Il ritorno

di LadyFaith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** David ***
Capitolo 2: *** Rachel ***
Capitolo 3: *** Tobias ***
Capitolo 4: *** Rachel ***
Capitolo 5: *** Tobias ***
Capitolo 6: *** Rachel ***
Capitolo 7: *** David ***
Capitolo 8: *** Rachel ***
Capitolo 9: *** Tobias ***
Capitolo 10: *** Rachel ***
Capitolo 11: *** Tobias ***
Capitolo 12: *** Rachel ***



Capitolo 1
*** David ***


Corri! Corri più veloce!
Sentivo il ticchettio delle zampette frenetiche dietro di me, sempre più vicino, sempre più pericoloso.
Corri! Corri! Corri!
La mia vista non era acuta abbastanza da permettermi di guadagnare terreno, ma conoscevo quel posto a memoria, e probabilmente sarei stato in grado di correre ad occhi chiusi.
Non era il momento adatto per provarci, però.
Corri! Corri!
Intravidi un ammasso di piccole montagne marroni. I miei baffi percepirono un aumento di umidità. Eravamo vicini a dei piccoli scogli, sulla riva del mare. Sterzai a sinistra non appena ci fummo in mezzo, poi a destra. Presi a correre in mezzo, quasi alla rinfusa, con l’unico scopo di confondere il mio inseguitore.
Veloce, più veloce! Lo stai seminando. Ormai è…
SWAAAAASSSSSH
Di colpo la paura per l’inseguitore era scomparsa, sostituita da una paura del tutto differente.
Oh no! Mi ero avvicinato troppo alla riva del mare. L’umidità era eccessiva per i miei istinti, l’acqua avrebbe potuto raggiungermi e…bagnarmi! No! Dovevo scappare!
Corsi più veloce che potevo parallelamente alla riva, fino alla fine del gruppo di piccoli scogli. Sterzai a sinistra, correndo verso l’interno, verso l’erba, verso la mia tana…quando da dietro un sasso sbucò il topo.
Mi aveva trovato!
La mia trappola era fallita. Il mare non l’aveva spaventato, non era fuggito, non aveva perso l’orientamento. Era grosso almeno tre volte me, era marrone.
Ed era molto, molto affamato.
Ed io gli stavo correndo direttamente addosso!
Gira mi dissi. Gira, gira, gira subito!
Ci provai, Svoltai a destra, di nuovo parallelo al mare, con il topo alle calcagna.
Sentivo quasi il suo respiro sul mio corpo.
Mi aveva preso.
Ero…
Ero…
Buio!
Stavo ancora correndo, ma ero al buio. Tutt’intorno a me c’erano terriccio e pietre…o almeno, questo era ciò che potevo percepire con gli altri sensi.
Ma che diav…?! Di nuovo?!?
Frenai. Troppo tardi. Andai a sbattere contro una parete e mi capottai. Restai immobile per qualche secondo, con la schiena per terra ed il sedere per aria, contorto su me stesso. In ascolto.
A quanto pare ero da solo. Ero nella mia tana…senza esserci arrivato da solo.
Mi rimisi sulle quattro zampe.
Com’era possibile? Era ormai la terza volta che succedeva, Ero in un posto, e poi d’improvviso ecco che tutto intorno a me cambiava, e mi ritrovavo dall’altra parte dell’isola.
Tornassi almeno in città mi dissi, con rabbia.Tornassi almeno…da loro…
E poi? Che cos’avrei fatto? Ero un topo. Un piccolo, debole, misero topo! Non avrei potuto fare nulla!
Si erano presi gioco di me. Prima mi avevano immischiato nella loro guerra, pretendendo che accettassi le loro stupide regole e che fossi uno di loro. Idioti. Me l’avevano forse chiesto prima? Avevo dovuto firmare un contratto? No. Erano solo un branco di idioti, convinti di poter salvare il mondo usandosi a vicenda.
Usando me.
Ce l’avevo quasi fatta. Io, da solo, dopo aver perso la mia famiglia, li avevo in pugno: quattro ragazzini, un ragazzo-uccello ed uno stupido alieno. Sei contro uno. Potevo ancora rivedere i loro visi nella mia mente, provando un odio disperato. Ax, l’andalita che si credeva più intelligente di qualsiasi umano. Tobias, quello stupido uccello che per poco non avevo ucciso. Marco, un inutile, patetico buffone. Cassie, l’ipocrita finta pacifista. Jake, che si credeva il padrone del mondo dando ordini a destra e a manca. Rachel.
Rachel…per certi versi mi assomigliava. E proprio per questo il mio odio verso di lei era più forte di quello verso tutti gli altri messi insieme. Era un odio strano, misto ad eccitazione, a voglia di prevaricare, di spezzare il suo coraggio, di ridurla ad una piccola, tremante ragazzina spaventata.
Ce l’avevo quasi fatta.
Quasi.
Ed ora, per colpa loro, mi trovavo a passare i miei giorni su un’isola, intrappolato nel corpo di un topo, preoccupandomi solo di cercare cibo e fuggire dai predatori…o dagli altri topi. E tanto per dare un brivido alle mie giornate, ecco arrivare queste strane dislocazioni.
Perché?! presi a gridare, inveendo contro tutti e nessuno, contro me stesso. Perché non me ne sono accorto prima?! Perché devo passare il resto della mia vita bloccato in questo debole corpo?! Avevo un dono, avrei potuto fare grandi cose… Perché tutto questo?! Cosa sta succedendo?!
Sembra stupido, a pensarci. Le mie domande parevano rimbombare solo nella mia testa. Sembravano non poter avere risposta.
E invece, proprio in quell’attimo, la risposta arrivò.

