Sailor moon e la regina dei demoni

di Querthe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un evento eccezionale - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Un evento eccezionale - Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Un evento eccezionale - Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Un evento eccezionale - Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Un evento eccezionale - Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Un evento eccezionale - Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Un evento eccezionale - Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Un evento eccezionale - Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Un evento eccezionale - Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Un evento eccezionale - Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Paura e panico - Capitolo 1 ***
Capitolo 12: *** Paura e panico - Capitolo 2 ***
Capitolo 13: *** Paura e panico - Capitolo 3 ***
Capitolo 14: *** Paura e panico - Capitolo 4 ***
Capitolo 15: *** Paura e panico - Capitolo 5 ***
Capitolo 16: *** Paura e panico - Capitolo 6 ***
Capitolo 17: *** Paura e panico - Capitolo 7 ***
Capitolo 18: *** Paura e panico - Capitolo 8 ***
Capitolo 19: *** Paura e panico - Capitolo 9 ***
Capitolo 20: *** Paura e panico - Capitolo 10 ***
Capitolo 21: *** Paura e panico - Capitolo 11 ***
Capitolo 22: *** Paura e panico - Capitolo 12 ***
Capitolo 23: *** Paura e panico - Capitolo 13 ***
Capitolo 24: *** Paura e panico - Capitolo 14 ***
Capitolo 25: *** Duello all'ultima nota - Capitolo 1 ***
Capitolo 26: *** Duello all'ultima nota - Capitolo 2 ***
Capitolo 27: *** Duello all'ultima nota - Capitolo 3 ***
Capitolo 28: *** Duello all'ultima nota - Capitolo 4 ***
Capitolo 29: *** Duello all'ultima nota - Capitolo 5 ***
Capitolo 30: *** Duello all'ultima nota - Capitolo 6 ***
Capitolo 31: *** Duello all'ultima nota - Capitolo 7 ***
Capitolo 32: *** Duello all'ultima nota - Capitolo 8 ***
Capitolo 33: *** La gemella cattiva - Capitolo 1 ***
Capitolo 34: *** La gemella cattiva - Capitolo 2 ***
Capitolo 35: *** La gemella cattiva - Capitolo 3 ***
Capitolo 36: *** La gemella cattiva - Capitolo 4 ***
Capitolo 37: *** La gemella cattiva - Capitolo 5 ***
Capitolo 38: *** La gemella cattiva - Capitolo 6 ***
Capitolo 39: *** La gemella cattiva - Capitolo 7 ***
Capitolo 40: *** La gemella cattiva - Capitolo 8 ***
Capitolo 41: *** Come gli scacchi - Capitolo 1 ***
Capitolo 42: *** Come gli scacchi - Capitolo 2 ***
Capitolo 43: *** Come gli scacchi - Capitolo 3 ***
Capitolo 44: *** Come gli scacchi - Capitolo 4 ***
Capitolo 45: *** Come gli scacchi - Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Un evento eccezionale - Capitolo 1 ***


