One night to remember, one day I will get revenge

di Crysalis82
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The beginning part I ***
Capitolo 2: *** Part II ***
Capitolo 3: *** The struggle ***
Capitolo 4: *** The struggle. Part II ***
Capitolo 5: *** Escape ***
Capitolo 6: *** Pain ***
Capitolo 7: *** Mistakes ***
Capitolo 8: *** Savior ***
Capitolo 9: *** Closer.. Or Not? ***
Capitolo 10: *** Run away ***
Capitolo 11: *** Desperate and Broken ***
Capitolo 12: *** End of the Beginning ***
Capitolo 13: *** Was it a Dream? ***



Capitolo 1
*** The beginning part I ***


Jared si stava incamminando verso il parcheggio sotterraneo dietro l'angolo. Come al solito, aveva preferito uscire dal retro del locale che sorbirsi la calca dei fotografi e la ressa di curiosi in cerca del personaggio famoso di turno.

Si coprì tirandosi su il colletto del cappotto.

Quella sera era decisamente troppo fredda per essere un novembre californiano.

Si rese conto di essere rimasto solo nel vicolo. Si guardò intorno, sentiva solo rumori confusi. Forse qualche gatto.

Continuò a camminare quando sentì chiaramente un rumore. Sembrava un lamento.

Si guardò intorno nuovamente e vide dietro un cassone dell'immondizia poco più avanti due persone appoggiate al muro .

Col buio non riuscì a vedere distintamente quello che stavano facendo, ma decise di non interessarsene. Non voleva grane. Sicuramente era una coppia che cercava un momento di intimità.

Bravi ragazzi, fate l'amore! Non la guerra! Disse ad alta voce.

Proseguì, allontanandosi dal cassone e superandolo senza prestarci attenzione ma evidentemente il destino aveva deciso diversamente.

Sentì dietro di lui, rumori concitati, qualcosa che si rompeva e subito dei passi veloci.

Si girò per vedere cosa stava succedendo e vide un uomo correre via dalla parte opposta alla sua, sparendo poi nel buio.

Ritornò con lo sguardo a dove stavano i piccioncini poco prima e vide seduta per terra una ragazza, in mezzo a sacchi dell'immondizia sparpagliati ovunque.

"Ehi, tutto bene?" le chiese Jared avvicinandosi.

Lei si alzò a fatica, appoggiandosi al muro e lo guardò spaurita. Si guardò intorno, come per controllare che quell'uomo fosse andato via davvero.

"Stai tranquilla, è corso via. Ti stava importunando? Ti ha fatto del male?"

Lei sembrava decisamente sotto shock. Lo guardava ma non lo vedeva realmente. Era terrorizzata.

"Ehi, guardami. Ti ha fatto male? Stai bene?"

Lei cercava di non crollare e non mettersi a piangere.

"No, no. Mi ha.. Mi ha solo preso per il collo. F.. Forse voleva derubarmi." disse lei a fatica.

"Ok, non ti preoccupare. Ho la macchina qui vicino. Ti accompagno alla polizia."

"No!" urlò lei. "No, ti prego. Sto bene.. Poi non mi ha preso niente. Si deve essere spaventato quando sei passato qui davanti."

Jared la guardò dubbioso. "Sei sicura di star bene?"

"Sì, sì. Ti ringrazio. Voglio solo tornarmene a casa.. Appena trovo un taxi, più avanti.." disse lei ancora scossa indicando la strada trafficata alla fine del vicolo.

Jared si guardò di nuovo intorno. Poco distante si apriva  ogni tanto la porta posteriore del locale facendo uscire clienti facoltosi e alticci. Qualche persona adesso sembrava popolare quella strada prima deserta. Non era però ancora del tutto convinto.

"Va bene. Ti accompagno a casa allora, vieni.." disse lui facendo strada e invitandola a seguirlo.

"No, non c'è bisogno, davvero. Ti ringrazio, ma non devi disturbarti.."

"Guarda che la mia non era una domanda.." ghignò lui. "Andiamo. Il parcheggio è qui vicino."











Ok! questa doveva essere nelle prime intenzioni un OS ma è venuta più lunga del previsto!

Così ho deciso di darle una possibilità e ne ho scritto la maggior parte. Sono usciti diversi capitoli per fortuna, così posso aggiornare spesso!
Spero vi piaccia!
a presto Cla

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Capitolo 2
*** Part II ***


Dopo che lei gli disse l'indirizzo di casa, rimasero in un silenzio distaccato. Solo il rumore delle prime gocce di pioggia riempiva quel vuoto mentre lui guidava.

"Com'è che ti chiami?" chiese lui per educazione, più che per vero interesse.

"Sono Caroline."

"Piacere, io sono Jared."

Rimasero di nuovo in silenzio. Lei ancora scossa, lui intento a guidare, pensando ad altro.

"Toglimi solo una curiosità. Ma che ci facevi in quel vicolo?" chiese lui.

"Niente!" rispose ancora agitata. "Sono uscita da quel locale e me ne stavo andando.. Quando.."

"Devi stare più attenta. Voi donne non dovreste andare in certi posti da sole."disse contrariato.

Lei si voltò a guardarlo, seccata.

"Che cosa?! Vorresti dire che me la sono cercata? Non credo proprio! Ma guarda che mi tocca sentire.. Tu non sai un bel niente di me!"

Lui rimase basito da quella risposta, forse aveva esagerato ma quell'attacco diretto lo ferì, dritto nell'orgoglio.

"Non volevo assolutamente dire questo. E comunque considerando quello che sto facendo per te potresti essere più gentile, almeno!"

Lei si girò indispettita a guardare fuori dal finestrino fino quando arrivarono a destinazione, davanti al quale lui frenò bruscamente, ancora alterato.

"Eccola a destinazione, signorina!" disse lui sarcastico.

Lei si mise a rovistare nella borsa finché trovò le chiavi le chiavi di casa.

"Bene! La ringrazio molto per questa cortesia. Spero di non averle recato troppo disturbo. Non vorrei mai che con il mio comportamento sconsiderato le abbia sconvolto i piani per la serata."

Detto questo scese dalla macchina, sbattendo lo sportello e si avviò ai gradini di casa.

Lui ripartì sgommando, senza ulteriori ripensamenti.

La pioggia era leggera ma fitta. Quella pioggia fastidiosa, impalpabile, che pareva evaporare prima di poter toccare il terreno.

Caroline si avviò alla porta della palazzina. Infilò la chiave nella toppa ma rimase incastrata.  Frustrata cominciò a sforzarla da un lato o dall'altro ma quella chiave non sembrava intenzionata a muoversi in alcun modo. Sentiva i capelli appiccicarsi alla faccia mentre si sforzava di far girare quella serratura. Finalmente sentì un rumore. Ansimante per lo sforzo, con la fronte imperlata di sudore e di pioggia, guardò la chiave rimasta nella mano e si accorse di averne solo un pezzo. Il resto si era rotto nella serratura.

"Fantastico.. Proprio perfetto!"

Jared intanto bolliva di rabbia. Non solo era stato trattato con sufficienza, era stato in pratica anche scaricato. Certo non avrebbe mai approfittato di una donna in quella circostanza, ma il suo ego aveva risentito del mancato interesse di lei nei suoi confronti.

Fermo a un semaforo rosso, lo sguardo gli cadde sul sedile passeggero e un piccolo oggetto scintillante richiamò la sua attenzione. Era il telefono della ragazza. Probabilmente nella foga gli era scivolato senza che se ne accorgesse.

Jared alzò gli occhi sbuffando. Ora avrebbe dovuto riportarglielo.

Era tentato di tornarsene a casa e di dare l'incombenza ad Emma il giorno dopo ma non era quello che andava fatto.

Fece inversione e tornò indietro.

Si fermò di nuovo davanti alla casa della ragazza e si stupì di vederla ancora fuori dalla porta, seduta sui gradini. La pioggia era aumentata parecchio e prese con se l'ombrello.

Si avvicinò e la vide completamente zuppa d'acqua, con lo sguardo perso nel vuoto e si domandò se non fosse stato troppo duro nel criticarla poco prima.

Si fermò davanti a lei, in modo da coprirla con l'ombrello.

"Tempo perfetto per godersi l'aria aperta, vero?"

Lei non si era accorta della sua presenza finché non parlò. Lo guardò sconsolata e accennò un sorriso.

"Si è rotta la chiave nella toppa. E non trovo il cellulare.."

"Per il cellulare potrei aiutarti.." disse porgendole il telefono. "Per la chiave temo di no."

"Grazie." disse lei prendendo il telefono e guardandolo come per trovarci una soluzione.

"Non so cosa fare."

"Hai provato a suonare a qualche vicino?" suggerì lui guardando l'entrata del palazzo.

Lei lo guardò, guardò i citofoni e fece cenno di no con la testa, alzando le spalle. Non ci aveva minimamente pensato.

Jared si avvicinò veloce ai citofoni e iniziò a leggerne i nomi.

"Qualche preferenza?"

"Certo che no.." disse lei alzandosi da terra e avvicinandosi.

"Bene, usiamo la logica. Quella finestra ha le luci accese. Conosci chi ci abita?"

"Sì, la signora Wilcot. Strano sia sveglia."

"Chi se ne frega. Almeno ti aprirà." disse lui ridendo.

Suonò insistentemente  il campanello e attesero la risposta.

La signora si affacciò alla finestra e dopo qualche istante rispose al citofono.

"Signora, salve, sono qui con Caroline. Potrebbe aprirci il portone per favore, si è rotta la chiave nella serratura e non riusciamo ad entrare."

"Chi siete?"rispose la donna.

"Signora sono Caroline, del 4C. Può aprirci per favore?"

"Piove." aggiunse Jared sarcastico.

"Come faccio a sapere che è lei signorina? Non mi fido!"

Jared si girò verso la ragazza con uno sguardo eloquente. Visto come bisogna comportarsi con gli estranei? Sembrava dire il suo sopracciglio alzato. Solo che in quel caso avrebbe preferito maggior elasticità.

"Signora guardi.." rispose spazientito lui. "Visto che il portone è a vetri, esca sul pianerottolo a dare un'occhiata. Potrà verificare che si tratta della sua vicina e potrà farci entrare."

Caroline lo guardò e non poté fare a meno di ridere. Nonostante l'ombrello era bagnato fradicio anche lui.

Finalmente la signora si decise a uscire, controllò le loro facce e finalmente li fece entrare.

"Grazie signora! Scusi il disturbo."

"Certo, certo. Però vedete, lei e il suo amichetto, di sistemare quella porta il prima possibile. Altrimenti dovrò fare da portinaia. E non mi va."
"D'accordo Signora Wilcot. Ci penserò domani. Buona notte." la ringraziò Caroline e la vecchia rientrò in casa.

I due si guardarono mentre gocciolavano dappertutto e si misero di nuovo a ridere.

"Accetti una tazza di caffè e un asciugamano come segno di pace?" propose lei.

"Come inizio non c'è male."disse lui facendo il sostenuto.

Salirono nell'appartamento. Non era molto grande, ma carino. Era arredato quasi totalmente con tonalità chiare,  con un soggiorno spazioso da cui si andava alla cucina da un lato, alla camera e al bagno dall'altro.

"Togliti pure le scarpe, fai come preferisci. Non farti problemi." lo invitò lei mentre prendeva asciugamani dall'armadio.

Si avviò poi ad accendere la macchinetta del caffè. Aveva tolto le scarpe senza pensarci lanciandole via con i piedi e iniziò ad asciugarsi i capelli.

Jared fece lo stesso.

"Non ho vestiti asciutti da prestarti"

"Non ti preoccupare. Bevo il caffè e me ne vado. Così forse non mi beccherò qualche malanno." fece lui , stuzzicandola.

"Senti.." cominciò lei, sentendosi ancora attaccata. La faceva sentire di nuovo in colpa.

"Scherzavo, scherzavo! Cioè non stavo insinuando niente. Però sono piuttosto cagionevole e mi ammalo facilmente. Nessun rancore, ok?"

"Mi dispiace.." disse infine lei.

"Beh, ma non mi hai costretto tu a stare lì fuori sotto la pioggia.." lasciando la frase in sospeso, eloquente.

Bevvero il caffè in silenzio, godendosi il calore che procurava una bella tazza fumante di caffè. Stavolta il silenzio era confortante e portava con sé il torpore che dava un luogo caldo e accogliente.

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Capitolo 3
*** The struggle ***


Finito il caffè Jared si alzò deciso ad andarsene.

"Adesso è meglio che vada. Ti ringrazio per il caffè." disse mentre si infilava gli stivali zuppi. Lei lo guardava in silenzio.

Stava per dire qualcosa quando d'improvviso sentirono dei colpi tremendi alla porta.

Non fecero nemmeno in tempo a rendersene conto che la porta si spalancò e due energumeni di fiondarono dentro l'appartamento.

Jared non ci mise nulla a capire che non promettevano nulla di buono e guardò preoccupato Caroline. Era immobile, bianca in volto e indietreggiava mentre uno dei due uomini le andava incontro.

"Bene, bene, bene.. Guarda chi abbiamo qui." disse il primo, guardando Jared e indicandolo con una pistola, mentre la faceva roteare nell'aria.

"Ciao bambolina, ti sono mancato?" disse poi l'intruso rivolgendosi alla ragazza, con un ghigno sulla faccia. Si avvicinò a lei e indicò al suo compare di tenere d'occhio Jared.

"Jeff.. Cosa ci fai qui..?" disse lei spaventata mentre indietreggiava contro la porta della camera.

"Vedi bambolina, volevo continuare il discorso che abbiamo interrotto prima.." si girò verso Jared, lo squadrò e poi tornò a guardare lei. "Qualcuno ci ha interrotti sul più bello.."

Caroline non riusciva a vedere Jared ma lo sentiva agitarsi alle spalle di Jeff. Sperava che comprendesse il motivo della sua reticenza a parlare, a spiegargli come stavano esattamente le cose. Era meglio che lui fosse rimasto all'oscuro.

Jeff si avvicinò ancora di più e Caroline ne poteva sentire dritto nelle narici l'odore sgradevole, di fumo e whisky scadente.

"Il signor Cox non è contento di tutto questo ritardo. Sai, io in fondo sono un bravo ragazzo, sono solo un messaggero."disse alzando le mani in segno di resa. "Ambasciator non porta pena, come si dice. Ma è bene che tu sappia che,se dovessi, per qualche motivo,  dimenticarti di nuovo il nostro piccolo accordo, forse potrei arrabbiarmi anch'io e sarei costretto a usare altri metodi più convincenti.." sussurrò lui a pochi centimetri dalla faccia di lei.

Jared non riuscì a trattenersi e ringhiò all'uomo di lasciarla stare. Non poteva permettere che facessero così gli sbruffoni.

"No, no, no.. Ti conviene stare fermo dove sei e lasciare fare a noi adulti, mezza checca. Non vorrei mai che ti facessi male. Potresti rovinare quel bel faccino che ti ritrovi.. " e a un suo cenno il suo compare immobilizzò Jared con un braccio intorno al collo e puntandogli la pistola alla nuca. Jared si irrigidì immediatamente ma con gli occhi ancora pieni di rancore.

"Lascialo fuori da questa storia.."supplicò urlando Caroline.

Jeff perse la pazienza e prese Caroline per la gola. Era talmente grosso che riusciva ad alzarla da terra senza il minimo sforzo.

"Sentimi bene, puttanella. Hai tempo fino a domani sera alle otto per procurati quello che ci devi. Altrimenti rimpiangerai di non averti ammazzato qui e adesso.  D'accordo?" le urlò in faccia.

Caroline si divincolava sotto la stretta dell'uomo e riuscì solo a fare un cenno con la testa. La testa le pulsava, il viso rigato dalle lacrime che gli annebbiavano la vista, respirare diventava sempre più difficile con la mano di quell'uomo che aumentava la stretta intorno  la sua gola.

"Non ho capito la risposta!"le urlò in faccia Jeff mentre le sbatteva la testa contro la porta dietro di lei.

"S-sì.." riuscì infine a dire con un filo di voce.

"Bene, vedo che ci siamo capiti.." disse lui lasciando la presa dalla sua gola e allontanandosi, mentre lei si afflosciava a terra. "Il tuo nuovo amichetto qui ti aiuterà sicuramente a tenere a mente l'impegno vero?"

L'uomo che tratteneva Jared lo liberò ma non prima di averlo avvertito con una ginocchiata nello stomaco e dopo averlo colpito con il calcio della pistola anche il ragazzo cadde a terra stordito.

