Give Your Heart A Break

di gloriabarilaro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



 

Prologo.
And you not try to be perfect,
nobody's perfect
but you are to me.
-Carly Rae Jepsen ft. Justin Bieber,Beautiful

 

 ‹‹Oddio, ti prego Josh fermati, non riesco più a respirare!›› lo supplicai tra una risata e l’altra. Correvamo sulla strada ridendo all’impazzata, i miei vecchi anfibi e le sue converse sfondate che battevano sull’asfalto  a ritmo con la nostra corsa. Quando si voltò verso di me, non smise di correre: Mi guardò con quei suoi stupendi occhi grigio-verdi e mi mostrò uno dei suoi sorrisi più belli.
  ‹‹Muoviti pigrona, un po’ di corsa ti fa solo bene!›› mi rimproverò ridendo.
  ‹‹Ma non è per la corsa! È che se continui a fare il coglione in questo modo soffocherò dalle risate›› ribattei io sfoderando un sorriso affabile, nonostante lui si fosse già girato.
  Ridemmo, attirando l’attenzione delle persone che ci passavano vicino: si voltavano a guardarci, noi, due ragazzi che correvano per una delle strade più trafficate della città ridendo come pazzi. Non mi sarei mai abituata alla pazzia di Josh e alle particolari esperienze che mi faceva passare.
  ‹‹Di qua!›› mi avvisò velocemente il ragazzo, svoltando bruscamente in una via. Forse anche troppo tardi, perché immersa nei miei pensieri com’ero persi l’equilibrio e sarei anche caduta rovinosamente a terra se lui non mi avesse recuperato con una mossa fulminea, cingendomi la vita con le braccia e impedendomi di cadere al suolo.
  ‹‹Oh›› fu l’unica cosa che riuscì a dire, mentre ci guardavamo intensamente negli occhi, così vicini, mentre le farfalle nel mio stomaco cominciavano a battere le loro alucce. Josh mi mostrò un mezzo sorriso mentre mormorava: ‹‹Stai attenta dove metti i piedi pasticcina, non ci sarò sempre io a prenderti al volo››
  Ridemmo un’altra volta, mentre lui mi rimetteva in piedi e faceva scivolare la sua mano nella mia: a quel contatto mi parve che il mondo si fermasse per qualche istante, e sobbalzai leggermente dalla sorpresa, mentre sentivo le guance arrossire; succedeva ogni volta che avevo qualsiasi contatto con lui, provavo tutte quelle emozioni così forti che mi scombussolavano in un secondo.
  Non ebbi neanche il tempo di ringraziarlo che lui si rimise a correre, tirandomi con uno strattone: fui costretta a riniziare a correre anche io, mentre ridacchiavo tra me e me.

    ‹‹Ecco a te›› mi sussurrò lui da dietro, porgendomi oltre la spalla il grande bicchiere contenente la cioccolata che avevo ordinato. Mi voltai verso di lui e, incontrando i suoi occhi, mostrai un sorriso, mentre gli sfilavo dalle dita il bicchiere e me lo portavo alle labbra, per berne un sorso. Josh sorrise, mi cinse le spalle con un braccio e incominciammo a camminare assieme sorseggiando le nostre bibite calde.
  Approfittai della sua vicinanza per inspirare il suo profumo, per lasciarmi riscaldare dal suo corpo, mentre lui mi accarezzava il braccio.
  ‹‹Che vuoi fare ora?››
  ‹‹Non lo so... Decidi tu, ma che sia qualcosa dove non bisogna correre e ridere come deficienti, i miei polmoni sono sfiancati e secondo me qualcuno ci ha tirato dei nomi mentre facevamo gli scemi in quel modo›› dissi guardando davanti a me e prendendo un altro sorso dal bicchiere. Josh scoppiò in una fragorosa risata, che appena giunse alle mie orecchie mille piccoli brividi mi salirono su per la schiena.
  ‹‹Non ti preoccupare, sono sfinito anche io. Panchina del parco?›› propose, inarcando un sopracciglio. Gli mostrai un mezzo sorriso, e annuendo, confermai: ‹‹Vada per la panchina del parco.››
  Josh era il mio migliore amico, e quel pomeriggio eravamo nuovamente usciti assieme per concederci qualche ora di svago come ci piaceva fare il sabato pomeriggio. Finiva sempre che stavamo per ore a passeggiare, entrando nei negozi per fare un po’ di casino e poi uscirne senza comprare niente, oppure facendo sosta al parco, con la nostra immancabile cioccolata, per fare qualche chiacchera in pace.
  ‹‹Mia piccola Demetria, come mai così silenziosa oggi?›› mi chiese lui facendo una risatina: non perdeva mai l’occasione di mandarmi qualche frecciatina sul fatto che il mio nome gli sembrasse buffo. Lo fissai di sottecchi per qualche secondo, poi un sorriso mi invase le labbra, mentre mormoravo: ‹‹Penso, mio caro Joshua. Mai provato?››
  Josh si zittì in un secondo e mi guardò stupito. Erano rare le volte che rispondevo a delle frecciatine, ma ogni talvolta che lo facevo me ne uscivo sempre vittoriosa. Ma tra a me e lui non c’era rancore, e così scoppiammo a ridere entrambi.
  ‹‹No, mai fatto. E si può sapere a cosa pensi?›› mi chiese lui.
  Mi mordicchiai leggermente l’interno della guancia. Penso a te. A quanto tu sia bello da mozzare il fiato, a quanto mi piace averti vicino come lo sei ora, poter sentire meglio il tuo profumo e la tua voce. Poter sentire la tua risata paradisiaca, che mi scatena mille emozioni ogni volta che la sento. Ecco a cosa penso.
  ‹‹Compiti›› dissi infine, scrollando le spalle. ‹‹Ne ho un casino da fare per lunedì›› 
  

__________________

 

Come avrete di certo già letto nell'anticipazione, io non sono una Lovatic, ma l'altro giorno ho ascoltato Give Your Heart A Break e mi è venuta in mente questa ff.
Per chi si fosse accortoche questa ff è un cross-over, è vero, Miley Cyrus compare nella storia ma non è proprio uno dei "personaggi principali". Poi lo scoprirete. ;)

Beh, se la storia ti è piaciuta ti consiglio di metterla tra le preferite/seguite/ricordate, perchè ti invierò un messaggio ogni volta che aggiorno. :)
Mi farebbe molto piacere se lasciassi anche una recensione per dirmi se vi è piaciuta la storia, altrimenti la tolgo. Grazie a tutte per l'attenzione che mi avete dedicato, e buon inizio scuola a tutti. :D
Baci,Glo.

@kidrauhlspiano on twitter

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1.
You're the smile
on my face.
And I ain't
going nowhere.
-J.Bieber, Fall

 

  ‹‹Josh, sono stanca›› mugugnai, rigirandomi nel letto e schiacciando il viso contro il cuscino. Sì, aveva avuto la geniale idea di venirmi a svegliare perché stavo facendo tardi a scuola, diamine.
  ‹‹Abbiamo marinato la scuola la scorsa settimana, DeeDee, non possiamo saltare anche oggi: il preside mi è sembrato chiaro, no?›› mi disse, mentre frugava nel mio armadio e buttava sul mio copri-letto dei vestiti alla rifusa. Ed eccolo che sfoderava un altro dei suoi soprannomi con cui era solito a chiamarmi, e naturalmente, come erano solite le mie guance, arrossirono prendendo la stessa tonalità di colore della fodera del cuscino: rosso fuoco.
  Sbuffai, e scalciai via le coperte calde che mi avvolgevano il corpo: ‹‹Già, e anche la Turner non è stata da meno. Ditemi, perché la scuola esiste! …››
  ‹‹Demi›› mi richiamò Josh, scuotendo leggermente una mano. Lo guardai seccata, soffiandomi una ciocca di capelli che mi era caduta sul viso. Lui ridacchiò divertito, e scosse la testa. ‹‹Ascolta, non sparare cazzate. Sappiamo entrambi quanto ti piaccia studiare: prendi il massimo dei voti in tutte le materie! Quindi, non mi dire che non vuoi andare a scuola, che vorresti che non esistesse. Nessuno ti crede.›› mi rimproverò, chiudendo le ante del mio armadio.
  Feci cadere lo sguardo sui vestiti buttati sul mio letto: un paio di jeans scuri e un maglioncino di filo pesante, grigio chiaro, largo sul collo e sui fianchi, con le maniche lunghe e strette sui polsi. Mi scappò un sorriso: era incredibile il modo in cui Josh azzeccasse perfettamente ciò che volevo mettermi, ogni mattina.
  Mi voltai verso di lui, che ispezionava i vari scaffali della mia scarpiera alla ricerca di un giusto paio di scarpe. Mi alzai e andai verso di lui, alzandomi in punta di piedi per vedere oltre la sua spalla.
  ‹‹Quelle vanno bene›› gli dissi, indicando un paio di Ankle Boots in camoscio dello stesso grigio del maglione con alcune borchie sul tallone. Josh le prese e ne ispezionò il tacco da dodici centimetri, portandoseli davanti al naso. Inarcò un sopracciglio, e si voltò verso di me: ‹‹Da quand’è che ce le hai? Non te le ho mai viste addosso.›› mi chiese.
 ‹‹Non metto i tacchi quando esco con te, rischierei di ammazzarmi da qualche parte›› ridacchiai io, sfilandogli le scarpe dalle mani e facendogli la linguaccia. Lui rise e si avventò su di me, iniziando a farmi il solletico e costringendomi a piegarmi in due dalle risate fino a finire con il sedere a terra in preda a delle convulsioni dalle risate.
  ‹‹Basta… Jo, basta… Lasciami, Josh, facciamo tardi!›› protestai tra una risata e l’altra. Josh scattò di novo in piedi e sorrise: ‹‹Oh, questa è la mia Demi! Muoviti a vestirti, se non sei giù entro dieci minuti ti vengo a prendere!›› mi disse oramai sulla soglia della mia stanza, prima di chiudersi la porta alle spalle.
  Sospirai sognante, alzando lo sguardo verso il soffitto. Dio, quanto lo amo.  
 
  ‹‹Dove si sarà cacciata...›› mormorai, strizzando gli occhi per ispezionare meglio il corridoio. Quello era uno dei momenti in cui odiavo il fatto di essere bassa rispetto ai colonni che erano i miei compagni di scuola, che riuscivano a squadrarmi dall’atto in basso anche quel giorno che indossavo i tacchi.
  E tra quella confusione, non riuscivo a trovare la chioma di Miley e i suoi occhi di cristallo; mi pentì amaramente di aver detto a         Josh che l’avrei trovata da sola, che lui poteva andare tranquillo dai suoi amici. Diamine.
   Mi incamminai timida per il corridoio: magari era davanti al suo armadietto e mi stava aspettando. Cercai di fare piccoli passi per non ticchettare troppo sul pavimento e attirare attenzione, ma il mio sforzo risultò inutile quando sentì una voce stridula che conoscevo fin troppo bene esclamare: ‹‹Ah! Guardate, la Lovato a ritrovato il coraggio di venire a scuola! Ehi Devonne, in quale strano posto sei andata stavolta per sfuggirmi?››
   Mi bloccai all’istante: strinsi i libri al petto chiudendo gli occhi e sospirai rassegnata, consapevole che il giorno che mi si presentava davanti non sarebbe stato così fantastico come me l’ero immaginato mentre salivo sulla macchina di Josh, alla volta della scuola.
   ‹‹Che hai, il gatto ti ha mangiato la lingua? O te la sei mangiata da sola? Sai, non mi stupirebbe affatto...›› esclamò ancora malignamente Chelsea, accompagnata da una risatina generale. Riaprì gli occhi e mi voltai verso quella pettegola, notando un’ennesima volta quanto, anche lei, fosse più alta di me. E gracile. Avrei scommesso tutto quello che avevo che Chelsea soffrisse di anoressia, era molto magra, alta, ciocche dorate e lisce le ricadevano come sempre sulla schiena, i suoi grandi occhi verdi, un po’ a palla, spiccavano sul volto quasi scarno. Dava l’impressione di spezzarsi da un momento all’altro, ma forse ero l’unica a notarlo.
  ‹‹Ti prego Chelsea, oggi proprio no.›› la pregai con un filo di voce, riabbassando lo sguardo sulle mie scarpe. No, non poteva arrivare e rovinarmi una giornata così perfetta. Perché non mi ero puntata meglio per convincere Josh a non andare a scuola?
  ‹‹Cosa, mia piccola Demi? Vuoi dire che oggi non mi aiuterai per il compito di fisica?›› mi disse con finto tono amichevole, affiancandomi. Fece per cingermi la vita con un braccio, ma poi lo bloccò a mezz’aria, come se ci stesse ripensando, e infine lo mise attorno al mio collo con un sorrisino compiaciuto sul volto, mentre altre risate rimbombavano nell’aria.
  ‹‹No...›› dissi con un filo di voce, quasi avessi paura che lei sentisse. Ma a Chelsea McPherson non scappa niente.
  ‹‹Coooooooosa? Ma Demi, tesoro mio, io ho bisogno dei tuoi appunti.›› mi disse, battendo le ciglia piene di mascara. Scossi il capo, e mi scostai da lei, facendo cadere il suo braccio dalla mia spalla.
   ‹‹Allora dammi i tuoi stivaletti.›› scosse le spalle lei, accennando alle mie scarpe con il mento. Guardai le mi adorate Ankle Boots, e poi Chelsea. ‹‹No›› Ebbi il coraggio di dibattere, pentendomene subito dopo. Ributtai lo sguardo a terra, premendomi i libri al petto mentre un esclamazione di stupore generale si diffondeva per tutto il corridoio.
  Chelsea mi guardò con occhi strabuzzati, leggermente basita. Poi un sorriso maligno si fece strada sul suo viso, e ritornò la stessa ragazza snob e molto popolare, nonché capo cheerleader e figlia dell’imprenditore più ricco della città, la stessa ragazza che mi perseguitava da anni.
  ‹‹Vuol dire che la nostra Devonne ha bisogno delle maniere forti›› disse con aria di sufficienza, alzando le sopracciglia. Schioccò le dita, e girò sui tacchi, facendosi strada a testa alta per il corridoio e per la marea delle sue fan, nonostante avesse ricevuto un ‘no’ da una delle sue prede.
  E mentre Logan e Frank, due pezzi grossi della squadra di Rugby della scuola, si accanivano su di me con l’espressione di chi si divertiva solo se vedeva il terrore negli occhi di una persona e la campanella annunciava l’inizio delle lezioni, indietreggiai e mi poggiai con la schiena agli armadietti, per poi scivolare giù, sul pavimento, e nascondere la testa tra le ginocchia. E pensai a quanto avessi bisogno di Josh in quel momento, come un’altra serie smisurata di momenti terribili della mia schifosa vita. 


_______



Il capitolo non mi convince per niente, scusatemi davvero se non è uno dei migliori, ma si sa, la scuola è la scuola, non ti lascia il tempo di perderti anche solo quache minuto per perderti a scrivere anche solo mentalmente delle fan fiction.
In testa mi sta già frullando il prossimo capitolo,e credo che forse quello sarà molto più bello di questo, che non è decisamente uno splendore ma pazienza. So che mi capirete :)
Mi lasciate una recensione? Così, perdirvi se vi piace? mi fareste davvero felice. Un ultima cosa davvero importante:se volete che vi invii un messaggio ogni volta che aggiorno, mettete questa stroia nelle RICORDATE.
Se volete che vi invii un tweet o un dm su twitter con il link del nuovo capitolo, scrivetemi in una recensione il vostro nick eseguitemi su twittah (Sono @kidrauhlspiano)
Grazie per avermi ascoltato, ci vediamo al prossimo capitolo, babes!
Baci,
Glo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2.
Don't be scared, girl,
I'm here.
If you didn't know,
this is love.
-J. Bieber, Never Let You Go

 

  Il silenzio era solo rotto dai miei singhiozzi flebili e dal gocciolio costante del lavandino chiuso male. La lurida parete a cui ero poggiata era fredda inospitale, proprio come il pavimento su cui ero seduta.
  Le lacrime scendevano dai miei occhi, mi rigavano le guance,e poi cadevano sulla manica del mio maglioncino, bagnandolo.
  Era da un sacco di tempo che stavo lì dentro, forse ore.
  Ma dove volevo andare con il corpo pieno di lividi e i piedi scalzi? Con il trucco colato e un dolore lancinante al polso?
  Sentivo ancorai calci di Logan sferratimi allo stomaco, le mani tozze di Frank stringermi i polsi per tenermi ferma, oppure tirarmi i capelli: Stavo tremando, tenevo gli occhi sbarrati e le braccia che mi stingevano debolmente la vita, pensando a cosa fosse peggio di quello che stavo vivendo.
  Brividi di freddo cominciarono a scuotermi, mentre le immagini confuse di quei momenti, quando ero lì a terra e indifesa, mi investirono come un treno in corsa dopo avermi lasciato pochi minuti di tregua.
  Mi misi le mani nei capelli e chiusi gli occhi: volevo urlare, ma la voce mi era morta in gola già da un pezzo, riuscivo malapena a parlare con una voce bassa e flebile, secca e fastidiosa. Grugnii e mi appoggiai al muro freddo e sudicio, guardando il soffitto: più stavo chiusa lì dentro, più mi chiedevo che senso avesse vivere una vita del genere, perché non metterne fine.
  E se non fossi stata così malridotta, ammaccata dolorante, e con la poca forza che avevo in corpo sprecata nel versare stupide lacrime, avrei preso il primo oggetto affilato che mi sarebbe capitato sotto tiro e mi sarei tagliata.
  Un’altra volta.
  Ad un tratto, sentii la porta dei bagni aprirsi. Trattenni il respiro, e cercai di appiattirmi sulla parate alle mie spalle, stringendo le gambe al petto; chiunque fosse,non volevo che mi vedesse. Non volevo che qualcuno vedesse in che condizioni ero ridotta, quanto ero debole,quante lacrime erano cadute a bagnarmi le maniche del maglione.
  E successivamente mi resi conto che non volevo farmi vedere soprattutto da lui.
  ‹‹Demi, sei qui?›› la voce di Josh tremava, la riconobbi all’istante. Aveva un tono disperato, un tono che non avevo mai sentito alterare la sua stupenda voce. Mi si strinse il cuore quando la sentii, ed ebbi un sussulto.
  Decisi di non rispondergli: non volevo che mi vedesse in quello stato, che si preoccupasse per me ulteriormente.
  Non lo volevo, ma quella stramaledetta porta si aprì comunque: alzai lo sguardo verso di lui, i nostri occhi si incontrarono e pochi secondi dopo lui era in ginocchio vicino a me, mi stringeva stretta, tremava anche lui.
  Scoppiai a piangere tra le sue braccia, ma stavolta un pianto più leggero, come se la sua presenza vicino a me,il suo abbraccio debole ma nello stesso tempo forte e il suo profumo così intenso facessero la differenza.
  ‹‹Demi…›› sussurrò lui al mio orecchio, la voce tremante come il suo corpo. Ci allontanammo di poco, quel poco che bastava per tornarci ancora a guardare negli occhi,più intensamente di prima.
  ‹‹Perdonami. Non avrei mai dovuto lasciarti da sola, sarei dovuto venire con te a cercare Miley, io... Cazzo!›› imprecò, alzandosi con uno scatto e tirando un pugno alla porta. Rabbrividii, e lo guardai riaccovacciarsi davanti a me, mentre si passava una mano tra i capelli scuri. Sospirò, e mi guardò di nuovo: ‹‹Mi sento così in colpa, non avrei mai dovuto lasciarti sola.›› disse, sfiorando un ematoma che avevo sulla guancia.
  Presi la sua mano tra le mie e lo tirai vicino a me, costringendolo a sedersi con la schiena contro il muro, proprio vicino a me. Lo guardai un altro poco negli occhi, poi mi rannicchiai contro al suo petto, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
  ‹‹Non è colpa tua…›› farfugliai così debolmente che per un attimo temetti che non mi avesse sentito.
  Josh sospirò e mi cinse le spalle con un braccio, attirandomi a sé un’altra volta. ‹‹Non lo dire neanche per scherzo; se non ti avessi lasciata da sola, ora non saresti ridotta… così!›› disse, sfiorando con la punta delle dita i lividi della stretta ferrea di Frank sui miei polsi.
  Feci una smorfia di dolore, sia per il ricordo che per la sofferenza vera e propria. Mi faceva male dappertutto, quasi non riuscivo a muovermi ancora. Abbassai la manica del maglioncino, e ritirai le braccia al petto, rifugiandomi nel suo abbraccio, tra le sue braccia, per ripararmi un freddo che in realtà non c’era, ripararmi da quella sensazione di pericolo inquietudine che volteggiavano su di me come una minacciosa nuvola nera. E lì, tra le sue braccia, mi sentii finalmente al sicuro.
  ‹‹Scusami, Demi…›› sussurrò Josh tenendomi stretta e poggiando il mento sulla mia testa. Percependolo così vicino, sentii il cuore accelerare, le guance andare in fiamme e una lieve morsa che mi attaccava alla bocca dello stomaco. Non era la prima volta che ci abbracciavamo, ma quella sembrava così intensa, piena di significati… Speciale.
  ‹‹Non pensiamoci più.›› sussurrai io di rimando, mentre chiudevo gli occhi e inspiravo il suo profumo; e per l’ennesima volta, pensai a come avessi fatto senza di lui, senza la sua dolcezza, senza il suo vizio di prendersi tutte le colpe nonostante non ne meritasse alcuna.  

 

_________


 

Keep calm and enjoy my fanfiction, babes!
No, mi ritiro. lol.
Vi piace il capitolo? Ci ho messo un sacco a scriverlo, ho modificato l'apparizione di Josh una cosa come mille volte, finchè stamattina non mi è venuto il colpo di genio durante la lezione di tedesco (perchè io, ovviamente, invece di ascoltare la prof, scrivo fanfiction su fogli protocollo strappati che mio compagno mi "regala")
Ora, siccome, non ve ne frega niente della mia vita privata, la farò breve.
Voglio ringraziare tutti voi che seguite questa fan fiction, e chi magari è entrato percuriosità e ha letto questi capitoli.
Non sapete quanto mi fa felice vedere il numerino delle 'viste' aumentare ogni giorno djvhkjelvnhlsdjkj.
Mi lasciate una recensioncina? Mi farebbe molto piacere sapere che ne pensate, se la storia vi piace ecc...
Ne approfitto per ringrazziare
Scream_Out_Load
e
proudofmyidols
che hanno recensito il mio scorso capitolo lasciando dolcissimi commenti e facendomi sorridere.
Vado, sperando che lo spazio bianco quassotto vi tenti emi scriviate qualcosa per farvi sentire un pochino... :)
Baci,
Glo.

http://ask.fm/xliveforBieber  

https://twitter.com/kidrauhlspiano

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3.
When you realize?
Baby, I'm not like the rest.
-D.Lovato, Give Your Heart  a Break

 

  ‹‹Tieni, metti questi›› mi disse Miley porgendomi un sacchetto di plastica. Lo presi e ne sbirciai il contenuto: dentro vi era un paio di stivali di pelle neri, con poco tacco e  la gamba ricamata; sorrisi: il classico stile di Miley Ray Cyrus.
  ‹‹Demi, fai in fretta: siamo in ritardo e ti devo ancora truccare!›› mi rimproverò debolmente la mia amica, mentre si chinava sulla borsa lanciata malamente a terra, per poi aprirla e guardare all’interno di essa.
  M’infilai velocemente le scarpe e mi misi in piedi reggendomi alla parete. Con due falcate mi affiancai a Miley, che frugava pensierosa in un sacchettino da trucco rosa pastello.
  La guardai, in silenzio, finché anche lei non si fermò e si voltò verso di me. E quando i nostri occhi si incontrarono per pochi secondo prima che lei buttasse goffamente lo sguardo a terra, capii che c’era qualcosa che non andava: perché ‘Miley’ e l’aggettivo ‘pensierosa’ non stavano mai in una stessa frase se non in casi eccezionali o quando la ‘Miley’ in questione non era la mia amica: l’avevo sempre conosciuta spensierata e sorridente, e nonostante fosse così silenziosa non avevo mai sentito quel suo silenzio così pesante, fastidioso.
  Proprio come era in quel momento.
  ‹‹Non mi guardare così…›› sussurrò lei con un filo di voce.
  ‹‹Che hai, Miley?››
  ‹‹Io?›› si indicò con l’indice, alzando i suoi occhi azzurro cielo e facendoli incontrare con i miei. Annuì piano, e lei sospirò; poco dopo ci stringevamo in un abbraccio,  vicine e unite come sempre.
   ‹‹Mi hai fatto spaventare. Quando non ti ho vista e ho subito avuto quel brutto presentimento…›› iniziò con voce tremante,stringendomi un po’ di più. Le accarezzai la schiena, cercando qualcosa da dire: ma nella mia mente c’era ancora confusione, e sapevo che non avrei mai trovato parole che avrebbero potuto confortare la piccola Miley. Così mi limitai e deglutire a vuoto, cercando di scacciare quel nodo che mi stringeva la gola, mentre sentivo Miley sospirare sulla mia spalla.
  ‹‹E poi dovevi vedere la faccia di Josh quando gli ho detto che non ti trovavo più…›› si allontanò leggermente dame,mentre mormorava: ‹‹Puro terrore… Credo di aver perso qualche anno di vita per lo shock, lo spavento e tutto il resto›› sorrise infine, tornando la Miley di sempre.
  Sorrisi a mia volta, mentre lei scuoteva i capelli rincominciava a frugare nel beauty case alla ricerca di chissà che cosa. Fu allora che mi accorsi della piccola scritta su di esso, un ‘Ashley’ scritto in corsivo pieno di riccioli e cuoricini.
  Storsi la bocca, ma prima che potessi aggiungere qualcosa, Miley mi precedette.
  ‹‹So a cosa stai pensando: cerca di convincerti dicendoti che l’abbiamo preso in prestito,
okay?›› mormorò, voltandosi verso di me con uno sguardo divertito. Mi veniva da ridere,ma mi sforzai di rimanere seria mentre chiedevo: ‹‹Non credi che andrà su di giri quando non lo troverà?››
  Miley si lasciò sfuggire una risatina, poi fece un gesto vago con la mano mentre diceva con noncuranza: ‹‹Dai, non la fare lunga: glielo rimetteremo nell’armadietto prima che se ne accorga.››
  Risi sollevata, e Miley mi seguì poco dopo.
  ‹‹Okay ridolina, vieni qui che stiamo facendo veramente tardi›› mi disse lei dopo che ci fummo calmate. Mi avvicinai a lei e chiusi gli occhi.
  ‹‹Allora… Visto che abbiamo un po’ di tempo raccontami un po’ cosa è successo poco fa.›› iniziò la mia amica con voce allegra. Il sorriso mi morì sulle labbra.
  ‹‹…Intendi di Chelsea?›› soffiai piano. Un grugnito di disapprovazione mi fece aprire gli occhi di scatto, e scorsi la smorfia  di Miley. ‹‹Per carità, ho sentito parlare troppo di quella gallina: spero che oggi non mi capiti davanti, sarei capace di farle davvero del male…››
  ‹‹Okay, ho capito.›› la bloccai.
  Miley rise leggermente, prima di cambiare argomento e con esso anche il tono di voce, stavolta più ammiccante e divertito. ‹‹Intendevo con Josh.››
  Inarcai un sopracciglio: ‹‹Cosa voi che ti racconti?››
  Miley scrollò le spalle, fissando il pavimento con aria innocente ‹‹Questo lo sai tu›› mormorò, per poi mostrarmi un sorriso affabile.
  Scossila testa. ‹‹Non è successo niente tra noi, se è questo che intendi›› dissi semplicemente.
  ‹‹Siete stati mezz’ora da soli in un bagno, indisturbati, e tu mi dice che non è scappato neanche un bacio?›› mi chiese Miley stupita. Io annuì, richiudendo gli occhi mentre la mia amica mi si avvicinava “minacciosamente” con il correttore in mano.
  ‹‹Non ci posso credere: quando vi deciderete a darvi una mossa e mettervi assieme?›› mi chiese ancora, seccata. Sorrisi e scossi ancora la testa: ‹‹Tra noi non c’è altro che semplice amicizia, Miley, quindi è inutile che continui ad aspettare questi… diciamo “eventi” che è sicuro non accadranno mai.›› lo dissi con un tono di voce deciso solo all’inizio e poi sempre più esitante e basso.
  Udii la mia amica ridacchiare flebilmente e poi canzonarmi: ‹‹Sai, le tue guance arrossate mi dicono che per te questa vostra “semplice amicizia” è qualcosa di più.››
  Mi sentii avvampare definitivamente, cioè fino alle punte delle orecchie che diventarono rosso acceso in un batter d’occhio – lo vidi nel mio riflesso dello specchio con la coda dell’occhio – mentre fissavo lo sguardo negli occhi di Miley e soffiavo piano: ‹‹Beh, forse per me sì, ma per lui…›› mi interruppi, abbassando velocemente lo sguardo.
  Sentì Miley schioccare la lingua sul palato. ‹‹Bah, sarà; ma se fossi in te non ne sarei così sicura››, borbottò sovrappensiero.
  Ma prima che potessi chiederle cosa intendesse, cambiò prontamente discorso. 
_____


 



scusatemi davvero, ma sono un po' di fretta.
Il capitolo non mi piace molto,ma spero davvero piaccia a voi!
Grazie a chi segue questa storia e a chi ha recensito gli scorsi capitoli.
Vi adoro.
Mi lasciate una recensioncina anche qui?
Grazie.
Baci,
Glo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***



 

Capitolo 4.
I'm a Lightweight
easy to fall, easy to break
With every move
my whole world shake
keep me from falling apart.
- D. Lovato, Lightweight

 

   Il silenzio tra me e Josh, poche ore dopo, era straziante. Perlomeno per me.
  Lanciai una nuova occhiata fuori dal finestrino, cercando di osservare il paesaggio che scorreva veloce tra le gocce di pioggia che imperlavano il vetro; notando che eravamo quasi arrivati, l’ansia che sentivo si attenuò un poco: non vedevo l’ora di scendere da quella macchina e lasciare che quelle gocce fredde mi bagnassero i capelli e il viso mentre correvo verso la veranda di casa mia, leggermente sollevata al pensiero che avrei potuto finalmente rifugiarmi nella mia stanza.
  Nonostante avessi passatala maggior parte delle lezioni a piangere rannicchiata in quel bagno,sentivo che avevo bisogno di sfogarmi un altro poco. E finché stavo tra la gente e quel bisogno cresceva sempre più, l’ansia mi saliva e riuscivo anche ad essere irrequieta nonostante il ragazzo di fianco a me fosse il mio migliore amico e mi avesse portato a casa un miliardo di volte prima di quel giorno.
  ‹‹Deedee, va tutto bene?›› iniziò  incerto Josh, staccando gli occhi dalla strada qualche secondo per guardarmi. Nascosi le mani sotto le cosce e iniziai a dondolarmi piano avanti e indietro, pensando velocemente a cosa rispondergli. Alla fine, annuì piano con la testa, lasciando uscire un sospiro e sforzandomi di sorridergli.
  ‹‹Guarda nel mio zaino.›› mi disse dopo un minuto di silenzio, stavolta tenendo gli occhi fissi sulla strada. Notai gli angoli della sua bocca curvarsi leggermente in un sorrisetto beffardo, ma lasciai perdere e slacciai la cintura per sporgermi verso i sedili posteriori, sui quali il suo zaino e la mia borsa erano buttati con nonchalance.
  Mi rimisi dritta sul sedile, esitando qualche secondo, con una mano a mezz’aria, nell’aprire la cerniera.
  ‹‹Che hai pasticcina, non ti fidi di me?›› mi stuzzicò Josh con un risolino. Mi voltai verso di lui, nello stesso istante in cui anche lui si girò verso di me, con un grosso sorriso sul volto, chiaro e limpido.
  Scossi timidamente le spalle, abbassando il viso in modo che le ciocche di capelli nascondessero le mie guance che iniziavano a prendere un colore rossastro – me lo sentivo – e aprii piano la cerniera.
  Dal nero della fodera interna, spiccarono i talloni borchiati delle mie adorate scarpe che quella mattina Chelsea mi aveva rubato.
  Strabuzzai gli occhi e mi portai le mani sulla bocca, sorpresa. Sentendo Josh ridere, mi voltai di novo verso di lui, facendo scivolare le mani sul petto e sentendogli occhi pizzicare. ‹‹Ma... Come... ? Cosa... ? Oddio, io...››
  Josh rise ancora, mentre svoltava nella nostra via. ‹‹Demi, respira a fondo e formula una frase di senso compiuto prima di aprire la bocca. Okay?›› mi prese in giro, mentre si fermava davanti a casa mia.  
  ‹‹Come hai fatto a riprenderle?›› chiesi, sorridendo entusiasta mentre tiravo fuori dallo zaino le scarpe e le ispezionavo per vedere se avessero qualche danno: Niente. Erano come prima, identiche, niente di più, niente in meno.
  Lui storse la bocca, mettendo il gomito sullo sportello e poggiando il viso sul palmo della mano. ‹‹Passo. Prossima domanda?››
  Risi, spensierata, e poi lo guardai con lo sguardo più dolce che riuscissi a fare senza incantarmi come un’ebete a guardarlo. ‹‹Come posso sdebitarmi?››
  Sorrise mentre mi cingeva le spalle con un braccio e mi attirava a sé. Chiusi gli occhi e poggiai la testa sul suo petto, lasciandolo fare e approfittandone per inspirare il suo profumo, che, entratomi nella radici, mi fece alzare perlomeno un centimetro da terra.
  ‹‹L’hai già fatto, Demi, non sai quante volte.›› mi sussurrò lui all’orecchio, il suo respiro che mi faceva il solletico a contatto con la pelle sensibile del collo.
  ‹‹Grazie.›› sussurrai amia volta, mentre scioglievamo l’abbraccio. Mi lasciai cadere di nuovo sullo schienale del sedile e, guardando fuori dal finestrino, mi accorsi che in fondo l’idea di rinchiudermi in camera da sola non mi allettava più così tanto.
  ‹‹Ho un’altra domanda.›› dissi.
  ‹‹Dimmi pure›› mi rispose lui, aperto come sempre, ma con un tono di voce che tradiva un pizzico di curiosità. Lo guardai, notando il sopracciglio perfetto inarcato e lo sguardo incuriosito che mi squadrava. Sorrisi, stavolta sinceramente: ‹‹Vieni da me? In casa non c’è nessuno e non mi vada stare da sola…››
  ‹‹Certo!›› disse pronto, già con un piede fuori dalla macchina. Lo guardai passare davanti al cofano mentre facevo finta di affannarmi a mettermi le scarpe. Quando aprì la mia portiera e mi sorrise mostrando i suoi denti perfetti, il fiato mi si mozzò: sembrava un dio greco con i capelli gocciolanti e la maglia che, a mano a mano che si bagnava, aderiva al suo petto muscoloso.
  ‹‹Entriamo?››
  Assentii con il capo, conscia del fatto che non sarei riuscita a parlare: saltai giù dalla macchina, porgendo il suo zaino e prendendo svelta la mia borsa e gli stivali di Miley, affiancandomi a lui e correndo lungo il vialetto,verso la porta di casa mia.
 
  Josh scosse la testa e buttò i fogli che aveva in mano sul tavolo dietro di lui. ‹‹Okay, mi rassegno.›› sospirò, poggiandosi sullo schienale della sedia. Lo guardai sottosopra: ero sdraiata a pancia in su sul letto, con la testa fuori dal bordo del letto, all’ingiù. Mi venne da ridere, ma mi trattenni sia perché probabilmente quello che doveva ridere era lui, sia perché notai la sua espressione assente mentre guardava un punto sulla parete bianca della stanza di fronte a lui.
  Mi tirai su piano e mi girai a pancia in giù, tornando a guardarlo, inclinando leggermente la testa da un lato. ‹‹Ah cosa pensi, Josh? Ti stai preoccupando perché non capisci biologia?›› scossi la testa. ‹‹Non è da te.››
  Posò lo sguardo su di me, ancora assente. ‹‹No, non è questo…›› balbettò. Gli sorrisi debolmente, per incoraggiarlo a continuare. Lui sospirò, voltandosi verso la finestra guardando le gocce di pioggia che scendevano più scroscianti di prima.
  ‹‹Il fatto è che… Io non riesco a capirti, Demi.›› disse tutt’ad un fiato, abbassando lo sguardo sul pavimento. Aggrottai le sopracciglia.
  ‹‹E io non ti seguo›› risposi dopo qualche secondo di silenzio, ridacchiando, per alleggerire l’atmosfera che era diventata di nuovo pesante. Ma quando lui posò nuovamente lo sguardo su di me, capii che in fondo non c’era niente da ridere. Non ebbi neanche il tempo di tapparmi le orecchie con le mani e mettermi a canticchiare tra me e me, che Josh iniziò la sua tremenda predica.
  ‹‹Demi, non so se te ne rendi conto: Stamattina sei stata picchiata per uno stupido paio di scarpe. Ti hanno quasi slogato un polso. Ti reggevi a malapena in piedi. Ma dopo aver pianto, non hai più fatto niente. Non sei neanche voluta andare in infermeria, per controllare che tutto andasse bene. Non ti è passato neanche per l’anticamera del cervello di andare dal preside e avvertirlo di tutto. E come se tutto questo non bastasse, ora sei qui, tutta bella sorridente e spiritosa, come se avessi dimenticato tutto.›› nella sua voce c’erano cenni di irritazione, ma anche di preoccupazione. Mi misi una mano sulla fronte per nascondermi gli occhi che, lo sentivo, diventavano sempre più rossi e iniziavano a pizzicarmi. Scoccai un’occhiata furtiva a lui tra le dita, e mi accorsi dell’espressione angosciata che aveva in volto, prima che si coprisse quest’ultimo con le mani.
  ‹‹Mi spieghi perché ti ostini a far finta che vada tutto bene, quando non è così?›› finì con quella frase che mi fece gelare il sangue nelle vene, sia per il tono gelido con il quale la pronunciò, sia per il suo significato. E per quanto mi fosse difficile ammetterlo, Josh mi aveva smascherato, aveva capito tutto.
  Quella volta, non ero stata abbastanza convincente con i miei ‘va tutto bene’ e ‘sto meglio’. E non ero stata convincente neppure quando gli avevo sussurrato con un filo di voce ‘puoi andare, non ti preoccupare per me’ con la testa voltata dall’altra parte, per paura che leggesse nei miei occhi il fremente desiderio che sentivo di averlo accanto, la paura che lui facesse come gli avevo detto.
  Alzai lo sguardo verso lui, non preoccupandomi più della lacrima che mi rigava la guancia. I muri che avevo costruito con tanta accortezza erano caduti oramai, ogni barriera che avevo cercato di innalzare si era dimostrata debole come cristallo. Un solo colpo, un solo passo falso, e tutta quella lavorazione così raffinata era andata in pezzi.
  ‹‹Ci sono abituata, oramai...›› dissi piano, fissando i miei occhi nei suoi, verdi e bellissimi. ‹‹… Ho avuto fin troppe conferme che questa è la mia vita, il mio destino, e non cambierà molto presto, se non mai››. 

______



Siete tantissime, più di quanto mi sarei aspettata. Davvero, credevo che questa ff sarebbe stata seguita da massimo una decina di persone, invece ora siete sedici, ed è la ff che le mie lettrici recensiscono di più! ieughbfjksghkjf vi amo. punto.
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo, e a tutte le persone che seguono questa ff in silenzio :) viamo, ad uno ad uno.
Un grazie un po' particolare va a proudofmyidols, che con tutti i suoi complimenti che mi fanno arrossire mi dà in qualche modo l'ispirazione a continuare questa storia nonostante non sia una lovatic ma rispetti demi e tutte le sue fan. Pian piano mi sto accorgendo di che persona sia Demi, e posso confessarvi che mi sto innamorando pian piano di lei **
Vi piace il capitolo? Spero di sì :)
Lasciatemi una recensione per dirmi che ne pensate, perfavore.
Baci, Glo. :3

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***



Capitolo 5.
I'm gonna give it like it's never been taken,
I'm gonna fall like i don't need saving
Tonight tonight I'm letting go...

-D. Lovato, Unbroken

  Non lo avevo mai sentito così vicino.
  Il suo profumo non era mai stato intenso come ora, e non avevo neanche mai sentito che calore che la sua pelle rilasciava,un calore che, per quanto fosse rilassante e rassicurante, era decisamente insolito: nella mia stanza si moriva sempre di freddo, io stessa tremavo come una foglia, ma lui era immobile, e mi stringeva a sé per infondermi il suo calore.

  Ma non poteva capire che quei brividi non erano solo per il freddo.
  Nonostante sapessi benissimo della mia voce tremante, mi azzardai comunque ad aprire la bocca e a parlare: ‹‹Neanche io ti capisco, Josh››
  La sua mano, che fino a quel momento mi aveva accarezzato i capelli con delicatezza, il tocco così leggero da sentirlo a malapena, si bloccò bruscamente. Cercai di alzare la testa verso il suo viso, ma la sua presa stava aumentando sempre di più, e me lo impediva. Sentivo ogni centimetro del suo corpo irrigidirsi, i muscoli delle gambe – che sfioravano le mie, stese sul letto vicino alle sue – contrarsi come quelli delle braccia e della mascella.
  Alzando gli occhi per quel poco che mi bastava, lo vidi strabuzzare gli occhi impercettibilmente.
  ‹‹Cosa non capisci?›› lo disse tutt’ad un fiato, il tono di voce leggermente brusco e ansioso, mentre la sua mano ritornava ad accarezzarmi le ciocche con movimenti meccanici e forzati.
  Alzai un braccio e gli bloccai la mano. Lui abbassò di scatto lo sguardo su di me: lo si leggeva nei suoi occhi che non capiva ciò che stavo facendo.
  Posai piano la sua mano sulla mia spalla, e cauta, come se un piccolissimo gesto brusco lo potesse spaventare, mi avvicinai ancora di più a lui, affondando il viso nell’incavo del suo collo, sfiorando la sua pelle con il naso.
  Erano brividi quelli che lo percossero quando lo feci?
  ‹‹Non capisco cosa ci faccia uno come te…›› cercai di metterci più enfasi possibile nel pronunciare l’ultima parola, mentre le mie labbra si muovevano a un soffio di distanza dalla linea della sua mascella. ‹‹… Con una come me. Tu non hai problemi. Sei all’ultimo anno di liceo, uno dei ragazzi più popolari della scuola è il tuo migliore amico, sei un asso vincente nella squadra di Football della scuola, un sacco di ragazze ti vanno dietro, ti ubbidiscono come piccole servette, alcuni ragazzi del terzo anno pendono dalle tue labbra, hai una borsa di studio assicurata per uno dei college più prestigiosi dello stato, eppure...›› feci una pausa, scuotendo leggermente il capo ‹‹… eppure perdi ancora tempo con me.››
  Avrei giurato di sentirlo rilassarsi tutto ad’un colpo. Anzi, lo fece. Allentò leggermente la presa attorno i miei fianchi e le mie spalle, rendendola più dolce e rassicurante, proprio come la conoscevo.
  Lo sentii buttare fuori piano dell’aria che non sapevo trattenesse.
  ‹‹Ora tocca a te spiegare…›› borbottai piano, leggermente imbronciata dopo che lo sentii ridacchiare sollevato. Cos’aveva da ridere? Le parole che erano uscite dalla mia bocca mi erano sembrate tutto, tranne che divertenti. 
  ‹‹Perché… con te è diverso, Deedee›› sospirò con una voce stranamente allegra. Ci allontanammo contemporaneamente, incrociando gli sguardi. ‹‹Con te non perdo tempo. Anzi, sento che recupero quello che passo con tutta quella gente falsa che sono gli snob della nostra scuola. Tu sei diversa da loro. Accetti le piccole cose, il tuo sorriso è – quasi – sempre sincero quando mi vedi…›› Si avvicinò, poggiando la sua fronte sulla mia e chiudendo gli occhi. Lo seguii, mentre sentivo le sue mani accarezzarmi dolcemente le guance: fremevo dalla voglia di sentire quelle ultime parole, che sentivo sarebbero state decisive, per qualche strano motivo importanti, e che avrei dovuto ricordare bene…
  ‹‹… E soprattutto, per quanto la mia vita possa sembrarti perfetta, non sarei felice come ora se tu non ci fossi. Perché per quanto tu mi faccia preoccupare, se l’unica persona che mi fa sentire vivo, importante per qualcuno. Tu sei speciale Demi, ricordatelo. Ricordalo sempre.››
  La sua bocca, era davvero a pochi centimetri di distanza. E io cominciavo a considerare il fatto, che se solo mi fossi sporta un po’ di più, avessi approfittato di quell’insolita vicinanza, avrei realizzato uno dei miei sogni ad occhi aperti. Se solo avessi avuto il coraggio di farlo…
  La suoneria di un cellulare, partita all’improvviso, spaventò entrambi. Ci allontanammo svelti, lui sbattendo la testa contro il muro e io rotolando giù dal letto. Entrambi gemettimo dal dolore, per poi scoppiare in una fragorosa risata quando ci scambiammo una nuova occhiata.
  Mi alzai da terra e andai a recuperare il cellulare, realizzando troppo tardi che quello che  squillava incessantemente era il mio.
 
  ‹‹Ahi! Fai piano!››
  ‹‹Scusa biscottino›› dissi, poggiando con più cautela il ghiaccio sulla sua nuca, mentre sentivo le guancie che pian piano diventavano più calde: cazzo, l’avevo davvero chiamato in quel modo? Come mi era saltato in mente?
  Josh, infatti, si voltò verso di me con un’espressione divertita e un mezzo sorrisetto stampati in volto. Staccai subito lo sguardo, mettendomi a fissare le presine ricamate di mia madre come se fossero le cose più interessanti al mondo in quel momento nonostante ci fosse lui in quella stessa cucina, l’unico ragazzo che volevo guardare come se fosse l’ottava meraviglia al mondo.
  ‹‹Sicura di non aver preso pure te una botta in testa, pasticcina?›› ridacchiò lui. Lo strattonai,tirandolo per un braccio mentre lui iniziava a ridere di cuore. La sua risata, quella risata che mi mandava in estasi ogni volta che la sentivo, riecheggiò nelle mie orecchie confondendomi per qualche secondo.
  ‹‹Piantala, mi è scappato›› mormorai quando mi ripresi, forse non ancora del tutto lucida. Josh si sforzò di smettere, e si avvicinò me pericolosamente quasi sfiorando il naso con il mio.
  ‹‹Hai fame, Deedee? A pranzo non hai mangiato›› il suo tono di voce non era scherzoso: non mi stava prendendo in giro. Piuttosto era… preoccupato. Josh si stava preoccupando per me?
  ‹‹N-n-eanche tu. E-e-eravamo in bagno quando è suonata la campanella, ricordi?›› balbettai, facendo gli occhi strabici per guardarlo meglio. Lui mi sfiorò la punta del naso con l’indice, e mi sorrise. ‹‹Certo che me lo ricordo, qui quella svampita sei tu››
  ‹‹Oh Josh, che dolce che sei, ti voglio bene anch’io.›› risposi sarcastica, incrociando le braccia al petto e voltandogli le spalle per fargli capire quanto fossi indignata. Lo sentii ridere e abbracciarmi, da dietro, cingendomi il petto con le braccia e affondando il mento nel mio collo. Quando percepii il suo respiro a pochi centimetri dal mio orecchio, poi, fu la fine: il mio cuore si mise letteralmente a galoppare nel mio petto, mentre irrigidivo la schiena.
  ‹‹Oh, Deedee... Certo, che ti voglio bene, più di quanto pensi…›› lo sentii girare le testa, e sfiorare con le labbra la mia guancia, che subito dopo andò in fiamme. ‹‹Se solo sapessi quanto...›› aggiunse a mezza voce, probabilmente sovrappensiero, mentre mi stringeva un po’ di più fino costringermi dolcemente a poggiare la schiena contro il suo petto ampio.
  Avrei voluto rimanere così per sempre. Sentirlo così vicino per molto di più, riprendendo ciò che prima era stato interrotto da uno stupido squillo di cellulare… Ma Josh si staccò da me, cogliendomi di sorpresa lasciando che il freddo mi investisse quando le sue braccia mi abbandonarono.
  ‹‹È tardi, devo andare...›› sussurrò, allontanandosi a grandi passi e uscendo dalla cucina. Mi poggiai al ripiano in marmo vicino a me, ancora con gli occhi sbarrati, inspirando ed espirando per riprendere aria quel piano che bastava perché Josh non sentisse. Mi ripresi in fretta e uscii in corridoio nello stesso momento in cui lui passava davanti all’entrata della stanza, infatti per poco non ci scontrammo.
  Lo guardai:aveva già lo zaino buttato in spalla, il giubbotto di pelle addosso e la sua sciarpa appesa frettolosamente al collo. I suoi occhi, di quel verde intenso che mi facevano sciogliere, mi guardavano a loro volta.
  ‹‹Ciao.›› sussurrai, con una punta di tristezza nella voce. Fu in quel momento che mi accorsi del lieve imbarazzo che c’era tra noi; insomma, solitamente mi salutava con un affettuoso bacio sulla guancia, o sulla fronte, disinvolto come se fosse il mio fratello maggiore. Ma in quel momento era davanti a me, e non osava muoversi di un centimetro.
  Stavolta fui io ad avvicinarmi e a stampargli un piccolo bacio sulla guancia, forse un po’ troppo vicina alle labbra: ma devo ammettere che in quel momento non riuscivo a rendermi neanche conto se l’avessi fatto volontariamente o meno.
  Josh, all’inizio, rimase spiazzato da quel bacio improvviso. Poi mi mostrò un sorriso incerto, mi salutò velocemente con un gesto della mano e uscì dal portone di casa veloce come un fulmine.
  E prima che la porta si chiudesse, vidi la fitta pioggia bagnargli nuovamente i capelli.