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Capitolo 2
*** Rachel ***


Guardai l’orologio con impazienza. Le quattro e ventidue minuti. Dove diavolo si era cacciato?
Mi guardai intorno e sbuffai. Poi, mi venne quasi da ridere. Dopo aver assistito alle scene più tragiche, dopo aver affrontato nemici mortali, dopo aver visto i miei più cari amici quasi in fin di vita, dopo aver rischiato di essere fatta a pezzi, o peggio, di finire con uno Yeerk nella testa…riuscivo ancora ad arrabbiarmi per dover aspettare qualcuno in ritardo. Sembra banale, vero? Sembra stupido. Eppure penso fosse un modo per aggrapparmi ancora a quel poco di vita normale che mi restava. Persino con la mia famiglia le cose non erano più le stesse da molto tempo.
Quando sarebbe arrivato, in ritardo ormai di almeno dieci minuti, forse gli avrei fatto una scenata. Come se fossimo stati due ragazzi qualsiasi, con lui che si scusa perché si è fermato troppo tempo davanti ad un videogioco invece che uscire di casa e lei che gli urla di rimando “Mi metti sempre al secondo posto! Non mi ami abbastanza!”.
Sorrisi tristemente. Davvero quello era l’unico modo per sentici ancora normali? Forse sarebbe servito soltanto a me. Perché fra noi, lui è sicuramente il meno normale. Quindi era probabile che non avesse neanche bisogno di questi stupidi giochetti. Era più probabile che si fosse già abituato all’idea che le nostre vite non avrebbero potuto mai più essere come prima, neanche per un istante. Neanche per vedere un film insieme.
Okay, questo mi riportò sulla terra. Riguardai l’orologio. Le quattro e ventotto minuti, quasi ventinove. Il film sarebbe cominciato a e mezza. Sospirai. “Anche stavolta non riusciremo ad entrare”, pensai, più rassegnata che arrabbiata.
Poi, alzando lo sguardo, lo vidi.
All’apparenza sembrava un ragazzo come qualunque altro. Un po’ chiuso in se stesso, indifferente del mondo intorno a lui. Indifferente dei vestiti che aveva addosso, indifferente dei suoi capelli arruffati o del suo camminare un po’ incerto. In realtà, quella non era la sua vera forma…o almeno, non più. In realtà il suo sguardo così indifferente, quasi freddo e privo di emozioni, era nato dal fatto che, per la maggior parte del tempo, lui non era un umano, ma un falco dalla coda rossa.
Tobias.
Il mio cuore mancò un battito mentre lo vidi guardare a destra e sinistra mentre attraversava per venire da me. Buffo, vero? Rachel che s’innamora. Rachel che prova tenerezza. Rachel che non vede l’ora che lui muova gli ultimi passi per poterlo finalmente stringere fra le sue braccia, di nuovo. Forse questa guerra mi ha cambiato più di quanto pensassi. Forse non sono più io, sotto ogni aspetto.
Non mi importa. Lui ora è qui.

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Capitolo 3
*** Tobias ***


Correvo come un matto. O meglio, ci stavo provando. Ero ancora piuttosto imbranato in certi movimenti, abituato alle grandi velocità raggiungibili volando. Volando. Ecco, avessi avuto le ali non sarei mai stato in ritardo. Non saremmo di certo andati al cinema, ovvio. Ma non m’interessava molto dei film. Mi interessava stare insieme a lei. Volare insieme a lei. Anche se così non potevo abbracciarla e…oh, in effetti ogni tanto le braccia possono essere utili.
Non quando si è in ritardo, però.
Ero atterrato nel solito vicolo cieco semi abbandonato. Lì c’era una piccola tettoia, forse un vecchio balconcino, che mi avrebbe riparato dall’alto, mentre i bidoni della spazzatura, disposti a mo’ di paravento da Rachel poco prima, mi avrebbero coperto da eventuali barboni che ogni tanto si aggiravano nei dintorni. Avevo comunque osservato accuratamente la zona dall’alto: nessuno in vista, salvo un paio di topi sulla tettoia e degli scarafaggi negli angoli. Ero diventato umano, poi, dopo aver indossato alcuni dei vestiti da un sacchetto lasciato lì apposta da Rachel per me, avevo sentito un mal di testa improvviso…dopodiché il buio. Mi ero risvegliato a terra, ed il sacchetto con gli altri vestiti era sparito, lasciando al suo posto un sasso sporco di sangue. Il MIO sangue. Bene, a quanto pare un barbone era stato più furbo di me, colpendomi e rubandomi parte dei vestiti. Rachel non sarebbe stata contenta.
Io speravo solo che nessuno mi avesse visto in metamorfosi.
Ora stavo correndo, dopo aver appurato di essere stato ko per più di dieci minuti: sarei arrivato troppo tardi per l’inizio del film.
Era stata una sua idea, così come tutte le altre. Era sempre lei a convincermi a fare qualcosa “di umano”. Amava volare, lo sapevo, e fare sfoggio delle grandi abilità della sua aquila bianca, uccello ben più grande di me. Però era umana. Aveva bisogno di fare anche cose da umana. Logico, no? Il ballo della scuola, guardare e commentare i telefilm insieme, andare al cinema, tenersi per mano…
E così ogni tanto capitava che, per poco meno di un paio d’ore, io tornassi ad essere un ragazzo per fare alcune di queste cose insieme.
Andiamo al cinema. Andiamo al centro commerciale. Ci proviamo gli occhiali da sole più ridicoli. Ridiamo insieme. Ci teniamo per mano. Una volta, seduti al tavolino di un bar, abbiamo anche fatto piedino. Ci baciamo. Ogni tanto, non sempre. Vorrei farlo di più. Ma questo comporterebbe essere un umano. Essere SEMPRE un umano. Rinunciare al dono della metamorfosi. Smettere di lottare.
Ne abbiamo parlato tante volte. Lei vorrebbe che io restassi così: un ragazzo. Ha cercato di farmelo capire in tutti i modi, prima quasi per caso, poi diventando sempre più diretta. Finché un giorno non le ho detto: “Cosa faresti, tu, se fossi al mio posto? Smetteresti forse di lottare??”. Come risposta lei ha stretto le labbra guardandomi con aria rabbiosa, ma sconfitta. Da quel giorno non ne abbiamo più parlato.
Lei è una guerriera nata. E’ coraggiosa, forte, a volte anche irresponsabile. Ma riesce a trasmettere la sua forza agli altri, anche nei momenti più difficili. Ne ha trasmessa tanta a me.
Di colpo mi fermai. Ero arrivato davanti al cinema. Dovevo solo attraversare la strada. Presi fiato, mettendomi le mani sulle ginocchia, poi mi rialzai sperando di avere un aspetto decente. Ehi, mi stavo preoccupando del mio aspetto. Un falco vanitoso. Ah-ah.
Girai lo sguardo per la piazzola davanti all’ingresso, cercando lei in attesa che il semaforo diventasse verde.
La vidi.
E non era sola.
Strano, come mi fossi abituato a vivere le forte emozioni con la calma e l’indifferenza del falco. Strano, quanto persino le mie espressioni del viso umano fossero mutate dopo l’inizio della mia nuova vita.
Strano, perché in quel momento nulla di tutto questo esisteva più.
Sentii lo stomaco contorcersi, ma non ero in metamorfosi. Sentii il respiro bloccarsi, poi affannarsi, poi di nuovo bloccarsi: ma non era la fatica per la corsa. Sentii le mani tremare.
Rachel era abbracciata ad un ragazzo, più alto di lei, e sorrideva.
Non riuscivo a vedere il viso di lui, poiché era dietro la testa di Rachel, che io vedevo di profilo.
E lentamente vidi la sua testa ruotare, nascondersi dietro la sua nuca coperta da lunghi capelli biondi.
Si stavano…si stavano baciando??
Non poteva essere vero.
Il mio cuore prese a battere troppo velocemente.
Mi sembrò di percepire le mani di lui stringere più forte il corpo di lei. Una delle due le accarezzò la schiena ed arrivò a posarsi sul suo viso.
Non persi tempo a riflettere, a pensare, a strofinarmi gli occhi come per risvegliarmi da un incubo.
La mia testa era vuota, il cervello spento, l’unica cosa che sentivo pulsare era il cuore, doloroso, pesante.
Come un automa girai sui tacchi, e me ne andai.
Dovevo volare via.

