Moments in Time

di Clopina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sound ***
Capitolo 2: *** Choices ***
Capitolo 3: *** Death ***
Capitolo 4: *** Children ***
Capitolo 5: *** New Year ***



Capitolo 1
*** Sound ***


Prompt .037 - SOUND
Una conversazione a tarda ora tra Hannibal e Murdock.
[4x23 - “Il rumore del tuono”]





Era stata una terribile idea.

Il colonnello sapeva che i suoi uomini erano ancora provati dal loro recente ritorno in Vietnam, e se solo fosse stato più accorto e non si fosse lasciato plasmare dalle parole e le false promesse di Fullbright, non lo avrebbe mai permesso. Troppi ricordi dolorosi avevano dimora in quel luogo.

Avevano trovato ognuno un modo diverso per sfuggire a quelle ombre: da quella mattina il suo tenente era sceso alla spiaggia e non aveva ancora fatto ritorno, mentre, a giudicare dai rumori che arrivavano dal retro della casa, PE sembrava deciso a riportare in rotta i suoi pensieri lavorando a migliorie pressoché inutili sul furgone.

Hannibal preferiva rimanere nella villetta che Sberla aveva ‘procurato’ al Team, abbastanza isolata e nei pressi di Santa Monica, dove avevano deciso di passare un paio di settimane per rilassarsi e ‘ricaricare le batterie’.

Ma gli restava ancora una cosa da fare. Con un sospiro stanco, si alzò dalla poltrona.

Non fu difficile per il colonnello trovare il suo capitano. Era seduto fuori, sulla sedia nel portico, illuminato solo dalla luce del crepuscolo, lo sguardo perso sull’oceano.

Nonostante ciò, il colonnello sapeva che era consapevole della sua presenza. "Capitano."

"Colonnello."

"È stata una cavalcata selvaggia, non è vero, Murdock?"

Murdock sorrise, un sorriso falso e tirato, che durò poco. L’insolita espressione seria tornò sul suo viso.

Passarono diversi minuti in un silenzio teso, prima che il capitano parlò di nuovo.

"Riesco ancora a sentirlo, Hannibal."

Non una risposta alla sua domanda. Non che se l’aspettasse davvero. Ma di sicuro non si aspettava un’affermazione così diretta. Ma del resto, sapeva anche quanto Murdock fosse imprevedibile.

"Lo so." Esitò un attimo, poi aggiunse, "Anch’io lo sento, a volte."

Il rumore dei rotori. Elicotteri. Nelle rare e brevi volte che ricordava, che veramente pensava alla guerra, al Vietnam, o alla Corea, quella era la prima cosa che la sua mente decideva di riportare in superficie. Un rumore infernale che non riusciva a cancellare dai pensieri.

"Davvero?" Il tono confuso (ed era un tocco di speranza che ci sentiva dentro?) di Murdock lo riportò al presente.

"Sì. Ma non gli lascio mai prendere il controllo su di me, Murdock."

Silenzio.

"Non puoi continuare così. Ricordarsi è già brutto abbastanza. Non pensarci, Murdock. Non riuscirai mai a venirne fuori se continui a farlo."

"Ma-" Si bloccò, come indeciso sul come proseguire, forse troppi pensieri a cui desiderava dar voce. Quando continuò, il suo tono era così basso che il colonnello dovette avvicinarsi per capire le sue parole. "A volte penso ad un determinato momento, o una qualche missione, e mi rendo conto che se solo fossi arrivato un attimo prima… o se avessi fatto una q- qualche cosa invece di un’altra… avrei potuto… avrei evitato-"

Hannibal lo interruppe; il capitano sembrava sull’orlo di una crisi isterica, e non intendeva rischiare. Non con le memorie di guerra. "Non fermarti a considerare i ‘se’ e i ‘ma’, Capitano. Non ha mai aiutato nessun uomo ad ottenere alcun risultato." Appoggiò una mano sulla spalla dell’uomo più giovane. "Tu hai fatto il possibile, molte volte spingendo al limite le tue capacità. Devi capirlo, Murdock."

Murdock si limitò ad annuire. Non sembrava potesse rispondere.

Ma per Hannibal era importante che riuscisse ad accettarlo, perciò continuò. "Importante è ricordare, Capitano, ma più importante è dimenticare. Sono parole di qualcuno vissuto un secolo fa, ma hanno ancora un grande valore. Lo so che non posso chiederti di dimenticare ciò hai visto o vissuto, ma almeno cerca di non dare modo ai ricordi di consumarti. So che lo puoi fare, Capitano."

Il lungo silenzio scese di nuovo tra di loro, ma questa volta era un silenzio confortevole mentre il giovane uomo considerava le sue parole. I suoi occhi non si erano mai mossi dall’oceano, e il colonnello seguì il suo sguardo e si lasciò rilassare e perdere in quella sconfinata distesa d’acqua, senza mai spostare la mano.

Quando il capitano parlò di nuovo, non sussultò.

"Ci proverò, Colonnello." Un sorriso, e la mano rimase per un altro momento sulla sua spalla.

E, se ascoltava con attenzione, il rumore del tuono sembrava già più lontano.




