l' amore rinasce...

di wghinta20
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** crisi esistenziale ***
Capitolo 2: *** telefonata a sorpresa ***
Capitolo 2: *** INCONTRO/SCONTRO ***
Capitolo 4: *** una triste verità ***
Capitolo 5: *** PRONTA A TUTTO ***



Capitolo 1
*** crisi esistenziale ***


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Miki era alla guida della sua auto, si stava dirigendo verso la scuola come del resto faceva tutte le mattine da ben otto anni. La tangenziale quella mattina stranamente era abbastanza scorrevole, infatti, non aveva dovuto lottare tra urla e strepiti a suon di clacson per farsi strada, come accadeva di solito. Lungo il suo percorso non faceva altro che vedere i soliti alberi sulla destra, e soliti edifici in costruzione sulla sinistra, che lei tanto odiava; ormai conosceva perfettamente a memoria tutte le strade e le stradine seminascoste che poteva fare tutto il tragitto ad occhi chiusi, dalla partenza fino a destinazione. Qualche volta ci aveva provato per davvero a chiudere gli occhi per qualche secondo, come se quel gesto avrebbe potuto alleviare la triste agonia che aveva nel cuore. Dopo quei vani ed insani tentativi si era ripromessa di non farlo più, soprattutto quando insieme a lei c’era suo figlio; non poteva di certo mettere a rischio la sua vita, per via dei suoi momenti di folle sconforto . Nonostante quella mattina il cielo fosse limpido e primi raggi del sole preannunciassero una giornata pressoché primaverile, al contrario di quanto si potesse sperare, poiché la primavera era passata da un bel pezzo, Miki tutte le stagioni, tutti mesi e tutti gli anni si sentiva dentro sempre allo stesso modo, vittima di una gelida bufera senza fine.

Miki aveva aperto il finestrino e, dopo essersi guardata allo specchietto per sistemarsi un ciuffo ribelle che le cadeva sulla fronte, aveva acceso una sigaretta quasi senza accorgersene, totalmente rapita nel turbine dei suoi macabri pensieri. A quel punto il piccolo, che sedeva sul sedile accanto, vedendo la madre fumare espresse tutto il suo disappunto:

“Mamma! Ma cosa fai?! Fumi?! Lo sai che papà non vuole che tu fumi in macchina!”

La donna aveva udito quelle parole in lontananza ma quel tanto che bastarono a riportarla alla realtà. Dopo essersi girata con lo sguardo verso il bambino chiese: “Jacopo hai detto qualcosa?" Il bimbo con occhi straniti rispose: “Mamma! La sigaretta!” “Come?” Chiese la giovane sgranando gli occhi dalla sorpresa.  “Guarda cos'hai a destra” rispose il figlio con una smorfia di disapprovazione. La donna si voltò dall’altra parte e vide che tra l’ indice e il medio teneva una sigaretta, il cui fumo stava invadendo tutta l’auto. “Ah! Dici questa! Ah ah ha ha!” rise falsamente Miky; poi, per stemperare la situazione un pò tesa, prese in giro il bambino: ” Certo che sei proprio pignolo come tuo padre, non ti sfugge nulla!!” Jacopo si girò verso la madre e a braccia conserte le rispose “Si….e tu hai sempre la testa tra le nuvole come dice papà!”

[...Accidenti a te Yuri! Hai visto cosa significa quando parli troppo con tuo figlio di come ero o di come eravamo da ragazzi?!?! ... Certo che Jacopo ti assomiglia in ogni minimo particolare: capelli biondissimi, come i tuoi; carnagione chiara, come la tua...per non parlare dei lineamenti del viso cosi angelici, proprio come i tuoi! Da me forse può aver ereditato il fisico snello e agile, e l’amore per lo sport...]

“Cambiando discorso" proseguì la donna "hai ripassato le tabelline?"

“Si signore!” rispose furbetto il bambino

“Su avanti fammi sentire” ordinò Miki.

Il bambino recitò diligentemente le tabelline fino all’arrivo alla scuola elementare. Dopo essersi salutati, Miki ripartì per raggiungere il suo negozio di articoli sportivi.
Arrivata a destinazione parcheggiò la sua auto e scese a passo svelto dirigendosi verso il suo negozio, inconfondibile perché, a differenza degli altri, era perfettamente curato sin nei minimi particolari: insegna ben in vista e sempre ben illuminata che attirava l’attenzione degli ipotetici clienti con la scritta “MiKi The Best Sport Articles Shop"; l'insegna era su un edificio costruito con mattoni rossi a vista, e alle due estremità vi erano poste due finestre arcate di media grandezza; infine, la porta di ingresso era stata costruita con un materiale in vetro fumè. Grazie a quest’insieme di caratteristiche il negozio di Miki diventò in soli tre anni dalla sua apertura il più gettonato negozio sportivo di tutta Via Monte Napoleone.

Entrata in negozio Miki salutò la commessa con un cenno delle mano, poi si tolse il cappotto e lo mise sull’ appendiabiti, e si diresse verso il bancone dove la giovane commessa stava ascoltando una canzone che stavano trasmettevano per radio e ne tamburellava il ritmo con i polpastrelli.

“Buongiorno Sara! Come va? Tutto bene?” domandò Miky. La commessa rispose cordialmente: “Bene,e lei?"

[Da schifo!] Avrebbe voluto rispondere Miki, invece si limitò a fare uno dei suoi sorrisi di circostanza e rispose: “Tutto bene, grazie.”

Erano trascorse poche ore dall'apertura del locale...Per Miki quel tempo sembrava un'eternità, ai suoi occhi quella stanza con gli scaffali e gli ultimi articoli ben sistemati non rappresentavano altro che una prigione senza uno spiraglio di luce, una prigione dalla quale voleva fuggire via...ma non poteva.
Nel tardo pomeriggio, Miki si trovava nel suo studio alle prese con la contabilità quando squillò il telefono. Dopo pochi secondi la commessa rispose, materializzandosi poco dopo nello studio e avvisando la proprietaria del negozio che suo marito l’ attendeva al telefono; con passi pesanti la donna si trascinò al telefono e, come al solito, assunse un atteggiamento convenzionale. “Pronto? Ciao Yuri!! Come stai?"

Dall’altra parte uno Yuri tutto pimpante rispose: “Ehilà Miki! Io sto benissimo...soprattutto ora perchè sto parlando con te!”

La donna fingendosi felice rispose: “Ne sono felice! Ascolta Yuri, devi dirmi qualcosa?” 

Il ragazzo, un po’ stupito per la risposta, disse: ”No no nulla! Volevo solo salutarti” Poi aggiunse: “Miki purtroppo hanno bisogno di me ora… a stasera, ti amo!”

“Ti amo anch’io” rispose lei.

Dopo essersi salutati Miki a passo svelto si diresse verso lo studio quando la voce della sua giovane commessa la fermò dicendole: “Certo che lei è proprio una donna fortunata!”

Miki si girò e chiese: ”Come?”

“Dicevo che lei è davvero una donna fortunata, è difficile trovare un marito come il suo” ripeté la giovane visibilmente imbarazzata.

"Eh già, sono molto fortunata” rispose con un tono incolore la donna andandosene via.

Ritornata nel suo ufficio Miki ripensò a quello che le aveva appena detto la sua collaboratrice: sapeva benissimo che poteva ritenersi una donna molto fortunata, poteva contare su un bravo padre e un buon marito, ma allo stesso tempo tutto questo non le bastava più, anzi le continue attenzioni dell’uomo erano diventate fonte di disagio, perché in quelle circostanze la donna doveva mostrarsi altrettanto disponibile e affettuosa, quando in realtà non ne aveva nessuna voglia...ma d’altronde...cosa doveva fare?

Non poteva di certo dire al suo consorte che non lo amava più; a volte avrebbe voluto parlare con il suo Yuri di questa sua crisi esistenziale, ma provava molta vergogna, mista ad una forte paura di perderlo per sempre.
 
Era una domenica mattina come tutte le altre: Miki come al solito stava sistemando la camera da letto quando, improvvisamente, squillò il telefono.

La donna urlò a gran voce: “Jacopo rispondi tu!" e sentì il figlio dire qualcosa al telefono ma senza capirci nulla. Dopo alcuni minuti vide il bimbo affacciarsi con la sua testolina bionda sulla soglia della camera e le disse: “Mamma ti vogliono al telefono”

“Uffaaaa!” sbuffò Miki per tutta risposta “Sarà qualche fornitore…ma adesso chiamano anche a casa?” e così dicendo aveva raggiunto il telefono, prese la cornetta in mano e rispose con fermezza “pronto…"

 

 

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Capitolo 2
*** telefonata a sorpresa ***


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prima di lasciarvi alla lettura volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto e commentato  la mia fanfic. Lo so, sembra banale ma ci  tenevo a ringraziarvi dal profondo del mio cuore!

buona lettura a tutti!

 

2° CAPITOLO

 

TITOLO

   

UNA TELEFONATA A SORPRESA!!

   

 

 

 

"Miki?" chiese una voce femminile aggraziata e gentile dall'altro capo del telefono. 

"Sì!?" rispose la donna con un po' di titubanza; dall'altra parte la voce continuò:

"Ciao Miki! E’ tanto tempo che non ci sentiamo!”

La giovane, per non fare una delle sue solite figuracce, decise di assecondare quella voce misteriosa, che allo stesso tempo le suonava inspiegabilmente familiare.

"Eh già!" replicò Miki, sempre più confusa. "Cosa hai Miki? Sei strana!” proseguì la voce.

A quel punto Miky si decise a confessare: "Mi scusi signorina, per caso lei è una fornitrice?"

La giovane sconosciuta, sentita quella domanda, iniziò a urlare e a strepitare talmente forte che Miki dovette allontanare la cornetta dall'orecchio: "Ma quale fornitrice! Va bene che sono passati molti anni, però come fai a non riconoscere la voce della tua migliore amica?!"

Improvvisamente Miki, appena udita quella frase, fu scossa da un lampo che attraversò la sua mente e disse con stupore: "Meri!? Sei proprio tu?"

Meri fingendosi infastidita rispose: "Certo mia cara! E chi pensavi che fosse!?”

"Ah ah ah ah! Meri mi devi scusare, ma è passato così tanto tempo...non mi sarei aspettata una tua telefonata"

L’amica a sua volta replicò: "Sì è vero, è passato molto tempo, è da quando sei partita per l'Italia che non ci si vede, spero di non averti disturbato!"

Miki rispose prontamente: "Figurati! Anche se sono passati dodici anni sono sempre la tua migliore amica, anzi se vuoi proprio saperlo, per tutto questo tempo ti ho seguita a distanza!"

"A distanza?" chiese Meri un po' sorpresa.

"Certamente! Ho letto tutti gli articoli che parlano di te!” precisò Miki.

"Ah, quindi lo sai già?!" domandò la ragazza. Miki, imitando la voce di un commentatore televisivo, annunciò: "Certo! Meri Namura, una giovane nipponica, non solo è già conosciuta in tutto il mondo come la nuova Carla Fracci, ma - udite udite signore e signori! - questa promettente scrittrice è felicemente sposata con uomo meraviglioso di nome Nick Namura!!!” "Ah ah ah ah!!! Complimenti Miki non hai dimenticato nulla! Potresti diventare sul serio una brava giornalista!” scherzò Meri.

"No grazie!! Basta già la mia attività che mi procura un bel da fare!!!” replicò a sua volta Miki mantenendo sempre un tono scherzoso.

"A parte gli scherzi, come va con Yuri?" domandò Meri. 

Miki, a quella domanda, cercò di mantenere un tono allegro per non far trasparire la perenne tristezza che le pervadeva il cuore: "Con Yuri va tutto benissimo! Sai, abbiamo un bellissimo bambino di otto anni, dovresti vederlo!! E' già un rubacuori, proprio come suo padre!"

Poi, approfittando di un momento di silenzio, salutò sbrigativamente l' amica, per evitare di aggiungere altre bugie su di lei e Yuri: "Scusa Meri, ora devo proprio andare!" "Aspetta Miki!! Fermati! Volevo dirti che la settimana prossima sarò a Milano per un convegno, ti andrebbe di venire?” chiese Meri carica di entusiasmo.

Miki le rispose entusiasta: "Certo che voglio venire! Aspetta che prendo carta e penna, così mi dici l'indirizzo esatto…Ok perfetto! Ho scritto tutto, ci sarò sicuramente! Ciao Meri ci vediamo presto!”
 
Conclusa la telefonata, Meri aveva avuto la vaga sensazione che Miki non fosse stata del tutto sincera con lei, aveva percepito che l'amica avesse volutamente cercato di mostrarsi allegra e felice. La donna si alzò e dirigendosi verso la finestra pensò tra sé [...Miki...cosa ti sta succedendo?...L'ho capito sai che c'è qualcosa che non va...qualsiasi cosa sia lo scoprirò molto presto!].
 
Riprese di nuovo le faccende di casa, Miki non riuscì a pensare ad altro che alla telefonata: mai si sarebbe aspettata una telefonata da parte di Meri! E come per incanto nella sua mente riaffiorarono i ricordi di quando lei e la sua amica del cuore andavano al liceo in Giappone; le sembrava di poter rivivere, attimo per attimo, sia i momenti  felici che quelli tristi.

Le era sembrato di sentire, oggi come allora con la stessa intensità, la grande sofferenza che aveva provato Meri quando era rimasta coinvolta nello scandalo per via della sua storia segreta con Nick Namura. Rieccheggiò distintamente nella sua mente il ricordo di tutto il dolore che aveva provato la sua amica quando il suo amato, per garantirle una vita spensierata e tranquilla, aveva deciso di lasciare non solo l’istituto per il quale lavorava ma anche di trasferirsi in un’altra città.

Dopo qualche tempo, però, i due amanti si erano resi perfettamente conto di non poter stare lontani l’uno dall’altra, nonostante sapessero di andare incontro a tantissime avversità ed avevano  deciso allora di proseguire la loro storia per poi sposarsi, dopo che la ragazza avesse concluso il liceo. Quegli anni, per Miki, erano stati gli anni più intensi della sua vita: infatti, proprio in quel periodo Miki si era innamorata di Yuri, ed oltre a dividersi tra scuola, amore e lavoro dopo le lezioni, andava quasi quotidianamente ad allenarsi a tennis con Ghinta; non appena nella sua mente si materializzò l’immagine sfocata del viso del ragazzo, Miki percepì un leggero ed improvviso aumento del battito del suo cuore. Quando finalmente si calmò ed il suo cuore riprese a batterle regolarmente in petto si disse: [Basta pensare al passato Miki!!! Pensiamo al presente!!]

 

Poi si voltò, e dopo aver lanciato un'occhiata all’orologio a muro strillò: “Accidenti! Yuri dovrebbe arrivare a momenti, devo pepare il pranzo!”
 
Entrata in cucina, la donna iniziò ad aprire forsennatamente le ante di tutti mobili alla ricerca delle bottiglie di salsa di pomodoro: malgrado ci mise tutto il suo impegno le bottiglie sembravano essersi dileguate! All’improvviso Miki si fermò: [Ah si! Ora ricordo, le ho messe sull’ultimo ripiano!]

Dopo essersi avvicinata al ripiano in questione, tentò di afferrare una bottiglia, ma il ripiano era talmente in alto che lei non riuscì a sfiorarlo neppure.

Presa  una sedia e dopo esserci salita sopra afferrò con mani sicure una delle bottiglie; inaspettatamente, l’oggetto le scivolò dalle mani, ma con un balzo felino riuscì ad afferrarla al volo e a evitare l’irreparabile.

[...Uff!!! Meno male! C'è mancato poco!!!] pensò la donna.

Scesa dalla sedia e dopo essersi voltata, notò che, nonostante fosse entrata in cucina da diverso tempo, suo figlio era rimasto chino con il capo sul tavolo intento a fare i compiti come se nulla fosse. La giovane si avvicinò al piccolo, e mettendogli una mano sulla testolina bionda gli sussurrò con voce amorevole: “A che punto sei?” 

"Mamma non parlare! Così mi deconcentri!!” tagliò corto il figlio.

A sentir quell’affermazione Miki si arrabbiò tantissimo e le venne una voglia febbrile di tirargli uno scapaccione; tuttavia si limitò a rispondere con tono alterato: “Certo che sei proprio antipatico!"

Tornata ai fornelli Miki pensò: [...Certo che sei proprio identico a tuo….]

“Mamma chi era al telefono?” disse Jacopo con curiosità interrompendo i suoi pensieri.

“Una mia cara amica" rispose la donna con tono neutro senza voltarsi. "Per caso stai parlando di quella tua compagna del liceo Toryo?" chiese incalzante il bambino.

"Si esatto!" rispose prontamente la madre. "Come mai ha chiamato?" volle sapere a tutti i costi Jacopo. “Beh, perché la settimana prossima ha un convegno qui a Milano, mi ha chiesto se mi faceva piacere parteciparvi, così magari dopo possiamo vederci per un caffè." "Quale convegno? Per caso la tua amica è un dottore?" le domandò  Jacopo sempre più interessato.

