Sentimenti intrecciati

di maryku
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Riccardo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Amalia ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Rebecca ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Teodoro ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Bentrovati! Giusto due parole, perché sì. ^^ Questa storia è composta da prologo, quattro capitolo ed epilogo, ed praticamente già scritta, quindi non dovrei metterci molto a pubblicare il resto, internet permettendo; infatti spero di pubblicare il primo capitolo già lunedì. La storia è sul mio pc già da un po', ma mi sembra sempre che manchi qualcosa, però non cambio quasi nulla... Così ho deciso di pubblicarla e basta. Non voglio lasciarla a marcire nel computer, visto che è una delle poche che ho finito! XD
Il tema centrale è l'ammmmore, o meglio, quattro modi diversi di amare, quattro percezioni diverse dell'amore, che credo tutti voi abbiate provato o proverete. :3
Per chi mi conosce: mi dispiace di essere sparita da EFP, ma la mia voglia di leggere, scrivere e commentare era meno di zero. Adesso comincia un po' a tornare, ma non so quando tornerò ad essere realmente attiva sul sito. Già è tanto se sto pubblicando questa storia...
Non voglio annoiarvi oltre. Buona lettura!


Prologo

 

Stava andando a scuola, come ogni giorno. E come ogni giorno non gli andava. Erano ben pochi i motivi per cui ancora non aveva lasciato perdere: la ricreazione, la sua migliore amica Amalia, perché lo andava a prendere ogni mattina, e Rebecca.
Ed era soprattutto quest’ultimo motivo che lo spingeva a fare quel tragitto odioso: voleva vedere la bella Rebecca e godere, anche se per poco, della sua presenza.
Ma quel giorno era particolare, sì, era parecchio particolare, ed il motivo era semplice.
Aveva deciso, finalmente, di dichiararsi a Rebecca, e voleva assolutamente togliersi subito il pensiero, così avrebbe potuto avere una ragazza!
Non c’era alcun motivo per indugiare. Ormai aveva deciso!
Sorrise e guardò Amalia.
- Sono sicuro che oggi sarà una splendida giornata!
 
 
Amalia si girò a guardare il suo migliore amico. Gli sorrise e annuì.
- Sono sicura che sarà così, Riccardo. Però cerca di seguire anche le lezioni, o i professori si arrabbieranno.
Lui sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Ormai era diventata una routine, per lei, sgridarlo per i suoi comportamenti infantili. Lo conosceva bene, gli voleva bene, e proprio per questo avrebbe voluto che lui maturasse ma, ahimè, lui sembrava voler rimanere per sempre bambino. Forse proprio come Peter Pan…
- Ehi, facciamo una gara a chi arriva prima?
Amalia sgranò gli occhi e scosse la testa.
- Non riuscirei mai a superarti!
- Dai, ti do un po’ di vantaggio.
Scosse nuovamente la testa, si sistemò la giacca e sospirò. Non disse nulla, continuò semplicemente a camminare e a pensare a quell’idiota.
 
 
Rebecca stava in piedi davanti all’entrata dell’edificio scolastico. Spalle dritte, piedi leggermente separati l’uno dall’altro e testa appena un po’ inclinata verso l’alto. Sapeva bene che quella posizione era la migliore per sembrare sicuri e decisi, e lei era proprio così: sicura di sé, decisa su ciò che voleva e forte. Molto forte.
Era conscia del fatto che il suo comportamento non faceva avvicinare le persone, ma era anche il modo migliore per non essere usati. Meno relazioni intime, più libertà.
Certo, meno relazioni intime. Anche se avesse trovato un ragazzo, non gli avrebbe permesso di rovinarle la reputazione. Ovviamente proprio per questo, il ragazzo doveva essere un principe azzurro e possibilmente anche su un cavallo bianco, e certamente essere dolce, comprensivo, sensibile, amarla fino alla sfinimento, ascoltarla, capirla, amarla, adorarla, essere preso completamente da l…
Si riscosse al suolo della campanella. I cuoricini che erano cominciati ad apparire grazie alla sua fantasia si dissolsero nell’aria e si fermò dallo scuotere la testa. Sospirò interiormente: magari il ragazzo perfetto esistesse. Magari. Ma ne aveva trovato uno quasi perfetto, Teodoro. Ancora non la ricambiava, l’aveva rifiutata il giorno prima, ma forse, prima o poi, l’avrebbe ricambiata.
Con queste speranze entrò, e si avviò verso la sua classe.
 
 
Teodoro coprì con una mano lo sbadiglio che gli era sorto spontaneo. La sera prima aveva fatto tardi dando ripetizioni al fratellino, ma confidava nel caffè della ricreazione per riprendere un po’ di energie. Fortunatamente quel giorno sarebbero mancate delle professoresse, o non sarebbe stato sicuro di riuscire a seguire... anche se un po’ gli dispiaceva, il giorno prima era stato molto interessante. Il professore di storia aveva parlato delle varie rivoluzioni, mentre fisica aveva cominciato a spiegare il nuovo argomento…
Scosse la testa e fu ancora più convinto che quel giorno fosse un po’ sfortunato, la professoressa di chimica era malata, e anche quella di filosofia, però la prima e l’ultima ora erano coperte, quindi niente uscita prima... Peccato, non avrebbe potuto dormire, rientrato a casa.
Chissà se lei…
Sbadigliò nuovamente. Sì, aveva probabilmente bisogno di un buon caffè, o non avrebbe avuto le forze per andare a prendere il fratellino a scuola.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Riccardo ***


A quanto pare non riesco mai a rispettare una scadenza. XD Ma stavolta c'è un motivo: mi sono influenzata. .-. Adesso sono tutta raffreddata, ma sto meglio di ieri, quindi non faccio aspettare oltre... Ma tanto non è molto (quesi per nulla) seguita questa storia, quindi mi sento meno in colpa. XD
Be', buona lettura!