I due uomini soddisfatti se ne andarono, sbattendo la porta dietro di loro.

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Capitolo 4
*** The struggle. Part II ***


Quando Jared si riprese ci mise un attimo a realizzare dov'era ma il dolore allo stomaco e alla tempia glielo riportarono subito alla memoria. Si alzò lentamente , si guardò intorno e si accorse di Caroline.

Si era accasciata a terra contro la porta, respirava a fatica e tossiva ancora per la mancanza d'aria.

"Stai bene?" le chiese lui preoccupato, buttando l'occhio verso la porta ogni tanto.

Lei lo guardò con gli occhi ancora lucidi. Tremava per la paura e la testa le doleva. Jared notò alcune macchie rosse sul legno chiaro della porta dietro di lei per cui le controllò la testa. Si era procurata un bel taglio sulla nuca dove Jeff l'aveva sbattuta contro la porta.

"Sanguini troppo, è meglio andare in ospedale."

"No.. Ti prego.." lo supplicò piagnucolando di nuovo lei. "Non voglio andarci" disse con un filo di voce.

"Ma guarda che sembra una cosa piuttosto seria."

"Lo so!" urlò lei disperata, forse riferendosi al taglio o alla situazione in cui erano finiti. "Cosa credi che mi stia divertendo? Ma farebbero troppe domande e non posso permetterlo.."
"In che casino ti sei cacciata?" chiese lui serio.

Caroline non riuscì a guardarlo in faccia. Era a disagio perché doveva ammettere a lui e a se stessa di essere nei guai, quando invece si era convinta di potersela cavare più facilmente.

"Mi devi una spiegazione. Per lo meno riuscirò a capire perché mi sono trovato con una pistola puntata alla testa." sbottò lui infastidito.

Caroline cercò di alzarsi e Jared la aiutò a sedersi sul divano, quando vide che la ragazza aveva difficoltà a stare in equilibrio.

Prese un asciugamano e glielo posò sulla nuca per tamponare il sangue. Non era certo un medico ma quel taglio non aveva per nulla un bell'aspetto e questo lo preoccupava.

"Hai ragione.." disse infine lei. "Te la meriti una spiegazione.."

Non sapeva da che parte cominciare, cercò di fare mente locale, sospirò e iniziò a parlare.

"C'è stato un periodo in cui non me la passavo molto bene e avevo bisogno di soldi in più per pagare le bollette e l'affitto e tutte le spese..  così ho chiesto un prestito a un collega. Solo che si è rivelato solo un intermediario e mi sono trovata in debito con questo signor Cox. Puoi immaginare che tipo sia.."

"Uno strozzino.." concluse lui.

"Esatto. In pratica il debito è aumentato di non so quanto, con tutti gli interessi e ogni volta che chiedo più tempo, loro chiedono più soldi.."

La ragazza crollò, si portò le mani al viso e lacrime amare iniziarono a scendere silenziose.

"Oddio.."

Jared non sapeva cosa fare. Una cosa del genere non gli era mai capitata. Sapeva però che avrebbe cercato di aiutare quella ragazza come poteva.  Le circondò le spalle con le braccia e la strinse a sé. Rimasero così, l'una al sicuro tra le braccia dell'altro.

Due estranei legati ormai dal filo sottile di chi vive le stesse terribili angosce e può solo aggrapparsi a coloro che possono comprendere.

"Mi dispiace.."

"Di cosa..?" chiese lui sorpreso.

"Di averti messo in mezzo. Di tutto questo." Lui non disse niente. Stranamente, in quel momento, non riusciva a trovare le parole.

Caroline stremata si addormentò sul petto di Jared, tra le sue braccia. Lui decise di portarla nel letto, per farla dormire più comoda. La guardò muoversi, rannicchiandosi in posizione fetale, come per proteggersi dal mondo e la coprì con una coperta. Cominciò a camminare avanti e indietro per l'appartamento cercando di schiarirsi le idee. Era chiaro cosa doveva fare, la cosa più semplice era andare alla polizia, ma capiva la reticenza di lei. Faranno qualcosa di concreto lì o dovremo sempre guardarci le spalle da questi tizi?

Sperava ardentemente che non avessero capito chi fosse, altrimenti sarebbe stato un disastro.

Si buttò sul divano esausto, dopo aver raccolto il telefono rimasto sul pavimento. Era troppo agitato per dormire e troppi pensieri lo tenevano occupato. Sperò di distrarsi leggendo qualche email ma la stanchezza ebbe il sopravvento e si addormentò.

Fu svegliato qualche ora dopo da rumori nella camera da letto. Rizzò le orecchie con il cuore in gola. La porta l'aveva chiusa bene, sebbene la serratura fosse saltata. Era ancora chiusa.

Sentì dell'acqua scorrere dal bagno e andò a vedere. Caroline era lì che cercava qualcosa nell'armadietto mentre con l'altra mano cercava di lavarsi i grumi di sangue rimasti tra i capelli. Era ancora scossa e sembrava non reggersi bene in piedi.

"Ti serve aiuto?" Le chiese piano.

Lei trasalì spaventata. Non l'aveva sentito arrivare e aveva ancora i nervi a fior di pelle.

Tirò un sospiro di sollievo quando capì che si trattava di Jared. Cercava un antidolorifico, un'aspirina o qualcosa per alleviare il dolore.

"Questa testa mi fa impazzire, non riesco a dormire. Sento pulsare tutto il cervello.."

Jared fece una smorfia immaginandosi cervella smembrate e pulsanti. Trovò nel mobiletto degli antidolorifici e  le porse il boccettino.

Con mani tremanti Caroline cercò di riempire il bicchiere d'acqua. L'avrebbe rovesciato o fatto cadere a terra se Jared non avesse preso le sue mani tra le proprie e tenuto fermo il bicchiere.

La ragazza lo guardò, riconoscente e mandò giù un paio di pillole, senza pensarci troppo. "Grazie" sussurrò ancora scossa dal contatto con le sue mani.

Caroline tornò in camera, seguita dal lui. Si sedette sul letto e non disse nulla per diversi minuti.

Jared non sapeva come comportarsi. Adesso che il pericolo sembrava passato si era creato un certo imbarazzo tra di loro. Poteva andarsene da lì ma si rese conto che non voleva lasciarla sola.

"Forse è meglio che torni a dormire. Ti farà bene riposare ancora un po' .." disse lui mentre si avviava fuori dalla stanza.

"Non andare via.. Ti prego.." lo supplicò la ragazza.

"Non me ne vado. Sono qui sul divano se hai bisogno." la rassicurò lui serio indicando l'altra stanza.

"No.." sussurrò lei.

"Come? Che vuol dire no?" chiese lui, preso in contropiede.

"No.. Cioè.. Resta qui. Puoi.. Puoi dormire qui con me?" chiese lei indicando il letto su cui si trovava.

Non era una domanda, sembrava una vera e propria supplica e dopo aver guardato in quegli occhi così spauriti e imploranti Jared non poté far altro che annuire.

Sentivano entrambi una certa tensione quando lui si sdraiò sull'altro lato del letto. Imbarazzo forse. O aspettativa.

Lei si girò di lato dandogli le spalle e lui rimase a guardare il soffitto, perso nei suoi pensieri, finché non sentì il respiro regolare della ragazza.

Allora si girò verso di lei e si mise ad osservarla. Allungò una mano e le accarezzò la spalla, il braccio, fino ad arrivare al fianco . La pelle era liscia sotto il suo tocco e si trovò a pensare che peccato fosse non averla incontrata in un'altra situazione.

Con quel pensiero in testa si addormentò esausto alle prime luci dell'alba.

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Capitolo 5
*** Escape ***


Si alzarono di scatto entrambi quando sentirono bussare pesantemente alla porta.

I due si scambiarono uno sguardo preoccupato sperando di non dover ripetere l'esperienza della sera prima.

Era ormai giorno, la luce entrava prepotente nell'appartamento portando via leggermente quel senso di oppressione che era rimasto impregnato in ogni angolo, dopo l'aggressione della sera prima.

"Resta qui." sussurrò Jared e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. I colpi alla porta si fecero sempre più insistenti.

Si avvicinò silenziosamente e guardò dallo spioncino senza far rumore.

Tirò un sospiro di sollievo quando intravide la vecchia signora Wilcot con un espressione corrucciata.

Aprì piano la porta cigolante e la signora iniziò subito a lamentarsi del fatto che era rimasta più di dieci minuti a bussare alla porta.

"Buongiorno signora, mi dispiace averla fatta aspettare. Cosa posso fare per lei?"

La signora sembrò calmarsi davanti alla cordialità del ragazzo. Ma continuava a guardarlo torvo.

"Vi volevo ricordare che il portone è ancora nelle stesse condizioni in cui l'avete lasciato ieri. È una seccatura dover aprire continuamente a tutti e spiegare l'accaduto a ogni inquilino del palazzo. Vi consiglio di pensarci al più presto!" sentenziò acida.

"Ha perfettamente ragione signora Wilcot. Non abbiamo ancora avuto tempo di chiamare qualcuno ma lo faremo immediatamente. Ha la mia parola!"

La signora guardò ancora Jared con aria arcigna e quando sembrò convinta delle sue parole salutò e se ne andò borbottando.

Jared richiuse subito la porta e non riuscì a trattenersi dal sogghignare per la faccia tosta della vicina di casa.

Si sentiva sollevato e con cuore nettamente più leggero si diede da fare per far sistemare il portone. Non era certo compito suo, ma si sentiva obbligato a fare qualcosa, soprattutto dopo quello che Caroline gli aveva rivelato la sera prima.

Dopo aver contattato un tecnico e aver pagato in anticipo, decise di preparare del caffè. Si diresse poi verso la camera, notando che Caroline non ne era ancora uscita. Magari non aveva capito che non c'era alcun pericolo.

Entrò nella stanza ma il letto era vuoto e la ragazza non si vedeva da nessuna parte. Pensò che fosse in bagno ma la luce era spenta.

Chiamò la ragazza ma non ebbe risposta. Guardò anche fuori dalla finestra chiedendosi se per caso ci fosse un altro modo per uscire ma niente. Nessuna scala antincendio. Dopo diversi istanti, in cui arrivò a pensare al peggio, sentì un lamento.

Sembrava provenire dal bagno e si avvicinò. Accese la luce e cercando con lo sguardo la direzione di quei rumori la vide. Caroline era rannicchiata in un angolo, con la testa tra le gambe e le mani strette intorno alle braccia. Sembrava terrorizzata e si dondolava leggermente, come per rassicurarsi.

Jared non aveva idea che si fosse terrorizzata a tal punto e si sentì spiazzato. Probabilmente quei rumori alla porta le avevano riportato alla mente  la visita sgradita e la violenza della sera prima.

"Ehi, tranquilla. Va tutto bene." disse lui inginocchiandosi e poggiandole una mano sul braccio.

Lei smise di muoversi e alzò lo sguardo di scatto. Sembrava accorgersi ora della presenza del ragazzo e lo guardò con uno sguardo vuoto. Appena si rese conto di quello che aveva detto gli gettò le braccia al collo tremando come una foglia.

Lui fu preso alla sprovvista ma ricambiò l'abbraccio e le cinse la vita con le braccia.

Caroline iniziò a singhiozzare e una profonda rabbia iniziò a crescere, sempre più violenta, in Jared che la teneva saldamente , cercando di consolarla.

Non poteva permettere che tutto quel casino la riducesse in quello stato. Era una visione straziante. Doveva fare qualcosa per aiutarla.

"Senti. Ce ne andiamo da qui, ok?"

Lei si staccò leggermente e lo guardò.

"Andiamo da qualche altra parte per il momento, poi decidiamo cosa fare. Dobbiamo andare in un posto più tranquillo e sicuro."

"Ho una casa sulla spiaggia, è piuttosto isolata. Ed è ben protetta."

Lei senza dire niente annuì, grata per quell'idea rassicurante.

Si alzarono e velocemente si prepararono per uscire. In un attimo furono in macchina e Jared partì velocemente, sperando di non essere seguito.

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Capitolo 6
*** Pain ***


Jared decise di fare un giro tortuoso per arrivare alla casa di Malibu, così se qualche macchina lo stava seguendo l'avrebbe notata. O almeno così sperava.

Ogni tanto dava un'occhiata a Caroline, la ragazza non diceva una parola e diventava sempre più pallida.

"Tutto ok?" le chiese preoccupato. Lei annuì appena, fissando in silenzio le strade di Los Angeles.

Forse il colpo che aveva preso era più serio di quanto pensasse. Lei aveva preferito coprire tutto con un berretto piuttosto che farsi vedere da un medico  e quando lei si voltò a guardare fuori dal finestrino, Jared notò una macchia di sangue sul tessuto del copricapo.

Non dissero più nulla, nemmeno quando arrivarono all'abitazione. Era la classica casa sul mare californiana, affacciata direttamente sulla spiaggia.

Era piuttosto essenziale, sia nella costruzione che nell'arredamento moderno.

Entrati in casa Jared la fece accomodare sul divano e le portò dell'acqua da bere. Non ci passava molto tempo in quella casa, quindi era proprio senza provviste.

Dopo un attimo in cui rimasero seduti in silenzio Jared non riuscì più a trattenersi.

"Dovresti davvero andare in ospedale. Sei pallida come un lenzuolo.."

Tutta la calma che Caroline sembrava aver riacquisito sparì e oltre all'espressione sofferente  comparve di nuovo quello sguardo terrorizzato.

Era come se quell'idea la terrorizzasse, ancora di più che avere a che fare con quei malviventi.

"N.. No.." disse scuotendo la testa. Forse troppo velocemente perché dovette appoggiarsi al divano e chiudere gli occhi. La testa girava e un senso di nausea cominciava a farsi sentire.

"Cazzo! Ma mi spieghi che problemi hai con l'andare in ospedale? Che potrebbe mai succedere? Nulla! Anzi, ti potrebbero aiutare a risolvere tutto.."

Lei rimase in silenzio, sentendosi attaccata anche dall'unica persona che le aveva dato un po' di conforto.

Abbassò lo sguardo, non riusciva a darsi nemmeno lei una spiegazione, ma sentiva che non voleva farsi trovare in un posto così esposto.

Voleva solo stare lontano da tutto e da tutti. Tranne che da lui.

Per un po' rimasero di nuovo in silenzio, lei con lo sguardo a terra e lui con lo sguardo su di lei.

Di nuovo Jared non riuscì a trattenersi e si alzò dal divano, come una molla scattata.

"Allora non vedo altra soluzione che.."

Il telefono  nella tasca di Jared cominciò a suonare e interruppe quello che stava dicendo.

Osservò per un attimo quell'oggetto che suonava tra le sue mani, chiedendosi se era il caso di non rispondere ma cambiò idea.

"Scusami un attimo, devo proprio prendere questa chiamata.." e si allontanò rispondendo al telefono.

Lei lo guardò allontanarsi  e uscire dalla porta a vetri che dava sull'esterno. Lo osservò mentre parlava al telefono, continuava a passarsi una mano nei capelli, si notava che era turbato. Si sentì così in colpa per quello che gli stava facendo passare. Forse doveva solo andarsene via e lasciarlo in pace. Ma avrebbe avuto la certezza che non se la sarebbero presa con lui? Inorridì solo al pensiero.

Aveva una dannata paura di tutto e non sapeva da che parte girarsi, cosa fare per togliersi da quel pantano in cui stava sprofondando, trascinando Jared con lei.

Si accorse all'improvviso che lo aveva fissato per tutto il tempo e ora anche lui, mentre parlava al telefono, ricambiò il suo sguardo.

Lui fece un cenno di sorriso e si voltò tranquillo a finire la chiamata.

Caroline non capì come mai ma si sentì imbarazzata da quel contatto visivo. Si sentì avvampare e ringraziò il cielo che lui si era già girato e non aveva notato la sua faccia color peperone. L'avrebbe scambiata per una ragazzina alla prima cotta e decisamente non era quello che lei sentiva.

Quando Jared tornò in casa sembrava più tranquillo e ricominciò da dove aveva interrotto.

"Perdona l'attesa. Già che ero fuori ho pensato di chiamare il mio medico, come stavo per dirti prima che il telefono suonasse.."

"Non era necessario!" lo interruppe lei. "Davvero. Mi sento bene, non voglio andare da un dottore.."

"Infatti non ci vai. Sta venendo qui lui."

Caroline era senza parole. Anche perché non aveva più scusanti per evitare l'inevitabile. Sospirò rassegnata e si sedette di nuovo sul divano.

