avranno di così urgente da fare.

- Che siano stati attaccati? - domandarono all'unisono, scambiandosi entrambi uno sguardo preoccupato.

- Ma noi non abbiamo avvertito niente. - disse Ritmo, con un cenno si assenso Temari confermò le parole dello Shugo Chara.

I due gemelli si guardarono confusi.

- Allora non c'è da preoccuparsi? - domandò Nadeshiko, guardando il fratello.

Nagihiko alzò le spalle. Lui di certo non lo sapeva.

- Non pensi che vi avrebbero contattato se erano nei guai? - domandò Temari.

I ragazzi si guardarono un attimo, poi sospirarono sonoramente, guardando gli Shugo Chara.

- Conoscendoli no. - rispose in coro.


- Però… per essere un ragazzino non sei affatto male! - esclamò il cyborg. Si stava davvero divertendo. Combattere contro due e avere già la vittoria impugno. Si sentiva invincibile. Questa volta neanche se Ikuto avesse voluto salvare quella ragazzina ci sarebbe riuscito.

- Tutto a posto? - domandò Kukai guardandola un attimo, mettendolesi al fianco.

- Certo. - rispose Amu sicura. Fissò la guancia interamente rossa dell'amico. - Ti fa male?

- Brucia un po', ma sono ancora in grado di combattere, non è una parte vitale. - sorrise lui.

Il motivo per cui prima lo aveva protetto era perché si era sentita terribilmente in colpa. Ogni volta che succedeva qualcosa a qualcuno a lei caro, si sentiva in colpa. Solo che non lo dava mai a vedere, perché era una cosa sua e darlo a vedere significava una sola cose: domande. Eppure, lei era sicura che Kukai lo avesse capito, ma che, come sempre, non chiedesse nulla. Ormai aveva imparato a conoscerlo e sapeva che lui era fatto così.

Il ragazzo scattò in avanti, provando a colpire il cyborg, lui ancora una volta parò con facilità.

- Ancora non hai capito?! - esclamò JK. - Sei troppo debole per combattere contro di me!

Kukai strinse i denti. Aveva dannatamente ragione. Ma lui non poteva permettere ad Amu di combattere da sola contro un essere come lui. Amu lo attaccò e JK sembrò preso alla sprovvista, visto che faticò un po' a parare il colpo del Kusari-fundo. L'arma gli sfregiò il braccio destro, mostrando ancora una volta i cavetti sotto la sua pelle. Prima di venire scagliata via Amu diede un colpo anche all'altro braccio, graffiandolo appena. Era durissimo. Anche avessero voluto tagliarlo come diavolo avrebbero fatto?

Appena tornò alla sua postazione di prima, circa due metri di distanza dal cyborg, preparò il prossimo attaccò. Lanciò in aria entrambi i Kusari-fundo. Fece entrare i mignoli di entrambe le mani in un anello della catena, come aveva fatto prima. Li fece girare velocissimi, poi glieli lanciò contro. Il cyborg parò il primo, ma il secondo lo colpì alla testa, aprendogli anche li una ferita. Abbastanza profonda, da dove sbucavano altri cavi.

Il viso di JK era una maschera di odio e rabbia. Si gettò di peso sulla ragazza, la quale cambiò velocissima la sua arma, parando i colpi del cyborg con il Kusarigama. La stava spingendo all'indietro. Voleva metterla spalle al muro, ne era sicura. I piedi iniziarono a strisciare sull'asfalto contro la sua volontà. Il sorriso di JK si allargava sempre di più.

Kukai accorse ancora una volta in suo aiuto, colpendo il nemico alle spalle e facendolo allontanare da Amu.

- Sei sleale ragazzino! - ringhiò quello. Lo sapeva che non era corretto, ma come poteva fare se frontalmente non riusciva neppure a toccarlo, si poteva dire?

- Tu non sei certo da meno. - ribatté Kukai.

JK lo ignorò del tutto, voltandosi nuovamente verso Amu. Sorrise sadicamente.

- Lo sai… - le disse e in un attimo, senza che la ragazza se ne accorgesse, se lo ritrovò davanti che le teneva il braccio sinistro. - Anche tu non staresti male senza un braccio. Sto per restituirti il favore…

Amu sgranò gli occhi. Provò a colpirlo con il Kusarigama, ma lui le fermò anche l'altro braccio. Strinse entrambi il polso sinistro e le fece cadere di mano la falce. La girò di spalle, storcendole il braccio. Amu si morse la lingua pur di non urlare.

Il braccio le stava facendo sempre più male. Un altro movimento e glielo avrebbe davvero strappato.

Kukai provò ad attaccarlo di nuovo, ma stavolta il ragazzo parò subito, spedendolo addosso al muro davanti a lui. l'impatto fu talmente forte che il ragazzo sentì il sapore del sangue in bocca.

- Non ci casco due volte nello stesso trucco. - lo informò il cyborg, tirando ancora il braccio della ragazza.

Ad Amu uscì un gemito di dolore dalle labbra. JK la guardò.

- Ah, ma allora sai urlare… - tirò ancora un po' il braccio e stavolta la ragazza non riuscì a trattenersi oltre. Urlò forte, scatenando la risata soddisfatta e sadica del cyborg. - Coraggio, ancora uno sforzo e ti farò veramente gridare di dolore!

Non riusciva più a sopportare il dolore che le stava facendo provare. Le stava annebbiando la testa. Tanto che a volte non avvertiva neanche più il braccio. Strizzò gli occhi e tentò di liberare la mano che aveva ancora il Kusarigama in mano, ma - come si aspettava del resto - il cyborg non glielo permise.

In un ultimo disperato tentativo di sopravvivenza provò a dargli una testata, non ricordandosi che lui era molto più alto di lei. Lo colpì al petto, ma per sua fortuna quello bastò.

Il cyborg la lasciò di botto, imprecando. Amu si girò all'istante, tenendosi il braccio sinistro, ancora dolente.

- Cha cazzo hai fatto brutta idiota?!? - esclamò JK. Lei sgranò gli occhi, più confusa che sorpresa.

Con quella frase che voleva dire? Per lei di certo non aveva fatto nulla di sbagliato, anzi. Vide il braccio metallico sgretolarsi completamente davanti ai suoi occhi, compresi i cavi che lo avevano formato.

- A quanto pare ti ho tolto di nuovo il braccio. - constatò Amu sorridendo.

JK la guardò pieno di rabbia. Aveva colpito per sbaglio - per sbaglio cazzo! - il pulsante che serviva a fare sparire il braccio. Tanto culo una volta nella vita capita di averlo!

- Non credere che sarò più debole in questo modo! - gridò lui furioso.

A quanto pareva non poteva rigenerarsi più di una volta e magari non poteva generare più di un arto alla volta. Se era così, ora l'avrebbe fatto a pezzi.

Amu mosse un poco il braccio sinistro, le faceva ancora male, ma poco, avrebbe saputo impugnare il Kusarigama nuovamente e uccidere quel mostro una volta per tutte. Di questo ne era convinta.

Impugnò con ambedue le mani la sua arma, pronta ad attaccarlo.

Kukai la guardò. Quanto avrebbe voluto aiutarla! Perché cavolo non riusciva ad essere più forte? Che avrebbe dovuto fare.

D'un tratto, l'Humpy Lock appeso al collo di Amu si illuminò. La ragazza lo guardò confusa.

- Cosa…? - prima di chiedere altro si ritrovò accanto Kukai, che le sorrideva.

- Ore no kokoro, unlock! - esclamò il ragazzo.

Amu sgranò gli occhi. Ora anche lui poteva fare la Chara Trasformation quindi!

Dopo qualche minuto l'aspetto di Kukai era totalmente diverso. Non solo appariva più sicuro, ma era vestito anche lui in modo diverso. Portava una felpa aperta nera, con i bordi verdi. Sotto una maglia bianca. Pantaloni uguali alla felpa e scarpe bianche. La stella nera era sempre fra i suoi capelli.

In mano inoltre aveva anche un Jō. Ovvero un bastone lunghissimo. Almeno un metro e mezzo.

Il ragazzo la fissò compiaciuto della sua trasformazione.

- Bene, bene… - fece JK spavaldo. - Finalmente non sarà solo la ragazzina capace di farmi divertire.

- Vedremo quanto ti divertirai! - esclamò il ragazzo, partendo all'attaccò e provando a colpirlo. JK parò con la pistola. Kukai fece scorrere il bastone sull'arma, per poi colpirlo al fianco. Amu intanto gli era corsa dietro e, provò a colpirlo con un Kusari-fundo. Il cyborg provò a parare con uno dei suoi H&K SR9, la catena però glielo avvolse. Questa volta però non se lo lasciò portare via. Tirò verso di se, facendo sbilanciare un poco Amu. La ragazza fece sparire l'arma, richiamando di nuovo il Kusarigama. Nel frattempo Kukai provò di nuovo ad attaccarlo. JK parò. Il ragazzo gli diede un calcio alla gamba, per poi afferrarlo per il braccio e torcerglielo dietro la schiena.

- Ti piace questa mossa, no? - disse Kukai sarcastico.

JK ringhiò dalla rabbia, tentando di divincolarsi. Il ragazzo però lo teneva saldamente.

- Vai Amu! - esclamò lui. Era un'occasione da sfruttare, non sapeva se le sarebbe più capitata una cosa del genere.

- Asp… - provò da dire il cyborg, vedendo l'intenzione della ragazza. - Cosa credi di…

La testa volò via in un istante. Finendo lontana dai due ragazzi di qualche metro. Kukai lasciò andare il corpo di JK.

Amu aveva il fiato corto. Guardò l'amico, poi lasciò cadere a terra il Kusarigama e si accasciò al suolo anche lei, mentre la Chara Trasformation spariva.

Kukai la raggiunse, facendo sparire anche la sua trasformazione.

- Tutto ok?

Amu lo guardò e fece un mezzo sorriso.

- Rispetto a lui sicuro. - rispose indicando con un cenno del capo la testa del loro - ormai ex - nemico.

Kukai rise, mentre l'aiutava ad alzarsi.


Ikuto aveva assistito a tutta la scena in silenzio. Non era neanche mai intervenuto, né aveva avuto la tentazione di farlo. Aveva ingaggiato quel cyborg perché non aveva avuto alternative e anche perché era curioso di vedere come se la sarebbe cavata quella ragazzina. Ma lo aveva sempre odiato. Quella era la fine che si meritava un vanitoso come lui. Se avesse potuto, tempo fa, avrebbe preso il suo cadavere e lo avrebbe gettato in un WC gigante tirando l'acqua. Era un'immagine abbastanza comica, che si era creato da un po' di tempo. Gli piaceva pensare ad una fine del genere per quelli che odiava. Che non potevano venire altrove se non dalle fogne.

Fissò Amu, mentre - aiutata da Kukai - tornava a casa. Quello che aveva fatto era, anche se per metà, un omicidio. Eppure non la trovava affatto sconvolta. Forse perché era un cyborg. Il ragazzino già sembrava un po' più provato. Non dev'essere certo piacevole vedere una testa partire davanti ai tuoi occhi.

Nonostante tutto quella ragazzina lo attraeva ancora di più per quello che aveva fatto. Certo, lui non era un tipo sano che lo attraevano queste cose. Però, non era solo quello. Sentiva qualcosa… basta, l'avrebbe convinta a venire dalla sua parte. Ormai era un dato di fatto, la voleva.

Fissò il corpo di JK e la sua testa, qualche metro più in là. E ora sarebbe toccato lui pulire quel casino, giusto? I nemici se ne vanno sempre con fare glorioso, lasciando il lavoro sporco ai cretini che li hanno sfidati. Che stronzi.





Meme: ^.^


Ikuto:


Amu: O.o


Kukai: O.O


Meme: ^.^


Ikuto:


Amu: O.o


Kukai: O.O


Meme: Beh, niente da dire? ^o^


Tutti: Tu non stai bene! O.O


Meme: Mmh… qualcosa di meno scontato? ^.^


Amu: Perché questa volta non ho usato una controfigura? Quel bastardo mi ha fatto male sul serio! >.<


Meme: Aveva un impegno u.u


JK: Guarda che tu non sei stata molto delicata è.é


Tutti: Ma tu non eri morto? O.O


JK: Devo spiegarvi che gli attori non muoiono mai veramente? -.-''


TNI(per chi non lo

ricordasse vuol dire Tizio

Non Identificato): A quanto pare si.


Meme: Tu non fare tanto il borioso u.u


Amu: Perché tu sai chi è? O.O


Meme: Questo è ovvio UoU *si vanta* sono pur sempre l'autrice, sapete?


Tutti: L'avevamo dimenticato =.=


Meme: Infedeli! ç.ç


Ikuto: Quanto manca a quel pezzo? *-*


Tutti: O.O


Meme: H-ha parlato!!! O.O


Ikuto: Guarda che non sono muto -.-''


Meme: Si, però ultimamente eri depresso e non aprivi bocca ù.ù


Ikuto: -.-'' Che c'entra?


Meme: C'entra!! >.< Comunque, passiamo all'angolo delle armi che meglio u.u


COW


Ikuto: Mucca.


Meme: Quella è la sigla stolto! >o< Comunque ù.ù *cerca di essere seria*


Ikuto: Cosa praticamente impossibile per te -.-


Meme: Trovo che ti sei ripreso fin troppo bene tu =.= *gli tira un calcio in mezzo alle gambe* Ora va meglio ^ ^ Dunque… l'arma di oggi è quella di Kukai. Si tratta di un bastone molto usato in Giappone, nelle discipline come il kendo ^ ^


Ecco com'è fatto, anche se mi sembra inutile metterlo visto che un bastone lo sa immaginare chiunque ^ ^ : http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/c5/Jo_2.jpg


Alla prossima!!! ^o^

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Capitolo 18
*** Tra amici ***


Certo, non sarebbe stata una cattiva idea. Il problema si sarebbe presentato se fossero stati attaccati nuovamente. Eppure erano giorni che non combatteva contro nessuno, tanto meno che vedeva Ikuto anche per sbaglio. JK ormai era parte del passato e lei si sentiva solo soddisfatta della sua morte. L'unica cosa che le era piaciuta meno era stata la scenata da parte di sua cugina. Rima. No, al di là di quello che si può pensare non era sull'aspetto fisico. Lì per lì anche lei aveva pensato che le volesse dire che la sua Chara trasformation era fuori moda. Poi si era ricreduta, pensando che probabilmente sarebbe stata meglio una scenata del genere che quella che le aveva fatto.

"Che… d-diavolo era quel coso?!? E poi come ti è saltato in testa di affrontarlo in quel modo?!? Sei forse impazzita? E poi anche Soma sarebbe potuto morire! Che diavolo ti sei messa in testa, eh? Ti sembra davvero di essere così forte da…"

"Smettila mocciosa petulante!!!" Amu non aveva mai gridato così forte in vita sua.

Rima la guardava spaventata. Le labbra che tremavano, le mani strette al petto e gli occhi velati di lacrime che chiedevano solo di rigare il volto della ragazza.

"A-Amu…"

"Quello che faccio non è affar tuo e tanto meno quello che non faccio. Non ho trascinato nessuno a combattere insieme a me. E poi… visto che hai uno Shugo Chara, invece di lamentarti avresti potuto aiutarci con il Chara Change. Sbaglio?"

L'aveva spiazzata. Sua cugina non l'aveva mai sgridata in quel modo. Non aveva mai visto tanta rabbia trasudare dai suoi occhi. Pianse, silenziosamente, ma pianse. Ad Amu non gliene poté fregare di meno. Se c'era qualcosa che davvero odiava erano i piagnistei. Non servivano a un cazzo.

Era vero, avrebbe potuto aiutarli. Ma lei… lei non sapeva come si usava il Chara Change.

Bugiarda…

Si, lo sapeva. Ma aveva paura.

Un'altra Ami. Amu sbuffò. Sua cugina era identica ad Ami. E dire che aveva pensato di proporla come sostituta della Ace's chair, visto che non combinava nulla. Ma dopo quello i suoi piani erano andati a monte. Non serviva a niente, com'era sempre stato. A quanto pare anche questa cosa sarebbe restata immutabile. Che rottura…

- Ehi! Immersa nei pensieri? - domandò il ragazzo, scompigliandole come al solito i capelli.

- Già…

- Mmh… non sembrano essere molto positivi a quanto vedo. - disse ancora lui sorridendo.

- Mm… stavo ripensando a quell'idiota di mia cugina.

- Dai, non la trattare così, non è mica apatica come te. Avrà qualche emozione di troppo.

- Ne ha troppe di troppo. - rispose la ragazza, sbuffando nuovamente. - Comunque sia, non ho voglia di parlare con te di quella lì… Volevi dirmi qualcosa?

Kukai sorrise apertamente, scompigliandole ancora un po' i capelli.

- E smettila! - protestò lei tenendosi la testa.

- Andiamo da qualche parte!

- Ah?