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Capitolo 4
*** Rachel ***


Mi ero fatta fregare.
Diavolo, bastava davvero così poco?
Tobias era arrivato, sorridente ma con aria colpevole, scusandosi e dando la colpa ad un paio di barboni che gironzolavano nel vicolo in cui si sarebbe dovuto trasformare, quello in cui gli avevo nascosto un sacchetto con un po’ di vestiti. Giusto per non presentarsi ad un appuntamento in pantaloncini da ciclista, maglietta aderente e senza scarpe.
Avevo sollevato gli occhi al cielo, ma prima che potessi replicare lui mi aveva stretta fra le sue braccia.
Ora, come potevo non ricambiare?
Il film ormai era iniziato. Lui era in metamorfosi da circa un quarto d’ora. C’incamminammo per una via a caso, tenendoci per mano.
- Allora, davvero hai voglia di passeggiare per un’ora e mezza? O stai solo aspettando che io ti proponga di volare un po’ per fare i salti di gioia? - gli chiesi con sarcasmo.
- Veramente… - iniziò lui. Piano piano lo sentii fermarsi, e mi girai a guardarlo. Mi fissò, con uno sguardo che non gli avevo mai visto, e poi finì la frase: - Vorrei stare un po’ con te. Da soli.
Cosa? Come? Aveva…lui…che cosa voleva dire? Era quello che pensavo?
Mi sentivo come pietrificata, con il cervello in pappa.
Possibile che Tobias avesse inteso quello che pensavo? Possibile che volesse spingersi così oltre? Sì insomma…era già capitato che ci fossero dei momenti un po’…come dire…un po’ intimi, ecco. Come quando mi ero assopita durante un telefilm, con lui appollaiato sulla testiera del letto, ed al risveglio l’avevo trovato in forma umana, steso al mio fianco a guardarmi e carezzarmi i capelli. O come quando, una volta, insieme agli altri su un pullman, mi ero seduta in braccio a lui, che, di nascosto agli occhi dei nostri amici, sfiorava con le labbra la mia spalla. O ancora, quella volta che voleva provare a nuotare come essere umano, che ci eravamo abbracciati nell’acqua e ad un certo punto siamo tornati a riva quasi imbarazzati… Però, ecco, erano tutti singoli episodi che penso siano normali, tra due ragazzi giovani come noi che escono insieme. Per quanto riguardava il resto…la verità era che non ci avevo mai pensato. Forse perché avevamo un bel po’ di altre cose a cui pensare, tutti quanti.
Però…rischiando la vita ogni giorno, forse era il caso di buttarsi un po’ di più. In pochi giorni infatti avremmo dovuto affrontare una nuova, folle e rischiosissima missione. E d’altro canto non si poteva dire che non fossimo maturi, dopo tutto quello che stavamo passando.
Riportai la mia attenzione su di lui. Mi stava ancora fissando. Ora capivo. Il bacio che mi aveva dato prima in effetti era stato un po’ strano. Un po’…titubante, forse. Diverso dal solito. Ora capivo perché. Forse era anche arrivato in ritardo apposta. Forse…
“Oh, avanti, Rachel, smettila di pensare!”
Feci un passo avanti, d’istinto, e lo baciai su una guancia prima di rendermene conto. Allora, era questo che volevo?
“Prova”, mi dissi. “Vai a casa e poi se all’ultimo cambi idea non hai che da dirglielo. In fondo si tratta di Tobias, capirà!”.
Lo presi per mano senza smettere di guardarlo negli occhi, gli feci un sorriso per metà affettuoso e per metà di sfida, e riprendemmo a camminare.

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Capitolo 5
*** Tobias ***


Volai. Volai fino alla mia radura. Ma ancora avevo fatto troppa poca strada, non me la sentivo di fermarmi. Ax mi avrebbe fatto delle domande, ed io sarei stato incapace di rispondere. Incapace di parlare. Incapace di pensare.
Continuai a battere le ali finché non avvistai la valle degli Hork-Bajir liberi. Cercai di raggirarla, volevo evitare anche loro.
Stavo scappando. Ero un predatore, e stavo scappando. No. Ero un essere umano. Ero un umano quando correvo da Rachel, ero un umano quando l’avevo vista insieme ad un altro, ero un umano ad amarla e…
Mi buttai in picchiata, solo per il gusto di sentire l’aria sferzare il mio corpo. Dolorose immagini si susseguivano nella mia mente. Io che bussavo col becco alla finestra di Rachel. Noi che ci immergevamo nelle profondità dell’oceano. Lei con un altro. Lei in metamorfosi da grizzly ferita in un combattimento. Lei con un altro. Il suo sguardo al ballo della scuola. I nostri baci. Lei con un altro. Lei…
No! Basta!
Virai appena in tempo per non finire schiantato contro un tronco. Mi librai in volo sopra le fronde, sopra le nuvole, sopra i pensieri.
Ero un predatore. La mia vita ormai era quella, soltanto quella. Non c’era più posto per me come umano, e questo episodio l’aveva appena dimostrato.
D’ora in poi Tobias – il Tobias ragazzo dai capelli spettinati e l’aria assente – non sarebbe più stata una persona, ma soltanto una metamorfosi qualunque nella mia collezione, nel mio repertorio di DNA.
Tobias, quello vero, era il falco. Il predatore. Ed un predatore non scappa, non urla, non sente il dolore.
Non ama.
Non perdona.
Ma soprattutto, non piange.