Miki si voltò sorridendo e rispose: "No Jacopo, Meri è una famosa scrittrice, mi ha invitato a questo convegno perché, proprio qui, a Milano, si terrà la presentazione del suo nuovo libro" ”Ah! Ho capito di chi si tratta….Meri è quella signora della rivista che hai comprato qualche giorno fa!!" esclamò Jacopo dalla contentezza; poi chiese alla madre “Mamma sei felice di rivederla dopo così tanto tempo?" Miki sulle prime rimase colpita dalla domanda, esitò un attimo, infine replicò con sicurezza guardando il suo bimbo: “Certo che sono contenta!  Finalmente dopo dodici anni potrò riabbracciare la mia migliore amica!”

“Mamma non hai paura?"  domandò il  bambino scrutandola. “Paura?…Paura di cosa?“ replicò la donna con occhi sgranati.

“Mamma non hai  paura che Meri possa trovarti invecchiata?” rispose il figlio con un ghigno furbetto stampato sul volto.

Miki fingendosi offesa replicò: ”Mi stai dando della vecchia decrepita!? Guarda che gli anni sono passati anche per lei!” e tornò a preparare il pranzo.

Ad un tratto Jacopo saltò silenziosamente giù dalla sedia e con passi felpati si diresse verso la porta della cucina quando sentì la voce della madre e si bloccò: “Ehi! Dove stai andando!?" volle sapere Miky con tono autoritario.

“Posso andare a prendere la rivista dove c’è l’articolo su Meri?” chiese Jacopo senza voltarsi.

“...Ok, vai! Però non mettere sottosopra la stanza” rispose la donna raccomandandosi.

Il bambino non se lo fece ripetere due volte e sgattaiolò via come un fulmine.

Improvvisamente, Miki si ricordò che la rivista non era più a solito posto, ed urlò con quanto fiato aveva in gola:"Aspetta Jacopo!! La rivista è nel secondo cassetto del comodino!.

Arrivato in camera, Jacopo si diresse verso il comodino. Dopo aver aperto il primo cassetto, constatò che della rivista non vi era alcuna traccia; al suo posto però vide una scatola di cartone, tutta impolverata, di medie dimensioni. Il bambino sapeva che era scorretto rovistare tra le cose della mamma...ma la curiosità era tanta, in fondo quale segreto poteva contenere  quella comune scatola?! Dopo diverse esitazioni, Jacopo decise di saziare la sua curiosità; stringendo a sè l’oggetto, come fosse un prezioso bottino, poi raggiunse i piedi del letto; una volta inginocchiato e appoggiato sulle sue gambe il misterioso oggetto, aprì lentamente il coperchio. Jacopo rimase deluso quando scoprì che all’ interno del contenitore vi erano degli stani ed insignificanti oggetti: un giocattolo con tre pulsantini, un minuscolo robottino, un paio di orribili pupazzetti verdi ed infine un carillon. Il bimbo fece per andarsene, deluso per non aver trovato nulla di interessante: improvvisamente si fermò, quando l’occhio per caso gli cadde su un quarto oggetto; lo prese e notò dall’aspetto che doveva avere diversi anni perché,era piuttosto usurato. Sempre più intrigato il biondino incominciò a sfogliarlo; dopo aver compreso che aveva fra le mani un diario e che quelle pagine non erano state scritte da una persona qualsiasi bensì da sua madre, iniziò a leggere più avidamente, smanioso di  appurane il contenuto.
 
In cucina Miki stava finendo di apparecchiare la tavola, ignara di cosa stesse combinando suo figlio, mentre ripensava alla telefonata avuta con Meri; tutto ad un tratto, sentì la voce di Jacopo dietro di lei, che chiedeva: “Mamma chi è Ghinta?"

La donna, appena sentì pronunciare quel nome, incominciò ad avvertire delle vampate improvvise di calore, accompagnate da un leggero tremolio alle gambe: anche se provava questo misto di forti ed ingiustificate emozioni, sapeva bene che non poteva permettersi di mostrare a suo figlio questo suo forte stato emotivo. Rimanendo di spalle e cercando in tutti i modi di rimanere fredda e distaccata balbettò:  “Ghinta? Non conosco nessuno con questo nome!”

“So tutto invece!” insistette lui, poi aggiunse: "Qui c’e’ scritto che vi siete bacia…”

Miki si voltò di scatto e strappato dalle mani il quaderno che il bimbo portava con sè, lo riproverò con tono severo: “Come ti sei permesso di ficcare il naso in cose che non ti riguardano!?”

Dopo aver messo il quaderno in un cassetto del mobile della cucina, rimanendo di spalle chiese ancora al bambino con tono alterato: “...Perché Jacopo?! Perché hai fatto una cosa del genere!?"

Dopo un attimo silenzio, Jacopo, ancora sconcertato per la reazione spropositata di sua mamma, tentò di giustificarsi: “Mamma io…"

 

DRINNNN!!!

 

Il suono del campanello risuonò allegramente nell'aria, in una situazione che ormai era diventata tesissima. Miki dopo essersi diretta verso la porta con passo svelto guardò nello spioncino ed aprì a suo marito.
Entrato in casa, Yuri salutò affettuosamente la moglie e una volta appoggiato l’impermeabile sull'appendiabiti, si diresse in cucina; Jacopo, sentendo quei passi inconfondibili provenire dal corridoio si era  precipitato  fuori dalla cucina ed era saltato in braccio al padre abbracciandolo con impeto. Subito l’uomo contraccambiò con la stessa intensità quel gesto d'affetto.
 
Una volta a tavola la famiglia Matsura stava pranzando allegramente: tra un boccone l’altro, Miki raccontò dell’inaspettata quanto piacevole telefonata avuta con Meri.  Appresa la grande notizia, Yuri era rimasto piacevolmente felice. Proprio mentre marito e moglie discutevano allegramente del convegno di Meri, Jacopo si voltò verso il padre chiedendogli: “Papà chi è Ghinta?" 

Miki subito si irrigidì tesissima, lanciando immediatamente un'occhiata al marito come per intimargli di tacere; l’uomo però, ignorandola completamente, si voltò e rispose tranquillamente al suo bambino: “Beh… Ghinta è stato il primo amore della mamma.”

“Yuri!!! Non aggiungere altro!!!“ strepitò Miki in un misto di agitazione, rabbia e angoscia. Yuri continuando a non comprendere perché sua moglie si fosse arrabbiata a quel modo, le chiese sbalordito: “Miki! Non c’e bisogno che ti scaldi tanto! Nostro figlio ha fatto solo una semplice domanda.”

La donna, dopo essersi resa conto di aver esagerato, si era rimessa seduta composta più imbarazzata che mai.

“In fondo Miki non è un segreto che prima di me nel tuo cuore ci fosse Ghinta.” continuò il marito. 

Miki era rimasta con la testa china in silenzio. In cucina si formò un'atmosfera surreale, era caduto un silenzio tombale. I minuti seguenti, per Miki erano sembrati un'eternità.
"Non c'è bisogno di spiegazioni….nel quaderno è stato scritto chiaramente, nero su bianco…la mamma e Ghinta si sono baciati!” esclamò Jacopo.

”Baciati?” domandò Yuri balbettando, mentre un lampo misto tra sorpresa e sgomento gli attraversava la mente.

"Si papà!" il bimbo proseguì “La mamma e Ghinta si sono baciati quando…”

"Fermi tutti!" tuonò Miki alzandosi di scatto dalla sedia, ed intuendo il tumulto di pensieri e sensazioni che in quel momento potevano attanagliare la mente del marito dopo aver scoperto quella notizia, aggiunse con un tono che non ammetteva repliche: "Se mi permettete, dato che sono stata chiamata in causa, io e solo io voglio mettere in chiaro la situazione!"

Dopo aver ripreso il controllo di se stessa, Miki si preparò a raccontare l'accaduto, cercando di mascherare l'emozione, l'angoscia e l'ansia che provava nel dover raccontare la sua verità; certo, avrebbe preferito non farlo, tuttavia era consapevole che se non l'avesse fatto, gli sguardi indagatori di Jacopo ma soprattutto di Yuri non sarebbero svaniti. Si fece coraggio, e assumendo un tono fermo e sicuro iniziò a raccontare:
 
"Eravamo soli, io e Ghinta; non c'era nessuno perché le lezioni erano terminate da un pezzo. Una volta alla settimana noi studenti dovevamo alternarci a fare i capoclasse, e tra le tante responsabilità, era d’obbligo fermarsi tutti i giorni alla fine delle lezioni per segnare sul registro gli assenti del giorno. Dopo circa una ventina di minuti Ghinta mi aveva proposto di fare una pausa: io non me lo sono fatto ripetere due volte e ne ho approfittato per gustarmi una delle mie caramelle preferite, quelle che venivano reclamizzate in tv con lo slogan < Hanno lo stesso sapore di un bacio >. Dopo averne presa una dalla mia cartella ne avevo offerta una anche a lui. Ghinta, avendo intuito di che caramella si trattava, esclamò con voce seria: "Il dolce sapore di un bacio come il fresco aroma dell'uva". 

 

Era passato molto tempo ma a Miki sembrava di poter ancora percepire molto chiaramente il suo sguardo tenero, con quegli occhi così profondi e penetranti.

 

Dopo aver deglutito un momento la donna continuò:

"Poi Ghinta ad un tratto disse: "Tu ci credi allo slogan? Secondo me sarebbe carino provare!"

Sulle prime, pensavo che stesse scherzando, così per provocarlo, avevo risposto con tono serio "Va bene! Se proprio vuoi baciarmi..."

Anche se, inizialmente, gli avevo fatto intendere che acconsentivo, alla fine avevo aggiunto sorridendo "Non prendermi sul serio, lo so che non scherzi mai su queste cose.” Diversamente dalle mie aspettative, senza che me ne rendessi conto, lui mi aveva afferrato le spalle e mi aveva dato un bacio sulle labbra”.

 

Come poteva dimenticarsi di quell'indescrivibile momento…quel bacio così breve ma quel tanto che bastò per assaporarne il sapore cosi fresco e gustoso come quello dolce dell’uva.

 

“E poi!?" volle  sapere  Jacopo, intento ad ascoltare rapito il racconto della madre. Miki proseguì: “Dopo gli ho tirato un sonoro ceffone e sono scappata via”

 

[...Spero solo di non avergli fatto troppo male quella volta!]

 

 “Brava mamma! Hai fatto bene, cosi impara quel bruto a baciarti senza permesso!” commentò Jacopo dandole il cinque. Miki si voltò verso Yuri e rimase sorpresa nel vedere che a differenza del figlio lui era rimasto freddo e distaccato. Più lo scrutava e più lui sembrava che lo stesse facendo apposta a non far trasparire nessun tipo di emozione.

Il cuore di miky cominciò a battere forte, sempre più forte...fino a che le labbra del marito non si curvarono in un sorriso, che poco dopo si trasformò in una fragorosa risata “Ah ah ah ah ah ah ah!!! Povero Ghinta! Chissà come c’è rimasto male! " poi asciugandosi le lacrime dagli occhi disse: "Scusa Miki, volevo stare serio ma tutta questa faccenda sembra la scena di un film grottesco!” 

Inizialmente Miki e Jacopo erano rimasti sorpresi dalla reazione di Yuri, ma poi, contagiati anche loro, si erano uniti alla sue risate, creando così un'atmosfera serena e rilassata.

 

 

Guardandosi allo specchio in camera da letto, Miki ripensò ancora una volta alla chiamata con Meri. Per qualche strana ragione si sentiva in colpa: forse perché durante la telefonata non si era dimostrata così affettuosa ed entusiasta con Meri, non se lo meritava, eppure ci aveva messo tutto il suo impegno per cercare di nasconderle questa sua sensazione perenne di insoddisfazione che le gravava sulle spalle. 

Guardandosi allo specchio in camera da letto, Miki ripensò ancora una volta alla chiamata con Meri. Per qualche strana ragione si sentiva in colpa: forse perchè durante la telefonata non si era dimostrata così affettuosa ed entusiasta con Meri, non se lo meritava, eppure ci aveva messo tutto il suo impegno per cercare di nasconderle questa sua sensazione perenne di insoddisfazione che le gravava sulle spalle. 

 

Il tonfo di una finestra che sbatte la riportò bruscamente nel mondo reale; Miki si voltò, le servì qualche secondo per comprendere che si trovava in camera sua. Non appena si rese conto che la finestra che dava sul balcone sbatteva si era precipitata a chiuderla. Mentre stava per tornarsene indietro, l’occhio le cadde sulla scatola, che era rimasta incustodita ai piedi del letto. La giovane si diresse verso di essa, come guidata da un impulso incontrollabile. Una volta aperta, rimase molto sorpresa quando constatò che tutti gli oggetti erano ancora lì. Quegli oggetti apparentemente senza valore, per lei rappresentavano i ricordi di una vita adolescenziale felice e spensierata.

Dopo aver esitato un attimo, prese il suo vecchio registratore, e dopo aver schiacciato il pulsante di accensione ascoltò il messaggio inciso: 

 

“Perdonami Miki...sono riuscito a rovinare tutto, ma ti voglio ancora bene….”

 

Quelle parole la riportarono indietro nel tempo; come poteva non sapere a cosa si riferiva quella frase pronunciata dal suo Yuri in un momento di completo sconforto! 

Il messaggio fece riaffiorare alla mente di Miki un triste ricordo, forse uno dei più strazianti di tutta la sua vita; quanta sofferenza aveva provato quando all’aeroporto aveva visto partire Yuri alla volta degli Stati Uniti per realizzare il suo più grande sogno - diventare un grande architetto. Era passato molto tempo ma le sembrò di rivivere quel momento una seconda volta. Nella mente di Miki si materializzarono pensieri e sensazioni di una lenta agonia che lentamente l’avvolsero.

 

La stessa, identica tristezza che provava oggi, con l’unica, ma sostanziale differenza, che all'epoca, supportata anche da Meri, era riuscita a parlarne con Yuri di persona spiegandogli che non  riusciva più a sopportare la lontananza, che non aveva più intenzione di soffrire in modo cosi dilaniante, e a malincuore Miki, per non versare altre lacrime amare, si era vista costretta a mettere Yuri di fronte ad un ultimatum: o lei o l’ architettura. Miki era consapevole di aver fatto una scelta crudele, oltre che ingiusta, ma aveva già sofferto tanto, non aveva intenzione di soffrire ancora. Dal canto suo, il ragazzo, pur amando follemente la sua Miki, non poteva mandare il suo sogno in frantumi, anche se questo avrebbe decretato la fine del loro amore; ma sapeva altrettanto bene che non poteva sottoporre ancora la sua Miki ad un simile stress emotivo: proprio per queste ragioni, i due avevano deciso di comune accordo di lasciarsi definitivamente.

 

Il ricordo straziante di quel momento le fece velare gli occhi di lacrime, e pensò:

 

[...certo che ne abbiamo superate tante io e te! Chissà se supereremo anche questa crisi?!]

 

Improvvisamente, la sua attenzione si concentrò sul carillon, quello di Yuri.

 

[...oh Yuri...Questo è stato il tuo primo regalo!] si disse Miki avvolta dalla meravigliosa melodia, che le infondeva un tiepido benessere.

 

“Cosa fai? Pensi al nostro passato?" disse Yuri con voce profonda materializzandosi sulla porta. Lei si voltò, ancora scossa da un forte coinvolgimento emotivo che le aveva riscaldato il cuore, venne spinta da una voglia irrefrenabile di correre da lui a ad abbracciarlo per sentire le sue forti braccia che le cingevano la vita. Stretta a lui si sentiva protetta, standogli così vicino poteva sentire il suo profumo, nè troppo aspro nè troppo dolce. Poteva sentire le sue mani così delicate, ma allo stesso tempo cosi protettive che la stringevano dolcemente.

 

Poggiato il capo sul suo petto balbettò in lacrime: “Yuri promettimi che staremo insieme per sempre!”

 

Da dove le erano uscite quelle parole? Sapeva benissimo che non aveva nessun diritto di chiederglielo, perché finora era stata proprio lei a mettere in discussione i propri sentimenti. Allora perché aveva detto quella frase? Perché voleva fargli altro male?

 

Yuri asciugò le lacrime della sua amata e la osservò: più il tempo passava, più diventava dannatamene affascinante. Quella carnagione così chiara, quei capelli castani  vaporosi e sempre perfettamente profumati, quegli occhi tondi e marroni così profondi e limpidi che l’avevano fatto perdutamente innamorare. Yuri era consapevole di aver commesso degli errori, che nel corso di una vita, in questo caso la sua, tutto poteva cambiare in un soffio...ma su di una cosa aveva assoluta certezza: niente e nessuno poteva far naufragare il loro amore; era fermamente convinto che la sua piccola Miki sarebbe stata per sempre con lui, anche dopo la  morte.
Con un gesto fulmineo, ma allo stesso tempo delicato, l’uomo prese il volto della sua consorte fra le mani e la baciò con tutto l’ardore che aveva in corpo. Lei lo ricambiò  con la stessa veemenza.
 