"Senti qui non ho molto, ma forse riesco a preparare un caffè, ti va?"

Annuì e lo seguì in cucina. Sovrappensiero si ritrovò dietro di lui mentre Jared stava riempiendo d'acqua la macchinetta e quando lui si girò si ritrovarono più vicini di quanto lei sospettasse, quasi scontrandosi.

Qualcosa scattò. Dopo un attimo in cui i loro sguardi si incrociarono, i loro respiri vicini, troppo vicini, Caroline si ritrasse velocemente.

"S.. scusa! Ero sovrappensiero.." disse lei balbettando e dandogli le spalle, per non fargli notare il volto ormai arrossito.

"Non ti avevo sentita, pensavo fossi rimasta di là.. sul divano.." disse lui sorridendo, vedendo la reazione della ragazza.

Dopotutto qualche reazione riusciva a suscitare in quella ragazza, pensò Jared. Non gli era poi così indifferente. Ne fu contento ma si rese conto di non volere questo da lei. E nemmeno lei avrebbe voluto.

"Sì, forse è meglio che torni di là.." disse lei agitata.

Caroline tornò in sala e si gettò sul divano, maledicendosi per quelle reazioni che non riusciva a controllare. Si sentiva una stupida, e anche Jared avrebbe pensato lo stesso di lei. Si sentiva confusa, non riusciva a decifrare quello che sentiva quando stava così vicino a lui. Sentiva crescere qualcosa di diverso.  Riconoscenza, certo. Gratitudine. E sicurezza. Ma allora perché sentiva il cuore battere all'impazzata quando si trovava più vicino del solito? Non poteva credere che anche in quella situazione riuscisse a sentirsi attratta da qualcuno. Jared era un bel ragazzo, doveva ammetterlo, ma tutto questo era decisamente fuori luogo. Scosse la testa, cercando di lasciarsi scivolare via quei pensieri  inappropriati.

Sperava solo di cancellare tutto quello che era successo nelle ultime ore, ma si rese conto che era solo un modo per scappare dalla realtà.

Quando Jared tornò con una tazza di caffè fumante per lei, Caroline cercò di evitare in ogni modo il suo sguardo e ogni possibile contatto così da non rischiare di fare ulteriori figure imbarazzanti. 

Andò avanti così, sorseggiando il caffè finché il dottore arrivò ed entrambi poterono concentrarsi su qualcosa d'altro.

Jared spiegò a grandi linee la situazione e confidò nella discrezione del suo dottore, come accadeva solitamente quando veniva chiamato.

Era uno di quei medici per ricchi, con enormi competenze ed agente fitte di impegni con clienti facoltosi e desiderosi di privacy.

"Il taglio è molto profondo. A lasciarlo così non si rimarginerà mai. Devo metterci qualche punto.."

Caroline impallidì ancora di più, se questo era possibile. Già solo l'idea di avere un taglio gigantesco in testa la nauseava, sapere cosa aveva intenzione di fare quel dottore la spaventava a morte.

"Ma qui? Cioè è sicuro? Non è pericoloso?" piagnucolò Caroline.

"Non si preoccupi signorina. Sono un professionista e farò il possibile nelle condizioni in cui sono costretto ad operare.. Sicuramente è molto più pericoloso lasciarle la testa in quello stato."

Caroline si rassegnò, guardò Jared sospirando, mentre lui aveva ancora quello sguardo eloquente di chi sa di avere ragione.

"Devo rasare la cute intorno al taglio, qualche problema?"

Caroline non riusciva a crederci ma di nuovo il sopracciglio alzato di Jared le ricordava che quella situazione se l'era cercata lei.

"D'accordo.. Nessun problema.." si rassegnò Caroline.

Mentre il dottore cercava di essere meno rude possibile, Jared si mise davanti alla ragazza. Sia per ricordarle quanto fosse stupida la cosa, sia per darle conforto, se ne avesse avuto bisogno.

"Devo essere sincero.. Qui con me ho solo una piccola quantità di anestetico, quindi un po' di fastidio potrebbe comunque sentirlo.."

"Che cosa?" urlò con voce strozzata lei. Si girò a guardare il dottore e poi Jared che la guardava di nuovo con quello sguardo di rimprovero.

"Dovrei farmi cucire la testa a secco? NO!"

"Non si deve agitare. So che può spaventare l'idea. L'anestetico è poco, certo, ma un minimo torpore lo darà sicuramente. Davvero, può resistere benissimo per quei pochi punti che devo dare. Avremmo già finito nel tempo di questa nostra discussione.."

Caroline sbarrò gli occhi e cercò comprensione in quelli di Jared che scosse la testa con un ghigno.

"Lo trovi divertente vero?" sbuffò lei.

"Sì infatti, ma ti stai facendo dei problemi per nulla. Sentirai poco o niente.." disse lui sorridendo.

"Ok, facciamo presto allora.." disse lei di getto, pentendosi subito di quanto aveva appena detto.

Il dottore le iniettò quell'antidolorifico direttamente vicino al taglio, mentre lei tratteneva il respiro. Le siringhe le avevano sempre dato terrore e nausea.

"Pronta?" chiese alla fine il dottore già in posizione.

Caroline fece cenno con la testa e guardava terrorizzata Jared davanti a sé, sentiva già le lacrime pungere negli occhi e non aveva ancora cominciato! Era sempre stata una fifona, non era mai riuscita a sopportare il dolore e quando l'ago infilò la carne si portò una mano tra i denti, sperando che mordendosi le nocche poteva in qualche modo evitare di pensare a quel fastidio. Chiuse gli occhi ma le lacrime di frustrazione continuavano a scendere.

Jared lì davanti a lei non riusciva a sopportare quella vista e si voltò dall'altro lato. Ma i lamenti soffocati della ragazza ebbero il sopravvento e decise di prenderle la mano e stringendola forte tra le sue. Lei si aggrappò a lui e strinse a sua volta con tutta la forza che aveva per sfogare tutta la sua paura e  il suo dolore.

In un paio di minuti comunque era tutto finito.

"Visto, era più facile a farsi che ha dirsi. È stato così doloroso?" chiese il dottore.

"No.." disse lei con un filo di voce.

"Vi lascio qualche antidolorifico, per ogni evenienza." concluse sorridendo.

Il dottore raccolse le sue cose, e come era arrivato se ne andò, ringraziato da Jared che lo aveva accompagnato alla porta.

Quando tornò Caroline era ancora nella stessa posizione, tremante e con il volto tra le mani.

"Bene signorina, ora è tutto risolto." disse Jared sedendosi in parte a lei sul divano.

Era meglio alleggerire un po' la tensione che si era accumulata durante tutta la mattina.

"No, tutto no.." disse lei senza togliere le mani dal viso.

"Però almeno adesso non morirai dissanguata sul mio divano."rise lui. "Ti ha fatto male il dottore cattivo?" disse lui con la bocca imbronciata.

Lei rise leggermente, abbassò le mani e lo guardò. Aveva ancora il broncio, prendendola in giro per la sua debolezza.

"No, non ho sentito proprio nulla.." disse lei rispondendo alla sua presa in giro e facendo la sostenuta.

"Oh, sì certo. Dillo alla mia povera mano stritolata!" rise Jared alzando la mano e facendola penzolare come fosse senza vita.

Caroline fece l'offesa incrociando le braccia e Jared continuò a ridere sempre più divertito.

"Ridi, ridi. Ma guarda te, che insensibile buffone.."

"Scusa, non te la prendere ma devi ammettere che è una cosa ridicola!"

"Non è assolutamente ridicolo! In ospedale mi avrebbero imbottito di anestetici certo! Non avrei sentito nulla. Ma poi chi mi dice che sarei stata abbastanza vigile per scappare se qualcuno fosse venuto a cercarmi!" disse tutto d'un fiato senza sapere bene il motivo di quello sfogo e ammutolendo appena realizzò quello che aveva detto.

Jared smise di ridere e la guardò. Non si aspettava di sentire quelle parole. In fin dei conti lei aveva solo paura! E come poteva dargli torto. Ma tutto quel terrore sembrava avere qualcosa di paranoico.

"Non c'è più motivo di pensarci. Ora sei a posto." disse lui alzandosi e allontanandosi verso la vetrata.

Era rimasto turbato certo, ma non voleva aumentare la tensione che c'era nell'aria.

"Forse è meglio che riposi un po', riprendiamo il discorso più tardi." suggerì alla fine girandosi verso di lei.

"D'accordo. Hai una coperta?" chiese Caroline, guardandosi attorno.

"Ma non ti faccio certo dormire sul divano. Di sopra ci sono le camere, con tutte le coperte, i cuscini e le lenzuola che vuoi, perfino delle meravigliose tende che oscurano la luce di troppo." ammiccò lui, incamminandosi sulle scale.

"D'accordo. Va bene." disse lei incerta, seguendolo al piano superiore.

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Capitolo 7
*** Mistakes ***


Caroline si svegliò dopo qualche ora. Si sentiva molto meglio dopo che era praticamente caduta addormentata sul letto che Jared le aveva mostrato, senza nemmeno togliersi i vestiti.

Si alzò piano, per non rischiare giramenti di testa ma non accadde nulla. Sentiva solo un formicolio nella zona dove si trovavano i punti.

Rabbrividì al ricordo di quel macellaio sadico che le aveva fatto un ricamo sulla testa.

Sbadigliò senza trattenersi e si guardò intorno. Nessun rumore di Jared, silenzio anche nel resto della casa.

Si avvicinò alla finestra per guardare il panorama. Da quel punto si poteva vedere il mare in tutta la sua interezza, senza ostacoli alla vista. Una vista da levare il fiato, senza dubbio. Non si vedeva altro, solo sabbia e mare fino a dove l'occhio poteva arrivare.

Che bel posticino che si era trovato Jared, pensò. Si rese conto di non sapere nulla di quell'uomo che la stava aiutando così tanto e nell'agitazione di quanto era successo non aveva nemmeno avuto modo di ringraziarlo.

Si domandò dove fosse lui e cosa stesse facendo e tornò al piano di sotto. Non lo vide in salotto e si spostò in cucina, non era nemmeno lì.

Non sapeva cosa fare, si sentiva in imbarazzo in quella casa così grande e vuota finché non notò un biglietto sul piano della cucina, e si avvicinò. Era di Jared che avvisava che sarebbe tornato presto. Quindi se n'era proprio andato, l'aveva lasciata sola. Provò un irrazionale senso di panico nel sapere che era sola in quella casa. Si guardò intorno allarmata ma si distrasse subito quando sentì lo stomaco brontolare. Era affamata, non mangiava dalla sera prima e andare avanti a caffè non aiutava. Cercò in ogni armadietto della cucina, ma a parte qualche confezione di anacardi non trovò nulla di commestibile. Avrebbe potuto ordinare qualcosa a domicilio, ma non sapeva assolutamente in che zona di Los Angeles si trovasse quella casa. Sospirò, rassegnandosi a dover aspettare Jared.

Decise di uscire ed andare in spiaggia per distrarsi e non pensare alla sua fame opprimente.

Appena uscì si accorse che il tempo era migliorato. Non c'era più traccia del cielo grigio e cupo della sera prima e anche la temperatura era decisamente aumentata. Faceva addirittura piuttosto caldo per essere novembre.

Questo tempo non è normale, ma che sta succedendo? Forse siamo finiti in un universo parallelo e non lo sappiamo nemmeno, pensò la ragazza.

Il rumore delle onde era così invitante che Caroline non riuscì a trattenersi. Si guardò intorno notando che non c'era anima viva quindi si tolse i vestiti restando in intimo e si tuffò in mare senza pensarci sopra. Avrebbe fatto meglio però a rifletterci qualche istante di più.

Non appena riemerse dall'acqua si rese conto che era delle cose più stupide che avesse mai fatto. La ferita cominciò a bruciare a contatto con il sale e l'acqua non era poi così calda come aveva immaginato, anzi decisamente pungente. Si maledisse per la stupidità con cui faceva le cose senza pensare, a volte.

Uscì di fretta dall'acqua e, raccolti i vestiti, tornò di corsa alla casa. Dopo un attimo di esitazione sulla porta si diresse al piano di sopra, dove aveva notato un bagno vicino alla camera in cui aveva dormito, lasciando dietro di sé impronte bagnate dei suoi piedi.

Aprì l'acqua calda della doccia e ci si gettò sotto. Aveva trattenuto il respiro per tutto il tempo a causa del freddo e finalmente riuscì a riempirsi i polmoni di aria. Cercò di rilassarsi e godersi quel tepore ma la frustrazione e l'angoscia non la lasciava in pace. Tornava continuamente alla mente e la tormentava, come un tarlo che rosicchia piano ma inesorabile.

Uscì di fretta dalla doccia e si asciugò velocemente, tentando di pensare ad altro. Voleva vedere se Jared fosse finalmente  tornato e parlare con lui. Magari poteva suggerirle in che modo comportarsi, darle qualche consiglio per poter uscire da quel casino. Sembrava che riuscisse a trovare la risposta ad ogni suo problema e con una facilità disarmante.

Mentre si vestiva diede un'occhiata veloce dalla finestra del bagno e vide muoversi un'ombra nel giardino. Tornò a guardare con maggior attenzione ma non vide più nulla.

Quel giardino era pieno di alberi, piante di ogni tipo, arbusti, cespugli. Era una fortezza naturale che proteggeva la casa dal resto del mondo e chissà quanti animali si nascondevano all'interno.

Uscì dal bagno e andò in camera dove aveva lasciato il cellulare prima di addormentarsi e si fermò di nuovo a contemplare la vista. Quello spettacolo era incredibile, ogni volta l'affascinava come se vedesse il mare per la prima volta. Con la coda dell'occhio vide nuovamente qualcosa muoversi nel giardino sotto di lei e cercò di focalizzare quell'ombra. Era difficile col riverbero del sole distinguere qualcosa nella penombra data dal fogliame fitto ma quanto mise a fuoco Caroline sembrò vedere la figura di un uomo.

Il respiro le si mozzò in gola, si allontanò dal vetro spaventata mentre sperava con ogni fibra del suo essere di aver visto male. Forse si era solo lasciata suggestionare. Forse vedeva pericoli anche dove non ce n'erano.

Si avvicinò alla porta che dava sul pianerottolo e si mise in ascolto, sperando di non sentire nessun rumore sospetto.

Dopo qualche istante sentì chiaramente la porta d'ingresso aprirsi e chiudersi poco dopo. Trattenne il respiro, aspettando di sentire qualche altro rumore.

"Caroline?"

 

Jared era in fondo alle scale che guardava Caroline immobile sul pianerottolo. Quando la chiamò curioso di sapere cosa stava combinando lei di mosse leggermente verso di lui e la faccia terrorizzata di poco prima lasciò il posto a un espressione di sollievo.

"Ah, sei tu.." disse lei.

"Certo, è casa mia. Chi dovrebbe essere?"

"Hai ragione scusa.."

Jared salì i primi gradini delle scale e mostrò alla ragazza le borse del cibo d'asporto che aveva con sé.

"Ho pensato che era ora di mangiare, mentre tornavo mi sono fermato a prendere qualcosa. C'è questo take away asiatico che è la fine del mondo. Ma.. Sei pallida da far schifo.. che hai visto, un fantasma? Vieni a mangiare." disse soddisfatto mentre si girava per scendere.

"No, mi ero solo spaventata."disse lei sollevata, sia per il cibo sia per avere di nuovo quel ragazzo vicino.

"Quando ti ho visto passare per il giardino non ti ho riconosciuto. Ho avuto una tale paura!" finì di spiegare, adesso si sentiva quasi ridicola per aver pensato chissà che cosa.

Jared si fermò sull'ultimo gradino e si girò verso di lei. Lo sguardo che aveva  la fece trasalire.

"Cosa ho detto?" chiese lei preoccupata.

"Io non sono passato per il giardino. Ho parcheggiato qui davanti e sono entrato da qui." spiegò indicando la porta d'entrata, esattamente dalla parte opposta al giardino.

Per un attimo entrambi trattennero il fiato, lei sbiancò di nuovo e cominciò a tremare.

"Cosa hai visto?" le chiese allarmato, abbassando la voce e prendendola per un braccio.

"Un.. Un'ombra, credo. Mentre ero in camera, di sopra. N.. Non so.." si interruppe, le parole le si bloccarono in gola.

Lui si mise una mano nei capelli nervoso e si guardò in giro. Da dove erano non potevano vedere il giardino, nè per fortuna essere visti.

