_Neve e Sangue_

di Miss Trent
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Neve e Sangue ***
Capitolo 3: *** V Moskve ***
Capitolo 4: *** Primo Impatto ***
Capitolo 5: *** Veleno ***
Capitolo 6: *** Ossessione ***
Capitolo 7: *** Ritorno ad Avalon ***
Capitolo 8: *** Imprevisto ***
Capitolo 9: *** Siberia ***
Capitolo 10: *** Nella Tana del Lupo ***
Capitolo 11: *** Infra-red ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Dopo tanto tempo torno su EFP da autrice...questa storia è nata quasi all'improvviso, da una sensazione che è subito svanita ma che ha lasciato abbastanza per farmi cominciare a scrivere. Non mi resta che augurarvi buona lettura, se volete continuare^^





Prologo



    Mi chiamo Nina Williams, e sono una cacciatrice. Il termine esatto in realtà sarebbe "assassina a pagamento", dato che uccido persone dietro compenso, ma preferisco di gran lunga definirmi una cacciatrice. Questo lavoro per me è l'unica ragione di vita, dopo che la mia memoria è stata danneggiata. L'unica cosa che mi fa andare avanti.
   E proprio questo lavoro, che assorbe tutte le mie energie, che richiede precisione, concentrazione e freddezza, mi impedisce di avere rapporti umani come tutti gli altri. Quasi tutti i miei contatti esterni sono finalizzati ad un unico scopo. In parole povere, chi parla con me poi non lo racconta in giro.
   Gli obiettivi che sono pagata ad uccidere le mie vittime, o meglio, le mie prede sono oggetto di uno studio preciso, per far sì che io possa agire al momento esatto e senza lasciare traccia.
   Certo modi per stroncare la vita ne conosco tanti. Dal più 'classico', il fucile da cecchino, sino a metodi tanto raffinati quanto letali. Una volta qualcuno sperimentò il mio bacio avvelenato...non nascondo che l'idea l'ebbi guardando Poison Ivy, l'avvenente nemica di Batman. La mia preda non conosceva Poison Ivy, e posso ancora vedere la sua faccia contratta in un'espressione di profondo godimento un secondo prima che la capsula venefica che gli avevo introdotto in gola si sciogliesse ed entrasse in circolo. Già, la mia arma più letale è la mia capacità di sedurre: una volta finiti nelle mie grinfie gli uomini non hanno alcuna possibilità di scampo.
   Non mi è mai capitato di fallire. Se dovesse accadere, non lo sopporterei. Credo che il mio istinto naturale si trasformerebbe in ossessione, fino a che la mia missione si dica compiuta.
   E ora sono pronta per un'altra battuta di caccia.




...un po' corto, lo so, ma gli altri capitoli non saranno così...in fondo questo era solo il prologo^^ comunque spero commenterete in tanti^^" a presto ;-)

Miss Trent

***

Nota: le pagine di questa storia saranno ottimizzate per i font "Viner Hand ITC", "Palatino Linotype" (installati di default su tutti i pc Windows) e "Angel", usato per i titoli. Se quest'ultimo non venisse visualizzato si può scaricare gratuitamente da qui e poi installare nella cartella Caratteri (o Gestione Caratteri).

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Capitolo 2
*** Neve e Sangue ***


Nuova pagina 1

pensando se mai riuscirò a terminarla...ecco il primo capitolo.

Capitolo primo – Neve e Sangue>


Quartier generale dei servizi segreti giapponesi, ore 09.28

   Una nuova missione, ecco ciò che Nina stava aspettando. Aveva ricevuto la chiamata in un angolo nascosto della metropolitana di Tokyo, per mezzo di un agente in incognito che le aveva consegnato il messaggio. In meno di un ora si era ritrovata al quartier generale, con l‘ aspettativa di ricevere un incarico importante. Sapeva che dietro c’era la Mishima Zaibatsu, da sempre in combutta con i servizi segreti, e ciò significava soldi a palate.
   Negli ultimi anni aveva svolto più di una missione per conto dei Mishima, e ciò l’aveva portata a partecipare più volte ai tornei di lotta organizzati dal principale, Heiachi Mishima. Ogni volta con retribuzioni molto, molto generose.

   –Signorina…il generale Itama la sta aspettando– disse un agente alle sue spalle.
   Nina si girò e lo seguì fino ad entrare in una grande stanza dove molte persone lavoravano davanti a grandi schermi e attrezzature tecnologicamente molto avanzate.
   L’agente, un giovane ragazzo giapponese in divisa, svoltò improvvisamente a destra e aprì una porta blindata inserendo un codice. Nina entrò nell’ufficio del generale Takeshi Itama osservando il giovane militare che l’aveva accompagnata con uno sguardo altero.
   –La migliore agente che ci abbia mai reso servizio– disse il generale Itama accogliendola con un inchino.
   –La ringrazio, generale– rispose lei accennando a sua volta un inchino –ma preferirei saltare i convenevoli ed arrivare subito al punto. Chi è il mio obiettivo, stavolta?– disse decisa.
   –Sempre diretta. Può essere considerata una qualità– mormorò sorridendo il generale componendo un codice su una tastiera poggiata sulla scrivania accanto. Un grande monitor sulla parete alle spalle dell’uomo prese vita, e passò alla visualizzazione di una scheda personale. Una grande quantità di fotografie e informazioni era contenuta in quella pagina virtuale. Tutta una vita.
   –Sergei Dragunov, membro dello SPETSNAZ russo, il reparto delle forze militari sovietiche impegnato anche nell’ investigazione su corpi sconosciuti. Attualmente incaricato nella ricerca e successivamente negli studi su Devil Jin, per questo potenzialmente pericoloso. Anche la Mishima Zaibatsu è interessata a questi studi, e quindi il tuo compito è quello di proteggere i suoi interessi eliminando Dragunov. Ha ricevuto ordine di recarsi qui in Giappone, ma siamo abbastanza sicuri che non partirà se non tra una settimana. In questo momento si trova a Mosca, ma qualsiasi suo spostamento è a nostra conoscenza. E di conseguenza a tua.– Il generale parlava in tono serio tenendo le braccia incrociate. Nina invece ascoltava impassibile fissando le fotografie del suo obiettivo. Quell’uomo –se si poteva definire tale– portava nello sguardo degli occhi cerulei qualcosa di strano. Questi occhi, uniti alla carnagione pallida e ai capelli corvini che incorniciavano il viso, contribuivano all’aura di mistero che circondava quel soggetto. Possedeva qualcosa di differente, quasi maligno.
   Forse questa missione sarebbe stata più interessante di tante altre.
   –Per una come lei, una missione del genere può essere definita il ‘pane quotidiano’– disse tranquillo Itama. –Può cominciare anche subito.–
   –Detto così sembra facile– ribatté Nina –Sta facendo tutto come se io avessi già accettato.– aggiunse poi tagliente.
   Il generale rimase per un attimo interdetto, ma si riprese subito. Nina lo vide dirigersi verso una cassaforte blindata, da cui dopo aver inserito una combinazione su un tastierino numerico estrasse una valigetta nera e lucida. Lei aveva già capito cosa stava facendo. Itama poggiò la valigia sul tavolo e la aprì. Centinaia di banconote di grosso taglio in yen facevano bella mostra di sé sistemate in mazzetti ordinati. L’uomo restò un istante fermo per osservare la reazione di Nina, che però rimase impassibile, quindi le fece cenno di avvicinarsi.
   –Pensavo di lasciare le questioni venali per dopo…si avvicini, per favore.– disse in tono gentile.
   Nina stava per aprire bocca, quando il generale la zittì con un gesto e scrisse qualcosa su un foglio, porgendoglielo.
   La ragazza lo lesse e si rese conto di quanti soldi c’erano in quella valigia. Inarcò un sopracciglio, quindi si rivolse al generale.
   –Accetto.– dichiarò lapidaria.
   –Molto bene…– il generale era visibilmente soddisfatto. –Ritengo che ora possa prepararsi. Parte stasera con un volo segreto diretto in Siberia. Il necessario per completare la sua missione le sarà consegnato al momento dell’arrivo. Ah, e signorina…si porti qualcosa di pesante, la Russia è fredda in questo periodo…– disse poi con un sorriso conciliante.
   –Bene. A missione terminata voglio tutti i soldi su un conto che vi invierò. Ci rivedremo presto– Nina era calma e pronta a ciò che l’aspettava. –Arrivederci, generale– salutò con un inchino che l’uomo ricambiò.
   –Arrivederci– rispose lui.
   Nina uscì da quell’ ufficio e si diresse verso una finestra lì vicino. Osservava il traffico scorrere lento sotto di lei e pensava alla missione, la rapidità con cui l’aveva cominciata, insieme ovviamente a tutti i soldi che avrebbe intascato. Si scosse da quei pensieri quando un agente la convocò presso un altro ufficio, dove avrebbe dovuto depositare tutti i dati personali e fare dei test per creare una cartella clinica servita in caso di emergenza. Vennero prese anche le sue impronte digitali, l’impronta della retina, venne registrata la sua voce e misurate le taglie dei vestiti.
   Quando si manda un agente in missione bisogna sapere tutto di lui – o lei, questa era la filosofia dei servizi segreti giapponesi. Nina si sottopose pazientemente a quelle procedure, e le ore che la separavano dalla partenza scorsero rapide. Quindi si ritrovò su un aereo diretto verso un luogo segreto in Russia.

   Ben presto la Siberia comparve sotto gli occhi dei pochi passeggeri di quel volo segreto, e Nina venne per un attimo rapita dalla vista di quella distesa di neve candida. Candida. Bianca. Quel biancore le riportò alla mente la pelle nivea della sua preda.
   Già, Sergei Dragunov era bianco come quella neve. E presto quel candore sarebbe stato macchiato di rosso.
   Neve e sangue. La purezza del bianco e la corruzione del rosso.
   Nina sorrise a quel pensiero. Le erano sempre piaciuti i contrasti forti, le davano un’idea della forza e del potere che lei amava.
   Poco dopo l’aereo toccò la superficie lasciando segni grigi sulla distesa immacolata della pista, e Nina venne accolta da un agente che la scortò verso un altro aereo, un charter apparentemente normale che l’ avrebbe portata fino a Mosca.
   Il viaggio verso la capitale fu molto lungo, e all’arrivo la notte era già calata sulla grande città. Nina era stata informata ulteriormente con dettagli per lo svolgimento dell’incarico.
   All’atterraggio l’attendeva un’automobile. Quando salì venne accolta da un ufficiale giapponese che le descrisse le armi e gli strumenti che avrebbe dovuto utilizzare. La dotazione prevedeva quanto di più avanzato la tecnologia fosse in grado di offrire: oltre ad un fucile ad altissima precisione che sarebbe servito a sparare il colpo decisivo Nina aveva ricevuto anche un piccolo revolver, un coltello sottilissimo –e per questo ancora più letale– e tutto l’ equipaggiamento informatico necessario alle telecomunicazioni. Avrebbe trovato il tutto pronto nella camera dove avrebbe alloggiato. Intanto il viaggio era quasi terminato.
   L’automobile si fermò di fronte ad un hotel molto lussuoso situato non lontano dalla piazza del Cremlino. Inaspettatamente l’ufficiale tirò fuori una grande scatola e la porse alla ragazza.
   –Le avranno detto che la Russia è fredda, in questo periodo– cominciò sorridendo.
Nina lo prese e lo aprì, perplessa. Non si aspettava certo di trovarvi un’elegante cappotto in pelle con i bordi di pelliccia di visone nero. Guardò l’ufficiale scettica, come era suo solito fare ogni volta che le veniva offerto un gesto gentile.
   –Un regalo, un anticipo per il suo incarico. Nelle tasche interne troverà i suoi documenti d’identità da consegnare alla reception.– aggiunse poi serio.
   –La ringrazio.– disse Nina mentre scendeva dall’auto.
   –Ah signorina…– la fermò l’ ufficiale –i servizi segreti giapponesi ripongono la più completa fiducia in lei.–
    Nina lo guardò con sufficienza. Non le piacevano troppe formalità. –Non deluderò le aspettative. Arrivederci.– disse scendendo e chiudendo la portiera.

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Grazie (in ordine sparso) per le loro recensioni a: Valy_chan (la tua recensione mi ha commosso, ammora ç.ç), Shuriken, Ivory, Silver Princess e Annasukasuperfans.
Un bacio e a (spero) presto

Miss Trent
 

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Capitolo 3
*** V Moskve ***


V Moskve

Capitolo secondo  V Moskve *(*)
 


Piazzale antistante allhotel, ore 23:31

   Laria gelida di Mosca la colpì sferzante e intensa. Nina si strinse in quella pelliccia e iniziò a camminare verso lentrata dellhotel. Trovò i documenti nella tasca interna, proprio come le aveva detto lufficiale. Il passaporto un capolavoro di falsificazione era di nazionalità Britannica. Nina guardò il nome: Sybil Swanson, di anni 25, nata il 5 Novembre. Memorizzò bene quei dati, che sarebbero stati la sua nuova identità, ed entrò nella luce invitante e calda della hall dellalbergo.