Dopo aver fatto l’amore Miki era sdraiata nel letto, al fianco del suo uomo, ma non si sentiva affatto felice: si sentiva un verme...come aveva potuto pronunciare quella frase? Come aveva potuto fargli credere in un magia che non esisteva più? Si, aveva appena fatto l’amore con lui, ma la cosa più straziante e dilaniante era che l’aveva fatto solo perché vittima di piacevoli ricordi, in nome di un forte sentimento che lei provava, un sentimento che, attualmente, si era spento, forse definitivamente.
 
La settimana seguente trascorse velocemente finché non arrivò il fatidico giorno del convegno di Meri. Miky era lì, ai piedi di un enorme palazzo di circa venti o trenta piani. La donna per l’occasione si era vestita accuratamente: capelli legati in un perfetto chignon, camicetta bianca sobria, tailleur di lino grigio antracite accompagnato  da scarpe con il tacco non troppo alto, e come tocco finale aveva optato per un trucco leggero che bastava a darle un'aria da ricca donna in carriera.
 
Entrata nell'edificio, Miky si presentò alla reception come amica dell’ospite d'eccezione. Dall’altra parte del bancone, una signora distinta di mezza età, dopo aver fatto le solite telefonate di routine, consegnò a Miki l’invito. Su di esso, oltre al nome della sala dove si teneva il convegno, c’era anche scritto il numero del posto per lei prenotato. La giovane ringraziando lo prese e iniziò a dirigersi verso la sala convegni. Dopo essersi assicurata di essere arrivata, spinse la porta ed entrò .

La grande sala era già affollata, tutti gli ospiti erano al loro posto, in trepidazione per l’arrivo dell'ospite tanto attesa. Una volta seduta al suo posto Miki si sentì improvvisamente a disagio, perché per lei tutto questo era nuovo: ogni volta che si trovava in una situazione come questa non sapeva come comportarsi. Tutto ad un tratto nella sala si diffuse una voce metallica che destò Miki dai suoi pensieri

 

< Un attimo di attenzione prego, siamo lieti di annunciarvi la signora Meri Namura!!”> 

 

Detto ciò poco dopo Meri apparve sulla scena; dalla postazione in cui era seduta Miki poteva vederla benissimo, non appena la intravide provò una felicità ed un'emozione così forti che le esplosero dentro. Rimase sorpresa di constatare come il tempo aveva dato all'amica una luce diversa negli occhi e l'aspetto di una vera diva.

Anche se Miki fin dall’inizio della sua carriera aveva visto molte foto sulle riviste, non si era mai accorta di questi cambiamenti, che invece ora poteva facilmente notare: Meri indossava un semplice abito scuro, i capelli liscissimi le cadevano sulle spalle, in mezzo ai quali si intravedevano delle ciocche dei colpi di sole che le ingentilivano ancor di più i lineamenti del viso.

 

La giovane scrittrice, mentre prendeva il microfono in mano per rispondere alle domande dei partecipanti, faceva saettare con discrezione lo sguardo per la stanza, con la speranza di incrociare quello della sua amica. Quando finalmente le due amiche si guardarono negli occhi, entrambe simultaneamente dovettero fare appello a tutto il loro autocontrollo per trattenere le lacrime. Meri, dopo essersi ripresa dal forte momento di commozione, iniziò a rispondere alle domande che si accumulavano una sull’altra.

 

“Signora Namura ci parli del suo nuovo libro!" chiese un giornalista a gran voce in fondo alla sala. Meri rispose prontamente: “Beh, questo nuovo libro si intitola <> e narra le vicende di una donna che ha un marito splendido e un lavoro altrettanto soddisfacente...peccato che non sia affatto felice….“

Meri fece una pausa quando vide Miki abbassare colpevolmente lo sguardo, come se non avesse più il coraggio di guardarla negli occhi, poi prosegui: “Sembra che non ci sia nulla in grado di ridarle il sorriso ma…”

”Ma?" chiesero i partecipanti all’unisono. 

Meri con un sorriso sbarazzino stampato sul volto rispose: ” Volete saperlo?…Allora acquistate il libro!“

“Passiamo avanti!” la interruppe l’uomo che l’aveva presentata.

 

A quel punto si alzò una donna che con fare gentile chiese a Meri: “Signora Namura, lei predilige scrivere storie d'amore, è esatto?“

Meri annuì; la sua interlocutrice aggiunse allora con tono pacato "Noi ci chiediamo, ma lei ha per caso una fonte di ispirazione per poter scrivere cosi tanti romanzi di successo in pochissimo tempo?"

Meri rispose cordialmente mantenendo il sorriso: "Beh, lei mi chiede se so ho una fonte di ispirazione? Io le rispondo dicendole che tutti voi per me rappresentate una fonte di ispirazione! Le faccio un esempio: vi ricordate il mio romanzo di esordio <>? Come voi tutti sapete quel romanzo era stato tratto da mie esperienze già vissute“

La giovane giornalista stava per farle un'altra domanda, ma venne brutalmente interrotta da un collega che le sedeva accanto che disse: ”Signorina Namura ormai è risaputo che lei è sposata con il signor Nick Namura”

L’espressione di Meri si indurì un poco, poi il giornalista con tono pungente aggiunse: “Quello che tutti noi vorremmo sapere….perché nella maggior parte delle sue interviste e nelle apparizioni televisive non viene mai accompagnata da suo marito, a parte qualche sporadica eccezione all’inizio della sua carriera?…Per caso non approva che lei sia cosi dedita al suo lavoro di scrittrice?”

Miki appena udita quella domanda ebbe un lampo di sorpresa e pensò:

 

[...Ehi! E' vero! A parte gli esordi Meri è sempre apparsa nelle interviste e nelle sue apparizioni televisive sempre sola!]

 

Poi Miki guardò in direzione dell’amica, e non poté fare a meno di notare la sua espressione accigliata. Meri sulle prime provò una gran voglia di far esplodere la sua rabbia, ma poi, ripreso l’autocontrollo, replicò con tono glaciale: “Non sono qui per dar conto della mia vita privata…se volete potete pure sollevare domande o critiche sul mio lavoro, ma vi pregherei di non rivolgermi altre domande strettamente legate al mio privato.“ L’uomo che le stava accanto, lo stesso che l’aveva annunciata ai microfoni, intuendo che la situazione stava diventando insostenibile intervenne con decisione: “Bene…Passiamo alla prossima domanda…”

....


[...Ed ora?...Cosa le dirò?...Dovrò raccontarle tutta la verità?]  si chiese tra sè Miki mentre aspettava la sua amica fuori dall’edificio.

 

Nel momento in cui Miki venne inondata dai suoi soliti dubbi, la voce di Meri alle sue spalle la riscosse: “Miki?”

 

Lei, sentito il suo nome si voltò, e quando la vide corse ad abbracciarla in lacrime.

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** INCONTRO/SCONTRO ***


Nuova pagina 1

Ciao a tutti!

Eccomi qui con  il terzo capitolo, spero che vi piaccia…

 grazie di cuore per i commenti che per me rappresentano fonte di carica.

Grazie ancora!

Buona lettura

 

3° CAPITOLO

 

TITOLO

 

INCONTRO/ SCONTRO

 

 

 

Le due amiche erano lì, l’ una di fronte all’ altra, strette in un caloroso abbraccio e con il viso rigato da lacrime di gioia. Per Miki, Meri era come una sorella, con lei aveva condiviso gioie e dolori,era sempre stata pronta a tenderle una mano nei suoi momenti di completa difficoltà, dandole con diplomazia quelle preziose risposte a quei tanti dilemmi che da sola non riusciva a trovare; mai come oggi  avrebbe avuto più bisogno di lei, solo lei poteva aiutarla a trovare una via d’ uscita a quest’ ennesimo dilemma che le arrovellava il cervello da molto tempo. Dal canto suo, anche a Meri le era mancata moltissimo, a volte poteva sembrare sbadata e insicura,ma aveva la capacita innata di voler bene e farsene volere da tutti. Quante le erano mancate quelle interminabili chiacchierate fino a notte fonda in camera sua, quei sorrisi quegli abbracci  calorosi  e sinceri che solo l’ amica riusciva a  darle. Erano  passati dodici anni ma, il loro legame di profonda amicizia non si era minimamente indebolito,anzi dopo tutto questo tempo sembrava essersi rafforzato più di prima, ciò significava una cosa sola: niente e nessuno avrebbe potuto minare il loro rapporto basato sulla fiducia, rispetto reciproco, e sincerità.

 

“Oh Meri quanto mi sei mancata!” balbettò Miki dopo essersi ripresa dalla forte commozione.

“Oh Miki mi sei mancata molto anche tu” replico lei  con la voce rotta dal pianto, poi asciugandosi gli ultimi rimasugli di lacrime aggiunse “che ne dici di fare un giro qui nei dintorni?”

Miki annuì.

Uscite da una gelateria di Corso Buenos Aires, le due amiche incominciarono a ridere a crepapelle ripensando ai ricordi del loro passato. Proprio mentre Miki era in preda ad un attacco di fragorose risate, improvvisamente, dal cono che teneva in mano cadde una goccia di crema al cioccolato che andò dritta sulla sua camicetta bianca, formando una piccola macchia che pian piano si espanse sempre  più, sulle prime, Miki non si accorse di nulla, ma poi, quando vide l’ amica che la stava osservando sogghignando chiese sbigottita:

“ Meri perché ridi ho detto qualcosa di buffo?”

“guarda la camicia” replicò Meri indicando con il dito l’alone di cioccolato piegata in due dalle risate. Detto ciò, Miki abbasso lo guardò e quando si accorse del disastro che aveva combinato, strillò :

“accidenti! Guarda cos’ ho combinato! Mi sono sporcata  la camicia!” tutta allarmata  prese la borsetta,  iniziò a cercare come un 'ossessa il  pacchetto di fazzoletti < tempo > Nonostante  facesse  appello a tutte le sue forze non trovò niente, poi si voltò verso l’ amica per chiedergliene gentilmente  uno, però quando si accorse che quest’ultima  era china con la faccia coperta per soffocare l’ ennesima risata si inviperì:

“Meri invece di ridere passami un fazzolettino, sbrigati!” Meri  dopo essersi ripresa dagli attacchi di risate che avevano tolto il respiro, glielo porse. Preso in mano il fazzolettino Miki iniziò a sfregare con veemenza, nel disperato tentativo di debellare la macchia, tuttavia più sfregava, più quel terribile alone continuasse ad espandersi, nel momento in cui Miki cercava inutilmente di  fare ammenda al  pasticcio che aveva combinato, le risate sguaiate dell’ amica  raggiunsero il culmine, solo quando riprese il controllo parziale di se stessa esordi:

“continuando cosi peggiorerai solo le cose”. Detto ciò, Miki si bloccò e guardò con occhi spaesati l’ amica che infine aggiunse “forse se vieni nell’ albergo dove alloggio trovo qualcosa che fa al caso tuo”.

“oh Miki ti sta di incanto” esclamò Meri sorpresa nel vedere quanto l’ amica stesse meravigliosamente bene con una della sue camicette. Miki con occhi increduli replicò “lo credi davvero?".

Meri rispose prontamente "certo Miki guarda puoi vederlo da te”, dopo averla condotta di fronte al grande specchio a muro. Miki osservò molto attentamente  la sua immagine riflessa, per qualche istante dopo tanto tempo si sentì  appagata e felice, ma quando la gioia svanì pensò [ma Miki chi vuoi prendere in giro? Non basta di certo un capo di seta disegnato degli stilisti migliori del mondo a farti sentire in pace con te stessa] benché non potesse  di certo negare  che quella camicetta le desse l’aspetto di una donna molto affascinante capace di attirare l’attenzione di qualsiasi uomo. In realtà non ne aveva alcuna intenzione, perché nella sua prospettiva di brava moglie e madre non esisteva l’eventualità di alcun tradimento,e se ciò disgraziatamente fosse accaduto sapeva perfettamente che non sarebbe riuscita a reggere una situazione così maledettamente scorretta, ingiusta ed immorale.

“Potresti fare follie con questa camicetta avresti tutto il mondo hai tuoi piedi” disse Meri incalzandola scherzosamente, Miki controbatté mantenendo lo stesso tono ironico “mi dispiace per te Meri, ma la sottoscritta è felicemente sposata con un uomo…“ Miki  non finì la frase perché un lampo di dolore misto ad un senso di colpa le si dipinse sul volto. Ecco! Lo stava facendo involontariamente anche con Meri.  Forse con il passar del tempo avendo come unico scopo, quello di nascondere la verità per proteggere i sentimenti delle persone a lei più care, quella fandonia nel suo subconscio,stava diventando al punto da passare da raccapricciante  menzogna a verità assoluta, senza che lei potesse controllarla. Meri, intuendo l’improvviso rabbuiarsi dell’ amica, comprese perfettamente che qualcosa di estremamente grave le attanagliava la mente, e decise con una scusa di allontanarsi per lasciarle il tempo di calmarsi

“ Miki che ne dici di prepararci una tazza di te?” chiese Meri con tono più pacato possibile, Miki ancora avvolta dal profondo senso di colpa trovò la forza di annuire, poi Meri aggiunse mantenendo la calma:

“ resta qui! Faccio in un attimo”.

Meri si trovava in cucina intenta a preparare il te, non aveva idea di come comportarsi; cosa poteva dire o fare per alleviarle questa profonda sofferenza in cui Miki era costretta a vivere? Era stata una brava mentitrice per tutto il tempo ma, era ovvio, che questa commedia dovesse  finire prima o poi. Era giunto il momento che la verità, per quanto dolosa potesse  essere, venisse a galla a tutti costi. Anche se Meri credeva di aver percepito quale potesse  essere la causa di tutti i suoi mali, infatti, aveva immaginato che il marito della sua amica del cuore, non l’ amasse abbastanza, o peggio,  non rispettasse  la sua dignità di donna, moglie e madre. Tuttavia queste erano solamente sue supposizioni, per poter agire aveva assolutamente bisogno di conoscere quella dannata verità al più presto.

Hai bisogno di una mano?”chiese improvvisamente Miki alle sue spalle.

Non appena Meri sentì la voce dell’amica rimanendo voltata  replicò:”E tu che ci fai qui?" Miki rimase un tantino sorpresa a quella domanda e rispose con occhi straniti:

“Beh visto che non tornavi più sono venuta a dar una occhiata”.

“Davvero ci stavo mettendo molto? Non me sono accorta." rispose Meri in un tono che le risuonò stranamente esser leggermente sulla difensiva, dopo una breve pausa l’ amica continuò con voce ancor più artefatta che insospettì la giovane.

“Dai Miki siediti… come ti piace il te, con o senza limone?”

“Senza.” replicò lei abbandonandosi sulla sedia, continuando a non comprendere lo strano comportamento di Meri.

Meri mentre versava il te nelle due tazzine di porcellana sapeva benissimo cosa era giusto fare però, allo stesso tempo era combattuta con se stessa : da un lato voleva affrontare Miki per scoprire quello che nascondeva cosi gelosamente, dall’altro aveva il timore di distruggerla moralmente poi pensò [ Meri vuoi veramente aiutare la tua amica?Per farlo devi essere diretta senza preoccuparti delle conseguenze devastanti che questa confessione può portare.] Porse la tazzina a Miki e dopo essersi  voltata nuovamente e appoggiato i palmi sul pianale della cucina, iniziò ad imboccare una strada senza uscita:

“Miki?"

“si?" rispose lei stupita nel sentire un tono cosi serio. Meri fece una pausa e poi chiese con un tono che non ammetteva repliche “Miki come va tra te e Yuri?… dimmi la verità stavolta! “detto ciò, improvvisamente, Meri udì il tonfo di una tazzina che si rompeva dietro di lei che la fece sussultare, si volto si scatto e non poté fare a meno di non notare l’espressione di Miki che sembrava essere sotto chock, infatti, la senti balbettare frasi sconnesse in lacrime.

“scusa non volevo non l’ho fatta apposta.“ Meri rimase per qualche istante attonita, non credeva ai suoi occhi, aveva immaginato che l’amica stesse passando un periodo allucinante però, mai si sarebbe aspettata una reazione simile: Miki era lì, china sul pavimento, a raccogliere i cocci continuando a piangere e disperarsi, come se avesse combinato un danno irreparabile. Mery si senti impotente, si rese perfettamente conto che qualsiasi cosa avesse detto o fatto, avrebbe ottenuto effetti a dir poco devastanti,  ma continuò quello che aveva intrapreso, perché Miki aveva bisogno di dar sfogo a tutte le sue angosce, forse chissà da quanto tempo aveva cercato qualcuno con cui confidarsi, ora quel qualcuno era lì davanti a lei e sarebbe stato disposto a tutto per aiutarla.