Era sera a Tokyo. L’oscurità dell’esterno era rotta esclusivamente dalle luci che filtravano dalle tendine alle finestre della casa di Usagi, e nulla sembrava poter turbare la tranquillità del momento. Nulla tranne l’urlo di una ben conosciuta “testolina buffa”.
- Chibiusa!!
All’interno dell’abitazione, e per la precisione in cucina, Chibiusa stava tranquillamente guardando Usagi, visibilmente alterata dal fatto di avere la faccia coperta da pop corn, alcuni dei quali stavano cadendo sul pavimento, dove si trovavano gli altri e la ciotola che li conteneva fino a qualche istante prima.
- Usagi. - Iniziò la piccola guardando l’altra con due enormi e dolci occhioni innocenti. - Guarda che il pop corn si mangia, non lo si usa per la faccia! - concluse ridendo.
- Lo so benissimo! - Sbottò la ragazza pulendosi stizzita il volto con le mani. - Ma tu mi hai fatto lo sgambetto apposta per farmeli cadere. - Continuò chinandosi e raccogliendo la ciotola, subito riempita da altri pop corn presi da un grande sacchetto che si trovava alla sua destra, sul tavolo della cucina. Ne impugnò un cospicuo numero e si voltò, uno strano lampo negli occhi, verso la piccina. - Adesso me la paghi! - urlò ridacchiando.
La ragazza dai lunghi codini biondi iniziò a inseguire Chibiusa tentando di colpirla con mitragliate di pop corn, ma la piccola, presagendo ciò che l’altra voleva fare, si era già dileguata da tempo, frapponendo fra sé e l’inseguitrice un discreto vantaggio. Senza accorgersi le due passarono davanti alla televisione, che stava trasmettendo in quel momento il telegiornale della sera, seguito con attenzione dai loro genitori, dal fratello di Usagi e da Luna. Dopo qualche minuto, Chibiusa ripassò davanti al teleschermo.
- Domani sera, già dopo il tramonto… - Stava annunciando proprio in quel momento un compassato cronista in giacca grigia e cravatta a pallini gialli. - …si potranno vedere tutti i nove pianeti e la luna allineati…
Interessata alla notizia, la piccola si fermò improvvisamente, incurante della minaccia che stava sopraggiungendo, minaccia che si accorse dell’ostacolo alla sua corsa solo all’ultimo istante, costringendola a una frenata brusca e a una successiva caduta rovinosa accanto a Chibiusa. Sfidando tutte le leggi della fisica la ciotola di pop corn, lasciata da Usagi per attutire la caduta con le mani, rimase a mezz’aria per un istante, quindi cadde rovinosamente sulla testa della ragazza, la quale lanciò un sonoro urlo di dolore e iniziò a lacrimare. Luna, che si trovava sul divano, accanto al fratello di Usagi che la stava accarezzando, si mosse, saltando sinuosamente sul pavimento e si avvicinò alla poverina, ancora a terra e con la ciotola, in parte piena dei pop corn che non erano caduti sul pavimento, in equilibrio precario sulla testa.
- Devi sempre comportarti come una peste? - le chiese sottovoce e in tono di rimprovero la gatta mentre sgranocchiava svogliata un paio di pop corn caduti.
- Ma veramente io… - iniziò in tono di scusa Usagi tentando di rialzarsi gattoni.
In quell’istante Chibiusa, scordandosi che non aveva sedie o poltrone dietro di sé, si sedette sulla schiena della ragazza per poter seguire meglio il notiziario.
- Ahia! - urlò Usagi, subito zittita dagli altri presenti con il dito sulle labbra e lo sguardo severo.
Usagi si sentì piccola piccola, anche se sapeva che non era nel torto. La piccola, sempre seduta sulla sua schiena, iniziò a sgranocchiare i pop corn prendendoli dalla ciotola, che per miracolo era rimasta sulla testa della ragazza.
- Vi ricordiamo quindi domani sera uno spettacolo affascinante: una marea altissima al porto e i nove pianeti allineati con la luna. A tutti buonasera e buona visione del film. - concluse lo speaker della televisione con un sorriso preconfezionato, sfumato sulla sigla del meteo.
- Ecco, così non ho sentito nulla! - piagnucolò Usagi, osservata, con un velo di compassione negli occhi, dalla gatta che era accanto a lei.
Chibiusa rise sommessamente accorgendosi su chi era seduta.
- Beh, però come poltrona sei comoda! - esclamò ridacchiando la piccola con la bocca piena di pop corn.
All’esterno, all’infuori dell’iniziale grido, nulla era trapelato della scena appena svoltasi, e due uccellini, alla luce di un lampione che illuminava oltre alla strada anche parte del giardino di casa Tsukino, stavano pregustando una notte di tenerezze tubando dolcemente sui fili che collegavano i vari pali del telefono.- Chibiusa! Vieni qua!!! - urlò a squarciagola Usagi, urlo che si udì distintamente anche all’esterno.
I due uccellini erano ora a testa in giù, appesi al filo alla maniera dei pipistrelli, lo sguardo fisso, l’occhio dilatato in un’espressione di puro terrore, le penne arruffate come dopo una scossa elettrica. Faticosamente gli animali riuscirono a svolacchiare incerti fino al loro nido, posto in un vicino albero.
- Al… al prossimo urlo emigro in Norvegia… - cinguettò balbettando quello che sembrava il maschio, provocando le lacrime nella compagna.

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Capitolo 2
*** Un evento eccezionale - Capitolo 2 ***


Era notte a casa di Usagi, la quale era a letto con Luna, ma entrambe erano troppo agitate per dormire. La ragazza stava guardando il soffitto, le mani dietro la nuca a sostenerla, mentre la gatta era accucciata sul comodino poco lontano, accanto alla sveglia a forma di coniglio e alla foto incorniciata di Mamoru.
- Ci pensi, Luna, che domani avverrà un allineamento che non accadeva da millenni… - sospirò la ragazza con occhi sognanti.
- Già, ma non mi sento tranquilla. Potrebbe succedere qualcosa di spiacevole. - Rispose riflessiva e seria la gatta. Notando lo sguardo perso nel vuoto della compagna, Luna si spazientì. - Ma mi stai ascoltando?Per tutta risposta, con occhi scintillanti d’amore, la ragazza mise le braccia conserte sul cuore.
- Mamoru… questo evento eccezionale sigillerà ancora una volta il nostro eterno amore! - sospirò.
Luna scosse la testa sconsolata, sentendosi sull’orlo di piangere dalla disperazione. Usagi si voltò verso di lei, come riprendendosi dal suo delirio amoroso.
- Ah, scusa, mi stavi dicendo qualcosa, Luna? - chiese tranquilla, come se nulla fosse.
- No, no, niente… - Rispose sconfortata la saggia gatta. Poi cambiò improvvisamente espressione, sorridendo sottilmente. - Usagi, non è che hai ancora qualche pop corn addosso? Mi è venuto un certo languorino…
Usagi guardò infuriata la gatta, e la prese per la collottola. Fuori, la luna stava pigramente percorrendo il suo cammino nel cielo, e illuminava debolmente il balcone della stanza di Usagi.
- No! Usagi non farlo! - L’urlo soffocato si udì perfettamente nel buio. - Nel cassetto no! Lo sai che è troppo stretto! Usagi!!!
L’ultima frase si perse nello stretto spazio del comodino accanto al letto, appena sotto la sveglia a forma di coniglio e la foto incorniciata di Mamoru.