__________



Mmm... Forse sono migliorata un po', i capitoli di questa ff non sono più deprimenti come prima... oppure sì?
Forse questo è uno dei più romantici dell'intera ff, quando l'ho scritto ero in un mondo parallelo e non sentivo neanche mia mamma che mi diceva di spegnere. çç Quindi scusatemi se un po' surreale, spero vi piaccia comunque.
Cavolo, con questa scusa di mettere lke citazioni all'inizio del capitolo, mi accorgo di quanto siano stupendi i testi delle canzoni di demi, seriamente, li adoro. 
Ho sempre rispettato i lovatcs, penso che siano le persone più forti del mondo e che molti dovrebbero prendere esempio da loro. Non sapete quanto vi ammiro ragazzi,  non lo potete neanvhe immaginare.
Per quanto ami Justin, diventare una lovatic e supportare di più demi è il mio sogno. :)
Quindi, tornando a noi. Scusatemi se la citazione all'inizio non è molto azzeccata, ma mi piaceva troppo. :D
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo, chi segue/ricorda/preferisce la storia. (siete diciassette ora, bitches. posso morire in pace uu)
Grazie a Davide, che prima o po leggerà questo  capitolo, questo autor space e mi scriverà un'altra delle sue dolcissime recensioni che amo. (ti voglio tanto bene dave <3)
Grazie davvero a tutti. Vi amo.
Baci, Glo.

Vi lascio con demi. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6.
Nessuno ha il diritto di farti sentire
 piccolo o meno importante di lui - 
non dare mai a nessuno tutto questo
potere su di te e
 sui tuoi sentimenti.
-J.Bieber, Just Getting Started

  Il numero sul display era sconosciuto. Restai a fissarlo per un minuto intero, leggendo e rileggendo più volte il numero: quelle cifre non mi dicevano niente, neppure un minimo indizio per collegarlo a una persona. Eppure are familiare; stuzzicava qualcosa nella mia memoria che non riuscivo a rievocare.
  E se fosse stato qualcuno che avevo cercato di dimenticare? Una persona che mia aveva fatto del male, e avevo cancellato dalla memoria? No, forse in quel momento ero solo troppo stanca per pensarci.
  Misi il cellulare in carica, e mi rannicchiai sotto le coperte calde, ripensando alla giornata che era appena passata. Rividi nella mente le dolorose immagini di quella mattina con Chelsea, poi i momenti di sollievo e di sicurezza con Miley, e infine le ore passate con Josh; le sue parole, mi riaffiorarono alla mente: quasi le sentii, come se lui fosse ancora nella stanza, seduto su quella sedia davanti alla scrivania.
 

  “Demi, non so se te ne rendi conto: Stamattina sei stata picchiata per uno stupido paio di scarpe. Ti hanno quasi slogato un polso. Ti reggevi a malapena in piedi. Ma dopo aver pianto, non hai più fatto niente. Non sei neanche voluta andare in infermeria, per controllare che tutto andasse bene. Non ti è passato neanche per l’anticamera del cervello di andare dal preside e avvertirlo di tutto…”

 
  Ero sempre stata vittima di bullismo a scuola. Ero sempre stata l’indifesa presa di mira da tutti, troppo timorosa e introversa per dire cosa mi accadeva ai più grandi, per attirare la loro attenzione ed essere difesa.
  Mi ero sempre ostinata a cavarmela da sola in tutto, soprattutto dopo la separazione dei miei genitori. Un dramma dopo l’altro, ero diventata riservata, di quelle che stavano sempre sulle loro, e non chiedevano l’aiuto a nessuno. Solo l’esuberante Miley, per quanto fosse difficile crederci, era riuscita a capirmi e a scavalcare con agilità tutti gli ostacoli che mettevo tra me e le altre persone. Si era meritata la chiave del mio cuore, e mi aveva promesso, molti anni prima, che non mi avrebbe mai lasciato. E aveva sempre mantenuto quella promessa, senza eccezioni.
  Poi Josh, beh, lui era tutta un’altra storia: lui, non so come, era riuscito a farmi sciogliere con un semplice sguardo. Era apparso al mio fianco molto più velocemente di Miley, poiché lui aveva trovato meno ostacoli nel suo cammino, e quando era arrivato sino a me, le mie braccia lo aspettavano già.
  Quello che era scattato tra me e lui, qualunque cosa fosse, era stata istantanea e maledettamente efficace. Mi stupivo io stessa di come, scavando nei miei ricordi più belli, non ce ne fosse uno che non includesse anche Josh. Oramai era diventato una parte di me, e sapevo benissimo che se se ne sarebbe andato, quella piccola parte gli sarebbe rimasta appiccicata addosso e sene sarebbe andata con lui.
  Ed era buffo: fino a pochi mesi fa interpretavo tutto questo come una forte amicizia, sincera e unica. Ora, tutto questo, lo chiamo solo amore, quello puro, quello che ti fa sorridere, quello che ti da una ragione per alzarsi dal letto la mattina e affrontare la tua vita anche se era un terribile schifo. E quella mattina era stata una di quelle, dove un semplice esempio si era trasformato nella realtà.
  Mi ritenevo molto fortunata ad avere Josh al mio fianco. Non osavo immaginare la mia vita senza di lui, senza i suoi abbraccia caldi e le sue grandi spalle su cui appoggiare la testa quando mi sento stanca.
  Eppure, lui era semplicemente… lui.
 
  La mattina, mi trascinai giù dal letto assonnata e strascicante. Avevo un dolore lancinante alla testa, i lividi del giorno prima mi facevano ancora male, forse anche di più. Per non parlare del polso: non riuscivo a muoverlo, senza imprecare per il dolore.
  Dopo essermi assicurata che fossi sola in casa, scesi le scale. O almeno, cercai di farlo. Sembrava che ad ogni scalino un chiodo mi perforasse la caviglia. Finii di scendere la rampa di scale, e poi zoppicai verso il telefono, aggrappandomi a qualsiasi mobile mi capitasse a tiro.
  Digitai il numero, poi mi portai il cordless all’orecchio: guardai lo specchio davanti a me, scorgendo una versione di me appena alzata peggio di quanto immaginassi; oltre ai capelli spettinati, i segni violacei delle occhiaie sotto gli occhi stanchi e le labbra screpolate, i lividi del giorno prima erano bene evidenti, il mio zigomo sinistro era leggermente gonfio. Subito abbassai la manica del pigiama sgualcito per guardarmi il polso dolorante, che era rosso e gonfio come non mai.
  E non persi neanche tempo a vedere i danni alle mie gambe e alla mia caviglia, quando dall’altro capo del telefono una voce assonnata e impastata dal sonno mi rispose, dissi convinta: ‹‹Miley, abbiamo un problema.››
 
  ‹‹Sei una fottuta testarda!››
  Rabbrividii: Miley che usava parolacce? Era davvero incavolata. In quel momento più di tutti gli altri, desiderai di poter sprofondare nel sedile per evitare la sua furia.
  ‹‹Perché non ci sei andata ieri con Josh? Eppure l’avevo raccomandato… Dio, siete uno peggio dell’altro!››
  ‹‹Miley, ti prego la testami fa già male…›› mi lamentai, portandomi una mano alla fronte. Con la coda dell’occhio, scorsi la mia amica sospirare e chiudere gli occhi brevemente prima di ripuntarli sulla strada, appena in tempo per svoltare.
  ‹‹Sì… Sì. Scusa. Voglio solo farti capire che hai sbagliato: dovevi dirlo prima a Josh, dovevate andare in ospedale a controllare quel polso: Io l’avevo detto che non mi convinceva il modo in cui si era gonfiato…›› borbottò Miley. Sorrisi.
  ‹‹Ehi: tu ti preoccupi troppo. Sta tranquilla, al massimo mi guarisce tra due giorni o tre…›› dissi, alzando maldestramente il braccio e trattenendo una smorfia di dolore per far le credere che stavo bene. Miley scosse la testa, parcheggiò l’auto con agilità e spense il motore. Batté le mani sulle cosce, e poi mi guardò con i suoi grandi occhi azzurri. ‹‹Beh,›› mormorò ‹‹ora lo vedremo.››
  ‹‹Accidenti...›› mormorai, una volta che Miley si chiuse la portiera alle spalle.
 
  Guardavo il tutore che mi avevano infilato al polso: alzando gli occhi, potevo scorgere Miley e Josh che facevano lo stesso.
  ‹‹Alla faccia dei due o tre giorni…›› Mormorò Josh. Ridacchiai, ma Miley mi ammonì con un’occhiataccia.  
  ‹‹Okay, ora, visto che ci siete tutte e due e finora ho sgridato solo demi: perché cavolo non ci siete andati prima!?›› protestò Miley, posizionandosi i pugni sui fianchi e squadrandoci infuriata. Scorsi Josh voltarsi verso di me, mentre io abbassavo la testa, mordendomi con forza il labbro.
  ‹‹Destiny...››
  ‹‹Josh, mi riferisco soprattutto a te! Ti avevo detto: “anche se non vuole, tu portala comunque!”›› Miley lo fronteggiò con decisione,nonostante fosse molto piu alto imponente di lei.
  ‹‹Miley...››
  ‹‹No, cavolo. Vi potrà sembrare una cosa da niente, a voi due, ma se  le avessero fatto di peggio? Se quel polso gliel’avessero rotto…?›› continuò lei.
  ‹‹Miley, cazzo, ascoltami!›› Josh la interruppe. Alzai lo sguardo, e lo vidi stringerle il braccio, tirandola verso di lui. Si stavano guardando negli occhi intensamente, e Josh sembrava parecchio alterato.
  ‹‹L’avrei fatto…›› disse piano, mentre si voltava verso di me e il suo sguardo si faceva più dolce ‹‹…Ma non posso, né voglio, decidere per Demi.››
  Quelle parole, calmarono Miley. Quando Josh la mollò piano, infatti, non si rimise a gesticolare come avrebbe fatto se fosse stato qualcun altro, più battagliera di prima; Miley perse lo sguardo nel vuoto e si mise a balbettare.
 Ed erano davvero poche le volte in cui Destiny Hope balbettava.
  Infine, alzalo sguardo verso di me: i suoi occhi azzurro mare erano lucidi, come i miei. E le sarei corsa in contro, per stringerla tra le braccia se non avessi avuto quel dolore alla caviglia che alla fin fine era risultato meno grave del mio polso. 
  Ma non ce ne fu bisogno. In un battito di ciglia mi ritrovai le sue braccia a stringermi forte: un abbraccio che ricambiai immediatamente, cercando di trattenere i singhiozzi.
   ‹‹Scusa, Dems. Dovrei… dovrei credere in te.›› mormorò con lieve tremitio nella voce. Alzai lo sguardo verso Josh, che ci stava guardando; ma non appena i nostri occhi si incontrarono, lui si voltò dall’altra parte.
  ‹‹…So che lo fai già, Miley.›› risposi quasi senza pensarci.
  …Era davvero una lacrima quella che aveva rigato il volto perfetto del ragazzo che amavo?

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Rieccomi. Come promesso, ho aggiornato. 
Beh, la storia non è ancora finita, era logico che aggiornassi, perchè mi dovrete sopportare ancorapermolto. lol
Allora, scusatemi davvero se l'ultima parteè un po' incasinata, mal'ho scritta ieri alle nove di sera enon ero esattamentemolto lucida. Spero sia venuta bene, che vuoi siate riusciti ad immaginarla proprio come l'ho pensata io...
Per il resto spero vi sia piaciuto il capitolo e cpero anche che me lo direte in una recensione, anche piccola, tanto per farmi felice :)
Grazie davvero a tuttele persone che leggono/seguono/ricordano/preferiscono/recensiscono la mia storia, grazie davvero a tutti.
Scusate davvero,ma sono un po' di fretta: tra un ora devo essere a casa della mia amica, e devo ancora vestirmi, piastrarmi i capelli e buttare mio padre giù dal letto per farmi portare. 
Ma son riuscita ad aggiornare, no? c:
Un'ultima cosa prima disparire: due sere fa, ero cauta in una depressione incredibile, e allora, viva l'allegra, ho scritto questo tl: http://www.twitlonger.com/show/k3mg6b perchi ha twitter, potrebbe retweettarlo, gentilemnte? il messaggiocheho scritto in fondo, è... molto importante, e vorrei che lo leggessero molte persone. Grazie.
Mi dileguo, babes.
Un bacio e un abbraccio forteforte.
Glo :*

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7.
And they scream,
the worst things come
free to us.

-Ed Sheeran, The A Team
 

  La tensione che volteggiava nell’aria era quasi palpabile. La sentivo, che premeva contro la pelle, e mi provocava quel senso di nausea che mi faceva respirare più affannosamente del normale.
  Guardai Josh, che si guardava le scarpe, pensieroso. Da quando Miley era dovuta correre via perché suo padre aveva saputo che non era andata a scuola e Josh era stato costretto a riportarmi a casa dall’ospedale (anche se mi aveva ripetuto più volte che non gli dispiaceva, mostrandomi un sorriso tirato ma pur sempre fantastico), quella tensione era aumentata poco a poco, prima a prendere quelle dimensioni che mi stavano preoccupando così tanto, soprattutto udendo quel fastidioso silenzio tra di noi.
  ‹‹Sei sicura che stai bene?›› mi chiese lui all’improvviso. Alzai la testa, incrociando il suo sguardo per qualche secondo prima che lo buttasse goffamente a terra. Aveva un velo di preoccupazione in esso, come nel tono di voce. Qualcosa di normalissimo, ma che mi fece comunque rilassare un poco e allarmare nello stesso tempo.   
  Assentii con un filo di voce, prima che il silenzio tornasse a regnare nella stanza. Guardai la distanza che separava me e Josh, l’uno davanti all’altra; erano quattro o cinque passi, dalle punte dei miei stivaletti alle sue blazer nere. Un’eternità, ripensando solo al giorno prima, a come eravamo vicini, in che momenti magici ci eravamo ritrovati. Perlomeno per me.
  ‹‹Sei sicura di non voler venire a scuola?›› mi chiese ancora. Feci una smorfia, arricciando leggermente il naso e sporgendo un po’ le labbra. Sinceramente, non avevo né voglia di sorbirmi le lezioni dei professori, né tantomeno sentire le voci di corridoio quando le pettegole della scuola avessero visto i miei lividi e il mio tutore.
  Alzando lo sguardo, notai che Josh mi guardava sorridendo: stavolta, però, il suo sorriso era sincero, perché con la sua bocca sorridevano anche gli occhi. Non potei fare ameno di ricambiare il sorriso, prima di prendere un’espressione imbarazzata e goffa mentre ridacchiavo e chiedevo impacciata: ‹‹Che c’è? Perché mi guardi in quel modo?››
  ‹‹Sei davvero carina quando fai quella smorfia. Mi viene da sorridere ogni volta.›› Disse. Poi sembrò pensare su quello che aveva detto, assumendo un’espressione incerta. Mi sentii subito in dovere di ringraziarlo, mentre mi voltavo da un lato e lasciavo che le ciocche di capelli mi coprissero il viso, per non fargli vedere come quel piccolo complimento mi avesse fatto arrossire.
  Calò di nuovo il silenzio, stavolta più pressante di prima. I nostri sorrisi erano scomparsi, entrambi avevamo un’espressione pensosa, tesa. E io odiavo essere tesa. Forse fu per quello che sputai fuori tutto quasi senza pensarci, tutt’ad un fiato.
  ‹‹Josh, non ti devi sentire in colpa.››
  Mi guardò in silenzio per qualche istante, che a me sembrò un’eternità.
  ‹‹Demi, cosa stai dicendo?›› mi chiese infine, con un filo di voce. Chiusi gli occhi  e scossi la testa: feci un respiro profondo, e sotto il suo sguardo interrogativo ripresi a parlare: ‹‹La colpa è solo mia, scusami. Avrei dovuto dirti che il polso mi faceva male, che dovevamo andare all’ospedale. Scusami. E scusa anche Miley, è stata troppo dura, e ha esagerato. Non doveva…››
  Delle bracciami cinsero il corpo emi attirarono verso un petto a cui non sarei mai riuscita a resiste, a cui ogni volta che mi ci appoggiavo mentre ero stretta in uno in quegli abbracci speciali mi sentivo in paradiso. Josh non mi lasciò il tempo di finire la frase, mi posò una mano calda sulla nuca e spinse  dolcemente la mia testa conto di lui. Smisi di parlare nell’istante nel quale sentii il suo profumo così forte e mi girò la testa.
  ‹‹No. Demi, proprio non capisci? È questo il punto, la ragione per cui Miley mi ha sgridato – e non ha torto. Avrei dovuto capirlo da solo che non stavi bene come dicevi, avrei dovuto portarti all’ospedale senza avere paura di mettermi contro di te per il tuo bene...›› la sua voce era all’altezza del mio orecchio, mi faceva salire mille brividi lungo il collo. Strinsi la stoffa della sua maglia tra le dita e attesi che riniziasse a parlare. Non avevo e non avrei mai avuto –lo sapevo per certo – il coraggio di ribattere. Non se lui era così vicino.
  ‹‹La colpa non è affatto tua... So che non ci hai detto niente solo per non farci preoccupare, anche se poi si è rivelata una cattiva idea…›› la sua voce tradì un sorriso, e forse fu per questo che mi ritrovai a sorridere anche io, mentre disegnavo disegni immaginari sulla stoffa grigia con l’indice. ‹‹Ma non pensare queste cose, non sono vere.››
  ‹‹Ma non neanche giusto cheti carichi tutto la colpa tu.›› protestai, poggiando la guancia alla base del suo collo. Lo sentii sfiorarmi i capelli con le labbra, ma forse fu solo un’impressione.
   ‹‹Allora diamo la colpa a Destiny.›› disse semplicemente lui, ridacchiando. ‹‹Sa perfettamente quanto detesti che mi si diano ordini precisi.››
  ‹‹Sei il solito.›› sbuffai, ma poi risi con lui, perché ogni volta che lui sorrideva, lo facevo anche io.

 
 Aprii gli occhi, trovandomi davanti Josh. Teneva gli occhi chiusi sorrideva beato: probabilmente stava dormendo, come me solo qualche attimo prima. Ma perché stavo dormendo? Ricordavo solo di aver detto a Josh che ero sfinita perché quella sera non ero riuscita a dormire bene per via del dolore al polso…
  ‹‹Ehi, bella addormentata.››
  Mi voltai di scatto verso Josh, ma aveva ancoragli occhi chiusi. Stavolta però, i suo sorriso era più largo e le labbra scoprivano la dentatura bianchissima.
  ‹‹Puoi tornare a dormire se vuoi, mi sto riposando anche io.›› disse ancora, tenendo gli occhi chiusi. Rimasi guardarlo con le labbra semidischiuse,imbarazzata dalla sua stupenda bellezza persino quando i suoi ipnotici occhi erano chiusi.
  ‹‹Deedee?›› mi chiamò ancora, aggrottando le sopracciglia. Non risposi, rimasi a guardarlo.
  Il suo occhi destro si aprì quel poco che bastava per scorgermi. Sorrise di novo, e io abbassai lo sguardo mente sentivo le guance iniziare a colorarsi. Che stupida.  Stupida, stupida, stupida…
  ‹‹Ah, sei sveglia davvero›› mormorò lui, prima di richiudere l’occhio e voltarsi verso il soffitto, stendendo le lunghe braccia per stiracchiarsi. Sembrava un gatto. Risi del mio pensiero.
  ‹‹Non ho più sonno›› dissi, puntellandomi coni gomiti e con le mani permettermi seduta. Mi voltai verso di lui, che oramai aveva tutti e due gli occhi aperti e mi guardava con sguardo attento e vigile, seguendomi ad ogni movimento. Sentivo che si sentiva ancora in colpa nonostante la nostra chiaccherata, e la cosami lusingava parecchio.
  Eppure doveva saperlo, doveva sapere che odiavo attirare tropo l’attenzione.
  ‹‹A cosa pensi?››
  Non volevo dirglielo. Così mi volta a guardare fuori dalla finestra,tanto per rendermi conto che  tempo faceva fuori. La luce di un pallido sole di inizio inverno filtrava dalla finestra. Mi ricoricai vicino a lui e poi scossi le spalle.
  ‹‹Non so che fare. Mi annoio. E non voglio dormire.›› dissi, fissando il soffitto. Silenzio. Mi voltai verso Josh, che tratteneva visibilmente una risata. Alla fine scoppiò a ridere, e io con lui, rendendomi conto di quello che avevo detto.

   ‹‹Facciamo così›› esordì lui, mentre si infilava le scarpe. ‹‹Ti porto io in un posto, ti va?››
  Il suo sorrisetto era quasi inquietante, così assottigliai lo sguardo mentre gli chiedevo dove avesse intenzione di portarmi con tono inquisitorio. Ma lui non fece altro che allargare il suo sorriso, passarmi le mie scarpe e sussurrarmi: ‹‹Lo vedrai...››
  Non mi lasciò neanche il tempo di rispondergli, che uscì dalla stanza, lasciandomi lì impalata, con la testa piena di domante, e con le scarpe in mano. Mi rigirai quest’ultime tra le mani, chiedendomi cosa saltasse intesta a quel ragazzo.

 Con un sospiro mi arresi, e, indossandole, giunsi alla conclusione che l’unico modo per scoprirlo, era
seguirlo. 
 

_________________________

 


Hola.
Come vi sembra il capitolo? a menon convince molto, sarà che è uno di passaggio, quindi poco importa. Ora... dateil via alle scommesse! lol dove porterà Demi Josh? credo che Davide lo sa...ma never say never (?) Non c'entra un cazzo D: vabbè.
Coomunque, volevo solo ringraziarvi tanto, perchè questa è una delle ff più seguite e recensite che ho, ci metto tutta me stessa a scriverla, e leggendo le vostre recensioni mi rendo conto che tutte le mie fatiche non sono sprecate :') Grazie achi la prefersce/ricorda/segue, grazie a chi mi recensisce ogni capitolo facendomi diventare rossa perogni complimento che mi lascia. Siete dolcissimi,TUTTI.
Ora mi dileguo, ieri serasono andata aletto alle tree ho bisogno di una bella dormita.
Lasciatemi una recensioncina pls, mi famolto piacere leggerle e saperedevi vostri pareri.
Tenkiu (?)
Baci,
Glo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8.
They don't know  how special you are,
They don't know what you've done to my heart.
- One Direction, They Don't know about us.

 

  ‹‹Sei incorreggibile!›› sbuffai, soffiando la ciocca che mi era caduta davanti al naso. Questa rimase sospesa in aria dal mio soffio per un po’, poi ritornò solleticarmi il naso, fastidiosa.  Josh soffocò delle risate, mentre si guardava attorno con un sorriso ebete in volto.
  Assottigliai lo sguardo per guardarlo male quando si voltò quel per poco su di me, prima di far tornare lo sguardo sulla strada, senza togliersi quel sorrisetto strafottente dalla faccia. Lo odiavo quando faceva così.
  Sbuffai ancora, incrociando le braccia al petto. Lasciai passare alcuni secondi stando zitta, mentre ascoltavo Josh canticchiare a bocca chiusa una canzone famigliare che l’autoradio diffondeva nell’abitacolo come sottofondo. Poi sbottai ancora: ‹‹Insomma Josh, mi vuoi dire dove mi stai portando?››
  Josh trattenne nuovamente una risata, e continuò a far finta di essere concentrato sulla strada mentre mi diceva in tono divertito: ‹‹Deedee, rilassati, siamo quasi arrivati. Ora mettiti la cintura e ascolta un po’ la musica, devi solo calmarti.››
  Gli ubbidii di malavoglia, alzando gli occhi al cielo mentre mi allacciavo la cintura. Josh si allungò per alzare il volume della radio, e permettermi finalmente di capire quale diavolo di canzone stava ascoltando e canticchiando solo per farmi innervosire più di quanto non fossi già.
  ‹‹Justin Bieber? Da quando canticchi le sue canzoni?›› chiesi, inarcando un sopracciglio. Mi avvicinai a lui, lottando contro la cintura che mi ero appena messa, e affilando lo sguardo per lanciargli un’occhiataccia mentre dicevo con tono accusatorio: ‹‹Ammettilo, lo fai per irritarmi.››
  Lui rise, e poi scosse la testa. ‹‹Non credevo che tu mi immaginassi così perfido, Demetria.››
  Grugnii, incrociando le braccia al  petto e voltandomi di scatto verso il finestrino, accigliata: purtroppo non mi ricordai del mio polso dolorante, e la mia scenata fu rovinata dal mio gemito di dolore a chiudere il tutto. Josh, però, continuò a parlare come se non avessi fatto una piega.
  ‹‹…E comunque sì, lo canticchio.›› scosse le spalle, senza staccare gli occhi dal parabrezza dell’auto ‹‹Devo ammettere che questa canzone è orecchiabile.››
  Sospirai, sconfitta, e mi lasciai cadere sul sedile. Guardai fuori dal finestrino, il paesaggio – sconosciuto – che scorreva veloce,  e io che non avevo la più pallida idea di cosa si sarebbe trasformato solo qualche chilometro dopo. Mi chiesi di che mi preoccupavo, in fondo ero con Josh, il mio migliore amico, il ragazzo di cui ero oramai innamorata da anni, cosa mi sarebbe potuto accadere? Con lui ero più al sicuro di quanto io stessa credessi, era da ingenui preoccuparsi così. Io per lui ero come una sorellina, non avrebbe di centro permesso a nessuno di farmi del male, neppure a… me stessa.
  Forse quell’irrequietudine era dovuta la fatto che odiavo le sorprese, perlomeno quelle che non mi comprendessero e che fossero tirate troppo per le lunghe; in breve, sorprese come quella.
  In fondo, però, Josh aveva ragione. Dovevo rilassarmi, presto saremmo arrivati e avrei scoperto dove diavolo mi stava portando. Non c’era nulla di cui preoccuparsi, ero… in buone mani.
  Sorrisi a quel pensiero e chiusi gli occhi mentre Justin cantava il pezzo dolce della canzone.
 
   ‹‹Deedee?›› qualcuno mi chiamava, sussurrando il mio nome all’orecchio e facendomi il solletico sul collo con il suo respiro. Mi stavano cercando di svegliare, probabilmente, ma di aprire gli occhi non ne volevo sapere. Rimasi immobile, fingendo di essere una statua, aggrappandomi agli ultimi pezzettini di sogni per non lasciarli andare via.
  ‹‹Pasticcina, mi senti? Uhu! Terra chiama Dems.››
  Chi mi stava svegliando – ero troppo stanca per riconoscerlo, volevo sprofondare nel mondo dei sogni un’altra volta – sembrava non voler mollare. Era vicino, lo sentivo, chino su di me di sicuro, il suoi soffi a contatto con la mia pelle mi facevano rabbrividire. Feci una smorfia a occhi chiusi e cercai di voltarmi dall’altra parte, ritrovandomi però bloccata da qualcosa. Ah, già; la cintura.
  ‹‹Ehi Demetria, sei in coma o una semplice trance da rincoglionita dopo una dormita?›› Josh rideva, riuscivo ad immaginare il suo sorriso beffardo sul suo viso nonostante avessi gli occhi sigillati. Mi arresi, e sbattei le palpebre bruciandomi gli occhi con la luce. Mugugnai qualcosa che persino io non riuscii a riconoscere e mi girai di scatto verso di lui, che per lo spavento sbatté la testa contro il tettuccio della macchina.
  ‹‹Ah!››
  ‹‹Te lo meriti. Così impari a svegliarmi nel mezzo di un bellissimo sogno.›› farfugliai con una foce impacciata e confusa. Josh, che intanto si era raddrizzato fuori dalla macchina e si massaggiava la nuca con una smorfia di dolore dipinta in volto, ridacchiò della mia goffaggine e rinfilò la testa nella macchina, fermando il suo viso a un palmo dal mio. Spalancai gli occhi per la sorpresa.
  ‹‹E cosa stavi sognando?››
  Te. Semplice.
  ‹‹Tanti unicorni che correvano in una foresta piena di farfalle.›› me ne uscii con la prima cosa a cui la mia mente riuscii a pensare. Josh inarcò un sopracciglio, e vedendo la mia espressione scoppiò a ridere. Lo seguii, masi sentiva che la mia risata era più nervosa.
  ‹‹Deedee, ammettilo che stavi sognando me. Non devi mentire a te stessa.›› disse lui, con lo stesso tono divertito di prima, ma con una certa sincerità negli occhi. Spalancai gli occhi più di prima, aggrappandomi con uno scatto nervoso alla pelle del sedile e affondandoci le unghie.
  ‹‹C-c-cosa?›› riuscii a balbettare, tesa come una corda di violino, mentre studiavo l’espressione seria di Josh e cercavo di mantenere la calma, controllare il mio tono di voce mentre cercavo di parlargli con naturalezza.
  ‹‹Dems…›› Josh iniziò a parlare, ma si interruppe, esitante. Eravamo vicinissimi, me ne resi conto solo in quel momento.
  ‹‹Sì?›› sussurrai, per incitarlo a continuare. Teneva lo sguardo basso, con una mano si reggeva all’altra sedile e con l’altra alla carrozzeria della macchina. Mille brividi mi salirono lungo le braccia, velocissimi. Mi spalmai un po’ di più sul sedile, cercando di non fare movimenti bruschi o nervosi.
  Josh rialzò lo sguardo verso di me, ancora l’espressione esitante in volto. Incrociammo i nostri sguardi, e lui riaprì piano bocca. ‹‹Io… Stavo scherzando.››
  Rise di nuovo, una fragorosa risata che si diffuse per tutto l’abitacolo. Sbalordita e ancora un po’ in trance, lo fissai ridere sguaiatamente. Poi, in preda a uno scatto di rabbia, lo spinsi per uscire dalla macchina e allontanarmi velocemente da lui: o almeno, fu quello che cercai di fare. Insomma, quel ragazzo sembrava fatto di marmo!
  Saltai fuori dalla macchina, e mi avviai verso una meta non precisa in quello che mi sembrava un gigantesco parcheggio, con le braccia incrociate al petto e un’espressione accigliata. Dietro di me Josh continuava a ridere, ma non feci molti passi prima che le sue mani mi prendessero per le spalle e mi trascinassero verso di lui, nella direzione opposta in cui volevo andare.
  ‹‹Eddai, pasticcina, non dirmi che ti sei offesa!››
  ‹‹Non chiamarmi più in quel modo!›› ringhiai, con l’impacciato tono arrabbiato che riuscivo ad usare con lui, senza mai essere veramente infuriata: in fondo, si poteva essere adirati con un angelo?
  Cercai di scrollarmi di dosso la sua presa, ma fu un tentativo inutile. Mi arresi ancora sbuffando. Josh aspettava che mi calmarmi sorridendo spontaneamente e soffocando le ultime risate come poteva.
  ‹‹Almeno, mi dici dove diavolo mi hai portato? Spero in un bel posto, perché sennò ritorno in macchina a dormire e no…›› iniziai a farfugliare accigliata, ma lui mi stoppò, continuando a sorridere, e indicò qualcosa alla sua destra con un gesto ampio, sussurrando: ‹‹Guarda tu stessa.››
  Guardai prima lui, che continuava a sorridermi, poi mi voltai e rimasi incantata da quello che mi ritrovavo davanti.
  ‹‹È… Un sogno?›› mormorai, mentre gli occhi mi diventavano lucidi.  Josh sorrise, mi tirò verso di lui e fece aderire la mia schiena contro il suo petto, abbracciandomi affettuosamente da dietro e avvicinando la sua bocca al mio orecchio per sussurrarmi: ‹‹Te l’avevo promesso, ricordi? Beh, oggi mi era sembrato il giorno giusto per portarti.››
  Sul mio viso, sentivo che si faceva strada un sorriso, mentre Josh si avvicinava piano alla mia guancia e ci lasciava esitante un bacio, decisamente diverso da quelli fraterni che di solito mi dava.

 

 ___________________________



Se state già programmando di uccidermi quando avrò finito di scrivere questa ff, non preoccupatevi, io vi capisco e vi lascerò fare, quindi non fatevi tanti problemi a inventare piani contorti, mi merito una coltellata per questo ritardi. çç Scusatemi davvero, ma sono una casinista e non mi so organizzare. E scusatemi anche se il capitolo fa pena e non vi ho ancora detto dove Josh ha portato demi, main queste settimane o scrivevo troppo o troppo poco... insomma, mi ci è voluto un po' a partorire 'sto capitolo, magari non è brillante come alcuni che ho scritto, ma spero vi piaccia comunque e che abbiate pietà di me.
Bene, quindi siccome sono così giù, mi lasciate una recensione? Me ne avete lasciato cinque lo scorso capitolo (davvero? cinque? iuejhfvh sclero.) e mi hanno sollevato le giornate in cui l'ho lette. Sono una cura estremamente efficace per me, mi strappano sempre un sorriso. grazie davvero a tutte, siete fantastiche.
Ora mi dileguo. Scusatemi davvero per il ritardo, so cosa si prova a rimanere sulle spine, leggo anche io alcune fan fiction, ma in queste settimane è stato un via vai continuo, per fortuna sono arrivate le vacanze! 
Prima di andare, vi andrebbe di passare a leggere una os che ho scritto?ci terrei molto.... Magari lasciatemi anche i vostri pareri, sapete cosa ne penso delle vostre recensioni oramai. c:



grazie tante, a tutte. baci,
Glo.

 


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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9.
I can't live without you, 
your smile, your eyes,
the way you make me feel inside...

- Selena Gomez,  My dilemma.

  ‹‹Disneyland, e chi se lo immaginava?››
  Josh mi passò un frappé alla fragola rosa pastello e scosse le spalle. ‹‹Forse tu, dal momento che me l’hai chiesto fino allo sfinimento. Dovevo portarti prima o poi, no? Quella sera eri così stanca che avresti potuto anche minacciarmi con un coltello alla gola, così ho preferito prometterlo prima che la situazione peggiorasse.››
  ‹‹Ma io credevo che te lo fossi dimenticato… ›› mormorai, giocherellando con la cannuccia a vortice fucsia acceso. Sentii il braccio di Josh cingermi le spalle, e mi voltai verso di lui per ammirare quel sorriso che non aveva abbandonato il suo viso da quella mattina.
  ‹‹Appunto, credevi. È difficile che mi dimentichi le cose, lo sai meglio di me, Deedee.›› la sua voce era allegra e spensierata, come quella di un bambino. In fondo lo era, lo era sempre stato sotto quella maschera da ragazzo figo e sciupa femmine che indossava a scuola. Una maschera che con me non indossava mai, perché era solo sé stesso.
  ‹‹Allora, quali altre giostre vuoi fare?›› mi chiese eccitato, strofinando la mano sul mio braccio, mentre guardava le rotaie delle montagne russe. Scossi le spalle: oltre al fatto che non conoscevo il parco, non mi importava molto la prossima tappa della nostra piccola gita. Lo guardai di nuovo e sorrisi: In fondo a me importava solo che lui fosse al mio fianco, e poi tutto il resto poteva accadere come il destino diceva, non obbiettavo.
  Josh arricciò le labbra, e si voltò a guardarmi: non sembrava contento della mia risposta, persino un po’ scocciato. Naturalmente la cosa non mi sfuggì come avrebbe potuto fermare, e smisi di camminare, costringendo anche lui a fermarsi. Non ebbi il bisogno di chiedergli niente, iniziò a parlare da solo. ‹‹Demi, però… così non aiuti.››
  Inarcai un sopracciglio, succhiando un po’ di frappè dalla cannuccia, e Josh sospirò. ‹‹Nel senso che… Non collabori. Ti ho portato qui per vederti felice, ti immaginavo così entusiasta che avrei dovuto trattenerti, ma… È da stamattina che decido io le giostre in cui andare.›› protestò. Mi venne da ridere, ma cercai di rimanere seria  mentre alzavo gli occhi al cielo.
  ‹‹Dimmi che non sei serio, ti prego.›› dissi con la cannuccia ancora in bocca. Stavolta fu Josh ad alzare gli occhi al cielo,  prima di prendermi dalle mani il bicchiere trasparente e infilarsi la cannuccia che pochi prima mangiucchiavo io in bocca. Feci un smorfia, e Josh ridacchiò rischiando di strozzarsi con il frappè.
  ‹‹Sei troppo schizzinosa, Deedee.››
  ‹‹Non è vero, solo non mi è piaciuto il modo in cui mi hai strappato dalla bocca la cannuccia sulla quale mi stavo sfogando: lo sai che la plastica ha un buon sapore?›› chiesi, rendendomi conto troppo tardi che stavo parlando a vanvera per il nervosismo.
  Josh scosse la testa divertito, poi tornò serio. ‹‹Deedee, ti rifarò la domanda, ma stavolta rispondimi. Dove vuoi andare ora?››
  Mi guardai attorno, esasperata, cercando di trovare qualche giostra che non avessimo ancora fatto. Ma era inutile, ogni attrazione su cui posavo lo sguardo era una che avevamo già fatto. Iniziai a camminare con il naso all’aria,guardando le varie giostre colorate mentre mi grattavo il mento, con Josh alle calcagna che mi seguiva saltellando e ridacchiando. Probabilmente aveva già pensato a dove portami nel caso mi fossi arresa e avessi ammesso che non mi stavo divertendo – cosa che non era vera.
  Saltellai un altro po’qua è la, cercando di mascherare il mio nervosismo: odiavo essere sotto pressione, e Josh lo sapeva benissimo.
  ‹‹Ti arrendi, pasticcina?›› mi canzonò lui mentre da dietro mi avvolgeva con le sue braccia. Diamine, prima o poi avrei dovuto dirgli che mi rincretiniva ogni volta che lo faceva. Ma meglio poi che prima. Con calma; Ora dovevo solo pensare a quella stramaledetta giostra.
  Me lo scrollai di dosso e feci qualche altro passo tra le viuzze sulle quali si affacciavano piccole siepi di un verde acceso e piene di fiori: tutto quel verde mi faceva pensare agli occhi di Josh: quella tonalità era uguale a quella della sua iride. Stando attenta che non mi vedesse, lo sbirciai con la coda dell’occhio: No, non c’era paragone. Il verde dei suoi occhi era mille volte meglio di quello delle siepi. Sentii un sorriso invadere le mie labbra, e le guance iniziarmi ad andare a fuoco. Abbassai velocemente lo sguardo prima che Josh, si voltasse verso di me.
  ‹‹Allora?››
  ‹‹Mmm… Voglio andare su… Quelle!›› dissi, indicando le tazze giganti e colorate che giravano con un sacco di persone schiamazzanti al loro interno. Josh aggrottò la fronte, e io mi limitai a scrollare le spalle mentre mormoravo: ‹‹Che c’è? Neppure qui mi permetti di essere un po’ bambina?››
  Lui rise emi cinse i fianchi con un braccio, sringendomi forte a lui. Non lottai contro la sua presa sia perché sarebbe stato inutile, sia perché non lo volevo: mi appoggiai al suo petto mentre lui rideva.
  ‹‹È perfetto Dems,›› esclamò, lasciandomi un bacio trai capelli che mi fece avvampare fino alla punta delle dita delle mani, ‹‹andiamo, su, sta iniziando il prossimo giro.››
  Mi lasciai trascinare fino alla fila di persone, che scorreva veloce mentre entrava nella piattaforma. Quando anche noi entrammo, mi staccai da lui e corsi verso una tazza lilla fiorellini bianchi, esclamando: ‹‹Voglio questa!››
  Josh rimase spiazzato dal mio scatto, rimanendo fermo dov’era con le braccia che fino a qualche attimo prima mi avvolgevano ancora a mezz’aria: non era abituato a sentirmi sfuggire dalla sua presa, anche perché i casi in cui ci riuscivo erano unici e rari. Si riprese dalla trance, scosse la testa divertito e mi raggiunse con due o tre passi, saltando dentro la tazza e sedendosi vicino a me.
  Un omino passò a chiudere tutti gli sportelli, sorridendo a trentadue denti. Appena sentii lo sbuffo della giostra prima della partenza mi aggrappai al volante bianco al centro della tazza, più entusiasta di quanto credessi: quante volte, da piccola, avevo sognato di salire su quella giostra?
  Ero così entusiasta, che scorsi a malapena Josh strabuzzare gli occhi e mormorare: ‹‹Oh-oh!›› prima che la giostra partisse e iniziasse a girare.
 
  Mi sentivo abbastanza scombussolata quando scesi. Il mondo attorno a me vorticava così forte che mi reggevo a stento in piedi. Per fortuna c’era Josh che mi offriva il braccio come appoggio e mi guidava verso l’uscita. Lo guardai: per tutto il giro era rimasto rigido e preoccupato mentre io avevo fatto girare la nostra tazza a mille, ridendo a crepapelle. Mi accorsi che era ancora inquieto, mi guardava preoccupato, mentre io oramai vedevo gli uccellini che giravano attorno alla mia testa.
  Fu allora che capii la sua preoccupazione: e mentre sentivo un conato di vomito che saliva, capii che andare su quella giostra non era esattamente stata una brillante idea.
  ‹‹Demi, stai bene?›› mi chiese Josh con voce ansiosa, mentre mi piegavo in avanti. Deglutii a fatica e annuii.
  ‹‹Perché non me l’hai detto prima?›› chiesi con voce roca. Con la coda dell’occhio vidi Josh mordicchiarsi il labbro inferiore, pronto a prendersi tutta la colpa. Poco dopo, infatti, mugugnò: ‹‹Scusa Deedee, mi ero scordato che avevi bevuto un frappè››
  Avrei voluto fargli un gesto con la mano per ammonirlo e farlo stare zitto, ma un nuovo conato mi invase la gola e fui costretta a portarmi la mano sulla bocca. Josh mi lanciò un’altra occhiata preoccupata, e io cercai di ridere per alleggerire la tensione. ‹‹Che stupida,›› mormorai tra una risata e l’altra ‹‹anche io.››
  Anche Josh si fece scappare qualche risatina, prima di avvicinarmi a lui e mettere di nuovo quella misera distanza tra i nostri visi. Rimasi abbagliata dalla sua bellezza  un’altra volta, perdendomi nei suoi occhi e dimenticandomi presto dei miei malori e del mio stomaco che si contorceva.
   ‹‹Siamo uno peggio dell’altra.›› scherzò lui in un soffio, facendomi battere le palpebre più volte per accertarmi che fosse vero. Il suo profumo così vicino mi pareva sempre irreale.
  Cercai di ridacchiare, ma con scarso successo: quello che mi uscì dalla gola fu solo un rantolo soffocato.
  Eravamo sempre più vicini, sentivo il mio cuore pulsarmi in gola e le farfalle iniziare a svolazzare nel mio stomaco sfiancato. Oramai non rimaneva molto tra le nostre labbra, i nostri respiri si  stavano già mescolando e i nasi si sfioravano lievemente. Sarebbe stato un bacio perfetto, con la persona perfetta nel luogo perfetto, se l’ironia della sorte non avesse messo lo zampino nella mia vita proprio in quel momento.
  Fui costretta a staccarmi da Josh velocemente e accasciarmi da un lato, prima di rigurgitare l’anima tra le piante.


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scusatemi davvero se sarò sbrigativa, ma ho un mal di testa atroce e non riesco a stare molto al computer.Allora, inanzi tutto spero non stiate progettando davvero di trucidarmi o non so che, perchè dopo questo capitolo mi aspetto davvero un attentato tipo quello delle torri gemelle, non so se mi spiego. Andando avanti capirete perchè non li ho fatti baciare, ora abbiate soltanto pietà di me, vi prego. çç
Poi, beh, ho molte cose da dire. Vi è piaciuta l'idea di disneyland? Ve lo aspettavate? forse no, è per questo che mi è piaciuto ancora di più scrivere il capitolo. Vi avviso, per il prossimo non ho la minima idea di cosa scrivere, quindi perdonatemi se ritarderò un po', sono anche indietro con i compiti.
Un'altra cosa: mi potreste fare un favore? Vi andrebbe di leggere un'altra ff su demi? Si intitola: " I'm gonna love you like I've never be broken. " ed è davvero molto bella, è una delle poche che seguo, e magari piace anche a voi. Quindi, se avete un po' di tempo, perchè non leggerla?
Un'ultima cosa prima di dileguarmi: con un'altro scrittorestavo pensando di scrivere una ff a due mani su demi, justin bieber, selena gomez e i one direction. Non sono molto convinta, ma se mi dite se l'idea vi piace e se la seguirete, magari riesco a buttare giù almeno la trama e un po' di prologo. Fatemi sapere.  
Mi lasciate una recensione a questo capitolo? Anche piccola, l'importante è che mi diciate ciò che ne pensate e/o se siete arrabbiati con me per 'sto fatto del bacio mancato çç scusatemi davvero. 
Ora mi dileguo.
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e alle 24 persone che seguono/ricordano/preferiscono questa storia, grazie davvero, senzadivoi non sarei qui a scrivere. c':
Baci,

Glo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10.
All we wanna have is fun,
but they say we're to young,
Let them say what they want.
- One Direction, Everything About You.