   Alla reception cera un ragazzo biondo intento a parlare al telefono, che vide arrivare con passo aggraziato una giovane donna avvolta in uno stretto cappotto nero. Abbassata la cornetta, rivolse un saluto educato alla ragazza. Nina non ebbe problemi a parlare, perché il giovane capiva perfettamente linglese.
   Buonasera. Sono Sybil Swanson, ho una prenotazione esordì sicura fissandolo negli occhi.
   Swansonun momento, controllo rispose con un marcato accento russo. Eccola suite al primo piano. Mi serve un suo documento, per favore continuò.
   Nina gli consegnò il passaporto falso e lui effettuò la procedura di registrazione. Quando finì di battere i dati sulla tastiera del computer lì a fianco, poggiò il documento sul bancone e le consegnò la tessera magnetica che apriva la porta della suite.
   Numero 106. Le auguro buona permanenza disse gentile il ragazzo.
   Grazie. Nina prese la tessera e il passaporto e si diresse subito verso le grandi scale che portavano al primo piano.
Signorina
   Sentì la voce del portiere che la chiamava e si girò, con espressione evidentemente contrariata. Il ragazzo la notò, perché si rivolse con tono più rispettoso possibile.
   I suoi bagagli..?
   Sono già arrivati rispose lei risoluta ed enigmatica, prima di girarsi e continuare a salire le scale con passo elegante.
   Lui rimase perplesso, e continuò ad osservarla salire le scale. Quella straniera sapeva il fatto suo. Nello stesso momento il direttore dellalbergo usciva dal suo ufficio per chiedergli informazioni sul quella nuova cliente. Il giovane gli mostrò i dati salvati sul computer, e lespressione del principale cambiò all'istante.
   Dimitrij esordì serio rivolgendosi al suo dipendente questa non è una cliente qualsiasi. Trattala con il massimo rispetto e soprattutto non farle domande. È molto importante per il nostro albergo. Daccordo?
   Il ragazzo lo guardò e fece un silenzioso cenno dassenso. Era abituato a non fare troppe domande, se voleva continuare a lavorare.

   Quando aprì la porta della sua suite, Nina non si aspettava certo di trovare una reggia al suo interno. Tutto era stato preparato per il suo arrivo.
   Il lussuoso arredamento in stile Impero contrastava con la modernità di alcune casse dacciaio poggiate a terra (dove si trovava il suo arsenale) e di un computer portatile poggiato sullo scrittoio. La prima cosa che Nina fece fu aprire quelle casse.
   Come si aspettava, vi trovò larma che doveva usare un fucile ad altissima precisione che poteva essere smontato e trasportato in una normale ventiquattrore , le munizioni, il silenziatore e, cosa strana, una boccetta che Nina riconobbe come il più potente veleno esistente al mondo. Un nuovo tipo che oltre ad essere mortale era anche inodore e insapore. Lei laveva usato qualche tempo prima e aveva visto come agiva. Dopo tre minuti esatti faceva effetto, provocando un arresto cardiaco irreversibile senza lasciare traccia in eventuali autopsie. Era stato creato apposta.
   Avranno pensato che se fallisco dovrò avvelenarmi pensò Nina mentre un sorriso le si dipingeva sulle labbra a che mi serve...
   Si tolse il cappotto e lo poggiò sullalto baldacchino matrimoniale lì vicino, le cui lenzuola candide emanavano un fresco profumo di lavanda, quindi accese il computer e iniziò a esaminare i dati salvati lì sopra.
   Solo il bussare alla porta, dopo qualche tempo, la distolse dallo schermo. In fretta richiuse le casse e spense il computer.
   Chi è? il tono della sua voce era leggermente nervoso.
   Misssono Mikhail Barannikov, il direttore dellalbergo rispose luomo con un marcato accento sovietico.
   Nina aprì la porta, e lo vide. Un uomo alto e robusto, con i pochi capelli biondi tirati indietro e un completo gessato perfettamente stirato.
   Buonasera Missso chi è lei esordì immediato ma non si deve preoccupare, il suo segreto è al sicuro con meho preso proprio io la prenotazione di questa suite da parte dei servizi giapponesi aggiunse in fretta vedendo lespressione cupa della donna.
   Volevo solo augurarle una buona permanenza nel mio albergo, e dirle che qui da noi è al sicuro disse poi pronunciando questultima parola con enfasi.    Dopo aver ottemperato al suo compito qualsiasi esso sia potrà tornare da noi senza preoccuparsi delle conseguenze. Sa, nel caso qualcosa non dovesse andare come dovrebbe, alcune mie conoscenze importanti mi consentono di far sì che lei sia sempre una facoltosa turista in visita nella capitale della grande Russia. Barannikov parlava senza dire esplicitamente nulla, tuttavia il suo discorso criptico fu subito afferrato da Nina.
   La ringrazio iniziò ma sono dellidea di ripartire abbastanza presto concluse semplicemente.
   Oh, suvvianon sia così scrupolosa rispose luomo dopo un incarico abbastanza importante, come mi è sembrato di capire, credo che dovrebbe lasciare un podi tempo allo svago concluse con aria complice.
   Nina lo guardò seria. Forse quelluomo sapeva troppo.
   Tra due sere si terrà una serata di gala, qui nel mio albergo spiegò sarei felice se decidesse di prendervi parte
   Non amo le feste. Vedrò cosa potrò fare per allora lo liquidò. Ora, se non le dispiace, vorrei cambiarmi. Il viaggio è stato lungo.
   Comprendo. Le auguro una buona serata, e spero di vederla al galà salutò il direttore sorridendole.
   Arrivederci a lei. rispose Nina chiudendo la porta.
   Quanto poteva fidarsi di Barannikov? Come faceva a sapere così tanto? Tutti questi interrogativi la tormentavano...avrebbe tenuto gli occhi bene aperti, ne era certa.

   Ad ogni modo, decise di prepararsi al meglio per ciò che laspettava lindomani. Alle nove del mattino si sarebbe dovuta trovare al quinto piano in un edificio nel centro di Mosca situato a sinistra del palazzo della Lubjanka, la sede storica del KGB ubicata nella piazza omonima.
   Nonostante avesse cessato ufficialmente di esistere nel 1991, questente continuava la sua attività sotto il nome di FSB, alla lettera Federalnaja Sluba Bezopasnosti (Servizi federali per la sicurezza). La direzione dello SPETSNAZ, il reparto per cui lavorava Sergei Dragunov, era affidata proprio a questa organizzazione. Il giorno dopo Dragunov avrebbe ricevuto lordine ufficiale di avvio della missione, quindi doveva recarsi alla sede.
   L assassina sarebbe stata lì ad attendere il momento giusto e sparare un unico, silenzioso colpo che avrebbe messo fine alla sua vita.

   Nina si rese conto della stanchezza che aveva addosso solo quando si sedette sul grande baldacchino, dopo un lungo bagno che laveva rigenerata. La soffice trapunta di piuma doca la accolse in un morbido abbraccio, e lei si distese chiudendo gli occhi. Si addormentò in pochi minuti, cullata dal tepore di quella coperta. Un sonno profondo e senza sogni, come le capitava sempre prima di compiere un incarico importante.
   Qualche ora dopo fu svegliata dai primi raggi di sole che entravano dalla finestra. Subito si alzò, controllando lorario.
   Impiegò un po a lavarsi e vestirsi, quindi tirò fuori dalla cassa dacciaio più grande il fucile da cecchino che avrebbe dovuto usare di lì a poco. Un modello avanzato, che garantiva la massima precisione e silenziosità. Nina sapeva esattamente come prepararlo: dopo averlo pulito per bene, caricò i colpi e inserì la sicura al grilletto. Quindi lo ripose smontato in una valigia più piccola e nera, che sarebbe servita a trasportarlo fino al luogo del delitto.
   Preparata larma, prese il palmare, nel caso di comunicazioni di emergenza con il comando giapponese.
   Ora si poteva dire veramente pronta. Erano le 8.17, quindi aveva tutto il tempo di arrivare alla postazione da cui avrebbe dovuto sparare. Indossò il cappotto, che era rimasto abbandonato sul fondo del letto, e uscì.
   Quando passò sicura davanti alla reception, diretta verso il portone principale, notò con la coda dellocchio lo sguardo del giovane portiere che la seguiva rapito. Un sorriso compiaciuto si dipinse sul suo volto mentre usciva nella fredda mattina moscovita.
   Fece un profondo respiro, e si incamminò verso la sua meta. In quel momento si sentiva perfettamente sicura e padrona di sé.
 

____________________

(*) letteralmente "a Mosca"
 

A fatica, ma ecco il secondo. Il personaggio di Dragunov mi ispira molto, come Nina...spero di riuscire a ispirarmi anche nei prossimi capitoli^^
Grazie a Silver Princess, Softman993 e annasukasuperfan per le loro recensioni!
Alla prossima!

Miss Trent



Nota del 23/09/09: il titolo del capitolo è stato cambiato, per una maggiore correttezza grammaticale...grazie a Caterina per la sua consulenza! :)

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Capitolo 4
*** Primo Impatto ***


Primo Impatto

Capitolo terzo – Primo Impatto


The coldest blood runs through my veins – you know my name.
(Chris Cornell - You know my name - 007 Casino Royale soundtrack)

 


Mosca, piazza della Lubjanka, ore 08.33

   Le ci vollero circa venti minuti per percorrere a piedi il chilometro che la separava dalla postazione. Nonostante fosse la prima volta che visitava quella parte di Mosca conosceva la via da percorrere grazie alle informazioni trovate sul portatile, in albergo. Per lo stesso motivo quando arrivò non ebbe problemi a riconoscere il palazzo da cui avrebbe dovuto sparare, e subito trovò il modo per raggiungere il quinto piano senza farsi notare da nessuno.
   Percorse una serie di scale pericolanti e quindi giunse su un corridoio polveroso sul quale si aprivano molte porte. In verità di porte non ne erano rimaste molte…quel posto sembrava non ospitare nessuno più da ormai molto tempo. Solo bottiglie vuote e qualche cartoccio sporco testimoniava il passaggio di qualche senzatetto che la notte si rifugiava tra le mura di quell’edificio, se possibile ancora più fredde dell’ambiente esterno. Ecco perché Nina non aveva trovato nessuno al suo arrivo.
   Senza curarsi del degrado di quel posto, continuò a camminare fino a trovarsi in una stanza priva di infissi all’unica finestra che si affacciava sulla piazza in un punto quasi trasversale all’ingresso del palazzo della Lubjanka. Una posizione perfetta dalla quale colpire.
   Nina si appoggiò su un tavolo rovinato e coperto di polvere e iniziò a montare il fucile. Le rimaneva poco tempo. In meno di due minuti si appostò alla finestra facendo bene attenzione a rimanere il più possibile fuori dalla portata visiva del traffico e dei passanti lì sotto, e attese.
   Intanto esaminava tutte le auto che rallentavano o si fermavano di fronte al palazzo. Questione di minuti e da una di quelle sarebbe sceso Sergei Dragunov. A meno che non fosse arrivato a piedi…pensava ciò con un po’ di ironia, mentre faceva bene attenzione anche a tutte le facce che erano sotto di lei. Si assomigliavano un po’ tutti: statura alta, molti con capelli chiari, quasi la totalità con occhi azzurri o verdi dal tratto caratteristico.
   Nina richiamò alla mente l’immagine della sua preda: sebbene avesse tutte le caratteristiche della sua terra d’origine, un qualcosa di indefinito lo rendeva inconfondibile a prima occhiata. Saranno state le profonde cicatrici che gli attraversavano il labbro superiore e il naso, o gli occhi sempre stretti in uno sguardo indagatore, comunque il suo volto era impossibile da non riconoscere.

   Dragunov comparve all’improvviso, scendendo da un’auto con i finestrini oscurati. Nina lo vide, e sentì l’adrenalina entrare impetuosamente in circolo. Ancora poco e un proiettile l’avrebbe colpito a morte.
   Lo puntò subito, e poté vederlo attraverso il mirino stringere la mano a due ufficiali usciti ad accoglierlo. La concentrazione aveva raggiunto il massimo. Stava per sparare, aspettando solo l’angolazione perfetta per colpire. Quando il momento arrivò, il dito si mosse da solo esercitando la pressione sul grilletto.

   Successe tutto in poche frazioni di secondo: il colpo partì senza esitazioni. Ma nell’istante il cui il proiettile veniva catapultato fuori dalla canna del fucile, un camion che trasportava materassi si poneva sulla sua traiettoria. Invece di colpire l’obiettivo, la pallottola finiva conficcata nell’imbottitura di lana. Nina si rese conto di ciò che era successo quando vide l’ostacolo attraverso il mirino. D’istinto abbassò il fucile e guardò meglio: ora che il camion era passato, vide Dragunov entrare nel palazzo e la porta che si chiudeva alle sue spalle.
   Aveva appena perso quell’opportunità.
   Incredula, si accasciò sul pavimento sporco stringendo ancora la sua arma. Com’era potuta succedere una cosa simile? Sembrava quasi una beffa del destino... Rimase qualche istante a pensare sul da farsi: l’unica cosa che era in suo potere in quel momento era aspettare. Prima o poi sarebbe dovuto uscire di lì, no?
   Trovò una posizione dalla quale poteva stare comoda a guardare la piazza senza essere vista, e attese. Passarono ore piatte e prive di avvenimenti degni di nota, finché il sole non iniziò a tingere di rosso la candida neve sui tetti di Mosca.
   Nina aveva più volte provato a mettersi in contatto con il quartier generale dei servizi segreti giapponesi, ma il palmare aveva il quel momento deciso, per qualche oscuro motivo, di darle picche. Dopo quasi otto ore di inutile attesa guardò ancora una volta in direzione dell’entrata del palazzo. Solo due uomini vestiti in borghese chiacchieravano fumando una sigaretta. Nessuna traccia del suo obiettivo.
   Trattenendosi dal distruggere per la rabbia tutto ciò che le capitava fra le mani, iniziò a smontare il fucile e prepararsi per il rientro in hotel.
   Fallito. Aveva fallito. Ancora non riusciva a credere a quanto era appena successo. Tutto per uno stupido ostacolo passato al momento sbagliato.
   Quando uscì da quella stanza faticò un po’ per ritrovare l’uscita, dato che la luce iniziava a scarseggiare. Non appena fu in strada, guardò la finestra al quinto piano: un misto di rabbia e frustrazione si impadronì di lei, incamminandosi per la via del ritorno.
   Mosca intanto accendeva le sue luci. Sul tragitto, Nina si guardava intorno, mescolandosi agli ignari passanti, e tentava di non pensare allo smacco appena subito. Aveva perso molti dei soldi inizialmente pattuiti, ma non le interessava più di tanto. Le bruciava di più il fatto di aver mancato la preda.