Non bisogna lasciarsi intrappolare dai pensieri o dai ricordi.
Quando arrivano bisogna osservarli con distacco e lasciarli scivolare via.
I pensieri restano con noi solo se li tratteniamo.
Gianrico Carofiglio, Il silenzio dell’onda





A/N: Una settimana fa cercavo ispirazione, e cercando, cercando ho trovato una lista di cento prompt che ho poi deciso di usare. Non ho idea se riuscirò ad utilizzarli tutti, ma di certo farò del mio meglio!
Questo qua potrei chiamarlo ‘preparazione alla quinta serie’, dove Murdock vive ormai fuori dall’ospedale psichiatrico. Anche se nel mio canon è semplicemente scappato dal VA non appena ha ricevuto il nuovo indirizzo del team e non è mai stato rilasciato, riesce lo stesso a fronteggiare la situazione anche quando è pressoché costretto a vivere - e lavorare - da solo.
E dopo le parole che scambia con Hannibal alla fine dell'episodio "Il rumore del tuono", ho sempre pensato che una volta tornati in America il colonnello sarebbe tornato alla carica per avere una discussione più profonda con Murdock. Ed è da questo dialogo che è nata questa piccola one-shot.

M: “Colonnello, Colonnello, posso farle una domanda? …Prima di tornare indietro… ci aveva mai pensato?”
H: “Me lo ricordavo, ma non ci ho mai pensato.”

Sinceramente, per me il rumore del tuono provocato dalle pale dell'elicottero è il più bel suono del mondo.
Oh sì. E quest’autrice ha veramente sofferto per Fullbright, anche se dalla storia forse non si vede.

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Capitolo 2
*** Choices ***


Prompt 086. CHOICES
Non è sempre facile essere un colonnello, specialmente quando hai sotto il tuo comando uomini così giovani e imprudenti.




- base militare USA di Cam Ranh Bay, Vietnam, marzo 1970


"Si può sapere cosa vi è saltato in mente?"

Il tenente e il capitano sembrarono farsi ancora più piccoli alle sue parole. Erano entrambi in piedi davanti alla scrivania, abbigliati nelle loro tute mimetiche, le schiene diritte, le mani strette dietro la schiena, gli occhi fermamente puntati sul muro dietro al colonnello.

Hannibal era furioso.

Era abituato a ricevere rapporti che condannavano azioni degli uomini del suo team – perfino Ray, che ad occhi poco esperti poteva sembrare il più mansueto dei quattro, veniva spesso nominato – ma questo era troppo.

"Dovrei fare rapporto al generale per il vostro comportamento, e sapete entrambi cosa comporterebbe una cosa del genere. Finireste dritti davanti a una corte marziale. Tu, Capitano, diresti addio alle tue ali e tu, Tenente, ai tuoi gradi."

Entrambi i diretti interessati trasalirono. Peck rimase a fissare ostinato il muro, anche se il suo viso perse una sfumatura di colore, mentre Murdock volse uno sguardo afflitto sul colonnello.

"Colonnello…"

"Non provarci nemmeno, Capitano. Conoscevate benissimo entrambi le conseguenze delle vostre azioni." Si fermò un attimo per far digerire loro le sue parole. Murdock spostò lo sguardo a terra. Peck rimase nella stessa posizione. Il colonnello afferrò il rapporto che era arrivato tra le sue mani mezz’ora prima e continuò. "Rubare un elicottero per volare fino a Nha Trang? Ma vi rendete almeno conto di quello che avete rischiato? Volare sopra territorio nemico senza autorizzazione? Potevate essere abbattuti e nessuno avrebbe mai conosciuto la vostra posizione. Nessuno potrebbe nemmeno averlo mai saputo."

Murdock aprì la bocca per rispondere, ma il tenente lo precedette.

"Noi abbiamo solo preso in prestito l’elicottero, signore. Non rubato. Lo abbiamo riportato indietro. Signore."

Peck sembrò capir subito di aver esagerato, ancora prima che le parole finissero di uscire dalle sue labbra. Troppo tardi per fermarle, però. Hannibal strinse gli occhi fulminando con lo sguardo il suo tenente, alzandosi in piedi, e perfino Murdock nella periferia del suo sguardo sembrò irrigidirsi ancora di più, spostandosi istintivamente verso l’esterno della sua visuale.

Peck chiuse gli occhi preparandosi all’esplosione.

Ma nonostante tutto Hannibal si ritrovò a studiare curioso il suo giovane tenente, una parte dell’ira provata prima vaporizzatasi nell’aria. Un sorriso affiorò sulle sue labbra mentre pensava che quella era il tipo di risposta che lui stesso avrebbe potuto dare ad un ufficiale superiore quando aveva la sua stessa età.

Non poteva negare che il ragazzo avesse fegato. Il suo sorriso si allargò.

Murdock lo stava fissando basito. Dopo un po’ di secondi, Peck riaprì un occhio e abbassò lo sguardo dal muro per guardare finalmente in faccia il colonnello. In un attimo spalancò gli occhi sorpreso.

Hannibal riuscì a stento a trattenere una risata guardando le espressioni gemelle sui volti dei suoi sottoufficiali. Non credeva che i loro occhi potessero diventare ancora più enormi, ma dovette ricredersi.

Tornando improvvisamente serio, continuò ad analizzare la situazione in cui i suoi avventati ufficiali lo avevano cacciato. Presa una decisione, spostò lo sguardo dall’uno all’altro dei due uomini, fermandosi a studiarli entrambi per alcuni secondi, poi parlò, chinandosi in avanti e appoggiando un palmo sul pacco di fogli. "Dirò al generale che eravate in missione sotto i miei ordini."

