I will never say goodbye to you di irytvb (/viewuser.php?uid=99090)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cold outside ***
Capitolo 2: *** Oh, simple things, where have you gone? ***
Capitolo 3: *** Defying gravity never put me down ***
Capitolo 4: *** take a bite of my heart tonight ***
Capitolo 5: *** Glad you came ***
Capitolo 1 *** Cold outside ***
Betata dalla fantastica ND_Warblers518...
I
will never say goodbye to you
1. Cold outside.
"Il
giorno in cui voi non brucerete più d'amore,
molti altri moriranno di freddo."
François Mauriac
"Deve dirmi
tutto. Qualunque cosa le venga in mente aiuterà sia il suo
caso che il mio." Disse perentorio Kurt alla ragazza di fronte a lui.
Quella si
guardò intorno per qualche secondo, fissando con aperta
ostilità le vetrate, prima di volgersi verso Kurt con un
sorrisetto sardonico. "Oh, ne dubito. Anzi, meno parlo meno
metterò in pericolo la mia e la sua vita."
"Se non
collabora passerà dieci anni in carcere. Preferisce questo?"
"Sarò
più al sicuro dietro le sbarre che in
libertà, a questo punto."
Kurt emise un
gemito frustrato. Andavano avanti così da diverse ore, di
questo passo non avrebbero risolto niente.
"Mi stia a
sentire, Lopez. E ascolti attentamente, perchè non
ripeterò questa offerta un altra volta. Lei mi dice tutto
quello che sa, ed io la lascio in libertà. Se
testimonierà a nostro favore le darò una scorta,
farà parte del programma protezione testimoni.
Farò tutto il possibile per tirarla fuori dal pasticcio in
cui si è messa, anche perchè mi sembra troppo
giovane per capire la gravità della sua situazione."
"Strano,
perchè lei sembra avere la mia stessa età. Come
ha fatto a diventare membro della CIA così in fretta? "
"Non mi sembra
nè luogo nè momento per parlare di queste cose-"
"Al contrario, a
me sembra un momento perfetto. Forse è parente di qualche
agente?"
"Temo che lei
sia fuori strada. Qui non si fanno favoritismi."
"Ah no? Eppure
lei non mi sembra adatto per fare l' agente segreto. Forse lavoro di
base?"
"No, lavoro a
campo aperto."
"Mi permetta di
mostrare il mio stupore, allora. Lei non passa inosservato." Disse
Santana, squadrando l'agente davanti a lui.
Kurt
arrossì leggermente, ma si costrinse a non abbassare lo
sguardo.
"Ho una
proposta." Disse d' un tratto la ragazza. "La mia storia per la sua."
"Non mi sembra
che lei sia nella situazione giusta per porre condizioni."
"Invece lo sono.
Vi servono le mie informazioni, fareste qualunque cosa per metterci le
mani. E sappiamo entrambi che io non parlerò, altrimenti."
"Bene. Cosa
vuole sapere?" Sbuffò Kurt, sprofondando dentro la sedia
imbottita che usavano durante gli interrogatori.
"Perchè
ha deciso di fare l' agente segreto? Io so chi è lei. L'ho
vista sui giornali... E' il figlio del senatore del congresso, Burt
Hummel. Non ha pensato di seguire le orme di suo padre? E' meno
pericoloso fare il politico."
Kurt prese la
radio che ronzava sul tavolo, e la spense. Poi, alzandosi,
calò le tendine sulle vetrate, in modo che la stanza
solitamente illuminata a giorno fosse nella penombra.
"C'era..."
Scosse la testa, come cercando di schiarirsi i pensieri. "Io volevo
fare il cantante a Broadway."Disse, con una risatina amara. "Ma poi...
i tempi sono cambiati. Avevo la vita che ogni ragazzino ricco viveva:
andavo a scuola, una privata, naturalmente. Poi dritto a casa, senza
gozzovigliare per strada, perchè non era adatto, dicevano.
In realtà avevano paura che facessi brutti incontri, ma
questo l'ho scoperto dopo..."
**
Non doveva
essere complicato.
Finn, il suo
fratellastro, gli aveva chiesto di comprare il regalo di anniversario
per i loro genitori senza di lui, perchè aveva gli
allenamenti di football.
Così
si era diretto verso il centro di Washington, che non distava molto
dalla scuola in cui andava.
Certo, non
conoscevo ancora bene la città, visto che mi ero trasferito
da poco da Lima, per il lavoro di suo padre, ma gli avevano assicurato
che era facile trovare il quartiere dei negozi, e se mai si fosse perso
avrebbe sempre potuto chiamare un taxi.
Il problema era
che non si era accorto di essersi perso: camminavo di buona lena, con
gli occhi fissi sulla strada davanti a sè, e le mani strette
sulle banconote che avevo in tasca, visti i tempi.
Sfortunatamente
ero finito in un quartieraccio, uno di quelli che sorgeva all'ombra di
due strade pulitissime e curate, con i prati all'inglese tagliati di
fresco, un quartiere che, come molti altri, era solitamente ignorato,
quasi tenuto all'ombra per non avere a che fare con i crimini che vi
avvenivano di frequente.
Quando me ne ero
accorto era troppo tardi.
Una mezza
dozzina di ragazzi, probabilmente intorno alla mia età,
(all'epoca aveva sedici anni,) l' avevano circondato.
"Qualcuno si
è perso." Aveva detto un biondo, dando una gomitata al
ragazzo al suo fianco.
Stranamente
realizzò che fu così solo dopo che il ragazzo
aveva parlato.
"Su, Jeff, non
spaventare il ragazzino. Usa le buone maniere..." Aveva ghinato il
ragazzo .
"A lui la mamma
le ha insegnate... peccato che la mia non l' abbia fatto, vero?" Aveva
chiesto un ragazzo asiatico, ridendo.
"Peccato per
lui, non per noi, Wes."
Miaa madre era
morta quando ero piccolissimo, perciò non mi aveva mai
insegnato le buone maniere. Ma questo non lo dissi.
"Cosa volete?"
Avevo finalmente chiesto, guardandoli con una spavalderia che non
possedevo.
"Insegnare ad un
novellino com' è stare al mondo." Disse un altro ragazzo,
avanzando dalle mie spalle.
Aveva i capelli
neri e ricci, domati con del gel.
Quando i suoi
occhi scuri incontrarono i miei sentii un brivido correre lungo la
spina dorsale.
Fu allora che
capii pienamente cosa stava succedendo e cosa sarebbe potuto succedere.
Avrebbe potuto
finire parecchio male.
"So benissimo
come stare al mondo. Ci sono stato per sedici anni." Avevo risposto.
E va bene, forse
non era la mossa più intelligente da fare, ma nessuno
spingeva gli Hummel in giro, giusto? O almeno così diceva
mio padre.
Un ragazzo nero
fece per saltargli addosso, ma il ragazzo che stava parlando scosse la
testa: "Non ora, David." notai solo allora che aveva un pesante accento
italiano.
"Come ti
chiami?" Gli chiese poi.
Per un attimo
meditai di tirargli un pugno e scappare, ma l' idea era ridicola per
due ragioni: la prima, loro erano in troppi, la seconda era che non
sapevo tirare pugni.
"Kurt."
"Quindi sei
tedesco?" chiese ancora, avvicinandosi di un paio di passi.
Era
così vicino che poteva vedere i suoi occhi ad una
distanza ravvicinata.
Erano belli,
quegli occhi.
Particolari, con
delle screziature verdi all'interno.
"No. E tu sei
italiano?"
Il ragazzo
sorrise. "si."
"Blaine," Disse
un altro ragazzo, rivolto a quello con cui stava parlando, "cosa...?"
"Faccio
amicizia, Thad. Non avevamo parlato di buone maniere?"
Risero tutti,
tranne l'italiano, quello che si chiamava Blaine.
Lui continuava a
fissarmi.
"Tira fuori
tutti i soldi che hai. E bada che siano tutti, non mi piace che mi si
prenda in giro."
Vuotai le tasche
immediatamente, nella speranza che tutto finisse il più in
fretta possibile.
"Togliti le
scarpe."
A quella
richiesta lo guardai stranito.
"Ho detto di
toglierti le scarpe." Ripetè.
Bhè
il problema era che non potevo: erano nuove, e avevo obbligato mio
padre a prendere quelle della nuova collezione di Prada. Sarei morto,
piuttosto che consegnargliele.
"No."
Lui si strinse
nelle spalle, prima di fare un cenno ai suoi compagni, che mi furono
addosso in un istante.
Non so quanto
durò la rissa.
O meglio, non so
quanto durò il pestaggio, perchè io non potei
fare molto altro se non subire.
So solo che ad
un certo punto, dopo quelle che parvero ore, (ma che sarebbero potuti
essere benissimo secondi, ho imparato che tutto è relativo
nella mente umana, anche il tempo,) svenni.
Quando riuscii
ad aprire gli occhi mi accorsi per prima cosa del battito pulsante del
mio cuore, che segnalava che ero ancora vivo.
Fu un sollievo
saperlo.
La seconda cosa
di cui mi accorsi furono due paia di occhi che purtroppo ricordavo bene.
"Alla fine non
sei morto, allora." Disse Blaine con un sorrisetto.
"Che cosa....?"
"Ho dovuto
fermarli, sai. Pensavo che almeno sapessi fare a pugni, visto che non
hai voluto ascoltarmi."
"Io... Mi
piacevano quelle scarpe." Risposi, guardando con nostalgia i miei piedi
scalzi.
"Ti avremmo
lasciato andare se me le avessi consegnate. Mi stavi simpatico."
"Ciò
nonostante mi hai fatto pestare."
Blaine
sospirò. "Tieni," Disse, mollando quel paio di scarpe
accanto a me.
"Che..?"
"Hai lottato per
averle." Rispose, stringendosi nelle spalle.
Mi alzai a
sedere, accorgendomi in quel momento di essere stato adagiato
sopra..."Dove cavolo siamo?"
"Nel Bronx."
All'occhiata sconvolta che gli rivolsi ghignò: "è
il nome della palestra in cui mi alleno..."
Oh. Questo
spiegava il ring su cui ero sdraiato.
"Come ci sono
finito?"
"Ti ho
trascinato io . Se ti avessi lasciato per strada non sarebbe finita
bene... Il figlio del senatore del congresso disteso senza sensi in
mezzo alla strada? Per molti sarebbe stato come Natale in anticipo."
"Oh." Aveva
detto Kurt piuttosto stupidamente.
Non poteva farci
niente, semplicemente sentiva il suo livello di quoziente intellettivo
calare a picco ogni volta che quegli occhi scuri lo scrutavano come in
quel momento.
"Su, in piedi."
Disse infine Blaine.
"eh? Nel caso in
cui tu non te ne sia accorto sono appena stato picchiato."
"Lo so. E' per
questo che ti devi alzare: farò in modo che non succeda
più." Aveva risposto l' Italiano.
Kurt l' aveva
guardato dubbioso, prima di alzarsi con non poca fatica.
Sembrava quasi
che le sue gambe avessero deciso di non reggere il suo peso.
"Tirami un
pugno."
Kurt lo
guardò come se avesse perso qualche rotella, ma Blaine gli
sorrise incoraggiante.
Non
potè fare a meno di pensare che avesse proprio un bel
sorriso.
"Sei... Sei
sicuro?"
"certo."
Kurt chiuse la
mano a pugno, piegando leggermente le ginocchia per darsi lo slancio,
ma Blaine gli bloccò la mano prima che potesse fare altro.
"Il movimento
delle gambe andava bene, ma la mano no. Guarda." Gli prese la
mano, e con delicatezza, una delicatezza che Kurt non si sarebbe mai
aspettato da quelle mani callose e grandi, tolse il pollice dalla morsa
delle altre dita, e lo posizionò sotto la seconda falange.
"Altrimenti ti rompi il pollice."
"Perchè
lo stai facendo?" Chiese d'un tratto Kurt.
"Perchè
non sai nemmeno tirare un pugno."Gli aveva risposto Blaine, come se
avesse appena fatto una domanda stupidissima.
"Perchè
mi stai aiutando? Sono confuso. Prima mi fai picchiare e poi mi insegni
a combattere? Perchè?"
"Non lo so. Ho
questa... Questa sensazione, su di te...." Blaine tacque un paio di
secondi, come riflettendo. "Adesso prova di nuovo a tirarmi il pugno."
Kurt non
insistè per sapere altro, ma gli tirò il pugno.
Mirò
al naso, e ci mise tutta la forza di cui poteva disporre in quel
momento, che non era poi molta a causa di tutti i lividi che stavano
affiorando sulla sua pelle delicata.
Blaine
parò il colpo senza difficoltà, ma questa volta
annuì: "era buono. La prossima volta mettici più
forza."
Kurt stava per
dirgli che era difficile metterci più forza,
perchè, pronto? Lui era appena stato picchiato! Ma la
risposta gli morì in gola quando vide l'orologio.
"Sono...Sono le
otto?" Chiese Kurt, ormai nel panico.
Blaine
annuì. "Si, che problema... Oh." Sembrò capire
tutto in una manciata di secondi. "a che ora dovevi essere a casa?"
"Alle sei. E...
Io non so nemmeno dove sono adesso!"
"Calma, io so
esattamente dove siamo. Arriverai a casa, in un modo o nell'altro."
"No, tu non
capisci. Mio padre avrà già chiamato la polizia!
