Mobile Suit Gundam D

di Ray
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Ciò che a nessuno interessa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1.5: Il sogno della farfalla ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Ciò che si vede, ciò che non si vede (parte prima) ***
Capitolo 4: *** Intermezzo - Keroro: piano per la conquista subdola! ***
Capitolo 5: *** Capitolo 2: Ciò che si vede, ciò che non si vede (parte seconda) ***
Capitolo 6: *** Capitolo 3: La leggenda del Re Pescatore ***
Capitolo 7: *** Capitolo 4: 'Non esiste belva sulla Terra...' ***
Capitolo 8: *** D-MSV ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Ciò che a nessuno interessa ***


Fuffa legale: Gundam e i nomi correlati sono di proprietà di Sunrise/Sotsu Agency, i creatori originali sono Yoshiyuki Tomino e Hajime Yatate (sì, insomma, chiunque si nascondesse dietro questo nome all’epoca). Lo scritto seguente è realizzato a titolo di sollazzo personale, senza fini di lucro.

Attenzione: chi ha già letto la fanfiction Una Storia di Guerra Qualsiasi, pubblicata su questo stesso sito, può anche evitare il primo capitolo di Gundam D. Che è, all’atto pratico, una director’s cut di quel racconto, con gli errori corretti e le note conclusive riviste. Qualcuno si sarà anche accorto che ho sovrascritto quella stessa storia, senza creare uno spazio apposito per Gundam D. Mi sembrava la cosa più logica da fare. I capitoli oltre il primo, invece, sono completamente inediti e ne rappresentano un seguito.

***

CAPITOLO 1: CIÒ CHE A NESSUNO INTERESSA

***

Il cielo era nuvoloso. La foresta era silenziosa. Una pioggia rada e leggera cadeva tra gli abeti.

La foresta era silenziosa. La maggior parte degli animali che la abitavano era già caduta in letargo e gli altri erano migrati verso sud, come l’istinto ordinava loro di fare da generazioni, seguendo le rotte dei loro antenati. Era incredibile come questo stesso istinto portasse gli animali a migrare ogni anno nello stesso periodo. Sembrava quasi che viaggiare fosse l’unico modo per scampare alla morte.

Anche per gli esseri umani era stato così.

O almeno, questo era quanto alcuni avevano pensato. In realtà, per l’umanità, l’inizio della migrazione era coinciso con la fine di quella pace che la nascita della Federazione Terrestre sembrava avere garantito definitivamente.

Un tuono squarciò il silenzio. Poi un rumore ritmico, battente, pesante. Sempre più pesante man mano che si avvicinava. Gli alberi si piegarono sotto la forza del gigante metallico che correva; l’enorme macchina antropomorfa, muovendosi con un’agilità impensabile per le sue dimensioni, abbatteva piante a ogni passo. Era un mobile suit. Sulle sue spalle e sulla sua testa erano stati attaccati rami e fronde; tutto il suo corpo era stato macchiato di fango e terra. Nonostante questo, il goffo tentativo di mimetizzarlo non era riuscito a coprire completamente il suo colore bianco, né il rosso del torace.

All’improvviso, un altro rumore, più minaccioso del tuono, più minaccioso del ritmico battito del passo della macchina, esplose in aria. Una mitragliatrice da 120 mm. era molto più grossa di quella che un essere umano avrebbe potuto impugnare. E molto più rumorosa. Spinto in aria dai razzi nel backpack, un altro mobile suit stava scaricando la propria arma da fuoco contro il primo. Questo secondo gigante meccanico era verde; quando il suo balzo gli fece superare il bersaglio, smise di sparare e atterrò esattamente davanti al suo avversario.

Il mobile suit bianco e rosso si bloccò di colpo; senza aspettare un secondo, portò la mano destra alla gamba. Dal fianco dell’arto inferiore si aprì un vano, dal quale estrasse un piccolo cilindro metallico; un attimo dopo, da esso scaturì un fascio di luce violacea, che, stabilizzandosi, assunse una forma che ricordava la lama di una spada. Senza perdere tempo, approfittando del fatto che il mobile suit verde era appena atterrato, il bianco scattò in avanti, agitando la beam saber. Sembrava sapere di essere troppo lontano per colpire effettivamente il nemico, ma ottenne comunque il proprio scopo: la canna della mitragliatrice fu tagliata a metà.

La macchina verde balzò di nuovo, stavolta all’indietro. Apparentemente, il pilota si era reso conto di avere perso il proprio vantaggio: lasciò cadere quello che restava della sua arma da fuoco, mentre l’unico occhio brillante del suo gigante antropomorfo si fissava sul nemico, e portò la mano alla cintola, staccandone la grossa accetta che vi era fissata. L’heat hawk sibilò sinistramente, mentre la sua lama prendeva a riscaldarsi e le gocce di pioggia evaporavano man mano che vi cadevano.

I due mobile suit sembrarono studiarsi per un lunghissimo istante; poi, caricarono l’uno verso l’altro.

Fu un attimo: prima ancora che chiunque potesse rendersi conto di cosa stesse succedendo, un nuovo rumore tonante squarciò l’aria, seguito da una luce più intensa di quella di un lampo.

Il mobile suit verde fu sbalzato violentemente a terra, mentre il suo braccio destro e la sua testa, insieme con parte del suo torace, finivano in frantumi, trasformandosi improvvisamente in un ammasso di lamiere informi e metallo fuso. A circa seicento metri di distanza, anch’esso coperto di fango e fronde, un altro mobile suit aspettava che gli enormi cannoni montati sulle sue spalle si raffreddassero, prima di muovere i possenti cingoli che aveva al posto delle gambe.

Al suo interno, un fumo denso e puzzolente opprimeva l’abitacolo. Ne uscì solo quando il boccaporto principale si aprì.

Il sergente Graham Locke tirò una profonda boccata d’aria, subito seguita da una serie di colpi di tosse che gli sembrò interminabile. Del resto, per uno come lui, un trentenne che aveva iniziato a fumare solo dopo essere diventato pilota perché gli avevano detto che aiutava a scrollarsi di dosso la tensione, tapparsi in un ambiente ristretto con una sigaretta in bocca era una specie di suicidio.

Respirò l’aria della foresta a pieni polmoni, ringraziando qualsiasi dio gli venisse in mente per essere sopravvissuto. Non tanto alla battaglia, ma alla sigaretta. Si stese quanto più poteva sul sedile e fece per passarsi una mano tra i capelli. Li aveva sempre avuti lunghi, e tendeva a dimenticarsi che glieli avevano fatti tagliare al momento di arruolarlo. Quello che lo distrasse da questi pensieri fu il gracchiare della radio. Sapeva già cosa gli sarebbe stato detto. In realtà, aveva sperato che le particelle Minovsky impedissero questa comunicazione.

"Sei una testa di cazzo immensa", disse una voce di donna, evidentemente seccata, proveniente dalla radio. "Lo so", rispose Graham senza scomporsi troppo. "Preferivi che ti lasciassi da sola a vedertela con quello Zack? Controlla se il pilota è vivo, piuttosto, credo che al comandante non dispiacerebbe avere qualche informazione sui nuovi modelli di mobile suit che sono stati avvistati da queste parti". "Ribadisco che sei una testa di cazzo", ripeté la donna. "E, per rispondere alla tua domanda, sì, avrei preferito che mi lasciassi sola a vedermela con quello Zack. Ti rendi conto di cosa hai rischiato?". Graham ruotò gli occhi al cielo: "Tranquilla, non ho rischiato niente. Ho sparato solo quando vi siete trovati a una distanza tale che non avrei potuto colpirti per sbaglio". "Non è questo il punto!", esplose la donna, stavolta apparentemente sul punto d aggredire verbalmente l’uomo, "Ti sei dimenticato che questi affari funzionano con un reattore atomico? Cosa sarebbe successo se l’avessi preso? Anche se ci hanno appena consegnato questi modelli, non dovresti sottovalutare un fatto del genere!". "Ma dai!", cercò lui di buttarla sul ridere, "Non mi dirai che la mia dolce Dolly si è arrabbiata". "Non sono dolce e non sono tua", fu la risposta. "Tra l’altro, non ricordo di averti mai autorizzato a chiamarmi Dolly. E adesso diamoci un taglio con le stronzate, torniamo al campo base".

***

"Vedrò di essere chiaro", disse il tenente Ridley puntando gli occhi sul pilota di Zeon seduto sulla sedia all’interno della sua tenda da campo, "Ho bisogno che tu mi dia alcune informazioni. Se non lo farai, be’, chissà". Lanciò un’occhiata all’enorme uomo biondo che, con indosso un’uniforme federale che sembrava doversi strappare da un momento all’altro sotto la pressione dei suoi muscoli, stava dietro il prigioniero. Lo zeoniano girò la testa verso le proprie spalle, guardando il grottesco mix tra stazza enorme, biondi capelli a spazzola e piccoli occhi porcini del soldato nemico. Sembrava che, contrapposto al viso franco e rassicurante di Ridley, fosse stato portato lì apposta per fare il giochino del ‘poliziotto buono-poliziotto cattivo’. Ancora nella sua normal suit, dopo solo essersi tolto il casco, il pilota di Zeon pensò fosse una buona idea non farsi impressionare: "Non credo che mi farete ‘chissà’. Mi aspetto che la mia permanenza presso di voi venga gestita secondo il Trattato del Polo Sud". "’Sti cazzi del Trattato del Polo Sud", replicò il tenente fissando il pilota nei suoi freddi occhi azzurri, "Non l’ho mica firmato io!".

Ridley non era imponente, ma dava l’impressione di esserlo. Aveva praticato equitazione fin da bambino e il suo portamento eretto e il suo passo misurato lo facevano sembrare più alto di quanto non fosse in realtà. Non aveva avuto bisogno di tagliarsi i capelli, una volta arruolatosi: a trentasei anni, l’alopecia aveva già trasformato la sua testa in qualcosa di molto simile a una palla da biliardo.

Per contro, il soldato di Zeon, non sembrava molto intimidito da quell’interrogatorio. Doveva essere alto più o meno quanto Ridley, ma il suo fisico esile non lo aiutava a sembrare più grosso. I suoi capelli neri, corti e appiattiti sulla testa, gli davano un’aria da studente modello appena diplomato.

"Allora, vediamo di rifare daccapo", riprese il tenente, "Nome e grado?". "Sergente Matthew Meyer", rispose lo zeoniano con tono di voce chiaramente seccato.

"Oh, bene. Ora, sappiamo dov’è il vostro quartier generale in questa zona, ma non conosciamo l’esatta entità delle sue forze. Dovresti dirmi quanta gente c’è e di quali mezzi dispone".

"Non prendermi in giro, dai… Non so quanta gente ci sia, non li ho mai contati. Solo alcuni ufficiali hanno accesso ai registri con il numero esatto. Riguardo ai mezzi, pensi davvero che ti darei un’informazione del genere?".

"No che non lo penso. Però credo anche che non abbiate molto, altrimenti i tuoi compagni si sarebbero già messi in moto dopo aver trovato i tre mobile suit che abbiamo abbattuto oggi. Allora cambio la domanda. Tra i mobile suit della squadriglia con cui eri tu c’era un modello che non ho mai visto, quello con l’antenna di comando sulla testa. Cos’era esattamente?".

"Vuoi il nome? MS-07B, credo. Mi pare lo chiamassero così".

"No, voglio sapere che armi monta. Potenza del generatore, autonomia, mobilità al suolo… Cose di questo tipo".

"Non lo pilotavo io, quindi non lo so. Non mi vado a leggere le specifiche tecniche, mi rendo conto delle prestazioni di un mobile suit quando metto il culo sul sedile. In compenso, posso snocciolarvi tutte le caratteristiche di quello che avevo io e che mi avete distrutto, un fiammante MS-06J Zack II. Che ne dite?".

"Che sei uno stronzo. Sai benissimo che la Federazione conosce perfettamente quel modello. E ti dico anche che secondo me tu sai molte più cose di quelle che ci vuoi dire".

Ridley non fece in tempo a fare un’altra domanda: una donna in uniforme federale entrò nella tenda. Aveva un’aria di sufficienza sul volto. Più che una subordinata che si presentasse a un ufficiale, sembrava una ragazza che lanciasse un’occhiata di superiorità a un pretendente rifiutato. I suoi lunghi capelli neri, pettinati all’indietro e raccolti in una treccia, dei quali un singolo ciuffo ricadeva sul viso, sembravano sottolineare la sua espressione, accentuando l’idea che fosse molto seccata per il fatto di trovarsi lì.

"Tenente, è arrivata la persona che aspettavamo", disse la donna puntando su Ridley i suoi occhi verde scuro. "Era ora!", esclamò l’uomo allargando le braccia con un’espressione sollevata. "Non mi sembrava proprio il caso di restare ulteriormente in zona. A quest’ora gli zeoniani ci staranno già dando la caccia, dobbiamo levare le tende al più presto. Ah, una cosa", aggiunse Ridley rivolgendosi a Meyer, "Questa qui – indicò la donna appena arrivata – è quella che ha abbattuto i tuoi compagni. Come ti senti all’idea che una squadra di piloti di Zeon sia stata tirata giù quasi interamente da una donna?". "Fai un po’ tu", rispose il pilota sogghignando. "Mi sento come uno che la stava inseguendo mentre lei se la dava a gambe…". "Avevo con me solo il bazooka gun e me l’hai tolto avvicinandoti mentre bersagliavo i tuoi compagni!", ritorse la giovane acidamente. "Era inutile affrontare un altro nemico quando sapevo che un commilitone era appostato lì vicino". "Sì?", domandò Meyer canzonatorio, "E avevi previsto che lui mi avrebbe sparato rischiando di coinvolgerti nell’esplosione del reattore nucleare del mio Zack? E hai accettato il rischio per farmi fuori?". "Lascialo perdere, Dolores", disse Ridley uscendo dalla tenda. "Non metterti a fare discussioni con un tizio che si è fatto tirare giù come un pivello. Dagli un occhio mentre io vado dal messaggero".

***

Il messaggero era un ragazzo sui vent’anni. O almeno così sembrava. Una profonda cicatrice gli attraversava la guancia destra e i suoi arruffati capelli castani erano pieni di polvere e bagnati dalla pioggia. Era arrivato su di una jeep a tetto scoperto piuttosto malridotta. I suoi vestiti civili, sporchi e impolverati, non avrebbero mai fatto pensare a un soldato federale. Il che era proprio ciò che ci si augurava.

Nonostante fosse palesemente più giovane di Ridley, e, con tutta probabilità, anche inferiore in grado, non si fece problemi a dire quello che gli passava per la testa: "Tenente, posso chiederle se è completamente rincoglionito?". "Non è che avessi molta scelta… Non potevamo fare altrimenti", rispose l’uomo più anziano scuotendo il capo. "Me lo auguro", ritorse il nuovo arrivato. "Spero che lei capisca che attaccare una pattuglia in pieno territorio nemico, tra l’altro mentre ci si trova qui solo per spostarsi da una zona a un’altra, è un’idiozia che nemmeno il più ingenuo dei soldati commetterebbe".

"Quella pattuglia si stava dirigendo in questa direzione. Avrebbe scoperto il nostro campo, non potevamo permettere che trasmettesse la nostra esatta posizione al comando, né eravamo in grado di andarcene senza essere notati".

"Se gli zeoniani hanno trovato i rottami, saranno già sulle vostre tracce, ormai sanno benissimo che siete in zona. Dovete andarvene al più presto".

"Grazie per la sua incredibile abilità nel dedurre l’ovvio. Stavamo aspettando solo lei, a dire la verità. Non è che organizzare un rendez vou nel bel mezzo del territorio nemico sia il massimo dell’intelligenza, d’altra parte…".

"Tenente, devo ricordarle che l’unità della quale facevate parte lei e i suoi uomini è stata sterminata due settimane fa in Svizzera? Al tempo, riuscimmo solo a farvi pervenire l’ordine di muovervi verso est e sa bene che i dintorni di questa zona sono troppo pieni di particelle Minovsky perché le comunicazioni radio funzionino decentemente. Non c’era altro modo per farvi avere gli ordini".

"Che sarebbero?".

"Continuate a muovervi. Dovete arrivare in Ucraina entro un mese. Stiamo radunando lì le nostre truppe provenienti dall’Europa e dall’ovest dell’Asia. Dovete arrivare nei pressi di Odessa: una volta lì, riceverete nuovi ordini".

"Un raduno di truppe? Significa che stiamo preparando un contrattacco in grande stile?".

"Nemmeno io conosco i dettagli. Fatto sta che i capoccioni vogliono mettere insieme una gran quantità di soldati, quindi stanno dirigendo a Odessa tutte le squadre che non hanno compiti inderogabili. A proposito, come siete messi a mobile suit?".

"Discretamente. Abbiamo due GM e un Guntank. A proposito, se passa da Juburo, potrebbe dire che colorino decentemente questi affari? Come facciamo a mimetizzare una macchina antropomorfa di diciotto metri bianca e rossa?".

"Tenente, lei pensa che io passi da Jaburo per fare le vacanze? Non ci sono mai stato in vita mia, e non ho in programma di andarci. Non decido io come colorare i mobile suit. Ah, a proposito… Non so quanto le possa interessare, ma il comandante dell’Armata di Occupazione del Nord America è morto in battaglia".

"Cosa?". Ridley era sinceramente sorpreso. Aveva sentito dire che il comandante dell’Armata di Occupazione del Nord America era il figlio minore del reggente di Zeon e non si aspettava che partecipasse effettivamente alle azioni. "Questa sì che è una notizia! Sarà un duro colpo per il nemico".

"Già, probabile. Pare che stiano trasmettendo il suo funerale in diretta per tutta la Sfera Terrestre. È un peccato non avere un televisore sottomano. La cosa più strana è che sembra sia caduto durante uno scontro con una sola nostra corazzata il cui equipaggio è costituito da dei ragazzini".

"Ma scherza?".

"Magari. Ormai sono morti tanti di quei soldati, che non possiamo fare a meno di mandare sul campo chiunque sia in grado di imbracciare un fucile. Però pare che quei ragazzini stiano veramente facendo sfracelli, pur avendo solo tre mobile suit a bordo. Dicono siano sfuggiti un paio di volte al famoso Cometa Rossa e adesso, con questo casino che hanno combinato, si tireranno dietro mezzo esercito di Zeon. Il che, considerato che mi risulta siano stati dati anche a loro gli stessi ordini che io sto dando a voi, potrebbe tornarci utile. Sa che hanno anche loro un Guntank?".

"Come il nostro?".

"No, credo che il loro sia il prototipo, mentre la vostra sarà la variante prodotta in serie. Comunque sia, è meglio che vi mettiate in viaggio al più presto. Ah, aveva detto che avete con voi un prigioniero, no?".

"Già. Lo prende in consegna lei per portarlo al quartier generale?".

"Scherza? Io da solo? Guardi che non abbiamo un quartier generale qua vicino, ho dovuto fare un viaggio piuttosto lungo per arrivare. Non potrei mai assumermi da solo la responsabilità di un prigioniero. Potete solo portarvelo dietro fino a Odessa. La cosa migliore, a dire la verità, sarebbe ammazzarlo dopo averlo fatto parlare, ma il Trattato del Polo Sud lo proibisce… Solo che… come dire… non credo che sulla strada da qui a Odessa troverete molta gente disposta a controllare che lo rispettiate. Con questo non vi sto dicendo di uccidere effettivamente il prigioniero, beninteso… Però gli incidenti possono sempre capitare, no?".

"Ammiro l’abilità di certa gente di tenere il piede in due scarpe e di fare passare un consiglio esplicito per un velato suggerimento, tra l’altro con parole alquanto banali".

"Che vita ingiusta, eh? Comunque sia, si accerti di memorizzare le coordinate che le fornirò ora: sono quelle del punto esatto in cui dovete dirigervi…".

***

"Era solo questione di tempo", mormorò il capitano Augusto Schroeder, seduto sui talloni, esaminando l’enorme impronta sul terreno fangoso. Mentre la pioggia notturna picchiettava sulla sua uniforme di ufficiale di Zeon, si alzò in piedi, raddrizzando la schiena. Aveva l’impressione che un comandante dai lunghi capelli color acciaio, con la sua rada barba mal curata e qualche ruga di troppo attorno agli occhi, desse un’impressione di debolezza ai suoi soldati. Era anche per questo che spesso usciva con loro in missione o in pattuglia: riteneva fosse fondamentale dare prova di forza e affidabilità ai propri uomini.

Uno di loro, un sergente di bassa statura a cui il naso aquilino conferiva un volto molto simile a quello di un uccello da preda, si avvicinò al suo superiore: "Dobbiamo quindi assumere che le voci provenienti da diversi fronti europei siano veritiere…". "Già", si limitò a rispondere Schroeder scuotendo il capo e muovendosi verso i fari della jeep alle proprie spalle. Dietro alla jeep, delle sagome che l’oscurità non riusciva a coprire. Due Zack II e un Gouf si stagliavano in tutta la loro altezza. Era solo questione di tempo, si ripeté il capitano tra sé e sé. Prima o poi, anche la Federazione doveva arrivare a impiegare dei mobile suit prodotti in serie. Il cannone che era stato trovato vicino ai primi due mobile suit abbattuti non lasciava dubbi circa cosa lo avesse impugnato. E il fatto che il secondo Zack distrutto fosse in un’altra posizione, con dei danni differenti sul corpo, doveva voler dire che i mobile suit federali erano più di uno.

"Diamoci una mossa!", esclamò Schroeder sedendo sulla jeep, mentre il sergente dal naso aquilino si metteva al posto di guida, "Le previsioni del tempo dicono che potrebbe nevicare da un momento all’altro e i terrestri sono più abituati di noi alle condizioni climatiche mutevoli di questo pianeta. Sicuramente stanno approfittando della notte per spostarsi, non possiamo permetterci di concedere loro un ulteriore vantaggio". "Non dovremmo avvisare il quartier generale della posizione approssimativa dei bersagli?", domandò il sergente. "Potrebbero comunicarla anche alle altre nostre truppe di stanza nei paraggi". Il capitano si fermò per un attimo. Ci aveva già pensato, ma era giunto a un’unica conclusione: sarebbe dovuto tornare lui personalmente al quartier generale, perché era fuori discussione rimandare indietro un mobile suit quando non si conosceva esattamente l’entità delle forze nemiche. E questo era contrario alla sua filosofia di comando. Restò in silenzio per qualche secondo, ponderando la situazione, poi si rivolse al sergente: "Hai ragione, torniamo indietro. Lasciamo che siano i mobile suit a dare la caccia al nemico, tanto con questa jeep non potremmo fare alcuna differenza".

A volte il buon senso doveva prevalere sulle convinzioni poco pratiche, pensò.

***

La luce rosata dell’alba si rifletté sul visore del GM, accovacciato tra le cime degli alberi. Contrariamente alle previsioni, le condizioni atmosferiche avevano lasciato il passo a una timida schiarita, che aveva però tutta l’aria di un preludio alla tormenta che si stava preparando.

Nell’abitacolo del suo GM, Dolores respirava lentamente, quasi che il ritmo dei suoi polmoni potesse influenzare in qualche modo il camuffamento del mobile suit. La sua attenzione era tutta per il monitor davanti sé: la telecamera principale del GM avrebbe dovuto mostrarle immagini del nemico da un momento all’altro.

Sul braccio sinistro del mobile suit era fissato uno scudo; nel suo pugno destro, un’arma sperimentale, che pochissimi altri avevano usato.

Il nemico era vicino: le rilevazioni non lasciavano dubbi.

Solo qualche minuto prima, il sonar da terreno dell’Hover Truck aveva segnalato la presenza di tre mobile suit in avvicinamento, probabilmente Zack. Evitarli era ormai fuori discussione: conoscevano il posto, quindi non avrebbero fatto troppa fatica a riprenderli. Era molto meglio eliminarli subito, anche se questo significava perdere tempo, e probabilmente permettere ad altre squadre di ricerca di avvicinarsi. Meglio far fuori i nemici uno per uno che affrontarli tutti insieme, a questo punto.

I tre mobile suit federali si erano disposti a triangolo, sfruttando gli alberi per coprirsi: il Guntank si era sistemato al centro, mentre su ciascun lato c’era un GM. L’idea era semplice: lasciare che Gli Zack si avvicinassero, per poi tenerli sotto tiro con i GM e permettere al Guntank di finirli.

All’interno dell’Hover Truck, posizionato immediatamente dietro al Guntank, Ridley leggeva le rilevazioni del sonar. Gli zeoniani si stavano avvicinando, senza dubbio. D’altra parte, non dovevano avere modo di conoscere la loro posizione. Il tenente si alzò dalla propria postazione (il soldato biondo che lo aveva aiutato durante l’interrogatorio era al posto di guida) e si avvicinò a Meyer, seduto per terra con le mani e i piedi legati. "Voialtri zeoniani avete un modo per sapere se ci sono dei mobile suit nei paraggi?", domandò chinandosi verso il prigioniero. "Facciamo la conta", rispose quello con aria di sufficienza. "Non fare lo stronzo", sibilò il tenente avvicinando ulteriormente la propria faccia a quella del nemico, "Ti stavo chiedendo se disponete di qualche sistema di rilevazione che possa aggirare il problema delle particelle Minovsky". Il sergente non sembrò per niente impressionato: "Penso di avere capito cosa vuoi fare. Dev’essere una scena come quelle che si vedono nei film: tu avvicini la faccia alla mia, così io ti sputo e poi mi tiri uno schiaffo, giusto?". "Schiaffo?", Ridley si rialzò. "Se non mi dici quello che voglio sapere, ti riempio di sberle. Tra l’altro, ti faccio notare che a te conviene più che noi si vinca questo scontro. I tuoi compagni là fuori si immagineranno di certo che tu sia nostro prigioniero, ma dubito che tratterranno il fuoco per questo. E noi siamo abbastanza vicini al Guntank: se dovesse esplodere il suo reattore nucleare, resteremmo coinvolti nello scoppio. Che ne diresti di collaborare?". "Argomentazione convincente", ammise Meyer scuotendo il capo. "Ma ho paura di non poterti aiutare: dovresti già sapere che noi usiamo prevalentemente i Dopp e i Luggun per scovare le posizioni nemiche. Non ti sto dicendo niente di nuovo, no?".

Ridley sorrise. Questa era una buona notizia, ammesso che il prigioniero stesse dicendo la verità. Il giorno stava appena spuntando, quindi gli aerei da ricognizione non potevano essere stati ancora impiegati. Ma c’era la possibilità che stessero arrivando. Tornò rapidamente al monitor del sonar. I mobile suit di Zeon si stavano avvicinando. Era ovvio che non conoscessero la posizione dei federali, altrimenti li si sarebbe visti allargarsi molto prima, per circondare uno dei GM. Allo stesso modo, non dovevano contare sull’intervento di un supporto aereo; visto che stava facendo giorno, tanto sarebbe valso aspettare questo tipo di aiuto, piuttosto che rischiare di buttarsi tra le braccia del nemico. O forse erano semplicemente imprudenti, o avevano un limite di tempo da rispettare. Quale che fosse la ragione, gli zeoniani stavano cadendo in trappola in maniera praticamente perfetta.

***

Dolores guardò i movimenti dei tre mobile suit. Nonostante la vegetazione li intralciasse, riuscivano a spostarsi abbastanza agevolmente. Il nuovo modello, tutto sommato, non sembrava troppo diverso da uno Zack II: gli mancava la copertura sulla spalla destra e non aveva la classica protezione bombata e spinata sulla sinistra. Sembrava disarmato, a eccezione di uno scudo, dalla cima del quale spuntava un manico. Ecco, l’arma doveva essere quella. Pareva però incapace di combattere a distanza. Era stato colorato con una tinta mimetica verde e nera, come i due Zack che lo accompagnavano. Uno di essi impugnava la tipica mitragliatrice di quel modello, ma ciò che la preoccupava era l’altro: reggeva tra le mani un cannone che sembrava essere stato prelevato da un Magella Attack. Ma, d’altra parte, nessuno di quei mobile suit avrebbe potuto rappresentare un vero problema, se il piano fosse andato come era stato programmato.

Dolores, poi, era fiduciosa: nella mano destra del suo GM c’era un beam rifle. Un’arma sperimentale, le era stato detto: pochissimi mobile suit erano in grado di impugnarla, perché si collegava direttamente al generatore principale e necessitava quindi di un’enorme quantità di energia per funzionare. In compenso, nessuna difesa convenzionale poteva proteggere da un suo colpo: basandosi sugli stessi principi dei cannoni delle corazzate, scagliava contro il nemico un fascio di particelle Minovsky che si insinuava nella materia a livello molecolare. Se un beam rifle colpiva, distruggeva: era una regola immutabile, un dogma del campo di battaglia.

I tre mobile suit di Zeon si avvicinavano a grandi passi: sembravano inconsapevoli della presenza del nemico. Presto avrebbero superato la posizione dei due GM: quello sarebbe stato il segnale che l’operazione poteva cominciare.

All’improvviso, i mobile suit si fermarono. Cosa diavolo era successo? Dolores deglutì. Desiderò di poter sentire cosa si stessero comunicando i piloti: come potevano essersi accorti di qualcosa?

Poi se ne accorse anche Dolores.

Un fiocco di neve cadde passando proprio davanti al visore del GM.

Stava nevicando. Non era la prima volta che Dolores vedeva la neve. Anzi, era stata una costante un po’ per tutta la sua vita. Nata in Ucraina da padre irlandese e madre portoghese, si era trasferita in Olanda che non aveva avuto nemmeno tre anni. A causa del lavoro dei suoi genitori, da piccola aveva traslocato più volte, girandosi un po’ tutta l’Europa centro-settentrionale. E la neve tendeva ad accumularsi. Considerato che i mobile suit suo e dei suoi compagni erano nascosti tra gli alberi sfruttando la colorazione, la neve avrebbe potuto delineare la loro figura, se si fosse accumulata eccessivamente addosso a loro. Quel che era peggio, evaporando per il calore generato dai rettori nucleari, avrebbe inevitabilmente attratto l’attenzione.

Ora gli zeoniani si sarebbero mossi con più cautela: per loro la neve era una novità. Per la verità, Dolores aveva sentito dire che in alcune colonie veniva usata della neve artificiale, ma erano nevicate previste e mirate, che non causavano troppi disagi alla popolazione. Anche se quegli zeoniani avevano visto qualcosa di simile alla neve, non erano abituati a combatterci contro. Non avrebbero permesso ai federali di avvantaggiarsene.

I tre mobile suit di Zeon non si muovevano più. Sembravano aspettare qualcosa. Dovevano avere avuto la stessa idea di Dolores: se il territorio si fosse coperto di neve, per il nemico sarebbe stato più difficile nascondersi e avrebbe lasciato tracce più evidenti. E avevano deciso di aspettare perché il ritmo della nevicata stava aumentando. A giudicare da quei primi, timidi fiocchi, nessuno avrebbe detto che potesse cominciare a scendere tanto fitta in così poco tempo.

All’improvviso, un fragore assordante, subito seguito da un sollevarsi di terra. Graham aveva sparato. Doveva avere pensato più o meno la stessa cosa. Anzi, i lunghi cannoni del suo Guntank, che riuscivano a nascondersi a malapena nel fitto della vegetazione, sarebbero stati ancora più evidenti con la neve.

Adesso era il momento di pensare con calma. Dolores restò immobile. Controllò che nemmeno l’altro GM si muovesse. Niente, sembrava non volersi spostare di un millimetro. Forse Graham lo aveva previsto e aveva sparato per fare da esca: se la sua presenza doveva essere scoperta per prima, tanto valeva cercare di attirare il nemico laddove i compagni avrebbero potuto colpirlo più facilmente. Ora i mobile suit di Zeon dovevano avanzare. Sarebbe bastato qualche metro, quel poco necessario a farli entrare nell’area d’azione concordata nel piano iniziale.

Non accadde nulla di quanto si aspettava. Lo Zack con la mitragliatrice fece un passo avanti, si inginocchiò a terra e aprì il fuoco, sventagliando la propri arma a destra e a sinistra. Fuoco di copertura, ovviamente. O forse no. Dolores capì cosa stava succedendo quando vide l’altro Zack appoggiare il cannone sulla spalla del compagno. Non era solo fuoco di copertura. Aveva sfoltito la vegetazione. Aveva esposto il Guntank.

Il GM di Dolores balzò fuori dal proprio nascondiglio e fece fuoco con il beam rifle. Nel momento stesso in cui il dito del mobile suit premette il grilletto, il cannone dello Zack sparò un colpo.

Lo Zack con il cannone fu trafitto dal raggio purpureo all’altezza del torace. Se Dolores avesse voluto mirare direttamente all’abitacolo, senza fare esplodere il reattore, non sarebbe riuscita a colpirlo con maggiore precisione. Il grosso mobile suit verde barcollò; fece qualche passo, mentre il suo balancer cercava di mantenerlo in equilibrio. Ma, senza un pilota a compensare quei movimenti, si accasciò inerte sul fianco sinistro.

Il nuovo modello si girò immediatamente verso Dolores; lo Zack con la mitragliatrice si alzò in piedi, apparentemente pronto a fare altrettanto, quando dei colpi sparati da un’arma a ripetizione lo indussero a voltarsi nella direzione opposta: il secondo GM era anch’esso uscito dal proprio nascondiglio e stava facendo fuoco sul nemico.

Dolores alzò il beam rifle e puntò. Il suo avversario non portava armi per il combattimento a distanza, quindi poteva approfittare di quella manciata di metri che li separavano per mirare con cura, in modo da non colpire il reattore. O almeno, così aveva creduto. Il mobile suit con lo scudo alzò il braccio sinistro. In un lampo, il rumore ritmico e cacofonico di un’arma a ripetizione squarciò l’aria. Il nuovo modello aveva sparato dalle dita.

Colpito al petto, il GM di Dolores barcollò, facendo qualche passo indietro; stringendo i denti, la donna agì rapidamente sui comandi, riguadagnando l’equilibrio. Aveva fatto male a giudicare dalle apparenze: senza ulteriori indugi, aprì il fuoco con il beam rifle. Il raggio di energia purpurea sibilò nell’aria, mentre il mobile suit si spostava sulla destra e afferrava il manico che spuntava da sopra il suo scudo, estraendo un’enorme spada dalla lama ricurva.

La lama dell’arma descrisse un ampio arco in aria, andandosi a conficcare nello scudo che il GM aveva alzato sopra la propria testa. Il pilota nel nuovo mobile suit probabilmente pensò di avere vinto: a quella distanza ravvicinata, il suo avversario non poteva certo sparare con il beam rifle, mentre lui poteva tranquillamente usare la mitragliatrice da 75 mm. montata in ciascun dito della mano sinistra del suo mezzo antropomorfo.

Il rumore sibilante di un raggio risuonò nuovamente nell’aria. Per un attimo, il pilota del mobile suit di Zeon non capì cosa fosse successo esattamente: il federale non poteva avere usato il fucile a quella distanza. Quando sentì la propria macchina cadere violentemente sulla schiena, vide un cilindro nella mano del nemico. Da quel cilindro, un fascio di energia purpurea sembrava tagliare in due l’aria. Una beam saber. Una veloce analisi dell’avversario gli permise di visualizzare un vano aperto nella gamba destra, all’altezza del polpaccio. Ecco da dove l’aveva presa. Dopotutto, anche i mobile suit federali avevano qualche sorpresa da nascondere.

Dolores si avvicinò con circospezione al mobile suit a terra. Lo aveva colpito al fianco, cercando di non prendere il reattore per evitare di essere coinvolta nell’esplosione, ma sembrava non avesse causato gravi danni. Alzò la beam saber e si preparò a troncare di netto il braccio sinistro: giudicò che fosse buona idea prendere prigioniero il pilota, ma prima era necessario rendere inerme la macchina.

Si prese una frazione di secondo per pensare.

Il mobile suit zeoniano usò quella frazione di secondo per sollevare appena il braccio sinistro, quel tanto che bastava per puntare le canne di mitragliatrice contro il nemico.

Il GM sventolò la beam saber, tranciando di netto le quattro dita più avanzate della mano che le stava venendo puntata contro. Una raffica di proiettili proveniente dal pollice sfiorò la testa del mobile suit federale, graffiandone il fango e la vernice. La mano del mobile suit riverso al suolo scoppiettò e le quattro dita tranciate lasciarono partire un mucchio di schegge infrante.

Il movimento del braccio del GM lo portò a porsi trasversalmente rispetto al torso del mobile suit stesso; fu allora che lo zeoniano alzò il braccio destro. Da un minuscolo foro in corrispondenza del polso, come un serpente disturbato nella sua tana, schizzò un cavo metallico.

Dolores alzò il braccio sinistro, in modo che lo scudo fermasse il cavo.

Invano.

Il cavo si serrò saldamente attorno al polso destro del GM.

Per un attimo, Dolores si sorprese, fu quasi indignata per quello che era successo. Aveva previsto che ci fosse qualche arma nascosta nel braccio destro del nemico: per questo si era preparata a muovere lo scudo in anticipo. Ma non ci era riuscita. Per qualche motivo, la reazione del GM era stata maledettamente lenta. Era ovvio che il pilota zeoniano aveva contato di distrarre l’avversario con la mitragliatrice a cinque canne nella mano sinistra, per poi attaccare con il cavo nel braccio destro. Quello che seccò maggiormente Dolores fu che lei lo aveva previsto. E non era comunque riuscita a evitarlo.

Non fece nemmeno in tempo a collegare fra di loro questi pensieri: scariche di elettricità percorsero i monitor e le strumentazioni nell’abitacolo del GM; Dolores stessa subì parte della tensione che correva per il mobile suit, arrivando a lanciare un gridolino che esprimeva più disappunto che dolore. Quindi quel cavo serviva per mandare in corto circuito le componenti elettroniche dei mobile suit avversari? Mentre il monitor principale si oscurava, vide il tettuccio dell’abitacolo incrinarsi sotto un colpo e avvertì che il GM stava cadendo all’indietro. L’impatto con il terreno fu più doloroso per l’orgoglio che per il corpo, ma in quel momento Dolores giudicò che il corpo fosse più importante.

"Merda!", sibilò, mentre i due monitor laterali le permettevano di vedere solo gli alberi attorno a sé che si coprivano di neve. Sul monitor di sinistra comparve la console touch screen che gestiva i sistemi del mobile suit. Dolores fece volare velocemente le dita sui tasti, cercando di attivare i collegamenti ausiliari con la telecamera principale: doveva assolutamente riavere il monitor centrale.

Sentiva il mobile suit nemico che si rimetteva in piedi. Per farla cadere, doveva averla colpita con lo scudo.

Continuò a provare per una manciata di secondi: niente.

Tirò un pugno contro il monitor. Si accese. Vide il mobile suit di Zeon brandire nuovamente la sua enorme spada dalla lama ricurva, pronto a calarla sul nemico. Dolores si concesse un sorrisetto: il suo piano di riserva aveva funzionato perfettamente.

Lo zeoniano calò inesorabilmente la spada sul nemico.

Poi, un rumore sibilante. Il braccio destro del mobile suit di Zeon, troncato poco sotto il gomito, si abbatté a terra, di fianco al GM, che reggeva nella destra un beam rifle ancora fumante. Dolores puntò la canna dell’arma contro l’abitacolo nemico. Controllare la caduta in modo da abbattersi vicino al beam rifle che aveva lasciato andare per prendere la beam saber era stata una buona idea. Aveva preso in considerazione la possibilità di non riuscire a evitare l’attacco dell’avversario, aveva immaginato che il suo mobile suit sarebbe potuto cadere. Si era quindi messa in una posizione tale che la caduta avrebbe potuto procurarle qualche vantaggio.

Il mobile suit di Zeon fece qualche passo indietro.

Dolores cercò di mettersi in contatto radio con il pilota: "Arrenditi!", gli intimò senza sapere se lui la stesse ascoltando, "Non sto morendo dalla voglia di ucciderti – non si rese conto del bizzarro gioco di parole – se ti arrendi, mi limiterò a farti prigioniero".

Ebbe l’impressione che il nemico esitasse, prima di voltarsi e balzare in aria con un gran sbuffo di razzi di spinta. Merda! Non poteva lasciarlo scappare proprio ora che conosceva la posizione della squadra. Vide il mobile suit zeoniano alzarsi di diversi metri al di sopra degli alberi. Ancora di più. Ancora di più. Ecco, ora stava cominciando la parabola discendente.

L’energia del GM era al limite: il beam rifle non poteva sparare che due o tre colpi.

Dolores calcolò il momento dell’atterraggio e premette il grilletto. Il raggio trapassò il mobile suit da parte a parte. L’esplosione spazzò via gli alberi nel raggio di parecchi metri; quelli che furono raggiunti solo da una parte dell’onda d’urto furono piegati sgraziatamente.

***

Forse non c’era un senso. Il mondo cambiava, anche nel giro di pochi giorni. In quel periodo di guerra, inevitabilmente, non solo i combattenti aumentavano vertiginosamente: anche i pacifisti prosperavano, in entrambi gli schieramenti. La riflessione più scontata che si potesse fare era che, quando mancava la pace, ci si rendeva improvvisamente conto del suo valore. Ma forse non era tutto qui. Forse, semplicemente, gli esseri umani erano animali come tutti gli altri e non si comportavano in maniera differente. Combattevano per sopravvivere e per equilibrio mentale: questi motivi li spingevano a uccidere. L’uomo prosciugava le risorse della Terra come un parassita: e gli altri esseri viventi non facevano forse altrettanto? Forse l’unica differenza tra un uomo e un’altra creatura era la portata della distruzione che poteva padroneggiare. Ideologie di evoluzione e libertà spingevano le parti in guerra, ma era davvero così? Non erano forse solo i soldi a muovere gli eserciti?

La neve cadeva placidamente sul campo federale; le tende e i capannoni venivano coperti di un sottile manto bianco.

Avvolta nella sua pesante giacca foderata, Dolores guardò il proprio fiato materializzarsi nell’aria in una serie di calde nuvolette che salivano verso l’alto.

Era tornata in Ucraina.

Ci era vissuta per troppo poco tempo per riconoscere quel paese come la propria "casa". Quando aveva lasciato quella terra, era stata talmente piccola da ricordarsene a malapena. Eppure, esserci ancora le causava una strana nostalgia. Un istinto atavico? Lo stesso che portava i salmoni a deporre le uova nel posto in cui erano nati?

Alle sue spalle, sulla strada che attraversava il campo, tre mobile suit si muovevano, camminando lentamente. Ogni loro passo faceva vibrare il terreno. Ma come diavolo facevano a muoversi con una distribuzione del peso tanto insensata? Dolores ricordò di avere visto, qualche anno prima, un documentario sui dinosauri: lì aveva sentito che un diplodoco doveva sempre tenere a terra almeno tre zampe contemporaneamente per distribuire efficacemente il proprio peso. E allora, come facevano quegli affari, che erano anche più pesanti, a muoversi su due gambe, e persino a correre? Miracoli del balancer?

Il primo mobile suit della fila, un modello che Dolores non aveva mai visto, si fermò. Somigliava molto al GM che aveva pilotato fino a qualche giorno fa, ma la testa e il petto erano diversi. La prima aveva due occhi e una bizzarra antenna a V sulla fronte; il secondo era asimmetrico e blu, con un qualche tipo di arma da fuoco nella parte sinistra.

L’abitacolo si aprì e ne uscì un uomo che indossava l’uniforme dei meccanici federali. "Stiamo consegnando questi mobile suit alla terza squadra d’assalto!", gridò, "Sa dirmi dove posso trovare il sergente Martin?". "Sono io", replicò Dolores, "Gli alloggi della terza squadra sono il secondo blocco sulla destra". "Grazie", rispose l’uomo, facendo per rientrare nell’abitacolo. Poi, quasi ripensandoci, si sporse di nuovo all’infuori: "Ha visto?", chiese dando una pacca sul mobile suit, "Questa è la sua nuova unità". "E l’altra?", domandò Dolores. "Non mi sembrava in condizioni così critiche. Aveva solo perso un braccio, si può sostituire, no?".

"Dice il GM? No, per quel modello non sono stati prodotti pezzi di ricambio. Dovremo arrangiarci in qualche modo, ma adesso lei può pilotare questo".

"Sì? Ed è migliore?".

"Già. È un RX-79[G], viene direttamente da Jaburo. Vedrà che differenza!".

"Che differenza?".

"Reattore più potente, fondamentalmente, poi… doppio visore, razzi di spinta migliori, tempi di reazione ottimizzati e armi incorporate nel petto. Per il resto, è come il l’RGM-79[G] che pilotava prima. Ma non è poco, eh… Questo qui è un Gundam!".

"Grazie, consegni pure". Dolores fece un cenno con la mano e le tre macchine antropomorfe ripresero la marcia.

Gli altri due mobile suit erano dei GM come quello che lei stessa aveva pilotato fino a poco prima. Sospirò. Era stanca della guerra. Non ne poteva veramente più. Era stata l’unica sopravvissuta della sua squadra ad arrivare al quartier generale federale in Ucraina; tutti gli altri erano morti sul campo, uno per uno. Gli zeoniani avevano fatto di tutto per rendere difficile quel viaggio e adesso erano anche in possesso delle carcasse di un GM e di un Guntank. Avrebbero potuto imparare qualcosa da quel materiale? Possibile. Ma Dolores sperava che non facessero in tempo.

Nonostante la guerra durasse da circa nove mesi, l’escalation tecnologica sembrava non avere mai fine. Zeon aveva vinto la battaglia di Loum grazie ai suoi rivoluzionari mobile suit, ma i suoi comandanti erano stati troppo frettolosi nell’invasione della Terra, e adesso il caos che stava accompagnando la morte di Garma Zabi stava dando alla Federazione la possibilità di un contrattacco in grande stile.

Era inevitabile che la Federazione copiasse l’idea del mobile suit, come era inevitabile che Zeon ne sviluppasse di nuovi. Ma a Dolores non importavano queste cose. Sarebbe voluta tornare alla sua vita. E, per certi versi, questo la divertiva. Aveva sempre avuto l’impressione che la sua vita fosse stata decisa da altri. Anche se, in realtà, nessuno le aveva mai imposto niente. I suoi genitori erano sempre stati comprensivi e avevano sempre supportato le sue scelte. A volte anche troppo.

Quando ci pensava, ricordava di quella volta che aveva voluto metterli alla prova: era entrata in casa con una sigaretta in bocca, sapendo che sia suo padre che sua madre erano non fumatori. Nessuno di loro aveva cercato di dissuaderla dal fumare. Se Dolores non avesse conosciuto i suoi genitori, avrebbe potuto pensare che quella fosse stata psicologia inversa. Che aveva funzionato, tra l’altro, perché poi non aveva più toccato una sigaretta. Ma la verità, molto semplicemente, era che i genitori di Dolores erano gente che giustificava con la parola ‘libertino’ il proprio essere irresponsabili. O almeno, questo era quello che pensava lei.

Per una persona che aveva passato l’infanzia a viaggiare, conseguire la licenza di volo per aerei da turismo era stato quasi automatico. Forse era per questo motivo che non la sentiva una scelta propria, nonostante nessuno gliela avesse imposta. Eppure, era stato proprio per questo che, il febbraio precedente, quando era stata costretta ad arruolarsi (insieme a un sacco di altri civili: le battaglie avevano decimato drasticamente gli effettivi dell’Esercito Federale), la avevano assegnata a un reparto speciale, dove già al tempo erano stati in fase di progettazione i primi modelli di mobile suit terrestri. Il che l’aveva costretta a trasferirsi ancora. A Jaburo, stavolta. Un’esperienza nuova per lei, che non aveva mai lasciato l’Europa prima. Dolores si era chiesta se l’Esercito fosse stato così disperato da dover ricorrere a gente che poco prima era stata civile per un progetto top secret. Era così. All’epoca, lei non aveva ancora pienamente realizzato quanto devastanti fossero state le prime fasi della guerra, quante persone fossero morte, quanto follemente stessero competendo i vertici militari di entrambe le parti.

La prima volta che le avevano mostrato un mobile suit antropomorfo, un modello sottratto a un contingente di Zeon, si era messa a ridere. Quella macchina umanoide, che gli ingegneri chiamavano semplicemente ‘Zack’, aveva un’aria goffa e pesante. Non si riusciva a credere che fosse la soluzione migliore per combattere in un ambiente ad alta concentrazione di particelle Minovsky. Dopotutto, quello del Guntank sembrava ancora il design più ragionevole. E invece, mese dopo mese, i modelli si erano raffinati. Dolores non aveva seguito tutte le fasi del progetto, si era limitata a collaudare i mobile suit che le avevano affidato: prima il Guntank per la produzione in serie, poi il modello di GM a uso terrestre, che aveva in seguito pilotato in battaglia. Era stata assegnata a un plotone di fanteria nell’Europa centrale, dove era arrivata, insieme ai mobile suit, anche con funzioni di istruttrice.

Quando aveva conosciuto quei soldati, si era sentita un po’ in imbarazzo. Quelli erano stati gente che aveva combattuto a costo della vita per mesi, mentre lei, al riparo delle mura di Jaburo, si era limitata a guidare mezzi sperimentali. Loro si erano guadagnati i gradi sul campo di battaglia, mentre lei era stata promossa a sergente solo perché i vertici federali, in carenza di personale, erano stati costretti a rivedere la scala gerarchica per creare ufficiali qualificati a pilotare i mobile suit.

Ma adesso niente contava più. Lei era viva, tutti gli altri erano morti. Cosa avrebbe dovuto fare? Chiamarsi fuori, probabilmente. Ma era impossibile. Fingersi, almeno con se stessa, profondamente adirata per la morte dei suoi compagni e vendicarsi con gli zeoniani? Sarebbe stato solo un atteggiamento infantile: la figura del soldato vissuto e segnato dalle esperienze tragiche, che combatteva ferocemente per un rancore insanabile, era degna del peggior fumetto di fantascienza. Era la guerra. E Dolores ne era stanca. Tremendamente stanca. Le era stato detto che tirava aria di promozione. Non solo perché dovevano mettere qualcuno con un po’ di esperienza al comando di una squadra, ma anche perché aveva ottenuto notevoli conseguimenti sul campo di battaglia. Così le era stato detto, almeno. Pareva infatti che il nuovo modello di mobile suit zeoniano che aveva abbattuto durante il suo primo scontro dopo avere ricevuto gli ordini di recarsi a Odessa fosse una specie di incubo, qualcosa di molto superiore al classico Zack, che faceva vedere i sorci verdi a buona parte dell’Esercito Federale. MS-07B Gouf, lo chiamavano. Abbattere un Gouf con un GM era considerata un’impresa. Perché, contrariamente all’MS-06J, che era fondamentalmente una versione modificata di un mobile suit progettato per muoversi nello spazio, era stato costruito apposta per il combattimento a terra. Il suo punteggio personale contava ora sette Zack e due Gouf. Era considerata un asso. Ma aveva tanta voglia di darci un taglio lo stesso…

***

"Sa, tenente, stavo pensando…". Dolores si girò verso la persona che aveva parlato. Non era ancora abituata a essere chiamata ‘tenente’. "Cosa?", domandò lei al suo interlocutore, un ragazzino che non doveva avere nemmeno diciassette anni, eppure era lì davanti a lei con indosso l’uniforme dell’Esercito Federale. "Stavo pensando… Perché si usano espressioni del tipo ‘Il nemico attaccò senza alcun avvertimento’? Ogni tanto il nemico telefona per avvertire?". Il ragazzo si portò la mano al lato del volto, estraendo il pollice e il mignolo per mimare la cornetta di un telefono: "’Ehi, vorremmo attaccarvi domani, possiamo?’. ‘No, scusate, domani siamo veramente impegnati, non si potrebbe rimandare a giovedì?’. Qualcosa del genere, no?". Dolores sospirò. Non aveva mai apprezzato gli adolescenti. Nemmeno quando lei stessa era stata adolescente (anzi, lei diceva di non esserlo mai stata: si descriveva come una bambina, che un giorno sarebbe diventata adulta senza passare per l’adolescenza). Aggrottò la fronte e sospirò: "Pensa al tuo mobile suit, piuttosto. L’hai revisionato? Hai preso confidenza con i comandi?". "Certo, tenente!", replicò il ragazzino portando la mano sinistra alla fronte in un saluto militare che evidentemente non aveva ancora imparato a fare, "Questi affari devono costare un sacco di soldi, eh? È per questo che l’Esercito vuole che li teniamo bene, vero?". Dolores sospirò di nuovo: "Già. Se farai anche solo un graffio sul tuo GM, verrà il generale Revil in persona a prenderti a calci in culo". Poi scosse la testa e si rivolse di nuovo al giovane soldato: "È la tua prima battaglia?", domandò lei cercando di darsi un’aria da veterana. "Sì, tenente", rispose lui sorridendo.

"Pensi di farcela?".

"Sì, penso di sì".

***

Il GM del ragazzino fu colpito in pieno abitacolo da un proiettile sparato da chissà dove. Il petto del mobile suit esplose, mentre la carcassa si abbatteva al suolo in fiamme. Attorno al Gundam di Dolores, le esplosioni si abbattevano incessanti. Sogghignò tra sé e sé, pensando che, secondo il vertici militari sarebbe dovuta essere la Federazione ad attaccare. Dolores e i suoi diretti subordinati erano stati aggregati a un plotone di MS incaricato di sfondare una linea difensiva e si stavano trovando inchiodati da una raffica di colpi mai vista.

Apparentemente, dei mobile suit stavano facendo fuoco di copertura con una mitragliatrice da una fortificazione rialzata in cima a una scarpata, mentre uno o due altri approfittavano di questo diversivo per bersagliare il nemico con un bazooka. Con una strategia così elementare, avevano già abbattuto quattro GM.

Dolores aveva scoperto con un certo sconforto di essere la più anziana sul campo: il comandante dell’altra squadra con cui stava avanzando era uno di quegli ufficiali alzati di grado per qualificare qualcuno a pilotare mobile suit. Aveva proposto che uno dei quattro mobile suit rimasti montasse il bazooka gun, mentre gli altri facevano fuoco di copertura. E una volta montata l’arma, aveva risposto Dolores? Chi si sarebbe dovuto attaccare, se non sapevano nemmeno dove fosse esattamente il nemico? Adesso capiva perfettamente come si erano sentiti i suoi commilitoni quando l’avevano incontrata per la prima volta.

Ciò non toglieva che andasse fatto qualcosa: non potevano starsene lì a fare da bersaglio. Sul fondo di una ripida discesa, sopra la quale una spessa muraglia copriva la vista, i mobile suit federali stavano praticamente aspettando di farsi massacrare.

All’improvviso, Dolores considerò che l’idea dell’altro comandante non fosse poi tanto stupida: "Lambda-quattro, mi ricevi?", scandì nella radio, rivolgendosi al suo compagno più vicino. "Signorsì", rispose quello. "Prendi con te il tuo compagno, portatevi davanti al tenente Dust e fate fuoco di copertura con le mitragliatrici", continuò Dolores cercando di sembrare quanto più autoritaria possibile. Poi si mise in contatto con il suo collega: "Dust, ho deciso di dare ascolto alla tua idea: monta il bazooka gun". "Ma sei sicura?", obiettò Dust. "Non mi avevi fatto notare poco fa che sarebbe stato inutile, senza avere dei bersagli?". "Ce l’abbiamo, un bersaglio", replicò lei, mentre un ennesimo colpo di bazooka esplodeva ai piedi di uno dei GM. Il Gundam di Dolores e i due GM dei soldati cominciarono a scatenare una tempesta di proiettili e raggi verso la muraglia. Il fuoco di mitragliatrice che puntualmente preludeva a un colpo di bazooka si fermò per un attimo. "Non smettete di sparare!", ordinò Dolores, mentre il beam rifle del suo RX-79 vomitava lingue di energia purpurea.

Quella manciata di minuti sembrò eterna.

"Tenente Martin, ho quasi finito le munizioni!", esclamò un soldato, la voce che usciva dalla radio che tradiva una preoccupazione quasi folle.

"Dust?", chiese Dolores rivolgendosi al collega. "Ci sono!", rispose quello, mentre il suo GM si sistemava tra le mani il bazooka gun che aveva appena finito di assemblare dopo averlo tolto dall’enorme backpack sulla schiena. "Però continuo a non capire come noi si possa vedere il nemico! Come faccio a trovare il bersaglio?".

"Il bersaglio non è il nemico. Punta sulla colonna al centro della muro della fortificazione e spara al mio segnale".

"Martin, non riuscirò certo ad abbattere il muro con un sol colpo! È inutile che le spari addosso!".

"Lo so! Non voglio che butti giù il muro, mi basta che tu interrompa il ritmo della loro difesa. Lì ci saranno tre o quattro mobile suit che si sono sincronizzati e si stanno evidentemente muovendo da una parte all’altra del muro. Se impediamo a uno di quelli con la mitragliatrice di sparare, gli altri non dovrebbero più poter fare fuoco di copertura in maniera efficiente e potremmo tentare un assalto! Pronto, Dust… Ora!".

Il proiettile del bazooka gun esplose contro la colonna con un fragore assordante, frantumandola. Un mobile suit, che evidentemente si era trovato proprio in quel punto al momento del colpo, scivolò lungo la scarpata. "Un altro nuovo modello?", sibilò Dolores tra sé e sé, "Ma li cagano a getto continuo?".

Era un mobile suit alto ma dall’aspetto tozzo, nero, con gli arti viola. Le gambe si allargavano nella parte inferiore, come a formare una sorta di cappa metallica sopra ciascun piede.

Impugnava un bazooka.

Mentre il mobile suit di Zeon scivolava lungo la scarpata, Dolores capì che era necessario fare un’unica cosa: attaccare finché il nemico non riusciva a controllare la propria caduta.

I razzi di spinta del Gundam vomitarono la loro potenza esplosiva, sollevando il mobile suit bianco, mentre lasciava cadere il beam rifle ed estraeva la beam saber dalla gamba. Il pilota del nuovo modello dovette accorgersi delle intenzioni di Dolores, perché puntò il bazooka contro il nemico che gli stava balzando contro e fece fuoco. Una ritmata e precisa raffica di proiettili esplose dalla mitragliatrice sul petto del Gundam, colpendo l’armatura del mobile suit nero e deviandone la mira: il colpo passò senza danno di fianco alla testa bianca della macchina federale.

Fu allora che Dolores cominciò ad avere una percezione confusa degli eventi. Sapeva di avere vibrato in avanti la beam saber.

Poi, ancora prima che il braccio destro del Gundam avesse completato quel movimento, aveva già alzato il sinistro, sganciando lo scudo che vi era applicato, che era stato scagliato lateralmente.

Colpendo in pieno il mobile suit di Zeon e deviandone lo spostamento fino a farlo cadere malamente a terra.

Che diavolo era successo? Un attimo dopo l’attacco con la beam saber di Dolores, il mobile suit nero aveva emesso dei bizzarri getti d’aria da quelle strutture a cappa sulle gambe e aveva effettuato un rapidissimo spostamento laterale.

Quella strana caratteristica gli permetteva evidentemente di effettuare manovre brusche anche mentre stava cadendo.

Dolores ebbe solo una frazione di secondo per chiedersi come avesse fatto a sapere che il nemico si sarebbe spostato (perché lei era sicura di avere lanciato lo scudo in anticipo, prima che quell’evento si verificasse); poi, completato il salto, si ritrovò anche lei con i piedi ben piantati a terra.

Senza perdere un attimo, si girò verso il nemico e gli corse incontro con la beam saber.

Il mobile suit nero mise mano alla schiena, estraendone una lunga heat saber che ardeva di una luce giallastra. La lama surriscaldata e la lama di energia si scontrarono.

E fu quest’ultima ad avere la meglio. Per quanto resistente, niente poteva resistere a qualcosa che si insinuava tra i legami molecolari: la heat saber, tagliata nettamente in due, cadde al suolo, mentre i mobile suit passavano l’uno al fianco dell’altro.

Fu allora che Dolores fece nuovamente l’impossibile.

Mentre faceva ruotare la mano del Gundam, in modo che le sarebbe bastato una semplice torsione del braccio per rivolgerla all’indietro, vide un altro mobile suit nero e viola balzare da oltre il muro della fortificazione con una mitragliatrice in mano.

Si accorse che lo scudo che aveva lanciato poco prima era lì, davanti a sé.

Fece in modo che il braccio compisse quella torsione e, rivolta la beam saber verso le proprie spalle, eseguì un rapido movimento all’indietro, trafiggendo da parte a parte il primo mobile suit, quello che aveva appena incrociato.

Prima ancora che quello cadesse a terra, il piede dell’RX-79 colpì violentemente la parte bassa dello scudo, facendolo saltare in aria, dove la mano sinistra lo afferrò al volo.

Una frazione di secondo dopo, una raffica di colpi di mitragliatrice, sparata dall’altro mobile suit nero, che nel frattempo era arrivato in fondo alla scarpata con un salto sorprendentemente lungo, centrò in pieno la piastra corazzata.

Il GM di Dust e quello di uno degli altri due soldati si accasciarono al suolo.

Impossibile valutare l’entità dei danni o capire se i piloti fossero ancora vivi.

Per un attimo, Dolores valutò la situazione. Non arrivavano più colpi dalla fortificazione. Possibile che fossero solo due mobile suit a difenderla? Poi, ebbe la sua spiegazione: la macchina antropomorfa nera gettò a terra la mitragliatrice ed estrasse la heat saber, dirigendosi verso il GM ancora in piedi. I getti d’aria che esplodevano dalle sue gambe lo spinsero contro il suo bersaglio a una velocità che aveva dell’irreale: con due rapidissimi fendenti, la testa e il braccio destro del mobile suit bianco e rosso caddero al suolo, subito seguiti dal resto del corpo.

Ecco come facevano a sembrare un’intera squadra nonostante fossero solo in due. Erano assurdamente veloci. Quei getti d’aria donavano loro una manovrabilità fuori dal comune.

Il mobile suit nero si girò verso il Gundam brandendo la heat saber.

Difficilmente avrebbe commesso lo stesso errore del suo compagno.

I getti d’aria scagliarono lo zeoniano sull’RX-79 e Dolores cercò di pensare velocemente. Inutile tentare di colpire direttamente con la beam saber: ormai l’avversario sapeva che quell’arma era superiore alla propria. Come sarebbe stato inutile cercare di battere quel mobile suit in manovrabilità.

Il mobile suit nero accelerò vertiginosamente, alzando la heat saber sopra la testa, mentre il Gundam sollevava lo scudo, cercando di cogliere il colpo con esso.

L’arma si abbatté sulla difesa che era stata disposta.

Dolores sogghignò soddisfatta, mentre alzava la beam saber per trapassare il nemico ora che era lì, immobile davanti a lei.

La lama di energia, però, tagliò solo l’aria.

Merda!

Dolores imprecò contro se stessa: si era fatta fregare come una novellina!

Il mobile suit zeoniano aveva lasciato lì la heat saber e si era spostato in un attimo alle spalle del nemico, dove aveva raccolto il bazooka caduto al compagno poco prima.

L’RX-79 fu sbalzato in aria dai propri razzi di spinta, mentre il proiettile scagliato dal bazooka esplodeva dove, un attimo prima, c’erano stati i suoi piedi.

Il Gundam si girò al volo sparò con la mitragliatrice sul petto.

Niente da fare, il nemico si era già spostato.

Quando Dolores riuscì a capire cosa fosse successo, il mobile suit nero aveva già lasciato cadere il bazooka e aveva ripreso in mano la heat saber. E ora si trovava alle sue spalle.

Dolores vide il beam rifle a terra. Come contro il Gouf, sarebbe potuta essere questa la sua carta vincente. Doveva sparare subito, adesso che il nemico le si stava precipitando addosso per approfittare della sua posizione sfavorevole.

Dolores lasciò cadere lo scudo, afferrò il beam rifle con la mano sinistra, lo alzò e fece fuoco.

Il pilota avversario dovette averlo previsto, perché si spostò di lato, sfruttando nuovamente quella quasi soprannaturale manovrabilità del suo mobile suit.

Senza smettere di avvicinarsi.

Accadde di nuovo: Dolores mosse il Gundam senza rendersene conto.

Con la beam saber ancora nella destra, l’RX-79 estese il braccio per tutta la sua lunghezza e compì una rapida rotazione su se stesso, spostando la lama di energia all’indietro. Quando, in una frazione di secondo, il movimento rotatorio fu sul punto di portarlo alla sua posizione iniziale, trovò il mobile suit nemico sulla sua strada.

Il tronco dell’enorme macchina nera e viola fu tagliato a metà dalla lunga e sibilante lama, rilasciando un filo di fumo, mentre il metallo dell’armatura fondeva e scoppiettava.

Nell’abitacolo, Dolores respirava affannosamente, mentre il sudore le imperlava la fronte. C’era mancato poco. Ma quello che la innervosiva di più era qualcosa d’altro: che diavolo le stava succedendo?

***

"È lento", si lamentò Dolores con il meccanico che stava guardando il suo Gundam Ground Type, "È maledettamente lento. E mi avevano giurato che i tempi di reazione sarebbero stati migliori di quelli di un GM!". "Ma scherza?", replicò il meccanico, un ragazzo che non doveva avere nemmeno vent’anni, "Questo è sensibilmente migliore di un GM, tutti i piloti che l’hanno provato hanno sentito la differenza". Mentre la passerella mobile dell’hangar si spostava verso il basso per riportare i due a terra, Dolores lanciò al giovane un’occhiata fulminante: "E allora, dev’essere difettoso il mio! Perché io non ho visto tutto ‘sto grande incremento di prestazioni nel passaggio da un modello all’altro!".

"Non è difettoso, li abbiamo controllati tutti prima di consegnarli. E poi, si può sapere cosa ci ha fatto? Le giunture sono completamente andate!".

"Ci ho combattuto, bello mio! Io combattevo a Odessa, mentre tu te ne stavi qui!".

"Non è questo il punto! Non sono danni dovuti a colpi subiti, sono danni da usura. Dopo pochi giorni di utilizzo! È praticamente impossibile arrivare a tanto! È come se avesse alzato dei pesi doppi rispetto a quelli che può sollevare normalmente!".

Dolores si fermò un attimo. C’era qualcosa che la faceva pensare: "Pesi doppi, hai detto?".

"Già".

"Quindi, in altre parole, è stato sottoposto a uno sforzo eccessivo…".

"Esatto. È la prima volta che mi capita di vedere una cosa del genere. Questo mobile suit non esiste da tempo sufficiente per avere riportato danni da usura".

Dolores ci pensò un attimo. Da quando aveva combattuto a Odessa, le erano successe molte cose strane. "Si vede che io sono speciale!", sogghignò.

***

Sulla passerella metallica, i due uomini, entrambi vestiti con l’uniforme dell’esercito federale, stavano guardando dritti davanti a sé. Chiunque non si fosse trovato esattamente dove stavano loro, non avrebbe potuto capire esattamente su cosa fossero puntati i loro occhi. Però era qualcosa di enorme. Chiunque avrebbe potuto ipotizzare che si trattasse di un mobile suit. D’altra parte, che altro sarebbe potuto essere un gigante metallico antropomorfo? Era avvolto nell’ombra, come se fosse stato volutamente celato agli occhi. Anche gli uomini che lo stavano guardando erano coperti dall’oscurità. "Sa cosa ha detto il pilota collaudatore?", chiese uno dei due. Nessuna risposta. Giudicò che il silenzio fosse un invito a continuare: "Ha detto che è troppo veloce. I suoi tempi di reazione sono eccessivi. Sostiene che nessun essere umano potrebbe pilotarlo". Finalmente, il secondo uomo si decise a parlare: "Non mi sorprende. Questo mobile suit non è fatto per venire pilotato da un essere umano". Il primo uomo girò lentamente la testa verso il proprio interlocutore: "Sa, è proprio questo che mi preoccupa. Non staremo sprecando soldi? Questo progetto è anche più costoso di quello avviato alla base canadese". Il secondo uomo si accese una sigaretta. Ovviamente, in quell’area era vietato fumare. "Le guerre moderne si vincono cercando di essere un passo avanti al nemico", replicò impassibile. "Zeon ci ha già superati una volta con lo sviluppo dei mobile suit, non possiamo permetterci di restare ancora indietro".

"Ma, signore, l’esistenza di questi fantomatici newtype non è stata nemmeno accertata oltre ogni ragionevole dubbio, non le sembra prematuro sviluppare delle armi così costose apposta per loro? Non dovremmo cominciare con qualcosa di meno sofisticato?".

"Secondo i nostri servizi segreti, anche Zeon si sta muovendo in questa direzione. Mi è già giunta voce di un nuovo modello di MS-06 progettato apposta per i newtype. Noi dobbiamo necessariamente ribattere con qualcosa di meglio. Se la guerra si dovesse protrarre, potrebbero essere i dati ricavati da questa ricerca a fare la differenza".

Il primo uomo sospirò, badando a non farsi sentire. Il progetto del G-4 era già sufficiente, senza contare che erano in fase di produzione altri tre prototipi di mobile suit della stessa serie. O forse quattro? Gli venne il dubbio. "Mi scusi, signore, che modello è questo? Il settimo o l’ottavo?". "Contando quello spedito su Libot, i due gemelli per il test di armi sperimentali e quello per l’assalto terrestre, questo è l’ottavo. Poi c’è la variante in armatura completa, ma quella è un’altra storia".

"E… si chiama?".

"RX-78-7 Gundam Deathlock".

L’uomo con la sigaretta in bocca fece una pausa. Puntò lo sguardo a terra e tirò due profonde boccate. Poi alzò di nuovo gli occhi verso il mobile suit bianco che c’era davanti a lui. "Stiamo andando nella direzione giusta?", mormorò scuotendo il capo. "Mi scusi?" chiese l’altro girandosi verso di lui. "Niente", rispose il fumatore, "stavo parlando fra me e me. Ho sentito che, secondo alcuni scienziati, i newtype sarebbero l’evoluzione della razza umana, una nuova prospettiva verso il futuro. Ma andare verso il futuro significa costruire nuove armi? È tutta qui la prospettiva che i newtype ci offrono?".

"Non è da lei un ragionamento del genere. Siamo soldati, no? Combattere è nostro dovere, non dovremmo porci questi problemi".

"E invece dovremmo porceli a maggior ragione perché combattiamo. Dobbiamo sapere cosa stiamo facendo. Non lo dica mai ai suoi sottoposti, ma un soldato intelligente è un soldato che si chiede il senso di ciò che fa. Che poi a noi non servano soldati intelligenti, è tutto un altro paio di maniche. Solo che… non saprei… vedo l’umanità evolversi, e dove porta questa evoluzione? Alla guerra! Sarà che ormai comincio ad avere i miei anni, sarà che siamo in guerra e potrei morire da un momento all’altro, ma vorrei vedere la mia specie fare qualcosa di intelligente prima di lasciare questa valle di lacrime".

"Ma allora, tutto il suo discorso sull’avanzamento delle armi…".

"Pratica. Quello che io mi auguro è teoria. La pratica è che c’è una guerra in corso e dobbiamo vincerla. Nonostante questo, spero di sopravvivere. Fosse anche solo per sapere se i newtype avranno qualcosa d’altro da fare, a parte ammazzarsi a vicenda".

***

Dolores stava piangendo. Nel vuoto dello spazio, sul sedile del relitto che un tempo era stato il Gundam Deathlock, piangeva. Attorno a lei, il nulla.

O almeno, così le sembrava.

Perché sapeva benissimo che il nulla non esisteva.

Nel casco della sua normal suit, risuonava il suo singhiozzare. Stava consumando aria inutilmente. Non le importava.

Con l’eccezione della gamba destra, tutti gli arti del Gundam Deathlock erano stati distrutti e i loro resti, lamiere contorte e bruciate dai raggi, vagavano senza meta nello spazio. C’erano anche altri resti, altre lamiere, infrante, bruciate, piegate innaturalmente. Erano appartenute al gigantesco mobile suit nero che Dolores era stata intenta a combattere fino a poco fa.

Una macchina enorme, che sparava raggi dalla testa e dalle dita, che sembrava non voler cadere mai, che distaccava le braccia dal corpo e le controllava via cavo, diventando molto più micidiale.

Ma non era stato questo a far piangere Dolores.

Il mobile suit nero era stato guidato da una ragazza. Una giovane ufficiale di Zeon. Dolores l’aveva incontrata per la prima volta sulla Terra: aveva fatto parte della forza di difesa di un insediamento zeoniano sulla costa francese. Lei da sola aveva abbattuto diversi compagni di Dolores.

E poi, era successo l’imprevisto.

Dolores aveva sempre pensato che fosse infantile volersi vendicare sui nemici per la morte in guerra dei propri commilitoni. La guerra era la guerra: si uccideva per non essere uccisi. Non era colpa di nessuno e portare rancore significava solo causare una catena di sofferenza infinita. La vendetta causava un’altra vendetta e così via, in un circolo vizioso che non sarebbe mai terminato. Questo era ciò che Dolores aveva pensato fino ad allora.

Ma qualcosa era cambiato.

Dopo la battaglia di Odessa, Dolores non era stata più lei.

Durante quella missione in Francia, alla prima morte di un suo commilitone, il cambiamento che aveva subito era venuto fuori con una potenza inimmaginabile. Aveva percepito il dolore e l’angoscia degli ultimi momenti del suo compagno. Li aveva sentiti come se fosse stata lei a morire. E poi, per gli altri, era successa la stessa identica cosa. Ancora una volta, era stata l’unica sopravvissuta. Ci aveva fatto l’abitudine: ormai per lei era una cosa normale.

Ma stavolta era stato diverso.

Aveva sperimentato quelle morti una per una.

E, in qualche modo, questo le aveva lacerato la mente.

Uccidere.

Questo era quello a cui pensava.

Questo nuovo modo di percepire la morte le aveva causato un dolore tale da farla impazzire completamente. La aveva assuefatta. In qualche modo, aveva risvegliato in lei una sorta di istinto di autodistruzione al contrario: amava la sensazione della morte e la odiava allo stesso tempo.

La odiava perché era dolorosa.

La amava perché il contrasto fra l’idea di sentire qualcuno morire e il fatto che lei fosse viva la faceva sentire potente.

Non sapeva quanto di sano ci fosse in questa sensazione.

Probabilmente niente.

Probabilmente non sapeva nemmeno lei cosa significasse.

Forse stava solo cercando di riempire un vuoto dentro di sé.

Però voleva uccidere. Nonostante fosse in contraddizione con ciò che aveva sempre pensato, più o meno consciamente, decise di prendere la vendetta come giustificazione di questo suo desiderio. Perché cercare una legittimazione? In guerra, nessuno aveva niente da dire, se la gente si uccideva.

E Dolores lo aveva fatto, senza complimenti. Mentre la base di Zeon veniva evacuata, un singolo pilota era rimasto indietro a coprire la ritirata ai suoi compagni. Il Gundam Deathlock era appena stato affidato a Dolores, dopo che il suo Gundam Ground Type era stato gravemente danneggiato in battaglia. Una delle prime azioni di Dolores sul Deathlock era stata combattere questo zeoniano solitario, che era rimasto indietro su di un mobile suit sperimentale, una bizzarra macchina antropomorfa chiamata Gyan. Ovviamente, Dolores aveva vinto.

Poi, il trasferimento nello spazio.

E l’incontro con il gigantesco mobile suit nero, pilotato dalla ragazza. La ragazza che aveva ucciso i compagni di Dolores. La ragazza di cui Dolores aveva ucciso i compagni.

Vendetta contro vendetta.

Desiderio di uccidere contro desiderio di uccidere.

Probabilmente, nessuna delle due donne sapeva esattamente a cosa stava andando incontro.

L’unica cosa certa è che, improvvisamente, durante il combattimento, le loro anime si erano unite.

Dolores aveva cominciato a sentire la sua nemica nella sua mente e aveva avuto la certezza che anche per l’altra fosse lo stesso. Era stato come vedere se stessa in uno specchio. E ne era rimasta disgustata.

"Perché mi hai inflitto tanto dolore?", le aveva chiesto la ragazza, parlandole nella mente. Dolores aveva pensato che quella fosse esattamente la domanda che lei stessa avrebbe voluto porre.

"Perché li hai uccisi tutti?", aveva rincarato la ragazza.

"Sei stata tu a ucciderli tutti", aveva ripetuto Dolores.

"Questa è una guerra. Non possiamo decidere se uccidere o meno: dobbiamo farlo e basta".

"È una giustificazione di comodo. Se la gente si rifiutasse di combattere, le guerre non esisterebbero".

"Ma è davvero quello che vuoi?".

"Non lo so. Ma cosa pretendi di saperne, tu?".

"Io ti capisco. Non so perché. Forse siamo privilegiate".

Dolores colpì la ragazza con un’ondata di rabbia che quasi stupì lei stessa: "Non voglio essere privilegiata! Voglio solo fare quello che sento di dover fare! Se essere privilegiati significa capire il prossimo, è solo una seccatura!".

"Forse. Ma forse abbiamo una possibilità in più. Forse dovremmo sfruttarla".

"Non abbiamo alcuna possibilità! Quello che siamo non ci rende la vita più facile! Quello che siamo non ci serve a niente, perché non vogliamo esserlo! Quello che siamo non ha altro effetto che farci sentire più sole quando perdiamo qualcosa di importante!".

"Ma noi non siamo sole! Ci sono altri come noi, io li ho visti! Mi hanno detto che un giorno tutta l’umanità sarà così, e allora non ci sarà più bisogno di combattere, perché potremo capirci senza alcuno sforzo!".

"Non mi importa! Io sono viva adesso! Sono stata messa a pilotare questo Gundam perché sono quello che sono! Sono diversa! Sono un fenomeno da baraccone, sono uno strumento da usare! Poter capire cosa provano gli altri non mi serve, se provano solo cose che non vorrei provassero!".

"È per questo che hai ucciso i miei compagni?".

"E tu? Perché hai ucciso i miei compagni?".

Le due donne risposero allo stesso tempo: "Li ho uccisi perché sono quello che sono. Continuo a uccidere perché sono quello che sono. Non posso più fermarmi. Non importa chi è il nemico. Posso capire il mio prossimo, ma è difficile. Non ne vale la pena, tanto non lo incontrerò mai più. Faccio prima a eliminarlo e crogiolarmi in quel dolore che mi entra nel cervello come una droga. Sono sola. Capire chi non vuole avere niente a che fare con me non mi serve".

Poi, era cominciata la battaglia. Dolores non ricordava con precisione. Le erano rimasti impressi solo i raggi scaturiti dalle dita del mobile suit nero, che avevano squarciato lo spazio come delle lame purpuree, strappando dal Gundam Deathlock la heavy full armor.

Ricordava anche un altro raggio: in qualche modo, era riuscita a raggiungere il mega beam cannon della heavy full armor e aveva fatto fuoco. Il cannone doveva essere stato danneggiato, perché era esploso, portandosi via il braccio destro del Gundam e danneggiandone seriamente il torso. Ma il grosso mobile suit nero era stato colpito in piena testa.

Poi, quasi senza che Dolores se ne accorgesse, il raggio era andato giù, giù, giù, scavando nel petto e nell’addome della macchina gigantesca, squarciandone il reattore e facendola esplodere nello spazio come un fuoco d’artificio.

Ma era stato il momento in cui il raggio aveva colpito la testa a segnare Dolores. Era stato allora che aveva sentito il grido della ragazza che era stata intenta a pilotare il mobile suit.

Non con le orecchie, ma con la mente.

Era stata diversa da qualsiasi altra morte.

O forse lo era solo sembrato. In quel preciso istante, Dolores aveva avuto la sensazione che fosse andato perduto qualcosa di inestimabile e insostituibile. I suoi genitori le avevano sempre detto che tutte le vite lo erano, eppure… Dolores se ne rese conto solo in quel momento. Aveva percepito altre morti, ma quella… Uccidere quella specifica persona le aveva trasmesso una sensazione agghiacciante, come se tutto il suo corpo fosse stato percorso da un brivido.

Nel momento in cui aveva sentito il grido della pilota del mobile suit nero, Dolores aveva avuto la netta sensazione di avere cancellato il futuro. Aveva condannato l’umanità? Per avere ucciso una sola persona? E perché, poi? Bastava un superpotere da fumetto per capire il prossimo? Quello che era appena successo non era forse la dimostrazione del contrario? A cosa serviva poter comprendere i pensieri degli altri, se non si aveva la volontà di farlo?

***

"È stato firmato l’armistizio", annunciò il capitano della corazzata, "La guerra è ufficialmente finita". L’equipaggio della nave esplose in un coro di grida di giubilo. Chi indossava il berretto lo lanciò in aria, senza preoccuparsi dell’assenza di gravità. Da un angolo della sala riunioni, Dolores sospirò. Quello che aveva desiderato per tanto tempo, la fine della guerra, era finalmente successo.

Eppure, mentre guardava gli altri ufficiali che esultavano, mentre ripensava agli eventi che l’avevano portata su quella corazzata e a combattere con il Gundam Deathlock, non riusciva a reprimere quel senso di amarezza che la battaglia contro quell’enorme mobile suit le aveva lasciato. Era finita una guerra, ma sicuramente ce ne sarebbero state altre. Quanto tempo sarebbe dovuto passare prima che il futuro dell’umanità potesse cambiare? E, soprattutto, l’umanità voleva cambiare?

***

Lo Spear of Destiny era una nave di classe Ra Cailum, una diretta evoluzione delle corazzate Pegasus della Guerra di Un Anno. Sul ponte principale, mentre gli ufficiali addetti alle varie mansioni si affrettavano a preparare l’assalto, una donna sulla quarantina fissava lo schermo principale. Dolores Martin aveva fatto carriera. L’asso della Guerra di Un Anno, pur con un totale di mobile suit abbattuti che non le aveva permesso di entrare nella top 10, aveva fatto carriera e ora comandava una nave. Aveva ancora i suoi lunghi capelli neri raccolti in una treccia, anche se ormai si striavano di grigio. Guardando il ciuffo che le pendeva davanti agli occhi, pensò che invecchiare dovesse essere terribile per una persona con i capelli neri. Nessun altro poteva notare in maniera altrettanto evidente il cambio di colore.

Dolores, invece, non aveva avuto tempo di guardare i suoi capelli che cambiavano colore. Si era svegliata una mattina e ci aveva trovato del grigio. Così, di punto in bianco. Era stata troppo occupata a combattere per pensare ad altro. Dopo la Guerra di Un Anno, era rimasta nell’Esercito per una questione di sopravvivenza: era l’unico posto che garantiva un lavoro fisso. Con tutta la gente che era morta, le realtà industriali ed economiche si stavano riorganizzando. Trovare lavoro poteva essere facilissimo o difficilissimo, a seconda di dove e quando lo si cercava. Dolores si era fatta due conti: era stanca della guerra, mortalmente stanca. Era stata provata più mentalmente che fisicamente. Dopo la sua ultima battaglia, aveva cominciato a sentire dentro di sé un vuoto incolmabile. Non tanto per tutti i commilitoni che aveva perso, quanto piuttosto per la sensazione che l’evoluzione che la razza umana stava affrontando sarebbe potuta andare sprecata. Combattere nello spazio contro la ragazza che aveva pilotato l’enorme mobile suit nero (più tardi aveva saputo che gli zeoniani lo chiamavano MSN-02 Zeong) la aveva profondamente segnata. Paradossalmente, finita la guerra, il posto più pacifico dove restare era l’Esercito. E così, ci era rimasta.

Forse era stata allora la prima volta che aveva visto un’ombra di disapprovazione sui volti dei suoi genitori.

Nell’UC 0080, in virtù della sua esperienza di pilota di mobile suit acquisita durante la Guerra di Un Anno, le era stato assegnato un posto in una scuola militare, in qualità di istruttrice. Ironicamente, questa scuola si trovava a Belfast, vicino a dove era nato suo padre. Poi, un giorno di novembre dell’UC 0083, aveva ricevuto notizia che una colonia era caduta in Nord America. Un’azione di alcuni nostalgici di Zeon, aveva saputo in seguito. Per un qualche motivo, tutta la faccenda era stata tenuta sotto il più assoluto riserbo finché non era stato inevitabile parlarne, quando il capo di quella fazione ribelle aveva trasmesso una dichiarazione di guerra alla Federazione attraverso tutta la Sfera Terrestre. Ovvio che la notizia non fosse stata divulgata ai civili, ma non sarebbe stato strano se qualche veterano fosse stato messo in pre-allerta, visto che l’esperienza di un pilota di mobile suit sarebbe potuta tornare utile. Nei documenti che avevano riguardato la faccenda, poi, c’erano diversi punti oscuri, come se qualcuno avesse deliberatamente omesso delle informazioni. L’anno seguente, Dolores era diventata madre. Aveva pensato di ritirarsi definitivamente dall’Esercito e trovarsi un lavoro meno turbolento, ma il mondo era nel caos per gli effetti disastrosi avuti dalla caduta della colonia. Paradossalmente, per la seconda volta, restare nell’Esercito, che pure era impegnato nelle operazioni di annientamento dei superstiti della Flotta Delaz, era risultato il modo migliore per guadagnarsi da vivere e garantire protezione al bambino. Tra l’altro, essendo lei in maternità, non aveva nemmeno dovuto combattere in prima persona.

In un modo o nell’altro, gli eventi del novembre 0083 avevano portato alla nascita dei Titans. Benché Dolores fosse stata convinta della necessità che qualcuno tenesse sotto controllo le attività dei numerosi simpatizzanti di Zeon ancora attivi, i metodi di questa polizia militare erano parecchio discutibili, così come le circostanze della loro formazione.

Prima della Guerra di Gryps, pur restando nell’Esercito Federale, aveva abbandonato il suo lavoro di istruttrice: i Titans stavano prendendo possesso, più o meno lecitamente e in maniera più o meno evidente, degli istituti di istruzione militari, per cercarvi proseliti e pubblicizzarvi la propria deviata filosofia. Era tornata a collaudare mobile suit per l’Esercito Federale: più era lontana dai Titans, meglio stava.

Durante le fasi finali della Guerra di Gryps, quando i vertici della Federazione stavano già cominciando a simpatizzare per l’AEUG in seguito alle azioni dei Titans durante il discorso di Casval Rem Deikun al Parlamento di Dakar, era stata mandata alla sede della Anaheim Electronics di Von Braun City. La Anaheim, che stava appoggiando l’AEUG, aveva bisogno di collaudatori esperti per i nuovi modelli di mobile suit che stava progettando. Dolores aveva avuto modo (pur non considerandolo un grande onore) di incontrare Amuro Ray quando gli aveva consegnato il suo MSZ-006-3 Z Gundam. La sua vita doveva essere in qualche modo legata ai Gundam, anche se questa consapevolezza non le fu certo di grande conforto.

Forse era stato a questo punto che aveva cominciato improvvisamente a interessarsi alla progettazione dei mobile suit. Non era mai diventata un vero progettista: si era sempre limitata a cogliere alcuni lati tecnici dell’ingegneria che veniva applicata a queste macchine. Aveva passato la Prima Guerra di Neo Zeon dietro le quinte, seguendo da vicino le prestazioni di prodotti della Anaheim di limitata applicazione, come l’FA-010A FAZZ e i modelli di Z Plus impiegati per sedare la ribellione dei New Desides. Era tornata al servizio attivo solo in occasione della Seconda Guerra di Neo Zeon, quando, pur non essendo più giovanissima, aveva pilotato un Jegan durante la fatidica battaglia finale che aveva quasi visto Axis cadere sulla Terra. Aveva guardato molti suoi compagni, e allo stesso modo molti Geara Doga, cercare di fermare l’asteroide solo per finire in pezzi, astenendosi dall’imitarli per una questione di buon senso. Quegli eventi avevano decretato la fine della guerra, ma diverse sacche di resistenza, che si dichiaravano propugnatrici delle idee di Casval Rem Deikun, continuavano a tormentare la Federazione. Sembrava proprio che i fantasmi di Zeon non volessero morire. Ormai sul punto di compiere quarantatré anni, Dolores si rendeva conto di avere passato la parte migliore della propria vita a pilotare mobile suit e a combattere contro gente in qualche modo correlata con Zeon.

Ora, sullo Spear of Destiny, c’era un nuovo Gundam, un modello che la stessa Dolores aveva aiutato a progettare. Essendo tra i pochi sopravvissuti all’ultima battaglia ufficiale della Seconda Guerra di Neo Zeon, aveva visto in azione l’RX-93 n Gundam, il mobile suit progettato da Amuro Ray in persona, il leggendario newtype che aveva cambiato le sorti della Guerra di Un Anno.

Il mobile suit che ora aspettava di essere lanciato dalla pista della corazzata era une versione perfezionata di quel modello. Il progetto di base era stato mantenuto inalterato, ma era stata cambiata la disposizione dei funnel, era stato potenziato il reattore nucleare e la manovrabilità aveva conosciuto un enorme miglioramento grazie a vettori di spinta aggiuntivi. L’RX-93-n-2 Hi-n Gundam era, a tutti gli effetti, il mobile suit dotato delle prestazioni migliori di sempre. Benché la mera potenza di fuoco dell’MSZ-010 ZZ Gundam fosse ancora ben lontana, l’Hi-n Gundam poteva combinare la velocità e la mobilità dei funnel per abbattere qualsiasi nemico.

"Mettetemi in contatto con l’Hi-n", ordinò Dolores. "Può parlare", replicò un addetto alle comunicazioni pochi secondi dopo. "Come va?", domandò la donna. "Mi sento un po’ nervoso", rispose una voce dall’interno dell’abitacolo. "Fai bene", disse Dolores. "Stai per mettere a rischio la tua vita, non dimenticartene mai". Il pilota dell’Hi-n Gundam impiegò un po’ a rispondere: "Non saprei come dire, capitano… Non è per me stesso che sono nervoso. È solo che non sopporto l’idea di… Voglio dire… Non è la prima volta che vado in battaglia, e… io… io non voglio uccidere delle persone… Non è che sia diventato improvvisamente pacifista, intendiamoci, è solo che…".

"Ti capisco perfettamente. Ti terrorizza l’idea di capire come si sentono".

"Sì, è così, io… Quando uccido qualcuno, mi sento come se fossi lui".

"Lo so. Si ha sempre paura di capire gli altri, forse è proprio per questo che si combatte: uccidere qualcuno è più facile che comprenderlo. Però, tieni bene a mente una cosa: questa tua abilità di capire le altre persone è ciò che può fare la differenza".

"Lo so. Mi è stato detto che l’Hi-n Gundam è stato progettato per quelli come me".

"Non intendevo questo. La tua forza adesso non basta per cambiare le cose. Però devi vivere, perché un giorno, forse, tutti gli esseri umani avranno questa capacità e allora le guerre smetteranno di esistere. Ora è troppo presto, ma verrà il momento in cui riusciremo a imparare dai nostri errori".

"Ne è davvero convinta?".

"In realtà, no. Se tutti gli esseri umani avessero i tuoi stessi poteri, c’è anche la possibilità che abbiano la tua stessa reazione e si chiudano ancora di più al prossimo per paura di capirlo e di esserne feriti. Ma penso anche che quello che conta, per ora, sia avere una possibilità. Adesso che la possibilità è stata creata, qualcuno che saprà usarla a dovere ci sarà. Quello che puoi fare tu ora è imparare qualcosa dalle esperienze che le tue facoltà ti permettono e usarle per vivere meglio che puoi".

Ci fu una lunga pausa, poi il pilota riprese: "Capitano… Quello che le mie esperienze mi hanno insegnato è che sarebbe meglio non uccidere. Gira voce che lei sia come me, ma… è la verità?".

"E se così fosse?".

"Se così fosse, non capisco come lei possa fare parte dell’Esercito. Come può approvare in un qualsiasi modo l’uccisione di un essere umano, se sa cosa prova al momento di morire?".

"Non la approvo. Semplicemente, cerco di sopravvivere e di fare sopravvivere mio figlio. Con tutte le guerre che ho visto negli ultimi anni, ho capito che chi può fare qualcosa è solo chi sta in prima linea. Non esistono il giusto o lo sbagliato al mondo, esiste solo ciò che si deve fare per poter continuare a vivere. Troppe circostanze hanno continuato a riportarmi nell’Esercito nel corso della mia vita, e alla fine sono arrivata alla conclusione che non posso aspettarmi che tutti siano come me o come te. Per proteggere chi mi sta a cuore, voglio muovermi in prima persona".

Dolores non era sicura che quelle parole avessero convinto il suo interlocutore. Non avevano convinto appieno nemmeno lei.

L’Hi-n Gundam partì dalla catapulta di lancio, mentre i funnel sulla sua schiena si dispiegavano come un paio di ali d’angelo. Attorno a esso, la flotta federale, con la schiera di Jegan che seguiva lo Spear of Destiny. Davanti a esso, un’orda di Geara Doga. Al suo centro, un grosso mobile suit rosso, con degli enormi moduli mobili sulla schiena. MSN-04II Nightingale, si chiamava, o almeno così era scritto nei dati dell’Esercito Federale. Una versione modificata dell’MSN-04 Sazabi impiegato da Char Aznable durante la Seconda Guerra di Neo Zeon. Sembrava che i due avversari di sempre si stessero scontrando nuovamente.

Mobile suit diversi, ma simili ai precedenti; piloti diversi, forse troppo simili a tanti altri.

Ma la razza umana non cambiava mai: la battaglia che la attendeva era sempre la stessa.

Quando l’Hi-n Gundam fu faccia a faccia con il Nightingale, i funnel sulle sue ali si sganciarono e presero a volteggiare attorno ai due mobile suit. Dai moduli sulla schiena dell’enorme macchina rossa si proiettarono altri funnel, ancora di più, come se i due piloti avessero voluto in qualche modo comunicare con quelle armi.

Cosa si volevano dire? Impossibile capirlo. Ogni funnel era una condanna a morte.

L’umanità si stava davvero evolvendo?

Forse no: l’evoluzione era la selezione delle mutazioni vantaggiose. I newtype non stavano sopravvivendo: stavano venendo sterminati. La selezione naturale li stava condannando.

Forse era ciò che l’umanità si meritava.

Forse era ciò che l’umanità voleva.

***

Solite cazzate assortite

Va be’, dai… Non avevo voglia di scrivere il solito ‘Note dell’autore’ e non mi è venuto in mente un titolo migliore. Anche questo non è granché, ma amen.

Dunque, ho poco da dire. Innanzitutto, questa storia, una raccolta di situazioni isolate e collegate solo dalla protagonista, dovrebbe essere qualcosa che svilupperò in futuro, anche se non in una fanfiction. In realtà, avrei intenzione di raccontare le avventure di Dolores tra la fine della battaglia di Odessa e il combattimento contro lo Zeong. Tutta la menata della missione in Francia di cui Dolores è l’unica sopravvissuta e durante la quale lei combatte contro un Gyan. Già, un Gyan, non mi guardate male. Secondo diverse fonti, il prototipo pilotato da M’Quve nella serie TV non fu l’unico esemplare costruito. Anzi, a ben vedere… La versione canonica di Gundam è quella dei film, e lì il Gyan non compare affatto, quindi non dovrei nemmeno pormi il problema…

Dicevo, avrei intenzione di raccontare quello che Dolores ha fatto tra Odessa e la battaglia nello spazio, ma non voglio farci una fanfiction. Lo racconterò in un altro modo, del quale non parlerò qui. Non mi sto preoccupando di fare troppi spoiler perché non farà differenza ai fini del racconto vero e proprio: potrei anche dire per filo e per segno quello che ho in mente, non cambierebbe nulla.

Ovviamente, il GM che Dolores pilota all’inizio della storia è un RGM-79[G] GM Ground Type. Non potrebbe essere diversamente, visto che è l’unico modello di GM terrestre operativo nell’ottobre dell’UC 0079 e si poteva anche capire dai fatti che si estrae la beam saber dalla gamba e che usa un beam rifle. Il Guntank di Graham è un RX-75 Guntank Mass Production Type. Non è chiaro quando sia cominciata la produzione in serie del Guntank esattamente. Si sa che il Guntank è stato il primo mobile suit federale prodotto in assoluto, quindi non è così strano che la versione seriale sia stata progettata e assemblata a poca distanza dal prototipo.

Il combattimento di Dolores contro i due Dom (perché sono MS-09 Dom quelli che affronta con il resto della squadra sul fondo della scarpata) è esagerato, lo so. L’ho fatto così apposta, volevo che le abilità latenti della protagonista fossero evidenti. Non c’è niente di realistico: d’altra parte, penso sia ormai risaputo che la storiella secondo cui ci sarebbe del realismo in Gundam è una favola della buona notte. Che poi la Sunrise ci abbia marciato per fare Stardust Memory e The 08th MS Team, è un altro paio di maniche: non ha pensato al realismo Tomino e ci dovevo pensare io?

Parliamo un po’ dello Zeong. Secondo le MSV di Okawara, furono assemblati tre esemplari di Zeong alla fine dello 0079: quello che pilota Char nella serie TV è l’unico incompleto. In pratica, Dolores combatte contro uno degli altri due, che è uno di quelli impropriamente chiamati ‘Perfect Zeong’, essendo completi e avendo le gambe. Dico ‘impropriamente’, perché casomai dovrebbe essere quello di Char a chiamarsi in un altro modo: gli altri due esemplari sono i veri Zeong, così come dovevano essere in origine.

Ah, magari qualcuno si chiederà perché io abbia preferito usare la dicitura ‘Zack’, anziché ‘Zaku’. Non è una questione nostalgica: non era mia intenzione richiamare l’orrendo doppiaggio del 1981 (già, sono abbastanza vecchio da ricordarmene). Me ne sbatto le palle della nostalgia. Semplicemente, ‘Zack’ era il suono originariamente inteso dagli autori (come testimoniato anche da Z Gundam, in cui compare una versione potenziata di quel mobile suit, ufficialmente traslitterata con Hizack). La traslitterazione ‘Zaku’ fu un errore della Bandai, che la usò sulle confezioni dei modellini: da allora, la Sunrise si attenne a questa versione e la ufficializzò. Ora, dico io, se dovessimo ragionare in questo modo, scriveremmo anche ‘Byg Zam’ e ‘Psycho Gundam’… Amen.

La parte in cui Dolores chiede al novellino se ce la farà, questi risponde di sì e poi muore subito è presa di peso da Zombi (il film). Lì succede più o meno la stessa cosa: una squadra speciale della polizia sta per fare irruzione in un covo di criminali e il veterano chiede al nuovo arrivato se pensa di farcela. Questo risponde "Sì, penso di sì", e un secondo dopo si becca un proiettile in mezzo alla fronte.

Parliamo di cose serie. Tutta la menata che si fanno Dolores e la ragazza che pilota lo Zeong (non l’ho scritto, ma si chiama Victoria) sulla comprensione e sulle possibilità al futuro che aprono i newtype è sostanzialmente la mia visione personale sulla componente contenutistica della prima serie di Gundam. I newtype sono la chiave per interpretare tutto Gundam e il famoso episodio 41 (che è diventato il 40 da quando Tomino ha eliminato una puntata) è quello che praticamente spiega ogni cosa. L’incontro fra Dolores e Victoria ricorda per certi versi quello tra Amuro e Lalah, anche se l’esito è diverso (o magari è lo stesso, dipende dai punti di vista). Forse, semplicemente, Amuro è meglio disposto verso Lalah di quanto Dolores lo sia verso Victoria. Alla fin fine, però… Se consideriamo anche quello che succede negli ultimi due episodi, la conclusione che Tomino suggerisce non è poi così diversa dalla mia.

In realtà, avrei voluto scrivere anche un’ulteriore parte di questa fanfiction, in cui una Dolores ormai anziana vede il V Gundam combattere nei cieli della Repubblica Ceca contro un qualche mobile suit di Zanscare e si chiede se il fatto che siano nati i newtype servirà mai a qualcosa, se mai arriverà davvero il fantomatico giorno in cui chi ha questo potere aprirà all’umanità le porte di un futuro migliore. Due considerazioni mi hanno trattenuto dal farlo effettivamente: la prima è che mi è mancata la voglia mentre mi stavo accingendo a battere le lettere, la seconda è che, al tempo degli eventi di V Gundam, Dolores dovrebbe avere la bellezza di 101 anni (non l’ho scritto nella storia, comunque la sua data di nascita è il 16 ottobre UC 0052, quindi compie 27 anni poco prima della battaglia di Odessa)…

Ah, sempre riguardo a Dolores… è un personaggio che mi è venuto così. Contrariamente a quanto si possa pensare, NON è ispirata a Lara Croft (anche se ha praticamente la stessa pettinatura). A me Tomb Raider non piace nemmeno di striscio. Penso di averla inconsciamente rielaborata a partire da Melissa Mao. D’altra parte, Gundam è la serie che Full Metal Panic! cita di più in assoluto, quindi possiamo vedere questa trovata come la quadratura del cerchio. Come avrete capito, di cognome fa Martin. Vediamo un po’ se riesco a dire qualcosa di più su di lei…

Data di nascita: 16 ottobre UC 0052

Luogo di nascita: Kiev, Ucraina

Altezza: 164 cm.

Peso: 54 Kg.

Misure: 87/63/85

Pilota di: RGM-79[G] GM Ground Type, RX-79[G] Gundam Mass Production Ground Type, RX-78-7 Gundam Deathlock, RGM-79R (RGM-179) GM II, MSZ-006" Z Plus Test Type Dolores Martin Custom ("Dolly"), RGM-89 Jegan

Residenza: Amsterdam, Olanda (poi Belfast, Irlanda del Nord)

Le piace: volare, nuotare, giocare a basket (però rosica perché non è alta, e nemmeno molto brava)

Non le piace: la gente che la ignora, chi non accetta la sua versione dei fatti, chi non fa come dice lei

Cibo preferito: salmone e spaghetti al pesto

Famiglia: genitori, entrambi vivi, e un fratello di due anni più giovane, anch’egli soldato durante la Guerra di Un Anno (vivo? Morto? Vi lascerò con questo dubbio); un figlio, Sean Larouche (nato l’11 gennaio UC 0084), avuto da Benjamin Larouche; ha anche nonni, zii, cugini e quant’altro, ma non ho voglia di starmi a inventare anche questo

***

Cronologia di Gundam D

0009

Nasce Zeon Zum Deikun.

0010

Nasce Yuri Tolenov Minovsky.

6-0018

Nasce il milionesimo bambino spacenoid su Side 2.

20-4-0026

Nasce Gerard Kemp sulla Terra.

0027

Viene completato il primo insediamento lunare permanente, Von Braun City.

0039

L’orbita dell’asteroide Giunone viene alterata affinché arrivi nella Sfera Terrestre.

0040

La popolazione umana raggiunge un ammontare totale di 11.000.000.000 persone, delle quali il 40% vive nello spazio.

0043

Metà della popolazione umana vive ora nello spazio.

Si diffonde l’ereismo, la filosofia secondo cui la Terra è sacra e dovrebbe essere lasciata stare.

0044

Nascono Gihren Zabi e Ramba Ral su Side 3.

0045

L’asteroide Giunone viene spostato nell’orbita lunare per fornire materiali per la costruzione delle colonie e rinominato Luna2.

Viene fondata la Minovsky Physics Society su Side 3.

0046

Zeon Zum Deikun comincia a propagare la filosofia del contolismo, un misto di ereismo e sideismo (la convinzione che i Side dovrebbero essere trattati come nazioni sovrane).

0047

Comincia lo sviluppo del reattore nucleare ultracompatto Minovsky-Ionesco.

0052

Zeon Zum Deikun si trasferisce su Side 3 per realizzare la propria filosofia del contolismo.

16-10-0052

Nasce Dolores Martin a Kiev, Ucraina.

0053

Zeon Zum Deikun viene eletto premier di Side 3.

3-5-0054

Nasce Conner Clark.

0055

Scharnhorst Buch fonda l’agenzia di recupero spaziale Gruppo Finanziario Buch.

Nascono Kycilia Zabi e M’Quve su Side 3.

9-3-0055

Nasce il fratello di Dolores Martin a Kiev, Ucraina. Poco dopo, la famiglia si trasferisce a causa del lavoro del padre.

31-8-0055

Nasce Lloyd Cavenagh su Side 4.

0056

Nasce Shiro Amada.

13-9-0056

Gerard Kemp viene internato in manicomio per la prima volta in seguito ad analisi accurate fatte dietro segnalazione dei suoi colleghi.

18-11-0056

Nasce Lynn Petrie-Smith su Side 3.

3-7-0057

Nasce Patrizia Raimondi su Side 3.

27-9-0057

Data di nascita (fittizia) di "Char Aznable".

0058

Side 3 dichiara la propria indipendenza e viene fondata la Repubblica Coloniale, come Zeon Zum Deikun come proprio presidente. Viene istituita una milizia, la Guardia Repubblicana Coloniale.

6-2-0058

Gerard Kemp viene ritenuto guarito dalla sua patologia mentale e viene dimesso dal manicomio.

1-5-0058

Nasce Christina MacKenzie nel Bunch 35 (Libot) di Side 6.

3-6-0058

Nasce Daniel Wymann su Side 2.

0059

La Federazione Terrestre adotta la politica Bardot e applica sanzioni economiche contro Side 3.

Nascono Garma Zabi e Aina Sahalin su Side 3.

17-11-0059

Nasce Casval Rem Deikun.

0060

L’Esercito della Federazione Terrestre vara il Piano di Rafforzamento degli Armamenti dell’anno 60. Viene istituita la EFSF (Earth Federation Space Force) e Luna2 viene convertita in base militare.

Nascono Bright Noa a Bernard Wiseman.

13-3-0060

Nasce Julius Parker.

16-3-0060

Nasce Colin Raimondi su Side 3.

2-4-0060

Nasce Alice Kemp, figlia di Gerard Kemp.

0061

Nascono Mirai Yashima e Ryu Jose.

0062

La Guardia Repubblicana Coloniale viene promossa a esercito vero e proprio, l’Esercito Scelto di Zeon.

Viene approvato l’Atto di Esclusione Aliena.

Nasce Paptimus Scirocco.

1-4-0062

Su Side 3 viene fondata l’Accademia dell’Esercito Scelto di Zeon.

12-9-0062

Nasce Artesia Som Deikun su Side 3.

27-4-0063

Nasce Suzanne Heinkell su Side 3.

4-11-0063

Nasce Amuro Ray in Giappone.

0064

Parata navale dell’Esercito della Federazione Terrestre, il cui posto d’onore è occupato dalle navi spaziali del Piano di Rafforzamento degli Armamenti dell’anno 60.

0065

La Minovsky Physics Society osserva un effetto d’onda elettromagnetico unico nel reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky-Ionesco. I risultati delle ricerche che ne seguono vengono tenuti segreti.

Viene resa pubblica la spaccatura politica tra Zeon Zum Deikun e l’influente famiglia Zabi.

9-2-0065

Nasce David Jensen in Germania, sulla Terra.

2-3-0065

Nasce Michael Philbert.

7-12-0065

Nasce Rachel Osborne su Side 4.

13-12-0066

Nasce Ryuu Roots.

0067

La Federazione Terrestre rifiuta una mozione per l’autonomia coloniale.

Vengono annunciati i piani per la costruzione di Side 7.

Terrance Richman e Ullhammer T. Keynes danno dimostrazione del prototipo di robot umanoide Raiant R-7.

10-1-0067

Nasce Haman Karn.

0068

Scharnhorst Buch compra il buon nome dei Ronah, una nobile famiglia europea.

Nasce Alfred Izuruha nel Bunch 35 (Libot) di Side 6.

2-0068

Viene condotto un test sul campo del Raiant R-8.

10-0068

Zeon Zum Deikun muore per cause sconosciute. Gli succede il suo ex-consigliere Degwin Sod Zabi.

Sasro Zabi muore in un attentato; usandolo come pretesto, Gihren Zabi accusa i seguaci di Zeon Zum Deikun e li fa sterminare.

Casval e Artesia Deikun vengono portati sulla Terra da Jinba Ral e sua moglie, che comprano il nome della famiglia Mass e li adottano con i nomi di Edward e Sayla.

15-8-0069

Viene istituito il Principato di Zeon, con Degwin Sodo Zabi come sovrano. L’Esercito Scelto di Zeon diventa un corpo dell’Esercito Regolare di Zeon, una forza molto più vasta.

4-9-0069

Nasce Isolde Tsogatie su una delle colonie di Giove.

10-0069

L’Esercito Regolare di Zeon commissiona il primo incrociatore di classe Papua.

11-11-0069

Nasce Kamille Bidan.

0070

L’Esercito della Federazione Terrestre vara il Piano di Rafforzamento degli Armamenti dell’anno 70.

Nascono Four Murasame e Asuna Elmarit.

3-0070

L’Esercito Regolare di Zeon sperimenta con successo l’effetto di interferenza Minovsky.

5-0070

L’Esercito Regolare di Zeon completa il cannone a mega particelle.

10-0070

Il Piano di Rafforzamento degli Armamenti dell’anno 70 risulta nell’incrociatore di classe Salamis e nella corazzata di classe Magellan.

12-0070

Luna2 viene spostata nell’L3 per cominciare la costruzione di Side 7.

2-12-0070

Gerard Kemp viene internato in manicomio per avere ucciso sua moglie ed essere stato riconosciuto infermo mentalmente.

0071

L’Esercito Regolare di Zeon comincia lo sviluppo di armi da usarsi entro un campo di particelle Minovsky.

Viene completato il reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky-Ionesco.

Gihren Zabi enuncia la propria teoria della razza sovrana.

0072

Il Principato di Zeon comincia la costruzione della base asteroide di Axis.

Scandalo causato dalla diserzione di Yuri Tolenov Minovsky.

22-7-0072

Nasce Elizabeth Fontaine.

0073

L’Esercito Regolare di Zeon completa il primo esemplare di un nuovo tipo di arma, denominata ‘mobile suit’, l’MS-01. Di lì a poco vengono completati l’MS-02 e l’MS-03 Prototype Zack.

0074

Casval Rem Deikun torna su Side 3 sotto la falsa identità di Char Aznable.

2-0074

L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout del prototipo MS-04 Prototype Zack. Nello stesso mese, avviene il rollout dell’MS-05A Zack, prodotto dalla Zeonic Company ed equipaggiato con reattore Minovsky-Ionesco. Ne vengono prodotti ventisette esemplari.

10-10-0074

Nasce Judau Ashta nel Bunch 1 (Shangri-La) di Side 1.

0075

L’Esercito della Federazione Terrestre comincia lo sviluppo dell’RX-75 Guntank, ispirandosi anche ai piani di un MS-05A rubati.

Casval Rem Deikun, con la falsa identità di Char Aznable e un’età falsificata di diciott’anni, si iscrive alla scuola per l’addestramento di ufficiali dell’Esercito Regolare di Zeon.

5-0075

L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout dell’MS-05B Zack.

7-0075

l’Esercito Regolare di Zeon decide di usare l’MS-05B Zack come mobile suit di prima linea, preferendolo all’EMS-04 Zudah.

11-0075

L’Esercito Regolare di Zeon forma il Battaglione Mobile d’Addestramento, ai cui piloti (tra i quali Ramba Ral, Mash, Gaia e Ortega) vengono assegnati i ventisette MS-05A esistenti.

0076

L’Esercito della Federazione Terrestre comincia lo sviluppo del prototipo di VX-76 Ball.

0077

L’Esercito della Federazione Terrestre completa i componenti del prototipo di RX-75 Guntank.

4-0077

Rivoluzione di Riah. Una fazione nazionalista prende il controllo dell’esercito locale di Side 6, incitando una guerra civile contro i lealisti federali. L’Esercito Regolare di Zeon supporta i nazionalisti, schierando una squadra di MS-05B Zack e fermando l’Esercito della Federazione Terrestre. I nazionalisti vincono e Side 6 dichiara l’indipendenza come Repubblica di Riah.

L’Esercito della Federazione Terrestre comincia a sperimentare il sistema Minovsky craft.

8-0077

L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout del prototipo di MS-06A Zack II. Non sarà prodotto in serie.

9-0077

L’Esercito Regolare di Zeon comincia la produzione di prova dell’MS-06C Zack II.

0078

Nasce Carozzo Viggerson.

1-0078

L’Esercito Regolare di Zeon comincia la produzione in serie dell’MS-06C Zack II, che costituirà il grosso delle sue truppe di mobile suit all’inizio della Guerra di Un Anno.

4-0078

L’Esercito della Federazione Terrestre rafforza le proprie guarnigioni sulle colonie.

7-0078

Daniel Wymann viene ingaggiato dalla Longobarda e si trasferisce sulla Terra, in Italia.

9-0078

A fine mese l’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout dei prototipi di MS-06F Zack II e MS-06J Zack II.

10-0078

Rivolta nel Bunch Kintzem di Side 3, che viene sedata dall’Esercito Regolare di Zeon.

L’Esercito Regolare di Zeon viene suddiviso in Armata d’Attacco Spaziale, al comando di Dozle Zabi, e Armata d’Assalto Mobile, comandata da Kycilia Zabi.

3-11-0078

Gerard Kemp viene dimesso dal manicomio per intercessione di Kycilia Zabi, che lo vuole a lavorare ai sistemi operativi dei suoi mobile suit.

21-12-0078

Gerard Kemp uccide sua figlia Alice per ottenere il nuovo modello di computer senziente e per renderla eternamente felice.

3-1-0079

Comincia la Guerra di Un Anno. Il periodo fra il 3 e il 10 gennaio è noto come Guerra di Una Settimana.

L’Esercito Regolare di Zeon attacca Side 1, 2 e 4 usando indiscriminatamente armi nucleari, chimiche e biologiche, causando la morte di 2.800.000.000 persone.

