Buonanotte
Lacrime e scarabocchi
“E prendimi la canzone, e guarda se va bene, e modificala nel
ritornello, e provala alla tastiera… comincio a
non sopportarlo più! Sembra che non l’abbia capito
che sto attraversando
un periodo schifoso” borbottò Nick percorrendo il
corridoio dell’albergo a
pugni stretti. Si era appena lasciato alle spalle l’ennesima
relazione andata
male, l’ennesima litigata, l’ennesimo fallimento.
Ma Simon sembrava non gliene
fregasse niente, anzi, lo mandava pure in giro a fare i propri comodi
mentre
lui era chissà dove! Era furioso, decisamente fuori di
sé, e se lo avesse avuto
lì davanti avrebbe tanto voluto tirargli un pugno sul naso. E non
era tutto: per
completare la giornata in bellezza, si erano messi in mezzo pure John e
Roger
che non facevano che compatirlo, e che gli facevano ribollire il sangue
nelle
vene. Voleva tanto bene a tutti, ma quando si sentiva dire cose del
tipo “Nick
mi dispiace”, “Nick se vuoi parlare io ci
sono”, “sei un uomo eccezionale, era
lei che non capiva chi eri veramente” la rabbia aumentava, e
tutto finiva in
una bella litigata. Simon invece se ne stava zitto, gli dava una pacca
sulle
spalle, lo guardava, a volte sorrideva. E se ne stava in silenzio.
Raggiunse la stanza di Simon ed inserì la chiave prestatagli
da quest’ultimo. Quando aprì la porta, lo scenario
fu terrificante.
“Oh Cristo…”
C’erano cartacce ovunque, per terra, sul letto, sulla
scrivania, sulla sedia.
“Accidenti… detesto quando a Simon viene
l’estro creativo!”
brontolò facendosi spazio fra tutto quel casino.
“Allora… ha detto che c’era una canzone
sulla scrivania…
fortunato chi la trova!”
Buttò a terra qualche pagina spiegazzata e fogli
appallottolati, fino a quando non trovò un foglio a righe
sopra al quale troneggiava un "Nicky!!!! Questa canzone spacca di
brutto!!!!" con accanto un orrido scarabocchio di due pupazzetti
che si tenevano a manina. O meglio, di un mostriciattolo dalla faccia
da ebete con una... macchina fotografica? (boh) e uno ancor più ebete con quello che
sembrava un microfono in mano. Gli si raggelò il sangue
nelle vene. Oooh Gesù.
"S-sì... è decisamente questa".
Fece
per voltarsi ed andarsene, quando sempre sulla scrivania non
posò lo sguardo su
un foglietto azzurro piegato e ripiegato più volte, uno spazio color cielo riempito di parole, fra le quali il musicista vi ritrovò
stupito anche il suo nome. “Chissà che
diavolo vorrà farmi suonare quel pazzo”
pensò prendendo il pezzo di carta e mettendoselo
in tasca.
“Se c’è il mio nome sopra, allora vuol
dire che mi riguarda.
Prima che mi faccia scherzi in sala registrazione, voglio sapere che
strambe
idee ha per me” pensò richiudendosi la porta alle
spalle.
“tanto lo so che
finirò per litigare anche con lui”.
Raggiunta la sua stanza vi si rintanò dentro con una velocità pari a quella di un fulmine. A pensarci bene non era stata una cattiva idea quello di mandarlo a prendere la canzone per controllarla e modificarla, così almeno poteva occupare il tempo a non pensare alla sua malinconia, ma soprattutto era la scusa tanto aspettata per non vedere nessuno. Stava
male, soffriva di un malessere che nemmeno lui stesso era capace di
spiegarsi, ma manifestava il turbinio di emozioni che gridava ed impazzava dentro di lui in un modo solo:
isolandosi. Aveva sempre fatto così, e così fece
anche
quella volta.
Non voleva far vedere a nessuno quanto si sentiva inutile per
la
comunità, quanto si giudicava stupido e senza speranza,
quanto
si accusava di essere anomalo e destinato ad una vita senza amore. Ad
essere solo. Sì, si sentiva maledettamente solo al mondo.