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Capitolo 6
*** Rachel ***


Misi un piede in casa, facendo cenno a Tobias di restare fuori.
- Mamma!
Vidi la luce accesa in cucina, la porta socchiusa e rumore di pentole.
- Sì? …Rachel, sei tu?
- Sì… - mi bloccai un attimo prima di continuare. – Mamma. Stai CUCINANDO?!
- E’…ehm…una prova! – la sentii urlare, palesemente in difficoltà, - Non ho bisogno di aiuto! Ce la faccio…va tutto bene!
Trattenni una risata. L’ultima volta che mia madre si è messa ai fornelli, i vicini hanno chiamato i vigili del fuoco, e noi ci siamo mangiate un bel pasto carbonizzato.
- Jordan e Sarah sono entrambe da amiche! – aggiunse – Per questo ho…preso un po’ di tempo per…
- Tranquilla mamma – la interruppi subito, - io mi chiudo in camera a fare dei compiti. Ci vediamo per l’ora di cena.
Chiusi la porta dietro Tobias e corremmo verso camera mia, senza fare troppo rumore.
Chiusi la porta di camera mia alle mie spalle. A chiave.
Lui si fermò a guardare fuori, lievemente imbarazzato. Diedi un’occhiata all’orologio: erano le cinque meno dieci. Glielo dissi.
- Be’, meno male che non abito lontana dal cinema. Mia madre sarà occupata fino a cena, e tu puoi stare così ancora per più o meno un’ora e un quarto…c’è tanto tempo, possiamo…
Possiamo che cosa?? Ero forse impazzita?? Non sapevo neanch’io cosa volessi, o perché…
Lui si voltò.
Ci fu un attimo di imbarazzo. Poi venne ad abbracciarmi.
E da allora persi in parte il controllo di me.
Era un po’ come essere sotto metamorfosi, abbandonata agli istinti dell’animale. Con l’unica differenza che l’animale, stavolta, ero io.
Non so bene come, o dopo quanto, ma ci trovammo sdraiati sul mio letto. Il letto da cui tante sere e notti mi ero alzata per aprire la finestra, per farlo entrare in camera, per parlare con lui e desiderare di poterlo rivedere negli occhi, toccarlo, sentire di nuovo la sua voce. Ed ora tutto questo era possibile.
Lo strinsi più forte, e lui ricambiò. I nostri baci divennero più sicuri, più veloci. Ancora una volta mi sembravano diversi, ma non ci feci caso. Era tutto diverso.
Erano diversi i nostri vestiti che cadevano a terra. Era diversa la mia risata un po’ divertita ed un po’ imbarazzata mentre mi alzavo ad abbassare le tende della finestra.
“Non vorrei mai che un altro falco dalla coda rossa ci vedesse e fosse geloso”, gli avevo detto.
Non so perché, ma in quel momento mi sembrò di vedergli passare una strana ombra sul viso. Il suo sguardo mutò per un istante quasi impercettibile, tanto da farmi quasi cambiare idea su quello che stava per accadere. Ma poi la nuvola passò, e lui allungò le braccia sussurrando il mio nome.
- Rachel…
Mi avvicinai a lui ed i nostri baci ripresero. Stavolta sembrava che fosse tutto in slow-motion.
Gli ultimi vestiti caddero a rallentatore. Le sue mani si spostavano a rallentatore. Il dolore saliva a rallentatore. I movimenti erano a rallentatore.
Mi assopii lievemente tra le sue braccia mentre il suo respiro affannato tornava normale.
Per alcuni secondi, non ero più “Rachel la guerriera”.
Per alcuni istanti, io ero “Rachel l’innamorata”.

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Capitolo 7
*** David ***


Intravidi l’ora da un quadrante digitale sulla scrivania. Le diciassette e quarantadue minuti.
Mi girai verso di lei, ma prima che potessi aprire bocca, parlò:
- Senti…quando tutto questo sarà finito, un giorno…
Aspettai che continuasse, ma non lo fece.
- Allora?
- No, niente – si girò dall’altra parte, e mi sembrò di vederla sorridere – Lascia stare, è una cosa stupida.
Stupida? Voleva forse parlare di sentimenti? Voleva sentirsi dire che sarei – o meglio, che Tobias sarebbe – stato il suo ragazzo? Bleah.
Oppure…
Aspetta.
Aspetta.
Un’idea diabolica mi attraversò la mente.
Le presi delicatamente il viso tra le dita, lo girai verso di me e la fissai negli occhi, cercando di guardarla come se fosse stata la mia ragione di vita.
- Quando tutto questo sarà finito, io…tornerò ad essere un ragazzo.
Per un attimo vidi i suoi occhi brillare. Lacrime? Ma fu solo un breve istante. Mi scostò il braccio delicatamente, mentre un sorriso sarcastico le si formava sul volto.
- Sì, come no.
Poi però mi baciò. Era bello, non per il bacio, ma perché sentivo che lei ci stava mettendo tutto il suo sentimento, tutta se stessa, tutto quanto in quel piccolo, breve bacio.
Era nelle mie mani.
Avevo ancora una mezz’ora circa a disposizione, ma le dissi che sarei dovuto andar via. Iniziai a scavalcarla per scendere dal letto…ma mi fermai a metà, sospeso sopra di lei, con le mani appoggiate sul cuscino, vicino al suo viso.
Ormai mi ero spinto fino in fondo. Ormai le avevo tolto tutto. Avevo probabilmente ucciso il suo stupido fidanzato, o quello che era. L’avevo ingannata, e non sul campo di battaglia questa volta, ma in uno ben più profondo e personale.
Mancava solo una cosa da fare, per farla sentire davvero felice. Così felice che la disperazione, dopo, l’avrebbe distrutta completamente.
- Ti amo, Rachel. Ti amo immensamente.
Per l’ennesima volta, quel giorno, si bloccò, quasi incredula, quasi persa nella sua stessa mente, o forse nel suono di quelle parole. Mi accarezzò il viso, il collo, torno su e mi scompigliò i capelli.
- Anch’io – disse quasi in un sussurro. Ma era l’emozione, a bloccarle la voce, o il sospetto…?
No. Non poteva sospettare. Non si sarebbe spinta fino a quel punto, altrimenti.
Mi alzai dal letto, e per un attimo mi sentii perso. Qual era la prossima mossa?
Ah, giusto. Andare via, e preparare i prossimi dettagli.
- Ascolta, ho un’idea… Girati, metti la testa sul cuscino, chiudi gli occhi e non riaprirli fin quando non me ne sarò andato.
Alzò un sopracciglio. Avevo esagerato? Mi ero arrischiato troppo?
“Calmati”, pensai, “non è possibile che abbia capito”.
- Dopo una giornata così – continuai – sarebbe un peccato che tu mi vedessi trasformare ed andare via. Vorrei che ricordassi questo, come ultimo momento di oggi.
Detto ciò la baciai, molto lentamente. Alla fine sorrise.
- Va bene. Ma non metterci troppo.
Mi fece l’occhiolino e si nascose la testa sotto il cuscino.
Vi venne quasi da ridere. Era stato facile. L’avevo ingannata. Mi ero preso gioco di lei.
Ed era solo l’inizio della mia vendetta.
Alzai le tende, sbirciai fuori dalla finestra, individuando un cespuglio a pochi metri di lì.
Mi trasformai in topo, salii sul davanzale, scesi arrampicandomi sui tubi e raggiunsi il cespuglio, dove mi trasformai in aquila dorata e volai via.
Ah ah ah! Stavolta risi davvero, nella mia testa. Avevo vinto!
Grazie, Ellimist.