"Signore-" Quando i due si accorsero di parlare allo stesso momento, si bloccarono, scambiandosi un’occhiata confusa.

"Ma non voglio più sentir parlare di una cosa simile. Mai più furti, o come la mettete voi, prendere in prestito un elicottero." Peck non sembrò riuscire a trattenere una smorfia nel sentire le sue parole ripetute dal colonnello. "La prossima volta potete essere sicuri che non mi troverete così- tollerante. Sono stato chiaro?"

"Ma Colonnello-"

"Sono stato chiaro, signori?"

"Signorsì signore! Non succederà più, signore!"

"Lo spero per voi, Capitano." Fece una pausa, squadrandoli da capo a piedi e notando con una certa soddisfazione che tornarono subito sull’attenti sotto il suo sguardo, per poi annuire una volta. Era certo che avessero capito, e non aveva senso continuare troppo a lungo con i rimproveri. E poi, non aveva mai avuto veramente intenzione di portarli davanti ad una corte marziale. Impiegava fin troppo tempo a scegliere gli uomini per il suo team e aveva firmato abbastanza scartoffie per trasferirli sotto il suo comando per permettere una cosa simile. "Vi voglio pronti per la prossima missione domani mattina alle cinque. Non sono ammessi ritardi. E vi voglio freschi e riposati; non sarà una passeggiata. Ora andate."

I due non si mossero.

Hannibal inarcò un sopracciglio. "Ci dono domande?"

I due scossero la testa. "No, signore."

"Allora fuori dai piedi, Soldati!"

Non dovette ripeterlo due volte; rompendo le righe i due si precipitarono ad uscire dal suo ufficio. Peck si dimenticò perfino di salutare nella sua fuga e si ricordò di farlo solo vicino all’uscio mormorando un ‘signore’, finché Murdock lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dalla baracca, spingendo chiusa la porta dietro di loro.

Il colonnello rimase a guardare per alcuni secondi il punto dove i suoi uomini si trovavano fino a pochi momenti prima. Fece lentamente il giro della scrivania e tornò a sedere.

Con un sorriso di nuovo sulle sue labbra, Hannibal lanciò un’ultima occhiata al rapporto, poi lo mise in fondo alla pila di carte e documenti sulla sua scrivania. Era sicuro di aver fatto la scelta giusta.




A/N: Ehi guardate – Clopina che scrive qualcosa non angst! Yu-u-urray! XD
Avevo quest’idea in mente da un po’. Non ho mai pensato che Murdock e Sberla siano stati grandi combinaguai in Vietnam (anche perché dall’assortimento di medaglie e nomine che hanno sulle uniformi direi proprio di no), ma non penso neanche che siano stati degli angioletti, e qui parlo di tutti e quattro. Compreso Hannibal. E se Murdock può sembrare OOC nel rubare un elicottero dalla base, sono sicura che Sberla con la sua lingua lunga avrebbe potuto convincere
chiunque a… ‘prendere in prestito’ quell’elicottero.
E Hannibal non posso fare a meno di immaginarmelo un po’ comprensivo nei confronti del team. Da quello che lo show ci dice me lo immagino abbastanza anticonvenzionale da poter permettere una cosa simile. Alla fine secondo il canon sia Sberla, PE che Murdock sarebbero stati davvero dei ragazzi in Vietnam; Sberla qui avrebbe 20 anni e Murdock… beh, se solo si fossero degnati di darci la sua data di nascita, sarebbe stato carino. Io vado con quella dell’attore, nel ’47, perciò qui avrebbe avuto 23 anni. Ovviamente non credo che il colonnello avrebbe chiuso un occhio una seconda volta, quello sarebbe farlo diventare OOC. XD
Ora sto chiacchierando troppo.
Spero vi sia piaciuto. Se volete, lasciate una recensione, sarei molto fece di sapere cosa ne pensate, sia in positivo che in negativo. :)

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Capitolo 3
*** Death ***


Prompt 030. DEATH
A volte le decisioni in guerra vanno prese con coraggio e distacco, più con gli istinti che con la volontà cosciente e la ragionevolezza.




Aspettare era sempre stata la parte più difficile.

Volare fino al punto di raccolta, quello lo faceva senza battere ciglio; sapeva volare ovunque, e sebbene potesse suonare perverso, era sempre felice di trovarsi in aria, anche nel bel mezzo di una guerra.

Sapeva atterrare nelle zone più ‘calde’ e a volte portava a termine estrazioni da posti inaccessibili per altri piloti. Accettava sempre una sfida, e amava trovare nuovi limiti nelle sue capacità; alla fine, aveva bisogno di qualcosa su cui concentrarsi per non impazzire in questo posto.

Ma l’attesa non riusciva a sopportarla.

Era una cosa che Murdock aveva sempre odiato.

A terra si sentiva vulnerabile; vulnerabile al fuoco e ai fucili dei cecchini nascosti nella giungla, invisibili nel profondo sottobosco o tra i rami degli alberi, e agli attacchi dei razzi anti-aerei. Nell’aria naturalmente non era più al sicuro, ma si sentiva più protetto e aveva una spavalderia che non riusciva a trovare dentro di sé quando era a terra.

Continuava a osservare il mondo avvolto da quell’illusione d’immobilità tutt’intorno a lui, il suo respiro affannoso e il rumore del cuore che martellava contro il suo petto quasi assordante nel silenzio, cercando inutilmente di bucare la fitta parete di alberi con lo sguardo – terrorizzato che da un momento all’altro potesse venire colpito da un proiettile. Si chiese se in quel caso se ne sarebbe accorto, o se tutto sarebbe finito in un istante.