   Quando entrò nella hall dell’albergo questi pensieri si dissolsero per un attimo, scacciati dal forte profumo di rose rosse e bianche che facevano bella mostra di sé nei grandi vasi lì vicino.
   Ad ogni modo, proprio quei pensieri avevano lasciato il seme di un’ossessione, forse destinata lentamente a crescere…
 

                 ___________________________

Questo capitolo è un po' più corto rispetto agli altri, ma penso di rifarmi in futuro^^

Grazie a Silver Princess, Annasukasuperfan, Softman993 e la mia ammora Valy (la frase in russo è stata tradotta dopo lunghi tentativi su Google Traduttore...se ci sono errori, è perchè purtroppo non è del tutto affidabile...comunque ho fatto del mio meglio e ho usato tutti i trucchi a disposizione per una traduzione più corretta possibile^^) per le loro fantastiche recensioni!

Al prossimo capitolo :-*

 

Miss Trent

 

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Capitolo 5
*** Veleno ***


Veleno

Capitolo quarto  – Veleno



Hall dell’ hotel, ore 17.44

   Appena fu dentro l’albergo si diresse verso la sua suite senza degnare di uno sguardo il ragazzo alla reception che la salutava con un caloroso ‘buonasera’.
   Salì di fretta le scale, e non appena si chiuse la porta della camera alle spalle si lasciò andare ad un’esplosione di rabbia, buttando a terra la valigetta e togliendosi violentemente il cappotto di dosso. Quando si fu calmata, tentò nuovamente di mettersi in contatto con il comando giapponese, ma senza successo.
   Con il computer, allora, entrò nella rete protetta dei servizi segreti e trovò le informazioni che cercava. Dragunov sarebbe partito due giorni dopo verso una base segreta di ricerca situata in uno luogo sperduto nella Siberia centrale.
   Mandò un messaggio criptato al generale Itama, richiedendo i mezzi che le sarebbero serviti e spiegando laconicamente il motivo del suo fallimento. Le bruciava chiedere qualcosa, abituata a risolvere tutto da sé. Tuttavia sapeva che quell’incarico era troppo importante, e non l’avrebbero di certo lasciata da sola.
   Quando ebbe finito di scrivere si abbandonò sul letto, e chiuse gli occhi. Cadde in uno stato di torpore dal quale si scosse quando sentì un suono proveniente dal computer. Era arrivata l’ e-mail dal Giappone, le avevano garantito l’aiuto necessario. Un aereo privato l’avrebbe prelevata la mattina di due giorni dopo per portarla nella zona della base. Sollevata, spense il computer e scese a cena. Il giorno dopo l’avrebbe dovuto passare nell’albergo, in attesa della partenza.
   La mattina successiva era immersa nella piscina riscaldata, nel relax più completo. Le ore scorsero lente, tra uno svago e l’altro. Quando rientrò in camera dopo pranzo, trovò due scatole poggiate sul letto. Sul biglietto che le accompagnava c’era il logo dei servizi segreti giapponesi.
   Le aprì e vi trovò uno splendido abito da sera nero, che sembrava fatto su misura per lei.
   La stoffa, in controluce, rivelava delicati disegni bordeaux intrecciati a formare riccioli e arabeschi simili a piante fantastiche che si innalzavano lungo tutto il fianco. Un lungo spacco si apriva sul lato opposto della gonna che arrivava quasi fino ai piedi, e la schiena era lasciata intravedere da un gioco di incroci dei nastri di seta neri e rosso scurissimo, come in un bustino settecentesco. L’abito non aveva spalline, ma in compenso la particolare sagoma del busto consentiva di evidenziare le forme senza correre il rischio di rimanere ‘scoperte’. A completare c’erano un paio di lunghi guanti e una stola, quest’ultima di una stoffa che dava scurissimi riflessi carminio.
   Nina rimase leggermente stupita da tanta eleganza. Passò ad aprire la seconda scatola, leggermente più piccola, e dentro vi trovò una stupenda parure di rubini e brillanti.
   Orecchini, bracciale, collier e bacchetta-gioiello per capelli finemente cesellati in un disegno simile alla decorazione del vestito e splendenti quasi di luce propria.
   Domandandosi il perché di tanto disturbo da parte dei servizi segreti, si accorse infine dell’esistenza di una terza scatola ai piedi del letto, che conteneva le scarpe. Rigorosamente abbinate al resto, un modello alto e con l’immancabile braccialetto alla caviglia.
   Non pensavano forse che avrebbe dovuto partecipato a quel galà, la sera stessa. E poi come faceva Itama a saperlo? Barannikov lo informava di tutto?
   Ancora perplessa, udì il suono di una nuova mail in arrivo dal computer. Di nuovo, pensò Nina. Erano i servizi giapponesi.
   Quella missiva diradò un po’ i suoi dubbi. Itama le consigliava di prendersi quello svago ma allo stesso tempo di tenere gli occhi aperti. Quel vestito era un altro ‘incentivo’ alla riuscita della sua missione e un omaggio alla sua bellezza.
   "Per chi mi ha preso, per una svampita?" pensò acida leggendo la mail.
   Ma era soprattutto quel tenere gli occhi aperti così ben enfatizzato che la rendeva dubbiosa.
   Un po’ piccata dal fatto di essere stata trattata quasi come una principiante, abbandonò il vestito sul letto e andò a fare una doccia. Quando scese nuovamente nella hall per bere qualcosa vide il fermento degli ultimi preparativi per il galà di quella sera.
   Riuscì appena a reprimere un moto di fastidio vedendo Barannikov che le veniva incontro appena prima di entrare nella sala da tè.
    –Miss Swanson– disse l’uomo accennando un inchino  –volevo sincerarmi che avesse ricevuto il pacco dal Giappone, e che sia stato di suo gradimento.–
    –È stato un pensiero cortese– iniziò Nina  –ma temo di essere ancora indecisa sulla mia partecipazione. Conoscendomi, deciderò all’ultimo momento cosa fare. Ora se non le dispiace vorrei prendere un tè, quindi non la trattengo oltre.– disse con una nota di rigidità nella voce.
    –Spero di vederla, allora– rispose il direttore preso alla sprovvista.  –Miss...– la salutò lasciandola sola all’ingresso della sala da tè. Con la scusa dell’indecisione aveva più tempo per pensare sul da farsi.
   Nina ordinò un tè con latte  –il suo favorito da sempre – e nel frattempo osservava gli altri clienti seduti agli eleganti tavolini conversare allegramente. Un piccolo gruppo di uomini d’affari italiani, russi e inglesi sembrava essere abbastanza preso dal loro discorso, tanto da gesticolare animatamente e alzare la voce di tanto in tanto. Osservandoli il tempo passò in fretta, e presto Nina si trovò di sopra a prepararsi a fare la sua comparsa tra gli invitati, quella sera.
   In fondo, pensò, non aveva niente da perdere partecipando alla serata, e poi il suo ego  –a volte così vanitoso– non poteva perdere l’occasione di dimostrare a se stessa tutta la sicurezza e il controllo di cui era capace in situazioni simili. Di sicuro sarebbe stata guardata (e invidiata), e la cosa che le piaceva di più era assumere un atteggiamento indifferente anche davanti alle più esplicite dimostrazioni di ammirazione. Era un pezzo di ghiaccio agli occhi degli altri.
   Indossò quello splendido abito, con il quale la pelle candida risaltava ancora di più e poi, dopo essersi truccata, uscì dalla sua suite e si diresse verso il salone delle feste.
   Poco dopo, splendida, fece la sua comparsa in cima alle scale, che scese con tutta la grazia che aveva e guardando dritto davanti a sé, incurante delle teste che si erano palesemente girate ad ammirarla.
   Subito incontrò il direttore, che le venne incontro e dopo un elegante baciamano (evidentemente teneva a fare una bella figura con gli ospiti) la portò verso alcuni invitati che parlavano con lui.
    –Miss Swanson, permetta di presentarle alcuni amici...– iniziò indicando tre uomini in smoking, ognuno con il proprio drink in mano.
    –Nicolaj Kushev, segretario del governo, Fëdor Kratov, generale dell’esercito, e Alexsej Ruvič, capo della polizia di Mosca.– disse il direttore presentandoli uno ad uno.
   Capo della polizia, tenente dell’esercito...se sapessero chi sono davvero sarei ben messa pensava Nina. Sorrise fredda ad ognuno, mentre stringeva loro la mano.
    –Oh, e poi quasi dimenticavo...– continuò Barannikov facendo un cenno in direzione delle grandi vetrate davanti a loro. Un uomo si voltò e si diresse verso di loro.
   Fu come perdere per un attimo il contatto con la realtà.
   Nina lo vide, e quando lo riconobbe credette di stare immaginando tutto. Gli stessi capelli neri. La stessa pelle cerea. Gli stessi occhi indecifrabili. Era Sergei Dragunov.
   Quella che doveva essere la sua preda veniva verso di lei, rivolgendole uno sguardo penetrante e scrutatore. Nina resse lo sguardo, sentendo di nuovo l’adrenalina che si immetteva in circolo, fino a che lui non lo distolse per indugiare qualche istante verso la vetrata alla sua sinistra. Quindi ritornò a posare lo sguardo ai presenti, ma questa volta senza guardare direttamente negli occhi nessuno.
   Nina notò che portava dei guanti neri.
    –Sergei Dragunov, ufficiale dell’FSB. Lei è la signorina Sybil Swanson– disse il direttore facendo un cenno verso di lei.
   Dragunov non disse nulla, si limitò ad accennare un inchino. Tutti gli altri, a partire da Barannikov, lo guardavano con una specie di velata soggezione. Il direttore, con un sussurro, le disse:
    –Non è di molte parole...è sempre stato un tipo insolito. Non ci deve parlare per forza, comunque– concluse conciliante.
   Nina celò uno sguardo sconcertato al direttore e si trattenne dal dare una risposta che  –ne era certa– sarebbe stata molto, molto acida.
   Già era frustrante avere la propria preda a pochi centimetri e non poter fare niente...questa insopportabile sensazione di impotenza si accresceva ogni volta che vedeva con la coda dell’occhio gli sguardi furtivi che Dragunov le rivolgeva. Non indugiava più di qualche attimo, perciò i loro occhi non si incontravano mai. Che avesse capito qualcosa?
   Un particolare la colpì appena in tempo per non finire preda della paranoia: Dragunov, come quasi tutti in quella sala, reggeva un flûte di champagne ancora pieno. Le bollicine color paglia suggerirono a Nina un’idea. Difficilissimo metterla in atto, certo, ma lei aveva affrontato prove ben peggiori. Con una scusa si allontanò dalla sala, si diresse veloce alla sua suite. Quando vi entrò non perse tempo ad aprire una delle casse d’acciaio e prendere la boccetta di veleno più piccola e nasconderla nel suo guanto, dove aveva fatto un piccolo taglio all’interno della stoffa sul palmo. Per aprirla e versarla sarebbe bastato un abile gioco di mano.
   Al massimo della concentrazione Nina raggiunse di nuovo il gruppo al centro della sala. Ora doveva solo aspettare il momento giusto. Non perdeva d’occhio Dragunov, e nel frattempo aveva notato con sollievo che il suo flûte non si era molto svuotato.
   Si avvicinò con aria indifferente a lui e Kushev, che ora erano appoggiati vicino al tavolo del buffet, e imbastì una breve conversazione con quest’ultimo. Dragunov li guardava poco interessato. Le bastò un attimo, un breve istante di distrazione di entrambi per vuotare la boccetta senza farsi vedere. Come previsto, lo champagne avvelenato non cambiò colore, né assunse un nuovo odore o sapore. Poi Dragunov ne bevve un lungo sorso, e Nina iniziò a contare i secondi...