Probabilmente il giornale serale mi darà già come
rapito o morto! Vedo già i titoli: 'figlio del
rappresentante del congresso Burt Hummel sparito questo pomeriggio. Si
pensa al peggio.' E mio padre! A mio padre verrà un infarto!
Come-"
"Okay, datti una
calmata. Adesso usciamo dalla palestra e andiamo verso una cabina
telefonica. Dopodichè ti accompoagno a casa. Semplice,no?"
Il cervello di
Kurt si era bloccato al ti riaccompagno a casa, se avesse dovuto essere
sincero, ma annuì comunque.
Uscirono dalla
palestra, Blaine con il colletto della giacca di pelle tirato su in
modo che gli coprisse metà viso, e Kurt con le mani
affondate nelle tasche dei pantaloni, sentendo la mancanza del suo
giubotto Burberry, che naturalmente si erano presi gli amici di Blaine.
Almeno aveva le
scarpe, pensò, guardando le prada nere.
Arrivarono ad
una cabina telefonica con un anta di vetro completamente rotta, e Kurt
trasalì entrandovi, mentre sentiva le suola delle sue
adorate scarpe calpestare le schegge di vetro.
Blaine
entrò con lui, chiudendosi alle spalle l'anta rotta.
La cabina era
piccola, fatta giusta perchè una persona potesse entrarci,
perciò Kurt sentì il corpo di Blaine a filo con
il suo.
Rabbrividì,
forse per il freddo, o forse per la vicinanza dell' altro ragazzo.
Perchè
Blaine era caldo, e sentiva quel calore anche attraverso i suoi
vestiti, non perchè stesse sviluppando una cotta per lui o
qualcosa del genere.
Il fenomeno che
stava vivendo si chiamava escursione termica, giusto?
Giusto.
"Non ho monete."
Disse Kurt, indicando la fessura al lato del telefono rosso.
"Lo so. Ho io le
tue." Disse tranquillamente Blaine, prima di prenderne una e sospirare.
"Non hai una
cicca, vero?"
"Ehm... no."
Blaine si
guardò intorno, e gli occhi si posarono sulla strada deserta.
"Va bene,"
Disse, prima di inserire la monetina dentro la fessura.
Kurt lo
guardò stranito, ma digitò il numero di telefono
dell'ufficio di suo padre, e attese.
"Pronto?" chiese
la voce profonda di Burt.
Kurt sentiva l'
ansia che impregnava il tono del padre, e si sentì da subito
in colpa.
"Ehi,
papà, sono io, Kurt."
Dall'altra parte
sentì un sospiro di sollievo." Grazie a Dio. Dove sei?
Perchè non sei a casa? Ti è successo qualcosa?
Finn ha detto che sei andato da solo a comprare il-"
"Papà,
calmati. Ho avuto un brutto incontro, ma ora sto bene. Sto arrivando a
casa."
"In che senso un
brutto incontro? Kurt, cosa ti è success-" Un suono stridulo
coprì le ultime parole del rappresentante del congresso,
sostituito da una voce femminile: "La chiamata è terminata.
Se vuole richiamare inserisca nell'apposita fessura un dollare e
attenda in linea-" Anche la voce femminile si spense con uno stridio.
Questa volta
però, il colpevole era Blaine, che aveva sferrato un calcio
al contentiore di metallo sotto il telefono rosso, che si
ribaltò e rovesciò per terra centinaia di
monetine da un dollaro.
Kurt lo
guardò incredulo.
"Che
c'è? Dovevo riprendermi il dollaro." Aveva risposto lui
innocentemente, prima di prendere una manciata di monetine e infilarle
nella tasca dei jeans. "Bhè, andiamo o dobbiamo aspettare la
polizia?"
I due ragazzi
aprirono l'anta della cabina, e si fiondarono fuori.
"Riesci a
correre?" gli chiese Blaine. "Solo per un isolato, altrimenti la
pattuglia ci prenderà."
Kurt lo
guardò incredulo. Era ovvio che non ci riusciva , e la colpa
era soltanto dell'italiano.
Blaine non
aspettò risposta e gli afferrò la mano, prima di
iniziare a correre con Kurt alle calcagna, che malediceve tutto quello
che gli passava per la testa.
Dopo un isolato
si fermarono, e Kurt si accascio sui grdini che portavano all'ingresso
di una casa. "Ti odio." Gemette.
Blaine gli
sorrise soltanto, divertito, prima di sedersi di fianco a lui.
"Allora, dove
abiti?" Gli chiese. "Ti devo riaccompagnare a casa."
"Vicino alla
Dalton, la scuola privata che si affaccia su via-"
"Si, la conosco."
"La conosci?"
"Una volta la
frequentavo. Sei pronto ad alzarti? Abbiamo un sacco di strada da fare."
"Ma fa freddo!"
Gemette Kurt.
Blaine
alzò gli occhi, prima di alzarsi e progergli la mano. "La
prossima volta ti metterai un maglione, sopra quella camicia. E'
gennaio."
"Sopra quella
camicia avevo un giubbotto molto pesante, per tua informazione. Non
avevo previsto di essere derubato."
"Avresti dovuto
prevederlo. Non passi inosservato vestito così in un
quartiere del genere. Cosa ci facevi qui?"
"Stavo tentando
di trovare un regalo per l' anniversario dei miei genitori." Rispose
Kurt, rabbrividendo quando una folata di vento particolarmente fredda
si insinuò sotto la leggera camicia.
Blaine lo
guardò con interesse, prima di sfilarsi il giubbotto." La
prossima volta metti un maglione." Ripetè con un sorriso.
Kurt si
infilò la giacca di pelle, che era insolitamente calda e
profumata.
Un profumo che
Kurt aveva riconosciuto subito come Chanel, lo stesso che usava sua
madre.
Lo Chanel numero
cinque impregnava quasi tutti i ricordi che aveva di lei.
Kurt ricordava
benissimo di essere seduto sopra la toletta in rovere di Christinne,
mentre lei si specchiava sull' enorme specchio, sistemandosi i riccioli
scuri dietro le orecchie.
Aveva pensato
che sua madre sembrava proprio una principessa, e che se mai avesse
sposato una donna, quella sarebbe dovuta essere uguale a lei.
Poi Christinne
gli aveva accarezzato una guancia, prima di chinarsi e aprire il primo
cassetto a destra, dove teneva delle boccette di vetro dall' aria
costosa.
"Cosa sono
quelle, mamma?" Aveva chiesto, guardandole con meraviglia.
"Sono profumi;
servono per avere un buon odore, Kurt."
"Ma non basta
lavarsi?"
Christinne
ridacchiò. "Si, basterebbe. Ma a volte voglio avere un
profumo ancora più buono. Guarda, questo è il mio
preferito." Aveva detto, tirando furoi dal cassettino una boccetta. "Lo
usava una delle attrici più famose al mondo. Si chiamava
Marylin Monroe."
Kurt aveva
annuito, mentre la mamma si spruzzava sul polso qualche goccia della
bottiglietta.
"Posso averne un
po' ? Voglio un profumo ancora più buono anch'io ."
Lei aveva
sorriso, prima di mettergliene qualche goccia ai lati del collo.
"Stai bene?"
Chiese Blaine d'un tratto. "Non stai dicendo niente da un po'. Ti
conosco da qualche ora e già so che non perdi mai un attimo
per lamentarti."
"Ehi, questo non
è vero. Oggi avevo degli ottimi motivi per lamentarmi."
Blaine,
straordinariamente, rise.
Aveva una bella,
bellissima risata, e gli occhi gli si illuminavano sembrando
più verdi che marroni.
Kurt dovette
fermarsi un secondo per non rischiare di inciampare, dato che le sue
gambe quel giorno sembravano non volergli proprio ubbidire.
Questa volta per
una ragione completamente diversa dalla prima.
E per
ciò molto, molto terrificante.
Kurt si
conosceva abbastanza bene da capire come funzionasse il suo cervello.
Non capiva
perchè tutti dicessero che le emozioni fossero legate al
cuore, perchè per lui quello era soltanto un organo che
batteva, imperterrito, finchè respiriamo.
Certo, il cuore
era un organo affascinante, ma non quanto il cervello con i suoi
emisferi legati ad ogni condizione della nostra vita.
E c'era un
emisfero che particolarmente interessava Kurt, a quel punto.
L'emisfero
affettivo.
"Kurt, siediti."
Disse Blaine con voce ad un tratto preoccupata.
Lui lo
guardò, confuso. Dove doveva sedersi? Non c'era nessuno
posto dove riposarsi. Niente gradini, niente panchine.... Cosa stava
cercando di dirgli? E perchè tutto era sempre più
sfocato e confuso?
Stava forse
delirando?
Sbattè
gli occhi un paio di volte, cercando di madare via quella
fastidiosissima nebbiolina, ma quella non ne voleva sapere.
La testa era un
un po' più pesante di prima, ma non c'era niente di cui
preoccuparsi, giusto?
L'unica cosa
certa, in quel momento, era la mano calda di Blaine sulla sua spalla,
che lo spingeva giù....?
Non capiva cosa
volesse fare e perchè- Ohhhh. Adesso era seduto.
E, guarda, la
testa non sembra meno pesante, adesso?...
"Cazzo." Aveva
sentito bofonchiare Blaine.
...Avrebbe
dovuto preoccuparsi?
"Torno subito,
te lo prometto. Ma tu stai fermo e non ti muovere, va bene?"
Blaine se ne
stava andando.
Avrebbe dovuto
aspettarselo? Del resto era stato lui a ordinare di picchiarlo, no?
Magari lo stava accompagnando a casa solo per scoprire dove abitava e
derubarlo... Probabilmente ora che stava male Blaine si era spaventato
ed era corso via.
Peccato.
Sembrava proprio
un bel ragazzo.
Avrebbe potuto
innamorarsene se non fosse stato un gangster in erba.
"Mangia."
La voce di
Blaine arrivò come galleggiando dallo stato di torpore in
cui Kurt era caduto.
Così
non era scappato, dopotutto... Aveva pensato confusamente, prima che
Blaine gli ficcasse in mano qualcosa di caldo.
Senza pensare
iniziò a portarselo alla bocca, e dopo i primi tre morsi si
accorse di stare mangiando un hot dog, probabilmente preso da uno di
quegli orribili carretti, dove l'igiene era un qualche strano
miraggio....
Kurt dovette
ammettere che si sentiva molto meglio, però.
"Dovevi proprio
avere un calo di zuccheri* con me, vero?" Aveva sbottato Blaine.
Se Kurt non
avesse saputo di meglio avrebbe potuto pensare che si fosse spaventato.
"Mi dispiace...?"
Blaine
sbuffò soltanto, prima di rialzarsi in piedi e spazzolarsi i
jeans. "Ce la fai ad alzarti? Ormai manca poco."
"Si, cer-Ew. Mi
hai fatto sedere sul marciapiede?"
Blaine sorrise
di nuovo, e gli porse la mano, che questa volta Kurt presesenza
esitazioni.
____________________________________________________________________________
Camminavano su
una stradina stretta e poco illuminata, punteggiata qua e là
da qualche lampione che gettava un cono di luche soltanto su una
piccola porzione dell'asfalto.
Ma non era
questo che gli aveva reso il respiro superficiale.
Era il fatto che
blaine non gli aveva ancora lasciato la mano.
E, sebbene le
gambe molli fossero state il sentore di un calo di zuccheri e non di
una cotta, questo non stava ad escludere che Blaine era davvero bello.
Aveva un buon
profumo, la pelle abbronzata ed era stato gentile, se non si contava il
loro primo incontro.
E Kurt aveva
addosso la sua giacca.
La sua giacca di
pelle, esattamente. Chi aveva detto che i cattivi ragazzi non avevano
fascino?
Quel qualcuno
non aveva incontrato Blaine, allora.
"Domani
pomeriggio cosa fai?"
... Non gli
stava chiedendo un appuntamento, vero? Perchè Blaine
sembrava tutto eccetto che gay.
"N-niente,
Perchè?"
"Ti passo a
prendere alle cinque. Ho promesso che non saresti stato più
picchiato, ricordi? Io mantengo le mie promesse." Rispose Blaine, prima
di girare l'angolo e trovarsi in una strada privata.
I giardini
tagliati con minuziosa precisione sembravano venire da un altro
pianeta, se pargonati alle case dei quartieri che Kurt aveva visto in
precendenza, senza contare che i lampioni, disposti a pochissima
distanza l' uno dall'altro sembravano illuminare il viottolo
pulitissimo, senza nemmeno una cartaccia, a giorno.
Kurt ci mise
qualche secondo a capire che quella era la via dove abitava.
"Riesci ad
arrivare a casa tua senza svenire o farti trovare da una banda?"
"Ci
proverò." Rispose il ragazzo con un sorriso.
Blaine gli fece
un cenno, prima di girarsi, e avrebbe imboccato la stradina dalla quale
erano arrivati, se Kurt non l' avesse fermato. "Sei sicuro di voler
tornare a casa tua a quest'ora?" Chiese timidamente.
"Nessuno mi
assalirà, te lo prometto. So difendermi." Gli aveva risposto
garbatamente, e Kurt non potè fare a meno di sentirsi un po'
stupido, prima che Blaine gli sorridesse di nuovo, prima di voltarsi e
incamminarsi lontano da lui.
Kurt, invece,
stette a fissare Blaine finchè non sparì dietro
l'angolo, e rimase lì, in quella posizione per un po',
finchè le mani non gli fecero male per il freddo.