- Hai capito. Questo fine settimana. Tu, io, i gemelli, Ami e il suo amico e se vuoi anche tua cugina. - rispose lui.

- Mia cugina lasciala fuori. Non voglio fare la baby-sitter anche quando esco con voi. - fece lei. - Però con gli altri mi va bene. Dove andiamo?

- Nadeshiko aveva pensato un picnic. A te andrebbe bene?

Amu annuì. Un po' di pace ci voleva. Era arrivata proprio al momento giusto.

- Benissimo. - affermò sorridente.

- Ultimamente poi quel tipo non ci ha attaccati. Non lo trovi strano? Ero convinto che non appena avremo fatto fuori JK lui avrebbe combattuto contro di noi per…

- Vendicarlo? - domandò lei precedendolo. - No, non è il tipo da fare una cosa del genere. E poi non sembrava importargli tanto di quel tipo.

Kukai la guardò confuso.

- Come lo sai?

- Beh, lo avrebbe aiutato se ci teneva davvero.

- Come avrebbe potuto?

- Sarebbe bastato saltare giù dal tetto dove stava per osservarci.

- Ah, già… Aspetta un secondo! Ci stava osservando?!?

- Ero convinta che te ne fossi accorto. - disse lei leggermente stupita.

- Come potevo? Non ho avuto tempo di guardare altrove. Già mi preoccupavo di non far colpire Rima.

- Oh, tu te ne preoccupavi? Ecco perché non si è ferita. Me lo sono chiesto, dopo tutti i colpi partiti dal nostro scontro. - disse. Mentì, in effetti anche lei per un attimo si era preoccupata che si sarebbe potuta ferire. Però dietro a quella preoccupazione, c'era, più che altro, la consapevolezza del fatto che era meglio sentire la sua lingua fastidiosa muoversi liberamente nella sua bocca, permettendole così di essere insopportabile. Invece che magari restare al pronto soccorso e a rompersi ancora di più le scatole. Senza pensare poi a che cosa avrebbe dovuto raccontare a sua madre. Se poi fosse andata bene e il danno sarebbe stato temporaneo. Ovvero, un colpo alla gamba, al braccio. Anche al fianco era curabile. Ma se le avesse cavato un occhio e magari trapassato la testa, dopo non c'era solo da affrontare la 'furia omicida mamma' ma anche l'altra di furia omicida, la zia. E lei, di rispondere per quello che 'avrebbe potuto fare', non ne aveva alcuna voglia.

Succedeva sempre così. Rima faceva l'idiota e s'immischiava in situazioni che non la riguardavano, tentando sempre e comunque di essere partecipe di tutte le dannate cose che faceva la cugina. E poi se succedeva qualcosa era la 'cugina pecora nera' che ne rispondeva.

Quella che aveva Rima era una sorta di ammirazione che aveva verso Amu. Che però alla sottoscritta dava veramente fastidio, perché era esagerata. Lei non voleva imparare da lei. Voleva essere lei. E questo ad Amu non andava giù. Soprattutto per tutti i danni che combinava e che lei poi doveva riparare. Quello che la sua 'amabile cuginetta' non aveva ancora compreso e ficcato in quel suo cazzosissimo cervellino, era che non sempre lo scotch o la colla riuscivano a riparare le cose che lei rompeva. Anzi, molto spesso le cose più semplicemente non si riparavano. Perché quello che lei rompeva, non era paragonabile ai pezzi di coccio di un vaso rotto, che poi venivano assemblati nuovamente e che lasciavano solo qualche crepa visibile, ma che comunque - essendo un oggetto - non ci si fa caso per più di un determinato tempo.

No, quello che lei rompeva, era molto di più. E quasi mai si riparava.

- Beh, non credo che l'avessi passata liscia se avrei permesso che venisse ferita. - fece lui.

Come diavolo faceva a capirla sempre e a riassumere i suoi pensieri in poche parole? Questo sarebbe sempre rimasto un mistero per lei.

La maggior parte delle volte lei era incomprensibile perfino ai suoi genitori. A suo fratello, a volte… persino lei stessa non si capiva. I suoi dialoghi interiori erano un dibattito continuo. Come se ci fossero due persone dentro di lei che, prima di approvare un qualsiasi pensiero, dovessero mettersi d'accordo. Poteva chiaramente distinguerne le presenze. Per questo a volte non capiva cos'è che voleva davvero. Le vocine nella sua testa la confondevano sempre, quando invece dovrebbero chiarirle le idee.

- Già. - si limitò a dire lei, annuendo appena. - Comunque… è questo fine settimana il picnic, giusto?

- Ah-ah… Amu, ti vedo assente. A cosa stai pensando?

Lei lo guardò. Già. A cosa stava pensando? A parte sua cugina e la sua mente, c'era una altro - strano e alquanto discutibile pensiero - che occupava la sua mente da un po'.

Che fine aveva fatto quel ragazzo? Già. Era abbastanza insensato pensare ad uno che aveva tentato di farti di tutto. A partire dalle molestie sessuali, a finire col cercare di ucciderti. Eppure… non che fosse masochista… ma si sentiva come se fossero state proprio quelle cose a farla pensare a lui.

Beh, è ovvio che pensi a chi ti vuole uccidere o a chi ti vuole fare qualsiasi altro tipo di cosa. Però lei non pensava a lui con paura. Neanche con indifferenza però. C'era qualcosa che la faceva pensare a quel ragazzo. C'era un motivo. Però… non avrebbe saputo dire qual era. O almeno non ancora.

Non era di certo una di quelle sciocche ragazzine che guardano solo l'aspetto fisico di una persona, questo non era neanche da metterlo in dubbio. Però… diamine! Gli occhi ce li aveva eccome! E nonostante in quel momento il desiderio che faceva più di tutti presa in lei, era combattere, non voleva dire che non pensasse ad altro. Anche perché la scuola non glielo permetteva di concentrarsi solo su una cosa.

- A nulla d'importante. Volevo solo sapere se giochi a calcio con me dopo esserci riempiti la pancia del cibo di Nadeshiko. - gli disse.

Lui non sembrava del tutto convinto. Nonostante ciò sorrise.

- Ci puoi scommettere! - esclamò spettinandole ancora una volta i capelli.

Ottimo. Altra cosa a cui pensare. Legarsi i capelli.


- E questo cos'è? - domandò la ragazza. Terrorizzata all'idea di aprirlo.

- Beh, mi sembra ovvio, è un regalo! - i regali di sua cugina e quelli si sua madre era sempre meglio - per lei e la sua salute - rifiutarli. Già poi, il pacco non ispirava granché. Sembrava incartato coi piedi e la carta rosa sembrava anche più disgustosa di quanto non fosse stata. In più, quel fiocco rosso faceva davvero ribrezzo. Che diavolo le avrà regalato? Una bomba ad orologeria?

- E quale sarebbe la ricorrenza?

- Ehm… l'onomastico?

- Io non ce l'ho l'onomastico. - rispose lei seria, attendendo che le dicesse la verità.

- Era un modo per scusarmi. - bofonchiò la ragazza incrociando le braccia. Possibile che ad Amu non stava mai bene niente?

L'altra sospirò, fissando ancora una volta il pacchetto. Poi posò lo sguardo caramello su sua cugina. Infine, si decise ad aprire il pacchetto.

- Che cos'è? - domandò, tirandone fuori una specie di quaderno. Copertina celeste e nera e una grande penna al fianco, azzurra.

- Non lo vedi da te? È un diario! - esclamò Rima.

Buffo che in quella situazione fosse più contenta sua cugina di questo. Probabilmente anche lei lo voleva.

- E che ci faccio?

- Come che ci fai? Ci scrivi. Pensieri, poesie, racconti, la tua giornata…

La sua giornata. Finirebbe subito il diario se la scrivesse. Pensieri. Che sarebbe stato un buon modo di sfogarsi non lo metteva in dubbio. Tuttavia, non credeva molto che sarebbe riuscita a prendere - in qualche modo - 'confidenza' con quell'oggetto.

- Lo avrei preso rosa e nero, ma il avevano finiti.

- Allora sono stata fortunata. - mormorò a lei stessa. Pensando a quanto sua cugina ancora non la conoscesse. Nero e rosa! D'accordo, la sua camera era un altare di quell'odioso colore, ma questo non diceva mica che a lei piaceva.

- Come?

Sospirò.

- Niente. Ehm… - fissò l'oggetto che aveva in mano. - Grazie...

- Di niente! - rispose, allegra e pimpante Rima.

Amu la guardava seria. Era solo un modo per dirle 'vorrei che non mi sgridassi più'. Gliel'avrebbe voluto ridare indietro. Ma tuttavia era curiosa di provare a tenere un diario. Non l'aveva mai tenuto perché l'aveva sempre considerato inutile. Ora invece, sentiva un bisogno incredibile di sfogarsi. Di solito - come ormai si era abituata - avrebbe detto tutto a Kukai. Ma ultimamente c'era qualcosa che non si sentiva affatto di raccontargli.

- Senti… - iniziò a dire sua cugina. - Ecco…

Amu la fissò paziente. Tuttavia, era sicura che sapeva già quello che voleva dirle.

- Tu e Soma… ehm… - aveva lo sguardo a terra e si arricciava i capelli nervosa, mentre le sue guance prendevano sempre più colorito. - siete amici, molto amici… vero?

Alzò un attimo lo sguardo nocciola verso di lei. Amu inarcò un sopracciglio.

- Che razza di domanda è? Come se non lo potessi vedere con i tuoi occhi. - era decisamente noiosa quando faceva così. Iniziava con chiederle cose inutili e stupide, per di più ovvie. E - se andava bene - dopo un monologo di trenta minuti arrivava al punto.

- Perché sai… ehm… io… - si stava torcendo le mani e non riusciva più a guardarla in volto. - Io vorrei chiederti…

- Sii concisa. Non voglio sopportarti per un'ora e mezzo. Ho di meglio da fare. - le annunciò sospirando.

Rima rimase un'attimo attonita. Poi riprese a parlare.

- Volevo sapere se potevi chiedergli… beh… cosa pensa di me. - disse infine.

Amu la fissò un attimo. Il viso inespressivo, sembrava sfinita. Stanca. Stanca di lei, dei suoi discorsi inutili, delle cose che fa in generale. Inutili. A lei non poteva fregare di meno se le piaceva Kukai. Ma perché doveva sempre aiutarla in tutto? Perfino a parlare con qualcuno. Oppure doveva accompagnarla in qualsiasi posto.

- Beh… che ne dici? - domandò infine sua cugina.

- Mi hai rotto. - disse lei. - Non ti è bastata la sgridata dell'altra volta? Sei una palla al piede. Se devi parlare con Kukai, allora fallo. Non venire a rompere le scatole a me…

- Ma, ma…

- Cosa? Conosco Kukai. Si metterebbe a ridere e mi guarderebbe perplesso se solo gli chiedessi 'Che ne pensi di mia cugina'.

- Ma, lo faresti per me. - disse con voce bassa, quasi timorosa della sua reazione.

Amu, calma, si diresse verso la porta, si voltò verso di lei.

- Questo non capisci. A me non importa di fare qualcosa per te. - sorrise, anche se non era un sorriso allegro, né triste. Era… compassionevole. Detto questo se ne andò.


- Palla! - gridò Nagihiko, schiacciando forte la palla verso l'altra metà campo.

- Mia! - esclamò allora Ami, passando con un bagher a Nadeshiko che alzò la palla.

- Ottimo… - mormorò Amu a sé stessa, prima di saltare e schiacciare la palla verso Kukai, il quale riuscì per poco a non farla cadere, rilanciandola a Naizen. Il ragazzo la mandò con un palleggio a Nagihiko che la rispedì a l'altra metà del campo. Stavolta Amu la prese subito e la rilanciò dall'altra parte, riuscendo a fare punto per la sua squadra.

- Siamo dieci a due ragazzi, come la mettiamo? - domandò, gentilmente, Nadeshiko.

I tre sbuffarono.

- Ci state facendo apposta! - esclamò Amu. - Non posso credere che in tre non riusciate a batterci!

I tre in questione si scambiarono uno sguardo stupito.

- Kukai, non giochi seriamente? - domandò Nagihiko.

- Cheee? Di cosa mi accusi? Sarai tu che non sai schiacciare!

- Ragazzi… - fece Naizen.

Amu scoppiò a ridere, seguita dalle altre due.

- Beh, mangiamo? - domandò d'un tratto Kukai. - Dopo avremo la nostra rivincita.

- Convincitene! - esclamò Ami.

Tornarono tutti sotto l'albero dove - poco prima - si erano appostati. Era già tutto pronto. La coperta celeste era stesa a terra. Cinque bentō già posti sopra di essa. Preparati da Nadeshiko. In più varie bevande. Tè verde, succhi di frutta e acqua.

Senza volerlo, i ragazzi si divisero in una specie di coppie.

Kukai si sedette vicino ad Amu. Lui non era di certo un tipo asociale, aveva sempre avuto molti amici. Tuttavia, non aveva mai avuto un migliore amico o una migliore amica. Ma proprio in quel momento, mentre la guardava e sfilava il coperchio del bentō, si accorse di averne appena trovato uno. Con lei ci stava benissimo. Non era discriminazione quella che stava facendo, e di certo avrebbe continuato a comportarsi con gli altri come si era sempre comportando. Però Amu era particolare. Bastava uno sguardo, anche senza conoscerla, per capirlo. Oggi aveva i capelli legati in una coda alta, con qualche ciocca che le ricadeva sul viso. Una crocetta nera le teneva i ciuffi ribelli sul lato sinistro. Pantaloncini corti bianchi e canottiera nera. Più scarpe da tennis bianche e calzetti neri. Accanto a lei il cappello con la visiera, bianco, che aveva sulla testa poco prima. Nonostante il loro incontro non era stato dei migliori, alla fine era andata più che bene. E lui era veramente felice di avere un'amica del genere.

- Ehi ti sei incantato? - gli chiese scherzosamente la ragazza, passandogli una mano davanti alla faccia.

- Eh? - Kukai si riscosse. Si era perso troppo nei suoi pensieri.

- Oggi ti sei vestito in camera? - gli domandò lei. il suo tono era sarcastico.

- Che intendi?

- Sei tutto verde! - disse lei. Indicando la T-shirt e i pantaloncini. Scarpe comprese.

Lui rise. Stava per scompigliargli i capelli, quando si accorse che erano legati.

- Io lo sapevo che avevo fatto bene a legarli! - esclamò Amu trionfante.

- Come? Era tutto calcolato, allora! - ribatté lui, tentando di scioglierle la coda.

- Ehi! Ehi! Fermo!

Nadeshiko e Nagihiko pure si sedettero uno accanto all'altro. Beh, quello era abbastanza normale. Erano pur sempre gemelli. Erano legati indissolubilmente l'uno all'altra. E essendo un maschio e una femmina era anche normalissimo e azzeccato il loro comportamento. Nadeshiko era la femminilità fatta persona. Era delicata e gentile e sorrideva sempre in modo dolce. Parlando piano e con grazia. Per di più anche i suoi movimenti esprimevano grazia e armonia. Per dirla tutta, le piacevano anche molto il lilla e il rosa pallido. Colori delicati che si addicevano alla perfezione con la sua persona. Indossava infatti una maglietta a mezze maniche lilla, pantaloncini a pinocchietto lavanda. Scarpe orchidea e legato intorno ai fianchi un giubbetto di jeans rosa pallido. In mano si rigirava ancora il cappellino di tessuto fine e color magenta, che poco prima aveva in testa per ripararsi dal sole. Nagihiko invece era il miglior fratello che una sorella avesse potuto avere. Lui si preoccupava sempre per lei. Senza essere pesante e mai in maniera eccessiva. Sapeva che sua sorella era responsabile e si fidava di lei. L'unico difetto che aveva era la gelosia. Non gelosia morbosa. Ma era pur sempre suo fratello e si sentiva in un qualche modo 'responsabile' anche su quel verso. Come da copione lui vestiva sempre sulle tonalità del blu. Quel giorno infatti non aveva fatto eccezione. T-shirt turchese, jeans fino al ginocchio e cappello con la visiera, anch'esso di Jeans. Proprio come la sorella, aveva pensato anche lui di portare un giubbetto e di legarselo in vita.

- Ti piace? - domandò la ragazza speranzosa.

Lui annuì sorridendo e lei ricambiò felice.

- Sapete, se non aveste la faccia uguali direi che siete una coppia affiatata. - li canzonò Kukai.

I due si voltarono verso di lui e fecero entrambi la linguaccia. Amu e il ragazzo scoppiarono a ridere.

- Sono decisamente troppo uguali per non essere gemelli. - disse Amu.