______________________________________

In questo periodo l'ispirazione va e viene...forse dovrei cambiare anch'io la sedia, come Silver Princess^^
      
Grazie a:
Annasukasuperfan: non so se potrò farti felice, vista la situazione in cui si trovano^^
SilverPrincess: mi sa che la tua non è solo un'impressione...
Softman993:  magari lo sapessi parlare, il Russo! Per ora mi arrangio, ma mi sto attrezzando...e poi scusa, perchè Anna dovrebbe mettersi in mezzo, visto che con la sorella c'entra come cavoli a merenda? (che colto paragone
XD...io odio Anna -_-)
Valy_Chan: descrivere i personaggi è una cosa che amo fare. Soprattutto se si tratta di Nina e del mio adorato Sergei
*.*...Sono felice di essere riuscita a riassumerlo in una frase^^ le novità ci saranno presto, spero...(Il povero camionista ha ricevuto tante di quelle maledizioni da Nina che qualche chilometro dopo ha tamponato, e a fine giornata aveva due multe sul cruscotto! XD)

Alla prossima :-*

Miss Trent

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Capitolo 6
*** Ossessione ***


Ossessione

Mi scuso per i tempi di aggiornamento, non sempre propriamente "umani"...comunque sia, è qui. Enjoy^^

Capitolo quinto – Ossessione
 

…and if you think you’ve won
you never saw me change
the game the we have been playing...
(Chris Cornell – You know my name)

 


Salone delle feste, ore 22.37

   Uno, due, tre minuti. Il tempo era quasi scaduto e Nina tentava di celare l’euforia che si era impadronita di lei. Ancora pochi secondi e avrebbe rimediato a quel clamoroso smacco che tanto le bruciava...
   Allo scoccare del terzo minuto Dragunov osservava ancora i presenti con aria annoiata. Nessuna parvenza di malessere. Continuava a bere, ora a piccoli sorsi, finché il bicchiere non fu completamente vuoto. Nina lo osservava di nascosto. Ormai erano passati più di tre minuti...forse il veleno aveva tempi di effetto diversi su soggetti diversi...
   Si aggrappò a questo pensiero nel tempo che seguì, continuando a vagliare ogni suo movimento cercando di scorgere anche un piccolo segno di cedimento.
   Dopo un quarto d’ora, l’unica cosa eclatante che Dragunov fece fu spostarsi verso le vetrate in fondo alla sala, dove si trovava prima che il direttore lo chiamasse, e continuare a guardarsi intorno come se tutto quello non lo riguardasse. Si mise nuovamente a osservare impassibile la neve che cadeva, mentre Nina si tratteneva dal scaraventare a terra il bicchiere che reggeva. Era sopravvissuto? Il veleno non aveva avuto alcun effetto su di lui? E per giunta non si era accorto di nulla – o almeno così sembrava?
   Non–è–possibile.
   Nina si ripeteva queste parole mentre controllava l’impulso omicida che ora si era fatto più forte che mai. Avrebbe voluto attraversare la stanza per colpirlo senza pietà. L’avrebbe fatto, se non ci fossero stati tanti testimoni. Invece era costretta a stare ferma, a nascondere la furia che le ribolliva dentro. Tutti i suoi pensieri ormai erano volti in una sola direzione: ucciderlo. L’ossessione la stava lentamente avvolgendo nelle sue spire mentre il suo cervello lavorava febbrilmente per trovare il modo di farlo fuori il più presto possibile.
   Continuava ad osservarlo da lontano, tentando di sottrarsi ad ogni occasione di conversazione per non perderlo di vista. Barannikov e gli altri non parvero accorgersi di nulla, solo rimasero un po’ spiazzati quando Nina si defilò frettolosamente inventando una scusa su un’ improvvisa telefonata da fare.
   Dragunov aveva smesso di guardare attraverso la vetrata, e ora andava a passi lenti e misurati verso la porta che dava sulla hall. Sembrava non avere fretta, mentre guardava ciò che lo circondava come se semplicemente non lo riguardasse. Nina lo seguiva facendosi largo tra gli ospiti, tentando di rimanere a distanza per non essere notata. Arrivata nella hall appena in tempo per vederlo prendere la strada che portava al giardino d’inverno restò ferma qualche istante, a pensare: se fosse riuscita nel suo intento, avrebbe dovuto mettere in atto la fuga più rapida che la storia del crimine avesse mai ricordato.
   Questa prospettiva non fece che aumentare la sua determinazione, mentre l’adrenalina aveva ricominciato a mescolarsi al sangue.
   Attraversò speditamente la hall, prendendo la direzione del giardino d’inverno. Avvicinandosi avvertiva il sentore di un profumo, vago eppure persistente. Un profumo intenso, ma allo stesso tempo fresco, come annacquato. L’odore del ghiaccio che si scioglie.
   Nina annusava quella traccia continuando a camminare. Solo una persona aveva potuto lasciare quella scia odorosa nel corridoio deserto.
   A passo felpato attraversò quel passaggio mentre la musica del salone delle feste si faceva sempre più lontana e ovattata.
   Giunse davanti alla porta vetrata del giardino d’inverno, e vide che era socchiusa. Con l’orecchio teso a percepire ogni minimo rumore e ogni muscolo pronto a scattare, entrò nell’elegante serra e iniziò a percorrere il lungo sentiero lastricato che si dipanava in un dedalo di piante e arbusti fioriti. Il profumo che aveva sentito nel corridoio ora era coperto dalle fragranze delle piante aromatiche e degli splendidi rosai che crescevano in grandi vasi.
   Dopo pochi metri si ritrovò ai bordi di uno spiazzo dove al centro una fontana gorgogliava sommessa. Ai lati c’erano alcune panchine di marmo, dove qualcuno aveva dimenticato qualche rivista. Una nuova scarica di adrenalina accompagnò la vista di Dragunov, in piedi a meno di due metri da lei, girato di spalle. Stava annusando una rosa rossa. Ad un certo punto ritrasse la mano, e Nina vide che non che quella non portava più il guanto. Cercando di staccare il fiore si era punto, e alcune piccole gocce vermiglie caddero a terra mentre si portava il dito ferito alle labbra.
   In quell’attimo di distrazione lei si sfilò silenziosamente la stola, sistemandola a mo’ di corda. L’avrebbe strangolato, non vedeva altri modi.
   Avanzò silenziosa, e con un unico scatto riuscì a cingere il collo della sua preda. Poi iniziò a tirare verso di sé con tutte le sue forze.
   Dragunov, preso alla sprovvista, afferrò la cosa che lo stava soffocando e tentò di allontanarla dalla gola. Dopo qualche tentativo ci riuscì, tirando uno strattone tanto forte che sia lui che Nina stavano per perdere l’equilibrio. Senza troppi preamboli iniziò un violento scontro, in cui nessuno dei due aveva intenzione di darla vinta: Dragunov ricevette un calcio in pieno petto, a cui reagì con un pugno che colpì Nina sulla guancia. Accecata dalla rabbia, si lanciò su di lui sferrando i colpi più devastanti che fosse in grado di mettere a segno. Lui intanto sembrava aver recuperato il controllo di sé e combatteva senza risparmiare le forze, accompagnato da un’espressione luciferina.
   Entrambi ora volevano la morte dell’altro, anche se per ragioni diverse. Lei per orgoglio. Lui per puro desiderio.
   Dragunov fermò Nina per il braccio poco prima che l’ennesimo pugno lo colpisse. Lei riuscì a divincolarsi e si allontanò di poco. Nei pochi istanti in cui si fissarono negli occhi vide che quelli della sua preda scintillare di una luce malevola, accompagnata da quello che poteva essere scambiato quasi per un ghigno sprezzante. Ciò non fece che aumentare la furia omicida che Nina covava e che la spinse ad attaccare nuovamente. Si sfilò la bacchetta appuntita che teneva l’acconciatura e la brandì come un pugnale scagliandosi in avanti, mentre ciocche di capelli ricadevano scomposte sul volto, rosso di rabbia. Cercò di colpirlo più e più volte, quando alla fine si ritrovò bloccata, questa volta per entrambi i polsi, con la schiena schiacciata contro la fredda vetrata della porta della serra. L’eccezionale forza con cui lui la teneva ferma la costrinse a lasciare cadere in terra la bacchetta che tentava ancora di stringere. Presto la vetrata si appannò, a causa del respiro affannoso e spezzato di entrambi.
   In quella posizione avrebbe potuto finirla in pochissimo tempo e nel modo che preferiva.
   Dragunov rivolse uno sguardo penetrante a Nina, che lo resse fiera fino alla fine. Di certo in quel momento non aveva paura della morte.
   In silenzio, un silenzio di piombo, lui sembrava pensare al modo più doloroso per farla morire, quando qualcosa attirò la sua attenzione accendendo un guizzo nei suoi occhi gelidi. Nina vide il suo viso avvicinarsi senza fretta, mentre lui intensificava la stretta tanto che i polsi iniziarono a farle male. Fu scossa da un lieve tremore, subito controllato, quando percepì le labbra fredde della sua preda posarsi sull’angolo della sua bocca. Le stesse labbra che ora si schiudevano lievemente e lasciavano la lingua indugiare per qualche secondo sulla pelle. Ora era spiazzata, e la sua confusione aumentò alla vista della macchia rossa che ora spiccava sulla bocca di Dragunov. Aveva leccato via il rivolo di sangue che colava sul suo volto, conseguenza di quella colluttazione, e ora si puliva le labbra con velata soddisfazione.
   Valutandola abbastanza stordita, lui allentò la stretta, per lasciarla definitivamente poco dopo.
   Nina era turbata. I suoi riflessi ora erano lenti, e comunque i polsi le facevano davvero troppo male per reagire. Un ultimo, stanco colpo non riuscì a raggiungere Dragunov che si allontanava senza difficoltà e, sistematosi con noncuranza lo smoking, sparì nel corridoio.
   In quel momento Nina si rese conto che doveva fare in fretta, se voleva scappare.
   Non perse tempo a correre fuori dalla serra e rientrare in albergo da una porta di servizio da dove raggiunse la sua camera senza farsi vedere, per prendere tutto il materiale compromettente e un cappotto – era congelata nonostante avesse passato solo pochi istanti fuori.
   Nella ventiquattrore riuscì a sistemare il computer e il fucile, poi prese il revolver e il coltello, pronta a usarli se ce ne fosse stato bisogno. Se Dragunov aveva già chiamato rinforzi doveva scappare più velocemente possibile. Riuscì a guadagnare l’uscita sul retro e poi iniziò a correre più veloce che poteva verso il primo nascondiglio che avrebbe trovato. Dopo, seduta in un vicolo buio e completamente senza fiato, si mise in contatto con il comando giapponese riuscì ad assicurarsi un aereo di ritorno prima del tempo stabilito, raggiungendo l’aeroporto con un’auto che sarebbe venuta a prenderla in meno di un quarto d’ ora. L’appuntamento a tre isolati dall’albergo, quindi doveva muoversi. Si alzò e raggiunse il luogo stabilito cercando di farsi notare il meno possibile.
   Finalmente si sentì al sicuro nell’abitacolo dell’anonima utilitaria verde, dove l’aspettavano due membri dell’esercito giapponese abbastanza agitati. Non rispose a nessuna delle loro domande, decisa che se avesse dovuto parlare, l’avrebbe fatto solo con il generale Itama. Li zittì con uno sguardo eloquente, tornando a massaggiarsi i polsi che ancora le dolevano e immergendosi nei propri pensieri. Questa volta aveva peccato di avventatezza, se ne rendeva conto. Si sistemò più comodamente sul sedile e chiuse gli occhi per recuperare un po’ le forze. Ora le immagini dello scontro appena avvenuto riaffioravano nitide e precise: rivedeva la smorfia contratta di Dragunov mentre tentava di soffocarlo, la luce maligna nel suo sguardo quando ormai la teneva in pugno, bloccata contro la parete, quell’improvviso cambio di espressione, il sorriso compiaciuto appena accennato mentre si puliva la bocca con il dorso della mano.
   Era stata colta di sorpresa, non se ne dava pace. Proprio quel momento di defaillance, in cui era troppo confusa e turbata per fare qualsiasi cosa, le era costato un’altra opportunità di farlo fuori. Un tremito di rabbia la scosse, ma era troppo stanca anche per quello. Per il momento non desiderava altro che dormire, anche se sapeva che doveva prima arrivare all’aeroporto.

   Presto l’aereo privato prese quota, e Nina poté addormentarsi, cadendo in un sonno in cui fece i sogni più stani, rivedendo episodi della sua vita –quella che ricordava, ovviamente– che si mescolavano e ricreavano un mosaico bizzarro e a tratti inquietante. La figura di Dragunov entrava e usciva dalle varie scene senza motivazione o scopo apparente, il che la fece svegliare più distrutta e arrabbiata di prima. Durante il volo non mangiò nulla, né parlò con nessuno.
   La sua rabbia stava lentamente accrescendo il seme dell’ossessione. Presto ne sarebbe stata completamente corrosa, e allora non sarebbe servita altra cura che la morte.
   Quella della sua preda, o la sua.