Capitolo 1: Riccardo.

 

Riccardo entrò in classe, seguito da Amalia. Rebecca era già lì, seduta a fissare fuori dalla finestra. Era bellissima.

Drizzò le spalle e si schiarì la voce con la decisione di andare verso di lei, ma la domanda dell’amica lo fermò.

- Senti, Riccardo, potresti accompagnarmi un attimo a chiedere una cosa in presidenza?

Si accasciò un po’ alla richiesta di Amalia, ma si girò e le sorrise.

- Certo! Così c’è una buona probabilità che rientriamo dopo il professore!

- Se succedesse, ci interrogherebbe.

- Ah, già…

Sospirò e uscì dalla classe, seguendo Amalia. Era una tale precisina quando si trattava di queste cose, non lo lasciava mai sperare. Ma erano vicini di casa, le loro madri si conoscevano da sempre e si prendeva cura di lui. Era una buona amica.

Chissà se, per una volta, avrebbe risposto a un dispetto…

La prese per le spalle e la spinse nella direzione opposta. Amalia lo lasciò fare, e alla fine lui smise e sbuffò.

- Guarda che so come trattarti. Ti conosco bene, scemo.

Non era male, vederla sorridere. Ed era una persona che lo ascoltava sempre.

- Posso dirti una cosa, Amalia?

- Parla, basta che andiamo verso il professore.

La girò e la spinse nella direzione giusta.

- Sai che mi piace Rebecca, giusto?

- Certo, ti conosco.

- Be’, ho deciso di dichiararmi… Sai, è da tanto che ci penso…

- Due secondi?

- Non è vero!

- Ma se ti sei preso questo colpo di fulmine giusto due giorni fa!

- Fammi finire, dai!

- Va bene.

Fece finta di cucirsi la bocca e lo invitò a continuare. Riccardo ridacchiò appena.

- Non so bene come fare. Cioè, la risposta è la risposta, ma anche la domanda è la domanda!

- Chiarissimo, davvero, non avresti potuto spiegarti meglio.

- Amalia, ti sto chiedendo aiuto! – si lamentò, togliendo le mani dalle sue spalle.

- E io di spiegarti meglio. Cosa vuoi, che ti scriva cosa dire?

- Magari!

Riccardo la guardò, supplicante, ma capì l’inutilità di quello sguardo non appena Amalia incrociò le braccia al petto. Lo sapeva, glielo aveva detto lei, quando faceva così era impossibile farle cambiare idea.

- Dille ciò che senti. Non c’è un modo giusto o sbagliato di fare una dichiarazione, non cambierà i suoi sentimenti.

- Quindi accetterà ugualmente?

- No, aspetta…

- Oh, grazie!

L’abbracciò e corse in classe, lasciandola nel corridoio. Sapeva che la sua amica poteva benissimo cavarsela da sola! Entrò in classe, ma non fece in tempo ad avvicinarsi a Rebecca che il professore li fece sedere. Un po’ sconsolato, poggiò la testa sul banco e sospirò.

Quando tornò Amalia, la guardò con lo sguardo da supplica ma lei, come al solito, decise di seguire la lezione, piuttosto che parlare con lui.

Dopo qualche minuto, la spiegazione del professore non gli arrivò più e chiuse gli occhi, sperando che quell’ora passasse velocemente. Era odioso andare a scuola, come il non poter uscire prima nonostante non ci fossero i professori, ma almeno erano ore di buco e non di lezione.

Stava quasi per addormentarsi, quando sentì qualcuno toccargli la spalla. Biascicò qualcosa e si girò dall’altra parte.

- Riccardo, la prima ora è finita. Riccardo!

Aprì gli occhi e alzò la testa, vide davanti a sé i verdi occhi di Amalia e sorrise.

- Ciao.

- Togli il dente prima!

- Come?

- La tua missione. Te ne sei scordato?

- Missione? Amalia, spiegati!

- La dichiarazione, Riccardo. Sbrigati, Rebecca è appena andata in bagno.

Si alzò di scatto, improvvisamente si sentiva sveglio. Ringraziò Amalia e si affrettò ad andare a cercare Rebecca, ma prima di uscire dalla classe sentì l’augurio della sua migliore amica.

- Buona fortuna.

Il suo sorriso l’aveva rimesso di buon umore. Sicuramente sarebbe andata bene. Sicuram…

Quasi si scontrò con Teodoro, che stava tornando in classe. Scosse la testa e lo superò, non aveva tempo per pensare a quel noioso.

Arrivò davanti al bagno delle ragazze giusto quando Rebecca ne stava uscendo. La bellissima Rebecca. Si schiarì la voce e prese un respiro profondo.

- Rebecca, vorrei dirti una cosa.

- Dilla.

- Ehm… possiamo spostarci più in là?

Non era proprio una cosa da dire davanti a un bagno… Fortunatamente Rebecca non si lamentò, semplicemente si posizionò accanto alla finestra.

- Parla, ti ascolto.

Riccardo guardò i suoi occhi scuri e sorrise. Sì, sicuramente poteva andar bene. Sicuramente.