"Andiamo di sopra.." le disse sussurrando ed entrarono nella sua camera da letto chiudendo la porta a chiave. Aveva bisogno di pensare e di un attimo per raccogliere le idee.

Si avvicinò lentamente alla finestra rimanendo dietro la tenda per non essere visto da qualsiasi cosa ci fosse là fuori.

"Dove hai visto l'ombra?" le chiese girandosi lentamente.

"Vicino a quella grande palma lì davanti a te, in parte al cancello."sussurrò lei avvicinandosi a lui ma restando lontana dalla finestra.

Jared guardò con attenzione ma non vide nulla. E tantomeno nessuno. Alzò le spalle e fece per voltarsi quando notò un movimento indefinito, proprio  nel punto che Caroline aveva detto. Jared arretrò maggiormente per nascondersi con più sicurezza e continuò a fissare quel punto.

Era proprio una persona, nascosta tra gli arbusti. Non di vedeva molto chiaramente il volto, forse era vestito di scuro per non farsi notare. E ci riusciva piuttosto bene. 

"C'è qualcuno lì sotto.."

"Un ladro..?" chiese lei.

Lui si girò verso la ragazza e scosse la testa. "Mai stati ladri qui.."

A Caroline gelò il sangue. Era possibile che quei tizi l'avessero davvero trovata?

Jared continuò a guardare fuori e si accorse di un'altra figura dalla parte opposta del giardino.

"Senti.." alzò la voce facendo quasi saltare Caroline per lo spavento. "Io chiamo la polizia. Non vedo altra soluzione.."

Lui la guardò, come per sincerarsi che non avesse obiezioni da fare e il suo sguardo non ammetteva repliche di alcun tipo. Lei abbassò lo sguardo e si prese il volto tra le mani.

"Ok, va bene. Chiama!"

Jared prese il telefono e chiamò il numero d'emergenza. Spiegò all'operatore la situazione mentre Caroline si sedette per terra contro il muro, distinguendo solo frammenti della conversazione.

"No, non lo so come siano entrati, era tutto chiuso quando sono andato via."

"L'allarme? Si ce l'ho. Dovrei scendere di sotto per attivarlo."

Il panico cominciava a crescere in Caroline. Aveva forse lasciato aperto il cancello mentre rientrava? Non se lo ricordava proprio. Aveva forse lasciato aperto anche la vetrata? Sarebbe stata una tragedia.

Jared si stava dirigendo verso la porta della camera per andare al piano di sotto ed attivare l'allarme ma lei lo fermò.

"Aspetta!" lo pregò allarmata.

"Cosa diavolo c'è? Devo fare in fretta!" le sibilò lui.

"Forse.."

"Cosa?" sibilò tra i denti visibilmente spazientito.

"Credo di aver lasciato aperto la porta che dà sul giardino.." confessò infine con un filo di voce.

Jared restò a bocca aperta, trattenendo in gola parole di cui si sarebbe pentito e la guardò con uno sguardo così infuriato che per poco Caroline non si mise a piangere.

"Perdonami, io non.."

"Come non detto, sono rimaste  delle porte aperte al piano di sotto, l'allarme non può essere inserito.." disse parlando al telefono e allontanandosi dalla porta.

"Sì, noi siamo chiusi al piano di sopra, che dovremmo fare adesso? D'accordo, va bene.."

Jared abbassò il telefono senza chiudere la chiamata e guardò Caroline immobile contro il muro. Sentì chiaramente dei passi al piano terra ma non era sicuro se fossero all'interno o all'esterno della casa e si bloccò. Si portò un dito alla bocca per invitare la ragazza a non dire nulla e le fece cenno di avvicinarsi a lui, che si trovava vicino al bagno. Caroline era paralizzata dal terrore mentre fissava la porta e non riusciva a muoversi.

Jared vide di nuovo i suoi occhi spegnersi per la paura e le si avvicinò, sperando che dal piano di sotto non si sentissero i loro passi. Le pose un braccio dietro la schiena e gentilmente la spinse e l'accompagnò verso il bagno. Ultimamente i bagni sembravano i posti più sicuri della terra.

Aspettarono lì per diverso tempo. Non sentivano nessun rumore provenire dal piano di sotto. Jared ogni tanto chiedeva aggiornamenti al telefono ma ripetevano sempre la stessa cosa.

"Rimanete lì, appena sappiamo qualcosa vi aggiorniamo.."

Era frustante. Erano intrappolati in quel piccolo spazio senza sapere cosa succedeva all'esterno, come dei topi in gabbia.

Jared non riusciva a stare fermo, si muoveva da una parte all'altra sapendo tuttavia che ogni rumore avrebbe potuto farli scoprire e questo lo innervosiva ancora di più.

Caroline lo guardava sconsolata sentendosi colpevole per quella situazione che non sembrava finire mai.

Quando finalmente la ragazza si avvicinò a Jared per dire qualcosa furono attirati da alcuni rumori concitati provenienti da sotto. Non si capiva cosa stesse succedendo. Urla, passi, rumori indefiniti. Poi uno sparo. Si bloccarono entrambi, pietrificati, e si guardarono. Jared portò il telefono all'orecchio per capire cosa diceva la voce dall'altra parte del filo. Rimasero ancora in ascolto trattenendo il fiato, poi quando i rumori si furono smorzati Jared corse fuori dalla stanza sbattendo la porta e lasciando di nuovo Caroline da sola, a chiedersi cosa sarebbe successo stavolta.

Lei aveva troppa paura per uscire anche solo dal bagno. Dopo qualche minuto, di assoluto silenzio, che sembrò interminabile sentì dei colpi alla porta.

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Capitolo 8
*** Savior ***


"Signorina, è lì? Sono della polizia. Può uscire adesso."

Caroline era ancora scettica ma si avvicinò alla porta e l'aprì lentamente. Fuori si trovava un agente in divisa che la tranquillizzò e la accompagnò al piano di sotto.

Quando scese, la scena era da film poliziesco. Agenti ovunque che andavano e venivano tra la casa e il giardino, medici che passavano da una parte all'altra per controllare la situazione. Infine vide Jared, insieme a un tizio che sembrava dirigere tutto quel balletto. Stavano parlando e Jared come sempre quando era nervoso si stava passando una mano nei capelli.

Jared si accorse di lei e le dedicò un sorriso piuttosto sollevato. Anche l'altro uomo la notò e le fece cenno di avvicinarsi.

Mentre era ormai a un passo da loro passarono davanti a lei dei medici che portavano un uomo su una barella. Quello sparo avrà colpito qualcuno? Le passarono in parte e fece un balzo spaventata quando si accorse che l'uomo ferito era Jeff, privo di sensi.

"Signorina.."  l'uomo che parlava con Jared si avvicinò a lei incuriosito.

Caroline sapeva già che cosa le avrebbe chiesto e cercava di farsi venire una buona scusa per la sua reazione.

"Salve sono il detective Burton della divisione crimine organizzato.." disse l'uomo porgendole la mano.

"Caroline.. Caroline Lynch.." rispose titubante, ricambiando il saluto.

"Bene signorina Lynch, come stavo spiegando al signor Leto.." disse indicando Jared. Caroline si voltò verso di lui, era la prima volta che sentiva il suo cognome, e sebbene non le sembrava per nulla famigliare la incuriosiva parecchio. Leto, che strano cognome! Lui sostenne il suo sguardo, come per decifrare se lei aveva capito chi fosse ma si accorse che l'espressione di lei non era cambiata. O recitava bene, o davvero non sapeva chi lui fosse. Di sicuro sembrava non importarle.

Caroline tornò a guardare il detective proprio nel momento in cui le stava chiedendo come mai si fosse spaventata nel vedere quell'uomo.

Ecco, quella domanda. Non era pronta a dire la verità ma non aveva nemmeno una scusa credibile.

"M.. Mi ha spaventato vedere un uomo ferito, credo.." fu la prima cosa che le venne in mente.

L'uomo la guardò qualche secondo studiandola e non fu minimamente convinto da quella spiegazione.

"Vede signorina, sembrava piuttosto che lei conoscesse quell'uomo e non era felice di vederlo qui." si fermò, studiando di nuovo la reazione della ragazza.

"Comunque, come accennavo al signor Leto, abbiamo preso i due uomini che cercavano di introdursi in casa."

"Sembra sia stato tutto piuttosto veloce .." chiese sorpreso Jared.

"È curioso che lei lo dica. In effetti se fossero stati due comuni ladri la mia divisione non sarebbe qui.."

Caroline cominciava ad agitarsi. Sapevano già chi erano? Non ci avrebbero messo molto a capire che c'era di mezzo anche lei.

"Questi due incapaci fanno parte di una potente organizzazione criminale che fa affari in tutto il mondo tramite contrabbando, spaccio di stupefacenti e prostituzione. A capo di tutto questo c'è un certo Mister Cox, che riesce sempre a sfuggirci come un'anguilla. Sono anni che li controlliamo con agenti infiltrati in ogni cellula per avere la certezza di beccarli tutti, dal primo all'ultimo e ci stiamo quasi riuscendo."

Jared allarmato da quelle nuove informazioni si voltò verso Caroline che era tornata bianca come un cadavere. Probabilmente non si era resa conto del casino in cui si era cacciata. Non aveva realizzato quanto pericoloso sarebbe stato se lui non fosse stato lì la sera prima o la polizia non fosse arrivata in tempo quella mattina.

Non voleva nemmeno immaginare cosa avrebbe significato per lui immischiarsi con gente del genere. Sarebbe stata la sua rovina.

Sentì un senso di rancore crescere nei confronti della ragazza, ma sapeva in fondo che non poteva dare a lei tutta la colpa. Era solo il caso, e tutta una serie di piccole coincidenze che avevano fatto la differenza.

"Voi come ci siete finiti in mezzo?" chiese secco il signor Burton a entrambi.

"Non lo so.." rispose sincero Jared allargando le braccia. Non voleva essere lui a spiegare quello che Caroline cercava di nascondere.

"Voi due siete..? Fidanzati?"

"No.. Assolutamente.." continuò irritato Jared, vedendo che la ragazza non intendeva aprir bocca. "Ci siamo conosciuti ieri sera.." ammise.

Dopo qualche istante di silenzio Caroline finalmente si decise. "Stavano cercando me.. Credo.."

Il detective la guardò incuriosito, ma non disse nulla.

"Mi sono trovata ad avere un debito con loro piuttosto importante.." Caroline continuava a guardare per terra.

"Ieri sera.. Jared mi ha aiutata dopo che Jeff mi ha minacciata fuori da un locale, in centro, ed era sempre con me quanto sono venuti a casa mia, per minacciarmi di nuovo."

Caroline riuscì solo a dare un'occhiata a Jared mentre parlava. Il senso di colpa era però troppo forte per reggere lo sguardo del ragazzo, sebbene  appariva meno contrariato.

"È stato coinvolto per colpa mia. Mi ha ospitato qui perché pensava fosse sicuro. Non so come abbiano fatto a trovarci.." crollò infine sul divano coprendosi le lacrime che uscivano incontrollate.

Jared senza dire nulla si sedette al suo fianco e le carezzò la schiena per calmarla. Si rivolse al detective che aveva ascoltato in silenzio annuendo di tanto in tanto.

"Ora è tutto finito. Li avete presi, no?"

"Abbiamo preso questi due, ma non è tutta l'organizzazione. Il problema adesso è capire se abbiano riferito qualcosa a chi stava più in alto di loro e che cosa abbiano riferito. Sarà un bel problema se qualcun altro vi sta cercando, soprattutto per lei signor Leto." detto questo si scusò e si allontanò per rispondere a una chiamata.

Caroline guardò incuriosita Jared e lo studiò qualche istante mentre lui toglieva il braccio dalle sue spalle.

"Come mai dovresti avere più problemi di me? Che voleva dire?" chiese confusa asciugandosi le guance umide.

Jared si grattò il mento stranamente imbarazzato. Davvero lei non sapeva chi fosse? Il suo ego ne fu spiazzato, una sensazione inusuale per lui. Per cui per la prima volta si ritrovò a spiegare a una perfetta sconosciuta chi fosse, sperando di non sembrare la solita star accondiscendente che dall'alto del suo piedistallo cercava di spiegare quello che il resto del mondo già sapeva.

"Probabilmente per via del fatto che sono piuttosto conosciuto.."

"Conosciuto? Ma chi sei?"

Jared non riuscì a trattenere una risata. Il suo ego veniva accartocciato nuovamente  e trattato come pezza da piedi. Nessuno lo aveva mai ridimensionato a quel modo.

"Sono un musicista, ho una band.."

"Una band? Famosa?" chiese lei dubbiosa.

"Abbastanza.." disse ancora ridendo. Non poteva credere alle sue orecchie.

"Com'è che si chiama? Magari l'ho sentita e non lo so nemmeno.."

"30 Seconds to Mars..? Dice niente?"  guardandola deciso. Magari non sapeva di lui ma avrà sicuramente sentito qualche loro canzone.

Caroline pensò a quel nome cercando nella mente qualche ricordo. Alzò le spalle e scosse la testa.

"Mai sentita.."

Jared rise ancora più forte, portandosi una mano in fronte.

Caroline si spiegò finalmente il pianoforte che troneggiava in mezzo al salotto, aveva pensato fosse solo un capriccio da ricconi.

"Quindi sei un famoso musicista.."disse lei, per confermarlo a se stessa.

"Tra le altre cose.."

"Fai anche altre cose? Tipo?"

"Ogni tanto dirigo, ogni tanto recito. Ah! Ogni tanto creo qualche azienda.."

Caroline lo guardò storto. Ma possibile che tutti gli psicopatici capitassero a lei?

"Sì, ok. Ho capito sei famoso, ma non esagerare. Mi stai prendendo in giro adesso.."

Jared la guardò perplesso. Pensava stesse scherzando. Non era stato abbastanza convincente, ma in fondo aveva qualche importanza?

"Bhè, è quello che faccio. Non sto inventando nulla.." disse serio. E si alzò per raggiungere Burton.

Caroline rimase interdetta e si sentì terribilmente ridicola. L'aveva forse trattato con sufficienza e lui se l'era presa? Magari si era sentito sminuito.

Certo, era un ottimo modo di trattare la persona che ti sta aiutando ad uscire da questo casino!

Si alzò dispiaciuta per andare da lui a scusarsi, si avvicinò mentre Jared stava parlando con Burton e rimase incuriosita dal discorso.

"Quindi ci hanno trovato così?"chiedeva Jared.

"Si esatto, su uno dei telefoni in loro possesso abbiamo trovato una specie di localizzatore. Uno i quei programmi per sapere dove si trova un altro apparecchio in tempo reale. Il loro riceveva un segnale da questa casa. È abbastanza semplice da installare, magari è successo senza che ve ne siate accorti."

"Seguivano il mio cellulare?" chiese Caroline curiosa.

"Non lo sappiamo ancora, stiamo verificando. È un procedimento possibile sui telefoni di ultima generazione, smartphone, come iPhone o simili. Voi ne avete?" chiese Burton.

"No, io ho un vecchio cellulare, non me ne faccio niente di tutte quelle diecimila nuove funzioni che ci sono adesso.. Non ne capisco mezza.."

Jared la guardò stupito. Ma davvero esisteva ancora qualcuno come lei così fuori dal mondo? Sorrise intenerito dalla sua semplicità. Era una continua sorpresa.

"Io ne possiedo un paio,ma non si sono avvicinati.." disse dubbioso, mentre controllava i suoi cellulari.

"Permette se li faccio controllare dai nostri esperti? Ci vorrà solo qualche minuto.." si intromise Burton.

Jared lo guardò scettico, non sapendo se potersi fidare o no nel dare quelle piccole parti di sé a dei perfetti estranei. Avrebbero potuto entrare nei sui affari privati in un secondo e la cosa lo infastidiva enormemente.

"Le garantisco l'assoluta privacy delle sue informazioni personali. Lavoro solo con professionisti." aggiunse il detective vedendolo dubbioso.

Jared acconsentì e consegnò il suo Blackberry e il suo IPhone all'uomo davanti a sé.

Caroline sbuffò quando il detective si allontanò da loro. "Sono tutti professionisti a quanto vedo, da queste parti."

Jared non riuscì a trattenere una risata e seguì la ragazza che si era andata a sedere di nuovo sul divano.

"Come stai a proposito? Ti da ancora fastidio quel taglio?"

"No, devo avergli dato una bella disinfettata quando ho fatto quel tuffo nel mare.."