Anche senza voltarsi, sapeva che accanto a sé il suo nuovo e nervoso co-pilota stava facendo lo stesso.

Perciò quando finalmente comparvero alla sua vista i primi soldati dell’unità di dodici uomini che stavano aspettando, nonostante tutto tirò un sospiro di sollievo e riprese a respirare appena più normalmente. L’attesa non era durata più di una decina di secondi, ma erano sembrati ore per Murdock.

Spostò le mani sul quadro dei comandi, e sotto il suo tocco i rotori dell’Huey cominciarono a spingere più velocemente, e in pochi secondi l’elicottero era pronto per sollevarsi da terra.

Ancora un attimo.

Lanciata dentro la loro attrezzatura i tre soldati saltarono nel mezzo. Un secondo gruppo li seguì subito dopo.

Quando il terzo gruppo uscì allo scoperto, una scarica di proiettili li spinse a gettarsi a terra immediatamente.

L’imprecazione di Murdock fu sepolta tra quelle molto più rumorose e variegate dei soldati dietro di lui.

I soldati nell’elicottero cominciarono a rispondere al fuoco sparando alla cieca tra la fitta giungla, lontano da dove sapevano si trovassero i loro compagni e nella direzione da cui provenivano le scariche nemiche, cercando di spostare un po’ d’attenzione da quelli a terra che finalmente riuscirono ad avanzare strisciando cauti ma veloci fino al mezzo.

Proprio mentre un quarto gruppo di soldati usciva dal sottobosco scaricando i loro M-16 contro i Vietcong, un missile sparò ed esplose vicino al bordo della radura scagliando pietre e terra e pezzi di legno tutt’intorno, mandandoli tutti, americani e vietcong, a cercare riparo.

Un altro missile seguì il primo a distanza di pochi secondi, esplodendo ancora più vicino all’elicottero. Qualcosa – forse un sasso, forse un frammento di un albero, forse un proiettile – colpì il vetro di fronte la cabina di pilotaggio, scheggiandolo.

Le mani di Murdock erano così strette intorno al ciclico e al collettivo che le nocche erano diventate bianche. I suoi palmi erano talmente sudati che una parte della sua mente lo punzecchiava con il timore che gli scivolasse la presa.

Determinato a non rendere le cose troppo facili ai vietcong, con una serie di manovre attente e precise fece alzare l’elicottero da terra di una ventina di centimetri, lasciandolo librare sopra il terreno ma pronto ad alzarsi in volo sopra la giungla appena possibile. Il suo mitragliere di destra continuava a fare fuoco nella direzione da cui erano arrivati i razzi.

Andiamo, dannazione!

Il suo respiro si stava facendo di nuovo più agitato, il cuore tornava a tuonare nel petto.

I soldati si rialzarono approfittando del momento di riposo dal fuoco nemico, e corsero verso l’elicottero. Ma anche nella radura, non era facile avanzare; radici e erba alta e la fitta vegetazione non permettevano di correre molto velocemente.

Trenta metri.

Venti metri.

Un altro razzo sfiorò la coda dell’elicottero, mandandolo a sbandare. I soldati nel mezzo imprecarono e gridarono.

Con le gocce di sudore che gli scivolavano sulla fronte e serrando i denti, Murdock manovrò con il ciclico per raddrizzare l’elicottero, aiutandosi con la pedaliera di coda per far ruotare su se stesso il mezzo. Scosse la testa per impedire al sudore di colargli negli occhi, e imprecò di nuovo quando si rese conto che il suo giovane e inesperto co-pilota era in shock e non poteva essere di nessun aiuto.

Una cosa era certa: se uno di quei missili li avesse colpiti, potevano dire addio all’Huey.

Gli occhi di Murdock saettarono dai comandi ai soldati a terra.

Soldati e comandi.

Comandi e soldati.

Erano vicini, molto vicini.

Ma allo stesso tempo troppo lontani.

Quindici metri.

Un fischio acuto lo allertò dell’arrivo di un altro razzo.

Non poteva rischiare. Non con le vite di così tanti uomini nell’elicottero.

Ma non poteva nemmeno abbandonare nessuno.

Avvenne tutto in un secondo. Con un ultimo sguardo angustiato e supplichevole agli uomini a terra – dieci metri-ancora troppo, troppo lontani – con mani tremanti ma decise ordinò al mezzo di sollevarsi.

Diventati improvvisamente il bersaglio preferito dei vietcong, proiettili li colpirono da sotto e su tutti i lati mentre il mezzo si girava nella sua ascesa, e Murdock pregò che non avessero danneggiato il serbatoio, e gli uomini lasciati a terra e i loro compagni sull’elicottero gridarono e strillarono e imprecarono contro di lui disperati.

Ignorò le grida. Non dovette farlo a lungo; il razzo atterrò proprio nel punto in cui l’elicottero si era trovato un attimo prima.

Stava tremando così violentemente che era un miracolo che riuscisse a tenere diritto l’elicottero e non li mandasse tutti a baciare il terreno della giungla. Non importava che il centro della radura fosse ormai un ammasso di fiamme e fumo.

Poteva sentire lo sguardo stravolto del suo co-pilota su di sé.