Allora si
voltò, e infilò le mani nella tasca del giubbotto.
Oh. Il
giubbotto.
Blaine si era
dimenticato il giubbotto.
____________________________________________________________________________
"Così
si era dimenticato la giacca." La latina sbuffò.
"Così clichè."
Kurt le rivolse
un sorriso mesto, il primo che aveva fatto in sua presenza.
"Mi dispiace.
Però se può consolarla, quella sera ho frugato
nelle tasche del giubbotto, e c'era una busta indirizzata a me."
"Davvero?"
Chiese Santana, improvvisamente interessata.
"Si.
Probabilmente l'avrà messa mentre ero svenuto. C'erano i
soldi che mi aveva rubato. Non tutti, poi mi ha spiegato che quelli
erano solo i soldi che erano toccati a lui, perchè gli altri
se li erano spartiti."
"Quindi l'hai
incontrato il giorno dopo, giusto?"
Kurt
annuì. "Bhè, io ti ho raccontato una parte della
mia storia, adesso mi devi raccontare cosa ci facevi in un quartiere
così..." Sembrò cercare la parola giusta, prima
di continuare."Malfamato. In compagnia di-"
"puttane.
Con addosso novecento grammi di roba." Concluse Santana per lui. "Non
è ovvio? Mi spacciavo per una di loro, ma i nostri
acquirenti sapevano da chi andare per comprare. Ero l'unica ispanica in
mezzo alle altre."
"Si, ma
perchè l' ha fatto? Aveva un lavoro che le rendeva bene ."
"Ma non era
abbastanza. La mia fidanzata- Oh, non faccia quella faccia! Come se
fosse scandalizzato o cose del genere! Scommetto che tra lei e Anderson
ci sarà stato sesso bollente, magari in quella palestra
nella quale vi siete conosciuti..."
Kurt
arrossì visibilmente. "Avevo quella faccia perchè
è la prima volta che conosco qualcuno che lo dichiara
così apertamente. Inoltre sapevo della sua fidanzata,
abbiamo un intero dossier su Brittany S. Pearce. Altrimenti non le
avrei mai raccontato la mia storia."
"Oh." Santana
sembrava sorpresa.
"Inoltre," Kurt
arrossì ancora di più mentre cercava di darsi un
contegno, "come faceva a sapere della palestra?"
"Palestra...?
Oh. Non lo sapevo, ma adesso voglio tutti i dettagli..."
"Non ora."La
blandì Kurt. "Lei stava dicendo perchè ha fatto
tutto questo."
"Come lei
saprà, a questo punto, Brittany è stata insieme a
molti uomini, tra cui un gangster di nome-"
"Abrams. Arthur
Abrams, si fa chiamare dai suoi tirapiedi Artie."
"Esattamente.
Bhè, non voleva lasciarla andare, ha minacciato di uccidere
me e lei, così abbiamo pensato che un soggiorno a
Puerto Rico era d'obbligo. Ma avevamo bisogno di soldi. Molti soldi.
Così
ci siamo messe in contatto con Puckerman-"
"Un altro
Gangnster? Rivale di Abrams, per giunta! Cosa stavate pensando?"
"A salvarci la
pelle il più in fretta possibile."
CONTINUA....
chiarimrenti:
*vengono dopo un
grosso sforzo, quando si consumano grosse quantità di
adrenalina o quando non si assume abbastanza cibo, o appunto, zuccheri.
^il mio angoletto^
bhè, se qualcuno sta leggendo mi piacerebbe sapere
cosa ne pensa... devocontinuare o cancelllare immediatamente la storia?
su un altro piano, ne aprofitto per cantarmi: tanti auguri a me , tanti
auguri a ireneeeee tanti auguri a meeeeeeeeee xD
..... non vorreste mai lasciarmi senza recensioni il giorno del mio
compleanno, veeeeeeero?
1baci8
iry
tri moriranno di freddo."
François Mauriac
"Deve dirmi
tutto. Qualunque cosa le venga in mente aiuterà sia il suo
caso che il mio." Disse perentorio Kurt alla ragazza di fronte a lui.
Quella si
guardò intorno per qualche secondo, fissando con aperta
ostilità le vetrate, prima di volgersi verso Kurt con un
sorrisetto sardonico. "Oh, ne dubito. Anzi, meno parlo meno
metterò in pericolo la mia e la sua vita."
"Se non
collabora passerà dieci anni in carcere. Preferisce questo?"
"Sarò
più al sicuro dietro le sbarre che in
libertà, a questo punto."
Kurt emise un
gemito frustrato. Andavano avanti così da diverse ore, di
questo passo non avrebbero risolto niente.
"Mi stia a
sentire, Lopez. E ascolti attentamente, perchè non
ripeterò questa offerta un altra volta. Lei mi dice tutto
quello che sa, ed io la lascio in libertà. Se
testimonierà a nostro favore le darò una scorta,
farà parte del programma protezione testimoni.
Farò tutto il possibile per tirarla fuori dal pasticcio in
cui si è messa, anche perchè mi sembra troppo
giovane per capire la gravità della sua situazione."
"Strano,
perchè lei sembra avere la mia stessa età. Come
ha fatto a diventare membro della CIA così in fretta? "
"Non mi sembra
nè luogo nè momento per parlare di queste cose-"
"Al contrario,
a me sembra un momento perfetto. Forse è parente di qualche
agente?"
"Temo che lei
sia fuori strada. Qui non si fanno favoritismi."
"Ah no? Eppure
lei non mi sembra adatto per fare l' agente segreto. Forse lavoro di
base?"
"No, lavoro a
campo aperto."
"Mi permetta
di mostrare il mio stupore, allora. Lei non passa inosservato." Disse
Santana, squadrando l'agente davanti a lui.
Kurt
arrossì leggermente, ma si costrinse a non abbassare lo
sguardo.
"Ho una
proposta." Disse d' un tratto la ragazza. "La mia storia per la sua."
"Non mi sembra
che lei sia nella situazione giusta per porre condizioni."
"Invece lo
sono. Vi servono le mie informazioni, fareste qualunque cosa per
metterci le mani. E sappiamo entrambi che io non parlerò,
altrimenti."
"Bene. Cosa
vuole sapere?" Sbuffò Kurt, sprofondando dentro la sedia
imbottita che usavano durante gli interrogatori.
"Perchè
ha deciso di fare l' agente segreto? Io so chi è lei. L'ho
vista sui giornali... E' il figlio del senatore del congresso, Burt
Hummel. Non ha pensato di seguire le orme di suo padre? E' meno
pericoloso fare il politico."
Kurt prese la
radio che ronzava sul tavolo, e la spense. Poi, alzandosi,
calò le tendine sulle vetrate, in modo che la stanza
solitamente illuminata a giorno fosse nella penombra.
"C'era..."
Scosse la testa, come cercando di schiarirsi i pensieri. "Io volevo
fare il cantante a Broadway."Disse, con una risatina amara. "Ma poi...
i tempi sono cambiati. Avevo la vita che ogni ragazzino ricco viveva:
andavo a scuola, una privata, naturalmente. Poi dritto a casa, senza
gozzovigliare per strada, perchè non era adatto, dicevano.
In realtà avevano paura che facessi brutti incontri, ma
questo l'ho scoperto dopo..."
**
Non doveva
essere complicato.
Finn, il suo
fratellastro, gli aveva chiesto di comprare il regalo di anniversario
per i loro genitori senza di lui, perchè aveva gli
allenamenti di football.
Così
si era diretto verso il centro di Washington, che non distava molto
dalla scuola in cui andava.
Certo, non
conoscevo ancora bene la città, visto che mi ero trasferito
da poco da Lima, per il lavoro di suo padre, ma gli avevano assicurato
che era facile trovare il quartiere dei negozi, e se mai si fosse perso
avrebbe sempre potuto chiamare un taxi.
Il problema
era che non si era accorto di essersi perso: camminavo di buona lena,
con gli occhi fissi sulla strada davanti a sè, e le mani
strette sulle banconote che avevo in tasca, visti i tempi.
Sfortunatamente
ero finito in un quartieraccio, uno di quelli che sorgeva all'ombra di
due strade pulitissime e curate, con i prati all'inglese tagliati di
fresco, un quartiere che, come molti altri, era solitamente ignorato,
quasi tenuto all'ombra per non avere a che fare con i crimini che vi
avvenivano di frequente.
Quando me ne
ero accorto era troppo tardi.
Una mezza
dozzina di ragazzi, probabilmente intorno alla mia età,
(all'epoca aveva sedici anni,) l' avevano circondato.
"Qualcuno si
è perso." Aveva detto un biondo, dando una gomitata al
ragazzo al suo fianco.
Stranamente
realizzò che fu così solo dopo che il ragazzo
aveva parlato.
"Su, Jeff, non
spaventare il ragazzino. Usa le buone maniere..." Aveva ghinato il
ragazzo .
"A lui la
mamma le ha insegnate... peccato che la mia non l' abbia fatto, vero?"
Aveva chiesto un ragazzo asiatico, ridendo.
"Peccato per
lui, non per noi, Wes."
Miaa madre era
morta quando ero piccolissimo, perciò non mi aveva mai
insegnato le buone maniere. Ma questo non lo dissi.
"Cosa volete?"
Avevo finalmente chiesto, guardandoli con una spavalderia che non
possedevo.
"Insegnare ad
un novellino com' è stare al mondo." Disse un altro ragazzo,
avanzando dalle mie spalle.
Aveva i
capelli neri e ricci, domati con del gel.
Quando i suoi
occhi scuri incontrarono i miei sentii un brivido correre lungo la
spina dorsale.
Fu allora che
capii pienamente cosa stava succedendo e cosa sarebbe potuto succedere.
Avrebbe potuto
finire parecchio male.
"So benissimo
come stare al mondo. Ci sono stato per sedici anni." Avevo risposto.
E va bene,
forse non era la mossa più intelligente da fare, ma nessuno
spingeva gli Hummel in giro, giusto? O almeno così diceva
mio padre.
Un ragazzo
nero fece per saltargli addosso, ma il ragazzo che stava parlando
scosse la testa: "Non ora, David." notai solo allora che aveva un
pesante accento italiano.
"Come ti
chiami?" Gli chiese poi.
Per un attimo
meditai di tirargli un pugno e scappare, ma l' idea era ridicola per
due ragioni: la prima, loro erano in troppi, la seconda era che non
sapevo tirare pugni.
"Kurt."
"Quindi sei
tedesco?" chiese ancora, avvicinandosi di un paio di passi.
Era
così vicino che poteva vedere i suoi occhi ad una
distanza ravvicinata.
Erano belli,
quegli occhi.
Particolari,
con delle screziature verdi all'interno.
"No. E tu sei
italiano?"
Il ragazzo
sorrise. "si."
"Blaine,"
Disse un altro ragazzo, rivolto a quello con cui stava parlando,
"cosa...?"
"Faccio
amicizia, Thad. Non avevamo parlato di buone maniere?"
Risero tutti,
tranne l'italiano, quello che si chiamava Blaine.
Lui continuava
a fissarmi.
"Tira fuori
tutti i soldi che hai. E bada che siano tutti, non mi piace che mi si
prenda in giro."
Vuotai le
tasche immediatamente, nella speranza che tutto finisse il
più in fretta possibile.
"Togliti le
scarpe."
A quella
richiesta lo guardai stranito.
"Ho detto di
toglierti le scarpe." Ripetè.
Bhè
il problema era che non potevo: erano nuove, e avevo obbligato mio
padre a prendere quelle della nuova collezione di Prada. Sarei morto,
piuttosto che consegnargliele.
"No."
Lui si strinse
nelle spalle, prima di fare un cenno ai suoi compagni, che mi furono
addosso in un istante.
Non so quanto
durò la rissa.
O meglio, non
so quanto durò il pestaggio, perchè io non potei
fare molto altro se non subire.
So solo che ad
un certo punto, dopo quelle che parvero ore, (ma che sarebbero potuti
essere benissimo secondi, ho imparato che tutto è relativo
nella mente umana, anche il tempo,) svenni.
Quando riuscii
ad aprire gli occhi mi accorsi per prima cosa del battito pulsante del
mio cuore, che segnalava che ero ancora vivo.
Fu un sollievo
saperlo.
La seconda
cosa di cui mi accorsi furono due paia di occhi che purtroppo ricordavo
bene.
"Alla fine non
sei morto, allora." Disse Blaine con un sorrisetto.
"Che cosa....?"
"Ho dovuto
fermarli, sai. Pensavo che almeno sapessi fare a pugni, visto che non
hai voluto ascoltarmi."
"Io... Mi
piacevano quelle scarpe." Risposi, guardando con nostalgia i miei piedi
scalzi.
"Ti avremmo
lasciato andare se me le avessi consegnate. Mi stavi simpatico."
"Ciò
nonostante mi hai fatto pestare."
Blaine
sospirò. "Tieni," Disse, mollando quel paio di scarpe
accanto a me.
"Che..?"
"Hai lottato
per averle." Rispose, stringendosi nelle spalle.
Mi alzai a
sedere, accorgendomi in quel momento di essere stato adagiato
sopra..."Dove cavolo siamo?"
"Nel Bronx."
All'occhiata sconvolta che gli rivolsi ghignò: "è
il nome della palestra in cui mi alleno..."
Oh. Questo
spiegava il ring su cui ero sdraiato.
"Come ci sono
finito?"