4-1-0079

L’Esercito Regolare di Zeon dà il via all’Operazione British, dirottando lo spopolato Bunch 8 (Island Iffish) di Side 2 dalla propria orbita.

5-1-0079

Aveno determinato che il punto di caduta previsto della colonia è Jaburo, l’Esercito della Federazione Terrestre raduna tutte le forze in grado di prevenire il disastro.

8-1-0079

La Quarta Flotta Spaziale dell’Esercito della Federazione Terrestre fallisce nel tentativo di deviare la colonia in caduta, subendo in battaglia il 70% delle perdite.

9-1-0079

Nemmeno il lancio di testate nucleari riesce a fermare Island Iffish.

10-1-0079

Island Iffish si spezza in quattro parti sopra il Golfo Persico; la sezione più grande si schianta su Sydney, Australia, distruggendo il 16% del continente e creando un cratere del diametro di 500 Km. L’inverno post impatto che ne segue cambia drasticamente il clima della Terra.

11-1-0079

La Repubblica di Riah si dichiara neutrale, posizione riconosciuta sia dalla Federazione Terrestre che dal Principato di Zeon.

15-1-0079

Battaglia di Loum (Side 5). Lo scontro tra la flotta di Zeon e quella terrestre distrugge praticamente tutto il Side, con l’eccezione della colonia Texas.

16-1-0079

Le Tre Stelle Nere dell’Armata d’Assalto Mobile catturano il generale Revil, comandante delle forze federali. Sconfitta, la flotta federale si ritira.

22-1-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre lancia un’operazione per liberare Revil.

28-1-0079

Con la mediazione di Riah, Zeon e la Federazione negoziano una tregua temporanea..

29-1-0079

Agenti federali riescono a liberare Revil.

31-1-0079

Viene firmato il Trattato del Polo Sud, che proibisce l’utilizzo di sistemi di distruzione di massa (armi nucleari, chimiche e batteriologiche, nonché la caduta di colonie) e garantisce la sicurezza delle zone neutrali.

1-2-0079

L’Esercito Regolare di Zeon proclama la formazione dell’Armata d’Assalto Terrestre, al comando di Garma Zabi.

4-2-0079

Dolores Martin viene arruolata forzatamente nell’Esercito della Federazione Terrestre. Viene assegnata al QG di Jaburo.

7-2-0079

L’Esercito Regolare di Zeon comincia l’invasione della Terra. Entro i due mesi seguenti, ne occuperà i due terzi.

13-2-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre comincia a pianificare il Progetto V.

1-3-0079

L’Esercito Regolare di Zeon comincia le operazioni di sbarco dall’orbita.

13-3-0079

La Seconda Divisione Mobile Terrestre dell’Esercito Regolare di Zeon cattura la California Base federale, dove stabilisce il proprio QG.

4-0079

Usando risorse e impianti catturati, Zeon comincia la costruzione di nuove forze sulla Terra.

1-4-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre vara definitivamente il Progetto V, che prevede la ricerca e lo sviluppo di mobile suit e navi da battaglia. Comincia il programma di addestramento al pilotaggio di mobile suit e Dolores Martin è tra i primi a farne parte.

5-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre completa un prototipo di Guncannon.

17-5-0079

L’Esercito Regolare di Zeon ultima la costruzione della fortezza spaziale di Solomon, nei pressi di Side 1.

6-0079

L’Esercito Regolare di Zeon completa la propria linea di difesa essenziale, consistente nelle fortezza spaziali di Solomon (L5), A Baoa Qu (L3) e nella base lunare di Granada.

Nella colonia Baldur Bay del neutrale Side 6 viene fondato l’Istituto Flanagan.

L’Esercito Regolare di Zeon stabilisce il QG della sua Flotta da Battaglia di Sottomarini all’Università Occidentale di Hokkaido.

L’Esercito della Federazione Terrestre effettua il rollout del prototipo RX-76 Ball.

12-6-0079

Battaglia di Canavel: l’Esercito della Federazione Terrestre lancia un contrattacco a sorpresa contro la flotta di Zeon appena al di fuori del territorio di Side 6.

7-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre riesce a miniaturizzare le armi a raggio usando la tecnologia E-CAP (Energy CAPacitor).

Viene commissionata la corazzata da trasporto per mobile suit di classe Pegasus SCV-70 White Base.

Rollout dell’RX-78-1 Prototype Gundam. Parte il piano RX-79 e si comincia a lavorare a varie armi di supporto per mobile suit. Poco dopo, avviene il rollout dell’RX-78-2 Gundam.

L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout dell’MS-07A Gouf e dell’YMS-09 Prototype Dom.

La Flotta da Battaglia di Sottomarini viene avviata con dieci sommergibili di classe Jukon.

8-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre comincia il collaudo dell’RX-78-2 Gundam su Side 7.

Il secondo tenente Chirstina MacKenzie, dell’Esercito della Federazione Terrestre, viene assegnata all’unità di prova RX-78NT-1 Gundam G-4 "Alex".

11-8-0079

Comincia la Battaglia di Midway. La Flotta Navale Federale subisce una sconfitta.

9-0079

Il Bunch 38 (Mahal) di Side 3 viene evacuato per essere convertito in Solar Ray System.

Scontro tra la Flotta di Pattuglia dell’Esercito della Federazione Terrestre assegnata a Luna2 e l’Unità di Difesa Spaziale di Granada di Zeon. Grazie soprattutto alle azioni del commando delle Tre Stelle Nere, la Federazione subisce una sconfitta. Il comandante generale di Luna2 Amundsen dà le dimissioni e gli succede il generale Hyatt.

1-9-0079

Viene completato l’SCV-70 White Base.

2-9-0079

Nasce Mineva Lao Zabi su Side 3.

15-9-0079

Lo White Base parte dal quartier generale di Jaburo per recuperare i componenti della serie RX dal Bunch 1 (Green Oasis) di Side 7.

16-9-0079

Il Corpo della Marina Mobile dell’Esercito Regolare di Zeon, comandato dal tenete colonnello Cima Garahau, conduce un raid punitivo contro Luna2.

18-9-0079

Tre MS-06F Zack II dei Reparti Speciali della Prima Divisione dell’Esercito Regolare di Zeon si infiltrano nel Bunch 1 (Green Oasis) di Side 7 pe rordine del maggiore Char Aznable.

Lo White Base attracca su Green Oasis.

Nella prima battaglia tra mobile suit all’interno di una colonia, l’RX-78-2 Gundam, pilotato dal civile Amuro Ray, abbatte da solo due MS-06F Zack II.

La nave di classe Musai Falmel, al comando del maggiore Char Aznable, apre il fuoco su Green Oasis; buona parte dell’equipaggio dello White Base viene ucciso e il colonnello Paolo Cassius è mortalmente ferito.

Lo White Base fugge con i mobile suit della serie RX e più di cento rifugiati civili alla volta di Jaburo.

22-9-0079

Lo White Base attracca a Luna 2.

Dolores Martin, promossa a sergente dell’Esercito della Federazione Terrestre, viene assegnata a uno squadrone in Europa insieme con due RGM-79[G] GM Ground Type e un RX-75 Guntank Mass Production Type. La sua funzione è principalmente quella di istruttrice.

23-9-0079

Il Falmel insegue lo White Base verso la Terra e l’RX-78-2 Gundam effettua il primo rientro nell’atmosfera di un mobile suit.

L’Armata di Occupazione del Nord America, al comando del colonnello Garma Zabi, ingaggia lo White Base nei pressi del Grand Canyon AZ. Durante la battaglia, il dottor Chlust Morses diserta in favore della Federazione Terrestre.

10-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre comincia la piena produzione dell’RGM-79 GM ed effettua il rollout dell’RGC-80 GM Cannon e riforma il sistema di promozione, in precedenza basato sull’anzianità, per consentire a più personale di qualificarsi come pilota.

L’Istituto Flanagan completa il prototipo di PSYchic COMMUnicator (PSYCOMMU) System.

Il commando delle Tre Stelle Nere viene equipaggiato con i nuovi MS-09 Dom e assegnato alla Settima Divisione Mobile Terrestre, Primo Battaglione, stanziato a Odessa, Ucraina.

L’Esercito Regolare di Zeon effettua il rollout dell’YMS-14 Gelgoog.

1-10-0079

Le forze di Garma Zabi lanciano il quarto attacco contro lo White Base, che sfugge loro e riceve i rifornimenti portati dal Medea comandato da Matilda Ajan.

3-10-0079

Il sistema EXAM viene avviato sull’RX-79BD GM Blue Destiny.

4-10-0079

Le forze di Garma Zabi ingaggiano lo White Base sopra Seattle, Washinghton. Durante lo scontro, a causa di indicazioni deliberatamente fornite da Char Aznable, il Gaw su cui si trova Garma Zabi viene abbattuto dallo White Base. Garma Zabi perde la vita.

5-10-0079

Matilda Ajan rifornisce nuovamente lo White Base e prende con sé i rifugiati che trasporta.

6-10-0079

Su Side 3 vengono condotti i funerali di stato di Garma Zabi. Gihren Zabi tiene un discorso, al termine del quale viene utilizzato per la prima volta il saluto "Sieg Zeon!".

La squadra comandata dal capitano Ramba Ral dell’Esercito Regolare di Zeon ingaggia lo White Base su di un’isola del Pacifico del Nord.

Durante il viaggio verso la Terra, il secondo tenete dell’Esercito Federale Shiro Amada incontra per caso la pilota collaudatrice di Zeon Aina Sahalin.

Lo squadrone del tenente Ridley ha una schermaglia con alcuni mobile suit di Zeon e riceve l’ordine di spostarsi verso Odessa.

10-10-0079

Un’armata comandata dal generale Revil parte da Southampton, Inghilterra, diretta a Odessa.

15-10-0079

Il generale di divisione Kycilia Zabi dell’Esercito Regolare di Zeon arriva sulla Terra per un’ispezione sul campo.

19-10-0079

La Albatross Base dell’Esercito della Federazione Terrestre, situata nel Deserto del Gobi, viene attaccata dallo squadrone Wolf Gar dell’Esercito Regolare di Zeon. Tra i difensori c’è il capitano Bork Cry sull’RX-78XX Gundam Pixie.

26-10-0079

L’Esercito Regolare di Zeon istituisce un Corpo di Elite, nel quale arruola trenta dei suoi migliori piloti, tra cui il maggiore Johnny Ridden, assegnandoli all’incrociatore di classe Zanzibar Chimera.

30-10-0079

L’Esercito Regolare di Zeon lancia il primo squadrone di sommergibili di classe Mad Angler, al comando del colonnello Char Aznable.

2-11-0079

Viene schierato per la prima volta l’FF-X7-Bst Core Booster.

Il generale Revil ordina allo White Base di procedere verso Odessa senza nascondersi, attirando su di sé gli attacchi di Zeon.

4-11-0079

L’08° Squadrone di MS del Battaglione Kojima dell’Esercito della Federazione Terrestre, comincia a perlustrare l’area in cui si svolgono collaudi di nuove armi di Zeon.

Dolores Martin, unica sopravvissuta dello squadrone del tenente Ridley, raggiunge il campo federale di Odessa. Viene promossa a tenente e nominata comandante di uno squadrone.

5-11-0079

L’unità di Ramba Ral tenta l’ultimo attacco contro lo White Base; il capitano Ral muore nel tentativo.

Dolores Martin riceve il proprio RX-79[G] Gundam Mass Production Ground Type.

7-11-0079

Operazione Odessa: l’Esercito della Federazione Terrestre impiega il 30% delle proprie forze in questa azione.

Primo scontro tra lo White Base e il commando delle Tre Stelle Nere; Matilda Ajan e Mash risultano KIA.

Lo squadrone comandato da Dolores Martin affronta due MS-09 Dom.

L’armata principale federale fa breccia nella linea di difesa nemica.

8-11-0079

Il colonnello M’Quve, comandante delle forze di Zeon a Odessa, fugge nello spazio con l’ultimo HLV.

9-11-0079

L’Esercito Federale riporta la vittoria a Odessa; una trappola di M’Quve, che voleva attaccare con una testata nucleare, viene sventata dall’RX-78-2 Gundam di Amuro Ray.

10-11-0079

Fine dei combattimenti a Odessa.

17-11-0079

Dolores Martin viene assegnata al comando del 12° Squadrone MS del Battaglione Erwyn dell’Esercito della Federazione Terrestre.

18-11-0079

Char Aznable, comandante di un sommergibile di classe Mad Angler, avvista lo White Base attraccato alla base federale di Belfast, Irlanda del Nord.

21-11-0079

Lo squadrone del Mad Angler di Char Aznable lancia un attacco contro la base federale di Belfast usando dei mobile suit anfibi. A mezzanotte lo White Base parte per Jaburo.

Il Battaglione Erwyn dell’Esercito della Federazione Terrestre viene ufficialmente assegnato alla 6a Flotta Terrestre Combinata, che viene radunata nei pressi della base federale di Belfast.

23-11-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre comincia la riconquista dell’Australia; lo squadrone White Dingo vara l’operazione Rainbow Valley.

25-11-0079

A partire da questa data, la 6a Flotta Combinata dell’Esercito della Federazione Terrestre viene gradatamente spostata da Balfast in Inghilterra. L’operazione richiederà diversi giorni.

27-11-0079

Lo White Base arriva al QG federale di Jaburo, in Brasile.

30-11-0079

L’Esercito Regolare di Zeon lancia, in anticipo sui tempi, un attacco contro il QG federale di Jaburo. La missione fallisce.

2-12-0079

La Seconda Flotta Combinata dell’Esercito della Federazione Terrestre parte dal QG di Jaburo. Poco dopo partono anche alcune navi esca, tra cui il 13° Squadrone Autonomo, ovvero lo White Base.

5-12-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre completa la riconquista del Canale di Suez e lancia un’offensiva in Asia.

7-12-0079

Diversi battaglioni dell’Esercito Federale, tra cui il Battaglione Kojima, assediano una base di Zeon sull’Altipiano del Tibet. Nel corso della battaglia, dopo avere abbattuto il mobile armor Apsalus III, Shiro Amada e Aina Sahalin risultano MIA.

9-12-0079

Il commando Cyclops dell’Esercito Regolare di Zeon attacca la base federale di Augustus Island, da cui sta partendo l’RX-78NT-1 Gundam G-4 "Alex".

15-12-0079

L’11° Squadrone Mobile Autonomo dell’Esercito Federale riconquista la California Base.

Il commando Cyclops di Zeon si infiltra sulla colonia Libot di Side 6.

16-12-0079

Lo White Base attracca al Bunch Baldur Bay di Side 6. Poco dopo, affronta la Flotta Conscon e poi Amuro Ray incontra Lalah Sune e Char Aznable.

Comincia l’Operazione Tristan, l’assalto dell’Esercito della Federazione Terrestre contro gli insediamenti di Zeon sulla costa francese. Dolores Martin partecipa allo sbarco in Normandia da una portaerei di classe Himalaya, insieme con il proprio squadrone.

17-12-0079

Il 12° Squadrone MS del Battaglione Erwyn dell’Esercito Federale, secondo la missione assegnata, si dirige verso una fortificazione zeoniana in cui si pensa vengano sperimentati nuovi prototipi di mobile suit.

18-12-0079

Dolores Martin, comandante del 12° Squadrone del Battaglione Erwyn dell’Esercito Federale, riceve l’RX-78-7 Gundam Deathlock. Lo usa per abbattere una squadra di quattro mobile suit di Zeon.

19-12-0079

Operazione Rubicone: il commando Cyclops lancia un attacco diversivo contro Libot, per poi attaccare la fabbrica federale che lì si trova. Bernard Wiseman è l’unico sopravvissuto.

L’RX-78-7 Gundam Deathlock riceve le parti per la full armor e il 12° Squadrone MS attacca la fortificazione zeoniana il cui assalto era fulcro della missione dell’unità.

20-12-0079

Lo White Base attracca alla colonia Texas.

24-12-0079

Battaglia di Solomon: una flotta federale attacca la fortezza spaziale di Zeon. Viene impiegato il Solar Ray System, l’armata di Zeon viene sconfitta e Dozle Zabi risulta KIA. Solomon viene ribattezzata Konpeitoh.

26-12-0079

Dolores Martin si unisce alla Task Force Orion; il Gundam Deathlock riceve i componenti per la full heavy armor.

29-12-0079

L’Esercito della Federazione Terrestre dà il via all’Operazione Star One, il cui scopo è la conquista di A Baoa Qu.

30-12-0079

Le forze di Kycilia Zabi, nella fattispecie l’MS-14S Gelgoog Commander Type di Char Aznable e l’MAN-08 Elmeth di Lalah Sune, attaccano il 13° Squadrone Autonomo. L’Elmeth viene abbattuto dall’RX-78-2 Gundam e Lalah Sune risulta KIA.

Degwin Sodo Zabi comunica di volere incontrare il generale Revil per dare il via a negoziati di pace. Quando le navi dei due comandanti si avvicinano, Gihren Zabi dà ordine di fare fuoco con il Solar Ray System, distruggendole entrambe.

31-12-0079

Attacco federale contro A Baoa Qu, con lo White Base alla testa. Kycilia Zabi giustizia il fratello Gihren per parricidio e affida al 34° Corpo MS di Char Aznable la linea di difesa. Sia lo White Base che l’RX-78-2 Gundam vengono distrutti in combattimento.

L’armata di Zeon viene sconfitta e, poco prima, il generale di divizione Aiguille Delaz si ritira insieme con i suoi seguaci.

Char Aznable uccide Kycilia Zabi e poi aiuta Zenna Zabi e sue figlia Mineva a scappare verso Axis.

Lo squadrone del colonnello Ernest Fuchs fugge da A Baoa Qu; Colin Raimondi si attarda e, cercando di tornare su Side 3, si imbatte nella Flotta Delaz, che lo raccoglie.

I capi dell’appena stabilita Repubblica di Zeon contattano il Governo Federale, chiedendo di cominciare i negoziati di pace.

La Task Force Orion insegue alcuni soldati di Zeon che si sono impadroniti di alcune testate nucleari. Sull’FHA-78-3 Heavy Full Armor Gundam Deathlock, Dolores Martin affronta l’MSN-02 (MS-16X) Zeong pilotato da Victoria Lurnberg. Il Gundam ha la meglio e recupera le testate, ma gli zeoniani sopravvissuti riescono a fuggire verso Axis.

0080

Nasce Hathaway Noa

1-1-0080

Il generale di divisione di Zeon Aiguille Delaz accoglie con sé i reduci dell’Esercito che si sono rifiutati di andare ad Axis e riorganizza le proprie forze.

Finisce la Guerra di Un Anno: la Federazione Terrestre e la Repubblica di Zeon firmano la pace a Granada.

15-1-0080

Uno squadrone dell’Esercito della Federazione Terrestre ingaggia le forze di Zeon rimaste a Pezun.

18-2-0080

La Federazione Terrestre e la Repubblica di Zeon approvano ufficialmente il Trattato di Granada. Il trattato riconosce l’indipendenza di Side 3 e il suo diritto a un esercito proprio.

3-0080

Raccolte le forze di Zeon ancora nella Sfera Terrestre, Aiguille Delaz si dirige verso il Giardino di Spine, una base nell’L1 mai completata.

Dolores Martin viene promossa a maggiore e assegnata alla base federale di Belfast come istruttrice.

6-0080

Le forze di Zeon sul fronte africano si disarmano.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1.5: Il sogno della farfalla ***


CAPITOLO 1.5: IL SOGNO DELLA FARFALLA

***

"Io penso che gli esseri umani dovrebbero vivere senza sapere quando pioverà", disse l’uomo, mentre le sue palpebre si facevano pesanti.

"È assurdo", rispose la donna scuotendo la testa, che ormai le si appoggiava stancamente sulla spalla dell’uomo seduto al suo fianco, anch’egli per terra, anch’egli con la schiena contro il muro. "L’ignoranza non è mai un bene. Non ha senso che non si sappia quando pioverà".

"Credo che questo modo di vedere le cose sia tipico di una spacenoid". La luce bluastra dell’unico schermo di computer ancora attivo in fondo all’ampia sala di comando era la sola cosa che rischiarava almeno un po’ l’oscurità.

"Ma non hai detto di essere nato su Side 4?". La donna chiuse gli occhi.

"Sì, ma, da quando sono andato a vivere sulla Terra, ho cambiato idea circa molte cose". Poggiò la guancia contro il capo di lei, sentendo i suoi capelli che gli accarezzavano il viso.

"Io credo che ciascuno di noi abbia bisogno di un posto in cui tornare. E quel posto può essere solo quello in cui siamo nati".

"No. Può anche essere il posto dove ci è più congegnale vivere. La regione della Terra in cui sono vissuto è molto piovosa, soprattutto in novembre".

"E questo ti è congegnale?". Una spia rossastra sul monitor lampeggiò per qualche secondo.

"Non so. Però mi piaceva addormentarmi sentendo la pioggia battere sul tetto. E mi piaceva svegliarmi e vedere dalla finestra le strade bagnate".

"Senti…". La donna non riusciva più a restare sveglia, le sue parole erano ormai solo un sussurro.

"Sì?". Anche l’uomo era arrivato al limite.

"Se sopravviveremo a tutto questo… Se sopravviveremo alla guerra… Mi porteresti in quel posto di cui mi parli?".

"Ti ho incuriosita?"

"Mi incuriosisce sapere come viva un earthnoid. Vorrei provare almeno una volta".

L’uomo lanciò un’occhiata al monitor, che ormai si stava spegnendo: "Va bene. Se sopravviveremo, ti porterò a vedere la Terra".

"Uhm… però, scusa… Noi non dovremmo essere nemici? Cioè, io faccio parte dell’Esercito di Zeon, mentre tu sei nell’Esercito Federale… noi dovremmo ucciderci, no?".

"Va bene… Allora prima andremo sulla Terra, poi ci uccideremo, d’accordo?".

"D’accordo… Però cerca di non morire prima… Devo ammazzarti io…".

"Se proprio ci tieni…".

La luce del monitor si spense definitivamente.

L’oscurità li avvolse.

***

Il seguente testo è stato tratto dal volume ‘La Guerra di Un Anno: uomini, mezzi e unità speciali’, di S. Marsh, Horace Press, UC 0082.

A metà di dicembre 0079, molti soldati dell’Esercito Regolare di Zeon erano ancora sulla Terra. La repentina ritirata delle forze del Principato, cominciata dopo la battaglia di Odessa, aveva conosciuto un’improvvisa accelerazione in seguito al fallimento dell’attacco su Jaburo, alla fine di novembre. L’Esercito Federale, che aveva ormai trovato la formula ideale per produrre mobile suit ad alte prestazioni e basso costo in grandi quantità, cercò di stanare questi combattenti abbandonati dalla propria patria, sia perché ciò avrebbe potuto fornirgli preziose informazioni, sia perché alcune regioni della Terra erano ancora in mano zeoniana.

L’Europa occidentale, in particolare, continuava a pullulare di insediamenti di truppe del Principato, sebbene molte di queste stessero cercando di dirigersi verso dei siti di lancio di HLV per tornare nello spazio. Buona parte della Francia restava occupata e la Federazione lanciò un piano di liberazione che prese il via il 16 dicembre. Essendo le isole britanniche sotto il controllo federale fin dalla riconquista di Liverpool, gli zeoniani si aspettavano in qualsiasi momento un attacco da nord; un’abile operazione di controspionaggio li aveva però indotti a credere che tale assalto sarebbe arrivato da Pas de Calais, mentre invece ebbe luogo lungo tutta la costa della Normandia.

L’Operazione Tristan, come fu chiamata, fu indubbiamente una delle più ambiziose dell’Esercito Federale e lo schieramento di truppe fu superato solo nelle battaglie di Solomon e di A Baoa Qu. L’assalto alla costa della Normandia, che era stata pesantemente fortificata e veniva protetta da batterie di artiglieria, cominciò con lo sbarco di mobile suit trasportati sul posto da una flotta di Gunperry (si ritiene circa venticinque, il più grande numero di questi velivoli mai usato in una singola operazione), scortati da numerosi stormi di Depp Rog e Core Booster modificati per fare da bombardieri, che prepararono il terreno (i Fly Manta erano stati giudicati inadatti al compito a causa della propria scarsa autonomia). Le divisioni sbarcate tramite Gunperry avevano il compito di attaccare e rendere inutilizzabili le batterie di artiglieria nemiche, ma si scontrarono con la resistenza delle truppe di Zeon, formate da soldati decisamente più esperti dei federali nel pilotaggio dei mobile suit.

Poche ore dopo il lancio delle divisioni aerotrasportate, avvenne uno sbarco dal mare di numerosi squadroni di fanteria meccanizzata. L’Esercito Federale attaccò un gran numero di spiagge sulla costa della Normandia, schierando la maggior parte dei mobile suit da portaerei di classe Himalaya (altri vennero lanciati, in un secondo tempo, da ulteriori Gunperry, approfittando della copertura di quelli già sul posto). Furono queste divisioni a subire le perdite maggiori. Nonostante molti dei mobile suit anfibi di Zeon fossero stati usati durante l’assalto contro Jaburo, alcuni erano stati inviati in Europa tramite i nuovi sommergibili di classe Mad Angler. L’Esercito Federale non disponeva di efficienti mobile suit per il combattimento in acqua: quelli che aveva (nella fattispecie, un singolo squadrone di RAG-79) erano sensibilmente inferiori, per numero e per prestazioni, alle controparti zeoniane, che fecero strage di nemici e dovettero cedere solo perché soverchiate numericamente dalla quantità complessiva delle forze avverse.

I combattimenti più violenti ebbero luogo sulla spiaggia di Omaha, le cui posizioni erano presidiate dal Battaglione Kerner, uno dei meglio addestrati dell’Esercito Regolare di Zeon. Gli squadroni del battaglione erano stati equipaggiati ad alti livelli: composti prevalentemente di MS-06J, MS-06JC, MS-06G ed MS-06K, contavano anche un’ampia quantità di MS-07 di diverso tipo (buona parte della difficoltà nella missione delle divisioni aerotrasportate era consistita nell’eliminare gli MS-07C-3) e alcuni MS-09, tra cui degli MS-09F messi a punto per il combattimento in presenza di gravità. Difendevano inoltre la spiaggia contando su svariati MSM-07, MSM-03 ed MSM-03C (e gira voce fossero presenti anche dei modelli anfibi mai visti prima, progettati alla California Base e originariamente intesi per l’attacco a Jaburo; se fosse vero, non si spiegherebbe però come possano essere arrivati fino in Francia). Le forze degli invasori erano composte in prevalenza dai nuovi RGM-79, ma contavano anche alcuni esemplari di RGM-79[G] e almeno due RX-79[G], prelevati da altri fronti. Erano inoltre presenti modelli ancor più recenti del GM standard: sembra infatti che tutti gli RGM-79F prodotti (a eccezione di quelli ottimizzati per il combattimento in zone desertiche) abbiano preso parte a questa operazione e che siano stati schierati anche degli squadroni di RGM-79D. A fare da supporto dalle portaerei c’erano inoltre degli RGC-80 e alcuni RX-77D, che avanzarono in seguito verso la costa. Ma pochi di questi mobile suit raggiunsero il suolo: la maggior parte fu abbattuta quando le navi vennero affondate dalle macchine antropomorfe anfibie di Zeon.

Nonostante lo sfondamento federale, Zeon inflisse perdite estremamente ingenti sulla spiaggia Omaha, tanto che fu impossibile conquistare Caen e Bayeux nel corso del primo giorno di combattimenti (come invece era stato preventivato dai vertici federali) e gli scontri si protrassero fino alla fine del mese, quando, con la presa di A Baoa Qu, l’ordine di resa di Zeon raggiunse finalmente anche le truppe a terra. Nonostante questo, in seguito alla distruzione dei loro mobile suit, diversi soldati delle divisioni aerotrasportate sopravvissuti vennero assegnati alle truppe spaziali e alcuni di loro parteciparono alle battaglie di Solomon e di A Baoa Qu.

Molti soldati del Principato si diedero alla macchia senza arrendersi alla Federazione e si pensa che alcuni di loro si siano ritirati in Africa. Ironicamente, la maggior parte dei membri dell’Esercito Regolare di Zeon catturati dalle forze federali in seguito allo sbarco in Normandia fu liberata entro la fine di febbraio 0080 e rispedita nello spazio. Vennero trattenuti solo quegli individui contro i quali era stata sollevata l’accusa di crimini di guerra, che furono processati nel giro degli anni seguenti.

***

31 dicembre UC 0079

"La catena di comando è irrimediabilmente compromessa. Tutte le navi che hanno partecipato alla battaglia cessino immediatamente qualsiasi attività bellica. Agite a vostro giudizio".

Un’esplosione. Un’altra.

Lo spazio attorno ad A Baoa Qu esplodeva continuamente di bagliori rosati, mentre i mobile suit e le corazzate combattevano e sparavano.

Da uno degli hangar della fortezza spaziale che era ormai l’ultima roccaforte di Zeon, il colonnello Ernest Fuchs guardava le armate della Federazione Terrestre e della sua patria che si scontravano, mentre le parole che la radio del suo casco aveva appena trasmesso gli rimbalzavano nella testa senza trovare un appiglio.

Si lasciava fluttuare quasi distrattamente nel vuoto privo di gravità che lo circondava, mentre sul casco della sua normal suit dell’Esercito Regolare di Zeon si riflettevano i fuochi della battaglia.

Tanto tempo fa, aveva sentito dire che, in alcuni luoghi della Terra, si era soliti lanciare dei fuochi d’artificio per salutare il nuovo anno.

Era il 31 dicembre UC 0079, ma l’ora terrestre standard segnava solo le 11:56 di mattina.

Decisamente troppo presto perché quei bagliori fossero una celebrazione.

I suoi pensieri furono improvvisamente interrotti dall’arrivo di un soldato, anch’egli con la normal suit indosso.

Con un goffo saluto militare, l’uomo fece rapporto a Fuchs: "Signore, vengo a parlarle a nome del sessantunesimo squadrone. Stavamo presidiando la zona a noi assegnata, quando abbiamo ricevuto la trasmissione del quartier generale. Visto che lei è il comandante della nostra unità, siamo tornati a ricevere i nuovi ordini".

Il colonnello annuì distrattamente. Non aveva avuto bisogno di sentire quella trasmissione per capire che avevano perso.

Fino a una ventina di minuti prima, si era trovato là fuori, a combattere con il proprio Gelgoog, a contribuire alla difesa di A Baoa Qu.

Poi, il suo mobile suit aveva perso un braccio ed era rientrato per farsene montare un altro.

Non c’erano stati pezzi di ricambio disponibili per l’MS-14A, quindi aveva ordinato che gli fosse montato il braccio di uno Zack o di un Rick Dom.

E, a questo punto, i tecnici avevano cominciato a fare storie.

C’erano problemi di calibrazione dell’equilibrio e dei tempi di reazione.

Tutte le stronzate che dicevano tipicamente i tecnici quando non avevano voglia di lavorare.

"Signore?", domandò il soldato.

La domanda sembrò scuotere Fuchs dal proprio torpore: "Ce ne andiamo, ovviamente", rispose. "Avere perso questa battaglia significa avere perso la guerra. Visto che ormai non dobbiamo più combattere, pensiamo a salvare la pelle. Raduna i tuoi compagni e cerca di capire se c’è da qualche parte una nave che può darci un passaggio. Siete rientrati tutti, giusto?".

"Ehm… veramente, tra i sopravvissuti, c’è ancora una persona che manca all’appello".

"Cristo…". Fuchs aveva già capito tutto prima ancora che il soldato terminasse la risposta. "Provate a chiamarlo e ditegli che ci ritiriamo. Se non risponde, lo lasciamo qui. Mi sono rotto le palle di stargli dietro".

Il soldato alzò una mano, come per obiettare: "Considerata la concentrazione di particelle Minovsky, è possibile che la trasmissione non gli arrivi…".

"La vita è ingiusta", replicò il colonnello agitando la mano con fare fatalista. "Provate a chiamarlo e basta. Questo è quanto dobbiamo fare per non averlo sulla coscienza, poi dipende da lui".

***

La procedura era semplice.

Bastava puntare e premere il grilletto: la beam machinegun avrebbe fatto il resto.

Ma a lui non importava l’azione in sé.

Gli interessava il risultato finale.

Nell’abitacolo del suo Gelgoog, Colin Raimondi guardava le esplosioni luminose dei GM e dei Ball che venivano colpiti dai suoi attacchi a lunga distanza.

Guardava attraverso il monoeye quei piccoli globi di luce che si gonfiavano in un botto di rosa, per poi estinguersi lentamente nel vuoto dello spazio.

Erano quelle luci che gli interessavano.

Non aveva ancora ben capito perché, ma era così.

Nel luglio del ’78, Colin Raimondi era stato arruolato nell’Esercito Regolare di Zeon.

Diciott’anni appena compiuti, capelli, che un tempo erano stati castano chiaro, quasi completamente rasati e petto all’infuori.

Era stato orgoglioso di entrare nelle forze armate.

Poi si era anche chiesto perché lo avesse fatto.

La risposta gli sarebbe arrivata solo qualche mese dopo, in gennaio.

Aveva fatto parte dell’armata di Zeon che aveva partecipato alla battaglia di Loum.

Era stato uno dei piloti di mobile suit che avevano guidato i nuovissimi MS-06C Zack II, le macchine che avevano fatto capire alla Federazione come si combattesse in presenza di particelle Minovsky.

Ma non era stata un’esperienza gloriosa per lui.

Dopo pochi minuti di combattimento, il colpo del cannone di un Salamis lo aveva raggiunto.

Era stato un miracolo che il suo Zack non fosse stato distrutto, ma la battaglia era finita fin troppo presto per lui.

Quando si era risvegliato, nel letto di un ospedale militare, l’unica cosa che era rimasta impressa nella mente di Colin era stata una luce abbagliante.

La luce che aveva visto quando la cannonata lo aveva quasi centrato…

Voleva rivederla.

Sentiva che quella luce racchiudeva la chiave della sua esistenza.

Per un qualche motivo, doveva rivederla.

Quindi combatteva.

Aveva combattuto per tutta la guerra nello spazio.

Poi, era stato uno dei piloti abbastanza fortunati da ricevere un Gelgoog (anche se sospettava che questo fosse avvenuto più per carenza di personale che per meriti suoi) e lo aveva caratterizzato con un colore azzurro ghiaccio sulle braccia, sulle gambe, sulla testa e sull’addome, mentre il torace e la cintola erano stati dipinti di blu scuro.

Ma quello che gli aveva fatto particolarmente piacere era il modello.

Un MS-14Jg, un Gelgoog specializzato per il combattimento a distanza. In questo modo, poteva prendere di mira i nemici da lontano, sparare e guardare la luce della loro esplosione.

Se aveva visto la sua luce in una situazione simile, ricreando quelle stesse circostanze, avrebbe potuto ritrovare l’oggetto del suo desiderio.

***

Quasi quattro anni dopo

Non riuscì a trattenere le lacrime, mentre la sua mano passava lentamente sulla console del Core Booster.

Quei freddi comandi sembravano contrastare violentemente con il caldo opprimente che sentiva nel casco della normal suit.

Lo spazio attorno al velivolo, reso meno vuoto dalla gigantesca sagoma della colonia, pareva volerlo inghiottire in un’oscurità deprimente e senza uscita.

Perché era dovuta andare così?

Era davvero impossibile trovare un senso a quello che si faceva?

E lui?

Cosa aveva veramente?

***

Una settimana prima

"No, dai, non è possibile!". A dichiarare con veemenza la propria incredulità, era stato un ragazzo sui diciott’anni, biondo cenere e dall’aria un po’ assente.

"Ti dico di sì! Non hai idea di cosa ho visto! Roba da matti, giuro!". A ribadire ciò che aveva visto era stato un altro ragazzo, dai folti capelli ricci e neri, con un paio di occhiali dalle lenti rettangolari che gli davano un’aria quasi intellettuale, mentre gesticolava vistosamente con la mano destra e con la sinistra reggeva una focaccia ancora avvolta nella carta trasparente.

Entrambi portavano uno zaino in spalla.

Entrambi indossavano la propria divisa scolastica.

Giacca blu, camicia bianca, su cui spiccava una cravatta rossa.

Pantaloni grigi e scarpe marroni.

Stavano camminando lungo le strade di una città.

Attorno a loro, palazzi che torreggiavano sulle vie trafficate.

Sopra di loro, attraverso la densa coltre di nubi, era possibile vedere la città sulla parete opposta della colonia.

"Ma ‘sta gente non ha davvero niente da fare, eh?", sospirò il ragazzo biondo.

"Non è questo il punto… Il punto è che abbiano certe fantasie", replicò il ragazzo riccio.

"Seee, dai, va be’… Io non ci vedo tutta ‘sta differenza".

"No, no, no… Ti dico che la differenza è enorme. Un conto è scrivere fanfiction, un conto è mettersi a riversarci le proprie fantasie sessuali. Voglio dire, c’è gente che ha fatto una barca di soldi scrivendo fanfiction".

"Scherzi? Guarda che non si può essere pagati per delle fanfiction".

Mentre una bambina guardava la vetrina di un negozio di giocattoli, un grosso cane nero le si avvicinò e prese in bocca la merendina che aveva in mano. La bambina scoppiò in lacrime.

"Ah, no? Hai presente J.R. Sommers? Quello ha passato la vita a scrivere fanfiction ed è ricco sfondato!".

"Sommers non scrive fanfiction".

"Scrive libri ambientati nell’universo di Ultimate Feats, no?".

"Sì, ma è roba ufficiale! Ha il consenso dei creatori del gioco, lo pagano apposta".

Una elec-car passò loro a fianco, eseguendo un sorpasso nonostante la segnaletica lo vietasse.

"OK, però scrive di un mondo che non ha creato lui, usando personaggi che non ha creato lui, giusto? Non è forse la stessa identica cosa che fa un autore di fanfiction?".

"Il fatto che i suoi libri siano materiale ufficiale implica automaticamente che non siano fanfiction".

"Ma di fatto sono la stessa cosa! E c’è un mucchio di gente come lui! Ti dico che l’unica differenza tra lui e un autore di fanfiction sono i soldi che prende!".

Aspettarono che il semaforo fosse verde e attraversarono un incrocio.

"Senti, ti ricordi come è cominciata questa discussione? Ecco, quella è un’altra differenza".

"Fino a un certo punto. Sommers avrà anche dei paletti, ma buona parte del materiale sul gioco che è stato sviluppato negli ultimi anni si basa sui suoi libri. A volte è lui a dettare le regole, anche perché ormai la sua firma è famosa e può permettersi di trattare da una posizione… non dico paritaria rispetto alla Phinneas, ma che comunque non può essere sottovalutata".

Attorno a loro, altri gruppi di studenti, vestiti con la stessa uniforme (ma le studentesse avevano una gonna appena sopra il ginocchio al posto dei pantaloni), andavano nella stessa direzione dei due ragazzi.

"Per quanto famoso Sommers possa diventare, dubito che l’editore gli permetterà mai di scrivere una storia in cui Zergatron diventa omosessuale e si incula Lord Kraken approfittando del suo lato dolce e indifeso".

"OK, questo può essere vero… Ma il fatto è che, a saperseli cercare, là fuori ci sono diversi autori di fanfiction che scrivono storie che potrebbero tranquillamente integrarsi con il materiale pubblicato ufficialmente. Voglio dire, come c’è chi ci infila le proprie fantasie sessuali, c’è anche chi si preoccupa di attenersi all’ambientazione. Che differenza c’è tra loro e Sommers, dico io? Soldi a parte, ovviamente".

Varcarono distrattamente il cancello della scuola, un sobrio edificio color verde marcio, al centro del quale campeggiava una grande torre con un orologio che segnava quasi le otto di mattina.

"Non ho ancora capito dove tu voglia arrivare esattamente. Vorresti farti pubblicare le tue fanfiction? E perché non le spedisci alla Phinneas, invece di metterle su quel sito dove non le leggerà un cane?".

"Mi pare ovvio".

"Sì?".

"Sì!".

"E cioè?".

"Libertà artistica. Io non sono Sommers. Se anche diventassi come lui, dovrei farmi una lunga gavetta in cui scrivere sostanzialmente quello che mi venisse commissionato".

I due ragazzi aprirono gli armadietti, che erano adiacenti. Quello riccio mise la focaccia dentro il proprio.

"Eh, va be’! Adesso pretendi di arrivare tu ed essere trattato subito come uno scrittore affermato?".

"Non è questione di essere trattati come scrittori affermati, il punto è che ho una mia dignità. Non accetto di scrivere qualcosa di diverso da ciò che mi sento dentro. Io ho qualcosa da dire con i miei racconti".

"A me pare tanto che tu stia solo girando attorno al problema… E la cosa peggiore è che Penny fa discorsi simili ai tuoi".

"Uh-uh! Geloso?".

"Preoccupato. Preferirei che non si riducesse come te".

Il ragazzo riccio sembrò risentito: "E invece dovresti apprezzarlo. Voglio dire, io sarei contento di avere una ragazza che sentisse il bisogno di esprimersi artisticamente".

I due chiusero gli armadietti e si avviarono lungo il corridoio.

"Non è che io sia contrario alle velleità letterarie di Penny", precisò il ragazzo biondo, "È solo che penso dovrebbe essere più realista. Se vuole farsi pubblicare qualcosa, deve scendere a compromessi. Nemmeno molti scrittori affermati sono liberi di scrivere quello che vogliono. Questa storia della libertà di espressione artistica mi sembra più un modo per tagliarsi le gambe che per diventare dei professionisti".

"Preoccupato per cosa?". Un paio di braccia si avvinghiarono attorno al collo del ragazzo biondo.

Che si girò.

"Ehilà, Penny", salutò il ragazzo moro.

"Ciao", rispose lei, una giovane minuta i cui capelli color grano erano raccolti sulla testa, in una crocchia fin troppo austera per il suo viso sorridente, in cui campeggiava un paio di occhioni blu.

"Cominciavo a sentire la tua mancanza", disse il ragazzo biondo baciandole delicatamente le labbra.

"Eh, lo so", replicò lei, "L’unica cosa che mi riesce difficile è essere ignorata. Allora, David? Non ti sembra il caso di smettere di arrivare in ritardo?".

"Guarda che casomai sei tu a essere in anticipo. E poi, è sempre colpa di Fred – indicò il ragazzo moro – che si fa aspettare per mezz’ora sotto casa".

"Ehi", intervenne Fred, "Io ci tengo a uscire di casa ordinato".

"Il primo passo per essere ordinati è pensare ordinatamente", precisò Penny. "Chi è veramente ordinato si prepara in anticipo per evitare ritardi".

"Però non ha tutti i torti", lo giustificò David. "Il panificio dove va a comprare quelle allucinanti focacce che mangia lui è sempre pieno così".

"Pieno così?", domandò incredula la ragazza. "Ma c’è tanta gente che compra delle focacce simili? Quella che ho assaggiato io era salata come un mare terrestre e sembrava fatta di kevlar!".

"Le mie focacce sono buonissime!", si risentì Fred.

Una conversazione banale.

Una conversazione come tante.

Una conversazione che faceva parte di una vita altrettanto comune.

Forse anche troppo comune.

***

David Jensen armeggiava con la console principale del mobile suit, mentre cercava di prendere confidenza con i comandi.

Non sapeva esattamente come, ma conosceva le manovre essenziali.

La grande macchina umanoide era ferma nell’hangar dell’Utrecht, l’incrociatore sperimentale, derivato da un Salamis (o almeno così gli avevano detto, ma non che gli importasse) che aveva il compito di portarla nei pressi di Side 5 per alcuni test.

E David ne era il pilota collaudatore.

Gli avevano detto che era stato scelto per questo compito dietro pressioni di suo padre, senza spiegargli di più.

Tutta la situazione era strana.

C’era un sacco di cose che non capiva.

Perché proprio lui?

"Allora, tutto a posto?", disse una voce femminile da fuori. La testa di una donna fece capolino all’interno dell’abitacolo.

"Sì, la ringrazio", rispose David riconoscendo la professoressa Raimondi.

I suoi capelli, di un castano chiaro che tendeva al biondo, le ricadevano disordinatamente sulle spalle, arrivandole fino a metà schiena.

I suoi occhi verdi, dietro gli spessi occhiali dalla montatura nera, avevano sempre quell’aria interrogativa che ci si aspetterebbe da uno scienziato.

E sembrava che tutta l’immagine che la donna dava di sé volesse richiamare una scienziata; qualcuno avrebbe detto che tendeva a trascurare la propria persona.

Portava sempre il suo camice lungo, non se lo toglieva nemmeno durante le pause per il pranzo.

Quest’oggi, sotto il camice, indossava un maglione giallo (girava voce che fosse piuttosto freddolosa) e una gonna nera, che copriva le sue gambe, avvolte in calze anch’esse nere, fino al ginocchio.

Patrizia Raimondi faceva parte dello staff tecnico dell’Utrecht, rispondeva direttamente al professor Kemp, che aveva progettato il sistema operativo del Blossom.

Patrizia Raimondi era una donna strana.

Aveva parlato con diversi membri dell’equipaggio, che gli avevano raccontato parecchie cose sul suo conto.

Era originaria di Side 3, innanzitutto.

Una zeoniana, quindi.

Ed era la compagna del capitano Lloyd Cavenagh, l’uomo che sedeva al centro della sala comandi della nave.

La storia che girava su come si fossero conosciuti era piuttosto strana.

Cavenagh aveva fatto parte dell’Esercito Federale fin dai tempi della Guerra di Un Anno, quando era stato arruolato dopo essere stato licenziato (per averci provato con una sua superiore, pareva) dalla rete televisiva di Side 4 in cui aveva lavorato fino ad allora.

Era scampato all’Operazione British perché all’epoca si era trovato sulla Terra per un servizio (pare che fosse stato cameraman). Con la morte di buona parte dei soldati federali nel corso dei primi mesi di guerra, era stato assegnato alle nuove unità di sperimentazione dei mobile suit, presso le quali aveva testato alcuni prototipi ed era poi diventato un pilota vero e proprio. Aveva partecipato all’Operazione Tristan tra le truppe sbarcate tramite Gunperry a bordo dei nuovi RGM-79F GM Land Combat Type e si era guadagnato i gradi sopravvivendo a quella campagna e alla battaglia di Solomon.

La professoressa Raimondi, invece aveva fatto parte dell’Esercito Regolare di Zeon, presso il quale aveva trovato lavoro in quanto ex studentessa di informatica, improvvisamente dirottata dai militari sullo sviluppo di sistemi operativi per mobile suit, una mansione per la quale c’era stato urgente bisogno di personale. Aveva passato praticamente tutta la guerra nello spazio, imparando a pilotare le grandi macchine antropomorfe più per collaudarne i computer che per combatterci.

Alla fine del dicembre 0079, diversi soldati federali erano stati prelevati da fronti terrestri per essere mandati nello spazio, dove il QG aveva pensato di infliggere il colpo di grazia alle forze di Zeon; dato che la resistenza degli spacenoid in Francia stava diminuendo, Lloyd Cavenagh fu uno dei prescelti.

Il fatto era accaduto pochi giorni dopo la partenza dell’unità alla quale era stato aggregato, appena prima di quella che sarebbe stata la battaglia di Solomon. Il comando federale aveva avuto notizia di una squadra di soldati di Zeon impegnata in voli di addestramento presso la zona nella quale il gruppo di Cavenagh stava passando. Ovviamente, aveva dato ordine che fosse annientata, nel timore che potesse portare rinforzi ai propri compagni a Solomon.

La battaglia era stata breve: gli zeoniani avevano costituito una piccola base all’interno di una colonia abbandonata e il comandante dell’unità della quale Cavenagh aveva fatto parte aveva ordinato che si cercasse di recuperare i dati del suo computer principale, che sarebbero potuti tornare utili in seguito.

Sfortunatamente, gli zeoniani non avevano opposto una strenua resistenza: soverchiati numericamente, si erano ritirati quasi subito, e, nel breve combattimento che si era svolto, la colonia aveva subito gravi danni a causa delle cannonate delle corazzate.

Cavenagh, trovatosi nel bel mezzo della battaglia, aveva avuto l’ordine di recarsi personalmente a recuperare quei dati.

Sceso dal proprio mobile suit, si era addentrato nella base, per scoprire che anche una ricercatrice di Zeon aveva ricevuto la stessa disposizione.

Patrizia Raimondi, per l’appunto.

A quanto si vociferava, era stato praticamente un colpo di fulmine, o quasi.

Improvvisamente, i sistemi di sostentamento vitale della base si erano bloccati.

Troppe cannonate, probabilmente.

Il soldato e la professoressa si erano trovati rinchiusi nella sala comandi, unica parte del complesso in cui l’aria usciva nello spazio più lentamente, e avevano deciso di fare fronte comune per evitare di morire entrambi.

Avevano usato le apparecchiature della base per lanciare un segnale di SOS e si erano seduti ad aspettare, cercando di dormire per consumare meno ossigeno.

Non si sapeva esattamente cosa fosse successo in quell’occasione.

Qualcuno diceva che avevano passato il tempo a fare sesso selvaggio, qualcun altro sosteneva che avessero parlato di chissà cosa…

Il fatto era che la loro intesa doveva essere nata in quel momento.

Poi, l’unità federale di Cavenagh, nonostante le particelle Minovsky, era riuscita a captare il messaggio e li aveva salvati entrambi.

Ovviamente, la professoressa Raimondi era stata fatta prigioniera.

I militari avevano cercato di estorcerle tutte le informazioni sulle macchine di Zeon di cui era stata in possesso, solo per scoprire che erano per lo più cose che sapevano già.

Alla fine della guerra, i federali ritennero di non avere più bisogno di lei e decisero di rimandarla a casa, insieme ad altri prigionieri di Zeon che erano stati catturati nelle fasi finali del conflitto.

Pare che fosse stato proprio Cavenagh a premere perché restasse sulla Terra e venisse assunta nell’Esercito Federale. Il che era stato visto come un’assurdità da alcuni… Ma ormai, la nuova Repubblica di Zeon e la Federazione Terrestre non erano più nemici.

Mentre lui frequentava i corsi per ufficiali, lei si occupava dei mobile suit che erano stati suoi nemici.

David si chiedeva come fosse possibile innamorarsi di una persona solo dopo averla incontrata una volta.

Per mettersi insieme, lui e Penny avevano…

Avevano…

Ecco, era stato un tale casino che non se lo ricordava nemmeno più.

***

Lloyd Cavenagh aveva compiuto da poco ventotto anni.

In un qualsiasi esercito, sarebbe stato strano trovare il capitano di una nave così giovane, ma, d’altra parte, a guidare il famoso Cavallo di Troia durante la Guerra di Un Anno era stato un ragazzino diciannovenne, no?

Ma era lui stesso a trovarlo piuttosto strano.

Era entrato nell’Esercito Federale solo perché arruolato forzatamente e poi ci era rimasto perché non avrebbe saputo dove cercarsi un lavoro.

Ma soprattutto perché c’era Patrizia.

Si tolse il cappello di capitano e lo poggiò sull’angolo alto della poltrona di comando: nonostante l’uniforme federale non lo infastidisse più di tanto, pensava che il cappello svilisse il fascino dei suoi folti capelli castani.

Effettivamente, era un tipo piuttosto narcisista, nonostante non avesse molte ragioni per esserlo.

Prima di mettersi con Patrizia, aveva avuto l’abitudine di cercare di irretire le donne fissando su di loro i propri occhi castani, credendo che avessero chissà che fascino.

Probabilmente, aveva collezionato più due di picche lui che tutti i suoi commilitoni messi insieme.

Ma, nonostante questo, si riteneva un discreto seduttore…

Se non altro, perché aveva saputo cogliere l’attimo e instaurare una relazione quando aveva trovato la sua attuale compagna, nonostante tutte le circostanze fossero contrarie.

E Lloyd detestava lasciarsi sfuggire le occasioni.

Aveva dei colleghi che passavano mesi lontani da casa e dalle proprie famiglie; lui, invece, aveva fatto carte false affinché Patrizia venisse assegnata alla sua stessa nave.

Molti suoi conoscenti gli avevano detto che si sarebbe stancato di lei, se avesse potuto vederla in continuazione, ventiquattr’ore su ventiquattro.

Qualcuno aveva anche cominciato a spettegolare sul loro conto.

Ma Lloyd agiva sempre secondo la propria filosofia: cogli l’attimo. Non gli importava di queste idiozie: la priorità era ottenere il massimo da quello che aveva a portata di mano.

Forse era stata la guerra a portarlo a pensare così, a fargli crescere la consapevolezza che qualsiasi cosa è destinata a estinguersi.

Ma, proprio per questo, cercava di godersi appieno tutto ciò che aveva di importante.

Si sarebbe stancato? Se questo fosse successo, ci avrebbe pensato (anche se, dopo quasi quattro anni di vita fianco a fianco, si sentiva ben lungi dallo stancarsi di Patrizia).

Per ora, ciò che era importante era colei che si era portato dietro sulla propria nave.

Partito da Jaburo, l’Utrecht era ora diretto verso lo spazio aereo di Side 5, nel quale avrebbe condotto i test dell’armamento del nuovo Gundam; lungo la strada, nei pressi della luna, avrebbe dovuto incontrare una nave da trasporto di classe Columbus per dei rifornimenti e poi se la sarebbero cavata da soli.

Lloyd sogghignò: sarebbe stata un po’ come una vacanza.

Forse.

***

"Buongiorno a tutti! Vi prego di prendervi cura di me!".

A parlare era stata una ragazza sui diciott’anni, i cui lunghi capelli neri erano raccolti in un paio di code ai lati del capo.

Indossava l’uniforme azzurra degli studenti dell’Istituto di Ingegneria di Von Braun City, con la cravatta sulla camicia gialla che si intravedeva dalla giacca e la gonna appena sopra il ginocchio.

Uniforme che era praticamente identica a quella degli ingegneri della Anaheim Electronics e non era un caso.

La Anaheim stava sovvenzionando la scuola per trarne dei potenziali dipendenti per il futuro.

E la presenza di una studentessa, appena arrivata sull’Utrecht con il Columbus che aveva portato i nuovi rifornimenti, doveva teoricamente fare parte di un programma speciale.

La migliore studentessa della scuola aveva ricevuto l’opportunità di partecipare al viaggio di test di un nuovo modello di mobile suit prodotto dalla Anaheim stessa.

Mentre accoglieva la nuova arrivata insieme al capitano Cavenagh e alla professoressa Raimondi, David si chiese se fosse un’idea intelligente.

Stavano facendo salire una civile su di una nave che trasportava materiale top secret.

Non era decisamente logico.

La mano protesa davanti a sé lo riportò bruscamente alla realtà.

"Sono Rachel Osborne", disse la ragazza, sorridendo con la bocca e con i suoi grandi occhi verdi. "Molto piacere".

David strinse la mano. "Piacere", bofonchiò senza troppa convinzione.

Tutto sommato, non era un’idea così malvagia.

***

"Allora, abbiamo finito?", chiese Lloyd all’addetto allo scarico merci del Columbus che si era avvicinato all’Utrecht.

"Direi di sì", rispose l’uomo, dovremmo solo completare la fornitura di alcune attrezzature scientifiche".

"Ci penso io", disse Patrizia avvicinandosi ai due uomini. "Faccio parte dello staff tecnico, posso sovrintendere io alle operazioni".

L’addetto sembrò tentennante: "Be’, veramente io avrei ordine di consegnare questo materiale di persona al professor Kemp".

"Io faccio parte del suo staff", insistette la donna. "Non c’è ragione per cui non potreste consegnare a me questa spedizione. Di cosa si tratta, poi?".

"Parti nuove per alcuni computer".

Patrizia aggrottò la fronte.

C’era qualcosa che le puzzava: "Parti di computer? E a cosa servirebbero? Dovremmo già avere tutto quello che ci occorre".

L’uomo alzò gli occhi al cielo: "Ah, non lo chieda a me… Il mio lavoro consiste solo nel consegnare la merce".

"E fai bene a non porti troppe domande", aggiunse Kemp entrando nella stiva. Era un uomo alto e robusto, dai folti capelli grigi e arruffati, che quasi nascondevano completamente i suoi occhi neri e spiritati. Il suo viso era ulteriormente celato da un paio di grandi baffi, mentre un affioramento di barba incolta gli dava un’aria trasandata. Aria ulteriormente accentuata dal camice sporco e dai sobri pantaloni marroni che indossava. "Hai detto che c’è del materiale per me? Vieni, consegnamelo personalmente".

L’addetto allo scarico merci afferrò una valigetta a tenuta stagna che, fino ad allora, era stata su di uno dei grandi container che avevano scaricato viveri e beni vari nell’Utrecht.

Fluttuando nell’assenza di gravità, seguì Kemp al di fuori della stiva.

Non appena ebbero oltrepassato la porta scorrevole che li separava dal primo corridoio, si guardò attorno circospetto: "Sono…".

"…uno degli uomini di Erwyn", completò Kemp con un sorrisetto.

"Esatto", rispose quello. "Sono venuto per avvertirla che l’esca è stata lanciata e il pesce ha abboccato".

"Che metafora banale", commentò il professore. "Avresti anche potuto dirmi chiaramente come stanno le cose".

"Il generale Erwyn preferirebbe che non si parli apertamente di questioni… delicate. Non qui, almeno, dove orecchie indiscrete potrebbero sentirci".

"Non preoccuparti, ho il completo controllo del sistema di sorveglianza, il tizio che lo gestisce è un idiota. Possiamo parlare liberamente".

"Be’, allora immagino lei abbia già capito che avrà il suo test esattamente come l’ha chiesto".

"E avrei anche voluto vedere! Dopo che Erwyn ha fatto tutto quel casino per tirarmi dalla sua parte, sarebbe proprio il colmo se non mi permettesse di lavorare come dico io".

"Ecco, appunto. Il generale mi ha chiesto di ricordarle quanto abbia fatto per lei. Anche adesso, sta rischiando grosso, perché il mobile suit che state testando qui dovrebbe essere di competenza del generale Kowen… Nonostante questo, negli ultimi anni, le sue ricerche non hanno dato i risultati sperati, perché lei si è rifiutato di appoggiarsi ai dati che già avevamo recuperato dall’Esercito di Zeon. Il generale le chiede di lavorare con maggiore sollecitudine".

"Il generale non capisce un cazzo!", sbottò Kemp. "Lui vorrebbe che io mi fermassi a concetti obsoleti come lo psycommu o il sistema EXAM, tutte stronzate che potrei riprodurre nel giro di una notte! Ma c’è un motivo se quella roba è di applicazione tanto limitata! Io sto cercando di superarne i limiti, davvero Erwyn non ci arriva?".

"Onestamente, professore? Il generale Erwyn sospetta che lei stia spendendo i soldi dell’Esercito per i suoi fini personali".

Lo sguardo di Kemp sembrò farsi ancora più spiritato del solito.

Aveva la faccia ghignante di un posseduto quando si chinò sul proprio interlocutore fin quasi a toccargli il viso con il proprio.

"Fini personali?", disse. "Né tu né Erwyn capite che è l’esatto contrario. Io faccio quello che faccio per tutta l’umanità".

***

"Molto bene", disse Patrizia mentre Rachel la seguiva all’interno dell’hangar, "Cosa sai esattamente dei mobile suit?".

"Be’, più o meno quello che sanno tutti", rispose la ragazza un po’ titubante. "Sono macchine antropomorfe introdotte poco prima dell’ultima guerra… Impiegano un sistema chiamato Auto-Mass Balance Active Control, che si basa su vettori di spinta disposti in tutto il corpo, per bilanciarsi nello spazio... Traggono energia da un reattore a fusione nucleare ultracompatto modello Minovsky-Ionesco, basato sull’isotopo elio3. Poi ci sono modelli specifici che…".

"D’accordo, basta così", la interruppe la donna più anziana. "Non pensare troppo alla teoria, quello che conta è la pratica. Imparerai molto più da ciò che vedrai qui che da quanto hai sentito a scuola".

Patrizia alzò il braccio e indicò a Rachel il mobile suit che avevano di fronte: "Hai mai sentito parlare del Gundam?".

Rachel restò per un attimo a bocca aperta: "Non è quel mobile suit che diede tanti problemi a Zeon durante la guerra?".

"Per l’appunto. Questo è un mobile suit di tipo Gundam. Diciamo che può essere visto come un’evoluzione di quello di cui hai sentito parlare. Il numero di serie è RX-78GP00, ma noi lo chiamiamo semplicemente ‘Blossom’. Comunque, non ti preoccupare, è solo un nome".

"Un… Gundam?".

"Ti ho detto che è solo un nome. Qualsiasi cosa può essere chiamata Gundam, quello che conta è la sostanza".

"Uh… capisco, mi scusi".

Patrizia annuì: "Dicevamo… Questo è un mobile suit. È stato assemblato essenzialmente per testare un’arma sperimentale, ovvero quel grande beam rifle che gli vedi montato sul backpack. Tu sai come funzioni un beam rifle, vero?".

"La compressione tra una particella Minovsky di carica positiva e una di carica negativa genera la cosiddetta ‘mega particella’, che poi viene sparata attraverso la canna dell’arma tramite un…".

"Va bene, d’accordo, lo sai. Il beam rifle a lunga gittata del Blossom è un’arma pensata per ingaggiare il nemico da lontano. Banale, eh? Per localizzare il bersaglio anche in condizioni di alta concentrazione di particelle Minovsky, il GP00 è stato equipaggiato con un MPIWS, ovvero un Minovsky Particle Interference Wave Searcher. Lo scopo di questa missione consiste nel testare questi equipaggiamenti. Il tutto dovrebbe prenderci approssimativamente una settimana di prove intensive nello spazio, poi ce ne torneremo a casa".

"Capisco. E il mio compito quale sarà?".

"È sufficiente che tu stia a vedere quello che faccio io. Non posso spiegarti tutto, perché molte delle informazioni sono top secret. Nei limiti del possibile, comunque, cercherò di farti vedere di prima mano come funzioni il sistema operativo di un mobile suit. La specializzazione del tuo corso è quella, giusto?".

"Sì, certo. Capisco la situazione e la ringrazio".

***

Lloyd Cavenagh sedette al tavolo della mensa, afferrò la busta del tè al limone e sorseggiò distrattamente.

Aveva pensato di passare le pause insieme a Patrizia, ma il fatto che lei avesse un’allieva a cui badare glielo avrebbe probabilmente impedito.

Che seccatura.

"Posso?".

Lloyd alzò gli occhi.

Ah, già.

Anche lui aveva un allievo, o qualcosa di simile.

David Jensen.

"Prego", rispose il capitano indicando la sedia di fronte alla propria. "C’è qualcosa di cui mi vuoi parlare?".

"Be’, in realtà sì".

"Dimmi". Lloyd pensò che interrompere di bere per parlare fosse alquanto seccante.

"Riguarda la studentessa che è arrivata oggi".

"Ah. Carina, eh? Le hai già messo gli occhi addosso?".

"Non intendevo questo. Il fatto è che io ero convinto che qui si testassero armi top secret. Cosa ci fa una civile su questa nave?".

"Guarda che, tecnicamente, anche tu sei un civile".

"Sì, ma io sono stato sostanzialmente costretto a venire qui! Lei, invece, è praticamente in gita scolastica. Insomma, l’Esercito si pone tanti problemi di segretezza e poi fa salire una ragazza su di una nave che trasporta un prototipo di cui nessuno dovrebbe sapere?".

Lloyd buttò nel cestino accanto al tavolo la busta ormai vuota: "Non è il prototipo di per sé a essere segreto, ma il progetto nell’ambito del quale è stato sviluppato. Al momento, la Federazione Terrestre non ha veri e propri nemici, a parte qualche nostalgico di Zeon. E non sarebbe una sorpresa per nessuno sapere che stiamo sviluppando nuove armi. Non ci vuole un genio per capirlo. Il fatto è che il progetto del quale il Blossom è il primo stadio prevede anche… altre cose, diciamo così".

"E lei non può dirmi di cosa si tratti?".

"No, perché non lo so nemmeno io. Mi hanno detto che il GP00 è il primo di una serie, ma non so altro. Non so quanti altri mobile suit siano in fase di progettazione, né tantomeno che caratteristiche abbiano".

"Quindi… se anche Rachel tornasse a casa e raccontasse tutto…".

"Potrebbe semplicemente dire che l’Esercito Federale sta collaudando un mobile suit ad alte prestazioni. Qualsiasi esercito ricerca continuamente nuove armi. Di per sé, è un’informazione inutile".

David sospirò.

Non sembrava convinto.

Lanciò un’occhiata di traverso a Lloyd: "Però ci saranno pure delle cose che non devono essere scoperte… Voglio dire, quella ragazza studia i sistemi operativi, vero? Non sarà che…".

"Non preoccuparti, David. Patrizia… la professoressa Raimondi sa quello che fa. Non le mostrerà certo cose che non dovrebbe vedere. E comunque mi sorprende parecchio questa tua preoccupazione. O ti sei adattato in fretta all’Esercito, o c’è sotto qualcosa. Hai nascosto delle riviste porno dietro il sedile del Blossom?".

"Ma cosa va a pensare! Il fatto è che… non mi piace che troppa gente metta le mani nel mio mobile suit".

Senza nemmeno salutare, David si alzò e si diresse fuori dalla mensa.

Lloyd lo guardò allontanarsi.

Gli venne quasi spontaneo pensarlo: ‘Ma stiamo parlando del tuo mobile suit o della tua ragazza?’.

***

David addentò il panino subito dopo essersi seduto a cavalcioni della panchina.

Era una panchina senza schienale, che si trovava all’ombra di un grande albero nel giardino della scuola.

"Allora?", chiese a Penny, che, seduta davanti a lui sulla stessa panchina, stava aprendo il cestino con il pranzo.

"Allora preferirei che non parlassi a bocca piena", rispose.

"Non intendevo questo, dai… Volevo solo sapere se quella situazione si fosse risolta".

"In un certo senso…", annuì tristemente lei.

"Cosa significa?".

"Be’, sembra che i miei genitori abbiano deciso di divorziare".

David restò a bocca aperta. Un boccone gli cadde dai denti: "Cazzo, mi dispiace… Speravo davvero che potesse andare diversamente…".

Lei scosse il capo: "E cosa ci vuoi fare? È andata così. In fin dei conti, sono stati insieme per vent’anni…".

"Come stai?".

"Male, cazzo!", esclamò lei, quasi in uno slancio d’ira, mentre tratteneva a stento le lacrime.

David appoggiò il panino sulla panchina e le avvolse le spalle con un braccio: "Dai, su. Non c’è proprio più speranza?".

"Ma che speranza vuoi che ci sia?", replicò Penny appoggiandogli la testa sulla spalla. "Le hanno provate tutte negli ultimi anni, davvero… Non è facile nemmeno per loro, ci hanno pensato a lungo… Però non ce la fanno proprio più…".

"E tu? Che farai?".

"Probabilmente resterò a casa con mia madre… Ma come faccio a pensare di vivere in un posto del genere senza mio padre? È sempre stato al mio fianco da quando sono nata e adesso… Mi ha già detto che verrà a trovarmi spesso, ma non sarà la stessa cosa".

"Non posso dirti di capire, visto che mia madre è morta da tempo, però…".

"David… Ti piaccio lo stesso, anche se sono così egoista?".

"Egoista?".

"Sì, egoista… Io sto pensando solo a me stessa… Non voglio perdere il mio presente, la mia abitudine quotidiana. Credo sia questo a spaventarmi. E ora sono capace solo di compiangermi desiderando che i miei tornino insieme, anche se so benissimo che questo non sarebbe un bene per loro".

"Credo sia normale avere paura in una situazione del genere. Però non preoccuparti, io sono sempre con te".

***

‘Sono una merda’, pensò David mentre guardava la testa di Rachel appoggiata sul suo petto.

Erano nudi nel letto della cabina di lui.

Lei, abbracciandolo, stava dormendo con un sorriso serafico sul volto.

David sentì un nodo in gola e provò improvvisamente una gran voglia di piangere.

‘Sono una merda’, si ripeté. ‘Perché ho tradito Penny, soprattutto in un momento del genere? Mi è bastato un bel faccino per crollare? I miei sentimenti erano davvero così deboli?’.

Mentre una lacrima gli colava lungo la guancia, si trattenne per non singhiozzare: se Rachel si fosse svegliata, avrebbe dovuto spiegarle perché stesse piangendo.

Si pulì gli occhi con le dita, cercando di non svegliare la ragazza.

‘Non lo farò più’, si disse. ‘E comunque, il mio errore è già stato troppo grave: quando tornerò a casa, dovrò dirlo a Penny e lasciarla… Visto che le ho già fatto un torto così grande, non posso continuare a prenderla in giro, devo quantomeno essere corretto dove ne ho ancora la possibilità… Però… se lei potesse perdonarmi…’.

***

"Sei pronto?". La voce del capitano Cavenagh arrivò, seppur ostacolata dalle particelle Minovsky, attraverso la radio del Gundam.

"Signorsì", rispose David tirando un sospiro.

Attorno a lui, nello spazio, fluttuavano degli asteroidi.

Sopra di lui, l’enorme sagoma di una colonia abbandonata.

Durante la Guerra di Un Anno, gli zeoniani vi avevano liberato del gas.

Nessun sopravvissuto.

"Molto bene. Allora cominciamo con il test", disse Cavenagh.

"Riesci a sentirmi?". Stavolta era la voce della professoressa Raimondi.

"Sì, la sento", replicò David. Questa situazione cominciava ad annoiarlo.

"Bene. Per prima cosa testiamo l’efficacia dell’MPIWS. Abbiamo disposto dei bersagli a circa quattrocento metri, nella direzione in cui ti trovi rivolto al momento. Dovresti riuscire a localizzarli impostando una ricerca basata sulla forma umanoide. L’area che devi scandagliare è satura di particelle Minovsky, quindi fai attenzione".

Senza rispondere, David attivò il sistema di ricerca dell’MPIWS e lo puntò nella direzione indicata.

"Stai già sbagliando", lo rimproverò la professoressa Raimondi.

"Eh? Cosa ho fatto?".

"Il beam rifle a lunga gittata. Dovresti cominciare a caricarlo non appena attivi l’MPIWS. Ricordati che non è dotato di E-CAP, quindi trae energia direttamente dal reattore nucleare del GP00. Questo significa che gli ci vuole parecchio tempo per caricarsi".

"La ringrazio", disse David.

‘Ma vaffanculo, rompicoglioni!’, pensò subito dopo.

Avviò la procedura di caricamento dell’arma e attese.

Il basso ronzio che denotava l’inizio del processo, insieme con la spia gialla sulla console, aveva un effetto quasi soporifero.

Distrattamente, David controllò la strumentazione dell’MPIWS.

"Rilevo quattro oggetti di forma umana nella direzione indicata", disse.

"Bene", rispose la voce della professoressa Raimondi. "Procedi alla fase di collimazione. Comincia dal primo bersaglio sulla destra".

David obbedì meccanicamente: puntò il sistema di mira del Blossom sul bersaglio indicato.

"Ce l’ho", annunciò dopo qualche secondo.

"Spara appena il beam rifle è pronto".

David attese.

Fu solo qualche secondo, ma parve non finire mai.

Finalmente, l’indicatore dell’arma emise quel suono acuto che denotava il raggiungimento della potenza massima.

Il Gundam fece fuoco.

Il raggio violaceo si perse nello spazio, tra gli asteroidi che impedivano a David di vedere i propri bersagli.

Fu in quel momento che gli venne in mente Rachel.

Poco prima che lui salisse sul Blossom, gli aveva fatto un sorriso immenso, accompagnato da un "Forza, io tifo per te!" che lo aveva quasi steso.

Non per il fatto in sé, quanto perché aveva ingigantito ulteriormente il suo senso di colpa verso Penny.

E forse si sarebbe dovuto sentire in colpa anche verso Rachel stessa, che non sapeva di spasimare per un uomo già impegnato.

Anzi, senza forse.

Stava prendendo in giro due ragazze che lo amavano contemporaneamente.

"David?". La voce della professoressa Raimondi risuonò nell’abitacolo.

"Uh… sì?".

"Come sarebbe? Controlla la traiettoria del raggio. Da qui non riusciamo a capire se hai centrato il bersaglio".

David riportò freneticamente l’attenzione alla console del mobile suit.

"No… pare che non l’abbia centrato", disse. "Anzi, si è mosso".

"Cosa?" Patrizia sembrava sorpresa. "Come sarebbe a dire?".

"Non lo so… L’MPIWS non sembra in grado di penetrare efficacemente le particelle Minovsky, mail bersaglio che avevo puntato pare non essere più lì… Anzi, eccolo… Si sta muovendo!".

Fece in tempo a finire di parlare, ma niente più.

Un raggio schizzò da dietro gli asteroidi, sfiorando la spalla sinistra del Gundam.

"Merda!", esclamò, "C’è qualcuno là dietro!".

***

I mobile suit comunicavano tramite codice morse.

Facendo brillare a intermittenza i monoeye, riuscivano a trasmettersi messaggi che superavano il limite delle particelle Minovsky.

La squadra era composta di due Rick Dom e un Gelgoog Jaeger.

Mobile suit di Zeon.

In seguito alla Guerra di Un Anno, diversi reduci dell’Esercito del Principato avevano deciso di continuare la propria battaglia.

Era inaccettabile che tutte le vite dei loro compagni fossero andate perdute solo per permettere alla Federazione di continuare a spargere la propria corruzione e di legare gli spiriti degli esseri umani alla gravità terrestre.

Forse qualcuno si sarebbe sorpreso per una tale ostinazione, ma il generale di divisione Anguille Delaz credeva profondamente nei principi di cui parlava.

E i suoi uomini si erano uniti alla flotta che capeggiava ciascuno per le proprie motivazioni.

Colin Raimondi, che pilotava il Gelgoog, stava semplicemente continuando a cercare la propria luce.

La nave alla quale era stato assegnato faceva parte della Flotta Delaz ed era stata assegnata a una missione di pattuglia attorno a Side 5.

Loum.

Il posto che i reduci di Zeon stavano fortificando con l’altisonante nome di ‘Giardino di Spine’.

Possibile che i federali non lo sapessero?

Sicuramente la questione non era di dominio pubblico, ma qualcuno doveva esserne a conoscenza.

Eppure, lì c’era una nave, qualcosa di somigliante a un Salamis.

E c’era anche un mobile suit, con un enorme fucile spianato.

Un mobile suit che, grazie al monoeye migliorato del Gelgoog Jaeger, riusciva a vedere come molto simile al Gundam della Guerra di Un Anno.

Proprio come la loro talpa nell’Esercito Federale aveva detto.

Colin girò la testa del Gelgoog verso i suoi compagni e lanciò loro un messaggio: "Attuare manovra di accerchiamento standard".

Mentre lui si avvicinava lentamente tra gli asteroidi che li separavano dalla nave nemica, i due Rick Dom si aprirono a ventaglio, puntando ai lati.

***

L’MPIWS segnalò una fonte di calore che stava rapidamente aumentando.

David si spostò, senza sapere nemmeno lui dove andare.

Un raggio passò dove poco prima si era trovato lui.

Merda!

C’era davvero qualcuno tra quei bersagli!

A questo punto, l’unica cosa sensata da fare era infilarsi tra i blocchi di roccia per rendere la mira del nemico quanto meno sicura possibile.

Il GP00 volò verso le grandi pietre, nascondendosi tra di esse, mentre l’MPIWS cercava di localizzare il nemico.

Non poteva distinguerlo dalla forma, perché lì in mezzo c’erano anche i bersagli disposti per il test.

Il criterio di localizzazione doveva essere il movimento.

Ecco, appunto.

C’erano cinque forme umanoidi, quindi adesso l’MPIWS vedeva anche il falso bersaglio che prima non aveva segnalato.

Ma erano tutte e cinque immobili.

Probabilmente, il nemico stava aspettando che lui uscisse allo scoperto, anch’egli nascosto tra le rocce.

Però c’era una cosa che non gli tornava…

Possibile che quel mobile suit fosse venuto fin lì da solo?

Aveva appena finito di formulare il pensiero, quando due Rick Dom spuntarono dalle rocce a tutta velocità, i bazooka spianati verso l’Utrecht.

Improvvisamente, uno dei due sembrò accorgersi della presenza del Blossom e si girò per attaccarlo.

Con un tuffo al cuore, David capì di essere finito: avrebbe impiegato troppo poco tempo per voltare verso il nemico il beam rifle a lunga gittata e, se avesse sparato, avrebbe segnalato la propria posizione al cecchino ancora nascosto.

Il bazooka sembrava una voragine…

Era così profondo e oscuro che David ebbe l’impressione di guardare in una fossa oceanica…

Anzi, in un utero materno…

Cosa poteva esserci di più profondo e oscuro del posto da cui si generava la vita?

E lui stava vedendo la vita prima di morire.

Una raffica di colpi trapassò l’addome del Rick Dom.

Il tozzo mobile suit nero esplose, mentre dietro di lui compariva un GM Custom.

"Il capitano?", mormorò David.

E non era solo: con lui c’erano anche i due GM Kai imbarcati sull’Utrecht.

Sembrò che l’altro Rick Dom avesse avuto un attimo di esitazione.

Fu allora che David percepì qualcosa.

Un movimento!

L’MPIWS aveva segnalato un movimento in un una delle cinque forme umanoidi!

Possibile che fosse il nemico che gli aveva già sparato?

O forse era solo un movimento naturale di uno dei bersagli disposti per il test?

No, c’era anche una lettura di una fonte di calore.

Vettori di spinta in uso.

"E beccati questo, stronzo!", esclamò David alzando il beam rifle e facendo partire il colpo.

Il raggio trapassò alcune rocce, lasciandosi dietro una scia di detriti.

***

Quando il raggio sparato dal Blossom colpì la grande pietra di fianco al suo Gelgoog, Colin ebbe un attimo di smarrimento.

Istintivamente, fece spostare il suo mobile suit sfruttando i vettori di spinta nel backpack.

L’esplosione della roccia fu un lampo di luce.

Colin sogghignò vedendola.

Somigliava molto a quella di quel giorno…

Poi, vide uno dei Rick Dom passargli accanto a tutta velocità, segnalando con il monoeye il codice della ritirata.

Significava che il suo compagno era stato abbattuto?

Colin sorrise amaramente: "E va bene, Gundam", si disse tra sé e sé. "Non voglio perdermi l’occasione di guardare quella luce che puoi farmi vedere, ma per stavolta va così".

Spingendo al massimo il Gelgoog Jaeger, si diresse verso la zona in cui era atteso dalla nave madre.

***

"Sei un bastardo…", mormorò Penny coprendosi il viso con le mani, senza riuscire a nascondere le lacrime che le scendevano copiose dagli occhi.

"Lo so", rispose David chinando il capo sconsolato, sul punto di mettersi a piangere anche lui.

Erano in uno dei corridoi della scuola.

Un corridoio stranamente deserto.

Il sole che tramontava filtrava attraverso le persiane delle vetrate, parzialmente abbassate.

Con uno sforzo evidente, la ragazza cominciò a trattenere il pianto e incrociò le braccia.

Lanciò un’occhiata gelida al suo interlocutore, che alzò lentamente la testa.

"Perché?", gli chiese. "Si può sapere cosa ti ho fatto? In cosa ho mancato verso di te? Cosa c’era che non andava? Dove ho sbagliato?".

David, di nuovo, si sentì una merda: "Non sei stata tu a sbagliare… Ho fatto tutto io… Sono stato uno stronzo, ne sono consapevole. È evidente che ormai non possiamo più stare insieme… Però volevo almeno scusarmi, per quello che può valere".

Penny scosse la testa: "Non riesco ancora a crederci, davvero… Dimmi che è uno scherzo, perché davvero non posso credere che mi sia capitata una cosa del genere! Ma cosa aveva quella di tanto interessante?".

"Suppongo di essermi semplicemente lasciato andare… Però lei non sapeva che io avevo già la ragazza, quindi non è colpa sua".

"Fin qui ci arrivo!", sbottò Penny alzando improvvisamente le braccia al cielo e dandogli le spalle. "Però… come credi che possa ancora guardarti in faccia dopo quello che è successo?".

David chinò nuovamente il capo senza rispondere.

"Mi hai umiliata", proseguì la ragazza. "Io non sono romantica, non mi sono mai illusa che il nostro sarebbe stato l’amore della vita… Però non dovevi tradirmi. Se proprio avevi tanta voglia di scoparti un’altra, avresti potuto almeno mollarmi prima!".

"Scusami".

Penny si girò all’improvviso e colpì David al viso con il dorso della mano.

"’Scusami’ un cazzo!", sibilò. Poi, sembrò tranquillizzarsi per un attimo: "Se non altro, ti riconosco che hai avuto abbastanza fegato da venirmi a dire cosa hai fatto, visto che altrimenti non sarei mai venuta a saperlo. Sei uno stronzo, ma almeno sei uno stronzo con le palle. Comunque sia, come hai detto anche tu, è ovvio che non possiamo più stare insieme. Non potrò mai perdonarti per questa umiliazione".

***

"È un problema", disse Lloyd picchiando il pugno sul tavolo del proprio ufficio sull’Utrecht. "Quelli erano mobile suit di Zeon, da dove saltavano fuori?".

Davanti a lui, oltre a David, c’erano Earl Shaw e Frank Anderson, i due piloti assegnati ai GM Kai; nessuno dei quattro uomini presenti si era ancora tolto la normal suit.

I soldati alla guida degli RGM-79C erano stati collocati sulla nave semplicemente come unità ausiliaria, per simulare dei nemici durante il collaudo e collocare i falsi bersagli.

Nessuno aveva pensato che ci sarebbe stato bisogno di loro per combattere.

Earl, un ragazzo di colore dai capelli vistosamente tinti di bianco argenteo e tagliati corti, fece un passo avanti: "Il problema più grande è che non siamo riusciti a inseguirli. E, anche se l’avessimo fatto, non avremmo avuto garanzie di cosa avremmo trovato".

"Erano un Rick Dom Zwei", gli ricordò Frank, un tipo basso e decisamente poco atletico, dai capelli neri che ormai si stavano diradando nonostante la giovane età. "Hanno una potenza di accelerazione superiore a quella dei nostri GM, sarebbe stato inutile tentare un inseguimento".

"A questo punto, la missione è abortita", sentenziò Lloyd con decisione. "Non sappiamo quanti nemici si nascondano nelle vicinanze, quindi dobbiamo evitare lo scontro. Appena tornato sul ponte, darò ordine di fare rotta verso Luna2 e finiamola qui".

"E il test del Blossom?", chiese David.

"Mi pare chiaro", replicò il capitano. "Il test non si fa più. È evidente che non possiamo restare qui con una sola nave contro chissà quanti nemici. Non vi faccio rischiare il culo per collaudare un cazzo di mobile suit".

***

Quando uscì dall’ufficio del capitano, David si stava massaggiando lentamente la cervicale.

"Qualche problema?", gli chiese Earl.

"Uh?", replicò David senza rendersi subito conto di cosa gli fosse stato detto. "Oh, no, grazie, nessun problema. È solo che per me è un periodo piuttosto stressante"-

Si allontanò verso la propria cabina senza aspettare una risposta.

Già, era davvero un periodo stressante.

Prima quel casino del divorzio dei genitori di Penny, poi quella cazzata che aveva fatto con Rachel, l’incidente in cui erano stati coinvolti quei mobile suit di Zeon, infine il fatto di avere dovuto confessare alla propria ragazza quello di cui si era reso colpevole…

No, un momento…

C’era qualcosa che non quadrava.

Digitò distrattamente il codice che apriva la porta della propria cabina mentre ci pensava.

C’era decisamente qualcosa che non tornava.

Quand’è che Penny gli aveva parlato del divorzio dei suoi genitori?

Prima di partire da Side 3, no?

No, impossibile, perché lui era sicuro di essere già salito sul Blossom…

E, soprattutto, quand’è che aveva parlato a Penny del suo tradimento, se era sempre rimasto sull’Utrecht da quando lo aveva commesso?

Si lasciò cadere stancamente sul letto.

Che periodo di merda…

Aveva la vaga impressione che gli fosse già successo qualcosa di simile: era uno di quei momenti in cui gli andava tutto male e non vedeva l’ora che finissero.

Forse aveva anche un paio di linee di febbre.

C’era solo una cosa a cui riusciva a pensare…

E se ne stupiva…

Il GP00.

Il suo Gundam.

Perché gli tornava in mente proprio adesso?

Perché si sentiva così sicuro pensando a quell’abitacolo solitario?

Perché voleva tornarci il prima possibile?

Perché, quando sedeva ai comandi, sentiva quella sensazione di protezione, sicurezza e tranquillità che non riusciva a spiegare?

Perché gli dava tanto fastidio che qualcuno ci mettesse le mani?

Si mise a dormire senza pensarci ulteriormente.

Dimenticò anche che il capitano aveva ordinato che i piloti stessero in allerta fino a nuovo ordine in previsione di un possibile attacco.

***

Patrizia aggrottò la fronte, mentre i caratteri che comparivano sul suo computer assumevano un senso.

Anzi, quella roba non poteva avere senso.

Con il proprio portatile collegato alla colonnina con terminale incorporata nell’ascensore dell’hangar dei mobile suit, guardava quello che le appariva davanti, a metà tra lo sbalordito e il contrariato.

Non le piaceva che qualcosa andasse in maniera diversa da come si aspettava.

Al suo fianco, il boccaporto dell’abitacolo del GP00 le ricordava che l’ascensore, composto praticamente da un’unica piattaforma metallica e dal suo supporto scorrevole, l’aveva portata a diversi metri da terra.

Le era stato detto che il computer imparante montato sul Blossom era una versione potenziata di quello dell’RGM-79, che, a propria volta, derivava dal modello montato sull’RX-78-2 della Guerra di Un Anno.

Le era stata fornita una documentazione che ne dettagliava il funzionamento.

Ma i dati che stava ricevendo dopo essersi collegata a esso non le tornavano.

Il computer, in qualche modo, aveva cambiato i propri schemi di calcolo.

Usava procedimenti diversi per ottenere gli stessi risultati, apparentemente senza un motivo.

Il modo di inviare gli input ai sistemi del mobile suit non era come quello che aveva usato fino allo scorso controllo.

Il sistema operativo era indubbiamente lo stesso, ma aveva cominciato a funzionare in maniera differente.

Attivò il comando dell’ascensore e si fece riportare a terra.

L’unica possibilità era che David avesse messo le mani nell’OS.

Doveva averlo modificato in qualche modo, non c’era altra spiegazione.

L’ascensore toccò il suolo dell’hangar.

Patrizia scollegò rapidamente il portatile e scese dalla piattaforma metallica.

"Scoperto qualcosa di interessante?".

La voce di Kemp la sorprese al punto che quasi andò a sbattergli contro.

Si grattò la testa e posò gli occhi sull’anziano scienziato.

Ecco, questa era una caratteristica di se stessa che Patrizia detestava: quando qualcosa le occupava i pensieri, praticamente non si rendeva conto del mondo che le stava attorno.

"Più o meno", mugugnò, quasi sottovoce.

Di se stessa, detestava anche quella fastidiosa incapacità di rapportarsi decentemente con il prossimo.

Kemp sogghignò sotto i baffi: "Ne sono felice".

Senza rispondere, Patrizia gli passò di fianco e fece per lasciare l’hangar.

Poi si fermò.

Si girò lentamente verso il proprio collega.

"È stato lei a programmare Alice, non è vero?".

Stavolta, Kemp ridacchiò: "Com’è che ti viene in mente proprio adesso? Hai visto qualcosa che vorresti ti spiegassi?".

Patrizia aggrottò la fronte.

L’idea di dipendere da quell’uomo per capire una situazione che si stupiva di non riuscire a comprendere non le piaceva per niente.

Ma cercò di ignorare il proprio orgoglio: "Il pilota deve avere agito sul sistema operativo", disse, stavolta ad alta voce. "I processi di calcolo sono cambiati".

Non disse di non avere ancora capito come funzionassero esattamente.

Kemp non si girò, continuò a parlarle volgendole le spalle: "Sì, se è successa una cosa del genere, significa che Alice ha subìto l’influenza del ragazzo".

"Subìto la sua influenza? Che significa?".

Stavolta, il professore si girò.

Nonostante i baffi, era possibile vedere la sua bocca contratta in un sorriso a metà tra il folle e il soddisfatto: "Alice è stato concepito proprio a questo scopo".

Kemp si avvicinò a Patrizia a grandi passi, finché poté guardarla direttamente negli occhi: "Alice cresce e si evolve. È normale che cambi il suo modo di pensare, come fa qualsiasi persona nel corso della propria esistenza. Ma questo era previsto. Quello che mi interessa ora è vedere come reagirà il ragazzo. Perché Alice non è stato pensato per avere un legame a senso unico. Alice è molto più di quanto chiunque di noi possa immaginare, me compreso".

"Non creda di incantarmi con queste parole assurde!", sbottò Patrizia. "Le ricordo che anch’io sono qui per occuparmi del GP00, quindi devo essere messa al corrente di qualsiasi informazione lo riguardi!".

"Vuoi sapere come funziona Alice? Conosci Lewis Carrol?".

"Uno scrittore attivo prima del cambio di datazione? Ne ho sentito parlare, ma non ho mai letto qualcosa di suo".

"Alice era il nome del suo personaggio più noto. Alice ha attraversato lo specchio ed è arrivata in un altro mondo. Era convinta che oltre lo specchio ci fosse il mondo reale riflesso, ma invece vi si trovava una realtà completamente differente. Forse anche il sistema Alice ha oltrepassato lo specchio e, se questo è successo, deve averlo fatto anche David. Ma nemmeno io posso sapere con certezza cosa abbiano trovato nel nuovo mondo in cui sono arrivati. E va bene così, perché è così che ho progettato Alice".

"Gradirei che non rispondesse alle mie domande suscitandomi altri motivi di perplessità. È evidente che lei sta usando delle metafore, ma qual è il loro significato? A cosa si sta riferendo, esattamente?".

Kemp si girò di nuovo e proseguì a grandi passi verso l’ascensore dal quale Patrizia era appena scesa.

Si fermò un attimo prima di salirvi: "Trovare la risposta a questa domanda è proprio il motivo per cui ho programmato Alice. Se l’avessi conosciuta, fare quello che ho fatto non avrebbe avuto alcun senso".

Patrizia reclinò il capo, lanciando un’occhiata di traverso al collega: "Professore, le ricordo che questo progetto non esiste per assecondare le sue idee lunatiche. Ci sono già troppi punti oscuri riguardo la sua persona, credo che aggiungerne un altro non possa tornare a suo vantaggio".

Per un attimo, nessuno dei due parlò.

Fu Kemp a rompere il silenzio: "Ma certo", disse infine. "Dimenticavo che sei l’amante del capitano. Non è poi così strano che venga a riferirti informazioni riservate".

"Sono la sua compagna", lo corresse Patrizia acida. "La nostra relazione non è clandestina. Se mi ha detto certe cose, è perché riteneva che fosse nell’interesse della mia incolumità saperle".

"Già", ridacchiò l’uomo più anziano, "non sia mai che possa succedere qualcosa alla figa con la donna intorno con la quale si trastulla".

Patrizia spalancò gli occhi.

Fu sul punto di scoppiare in un fiume di insulti, ma Kemp la anticipò: "Dì pure al tuo amichetto che non hai niente da temere da me. Non mi importa di quello che fa una donna che avrebbe bisogno di un vocabolario per capire le mie parole più semplici. Il mio scopo non è certo quello di fare del male a te, o a chiunque altro su questa nave. Non ho tempo da perdere, io".

"Suppongo di no", sogghignò la donna, "Dopotutto, quando si sono già passati otto anni in manicomio, di tempo se ne è perso abbastanza, o mi sbaglio?".

Le spalle del professore furono scosse da un debole riso: "Potrei pensare che questa sia una frecciatina, se non fosse che io so perché sono finito in manicomio, mentre tu no".

"Non posso negarlo, ma credo di essere più vicina alla verità di quanto lei non pensi. Sa com’è, essere ‘amante’ del capitano, come dice lei, dà accesso a informazioni poco note ai più. Per esempio, so che lei era già stato in manicomio ben prima che sua figlia morisse".

Ci fu un altro lungo silenzio.

Poi Kemp si girò.

Per la prima volta, il suo sguardo sembrò serio: "Non sai quello che stai dicendo. Tutto ciò che ho fatto ha avuto una ragione ben precisa. E da sempre si teme chi non si riesce a comprendere".

Patrizia alzò gli occhi al cielo: "Ah, già, certo. L’uomo scomodo che viene internato perché dà fastidio ai potenti. Mi risparmi la solita tirata da film di quart’ordine, Kemp, ho già notato che lei ha ben più di qualche sprazzo di paranoia. Vorrei solo essere messa in condizioni di fare decentemente il mio lavoro, i suoi problemi personali non mi interessano".

Dopo quel breve attimo di serietà, l’anziano studioso sembrò tornare alla sua parlata sarcastica: "Non preoccuparti, non avevo certo intenzione di parlartene. Come ti ho già detto, me ne frego di quello che fate tu o gli altri idioti che popolano questa nave. Io voglio solo vedere dove arriverà la felicità di Alice".

***

L’ufficio di Patrizia Raimondi, sull’Utrecht, era un posto piuttosto disordinato.

Sulla scrivania della piccola stanza, due portatili e un numero imprecisato di scartoffie quasi impedivano a David, che la stava seduto davanti, di vedere la donna.

In piedi, con le braccia incrociate, appoggiato al muro dietro Patrizia, c’era Kemp.

Lloyd era appoggiato con il braccio destro alla scrivania.

Sembravano tutti aspettarsi qualcosa da David.

"Potrei sapere perché sono stato chiamato qui?", domandò il ragazzo.

"Vorrei farti qualche domanda", chiese Patrizia. "Non preoccuparti, non c’è alcun problema".

David si mosse nervosamente sulla sedia.

Aveva proprio l’impressione che i problemi ci fossero, invece.

"Allora, vediamo un po’…", cominciò la donna, "Partiamo dalle basi. Come ti chiami?".

"David Jensen. Dovreste saperlo".

"Sì, sì, ma passiamo oltre. Data e luogo di nascita".

"Sono nato il 9 febbraio del ’65 a Munzo, Side 3".

"I tuoi genitori?".

"Henry e Stephanie Jensen. Mio padre fa il ricercatore, mia madre è morta".

Kemp si avvicinò; fu lui a porre una domanda: "Chi sono i tuoi migliori amici?".

"Be’, ci sarebbe Fredrick, lui è il mio migliore amico. E poi c’è la mia ragazza, Penelope. Ma perché mi chiedete queste cose?".

"Con calma, David", disse Patrizia nel vano tentativo di tranquillizzarlo (mentre Kemp stava sogghignando da quando aveva sentito la risposta). "Proseguiamo, piuttosto. Da quanto tempo sei sull’Utrecht?".

"Sono qui da quando la nave è partita, un paio di settimane".

"E come ci sei finito? Come hai imparato a pilotare i mobile suit?":

David sembrò incerto per un attimo: "Io… Sono sull’Utrecht perché mio padre è coinvolto nella progettazione del sistema operativo del Blossom… Sono arrivato qui e il capitano mi ha dato qualche lezione".

L’interrogatorio proseguì per circa un’ora.

David si sentì porre domande di ogni genere, per lo più relative alla vita privata.

Alcune anche apparentemente insignificanti, magari riguardanti i suoi gusti alimentari.

Poi, gli venne detto che poteva andare.

"Eh, no, cazzo", sbottò picchiando una mano sulla scrivania.

Qualche foglio cadde a terra.

"Voglio sapere perché diavolo mi fate queste domande!", gridò colpendo nuovamente la scrivania.

"Cerca di calmarti", disse Lloyd mettendogli una mano sulla spalla. "Stiamo solo cercando di capire alcune cose sul tuo conto. Ora torna nella tua cabina e aspetta. Tra non molto, ti sarà tutto più chiaro".

David sbuffò.

Per un attimo, fissò il capitano dritto negli occhi.

Ma obbedì e lasciò la stanza.

Lloyd si girò verso Kemp: "Allora?".

Lo scienziato stava ancora ridendo.

"Ce l’ho fatta!", esclamò. "Finalmente sono arrivato al punto in cui il pilota e il mobile suit sono tutt’uno! Avete sentito le sue risposte? Ha mischiato le sue esperienze personali con le informazioni che Alice gli ha inviato. Ha oltrepassato lo specchio. E, se Alice gli ha detto quelle cose, significa che anche lei lo ha fatto".

"Vorrebbe piantarla con questi enigmi assurdi?", ringhiò Patrizia spazientita.

"Abbiamo sentito le risposte e in effetti sono confuse", convenne Lloyd cercando di fare da paciere tra i due. "Per esempio, il ragazzo dice di essere nato su Side 3, mentre invece è terrestre. La sua data di nascita, però, è esatta. Inoltre, conosce i nomi dei suoi genitori, ma non sa che suo padre è un politico e sua madre una manager di banca. Né che quest’ultima è ancora viva. Sembra non ricordare di avere imparato a pilotare i mobile suit in un addestramento di due mesi all’accademia di Nijmegan. Inoltre, non tutte le risposte alle domande sulle questioni personali sono le stesse che ha dato due settimane fa, al momento di salire sull’Utrecht. Quelle sui suoi amici, per esempio. Ha fatto questi due nomi che non ci aveva detto prima… Pare che sia convinto di frequentare una scuola, nonostante a noi risulti che ha sempre avuto tutori privati. Ha parlato di una sua ragazza, mentre prima aveva detto di non averla… Lei ha un’idea di cosa questo possa significare, Kemp?".

Lo scienziato annuì, senza togliersi il sogghigno dalla faccia: "Certo che ce l’ho… Solo, non pensavo sarebbe andata tanto bene. Ora il pilota e la macchina sono davvero una cosa sola!".

Patrizia fece per alzarsi dalla sedia.

Lloyd la trattenne per un braccio: aveva avuto la netta impressione che fosse stata sul punto di sferrare un pugno al professore.

"Voi sapete cosa sia uno psycommu system?", domandò Kemp, forse rendendosi conto di essere troppo sibillino.

"Certo che lo so!", sbottò Patrizia.

"Oh, bene!", replicò sarcastico lo scienziato. "Alice è praticamente uno psycommu system al contrario. Anziché ricevere le onde cerebrali dei newtype, emana esso stesso degli ultrasuoni che agiscono sul cervello del pilota a livello subconscio… Utilizzando un sistema simile al linguaggio binario, infondono nella sua mente delle informazioni e questo porta all’unione tra il sistema operativo stesso e il pilota".

"C’è una cosa che non capisco", chiese Lloyd aggrottando la fronte, "Se le informazioni errate nella mente di David sono state messe lì da Alice, perché è accaduto questo? Come è possibile che un computer alteri così le cognizioni sulla vita di una persona?".

"Ma è ovvio", rispose Kemp come se fosse la cosa più logica del mondo. "Mi pare chiaro che nessun computer possa comunicare con un essere umano, men che meno arrivare con lui a un livello di sintonia tale. Questa è una cosa che può accadere solo tra due esseri umani, quindi era necessario che anche Alice lo fosse".

"Che significa?".

"Non ci arrivi ancora, capitano? Tieni tanto a fare brutta figura davanti alla tua bella?".

Patrizia fu nuovamente sul punto di scattare.

Ancora una volta, Lloyd la trattenne: "Diciamo che io sono molto meno intelligente di lei. Mi spieghi come stanno le cose esattamente".

"Sai la cosa divertente? Io potrei rifiutarmi di farlo, perché ho ricevuto da un’autorità superiore alla tua l’ordine di mantenere tutto segreto… però trovo questa faccenda troppo divertente e ho una gran voglia di parlare".

"Sono tutto orecchi", disse il capitano facendo qualche passo verso il professore.

Kemp assunse quella sua espressione pazzoide, con gli occhi sgranati e il sogghigno satanico: "Sapete qual è il problema principale dello psycommu system? Che per farlo funzionare ci vogliono dei newtype. Uno scienziato di Zeon poi passato alla Federazione ebbe una buona intuizione: inventò il sistema EXAM, che prevedeva l’inserimento degli schemi mentali di un newtype nel computer, in modo che potessero sincronizzarsi con un pilota che non lo fosse, ma il risultato fu ampiamente instabile… Instabile, già, perché quel tizio non aveva veramente compreso come ci fosse riuscito… Era stato un caso. Ma io ho fatto un passo avanti. Alice è l’anima di un essere umano, la sua essenza più pura. Alice è una persona vera e propria, e, come tale, può crescere e provare nuove sensazioni. Il Blossom è a tutti gli effetti una macchina senziente. Anzi, di più: è una macchina che è entrata in sintonia con il pilota al punto di trascinarlo nella propria realtà eterna, fermando il presente in un istante che durerà per sempre!".

"Sta delirando…", commentò Patrizia facendo per alzarsi dalla sedia. Ancora una volta, Lloyd la trattenne.

"Delirando?", domandò Kemp. "Tutt’altro. Ho finalmente ottenuto ciò che volevo. Non ti rendi conto? No, probabilmente no. Io ho trovato Shangri-La. Ho trovato la città in cui tutti sono felici ed eternamente giovani. Ho trovato il segreto dell’immortalità".

"Andiamo, Kemp", obiettò Lloyd, "Converrà con me che questo è poco originale anche per un racconto di fantascienza di quart’ordine".

Il professore rise: "Certo che lo è… Ma non è questo il punto. Pensa cosa succederebbe se la gente sapesse che un procedimento del genere è possibile… Farsi impiantare l’anima in un computer nel momento della massima felicità ed esistere per sempre in questa condizione eterna… Chi non lo vorrebbe? Chi non vorrebbe liberarsi di tutti i problemi che lo tormentano? Quante domande si pongono le persone? Chi siamo? Dove andiamo? Cosa vogliamo? Chi non vorrebbe trovare la soluzione? Io ce l’ho. Potrebbe essere il prodotto più redditizio del futuro, no?".

"Un pazzo…", mormorò Patrizia scuotendo la testa e portandosi le dita alla fronte. "Adesso capisco perché sia stato in manicomio".

"Oh, no che non lo capisci. Sono stato in manicomio perché non avevo nessuno a coprirmi le spalle. Di conseguenza, quando sperimentai il sistema su mia moglie, fui preso per un folle. Ma il generale Kycilia venne a sapere di quanto avevo fatto e mi volle con sé affinché proseguissi le mie ricerche sui newtype. Per non parlare del generale Erwyn, che affidò a un’unità speciale il compito di venirmi a prendere durante l’Operazione Tristan, proprio perché voleva che io usassi il mio genio per lui. E adesso, lui ha ottenuto un risultato che andrà oltre le sue più rosee aspettative".

La notizia giunse del tutto nuova anche a Lloyd. Sapeva che l’Operazione Tristan era stata organizzata da Erwyn, ma non aveva immaginato che avesse avuto anche questo scopo occulto.

"E adesso?", chiese. "Ora che ha raggiunto il suo scopo, cosa ha intenzione di fare?".

"Cosa, dici? Ma è ovvio: gli esseri umani cambiano. Se Alice e David continueranno a influenzarsi vicendevolmente, sicuramente qualcosa succederà. Come avete già visto, i ricordi del ragazzo sono confusi e lui crede delle cose che non sono reali. Fredrick era il fidanzatino della vera Alice e Penelope era la sua migliore amica. Evidentemente, David ha scambiato i loro ruoli. La spiegazione più banale che mi viene in mente è che lui è eterosessuale. Ha completamente dimenticato che suo padre è un parlamentare federale che lo ha rifilato all’Esercito quando è saltato fuori che c’era bisogno di un adolescente per questo progetto perché sperava di guadagnarsi certi favori nella sua ascesa politica. Ma quello che conta è che David ha attraversato lo specchio e sta vivendo il presente infinito di Alice. Adesso dobbiamo solo aspettare di vedere se anche lui raggiungerà l’eterna felicità".

***

Quando uscì dall’ufficio di Patrizia, Kemp era a metà tra l’esaltato e il deluso.

Quello che David aveva detto era la dimostrazione che Alice funzionava.

Che era felice.

Ma c’era ancora un passo da fare.

Era necessario un ultimo stimolo per capire quale fosse il confine del mondo oltre lo specchio, sia per il ragazzo che per la macchina.

Un’ultima prova…

***

"Chi cazzo è stato?", sbottò Lloyd rabbiosamente.

Attorno a lui, tutto il ponte dell’Utrecht cadde nel silenzio.

"Chi cazzo è stato?", ripeté, stavolta in un vero e proprio urlo. "Voglio sapere chi cazzo è stato a ordinare l’uscita dei mobile suit!", disse picchiando un pugno sulla poltrona del capitano.

Poi si girò lentamente verso Kemp, in piedi alla sua destra: "Tutto sommato, la mia è stata una domanda stupida", considerò con calma. "Manda a tutte le unità l’ordine di rientro immediato", ordinò poi rivolto all’ufficiale addetto alle comunicazioni.

"Non è una decisione un po’ affrettata?", domandò Kemp con un sogghigno.

Lloyd scese dalla poltrona di capitano e si avvicinò al professore. Nonostante quest’ultimo fosse ben più alto di lui, la rabbia negli occhi del giovane sembrava renderlo altrettanto minaccioso: "Mi hai rotto i coglioni con le tue stronzate. Io avevo ordinato il rientro su Luna2, non mi pare di avere mai autorizzato altri test in quest’area. Anzi, avevo detto chiaramente che la missione era abortita!".

"Capitano, capitano…", disse Kemp sarcastico mentre muoveva l’indice con aria canzonatoria, "Un buon leader non dovrebbe perdere certe occasioni. A questo punto, direi che ci siamo già allontanati a sufficienza dalla zona in cui abbiamo incontrato quei mobile suit nemici, quindi non dovrebbe esserci alcun pericolo. È per questo che ho approfittato delle sue ore di riposo per eseguire degli ordini che vengono da un’autorità superiore alla tua. Perché ti ricordo che le disposizioni di Erwyn erano di portare a termine i test sul GP00, nel caso tu te ne fossi dimenticato. O credi forse che l’equipaggio di questa nave obbedirebbe ai miei ordini piuttosto che ai tuoi? Le mie disposizioni vengono dal generale in persona…".

"La situazione è palesemente cambiata!", Lloyd picchiò un piede per terra. "Non potevamo sapere che sarebbe stato tanto pericoloso! È assurdo rischiare di incappare in forze nemiche di cui non conosciamo l’entità solo per dei test! Ti rendi conto che potremmo morire tutti per questo?".

La tirata del capitano fu bruscamente interrotta dall’addetto alle comunicazioni: "Signore, i mobile suit hanno ricevuto l’ordine di rientro, ma non tornano".

"Merda!", sibilò Lloyd. "Non avranno già incontrato il nemico? Andiamoceli a prendere".

***

La zona di spazio per cui l’Utrecht stava passando era molto simile a quella in cui aveva condotto i primi test: una enorme colonia abbandonata fluttuava sopra la nave (ammesso che il termine ‘sopra’ avesse un qualche valore in un luogo privo di gravità), mentre una miriade di pietre, asteroidi e rottami galleggiava nel vuoto attorno a essa.

I mobile suit erano stati mandati a effettuare i test proprio nel bel mezzo di quel mare di detriti.

David ne era rimasto sorpreso: nonostante il capitano Cavenagh avesse ordinato chiaramente che l’Utrecht facesse rotta su Luna2, Kemp aveva richiesto che il Gundam uscisse per il test finale.

Visto che il professore era lì per eseguire gli ordini del generale Erwyn, avevano tutti giudicato che dovesse andare bene così.

Ma, una volta che i mobile suit furono usciti, diverse cose cominciarono a non andare bene.

La prima fu un raggio proveniente dal campo di detriti, che trapassò da parte a parte uno dei GM Kai, facendolo esplodere in un attimo.

La seconda fu il Rick Dom che spuntò da dietro un gruppo di rocce, scartando subito il bazooka e ingaggiando l’altro RGM-79C con la heat saber.

Istintivamente, David puntò il beam rifle a lunga gittata nella direzione da cui era venuto il colpo e fece fuoco.

Vide il raggio spazzare tra i detriti e perdersi nello spazio.

Un attimo dopo, pensò di essere stato un idiota.

Perché cazzo aveva sparato d’impulso, senza controllare l’MPIWS per farsi un’idea di dove fosse l’avversario?

Avviò rapidamente il processo di ricarica del fucile.

***

Colin Raimondi sogghignò.

Cos’era quello? Un colpo del mobile suit di tipo Gundam?

"Bene", mormorò tra sé e sé mentre spingeva i razzi vettori del proprio Gelgoog attorno all’enorme sagoma della colonia, "sembra che tu sia lo stesso dell’altra volta. Sono sicuro che mi farai vedere una splendida luce, forse proprio quella che sto cercando".

Imbracciò la beam machinegun e si mise tra un paio di rocce vaganti.

Si assicurò di avere una via di fuga sopra e una sotto, mentre faceva sporgere tra le pietre solo la canna del fucile.

Mentre il Rick Dom si occupava del GM rimasto, lui avrebbe potuto sistemare quell’interessante Gundam.

Era stato un bene che il capitano della nave su cui Colin viaggiava avesse deciso di non lasciar fuggire quell’incrociatore federale.

Già.

Anche se probabilmente il capitano era più preoccupato di fare in modo che il Giardino di Spine non venisse scoperto, Colin pensava solo che sarebbe stato un peccato perdersi una preda tanto ghiotta.

Era evidente che il mobile suit federale non sapesse esattamente dove lui si trovasse… D’altra parte, la scorsa volta era riuscito a localizzarlo nonostante i falsi bersagli e la pesante concentrazione di particelle Minovsky, quindi doveva avere un qualche meccanismo di rilevazione estremamente efficiente.

Stare fermo per troppo tempo non era consigliabile.

Prese velocemente la mira attraverso il monoeye del Gelgoog e fece fuoco, mentre al tempo stesso scartava rapidamente verso l’alto, alla ricerca di una nuova copertura.

***

David fece appena in tempo a sopprimere un grido quando vide il Rick Dom trapassare con la heat saber l’abitacolo del GM Kai.

Un grido che invece gli proruppe dai polmoni con forza quando il mobile suit federale, in un ultimo slancio di disperazione del pilota, infilò la beam saber nel tozzo corpo del suo avversario.

Entrambe le macchine antropomorfe esplosero nello spazio.

David non se ne rese quasi conto quando un raggio sparato da chissà dove fece saltare la gamba sinistra del Gundam all’altezza del ginocchio.

Merda! Il Gelgoog! C’era ancora quell’avversario!

Gli occhi del ragazzo corsero frenetici sulla strumentazione di bordo: il beam rifle a lunga gittata non aveva ancora completato la carica.

Ma mancavano solo pochi secondi.

Nel frattempo, doveva muoversi.

I vettori di spinta del Blossom lo fecero scattare rapidamente verso l’alto, mentre l’MPIWS esplorava i dintorni alla ricerca di una reazione…

Eccola!

Il GP00 sollevò il beam rifle e fece fuoco.

***

Quando vide il raggio del nemico che sibilava sfiorando la spalla destra del suo Gelgoog, Colin capì che faceva bene a muoversi in continuazione.

E, a quanto vedeva con il monoeye, sembrava che anche il Gundam avesse preso la stessa decisione. Il rovescio della medaglia di un tale modo di fare, però, era una perdita di precisione nei colpi.

Colin era stato un po’ seccato nel vedere che il suo primo attacco aveva centrato solo una gamba… Ma anche così poteva dire di avere tolto dei preziosi vettori di spinta all’AMBAC, quindi il suo avversario sarebbe stato meno manovrabile.

Visto che il sistema di rilevazione del nemico sembrava impiegare del tempo ad acquisire il bersaglio, doveva approfittarne per un altro attacco, tanto più che anche quel beam rifle dalla straordinaria potenza pareva richiedere un certo periodo di ricarica.... che sicuramente prima o poi avrebbe gravato sul reattore nucleare, per quanto potente fosse.

Il Gelgoog si sistemò nuovamente tra un paio di grosse rocce e fece fuoco, per poi schizzare subito via.

***

Fonte di calore in aumento…

Stavolta, il raggio del Gelgoog colpì il braccio sinistro del Blossom, staccandolo appena sotto la spalla.

‘È finita’, pensò David. Il nemico era decisamente più veloce di lui nella ricarica ed era anche più esperto. Inoltre, evidentemente poteva vederlo.

Il beam rifle a lunga gittata avrebbe necessitato ancora qualche istante per poter sparare nuovamente. E, senza i vettori di spinta sul braccio e sulla gamba, il GP00 non si sarebbe potuto muovere granché.

Non c’era altro da fare…

E il pilota nemico doveva saperlo.

David era convinto che quelli fossero i suoi ultimi pensieri.

Mentre pensava alla morte che strisciava velocemente verso di lui, fu colto da un’angoscia insopprimibile.

Cominciò a tremare.

La morte?

Eppure…

Perché questa sensazione non gli era nuova?

***

David era inginocchiato a terra in una stanza buia.

C’era solo uno schermo televisivo a rischiarare le tenebre, permettendo di vedere un letto contro una parete e una scrivania contro quella opposta.

Sopra David incombeva suo padre, il volto nascosto dalle ombre.

"Gli esseri umani sono tanto stupidi", commentò l’uomo. "Non riescono a rendersi conto del valore di ciò che hanno. A volte inseguono sogni impossibili senza capire di avere già a portata di mano quanto bramano, per poi rendersi conto della sua importanza solo quando lo perdono".

