Life Explosion

di Alerie Ambrose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Time of my life ***
Capitolo 2: *** Brain stew ***
Capitolo 3: *** She's a rebel ***
Capitolo 4: *** Green Day ***
Capitolo 5: *** Green ***
Capitolo 6: *** Christie Road ***
Capitolo 7: *** Warning ***
Capitolo 8: *** Caroline ***



Capitolo 1
*** Time of my life ***



Ciao a tutti! Questa è la prima Storia che pubblico, se volete recensire ne sarei lieta, non siate cattivi! :D

Time of my life

Slegai la treccia e passai le dita tra i capelli per eliminare ogni nodo. Le onde castane dei miei capelli ricadevano sulle spalle riflettendo la luce dorata della lampada.
I capelli erano l'unica cosa che meritava un po' di orgoglio da parte mia, per questo dedicavo loro una particolare attenzione.
Nella mia vita molto spesso tutto era una competizione, i miei genitori si aspettavano che come loro quarta figlia, prendessi ogni cosa positiva dai mie fratelli: l'intelligenza di Cora, il fascino di Caileigh e la bravura nello sport di Colin, purtroppo mi rivelavo ogni giorno di più una delusione, l'unica cosa che rendeva fiera mia madre era per l'appunto la mia chioma, che catturava l'attenzione delle sue amiche rendendole invidiose. Quella sera, durante la cena con le nostre zie, ognuna di loro aveva presentato i figli come se fossero dei trofei, Zia Patty aveva sfoggiato la collana di diamanti di sua figlia Eva regalatale dal fidanzato dottore, e l'esame della sorella, Emma, con il massimo punteggio. Zia Penny invece aveva sfogliato le foto dei viaggi oltreoceano di nostro cugino Ronald e la pagina di una rivista dove Reina e Robert , i due gemelli, sorridevano smaglianti per pubblicizzare un dentifricio. Allora mia madre, con un ghigno di soddidfazione, aveva mostrato alle sorelle i premi sportivi di Colin, gli svariati esami con il massimo punteggio di Cora, ed il servizio fotografico di Caileigh, poi con disinvoltura aveva fatto notare il colore, la morbidezza e la cura dei mie capelli.
Per il resto della serata Zia Patty aveva insegnato alle mie sorelle svariate pettinature usandomi come cavia, e pettinandomi fino a farmi venire il mal di testa.
Mi struccai con cura e guardai con aria triste il mio riflesso nello specchio. A quell'ora avrei dovuto essere ad una grandiosa festa con i miei amici, invece ero da sola in camera a prepararmi per andare a dormire. Svogliatamente mi misi il pigiama e mi tuffai sotto le coperte con l'i-pod in mano, pronta all'ennesima serata da depressione e Green Day.
'You lied' suonava da circa due minuti quando il cellulare squillando mi buttò giù dal letto, lo presi e mi fiondai sul balcone cercando di far smttere la suoneria che nel frattempo doveva aver svegliato mezza casa, chi poteva essere a quell'ora?
-Pronto?- risposi a bassa voce.
-Caroline!! Questa festa è stragrandiosa!- strillò Rebekah dall'altro capo cercando di sovrastare urla, schiamazzi e chitarre elettriche a tutto volume.
-Si..bene Beks, sono felice per te- dissi io annoiata.
-No, non hai capito! Tu devi venirci, subito! Sta per suonare un gruppo che sono sicura che ti piacerà da matti!- 
Sospirai -I miei non mi daranno mai il permessso per venirci, in più qui stanno già tutti dormendo!- ribattei tristemente controllando che dalla porta non entrasse nessuno.
-Rolly, non vieni mai alle feste, i tuoi ti controllano come una marionetta, cazzo, hai sedici anni! Vivila questa vita!- sbottò Rebekah.
-Sarà per la prossima volta...ormai è troppo tardi...-
-Te l'ho detto che il gruppo che sta per suonare sono gli Emily's Army, il gruppo di Armstrong, e che dopo la festa si trasferisce da lui?- insistè.
Mi si mozzò il respiro in gola -A casa sua? E non serve l'invito?-
-No...ma non credo che si ri..e lasciami stronzo!Scusa, qui la gente è un po' fatta...comunque ti dicevo che non capiterà più molto spesso che diano una festa aperta a tutti come oggi, è un'occasione he non puoi sprecare!-
-Ok vengo- dissi d'un fiato, mentre una scarica di adrenalina mi attraversava da parte a parte.
-Si!!!- esclamò Beks emozionata -Ti passa a prendere Leo, sta venendo anche lui!- poi, senza farsi troppi problemi mi chiuse il telefono in faccia. Rimasi immobile per qualche minuto, cercando di capacitarmi per quello che stavo per fare: scappare di casa per andare ad una festa senza che i miei lo sapessero, una cosa che non avrei mai e poi mai osato fare.
'Caroline!' disse una voce nella mia testa 'Questa è l'occasione che aspettavi, finalmente un po' di libertà!' sorrisi compiaciuta, sarebbe stato per una sola sera, segnava l'inizio di una nuova era, niente più cene noiose con la mia famiglia od obblighi di fare cose che nemmeno mi piacevano. 'Una nuova me, da stasera' mi dissi, poi corsi a prepararmi.

Scesi le scale con estrema attenzione, posando il piede su ogni gradino con leggerezza per evitare ogni rumore che avrebbe potuto insospettire la mia famiglia, poi, una volta al piano inferiore, infilai le converse e mi lasciai la porta alle spalle, richiudendola con attenzione. Quando fui fuori di casa e da ogni pericolo, corsi a perdifiato verso il vecchio catorcio di Leo che sbuffava annoato un denso fumo nero.
Mi tuffai agitata sul sedile anteriore, e mentre stavo ancora chiudendo la portiera, Leo era già partito alla massima velocità, sterzò violentemente a sinistra, sorridendo e abbassò il volume della sua malconcia radio.
-Lo sai vero che sono invecchiato di vent'anni ad aspettarti?- esordì sorridendo.
-Lo sai vero che in questi vent'anni tu e il tuo catorcio avete contribuito notevolmente ad aumentare l'effetto serra?- ribattei divertita.
-E' un piacere rivederti!- scherzò lui girando bruscamente a destra.
Tamburellai nervosa il cruscotto, continuando a lanciare occhiate allarmate alla strada, con il terrore che l'auto di mia madre potesse sbucare all'improvviso da qualche angolo, Leo mi guardò divertito -Nervosa?-
-E se i miei mi scoprono?-
-Non succederà, nei secoli in cui tu ti preparavi, ho studiato un piano, non dovrai fare altro che tornare prima che loro si sveglino ed il gioco è fatto- rispese prontamente lui, accelerando in modo assurdo.
-Ok, mi fido di te- risposi semplicemente -Dici che in casa Armstrong ci sarà anche Billie Joe?- chiesi dopo un po' ansiosamente.
-E' casa sua, non vedo perchè non dovrebbe esserci!-
A metà strada Leo ricevette un messaggio da Beks che lo fece inchiodare, poi con una manovra da pirata della strada invertì la rotta e si diresse verso l'altra parte della città.
-Che succede?- chiesi confusa-
-La festa si è appena trasferita- rispose lui guardando l'ora -Non hanno suonato per molto-
Il catorciò sfrecciò alla massima velocità, in una curva quasi non rimase su due ruote ed inchiodò diverse volte mentre tentava di tagliare la strada alla poca gente che incontrava, poi finalmente arrivammo a destinazione, e scendere da quell'auto infernale fu un sollievo immediato.
-Qualcuno ti ha mai detto che guidi come un pazzo?- chiesi leggermente scossa.
-Aspetta quando sarò ubriaco e dovrò riportarti a casa!-

Alla festa erano presenti più persone di quanto potessi immaginare, e talmente tanta birra da rendere ubriaca una balena. Leo scomparve dopo poco alla ricerca di Beks, ed io rimasi sulla soglia come un imbranata a guardarmi intorno disorientata.
Iniziai a cercare con discrezione Billie Joe, forse l'unico motivo per il quale mi trovavo lì, mi aspettavo di vederlo trangugiare birra o strimpellare qualche accordo sulla sua vecchia Blue, ma purtroppo non vidi altro che ragazzini ubriachi e coppie intente a limonare vogorosamente.
Mi sedetti stanca su un gradino, poi cominciai a bere, lentamente una birra dopo l'altra fino a quando i rumori non si fecero più attutiti e le sagome indistinte. Sentii qualcuno che mi invitava a ballre, gemetti un no mentre un secondo mi mandava a quel paese, poi una ragazza di passaggio mi fregò la birra, così, troppo stanca per alzarmie andare a prenderne un'altra, mi sdraiai sulla scala, pregando che nessuno mi calpestasse.
-Sono comodi i gradini?- chiese qualcuno sedendosi vicino a me.
-Molto grazie- risposi provocando una risata al ragazzo.
-Dai, ti accompagno fino dal divano, scommetto che mi ringrazierai!- continuò lui, poi mi aiutò ad alzarmi e mi guidò tra la folla, fino ad un divano morbido sul quale sprofondai immediatamente.
-Grazie- borbottai.
-Figurati!- rispose, poi si alzò e scomparve nella mischia.
-Beh grazie per la compagnia!- urlai seccata, poi mi alzai e con tutta la dignità che riuscii a raccogliere mi diressi verso l'uscita.
Sulla porta due tipi stavano scazzottando allegramente, mi infilai  la mai in tasca ed attesi che finissero il loro litigio, poi uscii sul portico. 'Accidenti' pensai, non avevo le chiavi del catorcio...dovevo travare Leo.
Rientrai in casa e iniziai a chiamarlo tra la folla, cercando di riconoscere la cresta bionda tra le mille teste che avevo davanti, ma dopo che avevo percorso più e più volte la sala di Leo nemmeno l'ombra.
-Leo? E' il tuo tipo?- Chiese il ragazzo ricomparendo davanti a me con un bicchiere di...vodka? in mano.
-Il mio accompagnatore, quando lo trovo me ne posso andare- risposi bruscamente.
-Vuoi?- chiese lui porgendomi il liquido.
-No, grazie.-
Lui rise di nuovo, e solo allora notai quant'era radioso mentre lo faceva. Lo guardai con più attenzione, era carino, aveva i capelli scuri e la carnagione abbronzata.
-Qua dentro non si respira- dissi tornando a cercare con lo sguardo Leo.
-Vieni fuori, prendiamo una boccata d'aria, a trovare l'autista ci pensi dopo eh?- mi cinse con un braccio i fianchi e mi condusse verso la porticina sul retro che si apriva in un grazioso giardinetto ben curato.
-Come ti chiami?- chiese lui lanciando il bicchiere ormai vuoto in un cespuglio.
-Caroline...e questa non è casa tua non dovresti buttare i bicchieri a terra!- lo rimproverai -e tu?-
Lui scoppiò a ridere -Joseph Marciano Armstrong, Joey per gli amici, e se permetti, questa è casa mia-

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Capitolo 2
*** Brain stew ***


Brain Stew

 

Mi svegliai tormentata da un mal di testa martellante e gli occhi gonfi di sonno.

Malgrado la sera precedente fosse stata inaspettatamente divertente avevo bevuto un po' troppo ed ora il mio cervello minacciava seriamente di implodere.

Dopo che avevo scoperto che il ragazzo che mia aveva raccolta dalle scale era il figlio del mio idolo, avevo smesso per un attimo di respirare, poi, ovviamente rossa come un peperone avevo fiatato un 'ah' di sorpresa. Joey aveva riso, poi, passandosi una mano tra i capelli mi aveva fatto cenno di seguirlo. Senza protestare avevo percorso fedele alle sue spalle la sala, che si stava lentamente svuotando, poi, schivando qualche ragazzo addormentato avevamo iniziato a salire la scala sulla quale pochi minuti prima giacevo mezza sbronza. Al piano superiore vi era un lungo corridoio buio, sul quale si affacciavano diverse porte chiuse, dalla prima si sentivano le risate di un paio di ragazzi e i battiti ritmati di una batteria, avevo guardato Joey con aria interrogativa, poi lui con fare da guida turistica si era schiarito la voce.

-Qui è dove sta mio fratello, ora è con i suoi amici- poi, si era girato verso un'altra porta -Questo è il bagno, la camera in fondo è dei miei e quella sulla sinistra la mia, te la faccio vedere-

Lo avevo seguito fino in fondo, senza mai staccare gli occhi dalla camera dove, secondo Joey dormiva Billie Joe.

-Tuo padre è in casa? - avevo chiesto ingenuamente.

Il ragazzo aveva alzato gli occhi al cielo – Da qualche parte...- poi mi aveva trascinata nella sua stanza.

Era grande, accogliente e sorprendentemente disordinata, vi erano oggetti ovunque, vestiti, dischi, libri di scuola e perfino due chitarre abbandonate a loro stesse sul letto. Anche se ero ubriaca non ero ingenua, i ragazzi in fin dei conti si aspettavano tutti la stessa cosa, ed il fatto che non fossi del tutto lucida e che lui mi avesse portato nella sua camera da letto non faceva che chiarire le cose.

-Hem...Joey?- lo avevo chiamato timidamente -Cosa ci facciamo qui di preciso?-

-Cerchiamo Ben, devo fartelo conoscere!- aveva esclamato, poi mi aveva invitata a rovistare tra le sue cose in cerca dell'amico. Sollevata avevo controllato sotto il letto, dietro alla porta e nell'armadio, poi i capelli rossi del ragazzo erano sbucati da sotto le lenzuola.

Ben era alto e piuttosto spesso, avevo aiutato Joey a portarlo giù per le scale, dato che era talmente fatto da non sapere dove si trovava, poi avevo capito perché era tanto ansioso di farmelo conoscere. Ben aveva un senso dell'umorismo eccezionale, in più combinava disastri ogni due secondi, quando era caduto nell'acquario, tra mille risate, io Joey e qualche altro suo amico avevamo fatto una fatica bestiale per tirarcelo fuori.