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Capitolo 3
*** Un evento eccezionale - Capitolo 3 ***


Come quasi tutte le mattine, Usagi dovette andare a scuola, ma come sempre si sentì sollevata appena vide le sue amiche e compagne d’avventura. In genere era lei la ritardataria, ma per sua fortuna, quella mattina mancava Makoto. Così, lentamente, Ami, Minako e Usagi stavano passeggiando nel cortile della scuola, avvicinandosi all’entrata da cui, da lì a poco, tutti gli studenti sarebbero entrati per l’inizio delle lezioni.
- Ehi!!! - urlò una voce familiare alle loro spalle.
Le ragazze si voltarono, e videro arrivare correndo Makoto, che le stava salutando sventolando la mano aperta. Velocemente le raggiunse e si fermò, mettendosi una mano sul petto e chinandosi per riprendere fiato.
- Ragazze… - Ansimava, e inframmezzava le parole con ampi respiri a bocca aperta. - Avete sentito la televisione ieri sera?
- Sì, certo! - Rispose Ami aggiustandosi gli occhiali sul naso. Quindi, con fare saccente, continuò. - Questa sera ci sarà una congiunzione planetaria rarissima…
- Già! - Esclamò contenta Minako. - Ma dalla radio questa mattina hanno detto che l’ultima volta che è avvenuta la Terra è stata colpita dall’Era Glaciale… - continuò falsamente preoccupata.
- Mentre dicono che questa volta i morti si sveglieranno e torneranno dalle tombe. - scherzò con la voce grossa Makoto, alzando minacciosa le braccia e piegando le dita ad artiglio.
Usagi indietreggiò spaventata.
- Non dire certe cose, Mako. Mi spaventi… - bisbigliò pallida in volto e tremante.
Nessuno le disse che dietro di lei erano comparse due braccia che le afferrarono saldamente le spalle, facendole emettere un grido di terrore mentre con un balzo si rannicchiava dietro le spalle di Makoto, tremando come una foglia al vento.
- Beh, si può sapere cosa ti è preso? Si saluta così un’amica? - chiese sorpresa Rei, che non capiva assolutamente il comportamento della ragazza a cui era giunta alle spalle.
- Rei! Ma è la maniera di fare?! A momenti muoio di spavento! - esclamò stizzita Usagi facendo capolino da sotto la spalla destra di Mako.
- Esagerata! - Rise l’altra, subito imitata da Ami, Minako e Makoto. - Sono venuta solo per sapere se stasera ci sarete…
- Sarete dove? - chiese curiosa Ami, provocando il sorriso di Rei.
- Ma al porto! Si potrà ammirare una marea eccezionale: quasi il doppio del solito. E poi guarderemo tutti i pianeti in fila con la luna piena. Allora, ci sarete?
- Certo! - risposero allegre le ragazze alzando la mano destra come per votare la proposta.
Fu subito notato che Usagi non aveva alzato la mano, e guardava le altre con fare triste.
- Usagi! Tu non vieni? - le chiese preoccupata Makoto, cingendola con un braccio e chinandosi verso di lei per guardarla negli occhi. Anche le altre la stavano osservando.
- No… volevo… - Singhiozzò. - Volevo stare un po’ da sola.
- Con Mamoru? - chiese curiosa Minako, avvicinandosi a lei.
Usagi rispose con un cenno affermativo del capo, gli occhi bassi a guardare il piede che tormentava la terra del cortile. Minako alzò gli occhi luccicanti al cielo, stringendo, conserti sul petto, i pugni.
- Che romantica! Rinuncia alla nostra stupenda, modestamente, compagnia per amore! - esclamò gioiosa, osservata con divertimento dalle altre ragazze.
- E’ un peccato. - Iniziò Makoto rivolta ad Usagi. - avevo deciso di fare quegli arancini di riso che ti piacciono tanto…
- Fai anche i dolcetti al miele? - chiese la ragazza, sollevando timidamente gli occhi e accennando un debole sorriso.
- Certo! - rispose ridendo la sua amica.
- Allora vengo! Naturalmente viene anche Mamoru! - esclamò contenta Usagi, battendo le mani per la contentezza.
Minako e Rei si guardarono in faccia e sospirarono sconfortate.
- E io che ti credevo romantica. - Mormorò, con sguardo torvo e un accenno di lacrima agli occhi, la bionda come se si rivolgesse a Usagi. - Ti sei venduta per del volgare cibo… Ingorda!
- Minako, Minako… - La riprese ridendo Ami, avvicinandosi a lei e prendendole la mano come per confortarla. - Sono sicura che Usagi ti lascerà qualche dolcetto. Non può mangiarseli tutti!
Il suono acuto, di una campanella, che si sparse nell’aria ricordò a tutte loro che quello era giorno e orario di scuola, ed esse si mossero avvicinandosi all’ingresso.
- Ci vediamo all’entrata del porto questa sera alle otto. Adesso devo andare! - esclamò Rei, correndo fuori dal cortile, dato che lei studiava in una scuola diversa da quella frequentata dalle altre sue amiche.
- E’ meglio se andiamo anche noi, o faremo tardi. - esclamò Minako rivolta a Usagi, che assentì con la testa.
- Non sarebbe di certo la prima volta. - rise Makoto mentre le due ragazze partivano di gran carriera su per le scale che portavano alla loro classe.
Anche Ami salutò e si diresse velocemente alla sua aula.