- In realtà, è da molto che ti osservo. Dalla prima volta che ti ho vista, il primo giorno di scuola, be’, tu mi piaci. Io… ecco – abbassò lo sguardo. – Vorresti metterti con me?

In quel momento, il pavimento gli sembrava davvero molto interessante. Davvero…

E sperava ancora che Rebecca gli avrebbe detto di sì. Non c’era modo che potesse andare male. Non c’era.

- Scusami, Riccardo. Tu sei un bravo ragazzo, ma… io sono già innamorata di un altro.

Alzò lo sguardo e capì. Tutte le sue speranze erano andate in fumo con quel semplice rifiuto, un bel rifiuto, fatto con classe, e con gentilezza, alla Rebecca insomma, ma pur sempre un rifiuto. Non capiva più come avesse fatto ad essere così… sicuro di sé.

Prese un profondo respiro e riuscì a sorridere, seppur con un po’ di sforzo.

- Va bene. Ho capito.

- Scusa. Torno in classe.

Se ne andò lasciandolo lì, da solo, a rimuginare sulla sua eccessiva sicurezza. Eppure pensava sul serio di poter essere il ragazzo adatto a lei. Davvero.

Sospirò, cercando di ritrovare i motivi della precedente sicurezza.

Non li trovava. Non c’erano. Erano solo la speranza e la fantasia di poter essere ricambiato. Forse tutti gli innamorati la pensavano così.

Si diede dell’idiota, ricordandosi quante volte anche Amalia glielo diceva. Sorrise fra sé e sé. Quella volta era andata male, ma i sentimenti potevano cambiare. Forse, prima o poi Rebecca avrebbe potuto ricambiarlo.

Con un sorriso meno radioso ma più convinto, rientrò in classe.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Amalia ***


Beeeene... E son tornata ad aggiornare presto. Evvai! Siamo arrivati a metà storia. Questo capitolo è tutto dedicato ad Amalia, ma penso che la mia parte preferita della storia venga solo dopo questo capitolo... Chissà. Be', a quei pochi che stoicamente mi seguono, buona lettura!


Capitolo 2: Amalia.

 

Amalia vide Riccardo rientrare in classe con un sorriso. Un sorriso meno radioso. Sospirò: aveva immaginato che potesse andare a finire così, Rebecca si era dichiarata il giorno prima a Teodoro e, benché rifiutata, non era così semplice cambiare i propri sentimenti, e non sarebbe stato da perfettina Rebecca. E poi non aveva mai mostrato interesse per Riccardo.

Lui sarebbe stato bene. Era un tale ottimista, sicuro di sé, sbruffone e idiota da riuscire a superare indenne qualunque situazione. Sperava solo che maturasse un po’.

- Com’è andata la missione?

- Mi ha rifiutato. Niente da fare.

- Mi dispiace.

Gli carezzò il braccio, ma lui la fermò.

- Ehi, così mi sento peggio! Per favore, sorridi e lamentati come al solito.

Amalia gli diede una leggera schicchera sul braccio, ma fu contenta di vederlo già allegro. Probabilmente si sarebbe dichiarato come minimo altre dieci volte, come per tutti gli altri colpi di fulmine che aveva avuto.

Dopo qualche minuto passato a tirare su il morale di Riccardo, lui fu troppo preso dai suoi amici per prestarle ascolto.

Amalia si alzò, raggiunse Teodoro e gli passò un libro.

- Grazie per avermelo prestato.

- Di nulla.

Il ragazzo si rituffò nei compiti, e lei lo lasciò fare. Era inutile provare a parlargli quando aveva la testa da un’altra parte.

Chiacchierò per un po’ con le compagne di classe, sempre con lo sguardo di Rebecca puntato addosso. Sapeva perché, ma non poteva certo sentirsi responsabile, non era colpa sua.

A un certo punto, le chiacchiere superficiali delle sue compagne la stancarono e preferì tornare a sedersi.

Guardò fuori la finestra, il cielo era pieno di nuvole, ma non sembrava che dovesse piovere.

Superficiale. Esatto, era la parola adatta per descrivere quell’idiota di Riccardo. Lo teneva d’occhio fin da bambino, aveva bisogno di una balia perenne, e non riusciva a capire se stesso, figuriamoci le persone! Non aveva capito nemmeno che la sua cotta per Rebecca era tutta un’idealizzazione. Bella di qua, bellissima di là, ma quando andavi a chiedere cosa effettivamente gli piacesse non sapeva rispondere altro che: bella. L’idiota.

Va bene, ammettiamo pure che sia bella, ma poi? Rebecca sembrava arida, rigida e con la puzza sotto il naso. Tutto un trucco per allontanare la gente; non sarebbe stato meglio fare la ruffiana?

Sbuffò. Non gli piacevano entrambi i comportamenti, ma Rebecca era molto sciocca, secondo lei. Le sarebbe bastato così poco per essere più serena, e invece doveva indossare quella maschera di indifferenza verso tutto e tutti. Solo quando guardava Teodoro sembrava meno rigida.

E anche quel ragazzo, perché non la smetteva? Sarebbe stato meglio, per lui.

Sospirò. Non che lei fosse tanto meglio. Si era presa una cotta per un assurdo, megalomane idiota. E non c’entrava niente che lo conoscesse praticamente da sempre, non sarebbe dovuto succedere. Lei, una cotta per Riccardo.