Verso le quattro il gruppo era totalmente ubriaco e fatto da far schifo. Joey aveva gli occhi arrossati e l'aria stralunata, aveva tentato di convincermi a tirare, ma quando stavo per cedere il mio cuore si era fermato, una chioma nera e spettinata aveva fatto capolino dalla cucina e con aria stanca aveva invitato gli amici del figlio ad andarsene da casa sua diretti a quel paese. Ancora incredula mi era alzata dal pavimento e mi ero avviata ubbidiente verso la porta, ma Joey prontamente mi aveva fermata.

-Papà lei è Caroline, rimane ancora un po' ok?-

-Non mi sembra che sia così entusiasta di restare qui- aveva osservato Billie, sbadigliando.

-No...no! Sono solo un po' stanca, rimango volentieri se non crea disturbo- Armstrong senior aveva guardato il figlio con un sorriso.

-E una così dove l'hai pescata? Senza offesa ma Joey ha un gusto un po' più...ehm...orrido nelle scelte delle ragazze, tu sei troppo perfettina!-

Non sapevo come replicare così, presa alla sprovvista avevo guardato il ragazzo con aria confusa e lui aveva mandato a fanculo Billie dicendogli che lui aveva ottimi gusti in fatto di ragazze.

-Ma fanculo te! E poi non hai dei buoni gusti affatto, l'ultima sembrava un cesso ambulante e quella prima ancora ruttava peggio di me!- aveva controbattuto l'altro, poi si era lasciato andare sul divano -Sedetevi....se vi do il permesso di andare in camera Adie mi uccide!- Aveva aggiunto accennando il divano. Senza protestare mi ero subito seduta, incredula di avere Billie Joe a così pochi centimetri di distanza.

-Papà ho diciassette anni, cazzo, non sono un bambino, me la vedo io con mamma ok?-

Billie aveva sbuffato -Come hai detto che ti chiami?-

-Caroline- avevo risposto ' e sono la sua più grande fan, mi fa l'autografo sul braccio con l'indelebile?'

-Di cognome?-

-Andiamo, Caroline- mi aveva incitata Joey, ma non avevo assolutamente nessuna voglia di alzarmi.

-Cole....ma dubito che conosca la mia famiglia, o almeno spero per lei..-

-Frena frena!!- Aveva detto lui ridendo -Dammi del tu, diamine quanti anni credi che abbia!?-

'quaranta, ovviamente!' avevo pensato

-Quaranta, sei vecchio, forse dovresti dormire non credi?- era intervenuto Joey.

-Ma tappati quella fogna, non sono vecchio capito? E se vado a dormire la festa per te finisce-

Dopo qualche minuto Joey aveva sbollito tutta la sua frustrazione, e consapevole del fatto che non avevo intenzione di smettere di parlare con il padre si era unito alla conversazione.

 

Era stato come un sogno che si realizzava, parlare con Billie, il ricordo della piacevole serata di faceva battere il cuore dall'emozione.

Il cellulare vibrò, era un messaggio di Leo. LEO! Accidentaccio dov'era finito!? Improvvisamente lucida mi guardai attorno, ero nella camera di Joey, nel suo letto precisamente, con una sua vecchia maglia blu per pigiama. Terrorizzata mi catapultai giù dal letto, sentii il ragazzo smettere di russare per qualche secondo, poi riprendere. Allarmata chiamai subito Leo implorandolo di venirmi a prendere. I miei dovevano essere infuriati da far paura, mamma avrebbe rischiato l'infarto non trovandomi nel letto...

Scesi al piano inferiore, non ricordavo gli avvenimenti della sera prima, avevo fatto sesso con Joey o cosa? Speravo di no, non volevo sembrargli una ragazza facile. I suoi sapevano e approvavano il fatto che avessi dormito con loro figlio? Dovevo sgattaiolare senza farmi vedere o salutare educatamente e ringraziare per l'ospitalità?

Il mal di testa mi perforava il cervello, che ora, per lo stress e l'agitazione rischiava seriamente di fondersi.

-Ciao- Salutò un ragazzino molto simile a Joey, non appena mi vide.

-Jakob?- chiesi salutando timidamente.

Lui annuì. -Sei carina, stai con mio fratello?-

-Hem...beh....è complicato!- risposi in preda al panico. -I tuoi dormono?-

-Mamma sì, papà si è alzato presto per andare alle prove con zio Tré- esclamò prontamente.

'Ma che amore! Lo zio Tré! Dio questa storia pare irreale!'

-Mi fai un favore Jake? Posso chiamarti così innanzitutto?-

-Certo! Tu chi sei?- il ragazzino aveva posato la sua tazza di cereali sul tavolo vicino.

-Caroline Cole, è il favore è questo: puoi dire a Joey che sono dovuta correre a casa e puoi ringraziare tutti per l'ospitalità? Se avete bisogno di una mano per rimettere a posto questo disastro io posso darvela volentieri!-

Jakob mi guardò come se fossi un alieno, poi annuì e mi fisso mentre uscivo di corsa e mi fiondavo nell'auto di Leo.

 

Leo mi aveva spiegato che la sera prima aveva dovuto portare una sbronzissima e vomitante Beks a casa, aveva provato a chiamarmi diverse volte ma io non avevo mai risposto, così credeva che mi fossi fatta dare un passaggio da qualcun'altro.

Decisi di dirgli dove e soprattutto con chi avevo trascorso la notte, solo quando mi posò davanti a casa, inchiodando bruscamente.

-Hai dormito dagli Armstrong? Ed hai parlato con Billie Joe!? Dio santo Rolly, la prossima volta avvertici, Beks ti ucciderà per non averla chiamata!- commentò lui scherzando.

-Non può uccidermi se i miei mi uccidono per primi...- mormorai tristemente guardando casa. Poi improvvisamente un idea mi balenò in mente.

-Togliti i pantaloni!- incitai a Leo, che mi squadrò.

-Che hai detto?-

-Levateli, ora!-

-Mi spieghi cosa vuoi fare?- chiese lui sbigottito.

-Metto i tuoi pantaloni della tuta, lascio la roba di ieri sera nella tua macchina, poi torno a casa dicendo che mi sono svegliata presto e sono andata a fare jogging- Leo mi guardò soddisfatto, quasi commosso.

-Vedo che te la cavi con i piani malefici!- poi, controllando che nessuno stesse guardando si svestì.

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Capitolo 3
*** She's a rebel ***


Ciao! Tenevo solo a precisare che nella prima parte del capitolo la protagonista è Caileigh, una delle sorelle maggiori mentre nella seconda parte è Caroline .Buona lettura e grazie a tutti quelli che seguono e recensiscono, mi rendete infinitamente felice!

 

She's a rebel

La sveglia segnava le 4.30, mi svegliai in preda alla sete, con la gola secca e gli occhi impastati. Scesi dal letto e mi trascinai giù per le scale, diretta in cucina. Bevvi mezza bottiglia, poi tornai in camera, con l'allettante prospettiva di un letto caldo ad aspettarmi.

Ero quasi arrivata, quando notai la fievole luce dell'abat-jour in camera di Caroline.

-Rolly, sei sveglia?- chiesi a bassa voce entrando. Probabilmente aveva solo dimanticato di spegnere la luce prima di addormentarsi. Spensi la lampada e mi sedetti sul bordo del suo letto.

-Rolly?- la chiamai scrollandola, poi con orrore la mia mano sprofondò in un cuscino, levai seccata il lenzuolo: di Caroline non c'era traccia.

Dovevo preoccuparmi!? Dove poteva essersene andata? Non era tipo da uscire di nascosto... Decisi di tornare a dormire, spinta dal sonno impellente, se la mattina non fosse tornata allora mi sarei preoccupata.

 

-Caileigh, tesoro- mi chiamò cautamente mamma. Mugolai qualcosa, allora lei, con fare seccato, mi scrollò violentemente.

-Dov'è tua sorella?-

Rimasi di sasso. Non era ancora tornata!? Cosa potevo dire a mamma? Forse avrei dovuto coprirla....o forse l'avevano rapita...

-Caileigh Cole! Dimmi immediatamente dov'è tua sorella Caroline!-

-Sono qui!- disse lei comparendo trafelata dalle scale. Mamma la squadrò seccata, indossava dei pantaloni della tuta blu piuttosto larghi e smessi, una maglia nera a balze ed un paio di converse.

-Dove diamine eri finita!? E perchè sei vestita in quel modo?- sbraitò-

-Ero andata a fare jogging- rispose Caroline tempestiva.

-Con quella maglia!?-

-Colpa mia- sbottai -Le avevo imprestato una maglia per correre di una mia amica...Jessie, te la ricordi? Ecco, non ha un bel carattere scommetto che l'ha incontrata per strada ed ha rivoluto la sua maglia-

-Ma che sciocchezza è mai questa!?- esclamò mamma seccata.

-No! E' tutto vero! Ha rivoluto la sua maglia ed io allora ho comprato questa al negozio-

Poco convinta e seccata nostra madre si allontanò e scese rapidamente al piano inferiore, borbottando qualcosa tra sé e sé.

Caroline si guardò intorno con sospetto, richiuse la porta dietro di sé e mi sussurrò un grazie.

-Perché mi hai coperta?-chiese, appoggiandosi alla scrivania e sbuffando.

-Veramente non lo so nemmeno io- risposi seccata guardandola male.-Dove diavolo ti eri cacciata!?-

-A una festa- rispose lei abbassando improvvisamente il tono di voce -Non potevo non andarci...Cay, cerca di capire...-

-Ma io capisco che tu sia voluta andare ad una stupida festa, quello di cui proprio non mi capacito e il perché tu non abbia chiesto il permesso o almeno mi abbia avvertita...- continuai con la mia ramanzina, con fare accusatorio.

-Abbassa la voce Cay, porca miseria, mi farai beccare!- ribattè Caroline -E non ho chiesto il permesso per il semplice fatto che non è il tipo di festa alla quale mamma e papà mi avrebbero lasciata andare....-

La guardai improvvisamente più curiosa, scesi dal letto, mi assicurai che la porta fosse ben chiusa e mi voltai nuovamente verso di lei.

-Che tipo di festa era?-

Caroline scoppiò a piangere e si tuffò sul mio letto, in preda a singhizzi convulsi mi fece cenno di avvicinarmi, stupida e presa contropiede ubbidii.

-Era una festa a casa degli Armstrong, è stata forse la serata più bella di tutta la mia vita! Ti rendi conto che ho parlato con Billie Joe!? Con lui di persona!! Non lo avevo mai visto se non su un palco, è stato fantastico...!-

-Ma sei demente!?- sbottai -E' fantastico perché diamine stai piangendo allora!?-

-E che ho bevuto più di quanto non avessi dovuto....e....e....-

-E?- la incitai.

-Credo di essere andata a letto con Joey Armstrong-

Rimasi di sasso. -Co...ma....ne sei certa?-

-No...e che sono stata con lui tutta la sera...e questa mattina mi sono svegliata nel suo letto...!- finalmente Rolly smise di singhiozzare, io la fissai, ancora senza parole e poi mi feci ricostruire esattamente tutta la serata, o almeno, quello che si ricordava.

-Secondo me non hai fatto niente- conclusi, pettinandomi i capelli e lavandomi accuratamente il viso. -Voglio dire, è Joey Armstrong, te lo ricorderesti se avessi fatto sesso con lui, ne sono certa!-

Caroline mi ringraziò, poi uscì per tornare in camera e vestirsi in modo sensato, ma appena dietro alla porta, l'espressione severa e incazzata agli ennesimi livelli di mamma,ci fece congelare il sangue nelle vene.

-Signorine, siete in grossi guai- ruggì -Specialmente tu- aggiunse puntando il dito dall'unghia rosso sangue contro mia sorella.

 

-Fortunatamente vostro padre è al lavoro, ma non credete che non verrà a sapere di questa storia il prima possibile!- Esordì mamma dopo che io e Rolly fummo sedute, entrambe dritte come un fuso, di fronte a lei, in cucina.

-Come vi è saltato in mente, come TI è saltato in mente, Caroline? Non è così che ti abbiamo cresciuta! Andarsene nel pieno della notte, senza permesso, ad una festa di sconosciuti! COME TI PUO' ESSERE VENUTA QUEST'IDEA DA IRRESPONSABILE SCONSIDERATA!? E se ti succedeva qualcosa?Ti immagini come saremmo risultati irresponsabili pure io e tuo padre!?-

Mia sorella sprofondò lentamente nella sedia, cercando di reprimere tutti gli insulti e le battute per controbattere le parole di nostra madre.

-E' un' azione di cui devi vergognarti seriamente, e poi chi sarebbe quel Joe? E cos'è successo con lui ieri sera?-

-Si chiama Joey, non Joe. Ed è un ragazzo, anche simpatico. Con lui non è successo nulla, non hai origliato questa parte?- sputò fuori Caroline tutto a un tratto, tirandosi su e guardando rabbiosamente mamma con fare felino.

-Io non stavo origliando, e piccola ragazzina insolente non osare parlarmi in quel modo? Intesi? E poi non ti credevo così cretina, lo sai che i maschi alla vostra età hanno tutti solo in mente il sesso? Non ve l'ho forse insegnato?-

-Beh, ma è stata comunque la prima sera di tutta la mia fottuta vita in cui mi sia divertita!- controbatté lei -E se tu non ci tenessi sempre al guinzaglio, non sentirei la necessità di scappare per andare a una festa, non credi?-

-Non dirmi come educarti, Caroline, so come si fa la madre esattamente come tu sai l'enorme punizione che ti spetta!-

-Beh sono d'accordo sulla punizione, so per certo che mi punirai in modo spropositato, ma non sono d'accordo sulla tua bravura nell'essere madre, la nostra non è educazione, è repressione! Io non voglio fare quello che mi dici tu per tutto il resto della vita, voglio fare quello che mi piace, e non sarai tu a impedirmelo!-

Mamma si alzò, una furia incontrollabile negli occhi, fissò Caroline che ricambiò audacemente lo sguardo, poi le mollò un ceffone in piena faccia.