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Capitolo 8
*** Rachel ***


Le quattro e mezza.
Sorrisi nel pensare a cosa stava per accadere, ventiquattr’ore prima, alle quattro e mezza.
“Avanti, Rachel” mi sgridai, “ora piantala con tutte queste smancerie. I sentimenti da una parte, il resto dall’altra.
Mi stavo dirigendo verso la fattoria di Cassie. A scuola, quella mattina, mi aveva avvertito che ci sarebbe stata una riunione straordinaria, per due ragioni.
La prima: Erek, il Chee, aveva avuto nuove informazioni che ci sarebbero state molto utili nella prossima missione. Jake era stato messo al corrente personalmente, e ci avrebbe informati, dato che Erek quel pomeriggio non avrebbe potuto essere con noi.
La seconda: la sera prima Cassie aveva fatto una torta. Voleva farcela assaggiare.
Per questo, quando entrai nella stalla, non mi sorpresi nel vedere sia Tobias che Ax già in forma umana.
Li salutai con un entusiasmo che venne smorzato dalle loro risposte.
Cassie, la mia migliore amica, stava sistemando del fieno con un forcone alto almeno quanto lei, ed Ax stava cercando di darle una mano, perciò i loro saluti di rimando risultarono deboli e smorzati dalla fatica.
Tobias, invece, non mi salutò. Si limitò ad uno sguardo fugace, gelido, poi riprese ad osservare gli altri.
Cos’era successo?
Tenni lo sguardo su di lui, aspettando che si girasse, ma non lo fece.
Okay. Cosa GLI era successo?
Ax aveva iniziato a dire qualcosa a proposito della scomodità degli attrezzi umani, e dell’avanzamento della tecnologia andalita… Io avevo iniziato a camminare verso Tobias.
- Quando i miei cugini arriveranno, sono sicuro che inventeranno molti strumenti che vi saranno utili. U-ti-lllì. Molto utili. Utilissimi. Iss. Sssss. Isssssssii.
Anche da vicino, il mio sguardo sembrava non colpirlo nemmeno. Era rigido come…be’…come un falco.
- Potrete buttare via tutti i vostri computer obsoleti. Ob. Ob-sooo.
Ferma al suo fianco, mossi la testa. Provai a guardarlo da davanti. Provai da dietro. Nessuna reazione.
- Ma anche gli Andaliti potranno imparare qualcosa dagli umani…
Oh, al diavolo. Gli buttai le braccia intorno al corpo, con l’intento di dargli un abbraccio fulmineo.
Ma lui fu più veloce.
- Non. Toccarmi – urlò, scostandosi violentemente e quasi cadendo a terra.
Ax smise di parlare. Ci fissava incredulo. Cassie ci fissava incredula. Io ero incredula.
- Cosa…? Tobias, ma che diavolo ti prende?!
Sbuffò, alzò gli occhi al cielo e poi tornò a guardarmi. C’era un qualcosa nel suo sguardo che non avevo mai visto. Un qualcosa di terribile.
- Hai anche il coraggio di chiedermelo?
Non risposi. Che era successo? Che avevo fatto? Cercai di ricordarmi gli eventi del giorno prima. Avevo forse detto qualcosa di sbagliato? Ma no, non avevo nessuna colpa! Ma allora cos’aveva Tobias? Perché continuava a guardarmi con quella freddezza quasi innaturale? Gli avevo visto uno sguardo peggiore solo sentendolo parlare di Visser III.
- Non ci sto capendo niente – dissi, cercando con difficoltà di mantenere la calma, - Mi vuoi spiegare cos’è successo?!?
- Non ho niente da dire – rispose, muovendosi e passandomi accanto. Guardai Cassie con aria sbigottita, e lei si strinse nelle spalle. Mi voltai: stava uscendo.
Come osava…?!
- Tobias, torna indietro! – urlai senza spostarmi di un millimetro.
Ormai era a due passi dalla porta.
- Tobias!!
La stava aprendo!
- TOBIAS!
Le mani mi fremevano di rabbia, ma non volevo corrergli dietro. Dopo tutto quello che era successo ieri, si arrabbiava con me, e se ne andava così, senza darmi neanche una spiegazione??
Era forse impazzito?!
Ma non riuscì a fare un altro passo. In quel preciso momento, infatti, sia Jake che Marco stavano entrando nella stalla.
Jake captò subito l’aria malsana. Guardò Tobias, poi me, poi di nuovo lui, poi Cassie.
Marco, purtroppo, era sempre Marco.
- Ehi, trottolini amorosi – cominciò, ma immagino che Tobias l’abbia fulminato con lo sguardo, perché s’interruppe di colpo.
- Cosa sta succedendo? – domandò cauto Jake.
- Chiedilo a lei – Tobias non si girò nemmeno per indicarmi, - Anzi, facciamo una cosa. Dimentichiamo tutto. Non voglio parlare di nulla che non sia la missione. Se siamo qui, insieme, è solo per sconfiggere gli Yeerk. Non c’è nient’altro che ci lega.
Nessuno rispose. Eravamo allibiti dal suo gelo.
Stava parlando del gruppo…o di noi due?
Nessuno parlava, nessuno si muoveva. All’improvviso qualcosa dentro di me esplose.
Mi diressi decisa verso Tobias, in qualche modo lo feci girare, lo presi per il bavero della maglietta e lo trascinai fino alla parete della stalla perpendicolare a quella della porta.
- Ma che ti prende?! – cercai di sussurrare, con rabbia, tra i denti, mentre lui si divincolava. Ovviamente immagino che gli altri sentirono tutto. – Mi vuoi spiegare che è successo? Dopo ieri, poi… Avanti, parla, subito!
- Proprio di ieri hai il coraggio di parlare? – Tobias riuscì a liberarsi dalla mia presa, e non si preoccupò nemmeno di provare a sussurrare. – Proprio non me l’aspettavo da te. Non ne voglio parlare. Non ho niente da dire. Non voglio ascoltarti.
- Adesso basta, smettetela! – intervenne mio cugino Jake – O ci spiegate cosa sta succedendo, o la fate finita. Ci manca solo una guerra tra noi. Allora?
- E’ colpa sua! – esordimmo in coro io e Tobias. Io, quasi gridando, furente di rabbia, indicandolo col dito. Lui, incrociando le braccia, con sguardo torvo e tono freddo.
Ci guardammo.
Per pochi istanti qualcosa cambiò. Io distesi la fronte. Il suo sguardo si ammorbidì. Era come se fosse tornata la nostra affinità di sempre. Era come se ci stessimo parlando senza proferir parola.
“Non è…colpa tua?”
“No, io non ho fatto niente. E tu…”
“No, io no…ma allora…”
“Che cosa…chi…”
Poi il suo sguardo si raggelò di nuovo.
- Okay, basta. Lasciamo stare, e pensiamo alla missione. Non c’è spazio per le delusioni.
Delusioni?
Ma di cosa stava parlando?
Dopo quel pomeriggio passato insieme…
Non potevo crederci. Sentivo nascere lacrime di rabbia. Le mie mani tremavano. Volevo gridare, ringhiare, ruggire. Stavo per saltargli addosso urlando “Spiegami! Parla, razza d’idiota! Cos’è successo? Perché stai mandando tutto all’aria?!”. Stavo per esplodere.
- Quando tutto questo sarà finito… - gli dissi, accecata dalla rabbia e dal dolore, - pagherai per quello che mi hai fatto. Se non mi vuoi dire le cose come stanno ora, non sarò mai in grado di perdonarti. Ieri tu hai…noi… - mi bloccai. Non era necessario che gli altri sentissero. Lui sapeva.
Eppure si soffermò troppo a lungo a guardarmi, come se fosse stato…curioso? Ma curioso di cosa?
- TU dovresti perdonare ME?! – esordì, sempre con voce fredda e quasi lenta. – E per cosa? Per averti vista ieri? Ti ricordo che dovevamo incontrarci io e te. Forse hai fatto confusione nell’agenda, ma ieri c’ero anch’io davanti al cinema.
Smisi di tremare. Aggrottai la fronte, senza capire. Che cosa stava cercando di dirmi?
- Certo che c’eri – risposi con voce cauta, – eravamo insieme. Abbiamo passato il pomeriggio insieme - aggiunsi acida.
Sbuffò, quasi divertito. – Certo, come no.
Non capivo. C’era qualcosa di strano in lui, qualcosa…
D’un tratto mi accorsi di un dettaglio.
Ax. Si era trasformato. Era di nuovo nel suo corpo Andalita.
Perché mai? Temeva forse un pericolo? Temeva forse che Tobias…
Oh.
Oh, no.
Tobias…un Controller??
No...non era possibile! Non si sarebbe mai scoperto così tanto!
Eppure il nostro amico alieno si stava avvicinando a noi, piano.
- Ax, – sentirlo chiamare il suo nome mi fece trasalire – ti ricordi a che ora sono tornato nella radura, ieri pomeriggio?
Certo, rispose lui. Avevo da poco finito di vedere uno strano show su un gruppo di amici. Erano le diciassette e trentuno secondo l’ora terrestre.
Cosa?
Le cinque e mezza?
Non era possibile.
Quando Tobias se n’era andato, il giorno prima, erano quasi le sei…
Ma prima che ebbi il tempo di dire qualsiasi cosa, Ax era di fianco a me, e mi puntava la sua coda al collo.
Yeerk!