  Beh, non potevo di certo lamentarmi della giornata: mettendo da parte tutte le imprecazioni di Miley contro di me (era adirata, in fondo sapevo che non ce l’aveva con me) la giornata era andata anche meglio di quanto sperassi.
  Quella gita a Disneyland mi aveva fatta tornare di buon umore, cancellando le disavventure che mi erano accadute solo il giorno prima e che mi avevano, in poche ore, preavvisato una cattiva settimana. Non che fosse tanto diversa dalle altre. Arricciai il naso mentre ci pensavo, poggiandomi al sedile di pelle nera dell’auto di Josh: eravamo oramai sulla via del ritorno, lui diceva che saremmo arrivati a casa entro l’ora di cena, e mia madre non si sarebbe accorta che avevo saltato scuola. Ero completamente rilassata, sapevo che era tutto a posto: In un certo senso, era una fortuna avere un maggiorenne come migliore amico.
  ‹‹Perché sorridi in quel modo? Fai paura, Deedee.›› ridacchiò Josh al mio fianco, ancora allegro. Il sorrisetto irritante non aveva abbandonato il suo volto da quella mattina, ma poco m’importava, anzi, vederlo felice rendeva felice anche me.
  ‹‹Grazie Jo, anche tu sei carino.›› esclamai con tono ironico, buttando gli occhi al cielo. Josh rise, staccò la mano destra dal cambio e la posò sulla mia, incrociando le dita con le mie. Sentii le guance andarmi a fuoco, ma per fortuna lui era troppo concentrato sulle mie unghie smaltate di nero per vedere il mio viso arrossarsi. Soprattutto quando si voltò di nuovo verso la strada, senza mollarmi la mano, e mi lasciò un piccolo bacio sulle nocche, prima di allentare la presa dolcemente e lasciare che sfilassi via le dita.
  ‹‹Sei adorabile, pasticcina. Va bene così?›› ridacchiò, incosciente che io cercavo di riprendere fiato dopo lo shock subito. Ogni suo tocco inaspettato, per me, era quasi fatale. Ora capivo cosa dicevano quei cantanti che ascoltavo quando dicevano: ‘You take my breath away’.
  ‹‹Comunque, mi rispondi?›› Josh era allegro e arzillo, mentre io recuperavo pian piano fiato. Tossii piano e feci ricomparire il sorrisetto di prima sulle mie labbra, nonostante l’operazione non mi risultasse così facile da compiere.
  ‹‹Pensavo al preside Jekins›› dissi, titubante. ‹‹Non ci credo che abboccato a tutte le tue frottole che hai raccontato quando ho marinato la scuola.›› feci una smorfia, arricciando leggermente il naso, poi ridacchiai, seguita a ruota da Josh.
  ‹‹Oh, il caro vecchio Jekins… Fidati, quell’uomo pende dalle mie labbra›› disse, alzando impercettibilmente il mento. “Non solo lui…” pensai nella mia testa, mentre nella realtà, seduta su quel sedile di fianco a Josh sbuffavo, borbottando uno ‹‹sbruffone›› mentre incrociavo le braccia.
  Josh ridacchiò, poi continuò a parlare: ‹‹Seriamente, è davvero convinto che tua madre non abbia molto tempo per interessarsi della tua situazione scolastica e che mandi me, il figlio responsabile della sua migliore amica, a sapere che combini a scuola. Non ti preoccupare Dems, sei coperta…›› fece una breve smorfia prima di continuare ‹‹...fino al diploma.››
   ‹‹Il mio o il tuo?›› chiesi, forse con troppo impeto. Josh, infatti, mi lanciò una breve e intensa occhiata, a cui non riuscii a dare un significato, neppure quando tornò a fissare la strada e disse piano: ‹‹Il tuo, ovvio, che domande sono?››
  Ci misi un po’ realizzare: perché considerava il fatto che avrebbe coperto  le mie fughe anche dopo il suo diploma un fatto addirittura ovvio? Non era lui il ragazzo brillante dalla quale tutti si aspettavano voti alle stelle e una costosissima borsa di studio per una scuola fuori dal Texas, magari ad Atlanta o città del genere?
  ‹‹M-ma, io pensavo che…››
  ‹‹Deedee›› m’interruppe lui. Mi voltai, cogliendolo in una delle poche situazioni in cui appariva esitate nel dire qualcosa. Sorrisi involontariamente: quello era il Josh che amavo, quello semplice, quello che talvolta esitava a far uscire dalla bocca qualche semplice frase…
  Sorrise anche lui brevemente, prima di dire con il suo solito tono di voce sicuro: ‹‹Non ti risulterà facile sbarazzarti di me. Mi sono affezionato troppo alla mia piccola Demetria.›› sussurrò, e mi spettinò i capelli. Risi, e cercai di afferrargli il polso per togliere la sua mano dalle ciocche dei miei capelli.
  Poi scossi le spalle, completamente indifferente alla sua minaccia. ‹‹Va bene, non ho fretta›› dissi, prima di sfoderare un sorriso affabile. Mi voltai verso di lui, notando che stava sporgendo le labbra in fuori per fare una specie di boccuccia. Quando si girò verso di me e la vidi meglio, non feci altro che ridacchiare istericamente mentre pensavo a quanto fosse bello.
  Gli diedi un schiaffetto sulla guancia, e la boccuccia sparì lasciando spazio a un sorriso. ‹‹Ora lasciami dormire, sono sfinita.›› dissi, prima di allontanarmi e sprofondare nel sedile un’altra volta, chiudendo gli occhi. Cominciavo ad abituarmi a quel profumo così buono, a quella pelle così liscia…
  Sentii che Josh alzava la musica. Gli fui grata per questo; avevo bisogno di riposarmi davvero, quella gita mi aveva stancato. Eppure mi ero divertita così tanto… Dovevo fare qualcosa per lui, assolutamente. Dovevo inventarmi qualcosa per ricambiarlo. Sorrisi, pensando a quanto fosse speciale e a quante cose avesse fatto per me senza che io avessi l’occasione di ripagarlo. Avrei dovuto inventarmi qualcosa di davvero speciale…
  Sentii le dita di lui sfiorarmi la guancia, così delicatamente che neanche mi spaventarono. Non reagii, ero troppo stanca per farlo. Più che altro mi godetti quel tocco così delicato, così dolce. Percepii Josh avvicinarsi a me, fino a che non fu così vicino da poter sentire il suo respiro sul collo. ‹‹Ti voglio bene, Demi.›› mi sussurrò. Probabilmente pensava che stessi già dormendo. Forse era meglio così.
  Perché avrei voluto rispondergli, sì. Anche mimare le parole con le labbra. Ma se avessi detto: “Io ti amo, invece.” Avrei rovinato tutto. E non volevo farlo. Così me ne stetti zitta, mentre il sonno mi prendeva definitivamente tra le braccia.
 
  ‹‹Cazzo ridi?›› protestai accigliata, incrociando le braccia al petto. Miley però continuava a sghignazzare senza tregua, non facendo altro che irritarmi ancora di più: afferai il cuscino sul quale mi ero appoggiata e glielo lanciai in faccia, ma lei non fece una piega, come se quello che l’avesse colpita fosse stato una piuma. Certe volte dubitavo della sensibilità di Miley. Non è che pure lei era fatta di marmo?
  Inarcai un sopracciglio a quella domanda nella mia mente, mentre la mia amica si riprendeva pian piano dall’attacco di risate che l’aveva presa da un quarto d’ora oramai. Sperai che non avesse svegliato Madison, mia sorella, che dormiva beata nella stanza accanto. Sapevo che se si fosse svegliata avrebbe origliato la nostra conversazione da cima a fondo,e non ero particolarmente entusiasta all’idea che poteva ricattarmi dicendomi che avrebbe detto a Josh il mio segreto. Feci una smorfia: Oddio, no!
  ‹‹A-aspetta, n-non so se h-ho capito bene…›› iniziò Miley, ancora in preda alla ridarella. Alzai gli occhi al cielo: cosaci trovava di così divertente? Per me era una catastrofe, e lei ci rideva addirittura su! Ma Destiny non sembrava molto concentrata sulla mia espressione supplicante, anzi, ridacchiò ancora  prima di chiedermi: ‹‹Josh stava per baciarti… E tu hai vomitato?›› e detto questo rise ancora. O cielo, se non la fermavo non saremmo più andate a dormire.
 ‹‹Io non ho detto questo…›› mormorai. Miley smise di ridere e mi guardò con un sopracciglio inarcato e un sorriso ebete in volto.
  ‹‹E allora cosa hai detto?›› ridacchiò ancora.
  Sospirai. ‹‹Io ho detto che… Ero io che lo stavo per baciare… Non lui.›› spiegai piano ma con decisione. Destiny alzò gli occhi al cielo, e sin inginocchiò di fronte a me per picchiettarmi l’indice sulla fronte. Strizzai gli occhi, infastidita, e ridacchiò.
  ‹‹Ehi, c’è qualcuno qui dentro?›› canticchiò a mezza voce. ‹‹Dems, quando ti convincerai che ho ragione, che quel ragazzo muore dentro per te?›› rise ancora un’altra volta, probabilmente tutta la coca cola che aveva bevuto a cena le aveva fatto uno strano effetto.
  ‹‹Miley, meno cavolate, please.››
  ‹‹Va bene,›› disse lei, scuotendo le spalle ‹‹la cotta è tua, non mia.››
  ‹‹Hope...›› la fulminai con un’occhiata e lei alzò le mani in segno di resa. Mimò il gesto di chiudersi la bocca e mi sorrise a labbra chiuse. Io risi.
  ‹‹Andiamo a letto, forse è meglio.›› mormorai, ma prima che potessi finire, lei era già rotolata giù dal letto, atterrando sul materasso gonfiabile che avevamo messo lì sul pavimento. Mi sporsi dal letto per guardarla: sul viso aveva una smorfia, probabilmente l’atterraggio non era stato morbido come si aspettava. Quando si girò verso di me mi sorrise, e io ricambiai.
  ‹‹’Notte Dems.›› sussurrò, prima di nascondere il viso tra i cuscini.
  ‹‹’Notte Hope.›› le risposi in un filo di voce. Mi sdraiai bene sul letto, e spensi la luce.


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Questo capitolo è stato davvero un parto. Ci ho messo troppo a scriverlo e troppo a postarlo. Scusatemi, davvero, ma i miei prof stanno già parlando di tesine e stage perlenuove scuole, e io sono terrorizzata. Lo so che è stupido, ma abbiate pietà di me, vi prego. çç
Ho cambiato banner, vi piace? Questo mi convince molto più dell'altro, ma non vi assicuro che rimarrà fino alla fine. Amo le rivoluzioni (?) ecambio tutto ogni dieci secondi. Anche i vestiti. E le scarpe. E l'icon di twitter. Sono un caso perso.
Beh, che altro dire? Grazie infinite, a tutti. Non mi aspettavo davvero che questa storia venissefuori così bene e fosse così seguita. Anche sepoco fa stavo leggendo i primi capitoli e mi veniva da ridere percome ero impacciata, son davvero soddisfatta del complesso.
Grazie a tutte le 30 persone che seguono questa fan fiction, e alle dolcissime anime che mi recensiscono ogni capitolo. Vi amo, davvero.  
Devo scappare, sono sempre di fretta. Perdonatemi seaggiornerò un po' più raramente, mala terza media inizia a farsi sentire, sono tesissima per gli esami e siamo solo a Gennaio! Deù. 
Baci a tutti, Grazie di cuore.
Glo.

@kidrauhlspiano and @nexttohim on twitter

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11.
«Lo so»  ribattè lui con un sorriso soffocato,
una volta capito dove volevo arrivare.

«In questo momento non ho esattamente la stoffa di un bodyguard, 
ma fidati di me,
Nessuno ti farà del male, non lo permetterò.»
- Josephine angelini, Stacrossed. 

Avevo dimenticato il  posto dove aveva abbandonato il mio povero cellulare. Non ero mai stata quel genere di persona che ci sta appiccicata da mattina a sera. In fondo, le persone di cui avevo bisogno ce le avevo sempre vicino. Beh, più o meno. Fatto stava che quella mattina, quando trovai il mio cellulare sotto i libri nella borsa, la cover bianca che spiccava tra tutte le mie cianfrusaglie, risi di me stessa e di quanto fossi sbadata: mi ero persino scordata di avere un cellulare.
  Lo tirai fuori, guardandomi attorno: di Miley neanche l’ombra, sembrava essersi volatilizzata; quella mattina si era svegliata prestissimo, buttando giù dal letto anche me con un baccano assurdo, e si era congedata dicendo che aveva da fare una cosa prima di andare a scuola.
  “Che fai alle cinque di mattina?” avevo chiesto mugugnante, mentre cercavo di sistemarmi i capelli che avevano preso la forma del cuscino. Lei aveva sorriso, senzadireniente, e io avevo scosso la testa, sussurrando un “Non ti capirò mai, Hope” prima che lei riuscisse a sgattaiolare via.

  Sbloccai lo schermo, mettendomi a sfogliare per prima cosa le chiamate perse: ce ne erano cinque di Miley, tre da mia madre, una da Josh – quest’ultima risaliva a qualche minuto prima, chissà perché mi aveva chiamato…

  Facendo scorrere l’elenco, una cosa attirò la mia attenzione: c’erano due chiamate perse da parte di un numero sconosciuto, risalivano al giorno prima. Strizzai gli occhi per leggere le piccole cifre sul display: mi erano familiari. Andai di nuovo all’elenco, e le confrontai con il numero che mi aveva chiamato due giorni prima: incredibile, erano le stesse! Chiunque fosse stato a chiamarmi aveva davvero bisogno di parlarmi. Ma perchè? E soprattutto, chi era?
  Ci stavo ancora pensando, quando una voce fastidiosa interruppe il flusso dei miei pensieri. Alzai lo sguardo verso Chelsea, che si faceva strada nel cortile della scuola con la solita folla di gente che le ronzava attorno.
  Era aggrappata al braccio di Conor, il suo nuovo ragazzo, e dietro di loro Logan reggeva la mano di una ragazza dai lunghi capelli di un biondo troppo bello per essere naturale, simile a quello di Chelsea. Da come lanciava a quest’ultima sguardi silenziosi, capii che doveva essere l’ultima delle sue best friends, che avrebbe cancellato dalla sua rubrica dopo pochi giorni. Provai un pizzico di compassione per quella ragazza, pensando a come Chelsea aveva cacciato la sua vecchia migliore amica.
  Mi accorsi troppo tardi che invece di rimanere lì fissa a guardarli, sarei dovuta andare via. Sarei dovuta andarmene, per evitare di immischiarmi in altri casini. Ma quando mi decisi a girare i tacchi e andarmene senza attirare l’attenzione, il mio nome echeggiò nell’aria quasi come una sirena: ‹‹Ehi, Devonne!››. Metà cortile si voltò a guardare nella mia direzione, mentre Chelsea mi raggiungeva tirandosi Conor dietro – ‘tirare’ è esagerato… più che altro incitandolo a seguirla. 
  ‹‹Hai recuperato le tue scarpe eh?›› ruggì furiosa Chelsea, assottigliando lo sguardo per fulminarmi. Guardai gli stivaletti di pelle lucida che portavo e schioccai la lingua sul palato, ringraziando il cielo che quella mattina, quando mi ero alzata, ero troppo assonnata per cercare le mie Ankle Boots finite chissà dove, forse sotto al letto.
  ‹‹Non so di che cosa tu stia parlando.›› mormorai, stingendo il cellulare tra le dita e guardandomi attorno in cerca di una via di fuga. Dove cazzo era finita Miley?
  ‹‹NON LO SAI!?!›› strepitò isterica la ragazza davanti a me, battendo il tacco dodici sull’asfalto con rabbia. Mi puntò un dito scheletrico contro con fare minaccioso: ‹‹Tu, l’unica cosa che non sai, è con chi ti sei messa contro! Non ti è bastata la lezione di Lunedì?›› mi disse, alludendo soddisfatta al mio polso, ancora protetto dal tutore. Feci una smorfia breve, sperando che Chelsea o Conor non mi vedessero.
  ‹‹Dove sei andata ieri, eh? Da chi sei andata a piangere per la bua?›› continuò la perfida ragazza, sporgendo in fuori il labbro inferiore e battendo le ciglia. Ghignò e mi si avvicino con due passi, finchè non fu abbastanza vicina per rigirarsi una ciocca dei miei capelli tra le dita. La guardai terrorizzata, e lei mi rivolse un malefico sorriso: tirò i miei capelli così forte che per un attimo temetti me li strappasse.
  ‹‹Rispondi brutto essere inutile, apri quella bocca cazzo!›› mi urlò contro, mentre io gemevo dal dolore. A quel punto Conor intervenne, cingendole i fianchi con un solo braccio e allontanandola da me. Chelsea fu costretta a mollarmi i capelli, e rivolgere l’occhiata di fuoco al suo ragazzo, che in tutta risposta le sorrise provocante, sussurrandole: ‹‹Gioiellino, non vale la pena per una come lei.››
  ‹‹Lasciami fare Conor, devo risolvere una questione che ho in sospeso.›› si lamentò con voce sprezzante, spingendolo via. Si voltò nuovamente verso di me e mi rivolse nuovamente quel sorriso malefico: ‹‹Allora? Non abbiamo ancora il coraggio di parlare? Esprimiti, Demetria, tanto se dici cazzate sai cosa riceverai in cambio.›› disse, indicando Logan che aveva mollato la mano della ragazza e si scrocchiava le dita impaziente. Un brivido mi salì lungo la schiena, e deglutii a vuoto, ricordandomi di due giorni prima. Scossi la testa con forza, più per scacciare ciò a cui stavo pensando che per rispondere alla domanda di Chelsea.
  ‹‹Stupida ragazza, non imparerai mai. Sei inutile, il fatto che tu viva infastidisce e basta, che ci fai ancora qui, eh?›› mi lanciò addosso quella scarica di accuse, alle quali avrei preferito altri mille calci da parte di Logan. Sentivo che facevo sempre più fatica a respirare mentre Chelsea continuava ad accusarmi. Ma io non facevo niente, rimanevo lì inerme a subire tutte le accuse.
  Lei, irritata dal mio silenzio, fece per avventarsi nuovamente su di me, quando una voce attirò la sua attenzione altrove. Una voce che la chiamava, con rabbia: ‹‹Chelsea!››
    Tutti e tre ci voltammo verso Josh, che avanzava verso di noi con passo deciso, gli occhi ridotti a due fessure, le mani strette a pugno. Mi venne voglia di corrergli incontro e buttarmi tra le sue braccia, ma mi trattenni: Conor era troppo vicino, avrebbe potuto afferrarmi facilmente, impedendomi di scappare.
  ‹‹Che vuoi, Josh?›› chiese ostile Chelsea, guardandosi annoiata le unghie. Josh si posizionò di fianco a me e la fulminò con lo sguardo: tremava dalla rabbia, lo sentivo, ma la sua vicinanza mi fece bene, perché riuscii a ritornare a respirare regolarmente. Non riuscii a non cercare le sue dita e intrecciarle alle mie: lui non fece una piega, continuava a guardare Chelsea come se volesse ucciderla con lo sguardo. Da parte sua, però, mi stinse la mano, forse per cercare di calmarmi.
  ‹‹Che vuoi tu da Demi, Chelsea!›› sputò con disprezzo Josh, provocando Conor, che affiancò Chelsea in un secondo e lo guardò minaccioso. Chelsea, dal canto suo, sorrise soddisfatta: quella reazione era che aspettava.
  ‹‹Demi? Mmh… Allora è da lui che sei andata a farti consolare, Lovato.›› disse infine, sporgendosi un po’ per guardare me. Josh grugnì di rabbia e questo fece scattare Conor, che prese Chelsea per i fianchi, come per proteggerla. ‹‹Nessuno ti ha interpellato, Luston, la mia ragazza stava solo risolvendo una questione.›› disse, rivolto a Josh.
  Strinsi la mano di Josh per impedirgli di scattare in avanti, facendolo rimanere lì dov’era, fremente di rabbia: l’ultima cosa che volevo era che finisse nei casini per me.
  ‹‹Quando Demetria è in questione sono automaticamente interpellato, Falley.›› ribatté Josh controllando a stento la rabbia nel tono di voce.
  ‹‹Jo, andiamocene, ti prego.›› sussurrai terrorizzata. Chelsea mi scoccò un’occhiata e sorrise: aveva raggiunto il suo obbiettivo, ed era più soddisfatta che mai.
  ‹‹Questo non ti autorizza ad aggredire Chelsea.››
  ‹‹Non l’ho aggredita.››
  ‹‹Ma per favore!›› intervenne Chelsea buttando gli occhi al cielo: aveva incrociato le braccia al petto in fremente attesta. Tirai un’altra volta Josh, ma come al solito non lo mossi di un centimetro. Ora ero più terrorizzata di prima.
  ‹‹Andiamocene Josh, ora!›› dissi a voce un po’ più forte, decisa. Finalmente Josh si voltò verso di me; ci guardammo negli occhi per dei secondi che sembrarono infiniti, finchè lui si rilassò un poco e mi cinse le spalle con un braccio e annuì piano. Iniziai a camminare facendo in modo che anche lui si muovesse, e funzionò finché Conor non intervenne.
  ‹‹Paura, Luston? Battiamo già ritirata?››
  Josh accennò a fermarsi, ma io lo costrinsi a camminare, sussurrandogli: ‹‹Non raccogliere la sua provocazione, Josh, è quello che vuole.›› ma non bastò a distrarlo. Quando, infatti, Conor lo provocò ancora, non riuscii più a trattenerlo: Mi lasciò e ritornò sui suoi passi con rabbia. Raggiunse Conor e lo spinse, dando inizio alla rissa.
  Mi battei il palmo della mano sulla fronte, sospirando afflitta: se solo fosse stato meno impulsivo…
  ‹‹Chi si sta menando?›› una voce vicino a me mi fece sobbalzare. Guardai Miley, che fissava la folle di persone dalla quali giungevano grida di incoraggiamento. Strizzai gli occhi, chiedendomi come mai fosse arrivata solo in quel momento. Poi lasciai perdere.
  ‹‹Josh, con Conor›› dissi semplicemente. Miley mi guardò con occhi strabuzzati. La capivo: erano rare le volte in cui Josh arrivava alle mani.
  ‹‹E ora che si fa?›› chiese tesa, e la risposta non tardò ad arrivare. Una voce tuonante riecheggiò nel cortile facendo voltare tutti. Miley spalancò la bocca e io scossi la testa ripetutamente: lo sapevo, sapevo che sarebbe finito così.
  ‹‹Falley, Luston, nel mio ufficio, ora.›› il preside Jekins spuntò  da dietro uno degli imponenti alberi del cortile. Mi voltai verso Miley, che sembrava scossa, e dissi semplicemente: ‹‹Beh, ora aspettiamo che prenda il rimprovero da Jekins, poi gli diamo una strigliata noi.››

____________________

Non so se l'avete notato, ma ho cambiato il raiting di questa storia: mi sono accorta che nei capitoli tratto molto di bullismo, autolesionismo e non è di certo un argomento adatto a raitingcome quello verde: siccome però non sono così diretta, ho scelto di metterlo arancione, ma accetto altri consigli se dovessi modificarlo ulteriormente
Beh, Che dire?
Vi è piuaciuta la citazione all'inizio? Josephine Angelini è una scrittrice, starcrossed è il primo di una saga che non ho ancora avuto l'occasione di leggere, ma quel libro mi è piaciuto da morire. Ve lo consiglio, andatevelo a cercare se volete.
Sono piuttosto di fretta, mi dovete perdonare. Ho finito di fare i compiti poco fa, e siccome domani ho due verifiche e devo ancora ripassare sono particolarmente di fretta çç Ma l'ho già detto, che logorroica che sono. .-.
Inanzitutto vorrei ringraziare di cuore:

letypolly
Stella Cadente
Lovedanceize_
Scream_Out_Load e
proudofmyidols
che hanno recensito lo scorso capitolo. Ragazzi, mi dispiace se non rispondo subito a tutti, ma sono un po' incasinata .-. Sappiate però che mi piace un sacco leggerele vostre recensioni, siete dolcissimi c:
Oramai siete moltissimi che leggono questa storia e, beh, vorrei ringraziare tutti voi. credevo fosse una cavolata, ma mai avrei immaginato fosse seguita da trentaquattro persone, davvero.
GRAZIE DI CUORE, PER TUTTO, mi sembra di vivere un sogno. Grazie davvero, il vostro appoggio mi aiuta molto in questo momento che è un po' difficile... Ma non siete qui per sapere della mia vita, ma per leggere la mia storia, no?
E allora, che ne dite di lasciarmi qualche recensione, per tirarmi un po' su? Mi piacerebbe sentire anche chi non mi ha mai scritto, non chiedo tutti i capitoli, ma di tanto in tanto. mi farebbe davvero piacre, ragazzi.
Orami dileguo davvero, vorrei scrivere un po' la mia ff su justin prima di andare a letto.
Baci a tutti, vi amo.
Glo.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12.
Quello che contra tra amici,
non è ciò che si dice,
ma quello che non occorre dire.

-  Albert Camus.

  ‹‹Che stai guardando?›› mi chiese Miley sbirciando lo schermo del mio cellulare. Indicai un numero sconosciuto che stavo leggendo e rileggendo da mezz’ora, sempre più nervosa: odiavo non sapere, odiavo i misteri, e quel mistero mi stava facendo fremere da quella mattina insopportabile.
  ‹‹Questo numero, è già la quinta volta che mi chiama. E non so chi sia!›› aggiunsi, esasperata.
  Miley mi fece cenno di passare il cellulare e io glielo diedi, mettendomi mordicchiare l’unghia del pollice: chi poteva essere? Chi, chi, chi, chi, chi?  Mi alzai dalla sedia e cominciai a camminare avanti e indietro, passando mentalmente in rassegna tutte le persone che conoscevo e tutti i numeri che avevo salvati sul telefono. Ma più cercavo, più i pensieri si attorcigliavano fra loro, creando un caos nel quale non capivo nulla. Ed era fastidioso. Molto fastidioso.
  ‹‹Dems, potresti smetterla? Sto cercando di concentrarmi.›› mi rimproverò Miley. Mi voltai verso di lei, accorgendomi che aveva preso il suo telefono in mano e guardava entrambi i cellulari, perplessa.
  ‹‹Sai chi è?›› chiesi ansiosa. Ma Miley scosse la testa, afflitta. Lasciò cadere il braccio della mano che stringeva il suo cellulare, e fissò il display del mio ancora una volta. Negli occhi le potevo leggere la mia stessa curiosità, e forse una punta di irritazione per non averlo riconosciuto.
  ‹‹No.›› disse, con voce assolta, mentre rileggeva le cifre che io oramai conoscevo a memoria a furia di leggere. Si volto verso di me, e aggiunse: ‹‹Però mi stranamente familiare!››
  ‹‹Sì,›› annuii con foga ‹‹anche a me!››
  Miley tacque un altro poco, poi mi chiese di punto in bianco: ‹‹Hai idea di chi possa essere?››
  Assottigliai lo sguardo per guardarla male, posizionandomi le mani sui fianchi: ‹‹Credi che sia il tipo che fissa nervosamente il cellulare per mezz’ora senza avere una valida motivazione?›› domandai retorica, e Miley alzò gli occhi al cielo, mormorando stizzita: ‹‹Stavo solo chiedendo!››
  Mi lasciai cadere nuovamente sulla sedia vicino a lei, che mi restituì il cellulare. Lessi di nuovo il numero, ma niente. Diamine, che nervoso! Tornai a rosicchiarmi l’unghia, sentendo i pezzettini di smalto che si staccavano e mi finivano sulla lingua. Miley si batté una mano sulla fronte: ‹‹Dems, ti ho messo lo smalto ieri sera!››
  ‹‹Scusa, non posso farne a meno.›› le risposi, facendo una smorfia. Era un vizio che non riuscivo a togliermi, nonostante ci avessi provato un sacco di volte. Guardai Miley, che sembrava pensierosa, ma soprattutto troppo silenziosa rispetto al solito. Bloccai lo schermo del cellulare e mi avvicinai a lei.
  ‹‹Ehi Mil, come mai così silenziosa?›› le chiesi in un mormorio. Miley si voltò verso di me, aggrottando le sopracciglia: ‹‹Lo sono così tanto?››
  Annuii, e lei sogghignò. La guardai, aspettando la risposta. Lei esitò, poi parlò in un filo di voce: ‹‹Sai Steven, il mio compagno di biologia? Beh, mi ha chiesto di uscire venerdì sera...››
  Mi venne da sorridere: da quanto ne sapevo Miley stravedeva per lui, anche se continuasse a ripetere che non fosse nulla di speciale, né innamoramento né una semplice cotta. Cercai di rimanere seria mentre Miley mi lanciava un’occhiata titubante e poi continuava a parlare con cautela: ‹‹Non so che rispondergli, ecco. E più passa il tempo, più sono confusa…››
  ‹‹È per questo che stamattina te ne sei andata così presto? Dovevi incontrarlo?›› le chiesi, accennando a un sorriso. Lei scosse le spalle, mormorando: ‹‹Mi ha chiamato usando la scusa del compito,mi ha lasciato un po’ di  stucco quando la domanda che doveva farmi non c’entrava niente con la scuola...››
  Aspettai che continuasse, ma tacque, perdendo lo sguardo nel vuoto. No, quella non era la Miley che conoscevo, c’era qualcos’altro dietro. Non potei trattenermi, infatti, dal chiederle: ‹‹Perché confusa?››
  La mia amica mi rivolse un’occhiata interrogativa, distogliendo lo sguardo dal punto fisso nel quale guardava prima. Le sorrisi incerta, rendendomi conto che non mi ero spiegata bene, e aggiunsi: ‹‹Volevo dire: perchè dici di essere ‘confusa’?››
  Miley si morse il labbro e distaccò lo sguardo da me. Aggrottò le sopracciglia, sprofondando di nuovo nei suoi pensieri. Non l’avevo mai vista così presa da una cosa del genere, forse fu per questo che iniziai ad agitarmi mentre attendevo la sua risposta.
  ‹‹È che… Credevo fossimo solo amici, tutto qui. Non riesco a dare un senso alla sua richiesta, ecco.›› borbottò infine, scuotendo le spalle. Non riuscii a trattenere il sorriso stavolta, che invase le mie labbra piano, mentre le dicevo: ‹‹Magari ti sta chiedendo di uscire… Da amici.››
  Miley inarcò un sopracciglio e io scrollai le spalle. Doveva anche guardare da quel lato la situazione, e se non l’aveva già fatto, dovevo farglielo notare.
  ‹‹Al venerdì sera… uscire da amici?›› mi chiese con una punta di incredulità nella voce. Annuii convinta, sorridendole. Lei scosse la testa per l’ennesima volta: ‹‹Tu sei pazza, Dems.››
  ‹‹Che parole incoraggianti Hope, meno male che sei la mia migliore amica›› dissi sarcastica, girandomi sulla sedia e infilando le mani sotto le cosce. Miley ridacchiò, arricciando il naso come era solita a fare.
  ‹‹Comunque, non credo che lui intenda uscire come “amici”›› fece le virgolette in aria piegando l’indice e il medio di entrambe le mani, prima di far ricadere quest’ultime sulle gambe, fissando il pavimento mentre sospirava afflitta. ‹‹Da come mi guardava speranzoso mentre me lo chiedeva… ah, non lo so.›› disse infine, alzandosi con uno scatto dalla sedia e passandosi le mani trai capelli. Continuai a guardarla inespressiva, finché non si voltò verso di me irritata dal peso del mio sguardo.
  ‹‹Che c’è Demi? Perché mi guardi in quel modo?›› sbottò nervosa.
  Schioccai la lingua sul palato, con cautela. Non ero sicura di quello che stavo per dire, ma dovevo farlo. Guardai Miley e parlai piano, con cautela: ‹‹Non è che tu... vuoi che questo appuntamento non sia solo fra amici?››
  Lei spalancò la bocca, stupita da quello che avevo appena detto. Mi mordicchiai l’interno della guancia, abbassando lo sguardo sul pavimento: diamine, sapevo che non dovevo dirlo.
  Miley stava per aggiungere qualcosa, quando la porta della presidenza si aprì: Josh e Conor, guardandosi con sguardi assassini, ne uscirono di fretta, prima del preside Jekins che si fermò sulla soglia della porta, guardandoli andare via con le braccia incrociate sul petto e un’espressione di rassegnazione in volto. Ebbi un po’ di compassione per lui: era un brav’uomo in fondo, sapevo che aveva cercato di riappacificare i due ragazzi. Ma, conoscendo Josh, sapevo che non era stata un impresa facile, e anche che non eraandata a buon fine.
  I due ragazzi si fulminarono con lo sguardo un’ultima volta, prima di fermarsi in mezzo al corridoio deserto: entrambi avevano le mascelle contratte, le vene del collo erano ben visibili per colpa del nervosismo, persino sul collo di Josh, di solito così calmo.
  ‹‹Luston›› sputò Conor, assottigliando di poco lo sguardo.
  ‹‹Falley›› ringhiò Josh a mezza voce, con aggressività. Un brivido mi percorse la schiena veloce, e Miley se ne accorse, lanciandomi un’occhiata preoccupata: sapeva quanto Josh mi terrorizzasse quando era arrabbiato.
  ‹‹Ragazzi!›› sbottò esasperato il preside, ed entrambi si voltarono a guardarlo. Con riluttanza, si stinsero la mano, prima che ognuno prendesse la propria strada. Jekins si ritirò soddisfatto nel suo studio, accennando un sorriso cortese a me e Miley, che ricambiammo con timidezza.
  Josh, intanto, ci raggiunse con passo irritato. Miley ridacchiò sotto i baffi e incrociò le braccia al petto. ‹‹Bella rissa, Joshua.››
  ‹‹Oh, non ti ci mettere pure te Destiny›› sbottò irritato Josh, avvicinandosi a me per recuperare la sua borsa. Solo allora mi accorsi del labbro spaccato e dei lividi che aveva in viso. Mi si contorse lo stomaco, e Josh lo notò. Si voltò velocemente e si allontanò.
  Lanciai uno sguardo di scuse a Miley, che mi rivolse un veloce cenno con il capo, prima che corressi per affiancarmi a Josh esitante: lui si voltò verso di me e, senza dire una parola, mi rivolse un piccolo sorriso
.
_________________________________________

Non ho controllato,quindi perdonatemi se ci sono errori.
Se devi essere sincera, è un miracolo se sono al computer, soprattutto in questi giorni è un viavai continuo. Ho poco tempo sia per aggiornare, che per rencensire, persino a rispondere. Cerco di rispondervi usando il cellulare, ma scusatemi se sono spiccia.
Beh,che dire? Non volevo che questo fosseun capitolodi passaggio, infatti ci ho messo molto a scriverlo ma soprattutto a idearlo. Sono una "scrittrice" (secosì mi posso definire) che scrive principalmente storie d'amore,non evidenziando altri aspetti che vorrebbe far emergere nella storia. Ho cercato, in questo caso, di farvi capire quando Miley e Demi siano vicine e si capiscano, e... spero solo di esserci riuscita.  
Domani è il mio compleanno, volevo postare prima di esso perchè... Beh, il prossimo capitolomi piace particolarmente, e volevochefosseilprimo capitolo che avrei postato appena avessi avuto 13 anni. Quindi, forse, se mene date l'occasione aggiornerò presto. Prometto.
Non mi sembradi aver dimenticato niente, quindi passo ai soliti ringraziamenti prima di dileguarmi.

Ringrazio di cuore le 4 persone che hanno recensito lo scorso capitolo
le 11 persone che hanno messo questa storia tra le preferite,
le 5 personeche la ricordano
e le 21 che la seguono.

Mi fa piacere sapere che, nonostante demi non sia il mio idolo, molti lovatics apprezzino questa storia. Personalmente amo Demi e sono estremamente rispettosa verso il vostro Fandom. Penso che siate delle persone forti, da cui prendere esempio e che bisogna rispettare. Grazie, perme tutto questo è davvero importante.  
Ora vado veramente, devo cambiare un po' di cose sul mio profilo twitter e ci metto comeminimo mezz'ora lol
Baci,
Glo.

Demi, bella come sempre, in skyscraper jskdjhjvnbfxvcjhn
#muchlove for this gif.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13.
C'erano cose che volevo dirgli.
Ma sapevo che gli avrebbero fatto male.
Così le seppellii e lasciai che facessero
male a me.

- Jonathan Safran Foer /
Molto forte, incredibilmente vicino.

  Linfermeria della scuola era deserta: intrufolai la testa nella stanza, notando che la signora che faceva da infermiera, una donnetta bassa e smilza come un chiodo, stava dietro il computer con la montatura degli occhiali chiari sulla punta del grazioso nasino all’insù e digitava qualcosa sulla tastiera: appena mi vide, alzò lo sguardo e mi sorrise invitandomi con un cenno ad entrare.
  Mi voltai verso Josh, che sbuffò infastidito. Non era esattamente entusiasta all’idea di farsi vedere dall’infermiera e farsi disinfettare il terribile taglio che gli spaccava il labbro nettamente a qualche centimetro dall’angolo della bocca, ma anche se si dimostrava riluttante, ero riuscita a convincerlo di farselo solo vedere.
  Gli rivolsi un’occhiata di suppliche, e lui cedette quasi subito: distaccò lo sguardo dalla mia espressione da cucciolo e spinse la porta dell’infermeria seccato, rivolgendo un rapido sorriso di saluti alla piccola signora dietro la scrivania che, vedendo la sua ferita, si alzò con uno scatto in piedi e corse a prendere il disinfettante.
  Mi avvicinai compiaciuta a Josh e aprii la bocca per sussurrargli un’immancabile “te l’avevo detto”, perfetto per quella situazione, ma lui mi precedette mormorandomi: ‹‹Non dire niente›› scandendo bene le parole e togliendomi tutto il gusto di rinfacciargli il fatto che avessi ragione.
  ‹‹Oh, signorino, si può sapere cosa ha fatto?›› esclamò la signora mentre imbeveva il cotone di disinfettante, provocando una smorfia infastidita da parte di Josh, che buttò la tracolla nera su una seggiola lì vicino, pronto alla tortura. Gli rivolsi un’occhiata di rimprovero mentre lui rispondeva: ‹‹Non si preoccupi signora, solo una caduta agli allenamenti; Fanno troppi sgambetti in campo.››
  Buttai gli occhi al cielo, irritata: e poi ero io quella che minimizzava tutto, eh?
  ‹‹Oh, siete così indisciplinati! Ai miei tempi non ci si faceva male per colpa di qualcun altro, guai se qualcuno osava giocare sporco!›› la donnetta gesticolò platealmente, schizzando disinfettante dappertutto. Josh guardò terrorizzato il cotone umidiccio che si avvicinava a lui. Lo sfilò gentilmente dalle dita scheletriche della signora, spiegandole che poteva fare da solo.
  ‹‹Sisisisì, io intanto vado a prendere un po’ di ghiaccio per queste botte, torno subito.›› e così dicendo uscì come un fulmine dalla stanza, mentre altri ciuffi candidi e ricci le sfuggivano dalla crocchia disordinata. Mi voltai verso Josh, che era intento a fissare un cestino, probabilmente con l’intenzione di buttarci il cotone dentro.
  ‹‹Josh,  piantala di fare il bambino e disinfettati quella ferita, ho spagnolo tra dieci minuti e non voglio fare tardi.›› lo rimproverai, incrociando le braccia al petto. Josh mi guardò facendo l’espressione del cane bastonato, mentre il disinfettante che colava dal cotone gli bagnava le dita. Mi portai una mano alla fronte: quel ragazzo poteva pure avere diciotto anni, ma mentalmente ne aveva sette.
  ‹‹Dammelo,›› gli dissi, sfilandogli il cotone dalle mani con riluttanza, ‹‹altrimenti non ci muoviamo più.››
  ‹‹No›› protestò infantilmente lui, mentre l’infermiera entrava nella stanza con un impacco di ghiaccio tutta trafelata. Lo porse a Josh con un sorriso frettoloso, e poi uscì di nuovo dalla stanza, borbottando che quello era il giorno in cui tutti si facevano male o non stavano bene.
  Guardai vittoriosa il cotone che avevo in mano e poi Josh, con lo sguardo fisso sulla porta e l’impacco di ghiaccio in mano; ero certa che avesse pensato che l’infermiera fosse la sua unica ancora di salvezza, ma ora che se ne era andata preoccuparsi di qualcun altro, era nelle mie mani. Mi guardò con rassegnazione, e io sorrisi beffarda.
  ‹‹Non essere crudele, ti prego.›› mi supplicò. Risi, egli dissi di sedersi: non sarei mai riuscita a recuperare il suo metro e ottantanove per disinfettargli quel labbro che ora mai sanguinava più di prima, colorandogli il labbro inferiore di un rosso acceso. Ubbidì, mentre si metteva l’impacco sulla fronte, appena sopra un sopracciglio, dove uno dei lividi violacei era più tendente al nero degli altri.
  Mi avvicinai a lui con cautela, asciugandogli il sangue dal labbro. A quel tocco lo sentii sobbalzare leggermente, come feci io in fondo. Buttai lo sguardo a terra, imbarazzata, ma più cercavo di non toccarlo, più le mie dita sfioravano leggere le sue labbra, facendomi arrossire sempre di più.
  ‹‹Deedee...››
  Alzai di scatto lo sguardo verso di lui, incantandomi a guardare i suoi occhi verdi che mi intrappolarono e fecero sì che il battito del mio cuore aumentasse, una volta che mi resi conto di quanto fossero vicini. Tamponai un’ultima volta la ferita, che oramai era disinfettata e non sanguinava più e poi mi voltai, approfittando del fatto di dover buttare il cotone per prendere un respiro riprendermi da quel casino.
  ‹‹Mmmh?›› gli risposi, voltandomi con naturalezza. Lo vidi mordicchiarsi il labbro, dimenticandosi di avercelo ferito e facendo una smorfia per il bruciore. Sorrisi incerta, e aspettai con pazienza che parlasse.
  ‹‹Scusa.››
  Aggrottai le sopracciglia, capendoci poco. ‹‹Per cosa?›› chiesi, raggiungendolo e sedendomi di fianco a lui con cautela, come se avessi paura di spaventarlo. Lui continuò a esitare, inumidendosi le labbra nervoso: era una delle poche volte che lo vedevo in difficoltà nel parlare, e conoscevo tutti i suoi tic. Iniziava a mordicchiarsi il labbro e a passarsi lamano tra i capelli, ogni volta, inumidendosi le labbra un po’ troppo spesso.
  ‹‹Per non averti ascoltato. Per non averti dato retta quando mi hai detto che non dovevo calcolare Conor, non dovevo assecondare lui e le sue provocazioni...›› sospirò, interrompendosi, per poi riniziare a parlare esitante: ‹‹Scusa per averti lasciato in quel modo così brusco, per essere stato così impulsivo e... Infantile, lo ammetto. Mi sono comportato da...››
  ‹‹Shh›› sibilai, e quasi senza pensarci gli posai un dito sulla bocca per farlo stare zitto. A quel tocco il mio cuore partì a battere nel mio petto come se fosse impazzito e le mie guance si coloravano di un rossiccio tenue, mentre Josh sobbalzava per la seconda volta, sorpreso.
  ‹‹Ti stai scusando senza aver fatto niente per la seconda volta in soli tre giorni, dovresti smetterla...›› mormorai imbarazzata, facendo scivolare via il dito controvoglia: le sue labbra erano così calde e soffici che mi veniva voglia si assaggiarle, anche solo con un piccolo bacio, quello che non avevo avuto l’occasione di dargli il giorno prima...
  ‹‹Stavolta ho fatto qualcosa.›› obbiettò, buttandomi giù dalla mia nuvoletta. Scossi la testa, più per riprendermi dai miei pensieri che per rispondere a quello che aveva detto.
  ‹‹No, invece.››
  ‹‹Demi, io...›› iniziò, ma si bloccò di colpo. Mi voltai verso di lui e ne approfittai del suo silenzio per parlare, in un filo di voce: ‹‹Josh, tu non hai fatto niente per cui tu debba scusarti. Anzi, io devo... Ringraziarti. Grazie. Grazie per avermi difeso. Se non fossi intervenuto io non… Non so dove sarei ora. So solo che non sarei serena come sono adesso.››
  Mi poggiai sulla sua spalla stancamente. Mettendo da parte il fatto che lo amavo alla follia – ed era difficile, tanto – era davvero un amico perfetto, che non mi faceva mancare niente e mi dava anche più di quello che meritassi. Mi faceva sentire amata, e non disprezzata come mi sentivo ogni giorno alzandomi dal letto, avvolta nella solitudine e monotonia della mia vita.
  Abbassando lo sguardo, guardai le mie braccia coperte dalle maniche del maglioncino che portavo: quasi li vedevo, attraverso la stoffa, i tagli rossi e strazianti che mi laceravano dentro solo a vederli, le vecchie cicatrici che rendevano in alcuni puti la pelle più scura. Non li avevo mai mostrati a Josh e non avevo intenzione di farlo. Conosceva già molti lati di me che pochi conoscevano, che tenevo nascosti per via di quanto mi facessero male: non gli avrei mai mostrato quello peggiore.
  ‹‹Già, non sarei serena come ora...›› ripetei, affondando il viso nell’incavo del suo collo, facendomi sempre più pensierosa. Erano da giorni che non mi tagliavo, se non settimane, nonostante tutto quello che mi era successo. Ed era tutto merito di Josh, perché lui mi aveva illuminato le giornate, mi aveva tirato fuori dall’oscurità prima che fosse troppo tardi, arrivando con un tempismo perfetto.
  Sentii delle lacrime bagnarmi il viso, ma non mi preoccupai di asciugarle; perché quelle, che erano lacrime di gioia, sarebbero passate sul mio viso cancellando le tracce di quelle dei pianti più strazianti, facendomi sembrare quest’ultimi più lontani. E tutto grazie a quel ragazzo che mi avvolse con le sue braccia e posò il mento sulla mia testa, cullandomi dolcemente mentre singhiozzavo sorridendo tra le lacrime.

______________________________



Capitemi, un capitolo interamente Joemi dovevo metterci molto per scriverlo. Okay, ammetto che ce lo avevo già pronto, ma oramai chi lo trova più il tempo? io no, perche sono imbranata e non mi so organizzare. Ah, chi mi aiuta a risolvere un problema di matematica entro...cinque minuti? çç 
Va bene,arriviamo alle cose serie, cioè il capitolo. Non pensate che quei due siano dolcissimi? Stavolta nonvolevo solo evidenziare l'amore che demi prova per josh, ma anche la loro amicizia, che non è comunque da sottovalutare. AHHH, quando mi arriva un ragazzo come Josh a me? Uno chesi lascerebbe trascinare a londra, mi sposerebbe e poi venisse in viaggio di nozze sull'isola di Edward e Bella in Twilight? Ragazze, io ho perso le speranze, non esiste un ragazzo perfetto.
Okay, non so fare l'esercizio 252, passo al 218. lol
Immaginavo, sinceramente, che questo capitolo mi venisse meglio. Ho provato a migliorarlo, ma non mi soddisfa ancora. pazienza, per me l'importante è il contenuto,spero vi piaccia.
Ovviamente sono di fretta,quindi non mi trattengo ancora molto. volevo ringraziare di cuore i 4 angeli che hanno recensito lo scorso capitolo e naturalmente voi lettori che:
 in 13 preferiscono questa storia (wow, tantissimi. grazie infinite.)
 in 5 la ricordano,
 in 22 la seguono (ho letto bene? 22? no, devo cambiare gradazione degli occhiali, lo so)
Scusatemi per i tremendi ritardi, sopratutto in questi mesi dovrò stare poco al computer e studiare molto, al conservatorio il prof di strumento ha deciso di farmi fare due anni in uno e devo fare un esame carico, ho tantissimi pezzi da studiare, devo staresullo strumento almeno un'ora al giorno sennò non ci riesco. quindi scusatemi davvero, spero che queste attese non vi invoglino a non leggere questa storia, perchè significa molto per me.
Chi mi lascia una recensione? mi piacerebbe sentire anche chi non mi ha ancora scritto, sono curiosa di conoscervi, davvero!