-Dopo questo tuo discorso così avvincente- disse massaggiandosi la mano dolorante -Non hai il permesso di andare a quel concerto dei ''Green Day'' che faranno qua vicino e che aspetti da otto mesi, poi non hai il permesso di rincontrare quel tale Joey per nessun motivo al mondo, ed ogni volta che ci sarà una cena o una festa in questa casa te ne starai segregata in camera tua, intesi?-

Poi, si voltò verso di me -E tu, Caileigh sappi semplicemente che sei la seconda delusione più grande del mio matrimonio, dopo Caroline ovviamente. Quanto è successo questa sera mi dimostra la carenza di responsabilità e intelligenza da parte tua. Non chiedermi mai più niente. Ora andatevene.-

Caroline corse via con il viso rosso e le lacrime agli occhi, uscì di casa, sbattendo violentemente la porta, io invece mi alzai e tornai rassegnata in camera mia.

 

Stavo correndo più veloce di quanto non avessi mai fatto, con la rabbia che mi ribolliva dentro facendomi tremare di collera.

Sentivo ancora la guancia pizzicare dove avevo ricevuto lo schiaffo, cercai di pensare ad altro, per distrarmi e continuare a correre ancora.

Non sapevo dov'ero diretta, lasciavo i miei piedi alla guida mentre cercavo di rimettere in ordine i pensieri nella testa, poi dopo circa mezz'ora di cammino scoprii con un brivido di panico dove ero finita.

La graziosa casa Armstrong si ergeva di fronte a me invitante. Seguii il vialetto e lo percorsi raccogliendo i bicchieri di plastica che incontravo

per strada. Poi, tirato un lungo sospiro e ripresa la calma, suonai il campanello.

Una donna dai folti e mossi capelli neri e gli occhi castani mi aprì la porta, sorridendo calorosamente.

-Buongiorno...mi chiamo Caroline Cole, ieri sera ero alla festa ed ho fatto amicizia con Joseph....sono venuta per dare una mano- sbottai tutto d'un fiato.

-Si, ciao Caroline, sono la madre di Joey, Adrienne....Ci ha parlato di te stamattina e Jakob ha accennato al fatto che volevi venire a dare una mano...non pensavo dicesse sul serio!-

Mi fece entrare, così potei notare la quantità infinita di bicchieri e bottiglie sparse a terra.

-Joey!- chiamò a gran voce, ed il ragazzo accorse obbiediente, rimanendo sorpreso alla mia vista.

-La tua amica è venuta alla fine! Caroline tesoro, vuoi qualcosa da bere?-

-Non si preoccupi signora Armstrong, voglio solo dare una mano- dissi sorridendo innocemente. Lei scoppiò in una risata fragorosa -Chiamami Adie, ti prego! E comunque se proprio ci tieni...- prese da un mobile un paio di guanti di lattice e un sacco della spazzatura e me li passò sorridendo compiaciuta.

-Beh, buon lavoro- poi scoccò un'occhiata indecifrabile al figlio che la fulminò con lo sguardo, e che, malavoglia prese a raccogliere l'immondizia da terra.

-Non credevo saresti venuta seriamente- esordì Joey.

-E che mi dispiace, ho contribuito anch'io a questo caos ed ho pure dormito qua...- raccolsi diversi bicchieri e con un straccio pulii i resti di birra dal pavimento. -A proposito di questo....-

Joey lasciò cadere il sacco e mi guardò curioso, io mantenni lo sguardo basso, e continuai a raccogliere immondizia. -Abbiamo dormito...e basta vero?- sussurrai.

Sogghignando Joey mi raggiunse e prese a pulire al mio fianco -Non vado a letto con la prima ragazza carina che incontro, tranquilla!-

Tirai un sospiro di sollievo, e lui sorrise nuovamente, e non potei di nuovo fare a meno di notare quanto fosse bello il suo sorriso e quanto dannatamente somigliasse al padre quando lo sfoderava.

Dopo diverse ore di lavoro tutto il territorio degli Armstrong era stato ripulito di qualsiasi genere di sporcizia e rimesso in ordine, era stato un lavoro abbastanza leggero alla fin fine, perché io e Joey avevamo parlato spensieratamente tutto il tempo, così solo quando ci fermammo la litigata furiosa con mia madre mi balenò in mente.

-Mamma chiede se ti puoi fermare a pranzo, per ringraziarti- Disse il ragazzo tornando dalla cucina con aria soddisfatta.

-Si...sarà un piacere- mormorai con aria triste.

-Hei...tutto bene?- chiese lui impacciato.

-Ehm...sì, tutto ok, tranquillo-

-Guarda che se non vuoi fermarti non ti obbligo eh!- scherzò.

-No, io voglio fermarmi, anzi, non voglio tornare a casa, almeno non come un cane con la coda tra le gambe..!-

-Caroline mi spieghi che è successo per favore?-

Annuii, poi lo seguii sul divano leopardato, il divano su cui mi aveva guidato la sera prima. E quando fummo entrambi seduti gli raccontai l'accaduto.

-Tua madre non vuole più che ci vediamo, e non vuole che tu vada al concerto di mio padre. Ha qualcosa contro gli Armstrong forse?- chiese lui quando ebbi finito.

-No, non scherzare, non le ho mica detto che tu sei il figlio di...beh di una rockstar altrimenti sarebbe partita con tutti quei discorsi sulla droga e la punizione sarebbe triplicata...-risposi.

-Senza offesa ma non sembra un tipo molto simpatico- concluse lui.

-Forse perché non lo è- Osservai io.

-Sta di fatto che sono sedici fottuti anni che cerca di plasmarmi a suo piacere e non mi lascia mai nessuna scelta, io non sono come Cora, Caileigh o mio fratello, io sono stufa. Devo trovare il modo di ribellarmi!-

Guardandomi di sottecchi Joey rise di nuovo, poi gli si accese la lampadina.

-Quando ce l'avevo con papà ho strappato le corde della chitarra che mi aveva regalato, devi fare lo stesso- annunciò. Io rimasi perplessa, senza capire dove voleva arrivare. -Mia madre non mi ha mai regalato una chitarra!-

-Va beh, mica serve necessariamente una chitarra, serve qualcosa di tuo a cui è molto affezionata!-

-E' affezionata al mio gatto, Wonka. Ma non credo di potergli fare qualcosa per dispetto, mi dispiacerebbe troppo....Un secondo! I miei capelli!-

Joey rimase perplesso, così iniziai a spiegargli tutto con foga -Tra mia madre e le sorelle c'è sempre come una specie di competizione nella quale ognuno sfoggia le capacità dei propri figli...mia madre fa pesare l'intelligenza di Cora, la bellezza di Caileigh e la bravura nello sport di Colin, visto che io faccio schifo in tutto, mia madre sfrutta i miei capelli... ecco cosa potrei fare, me li raso!-

Joey inorridì -Devi colpire soprattutto tua madre, mica te! Piuttosto tingili!-

-Joey sei un genio!- esclamai saltandogli addosso e abbracciandolo.

-Scusa..!- dissi subito dopo staccandomi e ricomponendomi.

-Ma che scusa?Per ribellarti a tu madre per prima cosa devi smettere con tutti questi scusa, signora, grazie e per favore, e vivere tutto con un certo brivido!- Poi mi prese per un braccio e mi tirò a sé, baciandomi entusiasta.

Assaporai ogni attimo, dopo il primo momento di sorpresa apprezzai il gesto e mi lasciai coinvolgere dalla sua passione e ricambiai il bacio con il cure che scoppiava di felicità.

-Ehm....si mangia- Jakob era apparso alla porta con un espressione divertita in volto, così io e Joey ci separammo alla velocità della luce, e lo seguimmo imbarazzati fino alla sala da pranzo.

-Non ho ancora finito- disse lui malizioso a bassa voce -E poi posso accompagnarti io a tingerti?- aggiunse.

-Lo davo per scontato, e se per caso la mia tinta risvegliasse istinti assassini a mia madre, sappi che fai ancora in tempo a tirarti indietro!- scherzai.

-Naa, ormai ci sono troppo dentro, sarò il complice del tuo capellicidio!-

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Capitolo 4
*** Green Day ***


Green Day

 

Avevo temuto seriamente di prendermi un infarto quando, dopo pochi secondi che ci eravamo tutti accomodati a tavola, avevano fatto ingresso nella stanza Billie Joe, Mike e Trè, con aria sfinita si erano seduti a tavola e Adie aveva rivolto loro un sorriso raggiante e gli aveva passato le lasagne come se fosse stata la cosa più normale del mondo avere i Green Day per pranzo. Beh forse per lei lo era, ma per me era come riceversi uno schiaffo in faccia. Non poteva essere vero, i miei tre idoli seduti accanto e di fronte a me, spontanei e divertenti come non mai.

-Zio Mike, zio Trè, lei è Caroline una mia ehm...amica- aveva esordito Joey anticipando la madre, che però aveva aggiunto compiaciuta quanto ero stata educata e che ero tornata per dare una mano a sistemare il caos della festa. Arrossendo avevo salutato tutti e tre, imponendomi di non scoppiare a piangere, o a urlare dall'emozione. 'Non puoi permetterti di fare la fan sfegatata, non ora almeno!' mi aveva rimproverata la mia coscienza.

-Tu sei la ragazza carina che si è fermata a dormire qua l'altra sera vero?- aveva detto Billie Joe servendosi abbondantemente e porgendo la teglia con le lasagne a Trè, seduto accanto a me. Arossii ulteriormente ed annuii accennando a un sorriso.

-Oh avanti cara, non essere timida!- mi incitò Adrienne, peggiorando ulteriormente la situazione, ora il mio viso andava a fuoco, ero sicura che la mia sarebbe stata una combustione spontanea se non avessero subito distolto l'attenzione da me.

-E' stata una bella festa- commentai cercando di dare il via ad una conversazione.

-Se l'ha organizzata Joph non dev'essere stata un granchè!- commentò sarcastico Trè battendo un amichevole pugno sulla spalla del ragazzo. -Faremo un piccolo concerto la settimana prossima e la festa subito dopo sarà fottutamente epica, vienici con Joph così vi faccio vedere come ci si diverte!-

-Billie, se fossero figli miei non li lascerei andare ad una festa di Frank, l'ultima volta c'erano dei maiali liberi per la casa!- esclamò subito Mike provocando una fragorosa risata a tutti.

-A Frankito piacciono i maiali- disse a sua discolpa Tré ingozzandosi.

-Zio Tré, sia Frankito che Ramona sono terrorizzati dai maiali da quando uno di loro gli si è addormentato sopra quasi soffocandoli- intervenne Jakob, ridendo.

-Senti piccoletto vuoi fare un tuffo in piscina?-

-Ma se sono più alto di te a momenti!-

-Billie, il marmocchio qui ti assomiglia sempre più!- concluse Trè sogghignando, mentre Billie sorrideva amorevolmente al figlio.

-Hey Joey, raccontagli del tuo gruppo!Lo sapevate che gli Emily's Army si esibiranno in un locale di Los Angeles l'anno prossimo?- disse invece lui -Ecco, questo fa ben capire che è mio figlio, questo e la sua capacità di scegliere le ragazze- mi fece l'occhiolino e si girò a baciare Adie, che ricambiò provocando un gemito di disgusto a Jakob.

-Ma se appena ieri mi ha detto che le mie ragazze precedenti erano dei mostri!- protestò Joey.

-Beh anche le mie prime ragazze erano bruttine, poi ho alzato la media- commentò il padre sorridendo.

Mike alzò gli occhi al cielo -Caroline, tu hai qualche strumento?- chiese cercando di cambiare argomento.

-Suono la batteria- risposi subito -O almeno ci provo....a mia madre non piace la musica e di sicuro non me ne comprerà mai una, per questo sto imparando a suonare la chitarra da mia cugina-

-Il basso non ti piace?- chiese lui speranzoso -Guarda che è mitico!-

-Ehm...non l'ho mai provato!- esclamai, poi Tré si girò verso di me compiaciuto -La batteria è un ottimo strumento, devi imparare....se vuoi ti insegno! Avevo fatto da maestro a quel cazzone di Al...ed ho insegnato a Joph- orgoglioso si fece scrocchiare le dita e si appoggiò allo schienale della sedia.

-Si...zio Tré è una forza...ho imparato in pochissimo tempo- confermò Joey.

-E' forse lo strumento che mi diverte di più suonare- annunciò Billie -Ma ormai mi sento di appartenere alla chitarra, non posso tradirla!-

-Perché a nessuno piace il basso?- brontolò Mike.

-A me piace il basso. Da grande diventerò un bassista formidabile come te!- intervenne subito Jakob, provocando una risata generale.

-Che razza di viscido...che ti serve?- rispose l'altro ridendo.

-Te ne parlerò quando niente può andarti di traverso zio- fu la criptica risposta del ragazzo.

-Devo preoccuparmi?- intervenne Adie.

-Si tratta di Jake, Ma', è ovvio che devi preoccupoarti!- esclamò Joey, poi, si alzò, prese una torta dal bancone della cucina e la servì in tavola, orgoglioso. -Questa l'ho fatta io- dichiarò -Se non vi piace la finite comunque, domani sarà già dura come un mattone- aggiunse.

 

Un'ora dopo io e Joey eravamo di nuovo seduti sul divano, i tre erano scomparsi chissà dove, Adie era andata dalla sua migliore amica e Jake era stato chiamato per giocare a football da alcuni ragazzini della scuola.

Avevo ancora il cuore in subbuglio, ma potevo constatare che era stato in assoluto il pranzo più bello di tutta la mia vita. Ero in estasi.

-Beh, di che colore vuoi farli?- esordì Joey.

-Sinceramente è uguale, tu che dici?-

Joey sorrise, ed io mi sciolsi guardandolo, si, il sorriso era certamente di Billie. -A dir la verità fino ad ora non ti ho mai guardato i capelli-

Sorrisi anche io di rimando -Come devo interpretarla?-

-Beh, prima ho notato i tuoi stupendi occhi....ehm....verdi- rispose lui guardandomi attentamente -Hey! Ma sai che hanno la stessa sfumatura di quelli di mio padre?-

Mi si illuminò lo sguardo -Davvero?-

-Te lo giuro! E per tornare al discorso di prima...-

-Va bene così dai!- lo interruppi io, senza riuscire a trattenere una risata.

-Meglio- convenne lui -E riguardo al colore?-

-Rosa?- proposi.