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Capitolo 9
*** Tobias ***


- Fatemi capire. Fatemi capire bene. Ieri avevate questa specie di appuntamento galante. Tobias, da gran maleducato, arriva palesemente in ritardo, e trova Rachel che, da maleducata ancora più grande, è tra le braccia di un altro. Peccato, però, che lei sostenga di essere stata con Tobias. Ora, appurato che nessuno dei due è un Controller, per il semplice fatto che uno Yeerk avrebbe ben altre cose a cui pensare che non mettere zizzania tra due piccioncini… Qualcuno ci può gentilmente spiegare che cosa DIAVOLO è successo?!?
Ci trovavamo seduti nella stalla della fattoria di Cassie. Eravamo tutti piuttosto scioccati. Rachel era ad occhi sgranati, muta da ormai almeno un quarto d’ora, allibita come non mai. Ax non la teneva più a tiro di coda, ed io non finirò mai di ringraziare il mio istinto da falco, che mi aveva impedito di gettarmi addosso a lui alla vista della sua arma a pochi millimetri dal collo di Rachel. Era stata Cassie a parlare, facendo notare ciò che Marco aveva appena ripetuto. Jake era rimasto pensieroso ed in silenzio fino a quel momento.
- Ax, è possibile… - chiese, guardando nel vuoto come per cercare un’ispirazione. - …è possibile che, ad esempio, Tobias, sia finito in una specie di…universo parallelo?
- Ecco, perfetto – Marco, sarcastico, impedì ad Ax di rispondere – ci mancava solo quello. Invasione aliena, c’è. Mondo in pericolo, c’è. Ragazzini idioti convinti di poterlo salvare e che ogni volta rischiano di farsi ammazzare, ci sono. Navicelle spaziali, ci sono. Universi paralleli, grande novità del giorno. Ci manca solo il comandante Spock, e potremo dirci al completo.
Il comandante Spock è un grande eroe terrestre? Mi sembrava che il primo ad essere stato sul vostro satellite avesse un altro nome, domandò Ax.
Jake fulminò sia lui che Marco con lo sguardo.
Scusami, principe Jake. Comunque sì, è possibile. Ma non è così semplice che avvenga, e sicuramente se ne sarebbe reso conto durante il processo di…
- Okay, okay, ho capito. Ma allora, cosa può essere?
Ax esitò. Nel frattempo io non avevo staccato gli occhi da Rachel.
Non aveva ancora cambiato espressione. Come se ci fosse un qualcosa di importante…
Cos'era successo?
- Rachel – dissi ad alta voce, sorprendendo gli altri, me stesso per primo, - ieri…cos’abbiamo fatto?
Lei alzò lo sguardo su di me. Uno sguardo che mi entrò nelle viscere, quasi da farmi male.
- Noi…
La voce non era spezzata, il tono era calmo. Ma lei era sconvolta.
- Noi…abbiamo…
Evidentemente era qualcosa di importante. Rachel si alzò e, di corsa, uscì dalla stalla.
- Rachel! – la chiamò Cassie, alzandosi. Jake la trattenne.
- Non so cosa sia successo, ma qui il problema principale è… - voltò lo sguardo verso di me, - tra loro due. Tobias, per favore, raggiungila. Cercate di chiarire. Noi vi raggiungeremo subito – e poi, facendosi scuro in viso: - Questa faccenda sta diventando seria.