Sbuffò sedendosi alla piccola scrivania decisamente
più
in
ordine rispetto a quella che aveva appena tristemente visto, e decise
di tirare
fuori dalla tasca la canzone con la quale Simon lo tormentava da mesi.
Lesse il
testo un po’ a fatica a causa delle innumerevoli cancellature
e dei tagli
feroci sparsi un po’
ovunque, ma tutto sommato non era niente male. "Falling down...
sì, non male come titolo. Bravo Charlie" disse
più che altro a se stesso. Però la canzone andava
ritoccata, così
decise di metterci del suo riscrivendo tutto in un altro foglio ben
più ordinato, visto
che quello aveva
già patito abbastanza sofferenze. Camminò in su e
in
giù per quella stanza
facendosi venire delle idee, picchiettandosi il mento con la penna per
disperdersi nei suoi sogni e nelle sue idee più strambe. Dedicò parte dei suoi pensieri anche alla base, che doveva essere ad effetto e in concordanza con le parole.
Infine,
dopo circa un’oretta, riuscì a terminare il
lavoro, e come accadeva solo pochissime volte nella sua vita, si sentiva soddisfatto. Si
stiracchiò le ossa mugugnando, per poi commettere l'errore di posare gli occhi su quel cielo newyorkese incorniciato dalla finestra dell'albergo. Fra i vari e splendenti grattacieli si poteva scorgere una grande macchia d'immenso che andava via via scurendosi per cedere il posto alla sera, una pennellata di blu chiaro che inghiottiva le nuvole soffici e una pallida luna. Da piccolo credeva che le nubi fossero di cotone, come quel cotone che arrotolavano su uno stecchino al Luna Park e che sapeva di zucchero. E' così dolce sognare, ma quando ti svegli, la vita reale ti colpisce in testa senza che tu le abbia fatto nulla di male, ed aprendo gli occhi ti accorgi che le nuvole non sono fatte di quello che sembrava così ovvio, e che alcuni di noi non meritano zucchero, nè tantomeno amore. Questo era il giudizio che come un pipistrello svolazzava sconsolato nella sua mente, questo era ciò che si sentiva. Uno dei tanti. Uno. Punto.
Si allontanò dalla finestra giusto per guardare un paio di
foto nella sua macchina
digitale che poco dopo si infilò nella tasca dei pantaloni. Fu in
quel momento che le sue dita sottili percepirono la rugosità della carta, una sensazione che gli fece ritornare alla mente il misterioso foglietto targato "Nick" precedentemente "preso in prestito". Così, incuriosito ma anche spaventato
da cosa potesse mai essere saltato in testa al suo amico, lo
tirò fuori e lo
spiegò. Lo lisciò per bene sulla scrivania,
mormorando
qualcosa che sembrava
un “come diavolo tiene le cose quello
lì”. Miracolo.
Non un taglio nè una correzione, nemmeno un minuscolo
scarabocchio idiota di loro due in qualche angolino. Persino la
scrittura era leggibile,
tanto che inizialmente gli balzò l'idea che non fosse stato Simon a
scriverci sopra. Ma ponendo ben bene l'attenzione su quelle f così incurvate e le n e le m così soffocate, non vi era di certo discussione: la calligrafia era la sua. Prese in mano
il testo e cominciò a leggere più insospettito di
prima.
-Tu che sai di vento.
Tu che se ti vengo
vicino tremi, e sai di ambra e miele mescolati insieme, e ti sfioro con
i miei
sogni ripensando a quel vento.
Tu che mi fai sentire
come se fossi immerso in un campo di grano.
Tu che suoni il
pianoforte, e mi spingi a desiderare di essere ogni singolo tasto.
Tu che non parli, che
mi controlli, che ti preoccupi, e mai di te stesso.
Mi piace quando ridi,
punto. Quando stendi quelle labbra velate di trucco e scopri un sorriso
spontaneo e che spesso non comprendi. Dio, mi fa impazzire.
Tu che nella mia mente
rovesci cassetti, getti a terra libri, che mi guardi veloce e mi fai
impazzire
di nuovo.
Tu che sotto la pioggia
hai tirato sassolini alla mia finestra e non avevi dove stare, o lo
avevi, ma
mancava l’amore.
Tu che avevi freddo, tu
che non capisci che ora sono io ad avere freddo, già da un
po’.