-Naa, troppo confettoso, e non mi piacciono i confetti!-

-Ok...beh...Rossi?-

-Non mi piace il rosso-

-Che ne dici di Blu?-

-Non mi piace il blu-

-Gialli?-

-Non mi piacciono le bionde-

-Arancioni?-

-Mi fa schifo l'arancione!-

-Ma insomma c'è qualcosa che ti piace!?- sbottai.

-Il verde. Si, credo che ti starebbe pure bene- rispose allora.

-Giusto...verdi....non ci avevo pensato! E dire che è il mio colore preferito!- approvai. Verdi. Si, mi piaceva l'idea. Verdi Green Day.

-Allora è deciso?-

-Direi di sì- confermai.

-Bene-

-Bene-

Il silenzio invase la stanza, eravamo immobili sul divano a fissarci le mani. Lo guardai di sottecchi, si stava mordendo il labbro, ed era dannatamente sexy...

-Che si fa?- chiesi.

-Beh, un'idea io ce l'avrei....- rispose Joey malizioso. Io lo guardai, forse con sguardo addirittura speranzoso, e lui mi si avvicinò.

Voltandosi verso di me iniziò a baciarmi, lentamente e con calma. Mi cinse la vita con un braccio, allora io lo attirai a me, iniziando a muovere le labbra con più foga. Joey mi spostò, senza mai staccarsi, e mi fece distendere sul divano, sdraiandosi accanto a me.

Sentivo il suo respiro caldo inebriarmi l'anima e riempirmi di gioia, la mano del ragazzo percorse il mio fianco, accarezzò lo sterno e si posò sul mio petto. Il primo impulso che provai fu di respingerlo, poi la solita vocina ribelle della mia coscienza si fece largo tra i mille pensieri 'Goditi questa giornata, il ritorno a casa non sarà piacevole...!' annuii mentalmente e tornai a Joey. Ormai il nostro bacio si era infiammato di passione, ci stringemmo più forte, la sua mano scivolò veloce fino all'elastico degli smessi pantaloni di Leo, si infilò sotto la maglietta e risalì con altrettanta rapidità sul mio corpo, arrivando al reggiseno. Rimasi un attimo di sasso. Lo guardai con l'espressione di un cucciolo smarrito, e Joey confuso si staccò.

-Scusa- mormorò -Mi sono lasciato trasportare...-

-No...non scusarti! Io....dio che cretina che sono....e che non ho mai fatto una cosa del genere...insomma mi hai presa alla sprovvista...- sospirai -Ma non significa che non volessi...!- mi affrettai ad aggiungere.

-Guarda che era una palpatina innocua!- disse lui sfoderando uno dei suoi formidabili sorrisi -Posso farne a meno se non sei pronta-

Sentii dentro come una scossa elettrica, io ero pronta. Ero pronta a tutto, ero pronta per il capellicidio, per incontrare spesso i miei idoli, per affrontare mia madre.

-Non scherzare nemmeno- dissi semplicemente. Poi con sua enorme sorpresa gli saltai al collo, ricominciando a baciarlo, quasi selvaggiamente lui rise e mi assecondò. Si girò per fare in modo che fossi di nuovo io quella sdraiata, ma il divano era troppo piccolo per certe cose, ed entrambi rantolammo a terra, in preda a risate incontrollate.

-Siete due imbranati!- commentò Billie sulla soglia della porta.

Entrambi tacemmo, io ovviamente presi il colorito di un peperone, mentre un Joey scazzato e leggermente vergognato scagliava un cuscino di velluto contro il padre.

-Da quanto sei qui ad assistere?- chiese ricomponendosi ed aiutandomi ad alzarmi.

-Da quanto basta per capire che mio figlio non sa limonare!- rispose lui ridendo sotto i baffi.

-Papà!- esclamò il ragazzo seccato.

-Guarda che non sono un pervertito, cazzo! Tua madre ha detto che devi correre dal gruppo che, dato che non gli rispondevi al telefono, ha chiamato lei. Le prove stanno iniziando e vogliono il loro fottuto batterista- spiegò Billie, appoggiandosi allo stipite della porta.

-Merda...le prove....le avevo scordate....-

-Non importa Joey, torno a casa a piedi, al capellicidio ci pensiamo domani, ok?- proposi io, togliendo grossolanamente le pieghe dalla maglia e sistemandomi i capelli.

-E' vicina casa tua?- chiese lui.

-All'incirca...-

-Ti porto io- si offrì Billie Joe -Intanto per ora non ho un cazzo da fare-

Lo stomaco mi si strinse, Joey sospirò, ma alla fine acconsentì, così circa tre minuti dopo io ero sul sedile anteriore dell'auto del mio cantante preferito, e quello che potevo definire come ''il mio ragazzo'' se ne stava andando in bicicletta dalla parte opposta.

Mise in marcia ed io gli spiegai grossomodo dove abitavo, sembrava conoscere il luogo così prese a guidare tranquillamente.

-Quindi tu e Joey...- iniziò lui.

-Beh...non lo so- risposi -E' strano, lo conosco da soli due giorni e già mi sembra una vita-

-Il fascino degli Armstrong- commentò sterzando a destra.

Sorrisi, si, di sicuro il fascino in quella famiglia non mancava.

-Vieni al nostro concerto?- chiese dopo un lungo tratto di strada.

-Dubito che mia madre mi darà il permesso- borbottai -anche se aspetto questo concerto da otto mesi...-

Billie sorrise, ricordandomi tanto Joey. -Otto mesi..? Cioè da quando abbiamo fissato la data?-

Annuii silenziosamente, e lui sembrò compiaciuto.

-Allora ti piace la nostra musica- concluse.

-Non mi piace. Io la amo, credimi se ti dico che ogni volta che sento una vostra canzone il cuore mi batte più forte. Mia madre non è mai stato un tipo molto carino con me, ed ogni volta che ero incazzata con lei mi sfogavo ascoltandovi- risposi tutto d'un fiato, arrossendo subito dopo.

-Beh...wow- commentò lui. -C'è una canzone che ti piace di più?- chiese poi subito dopo.

-Sinceramente mi piacciono tutte allo stesso modo, ma se in questo momento dovessi sceglierne una sarebbe Christie Road immagino-

Lui sorrise nuovamente, annuendo, poi, con mio immenso dispiacere l'auto si fermò a pochi metri da casa. Sospirai a lungo -Grazie per il disturbo- dissi poi scendendo dall'auto.

-Di niente- rispose poi ripartendo. Guardai casa, dopo il paradiso dovevo giustamente ritornare all'inferno dopotutto.

 

Salve a tutti! Volevo solo, oltre che ringraziarvi, avvertirvi che mi è venuta un'idea alquanto...strana sulla piega che prenderà la storia. Io scrivo in base a quello che mi passa per la testa, non ho uno schema preciso, ma cercherò di dar forma a questa mia idea nel modo migliore in assoluto, sperando che vi piaccia:)

P.S se volete recensire sappiate che ne sarei veramente felice, mi rende molto orgogliosa sapere che vi piace la mia storia:)

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Capitolo 5
*** Green ***


Salve a tutti:) Scusate se vi ho fatto aspettare un'eternità per il nuovo capitolo, e che a scuola ci stanno talmente tanto tartassando di verifiche ed interrogazioni che ho a malapena il tempo di andare in bagno! :/ Comunque sia, buona lettura, spero vi piaccia:)

 

Green

 

Appena entrata in casa trovai mia madre seduta sulla poltrona ad aspettarmi. Cora attraversò la stanza rivolgendomi un cenno di saluto e si dileguò al piano di sopra.

-Dove sei stata?- chiese lei con tono accusatorio.

-Da un amico- risposi io evasiva.

-Un amico eh? Scommetto quello che vuoi che eri da quel Joe- disse con disprezzo alzandosi lentamente ed avvicinandosi a me.

-Joey, mamma, si chiama Joey, è tanto difficile?- sbottai seccata, indietreggiando.

-Non mi importa come diavolo si chiama! Non ti avevo forse vietato di rivederlo!?- urlò chiudendo gli occhi e stringendo i pugni.

-Si. E sai benissimo che continuerò a farlo-

-Cosa devo fare con te, Caroline? Devo forse chiuderti a chiave in casa? Com'è possibile che tu sia diventata così.....ribelle in così poco tempo? Non me ne capacito...-

-Mamma....- sussurrai -E che finalmente ho capito come voglio vivere....-

-Come voglio vivere, ma per carità, parli come una quarantenne! Hai solo sedici anni, devi fare ciò che ti dico io, non andartene a feste nel pieno nella notte e fare....porcate con ragazzi che conosci malapena!- mamma socchiuse i suoi grandi occhi marroni, elegantemente truccati -Dimmi che sei ancora vergine, ti prego-

-Mamma!-

-Caroline, dimmi la verità!-

-Ovvio che lo sono! Credi che la vada a dare in giro al primo che incontro? Comunque sia, io e Joey andiamo molto d'accordo, mi piace trascorrere il tempo con la sua famiglia, sono delle brave persone e lo è pure lui, quindi non preoccuparti-

-Non preoccuparti....come credi che non possa importarmi degli errori che stai commettendo? Secondo te dovrei starti a guardare e non dirti niente? Lasciarti fare e fingere che non mi importi?-

-Potresti provare!- dissi io sarcastica, ma lei, con mia enorme sorpresa annuì energicamente.

-Sì, farò così. Per un lasso di tempo ancora indefinito, io ti lascerò vivere come ti pare, vediamo se ti piacerà, scommetto che tra una settimana sarai qui in ginocchio a chiedermi scusa...- sibilò -E ora vado a fare cena, per questa volta cucinerò anche per te, da domani ti arrangerai, perché se vuoi fare di testa tua, allora fatti pure da mangiare, di testa tua- poi si voltò, diretta in cucina.

Fantastico, era quello che volevo no?

-Ehm....mamma?- chiamai, raggiungendola -Devo anche trovarmi da dormire o posso restare qua?- chiesi.

-Che stupida domanda- fu la sua unica risposta, e, dato che non sembrava intenzionata ad aggiungere altro, scomparsi in camera mia.

 

Agosto passava in fretta, ed entro poco sarebbe ricominciata scuola, così, la mattina successiva, mi svegliai di buon ora e trascorsi la mattinata a fare rifornimenti di cancelleria, libri e quaderni.

Mi ero incontrata con Beks verso le nove, poi avevamo fatto spese insieme, mentre lei, verde di invidia mi chiedeva ogni particolare dei miei incontri con Joey, ma soprattutto con i Green Day.

-Cioè, Billie Joe Armstrong ti ha accompagnata a casa? BILLIE JOE?- chiese incredula.

-Abbassa la voce!- la rimproverai -Comunque sì, lui-

-Cazzo che fortuna Rolly! Beh è inutile dirti che devi farmi conoscere Armstrong Junior il prima possibile, no?-

-Beh....va bene...però quando le cose diventeranno più serie, ok?- Beks mi guardò con aria interrogativa, poi si passò una mano tra i capelli per ravviarli.

Rebekah era una delle ragazze più affascinanti che avessi mai visto, aveva lunghi capelli biondi e lisci, un viso dai bei lineamenti, un naso dritto e leggermente all'insù, due labbra piuttosto carnose e due stupendi occhi da cerbiatto coloro nocciola, con lunghe ciglia nere. Era più bassa e più magra di me, mentre io avevo forse due o tre chiletti in più, lei sembrava perfettamente proporzionata, come una modella, anche se beveva come un camionista e mangiava come un leone.

-Io ti voglio bene, Beks- dissi -Ma sei una bomba sexy, e Joey mi piace davvero, non vorrei che si innamorasse di te!- Confessai. Lei sobbalzò e mi lanciò una brutta occhiataccia.

-Non si innamorerebbe di me, demente! Ha te! Devi piantarla con 'sti complessi, sei bellissima, te lo dico io....insomma guardati, hai due occhi stupendi, dei capelli invidiabili e sei spiritosa, educata, gentile, simpatica e divertente. Te lo giuro, fossi un uomo già t'avrei sposata!-

La guardai commossa e l'abbracciai, ma lei subito si staccò -Si, ok, ho fatto un bel discorso, ma basta smancerie!-

 

Dopo pranzo salutai Beks e chiamai Leo, che pochi minuti dopo arrivò a bordo del suo scassatissimo pick up,sbuffando fumo nero si parcheggiò a pochi passi da me, raggiungendomi con tutta calma e con una camminata da fotomodello. Pure Leo era un ragazzo molto carino, armato di un sorriso disarmante con due irresistibili fossette ai lati, occhi azzurro cielo e capelli castani scuri, sempre scompigliati.

-Hei!- lo salutai.

-Ciao Rolly!- esclamò lui -Al rapporto! Di che hai bisogno?-

-Beh di niente in particolare, a dire il vero volevo solo restituirti i pantaloni della tuta- dissi porgendogli una borsa di carta con i pantaloni, lavati, stirati e profumati, piegati all'interno.

-Beh grazie!- esclamò lui -Ti va di mangiare una pizza insieme?-

-Veramente ho già mangiato, ma se ti va ti accompagno, così facciamo due chiacchiere- proposi, sorridendogli.

-Perché no?-

E fu così che raccontai anche a Leo della serata precedente. Sembrava entusiasta pure lui, ma dirlo ad un ragazzo non era eccitante come dirlo alla propria amica del cuore. Bisognava tagliare un sacco di commenti, ed evitare diversi dettagli...

-Insomma te la fai con Armstrong- tagliò corto lui -Non male, insomma, è ricco, sa suonare e sembra un tipo forte, l'anno scorso lui ed altri ragazzi hanno fatto saltare in aria un bidone dell'immondizia- continuò poi con sguardo ammirevole -C'erano bucce di banana fino all'ospedale!-

-Si ma...ehm...sinceramente preferisco il Joey tenero e divertente che ho conosciuto io, a quello teppista che conoscono tutti-

-Come vuoi...e tua madre te lo lascia frequentare?-

-Non approva- ammisi -Ma sa che io continuerò a stare con lui nonostante ogni suo divieto, quindi mi lascia il guinzaglio lungo-

Lui sorrise, si appoggiò alla sedia e butto giù una golata di coca-cola. -Spero solo che le cose non vadano a finire male- commentò poi, lasciando i soldi sul tavolo e chiamando con un cenno la cameriera.