L’uomo fece qualche passo avanti.

Fu in quel momento che David si accorse di indossare una gonna.

"Papà…", disse con voce femminile.

"Il problema delle persone è che non vedono la realtà", continuò il padre. Tu in questo momento hai tutto… Hai un ragazzo che ti ama, frequenti una scuola che ti piace, hai degli amici ai quali sei affezionata… A tutti gli effetti, puoi definirti felice. E io non voglio che tu perda questa felicità. Io voglio cristallizzare in un momento eterno questo attimo, perché è il migliore della tua vita. D’ora in poi, tu esisterai solo in funzione di questo singolo momento. Anzi, tu sarai questo momento".

Fu allora che David si rese conto che stava succedendo qualcosa di ancora più strano di quanto fosse accaduto fino a quel momento.

La sua voce naturale sembrò sovrapporsi a quella femminile che aveva avuto un attimo prima: "Ti stai sbagliando! Anche se ora sono felice, la mia felicità non potrà certo durare illudendomi che la situazione in cui mi trovo sia eterna! L’unico modo in cui potrò essere felice anche in futuro è inseguire quanto voglio veramente, anche a costo di soffrire per delle rinunce!".

"Che assurdità! Le aspettative sono fatte per essere deluse! Se non approfitti subito dei tuoi momenti di felicità, non torneranno mai!".

"Niente può tornare, perché il passato è finito. Ma vivere il presente non significa adagiarsi sulla propria felicità, perché ciò comporta anche accettare passivamente il dolore che questo può portare! Io voglio capire cosa fare della mia vita vivendo giorno per giorno consapevole di quello che mi succede!".

"Ancora non riesco a credere che tu sia mia figlia… Parli di cose assurde come un concetto idealistico di felicità, dimenticando che siamo solo animali! La felicità e l’infelicità non sono altro che differenze negli equilibri delle sostanze chimiche prodotte dal cervello. Non ci sono nobili emozioni che elevano l’essere umano, siamo solo organismi che funzionano meccanicamente!".

A questo punto, David si era trovato disorientato. Non aveva saputo cosa rispondere.

E invece, la sua voce femminile aveva replicato: "E che importa? Possiamo anche essere creature insignificanti di fronte all’immensità del cosmo… Ma quello che pensiamo e quello che proviamo è tutto ciò che abbiamo, è tutto ciò che siamo. È assurdo valutare la nostra vita con parametri che le sono superiori: dobbiamo vivere in funzione di ciò che possiamo percepire e giudicare! Io so che adesso ho delle cose preziose che voglio proteggere…".

Il padre di David si era fermato per un attimo.

Poi, aveva cominciato ad avanzare verso di lui (o lei?).

"Non ti ho insegnato io a fare ragionamenti del genere", disse. "Non solo ti regalerò l’eternità, ma sarà anche un’eternità di gioia senza fine! E te la regalerò perché nessuno ti ama più di me!".

Il padre avanzò ancora.

E ancora.

E ancora.

Protese le proprie mani verso il collo di David.

E lui vide il suo volto, illuminato dalla luce del televisore.

Era il professor Kemp.

***

David tornò in sé appena in tempo per vedere le indicazioni sul monitor.

Fonte di calore in aumento: le indicazioni dell’MPIWS erano chiare.

Era ovvio che il pilota del Gelgoog avrebbe cercato di sparargli a quel punto, quando fosse stato convinto di non poterlo più mancare.

All’improvviso, David ebbe l’impressione che qualcosa gli risuonasse in testa.

Era strano.

Era come sentire una voce lontana, eppure familiare.

Era come se avesse già ascoltato molte volte questa voce.

"Il nostro nemico ci sta sparando", disse la voce. "Ormai ci ha già puntati, e, se dovessimo spostarci, potrebbe seguirci e provarci ancora in un secondo momento. E il nostro tempo di ricarica è più lungo del suo, quindi lui sarebbe in vantaggio. Bisogna approfittare del fatto che crede di poterci abbattere adesso".

Certo, era così.

David trovò quella considerazione pienamente logica.

Ma…

Chi era stato a farla?

"Ora farò qualcosa che ci permetterà di vincere questo combattimento", riprese la voce, "Però, poi non potremo più vederci. Quando avrò sganciato la parte superiore del mobile suit, i dati della mia personalità resteranno in essa, perché lì c’è il blocco in cui sono stati inseriti, che non ha trovato spazio nel Core Booster. In altre parole, cesserò definitivamente di esistere. Volevo solo ringraziarti. Tu mi hai permesso di vivere un po’ del tuo presente, condividendo con me qualcosa che altrimenti non avrei mai potuto avere. Io sono stata creata per essere la felicità eterna nel presente, ma la verità è che non sono altro che una patetica fossilizzazione del passato. La felicità non può essere una condanna a vivere sempre gli stessi eventi e a compiere sempre le stesse azioni. Tu mi hai permesso di capire ciò che avevo quasi dimenticato, donandomi un presente. Quindi, ora è giusto che io regali il mio presente a te. Addio, David. Grazie".

David spalancò gli occhi, da cui cominciarono a scendere lacrime senza che nemmeno se ne accorgesse: "No!", gridò con decisione, pur non avendo bene idea del perché.

Il beam rifle a lunga gittata era al massimo dell’energia.

La leva d’emergenza si spostò da sola.

Il Blossom si separò.

Le gambe si staccarono dall’addome.

Il torace e le spalle si separarono dal torso, venendo centrati in pieno dal raggio ed esplodendo in una nube rosa.

Nel frattempo, l’addome del Gundam cambiò rapidamente forma, assumendo quella di un caccia, un Core Booster.

Sul suo fianco destro, il beam rifle a lunga gittata.

Qualcosa, forse un residuo della presenza che era stata all’interno del GP00, impresse una potente accelerazione al Core Booster, che schizzò lontano dall’esplosione.

Il beam rifle a lunga gittata aveva un colpo in canna.

Fece fuoco.

***

Quando Colin vide il colpo del beam rifle che gli arrivava addosso, la sua prima reazione fu sorridere.

Era quella la luce che stava cercando da anni…

La luce che aveva visto quando la cannonata del Salamis lo aveva colpito…

La luce che aveva rischiato di ucciderlo…

La luce che lo aveva fatto rinascere, dandogli finalmente qualcosa per cui vivere…

La luce che ora lo stava inghiottendo…

In quegli istanti, Colin pensò che non era vero quello che si diceva.

Non era vero che, al momento di morire, tutta la vita ti passava davanti agli occhi come un film.

In quel preciso istante, Colin ricordò solo qualche episodio sparso.

Vide i suoi genitori che gli dicevano di scegliersi la sua vita.

Vide sua sorella che se ne andava per seguire la propria strada.

Vide se stesso cadetto all’accademia militare senza sapere nemmeno perché.

E la felicità per avere trovato la luce divenne amarezza.

Si rese conto di non avere mai fatto quello che aveva voluto.

Gli avevano detto "Fai ciò che vuoi", ma non gli avevano dato modo di scegliere consapevolmente.

Fino a quella battaglia fatale, quella in cui aveva visto la luce per la prima volta, si era solo trascinato sull’impulso del momento.

Quando poi la consapevolezza di qualcosa di enorme come la morte lo aveva colpito, vi era rimasto legato indissolubilmente, senza riuscire più a staccarsene.

Vissuto sempre senza punti di riferimento, aveva afferrato disperatamente il primo che aveva trovato, restandovi morbosamente legato.

Aveva condotto i suoi ultimi anni di vita in un vortice insensato di ossessione, dimentico di tutto il resto, inconsapevole di quello che possedeva o avrebbe potuto possedere.

Sorrise nuovamente, stavolta di un sorriso amaro, che gli ricordò la sua stupidità.

Poi, la luce divenne buio.

***

David aveva capito.

Non con precisione, ma aveva capito.

Aveva capito di avere perso il proprio presente, o almeno una parte di esso.

Qualcosa che aveva sempre creduto essere reale gli era crollato addosso in un attimo.

Non riuscì a trattenere le lacrime, mentre la sua mano passava lentamente sulla console del Core Booster.

Quei freddi comandi sembravano contrastare violentemente con il caldo opprimente che sentiva nel casco della normal suit.

Lo spazio attorno al velivolo, reso meno vuoto dalla gigantesca sagoma della colonia, pareva volerlo inghiottire in un’oscurità deprimente e senza uscita.

Perché era dovuta andare così?

Era davvero impossibile trovare un senso a quello che si faceva?

E lui?

Cosa aveva veramente?

***

L’ampia sala era avvolta nell’oscurità.

Ma non era difficile immaginare che si trattasse di un luogo abitualmente deputato alle riunioni: era completamente occupato da un enorme tavolo rotondo, a un lato del quale c’era un grande schermo.

La sua tenue luce biancastra costituiva l’unica fonte di illuminazione.

Contro di essa, si stagliava la figura del generale Erwyn.

Con i suoi quarantadue anni, era uno dei più giovani generali dell’Esercito della Federazione Terrestre, e lo era stato fin dai tempi della Guerra di Un Anno.

Più che un generale che guidasse i suoi uomini dalle retrovie, però, aveva l’aspetto di un guerriero che combattesse in prima linea.

Alto, ben piantato, dal portamento eretto.

I suoi ordinati capelli castani, accuratamente pettinati all’indietro, contribuivano a dare un aspetto ancor più ordinato alla sua mandibola, quadrata e perfettamente rasata.

Dalla parte opposta del tavolo, seduto, con il mento appoggiato sui dorsi delle mani e i gomiti sul tavolo stesso, c’era Kemp.

"Che peccato, eh?", disse Erwyn rivolto verso lo schermo, come a osservare qualcosa che solo lui poteva vedere.

Nessuna risposta.

Erwyn riprese: "Sai, Kemp, sto cominciando a pensare che volerti a tutti i costi al mio fianco non sia stata una grande idea. Negli ultimi anni, sei stato una delusione dopo l’altra. Non hai fatto altro che spendere i soldi dell’Esercito per giocare con le tue cazzate. Cosa dovrei raccontare al comando?".

"Non saprei", disse lo scienziato. "Prova a dire loro che ti sei sbagliato".

Il generale si girò e poggiò i palmi delle mani sul tavolo: "Mi hai fatto rischiare grosso, sai? Ho rotto le palle a un bel po’ di gente per darti quei test che mi avevi chiesto e per crearti una situazione favorevole. Ho speso un sacco di soldi per le spie che hanno avvisato gli zeoniani della vostra presenza sul posto e ho dovuto promettere investimenti futuri al direttore O’Sullivan perché non mandasse sull’Utrecht degli ingegneri della Anaheim e si facesse bastare il contentino di quella studentessa. Per non parlare del tempo che hai impiegato per cancellare dal GP00 il sistema operativo originario e metterci il tuo. Mi sono davvero messo quasi con le spalle al muro. Però ci è andata di culo, a tutti e due. Perché il Progetto di Sviluppo Gundam era competenza di Kowen e nessuno sa che io ti ci ho fatto infilare per sperimentare il tuo sistema operativo del cazzo. Dopo tutto il casino che è successo con la testata nucleare del GP02, probabilmente i dati verranno cancellati dalle cronache… Le armi atomiche sono vietate dalla Pace di Granada, dopotutto".

"E tu cosa hai intenzione di fare?".

"Io? Oh, ma mi pare chiaro, salterò sul carro del vincitore. La caduta di Island Ease darà il via a nuovi movimenti anticoloniali… Sai che quello stronzo di Jamitov ha già proposto al comando di fondare una polizia militare appositamente per prevenire altre ribellioni di spacenoid? Ovviamente, lo sosterrò, anche se è chiaro che lui e i suoi leccapiedi vogliono semplicemente tirare acqua al proprio mulino. In fin dei conti, anche se la Flotta Delaz non costituisce più un problema, esistono altri reduci di Zeon che non sanno arrendersi, e la fobia di una nuova guerra farà sicuramente presa sulle masse. Ma, fossi in te, io mi preoccuperei di me stesso".

"Oh, dici?".

"Dico, dico… Perché, vedi, credo che tu sia appena diventato un disoccupato". Erwyn alzò le mani dal tavolo per puntare un dito verso il suo interlocutore. "Ti sia di consolazione sapere che i dati del tuo Alice sono stati recuperati. Nessuno era a conoscenza della loro esistenza, quindi sono riuscito a far riprendere quanto ne restava senza che venissero cancellati. Il progetto proseguirà, anche senza le tue puttanate esistenziali".

Kemp sogghignò: "Allora hai deciso di uccidermi? Perché dubito che tu voglia lasciare libero un disoccupato che conosce tanti segreti militari…".

"Ucciderti? E perché? Sarebbe complicato e attirerebbe l’attenzione. Magari qualcuno potrebbe chiedersi cosa ci facessi tu sull’Utrecht nonostante non ti ci avesse messo Kowen. Esiste un sistema molto più efficace per toglierti di mezzo… Ti rimando dove dovresti stare. E, soprattutto, dove nessuno sarebbe disposto a credere ai tuoi deliri".

Kemp balzò in piedi: "Come sarebbe a dire? Vuoi rimandarmi in manicomio? Vuoi farmi passare nuovamente per pazzo?".

"Kemp, fattene una ragione: tu SEI pazzo. Chi, se non un pazzo, ucciderebbe la propria figlia per trasferirne gli schemi mentali in un computer? Divertiti, amico".

Il professore si sedette di nuovo, stavolta con il suo tipico sogghigno stampato in faccia: "Ma sì, torniamo pure in manicomio. Non si stava tanto male, alla fine. E ho l’impressione che io ne uscirò prima che tu possa goderti i frutti della nuova manovra che stai preparando".

***

"Alice?", chiese la professoressa Meis Roots quando i progetti del sistema operativo le arrivarono sulla scrivania.

Attorno a lei, le altre cinque persone che avrebbero composto lo staff tecnico.

"Dicono sia un progetto cominciato durante la scorsa guerra", la informò uno di loro. "Pare serva per ottenere dei mobile suit senza pilota, che si guidano da soli con una sofisticata intelligenza artificiale, capace di avanzati ragionamenti indipendenti".

"Alice", ripeté Meis Roots. "Ma perché l’hanno chiamato così?".

"Non saprei", rispose un altro tecnico. "Però direi che possiamo anche tenere il nome, no? In fondo, non è male".

"È troppo poco formale", considerò un altro ancora. "Dovremmo dargliene uno che rifletta le sue caratteristiche".

"E se ne facessimo un acronimo?", propose la professoressa. "ALICE, ovvero Advanced Logistic & Inconsequence Cognizing Equipment. Mi pare buono, no?".

"Sì, non è male…".

"Bene, allora vada per ALICE. Mettiamoci al lavoro: se ho capito bene ciò che è contenuto in questi dati, la ricerca ci prenderà degli anni".

***

Colin Raimondi prese la mira e fece fuoco.

Non si fermò a guardare la luce.

Non gli importava più, ormai.

Erano passati quasi undici anni da quando il suo Gelgoog era stato centrato dal raggio sparato da quel Gundam.

E lui, già miracolato una volta, era stato nuovamente graziato dal destino.

Il colpo non aveva toccato il reattore nucleare e lui era stato raccolto da dei compagni.

Adesso faceva parte delle armate di Neo Zeon, che avevano appena perso il loro leader, la Cometa Rossa.

Per Colin, però, questo non era un grosso problema.

In realtà, non aveva mai creduto negli ideali che avevano radunato i soldati di Char Aznable, non gli era mai importato di quanto corrotto fosse il governo della Federazione.

L’unico motivo per cui si era rifugiato su Axis dopo la sconfitta della Flotta Delaz, per poi unirsi al secondo Neo Zeon in seguito alla morte di Haman Karn, era stato quello che lo aveva sempre spinto: trovare un presente.

Era sempre stato così.

Aveva sempre avuto difficoltà a capire quello che gli accadeva intorno, troppo impegnato a cercare un supporto esterno per crearsene uno dentro di sé.

Arrivato a trentaquattro anni, aveva deciso che non valeva la pena di pensare a queste cose.

A che serviva cercare qualcosa di importante? In fin dei conti, era solo un ragionamento da adolescente complessato.

Era più importante maturare dentro, no?

A dire la verità, Colin non ne era poi così sicuro.

Più che altro, cercava di non pensarci.

Ogni volta che usciva per una missione, Colin pensava che qualcosa sarebbe successo.

Forse.

Cioè, la vita non poteva andare avanti in eterno senza che accadesse niente.

Dopotutto, ora era stato messo a capo di una squadra (anche se, proprio come quando gli avevano affidato un Gelgoog, sospettava che questo fosse dipeso più che altro dalla mancanza di personale) e pilotava una variante a basso costo del famoso Sazabi di Char Aznable.

All’inizio dell’UC 0094, la Federazione Terrestre stava ancora cercando di liberarsi di quei reduci di Neo Zeon che la tormentavano, e Colin era uno di loro.

Mentre sparava contro i Jegan federali, mentre evitava le loro raffiche, mentre pilotava il suo Sazabi attraverso il cosmo, lo sfiorò il pensiero di essere sempre stato un tormento, per tutti.

Aveva fatto preoccupare la sua famiglia quando aveva deciso di arruolarsi?

Non se ne era mai curato.

Non sapeva nemmeno che fine avesse fatto sua sorella.

Forse era tornato al tempo in cui viveva solo per il momento, in cui si lasciava trascinare dagli eventi.

Cosa aveva fatto della sua vita?

Aveva veramente dato il giusto valore al presente?

O si era forse limitato a usare la propria volontà di vivere in cerca di qualcosa come una scusa per non assumersi delle responsabilità?

Volteggiò tra i nemici, voltandosi rapidamente e abbattendone due.

Poi, sopra di lui apparve qualcosa.

Un Gundam.

Quel mobile suit era senza dubbio un Gundam.

Quelle strutture simili ad ali che aveva sulla schiena lasciavano partire delle derive che vomitavano raggi in continuazione.

Una delle derive arrivò proprio davanti al Sazabi di Colin e fece fuoco.

Per la terza volta, lui vide la luce che gli veniva incontro.

Sorrise.

***

Note dell’autore

No, la discussione sulle fanfiction tra David e Fred non ha un significato particolare. Il mio intento era semplicemente introdurre quei personaggi tramite uno scambio di battute e ho pensato che l’argomento avrebbe fatto drizzare le orecchie a chi frequenta un sito di fanfiction. Diciamo che volevo vedere la reazione, anche se non è mia abitudine scrivere in funzione di quei due o tre che mi leggono. Tengo a precisare che non è mia intenzione criticare chi scrive fanfiction che poco o nulla hanno a che vedere con il materiale originale: ognuno è libero di fare quello che vuole. Anche perché, alla fin fine, io non sono certo uno di quegli autori che si inseriscono nel filone della fedeltà all’ispiratore a tutti i costi: è vero che mi documento (essenzialmente per scrivere qualcosa che sia coerente con la realtà nella quale si svolge la storia), ma è anche vero che altero deliberatamente degli elementi di ambientazione, se ne ho la necessità (vedere l’RX-78-7, tanto per fare un esempio). Nonostante questa mia abitudine, comunque, non ritengo opportuno definire le mie storie come degli AU: le modifiche da me apportate sono di portata sensibilmente inferiore a quelle introdotte in passato da materiale ufficiale della Sunrise (Stardust Memory e The 08th MS Team, per citare un paio di casi). Insomma, se uscisse una serie animata con il soggetto di Gundam D, i fan vedrebbero senza dubbio queste alterazioni come ordinaria amministrazione. Tra l’altro, più cerco di infiltrarmi nel fandom giapponese di Gundam (e qui devo ringraziare un baldo compagno di merende ostiense che mi fa da traduttore simultaneo via MSN Messenger… ah, io abito nella Pianura Padana, per la cronaca), più mi convinco che ai nipponici importi ben poco di stabilire una continuity fissata a definitiva. Sarebbero capacissimi di inserire tra le opere canoniche anche Moon Crisis e della validità ‘storica’ di alcune produzioni (come Counterattack of Gigantis; a proposito, guardatevi Ideon, è un capolavoro) non sembrano molto certi neanche loro. O forse non se ne curano affatto. Anzi, sono sempre più convinto che sia così: il canone in Gundam non esiste. Gundam è una scatola di Lego: i pezzi sono quelli, ma ciascuno li monta come vuole. Di conseguenza, qualsiasi considerazione sul canon io abbia fatto in passato, perde valore alla luce di questo fatto (no, non ho voglia di andarmi a correggere tutto quello che ho già scritto alla luce della mia nuova presa di coscienza, quindi fate voi e attaccatevi). Ah, che bello cambiare idea.

Ma parliamo d’altro. Parliamo un po’ di questo Gundam D, che si evolve, cresce, prolifera e vive di vita propria, almeno credo. Il che era completamente imprevisto. Se siete di quei lettori che hanno cominciato dal capitolo 1 e adesso sono passati direttamente all’1.5, ci sono delle cose che dovete sapere. Gundam D era nato come racconto one shot (originariamente intitolata Una Storia di Guerra Qualsiasi) e l’avevo pensato come una parte di un altro progetto, nel quale voglio calarmi seriamente solo quando e se avrò le idee più chiare di ora (leggi: quando avrò scritto una sceneggiatura che riterrò sufficientemente organica). Poi, così, mi venne in mente il capitolo 2 (che, a dire la verità, avevo già abbastanza chiaro al momento di stendere il primo… solo che non sapevo se mi sarebbe venuta voglia di scriverlo). Di conseguenza, questo capitolo 1.5 è in realtà il terzo (il quarto, se contiamo anche l’intermezzo su Keroro Gunso). D’altra parte, Stardust Memory è uscito dopo Z Gundam, no? Con quest’ultimo aggiornamento, ho inserito anche un capitolo 3 e, benché io consideri attualmente la storia conclusa, non è escluso che possa un giorno o l’altro aggiungerne uno ulteriore… anzi, ho già scritto le schede tecniche di diversi mobile suit che vi dovrebbero comparire (la versione delle D-MSV che ho sul mio HD è ben più ampia di quella pubblicata qui). Ma, ancora, non so se mi verrà mai voglia di realizzarlo effettivamente, quindi preferisco non promettere alcunché. La sostanza di tutto questo discorso, che si sta perdendo nella mia allucinante logorrea, è che Gundam D mi è sfuggito di mano. È diventato una specie di saga parallela dell’UC, quello che è successo dietro le quinte degli eventi descritti nelle serie animate, la cronaca di quei personaggi che non sono diventati eroi. Il che mi piace. Non che io ritenga di avere ottenuto un risultato particolarmente buono con la storia: quello che mi piace è l’idea di parlare di questo tipo di personaggi, le cui azioni non hanno fatto la Storia, ma sono state importanti per loro stessi e per la loro crescita. Un elemento, in fin dei conti, già presente in Gundam: uno dei motivi per cui sono un fissato di questo universo è la potente dialettica di Tomino, che si sviluppa proprio attraverso i suoi personaggi. Ma è anche vero che Amuro, Kamille, Judau, Seabook e Uso sono fondamentali per la risoluzione dei conflitti a cui partecipano. Dolores e David sono due soldati qualsiasi, invece (da cui il primo titolo di questa storia). In realtà, esiste un’orda di manga e videogiochi basati su concetti simili e sono convinto che anche le fanfiction straniere esplorino spesso queste possibilità (eh, però non le leggo). Di fatto, è una delle scelte più facili, quando si vuole scrivere di Gundam (ma anche in questo mi contraddico, perché, se mai butterò giù il nuovo capitolo… ebbene, lì probabilmente il protagonista sarà fondamentale per il conflitto). E poi, c’è un’altra cosa che mi piace ancora di più: il fatto che la storia si dipani attraverso i momenti cardine dell’UC. Si può dire che presenti una visione personale sui conflitti più famosi della saga, e questo è uno dei motivi per cui mi piacerebbe espanderla (forse questa fissa mi è venuta dopo avere giocato a Climax UC, boh… tra l’altro, di Climax UC è stato pubblicato anche un manga, del quale però sono riuscito a trovare molto poco).

***

Forse adesso cominciamo a parlare di cose (quasi) serie

Oh, dopo questo mucchio di allucinanti minchiate dalle pretese semi-autoriali, posso anche concentrarmi sui retroscena della storia di per sé, che probabilmente è quanto interesserà maggiormente a chi ha gradito questo scritto. Al solito, i miei racconti di Gundam sono palesemente scritti da un fissato e avrebbero altri fissati come pubblico ideale. Potreste anche dirmi che sto sfondando una porta aperta e che questa è una caratteristica comune a tutte le fanfiction, ma, parlando di Kido Senshi Gundam, acquisisce un significato tutto suo particolare. Chi si interessa a Gundam nel mondo occidentale, infatti, tende a prendere come punti di riferimento certi siti americani rinomati e ben noti, che non starò qui a elencare, ma che, confrontati con fonti giapponesi, si rivelano essere largamente incompleti e, in discreta misura, inesatti. Per assurdo, leggere il manuale di un gunpla può dare più informazioni che spulciarsi diecimila webpage americane (sapete che, contrariamente a quanto scrive un famoso e apprezzato sito statunitense dall’acronimo di quattro lettere, non c’è MEZZA fonte giapponese secondo cui i tre prototipi di Z Gundam sarebbero trasformabili?). Ma non è nemmeno questo il punto. Il punto è che, nelle mie storie, ci sono riferimenti a roba quasi sconosciuta in Italia. Nel mio piccolo, posso dire di avere contribuito a far conoscere nel nostro Paese Gundam Sentinel, passando la mia traduzione a www.universalcentury.it, che adesso la sta pubblicando (sì, so bene che la qualità del testo è infima… è che inizialmente non pensavo di farla pubblicare da qualche parte – dovrebbe esserci un riferimento a questo fatto nelle note al secondo capitolo – e quindi mi sono preoccupato solo di capire cosa stesse succedendo, senza curarmi della forma… e la revisione altrui non ha migliorato granché in questo senso, visto che ha corretto degli errori e ne ha aggiunti altri). E non avete idea di quanta disinformazione circoli su questa storia… Pare che lo sport principale di chi ne parla in rete sia dare per morti dei personaggi che in realtà arrivano tutti interi fino alla fine, per non citare la marea di inesattezze sui mobile suit correlati che mi è capitato di leggere. Ma c’è molto altro che andrebbe conosciuto. Per esempio, la cronologia della Guerra di Un Anno pubblicata su di un vecchissimo RPG Magazine, in cui vengono riportate numerose operazioni militari del periodo, per lo più ispirate a quelle omonime della Seconda Guerra Mondiale. Curiosamente, tra di esse non c’è un corrispettivo dello sbarco in Normandia, quindi ce l’ho messo io. Anche la mia versione dello sbarco in Normandia è blandamente ispirata a quella reale (nonostante la descrizione sia per forza di cose stringata: mi premeva fornire un elemento di ambientazione che era nel background di alcuni personaggi, non una accurata cronaca militare). Tra l’altro, secondo i libri delle MSV, l’RGM-79F (alias Land Combat Type GM; so benissimo che il nuovo Mobile Suit Illustrated 2006 lo chiama GM Ground Type, ma preferisco usare il vecchio nome per evitare confusione con l’RGM-79[G]) sarebbe stato usato prevalentemente in Europa, ma non viene specificato come. L’ho fatto io. Gli RGM-79F ottimizzati per combattere in zone desertiche a cui mi riferisco sono gli RGM-79F Desert GM. È curioso notare come il numero di serie di quest’ultimo modello sia stato indicato per più di venticinque anni in RGM-79SP, nonostante lo si fosse sempre descritto come una variante dell’RGM-79F. Con il libro Mobile Suit Illustrated 2006, il numero di serie del Desert GM è stato cambiato in RGM-79F, il che mi pare più sensato (RGM-79SP è anche la designazione del GM Sniper II). A dire il vero, nel videogioco Spirits of Zeon, anche quello che un tempo veniva chiamato RGM-79[G] ha avuto RGM-79F come nuovo numero di serie... Pare che alla Sunrise abbiano radunato sotto quel codice tutti i GM a uso terrestre.

Ah, il Gundam che Colin vede alla fine della storia è ovviamente l’Hi-n Gundam e la battaglia alla quale partecipa è la stessa che c’è alla fine del primo capitolo.

Il monoeye del Gelgoog Jaeger è effettivamente una versione migliorata rispetto a quelli montati sugli altri mobile suit della serie MS-14, almeno secondo quanto afferma il manuale del modellino HGUC corrispondente.

Sempre a proposito di Gundam Sentinel, la Meis Roots che compare alla fine della storia è ovviamente la madre di Ryuu Roots. Così come dovrebbe essere chiaro che Alice è il prototipo di ALICE (chi ha letto Gundam Sentinel, però, saprà che i due sistemi, pur condividendo una premessa simile, sono molto diversi). A proposito di Gundam Sentinel, state un po’ a sentire qua… Se volete leggervi con calma la storia, aspettate che il sito di cui sopra finisca di pubblicarla e passate al prossimo capoverso; se invece volete uno spoiler mostruoso, proseguite pure. Allora, il Gundam principale di Sentinel si chiama S Gundam (dove la S, contrariamente a quanto i più frettolosi avranno pensato, non sta per ‘Sentinel’, ma per ‘Superior’) e monta, per l’appunto, il sistema ALICE di cui sopra. Come il mio Alice, anche l’ALICE in questione si basa sul trasferimento della personalità di un individuo (che però non muore) nel sistema operativo di una macchina. Individuo che è proprio la Meis Roots della quale ho scritto anch’io. E il pilota del S Gundam è Ryuu Roots. Nel corso della storia, ALICE salva in un paio di occasioni il pilota, prendendo decisioni autonomamente e permettendogli, tra l’altro, di sconfiggere il Gundam Mark V. Allora, abbiamo questo robottone che contiene la personalità della madre del pilota e che si muove da solo. Ricorda qualcosa? Qualcosa di grosso e viola? Eh, già, se non fosse che Gundam Sentinel è stato raccolto in volume nel 1989 e la pubblicazione su rivista è ancora precedente. Quindi non è stato Takahashi a copiare, ma qualcun altro… Tanto per cambiare, eh… Mi rendo conto che la spiegazione che Alice dà della propria fine è piuttosto debole. Cioè, Kemp si sbatte per creare un sistema operativo del genere e poi non lo mette nel Core Booster? A dirla così, sembra quasi che VOLESSE perderlo. Il fatto è che succede una cosa simile anche in Gundam Sentinel: ALICE diventa un comune computer imparante nel momento in cui i moduli centrali del S Gundam si separano. Lì si vuole sottolineare il fatto che si sia sacrificato per salvare i piloti e compiere la missione… Qui anche.

Sicuramente qualcuno avrà già sentito parlare del Blossom, perché non è un’invenzione mia. Trovate tutte le delucidazioni del caso nelle D-MSV in coda alla fanfiction, qui vorrei solo precisare che la sessione di test in cui l’Utrecht ha incontrato per la prima volta gli zeoniani è stata preceduta da un paio di altre. La cosa era deducibile dal fatto che Alice aveva già cominciato a insinuarsi nella mente di David, ma giusto per chiarirlo… Naturalmente, a Juburo qualcuno sapeva del Giardino di Spine, ed è proprio per questo che Side 5 era stato scelto come zona delle esercitazioni. Lo paleserò nella cronologia in appendice a questa storia, ma gli eventi si svolgono poco prima dell’inizio di Stardust Memory, quindi la Flotta Delaz è in grande fermento in preparazione all’Operazione Polvere di Stelle.

Come nota di colore, aggiungo che la battuta che risuona durante la battaglia di A Baoa Qu ("La catena di comando è irrimediabilmente compromessa. Tutte le navi che hanno partecipato alla battaglia cessino immediatamente qualsiasi attività bellica. Agite a vostro giudizio") è la stessa comunicazione che si sente, nella medesima circostanza, nel terzo episodio di MS IGLOO – Apocalypse 0079. Dicevo che scrivo roba da fissati, no?

Sempre in tema di discorsi da fissati, vorrei portare l’attenzione sul punto in cui Erwyn (sì, lo stesso che ha diretto l’Operazione Tristan, quindi è stato superiore anche di Dolores) dice che le armi atomiche sono vietate dalla Pace di Granada. Forse avrei dovuto citare il Trattato del Polo Sud, ma le fonti sono contraddittorie in tal senso. Dopo essermi spulciato un bel po’ di materiale ufficiale giapponese, non sono riuscito ad arrivare a una conclusione certa sul dilemma che potrebbe cambiare questa battuta. Dilemma riassumibile con la domanda "Il Trattato del Polo Sud valeva solo per il periodo della Guerra di Un Anno o è rimasto in effetto anche dopo?". OK, non citatemi Ecole du Ciel, vi ho già detto che ho consultato diverse fonti. E, a giudicare dagli Historica e dalle Entertainment Bible, pare proprio che fosse un trattato valido solo in tempo di guerra… Il problema è che sembra non ne siano sicuri nemmeno diversi autori giapponesi, che lo tirano in ballo in più occasioni come se fosse in vigore anche dopo. In pratica, credo sia una di quelle cose che non sanno bene neanche alla Sunrise. Al che, per essere sicuro di non sbagliare, ho preferito citare la Pace di Granada. Anche quella proibisce le armi nucleari, in fin dei conti.

***

Le solite, inevitabili puttanate sui personaggi

Ecco una delle parti più ricche di pippe mentali di tutto Gundam D, ovvero l’analisi dei personaggi che vi compaiono.

David Jensen

Data di nascita: 9 febbraio UC 0065

Luogo di nascita: Germania, Terra

Altezza: 178 cm.

Peso: 67 Kg.

Misure: 87/85/87

Pilota di: RX-78GP00 Gundam "Blossom"

Residenza: Berlino, Germania

Gli piace: non se lo ricorda con esattezza, è troppo confuso

Non gli piace: come sopra

Cibo preferito: come sopra

Famiglia: il padre, Henry Jensen, è un parlamentare del Governo Federale; la madre, Stephanie Jensen, lavora come manager di banca

Che bizzarro personaggio. Ho pensato a David come a un ragazzo che non aveva mai avuto una vita ‘normale’ e quindi la desiderava ardentemente, al punto di sostituire i propri ricordi con quelli di Alice. In un certo senso, quello che fa David è una negazione della propria realtà perché non gli piace. Non avendo mai avuto degli amici a causa del guscio protettivo in cui i suoi genitori lo hanno avvolto, ha sempre sofferto molto la solitudine. In realtà, Kemp lo aveva indicato come il pilota ideale dopo avere letto il suo profilo proprio perché pensava che il suo background fosse particolarmente adatto. Ah, naturalmente serviva un adolescente perché avrebbe avuto una personalità ancora in fase di formazione.

Colin Raimondi

Data di nascita: 16 marzo UC 0060

Luogo di nascita: Side 3

Altezza: 176 cm.

Peso: 66 Kg.

Misure: 86/83/83

Pilota di: MS-06C Zack II Early Type; MS-06F Zack II; MS-14Jg/S Gelgoog Colin Raimondi Custom; AMS-04 Sazabi Mass Production Type

Residenza: vive su di una nave della Flotta Delaz

Gli piace: la luce, ma solo quella che cerca lui (anche se non si è ancora deciso)

Non gli piace: dice che non gli piace l’indecisione, ma non si rende conto che è anche un suo difetto

Cibo preferito: wurstel

Famiglia: fondamentalmente, se ne frega. I suoi genitori vivono su Side 3 e stanno bene, ma lui non lo sa; sua sorella è Patrizia Raimondi

Penso che Colin sia una persona che può essere definita con il termine ‘paura’. È l’emozione predominante in lui. Ha paura di guardarsi attorno, ha paura di avere rapporti con gli altri, ha paura di affrontare il mondo, in pratica. È per questo che si aggrappa a un appiglio stupido come può essere l’illusione della morte esemplificata dalla luce che gli arriva addosso. Forse è cresciuto così perché, contrariamente a David, ha avuto troppo supporto, da tutto e da tutti, e questo gli ha impedito di imparare a camminare sulle proprie gambe. Ha ingigantito il problema del non sapere cosa fare della propria vita al punto di finalizzarla a qualcosa di futile solo perché aveva bisogno di uno scopo. Probabilmente, Colin è impegnato in una ricerca interiore che non finirà mai. Sarà morto alla fine de racconto? E chi lo sa? Ah, ovviamente, Patrizia è sua sorella. No, non pensavo di creare una situazione conflittuale tra fratelli, tant’è che nessuno dei due si rende mai conto che l’altro è tra i suoi nemici. Diciamo che è solo una nota di colore che volevo buttare lì.

Gerard Kemp

Data di nascita: 20 aprile UC 0026

Luogo di nascita: Terra

Altezza: 188 cm.

Peso: 79 Kg.

Misure: 92/90/91

Pilota di: -

Residenza: faceva parte di una delle ondate di migrazione che si trasferirono su Side 3, ma ora non ha una residenza fissa; Erwyn lo spedisce di volta in volta dove gli serve

Gli piace: pensare a questioni esistenziali mentre lavora ai suoi computer

Non gli piace: che qualcuno gli faccia notare l’inutilità delle sue elucubrazioni

Cibo preferito: insalata condita con poco olio (ma mangia sempre un sacco di schifezze)

Famiglia: i suoi genitori sono morti da un pezzo; ha ucciso sia la moglie che la figlia per sperimentare i suoi sistemi operativi (ma più che altro per proseguire la sua ricerca sulla felicità eterna)

Credo che la fonte di ispirazione di questo personaggio sia il professor Saotome di Getter Robot – The Last Day. Però Kemp è DAVVERO pazzo. Cosa lo ha fatto diventare così? Boh, non saprei… Forse lo è sempre stato. A modo suo, è una persona sincera e capace di dedicarsi totalmente a coloro che gli stanno a cuore. Ma, come Colin, anche lui ha troppa paura del mondo per vedere la realtà. È eccessivamente preso dalle sue elucubrazioni personali, ma il problema è che lui crede veramente di fare del bene al prossimo e, quando si mette in testa di dover proseguire, non si ferma di fronte a niente. Per la cronaca, le sue ricerche sui sistemi operativi per newtype sono cominciate durante la Guerra di Un Anno, per ordine di Kycilia (che lo aveva confinato sulla Terra essenzialmente perché nessuno voleva lavorare con lui), ma i tentativi di cercare la felicità attraverso un sistema operativo ‘umano’ risalgono alla fine degli anni ’60 (è stato nell’ambito di quei progetti che ha ucciso la moglie ed è stato di conseguenza internato in manicomio). Il generale Erwyn aveva sentito parlare di Kemp da alcune spie e, progettando l’Operazione Tristan, ha assegnato una squadra al suo recupero: si tratta del 12° Squadrone MS del Battaglione Erwyn, ovvero il gruppo capeggiato da Dolores, dicendole però che Kemp era semplicemente un tizio che progettava nuovi mobile suit. In pratica, il Gundam Deathlock è stato impiegato nella sua prima battaglia per prendere questo tizio.

Lloyd Cavenagh

Data di nascita: 31 agosto UC 0055

Luogo di nascita: Side 4

Altezza: 173 cm.

Peso: 64 Kg.

Misure: 85/82/83

Pilota di: RGM-79F Land Combat Type GM; RGM-79 GM; RGM-79N GM Custom

Residenza: base dell’Esercito Federale di Milano, sulla Terra

Gli piace: darsi atteggiamenti da figo, giocare a pallamano

Non gli piace: fare brutte figure per essersi dato degli atteggiamenti da figo (però succede puntualmente)

Cibo preferito: nessuno in particolare, è una buona forchetta

Famiglia: i suoi familiari vivono ancora su Side 4; ha entrambi i genitori, ma è figlio unico

Avevo pensato a Lloyd come a una sorta di figura paterna per David, ma alla fine mi è venuto fuori troppo… Uhm… ‘Scapestrato’, diciamo così. Si può dire che Lloyd sia stato una persona segnata dalla guerra: ha visto molti suoi commilitoni morire improvvisamente e ha deciso di vivere sempre e comunque per il momento. A modo suo, si può dire che anche lui abbia paura: ha fretta di muoversi, non vuole concedersi del tempo perché teme che quello che ha possa sfuggirgli di mano. Al tempo stesso, però, teme che Patrizia possa sentirsi soffocata da questo suo comportamento, quindi con lei si trattiene ed è di conseguenza un po’ represso. Per come la vedo io, la loro relazione potrà continuare solo se Lloyd maturerà, sia in termini di sincerità con se stesso che nella comprensione della sua compagna. Però, una persona che ha letto un pezzo di questa storia prima che venisse pubblicata mi ha detto che le piacerebbe che questi due andassero a vivere per sempre felici e contenti sulla Terra. Bah, non so se è quello che ho in mente. Comunque, se avete un animo romantico, potete anche pensare che sia andata così. Non so se riprenderò mai questi personaggi, quindi c’è la possibilità che la vostra aspettativa non venga mai delusa…

Ah, per la cronaca, c’è effettivamente una base federale a Milano, è scritto su MS Era (OK, quel libro non è il massimo dell’attendibilità, ma tant’è). Ho deciso di fare risiedere lì Lloyd perché la Pianura Padana è effettivamente un posto piovoso, soprattutto in novembre… però non avevo pensato a questa collocazione quando ho scritto quella parte. Direi che è una coincidenza che è capitata a fagiUolo.

Patrizia Raimondi

Data di nascita: 3 luglio UC 0057

Luogo di nascita: Side 3

Altezza: 165 cm.

Peso: 54 Kg.

Misure: 82/62/81

Pilota di: MS-06F Zack II

Residenza: base dell’Esercito Federale di Milano, sulla Terra

Le piace: i computer, le cose difficili che riesce a capire

Non le piace: le cose che non riesce a capire, i comportamenti irrazionali

Cibo preferito: qualsiasi cosa sia salata a livelli disumani

Famiglia: i suoi genitori vivono ancora su Side 3, ma non va a trovarli spesso; suo fratello è Colin Raimondi e non ha idea di dove si trovi

Una donna che ama il proprio lavoro, è così che ho immaginato Patrizia. In un certo senso, è il tipico topo di biblioteca, che passa le giornate a studiare quello che le piace. È diventata un po’ misantropa per questo, ma si è resa conto, nonostante continui a negarlo a se stessa, che non le piace essere sola. Forse è per questo motivo che si è messa con Lloyd: ci andava d’accordo e ne riceveva un po’ di compagnia. Non è che i suoi sentimenti non siano sinceri, ma hanno una base piuttosto infantile ed è in buona misura la paura della solitudine a farglieli nutrire. Anche lei ha bisogno di maturare, alla fin fine. Mmmh, non fatemi scrivere queste cose, che poi mi viene voglia di riprendere questi personaggi in futuro per raccontare come è andata a finire…

Rachel Osborne

Data di nascita: 7 dicembre UC 0065

Luogo di nascita: Side 4

Altezza: 162 cm.

Peso: 52 Kg.

Misure: 78/60/77

Pilota di: -

Residenza: Side 4

Le piace: i luna park, fare jogging la mattina presto

Non le piace: essere circondata di persone delle quali non le importa niente (ma è una buona attrice e lo sa nascondere)

Cibo preferito: surgelati in generale, ma più perché sono facili da cucinare che perché li ritiene migliori di altri cibi

Famiglia: è figlia unica ed entrambi i suoi genitori sono vivi

La cosa brutta di queste schede è che devo inventarmi sul momento dello informazioni inutili. Del tipo: qual è il cibo preferito di Rachel? Ma che cazzo ve ne frega, dico io, è un personaggio secondario. In effetti, però, Rachel non è poi così secondaria. La sua funzione è quella di creare il contrasto tra la realtà di Alice e quella di David. Rachel è quanto David ha, ma non riesce a capirlo, perché è convinto che la sua ragazza sia Penny. Ah, non ho dettagliato granché le motivazioni dell’attrazione tra David e Rachel, perché sostanzialmente non mi interessava. Quello che contava era il contrasto, non il contorno. Cosa succederà quando David tornerà sull’Utrecht? Rachel sarà lì ad aspettarlo? Decideranno di stare insieme nonostante la distanza che li separa? Andranno sulla Terra e vivranno felici e contenti come qualcuno vorrebbe per Lloyd e Patrizia? Non credo che riprenderò questi personaggi, quindi potete pensare un po’ quello che volete…

***

Cronologia di Gundam D

28-3-0081

I reduci di Zeon fuggiti da A Baoa Qu, tra cui Char Aznable, Zenna Zabi e Mineva Lao Zabi, arrivano ad Axis.

5-5-0081

Zenna Zabi muore di malattia su Axis.

15-8-0081

Nel dodicesimo anniversario della fondazione del Principato di Zeon, la Flotta Delaz comincia la propria attività di guerriglia.

3-10-0081

Il Parlamento Federale approva il Piano di Ricostruzione dell’Esercito della Federazione Terrestre.

20-10-0081

Viene varato il Progetto di Sviluppo Gundam della Anaheim Electronics per l’Esercito della Federazione Terrestre.

11-0081

La Flotta Delaz e Axis confermano la propria alleanza.

12-0081

Su Axis, Mineva Lao Zabi sta per essere incoronata erede della famiglia Zabi durante una cerimonia; nel corso della stessa, una flotta federale attacca e viene respinta, principalmente grazie alle azioni di Char Aznable e Haman Karn.

10-1-0082

In occasione del proprio quindicesimo compleanno, Haman Karn viene nominata tutrice di Mineva Lao Zabi in una cerimonia solenne.

4-0082

L’Esercito della Federazione Terrestre fonda in segreto l’Istituto Murasame e il Laboratorio Newtype di Augusta.

5-0082

Comincia il Progetto di Ripresa delle Colonie e inizia il trasferimento delle colonie riparabili da Side 4 a Side 3.

30-7-0083

La Flotta Delaz stila i piani dell’Operazione Polvere di Stelle.

9-8-0083

Muore il leader di Axis Maharaja Karn.

11-8-0083

La sedicenne Haman Karn viene nominata reggente di Axis in vece di Mineva Lao Zabi; approvando i principi della Flotta Delaz, accetta di fornirle supporto.

9-0083

Axis sviluppa una nuova lega, il gundarium g.

4-9-0083

Rollout dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom".

9-9-0083

L’RX-78GP00 Gundam "Blossom" viene consegnato dalla Anaheim Electronics al QG dell’Esercito Federale di Jaburo.

19-9-0083

L’Utrecht, al comando del capitano Lloyd Cavenagh, parte da Jaburo per la missione di collaudo del GP00.

24-9-0083

Rachel Osborne arriva sull’Utrecht.

25-9-0083

Primo volo di prova dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" nei pressi di Side 5.

27-9-0083

Primo test degli equipaggiamenti dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" nei pressi di Side 5.

29-9-0083

Secondo test degli equipaggiamenti dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" nei pressi di Side 5; durante le manovre, l’Utrecht viene attaccato da mobile suit della Flotta Delaz.

2-10-0083

Durante uno scontro nei pressi di Side 5, Alice, sistema operativo dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom" di David Jensen, si sacrifica per abbattere l’MS-14Jg/S Gelgoog di Colin Raimondi.

7-10-0083

La corazzata di classe Pegasus II MSC-07 Albion imbarca a Von Braun City l’RX-78GP01 Gundam "Zephyranthes" e l’RX-78GP02A Gundam "Physalis" (risultati del Progetto di Sviluppo Gundam) e parte per la base federale di Torrington, in Australia.

13-10-0083

L’Albion arriva a Torrington. Un commando della Flotta Delaz, capitanato dal maggiore Anavel Gato, trafuga l’RX-78GP02A e si dà alla fuga, inseguito dalle forze federali.

14-10-0083

Il sommergibile di classe Jukon U-801 recupera Gato con il Physalis e si dirige in Africa.

L’Albion parte all’inseguimento.

23-10-0083

Anavel Gato arriva alla base africana di Kimberlite, in mano ad alcuni reduci dell’Esercito Regolare di Zeon.

La base viene attaccata dall’Albion e costretta alla resa, ma Gato riesce a fuggire con il Physalis usando un HLV.

25-10-0083

Lo Squadrone Cima si unisce alla Flotta Delaz.

31-10-0083

Battaglia tra l’Albion (accompagnato da due incrociatori di classe Salamis) e il Lili Marleen dello Squadrone Cima; l’RX-78GP01 Gundam "Zephyranthes", pilotato da Ko Uraki, viene seriamente danneggiato.

Il generale di divisione Aiguille Delaz trasmette in tutta la Sfera Terrestre una dichiarazione di guerra al Governo Federale.

2-11-0083

L’Albion arriva a Von Braun City, dove lo Zephyranthes comincia la conversione in modalità Full Vernian.

4-11-0083

Ko Uraki, a bordo dell’RX-78GP01 Full Vernian Gundam "Zephyranthes", abbatte l’MA-06 Val Varo pilotato da Kelly Layzner, ex capitano dell’Esercito Regolare di Zeon.

L’Albion lascia la luna e si dirige verso il Mare di Solomon.

10-11-0083

L’Esercito della Federazione Terrestre tiene una parata militare a Konpeitoh.

Durante la parata, il maggiore Anavel Gato spara con il bazooka nucleare dell’RX-78GP02A Gundam "Physalis", distruggendo o immobilizzando due terzi delle navi riunite.

Ko Uraki sul GP01 combatte contro Anavel Gato sul GP02; entrambi i Gundam vengono distrutti nello scontro, ma i piloti si salvano.

Lo Squadrone Cima effettuano operazioni di dirottamento di alcune colonie, che risultano nella caduta di Island Ease verso la luna.

11-11-0083

La Flotta Delaz riceve da Axis l’AMX-002 (AMA-X2) Neue Ziel, che viene assegnato ad Anavel Gato.

La Flotta Delaz cambia la traiettoria di Island Ease, in modo che si diriga verso la Terra.

L’equipaggio dell’Albion si impadronisce dell’RX-78GP03 Gundam "Dendrobium", sottraendolo alla La Vie en Rose; pilotandolo, Ko Uraki si dirige a fermare la caduta della colonia.

12-11-0083

L’Albion ingaggia la Flotta Delaz; comincia il combattimento tra il GP03 e il Neue Ziel.

Cima Garahau uccide Aiguille Delaz e si impadronisce del Gwaden, l’ammiraglia della Flotta Delaz.

L’Esercito della Federazione Terrestre fallisce nel tentativo di fermare la caduta di Island Ease usando il Solar Ray System II.

Ko Uraki, pilotando l’RX-78GP03 Gundam "Denrobium Orchis", abbatte l’AGX-04 Gerbera Tetra, su cui si trova Cima Garahau.

Anavel Gato completa le ultime correzioni alla traiettoria di caduta di Island Ease.

13-11-0083

Secondo tentativo fallito di fermare Island Ease con il Solar Ray System II.

Island Ease si schianta al confine tra Kansas e Nebraska.

Il maggiore Anavel Gato tenta un ultimo, disperato attacco contro la flotta federale e muore ai comandi del Neue Ziel.

18-11-0083

Incontro segreto tra Gerard Kemp e il generale Erwyn a Jaburo. Kemp viene sollevato da qualsiasi progetto di ricerca federale.

23-11-0083

Nei confronti di alcuni membri dell’equipaggio dell’Albion vengono celebrati dei processi della corte marziale, riguardanti gli eventi accaduti durante la ribellione della Flotta Delaz. Il colonnello Eiphar Synapse, comandante della corazzata, viene condannato a morte e Ko Uraki a due anni di reclusione.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Ciò che si vede, ciò che non si vede (parte prima) ***


Non è un anime!

Non è un anime!

È la realtà!

Di notte, mentre tutti erano avvolti nel sonno,

ho guardato il cielo attraverso la finestra

e ho visto una cosa talmente straordinaria…

Tutti gli adulti mi hanno detto ridendo:

"Tu guardi troppa televisione".

Ma io non dico mai,

assolutamente mai,

bugie!

Il nostro mondo non può essere esaminato

attraverso gli occhiali del senso comune.

Voi antiquati terrestri

avete dimenticato i vostri sogni!

Non è un anime!

Non è un anime!

Che sensazione straordinaria!

Non è un anime!

Non è un anime!

È la realtà!

È la realtà!

***

CAPITOLO 2: CIÒ CHE SI VEDE, CIÒ CHE NON SI VEDE (parte prima)

***

Il GM cadde pesantemente a terra, sollevando grandi nubi di sabbia.

Il sole del deserto, impietoso e martellante, era un costante tormento per chi pilotava un mobile suit.

Non quanto la mitragliatrice di un avversario puntata sull’abitacolo, però.

Lo Zack appoggiò lentamente il piede sul nemico abbattuto, al quale ormai mancavano entrambe le braccia. L’articolazione del ginocchio della gamba sinistra era stata distrutta da un preciso fendente di heat hawk, quello stesso heat hawk che era ora nella mano sinistra del mobile suit di Zeon. Che, con la destra, puntava la mitragliatrice.

Mentre attorno a loro risuonavano le esplosioni della battaglia, lo Zack dall’armatura marrone diede un paio di calci all’abitacolo del GM, come a sfidare il pilota a uscirne. Poi, nella cabina di pilotaggio del mobile suit federale, la radio gracchiò. Era bizzarro che un pilota di Zeon cercasse di contattare il nemico nel pieno di uno scontro tra le rispettive fazioni.

"Pilota federale", risuonò la radio, "voglio che tu sappia che questo per te non è che l’inizio di una nuova vita. Quando avrò aperto il fuoco contro di te, passerai a uno stato superiore dell’esistenza e la tua anima sarà liberata, per diventare uno con quelle del resto dell’umanità. Avrai l’onore di sperimentare per la prima volta il futuro teorizzato da Zeon Zum Deikun, tutti gli uomini riuniti in un’unica entità, una società utopica in cui si può capire il prossimo senza sforzo". Un’altra esplosione si abbatté al suolo, stavolta quasi colpendo i due mobile suit. Come se ne avesse visto la fonte, lo Zack alzò per un attimo la mitragliatrice e sparò una raffica chissà dove.

Poi, il pilota di Zeon continuò il suo monologo via radio: "Hai presente quando ti ho detto che saresti diventato uno con il resto dell’umanità? Sai, stavo scherzando: credo che ti limiterai a morire".

Lo Zack fece fuoco sull’abitacolo del GM.

***

Non potevano fargli niente.

Lui era invincibile.

Non doveva rendere conto a nessuno.

Che importava quello che pensavano gli altri? In natura contava solo la forza. Le regole morali non erano che una serie di norme stabilite da chi aveva posseduto, in un determinato momento, sufficiente forza da imporle.

Cercare di parlare con qualcuno era inutile: prima o poi, ci si sarebbe comunque trovati di fronte delle incomprensioni. Ed era insensato sperare nel buonsenso altrui: nessuno lo aveva, quando i propri interessi venivano minacciati.

Ma lui era superiore.

Lui aveva raggiunto un livello di… purezza di cui gli altri esseri umani non potevano nemmeno immaginare l’esistenza.

Lui era l’assoluto. L’alfa e l’omega.

Anche ora, che lo avevano rinchiuso in un luogo buio e puzzolente, non potevano fargli niente. Non lo avrebbero piegato. La loro ipocrisia, prima o poi, sarebbe venuta allo scoperto e lui avrebbe avuto l’ennesima conferma di essere sempre stato nel giusto.

Raggomitolato in un angolo, nell’oscurità più fitta, mentre la sua logora veste carceraria sembrava volerlo avvolgere come un sudario, sorrideva.

Un uomo con l’uniforme dell’Esercito Federale batté sulle sbarre della cella con un manganello: "Ehi, Clark! Fatti bello, che hai visite!".

Clark.

Conner Clark.

Questo era il suo nome.

O forse no, era solo un nome qualsiasi che gli era stato affibbiato da due persone qualsiasi che, per puro caso, era accaduto fossero i suoi genitori.

Conner Clark, forse in risposta a quel ‘fatti bello’, si portò le mani davanti agli occhi. Sulla pelle della sinistra si intrecciava una complicata serie di tatuaggi, alcuni filiformi, alcuni frastagliati, alcuni tondeggianti. Si attorcigliavano su ogni singolo dito, sul palmo, sul polso, per poi salire fin sull’avambraccio.

Tutta la parte sinistra del suo corpo, diviso perfettamente a metà, era coperta di quei tatuaggi, dalla pianta del piede alla testa, completamente rasata.

Non ricordava più perché avesse segnato il proprio corpo in questo modo. Aveva la vaga impressione di aver voluto comunicare qualcosa che non era mai riuscito a esprimere con le parole.

Si mosse verso la porta della cella sulle sue lunghe gambe muscolose: durante tutto il periodo della permanenza in carcere, si era allenato per mantenere la forma fisica.

Aveva praticato qualsiasi esercizio conoscesse: dopotutto, i suoi carcerieri non potevano fargli niente.

Quando la guardia gli mise le manette, lui non oppose alcuna resistenza: non potevano fargli niente.

E percepiva la paura della guardia, nonostante le manette.

***

Quando si sedette davanti alla vetrata della cabina per i colloqui, notò che non c’era nessuno attorno a lui. Già, non era l’orario delle visite.

A lui non era concesso avere visite, del resto.

Ma non era una grande perdita: nessuno sarebbe venuto a trovarlo, in ogni caso.

Non gli era concessa nemmeno l’ora d’aria.

Essere detenuto per crimini di guerra significava questo, supponeva.

Guardò davanti a sé.

L’uomo che aveva di fronte era vestito con un elegante abito nero. Aveva una faccia straordinariamente anonima. Forse lo avevano scelto proprio per questo.

L’uomo anonimo gli rivolse un sorriso viscido.

Lui pensò che la cosa non lo disturbasse più di tanto.

Era superiore a certi atteggiamenti degli esseri umani.

Non gli importava ciò che gli veniva mostrato superficialmente.

"Conner Clark, suppongo", esordì l’uomo in nero.

Lui annuì.

"Sai perché ti trovi in questo carcere militare?", continuò il visitatore.

"Perché Zeon ha perso la guerra", rispose lui, senza la minima inflessione nella voce.

"Non è proprio così, Conner… posso chiamarti Conner, vero? Dicevo, non è proprio così. Sei stato imprigionato qui perché ti sei reso colpevole di gravi crimini di guerra. Il modo in cui trattavi i prigionieri e il gas nervino che utilizzavi erano in aperta violazione del Trattato del Polo Sud, sai?".

"Stronzate".

"Scusa?".

"Stronzate. Io sono qui perché Zeon ha perso la guerra, questo è quanto. Ho visto soldati federali comportarsi come e peggio di me, eppure nessuno di loro si trova in questo carcere".

"Che importanza credi possa avere questo, ai fini della nostra discussione?".

"Dimmelo tu. Tu mi hai chiesto se sapessi perché fossi qui".

"Veramente, stavo cercando di fare un altro discorso. Tu ti sei reso colpevole di azioni veramente antipatiche, sai? Ma adesso l’Esercito Federale vuole darti la possibilità di ravvederti".

"Ah. Quindi tu saresti una specie di PR dell’Esercito, giusto? Un qualche tipo di omino che viene a trattare… Una cosa sul modello ‘tu fai questo lavoro sporco per noi e noi ti permettiamo di tornare libero’, dico bene?".

"Non ne hai azzeccata una, a dire la verità. Innanzitutto, io non faccio proprio parte dell’Esercito Federale… Diciamo che lavoro per un’organizzazione che esiste in seno all’Esercito, ma non è sottoposta alla sua giurisdizione. Ci chiamiamo Titans".

"Mai sentiti".

"Non mi sorprende. Siamo nati da poco. Ma abbiamo intenzione di lavorare con impegno, affinché tutti possano vivere senza timore di ulteriori guerre causate dalla sete di potere degli spacenoid".

"Ma che gentili", commentò Clark sarcastico, "Era da un pezzo che non incontravo qualcuno disposto a lavorare solo per il bene altrui".

"Siamo tutti persone integerrime. In secondo luogo, no, non voglio chiederti di fare un lavoro sporco in cambio della libertà. Io sono qui per offrirti una vita completamente nuova. E, indovina un po’… non puoi rifiutare".

***

La maschera facciale del mobile suit si aprì di colpo e un corpo umano ne rotolò fuori sgraziatamente, cadendo sulla passerella metallica posta proprio davanti alla testa della gigantesca macchina antropomorfa nell’hangar. La persona che si era appena abbattuta sulla passerella cercò di sollevarsi sulle braccia e alzò faticosamente il capo. Attraverso i lunghi capelli biondi che le coprivano il viso, era possibile vedere il volto di una ragazza che non avrà avuto nemmeno diciott’anni.

Un uomo in camice bianco e una donna in tailleur grigio, che reggeva in mano un cartelletta per appunti, si avvicinarono alla giovane.

La ragazza lanciò la testa all’indietro, emettendo un rantolo roco, mentre una schiuma inquietante le colava dai lati della bocca.

Inarcò la schiena, tendendo la mano destra verso le due persone appena arrivate.

L’uomo stava tenendo gli occhi e le dita sull’orologio da polso.

La donna, penna in mano, era pronta ad annotare qualcosa nella cartelletta.

La ragazza sbarrò gli occhi vitrei, in cui le vene sembravano volere spaccare le parti bianche, e si mise in ginocchio, agitando freneticamente le braccia attorno a sé.

Poi, crollò a terra, picchiando violentemente la fronte contro la passerella.

La sua faccia, contro il freddo metallo, era coperta dai capelli.

La schiuma continuava a uscirle dalla bocca.

La donna si chinò e mise due dita sul collo della giovane.

Puntò lo sguardo verso l’uomo e annuì con il capo.

Questi fermò l’orologio.

"Quindici minuti, ventisei secondi e otto decimi", sentenziò freddamente, senza la minima inflessione nella voce.

La donna si rialzò: "È ancora un risultato inaccettabile", commentò, fissando sull’altro i suoi occhi attraverso gli occhiali dalle lenti triangolari.

"Capisco", rispose l’uomo. "Deve darci tempo, è un procedimento al quale stiamo ancora lavorando".

"Vi state prendendo troppo tempo e troppi soldi con questa scusa". La donna toccò distrattamente con un piede il corpo della ragazza: "Ha idea di quanto questa merce gravi sul nostro bilancio? Quanti altri fallimenti dovremo sopportare prima di ottenere qualcosa di utilizzabile?".

L’uomo sospirò seccato: "Non posso farci niente. Non più di quanto ci stia già facendo, almeno. Comunque, come le ho già detto, ritengo che l’ideale sarebbe usarne uno naturale".

"Non offenda la mia intelligenza. Sa bene che ci siamo rivolti a voi proprio perché non ne abbiamo. Non si trovano newtype naturali dietro l’angolo, è per questo che dobbiamo crearcene di artificiali".

"Possibile che tra tutti i vostri collaboratori non ci sia un newtype accertato? So che sono rari, ma qualcuno dovrebbe pur esserne saltato fuori, no?".

"Stiamo conducendo delle prove. Stiamo anche tenendo sotto controllo alcune accademie per cercare soggetti dotati tra gli studenti, ma questo tipo di ricerca è lungo e costoso".

"Anche la ricerca che chiedete a noi lo è".

"Già, ma almeno ci darà il vantaggio di avere tutti i newtype che vorremo quando li vorremo. Ammesso che arriviate a qualcosa".

"In realtà… Starei sperimentando una teoria nuova…".

***

Un tonfo.

Un altro tonfo.

Un altro ancora.

A produrre quel rumore ritmico e rimbombante erano dei passi.

Solo dieci anni prima, chiunque si sarebbe stupito di sapere che erano i passi di un mobile suit. All’epoca, queste macchine erano solo nelle fasi sperimentali e nessuno, se non gli ingegneri che le progettavano, le aveva viste.

Dopo la Guerra di Un Anno, però, i mobile suit avevano conosciuto uno sviluppo incredibile, con molti modelli che venivano prodotti nel giro di una manciata di mesi.

Quello che ora stava camminando pesantemente tra i palazzi diroccati della città era uno degli ultimi sviluppati.

E il più potente.

Era enorme, un blocco di metallo nero alto quaranta metri, con delle minacciose aperture sul petto e sulla faccia.

Attorno a lui, come pesci pilota che seguissero uno squalo, una squadra di cinque mobile suit lo seguiva da vicino.

Erano modelli piuttosto vecchi.

Almeno per gli standard dell’evoluzione dei mobile suit, per la quale anche una macchina uscita pochi mesi prima dalla catena di montaggio poteva già essere obsoleta.

Dall’abitacolo del suo GM II, Dolores osservava la strumentazione aggrottando la fronte.

Quell’enorme mobile suit che lei e la sua squadra stavano scortando attraverso i palazzi diroccati di una colonia ormai quasi completamente abbandonata era il loro principale problema.

Emetteva una tale quantità di particelle Minovsky da rendere virtualmente impossibili le comunicazioni radio, anche a quella breve distanza.

Ma per Dolores questo non era particolarmente fastidioso: quello che la metteva a disagio era tutt’altro.

Era il motivo per cui i Titans l’avevano assolutamente voluta a comandare la squadra d’assalto che avrebbe accompagnato quel prototipo a stanare alcuni reduci di Zeon che si diceva si nascondessero in quel Bunch abbandonato.

Era quella sensazione opprimente, quell’allucinante senso di pressione mentale che proveniva dalla testa dell’enorme macchina antropomorfa.

L’avevano incastrata, in pratica.

Del resto, quando si aveva sul proprio curriculum il fatto di avere pilotato un mobile suit concepito appositamente per newtype durante la Guerra di Un Anno rendeva piuttosto difficile evitare certe richieste.

Per un certo periodo, l’Esercito Federale si era accontentato di tenerla in una scuola di addestramento al pilotaggio di mobile suit a Belfast. Poi, Dolores era stata in maternità e, quando ne era rientrata, l’avevano messa a collaudare nuove macchine da guerra.

Avere un sospetto newtype a svolgere un compito del genere poteva essere utile.

Con i Titans, molte cose erano cambiate.

Chiunque fosse stato anche solo sospettato di essere un newtype era stato messo sotto stretta sorveglianza.

Sempre più spesso, a Dolores arrivavano richieste di recarsi in questo o in quell’altro luogo per collaudare qualche nuovo modello. Non era necessario essere dei newtype per capire che la stavano tenendo d’occhio e che volevano sapere esattamente dove fosse in qualsiasi momento.

Se poi questo significava usufruire anche delle sue competenze professionali, tanto meglio.

Poi, all’improvviso, dopo anni che non calcava i campi di battaglia, le era stata assegnata una missione.

Un altro collaudo, a dire la verità.

Ma di un tipo diverso rispetto al solito.

Anzi, chiamarlo ‘collaudo’ sarebbe stato improprio.

Il mobile suit da collaudare era quel gigantesco mostro nero che ora stava camminando pesantemente tra palazzi in rovina di un Bunch disabitato, o quasi; a Dolores era stato dato l’incarico di comandare lo squadrone di quattro GM II che lo avrebbero accompagnato nella sua prima operazione in territorio nemico.

Pareva infatti che alcuni reduci di Zeon si nascondessero in quel Bunch e quella macchina gigantesca avrebbe dovuto spazzarli via.

Per bizzarro che potesse sembrare, questo era un ‘collaudo’ per l’Istituto di Ricerca Murasame, che aveva fornito ai Titans quel mobile suit.

Era difficile tenere sotto controllo la strumentazione quando tante interferenze rendevano i sensori di rilevazione praticamente inutili. Nonostante dovesse concentrare tutta l’attenzione sull’esterno, trovandosi in territorio nemico, Dolores non poteva fare a meno di pensare che una macchina antropomorfa così grande le ricordava lo Zeong che aveva affrontato durante la Guerra di Un Anno.

E ricordare quello scontro non era piacevole per lei.

Anzi, era più sgradevole di qualsiasi altro episodio di guerra.

Tra l’altro le era stato detto che quel mobile suit si chiamava ‘Psyco Gundam’, o qualcosa del genere.

Un Gundam.

Come aggiungere un altro mattone al muro.

I quattro GM II circondavano il gigantesco mobile suit, camminando ai suoi quattro angoli, tenendo gli scudi puntati verso l’esterno e i beam rifle pronti a sparare.

Dolores aveva trovato ironico come queste armi a raggi, che al tempo della Guerra di Un Anno erano state delle rarità inestimabili, si stavano ora diffondendo sempre più, come conseguenza dell’aumento della potenza dei reattori nucleari dei mobile suit.

Al momento, però, stava cominciando a capire cosa si fossero aspettati esattamente i suoi superiori, quando avevano preparato quella missione.

Volevano uno sterminio totale del nemico.

Volevano che si andasse a prenderlo nel suo nascondiglio e che lo si eliminasse fino all’ultimo uomo.

Dolores era una veterana, anche se il termine la faceva ridere.

Sapeva che quei palazzi e quelle strade erano l’ideale per un’imboscata, ma sapeva anche che un mobile suit non si sarebbe potuto avvicinare senza che si sentisse il rumore dei suoi passi, quindi i reduci di Zeon che lì si nascondevano avevano due alternative: un attacco diretto, magari da più direzioni, o un utilizzo strategico di eventuali sentinelle.

Entrambe le ipotesi sembravano poco probabili.

Nonostante la squadra d’assalto fosse piccola, quell’enorme mobile suit non aveva certo un aspetto rassicurante: nessuno lo avrebbe attaccato senza conoscerne le caratteristiche, men che meno un gruppo di persone in pesante carenza di materiali e munizioni, costretto a nascondersi dai costanti tentativi di annientamento dei Titans e dell’Esercito Federale.

Con tutta probabilità, gli zeoniani che stavano cercando se ne stavano rifugiati in qualche postazione nascosta e aspettavano che il nemico se ne andasse o si rendesse in qualche modo vulnerabile. Avrebbero cercato di sfruttare un’occasione propizia, ma non si sarebbero esposti direttamente.

"Hai ragione".

Dolores alzò il capo e spalancò gli occhi.

Da dove era venuta quella voce?

Non certo dalla radio: le particelle Minovsky avrebbero impedito una comunicazione così nitida.

No.

Non l’aveva sentita dalla radio, se l’era sentita nel cervello.

Era provenuta da quel gigantesco mobile suit al centro della formazione.

"Hai proprio ragione", risuonò nuovamente quella voce, "I nostri nemici si nascondono e, con tutta probabilità, non usciranno allo scoperto. Quindi c’è un solo modo per stanarli".

"No!", gridò Dolores con tutto il fiato che aveva in corpo.

Troppo tardi.

Il mobile suit nero alzò un braccio, puntandolo verso l’alto.

Estese l’altro dietro di sé.

Poi, si scatenò l’inferno.

Un fiume di energia luminosa esplose da ciascun dito della gigantesca macchina da guerra, mentre spostava le braccia attorno a sé.

Dal petto e dalla testa partirono piogge di raggi abbaglianti.

"Non disperdetevi!", gridò furiosamente Dolores alla radio, sperando che qualcuno riuscisse a sentirla, "Restate vicini allo Psyco Gundam!".

Non seppe mai se era stata sentita, ma, a quanto pareva, i suoi sottoposti erano abbastanza furbi da non allontanarsi.

Quello che stava accadendo aveva qualcosa di molto simile a una raffigurazione infernale.

Ogni volta che i raggi sparati dallo Psyco Gundam colpivano la colonia, si formavano profonde spaccature. Dopo pochi, convulsi minuti, durante i quali lo squadrone di GM II fu troppo impegnato a tenersi vicino al gigantesco mobile suit nero per fare qualsiasi altra cosa, il paesaggio devastato che restava lasciava ben poche alternative.

In un attimo, il Gundam aveva devastato interi blocchi di edifici; i suoi raggi avevano scavato nelle pareti della colonia, frantumandone la struttura.

Rumori cigolanti e suoni secchi di qualcosa che si spezzava sembravano volere essere una condanna alla sorte della colonia.

Per un attimo, Dolores si ricordò che il pilota del colosso le aveva letto nel pensiero.

Un newtype.

Il volto di Dolores si contrasse in una smorfia: ciò che le aveva detto la ragazza sullo Zeong che aveva combattuto a bordo del Gundam Deathlock le sembrava ormai solo un ricordo, che si sarebbe inevitabilmente fatto sempre più lontano con il passare del tempo.

I newtype avrebbero potuto permettere la nascita di una nuova era? Come potevano dare il via a un’epoca in cui le persone si sarebbero comprese a vicenda, se venivano usati solo per evitare che questo accadesse?

Ma non era il momento di pensare a queste cose: facendo compiere qualche passo verso sinistra al prorpio mobile suit, Dolores girò attorno allo Psyco Gundam, fino ad arrivare di fianco a uno dei GM II che componevano la squadra.

Appoggiò lo scudo tra il terreno ormai instabile e l’anca del proprio mobile suit e pose la mano sinistra della macchina sulla spalla di quella che le stava vicino.

Il sistema di comunicazione a contatto era l’unico modo per trasmettere ordini in quella situazione.

"Missione abortita", disse cercando di nascondere il nervosismo che la stava attanagliando, "Rientriamo. Dirigiamoci immediatamente al boccaporto dal quale siamo entrati. Passa parola e facciamo scorrere le posizioni".

"Ricevuto", rispose il pilota dell’altro GM II, mentre si spostava per raggiungere il compagno alla propria sinistra e Dolores si metteva in quella che era stata la sua postazione.

Poi, la mano del mobile suit di Dolores si posò sulla gambe dello Psyco Gundam.

Per un attimo, Dolores si chiese se ce ne fosse bisogno. Le balenò per la testa l’idea di comunicare direttamente al cervello del pilota.

Poi ricordò perché avesse deciso di non ricorrere più ai propri poteri di newtype e passò alla comunicazione a contatto. "Ci ritiriamo", disse. "Torniamo immediatamente al boccaporto da cui siamo entrati".

Nessuna risposta.

Nonostante il pilota del Gundam nero non le avesse risposto, Dolores sapeva che aveva sentito.

In un modo o nell’altro, la sua prima comunicazione telepatica aveva aperto una sorta di canale tra loro due.

Ciascuno dei due poteva percepire chiaramente l’altro.

E Dolores percepì fin troppo chiaramente.

Confusione.

Incertezza.

Ma, soprattutto, ferocia.

Il pilota del grande mobile suit era come un bambino piccolo che avesse cambiato ambiente improvvisamente: era completamente spaesato e rispondeva alla propria condizione con la violenza.

Dolores cercò freneticamente di non pensarci.

Doveva assolutamente chiudere quel collegamento: non poteva permettere che tanti anni di sforzi fossero resi vani in un attimo.

Non fece nemmeno in tempo a provarci.

Fu come una diga, pazientemente costruita con anni di impegno, che venisse improvvisamente distrutta da una valanga.

Come un ammasso di detriti e fango pesante tonnellate, una folla di pensieri si riversò nella mente di Dolores, sommergendola completamente.

In quella colonia ci vivevano davvero delle persone. O meglio, ci erano vissute. E adesso stavano morendo.

In massa.

Dolores ricordava vagamente una sensazione simile: quando i suoi compagni erano stati uccisi, durante quella missione in Francia, la sua mente aveva raccolto lo stesso dolore, la stessa angoscia, la stessa paura.

Ma i suoi compagni erano morti uno per volta.

Adesso, invece, una gran quantità di vite stava venendo annientata in un attimo, mentre le pareti della colonia crollavano su se stesse.

Ciascuna di loro lasciava nel cervello di Dolores un’impronta di terrore folle, una sensazione di dolore e smarrimento.

Quella stessa solitudine che si prova di fronte alla morte di cui Dolores si era nutrita durante la Guerra di Un Anno.

Quella stessa sensazione che l’aveva fatta impazzire…

Così dolorosa…

Così dolce…

Assuefacente…

Dolores sogghignò inconsciamente, mentre gustava quell’angoscia inconcepibile.

Percepire la morte degli altri era come innamorarsi: faceva soffrire, ma era una sofferenza di cui non ci si voleva liberare.

Ma, in mezzo a tutte quelle sensazioni mortali, una spiccava.

Era un capriccio.

Era un bambino che rideva.

Veniva dallo Psyco Gundam

Un attimo dopo averla percepita, Dolores svenne.

***

"Credo che non ti capirò mai".

"Sopravviverò. D’altra parte, è difficile che due persone si capiscano".

A sentenziare era stato un uomo biondo sulla ventina, i cui capelli, accuratamente tirati indietro e raccolti in un codino, ricadevano su di una uniforme formata da giacca e pantaloni azzurri. La camicia gialla creava uno strano contrasto con la cravatta nera. Era seduto al bancone di un ampio locale illuminato e sorseggiava qualcosa contenuto in una busta di plastica argentata da cui fuoriusciva una cannuccia.

A rispondere era stato un altro uomo, un po’ più vecchio e un po’ più alto, che indossava la stessa uniforme. Avrà avuto quasi trent’anni e i suoi arruffati capelli neri gli ricadevano disordinatamente sugli occhi. Anche lui stava bevendo da una busta simile.

"Io non riuscirei mai a fare come te", continuò l’uomo biondo. "Voglio dire, anch’io tengo molto alla mia ragazza, però… Non credo che riuscirei a lavorarci insieme".

Il locale in cui i due si trovavano, ampiamente illuminato, era pieno di tavolini, saldamente inchiodati al pavimento, a cui diverse persone, per lo più con la stessa loro uniforme, mangiavano o bevevano.

"Non lavoriamo insieme, alla fin fine", replicò l’uomo moro. "Io collaudo, lei mette a punto. Non ci vediamo per buona parte della giornata, soprattutto in questo periodo".

"Sì, ma non è questo il punto. Siete sempre qui, mangiate insieme, dormite nello stesso alloggio, sapete esattamente dove trovarvi… Per come la vedo io, un rapporto non può andare avanti così. Il non sapere esattamente cosa stia facendo la tua donna aggiunge un po’ di sale a una relazione. A me piace passare anche diversi giorni senza vedere la mia ragazza, così poi me la godo di più quando possiamo stare insieme. Ho l’impressione che passare troppo tempo appiccicati non faccia che banalizzare il rapporto".

L’uomo dai capelli scuri si girò sul suo seggiolino girevole e appoggiò i gomiti al bancone: "Ti fai troppi problemi. E poi, non puoi pretendere che il tuo modo di vivere una relazione vada bene per tutti".

"Non è questo… Il punto è che capire le donne è maledettamente difficile… Credo che un uomo capace di comprenderle decentemente possa godersi meglio la loro compagnia. Uno come me, però, è condannato a non poterci stare per troppo tempo".

"Certo che hai un bel coraggio a dire una cosa simile!". Una voce femminile interruppe la conversazione dei due. Dolores batté violentemente il palmo della mano sulla nuca del biondo: "Capire le donne sarebbe difficile?", sibilò, accostandogli le labbra a un orecchio, "Guarda che siete voi uomini ad avere un sacco di idiozie per la testa. Non avete il minimo senso pratico!".

L’uomo dai capelli neri ridacchiò.

Dolores afferrò un seggiolino e si sedette. La divisa azzurra dei dipendenti della Anaheim Electronics, con la giacca chiusa sul petto, la cravatta nera che spiccava sulla camicia gialla e la gonna appena sopra il ginocchio, sembrava starle stretta. Abituata come era alle uniformi militari, doveva trovare piuttosto scomoda quella che stava portando.

"Sei sempre troppo manesca, Dolly", si lamentò l’uomo biondo.

"Non mi chiamo Dolly", precisò Dolores, piantando sulla nuca del giovane un’altra manata. "Ricordati che io, tecnicamente, sono un tuo superiore".

"Ma proprio per niente! Tu non lavori nemmeno per la Anaheim Electronics! Da che punto di vista saresti un mio superiore?".

"Dal punto di vista militare. Io sono stata messa a capo della squadra di collaudatori, capito? Ho più ore di esperienza sui mobile suit io che tu e il tuo amico qui messi insieme".

L’uomo dai capelli neri alzò la busta dalla quale stava bevendo verso Dolores: "Prendi una birra?".

"È una domanda retorica? Guarda che io sono mezza irlandese, come faccio a rifiutare una birra?".

"Ti faccio notare che noi non lavoriamo per l’Esercito Federale", si lamentò il tizio biondo.

"Ah, no?", ritorse Dolores. "E per chi state collaudando i mobile suit, per Santa Romana Chiesa?".

"Per la Anaheim. Quei modelli non sono stati ancora nemmeno comprati, sono in fase di sviluppo. Finché la Federazione non caccia i soldi, quella è roba nostra".

L’uomo dai capelli scuri alzò un braccio verso i suoi due interlocutori: "Dai, ragazzi, vi pare il caso di litigare per una cosa del genere?".

"Sì!", risposero gli altri due insieme girandosi verso di lui.

Dolores non era troppo contenta di quell’incarico.

Ma era un soldato; uno di quelli che non avevano combattuto molto durante la guerra in corso, per di più.

Nel marzo dell’UC 0087, era iniziato un nuovo conflitto: l’AEUG, una delle più attive organizzazioni antifederali, aveva cominciato a dare troppo fastidio e l’escalation militare era risultata in uno scontro aperto tra la Federazione Terrestre e i vari gruppi ribelli che la combattevano.

Poi, qualcosa era cambiato.

Nel novembre di quello stesso anno, l’AEUG aveva occupato il Parlamento Federale a Dakar e un uomo biondo aveva fatto un discorso rivolto a tutta la Sfera Terrestre.

Più che le sue parole di per sé, due cose avevano destato scalpore.

La prima era stata che quell’uomo aveva dichiarato di essere Casval Rem Deikun, il figlio di Zeon Zum Deikun, del quale non si erano conosciute le sorti per anni; senza contare che quella stessa persona era anche nota a molti per essere il famoso Char "Cometa Rossa" Aznable, l’asso della Guerra di Un Anno.

La seconda era stata la reazione dei Titans all’occupazione del Parlamento. Incuranti dell’incolumità dei civili, non avevano esitato a combattere l’AEUG in pieno centro di Dakar durante tutta la trasmissione.

Era stato allora che Dolores, che aveva passato buona parte del conflitto ad addestrare reclute a Belfast, dove risiedeva anche la sua famiglia, era stata richiamata al servizio attivo.

L’Esercito Federale aveva impiegato un numero relativamente piccolo di soldati, avendo preferito lasciare l’incombenza di combattere l’AEUG ai Titans (che, di fatto, controllavano buona parte delle risorse militari della Terra), ma ora sembrava voler risollevare la testa.

Non nel modo che Dolores avrebbe pensato, però.

Le era stato ordinato di trasferirsi a Von Braun City, sulla luna, e di mettersi a disposizione della Anaheim Electronics come pilota collaudatrice.

Di certo era stato un ordine inaspettato.

Ovviamente, il suo compito non sarebbe stato solo collaudare mobile suit, ma anche riferire ai suoi superiori qualsiasi informazione potesse riguardare eventuali macchine da guerra prodotte per conto dei Titans o della nuova forza nella Sfera Terrestre, Axis.

Non le erano state date particolari indicazioni circa i mobile suit progettati per l’AEUG.

Una volta arrivata, era stata inserita in un gruppo di collaudatori che comprendeva già Julius Parker (l’uomo dai capelli scuri) e Michael Philbert (il biondo), incaricato di testare alcuni modelli sperimentali che stavano venendo sviluppati per conto dell’Esercito della Federazione Terrestre.

E c’era stato anche di più.

***

Dolores restava sempre affascinata dal modo in cui gli shuttle si muovevano nello spazio. Nonostante viaggiassero a velocità superiori a quelle di qualsiasi veicolo terrestre, sembravano sempre andare lentissimi. Forse perché l’immensità del cosmo toglieva qualsiasi senso della distanza a chiunque vi si trovasse.

Era strano che Dolores si trovasse lì.

Lo shuttle che lei e i suoi colleghi stavano scortando apparteneva alla Anaheim Electronics e si trovava appena al di fuori dell’atmosfera terrestre.

La Anaheim Electronics si stava preparando a consegnare alcuni articoli a dei suoi clienti, mandandoli sulla Terra direttamente da lì.

‘Articoli’ era evidentemente una parola piuttosto bizzarra, se riferita a dei mobile suit.

Mentre il suo mobile suit, uno Z Plus personalizzato che i suoi colleghi temporanei avevano cominciato a chiamare scherzosamente ‘Dolly’ (cosa che la faceva infuriare tremendamente), Dolores si chiese cosa stesse passando per la testa dei suoi superiori.

A quanto le era stato detto dalla dirigenza della Anaheim, la consegna che lo shuttle si stava preparando a fare era per un cliente chiamato Karaba.

Un nemico della Federazione Terrestre, quindi.

Dolores aveva già capito che l’Esercito Federale stava voltando le spalle ai Titans e questo era diventato fin tropo chiaro quando aveva visto alcuni tipi dei mobile suit che la Anaheim Electronics stava producendo.

Mobile suit basati su modelli dell’AEUG.

Se la Federazione stava per impiegare macchine progettate seguendo il design di mobile suit come l’MSZ-006 Z Gundam, era ovvio che stesse cambiando qualcosa.

Lo stesso mobile suit che Dolores stava pilotando in quel momento era una di queste anomalie belliche.

Quello dello Z Plus era stato uno dei progetti varati per creare una versione prodotta in serie e a basso costo dello Z Gundam. Non potendo riunire in un’unica macchina tutte le caratteristiche dell’originale, che avrebbero comportato un costo troppo elevato, alla Anaheim Electronics avevano pensato di produrne diverse varianti per le differenti esigenze tattiche e avevano cominciato a progettarle a brevissima distanza le une dalle altre.

Assegnare a Dolores l’incarico di collaudare questa serie di progetti era sembrata la scelta più naturale: sapeva pilotare sia gli aerei che i mobile suit, quindi un mobile suit che poteva trasformarsi in aereo era parso l’ideale per una persona del genere.

Dolores non aveva condiviso appieno la logica dietro quella decisione, ma non si era opposta. Aveva però voluto cambiare il colore dello Z Plus, dall’arancione e bianco dei modelli in fase di collaudo a una combinazione di bianco e blu analoga a quella dell’RX-79[G] che aveva pilotato durante la Guerra di Un Anno.

Aveva voluto evitare però che lo schema di colore ricordasse troppo quello, pur simile, del Gundam Deathlock.

"Sembra andare tutto liscio, eh?", domandò una voce dalla radio.

Julius.

Dolores guardò alla propria destra: a breve distanza da lei, proprio sotto il ventre metallico dello shuttle, c’era un mobile suit grigio.

Non era l’unico. Anche se non poteva vederlo, Dolores sapeva che ce n’era un altro nella parte superiore della navetta, pilotato da Michael.

Fin dal nome, il Nero, così si chiamava quel modello, ricordava il Nemo.

Ma, a dispetto del nome, non aveva granché a che vedere con l’MSA-003 Nemo dell’AEUG.

Dato che quest’ultimo basava alcune sue caratteristiche sul GM II, alla Federazione era sembrato naturale proseguire sulla stessa linea degli RGM-79, nonostante il cambiamento del numero di serie.

E c’erano diversi altri modelli in cantiere, che aspettavano solo di essere testati.

Dolores sorrise tristemente tra sé e sé: "L’ultima volta che qualcuno mi ha detto qualcosa del genere, è stato durante la battaglia di Odessa. Un attimo dopo, stavo affrontando due Dom praticamente da sola".

"Occhio, che arriva il flashback del veterano", scherzò Julius dall’altro Nero.

"Hai poco da sfottere", ribatté Dolores. "È proprio perché sono una veterana se io piloto uno Z Plus mentre voi dovete accontentarvi dei Nero".

"Quanto sei permalosa!", riprese Michael. "Pensiamo piuttosto a… aspettate un attimo…".

"Cosa succede?".

"Non so. Rilevo una forte concentrazione di particelle Minovsky a ore cinque. Potrebbe essere un Alexandria".

Lo era.

La sagoma dell’incrociatore si stagliò chiaramente contro il sole che spuntava da oltre l’orizzonte terrestre.

"Ci stavano aspettando?", domandò Dolores, più tra sé e sé che volendosi rivolgere a qualcuno. "Possibile che ci sia stata una fuga di informazioni?".

"Non mi sorprende", disse Julius, "I Titans sanno da un pezzo che la Anaheim sta appoggiando l’AEUG e la Karaba, è stato per questo che abbiamo dovuto fornire loro il Marasai. Probabilmente ci stavano tenendo d’occhio con qualche talpa, per assicurarsi che non facessimo mosse strane".

Proprio in quel momento, la parte inferiore dello shuttle si aprì.

Due bizzarri mobile armor ne uscirono, dirigendosi verso la Terra.

Avevano una forma compatta, quasi raccolta, sulla quale spiccavano un paio di cannoni.

Nella parte inferiore avevano una sorta di grande contenitore giallo.

Dolores riconobbe subito il ballute pack: era una specie di enorme canotto, che aveva la funzione di consentire ai mobile suit di superare la fase di rientro nell’atmosfera terrestre. Quando la discesa iniziava, il ballute pack si apriva, permettendo alla macchina che lo portava di passare indenne attraverso i letali gas che altrimenti l’avrebbero consumata.

"Ma perché escono proprio ora?", chiese Dolores seccata. "Non si sono accorti dell’Alexandria?".

"Forse è proprio per questo che hanno deciso di anticipare l’operazione", rispose Julius. "Secondo il piano della missione, sarebbero dovuti partire molto dopo".

"Se li abbattono adesso, sarà tutto inutile!".

"Lo sarebbe stato anche se fosse stato abbattuto lo shuttle! A questo punto, o la va, o la spacca!".

"Merda!", sibilò Dolores. Nonostante detestasse riconoscerlo, non poteva ribattere. Lo shuttle sarebbe stato effettivamente un bersaglio più facile, quindi forse non era stata una cattiva scelta. "Cerchiamo almeno di non farci cogliere impreparati! Disponiamoci su questo lato dello shuttle. Non devono abbatterlo, altrimenti l’autonomia dei nostri mobile suit potrebbe non bastare a tornare indietro".

Prima che chiunque potesse replicare, una bordata da uno dei cannoni principali dell’Alexandria sibilò vicinissima allo shuttle.

Un attimo dopo, un gruppo di mobile suit blu, seguito da una squadra ancor più grande di mobile suit rossi, partì dalle catapulte di lancio dell’incrociatore.

"Marasai!", mormorò Julius quando vide le macchine rosse.

"Non vale!", si lamentò Michael, "Quella è roba nostra! Non possono usarla contro di noi".

"Quelli blu sono Barzam", aggiunse Dolores. "Avevo sentito dire che ne erano stati assemblati pochi esemplari, sono una vista piuttosto rara".

"Eh, pensa che culo!", ribatté nuovamente Michael. "A proposito, quanti mobile suit può portare un Alexandria?".

"Dodici".

"Cosa? Ma allora…".

Julius si incupì: "È stato un piacere, ragazzi".

Passò poco tempo prima che il nero dello spazio cominciasse a tingersi di raggi purpurei.

Quando vedeva i Barzam e i Marasai sparare con i loro beam rifle, Dolores non poteva fare a meno di ricordare tristemente l’epoca in cui le armi a raggi per mobile suit erano state una rarità.

"Si stanno aprendo a ventaglio!", esclamò mentre rispondeva al fuoco, "Vogliono accerchiarci per poi distruggere la nostra merce con comodo!".

"Merda!", sibilò Julius, "Sanno che non possiamo permettere che lo shuttle venga abbattuto e vogliono approfittarne per inchiodarci a combattere qui!".

Dolores aggrottò pensosamente la fronte.

Le stava venendo un’idea, ma era una follia.

A ogni istante che passava, evitare i raggi che il nemico sparava diventava sempre più difficile.

Un colpo centrò in pieno lo scudo di Michael, distruggendone la sezione superiore.

Un altro trapassò la gamba del Nero di Julius, facendola esplodere in frantumi.

Diversi colpi passarono sibilando a una distanza pericolosamente bassa dallo shuttle.

"Coprite lo shuttle!", gridò infine Dolores, "Provo una manovra diversiva!".

Il vettori di spinta dello Z Plus eruttarono la loro potenza in un attimo, spingendo d’improvviso il mobile suit attraverso lo schieramento nemico.

Mentre le macchine dei Titans si avvicinavano sempre di più, Dolores vide un Barzam puntare il suo beam rifle contro di lei.

Per un attimo, lasciò che le sue percezioni potenziate da newtype prendessero il sopravvento.

Non poteva sperare di uscire viva da una situazione del genere combattendo come un normale essere umano.

Le servivano dei tempi di reazione inferiori a zero.

Doveva barare.

Nel bel mezzo della propria spinta, lo Z Plus cambiò forma.

In un attimo, al posto del mobile suit comparve un agile waverider.

Sfruttando la maggior mobilità di questa forma, Dolores impresse al Dolly un’accelerazione improvvisa.

Una frazione di secondo dopo, quando il suo pilota non aveva nemmeno avuto il tempo di rendersi conto di cosa fosse successo, il Barzam premette il grilletto.

Il raggio purpureo passò poco lontano da un’ala dello Z Plus.

Ancor prima che i Titans potessero accorgersene, il velivolo bianco e blu era sfrecciato di fianco al Barzam.

Un attimo dopo, un’altra trasformazione: il mobile suit era tornato, tenendo stretto in pugno il proprio fucile.

Il colpo sparato da Dolores trafisse il Barzam in pieno addome.

Un’esplosione rosa decretò la fine di quella macchina antropomorfa, nonché il primo morto di quel combattimento.

Dolores strinse i denti, mentre percepiva la vita lasciare il corpo del pilota.

Non era mai stata contenta di essere una newtype, anche se non era riuscita a mettere a fuoco una ragione valida per questo suo stato d’animo.

Ogni volta che ci pensava, in lei si accavallavano emozioni contrastanti.

Forse perché si sentiva in colpa per il fatto di provare piacere percependo la morte altrui?

Per anni non era riuscita ad ammetterlo con se stessa, pur essendone sempre stata consapevole.

Il suo rimpianto più grande, però, era sempre stato quello di non aver potuto parlare a quattr’occhi con altri newtype.

L’unico che aveva incontrato, quella ragazza con cui aveva combattuto durante la Guerra di Un Anno, era stato un suo nemico.

Dopo il conflitto, memore di quello che aveva passato durante lo scontro, aveva deciso di non usare più le proprie capacità di newtype.

Non che fosse stata in condizione di scegliere, in realtà.

Da che mondo e mondo, la manifestazione di quei poteri era sempre stata spontanea e incontrollabile.

Eppure, Dolores era stata fortunata, in un certo senso.

La posizione di istruttrice al pilotaggio di mobile suit che aveva occupato per qualche tempo dopo la guerra le aveva permesso di trovarsi molte volte in situazioni di combattimento simulato.

In situazioni in cui i suoi poteri venivano alla luce.

Con il tempo, aveva imparato a riconoscere i momenti in cui questo accadeva e a… ignorarli.

Non avrebbe saputo trovare un termine migliore.

Sapeva che le sue percezioni continuavano ad affacciarlesi nel cervello, ma lei fingeva di non sentirle.

Ritardava di proposito le proprie reazioni, urtava apposta ostacoli che avrebbe potuto evitare, ignorava gli stati d’animo che captava.

Ingannava se stessa convincendosi di non essere una newtype.

Con il passare del tempo, le percezioni si erano fatte sempre più rare, sempre più flebili, fino a scomparire completamente.

Poi, nel gennaio dello 0087, quella missione.

Lo Psyco Gundam aveva distrutto la colonia.

Moltissima gente era morta in un attimo.

Dolores era svenuta al percepire quelle grida d’agonia.

Era stata tratta in salvo dai suoi subalterni e aveva capito di avere sbagliato.

Non poteva vivere ingannando se stessa: era una newtype, che lo volesse o no. I suoi poteri erano sempre lì e sarebbero saltati fuori al minimo stimolo.

Ma, come ogni buon proposito, anche questo era destinato a non essere seguito.

Pur essendosi risolta a lasciare che le sue percezioni fluissero in lei, per imparare ad analizzarle e controllarle, si era invece trovata a sopprimerle nuovamente.

Perché ascoltarle, se non facevano altro che ferirla?

Ma adesso, considerato il numero dei nemici, Dolores decise.

Doveva concedersi una pausa.

Perché essere se stessi era tanto difficile?

Lo Z Plus di Dolores scattò improvvisamente verso l’alto (o quello che era l’alto dal proprio punto di vista nel vuoto dello spazio), spinto dai razzi sotto i piedi.

Un secondo più tardi due raggi purpurei si incrociarono proprio dove prima si era trovato.

Erano tornati.

I poteri da newtype erano ancora lì.

Forse non erano qualcosa di completamente negativo.

Il Dolly cominciò a volare attorno al grosso gruppo di mobile suit dei Titans, descrivendo un arco che si portava alle loro spalle.

Dolores sperò che Michael e Julius fossero abbastanza furbi da approfittarne per abbattere qualche nemico.

Nel frattempo, lei sfruttò tutta la propria potenza di fuoco per fare quanto più danno possibile.

Si morse la lingua e cominciò a sparare.

I due beam gun sulle anche dello Z Plus, che si erano venuti a trovare nella parte superiore del velivolo in modalità waverider, eruttarono due fiumi di raggi purpurei nel mucchio dei nemici.

Il beam rifle, montato davanti allo stabilizzatore di coda, sparò una serie di rapidi e mirati colpi.

Nemmeno uno degli attacchi raggiunse un bersaglio.

"Merda!", mormorò Dolores mentre faceva chiudere allo Z Plus un semicerchio, "Possibile che mi sia arrugginita così tanto?".

Solo dopo che ebbe finito di formulare questa domanda a se stessa, una risposta le balenò per la mente.

E se avesse voluto sbagliare i colpi di proposito?

Se la paura di avvertire di nuovo il grido mortale di un essere umano, o di provarne piacere, le avesse impedito di mirare accuratamente?

Improvvisamente, un lampo le balenò per la testa.

Si ritrovò davanti un Marasai che le puntava contro il beam rifle.

Il pilota doveva avere intuito la traiettoria del volo ed essersi posizionato per intercettarla.

Dolores sbarrò gli occhi.

Aveva percepito quel mobile suit in ritardo.

Possibile che avesse bloccato i propri poteri senza rendersene conto?

Proprio mentre pensava di essere finita, un raggio colpì il braccio con cui il Marasai reggeva il fucile, troncandolo di netto.

Un secondo colpo centrò la testa del mobile suit, riducendola in frantumi.

Un terzo attacco penetrò nell’addome della macchina, causando un’esplosione che spedì frammenti metallici contro la fusoliera dello Z Plus.

Recuperando rapidamente il controllo, Dolores cambiò improvvisamente rotta. Guardando sotto di sé, vide il Nero di Julius con il beam rifle ancora fumante.

Se la concentrazione di particelle Minovsky non fosse stata tale da impedire le comunicazioni, avrebbe dovuto ringraziarlo, visto che, senza il suo intervento, sarebbe sicuramente morta.

Ma non era il momento di perdersi in questi pensieri: per la prima volta in vita propria, si trovò a desiderare di usare i propri poteri newtype.

Imprimendo un’ulteriore accelerazione ai razzi di spinta del Dolly, Dolores si lanciò in un volo rapidissimo, in una linea retta che si allontanava dallo squadrone del nemico.

Non si stava guardando alle spalle.

Ciononostante, fece compiere una serie di giravolte allo Z Plus per evitare i raggi che le stavano sparando i suoi nemici.

Il Dolly era come una scheggia che rotolasse su se stessa mentre schizzava via.

I raggi purpurei che i Marasai e i Barzam gli sparavano sembravano volersi chiudere su di esso, soffocandolo in una gabbia di energia, ma, ogni volta che sembravano doverlo colpire, un volteggio improvviso lo escludeva dalla loro traiettoria.

"Ce la faccio", disse Dolores sottovoce, "Ce la posso fare. Stanno tornando…".

Lo waverider compì una virata improvvisa, trasformandosi nuovamente in mobile suit.

Fu allora che Dolores si rese conto che i nemici avevano smesso di spararle.

Zoomando sul gruppo, vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettata.

Approfittando della distrazione che lei aveva causato, Michael, proteggendosi con il suo scudo distrutto, si era lanciato nel mezzo del gruppo dei Titans, e Julius aveva fatto altrettanto.

In teoria, non era una cattiva idea: loro avrebbero potuto sparare a volontà, mentre i nemici si sarebbero dovuti preoccupare di non colpire i compagni.

In pratica, era un suicidio: i mobile suit dei Titans non erano certo privi di armi per il combattimento ravvicinato e, una volta superato l’effetto sorpresa, i due piloti della Anaheim Electronics si sarebbero trovati in una condizione di svantaggio anche maggiore.

Dolores aggrottò la fronte, tradendo il proprio disappunto: in questo modo, lei non avrebbe potuto sparare senza rischiare di colpire i suoi temporanei colleghi.

"Ma che cazzo hanno in testa?", sibilò mentre il Dolly tornava a trasformarsi in waverider e sfrecciava verso la mischia.

Non avrebbe saputo descrivere con esattezza nemmeno lei cosa accadde poi, perché le sensazioni si fecero improvvisamente confuse.

Ricordava un raggio che le veniva sparato contro e lei che lo evitava in anticipo, per poi trasformare il Dolly, estrarre una beam saber e tagliare in due un Marasai praticamente in un unico movimento.

Poi, era stato un miscuglio indistinto di metallo che cozzava contro il metallo e di raggi purpurei che tagliavano l’oscurità e le armature dei mobile suit.

Era stato quando i piloti dei Titans avevano cominciato a morire che aveva perso la cognizione della realtà.

Ricordava vagamente di avere perduto quasi subito la beam saber: aveva urtato il braccio contro un barzam e la mano aveva mollato la presa.

In quel momento, aveva visto di nuovo un fucile puntato direttamente addosso a lei.

Era stata colta da un terrore folle.

Nonostante la sua esperienza sul campo di battaglia, aveva provato una paura genuina e devastante.

In un gesto istintivo, aveva mosso il braccio dello Z Plus contro il nemico, solo per vederlo, con suo estremo stupore, che ne trapassava l’armatura come fosse stata burro.

Le era parso di cogliere un lieve bagliore rosato sulla mano del proprio mobile suit.

Di lì in poi, si era mossa come sotto l’effetto di una droga: aveva cominciato a sparare con il beam rifle e a falciare con l’altra beam saber.

A caso, le era parso.

Ma non doveva essere stato così, perché si ritrovò all’improvviso circondata di rottami.

Fu la voce di Julius a farla rinsavire: "Dannazione! Lo hanno preso!".

Si riferiva a uno dei due mobile suit trasformabili usciti dallo shuttle.

Ora era possibile vederlo penetrare nell’atmosfera terrestre, ma il suo ballute pack non si apriva.

Doveva essere stato centrato dal raggio sparato contro il Dolly mentre di stava avvicinando al gruppo dei nemici.

Mentre il mobile suit si trasformava in una palla di fuoco rossastra e bruciava nell’atmosfera, Dolores sospirò.

Non tanto perché si sentisse in colpa, quanto piuttosto perché questo avrebbe probabilmente comportato un richiamo ufficiale da parte dei suoi superiori.

Erano stati loro a volere che lei partecipasse alla missione, dopotutto…

Sospirò. In quel preciso momento, aveva ancora negli occhi la mano del Dolly che tagliava la corazza del Barzam.

Impossibile, si disse.

Non poteva essere accaduto veramente: doveva essere stata un’allucinazione provocata dai suoi poteri impazziti.

I suoi pensieri furono interrotti da una improvvisa bordata.

"L’Alexandria!", esclamò. "Copritemi!".

Senza aspettare una risposta, Dolores partì a tutta velocità verso la nave.

***

L’avvocato voltò le spalle al pubblico nel tribunale e si avvicinò al banco degli imputati.

Con il volto che tradiva più seccatura che preoccupazione, Julius lo squadrò dall’alto in basso.

Era il tipico avvocato, mezzo calvo, sulla quarantina, con degli occhialini tondi dalle lenti spessissime.

Un topo di biblioteca?

Un topo di biblioteca che stava per mangiarselo vivo.

"Dunque, signor Parker", cominciò l’avvocato rivolgendosi a Julius con enfasi esagerata, mentre il suo braccio sinistro si piegava dietro la schiena e la sua mano destra descriveva una parabola discendente dalla testa al bacino, "vorrebbe raccontarci cosa è successo nel caso preso in esame?".

Julius sospirò: "Fino al punto in cui io e il mio collega ci siamo avvicinati all’Alexandria, quanto riportato da lui e dal maggiore Martin al banco dei testimoni è esatto", disse, quasi che lo stesse ripetendo per la milionesima volta. "Avevamo appena finito di cannoneggiare la nave che ci aveva attaccati, quando il maggiore Martin mi chiese di entrare a controllare. Mi disse che le era sembrato di vedere qualcosa muoversi nella parte di nave accanto a me".

"E lei cosa fece?".

"Mi stupii. Non capii come avesse fatto a vedere qualcosa dalla posizione in cui si trovava. Tra l’altro, quello che accadde dopo non fece che aumentare i miei dubbi, ma questo glielo spiego poi…".

"D’accordo. Lei fece quanto il maggiore Martin le aveva chiesto?".

"All’inizio, mi rifiutai. Non avevamo distrutto completamente l’Alexandria ed eravamo riusciti a evitarne i principali serbatoi, quindi non c’erano state grosse esplosioni. Era possibile che qualcuno fosse ancora vivo e che avrebbe potuto tendermi una trappola".

"Ma poi andò a controllare. Perché cambiò idea?".

"Il maggiore Martin mi rassicurò. Mi disse di essere certa che non vi fosse alcun pericolo".

"In base a cosa poteva esserne tanto sicura?".

"Non saprei. Ma il tono e la convinzione con cui lo disse mi indussero a pensare che potesse avere ragione. Certo, se avessi saputo cosa sarebbe successo, non la avrei ascoltata…".

"Perché, cosa accadde?".

"Niente, in realtà, è questo il punto. Mi si sta accusando di un reato che non ho commesso".

"Per favore, signor Parker, andiamo con ordine. Ci racconti cosa accadde esattamente".

"Accadde che presi la pistola, scesi dal mio Nero ed entrai nell’Alexandria attraverso una breccia sul fianco. Mi diedi un’occhiata in giro e trovai quasi subito un gruppo di corridoi che erano stati isolati ermeticamente dall’esterno. Si tratta di una misura precauzionale che viene attuata sulle corazzate quando alcune sezioni vengono danneggiate: le si taglia fuori dalle altre. Be’, dopo una decina di minuti che giravo per quei corridoi, sentii un rumore che mi insospettì. Ne seguii la fonte e arrivai a una stanza, che doveva essere adibita a spazio abitativo. Ebbene, sul letto di quella stanza c’era lei". Julius indicò una ragazza che sedeva in aula.

Era una giovane di bassa statura, attorno ai quindici-sedici anni.

Il suo grazioso visino, sul quale spiccavano due grandi occhioni azzurri, era incorniciato da una cascata di capelli di un nero profondo, dalle sfumature bluastre, che arrivavano a superare di poco l’altezza della nuca.

Le sue sottili sopracciglia, inarcate in uno sguardo quasi impaurito, che sembrava studiato apposta per sciogliere il cuore di chi la guardasse, non facevano che accentuare quell’aura di carineria che trasudava da ogni suo poro.

Un’aura ulteriormente incrementata da quella maglietta rosa, sulla quale spiccava un gattino stilizzato, che, insieme con un paio di blue jeans con qualche strappo all’altezza delle ginocchia, le conferiva in più anche quel non so che della ragazzina scapestrata (ma ancor più carina proprio per questo).

L’espressione dell’avvocato quando si fissò nuovamente su Julius (non aveva infatti perso l’occasione di dare un’occhiata alla ragazza) era molto simile a quella di uno squalo.

Ammesso che gli squali avessero qualche espressione.

"Dunque, signor Parker, sul letto della stanza c’era la signorina Elizabeth Fontaine, è così?".

"Esattamente".

"E lei cosa fece?".

"Indossava degli abiti civili, non troppo diversi da quelli che ha adesso. Pensai che non facesse parte dei Titans, ma mi chiesi perché fosse su di una loro nave. In ogni caso, la struttura dell’Alexandria era seriamente danneggiata, quindi dovevamo andarcene il prima possibile".

"E come ve ne andaste?".

"Le chiesi se sapesse dove trovare una normal suit da indossare. Era ovvio che non potevo portarla fuori vestita in quel modo. Lei si alzò ed estrasse una normal suit da un armadietto che c’era in quella stanza".

"Oh, bene, credo che siamo arrivati al punto cruciale. Lei ritiene che la signorina Fontaine sia una bella ragazza, vero?".

Dolores tirò una gomitata nelle costole dell’avvocato difensore.

"Obiezione, vostro onore!", disse questi alzandosi di scatto dalla sedia, come se si fosse appena svegliato da un lungo sonno.

"Accolta", rispose il giudice. Poi, rivolgendosi all’accusatore: "L’accusa si limiti a domande inerenti i fatti".

L’avvocato dell’accusa fece un cenno con la mano, come a riconoscere il richiamo.

Poi continuò: "Riprendiamo da dove eravamo rimasti. La signorina Fontaine estrasse dall’armadietto una normal suit, giusto?".

"Esatto".

"E lei le disse di indossarla, giusto?".

"Esatto".

"E cosa faceste a questo punto?".

"Mi sembrò che la ragazza fosse restia a spogliarsi in mia presenza, quindi uscii dalla stanza e lei chiuse la porta".

"E perché ritiene che non volesse spogliarsi davanti a lei?".

"Be’, direi che era timida. Non le piaceva l’idea di restare in biancheria intima davanti a un uomo, probabilmente. Non ci vedo niente di strano, anche se la situazione avrebbe richiesto un atteggiamento più pratico".

"Davanti a un uomo qualsiasi o davanti a lei?".

Altra gomitata nelle costole della difesa.

"Obiezione, vostro onore! Comunque, potrebbe anche evitare di colpirmi sempre lì… No, mi scusi, vostro onore, non dicevo a lei".

"Accolta", disse nuovamente il giudice. "L’accusa si astenga da insinuazioni non comprovate".

Stavolta, l’avvocato accusatore si limitò a una smorfia stizzita.

E riprese: "Lei sostiene quindi di essere uscito dalla stanza".

"Esatto".

"E quindi, come accadde che lei e la signorina Fontaine lasciaste la nave?".

"Mentre me ne stavo fuori, appoggiato alla porta, a un certo punto cominciai a sentire dei rumori strani provenienti dall’interno".

"Che tipo di rumori?".

"Gemiti, gridolini… Sembrava che qualcuno lì dentro si stesse lamentando per qualcosa".

"E cosa fece?".

"Aprii la porta, ovviamente. Non ci stetti tanto a pensare: la struttura della nave poteva cedere da un momento all’altro, quindi bisognava andarsene di lì il prima possibile".

"Cosa vide quando entrò nella stanza?".

"Vidi la signorina Fontaine che piagnucolava sul letto. Non capii perché e glielo chiesi. O almeno ci provai. Cercai di avvicinarmi, ma lei cominciò a tempestarmi di pugni e io mi riparai dietro le braccia".

"In che condizioni era la signorina Fontaine?".

"Non l’ho ancora capito. Non so nemmeno adesso perché stesse piagnucolando in quel modo. Pensai che qualche persona a lei cara fosse morta durante la battaglia che si era appena svolta, o qualcosa del genere".

"Veramente, io mi riferivo al suo abbigliamento".

"Aveva infilato le gambe nella normal suit. Non si era ancora messa la parte superiore".

"E, in quella parte, era nuda?".

"Non completamente, indossava un reggiseno".

"Cosa fece a questo punto?".

"Non potevo perdere altro tempo. Cercai di avvicinarmi a lei per aiutarla a infilarsi la normal suit, ma lei continuò a respingermi con pugni e calci. Se fosse andata avanti così ancora per molto, saremmo potuti restare entrambi intrappolati nel relitto dell’Alexandria".

"E la sua soluzione al problema fu…".

"Non fui molto simpatico, lo ammetto, ma la situazione era un’emergenza. Le tirai un cazzotto sulla mandibola e la stesi sul posto. Poi le infilai la normal suit, me la caricai in spalla e la portai sul mio Nero. Con quello, rientrammo sullo shuttle. Il resto dovrebbe essere noto".

"Quindi…". L’avvocato dell’accusa sembrò sul punto di dire qualcosa, ma si fermò. Forse aveva paura di una nuova obiezione della difesa e, dopo averci pensato un po’, riprese: "Quindi, signor Parker, cosa ci sta dicendo? Cosa dovrebbe esserci noto? Le ricordo che lei è qui per difendersi da un’accusa. La signorina Fontaine la accusa di averla violentata in quella stanza, signor Parker. Le sue parole lasciano pensare che quello che dice sia vero…".

"Non è così, maledizione! Non l’ho affatto violentata! Le ho dato un pugno, questo sì, ma non l’ho violentata! E, se devo essere sincero, non ho ancora capito su cosa si basi l’accusa. Sulla parola di quella ragazzina? Vale più della mia a priori?".

"Signor Parker, forse lei ignora che esistono degli esami medici che possono rivelare se una donna ha subito violenza carnale. È ovvio che non si sia creduto alla signorina Fontaine sulla parola".

"OK, è stata violentata, e allora? Chi le dice che sia stato io? Può essere stato qualcuno che era con lei sulla nave, prima che io arrivassi!".

"E allora perché la signorina Fontaine ha accusato lei? Le faccio notare che la signorina Fontaine è stata l’unica sopravvissuta su quell’Alexandria, quindi non avrebbe avuto alcun problema a indicare qualcun altro come colpevole".