"Così stavamo per ricevere i nostri amici poco socievoli per pranzo perché tu hai fatto un bagno in mare?" la rimproverò lui fingendosi offeso.

"Ottimo modo per andarsene!" scherzò lui.

Caroline si sentì attaccata di nuovo e non riuscì a trattenersi.

"Ok! Mi dispiace! Quante  volte te lo devo ancora ripetere? Mi sento terribilmente in colpa per ogni cosa che è successa da ieri sera a questa parte e sembra che per quanto io mi sforzi finisco sempre per combinare qualche altro casino.."

"Ti stavo solo prendendo in giro.." disse lui a bassa voce sorridendole con uno sguardo malizioso.

Quante emozioni riusciva a provare stando in parte a quel ragazzo e non riusciva proprio ad abituarsene. Era così gentile e premuroso a volte mentre subito dopo diventava sfuggente e indecifrabile. La imbarazzava, la confortava, la irritava come pochi in vita sua riuscivano a fare, la attraeva. Su quello non c'era tanto da stupirsi. Era decisamente un bel ragazzo, con quegli occhi color cielo che sembravano due pozze d'acqua, profondi come un oceano. Un fisico asciutto e proporzionato.  E quel sorriso, così raramente l'aveva visto sul suo volto ma quando appariva sembrava un meraviglioso regalo.

Sì. Decisamente lo trovava attraente. E terribilmente irritante.

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Capitolo 9
*** Closer.. Or Not? ***


Quando il detective tornò a riportare i cellulari a Jared sembrava che il loro lavoro fosse ormai finito.

Tutti gli agenti stavano raccogliendo le loro attrezzature e un po' alla volta stavano lasciando la casa.

"Bene, ecco a lei signor Leto. Come sospettavamo il suo IPhone è stato messo sotto controllo. È in questo modo che vi hanno rintracciato. Per fortuna eravamo sulle loro tracce, così abbiamo potuto intervenire ed evitare il peggio."
"Già, è stata proprio una gran bella fortuna.." aggiunse sollevato Jared. "Non capisco proprio come ci siano riusciti.." disse guardando il suo cellulare.

"Non ci pensi più, ora il suo telefono è di nuovo sicuro, quindi teoricamente non dovrebbero più controllarvi."

"Teoricamente?" puntualizzò Caroline.

"Sì, devo essere franco con voi ragazzi. C'è una possibilità piuttosto concreta che qualcun altro di loro verrà a cercarvi, quando sapranno che questi due imbecilli sono stati fermati e arrestati."

"E voi non potete fare nulla per proteggerci? Dirci cosa possiamo fare?"

Il detective si avvicinò a loro e si guardò in giro per essere sicuro di  non essere sentito.

"Io non sono autorizzato a dirvi nulla, rischierei di mandare tutto il lavoro degli ultimi anni nel cesso." abbassò ulteriormente la voce facendosi ancora più cauto. "Non posso dirvi quando procederemo né tanto meno dove. Però se voi, per caso, per le prossime, diciamo, 20 ore evitaste di farvi vedere in giro e in posti da voi frequentati abitualmente c'è la probabilità che in futuro non dobbiate più preoccuparvi di queste persone. Non so se mi sono spiegato.." disse guardandoli con uno sguardo eloquente.

"Assolutamente sì, detective." annuì deciso Jared.

"Bene. Il nostro lavoro qui è finito. Se tutta questa storia andrà come speriamo ci rivedremo molto più avanti, se non altro avremo bisogno delle vostre testimonianze per inchiodare questa gente." disse porgendo la mano salutando entrambi.

"Ah, spero non ce ne sia bisogno, ma per ogni emergenza questo è il mio numero diretto." aggiunse allungando a Jared un biglietto da visita.

"Capite che le prossime ore saranno per noi frenetiche quindi confido nella vostra comprensione se non dovessi essere immediatamente raggiungibile."

"Grazie mille detective, lo apprezzo molto."

"Figuratevi, è il mio lavoro." rispose serio.

Nel giro di qualche minuto ogni agente se ne fu andato e rimasero soli.

La sensazione che rimane dopo avvenimenti così grandi è sempre di vuoto. Come si fa a tornare alla vita di tutti i giorni come se nulla fosse? Sebbene in questo caso fosse andato tutto bene rimaneva comunque quell'amaro in bocca che non permetteva di dimenticare e passarci sopra. Rimane sempre qualcosa in sospeso, come una sorta di aspettativa, come particelle sospese nell'aria dell'adrenalina appena provata.

Tornare alla normalità era come svuotarsi di tutto quello che era stato provato e sentito, quanto tutta la tua interezza era rivolta a quel singolo ed unico evento. Nient'altro. Fare tabula rasa e ricominciare da capo.

Caroline avrebbe voluto nascondersi e uscire solo quanto tutto fosse finito per sempre.

Jared avrebbe voluto capire, tante domande ma pochissime risposte. Così tanti dubbi occupavano la sua mente. E lei. Lei era il centro di tutto in quel momento, attorno a lei ruotava tutta quella storia ed era lei il più grande enigma che non riusciva a risolvere.

Tanto forte da farsi cucire la testa ma così fragile da paralizzarsi dalla paura per ogni rumore.

Se davvero ogni persona che incrocia la nostra strada ha qualcosa da insegnarci lei cosa avrebbe lasciato a lui alla fine di tutto?

"Sto morendo di fame.. " stava dicendo lei  mentre guardava nel vuoto con un espressione così afflitta, che in quel momento la rendeva semplicemente buffa.

Jared sorrise, sollevato per la faccenda finita bene e spiazzato nel capire che lei sarebbe andata sempre nella direzione opposta rispetto alle aspettative.

"Dove ho lasciato il take away? Magari è ancora mangiabile.." chiese Jared guardandosi in giro.

Lo trovò dove l'aveva lasciato cadere, sulle scale. Lo portò in cucina e iniziò a sezionarlo come per trovarci qualche essere strano cresciuto nel frattempo. Caroline si avvicinò e lo guardava mentre torturava quel povero cibo che non aspettava altro che essere mangiato.

"Che roba è?" chiese infine, più che altro per fermare quello scempio, che per sapere in effetti di cosa si trattava.

"Non ne sono sicuro, questi dovrebbero essere noodles di soia.. Ma questo cous cous doveva essere solo con verdure, invece mi sa che c'è della carne.."

Caroline prese una forchetta e assaggiò quei pezzi che sembravano quasi disgustare il ragazzo.

"Sì, è pollo.." disse mentre si riempiva ulteriormente la bocca con aria famelica. "Non ti piace?"

"No, in effetti  non mangio carne.." disse lui prendendo una forchettata di noodles. "Mi hanno fregato alla grande quindi.. "

"Perché non mangi carne? È strano!" chiese curiosa la ragazza parlando con la bocca piena, senza ritegno.

"Sono vegano.."

"Che significa esattamente.. ?"

"Ma sei davvero così o è tutta una mega balla per prendermi in giro?" chiese lui agitando la forchetta nella sua direzione.

Caroline rimase basita di fronte a quella domanda.

"Perché dovrei prenderti in giro? Perché non so cosa vuol dire vegano?"

"Bhè sì, non è una parola così fuori dal mondo. Ci sono sempre più persone che diventano vegane al giorno d'oggi quindi è improbabile che tu non sappia cosa vuol dire."

"Mi spiace deluderti, magari sono io invece ad essere fuori dal mondo. So che chi non mangia carne è vegetariano, non vegano. Quindi che vuol dire?" chiese lei cercando di restare calma quando invece voleva solo prenderlo a schiaffi per il modo con cui a volte la trattava da stupida.

Jared la guardò esitante. Vedeva che si stava trattenendo e non voleva provocarla ulteriormente. Sarebbe stato bello punzecchiarla di nuovo ma voleva solo che tornasse un po' di pace dopo tutto quel caos.

"Vegano è chi non mangia nessun prodotto di origine animale. Quindi  niente latte, uova, carne, pesce.. Solo prodotti vegetali." spiegò lui, tornando a concentrarsi sul piatto davanti a lui.

Caroline però non gliel'avrebbe fatta passare stavolta e voleva prendersi gioco di lui.

"Solo vegetali? Quindi come le capre, o le pecore.." disse lei caustica.

Lui la guardò stupito e lei lo trafisse con uno sguardo di sfida. Voleva davvero giocare con lui? Non sapeva che a lui giocare in quel modo lo deliziava parecchio, soprattutto con le donne. Sorrise beffardo, gustandosi già il momento in cui sarebbe capitolata ai suoi piedi.

Lui le sorrise malizioso e si avvicinò lentamente , lo voleva provocare? E lui avrebbe provocato lei.

Le si avvicinò piano da dietro e arrivò talmente vicino che Caroline poteva sentire il suo respiro caldo sul collo. Jared appoggiò il petto alla schiena della ragazza e la sentì irrigidirsi a quel contatto. Accostò il mento alla spalla di lei e con le labbra ne sfiorò appena la pelle lasciata libera dallo scollo della maglietta. La sentì tremare, trattenere il respiro sotto di lui e provò un enorme piacere. La soddisfazione di vederla cedere sotto i suoi attacchi era la miglior gratificazione per il suo ego maltrattato.

Mosse  le braccia per circondarla e appena la sentì ritrarsi imbarazzata e farsi piccola piccola, finse di interessarsi al piatto avanti a loro.

"Magari potresti aiutarmi a capire cosa mi sto perdendo.. Non assaggiando la carne.." le sussurrò a pochi centimetri dall'orecchio.

Caroline non riusciva più a sopportare quell'attacco così sfrontato. Si sentiva una preda, in gabbia, tra le braccia del suo cacciatore. Decise di affrontarlo, girandosi verso di lui ma si accorse presto di aver fatto la mossa peggiore. Si ritrovò incastrata tra le sue braccia, con i loro corpi ormai quasi attaccati e con i suoi occhi color cielo che la spogliavano di ogni determinazione.

Abbassò lo sguardo perché non riusciva più a reggere quelle due pozze d'acqua che la scrutavano e le facevano perdere ogni frammento di razionalità. Jared invece si avvicinò ulteriormente appoggiando il suo corpo alla ragazza e si sporse oltre, verso il tavolo dietro di lei.

"Forse ci vuole più coraggio a non farsi tentare.." soffiò di nuovo all'orecchio della ragazza, che tremava come una foglia.

Caroline sentiva il calore del suo corpo così vicino al suo, ogni tocco involontario le provocava brividi lungo la schiena. E quando la sua voce le sussurrava all'orecchio avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, anche la lista della spesa, che avrebbe comunque iniziato a tremare. Si sentì vulnerabile, non riusciva più a controllarsi e a replicare. Era sul punto di crollare e abbandonarsi alle attenzioni del ragazzo, se solo lui avesse osato di più.

Jared però si sentì soddisfatto della resa della ragazza e non voleva spingersi oltre. Si allontanò, lasciandola libera dalla morsa delle sue braccia e tornò al suo piatto. Lei si voltò imbarazzata dandogli le spalle e lui non riuscì a trattenere una risata.

"Ma andiamo! Dove è finita tutta la tua rabbia di poco fa?" chiese ancora ridendo, portandosi poi una forchettata alla bocca e continuando a mangiare.

Caroline si sentì una sciocca. Si era lasciata avvicinare e controllare come se non avesse una spina dorsale. Una  marionetta nelle mani di Jared, senza volontà o determinazione. Cosa le stava facendo? Bastava un suo sguardo per farle perdere completamente la ragione? Non poteva permetterlo.

"Vergognati."

Jared smise di ridere  e la guardò a bocca aperta. "Perché mai? Non ho fatto nulla di male." disse serio.

"È il tuo modo di trattare le donne questo? Complimenti, ci fai proprio una bella figura. Mi ero completamente sbagliata sul tuo conto." disse sprezzante. Non riusciva a credere che quella fosse la stessa persona che la sera prima l'aveva aiutata e le era stata così vicina.

"Sai che c'è, non mi interessa proprio cosa pensi di me! Sono anni che ho imparato a fregarmene se le persone non sono d'accordo con quello che faccio e non inizierò adesso a preoccuparmene!" urlò Jared ormai stufo dei continui cambiamenti di umore della ragazza.

"E poi cosa pretendi? Hai iniziato te questo gioco. Non puoi davvero pensare di iniziare a prendermi in giro e poi prendertela se il gioco non va come vuoi tu.." si sfogò.

"Non stiamo parlando di giocare. Qui si parla di rispetto. Mi hai trattato come una pezza da piedi da calpestare e mortificare.." sibilò lei cercando di trattenersi anche lei dall'urlare.

"Che cosa? Ma che cazzo dici? Vogliamo proprio parlare di rispetto?" riprese infuriato Jared. Si era proprio stancato di controllarsi.

"Dove sta il tuo di rispetto, visto che stai sputando su tutto quello che ho fatto e sto facendo per te da ieri sera a questa parte?"

"Nessuno ti ha costretto.." disse lei punta sul vivo.

"No, infatti! Ma l'ho fatto, perché volevo aiutarti, darti una mano! Dio! Non ho mai detto di essere un santo. Mi spiace se ti sono sembrato un eroe o che so io, ma non lo sono! Mi sono solamente ritrovato in mezzo e sto facendo del mio meglio! Ora dimentichi tutto solo perché ho flirtato un po' con te? Ah, bella riconoscenza, grazie!!"

Lei abbassò lo sguardo. I sensi di colpa erano tanti, troppi e aumentavano costantemente con il passare del tempo, vicino a lui.

Non poteva dargli torto. Lei non lo conosceva affatto e non era giusto additarlo solamente per averla provocata. 

Si era sentita così umiliata perché non si era mai sentita così sopraffatta da qualcuno e l'unico modo che conosceva per difendersi era attaccare.

Strinse i pugni, sempre guardando a terra, cercando di ricacciare l'orgoglio in un angolino per riuscire a rimettere le cose a posto. Si sentiva come una scolaretta sgridata e messa in punizione.

Sarebbero mai andati d'accordo? Sembrava così semplice a volte, ma probabilmente erano troppo diversi l'uno dall'altra.

"Hai ragione. Mi.. Mi spiace.." cercò di scusarsi lei, senza guardarlo negli occhi.

Si girò e uscì dalla cucina. Fu il massimo che riuscì a fare in quel momento. Se voleva vederla disperarsi avrebbe avuto una gran bella delusione.

Era sul punto di crollare ma non voleva farlo davanti a lui. Aveva bisogno di andarsene da lì e decise che la cosa migliore era lasciare che lui tornasse alla sua vita. Lei in qualche modo avrebbe fatto. Ma lui sarebbe stato decisamente meglio senza di lei e senza i problemi che si portava dietro.

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Capitolo 10
*** Run away ***


"Ti ringrazio di tutto quello che hai fatto per me. Ora è proprio il caso che me ne vada." gli disse. Era ancora dove lo aveva lasciato, in cucina. Lei aveva raccolto tutte le sue cose ed era pronta a lasciare quella casa.

Lui la guardò serio per qualche istante e annuì. "Cosa hai intenzione di fare adesso?"

"Non lo so, penso me ne tornerò a casa." disse lei cercando di mascherare il suo dispiacere. Non aveva nessuna voglia di tornarci, dopo quello che era successo, ma non sapeva dove altro andare.

"Forse è meglio che trovi un posto più sicuro.. Ricordi cosa ha detto Burton?" suggerì Jared, continuando a guardarla serio.

"Sì certo. Ma non preoccuparti, in qualche modo farò." lo rassicurò lei allontanandosi. Si fermò, si girò per guardarlo un'ultima volta. Un ultimo sguardo in quegli occhi color cielo che la stavano fissando così profondamente da spogliarla di nuovo di ogni certezza.

"Grazie, Jared." riuscì a dire prima di voltarsi e raggiungere la porta.

"Di nulla, Caroline.." rispose lui, ma era già lontana per sentirlo.

Si chiuse la porta alle spalle, appoggiandosi contro il legno per prendere fiato. Era come se fosse stata in apnea durante tutta la discussione e ora poteva sentire di nuovo l'aria che entrava e le riempiva i polmoni.

Si sentiva affranta. E combattuta. Avrebbe voluto con ogni fibra del suo corpo restare con lui. Nonostante tutto si era sentita al sicuro, con lui. Avrebbe voluto sentirgli dire che poteva restare, che avrebbe preferito saperla al sicuro, accanto a lui.

