Era
venerdì.
Il
vento era freddo e forte. Spingeva i pezzi di carta, le foglie, i
mozziconi di sigaretta.. Forse stava facendo pulizia, spazzando un
po'.
Le
donne si tenevano una mano fra i capelli per non farseli
scompigliare.
Andavano
tutti di fretta.
Le
madri con i bambini, gli uomini che tornavano da lavoro, un ragazzo a
spasso con il cane..
Un
signore la urtò, perché lei, a confronto con
tutti loro, stava
andando troppo piano.
Il
signore si fermò e si voltò verso di lei, forse
voleva chiederle
scusa.
Lei
lo guardò di rimando.
Vide
che ce lo aveva già sulle labbra, glielo scorse in bocca.
Quel
leggero, prezioso “scusa”. Bastava solo una spinta
così piccola
per farlo uscire..
Ma
il signore la mise a fuoco, e il piccolo “scusa” si
dissolse
sopra la sua lingua.
La
scrutò con disappunto e indignazione, come se il solo fatto
che lei
esistesse fosse un insulto alla sua persona. Poi si voltò e
tirò
dritto.
Lei
rimase un attimo ferma.
Osservò
con i suoi grandi occhi marroni il signore allontanarsi.
La
sua giacca nera, costosa, pulita. Il suo aspetto così
professionale,
così pulito e impeccabile.
Le
avrebbe fatto piacere quello “scusa”, detto da lui.
La
ragazza si voltò e proseguì.
I
suoi capelli blu, del colore del mare, disorientavano sempre le
persone.
Ma
a lei piacevano così.
Il
blu.. Il colore dell'acqua del cielo. Di blu c'erano mille
tonalità.
Chiaro, scuro, opaco, violaceo.
Anche
l'azzurro non era che una sfaccettatura del blu. Con il suo verde
acqua, cristallo, ceruleo, turchese..
Ci
teneva che i suoi capelli fossero blu. Le piaceva acconciarseli,
fermarseli con le forcine.
Farli
scivolare nella piastra, farli diventare lisci e quieti come il mare
in bonaccia.
Erano
molto belli. Peccato solo che tutti, lungo quella strada di Torino,
le lanciassero strane occhiate..
Lei
abbassò lo sguardo. Affondò fino al naso nella
sciarpa zebrata, si
guardò le scarpe da ginnastica, e finse di non accorgersene.
Proseguì.
Provò
ad aumentare il passo, provando a confondersi con tutta quella gente
impegnata.
Ma
la verità era che non aveva alcuna fretta.
Il
tempo, in quel momento della giornata, ticchettava lento e monotono,
e lei aveva la sensazione che ogni attimo rimbombasse assordante, da
qualche parte nel cielo.
Tirò
fuori dalla tasca dei jeans il suo cellulare. Un vecchio nokia, molto
rotto.
Lo
sbloccò per guardare l'ora.
Le
5:07. Aveva fin troppo tempo.. Come ogni giorno del resto.
Lo
sfondo del suo cellulare era una donna dai capelli rossi, ricci.
Sorrideva, un po' sorpresa, mentre guardava chi le aveva scattato la
foto.
In
quel momento, osservando il display del vecchio nokia, si accorse che
l'icona dei messaggi lampeggiava.
Le
era arrivato un messaggio? Non lo aveva nemmeno sentito vibrare.
Lo
aprì.
Ciao,
Bree. Siamo tutti in piazza, vieni? Kia
Sentì
un sorriso spontaneo allargarsi sul suo volto.
Che
bello! Non avrebbe dovuto stare fino alle otto da sola.
Non
pensava che i suoi amici fossero in giro quel giorno. Le avevano
detto che dovevano andare da qualche parte a Milano, a comprare della
coca. Le avevano chiesto se voleva venire con loro, ma lei pensando
che tornassero tardi aveva dovuto dire di no.
Non
poteva rientrare dopo le otto.
Però
che bello! Evidentemente avevano fatto presto.
Affrettò
il passo, e rispose alla Kia.
Ciao
Kia :) Si
certo arrivo, dammi dieci minuti.
Inviò
e poi ripose il cellulare.
Finalmente
si sentiva come tutti gli altri, affrettata e con qualche pensiero
per la testa.
Si
infilò velocemente dentro un vicolo, lasciandosi alle spalle
il
flusso di gente.
Era
pratica di Torino, era nata e vissuta lì fino ad allora.