"Ti ho
trascinato io . Se ti avessi lasciato per strada non sarebbe finita
bene... Il figlio del senatore del congresso disteso senza sensi in
mezzo alla strada? Per molti sarebbe stato come Natale in anticipo."
"Oh." Aveva
detto Kurt piuttosto stupidamente.
Non poteva
farci niente, semplicemente sentiva il suo livello di quoziente
intellettivo calare a picco ogni volta che quegli occhi scuri lo
scrutavano come in quel momento.
"Su, in
piedi." Disse infine Blaine.
"eh? Nel caso
in cui tu non te ne sia accorto sono appena stato picchiato."
"Lo so. E' per
questo che ti devi alzare: farò in modo che non succeda
più." Aveva risposto l' Italiano.
Kurt l' aveva
guardato dubbioso, prima di alzarsi con non poca fatica.
Sembrava quasi
che le sue gambe avessero deciso di non reggere il suo peso.
"Tirami un
pugno."
Kurt lo
guardò come se avesse perso qualche rotella, ma Blaine gli
sorrise incoraggiante.
Non
potè fare a meno di pensare che avesse proprio un bel
sorriso.
"Sei... Sei
sicuro?"
"certo."
Kurt chiuse la
mano a pugno, piegando leggermente le ginocchia per darsi lo slancio,
ma Blaine gli bloccò la mano prima che potesse fare altro.
"Il movimento
delle gambe andava bene, ma la mano no. Guarda." Gli prese la
mano, e con delicatezza, una delicatezza che Kurt non si sarebbe mai
aspettato da quelle mani callose e grandi, tolse il pollice dalla morsa
delle altre dita, e lo posizionò sotto la seconda falange.
"Altrimenti ti rompi il pollice."
"Perchè
lo stai facendo?" Chiese d'un tratto Kurt.
"Perchè
non sai nemmeno tirare un pugno."Gli aveva risposto Blaine, come se
avesse appena fatto una domanda stupidissima.
"Perchè
mi stai aiutando? Sono confuso. Prima mi fai picchiare e poi mi insegni
a combattere? Perchè?"
"Non lo so. Ho
questa... Questa sensazione, su di te...." Blaine tacque un paio di
secondi, come riflettendo. "Adesso prova di nuovo a tirarmi il pugno."
Kurt non
insistè per sapere altro, ma gli tirò il pugno.
Mirò
al naso, e ci mise tutta la forza di cui poteva disporre in quel
momento, che non era poi molta a causa di tutti i lividi che stavano
affiorando sulla sua pelle delicata.
Blaine
parò il colpo senza difficoltà, ma questa volta
annuì: "era buono. La prossima volta mettici più
forza."
Kurt stava per
dirgli che era difficile metterci più forza,
perchè, pronto? Lui era appena stato picchiato! Ma la
risposta gli morì in gola quando vide l'orologio.
"Sono...Sono
le otto?" Chiese Kurt, ormai nel panico.
Blaine
annuì. "Si, che problema... Oh." Sembrò capire
tutto in una manciata di secondi. "a che ora dovevi essere a casa?"
"Alle sei.
E... Io non so nemmeno dove sono adesso!"
"Calma, io so
esattamente dove siamo. Arriverai a casa, in un modo o nell'altro."
"No, tu non
capisci. Mio padre avrà già chiamato la polizia!
Probabilmente il giornale serale mi darà già come
rapito o morto! Vedo già i titoli: 'figlio del
rappresentante del congresso Burt Hummel sparito questo pomeriggio. Si
pensa al peggio.' E mio padre! A mio padre verrà un infarto!
Come-"
"Okay, datti
una calmata. Adesso usciamo dalla palestra e andiamo verso una cabina
telefonica. Dopodichè ti accompoagno a casa. Semplice,no?"
Il cervello di
Kurt si era bloccato al ti riaccompagno a casa, se avesse dovuto essere
sincero, ma annuì comunque.
Uscirono dalla
palestra, Blaine con il colletto della giacca di pelle tirato su in
modo che gli coprisse metà viso, e Kurt con le mani
affondate nelle tasche dei pantaloni, sentendo la mancanza del suo
giubotto Burberry, che naturalmente si erano presi gli amici di Blaine.
Almeno aveva
le scarpe, pensò, guardando le prada nere.
Arrivarono ad
una cabina telefonica con un anta di vetro completamente rotta, e Kurt
trasalì entrandovi, mentre sentiva le suola delle sue
adorate scarpe calpestare le schegge di vetro.
Blaine
entrò con lui, chiudendosi alle spalle l'anta rotta.
La cabina era
piccola, fatta giusta perchè una persona potesse entrarci,
perciò Kurt sentì il corpo di Blaine a filo con
il suo.
Rabbrividì,
forse per il freddo, o forse per la vicinanza dell' altro ragazzo.
Perchè
Blaine era caldo, e sentiva quel calore anche attraverso i suoi
vestiti, non perchè stesse sviluppando una cotta per lui o
qualcosa del genere.
Il fenomeno
che stava vivendo si chiamava escursione termica, giusto?
Giusto.
"Non ho
monete." Disse Kurt, indicando la fessura al lato del telefono rosso.
"Lo so. Ho io
le tue." Disse tranquillamente Blaine, prima di prenderne una e
sospirare.
"Non hai una
cicca, vero?"
"Ehm... no."
Blaine si
guardò intorno, e gli occhi si posarono sulla strada deserta.
"Va bene,"
Disse, prima di inserire la monetina dentro la fessura.
Kurt lo
guardò stranito, ma digitò il numero di telefono
dell'ufficio di suo padre, e attese.
"Pronto?"
chiese la voce profonda di Burt.
Kurt sentiva
l' ansia che impregnava il tono del padre, e si sentì da
subito in colpa.
"Ehi,
papà, sono io, Kurt."
Dall'altra
parte sentì un sospiro di sollievo." Grazie a Dio. Dove sei?
Perchè non sei a casa? Ti è successo qualcosa?
Finn ha detto che sei andato da solo a comprare il-"
"Papà,
calmati. Ho avuto un brutto incontro, ma ora sto bene. Sto arrivando a
casa."
"In che senso
un brutto incontro? Kurt, cosa ti è success-" Un suono
stridulo coprì le ultime parole del rappresentante del
congresso, sostituito da una voce femminile: "La chiamata è
terminata. Se vuole richiamare inserisca nell'apposita fessura un
dollare e attenda in linea-" Anche la voce femminile si spense con uno
stridio.
Questa volta
però, il colpevole era Blaine, che aveva sferrato un calcio
al contentiore di metallo sotto il telefono rosso, che si
ribaltò e rovesciò per terra centinaia di
monetine da un dollaro.
Kurt lo
guardò incredulo.
"Che
c'è? Dovevo riprendermi il dollaro." Aveva risposto lui
innocentemente, prima di prendere una manciata di monetine e infilarle
nella tasca dei jeans. "Bhè, andiamo o dobbiamo aspettare la
polizia?"
I due ragazzi
aprirono l'anta della cabina, e si fiondarono fuori.
"Riesci a
correre?" gli chiese Blaine. "Solo per un isolato, altrimenti la
pattuglia ci prenderà."
Kurt lo
guardò incredulo. Era ovvio che non ci riusciva , e la colpa
era soltanto dell'italiano.
Blaine non
aspettò risposta e gli afferrò la mano, prima di
iniziare a correre con Kurt alle calcagna, che malediceve tutto quello
che gli passava per la testa.
Dopo un
isolato si fermarono, e Kurt si accascio sui grdini che portavano
all'ingresso di una casa. "Ti odio." Gemette.
Blaine gli
sorrise soltanto, divertito, prima di sedersi di fianco a lui.
"Allora, dove
abiti?" Gli chiese. "Ti devo riaccompagnare a casa."
"Vicino alla
Dalton, la scuola privata che si affaccia su via-"
"Si, la
conosco."
"La conosci?"
"Una volta la
frequentavo. Sei pronto ad alzarti? Abbiamo un sacco di strada da fare."
"Ma fa
freddo!" Gemette Kurt.
Blaine
alzò gli occhi, prima di alzarsi e progergli la mano. "La
prossima volta ti metterai un maglione, sopra quella camicia. E'
gennaio."
"Sopra quella
camicia avevo un giubbotto molto pesante, per tua informazione. Non
avevo previsto di essere derubato."
"Avresti
dovuto prevederlo. Non passi inosservato vestito così in un
quartiere del genere. Cosa ci facevi qui?"
"Stavo
tentando di trovare un regalo per l' anniversario dei miei genitori."
Rispose Kurt, rabbrividendo quando una folata di vento particolarmente
fredda si insinuò sotto la leggera camicia.
Blaine lo
guardò con interesse, prima di sfilarsi il giubbotto." La
prossima volta metti un maglione." Ripetè con un sorriso.
Kurt si
infilò la giacca di pelle, che era insolitamente calda e
profumata.
Un profumo che
Kurt aveva riconosciuto subito come Chanel, lo stesso che usava sua
madre.
Lo Chanel
numero cinque impregnava quasi tutti i ricordi che aveva di lei.
Kurt ricordava
benissimo di essere seduto sopra la toletta in rovere di Christinne,
mentre lei si specchiava sull' enorme specchio, sistemandosi i riccioli
scuri dietro le orecchie.
Aveva pensato
che sua madre sembrava proprio una principessa, e che se mai avesse
sposato una donna, quella sarebbe dovuta essere uguale a lei.
Poi Christinne
gli aveva accarezzato una guancia, prima di chinarsi e aprire il primo
cassetto a destra, dove teneva delle boccette di vetro dall' aria
costosa.
"Cosa sono
quelle, mamma?" Aveva chiesto, guardandole con meraviglia.
"Sono profumi;
servono per avere un buon odore, Kurt."
"Ma non basta
lavarsi?"
Christinne
ridacchiò. "Si, basterebbe. Ma a volte voglio avere un
profumo ancora più buono. Guarda, questo è il mio
preferito." Aveva detto, tirando furoi dal cassettino una boccetta. "Lo
usava una delle attrici più famose al mondo. Si chiamava
Marylin Monroe."
Kurt aveva
annuito, mentre la mamma si spruzzava sul polso qualche goccia della
bottiglietta.
"Posso averne
un po' ? Voglio un profumo ancora più buono anch'io ."
Lei aveva
sorriso, prima di mettergliene qualche goccia ai lati del collo.
"Stai bene?"
Chiese Blaine d'un tratto. "Non stai dicendo niente da un po'. Ti
conosco da qualche ora e già so che non perdi mai un attimo
per lamentarti."
"Ehi, questo
non è vero. Oggi avevo degli ottimi motivi per lamentarmi."
Blaine,
straordinariamente, rise.
Aveva una
bella, bellissima risata, e gli occhi gli si illuminavano sembrando
più verdi che marroni.
Kurt dovette
fermarsi un secondo per non rischiare di inciampare, dato che le sue
gambe quel giorno sembravano non volergli proprio ubbidire.
Questa volta
per una ragione completamente diversa dalla prima.
E per
ciò molto, molto terrificante.
Kurt si
conosceva abbastanza bene da capire come funzionasse il suo cervello.
Non capiva
perchè tutti dicessero che le emozioni fossero legate al
cuore, perchè per lui quello era soltanto un organo che
batteva, imperterrito, finchè respiriamo.
Certo, il
cuore era un organo affascinante, ma non quanto il cervello con i suoi
emisferi legati ad ogni condizione della nostra vita.
E c'era un
emisfero che particolarmente interessava Kurt, a quel punto.
L'emisfero
affettivo.
"Kurt,
siediti." Disse Blaine con voce ad un tratto preoccupata.
Lui lo
guardò, confuso. Dove doveva sedersi? Non c'era nessuno
posto dove riposarsi. Niente gradini, niente panchine.... Cosa stava
cercando di dirgli? E perchè tutto era sempre più
sfocato e confuso?
Stava forse
delirando?
Sbattè
gli occhi un paio di volte, cercando di madare via quella
fastidiosissima nebbiolina, ma quella non ne voleva sapere.
La testa era
un un po' più pesante di prima, ma non c'era niente di cui
preoccuparsi, giusto?
L'unica cosa
certa, in quel momento, era la mano calda di Blaine sulla sua spalla,
che lo spingeva giù....?
Non capiva
cosa volesse fare e perchè- Ohhhh. Adesso era seduto.
E, guarda, la
testa non sembra meno pesante, adesso?...
"Cazzo." Aveva
sentito bofonchiare Blaine.
...Avrebbe
dovuto preoccuparsi?
"Torno subito,
te lo prometto. Ma tu stai fermo e non ti muovere, va bene?"
Blaine se ne
stava andando.
Avrebbe dovuto
aspettarselo? Del resto era stato lui a ordinare di picchiarlo, no?
Magari lo stava accompagnando a casa solo per scoprire dove abitava e
derubarlo... Probabilmente ora che stava male Blaine si era spaventato
ed era corso via.
Peccato.
Sembrava
proprio un bel ragazzo.
Avrebbe potuto
innamorarsene se non fosse stato un gangster in erba.
"Mangia."
La voce di
Blaine arrivò come galleggiando dallo stato di torpore in
cui Kurt era caduto.
Così
non era scappato, dopotutto... Aveva pensato confusamente, prima che
Blaine gli ficcasse in mano qualcosa di caldo.
Senza pensare
iniziò a portarselo alla bocca, e dopo i primi tre morsi si
accorse di stare mangiando un hot dog, probabilmente preso da uno di
quegli orribili carretti, dove l'igiene era un qualche strano
miraggio....