Dopo essersi ripresa dal momento di smarrimento si accovacciò alla altezza dell’ amica e con voce calma e riassicurante le sussurrò: "non preoccuparti era solo una tazzina." Miki ignorando completamente le parole dell’ amica continuò a raccogliere forsennatamente quello che restava della tazzina, la scrittrice sempre più visibilmente preoccupata tentò di farla rinsavire esordì con un  tono perentorio:

“ adesso basta piangere Miki! Se non mi dici cos’ hai non posso aiutarti! Alla diretta interessata quelle parole risuonarono ovattate, ma le permisero di tornare alla realtà. Ancora con le lacrime agli occhi, Miki si voltò e balbettando disse:

“Oh Meri…”

“ non centra nulla la tazzina vero? Adesso sediamoci, e mi racconterai tutto quello che ti passa per la testa d’accordo?”

Dopo essersi  entrambe accomodate sulle rispettive sedie, Meri tese le orecchie pronta ad ascoltare, poco dopo però, comprese che l’ amica non aveva nessuna intenzione di parlare, infatti, la giovane dacché si era seduta era rimasta con il capo chino, quasi come per ammettere la sua colpevolezza… una colpevolezza che secondo l’ amica era inesistente. Per sboccare la situazione Meri inizio a dire tranquillamente:

“Miki tenendo dentro di te tutta quella sofferenza, ti farai solo del male, perché non ti confidi con me?” improvvisamente Miki tirò su il capo e non disse nulla, portandosi con se  un indescrivibile e represso tormento che le si leggeva molto chiaramente sul volto. Il suo silenzio non era sinonimo di rifiuto a raccontare tutto ciò che nascondeva nel cuore, al contrario era decisa a farlo, cosi una volta per tutte si sarebbe liberata del enorme fardello che si portava dentro da molto tempo. Tuttavia non sapeva da che parte cominciare perché, in realtà non conosceva con chiarezza neanche lei, quale fosse la vera entità del problema. Meri rimase in silenzio per qualche istante, in attesa di riuscire a captare qualche segno di vita da parte dell’ amica, che tardava ad arrivare. A quel punto, dopo aver meditato un paio di secondi, Meri disse con un tono che le risuonava leggermente accusatorio:

“Miki posso immaginare il tuo stato d’ animo in questo momento, anch’io mi sentirei cosi al tuo posto, mi sentirei ferità  come donna”

Miki fece per replicare, perché era evidente che aveva frainteso il suo comportamento, però Meri fu più veloce di lei e aggiunse:

“Quale donna, sulla faccia della terra, riuscirebbe a raccontare con naturalezza i continui soprusi  che subisce dal proprio marito?” quelle ultime parole la scossero  profondamente, infatti, scattò  in piedi come un fulmine e strillò con veemenza:

“No! Meri il problema è mio e solo mio! Yuri non c'entra nulla!” Dopo essersi calmata e seduta composta sulla sedia, Miki incominciò ad esprimere tutto, ma proprio tutto quello che le passava per la mente: le confessò a fatica della sua crisi che da molto tempo era sempre più presente in lei, le disse con il cuore infranto che  l’ amore profondo che provava un tempo nei confronti del marito non esisteva più, e quando a volte le si avvicinava per darle qualche tenera carezza lei si sentiva a disagio, le veniva quasi spontaneo provare una sorta di fastidio nel sentirsi anche solo sfiorata da un suo sguardo, mentre altre volte avvertiva un intenso bisogno delle sue coccole e delle premure che la facevano sentire al sicuro,anche se era certa di non essere più innamorata di lui non capiva il perché in determinati momenti e situazioni le desiderava più di ogni altra cosa al mondo. Una volta aver terminato quel interminabile ed incomprensibile monologo, trasse un respiro di sollievo, iniziò a scrutare l’ amica  con la speranza di riuscire a percepire i pensieri e sensazioni che potevano arrovellarla. Nonostante tutti i suoi sforzi, l’ espressione di Meri era rimasta immutata, come se quello che aveva appena udito non l’ avesse  toccata minimamente. I minuti che seguirono mandarono in subbuglio Miki  [perché meri mi guarda con una sguardo cosi assente?] benché Mery non mostrasse alcuna emozione, in realtà dentro provava un forte risentimento di rabbia incredulità e frustrazione verso  l’amica che in quel momento non riteneva più come tale. Per Meri quella confessione le sembrava cosi distorta e surreale che  neanche la sua fervida immaginazione di scrittrice riusciva lontanamente ad avvicinarsi, non riusciva o non voleva farsene una ragione. Come era impossibile che quella ragazza  che aveva davanti agli occhi  fosse la stessa Miki di dodici anni fa? Quanto avrebbe voluto risvegliarsi nel suo letto caldo in  Giappone per scoprire che quello che stava vivendo era un agghiacciante  incubo. La giovane non avrebbe mai voluto fare quello che stava per fare, ma dopo aver  meditato a lungo, capì  che quella era l’unica soluzione per far capire all’amica che tutto quello che aveva detto su se stessa, ma soprattutto di Yuri era basato su stupide ed isteriche paranoie e fissazioni, e poi, glielo doveva a Yuri che da carnefice era diventato vittima. Meri si alzò dalla sedia e senza dire nulla poi si diresse verso i fornelli,e dopo essersi voltata di spalle tuonò contro l’ amica con voce crudele e distaccata:

“Miki vuoi sapere cosa penso riguardo a tutto questo?” Miki intuendo dal tono di Meri vi era  un rimprovero, tentò di difendersi:

“Meri io…”

“Adesso basta. E' possibile che tu sia cambiata cosi tanto?” detto ciò, un lampo di senso di colpa attraversò lo sguardo di Miki, dovette fare appello a tutte le sue forze per non farsi prendere da un ennesimo attacco di pianto, nonostante Meri avesse preso in considerazione che quello che le aveva appena detto e che quello che stava per aggiungere  potesse essere molto doloroso per l’ amica decise di continuare, perché ormai quel confronto era diventata una  missione per lei.

"Dacché hai aperto bocca hai parlato solo di te stessa, non ti sei degnata di pensare neanche per una volta di come pensi che la prenderebbe Yuri se sapesse  che lo stai ingannando in un modo cosi orribile, lui ha diritto di avere al suo fianco una donna che lo ami completamente, non ha bisogno di una donna insicura come te, che dimostra  amore solo quando è dell’ umore giusto…tu in realtà, non sei capace di amare nessuno al di fuori di te stessa! ” udite le ultime parole cosi cariche di odio e di frustrazione Miki non riuscì a trattenersi e coprendosi il viso con le mani, iniziarono a scenderle sul viso due innarrestabili lacrime. Di fronte a una scena cosi struggente, Meri avvertì una morsa allo stomaco, tuttavia terminò di dire quello che aveva incominciato, e se prima era stata più dura e fredda di un iceberg, con la frase che stava per aggiungere si sarebbe dimostrata una donna incapace di provare solo sentimenti di odio e di rabbia :

“Mia cara Miki tu sei un'egoista! Non meriti di avere un marito che ti ama cosi tanto!" [se solo sapessi quello che sto passando io…] avrebbe voluto aggiungere. A Miki quelle parole risuonarono dentro di lei distorte e sconnesse ed allo stesso tempo la ferivano nel suo io più profondo; avrebbe voluto urlare piangere scappare via, perché ormai era chiaro che quella che lei considerava la sua migliore amica non poteva o non voleva darle un appoggio morale. Miki giunse alla conclusione, che malgrado Meri era fosse nota come scrittrice di romanzi rosa nei quali vi erano fortissimi valori basati sulla compressione e sul rispetto reciproco, non era altrettanto brava ad applicarli nella vita reale, nella quale aveva un atteggiamento irriconoscibile: cinico e senza cuore “

io vado" mormorò Miki con il morale completamente distrutto, mentre stava imboccando la strada per fuggire via una volta per tutte da quel luogo cosi ostile. Sperò con tutta se stessa che una volta chiusa quella porta l’accaduto non le avrebbe lasciato troppe ferite profonde e irrimarginabil. Appena Meri aveva visto l’amica fuggire via come una furia dalla cucina, venne assalita da brividi per il senso di colpa. Nonostante fosse fermamente convinta di aver fatto la cosa giusta, aveva però usato parole molto crudeli.Era fermamente convinta che l’amica stesse perdendo di vista i valori importati della vita, ma era anche consapevole di aver esagerato, forse se Miki fosse stata a conoscenza del dramma famigliare  in cui stava vivendo, tanti dubbi e incertezze di cui era sommersa si sarebbero volatilizzati in un batter d’ occhio

Meri con passi felpati corse in salotto per cercare di salvare un amicizia che forse aveva distrutto con le sue stesse mani, quando arrivò in soggiorno, fece appena in tempo ad afferrare Miki per un braccio, nel momento in cui quest’ultima stava per chiudersi la porta alle spalle. Dal canto suo, Miki sentendosi braccare all’ improvviso esclamò aggrottando la fronte  e con voce stridula  rotta dal pianto:

“Cosa vuoi! Lasciami non ti sembra di essere già stata piuttosto franca e cinica?" detto ciò, si divincolò dalla presa per fuggire via per sempre. Tuttavia si fermò ancora una volta. colpita dal tono di voce febbrile e rassicurante allo stesso tempo di Meri:

“ Miki  aspetta!ti prego perdonami, tu cercavi conforto, ed io cosa ho fatto? Ti ho giudicato come mai un’ amica dovrebbe fare, non voglio trovare scuse, giustificazioni,però devi sapere che anch’io in questo periodo sono sottopressione”  improvvisamente, i cuori delle due amiche cominciarono a  galoppare insieme nel petto, una volta che Meri  ebbe ripreso l’ autocontrollo proseguì:

“vedi io e Nick… ” <  resta in ascolto che c'è un messaggio per te e dimmi se ci sei… > la suoneria del telefonino di Miki la interruppe. Miki  lesse il nome sul display – era Yuri- per qualche istante, Miki entrò di nuovo  in agitazione [ come faccio a risponderli in questo stato? Capirebbe subito che c’ è qualcosa che non va. Ora come ora non proprio la forza di dagli eventuali spiegazioni] senza pensarci due volte,  attivò la comunicazione e passò velocemente il cellulare a Meri, quest’ ultima ci mise qualche secondo per realizzare cosa stesse succedendo, infatti,in un attimo si era ritrovata quel cellulare in mano senza conoscerne il motivo, tuttavia rispose impacciata:

“pronto”

“pronto Miki?” chiese una voce maschile

“no” replico lei imbarazzatissima

ci fu un attimo di silenzio, poi lo sconosciuto chiese “ sei Meri per caso?” senza darle il tempo di replicare l’ uomo  esclamo in estasi “ ciao Meri sono io Yuri!” la giovane sentito quel nome, un lampo misto tra sorpresa e timore le attraversò la mente

“ciao Yuri rispose lei  cercando di mantenere la calma, ma la voce che  le usci pero un po’ tremolante.

“Meri dov’è Miki?" Chiese l’ uomo con tono pacato

“è qui!" Rispose la donna prontamente

“me la passi per favore?” chiese gentilmente Yuri, mentre Meri era lì per lì per passargliela, si accorse che Miki era tutto un tremolio, non poteva passarLE la chiamata con l’amica in quelle condizioni, cosi fu costretta ad inventarsi una scusa:

“ecco… non può risponderti”

“perché?” chiese lui un po’ allarmato

“perché sta piangendo” confessò la giovane

“perché?” chiese lui sempre più in panico. Sentite le ultime parole di Meri, Miki avrebbe voluto sprofondare, temendo che l’amica stesse per rivelare quello che suo marito non avrebbe mai dovuto sapere per nessuna ragione al mondo, preparandosi al peggio si tappò le orecchie con le mani, come se volesse rimuovere quello che di li a poco avrebbe dovuto sentire.

Meri  prima di rispondere rise falsamente “ beh Yuri conosciamo tutti la sensibilità di Miki…sono dodici anni che non ci vedevamo, è normale che si sia commossa, come del resto anch’ io."

“oh  piccola mia” disse Yuri con voce calma poi chiese “Meri potresti mettere il viva voce? Vorrei provare a tranquillizzarla” Meri sapeva benissimo che la richiesta di Yuri avrebbe solo peggiorato le cose, tuttavia cosa doveva fare? non poteva confessargli che la moglie era in quello stato per colpa sua, una colpa di cui neanche era a conoscenza, ma poi, di che cosa era colpevole? L’unica sua colpa era che amava la moglie più di se stesso? Nel momento stesso in cui Meri attivò il viva voce sperò con tutta se stessa che l’amica riuscisse trovare abbastanza forza per poterlo fronteggiare.

“Miki mi senti?” chiese Yuri  con tono amorevole

“si “rispose lei con voce rotta dal pianto

“Cos’hai Miki  stai ancora piangendo?"

“Sono lacrime di gioia” mentì Miki

“Lo so piccola mia, sei una persona cosi tanto buona e sincera che non si vergogna di mostrare quelli che sono i sui veri sentimenti e le tue emozioni” Yuri fece una pausa, poi continuò con un tono caldo e rassicurante, come se volesse stringerla in un abbraccio “Oh Miki sei  la moglie che ogni uomo vorrebbe al suo fianco, sei l’ amica, la confidente che tutti vorrebbero, e sei una donna che ogni bambino vorrebbe come madre; per questo, io ringrazio Dio per avermi  permesso di conoscerti, e di condividere tutta la vita insieme a te. Grazie per tutto quello che fai  per noi” una volta finito di esprimere tutto quello che nutriva nei confronti della sua consorte si aspettava di essere ricambiato con altre parole d’ affetto, invece  sentiva solo un maledetto silenzio. Per Miki quelle parole d’amore sincero e profondo  avevano avuto la stessa forza di un pugnale conficcato nel petto, e più il marito continuava a dirle quanto era importante per lui, più la lama si insinuava dentro di lei provocandole un dolore intenso. Avrebbe preferito in quell’ istante sentirsi gridare parole d’ odio e di disprezzo, perché solo quello si poteva meritare da lui. Mentre Miki  veniva dilaniata  da questi macabri pensieri, Meri cercava in tutti modi di incitarla a dire qualcosa, ma l’amica era lì  ferma immobile, come se improvvisamente, non fosse più in grado di muovere un muscolo del corpo. A quel punto Meri prese in mano quella situazione degna dei romanzi rosa che scriveva ed esclamò:

“Quest’oggi Miki è stata sottoposta a molteplici emozioni, bisogna darle tempo di metabolizzarle tutte”

“Capisco ripose Yuri comprensivo” approfittando di un momento di silenzio Meri fece per salutare Yuri, ma lui l’anticipò sul tempo proponendole con un tono allegro:

“Meri  per quanto tempo soggiornerai qui?”

“Al massimo due o tre giorni”  precisò la giovane

“Che ne dici se domani andassimo tutti e quattro in  piazza duomo cosi conoscerai i nostro pargoletto?” sulle prime, Meri pensò di inventarsi una scusa, perché  non voleva trovarsi altre situazioni imbarazzanti simili a questa, però Yuri era stato cosi carino ad invitarla che non seppe rinunciarvi e acconsenti. Prima di concludere la telefonata Yuri si rivolse alla moglie e le chiese:

Miki  se vuoi puoi restare a dormire a dormire da Meri per questa  notte”

“Sei sicuro Yuri?"  chiese lei con un filo di voce

“Certo! Non ti preoccupare,  riusciremo a cavarcela  io e Jacopo”

“Grazie Yuri” replico Miki sempre più mortificata

“Non mi devi ringraziare piccola, sappi che la tua felicità e anche la mia…ciao Miki, ciao Meri a domani” disse infine l’ uomo chiudendo la telefonata

[la tua felicità e anche la mia]

questa frase continuava a balenare nella mente di Miki. Possibile che l’amore del marito fosse di tale entità, qualunque donna avrebbe dato qualsiasi cosa per essere amata con tanta devozione, ma lei no! Nonostante ci provasse non riusciva a ricambiarlo con la stessa intensità di tanti anni fa,si! gli voleva molto bene, gli sarebbe stata grata per tutta la vita per averle dato in dono il loro splendido bambino, tuttavia non lo vedeva più come compagno della sua vita, bensì come fratello.