Ami e Naizen li guardavano silenziosi. Scrutandosi ogni tanto - sperando che l'altro non se ne accorgesse. Lanciandosi occhiatine timide. Nonostante per gli altri Ami potesse sembrare una bimba timida e all'apparenza poco crescita, lui adorava il suo carattere e anche il suo modo di vestirsi. Quel vestitino rosa acceso, con qualche fiocco bianco sparso qua e là sulla gonna, retto da sottili bretelline le stava benissimo. Insieme ai calzetti bianchi lunghi fino al ginocchio e alla scarpe nere e lucide, con un cuoricino sopra, al posto del solito fiocchetto. Era adorabile. Sembrava una bambolina di porcellana. Una di quelle che vanno tenute con cura. Con affetto. Un esemplare raro. Lui la considerava così. Inoltre, chi la conosceva meglio di lui? Quando erano cresciuti insieme e avevano passato tanto tempo insieme, facendosi compagnia reciprocamente. Anche Ami lo guardava di sottecchi e faceva gli stessi pensieri. Naizen aveva una vera e propria passione per il rosso. C'era sempre qualcosa di quel colore su di lui. E oggi era solo la T-shirt, abbinata con un pantaloncino nero e scarpe e cappello dello stesso colore. Anche loro due, nonostante il loro silenzio, sapevano capirsi a vicenda e sapevano volersi bene.


- Sarà fatto signore. - disse il ragazzo.

- Lo spero per la tua incolumità.

Il ragazzo annuì e se ne andò via con un ghigno di soddisfazione in volto. L'avrebbe fatta finita. Si sarebbe preso quello che voleva e il resto… il resto sarebbe stato proprio come voleva il suo signore.

La ragazzina avrebbe finito i suoi giorni molto presto. Il corpo l'avrebbero nascosto talmente bene che neanche le ceneri sarebbero rimaste da ridare ai genitori.

Il suo piano era basato su una cosa che molti tipi come lui avrebbero fatto: Prima il piacere e Poi il dovere. Ma in fin dei conti quello che realmente importava era che ciò venisse portato a termine, giusto? Quindi perché non poter fare tutto quello che si voleva e poi rispettare gli ordini?

Di certo nessuno glielo impediva. O almeno, Ikuto la credeva così.




*Musica dei Pink Floyd a palla: Another Brick in the wall*


Ikuto: O.O


Nadeshiko: O.O


Nagihi… insomma tutti: O.O


Meme: Che c'è? O.o Mai sentiti i Pink Floyd? Che cultura musicale =.0


Amu: Non era per quello, ma per quello… *indica muro del salotto fatto a pezzi dall'autrice*


Meme: Uff… voi non avete mai voluto rappresentare una canzone >.<


Ikuto: Non in modo così violento O.O


Amu: Sentirai tua madre quando se ne accorge u.u


Meme: O.O


Kukai: Non dirmi che non ci avevi pensato? O.o


Meme:


Ikuto: Cos'è quell'espressione adesso?


Meme: Ho appena trovato dei volontari che mi rimetteranno a posto il muro ^o^


Tutti: O.O


Meme: Comunque… Avrei giurato che questo capitolo sarebbe uscito fuori una merda =.=


Ikuto: Hai pensato bene u.u


Meme(tirandogli un calcio in mezzo alle gambe): Invece mi è piaciuto abbastanza ^.^


Amu: *alone nero intorno alla sottoscritta*


Meme: Che ha quella? O.o


Kukai: Non ha combattuto, e nominando il capitolo glielo hai ricordato… in parole povere è arrabbiata ù.ù


Meme: Oh andiamo! ^o^ Dal prossimo capitolo ritornerai a combattere ^.^


Amu: *sguardo omicida*


Meme: *suda freddo* Ehm… ehm… *si volta verso gli altri* almeno a voi è piaciuto il capitolo? ^.^


Tutti:


Meme: Odio quei puntini =.=








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Capitolo 19
*** Sconfitta bruciante... ***


Sbadigliò sonoramente, sistemandosi meglio sul banco. Sapeva che era da maleducati. Ma il problema era un altro. Lui la storia non la capiva in inglese. Come potevano pretendere gli insegnanti che l'avrebbe capita in giapponese? Ormai era qualche settimana che stava lì in Giappone, qualcosa della lingua aveva imparato. Ad esempio, con tutte le figure di merda, aveva capito a cosa servono i suffissi e qual'è il nome e il cognome di una persona, quando questa si presenta.

- Kevin Hall, la pregherei di prestare attenzione. - lo riprese la professoressa.

Il ragazzo la guardò e con un sorriso tirato annuì. Lo sguardo di tutti i compagni era puntato su di lui.

- Mi scusi prof. - rispose.

La donna annuì grave, per poi tornare a spiegare il periodo Edo. Kevin sbatté la testa sopra il banco. Ma perché suo padre si era dovuto trasferire e portarsi dietro tutta la sua famiglia? Lui e suo fratello compresi? Non potevano restare a casa degli zii, come facevano sempre?

Evidentemente no.

Luke, suo fratello minore, aveva detto la stessa identica cosa. O meglio, l'aveva confidata a lui. Anche perché, anche se avessero voluto ribattere, non avrebbero potuto. I genitori non erano mai a casa. Anche sarebbero stati disposti ad ascoltarli, non li avrebbero sentiti. Le loro lamentele e il loro disappunto sarebbe stato gettato al vento. Oppure si sarebbe perso nelle carte sopra la scrivania e nel caffè che bevevano la mattina.

Campanella. Ahh, era sempre una meraviglia sentirla suonare. Le lezioni in Giappone duravano tanto ed erano pesanti, in confronto a quelle a cui era abituato.

- Ehi, Hall-san? - una ragazzina dai capelli nocciola e i codini gli si presentò davanti, fissandolo con i suoi grandi occhi blu.

- Puoi chiamarmi Kevin. - le disse lui sorridendo.

Lei ricambiò timidamente, abbassando per un secondo lo sguardo.

- Beh, ecco, io volevo presentarmi, mi chiamo Ayano Yamamoto, e… chiederti se ti va di diventare mio amico. - disse lei guardandolo.

Lui la guardò sorridendo. Doveva ancora capire quella strana usanza globale di chiedere alle persone di diventare tue amiche. L'amicizia è una cosa che va costruita, non si può domandare ad una persona. Sarebbe come imporla, visto che nessuno si sognerebbe mai di dirti 'che diavolo ne so se voglio o no, mica ti conosco'.

Lui infatti se ne stava sempre zitto e sorrideva. In questo modo non aveva guai. Non faceva piangere nessuno e non rischiava nulla.

- Certo, perché no! - esclamò, mettendo le mani sui fianchi e sorridendo. - Yamamoto-san.

Gli facevano male le guance, sorridendo in modo così forzato.

Gli occhi della ragazzina si illuminarono di felicità, sorridendo apertamente e annuendo contenta. Per poi andarsene e tornare dalle sue amiche che la stavano aspettando.

Sospirò, uscendo dall'aula. Mentre metteva le mani in tasca e guardava avanti, una criniera di capelli biondi, ricci e voluminosi, lo colsero impreparato, ipnotizzandolo e obbligandolo a fermarsi.

La ragazza si voltò verso di lui. Non sorrise, lo guardò semplicemente sorpresa.

- Ciao. - disse avvicinandosi al ragazzo.

- Ehi! Come va?

- Bene, a te? - chiese di rimando, sorridendo appena.

- Benissimo. - l'aveva incontrata una volta sola, eppure quella ragazza, così minuta e dal viso dai tratti infantili, lo aveva attirato subito.

Certo, in primo luogo come amica. Avrebbe voluto fare amicizia con lei, conoscerla meglio e imparare cosa le piaceva e cosa no.

- Stai andando a casa? - gli domandò lei destandolo dai suoi pensieri.

- Ah? Eh, volevo dire, si. Vuoi… vuoi fare la strada insieme?

Rima sorrise appena, annuendo e uscendo, seguita dal ragazzo.

Percorsero un breve tratto insieme, dopodiché Rima si volse a guardarlo.

- Sono arrivata.

- Di già? Cioè, volevo dire, okay. - sorrise. - Allora ci vediamo!

La ragazza annuì nuovamente, percorrendo il viale e fermandosi davanti ad una casa, mettendosi a rovistare in cartella alla ricerca delle chiavi.

Kevin fece un ultimo cenno e se ne andò via, dalla parte opposta.

Rima guardò bene che se ne sia andato, poi si rimise in cammino verso casa sua, quella vera. Non voleva essere cattiva, ma si vedeva lontano un miglio che a quel ragazzo lei piacesse, almeno abbastanza da fare la strada al contrario solo per accompagnarla a casa. Lei però, aveva già qualcuno che le piaceva e che, ogni giorno, temeva di perdere.

Ogni giorno, temeva che Amu glielo portasse via. Nonostante sua cugina ripetesse sempre che era solo un amico. Per Rima tuttavia, era inconcepibile che un ragazzo del genere potesse essere considerato solo un amico. Insomma… per chi aveva gli occhi era chiaro che doveva essere qualcosa di più! Per chi aveva notato i suoi occhi verdi e sorridenti, il suo sorriso luminoso, i capelli spettinati e ribelli, il fisico che aveva grazie a tutti gli sport che faceva o che aveva fatto. Lei… non poteva prendersi impegni con altri ragazzi, voleva tentare in ogni modo di piacergli. Oh almeno, ci stava provando.

Aveva anche saputo da poco che Amu e gli altri erano andati a fare un picnic. Se glielo avesse detto le avrebbe chiesto di venirci anche lei. Chissà che era successo… e se glielo avesse domandato? O forse era troppo invadente?

Ma no, Amu non faceva caso a queste cose… che bugia gigantesca che aveva detto. Però, lei voleva sapere. Se fosse successo qualcosa glielo avrebbe detto di sicuro! Era talmente menefreghista che sicuramente non poteva essere riservata.

Questo era quello che pensava di sua cugina. Con lei non si apriva mai e nella sua mente si era creata un'immagine - mista tra realtà e immaginazione - di quella ragazza dagli strani capelli rosa.

Rincasò poco dopo, trovando Amu 'seduta' sul divano a mangiare le patatine.

La ragazza si voltò verso di lei.

- Ah? Ciao, come mai sei tornata dopo di me?

- Mi ha fermata un amico. - rispose lei, sedendolesi accanto. Posò lo sguardo a terra, guardandola qualche volta di sottecchi. La televisione era accesa, su c'era un film che probabilmente aveva già visto. La sua espressione sembrava annoiata.

- Come mai quella faccia? - domandò Rima.

- Ormai è da un po' che non ci attaccano, mi sto annoiando… E non so neanche dove andarlo a cercare… - rispose lei. Dopotutto, Ikuto era un gatto, era imprevedibile e non si fermava di certo nello steso posto per più di qualche ora.

- Chi?

- Nessuno che t'interessi. - disse, imboccandosi una quantità discutibile di patatine.

Che stia parlando di lui?

- Ehm, senti Amu… - la ragazza si voltò verso la bionda, fissandola. Si stava contorcendo le mani e si mordeva il labbro superiore. - Io…

- Non parlavo di Kukai. - disse subito Amu. Rima la guardò sorpresa, arrossendo. - Non chiedermi neanche come ho fatto ad indovinare. Non fai che parlare di quello. Io non sto con Kukai. Siamo solo amici, ora ti è chiaro? Oppure fra una settimana tornerai a rompermi le scatole con questa storia?

- Allora perché non mi hai detto del picnic?!? - lo aveva detto. Aveva trovato il coraggio di farle quella domanda. La fissò con gli occhi lucidi.

- La domanda da fare è perché avrei dovuto. - rispose tranquilla. - Quella era un'uscita tra amici. Non volevo palle al piede.

Rima sgranò leggermente gli occhi, asciugandosi le lacrime prima che esse scendessero.

- Ho capito. - la ragazza si alzò, correndo su per le scale e chiudendosi in camera.

- Certo che sei cattiva con tua cugina. - disse Suu sbucando dal dietro Amu, arrampicandosi sulla sua spalla.

- Mi ha rotto.

- Beh, in fin dei conti Amu non ha tutti i torti. - commentò Miki.

- Già, anche se certe cose si potrebbero dire con più delicatezza. - disse Ran.

- Andiamo, non vi ci mettete anche voi. Non riesco più a sopportarla. Ma perché ha avuto la brillante idea di scegliere le superiori qui vicino? - fece, mangiando altre patatine.

- Beh, forse voleva stare vicino alla sua 'dolce' cugina…


- Rima… - mormorò Kusukusu tristemente, mentre la ragazza riversava tutte le sue lacrime nel cuscino color limone.

- Perché non mi vuole dire la verità? Perché mi vuole far soffrire in questo modo? - domandò singhiozzando.

Lo Shugo Chara le si avvicinò, sedendolesi davanti.

- Rima… magari Amu dice la verità. Non credo avrebbe motivo di mentirti su questo.

- Invece si! Lei è davvero cattiva se lo vuole! - esclamò la ragazza.

Kusukusu non ne era poi così convinta. Sua cugina non sembrava affatto essere così. Più che altro sembrava il tipo a cui non importava niente di niente. Non sembrava soddisfatta di fare del male, né contenta di fare del bene. Era neutra. Faceva ciò che andava fatto.

A meno che… non fosse stata davvero brava a recitare.

- Kukai… mi piace davvero e sono sicura che per lei è la stessa cosa… solo che non vuole dirmelo. - continuava a dire la ragazza, la faccia premuta contro il cuscino arpionato con mani disperate. Le spalle erano scosse dai forti singhiozzi che la ragazza emetteva.

- Rima…


- Dolce cugina? E questa da dove… ahh… un momento… - ci era cascata di nuovo. Probabilmente non avrebbe mai imparato a non rispondere a qualunque voce le rivolgesse qualcosa. Si voltò. - Wow, ce ne hai messo di tempo prima di farti vedere, eh? Sei sempre stato qui fuori?

- Già. - rispose soddisfatto lui, girando intorno al divano e ritrovandosi di fronte a lei. - Ti dispiace?

- Mi è indifferente. - rispose. - Beh, che devi fare?

- Ah, questo dipende da te. - disse malizioso.

Amu roteò gli occhi.

- Camera, salotto o giardino? - domandò la ragazza.

Lo sguardo di Ikuto mutò in un istante, da malizioso passò a stupito in un attimo. Occhi fuori dalle orbite compresi.

- Prego? - fece sgranando ancora di più gli occhi.

Amu posò, lentamente, il sacchetto di patatine su un lato del divano. Poi si alzò fissandolo.

Lui la guardava ancora con quell'espressione di stupore dipinta in volto. Davvero ci sarebbe stata? Insomma, sul serio? Non l'avrebbe mai creduto.

- Miki? - domandò la ragazza. Lo Shugo Chara le si avvicinò. - La proviamo?

Il ragazzo la fissò confuso.

- Eh?

- Atashi no kokoro, unlock! - esclamò la ragazza.

Ikuto la guardò deluso.

- Ah… - fece non appena se la ritrovò davanti trasformata.

Indossava una camicia bianca, dalle maniche e i bordi strappati. Pantaloncini neri che le arrivavano a metà coscia. Parigine a strisce orizzontali blu e nere. Anfibi neri dai lacci azzurri e un berretto - che ricordava molto lo stile francese - con attaccato il seme di picche in nero.

La guardò bene, scrutandola da cima a fondo.

- Però… queste trasformazioni sono intelligenti.

- Fai poco il pervertito e combatti! - esclamò la ragazza. Era strano da parte sua, ma voleva combattere. Anche perché se non l'avesse sconfitto adesso, ne era sicura, sarebbe entrato nella sua vita troppo in profondità.

Lui fece un mezzo sorriso e le si avvicinò, vicinissimo al suo volto. Le prese il mento fra le dita e le alzò di più il volto. L'espressione neutra che gli rivolgeva lo irritava non poco.

- Oh, andiamo… ti va sul serio di combattere?

- Qualunque altra cosa ti metti in testa tu è meglio di combattere. - rispose sospirando e portando la mano sulla sua per toglierla.

Inaspettatamente però, il ragazzo gliel'afferrò con l'altra mano. Avvicinandosi di più al suo volto.

- Se non ti piace combattere perché lo fai?

Amu sgranò leggermente gli occhi, poi tornò come prima.

- Chi ti dice che non mi piace? - domandò seria e curiosa di sapere la risposta.

- Il tuo sguardo.

- Come? - tentò si allontanarsi, ma non ci riuscì. - Che intendi dire?

- Neutro. Uno a cui piacerebbe combattere avrebbe uno sguardo più attivo. - disse lui. - Magari pure il sorriso sulle labbra. Tu non hai nulla di tutto questo.

- Non mi dispiace combattere…

- Non ho detto certo questo. Ho detto che non t'importa di combattere o meno. - disse, lo sguardo si posò dagli occhi alle labbra della ragazza. Erano piccole, sottili e rosee. Non erano affatto attraenti. Eppure lo attiravano tantissimo. Doveva capire il perché. Soprattutto per il fatto che l'unica cosa che facevano era sfotterlo pesantemente.

- E che t'importa? - Ikuto sgranò gli occhi a quella domanda.

Giusto, a lui che importava? Era forse un problema? Dopotutto combattere se a lei andava, oppure se non le andava non avrebbe dovuto fare alcuna differenza. Era pur sempre combattere.