Scappo, babes. Al prossimo capitolo. c:
Baci,
Glo.

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love you all, shawties.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14.
And we live,
and we learn,
and we try
and try
and try
and try.

-Justin Bieber,
Down to earth

  ‹‹Demi, vieni  qui un attimo perfavore.››
  Mi chiesi cosa volesse mia madre. Le dissi che arrivavo subito, mentre mi toglievo il cappotto e buttavo la borsa a terra. Affacciandomi nella cucina, la vidi appoggiata alla penisola di marmo con i gomiti, che si reggeva la testa con stanchezza. Davanti a lei c’era una lettere chiara e formale, la cui sola vista mi terrorizzò. Ma la cosa che più mi turbò, fu quando capii che era una lettera da parte dell’avvocato.
   ‹‹Siediti tesoro.›› mi disse dolcemente, allontanando una sedia dal ripiano e battendo la mano sul seggiolino. La raggiunsi barcollante e mi ci appollaiai sopra, ansiosa: cosa diceva quella lettera? Perché la mamma aveva quell’espressione afflitta? Cosa voleva papà ora?
  Dopo un respiro, mamma parlò con un filo di voce: ‹‹Papà vi vuole vedere. Questo fine settimana.››
  Mi porse la lettera e io la presi tra le dita tremanti, iniziando a leggerla. Ma ero troppo scossa per riuscire a capire ciò che era spiegato con quel linguaggio formale e complicato. Lasciai perdere subito, posando sul ripiano la lettera aspettando che mia madre mi spiegasse tutto.
  ‹‹Dice che ci vuole tutte e tre a casa sua, per cena, venerdì sera. Madison è costretta ad andarci, ma qui dice che tu…›› si interruppe per sospirare. ‹‹... Tu puoi scegliere se venire con noi o meno, in quanto diciassettenne.››
  Tacqui. Era la prima volta che papà mi dava libero arbitrio sulle questioni familiari. Magari l’aveva convinto il suo avvocato, forse la mamma l’aveva supplicato di lasciarmi scegliere – era capace di farlo. Comunque c’era qualcosa che non quadrava, lo stesso qualcosa che aveva convinto mio padre a lasciarmi scegliere.
  O forse ero troppo paranoica. Forse aveva capito che non ero più una bambina.
  ‹‹Sai che non verrò. Non voglio vedere papà.›› mormorai. Mamma annuì con la testa: qualcosa nella sua espressione rassegnata mi diceva che aveva già intuito la mia risposta prima che gliela dicessi apertamente.  
  ‹‹Ce la fai a rimanere da sola?››
  ‹‹Chiamerò Miley, non sarò sola.››
  ‹‹Va bene.›› annuì lei. Abbassai lo sguardo sulle mie mani, chiedendomi se dovessi andare: forse la mamma si sarebbe sentita più tranquilla sapendomi vicino a Madison... Ma io non ce la facevo. Non ce la facevo a ripresentarmi davanti a papà senza sputargli addosso delle accuse, mi ero trattenuta fin troppe volte. Non ci sarei andata, punto.
  Mi alzai piano dalla sedia e uscii dalla cucina silenziosamente, recuperando la mia borsa con i libri. Salii nella mia stanza, senza che la confusione e il sospetto che ci fosse qualcosa dietro mi abbandonassero. Mio padre e mia madre avevano divorziato da dodici anni oramai. Ogni anno, puntualmente, papà si faceva vivo, sbattendo in faccia a mamma una lettera che reclamava me e Madison per una settimana o due a casa sua. Io e mia sorella ci eravamo sempre andate se pur con riluttanza, almeno da parte mia. Odiavo quello che aveva fatto nei confronti di mia madre, lasciandola sola con due bambine, abbandonandole a sé stesse per inseguire la carriera. Al solo pensarci mi veniva la nausea: mi dispiaceva solo per Madison, che non capiva bene la situazione e da lui ci andava sempre volentieri. Sapevo quanto a mamma facesse male questo, perché in parte faceva male anche a me.
  Scossi la testa, chiudendomi la porta della camera alle spalle: dovevo lasciare perdere, avevo bisogno di distrarmi. Guardai la borsa buttata ai miei piedi: con la confusione che avevo in testa, non ce la facevo a studiare.
  Presi l’iPod da uno scaffale della mia libreria e lo accesi, infilandomi le cuffie nelle orecchie. Mi sdraiai sul letto e mi addormentai, con alcune lacrime amare che mi bagnavo il viso.
 
  Quando mi svegliai, la stanza era buia. Mi voltai verso il comodino di fianco al letto, guardando le cifre verdi e luminose della radiosveglia: 20:57. Avevo davvero dormito così tanto?
  Mi chiesi se non mi fossi sognata tutto. Le accuse di Chelsea di quella mattina, la chiacchierata con Miley, i minuti nell’infermeria con Josh, e infine la lettera di papà. Mi sembrava tutto così irreale, nonostante tutti quegli eventi così disordinati e contraddittori l’uno con l’altro erano caratteristici di ciò che passavo ogni giorno: prima mi sentivo uno schifo, inutile, poi tornava tutto normale, tranquillo e sereno, come Miley e Josh riuscivano a fare, facendomi scordare dei lati brutti della mia vita. E poi, appena loro non c’erano,la realtà mi cadeva addosso pesante, come se fino ad allora avessi solo fatto una passeggiata nel mondo delle meraviglie e, al ritorno, mi fosse toccata una punizione per essere scappata dalla mia vita reale.
  Voltando la testa sul cuscino, guardai la mia stanza semibuia. La luce dei lampioni che davano sulla strada filtrava lieve dalla finestra e illuminava la moquette del pavimento e il mio disordine su di essa.
  Rimasi un altro poco sdraiata, tendendo le orecchie per ascoltare se fuori dalla mia camera, in casa, ci fosse qualcuno. Ma sapevo che Madison era come tutti gli altri mercoledì sera a casa di Jennifer e mamma era uscita come accadeva sempre quando mia sorella non c’era.
  Mi alzai piano dal letto dopo essermi accertata che ero sola, e andai in bagno spedita. Mi feci una doccia e mi infilai il pigiama, legandomi i capelli in una coda, per poi sedermi sul letto a gambe incrociate, con i libri davanti.
  Guardando il  libro di algebra, mi convinsi che l’unico modo per dimenticare tutto almeno per un altro po’ era concentrarsi su altro, come i complicati calcoli matematici. Aprii il quaderni con un sospiro e mi misi subito al lavoro, nonostante la testa mi facesse ancora male dopo la lunga dormita.
 
  Un’ora dopo, finii tutto. Con una smorfia chiusi i libri e ributtai la penna nell’astuccio, che provocò un rumore lieve nello scontrarsi con le altre; poggiai i gomiti sulle ginocchia e mi presi la testa tra le mani. Respirai profondamente, e cercai di ragionare su cosa era successo quel giorno. Forse, ora che ero più lucida, sarei riuscita a sciogliere qualche nodo.
  Quella mattina avevo trovato le chiamate da quel numero sconosciuto... già, quel numero. Il fatto che non lo riconoscessi mi irritava ancora, ma anche a Miley era sembrato familiare. Forse avrei scoperto chi fosse prima di quanto credessi. Mi chinai per afferrare la mia borsa ed estrarne il cellulare: come sospettavo, quel numero mi aveva chiamato ancora, e stavolta le chiamate erano tre. Niente messaggi. Magari sbagliava numero. Magari cercava Miley ma stava chiamando me...
  Eppure era così strano. Oramai chiamava due volte al giorno. C’era qualcosa di importante dietro. Qualcosa che andava detto a voce, visto che la persona non scriveva sms. Pensarci non faceva altro che far aumentare la mia curiosità. Ero così assorta nei miei pensieri, che quando il telefono mi squillò in mano sobbalzai dallo spavento.
  Era Miley. Wow, la avevo chiamata col  pensiero. Sorrisi e accettai la chiamata, mettendo il vivavoce per avere la possibilità di muovermi senza dover incastrare il telefono tra la spalla e l’orecchio e farmi venire un torcicollo.
  ‹‹Ehi Mils.›› la salutai, mentre  poggiavo il cellulare sul letto e iniziavo a raccogliere i libri.
  ‹‹Demi, va tutto bene?›› la voce lievemente gracchiante che venne fuori dall’apparecchio aveva alcune tracce di ansia. Aggrottai le sopracciglia: come mai me lo chiedeva?
  ‹‹Sì, perché?››
  Sentii un sospiro di sollievo da parte di Miley, seguito dalla sua voce che, più arzilla, spiegava: ‹‹Niente, non ti ho più vista dopo che te ne sei andata con Josh in infermeria.›› fece una pausa, nella quale non mi andò di dire niente su ciò che era successo in infermeria. Era troppo… speciale, e sentivo che raccontandolo la magia di quel momento sarebbe evaporata via.
  ‹‹Dems, sei sicura che vada tutto bene?››
  Sospirai. Non potevo nascondere l’altra cosa a Miley. Avevo bisogno di dirlo a qualcuno, come se avessi un peso sulle spalle. Mordicchiandomi il labbro rinfilai i libri nella borsa, ragionando sul da farsi. Poi cedetti e, con un sospiro, ammisi: ‹‹Beh, non esattamente.››
  Le raccontai della lettera dell’avvocato di mio padre, di quei minuti passati con mia madre e di cosaci eravamo dette. Quando finii mi sentii molto meglio, anche senza le sue parole rassicuranti che, alla fine, mi calmarono del tutto. Ma sì, di certo mio padre aveva capito che non ero più una bambina. Me lo sarei dovuto aspettare, invece di preoccuparmi così tanto.
  ‹‹C’è dell’altro›› aggiunsi, quasi senza pensarci.
  ‹‹Cosa?›› la domanda di Miley era piena di curiosità, e mi venne da sorridere nel sentirla. Mi affacciai alla finestra della mia camera, prendendo il cellulare con me, e guardando fuori il cielo blu che faceva di sfondo alla casa di Josh, proprio davanti alla mia, le dissi con un filo di voce: ‹‹Il numero sconosciuto mi ha richiamato, ma come al solito non ho sentito il cellulare.››
 Miley tacque per un po’, e immaginai che ci stesse riflettendo sopra. Dopo pochi minuti, infatti, la sua voce divenuta leggermente più cupa mi disse: ‹‹Comincio preoccuparmi. Chiunque sia, ha qualcosa di davvero importante da dire.››
  Annuii, incosciente che lei non mi potesse vedere in quel momento. ‹‹Già, lo penso anche io.››

 

_____________



Sono in clamoroso ritardo, e sono anche di fretta.
perdonatemi davvero, ma questo è un periodo di merda. Non ho neanche il tempo di mettermi le mani nei capelli, per intenderci.
Se mia madremi sgama al computer sono fottuta, quiiiindi, sarò spiccia. 
Scusatemi se questo non è uno dei miei capitoli migliori, ma oramai sapete che se non si tratta di scene romantiche non so scrivere ewe
Comunque spero abbiate capito un po' cosa sia successo, se avete dei dubbi come al solito chiedetemi pure,sono dispostissima a chiarirvi le idiee e aiutarvi a capire.
Bene, non so che altro aggiungere lol
ringrazio di cuore

letypolly
Mitchieisback_
e
Stella Cadente
che hanno recensito lo scorso capitolo, e come al solito tutte le persone che seguono/ricordano/preferiscono questa storia, siete 45!
Scappo, domani ho lo stage di danza e se voglio finire di studiare tutto quelo che ho per lunedì devo alzarmi presto.
scusatemi davvero se farò un po' di ritardi, ma l'altra soluzione sarebbe di sospendere le ff fino a giugno, e non voglio farlo.
Devo ancora iniziare la tesina, uff cwc
la smetto di lamentarmi e vado davvero ahahah
baci,
Glo.


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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15.
so, if you let me,
here's what I'll do:
I'll take care of you.

- Drake ft. Rihanna, Take care.

  ‹‹Ehi, Deedee››
  La voce calda di Josh attirò la mia attenzione: alzai lo sguardo verso di lui, che si sedeva sorridente davanti a me e con cautela faceva scivolare un vassoio sul tavolo della mensa che c’era fra noi due.
  ‹‹Josh, che ci fai qui?›› chiesi piano, inarcando un sopracciglio. Lui rise, facendomi inspiegabilmente ridacchiare a mia volta, mentre nella mia testa mi davo dei nomi per la domanda poco precisa.
  ‹‹Finchè non prendo quella benedetta maturità non me ne posso scappare di qui›› disse lui, scuotendo le spalle, mentre io alzai gli occhi al cielo: peccato che saltare i giorni di scuola fosse la sua specialità oramai. ‹‹Ma se la tua domanda non si riferisse a questo›› aggiunse, sporgendosi un po’ più in avanti e abbassando la voce, ‹‹Chelsea ti tiene d’occhio da stamattina, quindi devo starti vicino per impedirle di attacarti di nuovo.›› Era serio mentre lo diceva, in un modo così convincente che mi fece abbassare lo sguardo e mordicchiarmi il labbro.  Lo scorsi inclinare la testa da un lato e ispezionare il mio viso con attenzione mentre aggiungeva: ‹‹Sei così… debole negli ultimi tempi. Non voglio che ti accada niente che ti butti giù del...››
  ‹‹Ciau Joshua!››
  ‹‹...tutto›› finì frettolosamente in filo di voce, prima di sorridere a Miley, che in quel momento si sedette vicino a me ricambiando il sorriso, lasciando cadere con noncuranza la sua borsa a terra e facendo scivolare il vassoio dinanzi a sé.
  ‹‹Ehi Mils!›› la salutai, cercando di non far trasparire quanto fossi scioccata da ciò che mi aveva detto Josh. Le sue parole mi riecheggiavano ancora in testa. Sei così… debole negli ultimi tempi. Quella frase, mi terrorizzava. Con tutto quello che era accaduto in soli quattro giorni, potevo aspettarmi di tutto. Sentivo che quel week-end sarebbe successo qualcosa, qualcosa di importante. Non riuscivo a capire se fosse qualcosa di bello, oppure... la ciliegina sulla torta della mia settimana peggiore.
  L’abbraccio improvviso di Miley mi scosse violentemente dai miei pensieri. Ritornai completamente alla realtà, aggrottando le sopracciglia, mentre la mia amicami sussurrò all’orecchio, allegra: ‹‹Ricordami che quando il tuo fidanzato se ne va devo dirti una cosa.››
  ‹‹Non è il mio… ›› iniziai a protestare, ma quando il mio sguardo dal soffitto cadde su Josh, mi arrestai di colpo e mi morsi la lingua mentre Miley se la rideva. Il ragazzo ci guardava con la fronte aggrottata, chiedendoci silenziosamente di aggiornarlo. Scossi la testa, intimandolo a lasciar perdere, ma sapevo che non sarebbe servito a niente. Il suo sguardo, infatti, si fece più incuriosito e cadde di nuovo su Miley, che intanto si stava stappando una bottiglia di chissà quale bevanda strana per poi buttarsene un po’ del contenuto in bocca con fare strafottente. Mi venne da ridere, ma mi trattenni.
  ‹‹Allora, di che stavate parlando?›› ci chiese a gran voce. Solo io, però, la sentii aggiungere “piccioncini” a mezza voce, dandomi una gomitata sotto le costole. Abbassai la testa imbarazzata, mettendomi a giocherellare con il blocco-schermo del cellulare mentre, sotto il tavolo, le pestavo un piede. Miley non gemette dal dolore, ma la scorsi comunque fare una smorfia. Josh, intanto, ignorando la sua domanda inclinò la testa da un lato, per porgerne un’altra.
  ‹‹Come mai così di buon umore, Destiny?››
  Mi avvicinai leggermente a Miley, voltandomi verso di lei per guardarla intensamente, in quel modo che sapevo le desse fastidio. La ragazza, infatti, voltò la testa dal lato opposto stizzita, rispondendo alla domanda seccamente: ‹‹Non sono affari tuoi, J.››
  Trattenni a stento una risata, mentre Josh buttava gli occhi al cielo. ‹‹Siamo anche acidine ‘sta mattina, vero?›› la stuzzicò ancora,  facendo stizzire ancora di più la mia amica, che gli servì solo una linguaccia.
  Stavolta risi senza riuscirmi a trattenere, attirando l’attenzione di Josh che mi rivolse un occhiolino mentre faceva un mezzo sorrisetto compiaciuto. Abbassai la testa imbarazzata, mentre le mie guance avvampavano; solo allora notai che il vassoio di Josh era posizionato davanti a me e non a lui, che teneva le mani poggiate sul tavolo bianco davanti a sé, stringendo tra le dita il cellulare con le cuffie attaccate che cadevano sul tavolo, il cavo nero che contrastavo con lo smalto bianco del tavolo. Aggrottai la fronte, mentre, alzando una mano, indicai il vassoio.
  ‹‹Josh, il tuo vassoio è...›› iniziai, confusa.
  ‹‹Tuo.›› completò lui la frase per me, sorridendomi. Lo guardai in cerca di una spiegazione, e il suo sorriso si spense pian piano lasciando spazio a un’espressione più seria, mentre abbassava lo sguardo sulle sue mani, raddrizzando un poco la schiena.
  ‹‹Non avevi presi niente, allora ti ho preso io qualcosa.›› spiegò a mezza voce. Mi lasciai scappare un’esclamazione stupita,  mentre sentivo lo sguardo di rimprovero di Miley su di me.
  ‹‹Grazie...›› mormorai in imbarazzo, sentendo che sarei riuscita a sopportare lo sguardo di Miley, pesantissimo, su di me. Guardai Josh, sorridendogli cortesemente e scuotendo piano la testa: ‹‹Non dovevi preoccuparti. È che non sto bene e...››
  ‹‹Demi,›› mi interruppe Josh posando la sua mano sulla mia. A quel contatto sobbalzai leggermente, per poi guardarle nostre mani e di nuovo lui, che alludeva alla mia amica con il mento. Voltandomi verso di lei, la scorsi fissare il pavimento, tamburellando nervosamente le dita sul tavolo mentre le sue guancie, di solito candide, si coloravano leggermente per la collera. Mi morsi un labbro, spostando di nuovo lo sguardo sul vassoio e, facendo un sospiro piano, aggiunsi con cautela: ‹‹E... E mangerò tutto, anche se non voglio.››
  Josh mi rivolse un sorriso sincero, ritirando la mano velocemente prima che Miley alzasse lo sguardo e mi sorridesse a sua volta. Risposi anche io con un impacciato sorriso, mentre nella mia testa iniziavo già a tirarmi dei nomi. No, no, no, no. Non dovevo farlo.
  Guardai il vassoio davanti a me ancora una volta, e poi sbirciai trai ciuffi di capelli i loro sorrisi. Non volevo deluderli, ma non volevo neppure deludere me stessa. Nonostante questo, presi uno dei sandwich e ne staccai un piccolo pezzo per metterlo in bocca. Il mio stomaco si risvegliò con un lieve gurguglio mentre ingoiavo. Ne misi in bocca in altro pezzo, masticando piano come il primo, e poi ancora un altro.
  ‹‹Brava Demi.›› mi sussurrò Miley appoggiando la testa brevemente sulla mia spalla. Josh mi rivolse uno dei suoi sorrisi sghembi appena mi voltai verso di lui, a farmi capire che era d’accordo con Miley. La tensione si sciolse pian piano e anche loro iniziarono a mangiare chiacchierando allegramente, Josh addentando l’altro sandwich e Miley sgranocchiando le sue patatine fritte. E mentre ridevo con loro e partecipavo al loro discorso esilarante e insensato, pensai a quanto fossero importanti per me quei due ragazzi seduti al mio tavolo.
 
  ‹‹Ma è impossibile! Io non ci credo!›› risse Josh, esitando un’ennesima volta a bere la coca-cola che teneva in mano per evitare di strozzarsi ridendo a un’ennesima cretinata di Miley, la quale in quel momento, lo guardò assottigliando lo sguardo e incrociando le braccia al petto. ‹‹Mi metti alla prova, Joshua?›› sibilò. Ridacchiai tra me e me, mentre Josh scuoteva la testa.
  ‹‹Per carità, hai già fatto le tue cavolate, non vorrai aggiungere pure questa!›› Josh buttò gli occhi al cielo, bevendo finalmente un sorso dalla lattina che aveva in mano da un’ora. Miley, indignata, voltò di scatto la testa dall’altro lato e io ridacchiai. Insomma, non poteva davvero pretendere di mettersi le cuffiette nel naso e usare la bocca per amplificare il suono... nel bel mezzo della mensa. Ridacchiai al solo pensiero, nello stesso momento in cui lo fece Josh.
  Lo guardai, alzando lo sguardo, cosa che fece anche lui. Ci fissammo intensamente, finchè...
  ‹‹Dems, il tuo telefono sta squillando›› mi avvertì Miley. Scoccai un’occhiata all’apparecchio che vibrava frenetico appoggiato al tavolo. Lessi vagamente il numero, e mi agghiacciai: mi voltai di scatto verso di Miley, con gli occhi strabuzzati, e lei capì al volo. Controllando a sua volta in numero sul cellulare e poi guardandomi di nuovo, annuì con la testa: ‹‹È lui.››

________________


 

AHHHHHHH ma quanto è dolce Josh in questo capitolo? basta, amo quel ragazzo, ora lo frego a Demi e lo prendo per me. trololol
No aspetta, ho iniziato l'author space di merda .-. replace, babe.
<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<
Ssera!

sto usando il computer di mio papà, e siccome è molto figo mi son gasata e mi è venuta voglia di aggiornare OuO
In realtà in  questo momento dovrei scrivere la tesina, ho finalmente trovato tutti i collegamenti, voglio un applauso bitches.
Scusatemi lo sclero, ma capitemi, sono su di giri. cwc
Allora, scusatemi per il ritardo etc. etc. No, non sto starnutendo ewe
Mi ritiro al più presto perchè le mie battute fanno cagare ma le sto facendo lo stesso, yo. che cavolo mi prende non lo so.
Okay, cerco di fare la seria. 
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo, grazie a chi segue/ricorda questa storia, e grazie alle diciotto persone che l'hanno messa tra le preferite, giuro, vi bacerei i piedi, perchè grazie a voi questa storia è al quinto posto tra le più popolari nella categoria 'demi lovato'
quando l'ho visto stavo piangendo, gosh AHAHAHAHAHAHAHAHA no sul serio, grazie.
Non credevo che questa storia potesse piacere così tanto, ma siete voi le lettrici, io mi limiterò a scrivere come meglio posso. 
Vado davvero, foglio fare qualcosa di utile ora. lol
grazie davvero a tutte quante, vi amo.
Baci,
Glo. 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16.
I've find your lips
so kissable,
and your kiss
unmissable,
your fingertips
so touchable,
and your eyes
irresistable.

- One Direction, Irresistable.

A dave, che, non so come, mi sopporta ancora. Grazie.

  Il numero sconosciuto che mi cercava da giorni mi stava chiamando, proprio in quel momento. Tenevo il cellulare che continuava a squillare in mano, senza avere il coraggio di accettare la chiamata. Che ne potevo sapere su di lui? Magari era mio padre; era possibile dal momento che alla mamma era arrivata la lettera. Deglutii, turbata al solo pensarci; di certo, se fosse stato lui, non me la sentivo proprio di rispondere.
  ‹‹Che succede?›› chiese Josh preoccupato: Miley gli spiegò velocemente tutto, e anche sul suo viso si fece strada un’espressione di inquietudine. Io continuai a guardare il cellulare, in trance, finché la chiamata non si archiviò come persa. Lasciai uscire l’aria che trattenevo, mentre Miley finiva di parlare ed entrambi si girarono verso di me.
  ‹‹Chi pensi che sia?›› Mi chiese Josh piano. Lo guardai a lungo, poi posai di nuovo lo sguardo sullo schermo del telefono, rileggendo il numero. ‹‹Non lo so... forse mio padre.›› mormorai. Josh inarcò un sopracciglio, mentre Miley aggrottò lo fronte, riflettendoci sopra.
  ‹‹Ieri mamma ha ricevuto una sua lettera, era... strana.›› spiegai, e lui annuì. Tra me e me, pensai a quanto fosse comprensivo. Non mi faceva mai domande su argomenti che sapeva io non sopportassi affrontare. Miley si mordicchiò l’interno della guancia, perdendo lo sguardo nel vuoto. Poi aggrottò le sopracciglia, chiedendo: ‹‹Ma allora perché è familiare anche a me?››
  ‹‹Non lo so, magari l’hai letto qualche volta dal mio cellulare. È da un po’ che non mi chiama, quindi è probabile che ci siamo scordate entrambe il numero.›› mormorai confusamente, mentre rileggevo un’altra volta le cifre sullo schermo. Oramai riuscivo a ricordarmelo a memoria, quel numero, per quante volte l’avevo riletto.
  ‹‹Non ce l’hai segnato da qualche parte? Un foglietto, una rubrica, qualcosa? In fondo è sempre il numero di tuo padre›› mi chiese Josh, cercando di aiutarci. Scossi la testa, sempre più seccata: ora che sapevo chi probabilmente ci fosse dietro quel numero, la questione non mi interessava più di tanto. Non avevo intenzione di parlare con lui, tantomeno sapere cosa volesse dirmi. Sentii Miley posarmi una mano sul braccio, notando quanto fossi stizzita. Cercò di farmi calmare, dicendomi: ‹‹Demi, non fare così: magari non è lui›› ma non funzionò molto.
  Josh tamburellò le dita sul tavolo poi tese la mano verso di me. Lo guardai, cercando di capire cosa volesse poco prima che lui mi chiedesse esplicitamente: ‹‹Posso leggerlo?››
  Scossi le spalle indifferente e gli porsi il cellulare. Lui lo prese e lesse velocemente il numero, facendo schizzare gli occhi verdi da una parte all’altra dello schermo. Sembrava rilassato, finché non li strabuzzò un poco e smise di giocherellare con le cuffie che teneva nell’altra mano. Sembrava teso, e sia io che Miley ce ne accorgemmo. Lanciandomi un’occhiata, fu Miley a parlargli per prima: ‹‹Lo conosci?››
  ‹‹N-no.›› balbettò esitante Josh, risvegliandosi dalla sua trance. Io e lei ci scambiammo un’altra occhiata furtiva, constatando che eravamo tutte e due d’accordo sul fatto che ci stesse mentendo. Presi il cellulare che Josh mi porse frettolosamente, quasi volesse allontanarlo da sé il prima possibile, e lo guardai con una punta di preoccupazione: ‹‹Jo, va tutto bene?››
  Il ragazzo annuì, alzandosi di scatto non appena la campanella si mise a suonare, avvertendoci che era ora di ritornare in classe. Mi guardò, mentre si buttava sulla spalla la tracolla e mi chiese, frettoloso: ‹‹Dems, hai lezione di letteratura ora, vero?››
  Annuii, e lui mi fece cenno di alzarmi, dicendomi che mi avrebbe accompagnato mentre prendeva il vassoio e si avviava per metterlo a posto. Mi voltai verso Miley, scombussolata, ma dal suo sguardo altrettanto confuso intuii che neanche lei aveva capito cosa passasse per la testa di quel ragazzo.
  ‹‹Ci vediamo dopo scuola, mi raccomando›› mi mormorò, prima che Josh tornasse da noi e mi prendesse per mano, salutando frettolosamente Miley. Le mimai un ‘va bene’ a fior di labbra, guardandola prendere un’altra direzione rispetto alla nostra affiancando un’altra ragazza, Cher, che frequentava il suo stesso corso di Storia, la quale la aspettava per raggiungere la classe. Mi voltai, poi, verso Josh, tenendo il suo passo a fatica: la sua camminata veloce equivaleva ad una mia corsa, e in quel momento sentivo che se non lo avessi fatto rallentare sarei arrivata all’aula con il fiatone. Gli strattonai un braccio, intimandolo a fermarsi. ‹‹Josh, fermati un attimo.››
  Lui si voltò verso di me, guardandomi quasi con timore. Aggrottai la fronte, sempre più confusa di fronte al suo comportamento. ‹‹Sei sicuro di non conoscere quel numero?›› gli chiesi, e, quando lo vidi fare un cenno di dissenso con il capo, aggiunsi con cautela: ‹‹Mi sembri nervoso...››
  Lui abbassò la testa, evitando il mio sguardo.  Il che mi fece insospettire ancora di più. ‹‹È che... – iniziò, con un tono basso e indeciso – ho i miei sospetti, ecco. Ma non ne sono sicuro. L’unica cosa di cui sono certo, è che non è tuo padre.››
  Scossi la testa, capendoci sempre meno: perché tutti questi misteri, così, di punto in bianco? Cos’era tutta quella agitazione?
  ‹‹E allora chi è?›› chiesi, guardandolo. Lui sfoderò un sorrisetto, rispondendomi: ‹‹Lo scoprirai quando gli risponderai.››
 Buttai gli occhi al cielo, spazientita, prima di sentirlo ridacchiare e riprendere la sua camminata frettolosa, strattonandomi. Barcollai, ma per fortuna riuscii a rimettermi in equilibro prima di essere costretta a riniziare a correre; solo allora mi accorsi che le nostre mani non si erano separate nemmeno per un secondo. Arrossii al solo pensiero, voltandomi da una parte per nascondermi il viso con le ciocche di capelli.
  Raggiungemmo la mia aula in silenzio. Prima di entrare, mi voltai a ringraziarlo, lasciandogli il solito affettuoso baco sulla guancia. Ma lui mi fermò, e mi fece voltare nuovamente verso di lui. ‹‹Dems...››
  ‹‹Che?›› gli risposi frettolosamente; in fondo non vedevo l’ora di fiondarmi in aula e distrarmi da tutto quello che era successo con un po’ di noiosissime opere del passato. Lui mi guardò negli occhi per istanti che mi sembrarono infiniti, mentre il mio cuore accelerava il suo battito.
  Si avvicinò piano, facendomi trattenere il respiro. Mi inumidii piano le labbra, improvvisamente secche, deglutendo.  Lui era sempre più vicino, e i suoi occhi nei miei mi mandavano in tilt il cervello come ogni volta. Il richiamo delle sue labbra era sempre più forte, ma per quanto avessi voluto avvicinarmi a mia volta, ero troppo scombussolata per farlo.
  Josh si fermò a un soffio di distanza dal mio viso. Riaprii bene gli occhi che avevo socchiuso prima, aspettando il momento che un’altra volta non era arrivato. Lo guardai così vicino, esitante nel dirmi qualcosa che i suoi occhi cercavano di comunicarmi. Era disperazione quella? Faticavo a sapere le mie emozioni, figuriamoci le sue.
  ‹‹Promettimi che qualsiasi cosa accada, tu ti ricorderai che io ti voglio bene.›› mi sussurrò, quasi in tono di supplica. Aggrottai la fronte, alzando una mano per posarla sulla sua fronte. ‹‹Josh, stai bene?›› gli chiesi, preoccupata: il suo comportamento mi stava facendo davvero preoccupare, soprattutto ora che sapevo non stesse delirando per la febbre.
  ‹‹Deedee, non sto scherzando.›› si lamentò lui, scuotendo leggermente la testa per scostarsi dalla mia mano. Mi guardò negli occhi, e io mi morsi il labbro, sentendomi una stupida mentre diceva: ‹‹Promettimelo e basta, ho bisogno di una certezza.››
  Tacqui, guardandomi le scarpe. Le stesse che lui aveva recuperato dalle grinfie di Chelsea quel giorno che mi aveva stretta a sé nel bagno, facendomi sentir protetta. Come potevo scordare tutto questo? Come? Non riuscivo proprio a capire perché mi stesse chiedendo addirittura di prometterlo... O forse sì. Beh, lui come poteva sapere che ogni sua parola, gesto, sorriso, veniva registrato dalla mia mente e custodito gelosamente nel mio cuore perché... lui per me era molto più di quello che credeva?
  ‹‹Te lo prometto, Josh. E non ne dubitare mai.›› sussurrai, alzando timidamente lo sguardo mentre mi strofinavo una mano sul braccio, nonostante non ci fosse freddo. Josh sorrise, e mi si avvicinò di nuovo, stavolta più velocemente e deciso. Mi prese il mento tra le dita, e prima che potessi realizzare cosa stesse succedendo, le sue labbra mi lasciarono un piccolo bacio all’angolo della bocca, facendomi fremere.
  Si allontanò velocemente, lasciando il mio viso e sorridendomi furtivo prima di fuggire via, lasciandomi basita davanti alla porta dell’aula, a sfiorarmi quel punto in cui sentivo ancora le sue labbra, cercando di capire cosa fosse successo.

___________
 

SONO CATTIVISSIMA, scusatemi plz.
Ho riletto il capitlo (perchè l'avevo scritto un po' di tempo fa) e mi è salita un'ansia assurda, alcune cosenon me le ricordavo, come questo 'bacetto' finale di Josh che ha scombussolato anche me. Non so che avevo pevuto quella sera, e meno male che sono astemia .-.
Beh, spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, anche se l'avevo scritto digetto e con un po' di frenesia, quindi perdonatemi l'effeto ansia che fa salire mentre lo si legge, ma non ho davvero voglia di modificarlo perchè ho la mente che è priva di idee, tipo un buco nero. Ma l'importante è che abbia postato, no?
Sososososo waw, ho un sacco di ringraziamenti da fare.
Inanzi tutto ringrazie tutttttttte quante, perchè mi seguite ancora nonostante tutti imiei ritardi e la mia pazzia. Sono da rinchiuderein un manicomio, yo.
Poi, ringrazio tuttele dolcissime ragazze chemi hanno contattato tramite twitter e efp perfarmi i complimenti per questa ff, e anche quelle cheho sgamato a scriveremie citazioni: quando vivedo sorrido come una deficente, e mi sento anche piuttosto stupida, ma voi siete fantastiche, quindi grazie grazie grazie.
Grazie alle cinque ragazze che mi hanno rensito lo scorso capitolo (le ho lette tutte, ma preferisco rispondervi all'ultimo momento perchè mi è più comodo, quindi non pensiateche non vi calcolo lol), dolcissime anche voi.
E poi, beh, grazie a chi ha messo questa storia tra le ricordate e seguite, siete tantissime, e naturalmente a chi l'ha messa tra le preferite, grazie a voi questa ff rimane al quinto posto tra le più popolari, e io mi sento realizzatissima, perchè nonostante non conosca demi più di tanto questa ff vi piaccia comunque :') 
La smetto di annoiarvi con le mie chiacchere, ma prima volevo dirvi questo:
Ho dovuto cancellare la mia ff su justin, you can believe in me, perchè erasulla coppia dei jelena e, sinceramente, ora che si sono lasciati non mi andava di continuarla. Perciò la sto riscrivendo, in una nuova versione, e ho caricato il prologo un po' di giorni fa (ma non l'ha calcolato nessuno, povero). Se vi potesse interessare, vi lascio il link:

    
 

Ci terrei molto a sentire il vostro parere, perchè senon sarà molto seguita, lascerò perdere e ne scriverò un'altra che avevo in programma di scrivere questa estate, un cross-over su justin e i oned e frose anche ed sheeran. devo pensarci.
Questa era l'ultima cosa, ora mi dileguo. un bacio, e grazie a tutti peril supporto.
Glo. 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***



 

Capitolo 17.
Ever worried that
it might be tuined
and does it make you
wanna cry?

-P!ink, Try.

 

  ‹‹Oh. Por...››
  ‹‹Miley! Piantala di dire parolacce!›› la rimproverai esasperata, portandomi le mani aperte a poca distanza dalle orecchie e fissando il copriletto su cui eravamo sedute spazientita. Miley balbettò qualcosa simile a delle scuse, troppo scioccata per parlare chiaramente. Ridacchiai tra me e me, sembrava più scioccata di me dopo aver saputo la notizia, e devo sottolineare che, quella che era stata baciata, in realtà ero io.
  ‹‹Wow, non mi aspettavo si sarebbe dichiarato così presto›› annunciò, quando si fu ripresa un poco. Presi la pallina di gomma vicino a me e gliela lanciai, protestando un’ennesima volta: ‹‹Non si è dichiarato!››
  La pallina la colpì in piena fronte provocandole una smorfia sul viso, non perché le avesse fatto male, ma credo fosse più per il fastidio. Si vendicò, infatti, poco dopo, quando me la lanciò indietro mentre cercavo inutilmente di proteggermi con le braccia. Ci guardammo, e poi scoppiammo a ridere entrambe come due stupide. Lancia un’occhiata all’orologio e mi alzai dal letto, dirigendomi verso il bagno mentre dicevo a Miley: ‹‹Vieni, aiutami a togliere la tinta››
  Lei saltò giù dal letto e mi seguì, sorridendo emozionata. Alzai gli occhi al cielo: sapevo che non avrei dovuto dirglielo, ora mi avrebbe tartassato per tutto il pomeriggio. Schioccando infastidita la lingua, presi i capelli emi chinai sul lavandino, aprendo l’acqua per sciacquarmeli. Miley mi aiutò e non perse tempo per farmi altre domande: ‹‹E poi è scappato? Davvero? Devo ammettere che non è davvero così coraggioso come fa credere: se fosse stato meno codardo, invece di baciarti così ti avrebbe sbattuto contro gli armadietti e baciato direttamente in bocca...››
  ‹‹Mils, - la interruppi, voltandomi un poco verso di lei, - a me è piaciuto, quindi chiudi quel forno e taci.›› ridacchiai, mentre lei faceva un’espressione scocciata e chiudeva l’acqua con uno scatto. Con un sorriso vittorioso, presi un asciugamano e mi tamponai i capelli gocciolanti che, nonostante fossero bagnati, lasciavano già intravedere il risultato della tinta.
  ‹‹Tu ti accontenti sempre.›› si lamentò ancora lei, poggiandosi con la spalla alla parete.
  ‹‹Non è che mi accontento!›› protestai, facendo una smorfia infastidita. Lei si staccò dal muro, facendo per ribattere ma io la bloccai, sollevando un dito in aria. Stizzita, incrociò le braccia al petto e mi guardò scettica, attendendo che parlassi.
  ‹‹È che non mi aspetto un bacio di quel tipo - arrossii al solo pensiero - da parte di Josh.››  finii di parlare scoccando una timida occhiata a Miley, notando che sul suo viso un leggero sorriso le incurvava le labbra e i suoi occhi cristallini mi guardavano con tenerezza. Mi mordicchiai il labbro mentre lei ridacchiava, scuotendo la testa.
  ‹‹Va bene, come vuoi.›› disse, alzando le mani in segno di resa. Sospirai e accesi il phon per asciugarmi i capelli, mentre Miley saltellava di là nell’altra stanza, guardando il pavimento con aria assorta. Nonostante fosse strano, lasciai correre: avevo troppi pensieri per la testa, non mi potevo preoccupare anche dalla mia bizzarra amica che sosteneva il contrario delle mie idee. Eppure, nonostante tutto, le chiacchere insensate di Miley mi apparivano sempre più vere. Il sospetto che anche Josh provasse qualcosa quando stavamo assieme, quando ci stringevamo la mano o i nostri visi erano a una spanna di distanza l’uno dall’altro – situazione che si era verificata fin troppe volte negli ultimi tempi – era sempre più vivo dentro di me.
  Guardai il mio riflesso allo specchio, l’espressione confusa che avevo in viso: allora perché  esitava tanto? Era evidente che fossi innamorata di lui, e di certo non gli era scappato. Ma allora perché non faceva  quel piccolo passo? Conoscendolo, sapevo non fosse il tipo da aspettare che fosse la ragazza a fare il primo passo. Ricordavo di quella sera, in cui ce ne stavamo accucciati sul divano a guardare un film scadente preso dalla vasta collezione di suo padre, e avevamo discusso sulla trama. Ricordavo perfettamente la sua espressione basita di quando aveva visto la ragazza farsi avanti, e di come mi aveva fatto ridere con il suo discorso sul fatto che dovrebbe essere stato il ragazzo a farlo. Sorrisi inconsciamente al pensiero.
  ‹‹Dems, ti sta squillando il telefono›› mi chiamò Miley dall’altra stanza. Spensi il phon con un sospiro, tanto avevo già finito di asciugarmi i capelli. Mi affacciai all’altra stanza, chiedendole: ‹‹Puoi risponderete, per favore?››
  Miley scosse le spalle e, smettendo di sfogliare la rivista che aveva in mano, prese il mio cellulare e rispose, riportando lo sguardo sulle pagine patinate e mormorando un ‘pronto’ distratto. Tornai in bagno per posare l’asciugacapelli, ma non ebbi neanche il tempo di aprire l’armadio che Miley mi chiamò un’altra volta, dell’evidente incredulità nel tono di voce.
  ‹‹Chi è?›› chiesi, aggrottando le sopracciglia mentre spuntavo di nuovo nell’altra stanza. Lei non mi rispose, si limitò solo a porgermi il cellulare, quasi come se scottasse. Guardai la sua espressione ansiosa mentre premevo il tastino per mettere il vivavoce senza neanche controllare il numero di telefono, in modo che anche lei potesse sentire.
  ‹‹Pronto?›› mormorai, sempre più agitata. Mi sedetti di fianco alla mia amica, che prese la mia mano fra le sue, trattenendo il respiro. Era ansiosa, mi guardava in un modo così strano, come se potessi crollare da un momento all’altro. E fu proprio per questo che, strabuzzando gli occhi, capii perché avesse fatto rispondere me nello stesso istante in cui una voce maledettamente familiare rispose dall’altro capo del telefono.
  ‹‹Demi? Sei tu?››
  Smisi di respirare in quel preciso istante: La testa prese a vorticarmi, mentre vedevo con la coda dell’occhio l’espressione preoccupata di Miley. Stavo forse sognando? No, non credo. La mano della mia amica che stringeva la mia aumentò la presa, facendomi capire che quella era la realtà. Le mani iniziarono a tremare, e la mente a vagare.
  Mi voltai verso Miley, che si mordicchiava ferocemente un labbro. La vista mi si appannò, tutto attorno a me divenne sfuocato, le orecchie mi si tapparono quando cercai di impedire alle lacrime di uscire.
  Avrei voluto fare tante domande in quel momento. Mi sarebbe davvero piaciuto tornare indietro nel tempo e rispondere prima a quella telefonata da parte di un numero sconosciuto, come mi avrebbe fatto piacere anche non aver mai pregato Miley di rispondere al posto mio e perdere quella chiamata un’altra volta.
  C’è un momento della nostra vita in cui il passato più doloroso, che avevamo cercato di dimenticare, ritorna da noi quando meno ce lo aspettavamo, quando tutto sta andando così bene, ma la nostra felicità è appesa ad un filo sottile che il turbine di ricordi dolorosi spezzano. E così ci ritroviamo a cadere nell’oblio, mentre tutto ciò che ci avvolge è quel mucchio di ricordi che vorremmo solo scacciare, ma che non abbiamo forza per farlo.  
  ‹‹Sì. Sono io.›› risposi con voce tremante. Miley mi guardava impotente; i suoi occhi mi suggerivano un messaggio che avrebbe tanto voluto dire a voce: se potessi fare qualcosa, fidati, la farei.
  La verità di quelle parole, che sentii chiaramente nella mia mente, mi investirono come un treno incorsa, distruggendo dentro di me ogni minima speranza. La verità era ovvia,lo capivo: questa volta, dovevo farcela davvero da sola. Perché solamente io potevo fare i conti con il mio passato, e nessuno sarebbe stato in grado di aiutarmi. Feci un respiro profondo: ce la potevo fare. Stavolta, avrei affrontato ciò da cui ero fuggita da anni, che avevo fatto sparire dalla mia vita, per dimenticarlo. L’avrei fatto, e ora.
  ‹‹Ciao, Selena.›› la salutai, con un tono di voce che non trasmetteva alcuna emozione. Sentii Miley rabbrividire a quel nome, mentre la ragazza dall’altro capo del telefono si lasciò sfuggire a bassa voce un’esclamazione stupita.
  ‹‹Ti ricordi di me?›› chiese ingenuamente, con la voce che un poco tremava. Mi morsi forte la guancia, per impedirmi di cedere e perdere quel tono così sicuro.
  ‹‹Sai, è difficile dimenticarti.››

 

_____________

Dai,stavolta sono stata buona, ho caricato solo dopo dieci giorni kjskjbjfd ora voglio l'applauso lol
No dai, ilfatto è che sono felicissima, non potete immaginare quanto. Ora siete in 25 che preferiscono questa storia, otto che la ricordano e ventinove che la seguono. è fantastico, oddio. sono stupida se mi metto a piangere per questo? jenkjfn
Mmm, no, la smetto di sclerare c:
Grazie a tutte, davvero, vi abbraccerei se potessi, non potete neanche immaginare quanto questa cosa sia importante perme e bla bla bla. Sono monotona, ripeto sempre le stesse cose, me lo dice anchela mia prof di italiano lol
Comunque, grazie davvero a tutti. Amo te, te,te, te, te,te... AMO TUTTI, OKAY? lol 
sarò veloce, il computer si impalla negli ultimi tempi e non vorrei mai che si spegnesse prima che riesca a formattare tutto. cwc
Inanzitutto, si è scoperto chi è che chiama Demi. Ve lo sareste mai aspettato? Spero di no, amo giocare con l'effetto sorpresa. La mia amica dice che quando interrompo i capitoli metto ansia, io non me ne rendevo conto, perdonatemi, non voglio farvi dannare,non lo faccio apposta. cwc
poi, beh, si scoprirà  di più su cosa sia successo e tutto il resto, quindi non devospicciare una parola perchè non posso anticiparlo :*
Sapete cosa dovete fare per convincermi, in fondo sono una che si accontenta (?) di qualche parere, di qualsiasi genere, l'importante è che non mi lasciate scrivere alla cieca, senza sapere che ne pensate, mi sento come persa. E' solo grazie avoi se la ff sta uscendo così, voglio solo che voi lo sappiate. se non sento nessun appoggio, mi èfacile cadere e magari sbagliare, non riuscire a stupirvi come vorrei. Per questo per me èmolto importante, mi stimolate a sfidare sempredi più me stessa, a paerfezionarmi e dare del mio meglio. Non mi sono mai sentita così motivata per nessun'altra attività, forse perchè qui sento che voi ci siete, che sto facendo questa cosa che amo, scrivere,nel modo giusto. Grazie, davvero.
dopo questo discorso commovente, passiamo ad  un'altra comunicazione.
So che magari non vi interessa minimamente Justin Bieber, ma siccome ho ritentato discrivere una ff su di lui, ci terrei molto sepassaste a vedere, anche se lui non è il vosto idolo o trai vostri cantanti preferiti. Magari vi interessa la storia, chissà, io intanto vi lascio il link:

 

Grazie se passate.
Grazie anche per avermi dedicato un po' del vostro tempo leggendo il capitolo e i miei scleri qui sotto. vi adoro,stop.
Baci,
Glo. 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***



Capitolo 18.
I guess I always knew
That I had all the strength
to make it through.

- Demi Lovato, Believe in Me.