Lo ignorò. Ignorò tutto quanto.

Virò verso la base, allontanandosi velocemente dalla contraerea.

I soldati nel retro erano silenziosi. Troppo silenziosi. No festeggiamenti per aver portato a termine una missione, no grida e esultazioni per essere sopravvissuti a un altro giorno in quell’inferno, nemmeno imprecazioni o bestemmie.

Niente.

Non erano nemmeno riusciti a prendere le loro piastrine.

Murdock strinse chiusi gli occhi per un attimo, stringendo i denti. Se solo avesse avuto le mani libere, avrebbe sferrato un pugno al quadro dei comandi di fronte a lui.

Invece rimase a fissare la giungla davanti e sotto di sé, sperando in un perdono che non sarebbe mai arrivato, cercando di concentrarsi completamente sulla rotta da seguire – di cancellare quelle voci che ancora gridavano nella sua mente.

Erano morti. Erano tutti morti. Non c’erano più grida. E allora perché continuava a sentirle?

La sua vista si appannò. Sbatté gli occhi per schiarirla. Non c’erano lacrime.

Non era una buona visuale. Il vetro era macchiato di rosso.

Solo una volta atterrati alla base il suo corpo gli avrebbe fatto notare nel suo particolare modo brusco della ferita e il frammento di legno impalato nel suo braccio.

Ma nell’elicottero, Murdock si accorse che si stava mordendo il labbro inferiore solo quando sentì il sangue gocciolare sul suo mento. Non si guardò mai indietro.




A/N: Venivano chiamati Huey gli elicotteri utilizzati nella guerra del Vietnam, i Bell UH-1 Iroquois. Potevano portare fino ad un massimo di 14 persone più i due piloti se non mi sbaglio. E i co-piloti di solito erano ragazzi appena usciti dalla scuola di volo che venivano affiancati a piloti più esperti per fare pratica finché non venivano usati come piloti a loro volta.

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Capitolo 4
*** Children ***


Prompt 028. CHILDREN
Conoscere il loro ‘nipotino’ può essere un’esperienza debilitante per il Team.




Era iniziato tutto con una semplice frase buttata là dal tenente, durante un lungo e noioso viaggio nel furgone in una buia serata di fine inverno.

"Chissà come se la sta cavando Trish?"

Gli altri tre si erano fermati a pensarci. Non avevano più avuto notizie di lei da quando l’avevano aiutata a vendicare la morte di suo marito Ray Brenner, e con la gravidanza e la fattoria da mandare avanti non doveva aver passato un periodo facile. Ipotesi e teorie erano state gettate nella mischia, e alla fine i quattro membri del team avevano deciso all’unanimità che da quel momento avevano una nuova missione: andare a trovare Trish alla fattoria.

Era pur sempre il minimo che potessero fare per il loro vecchio compagno.

Ed era per questo che appena una settimana dopo si erano ritrovati tutti nel salotto della donna, che era stata più che felice di vederli, e ammassati intorno alla culla del nuovo nato come un branco di padri scalmanati.

Ma i quattro si erano scambiati uno sguardo e un sorriso. Si erano preoccupati per niente: Trish era ancora la donna forte che ricordavano, anche dopo tutto quello che era successo l’anno prima. A parte i buchi di proiettile sulla porta e i vetri rotti delle finestre, che naturalmente erano stati riparati, la casa non era diversa da come l’avevano lasciata l’ultima volta. Le foto di Ray erano ancora al posto d’onore sulla mensola del caminetto, e il colonnello era sicuro che la cassa con la sua uniforme e le sue medaglie fosse ancora riposta con cura nell’armadio di sopra.

C’era una sola nota stonata nella vicenda: Trish aveva approfittato della loro visita e in un qualche modo dopo diverse ore di gioia e racconti e aggiornamenti li aveva ingannati a restare con il bambino mentre lei andava a ‘fare la spesa’.

I quattro uomini avevano accettato di buon grado, un po’ imbarazzati dalla fiducia che la donna dimostrava verso di loro, ben sapendo che Trish non doveva aver avuto una giornata libera da molto tempo. E poi aveva detto che sarebbe tornata molto presto.

Il colonnello John Hannibal Smith era abbastanza intelligente e abbastanza esperto di strategia militare da capire che ‘molto presto’ in quel frangente significava ‘molto tardi’.

Così, mentre lui, Murdock e PE erano seduti sul divano, Sberla gironzolava per il salotto con il bimbo in braccio.

"Ciao piccolo Ray," Sberla sembrava essere già entrato in sintonia con il bambino. Aveva un sorriso così stupido stampato in volto che i suoi compagni si annotarono di usarlo come arma di ricatto per molto tempo. Murdock si diede da fare con la sua macchina fotografica istantanea. Intanto l'ignaro tenente continuava con il suo monologo. "Io sono lo zio Templeton. E Ray, guarda, ti presento lo zio Murdock e lo zio PE." Mentre parlava si spostava in mezzo a loro, indicando i membri del team al bambino che li osservava tutti con occhioni marroni spalancati e rotondi. Murdock gli lanciò un sorriso enorme e anche PE gli sorrise e lo salutò di rimando. "E questo qui è il nonno Hannibal."

Hannibal mimò con la bocca la parola ‘Nonno?’ fissando il tenente con uno sguardo truce che prometteva dolore. E venti miglia di corsa non appena fossero tornati a Los Angeles.

Il tenente lo notò e fu svelto a cambiare direzione.