“Miki stai pensando a Yuri non è vero?" Chiese Meri con un tono pacato ma diretto allo stesso tempo. Dopo aver appoggiato entrambe le mani sulle spalle dell’amica continuò: "è evidente che ti ama molto, se provi ancora dei sentimenti d’ affetto per lui è giusto fargli sapere che i tuoi sentimenti per lui sono cambiati, perché ricordati che prima o poi la verità verrà a galla, per cui ti prego Miki ascolta il mio consiglio, si sincera con Yuri, fallo ora prima che sia troppo tardi” detto ciò, Miki ricevette un ennesima pugnalata al cuore ormai già in frantumi. Purtroppo Meri aveva perfettamente  ragione, confessare a suo marito tutta la verità sarebbe stata la soluzione migliore per tutti, nonostante questo, non poteva fare a meno di avvertire un guizzo di fastidio nel sentire quelle parole pronunciate dall’amica con tanta diplomazia, cosa credeva Meri, che andasse fiera del suo comportamento? In alcuni momenti ci aveva pensato davvero a raccontargli  tutto, ma tutte le volte che era pronta ad affrontare quel maledetto problema,  piombava nella sua mente l’ immagine del volto triste di suo figlio, ed immancabilmente si bloccava, cominciando a chiedersi se era necessario farlo, quante cose sarebbero cambiate nella sua vita dopo quella confessione? Tantissime: quasi sicuramente l’amore che Yuri provava per lei si sarebbe tramutato in un odio profondo come del resto meritava. Sarebbe stata pronta anche ad accettare un ipotetico ed inevitabile divorzio, ma non sarebbe riuscita a supportare le terribili ripercussioni che questa separazione avrebbe provocato, influendo negativamente sulla serenità del suo bambino. Per queste  ragioni Miki durante i suoi lunghi percorsi mentali di auto riflessione, era giunta alla conclusione che tacere avrebbe evitato il sorgere di altre strazianti sofferenze ancora più gravi.

Nonostante i dissapori iniziali e le tensioni tra le due amiche fossero ormai superate,un forte senso di malinconia  attraversò la mente di Meri, infatti, la giovane incominciò a sentire in maniera spasmodica dei  crampi lancinanti allo stomaco e un forte nodo alla gola. Le sue preoccupazioni incominciarono ad emergere da dentro di lei proprio in quel momento, benché la donna cercasse di non far trapelare nulla, perché non  voleva assolutamente aggravare con i suoi enormi problemi lo stato d’animo dell’amica, già di per se fragile, tuttavia non riusciva a nascondere quell’espressione persa nel vuoto che Miki, in un'altra circostanza, avrebbe sicuramente notato se non fosse stata così  presa dalle sue angosce. Mentre Miki continuava a parlare della sua crisi esistenziale, Meri  non riusciva a udire una sola parola del suo discorso, perché il dolore e le preoccupazioni continuavano a tormentarla senza lasciarle un attimo di pace, riuscì con una forza monumentale a ricacciare dentro due lacrime che le stavano scendendo sul volto. Se solo avesse potuto sarebbe scoppiata lacrime per potersi finalmente sfogare ed esprimere tutta la sofferenza, paura, e frustrazione che anche lei teneva radicata dentro. Malgrado sapesse che poteva fidarsi ciecamente di Miki non poteva confidarsi con lei! E anche se l’ avesse fatto a cosa le sarebbe servito? A nulla. Come poteva sperare in suo appoggio morale se in quel momento era incapace di aiutare se stessa!

 

primi  raggi del sole cominciavano a filtrare attraverso le tende della sua stanza, Meri era ancora nel mondo dei sogni quando la sveglia trillò, il suono proveniente dall’oggetto fu talmente forte che la donna fece un enorme saltò dal letto e strepitò:

“Accidenti a questa sveglia!” Dopo essersi stiracchiata e sfregata gli occhi con la mano, si diresse verso la finestra, e una volta aperta, la leggera e fresca brezza mattutina le infuse nel cuore un senso di pace e tranquillità che le mancava da tempo, facendole per un attimo dimenticare le cariche di tensioni del giorno prima,pensò: [ oggi è una giornata perfetta per organizzare una gita in piazza duomo] improvvisamente, un lampo di ricordi le attraverso la mente,si voltò di scattò convita di intravedere la sagoma del corpo dell’amica che dormiva, invece trovò il letto vuoto perfettamente ben fatto; fece saettare velocemente lo sguardo per tutta la stanza,  però di Miki non vide neanche l’ombra “ dov’è Miki?” esclamò con voce preoccupata, l’animo di Meri si rabbuiò oscurato da atroci pensieri, la donna invocò a gran voce il suo nome, ma non udì alcuna risposta. Con il cuore che le martellava nel petto come un tamburo Meri piombò in cucina e non vide nessuno, possibile che Miki fosse sparita nel nulla? La giovane rimase senza respiro per qualche secondo preoccupata che a Miki potesse essere successo qualcosa di grave, anche se l’amica era una donna adulta capace di intendere e di volere, era altrettanto vero che momentaneamente non era del tutto lucida e aveva il timore che avrebbe potuto commettere qualche sciocchezza.

Mentre Meri stava per andarsene via, tutto a tratto, vide con sorpresa che la tavola era stata imbandita dalle pietanze più diverse e succulenti. Sulle prime, la donna si chiese se non fosse frutto della sua immaginazione,così chiuse gli occhi e gli riaprì. Dopo aver costatato che non stava affatto sognando, con passo titubante si avvicinò al tavolo come per assicurarsi che non si sbagliata, poiché era sicura  aver lasciato la tavola completamente sgombra,  quindi non riusciva a capire come la tavola che si fosse magicamente apparecchiata. Poi tutto ad un tratto, vide un foglettino a terra, dopo essersi inchinata lo raccolse e lesse il breve messaggio scritto da una mano chiara e delicata:

Buongiorno Meri,

scusa se me ne sono andata senza svegliarti ma dormivi cosi profondamente che

mi dispiaceva disturbarti, in compenso ti ho preparato

la colazione, lo so, forse ho un tantino  esagerato questa

colazione basterebbe per un reggimento

però non conoscevo i tuoi gusti, per cui  ho preparato

un po’ di tutto, spero che ti piaccia…

Meri oggi  presentati sotto casa

Nostra dopo pranzo cosi possiamo andare

Tutti e quattro in piazza duomo

P.S. grazie per avermi ascoltato

 

 

Meri appena ebbe finito di leggere il messaggio commentò a voce alta:

“Accidenti a te Miki! Per poco non mi facevi venire un malore” poi rivolse lo sguardo verso la tavola e continuò con un tono leggermente sarcastico “ Miki non hai proprio il senso della misura”  poi curvò le labbra in un sorriso immaginando l'amica tutta affaccendata a preparare la colazione e commentò: “è vero sei la persona più dolce del modo” si disse Meri avvertendo una sorta di commozione che le riscaldò il cuore.

Entrata in camera da letto, Miki si diresse in punta di piedi verso la finestra e abbassò a metà la tapparella per non far filtrare troppo nella stanza la luce del sole. Dopo essersi svestita indossò la camicia da notte si sdraiò nel letto accanto al marito che dormiva profondamente. Lì per lì Miki avrebbe voluto ardentemente accoccolarsi a lui. ma poi, le vennero in mente quelle maledette parole [ egoista egoista egoista] Meri aveva ragione! Era solo un egoista, stringersi a Yuri non aveva senso, forse quello era uno di quei momenti in cui aveva il disperato bisogno di sentire il calore di quel corpo che le infondeva tranquillità. Aveva bisogno di lui, ma in veste di marito o di fratello? Non sapeva neanche lei darsi una risposta, l’unica cosa di cui era certa, e che mai come in quel momento avrebbe desiderato febbrilmente unire il suo corpo al suo per essere una cosa sola, tuttavia non poteva soddisfare il  suo insaziabile egoismo, perché era consapevole che ben presto, quel disperato bisogno d’affetto sarebbe svanito con la stessa rapidità in cui era riaffiorato, e tutto sarebbe ritornato come prima, anzi peggio di prima. Accompagnata da questa miriade di pensieri Miki si voltò dall’altra parte e scivolò in un sonno profondo

 

DRINNNNNNNNNNNNNNNNN

Il suono del campanello mandò Jacopo  in estasi,perché sapeva benissimo chi c’ era aldilà della porta, “ vado io!” urlò Jacopo dirigendosi a gambe levate verso la porta. Dopo averla spalancata con veemenza esclamò con un bel sorriso stampato sul viso:

“ciao Meri!” la giovane appena vide materializzato sulla soglia il fanciullo fece un balzo indietro, sul suo volto si dipinse un espressione di sorpresa e pensò [ma questo bambino è Yuri!? Ma cosa dici Meri come può essere Yuri!?] Jacopo vedendo che la donna era rimasta imbalsamata davanti a lui come se avesse visto un fantasma chiese perplesso:

“Meri che fai non entri?”

“Tu chi sei?” Chiese Meri ripresa dal piccolo momento di smarrimento.

“Io sono Jacopo!” replicò lui con uno scintillio negli occhi, udito quel nome, a Meri fù improvvisamente tutto chiaro, aveva già sentito quel nome durante la telefonata con Yuri, quel bambino che sembrava il sosia dell’ amico, non altri che il figlio della coppia.

“Ah, ho capito chi sei! Sei il figlio di Miki e Yuri, giusto?" Chiese Meri con occhi scintillanti

“Certo! E chi altri dovrei essere altrimenti?” Chiese il biondino con occhi straniti, la donna fece per risponderli, ma venne interrotta dalla voce di Miki che nel frattempo si era materializza sulla porta accanto al figlio dicendogli con un tonno che risuonò leggermente da rimprovero:

“Jacopo non restare li impalato, fai entrare Meri!"

“No Miki, non sgridarlo" replicò Meri entrando, poi aggiunse una volta entrata ”Ho avuto un attimo di esitazione per un momento ho penato che fosse…”

“Me” esclamò Yuri comparendo improvvisamente dietro sua moglie, quando gli occhi di Meri incrociarono quelli di Yuri per un attimo la giovane  rimase incanta dallo sguardo magnetico dell’ uomo, non riusciva a non pesare alla confessione di Miki del giorno prima, come diavolo faceva l’ amica a non provare più niente per lui, quell’uomo incarnava esattamente tutto quello che una donna poteva desiderare:  nonostante fossero passati molti anni Yuri aveva mantenuto gli stessi lineamenti del viso; cosi gentili e delicati, con stessa chioma bionda e folta,gli stessi occhi color nocciola da urlo e lo stesso sorriso smagliate che gli dava l’aria di un fotomodello, piuttosto che di un semplice architetto. Aldilà dell’aspetto estetico, possibile che l’amica non si rendesse conto che suo marito non aveva occhi che per lei? Gli stessi occhi penetranti che con i quali Nick la osservava, quando si Scambiavano parole dolci ed affettuose, però Meri a differenza di Miki lo ricambiava con sentimenti di uguale intensità

Oh mio dio! Tu e tuo figlio vi assomigliate come due gocce d’ acqua!” il giovane la guardò con uno sguardo fiero poi Meri aggiunse “Per un attimo ho pensato che ti fossi rimpicciolito” Detto ciò, marito e moglie iniziarono a ridere a crepapelle. Inizialmente la scrittrice guardò con occhi esterrefatti la loro reazione e non comprese il motivo di tante risate, poi si voltò in direzione del bambino, notò che a differenza dei genitori era rimasto serio con le braccia conserte, e guardava i genitori con uno sguardo torvo, quell’ espressione contrariata dipinta sul suo voltò era cosi buffa che Meri riusciva a stenti a trattenersi, benché non fosse sua intenzione ferirlo ulteriormente si unì presto alle loro risate. Il povero Jacopo esasperato dall’eco di quelle risate che echeggiavano nelle orecchie chiese con un tono alterato:

“Ma avete intenzione di ridere tutto il giorno o possiamo andare?” il padre dopo essersi ripreso si diresse verso  il piccolo e gli sussurrò:

“Va bene andiamo”

Meri che non era mai stata in piazza duomo, rimase estasiata davanti tutto a quel panorama cosi affascinante: ai piedi della grande piazza emergeva una maestosa cattedrale, costruita interamente con un materiale di marmo bianco-rosa di Condoglia, in cima a tutto l’edificio vi erano innalzate delle guglie che rendevano tutto l’edifico ancora  più suggestivo. Quell’opera architettonica era tutto quello che una persona amante dell’arte come Meri poteva desiderare di osservare. La giovane rimase molto meraviglia di vedere che attorno alla cattedrale, come in piazza, vi erano un’infinità di piccioni che cercavamo di attirare l’attenzione della fiumana di turisti che affollavano la piazza per riuscire a sfamarsi con qualche chicco di grano, Meri si scompisciò dalle risate, perché non era da tutti giorni osservare con quanto impeto questi  piccoli volatili circuivano le persone per placare il loro appetito. Era la prima volta in tutta la sua vita che veniva completamente rapita da tutto ciò che osservava, eppure  per via della sua attività di scrittrice aveva  viaggiato parecchio, nonostante ciò non aveva visto nulla di simile. Mentre Mari con la sua macchina digitale immortalava tutte quelle meraviglie, Jacopo chiese alla madre con uno sguardo attonito:

“Mamma perché Meri si comporta così?

“Cosi come?” chiese a sua volta Miki

”Continua a fotografare  tutto quello le capita  senza considerarci?” chiese il bimbo un po’ indispettito.

“Beh, Jacopo Meri non era mai stata qui! è normale che sia rimasta incanta da un paesaggio cosi attraente” rispose la madre. In realtà, Miki aveva la netta sensazione che Meri stava facendo di tutto per evitare i loro sguardi, forse per via di quello che le aveva confidato il giorno prima, come poteva non biasimarla, in fondo era costretta reggere un gioco costruito su di una menzogna nella quale non voleva per nessuna ragione al mondo essere coinvolta. Miki immaginò che dovesse  essere un impresa ardua per l’amica  guardare negl’occhi Yuri e far finta di non conoscere la verità. Chissà quanto doveva sentirsi a disagio in quella situazione. Miki sapeva benissimo che chiedere a Meri di mentire andava contro i suoi principi, tuttavia non riusciva o non voleva trovare una soluzione per uscire da tutte quelle bugie di cui era prigioniera [Meri  ha proprio ragione sono l’egoismo fatto a persona!]  

Proprio mentre Meri stava scambiando un paio di battute con Miki si sentì afferrare la mano, la giovane si voltò notando con piacevole sorpresa che stringeva la mano del bambino, quando Meri incrociò il suo sguardo nero avvertì un batticuore da togliere il  fiato. Meri provò in quell’ minuto una sensazione sublime,una sensazione indescrivibile mai provata prima d'ora. Jacopo con occhietti vispi mantenendo serrata la sua mano a quella della giovane chiese “Meri perché non hai bambini?” quella domanda cosi semplice, chiara e diretta la scosse nel profondo [Perché non ho figli? Forse Perché in tutti questi anni sono stata troppo presa ad affermarmi nel mio campo, che non ho neanche  menzionato questa eventualità?  il successo e il denaro possono farmi sentire una donna totalmente felice?]

“Non ho ancora pesato ad avere un figlio” rispose sinceramente Meri con un po’ di amarezza, il bimbo continuò: 

“questo significa che non sai cosa si prova a tenere in braccio un bambino" chiese il bimbo incalzandola

 Jacopo!” lo riprese la madre, Meri replicò con gli occhi velati di lacrime:

“no purtroppo” quelle parole colpirono nel segno, Meri le percepì nel profondo [Meri ti stai privando della gioia di essere madre per inseguire l’apice del successo?] Jacopo prosegui dicendo estasiato:

ti va di prendermi in braccio cosi capisci cosa si prova?” Meri non se lo fece ripetere due volte, lo prese in braccio. Stretto a se,il calore del corpicino del bimbo le infondeva un tumulto di emozioni talmente forte che le sembrava di poterle percepire nell’aria. Quelle manine che cingevano il collo, le trasmettevano tutto l’amore sincero ed ingenuo che solo un bimbo cosi piccolo poteva portare dentro di se.

Meri in quei pochi istanti sentì un appagamento e una pace interiore indefinibile, per la prima volta in tutta la sua vita, aveva distintamente percepito un  forte desiderio assopito dentro di lei, di cui non ne aveva mai percepito l’ esistenza. Meri in quel momento voleva più di ogni altra cosa, avere un figlio!

In lacrime Miki vide Meri allontanarsi portata via dalla scala mobile, avrebbe voluto urlare [ ti prego Meri non andartene via! Non lasciarmi qui da sola!] solo quando osservò l’aereo decollare attraverso la vetrata della sala d’aspetto si rese conto che l’amica era partita veramente, con la sua partenza ripiombarono nuovamente  in Miki le solite paure ed incertezze di sempre. Tra una lacrima e l’ altra rammentò i bei momenti passati insieme, ma le ultime parole che le aveva sussurrato prima dell’ultimo saluto erano quelle che le erano maggiormente impresse:

“Miki sei una donna molto fortunata, hai un figlio ed un marito che ti amano molto, non farli soffrire troppo!"

L’aereo era già alto nel cielo limpido, Meri guardando fuori dal finestrino rimase estasiata da quello che aveva il piacere di ammirare: il celo era cosi limpido e le nuvole così bianche che sembravano panna montata. La giovane apprezzando quelle meraviglie della natura, sapendo di  trovare tante nubi nel cielo di casa sua, rabrividi al solo pensiero di dover varcare quella porta, e di trovare il suo Nick ancora più cagionevole di quando l’aveva lasciato prima di partire. Si augurò con tutta se stessa che questo orribile breve periodo potesse passare presto, perché fremeva all’ idea di comunicare al suo amato consorte la decisione presa durante questo suo viaggio – avere finalmente il loro bambino!