"Ma che ne so, del perché mi accusi? So solo che non c’è uno straccio di prova contro di me, punto! Non si può dimostrare che io le abbia fatto qualcosa oltre quello che ho detto. È assurdo che io debba stare in tribunale per una cosa del genere!".

***

"Assurdo!", esclamò Dolores, mentre lei e Michael scendevano la scalinata del tribunale. "Non posso credere che abbiano davvero condannato Julius! Non c’erano prove che avesse veramente violentato Liz!".

"Liz?", domandò Michael aggrottando la fronte. "Adesso la chiami anche con tanta confidenza? Guarda che è per colpa delle sue balle se Julius dovrà passare i prossimi anni dietro le sbarre".

Dolores sospirò: "Quella ragazza ha dei problemi, Michael. Davvero".

"Dolores, c’è una sacco di gente che ha dei problemi e non mette nei casini il prossimo. Comunque sia, quel processo era una farsa. Decisamente. Troppe cose che hanno dato l’impressione che volessero farla finita il prima possibile. Mi chiedo solo perché abbiano preso di mira Julius in questo modo".

"Probabilmente, non l’hanno fatto".

"Eh?".

"Intendevo dire che non credo ce l’avessero con Julius. Penso volessero semplicemente un capro espiatorio. Per chi ha manovrato questo processo, Julius o chiunque altro non avrebbe fatto differenza".

"Ma allora pensi anche tu che ci sia qualcosa di molto strano in tutto questo? Ne ero certo!".

Dolores non lo pensava.

Lo sapeva.

Elizabeth Fontaine era una newtype e Dolores aveva percepito la sua presenza sull’Alexandria grazie ai propri poteri.

Poteri che, in realtà, non erano mai stati confermati ufficialmente: non era ancora chiaro come distinguere un newtype e il fatto che lei fosse riuscita a pilotare il Gundam Deathlock l’aveva posta nella lista dei sospetti, senza però lasciare ai vertici dell’Esercito Federale la certezza in materia.

Come tutti i sospetti newtype, era stata tenuta sotto stretto controllo dai federali per tutti gli anni seguenti la Guerra di Un Anno.

Adesso, all’improvviso, sembravano avere avuto la conferma definitiva.

Da cosa fosse derivata, Dolores non avrebbe saputo dirlo.

Fatto sta che, prima del processo, aveva ricevuto una comunicazione che non lasciava adito a molti dubbi.

Un agente dell’Esercito Federale l’aveva voluta incontrare.

Parlandole come se stesse dando per scontato che lei era una newtype, le aveva detto senza mezzi termini che il processo non avrebbe fatto venire a galla questo fatto.

Che doveva restare segreto.

L’Esercito Federale, dunque, aveva manovrato il processo.

Inizialmente, Dolores aveva pensato che questa ingerenza sarebbe stata volta esclusivamente a proteggere il suo segreto; dopo avere visto come era stato condannato Julius, però, le era sembrato praticamente ovvio che fosse stato fatto anche qualcosa d’altro.

Ma cosa?
Se non si era indagato su come lei avesse potuto sapere della presenza di Elizabeth sulla nave per coprire il fatto che erano entrambe newtype, cosa doveva insabbiare la condanna di Julius?

***

Un giovane uomo sui venticinque anni, che indossa un’uniforme da calcio a strisce verticali rosse e nere, palleggia su di uno sfondo completamente bianco. Ha dei lunghi capelli castani che gli arrivano alle spalle e sul suo braccio sinistro c’è la fascia di capitano. Sulla sua maglia campeggia il logo della Anaheim Electronics. L’uomo blocca il pallone sotto il piede destro e si volta verso di noi: "Il calcio è come una battaglia", dice. "Perciò, quando scendo in campo, voglio farlo con un marchio che mi dia la certezza di vincere". L’uomo si batte una mano sul petto.

Poi la scena cambia: vediamo il giovane calciare un pallone in acrobazia; sullo sfondo, la luce abbagliante di un riflettore ci fa capire che siamo in un campo da calcio, durante una partita in notturna.

La palla entra in rete, superando le mani del portiere, l’unica parte del suo corpo inquadrata.

Mentre il giovane uomo viene sollevato dai suoi compagni e portato in trionfo con lo stadio che esplode, si gira verso di noi: "Questo marchio prestigioso può dare la certezza di vincere anche a te!", dichiara con trasporto.

Poi la scena cambia ancora: vediamo il solito calciatore a figura intera, che sorride verso di noi.

Tiene il pallone sotto il piede destro e in sottofondo c’è lo spazio stellato.

Dietro l’uomo compaiono nell’ordine la testa di un Nemo (nella parte sinistra, con lo sguardo rivolto verso destra), quella di un Methuss Kai (nella parte destra, con lo sguardo rivolto a sinistra) e quella dello Z Gundam (al centro, rivolta verso di noi).

Tutte insieme, le teste sono abbastanza grandi da occupare interamente lo sfondo (si vede sotto ciascuna di esse il corpo sfumato del mobile suit corrispondente).

La voce fuori campo dice perentoria: "Combatti anche tu con la certezza di vincere: scegli il marchio di Anaheim Electronics. Sponsor ufficiale di AC Milan".

***

Dolores si stese sul letto e guardò il soffitto, mentre la pallida luce artificiale, impostata per illuminare la stanza al minimo, le permetteva di ricordare quanto squallido fosse il monolocale di Von Braun City che l’Esercito della Federazione Terrestre le aveva assegnato dopo averla spedita sulla luna.

Era in momenti come questi che rimpiangeva maggiormente il fatto di non essere a casa, a Belfast.

Non poteva rivedere la sua famiglia dopo il lavoro e questo le pesava.

Anzi, non avrebbe mai pensato che potesse pesarle tanto.

Litigava sempre con il suo compagno.

Suo figlio le dava un sacco di preoccupazioni.

Però, si era abituata talmente tanto a quello stile di vita, che ormai non poteva più farne a meno.

Non sapeva se sentirsi fortunata o sfortunata.

Chissà perché, le sue abilità da newtype non le erano mai state utili, quando si era trattato di capire i suoi familiari.

Forse poteva avere un surrogato di famiglia in Elizabeth?

Lanciò un’occhiata alla ragazza, che, seduta per terra, aveva acceso il televisore all’altro capo della stanza e stava guardando quello che sembrava essere uno spot pubblicitario della Anaheim Electronics.

Elizabeth si girò verso Dolores: "Ti piace lo spot della Anaheim? Non è carino quel calciatore?".

"Io tifo Ajax", rispose Dolores riportando la propria attenzione al soffitto. "A proposito, sai cosa ho sentito dire? Pare che la Anaheim potesse sponsorizzare l’Inter per questa stagione, ma poi ha preferito il Milan".

La ragazza si avvicinò al letto e appoggiò il mento sul materasso, in modo che la sua faccia si trovasse a pochi centimetri da quella di Dolores.

"Perché hanno preferito il Milan?", chiese, mentre i suoi grandi occhioni si fissavano sulla sua interlocutrice.

Dolores aggrottò la fronte. Si sentiva un po’ a disagio.

Essere guardata da una newtype le faceva venire l’impressione che le venisse letto nel pensiero.

Infine, rispose: "L’Inter non vince niente di importante da prima del cambio di datazione… Non sarebbe stata una squadra adatta all’immagine vincente che si voleva dare dell’azienda".

La risposta sembrò soddisfare Elizabeth, che rispose con uno dei suoi tipici sorrisi infantili: "Sai, sono contenta di poter stare a vivere con te. Non sarei mai voluta andare in uno di quegli istituti in cui voleva mandarmi il giudice".

"Guarda che questa è solo una sistemazione provvisoria", replicò la donna. "Non è che vivremo insieme per sempre. E comunque, non vedo come il giudice avrebbe potuto rifiutarsi, quando ti sei disperata tanto di fronte a lui".

Elizabeth sorrise di nuovo: "Ma sono qui solo perché tu hai accettato! E sono contentissima che tu mi abbia voluta con te".

"Senti, ma… Perché hai insistito tanto per vivere con me finché non ti fosse stata trovata una sistemazione definitiva?".

La faccia della giovane si fece improvvisamente seria: "Perché ho sapevo che tu sei una persona capace di capirmi ancor prima di incontrarti. Mentre ero là, nell’Alexandria mezza distrutta, io sapevo già che tu eri lì fuori".

Certo, era ovvio.

La cosa non sorprese Dolores.

Evidentemente, la percezione era stata reciproca.

Non era questo il punto oscuro della faccenda.

Quello che la insospettiva era il motivo per cui fosse stato acconsentito alla richiesta di Liz di vivere con lei, nonostante fosse palesemente contraria alla prassi.

Dato che Elizabeth era in qualche modo tenuta sotto controllo dall’Esercito Federale, era anche possibile ottenere ciò che normalmente sarebbe stato impossibile, ma…

Ripensandoci, non era poi così strano.

La ragazza interessava all’Esercito Federale e l’avevano affidata a un loro soldato per tenerla sotto controllo finché non avessero avuto modo di venirsela a prendere fisicamente.

Il che sarebbe potuto accadere tra pochi giorni.

"Senti, Liz", chiese Dolores, "perché ti trovavi su quell’Alexandria, esattamente?".

Elizabeth incrociò le braccia sul letto e vi appoggiò il mento, alzando gli occhi al cielo con aria pensosa: "Non saprei con certezza. C’erano questi militari vestiti di nero che dicevano di volermi aiutare… E mi dicevano che avrebbero potuto farlo solo nello spazio".

"Aiutarti? Perché ti volevano aiutare? Aiutare a fare cosa?".

Stavolta, lo sguardo di Liz si fece malinconico. Volse gli occhi verso il basso: "Io sono una ragazza strana. Fin da piccola, vedevo e sentivo cose brutte".

"Del tipo?".

"Io… io sapevo cosa gli altri volevano dire ma non dicevano. Quando papà incontrava quell’altra donna, io lo sapevo, anche se lui non lo diceva alla mamma. Quando la maestra a scuola pensava che noi bambini fossimo solo un branco di animali petulanti, io lo sapevo, anche se lei non ce lo diceva. Quando il ragazzo della mia compagna di classe si era messo con lei solo per una scommessa, io lo sapevo, anche se lui non lo diceva".

OK, adesso era chiaro.

Liz era una newtype particolarmente sensibile e i Titans volevano sfruttare le sue capacità per qualcosa.

"Prima sono andata in un posto che mi pare si chiamasse ‘Murasame’, dove mi hanno fatto un sacco di esami", continuò la ragazza, "Quei dottori pensavano che io fossi un animale da studiare. Ma non me lo dicevano. Anzi, io sapevo che non mi volevano veramente aiutare".

"E allora, perché sei andata con loro?". Subito dopo averlo chiesto, Dolores si stupì per la stupidità di quella domanda.

"Perché altrimenti mi avrebbero costretta. Non me l’hanno mai detto, ma io lo sapevo".

"Capisco".

Se Dolores aveva avuto una qualche voglia di portare avanti la conversazione, ora le era completamente passata. Si fermò un attimo prima di riprendere: non poteva certo fermarsi proprio ora.

Ma non ebbe modo di fare altre domande, perché Elizabeth ricominciò il racconto da sola: "In quello strano posto, mi dissero che mi avrebbero fatta diventare una pilota di mobile suit. Mi fecero vedere delle immagini del modello che mi avevano preparato. Era un Gundam, come quello della Guerra di Un Anno… Però era diverso. Era tutto nero e aveva un’aria minacciosa".

Dolores ebbe un sussulto.

La ragazza continuò: "Non ricordava proprio il Gundam che avevo visto in fotografia. Mi dissero che si chiamava Psyco Gundam".

Dolores balzò a sedere sul letto: "Psyco Gundam, hai detto?", chiese afferrando le spalle di Elizabeth.

La ragazza si divincolò e gattonò verso la parete.

"Scusa", disse Dolores rilassandosi e rimettendosi sdraiata. "Potresti continuare la tua storia? Hai pilotato questo Psyco Gundam?".

Timidamente, comminando a quattro zampe, Elizabeth si avvicinò nuovamente al letto e vi si appoggiò ancora: "No, non ho mai pilotato alcun mobile suit. A un certo punto, qualche giorno fa… mi dissero che mi sarei dovuta trasferire nello spazio. Mi dissero che una persona era venuta a prendermi per aiutarmi a guarire".

"Guarire?".

"Sì, perché vedi… anche se nessuno me lo dice, io lo so. So di non essere proprio una persona normale… So di avere dei problemi".

Dolores sospirò: "Non è un vero problema, Liz". Subito dopo avere proferito questa sentenza, si chiese come si fosse permessa, proprio lei, di dire una cosa simile. Continuò comunque: "Il fatto è che tu hai qualcosa che altri non hanno e controllarla può essere difficile. Ma penso che succeda a tutti di doversi confrontare con se stessi… Anche se magari per te può essere più problematico".

"Dici?".

"Ma certo! Non si tratta di guarire, ma di trovare la propria strada… Oddio, che battuta banale…".

"Allora… dici che quella persona avrebbe potuto farmi del bene?".

"Non saprei. Di chi si trattava?".

"Non lo so esattamente. Mi dissero che era venuta da lontano apposta per me e che aveva capito che io ero la ragazza che cercava guardando la mia cartella clinica nel database dei Titans. Mi fecero partire su di uno shuttle e poi, una volta uscita dall’orbita terrestre, venni imbarcata sull’Alexandria che tu e i tuoi compagni avete attaccato".

La situazione cominciò a farsi più chiara nella testa di Dolores. Quindi quell’Alexandria non si era trovato lì per fermare la consegna della Anaheim Electronics alla Karaba, ma per recuperare Elizabeth.

E avevano mandato una corazzata con dodici mobile suit solo per scortare una ragazzina?

Ma a cosa doveva servire esattamente?

A questo punto, era ovvio che la Federazione era incappata in Elizabeth solo perché era stata sottratta in questo modo ai Titans e che lasciarla in custodia di Dolores era probabilmente una maniera per nasconderla.

In fin dei conti, le direttive legislative dello scorso 16 agosto erano ancora in vigore e, benché fossero in fase calante, il potere politico dei Titans restava sempre enorme.

Era già tanto che nessuno avesse chiesto qualche testa per la distruzione dell’Alexandria, probabilmente perché la Federazione stava cominciando a non dare più peso alle pretese dei galoppini di Jamitov.

Ma i federali sapevano cosa i Titans avevano avuto in mente?

Dolores si decise a saperne di più: "Tu sai cosa era esattamente la nave sulla quale ti hanno imbarcata, vero?".

Elizabeth sembrò a disagio: "So che era una nave militare".

"Esatto. Ma non una nave qualsiasi. Trasportava ben dodici mobile suit e l’hanno mandata a prendere te… Non ti sembra strano?".

"No. In quel posto chiamato Murasame, mi avevano detto che sono una persona importante. Mi avevano detto che sarebbe stato fatto di tutto per proteggermi. È stato per questo che non ho avuto paura. Nessuno aveva mai voluto proteggermi prima di allora, anzi, mi hanno sempre fatto tutti male".

"Dai, adesso non farla così tragica… Avrai avuto qualcuno che ti voleva bene, no? Che so, i tuoi genitori, degli amici…".

"Non ho mai avuto amici". Le parole che uscirono dalla bocca della ragazza erano quasi sussurrate. "Nessuno mi capiva veramente. I miei genitori erano troppo occupati a lavorare per cercare di stare con me. Non si sono nemmeno opposti quando i militari vestiti di nero mi hanno portata via".

Dolores non poté che sospirare, mentre si stendeva nuovamente sul letto: "Il fatto è che… tutti vorrebbero essere capiti, perché questo risparmierebbe loro il doversi confrontare con il proprio prossimo. Almeno così si pensa. Sai, tempo fa ho incontrato una persona secondo cui quelli come te avrebbero un vantaggio, perché sarebbero in grado di comprendere e farsi comprendere dal prossimo senza fatica. Ma poi ho scoperto che era solo un’illusione. Non ci si può capire senza volerlo veramente. È comunque un procedimento difficile, perché spesso, capendo qualcun altro, vedi qualcosa che non vorresti vedere".

Liz sbatté i suoi grandi occhioni: "Non capisco molto bene quello che hai detto, però sembrava interessante".

"Avrai tempo per pensarci. Adesso andiamo a dormire, che domattina devo lavorare".

"E io?".

"Tu… no. Be’, non sei una bambina, giusto? Non è un problema per te restare qui da sola, vero? Sai badare a te stessa, dopotutto".

Elizabeth aggrottò la fronte in un’espressione di disappunto: "Io non voglio che tu vada a lavorare".

"Non ho molta scelta, purtroppo. Si passa la vita a lavorare, a sbattersi, a farsi un culo così, e poi si muore. Triste, ma vero".

"Non è giusto", protestò la ragazza picchiando debolmente i pugni sul letto.

"Credo lo abbia già detto qualche miliardo di persone. È strano che la gente, pur cercando la felicità, abbia creato un mondo che la rende infelice. Però temo di poterci fare niente, mi dispiace".

"Non andare a lavorare, dai…".

"Ti ho già detto che non posso decidere. I miei superiori vogliono che continui a fare il mio lavoro alla Anaheim anche mentre mi occupo di te".

"Non ci andare!". Stavolta Liz gridò con decisione.

"Piantala di essere irragionevole!", sbottò Dolores mettendosi a sedere. "Io devo lavorare! Ho una famiglia, non posso decidere di fare quello che mi pare solo per un capriccio!".

Elizabeth sembrò ferita da quella risposta.

Si allontanò lentamente dal letto, mettendosi viso contro il muro in un angolo della stanza.

"Dai, adesso non fare così", disse Dolores in tono conciliatorio.

"A te non importa niente di me", mormorò Elizabeth con un fil di voce.

"Non è vero…".

"Sì che è vero. Tu hai la tua famiglia e io non conto niente. Sono solo un peso per te".

"Piantala con questa storia!". Dolores stava cominciando a perdere la pazienza.

Che seccatura!

Quella ragazzina stava diventando davvero fastidiosa!

"Neanche tu sei mia amica, vero?", domandò Elizabeth senza voltarsi.

"Non comportarti in maniera così infantile!". Dolores stava cominciando a non poterne più di questo vittimismo.

Quando si trovava di fronte qualcuno che si comportava in questo modo, le veniva una gran voglia di prenderlo a pugni.

Elizabeth restò in silenzio per qualche secondo.

Dolores rimase immobile.

Aveva l’impressione che la ragazza stesse per dire qualcosa.

Poi la sentì singhiozzare.

"Liz…", disse Dolores scendendo dal letto e avvicinandosi. "Non ti starai mettendo a piangere per una cosa del genere, vero?".

Cercò di mantenere un tono di voce quanto più dolce possibile.

"Sei cattiva", mormorò Elizabeth. "Sei come tutti gli altri…".

"Senti, non è che io…".

"Perché mi hai picchiata?".

"Cosa?".

"Mi hai picchiata. Sei cattiva, Dolores".

"Ma stai scherzando? Se non ti ho nemmeno…".

Elizabeth si girò.

Attorno al suo occhio sinistro, gonfio e semichiuso, c’era un alone violaceo.

"Ma come diavolo hai fatto?", sbottò Dolores mettendo una mano sulla spalla della ragazza.

"Non mi toccare!" gridò Elizabeth sottraendosi alla sua vicinanza.

"Cosa ti è successo? Hai picchiato la faccia contro il muro? Si può sapere come ti sei fatta quel livido?". Dolores era più sconcertata per il fatto di non riuscire a spiegarsi cosa fosse accaduto che per l’occhio nero in sé.

La ragazza sembrò esplodere: "Sei stata tu! Mi hai picchiata!".

Dando a Dolores uno spintone che la fece quasi cadere a terra, Elizabeth corse all’angolo opposto della stanza, crollando in ginocchio mentre singhiozzava sgangheratamente.

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Capitolo 4
*** Intermezzo - Keroro: piano per la conquista subdola! ***


INTERMEZZO

KERORO: PIANO PER LA CONQUISTA SUBDOLA!

***

"Oh!", esclamò il sergente Keroro firmando la ricevuta del fattorino spaziale con il timbro del plotone, "Finalmente mi è arrivata la spedizione che aspettavo!".

Il grande pacco che il fattorino lasciò sulla porta di casa Hinata occupava l’atrio quasi interamente.

Tamama lo guardava incuriosito, mentre Keroro ci si arrampicava sopra per aprirlo.

Giroro, che aveva visto il fattorino arrivare dalla propria tenda, si affacciò alla porta: "Maledetto… non ti sarai fatto arrivare ancora qualche altra cianfrusaglia, vero?".

"Cianfrusaglie?", domandò il sergente con aria innocente, "Queste non sono certo cianfrusaglie!". Estrasse dal pacco una scatola di cartone, sulla quale era disegnato un mobile suit bianco e blu che puntava il beam rifle.

"Visto?", disse Keroro sogghignando, "Mi sono fatto spedire tutta la serie dei Master Grade degli OAV di Gundam D! Ci sono lo Z Plus "-Type, il Marasai Custom, l’Efreet European Campaign Type, il Gundam Deathlock e tutti gli altri!".

Giroro alzò l’hyper bazooka contro il proprio superiore: "E queste non sarebbero cianfrusaglie? Non conquisteremo mai Pekopon con i tuoi maledettissimi gunpla!".

Lo sguardo di Keroro si incupì all’improvviso e una risata bassa diabolica gli uscì dalla gola: "Come sei ingenuo, Giroro… Questo è il mio nuovo, infallibile piano per sottomettere la popolazione di questo pianeta! Grazie alla mia brillante idea, che unisce l’utile al dilettevole, tutti i pekoponiani strisceranno ai nostri piedi!".

"Cosa stai facendo, stupida rana?", sbottò Natsumi affacciandosi nell’atrio dalla cucina. "Sbrigati, che ci sono ancora i piatti di mezzogiorno da lavare!".

"Oh, subito, signorina Natsumi!", esclamò Keroro trotterellando verso la stanza da cui era venuta la voce della ragazza.

"È un’altra delle sue cialtronate!", disse Giroro puntando il bazooka verso il pacco. "Distruggerò questa roba, così forse penserà a qualcosa di serio".

"Te lo sconsiglio, Giroro", sogghignò Kururu sbucando da dietro il mucchio di gunpla. "Sembra che il comandante voglia davvero usare questi modellini per conquistare Pekopon".

***

Giroro, Tamama, Kururu, Dororo e Mois, ordinatamente allineati davanti al palco del rifugio costruito nei sotterranei di casa Hinata, aspettavano.

Davanti a loro, una gigantografia con un primo piano di Keroro annunciava ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.

Keroro arrivò sul palco con passo lento e misurato, con l’uniforme degli alti ufficiali dell’Esercito Regolare di Zeon che gli dava un’aria solenne.

Si mise davanti allo scranno che c’era sul palco.

Si schiarì la voce.

Cominciò ad arringare i suoi subalterni: "La forza di Keron non è paragonabile nemmeno a un trentesimo di quella di Pekopon, eppure sapete perché siamo riusciti a continuare a combattere fino a oggi? Ascoltate, compatrioti, ci siamo riusciti perché i nostri sono alti ideali! Compatrioti, trasformate la vostra tristezza in rabbia! Non dimenticate che noi, popolo di Keron, siamo stati prescelti da Dio! Sieg Keron!".

Tamama, Kururu, Dororo e Mois alzarono il braccio destro e cominciarono a cantilenare un ritmico "Sieg Keron! Sieg Keron! Sieg Keron!".

La accorata celebrazione fu interrotta quando un raggio violaceo sfiorò la testa di Keroro e colpì la gigantografia alle sue spalle in mezzo agli occhi.

"Ho dimenticato di mettere la sicura", disse Giroro con il beam rifle ancora fumante puntato.

Un rivolo di sudore freddo scese dalla fronte di Keroro. "Non essere così imprudente, Giroro", disse il sergente con tono accomodante mentre la voce gli tremolava, "Non sai che è pericoloso andare in giro con quelle armi?".

"Passiamo al piano", ringhiò il caporale facendo capire che non avrebbe ammesso rifiuti.

Keroro estrasse da sotto lo scranno un Master Grade del Dolly completamente montato.

"Questo è un gunpla!", disse alzando il modellino. "I gunpla vendono un sacco di pezzi in tutto Pekopon! I pekoponiani li amano! Ma noi sfrutteremo questa loro debolezza per conquistare il pianeta su cui vivono! Guardate alle mia spalle".

La gigantografia cadde e dietro di essa comparve uno schermo gigante.

Sullo schermo cominciarono a scorrere le immagini di una banda di soldatini di plastica che si infiltravano in una casa per combattere una guerra. Poi, quelle di una bambola che sgozzava un uomo usando un rasoio.

"Come potete vedere da queste immagini tratte dalla cultura di Pekopon, i pekoponiani sono vulnerabili ai modelli antropomorfi di piccole dimensioni, il che include anche i gunpla. Grazie a un sistema di controllo ideato dal sergente maggiore Kururu, potremo guidare a distanza i gunpla e utilizzarli per attaccare i pekoponiani". Keroro assunse un’espressione diabolica e cominciò a ridere sgangheratamente: "I pekoponiani non sanno quello che li aspetta… Ogni volta che compreranno un gunpla, introdurranno un nemico in casa propria… In questo modo, lo Squadrone Keroro conquisterà questo pianeta dall’interno… Guardate qua!".

Il sergente appoggiò il modellino sullo scranno, estrasse un telecomando dall’uniforme e premette qualche tasto.

Ridacchiò: "Ecco, gli ho ordinato di attaccare qualsiasi pekoponiano nelle vicinanze… Ora vedrete che partirà alla ricerca…".

Passò una manciata di minuti prima che il pubblico si accorgesse che non stava succedendo niente.

Keroro si grattò pensosamente il capo: "Come è possibile? Perché non funziona? Non ci sarà un guasto?".

"Questo è da escludersi", replicò Kururu mentre sghignazzava come al solito. "Il mio sistema di controllo è infallibile. Se il modello non risponde ai comandi, significa che non lo ha".

"Oh, ma certo!", esclamò Keroro. "Avevo ordinato tutti i modelli in duplice copia, perché pensavo di tenerne uno per tipo! Quindi abbiamo messo il meccanismo di controllo nell’altro Z Plus "-Type!".

"E vallo a prendere, no?", ringhiò Giroro agitando il fucile. "Dove l’hai messo?".

"Ovunque sia, suppongo che ormai avrà ricevuto il comando", considerò Kururu prima di mettersi ancora a sghignazzare sommessamente.

Keroro ci pensò un po’: "Ah, sì! Lo avevo lasciato sul tavolino del soggiorno, vicino al divano dove la signorina Natsumi si siede per guardare la TV!".

Giroro sgranò gli occhi: "Natsumi?!".

Un attimo dopo, era sparito.

***

"Cos’è questo affare?", chiese Natsumi guardando il modellino del mobile suit sul tavolino del soggiorno.

"Sembrerebbe un gunpla", rispose Fuyuki. "Deve averlo lasciato qui il sergente".

"Che seccatura!", esclamò la ragazza afferrando lo Z Plus e fissandolo in faccia, "Quella stupida rana non è nemmeno capace di tenere la propria roba a posto!".

Natsumi non fece in tempo a riporre il modellino.

Un bagliore si accese negli occhi di plastica del gunpla.

Una scia di luce violacea danzò impazzita per la stanza.

Il modello aveva sparato con il beam rifle.

"Sorellina!", esclamò Fuyuki.

Istintivamente, Natsumi lasciò cadere lo Z Plus, che balzò in aria e si trasformò in waverider, volando sul divano.

In un attimo riprese la forma di mobile suit.

Alzò il fucile.

Si preparò a premere il grilletto.

Proprio mentre stava per sparare, si girò di scatto e colpì al volo tre proiettili che gli erano stati lanciati contro.

"Maledetto!", ringhiò Giroro, fermo all’entrata del soggiorno con l’hyper bazooka ancora fumante e il beam rifle nell’altra mano, "Chi avrebbe mai pensato che un’invenzione di quell’idiota potesse darmi tanti problemi?".

Senza aggiungere altro, il caporale balzò verso il modellino e sparò due rapidi colpi di beam rifle.

Lo Z Plus parve evitarli senza sforzo spostandosi di lato, per poi lanciarsi contro il keroniano sfoderando la beam saber con la mano libera.

"Dannazione!", sbottò Giroro, colto completamente alla sprovvista.

La lama della beam saber colpì il metallo.

Dororo si era frapposto tra i due combattenti, sfoderando la spada e parando il colpo del mobile suit.

"Oh, interessante!", considerò Keroro entrando nella stanza, "Ero convinto che le armi a raggi non potessero essere bloccate da barriere fisiche".

Kururu, al fianco del sergente, sghignazzò come sempre: "La copertura anti-raggio che ho messo sulla lama della spada di Dororo funziona bene, pare".

"Una copertura anti-raggio? Come quella dello Hyaku Shiki?".

Lo Z Plus parò un paio di colpi del beam rifle di Giroro con lo scudo.

"Ah, già", disse Keroro, "dimenticavo che anche lo scudo dello Z Plus "-Type ha la copertura anti-raggio".

"Beccati questo!", gridò Tamama saltando da dietro Keroro e Kururu, "Tamama Impact!".

Dalla bocca del keroniano eruppe un fiume di energia, che investì in pieno il modellino.

"Ce l’ha fatta?", si chiese Fuyuki.

No.

La risposta gli arrivò quando la luce del Tamama Impact si dissipò, mostrando il gunpla indenne avvolto da una tenue luminescenza.

"Dev’essere il bio-sensor", commentò Keroro. "L’ho sempre detto, è stato solo grazie al bio-sensor che Kamille ha potuto sconfiggere Scirocco".

"Dannazione!", esclamò Giroro, mentre tutti i suoi attacchi andavano a vuoto, "Eppure deve esserci un modo per fermare questo mostro!".

"Già", disse Keroro girandosi verso Kururu, "Un modo deve esserci, no?".

"Io proverei a premere il tasto di spegnimento sul telecomando", rispose ridacchiando il keroniano occhialuto.

"Oh, è vero! Non ci avevo pensato".

Keroro premette il pulsante.

Lo Z Plus si fermò proprio mentre stava per infilzare Giroro sulla beam saber.

"Che arma terribile", mormorò il caporale ricomponendosi. "Forse questa volta abbiamo davvero lo strumento giusto per conquistare Pekopon…".

"Permettetemi di notare una cosa, però", disse Kururu, sempre sghignazzando. "La gente compra i gunpla smontati, ma il mio dispositivo deve essere inserito in un modello già completo. Vorrei sapere come il comandante conta di indurre i pekoponiani a mettere qualcosa di tanto pericoloso nei propri gunpla".

Nella stanza scese il gelo.

Keroro si sentì tutti gli occhi puntati addosso.

"Oh, be’… Potremmo… entrare in tutti i negozi di gunpla del mondo, montare i modellini e poi rimetterli nelle scatole con il sistema di controllo già inserito?".

Sentì qualcosa di freddo sulla nuca.

Si girò.

Solo per vedere l’hyper bazooka di Giroro puntato contro la sua faccia.

"Giroro, non dovresti andare in giro con il bazooka in quella posizione, potresti fare del male a qualcuno… Che so, il tuo sergente, per esempio…".

"Maldetto…", ringhiò Giroro, "Sapevo che doveva esserci qualche falla nel tuo dannatissimo piano!".

Quando il caporale premette il grilletto del bazooka, Keroro si sentì scagliato all’indietro da una potenza devastante.

Si fermò solo quando la sua testa picchiò contro qualcosa di duro.

Cadde a terra.

A giudicare dall’impatto, ciò che aveva fermato il suo volo era stato un ginocchio umano.

Keroro alzò lo sguardo.

Natsumi.

"Quel gunpla assassino era tuo, vero, stupida rana?", chiese la ragazza, le mani suoi fianchi e gli occhi che sembravano dover esplodere da un momento all’altro.

"Sorellina…", mormorò Fuyuki dietro di lei, apparentemente intimorito quanto il keroniano.

Un secondo dopo, il piede di Natsumi si stampò sulla faccia di Keroro, scagliandolo contro il muro.

Per un attimo, il sergente sembrò morto.

Poi, lentamente, alzò il capo.

Sul suo viso c’era un sogghigno diabolico.

"Anche se questo piano è fallito, io non rinuncio… Proprio come Char, che ha continuato a inseguire lo White Base senza arrendersi, io conquisterò Pekopon!".

Poi aggrottò la fronte.

"Mi pare di ricordare… Ah, ma certo! Oggi esce il nuovo Master Grade dell’Hamma-Hamma! Devo andare immediatamente al negozio di gunpla!".

Saltellò allegramente verso la porta d’ingresso, attivando l’anti-barrier, dimentico del fatto che non avrebbe certo potuto compre un modello, se nessuno lo avesse visto.

***

Note dell’autore

No, non rispondo a domande. Forse vi starete chiedendo cosa c’entri questa storia con Gundam. Dovete conoscere Keroro Gunso per capire. Comunque, nel caso non abbiate la minima idea di cosa sia, il breve racconto qua sopra ne dà un’idea abbastanza attinente: un gruppo di alieni capeggiati da un fissato di Gundam vuole conquistare la Terra e concepisce qualche piano, se la tira esageratamente, pensa di avere il mondo in mano, salvo poi capire che è una cazzata per qualche motivo stupido. È abitudine di Keroro Gunso anche mostrare dei gunpla che non esistono (il Master Grade del Gyan è comparso più di un anno prima che uscisse effettivamente e recentemente si è visto anche quello dell’Hambrabi… sarà profetico?). Per la cronaca, è OVVIO che non ci siano modellini ispirati a Gundam D, ma non esiste nemmeno il Master Grade dell’Hamma-Hamma, se è per questo. Tra l’altro, questo raccontino somiglia in maniera inquietante a un episodio di Keroro Gunso effettivamente trasmesso, l’82, se non ricordo male… Però non lo avevo ancora visto quando ho scritto ‘sta roba. Liberissimi di non crederci.

Per qualsiasi riferimento ai mobile suit di Gundam D non abbiate capito, non preoccupatevi, sarà chiaro quando leggerete il capitolo D-MSV, in appendice a questa fanfiction. Ovviamente, lo Z Plus "-Type è il modello di Dolores: Keroro lo chiama così perché il numero di serie è MSZ-006" (capirete leggendo D-MSV). Prego, prego, continuate pure la lettura, a partire dalla prossima fase della storia, tornerò al racconto vero e proprio.

Come nota conclusiva, credo che questo racconto sia stato la prima fanfiction italiana su Keroro Gunso; la prima pubblicata, almeno. È comparsa su questo sito prima che la serie TV andasse in onda su Italia 1. Preciso che io seguo solo la versione giapponese, quella italiana ha un doppiaggio che fa sanguinare le orecchie e un adattamento ancora peggiore, pare si siano sforzati per non cogliere MEZZA citazione. Ma è anche vero che in tutta Italia ci sarà si e non un migliaio di persone capace di capire questa serie per più di un terzo (e dovrebbe essere stata una di queste persone ad adattarla: per quanto bravo un professionista possa essere, per fare un lavoro decente su Keroro è necessario un background MOLTO specifico). Da quando Keroro Gunso è arrivato in terra nostrana, io vedo un sacco di gente entusiasta che ne parla bene… Ma la verità è che questi NON sanno di cosa parlano. La versione italiana non consente di capirlo, semplicemente. Ah, e comunque non è che io sia poi ‘sto grande fan degli alieni di Keron, eh… Un buon 65% degli episodi è abbastanza insulso, alla fine. Quelli belli sono VERAMENTE belli, ma, tipicamente, sono tra i più stratificati, e quindi più difficili da capire per chi non ha il background di cui sopra.

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Capitolo 5
*** Capitolo 2: Ciò che si vede, ciò che non si vede (parte seconda) ***


CAPITOLO 2: CIÒ CHE SI VEDE, CIÒ CHE NON SI VEDE (parte seconda)

***

Le navi di classe Jupitris non erano una vista rara nella Sfera Terrestre, benché non vi appartenessero. Fin da prima della Guerra di Un Anno, avevano avuto il compito di rifornire la Terra e le colonie di elio3, l’isotopo fondamentale per il funzionamento dei reattori nucleari ultracompatti Minovsky.

All’interno di un Jupitris, una ragazza dai lunghi capelli biondi, avvolta nella normal suit nera dei Titans, era appoggiata sul piede di un grosso mobile suit.

Anzi, non appoggiata, era raggomitolata.

In posizione fetale, approfittava dell’assenza di gravità per adagiarsi su di una superficie diagonale, dalla quale, in condizioni normali, sarebbe sicuramente scivolata.

L’assenza di gravità le piaceva.

Non solo perché sentirsi privi di peso era quasi un sollievo, ma anche per quel bizzarro effetto che ricreavano i suoi capelli che le fluttuavano attorno, avvolgendola in un bozzolo dorato.

La ragazza aprì i suoi occhi, di un azzurro talmente chiaro da essere quasi bianco.

Guardò una ciocca dei propri capelli che le fluttuava davanti al capo.

Sorrise.

"Presto la sua volontà sarà fatta, padron Paptimus", mormorò tra sé e sé.

Poi, alzò il capo e guardò le larghe spalle del mobile suit e la sua minuscola testa dall’aspetto demoniaco.

"E tu adempirai finalmente al tuo compito, Titania".

Quasi a interrompere l’incanto di quella situazione onirica, una voce metallica gracchio dall’altoparlante nell’hangar dei mobile suit: "Isolde, è arrivata la persona che avevi chiesto di contattare".

La ragazza si appoggiò sui gomiti: "Fallo entrare. Non vedo l’ora di incontrarlo".

Ci fu un attimo di silenzio, come se la persona che aveva parlato attraverso l’altoparlante avesse avuto un’esitazione improvvisa. Poi, la risposta: "Te lo sconsiglio. Quest’uomo è estremamente paranoico… Non lo si può toccare, letteralmente. Preferirei che tu lo incontrassi insieme a me e Caterina".

"Non è il caso, grazie. Fallo entrare".

Un’altra pausa. Evidentemente la persona che stava parlando con Isolde non era convinta di quello che le veniva detto. "Come vuoi", concesse infine, "Ma ti devo avvertire: non stai per incontrare una persona normale. Questo tizio era già paranoico e misantropo prima di sottoporsi al trattamento dell’Istituto Murasame. Si allenava in continuazione perché aveva sempre paura che qualcuno potesse cercare di ucciderlo, non mangiava mai in presenza di altre persone, si guardava continuamente le spalle… Dopo essere diventato un umano potenziato, il suo cervello ne ha risentito ed è peggiorato ulteriormente. Adesso detesta l’idea di avere un altro essere umano a meno di tre metri di distanza. Se qualcuno lo tocca, è capacissimo di spezzargli l’osso del collo a mani nude…".

La ragazza dai capelli biondi si staccò dal mobile suit con un agile balzo, volteggiando su se stessa, mentre il suo corpo sembrava galleggiare nell’hangar privo di gravità. "Sai perché né tu né io siamo in grado di pilotare il Titania, Luna? Perché né tu né io riusciamo ancora a mettere in pratica alla perfezione gli insegnamenti di padron Paptimus. Solo poche persone sono capaci di comprendere il prossimo ed espandere la propria sensibilità oltre i limiti della gravità terrestre. Ed è giusto che siano queste persone a decidere le sorti dell’umanità. Luna, io vorrei diventare una di queste persone, quindi devo cercare di capire quello che il nostro ospite è e quello che prova. Fallo entrare".

Isolde voltò il capo verso la grande porta scorrevole che dava sul corridoio dal quale si arrivava all’hangar.

La porta si aprì con un sibilo.

Avvolto nella normal suit nera dei Titans, con il casco sottobraccio, Conner Clark avanzò a grandi passi verso la giovane. "Non ho ben capito perché io sia stato chiamato qui", disse senza il minimo fremito nella voce, "Spero che tu me lo voglia spiegare".

Senza dire una parola, Isolde diede un rapido calcio contro il pavimento, spingendosi verso il pilota. In un attimo, gli fu addosso.

Gli avvolse le braccia attorno al collo e si strinse la sua testa al petto, in un gesto così materno da sembrare innaturale in una ragazza tanto giovane. I capelli di lei galleggiavano placidamente attorno ai due.

Conner Clark spalancò gli occhi, fin quasi a farseli schizzare fuori dalle orbite.

Cominciò a sentire quel martellante dolorino nella parte posteriore del capo che lo assaliva sempre quando si trovava a contatto con altri esseri umani.

Lasciò il casco e sollevò le mani verso la ragazza, pronto a ghermirle il collo.

Fu solo quando le sue dita ebbero quasi toccato la gola di lei, rimasta perfettamente immobile, con gli occhi chiusi e la guancia appoggiata al suo capo, che si bloccò.

La sentiva.

Il contatto con il corpo della ragazza era il minore dei problemi per Clark, in quel momento.

La percepiva con una chiarezza che nessuna vicinanza fisica, per quanto completa, per quanto intima, avrebbe mai potuto restituire.

La sentiva più di quanto avesse mai sentito sua madre quando aveva brandito davanti a lui un coltello per il burro arroventato e lo aveva minacciato di incidergli sulla schiena dei passi del Vangelo come tributo al Signore.

La sentiva più di quanto avesse sentito sua sorella quando l’aveva strangolata per punirla di averlo ridicolizzato davanti alle proprie amiche per la sua timidezza.

La sentiva più di quanto avesse mai sentito qualsiasi donna con la quale aveva fatto sesso, una breve quanto triste lista di figure senza volto, nelle quali aveva cercato qualcosa che non era mai riuscito a trovare.

La sentiva nella propria testa.

Le loro menti erano una.

‘Noi siamo speciali’, pensò Isolde, ma Clark la udì come se avesse parlato ad alta voce. ‘Io sono nata così, mentre tu lo sei diventato. Non può essere stato un caso. Noi siamo venuti al mondo in funzione di questo istante. Sei una persona che cerca calore, ma i comuni esseri umani non possono darti quello che vuoi. Sei qualcuno che non si ferma alle apparenze, ma la gente è talmente abituata a indossare una maschera da non rendersi nemmeno più conto di farlo. Sei un uomo che vorrebbe vivere in un mondo migliore, ma il mondo che tu sogni è troppo puro e perfetto perché qualcun altro possa concepirlo. Vorresti comunicare quello che senti, ma sei troppo più sensibile di chi ti circonda per poterci riuscire senza esserne irrimediabilmente ferito… Conner, tu sei una persona straordinaria… Io lo capisco. Io ti capisco’.

Clark cadde in ginocchio.

"Cosa devo fare, Isolde?", mormorò. Non si chiese nemmeno come facesse a conoscere quel nome, dato che la ragazza non si era mai presentata. In quel momento, gli pareva ovvio sapere come si chiamasse, anche se non riusciva a capire in quale deviata maniera.

Isolde sciolse l’abbraccio.

Lasciò una mano su di una spalla dell’uomo, mentre con l’altra gli carezzava una guancia.

Lo guardò dritto negli occhi.

"Devi fare quanto di più difficile un essere umano possa fare", gli disse. "Sii te stesso, Conner".

***

"Direi che è tutto a posto", sentenziò il medico consegnando a Dolores la cartella clinica di Elizabeth.

Da quando la ragazza le era stata affidata, si sentiva in dovere di esaminare i risultati delle visite mediche che l’Esercito Federale le aveva fissato.

Non le era stato dato espresso ordine di farlo, in realtà, come se i suoi superiori volessero tenere solo per sé gli esiti delle analisi.

Ma Dolores lo faceva lo stesso.

Mania da madre, probabilmente: era abituata a badare alla salute di suo figlio e forse occuparsi di quella di Liz la aiutava a compensare il fatto di non poterlo fare in quel frangente.

Il medico, un uomo sulla trentina, stempiato ma non ancora calvo, non aveva mai fatto storie alle sue richieste di conoscere il risultato delle visite.

Probabilmente pensava che, essendo lei un soldato federale, dovesse vederli per lavoro.

Dolores aveva già capito da un po’ che quella era un’occasione interessante per sapere qualcosa di più circa la misteriosa ragazza che le era stata affibbiata.

Ma doveva andarci cauta.

Doveva formulare le parole in modo da non lasciar sospettare al medico che lei stesse andando oltre i propri limiti.

Mentre guardava il dottore, seduta all’altro lato della scrivania del suo studio, rifletté su come cominciare.

"Allora, i risultati sono quelli che ci si aspettava?".

L’uomo fece spallucce: "Non saprei dirlo, in realtà. I suoi superiori non mi hanno detto esattamente cosa si aspettano, mi hanno solo chiesto di fare determinate analisi".

Dolores si morse un labbro.

Cominciava male.

"Capisco", disse. "D’altra parte, le peculiarità di questa ragazza vanno accuratamente studiate".

"Poco ma sicuro. Anzi, le sarei grato se mi dicesse qualcosa di più sul suo conto. I suoi superiori mi hanno detto che è una newtype e fin qui ci siamo… Anzi, ripensandoci, non credo di voler sapere più di così. Se siete stati capaci di sbattere in galera quel poveraccio solo per coprire certe cose…".

Dolores dovette fare uno sforzo di volontà per non spalancare gli occhi per lo stupore.

Non solo il medico stava confermando l’innocenza di Julius, ma stava anche dicendo che sapeva perché era stato incriminato!

Cercò di mantenere la calma e bluffò spudoratamente: "Capirà che non possiamo permettere che si sappiano cose come quella…".

Per la prima volta nella propria vita, provò rammarico per essere sempre stata una pessima giocatrice di poker.

"Be’, suppongo di sì", rispose l’uomo. "Se si venisse a sapere che un personaggio come Elizabeth Fontaine ha certe manie…".

Un personaggio?

Manie?

Ma quanto incasinata era quella storia?

Fortunatamente, Dolores non ebbe bisogno di fare domande, perché il medico continuò.

"Chi potrebbe mai dire che una ragazzina tanto carina e di famiglia tanto illustre abbia certi vizi", proseguì facendo l’occhiolino alla sua interlocutrice.

"È stata una sorpresa anche per me", rispose lei. Era la prima cosa sincera che diceva in quella conversazione.

"Mah, per me non tanto, alla fin fine… Secondo me, tutte le ragazze di quel tipo sono un po’ troie".

"Mi dispiace solo per l’uomo che è stato incriminato a causa sua".

"Eh, già, poveraccio, sbattuto in galera per la ragion di stato… Anzi, per la ragion di figa. Ma le dico, se non fosse stata quella che è, Elizabeth Fontaine a quest’ora sarebbe considerata solo una ragazzina stupida che ha cercato di divertirsi troppo. E quell’altro tizio ci è andato di mezzo!".

Dolores pensò seriamente che in quel momento dovesse essere possibile vedere del fumo uscirle dalle orecchie: più il medico parlava, più lei aveva l’impressione di avvicinarsi alla verità, eppure meno ne capiva.

Provò ad andare sul generico: "Capirà che i miei superiori non mi hanno spiegato con esattezza tutti i particolari, quindi non posso unirmi al suo divertimento… Anche se ero presente quando la ragazza è stata trovata, non ho visto cosa sia successo effettivamente".

"Non ha visto? Allora glielo spiego io: quando io e il mio staff abbiamo sottoposto la signorina alle analisi, ci siamo accorti che effettivamente riportava tutti i segni di una violenza carnale… eccettuato uno".

"Cioè?".

"Non c’era sperma, né altri fluidi estranei al corpo del soggetto. Nemmeno una traccia. Qualsiasi cosa si sia infilata dentro, non era un membro maschile. In pratica, stava facendo da sola".

"Ma… e l’equipaggio dell’Alexandria? Non potrebbero essere stati loro?".

"Ne dubito. Considerato il momento in cui deve essere successo, sarebbero come minimo dovuti essere già impegnati a combattere contro di lei e i suoi compagni. Non escludo che possa essere andata così, ma mi sembra improbabile".

Fu un attimo.

Un sospetto attraversò la mente di Dolores.

Per quanto impossibile potesse sembrare…

***

Dolores fissò Julius attraverso il vetro della sala colloqui del carcere.

Non sapeva nemmeno lei come porre la questione e non era esattamente un genio, quando si trattava di essere diplomatici.

Cercò di esordire il maniera naturale: "Allora? Come te la passi?".

"’Na merda", rispose lui, quasi senza guardarla in faccia. "Soprattutto perché non capisco ancora per quale motivo io sia qui".

Dolores sospirò: lei, invece, stava cominciando a capirlo fin troppo bene.

Cercò di venire al punto senza essere troppo brusca: "Voglio parlare di quel giorno in cui trovammo Elizabeth".

Fallì, ovviamente.

"Bisogna proprio?", domandò l’uomo senza troppo trasporto.

"Julius, tu non sai…".

"Cosa non saprei? Non so perché sono in galera? Ecco, questo non lo so, hai ragione".

"Senti, per farla breve… Forse posso tirarti fuori di qui. Penso di avere capito come sono andate le cose, però ho bisogno di una conferma".

Il volto di Julius si accese all’improvviso: "Sarebbe?".

"Quando tu hai incontrato Elizabeth per la prima volta, cosa hai pensato?".

"Come?".

"Hai capito, dai… Ho bisogno di sapere cosa hai pensato quando l’hai vista per la prima volta".

"E chi si ricorda? Avrò pensato che fosse strano trovare una ragazzina su quell’Alexandria, che altro?".

"Solo questo? Nient’altro?".

"Non capisco dove tu voglia arrivare… Se hai qualcosa da dirmi, ti conviene fare in fretta, perché il tempo per il colloquio è limitato".

"D’accordo, hai ragione. Veniamo al sodo: te la saresti fatta?".

"Eh? Ancora con questa storia? Non è bastato che un’insinuazione del genere mi abbia fatto finire in carcere senza che vi fosse uno straccio di prova contro di me?".

"No, davvero, Julius, ho bisogno di saperlo: te la saresti fatta?".

"Si può sapere dove cazzo vuoi arrivare?".

"Porca puttana, e rispondimi! Ci vuole tanto?".

"Guarda che, se anche avessi pensato che me la volevo scopare, questo non significa che l’abbia fatto veramente!".

"Lo, so, Julius, ma io devo saperlo! L’hai pensato o no?".

Julius fece una pausa. Distolse lo sguardo. "Be’, l’hai vista, no? Sembra fatta apposta per risvegliare istinti animaleschi… Ma ti ripeto che non me la sono scopata! L’ho colpita, questo sì, ma non ho nemmeno provato a farmela!".

Dolores si alzò: "A posto. Adesso credo proprio di avere capito come siano andate le cose. Non mi resta che trovare un modo per dimostrarlo in tribunale…".

Mentre usciva dal carcere, lasciandosi dietro un Julius perplesso, Dolores pensò che forse le cose sarebbero state anche più difficili.

Forse la Federazione avrebbe impedito in qualche modo la riapertura del processo…

Doveva trovare un sistema per arrivarci comunque.

***

Quando Elizabeth si sedette nell’abitacolo spalancato del Titania, non provò niente di particolare.

Indossava la normal suit nera dei Titans, perché si stava preparando a uscire dal Jupitris sul suo nuovo mobile suit.

Davanti a lei, affacciata all’abitacolo, sospesa in quell’assenza di gravità che sembrava il suo habitat naturale, avvolta tra i suoi stessi capelli fluttuanti, Isolde le sorrideva.

La ragazza bionda annuì con il capo: "Sono contenta che tu abbia accettato di salire sul Titania, Elizabeth. Credo tu abbia fatto la scelta giusta".

Gli occhi di Liz si strinsero, mentre la sua bocca si contraeva in un’espressione dubbiosa: "Non so bene perché l’ho fatto", disse. "Forse perché mi hai detto che questo era il modo in cui avrei dovuto essere aiutata".

"Non è così, Eliazabeth. Padron Paptimus avrebbe fatto per te molto più di quanto possa fare io. Ma posso provare a imitarlo".

"Significa che io non risolverò i miei problemi pilotando il Titania?".

"Diffida di chi ti dice che i problemi si possono risolvere semplicemente compiendo un’azione specifica. Eppure, io ti dico che il Titania può aiutarti".

"Come?".

"Facendoti diventare migliore. Salire sul Titania non è come pilotare un mobile suit qualsiasi. È come fare un viaggio per mare per tornare a casa dopo una guerra. È come uccidere il drago e bagnarsi del suo sangue. È come estrarre la spada dalla roccia. È come visitare l’aldilà nel mezzo del cammin della tua vita. È un’iniziazione. È un atto attraverso il quale ti liberi della tua maschera e diventi ciò che saresti dovuta essere da sempre".

"Non… non capisco…".

"Capirai. Padron Paptimus cercava una donna che potesse creare il mondo da lui sognato. È stato proprio per questo che ha progettato il Titania. Tu, Elizabeth, hai il talento per generare il mondo desiderato da padron Paptimus. Questo è ciò che sei, ma che non hai mai saputo di essere… Anzi, forse lo sapevi, ma l’hai sempre rifiutato. Accettalo. E usalo per te stessa".

***

"Avrebbero anche potuto metterci su di un Alexandria", mormorò Dolores tra sé e sé, mentre controllava le strumentazioni del proprio Z Plus prima di partire.

Allo squadrone che era stato formato per quella missione era stato assegnato un Salamis Kai. I vertici federali avevano giudicato che quattro mobile suit fossero sufficienti per fermare un gruppetto di reduci dei Titans che rifiutavano di arrendersi e che avevano per base una singola nave di classe Jupitris.

Secondo le informazioni dell’intelligence, su quel Jupitris c’erano solo tre mobile suit, quindi i modelli della squadra federale, lo Z Plus custom di Dolores e tre GM III di ultima generazione, erano stati giudicati sufficienti.

Naturalmente, i soldati che avrebbero dovuto combattere agli ordini di Dolores non sapevano niente.

O meglio, non sapevano più di quanto dovevano: su quella nave c’erano dei Titans che, disobbedendo agli ordini della Federazione, avevano rifiutato di tornare alla base di appartenenza quando il corpo militare di cui avevano fatto parte era stato sciolto.

Già, perché i Titans non esistevano più. La distruzione della loro flotta durante la battaglia nei pressi del colony laser era stata un’ottima scusa per scioglierli formalmente.

In fin dei conti, l’Esercito Federale aveva già smesso di dare loro appoggio da qualche mese: con la morte di Jamitov e l’annientamento della loro potenza militare, la soppressione di quel gruppo di soldati, che tanto scontento aveva causato nella popolazione, era sembrata una manovra indolore.

Ma, dietro la missione che il gruppo di piloti del Salamis Kai si apprestava a compiere, c’era di più.

Il Jupitris non era certo una nave dell’Esercito Federale: di fatto, apparteneva alla Jupiter Energy Fleet, quindi non era sicuramente classificabile come unità appartenente ai Titans.

Ma era anche vero che i Titans avevano fornito supporto a quella nave, sostenendola, per quanto avevano potuto, con alcuni equipaggiamenti per loro sviluppati.

Eppure, anche questa era solo una scusante.

Su quel Jupitris c’era Elizabeth Fontaine.

Dolores sospirò nel ricordarlo.

Soprattutto perché Liz le era stata praticamente strappata da degli agenti dei Titans, che avevano sbandierato una loro ‘autorità superiore’, quando Dolores aveva rifiutato di consegnarla, dicendo ci prendere ordini solo dall’Esercito Federale.

Ma non era possibile né salutare discutere con chi era solito puntare una pistola contro coloro che lo contraddicevano.

L’ordine che Dolores aveva ricevuto era stato molto semplice: "Recuperi la ragazza".

I vertici dell’Esercito avevano ritenuto che attaccare una nave della Jupiter Energy Fleet non avrebbe causato un grosso incidente diplomatico, visto che un inviato di Giove aveva appoggiato concretamente i Titans anche quando questi erano stati delegittimati dalla Federazione.

Avrebbero potuto farlo passare come un atto di autodifesa contro qualcuno che era palesemente un nemico, anche se, in realtà, niente faceva pensare che quel gruppo di persone volesse agire in qualche modo contro il Governo Federale.

Dolores stava cominciando a detestare la politica.

Ultimamente, ne stava apprezzando delle sfaccettature alle quali non aveva mai pensato.

E la cosa non le piaceva.

I suoi pensieri furono interrotti dalla comunicazione via radio di un compagno di squadra, uno dei piloti dei GM III: "Maggiore Martin, qui siamo pronti a partire quando vuole".

"D’accordo", rispose lei, "Finisco due controlli sul mio mobile suit e andiamo".

Ci fu una pausa, ma Dolores capì che il pilota non aveva chiuso il collegamento.

Dopo qualche secondo, lo sentì chiedere: "Mi scusi se le faccio una domanda personale, maggiore, ma… io e i ragazzi abbiamo sentito che lei durante la Guerra di Un Anno ha pilotato un Gundam e ci chiedevamo se fosse vero…".

"E se anche fosse?".

"Be’… Un Gundam! Voglio dire, chi non conosce il leggendario Gundam?".

Dolores sghignazzò: "Ne ho pilotati due, ma non quello che tutti conoscono".

"Due? Addirittura?".

"Già. Il primo mi è stato assegnato a Odessa e poi l’ho pilotato anche durante una missione in Francia. Ho ricevuto il secondo durante le ultime fasi di quella missione e poi l’ho usato anche nello spazio. Nell’ottobre del ’79, però, pilotavo un GM, uno dei primi modelli assemblati".

"Un GM? Uno di quelli che hanno dato il via alla serie di mobile suit dalla quale discendono i nostri GM III?".

"Già, ma il modello che usavo io era strettamente pensato per combattere in presenza di gravità. Sapevo che una versione per lo spazio era stata completata in contemporanea, ma non l’ho mai vista personalmente. Poi ho un po’ perso il filo… Sono state sviluppate tante di quelle varianti… Pilotavo un GM II solo qualche mese fa e voi avete già il suo successore, senza contare il Nero".

"Il Nero?".

"Ah, sì, voi non potete saperlo. Comunque, si tratta di un mobile suit che è stato impiegato da un corpo speciale federale fino a qualche giorno fa. Pare che sia stato ritenuto inferiore al GM III, quindi la produzione non è proseguita".

"Maggiore, ma lei è davvero incredibile! Abbiamo un pezzo di storia a guidare la nostra squadra!".

Dolores sospirò: "Non essere così entusiasta… In fin dei conti, se penso alle mie esperienze con i mobile suit, ho più ricordi brutti che belli. Per oggi, tu e i tuoi compagni dovete pensare solo a portare a casa la pelle".

"Be’, ma ci hanno detto che questa missione non sarà difficile, giusto? In fin dei conti, noi abbiamo quattro mobile suit, mentre il nemico dovrebbe averne solo tre. Inoltre, i nostri sono modelli di ultima generazione, appena usciti dalla catena di montaggio e ben armati. Non credo che ci saranno perdite".

***

Il GM III esplose nello spazio, trasformandosi rapidamente in una sfera di fuoco rosata.

"Merda!", sibilò Dolores mentre cercava di seguire con il sistema di puntamento automatico il Gaplant che stava sfrecciando tra i mobile suit federali.

Quella missione si stava rivelando più problematica del previsto.

Perché non ne era sorpresa?

Non appena il loro Salamis Kai si era avvicinato al Jupitris, dalla nave di Giove erano usciti un Gaplant e un bizzarro mobile suit che somigliava a un Marasai blu.

Erano passati solo quaranta secondi prima che uno dei GM III fosse abbattuto.

Dolores trasformò il Dolly in waverider e si lanciò all’inseguimento del Gaplant: il suo Z Plus era l’unico a poter tenere il passo con il mobile armor trasformabile del Jupitris.

Sperò ardentemente che i suoi compagni potessero tenere a bada il Marasai, almeno in due contro uno.

Tramite il panoramic monitor, riuscì a vedere con la coda dell’occhio il mobile suit blu che sparava con una specie di cannone a raggi e trapassava un secondo GM III da parte a parte.

Un’altra esplosione.

Non poteva preoccuparsi ancora del suo ultimo compagno rimasto, però, e la concentrazione di particelle Minovsky impediva di chiedere supporto al Salamis Kai.

Poi, accadde l’inaspettato.

Il Gaplant che stava inseguendo si fermò di colpo, trasformandosi in mobile suit e girandosi verso il Dolly.

Anche lo Z Plus si fermò, tornando alla sua forma antropomorfa.

Dolores puntò il beam rifle sul nemico, ma qualcosa la trattenne dal fare fuoco.

Una voce le rimbombò nella testa: "Era da un pezzo che non ci si vedeva!".

Spalancò gli occhi.

Non aveva riconosciuto la voce, ovviamente: l’aveva percepita solo con le proprie abilità da newtype.

Ma aveva riconosciuto quella pressione.

"Tu… tu sei il pilota di quello Psyco Gundam!".

Subito dopo averlo detto, ebbe la chiara percezione che il suo interlocutore stesse sorridendo.

"E tu sei quella che è svenuta", rispose lui.

Stavolta, Dolores aveva perso ogni dubbio: il suo mobile suit premette velocemente il grilletto del beam rifle, sparando una raffica di raggi purpurei.

Come se avesse previsto in anticipo quella mossa, il Gaplant schizzò improvvisamente verso l’alto, sparando una pioggia di raggi dai beam rifle montati sulle braccia.

Dolores alzò istintivamente lo scudo e attivò i vettori di spinta sulle gambe per uscire dalla portata dell’attacco, mentre sollevava la propria arma per rispondere al fuoco.

Ancora, il nemico sembrò anticipare le sue mosse.

Il Gaplant si trasformò in mobile armor e, con una brusca accelerazione, si portò alle spalle del Dolly.

Fu allora che Dolores sentì di nuovo la voce di quell’uomo nella propria testa: "Io non so cosa mi sia successo esattamente… so solo che ora riesco a percepire te e quelli come te… Mi succede da quando mi hanno portato in quel posto chiamato ‘Murasame’. Ora sono diverso. Prima dovevo faticare per capire il mio prossimo, e quindi lo odiavo. Adesso lo odio perché posso capirlo facilmente. E questo è quanto".

Il Gaplant estrasse una beam saber e la calò sul Dolly.

Si fermò.

Qualcosa lo aveva bloccato. Era stato un pensiero, un desiderio.

Proveniva dal Jupitris.

***

Il Marasai Custom di Isolde schivò i colpi di beam rifle del GM III e si preparò contrattaccare.

Quel mobile suit che le avevano consegnato i Titans non era male, ma non si poteva lontanamente paragonare a quelli progettati da padron Paptimus.

Alzò il feyadeen rifle che le avevano dato insieme con il Marasai Custom e si preparò a fare fuoco.

Ma un pensiero la fermò.

Non era stato un pensiero rivolto a lei, ma a Conner.

Ed era venuto da Elizabeth.

"No!", sibilò Isolde, "È ancora troppo presto!".

Un attimo dopo, vide il Titania che usciva dal Jupitris.

***

"Liz?", mormorò Dolores, riconoscendo istintivamente quel pensiero.

Il Gaplant si era allontanato e aveva abbassato la beam saber, mentre il Titania si dirigeva velocemente verso il Dolly.

"Liz?", ripeté Dolores abbassando il beam rifle.

"Vieni con me", rispose Elizabeth. Anche il suo mobile suit impugnava un beam rifle.

Alzato.

"Cosa ci fai su quell’affare?", chiese la donna aggrottando la fronte.

Percepì chiaramente che la ragazza stava sorridendo.

"Sono me stessa", rispose Elizabeth. "Sai, ho capito come volevano aiutarmi. Finalmente ho capito come posso risolvere i miei problemi".

"Liz… Non so cosa ti abbiano detto, ma non è certo salendo su di un mobile suit che puoi cambiare le cose".

"Non è questo il punto, Dolores. Io avevo una potenzialità inespressa, questo era il mio problema. Ora ho capito come posso portare a compimento questa mia capacità. Io sono stata scelta per creare il nuovo mondo. Vieni con me, Dolores. Vedrai anche tu la distruzione della società decadente e corrotta che adesso domina gli esseri umani e la creazione della nuova utopia, in cui solo gli eletti avranno il diritto di comandare".

"Cosa ti hanno fatto…". La voce di Dolores era ormai poco più che un sussurro. "Cosa diavolo ti hanno fatto… Liz, non stare a sentire quella gente… Vieni con me. Tornerò a prendermi cura di te".

"Stai mentendo. Tu non hai intenzione di prenderti cura di me. Tu hai già una famiglia e io ti sarei solo d’intralcio".

"Non è vero, Liz. Lo sai che io mi preoccupavo davvero per te e…".

"E non vedevi l’ora che me ne andassi per tornare dalla tua famiglia. Dolores, non capisci che opportunità ti sto dando? Nonostante tu sia stata tutt’altro che impeccabile con me, io ho capito le tue buone intenzioni e ti sto dando una nuova possibilità. Vieni con me. Creiamo insieme il nuovo mondo in cui essere felici".

"Basta così, Liz! Non essere testarda! Non esiste un mondo di felicità! Non lasciarti ingannare dalle chiacchiere di chi ti ha messa su quel mobile suit!".

I pensieri di Elizabeth, da morbidi e accattivanti, divennero improvvisamente pesanti come un maglio: "Sei tu la testarda! Non sei contenta di avermi fatto male una volta? Vuoi ferirmi nuovamente? Non te lo permetterò! Ma forse, vedendo cosa intendo con i tuoi occhi, capirai quello che voglio dire".

Fu un attimo.

A Dolores sembrò di esser risucchiata in un buco nero.

Sentì la propria mente che veniva attratta irresistibilmente da una forza straordinaria.

Perdette i sensi.

Quando riaprì gli occhi, si trovava in una vasta pianura coperta di sabbia giallastra.

Alla sua sinistra, alcune pareti spesse come assi di legno erano appoggiate a una pietra nella quale si apriva una finestra, da cui si vedeva un cielo limpido.

Diverso dal cielo grigiastro che effettivamente era presente sopra la pianura.

Alla propria destra, Dolores vide una sorta di enorme uovo deforme, da cui emergeva un braccio umano sgocciolante di tuorlo.

Sopra all’uovo, fluttuava una sorta di drappo, che sembrava colare su di esso come fosse stato acqua.

Davanti a Dolores, un tavolo su cui giaceva una mano bianca, apparentemente di gesso, e un arbusto da cui si estendeva un unico ramo, dal quale penzolava un orologio afflosciato.

"Che razza di posto è?", si domandò Dolores guardandosi attorno.

Fu solo allora che si accorse che indossava la sua normal suit dell’Esercito federale ma non aveva più il casco.

I suoi capelli erano raccolti nella solita treccia, anche se, quando portava il casco, era solita farne una crocchia sul retro della testa.

Fece qualche passo: "Questa… è la realtà?".

"No, è la surrealtà", rispose Elizabeth uscendo da una porta che si apriva sul paesaggio.

Anche lei portava una normal suit senza casco.

Quella dei Titans.

"Liz…", mormorò Dolores, "Perché hai creato un posto simile?".

"Questo posto non esiste realmente", replicò la ragazza. "Non siamo fisicamente qui, ci siamo solo con i nostri spiriti. Ho cercato di ricreare la tua immagine così come me la ricordavo".

Anche questa era una capacità dei newtype?

O solo di Elizabeth?

"Io mi sono trovata bene con te, Dolores", cominciò la giovane tendendo una mano verso l’interlocutrice. "Vorrei che ci fossi anche tu nel nuovo mondo che creerò".

"Creare un nuovo mondo? Cosa hai intenzione di fare, esattamente? Cosa ti hanno messo in testa quei bastardi sul Jupitris?".

"Niente. Però mi hanno avviata sulla strada giusta. Salendo sul Titania, ho finalmente capito ciò che voleva la persona che l’ha progettato. Voleva un mondo ordinato, voleva cancellare il caos che esiste adesso".

"Non devi stare a sentire certa gente… Non possiamo certo risolvere i problemi cancellando quello che non ci piace!".

"Dolores, tu non capisci. La corruzione nella quale oggi vivono gli esseri umani non potrà che portare a una guerra continua. Fin da quando le persone migrate nello spazio sono state in numero consistente, ci sono stati dissidi tra loro e gli earthnoid. Questo è dipeso dal fatto che ognuno voleva fare i propri interessi, e le cose non cambieranno mai, perché la gente pensa solo al proprio benessere immediato. L’unico modo per evitare che i conflitti continuino, è riunire l’umanità sotto la guida di persone illuminate, che possano prendere le decisioni giuste per la razza umana nel suo insieme".

"Liz, quello di cui parli esiste già e si chiama ‘dittatura’. Stai semplicemente pensando di sostituire un errore con un altro".

Elizabeth sospirò: "Una dittatura, dici? Niente affatto. Nell’antichità, i regnanti dominavano sulle nazioni per diritto divino, perché erano discendenti di un dio. Ripristinando questo principio, potremo creare una società in cui i sottoposti saranno felici di esserlo, perché convinti di fare la cosa giusta! Potremo cancellare questo mondo di dolore e di disuguaglianza agendo alla radice, perché nessuno si riterrà più importante di qualcun altro".

"È assurdo. Quello che ti proponi è assolutamente insensato".

"È insensato volere la pace e la felicità?".

"No, è insensato imporre agli altri il proprio modo di vedere le cose. Ed è ancora più insensato rifiutarsi di guardare la realtà solo perché l’illusione che hai davanti è più invitante. Stai solo cercando di fuggire, Liz".

Lo sguardo di Elizabeth si fece improvvisamente truce: "Ipocrita! Tu fai esattamente la stessa cosa!".

Dolores deglutì: "E tu cosa ne sai?".

Poi capì: le loro menti erano collegate.

Si diede della stupida per non averci pensato prima.

E se lo diede ancora perché capì che Elizabeth aveva ragione.

Dolores strinse i pugni: per quanti anni aveva negato la propria natura di newtype?

Per quanto tempo aveva cercato di sopprimere le percezioni che continuavano ad affacciarsi nel suo cervello?

Quante volte si era chiesta con un brivido se anche suo figlio fosse stato un newtype?

"Può essere vero", ammise, forse più a se stessa che a Elizabeth. "Forse non ho fatto altro che scappare da quella volta, da quando combattei quell’enorme mobile suit nero… Però i miei errori sono solo errori. Posso sbagliare, ma almeno non cerco consapevolmente di fuggire dalla realtà. Tu vuoi veramente crearti un mondo a tuo uso e consumo e stai prendendo chissà quali ideali deviati come una scusa per giustificare questo comportamento infantile!".

Gli occhi della ragazza si fecero ulteriormente furiosi: "Cosa credi di capire di me? Cosa può capirne qualcuno che è scappato in continuazione? Tu avevi la possibilità di capire il tuo prossimo, ma vi hai rinunciato spontaneamente per paura! Non hai alcun diritto di dirmi queste cose".

"Va bene, forse hai ragione. Forse anch’io ho avuto paura, forse anch’io ho fatto un cattivo uso delle mie possibilità… E allora, a maggior ragione, permettimi di impedirti di fare altrettanto. Non sprecare il tuo essere speciale come ho fatto io, Liz. Sai che non ti ho mai ritenuta responsabile per quello che è successo a Julius… Forse non posso comprenderti appieno, ma capisco che le cose ti sono sfuggite di mano e altri ne hanno approfittato indebitamente… Torna da me, Liz. Ci siamo divertite insieme, no?".

Elizabeth sembrò esitare.

Abbassò lo sguardo: "Dolores…", mormorò. "Dopotutto, io so che tu non volevi veramente farmi male… Però… forse avevi ragione quando dicevi che capire gli altri è un problema anche per quelli come noi…".

Improvvisamente, il cielo cominciò a turbinare, come sconvolto da una tempesta.

Nubi nere si addensarono all’orizzonte e un tuono rimbombò lontano.

Un fulmine cadde a terra.

Quando la sua scia luminosa scomparve, nel punto in cui si era abbattuto si levò una figura femminile.

Anch’ella avvolta nella normal suit dei Titans, avanzava con passo deciso, mentre i suoi lunghissimi capelli color miele le fluttuavano attorno, come se fossero stati immersi in acqua.

"Isolde…", bisbigliò Elizabeth.

Isolde sorrise dolcemente verso la ragazza: "Cosa stai facendo qui, Elizabeth?".

"Volevo fare il primo passo per creare il mondo che mi hai chiesto".

"Lo sapevo!", sbottò Dolores all’improvviso, "Liz, non devi dare retta a questa persona! Vuole solo usarti per i suoi interessi!".

"Basta così!". La voce di Isolde era cambiata a tal punto che Dolores si bloccò stupita. Era diventata una frusta tagliente che sferzava i timpani. "Il nuovo mondo a cui miro non è un desiderio mio, ma di un uomo visionario che voleva il bene. Elizabeth, è questa donna che non devi ascoltare. Creare il mondo voluto da padron Paptimus è il tuo destino, è il modo in cui puoi veramente realizzare te stessa come persona. Facendo il bene altrui, puoi fare anche il tuo".

"Io però non vorrei uccidere Dolores", disse Elizabeth, apparentemente senza troppa convinzione.

"Non è un problema", replicò Isolde, la voce che era tornata dolce e suadente, "Morire non è la fine di tutto. Significa semplicemente tornare all’universo. Anche i piloti che ho ucciso non hanno fatto che cambiare il proprio stato di esistenza. Se questa donna è veramente tua amica, resterà con te anche dopo la morte".

"Ma non ti rendi conto delle idiozie che sta dicendo?", esplose Dolores. "Vuole solo usarti, niente di più!".

Elizabeth cadde in ginocchio prendendosi la testa tra le mani: "No…", mormorò sbarrando gli occhi.

Poi la sua voce divenne un urlo: "Noooo!".

"Dannazione!", disse Dolores voltandosi verso Isolde. "Se sei riuscita a entrare nel mondo creato da Liz, significa che sei una newtype anche tu, non è vero? E anche il pilota del Gaplant lo è. Ma allora, perché dobbiamo combatterci?".

Una crepa si aprì nell’orizzonte, come se fosse stato un muro.

"Dovresti chiederlo a te stessa", rispose la donna bionda. "Il conflitto tra di noi ha creato una spaccatura nelle convinzioni di Elizabeth… Anzi, sarebbe meglio dire che ha portato alla luce delle contraddizioni che già erano in lei. E queste contraddizioni ci sono anche tra gli esseri umani".

"Ma falla finita! Tanto tempo fa, a me venne detto che i newtype sono la speranza che può portare l’umanità a essere migliore, ma come potremo arrivare alla pace, se non riusciamo nemmeno a superare i dissidi che abbiamo fra di noi?".

"Hai un bel coraggio a parlare, tu, che fai parte di un esercito organizzato!".

Dolores tacque.

Era sempre stata consapevole della contraddizione tra la propria paura della guerra e il fatto che lavorasse nell’Esercito Federale, ma, in un modo o nell’altro, l’aveva zittita.

"Comunque non fraintendere", continuò Isolde, "I newtype possono davvero migliorare l’umanità. Ma questo non significa porre fine alle guerre… Anzi, il crogiolo delle civiltà è proprio la battaglia".

Dolores sbuffò: "Ah, è questo che intendevi quando parlavi di fare del bene agli altri?".

"Vedo che parlare con te è inutile. Non riesci a capire la grandiosità del disegno di padron Paptimus. Anche adesso che è morto, c’è qualcuno pronto a portarlo avanti e non sarà certo la tua piccolezza a ostacolarlo".

Alla crepa nell’orizzonte se ne aggiunse un’altra. Poi un’altra ancora.

***

Improvvisamente, Dolores si ritrovò nell’abitacolo del proprio Z Plus. L’ultimo GM III rimasto era sparito.

Già. Adesso percepiva chiaramente la presenza di Isolde nel Marasai: se era entrata nel mondo di Liz, doveva avere abbattuto il suo ultimo avversario.

Istintivamente, Dolores spostò lateralmente il proprio mobile suit.

Una frazione di secondo dopo, un raggio purpureo passò dove si era trovata lei.

Il Titania aveva ancora il beam rifle alzato.

"Liz!", gridò Dolores, "Cosa stai facendo? Sono io, Liz!".

Ebbe solo il tempo di alzare lo scudo, un attimo prima che la beam saber del Gaplant vi si abbattesse sopra.

Mentre il raggio sfrigolava contro il metallo dello scudo, Dolores pensò che la copertura anti raggio non sarebbe durata ancora per molto.

E non ebbe il tempo di pensare ulteriormente: una rapida successione di colpi partì dal Titania e sia lo Z Plus che il gaplant furono costretti a dividersi velocemente per non essere colpiti.

"Ma che diavolo fa?", esclamò Conner Clark all’interno del mobile armor. "Non dovrebbe stare dalla nostra parte?".

"È cominciata", disse Isolde, senza avere in realtà un vero intento di rispondere. "Finalmente è cominciata la creazione del nuovo mondo da parte di Elizabeth. Qualsiasi cosa si frapponga tra di lei e il suo scopo finale sarà distrutta. Meglio restare in disparte, per ora".

"Merda!", sibilò Dolores alzando il beam rifle e contemporaneamente spingendosi indietro con i vettori di spinta.

Rifletté se fosse possibile cercare di colpire solo le armi del mobile suit verde, senza ferire il pilota.

Un raggio sibilò vicino alla testa del Dolly, strappando il pannello laterale della spalla del mobile suit.

Dolores sospirò: non poteva combattere contro un newtype come se fosse stata una persona normale.

Con una smorfia di disappunto, prese un profondo respiro e cercò di concentrarsi sui propri poteri.

Doveva usarli ancora.

Per un qualche motivo, si accorse solo allora che l’avevano salvata anche un attimo prima.

Si concentrò.

Poteva farcela.

Scattò in avanti, puntando con precisione il beam rifle, mentre manovrava con destrezza evitando la pioggia di raggi che le veniva sparata addosso.

Prese la mira…

Un colpo…

Un altro…

Centrate con precisione quasi millimetrica, entrambe le braccia del Titania si staccarono all’altezza dei gomiti.

Bene. Ora non poteva più usare né il beam rifle né le beam saber.

Lo Z Plus rallentò, finché non si trovò a pochi metri dall’altro mobile suit.

"Torniamo a casa, Liz", disse Dolores.

Lo disse concentrandosi sulla mente della ragazza, cercando di sembrare quanto più dolce possibile.

Il pensiero che le arrivò in risposta fu di una violenza sconcertante: "Non sei tu la mia casa".

Un secondo dopo, due strutture ripiegate sulle spalle del Titania si aprirono, estendendosi in avanti.

Ciascuna di esse reggeva una beam saber.

I due fendenti tagliarono il braccio sinistro del Dolly all’altezza della spalla, facendogli così perdere lo scudo, e l’ala destra.

"Braccia ausiliarie?", sbottò Dolores mentre faceva rapidamente allontanare il proprio mobile suit.

Doveva cercare il combattimento a distanza, o sarebbe stata svantaggiata.

Mai come in quel momento fu contenta di pilotare uno dei mobile suit più manovrabili mai usciti dagli stabilimenti della Anaheim.

Ora che non poteva più contare sulla modalità waverider, però, doveva basarsi solo sulla propria abilità nel gestire una macchina antropomorfa.

Lo Z Plus continuò ad arretrare, sempre tenendo il beam rifle puntato sul Titania.

Per qualche bizzarro motivo, Elizabeth pareva non volere inseguire, nonostante ormai sembrassero restarle solo due beam saber.

Dolores capì perché il Titania restasse fermo solo quando vide degli strani oggetti fuoriuscire dal suo backpack.

Ne contò otto.

Di forma vagamente conica, erano evidentemente spinti da dei razzi indipendenti, perché cominciarono a volare rapidamente in tutte le direzioni.

Cambiavano traiettoria con movimenti veloci e millimetrici, come a voler circondare il Dolly.

Decisamente non erano missili guidati.

Lo Z Plus si spostò velocemente, evitando un raggio proveniente da uno di quegli oggetti.

Derive? Erano derive controllate a distanza dotate di beam gun?

La cosa più simile che Dolores ricordasse di avere visto erano state le braccia dello Zeong: si potevano staccare dal mobile suit, restandovi collegate solo da dei cavi, per attaccare l’avversario da più posizioni.

Quegli affari erano un’evoluzione di questo tipo di arma?

Non era possibile evitare quegli attacchi senza ricorrere alla consapevolezza spaziale tipica di un newtype.

***

"Quella ragazzina è un’incapace!", sbottò Clark, "Si è fatta troncare le braccia al primo attacco, è solo fortunata ad avere un mobile suit del genere!".

"È inesperta", replicò Isolde, "Ma il Titania può compensare, perché dispone di armi fatte apposta per lei. A parte questo, il suo avversario è un veterano, e per di più un newtype. È ovvio che non possa averne ragione facilmente".

"Allora penserò io a sistemare la questione!".

"No, Conner! Usando i funnel del Titania, Elizabeth può ancora farcela!".

Ma il richiamo fu inutile: trasformandosi in mobile armor, il Gaplant si era già lanciato verso lo Z Plus.

***

Fu la percezione dello spirito del pilota che permise a Dolores di avvedersi dell’avvicinamento del Gaplant.

Come al loro primo incontro, il mobile armor sparò una pioggia di raggi.

Come al loro primo incontro, il Dolly li schivò con una serie di rapidi movimenti, anche se stavolta non poté usare lo scudo.

Come al loro primo incontro, Clark effettuò una rapida manovra che lo portò dietro il mobile suit avversario, trasformandosi subito dopo.

Come al loro primo incontro, la beam saber sibilò nell’aria.

Stavolta lo Z Plus fece un piccolo spostamento, un movimento minimo.

Un raggio colpì in pieno la mano destra del Gaplant, mandandola in pezzi insieme con la beam saber.

"Spiacente, non mi freghi due volte allo stesso modo", sogghignò Dolores mentre puntava il beam rifle.

"Ma che diavolo…", borbottò Clark rendendosi conto di quanto era successo, "Si è posizionata in modo che uno dei raggi dei funnel colpisse me invece che lei! Ma ho un’altra beam saber!".

Mentre il Gaplant sfoderava l’altra arma, Dolores percepì qualcosa.

Fece girare velocemente il Dolly.

Il veloce fendente del Titania staccò la spalla sinistra dello Z Plus.

Dolores era presa tra due fuochi.

La sua fu più un’intuizione del momento che un piano ragionato.

Attivò la sequenza di trasformazione dello Z Plus spostando leggermente verso il basso la propria macchina.

Quello che ne risultò non fu un waverider, non essendoci più uno scudo e un’ala, ma una bizzarra forma che reggeva il beam rifle (che non era stato riposto sulla schiena) con un braccio grottescamente ripiegato in avanti.

Le dimensioni del mobile suit, così ridotte, lasciarono un ampio spazio laddove un attimo prima c’era stato il bersaglio dei fendenti dei suoi nemici.

Quasi i colpi fossero stati vibrati con quel preciso scopo, le due beam saber del Titania centrarono con precisione i due beam rifle sulle braccia del Gaplant.

"Merda!", sibilò Clark ritirandosi rapidamente all’indietro per evitare che i fendenti tagliassero le braccia della sua macchina.

Una frazione di secondo più tardi, il Dolly tornò alla sua forma di mobile suit.

Clark non ebbe bisogno delle proprie abilità di umano potenziato per capire che doveva andarsene e il Gaplant si affrettò ulteriormente nella manovra di arretramento.

Lo Z Plus scattò verso l’alto e sparò due colpi con il beam rifle.

Due funnel furono spazzati via dai raggi purpurei.

"Ma che diavolo sta facendo?", mormorò Clark aggrottando la fronte. "Avrebbe potuto colpire il mobile suit di quella ragazzina e risolvere subito il problema, e invece pensa ai funnel?".

Prima ancora che Clark potesse formulare un altro pensiero, il Titania si era già lanciato all’inseguimento del Dolly.

Elilzabeth sventolò le beam saber, tagliando solo il vuoto.

"Basta, Liz!", esclamò Dolores, "Smettila di combattere! Ti stanno solo usando!".

Il mobile suit verde si fermò per un attimo.

"Forse", concesse Elizabeth. "Però va bene così. Forse hai ragione, io stavo solo scappando. Vedevo un mondo che creavo io, è sempre stato così, perché avevo paura degli altri. Ma almeno Isolde mi permette di essere me stessa. Tu, mio padre, i dottori di quel posto chiamato Murasame… Tutti voi volevate che io fossi quella che vi aspettavate. Una ragazza indifesa vittima di se stessa, una figlia modello da sfruttare per fare carriera, una cavia che potesse dare i risultati sperati… Nessuno di voi si è mai chiesto perché io avessi tanta paura del mio prossimo. Nessuno di voi è mai stato anche solo sfiorato dall’idea che forse avevo semplicemente bisogno di qualcuno che volesse ascoltarmi. Tu non ci sei riuscita, mio padre non c’è riuscito, i dottori non ci sono riusciti… Solo Isolde l’ha potuto fare. Se il mondo che lei vuole io costruisca è un mondo in cui le persone saranno ascoltate senza pregiudizi, allora sono contenta di essere usata da lei".

Le beam saber sibilarono nuovamente, e ancora lo Z Plus le evitò di scatto.

Un secondo più tardi, due raggi trapassarono l’ala che ancora gli restava.

I funnel!

Dolores se ne era quasi dimenticata.

"È un’assurdità!", gridò, mentre il Dolly si faceva strada manovrando nella pioggia di raggi che lo investiva, "Quello che tu vuoi non può esistere! Se vuoi migliorare la tua vita, devi innanzitutto prendere coscienza della realtà per quello che è!".

"Un’assurdità?". Il pensiero di Elizabeth colpì Dolores come una lama tagliente. "Non è un’assurdità, è un’utopia. È la possibilità di realizzare ciò che gli esseri umani hanno sempre voluto!".

Improvvisamente, un raggio purpureo passò tra i due mobile suit che combattevano.

Dolores guardò istintivamente alla propria sinistra.

Il Salamis Kai.

La nave le stava fornendo supporto: evidentemente, a bordo dovevano essersi accorti dell’abbattimento dei GM III.

Prima ancora che Dolores potesse inviare loro una qualsiasi comunicazione, il Marasai blu alzò la propria arma e fece fuoco.

"Spiacente, ho detto che nessuno deve interferire", commentò Isolde premendo il grilletto.

Il colpo trapassò il ponte dell’incrociatore.

Sembrò quasi che la scena di svolgesse al rallentatore.

La nave si spezzò in due, le lamiere che si contorcevano come i visceri di una bestia.

Poi, un’esplosione di luce rosa tinse lo spazio.

"Dannazione!", esclamò Dolores, "Farneticate di voler creare un nuovo mondo e poi non sapete fare altro che uccidere le persone?".

Non se ne accorse nemmeno.

Non consciamente.

Le grida delle anime dell’equipaggio della nave riempirono la sua testa.

Come quel giorno su quella colonia.

Quando aveva scortato lo Psyco Gundam.

Quando quell’uomo aveva distrutto tutto.

Dolores strinse i denti: era da molto tempo che non doveva subire un’ondata di dolore tanto intensa e potente.

Forse fu il dolore a impedirle di pensare, ma, senza nemmeno volerlo consciamente, alzò il beam rifle alle proprie spalle e fece fuoco.

Un funnel fu centrato in pieno.

Sparò ancora.

E ancora.

E ancora.

Le sembrò di colpire un funnel a ogni attacco, mentre muoveva spasmodicamente lo Z Plus, evitando i raggi uno dopo l’altro.

Ebbe la sensazione che il Gaplant tentasse qualche attacco in corpo a corpo, ma dovette schivare anche quelli.

Troppa rabbia, troppo dolore, troppa frustrazione…

Tutte queste emozioni si stavano concentrando in lei come acqua che stesse per traboccare da un vaso.

E traboccò.

L’ultimo secondo di lucidità di Dolores le permise di rendersi conto che l’unico funnel rimasto aveva centrato il suo beam rifle, rendendolo inservibile.

Poi la sua mente cadde nell’oblio, fu come annebbiata.

Ebbe la sensazione che i piloti dei GM III e l’equipaggio del Salamis Kai fossero lì con lei.

Ebbe la netta impressione che le loro anime si stessero concentrando attorno allo Z Plus, come a volerla proteggere.

"Il tuo mobile suit è una macchina in grado di accogliere questa forza", le disse uno dei morti sussurrandole nell’orecchio.

Una frazione di secondo più tardi, attorno al Dolly esplose un’aura bluastra.

"Che diavolo succede?", si domandò Clark aggrottando la fronte. "È forse in avaria?".

Non pensò nemmeno a una possibile risposta: l’unica cosa che gli comparve in mente era l’occasione.

Quello Z Plus era disarmato e gli stava palesemente succedendo qualcosa di strano.

Era il momento di infliggergli il colpo di grazia.

Il Gaplant assunse la forma di mobile armor: anche senza le armi a raggi, era comunque in grado di annientare un mobile suit nel combattimento ravvicinato.

Clark scagliò il proprio mezzo contro il Dolly a tutta velocità.

Il mobile suit bianco e blu alzò la mano che ancora gli restava.

Cosa significava quel gesto?

Un’arma nascosta?

Per un attimo, Clark restò disorientato.

Poi, il disorientamento fu sostituito dallo sgomento.

Il Gaplant, una macchina famosa per la sua eccezionale accelerazione, al punto che dei comuni esseri umani non potevano nemmeno pilotarlo, si bloccò all’improvviso.

La sua fusoliera si era fermata contro la mano dello Z Plus.

Non fu solo Clark a spalancare gli occhi a quella vista: anche Isolde rimase praticamente paralizzata dallo stupore.

Mentre i razzi posteriori del Gaplant continuavano a eruttare fiamme, aumentando sempre di più la potenza, lo Z Plus restava lì, immobile, come se fosse stato un muro, senza sforzo apparente.

Clark ringhiò di rabbia, mentre spingeva al massimo il mobile armor.

Senza risultato.

Dopo qualche spasmodico secondo di spinta folle, le lamiere del Gaplant cominciarono a incrinarsi.

Il mobile armor si disimpegnò.

"Spiacente, Isolde", disse Clark alla radio, senza essere sicuro che le particelle Minovsky permettessero alla comunicazione di arrivare a destinazione, "In queste condizioni non posso più nemmeno trasformarmi ed entrambi i miei beam rifle sono inutilizzabili. Io mi ritiro".

Non aveva nemmeno provato a stabilire una comunicazione usando il contatto mentale.

Perché?

Fece fatica ad ammetterlo con se stesso, ma forse non voleva che fosse percepita la propria paura.

Quello che successe poi non sarebbe mai stato chiaro al cento per cento nella mente di Dolores.

Sapeva che il funnel restante del Titania le stava sparando addosso, ma non capiva esattamente perché i raggi non la raggiungessero.

Mentre le sue stesse emozioni la accecavano, ebbe la consapevolezza di afferrare una delle beam saber dello Z Plus.

La alzò dritta davanti a sé.

Il Titania, agitando le proprie, si avventava su di lei.

Improvvisamente, la lama violacea della beam saber del Dolly sembrò esplodere.

Si allungò in maniera inverosimile.

A Dolores sembrò fossero decine e decine di metri.

Le parve sufficiente.

Calò il fendente.

Il Titania fu colpito in pieno da quell’enorme colonna di energia che ora usciva dall’impugnatura.

Il corpo del mobile suit verde venne completamente inghiottito da quell’esplosione lucente a forma di lama.

La traiettoria del colpo portò lo Z Plus a trovarsi, essendosi piegato all’altezza del bacino, con la mano al livello delle ginocchia.

La lama si rimpicciolì istantaneamente, tornando alle dimensioni usuali.

Poi, il Jupitris, che si era trovato direttamente dietro al Titania, esplose all’improvviso.

Isolde non sapeva se sorridere o restare inorridita: "Quel colpo… Ha annientato il Titania e il Jupitris in un attimo… E poi, quell’energia che è scaturita dal mobile suit… Anche se non è stato grazie a Elizabeth, forse oggi ho davvero visto una parte di quel mondo ideale che padron Paptimus desiderava…".

***

"Non sono mai stata tanto amareggiata in vita mia", disse Dolores abbassando lo sguardo.

"Lascia stare", replicò Julius dall’altra parte del vetro della sala per i colloqui. "Apprezzo comunque che tu abbia cercato di scagionarmi".

"Però non è servito. Adesso che Elizabeth è morta, non è più possibile dimostrare la tua innocenza".

"Probabilmente, non sarebbe stato possibile comunque".

"Eh?".

"Hai detto che il mio processo è stato manovrato, no? E allora, non credo che chi ci ha messo le mani avrebbe permesso che uscisse qualcosa in grado di tirarmi fuori di galera. Non ti avrebbero mai consentito di provare la tua teoria".

"Forse hai ragione, ma…".

Dolores si fermò.

Non aveva avuto il coraggio di dire a Julius che era stata proprio lei a uccidere Elizabeth.

"Hai fatto quello che potevi", disse lui sospirando rassegnato. "Lo apprezzo molto, davvero".

Dolores alzò gli occhi: "Julius, quando uscirai di qui, se avrai bisogno di un lavoro… Potresti farti assumere dall’Esercito Federale come pilota collaudatore… Se potrò, ti raccomanderò io. Fammi una telefonata, e io ce la metterò tutta per farti prendere".

"Grazie, ma non credo proprio che l’Esercito assumerebbe un ex carcerato. Pare che il tempo per questa visita sia finito". Julius si alzò dalla sedia: "Anche se sei stata tu a dirmi di entrare in quell’Alexandria, non ho mai pensato che quello che è successo sia stato colpa tua". Senza aspettare una risposta, si girò e se ne andò.

"Ho fallito su tutta la linea", mormorò Dolores tra sé e sé. "Non sono riuscita a capire né Liz né me stessa, e in più ho distrutto l’unica possibilità che avevo di fare riconoscere l’innocenza di Julius… A che mi serve essere un newtype?".

Uscendo dal carcere, Dolores pensò che in tutta quella situazione non c’era praticamente niente di positivo.

Dopo il combattimento contro i mobile suit del Jupitris, lei aveva usato quello che era rimasto del Dolly per avvicinarsi alla luna e lì aveva incrociato un cargo, dal quale si era fatta trasportare fino allo spazioporto di Von Braun.

Il Gaplant e il Marasai, però, insieme con i loro piloti, erano spariti nel nulla.

Che qualcuno li avesse raccolti?

In caso contrario, non sarebbero certo potuti sopravvivere alla deriva nello spazio.

In un modo o nell’altro, però Dolores aveva la sensazione che quei due le sarebbero nuovamente comparsi di fronte, prima o poi.

***

"Dai, lasciami stare…", mormorò Dolores rigirandosi tra le lenzuola, mentre una mano la scuoteva, evidentemente volendo attirare la sua attenzione.

"No, dai…", ripeté seccata, mentre la mano continuava a scuoterla, "Domani tocca a me portare Sean a scuola, devo alzarmi presto…".

"Sì, ma guarda qui", disse una voce maschile.

Dolores socchiuse gli occhi.

Il buio della stanza da letto era illuminato solo dalla tenue luce dell’abat jour sul comodino opposto al suo.

Si girò alla propria sinistra.

Nel letto, accanto a lei, c’era un uomo sulla quarantina dai folti capelli castani, che, seduto con la schiena poggiata al cuscino, a propria volta posto contro il muro, leggeva un quotidiano.

"Guarda qui", ripeté l’uomo, portando su Dolores lo sguardo attraverso i sobri occhiali dalla montatura metallica.

"Non ho voglia di alzare la schiena", replicò Dolores, "Dimmi tu cosa c’è scritto".

"Quel tuo conoscente alla Anaheim Electronics che era stato incarcerato ingiustamente tre anni fa si chiamava Julius Parker, giusto?".

"Eh? Com’è che ti viene in mente proprio adesso?".

"Qui dice che l’hanno rilasciato. Pare che qualcuno abbia ripreso in mano il caso e abbia ravvisato gravi anomalie nelle procedure processuali. In pratica, era stato sbattuto in galera senza che vi fossero prove sufficienti a suo carico".

Dolores spalancò gli occhi: "Lo sapevo!", esclamò, con un misto di soddisfazione e disappunto.

"Già, tu hai partecipato al processo come testimone, no?".

"Sì, e avevo pure cercato di farlo uscire di prigione, perché sapevo che era innocente. Be’, sono contenta per lui, anche se non capisco perché i federali si siano presi il disturbo di tirarlo fuori. Possibile che rimordesse loro la coscienza?".

"Quella ragazza di cui ti sei occupata per qualche tempo all’epoca, Elizabeth… Era la figlia del ministro federale Fontaine, giusto?".

"E quindi? C’entra qualcosa con suo padre?".

"Credo di sì. Non penso che il tuo amico sia stato scarcerato per amor di giustizia. Ho invece idea che abbiano cercato di colpire Fontaine con la riapertura di questo caso. Sta concorrendo a non mi ricordo più quale carica in Parlamento, se non mi sbaglio…".

Stavolta, Dolores di mise a sedere: "Aspetta un momento… Julius era stato messo in galera per coprire la natura di newtype di Elizabeth e per non danneggiarne il padre a livello di immagine ed è evidente che Fontaine abbia avuto una parte nel fatto. Stai dicendo che adesso Julius è stato liberato perché in questo modo i rivali politici di Fontaine potranno screditarlo davanti all’opinione pubblica portando a galla un’occasione in cui ha manovrato la giustizia per i propri fini?".

"Credo di sì".

"Non so, non mi torna. Liz era al centro degli interessi di molte persone e Fontaine non ha certo manovrato il processo da solo. È ovvio che ci siano stati anche altri che hanno messo mano nella faccenda".

"Dettagli, pare. Qui dice che Fontaine avrebbe fatto tutto da solo e non parla dei poteri da newtype della ragazza. Secondo questo articolo, l’intrallazzo sarebbe stato commesso solo per una questione di immagine. In pratica, il tuo amico sarebbe stato incarcerato per coprire il fatto che la signorina Fontaine aveva l’abitudine di darla in giro come fosse una stretta di mano e che qualcuno dell’equipaggio dell’Alexandria su cui si trovava si era lasciato prendere un po’ troppo, arrivando a violentarla".

"Ma questo non è vero!".

"E chi può dirlo? La ragazza ormai è morta, no? Personalmente, sono convinto che chi ha messo su questa faccenda non avrà difficoltà a trovare chissà quanti suoi ex amanti".

Dolores si sdraiò di nuovo, stavolta affondando la faccia nel cuscino: "Non mi piace. Sono contenta che Julius sia uscito di prigione, ma mi dà fastidio che si infanghi la memoria di Liz. Non è stata colpa sua, in fondo, era una ragazza che aveva dei seri problemi. E poi, tutta questa storia puzza troppo di balla. Voglio dire, sarebbe stata violentata da qualcuno sull’Alexandria? E allora che necessità ci sarebbe stata di incarcerare Julius? Non vedo perché cercarsi un capro espiatorio. Nessuno crederà a questa storia".

"Io invece penso di sì. Dopotutto, che quel tale abbia passato tre anni in galera ingiustamente, è un fatto. Dicono che gli sia stato offerto un lavoro da pilota collaudatore nell’Esercito Federale, come per risarcirlo di questo danno. Ma l’opinione pubblica non si accontenterà di un risarcimento del genere. Penso che si sentiranno scandalizzati, si riterranno colpiti nei propri principi più saldi e vorranno la testa di qualcuno. Preferibilmente Fontaine. Poi, dopo un mesetto, non sapranno nemmeno più chi sia, questo Julius Parker".

***

"Sai perché gli spacenoid mi stanno sul cazzo?", chiese un soldato federale mentre stava trafficando nell’abitacolo del proprio mobile suit.

Di fianco alla sua macchina antropomorfa, ce n’era un’altra uguale.

Davanti a essa, una passerella, sulla quale un altro soldato stava a propria volta esaminando il proprio mezzo.

Un po’ deluso dalla mancanza di reazione del proprio collega, il primo soldato, un uomo dai capelli castani che doveva avere superato la trentina, continuò: "Mi stanno sul cazzo perché credono che la Terra sia la loro fottuta discarica. Sono venuti a romperci i coglioni durante la Guerra di Un Anno e ci lasciano qui i loro reduci, che ci hanno infastiditi per circa nove anni. Tornano durante la Guerra di Neo Zeon e, ancora una volta, ci lasciano dei soldati che non sono riusciti a riportarsi nello spazio. Senza contare le colonie che hanno buttato giù tra il ’79 e l’88. Voglio, dire, per quanto tempo ancora dovremo sopportare tutto questo? Per quanto ancora dovremo permettere agli spacenoid di fare i loro porci comodi? Non potremmo chiuderli nelle loro cazzo di colonie? Se ne sono voluti andare dalla Terra, che non ci tornino più!".

L’altro soldato, un ragazzo sui vent’anni dalla testa rasata e con la barba mal curata, lanciò un’occhiata al collega: "Io sono nato su Side 2", rispose impassibile.

Ci fu un attimo di silenzio.

Poi, il primo soldato rise sonoramente: "Oh, be’, suppongo di avere fatto una gaffe. Comunque sia, non è che io ce l’abbia con gli spacenoid in generale… Solo contro quelli che vengono qui a fare la guerra".

"Non è forse quello che vuoi?", domandò il secondo soldato senza distogliere lo sguardo dal proprio mobile suit.

"Cosa?".

"Hai solo voglia di trovarti qualcuno con cui attaccare briga, giusto? Sai che i miei nonni sono stati costretti a lasciare la Terra? E, come loro, un sacco di altre persone?".

"Cosa cambia? Non è che siano giustificati a farci la guerra solo perché loro sono stati segregati sulle colonie. Che colpa ne ha la gente che vive sulla Terra?".

"Che colpa ne avevano gli zeoniani, se ai loro governanti non stava più bene di pagare tasse alla Federazione? Pensi che siano stati i soldati semplici a decidere la guerra?".

"Ma che c’entra? Io stavo solo…".

"Cercando un capro espiatorio. Adesso usciremo, uccideremo un po’ di spacenoid e potremo anche credere che sia moralmente giusto, perché a loro non importa della Terra. Ci ho preso?".

***

"Forse quello che stiamo facendo non è moralmente giusto", disse Julius Parker, fermandosi solo un attimo a sorseggiare il vino rosso dal proprio bicchiere, "Ma credo non si possa mettere in dubbio che è indispensabile".

"Non è mia intenzione mettere in dubbio la moralità dell’operazione", rispose una donna bionda dall’elegante tailleur grigio dopo avere tagliato una fetta di salmone nel piatto davanti a sé, "Però lei deve tenere conto che ho degli interessi importanti in quella zona. Se la sua squadra dovesse esagerare, potrei averne un danno economico di una certa entità, senza contare che questo andrebbe anche a scapito dell’immagine dell’Esercito Federale".

"Lo capisco", Julius sistemò il tovagliolo sui pantaloni del suo elegante abito da sera, anch’esso grigio, "D’altra parte, non possiamo permetterci alcuna leggerezza in un momento del genere. È proprio perché l’Esercito Federale ha preso sottogamba una situazione simile che l’ultima guerra ci ha riservato sgradevoli sorprese. Le garantisco comunque che non è nemmeno nel nostro interesse causare danni eccessivi all’ambiente".

La donna avrà avuto all’incirca trent’anni, ma il suo sguardo trasmetteva l’autorità di una leader consumata. I suoi capelli, raccolti dietro al capo, e i suoi occhiali dalle lenti sottili non facevano che accentuarne l’aria di inflessibilità. Julius, con i capelli pettinati all’indietro e lo sguardo quasi truffaldino, pareva quasi volerle fare credere che la stesse corteggiando.

E forse, almeno da un certo punto di vista, era così.

"Spero che quanto dice sia vero, signor Parker. Come lei saprà, ho delle conoscenze in Parlamento e potrei farmi sentire, se qualcosa andasse storto. Mi dispiacerebbe creare problemi a una persona simpatica come lei".

"E a me dispiacerebbe creare problemi a una donna tanto affascinante. Le garantisco che i suoi preziosi alberi subiranno quanti meno danni possibile".

Julius masticò la sua fetta di salmone senza perdere il proprio sorriso.

Il suo lavoro non era poi così male.

Non gli capitava tutti i giorni di pranzare in un lussuoso hotel di Oslo, davanti a una vetrata che gli permetteva di vedere il limpido cielo notturno e la foresta di aghifoglie in lontananza.

***

Lo squadrone di mobile suit che si muoveva per la foresta era composto da dodici Jegan.

Otto modelli specializzati per il combattimento in presenza di gravità, tre con una coppia di beam cannon sulle spalle per il supporto a medio raggio e uno per ufficiali.

Ciascun mobile suit era stato dipinto con una livrea mimetica che mescolava il verde scuro, il grigio e il nero.

Non sarebbe stato molto furbo lasciare il bianco originario dei Jegan.

Ricordavano tutti fin troppo bene le parole che il colonnello a capo dell’operazione aveva rivolto loro all’inizio del briefing: "Il compito dell’unità l-1 consiste nell’attaccare frontalmente le linee nemiche; dovete impegnarli il più possibile per almeno quaranta minuti. Una volta scaduto questo tempo, l’unità l-2 sarà lanciata dal velivolo di supporto direttamente nel bel mezzo dei nostri avversari. L’ideale sarebbe che l’unità l-1 impegnasse quanti più mobile suit nemici possibile, quindi la tattica prevede che i Jegan Cannon restino in seconda linea. Gli altri nove attaccheranno con i beam rifle e cercheranno di attirare allo scoperto quei bastardi: dovrete allestire un blando assalto, far credere loro che vi state ritirando e poi cannoneggiarli quando vi inseguiranno. Li attirerete nella radura che si trova qui – l’ufficiale aveva indicato un punto sull’ampia mappa alle proprie spalle – e allora procederete a circondarli. È improbabile che il nemico impieghi tutte le proprie forze nell’inseguimento ed è altrettanto improbabile che l’unità l-1 possa abbattere tutti i nemici da sola in quaranta minuti. L’unità l-2 dovrà quindi inizialmente partecipare all’operazione di accerchiamento, per poi contribuire all’assalto finale contro il campo nemico.

"Signori, spero vi sia chiaro che dobbiamo limitare al minimo il danno alla vegetazione. In parte perché questa è una delle regioni che il Governo Federale ha deciso di inserire nel suo piano di riforestazione del pianeta, in parte perché una potente holding commerciale ha ottenuto l’appalto per lo sfruttamento limitato del legname e quindi, se facessimo troppo casino, causeremmo loro un danno economico che poi dovremmo rifondere".

A sentire quest’ultima considerazione, buona parte dei piloti si era chiesta come sarebbe stato possibile non incendiare tutta la foresta con dei mobile suit che avevano come minimo un beam rifle ciascuno.

Qualcuno aveva anche mormorato qualcosa del tipo: "E magari vuole anche una fetta di cazzo?".

"I nostri avversari", aveva continuato il colonnello, "non devono essere sottovalutati solo per i loro mobile suit. Sembra che il gruppo dei nemici sia costituito da reduci della Guerra di Neo Zeon e persino della Guerra di Un Anno, quindi stiamo parlando di piloti esperti. Scordatevi di poterli fregare solo perché i vostri mobile suit sono più avanzati dei loro. A quanto ne sappiamo, hanno circa una ventina di unità. Pare che siano per lo più Dreissen, ma sono stati avvisatati anche un paio di Zssa. È confermata la presenza di qualche Zack II… Sì, Zack II, non ridete. C’è un motivo se Axis li ha usati anche durante l’invasione dell’88 nonostante risalgano agli anni ’70. Inoltre, pare che il nuovo movimento di Neo Zeon che si sta formando nello spazio abbia spedito a questi tizi dei rinforzi, quindi dovremmo vedere anche qualche macchina di concezione più recente".

Un’operazione apparentemente semplice, se non fosse stato per quel problema della foresta.

***

Passarono esattamente quattro minuti e mezzo dallo sbarco dell’unità l-1 prima che un albero prendesse fuoco. Ovviamente, molti altri seguirono in breve.

Guardando i bagliori rossastri della foresta in fiamme dalla finestra dell’hotel, Julius ridacchiò, lanciando alla donna seduta davanti a lui un’occhiata complice: "Sembra che qualcosa sia andato storto, eh?".

"Sono contenta che questo la diverta", rispose lei. "Spero che i suoi comandanti siano altrettanto felici di vedere il conto che invierò loro".

"Oh, non si preoccupi, avevamo messo in preventivo che sarebbe potuto succedere qualcosa del genere".

‘E vaffanculo’, pensò tra sé e sé.

***

Nessuno si era veramente aspettato che sarebbe stata un’operazione facile.

Però, in parte perché il nemico disponeva di vecchi modelli di mobile suit, in parte perché doveva difendere una zona difficile, i soldati federali erano stati piuttosto ottimisti.

Ma c’era stato un imprevisto.

Il nemico non li aveva inseguiti.

Quando il primo squadrone di Jegan si era ritirato, gli zeoniani erano rimasti in posizione.

Poi, improvvisamente, un raggio era balenato per la vegetazione, tranciando interi gruppi di alberi.

La concentrazione di particelle Minovsky impediva efficienti comunicazioni radio e la formazione dei mobile suit, essendosi aperta per mettere in atto l’accerchiamento, era ancora dispersa.

Mentre la foresta bruciava, erano i federali a trovarsi isolati.

Qualsiasi cosa fosse a sparare quei raggi, sembrava che la linea di difesa degli zeoniani si fosse raccolta intorno a essa.

Qualche colpo isolato sembrava voler coprire quell’arma quando non sparava.

In quel caos, solo una cosa fu chiara a tutti i piloti di Jegan: una volta che l’unità l-2 fosse atterrata, si sarebbe trovata nel bel mezzo della linea di fuoco del nemico.

Mentre gli alberi bruciavano, i mobile suit federali cercavano di spostarsi verso quelle macchie di vegetazione non ancora toccate dal fuoco, se non altro per cercare di riorganizzarsi.

Qualcuno pensò anche di approfittare di questa copertura per tentare di aggirare la postazione di fuoco del nemico.

Uno dei Jegan stava correndo tra gli alberi.

Era vicino.

Girando la testa alla propria destra, il pilota poteva vedere quel gigantesco raggio sparare di nuovo.

Non riusciva a capire da dove arrivasse, ma poteva farsi un’idea abbastanza precisa di dove di trovasse la sua fonte.

Mentre il mobile suit correva, il pilota vedeva le mura che gli zeoniani avevano innalzato attorno alla centrale che avevano catturato.

Ecco, la cosa che sparava il raggio doveva trovarsi più o meno all’unico ingresso della zona.

Finalmente, arrivò in un punto in cui la vegetazione gli permetteva di fare sporgere la telecamera sulla testa del Jegan per guardare il punto desiderato.

E vide.

Vide un grande mobile armor su due gambe.

Non era la prima volta che quel pilota metteva lo sguardo su qualcosa di simile.

Lo aveva già visto in un libro all’accademia militare.

Quel mobile armor somigliava parecchio al Big Zam utilizzato dall’Esercito Regolare di Zeon durante la Guerra di Un Anno.

Era differente, ma l’aspetto di base presentava delle inequivocabili similitudini.

Possibile che gli zeoniani tendessero a riciclare sempre i loro vecchi design?

Quale altra loro vecchia macchina avrebbero riutilizzato?

Prima che il pilota potesse formulare un’altra domanda, un mobile suit irruppe dalla vegetazione circostante.

Effettuando un rapido affondo, il mezzo antropomorfo di Zeon trapassò il torso del Jegan con la sua grossa beam saber.

Il mobile suit federale non esplose in tempo da impedire al pilota di rendersi conto che aveva già visto anche quest’altro modello, quello che lo aveva attaccato, sempre in un libro.

Era molto simile a un Gyan.

Improvvisamente, il grande mobile armor smise di sparare.

Due mobile suit che in origine dovevano essere stati gialli (anche se ormai erano stati macchiati a tal punto, nel tentativo di mimetizzarli, da essere diventati di un verde/marrone sporco) si fecero avanti dai lati della grossa macchina.

Alcuni dei piloti di Jegan erano dei veterani della Prima Guerra di Neo Zeon e riconobbero gli Zssa, anche se sembrava fossero stati loro rimossi i lanciamissili sulle gambe.

Quelle sulle braccia, però, erano ancora lì.

Una tempesta di fuoco esplose dagli arti degli Zssa, mentre sparavano sulla vegetazione la loro pioggia di missili.

Stavano stanando il nemico.

Un Jegan Cannon, dotato di un paio di cannoni sulle spalle, uscì dal proprio nascondiglio fra gli alberi e fece fuoco.

I raggi che eruppero dai cannoni centrarono uno degli Zssa, facendolo esplodere all’istante.

Non passò nemmeno un minuto prima che un Dreissen lo falciasse, tagliandogli una gamba con un preciso lancio della propria tri-blade.

Il rumore del grande velivolo di classe Garuda Kai riempiva l’aria.

Sembrava che fosse restio a sganciare l’unità l-2: forse là sopra avevano intuito che qualcosa non era andato secondo i piani.

Ma avevano intuito male.

Gli zeoniani dovevano avere capito cosa ci facesse un velivolo da trasporto direttamente sopra il campo di battaglia, perché il Big Zam puntò verso l’alto il proprio cannone a mega particelle, nel quale cominciava a comparire una luminescenza violacea.

Fu solo all’ultimo istante che un Jegan spuntò dalla vegetazione e colpì il mobile armor con una spallata.

Perché non aveva sparato, anziché attaccare esponendosi così?

Nessuno avrebbe saputo dirlo, ma il fatto era che non aveva il beam rifle.

Forse l’aveva perso durante la prima ondata di assalti di Neo Zeon.