Tu che possiedi delle
labbra che mi tormentano, e vorrei tanto, tanto sapere di cosa sanno.
Tu e i tuoi occhi,
verdi e magnetici, che attirano qualcosa in me quando ti passo davanti.
Occhi profondi che mi
fanno capire sempre chi sei, occhi allegri che mi fanno capire che
soffri.
Fotografi il tuo mondo:
ingrandisci, metti a fuoco, ed imprimi ciò che ami su un
pezzo lucido di carta.
Tu che sei alla ricerca
di qualcosa che ti dia pace. Che
inconsapevolmente fai di tutto per spingermi ad amarti. Per farmi
desiderare di
essere quel pianoforte.
Mi manca sempre il
coraggio di dirti che vorrei renderti
felice
ogni tanto, giusto per rivedere il tuo sorriso. Tu che ti senti solo.
Come potrei avere la presunzione di abbracciarti, o consolarti, o farti
stare meglio? Chi sarei io per fare questo? Vorrei solo poterti
sospirare all'orecchio, mentre piangi la notte (ti sento soffocare il
pianto nel cuscino...), che sei solo perchè sei unico. Che
sei
unico perchè sei una cosa rara. Che sei una cosa rara
perchè sei semplicemente Nick Rhodes. E che splendi,
qualunque
cosa ti dicano gli altri, tu splendi. Sempre. -
A Nick scappò una lacrima che scese lungo la sua guancia,
si
fermò appena sulla punta del mento, e cadde a bagnare quel
pezzetto di carta
che aveva in mano. Non si accorse nemmeno che aveva portato una mano
alla bocca
in modo che il palmo potesse nascondere le labbra, quelle labbra
morbide che
tremavano e non sapevano che dire. Le sue iridi verdi erano ferme su
quelle
righe, due iridi scintillanti in uno sguardo che si faceva lievemente
arrossato. Tirò su col naso, giusto per rendersi conto che
era ancora sul
pianeta terra e non da chissà quale altra parte. Non si era
mai sentito così
debole, così bisognoso di appoggiarsi alla scrivania per non
cadere. Si sentì
improvvisamente un bambino con un calore dentro che non riusciva a
spiegarsi.
Portò un dito al suo volto, e si accarezzò una
guancia. Osservò la punta del
suo indice: bagnata. Non riuscì a formulare pensieri logici
se non quello che
stava piangendo davanti a delle parole d’inchiostro.
Rientrato da poco nella sua stanza d'albergo Simon
provava una canzone seduto a gambe incrociate sul suo letto disfatto. O
meglio, improvvisava qualcosa strimpellando con la
chitarra prestatagli da John, in cerca di buone idee che non si
facevano mai
acchiappare. Sbuffò grattandosi disperato la guancia sulla
quale
campeggiava la
barba, e continuò sperando che prima o poi qualcosa di buono
potesse pur saltare
fuori. Cominciò a canticchiare delle parole a caso che
potessero
adattarsi a
una melodia totalmente improvvisata e nemmeno molto orecchiabile.
Sentì una nota che non voleva sentire, così si
armeggiò a stringere le corde, stringere
e stringere, fino a quando, con un suono acuto che non prometteva nulla
di
buono, la corda della chitarra non saltò via per arricciarsi
appena e penzolare sconsolata. Gettò lo
strumento sul letto in malo modo, borbottando che quella chitarra non
valeva niente e cose del genere. Si buttò sul materasso
sfinito
ed
insoddisfatto, fissando il soffitto di quella camera
d’albergo e
desiderando
con tutto se stesso di trovarsi altrove. Quando improvvisamente non
sentì un
colpo sordo, si alzò di scatto e non vide la porta della
camera
aperta. In piedi
sulla soglia stava Nick. Quando vide i suoi occhi gonfi e la sua
espressione
disperata si sentì come paralizzato. Ma fu quando
notò
che in mano aveva un
foglio azzurro, quel
foglio azzurro, che si sentì
morire. Gli si fermò il fiato in gola, ed andò
come in tilt. Guardò Nick annegando nella paura, poi
fissò il foglietto e poi ancora
Nick. Ben presto alla paura fece spazio l’imbarazzo.