- M'importa perché voglio vedere qualcosa in questi occhi. Non soltanto il colore ambra che li rende profondi. - le disse.

Okay, era un complimento? Ma che carino… era sarcastico ovviamente. Era ovvio che era un modo per abbindolarla. Ci aveva già provato, no?

Con uno strattone riuscì a liberarsi, prima che il viso del ragazzo raggiungesse il suo obbiettivo.

- Non m'interessa cosa vuoi. Se sei venuto qui c'è un motivo sicuro, ma anche se non ci fosse non m'interessa saperlo. - disse incrociando le braccia. - Ma so con certezza che se uno di cui non mi fido viene a casa mia, il mio primo pensiero è scacciarlo.

- In qualunque modo? Okay, okay, non guardarmi così. - i suoi occhi ametista si immersero nel mare d'ambra che lo fissava. - Vorrà dire che ci divertiremo in tutt'altro modo.

Amu lo guardava paziente, attendendo la sua prossima mossa.

- Ore no kokoro, unlock! - esclamò il ragazzo.

Amu sgranò gli occhi. Anche lui sapeva fare la Chara Trasformation? Beh, poteva anche immaginarselo. Però fino ad ora non ci aveva mai pensato.

Forse era quello il significato della frase di quella volta. Quando era andata a salvare Kukai.


- Vedo che non puoi trasformarti ancora… - le disse. Al che Amu inarcò un sopracciglio confusa.

- Come?

Ikuto sogghignò. Proprio come immaginava.


Okay, quello che aveva davanti era uno spettacolo davvero niente male, doveva ammetterlo. Ma non poteva lasciarsi distrarre dal bel fisico del ragazzo.

Scosse la testa, schioccando le dita. Tra le mani le apparse una katana dal manico nero.

- Wow! - esclamò Ikuto guardandola. - Che coincidenza…

Al ragazzo bastò un gesto dell'indice e tra le mani gli comparve una katana dal manico blu.

- Bene, ci sarà sul serio da divertirsi… - commentò, poco prima di partire all'attacco.


Naoki fissò il foglio con incertezza. Era davvero così la ricetta che vi era scritta? Insomma… doveva mancare per forza qualche ingrediente, sarebbe stato strano. Ora, l'unica cosa che le veniva da chiedersi era… fare di tesa proprio secondo quanto imparato dalla nonna, oppure seguire la ricetta così da avere una buona scusa se i biscotti sarebbero venuti uno schifo?

Non fu necessario prendere questa difficilissima decisione, poiché il telefono squillò proprio in quel momento.

-- Pronto? --

-- Naoki? --

-- Si, zia sono io --

-- Attiva la t4 e collegati con il b1 --

-- Va bene --

Riattaccò subito, come del resto era sua abitudine fare con la zia. Lasciò perdere i biscotti e si diresse in camera sua, dove prese il computer e lo accese.

Qualche minuto e il dekstop le di presentò, con la faccia di un tigrotto-disegno che sorrideva e faceva 'ciao' con la zampetta.

Aprì il programma e attivò il sistema SDRI. Questione di minuti e sullo schermo era già apparso quello che voleva. Cliccò sulla telecamera, per poter riprendere la scena.

Sarebbe servita.

Una volta fatto questo, incrociò le braccia al petto ed iniziò a guardare la scena.


Per poco la katana non le trapassava la testa passando allegramente per un'altra via, quella oculare.

- Però… - fece Ikuto, parando un fendente che gli avrebbe staccato volentieri il capo. - Non credevo ci sapessi fare pure con la katana!

- Ci sono molte cose che non sai… - disse lei, mirando al fianco un colpo che lui parò con difficoltà, riuscendo comunque ad allontanarla.

- Forse è meglio se usciamo. - fece Amu guardandosi intorno. Erano ancora in salotto e in quel momento, casa sua rischiava grosso.

Il ragazzo annuì. Entrambi uscirono in giardino, cominciando subito a combattere. Le loro spade s'incontravano con una precisione e una maestria impeccabili.

Amu mirò al braccio sinistro, graffiandolo, anche se non profondamente. Il ragazzo cercò di colpirla ad una gamba, ma lei schivò, mirando nuovamente al fianco.

Questa volta Ikuto parò con più facilità.

- Se fai le stesse mosse alla fine sarà facile batterti! - esclamò il ragazzo, sfiorandole il petto con la lama, strappandole un poco la maglietta. - Oh, a saperlo ci pensavo prima…

- Pervertito! - esclamò lei, mosse fluida la spada nella mano, mirando al collo. Un colpo netto, secco, questo era il suo piano. Ma il ragazzo lo parò subito, avvicinandolesi di un passo e sbilanciandola con la gamba, facendola cadere a terra.

Per un soffio, Amu riuscì a parare il colpo che le stava arrivando dall'alto, riuscendo anche a rialzarsi e a mirare alla gamba, provocandogli un taglio abbastanza profondo stavolta.

Lui mirò al fianco e la ragazza non fece in tempo a schivare che si ritrovò in ginocchio, con una mano stretta alla ferita che sanguinava.

Ikuto sorrise soddisfatto, ma non maligno.

- Vuoi che ti aiuti ad alzarti? - domandò sarcastico.

Amu lo guardò, lo sguardo non esprimeva neanche rabbia. Non gli avrebbe dato questa soddisfazione. Si alzò in piedi, ma invece che caricare un colpo con la spada, gli si lanciò contro, dandogli un pugno sul mento. Sorprendendolo.

- Non prendermi per il culo! - esclamò la ragazza, caricando un altro pugno che stavolta le parò. Afferrandole poi il polso e torcendole il braccio dietro la schiena, velocemente. - L-lasciami!

La sensazione della lama puntata al collo era bruttissima. La sensazione che non sai quando stai per morire, sapendo nonostante tutto dove sta la cosa che può toglierti la vita in un attimo. Tuttavia, lei era pronta anche a questo.

Era pronta… ma essere pronti non vuol dire mica arrendersi. Con un calcio ben assestato riuscì a liberarsi della presa del ragazzo, che venne colto impreparato. Specialmente quando si ritrovò anche lui con una lama puntata sotto la gola.

- Andiamo… cosa vuoi dimostrare? Lo so che sai uccidere… - fece il ragazzo, con tono quasi annoiato, visto che non faceva nessun altra mossa.

A dire il vero, lui, non voleva affatto morire. Nè avrebbe voluto combattere, specialmente contro di lei che non gli aveva fatto alcun torto.

- Dai, Amu, ora smettila… - le disse Ikuto, cercando di fermarla, riuscendo a spingerla indietro con un calcio allo stomaco - facendo uscire altro sangue. I suoi piani erano stati stravolti, aveva progettato un'altra cosa prima di andare lì, che però non era riuscito neanche a spiegarle.

- Scordatelo, ormai ho iniziato. - la ragazza avanzava minacciosa con la spada in mano e lo sguardo serio e deciso. Ikuto si mise la katana davanti, pronto a difendersi. La ragazza si lanciò contro di lui. Ferendogli l'altro braccio, facendo uscire molto sangue che faceva contrasto con il verde del giardino nel quale si posava.

Ikuto le afferrò il braccio sinistro e glielo piegò di nuovo dietro la schiena, abbassandola di più, per farla stare ben ferma.

- Dai, calmati…

Una testata e il ragazzo si allontanò, con il naso sanguinante e un mano premuta su di esso. La katana ancora ben salda nella mano.

Lei menò un fendente che colpì il ginocchio sinistro, facendogli stringere i denti per il dolore.

Gli si avvicinò di nuovo, dandogli un calcio allo stomaco che non riuscì a fermare. Caricò anche un pugno, ma Ikuto lo intercettò bene e gli fermò la mano, stringendola forte.

Amu non si arrese, sottraendosi alla sua presa. Tenne salda la mano sulla spada, muovendola veloce, fino a ferirgli la schiena. Ikuto ringraziò il cielo che il taglio non fosse tanto profondo. Nonostante bruciasse da morire. Si piegò in due per il dolore, finendo in ginocchio. Aveva ancora la spada in mano. Afferrò la camicetta della ragazza e l'attirò a sé, strappando il tessuto di più.

Con un colpo di katana poi, le ferì la pancia.

Il sangue usciva copioso dalla ferita, mentre Amu cadeva anch'essa in ginocchio, abbandonando la katana a terra e tenendosi la ferita.

Guardò verso il ragazzo davanti a lei. Aspettando il colpo decisivo che non arrivò.

Ti pareva...

Ikuto si alzò in piedi, guardandola. Sentiva il sangue scendergli lungo la pelle della schiena e bagnargli il tessuto. Così come lo sentiva nella gamba, nel braccio. Lo scricchiolio delle ossa e i graffi che aveva riportato con le varie cadute, soprattutto nel ginocchio. Dove, cadendo, la ferita si era spellata di più.

Amu non era affatto messa meglio e, dal modo in cui il sangue scendeva e bagnava l'erba, era palese chi dei due aveva vinto. La ragazza si accasciò a terra. La Chara Trasformation si sciolse e lei cadde in avanti, sentendo sulla faccia l'odore e la sensazione viscida e liquida del suo stesso sangue.

Che cretina… Non era riuscita a difendersi bene. Aveva perso e ora il sangue che usciva dal suo corpo, era la prova schiacciante della sua sconfitta.

Senza accorgersene si sentì sollevare.

Guardò chi l'aveva presa.

- Il taglio alla schiena ti si aprirà di più… - disse.

- Qualche millimetro non cambierà di molto. - rispose il ragazzo con un mezzo sorriso.

- Non rompere troppo e lasciami…

Non rispose, entrando in casa e stendendola a terra, mentre lei chiudeva gli occhi, non riuscendo più a reggere il peso delle palpebre aperte.




Meme: Dai! Forza!! Muoviti!!! >.<


Ikuto: Che stai facendo? O.o


Meme: … no! Non morire!!!! ç.ç


Amu: Sta giocando a un videogioco u.u


Ikuto: ?


Amu: Alice madness returnes u.u


Ikuto: Quel gioco splatter e malato come lei? O.O *indica meme* Le piace proprio peggiorare la sua situazione =.=


Amu: Concordo =.=


Meme: Silenzio! >.< Mi deconcentrare!


TNI: Che pizza… -.-''


Ikuto: O.O


Amu: O.O


Meme: Ancora tu? O.O


TNI: Muahahahah!!!


Ikuto: Okay, ci dici chi diavolo sei, una volta per tutte? =.=


Amu: Già =.=


Meme: Ma come andate d'accordo ultimamente ^o^


Ikuto e Amu: Taci! >.<


TNI: Incapaci u.u


Meme: Bene, ora vi dirò chi è >.< Visto che fai tanto il sapientone vedremo quanto lo farai una volta apparso! >o<


TNI: O.O


*meme scosta le tende*


Meme: O.O Ma… prima tu non eri tu! O.O


TNI: Io sono sempre stata io.


Meme: TNI fa parte di questa storia! >.< Che diavolo ci fai TU qui? O.O


Amu: Ma chi è? O.o


Meme: Itou Harumi u.u


Ikuto e Amu: Chi?? O.o


Meme: una mia creazione =.= *se ne vergogna* che però ha sbagliato set, questo è 'quello che non sarà mai' di Shugo Chara baka! =.= Non 'Black Ink' di Bleach! >.<


Harumi: Allora datti una mossa e vai avanti con il capitolo! è.é


Meme: ç.ç Non mi maltrattare…


Amu: Non ci posso credere… O.O


Ikuto: Già… O.O


Meme: Cosa? O.o


Ikuto e Amu: Ha rovinato pure la sezione di Bleach! O.O


Meme: Cattivi ç.ç

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Capitolo 20
*** Non ci credi, vero? ***


Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il soffitto bianco di casa sua. E la prima domanda che si pose fu… perché vedeva il soffitto di casa sua.

Si voltò di lato, avvertendo subito un dolore - talmente forte - che la costrinse a tornare nella posizione precedente.

In quel momento si sentiva una stanchezza addosso indefinibile. Sarebbe restata lì per il resto dei giorni, fino a che almeno non si sarebbe sentita meglio.

Tuttavia, prima o poi si sarebbe dovuta alzare. Questo lo sapeva. Da come la stanza era illuminata, si poteva dire che era già sera. Quanto tempo era rimasta lì per terra? E poi… come ci era finita lì?

Cercò di ripescare quei piccoli frammenti di ricorsi ancora presenti, se possibile, nella parte dei ricordi del suo cervellino. Il problema era che si sentiva la testa talmente pesante e il corpo talmente distante da essa, che lo riteneva inutile tentare di ricordare. Come si sarebbe messa di nuovo a dormire, in quelle condizioni, avrebbe dimenticato tutto.

Okay… doveva almeno tentare di sollevarsi un po'. Magari mettersi seduta e capire perché si sentiva così male.

Fece appello a tutta la sua buona forza di volontà, per compiere il 'grande passo' e strisciare verso il muro. la testa continuava a farle male e la stanza sembrava stare in un vortice, per quanto girava.

Raggiunse il muro, chiuse gli occhi. Fece un respiro profondo e con un immenso sforzo - immenso era molto poco - riuscì a mettersi seduta, poggiando la schiena alla parete e riprendendo a respirare regolarmente.

La stanza ora, girava più lentamente, scorrendo, nei suoi occhi assenti e stanchi, come un piccolo pendolo che da un momento all'altro l'avrebbe ipnotizzata.

Tuttavia, il solo fatto di realizzare di essere in casa sua fu un grande sollievo per una che si era appena svegliata - e che si sentiva appena ripresa da un coma di almeno tre anni.

Ora quello che doveva fare era vedere perché si sentiva un tale coccio.

Si guardò le mani, quasi sperando che non fossero le sue, quelle piene di graffi e terra. Lentamente, si andò a toccare il corpo, dove avvertiva qualcosa di più strano e poco normale. Il fianco fu la prima cosa che notò. Era fasciato. Probabilmente l'avevano ferita.

Uno sprazzo di memoria si fece largo nella sua mente… Dio, quanto sangue aveva perso per potersi sentire così frastornata? E soprattutto, chi diavolo l'aveva curata?

Si alzò la maglietta, sfiorandosi quell'accoppiamento di garza e cerotti. Fatto alla bell'e meglio, giusto perché andava fatto, altrimenti 'Sayonara Amu'.

Continuò a sfiorarsi diversi punti. Le spalle, il petto, lo stomaco. Un leggero dolore, misto a fastidio, la costrinsero ad allontanare le dita da esso. Che le avevano fatto? L'avevano picchiata pesantemente a considerare da quello…

Quanto tempo era durata la battaglia e quanto a lungo era rimasta lì a terra come una deficiente.

Poco a poco i ricordi stavano tornando, ma non erano ancora abbastanza nitidi per poter essere considerati tali.

Più tardi, scoprì l'esistenza di un'altra fasciatura, comprendendo anche il perché del suo blocco nei movimenti. Una ferita alla pancia. Non era stata fasciata e neanche curata bene. Il sangue era ancora rappreso in alcuni punti e quattro cerotti erano sparsi per la ferita, quasi come a dire 'noi ci abbiamo provato'.

Okay, dopo questo, era certa che se anche avesse voluto, per almeno qualche altro minuto, non sarebbe riuscita ad alzarsi. La pelle ferita, si era abituata alla postura di lei da sdraiata, riconoscendo quella posizione come 'sicura' e 'non dolorosa'. Già un po' di dolore si avvertiva standosene seduta. Alzarsi in piedi sarebbe stato un fottuto suicidio! Cosa che lei no aveva intenzione di praticare.

Lasciamola ai masochisti quella maledetta roba!

In un qualche modo, riuscì a trovare l'orologio, notando con piacere che era mezzanotte passata, che sua cugina non era scesa per la cena, che sua madre non era tornata e che suo fratello - con molta probabilità - aveva pensato bene di fregarsene della casa e andare a spassarsela da qualche parte. Lo sapeva, non sembrava il tipo… eppure lo faceva spesso quando non aveva 'niente da fare'.

Ah, giusto… che lei aveva una fame terribile e nessuno era disposto ad aiutarla a farsi da mangiare. Anche un panino… andava bene qualunque cosa… purché non sentisse più il suo stomaco lamentarsi.


Un altro giorno di scuola. Già. Un altro giorno in quella scuola. Aveva legato amicizia con un paio di ragazze e le aveva fatto anche piacere. Il suo unico problema era che non poteva uscirci insieme. Aveva fin troppi impegni per potersi permettere il lusso di uscire a divertirsi. Li aveva sempre avuti.

Infatti quella parola era una cosa estranea a lei. 'Divertimento'. Ne aveva mai sentito parlare? Si, sicuramente. L'aveva mai praticato? Si, sicuramente. Ma era troppo distante e immerso nel suo passato, perché si ricordasse il significato vero e proprio di quella parola.

- Wang-san! - esclamarono in coro le due ragazze, correndole in contro.