Una decina di minuti dopo Hannibal tirò fuori un sigaro dalla tasca e fece per accenderlo, e Murdock arricciò il naso. "Colonnello, non dovresti fumare intorno al bambino…" Il suo consiglio naturalmente fu completamente ignorato. Il colonnello gli lanciò un’occhiata vacua e poi continuò il suo gesto.

PE lo fulminò con lo sguardo quando il fumo arrivò fino a lui.

Sberla depositò il piccolo Ray nella culla e si avvicinò agli altri, visibilmente un po’ imbarazzato. Gli altri gli lanciarono finti ma credibili sorrisi comprensivi, già pensando a cosa chiedere di procurare al tenente sotto ricatto.

Trish aveva lasciato una teiera sui fornelli pronta per il loro uso, e Murdock andò in cucina e tornò dopo pochi minuti portando con sé un vassoio con quattro tazze fumanti.

Mentre sorseggiavano il loro tè, a turno lanciavano un’occhiata al piccolo nella culla.

"Non riesco ancora a capire come sia riuscita a ficcarci in questa situazione."

"Non essere così ingiusto, Hannibal. Il piccolo Ray è un angioletto."

Hannibal inarcò un sopracciglio, decisamente non convinto. Un rumore attirò la loro attenzione.

Si voltarono verso la culla come un solo uomo e videro che l’‘angioletto’ stava tentando di evadere scavalcando le protezioni alzate. Hannibal si alzò in piedi e sorrise, ripensando alla loro fuga da Fort Bragg.

"Riprendi già dal nonno, vero?" –oh, quanto avrebbe sofferto il tenente per quello– "Ma tu non devi farlo." Il bambino lo ignorò. Hannibal lanciò un’occhiata agli altri uomini ancora accasciati sul divano. "Perché non mi date una mano?"

"Devo ancora finire il mio tè, Colonnello," sorrise Sberla a trentadue denti alzando la tazzina a mo’ di saluto.

"Sei stato tu ad accettare quest’incarico Hannibal!"

"Per una volta sono d’accordo con il bestione."

Il colonnello li fulminò tutti con lo sguardo poi si voltò di nuovo verso il bambino. "Te ne starai buono buono lì dentro finché tua madre non torna?" Si sentiva stupido a parlare con un neonato, ma stava parlando più da solo che altro a questo punto e questo era ancora più umiliante. Il piccolo Ray intanto continuava a portare avanti la sua evasione.

Il colonnello avanzò verso di lui, afferrandolo per le braccine e bloccando la sua fuga. "Assolutamente no, angioletto. Adesso te ne stai fermo lì zitto e buono finché la mamma non torna, okay?"

Il piccolo si fermò. Ma non perché avesse capito; semplicemente era stato attirato dal luccichio del sigaro acceso di Hannibal. Alzò una manina e tentò di afferrarlo.

"Non provarci nemmeno," lo avvertì il colonnello allontanando il sigaro. Nessuno toccava i suoi sigari. Nessuno.

Ray fece una faccia strana. Hannibal per un attimo si domandò se avesse un qualche problema.

Poi il piccolo scoppiò a piangere.

Cosa positiva: quello fece alzare le chiappe agli altri tre uomini nella casa.

Cosa negativa: il colonnello non aveva la più pallida idea di come fare per calmarlo.

"Oh, no, no, no," esclamò Hannibal. "Sshhhh! Ti prometto che se smetti di piangere ti farò uscire di prigione." Il bambino si azzittò un attimo e lo fissò con occhi enormi, per poi riprendere a strillare ancora più forte di prima.

"Hannibal! Fallo smettere!"

"Non hai grazia con i bambini! Fallo fare a me!"

Nonostante i tentativi – o forse a causa dei tentativi – Ray non dava cenno di volersi calmare.

Murdock, con l’espressione di uno che andava alla ghigliottina, lo prese tra le braccia e lo annusò. "Non è nemmeno sporco."

"Forse ha fame?" azzardò Sberla.

"No, non credo," rispose Hannibal. Ne dubitava davvero; a parte che loro non avevano niente a disposizione ma Trish non gli aveva lasciato detto nulla. E poi probabilmente lei sarebbe tornata molto presto.

…Già. Come no.

Intanto, il piccolo continuava a piangere.

Il pilota provò a distrarlo con il sonaglino che aveva preso dalla culla, ma non ottenne nulla.

Spaesato, il colonnello lo prese dalle braccia di Murdock e iniziò a cullarlo cercando di calmarlo. Presto tutti e tre gli altri membri del team stavano correndo per casa cercando qualcosa che potesse aiutarli. Hannibal iniziò perfino a cantargli una ninna-nanna con una melodia che ricordava, presto raggiunto da Sberla, sperando che Trish non tornasse a casa proprio in quel momento, o la sua reputazione di Duro Colonnello sarebbe andata vaporizzata nell’aria. Ma niente funzionò. Ray continuava a strillare e singhiozzare quanto prima.

Stessa testa dura di suo padre, pensò Hannibal, metà nostalgico, metà irritato.

Il colonnello non sapeva più che pesci pigliare. Posto il pupo di nuovo nella culla, disperato, giocò l’ultima carta – quella con cui era più familiare.

Raddrizzò la schiena assumendo una postura militare, e esclamò, "Silenzio, Soldato!"

Il bambino smise di piangere.