-In che senso?- chiesi, quasi preoccupata.

-Non vorrei mai che questa storia ti dividesse da Joey o peggio, da tua madre- detto questo mi salutò e si dileguò fuori dal locale.

 

Nei giorni successivi avevo pensato parecchio alle parole di Leo. Anche se era severa, mia madre mi amava...vero? E le cose con Joey sembravano andare bene. Ci eravamo visti ancora due volte nell'arco della settimana, un po' al parco ed un po' in casa sua. L'avevo ascoltato suonare la batteria, stupita d quanto fosse bravo, ed avevo avuto l'onore di farmi insegnare qualcosina da Tré, che era lì di passaggio.

Il cellulare vibrò, strappandomi via dai miei pensieri. Era Joey.

'Capellicidio?' diceva il messaggio.

'Quando?' chiesi io per tutta risposta.

'Ora, sono sotto casa tua'

Sorrisi tra me e me, conoscendolo doveva ancora uscire dal garage... Iniziai a prepararmi, prendendo solo lo stretto indispensabile, aggiustandomi il trucco e guardando l'ultima volta i miei capelli, quelle adorabili onde castane che mi stavano per abbandonare.

 

Joey arrivò verso le quattro e mezza, scusandosi per il ritardo, fece marcia indietro di nuovo verso casa sua. Sorpassando villa Armstrong salutammo Jakob, che suonava allegramente in giardino con alcuni suoi amici, e ci dirigemmo ad ovest. Dopo circa un quarto d'ora arrivammo davanti ad una abitazione verde prato, con graziose persiane color smeraldo e mille fiori sulle tonalità del giallo e del verde chiaro ai balconi. Una signora sulla cinquantina ci accolse sorridendo, aveva i capelli legati in cima la testa, che creavano un effetto fontana in cui ogni ciocca era di un diverso verde, più o meno intenso. Anche gli occhi erano come due smeraldi, così come lo smalto e l'abito di cotone a righe bianche che indossava.

-Caroline, lei è miss Kallye, la parrucchiera di mia madre, la mia, ed occasionalmente anche di mio padre e gli altri- esordì Joey presentandoci. Io, ancora sconvolta dalla quantità eccessiva di colore, la salutai gentilmente e la seguii fino in fondo al corridoio, in una sala -completamente verde, ovviamente- che fungeva da salone di bellezza.

-Ho pensato che fosse la più esperta in fatto di tinte verdi- concluse lui sorridendo e abbandonandosi su una poltroncina al mio fianco.

Io mi sedetti, prendendo diverse ciocche tra le mani e guardandole malinconicamente, Joey sorrise dolcemente e mi prese la mano.

-Intanto tra qualche mese tornerai castana come prima, non temere-mi rassicurò.

-Oh sì! Poi con qualche spuntatina qua e la il verde in fretta se ne andrà- aggiunse in rima la parrucchiera, canticchiando.

-Ok, Kallye. Mi trasformi- dissi allora, decisa.

 

Si, ero soddisfatta della mia chioma. Quella donna ci sapeva fare, davvero! Aveva lasciato le radici del colore naturale e a metà lunghezza aveva iniziato a sfumare il verde, rendendolo man mano più chiaro, in modo che le punte rimanessero più accese e brillanti. Mi piaceva il risultato, una nuova Caroline, perfettamente abbinabile alla melma verde del video di American Idiot.

-E' anche meglio di quanto immaginassi!- Disse Joey accendendosi una sigaretta e offrendomene una, mentre uscivamo.

-No, grazie, non fumo...E comunque hai ragione, sono quasi meglio di prima!-

-Certo che non fumi, sei una brava ragazza tu, infatti colorandoti un po' i capelli sei stata molto trasgressiva!- commentò lui sarcastico.

-Mi prendi in giro? Solo perchè non mi rovino i polmoni fumando?- ribattei io, acida.

-Non ti prendo in giro perchè non fumi, ma per il fatto che sei sempre così una brava ragazza...molto figlia di papà, ecco....-

Mi voltai irata verso di lui, che camminava appena a qualche passo di distanza alle mie spalle.

-Non sono una 'figlia di papà', chiaro!?- gli strappai la sigaretta di mano, e sempre molto rabbiosamente, feci un lungo tiro, buttandola a terra subito dopo. Feci uscire il fumo dal naso e tossii leggermente, guardandolo con aria di sfida.

-Com'era?- chiese lui, ridendo di gusto.

-Ripugnante-

-Oh, miss Caroline non apprezza- scherzò ancora -Mia regina, preferisce un the caldo, immagino-

-Uff, che palle che sei quando fai così! Era merda, m-e-r-d-a, schifo, una cosa disgustosa! Chiaro?- sbottai.

Lui, sempre ridendo mi prese per i fianchi e mi avvicinò a se, provai a fare il muso, e cercai di allontanarmi, ma era più forte di me la voglia impellente di stringerlo, così gli sorrisi dolcemente e gli misi le braccia intorno al collo, biaciandolo teneramente.

Lui mi sollevò e mi fece sedere sul cofano della sua auto, parcheggiata lì a fianco, ricambiò il bacio per pochi secondi, poi si ricompose e mi fece cenno di sedermi in macchina.

-Ti riporto a casa, meglio che vai a dormire presto, domani al concerto faremo le ore piccole!- avviò il motore, mi fece l'occhiolino e partì, lasciandosi alle spalle la casa verde di miss Kallye.

 

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Capitolo 6
*** Christie Road ***


Salve:) Potreste recensire anche il capitolo precedente se vi va? A proprosito, c'era un capitolo qui, prima intitolato Marie...ho dovuto cancellarlo perché mi ero messa in una brutta situazione con la trama e non riuscivo a continuarlo, spero di non avervi creato troppi casini, scusate ancora.

Spero che il capitolo vi piaccia :D

 

Christie Road

 

 

-Devi smetterla di far impazzire così mamma- Cora comparve ai piedi del letto, indietreggiò di qualche passo e chiuse la porta con cura.

Mi ero appena svegliata, gli occhi faticavano a guardare mia sorella per via della luce, ma non serviva vederla per interpretare il disappunto dipinto sul suo volto. Lanciai un'occhiata veloce allo specchio, i capelli arruffati mi ricadevano sulle spalle, morbidi, lucenti e verdi. Si ora ricordavo tutto. La sera precedente mamma era sbiancata alla vista della mia nuova criniera, aveva camminato verso di me con passo incerto, la bocca spalancata e con quasi le lacrime agli occhi, aveva preso in mano qualche ciocca e ne aveva contemplato incredula il colore, balbettando.

-Cora.... ha detto che potevo fare quello che volevo. E l'ho fatto. Non t'intromettere, ti prego- ribattei annoiata.

Lei sbuffò e si sedette accanto a me. Guardò male la mia chioma e scosse la testa.

-Capisco il volersi ribellare a mamma...ma questo....i tuoi capelli sono inguardabili! Mi spieghi chi potrebbe trovare attraente questa cosa?-

Trasalì leggermente quando le scagliai contro un' occhiataccia quasi fiammante -A me. A Joey. A suo padre e i suoi amici. Ai miei amici. Piace, e ora levati dalle scatole- la spinsi con i piedi sul bordo del letto, ma lei non si dileguò.

-Beh a te è ovvio che piacciano, razza di cretina, altrimenti non li avresti fatti, e a quel Joey non piacciono sul serio, dice così se no ti perde. Suo padre e i suoi amici mentono, sai, per non farti soffrire immagino, mentre quei due drogati dei tuoi amici non sanno riconoscere una schifezza quando la vedono. Basta vedere il catorcio di Leo, o quell'obrobrioso braccialetto che porta sempre quell'altra... Rebekah- le sue parole erano veleno. Sentii le lacrime spingere per allagarmi il viso, ma le ricacciai dentro con forza, mentre una rabbia viscerale si prendeva il controllo del mio corpo. Scattai in avanti atterrandole addosso e buttandola a terra, lei urlò per lo spavento, afferrai il cuscino e glielo scagliai in faccia.

-Tu non sai niente di loro! Joey non è il tipo di ragazzo che mente pur di star con qualcuno, e di sicuro la sua famiglia e i suoi amici non sono così falsi da farmi credere di adorare una cosa che in realtà disprezzano!- urlai -E non ti azzardare a prendere ancora in giro Leo e Beks. Sono delle persone mille volte migliori di te, che li giudichi senza conoscerli. Solo per chiarirti le idee...- continuai, alzandomi in piedi e sistemandomi i capelli -Leo tiene il catorcio perché i suoi non sono così ricchi da permettersi di comprargliene un altro, suo padre lavora anche di notte solo per guadagnare quanto basta a mantenere in vita la famiglia, e “l'obrobrioso braccialetto” di Rebekah che dici tu, è il regalo che le fece sua madre due mesi prima di morire, otto anni fa- la voce mi si bloccò in gola, la guardai con disprezzo e corsi a chiudermi in bagno.

-Oh andiamo, non fare la vittima! E comunque tutte queste storie strappalacrime non c'entrano con il fatto che non sei più tu, Caroline. Non sono solo i capelli a essere cambiati, pure tu, che esplodi senza ragione,che dai contro a mamma, che scappi, vai con tipi non raccomandabili e torni a casa con la testa che sembra un'enorme broccolo!- Cora si mise a prendere a pugni la porta. Sentii Caileigh e Colin uscire curiosi in corridoio, a quel punto li raggiunsi.

-Così per voi sono cambiata troppo- sussurrai, indecisa se continuare ad essere arrabbiata o tentare con un approccio più gentile.

-Ovvio che si! Dio, Caroline, non ti riconosco più! - insistette Cora.

-Oh andiamo, è normale che a sedici anni si voglia cambiare, no?- intervenne mio fratello, sorridendo -Io alla tua età avevo provato a diventare un bassista, e avevo tentato di vincere la gara di spelling prima di capire che in realtà lo sport è l'unica cosa che mi riesce.... ma comunque le ho provate tutte, per trovare il mio vero me-

-Caroline si è solo smarrita- concluse Caileigh, abbracciandomi. -Non mi importa se diventerai una punk, dark, emo o qualsiasi altra stupidaggine, basta che tu stia bene con te stessa e che sia felice!-

Strinsi mia sorella più forte, ringraziandola di cuore, mentre una scocciatissima Cora sbuffava in un angolo.

-Che bel quadretto- commentò acida.

-E piantala- la ammonì Colin.

-Stasera ti vedi con Armstrong?- bisbigliò Caileigh smettendo di abbracciarmi. Fu come se pronunciando quel nome qualcosa esplodesse nel corridoio. Espressioni di stupore, rabbia, incredulità si dipinsero sui volti degli altri due fratelli. Caileigh si portò le mani alla bocca, mentre io abbassai il capo.

-Armstrong!?- sbottò mio fratello -Stai dicendo che quel famoso Joey di cui mamma si lamenta tanto è quel poco di buono dello spacciatore della scuola!?-

-Oh, ma stai tranquillo, Colin, la piccola Caroline sta semplicemente cercando chi è veramente! Cosa importa se nel frattempo si fa di crack, marijuana e qualsiasi schifezza le rifila quel tipo?- sibilò Cora.

-Non è lo spacciatore della scuola, cretini! E' semplicemente uno che si fa. Come tanti altri d'altronde, non che io approvi.... E comunque non ho mai preso niente- ribattei paonazza.

-Scusa- disse Caileigh talmente piano che riuscii malapena a sentirla. Annuii, intanto sapevamo entrambe che non saremmo riuscite a tenere il segreto sull'identità di Joey a lungo.

Colin mi mise entrambe le mani sulle spalle e fissò i suoi immensi occhi azzurri nei miei.

-Me lo giuri, che non hai mai preso niente e che mai lo prenderai?- sembrò sinceramente preoccupato, e anche un po' buffo, considerando che aveva dovuto abbassarsi notevolmente per raggiungere la mia statura.

-Te lo giuro, Col- lui mi abbracciò -E' simpatico, quel Joey, peccato per la faccenda della droga...e anche la sua band non è male, e, a questo punto non posso non dirti che suo padre ed il suo gruppo sono una leggenda, quasi ti invidio!-

-ma che cavolo dici!?- Cora lo spintonò via. -Mamma questo non te lo perdonerà mai. Solo a parlar di droga le si rizzano i capelli, ti immagini a sapere che te la fai con uno il cui padre veniva chiamato “two cents Bill” !? In più mamma non sopporta i cantanti, specialmente quelli di quel genere- Col e Caileigh le lanciarono uno sguardo implorante.

-Andiamo....mica lo andrai a dire alla mamma....Caroline è abbastanza coscienziosa da saper badare a se stessa-

-Ah si? Beh allora se è coscienziosa come dite, se la caverà contro la furia di mamma. Ormai non mi fermate, lo verrà a sapere e risponderà delle sue azioni-

-Sai che ti dico?- sbottai -Non mi importa di quel che pensa mamma. A me lui piace, fine. Di sicuro non credo sarà il ragazzo che mi sposerò o con cui finirò per il resto della mia vita, ma ho sedici anni e voglio godermeli un minimo, se no poi divento vecchia dentro e acida come te!-

Cora rimase troppo scioccata per ribattere. Caileigh trattenne a stento una risata, ma Colin mi guardò quasi preoccupato.

-Quindi che vuoi fare?-

-Me ne vado per un po'- risposi -Poi quando mamma ed io smetteremo di torturarci a vicenda, forse tornerò-

 

Cora non si era più fatta vedere. Gli altri due avevano provato più e più volte a dissuadermi, ma ormai avevo scelto di andarmene, e non mi andava di fare marcia indietro.

Avevo preparato due valigie, avvertito Rebekah per telefono, che, ovviamente mi aveva subito ordinato di andare a stare da lei, avevo deciso di lasciar parlare Colin con mia madre, sicuramente lui avrebbe usato le parole in modo da non far sembrare la mia una fuga, ma una “pausa di riflessione”, ed avrebbe convinto mamma a non preoccuparsi e a non corrermi dietro cercandomi in ogni casa della città urlando come una pazza.