Ma cosa doveva aspettarsi dopo che l'aveva trattato in quel modo? E dopo i rischi che gli aveva fatto correre? Non sapeva assolutamente cosa avrebbe fatto d'ora in avanti ma cercò di convincersi che lasciarlo in pace era la soluzione migliore.

Si avviò fuori dal giardino e iniziò a camminare. Prese la prima strada che si trovò davanti senza nemmeno farci caso. Camminava senza davvero guardare dove stesse andando, non preoccupandosi di non conoscere quella parte della città. Dopo diverso tempo si accorse che la strada stava diventato sempre ripida e guardandosi in giro si rese conto di essere sulle colline di Los Angeles. Esattamente dalla parte opposta a dove doveva andare.

Non sarebbe andata molto lontano a piedi così chiamò un taxi per non rischiare di perdersi di nuovo.

Aspettò esattamente dov'era per più di venti minuti, non voleva rischiare di perdere l'unico cartello segnaletico della zona che l'avrebbe fatta  riconoscere dal tassista, finché non arrivò. A quell'ora del pomeriggio le strade del centro erano congestionate e ci volle più di un'ora perché raggiungesse casa sua.

Quando però raggiunse l'ingresso intuì che qualcosa non quadrava. Il portone nel quale aveva rotto la chiave la sera prima era aperto e sentì una sensazione di gelo per tutta la schiena. Quando entrò nell'androne delle scale fu chiamata dalla vicina che la stava aspettando.

"Signorina, non so cosa stia succedendo, ma le devo dire che questa situazione non mi piace per niente."

"Che situazione, signora Wilcot? Che è successo?" chiese lei apprensiva.

"Non lo so, è tutto il giorno che salgono e scendono personaggi strani. Prima quei due uomini così burberi, poi altri due. Infine un uomo con una faccia da delinquente che mi ha fatto paura solo a guardarlo da lontano."

"Ma cosa volevano signora?"

"Non lo so, non ho fatto domande, ma mi è sembrato che salissero al suo piano."

"A che ora sono venuti?" cercò di capire Caroline. Sentiva un nodo in gola che cresceva, sperando che le previsioni di Burton non potessero avverarsi così presto.

"L'ultimo è arrivato verso le due.."

Le due, era più o meno l'ora in cui Jeff e il suo scagnozzo entravano in casa di Jared. Quindi era probabile che prima li avessero cercati lì e poi a casa di Jared. Ma tutto questo via vai aveva davvero a che fare con lei? Cosa potevano volere da lei con così tanta insistenza?

Magari quello che aveva visto la signora Wilcot non aveva niente a che fare con lei. Magari andavano da qualche altro vicino.

"Vado a controllare di sopra, signora." disse convinta, per sembrare sicura di sé. Invece era terrorizzata dall'idea di incontrare qualcuno.

Mentre saliva le scale pensò più di una volta di voltarsi e correre via il più lontano possibile ma la speranza che fosse tutto un malinteso in quel momento la spinse a proseguire.

Si avvicinò alla porta del suo appartamento e vide che era accostata. Era abbastanza sicura che prima di andarsene l'avessero chiusa ma in quel momento non era più sicura di niente. Con il cuore in gola spinse la porta e l'aprì. Capì subito che quei tizi stavano cercando lei quando vide tutto l'appartamento a soqquadro . Cassetti aperti, mobili ribaltati, cuscini esplosi, una scena degna del miglior film di spionaggio. Quello che non capiva era se stessero cercando qualcosa o si erano solamente divertiti a darle un ulteriore avvertimento di cosa erano capaci.

Arrivò in mezzo al salotto guardandosi intorno in quello scenario quasi apocalittico. Ogni cosa, ogni ricordo, ogni piccolo pezzo era stato frantumato, ormai inutilizzabile. Si sentì nuovamente violata, umiliata, quando pensava di non potersi sentire peggio di quanto aveva provato finora. Era decisamente troppo. Doveva andarsene da lì  prima di venire sopraffatta. Indietreggiò, mente la vista le si annebbiava a causa delle lacrime che si stavano accumulando. Sentiva ciò che restava della sua forza di volontà incrinarsi e lentamente sgretolarsi.

Si girò di colpo per andarsene il più veloce possibile ma sbatté improvvisamente contro qualcosa. Solo quando si sentì afferrare per i polsi si accorse di avere davanti una persona. Con le ultime forze che le rimanevano cercò di divincolarsi fino a quando una voce famigliare la riportò alla realtà.

"Caroline! Caroline, guardami!"

Jared era davanti a lei, che la teneva per i polsi e la guardava con uno sguardo così preoccupato che la ragazza non riuscì a fare altro se non buttarsi contro il suo petto e lasciarsi andare ai singhiozzi.

"Stai bene?" chiese preoccupato mentre cercava di consolarla.

Caroline non riusciva a crederci, lui era di nuovo lì che la sosteneva. Era tornato da lei e la teneva così stretta che le sembrò di non doversi più preoccupare di nulla. Era come realizzare che non l'avrebbe più lasciata da sola.

"Sono venuti anche qui.. Non hanno risparmiato niente.." disse tra i singhiozzi, mentre Jared la stringeva e le accarezzava la schiena.

Ora tutti i malintesi tra loro sembravano solo dei ricordi lontani, vissuti da qualcun altro, in un altro momento, in un'altra dimensione.

"Portami via.. ti prego.." lo implorò guardandolo con gli occhi pieni di lacrime.

"Ce ne andiamo subito.." disse deciso prendendola per un polso.

Si infilarono di nuovo in macchina e partirono, lasciando per la seconda volta  in poche ore quel posto che sembrava attirare come un buco nero ogni possibile cattiveria umana, come fossero detriti spaziali.

Jared girò per le strade del centro, indeciso su dove andare per sfuggire a tutta quella follia, finché non entrò in un parcheggio sotterraneo.

"Vieni, andiamo." disse scendendo veloce dall'auto.

Caroline non capiva che intenzioni avesse ma lo seguì senza porsi domande. Ormai si fidava completamente di Jared e in quel momento aveva bisogno che qualcuno le dicesse cosa fare. Uscirono dal retro e furono di nuovo per strada così senza pensarci un secondo Jared fermò un taxi mettendosi in mezzo alla strada. Caroline si spaventò, lanciando un urlo strozzato, quando vide la macchina inchiodare a pochi centimetri da lui. "Jared!" 

Lui la guardò mentre apriva lo sportello della macchina, e sogghignò. "Rilassati, so come prendere un taxi.."

Lei sospirò ancora turbata e salì all'interno, seguita dal ragazzo. Disse all'autista l'indirizzo per poi sprofondare sul sedile.

"Mi hai fatto spaventare.." disse Caroline con un filo di voce.

"L'ho notato!" disse lui sorridendo malizioso volgendo poi lo sguardo fuori dal finestrino.

Caroline lo guardò qualche istante in silenzio. "Sei tornato.." sussurrò, soprattutto a se stessa.

Jared sospirò, abbassò lo sguardo, togliendosi l'espressione compiaciuta dalla faccia. Posò lo sguardo sulle mani della ragazza, strette a pugno e con lentezza vi posò sopra le dita, sciogliendone la stretta per intrecciarle alle sue. Lei si irrigidì appena ma non si ritrasse.

"Già.."

Quando lui alzò lo sguardo Caroline vide che non vi era malizia nei suoi occhi. Non stava facendo giochetti. Erano trasparenti, e così sinceri lei non li aveva mai visti. Ci vedeva consapevolezza e lo stesso smarrimento che provava lei, probabilmente nel non avere un posto sicuro dove stare.

"Mi sono accorto che è stata una pessima idea lasciarti andare via.."

Lei abbassò lo sguardo sopraffatta. Non riusciva ancora a credere che fosse davvero tornato per lei. Sentiva crescere una forte ammirazione per quel ragazzo così sincero e allo stesso tempo indecifrabile. Non lo avrebbe mai capito veramente, ma per il momento le bastava che fosse al suo fianco.

Le dita di Jared erano ancora allacciate alle sue, ne accarezzava lentamente col pollice la pelle e quel contatto le faceva venire i brividi, come una continua scossa elettrica.

"Andrà tutto bene.." le disse e in quel momento Caroline sentì che poteva fidarsi di lui. "Te lo prometto." aggiunse serio, guardandola intensamente.

Come poteva non credere a quelle parole che sembravano venire dal profondo della sua anima? Erano passati in mezzo ad un uragano ed erano rimasti ad affrontarlo insieme. Ora insieme potevano superarlo e rimettere insieme i cocci.

Jared non era sicuro di poter mantenere quella promessa ma decise che avrebbe fatto qualsiasi cosa per onorare la parola data e avrebbe fatto del suo meglio.

Si era sentito un bastardo quando l'aveva vista uscire di casa così mortificata e si maledì per aver pensato che fosse il tipo di ragazza che desiderava solo farsi conquistare da lui. Per chissà quale strana ragione si sentiva in obbligo di proteggerla ma non era stato in grado di trattenerla quando era stato il momento, tormentandosi con i sensi di colpa se le fosse successo qualcosa.

Per questo era andato da lei subito dopo, soprattutto per scusarsi con lei e offrirle di nuovo il suo aiuto, se lei lo avesse voluto.

Quando la vide in quell'appartamento con gli occhi pieni di lacrime scattò qualcosa in lui. Non riusciva a comprenderne il motivo ma  sentiva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per quella ragazza e sentiva che doveva proteggerla come poteva.

Quando i suoi occhi si concentrarono di nuovo su di lei vide che lo stava guardando. Sembrava sollevata mentre finalmente gli sorrideva. Sembrava serena, ma negli occhi rimaneva quell'ombra di paura che sarebbe stato difficile eliminare.

Si sporse verso di lui, stava per dire qualcosa ma fu interrotta dal tassista che avvisava di aver raggiunto la loro destinazione, mentre fermava la macchina.

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Capitolo 11
*** Desperate and Broken ***


L'hotel che Jared aveva scelto non era dei più rinomati ma era discreto e soprattutto garantiva una particolare riservatezza.

Si infilarono velocemente all'interno e dopo aver fatto rapidamente checkin si chiusero  nella loro stanza.

Caroline ormai sfinita per la giornata interminabile si accasciò sul divanetto. Anche Jared dopo aver dato un'occhiata alla camera, con un salottino separato all'ingresso, si lasciò cadere sul divano di fronte a quello della ragazza. Chiuse gli occhi qualche istante per rilassarsi, come se potesse davvero lasciar perdere o dimenticare quello che stava succedendo. Cercò di  calmarsi ma non riusciva a darsi pace. Riaprì gli occhi e osservò la ragazza davanti a lui. Era talmente provata che si era addormentata nell'istante in cui si era seduta su quel divano.

Jared si passò le mani sul viso come per darsi una svegliata e si sfregò gli occhi. Quella situazione li stava logorando entrambi, lentamente. Ma la cosa che lo infastidiva di più era il non poter far nulla per impedirlo.

Non poteva fare nulla, se non aspettare che altri facessero la loro mossa. Una sorta di vicolo cieco, di trappola da cui non si sapeva se sarebbero mai usciti. Cercò di distrarsi camminando in lungo e in largo per tutta la stanza, si sedette di nuovo sul divano e accese il televisore, cambiando nervosamente i canali. Non riusciva a guardare realmente quelle immagini, ne tantomeno stare fermo così a lungo. Si alzò di nuovo inquieto e si affacciò alla finestra sospirando. Le luci del giorno stavano lasciando lentamente spazio al buio della sera. La luce naturale veniva sostituita dalle luci artificiali e Jared non poteva che ammirare quello spettacolo che si ripeteva sistematicamente ogni sera e gli faceva amare quella città meravigliosa sotto di lui.

Perso nei suoi pensieri non si era accorto di aver assistito al completo passaggio del giorno alla notte ma realizzò di essere ormai esausto, tornò a sdraiarsi sul divano, dove si addormentò dopo qualche istante.

Per qualche strano motivo Caroline si svegliò invece di soprassalto poco dopo. Si guardò intorno confusa ma si rese conto di dov'era quasi subito, notando Jared assopito davanti a lei, e sospirando mestamente.

Si alzò ancora assonnata per cercare da bere trascinandosi pigramente per la camera. Trovò il frigobar e ne tolse dell'acqua, bevendo direttamente dalla bottiglia mentre si avvicinava alla finestra e fissava tutte quelle formichine indaffarate sotto di lei. Era decisamente e completamente grata per quella sonnolenza che non le lasciava focalizzare la situazione. Non voleva pensarci, voleva solamente lasciare la mente intorpidita. Senza rendersene conto si diresse nuovamente verso il frigobar, osservando il contenuto. Non era sua abitudine ma aveva bisogno di restare così annebbiata il più a lungo possibile. Senza pensarci ulteriormente prese la prima bottiglia che le capitò sotto mano e ne scolò un lungo sorso. Iniziò a sentire il calore della vodka che scendeva insieme al liquido, per poi espandersi ovunque.

Che differenza avrebbe fatto una bottiglietta in più o in meno? Ringraziò mentalmente l'inventore di quei piccoli frigoriferi pieni di bottigliette mignon di ogni tipo. Tolse quasi tutte le bottigliette, quante ne riusciva a portare con due mani e si sistemò sul divano guardando distrattamente le immagini del televisore rimasto acceso.

Quando anche l'ultima goccia di gin terminò Caroline era piuttosto soddisfatta. Quella sensazione di angoscia non era completamente passata ma poteva farselo bastare. Si alzò di nuovo per vedere se era rimasto qualcos'altro da bere ma non aveva tenuto conto di tutto l'alcool che aveva in corpo e andò a sbattere contro il tavolino prima e poi contro il mobiletto davanti a lei. Cominciò a ridere convulsamente per quanto fosse  imbranata e raggiunse finalmente  il frigobar.

In quel momento iniziò a squillare il suo cellulare nella borsa e ci mise un attimo a realizzare cosa doveva fare. Guardò Jared che dormiva e rise di nuovo sperando di non svegliarlo con tutto quel trambusto.

Caroline arrivò a fatica verso il mobile all'entrata dove aveva lanciato la borsa al loro arrivo. Mise le mani all'interno e maledisse mentalmente il fatto di essere donna e avere una borsa da Mary Poppins. Non aveva senso avere tutta quella roba inutile e non trovare mai quello che serviva quando lo si cercava! Trovò finalmente quell'apparecchio urlante che le stava trapanando il cervello e schiacciò con rabbia il tasto di risposta urlandogli contro mentre rispondeva. Si accorse di aver urlato troppo tardi, si girò verso il ragazzo augurandosi che avesse un sonno pesante ma quando si voltò quegli occhi color cielo la stavano guardando incuriositi e ancora assonnati.

Caroline non riusciva a concentrarsi sulla telefonata continuando a sogghignare e rispondendo a monosillabi all'interlocutore al telefono. Ascoltava annoiata alle parole che sentiva attraverso il telefono e mugugnava qualcosa quando sembrava che le facessero delle domande. Ogni parola arrivata ovattata, ogni rumore sembrava venisse da un posto troppo lontano.

Quando capì cosa le stavano davvero comunicando all'apparecchio rimase come paralizzata. La stanza prese a girare vorticosamente e dovette appoggiarsi completamente al muro di fronte per non cadere. Si accasciò a terra chiudendo la chiamata e si trovò davanti Jared con uno sguardo preoccupato e confuso.

"Che succede?" chiese lui allarmato.

Caroline non riusciva ad articolare nessuna parola, le uscivano solo versi indefiniti e rotti dall'agitazione e dal pianto imminente. Cominciò a singhiozzare incontrollabilmente aiutata anche dall'alcool che amplificava ogni sensazione.

Jared si chinò vicino a lei chiaramente in apprensione. "Caroline!" la scosse in modo deciso per farla riprendere in qualche modo.

La ragazza lo guardò, scossa ma ora concentrata su di lui. "Chi era al telefono?" la spronò di nuovo il ragazzo.

Dopo un attimo di smarrimento, ritrovò un minimo di lucidità e Caroline trovò la forza di dire qualcosa.

"Era.. " si interruppe perché grosse lacrime le stavano solcando le guance.

"Per favore Caroline, mi stai facendo preoccupare.."

"La.. La signora Wilcot.." riuscì a dire tra i singhiozzi.

"Era la signora Wilcot?" chiese sorpreso Jared.

"No.."

"Ma.. Hai detto.. Non capisco." disse scuotendo la testa sempre più confuso.

"Lei è.. è.. Morta.."

 "Morta? Oddio.. Ma come? L'abbiamo vista solo questa mattina.." diceva lui, ancora non capendo appieno la reazione della ragazza.