  ‹‹Almeno un mistero è risolto.›› sussurrò con cautela Miley, rompendo il silenzio.
  Puntellandomi con le mani, mi misi seduta per guardarla. Era quasi mezz’ora che stava rannicchiata sulla sedia della mia scrivania in silenzio, mentre io fissavo il soffitto bianco della mia stanza sdraiata tra i morbidi cuscini del mio letto, aspettando che le lacrime mi si asciugassero.
  La conversazione con Selena non era durata molto: doveva dirmi che era tornata in città, dopo tanto tempo. E che voleva vedermi, per spiegarmi ogni cosa.
  All’inizio avevo pensato di rifiutare l’appuntamento, ma la parte di me che teneva ancora a quella ragazza aveva avuto il sopravvento sul buon senso. Riattaccando, mi ero chiesta se avessi fatto la cosa giusta: ero scoppiata a piangere, con addosso la paura di non potercela fare. 
  Guardai la mia amica in cerca di spiegazioni: lei alzò le spalle, per poi farle cadere debolmente. ‹‹Sappiamo chi c’era dietro quel numero.››
  La guardai, annuendo. Non le prestavo molta attenzione, avevo ancora la testa troppo tra le nuvole per ascoltarla attentamente. Aggrottai le sopracciglia, riflettendo su ciò che aveva appena detto: avevamo sì scoperto chi fosse dietro a quel misterioso numero, ma...
  Come un lampo, nella mia mente apparve l’espressione preoccupata e ansiosa di Josh quando, quella mattina, aveva letto il numero. Mi alzai con uno scatto dal letto, facendo sobbalzare Miley sulla sedia. La scorsi con la coda dell’occhio controllare attenta ogni mio movimento, scrutarmi il viso per capire cosa stessi pensando mentre camminavo e le passavo accanto. Ma guardando il mio riflesso nel vetro della finestra, capii che quello che poteva capire era ben poco: la mia espressione era vuota, fredda. Rabbrividii da sola nel vederla.
  ‹‹Dems...›› mi chiamò, ma io non la calcolai. Mi avvicinai alla finestra, e posai le dita sul vetro freddo; guardai il vialetto di casa Luston, cercando con lo sguardo la macchina di Josh: non c’era. Assottigliai lo sguardo, e lo rivolsi verso la finestra della camera del ragazzo: sembrava deserta, in penombra, desolata. Non era in casa, forse. Ma se non lo era, chissà dove si era cacciato.
  Rimuginai ancora un poco sulle parole di Miley, mentre guardavo la pioggia, fuori, iniziare a scendere dal cielo. Quel numero, quella telefonata, quella voce. Avevo scoperto chi era, finalmente, ma ora non restava che scoprire...
  ‹‹Cosa c’entra Josh con… - deglutii, faticando a pronunciare quel nome. Le mie labbra tremarono, prima che riuscissi a parlare nuovamente a voce alta - Selena?››
  Mi voltai verso Miley, trovandola in piedi, a  pochi passi da me. La sua espressione preoccupata si raddolcì quando mi sentì parlare. Tese una mano verso di me, invitandomi a prenderla. Obbedii, esitante, studiando il suo viso per capire se lei sapesse qualcosa; Miley sembrò capirlo, perché mi attirò a sé e mi abbracciò, in modo che la sua espressione non fosse più nel mio raggio di vista. Ricambiai l’abbraccio distaccata, capendoci sempre meno. Un’insolita ansia mi assalì quando realizzai cosa era mio dovere scoprire ora.
  Selena e Josh? Mai l’avrei pensato. Non mi era mai passato perla testa, nemmeno per l’anticamera del cervello. Allora perché mi  preoccupavo così tanto se quell’insolita coppia poteva essere... esistita? E se lo fosse stata, cos’era successo? C’entrava qualcosa con quello che era successo tra me e Selena? E perché mi preoccupavo così tanto se fossero stati assieme o meno?
  Mi fermai a riflettere su quest’ultima domanda, mentre mi staccavo delicatamente da Miley e mi riaffacciavo alla finestra. Scrutai fuori la pioggia che scendeva, mentre cercavo di rispondermi da sola: Josh era il mio migliore amico, e anche il ragazzo di cui mi ero innamorata. Lui, quindi, faceva parte della mia vita. Ma non potevo di ceto biasimarlo se avessi scoperto che aveva dei segreti che non mi aveva mai detto. D’altronde, ne tenevo nascosti a lui anch’io.
  Selena, poi, stentavo a crederci. Nonostante tutto quello che era successo, lei era stata speciale per me, una volta. Eravamo davvero unite. Di lei mi fidavo ciecamente, con lei condividevo tutti i miei sogni, tutta la mia vita. Io mi fidavo di lei, e lei stessa mi aveva ripetuto più volte che nei miei confronti era lo stesso. Facevamo parte l’una della vita dell’altra, ce l’eravamo promesso, molto tempo prima.
  Già, forse era quello. Molto tempo prima. Ora non eravamo più lo stesso.
  Rabbrividii: e se quello che era successo tra i due... Fosse stato recente? Josh sapeva che Selena sarebbe tornata? Perché non me l’aveva detto? Sapeva quanto tenessi a lei. Beh, almeno credo.
  Una mano si posò sulla mia spalla: mi voltai di scatto verso Miley, accorgendomi che avevo il fiato corto. Cercai di controllarlo, posandomi una mano sul petto: mi ero dimenticata che lei era lì, e con quel gesto mi aveva fatto prendere uno spavento. Sentii gli occhi diventare improvvisamente umidi, il naso pizzicarmi.
  ‹‹Demi, va tutto bene?›› mi chiese, con cautela. La guardai negli occhi, ancora cercando di calmarmi: l’ansia che aveva negli occhi lei, però, non mi aiutava. Distolsi lo sguardo, allontanandomi. Presi un respiro e mi sedetti sul letto, prendendomi la testa tra le mani: un altro respiro.
  Un altro ancora.
  Presto il ritmo di essi tornò regolare. Le lacrime che minacciavo di uscire dai miei occhi sparirono. Quando riaprii quest’ultimi, alcuni secondi dopo, erano perfettamente asciutti.
  Ci ero riuscita. Guardandomi le mani, realizzai che, per un volta, ero riuscita a controllare tutto. Non stavo piangendo, non mi stavo disperando... Ero riuscita a mantenere la calma. Ero riuscita controllarmi e, soprattutto, a non fare qualcosa di cui poi mi sarei pentita. Alzai lo sguardo verso Miley, capendo che anche lei avesse intuito cosa stesse succedendo: la sua commozione negli occhi era chiara e leggibile, e il sorriso appena accennato era tremolante dall’emozione. Mi alzai di scatto in piedi e l’abbracciai, chiudendo gli occhi. Lei ricambiò l’abbraccio, stringendomi con altrettanto calore.
  Presto iniziammo a piangere entrambe. Ma non erano le lacrime di pianto, non erano pesanti e insopportabili. Erano, invece, veloci e leggere, piacevoli come  una carezza, un fiocco di neve che si posa sul tuo viso mentre sei all’aperto e nevica. Erano lacrime di gioia. Gioia, per esser riuscite a scacciare il dolore.
 
  ‹‹Sai Dems, stai benissimo con questo colore›› mi disse Miley prendendomi una ciocca tra le dita. Con la coda dell’occhio la vidi osservare il biondo ramato con cui li avevo tinti e sorridere, costatando che erano solo una una tonalità più rossiccia dei suoi. Sorrisi a mia volta, mormorandole un ‹‹grazie››.
  ‹‹Qual era la cosa che dovevi dirmi?›› le chiesi poi, mentre  passavo una pennellata di smalto nero sull’unghia della sua mano.
  Mi ero buttata tutto alle spalle, almeno per quel momento. Miley mi aveva aiutato a non pensarci, distraendomi con la sua trousse colorata. Non che fossi appassionata di trucco, ma almeno era qualcos’altro a cui pensare. E in fondo, aveva funzionato. Almeno are più piacevole aggrovigliarsi il cervello pensando a come abbinare rossetto e ombretto che rimuginando sui ricordi di una persona che era sparita dalla mia vita da un momento all’altro.
  Non sentendola dire niente, alzai lo sguardo verso di lei: stava sorridendo, e gli occhi, persi nel vuoto a fissare chissà che cosa,  le brillavano. Sorrisi a mia volta, sempre più curiosa. ‹‹Allora?›› insistetti.
  Lei si voltò verso di me, guardandomi come se fossi appena apparsa dal nulla. Poi si mordicchiò il labbro, arrossendo leggermente. Ridacchiai, rifilandole una leggera gomitata nel fianco. ‹‹Forza Miley, sappiamo entrambe che non sei affatto timida. Cos’è successo?›› la incitai ancora, prima di tornare a spennellarle sue unghie di quel nero lucido che voleva.
  ‹‹Okay, okay. Ma calma. - si lamentò, alzando gli occhi al cielo. Io risi e scossi la testa, pensando a quanto fosse asfissiante lei quando io avevo qualcosa da dirle. - Steven… ho deciso di accettare il suo invito.››
  Smisi di passare lo smalto e la guardai stupita. Lei si limitò a scuotere le spalle, sfoderando una finta espressione indifferente. Ci guardammo in silenzio ancora un poco, poi scoppiammo entrambe a ridere.
  Chiusi la boccetta dello smalto e la strinsi in un abbraccio. ‹‹Sono felicissima per te›› le dissi all’orecchio, mentre lei avvolgeva le braccia intorno a me e mi stringeva a sua volta ridendo: la felicità le si leggeva negli occhi, e mi rallegrai a mia volta pensando che, almeno, qualcuno stesse spensieratamente bene.

_____________________________


 

Vi sto scrivendo con le lacrime agli occhi, non per il capitolo, ma perchè sto ascoltando 'Believe in Me' ad intermittenza e non posso fare altro che piangere comeuna dannata mentre la ascolto, quindi perdonatemi se scriverò frasi fin troppo poetiche, ma è l'effeto che mi fa ascoltare la musica mentre scrivo.
Anyway, beh, eccoci qui.
Questa ff sta diventando un mega cross-over, lol. Demi, Miley e Selena. okay. Potevo metterci anche qualcun altro AHAHAHAHAHAHAHAH no, mi ritiro çç
Okay, chiariamo che se potessi vi bacerei tutti in fronte. Non posso ancora credere che questa ff ha raggiunto ilquarto posto tra le ff più popolari, è preferitada ventotto persone, la ricordano in nove e la seguono in 31. oltre a piangere di gioia non so che altro fare, grazie grazie grazie, scrivere questastoria oramai è diventato quasi un bisogno, non voglio nemmeno pensare a cosa farò quando la finirò. So solo che mi sentirò vuota come non mai, ma non pensiamoci ora.
Passiamo alla storia, okay? Oggi sono impacciata, non riesco a seguire un filo di discorso logico, perdonatemi. 
Demi, è riuscita per una volta a non piangere. E' riuscita a sorriderenonostante fosse sul punto di una crisi di pianto. Chi lo sa, forse sta diventando più forte. Forse, è sulla buona strada per 
«credere in sè stessa».
Intanto la storia continua, e Selena ha fatto la sua entrata in scena scoinvolgendo l'equilibro precario con il quale le cose andavano avanti. Che succederà ora? Quale sarà la verità? Intanto anche la piccola Miley ha accettato di uscire con Steven: non ci resta che scoprire se qusta uscita sarà tra amici o qualcosa in più.
Di altro, beh, non so che aggiungere, vi anticiperei troppo e smettereste di leggere.Quindi mi sto zitta e lascio che siate voi ad immaginare il continuo e vedere, poi, se la vostra versione coincide con la mia. (:
Mi ritiro ora, devo scriverela tesina di arte, yay.
Ho un'ultima buona notizia oggi: ho fatto il trailer di questa fan fiction. Esatto, ora 'give your heart a break' ha un trailer.  Spero vi piaccia, ci ho messo un po' a farlo. Fatemi sapere :)
Vado davvero. Grazie a tutte le ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e a tutti in generale, che avete aspettato questo capitolo. Fatemi sapere se vi piace, vi prego, non mi convince per nientema non avevo trovato altro modo per scriverlo. Sto perdendo colpi cwc
Grazie anche a chi è passato a leggere 'even when the sky is falling', la ff su justin. Mi ha fatto piacere, grazie grazie grazie.
Baci,
Glo.



 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19.

The day I first met you
you told me
you'd never fall in love.


- Demi Lovato, Give your heart a break






 

  Quando Miley se ne andò, nella mia camera tornò la solita e abituale desolazione. Con la musica nelle orecchie a coprire lo scroscio della pioggia fuori, non riuscii a non pensare; perlomeno non stavo piangendo, nonostante i ricordi che rivivevo nella mia mente non fossero dei più felici. Mi rigirai sul letto per quella che credo fu l’ennesima volta, ma poco m’importò in quel momento: non riuscivo a stare ferma, non ripensando a Selena.
  I ricordi su di lei erano moltissimi, nonostante non avessi mai voluto davvero conservarli. Erano passati all’incirca due anni e mezzo da quando era partita, senza preavviso, e aveva lasciato la città senza farmi capire cosa fosse successo. L’agonia di quelle settimane era estenuante persino ricordarla. Scacciai il pensiero chiudendo gli occhi, cercando di impedire loro di velarsi: non ci riuscii, sentii comunque le lacrime bagnarmi le ciglia e una di esse scivolare via dalla coda dell’occhio e scendere tra le ciocche di capelli.
  Non avevo mai scoperto il motivo per il quale Selena se ne era andata: sapevo soltanto che lei era partita, un giorno, senza dirmi niente, lasciandomi sola con i miei problemi. Non avevo neanche avuto il coraggio di chiamarla e chiederle spiegazioni, con addosso la paura che il vero motivo per cui se ne fosse andata fossi stata io. Rabbrividii solo al pensiero, mentre sentivo i capelli bagnarsi sempre di più delle mie lacrime.
  Ciò che ricordavo di quel periodo era abbastanza confuso, ripensarci mi faceva scuotere da mille brividi d’inquietudine: le mie lacrime aumentavano, ogni volta come in quel momento.
  Asciugandomi gli occhi con il dorso della mano, mi decisi a rifugiarmi sotto le coperte e andare a dormire prima che mia madre potesse tornare a casa: se non mi avesse trovato sveglia magari non mi avrebbe fatto cenare. Nascosi il viso nel cuscino, cercando di non ripensare ai sorrisi di Miley e Josh quando erano riusciti a convincermi a mettere qualcosa sotto i denti, proprio quella mattina.
  Chiusi gli occhi, recuperando il filo dei miei pensieri: due anni e mezzo fa, non c’era nessuno oltre a Selena per me. Miley era una semplice compagna del corso di matematica, conosciuta di vista, e Josh era solo un conoscente di Selena che si era appena trasferito da un’altra città. Lei, però, me ne aveva parlato solo vagamente, e io potevo dire di non conoscerlo: neppure Sel in fondo lo conosceva, era solo un componente della combriccola con cui girava solitamente, o almeno così diceva.
  Quando lei era partita verso chissà dove, da un giorno all’altro, mi ero ritrovata sola. Uno strano bruciore si fece strada nel mio petto a quel pensiero: feci una smorfia infastidita tenendo gli occhi chiusi, e mi girai su un fianco. Non volevo pensarci, non in quel momento.  In fondo, avrei potuto sempre chiedere tutto a Josh l’indomani, farmi spiegare tutto da lui. Se davvero c’entrava qualcosa, avrei avuto senz’altro le risposte che cercavo.
  Mi addormentai che le lacrime oramai erano state assorbite dalla mia pelle, e dal piano di sotto sentivo la porta aprirsi e mia madre e mia sorella entrare in casa, chiamandomi.
 
  Il freddo mi graffiava le guance e soffiava sulle tracce delle lacrime sul mio volto. Io rabbrividivo nella mia felpa, ma non me ne volevo andare da lì. No, non se ne parlava di tornare a casa e di non trovarla lì che chiaccherava allegramente con mia madre o che aiutava Madison a fare i compiti: non mi sarei rassegnata al fatto che non c’era, al fatto che se ne era andata senza dirmi niente. Il suo freddo silenzio faceva più male di quelle frustate di vento gelido che mi colpivano mentre stavo lì, rannicchiata su una panchina mentre il cielo era all’imbrunire. Molto più male.
  Piangevo, piangevo senza sosta: non sopportavo sentire i miei singhiozzi e vedere il mondo attorno a me offuscato per colpa delle lacrime che non ne volevano sapere di sparire: smettere, tuttavia, mi era impossibile. Odiavo momenti come quelli, odiavo piangere, odiavo non riuscire a soffocare i singhiozzi e far smetterei tremare le mani per asciugarle lacrime; era difficile, estremamente difficile se dovevo riuscirci da sola.
  ‹‹Ehi›› mi chiamò qualcuno, piano. Sobbalzai leggermente dallo spavento, alzando di scatto lo sguardo: guardai il ragazzo di fronte a me, che mi guardava con... preoccupazione,  forse, o magari compassione. Ma quello sguardo bruciava sulla pelle, ardente come il fuoco: forse fu per questo che distolsi il mio e, chiudendo gli occhi, pregai che se ne andasse.
  ‹‹Non lo fare›› mi sussurrò, sedendosi vicino a me. Cercai di ignorarlo, continuando a fissare le punte delle scarpe mentre cercavo di strozzare i singhiozzi. Le lacrime continuavano a scendere a fiumi, bagnavano le mie guance e i miei capelli; faceva troppo freddo, non avevo il coraggio di slacciare le braccia avvolte attorno alle gambe rannicchiate contro il mio petto per asciugarle. Rimase stupita quando, esitante, lo fece il ragazzo. Passò una mano sul mio viso, piano, asciugando con le punta delle dita tutte quelle fastidiose gocce salate. Colpita, mi voltai verso di lui: quando i nostri sguardi si incrociarono un’altra volta, la sua mano calda smise di passare sul mio viso, mentre solo alcune lacrime solitarie mi rigavano le guance.
  ‹‹Fare cosa?›› sussurrai, fissando i suoi occhi dall’ombra dolce, ciò che in qualche modo mi diede la forza per aprire bocca. Lui si avvicinò con cautela, come se non volesse spaventarmi, e scostò una ciocca di capelli dal mio viso. ‹‹Tenerti tutto dentro e allontanare le persone che vogliono aiutarti›› rispose lui, sostenendo il mio sguardo. ‹‹Fa più male così.››
  Mi strinsi nelle spalle, prendendo un respiro per cercare di regolarizzarne il ritmo. Avevo, non so come, smesso di singhiozzare. E ciò che diceva quel ragazzo mi prendeva, in qualche modo, mi faceva riflettere sulle sue parole. Con una punta di stupore, mi accorsi che stava cercando di distrarmi. Eppure non mi conosceva, e nemmeno io conoscevo lui.
 ‹‹Ma non posso nemmeno dire ciò che ho dentro al primo che incontro per strada›› mormorai stupidamente, tirando su col naso.
  ‹‹Non sono il primo che incontri per strada. – mi rivolse un breve sorriso, prima di tornare serio, – Io voglio aiutarti›› sussurrò, allungando un’altra volta la mano verso il mio viso per asciugare le mie lacrime. Stavolta mi scostai, passandomi furtivamente la manica del maglioncino sul viso per asciugarmelo da sola.
  ‹‹Non credo ci riuscirai mai.›› risposi, fin troppo seccamente, voltandomi dalla parte opposta. Mi accorsi che stavo tremando solo quando mi misi a farlo più forte. La vista mi si appannò di nuovo, mentre nella mia testa si facevano strada tutti i miei pensieri più dolorosi dei quali non volevo mettere quel ragazzo al corrente. Non volevo essere un peso anche per lui, non volevo che si prefissasse l’obbiettivo di farmi dimenticare tutto: non era possibile, e sapevo che alla fine avrebbe fatto come tutti gli altri; se ne sarebbe andato, proprio come aveva fatto Selena.
  ‹‹Posso provarci?›› mi chiese lui, interrompendo il filo dei miei pensieri. Mi voltai verso di lui, cercando di capire quanto fosse sincero e intenzionato a farlo dai suoi occhi. Poi annuii, poco convinta. Lui sorrise e allargò le braccia, proponendomi, con quel semplice gesto, un abbraccio che accettai volentieri, abbandonandomi  contro il suo petto caldo.
  ‹‹Hai freddo›› disse, stringendomi un po’ di più.
  ‹‹È un’affermazione più che una domanda, questa.›› mormorai, alzando lo sguardo verso di lui, scorgendo il suo sorriso allargarsi.
  ‹‹Vieni con me, ti offro qualcosa di caldo.›› mi disse, scrollandomi leggermente per invitarmi ad alzare.
 
  ‹‹Allora, ne vuoi parlare?›› mi chiese, rompendo il silenzio fra noi. Mandai giù a fatica il tè che avevo in bocca, sentendo una fitta all’altezza dello stomaco: per quanto quel ragazzo fosse stato bravo a distrarmi, non potevo dimenticare tutto. Feci una smorfia e scossi la testa. Lo vidi con la coda dell’occhio annuire, prendendo un sorso anche dal suo bicchiere. Rimanemmo in silenzio un altro poco, camminando verso il parco dopo aver trovato per miracolo uno Starbucks aperto. Mi chiedevo se fosse il caso di tornare a casa: mamma probabilmente si sarebbe preoccupata se fossi stata fuori un altro po’.
  ‹‹Riguarda qualcuno che ami?›› mi chiese esitante lui, interrompendo il filo dei miei pensieri. Lo guardai: si era rabbuiato in volto, per un motivo o per l’altro. Inclinai la testa da un lato, e, senza rispondergli, mormorai: ‹‹A me sembra che questo genere di ferita ce l’abbia tu.››
  Lui smise di colpo di camminare, costringendomi a fare lo stesso. Mi guardò negli occhi per un lungo istante in cui riuscii a reggere il suo sguardo, a cercare nei suoi occhi qualche informazione in più. Ma poi lui si voltò dall’altra parte, ricominciando a camminare. Feci lo stesso, seguendolo sempre più incuriosita.
  ‹‹Oh no, – disse infine, scuotendo la testa – io no. Io non mi innamorerò mai.››
  Lo fissai a lungo, in silenzio, chiedendomi come facesse ad esserne così sicuro: ma poi vidi per un attimo quell’espressione persa  sul suo viso e capii che non  pensava veramente quello che diceva. Sapevo anche io che al cuore era impossibile comandare.
  ‹‹Comunque, io mi chiamo Josh. Tu?›› mi chiese, sfoderando un sorriso sincero: ricambiai, mettendomi una ciocca di capelli dietro all’orecchio
  ‹‹Demi. Mi puoi chiamare Demi.›› risposi, avvampando.

 

     

_______________________
     

Questo flash-back è la classica parte della storia che lo scrittore progetta di stendere già dopo aver scritto solo qualche riga del prologo, o forse anche prima. Credetemi quando vi dico che questo capitolo è molto importante, perchè fa capire già di cosa più o meno la trama tratta ed è come un 'portale' verso la storia vera e propria, il primo dei capitoli più importanti. E credetemi anche quando vi dico che ci tengo molto, e spero vi sia piaciuto.

Detto questo, mi metto in ginocchio e vi chiedo umilmente perdono. Giuro, non ho MAI fatto ritardi del genere, se non per le storie che avevo intenzione di lasciare in sospeso o di cui ero insicura...
Mi dispiace davvero tanto per avervi fatto aspettare così tanto, ma ho dovuto finire velocità flash la tesina e ho finito gli scritti solo oggi. Dopodomani ho gli orali, quindi oggi mi sono mossa un po' è ho trovato un attimo di tempo per aggiornare.
Mi sento in colpa: ho perso tempo mentre avrei dovuto organizzarmi meglio. Il fatto è che dopo lo scorso capitolo sono rimasta un po' amareggiata, lo ammetto. Il numero delle recensioni è sceso molto e anche quello delle persone che seguivano/ricordavano/preferivano questa storia. Ci tengo molto, personalmente, e sapere di aver "deluso le aspettative di qualche mio lettore mi amareggia un po'...

Mi sono resa conto io stessa che la qualità dei capitoli è andata peggiorando dai primi che avevo scritto, ma prometto di migliorare, davvero. Mi metterò sotto e riparerò tutti i miei guai e i miei pasticci.
Scusatemi se sono stata piatta e non sono riuscita a descrivervi al meglio momenti che avrebbero potuto appassionarvi di più, ma quando io stessa non mi sento bene la mia scrittura ne risente molto. 

Vi chiedo solo una cosa: siccome non mi sento esattamente a posto con me stessa in questi giorni, ho bisogno di sentire il vostro appoggio più che mai. Sapete che non pretendo niente, non ho mai preteso nulla e non ho nemmeno intenzione di farlo in futuro, ma vi sto solo chiedendo, se siete disposti, ad aiutarmi a non mollare. Ho pensato troppe volte di lasciare perdere la scrittura, e questo pensiero mi terrorizza. Naturalmente, fatelo solo se ve lo sentite.

Spero di sapere se questo capitolo vi è piaciuto quanto piace a me e, soprattutto, di recuperare le lettrici che "perso per strada".

Grazie a chi ci è sempre stato e mi ha dato sempre il suo supporto, ve ne sono estremamente riconoscente.

Un bacio,
Glo.

 

(ho deciso di non mettere più i link a fine capitolo perchè cambio spesso i nomi e poi rischiate di inviare tweet e messaggi a qualcun'altro: d'ora in poi, se avete bisogno di contattarmi, trovate i link necessare nella bio/note dell'autore sulla mia pagina qui su efp, quelli li aggiorno sempre, quindi siate tranquilli del fatto che mi troverete sicuramente lol
ps: il collegamento al sito web dell'autore che vi dà se cliccate sul globo sotto al mio nome non è lo stesso tumblr che vi dò nelle note, sono due diversi. c: )

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***



 

Capitolo 20.

They don't even know you,
all they see is scars;
they don't see the angels
livin' in your heart.


- sixx:a.m., skin



 

  Quella mattina la sveglia non era suonata, ed io dormii fino a tardi: nonostante questo, però, quando mi svegliai rimasi a guardare il soffitto, ancora assonnata. Perché avevo sognato Josh? E perché proprio il nostro primo incontro? Più cercavo di capirci qualcosa, più mi sembrava di allontanarmi dalla soluzione. Decisi di lasciare perdere, scostando le coperte e alzandomi dal letto con un sospiro: avevo un’insopportabile mal di testa che mi martellava sulle tempie, ma ci feci poco caso. Ciò che volevo, in quel momento, era solo correre a scuola e rivedere Josh. Dopo quello che era successo il giorno prima, volevo assolutamente scoprire perché l’avesse fatto.
  Mentre mi sciacquavo il viso con dell’acqua fredda, mi tornarono in mente le parole di Miley: Non ci posso credere: quando vi deciderete a darvi una mossa e mettervi assieme?
  Non che stessi rivalutando l’idea che Josh provasse qualcosa per me, ma sentivo comunque che c’era qualcosa che non andava: guardai il mio riflesso nello specchio, ripensando agli ultimi giorni, a ciò che avevamo passato. Due amici non si sarebbero comportati come facevamo noi. Due amici non si sarebbero ritrovati sul punto di baciarsi in un parco divertimenti. Scossi la testa, scacciando via tutto: non avevo tempo per pensare a tutto quello, ora.
 
Quando arrivai a scuola le lezioni erano già iniziate da un pezzo. Non avevo guardato l’orologio quando ero uscita, ma di certo anche la seconda ora era andata. I corridoi dell’istituto erano deserti, rimbombavano in essi solo il rumore sordo dei miei passi, con il sottofondo del mormorio proveniente dalle classi a cui passavo davanti, tutte voci dei professori intenti a spiegare la lezione.
  Essere in ritardo, però, era l’ultimo dei miei pensieri in quel momento: la mia testa non faceva altro che pensare al sogno che avevo fatto e ai pensieri della sera prima, prima di addormentarmi. Mi costringevo a non scoppiare a piangere in mezzo a quel corridoio, maledicendomi nella mente per non essere rimasta a casa: in fondo, però, il richiamo era stato troppo forte. Josh aveva ragione, io adoravo la scuola, adoravo immergermi nei libri studiando ogni sfaccettatura delle varie materie per distrarmi e isolarmi dal mondo; e poi, avevo bisogno di quello stesso ragazzo per chiarire alcuni interrogativi che mi martellavano nella mente e non mi davano più tregua.
  Arrivata nel corridoio dove c’era il mio armadietto, mi fermai, guardando stupita Chelsea aspettarmi a braccia conserte davanti adesso: la sua espressione era indecifrabile, non c’era nessun segno di rabbia sul suo volto, nessun ghigno divertito, niente di niente. Ma la cosa che mi stupì di più è che era sola. Non c’erano le sue amichette oche, né Conor, né Frank e Logan... C’era solo lei che, avvertendo la mia presenza, si voltò verso di me e mi fissò a lungo.
  Non sapevo che fare: non sapevo se girare sui tacchi e andare in classe con i libri sbagliati oppure andarle incontro; a quest’ultimo pensiero mille brividi mi scossero. Lei continuava a guardarmi con quello sguardo vuoto, aspettandosi qualcosa che non riuscivo a capire. Sentii la mancanza di Josh più forte di quella che avevo avvertito svegliandomi quella mattina, ma nonostante questo mi imposi di fare finta di nulla, rimanere calma, prendere i libri e andare via. Magari non era me che stava aspettando, magari se non le avessi dato fastidio lei non mi avrebbe fatto nulla - che poi che facevo, io, per darle fastidio? Ero terrorizzata da lei, e qualunque cosa facessi lei la prendeva come una provocazione.
  Ero quasi riuscita nel mio intento di strisciare via silenziosa, quando la sua voce mi chiamò chiaramente. Mi fermai, immobile, e aspettai a testa bassa uno dei suoi ordini, delle sue pretese, attesi che una di quelle sue formule piene di parole avvelenate mi trafissero il petto più dolorose di mille tagli. Tremavo dalla paura, nell’attesa: l’ansia mi era salita, facendomi venir voglia di scoppiare a piangere: eppure lei non aveva ancora fatto niente.
  ‹‹Voglio proporti un patto, Lovato.›› disse, inumidendosi le labbra. Alzai lo sguardo verso di lei, facendole capire di aver attirato tutta la mia attenzione: che cosa aveva in mente? Lei cercò di sorridermi pacificamente, ma ci riuscì solo per poco, servendomi uno dei suoi ghigni storpi, il più umano che riuscisse a fare. Distolse lo sguardo, ispezionando velocemente il corridoio, poi mi prese un braccio e mi trascinò via.
  Cercai di trattenere un gemito di dolore: mi aveva afferrato proprio il polso con il tutore che ero stata costretta a mettere dopo essere stata picchiata dai suoi amici, quando avevo osato dirle un ‘no’: inutile dirlo, quel polso faceva ancora male. Lei, intanto, incurante di tutto mi portò in un’aula vuota, incitandomi con un ‹‹vieni.››
  Quando si chiuse la porta alle spalle, la guardai, sentendomi sempre più in soggezione. Perché l’avevo seguita? In che cosa mi ero cacciata, stavolta?
  ‹‹Chelsea, io...››
  ‹‹Sono in ritardo anche io, Demetria – m’interuppe lei, non intuendo affatto ciò che stavo per dirle, – ma sarò veloce e schietta, in fondo è molto semplice.  Lascia Josh: allontanati da lui, non parlargli più, esci dalla sua vita.›› disse semplicemente, come se ciò che mi stava dicendo fosse semplice come lasciare perdere un oggetto. Scossi la testa subito, decisa a rifiutare l’offerta, ma lei mi impedii di andarmene, riafferrandomi il braccio. Feci una smorfia, a cui lei non fece caso.
  ‹‹Aspetta, non vuoi sapere cosa ti darò in cambio? – mi chiese, ma nonostante io avessi rifiutato ancora con un cenno di dissenso, lei continuò a parlare – Io ti lascerò in pace, Demi. Se lo farai, ti prometto che tu non avrai più problemi in questa storia. Metterò a tacere le malelingue, non ordinerò a nessuno di farti del male e, soprattutto, non avrai più a che fare con me›› allentò la presa, allontanandosi da me. Io la guardai, vedendola sorridere.
  ‹‹Farò come se non ci fossimo mai conosciute, non ti chiederò più i compiti. Pensaci, Devonne: tutto questo in cambio di un ragazzo›› ridacchiò, alzando gli occhi al cielo come se lei stessa considerasse la sua proposta stupida. Io incominciai a tremare più forte di prima: come poteva chiedermi questo?
  ‹‹Non cambio idea›› mormorai, stringendo i libri al petto. La scorsi inarcare un sopracciglio, scettica, e poi ghignare, capendo tutto ad una velocità incredibile: tutti i miei pensieri, le mie paure, i miei sentimenti... Sempre che non li sapesse già. Rabbrividii a quel pensiero, non desiderando altro che uscire da quell’aula.
  ‹‹A cosa pensi, Devonne? Credevo che ti sarebbe stato difficile rifiutare la mia proposta. –la sua voce era intrisa di veleno, e tutte le parole dalla quale venivano pronunciate erano coperte da esso. Mi si avvicinò, prendendomi una ciocca di capelli tra le dita e osservando la nuova tinta con una smorfia – sai, oltre a questo non posso offrirti più niente; solo Dio può fare miracoli›› ridacchiò, lasciando perdere i miei capelli.
  Mi morsi con forza il labbro: Demi, non cedere. Lei non ha ragione.
  ‹‹Ho detto di no. Non voglio niente da te, Chelsea, e non ti darò nulla.›› dissi, non molto convinta. Cercai di uscire dall’aula, ma lei mi fermò di nuovo: non che avesse tanta forza, magra com’era, ma perché afferrò il braccio sinistro, stavolta, quello di cui la pelle non portava solo i segni della battaglia contro gli altri... ma anche quelli della mia. Non mi riuscii a trattenere, quella volta: feci cadere i libri a terra, gemendo dal dolore. E lei capì subito.
  Non avevo la forza di fermarla, stavo già iniziando a piangere disperatamente. Guardai tra le lacrime la sua espressione stupita quando, dopo aver alzato la manica della mia maglia fino al gomito, scorse, tra gli ematomi violacei, tutte le cicatrici: mi voltai dalla parte opposta, strizzando gli occhi e facendo uscire altre lacrime dai miei occhi. Odiavo vederle, lo odiavo più di quanto odiassi me stessa.
  ‹‹Scommetto che questo Josh non lo sa›› mormorò malignamente lei, mentre un sorriso di vittoria le si stampava in volto. Strattonai il mio braccio dalle sue mani, anche se, oramai, era troppo tardi.
  ‹‹No, e non lo deve sapere›› mi lasciai sfuggire, disperata. Le lacrime non la smettevano di scendere, e le cicatrici bruciavano esposte alla luce: ognuna di loro bruciava sul mio cuore, insopportabile, ricordandomi quei momenti di disperazione in cui avevo avuto il bisogno di farmele.
  ‹‹Allora facciamo così: tu accetta la mia offerta, e io non glielo farò sapere›› cercò di negoziare ancora, ghignando sfacciatamente, senza avere alcuna pietà. Scossi la testa con forza, abbassai la manica della maglia e raccolsi i libri velocemente, uscendo da quella stanza cercando di asciugare ogni traccia del mio pianto. Volevo dimenticare, dimenticare tutto.
  Sentii comunque la sua voce, poco dopo, urlare alle mie spalle: ‹‹Ehi, Devonne. Ancora una volta, risposta sbagliata.››


_________________________________

 

Scusatemi l'enorme ritardo: avevo in mente di aggiornare prima, esattamente domenica pomeriggio, ma ora sono in toscana da mia cugina e sinceramente, siccome non la vedo mai, mi scoccia fregarle il computer e perdere tempo su internet. Per voi faccio uno sforzo, dai. ♥ lol

E' passato un anno da quando ho caricato il primo capitolo di una ff su efp (esattamente I Should've Kissed You, la mia banalissima ff sui oned lol) e l'altro giorno stavo pensando a quante cose sono cambiate da allora, e come questa ff su demi, che io non conosco e che ho imparato ad apprezzare man mano che scrivevo, sia diventata la mia più "famosa". Vi scrivo con le lacrime aglio occhi, volevo ringraziare immensamente tutte per il supporto, per le recensioni, per i messaggi e i complimenti, giuro, mi sciolgo ogni volta. vi amo sempre di più, e come avrò già detto un sacco di volte, per scrivere questa storia ci metto tutta ma stessa. L'altro giorno pensavo che, quando la finirò - se la finirò, lol - potrei provare a pubblicare questa storia in un libro, e non la trama che mi sto studiando da anni. Ho ancora bisogno di tempo per elaborarla, ma intanto vorrei vedere se riuscirei a farmi notare, ad avviarmi per la strada che mi permetterà di realizzare il mio sogno. voi che ne dite? Incredibile, il vostro parera sta diventando sempre più importante. Grazie, grazie a tutte. Ora siete 40 a preferire questa storia, io.. non ho più parole per ringraziarvi. Sappiate, però, che vi sono molto riconoscente.

Grazie alle sei dolcissime persone che hanno recensito lo scorso capitolo, mi avete aiutato in quel periodo dove non tutto andava bene, almeno un poco. Ora sto davvero bene. Riesco a sorridere a e trovare speranza dove non ne vedevo più. Vorrei avere il coraggio di dirvi molto di più, ma non me la sento ancora, sinceramente. Magari un giorno sì, sarò in grado di spiegarvi come anche voi avete contribuito ad aiutarmi, ma non ora.
Vorrei ringraziare molto
 ale__payne per il messaggio che mi ha mandato e gli altri che sono seguiti. Mi ha fatto molto piacere il fatto che tu ti sia fidata di me, e la chiaccherata che abbiamo fatto mi ha fatto davvero sorridere. Grazie per il supporto, l'interessamento, e l'affetto che ho letto fra le righe dei tuoi messaggi. In un qualche modo, mi hai aiutata anche tu.
Come ho detto a lei, vorrei ribadirlo a tutte voi: non vi vergognate a contattarmi, cercarmi per pormi qualsiasi domanda, stupida o meno che sia, vi rispondo molto volentieri, entro i limiti emotivi che ancora non sono riuscita combattere ma su cui sto lavorando. Solo, non abbiate paura. Come ho detto più volte, se avete bisogno, sono qui per voi.

Ora, torniamo alla storia. lol
Demi ha qualche "nuovo" grattacapo a cui tener testa. Ci mancava solo Chelsea, eh? Che ne pensate, invece, di Josh? Che confusione, no? Sono brava a mettere un po' di scompiglio nelle vite altrui, soprattutto in quella dei miei personaggi, ahahahahah.
Ora, sta a voi. Almeno finchè non caricherò il prossimo capitolo. Che ne pensate? Cosa credete succederà? 
Fatemelo sapere, vi prego, sono curiosissima whdbfnufhdgj
come ho già detto, mi fa piacere sentirvi e, soprattutto, le ultime sei recensioni mi hanno aiutato davvero, non solo emotivamente, ma a sviluppare meglio la storia. Io a scrivere sono già arrivata a metà del capitolo 25, ma sono sempre più esitante. Davvero, sapere cosa voi vi aspettate mi aiuta a proseguire meglio e più scorrevolmente. Credo che più di così non potreste aiutarmi, quindi, beh, grazie mille a tutte, ancora una volta.
Mi dileguo, ho parlato troppo lol
scusatemi ancora per il ritardo, mi farò perdonare in seguito.
Per chi non l'avesse visto, ho aggiornato la mia vecchia ff su Justin, ma sono sempre dell'idea di cancellarla. Io ve la propongo, vediamo se vale la pena cambiare idea:

      
      

 

Baci a tutte,
Glo.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***



 

Capitolo 21.

Im fine.

- cit.


 

 

  ‹‹Dove sei?››
  Non le risposi, continuando  a cercare di appiattirmi contro la parete e smettere di tremare. Faceva freddo lì, dovunque fossi finita; o meglio, mi avessero portato. Piangevo senza freno, i singhiozzi non mi lasciavano il fiato per rispondere a Miley che, dall’altro capo del telefono, era sempre più nervosa. Sentivo di sottofondo al suo respiro i suoi stivali ticchettare contro il pavimento, mentre girava per un’ala della scuola, cercandomi.
  ‹‹N-non l-lo so.›› risposi infine, sentendo una lacrima scendermi lungo il collo e darmi fastidio: non potevo asciugarla, con una mano premevo il cellulare contro l’orecchio, mentre l’altro braccio... beh, era meglio non muoverlo, avrei solo peggiorato la situazione.
  ‹‹Ti hanno picchiata ancora?›› grugnì Miley, facendomi rabbrividire: nonostante sapessero perfettamente che mi spaventavano, né lei né Josh riuscivano a non alzare la voce e controllarsi quando io ero in lacrime.
  ‹‹N-non e-esattamente›› borbottai. Il pensiero che lei mi stesse cercando e la sua voce così vicina mi stavano aiutando, in qualche modo: i singhiozzi erano meno violenti di prima. Ma proprio quando credevo che sarei riuscita a calmarmi, la mia amica sbuffò rumorosamente, spazientita.
  ‹‹Demi, non sono in vena per interpretare i tuoi ‘non esattamente’, quindi rispondimi, sì o no?›› urlò, costringendomi ad allontanare il telefono dall’orecchio. Guardandolo, mi chiesi dove avessi trovato la forza di cercarlo dopo quello che era successo. Certe volte non mi capivo davvero, facevo delle azioni senza riflettere su di esse, quasi senza accorgermene neanche; e non era per il fatto che fossero di routine.
  ‹‹Mils...›› la mia voce era soffocata, per un attimo temetti che non mi avesse neanche sentito. Miley, però, era sempre Miley.
  ‹‹Scusami. Scusa, scusa. Non volevo, piccola, perdonami.›› sussurrò mortificata. Strinsi le gambe al petto, pregando affinché quei minuti che scorrevano lenti come non mai passassero veloci e io potessi dimenticare tutto.
  ‹‹Non fisicamente – risposi infine, guardando il braccio che non osavo muovere – ma ogni loro parola era come uno schiaffo contro il viso. Quasi avrei preferito che mi avessero picchiato.››  mormorai ancora, mentre delle nuove lacrime mi appannarono la vista.
  ‹‹Santo Dio grazie. – sentii mormorare Miley,  facendo un respiro di sollievo,  – Dems, mi devi aiutare, non ti trovo. Ascolta, dovunque tu sia, apri la porta e dimmi cosa vedi›› mi disse chiaramente, dandomi delle istruzioni con quel tono dolce che mi fece calmare un poco, come solo lei riusciva a fare. Quella sensazione però, sparì molto presto, quando realizzai cosa mi aveva appena detto e sentii dei passi vicini.
  No, no.
  ‹‹N-non posso m-muovermi›› balbettai sommessamente.
  ‹‹Perché? Su Dems, mi hai detto che non ti hanno picchiata, provaci, per favore›› mi pregò lei nuovamente, ma io scossi forte la testa, nonostante lei non mi potesse vedere. ‹‹No.››
  ‹‹Allora ti hanno picchiata!››
  Rabbrividii. ‹‹Miley, piantala con questa storia.››
  ‹‹Se tu mi spiegassi perché non ti vuoi muovere, magari la smetterei›› mi rispose irritata lei, mentre la maniglia della porta vicino a me si piegava in basso, piano; tenni lo sguardo fisso su di essa, anche quando si aprì, rivelando la mia amica che teneva il cellulare vicino all’orecchio, proprio come facevo io.
  Ma quando vide i miei tagli freschi, il sangue uscire da esse lento e pesante come il piombo, quello stesso cellulare le scivolò dalle dita, mentre io abbassavo lo sguardo svelta per non vedere la sua espressione. L’apparecchio finì a terra, poco distante da me, abbastanza da entrare nel mio raggio di vista.
  ‹‹Ecco perché›› mormorai guardandolo lampeggiare, segno che la chiamata era finita.
 
  Il bendaggio che mi aveva fatto Miley era insopportabile, prudeva. Ma non osavo sfiorarmi quel punto del braccio, come non osavo nemmeno guardarlo. Mentre Mr. Blount faceva da un’ora un discorso di cui non mi degnavo neanche di seguire il filo, sopportavo in silenzio il prurito scribacchiando sul mio quaderno, facendo finta di prendere appunti per non essere richiamata.
  Continuavo a pensare a cosa sarebbe successo se, al posto di Miley, fosse stato Josh a trovarmi in quelle condizioni; il terrore mi assalì tutt’ad un colpo, facendomi tremare violentemente. La penna mi cadde di mano, ma non la raccolsi subito. Rimasi a fissare al vuoto, pensando a quella evenienza.
  Nella mia vita avevo deluso molte persone, non solo una volta, ma più. Credo che mia madre fosse stata quella che ne avesse incassate di più, e lo leggevo nei suoi occhi chiaro come la luce ogni volta che mi guardava.
  Josh però... Non sapevo dirlo. L’unica cosa che sapevo era che, se avesse scoperto il mio oscuro segreto, non avrei mai più avuto il coraggio di guardare qui suoi bellissimo occhi verdi senza che le cicatrici mi bruciassero atrocemente, ricordandomi cosa avevo fatto di sbagliato: proprio come fecero in quel momento. Presi il braccio con una mano e lo avvicinai al petto.
  ‹‹Demetria, stai bene?›› mi chiesa una voce maschile, fin troppo vicina. Alzai lo sguardo verso il professore che mi porgeva la penna, guardandomi in attesa di una mia risposta. Mi sforzai di annuire e riprendermi la penna, posandola cauta sul quaderno aperto davanti a me. Lo sentii ispezionare con lo sguardo gli scarabocchi che avevo fatto a bordo pagina mentre ero sovrappensiero. Mi morsi il labbro, pensando che avrei dovuto stare più attenta. Attesi che prendesse il mio diario e mi facesse la dovuta predica sul fatto che dovevo stare attenta alla lezione mentre tenevo lo sguardo basso, sentendo tutti quelli dei miei compagni puntati su di me; istintivamente mi abbassai un po’ di più la manica della maglia. Per un qualche motivo, però, il professore non mi mise una nota.
  ‹‹Non hai un bel colorito. Vuoi andare a casa?›› mi chiese invece.
  Io non reagii, non sapendo cosa dire. Perché si stava preoccupando? Perché non mi lasciava stare come facevano tutti gli altri? Sbirciando con la coda dell’occhio il suo sguardo scuro, ancora puntato su di me, lessi quell’insopportabile compassione che provava nei miei confronti in quel momento.
  La odiavo. La odiavo perché non la meritavo, e non era nemmeno quello che mi serviva. Le persone che mi erano state accanto, che sia per lungo tempo o meno, l’avevano sempre provata nei miei confronti. La leggevo nei loro occhi, la percepivo nei loro gesti: l’avevo fatto così tante volte che ora non la sopportavo, e ogni volta che la scorgevo in qualche atteggiamento di una persona mi sentivo soffocare.
  Mi portai una mano alla gola quasi senza pensarci, distogliendo subito lo sguardo. Tutto quello che volevo era che si allontanasse e mi lasciasse in pace. Quello sguardo cominciava a bruciare sulla pelle.
  ‹‹Sto bene›› mormorai, costringendomi ad alzare lo sguardo. Lui continuò a guardarmi diffidente, inclinando la testa da un lato. Forzai un mezzo sorriso, pregando che almeno questo funzionasse; e per fortuna lo fece. Il professore annuì e ritornò alla cattedra, mentre io lasciavo uscire dalle mie labbra un piccolo sospiro.