L’unica cosa certa era che il suo colpo contro il Big Zam aveva deviato il raggio che era stato sparato dal cannone a mega particelle su di esso.

Un attimo dopo, lo Zssa superstite estrasse la beam saber e la affondò nell’abitacolo del mobile suit federale.

Prima di morire, avvolto dalla luce bruciante del raggio, il pilota riuscì a mormorare solo una cosa: "Ecco perché gli spacenoid mi stanno sul cazzo…".

Pur deviato dal Jegan, il raggio del Big Zam aveva sfiorato un’ala del Garuda Kai.

Qualche piccola esplosione localizzata fu sufficiente a destare preoccupazione nella sala comandi, ma l’ufficiale responsabile del velivolo dovette giudicare che, a quel punto, fosse indispensabile portare a termine il compito assegnatogli.

Ordinò di lanciare l’unità l-2.

Il secondo squadrone di Jegan, dipinti di un blu scuro che li confondeva con il cielo notturno e di un verde oliva che avrebbe dovuto celarli nella vegetazione, fu sganciato direttamente dietro la postazione di Neo Zeon.

Dal campo degli zeoniani partì qualche raggio, ma nessuno centrò il bersaglio: la necessità di guardarsi dall’azione dell’unità federale già a terra e le condizioni di scarsa visibilità furono la fortuna dei federali.

Durante la caduta, i Jegan avevano usato i razzi di spinta per frenare la propria corsa verso il suolo; i piloti erano però stati abbastanza accorti da attivarli solo a momenti, per evitare di segnalare la propria posizione in un momento in cui sarebbero stati vulnerabili.

"Let’s rock", mormorò il comandante, sul suo Jegan per ufficiali, non appena toccò terra.

Le particelle Minovsky erano a livelli elevatissimi e comunicare via radio era praticamente impossibile.

Ma tutti i soldati avevano già ricevuto le proprie istruzioni, nonostante la zona dell’atterraggio fosse cambiata.

Il Jegan per ufficiali del comandante si lanciò verso la fortificazione della postazione di Neo Zeon alzando lo scudo, dal quale spuntavano due canne di un’arma da fuoco.

Da entrambe eruttarono dei flussi di raggi violacei, che si abbatterono sulla rozza muraglia metallica che gli zeoniani avevano innalzato.

I raggi trapassarono le piastre corazzate, seguiti immediatamente da quelli sparati dai beam rifle degli altri Jegan.

Nonostante la tempesta di colpi, diverse parti della fortificazione restarono in piedi.

Almeno per qualche secondo.

Almeno finché la muraglia non esplose dall’interno.

Due Geara Doga, reggendo delle pesanti beam machinegun, fecero piovere una raffica di raggi sugli assalitori.

Un terzo, dalla spalla destra del quale spuntava un cannone, sembrava intento a ricercare il bersaglio.

Sembrava che gli zeoniani non volessero stare ad aspettare e fossero intenzionati ad soffocare l’attacco nemico sul nascere.

I Jegan Cannon scesi dal Garuda Kai, che erano rimasti in copertura fino ad allora, aprirono il fuoco.

***

Julius Parker guardò accigliato il documento che aveva in mano.

Seduto sul letto della propria camera nella base federale, non riusciva a staccare gli occhi dalle pagine del rapporto sulla missione nei pressi di Oslo.

Tralasciò le note sulla distruzione della foresta, gli bastava averle lette una volta.

Sapeva di dover riportare la cifra al comando e avrebbero pensato loro a rifondere i danni.

Non doveva pagare lui.

Saltò a piè pari il rapporto sulle ingenti perdite inflitte agli squadroni di mobile suit, ormai conosceva quei numeri a memoria.

Sapeva quante lettere far spedire alle famiglie, sapeva quanto la distruzione di quelle macchine avrebbe influito sul budget.

Non prestò attenzione alle segnalazioni degli eroici soldati che avevano permesso la distruzione del mobile armor di Neo Zeon, c’era troppa retorica per i suoi gusti.

Quello che attirò il suo sguardo fu il resoconto dei prigionieri che erano stati catturati dai soldati federali in seguito all’assalto.

Tra i mobile suit nemici c’era stato un Geara Doga che aveva spazzato via sette Jegan praticamente da solo, prima che la sua riserva energetica, ormai al limite, lo facesse cadere vittima di un soldato federale, che gli aveva fatto saltare una gamba.

Il pilota di quel Geara Doga era stato un ragazzino inviato sulla Terra dal movimento di Neo Zeon che si era formato nello spazio.

Trovato nell’abitacolo che si dibatteva come un dannato, con la bava che gli usciva dalla bocca.

Le analisi che erano state condotte su di lui avevano dimostrato che era stato alterato artificialmente affinché si risvegliassero in lui le capacità che venivano comunemente associate ai newtype.

Julius non seppe dire perché questo lo colpì così tanto.

Non gli era mai stato detto cosa ci facesse quella ragazzina sull’Alexandria che lui e i suoi colleghi avevano attaccato ormai più di quattro anni prima, quando erano stati intenti a scortare della merce che stava venendo lanciata sulla Terra.

Eppure, lui aveva sempre avuto l’idea fissa che i militari avessero voluto usarla per qualcosa.

Ora, mentre leggeva questo rapporto, aveva l’impressione che la storia si stesse ripetendo.

Era davvero così?

Come si sarebbe potuto fermare tutto questo, qualsiasi cosa fosse?

Julius si lasciò andare sul letto.

Che importava?

In ogni caso, la gente era semplicemente contenta di vivere una vita pacifica, senza curarsi dei problemi che le incombevano addosso.

La gente non si preoccupava di ciò che non vedeva.

***

Note dell’autore

Che sorpresona, eh? Chi l’avrebbe mai detto che questa storia, che era stata originariamente presentata come una one-shot, avrebbe avuto un seguito? Io, per esempio. La verità è che avevo in mente questo racconto già al tempo di scrivere il primo capitolo, ma non sapevo se mi sarebbe venuta voglia di buttarlo giù. Al che, ho preferito chiarire che quello era una cosa a sé stante. Sono un tipo strano. Non credo di avere mai sperimentato quello che viene convenzionalmente chiamato ‘blocco dello scrittore’, perché scrivo solo quando ne ho voglia. Il problema è che spesso mi vengono in mente delle storie lunghissime, in tutti i minimi particolari, articolate per filo e per segno… E non le scrivo. Perché non ne ho voglia, anche se so già esattamente cosa scrivere. Voglio dire, se io so già tutto quello che voglio fare, perché dovrei riportarlo in un documento? Sarebbe come ripetere qualcosa che ho già detto, e la cosa non mi piace per niente (ho letto da qualche parte che anche Mary Shelley si trovava in questa situazione). Una volta era diverso, sentivo il bisogno di scrivere… Adesso mi basta fare esercizio mentale dentro la mia testa per ottenere lo stesso risultato. Ma bando alle cazzate.

In questa seconda avventura di Dolores, ho parzialmente abbandonato il metodo delle singole scene, descrivendo con maggiore dettaglio quello che accade. Anche qui, in realtà, mi sono limitato al minimo indispensabile, perché anche questa parte della storia è nata per essere inserita in un progetto di altro tipo, quindi non ho necessità di dare spiegazioni particolarmente precise. Solo che la trama era più articolata che nel primo capitolo, quindi dovevo fare in modo che il lettore capisse esattamente cosa stesse succedendo. Più o meno, perché ho lasciato comunque diversi buchi, laddove non mi serviva raccontare determinate cose, che magari io ho in mente, ma che non erano strettamente necessarie per comprendere gli eventi.

Forse a questo punto qualcuno si sarà chiesto perché abbia messo quelle parole incomprensibili all’inizio di questo secondo capitolo… Allora, quella è la traduzione di una canzone giapponese, per la precisione Anime Janai, la prima sigla di testa di Gundam ZZ. Perché l’ho usata come incipit? Perché è uno sfottò decisamente palese verso gli otaku, quindi era coerente con quello che volevo dire. Con il primo capitolo di Gundam D avevo dato la mia visione personale di quello che Tomino aveva trasmesso con la prima serie di Gundam.

Qui ho puntato a dare una mia interpretazione del messaggio di Z Gundam. Lì un protagonista dalla personalità fragile si vede costantemente deluso/ferito/ingannato da qualsiasi persona nella quale cerchi di riporre fiducia; questo espediente viene utilizzato per criticare gli otaku che vivono nel loro mondo di anime. Un invito a staccare la spina e guardare al mondo reale: come lo stesso Tomino ha dichiarato, il significato della sorte finale di Kamille è questo (mi riferisco ovviamente alla serie TV e non a A New Translation). Ricorda qualcosa? Non so, fate voi…

Mi è stato chiesto se il nome di Dolores avesse un’origine particolare o se l’avessi scelto a caso. Dunque, il suo primo nome deriva da un episodio molto malato. Dovete sapere che io frequentavo di tanto in tanto (ma ormai non mi faccio vedere da un pezzo, anche perché era più un’imposizione dall’alto che una scelta mia, quindi ho deciso di sbattermene le palle…) il forum di una rivista con cui ho collaborato per qualche anno e lì, con un paio di altri falliti, ci divertivamo a commentare la puntata settimanale di Gundam SEED – Destiny. Io ero solito scrivere dei riassunti piuttosto deviati dell’episodio. All’entrata in scena del personaggio di Heine Westenfluss, ironizzai pesantemente sul suo incerto orientamento sessuale, riscrivendo la scena in cui si presenta all’equipaggio del Minerva (o Love Boat, come lo chiamiamo da quelle parti). Faccio copia-incolla da quel forum (comunque, a causa di un mio compagno di merende che si è fatto sfuggire la situazione di mano, questa roba è finita anche sulla board degli Starsubber, dove mi ha guadagnato il titolo di membro onorario dell’Angolo del Biscotto per meriti sul campo… non so se esserne orgoglioso o vergognarmene).

‘Nel frattempo, l'equipaggio della Love Boat sta subendo un autentico assalto alla propria eterosessualità: Heine sta facendo conoscenza con i piloti: "Ciao, ragazze, come state? Sentite, io non sono uno di quegli ufficiali che vogliono mantenere le distanze, anzi, voglio stare quanto più vicino possibile, soprattutto ai bei maschioni. Quindi chiamatemi tutti per nome, OK? Al limite, potete anche chiamarmi Ines. O magari Gioia, o Wanda, non so... E, mi raccomando, se mai dovessi chiedervi di chinarvi a raccogliere la saponetta, fatelo... Anzi, se qualcuno deve allacciarsi le scarpe". A questo punto, Rey, zelante, gli ricorda: "Non abbiamo stringhe sugli stivali". Ines ha un'esclamazione di disappunto e si gira verso Athrun: "Ma dai, bella, tu ti fai veramente chiamare 'comandante'?"

"E come devo farmi chiamare, Dolores?"

"Non è una cattiva idea... Ma perché non ti avvicini un po' di più ai tuoi subalterni? Ricordati che qui il superiore sono io, quindi, se ti dico di avvicinarti, devi farlo"’.

OK, so che è una cosa molto triste, ma… per qualche bizzarro motivo, il nome ‘Dolores’, che lì mi era venuto per caso, mi è rimasto in testa e l’ho usato. Il cognome, Martin, viene da una scena che mi ero immaginato. Avete presente la missione in Francia alla quale Dolores partecipò durante la Guerra di Un Anno, quella alla quale si accenna nel primo capitolo? Ecco, mi ero immaginato che i suoi sottoposti avessero saputo di essere stati messi al seguito di un fantomatico ‘tenente Martin’ e che congetturassero tra di loro pensando che fosse un uomo. Poi, ovviamente, sarebbe arrivata Dolores stessa a chiarire il malinteso. In pratica, per questa scena mi sarebbe andato bene un qualsiasi cognome che potesse essere scambiato per un nome maschile.

Ah, riguardo la parola ‘riforestazione’, so bene che non esiste. Ho pensato fosse un termine coniato nella seconda metà degli anni ’80 (mi riferisco agli anni ’80 dello Universal Century, ovviamente) per indicare il ripristino di aree di foresta che il Governo Federale mette in atto a partire da quel periodo (chi ha visto Gundam ZZ sa di cosa sto parlando).

Ci sarà mai un futuro per Gundam D? E chi lo sa? Io un terzo capitolo ce l’avrei anche in mente (è blandamente ispirato a Moon Crisis, un vecchio fumetto di Gundam che si svolge nell’UC 0099; tra gli altri, dovrebbero comparire Julius e, rullo di tamburi, Kamille Bidan, mentre probabilmente Dolores non ci sarà), ma, ancora, non so se mi verrà voglia di scriverlo… Tra l’altro, non escludo nemmeno la possibilità di un capitolo 1.5, ambientato durante gli eventi di Stardust Memory e collocato tra il primo e il secondo; anche in questo caso, comunque, pur avendo in testa un abbozzo di storia, non so se lo realizzerò mai. Di conseguenza, allo stato attuale, Gundam D si considera una storia conclusa. Tra l’altro, sono molto poco soddisfatto del risultato ottenuto finora… Ho l’impressione che la seconda parte di Gundam D sarà molto poco apprezzata, perché, per capirla appieno, bisogna conoscere Z Gundam, Gundam ZZ e Gundam Sentinel. Quanti saremo in Italia ad avere a disposizione tutto questo materiale?

***

Personaggi vari

Nel primo capitolo ho messo i dati di Dolores, quindi mi sembra giusto riportare qui quelli dei personaggi più rappresentativi di questa seconda parte.

Conner Clark

Data di nascita: 3 maggio UC 0054

Luogo di nascita: Side 3

Altezza: 196 cm.

Peso: 113 Kg.

Misure: 108/92/97

Pilota di: MS-06D Zack Desert Type, MRX-007G Prototype Psyco Gundam, ORX-005 Gaplant

Residenza: originariamente residente su Side 3, attualmente occupa un alloggio alla base di Torrington dell’Esercito della Federazione Terrestre

Gli piace: lo spazio, i tatuaggi

Non gli piace: la gente

Cibo preferito: gelato al pistacchio

Famiglia: non lo sa con esattezza nemmeno lui e non gli importa

Conner Clark è un personaggio che a volte ho trovato problematico gestire. Praticamente tutti i ‘villain’ di questa seconda parte di Gundam D sono stati pensati per essere più o meno sociopatici; Clark è il sociopatico violento, quello che picchia. Esteticamente, è il tipico veterano di guerra truzzo, ma mentalmente è una contraddizione vivente. Penso che nella storia sia abbastanza chiaro (almeno per chi ha visto Z Gundam), ma Conner non è un newtype naturale: ha acquisito poteri simili in seguito ai trattamenti dell’Istituto Murasame. Con questo personaggio volevo ancora una volta bastonare un po’ la figura del newtype ed esaminare i lati negativi di questa condizione. Clark era un paranoico prima di diventare un umano potenziato (la versione americana di Z Gundam li chiama ‘cyber newtype’, ma io mi attengo all’originale giapponese, ‘kyokai ningen’) e dopo peggiora. Prima il suo problema era quello di voler capire il prossimo e non riuscirci; adesso lo capisce e non vede niente che gli piaccia. Non escludo di poter ripescare Clark in un eventuale seguito di questa storia.

Elizabeth Fontaine

Data di nascita: 22 luglio UC 0072

Luogo di nascita: Belgio

Altezza: 155 cm.

Peso: 50 Kg.

Misure: 78/57/75

Pilota di: PMX-004 Titania

Residenza: Belgio; anche se il suo cadavere non è mai stato recuperato, c’è comunque un posto per lei nel mausoleo di famiglia

Le piace: le cose carine, Dolores

Non le piace: avere a che fare con gli altri

Cibo preferito: salame di capriolo

Famiglia: padre e madre vivi

Non me lo chiedete. Qualsiasi domanda abbiate in mente su Elizabeth, non fatemela, perché la risposta non vi piacerebbe. Butto qui un paio di informazioni a caso. Fisicamente, Liz è ispirata ad alcune immagini che ritraggono una versione femminile di Athrun Zala, che riprende le fattezze di Maho di Onegai Teacher. La famosa gif animata in cui si vede qualcuno che esamina il suo curriculum e poi compare lui/lei che fa il saluto militare è una delle cose più allucinanti che abbia mai visto e mi è rimasta impressa al punto che ho dovuto crearci un personaggio attorno. Sono malato, lo so. L’idea dei poteri newtype che infliggono danni al corpo, invece, mi è venuta da alcuni casi psichiatrici reali. Sapevate che, in casi estremi, i fenomeni di sdoppiamento della personalità possono portare anche ad alterazioni fisiche? Di minore entità, ovviamente, non è che uno possa cambiare faccia di punto in bianco. Fatto sta che ci sono condizioni psicologiche che possono alterare lo stato del corpo in maniera considerevole. Elizabeth è un personaggio che porta sul piano fisico l’alienazione e il rifiuto della realtà. Vede solo quello che vuole, perché vedere quello che non voleva le ha fatto male. Si può dire che io abbia costruito la storia attorno a questo personaggio, più o meno come il primo capitolo era costruito attorno a Victoria (della quale non si citava nemmeno il nome, ah-ah!). La visione surrealista del suo contatto mentale con Dolores (quella in cui l’orologio parla) mi viene direttamente da un vecchissimo numero di Dylan Dog (Gente che scompare, se non ricordo male).

Isolde Tsogatie

Data di nascita: 4 settembre UC 0069

Luogo di nascita: Giove

Altezza: 166 cm.

Peso: 53 Kg.

Misure: 84/61/81

Pilota di: RMS-108S Marasai Custom

Residenza: colonia imprecisata di Giove

Le piace: usare i propri poteri di newtype per entrare in contatto con il prossimo

Non le piace: la gente che non si piega al suo contatto mentale

Cibo preferito: nessuno in particolare

Famiglia: nessuna; è una delle subordinate di Scirocco

OK, mi serviva qualcuno che facesse le veci di Paptimus Scirocco. Qualcuno che tirasse dalla sua parte Elizabeth e le desse una scusa per combattere contro Dolores. In realtà, però, il personaggio di Isolde mi è venuto diverso da come l’avrei voluto. Da una parte, somiglia parecchio a Scirocco: ne condivide gli scopi e il modus operandi. Dall’altra, vive comunque alla sua ombra e forse non ha ben chiaro nemmeno lei cosa sta facendo. Sembra la meno sociopatica dei villain di questa storia, ma probabilmente è quella che lo è di più: non riesce a relazionarsi al prossimo, se non tramite le proprie capacità newtype. La sua è una dipendenza dai propri poteri molto diversa da quella che prova Dolores quando percepisce l’assuefazione alla sensazione della morte: è proprio una persona che non potrebbe vivere senza essere una newtype. Tutto il suo valore si risolve attorno a questo, non ha una vera volontà propositiva, si limita a lasciarsi trasportare dalle idee altrui e dalla propria sensibilità superiore. Nella storia vengono citate anche altre due persone, Luna e Caterina, che dovrebbero fare parte dell’equipaggio del Jupitris con cui Isolde arriva nella Sfera Terrestre. In realtà, ho messo lì quei nomi giusto perché i lettori si chiedessero chi fossero, quindi non credo che dirò qualcosa di più sul loro conto. Ah, vorrei precisare che Isolde non fa effettivamente parte dei Titans: le ho messo addosso la loro normal suit solo perché mi piaceva l’immagine dei suoi capelli che le fluttuavano attorno.

***

Considerazioni assortite sui mobile suit

Allora, contrariamente a quanto accadeva nel primo capitolo, qui ho inserito dei mobile suit che mi sono inventato io. Anzi, sarebbe più corretto dire che sono delle varianti di macchine già esistenti. Dai dialoghi dei personaggi è possibile estrapolare alcune loro caratteristiche, ma la maggior parte dei dettagli tecnici viene omessa e riportata in un capitolo addizionale in coda alla storia, che ho chiamato D-MSV (ovvero Mobile Suit Variations di Gundam D… che fantasia, eh?). Perché ho preso questa decisione? In fondo, non mi sarebbe costato granché inserire una sequenza in cui qualche personaggio snocciolava le mirabolanti capacità dei mobile suit, non avrei nemmeno dovuto appesantire granché la narrazione. L’ho fatto essenzialmente perché questa è una fanfiction di Gundam e quindi ho usato lo stesso approccio delle serie di Gundam: si lasciano intravedere le capacità dei mezzi nel racconto e le si esamina nel dettaglio con delle schede tecniche che compaiono in pubblicazioni collaterali. Se mai dovessi aggiungere altri capitoli a Gundam D, le D-MSV saranno aggiornate di conseguenza, ma resteranno sempre in coda al resto della storia, ovviamente.

Per quanto riguarda i mobile suit che ho preso altrove, non c’è molto da dire. Chi conosce un po’ l’universo di Gundam si sarà accorto che mi piace andare a pescare dei modelli relativamente poco conosciuti. Lo Zack marrone che Clark pilota all’inizio della storia è un MS-06D Zack Desert Type. Non può ovviamente essere un MS-06D Desert Zack, visto che quelli saltano fuori parecchi anni più tardi, durante la Prima Guerra di Neo Zeon (però mi sono sempre chiesto dove i reduci di Zeon che erano rimasti in Africa avessero trovato i pezzi per mettere nei loro Zack il sistema panoramic monitor/linear seat… bah!). Il GM contro cui combatte, invece, è un RGM-79F Desert GM. Potreste chiedervi che differenza avrebbe fatto se fosse stato un altro modello… Be’, direi che non ne avrebbe fatta: è semplicemente la mia solita mania di andarmi a prendere i mobile suit più infognati tra i vari fumetti/videogiochi/variation/balle assortite.

I due mobile armor che Dolores, Julius e Michael sono incaricati di scortare fino al rientro nell’atmosfera sono degli MSA-005K Guncannon Detector. Si tratta di un modello che compare tra le Z-MSV, dove si dice che ne furono assemblate due unità, entrambe comprate dalla Karaba, che furono sbarcate dall’orbita in Nord America tramite uno shuttle. Durante l’operazione di rientro, una delle due fu abbattuta. Le fonti ufficiali non citano altre notizie circa questi fatti, né li collocano temporalmente con precisione. Diciamo che io ho preso quello che si sapeva e ci ho ricamato attorno.

So cosa avete pensato quando avete letto dello Z Plus di Dolores che faceva cose da Super Saiyan, come tagliare il metallo con una mano, crearsi un’aura di energia o generare una beam saber extralarge. Ecco, probabilmente non lo avreste pensato se aveste visto Z Gundam, perché anche lì succede qualcosa di molto simile. La spiegazione è la stessa, ma la rimando al capitolo D-MSV, che trovate in coda a questa storia.

***

Cronologia di Gundam D

4-12-0083

Dietro pressioni del commodoro Jamitov Heymem vengono fondati i Titans e si intensifica la caccia agli ex membri dell’Esercito Regolare di Zeon.

11-1-0084

Nasce Sean Larouche.

10-3-0084

La verità circa la caduta della colonia e il Progetto di Sviluppo Gundam viene cancellata dai rapporti ufficiali e cadono così le accuse contro le persone coinvolte negli eventi. Ko Uraki, scarcerato, viene assegnato alla base federale di Oakley, Logan County, Kansas.

4-0084

I Titans cominciano le proprie ricerche su armi per newtype.

22-4-0084

Conner Clark riceve in carcere la visita di un membro dei Titans: questi lo informa che è stato scelto come soggetto sperimentale per delle ricerche non meglio identificate.

21-9-0084

Casval Rem Deikun torna nella Sfera Terrestre; infiltrandosi illegalmente nei registri dell’Esercito Federale, si accredita come suo soldato e vi si iscrive con il nome di Quattro Bajeena.

16-12-0084

Il sottotenente Eliard Hunter, dell’Esercito della Federazione Terrestre, entra nello squadrone Black Otter del Titans Test Team, sull’incrociatore di classe Alexandria Aswan.

17-12-0084

Lo squadrone Black Otter ingaggia la sua prima azione di combattimento al completo.

0085

Side 4 viene fuso con Side 1 nel L5; Side 6 viene fuso con Side 2 nel L4; Side 1 viene rinominato Side 4 e Side 7 viene fuso con Luna2.

4-0085

Asuna Elmarit si iscrive alla Ecole di pilotaggio di mobile suit di Montreal, Canada.

31-7-0085

L’incidente del Bunch 30. I Titans pompano del gas nervino GGG (3G) nel Bunch 30 di Side 1, masacrandone gli abitanti. Come conseguenza, si intensificano i movimenti antigovernativi. Viene formato l’Anti-Earth Union Group (AEUG).

8-9-0085

Comincia la costruzione del Bunch 2 (Gryps) di Side 7. Viene pensato come estensione di Luna2 nell’L3 e come base dei Titans.

6-2-0086

L’asteroide Axis comincia il proprio viaggio verso la Sfera Terrestre.

10-1-0087

Incidente in Alaska. I dettagli sono ignoti, ma ne risulta la fondazione della Karaba.

22-2-0087

Il maggiore Dolores Martin dell’Esercito Federale comanda una squadra di RGM-79R (RGM-179) GM II incaricata di scortare l’MRX-007G Prototype Psyco Gundam in una missione di collaudo. Ne risulta la distruzione di una colonia.

2-3-0087

Comincia la Guerra di Gryps, con il tentato furto, da parte dell’AEUG, di tre prototipi di RX-178 Gundam Mark II da Gryps. L’azione viene condotta da una squadra di RMS-099 Rick Dias guidata dal tenente Quattro Bajeena e riesce anche grazie all’aiuto imprevisto del civile Kamille Bidan, che poi entra nell’AEUG.

29-4-0087

Il Jupitris di Paptimus Scirocco arriva nella Sfera Terrestre.

5-3-0087

L’Argama, ammiraglia dell’AEUG, salva lo shuttle Temptation dal PMX-000 Messala di Paptimus Scirocco. Bright Noa, capitano del Temptation, entra nell’AEUG.

4-0087

L’equipaggio dell’incrociatore Moloch, dell’Esercito della Federazione Terrestre, diserta in favore dell’AEUG.

11-5-0087

L’AEUG attacca la base federale di Jaburo, che viene autodistrutta dai Titans con una bomba nucleare. L’AEUG unisce le proprie forze a quelle della Karaba.

6-0087

Il colonnello Lynn Petrie-Smith dell’AEUG diventa capitano del Moloch.

8-6-0087

I Titans spostano Gryps nell’area di Luna2. La Repubblica di Zeon dona la fortezza asteroide di A Baoa Qu ai Titans, che la rinominano Cancello di Zedan e spostano anch’essa nei pressi di Luna2.

21-6-0087

Paptimus Scirocco giura alleanza al comandante dei Titans, Jamitov Hymem, tramite un documento firmato con il sangue.

29-6-0087

I Titans attaccano Hong Kong; alla testa dell’assalto c’è l’MRX-009 Psyco Gundam, pilotato da Four Murasame.

10-8-0087

I Titans lanciano l’Operazione Apollo, conquistando Von Braun City.

16-8-0087

Il Parlamento Federale approva una legislazione che aumenta enormemente l’autorità dei Titans, ponendo, di fatto, il controllo dell’Esercito della Federazione Terrestre nelle loro mani.

17-8-0087

Il leader dell’AEUG Blex Forer viene assassinato.

24-8-0087

I Titans falliscono nel tentativo di fare cadere una colonia su Granada.

21-9-0087

I Titans attaccano il Bunch 35 di Side 2 usando del gas nervino.

5-10-0087

I Titans bombardano lo spazioporto di Von Braun City.

12-10-0087

Axis arriva nella Sfera Terrestre.

13-10-0087

Lynn Petrie-Smith convoca una riunione non ufficiale sul Moloch.

14-10-0087

L’AEUG manda una delegazione su Axis per trattare un’alleanza, ma un’inaspettata reazione di Quattro Bajeena manda all’aria le trattative.

15-10-0087

Paptimus Scirocco forma un’alleanza con Axis in vece dei Titans.

2-11-0087

I piloti dell’AEUG Kamille Bidan (sull’MSZ-006 Z Gundam) e Quattro Bajeena (sull’MSN-00100 Hyaku Shiki) si uniscono alla Karaba nell’attacco alla base dei Titans sul Kilimanjaro. All’operazione partecipa anche Amuro Ray, tra le fila della Karaba.

3-11-0087

Kamille Bidan combatte nuovamente lo Psyco Gundam e Four Murasame. L’intromissione di Jerid Messa causa la morte della ragazza.

16-11-0087

L’AEUG occupa il Parlamento Federale di Dakar. Casval Rem Deikun, rivelando la propria vera identità, denuncia le azioni dei Titans davanti alle telecamere. Nel frattempo, i Titans non esitano a ingaggiare battaglia con lo Z Gundam nel centro cittadino, causando una forte reazione nell’opinione pubblica. La Federazione Terrestre comincia a supportare non apertamente l’AEUG.

20-11-0087

Dolores Martin, su ordine dei propri superiori, arriva a Von Braun City, ufficialmente per lavorare come collaudatrice alla Anaheim Electronics.

30-11-0087

L’Argama conquista la fortezza spaziale Cancello di Zedan.

7-12-0087

I Titans usano il colony laser ricavato dalla struttura di Gryps per distruggere il Bunch 18 di Side 2.

11-1-0088

Il Cancello di Zedan viene deliberatamente distrutto in un impatto con Axis, che poi entra in rotta di collisione con Granada.

15-1-0088

Uno shuttle della Anaheim Electronics, scortato da Dolores Martin, Michael Philbert e Julius Parker, sbarca dall’orbita due MSA-005K Guncannon Detector. Nel corso della missione, il gruppo è attaccato da un Alexandria, a bordo del quale, dopo la battaglia, trova Elizabeth Fontaine.

17-1-0088

L’incrociatore Moloch dell’AEUG riceve un esemplare di MSZ-006C1 Z Plus C1, che viene assegnato al tenente Daniel Wymann.

18-1-0088

Si rompe l’alleanza tra Axis e i Titans. D’accordo con la reggente di Axis Haman Karn, Paptimus Scirocco attira Jamitov Hymem in una trappola, nella quale lo uccide.

20-1-0088

I vertici dell’Esercito della Federazione Terrestre decidono di affidare momentaneamente Elizabeth Fontaine al maggiore Dolores Martin.

25-1-0088

Alla base asteroide di Pezun, alcuni ufficiali del Corpo Istruttori dell’Esercito della Federazione Terrestre, simpatizzando con le filosofie dei Titans e non condividendo l’appoggio federale all’AEUG, si ribellano e si proclamano New Desides. Al loro comando c’è il capitano Brave Cod.

2-2-0088

L’AEUG lancia l’Operazione Maelstrom e cattura Gryps in battaglia. L’AEUG usa poi il colony lasre per spostare la traiettoria di Axis e impedire che si scontri con Granada.

20-2-0088

L’AEUG, i Titans e Axis si scontrano in una battaglia a tre nei pressi di Gryps.

21-2-0088

Durante gli scontri perdono la vita Henken Bekkener, Jerid Messa, Emma Sheen e Reccoa Londe.

22-2-0088

Fine della battaglia nei pressi di Gryps. La flotta dei Titans è annientata (Paptimus Scirocco risulta KIA), mentre quella dell’AEUG ha subito gravissime perdite. Kamille Bidan è ridotto a uno stato vegetativo, mentre di Quattro Bajeena si sono perse le tracce.

23-2-0088

L’Esercito della Federazione Terrestre forma la Task Force a, avanguardia di un’armata di soppressione che deve annientare i New Desides. Al suo comando c’è l’ammiraglio Eton Heathrow, l’ammiraglia è il Pegasus III e tra i piloti sono presenti Ryuu Roots (MSA-0011 S Gundam), Shin Crypt (FA-010A FAZZ) e Tex West (MSZ-006C1 Z Plus C1).

Il Jupitris di Isolde Tsogatie arriva nella Sfera Terrestre e si mette in contatto con ciò che resta dei Titans.

24-2-0088

Viene celebrato il processo contro Julius Parker, accusato di violenza carnale verso Elizabeth Fontaine.

25-2-0088

I Titans assegnano Conner Clark al Jupitris di Isolde Tsogatie; le consegnano inoltre un esemplare di RMS-108S Marasai Custom.

27-2-0088

Dolores Martin fa visita in carcere a Julius Parker.

28-2-0088

Ex membri dei Titans, facendo leva sulla propria autorità residua, tolgono Elizabeth Fontaine a Dolores Martin e la consegnano al Jupitris di Isolde Tsogatie.

29-2-0088

Axis proclama la rinascita di Zeon, assumendo il nome di Neo Zeon. Manda delle armate a prendere il controllo di ciascun Side.

1-3-0088

L’Argama attracca al Bunch 1 (Shangri-La) di Side 1. Una banda di ragazzini che vendono pezzi di ricambio raccattati chissà dove, capeggiata da Judau Ashta, tenta di rubare l’MSZ-006 Z Gundam. Nell’impresa, Judau entra in contatto con Kamille Bidan.

Uno squadrone su di un Salamis Kai dell’Esercito della Federazione Terrestre viene incaricato di riprendere Elizabeth Fontaine dal Jupitris di Isolde Tsogatie. A capo della squadra di mobile suit c’è Dolores Martin. Durante lo scontro con le forze del Jupitris, entrambe le navi vengono distrutte e gli unici sopravvissuti sono Dolores Martin, Isolde Tsogatie e Conner Clark.

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Capitolo 6
*** Capitolo 3: La leggenda del Re Pescatore ***


CAPITOLO 3: LA LEGGENDA DEL RE PESCATORE

***

Il seguente testo è tratto da La Gazzetta dello Sport di lunedì 17 dicembre UC 0078, a firma Emilio Santinelli.

La Longobarda espugna l’Olimpico e batte il Torino

È sorpasso!

La doppietta di Aristoteles pareggia due volte, la punizione di Wymann chiude la partita

Novantaquattro minuti di fuoco nella notte di Torino: i ragazzi di Canà fanno un regalo di Natale ai loro tifosi e si portano soli in cima alla classifica, superando i granata capolista per 2-3. A San Siro, il Milan ferma il Genoa sull’1-1, dando così una battuta d’arresto alla terza candidata per la corsa Scudetto. La partita tra Torino e Longobarda si accende fin da subito: i giocatori sanno che è in palio il primo posto e non si risparmiano. Primo brivido per i padroni d casa: all’11°, Wymann pesca Speroni solo in area con un lancio pennellato di quaranta metri, ma il capitano dei lombardi spara sopra la traversa. Quasi per una legge del contrappasso, al 16° Radaelli rompe l’equilibrio, finalizzando un cross dalla fascia di Owens alle spalle di Sella. Non si arrende la Longobarda, che riesce a pareggiare prima del 45°: ventun minuti dopo il gol del Torino, Cavallo riceve un preciso filtrante di Wymann, mette in mezzo per Speroni, che devia di testa e regala un pallone d’oro sui piedi di Aristoteles. Il brasiliano non sbaglia ed è l’1-1. Spettacolare e folkloristico come sempre il balletto sulla panchina di Oronzo Canà, che entra persino in campo e viene richiamato dall’arbitro. Il primo tempo si chiude in parità e le formazioni tornano in campo senza cambi di rilievo al modulo. C’è un’unica sostituzione: nel Torino Wallenburg rileva Soditi, che avverte un dolore alla gamba destra in seguito a uno scontro con Cavallo. Ed è proprio il nuovo entrato, che, al 51°, cerca di insaccare un altro cross di Owens sfruttando la propria elevazione; miracolo di Sella, che mette in calcio d’angolo raggiungendo con il pugno una palla difficilissima. Il nuovo vantaggio granata arriva però al 62°, quando Savio Rodriguez sfugge al diretto marcatore Wymann e riesce a mettere in rete dopo un’ubriacante serie di finte, che lasciano sul posto mezza difesa. Sesta marcatura stagionale per l’argentino, che arriva a due sole lunghezze dal capocannoniere De Luca. Lo svantaggio sembra dare maggior vigore agli uomini di Canà, che vanno vicini al pareggio in due distinte occasioni. Comincia Wymann, che, quasi a volersi far perdonare l’errore, si porta in avanti e stampa sul palo una gran botta di destro da fuori area; è poi il turno di Markovic, che mette a sedere Sarni con un dribbling d’alta scuola, per poi sparare in faccia al portiere. Al 75°, il Torino ha una nitida occasione per chiudere la partita, di nuovo con Rodriguez, ma stavolta Wymann fa buona guardia e devia il suo filtrante alto per Radaelli in fallo laterale. È il 78° quando Aristoteles riceve da Cavallo il passaggio che porta al nuovo pareggio: il cross dalla fascia, che il numero 10 della Longobarda avrebbe voluto colpire di testa, viene deviato verso il basso da Sarni; il brasiliano non si scoraggia ed effettua un balzo verso la sfera, centrando al volo e realizzando una spettacolare rete in acrobazia. Ma è all’88° che l’Olimpico viene espugnato. Speroni viene atterrato fallosamente da Ziegler appena fuori dall’area e Wymann si incarica di battere la punizione. La parabola è una poesia che sembra tagliare in due il cielo stellato da cui questo giocatore proviene e il pallone entra all’incrocio dei pali come se fosse un colpo di cannone sparato con un fucile da cecchino. Sopraffino gesto tecnico del numero 29 della Longobarda, che corona una prestazione decisamente convincente. L’arbitro concede ben quattro minuti di recupero, che i ragazzi di Canà passano asserragliati nella propria area. I granata non si arrendono fino all’ultimo e provano la conclusione da lontano, prima con Rodriguez, poi con Owens, ma senza successo: Sella è un muro invalicabile su qualsiasi tiro lungo. Con questa vittoria, la Longobarda si porta sola in vetta alla classifica e può guardare serenamente alla pausa natalizia, con buona pace di Oronzo Canà, che sembra abbia mangiato un’intera manica della propria giacca per l’emozione.

***

Il seguente testo è stato tratto dal volume ‘La Guerra di Un Anno: uomini, mezzi e unità speciali’, di S. Marsh, Horace Press, UC 0082.

La Guerra di Un Anno ebbe ufficialmente inizio il 3 gennaio 0079, alle 07:20 ora terrestre standard: fu infatti allora che il Principato di Zeon, per voce di Gihren Zabi, comandante supremo dell’Esercito Regolare, dichiarò pubblicamente l’apertura delle ostilità verso la Federazione Terrestre. L’attacco contro Hatte, però, era cominciato già da venti minuti: le guarnigioni di mobile suit di Zeon, composte prevalentemente dai nuovi MS-06C, la prima versione di Zack II progettata per il combattimento, avevano già cominciato la propria opera. Nel corso dell’assalto, le armate di Zeon fecero uso indiscriminato di armi nucleari, chimiche e batteriologiche; a farne le spese per primo fu il Bunch 13 di Hatte, che venne distrutto completamente nel giro di poco meno di un’ora. Ma il peggio doveva ancora arrivare: il giorno seguente, Island Iffish, l’ottavo Bunch di Side 2, dopo essere stato ripulito dei propri abitanti mediante gas nervino, fu dirottato dalla propria orbita e diretto verso la Terra. La cosiddetta ‘Operazione British’, che prevedeva la caduta di un’intera colonia sul quartier generale federale di Jaburo, era ormai cominciata. Nonostante non avesse subito la distruzione quasi totale che avrebbe colpito Loum qualche giorno più tardi, Hatte fu senza alcun dubbio il Side più danneggiato dalla ‘Guerra di Una Settimana’, come fu chiamato il periodo fra il 3 e il 10 gennaio. Non solo per i danni a cose e persone effettivamente subiti, ma anche perché fu proprio una delle sue colonie a segnare un punto fondamentale nello svolgersi del conflitto.

***

Daniel Wymann respirava affannosamente.

Nell’abitacolo del suo GM, la luce d’emergenza si era accesa, tenue e tremolante.

Mentre avvertiva il sangue colargli lungo la faccia, Daniel restava immobile, con gli occhi sbarrati.

Cosa diavolo era stato?

Sentì confusamente la radio che gracchiava qualcosa, ma le particelle Minovsky dovevano essere troppo concentrate per consentire la comunicazione.

Mentre il suo respiro accennava a calmarsi, cercò di raccogliere le idee.

Ricordava la partenza dall’Inghilterra, a bordo di un Land Combat Type GM, a propria volta trasportato da un Gunperry.

Gli ordini erano stati quelli di sbarcare sulla costa francese e distruggere le batterie d’artiglieria di Zeon sul posto.

Durante il viaggio in volo, però, qualcosa era andato storto.

Fragore.

Esplosioni.

Qualcuno aveva attaccato lo stormo, forse proprio quelle batterie d’artiglieria che erano lì per distruggere.

Quando il container del Gunperry si era aperto, Daniel se l’era quasi fatto addosso.

Il suo GM era stato sganciato nel vuoto.

Come gli era stato detto, aveva usato i vettori di spinta per frenare la caduta.

Ma aveva fatto in tempo a vedere molti suoi compagni venire abbattuti da degli strani Gouf volanti, che brandivano degli scudi con una mitragliatrice incorporata.

Poi, il GM aveva toccato terra.

E lì era cominciato l’inferno.

Daniel ricordava solo di essere stato assalito da quella che gli era sembrata essere un’ondata interminabile di mobile suit, una specie di marea di metallo che sparava e cigolava.

Aveva estratto la beam saber con la mano sinistra, mentre con la destra aveva continuato a sparare all’impazzata con il beam spray gun.

Perché cazzo non gli avevano dato uno scudo?

I ricordi erano confusi.

Prima di partire per la missione, gli era stato detto che la corazza dell’RGM-79F era più resistente rispetto a quella del GM standard.

In teoria, avrebbe potuto sopportare una raffica diretta della mitragliatrice di uno Zack.

Anche se la teoria fosse stata applicabile nella pratica, prevedeva comunque UNA raffica.

E Daniel aveva perso il conto di tutte quelle che si era preso.

Apparentemente, era atterrato in una posizione piuttosto distaccata rispetto ai suoi compagni.

Ammesso che qualcuno di loro si fosse salvato.

Daniel aveva combattuto disperatamente, aveva sparato, aveva lottato…

Poi, a un certo punto, qualcosa aveva colpito il suo GM proprio all’altezza dell’abitacolo.

Doveva essere stato un heat hawk, o roba simile.

Qualsiasi cosa fosse stata, aveva piegato le lamiere del cockpit verso l’interno.

Daniel ricordava semplicemente qualcosa di appuntito che gli si infilava nell’occhio sinistro.

O da quelle parti.

Spinto dal dolore e dalla rabbia, aveva sferrato un attacco disperato.

Con i monitor danneggiati, non era riuscito a vedere l’esterno dell’abitacolo.

Ma aveva combattuto.

Durante la lotta, gli era parso di poter vedere davanti a sé non tanto i mobile suit, quanto piuttosto i piloti su di essi.

Non aveva capito con esattezza cosa stesse succedendo.

Era stato come se una quantità immensa di percezioni e informazioni si fosse riversata improvvisamente nel suo cervello.

Una sorta di salto nel buio, nel quale aveva arrancato per risalire disperatamente verso una luce che aveva visto lontana.

Gli era sembrato di morire.

Anzi, no…

Ripensando a quell’esperienza negli anni seguenti, avrebbe concluso che fosse stata talmente dolorosa, completa e profonda da essere più simile alla nascita che alla morte.

Poi si era ritrovato solo, con il GM in piedi in mezzo a un mucchio di rottami, con il sangue che gli scorreva sulla faccia, con la radio che gracchiava incomprensibili monosillabi.

"Ma vaffanculo!", mormorò, mentre il suo respiro si calmava.

Gli faceva male l’occhio sinistro.

E l’abitacolo era adesso buio.

Alzò lentamente la testa e vide cosa fosse successo.

Il GM doveva avere subito un colpo in pieno petto, perché il boccaporto del cockpit si era piegato verso l’interno.

Daniel armeggiò un po’ con i comandi e vide che le gambe del mobile suit si muovevano ancora.

Tutto qui, però, perché la maggior parte dei sistemi elettrici sembrava andata: senza i monitor, non poteva certo combattere.

Sentì i passi pesanti di altri mobile suit che si avvicinavano.

Cercò di muoversi tra le lamiere dell’abitacolo e di fare sporgere la testa all’esterno.

Fu solo quando il suo capo uscì dai rottami che si accorse di poter aprire l’occhio sinistro, e di vederci anche da quello.

Qualsiasi cosa lo avesse colpito, lo aveva centrato appena sotto l’orbita.

Era da quella ferita che stava sanguinando.

Ma non ci pensò granché: davanti al suo, c’erano altri due Land Combat Type GM.

Compagni che erano venuti a prenderlo?

***

Era già la seconda volta.

Daniel Wymann pensò fosse ironico.

Era la seconda volta che si ritrovava a respirare affannosamente nell’abitacolo di un GM, che ora gli sembrava atrocemente angusto.

Ma la situazione era completamente differente.

Lo era sia per il posto in cui si trovava che per il motivo che lo aveva ridotto in quella situazione.

Era il 31 dicembre 0079.

A Baoa Qu.

Daniel pilotava un RGM-79C GM Kai, un modello prodotto in pochi esemplari, riservato a squadroni ad alta percentuale di sopravvivenza.

E lui era un sopravvissuto dell’Operazione Tristan, qualcuno che si era trovato nel bel mezzo della battaglia più tremenda e ne era uscito vivo, riuscendo persino ad abbattere diversi mobile suit nemici.

Se l’era cavata con poco, tutto sommato.

Le lamiere dell’abitacolo dell’RGM-79F che aveva pilotato, piegandosi sotto i colpi subiti, avevano inciso una profonda ferita sul suo zigomo sinistro.

L’occhio non era stato toccato, fortunatamente.

Sopravvivere in una situazione simile aveva apparentemente impressionato i suoi superiori, che l’avevano mandato nello spazio, per partecipare allo scontro che, così si pensava, sarebbe stato decisivo.

Era stato assegnato a un’unità d’assalto che avrebbe dovuto rompere la linea di difesa di Zeon e aveva svolto il suo compito.

O almeno, ci aveva provato.

Fin da quando il suo squadrone era stato sbarcato nel pieno della battaglia, si era ritrovato in una situazione molto simile a quella che aveva vissuto in Francia.

Solo, immensamente più terribile.

Durante l’Operazione Tristan, aveva avuto l’impressione di riuscire a rendersi conto della presenza dei nemici percependo i piloti all’interno dei mobile suit.

Ora ne aveva avuto la certezza.

Aveva cominciato a combattere sparando con il suo beam spray gun.

A volte, aveva compiuto dei movimenti istintivi, spostandosi all’improvviso per vedere il colpo di qualche nemico passare dove lui si era trovato un attimo prima.

Poi era successo.

Aveva mirato uno Zack II.

E, d’improvviso, senza poterci fare niente, lui aveva saputo che la persona nel suo abitacolo era un uomo di trentun anni. Aveva partecipato all’Operazione British. Aveva avuto una figlia a casa che lo aspettava. Avrebbe dovuto spedire dei soldi alla famiglia, perché altrimenti sua moglie non sarebbe riuscita nemmeno a pagare l’affitto. Quella stessa moglie che, prima di partire la guerra, aveva schiaffeggiato per una sciocchezza. Ora era stato convinto che lei sperasse nella sua morte.

Se così era stato, il desiderio della donna aveva trovato accoglimento: il raggio del GM Kai aveva trapassato con precisione il torso dell’MS-06F.

Poi, Daniel aveva puntato un Rick Dom. La persona che lo aveva pilotato aveva avuto ventisette anni e si era appena laureata in medicina. Era stato un giovane arruolato forzatamente, che non aveva visto l’ora di tornarsene a casa. Non aveva mai avuto il coraggio di presentare la propria ragazza ai genitori, perché lei proveniva da un contesto sociale piuttosto basso, mentre lui era stato di buona famiglia. Però era stato ottimista e aveva ritenuto che suo padre e sua madre avrebbero capito.

Morì pensando al souvenir che aveva comprato per la sua sorellina.

Fu la volta di un altro Rick Dom, stavolta pilotato da una donna di ventiquattro anni. Prima di essere arruolata nell’Esercito Regolare di Zeon, era stata un’addetta al reparto vendite di una casa discografica. Era stata mollata dal suo innamorato da un paio di mesi. Nonostante lo avesse amato ancora, era stata fermamente convinta che non ci fossero i presupposti per continuare la relazione e stava ancora cercando di capire cosa fare della propria vita.

Daniel le aveva risolto il problema.

Poi era toccato a un ufficiale di quarantatré anni. Era stato fermamente convinto che la guerra fosse necessaria. Aveva creduto che suo nipote, che aveva amato come un figlio, non riuscisse a trovare lavoro a causa delle pesanti sanzioni che la Federazione Terrestre imponeva alle colonie. Non gli era mai piaciuto combattere, ma era stato determinato nel farlo, fermo com’era stato nella sicurezza di fare qualcosa di importante.

La sua morte era stata estremamente dolorosa: il raggio del GM di Daniel aveva colpito di striscio il generatore del suo Gelgoog, impedendogli di alimentare i sistemi e facendolo surriscaldare all’improvviso. Il pilota era stato letteralmente sciolto dal calore insopportabile, prima ancora che la macchina esplodesse. Ovviamente, Daniel aveva percepito in prima persona quel dolore.

Ma, soprattutto, l’angoscia di sapere della inevitabilità dalle propria morte imminente.

Era andata avanti così per ore.

Daniel non si era reso subito conto della fine della battaglia.

Lo aveva capito solo perché, all’improvviso, aveva smesso di percepire quello che c’era stato nelle menti altrui.

Al suo rientro sull’incrociatore madre, venne come un asso.

Il capitano si complimentò personalmente con lui per la grande quantità di nemici abbattuti, dicendogli che gli avrebbe fatto conferire una medaglia.

Un secondo dopo, Daniel era crollato a terra.

Prima dell’Operazione Tristan, aveva sparato contro i mobile suit nemici senza pensarci.

Erano stati macchine antropomorfe che nascondevano il pilota ed era stato facile dimenticarsi di chi ci fosse dentro.

Ora, però, Daniel si ricordò di qualcosa che gli era stato detto dal suo primo ufficiale istruttore: "È più difficile uccidere una persona, se la conosci".

***

"Io mi chiamo…".

"Non me ne frega un cazzo", replicò seccamente Daniel Wymann mentre apriva la porta della stanza del motel.

"Ehi, ma che ti prende?", domandò la ragazza risentita, aggrottando le ciglia castane che contrastavano con i suoi capelli biondo platino, evidentemente tinti.

"Ti sei fatta rimorchiare per scopare o per fare conversazione?", chiese Daniel.

"Ma che c’entra?", sbottò lei risentita. "Non è che io abbia qualcosa contro le relazioni occasionali, ma non puoi nemmeno partire in quarta senza neanche sapere come mi chiamo!".

Daniel alzò gli occhi al cielo e sbuffò: "Non voglio sapere niente di te. Niente".

"Be’, allora vaffanculo!", ringhiò la giovane colpendolo al petto con la borsetta.

Daniel sbuffò di nuovo, mentre la guardava allontanarsi.

Aggrottò la fronte in un’espressione di disappunto che chiunque avrebbe potuto distinguere chiaramente: i suoi capelli castani, tirati completamente indietro e raccolti in un codino, non nascondevano niente della sua faccia.

Nemmeno quella piccola cicatrice sotto il suo occhio sinistro, quella che a molti ricordava una lacrima.

Eppure, nessuno dei suoi commilitoni ricordava di avere mai visto Daniel piangere.

Nemmeno lui stesso aveva presente quando fosse stata l’ultima volta.

Si incamminò per andarsene a propria volta.

Aveva una gran voglia di tornare al proprio alloggio, così almeno si sarebbe potuto fare una dormita.

Qualsiasi cosa, pur di non incontrare qualcun altro.

Era ironico.

Per molto tempo, aveva pensato di voler capire il proprio prossimo.

Suo padre, per esempio.

Nonostante a Daniel non fosse mai piaciuto particolarmente giocare a calcio, si era allenato fino a diventare un promettente professionista, e solo perché suo padre era sempre stato contrario a questa scelta.

Nato in una ricca famiglia di Side 2, Daniel era il tipico figlio da cui ci si aspettava andasse a lavorare nell’azienda dei genitori, come già il fratello maggiore e come avrebbe fatto la sorella minore.

Tutto sommato, il suo era stato un gesto di ribellione piuttosto prevedibile.

Non aveva voluto farsi legare a un destino prefissato, senza nemmeno prendere in considerazione la possibilità che gli sarebbe potuto piacere.

Se non si fosse comportato come aveva fatto, però, non sarebbe sopravvissuto a lungo.

Nel luglio dello 0078, dopo una militanza in una squadra della sua colonia, era partito per la Terra per giocare nella Serie A italiana. Era stato comprato dalla Longobarda, una società che puntava alla vittoria, rivaleggiando con le due grandi, il Torino e il Genoa.

Poi, nel gennaio 0079, c’era stata l’Operazione British. Aveva saputo solo che la colonia in cui era vissuta la sua famiglia era stata riempita di gas nervino da dei mobile suit di Zeon.

Il campionato era stato interrotto a causa dello scoppio della guerra e Daniel si era trovato arruolato nell’Esercito Federale. Con lo schieramento dei mobile suit anche da parte della Federazione, per di più, era improvvisamente diventato un asso.

E un newtype. Così dicevano i medici, almeno, ma tutti i loro interminabili esami non avevano condotto a dimostrazioni certe.

Una seccatura enorme, per Daniel.

Essere un newtype significava capire il prossimo? Allora non voleva esserlo.

Non voleva sapere niente di nessuno.

Non voleva conoscere persone che poi sarebbero morte.

Ma quello che ancora non aveva potuto immaginare era che i problemi non sarebbero certo finiti lì.

Nell’agosto 0080, il campionato di Serie A era ricominciato e Daniel era tornato nella Longobarda.

Era stato l’inizio della parabola discendente.

Era diventato improvvisamente incapace di giocare.

Nel corso degli anni seguenti, era passato da una squadra all’altra, scendendo di categoria sempre più, ritrovandosi a militare in una formazione di Side 2 che rientrava a malapena nel professionismo.

E anche lì non era titolare fisso.

Nello 0086, Daniel aveva compiuto ventotto anni.

L’età a cui si diceva un calciatore fosse all’apice della carriera, quel breve momento in cui era ancora al massimo della potenza fisica e aveva già una certa esperienza sul campo.

Lui, ex promessa del calcio di Side 2 caduta in disgrazia, aveva passato questo breve momento in una squadretta locale, una di quelle che lottavano strenuamente per la promozione.

Poi, improvvisamente, il presidente della sua squadra era stato arrestato dai Titans con l’accusa di collusioni con un gruppo sovversivo e la società era stata praticamente sciolta.

Solo, senza lavoro, con dei conti da pagare che si facevano sempre più pressanti, aveva trovato improvvisamente una speranza.

Perché, anche se lui non lo aveva mai immaginato, il suo presidente era stato davvero in contatto con dei sovversivi.

Che avevano sentito parlare di lui e di quello che aveva fatto nella scorsa guerra.

"Siamo l’AEUG", gli avevano detto, avvicinandolo una sera.

"Chi?".

"Anti-Earth Union Group. Abbiamo sentito dire che militavi nell’Esercito Federale durante la guerra e che eri anche bravo. Un sospetto newtype, addirittura. Sai che i Titans ti stanno tenendo sotto controllo proprio per questo?".

"Quindi?".

"Be’, hai perso il lavoro per colpa dei Titans e noi siamo nemici dei Titans. Forse possiamo avere qualcosa in comune".

"I Titans sono degli stronzi, ma cosa dovrei fare? Affrontarli da solo perché la vita mi è andata male?".

"Non da solo, con noi".

"Senti, a me queste chiacchiere non interessano. Però ho bisogno di lavorare. Mi pagate?".

"Ci stiamo organizzando come un vero e proprio esercito, quindi sì, ti pagheremo. E ti daremo anche vitto e alloggio, contento?".

"Che generosità commovente. E cosa dovrei fare, esattamente?".

"Il soldato. Dovrai combattere".

"Uccidere gente?".

"Non è un’esperienza nuova, no? Ci siamo informati sul tuo conto e sappiamo che sei un veterano dell’Operazione Tristan e di A Baoa Qu".

"Sì, va be’… Non ho molta scelta. Ma credo che le mie abilità come pilota siano un po’ arrugginite…".

"Non preoccuparti. A noi serve personale di qualsiasi livello per compiere il nostro grande scopo".

"E sarebbe?".

"Ovviamente, liberare le colonie dalla crudele tirannia dei Titans".

"Bella battuta. No, dai, seriamente. Dove stanno i soldi?".

"La politica della Federazione sta creando serissimi problemi economici a diverse società piuttosto importanti. Sono loro che ci finanziano".

Daniel era quasi scoppiato a ridere dopo avere posto quella domanda.

Era ovvio.

Le guerre si combattevano solo per soldi.

La gente moriva per i soldi.

Se lo meritava, in un certo senso.

Le vite che Daniel aveva percepito erano state tutte accomunate da un punto ben preciso: erano state tutte terribilmente insulse.

Scontate.

Banali.

Erano state le vite di gente qualsiasi, soldati che si erano trovati catapultati in una guerra nella quale nemmeno avevano creduto.

Come poteva, una persona insulsa, pretendere di scegliere la propria morte?

Daniel aveva cominciato a pensare questo non tanto quando si era reso conto di dover uccidere per sopravvivere, ma quando aveva capito che stava uccidendo degli esseri umani.

Che, per quanto paradossale potesse sembrare, era accaduto dopo.

Le vite altrui erano insulse: non c’era bisogno di preoccuparsi se venivano troncate.

Nel corso degli anni che avevano separato la fine della Guerra di Un Anno dal suo ingresso nell’AEUG, Daniel aveva imparato una cosa interessante: benché normalmente non riuscisse a penetrare la mente delle persone come aveva fatto alla guida dei suoi mobile suit, ritrovava questa capacità mentre faceva sesso.

Vuoi perché, pur non essendo bellissimo, era un giovane di aspetto gradevole, vuoi perché il background di un calciatore famoso aveva una certa presa sulle ragazzine, non si era fatto mancare le avventure sentimentali.

Anzi, erotiche.

E, durante questi intercorsi sessuali, si era reso conto di poter vedere la mente della donna con la quale era impegnato.

La cosa lo aveva incuriosito fin da subito.

Se avesse avuto un animo poetico, forse avrebbe pensato che solo la forza dell’amore potesse paragonarsi a quella della morte.

Ma Daniel non era un poeta e credeva che la ragione di questa similitudine nelle sensazioni fosse ben altra.

Qualcosa che aveva a che fare con le sostanze liberate dal cervello e i relativi ricettori.

Anche perché, nelle sue performance tra le lenzuola, di amore ce n’era stato ben poco.

Dopo essere entrato nell’AEUG, poi, aveva appreso un’altra cosa.

Le sue prime missioni erano state dei semplici attentati contro installazioni federali, condotte pilotando un GM II rubato e ricolorato.

Al tempo, l’AEUG non aveva ancora fatto produrre dei mobile suit propri, sebbene avesse già commissionato diversi progetti alla Anaheim Electronics.

Sul suo GM II, aveva combattuto e aveva ucciso.

Aveva nuovamente percepito le vite dei suoi nemici, e ancora si era ripetuto che erano insulse per mettere a tacere quella sensazione che sembrava lacerargli le viscere e strappargli lo stomaco di dosso.

Però, una volta rientrato, si era accorto di un cambiamento in sé.

Aveva ricominciato ad avere quella prontezza di pensiero e quella rapidità nel valutare le situazioni che non gli erano mai mancate prima dell’Operazione Tristan.

Aveva preso un pallone e gli aveva tirato quattro calci.

Tutta la tecnica e l’abilità di quando aveva giocato in Serie A erano sembrate tornare come per incanto.

Era nuovamente la promessa di Side 2, colui che avrebbe dovuto portare la Longobarda a vincere la Champions League.

Come se avesse sempre giocato ai massimi livelli possibili.

Adesso, qualsiasi grande squadra avrebbe voluto uno come lui.

Non riusciva a capire cosa gli fosse successo esattamente.

Aveva l’impressione che la sua abilità, sia fisica che mentale, dipendesse direttamente dall’intensità della sua volontà di vivere.

Quando il calcio era stato il suo unico modo di affermarsi sui propri genitori, era stato capace di impegnarsi al punto di diventare un ottimo giocatore.

Quando la sensazione di uccidere aveva preso il posto di emozione preminente nei suoi pensieri, era diventata il nuovo interruttore della sua parte migliore.

Un tempo, aveva giocato a calcio per evitare che la sua anima venisse uccisa dai genitori.

Ora uccideva affinché il suo corpo non venisse ammazzato dal nemico.

Se questa era la sua natura, non poteva fare altro che assecondarla.

L’unico modo per vivere appieno era combattere.

E allora, avrebbe combattuto.

***

‘Non voglio sognare’, pensò Daniel non appena chiuse gli occhi dopo essersi buttato sul letto ed essersi messo le mani dietro la testa, senza nemmeno svestirsi o tirarsi addosso le coperte.

‘Voglio addormentarmi e non sapere niente di quello che succederà fino a domattina’.

Non che dormire nello stanzino che era il suo alloggio fosse particolarmente comodo, ma era un modo come un altro per evitare di incontrare delle persone.

Anche perché c’era un’unica persona di cui gli importasse qualcosa.

‘Al diavolo!’, fu il suo pensiero quando gli venne in mente.

Il ritmico e ossessivo suono del telefono sulla parete.

La sua luce intermittente verdastra rompeva fastidiosamente il buio completo della stanza.

Daniel allungò il braccio e afferrò la cornetta: "Sì?".

"Dan?".

"Lynn?".

"Si può sapere dove sei stato?".

"Avevo da fare".

"Ti ricordo che i permessi sono stati revocati, hai dimenticato in che situazione ci troviamo?".

"Vieni al punto".

"Ti aspetto sul Moloch, subito. Facciamo una riunione".

"Una riunione?".

"Tutti, equipaggio e piloti. Mi serve che ci sia anche tu".

***

Il Moloch era un incrociatore di classe Salamis Kai.

Era stato costruito dall’Esercito Federale, ma l’AEUG se ne era impadronito quando il suo equipaggio aveva disertato, già nell’aprile UC 0087.

Le imprevedibili circostanze della guerra avevano portato buona parte dei suoi operatori a morire nel corso dei combattimenti; già alla fine di maggio, erano rimaste solo tre persone dei soldati federali che avevano originariamente servito sulla nave; le altre erano state sostituite con personale proveniente praticamente da ovunque.

Ormeggiato a Sweetwater, il Moloch era ormai un incrociatore composto da un equipaggio eterogeneo, formato dai sopravvissuti di diverse altre unità dell’AEUG.

Al centro della sala comandi c’era il collante di questi pezzi: Lynn Petrie-Smith.

Trentun anni non ancora compiuti, bassa statura, infilata nell’uniforme rossa e bianca degli ufficiali dell’AEUG.

Capelli biondo cenere raccolti in una crocchia sulla testa, con un ciuffo che le ricadeva sulla parte destra del viso.

Un paio di occhi neri che sapevano essere tremendamente duri, eppure riuscivano a comprendere le ragioni delle persone.

Doveva essere stato per questo che l’avevano nominata capitano.

Daniel aveva un debole per lei, o almeno questo era quanto diceva a se stesso.

In realtà, era pienamente consapevole di esserne perdutamente innamorato.

"Signorsì", le diceva rispondendo ai suoi ordini.

‘Sì, mia unica ragione di vita’, pensava contemporaneamente.

E aggiungeva qualche pensiero del tipo ‘Sei bellissima’, ‘Rivolgimi la parola un’altra volta’, ‘Incrocia per caso il mio sguardo’.

La cosa peggiore di quei pensieri era che poi venivano puntualmente accompagnati da qualcun altro, del tipo: ‘Mi crogiolo nel dolce dolore che l’amore per te mi provoca e poi vado in giro a rimorchiare qualche trioetta qualsiasi per scoparmela. Non solo sono un pusillanime, ma i miei sentimenti più profondi sono talmente insulsi e puerili che mi faccio schifo da solo’.

Alla fine, la sensazione che gli restava puntualmente impressa nel cervello dopo avere avuto a che fare con Lynn era qualcosa di simile a ‘Sono un idiota’.

Attorno a Lynn, nella sala di comando, erano riuniti tutti i membri dell’equipaggio del Moloch.

Chi aveva un posto di lavoro in quella sala vi era seduto, gli altri si erano accomodati per terra.

Tutti indossavano l’uniforme, tranne Daniel, che aveva ancora la maglia e i pantaloni neri addosso.

"Vorrei precisare che ho indetto questa riunione all’insaputa dei nostri superiori", disse Lynn mettendosi le mani dietro la schiena e guardando uno dopo l’altro tutti i presenti.

‘Ti prego, sofferma il tuo sguardo su di me per un secondo in più’, implorò mentalmente Daniel.

Lei non lo fece, ovviamente.

"Per farla breve", proseguì Lynn (‘Adoro come tu sia una persona che arriva subito al sodo’, fu quanto balenò nella testa di Daniel), "quello che potreste avere già sentito è vero. Pare che Axis sia tornato nella Sfera Terrestre con una flotta. Bella grossa".

Se l’equipaggio del Moloch fosse stato composto di novellini, probabilmente si sarebbe levato un mormorio stupito.

Ma, in un modo o nell’altro, erano tutti veterani.

"So bene che questo è un problema praticamente per tutti", proseguì il capitano del Moloch, "Alcuni di noi, me compresa, facevano parte dell’Esercito Regolare di Zeon durante la guerra di indipendenza di otto anni fa. Altri, invece, combattevano nell’Esercito della Federazione Terrestre. Nonostante un tempo fossimo nemici, ora siamo tutti qui e, ciascuno per i propri motivi, siamo riuniti sotto un’unica bandiera perché abbiamo un solo nemico. Mi rendo però conto che il ritorno di Axis potrebbe infrangere la nostra unità, quindi vi ho chiamati qui per un motivo ben preciso: voglio che mi diciate cosa avete intenzione di fare".

Tra i membri dell’equipaggio volarono occhiate dubbiose.

Il primo a parlare fu Harold, il capo meccanico: "Cosa dobbiamo dirti, esattamente? Se abbiamo intenzione di unirci alle truppe di Axis? Non sappiamo nemmeno quale sia la posizione dell’AEUG verso di loro. Non escluderei che i nostri superiori possano optare per un’alleanza".

"Per l’appunto", rispose Lynn. "A quanto mi è stato detto in via confidenziale, quindi fate finta che non ve l’abbia mai riferito, pare che un gruppo dei nostri stia cercando di entrare in contatto con il capo di Axis. In pratica, loro sarebbero orientati a stabilire un’alleanza, ma, come potete immaginare, non potremo essere sicuri di come andranno le cose finché non saranno concluse. Vorrei sapere cosa fareste voi in entrambi i casi, ovvero che l’AEUG finisca per essere alleato o nemico di Axis".

"Non ti nascondo che sono dubbioso, Lynn". A parlare era stato Jack, un omone grande e grosso sulla quarantina, dai capelli biondi, folti e spettinati. "Come sai, io ero nell’Esercito di Zeon durante la guerra. Non ho mai apprezzato le tattiche degli Zabi e mi sono fatto schifo da solo quando ho partecipato all’Operazione British… Però, per essere onesto, non me la sento di combattere contro i miei compatrioti. Alla fine, se l’AEUG esiste, è proprio perché gli spacenoid sono oppressi, no?".

‘No’, pensò Daniel con una vaga sensazione di disgusto, ‘L’AEUG esiste perché i Titans stanno facendo perdere soldi a un sacco di gente che sta meglio di noi e preferisce pagarci piuttosto che scendere in campo di persona’.

"Io non sono d’accordo", intervenne Simon, un giovane bruno di ventisei anni, che era stato solo un ragazzino quando aveva pilotato mobile suit nell’Esercito della Federazione Terrestre. "Se gli zeoniani sono tornati nella Sfera Terrestre con una flotta, non l’hanno certo fatto per giocare a briscola. È evidente che sono qui per combattere e non mi stupirei se volessero riprendere le folli ideologie di Gihren Zabi".

"Questo potrebbe essere vero, in effetti", replicò Lynn. "Le mie informazioni risalgono a tre anni fa, ma sembra che la situazione sia precisamente questa. A quanto ne so, i soldati che fuggirono su Axis dopo la guerra di indipendenza portarono con sé la figlia del generale di corpo d’armata Dozle, Mineva. Nel corso degli ultimi anni, l’hanno usata come figura pubblica, presentandola come la legittima erede della dinastia degli Zabi. Il problema è che Mineva dovrebbe avere compiuto otto anni all’inizio del mese scorso, quindi è evidente che non abbia potuto regnare da sola e che stia venendo semplicemente manovrata da altri. La reggente di fatto di Axis dovrebbe essere la sua tutrice, la figlia di un ammiraglio che ora è morto. Molto giovane anche lei, per la cronaca. Per farla breve, gli zeoniani di Axis sembrano essere effettivamente dei nostalgici degli Zabi".

"E tu, Lynn", chiese nuovamente Harold. "Cosa vuoi fare?".

Il capitano sospirò, come se fosse sul punto di dire qualcosa di problematico. Il che effettivamente era.

Poi rispose: "Ci ho pensato molto. Come Jack, nemmeno io sono mai stata in linea con gli Zabi. Anzi, i miei genitori sono stati perseguitati per anni perché appartenevano alla corrente fedele a Deikun. Capirete quindi che non ho alcuna voglia di aiutare questa gente a ristabilire una dittatura su Side 3, se è questo che desiderano. D’altra parte, molti dei soldati di Axis sono persone proprio come noi, che vorrebbero solo l’indipendenza per gli spacenoid, quindi preferirei non combattere contro di loro. Ne conosco anche qualcuno personalmente, perché erano miei commilitoni durante la scorsa guerra. Però… ho riflettuto che, qualsiasi decisione prendessi adesso, a prescindere dalla situazione, mi troverei a fare qualcosa che non voglio. In un caso, dovrei aiutare dei fanatici degli Zabi; nell’altro, dovrei uccidere dei compagni. Di conseguenza, ho deciso di restare nell’AEUG qualsiasi cosa accada. Io sono qui adesso e, se lo sono, è perché credo in quello che faccio. Il mio passato è solo il mio passato. Se non ho modo di evitare una situazione difficile, allora tanto vale che la affronti basandomi sulle mie convinzioni. Se poi le cose dovessero farsi insostenibili… non escludo che potrei considerare l’idea di disertare. In ogni caso, voglio vivere secondo quello che ritengo giusto adesso, senza fuggire dai problemi che questo potrebbe crearmi".

Dopo che Lynn ebbe dato la propria spiegazione, tutti gli altri membri dell’equipaggio, a turno, fornirono le loro.

Molti si dichiararono d’accordo con il capitano.

Qualcuno, tra cui anche degli zeoniani, disse di non volere assolutamente combattere al fianco di fanatici degli Zabi.

Nessuno si schierò apertamente con Axis, ma molti dissero di essere disposti a tollerare un’alleanza.

Daniel aveva saputo fin da subito cosa rispondere.

Si era preparato due diverse scuse, che gli avrebbero permesso di seguire Lynn qualsiasi cosa lei avesse deciso.

Ma la presa di posizione del suo capitano (che adesso amava molto di più proprio per questo) gli aveva permesso di replicare sinceramente: "Sai che per me combattere con o contro degli zeoniani non ha mai fatto differenza. Non è per questo che sono nell’AEUG, quindi rimarrò in qualsiasi caso".

"Bene", disse infine Lynn dopo avere ascoltato quanto tutti avevano da dire, "Sono contenta delle risposte che ho ricevuto. A questo punto, non possiamo fare altro che sperare di non avere altri nemici, a parte i Titans".

***

‘Lurido bastardo’, pensò Daniel mentre teneva lo sguardo fisso sul mobile suit che aveva davanti.

Era una macchina aggraziata ed elegante, dalla linea pulita e solida al tempo stesso, bianca con la sezione del petto e le piante dei piedi rosse.

Bianco e rosso, i colori della Longobarda.

‘E falla finita, maledetto figlio di puttana!’, pensò nuovamente senza distogliere lo sguardo dal colosso antropomorfo davanti a lui.

Gli era stato detto che quello era uno Z Plus C1, una variante prodotta in serie dello Z Gundam.

Ne erano stati assemblati pochi esemplari, perché costava comunque un occhio della testa.

La maggior parte degli Z Plus era finita nelle mani della Karaba o della Federazione Terrestre, che aveva cominciato a voltare le spalle ai Titans in seguito al discorso che Casval Rem Deikun aveva tenuto nel Parlamento di Dakar.

Lynn si era quasi messa a piangere quando aveva visto la trasmissione televisiva.

Quant’era bella quando piangeva, aveva pensato Daniel.

In questo momento, Lynn era dall’altra parte dell’hangar del Moloch e stava parlando con Harold.

Probabilmente, lui le stava illustrando le condizioni di qualche mobile suit.

‘Piantala, stronzo!’, pensò di nuovo Daniel senza girarsi (nonostante sentisse chiaramente che stavano parlando di qualcosa).

‘Lasciala andare! Se non le parlerai più, lei verrà da me e mi dirà qualcosa. Qualsiasi cosa mi va bene, ma lascia che venga da me! Anche solo per un secondo’.

Daniel stava cominciando ad annoiarsi a restare lì a guardare lo Z Plus senza fare niente.

Ma non poteva rischiare di andarsene e perdere l’occasione di parlare un po’ con Lynn.

Poi, il momento fatale arrivò.

Daniel sentì una mano che gli si posava sulla spalla.

"Che ne dici?", gli chiese Lynn con un sorriso.

‘Che ti amo’, pensò lui, ‘Soprattutto quando mi sorridi’.

"Non sembra male", rispose però, indicando lo Z Plus con un cenno del capo.

"Dicono che sia eccezionale", replicò lei. "Ed è per questo che l’ho assegnato a te. L’ho anche fatto dipingere con i tuoi colori personali, contento?".

Il pensiero fu chiarissimo nella mente di Daniel: ‘Il fatto che tu abbia avuto un’idea di riguardo per me mi rende talmente felice che vorrei gridarti in faccia quanto ti amo’.

Ma disse tutt’altro: "Non è che fosse così fondamentale. Che ne sarà del Nemo che ho pilotato finora?".

"Sarà assegnato a qualche altra unità, ovviamente. Ti dispiace?".

"Se questo è migliore, direi di no".

"Certo che è migliore, te l’ho detto. Nonostante sia un modello prodotto in serie, sembra che non abbia niente da invidiare al vero Z Gundam. Sei decisamente il pilota più adatto per questo mobile suit".

"Sì?".

"Sì. Non ho mai visto un pilota come te, davvero… Il tuo modo di pilotare ha qualcosa di… affascinante".

‘Il mio modo di pilotare, eh?’, pensò amaramente Daniel.

"Sei sicuramente la persona che può sfruttare al meglio le potenzialità dello Z Plus", proseguì Lynn. "Ora che sappiamo che Axis è nostro nemico, abbiamo decisamente bisogno di te, quindi metticela tutta".

‘Lei ha bisogno di me…’, gongolò lui mentalmente, senza che la sua faccia cambiasse espressione.

***

I raggi balenavano attorno al Moloch, mentre i mobile suit di Neo Zeon lo attaccavano.

Le agili forme dei Gaza-E saettavano attorno alle corazzate, dell’AEUG e di Axis, mentre i Nemo e i Rick Dias sparavano contro i nemici che li assalivano da ogni direzione.

La battaglia si combatteva sullo sfondo della Terra, la gemma azzurra che brillava nel cosmo.

Una flotta dell’AEUG, di cui il Moloch faceva parte, era stata incaricata di impedire lo sbarco dall’orbita di un contingente di mobile suit di Neo Zeon, che avrebbe dovuto fornire rinforzo alle truppe già arrivate sulla Terra.

All’inizio di aprile 0088, tra voltafaccia e cambi di schieramento, la Guerra di Gryps era finita.

La cosa aveva sconfortato Daniel.

Il fatto che l’AEUG fosse improvvisamente diventato alleato della Federazione, per la verità, non lo aveva interessato più di tanto.

L’unica cosa che gli era sempre importata era stata combattere.

E stare vicino a Lynn, ovviamente.

Quello che l’aveva sconfortato era stato il fatto che non ci sarebbero più state guerre per un po’.

Niente possibilità di uccidere, quindi.

Sarebbe tornato a essere un incapace?

Con suo grande sollievo, però, era subito comparso un altro nemico.

Axis.

I reduci del vecchio Esercito Regolare di Zeon avevano assunto il nome di Neo Zeon, dichiarando guerra alla Federazione Terrestre.

E ai suoi alleati, di conseguenza.

In seguito alla Guerra di Gryps, i Titans erano stati praticamente annientati, mentre le forze federali e dell’AEUG erano seriamente compromesse.

Il Moloch era stato una delle poche navi a uscire dalla battaglia nei pressi del colony laser senza subire perdite di enorme entità.

Di conseguenza, aveva trascorso i primi mesi dello 0088 in attesa, giacché l’ordine di combattere contro Axis sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro.

Ma era parso che i federali non volessero prendere una posizione politica troppo netta contro Neo Zeon. Il che era assurdo, visto che le intenzioni delle armate di Haman Karn, così si chiamava la reggente in vece di Mineva Lao Zabi, erano sempre state chiare.

Poi, tra luglio e agosto 0088, Neo Zeon aveva cominciato la sua invasione della Terra e aveva persino occupato Dakar, sede del Parlamento Federale.

Nonostante questo, era sembrato che la linea del governo fosse ancora quella della trattativa.

Avevano tanta paura di Axis?

Era stato l’AEUG a opporsi a questa decisione.

E il Moloch, in quanto unità combattente ancora in buone condizioni, era stato al centro di alcune operazioni contro Neo Zeon, con disappunto di diversi membri dell’equipaggio.

Però, quando si era presi a bersaglio da alcune corazzate e un numero imprecisato di mobile suit, era difficile ricordarsi del proprio disappunto.

In tutto questo casino, l’unico che si divertiva era proprio Daniel.

Sì, lo Z Plus era decisamente un’ottima macchina.

Nonostante gli enormi consumi di energia del suo beam smartgun, riusciva a pilotarlo con molta naturalezza.

Fu proprio il beam smartgun di Daniel a colpire in pieno una delle corazzate di Neo Zeon, un Gwanban, facendola esplodere nel cosmo.

Fin dall’inizio della battaglia, il nemico doveva avere capito subito che quel mobile suit bianco e rosso non era una macchina qualsiasi.

Le unità avversarie cercavano di abbatterlo a tutti i costi o evitarlo.

Il cervello di Daniel era ormai completamente annebbiato.

Non ricordava quanti nemici avesse abbattuto.

La tempesta di ricordi altrui che gli si era riversata nel cervello lo aveva portato sull’orlo dell’incoscienza, uno stato in cui combatteva praticamente senza rendersene conto.

Sapeva di avere ucciso un tizio che aveva progettato di dichiarare ai suoi genitori la propria omosessualità dopo la battaglia.

Poi, aveva fatto fuori anche un altro tale, a cui la moglie aveva appena detto di essere incinta.

C’era stato anche quell’altro pilota, quello con l’hobby della pittura, che aveva voluto preparare una mostra dopo la guerra.

E, incredibile a dirsi, un appassionato di calcio che aveva ricordato ancora con nostalgia le imprese tecniche di Daniel Wymann nella Longobarda.

Chissà cosa avrebbe pensato, se avesse saputo che era stato proprio Daniel Wymann a ucciderlo!

Eppure, tutte queste vite continuavano a essere insulse.

Erano identiche a quelle di tante altre persone che aveva già ammazzato.

Ma Daniel si era già reso conto da tempo di questo fatto: alla fine, tra un essere umano e un altro non c’era molta differenza.

Chissà perché non si capivano…

Come era possibile che non si capissero, se erano tutti ugualmente insulsi?

Forse perché non ci provavano nemmeno?

O forse, più semplicemente, non erano in grado di accettarsi per come erano?

All’improvviso, un’ombra oscurò la mente di Daniel.

Riacquistò la lucidità in un attimo, come se si fosse appena svegliato dal sogno.

Era comparso qualcuno nella cui mente non riusciva a entrare.

Era un mobile suit strano, nero, con delle spalle esageratamente larghe e sproporzionate e una testa schiacciata in cui brillavano due monoeye.

Daniel aveva visto quel modello in un rapporto che illustrava ai piloti dell’AEUG le macchine del nemico.

Si chiamava Qubeley.

Non se ne sapeva molto, perché, apparentemente, ben pochi di coloro che lo avevano incontrato erano sopravvissuti per raccontarlo.

Prima ancora di finire di formulare il pensiero, Daniel fece compiere un brusco scarto allo Z Plus, per evitare un raggio partito dal braccio destro del Qubeley.

Sembrò che il pilota nemico avesse un attimo di esitazione.

Perché non riusciva a percepire cosa stesse pensando?

Che cazzo stava succedendo?

Poi, all’improvviso, da una bizzarra appendice che c’era nella parte posteriore del Qubeley, una specie di ‘coda’, uscì qualcosa.

Descrivendo un movimento a spirale, una dozzina di minuscoli oggetti si dipartì dalla macchina.

Daniel aveva sentito parlare di qualcosa di simile: durante la Guerra di Un Anno, alcuni corpi speciali di Zeon avevano sperimentato delle armi che consentivano al pilota di controllare a distanza delle derive, con le quali era possibile effettuare attacchi a tutto campo.

Se era effettivamente così, i funnel usciti da Qubeley dovevano essere in grado di sparare.

A volte, Daniel detestava avere ragione.

In breve, si trovò colto in un reticolato di colpi.

Ne evitava la maggior parte per puro istinto, sparando nel contempo con i beam gun sulle anche dello Z Plus per cercare di abbatterne qualcuno.

Il Qubeley non si sarebbe potuto avvicinare troppo, perché altrimenti avrebbe rischiato di trovarsi coinvolto nei suoi stessi attacchi.

E Daniel era in vantaggio sulla lunga distanza.

Se solo avesse potuto trovare il momento giusto per puntare il beam smartgun…

Improvvisamente, il Qubeley scattò in avanti.

Che razza di mossa era?

Daniel cercò di pensare rapidamente.

Era evidente che tutti i funnel, molti dei quali aveva ormai perso di vista, erano stati collocati in modo da sparare senza colpire il proprietario…

Di conseguenza…

Non sapendo da dove sarebbero arrivati gli attacchi, c’era un’unica cosa da fare per andare sul sicuro.

Daniel spinse al massimo i motori posteriori dello Z Plus, mandandolo a sbattere frontalmente contro il Qubeley e spingendolo nel vuoto cosmico.

Nessun funnel sparò.

Ovviamente.

Sarebbe stato troppo rischioso fare fuoco mentre si era così vicini.

Fu solo allora, quando la telecamera principale del suo mobile suit riuscì a vedere oltre quello nemico, che Daniel si rese conto che i funnel lo stavano seguendo da terga.

Evidentemente, il pilota del Qubeley aveva pensato che Daniel avrebbe cercato di allungare le distanze per sfruttare il beam smartgun.

Quando questo fosse successo, il mobile suit di Neo Zeon si sarebbe spostato lateralmente e avrebbe sparato con i funnel, approfittando del fatto che la mira del nemico avrebbe cercato di seguirlo.

Un discreto piano.

Ma Daniel era un veterano.

Aveva vinto: a questo punto, gli sarebbe bastato sparare con i beam gun sulle anche e…

Emergenza.

"Cosa?", sibilò con disappunto.

Le strumentazioni dello Z Plus indicavano una situazione di emergenza.

Certo, era una funzionalità ben precisa di questo modello.

Il computer stava informando Daniel che lo Z Plus si trovava in una zona in cui non si sarebbe più potuto sottrarre all’attrazione della gravità terrestre.

In altre parole, doveva effettuare il rientro nell’atmosfera.

Merda!

Doveva essere stata la sua spinta sul Qubeley a scagliarli entrambi in un posto tanto problematico!

Non era stato poi così furbo, dopotutto.

Le strumentazioni consigliavano la trasformazione in waverider.

Daniel tirò un sospiro di sollievo.

Certo, trasformando lo Z Plus dalla sua forma umanoide in quella di caccia, avrebbe potuto resistere al rientro nell’atmosfera, e anche volare in presenza di gravità.

Mentre l’attrito cominciava a rosseggiare sulla corazza bianca del suo mobile suit, si liberò del Qubeley con un calcio e fece trasformare la propria macchina, esponendo all’atmosfera terrestre il ventre.

La temperatura nell’abitacolo di faceva sempre più calda di secondo in secondo.

Anche questo era previsto: il computer dello Z Plus stava attivando automaticamente un sistema di raffreddamento pensato proprio per queste evenienze.

Che bella macchina era, questo Z Plus!

All’improvviso, un tonfo.

Daniel si rese conto di cosa fosse successo anche senza vederlo.

Ma lo vide guardando in alto grazie al panoramic monitor.

Il Qubeley gli si era appoggiato sopra.

Contava di usare lo Z Plus come scudo per superare la fase di rientro, un’impresa altrimenti impossibile per il modello di Axis.

E, da quella posizione, non poteva nemmeno essere attaccato.

Daniel vide balenare un paio di raggi, poi degli strani oggetti oblunghi gli volteggiarono attorno.

Le spalle del Qubeley?

Doveva essere stato il pilota a tagliarle spontaneamente, sparando con i funnel, per minimizzare l’attrito e proteggersi completamente dietro lo Z Plus.

Bene, bene, bene…

Questo sconosciuto che si rifiutava di aprirgli la propria mente sarebbe stato completamente inerme, una volta arrivati sulla Terra.

Avrebbe avuto un mobile suit danneggiato e incapace di volare, e probabilmente anche di ricorrere ai funnel, in presenza di gravità.

Sì, però…

Da quella posizione, il Qubeley avrebbe potuto sparare e abbatterlo facilmente…

Certo, poi si sarebbe schiantato al suolo, ma intanto…

Improvvisamente, superata una coltre di nubi che era sembrata interminabile, un luminoso cielo azzurro si aprì davanti a Daniel.

Era tornato sulla Terra dopo tanti anni…

A questo punto, c’era solo una cosa da fare: avrebbe fatto ruotare su se stesso lo Z Plus, in modo da buttare giù il nemico.

Anzi, no.

Se l’avesse fatto, il Qubeley avrebbe avuto comunque modo di colpirlo facilmente.

Improvvisamente, il mobile suit di Neo Zeon si staccò dal nemico.

Ecco, ora l’avrebbe attaccato.

Si era distanziato per non restare coinvolto nell’esplosione del reattore nucleare.

Ma cosa credeva di fare?

Anche se lo avesse abbattuto, si sarebbe senza dubbio schiantato al suolo!

Perché abbandonarsi così, come rassegnandosi a morire?

Che significato…

…aveva…

…una mossa…

…del genere?

Poi, una campanella suonò nella testa di Daniel.

Quel pilota aveva qualcosa…

Quel pilota era colui di cui non era riuscito a penetrare i pensieri…

Aspettò che la quota calasse un po’.

Poi fece avvicinare lo Z Plus al Qubeley e lo trasformò nuovamente in mobile suit.

Afferrò la mano del nemico.

Come a volersi unire in uno sforzo congiunto, entrambe le macchine attivarono i propri vettori di spinta.

La caduta frenò lentamente.

Non di molto.

Ma abbastanza da impedire che i due mobile suit si schiantassero quando arrivarono pesantemente a terra.

Si divisero un attimo prima di toccare il suolo: le gambe dello Z Plus cedettero, facendolo crollare seduto.

Il Qubeley, invece, era rimasto sulla schiena, immobile.

Daniel aprì l’abitacolo e corse fuori.

Non estrasse la pistola.

Non ebbe nemmeno il tempo di guardare dove si trovasse.

Capì di essere su di una spiaggia solo quando i suoi piedi si tuffarono nell’acqua verdastra del bagnasciuga.

Alla sua destra, delle palme ondeggiavano al vento.

Alla sua sinistra, il mare si perdeva a vista d’occhio.

Sopra di lui, l’alba.

Gettò a terra il casco della normal suit mentre correva verso il Qubeley.

Si arrampicò sul corpo del mobile suit nemico, fino ad arrivare a quell’apertura che doveva essere l’abitacolo.

Che si aprì.

Una ragazza con indosso la normal suit dell’Esercito Regolare di Zeon, che non portava il casco, saltò fuori dal cockpit come una molla, appoggiando le mani sulle spalle di Daniel.

Aveva i capelli rossi, tagliati a caschetto.

I suoi occhi verdi, spalancati per lo stupore, fissavano quelli dell’uomo.

Lei sorrise: "Io non ti conosco!", dichiarò, come se fosse stata la scoperta più importante del genere umano.

"Nemmeno io!", esclamò Daniel con lo stesso tono.

Si baciarono appassionatamente.

***

Erano capitati in un posto strano.

Sembrava tutto troppo perfetto.

Dopo un breve giro, Daniel e la ragazza, che aveva detto di chiamarsi Suzanne, avevano scoperto di trovarsi su di un’isola deserta.

Lo Z Plus, che in teoria avrebbe potuto portarli via di lì, non aveva abbastanza carburante.

Ma non sembrava un problema: frutta e pesce non mancavano e una cascata naturale forniva l’acqua.

Era una situazione quasi assurda: la classica storia della coppietta sperduta su di un’isola tropicale.

Già, ‘coppietta’ forse non era un termine esagerato.

Per la prima volta in vita sua, con una persona la cui mente non era riuscito a percepire, Daniel sentiva di avere trovato un’anima affine.

E anche per Suzanne, a suo dire, era stato così.

Era davvero incredibile, ma anche lei aveva sofferto per lo stesso problema che aveva attanagliato Daniel.

Anche lei era stata in grado di sentire i pensieri altrui ed era stata sull’orlo della follia.

Cosa era stato a portarli insieme?

Forse il fatto che ciascuno vedesse nell’altro l’unica persona con la quale poteva non essere un newtype?

Si erano innamorati?

Daniel aveva sempre pensato che fosse necessario conoscere una persona per innamorarsene.

Adesso, invece, passava le giornate in tenere effusioni con una donna che non conosceva.

Proprio perché non la conosceva.

C’era qualcosa di paradossale in quella situazione.

Forse erano stati uniti dall’avere provato un dolore simile.

In un certo senso, si stavano leccando le ferite a vicenda.

E Lynn?

Per qualche strano motivo, ora Daniel non se ne preoccupava.

Non sapeva nemmeno se fosse sopravvissuta alla battaglia.

Ne aveva parlato a Suzanne, descrivendo Lynn come la donna che amava.

Per qualche strano motivo, in Suzanne non c’era stata traccia di gelosia.

Apparente, almeno.

Era successo una mattina.

Erano entrambi nudi nell’acqua, che veniva lentamente scaldata dal sole nascente.

Avevano appena finito di fare sesso.

O l’amore, a seconda dei punti di vista, di questo Daniel non era proprio sicuro.

Erano lì, nell’acqua bassa, un po’ galleggiando, un po’ toccando il fondale con il sedere.

Dandosi la schiena, tenevano l’uno la testa appoggiata sulla spalla dell’altra.

"Tu sei come Perceval", gli aveva detto Suzanne a un certo punto.

"Chi?", aveva risposto lui.

"Perceval. Non hai letto il Perceval di Chrétien de Troyes?".

"Non ero molto bravo a scuola".

"Be’, c’è questo Perceval, che è un cavaliere della Tavola Rotonda e desidera trovare il Graal più di ogni altra cosa. A un certo punto, arriva al castello del Re Pescatore, dove vede l’oggetto della propria ricerca. Potrebbe facilmente ottenerlo, se solo ponesse le domande giuste, ma decide di tacere perché il suo maestro gli ha insegnato a non parlare a sproposito. In realtà, però, il suo errore è unicamente frutto dell’indecisione. Rimanda continuamente le domande che dovrebbe porre e, così facendo, perde tutto".

"E in che modo io somiglierei a questo Perceval?".

"Avevi quella donna di cui eri innamorato a portata di mano, ma non ti sei mai dichiarato. Sei stato nel castello del Re Pescatore, ma non hai parlato. E adesso hai perso tutto".

Daniel sospirò: "Forse hai ragione. Forse sono semplicemente stato indeciso. Avrei dovuto dire come stavano le cose senza farmi problemi. Ma ormai non importa. Non voglio che il mio passato mi condizioni la vita".

Si rese conto subito dopo di avere parlato proprio come avrebbe fatto Lynn.

Gli era entrata nel cervello fino a questo punto?

Doveva essere ancora perso di lei, in fin dei conti…

"Sei rimasto a contemplare le macchie di sangue sulla neve?", chiese Suzanne abbozzando un sorriso.

"Eh?".

"Oh, niente, un’altra citazione. Dopo avere perso la possibilità di ottenere il Graal, Perceval si è veramente messo a contemplare delle macchie di sangue sulla neve. Poi è arrivato Galvano, che l’ha portato da Re Artù. Stai aspettando che arrivi Galvano anche per te?".

Quasi in risposta alle parole della ragazza, una vibrazione sembrò scuotere il fondale.

E non solo: anche l’acqua cominciò improvvisamente a muoversi.

Daniel e Suzanne si misero a sedere.

"Che diavolo…", sibilò lui seccato.

Istintivamente, si girò verso il largo.

Qualcosa stava uscendo dall’acqua.

Erano due mobile suit.

Le loro forme blu somigliavano vagamente a quelle di un modello contro cui Daniel aveva già combattuto, una macchina trasformabile chiamata Gaza-C.

Ma avevano qualcosa di diverso, a parte il colore.

Al posto del knuckle buster, avevano qualcosa che somigliava a un gigantesco lanciamissili.

Daniel arrivò a un’unica conclusione: "Amici tuoi?", chiese rivolto a Suzanne.

"Sono dei Gaza-M", annuì lei. "Sono mobile suit anfibi progettati su Axis in previsione dell’invasione della Terra. Ma cosa ci fanno qui?".

"È improbabile che siano venuti a cercarti, vero?".

"Direi di sì. Chiunque penserebbe che io sia morta durante il rientro nell’atmosfera".

"Quindi devono essere qui perché siamo vicini a qualche posizione strategicamente importante, no?".

"Mi pare ovvio. Il problema è che non ho idea di dove ci troviamo adesso, quindi non saprei dirti con precisione…".

Improvvisamente, una cannonata.

Accanto a uno dei mobile suit, si levò una colonna d’acqua.

Daniel spostò lo sguardo alla propria destra.

Una portaerei.

Federale, evidentemente.

Che la Federazione si fosse finalmente decisa a contrastare Neo Zeon in maniera definitiva?

Un’altra cannonata.

Stavolta gli schizzi d’acqua raggiunsero Daniel e Suzanne.

E doveva decidersi proprio adesso, la Federazione?

Ma, soprattutto, pensò amaramente Daniel, ecco che la perfezione del paradiso in cui era vissuto per quei pochi giorni era stata infranta.

Erano finiti nel bel mezzo di una battaglia.

Istintivamente, Daniel afferrò la mano di Suzanne e si mise a correre verso la riva: "Dobbiamo nasconderci fino alla fine della battaglia!", esclamò senza fermarsi.

"Lo so!", gli rispose lei, "Ma poi cosa faremo? Chiunque vinca, uno di noi sarà considerato un prigioniero, e probabilmente l’altro un traditore!".

"E allora cosa vuoi fare? Dobbiamo almeno allontanarci, quegli affari hanno un reattore nucleare, se esplode, siamo finiti!".

Un’idea balenò nella mente di Daniel.

Con tutta probabilità, sulla portaerei non si erano resi conto della presenza sua e di Suzanne (anche se di certo avevano visto i mobile suit).

C’era un’unica cosa da fare: i due Gaza-M dovevano essere abbattuti senza che il reattore venisse toccato.

Daniel lasciò la mano della ragazza e corse verso lo Z Plus.

Entrò nell’abitacolo ancora nudo e armeggiò freneticamente con i comandi: la portaerei non sarebbe certo andata troppo per il sottile, doveva essere lui a sistemare le due macchine di Neo Zeon.

Vedendolo combattere, forse sulla nave avrebbero capito che lui stava dalla loro parte e non avrebbero sparato.

Finalmente, lo Z Plus si alzò.

Daniel lasciò cadere il beam smartgun: non era certo indicato per un combattimento che doveva andare per il sottile.

Mentre il mobile suit bianco e rosso attingeva alle sue ultime riserve di energia per cominciare a correre, si estrasse la beam saber dall’anca sinistra.

La lama di luce violacea balenò nell’aria.

Uno dei Gaza-M si girò di scatto e sparò un arpione dalla propria arma.

Il colpo si perse nel vuoto: Daniel si era spostato ancor prima che partisse.

E poi, aveva sentito.

Forse il combattimento con Suzanne lo aveva convinto di essersi liberato della propria maledizione.

E invece, era ancora lì.

Il pilota del Gaza-M che aveva sparato era un ragazzino di diciassette anni. Era stato solo un bambino quando la guerra era finita e i suoi genitori, incapaci di rassegnarsi a vivere una vita che vedevano asservita alla Federazione, se ne erano andati su Axis. Era stato cresciuto nella convinzione che, un giorno, la famiglia Zabi sarebbe tornata a regnare su Side 3, acquisendo un posto di predominio nella Sfera Terrestre. A tutti gli effetti, era un ragazzino plagiato da altri, che non aveva avuto effettiva possibilità di decidere cosa fare della propria vita. Si era arruolato perché gli avevano sempre detto che quella era la cosa migliore da fare. Combatteva perché gli era stato imposto che quella era una giusta causa.

Una vita insulsa anche per gli standard di quelle che Daniel percepiva di solito.

Forse fu per questo che non ebbe particolari problemi a falciarla.

Fu estremamente preciso nel piantare la beam saber nell’abitacolo evitando il reattore nucleare.

Non appena il primo Gaza-M cadde a terra, Daniel si girò verso l’altro, che, fino ad allora, non aveva sparato, probabilmente nel timore di colpire il compagno.

Il secondo mobile suit di Neo Zeon aveva già estratto a propria volta una beam saber: evidentemente aveva giudicato che sparare arpioni fosse inutile a una distanza tanto ravvicinata.

Le due lame di particelle Minovsky si incrociarono.

Daniel sbuffò: non conosceva questo pilota, ma, in base a quello che percepiva, gli stava già sui coglioni.

Era il classico bel tenebroso dal passato tormentato: aveva un pessimo rapporto con i genitori, aveva detestato i compagni di classe a scuola (ritenendoli una massa di imbecilli senza nemmeno avere provato a conoscerli) e aveva sempre recitato la parte del tipo assente e disimpegnato con le donne. Aveva tuttora l’abitudine di comportarsi da stronzo con chiunque. Un tipo che aveva il vizio di scaricare le sue paturnie personali sul prossimo, in pratica, credendo che i problemi che aveva affrontato potessero giustificare il suo comportamento.

Nonostante fosse ateo, Daniel fu quasi sul punto di ringraziare Dio: per la prima volta, stava incontrando dei nemici che non aveva grossi problemi a uccidere.

Il fatto di ritenersi tutto sommato simile al secondo pilota lo disturbò solo un po’.

I due mobile suit si scambiarono qualche colpo, centrando solo le rispettive beam saber.

Sembrava che ciascuno dei due piloti fosse intento a studiare l’altro.

Daniel approfittò di quell’attimo di calma che seguì il loro primo scontro per pensare.

Quel mobile suit era una versione anfibia del Gaza-C, aveva detto Suzanne?

Quindi si poteva trasformare in… qualcosa? Forse un mobile armor subacqueo?

La forma mobile armor dei Gaza-C piegava in avanti la parte superiore del mobile suit, richiamando le braccia nel corpo e tenendo le gambe libere… Che il Gaza-M facesse qualcosa di simile? Era una fortuna che il Gaza-C fosse comune, e quindi famoso, in modo che fosse facile prevedere le mosse di una sua variante.

Improvvisamente, il mobile suit blu cominciò a correre verso lo Z Plus, brandendo la beam saber.

Daniel gli andò incontro.

Il Gaza-C era famoso…

Chiunque si sarebbe immaginato che una sua variante avrebbe sfruttato le proprie abilità di trasformazione…

Chiunque.

Anche chi lo pilotava.

Improvvisamente, i due mobile suit si trovarono a portata di lama.

Lo Z Plus sferrò il suo attacco alla parte alta del torso.

Il Gaza-M lasciò cadere la beam saber.

Il fendente di Daniel tagliò l’aria, mentre la macchina di Neo Zeon si piegava verso il basso, in un movimento molto simile a quello della trasformazione di un Gaza-C, mostrando la fusoliera, sulla quale due beam gun erano pronti a sparare.

Fu in quell’istante che Daniel ricordò una cosa.

Esistevano pochissimi esemplari di Z Gundam, ma era un modello molto famoso.

I potenti vettori di spinta sulle gambe dello Z Plus ruggirono: la cosa migliore da fare per evitare il colpo sparato dai beam gun era balzare in alto, sfruttando la forza propulsiva di una macchina che era stata progettata per volare in presenza di gravità.

Non appena il rumore dei razzi si sparse nell’aria, Daniel capì e diede il proprio comando al mobile suit.

Accadde in contemporanea: il Gaza-M alzò la fusoliera, tornando nella posizione iniziale, e sparando con i propri beam gun in aria; lo Z Plus, invece, si spostò lateralmente in un fluido movimento, che lo portò sulla sinistra del nemico.

Con un rapido colpo, tagliò il braccio sinistro del Gaza-M, facendolo cadere in acqua e sollevando una miriade di gocce scintillanti.

Una piccola esplosione dei motori dell’arto scagliò schegge tutto attorno; senza di esso, lo zeoniano non avrebbe potuto afferrare l’altra beam saber, quella nella spalla destra.

Un secondo fendente tagliò la fusoliera, eliminando i fastidiosi beam gun.

Daniel percepì l’angoscia del pilota avversario: sapeva benissimo che non avrebbe fatto in tempo a raggiungere la beam saber che aveva fatto cadere.

Infilò la sua lama lucente nell’abitacolo del mobile suit blu e sentì la vita del nemico spegnersi.

Per un attimo, si compiacque della propria abilità strategica: era evidente che il nemico aveva previsto che il suo avversario potesse essere a conoscenza delle capacità di trasformazione dei Gaza. Essendo però al corrente delle caratteristiche dello Z Gundam, il pilota di Neo Zeon si era aspettato una schivata verso l’alto e aveva cercato di anticiparla. Ma era stato lui a essere anticipato.

Daniel sospirò.

Chissà perché, stavolta uccidere non gli aveva causato tutti questi problemi.

Forse Suzanne gli aveva fatto bene, in qualche modo.

A proposito, Suzanne…

Dov’era?

Si girò freneticamente, cercandola su tutti gli schermi del panoramic monitor.

La vide.

In acqua, a faccia in giù.

Vide un pezzo di lamiera che spuntava dalla sua schiena, conficcato tra le scapole.

Lei.

L’unica persona con cui poteva non essere un newtype.

L’unica persona che poteva non capire.

Galleggiava nell’acqua bassa, mentre una macchia di sangue si allargava dal suo corpo.

Daniel fece inginocchiare rapidamente lo Z Plus e balzò fuori dall’abitacolo, correndole accanto.

Delle scialuppe vennero calate dalla portaerei.

Daniel cadde bocconi al fianco di Suzanne.

Afferrò il suo corpo tra le braccia e lo voltò, in modo da poter vedere il suo viso.

Gli occhi erano spalancati e vuoti.

Il frammento che l’aveva colpita doveva essere stato scagliato via dall’esplosione dei motori del braccio del Gaza-M.

In pratica, era stata colpa sua.

Daniel sentì il sangue di lei scorrergli sulle braccia.

Non gli importava.

Si strinse la testa senza vita al petto e cominciò a singhiozzare.

Quando una squadra di soldati scesa dalla portaerei lo raggiunse, stava piangendo a dirotto.

***

Il Moloch…

In qualche modo, era sopravvissuto.

E Daniel vi si trovava nuovamente.

La sua vacanza sulla Terra era durata poco, tutto sommato.

Era stato incredibile quanto a lungo la Federazione Terrestre fosse rimasta nell’indecisione, combattendo Neo Zeon e cercando di blandirlo al tempo stesso, al punto di arrivare a decidere di cedere Side 3 ad Axis.

Per poi decidere definitivamente di combattere, ovviamente.

D’altra parte, dopo la caduta della colonia su Dublino, non è che si potesse ancora mantenere una condotta tanto indecisa.

Naturalmente, tutto questo non aveva influenzato più di tanto Daniel.

La corazzata che lo aveva recuperato, infatti, era appartenuta alla Karaba.

Daniel aveva dovuto superare interminabili interrogatori circa cosa stesse facendo su quell’isola con una soldatessa di Neo Zeon.

A nessuno era sfuggito che lo avevano trovato nudo.

Daniel non si era fatto pregare e aveva detto la verità.

In fin dei conti, nessuno avrebbe potuto biasimarlo: era stato sperduto nel bel mezzo del mare, uccidere l’unica persona che si era trovata con lui sarebbe stato assurdo.

In effetti, era sembrato che non ci fosse intenzione di incolparlo di questo, ma gli ufficiali della Karaba vollero essere messi al corrente di qualsiasi informazione militare circa Neo Zeon lui fosse venuto a sapere durante la sua permanenza sull’isola.

Cioè zero.

La Karaba aveva comunque cercato di tenersi buono un soldato in più, vuoi perché le servivano effettivi per combattere contro gli invasori di Neo Zeon, vuoi perché tutte le sue forze erano rivolte al conflitto e non poteva permettersi di rimandare indietro una sola persona.

Per qualche mese, Daniel, con il suo Z Plus almeno riparato, aveva combattuto sulla Terra.

Alla fine, apparentemente anche dietro pressioni di Lynn (cosa che lo aveva reso immensamente felice), lo avevano rispedito all’AEUG e assegnato nuovamente al Moloch.

Ed era nuovamente lì, nell’hangar, ancora davanti al suo Z Plus, ancora in contemplazione.

"Sono contenta che tu sia tornato", gli disse Lynn mettendogli ancora una mano sulla spalla.

Non si era accorto del suo arrivo.

"Avevo temuto che tu fossi morto", proseguì il capitano. "Sapevo che lo Z Plus era in grado di resistere al rientro nell’atmosfera, ma ero convinta che il Qubeley ti avrebbe abbattuto subito dopo".

"Non ti fidi molto di me, eh?", commentò lui sarcastico.

"Non è che non mi fidi di te, ma la situazione era oggettivamente difficile".

Nessuna risposta.

Daniel non pensava minimamente alle parole che gli stavano venendo rivolte.

In quel momento, c’era un’altra cosa che gli occupava la mente.

Perceval al castello del Re Pescatore.

Se anche tra lui e Lynn ci fosse stato qualcosa di simile all’amicizia, l’aveva già perso nel momento in cui si era innamorato.

Tanto voleva cercare di arrivare fino in fondo, a questo punto.

"Lynn", disse, "c’è una cosa che devi sapere".

"Sì?", rispose lei guardandolo dritto negli occhi, come faceva sempre (sciogliendolo puntualmente).

"Ti amo".

Ripensò a Suzanne e si sentì una merda.

Lynn sembrò presa in contropiede.

Per la prima volta in vita sua, la vedeva in evidente imbarazzo.

"Cioè… me lo dici così?", balbettò lei. "Non me lo aspettavo proprio…".

"Come avrei dovuto dirtelo?".

"No, cioè… Non è che ci sia un modo specifico. È solo che… Sì, tu mi sei caro perché penso tu sia una brava persona, però… non avevo mai pensato a te in questi termini. Mi dispiace, ma io non provo i tuoi stessi sentimenti".

"Va bene, non c’è problema. Per me non cambia niente".

La donna sembrò contrariata: "Come puoi dire una cosa del genere? È chiaro che adesso ci sentiremo entrambi a disagio nel parlarci".

"No. Le cose non sono tanto difficili. Anzi, sono molto semplici. Fin da quando mi sono reso conto di quello che provavo per te, io ho cercato di proteggerti e donarti un po’ di felicità. Anche se tu non corrispondi i miei sentimenti, questo per me non cambia. Continuerò a comportarmi come sempre".

"Be’, ti ringrazio. Credimi, lo apprezzo davvero. Mi dispiace di non… uh… amarti".

"Non preoccuparti. A me piace come tu ti comporti di solito, quindi basta che continui a farlo".

***

Il relitto del Dooben-Wolf cadde pesantemente nell’hangar del Moloch.

Dietro di esso, lo Z Plus bianco e rosso che lo aveva portato lì atterrò dolcemente e si fermò.

Fu subito chiaro che l’abitacolo era stato danneggiato.

Il pilota non usciva.

Alcuni degli operatori del Moloch si portarono davanti all’abitacolo del Dooben-Wolf, puntando le pistole.

Il mobile suit di Axis, con le braccia e le gambe troncate di netto, era palesemente inerme, ma chissà chi si trovava al suo interno?

Quella macchina era stata al centro dello schieramento nemico, un contingente di Neo Zeon schierato nei pressi di Side 3.

L’assalto del Moloch aveva colto di sorpresa il nemico e Daniel si era lanciato tra le sue fila, abbattendo e distruggendo.

Poi, a un certo punto, si era accorto di quel Dooben-Wolf che tutti gli altri mobile suit stavano cercando di proteggere.

C’era qualcuno di importante lì dentro.

Così, l’aveva catturato.

Ma adesso aveva altro di cui preoccuparsi.

Si ritrovava ancora ad ansimare nell’abitacolo del proprio mobile suit.

Un colpo doveva averlo raggiunto.

Sentiva dolore al fianco destro.

Riuscì ad azionare in qualche modo il comando di apertura del cockpit.

Vide qualcuno che cercava di estrarlo.

Sentì voci strane…

"Tiratelo fuori di lì!".

"Guarda che cazzo di squarcio!".

"Serve sangue per una trasfusione!".

"Dai, che se lo rattoppiamo in tempo, si salva!".

Poi svenne.

***

Quando riprese conoscenza, era nel lettino dell’infermeria del Moloch.

Fissata al muro da una struttura apposita, una flebo gli riversava del sangue nel braccio sinistro.

Gli faceva ancora male il fianco.

Poi girò la testa verso destra.

Lynn era seduta lì.

"Come va?", chiese.

"Così così…", replicò lui con un fil di voce.

"Hai fatto un ottimo lavoro, sai? Hai catturato un generale di Neo Zeon".

"Addirittura un generale? E che ci faceva in mezzo a quei soldati?".

"Stiamo ancora cercando di scoprirlo. Ma non sorprenderebbe se fosse stato semplicemente un suo capriccio. In fondo, è sempre stato così".

"Cosa? Vuoi dire che lo conosci?".

"Il generale di divisione Lukas DeMarchand. Nell’Esercito Regolare di Zeon era solo colonnello, quindi suppongo abbia fatto carriera su Axis. Era il superiore dell’uomo con cui stavo durante la guerra di indipendenza. L’ho conosciuto allora, anche se non ero sotto il suo diretto comando. È sempre stato un ufficiale vecchio stampo, di quelli che ritengono che un comandante possa essere tale solo sul campo di battaglia. In senso quasi letterale".

"Quindi sarebbe uscito a combattere solo per senso del dovere?".

"Non lo escludo, anche se mi sembra strano. Ma te l’ho detto, è fatto così".

Daniel scosse un po’ il capo, come ad annuire.

Poi disse: "Come sto? Cioè, so che me l’hai appena chiesto, ma quali sono le mie condizioni?.

"Non sei esattamente al massimo della forma. Pare che qualcosa di non meglio identificato ti abbia aperto un fianco. La ferita non è eccessivamente profonda, ma è larga e hai perso molto sangue. Al momento, sei fuori pericolo, ma credo che tu ti sia procurato un’altra cicatrice".

"Capirai… Le donne ci vanno pazze".

"Hai voglia di scherzare nonostante le tue condizioni? Allora non stai troppo male!".

"Così pare".

Ci fu un silenzio imbarazzante.

Sembrò che entrambi fossero sul punto di dire qualcosa.

Ma fu Lynn a cominciare: "In realtà, sono qui perché volevo parlarti. Riguardo quello che mi hai detto l’altro giorno. Ci ho pensato. Ci ho pensato parecchio, davvero. Ci conosciamo da poco più di un anno, no? Se ripenso a come sono stati i nostri rapporti in questo periodo, vedo delle cose che sul momento mi erano sfuggite. Mi rendo conto che in realtà, se solo fossi stata più attenta, non sarebbe stato difficile capire i tuoi sentimenti".

"E che differenza avrebbe fatto?".