Hannibal lo fissò basito. Il piccolo ricambiò lo sguardo, gli occhi enormi, portandosi un ditino in bocca. Poi sbatté un paio di volte le palpebre e chiuse gli occhi.

Un largo sorriso affiorò sul viso del colonnello.

Gli altri tre lo stavano fissando a bocca aperta.

"Hannibal-"

"Colonnello-"

"Ma Hannibal-"

Hannibal li zittì tutti con un gesto della mano.

Murdock chiuse la bocca di Sberla spingendo un dito sotto al suo mento.

I quattro si mossero silenziosamente verso il divano. La suola di una scarpa di Murdock scricchiolò, e PE minacciò il pilota, il che portò ad una discussione sottovoce che Hannibal interruppe prima che o il bambino si risvegliasse o PE strangolasse il suo capitano (qualsiasi fosse arrivata prima).

Passò un’altra ora prima che Trish fu di ritorno. Sembrava molto più rilassata quando entrò nella porta di casa. Al contrario dei membri del team.

Mentre Sberla si lasciava cadere sul divano con un lamento, Trish si diresse verso il bambino che dormiva beato nella culla. Lo osservò per un attimo con un sorriso sulle labbra, poi si voltò verso i quattro uomini. "Grazie mille ragazzi. Spero che Ray non vi abbia dato problemi."

"Certo che no. È stato un angioletto," rispose Hannibal con un sorriso enorme. Fin troppo enorme. Trish doveva aver letto qualcosa nella sua espressione, perché si accigliò.

"Sei sicuro che sia andato tutto bene?"

"Assolutamente." Il sorriso era ormai pietrificato nella sua espressione.

Trish spostò lo sguardo dal colonnello a Sberla afflosciato sul divano con lo sguardo vacuo, Murdock in piedi vicino alla porta insolitamente rigido nella postura, e PE con un cipiglio corrucciato. Ma quest’ultimo era normale.

Non convinta, un’idea le affiorò in mente e la donna sorrise. "Beh, è bene da sapere. Vorrà dire che se avrò di nuovo bisogno di baby-sitter in futuro vi chiamerò."

Sberla gemette. PE grugnì. Murdock le offrì un sorriso strano. Hannibal uno enorme.

Ma quando arrivò il momento dei saluti, Trish era quasi in lacrime. La donna li abbracciò tutti a turno.

"Grazie ragazzi, davvero. Per tutto." Trish sorrise loro, questa volta un sorriso caldo e sincero.

"Ogni volta che ne avrai bisogno, Trish." E tutti sapevano che il colonnello intendeva più del fare i baby-sitter.

La salutarono un’ultima volta con la mano e s’incamminarono verso la macchia di alberi dove avevano parcheggiato.

Appena prima di salire sul furgone, Hannibal si voltò per affrontare i suoi uomini. Li studiò un attimo, e si ritrovò a pensare che dopo le missioni più pericolose portate a termine in Vietnam avevano sempre avuto un aspetto migliore. Si schiarì la gola e poi parlò. "Non fate parola a nessuno di questa cosa. E questo è un ordine."

Due grugniti di approvazione e un ‘sì signore’ arrivarono come risposta.

Sul sedile posteriore del furgone, Sberla si addormentò poco dopo la loro partenza e Murdock ne approfittò per mostrare a Hannibal e PE le foto scattate. Ma tenne per sé quella in cui il colonnello cantava la ninna-nanna al pupo scalciante tra le sue braccia, che poteva sempre tornare utile.

Il crepuscolo scese sulla città mentre il team si allontanava guidando verso il tramonto.




A/N: Ok. Questa era veramente stupida. E potenzialmente nonsense. E non sono nemmeno sicura che sia venuta come volevo, ma c'ho lavorato pure troppo. Ma sapete quando vi prende quell’idea fissa in testa che non riuscite a far andare via e che supplica di essere scritta? Ecco. A me è successo quello.
Forse perché entro automaticamente in Modalità_Colonnello_Decker appena mi trovo di fronte ad un bambino, e forse perché mi chiedevo come se la sarebbero cavata quelli dell’A-Team al posto mio, forse perché ridevo da sola all’idea, e forse perché volevo scrivere una fanfiction sul Team che andava a trovare Trish (dall’episodio 1x14 ‘Funerale a Sorpresa’, nel caso qualcuno si stesse chiedendo da dove diamine è scappata fuori). E pensare che l’idea originale era completamente diversa. XD
Oh beh. Spero vi sia piaciuta lo stesso e almeno vi abbia fatto sorridere. E se volete fatemi sapere come vi è sembrata. :)

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Capitolo 5
*** New Year ***


Prompt 095. NEW YEAR
Di sicuro nessuno di loro si sarebbe mai aspettato di passare l’ultimo dell’anno in quella situazione.




"Sapete-" il mormorio del tenente spezzò il soffocante silenzio della cella e riportò Hannibal al presente, tirandolo bruscamente fuori dall’avanzante torpore nella sua mente, "non era esattamente questo il modo in cui pensavo d’entrare nel nuovo anno."

Di nuovo completamente sveglio, Hannibal voltò la testa per guardarlo. Sberla era nella stessa posizione che teneva ormai da un’ora, completamente immobile, sdraiato sulla sua cuccetta con un braccio posto sopra il suo viso per coprire gli occhi. Il colonnello aveva pensato che stesse dormendo.

PE non rispose. Non c’era veramente niente da dire.