Voleva parlargli, voleva giustificarsi o per lo meno
inventare qualcosa che avesse senso, ma non riusciva a dire una sola
sillaba. Tentò di aprire la bocca, ma ne uscirono solo suoni
incomprensibili.
In piedi davanti a lui, Nick respirava veloce, cominciava a
tremare, e non faceva che guardarlo.
“S-Se è uno scherzo bastardo io-”
Ahia, brutto, brutto inizio. Simon quasi sbiancò in volto.
"Cos-? No no no è... ah..." doveva darsi una calmata. Ma soprattutto doveva, per quanto potesse riuscire a convincerlo, chiarire la situazione.
“N-Nick” riuscì a dire infine
“posso spiegarti, p-per
davvero, posso spiegarti. Io ho scritto quelle… cose, e non
so nemmeno che
diavolo siano, se una canzone o una poesia o una stu-”
“Pensi davvero
ciò che
hai scritto?” lo interruppe il musicista con una
voce che non si poteva più
definire tale, bensì un fragile sussurro. Alzò la
mano nella quale stava il
foglio.
Simon si zittì. Si perse nel suo sguardo pieno di lacrime ed
abbassò il capo, sconfitto. “…
sì”.
Nick chiuse gli occhi disperato, appoggiò un gomito allo
stipite della porta per sorreggersi il capo, e con la mano che
affondava fra i
capelli biondi, rivolse nuovamente il suo sguardo verso l'amico, uno
sguardo
ancor più arrossato e dal quale cominciava ad uscire un
pianto. “…giuramelo”.
“Lo giuro…” disse sottovoce il cantante.
Si sentiva
terribilmente in colpa, e il perché sinceramente non lo
sapeva.
Vide Nick entrare nella stanza, vide Nick a testa bassa, vide
Nick sedersi sul letto accanto a lui e guardarlo dritto negli occhi.
“Quando mi sento solo faccio delle foto… o suono
la mia
tastiera…” disse liberando le lacrime silenziose
sul suo volto. Guardò Simon,
lo guardò sofferente. “…ma a volte
questo proprio non basta” finì scuotendo
la testa e scoppiando in singhiozzi
proprio davanti all’altro. “Perdonami…”
sussurrò “…
Charlie perdonami…” Questo
lo prese fra le braccia e lasciò che si abbandonasse sulla
sua spalla, sul suo
corpo. Lo abbracciò cercando di tenerlo fermo, ma tremava e
sussultava a causa
di un pianto devastato, un pianto che lo scuoteva e lo faceva respirare
a
scatti. “…
m-mi comp-porto da bamb-bino-”
“Shhh, calmati ora…”
“C-Charlie…”
“calmati…”
“S-stai
piangendo anche tu…”
“Ma no, che dici…”
Ma Nick si spostò appena da lui, quanto bastava per vedere
il
suo volto arrossato e rigato dalle lacrime. Tutto quello che il
cantante sentì
fu un brivido. Giù, per tutta la spina dorsale. Le mani
sottili di Nick si
posarono sulla sua guancia, sentiva che lo chiamava a sé con
timidezza. Percepì
il suo respiro caldo sulla sua pelle, fino a quando le sue labbra non
furono
accarezzate da quelle morbide e gentili dell’altro. La punta
della sua lingua
sfiorò piano quella del tastierista, fino a quando
quest’ultimo non sentì il
corpo dell’altro rilassarsi e abbandonarsi completamente a
quel bacio. Che buon
profumo hai, avrebbe voluto confessargli Simon. Era una strana
sensazione per
entrambi, ma era piacevole, era confortante. E in più Nick
baciava alla grande,
di questo Simon ne era certo. Le dita del minore si persero fra i suoi
capelli,
lo coccolarono, e il cantante si sentì prima morto e poi
resuscitato. Gemette
rapito dal gusto dell’altro. Quando i due si staccarono per
riprendere fiato,
Nick si appoggiò contro la fronte dell’altro,
lasciando che entrambi
rimanessero ancora con gli occhi chiusi e dispersi nel loro turbinio di
fantasie.
Un suo sussurro ruppe il silenzio.
“…di
cosa sanno?”
Simon si leccò il labbro inferiore, se lo morse, poi sorrise
a pochi centimetri dalla bocca dell’altro.
“mela
caramellata”
Alle orecchie di questo arrivò il suono di un sorriso.