"Fammi finire. Come sai, durante la guerra, io stavo insieme a un mio commilitone, un altro soldato dell’Esercito di Zeon. Era un uomo tutto d’un pezzo, una persona molto seria e responsabile… Credo che fosse questo a piacermi di lui. Per contro, però, il suo comportamento me l’ha anche fatto prendere come un punto fermo nella mia vita. Troppo fermo. Dopo la guerra, lui decise di non tornare su Side 3. Decise di unirsi a un gruppo di soldati che avrebbero continuato a lottare per l’indipendenza. Non riusciva a sopportare l’idea di avere perso. Io andai con lui per breve tempo, ma poco dopo tornai a casa. Capii che era troppo preso dalla sua battaglia personale, che non avrebbe mai accettato la sconfitta. E capii che questo lo avrebbe portato a mettere la sua battaglia anche al di sopra di me. Eppure, la sua personalità forte e sicura mi aveva in qualche modo stregata. Mi resi conto di averlo sempre visto come un sostegno a cui aggrapparmi e che ormai non poteva più esserlo… Per certi versi, i miei sentimenti erano molto infantili, ma mi risolsi a non affidarmi più a nessuno in quel modo. Forse è stato proprio per questo motivo che non mi sono resa conto di quello che hai fatto per me. Non avevo capito che tu mi hai sempre aiutata e sostenuta senza farmelo pesare. Durante questi mesi, in un modo o nell’altro, sei sempre stato lì quando ne ho avuto bisogno. La mia non è gratitudine, né ho intenzione di ripetere lo stesso errore e di vederti come qualcuno su cui appoggiarmi. Però mi sono fatta due conti e sono arrivata alla conclusione che una persona che faccia qualcosa del genere dev’essere capace di amare molto. E io voglio essere amata da un uomo che sappia amare tanto. Penso che una persona del genere si incontri una volta sola nella vita e non voglio lasciarmela sfuggire per nessun motivo. Quindi… se vuoi… accetta i sentimenti di una stupida che ha capito di essere innamorata di te dal profondo del cuore".

Daniel sospirò.

Si sarebbe dovuto sentire contento.

Invece, in questo momento gli affiorarono sulle labbra cose che non avrebbe mai voluto dire.

‘Tu saresti una stupida?’, pensò. ‘Sono piuttosto io a essere un ipocrita e un vigliacco. Dentro di me, dicevo di amarti, però non mi facevo problemi a scoparmi qualsiasi donna fosse disposta a passare una notte con me. E ho trascorso una settimana a fottermi una sconosciuta proprio perché lo era, dimenticandomi completamente di te. Io sarei uno capace di amare tanto? Io sono solo un bambino che vuole soddisfare i propri capricci’.

Ma non disse niente di tutto ciò (cosa che lo fece sentire ancora peggio).

"Forse anche tu somigli un po’ a Perceval", mormorò.

"Cosa?", domandò lei fissandolo con i suoi occhioni neri.

Daniel non rispose.

Avrebbe voluto confessarle tutto quello che aveva pensato.

Ma era troppo vigliacco per farlo.

Non riuscì a fare altro che approfittarsi della situazione: "Va bene. Proviamo a costruire qualcosa insieme", disse.

***

"Che vergogna", mormorò il generale di divisione Lukas DeMarchand tenendo la canna della pistola puntata alla nuca di Lynn. "Lei era un buon soldato, sa? È assurdo che adesso abbia tradito la sua patria in maniera tanto ignobile".

Nonostante la normal suit gli fosse stata tolta in favore di rozzi abiti più adatti a un prigioniero, il portamento rendeva l’ufficiale di Neo Zeon una figura di una certa presenza. I suoi capelli neri striati di grigio, i suoi occhi castani dallo sguardo implacabile e il suo naso aquilino gli conferivano un aspetto aggressivo e inflessibile.

"Mi dispiace di averla delusa", rispose Lynn tenendo le mani dietro alla testa. "Il fatto è che sono abituata a vivere per me stessa".

DeMarchand scosse il capo.

Si trovavano in uno dei corridoi del Moloch.

"È proprio per questa sua mollezza che i suoi subordinati sono stati tanto imbelli da farsi stendere mentre mi portavano da mangiare".

"Già, per non parlare della fortuna che ha avuto a incrociarmi mentre mi andavo a prendere qualcosa da mettere sotto i denti anch’io, eh?".

"Un capitano serio si fa portare il cibo sul ponte, non abbandona mai la sala comandi. Dovrebbe trattare con più rigore i suoi sottoposti. Ma non c’è problema: credo proprio che, da adesso, questa nave sia mia".

"Mi dispiace deluderla, ma il Moloch ormai appartiene all’AEUG. Nessuno dei membri dell’equipaggio sarebbe disposto a cedere a un ricatto che mi vedesse come ostaggio. Questo incrociatore ha già cambiato capitano una volta, non sarebbe una tragedia se accadesse ancora".

"Nessuno dei suoi subalterni la riterrebbe un ostaggio da salvare? Credo che preferirò mettere alla prova questa affermazione di persona".

In effetti, un subalterno di Lynn che avrebbe fatto di tutto per salvarla c’era.

Appostato dietro l’angolo del corridoio con la pistola in mano, Daniel attendeva.

Quel bastardo che aveva catturato Lynn… Si sarebbe pur dovuto distrarre per un attimo…

Daniel deglutì.

Troppo rumorosamente, temette, mentre continuava ad ascoltare la conversazione.

"Ora lei mi accompagnerà sul ponte", ordinò DeMarchand con calma. "Ma prima, vorrei che rispondesse a una mia domanda. Si giri, voglio che mi guardi in faccia quando mi dirà ciò che avrà da dirmi".

Lynn obbedì (trovandosi la pistola puntata alla fronte) e l’uomo continuò: "Perché, Petrie-Smith? Alla fine della guerra, mi era sembrato che lei fosse andata per qualche tempo con la Flotta Delaz, quindi avevo pensato che volesse continuare a combattere per l’indipendenza. E invece, quando l’AEUG è diventato nemico di Zeon, e si è addirittura affiliato alla Federazione Terrestre, lei ha continuato comunque a restarci. Perché ha tradito Zeon? Non crede più negli ideali di indipendenza degli spacenoid?".

Lynn sospirò: "Generale… Io non ho smesso di volere l’indipendenza per le colonie, ma ho anche capito che il modo in cui un obiettivo si raggiunge fa molta differenza. Ogni conseguimento prevede dei sacrifici, ma il ripristino di una dittatura su Side 3 è una rinuncia eccessiva. E ho già causato la morte di troppe persone per avere voglia di proseguire su questa strada. Inoltre, ho provato sulla mia pelle che volere inseguire un desiderio personale, senza badare ad altro, può fare soffrire chi mi sta vicino. E questa è l’ultima cosa che voglio".

Daniel si sentì improvvisamente un nodo alla gola.

‘Anch’io voglio assolutamente evitare di farti soffrire’, pensò. ‘E dire che non mi merito affatto quello che tu provi per me…’.

"Non riesco a credere a quello che ho sentito", replicò DeMarchand deluso. "Tutta la forza e la determinazione che avevo visto in lei erano dunque solo una farsa? Sono molto contrariato da questa risposta. Quello che lei ha sempre voluto è quindi la soddisfazione di un concetto personale di giustizia e felicità? È questo che mi sta dicendo? Non le importava veramente niente della visione degli Zabi?".

Lynn sorrise tristemente: "Gli Zabi… non era certo per loro che combattevo. E forse la mia forza era solo una farsa, perché mi appoggiavo a una persona che per me era importante. Adesso, però, penso di avere trovato questa forza dentro di me, e l’uomo che amo è una scelta consapevole".

Daniel fu seriamente sul punto di mettersi a piangere.

"Pessima risposta", disse il generale. "Non sopporto di vedere un tale sfrontato egoismo in una persona che un tempo si è distinta nel glorioso Esercito Regolare di Zeon. Avevo pensato di prenderla in ostaggio, ma ormai non mi lascia che un’unica scelta: la giustizierò qui e subito".

Tutto sembrò accadere al rallentatore.

Daniel balzò fuori dall’angolo e fece fuoco.

Non ebbe una chiara percezione di cosa fosse successo prima.

Seppe solo che un numero imprecisato di proiettili da lui sparati centrarono DeMarchand, spedendolo a terra.

Ce l’aveva fatta!

Aveva salvato Lynn!

Aveva salvato la donna che amava!

Lynn?

Dove…?

Era riversa al suolo.

Dalla sua testa, si allargava una pozza di sangue.

Senza nemmeno accorgersene, Daniel crollò in ginocchio.

Avvicinò lentamente una mano alla donna.

Alla sua donna.

Le toccò una spalla e la scosse un po’: "Lynn…".

Era stata sicuramente colpita di striscio.

Il proiettile che quel tizio doveva avere sparato era senz’altro passato sfiorandole una tempia e ferendola leggermente.

Nessuna reazione.

Mentre l’angoscia assumeva proporzioni insostenibili, girò di scatto il corpo.

Il viso di Lynn, con gli occhi chiusi, aveva un’espressione stranamente serena.

In mezzo alla sua fronte, un buco, al quale il sangue appiccicava i capelli biondi.

Daniel non riuscì più a trattenere le lacrime.

Si mise la canna della pistola in bocca e premette il grilletto.

Click.

Scarica?

Ma quanti cazzo di colpi aveva sparato?

Era già finito il caricatore?

Istintivamente, senza nemmeno pensare, puntò l’arma verso il corpo di DeMarchand ed esplose due colpi.

Era carica!

Si era solo inceppata!

C’era ancora una speranza!

Stavolta si puntò la pistola alla testa.

Click.

Click, click, click!

Niente.

Stavolta, era scarica davvero.

Un attimo dopo, Daniel pensò di essere stato un idiota.

Cosa avrebbe risolto uccidendosi?

Ormai non c’era più niente che potesse fare. Era tutto finito.

Tutto.

Si rimise stancamente in piedi, mentre le lacrime gli rigavano ancora il viso.

Lasciando cadere la pistola, mosse qualche passo strascicato lungo il corridoio.

Era andata così.

Era stato troppo indeciso.

Sarebbe cambiato qualcosa, se si fosse dichiarato prima?

Non lo avrebbe saputo mai, ma i momenti difficili stimolano le riflessioni.

Perché si era comportato così?

Proprio quando aveva appena visto la morte, gli tornò in mente il momento della sua nascita, almeno così come glielo avevano raccontato i suoi genitori.

Quando un bambino veniva al mondo, la prima cosa che faceva era piangere per attirare l’attenzione di sua madre.

La prima volta che un bambino cercava di comunicare qualcosa, emetteva un vagito con cui chiedeva amore.

Daniel, invece, era stato praticamente strappato dalle braccia del medico da suo padre, che lo aveva alzato in aria e lo aveva ammirato mentre piangeva.

Che avesse cercato per tutta la vita l’amore che non aveva avuto appena nato?

Rise di sé dopo avere formulato questo pensiero.

Essere innamorato lo portava a farsi idee veramente stupide.

Un bambino non piangeva per chiedere amore, ma per mangiare ed essere protetto.

E allora… perché suo padre non gli aveva mai dato da mangiare?

Ma ormai era inutile chiederselo.

Ormai ciò che di bello Daniel aveva avuto era stato spazzato via.

Anche per colpa sua.

Come Perceval, anche lui aveva perso tutto a causa della propria indecisione ed era rimasto a contemplare del sangue.

Ma per lui non ci sarebbe stato alcun Galvano.

Questo Perceval sarebbe tornato alla corte di Re Artù da solo.

Per combattere.

***

Il seguente testo riprende la comunicazione che il comando dell’AEUG inviò a Sara Wymann, sorella di Daniel Wymann, nonché unica sua parente ancora in vita. Sembra che tale comunicazione non sia mai stata letta integralmente.

Gentile signorina Wymann.

Siamo spiacenti di informarla che, in data 14 gennaio 0089, nel corso di una battaglia nei pressi dell’orbita terrestre contro forze di Neo Zeon, suo fratello Daniel Wymann è risultato disperso in azione. Né il suo mobile suit, né il suo eventuale cadavere sono stati ritrovati; teniamo a precisarle che non abbiamo alcuna prova certa della sua morte e che questa nota le viene inoltrata a scopo puramente informativo. Come da contratto sottoscritto da suo fratello, ci siamo impegnati in quarantott’ore di ricerche al meglio delle risorse che era ragionevolmente possibile impiegare per il compito. Non avendo ottenuto alcun risultato, adempiamo ai nostri obblighi contrattuali dandole comunicazione di quanto accaduto.

Distinti saluti

Il QG direttivo dell’Anti-Earth Union Group

***

La Terra.

Un’alba su di un’isola sperduta.

Le palme che ondeggiavano morbidamente al vento.

Seduto sulla spiaggia, con una gamba a mollo, c’era uno Z Plus bianco e rosso con l’abitacolo aperto.

Dal mobile suit, sulla sabbia, una fila di impronte seguiva incerta la linea della costa.

Alla fine della fila, riverso a terra, immobile, con il casco a poca distanza e il mare che gli lambiva ritmicamente il fianco, c’era un uomo che indossava la normal suit dell’AEUG.

***

Note dell’autore

Fa cagare, vero?

Non so nemmeno io perché ho pubblicato questa storia. Forse perché un giorno o l’altro vorrei buttare giù anche un capitolo 4 e non mi piaceva l’idea di lasciare un buco. Cioè, dovevo scrivere qualcosa che fosse ambientato prevalentemente durante la Prima Guerra di Neo Zeon. Però… uhm… trovo che questa roba non abbia né capo né coda da più punti di vista. Anche qui ho cercato di dire qualcosa, ma non sono convinto di COME mi sia venuto. Anzi, sono straconvinto che mi sia venuto male. Il tema del primo capitolo di Gundam D era l’accettazione del prossimo; il tema del secondo capitolo era l’accettazione di sé. Il capitolo 1.5 parlava invece del presente, inteso come capacità di capire il valore di ciò che si ha. Questo terzo capitolo potrebbe vedersi proprio come il seguito dell’1.5: parla dell’indecisione e della volontà di FARE qualcosa per ottenere ciò che si desidera; per avere un miglioramento della situazione attuale, in pratica. Un conto è trovarsi la pappa pronta, un conto è impegnarsi per cucinarla. Il tema, di per sé, è qualcosa che volevo trattare e mi è sembrato naturale evolverlo a partire dal capitolo 1.5. Averlo analizzato tramite le peripezie amorose di Daniel, però, mi ha lasciato l’amaro in bocca. Fortunatamente (o sfortunatamente?), non ho mai provato un amore così disperatamente appassionato. Di conseguenza, ho basato la mia descrizione dello stato d’animo di Daniel su esperienze ‘di seconda mano’, diciamo così. Mi sono ispirato un po’ a tutte le persone innamorate (o che tali si dichiaravano) che ho conosciuto e mi sono fatto un’idea di cosa dovessero sentire, mettendoci un po’ di mio. Il risultato mi sembra spesso troppo stucchevole e puerile. A volte anche poco plausibile, perché io sono il tipo di persona che va dritta al punto, senza farsi troppe pippe mentali. Mi pare di avere scritto uno di quei filmetti del cazzo in cui si parla di turbe amoroso/sessuali di adolescenti belli e dannati che si comportano da uomini vissuti e si trombano ragazzine benestanti. Tengo a precisare che detesto questo tipo di film. Li detestavo anche quando ero adolescente, eh… La descrizione dell’isola su cui finiscono Daniel e Suzanne è volutamente ‘idealizzata’, diciamo così. Serve per fare contrasto con quello che succede dopo. All’inizio, tra l’altro, la morte della ragazza era un po’ diversa. In pratica, al posto dei Gaza-M c’era un paio di Capule, che venivano abbattuti dalla portaerei; Suzanne moriva per una scheggia vagante anche in questa versione, ma almeno qui non era colpa del protagonista. Ah, ovviamente, quando voleva suicidarsi, Daniel avrebbe anche potuto pensare a prendere la pistola di DeMarchand. Ma ho assunto che non fosse esattamente al massimo della lucidità in quel momento.

Allora, vediamo un po’ di note collaterali… il 17 dicembre UC 0078 dovrebbe essere stato effettivamente un lunedì. Nell’ultimo episodio di Gundam 0080, veniamo a sapere che il 14 gennaio UC 0080 è un lunedì, di conseguenza, se non ho sbagliato i calcoli... Il problema è che li ho sbagliati quasi sicuramente, quindi sono disposto a farmi correggere da chiunque abbia voglia di farsi un conto SERIO. Notare che io nelle mie fanfiction seguo la teoria di High Frontier, secondo cui lo 0001 corrisponderebbe al 2081; l’ho tenuto presente per contare eventuali anni bisestili. Chiaramente, anche se la data non è specificata, la riunione sul Moloch avviene nell’ottobre dello 0087. La cosa dovrebbe risultare evidente dal fatto che, secondo Lynn, Mineva avrebbe compiuto otto anni all’inizio del mese precedente e la figlia di Dozle è nata il 2 settembre 0079.

Quando ho dovuto descrivere l’equipaggio del Moloch, sono stato un po’ incerto. Eh, sì, perché l’equazione Zeon = AEUG non è così automatica, anzi. Nonostante i fan italiani siano portati a fare questo parallelismo perché noi ci siamo sorbiti l’opera quasi omnia di Kazuhisa Kondo (che pare essere molto intrigato dal concept), Tomino sembra pensarla diversamente. Benché varie fonti parlino di ex soldati di Zeon che sono entrati nell’AEUG (non ultima, il recente Advance of Zeta), per tutta la durata della serie TV di Z Gundam, l’Anti-Earth Union Group non fa altro che spalare merda sugli Zabi, paragonando loro i metodi brutali dei Titans. Di conseguenza, dico io, se anche degli ex soldati di Zeon sono entrati nell’AEUG, di certo non dovevano essere dei convinti sostenitori della filosofia di Gihren. E comunque, a parte casi eclatanti (vedi Char, Apolly e Roberto, che tra l’altro agivano dietro identità segreta), io vedo l’AEUG più come composto da federali traditori (sul tipo di Bright) che da zeoniani. Addirittura, in Gundam Sentinel diversi membri dei New Desides, simpatizzanti dei Titans, entrano a far parte di Neo Zeon, quasi a sottolineare la questione ideologica che sta dietro a queste fazioni. Motivo per cui, mi è sembrato plausibile che l’equipaggio del Moloch, pur con sentimenti contrastanti, non fosse propenso a schierarsi con Axis, anche se alcuni di loro sono originari di Side 3.

Parliamo un po’ dei mobile suit. Credo che l’unica fonte ufficiale in cui si dice che il GM Kai può usare il beam spray gun sia il Master Grade corrispondente. Non mi pare esista materiale informativo su Stardust Memory che lo afferma. Però a me serviva che impiegasse quell’arma, quindi (e comunque, lo si vede in MS IGLOO, guarda caso sempre di Imanishi)… Per quanto riguarda lo Z Plus di Daniel, non ho molto da dire. È un comune MSZ-006C1, senza caratteristiche di spicco, a parte la livrea bianca e rossa. Tra l’altro, nel film la maglia della Longobarda sarebbe semplicemente bianca, ma ho preferito cambiarla un po’ secondo il mio gusto personale. Il mobile suit di Suzanne è un Qubeley Mark II (i più accorti l’avranno capito dal fatto che usa dodici funnel). In teoria, gli unici esemplari assemblati dovrebbero essere quelli di Ple e Ple Two, ma io ne ho buttato nel mucchio un altro. Succede. Nonostante il numero di serie di questo esemplare sia AMX-004-4, è identico all’AMX-004-2. Ovviamente, la scena del rientro nell’atmosfera cita quella analoga di Gundam ZZ. Ho scritto che la flotta di Neo Zeon contro cui combatte il Moloch ha dei Gaza-E in dotazione. Sarebbero andati benissimo anche dei Gaza-C o dei Gaza-D, non avrebbe fatto differenza di per sé. Però ormai dovreste avere capito che mi piace andarmi a cercare i modelli poco noti.

Per quanto riguarda il comunicato dell’AEUG circa la sparizione di Daniel, ho presupposto che l’entrata nel gruppo prevedesse anche degli obblighi per lo stesso. Dal testo si deduce che l’AEUG sia contrattualmente vincolato a cercare gli uomini MIA ‘al meglio delle risorse che era ragionevolmente possibile impiegare per il compito’. Ecco, qui sta il punto. Se il comandante dell’unità decide, per un qualsiasi motivo (necessità di risparmiare carburante in vista di impegni bellici, pericolo di incappare nel nemico o lasciare la nave madre indifesa, ecc…), che queste risorse sono zero, la ricerca non ha luogo. Allo stesso modo, ho presunto che l’AEUG si impegnasse a comunicare ai familiari del disperso la situazione, ma, per come la vedo io, questo sarebbe potuto avvenire solo a partire dal gennaio 0088, più o meno. Di certo non sarebbe potuto succedere quando l’AEUG era un nemico della Federazione, perché questo avrebbe rischiato di scoprire degli agenti o di mettere in pericolo i parenti del soldato. Prima di quella data, ho supposto che questo vincolo non esistesse. Ah, a proposito… non state lì a chiedervi se Daniel sia morto o no: io conosco la risposta, ma non ve la darò mai. O forse non voglio darvela adesso.

Ah, per la cronaca… ho scritto che la data in cui si è svolta la battaglia nella quale Daniel è risultato MIA è il 14 gennaio 0089. So bene che al tempo tutte le forze di Neo Zeon dovrebbero essere nei pressi di Side 3, ma avevo bisogno di uno scontro nelle vicinanze dell’orbita terrestre per giustificare la scena finale e doveva essere in un periodo in cui la guerra si avviava alla conclusione. Naturalmente, mi sono inventato anche un motivo (relativamente) plausibile per cui quella battaglia si è combattuta (così come ho pensato alla ragione per cui DeMarchand si trovava insieme ai suoi soldati quando l’anno catturato), ma non è necessario che il lettore lo sappia. Anche perché potrei tirarlo fuori per un eventuale capitolo successivo (voi non lo sapete, ma dietro queste storie c’è tutto un filo conduttore che sto tenendo nascosto perché non ho ancora deciso se/quando/come rivelarlo). Per quanto riguarda DeMarchand, qualcuno potrebbe sorprendersi del fatto che dia del lei a una sua ex sottoposta come Lynn, quando in genere, in ambiente militare, si dà del tu a chi è inferiore di grado. Ho semplicemente voluto dare l’idea di un tipo molto formale.

A questo punto, dovrei mettermi a fare delle anticipazioni sul futuro di Gundam D, un futuro che probabilmente non esisterà, perché, al solito, io considero la storia conclusa con questo capitolo. Sempre al solito, però, ho già cominciato da un po’ a pensarne un altro. Anzi, questo ‘altro’ a cui mi riferisco era lo stesso che ritenevo sarebbe stato il terzo nelle note in appendice al secondo. Quindi, sì, probabilmente ci saranno Julius Parker e Kamille Bidan. Contrariamente a quanto avevo pensato, dovrebbe esserci anche Dolores. La protagonista, però, dovrebbe chiamarsi Yue Hoshino. E voi NON AVETE IDEA di quanto casino io abbia fatto per trovare questo nome, rompendo i coglioni per due ore di fila via MSN a un paio di persone che conoscono il giapponese, perché mi serviva che avesse un significato particolare. A quanto mi è stato garantito, ‘hoshi no yue’ dovrebbe voler dire ‘luna del cielo stellato’, o qualcosa del genere (o ‘luna delle stelle’… va be’, il senso è quello). Ecco, mi serviva così. Comunque sia, tra una puttanata e l’altra, mi sa che quello con Yue diventerà il capitolo 5. Se ben ricordate, ho detto che avrei voluto ambientarlo nello 0099, quindi devo prima scrivere qualcosa che passi per lo 0093, la Seconda Guerra di Neo Zeon. Inoltre, vorrei capire quale sarà il valore di Gundam Unicorn prima di infilarmi in un periodo simile.

***

Le bellissime e allucinevoli descrizioni dei personaggi!

A volte ho l’impressione di infilarmi in situazioni del cazzo così, perché sono masochista. Nella fattispecie, io ne avrei anche le palle piene di tutti ‘sti personaggi… Bah!

Daniel Wymann

Data di nascita: 3 giugno UC 0058

Luogo di nascita: Side 2

Altezza: 177 cm.

Peso: 69 Kg.

Misure: 90/85/88

Pilota di: RGM-79F Land Combat Type GM; RGM-79C GM Kai; RGM-79R (RGM-179) GM II; MSA-003 Nemo; MSZ-006C1 Z Plus C1; RGM-89 Jegan

Residenza: base dell’AEUG su Sweetwater

Gli piace: giocare a calcio, ma neanche tanto

Non gli piace: restare per troppo tempo senza uccidere nessuno

Cibo preferito: pasta, un po’ in tutte le varianti

Famiglia: la maggior parte dei suoi familiari (genitori e fratello maggiore) è morta durante l’Operazione British; la sorella minore vive su Side 1, ma non la vede da anni

Chi è Daniel Wymann? È davvero una persona che ha cercato per tutta la vita ciò che i genitori gli hanno negato, sia esso l’amore o il cibo? Forse è semplicemente qualcuno che è sempre stato mortalmente indeciso e che ha saputo trovare il proprio modo di vivere solo in contrapposizione con gli altri. È diventato calciatore per ribellione verso i suoi genitori ed è diventato soldato perché uccidere qualcuno era un conflitto ancora superiore. Non sa vivere senza conflitto, in fin dei conti, perché è sempre stato parte della sua vita. Il che vale anche per i suoi sentimenti: pare li riesca a vivere solo se sono contrastanti. Per la cronaca, lui si sente sinceramente innamorato di Lynn, ma, mi chiedo io, avrebbe potuto instaurarvi una relazione matura? Mi sa che questo non lo sapremo mai per davvero. In fin dei conti, le avventure prive di importanza che vive in continuazione sono probabilmente un modo che un uomo indeciso usa per compensare la mancanza di un sentimento corrisposto. È un newtype, ma ben difficilmente lo si può vedere come un’evoluzione della specie: i suoi poteri sono talmente condizionati dalla sua indecisione da essere un blocco per le sue vere potenzialità, piuttosto che un modo per esprimerle. Mentre scrivevo questa storia, ho pensato che il suo modo di percepire la morte fosse simile a quello di Dolores, ma, più andavo avanti, più mi rendevo conto di quanto ne differisse. Alla fin fine, Dolores ha saputo trovare dentro di sé le risorse per vivere, pur tra mille contraddizioni. Daniel, invece, si è semplicemente lasciato andare alla disperazione. Ah, nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo, la sua posizione nella Longobarda era quella di centrocampista davanti alla difesa. Diciamo che faceva una regia arretrata sul modello di Pirlo.

Lynn Petrie-Smith

Data di nascita: 18 novembre UC 0056

Luogo di nascita: Side 3

Altezza: 160 cm.

Peso: 50 Kg.

Misure: 77/58/77

Pilota di: MS-06F Zack II; MS-14F Gelgoog Marine; RMS-099 (MSA-099) Rick Dias; MSA-003 Nemo

Residenza: a bordo del Moloch, ma ha un alloggio alla base dell’AEUG d Sweetwater

Le piace: pensare alla propria maturazione interiore

Non le piace: la gente che si autocommisera

Cibo preferito: pesce, soprattutto tonno e salmone

Famiglia: non lo sa bene nemmeno lei. Ha una sorella maggiore, della quale ha perso le tracce, e non vede da tempo i suoi genitori, perché , essendo lei un membro dell’AEUG, teme che i suoi nemici possano usare i suoi familiari per colpirla

Che donna… Credo di essermene innamorato anch’io. Quasi mi pento di averla fatta morire, però un po’ ci godo anche, perché sono stronzo dentro. Lynn è una persona matura, o almeno è una persona che riconosce i propri limiti e fa qualcosa per superarli. La relazione che ha avuto con il suo uomo precedente è stata una storia importante ma infantile, perché, come riconosce lei stessa, cercava semplicemente qualcuno a cui appoggiarsi. Se non avesse avuto questo bisogno, forse sarebbe potuta durare. In questo senso, dà prova di grande forza d’animo, prima prendendo una decisione difficile, poi capendo dove aveva sbagliato. Forse è proprio da questo che deriva il carisma che esercita sui suoi sottoposti, che riesce a essere non oppressivo e incisivo al tempo stesso: è una persona consapevole. Come consapevole è anche la sua decisione di mettersi con Daniel: ha trovato un uomo per cui provava sentimenti sinceri e si è fidata di lui (senza che lui lo meritasse, poi… quindi alla fine Lynn si stava sbagliando, ma forse non lo avrebbe mai saputo). Le ci è voluto un po’ per capirlo, questo sì… Ma Lynn è una persona riflessiva, che tende a fermarsi e guardarsi attorno prima di decidere ed è possibile che avesse anche un po’ di paura all’idea di cominciare una nuova relazione. Paura di ricadere nell’errore che aveva già commesso? Probabile, non lo sapremo mai; l’importante, comunque, è che l’abbia superata. Mmmh… ma perché è dovuto morire l’unico personaggio di Gundam D che meritava veramente di essere felice?

Suzanne Heinkell

Data di nascita: 27 aprile UC 0063

Luogo di nascita: Side 3

Altezza: 168 cm.

Peso: 54 Kg.

Misure: 88/63/82

Pilota di: AMX-003 (MMT-1) Gaza-C; AMX-004-4 Qubeley Mark II

Residenza: Axis

Le piace: non sapere con chi ha a che fare

Non le piace: leggere il pensiero

Cibo preferito: ha un’adorazione quasi religiosa per la salsiccia con un bicchiere di birra, ma la teme perché ha paura di ingrassare

Famiglia: entrambi i genitori morti durante la Guerra di Un Anno, vive con i suoi compagni in una struttura di ricerca sui newtype di Axis

Non si direbbe, ma Suzanne è una ragazza di buona famiglia e con una notevole istruzione. Era ancora una ragazzina durante la Guerra di Un Anno e, nonostante alcuni suoi coetanei fossero stati spediti sul campo, a lei furono risparmiate le battaglie, prevalentemente per l’influenza politica di suo padre, che era un pezzo grosso su Munzo per le sue amicizie con gli Zabi. Amicizie che lo portarono a essere ucciso (insieme con la moglie) da alcuni sovversivi nel dicembre 0079, quando il potere della famiglia reale di Side 3, con il trascinarsi della guerra, stava cominciando a indebolirsi presso le masse. All’epoca, Suzanne era già stata spedita in uno dei centri per la ricerca sui newtype legati all’Istituto Flanagan e il fatto la sconvolse. Per lei, fu quello l’interruttore che fece scattare le sue percezioni inconsapevoli sul prossimo in condizioni di forte stress emotivo. Il suo problema, però, era anche più grave di quello di Daniel, perché a volte sentiva la gente parlarle nella testa senza motivo apparente, senza nemmeno rendersene conto. Gli scienziati di Axis hanno continuato a studiare il suo caso per dargli un’applicazione militare e il resto potete immaginarvelo. Suzanne è quanto di più simile a un’anima gemella Daniel potesse sperare di trovare… Ma forse era solo l’illusione di due persone che si leccavano le ferite senza capirsi veramente.

***

Cronologia di Gundam D

5-10-0087

I Titans bombardano lo spazioporto di Von Braun City.

12-10-0087

Axis arriva nella Sfera Terrestre.

13-10-0087

Lynn Petrie-Smith convoca una riunione non ufficiale sul Moloch.

14-10-0087

L’AEUG manda una delegazione su Axis per trattare un’alleanza, ma un’inaspettata reazione di Quattro Bajeena manda all’aria le trattative.

15-10-0087

Paptimus Scirocco forma un’alleanza con Axis in vece dei Titans.

2-11-0087

I piloti dell’AEUG Kamille Bidan (sull’MSZ-006 Z Gundam) e Quattro Bajeena (sull’MSN-00100 Hyaku Shiki) si uniscono alla Karaba nell’attacco alla base dei Titans sul Kilimanjaro. All’operazione partecipa anche Amuro Ray, tra le fila della Karaba.

3-11-0087

Kamille Bidan combatte nuovamente lo Psyco Gundam e Four Murasame. L’intromissione di Jerid Messa causa la morte della ragazza.

16-11-0087

L’AEUG occupa il Parlamento Federale di Dakar. Casval Rem Deikun, rivelando la propria vera identità, denuncia le azioni dei Titans davanti alle telecamere. Nel frattempo, i Titans non esitano a ingaggiare battaglia con lo Z Gundam nel centro cittadino, causando una forte reazione nell’opinione pubblica. La Federazione Terrestre comincia a supportare non apertamente l’AEUG.

20-11-0087

Dolores Martin, su ordine dei propri superiori, arriva a Von Braun City, ufficialmente per lavorare come collaudatrice alla Anaheim Electronics.

30-11-0087

L’Argama conquista la fortezza spaziale Cancello di Zedan.

7-12-0087

I Titans usano il colony laser ricavato dalla struttura di Gryps per distruggere il Bunch 18 di Side 2.

11-1-0088

Il Cancello di Zedan viene deliberatamente distrutto in un impatto con Axis, che poi entra in rotta di collisione con Granada.

15-1-0088

Uno shuttle della Anaheim Electronics, scortato da Dolores Martin, Michael Philbert e Julius Parker, sbarca dall’orbita due MSA-005K Guncannon Detector. Nel corso della missione, il gruppo è attaccato da un Alexandria, a bordo del quale, dopo la battaglia, trova Elizabeth Fontaine.

17-1-0088

L’incrociatore Moloch dell’AEUG riceve un esemplare di MSZ-006C1 Z Plus C1, che viene assegnato al tenente Daniel Wymann.

18-1-0088

Si rompe l’alleanza tra Axis e i Titans. D’accordo con la reggente di Axis Haman Karn, Paptimus Scirocco attira Jamitov Hymem in una trappola, nella quale lo uccide.

20-1-0088

I vertici dell’Esercito della Federazione Terrestre decidono di affidare momentaneamente Elizabeth Fontaine al maggiore Dolores Martin.

25-1-0088

Alla base asteroide di Pezun, alcuni ufficiali del Corpo Istruttori dell’Esercito della Federazione Terrestre, simpatizzando con le filosofie dei Titans e non condividendo l’appoggio federale all’AEUG, si ribellano e si proclamano New Desides. Al loro comando c’è il capitano Brave Cod.

2-2-0088

L’AEUG lancia l’Operazione Maelstrom e cattura Gryps in battaglia. L’AEUG usa poi il colony lasre per spostare la traiettoria di Axis e impedire che si scontri con Granada.

20-2-0088

L’AEUG, i Titans e Axis si scontrano in una battaglia a tre nei pressi di Gryps.

21-2-0088

Durante gli scontri perdono la vita Henken Bekkener, Jerid Messa, Emma Sheen e Reccoa Londe.

22-2-0088

Fine della battaglia nei pressi di Gryps. La flotta dei Titans è annientata (Paptimus Scirocco risulta KIA), mentre quella dell’AEUG ha subito gravissime perdite. Kamille Bidan è ridotto a uno stato vegetativo, mentre di Quattro Bajeena si sono perse le tracce.

23-2-0088

L’Esercito della Federazione Terrestre forma la Task Force a, avanguardia di un’armata di soppressione che deve annientare i New Desides. Al suo comando c’è l’ammiraglio Eton Heathrow, l’ammiraglia è il Pegasus III e tra i piloti sono presenti Ryuu Roots (MSA-0011 S Gundam), Shin Crypt (FA-010A FAZZ) e Tex West (MSZ-006C1 Z Plus C1).

Il Jupitris di Isolde Tsogatie arriva nella Sfera Terrestre e si mette in contatto con ciò che resta dei Titans.

24-2-0088

Viene celebrato il processo contro Julius Parker, accusato di violenza carnale verso Elizabeth Fontaine.

25-2-0088

I Titans assegnano Conner Clark al Jupitris di Isolde Tsogatie; le consegnano inoltre un esemplare di RMS-108S Marasai Custom.

27-2-0088

Dolores Martin fa visita in carcere a Julius Parker.

28-2-0088

Ex membri dei Titans, facendo leva sulla propria autorità residua, tolgono Elizabeth Fontaine a Dolores Martin e la consegnano al Jupitris di Isolde Tsogatie.

29-2-0088

Axis proclama la rinascita di Zeon, assumendo il nome di Neo Zeon. Manda delle armate a prendere il controllo di ciascun Side.

1-3-0088

L’Argama attracca al Bunch 1 (Shangri-La) di Side 1. Una banda di ragazzini che vendono pezzi di ricambio raccattati chissà dove, capeggiata da Judau Ashta, tenta di rubare l’MSZ-006 Z Gundam. Nell’impresa, Judau entra in contatto con Kamille Bidan.

Uno squadrone su di un Salamis Kai dell’Esercito della Federazione Terrestre viene incaricato di riprendere Elizabeth Fontaine dal Jupitris di Isolde Tsogatie. A capo della squadra di mobile suit c’è Dolores Martin. Durante lo scontro con le forze del Jupitris, entrambe le navi vengono distrutte e gli unici sopravvissuti sono Dolores Martin, Isolde Tsogatie e Conner Clark.

3-3-0088

La nave di Neo Zeon Endra, capitanata da Mashyumer Cello, entra a Shangri-La. L’Argama viene nascosto nella colonia.

6-3-0088

Ammutinamento della Flotta di Soppressione X, comandata da Brian Eno. La Flotta di Soppressione X avrebbe dovuto supportare la Task Force a, ma decide invece di schierarsi con i New Desides.

7-3-0088

Attacco definitivo a Pezun della Task Force a. I New Desides, già in fuga, fanno esplodere l’asteroide con una bomba atomica.

12-3-0088

I mobile suit dell’Endra attaccano l’Argama, che ha già lasciato Shangri-La.

La flotta dei New Desides arriva ad Ayers City, sulla luna, che ha promesso supporto al gruppo ribelle.

13-3-0088

La Flotta di Soppressione X e i New Desides si incontrano ad Ayers City; Brian Eno consegna ai propri alleati l’ORX-013 Gundam Mark V.

La Task Force a prepara due ondate d’assalto su Ayers City: la prima, composta di MSA-007 Nero, viene spazzata via dal solo Gundam Mark V, pilotato da Brave Cod. Grazie anche allo stratagemma della bomba logistica, la Task Force a viene costretta alla ritirata. In suo aiuto arriva sulla luna la Flotta Orbitale Terrestre.

14-3-0088

La Task Force a si raggruppa con quattro navi della Flotta Orbitale Terrestre. Le restanti quattro navi formano la Task Force b.

16-3-0088

L’Argama riceve finalmente tutti componenti dell’MSZ-010 ZZ Gundam.

17-3-0088

Operazione Eagle Fall. Le Task Force a e b attaccano Ayers City, e all’assalto partecipa anche Ryuu Roots sull’MSA-0011[Ext] Ex-S Gundam. La squadra di FA-010A FAZZ del Pegasus III viene annientata Dall’ORX-013 Gundam Mark V. Comincia l’assedio ad Ayers City.

24-3-0088

Proseguono gli scontri ad Ayers City Le Task Force a e b espugnano la città, anche grazie alle azioni di Ryuu Roots, che riesce ad abbattere il Gundam Mark V. I New Desides sopravvissuti fuggono tramite dei mass driver e vengono raccolti dalla Flotta Twanning di Neo Zeon.

28-3-0088

Neo Zeon dichiara guerra al Governo della Federazione Terrestre. Il Governo Federale sospende le azioni di combattimento, sperando in una soluzione politica con Axis, non essendo in grado di fronteggiare una guerra su larga scala.

31-3-0088

Il Pegasus III si sgancia dalla Task Force a con l’ordine di seguire la Flotta Twanning.

Sul Gwarey, ammiraglia della Flotta Twanning, i rimanenti membri dei New Desides, ora capeggiati da Tosh Cray, decidono di sciogliere il gruppo.

2-4-0088

Tosh Cray e i rimanenti membri degli ex New Desides, usano il mobile armor AMA-100 Zodiac, fornito da Axis, per catturare la stazione orbitante Penta.

4-4-0088

Il Pegasus III arriva nei pressi di Penta.

Le ultime navi sopravvissute della Flotta di Soppressione X si arrendono al Pegasus III.

Gli ex New Desides preparano un assalto dall’orbita contro il Parlamento Federale di Dakar usando lo Zodiac e tre shuttle di classe Enterprise; i mobile suit del Pegasus III sventano il piano abbattendo tutti i nemici.

29-4-0088

Judau Ashta si infiltra su Axis.

6-6-0088

La prima ondata dell’esercito di Neo Zeon arriva sulla Terra.

8-7-0088

L’Argama atterra a Granada per riparazioni e rifornimenti.

9-7-0088

Neo Zeon cerca di bombardare lo spazioporto di Granada, ma le bombe distruggono invece la loro stessa ammiraglia.

13-7-0088

Le truppe di mobile suit di Neo Zeon discendono sulla Terra.

1-8-0088

L’armata principale di Neo Zeon invade la Terra.

L’Argama effettua a propria volta il rientro nell’atmosfera, recuperando nel frattempo l’AMX-004-2 Qubeley Mark II pilotato da Elpeo Ple.

2-8-0088

L’Argama atterra sulla costa occidentale dell’Africa.

16-8-0088

Una flotta di Neo Zeon, proveniente direttamente da Axis, cerca di entrare nell’orbita terrestre per portare rinforzi all’armata già sul pianeta. Agendo di propria iniziativa, l’AEUG cerca di fermarla con una flotta guidata dal Moloch. Daniel Wymann dell’AEUG e Suzanne Heinkell di Neo Zeon risultano MIA.

23-8-0088

Daniel Wymann dell’AEUG, in seguito a uno scontro con due AMX-003M Gaza-M (nel corso del quale Suzanne Heinkell perde la vita), viene recuperato da una portaerei della Karaba.

27-8-0088

Il tenente Daniel Wymann dell’AEUG viene assegnato a titolo temporaneo alle forze della Karaba, in attesa che sia possibile impiegare risorse per restituirlo ai suoi compagni.

29-8-0088

Neo Zeon occupa Dakar; gli ex membri dell’Esercito Regolare di Zeon ancora sulla Terra e dei Titans si alleano con Axis.

31-8-0088

Haman Karn e Mineva Lao Zabi entrano a Dakar in trionfo. Attacco congiunto dell’AEUG e della Karaba.

21-9-0088

L’Argama si dirige alla base della Karaba di El Golea e viene attaccata dalle forze dell’ufficiale di Neo Zeon Glemy Toto.

21-10-0088

L’Argama fa rifornimento alla base di Chott Melrhir della Karaba, per poi dirigersi in Irlanda.

26-10-0088

Bright Noa, capitano dell’Argama, viene ricevuto dai vertici federali a Dublino e obietta al piano della Federazione di concedere Side 3 a Neo Zeon.

Mentre Neo Zeon attacca Dublino nel tentativo di stanare l’Argama, Kamille Bidan sembra risvegliarsi dal proprio stato catatonico, ma risulta disperso e i ragazzi del Gundam Team partono alla sua ricerca.

28-10-0088

Una flotta di Neo Zeon guidata dall’Endra occupa una colonia di Side 4.

30-10-0088

Viene localizzata la caduta di una colonia verso Dublino; l’Argama e la Karaba cercano di fermarla, ma vengono ostacolati dalle forze di Neo Zeon.

31-10-0088

La colonia si schianta su Dublino.

Judau Ashta sull’MSZ-010 ZZ Gundam e Elpeo Ple sull’AMX-004-2 Qubeley Mark II combattono Ple Two sull’MRX-010 Psyco Gundam Mark II. Ple Two viene costretta alla fuga, ma Elpeo Ple perde la vita nel combattimento.

2-11-0088

L’equipaggio dell’Argama torna nello spazio. L’Argama stesso viene lasciato alla Karaba.

3-11-0088

L’AEUG riceva dalla Anaheim Electronics il Nahel Argama, di cui Beecher Oleg diventa capitano.

7-11-0088

Il Nahel Argama viene incaricato formalmente di stroncare Neo Zeon e parte per Side 3.

9-11-0088

La Karaba rimanda il tenente Daniel Wymann dell’AEUG nello spazio, dove viene raccolto dal Moloch.

14-11-0088

La Federazione accorda Side 3 a Neo Zeon, le cui forze si ritirano dalla Terra.

16-11-0088

In missione nei pressi di Side 3, il l’incrociatore Moloch dell’AEUG cattura il generale di divisione Lukas DeMarchand di Neo Zeon.

21-11-0088

Lukas DeMarchand riesce a liberarsi dalla prigionia; uccide Lynn Petrie-Smith, ma viene a propria volta ucciso da Daniel Wymann.

25-12-0088

Le forze di Glemy Toto si ribellano a quelle di Haman Karn e prendono il controllo di Axis.

8-1-0089

Judau Ashta si infiltra su Core 3 e cattura Mineva Lao Zabi.

10-1-0089

Haman Karn e Glemy Toto guidano le rispettive flotte l’una contro l’altra.

11-1-0089

La Vie en Rose viene distrutta proteggendo il Nahel Argama dalla flotta di Glemy Toto.

14-1-0089

Il Nahel Argama costringe l’esercito di Glemy Toto a ritirarsi all’interno di Axis.

Una flotta di Neo Zeon, avvicinatasi all’orbita terrestre per cercare di raccogliere dei compagni in ritirata, viene ingaggiata da una flotta dell’AEUG, di cui fa parte anche il Moloch. Nel corso della battaglia, Daniel Wymann risulta MIA.

17-1-0089

Battaglia finale in cui l’AEUG sconfigge Neo Zeon.

15-3-0089

Ricomincia il servizio della Jupiter Energy Fleet, che lancia il Jupitris II.

1-5-0089

L’Esercito della Federazione Terrestre si organizza per meglio gestire gli spostamenti di grandi asteroidi.

25-8-0089

La Federazione inasprisce le sanzioni contro le colonie che supportano movimenti di spacenoid.

2-0090

La colonia di Sweetwater di Side 2 viene adibita a centro di accoglienza di rifugiati e spostata a Side 3.

3-0090

L’Esercito della Federazione Terrestre organizza una nuova unità ausiliaria, Londo Bell.

6-3-0091

Julius Parker esce di prigione e gli viene offerto un lavoro come collaudatore nell’Esercito della Federazione Terrestre.

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Capitolo 7
*** Capitolo 4: 'Non esiste belva sulla Terra...' ***


CAPITOLO 4: ‘NON ESISTE BELVA SULLA TERRA…’

***

"No, dai, mi stai prendendo per il culo…".

"Ti giuro. O almeno, a me l’hanno raccontata così, poi non so se sia vero".

"Cioè, mi stai dicendo che gli ha strappato i coglioni e li ha messi in bocca al suo cadavere?".

"Pare che non fosse ancora cadavere quando gli ha messo i coglioni in bocca. Ma sai cosa? Io dico che ha fatto bene. Dai, cazzo stiamo parlando di sua figlia!".

"Guarda, nemmeno io ho simpatia per certa gente, ma pensare a una cosa del genere mi fa un po’ impressione".

"Non fare l’ipocrita, dai… Con tutte le persone che hai ammazzato, ti scandalizzi per una cosa del genere?".

"Sì, ma io ho ucciso solo soldati e solo in guerra. Qui stiamo parlando di una vendetta personale".

"E grazie! Ma hai capito cosa aveva fatto questo tizio? Aveva messo le mani addosso a sua figlia. E sua figlia ha quattro anni! Stiamo parlando di un fottuto pedofilo del cazzo. Io dico che ha fatto benissimo ad ammazzarlo".

"Sì, però dai…".

"E cosa avrebbe dovuto fare? Aspettare un tribunale? Ma hai presente in che situazione ci troviamo? Ribadisco che per me ha fatto bene. Io mi sarei comportato allo stesso modo".

"Be’, insomma… non che a me interessino le bambine di quattro anni, ma sapere che lavorerò con un tizio del genere mi mette un po’ di apprensione. Almeno ne vale la pena?".

"Dicono di sì. Pare sia molto abile nel suo lavoro".

***

Il documento che segue costituisce un estratto del testamento di Leonard Erwyn, ufficiale dei Titans risultato KIA nel novembre 0087, in seguito a uno scontro con un’unità dell’AEUG.

Io sottoscritto, Leonard Paul Erwyn, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali (o almeno così dice l’imbecille che mi ha in analisi, suppongo per evitare che io gli chieda indietro i soldi), dichiaro quanto segue.

Miei ben poco amati parenti, se un notaio pagato profumatamente con il mio denaro vi sta leggendo questo testamento, significa che ho avuto la sfiga di morire prima di voialtri cazzoni (che peccato, mi sarebbe piaciuto passare un po’ di tempo senza avervi tra le palle). Di conseguenza, mi appresto a distribuirvi quanto è rimasto di ciò che ho costruito con fatica mentre voi passavate la vita a grattarvi, sperando che vi ci possiate strozzare.

Visto che da vivo vi ho detestati tutti più o meno allo stesso modo, da morto non farò favoritismi e darò a ciascuno di voi pari opportunità di ottenere qualcosa di interessante. Nella fattispecie, lascio a ciascuno dei miei parenti le quote minime del mio patrimonio che la legge prevede vadano a loro. Cedo tutti gli altri miei soldi depositati sul mio conto bancario svizzero alla Fisk & Crane. Visto che, con tutta probabilità, sono morto per il cancro che le loro sigarette mi hanno causato (non l’ho detto a nessuno, ma ho già visto le analisi, è solo questione di tempo prima che vada in metastasi e mi faccia schiattare in maniera estremamente ignobile e dolorosa), trovo giusto ricompensarli per avere tolto dal mondo uno stronzo come me. Oh, no, miei ben poco amati parenti, non spaventatevi, quello sul conto svizzero non era tutto ciò che di valore possedevo, adesso arriva la vostra parte. Ho nascosto una cosa che vale un sacco di soldi… in un certo senso, si può dire che sia ciò che ho inseguito per tutta la vita, un segreto che potrebbe rendere schifosamente ricco chiunque di voi se ne impadronisse. Vi chiederete perché non l’abbia usato io. Be’, perché c’era un sacco di gente che lo voleva e andarmelo a cercare avrebbe attirato l’attenzione… Loro sapevano che io sapevo. Inoltre, non è che avessi bisogno immediato di soldi. Diciamo che volevo tenermelo per una pensione tranquilla, ma, soprattutto, avevo in mente un progettino niente male. Visto che voi non siete altrettanto previdenti, però, voglio permettervi di scialacquare questa immensa ricchezza senza troppi scrupoli. State bene a sentire questo cazzo di notaio, perché sta per rivelarvi l’esistenza di un OOPART. Un OOPART, idioti. Certo, mi rendo perfettamente conto che siete troppo ignoranti per sapere cosa significhi. Out Of Place ARTifact. Una cosa che non dovrebbe esistere, in pratica. Se trovaste un’astronave in una piramide egizia, sarebbe un OOPART, per dire. Bene, adesso ascoltate, che sto per fare ricco perlomeno qualcuno di voi…

***

Il colonnello Alan Shake guardò la giovane donna che avanzava verso di lui reggendo una grossa valigia nella mano sinistra e tendendo la destra a cercare la sua. L’uomo la strinse, mentre dietro di lei le nubi di sabbia sollevate dal piccolo aereo che l’aveva portata lì turbinavano incessantemente.

La donna sembrava essere vestita apposta per quell’ambiente desertico che era l’Africa settentrionale: indossava una giacca color sabbia annodata appena sopra l’ombelico con le maniche arrotolate sopra i gomiti. Sotto la giacca, una maglietta bianca che la sabbia stava facendo di tutto per scurire. Di color sabbia, indossava anche un paio di shorts e un cappellino da baseball, dal quale spuntavano i suoi capelli neri, raccolti in una lunga coda di cavallo. Le pesanti scarpe marroni e le calze bianche sembravano stonare con i piccoli occhiali da sole rotondi dalle lenti verdastre e dalla montatura dorata.

"Rachel Osborne, Anaheim Electronics", disse la giovane donna stringendo la mano del militare. "Mi hanno detto che avete problemi con il sistema operativo dei Doga", aggiunse indicando i Geara Doga color sabbia che si vedevano inginocchiati accanto ai magazzini.

"In effetti sì", replicò Shake. Non aveva ancora trent’anni, ma, tra i suoi lunghi capelli neri, c’era già un po’ di grigio. Qualche ruga attorno ai suoi occhi blu lo faceva sembrare più vecchio di quanto non fosse. L’uniforme logora del Neo Zeon di Char Aznable, anch’essa con le maniche arrotolate sopra il gomito, dava l’impressione di una persona trasandata. Ma non c’era molto che un soldato potesse fare in quelle condizioni.

"Avevamo diversi soldati inesperti", spiegò Shake facendo strada a Rachel in direzione del basso edificio di quell’aeroporto abbandonato in cui si trovava il suo ufficio. "È stato per questo che abbiamo chiesto a una società di software del posto di modificare il vostro sistema operativo originario con uno che rendesse i mobile suit più semplici da pilotare. Il problema è che questa nuova versione rende sì la macchina meglio operabile, ma blocca alcune funzioni base come il condizionamento interno e la regolazione del balancer. In pratica, vorrei che fosse ripristinato il sistema operativo che c’era prima".

Rachel scosse la testa: "Ma non le è venuto in mente che c’è un motivo se le cose vengono fatte in un certo modo?".

Shake alzò gli occhi al cielo: "Per favore, non mi faccia la predica… Penso di avere già subito abbastanza le conseguenze della mia decisione".

"Questi Doga erano ancora in garanzia, vero? Lei è consapevole che alterarne deliberatamente il sistema operativo toglie qualsiasi valore ai diritti che avevate al momento dell’acquisto?".

"Ma sì, so anch’io che la garanzia ormai non è più valida. Vi pagheremo, non si preoccupi. Piuttosto, è un problema grave?".

"Di per sé, non credo, però sarà una seccatura. Suppongo che basti eliminare il nuovo sistema operativo e reinstallare quello vecchio, a meno che i vostri amichetti non abbiano fatto qualche casino a livello hardware. Un classico formattone, in pratica". Rachel si stupì che avessero bisogno dell’assistenza tecnica per una cosa del genere, ma probabilmente non avevano bene idea di ciò che andava fatto. "Comunque, anche se fosse come penso, bisognerà ripetere l’operazione per tutti i mobile suit nei quali avete trafficato. Una settantina di minuti, direi".

"Ah, ma allora sarà una cosa veloce…".

"Settanta minuti per macchina, ovviamente".

"Uh… Be’, se vuole le offro qualcosa da bere…".

"…poi però devo subito mettermi al lavoro, giusto?".

"Ma veramente non intendevo…".

"Lasci stare, ho capito. Non si preoccupi, era quello che avevo intenzione di fare. Non sono una gran consumatrice di alcolici, comunque".

"Guardi che io parlavo di acqua…".

***

Rachel entrò nel grande hangar buio. Originariamente concepito per degli aerei, era stato pesantemente modificato per ospitare dei mobile suit, il che lo rendeva molto diverso da come doveva essere stato in principio. Due file di macchine antropomorfe, varianti di Geara Doga, erano allineate lungo le pareti interne dell’edificio. Una dozzina in tutto. A volte, Rachel sentiva un bizzarro senso di compassione per quei soldati.

Lei era stata solo una ragazzina durante la Guerra di Un Anno, ma ricordava ancora bene quello che gli zeoniani avevano fatto in nome dell’indipendenza… E come i federali avevano risposto. Sapeva che alcuni suoi coetanei erano stati costretti a prendere le armi e ad andare sul campo di battaglia. Ai tempi della Guerra di Gryps e della Prima Guerra di Neo Zeon, era stata un’apprendista alla Anaheim, che studiava contemporaneamente all’università per poter essere assunta in pianta stabile. Ora, a ventott’anni (ne avrebbe compiuti ventinove a dicembre, ma non lo diceva), era un tecnico dei sistemi operativi. Non proprio l’ultima ruota del carro, ma abbastanza sacrificabile da venire spedita a fare assistenza in un posto sperduto della Terra (che, tra l’altro, era risaputo essere una zona di guerra). E non era una persona che apprezzasse particolarmente viaggiare: già il fatto di doversi trasferire da Side 4 a Von Braun City per studiare prima e lavorare poi non l’aveva entusiasmata granché.

Appoggiò per terra la propria valigia, un borsone blu pieno di un numero imprecisato di tasche, e cominciò a frugarvi dentro.

Non era mai stata una persona ordinata.

Ma riuscì a trovarvi i dischi che cercava.

Tra i vestiti di ricambio e i fazzoletti di carta, vide spuntare un pacchetto di sigarette con la scritta ‘Fisk & Crane’. Si chiese se lì dentro fosse vietato fumare. Di certo non era consigliabile farlo nell’abitacolo di un mobile suit. Ma sì, in fin dei conti…

Si tolse gli occhiali, usando una bacchetta per fissarseli al colletto della maglietta, e si accese una sigaretta, avvicinandosi al primo degli ascensori metallici che permettevano di salire fino ai cockpit delle macchine antropomorfe.

Era già alzato.

Sollevò lo sguardo: questo significava che in quel mobile suit c’era già qualcuno. E che cazzo! Spense velocemente la sigaretta contro una delle colonne metalliche che sostenevano l’ascensore e rimise nel pacchetto quello che ne restava. Si sentiva un po’ una pezzente quando faceva queste cose, ma d’altra parte non è che le uscissero i soldi dalle orecchie.

"Signorina, perché metti via la sigaretta che ti eri appena accesa?".

Rachel sussultò e si girò di scatto.

Una bambina. Capelli castani arruffati, una maglietta gialla e un paio di pantaloni azzurri.

Un aspetto piuttosto trasandato, o almeno questa era l’impressione che dava.

La guardava nascosta tra le ombre che le colonne dell’hangar proiettavano sotto l’ascensore.

Ma che ci faceva lì una bambina?

Rachel si sedette sui talloni e sorrise alla piccola: "Ehi, e tu chi sei?".

Se non fosse che Rachel trovava carini tutti i bambini piccoli, avrebbe detto che l’occhiata che questa marmocchia le stava rivolgendo fosse truce.

La bambina non rispose: si limitò a continuare a guardarla con i suoi occhi verde chiaro e la fronte aggrottata, quasi in una minaccia.

Rachel scosse il capo rassegnata. Forse i bambini erano carini, ma erano anche tremendamente difficili da trattare. Qualche anno prima, quando aveva incontrato quello che aveva creduto essere il grande amore della sua vita, aveva desiderato ardentemente di diventare madre. Avevano fatto progetti, avevano pensato di sposarsi, di avere almeno cinque figli e di vivere felicemente per tutto il resto della propria esistenza. Poi, lei lo aveva trovato a letto con un’altra. Quando vedeva un bambino comportarsi in quel modo, pensava che avere perso un’occasione di maternità non fosse stata poi questa grande tragedia.

Riprovò: "Ciao, io mi chiamo Rachel e sono qui per lavorare sui mobile suit. Hai anche tu del lavoro da fare in questo hangar?".

Stavolta, la bambina rispose: "No. Sono qui con papà". Alzò il braccio per indicare l’ascensore all’altezza dell’abitacolo di uno dei mobile suit.

La figlia di un combattente?

Be’, non era poi così strano. Aveva visto delle donne soldato in quella base, era relativamente normale che la natura facesse il suo corso. Ma era anche molto triste che dei bambini fossero costretti a vivere in quelle condizioni. Quanti altri ce n’erano?

Prima che potesse elaborare ulteriormente le proprie elucubrazioni, un basso ronzio metallico le annunciò che l’ascensore stava scendendo. Bene, avrebbe potuto cominciare a lavorare. Si rimise in piedi.

La persona che toccò terra era molto diversa da come lei se l’era immaginata.

Non indossava l’uniforme di Neo Zeon, ma una polo verde e dei pantaloni neri.

Ma quello era sicuramente il padre della bambina: la somiglianza era inequivocabile. Avevano gli stessi occhi e gli stessi capelli (ma lui li portava tirati indietro sulla fronte e lunghi fin quasi alle spalle, benché ugualmente disordinati). Un uomo sui trent’anni o poco più, con lo stesso sguardo della piccola e con una corta cicatrice sotto lo zigomo sinistro.

Una lacrima?

L’uomo lanciò a Rachel un’occhiata che le ricordò in maniera inquietante quella della figlia: "E tu?".

"Dovrei chiedertelo io", rispose la donna. "Mi aspettavo di trovare un soldato, anziché un civile".

"Non faccio parte di questo contingente", rispose lui con un cenno della mano, quasi a volersi togliere di dosso un insetto fastidioso. "Sono solo un consulente attivo".

"Consulente attivo?".

"Nel senso che do una mano nella pianificazione e poi combatto anche sul campo. A proposito, tu fai parte di questo gruppo di sfigati?".

"Veramente no, io lavoro per la Anaheim, sono qui per fornire assistenza tecnica".

"Ah, capisco. È per i sistemi operativi, vero? Io volevo solo dare un’occhiata ai mobile suit, ma non ci vuole molto per capire che qualcosa non va nei computer".

"Per l’appunto. Mi chiamo Rachel Osborne". Tese la mano.

"Daniel Wymann", rispose lui stringendola senza trasporto. "Quanto ci vorrà per sistemare questi Geara Doga?".

"Come ho già detto al comandante, una settantina di minuti per ciascuno. Comunque, questi sono Desert Doga".

"Eh?".

"Desert Doga. Geara Doga Ground Type ottimizzati per combattere in ambienti tropicali e desertici. I mobile suit a uso localizzato esistono fin dalla Guerra di Un Anno: già l’Esercito Regolare di Zeon aveva prodotto delle varianti per i deserti dei suoi Zack, Gouf e Dom".

"Ah, capisco. Ma, detto tra di noi, questo Desert Doga ha una qualche utilità o è solo un sistema con cui voi della Anaheim spillate altri soldi ai vostri clienti producendo nuovi modelli che a voi costano poco e a loro molto?".

"È un sistema con cui noi della Anaheim spilliamo altri soldi ai nostri clienti producendo modelli che a noi costano poco e a loro molto, però servono. Prova tu a combattere nel deserto senza un impianto di condizionamento adeguato nell’abitacolo, dei filtri decenti per la sabbia e un radiatore efficiente. Non è un caso che chiunque abbia usato mobile suit sulla Terra ne abbia realizzate delle varianti apposta per queste regioni".

Daniel annuì senza rispondere. Con un distratto gesto di saluto, fece per avviarsi verso l’uscita. Sua figlia trotterellò dietro di lui.

Rachel ebbe la vaga impressione di essere ignorata. C’era ancora una cosa che doveva sapere: "Uh… scusa, sai mica se qui dentro c’è il divieto di fumo?".

"Non è necessario", replicò l’uomo fermandosi e girandosi verso di lei.

"Eh? Tutti salutisti convinti?".

"No, è che mancano i soldi per il cibo, figurati se fanno arrivare delle sigarette. Chi fumava ha dovuto smettere. Tanto, se non li ucciderà il fumo, li ucciderà un nemico".

"E tu? Hai detto di non fare parte di questo contingente, no? Non fumi?".

"No. Un po’ per la bambina, un po’ perché è un’eredità di quando giocavo a calcio".

"Ah, facevi il calciatore? Ma professionista?".

"Già. Ho giocato in Serie A prima della Guerra di Un Anno e il fumo fa male a chi lavora nello sport. Più che agli altri, intendo".

"Ma dai, mi prendi in giro?".

"Che me ne verrebbe? Se non vuoi crederci, non mi fa differenza".

"Va bene, d’accordo. Però c’è una cosa che mi lascia perplessa: mancano i soldi per il cibo e assumono te? Voglio dire, ti pagheranno pure per stare qui a fare il… ‘consulente attivo’, no?".

"Certo che mi pagano. Vedi, il problema è che io posso aiutarli a sopravvivere. Ho fatto quattro guerre e ne sono sempre uscito intero. Nell’ultima avevo anche mia figlia a cui badare. Sono bravino in quello che faccio ed è risaputo che Neo Zeon non abbia molti militari esperti".

"Io continuo a non capire esattamente quale sia la tua funzione in questa base… comunque, sai che quando ho visto tua figlia, pensavo che il padre fosse uno dei soldati?".

"Oh, è improbabile che nascano bambini qui. Di preservativi, se ne fanno arrivare parecchi. È un investimento, in fondo: non vogliono avere altre bocche da sfamare, quindi prevengono. Mi pare ragionevole".

"Be’, sì… però è brutto… Voglio dire, qui ci sono dei reduci che combattono nonostante le condizioni avverse e nonostante abbiano già sostanzialmente perso la guerra… Mi chiedo chi glielo faccia fare. Non possono cercare di rifarsi una vita?".

Daniel sogghignò: "Ma di chi credi di parlare? Molta di questa gente è nata su Side 3. Alcuni di loro si sono trasferiti su Axis quando erano ancora troppo giovani per capire cosa stesse succedendo. Non hanno una patria, perché la Repubblica di Zeon non li riconosce più. Non sanno fare altro che combattere per vivere. Dove dovrebbero andare? Non c’è nessuno disposto ad accoglierli".

"E tu? Anche tu uno zeoniano senza più una patria?".

"Io? No, io sono nato su Side 2. Ero nell’Esercito Federale durante la Guerra di Un Anno e poi sono stato nell’AEUG. Dopo la Prima Guerra di Neo Zeon, mi hanno integrato nell’unità speciale Londo Bell, e infine me ne sono andato perché potevo guadagnare di più come mercenario freelance. Voglio dire, nell’Esercito ti pagano veramente una miseria per rischiare la vita, almeno da libero professionista mi faccio ammazzare per qualche soldo in più. Comunque, ho ancora la cittadinanza e potrei tornare su Side 2, se lo volessi".

Rachel si stupì: "E perché non lo fai? Come puoi pensare di continuare la vita da mercenario con una figlia piccola?".

Daniel si infilò le mani in tasca: "C’è gente che sa solo combattere per vivere e c’è gente che non sa vivere senza combattere. Io rientro in quest’ultima categoria, per una serie di motivi. E ora, se vuoi scusarmi".

L’uomo le volse le spalle e fece per uscire dall’hangar.

La bambina lo seguì e si aggrappò a un lembo dei suoi pantaloni.

"Ehi, non vuoi dirmi come ti chiami?", le domandò Rachel facendole un sorriso.

La piccola le lanciò un’altra occhiata truce e non rispose.

"Si chiama Chloe", disse Daniel senza voltarsi.

***

Cinque Desert Doga. Nelle ore per le quali aveva potuto lavorare, Rachel non era riuscita a fare di più.

Era stata abbastanza veloce, principalmente perché aveva avuto l’accortezza di portarsi dietro due dischi con il sistema operativo, quindi aveva potuto operare su più mobile suit contemporaneamente, anche se questo l’aveva costretta a passare di corsa da un ascensore all’altro, il che era stato tutt’altro che rilassante.

Cinque Desert Doga erano pochi per quello che bisognava fare, però.

Gli scout avevano avvistato due squadre di Jegan, da sei mobile suit ciascuna, che si stavano avvicinando al campo base da direzioni diverse. Il tramonto che faceva rosseggiare l’orizzonte sembrava voler essere un preludio a una notte che si sarebbe tinta di sangue.

Sembrava proprio che l’Esercito Federale avesse scoperto dove si nascondessero i reduci di Neo Zeon che avevano causato loro tanti problemi ultimamente.

Nel giugno 0094, nonostante fosse passato più di un anno dal tentato lancio di Axis sulla Terra, c’erano ancora diversi gruppi armati che facevano capo al Neo Zeon di Char Aznable, sia sul pianeta che nello spazio. A parte qualche eccezione, questi assembramenti isolati (dei quali si aveva notizia anche in Siberia, Sud America ed Europa settentrionale) non avevano la forza di fare più che qualche blanda operazione di guerriglia.

Mancavano loro i soldi e i mezzi, nonostante ricevessero segretamente qualche sovvenzione da parte di, a seconda dei casi specifici, governanti locali che miravano a indebolire il potere federale per non dovergli rendere conto, aziende che venivano danneggiate economicamente dalla politica del Parlamento o gruppi di potere che avevano interesse a usare questi soldati randagi per ottenere qualche vantaggio personale.

L’unità di soldati della quale era a capo Shake era una delle più numerose: contava ben quattordici Desert Doga e tre Geara Tank, fondamentalmente il torso di un Geara Doga montato sui cingoli di un carro armato. Un sistema come un altro per riciclare materiale che altrimenti sarebbe stato da buttare.

Al momento, solo cinque Desert Doga e i Geara Tank, il cui sistema operativo non era stato toccato, potevano essere utilizzati. Il che significava, contro dodici mobile suit federali, sconfitta certa. Era qui che subentrava la figura del consulente attivo.

Essendo il pilota più esperto disponibile, Daniel doveva guidare sul campo le squadre. In effetti, per lui questi reduci di Neo Zeon costituivano un businness notevole. Non erano capaci di fare un cazzo e avevano abbastanza soldi da spendere per lui: una pacchia. A dire il vero, anche tra di loro c’era gente che aveva combattuto durante la Guerra di Un Anno; il problema era che avevano sempre pilotato solo i loro vecchi mobile suit, rimanendo confinati in eterno in quella zona sperduta della Terra, mentre altrove cambiavano i modi di dare battaglia e di progettare le macchine antropomorfe.

Alcuni di loro non sapevano nemmeno cosa fosse un movable frame.

Nonostante la loro esperienza, all’atto pratico, sapevano ben poco di come funzionassero dei mobile suit moderni e di quali tattiche di combattimento si potessero sfruttare tramite essi. O almeno, questo era quanto Daniel voleva far credere loro. Era una questione di sopravvivenza, dopo tutto.

Per certi versi, Daniel era contento quando succedevano queste cose. Gli permettevano di guadagnarsi la pagnotta. Se non fosse stato in grado di fare fuori dodici Jegan con cinque Desert Doga e tre Geara Tank, la sua reputazione sarebbe scesa pericolosamente. E aveva fatto troppa fatica a costruirsi un nome, aiutando di volta in volta una diversa unità zeoniana in qualche parte del globo in cambio di soldi. Raramente le sue missioni duravano più di un mese, ma tendevano a risolvere i problemi. Motivo per cui, qualcuno disposto a dargli un po’ di soldi lo si trovava. La parte divertente di tutta questa storia era che nemmeno lui era un grande luminare di strategia, anzi. La sua esperienza di comando prima di diventare mercenario si era limitata alla guida di una squadra di tre mobile suit, compreso il suo. Però era un newtype e questo gli garantiva una vantaggio sul nemico.

Dopo la morte improvvisa di Lynn, Daniel aveva scoperto che le sue percezioni erano in qualche modo cambiate. Continuava a sentire le vite delle persone che stava per uccidere, ma adesso il suo raggio d’azione non era più a soggetto, ma ad area d’effetto. Non percepiva più l’esistenza del singolo individuo, ma quelle di tutte le persone entro qualche decina di metri da sé. Non aveva mai misurato esattamente. Più si avvicinava a qualcuno con l’intento di attaccarlo, più informazioni su questo soggetto gli entravano in testa. A volte succedeva per più individui e lui tendeva a mischiare le caratteristiche di tutti loro. Poteva quindi succedergli di credere di trovarsi davanti un ragazzo di vent’anni che era nato un quarto di secolo prima e che aveva due figli di venticinque e ventitré anni. O un abile nuotatore che aveva paura dell’acqua. O un estimatore di vini che era astemio.

Questo cambiamento aveva avuto un duplice effetto su di lui. Innanzitutto gli permetteva di anticipare con precisione estrema le mosse de nemico: una volta entrato nel raggio d’azione delle sue percezioni, capiva perfettamente la posizione di chiunque volesse uccidere, meglio che con un radar. Questo gli permetteva di dirigere le operazioni con una precisione inaudita, letteralmente sovrumana. Era stato questo che aveva fatto la sua fortuna. In secondo luogo, l’assoluta mancanza di verosimiglianza delle informazioni che riceveva (almeno quando si trovava a fronteggiare più persone) riduceva moltissimo l’angoscia che provava quando percepiva le loro emozioni mortali.

Nel corso degli ultimi anni, aveva cominciato a ritenere che la morte di Lynn non fosse stata poi un male, visto che gli aveva migliorato la vita sotto più punti di vista. Poi si chiedeva come potesse pensare una cosa del genere di una donna che aveva detto di amare e ricordava di quanto fossero stati falsi i suoi sentimenti. Era ancora come Perceval, in fin dei conti: non aveva decisamente trovato il proprio Graal, e tutto per colpa della sua indecisione.

A volte, si chiedeva cosa avesse causato quel cambiamento nella sua sensibilità di newtype. Sospettava che anche Suzanne fosse collegata a questo evento. Forse la morte delle uniche due donne per cui aveva pensato di provare qualcosa di simile all’amore lo aveva distolto dal singolo individuo, inducendolo a considerare ugualmente inutile tutta l’umanità? Non era tipo da passare chissà quanto tempo in considerazioni tanto astratte. Però era un’ipotesi.

E Chloe… Chloe era stata un imprevisto, in tutti i sensi. Non sapeva esattamente perché se la portasse dietro, ma un qualche bizzarro senso di orgoglio personale gli rendeva odiosa l’idea di parcheggiarla in un istituto per bambini. Non desiderava effettivamente ucciderla, quindi non riusciva a penetrare nella sua mente. Né sapeva se anche lei fosse una newtype: era ereditario? Più che altro, voleva tenersela vicina per togliersi questa curiosità.

***

Erano Jegan Ground Type. Quelli che si stavano avvicinando tre le dune del deserto, con il rossore del sole del tramonto che illuminava le loro armature marrone sabbia, erano senza dubbio dei Jegan per il combattimento in presenza di gravità. Il piano di base era semplice: vista l’inferiorità numerica, era fondamentale ottimizzare le forze. I cinque Desert Doga, divisi in due gruppi, avrebbero fatto da esca, attirando entrambe le squadre nemiche in una zona aperta poco lontana.

Una volta lì, i Geara Tank, opportunamente posizionati, avrebbero aperto il fuoco.

Anche così, era una tattica disperata, ma d’altra parte non era certo possibile affrontare i federali frontalmente e alla base avevano bisogno di tempo per prepararsi ad andarsene.

E poi, Daniel aveva sempre il suo asso nella manica. Ma era ancora troppo lontano per usarlo.

Era fondamentale sfruttarlo in congiunzione con i suoi compagni per un gioco di squadra: come era stato solito dire il suo allenatore nella Longobarda, ‘Per vincere, occorre che il portiere pari, che i difensori difendano, che gli attaccanti attacchino e che i centrocampisti centrocampistino’. Era un peccato non poter applicare sul campo di battaglia la rivoluzionaria teoria della bizona.

L’alta concentrazione di particelle Minovsky, però, impediva la comunicazione via radio e usare il codice morse tramite i monoeye dei Doga avrebbe significato segnalare la propria posizione al nemico. Di per sé, quello non era un problema: considerati questi ostacoli, già da tempo era stato convenuto un codice gestuale che permetteva ai mobile suit di comunicare semplici concetti senza fare rumore né generare luci.

Considerato che stavolta dovevano dividersi in due gruppi, però, era più che altro una questione di istinto. Daniel capì che doveva sfruttare il suo sesto senso per uscirne intero.

Il suo gruppo, ovviamente, era il più piccolo: lui e un altro Desert Doga. Camminando davanti, si diresse nella direzione in cui dovevano trovarsi i Jegan. Non si aspettava di vederli comparire sul panoramic monitor: stava guidando il proprio compagno attraverso delle dune, in modo che fosse possibile nascondersi dietro esse e sparare da posizione defilata. Dopotutto, non dovevano necessariamente abbattere i nemici, quanto piuttosto attirarli.

Li percepì ancor prima di vederli. Sei, come da rapporto degli esploratori. Il secondo gruppo di Desert Doga aveva ricevuto l’ordine di non ingaggiare il nemico finché non avessero sentito i suoni della battaglia. In questo modo, i loro avversari sarebbero stati preoccupati di raggiungere i compagni, e quindi più facili da prendere alla sprovvista.

Daniel alzò lo scudo del Desert Doga, e preparò a sparare lo sturm faust. Shake gli aveva detto che ne restavano pochissimi e bisognava farli contare tutti, dal primo all’ultimo. Approfittando del dislivello del terreno, Daniel sparò. La traiettoria del colpo descrisse una parabola nel cielo che rosseggiava delle luci del tramonto e si abbatté dritta sul Jegan al centro della formazione.

Daniel sogghignò: un bel botto al reattore nucleare e avrebbero salutato tutti quanti. Anzi, era improbabile che dei mobile suit si avvicinassero al nemico senza prevedere questa eventualità, quindi probabilmente si erano disposti in modo da evitare un problema simile.

Il Jegan Ground Type fu centrato in piena testa; il suo addome scoppiò fragorosamente, mentre le braccia venivano catapultate via e frammenti metallici volavano tutt’intorno. Daniel strinse i denti e cercò di non pensare al grido mortale del pilota, un abile giocatore di basket che non aveva mai preso un pallone in mano in vita sua. Come previsto, gli altri RGM-89G si erano allontanati con agilità, sfruttando i vettori di spinta sulle gambe per muoversi sul terreno sabbioso. Si dispersero velocemente, mentre puntavano i beam rifle nella direzione dalla quale era stato sparato lo sturm faust.

Poi, un’esplosione in lontananza.

Fu allora che Daniel fece fuoco. Aveva detto all’altra squadra di attaccare subito con uno sturm faust non appena avessero sentito esplodere il loro: in questo modo, il botto avrebbe attirato l’attenzione e distratto il nemico.

La beam machinegun del Desert Doga sibilò delle lingue di fuoco ardenti, che scavarono solchi mortali in un altro Jegan, che crollò al suolo. Il suo pilota era stato un appassionato di giochi di carte di qualsiasi tipo, che però aveva conosciuto nemmeno le regole del rubamazzo. Mentre i quattro rimanenti si avvicinavano rapidamente, Daniel diede il segnale di ripiegare. Coprendosi la fuga sparando, entrambi i mobile suit di Neo Zeon arretrarono, sempre cercando di mantenersi al riparo delle dune.

Adesso arrivava il difficile: per attirare il nemico in una zona aperta, dovevano prima passarci loro. Proprio mentre stavano per entrare nell’ampia piana sabbiosa dove la trappola era stata allestita (tra l’altro, dopo avere abbattuto un terzo Jegan), Daniel vide i suoi compagni dell’altra squadra avvicinarsi a propria volta al punto concordato. Inseguiti, ma sarebbe stato meglio dire schiacciati, dal nemico. Merda! Quegli incapaci si erano limitati a lanciare lo sturm faust e scappare! Non avevano nemmeno provato ad abbattere qualche mobile suit!

Mentre lui e il suo compagno si ritiravano velocemente nella posizione concordata, due Desert Doga dell’altro gruppo caddero a terra in fiamme, devastati dai beam rifle dei Jegan.

Fu allora che i Geara Tank cominciarono a sparare.

Merda! Troppo presto! Avrebbero dovuto aspettare il momento convenuto! I nemici non erano ancora tutti nella zona giusta e qui si stava rivelando loro la presenza di altri avversari. Due dei Jegan del gruppo ancora a piena forza si separarono dai compagni e si diressero verso i Geara Tank, coprendosi l’avanzata sparando. I tre Desert Doga rimasti erano ormai presi tra due fuochi, contro sei mobile suit nemici.

Daniel spinse al massimo il proprio Desert Doga, mentre le esplosioni dei colpi dei Geara Tank risuonavano alle sue spalle. Era il momento di darci dentro.

Lanciò il proprio mobile suit sulla sabbia sottile, mentre le tenebre calavano sulla battaglia e il sole spariva lentamente all’orizzonte. Si avvicinò rapidamente al gruppo dei quattro Jegan che lo avevano inseguito fin lì, facendo segno al proprio compagno di dare una mano al Desert Doga che si era trovato da solo contro gli altri.

Uno degli RGM-89G alzò il beam rifle per sparare.

Daniel capì al volo che stava cercando di prevedere la sua traiettoria di movimento, in modo che il suo colpo non potesse essere schivato. Ma poteva fare ancora qualcosa. Sollevò rapidamente il braccio destro del Desert Doga, da cui schizzò fuori un cavo metallico. L’heat rod si avvolse attorno al polso di un altro Jegan e la forza dell’accelerazione a cui il mobile suit di Neo Zeon era stato lanciato lo trascinò.

Il colpo del beam rifle della macchina federale centrò il proprio compagno con precisione quasi chirurgica. Daniel lo lasciò andare, allontanandosi un attimo prima che esplodesse. Poi, approfittando della posizione favorevole del proprio braccio destro, fece fuoco con la beam machinegun. Un altro Jegan fu trapassato dai raggi purpurei dell’arma, crollando a terra abbattuto.

Mentre tutto questo accadeva, Daniel cercava di tenersi fuori dalla testa i dettagli delle vite di quelle persone. Erano le solite cose.

Vite comuni.

Vite normali.

Vite insulse.

Uno dei due soldati che aveva appena ucciso era stato padre di una bambina di quattro anni.

Chloe…

Merda!

Era sempre così quando affrontava qualcuno che aveva dei figli: pensava a questi bambini a casa che non avrebbero mai visto tornare un genitore e si chiedeva se, un giorno o l’altro, anche Chloe si sarebbe trovata in questa situazione.

No.

Non se lo sarebbe mai permesso… né perdonato…

Fece scattare in avanti il Desert Doga, mentre vedeva uno dei Jegan gettare al suolo il beam rifle ed estrarre rapidamente la beam saber. Prima ancora che potesse completare quel movimento, lo colpì con una spallata, mandandolo a terra. Poi, si girò di scatto e fece fuoco sull’altro mobile suit federale rimanente, mentre alzava un piede e lo scagliava con violenza sull’abitacolo di quello rimasto al suolo.

Niente male, riuscì a connettere dopo che il dolore che gli devastava il cervello fu passato. Era riuscito ad abbattere da solo quattro Jegan in poco tempo. Non aveva perso il suo tocco. Mentre la testa gli martellava, si girò verso i suoi compagni, ancora impegnati a combattere. Era incredibile che non fossero stati già abbattuti.

Bah!

Però, in un modo o nell’altro, doveva fare tutto lui…

***

"Avremmo potuto prenderlo prigioniero", disse Alan Shake sbattendo una mano sul tavolo della propria scrivania. Perché ha dovuto schiacciare l’abitacolo dell’ultimo Jegan?".

"Direi di no, non avremmo potuto prenderlo prigioniero", replicò Daniel, seduto davanti a lui. La piccola torcia che illuminava la stanza permetteva di vedere poco più che la scrivania stessa, gettando ombre inquietanti tutt’intorno. "Adesso che abbiamo la certezza che l’Esercito Federale conosce l’ubicazione di questa base, dovremmo levare le tende al più presto. Potete permettervi di mantenere dei prigionieri con i vostri scarsi mezzi, e per di più mentre siete in viaggio?".

"Era uno solo e sarebbe stato un investimento", replicò il militare alzandosi dalla sedia. "Comunque sia, avremmo potuto ucciderlo dopo averne tratto le informazioni che ci servivano. Adesso sappiamo solo che i federali ci attaccheranno con forze ancora superiori, e tutto perché abbiamo abbattuto questo contingente!".

"Scusi, ma cosa dovevamo fare? Stare lì a farci ammazzare? Io dico che ci è andata bene a uscirne perdendo solo due Geara Doga e due Tank".

"So anch’io che non avevamo altra scelta, ma questo non cambia che la situazione ormai è critica. Cioè, più di prima. Senza contare che abbiamo ancora un sacco di Desert Doga con il sistema operativo da reinstallare".

"Ho paura che dovrete aspettare per questo. Vediamo di farli muovere così come sono e di sistemarli quando ce ne sarà il tempo, per quanto possibile".

"Grazie tante!", si infuriò Shake, "Non avevo bisogno che venisse lei a dirmi l’ovvio! Ho già dato disposizioni per la partenza, comunque. Non lontano da qui dovrebbe esserci…".

La porta dell’ufficio di Shake si spalancò all’improvviso.

Rachel balzò trafelata nella stanza.

Quasi inciampando in Daniel, del quale non si era nemmeno accorta, sbatté le mani sulla scrivania del colonnello: "Come torno indietro?", chiese fissando i suoi occhi su quelli dell’uomo.

Shake fu per un attimo impietrito da quella faccia.

Poi, si sedette al proprio posto: "So che la cosa non le piacerà, ma non ne ho idea".

"Come sarebbe a dire?", domandò la donna, visibilmente seccata. "Mi trovo nel bel mezzo di un attacco federale e non è necessario essere un soldato esperto per prevedere che non è finita qui. Non sono pagata abbastanza per farmi ammazzare. Io voglio tornare indietro".

"Le faccio notare che l’hanno mandata in una zona di guerra sapendo che lo era. Non le hanno detto quali rischi correva? Al momento, non ho modo di rispedirla al mittente, non vedo che mezzi dovrei usare".

Rachel alzò le mani dalla scrivania solo per mettersele tra i capelli.

Perché doveva restare coinvolta in un casino del genere?

Le avevano detto che sarebbe potuto succedere, sì. Ma non aveva avuto molta possibilità di scelta: era una lavoro e doveva fare quello che le veniva ordinato.

"Ma possibile che non possia fare niente?", sbottò, rendendosi improvvisamente conto che il suo comportamento doveva sembrare isterico. "Ha persino pagato questo tizio qui – indicò Daniel – per fare da ‘consulente attivo’, o che altro è, e lui non è capace nemmeno di arrivare a una soluzione per questo casino?".

"Il ruolo di Wymann non è quello di trovarle un aereo", rispose Shake seccato. "Lui è un consulente attivo: per le scelte che riguardano le battaglie, faccia lui, ‘fiat lux’. Per il resto, ‘sine qua non’, siamo qua noi".

Rachel lanciò al militare un’occhiata disgustata. Non sapeva se essere più seccata per la situazione che si era venuta a creare o per quell’impiego del latino come arma impropria.

Senza nemmeno replicare, uscì dalla stanza.

***

"Merda", mormorò Rachel seduta sul piede di un Desert Doga.

Si stava stringendo le gambe al petto, affondando la faccia nella ginocchia. Si era messa un maglione e un paio di jeans per contrastare la bassa temperatura della notte desertica, ma, alla fine, questo non la faceva sentire granché meglio. Non riusciva ancora a farsi una ragione di questa situazione assurda in cui si era cacciata. Se fosse tornata viva, si sarebbe licenziata. Anzi, no, aveva bisogno di lavorare, e tutto sommato la paga non era male… Però doveva trovare assolutamente degli incarichi meno pericolosi.

"Posso?", le chiese una voce.

Rachel si voltò.

Un soldato.

Indossava i pantaloni e gli stivali dell’uniforme e… quasi nient’altro. Aveva solo una canottiera a coprirgli il torso. Il che era strano, e anche piuttosto stupido, considerato il freddo che faceva.

Era un uomo sulla trentina, dai folti capelli biondi che spuntavano da sotto un cappellino con visiera verde militare. Le lanciò un’occhiata complice e indicò il piede del mobile suit su cui lei era seduta.

Rachel si spostò sulla sinistra, per consentire al nuovo arrivato di sedersi a propria volta.

"Ti chiami Rachel, vero?", disse lui con un sorriso. "Io sono Al. Vuoi?". Le porse un pacchetto da cui spuntava una sigaretta.

"Ho sentito dire che qui non arrivano sigarette", disse lei accettando l’offerta. "Comunque grazie". Si avvicinò all’accendino nella mano di lui e se ne allontanò con la sigaretta accesa.

"Infatti non ce ne dovrebbero essere", rispose Al. "Diciamo che ne tengo io da parte un po’ per le occasioni speciali".

OK, ci stava provando. Forse, in un altro momento, Rachel avrebbe anche potuto considerare l’offerta. Si vive una volta sola, no? In quel frangente, però, era troppo occupata a pensare a come salvarsi la pelle. Non aveva proprio voglia di un uomo che le corresse dietro.

"Senti, oggi non è proprio aria", disse scuotendo una mano mentre anche lui si accendeva una sigaretta.

"Eh, lo so che non è aria", replicò lui tirando una profonda boccata. "Come può essere aria quando rischi la vita? Io vivo così tutti i giorni da anni. Ma non preoccuparti, io ti proteggerò durante questo viaggio".

Patetico.

Era veramente patetico. Il suo tentativo era talmente evidente e sfacciato da essere fastidioso.

In fin dei conti, rifletté Rachel, quello non era esattamente il tipo d’uomo che le piaceva.

"Oggi la luna è bellissima", continuò Al alzando la sigaretta verso l’astro argenteo che sembrava enorme nel cielo del deserto. "Ti piace la luna? Io la trovo molto romantica".

"Odio la luna", rispose lei. "Ci vivo, sulla luna, e la detesto. È piena di delinquenti e le strade, appena si esce dalle vie principali, sono uno schifo. A Von Braun City non funziona un cazzo e ogni tanto ci sono dei black out nelle zone periferiche perché gli impianti elettrici vengono danneggiati da qualcosa che non si è ancora bene identificato. La luna fa cagare, inutile girarci intorno. Generazioni di poeti e scrittori ne hanno intessute le lodi solo perché non ci sono mai vissuti".

Al sembrò capire allora quello che la sua interlocutrice gli aveva già detto. Non era decisamene aria. Scese dal piede del Desert Doga: "Scusa se ti ho disturbata", disse con aria evidentemente seccata. "Ci si vede". Si allontanò in direzione dell’hangar senza voltarsi.

"Forse sono stata un po’ stronza", mormorò Rachel tra sé e sé.

Si tolse la sigaretta dalla bocca e la guardò per un po’, mentre si consumava lentamente.

"Ma sì, vaffanculo", si disse spegnendola poi sul piede del mobile suit.

Non le andava di accettare l’offerta di un uomo che aveva trattato così.

Aveva ancora un po’ di orgoglio, dopotutto. E un pacchetto pieno.

Poi, un rumore catturò la sua attenzione.

Si girò verso la propria sinistra.

Daniel era lì, appoggiato alla gamba del Desert Doga, che stava ridendo sommessamente. Poco a poco, il ritmo del riso aumentò, finché lui si piegò fino a tenersi la pancia, lasciandosi completamente andare.

"Trovi quello che è appena successo divertente?", chiese lei lanciandogli un’occhiata di traverso. Poi vide che c’era anche Chloe, aggrappata a un lembo dei pantaloni del padre.

"Be’, sì", replicò l’uomo smettendo di ridere, ma sempre tenendo un sogghigno indecifrabile sulla faccia. "Ho preso tanti due di picche in vita mia, ma questo era davvero clamoroso".

"Dovresti insegnare a tua figlia che non è carino spiare la gente".

"Non ti stavo spiando. Sono arrivato qui molto prima di te, non è che potessi fare a meno di sentire cosa dicevate".

"Eri qui già da prima di me? Adesso capisco da chi Chloe abbia imparato a nascondersi tre le ombre. E perché non mi hai detto niente?".

"Cosa avrei dovuto fare? Salutarti?".

"Sarebbe stato quantomeno educato. E forse mi avresti risparmiato quel seccatore".

"A dire il vero, ero proprio sul punto di salutarti, quando è arrivato quel tale, poi ho preferito non disturbarti. Non sono poi così maleducato, dai".

"Avrei preferito che mi disturbassi. Comunque, apprezzo la buona volontà. Anche se ho l’impressione che tu non sia intervenuto solo per farti quattro risate".

Daniel sogghignò: "Mia madre lo diceva sempre che a volte sono un libro aperto".

"A volte sei anche un po’ stronzo… Ops, scusa, la bambina".

"La bambina sente in continuazione le bestemmie che tiro io, non si scandalizza per uno stronzo".

Rachel si stese sul piede del Desert Doga, mettendosi le mani dietro la testa: "Ma che razza di padre sei… Come ha potuto la madre di Chloe lasciartela sapendo che eri così?".

"Io più o meno lo so, ma è praticamente da quando è nata mia figlia che non la vedo".

La donna balzò nuovamente a sedere: "Cosa? Come sarebbe a dire?".

"Era l’89, se non ricordo male… Sì, perché Chloe è nata nel marzo del ’90… Dicevo, era l’89. All’epoca, avevo una dimora fissa. Vivevo nella base dell’AEUG su Sweetwater e, dopo la guerra, ero in attesa che l’Esercito Federale mi assegnasse alla nuova mansione. L’Anti-Earth Union Group si stava ormai sciogliendo e a quel punto dovevo limitarmi a qualche missione di pattuglia… Una noia mortale… Be’, anche la madre di Chloe viveva su Sweetwater e anche lei faceva parte dell’AEUG, ma non serviva sulla mia stessa nave. Siamo usciti un paio di volte e poi, dopo che non la vedevo da mesi, lei mi ha detto di essere incinta. Quando Chloe è nata, è venuta nel mio alloggio, me l’ha lasciata lì e se n’è andata senza più farsi vedere".

Rachel aggrottò la fronte: "No, dai… Che storia assurda… Sembra uscita da un raccontino di quart’ordine… Dai, non è possibile…".

"Credi un po’ quello che vuoi… Comunque, sarebbe stato molto più banale se la madre fosse morta, no?".

"Mi stai dicendo che tua figlia è nata da una relazione occasionale? E che sua madre se ne è fregata anche più di te?".

"Più o meno. Il fatto è che aveva subito un trauma infantile che aveva rimosso dalla propria coscienza. Sua madre… intendo la nonna materna di Chloe… tendeva a ubriacarsi e a picchiarla. Quando questa persona è morta, la mia ex amante ha rimosso la sua fastidiosa abitudine, perché inconsciamente voleva vederla come la madre perfetta. Però, la cosa le ha lasciato una paura assurda della maternità. Credo sia stato per questo che ha abbandonato Chloe".

"Che mucchio di balle allucinante… Mi stai parlando come se avessi letto nel pensiero di questa persona. Come puoi sapere delle cose che lei stessa aveva rimosso?".

"Diciamo che avrei evitato volentieri di saperle, ma non ho avuto molta scelta. È l’inconveniente del sesso".

"Cosa? Che c’entra il sesso? Non è che fare sesso con una persona ti permetta di vedere cosa pensa!".

Daniel scoppiò a ridere: "Già, certo. Lascia perdere, non capiresti. Ah, ovviamente, quando mi ha detto che il figlio che aspettava era mio, non le ho creduto sulla parola, ho preteso l’esame del DNA".

Rachel scosse il capo: "Secondo me, ti sarebbe bastato aspettare di vederla crescere. Chloe è il tuo ritratto".

"Non ne avevo il tempo. Tirava aria di trasferimento".

"Sei un tipo strano, sai? Non sembri particolarmente affezionato a tua figlia, eppure te ne prendi cura. Cos’è, un qualche senso di responsabilità?".

"Curiosità, più che altro. Diciamo che ci sono delle cose di cui mi voglio accertare".

Rachel alzò lo sguardo verso la luna. Stava provando una pena quasi angosciante per Chloe. Quella bambina era stata davvero sfortunata. Un padre che la cresceva per curiosità e una madre che, a quanto le era parso di capire, non aveva mai nemmeno conosciuto… Una vita da un campo di battaglia all’altro solo per l’egoismo di un uomo che non l’aveva mai voluta… In un certo senso, quella situazione le fece dimenticare per un attimo il pericolo che correva.

Si girò verso Daniel, che era rimasto muto e immobile: "Non hai più provato a contattare la madre di Chloe? Voglio dire, se avesse cambiato idea, sarebbe meglio lasciarla con lei che portarla continuamente in queste zone di guerra".

"Non saprei come rintracciarla, in realtà. Anche lei ha lasciato Sweetwater quando l’AEUG è stato assorbito nell’Esercito Federale e siamo stati integrati in due unità diverse. Non so esattamente dove fosse stanziata la sua. Sulla Terra, credo. Adesso che ci penso, alcuni membri dell’equipaggio della nave su cui militava sono stati mandati in Europa settentrionale. Forse anche lei".

"Be’, è già qualcosa, no? Prova a contattarla. Conoscerai pure gente nell’Esercito".

Daniel tacque. Sembrò che passasse del tempo a riflettere.

"Ci ho già pensato", disse infine. "Se mi ha mollato Chloe, significa che di lei non le importa. Non gliela lascio".

Rachel spalancò gli occhi: "Ma dai! Hai appena detto qualcosa che ti ha reso un po’ più simpatico! Ma allora una qualche preoccupazione per tua figlia ce l’hai! Magari ti sei anche affezionato a lei, ma non lasci trasparire i tuoi sentimenti perché alle ragazze piace quell’aria da duro? Io personalmente preferisco gli uomini di buon cuore, eh! Non sono il tipo di donna che si innamora degli stronzi, ho poca pazienza per certa gente". Non aveva ancora finito di parlare che si rese conto di ritenere degli stronzi praticamente tutti gli uomini con cui era stata. Non erano stati tanti, ma la percentuale di stronzi lì in mezzo era quasi del cento per cento.

"Cos’è, adesso ci provi tu con me?".

"Sai cosa?", il tono sarcastico lasciava pochi dubbi sul senso delle parole. "Alla fin fine, avresti più possibilità tu di quel tizio di prima. Però credo che lascerò passare questa succosa occasione: non ho voglia di rischiare di lasciarti un altro figlio a cui badare".

Ci fu un lungo silenzio. Era come se entrambi avessero esaurito gli argomenti di conversazione.

Ma fu Rachel a riprendere a parlare: "Comunque, a parte le tue paturnie egoistiche, dovresti pensare all’interesse di tua figlia. È possibile che avere una madre possa rivelarsi vantaggioso per lei… e poi… quanti anni ha?".

"Quattro".

"Ecco, appunto. Tra un po’ dovrà cominciare ad andare a scuola".

"Ho pensato anche a questo. Ed è il motivo per cui vorrei fare quanti più soldi possibile. Conto di tornare su Side 2 tra un annetto, quando dovrei avere un buon gruzzolo da parte. Poi cercherò di trovarmi un qualche lavoro del cazzo. Conosco ancora un paio di persone in una società di calcio in cui ho giocato anni fa: vedrò di riuscire a farmi prendere lì per qualche incarico d’ufficio, o magari per pulire gli spogliatoi".

"No, dai… Adesso non devi dirmi così… Prima ti fai passare per stronzo, poi dici cose che ti rivalutano? Cioè, resti comunque uno stronzo, ma alla fine hai una speranza di redenzione. È molto carino che tu voglia trovarti una casa dove vivere con tua figlia e che stia facendo tutto questo per lei. Però, io resto della mia idea: se tu dovessi morire in battaglia, che ne sarebbe della bambina?".

"Ti ho già detto che non so vivere senza combattere, no? Se sono un mercenario, è anche per me stesso, ho i miei motivi. E comunque, io non ho mai detto che di mia figlia non mi importi, eh… Anzi, aspetta un attimo".

Daniel si chinò sulla bambina.

"Sta sbadigliando", disse rivolto a Rachel.

"Papà…". La voce di Chloe era un sussurro.

"Sei stanca?", le chiese lui.

Lei annuì con la testa.

Daniel la prese in braccio e fece per allontanarsi.

Si girò verso Rachel: "Fossi in te, dormirei un po’. Probabilmente, partiremo da un momento all’altro, appena i soldati avranno finito i preparativi. Sarà una notte lunga e insonne, ti conviene approfittare di un momento libero".

Lei scese dal piede del Desert Doga e si avvicinò al suo interlocutore: "E la bambina?". Lanciò un’occhiata a Chloe e la vide mezza addormentata tra le braccia del padre.

"Io probabilmente mi sposterò su uno dei camion. La terrò in braccio durante il viaggio, non è la prima volta che dorme così. Se dovessi pilotare uno dei mobile suit, la porterò con me nell’abitacolo: nemmeno questa è un’esperienza nuova per lei".

"Senti… Se devi pilotare, lasciala a me. Vedrò di trovarle un posto dove possa stare tranquilla".

Daniel fissò lo sguardo su di lei per qualche secondo: "Perché mi chiedi una cosa del genere?".

"Be’, in una base militare in cui onestamente non mi trovo a mio agio, Chloe costituisce l’unica cosa che mi ricordi una realtà un po’ più… ‘normale’, non so se mi spiego. E mi dispiace vedere una bambina che vive così".

"La porto con me, in ogni caso", rispose Daniel voltandosi, apparentemente seccato.

Girò sui tacchi e se ne andò.

Rachel sbuffò. Ma che aveva detto di male? Era questo che si otteneva a cercare di aiutare la gente? In fin dei conti, quel tizio ERA stronzo.

***

I pesanti passi del Desert Doga rimbombavano nell’abitacolo.

La colonna di mobile suit e veicoli, che si stava muovendo in maniera quasi casuale tra le dune del deserto, era ormai una schiera di fuggiaschi in cerca di chissà cosa.

Prima della partenza, Shake aveva detto di avere una meta.

Già dopo due ore di viaggio, nessuno gli credeva più.

Daniel alzò gli occhi per guardare le stelle attraverso gli schermi superiori del panoramic monitor. Almeno la nottata era serena. Si stavano muovendo verso sud-est. C’erano delle unità di Neo Zeon in Medio Oriente, in effetti. Ma era un viaggio troppo lungo per farlo senza tappe. Se davvero Shake voleva unirsi a loro, doveva quantomeno avere preparato un piano per coprire tutta quella strada.

Poi abbassò lo sguardo e vide Chloe che dormiva tra le sue braccia. Daniel stava pilotando usando solo i pedali: finché doveva limitarsi a muovere le gambe del mobile suit, era sufficiente. Si era preso uno dei Desert Doga ai quali era già stato ripristinato il sistema operativo, in modo che la funzionalità di condizionamento desse all’abitacolo la giusta temperatura.

Sospirò. Ma che cazzo gli era preso? Quella proposta da Rachel era stata una buona soluzione. Sicuramente la migliore nell’interesse della bambina. Cazzo. ‘Normale’. Era stata quella parola a dargli fastidio. Forse non lo capiva bene nemmeno lui. Già. Pensò che un uomo di trentasei anni che facesse il mercenario girandosi i campi di battaglia con la figlia di quattro non fosse esattamente il massimo della normalità. Ma, se nella sua vita c’era qualcosa di ‘normale’, quella era Chloe. E non voleva condividerla con nessun altro. Chloe era la SUA normalità.

Si stupì di se stesso. Non era mai stato geloso di sua figlia. Forse perché, quando andava a combattere, la lasciava sempre con gente che non si curava di lei.

Le scostò qualche capello del viso e la guardò.

Già, gli somigliava davvero.

In tutto?

Scosse la testa tristemente: "Sei condannata anche tu?", mormorò. "Anche tu sei stata colpita dalla maledizione che ti costringe a capire il tuo prossimo meglio che se fosse te stessa? I miei geni ti hanno trasmesso questo fardello?".

Ma perché si trovava all’improvviso a pensare a queste cose?

Ripensò alla propria vita.

Il rapporto conflittuale con suo padre fu la prima cosa che gli venne in mente. Ricordò di avere inviato alla propria famiglia dei biglietti per la sua partita d’esordio in Serie A: nessuno di loro si era fatto vedere. E lui non era stato sicuro che gli avrebbe fatto piacere. Ma a quei tempi era stato felice… be’, quantomeno ci si era avvicinato. Allenarsi era dura, ma poi c’erano le serate in discoteca la domenica, dopo la partita. Non che le discoteche gli piacessero particolarmente, ma almeno c’erano delle donne. E le donne tendevano a darla ai calciatori.

Poi l’Operazione British e la sua famiglia che moriva. Tutti, tranne sua sorella. La guerra che scoppiava, il campionato che si interrompeva e lui che veniva arruolato. Il punto di svolta era stato l’Operazione Tristan. Era stato lì che si era risvegliato il suo vero io. E quella era stata la sua rovina.

"Non svegliarti mai, Chloe", sussurrò.

Ma la bambina si svegliò. Si stiracchiò pigramente tra le braccia di suo padre e poi alzò la testa, incontrando il suo sguardo.

"Ti ho svegliata? Torna a dormire, dai. Il viaggio è ancora lungo, pensa a riposarti".

Chloe lo guardò poco convinta, poi si accoccolò di nuovo tra le sue braccia.

"Papà…", disse mentre aveva già gli occhi chiusi, "Non mi lasciare con quella signorina".

"Non ti ho lasciata con lei. Sei qui con me".

"Lei non mi piace".

"Non preoccupartene. È solo una persona che, alla fine di questa missione, non vedremo più".

"Papà… quella signorina ha detto che tu vuoi trovare una casa. Cos’è una casa?".

"È qualcosa che avremo tra un annetto".

"È una bella cosa?".

"Le cose, di per sé, non sono belle o brutte. Dipende dal rapporto che ci hai. Io penso che tu potrai stare bene nella casa che avremo".

"Sì, ma io voglio sapere cos’è una casa…".

"Diciamo che è un posto che non si muove mentre ci dormi".

"Allora non ci sono mai stata. Andiamo nella casa, papà?".

"Te l’ho detto, tra un annetto. Se sarò ancora vivo, avremo la nostra casa, d’accordo?".

Nessuna risposta. Chloe si era già addormentata. Evidentemente, non si era preoccupata per quel ‘se sarò ancora vivo’. D’altra parte, visto il lavoro che faceva, l’aveva abituata a non contare troppo sul fatto che l’avrebbe rivisto il giorno dopo. Sghignazzò, pensando che Rachel l’avrebbe definita una situazione triste.

Poi si appoggiò allo schienale del sedile e gettò indietro il capo. Vide nuovamente il cielo stellato sopra di sé e pensò a quello che aveva appena detto a sua figlia.

Una casa…

La sua casa era su Side 2… O meglio, su quello che si chiamava Side 2 quando lui ci era nato: anni prima, diverse colonie erano state spostate e i numeri non erano più gli stessi di una volta.

Ma il fatto era che da qualche parte, in direzione delle stelle che stava guardando, c’era il posto in cui era vissuto con i suoi genitori, suo fratello e sua sorella. Che era probabilmente distrutto, visto che era rimasto coinvolto nell’Operazione British… Poi c’era Sweetwater. Era stata in Side 2 quando ci aveva abitato lui, ma poi era stata spostata… dove? Side 3? Non ricordava esattamente.

Il fatto era che doveva tornare ad avere una casa. Per Chloe? Ma chi era Chloe, esattamente? forse per il suo cattivo rapporto con la famiglia, aveva sempre pensato che non bisognasse necessariamente amare i propri genitori. In fin dei conti, lui non aveva chiesto che loro lo fossero, né loro avevano chiesto espressamente che lui fosse loro figlio. I genitori, per come la vedeva lui, erano solo due persone che, per puro caso, ti mettevano al mondo. E allora, perché Chloe avrebbe dovuto considerarlo diversamente? Perché ne avevano passate tante insieme? Sì, ne avevano passate proprio tante.

A volte, Daniel si chiedeva se a cambiare le sue percezioni fosse stata davvero la morte di Lynn. Dopo quell’evento, i suoi ricordi erano confusi. In qualche modo, era finito di nuovo sulla Terra, di nuovo nel corso di una battaglia. Forse aveva inconsciamente cercato di ripetere quanto aveva vissuto con Suzanne, ma stavolta era stato solo. La sua permanenza sulla Terra, stavolta, era durata solo pochi giorni: era ripartito subito con lo Z Plus ed era stato rispedito all’AEUG dall’Esercito Federale. Poi, aveva ricominciato a cercarsi le sue solite avventure da una notte. Non aveva combattuto molto in quel periodo. Nel complesso, poteva dire di avere superato abbastanza presto il trauma della morte di Lynn. Era arrivato a chiedersi come gli fosse stato possibile innamorarsi tanto di lei, al punto di cercare il suicidio.

La nascita di Chloe, anche per le circostanze non proprio perfette, era stata un punto di svolta. Quando aveva saputo con certezza che sarebbe diventato padre, aveva avuto paura. Non sarebbe mai voluto essere come il proprio, di padre. Ma… era successo e basta. Aveva una figlia e, in qualche modo, questo lo aveva cambiato.

Non sapeva ancora come, però.

***

"Fuori di testa…", mormorò Rachel mentre guardava i dati che comparivano sullo schermo del computer. "È assolutamente fuori di testa…".

Seduta al tavolo di quello che era stato l’ufficio del comandante di una base federale, osservava avidamente i numeri e le lettere che comparivano sul monitor. La luce filtrava dalle vetrate infrante della finestra alla sua sinistra, attraverso la quale passavano anche dei lunghi cavi di alimentazione, che si collegavano direttamente al computer. Il pavimento sporco e impolverato, su cui giacevano fogli sparsi e oggetti infranti, lasciava ben capire lo stato di incuria in cui si trovava il posto. La stessa Rachel veniva di tanto in tanto ferita dalle molle che spuntavano dalla poltrona su cui era seduta. Che ci fosse un computer ancora funzionante lì dentro, era stato una specie di miracolo. E, frugandovi alla ricerca di mappe del posto, aveva invece trovato qualcosa di imprevisto.

Il contingente di soldati di Neo Zeon aveva trovato un momentaneo rifugio in una vecchia base abbandonata dall’Esercito della Federazione Terrestre qualche anno dopo la Guerra di Un Anno. Apparentemente, era stata una località segreta, un posto dove venivano fatte cose che non potevano essere lasciate sapere ai comuni mortali. I nativi del luogo, però, l’avevano trovata e, previo adeguato compenso, l’avevano indicata alle truppe di Neo Zeon. Era un posto in cui riposare per un po’, ma niente più: con le truppe federali alle costole, era fondamentale oltrepassare un certo punto. Bisognava arrivare alla prossima frontiera. Il governatore del posto era colui che sovvenzionava quel gruppo sovversivo: una volta nel suo territorio, gli zeoniani si sarebbero potuti nascondere abbastanza agevolmente. Il problema era che nessuno sapeva esattamente dove si trovassero. Di conseguenza, una volta appurato che, per un qualche miracolo, lì dentro c’era un computer che poteva funzionare ancora, Shake aveva permesso che fosse collegato al sistema di alimentazione di un Desert Doga per trarne un po’ di energia.

Ma Shake non apprezzava quello che stava succedendo. Era lì, nell’ufficio insieme a Rachel.

"E allora?", chiese. "Cosa ci sarebbe di fuori di testa? Ha trovato qualche mappa?".

"Nessuna", replicò lei scuotendo il capo. "Ma il disco che c’era nel drive di questo computer contiene qualcosa di allucinante…".

Shake aggrottò la fronte: "E sarebbe?".

"Qualcosa che non dovrebbe esistere… È un sistema operativo per mobile suit… Ma è impossibile… Assurdo… Non capisco come diavolo possa funzionare".

"Senta, per favore… se non c’è quello che ci interessa, lasci stare. Non possiamo permetterci di sprecare energia per qualcosa che non ci tocca direttamente".

"Ma sì, non c’è problema… Mi prendo il disco e lo riguardo dopo sul mio portatile. Però è fuori di testa. Come è possibile che esista un sistema operativo del genere?".

Shake scosse il capo e mise le mani sulla scrivania su cui il computer si trovava: "Ma così, per curiosità… Cos’ha di tanto strano questa roba?".

"Ha presente i newtype?".

"I newtype? Come Char Aznable? Certo che li ho presenti, ma non ho mai capito granché come… uhm… ‘funzionassero’. Voglio dire, credo che non si possa capire cosa sia un newtype senza esserlo".

"Gente dotata di superpoteri, come nei fumetti. È dai tempi della Guerra di Un Anno che si cerca di sviluppare armi per newtype. La Anaheim è sempre stata all’avanguardia in questo campo, fin dai tempi dello Z Gundam. Anche il Sazabi che usava Char Aznable era una macchina per newtype uscita dai nostri stabilimenti. E anche il n Gundam di Amuro Ray. Ma questo è diverso da qualsiasi cosa io abbia visto prima".

"E in cosa sarebbe diverso?".

Rachel staccò per un attimo lo sguardo dal computer e fissò il colonnello. Le piaceva dare spiegazioni per fare sfoggio della propria cultura: "Tipicamente, un sistema progettato per dei newtype, come lo psycommu o il bio-sensor, è costituito da una componente hardware e da una software che lo gestisce. L’hardware serve per interagire fisicamente con il newtype, dato che questi equipaggiamenti si basano sulla ricezione delle sue onde cerebrali… Il software, invece, permette la comunicazione tra l’hardware e il computer, trasformando gli input ricevuti in dati che possano essere elaborati per far funzionare la macchina. Questo disco, però, fa qualcosa di senza precedenti… Contiene un sistema operativo che riproduce gli effetti dello psycoframe che avevamo installato sul n Gundam e sul Sazabi, ma lo fa esclusivamente via software. Non ha un hardware di supporto. Salta uno stadio. Il che è impossibile. Come può elaborare i dati senza che ci sia qualcosa che li riceve? Non può, semplicemente. In questo disco deve esserci qualcosa di sbagliato, ma… Se davvero è inutile, perché il comandante di una base segreta che nessuno conosceva lo custodiva personalmente?".

"Se le interessa tanto, si porti via quel disco, ma non perdiamo altro tempo".

"E la cosa più sbalorditiva è un’altra", proseguì Rachel fingendo di non avere sentito. "Questi dati risalgono alla Guerra di Un Anno. Quindici anni fa. Anzi, sui documenti di testo, le annotazioni sono datate addirittura agli anni ’60. Pare sia stato elaborato in seguito dal suo stesso creatore per essere usato su dei mobile suit, ma non riesco a capire quale dovesse essere il suo impiego originario. Quasi trent’anni fa c’era qualcuno che aveva realizzato una versione molto più complessa di quello che oggi è ritenuto il massimo della tecnologia. Tra l’altro, all’epoca nemmeno si sapeva cosa fosse un newtype, a parte che per alcune teorie di Zeon Zum Deikun".

Shake abbassò la faccia fino a metterla direttamente davanti a quella della donna: "Per favore", scandì come se stesse parlando a una completa imbecille, "Le ho detto che potrà studiare quella roba più tardi. Adesso pensi a ripristinare il sistema operativo ad almeno un altro Desert Doga, poi riprenderemo il viaggio".

***

Altri sei mobile suit. In una mezza giornata di lavoro, tanto era riuscita a fare Rachel.

Il numero dei Desert Doga sistemati aumentava, ma quello che ora interessava a lei era altro.