Guardò il suo migliore amico conversare di frivolezze con gli altri. Era bravo a trattare le persone, era gentile e sorrideva sempre. Era facile avere a che fare con lui, finché si rimaneva sulla conoscenza o un’amicizia leggera. Ma quando provavi ad andare oltre, sembrava di trovarsi in un deserto; ma lo stesso non poteva fare a meno di pensare a lui come al suo migliore amico. Gli voleva bene, e molto, sapeva che aveva solo bisogno di maturare. Quando voleva prenderlo in giro, scherzare, ridere con qualcuno, lui c’era; e quando aveva bisogno di sentirsi un po’ superiore le bastava sgridarlo su qualche sua idiozia, tanto ne faceva sempre.

E si era presa una cotta.

Non ci pensava nemmeno lontanamente a dichiararsi. Non era timidezza, o paura della risposta. Sapeva già che Riccardo la considerava solo la sua migliore amica, l’aveva vista troppo spesso come amica o mammina per cambiare così repentinamente punto di vista e sentimenti. E lei non aveva nessuna voglia di stare con un idiota. Avrebbero finito per lasciarsi perché lui non la capiva e lei si sarebbe stufata di lui, e in fondo ci teneva alla sua amicizia invece di mandare tutto all’aria.

Si alzò di scatto e sbuffò. Quei pensieri non l’avrebbero portata da nessuna parte, la situazione era così ormai da tanto e non sarebbe cambiata se non con la maturazione di Riccardo o il cambiamento dei suoi sentimenti, ma visto che richiedevano entrambi tempo era inutile rimuginarci troppo sopra.

- Non è da te perdere il controllo, Amalia.

Teodoro le sorrise dal suo banco, e tornò ai compiti. Si avvicinò al ragazzo e notò la pagina ancora a metà, come l’aveva lasciata prima.

- Non sei andato avanti?

- Sono un po’ stanco, ieri ho dormito poco.

Non se n’era accorta, ma in effetti aveva il viso meno rilassato del solito.

- Hai aiutato di nuovo tuo fratello coi compiti?

- Uhm?

- Ho capito. Cerca di svegliarti, o non riuscirai a seguire l’ultima ora.

- Sì, sì…

Teodoro riabbassò gli occhi sul quaderno, ma adesso aveva un accenno di sorriso. Amalia, però, era un po’ preoccupata. Sperava solo di non aver fatto peggio.

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Rebecca ***


Non so, forse perché tanto non la segue quasi nessuno (grazie per chi si è fermato a leggerla), o perché è già praticamente completa sul pc, ma mi viene voglia di aggiornare questa storia, anche se son passati solo due giorni dall'ultimo aggiornamento. O forse voglio solo toglierla da pc, per dirmi: basta, è finita, non ci tornare più col pensiero. È lei, punto!
Sì, probabilmente è così. O forse no.
Tanto pochi leggono la storia, figuriamoci se qualcuno si ferma a leggere le mie note pazze. XD
Buona lettura!



Capitolo 3: Rebecca

 

Rebecca guardò Amalia allontanarsi da Teodoro e tirò un sospiro di sollievo. Era ancora arrabbiata e gelosa, avrebbe voluto che quel sorrisino sul viso del suo principe non fosse opera di quella ragazza, di quell’arpia, quella velenosa serpe che voleva portarle via il suo adorat...

Riprese il controllo dei suoi pensieri prima che questi potessero in qualche modo affiorare sul suo viso. Lo sapeva, purtroppo, che Amalia non era una cattiva ragazza. Forse un po’ cinica, ma in fondo a posto.

Solo che non sopportava proprio quando si avvicinava a Teodoro.

Gli altri ragazzi erano in gruppo, tutti a sentire le idiozie di Riccardo che, per carità, era pure un bravo ragazzo, ma non si adattava alla sua immagine di principe. Riccardo non era maturo, non eccelleva nello studio, non sapeva comprendere l’animo delle persone, non pensava a lei... o meglio, pensava a lei, ma se davvero l’avesse capita, l’avrebbe trattata come una principessa, e non con quella dichiarazioncina da due soldi.

Sospirò interiormente. Stava diventando cattiva con quel povero ragazzo, quando in realtà Riccardo c’entrava ben poco con i suoi pensieri. Stava solo cercando di non pensare alla sua, di disastrosa dichiarazione del giorno prima. Teodoro le aveva chiaramente detto che non poteva ricambiare i suoi sentimenti, perché era innamorato di un’altra. Buffo come lei avesse voluto usare le parole piene di tatto del suo principe, anche se forse dette da lei non erano poi così gentili.

Si alzò all’arrivo del professore, mentre i suoi compagni tornavano ognuno al proprio posto, e si risedette al cenno dell’adulto.

Lei non era mai gentile. Non era mai disponibile. Non si lasciava mai andare.

Lei era fredda. Era calcolatrice. Era sempre attenta alle sue mosse.

Ma non poteva fare a meno di lasciar correre i pensieri, quando c’era il suo maturo, studioso, empatico Teodoro. Lasciava un po’ a desiderare nello sport, ma a quello si poteva rimediare.

Il reale problema era che non pensasse a lei.

Il suo sguardo andò involontariamente – e di solito lei soppesava le sue azioni, ma quando pensava al suo principe era difficile! – ad Amalia.

Aveva visto come il volto del ragazzo si era illuminato non appena lei gli aveva parlato. Non aveva sentito cosa si erano detti, ma per far sorridere in quel modo Teodoro ci voleva qualcosa di più, di una semplice compagna che si interessasse a lui. E lei lo sapeva bene. Lei l’aveva osservato a lungo, il suo principe.