_______________________________________
 

Non sono morta, almeno credo.
No, non lo sono: ad uccidermi ci penserete voi lol
Alleggeriamo la tensione, questo capitolo è super-depresso.
Volevo solo dire che per me è stato difficilissimo scriverlo, e non sono sicura che la prima scena di questo capitolo vi piaccia... spero solo di non avervi turbato o, soprattutto, deluso.
So che tutte le fan fiction ora parlano solo di questo problema e so che scene del genere sono frequenti, solo che anche io ne ho dovuta aggiungere una, piccola, per una motivazione che poi scoprirete.
Perdonatemi davvero, se per caso non vi è piaciuto. Spero che comunque continuerete a seguire la storia capitolo per capitolo.
Deviando un poco l'argomento della nostra 'conversazione' (non si può definire così, sto parlando solo io lol), demi ha ricevuto la 'punizione' per un altro suo no, e credo abbiate capito cosa è successo stavolta; inoltre, si è anche capito della sua 'intolleranza' alla compassione. Cosa succederà ora?
Volevo ringraziare di cuore le sette persone che hanno recensito lo scorso capitolo -  sette! Nessun mio capitolo, nè di questa storia nè di altre, aveva raggiunto un numero del genere. Per me è tantissimo, evi sono davvero grata per questo. Grazie grazie grazie.
Grazie anche alle 42 persone chehanno messo questa storia tra le preferite (42! più me lo ripeto, più non ci credo) e chi l'ha messa tra le ricordate/seguite.
Non sapete quanto tutti questi numeri mi facciano andare su di giri, davvero, sono contentissima, e tutto grazie a voi.
Volevo ringraziare anche le 12 persone (oh, mamma) che mi hanno messo tra gli autori preferiti, grazie davvero.
Vi ho annoiato oramai a dirvi quanto vi sia grata e quanto tutto questo sia importante per me, ma è la verità.
Vi prego di lasciarmi un commento a questo capitolo, anche se negativo: è importante per me sapere il vostro parere, mi aiuta a migliorarmi.
Grazie a tuttti ancora una volta.
Baci,
Glo.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***



 

Capitolo 22.

I think I'd have
a heart attack.


- D. Lovato, Heart Attack


 

 

  

  Le parole, quelle forti e dirette, fanno più male di qualsiasi altra cosa. I commenti cattivi della gente sul tuo conto, le cose cattive di te rinfacciate da qualcuno che ne parla con un ghigno sul volto, le risate che accompagnano ogni tuo difetto detto ad alta voce fanno paura, e son peggio di qualsiasi botta e qualsiasi ferita, perché non fanno male al corpo, ma alla tua anima; non la feriscono soltanto, la bucano, la corrodono.  E questo vuoto non sarà più riempito, non finché quelle parole ti rimbomberanno in testa, non finché tu stessa penserai che loro, quelli che ti giudicano, hanno ragione.
  Di tutte le cattiverie che mi aveva rivolto Chelsea in tutti quegli anni, niente mi aveva distrutto come quella mattina: le parole non erano mai bastate, era sempre ricorsa alle maniere forti, ma quella volta sapeva benissimo che non ne avrebbe avuto bisogno, come infatti fu, dopotutto.
  A farmi male ci avevo pensato da sola. Un brivido mi percosse la schiena, scuotendomi violentemente. Cercai di  riprendermi velocemente, posando una mano sulla fronte: non potevo permettermi di cedere finché ero lì.
  I corridoi erano vuoti e silenziosi mentre camminavo verso il mio armadietto, la testa piena di pensieri e ricordi che avrei voluto solo buttare via. Miley mi camminava di fianco silenziosa, guardando le aule vuote davanti alle quali passavamo con falso interesse. Di questo le fui immensamente grata: sapevo che, in fondo, aveva percepito quanto fossi agitata, ma si sforzava di lasciarmi perdere e non prestare troppa attenzione alle mie mani che tremavano leggermente, alla mia espressione vuota e ai miei occhi lucidi. Era quello che volevo, e lei l’aveva capito.
  Eravamo arrivate, oramai: posai i libri che non mi servivano con dei movimenti quasi meccanici, ma nello stesso tempo esitanti, impacciati. I volumi mi scivolavano dalle mani, finendo con un tonfo fin troppo rumoroso sugli altri. Fu quando il libro di arte mi stava per cadere che Miley intervenne, afferrandolo prima che finisse a terra. ‹‹Faccio io›› mormorò dolcemente, posando anche l’ultimo.
  Annuii quando oramai lei aveva chiuso l’armadietto. Mi prese per mano mentre estraeva le chiavi della macchina dalla borsa: ‹‹Ti accompagno a casa, in queste condizioni  non puoi tornarci da sola›› mi disse, incamminandosi e costringendomi a seguirla. Mi voltai indietro verso il corridoio vuoto, e poi nuovamente verso di lei.
  ‹‹Josh?››  
  ‹‹Josh oggi non c’era a scuola, – mormorò lei, scoccandomi un’occhiata strana – credevo lo sapessi.››
  In quel momento caddi proprio dalle nuvole: mentre Miley si voltava dall’altra parte con la scusa di non andare a sbattere contro qualcosa, io digerii lentamente le sue parole. “Josh oggi non c’era a scuola, credevo lo sapessi”. Questo spiegava perché mi fossi svegliata tardi, o meglio, perché lui non mi fosse venuto a svegliare non vedendomi uscire. Lo faceva sempre...
 Strabuzzai leggermente gli occhi, annaspando leggermente: e se non mi avesse più voluto vedere? Se si fosse pentito di avermi dato quel bacio?  Scossi la testa con forza, mordendomi forte il labbro per non urlare: no, non era così, di certo. Dopotutto quello che aveva fatto, non poteva fare un passo indietro così lungo. O forse sì… Ma per quale ragione?
  ‹‹Demi? Ehi, Dems!›› Miley mi chiamò, muovendo una mano davanti al mio viso. Svegliandomi dalla mia trance, rivolsi la mia attenzione a lei, sulla sua espressione preoccupata, quella che non era capace di non fare nonostante sapesse quanto mi desse fastidio: ressi comunque il suo sguardo, mugugnando una specie di risposta.
  ‹‹Davvero non sapevi che Josh non era venuto?›› mi chiese lei, aggrottando le sopracciglia mentre si appoggiava al cofano della macchina che stava fra noi. Sbattei le palpebre più volte, realizzando che eravamo già arrivate al parcheggio. Annuii con la testa senza pensarci, guardando stordita il pavimento: non capivo perché fossi così lenta a realizzare, mi sentissi così stanca. Che mi stava succedendo?
   ‹‹È strano…›› mormorò lei, assottigliando leggermente lo sguardo e puntandolo su di me. Inclinai la testa da un lato, rivolgendole un espressione interrogativa, ma lei scosse la testa, come per scrollarsi di dosso i pensieri oltre che invitarmi a lasciar perdere. Entrò in macchina velocemente, prima che potessi aggiungere qualsiasi cosa. Inebetita, rimasi lì dov’ero, senza muovermi. Poi aprii a mia volta lo sportello, sedendomi mentre Miley avviava il motore. Quando partì mi appoggiai con la testa al finestrino: l’unica cosa che volevo era andare a casa.
 
  ‹‹Deedee?››
  Mi voltai verso di lui nell’esatto istante in cui comparve sulla porta; dire che appena lo vidi mi mancò il fiato era davvero dire poco: la testa aveva iniziato a girarmi leggermente mentre il fiato si era fatto improvvisamente più corto, non avrei saputo dire se per lo spavento o per la sua bellezza mozzafiato, anche con quel berretto sgualcito che si era messo in testa, dal quale uscivano alcuni ciuffi corvini, ricadendogli sulla fronte. Mi misi  una mano sul petto, sospirando e chiudendo gli occhi mentre lo sentivo ridacchiare e chiedermi: ‹‹Ti ho spaventato?››
  ‹‹Diciamo che mi hai colto di sorpresa›› risposi, aprendo gli occhi e mostrandogli un sorriso affabile: lui ricambiò, allargando le braccia mentre io mi fiondavo verso di lui per abbracciarlo. Fu allora che lui mi sollevò da terra senza preavviso, girando su sé stesso e ridendo quando io lasciai uscire un gridolino dallo spavento.
  Quando mi rimise giù, guardando divertito la mia espressione spaventata, al posto di lasciargli un bacio sulla guancia, gli mollai uno schiaffetto leggero sul petto prima di allontanarmi da lui per risistemarmi la maglia e i capelli. ‹‹Sei uno stupido›› sputai seccata, Josh che rideva ancora di più.
  ‹‹Dai pasticcina, non te la sarai mica presa!›› mi rimproverò con un sorriso stampato in volto, prendendomi la mano e tirandomi verso di lui: non opposi resistenza, sia perché sarebbe stato inutile, e sia perché non lo volevo davvero. Mi rannicchiai contro il suo petto, lasciando che le sue braccia mi avvolgessero senza alcuna intenzione di alzarmi dal pavimento, stavolta: odiavo quando qualcuno lo faceva, anche se non sapevo bene il perché. Forse il motivo era che non ne ero abituata, o magari era il fatto che non sentire la terra sotto i piedi mi dava una sensazione di smarrimento, terrore istantaneo.
   ‹‹Tu vuoi farmi prendere un attacco al cuore›› lo accusai con voce perfettamente rilassata quando il mio battito cardiaco ritornò ad una velocità decente. Lui sembrò ignorarmi, lasciando un bacio tra i miei capelli. ‹‹Mi mancava stringerti così›› mormorò con un tono di voce vagamente rauco, che fece galoppare nuovamente il mio cuore. Cercando di deviare il discorso per impedire alle mie guance di prendere colore, gli chiesi timidamente: ‹‹Come mai qui?››
   ‹‹Ero venuto a prenderti a scuola per riaccompagnarti a casa, ma non c’eri già. – abbassò lo sguardo per incrociare il mio senza diminuire la stretta e il calore dell’abbraccio – A quanto pare hai trovato un passaggio lo stesso›› sorrise, facendomi sorridere a mia volta mentre alzavo gli occhi al cielo.
  ‹‹Dovrei comprarmi una macchina›› mormorai, facendolo ridacchiare. Mi toccò i capelli con tenerezza prima che posassi nuovamente la testa sul suo petto, scostando le sue dita che mi pettinavano indietro le ciocche che mi ricadevano sul viso.
  ‹‹Prima però devi imparare a guidare›› mi ricordò lui con un tono di voce poco più alto del mio, ma comunque sommesso. ‹‹Ovvio›› risi, buttando la testa all’indietro e guardandolo in viso. Lui prese tra le dita una ciocca di capelli che mi ricadeva sulla spalla, guardandola attentamente.
  ‹‹Sbaglio o è un nuovo colore?››
  Annuii, abbassando la testa per nascondere il sorriso sognante che invase le mie labbra in quel momento. Non mi aspettavo lo notasse, e quella piccola sorpresa provocò un leggero sfarfallio nel mio stomaco: non lo vedevo da un giorno intero, era possibile mi fosse mancato così tanto, che mi fossero mancate tutte quelle emozioni così intense provocate da ogni suo minimo gesto o sorriso?
  ‹‹Ti sta benissimo›› mi disse, alzandomi il mento con due dita e sorridendomi, prima di lasciarmi un bacio sulla fronte. A quel contatto chiusi gli occhi, inspirando il suo profumo; li riaprii solo per guardarlo quando si allontanò. Sì, era possibile.

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Okay, forse ci sono riuscita lol
Mi si era impallata la pagina eho dovuto ri-modificare tutto il testo con le immagini, la citazione e il banner, anche se non ci ho messo molto è comunque una seccatura lol
Bene, come avete di certo capito, non vi ho fattoaspettare un'altro mese. Volevo aggiornare due giorni fa, ma poi sapendo che ieri era il compleanno di Demi ho preferito rimandare - peccato che papà aveva in serbo pernoi una 'sorpresa' e ho dovuto passarela serata fuori. In breve, non ho aggiornato.
Oggi però ho trovato il tempo, quindi eccomi qui! vi sono mancata? lol
Come avete visto, per Demi un giorno senza Josh è una vera e propria catastrofe, sia per il corso degli eventi che per le sue emozioni, messe in subbuglio dai dubbi oltre ad essere torturate dalla sua assenza.
Un sentimento moltoforte lo lega a lui, ma sarà abbastanza forte da superare tutte le avversità?
Josh, invece, si è fatto vivo dopo un giorno intero di assenza. Voi cosa ne pensate di questo? Si scoprirà dove è stato, con chi e per quale ragione?

Ritornando alla vita reale (?) volevo ringraziare tuttele mielettrici per il loro supporto. Sono passati ventidue capitoli e mi sembra ieri che avevo caricato qul prologo scritto di getto dopo aver modificato l'inizio della storia un sacco di volte. Ho trovato i fogli dov'era scritto l'idea originale e mi è venuto da ridere rileggendoli: ho fatto grandi passi da allora, e questo è anche merito vostro. 
Grazie alle 38 persone che seguono questa storia.
Grazie alle 10 che la ricordono.
Grazie alle 44 che la preferiscono.
Grazie alle ragazze che hanno scritto le 93 recensioni totali.
Non mi capacito del fatto che tra due capitoli (o anche prima?) questa storia arriverà alle cento recensioni,  mi viene da piangere di gioia. Grazie a tutte voi, davvero, voglio che sappiate che state contribuendo anche voia scrivere questa storia. Vi abbraccerei una ad una e mi prolungherei al'inifinito a spiegarvi come mi avete aiutato, ma la storia deve ancora andare avanti, quindi tengo tutto per l'ultimo (sry) capitolo.
Volevo informarvi che verso la fine (tra qualche capitolo) questa storia si interromperà, perché caricherò un'altra storia dei quali dettagli vi saranno chiariti più tardi: questa sarò di massimo tre-quattro capitoli e non sarà nel settore Demi Lovato, ma fa sempre parte di questa storia. Naturalmente la lettutra di essa è facoltativa, ma servirà ame per spiegare alcune cose: ho già scritto alcuni capitoli e dovo dire che succede molto che potrebbe interessarvi per capire cosa è successo in passato, come una grande flashback.
La smetto dimettervi curiosità lol; volevo solo sapere, da voi, se la leggereste. So che non è facile decidere visto che non vi ho detto molto, ma non posso spiegarvi più di tanto, segreto professionale. Non odiatemi.
grazie a tutti ancora una volta, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e anche la (relativamente) breve attesa. :)
Baci,
Glo.

 

PS: nulla riguardante la sotria, ma mi sono iscritta a  polyvore . Non lo userò per scrivere le fan fiction, ma è solo un'altro dei link tramite  il quale potete contattarmi perqualsiasi cosa. Grazie.

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***



Capitolo 23.
I must have held your hand so tight, 
you didn't have the will to fight,
I guess you needed more time to heal.
- D. Lovato, Fix A Heart


 
 

  ‹‹Sono le cinque, perché dovremmo cenare ora? – protestai accigliata, entrando nel locale – Non ha senso. Chi cena alle cinque del pomeriggio? Gli inglesi a quest’ora si prendono il tè con i biscotti!›› Guardandomi attorno, mi accorsi che la maggior parte degli sguardi delle persone presenti era puntato su di noi, o meglio su di me, che ero entrata lamentandomi come una bambina con un tono di voce fin troppo alto.
  Josh si voltò di scatto verso di me, sbarrandomi la strada e cogliendomi di sorpresa: andai a sbattere contro il suo petto poco prima che riuscissi a voltarmi nella sua direzione, per poi rimanere imprigionata tra le sue braccia. Soffiai via la ciocca che mi era caduta sul naso prima di fare una smorfia scocciata quando sentii una risata rimbombare nel suo petto.
  ‹‹Se invece di fare queste scenate mi ascoltassi, te lo direi›› mormorò con voce calma e divertita, toccandomi la punta del naso con un dito. Sospirai e annuii con il capo, in segno di resa. Aspettai che mi liberasse per incrociare le braccia  sul petto, attendendo la spiegazione.
  ‹‹Primo, – iniziò, alzando l’indice – Miley mi ha detto che non hai fatto pranzo e di assicurarmi che tu mangia qualcosa.››
  ‹‹Miley ha fatto cosa?›› gli chiesi io incredula, alzando di nuovo il tono di voce. Alcune persone sedute ai tavoli più vicini si voltarono nuovamente verso di noi, lanciandoci occhiate di fuoco, ma mi importò ben poco in quel momento. Lui sospirò ed estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans per porgermelo dopo aver aperto il messaggio che mi avrebbe interessato:

 

So che sei con lei. Non ha mangiato oggi a pranzo,
pensaci tu. E stavolta, DAMMI ASCOLTO.
                            M
.

 
   Lo lessi velocemente, soffocando una risata; mi voltai verso Josh e lui si limitò a scuotere le spalle per dichiararsi innocente, sorridendo divertito a sua volta. Scossi vaga un mano in aria, ridendo con lui. Non riuscivo a credere che Miley l’avesse fatto davvero. A quanto pare non conoscevo la mia amica da prevedere questa sua stravagante azione. In fondo, però, dovevo aspettarmelo: Miley era pur sempre Miley.
  ‹‹E il secondo motivo?›› gli chiesi di punto in bianco mentre guardava assorto l’insegna luminosa con il menù del fast food. Si voltò verso di me, guardandomi assorto per qualche secondo prima di sorridere e voltarsi nuovamente dall’altra parte. Continuai a guardare incantata quel sorriso appena accennato che non abbandonava le sue labbra, incuriosita dal fatto che avesse lasciato la mia domanda così, in sospeso.
  ‹‹Beh, devo farti mangiare, – disse infine, abbassando lo sguardo a terra e infilando i pugni nelle tasche dei jeans – non posso rischiare che alla festa di stasera mi svieni ancora prima che il divertimento sia iniziato››.
  Le mie labbra si schiusero quasi da sole per lo stupore e io, aggrottando la fronte, mi chiesi se avessi capito bene. Josh mi aveva appena detto che quella sera mi avrebbe portato fuori o era la mia immaginazione a giocarmi brutti scherzi? ‹‹C-cosa?›› riuscii a balbettare, sotto shock. Lui rise, buttando la testa all’indietro mentre io chiedevo, ancora: ‹‹È uno scherzo, vero?››
  ‹‹No, Demi, no›› disse tra una risata e l’altra, prendendomi una mano. Non riuscii a reprimere il sorriso che comparse veloce sulle mie labbra e nemmeno a impedire che le mie guance diventassero leggermente più rosse. Lasciai uscire una risatina nervosa mentre Josh, facendosi più vicino, sfiorò le mie gote con le dita.
  ‹‹Contenta? Almeno non starai in casa da sola stasera›› mi disse, stringendo un po’ di più la mia mano. Mi mordicchiai leggermente il labbro, mentre sentivo gli angoli della bocca andare sempre più su. Era incredibile, in fondo, anche solo pensarci: lui mi aveva semplicemente detto che quella sera sarei uscita con lui, e io sentivo le farfalle nel mio stomaco dimenarsi come non mai.
  ‹‹Grazie, Jo›› mormorai, avvicinandomi a lui e posando la testa sulla sua spalla. Lui mollò la mia mano per cingermi le spalle con il braccio, avvicinandomi a lui un po’ di più. Lo lasciai fare, stringendo un po’ le spalle per farmi più piccola, mentre lui mi lasciava un bacio fra i capelli.
  ‹‹Per te questo ed altro, pasticcina. Un po’ lo faccio anche per me, sai? – mi staccai un poco da lui per rivolgergli un’occhiata interrogativa, invogliandolo a continuare – Non mi sentivo tranquillo a saperti sola mentre tua madre e tua sorella andavano da tuo padre››.
  ‹‹Perché?›› chiesi, prima di nascondere il viso nel suo petto lasciarmi cullare da lui; quando non lo sentii rispondere alzai nuovamente lo sguardo, trovandolo a elencare al cameriere le cose da prendere. Sospirando, mi voltai dalla parte opposta, rassegnata al fatto che avrei dovuto aspettare un altro po’ per ricevere la risposta.
  Mentre aspettavo, rimuginavo su ciò che mi aveva detto: dovevo ammette che, se davvero non ci fosse stato lui, quella sera non sarebbe più passata. Miley sarebbe uscita con Steven, e mamma se non l’avesse vista in casa con me non sarebbe andata con Madison da papà, e papà si sarebbe adirato e...
  Rabbrividii, voltando di scatto la testa e lasciando che la stoffa della maglia di Josh nascondesse la mia espressione terrorizzata mentre la stringevo nei pugni. Il ragazzo che mi stingeva a sé sussultò, chiamandomi allarmato. Stavolta fui io a non rispondere, mordendomi con forza il labbro per non lasciare andare i singhiozzi. Nonostante avessi pensato solo ad un evenienza oramai impossibile, la mia immaginazione era schizzata in avanti veloce ancor prima che potessi fermarla. Le immagini mi erano apparse da un momento all’altro davanti agli occhi, nitide, e avevo capito anche cosa Josh avesse voluto dire.
   Avevo visto il volto adirato di mio padre, la sua figura imponente entrare in casa come una furia e scostare malamente mia madre dall’ingresso. Lo avevo visto irrompere nella mia stanza all’improvviso, con al seguito una Madison spaesata e dal viso bagnato di lacrime, e venirmi a prendere con la forza, facendomi cadere dal letto. Lo avevo visto farci uscire di casa gridandoci dietro, mentre mia madre, disperata, lo supplicava. Lo vedevo sbattere in faccia quel documento, quel reclamo, che il suo avvocato aveva ottenuto...
  ‹‹Demi, tutto bene?›› la sua voce sembrava così lontana mentre combattevo con le lacrime, cercando di scacciare tutto come ero riuscita a fare il giorno prima. Sentivo tutte le persone attorno a me allarmarsi, persino il commesso che ci stava servendo, che chiese a Josh se fosse tutto a posto. ‹‹Non si preoccupi, non è niente›› gli rispose lui con un tono di voce che lasciava intendere l’esatto contrario, mentre mi accarezzava  impacciato la testa, senza sapere cosa fare. Strizzai gli occhi, cercando di far tornare il ritmo del mio respiro normale e sentendo Josh chiamarmi ancora. Ero così presa che non percepii neanche la sua mano avvicinarsi a me cautamente, prima di afferrare il mio braccio per scostarlo dal mio viso e lasciar andare la sua maglia. Il mio braccio sinistro, quello con la benda.
  Gemetti dal dolore, allontanandomi velocemente da lui mentre il braccio rimaneva stretto nella sua presa. Smisi di respirare sentendo le ferite non ancora emarginate, sfregando con la garza, bruciare da morire; fu allora che Josh, notando un lembo della benda bianca uscire dalla mia manica, mollò subito la presa.
  Portandomi un braccio al petto, mi allontanai di un altro passo da lui. Scoccai veloce un’occhiata al suo viso: gli occhi accesi dalla sorpresa ma nello stesso tempo rabbuiati dalla preoccupazione, la mano immobile ancora a mezz’aria.
  ‹‹Demi...››
  ‹‹È tutto okay›› lo interruppi, sistemandomi meglio la manica e deglutendo. Mi sforzai di annuire con il capo per confermare ciò che avevo appena detto mentre sentivo il braccio pulsare e il bruciore rimanere sempre lo stesso. ‹‹Devo solo andare un attimo in bagno›› farfugliai velocemente, prima di farmi strada verso i servizi mentre sentivo il suo sguardo seguirmi fino a che non lasciai che quella porta bianca si chiudesse alle mie spalle.
  Mi fiondai in una delle cabine vuote e la chiusi velocemente con uno scatto della maniglia, per poi abbassare la manica e srotolare veloce la garza attorno al mio braccio: gli ultimi due strati erano leggermente macchiati di rosso, e quando la tolsi tutta potei scorgere la pelle arrossata e il sangue macchiarmi la pelle.



______________________

 

holla babes.

Non uccidetemi pls, sono anche stata brava ad aggiornare, non ho aspettato un mese, ma tre settimane! 
Spero apprezzerete i miei sforzi, lunedì inizio scuola e ci tenevo adaggiornare oggi.
Naturalmente, ora che sono in primo liceo mi devo dare da fare per dare una buona prima impressione ai professori, quindi trascurerò un po' la scrittura e gli aggiornamenti qui su efp. Farò del mio meglio per organizzarmi, però, promesso.
Allora, iniziamo con la storia.
Incomincio col dire che non mi piace affatto far soffrire la gente, anche se scrivendo il corso degli veneti di questa storia sono un po' crudele con Demi. 
Mi dispiace davvero per lei, non mi ha fatto niente, ma la sua vita è un po' così, e lei è fragile. 
Naturalmente, spero che abbiate capito che ciò che è stato a terrorizzarla fosse il pensiero di essere costretta a vivere con suo padre, la persona che più odia e di cui a più paura. E quando la mente intimorita galoppa, certe volte vediamo anche situazioni impossibili avverarsi davanti ai nosti occhi come incubi e farci soffocare dalla paura. Non credo che demi sia l'unica ad aver vissuto un momento del genere. Non credo di essere l'unica.
Josh era a poco dallo scoprire il segreto di Demi, coperto solo da una sottile garza che fa bruciare ulteriormentele ferite: oramai ciò che è fatto è fatto, ciò che si è notato non si può scordare. Farà domande o Deedee riuscirà a scamparla anche stavolta? 
Intanto, Josh ha invitato la nostra bella e fragile eroina ad 'una festa'. Ci andranno, secondo voi? O scanseranno tutto e l'incubo di Demi diverrà sempre più reale?

Veniamo ai ringraziamenti.
Ho caricato il prologo di questa storia esattamente 363 giorni fa, il che significa che tra due giorni, la Demi come me la sono immaginata io compirà un anno.
E' cambiato molto da allora, io stessa sono cambiata, e se caricando il prologo di questa storia avevo pensato che se non avesse avuto molte visite e/o lettori l'avrei eliminata, ora mi ritrovo al 23esimo capitolo, costretta ad andare avanti solo per voi - non che mi dispiaccia, sia chiaro.
Come avrò detto già un miliardo di volte, non tendo a finire le mie storie: le inizio e poi rimangono sospese, il corso degli eventi violentemente interrotto e l'ultima frase lasciata a metà. Sono riuscita a completare solo una storia, per ora, e spero di riuscire a terminare anche questa. Tutto per merito vostro, le mie lettrici.
Ora capisco cosa provano le scrittrici che scrivono i libri di una saga, quando leggono i messaggi di incoraggiamento da parte delle loro lettrici che le smuovono ad andare avanti, a finire la storia. Non che io mi stia paragonando ad una vera e propria scrittrice, ma credo che il concetto sia proprio quello.
Volevo solo dire che senza di voi non vado da nessuna parte: nè via, nè indietro, nè avanti. 
La scrittura mi aiuta ad espirmermi, e voi mi aiutate a capirmi. Mi invogliate a buttare giù le parole e poi, rileggendo per correggere gli errori, a capire che persona sono, cosa provo veramente. E quello che scrivo di getto spinta da una nuova idea, è quello che mi viene dal cuore. 
Lo stesso cuore che faccio fatica ad aprire, e che voi state studiando per aiutarmi a trovare indizi sull'intricato meccanismo che lo sigilla e lo rende così impenetrabile.
Grazie a voi, ho capito molte cose e le ho messe nero su bianco. Grazie a voi ho deciso di non mollare, e voglio che voi siate coscenti di avermi aiutato tanto.
Così, rinrazio le bellissime 46 persone che hanno messo questa storia nei preferiti, le dodici che l'hanno messa nelle ricordate, le trentanove che l'hanno inserita tra le seguite.
Grazie a tutte quante, ogni vostro piccolo parere è quasi un perla di saggezza per me.
Baci,
Glo.

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***




 

Capitolo 24.

Take the keys out the car it won’t drive
That’s how I feel when you’re not by my side

When I wake up in the morning up under you,
and only you.


[J. Bieber, All That Matters]


 
  Mi avvicinai cautamente al tavolo dove Josh era seduto, facendo dei respiri profondi. Alla fine ero riuscita a calmarmi, nonostante qualche lacrima mi fosse scappata e i tagli bruciassero ancora un po’: quando mi ero allontanata da Josh nonostante fossi ancora intrappolata dalla sua presa, la pelle stretta da lui si era tirata, riaprendo alcuni di essi, che avevano ripreso a sanguinare. Ero stata un stupida, sì, e avrei dovuto essere più attenta, ma  oramai quello che era fatto non poteva essere cancellato. La vita non funziona come un nastro, non si può riavvolgere e rifare.
  Scossi la testa cercando di non pensarci, e sfiorai la spalla del ragazzo, il quale si voltò a guardarmi. Mi sforzai di sorridergli, mentre mi lasciavo cadere sulla sedia vicino a lui. ‹‹Allora, cosa c’è da mangiare?›› chiesi battendo le mani e voltandomi verso i due vassoi posati sul tavolo. Lui non rispose, continuando a guardarmi. Provò a ribattere, aprendo la bocca per parlare, ma poi lasciò perdere, scuotendo la testa. Mi sorrise e, dentro di me, tirai un profondo respiro di sollievo.
  ‹‹Cheeseburger›› rispose semplicemente indicando una scatolina nel vassoio vicino a me. Presi un respiro, prima di avvicinarla a me e ad aprirla. Chiudendo brevemente gli occhi, mi preparai a ricevere i tremendi insulti da me stessa a ogni morso che avrei fatto a quel panino, quando sentii lamano di Josh posarsi sulla mia. Li riaprii, girando il capo verso di lui.
  ‹‹Va tutto bene, Deedee›› mormorò a mezza voce, guardandomi negli occhi. Annuii, cercando di convincere più me stessa che lui sul fatto che ci credevo. Stava andando tutto bene. Guardai le nostre mani unite e sorrisi: sì, stava andando tutto bene.
 
  ‹‹Dove stai andando?›› chiesi, aggrottandole sopracciglia. Le strade in cui passavamo non erano quelle familiari che portavano a casa, anzi, sembravano andare dalla parte opposta. Guardando l’orologio, il mio interrogativo si fece più grande: erano solo le sei e mezza, non era possibile che stessimo già andando alla festa, mancava ancora molto – di qualunque festa si trattasse.
  ‹‹Spero tu sia in vena di shopping, Dems›› mi disse lui, ignorando la mia domanda mentre, guardando fuori dal finestrino, sembrava cercare qualcosa, leggendo tutte le insegne dei negozi davanti ai quali passavamo. Lo guardai spaesata, senza sapere cosa dire. Eravamo andati molte volte in centro assieme, ma mai per comprare qualcosa.
  Josh, inoltre, non era il tipo di ragazzo vanitoso con l’armadio pieno di vestiti: con la notorietà che aveva a scuola, qualunque cosa indossasse andava bene a tutti, che fosse di moda o meno. In fondo lui era semplice, vestiva sempre allo stesso modo: pantaloni sportivi o jeans sgualciti, magliette con nomi di band sconosciute stampate sopra, camice a quadri che poteva aver benissimo preso dall’armadio di qualche boscaiolo in famiglia o maglioncini morbidi – che io amavo, soprattutto quando d’inverno me li prestava quando andavo a dormire da lui; ne avevo uno nell’armadio, bianco e morbidissimo, che non gli avevo mai restituito: non sapevo se lo avesse notato, ma se così fosse stato non me lo avrebbe chiesto indietro, soprattutto sapendo quanto mi piacesse.
   ‹‹Josh, rispondi alla mia domanda?›› gli chiesi leggermente scocciata, incrociando le braccia al petto. Lo sentii ridacchiare divertito, mentre svoltava in un parcheggio libero e spegneva l’auto, togliendo le chiavi dal quadro. Mi lanciò un’occhiata divertita e sospirò rumorosamente, battendosi le mani sulle gambe. ‹‹Beh, stiamo andando a comprarti un vestito per stasera››.
  Aggrottai le sopracciglia, sciogliendo le mie braccia: ‹‹Ma io di vestiti ne ho.››
  Lui scosse la testa ridacchiando e scese dalla macchina. Rimasi lì dentro senza sapere cosa fare, guardando perplessa nella sua direzione. Lui ricambiò brevemente lo sguardo e rise di gusto, facendo il giro della macchina per venirmi ad aprire la portiera. Sospirando rassegnata, mi slacciai la cintura poco prima che il mio sportello si aprisse. Mi trascinai fuori dalla macchina, prendendo la mano che Josh mi aveva teso per aiutarmi ad uscire.
  ‹‹Invece di ridere come un coglione, ti potresti spiegare? – sbuffai, mentre lui chiudeva lo sportello e la serratura della macchina – Sono piuttosto stanca oggi. In fondo sono io quella che è andata a scuola tra noi due, mentre tu te ne sei rimasto a casa bello tranquillo.››
  ‹‹Dems, piantala di fare storie, non stanno in piedi. Stamattina sei arrivata a scuola anche in ritardo, quindi hai poco da lamentarti sulla dormita che hai fatto›› ribatté, tirando leggermente il mio braccio per invogliarmi a camminare con lui. Guardai le nostre mani unite: Josh aveva intrecciato le nostre dita fra loro, e con il pollice e l’indice stava giocherellando con il mio anello al pollice, facendomi un lieve solletico. Arrossii, guardando il pavimento mentre chiedevo, distratta: ‹‹Tu come fai a saperlo?››
  ‹‹Ti ho vista›› rispose lui, facendo le spallucce. Alzai lo sguardo verso di lui, corrugando leggermente la fronte, ma lui stava guardando altrove, passeggiando tranquillo e sorridente al mio fianco. Mi soffermai su quel sorriso, così spontaneo e sincero: rendeva le sue labbra ancora più belle e illuminava il suo volto, facendo brillare i suoi occhi smeraldini.
  Mordendomi il labbro, cercai di trattenere quel sorriso che minacciava di invadere le mie labbra al solo pensiero che quello stupendo ragazzo, ora, mi stesse tendendo per mano in quel modo così dolce, distratto ma nello stesso tempo accogliente.  Posai la testa sulla sua spalla, sospirando.
  ‹‹Dov’eri stamattina?››
  Quella domanda uscì dalla mia bocca prima che me ne rendessi conto. Trattenendo il respiro, aspettai con ansia la risposta: sentii la presa di Josh farsi un po’ più stretta, mentre le sue dita smettevano di giocare con il mio anello e si stringevano al dorso della mia mano, facendo scontrare i nostri palmi l’uno contro l’altro.
  ‹‹A casa.››
  ‹‹Stavi male?››
  ‹‹Non esattamente…››
  Gli schioccai un’occhiata laterale veloce, trovandolo a fissarmi in un modo strano. Quando, però, mi voltai verso di lui, il suo sguardo era già rivolto altrove. ‹‹Non esattamente?››
  ‹‹Avevo bisogno di una pausa. Dovevo riordinare un po’ di casino qui dentro›› rispose, picchiettandosi un dito sulla tempia e rivolgendomi un sorriso. Annuii, rimanendo un po’ spiazzata da quella confessione nonostante non avessi capito appieno cosa lui intendesse. Josh non era di certo il tipo di persona che se ne stava con le mani in mano a pensare: lui agiva, pensando sul momento, ragionando velocemente.
  Per la seconda volta, mi assalì la paura che avesse avuto qualche ripensamento riguardo al bacio del giorno prima. Da come, però, stringeva la mia mano nella sua e mi teneva vicina a sé con fare protettivo, capii che non era questo il problema o che, perlomeno, quel ripensamento fosse stato solo temporaneo e ora non lo preoccupasse più.
  ‹‹Eccoci qui›› annunciò, rompendo il silenzio. Mi fermai con lui e alzai lo sguardo verso il negozio davanti al quale mi aveva fatto fermare. Vetrine sobrie, manichini candidi con indosso vestiti eleganti e formali, i cartellini scritti con una calligrafia ordinata e chiara, costi abbastanza alti. Aggrottai la fronte, ridacchiando tra me e me quando, per un attimo, pensai stesse scherzando: ma da come ispezionava serio gli abiti e leggeva i cartellini, capii che non stava giocando, non stavolta.
  ‹‹Non credi che questi vestiti siano un po’... eccessivi per una festa?›› chiesi, non riuscendo a sopprimere un sorriso mentre guardavo la sua espressone tranquilla. Non mi sarei stupita affatto se in quel momento mi avesse sorriso e avesse detto che stava scherzando, che il negozio in cui mi voleva portare era un altro. Peccato che Josh aveva davvero in mente di stupirmi, quella sera.
  ‹‹Non per la festa dove ti porterò stasera›› rispose, sorridendo appena. Risi nervosa, capendoci sempre meno: il cuore iniziava ad accelerare il suo battito mentre, incredula, rimuginavo sulle sue parole.
  ‹‹Josh, basta misteri: – trovai il coraggio di mormorare, arrossendo – dove diavolo mi stai portando?›› il mio tono di voce sarebbe dovuto suonare piccato, ma non riuscii a trattenermi dal ridere.
  Lui rise con me, attirandomi dolcemente a sé per avvicinarmi di più e potermi prendere anche l’altra mano: cercando di capire cosa stesse facendo, alzai lo sguardo verso di lui e incontrai i suoi occhi. Rimasi paralizzata, senza fiato, mentre lui giocherellava con le mie mani e ne accarezzava il dorso con il pollice; sorrise vedendo la confusione dipinta sul mio viso, poi tornò serio. Le farfalle, intanto, avevano già iniziato a volare nel mio stomaco quando lui, con un mezzo passo, si era avvicinato ulteriormente a me, senza perdere il nostro contatto visivo.  
  ‹‹Demi – sussurrò, una sfumatura lieve di esitazione nella voce – verrai con me, stasera, al ballo d’inverno?››

 
______________________________________
 
Okay, ci ho messo un'eternità per aggiornare, e mi dispiace, davvero.
Non intendevo farvi aspettare così tanto, anzi: avevo intenzione di aggiornare prima, ma a scuola parlavano già di verifiche e, ansiosa come sono, mi sono fatta prendere molto dallo studio. Risultato, ho una media dell'otto che spero di riuscire a mantenere per tutto l'anno, non si sa mai lol
A parte gli scherzi, papà ha tolto la rete dicasa, quindi connettermi a internet era un casino. Ho passato, inoltre, un periodo in cui non riuscivoa scrivere per problemi gravi e di aggiornarenon me la sentivo. Spero, comunque, di non avervi disinteressato alla storia con tutta questa attesa, perché ho quasi finito di scriverla e sarebbe un peccato non avere più una ragione per continuare ad aggiornarla.
So che in questi ultimi tempi efp non è molto frequentato, soprattutto la parte delle ff sui personaggi famosi, ma spero comunque che questa storia non perda tutti voi bellissimi lettori, perché io tengo un sacco ad entrambi.

Ritorniamo alla storia.
Sorprese? Spero prorpio di sì, perché mentre scrivevo fremevo già dalla voglia di aggiornare e farvi sapere di questa nuova 'sorpresa'. Ve lo aspettavate? 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ci ho messo tutto il cuore per scriverlo. Mi lasciate un vostro piccolo parere? Mi farebbe davvero piacere. Grazie.
Volevo ringraziare tutte le persone che hanno recensito questa storia fino ad ora - abbiamo raggiunto le 101 recensioni, wow! -, le 48 che l'hanno messa tra le preferite, le 13 che la ricordano e, infine, le 40 che la seguono. Grazie a tutti, davvero.
Volevo approfittarne anche per ringraziare le 14 persone che mi hanno messa tra gli autori preferiti; per me è davvero importante, e credo che oramai l'abbiate capito. :)
Scappo.
Farò il possibile per aggiornare il più presto possibile, ma, comunque, ho bisogno anche di voi. Scrivere mi è sempre più difficile e ho bisogno dei vostri stimoli per andare avanti. Ve ne sarei grata, quindi, se mi aiutaste un po'. 
Grazie ancora a tutti.
Baci,
Glo.

 
 

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***




 

Capitolo 25.

This is alove story,
baby just say 'yes'
.


[T. Swift, Love Story]


 
  Ci sono quei momenti in cui rispondere ad alcune domande risulta semplicissimo. In fondo, in alcuni contesti, un ‘si’, un ‘no’, un ‘forse’ sono facili da dire, tanto che non ci pensiamo veramente su quando li diciamo.
  Certe volte, però, è più difficile di quanto sembri: prima ci devi pensare, devi renderti conto di quello che sta succedendo o semplicemente devi convincerti che quello che stai vivendo non è un sogno. Perché, ammettiamolo: le domande a cui è più difficile rispondere sono quelle che abbiamo sempre temuto, aspettato o sognato di sentirle rivolgere a noi. Quelle di cui sappiamo la risposta, la sappiamo benissimo, ma per un motivo o per l’altro la voce si blocca in gola, la mente si resetta e ti ritrovi a ragionare come la prima volta che hai valutato quella possibilità, che hai immaginato di dover rispondere a quella richiesta di sapere, ottenere o far promettere.
  E così fu anche per me, quella volta.
  Amavo Josh, lo amavo davvero: ed era incredibile come me lo stessi ripetendo nella mente nonostante dovessi solo accettare o meno di andare ad un ballo con lui. Era come se stessi già giungendo a conclusioni affrettate; ma si sa che quando si è innamorati è impossibile impedirsi di sognare. E sebbene quella fosse quasi una legge dettata dalla natura, un fatto estremamente umano, io non volevo, non volevo fantasticare, non volevo illudermi per poi soffrire, di nuovo.
  Guardavo Josh negli occhi, non sapendo se sorridere e scoppiare a piangere: è vero, non mi ero mai aspettata passi del genere da lui, emozioni del genere nei miei confronti. Io mi ero limitata ad amarlo e a tacere, per tutto questo tempo dove non avevo valutato ad avere qualcosa in più da lui, nonostante non potessi negare di non averlo sognato, di aver desiderato un suo bacio.
  Non c’era mai stato un elemento scatenante, qualcosa che mi inducesse ad agire. Non c’era mai stata gelosia, perché negli anni trascorsi assieme, come sua migliore amica, non avevo mai visto Josh amare qualcuno.
  Non l’avevo mai sentito amarmi per il semplice fatto che non sapevo in che modo lui si comportasse nei confronti di una persona per il quale lui provasse un sentimento del genere. E così le parole di Miley mi risuonarono nella testa come un campanello di allarme:
 
  ‹‹Sai, le tue guance arrossate mi dicono che per te questa vostra “semplice amicizia” è qualcosa di più.››
  ‹‹Beh, forse per me sì, ma per lui…››
  ‹‹Bah, sarà; ma se fossi in te non ne sarei così sicura››
 
 Che Josh mi avesse amato sin dall’inizio era escluso: quella frase categorica, ‘io non mi innamorerò mai’, e quella paura nei suoi occhi ne erano la conferma; eppure ero sempre stata convinta del fatto che le attenzioni che Josh mi rivolgeva, i sorrisi e i discorsi profondi fossero dovuti alla nostra amicizia che nel corso del tempo si era consolidata, diventando più forte e intima. Non avrei mai pensato che fossero per amore, che lui ricambiasse ciò che provavo, che lui cercasse di manifestarlo dopo tutto quel tempo in cui ci eravamo conosciuti, legati l’uno all’altra e sviluppato quell’affetto che avevo pensato più forte da parte mia che sua.
  Solo ora mi rendevo conto che ero sempre stata troppo presa dalle mie emozioni per fermarmi a valutare le sue.
 
  ‹‹Demi, stai bene?››
 
  Lo guardai negli occhi, diretta, lasciai che le farfalle volassero e ignorai le mie guance che si coloravano. Ero stata cieca, per tutto questo tempo, non vedendo che il modo in cui mi guardava era diverso; ero stata ignorante, in quegli ultimi tempi, ignorando che il modo con cui mi trattava, mi parlava era mutato; ero stata un’egoista, solo questo, non cogliendo le frasi che lui scriveva tra le righe dei suoi lunghi discorsi che mi lasciavano confusa, e per questo li lasciavo perdere.
  E come io celavo a lui i miei sentimenti, lui cercava di farmi accorgere dei suoi, di ciò che provava lui.
 
  ‹‹Perdonami››
  Sentendomi parlare con quella voce spezzata e sommessa, sobbalzò impercettibilmente dalla sorpresa. Avvicinò una mano al mio viso, accarezzandolo leggero e guardandomi con una punta di disorientamento nello sguardo sereno. ‹‹Per cosa?››
  ‹‹Per non averlo fatto prima.››
  La sua mano si allontanò un poco dal mio viso. ‹‹Cosa?›› era confuso, stavolta lo si leggeva chiaramente sul suo viso.
  Guardai le nostre mani unite, come la sua, grande e calda, accogliesse le mie, le stingesse senza violenza, con timore ma nello stesso tempo sicurezza. Alzai lo sguardo verso di lui, e, senza più esitare, mi avvicinai un poco.
  ‹‹Questo›› soffiai piano sulle sue labbra, prima di chiudere gli occhi e farle incontrare con le mie.
 
  Il cuore mi stava scoppiando in petto. La mani sfioravano tremanti il suo viso, i suoi capelli, incredule, mentre la bocca si lasciava trasportare da quel bacio tanto atteso, desiderato, sognato; e dopo tanti tentativi, tanti passi avanti e altrettanti indietro, finalmente eravamo vicini, finalmente le sue braccia mi cingevano la vita e mi stringevano a sé con dolcezza, finalmente le sue mani mi sfioravano, facendomi sentire desiderata. Finalmente potevo alzarmi in punta di piedi per fargli capire che c’ero, che quel bacio l’avevo atteso anche io e che lo amavo, più di ogni altra cosa.
  Un sorriso. Sentii un sorriso invadere le mie labbra, intromettersi nel nostro bacio. Josh si staccò da me, aprendo gli occhi per vederlo e sorridermi a sua volta.
  ‹‹Lo posso prendere per un sì?›› mi chiese, posando la fronte contro la mia.
  ‹‹È un sì, stupido›› risi, stampandogli un bacio sulle labbra e fremendo fra le sue braccia per quel contatto che mi resi conto di amare con tutta me stessa.
 
  Mi guardai allo specchio, facendo una smorfia: sentivo tutto quello che avevo mangiato in bocca, il sapore del cheeseburger mi fece venire la nausea. Volevo vomitare, anche se non sapevo quale fosse la vera causa: quello che non avrei dovuto mangiare che mi pesava sullo stomaco o il mio riflesso che mi faceva ribrezzo. Forse entrambi.
  ‹‹Demi, esci? Voglio vederti›› mi chiamò Josh, la voce che tradiva un sorriso: il vestito me l’aveva scelto lui poco prima, vedendomi indecisa e intimidita da tutti quegli abiti così belli. Trattenni a stento le lacrime, mentre stringevo nei pugni il tulle della gonna con rabbia: quel vestito che indossavo era bellissimo, sì. Non era certo colpa sua se guardandomi allo specchio odiavo quello che vedevo. Era su di me che sembrava bruttissimo, deformato. Perché per quanto fossero belli tutti quegli abiti, non ne avrei trovato neanche uno in quel negozio.
  Divorata da quella consapevolezza, mi lasciai andare con la schiena contro la parete, per poi scivolare giù. Vidi le lacrime bagnare il vestito, mentre, singhiozzando, pensai alle altre ragazze che avevo visto girare per il negozio, belle, magre: loro sì che avrebbero trovato un vestito lì dentro.
  Avvolgendo le braccia attorno al corpo, mi dondolai un poco, cercando di strozzare i singhiozzi per non farmi sentire: quasi le vedevo, uscire con tante buste in mano, felici e sorridenti, più sicure di prima.
 