In attesa che fossero ultimati i preparativi, che avrebbero permesso al gruppo di partire al tramonto, si era messa a sedere nella parte posteriore di uno dei camion della carovana.

Teneva il portatile sulle gambe, guardando con interesse i dati del disco che aveva preso dall’ufficio del comandante della base.

Erano stati protetti, ma il sistema risaliva a parecchi anni prima. Aggirarlo non era stato difficile: il modo per farlo era noto da molto tempo.

Ma era tutto il resto a essere talmente assurdo da risultare incredibilmente affascinante. Rachel guardava i dati di quel sistema operativo e ne era stregata. Completamente. Alcuni file erano in un formato diverso da quelli usati attualmente, ma convertirli non doveva essere un problema. Quello che risultava incredibile era il concept dietro al sistema. Come diavolo era possibile che il computer comunicasse con il pilota senza un hardware fatto apposta?

Rachel frugò freneticamente tra i documenti testuali. Erano un delirio. Il termine ‘newtype’ non vi compariva mai, ma era evidente che ci si riferiva proprio a questo. Anime affini. Era questa la sostanza del discorso?

Quando due persone si conoscono, impiegano tempo per sapere tutto l’una dell’altra. Quando due persone si innamorano, lo fanno per trovare conforto o perché vogliono ferirsi più che in qualsiasi altra situazione. Ma entrambe le circostanze sono imperfette e fallaci: nessun essere umano può veramente conoscere il proprio prossimo e, se anche fosse, l’accettazione sarebbe ancora più difficile, perché vedere la realtà è quanto di più doloroso possa esistere. La ricerca della felicità è la ricerca dell’affinità completa con le persone che ci sono care, ma è ovvio che essa possa passare solo attraverso il contatto. Un contatto di cui nessuno è veramente capace, perché non vi sono due individui che si possano amalgamare perfettamente. Rossana realizzerà il contatto. Lei è la persona migliore che esista, quindi sarà la base. Lei può fare quello che nessun altro può. Lei sarà il perno attorno al quale girerà tutto. Perché lei può comprendere il prossimo senza parole. Rossana comprenderà chi si avvicinerà a lei e lo aiuterà, perché lei sa amare in maniera disinteressata.

Rachel aprì un altro documento. Ecco, questo era quasi comprensibile.

La teoria prevede che un essere umano abbia un’esistenza superiore, oltre quella della carne mortale. Sebbene la scienza non abbia ancora dimostrato la presenza di ciò che le religioni chiamano ‘anima’, essa esiste. Fosse anche la semplice coscienza di sé, è inconfutabile che gli esseri viventi sappiano di essere tali, almeno nel caso di quelli superiori, quali gli uomini. È opinione diffusa che tale ‘anima’ sa la coscienza comune delle cellule che compongono il corpo. Alla morte delle cellule, essa non ha dunque motivo né possibilità di continuare a esistere. Isolando questa ‘anima’ dal corpo prima della morte fisica, e ponendola in contatto con una persona dotata di una simile sensibilità, però, potrebbe essere possibile…

Un mucchio di cazzate. Chiacchiere metafisiche che sembravano partorite da un pazzo. Non tutto quel materiale era completamente estraneo a Rachel. Le parti che teorizzavano l’emissione delle onde cerebrali dei newtype (che non venivano chiamati così, ma la cui natura era chiarissima) le erano familiari. Ma erano immerse in un mare di considerazioni assurde, fondamentalmente delle sparate esistenziali, che forse volevano mettere in collegamento un qualche ideale simil-contolista con la ricerca che chi aveva scritto quella roba stava portando avanti.

Gli esseri superiori si riconoscono tra di loro. È per questo che Rossana saprà capire chi si troverà di fronte. È per questo che potrà comunicare con un proprio simile e dovrà invece limitarsi a prendere senza dare da chi non lo è. L’imitazione di un essere umano diventerà una creatura oltre i limiti degli esseri umani stessi. Una vita artificiale e naturale al tempo stesso, eterna e assoluta, dotata della consapevolezza del dolore e della felicità, che trarrà da tutta l’umanità.

Rossana? Era evidente che quello fosse il nome del sistema operativo. Ma perché nello scritto ci si riferiva a esso come se fosse stato un essere vivente?

Rossana cerca di comunicare. Chi riuscirà a capirla, potrà amarla. Ma solo ad alcuni è dato di capire Rossana e non è detto che l’amore di costoro sia corrisposto: lei sa anche odiare. La nascita dell’essere assoluto passa attraverso tutte queste emozioni, quindi Rossana dovrà provarle, nonostante le conosca già. Quando avrà trovato ciò che gli esseri umani cercano, Rossana diventerà qualcosa di impensabile. A seconda della persona che l’avrà portata a questa conclusione, potrà essere un dio oppure un demone. In ogni caso, sarà un’esistenza al di fuori dai parametri della comprensione comune. Quello che mi interessa è vedere come ci arriverà.

Rachel chiuse definitivamente i file di testo. Era ovvio che lì dentro non c’era niente di utile. Ma non si arrendeva: cominciò freneticamente a esplorare il sistema operativo in tutte le sue parti, frugandone ogni singola cartella, spulciandone ogni singolo file, riscrivendone interi pezzi affinché potesse funzionare su di un mobile suit più moderno…

Perdette letteralmente la cognizione del tempo, mentre le sue dita volavano veloci sulla tastiera del portatile. Ormai era diventata un’ossessione: DOVEVA vedere come funzionasse quella roba. Poi, arrivò a un punto che la sorprese. Quel sistema operativo, una volta installato, poteva essere usato solo se il disco veniva comunque tenuto nel drive. Che assurdità era questa? Perché fare una cosa tanto scomoda? Poi le venne un dubbio. L’hardware. Possibile che… espulse velocemente il disco dal drive e cominciò a esaminarlo. Niente. Era un comunissimo disco su cui era possibile registrare dei dati. Lo inserì nuovamente nel portatile: non c’era tempo per le congetture. Adesso doveva pensare solo a sistemare il software.

***

Le esplosioni rimbombavano per tutta la base, mentre il viavai di soldati e personale non faceva che accrescere il caos.

Facendosi strada tra la gente che, nonostante l’addestramento militare, non sembrava ancora completamente padrona di sé, Daniel si diresse verso il Desert Doga che gli era stato assegnato.

I federali li avevano rintracciati prima del previsto e adesso doveva intervenire insieme agli altri piloti per respingere l’attacco. Quantomeno, ora i Doga utilizzabili erano di più, sette… ma i nemici erano dieci e, apparentemente, dei nuovi modelli.

Sarebbe stata dura comunque.

Daniel si mise a correre, tenendo Chloe per mano. Non aveva il tempo per trovare qualcuno a cui lasciarla: l’unica alternativa era portarsela dietro.

Improvvisamente, si sentì afferrare per una spalla.

Era Rachel: "Sali su quel Desert Doga", disse indicando un mobile suit inginocchiato a una ventina di metri.

Daniel si bloccò per un attimo. Era stato sul punto di salire sull’unità che gli era stata assegnata quando era stato fermato da lei.

"Salire su quello?", domandò perplesso. "E perché?".

"Gli ho fatto il Trattamento Rachel. È lì apposta per te".

Daniel pareva sempre più dubbioso: "Cosa significa?".

"Troppo lungo da spiegare, fidati di me. Usa quel mobile suit".

"Ma come puoi pretenderlo, se non so nemmeno cosa abbia di diverso dagli altri?".

Ignorando Chloe, che si stava mettendo fra di loro, Rachel lo afferrò per il colletto della polo con entrambe le mani: "Ti prego, Daniel. Prendilo come un favore personale che ti chiedo. Non ho tempo di spiegarti cosa ho fatto a quel mobile suit, ma usalo. Se abbiamo una speranza, è quella. Il peggio che ci può capitare è morire, no? Quindi può solo andarci meglio, ti pare? Per favore, fai come ti dico".

Daniel restò impassibile per un attimo. Poi, mise una mano sulla testa della figlia: "Potresti dare un’occhiata a Chloe mentre sono via?".

"Certo", rispose lei sorridendo.

Daniel si chinò, in modo da stare alla stessa altezza della bambina: "Pazienta solo per questa volta, ve bene?".

Chloe lo guardò con gli occhioni lucidi: "Avevi detto che…".

"Per favore, Chloe… È un’emergenza. Solo per questa volta, d’accordo? Quando la missione finirà, non la vedremo più, no?".

Lei mugugnò qualcosa, che Daniel decifrò come un "Sì, però sei uno stronzo".

Amen. Se sua figlia era già sboccata a quattro anni, poteva prendersela solo con se stesso.

Corse verso il mobile suit che Rachel gli aveva indicato.

Lei lo guardò allontanarsi. Un dio o un demone… In quel preciso momento, vedere l’esistenza assoluta di cui parlavano gli appunti era la sua priorità.

***

Nuovi modelli…

Ma nessuno si sarebbe aspettato qualcosa di simile.

Nonostante somigliassero a dei Jegan, questi mobile suit avevano qualcosa di molto diverso.

Sembravano pattinare sul terreno grazie a dei cuscini d’aria che emanavano dalle gambe e dalla corazzatura alla cintola.

Daniel pensò che, in questo, somigliassero parecchio ai Dom che aveva visto durante la Guerra di Un Anno, anche se l’aspetto era molto diverso.

Ma non era questo a preoccuparlo.

Sfruttando la propria agilità superiore, questi Jegan stavano abbattendo uno dopo l’altro i Desert Doga. Il Geara Tank era stato il primo a cadere: non aveva fatto in tempo a sparare nemmeno un colpo di fronte alla velocità di questi nemici.

Uno solo degli attaccanti era stato distrutto: forse troppo sicuro di sé, si era spinto in profondità tra le linee nemiche de era stato circondato. Ma gli altri sembravano avere imparato da questo errore: avevano stretto un fronte compatto e incredibilmente più veloce di quello avversario e avanzavano annientando un nemico a ogni passo.

Mentre tutto questo accadeva, Daniel era ancora alle prese con la propria macchina, la decima del gruppo dei difensori.

Che diavolo aveva?
Perché si muoveva così lentamente?

Era quello il ‘Trattamento Rachel’?

Maledisse se stesso per essere stato a sentirla.

Ma ormai era troppo tardi. I nemici erano rimasti in nove, ma le forze di Neo Zeon contavano ormai un totale di quattro mobile suit ancora operativi.

"E muoviti!", sibilò Daniel rabbiosamente.

Fu solo allora che percepì qualcosa.

Un grido.

Anzi, no… era un ringhio… rabbia… frustrazione…

Si mise le mani tra i capelli e si piegò su se stesso: era come se stesse ricevendo un assalto ai suoi sensi e alle sue percezioni: si sentiva letteralmente il cervello esplodere.

In quel turbinare di sensazioni caotiche, riusciva quasi a distinguere delle parole: "Uomo… uomo… Tu sei un uomo… Tu vuoi solo usarmi. Sei un uomo e, come tale, badi solo ai tuoi istinti più bassi… devi morire".

Ma che cazzo…?

Chi diavolo era?

Era una donna, di questo Daniel era sicuro… Anche se non avrebbe saputo dire come.

Per un attimo, ricordò in quale realtà si trovasse e si guardò freneticamente attorno.

Quei Jegan stavano accerchiando la squadra dei Desert Doga sfruttando la propria mobilità, mentre i mobile suit di Neo Zeon sparavano freneticamente verso avversari di cui non riuscivano nemmeno a seguire i movimenti. Quando un raggio partiva da un Doga, si perdeva nel vuoto immenso del deserto. Quando un raggio partiva da un Jegan, colpiva puntualmente il nemico.

Mentre altri due Desert Doga si schiantavano al suolo accanto a lui, Daniel vide un raggio purpureo sibilargli accanto, sfiorando un braccio del suo mobile suit. L’arto non si staccò per puro miracolo, ma la strumentazioni indicava chiaramente che era fuori uso.

E il Desert Doga non accennava a muoversi.

"Muori!", sibilò la voce. "Tu hai una figlia e la odi! Tu hai una figlia e la sacrifichi! Esattamente come hai sacrificato me!".

"Ma che cazzo stai dicendo?", esplose Daniel all’improvviso. "Chi diavolo sei tu?".

"Io ti odio! Io ti odio come tu odi tutto il mondo!".

"Cosa? Ma chi sei?".

Merda… Si metteva male.

Altri due Desert Doga caddero. Il raggio del nemico stavolta centrò la gamba destra, mandando il mobile suit di Daniel seduto a terra. Non capì nemmeno lui come avesse fatto a evitare di schiantarsi frontalmente al suolo.

"Io ti ho amato davvero", riprese la voce. "Quando ho visto dentro di te, però, ho capito che tu mi vedevi solo come una cavia! E mi hai odiato quando hai capito che tua figlia non era come me!"

"Ma chi cazzo sei tu? Cosa c’entra mia figlia?".

Ci fu un attimo di silenzio, come se la voce stesse riflettendo su qualcosa.

Poi riprese: "Tu hai una figlia?".

"Ma sei rincoglionita? Hai passato tutto questo tempo a parlarmene e adesso mi chiedi se ho una figlia? Certo che ce l’ho!".

Daniel era a malapena consapevole dei raggi che sfioravano il suo mobile suit, facendone saltare prima la copertura della spalla destra, poi metà di quella sulla testa, lasciandone la parte sinistra esposta, il monoeye spento e inerte. Se quei soldati stavano mancando dei colpi contro un avversario fermo, significava che stavano ancora cercando di attaccare i suoi compagni, che evidentemente stavano continuando a muoversi.

"Hai una figlia?", chiese di nuovo la voce.

"Io… sì, ho una figlia".

"Però… la odi".

"No. Non la odio. Io… voglio andare a vivere con lei in una casa".

"Casa… Un tempo io avevo una casa. E una figlia. E un marito". A quest’ultima parola, nella voce comparve una nota di amarezza.

"Ma chi sei?".

"Sono… sono una madre. E una moglie".

Daniel Sogghignò: "Be’, io non sarò un marito, ma sono un padre. E non morirò qui. Come ha detto Rachel, se dovessi essere ucciso adesso, tutto quello che ho fatto per Chloe sarebbe inutile, no?".

"Chloe… Tua figlia…".

"Già, mia figlia".

"Tutto quello che hai fatto per lei… Combattere… Non tutte le tue decisioni sono state per il suo bene… sei stato anche egoista".

"Non si può pretendere che gli esseri umani siano perfetti. È assurdo credere che le persone, fossero anche le persone che ami, facciano sempre quello che tu ti aspetti. Ma ora so cosa voglio. Ora so cosa sia la mia normalità. E voglio che lo rimanga".

"Normalità… La mia normalità era la mia famiglia… Ma poi è stata proprio la mia famiglia a farmi soffrire… anzi, mio marito… Ma era la mia famiglia. La rivoglio".

In quel preciso istante, Daniel si rese conto che tutti i suoi compagni erano stati abbattuti. I Jegan si erano fermati. Tre di essi si stavano avvicinando a lui. Uno dei tre calciò la beam machinegun, strappandola di mano al Desert Doga. Un altro sganciò malamente lo scudo dal braccio sinistro della macchina. Pensavano di prenderlo prigioniero, evidentemente. Ecco perché non l’avevano attaccato. Gli altri Jegan, però, si stavano avvicinando alla base…

Fu un attimo. Il caposquadra dei mobile suit federali, che stava conducendo i suoi sei compagni verso le forze nemiche rimanenti, sentì un bizzarro rumore metallico. Si girò, guardando nel panoramic monitor i tre subalterni a cui aveva ordinato di catturare il pilota del Geara Doga caduto.

Per un attimo, sembrò che il tempo attorno ai tre si fosse congelato. Le sagome dei Jegan circondavano il mobile suit di Neo Zeon, impedendo di vederlo con chiarezza.

Poi, qualcosa esplose.

Fu come se un’eruzione vulcanica si fosse improvvisamente scatenata nel bel mezzo dei mobile suit.

Tutti e tre i Jegan vennero scagliati in aria insieme a una gran nube di sabbia, mentre i loro corpi si fracassavano come sotto l’effetto di un tornado che li squartava con una potenza prorompente.

Poi, una luce.

Una singola, piccola, penetrante luce rossa.

Un monoeye acceso, fisso e minaccioso come l’occhio del destino.

Il Desert Doga, con la parte sinistra della corazzatura della testa distrutta, era lì, in piedi, in mezzo alla sabbia che turbinava ancora, mentre attorno a lui piovevano i pezzi di lamiera che erano le carcasse dei tre mobile suit federali.

I piloti federali restarono per un attimo paralizzati.

Che diavolo era successo?

Perché i loro compagni erano stati distrutti?

E poi… come poteva quel Geara Doga restare in piedi?

Erano chiaramente visibili i danni alla sua gamba e al suo braccio… non sarebbe dovuto essere in grado di muovere quegli arti. Eppure, stava camminando lentamente per uscire dalla nube di sabbia che esso stesso aveva sollevato.

Due dei Jegan rimasti alzarono i beam rifle e fecero fuoco. I loro raggi attraversarono il vuoto.

Il Doga era sparito.

Qualcuno sollevò la testa e lo vide.

Come diavolo aveva fatto a saltare così in alto? Non ci sarebbe potuto riuscire nemmeno se fosse stato a piena efficienza, men che meno con una gamba in quelle condizioni.

Raggi purpurei sibilarono attorno alla sagoma del mobile suit di Neo Zeon, senza mai riuscire a trovare il bersaglio. Era come se riuscisse a spostarsi in volo, anticipando di un istante le traiettorie degli attacchi nemici.

Quando il Desert Doga atterrò, si trovava al centro della formazione dei Jegan.

Aprì la mano e la vibrò con forza contro uno dei mobile suit nemici.

Come sospinto da un’ondata invisibile, l’avversario venne sbalzato via, mentre il corpo del suo Jegan crollava in pezzi.

Poi, il Desert Doga si girò rapidamente e fece la stessa cosa con il nemico alle sue spalle. Stavolta, la macchina antropomorfa si andò a schiantare contro un suo compagno, facendogli fare la stessa fine.

Il Desert Doga si spostò di lato, giusto in tempo per evitare il fendente di una beam saber vibrato dal Jegan alle sue spalle.

Approfittando dello sbilanciamento del mobile suit nemico, Daniel lo colpì al petto con un calcio, spendendo la sua carcassa a schiantarsi al suolo.

Poi, il Doga color sabbia si girò verso i due avversari rimasti.

Erano immobili.

Uno dei due sollevò il beam rifle.

Il Desert Doga lo scagliò via colpendolo con una mano e si avvicinò al mobile suit. Alla testa, un Desert Doga era poco più alto di un Jegan. Con quel monoeye scarlatto brillante, sembrava colossale.

Alzò minaccioso una mano.

Poi la calò con forza.

La macchina federale crollò in pezzi, schiacciata come una lattina vuota pressata sotto un piede.

L’ultimo Jegan rimasto si girò velocemente e fece per fuggire.

Con un balzo che sfidava la forza di gravità, Daniel lo raggiunse, afferrandolo per un polso. Con un deciso movimento del braccio, lo scagliò in aria.

Aspettò che ricadesse fino all’altezza giusta. Menando con la mano un fendente impossibile, lo tagliò in due al livello della cintola.

***

Mentre i soldati di Neo Zeon che vedevano avvicinarsi il Desert Doga di Daniel erano letteralmente a bocca aperta.

Alcuni esplosero in grida di gioia, altri erano semplicemente ammutoliti.

Quando il mobile suit fu arrivato nei pressi della base, accadde qualcosa.

Sembrò che le giunture e la parti danneggiate, che erano rimaste insieme fino ad allora per un qualche miracolo, cedessero di schianto.

Il Desert Doga crollò al suolo con un fragore assordante.

"Papà!", gridò Chloe correndo verso il mobile suit facendo lo slalom tra gli adulti attorno a lei, mentre Rachel cercava disperatamente di starle dietro. Arrivarono vicino al piede del Doga, prima di vedere l’abitacolo che si apriva.

La figura di Daniel ne uscì goffamente, saltando a terra con un balzo insicuro.

Chloe gli abbracciò le gambe e scoppiò in lacrime.

Lui ne sembrò a malapena consapevole.

"Tutto a posto?", chiese Rachel, raggiungendolo trafelata.

Il terzo ad arrivare, sempre di corsa, fu Shake: "Comincio a capire perché lei sia tanto richiesto", commentò. "Ma come diavolo è riuscito a fare dei numeri del genere? Un Desert Doga non dovrebbe essere in grado di muoversi a quel modo…".

Non ci fu risposta per alcuna domanda.

Daniel crollò al suolo.

***

Daniel si svegliò con un gran mal di testa.

Si guardò attorno disorientato.

La prima cosa di cui si rese conto fu che era stato adagiato su di una branda immediatamente al di fuori della base dove si erano fermati. Attorno a lui, i soldati sembravano essere intenti a preparare una nuova partenza. Il che era anche prevedibile.

La seconda cosa di cui si accorse fu la presenza di Rachel e Chloe accanto a lui.

"Sono stata brava, eh?", domandò la donna.

Daniel si mise stancamente a sedere: "Nel senso che ti sei presa cura di Chloe mentre io ero via?".

La bambina mugugno qualcosa e afferrò il padre per un lembo della polo. Lui le carezzò lentamente la testa.

"Anche", rispose Rachel. "Però devi ammettere che il mio trattamento personale su quel Desert Doga non è stato niente male, eh?".

"Ma che cazzo era? Quella voce là dentro era opera tua?".

"Eh? Voce? Quale voce?".

"Rossana", replicò Daniel, senza sapere nemmeno lui come facesse a conoscere quel nome.

Rachel spalancò gli occhi. Un newtype. Era andata così… Rossana aveva comunicato con un newtype e quello era stato il risultato.

"Daniel…", chiese avendo quasi paura a farlo, "Tu… sei un newtype?".

"Così dicono", rispose lui scuotendo il capo. "Quel sistema operativo ha a che vedere con questo?".

"Sì. Decisamente sì".

"È qualcosa che mi ha rimestato nel cervello in qualche modo?".

"No… non credo, ma… cosa ti è successo esattamente?".

Cingendo con un braccio le spalle di Chloe (senza nemmeno capire bene perché), Daniel raccontò a Rachel quello che era accaduto durante il combattimento. Le disse di come avesse percepito quel sistema operativo alla stessa maniera che se fosse stato un essere umano e di come, dopo averlo inizialmente rifiutato, Rossana lo aveva accettato sapendo che era padre. Nonostante stesse parlando di cose che non aveva mai raccontato, questo non lo infastidì più di tanto. Forse aveva passato troppo tempo tenendosi dentro qualcosa che avrebbe voluto esprimere. E si ritrovò a pensare che, forse, le difficoltà nel comunicare derivava più dal non volerlo fare che dall’impossibilità di farlo.

Dopo avere ascoltato il racconto, Rachel incrociò le braccia pensosamente. "Sai che io non ho mai studiato direttamente il materiale sviluppato per i newtype? Conosco la teoria, ma di quella roba si occupa un’altra divisione. E, da quanto dicevano i miei colleghi, mi ero fatta un’idea delle cose molto diversa da quella che ho adesso".

"Sì? E cosa ci sarebbe di tanto diverso?".

"Be’… alla Anaheim ti spiegano solo che un newtype è un tizio che ha delle onde cerebrali diverse da quelle di un essere umano". Si morse il labbro, capendo di avere fatto una gaffe. "Volevo dire di un non-newtype".

Daniel sghignazzò: "Non importa. Ho sentito dire cose del genere parecchie volte".

"Uh… be’, scusa lo stesso. Dicevo, alla Anaheim ti spiegano giusto quello che serve fisicamente per far funzionare le armi per newtype. La teoria secondo cui le onde cerebrali non vengono bloccate dalle particelle Minovsky e possono quindi essere usate per muovere a distanza delle derive con le quali effettuare degli attacchi a tutto campo. È un concept derivato direttamente dalle ricerche che l’Istituto Flanagan fece per l’Esercito Regolare di Zeon, che portarono alla nascita di armi come gli INCOM e i bit. Oggi esistono delle strutture che consentono di ricorrere agli INCOM anche ai comuni soldati, ma roba come i bit o i funnel continuano a essere esclusivo appannaggio dei newtype. Però… non avevo mai pensato che questo potesse avere degli effetti così drastici sulla mente di chi ne faceva uso".

"Suppongo che non avessi nemmeno gli strumenti per farlo".

"In effetti, no. Ma, se solo ci avessi pensato un po’ su, forse ci sarei arrivata. Avevo letto una documentazione riguardo uno psycommu system impiegato durante la Guerra di Un Anno, che tendeva a causare forti emicranie ai newtype che lo usavano… Insomma, volendoci riflettere, era chiaro che non fossero tutte rose e fiori".

Daniel prese in braccio Chloe, come a voler cercare sicurezza in quel contatto : "Durante l’ultima guerra, incontrai un ufficiale che mi disse una cosa strana… Era un newtype anche lei… sì, era una donna… Mi raccontò che, tanto tempo fa, le era stato detto che quelli come noi potevano rappresentare la speranza che gli esseri umani si capissero a vicenda semplicemente volendolo. Ma lei era arrivata alla conclusione che nessuno vuole veramente capire il prossimo. Lei stessa era fuggita da questa sua possibilità per anni, per paura di quello che avrebbe visto se avesse cercato di comprendere le persone che le stavano attorno. Forse questo è vero non solo per i newtype. Forse anche chi non lo è potrebbe superare i problemi di comunicazione semplicemente parlando e dicendo quello che pensa, senza farsi condizionare dalla paura. Alla fine, gli esseri umani non sono che animali che badano al proprio interesse immediato, esattamente come tutti gli altri. Non dobbiamo necessariamente vergognarcene… però, se vogliamo, abbiamo una possibilità in più, anche se non siamo newtype".

"Stai dicendo che alla fine i newtype non sono tanto diversi da chi non lo è?".

"Sto dicendo che non sono semplicemente gente che muove funnel con il pensiero. E che non sono necessariamente ciò che vorrebbero essere".

"Io… voglio dire… non è che ritenessi i newtype persone senza emozioni, però li avevo sempre visti come parte del mio lavoro, nient’altro. Cioè, quando vendi qualcosa a un cliente, non ti preoccupi di come si senta, no?".

"Non dico che tu debba farlo. Ognuno ha i suoi problemi ed è assurdo pretendere che gli altri si interessino ai tuoi. A ciascuno i propri guai sembrano sempre i più gravi, so che è banale dirlo. Ma non fraintendere, non è che un newtype sia una persona perennemente sofferente, eh… O almeno, io non lo sono. È semplicemente qualcuno che ha qualche problema, come tutti".

Rachel sorrise: "Sai, dopo averti sentito dire queste cose, immagino che tu sia davvero un newtype. Anche se sembrerebbe un discorso sensato alle orecchie di chiunque, credo che ci siano pochissime persone a metterlo in pratica. Alla fine, chi ha qualcuno a cui tiene preferisce far pesare su di lui i propri problemi e usarlo come una valvola di sfogo per le proprie frustrazioni… anche quando non ne è la causa. Il fatto è che gli esseri umani sono deboli e non sono in grado di vivere senza appigli".

"Come puoi comprendere, per me è piuttosto difficile far capire a qualcuno quali siano i miei problemi, dato che la maggior parte delle persone che ho incontrato non ha lo stesso metro di paragone… Anzi, ne ho incontrata solo una che lo avesse. Ma forse, pensando a lei, in questi anni non ho fatto altro che cercare qualcuno che potesse sostituirla, senza rendermi conto che io stesso avrei potuto fare qualcosa per aiutarmi. Non è necessario che il tuo prossimo sia identico a te perché abbia la sensibilità di capirti. Credo che sia perché mi ero dimenticato di questo che ho avuto certi problemi. Comunque, al momento, li sto mettendo da parte. Mi basta non farli pesare su Chloe, degli altri non mi importa".

"Non pensavo che avrei detto una cosa del genere di chi ha ucciso tanta gente, ma… sei una brava persona, sai?".

"Chi, io? E perché mai? Perché ho ucciso tanta gente e tu sei misantropa?".

"Perché ti sei trovato nel bel mezzo di una guerra e hai fatto ciò che non potevi evitare… forse hai perso qualcosa lungo la strada, ma sento che hai la volontà che serve per recuperarlo, anche grazie a tua figlia".

Daniel scoppiò a ridere: "Sì, forse". Strinse Chloe a sé. "Forse", ripeté. O forse, pensò, stava semplicemente usando la bambina come un appiglio… E questo non cambiava la sua debolezza.

"Per certi versi, io ti invidio. Sono diversa da te. Mi sono iscritta all’Istituto di Ingegneria di Von Braun City perché i miei genitori erano convinti che lì avrei potuto ottenere un’istruzione che mi avrebbe permesso di trovare un lavoro sicuro… Anche se significava allontanarmi da casa, feci quello che mi dissero… Principalmente perché non volevo dare loro un dispiacere, nonostante la cosa dispiacesse a me… Poi, quando la Anaheim Electronics divenne praticamente proprietaria della scuola, feci uno stage su di un incrociatore federale, dove conobbi una persona che svolgeva il lavoro che un giorno sarebbe stato il mio. La presi istintivamente a modello… Forse, al momento, pensavo che, essendo più esperta di me, potesse insegnarmi molte cose… Ma adesso sono arrivata a credere di avere semplicemente cercato un appiglio, proprio come te. Ho fatto quello che mi hanno detto i miei genitori, ho fatto quello che mi ha detto quella persona, ho fatto anche quello che mi hanno detto gli uomini con cui sono stata. Sono sempre stata abituata a fare quello che mi veniva detto, perché, per un qualche strano motivo, mi era stata inculcata la convinzione che fosse l’unico modo per farmi apprezzare. Forse questo mi aveva fatto perdere la capacità di scegliere quello che volevo fosse importante per me, prendendo semplicemente ciò che mi arrivava e definendone il valore sulla base delle persone che mi stavano attorno. Ma è più probabile che fossi troppo occupata a farmi amare dagli altri per amare me stessa. Avrei decisamente dovuto pensare di più a quello che davvero volevo. Credo che adesso questo sarà il mio unico scopo: inseguirò ciò che davvero desidero e farò tutto quanto sarà in mio potere per non farmelo sfuggire".

"E adesso cosa desideri?".

Rachel sembrò pensarci un attimo, poi rispose: "Be’, sono quattro anni che cerco di smettere di fumare, ma non sono mai riuscita a trovare abbastanza forza di volontà, suppongo… Finirò il pacchetto di sigarette che ho adesso e poi ci proverò seriamente".

"Se stare vicino a un newtype ti fa questo effetto, dovresti starci più spesso", disse Daniel sarcastico.

"Ma falla finita!", replicò lei colpendolo alla spalla con un debole pugno.

Bastò a farlo piegare: "Ehi, guarda che sono ancora pieno di lividi!".

Rachel sorrise: "Sai, credo che sia bello dare sfogo alla propria logorrea ogni tanto".

"Sono d’accordo. Non si trova spesso gente disposta ad ascoltare questo mare di cazzate".

Risero entrambi di gusto, senza sapere esattamente perché.

Chloe era l’unica a non divertirsi.

Si rifugiò ancora di più tra le braccia di suo padre.

Non sapeva se quella situazione le piacesse o meno…

***

Rachel spalancò gli occhi. Impossibile. Assolutamente impossibile.

Era tornata a sedersi nel retro del camion sul quale si era già messa in precedenza e aveva aperto nuovamente il proprio portatile. Perché aveva da fare qualcosa di più interessante che reinstallare i sistemi operativi dei Desert Doga.

Quando aveva inserito nuovamente il disco di Rossana nel proprio computer, ciò che era comparso sullo schermo era stato anche più incredibile di quanto aveva visto inizialmente.

I dati all’interno del disco erano cambiati. Come diavolo era successo? In precedenza, lavorando alle modifiche da apportare al sistema operativo per renderlo compatibile con i mobile suit moderni, si era accorta che sarebbe potuto funzionare solo tenendo il disco stesso nel drive della macchina su cui sarebbe girato e che alcuni dei file da convertire interferivano con questa funzione, con il rischio di rendere il programma inutilizzabile. Il che aveva reso sostanzialmente inutile creare un’altra versione del sistema: doveva essere usato quell’esemplare specifico.

Resasi conto di questo, Rachel aveva installato sul computer del Desert Doga su cui aveva già messo Rossana un programma che convertiva i file fastidiosi in tempo reale. Sorprendentemente, questo non aveva nemmeno rallentato le funzioni della macchina; nemmeno lei aveva ben capito perché.

Adesso, però, le cose sembravano essersi complicate.

Era come se qualcuno avesse scritto dei nuovi dati sopra quelli già presenti nel disco. In effetti, il disco in questione era riscrivibile. Ma perché mai Daniel avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Nel bel mezzo della battaglia, per di più. Come era possibile che si fosse riscritto da solo? Doveva esserci qualcosa che attivava questa funzione…

Ma come le era potuto sfuggire al primo esame?

Impiegò qualche secondo a rendersi conto che Al era di fianco a lei. Se non fosse stato che stavolta indossava la giacca dell’uniforme di Neo Zeon, aperta sul davanti e con le maniche arrotolate, sarebbe stato identico a come lo aveva visto la prima volta.

"No, senti…", gli disse muovendo la mano con un gesto stizzito. "Mi dispiace per la mia scortesia, sia per l’altra volta che per adesso… Però in questo ìomento ho veramente delle cose urgenti di cui occuparmi".

"Anch’io", rispose lui. "E comunque, non sono qui per lo stesso motivo per cui ti ho cercata l’altra volta".

Rachel lo guardò un po’ sorpresa: "Ah, no? E perché, allora?".

Al sghignazzò, come a voler dare di sé l’idea di qualcuno che la sapesse lunga: "Ho sentito dire che hai trovato qualcosa di interessante nella base".

"E se così fosse?".
"Oh, vedi, il punto è semplicemente che quella potrebbe essere roba mia. Perché, vedi, Rossana mi appartiene per diritto ereditario".

Quasi a volerlo proteggere, Rachel fece per chiudere il computer. Poi si diede della stupida: questa azione aveva dimostrato che lei sapeva di cosa Al stesse parlando. Ma come poteva saperlo?

Sembrò che lui rispondesse al suo pensiero: "Mio zio era un generale federale che si occupava anche di alcuni progetti segreti. Quello a cui teneva di più era un sistema operativo che potesse permettere di pilotare un mobile suit in maniera estremamente efficiente. Era anche interessato alle ricerche sui newtype, non perché volesse usarle per il bene dell’Esercito, ma perché pensava di venderne i risultati al miglior offerente. Fu per questo che buona parte della sua carriera militare dalla Guerra di Un Anno in poi ebbe a che vedere con certa gente".

Rachel si ritrasse istintivamente. Quell’uomo le sembrava ora tremendamente sinistro.

Al si avvicinò per mantenere inalterata la distanza fra di loro e proseguì: "Quello che tu stai esaminando è ciò che mio zio chiamava OOPART. In realtà, gli diede questo nome molto tempo dopo averlo visto per la prima volta, solo quando si rese conto che era stato un programma in anticipo sui tempi. Perché, vedi, mio zio affidava buona parte delle proprie ricerche sui sistemi operativi a un pazzo geniale, un tale Gerard Kemp. Che io sappia, era in manicomio fino a un paio di anni fa, ma non ho idea di dove sia finito adesso. Rossana è il primo stadio di un sistema operativo rivoluzionario, ma a mio zio non piacque, perché poteva essere usato solo da dei newtype. Fu per questo che si aspettava da Kemp qualcosa che fosse alla portata di piloti qualsiasi. Ma alla fine, nonostante tutti i tentativi, Rossana rimase l’esperimento meglio riuscito. Il gran numero di armi per newtype sviluppate durante la Guerra di Gryps fece capire a mio zio che questo sistema operativo poteva essere una fonte di guadagni enorme… Il problema di mio zio, però, era il suo essere irrimediabilmente stronzo. Quando il suo testamento fu aperto, all’inizio dell’88, nemmeno lui sapeva esattamente dove fosse finito l’OOPART. Anzi, secondo me pensava fosse irrimediabilmente perduto e proprio per questo ha invitato me e gli altri suoi eredi a cercarlo. Una delle sue solite vendette da imbecille… Una ripicca per chissà cosa gli avevano fatto i suoi parenti…".

Rachel deglutì. Quel tizio le stava presentando le cose come se fossero stato troppo facili. Rossana non era così facilmente controllabile e soprattutto… Era replicabile? Poteva essere copiato in qualche modo? Aveva un’effettiva utilità in battaglia? Il sistema operativo di cui stava parlando non era affatto semplice da gestire per il pilota... E se lo zio avesse saputo tutto e questo fosse stato il suo ultimo scherzo?

E poi… Gerard Kemp… Era stato il capo dello staff tecnico dell’Utrecht… Lui… La persona che aveva progettato il sistema operativo del Blossom, secondo quanto le aveva detto le professoressa Raimondi. Quello stesso sistema operativo del quale le era stato rivelato pochissimo, mentre lei aveva lavorato sui computer dei GM. Ricordava che c’erano state delle circostanze strane che avevano determinato la distruzione del GP00… David, con il quale aveva avuto una breve storia all’epoca, gliene aveva parlato, tra mezze parole e racconti estremamente confusi… Il nome di Alice… C’entrava qualcosa con Rossana? Rachel stava cominciando a mettere insieme qualche pezzo di un puzzle molto più grande di quanto si fosse immaginata. Era incredibile quanto beffardamente i fili del destino si stessero intrecciando.

"Tu conosci l’esatta natura di Rossana?", domandò con un fil di voce.

"Più o meno", replicò Al. "Vuoi saperla anche tu? E perché no? Alla fine, sarà sufficiente che tu mi consegni il disco… Sembra che Kemp fosse riuscito a trovare quello che generazioni di filosofi e scienziati hanno cercato. Kemp ha isolato la scintilla vitale. L’anima, se vogliamo. Un’anima chiusa in un supporto ottico. Non era la semplice riproduzione di schemi mentali di un essere vivente, era una vita vera e propria trasferita in un oggetto. Non essendo più nel corpo, questo moriva. Ma non era un’anima qualsiasi. Rossana era la moglie di Kemp e, a quanto ne sono riuscito a capire, era una newtype. Questo significa che nel disco che hai trovato non è presente una semplice esistenza umana, ma una mente capace di comunicare istintivamente con il prossimo, comprendendolo ed entrandovi in contatto".

Rachel si alzò in piedi. Per quanto folle potesse essere, adesso la faccenda sembrava acquisire una qualche logica. Il disco non aveva bisogno di hardware perché comunicava con il pilota attraverso i poteri newtype dell’anima che vi era stata trasferita… Rabbrividì. Non si era mai veramente posta il problema di cosa fosse un newtype. Le era stato detto che questi esseri umani assurdi, che andavano sotto tale fantasiosa denominazione, avevano dei poteri strani. Le era stato detto che potevano controllare a distanza delle armi tramite le proprie onde cerebrali e che, sempre grazie a esse, potevano interfacciarsi con certi sistemi elettronici per pilotare dei macchinari usando solo il pensiero. Questo era quello che insegnavano alla Anaheim Electronics. Niente di più, niente di meno: erano le informazioni necessarie per fare soldi sui freak chiamati ‘newtype’. Ma… dopo avere visto le condizioni di Daniel quando era sceso dal Desert Doga, dopo avere parlato direttamente con lui e dopo avere sentito questi discorsi sul collegamento mentale, si stava chiedendo se davvero questi newtype non fossero niente più che armi da usare in battaglia.

Cosa significava essere un newtype? Come si sentiva un uomo che poteva percepire l’animo dei suoi simili? Lei stessa aveva spesso pensato che le persone fossero cattive e intrattabili. Tutti dicevano ‘Ho un carattere difficile’… E quando mai si incontrava qualcuno con un carattere facile? Un newtype poteva vedere oltre tutto questo? Poi, d’improvviso, le venne in mente quello che Daniel le aveva detto circa la madre di Chloe e il suo trauma infantile. Lui l’aveva visto? Le aveva letto nel pensiero quelle cose terribili di cui nemmeno la diretta interessata era stata consapevole?

"Sei rimasta paralizzata dalla rivelazione?", la canzonò Al con un sorrisetto. "Ora gradirei piuttosto che tu mi consegnassi il disco. Sai com’è, sono soldi e negli ultimi anni ho seriamente pensato che procurarmi quella roba fosse impossibile".

"Impossibile?", Rachel strinse a sé il portatile. "Perché nemmeno tuo zio sapeva dove fosse?".

"Eh, già. Ma ti dirò, è stata una fortuna che il fratello di mio zio, cioè mio padre, si sia sposato su Side 3. Ed è stata una fortuna che i miei genitori si siano trasferiti su Axis dopo la guerra di indipendenza e che noi si sia tornati proprio quando quell’idiota è morto. Ma le indicazioni che il caro zietto aveva lasciato erano frammentarie… Riteneva che una copia di Rossana potesse trovarsi negli alloggi di Kemp su Side 3; purtroppo, commisi l’errore di lasciare in giro le mie annotazioni, con il risultato che il mio diretto superiore se ne impadronì e guidò personalmente una spedizione per cercare di recuperare questa roba, che evidentemente lo interessava. Fortunatamente, la missione fallì a causa dell’intervento di un contingente dell’AEUG e questo mio superiore, che non aveva certo rivelato ai suoi subalterni cosa fosse andato a cercare, fu catturato. Poi seppi che era morto durante la prigionia. Ebbi modo di recarmi a casa di Kemp solo dopo il conflitto e non trovai niente di interessante. Secondo il testamento di mio zio, c’era solo un altro posto dove si sarebbe potuto trovare l’OOPART: la base in cui siamo stati. Pare che Kemp vi abbia passato qualche anno dopo la fine della guerra di indipendenza. Naturalmente, io avevo già abbandonato ogni speranza. Non pensavo certo che in questa base si potesse trovare ancora qualcosa di integro… Eppure, quando mi hanno detto che avevi rinvenuto un programma funzionante, non ho potuto fare a meno di pensare al testamento… Non c’è che dire, sono stato davvero fortunato. E adesso, se vuoi consegnarmi il disco… Ah, naturalmente devi darmi anche il computer, giusto per accertarmi che tu non abbia copiato il materiale da qualche parte...".

Rachel fece un altro passo indietro, solo per sentire la propria schiena contro la parete del camion. "Il computer mi serve per lavorare", disse.

Al scosse il campo: "Mi dispiace, temo che dovrai farne a meno. Se vuoi, spiegherò ai tuoi superiori che te l’ho rotto io e te lo ripagherò. Non preoccuparti, non ho intenzione di farti del male. Voglio solo assicurarmi che i miei potenziali clienti non possano comprare quella merce da altri".

Tese la mani, come a voler ghermire il portatile che la donna stava avvolgendo tra le proprie braccia.

Lo afferrò e tirò con forza verso di sé. La lotta fu breve: Al era decisamente più forte di Rachel. Ma questo non era necessariamente un bene. Nessuno dei due capì esattamente come andarono le cose: Al strappò il portatile dalle braccia di lei, ma, in qualche modo, perdette l’equilibrio. Forse per gli strattoni di Rachel, forse per l’instabilità del camion, il computer gli scivolò di mano. Ad Al parve di vederlo cadere al rallentatore. E, sempre al rallentatore, lo vide rompersi in pezzi. Vide il drive laterale sbalzato al di fuori dell’elaboratore, insieme con il disco che conteneva. E vide anche quello che si frantumava.

Un attimo dopo, l’uomo si gettò a terra, cercando disperatamente di raccogliere i frammenti dei supporto con le mani. Con gli occhi spiritati, frugava freneticamente tra i pezzi del computer, cercando quanto restava del disco, sogghignando disperato ogni volta che ne trovava un minuscolo frammento. "I miei soldi…", mormorò con un fil di voce. "Non è possibile… Io dovevo entrare in possesso dell’OOPART… Ma perché è dovuta andare così? Ma perché si è dovuta risolvere in maniera tanto banale?".

Camminando lentamente, Rachel scese dal camion. Decisamente, Al non aveva tempo per curarsi di lei. Mentre si allontanava dal veicolo, era combattuta. Da una parte, le dispiaceva di avere perso il computer. A parte il fatto che avrebbe dovuto renderne conto ai suoi superiori, non avrebbe più potuto proseguire i suoi studi. Dall’altra, la confortava avere qualcosa che le avrebbe occupato il tempo per un bel po’. Si infilò la mano destra in una delle tasche degli shorts e tastò con soddisfazione il disco che vi aveva messo dentro. Era stato un bene che Al non si intendesse granché di computer. Non aveva capito che i dati che era stata intenta a guardare erano semplicemente una versione testuale estratta dal supporto originario, che non era stato presente nel drive. Né che il disco nel computer era quello che conteneva uno dei programmi necessari ad aggirare la protezione di a una parte del sistema operativo di Kemp. Oh, be’, Al poteva pensare un po’ quello che voleva. L’importante era che non l’avrebbe più disturbata.

***

In un modo o nell’altro, il contingente guidato da Shake erano riusciti ad arrivare alla frontiera.

‘Frontiera’ era una parola grossa quando delimitava in realtà semplicemente una piccola regione nordafricana che un governante intenzionato a nasconderne le risorse alla Federazione Terrestre stava cercando di tenersi per sé.

Niente più che qualche città di medie dimensioni, dopotutto.

Naturalmente, il governante in questione era stato parecchio seccato all’apprendere che quei reduci di Neo Zeon erano entrati nel suo territorio: in fin die conti, almeno ufficialmente, lui era un federale. Ma proprio per questo Shake ebbe modo di volgere la situazione a proprio vantaggio, minacciandolo di rendere pubblici i loro accordi, se non avesse fornito loro assistenza.

Per un paio di giorni, i soldati dovettero muoversi con circospezione, nascondendosi tra gole e rovine, muovendosi solo al calare delle tenebre. Quando fu possibile sistemare i mobile suit, però, poterono avere un attimo di pace. Vennero fatti accedere a una delle città sotto il controllo regionale, dove i loro alloggi furono sparsi tra diversi hotel, perché non dessero troppo nell’occhio.

Fu allora che Rachel decise di partire. In fin dei conti, aveva terminato il proprio lavoro sistemando i Desert Doga rimanenti. Aveva consegnato la fattura a Shake, che, presumibilmente, l’avrebbe fatta avere al suo finanziatore.

Daniel da parte sua, aveva finito il proprio lavoro. Il contingente di Shake era ormai troppo piccolo per costituire un pericolo per la Federazione: probabilmente, i soldati avrebbero cercato di rifarsi una vita lì dov’erano… Anzi, ripensandoci era improbabile: gente come quella stava sicuramente pianificando di raggiungere qualche altro gruppo di guerriglieri in Africa. D’altra parte, con quali documenti si sarebbero potuti stabilire in un qualsiasi posto della Sfera Terrestre? Gli avevano offerto di rimanere ancora un po’, ma lui, subodorando qualche scherzo da parte del governante che li sovvenzionava, aveva preferito incassare quanto gli spettava e levare le tende insieme a Chloe. Preferiva non essere nei paraggi quando il loro datore di lavoro li avesse traditi e consegnati alla Federazione. E aveva la netta impressione che non fosse necessario essere un newtype per capire quanto fosse probabile che le cose andassero così.

Non lontano dall’edificio in cui era stato alloggiato, c’era un noleggio di auto: proprio quello che serviva per arrivare nella città vicina, dove si trovava l’aeroporto più vicino.

***

"Allora, sei pronta?", domandò Daniel mentre Rachel caricava nell’auto la propria valigia.

"Ma sì, ma sì", rispose lei chiudendo il baule e salendo in macchina. "Cos’è tutta questa fretta?".

"Il tempo è denaro per me", replicò lui mettendo in moto.

Dietro di loro, sul sedile posteriore, assicurata al seggiolone per bambini, Chloe si era già addormentata.

Ci fu un lungo silenzio, mentre si avviavano per la strada polverosa. Entrambi dovevano arrivare all’aeroporto per partire, anche se ciascuno di loro aveva una destinazione diversa. Rachel doveva tornare a Von Braun City, mentre Daniel si sarebbe diretto in Europa settentrionale, da dove aveva ricevuto una proposta di lavoro. Avevano però deciso di noleggiare quell’auto insieme per risparmiare, nonostante Chloe non ne fosse stata particolarmente contenta. Mentre il sole tramontava sul deserto, una scena che in quei giorni avevano visto fino alla nausea, sembrava che nessuno di loro avesse una gran voglia di discutere.

Fu Rachel a rompere il silenzio: "Hai qualche suggerimento?", disse estraendosi da un taschino il disco che conteneva Rossana e fissandolo pensosa.

"Non saprei", rispose lui. "Cosa vorresti che ti dicessi? Devi prendere l’ardua decisione di capire se vuoi uccidere Rossana rompendo il disco o se vuoi continuare a lasciarla vivere in quella situazione che ti fa un po’ pena?".

Lei lo guardò con aria seccata… Poi, capendo che forse aveva ragione, sospirò: "Diciamo che probabilmente volevo solo condividere un po’ di responsabilità con te".

"Per me, puoi fare come credi. Non sono mai stato bravo nel dare valore a una vita".

"Sai cosa mi secca di più? Dopo avere saputo tutto, ho pensato anch’io di sfruttare questo disco per farci dei soldi. Il problema è che l’anima è infusa solo in questo specifico supporto… Anche se si trovasse il modo di copiare i dati, il sistema non funzionerebbe. Di conseguenza, per una produzione in serie, è sostanzialmente inutilizzabile. Potrebbe servire per la ricerca, certo… ma qui non c’è niente che lasci intuire il procedimento che Kemp ha usato per il trasferimento dell’anima, e poi voglio vedere chi mai si sottoporrebbe a un trattamento simile".

"In parole povere, è inutile?".

"Quasi. Potrebbe essere usato su di un’unica macchina per volta, quindi, anche avendo molti newtype a disposizione, non cambierebbe granché in uno scontro di dimensioni superiori a quello che hai combattuto tu. Senza contare che la sua gestione è troppo problematica e niente garantisce che chiunque sia in grado di sincronizzarsi con esso".

"Penso che troveresti comunque qualcuno disposto a pagartelo bene. Potresti fare carriera alla Anaheim facendo passare un po’ della roba che c’è lì dentro per farina del tuo sacco".

"Avevo pensato anche a questo…".

"…ma sei il tipo di persona che si fa degli scrupoli a usare per i propri interessi l’esistenza degli altri".

"Come fai a essere così cinico? Non fa bene a tua figlia, sai?".

"Sono un soldato da quando avevo ventun anni e mi sono scoperto newtype poco dopo essere stato arruolato. Ho passato l’ultima parte della mia vita ad ammazzare gente… Così tanta che ne ho persino perso il conto… Penso sia una situazione comune per chi ha vissuto esperienze simili alla mia e che molti altri potrebbero dire lo stesso. Però io sapevo chi stavo uccidendo. Conoscevo le persone che c’erano negli abitacoli dei mobile suit, perché io sono così. Non ho mai trovato divertente uccidere, perché ogni volta morivo anch’io, letteralmente. Eppure, uccidere era l’interruttore che mi permetteva di essere veramente vivo, di avere il mio potenziale sempre disponibile. Alla luce di questo, sarai in grado di capire che io non mi sono mai potuto permettere di dare un alto valore alla vita".

"Non posso dire di capire quello che dici… Ma la sostanza è che non vuoi prendere una posizione su questo argomento?".

"La sostanza è che per me non fa differenza. Che sia in un corpo antropomorfo o discoidale, per me una vita è sempre una vita. E quella di Rossana non era diversa da tante altre che ho conosciuto solo perché stava su di un disco per computer".

Ci fu una lunga pausa. Rachel continuò a fissare il supporto, indecisa sul da farsi. Infine, concluse: "Continuo a non capire perfettamente… ma potresti non avere torto". Restò in silenzio per un attimo, poi spostò lo sguardo su Daniel: "Ma è davvero così difficile essere un newtype?".

Lui si lasciò andare a un amaro sorriso: "Diciamo che ha qualche lato negativo. Comunque sia, devo ringraziarti".

"Eh? E perché?":

"Perché pensavo che solo uccidere gente potesse permettermi di essere sempre al mio massimo. Grazie al sistema operativo che avevi installato su quel Desert Doga, però, ho imparato che adesso mi basta Chloe. Da ragazzo, l’interruttore della mia forza era il calcio. Da soldato, è diventato la morte. Da padre, è divenuto mia figlia. Sembra che sia di volta in volta ciò che mi dà le emozioni più forti. Grazie a te ho capito che non devo più combattere per dare il meglio di me. Credo sia questo il significato dietro il cambiamento delle mie percezioni… La morte degli altri non mi sembra più così precisa e tremenda perché adesso c’è una persona sulla quale mi concentro con tutto me stesso, quindi chiunque non sia lei mi risulta confuso e non più importante di qualsiasi altro individuo… mentre prima mi dicevo semplicemente che le vite avevano poco valore per non pensare a cosa stessi distruggendo".

"Che discorso strano… Mi riporta alla mente un passo del Riccardo III di Shakespeare: ‘Non esiste belva sulla terra che non provi un moto di pietà. Ma io non ne provo alcuno, dunque non sono una belva’. Tu sei una belva? Provi pietà ma sai che non puoi permettertela?".

Daniel sogghignò: "Chissà perché, le donne e le citazioni letterarie con me vanno a braccetto…".

Lei sembrò non comprendere: "Comunque quello che hai detto, mi è piaciuto, anche se non penso di averlo capito appieno. È proprio vero che c’è sempre un motivo per cui le persone si comportano in un certo modo. Non si può valutare un solo aspetto delle cose".

"Ma è anche vero che bisogna imparare a vedere quello che si ha davanti e che non si può giustificare ciò che non si ritiene giusto solo perché chi lo fa ha avuto dei problemi. Io mi sono messo le mani sugli occhi per troppo tempo, e solo per la mia indecisione. Tutto sommato, non sono cambiato rispetto a sei anni fa".

Rachel sorrise: "Ma adesso hai capito come stanno le cose, quindi puoi risolvere i tuoi problemi".

"Già. Ora sono ancor più determinato a sopravvivere per quest’altro anno. Adesso che vedo una via d’uscita, so che posso ricominciare a costruirmi un futuro come lo voglio".

"Però… Tutto sommato, io sono convinta che tu avessi una certa forza d’animo anche prima. Sapevi che smettere di uccidere ti avrebbe tolto quello che chiami ‘il tuo massimo’, eppure avevi già deciso di farlo per tua figlia. Per quanto uccidere sia un’azione deprecabile… onestamente, non so se io avrei fatto lo stesso".

"Non sono così irresponsabile come sembro. Ma ti dico che… nonostante tutto, sono contento di essere il padre di Chloe".

Rachel annuì e poi restò in silenzio per qualche minuto, come se fosse stata in attesa di qualcosa.

Quando si rese conto che questo qualcosa non sarebbe arrivato, fu sul punto di prendere nuovamente la parola.

Ma, con suo stupore, stavolta fu Daniel a rompere il silenzio: "Cosa pensi di fare ora?".

"Io? Oh, ovviamente tornerò a Von Braun City, te l’ho già detto, no? È lì che lavoro, dopotutto". Si fermò per un attimo, poi riprese: "Però non ti nascondo che, dopo questa esperienza, non ho più tanta voglia di lavorare alla Anaheim. O meglio, non ho più voglia di stare sulla luna. Un giorno o l’altro, vorrei provare ad andare a vivere altrove. Magari tornare a casa, su Side 4… Ma, nonostante non mi piaccia viaggiare, non mi dispiacerebbe nemmeno Side 2…".

Senza spostare la testa, Daniel puntò gli occhi su die lei. "Nemmeno a me dispiacerebbe se tu venissi a vivere su Side 2", disse.

"Be’, possiamo pensarci, no?".

"No, Rachel. Non credo sia il caso". Lanciò un’occhiata allo specchietto retrovisore, guardando sua figlia che dormiva sul sedile posteriore.

"È per Chloe?".

"Non le piaci granché. E, in questo momento, la mia priorità è lei".

Rachel sorrise tristemente: "Non è la prima volta che un uomo mi delude… Però è la prima volta che penso faccia bene. Senti…".

"Cosa?".

"No, dai, niente".

"Che palle! Non puoi dirmi ‘senti’ e poi saltare il discorso così".

"No, è che era un’idea del cazzo… Stavo per chiederti di lasciarmi Chloe per quest’anno in cui tu farai ancora il mercenario. Magari potrei riuscire ad andarle a genio in qualche modo… Daniel, io non voglio farmi scappare così un’occasione di essere felice, sarebbe troppo stupido, a prescindere da qualsiasi problema possa sorgere tra di noi… Se dovessi ragionare in questo modo, sarei una persona insulsa e arrendevole, e non me lo meriterei nemmeno, di essere felice. Se ci saranno problemi, li affronterò, ma voglio almeno provarci. Se poi dovesse andare male, potrei dire di non avere niente da rimproverarmi, di avere fatto un tentativo. E per me Chloe non è un intralcio, davvero".

"Mi odierebbe, se lo facessi. E comunque, né io né lei riusciremmo a stare lontani l’uno dall’altra per tutto questo tempo".

"Hai ragione. Non so cosa mi sia preso, ma…".

"Non è necessario che cerchi di spiegarlo. Piuttosto, se… se io…".

"Se tu?".

"Se io riuscissi a sopravvivere per quest’anno. E se tu alla fine di quest’anno fossi ancora disposta… Non ti chiedo di aspettarmi, non fraintendere… Continua a vivere la tua vita senza preoccuparti di me, però… Se io sopravvivessi, magari potrei trasferirmi sulla luna e cercare di farmi assumere come collaudatore alla Anaheim, no?".

"E Chloe? Hai già cambiato idea?".

"No. Ma potrei almeno provare a vedere se tra un anno l’avrà cambiata lei. Se così non fosse… be’, ti ho già detto che non devi aspettarmi, no?".

Lei lo guardò lungamente, mentre le tenebre della sera si allungavano sulla strada. Il ritmico illuminare dei lampioni lanciava delle ombre che sembravano voler creare un contrasto onirico sulla sua faccia.

Poi, Rachel rispose: "Non ti aspetterò. Continuerò a vivere la mia vita e cercherò di trovarmi qualcuno per cui non sarei semplicemente la numero due…".

"Tu non saresti…".

"Alt, zitto. Non credere che mi immagini tutto questo come qualcosa di facile. Tu hai una figlia, e so benissimo che perderò qualsiasi confronto con lei. Quindi, non ti aspetterò e, se dovessi trovarmi un’occasione, la afferrerò al volo. E tu non sentirti obbligato a venirmi a cercare. In fin dei conti, siamo solo due sconosciuti che si sono avvicinati per caso. Però… quando verrai a Von Braun City… Se potrò, se vorrò, se giudicherò che sia giusto… io non mi farò sfuggire questa, di occasione".

***

Chloe aprì l’occhio destro, giusto per guardarsi un po’ in giro. Non si mosse. Suo padre e quella signorina dovevano continuare a credere che stesse dormendo.

Avevano fatto un discorso strano, che lei non aveva capito per bene.

Però c’era qualcosa che invece aveva capito perfettamente.

C’era qualcosa tra suo padre e la signorina.

Si attraevano.

Era una strana situazione, in cui volevano stare insieme (e questo a Chloe non piaceva), ma al tempo stesso non volevano. Perché c’era di mezzo lei.

Non le importava granché: quello che voleva era semplicemente che suo padre restasse con lei. Ma le dava fastidio l’idea che dovesse rinunciare a qualcosa per farlo. In qualche modo, sentiva che lui non ci stava bene, pur essendo convinto della propria scelta.

E la signorina… in questo momento, le sue sensazioni erano simili a quelle di Daniel. Anche lei voleva qualcosa a cui sapeva di dover rinunciare. Per Chloe. Stava facendo qualcosa per lei. Forse, pensò la bambina, non era poi così male… ma non le avrebbe permesso di portarle via suo padre. Ma voleva portarglielo via? Era veramente questo che desiderava? Chloe non lo capì bene. La signorina provava emozioni che per lei erano nuove, non riusciva a decifrarle. Oh, be’, sempre meglio andare sul sicuro. Anche se…

***

"Ti piace?", chiese Daniel, mentre Chloe guardava con gli occhi sbarrati fuori dal finestrino dell’aereo. Le nuvole sembravano immobili anche da quella prospettiva, mentre il sole pareva ancor più luminoso.

"Sì!", rispose lei con un sorriso.

Daniel annuì con il capo, mentre la bambina continuava a guardare fuori, come stregata da quello spettacolo. Non era la prima volta che lo vedeva, ma, in qualche modo, la entusiasmava sempre.

Poi, lei si girò verso il padre: "Papà, allora tra un anno andiamo alla casa?".

"Già", replicò lui, "Tra un annetto credo che potremo averne una. Sei contenta?".

"Tu vivrai sicuramente", rispose Chloe facendosi seria.

"Ma certo che vivrò. Adesso ho un motivo in più per riuscirci".

"La signorina?".

"Eh?". Daniel fu quasi sul punto di saltare sulla poltrona. "Ma come ti viene in mente?".

Chloe si fece improvvisamente seria: "Io voglio stare sempre con te".

"Anch’io", disse lui. Si stupì della propria sincerità. Non era mai stato particolarmente affettuoso, nemmeno con sua figlia. Era stata Rachel a fargli quell’effetto? "Noi staremo sempre insieme", ribadì. Si stupì anche di questo.

"Io sono la cosa più importante per te?".

Daniel si limitò ad annuire con la testa.

"Anche tu sei la cosa più importante per me", rispose la bambina. "Però… perché io non ho la mamma?".

Cazzo. Era evidente che prima o poi gliel’avrebbe chiesto. Le aveva già parlato di sua madre, ma sapeva di non avere esaurito l’argomento. E adesso cosa le avrebbe raccontato? Avrebbe dovuto dirle che non aveva idea di dove fosse sua madre e che, se anche ce l’avesse avuta, non sarebbe cambiato granché? Gliel’aveva già detto, in realtà, ma non poteva aspettarsi che una bambina capisse appieno queste situazioni.

"Tu hai una mamma, te ne ho già parlato", le rispose sinceramente.

"Però non la conosco. Chi è?".

"È una persona che non è qui. Forse potrebbe essere nel posto in cui stiamo andando".

"Davvero?".

"Non saprei, è una possibilità".

La bambina si fermò un attimo per pensare. Poi chiese: "Com’è avere una mamma? Cosa fa una mamma?".

Daniel si grattò la testa non trovando le parole: "Be’, direi che… è un po’ come avere un secondo papà. Di solito, una mamma è qualcuno che si prende cura dei propri figli… Tua madre non è stata esattamente così, ma idealmente…".

"E perché la mia mamma non è stata così?".
"Aveva dei problemi seri. Le cose non sono mai facili come possono sembrare a parole".

"E la signorina? Io pensavo che tu volessi far diventare lei la mia mamma".

"Figurati. Tua madre dev’essere qualcuno che ti piaccia, no?".

Chloe scosse il capo indecisa. "Sì", sentenziò infine. Poi, aggiunse dopo una pausa: "Però tu hai detto che forse tra un anno cambierò idea".

Cosa? Aveva sentito quella conversazione? Non era stata addormentata?

"E pensi che cambierai idea?".

"Non lo so. So solo che non voglio che la signorina si metta tra di noi, nemmeno per diventare la mia mamma".

"Un mamma non si metterebbe tra noi due. Starebbe con noi, non tra di noi".

Chloe aggrottò la fronte in quello sguardo ‘truce’ che aveva imparato da suo padre: "Allora, forse voglio una mamma. Però non lo so".

"Be’, vedremo tra un anno", rispose Daniel riprendendosi dallo stupore. "Se veramente avrai cambiato idea, allora ci penseremo, d’accordo? Però, non preoccuparti: io non la preferirò mai a te".

La bambina si lasciò sprofondare nel sedile. Era matura per la sua età. Non aveva avuto molta scelta, del resto. Forse un giorno questo le avrebbe giovato: sarebbe cresciuta come una persona forte, capace di badare a se stessa. Il che tranquillizzava Daniel. Ma chi volesse diventare forte doveva imparare a superare la tristezza, e presto Chloe ne avrebbe dovuta sopportare molta. Come si sarebbe rapportata ai suoi compagni di scuola che fossero vissuti in una famiglia con entrambi i genitori? La cosa le avrebbe creato dei problemi? Daniel non riusciva a pensare di non avere responsabilità in questo: dopotutto, se la madre della bambina avesse voluto trovarla, non avrebbe potuto farlo proprio perché si spostavano in continuazione… Ma scusarsi non sarebbe servito: in fin dei conti, lui non sapeva né poteva fare altro.

Sospirò e fissò lo sguardo fuori dal finestrino. Aveva sentito un detto ottimistico secondo cui, per quanto le nuvole potessero addensarsi, oltre di esse il cielo era sempre blu. Eppure, lui era stato nello spazio e sapeva che, oltre il blu del cielo, c’era un nero vuoto, gelido e infinito. Sarebbe riuscito a riscaldarlo, almeno per la persona a cui voleva bene?

Impossibile dirlo.

Ma almeno, adesso aveva un motivo per provarci.

***

Note dell’autore

Eh, sì, dai non rompete le palle, so bene che in questo capitolo non c’è traccia di Yue Hoshino. Avevo già scritto di volere aspettare a pubblicare la sua storia, sia perché mi premeva avere qualcosa che coprisse la Seconda Guerra di Neo Zeon, sia perché ho intenzione di vedere come si evolverà Gundam Unicorn. Quindi, SE scriverò un quinto capitolo, probabilmente Yue sarà lì. Anzi, lo sto già scrivendo e ho buttato giù la parte in cui Yue e Julius si incontrano. Ho anche scritto un pezzo in cui compare Kamille, ma ancora niente su Dolores. Naturalmente, non vi è alcuna certezza che porti effettivamente a compimento la mia opera, dipende da come mi girerà. Ragion per cui, come al solito, fate conto che Gundam D sia definitivamente concluso. Avevo anche detto che non avrei più ripreso il personaggio di Rachel. Be’, avevo mentito.

C’è una cosa che mi disturba di questa storia. In qualche modo, tocca la tematica della famiglia. In qualche modo, eh… Fatto sta che, per affinità di contenuti, avrei preferito trattare un argomento del genere in un ipotetico capitolo ambientato all’epoca di V Gundam. Amen. Se mai scriverò qualcosa del genere, mi inventerò qualche altra puttanata.

Parliamo un po’ dell’esperienza dei militari di Neo Zeon. A giudicare dai dialoghi di Gundam ZZ, il problema principale di Axis era proprio il non avere molti soldati esperti. Apparentemente, i veterani della Guerra di Un Anno che potessero vantare un curriculum significativo NON si sono trasferiti sull’asteroide. CDA sembrerebbe lasciare intendere diversamente… ma è risaputo che i soldati più esperti del Principato abbiano cominciato a morire in gran numero già dai tempi della battaglia di Loum, tant’è che la maggior parte dei Gelgoog fu assegnata a dei novellini. Parrebbe che gente come Andy/Apolly e Riccardo/Roberto (non ditemi che non vi eravate accorti che sono loro…), nonché lo stesso Char, siano delle eccezioni. È anche vero che i soldati federali, tra il conflitto contro la Flotta Delaz e la Guerra di Gryps (che, contrariamente ad Axis, si sono fatti per intero) hanno senz’altro potuto fare più pratica sul campo. D’altronde, i piloti di Zeon che si vedono operare in Africa in Gundam ZZ sono dei guerriglieri di una certa esperienza… limitata però ai loro Dowadge e Desert Zack. Dato che il Neo Zeon di Char Aznable attinge in buona misura a questa gente, e che non ci sono stati grossi conflitti tra lo 0088 e lo 0093, ho pensato che l’esperienza globale degli individui fosse comunque molto inferiore a quella di uno come Daniel, che si è fatto quattro guerre in prima linea.

Che vi devo dire di Rossana? A me sembra già tutto evidente. È il prototipo di Alice, ma è venuto meglio (Kemp è pazzo, ricordate?). Sostanzialmente, è una vera anima trasmessa in un disco, ma il procedimento è molto diverso a quello che ha infuso lo spirito di Marion Welch nell’EXAM. Voglio dire, Marion era solo in coma e l’EXAM non era certo una specie di psycoframe. Le convinzioni pseudofilosofiche di Kemp e le implicazioni reali delle stesse non riflettono necessariamente il mio pensiero. Nell’universo di Gundam, è evidente che qualcosa dopo la morte c’è e che l’anima esiste (più volte si vedono dei newtype parlare con gli spiriti dei morti, dalla prima serie fino a V Gundam). Ragion per cui, potevo basare una teoria pseudoscientifca su questo fatto. Il passo delle annotazioni in cui si dice che Rossana potrebbe diventare un dio o un demone riprende una battuta del primo episodio di Mazinger Z. Quando Juzo Kabuto consegna il robottone a Koji, gli dice qualcosa del tipo: "A bordo di Mazinger, potrai essere un dio oppure un demone; in ogni caso, sarai il superuomo Koji Kabuto". Per quanto riguarda la riscrittura automatica di Rossana, ho assunto che un mobile suit avesse un drive in grado di masterizzare dischi e che qualsiasi sistema operativo dell’UC avesse una funzione di masterizzazione di default. Motivo per cui, Rachel non si fa problemi a pensare che sarebbe tecnicamente possibile riscrivere un disco semplicemente con il computer di bordo del Desert Doga. Ora, io lo so che qualcuno avrà fatto una faccia strana leggendo del combattimento di Daniel contro i nove Jegan (trovate la descrizione del nuovo modello tra le D-MSV), magari ritenendolo una cosa assolutamente inverosimile ed esagerata. Che sia esagerato, lo so: l’ho fatto così apposta. Inverosimile? Non secondo la logica di Gundam. Basti vedere cosa riesce a fare lo Z Gundam con un semplice bio-sensor. Inoltre, Rossana dovrebbe mimare gli effetti dello psycoframe, quell’affare che è persino riuscito a generare un’energia sufficiente a spostare Axis dalla sua rotta di collisione con la Terra (OK, lì si era caricato con la volontà di tutti i soldati, ma d’altra parte nove Jegan non sono Axis). A pensarci bene, considerato questo fatto, la performance di Daniel (o meglio, del sistema operativo) che abbiamo visto non è stata niente di eccezionale…

Comunque sì, sapevo già che Daniel era vivo quando ho scritto il finale del terzo capitolo e già pensavo di fargli saltare fuori una figlia. Anzi, avevo già immaginato tutta la menata attraverso cui passa in questo capitolo. Be’, quasi… in realtà, per certi sviluppi, sono stato influenzato da alcune cose che mi sono state dette… Ma, nel complesso, ho fatto comunque quello che volevo. Continuo però a credere che la storia che riguarda la madre di Chloe sia tremendamente banale, ma, sul momento, non mi è venuto in mente niente di meglio. Anzi, direi che ripensare alla questione mi fa ridere, perché, mentre scrivevo quel pezzo, mi sono state suggerite delle soluzioni alternative veramente fuori di testa. Alcune più banali della mia, altre inapplicabili perché entravano in conflitto con certi punti fermi che mi ero posto (mi era stato chiesto, tra l’altro, di rendere Chloe non la vera figlia di Daniel, ma una trovatella, oppure di far saltare fuori che sua madre era Rachel, ma sia lei che il padre avevano rimosso tutto per qualche trauma… insomma, un delirio… Poi mi è stato detto che queste trovate erano state maturate seguendo delle soap opera e lì ho capito tutto). Va anche detto che chi mi ha presentato queste soluzioni ha fatto pressione in qualche occasione affinché Daniel e Rachel si mettessero insieme, cosa di cui io non ero molto convinto. Ci avevo pensato fin dall’inizio, per la verità, ma mi chiedevo come si sarebbero potuti innamorare (e non è che per me fosse obbligatorio che succedesse, potevano anche restare perfetti estranei, di base). Inoltre, man mano che scrivevo, in maniera praticamente indipendente dal mio controllo, l’antipatia di Chloe per Rachel aumentava sempre più, il che rendeva la cosa ulteriormente problematica, perché non vedevo proprio Daniel a cominciare una relazione con una donna che la figlia odiasse. Comunque, devo dire che Daniel ha cominciato a piacermi come persona in questo capitolo. Mentre lo scrivevo, pensavo che, se avessi incontrato un tipo del genere, mi sarebbe stato sulle palle. In effetti, il mio giudizio sul suo conto coincideva con quello che lui dà di se stesso nel capitolo precedente: lo ritenevo un pusillanime indeciso che non riusciva a dare una direzione alla propria vita e si crogiolava nel proprio dolore senza pensare a come risolversi effettivamente i problemi. Però mi piaceva lavoraci sopra, perché tutte le sue contraddizioni e i suoi scazzi lo rendevano un personaggio molto umano. Adesso ha acquisito quella responsabilità che gli permette di essere davvero una persona migliore. Ha guardato dentro se stesso e ha saputo riconoscere il proprio problema: da un certo punto di vista, si può dire si sia comportato come avrebbe fatto Lynn. È cambiato molto, anche se nemmeno io ho capito bene come questo sia successo… Fatto sta che... se lo incontrasse ora qualcuno dei suoi ex commilitoni dell’AEUG, probabilmente lo troverebbe irriconoscibile. Per quanto riguarda la massima ‘Per vincere, occorre che il portiere pari, che i difensori difendano, che gli attaccanti attacchino e che i centrocampisti centrocampistino’, non è di Oronzo Canà, ma di Arrigo Sacchi.

Rachel è un personaggio di cui, per certi versi, mi sono stupito io stesso. Nel capitolo 1.5 mi serviva più che altro per una funzione specifica, mentre qui è protagonista. In realtà, avrei potuto metterci anche un personaggio inventato per l’occasione, ma mi piaceva l’idea di creare questo collegamento. Alla sua prima apparizione, non l’avevo descritta granché, ma qui, nonostante qualche comportamento un po’ sopra le righe, dà l’impressione di una persona matura. Rispetto a quasi undici anni fa, ha guadagnato in sicurezza, forse per quella relazione andata male (non mi riferisco a quella con David, ma a quella in cui è stata cornificata) … Ha preso Patrizia a modello e quindi cerca di essere sempre razionale in ogni situazione. Ma è caratterialmente diversa da Patrizia, non ha la stessa capacità di dedicarsi completamente a qualcosa e tende a essere più frivola. Però, forse proprio per questo, riesce a essere una persona più vicina al prossimo. Diciamo che non è una newtype, ma ci prova. Non so bene nemmeno io come è saltata fuori la sua semi-love story con Daniel, che tanto non si è concretizzata. Non escluderei che abbia semplicemente paura della solitudine, ma è anche possibile che stia prendendo una decisione più consapevole. Ah, ovviamente Rachel non arriverà a Von Braun City direttamente con l’aereo che prenderà dall’aeroporto dove va con la macchina noleggiata insieme a Daniel, questo mi pare chiaro. Ho assunto che l’aereo le serva per arrivare dove si trovi qualche mass driver (quello di Gibilterra non c’è ancora, quindi è possibile che debba andare fino in Irlanda… non ci sono molte informazioni in merito nell’ambientazione ufficiale).

Si potrebbe dire che il capitolo 3 fosse semplicemente un preludio a questo… che, ovviamente, non sapevo se avrei mai scritto. Mmmh… se ripenso al terzo capitolo in quest’ottica, mi fa un po’ meno schifo. In compenso, mi fa abbastanza schifo questo quarto. Mi è piaciuto il fatto di collegarlo a certi eventi precedenti (la missione a cui si riferisce Al è quella durante la quale Daniel cattura DeMarchand), ma ho l’impressione che un paio di coincidenze siano un po’ troppo forzate. Oh, pazienza: Gundam – The Origin è anche più artificioso da questo punto di vista (Casval trova un tizio che, guarda caso, è identico a lui e, guarda caso, vuole iscriversi all’accademia di Zeon? Un po’ troppo clamorosa come botta di culo. E poi Sayla non pensa al Char che conosceva lei quando sente parlare del misterioso ufficiale zeoniano dopo la fuga da Side 7? Puzza tanto di decisione presa in corso d’opera. E, guarda caso, il padre di Mirai conosceva Teablo? E, guarda caso, Sayla e Amuro si sono incrociati da bambini?).

Mmmh… per caso pensate che il nome di Alan Shake abbia un’inquietante assonanza con quello di Alan Shearer? Eh, lo penso anch’io, ma mi è venuto in mente solo molto dopo che l’avevo scelto. Non c’è volontà di citazione. Conscia, per lo meno. Le sue bizzarre citazioni latine furono originariamente proferite dal compianto Renato Dall’Ara, più o meno così come le ho riportate… solo che lui si riferiva a un ambito calcistico.

Guardate un po’, per questa volta vi risparmio anche le schede sui personaggi (anche perché non è che ci fosse molto da analizzare in questo capitolo: Daniel e Rachel li conoscete già, mentre Chloe… forse la riprenderò in futuro).

Sarò sincero: ho pensato SERIAMENTE di scrivere un happy end per questa storia. Bacio finale sullo sfondo di un romantico tramonto, felicità che sprizzava da ogni parola, zucchero e canditi che uscivano copiosi dalle mani dei protagonisti, ‘na roba tipo Tony Binarelli quando fa comparire le carte dal nulla. Voglio dire, dopo tre capitoli e mezzo in cui non c’è un finale veramente positivo, qui potevo anche mettercelo. Però io sono un po’ stronzo nel profondo, quindi tendo a non apprezzare le conclusioni che non abbiano almeno un retrogusto amarognolo. Avevo considerato anche l’idea di far morire Chloe, ma sarebbe stata troppo banale… E poi i personaggi devono morire per un motivo, non così tanto per fare; un motivo per la morte di Chloe non mi era venuto in mente. Credo comunque che questa conclusione sia stata mediamente più positiva delle altre. Alla fin fine, anche Daniel ha trovato, almeno sulla corta distanza, una soluzione ai suoi problemi. Ci sarà da vedere quanto durerà. Credo che questo sia il massimo dell’happy end che sono capace di scrivere.

Magari qualcuno sarà curioso di sapere cosa succederà dopo quest’ultimo anno di mercenario che il nostro eroe (ahahah, ho usato questo termine solo perché non volevo ripetere il suo nome) passerà, se lui e Rachel si metteranno insieme. Ma chi vi garantisce che sopravvivrà? Potrei anche decidere che morirà in battaglia nel frattempo, eh… Magari sale sul suo mobile suit al primo scontro, trova un altro newtype più forte di lui e tac!, tanti saluti signor Wymann… Non escludo di poter sciogliere questi dubbi in un eventuale prossimo capitolo, ma, per ora, fate conto che tutte le possibilità siano aperte (se avete imparato a conoscermi, però, saprete che io ho già una risposta a tutto, solo che non voglio darvela, khhhkhkhkhkh, risatina alla Kururu, quello originale, non quello dell’allucinante doppiaggio italiano).

Volete che vi parli un po’ del futuro di Gundam D? E perché mai dovrei parlarvi di qualcosa che probabilmente non ci sarà? Decisamente mi piacerebbe scrivere qualcosa ambientato nell’UC 0123 e poi nell’UC 0153. Ma chissà…

***

Cronologia di Gundam D

15-3-0089

Ricomincia il servizio della Jupiter Energy Fleet, che lancia il Jupitris II.

1-5-0089

L’Esercito della Federazione Terrestre si organizza per meglio gestire gli spostamenti di grandi asteroidi.

25-8-0089

La Federazione inasprisce le sanzioni contro le colonie che supportano movimenti di spacenoid.

2-0090

La colonia di Sweetwater di Side 2 viene adibita a centro di accoglienza di rifugiati e spostata a Side 3.

3-0090

L’Esercito della Federazione Terrestre organizza una nuova unità ausiliaria, Londo Bell.

19-3-0090

Nasce Chloe Wymann.

6-3-0091

Julius Parker esce di prigione e gli viene offerto un lavoro come collaudatore nell’Esercito della Federazione Terrestre.

8-0092

L’Esercito della Federazione Terrestre sposta il proprio quartier generale a Lhasa, Tibet.

7-9-0092

Uno squadrone di Jegan di vari modelli attacca dei reduci di Neo Zeon che si rifugiano in Norvegia.

22-12-0092

Vascelli navali comandati da Char Aznable dichiarano la presa di Sweetwater a Side 3.

25-12-0092

L’Esercito della Federazione Terrestre rafforza Londo Bell trasferendovi la prima corazzata di classe Ra Cailum, il cui capitano è Bright Noa.

27-2-0093

Il leader di Neo Zeon Char Aznable dichiara guerra alla Federazione Terrestre in un’intervista televisiva.

3-3-0093

La flotta di Neo Zeon parte da Sweetwater e prende il controllo dell’asteroide 5th Luna.

4-3-0093

5th Luna si schianta sul QG federale di Lhasa, Tibet.

6-3-0093

La Federazione Terrestre e Neo Zeon tengono negoziati di pace segreti nella colonia di Londenion, Side 1.

12-3-0093

Fingendo la resa, la flotta di Neo Zeon ricattura Axis e tenta di farlo cadere sulla Terra. Ne segue una battaglia tra Londo Bell, di cui fa parte anche Amuro Ray sul suo nuovo RX-93 n Gundam, e Neo Zeon, con cui è schierato Char Aznable sul suo MSN-04 Sazabi. In qualche modo, la caduta di Axis viene fermata, anche se la dinamica dei fatti non è chiara; sia Amuro Ray che Char Aznable risultano MIA.

9-0093

Agenzie di servizi segreti e istituti di ricerca in seno all’Esercito della Federazione Terrestre vengono riuniti nello Strategic Naval Reserach Institute (SNRI), un’organizzazione sotto il controllo militare, nella quale lavorano però molti civili.

5-0094

Lo Spear of Destiny, nave di Londo Bell di classe Ra Cailum comandata da Dolores Martin, conduce un’operazione di soppressione di alcuni reduci di Neo Zeon nell’area di Side 2. Sulla nave è imbarcato anche il nuovo RX-93-n-2 Hi-n Gundam.

8-6-0094

Daniel Wymann si unisce al gruppo di reduci di Neo Zeon comandato dal colonnello Alan Shake in nord Africa.

9-6-0094

Rachel Osborne arriva alla base dei reduci di Neo Zeon comandati da Alan Shake.

In serata, un contingente federale composto di RGM-89G Jegan Ground Type raggiunge la zona, ma viene respinto. Il gruppo decide di partire alla volta dela regione governata dal suo finanziatore.

10-6-0094

Il gruppo di Alan Shake raggiunge una vecchia base federale abbandonata; Rachel Osborne trova Rossana.

12-6-0094

Il gruppo di Alan Shake viene attaccato da uno squadrone di RGM-89HM Jegan High Mobility Ground Type; grazie a Rossana, installato sul suo AMS-119D Desert Doga, Daniel Wymann li respinge.

15-6-0094

Il gruppo di Alan Shake raggiunge la regione prefissata.

18-6-0094

Daniel e Chloe Wymann e Rachel Osborne lasciano il gruppo di Alan Shake.

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Capitolo 8
*** D-MSV ***


Nota

Questo documento si propone di analizzare i nuovi modelli di macchine da combattimento comparsi all’interno di Mobile Suit Gundam D e qualcuno che non si vede direttamente, ma che è presente in un modo o nell’altro. Idealmente, vorrebbe riprendere la serie delle varie MSV (Mobile Suit Variations) che sono state realizzate per buona parte del materiale UC e della Cosmic Era; in pratica, è molto diverso. Tipicamente, infatti, le MSV dedicate a qualche serie/film riprendono i modelli che vi compaiono e vi apportano qualche modifica; i mezzi meccanici che sono effettivamente presenti nell’opera presa in esame non finiscono nelle Variations. Come è ovvio, direi. D-MSV, invece, fa questo solo in parte, proponendosi principalmente come strumento di analisi delle macchine da guerra effettivamente presenti nella storia. Ne è stata descritta anche qualcuna che non vi compare, ma che è stata utilizzata in eventi direttamente correlati ai personaggi di Gundam D (non dico quali perché mi sta bene così). Il titolo di D-MSV è quindi da considerarsi puramente artificioso. Semplicemente, quando mi sono reso conto che in Gundam D stavano comparendo sempre più modelli nuovi (o comunque modelli già visti rivistati dal sottoscritto), ho deciso di descriverli a parte e mi è sembrato che D-MSV fosse un nome efficace ai fini di richiamare dei prodotti ufficiali.

Il formato utilizzato per presentare le macchine non è quello ufficiale, ma riprende il documento Burke’s All the World’s Mobile Weapons, che è ormai diventato uno standard in rete.

***

AMS-04 Sazabi Mass Production Type

Numero di serie: AMS-04; Axis Mobile Suit numero 4

Nome in codice: Sazabi Mass Production Type

Tipo di unità: mobile suit per ufficiali a produzione limitata

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Neo Zeon

Rollout: UC 0093

Primo schieramento: UC 0093

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza complessiva di 22,4 m., altezza alla testa di 21,2 m.

Peso: 28,5 tonnellate metriche a vuoto, 36,3 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 2.800 kW

Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.300 Kg., sei razzi da 9.800 Kg.; un totale di ventitré vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,66 G, compie una svolta di 180° in 0,5 secondi, velocità massima a terra di 166Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 22.600 m.; 2 x taniche di di propellente esterne staccabili (montate sul backpack)

Armi incorporate: 2 x beam saber (una nell’alloggiamento di ricarica di ciascun avambraccio, in mano quando usate)

Armamento opzionale: scudo (montato su di un avambraccio); beam shotrifle di potenza stimata in 10,2 MW a E-CAP ricaricabile

Pilota: Colin Raimondi

Poco dopo il fallimento del piano di lancio sulla Terra di Axis nel marzo 0093, i sopravvissuti dell’esercito di Neo Zeon si trovarono senza più un leader. Molti di loro, però, non erano intenzionati a rinunciare alla battaglia, perché credevano ancora negli ideali di indipendenza degli spacenoid che li avevano portati a combattere. Allo scopo di accrescere la propria potenza militare, commissionarono alla Anaheim Electronics dei nuovi modelli di mobile suit. Il Sazabi Mass Production Type, attivo già nel maggio UC 0093 (il progetto originario era stato infatti cominciato sotto la guida di Char Aznable), era una versione meno potente dell’MSN-04 Sazabi impiegato dal comandante di Neo Zeon. Più che al Sazabi, però, somigliava a una versione potenziata dell’AMS-119 Geara Doga. Inizialmente pensato per essere assegnato agli ufficiali di Neo Zeon, era stato progettato per essere più generico dell’MSN-04, e quindi utilizzabile sia sulla Terra che nello spazio; erano inoltre stati rimossi i funnel e le strutture deputate al loro utilizzo (nella fattispecie, lo psycommu system e lo psycoframe), in modo da rendere la macchina fruibile anche da piloti che non fossero newtype. Nonostante la diminuzione di prestazioni, il Sazabi Mass Production Type restava una macchina di buon livello, che manteneva diversi equipaggiamenti dell’originale. Le taniche di carburante addizionali aumentavano l’autonomia del mobile suit, mentre il beam shotrifle lo connotava come un’unità spiccatamente predisposta al combattimento ravvicinato. Lo scudo, invece, era differente da quello del Sazabi di Char Aznable: mantenerlo avrebbe comportato l’impiego di armamenti troppo costosi. Nonostante le buone prestazioni, il Sazabi Mass Production Type ebbe poco impiego, dato che il budget di Neo Zeon calò molto dopo la scomparsa definitiva della Cometa Rossa e buona parte dei soldi fu spesa per il progetto che avrebbe portato all’MSN-04II Nightingale.

Note dell’autore

Il Sazabi è sempre stato uno dei miei robottoni favoriti e una variante prodotta in serie mi sembrava un mobile suit di comando plausibile. Quella di Kazuhisa Kondo non ha ragione di esistere, perché è praticamente un Sazabi quasi identico all’originale. Mi piaceva così, punto.

***

AMS-119D Desert Doga

Numero di serie: AMS-119D; Axis Mobile Suit numero 119, tipo D (Desert)

Nome in codice: Desert Doga

Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre localizzato prodotto in serie

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Neo Zeon

Rollout: UC 0092

Primo schieramento: UC 0092

Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza alla testa di 20 m.

Peso: 23 tonnellate metriche a vuoto, 48,2 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 2.160 kW

Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.000 Kg.; un totale di undici vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,06 G, compie una svolta di 180° in 1,1 secondi, velocità massima a terra di 157 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 16.400 m.

Armi incorporate: beam sword/axe; heat rod (nell’avambraccio destro)

Armamento opzionale: scudo con quattro lanciagranate incorporati (fissato a un avambraccio); beam machine gun a e-pac sostituibile, con heat bayonet incorporata, può esserle fissato anche un lanciagranate monouso (un e-pac può essere fissato su ciascuna anca); 4 x testate a razzo sturm faust (nello scudo; possono essere lanciate da lì o a mano); bazooka da 280 mm.

Pilota: -

Il Desert Doga è un tipico esempio di come la Anaheim Electronics cercasse di guadagnare il massimo da ogni singolo cliente. Fin dai tempi della fine della Guerra di Un Anno, diversi reduci di Zeon erano rimasti in Africa, dove avevano continuato le attività di guerriglia contro la Federazione Terrestre. Il loro numero si era ulteriormente accresciuto in seguito alla Prima Guerra di Neo Zeon. Quando Char Aznable fondò il proprio Neo Zeon, diede loro supporto con dei mobile suit di nuovo modello, una variante dell’AMS-119 Geara Doga. Il Desert Doga era niente più che un AMS-119J Geara Doga Ground Type modificato per il combattimento in zone tropicali e desertiche. Il che significava sostanzialmente un sistema di condizionamento migliorato, un raffreddamento del reattore più efficiente e dei filtri che impedivano alla sabbia di entrare nelle giunture. Di fatto, qualsiasi AMS-119J poteva essere facilmente convertito in AMS-119D, il che permise alla Anaheim di vendere diversi mobile suit a prezzo pieno nonostante a loro costassero molto meno di una macchina progettata ex-novo. Non furono prodotti molti esemplari di Desert Doga, ma alcuni restarono in attività ben oltre il termine della Seconda Guerra di Neo Zeon, quando i reduci di quell’esercito cercavano ancora di infastidire la Federazione.

Note dell’autore

Io SO che da qualche parte esiste davvero un Desert Doga, qualcuno l’ha già infilato nell’ambientazione. Si tratta di uno di quei modelli che non sono ancora riuscito a identificare con assoluta certezza, quindi ne ho fatto una mia versione personale. Tutto sommato, è una variante piuttosto prevedibile, ma scrivere di Gundam comporta anche il gusto di fingersi funzionari della Bandai e inventarsi delle nuove versioni di mobile suit precedenti, magari aggiungendovi solo modifiche minime, per poter vendere i modellini.

***

AMS-119J Geara Doga Ground Type

Numero di serie: AMS-119J; Axis Mobile Suit numero 119, tipo J

Nome in codice: Geara Doga Ground Type

Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre prodotto in serie

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Neo Zeon

Rollout: UC 0091

Primo schieramento: UC 0091

Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza alla testa di 20 m.

Peso: 23 tonnellate metriche a vuoto, 48,2 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 2.160 kW

Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.000 Kg.; un totale di undici vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,06 G, compie una svolta di 180° in 1,1 secondi, velocità massima a terra di 157 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 16.400 m.

Armi incorporate: beam sword/axe; heat rod (nell’avambraccio destro)

Armamento opzionale: scudo con quattro lanciagranate incorporati (fissato a un avambraccio); beam machine gun a e-pac sostituibile, con heat bayonet incorporata, può esserle fissato anche un lanciagranate monouso (un e-pac può essere fissato su ciascuna anca); 4 x testate a razzo sturm faust (nello scudo; possono essere lanciate da lì o a mano); bazooka da 280 mm.

Pilota: -

In seguito alla Prima Guerra di Neo Zeon, diversi reduci delle armate di Axis erano rimasti bloccati sulla Terra, con pochi mezzi. Quando Char Aznable divenne il leader del nuovo movimento chiamato Neo Zeon, capì l’importanza di conquistarsi la collaborazione di questi soldati, che sarebbero potuti essere di grande aiuto, sia per il loro supporto da terra, sia perché sarebbero potuti tornare nello spazio a rimpinguare la sue fila. Da parte sua, non c’era però una vera volontà di combattere sulla Terra, dato che già pianificava di scagliarle contro Axis; non intendeva quindi spendere grandi quantità di denaro per appoggiarli.

A questo scopo, schierò alcuni suoi soldati, il cui compito era essenzialmente quello di consentire la partenza dalla Terra dei reduci, su delle versioni modificate di AMS-119 Geara Doga. Il Geara Doga J-Type era stato ottimizzato per agire in presenza di gravità. All’atto pratico, era stata fatta l’unica cosa che avrebbe consentito di risparmiare sui costi di produzione: erano stati eliminati alcuni vettori di spinta, che nello spazio avevano la funzione di mantenere la stabilità del mobile suit. L’AMS-119J aveva inoltre un bazooka di nuovo modello, che non fu più impiegato su altre macchine. Riesumava poi l’heat rod, una vecchia arma già impiegata sull’MS-07B Gouf dell’Esercito Regolare di Zeon durante la Guerra di Un Anno. Come per il Geara Doga base, però, il suo unico pregio era il costo contenuto: era fondamentalmente un’unità a basse prestazioni e, considerato il fatto che veniva affidata a soldati che andavano a combattere in territorio nemico, non era certo ambita.

Un certo numero di squadroni di Geara Doga Ground Type fu schierato sulla Terra a partire dall’UC 0091, come supporto ad alcune unità di reduci del Neo Zeon di Haman Karn; molti di loro non riuscirono a tornare nello spazio entro il marzo UC 0093, diventando degli altri soldati dimenticati abbandonati sulla Terra in seguito a un conflitto spaziale. Dopo la scomparsa di Char Aznable, quando alcuni capi di Neo Zeon ripresero la guerra contro la Federazione, vari squadroni di reduci ricominciarono le loro azioni di guerriglia e l’Esercito Federale impiegò diversi anni a stroncarli definitivamente.

Note dell’autore

Non ho molto da dire. La J del numero di serie vuole richiamare quella dell’MS-06J, la prima variante a uso terrestre di Zack II prodotta durante la Guerra di Un Anno. Mi è sembrato appropriato, visto che il Neo Zeon di Char Aznable usa designazioni che vengono un po’ dappertutto, dall’Esercito Regolare di Zeon alle armate di Axis, sia della fazione di Haman Karn che di quella di Glemy Toto. Tra l’altro, nel suo manga Revival of Zeon, Kazuhisa Kondo presenta una versione a uso terrestre del Geara Doga, tale AMS-119G, ma non è a quella che mi sono ispirato (non per altro, ma perché non mi piace): è un design completamente nuovo.

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AMS-119K Geara Doga Cannon

Numero di serie: AMS-119K; Axis Mobile Suit numero 119, tipo K (Kannon)

Nome in codice: Geara Doga Cannon

Tipo di unità: mobile suit d’artiglieria prodotto in serie

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Neo Zeon

Rollout: UC 0092

Primo schieramento: UC 0092

Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza alla testa di 20 m.

Peso: 28 tonnellate metriche a vuoto, 57,3 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 2.300 kW

Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.000 Kg., un razzo da 8.900 Kg.; un totale di quindici vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,06 G, compie una svolta di 180° in 1,1 secondi, velocità massima a terra di 120 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 16.400 m.

Armi incorporate: beam sword/axe; cannone da 200 mm. (montato nel backpack, spunta da sopra la spalla destra)

Armamento opzionale: scudo con quattro lanciagranate incorporati (fissato a un avambraccio); beam machine gun a e-pac sostituibile, con heat bayonet incorporata, può esserle fissato anche un lanciagranate monouso (un e-pac può essere fissato su ciascuna anca); 4 x testate a razzo sturm faust (nello scudo; possono essere lanciate da lì o a mano)

Pilota: -

Seguendo come sempre la filosofia del massimo risultato con il minimo sforzo, l’esercito del Neo Zeon di Char Aznable commissionò alla Anaheim Electronics una variante di AMS-119 Geara Doga adatta per il supporto a media distanza. Il Geara Doga Cannon era fondamentalmente un Geara Doga con un backpack diverso. Il nuovo backpack montava un potente cannone a proiettili solidi, capace di sparare sia in linea retta, sia con traiettoria a mortaio, con i colpi che descrivevano un arco a campanile, prima di ricadere sul bersaglio. Venne inoltre potenziato il reattore nucleare. Alcuni Geara Doga K-Type furono avvistati sulla Terra, mentre facevano da supporto a degli squadroni di J-Type. Dato che il cannone in sé fu però giudicato un accorgimento insufficiente a risultare significativo in un conflitto di grande scala, il modello non fu prodotto in molte unità e si preferì passare al progetto dell’AMS-119 Geara Doga Heavy Weapons Type.

Note dell’autore

Poco da dire. Questo mobile suit mi serviva essenzialmente perché volevo dare un po’ di varietà in più ai reduci di Neo Zeon che combattevano sulla Terra, quindi mi sono limitato a una minima modifica a un design già esistente. La K del numero di serie richiama l’MS-06K Zack Cannon, ma in effetti avrei anche potuto mettere una C al suo posto. Il motivo per cui il numero di serie dello Zack Cannon è MS-06K, infatti, è da ricercarsi nel fatto che esisteva già un MS-06C (si tratta di un modello iniziale di Zack II prodotto in serie, che formava il grosso delle armate di Zeon durante la Battaglia di Loum).

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AMS-119V Geara Tank

Numero di serie: AMS-119V; Axis Mobile Suit numero 119, tipo V

Nome in codice: Geara Tank

Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre prodotto in serie

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Neo Zeon

Rollout: UC 0091

Primo schieramento: UC 0091

Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza alla testa di 16,4 m.

Peso: 20 tonnellate metriche a vuoto, 46,4 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 2.160 kW

Propulsione: 2 x battistrada cingolati

Prestazioni: velocità massima a terra di 88 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 16.400 m.

Armi incorporate: 2 x cannoni da 200 mm. A due canne (uno al posto di ciascun braccio); mitragliatrice a tre canne da 100 mm.

Armamento opzionale: 2 x lanciamissili a sei bocche di fuoco (ciascuno sostituisce un cannone); beam machine gun a e-pac sostituibile, con heat bayonet incorporata, può esserle fissato anche un lanciagranate monouso

Pilota: -

Le truppe del Neo Zeon di Char Aznable che agivano sulla Terra erano spesso a corto di uomini e mezzi e costrette ad agire in condizioni estremamente difficili. Da questa situazione nacque la necessità di ottimizzare le risorse per ottenerne il massimo possibile con la minima spesa. Quando un AMS-119J Geara Doga Ground Type o un AMS-119D Desert Doga venivano danneggiati, se possibile, li si convertiva in Geara Tank, seguendo lo stesso principio che, durante la Guerra di Un Anno, aveva portato alla nascita dell’MS-06V Zacktank. Il Geara Tank aveva fondamentalmente l’aspetto di un Geara Doga dalla cintola in su; al posto delle gambe, c’era la parte inferiore di un carro armato, solitamente riciclata da qualche vecchio modello federale. L’AMS-119V, impossibilitato a svolgere la propria normale funzione di Geara Doga, veniva quindi trasformato in un’unità di artiglieria; le sue braccia venivano generalmente sostituite con una coppia di doppi cannoni da 200 mm., che, data la riduzione dello spessore delle corazze verificatasi a partire dall’introduzione del movable frame, risultavano pericolosi quanto un’arma a raggi. I cannoni potevano anche essere sostituiti con dei lanciamissili; un ridotto numero di Geara Tank conservava le braccia originarie e continuava a usare la beam machine gun. Si ha notizia di almeno due Geara Tank operanti sul fronte africano nel tardo 0093 che avevano delle gru al posto dei cannoni e venivano usati come macchine da lavoro.

Note dell’autore

Il Geara Tank, ovviamente ispirato allo Zacktank, è un altro di quei modelli che esistono, ma della cui collocazione esatta non sono certo (è comparso su di una rivista di modellismo e in un videogioco). Ragion per cui, ne ho realizzato una mia versione personale. Mah, non è che mi piaccia granché, probabilmente l’ho fatto solo per aumentare la varietà delle macchine…

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AMX-003M Gaza-M

Numero di serie: AMX-003M; terzo Axis Mobile weapon eXperimental sviluppato dal gruppo 0, tipo M (Mariner)

Nome in codice: Gaza Mariner

Tipo di unità: mobile suit anfibio trasformabile prodotto in serie

Costruttore: Neo Zeon

Operatore: Neo Zeon

Rollout: giugno UC 0088

Primo schieramento: agosto UC 0088

Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nella testa

Dimensioni: altezza totale di 22,5 m. e altezza alla testa di 18,3 m. in modalità mobile suit; lunghezza totale di 21,2 m., larghezza totale di 10,4 m., altezza totale di 10,9 m. in modalità mobile armor

Peso: 44,9 tonnellate metriche a vuoto, 86,4 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium su struttura semi-monoscocca

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.850 kW

Propulsione: due hydrojet da da 42.000 Kg.; un totale di quattro vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 0,08 G

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 10.600 m.

Armi incorporate: 2 x beam saber di potenza stimata in 0,4 MW (una nell’alloggiamento di ricarica di ciascuna spalla, in mano quando usate); 2 x beam gun binati (montati nel backpack); lancia torpedini (nella fusoliera)

Armamento opzionale: lancia arpioni (montato sul corpo principale in modalità mobile armor)

Pilota: -

Il Gaza-M fu una delle molte armi mobili che il Neo Zeon di Haman Karn preparò in previsione dell’invasione della Terra alla fine degli anni ’80. Gli ufficiali di Axis avevano previsto che l’attacco alla Terra avrebbe comportato il combattimento contro la flotta navale dell’Esercito Federale stanziata nell’Oceano Atlantico, senza contare che anche la Karaba si sarebbe opposta all’attacco, che avrebbe dovuto portare all’occupazione di Dakar. Era perciò necessario progettare dei mobile suit anfibi, capaci di muoversi agevolmente in acqua. Al tempo, era già in avanzata fase di progettazione l’AMX-006 Gaza-D, che rendeva l’AMX-003 (MMT-1) Gaza-C ormai obsoleto; per tale motivo, venticinque esemplari di quest’ultimo modello vennero convertiti in Gaza-M, dove la M stava per "Mariner". Il Gaza-M modificava l’armamento del Gaza-C, eliminando il knuckle buster e aggiungendo un lancia torpedini anti-corazzata. Il torso era stato rimodellato per accomodare il nuovo sistema di raffreddamento ad acqua, mentre le armi opzionali comprendevano un SUBROC dello stesso tipo di quello che sarebbe poi stato impiegato sull’RMS-192M Zack Mariner. L’AMX-003M sarebbe dovuto essere un "riempitivo", un mobile suit adattato al ruolo in attesa che fosse completato un numero sufficiente di macchine apposite per il combattimento in acqua, come l’AMX-109 Capule. Invece, ottenne un successo insperato: poteva usare la sua forma di mobile armor in mare e quella di mobile suit a terra, risultando estremamente versatile. Dei venticinque Gaza-M prodotti, quindici videro effettivamente i campi di battaglia a partire dall’agosto 0088; alcuni di essi vennero usati nell’Oceano Indiano, dove combatterono l’MSA-005M Methuss Mariner della Karaba. Quando Neo Zeon si ritirò dalla Terra per spostare la battaglia nello spazio, i Gaza-M divennero inutili e non furono più utilizzati.

Note dell’autore

Nel librone di Model Graphix intitolato Mission ZZ sono raccolte alcune interessanti rivelazioni circa la progettazione della serie TV di Gundam ZZ. Come dovrebbe già essere evidente anche solo guardandola, è stata soggetta a una gran quantità di cambiamenti in corsa al piano originario (primo fra tutti l’esclusione di Char, che sarebbe poi stato sostanzialmente sostituito da Glemy Toto… bah, che scambio assurdo!). Secondo questo libro, originariamente non era previsto che le corazzate di Neo Zeon avessero il Minovsky craft. Di conseguenza, per invadere la Terra, avrebbero dovuto calare dei mobile suit dall’orbita impiegando ballute pack e moduli da sbarco sul modello degli HLV di Zeon. Molti di questi mobile suit sarebbero arrivati in mare, o in prossimità di esso; venne quindi progettata una serie di macchine anfibie e il Gaza-M sarebbe dovuto essere una di queste. In seguito, quando si decise che le navi di Axis disponevano di Minovsky craft, tutto ciò divenne inutile e quindi si procedette come effettivamente si fece. Nonostante il Gaza-M sia stato escluso da Gundam ZZ, so per certo che qualcuno lo ha ficcato da qualche parte nell’ambientazione, solo che non ho ancora capito come/dove. Diciamo che quella che presento qui è la mia versione, basata sulle informazioni che sono riuscito a reperire circa l’originale. Ah, comunque procuratevi quel Mission ZZ, se ci riuscite, è pieno di roba interessante… Sapevate che lo Z Plus (in più esemplari) sarebbe dovuto comparire in Gundam ZZ come mobile suit federale, ma si decise di toglierlo (sostituendolo con il GM III: avrebbe infatti dovuto partecipare alla battaglia a Dakar) perché si pensò che la presenza di altri Gundam, oltre a quelli dell’Argama, avrebbe causato confusione negli spettatori?

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AMX-102L Zssa Light Arms

Numero di serie: AMX-102L; secondo Axis Mobile weapon eXperimental del gruppo 1, tipo L (Light)

Nome in codice: Zssa Light Arms

Tipo di unità: mobile suit d’artiglieria elaborato sul campo

Costruttore: Neo Zeon

Operatore: Neo Zeon

Rollout: UC 0090

Primo schieramento: UC 0090

Abitacolo: Abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza totale di 15,85 m. (16,94 m. con i moduli lanciamissili sulle spalle) e altezza alla testa di 15 m.

Peso: 19,9 tonnellate metriche a vuoto, 37,4 tonnellate metriche a pieno carico (44,2 con i moduli lanciamissili sulle spalle)

Costruzione: lega di gundarium su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.820 kW

Propulsione: due razzi da 17.300 Kg.; un totale di diciotto vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 0,72 G, compie una svolta di 180° in 1,8 secondi, velocità massima a terra di 110 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 10.800 m.

Armi incorporate: 2 x vulcan gun da 30 mm. binati da 800 colpi ciascuno (montati nel torso); 4 x beam saber di potenza stimata in 0,62 MW (due nell’alloggiamento di ricarica di ciascuna gamba, in mano quando usate); beam gun a dispersione di potenza stimata in 7,64 MW (montato nel torso); 2 x lanciamissili a tre bocche di fuoco che usano piccoli missili modello AMS-05S (uno montato in ciascun avambraccio)

Armamento opzionale: 2 x moduli lanciamissili da sette bocche di fuoco che usano missili pesanti modello AMS-02H (uno su ciascuna spalla); beam lancer da 1,7 MW a E-CAP ricaricabile, che può combinarsi con il beam tomahawk; beam tomahawk da 0,92 MW a E-CAP ricaricabile, che può combinarsi con il beam lancer; knuckle buster di potenza stimata in 6,7 MW a E-CAP ricaricabile

Pilota: -

Quando Neo Zeon lanciò la propria invasione della Terra nell’UC 0088, l’AMX-102 Zssa era uno dei suoi mobile suit prodotti in serie. Con la ritirata nello spazio delle forze di Haman Karn, diversi soldati restarono bloccati sulla Terra, dove continuarono a combattere per diversi anni con i mobile suit che erano loro rimasti. Alcuni Zssa vennero elaborati sul campo, in modo da risultare più versatili. In presenza di gravità terrestre, infatti, questo modello non era molto agile e tendeva a risultare vulnerabile, data la sua spiccata predisposizione per un ruolo di supporto che, senza che potesse essere garantita la presenza di mobile suit con altri compiti, veniva a perdere buona parte del proprio valore. Diversi soldati di Neo Zeon decisero quindi di elaborare i propri Zssa, rendendoli unità più multifunzione, anche a costo di sacrificare la potenza di fuoco. Impossibilitati a mantenere il modulo booster che avrebbe consentito allo Zssa di volare in presenza di atmosfera, i militari di Axis alleggerirono la struttura del mobile suit eliminando i lanciamissili sulle gambe. Ne nacque quindi lo Zssa Light Arms, che cercava di sopperire a questa rinuncia con degli equipaggiamenti addizionali. Accanto ai moduli lanciamissili disponibili anche per lo Zssa originario, i soldati di Neo Zeon cercavano di raccattare qualsiasi pezzo di equipaggiamento potessero trovare. È documentata la presenza di AMX-102L dotati di una combinazione di beam lancer/beam tomahawk analoga a quella dell’AMX-009 Dreissen (che era, all’atto pratico, il mobile suit che avrebbe dovuto fare da combattente a corto raggio avvalendosi del supporto dello Zssa) o di un knuckle buster preso da un AMX-003 Gaza-C.

Note dell’autore

L’AMX-102 Zssa compare in una delle prime puntate di Gundam ZZ, per poi riapparire quando Axis invade la Terra. Quando ho pensato alle forze che i federali avrebbero dovuto affrontare all’inizio degli anni ’90, ho ritenuto che dovessero avere qualche legame con le vecchie armate di Haman Karn, quindi dovevo inserire dei mobile suit che ricordassero quelli da esse utilizzati. Ho valutato diversi candidati, tra cui anche le varianti di Gaza-C (scartate perché di impiego limitato sulla Terra), il Gallus-J (scartato perché di scarso successo), l’Hamma-Hamma (idem come sopra, anche se avevo pensato di inserire la versione prodotta in serie che compare in alcuni videogiochi) e il Bawoo (scartato perché un mobile suit trasformabile faceva troppo figo e non mi trasmetteva quella sensazione di pezze al culo di cui avevo bisogno). Uno Zssa elaborato con mezzi di fortuna, invece, era proprio quello che mi serviva, quindi ha trovato posto. Volendo cercare qualcosa di simile nel materiale ufficiale, potrebbe esserci l’AMX-013 Zssa Dain, ma quello ha proprio un background completamente diverso.

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FF-X7H Core Bomber

Numero di serie: FF-X7H

Nome in codice: Core Bomber

Tipo di unità: caccia bombardiere

Costruttore: Hervic Company

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: UC 0079

Primo schieramento: UC 0079

Abitacolo: abitacolo coperto standard per il solo pilota

Dimensioni: lunghezza totale di 13,8 m., altezza totale di 6,75 m., apertura alare di 12,6 m.

Peso: peso a vuoto sconosciuto, 18,3 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di titanio

Impianto energetico: sconosciuto

Propulsione: sconosciuta

Prestazioni: sconosciute

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: 2 x serbatoi opzionali staccabili

Armi incorporate: 4 x vulcan gun da 25 mm. a due canne collegati (nella fusoliera); 2 x lanciamissili da 4 colpi ciascuno; 2 x bombe pesanti

Armamento opzionale: nessuno

Pilota: -

L’FF-X7 Core Fighter, il caccia impiegato per costituire il core block system dei mobile suit del Progetto V, si era dimostrato un velivolo versatile e affidabile, al punto che venne impiegato anche al di fuori del suo ruolo originario di abitacolo per macchine antropomorfe. La sua evoluzione in FF-X7-Bst Core Booster fu solo il primo passo di una lunga serie, che avrebbe portato alla nascita di diverse varianti specializzate. Il Core Booster Bomber Type, nella fattispecie, era stato progettato come bombardiere pesante. Utilizzando come parte frontale il solito FF-X7, montava una struttura posteriore diversa, che era stata alleggerita e resa più aerodinamica. Eliminati i due cannoni a mega particelle del Core Booster, ogni colpo dei quali consumava grandi quantità di energia, il velivolo risultava avere una notevole autonomia, il che lo rendeva ideale per le missioni che richiedevano una profonda penetrazione in territorio nemico. Autonomia che venne ulteriormente incrementata aggiungendo due serbatoi addizionali alla struttura posteriore, che, essendo più leggera del normale, non risentiva più di tanto di questo peso aggiunto. Così come nemmeno risentiva delle due grandi bombe che potevano esservi montate, e che costituivano la vera ragione della sua esistenza. Sganciando questi due potenti ordigni, il Core Bomber poteva infliggere seri danni alle fortifcazioni nemiche.

Un gran numero di strutture posteriore per l’FF-X7H fu assemblato nella base federale di Belfast all’inizio di dicembre 0079; alcune di esse furono collegate a dei Core Fighter e poi impiegate il 16 del mese per l’Operazione Tristan. Non c’erano però abbastanza caccia per montarle tutte. Nonostante la diffusione dei mobile suit avesse limitato seriamente le prospettive di utilizzo dei caccia, alcuni Core Bomber vennero impiegati fin nei tardi anni ’80, durante la Guerra di Gryps, quando ottennero discreti risultati contro diversi insediamenti della Karaba.

Note dell’autore

Sapete qual è la cosa più divertente di questo modello di Core Booster che mi sono inventato? Che, secondo le notizie ufficiali, sono stati prodotti in tutto sedici Core Booster "base" (l’FF-X7-Bst, per intenderci), solo sei dei quali sono stati effettivamente usati in battaglia. Io, però, non mi sono preoccupato di dare un numero preciso ai Core Bomber, riservandomi eventualmente di specificarlo se avrò necessità e/o convenienza a farlo. È quindi perfettamente possibile che ci siano più FF-X7H che FF-X7-Bst. I casi della vita. Ah, il motivo per cui ho deciso di inventarmi questa variante è semplicemente che volevo un bombardiere nuovo che avesse un qualcosa di interessante.