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Capitolo 4
*** Un evento eccezionale - Capitolo 4 ***


La sera, al porto di Tokyo, la gente si era radunata numerosa per osservare l’avvenimento del giorno. Da una balconata sovrastante buona parte del porto e a circa una cinquantina di metri dai moli le varie ragazze e Mamoru stavano osservando lo spettacolo dato dalla gente e dalla marea.
- Brava Ami! - Esclamò contenta Rei, tentando di sistemarsi i capelli, scompigliati da un forte vento proveniente dal mare, vento che portò loro il profumo dell’acqua e le voci indistinte delle centinaia di persone sottostanti. - Da qui si può vedere tutto in santa pace. Se non te ne fossi ricordata saremmo laggiù! - indicò con il braccio sinistro la folla sottostante.
- Troppa gente! - bofonchiò Usagi divorando a piene mani i dolcetti e gli arancini che Makoto aveva cucinato e portato racchiusi in eleganti scatole di legno avvolte in fazzoletti colorati.
Tutto attorno alla bocca i rimasugli di cibo la rendevano uno spettacolo esilarante, almeno a giudicare dalla faccia divertita di Ami e di Mamoru.
- Usagi. Mangia con più calma o starai male! - Le disse premuroso questi passandole il braccio sinistro dietro la schiena e stringendola delicatamente a sé. - Guarda che luna: è stupenda. - esclamò guardando l’astro in cielo.
- A proposito di Luna: dov’è finita? - si chiese curiosa Makoto, guardandosi attorno in cerca della nera gatta parlante.
Minako, sorridendo, agitò le braccia per richiamare l’attenzione dell’amica, quindi, quando questa la guardò incuriosita, fece segno ai suoi piedi con l’indice destro, ponendo il sinistro sulle labbra socchiuse in un sorriso appena accennato. Luna e Artemis erano là, le code avvinghiate teneramente e dritte, appoggiati l’una all’altro, guardando il cielo con fare sognante mentre gli ultimi raggi di un sole ormai morente tagliavano il cupo blu della notte. Vedendo la scena, Usagi sentì dentro di sé un desiderio che nessun arancino poteva appagare. Guardò il dolcetto che aveva appena preso in mano, lo ripose al suo posto e si strinse più forte che poteva al suo amore, appoggiando il capo alla spalla sinistra di lui, e sospirò profondamente.
- Ti voglio bene, testolina buffa! - pensò Mamoru, accarezzandole la testa con la mano, che si era spostata lungo la schiena dalla ragazza provocandole dei brividi di piacere per un attimo che durò un’eternità, ma qualcosa di stupendo attirò la sua attenzione.
- Guarda, Mamoru! - Esclamò entusiasta Usagi puntando il dito. - Guarda i pianeti. Con il buio che sta crescendo iniziano a vedersi!
- La marea è al culmine. Quanto è alta! - Sgranò gli occhi Ami, che si era sporta dal parapetto per vedere meglio di quanto il mare si stava alzando. - Sembra incredibile!
Il mare lambiva punti normalmente secchi del porto, e la folla si era ritirata leggermente, quasi avendo paura dell’acqua che era avanzata, ma, come per le ragazze, tutti gli occhi erano ora puntati sugli otto punti luminosi che si erano disposti ordinatamente dietro l’astro argenteo. I pianeti erano ormai perfettamente in fila, quando all’improvviso, per una frazione di secondo, tre scie colorate solcarono il cielo scomparendo nel chiarore della luna. I gatti avevano rizzato le orecchie, e si erano guardati a vicenda come preoccupati.
- Avete visto? - chiese enfaticamente Artemis, sollevando la testa per osservare il volto di Minako, sempre sopra di lui.
- Visto cosa? - Rispose distratta la ragazza, gli occhi persi nello spettacolo offerto dal cielo. - E’ tutto così bello che non so nemmeno dove guardare! - esclamò sospirando lei.
Il gatto scosse la testa come per controllare di essere sveglio.
- Che me lo sia immaginato? - pensò corrucciato Artemis.
- Quei tre punti luminosi potrebbero significare guai… - Gli disse la gatta fissandolo seria. Cambiò quindi espressione, quell’espressione che Artemis conosceva bene, e che adorava. - Ma ci penseremo domattina… - concluse, guardando Artemis con occhi luccicanti, Luna, mentre si appoggiava al suo compagno e la coda si piegava assumendo la forma di un cuore, subito imitata dalla coda del gatto di Minako.

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Capitolo 5
*** Un evento eccezionale - Capitolo 5 ***