Kurt dovette
ammettere che si sentiva molto meglio, però.
"Dovevi
proprio avere un calo di zuccheri* con me, vero?" Aveva sbottato Blaine.
Se Kurt non
avesse saputo di meglio avrebbe potuto pensare che si fosse spaventato.
"Mi
dispiace...?"
Blaine
sbuffò soltanto, prima di rialzarsi in piedi e spazzolarsi i
jeans. "Ce la fai ad alzarti? Ormai manca poco."
"Si, cer-Ew.
Mi hai fatto sedere sul marciapiede?"
Blaine sorrise
di nuovo, e gli porse la mano, che questa volta Kurt presesenza
esitazioni.
____________________________________________________________________________
Camminavano su
una stradina stretta e poco illuminata, punteggiata qua e là
da qualche lampione che gettava un cono di luche soltanto su una
piccola porzione dell'asfalto.
Ma non era
questo che gli aveva reso il respiro superficiale.
Era il fatto
che blaine non gli aveva ancora lasciato la mano.
E, sebbene le
gambe molli fossero state il sentore di un calo di zuccheri e non di
una cotta, questo non stava ad escludere che Blaine era davvero bello.
Aveva un buon
profumo, la pelle abbronzata ed era stato gentile, se non si contava il
loro primo incontro.
E Kurt aveva
addosso la sua giacca.
La sua giacca
di pelle, esattamente. Chi aveva detto che i cattivi ragazzi non
avevano fascino?
Quel qualcuno
non aveva incontrato Blaine, allora.
"Domani
pomeriggio cosa fai?"
... Non gli
stava chiedendo un appuntamento, vero? Perchè Blaine
sembrava tutto eccetto che gay.
"N-niente,
Perchè?"
"Ti passo a
prendere alle cinque. Ho promesso che non saresti stato più
picchiato, ricordi? Io mantengo le mie promesse." Rispose Blaine, prima
di girare l'angolo e trovarsi in una strada privata.
I giardini
tagliati con minuziosa precisione sembravano venire da un altro
pianeta, se pargonati alle case dei quartieri che Kurt aveva visto in
precendenza, senza contare che i lampioni, disposti a pochissima
distanza l' uno dall'altro sembravano illuminare il viottolo
pulitissimo, senza nemmeno una cartaccia, a giorno.
Kurt ci mise
qualche secondo a capire che quella era la via dove abitava.
"Riesci ad
arrivare a casa tua senza svenire o farti trovare da una banda?"
"Ci
proverò." Rispose il ragazzo con un sorriso.
Blaine gli
fece un cenno, prima di girarsi, e avrebbe imboccato la stradina dalla
quale erano arrivati, se Kurt non l' avesse fermato. "Sei sicuro di
voler tornare a casa tua a quest'ora?" Chiese timidamente.
"Nessuno mi
assalirà, te lo prometto. So difendermi." Gli aveva risposto
garbatamente, e Kurt non potè fare a meno di sentirsi un po'
stupido, prima che Blaine gli sorridesse di nuovo, prima di voltarsi e
incamminarsi lontano da lui.
Kurt, invece,
stette a fissare Blaine finchè non sparì dietro
l'angolo, e rimase lì, in quella posizione per un po',
finchè le mani non gli fecero male per il freddo.
Allora si
voltò, e infilò le mani nella tasca del giubbotto.
Oh. Il
giubbotto.
Blaine si era
dimenticato il giubbotto.
____________________________________________________________________________
"Così
si era dimenticato la giacca." La latina sbuffò.
"Così clichè."
Kurt le
rivolse un sorriso mesto, il primo che aveva fatto in sua presenza.
"Mi dispiace.
Però se può consolarla, quella sera ho frugato
nelle tasche del giubbotto, e c'era una busta indirizzata a me."
"Davvero?"
Chiese Santana, improvvisamente interessata.
"Si.
Probabilmente l'avrà messa mentre ero svenuto. C'erano i
soldi che mi aveva rubato. Non tutti, poi mi ha spiegato che quelli
erano solo i soldi che erano toccati a lui, perchè gli altri
se li erano spartiti."
"Quindi l'hai
incontrato il giorno dopo, giusto?"
Kurt
annuì. "Bhè, io ti ho raccontato una parte della
mia storia, adesso mi devi raccontare cosa ci facevi in un quartiere
così..." Sembrò cercare la parola giusta, prima
di continuare."Malfamato. In compagnia di-"
"puttane.
Con addosso novecento grammi di roba." Concluse Santana per lui. "Non
è ovvio? Mi spacciavo per una di loro, ma i nostri
acquirenti sapevano da chi andare per comprare. Ero l'unica ispanica in
mezzo alle altre."
"Si, ma
perchè l' ha fatto? Aveva un lavoro che le rendeva bene ."
"Ma non era
abbastanza. La mia fidanzata- Oh, non faccia quella faccia! Come se
fosse scandalizzato o cose del genere! Scommetto che tra lei e Anderson
ci sarà stato sesso bollente, magari in quella palestra
nella quale vi siete conosciuti..."
Kurt
arrossì visibilmente. "Avevo quella faccia perchè
è la prima volta che conosco qualcuno che lo dichiara
così apertamente. Inoltre sapevo della sua fidanzata,
abbiamo un intero dossier su Brittany S. Pearce. Altrimenti non le
avrei mai raccontato la mia storia."
"Oh." Santana
sembrava sorpresa.
"Inoltre,"
Kurt arrossì ancora di più mentre cercava di
darsi un contegno, "come faceva a sapere della palestra?"
"Palestra...?
Oh. Non lo sapevo, ma adesso voglio tutti i dettagli..."
"Non ora."La
blandì Kurt. "Lei stava dicendo perchè ha fatto
tutto questo."
"Come lei
saprà, a questo punto, Brittany è stata insieme a
molti uomini, tra cui un gangster di nome-"
"Abrams.
Arthur Abrams, si fa chiamare dai suoi tirapiedi Artie."
"Esattamente.
Bhè, non voleva lasciarla andare, ha minacciato di uccidere
me e lei, così abbiamo pensato che un soggiorno a
Puerto Rico era d'obbligo. Ma avevamo bisogno di soldi. Molti soldi.
Così
ci siamo messe in contatto con Puckerman-"
"Un altro
Gangnster? Rivale di Abrams, per giunta! Cosa stavate pensando?"
"A salvarci la
pelle il più in fretta possibile."
CONTINUA....
chiarimrenti:
*vengono dopo
un grosso sforzo, quando si consumano grosse quantità di
adrenalina o quando non si assume abbastanza cibo, o appunto, zuccheri.
^il mio angoletto^
bhè, se
qualcuno sta leggendo mi piacerebbe sapere
cosa ne pensa... devocontinuare o cancelllare immediatamente la storia?
su un altro piano, ne aprofitto
per cantarmi: tanti auguri a me , tanti
auguri a ireneeeee tanti auguri a meeeeeeeeee xD
..... non vorreste mai lasciarmi
senza recensioni il giorno del mio
compleanno, veeeeeeero?
1baci8
iry
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Capitolo 2 *** Oh, simple things, where have you gone? ***
I will never say goodbye to you
2. Oh, simple thing, where have you gone?
"A volte
la vita è una prova troppo grande da affrontare,
ci sono infiniti mondi da scoprire,
infiniti modi di farlo,
infinite esperienze che ci segnano,
spesso irrimediabilmente."
Anonimo
Le scarpe eleganti cliccavano con determinazione sul parquet, indicando
la fretta del loro biondo proprietario.
Sam Evans aveva una notizia importante da riferire.
Una notizia che valeva una vita o una morte.
Le calzature cigolarono appena, indicando quanto recentemente erano
state comprate, mentre saliva le lunghe scale a pioli.
Non si fermò a parlare con Rachel, nè la
salutò.
Imboccò il lungo corridoio di pietra, che portava
ad una porta di legno massiccio.
Lì, finalmente, Sam si fermò.
Prese un respiro profondo e bussò tre volte.
Il suono del legno che incontrava la sua mano sembrò
assordante, nella quiete che avvolgeva la casa, ma prima che le
vibrazioni si quietassero sentì un debole "entra"
proveniente dall'altro lato del legno.
Sam aprì la porta, e sospirò internamente nel
sentire sul suo corpo il calore del fuoco scoppiettante nel camino,
unica fonte di luce della camera, eccezion fatta per due candele poste
sulla scrivania color castagna.
"Evans." Lo salutò l' occupante della poltrona, un ghigno
soddisfatto che gli abbelliva le labbra sottili.
"St. James." Sam lo guardò, gli occhi scuri fissi sul volto
dell'uomo.
"Come mai qui? Ti manda Anderson?"
"Si. Riferisce che ha tolto di mezzo Abrams. Mi ha mandato a verificare
che lei rispetti la sua parte dell'accordo."
"Ma certo, lo farò. E Puckerman anche, non è
vero?" Chiese St.James, e solo in quel momento Sam si avvide del
ragazzo appoggiato contro il muro, semi mimetizzato tra le tende rosse.
"Ovviamente." Rispose questi, prima di inarcare un sopracciglio.
"Doveva venire Anderson in persona, però. Perchè
a mandato te?"
"Perchè aveva altri affari di cui occuparsi al momento."
"Capisco. Vuole sedersi con noi, signor Evans? Abbiamo sigari di prima
qualità. E una conversazione altrettanto interessante."
Disse Jessie St. James, e Sam si ritrovò obbligato
a sedere sulla poltrona di fronte alla sua.
"Stavamo parlando proprio di lei e Anderson, sa? Discutendo sulla sua
storia, in particolare."
Il biondo si irrigidì impercettibilmente. "Davvero?"
"Si. Ci sono molte voci che circolano, e più della
metà la mettono in cattiva luce."
"Ne sono consapevole. Ma non mi interessa cosa si dice in giro.
Nè interessa al mio capo."
"Eppure, noi siamo umani. E maledettamente curiosi. E Puckerman sembra
così smanioso nel credere a ciò che si dice in
giro..."
Sam si alzò dalla poltrona, la mascella serrata. " Credete
ciò che volete. Lo fanno tutti, anche se la
verità è stata loro gridata in faccia. Non
farebbe differenza la mia versione."
"Quindi non neghi le voci? Eri davvero una puttana?" Chiese Puckerman,
il riso che gli arricciava le labbra. " E Anderson, sapendolo, ti ha
preso come suo secondo lo stesso?"
"Oh, quelle sono le voci che girano su di me? Pensavo che la puttana
fossi tu, sai?" Disse Sam, gli occhi che mandavano bagliori. "Si parla
molto della vostra amicizia, se così si può
definire." Disse ancora, prima di girare sui tacchi e uscire dalla
stanza, sentendo la risata di St. James che lo seguiva fino
all'ingresso.
Blaine Anderson era semisdraiato sulla scrivania, la sigaretta tra
l'indice ed il medio e la testa da tutt'altra parte.
La memoria si divertiva a rincorrere due occhi che non sempre erano
celesti, mentre rivangava il passato.
La finestra davanti a lui si apriva sulla città illuminata,
che sembrava lottare nel respingere le tenebre della notte che
aleggiavano appena sopra i lampioni e i cartelloni pubblicitari.
Sentiva il rombo dei motori delle macchine, che a volte sovrastavano
persino il rumore dei suoi pensieri, e non poteva fare a meno di amare
la città un po' di più.
E odiarla altrettanto ferocemente.
Là, in qualche stradina sperduta, in qualche casa o ufficio
c'era Kurt.
Il suo Kurt.
Lo stesso Kurt che cercava da anni, da cui era stato strappato fin
troppo bruscamente.
Lo stesso Kurt che sognava ogni notte, lui, i suoi occhi, le sue labbra
e quel corpo che probabilmente era cambiato fin troppo negli anni in
cui erano stati separati.
Quel corpo che avrebbe voluto adorare di nuovo, con più
lentezza in modo da imprimerlo nella mente in vista di un altra
separazione.
A volte Blaine sentiva le dita tremargli, tanto intenso era il suo
desiderio di stringerle quella pelle candida tra le mani, di
appropriarsi di quelle labbra piene e di rubargli il respiro un altra
volta.
Lo stava cercando.
Lo stava cercando in ogni anfratto, in oni stradina ed in ogni casa o
palazzo dello stato, ma di lui nessuna traccia.
Era come sparito, volatilizzato.
Ma Blaine non si sarebbe arreso.
Blaine lo avrebbe trovato.
Lui aveva sempre tutto ciò che voleva. Tutto
____________________________________________________________________________
Blaine aveva raramente il fiato mozzato.
Sedici anni vissuti per le strade della capitale d'America cambiavano
la vita di qualcuno, e ormai era talmente abituato a scappare da
pattuglie e agenti che non aveva più nemmeno il fiatone.
Ma lui... Kurt gli mozzava il respiro.
Dalla prima volta che l'aveva visto, con quegli occhi persi in qualche
strana storia che Blaine poteva soltanto desiderare di poter leggere,
ricordare in un libro che ormai non possedeva più...
Voleva soltanto afferrare una parte di lui, voleva tenerla con
sè, possederla in modo che nessun altro l'avesse... Poco
importava che parte fosse.
Potevano essere le spalle, o quelle mani delicate e sempre
morbidissime...
Gli piaceva insegnargli a combattere, lo faceva sentire in qualche modo
potente sapere che se solo avesse voluto, se solo avesse usato un po'
più di forza in un pugno, gli avrebbe fatto male.