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FF-X(7)II Core Booster II

Numero di serie: FF-X(7)II

Nome in codice: Core Booster II

Tipo di unità: caccia a uso core block system con l’RX-78GP00 Gundam "Blossom"

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: 16 settembre UC 0083

Primo schieramento: 31 ottobre UC 0083

Abitacolo: abitacolo coperto standard per il solo pilota

Dimensioni: lunghezza totale di 27,2 m., apertura alare di 14,3 m.

Peso: peso a vuoto sconosciuto, 41,8 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium

Impianto energetico: sconosciuto

Propulsione: sconosciuta

Prestazioni: sconosciute

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori sconosciuta; Minovsky Particle Interference Wave Searcher (MPIWS) montato sul corpo principale

Armi incorporate: 2 x beam gun; beam rifle a lungo raggio di potenza sconosciuta

Armamento opzionale: nessuno

Pilota: -

Il Core Booster II era il caccia che fungeva da blocco centrale del core block system nell’RX-78GP00 Gundam "Blossom". Il modello di base che componeva questo velivolo non era molto diverso dall’FF-XII Core Fighter II usato nell’RX-78GP01 Gundam "Zephyranthes" (ne era probabilmente il precursore) ed direttamente collegato al backpack del mobile suit. Nella fattispecie, ne prendeva le due beam saber, che venivano impiegate come beam gun, e il beam rifle a lungo raggio. Montava inoltre il sistema MPIWS. Il carico ingombrante e pesante posto sul Core Booster II, però, gli impediva di volare in sicurezza, dandogli problemi di equilibrio in presenza di gravità. Il modello venne quindi abbandonato insieme con il Blossom per il quale era stato costruito.

Note dell’autore

Vedere le note per la voce RX-78GP00 Gundam "Blossom".

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Garuda Kai [classe]

Numero di serie: -

Nome in codice: Garuda Kai

Tipo di unità: grande velivolo da trasporto

Costruttore: Esercito della Federazione Terrestre

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: UC 0090

Primo schieramento: UC 0090

Abitacolo: sala comandi

Dimensioni: lunghezza totale di 317 m., apertura alare di 524 m.

Peso: 9.800 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di acciaio super resistente

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 11.000 kW

Propulsione: 16 x motori jet

Prestazioni: velocità in volo di Mach 1,2

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata de sensori di 51.000 m.

Armi incorporate: 10 x cannoni laser

Armamento opzionale: nessuno

Pilota: -

I velivoli pesanti di classe Garuda furono una delle unità più largamente usate durante la Guerra di Gryps. Schierati originariamente dalla Federazione e dai Titans, furono presto adottati anche dalla Karaba. In seguito alla Prima Guerra di Neo Zeon, gli ingegneri federali pensarono di crearne una versione potenziata, capace di spostarsi con maggiore efficienza. Di fatto, il Garuda Kai non presentava significative innovazioni rispetto al proprio predecessore, se non per un incremento dei motori jet. Il Garuda Kai veniva impiegato per schierare velocemente un gran numero di mobile suit sulla Terra: poteva trasportarne fino a venti, completi di qualsiasi equipaggiamento addizionale servisse loro. Nonostante non fosse un velivolo innovativo, il Garuda Kai fu ampiamente impiegato contro i reduci delle guerre passate che erano rimasti sulla Terra. Durante la Seconda Guerra di Neo Zeon, però, il conflitto si combatté prevalentemente nello spazio, il che impedì al modello di essere ampiamente utilizzato.

Note dell’autore

Niente, mi serviva semplicemente un velivolo sul modello del Garuda per sbarcare le truppe di Jegan alla fine del secondo capitolo. Ho semplicemente fatto la cosa più naturale e immediata, potenziando un po’ il modello classico. Non c’è scritto da nessuna parte che i Garuda montino un reattore Minovsky, ma mi è sembrata la soluzione più naturale.

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MA-09 Mass Production Type Big Zam

Numero di serie: MA-09; nono Mobile Armor

Nome in codice: Mass Production Type Big Zam

Tipo di unità: versione preliminare di mobile armor anti fortezza prodotto in serie

Costruttore: Neo Zeon

Operatore: Neo Zeon

Rollout: UC 0088

Primo schieramento: UC 0088

Abitacolo: abitacolo sistemato nel corpo principale, per il solo pilota

Dimensioni: altezza totale di 22,7 m.

Peso: 38,5 tonnellate metriche a vuoto, 66,8 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium su struttura semi-monoscocca

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 4.900 kW

Propulsione: un razzo da 35.000 Kg., due razzi da 6.000 Kg., un totale di otto vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,2 G, compie una svolta di 180° in 12 secondi, velocità massima a terra di 80 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 134.000 m.; copertura anti-raggio applicata all’armatura

Armi incorporate: grande cannone a mega particelle da 13 MW (nel corpo principale); 2 x grandi lanciamissili a due bocche di fuoco (uno su ciascuna gamba)

Armamento opzionale: nessuno

Pilota: -

L’MA-08 Big Zam fu il più potente mobile armor usato dall’Esercito Regolare di Zeon durante la Guerra di Un Anno. Erano stati preparati dei progetti per una sua produzione in serie, che fu però arrestata dalla fine della guerra. Il Mass Production Type Big Zam non venne mai effettivamente realizzato all’epoca, essendo risultato semplicemente una versione del Big Zam migliorata sotto alcuni punti di vista e priva di diverse armi, e perciò troppo costosa. Anche l’MA-09 aveva come arma principale un potente cannone a mega particelle, che poteva però chiudersi quando non veniva impiegato. In origine, l’Esercito Regolare di Zeon pensava di farne la propria unità di sfondamento durante l’assalto a Jaburo, quindi lo progettò per agire in presenza di gravità. Data l’immensa potenza del suo cannone principale, il Mass Production Big Zam doveva ancorarsi al terreno con le gambe per sparare. Questo mobile armor aveva inoltre dei lanciamissili sugli arti inferiori. Tutta la sua corazza aveva una copertura anti-raggio, che compensava la mancanza dei generatori di I-field, pur non avendo la stessa efficacia; inoltre, il sistema di raffreddamento era decisamente migliore rispetto a quello del suo predecessore, il che permetteva all’MA-09 di operare a lungo, in congiunzione con il fatto di non possedere i beam gun e altri sistemi che nel modello originale consumavano molta energia.

Grazie alle informazioni ottenute dal colonnello Char Aznable, l’Esercito Regolare di Zeon fu in grado di attaccare Jaburo prima del tempo prefissato; il Mass Production Big Zam non fu perciò approntato in data utile. Anche perché i costi di produzione, pur inferiori a quelli dell’MA-08, erano comunque enormi e Zeon diede la precedenza ad altri progetti. L’MA-09 non venne quindi mai effettivamente costruito durante la Guerra di Un Anno, ma i reduci zeoniani rifugiatisi su Axis ne portarono con sé i progetti e li misero in pratica. Nell’UC 0088, quando Neo Zeon lanciò la propria invasione della Terra, partecipò alle operazioni anche un ristretto numero di MA-09; la produzione non divenne però mai veramente "seriale", dati gli elevati costi del modello. Furono schierate solo poche unità, che cedettero ben presto il passo ai più versatili mobile suit sperimentali, giudicati migliori in battaglia.

Note dell’autore

Il Mass Production Type Big Zam compare in alcuni videogiochi. Ho inventato buona parte delle sue caratteristiche, che non vengono citate dalle fonti ufficiali, e ho parzialmente rielaborato la storia che ne viene fornita (in realtà, Axis non avrebbe dovuto usare questo modello). Motivo dell’inclusione nella storia? Mi piaceva l’idea che i reduci di Neo Zeon avessero un asso nella manica e un mobile armor "cattivo" funziona sempre bene in questo senso.

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MRX-007G Prototype Psyco Gundam

Numero modello: MRX-007G; settimo Murasame Research eXperimental, tipo G (Giant)

Nome in codice: Prototype Psyco Gundam

Tipo di unità: prototipo di mobile suit a uso newtype

Costruttore: Istituto di Ricerca Murasame

Operatore: Titans

Rollout: UC 0087

Primo schieramento: UC 0087

Abitacolo: abitacolo sistemato nella testa torso (dotato di panoramic monitor/linear seat) per il solo pilota

Dimensioni: altezza complessiva di 41 m., altezza alla testa di 40 m.

Peso: 255,6 tonnellate metriche a vuoto, 420,4 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su struttura semi-monoscocca

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da 33.600 kW

Propulsione: due razzi da 84.000 Kg., cinque vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 0,43 G, compie una svolta di 180° in 1,6 secondi, velocità massima a terra di 100 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 10.200 m.; psycommu system

Armi incorporate: cannone a mega particelle a dispersione a tre bocche di fuoco da 4,8 MW ciascuna (nel torso); 10 x beam gun da 2 MW (uno in ciascun dito); beam gun a due bocche di fuoco (nella testa)

Armamento opzionale: nessuno

Pilota: Conner Clark

L’MRX-007 Prototype Psyco Gundam fu il primo passo nella costruzione del Gundam più potente che fosse mai esistito. L’Istituto di Ricerca Murasame, trovato nei Titans un cliente interessato alle armi per newtype, voleva creare una macchina che potesse essere controllata semplicemente con il pensiero. I limiti tecnici del tempo, però, avevano costretto gli ingegneri a montare l’enorme psycommu system dell’MRX-007 nel suo backpack, rendendolo un mobile suit poco agile e facilmente identificabile come bersaglio. Con il passo successivo, un ulteriore prototipo chiamato MRX-007G, all’Istituto Murasame si occuparono di questo problema in maniera radicale.

Visto che, per principio di progettazione, lo Psyco Gundam definitivo non avrebbe potuto fare a meno dello psycommu system (e quindi si sarebbe fatalmente rivelato poco manovrabile e facile da prendere di mira), tanto valeva costruire qualcosa di grosso, molto corazzato e progettato per livellare un’intera città da solo. L’MRX-007G fu effettivamente il primo mobile suit a testare efficacemente le tecnologie di armi a raggi che sarebbero poi state usate nello Psyco Gundam vero e proprio. Contrariamente al suo successore, non poteva trasformarsi in mobile fortress, né possedeva il sistema Minovsky craft; era però dotato delle enormi dimensioni e delle armi che sarebbero poi finite nel modello successivo. Rispetto a quello che sarebbe poi diventato il vero Psyco Gundam, però, questo modello presentava ancora un’architettura antiquata, non essendo costruito nemmeno sulla base di quel rozzo movable frame che sarebbe poi stato impiegato per l’MRX-009.

Il potentissimo reattore nucleare dell’MRX-007G, che poi sarebbe stato impiegato sul vero Psyco Gundam, alimentava non meno di quindici beam gun di potenza variabile. I tre nel petto erano dei cannoni a mega particelle a dispersione, che sparavano sul nemico una pioggia di raggi. Quelli nella testa e nelle mani potevano essere usati indipendentemente gli uni dagli altri, cosicché il Prototype Psyco Gundam era in grado di sparare su più bersagli contemporaneamente. Una tale potenza di fuoco era completamente nuova, ma la cosa più inquietante stava nello psycommu system, che consentiva a un pilota newtype di controllare tutte queste armi con il pensiero. In realtà, l’Istituto Murasame non poteva contare su veri newtype, ma solo sui cosiddetti ‘umani potenziati’, delle persone sottoposte a trattamenti psicologici e farmaceutici capaci di risvegliare in loro un potere in grado di emulare quello dei veri newtype. Un processo lungo, costoso e rischioso, dato che questi individui tendevano ad avere una personalità completamente devastata dalle sperimentazioni a cui erano sottoposte.

Note dell’autore

Lo Psyco Gundam che compare nella seconda parte di Gundam D non è quello pilotato da Four Murasame in Z Gundam, né il Prototype Psyco Gundam che si vede nelle M-MSV di Okawara (il che mi sembra anche ovvio, visto che quello è molto più piccolo). Si tratta di un modello di mia ideazione, nato essenzialmente perché nella storia mi serviva uno Psyco Gundam che avesse le dimensioni di quello di Four ma che non lo fosse e non ce n’era uno ufficiale che rispondesse a tali requisiti. Non avevo bisogno che si potesse trasformare o che svolazzasse, quindi ho eliminato queste caratteristiche. Ah, per la cronaca, contrariamente a quanto afferma un rinomato sito statunitense, lo Psyco Gundam NON ha un vero movable frame (uno degli Historica di Z Gundam chiarisce che il primo mobile armor federale a implementare appieno questa caratteristica è stato il Baund Doc), ma una sua versione semplificata.

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MS-06Fs2 Zack II Victoria Lurnberg Custom

Numero di serie: MS-06Fs2, sesto Mobile Suit, tipo Fs2

Nome in codice: Zack II Victoria Lurnberg Custom

Tipo di unità: mobile suit multifunzione multiclasse personalizzato

Costruttore: Zeonic Company (elaborato sul campo)

Operatore: Principato di Zeon

Rollout: dicembre UC 0079

Primo schieramento: dicembre UC 0079

Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso, per il solo pilota

Dimensioni: altezza alla testa di 17,5 m., altezza totale di 18 m.

Peso: 49,9 tonnellate metriche a vuoto e 70,3 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: composito di titanio/ceramica su struttura monoscocca

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 990 kW

Propulsione: due razzi da 20.500 Kg., quattro razzi da 3.100 Kg.; due booster a combustibile solido possono essere montati sul backpack

Prestazioni: spinta massima di 0,76 G, compie una svolta di 180° in 1,7 secondi, velocità massima a terra di 92 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 3.200 m.; 2 x serbatoi opzionali (fissati al backpack)

Armi incorporate: due mitragliatrici da 60 mm. binate (montate nella testa)

Armamento opzionale: mitragliatrice a tamburo (cento colpi per tamburo, i tamburi possono essere fissati in vita) da 120 mm. modello MMP-78; beam rifle a E-CAP ricaricabile; heat hawk a batteria (in mano, può essere fissato in vita); testata a propulsione a razzi sturm faust (in mano, può essere fissata alla parte posteriore dell’armatura in vita); knuckle shield (in mano)

Pilota: Victoria Lurnberg

Nel novembre dell’UC 0079 l’Esercito della Federazione Terrestre schierò il suo RGM-79 GM. Pur non essendo il primo mobile suit che metteva in campo, era la versione definitiva di una serie di varianti precedenti, che ottimizzava il rapporto qualità/prezzo, ottenendo un’unità consistentemente superiore all’MS-06F Zack II, all’epoca la macchina di prima linea dell’Esercito Regolare di Zeon. Sapendo già dell’esistenza di mobile suit federali, i militari di Zeon diedero il via a diversi progetti per migliorare le basi delle proprie armate e uno di questi portò all’MS-06F2 Zack II. Con una corazzatura migliorata, un reattore nucleare più potente e un peso ridotto, lo Zack II F2-Type migliorava in maniera sostanziale le prestazioni del suo predecessore. Entrato in servizio solo sul finire del conflitto, questo modello fu però poco utilizzato, sia sulla Terra che nello spazio (si sa per certo che alcuni esemplari erano in dotazione allo Squadrone Midnight Fenrir e alla Flotta Delaz). Un esemplare, in particolare, era stato assegnato a Victoria Lurnberg, giovane pilota di Zeon, le cui abilità di newtype le avevano permesso di spiccare tra i suoi compagni e conquistarsi così il diritto a un’unità personalizzata. Lo Zack II F2-Type di Victoria Lurnberg aveva poche differenze rispetto al modello originario. Erano state montate delle mitragliatrici nella testa per il combattimento ravvicinato, che si ispiravano vagamente a quelle dell’MS-06Fs, ma erano di calibro maggiore ed erano solo in due. Dato che la Lurnberg operava in un territorio che dava sul mare, il suo Zack II era completamente impermeabile, al pari dell’MS-06JC, e poteva montare due serbatoi opzionali per aumentare la propria autonomia. Questi serbatoi si fissavano però agli stessi punti di attacco ai quali potevano essere agganciati i booster tipici degli MS-06F2, che consentivano rapide accelerazioni nello spazio e lunghi balzi sulla Terra. Di volta in volta, era perciò necessario decidere quale delle due opzioni applicare (ma in dicembre il carburante cominciò a scarseggiare, quindi nessuna delle possibilità si rivelò effettivamente praticabile). L’MS-06Fs2 era stato inoltre fornito di un reattore nucleare più potente, benché questo non incrementasse significativamente le prestazioni. Naturalmente, questo Zack poteva essere dotato delle stesse armi degli altri modelli della serie MS-06.

La sorte del mobile suit è ignota: si sa che Victoria Lurnberg lo aveva con sé quando fuggì nello spazio, nel dicembre UC 0079, ma non è chiaro che fine abbia fatto in seguito. È presumibile che sia stato portato ad Axis e magari impiegato in qualche battaglia successiva alla Guerra di Un Anno. Secondo alcuni, era ancora in attività nell’UC 0088, quando Neo Zeon mise in atto la propria invasione della Terra, quasi nove anni dopo la morte della pilota originaria.

Note dell’autore

La Victoria Lurnberg proprietaria di questo Zack è la stessa Victoria che pilotava lo Zeong alla fine del primo capitolo. L’MS-06Fs2 è il mobile suit che usava quando combatteva sulla Terra e, come facilmente intuibile, è ispirato all’MS-06F2 che compare in Stardust Memory. Benché si dica che quel modello risale alla fine della Guerra di Un Anno e che è stato utilizzato anche sulla Terra, non viene specificato quando entri in scena esattamente (secondo le mie ricerche, potrebbe essere stato in giro già alla fine di ottobre/inizio di novembre 0079). Ho scelto MS-06Fs2 come numero di serie perché le mitragliatrici sulla testa, sebbene differenti, richiamano quelle dell’MS-06Fs, lo Zack II di Garma Zabi. Naturalmente, con il retconning della missione di Dolores, che inizialmente si sarebbe dovuta svolgere in Tibet, ho risistemato anche questo modello. L’unica differenza significativa, però, sta nella rimozione del beam rifle. Dopo lungo ponderare, ho deciso che non fosse un’arma ‘esteticamente’ adatta a uno Zack (anche se l’MS-11 l’aveva… ma l’MS-11 non è esattamente uno Zack tipico).

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MS-07D Gouf Desert Type

Numero di serie: MS-07D; settimo Mobile Suit, tipo D (Desert)

Nome in codice: Gouf Desert Type

Tipo di unità: mobile suit per il combattimento a terra localizzato

Costruttore: Zeonic Company (elaborato sul campo)

Operatore: Principato di Zeon

Rollout: 0079

Primo schieramento: ottobre UC 0079

Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso, per il solo pilota

Dimensioni: altezza complessiva di 18,7 m., altezza alla testa di 18,2 m.

Peso: 58,5 tonnellate metriche a vuoto e 75,4 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: sconosciuta

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.034 kW

Propulsione: razzi per una spinta totale di 40.700 Kg.

Prestazioni: spinta massima di 0,54 G, velocità massima a terra di 99 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 3.600 m.

Armi incorporate: mitragliatrice da 75 mm. a cinque canne (le canne sono le dita della mano sinistra); heat rod retrattile (montato nel braccio destro)

Armamento opzionale: mitragliatrice a tamburo (100 colpi per tamburo) da 120 mm. (in mano); heat saber Type-bIV a batteria (in mano, può essere trasportata nello scudo); Zack bazooka da 280 mm. modello H&L-SB25K/280mmA-P a quattro colpi (in mano); scudo (montato sul braccio sinistro)

Pilota: -

L’MS-07B Gouf, introdotto dall’Esercito Regolare di Zeon durante la Guerra di Un Anno, fu un mobile suit dalle buone prestazioni, facile da pilotare e dotato di molti pezzi in comune con la serie degli Zack, il che lo rendeva anche economico da mantenere. Ne furono perciò realizzate alcune varianti, tra cui una specializzata per il combattimento in zone desertiche, ovvero l’MS-07D. In realtà, si può dire che il Gouf Desert Type sia stato qualcosa di molto vicino a uno spreco di soldi per Zeon. Se, da una parte, era necessario apportare modifiche al design di base del Gouf per poterlo usare in regioni desertiche (filtri contro le infiltrazioni della sabbia, un sistema di condizionamento dell’abitacolo, un radiatore più efficiente), il modello era sostanzialmente un MS-07B e niente più, in armi e prestazioni. Inoltre, poco dopo il suo primo schieramento, comparve sui campi di battaglia l’MS-09 Dom, che, con qualche modifica, risultava molto più efficace nel medesimo ruolo. Diversi ufficiali di Zeon preferirono comunque il Gouf, essendo più simile a uno Zack nei controlli e nelle prestazioni, il che portò comunque la macchina ad avere una certa diffusione. Si trattò comunque di un mobile suit relativamente raro, superato tecnologicamente quasi subito, e quindi prodotto in poche unità. L’MS-07D, come l’MS-07B, usava in buona misura gli stessi equipaggiamenti degli Zack. Contrariamente al suo diretto predecessore, non ne venne mai prodotta una versione che aveva una normale mano manipolatrice al posto di quella mitragliatrice. Nonostante questo, diversi soldati, sentendo la necessità di una macchina più versatile, sostituirono alla mano sinistra standard del Gouf Desert Type quella di qualche altra variante di Zack o di Gouf. Alcuni esemplari di Gouf Desert Type erano nello squadrone Scorpio della Quinta Divisione Mobile Terrestre del Secondo Battaglione MS dell’Armata d’Assalto Terrestre nell’UC 0079.

Note dell’autore

Magari qualcuno si avrà drizzato le orecchie quando Rachel ha parlato della variante da usarsi nel deserto del Gouf. Non preoccupatevi, non andatela a cercare sul famoso sito di quattro lettere, non c’è. Però non me la sono inventata io. Su uno dei libri delle MSV viene esplicitamente dichiarata l’esistenza di un MS-07D Gouf Desert Type, ma lo è nelle note di colore, non c’è una scheda descrittiva del modello. Come accade per diverse altre varianti, tra l’altro. Ragion per cui, ho provveduto ad ampliare il discorso nelle D-MSV, riportando le informazioni ufficiali e integrandole con altre inventate, com’è mio solito.

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MS-08E Efreet European Campaign Type

Numero di serie: MS-08E; ottavo Mobile Suit, tipo E (Europe)

Nome in codice: Efreet European Campaign Type

Tipo di unità: mobile suit per il combattimento a terra localizzato a produzione limitata

Costruttore: Zeonic Company (elaborato sul campo)

Operatore: Principato di Zeon

Rollout: novembre UC 0079

Primo schieramento: novembre UC 0079

Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso, per il solo pilota

Dimensioni: altezza complessiva di 18,1 m., altezza alla testa di 17,2 m.

Peso: 59,4 tonnellate metriche a vuoto, 78,8 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: acciaio super flessibile su struttura monoscocca

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.110 kW

Propulsione: razzi per una spinta totale di 62.000 Kg.

Prestazioni: spinta massima di 0,56 G, compie una svolta di 180° in 2,3 secondi, velocità massima a terra di 110 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 3.600 m.; 2 x serbatoi opzionali (fissati al backpack)

Armi incorporate: 4 x fumogeni

Armamento opzionale: shotgun da 42 mm. (può essere fissato alla parte posteriore della cintola); scudo; heat saber (può essere riposta nello scudo); heat hawk a batteria (può essere fissato in vita)

Pilota: Erich Kerner

Durante la Guerra di Un Anno, l’Esercito Regolare di Zeon tentò in più occasioni di produrre varianti localizzate dei suoi mobile suit progettati appositamente per combattere sulla Terra, concentrandosi prevalentemente sulle versioni dedicate ai climi caldi. Sul finire del conflitto, cominciò però a produrne alcune pensate per zone più specifiche. Al tempo era già entrato in servizio l’MS-09 Dom, che rendeva obsoleti virtualmente tutti i mobile suit per il combattimento terrestre precedentemente prodotti. Non fu però possibile spedire dei Dom a tutti i fronti che ne fecero richiesta, senza contare che molti soldati continuavano a preferire mobile suit dal sistema di controllo più semplice e dalla struttura più affidabile, come gli Zack e i Gouf. Per evitare di progettare un nuovo modello da zero, i vertici militari di Zeon optarono per una soluzione più economica: decisero di riciclare il design dello sfortunato MS-08TX Efreet, entrato in servizio proprio quando macchine più avanzate erano già pronte, e quindi scarsamente utilizzato. L’Efreet European Campaign Type era uno degli otto MS-08TX prodotti, personalizzato dal generale di divisione Erich Kerner per dare il meglio sulla costa francese, sulla quale agiva. Era perciò una versione potenziata del Gouf, dotato di caratteristiche molto simili e, quindi, di una spiccata predisposizione per il combattimento ravvicinato. Le caratteristiche erano sostanzialmente analoghe a quelle dell’Efreet di base, se non per un reattore nucleare potenziato. Si può dire che la struttura fosse stata elaborata sulla base di quella dell’MS-06Fs2 Zack II Victoria Lurnberg Custom, fatto visibile sprattutto per l’impermeabilità del modello, che gli permetteva di agire limitatamente sott’acqua. Il backpack era fornito di punti di attacco che consentivano di fissarvi dei serbatoi, per aumentare l’autonomia del mobile suit. L’armamento di base non era differente da quello dell’MS-08TX, ma alla dotazione erano stati aggiunti altri equipaggiamenti, principalmente presi da diversi modelli di mobile suit. L’heat hawk, identico a quelli utilizzati dalla serie degli Zack, fu ritenuto utile da usarsi come una sorta di rampino per arrampicarsi sulle scogliere e per aiutarsi sui fondali fangosi (ovviamente, quando impiegato in questo modo, l’heat hawk era spento), mentre lo scudo era stato già usato dai vari modelli di Gouf.

Note dell’autore

Il misconosciuto MS-08TX compare in alcuni videogiochi ed è sostanzialmente un Gouf potenziato, privo di caratteristiche di particolare rilievo. Paradossalmente, più che l’Efreet, è nota una sua variante, l’MS-08TX[EXAM] Efreet Custom, perché compare in The Blue Destiny. Necessitando di un mobile suit specializzato per ufficiali, ho pensato che l’opzione più economica per l’Esercito Regolare di Zeon fosse quella di sfruttare un modello già esistente e apportarvi delle modifiche. A dire il vero, all’inizio avevo pensato al Gouf, ma mi sembrava una scelta troppo banale. Prima che retconnassi alcune parti di Gundam D, questo modello si chiamava MS-08C Efreet Cold Climate Type e doveva essere un mobile suit specializzato per gli ambienti freddi… Mah, tutto sommato preferisco questa versione.

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MS-14Jg/S Gelgoog Colin Raimondi Custom

Numero di serie: MS-14Jg; quattordicesimo Mobile Suit, tipo Jg/S (Jaeger Special)

Nome in codice: Gelgoog Colin Raimondi Custom

Tipo di unità: mobile suit per il combattimento a distanza personalizzato

Costruttore: Zeonic Company

Operatore: Principato di Zeon

Rollout: dicembre UC 0079

Primo schieramento: dicembre UC 0079

Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso, per il solo pilota

Dimensioni: altezza alla testa di 19,2 m.

Peso: 40,5 tonnellate metriche a vuoto, 80,3 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: composito di titanio/ceramica su struttura monoscocca

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.490 kW

Propulsione: tre razzi da 24.500 Kg., cinque razzi da 21.000 Kg., un totale di ventiquattro vettori di spinta

Prestazioni: spinta massima di 2,22 G, compie una svolta di 180° in 1,4 secondi; velocità massima a terra di 192 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 6.300 m.; taniche di propellente esterne staccabili (montate nel backpack)

Armi incorporate: cannone mitragliatore da 110 mm. (montato nell’avambraccio destro); beam saber di potenza stimata in 0,38 MW (nell’alloggiamento di ricarica nell’avambraccio sinistro, in mano quando usata)

Armamento opzionale: grossa beam machinegun a E-CAP ricaricabile

Pilota: Colin Raimondi

Nonostante l’MS-14S Gelgoog Commander Type sia stato uno degli ultimi mobile suit introdotti dall’Esercito Regolare di Zeon durante la Guerra di Un Anno, le sue notevoli prestazioni indussero gli ingegneri del Principato a trarne un’ampia gamma di varianti. La più recente e valida era l’MS-14Jg Gelgoog Jaeger, presumibilmente discendente dell’MS-14F Gelgoog Marine. Nel dicembre dell’UC 0079, uno dei pochi Gelgoog Jaeger prodotti fu affidato a Colin Raimondi, un giovane pilota che, pur non essendo propriamente un asso, si era distinto per la propria precisione nel combattimento a lunga distanza, diventando un abile tiratore con il bazooka dell’MS-09R Rick Dom che aveva impiegato fino ad allora. L’Esercito Regolare di Zeon era già a corto di soldati e non era strano che anche mobile suit potenti come i Gelgoog finissero in mano a piloti non particolarmente dotati nel complesso. Nonostante la propensione per il combattimento a lunga distanza del Gelgoog Jaeger si adattasse bene all’attitudine di Raimondi, questi capiva di doversi migliorare nel corpo a corpo, se non altro perché molti suoi commilitoni lo prendevano in giro per questo. Fece quindi sostituire il cannone mitragliatore nel braccio sinistro del proprio mobile suit con un alloggiamento di ricarica per una beam saber, per evitare di trovarsi impreparato, qualora un avversario l’avesse attaccato da vicino. Per il resto, l’MS-14Jg/S era sostanzialmente identico a un qualsiasi Gelgoog Jaeger.

Durante le ultime settimane della Guerra di Un Anno, fu però impiegato in maniera inaspettatamente efficace, come se il suo pilota avesse subito un improvviso miglioramento delle proprie capacità. Si guadagnò in breve il soprannome di ‘Ice Gelgoog’, sia per il suo caratteristico schema di colore azzurro e blu, sia perché Raimondi era un cecchino di eccezionale freddezza, capace di abbattere con un sol colpo della beam machinegun mobile suit e corazzate, anche mentre si trovava nel pieno dello scontro. Raimondi partecipò anche alla battaglia di A Baoa Qu, dove testimoniò la sconfitta finale del Principato; in quell’occasione riuscì ad abbattere cinque mobile suit di tipo GM e tre Ball.

Note dell’autore

Non so che dire esattamente. Mi serviva un mobile suit un minimo caratteristico per il villain principale del capitolo 1.5, tutto qua. Non avevo necessità di ideare un modello completamente nuovo, quindi ho preso un Gelgoog Jager e l’ho modificato un po’. L’idea di mettergli una beam saber nel braccio mi è venuta vedendo il Gelgoog che Char usa in CDA (che, per la verità, sarebbe modificato con dei pezzi dell’MS-14F).

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MS-15K Gyan Kai

Numero di serie: MS-15K; quindicesimo Mobile Suit, tipo K (Kai)

Nome in codice: Gyan Kai

Tipo di unità: prototipo di mobile suit

Costruttore: Axis

Operatore: Axis

Rollout: UC 0087

Primo schieramento: UC 0088

Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), per il solo pilota

Dimensioni: altezza alla testa di 21,3 m.

Peso: 44,2 tonnellate metriche a vuoto, 51,8 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da 2.480 kW

Propulsione: due razzi da 19.800 Kg., due razzi da 7.460 Kg., due razzi da 5.000 Kg.; un totale di undici vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 2 G, compie una svolta di 180° in 0,9 secondi, velocità massima a terra di 180 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 12.000 m.

Armi incorporate: nessuna

Armamento opzionale: grande beam sword da 3 MW; scudo con lanciamissili incorporati

Pilota: -

In seguito alla Guerra di Un Anno, molti reduci di Zeon, non volendosi sottoporre al governo federale, si rifugiarono sull’asteroide Axis. Qui continuarono a vivere, progettando il proprio ritorno e la propria vendetta. Durante questo periodo, progettarono molti mobile suit, tra cui questo MS-15K. Direttamente derivato dall’YMS-15 Gyan, ne era una versione potenziata, con un’armatura più resistente e armi migliori. L’innovazione più notevole, però, era il movable frame, che conferiva alla macchina una maggiore agilità nel combattimento ravvicinato. La grande beam saber di cui era dotato era un’arma unica, che poteva emettere diverse altre lame a raggi attorno a quella principale, aprendosi sui lati. Come il primo Gyan, inoltre, il Gyan Kai disponeva di uno scudo con diversi lanciamissili incorporati, con il quale poteva scatenare una tempesta di colpi contro il nemico. Il Gyan Kai si rivelò superiore al suo contemporaneo AMX-107 Bawoo, ma fu giudicato troppo orientato al corpo a corpo e difficile da pilotare, motivo che convinse i vertici di Axis ad accantonare l’idea di una produzione in serie. Il modello fu comunque usato come base per progettare l’AMX-104 R-Jarja.

Note dell’autore

In teoria, il Gyan Kai, che compare solo in un paio di videogiochi, dovrebbe essere niente più che uno what if, ma è anche vero che questo concetto è molto poco definito in Gundam. Niente, l’ho buttato nel mucchio solo perché mi andava così, non è che sia effettivamente importante. Visto che le sue caratteristiche tecniche non vengono fornite, ho inventato io. Il suo background ufficiale è più o meno quello che ho descritto, ma, ovviamente, le note più strettamente tecniche sono farina del mio sacco, dato che si basano su materiale originariamente non presente.

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MSA-099C Rick Dias Cannon

Numero di serie: MSA-099C; Mobile Suit Anaheim 099, tipo C (Cannon)

Nome in codice: Rick Dias Cannon

Tipo di unità: mobile suit di supporto a medio raggio prodotto in serie

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Anti Earth-Union Group

Rollout: UC 0087

Primo schieramento: UC 0087

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota, sistemato nella testa (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat)

Dimensioni: altezza totale di 21,6 m., altezza all’antenna di 18,7 m., altezza alla testa di 18 m.

Peso: 41,3 tonnellate metriche a vuoto, 66,2 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium g su primitivo movable frame

Impianto energetico: reattore nucleare a fusione ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.833 kW

Propulsione: due razzi da 37.400 Kg.; un totale di sette vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta di 1,37 G

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 11.500 m.; 2 x lancia-birdlime (nelle mani); razzi di segnalazione (nelle mani)

Armi incorporate: sistema d’armamento antimissilistico vulcan phalanx gun da 55 mm. a due canne (nella testa); beam saber di potenza stimata in 0,4 MW (nell’alloggiamento di ricarica nell’anca sinistra, in mano quando usata); 2 x beam cannon (nel backpack, spuntano da sopra le spalle)

Armamento opzionale: beam pistol di potenza stimata in 2,2 MW a E-CAP ricaricabile (può essere fissata all’anca destra); clay bazooka a cartucce da 7 colpi ciascuna, più uno in canna

Pilota: -

Durante la Guerra di Gryps, l’AEUG si ritrovò con la necessità di schierare dei modelli di mobile suit che facessero da supporto a medio raggio; c’erano effettivamente degli RGC-83 GM Cannon II tra le fila del movimento, ma erano pochi e ormai obsoleti. All’epoca, il mobile suit principale dell’Anti-Earth Union Group era l’RMS-099 (MSA-099) Rick Dias, che aveva una caratteristica che si prestava particolarmente al processo di elaborazione in macchina d’artiglieria: ereditando alcune filosofie di progettazione dell’MS-14A Gelgoog dell’Esercito Regolare di Zeon, tendeva a distribuire i vettori di spinta al di fuori del backpack, il che rendeva possibile cambiarlo senza significative perdite di prestazioni. Venne quindi assemblato un nuovo backpack, che montava due beam cannon basati su quelli del GM Cannon II. Il backpack con i cannoni poteva essere sostituito a quello di un qualsiasi Rick Dias, ma non aveva gli stabilizzatori posteriori, il che riduceva l’autonomia della macchina, ed eventualmente la sua possibilità di destreggiarsi nel volo atmosferico su di un’unità di volo ausiliario. La mancanza del vecchio backpack, inoltre, toglieva all’MSA-099C gli alloggiamenti per le beam pistol e per la beam saber. Per ovviare a questo inconveniente, vennero ideate due nuove corazzature per le anche. Quella di destra comprendeva un sostegno al quale poteva essere fissata una beam pistol, mentre quella di sinistra conteneva l’alloggiamento di ricarica per una beam saber. Il Rick Dias Cannon venne largamente impiegato durante tutta la Guerra di Gryps e la Prima Guerra di Neo Zeon. In realtà, non era un’unità priva di problemi: l’eliminazione degli stabilizzatori nel backpack, che contenevano serbatoi addizionali, ne limitava seriamente l’autonomia rispetto al modello di base, rendendolo molto più dipendente dalla nave madre. Ciononostante, fu comunque un mobile suit di successo: la possibilità di convertire facilmente qualsiasi normale Rick Dias in Rick Dias Cannon lo rese economico da produrre e semplice da utilizzare.

Note dell’autore

La fonte di ispirazione di questo modello è ovviamente il Kanone Dias di Kazuhisa Kondo. In realtà, la cosa un po’ mi scazza, perché Kondo è un autore che non mi piace per niente (troppo fissato con l’aspetto pseudomilitarista; per me lui non è un fan di Gundam, è un fan di roba militare, che poi applica ai mobile suit). Va be’, è andata così. Kondo non fornisce un background decente per il suo Kanone Dias, io ho semplicemente inventato un po’ di note di colore. Qualcuno lo saprà già, ma il GM Cannon II tra le fila dell’AEUG si vede nel terzo film di Z Gundam… Il che significa che mi contraddico da solo, visto che io ho scelto di seguire la serie TV. In realtà, credo sarebbe stato più naturale progettare un Nemo Cannon, sul modello dei vari GM Cannon (cosa che è effetivamente stata fatta da altri), ma l’idea di un Rick Dias di supporto mi piaceva troppo…

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MSN-04II Nightingale

Numero di serie: MSN-04II; quarto Mobile Suit Newtype, secondo modello

Nome in codice: Nightingale

Tipo di unità: prototipo di mobile suit per newtype

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Neo Zeon

Rollout: UC 0093

Primo schieramento: UC 0094

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat)

Dimensioni: lunghezza complessiva di 27,8 m., altezza alla testa di 22,5 m.

Peso: 48,2 tonnellate metriche a vuoto, 105,7 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da 6.760 kW

Propulsione: due razzi da 14.000 Kg., due razzi da 13.300 Kg., otto razzi da 9.800 Kg.; un totale di quarantadue vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,87 G, compie una svolta di 180° in 1,4 secondi, velocità massima a terra di 80 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 23.420 m.; psycommu system; psycoframe (nella struttura interna dell’abitacolo); 2 x serbatoi di carburante staccabili (nel backpack)

Armi incorporate: 10 x funnel, ciascuno dei quali monta un beam gun da 10,6 MW (cinque in ciascuna spalla); 2 x beam saber da 0,80 MW (una nell’alloggiamento di ricarica di ciascun avambraccio)

Armamento opzionale: mega beam rifle da 15,6 MW; scudo

Pilota: sconosciuto

Ufficialmente, la Seconda Guerra di Neo Zeon ebbe termine il 12 marzo UC 0093, quando venne sventata, in circostanze non del tutto chiarite, la caduta di Axis sulla Terra. Nonostante Char Aznable fosse risultato MIA in quell’occasione, il Neo Zeon che aveva formato non scomparì nel nulla da un giorno all’altro. Alcuni veterani della Guerra di Gryps, memori di come l’allora Quattro Bajeena aveva già fatto perdere le proprie tracce, pensavano fosse solo questione di tempo prima che tornasse alla ribalta; altri erano intenzionati a impiegare la notevole potenza militare che Neo Zeon aveva costituito per ottenerne dei guadagni personali. Quali che fossero le loro motivazioni, molti membri di Neo Zeon ritennero opportuno proseguire la guerra contro la Federazione Terrestre, continuando a potenziarsi ulteriormente.

Il Nightingale era un mobile suit che avrebbe dovuto costituire la versione potenziata dell’MSN-04 Sazabi; di fatto, i leader di Neo Zeon che ne avevano commissionato la costruzione avevano allestito una campagna di propaganda secondo cui quella sarebbe dovuta essere la nuova unità di Char Aznable quando questi fosse tornato a guidare il proprio esercito. Il che non accadde mai, ma non impedì alle armate di reduci di fare uso comunque di tale macchina. Come il Sazabi, il Nightingale aveva come caratteristica principale i funnel nel backpack, che potevano essere controllati a distanza da un pilota newtype tramite psycoframe (non c’era quindi effettivo bisogno dello psycommu system) ed essere impiegati per effettuare attacchi da qualsiasi direzione. Essendo ritenuti un armamento già di per sé sufficiente, il Nightingale non fu fornito di molti altri equipaggiamenti; chi lo aveva progettato contava evidentemente sulla sua capacità di sostenere combattimenti sulla lunga distanza, grazie al potentissimo reattore nucleare e alla enorme quantità di carburante che poteva immagazzinare, anche tramite due taniche addizionali staccabili. Il Nightingale era decisamente un mobile suit progettato per lo spazio: in questo ambiente, nonostante la sua grande massa, risultava adeguatamente manovrabile grazie alla potenza e alla quantità dei vettori di spinta. Non fu mai impiegato sulla Terra, a quanto se ne sa.

Note dell’autore

Vedere le Note dell’autore alla voce RX-93-n-2 Hi-n Gundam.

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MSZ-006" Z Plus Test Type Dolores Martin Custom ("Dolly")

Numero modello: MSZ-006"; sesto Mobile Suit Zeta, tipo "

Nome in codice: Dolly

Tipo di unità: mobile suit trasformabile di prova

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Anaheim Electronics, Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: UC 0088

Primo schieramento: UC 0088

Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat) per il solo pilota

Dimensioni in modalità mobile suit: altezza complessiva di 22,11 m., altezza alla testa di 19,86 m.

Dimensioni in modalità waverider (con scudo): lunghezza totale di 30,6 m., apertura alare di 23,54 m.

Dimensioni in modalità waverider (con beam smartgun): lunghezza totale di 36 m., apertura alare di 23,54 m.

Peso con scudo: peso di 35,4 tonnellate metriche a vuoto e di 71,1 tonnellate metriche a pieno carico

Peso con beam smartgun: peso di 48,61 tonnellate metriche a vuoto e di 88,47 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: composito in lega di gundarium g su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da 2.925 kW

Propulsione: quattro razzi da 18.600 Kg., quattro razzi da 12.600 Kg., quattro razzi da 9.860 Kg.; un totale di otto vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,89 G, compie una svolta di 180° in 0,7 secondi, velocità massima a terra (in modalità mobile suit) di 165 Km/h., velocità massima in volo (in modalità waverider) di Mach 4,2

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 17.000 m. in modalità mobile suit e di 21.000 m. in modalità waverider; bio-sensor

Armi incorporate: 2 x vulcan gun da 60 mm. binati (montati nella testa); 2 x beam cannon da 2,4 MW (uno su ciascuna anca); 2 x beam saber da 0,75 MW (una nell’alloggiamento di ricarica di ciascuna anca, in mano quando usate)

Armamento opzionale: scudo con copertura anti-raggio (fissato al braccio sinistro, forma la fusoliera del waverider, include un beam cannon da 14 MW); beam smartgun da 50 MW (usato in sostituzione dello scudo, fissato al braccio destro, forma la fusoliera in modalità waverider); high mega cannon da 11,8 MW (montato sulla testa); beam rifle da 5,7 MW (in mano o sull’apposito supporto accanto all’ala destra in modalità mobile suit, fissato al dorso in modalità waverider)

Pilota: Dolores Martin

Sul finire della Guerra di Gryps, la Federazione Terrestre commissionò alla Anaheim Electronics una versione a basso costo dell’MSZ-006 Z Gundam, che potesse essere prodotta in serie. Alla Anaheim stavano già lavorando a progetti di questo tipo per conto dell’AEUG: l’MSZ-007 Mass Production Type Z Gundam e l’MSZ-008 Z II erano due diversi modelli concepiti con questo scopo, ma accantonati per motivi differenti. Con lo Z Plus, la Anaheim cercò di guadagnare quanto più possibile da questo proposito. Lo Z Plus, che fu impiegato dalla Task Force a per sedare la ribellione dei New Desides, fu prodotto in parecchie varianti e alla Anaheim Electronics si trovarono a cambiare poco alla volta uno stesso design.

In quel periodo, la Federazione Terrestre insistette per inviare dei propri ufficiali come piloti collaudatori, ma la Anaheim non ne aveva strettamente bisogno: era in realtà una manovra dei vertici federali, che volevano tenere sotto controllo le attività di quello che sarebbe diventato il loro principale produttore di mobile suit, nel timore che potesse sviluppare dei nuovi modelli per conto dei Titans o di Axis. Tra questi piloti collaudatori c’era anche Dolores Martin, che contribuì alle prove sui modelli di Z Plus. A questo scopo, si fece assegnare un mobile suit a uso personale, utilizzato per testare le diverse tecnologie applicate sui modelli di Z Plus prodotti in serie.

Il Dolly (così chiamato perché riportava questa scritta sulla parte sinistra dell’abitacolo, in evidente riferimento al nome del pilota) era inizialmente un MSZ-006A1 Z Plus Test Type, ma ben presto cambiò il numero di serie. Man mano che gli venivano apportate delle modifiche, divenne MSZ-006A3, MSZ-006C0 e MSZ-006A4. Alla fine, essendo ormai qualcosa di diverso da qualsiasi altro modello, si decise di identificarlo come MSZ-006", a indicare che si trattava di una versione che riassumeva quanto fatto con tutte le altre.

Come un qualsiasi MSZ-006A1, il Dolly era stato pensato essenzialmente per il volo atmosferico; era un mobile suit capace di trasformarsi in waverider per volare in presenza di gravità. Era dotato di uno scudo che, in modalità waverider, formava la fusoliera, e di due beam gun sulle anche, che potevano essere usati indipendentemente dalla forma assunta e i cui vani contenevano una beam saber ciascuno. Aveva inoltre i classici vulcan gun tipici dei mobile suit basati sui Gundam e poteva essere armato con un beam rifle, che, applicato sulla schiena, era in grado di sparare anche in modalità waverider.

Il primo cambiamento del Dolly fu quello che servì al collaudo delle strutture di base dell’MSZ-006C1. Essenzialmente, questa modifica consisteva nella sostituzione dello scudo con un beam smartgun, un potentissimo cannone a raggi. Sul punto di attacco su ciascun braccio poteva essere montato sia lo scudo che il beam smartgun (dato che entrambi formavano la fusoliera in modalità waverider, l’utilizzo di uno di questi equipaggiamenti escludeva quello dell’altro). Al mobile suit furono inoltre montati dei razzi addizionali alla base dello stabilizzatore di coda, per incrementarne la potenza di spinta e la velocità. Sotto ciascuna ala furono posti due punti di attacco, a ognuno dei quali poteva essere fissato un serbatoio di carburante, trasversalmente all’ala stessa. Questa configurazione dei serbatoi era funzionale all’azione nello spazio, per la quale l’MSZ-006C1 era progettato, ma Dolores rifletté che avrebbe provocato dei problemi di bilanciamento nel volo atmosferico in presenza di gravità. Fece quindi modificare i punti di attacco, in modo che su due di essi potesse essere montato un singolo serbatoio, parallelamente all’ala. Meno carburante, ma migliore equilibrio. Questa caratteristica, nonostante si potesse adattare bene agli MSZ-006A1, non fu poi impiegata su altri modelli di Z Plus, probabilmente perché causava una diminuzione dell’aerodinamicità nel volo atmosferico.

La seconda modifica al Dolly fu quella utile a testare l’high mega cannon montato sulla testa dell’MSZ-006A2 e poi sull’MSZ-010 ZZ Gundam. Questa potente arma fu però scartata da Dolores, che la trovò poco pratica in combattimento: come sarebbe stato in seguito evidenziato dal ZZ Gundam, infatti, un colpo con la sua incredibile potenza finiva col prosciugare l’energia del mobile suit. Se questo poteva essere anche accettabile per il ZZ Gundam, per una macchina come lo Z Plus, dotata di un reattore nucleare molto meno potente, non poteva davvero essere preso in considerazione. Dopo i test, Dolores fece smontare l’high mega cannon, ma mantenne sulla fronte del mobile suit un attacco che avrebbe eventualmente consentito di rimontarlo in seguito. Lo sviluppo del beam smartgun (altrettanto potente, più facile da montare e capace di accumulare direttamente l’energia del generatore per usarla solo al momento di sparare), però, aveva già reso, di fatto, questa caratteristica inutile.

In seguito, il Dolly fu modificato secondo quanto sarebbe stato testato sull’MSZ-006C4 e sull’MSZ-006D, ottimizzandone la struttura per il rientro nell’atmosfera. In teoria, questo sarebbe già dovuto essere possibile, ma la resistenza della corazza non era sembrata sufficiente per superare l’operazione di rientro senza danni. La struttura della fusoliera e delle ali fu quindi rinforzata; fu sostituito lo scudo, che divenne identico a quello poi usato nell’MSZ-006C4, dotato di un beam gun. Su tale scudo fu inoltre applicata una copertura anti-raggio, del tutto simile a quella dell’MSN-00100 Hyaku Shiki, che gli conferiva una limitata resistenza ai flussi di particelle Minovsky, consentendogli di parare i colpi dei beam rifle di media potenza.

Dolores cominciò poi ad apportare variazioni di propria iniziativa al mobile suit, prima tra le quali vi furono due razzi di spinta addizionali sotto ciascun piede, per incrementare la manovrabilità della macchina e l’efficacia dell’AMBAC. Pensò inoltre a un sistema che potesse sostituire automaticamente, a seconda delle esigenze, i normali carrelli d’atterraggio a ruote con degli equivalenti a slitta, per consentire di atterrare su qualsiasi terreno. Il progetto fu poi scartato dalla stessa Dolores, che giudicò questa struttura troppo fragile e optò per degli pneumatici super-resistenti a intaglio speciale. Il reattore nucleare fu sostituito con quello dell’MSZ-006D, il più potente mai montato su di uno Z Plus. Quando sorse il sospetto che Dolores fosse una newtype, qualcuno alla Anaheim installò sul Dolly, a insaputa della pilota, un sistema di bio-sensor simile a quello già usato sull’MSZ-006 Z Gundam e poi sull’MSZ-010 ZZ Gundam. Come per lo Z Gundam, il funzionamento del bio-sensor restava poco chiaro: era una struttura teoricamente progettata per fare da interfaccia tra un pilota newtype e la macchina, permettendogli di pilotare con più immediatezza. In pratica, si rivelò in grado di incanalare i mutamenti che avvenivano nelle emozioni del pilota, usandoli per alimentare il mobile suit, che poteva così incrementare le proprie prestazioni. Le sue reali capacità, però, erano sconosciute persino ai suoi creatori, che probabilmente avevano progettato qualcosa di più complesso e incontrollabile del previsto.

Come tutti gli MSZ-006C1, inoltre, il Dolly poteva essere configurato in versione Humming Bird, montandovi un totale di quattro enormi booster (uno al posto di ogni gamba e uno su ciascuna spalla). Tali booster, ispirati a quelli dell’MSA-0011[Bst] S Gundam Booster Unit, avevano la funzione di incrementare notevolmente la velocità nello spazio dello Z Plus, senza pregiudicarne la capacità di trasformarsi. Quando era in questa configurazione, il Dolly prendeva il nome di MSZ-006"[Bst] Humming Dolly. Oltre che per qualche volo di test, pare che il Dolly non sia mai stato effettivamente usato in versione Humming Bird.

Note dell’autore

Lo Z Plus di Dolores viene essenzialmente da una fissa mia. Credo che lo Z Plus sia diventato il mio mobile suit preferito nel momento stesso in cui l’ho visto (che è stato ancora prima di scoprire l’esistenza di Gundam Sentinel). Possiedo il modellino in scala 1/144 dell’MSZ-006C1 e il Master Grade dell’MSZ-006A1. Non so perché, ma lo Z Plus mi piace molto più dello Z Gundam, nonostante quest’ultimo sia il mobile suit "titolare" di quello che ritengo il cartone animato più bello mai realizzato (ma mi hanno detto che il suo Master Grade sia fatto piuttosto male… e la seconda versione sembrerebbe avere quell’odiosissima giuntura piatta alle gambe!). Mi è quindi venuto naturale crearne una versione custom da assegnare alla protagonista della mia storia. L’eccezionalità del Dolly non deriva da prestazioni particolarmente buone: non fa cose che altri Z Plus non abbiano fatto prima. Però raccoglie le caratteristiche migliori di ogni modello, quindi, per come lo vedo io, è il mobile suit figo definitivo. A questo proposito, ho avuto qualche problema circa il periodo di tempo nel quale farlo comparire, perché l’evoluzione dello Z Plus non è molto ricca di dettagli. Varianti a parte, in Gundam Sentinel compaiono già tutti i modelli che ho citato (e anche qualcun altro, con l’eccezione delle versioni Humming Bird), quindi pare che siano stati sviluppati a brevissima distanza l’uno dall’altro. È anzi altamente probabile che l’MSZ-006A1 e l’MSZ-006C1 siano stati progettati praticamente in contemporanea, apportando poche modifiche a un comune design. Ah, ovviamente il numero di serie gioca sul significato matematico del simbolo ", ovvero "per ogni" (dovrebbe indicare il fatto che il Dolly riunisce in sé diverse versioni di Z Plus). Ditemi che lo sapevate anche prima di vedere " Gundam… Ah, ovviamente, sia la mano lucente che Dolores vede durante lo scontro con i mobile suit dell’Alexandria, sia il superpotenziamento che lo Z Plus ottiene combattendo contro il Gaplant e il Titania sono dovuti al bio-sensor. No, non è un’esagerazione: anche nella serie TV di Z Gundam accade qualcosa di simile (benché lì il bio-sensor non venga proprio citato, anzi, sospetto che sia una spiegazione a posteriori e che Tomino volesse semplicemente enfatizzare le abilità di newtype di Kamille). Tra l’altro, anche il The O, il Palace Athene, il Bolinoak Sammahn e il ZZ Gundam hanno il bio-sensor.

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PMX-004 Titania

Numero di serie: PMX-004; quarto Paptimus Mobile weapon eXperimental

Nome in codice: Titania

Tipo di unità: prototipo di mobile suit per newtype

Costruttore: Jupitris

Operatore: Jupitris

Rollout: UC 0087

Primo schieramento: UC 0088

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza complessiva di 27,8 m., altezza alla testa di 34,1 m.

Peso: 62,2 tonnellate metriche a vuoto, 84,3 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium su mavable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da 2.260 kW

Propulsione: un razzo da 38.500 Kg., due razzi da 29.500 Kg., un totale di quindici vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,43 G, compie una svolta di 180° in 0,7 secondi, velocità massima a terra di 158 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 12.400 m.; due braccia ausiliarie (una ripiegata su ciascuna spalla); psycommu system

Armi incorporate: 4 x beam sword da 0,39 MW (due negli alloggiamenti di ricarica in ciascuna spalla, in mano quando usate); 8 x funnel, ciascuno dei quali monta un beam gun da 2,1 MW (negli alloggiamenti di ricarica del backpack)

Armamento opzionale: beam rifle da 3,4 MW a E-CAP ricaricabile

Pilota: Elizabeth Fontaine

Gli esseri umani che avevano colonizzato Giove ai tempi delle grandi migrazioni si erano trovati con un enorme potere in mano, ma con un’eccessiva lontananza dalla Sfera Terrestre per poterla dominare. Nel corso della Storia dello Universal Century, cercarono più volte di prendere il controllo della Terra e delle colonie tramite loro agenti. Dopo essersi schierato con Zeon durante la Guerra di Un Anno, Giove vide nella Guerra di Gryps una buona occasione e mandò il proprio emissario Paptimus Scirocco a prendere contatti con i Titans. Scirocco, potente newtype, era però un uomo che covava un suo progetto personale e, per supportare i propri eletti, aveva preparato una linea di mobile suit personalizzati, assemblati sul Jupitris, la nave di cui era capitano. Scirocco partì da Giove prima che il Titania, sua ultima creazione, fosse completato, lasciando disposizioni affinché venisse ultimato (il Jupitris era già impegnato a produrre le altre sue macchine da combattimento e non poteva essere caricato di ulteriore lavoro). Il PMX-004 fu però terminato da alcuni suoi fedelissimi, guidati dai suoi stessi ideali di supremazia di pochi e riuniti sotto la figura carismatica di Isolde Tsogatie.

Scirocco aveva originariamente progettato il Titania affinché divenisse l’unità personale della donna che lo avrebbe affiancato nel dominio della Sfera Terrestre: in quanto tale, era praticamente la versione femminile del PMX-003 The O. Pensato appositamente per essere impiegato da un newtype, il Titania non possedeva però il bio-sensor del The O (una tecnologia di cui Scirocco era entrato in possesso solo dopo avere lasciato Giove), ma montava invece un più tradizionale psycommu system. Tramite esso, il pilota poteva controllare a distanza otto funnel, ciascuno dotato di beam gun, con i quali effettuare attacchi a tutto campo. Il Titania disponeva inoltre di un paio di braccia ausiliarie, una ripiegata su ciascuna spalla, che potevano essere utilizzate per combattere con le beam saber.

Quando il Jupitris di Isolde Tsogatie arrivò nella Sfera Terrestre con il Titania a bordo, Scirocco era già morto da qualche giorno. Aveva però fatto proseguire le indagini per trovare la potenziale pilota di questo mobile suit, identificandola nella giovane Elizabeth Fontaine.

Note dell’autore

Il Titania compare solo in un paio di videogiochi, quindi suppongo che la sua presenza possa essere fatta rientrare nella mia fissa di andarmi a pescare i mobile suit più misconosciuti. Comunque sia, il suo proposito ufficiale è esattamente quello che descrivo anch’io… Ho alterato un dettaglio della genesi di questo mobile suit: secondo le notizie ufficiali, infatti, sarebbe stato assemblato sul Jupitris di cui Paptimus Scirocco è capitano (ma in Z Gundam non ve n’è traccia, ovviamente). Non vengono inoltre fornite informazioni circa peso, altezza e prestazioni in generale… In pratica, ho inventato. Infine, a quanto mi risulta, in nessuno dei videogiochi in cui compare viene detto quanti funnel abbia, quindi, anche in questo caso, ho deciso io.

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RGC-90 Jegan Cannon

Numero di serie: RGC-89; Renpo (Federazione) GunCannon, progettato nell’UC 0089

Nome in codice: Jegan Cannon

Tipo di unità: mobile suit per il supporto a media distanza prodotto in serie

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: UC 0092

Primo schieramento: UC 0092

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza complessiva di 20,4 m., altezza alla testa di 19 m.

Peso: 33,1 tonnellate metriche a vuoto, 58,9 tonnellate metriche peso a pieno carico

Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.900 kW

Propulsione: un razzo da 12.700 Kg., due razzi da 9.200 Kg., due razzi da 8.800 Kg., un totale di dodici vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,01 G, compie una svolta di 180° in 1,9 secondi, velocità massima a terra di 155 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 14.200 m.; rastrelliera per granate a tre posti (sull’anca sinistra)

Armi incorporate: beam saber (nell’alloggiamento di ricarica nell’anca destra, in mano quando usata); 2 x beam cannon da 5 MW (nel backpack, spuntano da sopra le spalle)

Armamento opzionale: vulcan gun pod (montato sulla testa); scudo (montato su di un avambraccio), che monta due lanciamissili a due bocche di fuoco; 3 x granate (nella rastrelliera sull’anca sinistra); beam rifle a E-CAP ricaricabile

Pilota: -

Con l’introduzione dell’RGM-89 Jegan, l’Esercito della Federazione Terrestre adottò il proprio classico modus operandi: come aveva già fatto con l’RGC-80 GM Cannon e l’RGC-83 GM Cannon II, progettò una variante per il supporto a medio raggio montando un paio di cannoni sulle spalle del proprio modello multifunzione base. Il Jegan Cannon era la versione moderna dei propri predecessori: un Jegan con strati di armatura addizionali e un paio di cannoni, in questo caso beam cannon, che lo rendevano estremamente pericoloso e incrementavano molto la sua potenza di fuoco. Per il resto, impiegava le stesse armi dell’RGM-89 e le sue prestazioni erano solo leggermente intralciate dal fatto di avere un peso addizionale.

Il Jegan Cannon fu utilizzato essenzialmente come unità di soppressione e assegnato a squadroni di mobile suit federali incaricati di spazzare via dei reduci di Neo Zeon. Nonostante avesse ottenuto dei buoni risultati, non fu prodotto in gran numero: l’Esercito Federale preferì sviluppare il più versatile RGM-89S Stark Jegan, che, si riteneva, avrebbe potuto ricoprire lo stesso ruolo con maggiore efficienza.

Note dell’autore

Ho ideato questo modello essenzialmente per dare maggiore varietà al contingente federale che combatte in Norvegia. Il ragionamento di base è piuttosto intuitivo: sia il numero di serie che l’armamento del normale RGM-89 Jegan sono stati cambiati per riflettere quelli dell’RGC-80 GM Cannon. Con la differenza che il Jegan Cannon ha due cannoni anziché uno e che, dato il divario temporale, sono beam cannon. Tra l’altro, mi è giunta voce che esisterebbe un RGC-90 Jegan Cannon ufficiale, da qualche parte, ma non sono riuscito a scoprire esattamente dove, né quali siano le sue caratteristiche. Secondo alcune delle fonti che ho consultato, potrebbe essere un nome alternativo dell’RGM-90 Jegan Heavy Armor (che compare tra le CCA-MSV). Comunque, sempre in tema di mobile suit "fantasma" (nel senso che so che sono stati inventati, ma non dove sono comparsi), ci sarebbe un RGM-89F Jegan Heavy Wepons Type,che somiglia molto al mio Jegan Cannon. La ifferenza principale sta nel fatto che i suoi beam cannon sono connessi al movable frame delle spalle, e quindi possono ruotare di 360°. Hanno anche dei manici, che il mobile suit può afferrare per migliorare la precisione. Inoltre, dopo avere scritto questa fanfiction, ho scoperto che moltissimi autori di lingua inglese hanno incluso nelle proprie storie un modello chiamato esattamente così, e con caratteristiche simili. Suppongo che adesso i baldi cacciatori di plagi penseranno che voglia pararmi il culo, ma non mi sorprende che a tanta gente sia venuta la stessa idea. Per niente. Voglio dire, se conosci come si comporta la Sunrise quando deve tirare fuori qualche variante, è NATURALE che ti venga in mente un mobile suit che fa con il Jegan quello che è già stato fatto con il GM e il GM Kai. Cannoni sulle spalle, armatura supplementare, designazione cambiata da RGM in RGC con il numero avanzato di un’unità (o comunque in maniera tale da riflettere l’anno) e aggiunta della parola ‘Cannon’ al nome in codice. La cosa più banale che si possa pensare, plain & simple. Per questo non faccio fatica a ritenere che, sì, magari qualcuno può anche avere copiato, ma molti ci sono arrivati da sé. Credere o meno che io appartenga alla schiera di questi ultimi, dipende da voi, per me non fa molta differenza.

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RGM-89O Jegan Command Type

Numero di serie: RGM-89O; Renpo (Federazione) GundaM, progettato nell’UC 0089, tipo C (Command)

Nome in codice: Jegan Command Type

Tipo di unità: mobile suit multifunzione per ufficiali

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: UC 0092

Primo schieramento: UC 0092

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza complessiva di 20,4 m., altezza alla testa di 19 m.

Peso: 23,2 tonnellate metriche a vuoto, 51,3 tonnellate metriche peso a pieno carico

Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 2.150 kW

Propulsione: un razzo da 13.800 Kg., due razzi da 10.000 Kg., due razzi da 8.800 Kg., un totale di diciotto vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,8 G, compie una svolta di 180° in 1 secondo, velocità massima a terra di 165 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 14.200 m.; due rastrelliere per granate a tre posti (una su ciascuna anca)

Armi incorporate: 2 x beam saber (una nell’alloggiamento di ricarica di ciascun avambraccio, in mano quando usate); 2 x vulcan gun da 60 mm. binati (montati nella testa)

Armamento opzionale: scudo (montato su di un avambraccio), che monta un beam gun da 8,5 MW a due bocche di fuoco; 6 x granate (tre in ciascuna rastrelliera sulle anche); beam rifle da 2 MW a E-CAP ricaricabile

Pilota: -

La Seconda Guerra di Neo Zeon fu l’ultimo conflitto contro degli spacenoid che la Federazione Terrestre dovette affrontare prima di un lungo periodo di pace. Questo portò a una stagnazione tecnologica che impedì per molti anni uno sviluppo significativo nell’ingegneria dei mobile suit. Di fatto, il modello base dell’RGM-89 Jegan fu usato fino all’inizio degli anni ‘120, tra continue migliorie e piccole modifiche. Il Jegan Command Type, introdotto poco prima della Seconda Guerra di Neo Zeon, sarebbe dovuto essere il modello di partenza per le evoluzioni successive. Era stato quindi pensato come un mobile suit sperimentale, da assegnare momentaneamente agli ufficiali, ma eventualmente da estendere in seguito a tutto l’esercito. Si trattava effettivamente di un Jegan potenziato, che migliorava l’ispiratore un po’ sotto tutti i punti di vista: reattore nucleare, manovrabilità, potenza e numero dei vettori di spinta. Aveva due rastrelliere laterali per le granate, anziché una, e due beam saber, sistemate negli avambracci. Riprendeva inoltre i vulcan gun classici dei vecchi modelli di GM. Per il Jegan Command Type era stato infine sviluppato un modello di scudo dedicato, che approfittava della maggiore potenza del reattore nucleare per fornire energia a un beam gun a due canne. Le granate e il beam rifle, invece, erano dello stesso tipo di quelli utilizzati dall’RGM-89.

Alcuni Jegan Command Type furono assegnati a degli ufficiali al comando di squadroni incaricati di spazzare via i rimasugli dell’esercito di Neo Zeon, sia sulla Terra che nello spazio. Nonostante i buoni risultati, l’RGM-89O non fu ritenuto significativamente superiore al Jegan standard (il rapporto tra costo e prestazioni era perciò poco favorevole) e ne fu prodotto poco più di un centinaio di esemplari prima che il progetto fosse abbandonato.

Note dell’autore

Come l’RGM-89G, anche questo modello è una semplice variante del normale Jegan. Considerato ciò che l’Esercito Federale ha fatto con i GM, producendone versioni in pochi esemplari a uso specializzato, mi pare un mobile suit piuttosto plausibile.

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RGM-89G Jegan Ground Type

Numero di serie: RGM-89G; Renpo (Federazione) GundaM, progettato nell’UC 0089, tipo G (Ground)

Nome in codice: Jegan Ground Type

Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre prodotto in serie

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: UC 0090

Primo schieramento: UC 0090

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza complessiva di 20,4 m., altezza alla testa di 19 m.

Peso: 21,3 tonnellate metriche a vuoto, 47,3 tonnellate metriche peso a pieno carico

Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 2.000 kW

Propulsione: un razzo da 12.700 Kg., due razzi da 9.200 Kg., due razzi da 8.800 Kg., un totale di otto vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1 G, compie una svolta di 180° in 1,9 secondi, velocità massima a terra di 170 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 14.200 m.; rastrelliera per granate a tre posti (sull’anca sinistra)

Armi incorporate: beam saber da 0,75 MW (nell’alloggiamento di ricarica nell’anca destra, in mano quando usata)

Armamento opzionale: vulcan gun pod (montato sulla testa); scudo (montato su di un avambraccio), che monta due lanciamissili a due bocche di fuoco; 3 x granate (nella rastrelliera sull’anca sinistra); beam rifle da 2 MW a E-CAP ricaricabile

Pilota: -

Al termine della Prima Guerra di Neo Zeon, l’Esercito della Federazione Terrestre non era certo rimasto inattivo. Diversi reduci di Axis, restati sulla Terra in seguito al conflitto, continuavano le loro operazioni di guerriglia, a volte anche alleandosi con degli ex soldati dell’Esercito Regolare di Zeon, abbandonati sul pianeta addirittura ai tempi della Guerra di Un Anno. L’Esercito Federale trovò nell’RGM-89 Jegan una macchina adeguata alle proprie esigenze: il buon rapporto tra costo e prestazioni convinse i vertici militari a produrne una serie di varianti specializzate.

L’RGM-89G era il Jegan pensato per combattere in presenza di gravità terrestre, progettato proprio per affrontare questi reduci di due guerre. Non era molto diverso dal Jegan standard, essendone essenzialmente una versione che doveva essere capace di muoversi con relativa agilità anche sulla Terra. Inoltre, dato che la maggior parte dei mobile suit del nemico risaliva ad alcuni anni prima, non fu ritenuto necessario applicare molte costose modifiche a un modello che era già ritenuto superiore a qualsiasi potenziale avversario. Fu quindi potenziato il reattore nucleare e vennero rimossi alcuni vettori di spinta, che venivano usati con funzione AMBAC nello spazio ma erano inutili in presenza di gravità. L’armamento era invece lo stesso del Jegan standard.

Il Jegan Ground Type divenne subito il mobile suit principale delle forze federali terrestri, non tanto perché sfoggiava prestazioni particolarmente convincenti, ma perché aveva un buon rapporto qualità/prezzo. Produrlo in gran quantità non fu un problema per l’Esercito Federale, che ne schierò interi squadroni ovunque sulla Terra fosse necessario. Pare esistesse una versione di RGM-89G ottimizzata per combattere sulla luna (presumibilmente denominata RGM-89L), ma le notizie in merito sono poche: si trattò probabilmente di un ristretto numero di esemplari modificati sul campo e mai effettivamente prodotti come tali.

Note dell’autore

Secondo le notizie ufficiali, l’Esercito Federale impiegò il modello del Jegan per oltre trent’anni, creandone numerose varianti. Tra di esse, però, ne è stata descritta solo una manciata e non ho trovato notizie precise riguardo una specializzata per il combattimento a terra. Diciamo che ho colmato la lacuna… In realtà, da qualche parte è comparso effettivamente un tale RGM-89C Jegan Ground Type, ma non sono riuscito a reperire informazioni ulteriori su dove questo modello sia comparso. A quanto ne so, dovrebbe essere un Jegan con dei jet termonucleari simili a quelli del Dom e con un’armatura più spessa rispetto alla versione base, usato in Africa a partire dalla fine dello 0089. Ah, non è necessario che mi ricordiate che, fino allo 0093, il Jegan era un’esclusiva di Londo Bell. Si dice che lo fosse il Jegan, non il Jegan Ground Type. Forzatura? Eh, forse sì. Mi sa che ci dovrete convivere.

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RGM-89HM Jegan High Mobility Ground Type

Numero di serie: RGM-89HM; Renpo (Federazione) GundaM, progettato nell’UC 0089, tipo HM (High Mobility)

Nome in codice: Jegan High Mobility Ground Type

Tipo di unità: mobile suit per il combattimento terrestre prodotto in serie

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: UC 0094

Primo schieramento: UC 0094

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza complessiva di 20,4 m., altezza alla testa di 19 m.

Peso: 28,2 tonnellate metriche a vuoto, 55,6 tonnellate metriche peso a pieno carico

Costruzione: lega di titanio/composito di ceramica su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 2.100 kW

Propulsione: Jet di spinta a effetto hovercraft per un totale di 60.000 Kg. un razzo da 12.700 Kg., due razzi da 9.200 Kg.; un totale di undici vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1 G, compie una svolta di 180° in 1,1 secondi, velocità massima a terra di 260 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 14.200 m.; rastrelliera per granate a tre posti (sul braccio destro)

Armi incorporate: beam saber da 0,75 MW (nell’alloggiamento di ricarica nel backpack, in mano quando usata)

Armamento opzionale: vulcan gun pod (montato sulla testa); scudo (montato sull’avambraccio sinistro), che monta due lanciamissili a due bocche di fuoco; 3 x granate (nella rastrelliera sul braccio destro); beam rifle da 2 MW a E-CAP ricaricabile

Pilota: -

Il rapporto tra prezzo e prestazioni dell’RGM-89G Jegan Ground Type indusse i vertici federali a produrne alcune varianti. Alla luce del fatto che diversi reduci dei due Neo Zeon si rifugiavano ancora sulla Terra, la Federazione decise di non focalizzarsi sulla semplice progettazione di versioni localizzate della sua macchina di prima linea, ma di realizzarne invece una che, con poche modifiche, potesse essere usata ovunque senza grosse differenze di prestazioni. Ispirandosi all’MS-09 Dom della Guerra di Un Anno, gli ingegneri della Anaheim idearono un Jegan che potesse sostenersi in presenza di gravità grazie a dei jet termonucleari posti nelle gambe e alla cintola. Cambiando parti relativamente economiche, come il condizionatore interno ed eventuali filtri per le giunture, era possibile usare il Jegan High Mobility Ground Type tanto in ambienti artici quanto desertici, oltre che in qualsiasi via di mezzo tra essi. L’RGM-89HM si rivelò altamente manovrabile in presenza di gravità, ma i jet termonucleari nella cintola comportavano alcune modifiche all’armamento (che era sostanzialmente lo stesso dell’RGM-89G). La rastrelliera per le granate dovette essere montata sul braccio destro, rendendo così impossibile fissarvi lo scudo; la beam saber, invece, fu posizionata nel backpack. Grazie alla sua agilità, il Jegan High Mobility Ground Type risultò particolarmente utile negli attacchi veloci, mirati a infliggere colpi duri e rapidi al nemico. Tuttavia, non conobbe una diffusione particolarmente ampia: apparentemente, i jet termonucleari comportavano una diminuzione della resistenza dell’armatura per accomodarvi le nuove strutture, il che era un problema, considerato che molti reduci di Neo Zeon, trovando problematico impiegare armi a raggi, ricorrevano ancora ai proiettili. Inoltre, il costo della variante era considerevolmente più alto rispetto al modello base e non si giudicò l’incremento di prestazioni sufficiente a giustificarlo. Fu prodotta una quarantina di RGM-89HM prima che il progetto fosse accantonato.

Note dell’autore

Questo nuovo modello di Jegan deriva essenzialmente dal fatto che non mi andava di usare i soliti RGM-89G nel quarto capitolo. Volevo qualcosa di più caratteristico, ecco. Avete notato che l’idea dei jet termonucleari somiglia in maniera inquietante a quella del Jegan Ground Type quasi-ufficiale di cui parlo qua sopra? Credeteci o no, l’idea mi è venuta DOPO avere conosciuto le caratteristiche di quel modello. Per altro, so che qualcuno ha già inventato un mobile suit chiamato RGM-89D Jegan High Mobility Type, ma non sono riucito ad accertarmi se sia una variante che compare in qualche fumetto/racconto/videogioco o se sia materiale sviluppato da fan. E comunque, è diverso dal mio, perché trattasi di un Jegan fatto per muoversi nello spazio.

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RMS-108S Marasai Custom

Numero di serie: RMS-108S; ottavo Renpo Mass produced Suit sviluppato a Granada (10)

Nome in codice: Marasai Custom

Tipo di unità: mobile suit multifunzione a produzione limitata

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Titans

Rollout: UC 0087

Primo schieramento: UC 0088

Abitacolo: abitacolo sistemato nel torso (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), per il solo pilota

Dimensioni: altezza totale di 20,5 m., altezza alla testa di 17,5 m.

Peso: 31,2 tonnellate metriche a vuoto, 52,7 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.710 kW

Propulsione: due razzi da 21.200 Kg., tre razzi da 12.000 Kg., un totale di dodici vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,78 G, compie una svolta di 180° in 0,9 secondi, velocità massima a terra di 158 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: sensori della portata di 10.900 m.; due taniche di carburante staccabili (montate sul backpack)

Armi incorporate: 2 x beam saber da 0,4 MW (negli alloggiamenti di ricarica nello scudo sulla spalla destra, in mano quando usate); 2 x vulcan gun binati (nella testa)

Armamento opzionale: beam rifle da 2,2 MW a E-CAP ricaricabile; feyadeen rifle (utilizzabile anche come beam saber) da 6,6 MW a E-CAP ricaricabile

Pilota: Isolde Tsogatie

L’RMS-108 Marasai, introdotto nella fasi iniziali della Guerra di Gryps dai Titans, era un mobile suit multifunzione pensato per sostituire l’RMS-106 Hizack. Riprendeva concettualmente l’RX-107 Rosette e costituiva una buona macchina da produzione seriale per il proprio periodo di progettazione. Come l’Hizack, non fu mai particolarmente popolare tra i soldati dei Titans, dato che, essendo stato progettato da ingegneri che avevano lavorato per la Zeonic Company durante la Guerra di Un Anno, aveva uno stile estetico molto simile a quello dei mobile suit dell’Esercito Regolare di Zeon. Ma il Marasai non ebbe vita particolarmente lunga: la Guerra di Gryps fu un periodo di grandi innovazioni tecnologiche e il Marasai si trovò ben presto a essere obsoleto.

Sul finire del conflitto, quindi, i Titans commissionarono alla Anaheim Electronics un modello migliorato, che, dati gli alti costi, fu prodotto in quantità limitate e assegnato a pochi ufficiali. Di RMS-108S, a quanto se ne sa, furono assemblati meno di dieci esemplari, ma chi ne impiegò uno notò subito i miglioramenti rispetto al predecessore. All’epoca, i Titans stavano già venendo abbandonati dalla Federazione Terrestre e questo fece sentire la Anaheim abbastanza sicura da non assecondare completamente la volontà di questi, che avrebbero voluto un numero maggiore di unità. Nonostante l’aspetto esteriore molto simile, il Marasai Custom era un mobile suit profondamente diverso dal predecessore. Era innanzitutto dotato di movable frame, che rendeva la sua struttura di base più versatile e leggera. Due taniche di carburante fissate al backpack, che potevano essere staccate in qualsiasi momento, incrementavano poi l’autonomia del modello. Montava inoltre un reattore nucleare decisamente più potente e anche i razzi erano stati sostituiti con varianti più efficienti. Insieme con l’elevato numero di vettori di spinta, questo conferiva all’RMS-108S una manovrabilità invidiabile per un mobile suit. L’armamento era sostanzialmente lo stesso del modello base, con l’eccezione di un feyadeen rifle del tutto simile a quello impiegato dall’RX-110 Gabthley e dall’RX-139 Hambrabi. Il Marasai Custom, come il Rosette, era inoltre predisposto per combinarsi con i moduli che andavano a formare l’RX-107 TR-4 [Dandelion], ma sembra che questa possibilità non sia mai stata effettivamente sfruttata.

Un Marasai Custom fu consegnato a Isolde Tsogatie quando questa arrivò nella Sfera Terrestre con la promessa di risollevare i Titans con l’aiuto militare di Giove.

Note dell’autore

Il Marasai Custom mi è derivato da una necessità di dare un mobile suit a Isolde, all’inizio non era previsto. Avevo pensato di fare pilotare a Isolde un Messala o un Palace Athene, ma ho scartato l’idea, perché quelle dovrebbero essere macchine prodotte in un singolo esemplare. Ho quindi preferito optare per una variante di un modello già esistente, che però non fosse troppo differente da quello di base. Direi che un’arma in più e qualche miglioria generica possono starci. Però, adesso che ci penso, forse avrei dovuto assegnare a Isolde qualcosa di più rappresentativo, che so, una versione custom del Barzam o del Gabthley… Magari un Baund Doc… No, quello no, troppo esclusivo… Oh, be’, è andata così.

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RX-78-7 Gundam Deathlock

Numero di serie: RX-78-7; Renpo (Federazione) eXperimental progettato nell’UC 0078, settimo modello

Numero di serie con la full armor: FA-78-3; Full Armor progettato nell’UC 0078, terzo modello

Numero di serie con la heavy full armor: FHA-78-3; Full Heavy Armor progettato nell’UC 0078, terzo modello

Nome in codice: Gundam Deathlock

Nome in codice con la full armor: Full Armor Gundam Deathlock

Nome in codice con la heavy full armor: Heavy Full Armor Gundam Deathlock

Tipo di unità: mobile suit per il combattimento spaziale

Costruttore: Esercito della Federazione Terrestre

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: 13 dicembre UC 0079

Primo schieramento: 18 dicembre UC 0079

Primo schieramento in full armor: 19 dicembre UC 0079

Primo schieramento in heavy full armor: 31 dicembre UC 0079

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota, sistemato nel torso (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat)

Dimensioni: altezza alla testa di 18,3 m.

Peso: 39,2 tonnellate metriche a vuoto, 78,7 tonnellate metriche a pieno carico

Peso con la full armor: 47,8 tonnellate metriche a vuoto, 91,2 tonnellate metriche a pieno carico

Peso con la heavy full armor: 66,2 tonnellate metriche a vuoto, 121,4 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di titanio lunare su struttura semi-monoscocca

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.670 kW

Impianto energetico con la full armor: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.850 kW

Impianto energetico con la heavy full armor: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 3.110 kW

Propulsione: razzi per una spinta totale di 70.800 Kg.

Propulsione con la full armor: razzi per una spinta totale di 78.450 Kg.

Propulsione con la heavy full armor: razzi per una spinta totale di 95.450 Kg.

Prestazioni: spinta massima di 0,90 G, compie una svolta di 180° in 1,1 secondi; velocità massima a terra di 165 Km/h.

Prestazioni con la full armor: spinta massima di 1,3 G, compie una svolta di 180° in 1,1 secondi; velocità massima a terra di 120 Km/h.

Prestazioni con la heavy full armor: spinta massima di 4 G, compie una svolta di 180° in 1,4 secondi; velocità massima a terra 60 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 6.130 m.; computer imparante; copertura magnetica sulle giunture

Armi incorporate: 2 x vulcan gun da 60 mm. binati (nella testa); 2 x beam saber di potenza stimata in 0,38 MW (nell’alloggiamento di ricarica nel backpack, in mano quando utilizzate)

Armi incorporate con la full armor: 2 x vulcan gun da 60 mm. binati (nella testa); 2 x beam saber di potenza stimata in 0,38 MW (nell’alloggio di ricarica nel backpack, in mano quando utilizzate); 2 x beam gun (uno in ciascun avambraccio); beam shot cannon (montato sulla schiena, in mano quando usato)

Armi incorporate con la heavy full armor: 2 x vulcan gun da 60 mm. binati (nella testa); lanciamissili; mega beam cannon

Armamento opzionale: beam rifle a E-CAP ricaricabile

Armamento opzionale con la full armor: nessuno

Armamento opzionale con la heavy full armor: nessuno

Pilota: Dolores Martin

Sul finire della Guerra di Un Anno, gli ingegneri dell’Esercito della Federazione Terrestre cercarono di produrre un mobile suit che fosse lo stato dell’arte delle tecnologie per il combattimento nello spazio. Dopo le sconfitte subite dall’Esercito Regolare di Zeon a Odessa e a Jaburo, infatti, il conflitto stava lasciando la Terra per tornare tra le stelle e fu chiaro che le fasi conclusive della guerra sarebbero state lì. Si decise quindi di prendere a modello la struttura di base dell’RX-78NT-1 Gundam "Alex", che presentava diverse idee innovative, come il sistema panoramic monitor/linear seat nell’abitacolo. L’Alex aveva inoltre la copertura magnetica usata per la prima volta sull’RX-78-3 Gundam "G-3" e poi impiegata con successo anche sull’RX-78-2 Gundam.

Il Gundam Deathlock, risultato di queste ricerche, fu probabilmente il mobile suit dalle prestazioni più alte che si sia visto durante la Guerra di Un Anno. Era stato ottimizzato per essere pilotato da un newtype e per sfruttarne i riflessi potenziati e le percezioni aumentate. Il Gundam Deathlock era un mobile suit dotato di equipaggiamento variabile, che poteva montare una full armor o una heavy full armor per il combattimento nello spazio.

Fu collaudato per la prima volta in battaglia il 18 dicembre UC 0079 in Tibet. Assegnato al tenente Dolores Martin, comandante del 12° Squadrone MS del Battaglione Erwyn, che partecipò allo sbarco in Normandia, venne impiegato per annientare da solo una squadra di quattro mobile suit. Il giorno seguente, sul Gundam Deathlock furono montati i pezzi addizionali della full armor.

Nato dall’esperienza dell’Esercito della Federazione Terrestre sull’FA-78-1 Full Armor Gundam, il Full Armor Gundam Deathlock era fondamentalmente il Gundam Deathlock dotato della full armor più avanzata che fosse stata progettata all’epoca. Più che essere un mezzo difensivo, però, l’armatura voleva aggiungere potenza d’attacco, con un enorme beam shot cannon di potenza inusitata e una coppia di beam gun sulle braccia. La full armor includeva diversi serbatoi supplementari, vettori di spinta e dei generatori addizionali, che aumentavano la potenza d’uscita e l’autonomia del mobile suit e gli consentivano di non perdere in prestazioni a causa del peso addizionale.

I componenti della full armor furono montati sul Gundam Deathlock il 19 dicembre UC 0079, quando il mobile suit, alla guida di una squadra di RGM-79D GM Cold Climate Type, assaltò una base dell’Esercito Regolare di Zeon in Francia. Gli zeoniani stavano fuggendo verso lo spazio, ma il loro comandante, a bordo di un YMS-15 Gyan, restò a coprire la loro ritirata, infliggendo pesanti danni ai GM. A bordo del Full Armor Gundam Deathlock, Dolores Martin combatté il nemico e lo sconfisse.

La heavy full armor è l’ultimo equipaggiamento del Gundam Deathlock. Come la full armor, anche questa nuova armatura era dotata di serbatoi, vettori di spinta e generatori in più, che consentivano al mobile suit di non subire cali di prestazioni. La caratteristica principale della heavy full armor era comunque l’armamento: con un lanciamissili e un mega beam cannon, la sua potenza di fuoco non aveva niente da invidiare a quella di una corazzata, anche in termini quantitativi.

Il 31 dicembre UC 0079, mentre l’Esercito della Federazione Terrestre era impegnato nell’Operazione Star One, la Task Force Orion era all’inseguimento di un contingente di soldati di Zeon che, recuperate alcune testate nucleari, si preparava a portarle ai propri compagni ad A Baoa Qu. Il Gundam Deathlock, pilotato da Dolores Martin, faceva parte di quella squadra e fu in quell’occasione che fu dotato della heavy full armor. Nella sua prima azione, l’Heavy Full Armor Gundam Deathlock abbatté uno squadrone di sei MS-14F Gelgoog Marine nel giro di nove minuti e dodici secondi. Raggiunta l’unità di Zeon che stava inseguendo, il Deathlock affrontò la loro ultima linea di difesa, un MSN-02 Zeong. Nel corso della battaglia, il Gundam ebbe la meglio, ma fu danneggiato oltre ogni possibilità di riparazione; pur dovendo abbandonare le testate nucleari di cui erano stati in possesso, gli zeoniani riuscirono a fuggire alla volta di Axis.

Si pensa che questo progetto sia stato ripreso in seguito come base dell’RX-78GP03 Gundam "Dendrobium Orchis".

Note dell’autore

Il Gundam Deathlock! Bel nome, eh? Ecco, è l’unica cosa che ho inventato io. L’RX-78-7 è una delle M-MSV di Okawara, solo che lui lo chiama 7th Gundam. Lo stesso Okawara ne disegna altre due versioni, una con una full armor e una con la heavy full armor di cui parlo anch’io (il mega beam cannon a cui mi riferisco è la sua arma principale). In pratica, ho solo cambiato il nome del mobile suit. Secondo la storyline ufficiale, il 7th Gundam non fu mai completato: la guerra finì che era solo alla fase iniziale dell’assemblaggio. Che sia un mobile suit pensato per i newtype, è un’altra invenzione mia, ma potrebbe essere effettivamente così: questo modello di Gundam comprendeva la copertura magnetica sulle giunture e il sistema panoramic monitor/linear seat, quindi, in termini di tempi di reazione, doveva essere almeno pari all’Alex. Per il resto, pare fosse anche superiore: di fatto, sembra che sia il Gundam più potente progettato durante la Guerra di Un Anno (ma potrebbe essere superato dal quel fantomatico RX-78-8 che non sono ancora riuscito a identificare, e anzi, credo si tratti di una variante non ufficiale comparsa su qualche rivista di modellismo). Quando decisi di inserire l’RX-78-7 nella mia storia, pensai subito di cambiarne qualche particolare rispetto alla versione di Okawara. D’altra parte, l’RX-78-4, l’RX-78-5 e l’RX-78-6 da lui disegnati sono tutti stati modificati nel nome e nell’aspetto, quando alla Sunrise ne hanno concessa l’inclusione in delle Side Story.

Notare che, benché basata su quella di Okawara, la scheda dal Gundam Deathlock qui riportata è diversa da quella del 7th Gundam, perché deve essere coerente con la mia storia.

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RX-78GP00 Gundam "Blossom"

Numero di serie: RX-78GP00; Renpo (Federazione) eXperimental progettato nell’UC 0078, Gundam Prototype, numero 00

Nome in codice: Gundam "Blossom"

Tipo di unità: prototipo di mobile suit multifunzione

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: 4 settembre UC 0083

Primo schieramento: 26 settembre UC 0083

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota, sistemato nel torso e costituito da un FF-X(7)II Core Booster II

Dimensioni: altezza complessiva di 22,8 m., altezza alla testa di 18 m.

Peso: 39,7 tonnellate metriche a vuoto, 89 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium su drum frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky di potenza stimata in 1.790 kW

Propulsione: due razzi da 42.000 Kg., due razzi da 12.000 Kg., due razzi da 8.500 Kg.

Prestazioni: spinta massima di 1,66 G, compie una svolta di 180° in 0,9 secondi

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 7.400 m.; ; Minovsky Particle Interference Wave Searcher (MPIWS) montato nel backpack, dietro la spalla sinistra; sistema operativo Alice

Armi incorporate: 2 x beam saber, utilizzabili anche come beam gun (nell’alloggiamento di ricarica del backpack, spuntano da sopra le spalle, in mano quando usate); beam rifle a lungo raggio di potenza sconosciuta (nel backpack, in mano quando usato)

Armamento opzionale: nessuno

Pilota: David Jensen

Il Blossom fu il primo mobile suit del Progetto di Sviluppo Gundam varato dall’Esercito della Federazione Terrestre all’inizio degli anni ’80. Sarebbe dovuto essere un mobile suit equipaggiato per il combattimento a lunga gittata, ispirato alla serie dei Gundam RX-78 della Guerra di Un Anno. Disponeva di un enorme backpack, nel quale erano incorporati un beam rifle a lungo raggio e un meccanismo denominato Minovsky Particle Interference Wave Searcher, MPIWS in breve. Si trattava di un potente sistema di sensori, capace di localizzare relitti sulla superficie lunare da grandi altezze (ma era decisamente inaffidabile e delicato e si guastava spesso); veniva impiegato essenzialmente per trovare il bersaglio del beam rifle a lungo raggio, un’arma sperimentale che non utilizzava la tecnologia degli E-CAP. Traendo energia direttamente dal mobile suit, impiegava parecchio tempo a ricaricarsi dopo ogni singolo colpo. Nel backpack erano anche presenti delle strutture per montarvi equipaggiamenti addizionali. La sezione addominale del Blossom era costituita da un nuovo modello di Core Fighter, che, collegatosi al backpack, poteva sganciarsi e diventare l’FF-X(7)II Core Booster II. In questa forma, però, la sezione che normalmente costituiva l’equipaggiamento del mobile suit risultava poco aerodinamica e dava problemi alla stabilità del velivolo in aria. Il GP00 introduceva per la prima volta il concetto di drum frame, un nuovo modo di assemblare le armi mobili. Il termine "drum frame" identificava dei "blocchi" separati attorno ai quali venivano costruite le varie parti della macchina. Il drum frame, come concetto teorico, non doveva necessariamente fare parte del corpo principale dell’arma mobile, ma poteva anche essere una sezione distaccata della stessa che ne montava delle parti, a seconda dei casi. La caratteristica più importante del GP00 era però il suo peculiare sistema operativo, denominato "Alice". Si trattava di una riproduzione della mente di Alice Kemp, la figlia del professor Gerard Kemp, che era stata riversata in un computer partendo direttamente dall’originale, che era morta nel processo. Alice, nelle intenzioni di Kemp, si sarebbe dovuta sincronizzare con il pilota inviando messaggi subliminali al suo cervello sotto formadi frequenze ultrasoniche, che consentivano di comporre concetti complessi con un principio simile a quello del linguaggio binario. Nemmeno Kemp era certo del risultato che questo avrebbe portato, ma aveva previsto che lo scambio di informazioni con il pilota non sarebbe stato a senso unico e che anche Alice ne sarebbe stato influenzato. Il sedile del Gundam era infatti dotato di un meccanismo che, appoggiandosi alla testa del pilota, poteva registrarne gli impulsi cerebrali e spedirli direttamente al computer.

Nel complesso, il Blossom fu considerato un progetto da scartare, per varie ipotesi. Il suo grande backpack lo rendeva troppo sbilanciato, per non parlare dei problemi incontrati dal Core Booster II. Il beam rifle a lungo raggio si era dimostrato un’arma che poneva un carico eccessivo sul reattore nucleare, diminuendo l’autonomia complessiva del mobile suit. Infine, la volontà di rendere il Blossom un’unità multifunzione ne aveva fatto una macchina complicata, il cui utilizzo causava troppo affaticamento nel pilota. I modelli successivi del Progetto di Sviluppo Gundam si orientarono quindi su funzioni più specializzate.

Note dell’autore

Il Blossom compare per la prima volta sulla rivista Dengeki Hobby, nella serie di design Gundam Secret Weapons. È un mobile suit il cui collocamento nella continuity risulta incerto e le informazioni che ho riportato sono essenzialmente quelle corrette. Anche in questo caso, ho dovuto inventare alcuni dettagli che non sono mai stati divulgati, ispirandomi più o meno all’RX-78GP01. Il fatto più curioso a proposito del Blossom, però, riguarda la sua distruzione. Praticamente tutte le fonti che lo citano parlano anche di come è andato distrutto e tutte riportano una versione differente. Secondo una, si sarebbe schiantato sotto il peso del proprio equipaggiamento; secondo un’altra, sarebbe rimasto sepolto dal crollo del relitto di un un’astronave nella quale si trovava; secondo un’altra ancora, sarebbe stato abbattuto da alcuni reduci di Zeon (che gli avrebbero sparato con il cannone di uno Xamel) durante un’esercitazione nello spazio. Non credo che aggiungere la mia versione abbia fatto troppo male.

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RX-93-n-2 Hi-n Gundam

Numero di serie: RX-93-n-2; Renpo (Federazione) eXperimental progettato nell’UC 0093, modello n-2

Nome in codice: Hi-n Gundam

Tipo di unità: mobile suit per newtype ad altissima efficienza

Costruttore: Anaheim Electronics

Operatore: Londo Bell

Rollout: UC 0093

Primo schieramento: UC 0094

Abitacolo: abitacolo per il solo pilota (dotato di sistema panoramic monitor/linear seat), sistemato nel torso

Dimensioni: altezza alla testa di 20 m.

Peso: 27,9 tonnellate metriche a vuoto, 63 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: lega di gundarium su movable frame

Impianto energetico: reattore a fusione nucleare ultracompatto Minovsky da 3.200 kW

Propulsione: quattro razzi da 18.300 Kg., due razzi da 12.300 Kg.; un totale di trentadue vettori di spinta/stabilizzatori

Prestazioni: spinta massima di 1,60 G, compie una svolta di 180° in 0,6 secondi, velocità massima a terra di 160 Km/h.

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: portata dei sensori di 21.300 m.; lancia-esche (uno in ciascuna mano); birdlime launcher (uno in ciascuna mano); psycoframe (nella struttura interna dell’abitacolo); 2 x serbatoi staccabili (nel backpack)

Armi incorporate: 2 x vulcan gun binati (montati nella testa); 2 x beam saber da 0,75 MW (una nell’alloggiamento di ricarica di ciascun avambraccio, in mano quando usate); 6 x fin funnel (ognuno dotato di un cannone a mega particelle, tre in ciascuna rastrelliera del backpack)

Armamento opzionale: scudo che include un beam cannon da 7,8 MW e quattro piccoli missili (montato sull’avambraccio sinistro); beam rifle da 3,8 MW a E-CAP ricaricabile, con lanciagranate monouso incorporato; hyper bazooka (può essere fissato al backpack)

Pilota: -

Nonostante non sia stato un progetto completamente originale, l’Hi-n Gundam rappresentava l’apice della tecnologia dei mobile suit per la propria epoca. Ispirato all’RX-93 n Gundam progettato da Amuro Ray, fu impiegato nell’UC 0094 contro alcuni reduci del Neo Zeon di Char Aznable che continuavano a intraprendere azioni militari contro la Federazione. L’Hi-n Gundam, pur con tutta la sua tecnologia, non era un mobile suit innovativo, quanto piuttosto una variante migliorata del modello precedente: si può anzi dire che ne fosse una versione completa, che sfruttava l’esperienza derivata dall’osservazione del suo predecessore. Come il n Gundam, disponeva di sei funnel, che potevano essere separati dal corpo e operati a distanza da un pilota newtype tramite psycoframe. Rispetto ai funnel dell’RX-93, però, quelli dell’Hi-n Gundam erano disposti in posizione simmetrica: ciascuno dei due alloggiamenti del backpack ne sosteneva tre, creando una struttura che richiamava un paio di ali. I funnel potevano rilasciare fasci controllati di particelle Minovsky, con i quali era possibile ottenere un effetto simil-beam gun (di fatto, ciascuno di essi incorporava un cannone a mega particelle) o creare una barriera che proteggeva a 360°. Nell’Hi-n Gundam, la disposizione dei funnel rendeva il mobile suit più versatile e adatto a operare (sebbene non a volare) anche in presenza di gravità. L’armamento dell’RX-93-n-2 era sostanzialmente analogo a quello dell’RX-93, con qualche differenza dovuta alla nuova impostazione. Non aveva quindi la grande beam saber nel backpack, mentre ne possedeva un paio di dimensioni standard negli avambracci. Lo scudo, il beam rifle e l’hyper bazooka erano esattamente gli stessi del modello precedente. Dal punto di vista della manovrabilità, l’Hi-n Gundam aveva ricevuto un potenziamento dei razzi e un aumento dei vettori di spinta, il che ne incrementava ulteriormente l’agilità nello spazio. Anche il reattore nucleare era stato potenziato e l’autonomia era garantita da un paio di serbatoi staccabili nel backpack. Inoltre, la disposizione simmetrica dei funnel garantiva anche un migliore bilanciamento nel caso il mobile suit si fosse trovato a operare in presenza di gravità; restava comunque una macchina pensata prevalentemente per lo spazio. L’Hi-n Gundam disponeva infine di tutti i sistemi secondari del n Gundam, come i lancia-esche e i birdlime launcher nelle mani.

Note dell’autore

L’Hi-n Gundam e il Nightingale non compaiono mai nei cartoni animati, anzi: sono la versione rispettivamente del n Gundam e del Sazabi che si vedono nel romanzo Beltorchika’s Children, che narra una versione alternativa degli eventi di Char’s Counterattack. Per esempio, lì Amuro sta insieme a Beltorchika, la tizia dell’aereo di Z Gundam, che va a scassare il cazzo a Kamille affinché rinunci a pilotare il Gundam Mark II. Ovviamente, è tutto materiale che non rientra nella continuity dei cartoni animati, anche se… A ben vedere, nei romanzi di Tomino ci sono diverse buone idee che meriterebbero di farne parte, come quelle in Hathaway Flash e soprattutto Gaia Gear (detto tra noi: trovo che le ragioni che spingono alcuni a togliere quest’ultimo libro dalla storyline siano piuttosto discutibili, ma tant’è). Tutto ‘sto casino per dire che l’Hi-n Gundam e il Nightingale non c’entrano un cazzo con la saga animata di Gundam, li ho buttati nel mucchio solo perché mi piacciono. Tra l’altro… Mi piacerebbe parecchio avere anche un modellino dell’Hi-n Gundam, ma di belli ne ho trovati in giro solo alcuni in resina. Nella fattispecie, due modelli di B-Club, uno in scala 1/144, l’altro in scala 1/100, e un conversion kit per il Master Grade del n Gundam. Tutti e tre, al cambio odierno, costano più di cento Euro in Giappone. Anche ammesso che qualcuno possa farmeli avere in Italia, non oso pensare quanto possa chiedermi, tanto più che sono anche pezzi limitati che non vengono prodotti da tempo… Non voglio nemmeno prendere in considerazione la possibilità di comprare il Master Grade, ovviamente. Fa cagare. E pure tanto. Quello non è un Gundam, è un attaccapanni.

Le schede tecniche dell’Hi-n Gundam e del Nightingale esistono, ma sono largamente incomplete e si limitano a pochi dati. Le ho perciò integrate con informazioni inventate di sana pianta, per metterle in linea con le altre qui pubblicate. Ho anche apportato una modifica, essenzialmente derivata dal gusto personale: l’Hi-n Gundam originale non ha lo stesso bazooka del n Gundam, ma un hyper mega bazooka, che può collegarsi al generatore principale di un Ra Cailum per sparare colpi più potenti. Non so bene perché, ma è un’arma che non mi piace granché, quindi l’ho sostituita con una più convenzionale.

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Utrecht

Numero di serie: -

Nome in codice: Utrecht

Tipo di unità: incrociatore sperimentale

Costruttore: Esercito della Federazione Terrestre

Operatore: Esercito della Federazione Terrestre

Rollout: UC 0083

Primo schieramento: UC 0083

Abitacolo: sala comandi, numero di operatori imprecisato

Dimensioni: lunghezza totale di 288 m., larghezza totale di 68,5 m., altezza totale di 61,3 m.

Peso: peso a vuoto sconosciuto, peso di 54.031 tonnellate metriche a pieno carico

Costruzione: sconosciuta

Impianto energetico: sconosciuto

Propulsione: sconosciuta

Prestazioni: sconosciute

Equipaggiamento e caratteristiche di progettazione: capsula di rientro

Armi incorporate: 2 x cannoni principali a due canne; 5 x cannoni principali; 6 x cannoni secondari a due canne; 4 x cannoni secondari; 8 x lanciamissili

Armamento opzionale: nessuno

Capitano: Lloyd Cavenagh

Durante la Guerra di Un Anno, l’Esercito della Federazione Terrestre si era reso conto che le sue navi non avevano strutture, ormai fondamentali, che avrebbero consentito loro di trasportare e schierare mobile suit. Le corazzate di classe Pegasus avevano dato buoni risultati, ma erano troppo costose da produrre e venne giudicato più utile convertire dei modelli già esistenti. L’Utrecht fu un tentativo in questo senso. Era basato su di un tipico incrociatore Salamis, ma vi aggiungeva delle strutture di trasporto e manutenzione di mobile suit, quali un hangar che poteva contenerne fino a quattro e una catapulta che avrebbe permesso di schierarli velocemente. A tutti gli effetti, si può dire che l’Utrecht fu il precursore dei Salamis Kai, che furono introdotti solo a metà degli anni ’80. Montava sostanzialmente gli stessi armamenti del Salamis, anche perché non si ebbe necessità di modificare alcunché sotto quel punto di vista e l’unico bisogno che si sentiva era quello di possedere delle strutture adatte al trasporto dei mobile suit.

Ne venne prodotto un unico esemplare, che fu assegnato al comando del capitano Lloyd Cavenagh per la missione di collaudo dell’RX-78GP00 Gundam "Blossom". Nel corso di quella missione, oltre al Blossom stesso, l’Utrecht trasportava l’RGM-79N GM Custom che era l’unità personale di Cavenagh e due RGM-79C GM Kai. Nonostante gli scontri nei quali incappò nel corso della missione, l’Utrecht restò in servizio fino al luglio 0087, quando il suo equipaggio disertò in favore dell’AEUG. Tornò a essere una nave federale solo a 0088 inoltrato, quando la Federazione Terrestre stava riassorbendo tra le proprie fila numerosi soldati dell’AEUG stesso e della Karaba. Sembra che sia stato effettivamente ritirato dal servizio solo nell’UC 0102, ma già dall’inizio degli anni ’90, con l’avanzare dei nuovi modelli di nave federale, era stato ridotto a compiti di pattuglia attorno a Luna2. Non si hanno notizie precise circa l’equipaggio, ma è possibile che sia stato trasferito a una corazzata di concezione più recente per i conflitti successivi.

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Esemplari personali

La lista che segue descrive alcuni esemplari di modelli di macchinari non presentati per la prima volta in Gundam D. Si tratta di esemplari singoli riferiti a specifici personaggi o situazioni, quindi non diversi, nelle prestazioni, dalle macchine qualsiasi del proprio tipo.

AMX-004-4 Qubeley Mark II

Si tratta della terza unità di Qubeley Mark II, assemblata come macchina sperimentale per le ricerche sui newtype che Axis stava conducendo tra la Guerra di Gryps e la Prima Guerra di Neo Zeon. L’AMX-004-4 fu assemblato praticamente in contemporanea all’AMX-004-3, ma la sua base era l’AMX-004-2. Di conseguenza, pur avendo prestazioni sostanzialmente identiche a quelle dei due modelli precedenti, non poteva essere pilotato dall’esterno tramite diadema di controllo psycommu. Nonostante gli altri Qubeley Mark II fossero stati costruiti per testare le potenzialità da newtype di quelli che sarebbero diventati i prototipi delle unità di cloni potenziati di Glemy Toto, questo ulteriore esemplare venne realizzato per Suzanne Heinkell, la più promettente newtype naturale dei laboratori di Axis, in attesa che venisse completato il progetto che avrebbe portato all’AMX-004G.

Moloch

Il Moloch era un incrociatore di classe Salamis Kai costruito dall’Esercito della Federazione Terrestre, presumibilmente attorno al marzo 0086. Originariamente, il suo equipaggio, piloti compresi, era composto di veterani dell’Esercito Federale, gente che aveva imparato a pilotare i mobile suit durante la Guerra di Un Anno. Il capitano, Cyrus Miller, aveva perso la famiglia nel corso dell’Operazione British e questo lo aveva reso psicologicamente forte ma poco flessibile. Nell’aprile 0087, il Moloch ricevette l’ordine di schierare i propri mobile suit per sedare una ribellione in una colonia, agendo in congiunzione con un contingente dei Titans. Durante l’operazione, Miller testimoniò con i propri occhi e metodi dei Titans. In qualche modo, i rivoltosi erano riusciti a procurarsi alcuni mobile suit e i Titans li ingaggiarono in pieno centro abitato, senza nemmeno provare a portarli all’esterno. Stringendo i denti, Miller ordinò la sortita ai propri piloti, ma questi, una volta sul posto, evitarono di sparare e cercarono di fermare le macchine antropomorfe nemiche senza armi, per non causare eccessivi danni alla colonia. I Titans, invece, non si fecero problemi e abbatterono i nemici senza pensare ai civili. In seguito alla missione, il comandante fu accusato di essersi rifiutato di partecipare all’azione, in ragione del comportamento dei suoi mobile suit. Si prospettava la corte marziale per tutto l’equipaggio e Miller, con consenso unanime dei suoi uomini, decise di disertare in favore dell’AEUG. All’epoca, la dotazione di mobile suit del Moloch comprendeva quattro RGM-79R GM II. Ma la scelta non si rivelò felice: il comandante dei Titans che aveva accusato Miller si occupò personalmente di dargli la caccia e la sua nave si scontrò più volte con il Moloch nel giro di un mese. Forse per garantirsi la lealtà dei suoi nuovi compagni, l’AEUG rimpiazzò prontamente tutte le perdite, sia in uomini che in mobile suit. Miller morì quasi subito, insieme con la maggior parte degli alti ufficiali, e venne sostituito da Lynn Petrie-Smith, che, ironia della sorte, era stata un soldato di Zeon durante la Guerra di Un Anno. In seguito alle battaglie, due dei GM II vennero distrutti e sostituiti con un paio di RMS-099 Rick Dias. Nel giugno 0087, poi, i rimanenti GM II furono sostituiti con degli esemplari del nuovo MSA-003 Nemo. Nel gennaio 0088, uno dei due Nemo fu assegnato a un’altra nave e al suo posto arrivò un MSZ-006C1 Z Plus C1. Il Moloch partecipò, come nave dell’AEUG, anche alla Prima Guerra di Neo Zeon, ma è ignoto che fine abbia fatto dopo quegli eventi.

MS-06D Zack Desert Type Conner Clark Custom

Conner Clark faceva parte dello Squadrone Roksa del Primo Battaglione dell’Esercito Regolare di Zeon, che operava in Nord Africa durante la Guerra di Un Anno. Il battaglione faceva parte della Prima Divisione Mobile Terrestre, che fu sbarcata dall’orbita il primo marzo UC 0079, divisa in due gruppi e dotata di un totale di 220 mobile suit, prevalentemente MS-06F Zack II. Clark faceva parte del gruppo sbarcato nei pressi del Mare dell’Aral e pilotava effettivamente un MS-06F, che venne in seguito convertito in MS-06J. Ricevette il prorpio MS-06D solo in aprile. Era uno dei quarantatré modelli della tornata iniziale, dotati di due antenne sulla testa. Usando questo Zack Desert Type, Conner Clark prese parte all’Operazione Javelin, tra il 21 e il 28 maggio, nel corso della quale fu catturata la base federale di Gerusalemme. Il mobile suit restò in attività fino alla fine di dicembre, quando l’unità di cui Clark faceva parte venne costretta alla resa in battaglia e i sopravvissuti furono catturati dalle forze federali.

MSA-003 Nemo Daniel Wymann Custom

All’inizio della Guerra di Gryps, quando era appena entrato nell’AEUG, Daniel Wymann pilotava un GM II sottratto all’Esercito della Federazione Terrestre. Nel giugno dello 0087, il Moloch, l’incrociatore al quale Wymann era stato assegnato, ricevette due esemplari di Nemo, con cui rimpiazzare gli unici GM II che gli erano rimasti (gli altri due erano già stati sostituiti con dei Rick Dias). Quello che fu assegnato a Daniel Wymann, dietro richiesta del pilota, venne dipinto con una livrea bianca e rossa, che ricordasse la squadra della Longobarda, nella quale il soldato aveva giocato in gioventù. Pilotando questo Nemo, Wymann partecipò a diverse battaglie, ma non è stato tenuto il conto di quanti nemici abbia abbattuto, complice anche la scarsa lucidità del pilota in queste situazioni. Nel gennaio 0088, quando Wymann ricevette il proprio MSZ-006C1, il suo Nemo venne assegnato a un altro incrociatore dell’AEUG; pare sia stato abbattuto in occasione della battaglia nei pressi del colony laser contro le forze di Axis e dei Titans.

MSZ-006C1 Z Plus C1 Daniel Wymann Custom

Nel gennaio 0088, l’incrociatore dell’AEUG Moloch ricevette un esemplare di Z Plus C1 direttamente dalla Anaheim Electronics, con il benestare dell’Esercito Federale. Sembra che a richiedere il modello sia stata il capitano della nave, Lynn Petrie-Smith, che conosceva alcuni ingegneri della Anaheim che avevano lavorato per la Zeonic Company durante la Guerra di Un Anno. Lo Z Plus venne assegnato a Daniel Wymann, che il capitano riteneva essere il pilota più capace a bordo del Moloch. Come il Nemo, anche l’MSZ-006C1 venne dipinto di bianco e rosso. La dotazione di questo esemplare non comprendeva alcuno scudo, ma solo il beam smartgun: visto che già stava venendo loro consegnato un modello assemblato per un altro cliente, alla Anaheim ritennero che quelli dell’AEUG potessero accontentarsi di una dotazione parziale.

RX-79[G] Gundam Ground Type Dolores Martin Custom

Questo esemplare di RX-79[G] fu consegnato a Dolores Martin nel novembre UC 0079, poco prima della battaglia di Odessa. Fu uno dei pochissimi mobile suit federali a prendere parte alle ostilità. Ai tempi di Odessa, era dipinto con la classica livrea bianca e blu tipica del modello. In seguito alla battaglia, fu pesantemente danneggiato e le riparazioni furono problematiche, perché, essendo il Gundam Ground Type composto di pezzi di ricambio, non ne esistevano altri da usare. Non potendo ricorrere a parti di mobile suit di Zeon, che avevano una calibrazione degli equilibri troppo differente, vennero impiegati dei pezzi spediti appositamente da Jaburo. Ovviamente, queste parti addizionali non erano state mandate per la sola Dolores, ma per tutti i mobile suit danneggiati. Si trattava di componenti che poi sarebbero finite nell’RGM-79 GM, ma la cui differenza rispetto ai corrispondenti originari non era tale da comportare un significativo cambio di prestazioni. Questa operazione fu possibile in ragione del fatto che il GM sarebbe dovuto essere la versione prodotta in serie dell’RX-78-2 Gundam e, di conseguenza, usava diversi pezzi simili, seppure di qualità inferiore per contenere i costi.

Dolores Martin fu poi messa a capo del 12° Squadrone MS del Battaglione Erwyn, che prese parte all’Operazione Tristan (oltre al suo Gundam Ground Type, l’unità era composta da un RGM-79[G] GM Sniper e da un RX-77D Guncannon Mass Production Type). In quell’occasione, il suo Gundam partecipò allo sbarco sulla spiaggia Omaha ed era dipinto con i colori della capagna europea dell’Esercito Federale, uno schema mimetico composto di marrone e due tonalità di verde. L’esemplare venne danneggiato oltre ogni possibilità di riparazione il 17 dicembre UC 0079, combattendo contro i soldati di Zeon, che stavano opponendo una strenua difesa.

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