Fino ai
suoi sedici anni e due mesi.
L'aria
nel vicolo si fece immediatamente più fredda.
Sgusciava
fra le case, prendeva velocità e la investiva spietatamente.
Aveva
freddo alle gambe, i suoi jeans erano troppo leggeri. E sentiva le
mani rattrappite. Provò a infilarsele nelle piccole tasche
del
giubbotto.
Ma
d'altronde era più che normale che facesse freddo. Fra
quattro
giorni sarebbe stato Natale.
Le
piaceva il Natale. Era pieno di luci, plaid, e profumava di
cioccolato.
Torino,
addobbata ogni anno, le metteva sempre dentro una grande allegria.
Uscì
dal vicolo, e si trovò in una strada secondaria, un po'
stretta,
meno frequentata.
Proseguì
rapida superando un signore anziano che parlava con il giornalaio. Un
marocchino per terra che vendeva occhiali. Una signora indaffarata
con quattro borse..
Svoltò
un angolo. Una vecchia strada in cui il traffico era vietato, dovette
stare attenta a evitare tutti i piccioni.
Poi
si trovò di fronte alle scale di pietra, e prese a salirle.
In
cima, si trovò nella piazza rialzata di fronte a una vecchia
chiesa
sprangata e inutilizzata.
Lì,
come sempre, c'erano i suoi amici.
Erano
quasi tutti seduti sui quattro scalini che portavano alla chiesa.
Alcuni erano in piedi mentre fumavano una sigaretta.
Si
voltarono verso di lei quando la videro.
C'erano
tutti.
La
Kia, della sua età e sua compagna di classe. Frequentavano
entrambe
una scuola professionale, ma, se non fosse stato per i propri
genitori, Kia ne avrebbe fatto a meno.
Era
una persona estroversa, e si mostrava decisa e tosta.
C'era
Dennis, un tipo grosso, che lei trovava molto somigliante ad un
simpatico orso bruno. Parlava poco, ma si diceva che picchiasse
tanto.
Rayan,
il più grande del gruppo, ventisei anni a Gennaio. Era
quello che
scarrozzava tutti se si doveva andare un po' più distante, e
che
qualche volta forniva fumo e droga.
Era
bello, e aveva sempre sul volto un sorrisetto furbo e soddisfatto.
Megan.
Una ragazza di colore, dagli spessi capelli neri raccolti in trecce.
Era arrivata in Italia solo pochi mesi fa, non sapeva ancora dire una
parola, ma tutti la avevano presa in simpatia.
Clara,
una ragazzina di tredici anni. Venerava la Kia e la seguiva ovunque,
anche se a lei la cosa irritava parecchio.
Leo,
un ragazzo di ventidue anni, gay e il migliore amico della Kia. Era
un piacere sentirlo parlare, con quei modi dolci e quella sua voce
quasi femminile.. Era triste come la natura si divertisse a far
nascere persone con il sesso sbagliato.
Si
accorse con un piccolo sussulto che erano presenti anche Marco, e la
sua nuova ragazza, Aisha. Erano seduti sugli scalini, lei in braccio
a lui, e si stavano baciando.
Quando
la videro smisero un istante. Lei le scoccò un'occhiata
neutra,
Marco una un po' divertita. Poi ripresero a baciarsi.
-Ehi,
Bree!- La salutò la Kia.
-Ciao,
Bree.-
-Ciao,
Bree!-
-Bella,
Bree!-
Le
fecero eco Leo, Clara e Rayan.
Lei
abbassò lo sguardo, e si avvicinò a loro
sforzandosi di non
guardare Marco e Aisha.
-Ciao
ragazzi.- Disse loro, con un sorriso.
Megan
ricambiò il suo sorriso, perché era una delle
poche espressioni che
non conoscevano differenze linguistiche.
I
suoi denti brillarono sulla pelle scura.
Dennis
le fece un cenno con il capo, burbero.
La
Kia lanciò un'occhiata arrabbiata a Marco e ad Aisha, che
non la
avevano salutata. I due però non la notarono,
perché erano troppo
occupati.
Aisha
aveva fatto scivolare la propria mano sotto la cintura dei jeans di
Marco, mentre continuava a baciarlo..
-Vieni,
Bree.- Sbottò la Kia, distogliendo lo sguardo. -Siediti qui.-
Lei
obbedì. Si sedette vicino all'amica.
Avrebbe
preferito che la Kia per messaggio le avesse detto che c'era anche
Marco..