- Sasaki-san, Mori-san… - mormorò la ragazza, voltandosi verso di loro.

Erano due ragazze della sua stessa età, vivaci, semplici e sorridenti. Sasaki Mana e Mori Fujiko.

Sasaki era la più bassa del gruppo. I lunghi capelli neri, che le arrivavano fino a metà schiena erano trattenuti in cima da un cerchietto celeste. La fissava sempre con quei grandi e profondi occhi viola. Nonostante il colore cupo, quegli occhi erano luminosi e spesso, Naoki si era chiesta come fosse stato possibile.

Mori invece era quasi il suo opposto nell'aspetto. Di sicuro si poteva dire che era una ragazza decisamente alta, anche se non troppo, poiché superava Naoki. I capelli erano di un biondo chiarissimo, legati in un coda che partiva da sopra la testa e metteva in risalto il suo elastico rosso preferito. Occhi celesti, piccoli e un poco ravvicinati. Anche lei non riusciva a tenere le labbra serie per un secondo.

- Come stai? - domandò Mana.

- Bene, perché?

- Ieri non sei venuta a scuola e ci siamo preoccupate. - disse Fujiko.

- Tutto a posto, tranquille. - fece la ragazza sorridendo appena.

Le due le si misero ai lati, fissandola.

- Senti… - iniziò a dire Mori-san, facendo voltare Wang nella sua direzione. - Noi volevamo chiederti una cosa…

Naoki inclinò leggermente il capo, confusa e curiosa di sapere la domanda.

- Che cosa tieni sotto la benda? - domandò Mana, era sempre stata quella che delle due non aveva problemi a chiedere.

Naoki abbassò il capo, scura in volto.

- Lo persi quand'ero molto piccola.

- Il tuo occhio? - domandò Mori-san.

Naoki annuì. Era triste. Non voleva dire loro la verità. Non avrebbero potuto capire. Aveva troppi segreti, svelato uno, sarebbe stata costretta a svelarli tutti.

- Ah, capiamo… scusaci Wang-san. - disse Fujiko.

- Non preoccupatevi. - rispose sorridendo in modo tirato.

Entrarono in classe poco dopo. La campanella aveva suonato da qualche minuto, ma stranamente il professore non era ancora in classe.

Meglio così. Avrebbero preso la cosa con più calma. Quella mattina dopotutto, non aveva affatto voglia di andare a scuola, eppure ci era andata lo stesso.

I compiti li aveva fatti bene, nonostante non avrebbe aperto libro il pomeriggio prima. Perché sua zia voleva che andasse bene a scuola, nonostante dovesse fare tutte quelle altre cose. Quella donna, non si rendeva conto del peso che avevano tutte quelle cose, sulle fragili spalle della ragazza.

- Hai fatto inglese? - domandò Mana non appena si sedettero.

- Si. - rispose Naoki.

- Mana, sei sempre la solita… - fece Mori-san con fare di rimprovero.

Sasaki-san arrossì leggermente, sorridendo.

- Comunque sia… - disse, guardando Naoki con la faccia da cucciolo. - … Mi fai copiare i tuoi compiti?

Naoki annuì, sorridendo appena.

- Si, si, tranquilla… - tirò fuori il quaderno e il libro d'inglese dallo zaino e glieli passò.

La ragazza la guardò con occhi pieni di gratitudine, mentre li prendeva e iniziava a copiare.


- A-Amu? - mormorò il ragazzo sconvolto, non appena la vide.

Stava in piedi, si, ma si teneva allo stipite della porta con tutte le sue forze.

- Tranquillo Kukai, è tutto a po… aaaahhh!!! - per poco che non cadeva. - Grazie.

- Tutto ok. - fece il ragazzo, scrutandola poi per bene. - Che diavolo ti è successo? Tua cugina ti ha pettinato i capelli?

- Rima non fa poi così forte, anche se più pettinarmeli me li strappa… - commentò lei, sorridendo. - Ieri ho combattuto contro Ikuto…

- Ikuto?!? - domandò incredulo il ragazzo. Prendendola per le spalle e fissandola dritto negli occhi. - Che ti ha fatto?

- Te l'ho detto, abbiamo combattuto…

- Dove ti fa male?

- Un po' dappertutto.

- Più precisamente?

- Il fianco… ma..

- Dai fa vedere… - fece sbrigativo e preoccupato.

- Ehi, ehi! Calmati! - esclamò la ragazza afferrandogli le mani. - Mi è successo di peggio! Non dovresti preoccuparti così!

Kukai la guardava serio.

- Non ti avevo mai vista messa così male però… quel bastardo ha colpito dei punti dolorosi… - le disse. - Tu come lo hai ridotto?

- Male.

- Allora va bene.

Amu rise, andando in salotto assieme a Kukai e mettendosi seduta.

- Come hai fatto ad alzarti? - gli domandò il ragazzo, sedendolesi accanto.

- Una buona dose di coraggio. - rispose la ragazza, sospirando. - Sai, fa veramente male…

- Ci credo… ma chi è che ti ha curato?

- Ottima domanda, è quello che vorrei sapere. - rispose lei. Mentendo. O meglio… all'inizio davvero ci aveva dovuto pensare. Insomma, addormentarsi sanguinante e risvegliarsi fasciati… un po' di domande te le poni. Poi però, ci aveva riflettuto. Sua cugina non sapeva fare un cazzo neanche a pagarla oro. Sua madre non poteva essere, perché si sarebbe risvegliata nella sua camera. Suo fratello idem. Non poteva essere stato che lui. Però… sarebbe stato un controsenso. Nonostante non ci fossero alternative, dopotutto era più chiaro del sole che fosse stato lui. E anche per il fatto che sembrava non voler combattere contro di lei fin dall'inizio. Ma cosa andava a pensare? Era ovvio che stava vagando troppo con la mente.

- Come sarebbe, non lo sai?

- No, mi sono addormentata nel pavimento di casa e quando mi sono risvegliata ero stata fasciata.

- Magari è stata tua madre.

- Allora mi sarei risvegliata nel mio letto…

Kukai sembrava quasi in difficoltà, si mise la mano sotto il mento e corrugò la fronte. Pensieroso. Probabilmente anche lui aveva pensato la stessa cosa e anche lui faticava a crederci.

- Amu? Non hai nessuna…

- Una ce l'ho… ma mi sembra abbastanza assurda come idea. - rispose la ragazza, chiudendo gli occhi stancamente e inclinando il capo verso il basso.

- Abbiamo pensato la stessa cosa? - domandò Kukai, sorridendo.

- Può darsi… - sospirò Amu, riaprendo gli occhi e voltandosi a guardarlo. - Ma sarebbe possibile?

Kukai fece spallucce.

- Lo chiedi alla persona sbagliata. - le disse sorridendo.

Amu sgranò appena gli occhi, tornando poi a guardare a terra. Non avrebbe avuto motivo per curarla… Insomma, che ci avrebbe guadagnato? Lui era messo quanto lei ed era stata lei, a ridurlo così.

Perché avrebbe dovuto aiutarla?

- Perché mi avrebbe aiutata? Insomma, io non sono stata da meno ieri… - disse, sospirando di nuovo.

- Non chiedere a me, non ne ho la più pallida idea. - disse Kukai.

Amu rimase in silenzio. In un certo senso, era più preoccupata se fosse stato veramente lui a curarla. Si, preoccupata. Perché, ora, cosa avrebbe voluto in cambio per quello?


- La ragazzina ti ha ridotto abbastanza maluccio, non trovi? - domandò, ridendo.

- Non rompere! - esclamò Ikuto, scocciato.

Sentì la risata farsi più forte. Che rabbia…

- Ehi, fai piano! - fece, mentre le bende continuavano ad avvolgergli la pelle, fascia dopo fascia, stringendo sempre di più.

- Non dovevi ridurti così, in queste condizioni non sarai in grado, momentaneamente, di continuare quello che stavi facendo.

Lo sguardo del ragazzo si fece scuro. Serio.

- Avete forse intenzione di sostituirmi?

Altra risata da parte di quell'individuo.

- Certo che no! - esclamò. - Cinque giorni.

- Ah? - domandò stranito, il mezzo gatto.

- Hai cinque giorni di tempo per metterti in sesto… e, di conseguenza, studiare un po' le mosse della tua nemica. - disse. Anche se non lo vedeva, poteva quasi sentire il distendersi delle sue labbra in un sorriso subdolo e privo di qualunque fiducia. - Che ne dici, micetto?

Ikuto strinse i pugni non appena sentì quel nomignolo. Poi cercò di rilassarsi.

Guardò verso l'uomo che lo stava curando.

- Andata! - esclamò, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi sadici.

L'altro ricambiò con lo stesso entusiasmo. Si alzò in piedi.

- Qui ho finito. Vedi di non sforzarti troppo… - disse, per poi lasciarlo solo, nella sua stanza.


- Dormi qui ti prego! - esclamò Amu. Se fosse stata in un manga shojo avrebbe avuto i lacrimoni agli occhi.

Kukai alzò un sopracciglio, guardandola confuso e stupito.

- Che ti prende adesso? - domandò confuso.

- Entro domani sarò in forma, ma oggi non riesco a camminare bene! Ho paura… che torni. - gli confessò.

Kukai si fece serio. Guardò l'amica, mentre aveva un'espressione che non le aveva mai visto. Sembrava quasi… supplicarlo, di restare con lei quella notte.

Gli aveva confidato una paura che aveva. Di sua spontanea volontà, senza troppi giri di parole. Certo, in un modo alquanto strano e un poco brusco. Ma era da Amu. Sorrise, posandole una mano sulla testa e scompigliandole i capelli. La ragazza lo fissò, in attesa.

- Va bene! - esclamò, alzando il pollice.

Amu ricambiò il sorriso, appena ovviamente. Avrebbe voluto fare uno scatto e abbracciarlo stretto. Ma non lo fece, non era da lei.

Kukai di sicuro, era l'unico amico che non si stupiva mai di nulla. Che l'assecondava sempre. In tutti i suoi strambi comportamenti. Si sentiva cambiata incredibilmente, rispetto a prima. Ed era sempre lo stesso effetto, quando stava accanto a lui. Era l'unico amico fatto per lei. Non ce ne sarebbero stati altri.

Senza che ci pensasse davvero, le venne in mente Ikuto. Non seppe perché. Lui non era suo amico. Era suo nemico. Allora perché lo aveva pensato? Perché le era venuto in mente?

- Comunque… puoi dormire in camera mia…

- Il divano va benissimo. - la fermò sorridendo.

- Non ti conviene. - fece Amu, quasi preoccupata.

- Ah? Perché?

- Mia cugina.

- Cosa le ho fatto?

- Niente. - si affrettò a dire Amu. - Ho più paura di quello che potrebbe farti lei…

- Che intendi?

- Lascia stare… - disse, facendo cadere in quel modo l'argomento.

- Okay, vado a prendere la mia roba e poi torno subito. - le disse, sorridendo.

Uscì di casa e Amu corse in camera sorridendo. Si sentiva meglio. Di sua cugina non si fidava. Figurarsi, era lei che doveva proteggerla e il contrario non sarebbe mai avvenuto.

I suoi genitori non erano a casa. Forse fra poco sarebbe tornato suo fratello. Ma non c'erano problemi, suo fratello non era poi così geloso di lei.

Sentì la porta schiudersi e la voce di Zenko che salutava.

- Se c'è qualche umano qui, risponda! - esclamò.

Sua sorella si affacciò dalla porta della camera e guardò verso il piano di sotto.

- Ehi! - esclamò, a mo' di saluto.

Il ragazzo sorrise, salendo le scale e raggiungendola, per poi abbracciarla affettuosamente.

- Come sta la mia sorellina?

- Mollami.

- Uff… scontrosa come sempre. L'affetto fraterno proprio non sai che cos'è, vero?

Amu sbuffò,staccandosi dal fratello.

- Viene a dormire un mio amico stasera.

Zenko inarcò un sopracciglio.

- Amico? Amico, amico, vero?

- Uff… no, in effetti è da un po' che sto pensando a lui in modo diverso. - fece con tono sarcastico.

- Cosa?!?

Un'occhiataccia da parte della sorella, fece capire a Zenko che stava scherzando, prendendolo bellamente per il culo.

- Smettila di fare il fratellino geloso! Rompi! - disse la ragazza, mentre tirava fuori il pigiama.

Zenko le osservava i movimenti. Poi un pensiero gli attraversò la mente.

- Dove dorme questo ragazzo? - domandò poi.

Altra occhiataccia da parte di Amu.

- Dorme stretto stretto alla tua povera e innocente sorellina!

- Smettila di sfottermi, mi preoccupo per te!

- Dovresti smetterla con queste sciocche preoccupazioni. Quante persone di cui non mi fidassi hai visto dormire qui? - gli domandò, incrociando le braccia e attendendo la risposta.

- Vado a cenare.

La ragazza posò il pigiama e si tolse la maglia che aveva indossato fino a quel momento, mettendosene una bianca e decisamente più comoda.

Uscì sul terrazzo. Anche per vedere quando sarebbe arrivato Kukai. Dopo la scenetta che aveva fatto il fratello, era meglio se non sarebbe andato ad aprire la porta.

- Amu? - si voltò. Si era dimenticata di chiudere la porta.

- Chi è che viene dormire qui?

- Un mio amico.

- Chi? - insistette lei.

- Kukai, contenta?

- Sei veramente cattiva…

- Tu prova solo a dire qualcos'altro o anche solo a versare una lacrima e giuro su Dio che ti spacco la faccia! - esclamò, senza neanche rientrare nella stanza.

Rima la fissò, sgranando gli occhi, che già iniziavano a farsi lucidi. Di nuovo dannazione, di nuovo!

Uscì dalla stanza e chiuse la porta alle sue spalle.

Amu si voltò verso il cielo. Il tramonto. Quanto odiava quel periodo della giornata! Sembrava che il cielo fosse infuocato e segnasse la fine di tutto.

- Romantico il tramonto, no? - una voce puramente sarcastica la distolse dai suoi pensieri.

Si voltò di scatto, sbilanciandosi e cadendo in avanti. Fortunatamente atterrò in ginocchio, facendosi meno male. Ikuto, davanti a lei, sorrise. Si sarebbe mosso volentieri se avesse rischiato di cadere male. Ma ormai aveva imparato a capirla. Realizzando che sarebbe stata molto più contenta di un'ammaccatura in più, piuttosto che essere aiutata da lui.

- Che diavolo vuoi? - domandò, scura in volto.

- Sai, fa sempre piacere essere accolto con un bel sorriso. - le disse.

Amu si alzò, non accennando a cambiare il suo viso truce. Ikuto avanzò verso di lei, facendola indietreggiare fino al balcone. Avvicinò le mani al viso e nonostante tutto, lei lo lasciò fare. Le posò le mani sulle guance, stendendole le labbra e piegandole un poco verso l'altro.

- Ecco, così già è meglio. - commentò.

Un movimento delle braccia della ragazza e le mani di Ikuto si allontanarono dal suo viso.

- Cosa sei venuto a fare qui? - domandò di nuovo, incrociando le braccia. - Mi vuoi attaccare di nuovo? Beh, ti spiace se ti dico che dovrai ripassare? Oggi sono un po' messa male. Chissà perché?

Ikuto sorrise appena. Un sorriso quasi… triste. Un sorriso che Amu non comprese.

Le si avvicinò ancora, con il viso. Amu si mise in posizione, quasi di difesa. Non capiva le sue intenzioni.

Ikuto la fissò negli occhi. Incomprensione, paura, rabbia… vi lesse tutte queste emozioni insieme. Si sentì per la prima volta un'idiota, allontanandosi e sorridendo.

- Che diavolo… - stava per dire Amu, ma lui le alzò il volto con una mano, posando l'indice sul naso e facendole segno di tacere.

- Non credi che se volessi attaccarti mi basterebbe prenderti alle spalle? - le domandò, per poi lasciarla andare e, saltando, andarsene.




Meme: *piena di soddisfazione*


Ikuto: O.O


Amu: O.O


Kukai: *attaccato al televisore a guardare la partita*


Meme: *tifa*


Ikuto: Scusa, ma allora la frase 'piena di soddisfazione' per cos'era? O.o


Amu: Non per il capitolo?


Meme: No, idioti! Primo tempo della partita e l'Italia è già 2 a 0 *-* *tifosa incallita*


Amu e Ikuto: -.-''


Kukai: *affiancando Meme e a tifare con lei*


Amu e Ikuto: Oddio… -.-''

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Capitolo 21
*** Pieni di sangue e di dubbi ***


- Amu? - la ragazza sobbalzò sentendosi chiamata. Si voltò di scatto, come se fosse stata colta a fare qualcosa di sbagliato.

- Kukai… sei tu… - mormorò sollevata.

- Non mi sembra che tu abbia invitato qualcun altro a dormire qui stanotte. - commentò sarcastico.

Amu fece un mezzo sorrise, annuendo.

- Oh, puoi posare lo zaino lì. - gli disse poi, indicandogli uno spazio vicino al comodino, nel lato destro del letto.