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Quinto capitolo...difficile da scrivere, ancora di più da perfezionare. Comunque quello che più mi è piaciuto scrivere.
Innanzitutto ringrazio la collaborazione di due persone particolari, che mi hanno aiutato non poco. (loro sanno chi sono^^)
   Grazie a:
Vergil_grazie per i tuoi complimenti, che ricevo con immenso piacere^^
annasukasuperfan_spero di continuare a stupirti...non sai quanto mi rendi felice quando mi dici che vedi Nina integrata nella storia^^
Silver Princess_non so cosa dire se non...grazie, grazie e grazie! *_*
Valy_Chan_sono contenta che tu pian piano ti stia innamorando di Dragunov, chissà se un giorno non dovrò "essere gelosa"
XD...e l'adrenalina, quella c'è sempre^^ grazie per la recensione, ammora :-*

Alla prossima (spero in questa era...) ;-)

Miss Trent
 

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Capitolo 7
*** Ritorno ad Avalon ***


Ritorno ad Avalon

Non aggiorno da più di UN anno...motivo, una crisi che tra le altre cose mi aveva fatto dubitare seriamente se continuare o no questa storia. Non la potevo lasciare incompiuta però, cosi eccomi di nuovo qui. Certo, magari gli aggiornamenti non saranno sempre veloci, ma la voglia c'è, o meglio, è tornata... ^^

Capitolo sesto – Ritorno ad Avalon


Quartier generale dei servizi segreti giapponesi, ore 12.21

    Il generale Itama era di cattivo umore quella mattina. Le notizie che giungevano da Mosca non erano delle più gradite, tuttavia si sforzava di mantenere la calma mentre sistemava la sua scrivania. Mettere in ordine le sue cose lo aiutava sempre a rilassarsi. Non aveva alzato lo sguardo quando la porta si era aperta, né aveva risposto al saluto rispettoso dell’ufficiale che annunciava l’arrivo dell’agente 34.
    Stanca, arruffata, arrabbiata, Nina Williams era entrata scattando nervosamente, come attraversata da piccole scariche elettriche. Un inchino al generale, poi era rimasta in silenzio, guardando davanti a sé. Odiava quello che stava per succedere.
    Il generale aveva parlato senza degnarla di uno sguardo.
    – Quando l’ho convocata mi aspettavo un lavoro pulito e veloce. – il peso che aveva dato a quest’ultima parola era stato insostenibile per Nina.
    – Mi dispiace doverle annunciare che questo incarico non è più suo. Avrà comunque il 10% del compenso iniziale, e il vincolo di segretezza con i nostri servizi. Non possiamo mettere a rischio certe informazioni. – Il generale passò sopra l'espressione incredula di Nina.
    – Torni a casa, e dimentichi tutto. –
    Nina non riusciva a formulare una frase sensata, si rendeva conto di stare perdendo il controllo.
    – Io posso riprovare – azzardò, ma Itama la fermò con un cenno della mano.
    – Ha fatto abbastanza. Può andare. – senza dire altro, l'uomo le volse le spalle e riprese a leggere alcuni documenti.
    Nina rimase al centro della stanza, con lo sguardo perso nel vuoto.

***

    Il cellulare stava vibrando sul piano del tavolo con un rumore sordo e insistente. L'uomo arrivò a passi veloci dalla camera accanto – era appena uscito dalla doccia, e si stava ancora vestendo.
    – Pronto. – esordì professionale. Dall'altra parte, una voce che conosceva bene. Ascoltò attento, passandosi una mano nei capelli biondi ancora umidi.
    – Arrivo. – riattaccò e lasciò il telefono con noncuranza, tornando a vestirsi. Uscendo da casa si era guardato allo specchio – non ne poteva quasi fare a meno. Si scostò una ciocca ribelle davanti agli occhi, sorridendo. Quando chiuse la porta attivò il sistema di sicurezza. Non sapeva quando sarebbe tornato.

***

    Nina era sempre più nervosa e rabbiosa. Erano cinque giorni che dormiva pochissimo e quasi non mangiava. Non sopportava l'idea di essere stata messa da parte, doveva fare qualcosa. Il suo equilibrio cominciava a risentirne.
    La sesta notte risolse di prendere un aereo per la Russia. Ci sarebbe tornata sola, per la prima volta senza un ordine dietro. Era lei il suo mandante adesso.
    Ne sapeva abbastanza su dove trovare la sua preda, doveva pensare a come trovare la strumentazione necessaria. Di certo non poteva andare da Heiachi Mishima, né da quell'essere viscido che era suo figlio, Lee Chaolan – dopotutto erano loro che avevano corrotto i servizi giapponesi. Chi rimaneva?
    – Clive Campbell. – quel nome era uscito da solo mentre era seduta a bordo letto con la testa fra le mani. Uno dei più potenti boss della mafia irlandese, nonostante la giovane età, influente e temuto. Più di una volta Nina aveva portato a termine degli incarichi per suo conto. Avevano condiviso gli anni del liceo, prima di venire espulsi per condotta indisciplinata una e per spaccio l'altro. A quei tempi si odiavano, poi avevano fatto entrambi carriera e si erano ritrovati.
    Non lo vedeva da un anno e mezzo, non sapeva se nel frattempo fosse successo qualcosa. Ancora un po' incerta aveva provato a chiamarlo, ma senza successo. Sarebbe dovuta andare in Irlanda prima di tornare in Russia.

***

Dublin Airport, Irlanda, ore 13:56

    L'aeroporto di Dublino l'aveva accolta con il solito viavai di gente e bagagli. Nina stava iniziando a sentire il jet–lag, e non sopportava tutto quell'affollamento. Finalmente tirò un sospiro di sollievo quando riuscì a salire su un taxi. Stava andando a trovare lei stessa Clive, sarebbe dovuta stare attenta. Nel frattempo guardava la città coperta di neve, uguale all'ultima volta che c'era stata, l'anno precedente.
    Il taxi l'aveva portata in una zona periferica, non lontana dal quartiere in cui era cresciuta, e l'aveva lasciata davanti alla sua vecchia scuola. Nina guardò l'edificio, un palazzo antico ma ancora in buone condizioni, e passò davanti all'inferriata verde del cortile. Dalle finestre all'interno si potevano vedere ragazzi e ragazze che seguivano le lezioni nelle loro aule. Non si fermò oltre, e iniziò a camminare speditamente in direzione opposta. Doveva arrivare all'Avalon, quartier generale degli affari di Clive, un pub che di solito tutti evitavano e che i tassisti si rifiutavano di raggiungere.
    Presto l'insegna a caratteri medievali fece la sua comparsa quando Nina svoltò l'ennesimo angolo. La strada era semideserta, solo un tizio alto con un paio di occhiali da sole fumava davanti alla porta del bar. Lei gli passò davanti indifferente, e questo gli restituì un'occhiata truce. Non ci voleva molto a capire che era uno dei nuovi scagnozzi del clan Campbell.
    Il locale era piccolo e fumoso, con il bancone sulla sinistra. C'era poca gente a quell'ora del giorno, per lo più tipi non esattamente raccomandabili. Tutti si girarono a guardare Nina, quando entrò.
    – Clive è qui? – chiese a bassa voce al barista che metteva ordine tra le innumerevoli bottiglie di liquore sugli scaffali. Lui rimase un attimo fermo, poi le si rivolse con aria sospettosa.
    –E tu che vuoi?– rispose scontroso.
    – Devo vederlo. E parlargli. – disse Nina fissandolo dritto negli occhi.
    – E chi saresti? – ribatté poggiando la bottiglia con un rumore sordo.
    – Diciamo un'amica –
    Lui le indicò con un cenno della testa una scala sul fondo, tornando alle sue bottiglie. Nina attraversò la stanza, mentre tutti la seguivano lo sguardo.

    Al piano superiore c'erano due porte, una delle quali era semiaperta. Un colpo secco ed era entrata. Due uomini si alzarono e le si avvicinarono con fare minaccioso. Clive Campbell era seduto su una poltroncina rossa insieme ad altre due ragazze, e rideva insieme a tre tipi uno più sguaiato dell'altro. Nina venne fermata dalle due guardie del corpo.
    – Puoi dire ai tuoi scimmioni di lasciarmi stare? – disse acida in direzione di Clive, che nel sentire la sua voce cambiò completamente espressione e si voltò verso di lei.
    – Questa voce...Pandora! non ci credo! Chi non muore... – iniziò abbastanza sorpreso alzandosi dalla poltrona. – Che ci fai qui all’Avalon? –
    – Un affare. Di una certa urgenza. – rispose lei divincolandosi dai bodyguards.
    – Ok, levatevi dalle palle adesso, anche voi due. Devo rimanere solo con questa signorina… – disse Clive in direzione dei tre uomini seduti e alle ragazze. Uno di loro, vedendo Nina, si lasciò scappare un fischio di approvazione. Lei lo fulminò con lo sguardo. I cinque se ne uscirono, e una delle guardie richiuse la porta.
    – Che fine avevi fatto, sorella? – ora Clive era abbastanza vicino, Nina lo poté guardare meglio. Gli stessi occhi tondi e azzurri, lo stesso pizzetto sul mento, gli stessi capelli castani sparati in su, eppure il volto era molto più scavato dall'ultima volta.
    – Lascia perdere, ho qualcosa da chiederti. –
    – Sembra importante...siediti, siediti. Non cambi mai – disse lui con un sorriso obliquo. Nina prese posto su un pouf nero, restituendo un'occhiataccia ai due gorilla.
    – Ned e Mark non ti daranno più noia ora che sanno che sei dei nostri. – continuò sedendosi anche lui.
    – Li hai cambiati di recente...Alec mi avrebbe riconosciuto. – mormorò Nina spostando lo sguardo in un'altra direzione.
    – Alec...non sai che delusione quando l'hanno messo dentro. Era un pesce piccolo comunque... –
    Sul tavolino tra loro c'erano ancora una carta di credito e una striscia di polvere bianca su un vassoio. Conoscendo Clive, doveva essere cocaina della migliore qualità.
    – Vuoi provarla? È eccezionale... – disse guardandola di sbieco.
    – Anche tu non cambi. – fu il commento pungente di Nina. –Mi serve roba. Sono di nuovo sotto contratto. – mentì.
    – A chi devi far saltare il cervello stavolta? – chiese lui accendendosi una sigaretta.
    – Non lo conosci... – iniziò, ma venne interrotta da Clive che si sporse nella sua direzione.
    – Aspetta aspetta...mi stai chiedendo un favore? – fece divertito.
    Nina lo guardò seria. –Sei uno dei pochi di cui mi posso fidare.–
    Clive rimase a guardarla, continuando a fumare.
    – Mi serve un GPS, un fucile di precisione, coltelli...la storiella la conosci. – iniziò guardando le volute di fumo che salivano in aria.
    –Servizio completo, eh? Pensavo che una professionista come te queste cose le tenesse nell'armadietto, o sotto il materasso...– la punzecchiò dopo l'ennesimo tiro. Il fumo lo aveva quasi avvolto in una nuvola.
    – Da professionista quale sono, non posso tenere tutto in un armadio. – disse Nina in tono ovvio.
    – E a me cosa ne viene in tasca, per essere chiari?–
    – Soldi, ovviamente. Una valigetta in pezzi da 50 euro basta? – domandò anticipandolo.
    Clive rimase pensoso. – Non è che poi mi ritrovo nei casini per colpa tua...quello che ti serve, te lo faccio avere via Ned. – concluse.
    – Di me non ti devi preoccupare. Ti faccio trovare tutto pronto. –
    – Dopodomani, sempre qui. Entra dal retro. Dovrebbe essere una cosa facile. –
    – Ci vediamo tra due giorni allora. – fece lei alzandosi.
    – Non mi dici grazie?–
    – Ti ringrazierò dopodomani. E...non chiamarmi più Pandora, non siamo più al liceo. Ho sempre detestato quel soprannome. –
    – Ah, i vecchi tempi...ultimamente mi mancavano tutte le risse in cortile. – disse Clive spegnendo la sigaretta.
    – Ti manca anche quando ti ho rotto il setto nasale? O quando ti stavo per storcere un braccio? – rise Nina.
    – Che fossi più brava di me non lo volevo ammettere, ma adesso le cose sono cambiate...– Clive la seguì mentre si avviava alla porta.
    – Ovvio...ma non chiedermi rivincite. –
    – Oh, tranquilla, non ce n'è più bisogno. Comunque, se ne avrai voglia, sai dove trovarmi. Chissà se non riesca a rompertelo davvero, un braccio. – rispose lui mimando il gesto.
    – Certo, come no...ci vediamo – disse ironica mentre usciva.
    – Ci vediamo – disse Clive salutandola.
    Nina uscì dal pub, e sparì per le viuzze del quartiere.

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Il personaggio di Clive Campbell mi frullava nella testa da un po' di tempo...mi sono divertita a inventare un possibile passato a Nina, quello che la Namco di solito non racconta...spero comunque che questo capitolo vi sia piaciuto^^
Grazie a:

Vergil, annasukasuperfan, Mimi 93 (scusa la mia curiosità...hai origini russe? :) ), Valy_Chan (ammora *.* non sai quanto sono stata contenta di leggere un nuovo capitolo del Blouson Noir e la Bambina e quanto la tua recensione mi abbia fatto felice! Ormai Nina e Sergei sono diventati una 'coppia di fatto' nella mia mente bacata xD), Silver Princess (grazie mille dei complimenti...ultimamente ho letto "Dreamland", mi è piaciuta tantissimo, spero che la continuerai presto^^...) e unadelledue (a te ho già detto tutto :))

Grazie per essere arrivati fin qui...spero di aggiornare in tempi umani xD (ovviamente commenti e recensioni fanno sempre piacere...)
Auguri per un Natale e un anno sereni^^

Miss Trent

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Capitolo 8
*** Imprevisto ***


Imprevisto

Per fortuna queste vacanze di Natale mi hanno fatto tornare l'ispirazione...ecco il nuovo capitolo :)

Capitolo settimo – Imprevisto


Dublin Airport, ore 10.07

    I due giorni successivi passarono lentissimi. Nina era rimasta chiusa nel suo appartamento a studiare il suo piano. Quando era ritornata all'Avalon a prendere ciò che le serviva e scambiare la valigetta con i soldi Clive era in giro per affari, quindi aveva trovato solo Ned.
    – Ringrazia Clive da parte mia – gli aveva detto con una smorfia – gli devo un favore. –