Finita la marea, il gruppetto di amici si ritrovò a passeggiare senza un motivo preciso in un parco poco lontano dalla casa di Mamoru. I due gatti aprivano il gruppo, seguiti da Usagi e dal suo amore abbracciati teneramente, quindi le altre quattro amiche chiudevano la fila, discutendo animatamente sottovoce e guardando di soppiatto la coppia davanti a loro.
- Non ci hanno degnate di uno sguardo per tutta la sera! - sussurrò indignata Minako alle altre, guardando male Usagi.
- Beh, con un fusto come Mamoru, Usagi la capisco. - replicò Rei sorridendo, mentre Makoto e Ami dimostravano di essere d’accordo con quello che aveva appena detto annuendo.
- Ma è lui che… - urlò senza accorgersi Minako, subito zittita dalle mani delle compagne, che le tapparono la bocca.
Attirato dal rumore, Mamoru, senza fermarsi, si voltò curioso.
- E’ successo qualcosa? - chiese gentile.
Le quattro ragazze agitarono violentemente la testa in segno di diniego dopo un attimo di panico generale in cui si guardarono in faccia spaventate. Il ragazzo tornò a guardare teneramente Usagi.
- Ma è lui che non lo comprendo! - Riprese a bassa voce Minako. Si ravvivò i capelli con un gesto ostentato. - Io sono molto più intelligente e carina di Usagi. - concluse scherzando.
- Rovina famiglie! - rise Makoto scompigliando con le mani i lunghi capelli biondi della compagna, provocando le risa delle altre due ragazze.
- Perché? - chiese falsamente ingenua Minako.
- Se hanno già una figlia, come puoi tu contrastare il loro eterno amore? - bisbigliò Rei con occhi sognanti, alzandoli al cielo, portando le mani sul cuore.
Sospirò di felicità, mentre le altre tre tentavano di non scoppiare a ridere. Mamoru e Usagi si fermarono. Il ragazzo appoggiò le mani sulle spalle di lei, guardandola negli occhi.
- Mi spiace, ma devo andare. E’ stata una serata stupenda, ma domani devo iniziare presto la lezione ed è già tardi… - spiegò Mamoru. Abbracciò, ricambiato, Usagi, e si incamminò verso casa.
Minako si colpì la fronte con il palmo della mano aperta.
- Ah, è vero! E’ molto tardi e anche noi domani abbiamo da fare. - Esclamò la ragazza guardando l’orologio. - Devo scappare a casa… - concluse salutando gli altri e allontanandosi velocemente.
Ami sorrise.
- Non dirmi che non hai ancora ripassato per il compito di matematica? - chiese ad alta voce Ami, rivolta all’amica che fuggiva.
- No! - fu la risposta urlata istericamente da Minako.
- Il… il compito di… matematica? Ma non era la prossima settimana? - balbettò spaventata Usagi, iniziando a tremare e congiungendo le mani come in preghiera, quasi a sperare che l’amica le desse ragione.- Aveva avvertito che lo spostava già da due settimane! - la deluse Ami con un piccolo sorriso sul volto.
- Non è giusto! - Pianse la ragazza, accasciandosi platealmente a terra, singhiozzante. - Io non ho aperto nemmeno il libro!
Sebbene la situazione non fosse delle più rosee per la loro amica, le altre non poterono fare a meno di ridere vedendo le scene di disperazione e i pianti che Usagi continuò per alcuni minuti, ma che furono velocemente quietati da un dolcetto che Makoto estrasse dalla tasca e dalla promessa solenne di Ami di aiutarla nello studio.

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Capitolo 6
*** Un evento eccezionale - Capitolo 6 ***