Rebekah mi aveva subito accolta a braccia aperte ospitandomi nella sua immensa casa. Mi installai al piano superiore, nella sua camera, e mentre lei continuava a saltellare emozionata per il concerto a cui stavamo per andare, io non riuscivo a pensare ad altro che a casa, o almeno, quella che era stata casa fino a pochi attimi prima, perché, anche se Colin era bravo con le parole, sapevo che mamma non mi avrebbe perdonata tanto facilmente.

-Non so che mettermi... pronto? Caroline sei connessa?-

-Come? Oh, scusa Beks...avevo la testa tra l nuvole- scollai il capo, come a cacciare via tutti i pensieri, e mi abbandonai all'idea, che dopo quella disastrosa giornata almeno il concerto dei green day poteva tirarmi su il morale.

-Mettiti la gonna di jeans. Con quella stai sempre bene-

-Mmm, ok...e la maglia nera, si si, ok... e tu? Non avrai intenzione di andare da Joey vestita come una barbona!-

-Perché? Temi che il mio pigiama non sia sufficientemente sexy?- Le sorrisi e lei di rimando, poi passammo il resto del pomeriggio a prepararci ed aspettare Joey.

Arrivò puntuale alle otto e mezza, con la stessa auto che aveva usato Billie per riportarmi a casa qualche giorno prima.

-Ciao!- Beks lo salutò calorosamente e lo abbracciò come se fossero amici di vecchia data, lui ricambiò affettuoso e le fece cenno di accomodarsi dietro. Mi sentii sprofondare. Anche se era la mia migliore amica, provavo un certo disagio a stare in giro con lei, vivevo con l'ansia che la gente mi paragonasse continuamente a lei e consapevole di non essere nemmeno bella, solare, e sensuale la metà di lei. Sentendomi estremamente goffa salutai Joey con un calo sorriso, ma lui, ben più sicuro di se, mi strinse con foga e mi scoccò un bacio inaspettato.

-Si si, non smetterò di ripetermi che sei bellissima in verde!- esordì.

-E tu sei bellissimo in...rosso!- Notai stupita il fiammeggiante colore dei suoi capelli e non resistetti a passargli una mano tra le ciocche, sorridendo.

-Ora siamo una coppia con i colori di babbo natale. Sarai contento!- lo ammonii ridendo mentre lui apriva la portiera.

-A chi non piace babbo natale?- rispose lui mettendo in marcia. Prima di arrivare nel luogo del concerto, Joey passò a prendere altri due suoi amici, il bassista ed il chitarrista degli Emily's Army, che presero posto accanto a Beks nel retro. Non mi ricordo i loro nomi, perchè mentre si presentavano improvvisamente urlai a Joey di fermare l'auto.

-Arriveremo in ritardo! Caroline, che cosa c'è che non va?- chiese lui.

-Accosta e basta!- lui obbedì ed io scesi di corsa -Vi raggiungo al concerto appena riesco, ok?-

-Caroline, che fai?- questa era Beks. Si sporse dal finestrino e mi fece cenno di raggiungerli.

-Non preoccupatevi e andate, mi faccio dare un passaggio da Leo...ho...ho dimenticato una cosa- dissi evasiva, poi, finalmente dopo qualche minuto li convinsi e ripartirono verso il locale.

Corsi qualche metro, ed eccolo lì, non avevo visto male. Un ragazzo era steso a terra, mentre arrivavamo la banda che lo stava pestando si era dileguata in fretta, ma lui era ancora sdraiato a terra, accovacciato in un angolo e dolorante. Normalmente non mi sarei fermata a soccorrere la prima persona che incontravo perdendomi l'inizio del concerto della mia vita, in questa zona era pieno di piccole bande che si pestavano quasi ogni sera, ma la loro vittima, quel giorno, la conoscevo bene. Felix.

-Hey...stai bene?- che domanda demente. Ovvio che non stava affatto bene... aveva i riccioli neri incollati alla fronte dal sangue e dal sudore, gli occhi grigi lucidi ed uno di questi era contornato da un livido violaceo, il labbro inferiore era spaccato a metà. Il sangue gli scendeva a fiotti dal naso e lungo tutto il corpo aveva lividi enormi e di tutti i colori. Si alzò a sedere con fatica e cercò di mettermi a fuoco.

-Caroline?-

-Felix-

-Non voglio che mi vedi in questo stato. Vattene-

Le lacrime affiorarono ed io non feci niente per fermarle -Dio...guarda come sei ridotto..-

-Ma che fai? Piangi?- chiese quasi divertito -Dovrei essere io a star male, o sbaglio?-

-E che... quasi non ti riconosco tutto...tumefatto così-

-Sono dei bastardi, quelli là- disse. Gli diedi una mano ad alzarsi e chiamai di corsa Leo. Avevo conosciuto Leo e Felix nello stesso giorno, dieci anni prima. Eravamo appena dei bambini, ma la nostra amicizia era legata a doppio filo ed era durata negli anni, ma, mentre Leo era sempre rimasto, Flix aveva lasciato la città per trasferirsi dallo zio, in Florida e non avevamo più avuto notizie di lui per più di tre anni. Fino a quel giorno.

Leo era sorpreso quanto me, mi aiutò a trasportarlo fino al sedile della sua auto e poi sfrecciammo verso casa sua per cercare di curarlo, dato che non ne voleva sapere di andare all'ospedale ed insisteva che non era nulla di grave.

Leo abitava in una vecchia villetta a schiera dalla facciata azzurro cielo e le persiane bianche. Era un posto piccolo ma accogliente. Sistemammo il ferito sul letto di Howard, il fratello maggiore di Leo, partito per il college ormai da un anno e ci attivammo per rimetterlo in sesto.

Lui si occupò di aiutarlo a fare la doccia ed io misi insieme un paio di vestiti puliti da fargli indossare subito dopo.

In telefono trillò, facendomi sobbalzare, nervosa controllai lo schermo. Era un messaggio di Becks che mi intimava a muovere le chiappe e raggiungerla perché il concerto stava per iniziare. Lo ignorai, avvertendo però come una stretta al petto, e dovetti ripetermi più e più volte che Felix era più importante del concerto del mio gruppo preferito che aspettavo da otto mesi.

Quando si fu vestito Leo pensò a preparargli qualcosa di caldo, mentre io, silenziosamente gli bendavo i tagli al braccio e al petto che prima non avevo visto. Gli curai anche il labbro e spalmai una pomata dall'odore poco invitante su ogni suo livido.

Erano piccole ferite e non molto gravi, a parte qualche costola ed un ginocchio che gli dolevano in modo sospetto.

-Sicuro che non vuoi andare all'ospedale? Magari ti sei rotto qualcosa- chiesi mentre ingurgitava al bevanda preparatagli da Leo.

-No...grazie comunque- finì di bere -E non so come ringraziarvi per tutto questo- continuò, quasi commosso.

-Beh io sì- disse Leo in tono quasi duro. -Inizia col spiegarci perché te ne sei andato e perché quei tipi ti hanno pestato a sangue-

Felix trasalì -E' una storia lunga-

-Ce la racconti domani, allora. Leo, può restare a dormire qui per stanotte?- lui annuì allora io gli proposi di dormire per guarire qualche acciacco e schizzai fuori come una scheggia. Joey mi aveva chiamata diverse volte, e così anche Beks, probabilmente il concerto stava quasi per finire. Maledizione a me e al mio spirito da buon samaritano!

-Caroline!- Leo mi raggiunse con poche falcate -Dove corri a quest'ora e senz'auto?-

-Al concerto, un dannato concerto che è iniziato almeno un'ora fa e che ho saltato per aiutare Felix...-

-Se vuoi ti ci porto io-

-Non voglio che tu mi faccia da autista- risposi secca. Lui sorrise, si rendeva perfettamente conto che negli ultimi tempi in effetti un po' lo era stato, ma non sembrava dispiacergli granché. Mi fece cenno di salire in auto e durante il tragitto -durante il quale guidò come un pazzo- mi annunciò che sarebbe rimasto con me al concerto, se fossi riuscita a farlo entrare, e che Feliz se la sarebbe cavata benissimo prima del nostro ritorno. Così quando ci trovammo davanti al locale al cui interno si sentivano urla e le potenti vibrazioni della chitarra elettrica, iniziai a frugare nelle tasche in cerca del mio pass, che premurosamente Joey mi aveva fatto avere per poter avere accesso pure al dietro le quinte, e al normale biglietto che avevo comprato mesi fa, quando ancora non conoscevo Joey.

-Tutto tuo- dissi, mettendo in mano a Leo il ticket.

Il locale era un enorme anfiteatro da migliaia di posti, sul palco, in fondo alla sala c'erano loro, Billie stava facendo il cambio di chitarra, Tré invece smorfie strane verso il pubblico. Jason e Mike erano invece intenti a chiacchierare di qualcosa. Erano perfetti e irreali su quel palco. Sentii come un tuffo al cuore ed una strana sensazione risalirmi la gola. Fino a quel momento era stato tutto così... irreale che non mi ero del tutto resa conto di chi stavo frequentando. Che quel pranzo di qualche giorno prima l'avevo consumato con loro, i tre personaggi che sul palco erano pronti a divertirsi.

-Questa canzone è di Kerplunk e serve per tappare le bocche di chi dice che non suoniamo quasi mai canzoni dei vecchi album!- disse Billie ridendo al microfono, aveva la fronte imperlata di sudore ed il trucco sbavato, chissà che canzoni mi ero persa per soccorrere Felix....

-Christie Road!- sbraitò l'altro nel microfono, e sentii come una scarica elettrica attraversarmi la spina dorsale,uno strano pensiero si era affacciato nella mia testa: e se quella canzone fosse dedicata in un qualche modo a me? Insomma, appena qualche giorno prima avevo detto a Billie che era la mia canzone preferita o no? Che stupidi pensieri, scossi la testa per scacciarli via, e con il cuore che batteva all'impazzata iniziai a farmi strada nella folla in cerca di Joey con Lo alle calcagna.

-Staring out of my window
Watching the cars go rolling by
My friends are gone
I've got nothing to do
So I sit here patiently
Watching the clock tick so slowly
Gotta get away
Or my brains will explode-

Mezza sala intonò le parole insieme a Billie, Leo mi fermò e mi fece uno sguardo alla “divertiti” così mi resi conto che ero lì per loro, i Green day, non per Joey. Potevo benissimo cercarlo nel lasso di tempo tra le canzoni. Così mi misi al fianco di Leo e presi a cantare a squarciagola pure io, ridendo e con l'intero gruppo che incitava il pubblico.

-If there's one thing that I need
That makes me feel complete
So I go to Christie Road
It's home...-

Si. Tutta la sala stava cantando e fu magnifico pensare che tutte quelle persone condividevano il mio stesso amore per quegli uomini così speciali, e sentire il basso, la chitarra e la batteria fondersi in un unica vibrazione che faceva tremare le interiora. Poggiai la testa sulla spalla di Leo.

-E' il concerto più bello della mia vita!- gli urlai e lui annuì, felice.

Poi, le sue dita intorno al mio polso si irrigidirono. Lo guardai con aria interrogativa e lui mi ricambiò uno sguardo infinitamente dispiaciuto. Mi guardai intorno confusa, cosa poteva aver stupito così tanto Leo?

-Dai, Caroline, avviciniamoci al palco...- disse lui, per distogliere la mia attenzione da quel dettaglio che lo aveva così turbato. Ma era troppo tardi.

Avevo trovato Joey.

E Beks.

Avvinghiati l'uno all'altra, intenti a baciarsi quasi selvaggiamente.

Le ginocchia cedettero e Leo dovette reggermi perché non mi sciogliessi sul pavimento. La canzone finì, e gli applausi esplosero mentre sentivo chiaramente il mio cuore distruggersi ogni secondo di più.

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Capitolo 7
*** Warning ***


 

Warning

 

 

Beks era rientrata a casa, ma con sua sorpresa io non ero più lì. Avevo rifatto i bagagli con velocità impressionante, e Leo, impietosito mi aveva accolto a casa sua.

La madre fu sorpresa di vedere che casa sua era diventata un campo profughi nel giro di una sera, ma non fece storie, mi aiutò a preparare una branda accanto al letto di Felix, mentre io, in preda ai singhiozzi continuavo a ringraziarla.

-Che stronza. Insomma, lo sapeva che Armstrong ti piaceva sul serio, no?- chiese Leo sedendosi accanto a me sul letto.

-Si- sussurrai -E le avevo pure detto che vivevo nel terrore che potesse piacere a Joey. Il suo è stato un gesto veramente...- tornai a singhiozzare, immagini frammentarie si facevano strada nella mia testa: Beks che mi ripeteva di dover star tranquilla, che mai sarebbe potuto accadere che lei, la mia migliore amica, mi rubasse il ragazzo. Beks che lo abbracciava...che lo baciava. Joey. Probabilmente era troppo ubriaco per rendersi conto di quello che faceva... eppure qualcosa mi strinse il cuore in una morsa d'acciaio. No, non importava quanto fosse fatto, Rebekah era bellissima e lo era sempre stata, solare, amichevole ed incredibilmente sexy, era perfettamente cosciente di quello che faceva, semplicemente non se ne curava. Credeva che probabilmente non sarei arrivata. “Quante altre volte sarà successo?” mi chiesi in preda al panico.

-Non è così grave come sembra- sentenziò Felix mugolando sulla soglia della camera.

-Forse. Ma fa star male. Tanto- singhiozzai. Lui sbuffò, e quasi malavoglia mi si sedette accanto.

-Perdere chi ami fa sempre star male- disse dopo un lungo intervallo di tempo. -E' successo anche a me, così me ne sono andato-

Rimasi come di sasso, e per qualche minuto Beks e Joey persero di importanza. -Per una ragazza?- chiesi incredula -Per questo te ne sei andato!?-

-Beh, è più complicato di così...-

-Sai che ti dico? Che non mi va di aspettare fino a domattina per sapere perché ci hai abbandonati!- ribattei scherzando ma con una nota di amarezza nella voce. Lui roteò gli occhi, ripetendo che era troppo stanco e che dovevo aspettare l'indomani e rassegnarmi.

-Notte ranocchia- mi salutò poi, sorridendo e cacciandosi sotto le coperte.