La donna però, non poteva immaginare che qualcosa di ancora più atroce stava per incombere su di loro, infatti, qualcosa di totalmente inaspettato avrebbe radicalmente cambiato i suoi piani.

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** una triste verità ***


4° CAPITOLO

 

                                                                TITOLO

 

UNA TRISTE VERITà

 

 

 

Il  cielo era plumbeo, le nuvole erano tutte amasse tra loro, la pioggia scendeva ininterrottamente. Non era il panorama che Meri si aspettava al suo ritorno a casa; dal finestrino della limousine poteva già riconoscere in lontananza la sua maestosa villa che emergeva in modo più imponente rispetto alle altre: era  costruita su de piani situata in un enorme giardino, all’ interno del quale si innalzava  una piccola cunetta sormontata da un esemplare di Elaeagnus lavorato a palchi dando all’ ambiente quel tocco di raffinatezza in più. Quando la vettura entrò nel vialetto Meri non riusciva a trattenersi dalla contentezza, tra poco avrebbe riabbracciato il suo amato, non appena questo  pensiero  le attraverso la mente, un lampo di tristezza misto ad un forte timore le si dipinse sul volto; era molto felice di rivedere il suo Nick, ma allo stesso tempo temeva di trovalo nelle stesse terribili condizioni  di quando era partita.

“E’ triste signora Namura? “ Chiese l’autista spegnendo i motori dell’auto, guardandola con occhi espressivi dallo specchietto retrovisore.

“Cosa  Kaito?” Domandò la donna con voce incolore, una volta rinsavita dai suoi pensieri.

“La vedo molto malinconica signora, per caso il convegno che ha tenuto in Italia non è stato abbastanza soddisfacente?” Aggiunse il giovane con un tono leggermente preoccupato.

“No Kaito quello è andato bene” Disse  Meri con voce rassicurante, poi aggiunse: “E’ solo che…” Non finì la frase, perché venne assalita da un forte sconforto ed abbassò la il capo, Kaito notò la reazione della donna, comprese e,  appoggiandosi la mano sulla fronte  in segno di perdono esclamo,:

“Mi scusi signora, non volevo ferirla” poi per rimediare a quello che aveva detto aggiunse balbettando: “Sono sicuro signora che suo marito guarirà, abbia fede in dio, e vedrà che prima o poi tutto si sistemerà; ne sono più che sicuro.” Nonostante quelle parole cercassero di tirarle su il morale, Meri le percepì come una di quelle frasi fatte che si dicono per far credere al diretto interessato,  che la giustizia divina avrebbe compiuto un miracolo portando cosi  tutto alla normalità. Per qualche istante, Meri avrebbe voluto chiedergli rabbiosamente:

[Tu che credi in dio, mi spieghi perché ha scelto propri noi? Perché proprio Nick! Cosa abbiamo fatto di male per meritarci questo?], ma dopo aver riflettuto un attimo, capì che infierire contro il suo autista non avrebbe avuto senso. Meri, una volta aver aperta la portiera dell’auto, scese incurante della pioggia e non valsero a nulla i tentativi dell’uomo per fermarla:

“Aspetti  che predo l’ombrello signora! Non  vede che fuori diluvia?” Disse il giovane uscendo rapidamente dalla vettura, dopo averla raggiunta con l’ombrello in mano aggiunse con espressione preoccupata :

“Signora voleva prendersi un malanno? Lasci che l’accompagni sotto casa” Meri annuì debolmente, con tutte le preoccupazioni che le attanagliavano il cervello, la possibilità di ammalarsi, soprattutto in questo momento non la sfiorava neppure, anzi se solo avesse potuto avrebbe preso il posto del suo Nick per alleviarle tutte le sofferenze fisiche psicologiche con le quali era costretto a vivere da settimane. Era cosciente che stare rilegata e debilita  in un letto tutto il giorno potesse essere estremamente straziante e dilaniante, ma per il suo Nick sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa, anche sacrificare la sua stessa vita.

Per quanto le vite di Miki e di Meri stessero avendo un percorso totalmente diverso, entrambe avevano lo stesso comune denominatore - mentire- con l’unica ma sostanziale differenza, che l’amica doveva combattere contro se stessa per cercare di salvare un matrimonio che per colpa delle sue isterie era destinato a fallire, lei invece doveva farsi forza tutto il giorno, fingere davanti al  mondo intero che stava vivendo uno dei momenti più idilliaci della sua esistenza, ma soprattutto doveva assolutamente far credere a suo marito che questa sua perenne stanchezza sarebbe passata presto. presto quando? Questo neanche lei lo sapeva, solo dopo aver preso visione degli ultimi referti del dottor Cantaro avrebbero potuto darsi quella risposta tanto attesa. Improvvisamente, Meri sentì una mano appoggiarsi sulla sua spalla che la riportò bruscamente alla realtà, si voltò di scatto e vide un guizzo di sorpresa nell’ espressione di Kaito ed esclamò leggermente agitato:

“Mi scusi, non volevo spaventarla”.

“No scusami tu, la colpa e mia che ero soprapensiero, ero cosi assorta nel mio mondo, che non mio sono neanche accorta di essere arrivata davanti alla porta di casa.” concluse Meri con le labbra curvate in un sorriso. Dal canto suo il ragazzo balbettò con il volto paonazzo:

“Se non ha più bisogno di me, posso andare  prendere le valige in macchina?”

Meri annui

Proprio mentre Kaito era a pochi passi dall’auto si ricordò che non aveva dato alla donna una cosa alla quale lui teneva molto, dopo aver fatto dietro front corse rapidissimo verso Meri prima che quest’ultima entrasse in casa, urlando: “Aspetti Meri!Mi sono dimenticato di darle una cosa!"

l’eco delle parole del ragazzo fecero fare a Meri un balzo indietro, si voltò e quando vide il giovane che correva verso di lei, visibilmente preoccupata chiese:

“Kaito che succede?" Il giovane dopo averla raggiunta replicò con un tono affannato:

“Meri, mi scusi se ho urlato in questo modo, ma mi sono ricordato solo ora che ho una cosa per lei.” detto ciò, estrasse dalla tasca dei pantaloni una piccola statuetta a forma di gatto mostrandogliela, Meri osservò lo strano oggetto strabuzzando gli occhi, poi con voce mista tra la sorpresa e lo sgomento domandò:

“Questo cos’è?”

“Questo signorina è un gatto portafortuna  'Maneki-neko' l’ ho  acquistato un paio di giorni fa, mi farebbe piacere regalaglielo”  Meri con il cuore colmo di gioia lo prese e dopo averli dato un bacio d’ affetto sulla guancia gli sussurrò:

"Grazie Kaito…grazie dal profondo del cuore” sulle prime, il ragazzo rimase impietrito col volto paonazzo e con il cuore che galoppava nel petto, poi quando riprese il controllo di se annaspò qualche risposta:

“beh ecco io… sono contento che le piaccia, se non le dispiace vado a prendere le valigie" senza dare il tempo a Meri di aggiungere altro, fuggi via come un fulmine, la giovane  sorridendo tra se pensò:

 

[povero Kaito non volevo metterlo in imbarazzo, non penavo minimamente che un piccolo bacio innocente avesse potuto avere su di lui quest’effetto]

 

non appena quel piccolo momento di  distrazione svanì, Meri dovette tornare a fare i conti con la triste realtà che l’attendeva aldilà di quella porta. Dopo aver fatto un profondo respiro, girò energicamente la manopola della porta ed entrò. Varcata la soglia ci mise qualche secondo per realizzare che era davvero a casa. Percorse il lungo corridoio come per ispezionarla. Passo dopo passo Meri constatò che non era cambiato nulla, tutto era perfettamente al suo posto:  quei splendidi soprammobili 'Swarovski ' popolavano i ripiani dei mobili di tutto il salotto, quella vetrina in cristallo che emergeva sul lato destro  in fondo alla stanza perfettamente lustra, come del resto lo era tutta la mobilia in radica di tutta la casa, la donna per la prima volta in tutta la sua vita provò una sensazione di vuoto, quasi di disgusto nel dover osservare tutte quelle meraviglie  che circondavano casa sua, avrebbe voluto essere una di loro, così perfette e inanimate, incapaci di provare le sofferenze più agonizzanti che invece l’essere umano doveva provare almeno una volta nel corso della vita. Molte persone credenti, tali tormenti, li avrebbero associati ai cosiddetti segni del signore, perché secondo loro, ognuno di noi aveva un compito da svolgere sulla terra. Dal canto suo Meri non credeva in nessuna religione, né tanto meno credeva nell’esistenza di una forza soprannaturale la quale disegnava per tutti gli esseri viventi presenti sulla terra particolari compiti da svolgere; la donna pensava che, a volte, avesse davvero che nei confronti della fede un atteggiamento troppo cinico ed irremovibile, però purtroppo non poteva pensarla diversamente, perché gli eventi del suo passato l’avevano fatta soffrire troppo fin dalla più  tenera età per poter credere che potesse esistere un'entità superiore che agiva secondo saggezza e giustizia. In quel momento, riaffiorarono nella sua mente una miriade di flashback di quando era bambina, erano perfettamente nitidi dentro di lei i pianti sconsolati che avevano caratterizzato gran parte delle sue giornate, rinchiusa in camera sua. Si era sentita sola, aveva voluto disperatamente stare con i suoi genitori, ma loro non c’erano quasi mai, dicevano che erano sempre impegnati con il lavoro per avere tempo di giocare con loro figlia. Meri, a causa di quelle perenni assenze delle figure più importanti della sua vita, era giunta alla conclusione che i genitori davano più importanza loro carriera, che a lei. Nonostante i suoi genitori non fossero stati capaci di rivestire tale ruolo, era stata molto fortunata perché a seguirla giorno dopo giorno fin da quando era nata, era stata la sua governante. Sapeva che non era sua madre, però, ai suoi occhi, era come se lo fosse, se era diventata la donna che era, lo doveva solo a lei. Purtroppo però, la giovane si dovette separare molto presto dalla sua più fedele amica e confidente,quando iniziò a frequentare il ginnasio, perché a detta dei genitori era abbastanza grande per non aver più bisogno della governate. Erano  passasti vent’anni da allora, tuttavia, il ricordo di quell’addio era ancora molto vivo dentro di lei, quante lacrime avevano versato quel giorno,si erano abbracciate entrambe con tutto il calore possibile, per far in modo che quel momento fosse rimasto impresso per tutta la vita nei loro cuori, perché erano coscienti che dopo quel giorno non si sarebbero mai più riviste. Quando Meri si ritrovò da sola con se stessa cadde in un baratro di acute sofferenze; solo dopo aver fatto la conoscenza di Miki che al ginnasio frequentava la sua stessa classe ritornò a sorridere spensierata come era giusto che fosse, però  raggiunse la felicita completa solo quando conobbe il suo Nick. Un giorno per caso in biblioteca quando tutti e due frequentavano il liceo Toryo: Meri frequentava il primo anno mentre Nick frequentava l’ultimo. Fin dalla prima volta che si erano scambiati i primi sguardi e le prime  battute si erano subito accorti che erano fatti l’uno per l’altra. Una volta che i due iniziarono la loro storia d’amore dovettero fare i conti con i genitori della ragazza, perché secondo loro il  ragazzo non poteva aver nessun futuro con la loro figlia. Nonostante tutti gli ostacoli presenti sul loro cammino la loro storia d’amore trionfò; mentre Meri rivedeva davanti agli occhi le immagini del loro matrimonio, un lampo improvviso squarciò il cielo terso la riportò e alla realtà e Meri pensò:

 

[Meri che stai facendo? Ti sembra questo il momento di catapultarsi nel passato? Muoviti! Vai dal tuo Nick che ti starà aspettando]  nel momento in cui la giovane si stava accingendo a salire le scale senti una voce familiare provenire dal piano di sopra:

“Meri finalmente sei tornata”  la ragazza alzò lo sguardo e riconobbe subito suo marito, non appena lo vide lì in piedi a pochi metri da lei corse più in fretta che poteva sulla lunga scalinata che li separava. Una volta che lo ebbe raggiunto, marito e moglie si abbracciarono con ardore, come se non si vedessero da secoli, Meri provò  un tumulto di emozioni contrastanti: da un lato era felicissima di poter riabbracciare la sua unica ragione, dall’altro però comprese, con enorme dispiacere, che durante la sua assenza le sue condizioni di salute non erano per nulla migliorate, anzi sembravano a dirittura peggiorate: il viso era scavato e pallido come la cera, quelle braccia forti e muscolose che un tempo la facevano sentire al sicuro erano diventate fragili e delicate come quelle di un neonato. Possibile che settimana dopo settimana Nick fosse diventato sempre più deabilitato? Perché i farmaci e gli antibiotici non avevano effetto su di lui? Quel terribile virus poteva avere la forza di ridurlo in quello stato?  Alla vista di quel viso cosi stanco e cagionevole, la moglie non poté fare a meno di pensare alle cose più macabre e raccapriccianti [Cos’hai Nick?  Quale male ti sta divorando l’ anima? Non dargliela vinta, tu sei più forte di lei! Combatti, non permettere alla morte di portarti via da me] quella parola - morte- cominciò a rimbombarle senza stregua per tutto il corpo, non aveva mai lontanamente pensato ad un eventualità del genere, eppure ora l’ aveva fatto, brividi di freddo gelido si impossessarono di lei. Senza nemmeno rendersene conto dal volto iniziarono a scenderle delle lacrime come risultato di tutta la rabbia, del dolore e della frustrazione che erano celati al suo intermo, era consapevole che prima o poi tutto sarebbe saltato alla luce, tuttavia quello era il momento meno adatto per metterete a nudo tutto quello che provava, soprattutto non di fronte a Nick in quelle condizioni. Non appena  il giovane si accorse di quelle lacrime ebbe un tuffo al cuore, avrebbe fatto qualsiasi cosa per non essere costretto a vedere la sua amata consorte dilaniata dal dolore che cercava con tutte le sue forze di nascondergli, perché il suo unico obiettivo era quello di non farlo preoccupare ulteriormente, cercando come poteva di minimizzare la realtà facendogli credere che quella malattia che lo aveva colpito fosse come tutte le altre, ma lui sapeva che la realtà era ben diversa, per smorzare la situazione l'uomo chiese scherzosamente:

Meri cos’è quella caricatura di cane che hai in mano? La giovane abbassò lo sguardo, constatando con occhi sgranati che stringeva ancora tra le mani l’oggetto donatole da Kaito, dopo aver alzato lo guardo si sforzò di sorridere e replicò:

“Dici questo?”

si…  cos’è quel coso? l’hai acquistato in uno dei più costosi negozi milanesi? Chiese lui ghignando

“No, nessun acquisto questo gattino portafortuna è di manifattura giapponese, me lo ha regalato Kaito il mostro autista” precisò la donna cercando di mantenere lo stesso tono sarcastico. Improvvisamente, Nick si fece serio e volle sapere “a parte Kaito chi sa di me?” sulle prime, Meri rimase sorpresa da quella domanda,ma subito dopo, una volta ripresa dal momento di smarrimento rispose rassicurandolo “lo sanno anche il giardiniere e il maggiordomo, non temere sono tutte persone fidate” poco dopo un forte senso di malinconia si  impossesso nuovamente di lei, ancora una volta riecheggiò nella sua mente quella raccapricciante parola -morte-, Nick dal canto suo, quando vide questo improvviso rabbuiamento da parte della moglie, le appoggiò le mani sulle spalle e le sussurro amorevolmente:

“Non ti preoccupare, niente e nessuno ci separerà” detto ciò, Meri  rimase esterrefatta, quelle parole cosi semplici e dirette erano esattamente tutto quello che la donna aveva bisogno di sentirsi dire. Possibile il giovane ora avesse anche la facoltà di leggerle nel pensiero? Dopo aver accarezzato  dolcemente la guancia del marito come per dare assenso alle parole che aveva appena pronunciato, si accorse che  quest’ ultimo scottava tremendamente e strabuzzando gli occhi ed esclamò:

“Ma tu scotti! Hai la febbre! Su forza ti accompagno a letto” detto ciò, la donna prese delicatamente il braccio ed insieme a lui si incamminò verso il lungo corridoio che conduceva dritto nella loro camera.