Rei arrivò alla scuola che frequentava, un elegante liceo privato per sole femmine, convinta che quella fosse una giornata come tutte le altre. Attraversò il cortile che portava all’entrata della scuola decisa a raggiungere l’aula per un ultimo sguardo ai libri prima di una possibile interrogazione, ma un capannello di alunne che stavano parlottando allegramente con una ragazza che non aveva mai visto attirò la sua attenzione. Osservò la ragazza: era leggermente più bassa di lei, i capelli rossi raccolti in due grosse trecce ai lati del viso, incorniciato da due ciocche bianche.
- Probabilmente delle mèches. - pensò Rei.
Si avvicinò interessata al gruppetto, ma uno sguardo all’orologio all’entrata le gelò il sangue nelle vene.
- Oddio com’è tardi! Meglio che mi sbrighi o perderò l’inizio delle lezioni! - pensò cambiando velocemente direzione.
Salì le scale e si diresse decisa alla sua classe, dove, entrando, trovò i soliti gruppi di amiche che chiacchieravano tra i banchi. Rei si sedette al suo. Guardò l’orologio.
- Appena in tempo! - Pensò sospirando di sollievo. - Adesso dovrebbe arrivare il professore.
Il tempo passò lentamente, e l’orologio decretò che erano passati cinque minuti. Una delle ragazze si era messa alla porta per vedere se arrivava il docente. Altri cinque minuti passarono senza che nessuno comparisse nel corridoio. La classe era agitata per la mancanza del professore.
- E’ strano, non ha mai ritardato la lezione di un minuto… - Pensò Rei aggrottando le sopracciglia. - Non vorrei che…
- Sta arrivando! - Esclamò la compagna di vedetta, interrompendo i pensieri della ragazza. - Sta arrivando con qualcuno! - continuò mentre correva al suo posto e si posizionava sull’attenti, imitata dalle altre compagne e da Rei.
Una decina di secondi più tardi il professore entrò nell’aula, seguito da una ragazza che Rei riconobbe come la sconosciuta intravista nel cortile. Indossava già la divisa della scuola, ma quelle strane mèches bianche ai lati del viso le davano un aspetto strano, facilmente riconoscibile. Sembrava timorosa, gli occhi bassi e la testa china, le mani giunte davanti, in attesa. Il professore tossicchiò per schiarirsi la voce.
- Ragazze. - Cominciò in tono autorevole, per lui tipico. - Questa è la vostra nuova compagna. - allungò una mano per indicarla.
La nuova arrivata si inchinò educatamente in segno di saluto, mentre il professore continuava a parlare.
- Si chiama Hirumano Hikari, e ha quattordici anni. - Sorrise gentilmente alla ragazza. - Lo so, è più giovane di voi, ma ha le capacità per affrontare e superare con successo il corso, per cui abbiamo deciso di inserirla in una classe superiore a quella prevista per una della sua età.
Il professore continuava a parlare, elogiando le doti che aveva, insieme agli altri professori, riscontrato in Hikari, mentre Rei gettò uno sguardo indagatore sulla nuova compagna di classe, tentando di capire se era un potenziale pericolo o una testa calda o altro. Dopo quasi un minuto, decise che non vi era nulla di potenzialmente pericoloso in lei.
- Non avverto niente di strano. - Concluse tra sé e sé. - Deve essere una ragazza a posto, e sembra anche simpatica. Chissà se…
Quello che stava pensando fu interrotto bruscamente dalla voce del professore, che finito di elogiare Hikari, aveva deciso il suo banco.
- Signorina Hino… - Esordì guardando Rei fissa negli occhi. - Non le spiacerà se la signorina Hirumano si siede accanto a lei! - il tono non era di domanda, ma di ordine, che comunque Rei accettò ben volentieri, anche se presa alla sprovvista.
- Eh… chi? Cosa? No… no di certo! - rispose sorridendo, visibilmente imbarazzata per la brutta figura appena fatta.
Velocemente la nuova compagna di banco si diresse al suo posto, mentre il professore iniziava l’appello e scriveva sul registro come di norma. La ragazza si sedette, sistemò la sua cartella a lato del banco e si voltò verso Rei, sorridendole gentilmente.
- Ciao, io mi chiamo Hikari, come hai sentito. Piacere di conoscerti.
- Hino Rei, piacere. - Ricambiò il sorriso lei. - Spero che diventeremo amiche.
- Oh, non dubitarne. Ne sono sicura.