  ‹‹Demi?››
  Mi paralizzai. Mi ero dimenticata di Josh. Mi ero dimenticata che era là fuori e mi stava aspettando. Affondai le unghie nei miei fianchi, abituata a quel male che mi infliggevo da sola, mentre il respiro mi si faceva più affannato e strabuzzavo gli occhi dalla paura che lui mi potesse vede in quello stato.
  ‹‹Non voglio uscire – gli risposi, cercando di controllare la voce tremante – voglio togliermi questo vestito e andare a casa. Non voglio andare a quella festa stasera. Non voglio, non voglio›› sbottai infine, prima di non riuscire più a controllarmi e scoppiare in un pianto disperato.
  Sentii qualcuno sedersi al mio fianco, piano: con il viso pieno di lacrime, mi voltai verso Josh, incontrando il suo sguardo chiaro pieno di preoccupazione. Mi lasciai andare tra le sue braccia, rannicchiandomi contro il suo petto e lasciando tutte le lacrime uscire.
  ‹‹Mi odio. Questo vestito è stupendo e su di me fa schifo. È colpa mia›› mi sfogai, singhiozzando. Josh attese che mi calmassi, accarezzandomi i capelli e asciugando le mie lacrime. Poi mi fece alzare in piedi e, guardandomi da capo a piedi, disse semplicemente: ‹‹Io invece penso che questo vestito, su di te, sia molto più bello.››
 


_______________________________________

 

Non ho riletto il capitolo, quindi se ci sono errori è colpa mia.
Magari dopo lo faccio e correggo tutto, ma ora sono troppo stanca.
Ho aggiornato, finalmente, dopo un sacco di tempo passato a chiedermi sene valesse davvero la pena. Non so se continuare a pubblicare questa storia, nonostante l'abbia già finita di scrivere, oramai.
Non sono in vena di parole oggi, quindi non mi prolungherò molto.
Volevo solo ringraziare tutti quanti per il supporto che mi state dando, più o meno forte che sia.
Grazie alle tre dolcissime persone che hanno recensito lo scorso capitolo, le 38 che seguono questa storia, le 13 che la ricordano, e le 50 (siamo arrivati a cinquanta, ancora non riesco a crederci) che la preferiscono. Grazie davvero, a tutti quanti.
Ok,sto iniziando ad avere freddo, quindi spegnerò il computer e mi metterò a leggere Hunger Games. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me scriverlo - e, soprattutto, di non avervi ridotto in lacrime nell'ultima parte,come in fondo ero io mentre buttavo giù le parole con la vista appannata.
Vi voglio bene.
Baci,
Glo.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***




 

Capitolo 26.

All I need is love and romance.

[J. Bieber, One Life]


 
  ‹‹Ti prego, questo mi fai fianchi larghi›› mi lamentai ancora, alzando gli occhi al cielo. Josh alzò le mani in segno di resa, scuotendo la testa. Mi ero già provata quattro vestiti, e nessuno andava bene. Per me era normale: ogni volta che andavo a comprare qualcosa da mettere con mamma o Miley passavamo ore nei negozi a cercare qualcosa che mi stesse bene almeno un briciolo – o, meglio, che convincesse me del fatto che non evidenziasse particolari del mio corpo che non mi piacevano.
  Al contrario di quelle volte, però, stavo ancora sorridendo mentre mi guardavo allo specchio: ero felice, e nessun’altra lacrima aveva rigato il mio viso. E tutto questo grazie al ragazzo che stava di fianco a me, a braccia incrociate, e mi squadrava da capo a piedi con un sorriso stampato in volto.
  ‹‹Sei sexy››  commentò, prima di ridere quando mi vide arrossire, posando le mani sulle guance. Da quando mi aveva consolato in camerino, mi stava riempiendo di complimenti ogni volta che uscivo con un nuovo vestito addosso; E mentre io facevo smorfie e pensavo ad alta voce quanto si vedesse la pancia, il seno sembrasse più grosso o le braccia paressero enormi, lui si limitava ad abbracciarmi da dietro, lasciarmi un bacio sulla guancia, sulla  tempia o sul collo e sussurrarmi di non pensarci, che ero bellissima.
  ‹‹Altro motivo in più per scartarlo. Via pure questo›› dissi infine, battendo le mani sulle cosce e ridendo quando Josh fece un verso di disapprovazione. Feci per avviarmi verso il camerino, poi ci ripensai, bloccando Josh prima che si avventurasse di nuovo fra gli stand per prenderne altri.
  ‹‹Stavolta scelgo io›› gli dissi, posando una mano sul petto per fermarlo e superarlo mentre lui rideva, senza obbiettare.
 
  ‹‹Demi, questo non va bene›› disse calmo lui, quando mi vide uscire dal camerino. Corrucciata, incrociai le braccia al petto e sporsi il labbro in fuori come una bambina.
  ‹‹Perché? È stupendo!›› obbiettai, facendo cadere le braccia lungo i fianchi e guardandolo supplichevole. Lui si lasciò scappare un sorriso mentre, oltrepassandomi, rientrò in camerino per riprendere quello prugna che avevo provato poco prima e poi tornare da me allo specchio.
  ‹‹Certo Deedee, ti sta anche bene, ma non è abbastanza elegante per un ballo›› mi fece notare calmo, cingendomi la vita con un braccio e facendomi cenno di guardarmi allo specchio. Lo feci, osservando attentamente il nostro riflesso: la sua mano era posata sul mio fianco, nel punto dove finiva il corpetto e la gonna del vestito scendeva ampia, fino a metà coscia, e lì il vestito finiva con una balza di tulle che spuntava da sotto la gonna. Mi accorsi di quanto fossi vicina a lui, che pareva tenermi vicino a sé come se tutto il resto del mondo potesse farmi del male. Lo vidi guardare lo specchio nello stesso modo in cui lo facevo io, abbagliata.
  Ci eravamo specchiati tante volte assieme, ma mai così vicini. Di solito tendevamo ad abbracciarci quasi senza pensarci troppo sopra, e le nostre mani si erano sempre incontrate distrattamente, stringendosi fra loro mentre eravamo sovrappensiero.
  In quel giorno, però, in cui tutti i nostri gesti così naturali avevano preso una stana magia, rimanemmo entrambi affascinati dal modo in cui stavamo vicini come se quel contatto, quella vicinanza, l’avessimo desiderata da sempre.
  Tenendo lo sguardo fisso davanti a me, posai la testa sul suo petto. Lo vidi accennare un sorriso allo specchio, mentre accentuava leggermente la presa attorno alla mia vita. Chiudendo gli occhi ed inspirando il suo profumo, stavolta senza nascondermi, mi ripetei quanto lo amassi; e quando aprii gli occhi, alzando lo sguardo e incontrando quello di Josh, capii che, in cuor suo, anche lui se lo stava ripetendo.
  Si stava ripetendo quanto amasse me. Un sorriso improvviso invase le mie labbra, mentre lui, continuando a guardarmi, sussurrava: ‹‹Se ti piace così tanto, ti compro anche questo.››
  Tacqui, ricambiando il suo sguardo in silenzio. Eravamo vicinissimi anche se, senza tacchi, lui era molto più alto di me. ‹‹E va bene, – cedetti infine, sfilandogli il vestito dalle mani e stendendolo davanti a me, pinzando la stoffa tra le dita – metterò questo solo per te, stasera››.
 
  Uscendo, notai che anche Josh aveva una busta tra le mani, una del negozio dal quale stavamo uscendo. Aggrottando le sopracciglia, la indicai: ‹‹E quella?››
  ‹‹È il mio vestito.››
  ‹‹Non ti ho visto provarlo.››
  ‹‹L’avevo già prenotato.››
  Assottigliai lo sguardo, guardandolo di traverso. Lo vidi accennare a un sorriso beffardo, mentre faceva finta di interessarsi a una macchina che stava sfrecciando sulla strada di fianco a noi proprio in quel momento. Io, intanto, riflettei sulle sue parole per qualche silenzioso secondo, poi aprii di nuovo bocca, strabuzzando leggermente gli occhi dallo stupore: ‹‹Da quant’è che dovevi chiedermelo?››
  Josh si voltò nuovamente verso di me recitando una fintissima espressione sorpresa, come se si fosse accorto solo in quel momento della mia presenza. ‹‹Cosa?››
  Smisi di camminare, costringendo lui a fare lo stesso, e mi scostai dalle spalle il suo braccio. Gli lanciai per un attimo uno sguardo stizzito e sospettoso, ma la sua espressione tranquilla e divertita mi fece ridere. Lasciai che mi riavvicinasse a lui, stampandomi un bacio sulla tempia.
  ‹‹Il ballo – mormorai, sentendo le mie guance arrossarsi – da quanto tempo è che mi dovevi invitare?›› finii di chiedergli mentre, barcollanti, ricominciavamo a camminare.
  Lui mi guardò a lungo, senza rispondere. Sentii il bisogno di distogliere lo sguardo dal suo per l’imbarazzo, facendolo cadere goffamente a terra. Perché mi sentivo così sotto pressione? In fondo gli avevo fatto una semplice domanda. Facendo piano un sospiro per recuperare il coraggio senza farmi sentire, lo guardai nuovamente, attendendo la risposta: quando, però, lo guardai, anche il suo sguardo pensieroso era posato sul pavimento.
  ‹‹Facciamo un gioco?›› mi disse infine, lanciandomi un’occhiata di traverso veloce, quasi come se non volesse che io la notassi – cosa che, per sua sfortuna, accadde. Sempre più spaesata, accettai a mezza voce, mentre il sorriso che avevo stampato sulle labbra fino a poco prima svaniva pian piano: non mi era piaciuto affatto il tono serio e esitante con cui mi aveva posto la domanda. ‹‹Come funziona?››
  ‹‹Io rispondo a questa domanda, ma tu dopo rispondi ad una mia.››
  Scrollai le spalle ed annuii piano, troppo curiosa di sapere la sua risposta per fermarmi un attimo in più a riflettere su quella sua proposta. Forse fu proprio questa mia distrazione a suscitare in lui quella lieve perplessità che mi rivolse con un breve sguardo e che fece scomparire in fretta subito dopo.
  ‹‹Da un po’. Esattamente da tre giorni – lo guardai nello stesso istante in cui lui fece lo stesso, facendomi scappare un sorriso mentre con le mani mi aggrappavo al suo braccio che mi cingeva il collo – ma quella mattina Chelsea ti aveva incontrato prima di me, e sai, farti una domanda del genere in infermeria non mi sembrava esattamente il luogo più adatto.››
  Ridacchiai assieme a lui, mentre lasciavo andare il suo braccio per salire in macchina. Mentre lo guardavo salire a sua volta e accendere il motore, mi persi in quei minuti di silenzio a riascoltare le sue parole ed arrossire, ma nello stesso tempo a riflettere a tutto ciò che era accaduto in quei giorni, tutto ciò che gli aveva impedito di avvertirmi prima. E mentre con la mente rimuginavo su quei ricordi, mi ricordai di ciò che mi aveva detto prima ancora di quella confessione.
  ‹‹E la tua domanda?››
  Josh non mi rispose subito. Vidi le sue nocche schiarirsi leggermente, segno che la presa attorno al volante era aumentata: continuai a guardarlo in attesa, notando il nervosismo crescente che non mi riuscivo a spiegare. E poi eccola, la domanda che mi lasciò spiazzata:
‹‹Quella benda che hai sul braccio sinistro… Che è successo?››

 
 


Ecco che mi faccio viva dopo un'eternità. lol
Non odiatemi, sapete che io vi amo tanto.
No sul serio, scusatemi.

Ok, mi odio un po'. Questo capitolo è un po' di mezzo, un passaggio, anche se l'ultima parte spiazza un po'. Molte di voi mi avevan detto che secondo loro Demi dirà a Josh il suo segreto, e ora si scoprirà se hanno ragione o no...
Beh, nel prossimo capitolo.

La frase all'inizio non c'entra molto, ma one life è così perfetta che è già tanto se non vi ho messo l'intero testo; fatto sta che mi ricorda molto Josh e Demi, soprattutto Demi, quindi qui la infilerei un po' ovunque.
Sono curiosa di sapere che ne pensate: non postando da un pezzo mi mancano un po' i pareri dei miei lettori e - perché no? - qualche chiaccherata con loro. Sul serio, ragazzi, mi farebbe motlo piacere sentirvi.

Questo sito è sempre più deserto, e ora visto che sonoiscritta a facebook avevo pensato di fare una pagina dove carico i capitoli delle fanfiction ogni volta che le aggiorno qui: magari aspetto di finire questa (sarebbe un po' scomodo caricare tutti quelli che ci sono già), ma mi piacerebbe sentire il vostro parere.

Ah, mi sono mancati questi monologhi di fine capitolo scritti con la reale convinzione di parlare con qualcuno. La scuola mi fa male, salvatemi.

Comunque, prima di salutarvi, avevo una sorpresinaaa...

Sapete che non mi piace mettere immagini e stroncare i vostri filmini imponendo le mie scene come se fossimo a teatro, ma ho trovato una foto di demi con il vestito che avevo pensat con lei, quindi la metterò qua sotto tuuuuutta per voi. Siccome è mooolto bella, vi avverto di tenere la bocca chiusa altrimenti entrano le mosche. lol

Baci,

Glo ♥

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***




 

Capitolo 27.

Secrets I have held in my heart
Are harder to hide than I thought
Maybe I just wanna be yours.
[Arctic Monkeys, I Wanna Be Yours]

 
  Il braccio.
  Il braccio sinistro.
  La benda, quella fottuta benda.
  La guardai nervosa, mentre pensavo che, questa volta, non avrei scansato tutto con una bugia, non volevo: lui era stato sincero, perché mentirgli? Eppure non volevo neppure questo. Avevo paura, non ero pronta a dire la verità, soprattutto quella verità, dopo che tutto sembrava andare per il meglio. Il respiro mi si fece tutt’ad un tratto affannato mentre sentivo gli occhi velarsi: cosa avrei fatto ora?
  « Demi, stai bene? »
  Mi presi la testa tra le mani: i singhiozzi diventavano sempre più insistenti. Perché piangevo ora? Perché non riuscivo a smettere e tranquillizzare Josh con un sorriso? Tutt’ad un colpo sentii l’aria mancarmi; e mentre le lacrime scendevano a fiumi senza un motivo preciso, maledissi nuovamente la mia vita per il suo straziante corso degli eventi.
 
  « Demi, diavolo, cos’hai? »
  Josh si agitava sul sedile: lo sguardo rimbalzava da me alla strada, pieno di ansia, preoccupazione. Mi salì una fortissima nausea mentre la vista si faceva sempre più appannata: posandomi una mano sulla fronte, alzai il viso verso il tettuccio, pregando che, qualsiasi cosa fosse, smettesse subito di tormentarmi.
  « Deedee, per favore, rispondimi. Ti devo portare all’ospedale? » mi chiese nuovamente Josh, mentre sentivo la sua mano stringere la mia: quel contatto mi fece solo recuperare energie necessarie per mormorare un ‘no’ confuso, ma non abbastanza per recuperare l’aria che sentivo mancarmi sempre di più. Josh, come se mi leggesse nel pensiero, accostò sul ciglio della strada e mi aprì il finestrino. L’aria fresca mi colpì il viso bruscamente, ma bastò per tranquillizzarmi un poco, senza risolvere tanto.
  Josh prese il mio viso tra le mani dolcemente e mi scostò i ciuffi ribelli dalla fronte e dalle guance, asciugandomi le copiose lacrime che ancora scendevano senza sosta dai miei occhi, i quali bruciavano e mi facevano male.
  « Demi, ascoltami. Fai dei respiri profondi. Recupera la calma. – la sua voce mi tranquillizzò un poco: sentii le lacrime diminuire mentre, chiudendo gli occhi, cercavo di eseguire le sue istruzioni. – Brava, così. Respira. »
  Presto il respiro tornò regolare. I singhiozzi sparirono e le lacrime si asciugarono del tutto, lasciando solo tracce umide sulle mie guance che Josh asciugò con alcuni baci leggeri. Riaprendo gli occhi, lo scorsi vicino. Sentii le sue mani scivolare piano lungo il mio collo e posarsi sulle spalle, vidi i suoi occhi illuminarsi quando si rese conto che stavo bene.
  Sentivo ancora un po’ di nausea ma, passandomi le dita fredde sulle tempie, mi convinsi che il peggio era passato; intuii che anche Josh aveva fatto lo sesso quando sentii le sue dita sfiorami la guancia poco prima che sentissi per la seconda volta le sue labbra sulle mie.
 
  « Dimmi solo se ti hanno picchiato. »
  Lo guardai senza aprire bocca. Poco prima avevo avuto un attacco di panico quando mi aveva posto quella domanda; in quel momento, invece, avevo solo un gran mal di testa e una disperata voglia di farmi un bagno.
  « Demi, per favore – mi pregò ancora Josh, con quel tono di voce che mi ricordò quello di Miley quando, quella mattina, mi aveva chiesto di uscire dallo sgabuzzino in cui ero chiusa per farmi vedere, oltretutto dopo avermi fatto la stessa, identica richiesta – rispondi a questa domanda, solo questo, mi basta. »
  Sentii un brivido corrermi veloce lungo la schiena al ricordo di quella mattina. Josh mi guardava, una mano sul volante e l’altra che ancora stringeva la mia. Fuori, il sole delle sei era arancione e splendeva più che mai, accecandomi ogni talvolta che mi voltassi verso il parabrezza: così tenevo la testa verso il basso, ascoltando le macchine passare sulla strada, sfrecciare vicino a noi, ignare di quello che era successo e di quello che stava accadendo, di quanti segreti tacevo alla persona che più amavo, e di come questo mi facesse male.
  Ma sentivo che era meglio così. Sarebbe stato sempre meglio così.
  Non so cosa mi diede la forza di aprire la bocca. Non so cosa, nonostante questo, mi spinse a dire la verità. Ma quel “No” sicuro fuoriuscì dalle mie labbra senza che io me ne accorgessi e, come per magia, alleggerì qualcosa dentro di me, mi fece sentire meglio.
  La reazione di Josh non me la seppi spiegare. Si limitò ad annuire, lasciarmi dolcemente la mano per girare la chiave nel quadro e accennarmi un sorriso, poco prima di immettersi nella strada.
 
  « Diglielo, Dems » la voce di Miley era più seria che mai mentre, al telefono, sentivo di sottofondo un lieve rumore di flaconcini di vetro che urtavano fra loro, segno che si stava preparando. Avevo appena scoperto che anche Steven aveva avuto la stessa idea di Josh, cioè di portarla al ballo d’inverno: ci saremmo viste lì fra poco, ma nonostante lo avessi saputo circa nei primi secondi della chiamata che le avevo fatto, non mi ero sentita di mettere giù, non fin quando non le avessi raccontato tutto ciò che era successo.
  « Non posso deluderlo così » replicai, scuotendo la testa. Seduta sul letto, voltai lo sguardo verso lo specchio accanto all’armadio: ero pronta per il ballo, addosso quel vestito che non mi convinceva per niente e quelle scarpe che mia madre mi aveva prestato, entusiasta del fatto che, finalmente, avrei partecipato ad uno dei balli della scuola – sue testuali parole. Ero riuscita a convincerla a non farmi foto anche se, ne ero certa, aveva nascosto la polaroid da qualche parte in modo che avrebbe potuto tirarla fuori quando Josh sarebbe tornato a prendermi, per rubarci uno scatto assieme.
  Sentii Miley sospirare rumorosamente, chiudendo il rossetto con il suo inconfondibile ‘click’. « Non deluderai nessuno, Demi. Piantala con questa storia. Io lo so, e sono ancora qui. Anche Josh lo sarà. Ci sarà sempre. E poi sapevi, lo sapevi benissimo, che non avresti potuto tenerglielo nascosto a lungo. »
  « Anche Selena lo sapeva... » pensai ad alta voce, ignorando la sua predica. Miley non mi rispose: sentii sparire anche tutti i rumori di sottofondo, segno che, paralizzandosi, non si sarebbe mai aspettata quella risposta.
  Al piano di sotto, sentii il campanello suonare. Lo ignorai, sicura che fosse Josh e che la mamma non avrebbe fatto molta fatica a intrattenerlo: mi misi in fretta il cappotto nero e, alzandomi dal letto, andai a cercare la piccola pochette che mia madre mi aveva porto assieme alle scarpe.
  « Non  pensare a Selena. Te la vedrai con lei, in fondo la devi incontrare domani, no? Avrà le sue ragioni per essersene andata, e te lo spiegherà. Ma togliti dalla testa che sia colpa tua, perché diamine, non lo è. »
  Assentii con un filo di voce, sistemandomi i capelli allo specchio. Arricciandomi una ciocca tra le dita, sentii l’ansia risalire al pensiero di rivedere Selena, il giorno dopo, e sentirmi dire tutta la verità in faccia. Neanche a questo ero pronta, o almeno così credevo.
  C’era solo una prova, però, a cui non ero davvero pronta quel giorno. Una prova inaspettata, l’ennesima in un solo giorno, ma la più dura di tutte.
  Salutai Miley in fretta dopo che mi ebbe dato le sue raccomandazioni e ci fossimo augurate buona fortuna a vicenda, chiedendomi perché Josh non fosse salito a chiamarmi. Aggrottando le sopracciglia, sbirciai alla finestra: solo quando vidi che il ragazzo che credevo fosse nel mio salotto stava uscendo di casa solo in quel momento, capii che qualcosa non andava; lo capii dal silenzio tombale che c’era sotto, il quale non mi convinceva per niente.
  Scesi le scale più in fretta possibile, cercando di non cadere o farmi male per colpa dei tacchi, precipitandomi poi in salotto.
  Una prova, una sola, al quale ero sicurissima non avrei retto: al quale neanche Josh, che suonò il campanello in quel’istante, avrebbe potuto sottrarmi in tempo, prima che crollassi.
  Perché lui non era lì, vicino a me, quando vidi mio padre seduto a pochi metri da me, e sentì salire le lacrime ai miei occhi, assieme alla furia che, stavolta, non avrei domato.
 
  « Che ci fai tu qui? » sputai con rabbia, approfittandone dell’assenza di Madison, andata ad aprire la porta. Lui mi guardò a lungo, alzandosi piano e facendo un passo verso di me. Lo fulminai, invitandolo a fermarsi lì dov’era e non azzardarsi ad avvicinarsi. Mamma mi guardava, sul viso una  vaga smorfia di disapprovazione per la durezza con cui lo stavo trattando, mentre la vedevo, con la coda dell’occhio, giocherellare nervosamente con l’anello che aveva al dito.
  Sentii i passi di qualcuno avvicinarsi alle mie spalle, ma non mi mossi di un centimetro, neppure quando sentii la voce di Josh chiamarmi.
  « Demi, vieni, faremo.. – Josh spuntò al mio fianco, vedendo troppo tardi mio padre e rimanendo immobile di fianco a me, bloccando le dita intente a sistemarsi il polsino della camicia – ..tardi. »
 
  « Demetria, piccola mia... »
  « Non chiamarmi così » lo bloccai, alzando una mano verso di lui e scandendo bene ogni parola, misurando il mio tono duro e distribuendolo in egual modo su ogni parola. Scorsi Madison guardare la mamma spaesata e quest’ultima cercare di sorridere, nonostante ci volesse davvero tanta forza per farlo, in un momento del genere. 

 

 

Molte di voi non vedono l'ora che Demi confessi tutto a Josh, lo so.
Ma è difficile condividere con qualcuno segreti del genere. 
Mi sento in colpa, sinceramente, a non aver soddisfatto i vostri desideri, ma punto sempre a rendere le mie storie il più reali possibili, e chi soffre davvero di questo disturbo difficilmente ne riesce a parlare.

Così, eccoci qui. Miley prova a convincere la nostra protagonista, ma lei è davvero convinta a confessare tutto? Magari sì. Intanto, però, c'è un'ostacolo ancora da superare, prima del ballo, prima di sapere l'esito di questo interrogativo: il papà di Demi.
Cosa sarà venuto a fare? Cosa vorrà da lei? Demi lo lascerà parlare o lo manderà via?
Ci sono tante domande, lo ammetto. Mi dispiace lasciarvi con il fiato sospeso così, ma non posso fare altrimenti.
Stamattina ho preso la storia e l'ho riletta tutta dall'ultimo capitolo che ho caricato qui fino alla fine, più il missing moments che caricherò al capitolo 33. L'ho tirata un po' per le lunghe, ma spero che questo non vi dispiaccia.

Nello scorso capitolo ho ricevuto due recensioni, ma non me ne lamento, anzi: ringrazio le due ragazze per aver trovato uno spazietto fra i loro impegni per aver letto la mia storia e aver lasciato il loro preziosissimo commento.
So che questo sito è sempre meno visitato, e sinceramente mi dispiace. Scrivere fan fiction è l'unica cosa che riesco a finire, e non so a chi altro farle leggere se non a voi, miei lettori.
A parte fan fiction, qualche giorno fa ne ho caricata una originale, Petali di rosa. Non sono tipo da fan fiction originali, ma sto provando a muovermi anche in quel campo per vedere come me la cavo. Mi farebbe piacere se qualcuno di voi passasse e mi lasciasse il suo parere, visto che rispetto a questa storia che ho già finito di scrivere da un pezzo ha un mio stile di scrittura più recente che sto cercando di adottare negli ultimi tempi. Per questo, quindi, avrei tantissimissimissimo di nuovi pareri.
Vi lascio ai vostri impegni (di certo più piacevoli ora che è estate e ci si sente più liberi, yeee) e alla vosta immaginazione (chissà cosa elaborerete per il prossimo capitolo, se azzeccherete le mie scelte).
Grazie a tutti quanti per il supporto e per la lettura. 

Baci,
la vosta Glo.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***




 

Capitolo 28.

I will love you 
like I've never been hurt. 
[Demi Lovato, Never Been Hurt]


  Tutti ritornano alla fine, tutti: ripiombano nella tua vita e chiedono perdono, in un modo o nell’altro, direttamente o lasciandotelo intendere.
  Tutti tornano, ed è la parte più difficile per chi è stato abbandonato, perché deve scegliere se perdonare o allontanarsi prima che sia l’altro a farlo, per un’altra volta. È la parte più difficile, perché ascoltare il proprio cuore non basta. Bisogna guardare attentamente gli occhi delle persone, capire se c’è o meno l’intenzione di rimanere; bisogna essere così bravi da predire il futuro e scoprire se quella persona ti lascerà un’altra volta o ti sarà fedele per sempre, stavolta per davvero.
  Ma quale uomo ha mai saputo esattamente come sarebbe andato il corso degli eventi nella propria vita?
  Non ero un’eroina, non ero forte. Non avevo superpoteri, non avevo speranze. Tutto ciò che mi aveva spinto fin lì era stato l’amore per un ragazzo e l’incoraggiamento di un’amica che, fino ad allora, aveva sempre cercato di farmi tornare a vivere per dimenticare il mio passato e il mio presente, per essere una persona nuova.
  Tutto ciò che mi aveva  spinto fin lì era una forza che non era stata mai mia, che non mi aveva mai salvato, ma mi aveva tenuto lontano dall’irreparabile, mi aveva dato la possibilità di cadere senza rompermi irreparabilmente, mi aveva convinto, nel profondo, che prima o poi sarei riuscita a non sentirmi più precipitare nel vuoto, aspettando ciò che, nel modo più sbagliato, mi avesse reso libera.
 
  In quel momento, guardando mio padre, la mia prima caduta, la mia prima ferita, decisi che ero stanca di scappare, piangere, soffrire. Ero stanca, e ora che sentivo che tutto si sarebbe sistemato, non avrei mollato.
 
 Dicono che per sconfiggere le proprie paure bisogna affrontarle. Dicono che solo le persone  più forti riescono a perdonare. Dicono che ogni possibilità debba essere presa al volo, che solo se noi vogliamo possiamo riuscire a portare a termine un obbiettivo; dicono che la speranza è l’ultima a morire.
  Io ero ancora viva, in quel momento, e sentivo almeno per una volta che la mia speranza non era ancora svanita, era ancora dentro di me: avevo ancora speranza e capacità di perdonare.
 
  ‹‹Demi deve venire al ballo con me stasera, e stiamo facendo tardi›› spiegò Josh con voce dura, prendendo la mia mano e scoccando un’occhiata d’intesa a mio padre. Mia madre si alzò dal divano e prese la mano Madison, quest’ultima sempre più spaventava da ciò che non capiva.
  ‹‹Devo solo parlarle›› ribatté calmo l’uomo, tenendo lo sguardo fisso nel mio. Posai una mano sul petto di Josh prima che avesse tempo di aprire bocca e sciolsi piano le nostre mani: lui mi guardò spaesato, senza capire le mie intenzioni.
  Nello stupore di tutti, persino nel mio, mi avvicinai a mio padre. Sentii mia madre domandarsi a mezza voce cosa avessi intenzione di fare mentre, tenendo il contatto visivo con mio padre, mi fermai a pochi passi da lui.
  ‹‹Non ha senso odiarti per il resto della mia vita: – mormorai, abbassando lo sguardo – dimmi, papà. Ti ascolto.››
  Sentii mia madre iniziare a piangere sommessamente, e Madison chiederle cosa avesse. Non mi voltai a guardarle, mi limitai ad aspettare che mio padre parlasse, mi dicesse ciò che per anni mi ero ostinata a non ascoltare.
  Nel silenzio, il suo sospiro risuonò nitido e la sua voce più bassa di quanto ricordassi: ‹‹Ti chiedo scusa. Scusami, Demetria. Scusami per come mi sono comportato, scusami per averti abbandonato, scusami per la mia insensibilità; – lo guardai: i suoi occhi erano lucidi. Guardava la mamma, che continuava a piangere, disperata. – non mi ero reso conto di quello che facevo, non mi ero reso conto di quello che mi stavo lasciando alle spalle e quanto questo contasse. Scusatemi tutte, scusatemi se vi ho allontanato, scusatemi se ho provato a tagliarvi fuori dalla mia vita. Ho provato a farlo per non farvi soffrire, per non soffrire io stesso, ma mi sono reso conto che non facevo altro che male ad entrambi. Tengo a voi, e sono venuto qui per dirvelo e dimostrarvelo. Voglio ricominciare, cercare di recuperare, cercare di farvi scordare i miei errori. Ma solo se tu, Demetria, solo se tu mi perdonerai lo farò. Solo se tu mi perdonerai capirò che non è tutto perduto. Tu sei la persona che ho ferito di più, la mia principessa, la mia piccola. Non me lo perdonerò mai io stesso, quindi non mi aspetto che sia tu a farlo, però... Pensaci. Possiamo ricominciare, ricostruire ciò che si è rotto, ripararlo. E io prometto, prometto a tutte, che cercherò di riempire le crepe rimaste, di non farvi mancare niente. Perché ciò a cui tenevo di più mi è mancato per anni, e non voglio che voi proviate la stessa cosa.››
  Mamma oramai piangeva a dirotto, e anche Madison. Una lacrima solcò il viso di mio padre nell’istante in cui un’altra solcò il mio. Sentii Josh avvicinarsi a me e posarmi le mani sui fianchi, avvicinando la bocca al mio orecchio.
  ‹‹Vai, pasticcina. Lui tiene a te, non vedi? – mi chiese, scoccandogli un’occhiata – Tiene a te davvero.››
  Con un passo, mi allontanai da lui e mi avvicinai a mio padre. Altre lacrime rigavano il mio viso, altre cicatrici bruciavano sulla mia pelle, ma era come se stessero per ripararsi, come se presto si sarebbero rimarginate e non avrebbero fatto più male. E più mi avvicinavo, più vedevo negli occhi di mio padre la speranza che cresceva, mentre tendeva una mano verso di me per afferrare la mia.
  ‹‹Ti perdono, papà›› dissi, posando la mano nella sua e avvicinandomi a lui per abbracciarlo: inizialmente scosso dal mio gesto, lui ricambiò solo dopo un attimo di esitazione, stringendomi a sé e mormorando: ‹‹La mia piccola principessa..››
  ‹‹Ti amerò come se non fossi mai stata ferita›› sussurrai, prima di scoppiare a piangere fra le sue braccia.
 
  ‹‹Okay, un’altra. Guardatevi.››
  Obbedii a mia madre e mi voltai un poco verso Josh, incontrando i suoi ipnotici occhi verdi. Lui mi sorrise, stringendomi un poco di più a lui: ricambiai il sorriso automaticamente mentre scorsi con la coda dell’occhio papà guardare la mamma alle prese con la polaroid con un sopracciglio alzato.
  ‹‹Ora, dite cheeeese.››
  A quella frase, alzai gli occhi al cielo e Josh, vedendomi, scoppiò a ridere nell’istante in cui la luce accecante del flash ci investì e la vecchia macchina immortalò quel momento.
 Quella foto, tra tutte quelle che mamma ci aveva scattato, fu la mia preferita. La incastrai nella cornice sul mio comodino, a coprire un angolo di quella che raffigurava me, mamma e Madison. Mi chinai all’altezza del ripiano e la guardai pensando che, dall’indomani, avrei dovuto cambiarla con un’altra dove c’era anche papà.
  ‹‹Deedee, sei pronta?››
  Rabbrividendo impercettibilmente, mi voltai verso Josh. La nota di impazienza nella sua voce mi fece un effetto strano, il mio cuore perse un battito. Annuii, mentre lui si appoggiava con la spalla allo stipite della porta.
  Guardai la mia stanza, poi di nuovo lui. Era tutto così perfetto che mi sembrava di vivere un sogno.
  ‹‹Oggi è una giornata stupenda, non trovi?›› mi lasciai sfuggire dalle labbra, mentre alzavo la testa al soffitto. Sentii i suoi passi avvicinarsi a me, fino a quando le sue braccia non mi presero per la vita e non mi attirarono a sé. Posai le mani sulle sue spalle, facendo incontrare i nostri sguardi un’altra volta.
  ‹‹Per me ogni giornata è stupenda finché tu hai questo stupendo sorriso sul viso›› mormorò in risposta, sfiorandomi la guancia con la punta delle dita. Arrossii, posandomi una mano in quello stesso punto dove c’era stato quel breve e dolce contatto.
  ‹‹E voglio far sì che quel sorriso non se ne vada. Voglio proteggerti, voglio renderti felice. – mormorò ancora, stringendomi un poco di più. Posai la testa sul suo petto e nascosi il viso nell’incavo del suo collo, mentre sentivo le sue parole rimbombare nel suo petto – Voglio difenderti e non permettere a nessuno di farti del male.››
  Alzai gli occhi verso di lui, scorgendolo fissare il mio braccio fasciato con un’espressione preoccupata in volto: forse non credeva al fatto che nessuno mi avesse picchiata, ma era certamente meglio così, per ora.
  Gliel’avrei detto, prima o poi, gli avrei detto tutto. Ma per quanto mi fidassi delle parole di Miley, non mi sentivo ancora pronta, abbastanza forte per fare un passo del genere. Perché nel caso avessi letto delusione negli occhi di Josh, non l’avrei sopportato.
  Non me lo sarei perdonato.
  E poco prima che le sue dita arrivassero a sfiorare il bendaggio, mi staccai da lui velocemente, cercando di non far trapelare l’ansia nella mia voce mentre dicevo: ‹‹Andiamo, è davvero tardi.››

 

 

E' passato davvero tantissimo dall'ultima volta che ho aggiornato, ma sono successe un sacco di cose che non starò a raccontarvi perché, se siete su questa pagina, ciò che vi importa è principalmente la storia di Demi.
Come avrete letto, la nostra bella protagonista ha perdonato suo padre dopo tutto quel tempo passato a ignorarlo. Durerà?
Intanto la serata va avanti perfetta, Josh e Demi sembrano stare bene. Durerà?

Ammetto di aver tirato questa storia un po' troppo per le lunghe, me ne rendo conto anch'io ora che sono costretta ad aggiornare. Questa storia non mi sembra più fantastica come quando ho iniziato a scriverla, ma l'ho finita, e questo per me è un traguardo importante. La seconda storia che finisco, ne vado fiera, sopratutto perché è un po' più seria rispetto alla prima (I Should've Kissed You, sui One Direction) e sono comunque riuscita a portarla a termine. Spero che almeno a voi piaccia fino all'ultimo capitolo, perché è questo l'importante, quello a cui punto.

Sono veloce stasera, quindi vi lascio in fretta. Volevo ringraziare tutti quanti (le 60 persone che hanno messo tra i preferiti questa storia, le 14 che la ricordano e le 38 che la seguono, senza dimenticare chi recensisce/ha recensito, regolarmente e non), ripetendovi un'altra volta quanto tutto questo sia importante per me, quanto voi siate importanti per me. Uno scrittore non è uno scrittore senza dei lettori. Voi avete fatto sì che il mio sogno prendesse piano vita, mi avete fatto vedere quella luce, mi avete dimostrato che forse è difficile, ma non impossibile. Vi ringrazio per tutto questo, grazie mille.

Vi saluto, chiedendovi in ginocchio i soliti pareri (per me fondamentali, continuo a scrivere e ho bisogno di dritte per migliorarmi) e ringraziandovi un'ennesima volta.
Quasi due anni che questa storia esiste, e ci sono sempre più affezionata.

Baci,
Glo
.

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***




 

Capitolo 29.

I don't know what I'd do without you
Your words are like a whisper cutting through
As long as you are here with me tonight I'm good.
[Demi Lovato, Nightingale]
 
  La palestra della scuola era decorata in grande: il consiglio studentesco aveva fatto un ottimo lavoro con le decorazioni, assicurandosi, inoltre, che tutti gli invitati fossero eleganti.
  Guardandomi attorno assieme a Josh, osservando come fosse invitante la neve finta spruzzata sugli spalti e come fossero curate e particolari le stalattiti fatte di carta stagnola e brillantini appese al tavolo del buffet, a imitare quelle di ghiaccio, non feci a meno di notare, anche, come tutti i ragazzi sembrassero impacciati e imbarazzati nei loro abiti eleganti e impostati, mentre Josh aveva l'espressione rilassata e la disinvoltura di chi fosse abituato anche a situazioni del genere: si muoveva elegantemente vicino a me, tendendomi a braccetto mentre mi invitava dolcemente a camminare con lui verso la pista da ballo già colma di gente.
  Non rimasi stupita di quel particolare, anzi: sapevo della capacità di Josh ad adattarsi a qualsiasi situazione, senza nessun imbarazzo né incertezza. Solo, non riuscivo a capire come facesse.
  Arrossii al pensiero di come la nostra coppia potesse sembrare piuttosto scoordinata agli occhi delle persone lì presenti, la mia goffaggine a rovinare la sua disinvoltura. Con un sospiro cercai di espellere l'ansia che si era annidata sul mio stomaco, mentre cercavo di mascherare il tutto fingendomi intenta a sistemare il vestito con una mano.
  Josh, però, lo notò.
  «Dems, rilassati» lo sentii mormorare, infatti, sorridendomi quando mi voltai di scatto a guardarlo come se mi fossi appena accorta di lui.
  «Cosa?» riuscii a farfugliare. Lui scosse la testa e mi fece cenno con il mento alla sala verso il quale mi girai, obbedendo al suo invito.
  «Guarda le altre ragazze: nessuna porta il vestito elegantemente come fai tu. – fece una pausa, guardandomi brevemente con la coda dell'occhio, prima di ricominciare a parlare – Tra tutte loro, tu sei la più bella.»
  Non potei fare a meno di arrossire a quel complimento mentre, studiando le altre ragazze, mi accorsi di come anche loro apparissero imbarazzate in quei vestiti fin troppo lunghi nei quali talvolta inciampavano, o più corti, di una lunghezza sobria al quale non erano abituate.
  Guardando loro, mi stupii anche di me stessa, pensando che, da quando eravamo entrati attirando qualche sguardo, non mi ero preoccupata delle gambe scoperte o di come il vestito mi calzava sui fianchi come avevo fatto in negozio.
  Josh, come se avesse letto i miei pensieri, mi guardò accennando a un lieve sorriso.
  ‹‹Si sono dati da fare con le decorazioni›› commentai, deviando il discorso e alzando lo sguardo verso i canestri, da dove scendevano tanti fiocchi di neve brillantinati; scorsi Josh fare lo stesso, distogliendolo sguardo da me.
  Rimanemmo in silenzio ancora un poco a contemplare il tutto, fermi vicino alla pista da ballo ascoltando la musica di sottofondo: poi, delicatamente, sentii la mano di Josh prendere la mia. Mi guidò verso la pista da ballo e si fermò in un angolo appartato, dove solo un osservatore attento ci avrebbe visti così vicini, in quel posticino dove la musica giungeva flebile e si riusciva a parlare senza che gli altri sentissero.
  Lo guardai senza capire, e lui mi sorrise ancora: quel sorriso mi scaldò il cuore e rintontì un poco, cosicché non notai Josh prendere anche l’altra mia mano e posarle entrambe sulle sue spalle, prima di avvicinarmi cingendomi i  fianchi con le braccia. Era così vicino che con un lieve soffio scostò una ciocca dal mio viso mentre, incantata, io fissavo il suo e mi perdevo nei suoi occhi. Quando lui mi avvicinò un poco di più, incrociai le dita delle mani dietro al suo collo. 
  Di tutti i momenti in cui Josh mi era stato pericolosamente vicino, quello era stato il mio preferito.
 
  Ballammo per non so quanto tempo, senza proferir parola. La pista da ballo si era svuotata, riempita, risvuotata, e intanto noi eravamo scivolati danzando verso il centro della pista, senza perdere mai il contatto visivo, senza mai aumentare nemmeno di un millimetro la nostra lieve distanza. 
  Solo quando la musica si fece più movimentata ci staccammo e, sorridendo, ci scatenammo anche in quel genere di ballo; e morivo ogni volta che mi sfiorava anche per sbaglio, mi sorrideva, e mi afferrava dolcemente per il polso quando mi allontanavo troppo per i suoi gusti e mi riavvicinava.
  L’ennesima volta in cui lo fece, mi trascinò così vicino che la mia schiena aderii al suo petto e sentii sul collo il suo respiro affannato. ‹‹Non sfuggirmi›› mi aveva sussurrato, con tono scherzoso ma nello stesso tempo serio, prima di lasciarmi un bacio umido sulla pelle dietro l’orecchio, sfiorando il lobo con le labbra. Risi mentre rabbrividivo, voltandomi verso di lui e osservando il suo viso illuminato dalle luci colorate: era bellissimo, pensai ancora, girandomi verso di lui e, dopo aver incrociato le nostre mani fra loro, lasciandogli un bacio all’angolo della bocca, come aveva fatto lui con me alcuni giorni prima.
 
  ‹‹Sei brava a ballare.››
  Bloccai il bicchiere a qualche centimetro dalle labbra, alzando gli occhi verso di lui e guardandolo scettica. Lui rise e io alzai gli occhi al cielo, bevendo a piccoli sorsi il punch corretto che mi aveva versato galantemente nel bicchiere. Feci una smorfia: per quanto gli organizzatori avessero fatto in modo che la festa fosse il più elegante possibile, nessuno poteva impedire che l’alcool circolasse comunque nei bicchieri.
  ‹‹No, davvero, dove hai imparato?›› insistette lui, inarcando un sopracciglio mentre mi porgeva la domanda. Mi rigirai tra le mani il bicchiere, facendo vorticare il liquido dentro: ripensai alle lezioni di ballo che prendevo con Selena, quando ancora andava tutto bene, quando i nostri sogni erano gli stessi e i progetti di ciascuna comprendevano la nostra vicinanza, la nostra amicizia, la nostra complicità.
  Scacciai quel pensiero scuotendo la testa e, cercando di recitare un finto tono scherzoso, mormorai: ‹‹Segreto.››
  Josh rise, ma non riprese il discorso.
 
  Per il resto della serata ballammo ancora, parlammo con gli amici di Josh e scherzammo con loro. Quando mi presentò loro, disse solo: ‹‹Lei è Demi›› e io, sorridendo, strinsi la mano a tutti cercando di memorizzare i loro nomi. Alcuni li conoscevo, altri no.  Lo stesso per le loro accompagnatrici: alcune le conoscevo di vista, altre erano mie compagne di corso, altre ancora non facevano nemmeno parte della scuola.
  Solo mentre facevo finta di seguire i loro discorsi disinvolti, ripensai a come mi aveva presentato: ‘Lei è Demi’, senza specificare, senza aggiungere ‘la mia migliore amica’ o ‘la mia ragazza’. E mi stupii quando, rimuginandoci sopra, mi accorsi che gli altri ragazzi si erano limitati ad annuire, senza far domande.
  Guardai Josh con la coda dell’occhio, mentre rideva scherzava con loro: perché aveva fatto in tal modo, perché non aveva chiarito tutto? Così aveva lasciato che gli altri intuissero quello che volevano, osservando come stavamo vicini, ci guardavamo o ci muovevamo: ma le mani incrociate fra loro erano in netto contrasto con i baci quasi fraterni che mi aveva lasciato mentre mi accucciavo contro di lui, sentendo addosso la sonnolenza dovuta all’alcool che avevo bevuto.
  Quando Josh non mi sentì più intervenire, assonnata e confusa, congedò i suoi amici e mi portò via. Ci sedemmo sugli spalti scostando la neve, e lui non si oppose quando posai la testa sulla sua spalla. Dalla posizione in cui eravamo, potevamo vedere tutto: il tavolo del buffet dove la gente chiacchierava allegramente con un bicchiere in mano, la consolle del dj dove quest’ultimo insegnava a una ragazza dai lunghi capelli neri i vari comandi, la pista dove i ragazzi ballavano, alternando i lenti alle canzoni più movimentate; voltandomi verso Josh, alle sue spalle, potevo persino scorgere porta dove i ragazzi entravano e uscivano per fumare, unirsi alla festa o tonare a casa.
  Ma con Josh vicino, la vista completa su ciò che accadeva accanto a noi mi importava ben poco. Strinsi un poco di più la sua mano e sorrisi: il sonno era pesante sulle mie palpebre, mi confondeva, non facendomi capire se ciò che stavo vivendo in quel momento fosse un sogno o la realtà.

 

 
 

Avrei voluto aggiornare prima, ma vari impegni me l'hanno impedito. Quando, poi, sono rientrata nel sito e ho letto le cinque recensioni che mi avete lasciato nell'ultimo capitolo, sono impazzita dalla gioia e mi sono ripromessa di aggiornare al più presto - quindi, eccomi qui.
Ho riletto il capitolo velocemente solo poco fa. L'ho scritto mesi fa e non mi ricordavo nemmeno cosa accadesse - e, devo ammetterlo, non è che accada molto il questo "episodio". C'è calma, troppa calma, non credete? So che è difficile immaginare, ma cosa crediate che succeda, nel prossimo capitolo? Cosa accadrà in questa calma? Siamo alla fine o è solo l'inizio?
Questo, per ora, dipende tutto dalle vostre menti e dalla vostra fantasia, dalle vostre speranze. Poi arriverò io e vi svelerò la verità. AHAHAHAHA.

Mi piacerebbe, comunque, sapere che ne pensate di questo capitolo - come sempre. Mi ha fatto davvero piacere leggere così tante recensioni nello scorso capitolo e spero davvero che anche per questo saranno altrettanto numerose. So che non è uno dei più belli che io abbia mai scritto, ma è interamente Jomi moments, quindi abbiate pazienza.
Cosa ne pensate di Josh, di come si comporta con Demi solo con lei e di fronte ai suoi amici? Cosa ne pensate di Demi che, invece, si è lasciata un po' andare senza preoccuparsi?

Ne approfitto per ricordarvi che non scrivo solo questa fanfiction, ma altre. Ho nostato che ci sono nuovi lettori, quindi vi ricorderò alcuni titoli:

Fan fiction su Justin Bieber (temporaneamente sospese perché non sono sicura se andare avanti o meno), You can believe in me e Even when the sky is falling.

Fan fiction su Jack O' Connell, Lily Loveless, Kathryn Prescott (attori della seconda generazione di skins)e Logan Lerman (crossover), Ice Sight.

One Shot originali scritte ultimamente, Dreaming decives e Petali di rosa.

 

Dopo questo breve 'ripasso', vi saluto. Come sempre, vi chiedo gentilmente di lasciarmi i vostri preziosissimi pareri per potermi migliorare. Grazie per il tempo che mi dedicate e la pazienza.
Baci,
Glo.

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***




 

Capitolo 30.