- Oh, beh, grazie. Sicura, che va tutto a posto? - le domandò.

Amu annuì.

- Tuo fratello vuole uccidermi?

La ragazza annuì di nuovo.

- Cosa?!? - ci aveva messo qualche secondo a realizzare la domanda che le era stata posta. Si voltò a guardarlo, mentre lui scoppiava a ridere e le spettinava di nuovo i capelli. - Oh, Zenko lascialo perdere… Ti ha aperto lui?

Kukai annuì.

- Sembrava volermi minacciare di morte con lo sguardo. - disse sarcastico, provando ad imitare lo sguardo tetro del fratello.

Amu fece una breve risata. Era ancora soprappensiero per le parole di Ikuto. E quello che più le premeva era che non aveva torto. Oh meglio, non del tutto… Diavolo, l'avevano fatta pensare! Insomma, lui era il tipo da attaccare alle spalle? Ma neanche se l'avesse voluta morta… Oppure si sbagliava?

Quante battaglie avevano fatto insieme dopotutto? Due? Erano poche. Non poteva dire di poter conoscere il carattere e lo stile di combattimento di una persona in due volte. Ma non poteva neanche dire che, quello che le aveva detto, non fosse stata tutta una tattica per farle abbassare la guardia.

- Ohi! Amu!

La ragazza alzò di scatto il volto, all'udire la voce amichevole di Kukai. Il quale la guardava quasi preoccupato.

- Per caso è successo qualcosa mentre ero via?

Stava per negare. E forse avrebbe fatto meglio, fatto sta che se erano amici, anche lei doveva dimostrarglielo.

Annuì.

- Cosa? - la sua voce era calma e tranquilla, ma tradiva una certa inquietudine e preoccupazione.

- Ikuto… è venuto qui.

Gli occhi di Kukai sarebbero potuto cadere in quel preciso istante, tanto erano sgranati.

- Sai che gli occhi possono cadere davvero, si? - domandò Amu, alla vista della sua espressione.

- Eh?

- Lascia stare, è che avevi un'espressione talmente buffa! - esclamò la ragazza, sorridendo.

- Beh, almeno adesso mi guardi in faccia! Che ti ha detto quello lì?

- Beh… avrei giurato che fosse venuto qui per combattere, gliel'ho anche detto… - iniziò a dire la ragazza.

- E lui?

- Lui mi ha risposto… in un modo abbastanza strano. - disse.

- Che ti ha detto?

- Che mi avrebbe attaccato alle spalle, se avesse voluto combattere e uccidermi.

In quel preciso istante, dopo quella frase, calò un silenzio imbarazzante fra i due ragazzi. Kukai la fissava, senza sapere che dire. Amu invece neanche lo guardava, fissava terra, ripensando a quelle parole. Al suo viso mentre le diceva quello. Alla sua voce, ai suoi occhi. Nulla sembrava mentire.

- Credi ti abbia mentito? - le domandò d'un tratto il ragazzo, rompendo quell'assurdo silenzio.

Amu sospirò, tornando a sua volta a guardarlo.

- Non lo so… Per come lo ha detto no, però… Non ci sto capendo niente… - disse in fine, portandosi le mani fra le ciocche rosa.

- Ormai è chiaro che cerca qualcosa da te… ma tu hai idea di cosa sia?

- Preferirei non averla. - borbottò.

- Quindi ce l'hai. - constatò il ragazzo.

- No…

Silenzio.

- Okay, ce l'ho.

- Ottimo, ora, senza che tu mi dica nulla di troppo 'importante'… è quello che penso io?

- Spero di no.

- Allora è così.

Amu fece un sorriso triste. Il suo sguardo si posò sulla sveglia, sopra il comodino. Era quasi ora di cenare.

- Ti va la pizza? - gli domandò.

- Come?

- Se andiamo a mangiare di sotto dovrei sopportare mio fratello. Se ci facciamo portare la pizza, possiamo mangiarla anche qui… - spiegò la ragazza, posando il volto fra i palmi delle mani e i gomiti sulle ginocchia. - Sempre se ti va.

- Ci sto!

La ragazza afferrò il cellulare e compose il numero della solita pizzeria. Chiedeva spesso la pizza a domicilio, spesso quando non voleva parlare con la famiglia.

Una volta appurato che pizza prendere, chiuse la chiamata e tornò a fissare il vuoto.

- Amu?

- Si?

- Oggi a scuola, ho fatto conoscenza con quella ragazza appena trasferita.

Amu inarcò un sopracciglio, per fargli capire quanto avesse intuito quello che le aveva appena riferito.

- Naoki Wang. - precisò il ragazzo.

- Ohh… quella… chi è?

Kukai rise, spiegandole per bene chi era quella ragazza.

- Ah, capito. Beh, allora?

- Sembra una normale ragazza. Alla quale piacciono i vestiti particolari.

- Cioè?

- Aristocratic Lolita.

- Wow! Deve provenire da una famiglia ricca per permettersi tanto!

- Concordo. - rispose il ragazzo, sorridendo.

Amu stava per dire qualcosa, quando una voce la richiamò.

- Che c'è Zenko?!? - strillò anche lei in risposta.

- Hanno suonato alla porta! - esclamò di rimando il ragazzo.

- E allora apri!

- Sono sotto la doccia!

Amu sbuffò, guardò Kukai e dopo un 'torno subito' uscì dalla stanza. Probabilmente era la pizza.

Aprì la porta.

- Ecco a lei signorina. - disse il ragazzo, che teneva in mano un cartone di pizza margherita.

- Grazie, ecco a lei. - rispose, pagandolo e prendendo, al suo posto, il cartone bollente.

Tornò in camera.

- Ah, bene, si mangia! - esclamò Kukai prendendole dalle mani la pizza, per poi posarla sul comodino aprire il cartone.

Mangiarono un boccone tra una risata e l'altra. Quella sera, Amu appurò che era impossibile mangiare con Kukai.

Con tutte le battute era riuscita a mangiare si e no due pezzi di pizza.

- Comunque… cosa stavamo dicendo prima? - domandò Amu.

- Mmh… di Wang. - rispose il ragazzo, addentando l'ultimo pezzo di pizza.

- Che cavaliere! Dammene almeno metà!

- Scordatelo, con tutti gli sport che faccio ho bisogno di energie!

- Ma piantala! - fece ridendo. - Comunque… Wang?

- Niente, è una normale ragazza strana. - disse.

- Ah, ora si che è chiaro. - fece Amu con sarcasmo, incrociando le braccia al petto. Gli Shugo Chara, che solo in quel momento erano usciti dalle loro uova, risero.

Daichi si avvicinò a loro sorridendo.

- Finalmente siete uscite, mi stavo annoiando ad ascoltare i loro discorsi! - esclamò sbuffando.

- Scusaci. - si scusò per tutte Suu.

- Va bene, va bene…

- Vuole conoscerti. - buttò lì poco dopo Kukai. Mentre i loro Shugo Chara continuavano a parlottare e ridere tra loro.

- A me?

- Ti sembra che io abbia i capelli rosa?

- Fortunatamente no. - rispose lei, ma al di là della frase, il tono era serio. - Perché mi vuole conoscere?

- Che ne so io? Ti troverà interessante. Non essere sempre così sospettosa! - le fece, notando l'espressione che c'era sul volto della ragazza. - Vorrà fare amicizia con te.

- E perché questo tramite?

- Perché tu non eri a scuola, forse?

- E gli altri giorni?

- Tu ti avvicineresti ad una persona con la tua espressione e l'aria che hai sempre intorno?

- Certo, mica mi chiamo Kurosaki Ichigo.

Kukai rise.

- Ora lascia un attimo da parte i manga e…

- Impossibile, Bleach ti entra nelle vene.

- Quello è vero… ma non ci perdiamo in questi discorsi! - esclamò il ragazzo. - Dimmi… che ne pensi?

- Se mi vuole conoscere mi conoscerà, io… per il momento… non ho problemi se non con Ikuto.


- Ehm… mi chiamo Naoki Wang. - disse la ragazza, sorridendo appena e guardandola.

- Si, questo lo sapevo… Io sono Amu… ma a parte credo che anche tu lo sappia il mio nome.

La ragazza annuì.

- Si, scusa se ho mandato, ehm… un tramite… Credevo non mi avresti voluto parlare.

- E perché mai? - fece, inarcando un sopracciglio e fissandola. Okay, era davvero Ichigo Kurosaki allora!*

- Non so… ma non pensarci! - esclamò tutto d'un tratto. Non l'aveva mai vista sorridere quella cinesina, che fosse triste per qualcosa? Oppure la sua espressione era talmente fissa che era impossibile cambiarla?

Oh, beh…

- Beh, suppongo quindi che tu voglia essere… Una specie di amica per me.

A quelle parole, la ragazza rimase leggermente stupita, poi tornò normale.

Annuì.

- Suppongo di si.

- Bene, allora adesso che si fa? - per Amu era innaturale come cosa e Naoki se n'era accorta. Stava trattando la faccenda come se fosse un discorso di un compito in classe, più che essere amici.

- Beh… - dannazione. Questa cosa si stava facendo sempre più complicata. Però ancora non poteva dirle niente. Calma… Doveva stare calma e continuare questa cosa. Almeno fino a che sarebbe stato necessario. Poi le avrebbe detto tutto. - Torniamo a casa insieme!

Propose infine.

Amu sgranò gli occhi, poi, dopo ore e ore di riflessioni e seghe mentali, annuì.

- Dove abiti tu? - domandò d'un tratto Naoki.

- Ahh… abbastanza vicino alla scuola. E tu?

- Diciamo anch'io.

Non si dissero altro. Amu si torturava le mani, guardando il cielo che, piano piano, stava imbrunendo.

- Ehm… quanto manca per casa tua, Hinamori-san? - domandò d'un tratto Wang.

- Togli il suffisso formale e chiamami Amu. - disse la ragazza. Il linguaggio formale la seccava. Lei, parlava in modo abbastanza volgare. Certo, non come certi ragazzi. Tipo Ikuto. Ecco, le era di nuovo tornato in mente lui… - Comunque manca ancora un po'.

Riprendendo a parlare forse se lo sarebbe tolto dalla mente.

- Perché io sono arrivata. - annunciò Naoki, quasi turbata da quel fatto.

- Oh… - Amu la guardò, poi fece spallucce. Come non detto eh… Avrebbe sicuramente continuato a pensare a lui per tutto il tragitto verso casa. Che seccatura! - Beh, pazienza!

- Sicura che non vuoi essere accompagnata per un altro pezzo?

- Faccio sempre la strada da sola. - rispose la ragazza, riprendendo a camminare. - A domani!

Naoki rispose poco dopo. Rientrando in casa.

Sua zia, era già lì ad aspettarla. Seduta sulla poltroncina del salotto, la tazza di tè verde in mano, e il solito sguardo serio in viso.

- Com'è andata?

- Direi che è andata.

La donna annuì, passando una tazzina di tè anche alla nipote.


Ormai erano quasi le cinque, e le giornate erano sempre più corte.

Le strade, di conseguenza, sempre più deserte. Specialmente quelle di casa sua. Non che fosse un tipo spaventoso. E di certo, per essere una ragazza si sapeva difendere e anche bene. Ma quel gruppetto di ragazzi, tra i quali era costretta a passare se voleva tornare a casa, non la convinceva per niente. Soprattutto per il fatto che in mezzo a loro c'era… udite, udite… Rima! Chi si poteva cacciare nei guai se non lei?

- Amu? - la richiamò Ran.

- A-ah? - fece lei, con noncuranza.

- Ti sei accorta anche tu di quelli lì, vero? - fece Miki, sospettosa quanto la proprietaria.

Amu annuì.

- Si, ma non m'importa. Mi so difendere, credo che lo sappiate bene. E poi devo aiutare quella cretina di mia cugina...

Le tre Shugo Chara si guardarono.

- Si, ma non c'entra Amu, chiedi aiuto a… - provò a dire Suu.

- Tranquilla Suu, anche se volessero, non potrebbero farmi niente. - le disse, fissando quei tre babbei ridere di fronte ad una più che spaventata Rima.

Appena arrivata davanti a loro, bussò sulla schiena di un ragazzo davanti a sé. Il quale si voltò, un po' sorpreso un po' scocciato. Rima anche si voltò verso di lei, guardandola speranzosa.

- Le mocciose vanno proprio in giro a quest'ora. - domandò.

Amu neanche rispose.

- Fila via Rima. - disse.

Sua cugina nemmeno se lo fece ripetere due volte, che corse dentro casa. Aveva già gli occhi lucidi. Fortuna che era arrivata in tempo.

Un altro le si avvicinò, scrutandola dalla testa ai piedi.

- Ehi! Perché ci hai portato via il divertimento? - disse.

- E lo chiede pure… - disse stancamente. - Idiota.

- Amu… - fece Miki a denti stretti, preoccupata. Amu neanche la degnò di uno sguardo.

Il terzo le si avvicinò, era altissimo, probabilmente superava anche Ikuto, e quaranta centimetri più di lei erano troppi.

- Allora… abiti da queste parti, ragazzina?

- Si, proprio accanto ad un palo della luce. - rispose, incrociando le braccia.

- Amu, stai esagerando… - le mormorò Miki all'orecchio.

- Shh…

- Hai detto qualcosa? Sai, da qua in alto non ti sento. - le disse, quasi arrabbiato dalla sua battuta. In un secondo, Amu si ritrovò almeno lontana mezzo metro da terra, presa per il colletto della camicia. - Ecco… ora puoi anche parlare.

Iniziò a scalciare, riuscendo, quasi per miracolo, a liberarsi. Subito, si sentì presa alle spalle, con un braccio stretto intorno alla gola.

- Ehi, Yuiji! - esclamò il ragazzo che la tratteneva, a quello davanti alto una novantina di centimetri. - Che ne facciamo di questa ragazzina?

- Mmh… - fece l'altro, mentre il terzo sghignazzava, come se già sapesse a cosa stava pensando quel palo della luce. - Chissà, ci sto pensando…

Il suo tono non era affatto rassicurante.

- Mah… visto che l'altra è scappata, potremmo rifarci su di lei… - disse, sorridendo in modo abbastanza inquietante.

- Scordatevelo! - esclamò la ragazza, mollandogli un calcio allo stomaco. Cogliendolo di sorpresa, visto che probabilmente non si aspettava nessuna reazione violenta da parte di una quattordicenne.

Appena ripresosi le afferrò la gamba e gliela strattonò con forza.

- Ohi! Siamo nervosette è? Forse ti serve qualcosa per rilassarti… - fece un cenno ai suoi compagni, che la lasciarono andare. - Dopo farete anche voi…

Amu sgranò gli occhi, iniziando a menare calci e pugni da tutte le parti, colpendolo si e no.

- Amu! - esclamarono le tre Shugo Chara, preoccupate.

Amu si voltò a guardarle. Anche se avesse voluto, non poteva fare la Chara Trasformation. Insomma, era anche una questione di dignità. Anche se a fare l'eroina ci stava rimettendo le chiappe.

- Beh, ragazzina? Non fai più la spavalda? - in un secondo si ritrovò con la faccia premuta contro l'asfalto e quel colosso dietro, che le teneva le mani bloccate dietro la schiena con un solo braccio. - Beh, vedrai, sarà divertente…

Sentì qualcosa si umido, molto simile a labbra, percorrerle il collo. Una testata e riuscì a liberarsi, mettendosi in piedi. Gli altri due provarono di nuovo a bloccarla. Ma questa volta non si fece neanche toccare, che rifilò a tutti e due un calcio in pieno viso. Costringendoli ad indietreggiare, tenendosi il naso sanguinante. A quanto pare rompere il naso era la sua specialità.

Quello che, a quanto sembrava, si chiamava Yuiji provò di nuovo ad afferrarla, ma lei continuò a non farsi prendere, fino a riuscire a sferrargli un pugno alla tempia. Lo rintronò abbastanza, per permettergli di fare un cenno ai suoi amici e andarsene.

- Yuiji…

- Ah, lasciatemi stare. Non si trovano più nemmeno le troie in giro!

Non appena si furono allontanati abbastanza, Amu si permise di accasciarsi a terra, ansimante. Non solo per la piccola battaglia avuta, ma anche per lo spavento che si era presa. Tanto era scontato che Rima l'avrebbe dovuta salvare lei, ma di certo si sarebbe aspettata di riuscire a tener testa meglio a quei tipi. Che rottura…

Già era abbastanza messa male, visto che le ferite del 'battibecco' avuto con Ikuto, precedentemente, non si erano del tutto rimarginate. Ora dire che non riusciva neanche a respirare era poco. Le piaghe si dovevano essere riaperte. Che rottura…

- Amu? - domandò preoccupata Suu, avvicinandolesi.

- Stai tranquilla, cinque minuti e sarò in piedi. - disse, come se fosse una cosa normale che una ragazza della sua età potesse ridursi così.