Sberla non aggiunse altro, né si mosse. Hannibal distolse di nuovo lo sguardo.

Undici mesi. Erano undici mesi – trecento trentaquattro giorni - che erano rinchiusi in Fort Bragg.

Hannibal aveva tenuto il conto.

E la cosa peggiore di tutte – la proverbiale ciliegina sulla torta – era che l’intero processo era così evidentemente una farsa. Non gli importava molto di se stesso – anche se la prospettiva di passare venti o trent’anni in prigione non gli aggradava molto – ma non sopportava l’idea di far passare la stessa sorte a Sberla e PE. Erano troppo giovani per restare tutti quegli anni in prigione. E soprattutto erano tutti innocenti.

Con la coda dell'occhio vide il tenente muoversi, e portò di nuovo la sua attenzione su di lui. Senza un lamento, Sberla aprì gli occhi e si alzò sui gomiti, tenendo lo sguardo fissato sul colonnello. Hannibal attese.

"Per quanto dobbiamo stare qui ancora, Hannibal?"

Il colonnello sospirò. In qualche modo sapeva che il discorso sarebbe tornato in quella direzione; era una domanda che Peck o PE gli rivolgevano quotidianamente.

"Sberla-"

"Ormai è chiaro che non hanno intenzione di lasciarci andare."

"No." Non era una negazione; era una conferma.

Il tenente lo capì e sospirò, ma, invece di ritornare sulla sua solita conferenza su Morrison e gli ordini come Hannibal si aspettava, dopo alcuni secondi di silenzio aggiunse, "Cosa mi dici di Murdock? È ancora laggiù."

"Lo so. Sberla-"

"Hannibal-"

"Tenente."

Il silenzio imbronciato del ragazzo fu una risposta in se stesso. I suoi occhi erano fissati su Hannibal come se volesse perforarlo con lo sguardo, e oltre ad essere scomoda, la sua posizione era troppo immobile per essere naturale; sembrava quasi che ogni muscolo del suo corpo fosse teso e pronto a scattare.

Hannibal si alzò in piedi e posò una mano sulla spalla del giovane. Lo sentì sussultare sotto il suo tocco, ma fece finta di nulla. Erano tutti abbastanza nervosi da non poter giudicare la sua reazione. Lo sapeva che i due stavano diventando irrequieti, e aveva intenzione di riprendere in mano la situazione prima che scivolasse dalle sue mani.

Guardò il tenente negli occhi e disse, "Non resteremo qui ancora per molto, Sberla. Te lo prometto."

Anche PE si voltò a guardarlo.

"Ve lo prometto," continuò Hannibal, portando lo sguardo sul sergente e poggiando l’altra mano sulla sua spalla. "Aspettiamo il processo, e intanto vediamo come va avanti la cosa. Non ho intenzione di lasciare che ci usino come esempio e ci sbattano dentro per aver seguito gli ordini," aggiunse con un sorriso, e fu sollevato di vedere gli altri due lanciargli due piccoli sorrisi per risposta. Anche se visibilmente tirati, era pur sempre un piccolo peso levato dal petto del colonnello; l’ultima cosa che voleva era che i suoi uomini perdessero la speranza.

Riusciva già ad avvertire la familiare sensazione di adrenalina correre per le sue vene, e scoprì in quel momento quanto gli fosse mancata in quegli ultimi mesi. Tese una mano verso i due ragazzi. “Ad un nuovo anno fuori di galera,” disse con un largo sorriso.

"E al tuo piano per uscire da qui, Hannibal," aggiunse PE con lo stesso sorriso, portando la mano sinistra sopra quella del colonnello.

Ci fu un momento di silenzio. Hannibal si voltò nella direzione del tenente. "Sberla?"

Il tenente aveva lo sguardo perso e immerso nei suoi pensieri, ma al richiamo di Hannibal si scosse e dopo un attimo appoggiò la sua mano sopra le loro, quasi piccola sopra quella di PE. "E a Murdock. E all’A-Team."

"All’A-Team," ripeterono insieme Hannibal e PE.

Il colonnello incontrò gli occhi dei due uomini e notò che ancora lo guardavano come una guida e realizzò che avevano fiducia in lui anche dopo tutto quello che era successo.

Avvolto da un nuovo senso di responsabilità, dopo alcuni secondi spostò lo sguardo e lo portò oltre le sbarre della loro cella verso il corridoio.

Avevano aspettato fin troppo; era giunta l’ora di mettere a punto un piano per uscire da lì. E pensava di avere già un abbozzo d’idea. Questa volta sorrise più sinceramente, scoprendo i denti in un largo sorriso, che per una volta diede speranza agli altri due invece di allarme.

Metterla in pratica sarebbe stato un gioco da ragazzi.




A/N: Secondo la trilogia della corte marziale, il team ha rapinato la banca di Hanoi il 27 gennaio 1971. Ho calcolato (secondo l’introduzione e diversi dialoghi negli episodi) che la loro fuga è avvenuta nei primi mesi del 1972, il che significa che il team ha passato un anno a Fort Bragg aspettando il processo. E dato che Murdock nel ’72 ha portato a termine una missione per la CIA, suppongo fosse ancora in Vietnam.
Riguardo alla one-shot, questa veramente è stata la prima che ho scritto per i prompt. Volevo aspettare la fine dell'anno per pubblicarla, ma poi non ce l'ho fatta. XD
Quindi prendetevela anche fuori stagione. =D

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