All’improvviso sentì il suono della campanella. Guardò l’orologio e si stupì di come fosse passata velocemente quell’ora. I ragazzi si alzarono e ricominciarono a parlare in gruppo, mentre le ragazze circondarono il banco di una compagna che aveva una lettera in mano. Probabilmente una lettera d’amore.

Lo notò, ovviamente. Vide Teodoro guardare per qualche secondo di troppo Amalia prendere per l’orecchio Riccardo e urlargli di smetterla di voler copiare i suoi compiti, invece di farli da sé. Ecco, quei due potevano stare bene assieme, invece di mettersi in mezzo fra lei e Teodoro.

Sospirò interiormente. Stava ridiventando cattiva. Riccardo non aveva fatto nulla di male, non era colpa sua se Teodoro l’aveva rifiutata.

Si alzò dalla sedia e si mise davanti al suo principe, che stava beatamente con gli occhi chiusi e il volto sul libro, visto che mancava il professore.

- Teodoro, dobbiamo parlare. Ora.

Il ragazzo alzò il viso e la guardò, semplicemente annuì, sicuramente già sapendo ciò che voleva chiedergli. In fondo, restava il suo principe, quello che la capiva meglio, quello che aveva scritto quella meravigliosa poesia, quello che le parlava senza sentirsi sempre inferiore a lei, quello di cui si era innamorata.

Teodoro uscì dall’aula e lei lo seguì, raggiungendolo e camminandogli a fianco. Andarono in giardino, dove c’erano soltanto alcuni ragazzi che, finita di fumare l’ultima sigaretta, rientrarono nell’edificio.

- Comincia pure.

- Forse farmi scappare la parola principe, ieri, è stato troppo... Scusa. Però i miei sentimenti non cambiano.

- Nemmeno i mi...

Rebecca alzò una mano, per imporgli il silenzio. Lui alzò un sopracciglio – quant’era bello, quando faceva così! – ma non ribatté.

- È Amalia, vero? La ragazza che ti piace.

- E se non volessi rispondere?

- Ha già risposto per te il sorriso di stamattina.

- Oh... Capisco.

Teodoro fece qualche passo in avanti, e la ragazza capì che per lui era meno imbarazzante camminare mentre faceva questi discorsi. O forse volé capirlo, invece di pensare che lui volesse semplicemente camminare.

O forse era lei, che si faceva troppi problemi per il suo principe.

- Non voglio ferirti, se non vuoi sentire la verità sei in tempo.

Rebecca prese un profondo respiro, buttò fuori l’aria e lo guardò. Il suo principe. Così incredibilmente bello, maturo e attento agli altri. Empatico.

- Te l’ho chiesto io, non posso tirarmi indietro.

Teodoro annuì, le prese il braccio e la tirò gentilmente verso la panchina.

- Sì, mi piace Amalia – disse, e provò ad alzarsi, ma Rebecca lo trattenne, facendogli capire con lo sguardo che voleva lui continuasse. E lui continuò. – Come sai, non sono esattamente un ragazzo sociale e con cui sia facile parlare, come Riccardo. Preferisco sentire una canzone o leggermi un libro piuttosto che una partita a calcio, e ovviamente questo non aiuta le mie già scarse relazioni sociali. Le ragazze invece sembrano spesso idealizzarmi, dandomi epiteti che non merito, che so di non meritare. Sì, parlo di quel principe, Rebecca.

La ragazza non riuscì a tenere il contatto con i suoi occhi. Lei, che si era sempre detta forte, non riusciva a sostenere lo sguardo del suo princip... di Teodoro.

- Non sono perfetto, è ora che te ne accorga anche tu.

Rebecca si alzò di scatto. Non riusciva più a stare accanto a lui, ora, aveva voglia di fuggire. Aveva voglia di tornare a casa e stringere il suo cane.

Aveva voglia di sognare il suo principe.

Ma non poteva andarsene senza l’ultima domanda. La principale.

- Se quella ragazza non ti idealizza, allora perché non ti dichiari?

Il sospiro che sentì provenire dal ragazzo le fece capire di aver posto la domanda sbagliata, anche se per lei era fondamentale. E ormai non poteva più tornare indietro.

- Infatti mi sono dichiarato.

- Oh...

- Sì. E sono stato rifiutato.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Teodoro ***


Finalmente l'ultimo capitolo! XD Ecco il capitolo dedicato a Teodoro. Vedrò di aggiornare al più presto l'epilogo.
Buona lettura!

Capitolo 4: Teodoro.

 

Teodoro guardò la sagoma di Rebecca allontanarsi con la solita grazia, eleganza e austerità che la contraddistinguevano ovunque andasse. Ripensò per l’ennesima volta che, se solo si fosse lasciata andare un po’, sarebbe stato più semplice, per lei. In fondo, aveva un animo dolce e sognatore, era simile a lui, sotto questo aspetto.

Solo che lui non si poteva più permettere di vedere tutto con un velo sopra gli occhi. E non perché volesse, ma perché una volta tolto, aveva scoperto che il velo non si poteva più rimettere.

Sospirò, la figura di Rebecca già sparita e quella di un’altra ragazza si avvicinava, mentre il gruppetto delle ragazze della sua classe tornava dentro l’edificio, nella stessa direzione in cui era sparita quell’altra.

La sua compagna di classe – si chiamava Anna, se non ricordava male – gli porse una lettera e trovò irresistibili i lacci delle sue scarpe, o almeno così sembrava, per quanto li stava guardando.