“Mmmh…” mugugnò Nick
incuriosito. Inclinò la testa quanto
bastava per posarsi sul suo incavo, poi prese a far scorrere la punta
inumidita
della lingua sulla pelle morbida e fresca del suo collo, violandolo con la sua saliva in
maniera tanto
indecente da far saltare alla mente di Simon pensieri che non possono
esser
detti.
"A-ahn..."
Ritornò ad osservare il più grande che era
in uno stato di estasi e che
ancora lo racchiudeva fra le sue braccia. Si fece pensoso, poi
sospirando
scosse il capo arreso.
“Mi dispiace Charlie, ma non sei buono come me”
“Va al diavolo Nicolas!” esclamò
l’altro ridendo.
Stettero abbracciati ancora per un po’, fino a quando Simon,
preso un po’ dalla stanchezza, non si stese sul letto
sistemando la chitarra di
John ai piedi del materasso e lasciando che Nick reclamasse spazio per
potersi
accucciare accanto a lui. Mentre il cantante gli accarezzava con
dolcezza i
capelli, l’altro gli cinse la vita con un braccio ed
ascoltò il cuore battere
sotto al suo orecchio.
“Mi domandavo” disse “se potevo rimanere
a dormire con te
stanotte…”.
A Simon scappò un sorriso comprensivo e triste allo stesso
tempo,
gli diede un leggero bacio sui capelli e tirò un sospiro con gli
occhi serrati e la punta del
mento appoggiata ai suoi ciuffi biondi.
“Ho capito… non posso” sorrise
amaramente l'altro.
Nessuno dei due ebbe voglia di pensare a cosa avrebbero detto
gli altri se li avessero trovati insieme nello stesso letto, o peggio ancora cosa
avrebbero
detto i giornali o i fans. Niente sarebbe stato come prima. E
così, per il bene
di entrambi, per il bene dei Duran Duran, Nick si alzò
facendo scricchiolare le
molle del materasso, si sistemò la giacca e si
avviò verso la porta.
Simon si mise a sedere a gambe incrociate sul letto,
guardando l’altro afferrare la maniglia per rinchiudersi
nella propria camera.
Delle parole ritornarono a girare nella mente di Nick.
La vita reale ti colpisce in testa senza che tu le abbia fatto nulla di male, ed aprendo gli occhi ti accorgi che le nuvole non sono fatte di quello che sembrava così ovvio.
“Aah Nick…. ecco volevo dirti che, se per caso ci
capita di
uscire insieme, chessò magari per comprare delle corde nuove
a John, sì ogni
tanto… uhm…ecco… mi piacerebbe tenerti
per mano”.
Ma forse per una volta, almeno per una volta, Nick si sbagliava.
Lasciò andare la maniglia e si voltò verso
un Simon arrossito
in volto e imbarazzato da morire. Una cosa rara. Inclinò
leggermente il volto
perdendosi in quell’uomo, sorridendo, e ritornando magicamente bambino.
“Voglio farti una foto”
“Uh? C-come?”
Prese dalla tasca la sua piccola macchina
digitale, la puntò verso il cantante e prima che questo avesse il tempo
di mettersi in una
posa decente premette il tasto dello
scatto, fissandolo lì, su un pezzo lucido di carta. Dopodiché la
rimise in tasca e
lo guardò ancora una volta con il cuore che gli impazzava in
petto.
“Buonanotte…” bisbigliò prima
di chiudere la porta.
“Buonanotte” rispose Simon vedendolo sparire. Si lasciò cadere all'indietro, e non smise di sorridere.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH MI CI E' VOLUTO PIU' TEMPO PER
CAPIRE COME SI INSERISCONO I MIEI DISEGNI CHE ALTRO.
Perdonate lo sclero :B
Comunque,
rieccomi qui, ancora una volta con i Duran Duran. Ancora una
volta con una storia smielosa. Ancora una volta con Simon e Nick. Uhm
°--° forse dovrei piantarla.
Spero che la
storia vi piaccia, ma piuttosto, spero che venga letta X°D
Non saprei
che altro aggiungere. Nick hai qualcosa da dire?
N:"Sì. Sono disgustato dai disegni di Charlie".
S:"Gnegnegnegnegnegneh."
N:"..."
BENE.
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