Rannocchia. Dio, era una vita che non mi chiamava più così.

Quel nome risaliva a quando all'età di dieci anni ci ritrovavamo nello scantinato a giocare insieme con Leo e Minnie, una ragazzina un po' smorfiosa della nostra classe.

Avevamo deciso di darci dei soprannomi, in modo da poter comunicare liberamente senza che i nostri genitori ci capissero. Felix era diventato “Nettuno”, perché amava l'acqua e il mare, e che chiamato in quel modo sembrava stranamente potente. Leo si era guadagnato “Cuor di leone” quando aveva coraggiosamente strappato di bocca ad un cane il mio giocattolo preferito. Minnie veniva chiamata “Trillie”, come la fatina di “Peter Pan”, per via del brutto carattere e degli stessi capelli biondi. Sul mio soprannome invece avevamo lavorato a lungo, non sembrava ci fosse niente a contraddistinguermi, nessuna somiglianza o preferenza con nessuno. Poi, un giorno, dalla finestrella dello scantinato entrò una ranocchia verde chiaro che mi cadde in testa, impiegai un attimo a collegare quel corpo freddo e molliccio con l'anfibio, ma quando realizzai, la mia reazione fu così spassosa che glia altri tre decisero di affibbiarmi quell'orrido soprannome a cui però feci presto abitudine.

-Notte, Nettuno- risposi.

 

La mattina seguente, verso le dieci, un gran trambusto al piano inferiore mi fece svegliare di soprassalto. Al mio fianco Felix se n'era già andato ed avvertivo i passi di Leo che si affrettava ad aprire la porta.

Tornai a seppellire la faccia nel cuscino, ma una voce mi destò completamente. Con il cuore quasi impazzito attraversai la camera e mi affacciai sul corridoio per riuscire a sentire meglio la conversazione tra Leo e Joey.

-C'é Caroline?- chiese lui. Aveva un tono leggermente innervosito, e l'aria di chi ha bevuto troppi caffè e non ha dormito per tutta la notte.

-Dorme- fu la secca risposta dell'altro -Torna quando avrai finito di farti la sua migliore amica- Non potei fare a meno che esultare per la risposta tagliente di Leo, sebbene al ricordo del tradimento di Joey le lacrime riaffiorarono in fretta.

-Non sai com'è andata veramente, e ora levati, devo vederla-

-Se permetti, questa è casa mia, e se non voglio farti entrare non lo faccio, chiaro, amico?-

-Beh “amico” dì a Caroline che devo parlarle. E di rispondere al telefono...- Joey si voltò e si avviò verso la sua macchina senza aspettarsi segni d'assenso da parte dell'altro.

Sentii come un impeto crescermi dentro, qualcosa nel suo sguardo, nella sua voce, mi aveva fatto capire nuovamente quanto a me piacesse. Non potevo lasciarlo andare, non dovevo. Forse non ero disposta a lasciar passare la storia con Beks tanto in fretta, ed ero certa che i miei rapporti con entrambi non sarebbero più stati gli stessi, ma ero consapevole che se avesse raggiunto la sua auto, lo avrei perso per sempre. E non potevo permetterlo.

-Joey!- lo chiamai fiondandomi giù dalle scale. Ringraziai di essere stata talmente distrutta la sera prima da non essermi nemmeno messa il pigiama, non avrei fatto di certo una bella figura, avvolta nella soffice stoffa a cuoricini rosa e azzurri. Mi pettinai alla svelta i capelli arruffatissimi, pregando che il trucco se ne fosse andato con la notte e che non mi avesse dipinto sotto gli occhi simpatiche occhiaie da panda.

Sembrò contento di vendermi inizialmente, poi un'emozione strana gli apparve sul volto. Tristezza? Vergogna?

-Caroline...io...scusa- mormorò.

Fui tentata di buttargli le braccia al collo, dirgli che lo perdonavo, che andava tutto bene e baciarlo, ma invece un moto di rabbia mi pervase. Quelle labbra che avevo così tanta voglia di baciare, avevano fatto un bel lavoretto a quella che si spacciava per la mia migliore amica, la sera precedente, che non aveva esitato per avventarsi sul mio ragazzo mentre io soccorrevo un vecchio amico. Al concerto del mio gruppo preferito. Si, la mia rabbia era più che lecita, e anche se era chiaro che volevo perdonarlo, per lui le cose non sarebbero state tanto semplici.

-Scusa- ripetei -Certo, la fai facile. Credi che chiedendomi un misero “scusa” le cose si sistemino? Che io torni da te come se niente fosse? Che tornerò a pensare a Rebekah come la mia migliore amica?- sbottai, con le lacrime pronte ad esplodere.

-No. Non credo che possa bastare. Come non credo che chiuderai un occhio per tutta questa faccenda o che le cose torneranno come prima. Ma è un inizio- l'imbarazzo aveva fatto strada ad un nuovo Joey che non avevo ancora conosciuto, determinato, quasi freddo.

-Tu sai per quale fottutissimo motivo mi sono persa l'inizio del concerto che più desideravo di andare a vedere? Perché dovevo soccorrere un mio amico, non andare a farmi i fatti miei o robe simili, e mentre io mi preoccupavo per lui e mi disperavo per non poter assistere al concerto, tu mi stavi tradendo!- Ok, stavo urlando e metà dei passanti era intenta ad ascoltare ogni nostra parola. Ottimo. Seccata, presi Joey per una manica, e senza che lui opponesse resistenza lo trascinai nel retro della casa, dove ottenni un po' di privacy.

-Certo che so con chi eri, Caroline! Credi che ti avrei lasciata per strada senza sapere cosa stava succedendo?- replicò lui, cercando di contenere il tono malgrado si stesse arrabbiando. -Mi sono ben informato con Rebekah su chi fosse quel tipo. Mi ha raccontato tutto ciò che sapeva, cioè che eravate molto amici, e poi mi ha detto che eri andata a casa con lui. Che ne potevo sapere che era per prenderti cura di lui? Ho....ho pensato al peggio!- Si voltò. Seccato e prese a camminare lungo il piccolo giardino, intorno alle aiuole ben tenute.

-Ho parlato con papà prima del concerto. Era nervoso e non ha saputo essermi d'aiuto, allora zio Mike mi ha offerto una birra ed ho fatto due chiacchiere con zio Frank, mi hanno detto che sembravi cotta di me, e non il genere di persona che tradisce, ma chissà perché quelle parole mi hanno fatto deprimere ancora di più- spiegò. Si sedette sulla panchina di legno mezza scassata sul lato del giardino, ed io, esitante, lo raggiunsi sedendomi di fianco a lui, lo guardai, muta. Volevo che finisse di parlare, sentivo la rabbia sbollirmi lentamente, e quasi il senso di colpa per non avergli spiegato di più la situazione, la sera precedente.

-Mi hai mentito, ieri, dicendo che avevi dimenticato qualcosa, invece te ne sei andata con un ragazzo. Non potevo immaginare come stavano realmente le cose,è stato tutto un enorme malinteso. Ma dopo la chiacchierata con Mike e Tré bevvi un po' troppo. Forse per annegare il pensiero che in quello stesso momento fossi a letto con qualcun' altro....quel “Leo” da cui dovevi farti dare un passaggio....Così, quando tu e il tuo amico siete entrati in sala, io e Beks volevamo raggiungervi, poi tu gli hai appoggiato la testa sulla spalla e io....beh, sono esploso, così ho afferrato Beks e l'ho baciata-

Fu una stranissima sensazione, avvertii come un enorme peso sollevarsi dal mio cuore, una specie di gioia pervadermi l'anima, ma anche un notevole fastidio.

-Davvero credevi che fossi a letto...con Leo!?- furono le uniche parole che mi uscirono di bocca.

-Sì, che vuoi che ti dica? Sono geloso, lo ammetto, e la prima cosa che penso quando ti vedo con un ragazzo e che lui ci stia provando con te- si scusò impacciatamente.

-Non sono poi così desiderabile- dissi ridendo.

-Per me sì...- Joey si sporse fino ad arrivare alle mie labbra e le baciò delicatamente. Mille farfalle si sprigionarono nel mio stomaco e quasi arrossii.

-Quindi...Beks...non voleva?- dissi appena ci dividemmo.

-Certo che no!-

-Ma sembrava un bacio così....selvaggio!- mi opposi.

-Certo, mi stava piantando unghie dappertutto pur di dividersi da me, non si sarebbe mai sognata di farti una cosa simile, Rolly-

La mia gioia fu tale che gli balzai letteralmente in braccio e lo strinsi più forte che potei.

-Il pensiero di voi due insieme mi stava distruggendo- ammisi. Lui mi accarezzò dolcemente i capelli.

-Non potrei mai lasciare la mia ragazza dai capelli verdi- disse, e tornammo a baciarci.

 

-Quindi è stato un malinteso?- chiese Felix, Era appoggiato allo stipite della porta, non potei non notare la sua guarigione quasi miracolosa, nel giro di una notte si era praticamente rimesso in sesto.

-Si, uno stupido malinteso- risposi io.

-Teoricamente dovrei sentirmi in colpa, insomma è colpa mia se è successo tutto sto casino no?- aggiunse poi, raggiungendomi al centro della sala.

-Teoricamente sì. Ma non è proprio colpa tua, e anche se fosse scommetto che non ti importerebbe più di tanto-

-Vero-

Felix mi seguì su per le scale. Ora che avevo chiarito le cose ero pronta a tornare a casa di Beks, così andai a preparare i bagagli. Leo era in camera, seduto sul letto e intento a completare un cubo di Rubik.

-Hey, che ci fai qui?- chiesi gentilemente sedendomi di fianco a lui.

-Aspetto la storia-

-Che storia?- chiese Felix sulla difensiva.

-Quella in cui ci spieghi, finalmente perché te ne sei andato, e cosa ti è successo mentre eri via- spiegò Leo, senza distogliere lo sguardo dal cubo.

-La pura verità ed ogni dettaglio rilevante, prometti- aggiunsi io.

Lui sbuffò, ma dopo pochi secondi fu pronto per raccontare.

-Avevo quindici anni quando me ne sono andato. Vi ho detto che era per colpa di una ragazza, ed in effetti è così, ma non è come pensate, è decisamente più tragico. Io l'amavo. Stare con lei era ciò che più mi rendeva felice, in più il nostro amore era così....candido, insomma, il nostro massimo fu un innocuo bacio a stampo.... Comunque, si chiamava Mia Tomphson- a quel nome sia io che Leo sobbalzammo, sapevamo entrambi cos'era successo a Mia, e a quel punto non fui sicura di voler sentire come andava a finire la storia di Felix.

-Una sera lei aveva intenzione di fare qualcosa di più con me, era convinta di essere pronta, ormai grande abbastanza, così sgattaiolò fuori di casa in piena notte, diretta verso casa mia- continuò -Ma accadde che la trovarono, era indifesa, sola e con dei preservativi nella borsa-si dovette fermare per riprendere fiato, per non permettere al dolore di incrinargli la voce. -Non si riprese mai. Era stata umiliata, stuprata, picchiata....aveva perso tutta la sua innocenza quella sera. Ma non lo disse mai a nessuno, si allontanò da tutti, anche da me, e poi, una sera....-

-La trovarono morta- concluse Leo. Felix annuì ed io mi asciugai una lacrima che scorreva veloce lungo la mia guancia.

-E sapete qual'è il peggio? Che mentre lei soffriva, io non sapevo cosa le fosse accaduto, così la trattai freddamente, quasi male, credendo che si fosse stufata di me. Così lei se n'è andata credendo che la odiassi- Lo abbracciai, ma lui si ritrasse. -Ormai è passato, non ci penso quasi più, comunque, dopo che Mia si tolse la vita con quelle pastiglie, decisi di scovare il colpevole, e dalle indagini saltò fuori un nome. Quel tizio viveva a Sunnyvale, nella stessa città di mio zio, così con la scusa che non riuscivo a vivere in una città piena di suoi ricordi, andai a cercarlo-

-Cosa!? Ma sei impazzito!?- saltai su, Leo mi trattenne, ma anche lui lanciò un'occhiata alla “ma sei pazzo” all'amico.

-Si, ero accecato dall'odio, realizzai presto che mi sarei solo cacciato nei guai, ma, guarda a caso, un giorno lo incontrai per strada e feci a botte con lui finché due poliziotti non ci separarono, in centrale venne fuori la confessione dello stupro di Mia e lo richiusero-

-Tutto bene, allora- conclusi, notevolmente sollevata.

-Magari...mi sono ficcato in una faccenda più grossa di me,sono tornato per cercare protezione: mi danno la caccia da due mesi, i suoi “scagnozzi”-

Sia io che Leo rimanemmo di stucco. Avevo voglia di uscire dalla stanza e fingere che quella storia non fosse vera, ma lo era, eccome. Guardai gli occhi di Felix e solo ora notai quel lampo di paura che prima non avevo distinto.

-Oh mio Dio- sussurrai.

-Dimmi che scherzi- disse Leo, pallidissimo.

-No, purtroppo. Quelli di ieri sera erano pochi, un avvertimento...non volevano farmi fuori o troppo male, solo avvertirmi che ho i minuti contati-

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Capitolo 8
*** Caroline ***


Salve a tutti:)

Innanzitutto volevo solo ringraziare tutti quelli che leggono e recensiscono, e poi precisare il fatto che questo capitolo si chiama semplicemente “Caroline” perché non ho trovato niente di pertinente ai Green Day che c'entrasse con il testo...

Ciaooo!

Caroline

 

-Sei molto affezionato a tuo padre?-

Chiesi a Joey dopo un lungo momento di silenzio. Eravamo entrambi sdraiati sul suo letto, sotto un'enorme foto della sua band al completo, ed io guardavo il soffitto, in cerca di chissà cosa nell'azzurro chiaro dell'intonaco.

-Direi di sì- rispose -E' stato un po' la mia fonte di ispirazione fin da quando ero piccolo...la dimostrazione che se desideri veramente qualcosa e ti impegni puoi realizzarla-

Prese a disegnare cerchi irregolari sulla parete, poi si alzò a sedere bruscamente, facendomi sobbalzare.