Lesse velocemente quelle parole, parole che gli fecero subito pensare a Rebecca. Almeno lei sembrava conoscerlo, un minimo, e avevano parlato parecchie volte prima che la ragazza si dichiarasse. Di Anna, invece, si ricordava a stento, e gli dispiaceva molto per la ragazza.

Ma, ovviamente, non glielo avrebbe detto.

- Io... mi dispiace, ma non posso ricambiare i tuoi sentimenti. Sono già innamorato di un’altra.

Quando vide che la ragazza stava per scoppiare a piangere, non seppe cosa fare. Gli dicevano che era maturo, che era bravo a capire gli altri, che studiava. Dove andavano tutte quelle belle parole, in queste occasioni? Lui era il ragazzo che aveva spezzato il cuore alla ragazza che stava piangendo di fronte a lui, e non poteva fare nulla per farla sentire meglio. Non era mai bello, rifiutare una persona.

Le allungò la lettera, e Anna scappò.

Sperava che trovasse presto un ragazzo, invece di pensare a lui, che non sapeva nemmeno cosa dire, in quelle situazioni. Si sentiva un ragazzino, probabilmente anche suo fratello avrebbe saputo dire qualcosa di più confortante a quella ragazza.

- Mi dispiace aver assistito alla dichiarazione di Marta, però diamine, certe scene accadono solo negli shojo!

Si girò nel sentire la voce di quel ragazzo.

Riccardo aveva ragione, quella era Marta. Anna era l’altra, la migliore amica.

Per fortuna non l’aveva chiamata per nome, o l’avrebbe ferita ancora di più. Gli dispiaceva.

- Come fai a dirlo, leggi gli shojo?

- Ehm... no, li legge Amalia.

Non era sicuro che quella fosse la verità, considerato il carattere della ragazza... ma preferì non indagare con Riccardo e chiedere direttamente a lei.

- Che ci facevi dietro il muro?

- Ero venuto fuori per sfuggire ad Amalia, e poi mi sono trovato in mezzo...

Alzò il sopracciglio e osservò meglio il ragazzo, per l’ennesima volta. Poteva sbagliarsi, ma non gli sembrava cotto della ragazza. Gli dispiaceva per Amalia, nonostante lei gli piacesse. E gli piaceva parecchio. Da quando... non lo sapeva. Però sapeva di chi la ragazza fosse infatuata – non voleva parlare d’amore, non l’aveva detto lei, non l’avrebbe pensato lui.

- Be’, che hai da fissarmi?

- Niente, ritengo solo che sia uno spreco.

- Cos...? Che cosa? Che vorrebbe dire, questo?

- Che sei uno spreco, per lei.

- Lei chi? Non parlerai di Rebecca, spero!

Scosse la testa e sbuffò. Che idiota, aveva ragione lei.

- E così sei cotto di Rebecca.

- Già, appena rifiutato, devo dire... Ma non mi arrendo.

Sospirò. Che quadrato odioso si era creato, adesso gli dispiaceva ancora di più per Amalia.

Ma forse lui avrebbe avuto una possibilità, così...

Come no. Come se non avesse capito abbastanza il carattere di Amalia e i sentimenti per sapere che no, non funzionava così. Non c’era nulla di logico, era tutta questione di sensazioni, da cui veniva poi l’affetto, e l’amore. O almeno, questo gli era successo con la ragazza, dopo aver parlato con lei tante volte e aver osservato il suo modo di scherzare, quel modo che aveva di fare speciale, per lui.

Quel modo che la rendeva unica, ai suoi occhi.

E che quel cretino di Riccardo non riusciva a vedere.

Il ragazzo di fronte a lui stava per dire qualcosa, quando vide Amalia correre nella loro direzione, afferrare il braccio dell’amico e tirarlo verso di lei.

- Non puoi scappare, non dopo il disastro che hai combinato strappando il mio quaderno!

Teodoro ridacchiò per la sfuriata di Amalia e per le scuse patetiche del ragazzo, che cercava di sfuggire alla sua presa. Quando finalmente Riccardo riuscì a fuggire, e Amalia a sbuffare e puntare i piedi, Teodoro smise di ridere e richiamò l’attenzione della ragazza.

- Eppure avevi detto di essere abituata, a lui.

- Proprio perché sono abituata so che devo riprendere quell’idiota, cretino, stupido...

- ...insensibile e superficiale Riccardo di cui sei infatuata, sì, lo so.

Amalia sembrò sul punto di fuggire anche lei, sarebbe stata la quarta, quel giorno. La terza a fuggire da lui. Ma il secondo dopo si girò verso di lui, con quell’espressione odiosa di compassione che da qualche tempo gli riservava sempre.

- Scusami, non volevo.

- Non preoccuparti, solo perché mi piaci questo non vuol dire che ti debba trattenere, con me. Siamo o non siamo amici?

Amalia gli sorrise, e lui ricambiò. Era bello, davvero, stare con lei, così, anche solo da amici.

- Sei un bravo ragazzo, Teodoro, anche se non ti sembra. E mi dispiace per questo. Ma soprattutto mi dispiace di prendere cotte solo per gli idoti.

- Sull’ultima cosa sono perfettamente d’accordo.

Amalia sospirò e si sedette accanto a lui.

- Mi dispiace, di nuovo. Sembra che riesca sempre a ferirti...

- Sei fatta così, dici le cose in faccia, quando sei amica di qualcuno. Almeno posso avere la tua amicizia.

- Ma non ti basta.