E lo faceva sentire ancora meglio sapere che non desiderava farlo.
Per la prima volta nella sua vita non voleva fare male ad un altro.
Per la prima volta qualcuno gli importava davvero, ed era un sollievo,
perchè Blaine aveva iniziato a pensare di essere diventato
come un ghiacciolo, uno di quelli che aveva sempre voluto da piccolo e
che la madre non era mai riuscita a comprargli per mancanza di fondi.
A otto anni Blaine se l' era preso da solo il ghiacciolo, rubando la
borsetta di una signora con dei bellissimi guanti di pelle.
Si era diretto verso il carretto del gelatiere, con un sorriso enorme e
aveva proclamato con voce solenne di volere un ghiacciolo al limone.
Era stato il suo primo furto, e per qualche ragione aveva pensato che
il gusto di quel gelato fosse ancora più buono per quanto
aveva sudato per ottenerlo.
Ma ora...
Ora Kurt era davanti a lui, sul ring, il petto che gli si abbassava e
rialzava velocemente, mentre ansimava, parando i pugni che lui gli
tirava.
Per qualche ragione Blaine trovava assolutamente affascinante il
respiro che rotolava fuori dalle sue labbra socchiuse, trovava
dannatamente intrigante lo sguardo frsustrato che Kurt gli stava
rivolgendo con quegli occhi blu che l' avevano incantanto
più volte di quante potesse contarne.
La camicia bianca, già aderente normalmente, in quel momento
era attaccata al corpo di Kurt come una seconda pelle, mentre le
maniche rimboccate offrivano a Blaine la vista degli avambracci pallidi
dell'altro.
Aveva la pelle pallida perchè essa non era mai stata toccata
dal sole bruciante che aveva colpito quella di Blaine mentre lavorava
chino sui mattoni che doveva cementare, per costruire la casa di altri.
Una pelle praticamente proibita a Blaine, eppure eccola là,
a pochi centimetri.
Se solo avesse voluto sarebbe stata sua.
Quel pensiero inebriava i sensi di Blaine come poche cose avevano fatto
prima.
Come la cocaina che aveva sniffato soltanto per il gusto di
sperimentare qualcosa di nuovo, mentre la trasportava da un quartiere
all'altro della città, attento a non farsi scoprire da
nessuno.
Come gli ultimi sorrisi che la madre gli aveva rivolto, rari
e preziosi, prima che la tubercolosi se la portasse via e Blaine si
trovasse solo al mondo.
Solo con la sua strada, aveva pensato prima. Solo e basta, pensava
adesso, dopo aver conosciuto Kurt.
Quel senso di potere che mandava i brividi lungo la sua schiena, simile
all'adrenalina che provava correndo via, veloce, più veloce
di tutti, nascondendosi in luoghi che pochissimi conoscevano e che
invece a lui erano famigliari, quel senso che lo rendeva tanto
imprudente, tanto stupido, da avvicinarsi ancor di più
all'altro.
Perchè, benchè Kurt non lo sapesse, quella carne
pallida era sua, quella voce alta e quegli occhi cerulei erano di sua
proprietà.
Il rivolo di sudore che scendeva dalla tempia destra di Kurt? Suo. L'
aveva fatto lui, lui e lui.
Quel ragazzo che aveva salvato dagli altri e principalmente dal Blaine
arrogante che avrebbe voluto la sua vita, apparteneva a lui, al Blaine
che provava sentimenti così travolgenti da non capire
più niente, da non sapere più nemmeno se il suo
cuore battesse ancora o no.
Ed era proprio questa la poesia, il tormento di un ossessione che
Blaine già amava quasi se non più di
sè stesso.
Quel senso di possessività e aggressività che
faceva uscire la parte peggiore di lui, la gelosia che qualcun altro
potesse portargli via Kurt, che soltanto potesse toccarlo o vederlo
come faceva lui lo annientava.
Quei sentimenti che insieme erano il suo incubo più grande
ed il suo desiderio più bruciante.
Ed in quel momento come bruciava quel desiderio! Quella voglia di
prendere Kurt per le spalle e renderlo partecipe del fatto che ormai
era già stato rivendicato da qualcuno, che non poteva farci
niente, soltanto restituire in egual misura quei sentimenti,
perchè no, non si accettavano scambi o rimborsi.
Sentiva le vene ardergli, sentiva la testa girargli in un vortice di
esaltazione che sfiorava la follia, una follia talmente coinvolgente
che semplicemente non poteva spiegare a parole.
Kurt era suo, suo, suo e suo.
Non c'era niente che l'altro ragazzo potesse fare per smentirlo o
combattere quel dato di fatto.
Blaine era pazzo, non c'era nessun altra spiegazione, ormai non
ragionava più.
Il ragazzo calmo e freddo dove era finito? Che fine aveva fatto il
ragazzo flemmatico con la sigaretta all'angolo della bocca?
Era sparito, e al suo posto c'era questa....questa.... come poteva
definirsi, Blaine? Si sentiva un animale, desideroso di strappare
ciò che era suo dalle mani di qualche invisibile nemico.
E forse era proprio quella la parte più bella, quella
più esaltante; che per provare questo sentimento bisognasse
essere delle bestie, prive di razioncino? In quel momento Blaine
sentiva di poter saltare da un grattacielo e rimanere illeso.
Kurt era suo, suo e basta, pensava Blaine, mentre gli prendeva il viso
tra le mani, e senza nessun avviso, senza nessuna logica, lo baciava.
____________________________________________________________________________
"Blaine?" Chiamò Sam quasi timidamente, entrando nel suo
studio.
"Oh, sei già qui?" Chiese questi sorpreso, distogliendo lo
sguardo dalla finestra e dai suoi ricordi.
"Si. Blaine, lo sanno."
"Cosa, Sam?" Chiese lui, più freddamente del necessario,
mentre malediva qualunque cosa e chiunque gli passasse in testa. Non
potevano sapere. Come potevano? Era stato attento.
"Di me. Del fatto che-" Sam arrossì. "Del fatto che mi hai
raccolto sulla strada."
"Oh. " Blaine battè le palpebre, stupito.
Aveva pensato subito al peggio.
"Sam, l'importante è che tu non l' abbia confermato."
"No, non l' ho fatto, ma-"
"Niente ma. Rimarrà una voce, e d'ora in poi
andrò io agli incontri con St.James e Puckerman."
"Hanno detto anche che faranno la loro parte. "
"Ottimo. Ma adesso dovresti farmi un altra piccola
commissione. Ricordi Santana Lopez?"
"Si."
"La voglio fuori dai giochi. Lei, Brittany e chiunque altro sapesse del
nascondiglio di Artie. Chiaro?"
"Certo, consideralo fatto." Disse, avviandosi verso la porta.
Poi si fermò, come ripensandoci.
"Blaine, io... devo chiedertelo. Sto rischiando la vita insieme a te e,
merito di saperlo, non credi?" Chiese Sam. "Perchè stiamo
cercando Finn Hudson, il commissario della polizia di Chicago? La
Sylvester ci aveva fatto promettere di non toccarlo. "
Blaine sorrise ampliamente. "Ha informazioni che mi interessano."
"Sulla cosa che stai cercando?"
"No, Sam. Su chi sto cercando, non su cosa."
^il mio angoletto^
sono assolutamente imperdonabile per il ritardo, lo so!
e sono mortificata, infatti mi sono promessa che ogni
venerdì pomeriggio posterò in modo assolutamente
puntuale.
...spero....
Coooomunque, che ne dite? vi piace? lo odiate come il finale
di glee della scorsa settimana? -> Quiiiiiiiin! non si leggono
gli sms mentre si guida!
Ugh. scusate il piccolo sclero, ma sono rimasta scioccata dalla puntata!
grazie a tutti quelli che hanno recensito e che recensiranno,
a quelli che mi hanno messo tra le preferite, o seguite\ricordate
fatemi sapere cosa ne pensate! in regalo un piccolo Blaine Anderson
tutto per voi!
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Capitolo 3 *** Defying gravity never put me down ***
3. Defying Gravity never put me down
Una parola muore appena detta: dice qualcuno.
Io dico che solo in quel momento comincia a vivere.
Emily Dickinson
"A salvarci la pelle il più in fretta possibile." Rispose
Santana, gli occhi che mandavano bagliori, come sfidandolo a
contraddirla.
Kurt non colse la sfida, limitandosi a cadere sullo schienale della
sedia in maniera scomposta, decisamente non intimidatoria.
"Credo di capire." Disse infine, lasciando la latina a bocca aperta per
lo stupore.
"Oh."
"Ma tu devi capire anche me. Io devo sapere dove si trova il quartier
generale di Abrams. Dobbiamo impedire che una cosa del genere succeda
ad altre ragazze-"
"Non inizi con la solita predica." Lo interruppe immediatamente
Santana.
"Questo si chiama mondo," disse, indicando con il dito indice
perfettamente laccato di rosso la finestra. "Qui nessuno aiuta qualcun
altro senza niente in cambio, nessuno è altruista o altre
cazzate del genere. Nemmeno lei."
Santana lo scrutò per un lungo istante.
"Lei, agente Hummel, fa questo lavoro per soldi e per qualcosa che ha a
che fare con Blaine. Non per aiutare persone come me."
"Verissimo. Non ho mai detto il contrario, signorina Lopez. Per questo
avrà la protezione testimoni ed i soldi per scappare a
Puerto Rico, come avevamo stabilito. Adesso deve indicarmi su
questa cartina," Kurt estrasse un foglio dalla ventiquattrore al suo
fianco e lo aprì sul lungo tavolo di rovere, "
dov'è Abrams."
"Ma prima," Disse Santana, "Deve continuare a raccontare la storia..."
Gli occhi di Kurt vagarono per la stanza, come se fosse un animale in
gabbia, ansioso di trovare una via d'uscita.
Ma non c'erano, il patto ormai era stabilito, e, improvvisamente, non
gli sembrò una grande idea aver accettato l'accordo.
Non ora che la storia iniziava a farsi davvero personale, comunque.
____________________________________________________________________________
Era un pomeriggio come tanti, per Kurt.
Usciva da scuola alle due, correva a casa a mangiare il pranzo
preparato da Carole, e il più silenziosamente possibile
usciva dalla grande casa.
Ormai era più semplice, dopo due mesi dal brutto incontro
con gli amici di Blaine il padre sembrava più rilassato nel
vederlo uscire al cinema con Mercedes, a pranzo o a fare una
passeggiata con lei...
Kurt cercava di ignorare il fatto che suo padre fosse convinto che
fosse la sua fidanzata, come cercava di ignorare il fatto che non
usciva con lei da mesi.
Era sempre con Blaine, in quella piccola palestra che aveva imparato ad
amare.
Molte volte l' italiano gli insegnava come schivare pugni o come
prenderli in modo che facessero meno male, oppure si sedevano
a gambe incrociate sul pavimento a parlare per ore delle vite
differenti che conducevano, o di come Finn fosse imbranato, e Jeff
fosse finito in prigione dopo aver tentato di derubare uno sbirro.
Naturalmente Blaine non conosceva Finn, come Kurt non aveva idea di
quale fosse Jeff tra i ragazzi che lo avevano derubato, eppure si
sorridevano e chiedevano come fosse finita la storia, ansiosi di
strappare all'altro anche la più piccola delle informazioni.
A volte, quando si incontravano, Blaine era di cattivo umore
e non faceva altro che grugnire un saluto, lanciargli i guantoni rossi
ed indicare il ring, dove l'allenamento sarebbe stato più
intenso e avrebbe lasciato molti più lividi sulla pelle di
Kurt rispetto alle altre volte.
E quel giorno si prospettava un allenamento massacrante, a giudicare
dagli occhi quasi animaleschi di Blaine, che si era limitato ad un
cenno brusco della mano, che Kurt aveva interpretato con un: "muovi il
culo e vieni qui, ho una fottutissima vogli di spaccarti la faccia e
voglio farlo in fretta."
Inutile dire che Kurt non ne era felice.
Come era inutile dire che quegli occhi socchiusi, arrabbiati con il
mondo, avevano fatto scorrere sulla spina dorsale di Kurt brividi su
brividi.
Dopo due mesi che si incontravano quasi ogni giorno nella palestra,
dopo tutte le volte che le mani di Blaine avevano lasciato dei segni
sulla sua pelle pallida, dopo tutte quelle notti passate ad accarezzare
quei segni arrabbiati impressi nella carne pensando all'altro ragazzo,
dopo tutte le volte che aveva visto Blaine ridere o discutere
infervorato su qualcosa che gli stava particolarmente a cuore, Kurt
poteva dire con assoluta certezza di... bhè, di essere nella
merda.
Adorava il modo in cui per Blaine fosse tutto o nero o bianco, il modo
in cui facesse tutto con una passione travolgente, che fosse rabbia o
che fosse dedizione.
In qualche strano modo amava sentire le sue mani su di lui, amava il
respiro fiacco che usciva dalle sue labbra quando Blaine tirava un
pugno... Poco importava che alla fine quel pugno sarebbe entrato in
collisione col suo, di corpo.
Kurt, ormai, viveva per quelle ore in palestra, per quelle poche parole
che Blaine gli rivolgeva.
Lì, in quello che era diventato il loro unico luogo di
incontro, smetteva di essere il figlio del senatore, il ragazzo con la
strana passione per il francese e la moda.
Con Blaine lui non era niente di tutto ciò.
Era diverso, ogni volta.