Caroline lo osservò in silenzio per qualche istante mentre si alzava e si allontanava di qualche passo, confuso e con la solita mano tra i capelli. Poi ricominciò a singhiozzare.

"Ma andiamo! Non capisco tutta questa disperazione per una vecchia che sopportavi appena!" sbottò Jared, quasi scocciato per quella reazione che lo aveva preoccupato inutilmente.

"Forse non hai capito bene!" ringhiò lei per la disperazione mentre si alzava aggrappandosi al muro. "L'hanno trovata morta!"

"Si, questo l'hai già detto. L'ho capito!"

"L'ho vista prima, quando sono tornata a casa.."

"Mi dispiace, ok!? Ma qualche ora in più non cambia le cose!" rispose lui allargando le braccia esasperato.

"Cambia invece!" continuò lei cominciando a urlare verso il ragazzo. "Cambia perché l'hanno trovata nell'atrio, in un lago di sangue, con la testa completamente fracassata.."

Jared rimase a bocca aperta, cercando qualcosa da dire per continuare quello scontro mentre quelle parole prendevano senso nella sua testa.

"La polizia crede sia stata una rapina.. finita male.." continuò lei, con la voce incrinata dalla consapevolezza. "Pochi istanti dopo che.. ce ne siamo andati da.. "

"Ok.." rispose piano, mentre una sensazione famigliare cresceva in lui.

"Non è stata una rapina."

"Ho capito, Caroline!" sibilò lui con occhi infuocati. "Ho capito.." continuò sospirando, mentre si calmava.

Chiuse gli occhi e si appoggiò sul divano. Sembrava portare tutto il peso del mondo sulle spalle tanto si era afflosciato ricurvo su se stesso ma non sembrava poterlo reggere a lungo.

Caroline nervosa, camminava avanti e indietro torturandosi coi denti le nocche delle mani, dando ogni tanto delle occhiate al ragazzo che stava chino su se stesso senza dire nulla.

La pressione stava diventando insostenibile e aveva bisogno ardentemente di stordirsi di nuovo in qualche modo. Si avvicinò al frigo e, prese al volo le ultime bottigliette,  cominciò a bere senza riflettere un secondo. Scolata la prima bottiglietta si accorse che Jared la stava osservando.

"Ne vuoi un po'?" disse lei per cacciare quell'attimo di imbarazzo che si era creato.

"No." rispose lui deciso.

"Bene, più cin cin per me!" disse lei alzando una bottiglietta come per fare un brindisi e scolando poi anche la seconda.

"Ma ne sei proprio sicuro? Guarda che ho intenzione di finire in bellezza! Ma se vuoi posso concederti un po' del mio bottino!"

"Non mi va. Grazie." rispose lui secco, quasi contrariato.

"Oh, ma guarda che faccia seria che hai.." lo scherzò lei sogghignando, dopo che grazie all'alcool aveva trovato più disinvoltura.

"Smettila con quella roba.. " disse lui guardando le bottigliette vuote sparse per il divano. "Credo che tu abbia già dato abbastanza."

"Perché? A che scopo? Tanto ci uccideranno.. Che.. Che senso ha restare seri?" disse lei annebbiata da tutta quella roba che stava bevendo.

Jared la guardò piuttosto irritato. Era vero, non erano in una buona situazione ma non voleva credere di non avere più nessuna possibilità.

"Nessuno ci ucciderà!" ringhiò, nuovamente spazientito alzandosi in piedi. "Siamo al sicuro, nessuno sa che siamo qui!" disse Jared con un tono piuttosto autoritario, più che altro per convincere se stesso.

Ed era vero. Nessuno poteva essere al corrente di dove si fossero nascosti. Avevano evitato in ogni modo di essere visti e si erano chiusi fuori dal mondo esterno. Dovevano solo evitare di annientarsi tra loro. Il che stava diventando piuttosto difficile.

Caroline non più lucida si avventò verso di lui puntandogli un dito al petto e sfidandolo con lo sguardo.

"Giuralo." gli ordinò. "Giuralo!" urlò disperata in faccia al ragazzo, spiazzato da quella reazione.

"Che cosa dovrei giurare?" le chiese poi sostenendo il suo sguardo di sfida.

"Giurami che nessuno ci troverà o ci farà del male." disse infine, picchiandogli ritmicamente il dito sul petto per sottolineare ogni parola, come se volesse inciderglielo nella carne.

Lui la guardò profondamente. Per un istante che sembrò infinito i suoi occhi di ghiaccio si posarono su quelli di Caroline e la fece traballare. La trafisse senza bisogno di aprire bocca. Nessuna parola, per quanto affilata poteva competere con quello sguardo.

Vacillò, per un attimo, ritrasse la mano dal petto di Jared, non più sicura della sua spavalderia.

Solo un attimo. Perché quel suo modo di evitare la cosa la faceva infuriare. E quel suo modo di stare in silenzio la faceva ribollire il sangue. E quel suo modo di guardarla non era nemmeno lontanamente accettabile.

Lei non riusciva a fare altro che urlare e tormentarsi mentre lui se ne stava fermo lì, in silenzio.

"Hai perso la lingua? Dì qualcosa, cazzo!" sbottò infuriata, spintonandolo.

Jared non reagì ma continuò a guardarla, con quello sguardo indecifrabile, irritato, tormentato, affranto, stanco. Poteva essere tutto e niente allo stesso tempo e questo Caroline non riusciva a sopportarlo.

Le si gettò di nuovo addosso e cominciò a spintonarlo e martellargli il petto di pugni.

"Prima, là fuori, hai detto che sarebbe andato tutto bene.." urlò con la voce rotta dall'agitazione mentre come una furia continuava a avventarsi sul ragazzo, mentre lui distolse lo sguardo.

"L'hai promesso.." continuando imperterrita a colpire il petto del ragazzo, come fosse un sacco da prendere a pugni.

"Promettimelo di nuovo!" continuò frustata  mentre sentiva crescere lo sgomento.

"Smettila." disse infine Jared a bassa voce.

Caroline non lo sentì nemmeno, troppo presa a scaricarsi su di lui e a implorare un po' di conforto nel modo peggiore al mondo.

"Promettimelo!"
"Basta.." disse esasperato Jared ormai al limite.

"Ci credevi almeno, in quello che mi hai detto?! Ci credevi o che cosa?" disse con la voce incrinata dal pianto imminente ma continuando a sfogarsi.

"Smettila!" sibilò infine Jared e fermando la furia di Caroline bloccandole entrambi i polsi.

Caroline rimase spiazzata da questo cambiamento improvviso ma  non era quello che voleva da lui.

In realtà non sapeva nemmeno lei dove voleva arrivare ma ormai la miccia era accesa, quindi o sarebbero saltati in aria o si sarebbero consumati lentamente. Non vedeva altre opzioni.

"Altrimenti cosa mi fai?" lo provocò a pochi centimetri dal viso, cercando poi di liberarsi da quella stretta.

A furia di essere spintonato Jared era ormai contro il vetro della finestra. Sempre tenendola stretta per i polsi si voltò e la sbatté contro la vetrata, cosa che la fece infuriare ancora di più.

"Allora che vuoi fare? Vuoi picchiarmi anche tu? Avanti!" lo incitò urlandogli in faccia tutta la sua frustrazione mentre lui la teneva premuta contro il vetro.

"Dai, sfogati! Lo so che non vedi l'ora di prendermi a sberle!" continuava Caroline senza controllo.

"Dio ma perché non stai un po' zitta!" sbottò esasperato. Avendo le mani occupate non aveva modo per tapparle la bocca.

Senza pensarci, prima che la ragazza potesse di nuovo urlare qualcosa, appoggiò le sue labbra a quelle di Caroline.

E finalmente silenzio.

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Capitolo 12
*** End of the Beginning ***


Caroline rimase spiazzata. Paralizzata. Le si gelò il sangue nelle vene per quella mossa così inaspettata. Ammutolita e immobile.

Davvero non ci aveva pensato? Non aveva immaginato come sarebbe andata a finire quella discussione?

Troppo presa dall'alcool e dall'urgenza di scaricarsi non aveva realizzato che era l'unica vera opzione possibile per loro due?

Eppure quel bacio era così casto, innocuo, non aveva nulla di famelico, non era bramoso di andare oltre, come lei si era aspettata. Infatti Jared si staccò subito.

Caroline lo guardò confusa, cercando una spiegazione a quel gesto. Cercava di dare un senso logico a quello che significava, a quello che sentiva ma non riusciva a fare altro che sentire quel tocco morbido sulle sue labbra, a rivivere quella scena di pochi secondi ancora e ancora nella sua testa.

Le era piaciuto? Certamente. Quel ragazzo aveva decisamente una strana influenza su di lei, provava di continuo sentimenti contrastanti e questo la spiazzava. Ma ora che significava quel bacio?

Jared si staccò da lei, le lasciò i polsi lentamente e indietreggiò, con cautela, con le mani ancora a mezz'aria. Come per assicurarsi che lei non partisse di nuovo alla carica. Per proteggersi da lei.

Quindi era solo questo. Un diversivo. Per farla stare zitta. Nient'altro.

Lo guardava allontanarsi da lei mentre si sentiva svuotata, spenta. L'aveva fatta sentire una  nullità. Di nuovo. Se voleva calmarla c'era riuscito.

Ma non poteva accettare che il suo unico scopo fosse esclusivamente quello. Nel profondo sperava che ci potesse essere dell'altro. Si sentiva delusa, ma si vergognò all'istante per aver pensato che lui potesse volere davvero qualcosa di più.

Jared si appoggiò al divano e si mise ad osservarla. Di nuovo impassibile.

Possibile non avesse provato niente? Nessun fremito, nessun piacere, niente. Lei che se ne stava impietrita, senza riuscire a muovere un muscolo e continuando a torturarsi con i dubbi mentre lui come niente fosse successo la guardava calmo.

Sentiva  che la stava rifiutando, ma non ne capiva le ragioni. Quel rifiuto era la cosa più umiliante avesse mai provato.

"Perché?" chiese con un fil di voce, senza riuscire a guardarlo.

Jared sbuffò, non voleva entrare nel discorso e si alzò dal divano per allontanarsi.

Un turbine di sentimenti investì Caroline. Era indignata, imbarazzata, delusa. Ancora tramortita dall'alcool sentì ogni freno disintegrarsi.

"Non merito nemmeno una spiegazione adesso?"

"Non capisco di cosa parli.." rispose lui indifferente mentre se ne andava in bagno.
"Vai al diavolo!" gli sbraitò contro anche se ormai era nella stanza accanto.

"Hai capito benissimo, non fare finta di niente!" urlò verso il bagno sempre più incollerita.

"Sono stufa di essere presa in giro da te!" come un fiume in piena, aveva rotto gli argini e non poteva più contenersi.

"Tante belle parole e poi??! Sei bravo solo a parlare!"

Lui tornò a grandi passi da dove se n'era andato e puntò dritto contro la ragazza. Era arrabbiato, infuriato, con occhi ardenti di tensione.

"Fanculo.. Adesso mi hai proprio stancato!" disse Jared avvicinandosi imperiosamente a lei. Lei cercò di indietreggiare ma non aveva spazio. In un secondo la prese per la vita e se la caricò in spalla, come fosse un sacco di patate.

"Lasciami andare!" urlò Caroline dimenandosi senza riuscire a liberarsi.

"Cazzo quanto sei rompiballe quando sei ubriaca!"

"Non ho nessuna voglia di venire a letto con te ora! Lasciami!" urlò, poco convinta, appena vide che la stava portando in camera.

"Oh, nemmeno io. Stai tranquilla.." rispose esasperato Jared mentre continuava a camminare.

Solo quando entrò in bagno e Jared la fece scendere realizzò cosa stava per fare ma non fece in tempo a ribellarsi che si ritrovò sotto il getto gelido della doccia.

"Mi hai chiesto perché.."

Caroline lo guardò, senza capire. L'acqua gelida le aveva tolto il respiro e i vestiti ormai zuppi le si erano appiccicati addosso. Cercava di spostarsi  dal getto ma Jared la tratteneva per le spalle. Bastava un attimo e lei era di nuovo in apnea, boccheggiando per il freddo e l'acqua.

"Mi hai chiesto perché, giusto?"

"C-Cosa?" chiese annaspando, con l'acqua che scorreva proprio in testa. Il perché di cosa, ora non ricordava più.

"Il perché non sono andato oltre.." Jared la lasciò, mentre lei tossiva per l'acqua che le andava di traverso.

Caroline si spostò finalmente dal getto e si appoggiò al muro della doccia, respirando affannosamente. Voleva mettere più spazio possibile tra loro due.

"Per questo." disse lui indicandola.

Caroline continuava a non capire. Quella doccia gelata l'aveva risvegliata ma non riusciva a seguire il discorso, ancora disorientata per la piega che avevano preso gli eventi.

"Ma ti sei vista?"

"Ma mi hai buttato tu sotto la doccia!!"

Jared scrollò la testa sconsolato.

"Sto parlando dello stato in cui ti sei ridotta, per non dover pensare. Cosa ti ha portato?"

Caroline cercò qualcosa da dire ma rimase con la bocca aperta, non trovando le parole. Lo sguardo di Jared era più che eloquente. Gli faceva pena.

Abbassò lo sguardo avvilita, si era davvero messa in ridicolo. Come aveva fatto a cadere così in basso? Scivolò con la schiena sulle piastrelle della doccia e restò seduta lì dentro, incurante dell'acqua gelida che le sferzava il volto. Non riusciva a dire una parola, niente avrebbe potuto giustificare quella scena patetica o risollevare il tuo orgoglio ferito.

Jared si avvicinò alla doccia e si chinò verso di lei. Sembrava calmo ora. Era dispiaciuto per come aveva reagito ma soprattutto era in pensiero per lei.

Restarono entrambi fermi nelle loro posizioni. Per un tempo indefinito. 

"Non volevo approfittare di te. Non così, non in quello stato. Sarebbe stato troppo facile. Non potevo, e non volevo, reggere i sensi di colpa che sarebbero venuti dopo. Perché sarebbero arrivati di sicuro. Non potrei reggere anche quelli, adesso."

Caroline non lo guardò quando si alzò e uscì dal bagno. Non voleva che notasse le lacrime che uscivano silenziose e si mischiavano al getto della doccia.

Jared tornato in camera, si fermò davanti alla finestra sospirando. Non gli piaceva arrabbiarsi in quel modo. Lo faceva raramente e quando accadeva gli rimaneva sempre quella sensazione di fastidio addosso che lo turbava. Si era arrabbiato con lei, solo perché non sopportava di vederla perdere così il controllo. Non certo per le parole dure che gli aveva detto. Non aveva detto niente che non fosse vero, niente di così crudele da ferirlo.

E quel bacio.. Se non approfittare di lei voleva dire prenderla in giro, allora l'avrebbe presa in giro finché non fosse tornata in sé.

Perché era abbastanza cresciuto da sapere quando fermarsi e quando agire. Quello era il momento di fermarsi e di riprendere fiato.

Anche se nel profondo avrebbe desiderato con ogni fibra del suo corpo prenderla e farla sua lì, contro quel vetro dove l'aveva sbattuta.

La posizione in cui l'aveva bloccata aveva stuzzicato il suo desiderio assopito dopo ore di tensione e quell'immagine non voleva lasciarlo in pace.

Ringraziò inconsciamente quel briciolo di razionalità che lo aveva fermato in tempo, prima di commettere qualche errore.

Non sapeva nemmeno per quale motivo si era aperto così liberamente con lei. Lei lo spiazzava, ogni sua certezza veniva spazzata via quando la guardava, quando rideva, quando piangeva.

Quel desiderio era così disarmante che avrebbe potuto perdere a sua volta il controllo. Solo adesso riusciva a comprenderlo, sorprendendosi di quella improvvisa consapevolezza.

Venne strappato ai suoi pensieri dallo squillo del telefono che lo fece sussultare. Estrasse i Blackberry dalla tasca dei pantaloni e rispose sbuffando.

Una valanga di parole lo travolse attraverso l'apparecchio lasciandolo però indifferente. Era tutto il pomeriggio che evitava di rispondere alle telefonate insistenti di suo fratello e di Emma, preoccupati da quella sua misteriosa assenza. Non aveva la minima intenzione però di spiegare tutta quella situazione a loro, soprattutto per telefono. Adesso però doveva trovare una scusa più che plausibile da raccontare a Shannon, che avrebbe capito al volo se sentiva che qualcosa non andava. Con la solita faccia tosta inventò di essere impegnato con una ragazza, e fece intendere al fratello che era in compagnia della più sensuale e disponibile bionda avesse mai incontrato.