Nello stesso momento, all’Università di Tokyo, Mamoru stava seguendo, assieme ad altri ragazzi e ragazze e in assoluto silenzio, una delle lezioni del mattino. Il professore, un arzillo e attempato uomo con un’orribile cravatta a strisce, era in procinto di concludere un difficile e lungo teorema, che era costato a tutti almeno due pagine fitte di appunti, con la formula decisiva, che stava per essere scritta alla lavagna, quando delle urla e dei tonfi soffocati ruppero la sua concentrazione. Furente, il docente si voltò per individuare il colpevole o i colpevoli dell’interruzione, ma subito si accorse che anche la classe era stupita. La fonte del disturbo proveniva dal corridoio, oltre la porta scorrevole. Tutti gli occhi erano puntati a intermittenza sulla porta e sul professore. Quest’ultimo si avviò a grandi passi alla porta, seriamente deciso a capire la provenienza del rumore, che sembrava avvicinarsi velocemente. Appena ebbe la mano sulla maniglia, con l’intenzione di aprire, la porta fu letteralmente sfondata da due ragazze che si stavano accapigliando selvaggiamente, e che non smisero nemmeno vedendosi sul professore, schiacciato tra il pavimento e la porta, urlante di dolore e di rabbia. Come se nulla stesse accadendo, una delle due, una longilinea ragazza dai lunghi e sciolti capelli neri, continuando a tirare i capelli all’avversaria, anche lei con lunghi capelli corvini ma raccolti a treccia e uno sguardo da far gelare il sangue nelle vene, si piegò avvicinando la testa a quella del professore, che stava tentando inutilmente di rialzarsi, schiacciato dal peso delle litiganti.
- Ma… dove siamo finite? - chiese gentilmente diretta all’anziano docente.
- A… aula num… numero tredici. - balbettò dolorante l’uomo.
- Grazie! - Esclamò felice la ragazza. - Dovevo venire proprio qui.
Senza curarsi dell’altra, che continuava a sbuffare e tirare i vestiti e i capelli di lei, la ragazza con i capelli sciolti si diresse decisa verso la terza fila, dove individuò un posto vuoto alla destra di Mamoru. Chiedendo gentilmente scusa, raggiunse il sedile vuoto e vi si sedette, dopo essersi sistemata la divisa.
Mamoru la stava osservando attonito. Come era possibile che una ragazza del genere, con due profondi occhi azzurri come i suoi, non l’avesse mai notata? E come mai l’altra continuava imperterrita a tirarle i capelli, quasi non accorgendosi di quello che stava succedendo?
- Piacere. Tsukino Yosei. - gli sorrise la nuova venuta allungando la mano in segno di saluto.
Mamoru gliela strinse educatamente.
- Pia… piacere. Chiba Mamoru. Tsukino… sei parente degli Tsukino qui di Tokyo?
- No, no. Vengo da un paesello molto, molto lontano. - rispose lei tranquillamente, sorridendogli più che gentilmente.
Improvvisamente anche l’altra ragazza smise di litigare. Lasciò i capelli di Yosei, che se li sistemò con un gesto elegante della mano, si lisciò il vestito che solo a prima vista poteva essere scambiato per la divisa dell’Università, e si sporse sul banco, avvicinando il suo viso a quello di Mamoru.
- Posso sedermi accanto a te? - gli chiese con occhi luccicanti e spalancati, che però deviarono dal volto del ragazzo per un secondo per fulminare l’altra ragazza, che contraccambiò con uno sguardo serio e accigliato.
- Mi dispiace, ma non c’è posto. - Le rispose il ragazzo alla sinistra di Mamoru, guardandola in malo modo. - Cerca dietro.
La ragazza osservò per un istante il compagno di Mamoru con due enormi e profondi occhi viola scuro, quindi sorrise malignamente e assestò uno schiaffo sul volto del ragazzo, che per il colpo piegò la testa da una parte. Arrabbiatissimo, lui la guardò con l’intenzione di fargliela pagare, ma l’espressione che lesse negli occhi dell’aggressiva ragazza lo fece desistere. Velocemente, sotto gli occhi allibiti dei vicini, raccolse la sua roba e si spostò una decina di file indietro, al primo posto libero che trovò.
- Cerca tu dietro. - esclamò cattiva lei, sedendosi al posto appena lasciato vuoto.
Pose per terra la borsa e si voltò verso Mamoru.
- Oniko Kaori. - sussurrò dolcemente, guardando con due occhi da cerbiatta il ragazzo.
- Ma… Mamoru. Ciao. - rispose lui sgranando gli occhi, spaventato dal comportamento della nuova arrivata. Come era possibile che due teste calde, tra parentesi così carine, non le avesse mai viste?
Il professore si era finalmente rialzato, e dolorante si diresse nuovamente alla lavagna. Si voltò verso la classe e scrutò con attenzione i ragazzi seduti.
- Se non ci sono altre interruzioni, io vorrei finire. - disse deciso.
Nessuno fiatò o si mosse, così il docente riprese esattamente da dove aveva lasciato, costringendo i presenti a riempire nuovamente i fogli di formule e passaggi matematici. Tutti i presenti tranne due.
- Ma tu guarda queste due cosa stanno combinando… - pensò Mamoru osservando sporadicamente le sue due nuove vicine di posto, che si stavano continuamente lanciando occhiatacce e mostrando la lingua vicendevolmente.