    Si era occupata di far arrivare per vie traverse tutta quella roba in Russia, dato che quelle non erano cose che passavano esattamente inosservate ad un controllo aeroportuale.
    Finalmente era in fila al check–in, con un biglietto Aeroflot per Novosibirsk e un senso di euforia crescente addosso. Non le importava di stare andando dritta nella tana del lupo, anzi.
    – Vai in vacanza, agente 34? –
    Nina trasalì. Una voce maschile dietro di lei l’aveva appena chiamata con il nome in codice che solo i servizi segreti giapponesi conoscevano. Si voltò lentamente e vide un uomo alto, con i capelli biondi acconciati in modo alquanto eccentrico, che la guardava ironico. Lo squadrò con aria di superiorità, per poi girarsi nuovamente.
    – Bella meta, la Siberia. Ideale per una vacanza in completo relax – continuò lui in tono volutamente esagerato.
    – Non so come fai a conoscere quel nome in codice ma ti consiglio di stare alla larga, se non vuoi finire male – ringhiò Nina senza voltarsi.
    – Via, non ti arrabbiare, non ho detto nulla di male… – l’uomo le stava quasi parlando all’orecchio.
    – Che vuoi? – chiese sgarbatamente allontanandosi da lui.
    – Ne avremo di tempo per parlare, miss…O’Grady? – rispose quello leggendo il nome falso sulla carta d’imbarco di Nina. Lei ebbe uno scatto improvviso, e con uno sbuffo impaziente avanzò per iniziare le operazioni di imbarco. Non le piaceva affatto, e l’avrebbe volentieri preso a calci per il solo fatto che conoscesse il suo nome in codice. Non riusciva a spiegarsi come fosse possibile.
    Dopo venti minuti era sull’aereo, a scrutare nervosamente ogni singolo posto ancora libero alla ricerca dello sconosciuto. Erano stati per la maggior parte occupati, quando lo aveva visto avanzare tra i sedili nella sua direzione e sedersi disinvoltamente accanto a lei. Nina gli rivolse uno sguardo gelido.
    – Che cosa vuoi. – disse in tono controllato.
    – Solo sapere perché te ne vai in Siberia quando hai la possibilità di goderti i mari del sud – rispose lui senza abbandonare la vena ironica.
    – La mia pazienza ha un limite – la voce di Nina suonava come un avvertimento – non so neanche chi sei. –
    – Oh, che maleducato...sono Lars Alexandersson. È un piacere conoscerti, signorina Williams. – disse pungente porgendole la mano.
    Un' espressione di stupore si dipinse sul volto di Nina, che per un attimo valutò di urlare qualcosa contro di lui. Come si permetteva di chiamarla con il suo vero nome, e cos'era quel tono canzonatorio? Prima di sentirsi in trappola, decise di non far trasparire nulla e cercare di capire qualcosa di più.
    – Per chi lavori? – chiese dura rifiutando la stretta di mano.
    – Non che abbia importanza... – iniziò Lars.
    – Ne ha eccome, se non vuoi che ti pianti un coltello appena arriviamo a terra. – sibilò preoccupandosi di non farsi sentire dagli altri passeggeri.
    – Rilassati, cara. Sono sicuro che insieme potremo fare un ottimo lavoro. – Lars usava un tono tranquillo e conciliante.
    – Di che lavoro parli? – fece Nina guardinga.
    – Di quel lavoro. Mi sono informato, sei la migliore nel tuo campo. –
    – Non hai risposto alla mia domanda –
    – Li conosci, li conosci...quando ho ricevuto la loro richiesta, ho pensato che avrei potuto aver bisogno d'aiuto. –
    Nina lo fissava incredula. Che i Mishima avessero ingaggiato qualcun altro era prevedibile, ma che questo qualcuno venisse a chiederle di collaborare andava decisamente oltre.
    – Sapevo che non avresti mollato facilmente. Del resto, te lo si legge in faccia. Non voglio rischiare di trovare concorrenza, quindi preferisco allearmi con un possibile futuro nemico...converrai che conviene a tutti e due – spiegò poi vedendo la sua espressione.
    – Mi si legge in faccia cosa? – chiese Nina acida.
    – Ti stai corrodendo. Sta diventando un'ossessione, per te. – Lars la guardò con un mezzo sorriso, e lei lo fissò con sfida. Non gliel'avrebbe data vinta.
    – E come mai sai tante cose su di me? – disse scontrosa.
    – Sono bravo a leggere negli occhi della gente...e si, anche documenti che non dovrei. – rispose compiaciuto scostandosi i capelli davanti agli occhi con un gesto elegante.
    Nina restò in silenzio per un po', fissandolo ostile. – Cos'altro sai? – domandò mentre l'aereo iniziava a decollare.
    – Tutto. – Lars non si scompose minimamente, e questo la fece innervosire ancora di più. Non si fidava, alla prima occasione l'avrebbe seminato.
   – Sei furbo. Dove vuoi arrivare? –
    – Voglio solo fare bene il mio lavoro. –
    Lei non disse altro, si sistemò più comodamente sul sedile e non gli parlò per il resto del volo.
    Durante l'atterraggio Lars non smise di guardarla mentre si alzava e prendeva i suoi bagagli. Aveva un che di irritante nello sguardo, e sembrava ridere sotto i baffi.
    – Non mi fido di te – sbottò Nina passando davanti a lui per uscire sul corridoio.
    – Lo so. È per questo che appena scenderai da questo aereo chiamerò la polizia russa, che ti arresterà per traffico illegale di armi. E il generale Itama non sarà affatto contento di sapere che non sei tornata a cuccia. – disse lui sottolineando le ultime parole.
    – Questo è un ricatto – Nina non riusciva a capacitarsi di quello che aveva appena sentito.
    – Chiamalo come vuoi...non ti servirà la tua bravura nelle fughe rocambolesche – rispose mentre lei era già sul portellone. Nina non sapeva se avrebbe potuto sopportare altro. Tornò indietro fino a trovarsi faccia a faccia con Lars.
    – Fai silenzio. Mancavi solo tu in tutto questo. – disse rabbiosa a pochi centimetri dal suo viso.
    – Prendila come una sfida. Abbiamo entrambi lo stesso scopo. –
    – Che se raggiungiamo insieme ti brucerà la carriera e la vita. I Mishima ti bruceranno. Chi credi abbia corrotto Itama? – lo interruppe.
    – Signori...devo pregarvi di scendere dall'aereo. – l'hostess si avvicinò gentile, e sia Nina che Lars si volsero a guardarla.
    – Ma certo. Andiamo, ne riparliamo in albergo. – disse lui prendendo Nina sotto braccio e facendo un sorriso galante all'hostess.
    – I Mishima non sono un problema. Io sto dall'altra parte. – le disse sottovoce mentre scendevano la scala e si dirigevano all'interno dell'aeroporto.
    – Che cosa? –
    – Non sono un cane da caccia di Heiachi Mishima. – disse con semplicità. – Vuoi passare alla G–Corporation si o no? – chiese poi fermandosi all'improvviso.
    Nina fu colta alla sprovvista. Si fermò, e Lars con lei.
    – Decidi. – disse fissandola con uno sguardo penetrante.
    Lei lo resse senza abbassare gli occhi. Accettare era un duro colpo per il suo ego, ma non poteva negare i vantaggi che gli venivano proposti.
    – Cosa guadagno in più, se passo alla G–Corporation? –
    – La possibilità di raggiungere il tuo obiettivo. E soldi. –
    Evidentemente era davvero ben informato.
    – Garanzie? –
    – La G–Corporation. – disse lui in tono ovvio.
    – Ah, davvero? Tutto mi spinge a piantarti qui e mandarti al diavolo. – ribatté Nina sarcastica, e fece per andarsene.
    – Dimentichi la polizia lì fuori. Mi dispiacerebbe denunciarti, davvero. – Lars la trattenne per un braccio con un po’ di forza in più del necessario. Lei sbuffò contrariata e rimase per un minuto in silenzio, guardandolo in cagnesco e muovendosi nervosa.
    – Va bene. – disse infine – Però...un solo sgarro e tu finisci male. –
    – D’accordo. Si parte domani allora. – un sorriso si allargò sul volto di Lars, che sapeva bene come usare il suo carisma innato. Nina alzò gli occhi al cielo, maledicendosi per quello che aveva appena fatto. Da quel momento in poi avrebbe esaminato il suo nuovo collega in ogni suo aspetto, alla ricerca di qualche particolare che potesse tradirlo. La diffidenza era obbligatoria.
    – Possiamo passare la notte in un albergo qui vicino, e domani mattina iniziare a raggiungere la base con i mezzi che troveremo in periferia. È tutto pronto. – disse lui piano avvicinandosi al marciapiede.
    Salirono su un taxi, e presto erano arrivati sulla soglia di un piccolo hotel quasi alla periferia di Novosibirsk. Prima di entrare si Nina guardò istintivamente intorno. Se non ci fosse stato quel cambiamento di piani ora sarebbe già in viaggio per arrivare alla base, invece di aspettare ancora. Lars, nel frattempo, stava parlando alla reception.
    – Due camere fino a domani mattina. Servono i tuoi documenti. – le disse lui quando entrò. – Nina consegnò il passaporto falso alla receptionist, poi prese la sua chiave.
    In silenzio percorsero il corridoio, ed entrarono in due camere attigue – la 107 e la 109.
    L'arredamento era abbastanza semplice, in compenso le lenzuola sembravano pulite. Nina lasciò il cappotto e andò a sciacquarsi la faccia.
    Dopo si buttò sul letto e fece il punto della situazione. Nel giro di circa sei ore aveva stravolto i suoi programmi, dando fiducia ad un perfetto sconosciuto che si, la stava ricattando. E il momento in cui avrebbe messo le mani sulla sua preda si stava avvicinando. Era tesa, carica di rabbia, la sua lucidità ne risentiva. Con un respiro profondo cercò di allentare la tensione, ma era più difficile di quanto credesse.

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Qualche tempo fa ho scoperto Tekken Bloodline Rebellion, e di conseguenza i nuovi personaggi. Ecco Lars Alexandersson, che mi ha ispirato subito^^
L'hotel Novosibirsk esiste davvero, ed è questo qui...
Il momento cruciale si avvicina, spero di aggiornare prima che la scuola mi sommerga nuovamente! Grazie infinite ad Angel Texas Ranger, Silver Princess, Mimi93 e Nefari per aver dato una botta di vita alla mia autostima con le loro recensioni! :) un bacio e alla prossima!

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Capitolo 9
*** Siberia ***


Siberia

L'ispirazione sembra essere tornata...strada facendo alcune idee si sono aggiunte, altre sono definitivamente cadute, con il risultato che la fine si è spostata di uno o due capitoli rispetto al piano originale^^ Questo era pronto da un po', ma solo oggi ho trovato il tempo di aggiustarlo per bene...come sempre, spero vi piaccia :)

Capitolo ottavo – Siberia


Hotel Novosibirsk, Novosibirsk ore 22.46

  Dalla stanza accanto si potevano distinguere tutti i rumori, che giungevano attutiti attraverso le pareti. Lo scroscio dell'acqua, i passi sulla moquette. Probabilmente Lars era in bagno. Nina uscì sul corridoio, e riuscì a intrufolarsi in camera sua. Approfittando di quel momento, copiò i dati contenuti nel suo palmare, rimettendolo a posto appena in tempo.
  – Hai perso qualcosa? – la apostrofò lui uscendo dal bagno.
  Cazzo, pensò Nina. Si girò, e lo vide appoggiato allo stipite.
  – Che ci fai qui dentro? – continuò venendo verso di lei.
  – Controllo che sia tutto in ordine. – fece sarcastica.
  – Non ti devi preoccupare, è sempre tutto in ordine. – fece Lars in tono soave.
  – Sei sempre così gentile? –
  – E tu sei sempre così nervosa? – continuava a sorriderle tranquillo, passandosi una mano fra i capelli. – Rilassati. – aprì una bottiglia di vodka sul comodino e ne versò un po' in un bicchiere.
  – Potrebbe non essere tutto a posto, tra poco – mormorò lanciandogli un’occhiata obliqua. Quando le porse il bicchiere Nina lo rifiutò.
  – Non ci ho messo niente, mi hai visto… – Lars sorseggiò la vodka al posto suo, e le si avvicinò. – Sei proprio come ti descrivono... – azzardò poggiandole una mano sul fianco.
  Nina si scansò leggermente, e gli prese il bicchiere. Ne bevve un sorso, senza smettere di fissarlo negli occhi.
  – Se solo sapessi chi è che mi descrive...sono sempre diversa da quello che sembro. –
  Lui non si scompose. – Hai bisogno di distrarti. – la sua voce si era fatta più morbida.
  – E come? – Nina finse di non capire.
  – Oh, andiamo, siamo adulti e vaccinati... –
  Non sapeva se poteva concedersi quella distrazione, ma prima che potesse pensare altro si era ritrovata il viso di Lars a pochi centimetri dal suo orecchio, e le sue mani in vita.
  – Hai dei fianchi bellissimi. –
  Quel complimento le suonava strano, tanto che non seppe trattenere un sorriso.
  Se così dev'essere, si fa a modo mio.
  Iniziò a sfilargli la camicia con gesti misurati, poi lasciò che lui le togliesse il maglione. Lars sembrava stare perdendo il controllo quando lei lo spinse sul materasso. Si era chinata a baciarlo – o meglio, torturarlo con la punta della lingua sul collo e sui lobi – mentre lui la corrispondeva e cercava di liberarsi dal resto dei vestiti. Nina non faceva nulla per aiutarlo, anzi lo teneva sulle spine.
  Più lo sentiva eccitato, più lo provocava.
  – Sono proprio come mi descrivono? – sussurrò tagliente mentre i pantaloni di Lars e finivano a terra.
  Senza preavviso si alzò e recuperò il suo dolcevita, lasciandolo sdraiato a bocca asciutta. Lars sorrise, forse facendo buon viso a cattivo gioco, e si tirò su.
  – Buonanotte, tesoro – disse malignamente Nina sulla porta.
  – Stronza... – sogghignò lui guardandola uscire.