A volte era l'amico, il ragazzo con il quale Blaine si vantava di un
furto particolarmente ingegnoso o di come era scappato alla polizia.
A volte era semplicemente un pezzo di arredamento, quando Blaine lo
ignorava e passava le ore a prendere a pugni il sacco.
Oppure lo stesso Kurt.
E, stranamente, adorava ogni secondo di quelle ore.
"Sali o no?" Chiese Blaine, interrompendo i suoi pensieri.
"Salgo." Rispose tranquillamente Kurt, nemmeno lontanamente turbato dai
modi bruschi dell'altro.
Si infilò i guantoni rossi dopo aver fasciato la mano, e si
arrampicò velocemente tra le corde.
"Brutta giornata?" Chiese a Blaine, che si limitò a grugnire
il suo assenso.
E, senza alcun preavviso, se non lo scatto dei muscoli sotto la pelle
abbronzato dell'altro, il pugno di Blaine andò a
segno, dritto sullo stomaco.
Kurt si lasciò scivolare un respiro sibilante dalle labbra,
prima di stringere i denti e parare il pugno successivo, che mirava al
naso.
Purtroppo, se avesse fatto più attenzione alle braccia di
Blaine rispetto ai suoi occhi arrabbiati, sarebbe riuscito a parare
anche il pugno successivo, che con un rumore schioccante si
abbattè sul suo zigomo.
"Alza la guardia. " Lo ammonì Blaine severamente.
Ma Kurt non stava più ascoltando.
Per quanto clichè e pericoloso fosse anche soltanto pensarlo
tra sè, Kurt stava guardando l'altro ragazzo negli occhi.
Erano una cosa che lo avevano sempre incantato: il modo in cui
oscillassero da un morbido color miele ad un verde foglia, passando per
uno spaventoso nero, che invece di spaventarlo lo attraeva di
più.
E poi, naturalmente, ad affascinare Kurt c'erano le sue labbra.
Erano di un bel rosa pallido, rosse quando aveva le labbra screpolate e
non riusciva a fare a meno di passarci sopra la lingua, rendendo il
tutto peggiore, perchè più bagnava le labbra e
più quelle diventavano rosse e Kurt perdeva la
concentrazione su qualunque cosa stesse dicendo.
E poi, d'un tratto, senza che potesse reagire o provare a difendersi,
Blaine gli afferrò il viso con le mani.
Era strano sentire i guantoni a contatto col suo viso senza che lo
ferissero, ed era ancor più strano lo sguardo di Blaine,
così denso e scuro e allo stesso tempo arrogante.
Era strano anche il cuore di Kurt, che era accellerato fino ai limiti
del possibile, e non capiva come e soprattutto perchè, ed
era tutto confuso e non sentiva altro che il suo cuore pompare sangue
(probabilmente troppo, sangue. Probabilmente sarebbe stato pericoloso,
ma davvero, quella era l'ultima cosa a cui Kurt stava pensando.)
Ma non importava.
O meglio, importava, ma per qualche assurda ragione, a Kurt non
importava che non importasse, e non aveva assolutamente senso, ne era
cosciente, ma-
Oh.
Dopo così tante ore a sognarle, a desiderarle, le labbra di
Blaine erano sopra le sue.
Non erano morbide, erano screpolate, come il bacio che si stavano
scambiando.
Non era dolce o timido o cose del genere, era più come se
Blaine si fosse proposto di succhiargli via l'anima.
E se ci pensava bene, un bacio era disgustoso. Era tutto saliva, e
lingua di un altra persona nella propria bocca, ma dannazione, ci si
sentiva bene.
Ci si sentiva straordinariamente bene, con il petto di Blaine attacato
al proprio, con le sue mani coperte dai guantoni sul viso ed il respiro
che usciva dal suo naso che gli accarezzava la pelle accaldata in un
ondata di brividi.
Blaine sapeva di menta, (che avesse mangiato una cicca sulla strada per
la palestra?) e aveva un retrogusto di rame, di sangue probabilmente
versato a causa di un pugno recente.
Kurt strinse le mani coperte dai guantoni sulla vita dell'altro,
respirando col nasol'aria, e gemendo il più silenziosamente
possibile, mentre ricambiava il bacio.
Blaine passò la lingua sul suo palato, in un movimento
languido che fece tremare le ginocchia di Kurt, facendolo appoggiare
ancora di più all'altro ragazzo, mentre le mani tremanti si
stringevano sul tessuto della canottiera bianca.
Poi, quando meno se lo aspettava, Blaine ruppe il bacio.
Rimasero a guardarsi per qualche secondo in assoluto silenzio, i
respiri tremanti che si mischiavano tra loro e i corpi ancora
intrecciati.
Blaine non sorrise, non si allontanò nè si
avvicinò.
Rimasero così per attimi interminabili, prima che parlasse.
Kurt si aspettava un "cosa stiamo facendo?" o un "non dovremmo
più vederci".
Non si aspettava il ringhio di Blaine, nè le parole che lo
seguirono.
"Sei mio, chiaro?"
Erano così vicini che formando quelle parole le loro labbra
si erano sfiorate in un qualcosa che non sapeva se doveva considerare
un bacio o un causuale tocco.
"Cosa?" Chiese Kurt, confuso.
"Sei mio, Kurt." Questa volta la voce era più dolce, come se
stesse spiegando una cosa ovvia ad un bambino molto piccolo. "Nessuno
ti può toccare o baciare o anche soltanto guardare-"
"Blaine, in un modo molto contorto e a tratti offensivo mi stai dicendo
che provi qualcosa per me?"
"Si, e giuro su Dio, se vedo qualcuno che ti tocca o anche soltanto ti
guarda, io-" Blaine venne interrotto da un paio di labbra morbide che
lo zittirono.
"tu scatenerai le tue terribili mosse da pugile e li picchierai?"
"Li picchierò a sangue." Puntualizzò Blaine.
"Mmmmh, interessante. Ma se fossi io a voler guardare o toccare o
baciare qualcuno?"
Blaine sembrò sconvolto.
"Tu sei mio." disse di nuovo.
Kurt sorrise.
"Se questo vuol dire che non è permesso nemmeno a te baciare
o guardare o toccare qualcuno, allora sono tuo."
"Perchè dovrei guardare qualcunaltro? Ho te."
____________________________________________________________________________
"Sexy." Commentò Santana con un sorriso. "Mi sembra
parecchio sexy questo Blaine..."
Kurt le rivolse un occhiataccia, prima di indicare la cartina con un
gesto della mano.
Santana prese la matita sulla scrivania e tracciò un cerchio
lungo la trentatreesima. "Qui è dove c'è il
nacondiglio di Abrams." Annunciò con aria annoiata.
"Magnifico. Ora, conosci una certa Susan Sylvester?"
"Si, la conosco, ma già lo sai. C'è scritto sul
mio dossier, non è vero?"
"Si. Sappiamo che tu, Brittany ed un altra ragazza biond-"
"Quinn. "
Kurt si accigliò. "Quinn?"
"Si, la Fabray." Santana lo guardò incredula. "Non avete un
dossier sulla Fabray? Per l'amor del cielo, non sapete nulla di lei e
di Puckerman? Senza contare che è la prediletta di Sue e
trasporta 'roba' di stato in stato, e- Non la conoscete?!"
Kurt la guardò sconvolto. " No, non abbiamo un dossier su di
lei. Però... io la conosco. Lei sta per sposare mio
fratello."
^il mio angoletto^
eccomi quii! allora, come vi è sembrato il capitolo? Sono
terrorizzata all'idea di non aver reso bene Santana e- oh, tanto ormai
ho pubblicato.
Non mi resta che abbandonare le paranoie e tenere le dita incrociate,
giusto?
grazie alle bellissime due persone che hanno recensito: siete voi che
avete fatto si che la storia continuasse :)
_ora non mi sorprenderei di trovarmi 0 recensioni in questo capitolo,
ma vabbè xD_
1 baci8
iry
|
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Capitolo 4 *** take a bite of my heart tonight ***
I will never say goodbye to you
4.Take a bite of my heart tonight
Siccome ogni cosa
è piena della mia anima
tu emergi dalle cose, piena dell’anima mia.
Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima,
e assomigli alla parola malinconia.
Pablo Neruda
"venti poesie d’amore e una
canzone disperata”
Blaine Anderons si era promesso milioni di cose, nella sua vita.
E queste promesse le aveva sempre mantenute.
Si era promesso che non avrebbe più vissuto per la strada, e
quindi eccolo qui, in una villetta che si era guadagnato all'ombra
della legalità.
Si era anche promesso che non avrebbe dimenticato Kurt, qualunque cosa
fosse successa.
E, infatti, non aveva dimenticato.
Sospettava che, anche volendo, non sarebbe mai riuscito a dimenticare.
____________________________________________________________________________
Era iniziato tutto con un bacio.
Non si vedevano da una decina di giorni, per colpa del padre di Kurt, (
era partito con la famiglia per New Orleans per incontrare dei pezzi
grossi del posto,) e la prima reazione che Blaine aveva
provato vedendo entrare Kurt nella palestra era stata sbatterlo al muro
e baciarlo.
E, siccome odiava reprimere i suoi istinti, aveva fatto esattamente
quello che aveva pensato.
Aveva schiacciato il suo corpo contro quello di Kurt, chiudendo le sue
labbra su quelle dell'altro, le mani strette ai suoi fianchi
così forte da lasciare i segni.
Ma non importava, tanto più che ormai il corpo di Kurt era
segnato dai lividi che gli faceva: alcuni dai pugni dei loro
allenamenti, altri dalla foga dei loro momenti intimi.
A Blaine piaceva segnare la pelle di Kurt: era come gridare al mondo
che era suo, di sua proprietà.
Adorava mordere la sua clavicola o la sua spalla, affondare i denti
nella carne e sentire i gemiti dell'altro.
Amava gustare sulla lingua la pelle di Kurt, che sapeva sempre di
qualcosa di diverso, in base ai bagnoschiuma che cambiava ogni volta.
Quel giorno, quando Blaine leccò una striscia di pelle
appena sopra il colletto della sua camicia, sentì il sapore
leggermente acidulo del limone.
I suoi occhi si chiusero istintivamente, mentre leccava nuovamente la
medesima striscia di pelle, i ricordi che affioravano senza che lui
potesse impedirlo.
Il suo primo furto, con il quale era riuscito a comprarsi il ghiacciolo
al limone.
Il profumo che impregnava sempre la madre, che lavorava in un campo,
raccogliendo limoni da spedire ad una qualche azienda.
L'odore degli alberi che suo padre aveva piantato nel giardino di casa,
prima che se ne andasse con tutti i soldi, lasciandoli con una casa
troppo grande che non si potevano più permettere.
Blaine affondò i denti nel collo pallido dell'altro ragazzo,
mentre le dita si inflavano sotto la camicia, afferrandone i fianchi e
stringendolo possessivamente a sè.
Quel profumo di limone gli ricordava tutte le cose che aveva perso, e
fosse dannato se si sarebbe lasciato sfuggire anche Kurt.
Probabilmente avrebbe dovuto dosare la forza del morso, siccome
sentì nella bocca il sapore acidolo del rame, mischiato a
quello salato della pelle di lui.
Blaine leccò via le tracce di sangue dal collo, senza
curarsene particolarmente, mentre Kurt gemeva.
Il suono lo fece rabbrividire, e al contempo sudare freddo.
Non si era mai accorto di quanto volesse, di quanto desiderasse il
corpo di Kurt.
Prima erano solo pensieri confusi, non aveva mai davvero capito quanto
lo volesse in tutti i modi possibili.
Blaine non era mai stato fisicamente vicino a qualcuno, non dopo sua
madre.
Non ne aveva mai sentito il desiderio, mentre in quel momento...
In quel momento l'unica cosa che voleva era essere ancora
più vicino a Kurt, voleva soltanto- tutto.
Voleva tutto quello che poteva dargli, lo voleva in un modo
così profondo e possessivo e passionale che ebbe quasi paura.
Paura che Kurt si rifiutasse, che non volesse lasciarlo essere il suo
tutto per almeno qualche secondo.
Aveva sempre saputo di provare sentimenti enormi per Kurt, ma mai,
nemmeno per un istante, aveva pensato a questo.
A voler essere con qualcuno in maniera così profonda,
così autocancellante- perchè Blaine non voleva
solo sesso.
Non desiderava il mero atto fisico.
Lui voleva sentirlo.
Voleva sentire il cuore di Kurt battere contro il suo, voleva sentire
il respiro che fuggiva dal suo petto, voleva completare ed essere
completato, perchè in quel momento si sentiva come se ci
fosse un pezzo di lui che mancava, ed aveva questa -malsana,
forse,partendo dal presupposto che ciò che provava era
sbagliato- certezza, che Kurt era ciò che gli serviva per
sentirsi finalmente completo.
E voleva sentire i gemiti di Kurt al suo orecchio, voleva il suo corpo,
voleva fare in modo che nessun altro lo avesse come lui lo aveva in
quel momento, così pienamente, in modo così nuovo
da essere al contempo spaventoso e eccitante.
Voleva così tante cose, e le voleva subito, in quello stesso
istante.
Le sue mani avevano iniziato a vagare per il tronco dell'altro ragazzo,
scivolando sulla pancia piatta, morbida e calda al tatto, passando le
dita sul suo costato, tirando la camicia sempre più su, fino
ad arrivare sul suo petto.
I palmi della sua mano si sistemarono appena a sinistra, sopra il cuore
martellante dell'altro..