Non
che volesse evitarlo, ma trovarselo lì davanti
all'improvviso le
aveva dato una strana sensazione.
Erano
stati insieme per un po', loro due. Non per molto, a dire il vero.
Fino
a quando non si era saputo che Marco la tradiva continuamente.
Bree
in cuor suo non gli aveva mai dato veramente torto. Era un ragazzo
molto carino, e si meritava una ragazza normale.. Una ragazza che lo
facesse stare bene, con cui si potesse divertire, senza tutti i suoi
problemi, le sue difficoltà.
No,
non gli dava torto.
..
Solo ogni tanto si domandava come mai avesse giocato così
con i suoi
sentimenti.
Quando
le aveva chiesto di mettersi con lui Bree aveva sorriso, e gli aveva
affidato completamente tutto il proprio cuore. Non perché
pensava
che se lo sarebbe tenuto per sempre, sapeva che era più che
altro un
prestito.. ma credeva sinceramente che lo avrebbe trattato bene, che
per quel poco tempo se ne sarebbe preso cura.
Quindi
non si raccapezzava del modo in cui lo aveva gettato via, con
sprezzo.
Aveva
sofferto un po'.
Ma
piano piano le era passata, e adesso stava bene.
Sì,
tutto sommato, stava bene.
-Allora,
piccolina, come va?- Le domandò Rayan, con il solito tono un
po'
tronfio. -Dove eri sparita?-
Bree
lo guardò con simpatia. -Mi avevate detto che oggi sareste
andati a
Milano.- Gli fece notare.
Lui
ghignò. -Già tornati.-
-È
.. andato tutto bene?-
-Tutto
liscio.- Intervenne la Kia, e la guardò. -Stasera ci aspetta
una
bella serata a base di coca. Ne avremmo presa un po' anche per te, ma
so che tu preferisci di no.-
Bree
scosse la testa. -Sai, Kia, che preferirei che non lo facessi neanche
tu..-
-Anche
io, Kia.- Intervenne Leo. -Arriverà il giorno che te ne
pentirai.-
-Oh
Dio! Non rompete le palle voi due.- Guardò prima Leo, poi
Bree. -Vi
ringrazio per il pensiero, ma sono abbastanza grande da poter
scegliere da sola. Intanto non ho niente da perdere..-
Leo
si sporse per scambiare un breve sguardo con Bree. Però non
ribatté,
sapevano entrambi che era inutile.
-Comunque,
razza di benpensanti..- riprese Rayan, rivolgendosi a Bree, a Leo e
anche a Megan -.. per voi abbiamo racimolato un po' di fumo. Siete
contenti? Quello vi va bene, no?-
Bree
si trovò a sorridere. -Oh, grazie Rayan!-
In
quel momento le avrebbe fatto davvero piacere. Staccare la spina, di
tanto in tanto..
-Ma
figurati, bambolina. È un piacere. Ce l'ho in macchina, se
aspetti
un secondo te lo vado a prendere.-
-Ti
accompagno.- Disse Bree, alzandosi in piedi.
Rayan
la guardò, poi scoppiò a ridere. Si rivolse a Kia
-Sai? Penso che
quando la convincerai a passare a quelle serie sarà una di
quelle
persone che non riescono a farne a meno! Si farà tutti i
giorni.-
Bree
esitò appena sentendo quelle parole.
Le
entrarono nelle orecchie e le si posarono con un tonfo in mezzo allo
stomaco.
Ma
durò solo un momento.
Vide
con la coda dell'occhio Marco e Aisha che si baciavano sempre
più
spinti, le mani di lui sul suo sedere, e quella di lei che premeva
dentro i suoi jeans.. e Bree si convinse di avere davvero bisogno di
un po' di fumo.
Così
seguì Rayan giù dalle scale di pietra, alla sua
auto.
Si
sedettero sui sedili anteriori e lui, con calma, iniziò a
prepararle
la canna.
Poi
gliela passò insieme ad un accendino. -La signorina
è servita.-
Disse.
Bree
sorrise mentre la prendeva in mano.
La
accese, se la portò alla bocca e inspirò.
L'effetto
fu immediato.
Il
fumo sgusciò dentro di lei intorpidendole i sensi,
provocandole un
piacevole senso di nebbiosa confusione.
Non
vedeva nulla di male in quello che stava facendo.
C'erano
gli anestetici per il dolore fisico. Per quello dell'anima era forse
differente?
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