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Capitolo 10
*** Rachel ***


Corsi.
Corsi cercando di evitare le radici degli alberi.
Corsi senza sapere dove stessi andando.
Volevo soltanto correre. Esaurire le energie in eccesso. Buttare via l’adrenalina. E stare un po’ da sola.
Non so quanto passò. Ad un certo punto la testa iniziò a girarmi, e dovetti rallentare, e poi fermarmi, appoggiandomi ad un albero.
Volevo continuare a correre, ma non potevo.
Volevo piangere, ma non ci riuscivo.
Volevo gridare, ma non avevo più aria per la troppa corsa.
Al limite della sopportazione, mollai un calcio contro il tronco.
- Gnnnnnnnnnnnnnnnnnnnhaaaaaaah!
Avrei potuto rompermi un piede! Riuscii solo ad emettere un verso più animale che umano.
Che cos’era successo?!
Tobias mi aveva visto con un altro ragazzo?!
Ma non era possibile, io ero stata insieme a lui, e lui…non se lo ricordava!
A meno che…
A meno che…quello non fosse Tobias.
Scossi la testa. Ormai non sapevo più che cosa pensare.
- Rachel!
Una voce. No, non una voce. La SUA voce!
- Rachel! Aspetta!
Non mi mossi. Non scappai. Grazie alla corsa ero più calma. Avrei potuto dirgli cosa mi ricordavo, cos’era successo il giorno prima, ed avremmo trovato la soluzione a questo caos.
Sbucò da dietro un albero, rallentando. Tenni lo sguardo fisso nel suo. Nessuno dei due accennava a distaccarlo. Mi si avvicinò.
- Rachel, io…
Sembrava imbarazzato.
- …scusami.
Abbassò lo sguardo. Sospirò, e riprese a parlare.
- E’ stato un malinteso. Non avrei dovuto trattarti così. Io… Stanotte ho avuto gli incubi peggiori. Mi sono svegliato, ed ho visto tutto in maniera diversa. Sono venuto a scuola, per parlarti, per sfogarmi, e…mi sono imbattuto in Marco – esitò. – Lui non mi ha visto, naturalmente. Stava parlando con Jake. Di te – alzò lo sguardo, per controllare le mie reazioni. – Ha detto che…è innamorato di te. Che ogni volta che ci sente parlare insieme, che ci vede vicini, è un tormento. Gli si spezza il cuore. Era serio, Rachel. Non l’ho mai sentito parlare in quel modo. Mai. Io non volevo che…io non sono nessuno per fare sentire qualcuno così male. Ed io e te…guardaci…non possiamo stare insieme per più di due ore. Ho pensato che la cosa migliore sarebbe stata… - s’interruppe. Aveva gli occhi lucidi. – Sono stato uno sciocco. Sono stato un idiota. Non ero in me, credimi. Perdonami, Rachel.
Ero stanca. Troppo stanca. Mi sembrava che la sua voce fosse lontanissima. Capivo la metà delle sue parole. Marco…cos’aveva detto di Marco? Ero stanca. Mi lasciai quasi cadere addosso a lui. Mi abbracciò.
- Tobias… - tentai di dire, ma non avevo parole in mente. Non avevo voce. Non avevo voglia. Non avevo emozioni. Lentamente, molto lentamente, sentii il suo viso cercare il mio. Lasciai cadere la testa di lato e gli concessi un lieve bacio.
Poi d’improvviso, nella mia testa, rividi un colore di pochi istanti prima.
Azzurro. Era il suo colore preferito. Era la maglietta che gli avevo tolto il giorno prima. Era quella che aveva adesso.
Ma quella che avevo strattonato qualche minuto prima, alla fattoria, era bianca.
- Tobias – ripetei, con un poco di energia in più, - perché ti sei cambiato la ma…
Non potei continuare. Una fitta fece sfociare le mie parole in un urlo strozzato. Sentivo come un crampo, gelido, improvviso, nelle budella. Sentivo la mano di Tobias sulla schiena, ferma, come si reggesse a qualcosa.
O come se stesse reggendo qualcosa.
D’improvviso il dolore aumentò, sentii un rumore strano provenire dalla mia schiena, eppure non riuscivo a gridare. Abbassai lo sguardo. Ai miei piedi si stava già formando una piccola pozza di sangue.
Tobias – no, non lui, qualcun altro – fece un passo indietro e mi lasciò cadere a terra, come un sacco, nel mio stesso sangue. In mano aveva un grosso pugnale insanguinato. Lo sguardo era carico d’odio, contornato da un sorriso terrificante.
Chiusi gli occhi. Mi sembrò di sentir chiamare il mio nome.
Quando li riaprii, lui non c’era più.