 

Arrivati in camera, Meri aiutò Nick a stendersi sul letto dopo avergli rimboccato premurosamente le coperte gli mise un pezza bagnata sulla fonte e con voce fioca e tranquillizzate disse:

“E’ stata una giornata pesante per te, ora è meglio che riposi” [povero Nick chissà quanto starai soffrendo se solo potessi prendere il tuo posto…] mentre Meri era li per  aprire la porta e uscire dalla stanza affranta dalle sue solite preoccupazioni la voce affaticata del marito la frenò bisbigliandole con un tono che le risuonò un tantino  implorante:

“Meri aspetta! Non andartene via” la donna si voltò e con gli occhi velati di lacrime replicò:

“Nick hai bisogno di riposare, devi rimetterti in sesto, non temere, se hai bisogno di me sono al piano di sotto” quelle parole che aveva appena pronunciato avevano un significato duplice: da un lato voleva uscire da quella stanza per permettergli di riprendere le forze, dall’altro desiderava abbandonare al più presto quella maledetta stanza per andare a rifugiarsi in un piccolo angolo di quell’enorme villa e dar sfogo a tutta la sua sofferenza, ma soprattutto voleva fuggire via, perché non riusciva più a sostenere la vista del marito in quelle condizioni, non sapeva perché provasse questa insensata repulsione nei suoi confronti, però dannazione, questa era una realtà alla quale non poteva più sottrarsi, Meri non appena si rese conto di quello che le era balenato nella mente, una cosa orribile, si senti una persona indegna, suo marito non se lo meritava; per darsi delle attenuanti plausibili Meri pensò che forse era talmente innamorata di lui, che vedendolo così debole e fragile, forse era una visione insostenibile persino per una persona caparbia come lei, tuttavia questo non cambiava di certo le cose, comportandosi in questo modo non era di aiuto.

 

“Una dormita non mi farà di certo guarire! Questo lo sappiamo entrambi” dopo una breve pausa per riprendersi da quello che per lui era diventato uno sforzo monumentale aggiunse:

“una delle  poche cose che possono giovare davvero alla mia salute sono la tua voce, il poter sentire la tua voce soave, e il privilegio di  osservare i tuoi splendidi occhi” a quelle parole così semplici e dirette, ma cosi inspiegabilmente profonde, non seppe resistervi. Dopo essersi seduta sulla sponda del letto, iniziò a raccontare del convegno omettendo quello che le era stato chiesto dal quel giornalista impertinente, per poi passare a descriverli della stupenda gita in piazza Duomo in compagnia di Miki e Yuri.  Quando il marito  le chiese se anche loro provano gli stessi sentimenti di un tempo Meri mentì, precisando che nonostante fossero passati dodici anni i due amici erano rimasti fisicamente e spiritualmente quelli di sempre. Nick notò uno strano bagliore negl’occhi della moglie, mentre gli esprimeva tutta la gioia che aveva tra le braccia il figlio della coppia; proprio in quel momento vedendo e Meri così felice come non era più da molto tempo, da quando lui si era ammalato gravemente, le chiese improvvisamente Nick con voce ferma interrompendo il racconto della moglie:

“Meri..."

“si?” rispose lei con un po’ di titubanza

“Sai, in questo periodo di totale immobilità ho riflettuto molto su di noi, credo proprio che quando mi sarò completamente ristabilito mi piacerebbe prendere in considerazione l’ idea avere un nostro bam…” l’uomo non terminò la frase,perché inaspettatamente qualcuno bussò alla porta, a quel punto Meri  un po’ indispettita rispose:

“avanti” una volta che la porta si aprì fece capolino sulla soglia il loro maggiordomo, che dopo essersi schiarito la voce annunciò con voce solenne:

“ Scusate se vi disturbo signori Namura, volevo informare  la signora Meri che il dottor Cantaro l’attende in salotto” udito quel nome, la donna salto giù dal letto e chiese speranzosa: "vuoi dire che il dottor Cantaro è proprio qui in casa nostra?"

“Si signora è quello che ho detto” precisò il maggiordomo

“Perfetto! Avvisalo che scendo immediatamente" gli raccomandò la giovane ancora di più in estasi

“D'accordo” disse l’uomo andandosene via chiudendo dolcemente la porta. Quando marito e moglie si ritrovarono soli, ambedue trassero un profondo respiro di sollievo, poi Meri si voltò in direzione del marito ed esclamò in lacrime dalla gioia:

“Nick finalmente il dottore ha trovato una cura definitiva contro questo dannato virus che si è introdotto dentro di te” dopo aver raggiunto la porta si voltò nuovamente e aggiunse:

“Non temere amore mio tornerò presto a darti la grande notizia!”

 

Mentre Meri stava scendendo le scale, il suo stato d’ animo era a dir poco euforico, non aveva ricevuto ancora il responso delle analisi, tuttavia era certa, che qualunque cosa le avesse detto il dottore, sarebbe stata senz’altro ottima, non sapeva da dove nascesse tutta questa sua sicurezza, però da quando il maggiordomo era entrato in stanza per informarli dell’arrivo del dottor Cantaro, si era innescata dentro di le lei una meravigliosa sensazione. No! Non era frutto delle sue speranze,se lo sentiva davvero, molto presto lei e Nick avrebbero potuto riprendere a condurre una vita felice e spensierata, pensando seriamente all’ idea di mettere al mondo un figlio.

 

In salotto il dottor Cantaro era seduto su quello splendido divano in camoscio in  quella enorme villa, che le dava un senso di pressione e soffocamento accompagnata da una forte sudorazione : tutti sintomi che si manifestavano in lui in maniera incontrollabile, quando era obbligato a dare delle notizie cosi agghiaccianti come questa. Nonostante facesse questo lavoro da quasi trent’anni non aveva imparato a rimanere distaccato nelle situazioni più terribili, come del resto facevano i suoi colleghi. Mentre l’uomo lottava con se stesso per cercare di riprendere il controllo, improvvisamente in salotto comparve Meri che con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto lo salutò:

“salve dottore come va?

“bene grazie” rispose lui cercando di mantenere la voce ferma che però gli usci stridula per l’emozione

“Le faccio portare qualcosa caffè, te?” Meri avrebbe preferito passare subito al dunque, però per quanto fremesse non voleva risultare maleducata ai suoi occhi, l’uomo rispose balbettante:

“no gra-zie “ poco dopo ci furono un paio di minuti di silenzio, a quel punto Meri comprese che era giunto il momento di introdurre l’argomento e iniziò a dire cercando di mettere a freno l’entusiasmo:

“Dottor Cantaro, immagino che se lei è venuto qui abbia da darmi buone notizie?" Poi costatando che l’ uomo non accennava nessuna reazione continuò:

“dottore mi  dica di che malattia soffre mio marito?” Se alla prima domanda l’uomo aveva fatto appello a tutte le sue forze per tentare di nascondere le forti preoccupazioni che lo attanagliavano, a quella seconda domanda per poco non svenne, tentennando sempre di più rispose:

“Signora questa è una faccenda molto delicata c’è un posto più tranquillo per poter parlare lontano da orecchie indiscrete?” detto ciò, Meri scatto in piedi ed esclamò:

“Certo andiamo nel mio studio! Mi segua” presa la sua cartella il dottor Cantaro la seguì. Mentre Meri si stava dirigendo verso il suo studio non ne capiva la motivazione, tuttavia aveva la netta sensazione che l’ uomo stesse facendo di tutto per temporeggiare, poi penso tra se [ se i miei sospetti sono fondati, forse la malattia di Nick è più grave del previsto? No Meri non iniziare a immaginare cose che non esistono, vedrai che  sarà una sciocchezza]

 

arrivati a destinazione, Meri continuava a formularsi nella mente le ipotesi più assurde senza riuscire però a darsi risposte concrete. Il dottor Cantaro nel frattempo, si chiedeva quale strategia adottare per rivelare alla donna la triste verità [ è meglio che ci arrivi per gradi, oppure arrivo subito al dunque senza troppi preamboli?] dopo vari ripensamenti optò per la prima soluzione. Una volta accomodati sulle sedie, l’uomo si sentì tremendamente a disagio, non avrebbe mai voluto distruggere le speranze della donna che aveva davanti a se, ma non poteva tacere in eterno, doveva dirglielo a tutti costi. Dopo aver aperto la sua cartella estrasse un  fascicoletto, che successivamente porse gentilmente alla giovane. Nel momento in cui l’uomo ebbe consegnato nella mani di Meri l’orrenda verità che solo lui conosceva, sperò con tutto se stesso che quello che le stava per dire di li a poco non avrebbe disintegrato totalmente il suo spirito combattivo, perché sapeva benissimo che per far fronte a una malattia come quella, prima di qualsiasi cura medica  il paziente e i suoi cari non dovevano assolutamente perdere le speranze e continuare a combattere per la salvezza della propria vita, anche se, non poteva di certo negare, che talvolta questa intensa lotta per la vita, non dava sempre esito positivo. Mentre il dottor Cantaro era immerso nei suoi pensieri, Meri continuava a girare febbrilmente le pagine di quel fascicolo senza venire a capo di nulla, poi improvvisamente si bloccò e guardando negli occhi il suo interlocutore chiese:

“Dottore io non sono un'esperta nel campo, però quello che posso capire da questi esami è che mio marito ha solo alcuni valori leggermente alterati, con una cura tutto tornerà come prima vero?" Sentendo quelle parole cosi cariche di positività, non  poté fare a meno di sentirsi un tantino in colpa, quanto avrebbe voluto rassicurala prescrivendole la cura adeguata da seguire, cosa che spesso faceva, ma in questo caso non esisteva una cura più adeguata dell’altra, o meglio esisteva, però questa malattia era uno di quei mali che non spariva entro una settimana o due, ma poteva cominciare a ridimensionarsi solo dopo mesi dall’ inizio del trattamento. Facendosi coraggio l’ uomo imboccò una strada senza via d’ uscita e incominciò a dire con voce cupa:

“ si signora la cura esiste solo che…”

perfetto! Mi prescrivi pure qui l’ occorrente” esordì Meri porgendoli la sua agenda, quest’ultimo intuendo che la donna aveva frainteso le sue parole, la guardò negli occhi  e aggiunse:

“No! Le cose non sono cosi semplici” udite quelle parole, Meri si sentì gelare il sangue nelle vene, non sapeva ancora cosa stava cercando di dirle il dottore, però aveva intuito che la situazione era più grave di quanto immaginasse. L’ uomo, dopo aver fatto una breve pausa, continuò senza abbassare lo sguardo:

“Dalle  analisi del sangue, ed in particolare l'emocromo, e gli indicatori del funzionamento di reni e fegato hanno dato la certezza ai miei sospetti".

“cosa vuole dirmi dottore? cerchi di essere meno enigmatico?” l’uomo abbassò il capo mortificato e concluse:

“Mi dispiace signora ma, tutti i sintomi emersi  da suo marito: l'affaticamento, il mal di testa, i dolori ossei e articolari, la perdita di peso, la suscettibilità alle infezioni, la facilità al sanguinamento oppure l'ingrossamento della milza e dei linfonodi, in modo particolare a livello del collo e delle ascelle, sono tutti riconducibili  a quello”

“Quello cosa?" Domandò la povera Meri completamente in panico, quando incrociò lo sguardo del dottore, un tuono squarcio il cielo, proprio in quel breve lasso di tempo ebbe come un'illuminazione, una volta aver compreso quello che il dottore le stava cercando di dirle, saltò giù dalla sedia con veemenza incominciando a farneticare frasi incomprensibili in un misto di paura rabbia e frustrazione

“No, non può essere vero! La prego mi dica che non cosi!” Meri vedendo che da parte dell’ uomo non vi era nessun tipo di reazione, continuò a strepitare disperata. implorate di conoscere la macabra verità:

“La prego me lo dica! Devo saperlo, mio marito è  affetto da leucemia? Pronunciate quelle ultime parole, si accumularono in lei, un insieme indefinito e spasmodico di emozioni, cosi strazianti e dilaniati che qualsiasi essere umano non sarebbe riuscito a supportare: Meri non poteva credere a quello che aveva appena udito, le sembrava di vivere in un terribile incubo il peggiore di tutta la sua vita, purtroppo non era un incubo, era li davanti a colui che nella sua mente da schizofrenica dipingeva come il suo aguzzino. Tutto ad un tratto, i battiti del suo cuore da martellanti che erano, incominciarono a diminuire vigorosamente, in concomitanza a quest’ ultime avvertì che le forze la stavano abbandonando sempre più: le palpebre erano sempre più  pesanti, cosi come le gambe, senza neppure riuscire ad opporre alcuna resistenza cadde rumorosamente a terra priva di sensi sotto lo sguardo attonito del dottore

 

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Capitolo 5
*** PRONTA A TUTTO ***


Nuova pagina 1

Ciao a tutti,

eccomi di nuovo qui. Scusatemi è quasi passato più di un mese dall’ ultimo aggiornamento, ma ho avuto il classico blocco dello scrittore. ( che parolone) Ero un po’ indeciso sullo svolgersi della trama. Dopo vari ripensamenti, ho finalmente preso una decisione.

Ringrazio tutti coloro che mi sostengono,continuate a seguirmi

Grazie ancora di tutto cuore

By

A.D

                                                                                                         5 CAPITOLO

TITOLO

PRONTA A TUTTO

il dottor Centaro era fermo ed immobile, non riusciva ancora a realizzare cos’era successo: tutto era accaduto cosi velocemente senza che lui avesse potuto avere il tempo di rendersene conto; Meri era li distesa sul pavimento davanti ai suoi occhi  priva di sensi. Dopo aver esitato un attimo, le si avvicinò per controllare che non ci fossero ferite in alcuna parte del corpo, appoggiò due dita sul polso per controllarne i battiti, il cuore era debole, ma batteva ancora. Dopo averla delicatamente appoggiata sul divanetto di pelle nera, le mise le gambe distese a mezz’aria sperando che di li a poco si riprendesse nel più tempo breve possibile. Quando finalmente la giovane riaprì le palpebre, trasse un profondo respiro di sollievo, e inginocchiandosi all’altezza del viso della donna chiese balbettando:

“Mi ha fatto prendere un colpo signora Namura, come si sente?”

Meri ignorando completamente la domanda del dottore, afferrò con veemenza il colletto della sua camicia e strillò con un tono implorante:

“La prego dottor Centaro mi dica che è stato solo un incubo!La prego mi dica che mio marito non ha la leucemia?!”

“Lo vorrei quanto lei signora, mi creda” replicò lui con voce grave abbassando il capo.

Benché, Meri conoscesse già la risposta, aveva osato sperare che quello che aveva appreso poco prima, in realtà fosse stato frutto della sua fervida immaginazione. Quando nei suoi romanzi i protagonisti erano coinvolti in situazioni simili, aveva sempre cercato di descrivere molto dettagliatamente le molteplici sensazioni che potevano attanagliarli; aveva sempre immaginato che, una persona, per quanto potesse sentirsi distrutta e amareggiata nel ricevere notizie cosi agghiaccianti, fosse in grado di metabolizzare il dolore con razionalità; solo ora provandolo su se stessa, si era resa conto che la realtà era ben diversa, quando si viene a conoscenza di verità cosi terribili, non si fa altro che avvertire in maniera smisurata sentimenti come la rassegnazione, frustrazione e un dolore indescrivibile da togliere  il fiato.

Una volta alzata, Meri guardò il dottore e nonostante fosse visibilmente in preda alla più completa disperazione, ebbe la forza di dire con decisione:

“Dottor Centaro! Io non mi arredo mi dica cosa si può fare per salvare la vita di mio marito, sono pronta a sacrificare la mia vita se ciò fosse necessario” pur avendo il cuore in mille pezzi, sapeva benissimo che era d’obbligo affrontare quell’argomento; anche se non aveva la benché minima idea di quello che le avrebbe potuto dire il dottore, doveva conoscere tutta la  crudele verità. Doveva assolutamente sapere se per il suo Nick c’era qualche speranza, o se per lui era davvero finita. Mentre veniva accompagnata da questi macabri pensieri, il dottor Centaro ne approfittò per riordinare le idee, e per dare alla sua interlocutrice una visione della malattia più chiara e meno indolore possibile. Con un colpo di tosse si schiarì la voce e iniziò a dire con voce solenne:

“Signora Namura come si evince dalle analisi suo marito è affetto da una forma di leucemia cronica che è caratterizzata da una lenta iperproliferazione dei granulociti, che giungono quasi a completa maturazione, parallelamente a un incremento dei precursori dei granulociti a livello del midollo. La fase iniziale cronica dura 3-10 anni poi…” non finì la frase, perché venne interrotto bruttamente dalla giovane che gli domandò con un tono misto tra la rabbia, la disperazione e l’ isterismo:

“Dottor Centaro non mi interessa sapere l’origine dello malattia, piuttosto mi illustri che misure vuole adottare per debellarla” Sulle prime, il dottore rimase un po’ sorpreso della reazione impetuosa della donna, poi capì che l’essere cauto nelle spiegazioni aveva ottenuto l’effetto contrario, come d’altronde intuì perfettamente che quella reazione spropositata era il risultato di tutto lo stress accumulato fino ad ora, e che prima o poi sarebbe esploso completamente. Decise, comunque, di assecondare le sue richieste con voce un po’ tremolante ma ferma allo stesso tempo ed iniziò ad imboccare una strada senza via d’uscita:

“Prima di tutto signora inizieremo un ciclo di chemioterapia sperando di riuscire a ridurre il più possibile il cancro e poi…”

“Quindi, suppongo che a partire dai prossimi giorni soggiornerà presso il suo ospedale per ricevere le cure necessarie?” chiese Meri interrompendolo nuovamente

“Non proprio precisò lui”

“Cosa significa non proprio? Si spieghi meglio” chiese lei un ancora un tantino alterata, non avrebbe mai voluto essere scortese, tuttavia stava già combattendo con tutte le sue forze per tenere soffocate le lacrime, non aveva nessuna intenzione reggere quell’interludio, costituito da frasi sottointese. Dal canto suo l’uomo nonostante avesse notato l’eccessiva frenesia da parte della giovane di conoscere tutto quello che c’era da sapere, continuò a parlare con tono pacato e tranquillo:

“Vede Signora, ora come ora, suo marito è troppo debole per avere la forza di supportare un viaggio cosi lungo fino ad Hong Kong, non si preoccupi ho trovato una via alternativa” detto ciò, prese la sua cartelletta, per poi estrarre un fascicoletto che successivamente mostrò a Meri, non appena lei lo prese in mano, iniziò a sfogliarlo forsennatamente,ma era troppo scossa per comprenderne il contenuto. Il dottor Centaro credendo che stesse leggendo, iniziò a dire con un tono rassicurante:

“Mi rendo conto che è una strana procedura, però non deve preoccuparsi, suo marito è in buone mani, ho scelto io stesso la persona che si prenderà cura di lui durante il decorso della malattia proprio qui in casa sua, prima di poter procedere ho bisogno che lei mi metta una firma, se vuole le lasciò un po’ di tempo per riflettere” diversamente da quanto le aveva detto il dottore, Meri si diresse con passo sicuro verso la scrivania e, presa una penna, firmò rapidamente sotto l’espressione esterrefatta dell’uomo che espresse il suo disappunto:

“Mi scusi signora ma firma senza aver neppure finito di leggere?”