-Ma a volte è un peso avere un padre così famoso-

-Cosa intendi?-

-Intendo che molta gente mi frequenta solo per avvicinarsi a lui-

Provai un leggero imbarazzo a sentire quelle parole, in fondo all'anima sapevo perfettamente che inizialmente a tenermi legata a Joey era stato l'incontro con i Green Day. Un sogno dal quale non volevo svegliarmi. Ma ora ero certa di provare qualcosa per lui, un'emozione che non aveva niente a che fare con Billie. O Mike. O Tré.

-Dev'essere stata dura, all'inizio- commentai.

-Oh,lo è ancora. Capita spesso che mi trovi a pensare che molto probabilmente metà del mio successo è dovuto a papà, e questo mi distrugge, insomma, lui ha lavorato sodo con gli altri, per arrivare dov'è ora, ed io non voglio avere la strada spianata, capisci?-

Annuii.

-Dai, non deprimerti!- gli diedi un leggero pugno sulla spalla, mi alzai dal letto e mi trascinai fino alla finestra.

-E invece tu che rapporto hai con tuo padre?- disse raggiungendomi -Non me ne parli mai, so solo di tua madre io-

-E che mio padre è così....non saprei, alle volte la sua presenza non si nota, è sempre in disparte, non dice mai la sua e lascia che sia mamma a prendere tutte le decisioni-

-E' un molle- sentenziò lui.

-Un che?-

-Un molle, uno senza molto carattere, che modelli come ti va. Discreto.-

-Si, coincide perfettamente con mio padre!-

Sorrise, ed io di rimando, era così contagioso!

-Dai, scendiamo, a momenti arriverà zio Tré- ubbidiente lo seguii giù per le scale, fino all'ingresso, dove erano appena entrati Billie e Frank, quasi gocciolanti.

-Fuori c'è il diluvio!- ci informarono.

-Davvero?- esclamai sorpresa -Ero affacciata alla finestra poco fa e non me ne sono nemmeno accorta-

-Strano non accorgersene. Ogni goccia e come un fottuto barile di acqua gelida- commentò Billie frizionandosi i capelli e sparando pioggia ovunque.

-Manco il cane si scolla così- Joey si asciugò uno schizzo dal viso, poi con il pollice raccolse una goccia sulla mia guancia.

Era un gesto così spontaneo e tranquillo, eppure fatto davanti a Billie e Tré mi mise terribilmente a disagio, e mio malgrado sentii il calore infiammarmi le guance.

-Beh è ora che vada- sentenziai frettolosamente.

-Di già?-

-Si, mi dispiace ma Beks se ne va di casa prima e non voglio rimanere chiusa fuori- mi giustificai, intanto Frank aveva placcato il bellissimo cane di Billie ed aveva iniziato a strapazzarlo per bene, mentre l'altro, divertito assisteva alla scena dove il cane, seccato, azzannava la mano dell'amico.

-Oh andiamo...- insistette.

-E che va con i suoi a cena dagli zii e resta pure per la notte, i suoi non lasceranno casa aperta solo per me- Era vero. Gli zii di Rebekah abitavano a San Leandro, una città più a sud rispetto Berkeley e dato che vivevano in una mega villa con otto stanze da letto, fermarsi da loro per la notte era quasi un obbligo.

-Beh resta qui allora- Joey guardò suo padre, supplichevole -Ti va se resta?-

-A me va bene devi solo dirlo a Adie- disse Bille, sorridendomi.

-Allora sei dei nostri stasera!- esclamò Tré.

-Se a Adie va bene....-

-Ma certo che le va bene- mi interruppe Jakob sbucando dalla cucina -Ti adora. E poi stai simpatica a tutti!-

-Beh grazie!- risposi imbarazzata. Nel frattempo Tré si lasciò cadere sul divano (lo stesso sul quale io e Joey avevamo pomiciato, qualche giorno prima) accanto a Billie, e iniziarono a parlare a volume alto, con il loro marcato accento californiano.

Come previsto Adie fu felice di ospitarmi, alla cena si aggiunsero anche Mike ed Estelle Desiree, sua figlia, che però non fu di molta compagnia dato che passo quasi tutto il tempo con Jakob.

-Ho fatto gli spaghetti- annunciò Adrienne servendo in tavola una grossa ciotola fumante.

-Sono una specialità italiana, li chiamano “spaghetti alla carbonara”- aggiunse entusiasta.

-Mia nonna me li cucina spesso- mi sfuggì mentre ci serviva.

-A tua nonna piace la cucina italiana?- chiese lei riempiendo abbondantemente il piatto di Tré, che continuava a chiederle di aggiungerne.

-Veramente mia nonna è italiana- risposi. Mi guardarono tutti con sguardo sorpreso, tranne Frank che si era letteralmente tuffato nel suo piatto, ma solo Adrienne rimase di sasso, poi, con sguardo truce si voltò verso Joey.

-E perché diamine non me l'hai detto? Ho appena cucinato un finto piatto italiano ad un'italiana!- ruggì.

-Calma mamma, non lo sapevo!- disse lui, ridendo.

-Mi piace l'Italia- intervenne Billie -Abbiamo una data lì mi pare il due o il tre di settembre-

-Il due- sentenziò Mike -A Bologna mi sembra-

-Mi piace Bologna, anche se ci sono stata solo poche volte- dissi.

-Beh com'è che salta fuori solo adesso che sei italiana?- chiese Joey, ingoiando un 'enorme forchettata.

-Anche se fanno schifo, fingi che siano come quelli di tua nonna- intervenne Adie guardandomi speranzosa.

-No, sono davvero buoni, credimi, forse va aggiunto un po' di pepe- Sembrò tranquillizzarsi e rivolse un'occhiata compiaciuta a Billie.

-Visto? Cucino bene gli spaghetti-

-Non ho mai avuto dubbi- rispose lui baciandola teneramente.

-Comunque sono solo mezza italiana- risposi finalmente a Joey -Da parte di mamma. Mio papà invece è mezzo californiano e mezzo Irlandese-

-Sei un bel miscuglio direi- intervenne Frank -E comunque vieni dall' Europa. Anch'io sono nato lì sai? A Francoforte-

-Dall'Irlanda dove?- chiese Billie.

-Ballyconneely- risposi prontamente.

-Dove?- chiesero lui, Joey e Tré all'unisono.

-Ballyconneely- dissi ridendo -E' un paesino un po' sperduto, ad ovest. Ma è un posto veramente carino- aggiunsi.

-Sti irlandesi hanno dei nomi veramente assurdi! Devi sentire Paul quando ci racconta di tutti quei posti strani che iniziano con “Balli” e quelle pronunce impossibili in irlandese!-

Paul. Bono. Il cantante degli u2. E ne parla così come se fosse il panettiere dietro l'angolo che tutti conoscono.

-Si, tipo cos'è che ci ha detto la scorsa volta? “Slan” ?- disse Mike sorridendo.

-Addio- tradussi subito.

-Sai l'irlandese?- chiese Joey, stupito.

-Solo qualche parola, tipo “Slan” che significa addio, o “sraid” che vuol dire strada, e altre, ma non lo so parlare-

Sembravano tutti entusiasti.

Jakob ed Estelle evaporarono dopo poco, ed Adie servì loro il dolce in salotto.

-Chi vuole la torta di pesche?- chiese poi iniziando a riempire i piatti di tutti senza aspettare risposte.

-E invece in Italia ci sei stata spesso?- Frank sembrava curioso -Di dov'è tua madre?-

-Ci vado ogni estate, quest'anno però non siamo riusciti a partire. Mia mamma viene dal nord, vicino al confine con la Francia- spiegai approssimativamente.

-Ed è vicino a dove farete il concerto?- chiese Joey, riempiendomi il bicchiere di quella che sembrava birra.

-No, tesoro, è più verso il centro quella città- Adie sembrava l'unica a conoscere la risposta, e questo mi fece sorridere. Feci il bis di torta ed il resto della cena lo passammo ridendo, continuavano tutti a chiedermi traduzioni in italiano di potenziali parole che potevano ripetere una volta in Italia, passammo da “salsiccia” a “chitarra” a “una birra per favore”, e fu veramente comico sentirli parlare con la loro strana pronuncia. Frank alle volte ci mischiava anche un po' di tedesco, e Joey insistette per farsi insegnare la pronuncia della “gn”.

Verso la fine della cena passammo direttamente al dialetto della mia regione, che li fece letteralmente sbellicare, a quello super stereotipato romanesco.

Ovviamente subito dopo aver finito di mangiare, Billie Mike e Tré si allontanarono al piano inferiore, Jakob ed Estelle passarono dal salotto alla camera di lui, e mentre Joey seguiva suo padre per parlargli di chissà cosa, io aiutavo Adie a sparecchiare tavola e cercavo inutilmente di fermare l'emozione che mi aveva travolto a causa del dialogo della serata.

-Mamma, ti rubo Caroline, devo dirle una cosa- esclamò Joey apparendo in cucina, sembrava non stare più nella pelle e quando la madre sorrise amorevolmente, mi trascinò letteralmente al piano superiore.

Sebbene avessi visitato quel corridoio altre volte durante l'estate, rivederlo mi fece pensare alla sera in cui avevo incontrato Joey. Quando mi aveva portato in camera sua per farsi dare una mano con l'amico sbronzo ed io avevo pensato subito al peggio. Ricordavo perfettamente le sue parole, mentre spensieratamente mi aveva mostrato dove dormivano i suoi ed io per poco non ero svenuta per la vicinanza con la sua camera da letto.

Mi condusse proprio fino alla porta di camera di Billie ed Adie, ma anziché entrare mi fece passare attraverso ad un'altra porta lì vicino che non avevo mai notato. Portava ad una scala, che salita fino in cima portava ad una splendida terrazza che permetteva di vedere quasi tutta Bekeley.

-Che te ne pare?- chiese lui sorridendo.

Io ero ancora a bocca aperta -Non sapevo avessi una terrazza, con una vista così poi!-

-Non male eh?-

-Si vede casa mia!- esclamai eccitata sporgendomi dal parapetto ed indicandogliela entusiasta -E casa di Beks laggiù... e quella di Leo da quella parte.....- mi accorsi che Joey mi stava guardando e mi resi conto che dovevo essere emozionata come una bimba di cinque anni, così mi ricomposi e mi sedetti sulla sedia più vicina.

Lui rise e si sedette sulla sedia accanto, tacque, e sembrò pensieroso; cercava di trovare le parole adatte.

-Come sai mio padre è stato via parecchio tempo per partecipare a diversi festival e concerti in Europa, ultimamente- esordì.

Annuii e con un'occhiata lo incitai a continuare.

-Ora lui e gli altri sono tornati per un attimo di pausa, poi ripartiranno prestissimo, hanno diverse tappe ancora, mi pare in Inghilterra e in Germania...e poi in Italia. Beh ecco, avevo pensato che, dato che tutta la famiglia va con la band,e che tu vieni proprio dall'Italia... potresti venire con noi- disse quasi tutto d'un fiato.

A quelle parole sentii seriamente il cuore fermarsi e smettere di pulsare. Smisi di respirare e lo guardai incredula.

-Io, venire al concerto, in Italia, con....voi, Green Day...- sussurrai, con le parole che, sconnesse, faticavano ad uscire dalla mia bocca. Mi mancava il fiato.

-Si...hey Caroline...tutto bene?- chiese lui, sempre sorridendo ma anche leggermente preoccupato.

Mormorai qualcosa e poi svenni. Svenni. Mio dio ero svenuta sul balcone del mio ragazzo. Joey mi aveva appena chiesto di partecipare a quella che sarebbe stata molto probabilmente l'esperienza più bella della mia vita, ed ero svenuta. Avrei dovuto saltare, ringraziare, abbracciarlo, non cadere a terra come un pesce lesso!

Mi svegliai dopo poco tempo, tremendamente imbarazzata dalla mia reazione, e trovai Joey a baciarmi teneramente. Lo guardai un po' perplessa e lui si divise da me sogghignando.

-Mmm, ti sei svegliata con un bacio, devo chiamarti Biancaneve?- disse aiutandomi a sedermi di nuovo sulla sedia.

-No, sono decisamente più patetica di lei- sussurrai ancora rossa i viso.

-Ma perché dici così? La tua reazione è stata così tenera-

-Se lo dici tu!- esclamai -Comunque sarei onorata di venire con voi, stare con te, nel mio paese di origine, con il mio gruppo preferito...sarà una favola!-

Lui sembrò compiaciuto di avermi reso così felice, lo abbracciai, continuando a ringraziarlo, poi presi l'iniziativa e fui io ad incollare le mie labbra alle sue.

Si stupii del mio bacio improvviso, solitamente era lui a decidere quando baciarmi. D'altronde l'ultima volta che avevo scelto io di farlo eravamo finiti per terra, sotto gli occhi di suo padre, ed era stato alquanto imbarazzante. Ma ora non c'era nessuno a guardarci, eravamo completamente soli, e potevamo lasciarci andare.

-Ti amo- sussurrò, senza quasi staccare le labbra dalle mie.

Continuai a ricambiare il bacio, ma rimasi comunque spiazzata. Mi aveva detto le due fatidiche parole, ed ora si aspettava certamente che ricambiassi. D'altronde non potevo stare zitta, ci sarebbe rimasto male....ma lo amavo? Lo amavo davvero o quelle parole sarebbero servite solamente a non deluderlo?

Ripercorsi velocemente tutti i momenti che avevamo passato insieme: dal primo incontro, alla strana casa tutta verde, a Joey che mi accarezzava i “nuovi capelli”. Alla rabbia che avevo provato quando aveva baciato Beks, e a quello splendido pomeriggio che avevamo appena passato.

Lui mi aveva resa libera, prima di incontrarlo vivevo sotto il controllo di mia madre, senza mai poter fare quello che mi piaceva. Ed ora, grazie a lui, vivevo con la mia migliore amica, avevo i capelli verdi, un ragazzo che mi amava, splendidi pranzi in compagnia del mio gruppo preferito, scariche di felicità pura ad ogni bacio. Felicità, finalmente. E a quel punto la risposta alle mie domande fu chiara come il sole.

-Ti amo- risposi.

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