- Sei una stupida, potevi benissimo scappare con Rima. - la rimproverò Miki.

- Non mi avrebbero lasciata andare di certo… - mormorò, fissando il cielo.

Fu in quel momento che la vide. Una sagoma abbastanza familiare, che la osservava, mentre le veniva vicino.

- Oh, signore… - fece.

- Che c'è? - domandò Ran perplessa, prima di realizzare che cosa avesse visto Amu. - Amu, ce la fai ad alzarti?!?

Domandò allarmata.

- No che non ce la faccio… lasciate perdere, non importa…

Una volta vicino, il volto dell'individuo si avvicinò al suo. Il quale presentava tagli e graffi ovunque. Una mano le sfiorò una ferita sulla guancia.

- Sempre nei guai, tu, ah?

- Fottiti, Ikuto. - rispose lei, tentando di alzarsi. Cosa che non riuscì a fare per il solito motivo. Non riusciva a muoversi.

- Ma guarda… non devo neanche sprecarmi più di tanto. Non ti muovi neanche da sola. - disse, guardandola.

Amu avrebbe giurato di vederlo ghignare dalla felicità. Ma quello che vide fu ancora più sconcertante, sembrava quasi… preoccupato per lei.

- Hai un fazzoletto? - le domandò.

- Ah?

- Tutte le ragazze ne hanno uno, tu no?

- Sta nella borsa, ma se aspetti che, ahi! - Afferrando la borsa, che le stava accanto, Ikuto toccò, involontariamente, la ferita al fianco che le si era riaperta.

- Ah? - fece il ragazzo, posando un dito sul punto dove aveva toccato prima.

- Che diavolo fai, pazzo sadico?!? Fa male! - esclamò.

- Sei proprio una cretina…

- Prego, di grazia?

- Ma si può sapere che ti passa per quella testa rosa? - perché si stava arrabbiando? Non lo capiva, a lui che importava? - Mettersi contro tre ragazzi! Dico io!

- Stavano maltrattando mia cugina…

- Sei veramente incredibile! Guarda come ti hanno ridotta!

- Che t'importa a…?

- Mi sto preoccupando per te idiota! - le afferrò i polsi, visto che stava cercando di allontanarlo. - E poi stai ferma che non riesco a pulirti neanche il viso dal sangue!

- Nessuno ti ha chiesto niente e mollami! - per quanto ci provasse, non riusciva a liberare i polsi. - Che diavolo vuoi da me? Guarda che non cambio opinione sul tuo conto solo perché mi… ahi! Fai piano, cazzo!

- Se tu stessi ferma io farei subito!

- Ripeto che nessuno ti ha chiesto niente!

- Ma come, non ero in debito con te? - le domandò. Amu si bloccò tutto d'un tratto. Che diavolo andava vaneggiando?

- Prego?

- Ma come, lo hai già dimenticato? Quella volta che mi hai aiutato con quello Shugo Chara X…


Poi guardò il robot. Una mano sul fianco e la spranga il mano.

Ikuto sgranò gli occhi.

- Perché lo hai fatto? - le chiese.

Lei si voltò verso di lui. Un leggero sorriso di soddisfazione ad increspargli le labbra.

- Perché almeno sarai in debito con me.


- Oh… vero… - fece Amu, ricordandosi tutto d'un tratto. - Ma è successo una vita fa! Ancora te lo ricordavi?

- Certo! Non si dimentica facilmente di essere stati salvati da una ragazzina, di sei anni meno di te poi… - già. Quel ragazzo era così tanto più grande di lei. Era già maggiorenne. Appena diventato d'accordo, ma pur sempre maggiorenne. Lei invece… era davvero una ragazzina al confronto.

- Beh, se tu non sai combattere non è col… porca puttana! Vuoi fare piano?

- Sembrava che avessi bisogno di un freno per quello che stavi per dire. - le disse, ghignando leggermente.

- Sadico…

Ikuto rise, per poi aiutarla a mettersi in piedi.

- Quello che non so proprio fare sono le fasciature a quanto pare.

- Come?

- Ti si sono già riaperte le ferite… Chi credi ti aveva curato quella volta? - le domandò, notando la faccia stupita che aveva fatto.

- Tutti tranne te. - rispose, mentre si incamminava, malconcia, verso casa. Sostenuta, in parte solo altrimenti l'avrebbe ucciso, da Ikuto.

- Beh, ci vediamo disastro!

- Non rompere, gattaccio! - rispose, per poi entrare in casa. Ora, più confusa che mai.




Meme: *allegra* Oookay… Se vi state chiedendo che cos'era il debito, era nel sesto capitolo, quando sconfiggono quel robot…


Ikuto: Tu sei pazza =.=


Meme: Si, lo sapevo… ma adesso a cosa è riferito? O.o


Amu: non puoi pretendere che le persone si ricordino di quindici capitoli fa =.=


Meme: Che sciocchi, voi siete gli unici a non ricordarvene! >.< Cattivi… Comunque… Oggi è il 4 quindi ho promesso di non arrabbiarmi *-*


Ikuto e Amu: -.-'' Non è possibile…


Angolo delle note °^°


*espressione corrucciata a vita! u.u (Hei! è.é ndIchigo Visto? u.u *indica faccina*)

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Capitolo 22
*** Pioggia ***


Si. La stava davvero ringraziando. Per una volta, sua cugina non le stava rompendo le scatole, ma le stava dicendo…

- Grazie. E scusa.

- Se è per come mi sono ridotta, sappi che è solo colpa mia. - rispose Amu.

- Ma sei messa malissimo! E se non fosse stato per me…

- Si, ammetto che la maggior parte di queste ferite sono per colpa tua, ma alcune si sono riaperte dal precedente scontro. - rispose Amu.

- Che precedente scontro? - ah, giusto, lei non ne sapeva niente.

- Uno dei tanti. - fece Amu, evasiva. - Piuttosto, tu non hai uno Shugo Chara?

- Si, perché?

- Qualche volta potresti anche usarlo. Non ci sarò sempre io a salvarti. - le disse.

- Questo lo so… - mormorò la bionda, abbassando il capo e fissandosi i piedi.

- Bene, allora… - concluse, entrando nella sua classe e sedendosi al suo banco. Giusto… Rima sedeva vicino a lei. Che tristezza…

Beh, forse era meglio pensare all'interrogazione di matematica. In quella materia non era mai andata molto bene. Prima o poi sarebbe dovuta andare a fare ripetizioni.

Tuttavia, sapeva che per il momento era meglio concentrarsi in quell'odiosa materia.

Prese in mano la penna verde e inizio a scarabocchiare il foglio di calcoli. Numeri e segni strambi popolavano il quaderno, fino a che non giunse al risultato dell'equazione. Unica in tutto l'anno che era riuscita a farsi portare.

- 19,10… No, non può essere il risultato giusto questo… e dire che ero sicura che mi avrebbe portato! - esclamò. Continuò a fissare quel numero, cercando di immaginare come poteva essere uscito diciannove, da un quattro e un ventisei. Continuò a guardare il numero, fino a che non sgranò gli occhi. - Cosa?!? Che ci fa Ikuto nel mio quaderno?

Rima si voltò a guardarla confusa, mentre gli altri cercarono di ignorarla. Eppure non c'erano dubbi. Quei numeri si potevano benissimo leggere I,ku,to. Ma bene, anche nella matematica la perseguitava! Guardò con astio l'equazione. Iniziando persino a sospettare che ce l'avesse messo lui quello stupido ammasso di numeri, immaginando che lei, sbagliandolo, avrebbe realizzato che quei numeri… ahh, ma era peggio di un rompicapo!

- Che hai Amu?

- Kukai… guarda qui! - disse indicando l'equazione traditrice.

- Ehm… è un risultato totalmente assurdo. A me porta 3/4.

- 3/4? - domandò ad occhi sgranati. Poi ritornò in sé. - Non è questo il punto. Leggi i numeri…

- I… ku… to? - domandò, anche lui stupito. - come ha fatto a portati il nome di quel tipo? E comunque… come hai fatto a riempirti il viso di graffi?

- Graffi? Oh, beh… ieri c'erano tre idioti che stavano dando fastidio a Rima e…

- E hai pensato bene di metterti a far casini.

- Tu non avresti fatto lo stesso?

- Fuggire con tua cugina, no, ah?

- Mi dite tutti la stessa cosa… Non l'avrebbero mai imparato se fossi solo scappata… e poi magari la prossima volta avrebbero aspettato me invece che Rima. - rispose, incrociando le braccia. - E dopo avrei avuto quattro stalker invece che uno.

- Ikuto ti sta facendo da stalker? - domandò, leggermente sospettoso.

- Si… - rispose, incrociando le braccia e sbuffando.

Kukai sorrise.

- Allora significa che lo vuoi.

- Cosa?

- Quei tre ieri li hai messi K.O., giusto? Perché mai con Ikuto sarebbe diverso? Hai così tante armi quando fai la Chara Trasformation, potresti tagliargli la gola appena lo vedi… Eppure non lo fai.

- Certo, l'omicidio è reato.

- Sai meglio di me i modi che conosci per tenere lontano qualcuno che non vuoi attorno.

Amu lo guardò. Kukai sembrava davvero convinto di quello che stava dicendo, come sempre d'altronde quando parlava con lei.

Sorrise e abbassò il capo.

- Cosa stai cercando di dirmi? - domandò seria, tornando a guardarlo.

- Cos'è questa frase così seria Amu? - le fece scherzando. Lei gli rifilò uno sguardo assassino. - Dico solo che questo ragazzo non è solo uno stalker.

- Certo che no, è anche un umano!

- Non mi fai ridere.

Amu sbuffò. Proprio lui le veniva a fare certi discorsi.

- Sei meglio di un'amica… - commentò la ragazza.

- Cosa?!?

La rosa rise.

- Beh, di solito di queste cose si parla con la migliore amica. Non con il migliore amico.

- Ma tu non hai una migliore amica meglio di me, sbaglio? - fece Kukai, sorridendo e scompigliandole i capelli.

Lei sorrise e annuì.

- Già… Ohi! Usciamo oggi?

- A me va bene, se ti va di aspettare fino a dopo gli allenamenti. - le disse.

- No problem. - fece lei. - Ora tu devi solo farmi gli auguri per l'interrogazione di matematica.

- Auguri!

- Anche se non so a quanto serviranno…


- Beh, dai un cinque e mezzo secondo i tuoi standard non è male. - appena dette queste parole si beccò subito una zainata, da parte dell'amica.

- Uffa! Avevo studiato stavolta…

- Lascia perdere, matematica non è la tua materia. - concluse Kukai.

- Grazie dell'esauriente spiegazione, non ci ero arrivata…

- Dai, non prendertela.

Amu sbuffò sonoramente.

- Senti, io devo andare agli allenamenti adesso, vieni con me, oppure torni dopo?

- No, no, vengo. Mi piace vederti giocare. - rispose la ragazza, entusiasta. - Poi domani avete una partita o sbaglio?

- No, non sbagli. - sorrise il ragazzo. - Infatti te l'ho chiesto oggi perché domani era obbligatorio.

- Capisco.

- Amu! - sentendosi chiamata, la ragazza si voltò.

- Naoki? - chiese Amu, alzando un sopracciglio.

La ragazza dai capelli verdi si avvicinò loro, sorridendo. Quel giorno era abbastanza annuvolato e la ragazza, accanto a sé, aveva già un ombrello nero con ricami e fiocchi a portata di mano.

- Ciao, cosa ci fai qui? Anche tu giochi a calcio?

- Ah? Questo dovrei chiederlo a te. Che ci fai qui?

- Ti cercavo e mi hanno detto che ti avrei trovata qui, in compagnia del capitano della squadra di calcio. - disse la ragazza, sorridendo. - Giochi anche tu?

- Beh, purtroppo…

- Si, gioca anche lei! - la interruppe Kukai. - Quando si farà il cambio!

- Davvero? - fece Naoki. I suoi sorrisi sembravano sempre forzati. A dire il vero, proprio la sua presenza lo sembrava. Eppure ad Amu questa cosa non dispiaceva. Magari non le piaceva il posto, ma voleva degli amici. Certo, tra tutti quanti aveva scelto proprio lei - e questa era una rottura che avrebbe preferito evitare - però infondo non era così male. Non era noiosa come Rima… né invadente, sempre come Rima. Dopotutto ci si stava bene. - Che bello! Sono proprio curiosa di vederti.

Amu ricambiò il sorriso.

- Un attimo solo… - le fece, andando dietro Kukai e tirandolo per la maglietta. - Che diavolo ti salta in mente? Io non so giocare a calcio!

- Si che lo sai fare, quando guardavamo le partite insieme sapevi benissimo le regole e l'ultima volta che mancava una persona l'hai sostituita alla grande!

- Uff… domani avete una partita o sbaglio?

- Non ci sei d'impiccio se è quello che stai pensando. - le disse subito, poi le scompigliò per bene i capelli e sorridendo se ne andò dentro lo spogliatoio. - Vai a metterti qualcosa di comodo!

Amu digrignò i denti. A lei piaceva giocare, ma si sentiva in imbarazzo se qualcuno che la guardava la conosceva. Come Naoki.

- Maledetto Kukai… - mormorò, afferrando la cartella e tirandone fuori pantaloncini e maglietta. - Ma che…? I miei pantaloncini bianchi sono diventati rosa!!

- Oh! - esclamò Suu, portandosi le mani davanti alla bocca. - Tua cugina ha sbagliato qualcosa.

- Beh, dai, li metterai lo stesso, vero Amu? - domandò Ran. - A me il rosa piace!

- A me no!! - ribatté Amu.

- Sono con te, è molto meglio il blu. - commentò Miki.

- Uff… fatto sta che mi tocca portare questi pantaloncini. Sembra che il origine erano rosa e poi si sono scoloriti con la varichina. Sono orribili.

- Che ti è successo Amu? - domandò Naoki quando le si avvicinò, vedendola quasi arrabbiata.

- Guarda! - esclamò, mettendole davanti al viso i pantaloncini.

- Sono pantaloncini rosa.

- Esatto! Sono rosa!! Quell'idiota di mia cugina ha sbagliato carico! - il giorno prima era toccato a lei mettere a lavare i panni e a quanto sembrava non sapeva che bianchi e colorati andavano separati. Brutta idiota che non era altro!

- Beh, non ho dei pantaloncini corti con me, altrimenti te li prestavo.

- Non preoccuparti… metterò questi. - fortunatamente la maglia sopra era nera. Ed era anche abbastanza lunga per farla sembrare senza pantaloncini. Cosa positiva in questo caso.

- Va bene, comunque non ti stanno male. S'intonano con i tuoi capelli. - sorrise la ragazza.

Amu ricambiò suo malgrado.

- Ora puoi capire quanto odi i miei capelli.

Naoki rise. Però, quella ragazza era davvero simpatica. Quasi, non le dispiaceva il fatto che avesse scelto lei come amica.

- Dai, sediamoci… mi chiamerà Kukai. - disse Amu, andandosi a sedere nei posti davanti, per vedere comunque bene il gioco.

Dopo qualche minuto che stavano giocando, il ragazzo richiamò l'attenzione di Amu e con un gesto la mise in campo. Come sempre, nella squadra avversaria alla sua.

- Vai Amu! - facevano il tifo i suoi Shugo Chara. Compresa Miki, anche se era più attenta a disegnare il campo da calcio con Amu al suo interno.


- Però, non l'avrei mai immaginato! - esclamò il ragazzo, mentre se ne stava poggiato all'albero e osservava la ragazza dai capelli rosa correre, cadere e rialzarsi e anche imprecare qualche volta. - Non ha usato neanche i suoi Shugo Chara!

- Non l'avresti mai detto, vero Ikuto? - domandò Yoru, sornione.

- Esatto. Quella ragazza deve assolutamente…

- Oh guarda! - esclamò il micino, indicando la ragazza che stava uscendo. - Non la insegui?

- Per chi mi hai presto Yoru? Devo aspettare che sia sola prima… - rispose, ridendo.

Il gattino rise con lui.


- Ti sei divertita, vero? - domandò Kukai. - Come va la caviglia?

- Non fa male, tranquillo. - rispose, vedendolo un po' preoccupato.

- Kin a volte non si controlla. - fece il caposquadra. - Dovresti entrare nella squadra di calcio, giochi bene.

Anche Daichi annuì convinto di ciò.

- Grazie, magari quando sarò al liceo ci entrerò. - disse la ragazza. Ci stava pensando seriamente.

Quel gioco l'appassionava un casino e pensare di poter giocare con Kukai. Fare le partite contro lo altre scuole. La emozionava tantissimo.

- Si, Amu, sei stata grande! - esclamò Ran, sventolando i pon pon.

- Oh, anche tu hai uno Shugo Chara? - Naoki si era chinata a guardare Ran. - Che carina!

- Cosa? - domandò stupita Amu. - Anche tu… ?

- Certo! - fece, sorridendo. Da dentro la borsa uscì fuori un esserino dai capelli neri e gli occhi viola. Totalmente vestito di bianco. - Ecco. Lei si chiama Seil.