Teodoro distolse lo sguardo. Lo sapeva anche lui, che in realtà non gli bastava, che aveva trattato Riccardo come uno stupido perché era geloso, che voleva che la ragazza ricambiasse i suoi sentimenti. Ma sapeva anche che, per il momento, non era così.

- Rientriamo?

- Puoi... possiamo stare ancora un po’ così, per favore?

Amalia lo guardò fisso negli occhi, annuì e non disse più nulla.

In fondo lo sapeva, era anche per quei momenti di silenzio che gli piaceva.

E odiava davvero quel quadrato che si era creato fra loro quattro.

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Scusate, mi sono scordata di mettere una nota il capitolo precedente. Per chi non lo sapesse, gli shojo sono i fumetti giapponesi per le ragazze.
Le note a fine capitolo. Buona lettura!

Epilogo

 

Riccardo osservava di soppiatto Amalia. Era da quando era tornata in classe che gli appariva un po’ strana, soprattutto adesso che tornavano a casa da scuola insieme, come ogni giorno, e non gli stava ancora dando dell’idiota.

- Amalia...

- Se è per Rebecca sì, ti aiuterò.

Annuì e guardò il cielo. Era vero, doveva pensare alla sua cotta, alla bellissima Rebecca, non solo alla sua amica. Ma in quel momento c’era lei, accanto a lui, no?

- Non ne avevo dubbi. Il problema è...

- ...che sei un idiota?

- No, però se mi chiami idiota vuol dire che stai meglio.

Le sorrise, e lei sbuffò. Lo prese per il braccio e continuarono a camminare per un po’ in silenzio. Aveva già fatto così, qualche volta, e ogni volta lui sapeva che aveva qualche significato, ma non sapeva quale. Se lei non glielo diceva, lui come faceva a capirlo? Ma forse avrebbe dovut... Oh.

- Forse hai ragione.

- A darti dell’idiota?

- No, del superficiale. Ero così sicuro che Rebecca non mi avrebbe rifiutato, così sicuro di me che non ho pensato nemmeno per un secondo che potesse essere... così. Ha fatto male, un po’, sai?

Lei lo guardò con gli occhi sgranati.

- Dimmi chi sei tu e cosa hai fatto a Riccardo.

- Sono un alieno e l’ho mangiato, preso il suo posto e le sue sembianze per poter mangiare anche te.

- Ok, sei il solito idiota.

Lui rise, la prese per mano e cominciò a correre, strattonandola e ignorando le sue lamentele. Non aveva voglia di pensare. Non ora.

Ma dopo qualche secondo dovette fermarsi, perché la ragazza non reggeva la sua velocità.

- Riccardo... Lo so, che fa male. Lo capisco. Però... almeno ti aiuta a crescere, no?

Lui annuì, anche se avrebbe preferito non ritornare sul discorso, ma lei era Amalia, non avrebbe lasciato perdere, perché si trattava di lui. Questo lo sapeva.

- Grazie di essermi amica, Amalia.

La abbracciò, le sorrise e le fece la linguaccia.

- Già, sennò chi ti ricorderebbe che sei un idiota ogni giorno?

Risero insieme, come amici. Era fortunato, ad averla con sé. Fortunato perché si sentiva meglio, e adesso aveva capito di non dover dare sempre tutto per scontato. Forse nemmeno lei...

Si ripromise che, il giorno dopo, avrebbe cominciato a conoscere meglio Rebecca.

 

 

Rebecca guardò la porta di casa davanti a sé, quasi senza vederla. Non ricordava bene come era riuscita ad arrivarci, fin lì, né che pensieri avesse fatto... però sapeva a cosa stava pensando adesso.

Al suo principe.

Fece una smorfia. Se lo poteva permettere, o forse no, però non l’aveva vista nessuno, tanto. Il suo cane la raggiunse, ebbe appena il tempo di farle le feste che lei lo prese in braccio e si buttò sul letto, stringendolo a sé.

Ci stava male, ci stava maledettamente male. Il suo principe l’aveva rifiutata per la seconda volta, ed era colpa sua, perché aveva voluto sapere. Anzi, essere sicura, perché a sapere sapeva. E lui non si era risparmiato.

Il suo principe aveva saputo essere spietato, con lei, forse era per il suo bene... forse per farle affrontare la realtà... ma un principe l’avrebbe consolata.

Ma in fondo, lei cosa cercava nel principe? Lei cercava... lei...

Qualcuno che l’amasse.

Lasciò andare il cagnolino, che abbaiò e scondinzolò verso di lei. Sorrise e sospirò. Poi si ricompose.

Il principe non esisteva. O almeno, questo aveva voluto comunicargli Teodoro. Quali erano i suoi difetti...?

Si scoprì a non conoscerli, oltre alla sua poca socialità non sapeva che altri difetti attribuirgli, e lei era perfettamente conscia che tutti hanno difetti.

Il principe non esisteva.

Scosse la testa e chiuse gli occhi.

Voleva ancora sognare e fantasticare sul principe, prima che quella bella favola volasse via forse per sempre, il giorno successivo.

Ma, lo sapeva, questo non voleva dire che lui avrebbe smesso di piacerle.

 

 

Teodoro sbadigliò, di nuovo. Il fratellino teneva forte la sua mano e gli stava raccontando della sua giornata a scuola. Non riusciva a seguirlo per bene, però cercava di fare attenzione perché sapeva quanto fosse importante, per lui.

E, soprattutto, così non avrebbe pensato alla povera Ann... Marta.

Sospirò. In realtà non stava pensando né ad Anna, né a Marta, né a Riccardo, né a Rebecca.