  Nella sua stanza, Nina controllò i dati copiati dal palmare di Lars. Era un soldato abbastanza esperto, fedele alla sua organizzazione. Non aveva trovato elementi che potessero farla dubitare di lui e della sua onestà. Il sonno giunse poco dopo, piatto e senza sogni.

  La mattina dopo erano pronti a partire. Lasciarono l'albergo in fretta e si diressero verso la periferia di Novosibirsk, nella zona industriale. In un capannone anonimo dieci moto uguali, nere e di grossa cilindrata erano sistemate in una fila ordinata, insieme ad armi e mezzi di sopravvivenza. Nina pensò con una punta di rimorso alle sue armi, quelle che aveva fatto arrivare dall'Irlanda, che non poteva andare a ritirare.
  – Ti piace questa piccolina? 100 cavalli tra le gambe sono sempre una bella sensazione. – disse Lars montando su una delle Ducati Monster 1100 e indossando un casco integrale completamente oscurato.
– Sono bellissime. – Nina aveva fatto un giro intorno alla sua per guardarla meglio, poi ci era salita. Si, si stava davvero da dio su una di quelle. Abbassò il casco e diede l'ok a Lars. Con un rumore assordante misero in moto e uscirono nella luce limpida di quella mattina.
  Il viaggio era lungo e il freddo non perdonava, tuttavia Nina si sentiva euforica. Doveva rimanere concentrata, anche se con la mente era già arrivata a destinazione.
  Le città lasciarono gradualmente il posto a tratti sempre più lunghi di strade innevate e deserte, e anche l'ultimo distributore di benzina sparì dietro di loro. Era sera ormai, avrebbero dovuto trovare un posto dove dormire.
  Nina seguiva Lars e allo stesso tempo controllava la posizione sul gps. Non mancava molto, ma non era sicura che le l'avrebbero fatta con i tempi. Il suo compagno prese una deviazione laterale su una strada poco battuta. Poco lontano vide una casa, probabilmente vuota, nella quale avrebbero potuto sostare.
  Lars spense il motore davanti ad una porta abbastanza malandata.
  – Rimarremo qui il tempo necessario per rimetterci in forze. Sei stanca? – chiese a Nina tirando fuori una chiave altrettanto datata.
  – Niente affatto. È adesso che inizio a sentirmi bene. –
  – Dentro è anche peggio. – disse lui mentre apriva la porta e si faceva da parte.
  – Mi so adattare. – rispose passandogli davanti.
  Lars non aveva torto, quella costruzione sembrava reggersi in piedi per miracolo. I mobili – o quel che ne rimaneva – avevano tutti qualche anta mancante, i muri scrostati, gli spifferi...Nina poggiò lo zaino in un angolo e si voltò verso il suo collega, che stava chiudendo la porta. Meglio, tentava di chiuderla, ma alla fine risolse con un calcio ben assestato.
  – Domani arriveremo a pochi chilometri dalla base, il resto dobbiamo farlo a piedi. Sai meglio di me che dobbiamo agire di notte. Tieni, dovrai mettere queste – iniziò Lars porgendole un pacco. – Sono le divise dell'esercito russo. Passeremo un po' meno inosservati –
  – Non sono il massimo, se dobbiamo diventare invisibili. So quello che mi serve. –
  Lars non rispose, decidendo che forse era meglio lasciar perdere.
  – Ci conviene prepararci per la notte. – disse srotolando il suo sacco a pelo.
  Nina fece lo stesso, mettendosi a poca distanza da lui. Per alcuni minuti non parlarono, impegnati a divorare una delle barrette energetiche che era la loro cena.
  – Quel bastardo ha le ore contate. – Nina aveva pensato ad alta voce.
  Lars le lanciò un'occhiata indefinibile. – Non fare cazzate intesi? Quando finisce questa storia noi abbiamo un discorso in sospeso – disse accennando un sorriso sghembo.
  – Non sei professionale, lo sai? Mettiti l'anima in pace – ribatté lei.
  – Tranquilla, non sono sempre così... –
  – Lo spero. –

  Il vento che ululava dalle finestre non conciliava il sonno, tuttavia riuscirono entrambi ad addormentarsi. Si svegliarono poche ore dopo quasi contemporaneamente, e si misero di nuovo in viaggio con il sole ancora basso sull'orizzonte. Ormai si vedevano solo rilievi innevati e qualche albero isolato.
  – Preparati a lasciare la moto – la voce di Lars arrivava dall'auricolare bluetooth montato sul casco. Poche centinaia di metri dopo si fermarono in un'ansa nascosta, dove lasciarono i mezzi e proseguirono a piedi. Il percorso era abbastanza accidentato, reso difficoltoso anche dal peso della strumentazione.
  Nina sentiva di nuovo la familiare sensazione di fuoco nelle vene, ma cercava di rimanere quanto più concentrata.
  – Non appena ci introdurremo all'interno dovremo agire più in fretta possibile. – disse Lars durante una breve sosta durante il cammino. Nina aveva annuito energicamente, rialzandosi e rimettendosi in marcia.

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La Ducati Monster, ah, la Ducati Monster! La moto dei miei sogni, chissà se un giorno potrò mai guidarne una...
Un enorme grazie a Mimi93, Angel Texas Ranger (le vostre recensioni mi fanno sempre felicissima), Mai Valentine e The Mad Hatter (due new-entries, che bello! Spero che vi piacciano anche i prossimi capitoli^^):) Il prossimo aggiornamento...non so se si farà aspettare, conto di finirlo al più presto...per ora vi lascio con un grosso bacio :-* alla prossima!

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Capitolo 10
*** Nella Tana del Lupo ***


Nella Tana del Lupo

Ebbene si, Neve e Sangue non è morta. Dopo dieci mesi che non aggiorno, c'è solo da chiedere umilmente scusa. E per evitare che succeda ancora, ho preferito finire di scriverla prima di ricominciare a postare.
Questo capitolo è abbastanza corto (ma necessario in quanto di passaggio), mentre il prossimo sarà decisamente più lungo...ma non mi dilungo oltre e vi lascio alla storia^^

Capitolo nono  Nella Tana del Lupo


Base dellesercito Russo, Siberia Centrale, ore 23.57

   Infiltrarsi per uccidere era una delle cose che Nina Williams amava fare. Furtiva e felina, era diventata esperta nelle tecniche di assassinio sotto copertura molto presto. E le aveva affinate per molto, molto tempo.
   Compiacendosi della sua esperienza, stava scivolando insieme a Lars lungo la recinzione della base. I visori notturni rendevano il mondo una monocromia verde, in cui gli esseri viventi erano figure multicolore, grazie al sensore termico. Erano avanzati nella neve per parecchio tempo, aspettando il favore delle tenebre per avvicinarsi alla base.
   Vicini ad uno dei cancelli, aspettarono il cambio della guardia per sparare alle sentinelle, che si accasciarono a terra come marionette. Controllando che non ci fosse nessuno, Lars e Nina si arrampicarono sulle torrette di controllo, per poi atterrare all'interno sulla neve soffice. Fin troppo facile.
   Una volta dentro si guardarono intorno: poche luci al neon, silenzio totale. Solo il vento fischiava di tanto in tanto tra le lamiere incrinate di alcuni barili di ferro lì vicino.
   Secondo i calcoli, si trovavano nella zona a nord, non lontano dalle loro destinazioni. Camminarono rasente alle pareti, i fucili stretti tra le mani. La strada sembrava sempre troppo lunga, e Nina teneva a bada la belva feroce che le si era risvegliata in grembo. Fosse stato per lei, non le sarebbe importato di dover affrontare l'intero reparto delle forze speciali russe pur di arrivare a quello che le interessava.
    Le nostre strade si dividono adesso.  disse piano Lars. Nina lo guardò con un sopracciglio alzato.
    Come farai a trovare la documentazione da solo?  rispose altrettanto piano con una nota di ironia nella voce.
   Ne avevano parlato sulla via che li portava alla base, con disappunto di Nina che detestava essere informata all'ultimo secondo di una parte così fondamentale del piano. Oltre ad eliminare Dragunov, cerano dei documenti fondamentali per la G-Corporation che necessitavano di essere portati via. Nina era lì solo per uccidere, Lars aveva quel lavoro in più. Avevano risolto di dividersi i compiti  lei avrebbe fatto quello che voleva da mesi, e per cui ormai stava ribollendo, lui si sarebbe occupato della documentazione. Studiando la planimetria della base, i server e gli archivi in cui sarebbe dovuto entrare Lars si trovavano non lontano dagli alloggi degli ufficiali. Avrebbero preso due piccioni con una fava.
    Mi fa piacere che conservi ironia e sangue freddo. Andiamo, dovremmo essere vicini.  disse serio. Avanzando nellombra arrivarono ad un bivio tra i capannoni, ciascuno segnato con una lettera cirillica e un numero.
    Gli alloggi sono in 65, i server e gli archivi in 23. Dobbiamo fare in fretta, ma questo lo sai già. Se dovesse succedere qualcosa abbiamo il segnale di emergenza 
    e in nessun caso dobbiamo dire della presenza dell'altro.  completò Nina. Quella cantilena la conosceva a memoria, ormai.
    Esatto. Io vado a sinistra allora. Ci teniamo in contatto via auricolare.  Lars si allontanò e presto sparì alla vista.
   Nina avanzò fino ad arrivare su un piccolo spiazzo sul quale si affacciavano tre edifici bassi, dove l'ingresso degli alloggi degli ufficiali era illuminato da un neon sfarfallante. Secondo le informazioni che aveva raccolto, Dragunov aveva una stanza in fondo a sinistra, una delle poche ad avere una finestra. Aveva fatto il giro, ritrovandosi sul retro, davanti ad una parete con tre aperture quadrate. Quella dell'alloggio della sua preda doveva essere la più vicina a lei. Si avvicinò con la massima cautela e gettò un'occhiata all'interno: la luce lunare faceva distinguere le sagome degli oggetti  una brandina, un armadio, un piccolo comodino  ma non si vedevano figure umane. Doveva prendere una decisione, e in fretta.
   Domando un fremito iniziò a scassinare la finestra, pronta ormai a qualsiasi cosa. L'avrebbe ammazzato con le sue mani, quel figlio di puttana. Con un cigolio riuscì ad aprirla, scivolando silenziosa all'interno. Lasciò socchiusa la finestra - dentro faceva tanto freddo che lo sbalzo di temperatura non si sarebbe notato - e si nascose nell'angolo più buio proprio dietro la porta, non prima di aver dato un'occhiata ad una giacca militare abbandonata sul letto. La targhetta, in caratteri cirillici, riportava il nome .. .
   Sergei Nicolaevi Dragunov, pensò Nina arricciando le labbra, soddisfatta che le cose stavano andando come dovevano. Silenziosa nel suo angolo, quasi senza respirare, rimase con i sensi all'erta esaminando ogni rumore che giungeva alle sue orecchie. Dragunov sarebbe dovuto rientrare nell'arco di pochi minuti, come sapeva dalle settimane passate a documentarsi anche sulle sue abitudini. Stringendo di più il fucile, fece un respiro profondo per allentare la tensione.
 

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 Pian piano ci avviciniamo al momento cruciale...
Ringrazio infinitamente chi ha recensito lo scorso capitolo, ossia morrigan89, Silver Princess, Mai Valentine, Angel Texas Ranger, Mimi93, The Mad Hatter...e anche chi lo ha solamente letto :)
Oh, e quasi dimenticavo chi ha aggiunto la storia tra i preferiti! Grazie ragazzi, mi rendete felice :D
A prestissimo, lo prometto.

Un bacio,

Miss Trent

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Capitolo 11
*** Infra-red ***


Infra-red

Sono in anticipo di una settimana!o_o
Oggi ho miracolosamente trovato il tempo di sistemarlo, così eccolo qui. E siamo arrivati allo scontro finale. Finalmente, direte voi^^
Capitolo "effetto sorpresa" che è stato anche il più difficile, scritto dopo tanti dubbi e indecisioni. Ah, è anche un po' più duro rispetto agli altri, ma sinceramente non sapevo se lo è abbastanza da dover alzare il rating...magari fatemi sapere. Buona lettura!

Capitolo decimo – Infra-red

 

One more thing before we start the final face off
I will be the one to watch you fall.