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Capitolo 11
*** Tobias ***


Correvo come un matto. O meglio, ci stavo provando. Di nuovo, esattamente come il giorno prima. Soltanto che ora la situazione era piuttosto diversa.
Stavo rincorrendo Rachel nel bosco, mentre gli altri mi seguivano, tenendo però una leggera distanza tra noi. Il problema era che avevo completamente perso le sue tracce. Ero tentato di tornare falco, ma sapevo che se l’avessi trovata così non saremmo riusciti a parlare. Avevamo bisogno di guardarci negli occhi. Occhi umani.
Mi fermai, cercando di affinare l’udito. Niente. Veramente una seccatura.
“Da falco l’avrei già trovata senza problemi”, pensai.
Scacciai quel pensiero e ripresi a correre, finché non sentii…
- Rachel!
La voce di Cassie! Non era più dietro di me, però, ma di lato, leggermente verso un’altra direzione.
Mi stavo perdendo?
Sentii un urlo. Rachel? No…era di nuovo Cassie. Decisi di raggiungerla
- Cassie! Rachel! Dove siete?
- Tobias! Qui! – urlò Jake, con una voce strana. Ed in pochi passi li raggiunsi.
Il cuore mi si fermò.
Al diavolo gli istinti del falco!
Rachel era lì, distesa per terra, in una pozza di sangue. Ad una cinquantina di centimetri dal suo corpo, tra lei e noialtri, pietrificati, c’era un oggetto argentato sporco di sangue. Cassie era vicino a lei cercando di parlarle, di trovare la ferita, di fare qualcosa. Rachel alzò lo sguardo verso di me.
E di colpo si mise a piangere.
Silenziosamente, in modo da straziare il cuore.
Mi gettai davanti a lei, senza sentire il dolore alle ginocchia, le strinsi le mani, cercai di dire qualcosa, ma un groppo in gola mi impediva quasi di respirare.
Fu lei a parlare.
- Perdonami.
Fu un sussurro. Quasi un sospiro. Sentii il suo dolore avvolgermi fino al midollo.
Mi accorsi che stavo piangendo anch’io.
Oh, che scena commovente!
Trasalimmo, tutti, ma non riuscii a staccarmi da lei. Sentii Ax fare alcuni passi.
Chi è? Chi sta parlando?
Ma come, continuò la voce, non mi riconoscete? Oh, ma che maleducati. Un vecchio amico torna a trovarvi, e voi lo ignorate così. Non si fa, no no.
Fu Jake ad arrivarci. La sua voce era gonfia d’odio e sporca di pianto.
- David!
Ma che bravo, principe Jake, David scimmiottò Ax.Ci sei arrivato. Un po’ tardi ormai, non credi?
- Come… Che cos’è successo?
Ma niente, davvero niente di che. Però, se sono qui oggi, in parte forse dovrei ringraziare il ragazzo-uccello!
Cosa?
Stava parlando…di me?
Guardai gli altri.
Si erano avvicinati al debole corpo di Rachel. Erano in lacrime, tremavano, e si guardavano intorno alla ricerca di David, senza però trovarlo. Pronti per un eventuale attacco.
Cassie intanto aveva trovato la ferita e stava tentando di fermare il sangue con un fazzoletto. Piangeva. Forse perché si rendeva conto che ormai Rachel ne aveva perso troppo.
- Che cosa vuoi dire, piccolo bastardo?
Rise. Una risata di cuore. Non pensavo che adesso parlassi anche come la tua povera innamorata. Be’, forse meritate almeno di saperlo. Stavo vivendo i miei dannatissimi giorni da topo su quella dannatissima isola dove mi avevate portato mesi fa, sentii l’odio nella sua voce, quando ad un certo punto…puff! Iniziano questi strani avvenimenti. Correvo in un posto, e mi ritrovavo dalla parte opposta dell’isola. Mi risvegliavo, e stavo cadendo dall’alto. E prima di schiantarmi al suolo – puff!, di nuovo, eccomi sulla cima di una roccia. Finché un giorno non mi sono ritrovato in una sorta di spazio. E indovinate un po’?, rise. Al posto della mia solita testa da topo, c’era la mia! Quella di David, il ragazzo!
Il cuore prese a battermi più veloce. Stavo capendo.
All’improvviso sento una luce intorno a me. Esatto, non vedo, “sento”. E poi, quella voce…se così si può chiamare. Insomma, a quanto pare un altro vecchio amico vostro c’entra nella storia, quasi sghignazzò.
Non riuscii più a trattenermi. – Tu menti! Come può l’Ellimist averti ridato il dono della metamorfosi?! Non ne avrebbe avuto alcun motivo. Lui non…
Non interferisce?, mi interruppe David. Già, già, ha detto così anche a me. Però a quanto pare riequilibra le parti. Mi ha detto di essere venuto in tuo soccorso, una volta, e di averti ridato il potere perché tu proteggessi gli Hork-Bajir. Sbaglio?
E con questo? Ax, inaspettatamente, parlò al mio posto. Il suo pensiero telepatico era stracolmo di rabbia, poteva quasi arrivarci nelle vene. Cosa c’entra col fatto che tu ora abbia…
Lasciami finire!, strillò l’altro. Mi ha anche detto che ti ha dato l’opportunità di acquisire il tuo vecchio DNA. E che ripensandoci, si è sentito un po’ troppo generoso con te. Così, conoscendo naturalmente la mia situazione, ha deciso di ridare anche a me il dono della metamorfosi. Ed eccomi qui, cari amici!
- Quindi sei stato tu a… - non riuscii a finire. Continuavo a piangere, a sentirmi un buco nero nel petto. E mentre David riprese a parlare, cominciò il capogiro.
Sì, esatto. Ero io. Ti ho lanciato un sasso nel vicolo, ti ho acquisito ed ho preso le tue sembianze. Se devo essere sincero, speravo che fossi già morto. Avrei voluto che Rachel morisse con la consapevolezza di essere stata con uno che non eri tu, ma senza poterti vedere un’ultima volta.
Continuavo a guardarla, tra le lacrime, cercando di non svenire. Mi sembrava che lei non piangesse più. Non ce n’era più bisogno: il suo sguardo era colmo di un dolore mai visto né provato prima. Capii che, dentro di se, stava continuando a chiedermi scusa.
- Rachel, ti perdono...sono io che devo scusarmi – dissi. Ma somigliava di più ad un singhiozzo.
Sei proprio sicuro?, rise David. Anche se sotto le tue sembianze, io ho baciato la tua fidanzatina. L’ho abbracciata. Sono stato a casa sua. Nel suo letto.
Cos’aveva detto? Non poteva…no, di certo stava esagerando. Mi asciugai gli occhi e scrutai lo sguardo di Rachel.
Oh, non te l’ha detto? Non è venuta da te ad elogiarti? “Tobias, ieri è stato bellissimo. Rifacciamolo presto”. No? Oh, accidenti. Eppure pensavo di essere stato bravo. Non mi sembrava neanche di averle fatto troppo male.
Cassie non riusciva più a curare Rachel. Era piegata in due dal dolore e tremava. Avevo sentito Jake, o forse Marco, o forse entrambi, cadere a terra, increduli ed incapaci di parlare. Ax era in silenzio, non capendo esattamente cosa volessero dire quelle parole.
Io ero come su un altro pianeta.
Continuavo a guardare Rachel. Non lo so, forse mi aspettavo che si alzasse su un gomito, guardasse verso David con aria di sfida e gli dicesse “Che diavolo dici, idiota? Smettila di inventarti queste storie o vengo lì e ti prendo a calci!”.
Ma non lo fece. Parlò il suo sguardo, per lei. E mi confermò la veridicità delle parole di David.
Non riuscivo a muovermi. A pensare. Ero sopraffatto dal dolore, e da un migliaio di altre sensazioni indecifrabili.
Ma non ti preoccupare, continuò David, non penso di averti fatto sfigurare così tanto. Sono stato un romanticone. Alla fine di tutto, le ho anche detto un bel “Ti amo” di rappresentanza!
Tremai. Lui… Lei… Questa era una cosa vera. La pensavo ormai da tanto tempo, ma non mi sembrava mai il momento per… Rachel… Aveva sentito queste parole da un altro. Aveva pensato che fossi io. Forse aveva anche risposto. Ed invece era stata presa in giro, ed io non avevo fatto nulla, non ero lì, ero scappato, avevo dubitato di lei, ed ora…
Vi ho resi tristi? Non vi preoccupate. Non durerà molto. Vi ucciderò tutti. Mi avete sentito? Vi ucciderò tutti!

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Capitolo 12
*** Rachel ***


Vi ucciderò tutti!
Voci. Ormai stavano diventando solo voci.
Il dolore si era sparso in tutto il corpo, trasformandosi in una specie di torpore.
Lo sguardo era fisso sugli occhi di Tobias.
Tobias…
Ma quelle voci, quella voce, continuava a pugnalarmi il cuore.
Non ho ancora deciso come, non ho ancora deciso quando, ma morirete.
Non volevo più ascoltare. Volevo solo restare da sola con Tobias. Solo un momento.
Provai a dirglielo…ma i muscoli non si mossero.
Ero bloccata!
Tranne te, ragazzina pacifista. Tu sei innocua. Mi serve qualcuno per creare una nuova squadra. Poi, quando l’avrò fatto, potrò anche ucciderti. Deciderò sul momento.
Cassie. Stava parlando di Cassie. Mi ricordavo di lei. Mi sembrava che fosse lì vicino. C’era qualcuno che singhiozzava. Era lei?
- Avevi detto che non avresti mai fatto del male ad un essere umano! – sbottò una voce, tra le lacrime di rabbia. – Avevi detto che…
Oh, sì, mi ricordo cos’avevo detto. Be’, avevo sbagliato. E s’impara dai propri errori, giusto?
La voce rise.
Jake, oh, Jake, lascia perdere. Non c’è bisogno che provi a difendermi o che. Di’ a Marco di darci un taglio con tutte quelle sue battutine sulle coppiette. E cerca di convincere Ax a non chiamarti più “principe”. Cassie, lo vuoi baciare un po’ più spesso mio cugino o no? Dai, buttati. Entrambi non aspettate altro.
Tobias…
Tobias, io…
Non c’è bisogno che parli, vero?
Mi basta stringerti la mano, ancora.
I miei occhi si chiudono sui tuoi.
Cosa ci sarà dopo questo buio?
In fondo in fondo, spero di sentirti bussare alla mia finestra, di svegliarmi, e  di accorgermi che…era soltanto un incubo.
Un incubo.

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