Stava pensando ad Amalia, e purtroppo gli stava succedendo fin troppo spesso, di recente.

Sentì la manina del bambino stringere appena, probabilmente rivoleva la sua attenzione, ma il secondo dopo capì che il fratellino aveva smesso di parlare già da un po’, accortosi che il maggiore non lo stava ascoltando. E che erano arrivati a casa.

- Scusa, non sono di molta compagnia, oggi.

- Però mi aiuti lo stesso con i compiti dopo, vero?

- Certo.

Gli sorrise, aprì la porta e si fiondò in camera. Lasciò lo zaino sul letto e afferrò il telefono.

C’era un pensiero che gli girava in testa già da un po’, ma che ancora non aveva trovato risposta, e forse non l’avrebbe trovata, forse sì, fatto sta che voleva parlarne con lei, perchè sapeva che avrebbe capito. Lei lo capiva spesso.

Quando sentì la sua voce rispondere, non le diede nemmeno il tempo di capire chi fosse, preso dalla foga.

- Ho deciso, lo so che sono un inutile ragazzino senza spina dorsale, quindi devo farlo... cioè, ho deciso!

- Aspett...

- Ed è anche vero che probabilmente non ce la farò, ma non è che mi aiuteresti? Sì, ti sto chiedendo aiuto, da amica.

- Ehi...

- Sì, lo so che mi piaci e che tu mi vedi solo come amico, ma un aiut...

- TEODORO!

Il ragazzo si zittì immediatamente, non si era del tutto accorto della sua stessa foga.

- Grazie. Adesso prendi un bel respiro e ricomincia da capo. In cosa dovrei aiutarti?

- Ecco... vorre aprirmi, cominciare a farmi degli amici. Così, forse, potrei anche farmi passare la cotta per te...

Chiuse gli occhi, come se quella confessione gli pesasse.

Anzi, leviamo il come.

- Va bene.

- Amalia, grazie!

- Ma dovrai fare tu il primo passo, lo sai, vero?

- Io...

- Ti aiuterò, e ne hai già fatto mezzo, di passo.

- Grazie. Mi sforzerò.

Chiuse la conversazione così, senza voler dire altro, perché lo sapeva, che non gli sarebbe bastato, che probabilmente avrebbe voluto sentire di più la sua voce.

Sospirò. Aveva fatto un passo, o mezzo come diceva lei, e almeno avrebbe pensato ad altro, non solo a lei.

Ma lo sapevano entrambi, che era complicato cambiare i propri sentimenti.

 

 

Amalia osservò la cornetta del telefono per qualche secondo prima di scuotere la testa e ridacchiare. Era contenta per il suo amico, finalmente decideva di darsi una svegliata! Era un ragazzo così dolce, seppur avesse anche lui i suoi difetti. E forse avrebbe fatto meglio a prendere una bella cotta per lui, invece che per quell’idiota di Riccardo.

Sbuffò. Già, peccato che, come dicono, al cuor non si comanda. E lei ne era la prova, sennò non avrebbe preso quella cotta!

Sbuffò di nuovo. Era inutile mentire anche con se stessa. Lo sapeva anche lei, che in realtà non c’erano motivi per i quali uno si innammora, o meglio, lo senti e basta. O, meglio ancora, se si era presa una cotta, non poteva cambiarla facilmente, né cambiare lui.

Perché, forse, sarebbero venuti meno i motivi della cotta.

No, non era nemmeno questo. Era piuttosto che, in amore, bisogna accettare l’altro, non sperare che cambi.

Sospirò, un po’ malinconica. Erano davvero in un pessimo quadrato, sperava di uscirne presto, in un modo o nell’altro.

Ed era contenta che Riccardo stava cambiando; però ormai aveva capito che lo stava accettando: le piaceva anche così, idiota e insensibile.

Il suo migliore amico.

Eh già, era proprio vero.

Al cuor non si comanda.



Fine.






Ecco qui. Spero vi sia piaciuto questo breve racconto. Mi piace perché non finisce, potete immaginare qualsiasi storia, qualsiasi coppia, anche un manage a trois, o che qualcuno si riscopri bisex o omosessuale, o anche che rimangano tutti amici e si trovino altri partner nella vita futura, o altro. Non l'ho voluto scrivere per lasciare spazio alla vostra immaginazione (e alla mia), e perché volevo concentrarmi su altro, ritenevo più importante come loro abbiano affrontato i propri sentimenti e come, un poco, siano cresciuti. Non mi piace più come l'ho scritta, sarebbe da cambiare, ma spero che si capisca almeno quello che volevo dire.
So che sottolineerò l'ovvio, ma preferisco dirlo. XD Riccardo era il colpo di fulmine, Rebecca l'idelizzazione dell'amato, Amalia l'amore "non accettato", quello che si vorrebbe solo cancellare, e Teodoro era l'amicizia che diventa amore. Penso che a tutti sia capitata almeno una delle quattro cose, d'altronde sono le più diffuse, e ovviamente diverso è il modo in cui l'hanno affrontato, ma quello è il carattere che ho voluto dargli. I personaggi sono volutamente un po' stereotipati, per concentrarmi meglio sull'ammmore, almeno spero di essere riuscita almeno in questo. XD
Per ultimo, voglio davvero ringraziare chiunque abbia letto questa storia, e una mia amica che l'ha letta e mi ha corretto qualche errore. Se non fosse per lei, adesso stareste leggendo qualche erroraccio enorme. ^^'
E, be', adesso è ora di salutarci. Alla prossima storia!

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