Don't know
Don't know if I can do this on my own
Why do you have to leave me?
It seems I'm losing something deep inside of me
Hold on, on to me
[Avril Lavigne, Everybody Hurts]

 
  ‹‹ Josh?›› l’avevo chiamato davvero? Oramai non rispondevo più delle mie azioni. Lui sciolse le nostre mani e mi cinse le spalle con un braccio, guardandomi mentre io, distrattamente, stavo contemplando il suo profilo cercando di mantenermi sveglia.
  ‹‹Mmh?›› mugugnò, avvicinando una mano al mio viso e sfiorando le mie guance con le nocche delle dita. La  voce mi si bloccò in gola senza che ne sapessi davvero il perché: continuavo a guardarlo chiedendomi perché l’avessi chiamato, aspettando che ciò che si era impadronito di me poco prima tornasse a completare la frase che sentivo sulla punta della lingua.
  Nell’attesa mi persi di nuovo nei suoi occhi, ardenti: attendeva che parlassi con una punta di curiosità ma anche di ansia. Di certo, aveva capito che non reggevo l’alcool.
   ‹‹Ti amo›› farfugliai, e quasi la lessi, la paura nel suo sguardo.
 
  ‹‹Riguarda qualcuno che ami?››
  ‹‹A me sembra che questo genere di ferita ce l’abbia tu.››
  ‹‹Oh no, io no. Io non mi innamorerò mai.››

 
  La testa mi vorticava, le mie gambe tremavano. Cedendo, mi lasciai andare tra le braccia di Josh, affondando il viso nel suo petto: l’avevo detto. L’avevo davvero detto.
    Sentii un conato di vomito salirmi in gola, ma mi costrinsi a ricacciarlo giù. Alzai lo sguardo verso Josh, e mi ricordai in un flash dell’attimo in cui, per poco, non ci eravamo baciati in quello splendido parco per colpa mia.
  E mentre tutto si faceva un po’ sfocato, un po’ distante e un po’ confuso, la lacrima che solcò veloce il viso di Josh mi sembrò quasi un miraggio.
  Non ebbi il tempo di realizzare, che sentii le sue labbra premere sulle mie. Non mi mossi, lo lasciai fare: e in quei movimenti bruschi, molto diversi da quelli delicati e dolci del nostro primo bacio, sentii la sua disperazione addosso.
 
  ‹‹Perdonami››
  ‹‹Per cosa?››
  ‹‹Per non averlo fatto prima.››
  ‹‹Cosa?››
  ‹‹Questo›› soffiai piano sulle sue labbra, prima di chiudere gli occhi e farle incontrare con le mie.

 
  Il bacio non durò molto: nell’incoscienza, mi sentì morire dentro comunque sentendo Josh staccarsi da me con forza, prendendomi dalle spalle, proprio quando reagii al bacio. Quel gesto fu così brusco quanto inaspettato: spalancai gli occhi e boccheggiai, chiedendomi cosa stesse succedendo.
  ‹‹Scusa›› mormorò Josh quando i miei occhi incontrarono i suoi. Aggrottai leggermente la fronte mentre, scuotendo la testa, mi chiedevo se quello che stavo vivendo non fosse davvero tutto un sogno.
  ‹‹Scusami Demi, non ce la faccio›› sussurrò ancora, lasciando andare le mie spalle e alzandosi. Face per dire qualcosa, inspirando per parlare e poi non proferendo alcuna parola, più volte. Poi si decise e, in silenzio, si allontanò da me a passo veloce.
  Fu in quel momento che la vidi: stava scostandosi di dosso Conor, già visibilmente ubriaco. Il vestito lungo fasciava alla perfezione il fisico smilzo e i tacchi alti la facevano sembrare ancora più magra. La frangetta di capelli biondi e ordinati, una nuova novità a incorniciare il suo viso, si scostò un poco. E nonostante la vista appannata, vidi chiaramente gli occhi verdi di Chelsea puntati su di me e la sua espressione infuriata.
  Ancora scossa da ciò che era successo, sentì che l’unica soluzione in quel momento era scappare. E nella poca lucidità che mi rimaneva, così feci.
  Mi alzai dalla panca dove ero seduta poco prima con Josh e, senza esitare, mi allontanai di lì. Solo quando recuperai il cappotto e me lo infilai velocemente pensai a cosa avrebbe pensato lui quando sarebbe tornato lì e non mi avrebbe rivisto, se fosse tornato. E mentre sentivo una lacrima scendere e gli interrogativi confusi farsi strada nella mia mente, scappai sia da lui, sia dalla strega alle mie spalle che, vedendo la mia fuga, sorrise compiaciuta.
  E poi ricordai, nella nebbia, le parole di quest’ultima. Il rimorso mi travolse improvvisamente, assieme alla paura e all’ansia di andarmene: mi chiedevo se gli avrebbe svelato il mio segreto, se l’avrebbe usato per allontanarlo da me, nonostante lui stesso l’avesse fatto. Un’altra lacrima solcò il mio viso, seguita da una moltitudine di altre: iniziai a tremare nell’istante in cui sentii dei tacchi battere sul pavimento a ritmo con i miei; non ebbi bisogno di voltarmi per sapere che la ragazza che mi stava seguendo era Chelsea. Presa dalla paura che potesse raggiungermi, mi tolsi le scarpe e accelerai la corsa.
  ‹‹Demi, dove vai?›› il suo tono di voce era un’estrema finzione di preoccupazione e curiosità: qualche ragazzo che percorreva il corridoio nella direzione opposta si voltò a guardarci, io che piangevo e Chelsea che mi seguiva con finto fare preoccupato
  Non le risposi, non ebbi nemmeno il coraggio di urlarle di lasciarmi in pace, di andare via. Mi misi solo a correre più forte, anche fuori, dove la ghiaia era appuntita sotto i miei piedi scalzi, finché non andai a sbattere contro qualcuno, bercollando e cadendo a terra.
  ‹‹Demi?››
  Riconobbi subito quella voce: alzai lo sguardo verso Miley, incontrando i suoi occhi blu che mi tranquillizzarono un poco. Presi la mano che mi porgeva e mi alzai, trattenendo l’impulso di fiondarmi tra le sue braccia e iniziare a piangere proprio davanti a Steven che, al suo fianco, mi guardava confuso.
  ‹‹Ma... Che succede? Dov’è Josh?›› mi chiese ancora, guardando il mio viso pieno di lacrime con preoccupazione. Scossi la testa e cercai di liberarmi dalla sua presa che mi stingeva il braccio. Miley però non mi mollò, insistendo per sapere: ‹‹Demi, spiegami cos’è successo, per favore!››
  ‹‹Mi fai male!›› fu la mia unica risposta. Lei, rendendosi conto di stare stringendo il mio braccio sinistro, lo mollò subito, allontanandosi spaventata mentre, alle sue spalle, vedevo Chelsea arrivare sulla porta che dava all’esterno e arrestarsi nel momento in cui notò che con me c’era la mia amica.
  Non esitai nemmeno un minuto, fuggii e basta: mi lascia alle spalle Miley preoccupata, mi lasciai alle spalle la ragazza che mi aveva rovinato la vita, mi lasciai alle spalle il ragazzo che amavo con tutta me stessa, che vidi di sfuggita apparire proprio al fianco di Chelsea, con un’espressione preoccupata in volto; e scappai.
  Mi persi nel buio della notte mentre, alle mie spalle, sentii lui chiamarmi per una sola e disperata volta.
 
  ‹‹Mi spieghi perché ti ostini a far finta che vada tutto bene, quando non è così?››
  ‹‹Ci sono abituata, oramai...›› dissi piano, fissando i miei occhi nei suoi, verdi e bellissimi. ‹‹… Ho avuto fin troppe conferme che questa è la mia vita, il mio destino, e non cambierà molto presto, se non mai.››

 
  Chiuso dentro la pochette, sentivo il cellulare squillare frenetico. Una chiamata dietro l’altra, un messaggio dietro l’altro, e quel vibrare nella mia mano era l’unica cosa a tenermi sveglia.
  Arrivai a casa che la luna era già alta in cielo, con i piedi scalzi e le scarpe della mamma in mano, il trucco colato e i capelli arruffati dal vento. Mi fermai davanti al sentiero che portava al portone, scorgendo, tra tutte le finestre buie, quella della cucina illuminata. Mi avvicinai cauta ad essa e sbirciai dentro: mamma e papà stavano parlando, seduti al tavolo a sorseggiare un caffè. La mamma aveva addosso un maglione grande che di solito si metteva la notte quando aveva freddo su dei pantaloni sbiaditi del pigiama, papà invece indossava la camicia da notte lucida che gli avevo visto quando ero stata costretta ad andare a dormire da lui.
  Parlavano calmi, sorridendo. Le loro mani, sul tavolo, erano vicine. Si guardavano negli occhi, e in essi non si leggeva altro che felicità e speranza.
  E dopo che papà ebbe detto qualcosa, mamma mise la mano sulla sua e la strinse forte. I suoi occhi erano pieni di lacrime, lacrime di gioia. Si alzarono, e mamma lasciò che papà la stringesse a sé in un caldo abbraccio. Quel suo modo di fare mi ricordò Josh quando stringeva me in quell’esatto modo, con quel fare protettivo ma nello stesso tempo con quella paura di spezzarmi, se ci avesse messo troppa forza. Quel ricordo fece ritornare il mio groppo in gola, che quasi mi soffocò.
  Scacciai il pensiero lontano e, rendendomi conto che non potevo rovinare quel momento, mi allontanai anche da lì prima che qualcuno potesse vedermi, buttando la pochette con il cellulare tra i cespugli di rose di mia madre.
 
  ‹‹E voglio far sì che quel sorriso non se ne vada. Voglio proteggerti, voglio renderti felice. – mormorò ancora, stringendomi un poco di più. Posai la testa sul suo petto e nascosi il viso nell’incavo del suo collo, mentre sentivo le sue parole rimbombare nel suo petto – Voglio difenderti e non permettere a nessuno di farti del male.››
 
  Se solo fossimo capaci di tornare indietro, come sarebbe semplice; riavvolgere il nastro e rifare tutto daccapo, evitando l’errore e sostituendolo con la cosa più giusta da fare: sarebbe tutto molto più semplice, sarebbe tutto meno crudele. Le persone che soffrono, non soffrirebbero più; le persone che sbagliano, avrebbero l’occasione di cancellare il proprio errore e imparare da esso senza avere ripercussioni sul futuro. La vita sarebbe più semplice, e anche le persone che non riescono a tirare fuori la loro forza riuscirebbero a vivere.
  Perché finché tu non impari, non vai avanti. È come camminare a vuoto, girare l’angolo e ritrovarsi al punto di partenza.
  Non vai avanti finché non impari e ti togli di dosso la paura di sbagliare, finché non ci provi, non ci sbatti contro e ti fai male: perché significa questo, imparare, significa anche uscirne con le ossa rotte. E io avevo paura di rompermi le ossa, nonostante sapessi benissimo che si sarebbero sicuramente riaggiustate, più forti di prima.
  Ma che senso aveva, sopportare il dolore un altro poco dopo che l’avevo sopportato per tutta la vita, per poi ritornare punto e daccapo con un nuovo errore?
  Sarei rimasta così, piena di ferite e sprovvista di coraggio per fare il passo in avanti.


 

Lo so, lo so.
E' da un'eternità che non aggiorno,  e mi dispiace davvero tantissimo avervi fatto aspettare più di un mese. 
Perlomeno non vi ho lasciato con l'ansia, perché lo scorso capitolo era finito anche bene. Un punto a mio favore!
Sono successe un sacco di cose e ultimamente non ho molta voglia di scrivere, né riesco a tirare fuori qualcosa di decente quando mi viene voglia di buttare giù qualche pensiero. Scusatemi se il capitolo non è il massimo, ma anche mettendomici non riuscirei a correggerlo o migliorarlo.
Grazie a tutti per il supporto che continuate a darmi e tutta la pazienza, siete davvero preziosi, tutti quanti.
Ora vi lascio - prometttendomi, anche, che se le recensioni saranno abbastanza aggiornerò presto. Non per cattiveria o per raggiungere un determinato numero di recensioni, ma solo per assicurarmi che almeno la maggior parte di voi non sia rimasto indietro e possa continuare tranquilla.
Grazie ancora a tutti, e alla prossima!
Baci,

Glo.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***




 

Capitolo 31.

This place is so empty
My thoughts are so tempting
I don't know how it got so bad
Sometimes it's so crazy
That nothing can save me
But it's the only thing that I have
[Sum 41, Pieces]
 

  Il cinguettio degli uccellini mi entrò nelle orecchie, scuotendomi dal sonno che mi stava abbandonando lentamente: anche il mio corpo si stava risvegliando pian piano con me, facendomi sentire ciò su cui ero sdraiata. Era freddo, e duro: sembrava metallo.
  Già al risveglio, quando riaprii gli occhi, mi accorsi che tremavo: stretta nel mio cappotto, sentivo il freddo del mattino invernale gelarmi le ossa, e il vento, soffiando sulle ultime tracce delle lacrime, rendeva esse fredde a contatto con la mia pelle. Mi sedetti diritta sulla panchina sulla quale mi ero addormentata e mi guardai attorno: allora non era stato tutto un sogno.
  Guardai il cielo dipinto di azzurro e lilla, il sole pallido che nasceva a est, illuminando le chiome degli alberi del parco mosse dal vento, e smisi di tremare un attimo: nell’incoscienza della sera prima avevo camminato fino al parco e mi ero addormentata sulla panchina dove, per la prima volta, avevo incontrato Josh. Cercai disperatamente di non rievocare ricordi che mi avrebbero fatto solo male e, in qualche modo, ci riuscii.
  Mi alzai da lì solo quando il sole fu chiaro e distinto all’orizzonte, illuminando tutto il parco e la strada fuori. Mi sistemai come potevo i capelli e, stringendomi nel cappotto per nascondere il vestito, camminai a testa bassa fino a casa.
  Ritrovai la pochette tra le piante proprio dove l’avevo lasciata, tra le spine delle rose che mi graffiarono la pelle mentre la riprendevo e, aprendola, estrassi le chiavi ed entrai in casa cautamente, attenta a non svegliare nessuno.
 
  Avevo quindici chiamate perse e dieci messaggi non letti da parte di Miley: scorsi l’elenco senza nemmeno controllare né l’orario delle chiamate, né il contenuto dei messaggi; per il momento, nemmeno la furia di Miley quando avrebbe capito che non l’avrei richiamata mi spaventava.
  Sorseggiando il mio caffelatte caldo seduta sul davanzale della finestra, lasciavo che il vento freddo mi facesse rabbrividire nel pigiama di flanella che mi ero infilata dopo aver messo il vestito a lavare. Con mio stupore, notai due chiamate insolite, cui il mittente non era Miley: una era da parte di Josh – solo a leggere il suo nome mi pizzicarono gli occhi –, l’altra da parte di Selena.
  Controllai l’ora con la coda dell’occhio, ricordandomi che quel giorno avrei dovuto incontrare quest’ultima: e mentre una parte di me non vedeva l’ora, l’altra riteneva fosse meglio sotterrarsi sotto le coperte per il resto della giornata.
  In quel momento,  qualcuno bussò alla porta: sobbalzando dallo spavento, mi rovesciai qualche goccia di latte sul pigiama e non risposi. Poco dopo, la figura di mio padre faceva capolino piano nella stanza. Lo guardai e mi sforzai di sorridergli: aveva la stessa vestaglia della sera prima, i radi capelli sul capo scompigliati. Quando mi vide, sorrise anche lui: ‹‹Sei già sveglia.››
  Annuii senza aggiungere altro, bloccando lo schermo del cellulare e posando quest’ultimo sulla scrivania quando mi alzai per raggiungere l’uomo in piedi in mezzo alla stanza e lasciargli, seppur con esitazione, un bacio del buongiorno sulla guancia; quando mi allontanai, lessi la sorpresa per quel gesto nei suoi occhi e il suo sorriso allargarsi.
   ‹‹Non sei stanca? Non sei rientrata presto ieri sera.››
  Dentro di me tirai un sospiro di sollievo: perlomeno non avevano scoperto che non avevo dormito a casa, quella notte. Scuotendo la testa, mormorai: ‹‹A dire il vero lo sono, ora mi rimetto a dormire.››
  Mio padre assentì con il capo, abbassando lo sguardo a terra subito dopo. Sembrava nervoso, il che rese nervosa anche me:  mi sedetti sul letto, temendo che avesse notato che non era disfatto come sarebbe dovuto essere.
  ‹‹Demi, io… Volevo ringraziarti›› disse, incatenando il suo sguardo al mio. Mi morsi l’interno della guancia, cercando di non piangere: non avevo più lacrime da versare oramai.
  ‹‹Se tu non mi avessi dato quella chance… Non so che avrei fatto – Si sedette vicino a me, abbassando il letto sotto al suo peso e facendomi scivolare verso di lui. – Sei stata davvero coraggiosa: è difficile perdonare le persone.››
  E’ difficile perdonare le persone. Quelle parole mi rimbombarono in testa mentre lasciavo che mi cingesse le spalle con un braccio e mi avvicinasse a sé. Inevitabilmente, mi ritrovai a chiedermi se Josh fosse già venuto a sapere del mio segreto e se, in quel caso, mi avrebbe mai perdonato. Scacciai con grande sforzo quel pensiero dalla mente mentre, alzandomi, mi scostai il braccio di mio padre di dosso.
  ‹‹Sì, lo so›› mormorai sovrappensiero, dandogli le spalle. Presi un altro sorso di caffelatte, ascoltando il silenzio che seguì quella mia affermazione. Iniziai a preoccuparmi e, trattenendo il fiato, mi chiesi a cosa stesse pensando; lanciando un’occhiata sfuggente allo specchio, intravidi il suo riflesso intento a guardarmi pensoso.
  ‹‹Stai bene, Demi?›› mi chiese tutt’ad un tratto, cogliendomi di sprovvista. Guardai il liquido nella tazza oramai semivuota che tenevo in mano, riflettendo sulla risposta che avrei dovuto dargli: pensai subito di replicare con un bugia ma, riflettendoci, non sapevo neppure io come mi sentivo in quel momento.
  Annuii, infine, voltandomi verso di lui per mostrargli l’accenno di sorriso che avevo fatto comparire come per magia sulle mie labbra. Lo vidi rilassare le spalle e ricambiare. ‹‹Tutto a posto, sono solo stanca, te l’ho detto›› lo tranquillizzai, stringendo forte la tazza nelle mani. La ceramica era diventata tiepida dopo aver trasferito tutto il calore alle mie mani fredde ancor prima di rientrare a casa,  battendo i denti e gelando dal freddo.
  ‹‹Giusto, scusa – replicò lui, alzandosi a sua volta aiutandosi con le mani – ti sto solo tendendo sveglia. Vado, così puoi dormire›› si fermò sulla soglia della porta e si voltò nuovamente verso di me. Aprì la bocca per aggiungere qualcos’altro ma poi, esitando, la richiuse. Posò la grande mano sulla maniglia e chiuse la porta bianca, lasciandomi impalata in mezzo alla stanza a fissare quest’ultima, mordicchiandomi l’interno del labbro, e pensare a come l’avessi trattato male.
  Il mio sospiro malinconico ruppe il silenzio. Non ero brava con le persone.
  Passai il resto della mattinata a leggere i messaggi di Miley ed esaminare con estrema calma tutti gli orari delle chiamate, aspettando che le ore passassero e con loro anche l’appuntamento con Selena. Non ci sarei andata. Non me la sentivo. L’avrei chiamata, poi, nel pomeriggio, e le avrei spiegato tutto…
  Mi raggelai. L’avevo pensato per davvero? Non volevo incontrare Selena? Ma, soprattutto, ero davvero intenzionata a darle spiegazioni?
  Lasciai cadere il cellulare sulla mia pancia e mi portai le mani sul viso; non riuscivo più a ragionare. La notte prima avevo dormito poco e male, e forse era la stanchezza a giocarmi brutti scherzi.
  Levai lo sguardo verso il soffitto, lasciando che quel bianco, illuminato dal pallido sole invernale, mi accecasse; E mentre ripensavo a Josh, rievocando in serie tutti i ricordi che avevo di me e lui, assieme, nel bene o nel male e facendoli scorrere in testa come in un film, gli occhi mi si fecero più pesanti e mi addormentai.
 
  Nell’inconscio sonno, sognai il ragazzo che amavo piangere, in un angolo di una stanza buia e fredda: guardava fuori dalla finestra la pioggia scrosciante scendere dal cielo scuro e imperlare il vetro, lasciarsi illuminare dalla luce dei lampioni e scorrere a fiumi sulle strade asfaltate; le stesse strade dove una ragazza correva, veloce. Aveva il fiatone, e la sua corsa era un po’ zoppicante.
  Una goccia di sangue cadde sull’asfalto bagnato, e quando lei si voltò, mostrando il taglio che aveva sulla guancia, la luce del lampione illuminò il suo viso per un secondo, prima che ricominciasse a correre.
  Era Selena.
  Quando mi risvegliai, però, me l’ero già scordato.
 
  Alla fine non andai all’appuntamento.
  Rimasi in casa a fissare con occhi sbarrati il muro, mentre tremavo nonostante i caloriferi fossero accesi. Facevo finta di dormire quando i miei genitori entravano nella stanza per chiedermi se avessi fame. Di tanto in tanto mi riaddormentavo davvero, ma senza fare altri sogni.
  Non chiamai Selena per disdire il nostro incontro, ma non perché non le volessi spiegare il motivo.
  Non ne ebbi semplicemente il coraggio.


 



Chiedo umilmente perdono. 
Credo che farvi aspettare tre mesi per il capitolo quando vi avevo detto che avrei aggiornato presto è forse la cosa più crudele che vi abbia fatto.
O, forse, è stato il non far andare Demi all'appuntamento con Selena.
A mia discolpa, vi suggerisco di pazientare. Però non dico altro: posso essere buona quanto voglio a darvi degli indizi, ma non voglio assolutamente spoilerare.

Sinceramente mi è passata voglia di postare le mie storie qui. Dovrei trovare un nuovo sito di fanfiction in cui caricare le mie storie. Avere qualcuno che le legge mi fa anche venire voglia di scriverle, cosa che ultimamente mi manca molto.
Ho una crisi di pagina bianca che sta durando un po' troppo, e mi sta uccidendo. Mi dispiace che dei miei stati d'animo ne risentiate voi, ma giuro che mi farò perdonare.
Voglio ringraziarvi tutti quanti per essere rimasti nonostante l'attesa, e le mie lettrici preferite che mi sostengono sempre.
E' da un po' che non vi sento ragazze, scusatemi se non mi sono fatta più viva, ma ultimamente lo sono ben poco.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto (nonostante sia un po' fermo e triste, ma non potevo scrivere altro dopo quello che è successo, non credete?) e che abbiate voglia di scrivermi due paroline per sollevarmi il morale. Se poi avete anche qualche sito di fan fition da consigliarmi, accetto volentieri ogni cosa. Grazie in anticipo a tutte.
Baci, 
Glo.

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***




 

Capitolo 32.

Did you see the sparks, feel the hope?
You're not alone, 'cause someone out there
is sending out flares
[The Script, Flares]


 
  Mi risvegliai da un sonno pesante e senza sogni che attraverso la finestra filtravano le prime luci dell’alba, riflettendosi sul pavimento. Mi volta dall’altra parte e cercai di riaddormentarmi, ma mi accorsi che, dopo un pomeriggio passato a sonnecchiare a risvegliarmi, non avevo più sonno.
  Guardando l’orario sul cellulare, un senso di amarezza mi assalì quando mi accorsi che era Domenica e Josh non mi aveva più cercato. Me lo meritavo, d’altronde: io non avevo chiamato Selena.
  Sbuffando, mi alzai dal letto scostandomi le coperte calde di dosso. Erano le quattro e mezza, non sapevo dove andare, sapevo solo che avevo bisogno di uscire e prendere aria. Essendo così presto, però, non avrei trovato nessun negozio aperto, nemmeno un bar dove prendermi un caffè: decisi così di farmi una lunga doccia, sperando che quelle goccioline, scorrendo sulla mia pelle, prendessero con loro tutti i miei pensieri  e li trascinassero nello scarico vicino ai miei piedi, facendomi sentire più leggera.
  Inclinai la testa all’indietro e lasciai che l’acqua mi bagnasse il viso, mentre dentro di me cercavo di accantonare una ad una le mie domande in un angolo della mia mentre, ristabilendo un po’ di equilibrio dentro di essa.
 
  Quando uscii dal bagno ero già vestita, truccata, pettinata e con la mente in ordine. Mancava un quarto d’ora alle sei, e ne approfittai per rimettere un po’ a posto la mia camera e aggiustare il letto, pianificando dove sarei andata una volta uscita di casa, e soprattutto con cosa, visto che non avevo né una patente, né un’auto, né qualcuno che mi scarrozzasse in giro – l’immagine di Josh mi invase la mente, ma la respinsi velocemente.
  Presi le chiavi di casa e afferrai la borsa, sorridendo ritrovandomi a pensare a quanto Miley avesse ragione a dire che, quando non si voleva pensare, l’unica soluzione era occuparsi di altro.
  Raggiunsi a piedi la fermata più vicina e presi il primo autobus che arrivò, sistemandomele cuffiette nelle orecchie e mettendo la musica ad altro volume. Per ora, il mio tentativo di non pensare stava andando alla grande.
 
  Starbucks, libreria, negozio di dischi e poi quello di accessori. Tra un acquisto e l’altro, sbrigai alcune commissioni che avevo in sospeso e mi sgranocchiai un trancio di pizza – con tutto quel viavai i miei sensi di colpa facevano parte dei pensieri che avevo accantonato per quel giorno.
  Quando tornai a casa, verso le due del pomeriggio, ero sfinita ma felice. Avevo persino trovato il coraggio – e la voglia - di scrivere due messaggi: uno per Miley, per avvisarla che stavo bene e lei non si doveva preoccupare, che l’avrei richiamata; l’altro per Selena.
 
Scusami se non sono venuta ieri, ma non mi sentivo bene.
Usciamo uno dei prossimi giorni, per te è ok?
Demi xx
 
  Per quanto mi pentissi di essere mancata al nostro incontro, mi ero messa in testa che niente e nessuno avrebbe rovinato quella giornata, nemmeno io stessa.
  I miei genitori si stupirono nel vedermi rientrare.
  ‹‹Credevamo fossi ancora a letto›› mi disse mio padre mentre io, sorridendogli, prendevo dalla busta il pacchettino rosa che conteneva la collanina che avevo comprato a Madison e la porgevo a quest’ultima, seduta sul divano a guardare qualche serie tv sconosciuta. Mamma mi guardava in modo strano, ma vedendomi così serena, forse, si era costretta a non farmi domande per la paura che potessi tornare di cattivo umore e perdere quel sorriso che si era impadronito delle mie labbra da un po’: le fui molto grata per questo.
  Salii in camera mia e posai i miei nuovi acquisti, grattando via il prezzo dai nuovi libri che avevo preso prima di infilarli nella libreria. Quando finii, accesi lo stereo a basso volume e mi tolsi le scarpe: fu quando le posai che, voltandomi verso la finestra, mi accorsi che non ero l’unica ad essere rientrata a quell’ora: l’auto di Josh si parcheggiò nel vialetto del garage e lui scese da essa, sbattendosi con forza la portiera alle spalle. Sobbalzai a quel rumore, che si sentii anche attraverso la finestra chiusa; non fu l’unica cosa, però, a colpirmi.
  Avrei giurato qualsiasi cosa che gli occhi di Josh stessero luccicando: ma non di gioia, di felicità; negli occhi di Josh riconobbi delle lacrime.
 
  ‹‹Miley, Miley››
  Mi alzai di scatto dal letto quando la ragazza rispose al cellulare: solo poco prima avevo in testa già tutto il fiume di parole che volevo dirle, ma quando sentii la sua voce al mio orecchio il mio fiato bastò a chiamarla solo quelle due volte disperate prima che scoppiassi a piangere. Caddi sulle ginocchia e posai la fronte sulla mia mano libera, mentre iniziavo a singhiozzare e le lacrime scendevano a fiumi dai miei occhi.
  ‹‹Demi, che è successo? Sapevo che non stavi bene, perché non mi hai chiamato prima?›› mi rimproverò lei scossa, nella voce una nota ben chiara di preoccupazione. Cercai di asciugarmi le lacrime con la manica della maglia, ma non feci altro che macchiare quest’ultima con il mascara sciolto e non migliorare la condizione del mio viso, sempre più bagnato.
  ‹‹Stavo bene fino a cinque fottuti minuti fa!›› mi lasciai sfuggire, singhiozzando, mentre mi sdraiavo sul pavimento e ritiravo le gambe al petto. Miley sospirò, forse per recuperare la calma. La sentivo agitarsi, muoversi; forse stava decidendo se raggiungermi o calmarmi attraverso il telefono.
  ‹‹Okay, okay. Respira… Sta' tranquilla. Qualsiasi cosa sia successa, si sistemerà tutto, devi-››
  ‹‹No Miley, non stavolta!›› le risposi, forse con un tono di voce fin troppo alto e irruente. Fu per questo, forse, che lei si spazientì e mi rispose a tono: ‹‹Se solo tu mi dicessi che è successo, magari ti potrei aiutare. Smettila di fare la testarda così e dimmi cos’è accaduto per ridurti in questo modo! Guarda che ci sto male anche io!››
  Smisi improvvisamente di singhiozzare e, nel silenzio che seguì, rabbrividii. Miley era sì stata dura con me, ma aveva funzionato: dopo un minuto di silenzio le dissi tutt’ad un fiato ciò che era successo, da quando ero scappata al ballo fino a poco prima, quando avevo visto Josh rientrare in casa piangendo, lasciandomi sfuggire anche del mancato appuntamento con Selena; e mentre prima l’avevo chiamata piangendo per la paura che le lacrime di Josh fossero a causa mia, mi resi conto di quanto anche Selena sarebbe stata male sempre per colpa mia. La voce mi si affievolì gradualmente, fino a che, finendo, ricominciai a piangere di nuovo. Stavolta, però, i miei singhiozzi erano leggeri: riuscivo lo stesso a sentire la voce di Miley consolarmi nell’orecchio e risponderle alle sue domande con dei deboli ‘mmh’, ‘no’, ‘non lo so’. 
  Mi sentivo più leggera, anche se le mie colpe pesavano sul mio cuore come un macigno insopportabile. Parlammo a lungo, fin quando non smisi di piangere: Miley si fece spiegare tutto con calma, dicendomi che non mi dovevo preoccupare, che non dovevo caricarmi addosso tutte le colpe nonostante sentissi che fossero mie; assentivo, ma dentro di me non riuscivo a farlo, e Miley lo capì.
  Fu per questo, forse, che solo cinque minuti dopo la vidi aprire affannata la porta della mia camera e guardarsi intorno allarmata: ma non aveva motivo di avere paura, io ero ancora lì rannicchiata a terra a tremare come una foglia. La guardai interrogativa, non riuscendomi a spiegare il timore leggibile nei suoi occhi: ma lei scosse la testa e, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando cadere la borsa a terra, si abbandonò sul pavimento vicino a me, rannicchiandosi pure lei senza preoccuparsi di aveva ancora addosso il giubbotto.
  ‹‹Credevo di essere arrivata tardi anche stavolta›› mi disse con voce spezzata, pettinandomi dietro l’orecchio le ciocche di capelli che mi cadevano sul viso. Guardai i suoi occhi lucidi e la sua mano leggermente tremante allontanarsi dal mio viso.
  E capii.

 
 
Ammetto di essere stata abbastanza crudele ad avervi fatto aspettare così tanto, ma voi non avete idea delle cose che sono successe. Ci sono state molte sere in cui mi sono messa al computer con in testa l'intenzione di caricare un nuovo capitolo, ma non l'ho mai fatto. Perdonatemi, davvero.

Ecco, credo che dopo tre mesi e mezzo un capitolo così faccia davvero pena, ma saranno i capitoli successivi (che se voi sarete tanto bravi da recensirmi velocemente ne caricherò uno a settimana) quelli più importanti. Come avete visto, Demi ha deciso di alzarsi e 'reagire', anche se poi la misteriosa apparizione di un Josh in lacrime l'ha sconvolta e non poco; ha trovato il coraggio di mandare un messaggio a Selena e, cosa molto importante, di chiamare Miley nel momento del bisogno, e lasciare che lei l'aiutasse. Facciamo un bell'applauso a questa bravissima ragazza (?) e andiamo avanti.
Ora, ci sono due questioni in sospeso: Selena sarà ancora disposta a rivederla? E cosa è successo a Josh, perché piangeva? 
Pian piano si scoprirà tutto, ma come sempre sono sempre disposta a sentire i vostri pareri!

Passiamo alle cose più formali: nell'author space dello scorso capitolo vi avevo chiesto un nuovo sito di fan fiction che non fosse questo, perché oramai poco frequentato. Inoltre l'editor Html, nonostante mi permetta di fare molte cose, mi porta via un sacco di tempo e finisco sempre per perdere un pomeriggio solo per caricare un capitolo. Alcune di voi mi hanno consigliato 'Wattpad', e volevo solo dirvi che ho seguito il vostro consiglio e mi sono iscritta!
Sono
gloriabarilaro (so che è un nome molto serio, ma sto invecchiando e non sono più capace di inventarmi nickname carini, infatti presto cambierò anche questo su efp, quindi attenti!).
Ho caricato solo due storie che ho messo anche qui su efp, e devo davvero pregarvi di aiutarmi perché non hanno avuto molto successo! Una è una oneshot ed è originale (
Petali di Rosa), l'altra una storia su degli attori di skins che comunque potrebbe anche rivelarsi originale perché i personaggi non hanno niente a che vedere con le persone reali (Ice Sight). Sotto suggerimento di alcune mie compagne di scuola che hanno letto le mie storie, penso caricherò anche 'Even when the sky is falling', ma prima ho bisogno del vostro aiuto per farmi pubblicità!
Seguitemi su wattpad, scrivetemi, proponetemi alcuni modi per farmi conoscere sul sito. 
Sto prendendo la cosa della scrittura molto più seriamente ora che non è più solo uno sfogo e ho bisogno di tutto il vostro supporto. Non si sa mai, magari il prossimo anno riuscirò a terminare il libro che sto scrivendo!

Volevo ringraziari per tutto quello che avete fatto per me sino ad ora, per la pazienza e il supporto.  Siete delle persone fantastiche, e devo davvero scusarmi con voi per tutte le pene che vi ho fatto passare. Grazie per esserci ancora, grazie di tutto.
Ora vi lascio.


Glo

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


 
 

Capitolo 33.

 
I wish you could be honest
 with me.

[The Neghtbourhood, Honest]


 
 ‹‹Non sei stata tu! – ribatté Miley per l’ennesima volta – Almeno, non del tutto.››
  La guardai senza capire, ma lei distolse lo sguardo subito, alzandosi dal letto. ‹‹È complicato, – borbottò,  avvicinandosi alla finestra – non riesco a spiegartelo da sola, per questo ho chiamato...›› s’interruppe improvvisamente, mordendosi i labbro e guardandomi come se si rendesse conto di aver appena commesso un grosso errore. Incominciai ad agitarmi, mentre cercavo di nascondere le mani nelle maniche del maglioncino.
  ‹‹Non ti capisco Miley, sei peggio di me!›› mi lamentai, seguendo con lo sguardo la sua camminata nervosa, avanti e indietro per la stanza. Lei non mi rispose, ma vidi la sua bocca stringersi in una linea dritta. Era una delle rare volte in cui la vedevo assente, con mille pensieri in testa: quando questo accadeva, lo sapevo per esperienza, avevo più che ragione a preoccuparmi.
  Fu allora che mi decisi ad alzarmi per andare alla finestra; nonostante facesse freddo, non esitai un attimo ad aprire questa per non vedere il mio riflesso nel vetro, con i capelli arruffati e il trucco sbavato che non avevo avuto la forza di pulire. Mi appoggiai con i palmi delle mani alla piccola mensola sotto la finestra e mi sporsi un poco fuori, lasciando che il vento freddo mi graffiasse le guance.
  ‹‹Demi, che fai?›› la voce di Miley era tesa, al solo sentirla mi venne da voltarmi per guardarla, chiedendomi se fosse stata davvero lei a parlare: era irriconoscibile. Poi scossi la testa, strizzando gli occhi e concentrandomi a guardare la finestra della camera di Josh: le tende erano tirate, e dentro era buio, come se non ci fosse nessuno. Eppure io l’avevo visto...
  ‹‹Dems?›› Miley, non sentendo rispondermi, mi aveva raggiunto. Si era poggiata con la spalla contro il muro vicino alla finestra, guardandomi con le braccia incrociate sul petto in attesa. Non le risposi nemmeno stavolta: mi limitai ad arricciare le labbra, posando i gomiti sulla mensola e prendendomi la testa tra le mani.
  ‹‹Voglio sapere che è  successo a Josh – dissi chiaramente, la voce ovattata dalle mani ancora a pararmi il viso, - Ora. Che ti costa dirmelo?›› mi voltai verso di lei, scorgendola mordersi il labbro inferiore, con lo sguardo che vagava sul pavimento. Buttai fuori l’aria scocciata, rimettendomi diritta e allontanandomi da lei.
  ‹‹Demi, ascolta, te l’avrei detto anche prima – mi richiamò lei, il tono disperato come se volesse mettermi al corrente della sua giustificazione, - ma avevo bisogno di lei per raccontartelo.››
  ‹‹Lei?›› chiesi disorientata, sperando di aver capito male. Chi era questa?
  Miley aprì la bocca, probabilmente per spiegarsi meglio, ma il suono del campanello la interruppe prima ancora che potesse cominciare. Le lanciai un’occhiata infuocata e uscii sul corridoio per affacciarmi dalle scale e vedere chi era arrivato: sentii Miley seguirmi a piccoli passi, quasi avesse paura di avvicinarsi nuovamente a me.
  Madison aveva aperto la porta ed era rimasta immobile, scossa alla vista di chi era arrivato.  E, devo ammetterlo, all’inizio non la riconobbi subito, ma quando questo accadde rimasi paralizzata anche io.
  Da dietro, sentii Miley toccarmi cautamente una spalla. ‹‹Lei, – mi fece eco, accennando con il mento alla ragazza che era entrata nell’ingresso di casa mia, – Selena››.
 
  Guardai assorta il piumone: mi lasciai avvolgere da quel blu intenso, sperando di poterci affogare dentro. Volevo scappare a gambe levate, andarmene. Avrei preferito essere in qualsiasi altro posto su questo pianeta, anche davanti a Chelsea, piuttosto che starmene seduta a gambe incrociate sul mio letto, con la testa bassa per non incontrare né lo sguardo di Miley, né quello di Selena.
  Alzai lo sguardo solo quando sentii il collo bloccato e dolorante: buttai la testa all’indietro per sgranchirlo, poi mi guardai attorno. Nel disordine della mia camera, Miley e Selena se ne stavano sedute dritte, tese come corde di violino, a lanciarsi occhiate furtive: guardandole, pensai a quanto il nostro trio fosse stravagante, in quanto noi fossimo diverse, troppo diverse.
  Miley era seduta stranamente composta sulla seduta a rotelle della scrivania. I suoi capelli lunghi e disordinati e il suo abbigliamento così semplice e assieme così insolito descrivevano alla perfezione il suo animo ribelle: se solo avesse sorriso, ero sicura che persino un estraneo si sarebbe reso conto di quanto fosse buona come il pane, quando non ce l’avevi contro.
  Selena, invece, si era lasciata cadere sul puff rosa in un angolo vicino alla libreria: i suoi capelli erano perfettamente stirati, il suo trucco impeccabile, il cardigan bianco abbinato alla gonna di jeans che portava sopra una calzamaglia spessa e nera, ai piedi delle scarpe vintage dello stesso color panna del cardigan. La guardai affascinata: era da anni che non vedevo Selena, e mi pareva più ordinata, coordinata e elegante di quanto non lo fosse già nei miei ricordi.
  E poi c’ero io, forse la più incasinata di tutte: stretta nei leggings neri, mezza affogata nel maglione più grande di qualche taglia, i piedi scalzi e il mascara non solo sulle ciglia, ma anche sulle guance, a lasciare lunghe strisce nere verticali e l’eye-liner sfumato in tutto il contorno occhi, facendomi sembrare un panda. Mordendomi il labbro, pensai a quanto le mie amiche – potevo chiamarle così? Potevo chiamare Selena così? – fossero più belle, più impeccabili, più fantastiche di me.
  Pensai a quanti sguardi avrebbero attirato loro per strada passando tranquille, a quanti ragazzi avrebbero cercato una scusa per avvicinarle e parlare loro. Poi pensai a cosa avrei attirato io: sguardi sì, ma pieni di compassione, quelli che si servivano alla gente con qualche problema, che spesso e volentieri veniva ignorata e evitata per un suo particolare che tutti definivano come un ‘difetto’. Da me la gente sarebbe scappata: in fondo, nessuno voleva avere a che fare con un disastro.
  ‹‹Demi, ti va di iniziare?››
  Guardai Selena cercando di non piangere: la voce era uscita incerta dalle sue labbra, si torturava le mani senza tregua nervosa, reggendo il mio sguardo a stento. Scoccai un’occhiata a Miley, che mi guardava preoccupata: probabilmente aveva invogliato lei Selena a parlare per prima. Qualunque cosa avesse in mente per farmi riallacciare i rapporti con lei, desiderai intensamente che se lo scordasse.
  ‹‹Cosa devo fare?›› chiesi infine, voltandomi nuovamente verso Selena. Forse non mi ero sentita pronta per affrontarla prima, ma oramai ce l’avevo davanti, e non avevo più niente da perdere: tanto valeva tentare, provarci. Certe volte ti senti così ferita da essere sicura che nient’altro ti possa fare altro male, non più di quello che già hai dentro.
  ‹‹Dicci cosa è successo, – intervenne Miley con un tono dolce, alzandosi dalla sedia – ti va?›› La seguii con lo sguardo fino a quando non si sedette cautamente accanto a me sul letto: i suoi occhi azzurri mi davano la sensazione di conforto di cui avevo bisogno, ma questo non impedì al mio labbro di tremare leggermente.
  ‹‹Da quando?›› chiesi debolmente. Scorsi Selena e Miley guardarsi a lungo, come per accordarsi sulla risposta da darmi.
  ‹‹Da venerdì sera, se non ti dispiace. – stavolta fu Selena a parlare, lanciandomi un’occhiata imbarazzata che interpretai come una specie di richiesta di scuse: intuii che Miley l’aveva informata di tutto, almeno, tutto quello che aveva saputo lei prima che l’avessi chiamata – Dobbiamo partire dal principio per capire meglio.››  finì, guardandomi negli occhi. Dopo tanto tempo, scorsi negli occhi scuri di Selena quel calore che mi aveva sempre confortato, facendo sì che riuscissi ad aprirmi senza rimorsi per averlo fatto dopo: ritrovai la mia migliore amica, in qualche modo.
  Sentii i miei muscoli tesi rilassarsi e le mie lacrime, fino ad allora mantenute a stento nei miei occhi, sgorgare fuori una per volta.
  ‹‹Se è dal principio che bisogna iniziare, allora è da venerdì mattina›› mormorai, guardando Miley. Lei mi sorrise dolcemente, accarezzandomi la schiena. Scoccai un’altra occhiata a Selena e, dopo aver scorto un sorriso timido ma incoraggiante sul suo viso, slegai la lingua e raccontai tutto, anche delle parti di cui Miley era al corrente e forse anche Selena, ma da un punto di vista diverso. Partii dalla minaccia di Celsea e proseguii fino al ritorno a casa, poi raccontai di quando Josh era apparso sulla soglia della mia stanza e continuai – con le lacrime sempre più numerose e le guance sempre più bagnate – rendendo loro partecipi di cosa era successo nel negozio, in strada, in macchina, e poi a casa, subito dopo la telefonata di Miley. Riferii loro ciò che era successo al ballo, i momenti da favola, quelli annebbiati a causa dell’alcool, quelli di terrore alla vista di Chelsea. Rivelai loro dove avevo passato la nottata quando ero scappata e il perché, prima di raccontare molto velocemente come avevo passato la giornata di Sabato, senza fornire particolari dettagli.
  Poi alzai lo sguardo verso di loro e, facendolo rimbalzare fra l’una e l’altra, spiegai per filo e per segno loro ciò che era accaduto quella mattina fino all’arrivo di Miley: sentivo gli occhi così secchi che credevo di aver esaurito tutte le lacrime.
  Quando finii, Miley aspettò un poco prima di parlare: ‹‹Non è colpa tua – ripeté, stavolta più sicura di prima – non devi sentirti così. Non hai fatto soffrire Josh, Demi.›› si riferiva alla piccola confessione che mi ero lasciata scappare prima di tacere, l’ultima delle tante. Mi ero lasciata trasportare dal momento e non mi ero limitata a raccontare il corso degli eventi, ma tutto quanto.
  ‹‹Ma secondo me sì. Non capisco come tu faccia ad esserne così convinta!›› sbottai, scostandomi bruscamente per evitare che la sua mano mi sfiorasse la spalla. Selena si alzò e parlò con decisione: ‹‹Miley ha ragione, e non è nemmeno colpa tua se non capisci. – Mi offesi un poco per quell’ultima affermazione e lei, notandolo, si affrettò a correggersi. – Volevo dire, è naturale che tu non capisca, perché tu non sai.››
  ‹‹Non so cosa?›› le chiesi confusa, un tono forse un po’ troppo ostile. Selena però non parve farci molto caso.  L’espressione che apparse sul suo volto parve quasi afflitta mentre si lasciava cadere anche lei al mio fianco, sul letto che dondolò un poco.
  ‹‹Cosa è successo prima che me ne andassi›› mormorò cupa, e quelle parole mi fecero rizzare i capelli sulla nuca.

 

Ed ecco Glo che ritorna a farsi viva! Non mi aspetto una cascata di applausi, ma, siate clementi, non tirate pomodori a questa povera ragazza ritardataria. 
E' da quasi tre anni che tiro avanti questa storia, e mi dispiace un sacco. Ho cercato anche di accorciarla, ma non rendeva quel che è in realtà; così mi sono lasciata andare, e ancora per altri sette capitoli dovrete sopportarmi!
Qua ho una buona notizia! (Almeno spero...)
Come avete visto, questo capitolo finisce in una situazione particolare: Demi, Miley e Selena sono chiuse nella stessa stanza, e a quanto pare le due amiche della protagonista hanno una storia da raccontare. Pensavate che l'avrei caricata normalmente qui sulla fan fiction principale? NOOOOO, perché io adoro complicarmi la vita.
Ed ecco qui: Give your heart a break è temporaneamente in pausa, perché ora caricherò un Missing Moments di questa storia, una ff su Selena e Miley di tre capitoli che voi siete liberissimi di leggere o non leggere - anche se io vi consiglio vivamente di leggerla, per capire meglio la situazione, ciò che è successo molto prima che questa storia ebbe inizio.
Siccome non ho ancora caricato questa nuova storia, dovrete pazientare ancora un po', come se si trattasse di un nuovo capitolo, e io vi avviserò quando la carico rispondendo alle vostre recensioni, come sempre. Se, invece, non vi interessa leggerla, tramite recensione o messaggio privato avvisatemi della vostra scelta, io mi segnerò i vostri nomi e vi avvertirò quando rinizierò ad aggiornare questa fan fiction. 
Mi scuso di nuovo per la mia assenza, ma ho avuto ups and downs in questi ultimi mesi e, durante l'estate, ho cercato di godermi le vacanze in pace.
Ora sono tornata, sto bene, e presto finirò di angosciarvi e caricherò tutti i capitoli di questa fan fiction, fino all'ultimo, senza più attese strazianti!
Fatemi sapere se siete ancora vive, se il nuovo header vi piace, se l'andamento della storia vi soddisfa, se vorrete leggere o non la nuova fan fiction (che, ne approfitto, si intitolerà What happend to that, e la pubblicherò nella categoria: fan fiction su artisti musicali, Selena Gomez)
Grazie per i vostro supporto, a presto! 
(Lo prometto)

Glo.

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