- Oh… - fecero Amu e Kukai insieme. Stupiti.

- Loro sono, Ran, Miki e Suu. - le presentò Amu.

- E lui è Daichi! - fece Kukai.

Seil si avvicinò a loro e sorrise leggermente.

- Seil è molto timida, non fateci caso se i primi tempi non parla. - disse.

Gli Shugo Chara annuirono. Cercando comunque di parlare con lei.

- Beh, ora scusateci, ma dobbiamo andare. - fece Naoki d'un tratto.

Kukai, Amu e i rispettivi Shugo Chara annuirono.

- Ci vediamo domani a scuola! - esclamò Amu, sorridendo.

Chi l'avrebbe detto che sarebbe riuscita davvero a trovare un'amica.

- Dimmi un po', Nadeshiko, Nagihiko e Ami ci saranno domani?

- Spero di sì. - sorrise il ragazzo. - Comunque ora devo andare anche io. Ho bisogno di una doccia!

Fece, sventolando la maglietta bagnata di sudore.

- Capito, in effetti io non sono da meno. - rispose la ragazza.

- Ci si vede Amu!

- Ciao!

La ragazza sorrise, contenta, afferrò la cartella e si voltò incamminandosi verso casa.

- Oggi ti sei proprio divertita, vero Amu? - chiese Ran.

- Si, hai ragione.

- Quel gioco è adatto a te. Almeno inizierai a sfogarti da sola e non con noi. - commentò Miki.

- Prego? - fece con voce e sguardo assassini.

- Niente, niente! - si affrettò a dire Suu, per calmare all'istante le acque.

Camminarono per un po', fino a che un tuono non fece impaurire le tre Shugo Chara, che corsero accanto ad Amu. Lei fissò il cielo.

- Fra poco si metterà a… - proprio in quel momento il cielo iniziò a piangere. - … piovere…

Sentì una risata alle sue spalle e capendo di chi si trattasse, cercò di andare avanti. Cosa che non le fu permessa, visto che si sentì presa per un braccio e voltata a forza.

- Ehi, non si saluta? - fece il ragazzo.

- Non mi sembra che una risata voglia dire 'ciao'.

- Allora avevi capito che ero io.

Tra i due, non si sapeva chi era meglio trovare le frasi per mettere in difficoltà l'altro. Amu strattonò il braccio, liberandosi dalla presa del ragazzo.

- Appunto per questo volevo evitarti.

- Ma che carina! Non devi essere sempre così dolce con me, rischio d'innamorarmi!

- Fottiti, stronzo! - cercò di andarsene di nuovo, voltandosi, ma se lo ritrovò subito davanti. Non se ne curò e iniziò a camminare, con lui che indietreggiava, giusto per non dargli la soddisfazione di toglierlo dai piedi. - Continuerai a fare il gambero per molto?

- Fino a che tu non ti fermerai.

- Allora continuerai.

- Certo… - mentre continuava a camminare e a non guardare indietro, prese una pozzanghera. Neanche un equilibrista sarebbe riuscito a non cadere.

Aveva allungato il braccio e si era aggrappato alla ragazza davanti. Peccato che la sottoscritta fosse almeno venticinque chili più magra di lui, e che anche se avesse voluto non sarebbe riuscita ad evitare di cadergli sopra.

Arrossì, poche volte qualcuno o qualcosa erano riuscite a farla arrossire.

Si alzò di scatto.

- Se idiota o cosa? Camminare all'indietro… - commentò, per poi proseguire a camminare, sempre più bagnata, per via sia della pioggia che di Ikuto.



Meme: Allora? ^ ^ So che è corto come capitolo, ma non mi usciva più lungo di così, altrimenti il prossimo non ci sarebbe stato ^ ^


Amu e Ikuto: *intenti a giocare i videogiochi*


Meme: *prende megafono* OOOOOOOOOOOOHHHHHHHIIIIIIIIII?!?


Amu e Ikuto: *si premono le mani sulle orecchie*


Amu: Che diavolo hai? O.= Ti sembra il modo di chiamare una persona?


Ikuto: La schizzata ha ragione u.u


Amu: Schizzata io?!? Ha parlato il gambero! ù.ù


Ikuto: Che diavolo dici? Sei tu quella che…


Meme: Da questi due un'opinione decente non l'avrò mai =.=


TNI: La vuoi da me? ^ ^


Meme: No =.=


TNI: ç.ç

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Capitolo 23
*** Enigmi ***


- Ora spiegami cosa mi ha convinta… - commentò la ragazza, sbuffando.

- Il mio irrimediabile fascino? - rispose il ragazzo, avvicinandolesi.

- Stai a cuccia! - gli intimò lei. Cosa l'aveva convinta? Era la cosa a cui stava pensando da un po' ormai.

Solo che, quando le aveva bussato alla finestra, sul balcone della sua camera, fradicio come lei. Probabilmente per quello. Farlo restare all'acqua sarebbe stato davvero da crudeli. E lei non aveva niente da perdere infondo. Se provava a fare qualcosa, chiamava Miki, usava la katana e gli tagliava la testa.

Sì, perché no.

- Allora… io adesso vado a fare la doccia e tu resti qui ad aspettarmi… - gli disse, cercando di uscire.

Si sentì presa per la vita da dietro.

- Anche io sono bagnato, possiamo fare la doccia insieme. - le sussurrò all'orecchio, suadente.

Amu tremò impercettibilmente. Era bagnata fradicia infondo. Eppure era sicura che non fosse stato per via del freddo.

- No, grazie. Non faccio i bagni con i pervertiti. - gli rispose, togliendo le braccia del ragazzo che l'abbracciavano. Uscì dalla stanza e si diresse in bagno. Stava per entrare quando si ricordò di non aver preso i panni.

Rientrò in camera, trovando il ragazzo seduto per terra a leggere quello che sembrava essere un manga.

- Già fatto? - le chiese sarcastico.

- No, mi ero quasi dimenticata i vestiti.

- Peccato ti sia tornato in mente!

- E dopo mi chiedi perché non voglio fare la doccia con te?

Ikuto rise. Amu si affacciò per vedere cosa stava leggendo.

- Soul Eater? Ti piace?

- A chi piacciono davvero i manga non può non piacere Soul Eater.

- Ne ho un altro dello stesso creatore. Me lo hanno regalato per compleanno. - gli disse Amu.

- Titolo?

- Non so se l'hai mai sentito, B-Ichi.

- No, com'è?

- Forte!

- Me lo presterai? - le domandò.

E in quel preciso istante, la sensazione di star parlando con un amico si fece viva nella ragazza dai capelli rosa. Una sensazione anche strana, visto le volte che avevano tentato di uccidersi a vicenda. Probabilmente neanche tante, considerando certi standard, ma sicuramente troppe per poter pensare a quel ragazzo come un amico.

Eppure, lo sguardo che le rivolse, così strano e quasi amichevole, la indusse a pensare che forse non ci sarebbe stato nulla di male a parlare e basta per una volta.

- Forse. - rispose. - Si tratta di uno dei primi manga che ha fatto. Ho sentito che ha ricevuto anche le critiche per il disegno, cosa da stupidi.

Il ragazzo sorrise a sentirla parlare.

- Sembri quasi grande, mocciosa.

- Sono grande, marmocchio.

- Io sono grande, non tu.

- Come vuoi, vado in bagno… e non sbirciare!

- Cercherò di trattenermi. - le sorrise di nuovo il ragazzo.

Amu entrò in bagno, un leggero sorriso a solcarle il volto. Una volta sotto il getto freddo della doccia, le venne di nuovo da pensare.

- Ma che diavolo sto facendo? - domandò a sé stessa.

Nell'altra stanza quel ragazzo si era accomodato come fosse stata casa sua. E lei non aveva fatto nulla per impedirlo. Anzi, lo aveva anche lasciato lì. Poteva benissimo frugare tra la sua roba, oppure chissà che altro. Di solito non era il tipo che si preoccupava, ma in quel caso non si poteva mai sapere.

Finì di fare la doccia presto, così da poter entrare subito in camera. Già vestita. O meglio, con il pigiama, visto che l'ora di cena - grazie a quel tipo - era passata da un pezzo.

Pigiama totalmente rosa chiaro. Lo odiava. L'unico motivo del perché lo metteva ancora era che aveva solo pigiami rosa. Anzi, se non doveva lamentarsi, avrebbe detto che quello era quello che preferiva.

Tornò in camera, trovando Ikuto allegramente stravaccato sul letto.

- Ehi! Chi ti ha dato il permesso?

Il ragazzo si voltò nella sua direzione e fece un mezzo sorriso.

- Nessuno ovvio. Comunque, bel pigiamino!

- Ahh, stai zitto! - esclamò la ragazza, incrociando le bracci al petto. - Spero tu non sia bagnato.

- Ovvio, mica stavo leggendo un porno.

Ad Amu ci volle qualche minuto prima di realizzare la frase. Sgranò gli occhi, arrossendo lievemente e voltandosi verso Ikuto.

- Cosa?!? Non stavo parlando di quello! Ma di una cosa chiamata pioggia!

Lui sorrise.

- No, non ti ho bagnato il letto… con la pioggia.

Amu roteò gli occhi.

- Che pervertito che sei! E scendi dal mio letto!

- Perché?

- Come perché? Perché ho sonno e voglio andare a dormire. E per tua informazione non ho nessuna intenzione di dormire sul pavimento.

- Beh, allora vieni qui! - disse il ragazzo, spostandosi un poco.

Amu prima lo guardò strano, poi pensò di inveire contro di lui cosa che poi non fece. Infine pensò che forse, se era venuto lì per conto della Easter poteva tenerlo d'occhio meglio se gli stava sempre appiccicata.

- Uff, va bene! - sbuffò fuori alla fine.

Ikuto sembrò piuttosto sorpreso dalla sua reazione. E in poco tempo se la ritrovò accanto. Appiccicata a lui, che spingeva per fare spazio.

- Non prenderti tutto il letto, maledizione!

Il ragazzo allora, vedendo il visino in parte coperto dai capelli e l'espressione tranquilla e comunque posata della ragazza, l'attirò per un fianco, avvicinandola a sé.

- Che stai facendo?

- Spazio.

- Fammelo godere allora. - disse lei, tentando di staccarsi.

Lui sorrise, stringendola ancora di più.

- Non ti libererai, quindi tranquillizzati. - le disse.

La ragazza sbuffò, tuttavia fece come le aveva detto. Continuando a tentare di convincersi che, quello che stava facendo, fosse solo parte di una strategia per non farlo avvicinare troppo a lei.

- Ikuto?

- Mh?

- Che ci fai qui?

- Che vuoi dire? Ovvio che sono venuto per infastidirti.

- Non volevo dire quello, idiota!

- Allora che c'è?

- Mi chiedevo perché dormi qui. Insomma, hai avvertito qualcuno di questo? I tuoi intendo.

- No, mi è bastato avvertire me stesso.

- Spiritoso. Si staranno preoccupando ora, no? Che vedono che non torni!

- Non credo.

- Li hai i genitori?

- In teoria.

- E in pratica?

- In parte.

Amu sospirò.

- Sei veramente incredibile!

- Grazie, ma già lo sapevo.

- Molto, divertente. Possibile che i tuoi genitori non si preoccupino per te? Lo trovo davvero impossibile sai?

- Non trovo particolarmente interessante quello che tu trovi possibile.

- Altro motivo del perché sei incredibile.

- Cioè?

- Svii l'argomento come se non fosse importante per te.

- Infatti per me non lo è.

Un attimo di silenzio fermò la conversazione tra i due.

- Non ci credo. - disse alla fine Amu.

Gli occhi di Ikuto si voltarono confusi verso la ragazza.

- Come?

- Hai capito. La famiglia è sempre importante. Per quanto ti possa fare del male.

- Parli come una che sappia cosa vuol dire.

- E tu invece? Tu lo sai? - domandò a sua volta la ragazza, fissandolo dritto negli occhi.

Per una delle poche volte nella sua vita, Ikuto distolse lo sguardo.

- Diciamo di sì.

La ragazza allora sorrise, chiuse gli occhi e strinse una parte delle coperte tra le braccia.

- Notte, Ikuto.

Lui la guardò un istante, stupito. Poi sorrise e si mise anche lui a dormire.

- Notte, mocciosa.


- Sei forse pazza?

Questo le avrebbe detto, Amu ne era sicura. Se lo avesse raccontato a Kukai. Di sicuro lui le avrebbe detto che era pazza. Che non poteva fidarsi. E altre belle e vere parole.

Però, era come se qualcosa le dicesse che non ci sarebbero stai grossi problemi. A parte il fatto di tenerlo nascosto a chiunque conoscesse.

Per questo, quella mattina - quando Ikuto le disse che sarebbe rimasto ancora qualche giorno e lei non aveva avuto il tempo di replicare - aveva fatto tardi, nonostante avesse fatto tutto di corsa. E non solo, aveva anche pensato a che cosa avrebbe detto a Kukai.

Era pur sempre il suo migliore amico. A lui aveva sempre sentito di dire la maggior parte delle cose, quasi tutto insomma. Però, questa situazione - di cui una buona parte metteva a disagio anche lei - era abbastanza strana e confusa. Non avrebbe saputo come dirla. Paura di venire fraintesa. Doveva essere quella.

Che Kukai cambiasse opinione di lei. Cosa stupida da pensare, lo sapeva. Però la paura rimaneva comunque.

Infatti, parlargliene, non sapeva se sarebbe stata la scelta migliore.

- Amu? - domandò Ran, preoccupata.

- Non hai intenzione di dire niente a Kukai, vero? - le chiese Miki.

La ragazza si voltò a guardare le due Shugo Chara.

- Questo periodo è fin troppo tranquillo. Ikuto deve aver in mente qualcosa. Se dico a Kukai che lo sto ospitando non capirebbe.

- Perché pensi questo? Io non credo. - disse lo Shugo Chara più dolce delle tre.

- Non lo so… Ma prima devo scoprire che cosa ha in mente.

- Se ti volesse attaccare lo avrebbe già fatto. - le fece notare Miki

- Questo lo so anche io! - sbottò Amu all'improvviso.

Si portò una mano sulla fronte, tirando indietro i capelli rosa e lasciando che qualche ciuffo ribelle le solletichi la fronte.

- Amu, noi ti vogliamo solo aiutare. - disse ancora Suu.

- Sì, lo so… ma è davvero difficile da capire. Quel gattaccio a volte è gentile, a volte battagliero e altre, come in questo periodo, enigmatico. Almeno per me… Non capisco cosa voglia e se vuole realmente qualcosa. In più la Easter non si sta muovendo e ho paure che altre organizzazioni stiano iniziando a sospettare qualcosa.

- Come puoi pensare questo? - le domandò Ran.

- So come funziona e la cosa non mi piace. In più, anche quella Naoki è strana, sapete credo proprio che...

- Amu! - la richiamò d'un tratto una voce familiare, facendola voltare e interrompendo il dialogo che stava avendo con i suoi Shugo Chara.

- Kukai… - mormorò la ragazza.

- Ehi! Cos'è quel muso lungo?

- Ma quale muso lungo! Non è successo niente.

Il ragazzo rise, scompigliandole come suo solito i capelli.

- Hai fatto caso a quanti pochi attacchi riceviamo ultimamente? Quasi nessuno.

- Sì, infatti è strano.

- Nessuna idea?

- No. A me sta anche bene, dopo l'ultima battaglia. - disse Amu. - Hai visto Naoki in giro?

- No, perché? La cercavi?

- Non direi, pura curiosità.

- Tu curiosa di sapere dove si trova una persona? Se il mondo sta per finire dimmelo prima di dire certe cose.

- Molto divertente, ma non è questo il punto. - continuò a fissarlo, fino a che non strinse i pugni e si decise a parlare. - Sai, io…

- Shugo Chara x! - gridarono in coro i quattro Shugo Chara d'un tratto.

Kukai e Amu si guardarono stupiti.

- Come? E dove? - domandò la rosa abbastanza innervosita. Non solo perché erano già due volte che la interrompevano, ma anche per il fatto che forse i sospetti su Ikuto erano stati confermati. - Ne riparliamo dopo!

Esclamò la ragazza, correndo nella direzione dove indicavano gli Shugo Chara.

Dopo un attimo di smarrimento, il ragazzo si mise a rincorrerla.

- Ehi! Amu! Daichi! Aspettate!



Meme: *depressa*


Amu: Che ha? o.O


Ikuto: Non le escono fuori capitoli più lunghi ed è depressa per questo u.u


Amu: Ah? Tutto qui? O.o Ma se fa un favore ai lettori u.u


Meme: Voi non capite! ç.ç Il mio standard sta andando a puttane! >.<


Amu: Ma l'importante una volta non era la storia? =.=


Meme: Ma a me i capitoli lunghi piacciono ç.ç


Ikuto e Amu: *sospirano*


Meme: ç.ç

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