(Placebo - Infra-red)


   Uno scricchiolio la informò che qualcuno aveva aperto la porta. Stagliata contro la debole luce del corridoio, la figura di Dragunov era entrata a passi lenti e pesanti. Cosa strana, non aveva acceso la luce – non amava gli ambienti luminosi, questo Nina lo sapeva – la luce lunare gli bastava.
   Aspettò che fosse alla sua portata per colpirlo violentemente con il calcio del fucile. Dragunov barcollò in avanti e cadde parandosi con le mani quando Nina si era avventata su di lui, riuscendo ad immobilizzarlo con il suo peso cavalcioni sulla schiena, con una mano che teneva il suo viso premuto a terra e l'altra che stringeva il fucile. Dragunov si trovava con il braccio sinistro schiacciato dal suo stesso peso, mentre il destro tentava invano di afferrarla. Nina gli puntò il fucile alla tempia.
   – Ne peremeshajte
[1] – sibilò in russo cercando di contenere la rabbia che ormai stava sgorgando dai recessi più profondi del suo petto.
   Dragunov abbassò il braccio e rimase immobile. Nina era rimasta leggermente spiazzata, e premette ancora di più la canna di metallo sulla sua testa. Doveva soffrire prima di morire. Un altro colpo sulla nuca, poi un altro ancora sulla guancia, calibrati e mirati a provocare il massimo dolore possibile senza ledere il cervello.
   Sorrise sotto il passamontagna, sentendo una gioia selvaggia prendere il posto del veleno.
   – Non ti lascerò finché non ti avrò preso tutto – sussurrò in inglese. Anche se non l'avesse capita, il tono di quella frase era inequivocabile.
   Ripose il fucile dietro la spalla e lo afferrò per i gomiti, avendo cura di tirare le braccia verso di sé per stirare i legamenti all'altezza della clavicola. Dragunov sopportava in silenzio, senza apparente dolore.
   Nina si accorse che stava opponendo resistenza, tutta la muscolatura si era irrigidita e tirava della direzione opposta. Era come stringere acciaio.
   In quel braccio di ferro quello che contava era la forza, ed entrambi stavano dando il massimo.
   Con un guizzo Dragunov era riuscito a sbilanciarla, liberandosi dalla sua presa. Nina aveva messo a segno un altro colpo terribile in piena faccia prima di rotolarsi su un fianco e rialzarsi. Si trovò faccia a faccia con la sua preda, squadrandosi l'un l'altra come due lupi pronti ad attaccare. Saltarono in avanti contemporaneamente, ma Dragunov fu più veloce a prenderla e scagliarla contro la parete che la accolse con un tonfo sordo. Alzandosi velocemente in piedi lo vide venire verso di lei, quasi correre, e prima che potesse reagire di nuovo sentì un calcio sullo stomaco che le mozzò il respiro. Ormai all'apice dell'esasperazione, iniziò a lottare guidata dal suo istinto di assassina. Uno, due, tre, quattro schiaffi a palmo aperto e un calcio tra le gambe l'avevano fatto barcollare per un momento permettendole di preparare il colpo decisivo, che però venne parato e ricambiato con un pugno sul mento.
   Nina serrò le mascelle per resistere al dolore, mentre sentiva che il passamontagna le veniva strappato dalla testa, lacerando anche un pezzo di tuta. I capelli biondi rilucerono alla luna e, quando Dragunov vide chi era l'ombra di un sorriso sadico attraversò il suo volto. Un'altra serie di colpi, poi Nina vide il suo fucile cadere a terra e si ritrovò con le braccia dietro la schiena, bloccata come nel giardino d'inverno. Il respiro corto di Dragunov sulla nuca, dietro di lei, le fece venire la pelle d'oca.
   Poi lui le affondò i denti nell'incavo tra il collo e la spalla, lasciato scoperto dalla tuta, mordendola tanto forte da farla gemere. Il dolore si materializzò in tante scintille bianche davanti ai suoi occhi, e per un attimo pensò che fosse riuscito a farla sanguinare. Quando allentò la morsa i denti avevano lasciato una corona livida che andava via via arrossandosi.
   Dragunov risalì il suo collo sfiorandola appena con le labbra, per arrivare vicino al suo orecchio.
   – Sai come mi chiamano? –
   Per la prima volta Nina sentì la sua voce, una voce profonda, con un'inflessione particolare che aveva qualcosa di inquietante.
   – Sai come mi chiamano, djevotchka? – ripeté, intensificando la stretta. Lei provava ancora a dibattersi, ma ogni tentativo era stroncato da uno strattone, che alla lunga diventava sempre più doloroso. Dragunov si avvicinò un po' di più al suo orecchio, soffiando lentamente le parole.
   – Belyi bog smerti.* Nella tua lingua significa "Dio bianco di morte". Io do la morte, ma riesco sempre a sfuggire a lei. E tu, sei uguale a me, tu sei terribile - e bellissima - come una dea. –
   Nina vide il loro riflesso nello specchio, vide Dragunov, quasi osceno mentre posava un bacio sui segni del morso, rivolgersi poi al riflesso per parlarle di nuovo.
   – Però...solo un dio può uccidere un altro dio. E stanotte...tu muori. –
   Faticava anche a comprendere le parole. Sentì uno scatto metallico, e poco dopo la luce lunare stava illuminando una lama a pochi centimetri da lei. Nello specchio, la vide avvicinarsi al suo collo finché non sentì il freddo metallo sulla gola. Chiuse gli occhi e si preparò al peggio, provando per la prima volta la vera paura.
   Una fitta improvvisa - sicuramente non alla gola - le fece riaprire gli occhi mentre sentiva la pelle squarciarsi. Dragunov le stava conficcando quel coltello nel fianco, ma non sembrava avere fretta. Il dolore era insopportabile, e stava tentando con tutte le sue forze di non urlare. Il sangue iniziò a colare sul pavimento, e Nina stava cercando di rimanere cosciente resistendo al dolore ormai atroce.
   Quando la lama venne sfilata e la stretta si allentò riuscì solo a disarmarlo, facendo volare il coltello poco lontano.
   Senza forze, contro quello che ormai era un avversario vero e proprio e non più una semplice preda da cacciare. Nina non aveva potuto immaginare un’impasse peggiore. Dragunov la guardava con un'espressione crudele e divertita allo stesso tempo - poteva fare di lei ciò che voleva, a quel punto.
   Non che si sarebbe arresa facilmente, ovvio.
   – Ce ne sono altri con te? – chiese duro nel suo accento russo. Aveva difficoltà a pronunciare le 't' aspirate ed era questo, insieme alla voce baritonale, a renderlo inquietante. Era a una decina di centimetri da lei, tenendola saldamente per gli avambracci.
   – No. – rispose mettendoci tutto l'odio che aveva. Non doveva dire di Lars, o sarebbe stato tutto inutile.
   – Tu menti. –
   – No. – ripeté per la seconda volta fissandolo nelle iridi artiche. Non sapeva quanto era stata convincente, ma aveva cominciato a tossire. Perdeva sangue e iniziava a respirare a fatica, non sapeva quanto avrebbe resistito.
   – Non scherzare con fuoco, bambolina. – disse in tono quasi calmo.
   Era troppo. Incurante del dolore, Nina gli sferrò un altro calcio tra le gambe. Lui accusò il colpo, perché si piegò leggermente su se stesso dandole occasione di liberarsi della presa e fargli perdere l'equilibrio buttandolo a terra. Con le ultime forze si gettò verso il fucile, rimasto a terra li vicino, e sparò un colpo nella sua direzione. Dragunov strinse i denti, soffocando un gemito - il proiettile l'aveva colpito ad un braccio mentre tentava di rialzarsi.
   Il dolore non contava più niente per Nina ormai, doveva finirlo a tutti i costi. Si trascinò verso di lui stringendo l’arma, colpendolo sul braccio ferito con la punta, e riuscì a immobilizzarlo di nuovo con il suo peso salendogli cavalcioni sulle gambe. Il pavimento si stava riempiendo di sangue, nero alla luce della luna.
   – Hai ragione, siamo uguali – sibilò Nina premendo sotto il suo mento la canna del silenziatore e chinandosi sul suo volto. La sua lingua tracciò una linea dal mento alle labbra, raccogliendo il rosso fresco. – perciò anche tu mi devi temere, dio bianco di morte – disse rialzandosi, quasi sputando le ultime parole.
   Per un secondo si sentì mancare, e capì che doveva fare in fretta.
   Dragunov la guardò negli occhi, assolutamente impassibile, ma Nina potè giurare di aver sentito un verso sordo. Come lampi le ritornarono alla mente i mesi passati a cercarlo, a consumarsi in cerca del riscatto, e proprio ora le sue vene stavano pulsando prepotenti, come ad esortarla a fare quello per cui aveva dato via i suoi equilibri, la sua salute, il suo proverbiale distacco.
   Portò il dito sul grilletto, spostando la canna il corrispondenza del cuore.
   – Ho vinto io. Da svidania, moj Sergei.
[2]

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[1] Не перемещайте: non ti muovere.
*traslitterato da Белый бог смерти
[2] до свидания, мой Сергей: Addio, mio Sergei.
Spero di aver tradotto bene, sono ancora agli inizi^^

 Note abbastanza importanti:
Infra-red è la canzone che mi ha ispirato e spinto a scrivere questa storia. L'atmosfera che ricrea nella mia mente è stata alla base di quasi ogni capitolo.
E poi, lo so, il soprannome di Sergei Dragunov è "angelo bianco della morte", non "dio"...a questo proposito devo dire che l'ispirazione per questa scena l'ho avuta circa tre anni fa, quando ancora non conoscevo vita morte e miracoli di quello che sarebbe diventato il mio preferito di sempre insieme a Nina...consideratela una piccola "licenza letteraria"^^
Ho tentato di condensare tutte le idee che posso aver avuto in tutto questo tempo, anche se purtroppo alcune sono rimaste fuori. Spero di non aver deluso nessuno, perché veramente questa storia è di fondamentale importanza per me. Un enorme grazie a Evilcassy, Nila Gor_kj, The Mad Hatter e Angel Texas Ranger, che hanno mi tirato su il morale in una maniera incredibile con le loro recensioni! Ci rivediamo il 10 ottobre (se non prima) con l'ultimo atto. un bacione enorme a tutti! :*
P.S. Una caramella per chi trova la citazione cinematografica in questo capitolo^^

Miss Trent

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Epilogo

Due giorni in anticipo. Mi sono detta: ora o mai più XD
La citazione cinematografica nello scorso capitolo era la bellissima Catwoman di Michelle Pfeiffer in "Batman Returns", nella scena del vischio (qui il link per vederla su YouTube...spettacolare!). ringraziamenti e annotazioni sono alla fine del (corto) capitolo...enjoy :)

Epilogo



   Lars era appena uscito dagli archivi quando aveva ricevuto il segnale d'emergenza. Con un brivido dietro la schiena aveva visto che si trattava di un codice nero, il che significava che doveva andarsene subito senza cercare Nina, pena essere scoperto. Provò a chiamarla via auricolare, ma senza risposta. Al terzo tentativo una voce di donna rispose incrinata e affannosa.
    Missione completata. Non perdere tempo e vai. 
    Stai bene?  mormorò Lars allontanandosi velocemente dall'edificio.
    Non ce la farei comunque. 
   L'uomo si fermò per un istante prima di riprendere la marcia.
    Grazie.  fu tutto quello che riuscì a dire prima di saltare di nuovo la recinzione. Ora era suo compito far sparire tutte le tracce, per non vanificare il loro lavoro. Stava lasciando molte parole in quel luogo.

   All'alba del mattino seguente il soldato semplice Aleksandr Kerenskij trovò il generale Dragunov riverso a terra nel suo alloggio, in un lago di sangue, con un proiettile conficcato in petto e un altro che gli aveva attraversato il braccio.
   Una giovane donna dai capelli biondi era distesa bocconi su di lui, un fucile di precisione tra le mani e una profonda ferita al fianco. Sul volto, un'espressione assurdamente serena, così diversa da quella vuota che si era congelata negli occhi dell'altro.
   Il militare rabbrividì alla scena, e corse a chiamare i suoi superiori.


   Il sibilo del silenziatore fu appena udibile. Un solo proiettile fu sufficiente a farlo rimanere immobile, gli occhi spalancati dopo l'ultimo battito. Nina vide le sue braccia accasciarsi al suolo prive di forza, la testa girarsi di lato. Vide la macchia scura che si allargava sul suo petto, rapida e spietata.
   Senza ritegno rise, una risata folle e vuota, stroncata subito da una fortissima fitta al fianco. Si era dimenticata di essere così ferita. Il dolore la fece accartocciare su se stessa, mentre ricominciava a tossire. Appoggiò la testa sulla spalla dell'uomo, mentre i respiri si facevano sempre più corti. Si sentiva sempre più debole, sentiva che la linfa vitale la stava abbandonando.
   Ma aveva completato la sua missione.

I was the one who made you crawl.

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 Note abbastanza importanti:
(Mi scuso per le note chilometriche, ma ci volevano...)
   Fine. Strano dirlo. Questa storia mi ha accompagnato per quasi tre anni, tra idee, blocchi dello scrittore, ripensamenti e crisi varie. Non ho mai smesso di pensarci, di pensare a questo mondo che ormai è anche un po' il mio mondo.
   Potrà non essere la mia opera migliore, ma è senz'altro quella a cui sono più affezionata e grazie alla quale sono diventata una fan sfegatata del pairing più meraviglioso di Tekken *.*

   Arrivata a questo punto, non posso far altro che ringraziare con striscioni e coriandoli tutti coloro che hanno letto e commentato lo scorso capitolo, e cioè:
   Evilcassy: un'altra fantastica DraNina fan, non c'è bisogno di dire molto altro...ti stimo, collega! Ci sentiamo prestissimo ;)
   The Mad Hatter: con la citazione ci sei andato vicino...Arancia Meccanica è un assoluto capolavoro, ma quel 'djevotchka' è stato scritto mesi prima che io vedessi il film...non sai che sorpresa quando ho visto questa piccola coincidenza! comunque grazie^^
   Nila Gor_kj: felicissima che ti sia piaciuto! Sulla frase della canzone la penso esattamente allo stesso modo, è la più bella e potente di tutto il testo. Come vedi non poteva mancare, anche se con i tempi cambiati :)
   Angel Texas Ranger: grazie di tutto! :) ah, più leggo la tua LàLà più la adoro, davvero!
   Mimi93: la FSB ha avuto un bel da fare, ma alla fine ce l'ha fatta e mi ha riportato qui! XD non sai che bello ritrovare anche la tua recensione!

   Adesso inizia un periodo di 'pausa forzata' dovuto agli impegni di studio, ma sentirete ancora parlare di me XD
   Grazie di cuore anche a chi ha letto soltanto e chi ha messo la storia nel preferiti! Un abbraccio virtuale a tutti! :)
 

Miss Trent

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