La sua mente tornò per un momento a Caroline, così lontana dal tipo di donna che di solito usava per il suo piacere e un sorriso comparve sulle sue labbra. Dopotutto non era propriamente una bugia, sarebbe risultato ancora più convincente.

"Non è che ha un'amica o una sorella da presentarmi, vero?" stava chiedendo sardonico Shannon al telefono.

"Ah! Mi spiace, ma ho faticato per averla e non intendo sprecare il mio tempo con discorsi inutili!" rispose a tono Jared.

"Allora perché stai perdendo tempo a parlare con me, fratellino? Non sarà magari una scusa per il fatto che non sei più in grado di reggere tutta la notte e hai bisogno di fare una pausa?" lo canzonò il fratello.

Jared rise per come stava prendendo in giro il fratello e per la stoccata a segno che aveva piazzato Shan.

"Bella questa! Non dire stronzate Shan, è proprio lei ad aver bisogno di una pausa. Sai, non tutte riescono a reggere il mio ritmo.."  compiacendosi ancora per aver trovato una scusa calzante e non troppo lontana dalla verità.

"Sì.. certo, una volta forse! Arriva sempre quel momento il cui l'uomo deve rassegnarsi al tempo che passa, è la vita!" continuava a sfotterlo.

"Parli per esperienza personale? A me puoi dirlo sai, senza fare questo giro di parole!" ribatté beffardo, volutamente sopra le righe per non dare sospetti.

"Certo, certo.. Che stronzo.." tagliò corto Shannon, non sapendo come ribattere.

Jared prese la palla al balzo per chiudere il discorso e non doversi esporre maggiormente.

"Ora ti saluto, Shan. È ora del secondo round. Buona serata!"

"Oh, bro! Poi mi racconti tutto, mi raccomando.." rispose il fratello  spiazzato prima di salutare.

Chiuse la chiamata, e senza pensarci troppo spense direttamente anche il telefono. Tirò fuori dalla tasca anche l'iPhone, guardò l'ora e spense pure quello, appoggiandoli entrambi sulla scrivania di fianco alla finestra.

Per un po' non avrebbe dovuto preoccuparsi di dare spiegazioni o inventare scuse. Erano quasi le dieci di sera, la fame cominciava a farsi sentire, insieme alla ormai famigliare stanchezza.

Avrebbe aspettato che Caroline uscisse dalla doccia, poi avrebbero ordinato qualcosa da mangiare con il servizio in camera. Nel frattempo pensò di distendersi  nuovamente sul divano per riflettere su come avrebbe dovuto comportarsi con lei ma la stanchezza ancora una volta ebbe la meglio, addormentandosi  di sasso.

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Capitolo 13
*** Was it a Dream? ***


Giusto perchè siete voi e vi voglio tanto bene ho trovato tempo di postare questo capitolo dove la storia si fa interessante!
Lo so che aspettavate tutte questo momento! Perciò vi lascio al capitolo e spero non vi faccia troppo ridere.. >_<










Un rumore di passi concitati, voci ostili, irritate, urla. Un'ansia crescente si impadronì di Jared e per la prima volta si sentì smarrito, inadeguato a tutto quello che stava accadendo.

Una sensazione di angoscia lo pervase, come se fosse braccato da ogni parte, e nell'oscurità che aumentava non sapeva dove dirigersi per salvarsi, finché si accorse che il terreno sotto di lui stava cedendo, sgretolandosi sotto il suoi piedi ad ogni passo e infine rompendosi definitivamente con un boato lasciandolo precipitare nel vuoto.

 

Poi si svegliò.

Jared si guardò intorno frastornato. Era sul divano, con il respiro affannato, la fronte imperlata di sudore. Era solamente un incubo. Un maledetto incubo. Ma era così vivido che ci volle un attimo prima che il respiro tornasse regolare.

"Fanculo!" sbottò mentre si passava una mano nei capelli e poi sulla fronte, per asciugarsi il sudore.

Era certo di non aver mai fatto un sogno del genere, nemmeno nei momenti peggiori. Il suo inconscio aveva accumulato talmente tanta tensione e angoscia che da qualche parte doveva trovare una via d'uscita. Ma quella sensazione di cadere nel vuoto persisteva e lasciava una sgradevole  sensazione.

Jared si alzò stizzito, sentendosi vulnerabile e andando di nuovo alla finestra per calmarsi, davanti alla vista della città che amava.

C'era qualcosa però che non quadrava e non riusciva a venirne a capo.

Dopo qualche respiro profondo si accorse di un rumore, un suono che non aveva notato prima. L'acqua stava ancora scorrendo nella doccia.

Possibile che Caroline ci mettesse così tanto? Non sapeva quanto avesse dormito ma di sicuro era sotto l'acqua da un'ora ormai.

Si incamminò verso il bagno per vedere che stesse facendo ma si fermò appena prima di aprire la porta, con la mano ancora sulla maniglia.

Non poteva entrare come se niente fosse mentre lei faceva la doccia! Forse era meglio verificare da fuori, non volesse il cielo che si mettesse di nuovo a gridare come una pazza furiosa.

"Caroline, tutto bene?"

Non ottenendo risposta riprovò con voce più alta, per sovrastare il rumore dell'acqua che scorreva.

"Caroline, datti una mossa! Almeno ordiniamo da mangiare.."

Ancora nessuna risposta. Un campanello d'allarme cominciò a suonare insistente nella testa di Jared.

Che le era successo? Si era sentita male? O era solo arrabbiata?

Cominciò a picchiare sulla porta per richiamare la sua attenzione, magari non sentiva.

"Vuoi rispondere si o no? Se lo stai facendo per farmela pagare non funziona."

Mandò al diavolo le buone maniere e si precipitò dentro al bagno, restando a bocca aperta.

La ragazza era ancora nella posizione in cui l'aveva lasciata un'ora prima, con l'acqua gelida che le sferzava la testa e il corpo.

Stava tremando vistosamente, con la testa poggiata sulle ginocchia e le braccia che circondavano le gambe.

"Ma che cazz.." non riuscì a trattenersi lui, mentre spegneva il getto d'acqua.

"Oh,cristo santo Caroline! Che diavolo stai facendo?"

La ragazza continuava a tremare ma non si mosse da quella posizione. Jared si chinò verso di lei, la prese per le braccia e la tirò in piedi. Tutto quel tempo sotto l'acqua gelida le avevano fatto diventare le labbra violacee e le mani biancastre e raggrinzite.

"Cristo!" sbottò sconcertato.

La accompagnò fuori dalla doccia, la coprì con una salvietta ma la ragazza non smetteva di tremare. Le gambe le cedevano.

"Mi spieghi cosa cazzo significa?" chiese lui scuotendola e cercando di incontrare il suo sguardo. Lei non disse una parola e lo fissò con uno sguardo vuoto, distante.

Jared sospirò e la fece appoggiare al bordo della vasca per non lasciarla cadere. Lentamente senza chiedere niente  iniziò  a levare i vestiti fradici  che le si erano appiccicati addosso. Prima la maglia, la canottiera, i calzini. Le fece infilare velocemente l'accappatoio mentre la faceva alzare e le sbottonò i pantaloni. Sentiva la ragazza tremare violentemente e respirare a fatica mentre la spogliava e le toccava la pelle umida e gelida. Non era così che aveva immaginato quel momento in effetti. Quando si rialzò incrociò il suo sguardo e rimasero incastrati qualche secondo. Caroline lo guardava con uno sguardo indecifrabile, liquido, mentre lui ancora una volta si domandava se tra loro ci sarebbe mai stato qualcosa di normale.

L'aveva abbracciata per tranquillizzarla dopo la sua aggressione, aveva dormito con lei per tenerle compagnia e proteggerla, l'aveva baciata per zittirla e calmarla, l'aveva spogliata per farla asciugare e aiutarla a scaldarsi. Sebbene lo volesse, tra loro non ci sarebbe mai potuto essere un rapporto normale. Erano arrivati fino a lì per un motivo preciso, che non si poteva ignorare. Aleggiava sempre sopra di loro e tra di loro come un fantasma. Invisibile ma concreto, palpabile.

Lo sguardo di Caroline continuava a trafiggerlo e qualcosa, nell'aria, sembrò cambiare. Le gambe di Caroline cedettero di nuovo ma prima che potesse rovinare a terra si ritrovò tra le braccia di Jared entrambi ormai seduti sul pavimento. Lei finì, ancora tremante, appoggiata a lui,  con la testa nell'incavo del collo e le mani sul petto. Le braccia di lui le circondavano la schiena mentre le mani l'accarezzavano lentamente per scaldarla. Jared sentiva il respiro di Caroline sul suo collo, farsi sempre più profondo ed ansioso. Il soffio sul collo lo stava facendo impazzire ma nonostante questo continuava ad accarezzarle lentamente la schiena. Caroline sentiva ogni centimetro di pelle guizzare a contatto con la sua mano attraverso la spugna dell'accappatoio. Non riusciva a spiegare questo cambiamento improvviso tra di loro, ma il suo corpo stava reagendo contro ogni volontà fin dal momento in cui Jared aveva posato le mani su di lei per farla uscire dalla doccia. Poi l'aveva spogliata lentamente e brividi incontrollabili l'avevano squassata. Certo, era stata sotto una doccia gelida e questo non aiutava ma brividi di diversa natura provenivano da una parte precisa del suo corpo.

Come poteva desiderarlo dopo quello che era successo? Come poteva lui tenerla stretta nonostante quello che gli aveva detto poco prima?  Com'era possibile che l'unica cosa che voleva in quel momento e a cui riusciva a pensare era di essere tra le sue braccia e fondersi completamente con lui come non aveva mai desiderato con nessun altro?

Caroline si staccò dal suo petto lentamente nonostante avesse il cuore che le batteva all'impazzata, terrorizzata di vedersi respingere di nuovo. Non osava aprire gli occhi e alzare lo sguardo ma aveva bisogno di leggere negli occhi di Jared per vedere se anche lui sentiva quella carica di elettricità esplosa tra di loro.

Prima che riuscisse a decidersi sentì un tocco leggero sulla bocca che la fece sussultare. Alzò finalmente gli occhi e si accorse che lui stava passando un dito sulle sue labbra mentre con lo sguardo le fissava concentrato, come se volesse studiarle, talmente assorto che sembrava non avesse mai visto una bocca prima di allora.

Caroline trattenne il fiato, sentiva il cuore battere forsennato, per quanto poteva reggere ancora? Le sarebbe schizzato fuori dal petto da un momento all'altro.

Jared continuava a fissare le sue labbra, così ardentemente che da un momento all'altro avrebbe potuto mangiarsele.

"Sembra che stiano.. meglio.. adesso.." mormorò lui con un filo di voce mentre si avvicinava impercettibilmente  ma inesorabilmente verso di lei.

Caroline abbassò di nuovo lo sguardo sopraffatta ma lui posò un dito sotto il mento e le alzò il viso, per guardarla negli occhi.

Quegli occhi color cielo erano fiammeggianti, ardenti. Ma di un ardore diverso da quello precedente, più caldo. Sentiva che la trapassavano ma lasciavano al loro passaggio una scia infuocata che appiccava piccoli incendi ovunque dentro di lei.

Quando le loro labbra finalmente si toccarono, questa volta, non ci fu niente di casto e innocuo. Jared prese tra le mani il viso della ragazza e la baciò ardentemente, mozzandole completamente il fiato. La lingua, prima cauta, diventò insistente, cominciando ad esplorare ogni millimetro della sua bocca, lasciando Caroline in balia di quell'attacco, incapace di rispondere.

Finalmente Jared si staccò un istante, lasciando a entrambi il tempo di riprendere fiato.

Caroline non riusciva a formulare un pensiero coerente, voleva solamente perdersi con quel ragazzo incredibile davanti a lei, nonostante avesse ancora la testa piena di dubbi. Prima di rendersene conto, si ritrovò alzata da terra, mentre Jared la portava in braccio verso il letto.

Trattenne di nuovo il fiato quando la fece sdraiare lentamente sulle lenzuola, sempre con gli sguardi incastrati tra loro.

Si sentiva intimidita da quello sguardo, come se gli togliesse ogni briciolo di razionalità. Caroline sapeva benissimo cosa voleva ma era come pietrificata dalla presenza magnetica del ragazzo su di lei.

Jared si mise sopra di lei a cavalcioni, con i gomiti appoggiati ai lati della sua testa mentre le accarezzava lentamente i capelli. I loro volti erano di nuovo vicini e dopo qualche istante in cui la guardò intensamente riprese a baciarla appassionatamente e senza lasciarle tempo di respirare. Di nuovo cominciò quel gioco forsennato tra le loro bocche, dove le lingue correvano fameliche a rincorrersi senza sosta. Jared le infilò una mano tra i capelli e tirò verso di sé il viso di Caroline, continuando a baciare ardentemente quella ragazza sotto di lui,  come se le loro labbra non fossero già premute spasmodicamente le une sulle altre. Caroline gemette, sentiva un calore famigliare crescere ed espandersi dal basso ventre. Senza pensarci troppo appoggiò le mani sugli avambracci di Jared per riuscire almeno a sentire qualcosa nella posizione in cui si trovava. Era praticamente bloccata sotto di lui e questo faceva aumentare a dismisura la sua eccitazione.

La pelle di Jared era infuocata, anche attraverso la camicia leggera. Lui si staccò ansimante dalle labbra della ragazza e lentamente iniziò a sfilare le sue braccia dall'accappatoio, facendole alzare leggermente la schiena. In un attimo aveva già slacciato anche il reggiseno  e Caroline gemette di nuovo, mentre vicina al collo del ragazzo non riuscì a trattenersi dall'appoggiarci le sue labbra e succhiarne la pelle. Jared trattenne a fatica un gemito. Finalmente lei aveva le mani libere per potersi aggrappare alla sua schiena mentre lui iniziava inesorabile a coprire di avidi baci il mento, il collo, scendendo fino alle spalle e lasciando una scia umida e infuocata. La lingua correva insaziabile, succhiando ogni centimetro di pelle fino ad arrivare al reggiseno, ancora tra di loro. Lentamente spostò le spalline e spingendo con la lingua scoprì infine il seno, continuando quella tortura ininterrotta che la sua lingua e le sue labbra provocavano durante il percorso. Caroline riuscì a trattenere  a stento un urlo mentre Jared cominciò a succhiare ardentemente il seno. Impaziente tolse infine quel pezzo di stoffa tra di loro continuando a giocarci maliziosamente con la lingua, la bocca, le mani. Caroline pensava di impazzire, non sapeva per quanto avrebbe potuto resistere. Si agitava sotto di lui, si dimenava, gemeva, mentre Jared impaziente scendeva a scoprire ed esplorare la pancia, i fianchi. Infilò la lingua nell'ombelico e quella sensazione allo stesso tempo di caldo e freddo sulla pelle della ragazza lo faceva ammattire. Era così inusuale, e stuzzicante.

Le mani del ragazzo erano ovunque sul corpo di lei, mentre Caroline poteva arrivare solo sulla sua schiena e sulle sue spalle. Era davvero frustrante, voleva toccarlo, sentirlo, e lui invece era ancora vestito! Mentre Jared continuava la sua inesorabile discesa lei gli infilò le mani tra i capelli e lo sentì irrigidirsi. Jared si fermò ansimante e alzò lo sguardo su di lei. I suoi occhi color cielo si strinsero leggermente. Lei lasciò la presa ancora confusa da quella reazione ma si ritrovò persa in un bacio appassionato che le fece dimenticare tutto quanto. Jared si allontanò leggermente per guardarla negli occhi e strinse di nuovo gli occhi in due fessure.

"Non farlo.." mormorò lui lasciandola nuovamente confusa. Caroline sbatté le lunghe ciglia come per svegliarsi da un sonno improvviso.

"Non mi piace che mi tocchino i capelli.." spiegò infine lui.

Lei rimase a bocca aperta. Non si aspettava certo che in un momento come quello lui si preoccupasse dei suoi capelli!

Sbuffò facendo comparire un'espressione stupita sul volto del ragazzo.

"Allora fammi toccare qualcos'altro.." disse lei  con un sorrisetto malizioso.

Ora era Jared ad essere rimasto a bocca aperta. Bel cambiamento di direzione, non se lo sarebbe aspettato.

"Ti voglio.." 

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