Blaine alzò gli occhi, incontrando quelli azzurrissimi
dell'altro.
"Kurt..." Disse a bassavoce, quasi avendo paura di disturbare qualcuno.
"Lo voglio."
"Cosa?"
Le dita di Blaine tamburellarono sul petto dell'altro. "Questo."
"Oh."
"Voglio prenderlo. Io- Non ho- Vorrei che-"
"Blaine." Disse Kurt, interrompendolo. "Prendilo. Non m'importa-non se
sei tu."
"Io... Ti offrirei il mio. Puoi vederlo come uno scambio, se
vuoi."
"Credo che possiamo considerarlo come un affare, allora."
In risposta, Blaine lo baciò delicatamente, come non aveva
mai fatto prima.
Per la prima volta era dolce, e morbido, e per qualche strana ragione
il cuore di Kurt sembrava battere ancora più velocemente.
E poi Blaine venne assalito da un dubbio.
E se non avesse capito? Se non avesse inteso il modo in cui lo voleva,
il suo cuore? Se avesse frainteso, non riuscendo a cogliere che voleva
tutto insieme, il suo cuore con il suo corpo?
Ma Kurt fugò ogni dubbio, infilando la mano dalla pelle
morbidissima sotto la sua stessa maglietta, arrivando a prendere le
mani di Blaine,ancora poggiate sul cuo cuore, stringerle dolcemente per
un secondo e poi a sfilarsi la camicia, arrossendo leggermente.
Blaine stava per baciarlo di nuovo, quando si accorse di dove erano.
In un angolo della palestra, attaccati al muro, l'uno aggrappato
all'altro, in un intreccio nel quale non riusciva a capire dove finiva
lui e iniziava Kurt.
Non potevano, semplicemente, farlo lì.
Ma dove altro...? I suoi occhi atterrarono sul ring.
Era pulito, l'aveva lavato lui stesso mentre aspettava l'arrivo
dell'altro, ed in un certo senso era giusto. Lì si erano
baciati per la prima volta, lì si erano parlati davvero, per
la prima volta.
"Vieni." Disse Blaine, districandosi dallo strano abbraccio in cui si
erano trovati.
Lo prese per mano, aiutandolo ad alzarsi in piedi.
____________________________________________________________________________
Blaine sobbalzò, quando sentì qualcuno bussare
alla porta.
Deglutì rumorosamente, prima di ricomporsi e sedersi
più compostamente alla scrivania.
"Avanti."
La porta cigolò piano, rivelando Sam e un uomo asiatico.
"Abbiamo un problema." Disse sommessamente il biondo, le mani strette
sul cappello di feltro che si era tolto dal capo.
Poi, lui e l'asiatico si sedettero sulle sedie davanti alla scrivania.
"Quale? Non mi sembrava troppo difficile la missione che ti era stata
affidata."
"Brittany S. Pearce è introvabile, al momento. L'ultima
volta che è stata vista è stata una settimana fa,
ad un negozio di alimentari. Poi è come sparita. Mentre
Santana Lopez...." Sam scosse la testa, indicando l'uomo di fianco a
lui. "Questo è Mike Chang, ha visto l'FBI portarla via."
"L'FBI?" Chiese Blaine, la mascella serrata. "Sapeva di noi?"
"Non della nostra organizzazione, ma sapeva tutto di Puckerma, St.
James e Sylvester."
"E della Fabray. " Aggiunse Mike con voce gravosa.
"Ok. Il piano è semplice. Richiamate i nostri uomini qui
all'istante. Se le cose girano per il verso giusto rimarremo gli unici
padroni qui. E sarà più facile interrompere il
matrimonio della Fabray. Ci serve Hudson vivo, ricordate."
"Anderson, c'è un altra brutta notizia." Disse Chang. " Il
matrimonio è stato anticipato."
"Perchè?"
"Ci sono delle voci. Dicono che è rimasta incinta di
Puckerman, e stia cercando di dare la colpa ad Hudson. Prima
c'è il matrimonio prima potrà ucciderlo e
prendere i suoi soldi." Disse Sam.
"E altre voci dicono che vuole usare quei suoldi per scappare da
Puckerman e dalla Sylvester. Dicono... dicono che ha incontrato
qualcuno per cui è disposta a rinunciare alla
criminalità."
"E Puckerman le sa queste cose?"
Chang scosse la testa:"le voci non sono ancora arrivate qui. Per adesso
sono ferme a Chicago. Vuole avvertirlo?"
Blaine sorrise. "No. No, non voglio avvertirlo."
^il mio angoletto^
bhè, eccoci qui, nel mezzo della storia.
Non posso credere di stare continuando ad aggiornare con
regolarità, ma bhè, finchè continua nn
mi lamento, giusto? xD
spero che il capitolo sia di vostro gradimento, e ringrazio
infinitamente le due bellissime persone che hanno recensite lo scorso
capitolo: grazie! questo è deidcato a voi!
E, naturalmente, alla mia fantastica beta che deve sopportare di
leggere pagine epagin di storie tutte in una volta, perchè
io, quando inizio, non mi fermo più XD
grazie a tutti per la lettura, e al prossimo venerdì! (spero)
1 baci8
iry
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Capitolo 5 *** Glad you came ***
I will never say goodbye to you
5. Glad you came.
Coloro che sognano di giorno
sanno molte cose che sfuggono
a chi sogna soltanto di notte.
(Edgar Allan Poe)
Kurt la guardò sconvolto. " No, non abbiamo un dossier su di lei. Però... io la conosco. Lei sta per sposare mio fratello."
"Suo fratello è Finn Hudson?" chiese Santana, stupita.
"Si. Cioè, no, è il mio fratellastro, ma- lei è sicura? Che Quinn sia pericolosa? "
"Quinn ha sposato milioni di idioti riccastri, per poi ucciderli dopo un paio di mesi. I soldi vanno o a Puckerman, il suo partner, o alla Sylvester, da cui è stata adottata. Suo fratello non durerà nemmeno un mese, perchè la Fabray è incinta."
" Di Puckerman?"
"Esattamente. Io queste cose le so da quello che mi ha detto lei stessa. Eravamo molto unite. Comunque, i soldi di Hudson le servono per rifarsi una vita. Vuole tornare in Ohio e sposarsi con un idiota che ha incontrato un po' di tempo fa. Un certo John o Joe o roba simile."
"Devo andare a fermare il matrimonio."
Santana si morse il labbro, indecisa, ma alla fine parlò: " Ascolti, non dovrebbe immischiarsi. Quel matrimonio sarà come una bomba ad orologeria. Puckerman prima o poi sentirà le voci, e andrà di volata a Chicago, con St.James al suo fianco. Ed in più-" Santana si interruppe. " C'è qualcosa che stanno nascondendo. o meglio, qualcuno. Ne ho sentito parlare poche volte, credo sia il segreto meglio tenuto, qui a Washington. Ma, oltre alle cricche di Puckerman, di St. James e di Abrams, c'è un altro gruppo. E' molto più piccolo, conosciuto solo ai più alti livelli: io ne ho sentito parlare da Brittany. Questo gruppo, sta cercando qualcosa. E al momento, sembrano pensare che suo fratello sappia dov'è ciò che cercano da anni. La Sylvester ha proibito loro di parlare con Hudson, ma temo che andranno al matirmonio lo stesso."
Kurt annuì, pensieroso. "Cosa altro sa su di loro?"
"Non molto. Il capo non va quasi mai alle riunioni che indicono. A volte manda un ragazzo biondo con un enorme bocca. Se no non ci va affatto. Sembra quasi che non gli importi altro se non l'oggetto che sta cercando."
"Ha idea di cosa sia?"
Santana scosse la testa. "Nessuno lo sa. Ma credo sia qualcosa di infinitamente prezioso, come un tesoro o roba del genere. Se no perchè cercarlo per tutti questi anni?"
"St.James e gli altri sanno cos'è l'oggetto?"
"No."
Kurt stette un attimo in silenzio, prima di prendere il telefono e comporre un numero: "Dove abita la signorina Pearce? Mando degli agenti a prenderla. Non è più sicuro rimanere in giro per lei."
"Sulla cinquantaduesima. Non esce dal suo nascondiglio da giorni... dovete spostare il frigorifero. Dietro c'è una specie di botola."
Kurt annuì, e diede le indicazioni al telefono.
"Agente..." Santana poggiò la sua mano su quella di Hummel. " Grazie."
Lui le sorrise semplicemente.
Quando Santana si alzò e uscì dall'ufficio, Kurt rimase solo.
Chiuse le dita sulla tazza di caffè davanti a lui, e chiuse gli occhi, cercando di contenere il tremito delle mani.
Era sconvolto, ovviamente. Non raccontava della sua storia da anni, e adesso, ogni suo respiro sembrava inghiottire aria e pezzi di Blaine, i ricordi di come si eano incontrati, di come erano stati separati...
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Mi stanno cercando." Sussurrò Blaine al suo orecchio, mentre le braccia che circondavano Kurt si stringevano con un po' troppa forza contro il suo busto.
"Chi? La polizia-"
"Oh, no. Sarebbe molto meglio, se fossero loro a cercarmi. Non mi troverebbero mai. " Rispose Blaine, infilando le sue dita nei capelli scuri dell'altro. "Sono gli altri. Gli amici di mio padre."
"Non capisco, Blaine. "
"Mio padre ci ha lasciato quando avevo quattro anni; una notte, semplicemente, ha fatto le valige, prendendo le cose preziose che avevamo, ed è sparito." Disse Blaine, continuando ad accarezzargli i capelli, come raccontandogli una storia della buona notte. "Me e la mamma, completamente soli. Ero troppo piccolo per capirlo, sai? Eppure avevo intuito che avrei dovuto prendermi cura della mamma, perchè stava male.
Era malata, e lui l'aveva lasciata prendersi cura di se stessa e me.
Non ce l'ha fatta; amava mio padre, e il fatto che lui se ne fosse andato le ha dato il colpo di grazia: ha smesso di lottare contro la malattia, ed è morta nel giro di una settimana.
Poi, sono rimasto solo io." Blaine raccontò la sua storia tranquillamente, senza tradire alcuna emozione, come se quelle parole non lo riguardassero.
"Mio Padre è sempre stato invischato in organizzazioni pericolose, con persone su cui non riusciva sempre a prevalere: probabilmente è nei guai, o ha fatto qualche sciocchezza, e loro stanno cercando anche me per fargliela pagare."
"Blaine..." iniziò Kurt per poi bloccarsi insicuro su cosa dire.
"Non posso scappare. Mi troverebbero. Non posso nascondermi; qualcuno glielo direbbe. Non posso combattere, loro sono troppi." La voce di Blaine, per la prima volta da quando Kurt lo conosceva si spezzò:"Cosa posso fare?"
Kurt non trovò niente da dire, se non chiudere la bocca dell'altro con un bacio.
Per i giorni che ne seguirono, non ne parlarono più.
____________________________________________________________________________
Era il ventotto Dicembre quando Kurt arrancò verso la palestra tra i cumuli di neve, rabbrividendo mentre teneva il cappotto stretto al suo corpo nella speranza di preservare un po' di calore .
Il campanile aveva battuto le tre e mezza, e all'ultimo rintocco si accorse che qualcosa non andava.
La porta della palestra era spalancata.
Incurante della neve, e del ghiaccio probabilmente formatosi sul marciapiede in quel momento invisibile, iniziò a correre verso la porta aperta.
Il battito del suo cuore era forte, forte quanto il campanile di pochi secondi prima, mentre terrorizzato pensava a ciò che Blaine aveva detto.
Mi stanno cercando.
No, non poteva essere. Non era stato preso; probabilmente aveva lasciato la porta aperta per cambiare aria...
Entrò nella palestra.
Le tre sedie, di solito poste ordinatamente intorno al tavolo, erano ribaltate, poste negli angoli più assurdi della stanza.
I sacchi da Boxe oscillavano ancora, segno che non era passato molto tempo da quando erano stati usati.
'Non posso scappare. Mi troverebbero. '
Nel mezzo del ring stava una pistola argentata.
Kurt sentiva gli occhi pungergli, sentiva il bisogno di chiudere gli occhi e correre via, non sapendo se c'era il corpo...
'Non posso combattere, loro sono troppi'
Il corpo del suo Blaine.
Non corse via.
I piedi sembravano muoversi per conto loro, non ascoltando gli ordini del cervello.
Guardò dietro il ring, nell'unico posto nascosto alla sua visuale, il respiro tramante che usciva in piccole nuvolette bianche chegli confondeva la vista.
Poi, si accartocciò sul pavimento, e iniziò a piangere.
Non c'era nessun corpo.
Non sapeva se le lacrime erano di sollievo o di terrore.
Se Blaine non era lì... Dov'era?
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Un bussare timido alla porta lo riportò alla realtà.
"Kurt?" Chiese una voce conosciuta.
"Mercedes," La riconobbe, sorridendo. "Entra pure."
ìil mio angoletto^
....che ne pensate? probabilmente non è il migliore che io abbia scritto (quello precedente era meglio... stupido computer , ti rompi nei momenti peggiori -.-") che dite?
p.s.c'è qualcuno che guarda white collar? io lo adoro, manon trovo nessuno con cui discuterne perchè non conosco qualcuno che lo guardi !!!
piccolo piccolo spoiler sulla FF
... bhè, comparirà un certo fratellone <3
fatemi sapere cosa ne pensate!!!
1 baci8
iry
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