“Come le ho già detto prima sono disposta a fare qualunque cosa per salvare la vita di Nick” rispose lei, mentre a passo svelto si stava dirigendo verso di lui guardandolo dritto negli occhi. Quando i due sguardi s’incrociarono, l’uomo provò una sorta di soggezione: non aveva mai visto occhi cosi tanto determinati quanto quelli, e pensò tra se [certo che il marito di questa donna è un uomo molto fortunato, perché è assai raro trovare donne con una tenacia e caparbietà simile]

Dopo essersi riappropriato del fascicolo, l’uomo esclamò con voce decisa:

“bene,ora che ho tutto l’occorrente,posso sbrigare alcune faccende burocratiche per poterle mandare al più presto la persona di cui le ho parlato. Approfittando di un momento di silenzio la donna esordì dicendo:

“Dottor Centaro se non c’è altro, non vorrei essere scortese, ma le chiederei di andarsene, perché come lei potrà capire non ho la forza di reggermi in piedi, [vorrei andare a rifugiarmi nella  mia stanza, lontano da occhi indiscreti per poter cosi, finalmente dare sfogo a tutta la mia rabbia e disperazione. Non so con che forza sono riuscita a trattenermi fino ad ora] avrebbe voluto dire,invece rispose: “vorrei andare a riposare” senza dargli neanche il tempo di replicare Meri si voltò e si diresse a passo svelto verso la porta, proprio nel momento in cui stava per aprirla, sentì alle sue spalle la voce dell’ uomo che la bloccò dicendole:

“Aspetti c’è una cosa che deve assolutamente sapere” sentite quelle parole Meri avverti dolori lancinanti lungo tutto il corpo, di cosa doveva venire a conoscenza? Sarebbe riuscita a sostenere il peso di un’altra verità? Una volta voltasi rispose con voce stridula rotta dalle lacrime che erano incominciate a scendere imperterrito:

“Sono pronta dottore, mi dica quale altra cosa può esserci peggiore di questa?”

 

Era appena arrivata all’aeroporto, dopo essersi assicurata di aver recuperato tutte le sue valige iniziò a caricarle l’una dopo l’atra su carrello porta-valige. Una volta aver afferrato l’impugnatura del carrello iniziò a spingerlo con fatica. Mentre si avviava verso l’uscita, pensò [ accidenti a me!Come al solito non ho avuto il senso della misura]

Poi guardando la miriade di valige tutte ammassate sul carrello si disse tra se [ spero che la padrona di casa abbia armadi abbastanza gradi da farci stare dentro tutto] con le labbra curvate in un sorriso continuò a fantasticare [ma certo che li avrà, quella possiederà tutto quello che una donna può desiderare]. Non appena mise piede fuori da quel grande edificio, rimase sbalordita nel vedere che stava diluviando, nonostante cercasse di proteggersi come meglio poteva dalla pioggia battente, in pochi minuti ne fu completamente inondata. Tutto sembrava essere contro di lei, non solo continuava a piovere incessantemente, ma sembrava che nessuno dei passanti volesse darle una mano. Nessuno voleva aiutare una povera fanciulla al freddo, in balia di quella terribile pioggia. Quando stava per perdere tutte le speranze, finalmente un taxi si fermò proprio accanto al marciapiede, poco dopo dall’auto scese un uomo sulla cinquantina basso, grasso e stempiato che le chiese con voce rauca:

“Ha bisogno d’aiuto signorina?” sulle prime, la giovane dopo averlo guardato rabbrividì, per un attimo ebbe la tentazione di dirgli che ben presto sarebbero arrivati i suoi parenti a prenderla, poi pensò che non poteva rimanere sotto quella maledetta pioggia in eterno, così seppur titubante domandò:

“Lei è un tassista?” l’uomo comprendendo che nel tono o sguardo della giovane vi era molta diffidenza la rassicurò:

“Certo! Signorina non si preoccupi, sono un tassista a tutti gli effetti” detto ciò,la ragazza rispose infastidita con un tono autoritario:

“Allora se è un tassista cosa fa li impalato, si brighi a caricare tutte le valige prima che mi inzuppi tutta!

 

Caricate le valige nel baule i due presero posto sugli appositi sedili, poco dopo la giovane passò il bigliettino al tassista sul quale vi era scritto l’indirizzo della destinazione dove era diretta, non appena l’uomo  lo lesse si voltò rapidamente e sgranando gli occhi per la sorpresa domandò:

“Signorina veramente la devo portare qui?”

“Certo! Non sa leggere per caso? Mi deve portare a Koi n° 12 , perché è proprio li che soggiornerò,”rispose da giovane con un tono da superiore,poi comprendendo lo sbigottimento dell’ uomo aggiunse con un aria artefatta e austera:

“Sono imparentata con i signori Namura anzi, per l’esattezza sono la sorella della signora Meri Namura, la più grande scrittrice conosciuta in tutto il mondo”.

Dacché l’uomo aveva appreso che dietro, seduta sul sedile posteriore c’era la sorella di una delle sue scrittrici preferite non riusciva a crederci, quella donna era cosi diversa dalla signora Namura, come era possibile che fosse sua sorella? Non era uno stupido, in cuor suo, aveva percepito che quello che le aveva detto quella bisbetica viziata era tutto falso, lo dimostrava il suo strano comportamento: da quando erano partiti non faceva altro che specchiarsi e ripassarsi fard e rossetto, come se stesse cercando a tutti costi la perfezione per far buona impressione a degli sconosciuti. Anche se non conosceva le motivazioni per le quali il destino della signora Namura e quello di questa ragazza cosi superficiale, egocentrica ed egoistica si sarebbero incrociati,tuttavia,di una cosa era assolutamente certo, una volta che quella fanciulla fosse entrata in casa sua avrebbe sicuramente portato scompiglio.

 

Era rimasta sola al buio nel suo studio, il dottor Centaro se ne era andato via da un pezzo, lei voleva restare ancora un minuto avvolta nell’oscurità, aveva chiuso gli occhi, come per cercare di diventare un tutt’uno con essa. Tantissime volte in passato quando si sentiva si scoraggiata amava rinchiudersi nella sua stanza, ma non aveva mai provato a strasene al buio lontano da tutto e da tutti. Si sentiva proprio come Nick. Stava impazzendo, era come se cercasse in qualche modo con tutte le sue forze di ammalarsi della sua stessa malattia, credeva veramente che più rimaneva al buio completamente immobile, più aumentavano le speranze di contrarre anche lei la leucemia. Non avevano avuto alcun effetto le ultime parole che le aveva detto il dottor Centaro: prima di lasciarla sola completamente assalita nel vortice delle sue pazzie; anche se non si era per nulla dimenticata quello che le aveva detto, per Meri non significava assolutamente niente,non poteva negare che quando il dottore le aveva detto con tono metallico che c’era dell’altro aveva temuto il peggio, invece aveva solo aggiunto, che una volta aver ridimensionato il cancro, avrebbe successivamente eseguito un trapianto di midollo osso; non appena aveva udito quella parole, una luce di speranza si era illuminata nei suoi occhi: si era  fermamente convinta che nient’altri che lei poteva essere la persona che avrebbe donato parte del suo midollo. Fomentata da questa carica d’improvviso entusiasmo, aveva chiesto al dottore di poter fare i test di compatibilità, perché era sicurissima di essere compatibile, purtroppo però, dovette fare in fretta i conti con la realtà, infatti, comprese ben presto, che non era lei la persona designata a salvare la vita a suo marito,cosi quel bagliore di luce che le si era insinuato dentro facendola sperare per un attimo, si dissolse con la stessa rapidità con cui era riaffiorato. Benché l’uomo l’avesse rassicurata dicendole che suo marito era in lista per un trapianto, conosceva perfettamente quanto tempo si dovesse aspettare prima di trovare un donatore compatibile, nella maggior parte dei casi passavano mesi, o addirittura anni per poter eseguire una operazione cosi estremamente delicata, che rappresenta l’unica via di scampo contro la morte certa. La domanda che doveva porsi però era un’ altra; il suo Nick avrebbe trovato la forza per opporsi a quel dannato cancro, che lo stava uccidendo minuto dopo minuto almeno fino al giorno del trapianto? Mentre veniva assalita da quest’esosità di preoccupazioni, senza nemmeno accorgersene si addormentò, ignara del fatto che ben presto qualcuno avrebbe suonato alla sua porta.

 

Il taxi era quasi in prossimità della villa di Meri, la giovane rimase estasiata nel constatare che quella villa era ancora meglio di quanto potesse immaginare, le sembrava di vivere un sogno meraviglioso, era tutto quello che aveva da sempre desiderato, sapeva che non poteva aspirare a tanto, però se se fosse stata abbastanza astuta, sarebbe sicuramente riuscita a dare una svolta alla sua vita di infermiera alle prime armi.

“Vado a portare le valige dentro casa?”

“Come ha detto scusi?” Disse la giovane destata dalle sue fantasticherie.

“Signorina non si è accorta che siamo arrivati? Sembra la prima volta che vede la villa di sua sorella” Esordì il tassista ironico.

“Certo che me ne sono accorta, cosa vuole insinuare?” rispose lei, con il suo solito tono isterico.

“Io non volevo insinuare proprio niente, volevo solo sapere se devo portare le valige dentro oppure no?” concluse l’ uomo mantenendo lo stesso tono ironico.

“No aspetti che mi faccio annunciare” detto ciò, scese in fetta e furia dall’ auto e corse come una forsennata lungo il vialetto in direzione della porta d’ ingresso.

Dopo  aver premuto il bottone del campanello aspettò una manciata di secondi, tuttavia quella porta non accennava ad aprirsi, nel momento in cui stava per risuonarlo, improvvisamente la porta si apri, successivamente un uomo distinto sulla sessantina vestito di tutto punto si materializzò sulla soglia, con voce gentile le chiese:

“Buon pomeriggio signorina ha bisogno d’ aiuto?”

“Lei per caso e il signor Nick Namura?”

“No io sono Heizo il maggiordomo” puntualizzò lui, dopo una breve pausa domandò:

“Cosa desidera signorina?” a quel punto la giovane estrasse un foglio, mostrandoglielo disse:

“Precisi ordini del dottor Centaro” dopo che l’ uomo ebbe letto il contenuto del foglio rimase basito, e guardò la donna con un con occhi granati domandò:

“Se ho capito bene lei dovrebbe essere l’infermiera mandata dal dottore per prendersi cura del signor Namura?”

“Si esatto”

“Ma è terribile” aggiunse lui dando un'altra rapida occhiata al foglio che aveva in mano, poi guardandola negl’occhi le chiese:

“Ma è tutto vero? il marito della signora è gravemente malato?”

“Purtroppo si” balbettò lei fingendosi dispiaciuta

“La prego entri non stia sotto la pioggia” esclamò l’uomo spostandosi per farla passare, non se lo  fece ripetere due volte, una volta entrata, levatasi il soprabito che diede al maggiordomo si diresse verso la scala e senza voltarsi disse:

“Heizo può avvisare il tassista che è qui fuori di portare le valige dentro?” a nulla servirono i vari tentativi dell’ uomo che cercarono invano di fermarla

“Aspetti signorina dove sta andando nessuno può entrare nella stanza del signore senza prima aver chiesto il permesso alla sua consorte”

“Non si preoccupi, so fare bene il mio lavoro.” tagliò contro lei continuando a salire i gradini

Heizo capì subito che era più testarda di uno mulo, quindi c’era solo una cosa da fare, avvertire al più presto la signora.

 

La giovane era in prossimità della porta della stanza di Nick, mentre stava per bussare ebbe un attimo di esitazione, pensò che prima di entrare forse sarebbe stato meglio preparasi un bel discorsetto d’ effetto. Poco dopo, quando mentalmente trovò le parole giuste bussò timidamente, non rispose nessuno, provo una se seconda volta ma non successe nulla, a quel punto bussò leggermente più forte, e dopo aver appoggiato l’orecchio sulla porta come per udire il più impercettibile rumore, anche stavolta senti silenzio assoluto. Comprendendo che forse il signor Namura stava riposando pensò che sarebbe stato meglio ritornare più tardi, poi ragionando si disse tra se [Atsuko, Sei un infermiera, è tuo dovere assicurarti che il signor Namura stia bene!]

 

Entrata in punta di piedi, si accorse che l’ uomo stava dormendo profondamente, via via che si avvicinava al suo letto, poté constatare che era proprio malconcio, in due anni di tirocinio in ospedale non aveva mai visto un uomo cosi debilitato, anche se nel campo non aveva abbastanza esperienza per dirlo con certezza, tuttavia era convinta che per quel poveruomo c’ erano poche speranze di sopravvivere. Al pensiero di una morte secondo lei quasi certa rabbrividii, nonostante avvertisse già dei rimorsi di coscienza voleva arrivare fino in fondo, se tutto fosse andato come prevedeva, presto o tardi avrebbe dato una svolta alla sua vita; non poteva conoscere lo svolgersi degli eventi, e non era in grado di prevedere se quell’ uomo sarebbe sopravvissuto, ma ciò non avrebbe fatto differenza, questa volta non avrebbe commesso gli stessi errori, aveva in mente un piano che doveva portare a termine ad costo. Mentre veniva invasa da questo momentaneo conflitto interiore il suo telefonino iniziò a trillare

“Maledetto cellulare proprio ora dovevi metterti a suonare?” disse mentre si affrettava a spengerlo. Non appena rimise l’oggetto nella borsetta, senti una voce affaticata e roca dirle:

“lei chi è cosa fa qui?”

“La prego signor Namura non si agiti, può nuocere alla sua salute, io sono Atsuko, sono un’infermiera, mi prederò cura di lei finché non sarà pronto per il trapianto.” replicò lei sulle difensive.

“Trapianto? Quale trapianto?” chiese lui provando un forte timore.

 

Si svegliò di soprassalto madida di sudore e con un vuoto allo stomaco. Non appena aveva riaperto gli occhi ,aveva subito sentito dentro di se una voce che continuava a dirle ininterrottamente:

“ Corri da Nick… corri da Nick …corri da Nick.”. Più cercava di opporsi a quella voce, pensando che fosse frutto della sua immaginazione, più questa si faceva insistente, non se la stava immaginando, non era vittima di un ennesimo isterismo, quella voce sconosciuta le stava suggerendo di correre da Nick prima che fosse troppo tardi.

Raggiunta la porta dello studio la apri con veemenza, con grande sorpresa scoprì che dall’altra parte c’era Heizo, che agitato cercava di dirle qualcosa. Ma lei era troppo scossa per starlo a sentire, cosi gli diede un brusco spintone con il suo stesso corpo per farsi strada, in un batter d’ occhio si trovò davanti alla porta della camera di Nick, ma invece di entrare impetuosamente, con la stessa intensità con la quale era piombata fuori dallo studio, rimase ferma immobile sorpresa nel sentire una voce femminile sconosciuta che diceva:

“ Pensavo che lo sapesse.” udite quelle parole, piombò come un razzo dentro la stanza, totalmente fuori di se strillò:

“Sapere cosa!” poi dirigendosi verso Nick continuò a strepitare come un’ossessa:

“Di cosa saresti venuto a conoscenza? Dimmelo!” non sapeva né come ne perché, però aveva la netta sensazione, che quella donna che si era addentrata in camera sua sapeva tutto quello che solo lei e il dottor Centaro sapevano, come era possibile?  Ma la cosa peggiore era che ora anche Nick conosceva  la verità.

 

 

 

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