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Capitolo 7
*** Un evento eccezionale - Capitolo 7 ***


Nel primo pomeriggio, appena fuori l’Università, Usagi e le altre sue amiche stavano aspettando Mamoru, così da poter andare tutti assieme a mangiare un gelato al bar che fungeva da ritrovo e covo delle ragazze durante il tempo libero. Usagi era preoccupata, e lo dava a vedere camminando nervosamente avanti e indietro lungo l’entrata al parco che si stendeva attorno all’Università. Le sue amiche non sapevano più che fare per calmarla. Si fermò e guardò verso di loro.
- E’ in ritardo. Cosa gli sarà successo? - Esclamò isterica, le mani giunte come in preghiera. - Si sarà fatto male?… Sarà già uscito?…
- Calma, Usagi. - Tentò di rincuorarla Makoto, avvicinandosi e appoggiandole maternamente le mani sulle spalle. La guardò fissa negli occhi. - Ha solo due minuti di ritardo. Concediglieli…
La ragazza non sembrò per nulla tranquillizzata.
- No, no, no, no… - Continuò a ripetere scuotendo la testa esageratamente da una parte all’altra, con l’unico risultato di far volare i suoi codini biondi da un lato all’altro e di far sorridere dolcemente Mako. - E’ successo qualcosa, me lo sento…
- Eccolo! - Urlò entusiasta Minako puntando una figura in fondo al cortile. Di colpo si incupì. Anche la voce si fece bassa e sospettosa. - Chi sono quelle due con lui?
Usagi si divincolò da Makoto e corse disperata verso Minako, urtandola così violentemente da farla cadere a terra.
- Chi?! - urlò sconvolta mentre Minako si rialzava dolorante.
Il suo fidanzato stava lentamente sopraggiungendo accompagnato da Yosei e da Kaori, quest’ultima avvinghiata teneramente al braccio destro del ragazzo. Yosei era distante pochi passi, e guardava l’altra con malcelato odio. Più il gruppetto si avvicinava, più Usagi si sentiva un nodo alla gola crescerle, e quando Mamoru e le sue due compagne raggiunsero le ragazze, Usagi era sull’orlo di piangere, gli occhi umidi e il labbro tremante.
- Ciao, testolina buffa. - La salutò Mamoru scompigliandole amichevolmente i capelli con la mano sinistra. Si accorse della presenza delle altre amiche, che lo stavano guardando in malo modo, le braccia incrociate sul petto e la faccia scura. Non sembrò capirne il motivo. - Sei gentile ad aspettarmi. Ah, ci siete anche voi. Ciao a tutte.
- Chi sono loro due? - gli chiese gelida Usagi, additando prima Kaori, che la squadrò con gli occhi, e poi Yosei.
- Oh, che scortese. - Si scusò lui picchiandosi la fronte con la mano. - Rimedio subito. Tsukino Usagi, Oniko Kaori. - disse indicando le ragazze mentre ne diceva il nome.
- Piacere. - risposero in coro, gelide, le due ragazze.
A Mamoru non sfuggì lo sguardo d’odio di Kaori.
- Io invece sono Tsukino Yosei. - Esclamò l’altra sconosciuta additandosi e sorridendo. - Piacere di conoscerti.
- Tsukino? - intervennero stupite le amiche di Usagi, rimaste fino ad allora in silenzio ad osservare.
Anche Luna e Artemis, che erano nelle braccia, rispettivamente, di Ami e di Rei, sembrarono per la prima volta interessati a ciò che succedeva, avendo rizzato le orecchie e spostato lo sguardo, non più sonnolento, verso la nuova conoscenza.
- Sì, ma non siamo parenti, Usagi ed io. - Si affrettò a rispondere Yosei. Sorrise impercettibilmente, lo sguardo sibillino. - O forse sì…
Come per cambiare velocemente discorso, si avvicinò ad Ami e a Luna, con il chiaro intento di accarezzarla. La gatta si ritrasse spaventata e rizzò il pelo, mostrando i denti.
- Luna, non si fa così! - la ammonì scherzosamente la ragazza riuscendo ad accarezzarla, cosa che Luna sembrò gradire in maniera particolare.
- Come facevi a sapere che si chiama Luna? - le domandò sospettosa Rei, mentre anche Usagi e le altre stavano aspettando una risposta.
- Ho sospettato, data la bellissima voglia sulla testa. Mi sembrava un nome adatto. - Spiegò Yosei allontanandosi da Ami. - Beh, devo andare. A domani, Mamoru. - salutò, avviandosi lungo la strada, seguita con lo sguardo da Mamoru.
Kaori, accortasi di ciò che stava accadendo, strattonò il braccio del ragazzo.- Lascia perdere quella là. Piuttosto, perché non vieni a fare un giro con me? - gli chiese sdolcinata, guardandolo con occhi luccicanti e innamorati.
- Perché deve venire in giro con me! - replicò infuriata Usagi strattonando l’altro braccio a Mamoru.
- L’ho visto prima io! - esclamò Kaori che, con un violento strattone, liberò il giovane, che non ci capiva più nulla, dalla presa di Usagi.
- Ma se è il mio fidanzato! - ribatté la bionda rossa in volto dalla rabbia.
La giovane dai capelli neri lasciò improvvisamente il braccio di Mamoru, e come inebetita si allontanò di alcuni passi da lui.- Ma... Mamoru è il tuo... fidanzato? - balbettò pallida. Un sorriso di vittoria si stampò sul volto di Usagi.
- Sì. E già da un bel po'!
Un velo di tristezza e sconfortò scese sul volto di Kaori, ma quasi immediatamente iniziò a sorridere, quindi a ridere fino ad avere le lacrime agli occhi, mentre si teneva la pancia per non scoppiare.
- Ma se sei una bambina! - ansimò a causa delle risate.
- Guarda che ho quindici anni! - esclamò indispettita la giovane dai codini, mettendosi i pugni chiusi sui fianchi come a ribadire quello che aveva detto.
Si voltò verso Mamoru e lo prese per il braccio destro.
- Andiamo, o facciamo tardi! - ordinò perentoria strattonandolo via, seguita dalle sue amiche che si erano godute la scena dall'inizio alla fine.
Il giovane si voltò a guardare la sua nuova amica, che si era ripresa e lo stava anch'essa guardando.
- Ci vediamo domani... - accennò lui, sorridendo e salutandola con la mano.
Kaori rimase sola in strada. Le poche persone che passavano in strada non le interessavano, e lentamente prese forma nella sua mente un piano, mentre vedeva allontanarsi il gruppetto di ragazze, già allegramente vociferante.
- Non arriverai a sedici, cara Usagi. - pensò sorridendo malvagia, mentre un lampo le illuminò lo sguardo.

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Capitolo 8
*** Un evento eccezionale - Capitolo 8 ***


Poco dopo, il gruppetto si era stabilmente arroccato al suo solito tavolo nel suo solito bar. Come ogni volta, tutti avevano ordinato qualcosa da bere, e non mancavano i biscottini che solo quel locale serviva, e che Mako non era mai riuscita ad emulare.
- Quella ragazza... Yosei, mi è simpatica - disse Luna, sgranocchiando un biscotto dopo averlo con cura scelto dal mucchietto che stava velocemente diminuendo grazie a Usagi.
- Solo perché ti ha fatto le carezze! - sentenziò ironico Artemis, guardandola di traverso e addentando anche lui un biscotto.
- La tua è tutta invidia perché ha coccolato me e non te! - replicò la gatta stizzita, voltandosi verso di lui.
I due gatti si guardarono per un istante, quindi si misero uno di fronte all’altro, il pelo ritto, ringhiando. La situazione sembrò di stallo, finché Rei li prese per la collottola, sollevandoli fino all’altezza del viso. Lo sguardo era torvo e non presagiva nulla di buono, tanto che i due animali stavano osservandola preoccupati della sua possibile reazione.
- Smettetela voi due! - Esclamò in tono scherzoso, mutando l’accigliata espressione in un largo sorriso. Quindi si fece seria, voltando la testa verso la gatta. - Io sono d’accordo con te che Yosei è più simpatica che quell’altra, ma vedendole ho avvertito un’ondata di malvagità e il non aver capito da chi proveniva mi preoccupa.
Luna annuì, subito imitata da Artemis mentre Rei li riposava sul tavolo.
- Bisogna ammettere che entrambe sono delle belle ragazze... - disse Makoto, continuando un discorso iniziato mentre Rei appianava la questione fra Luna e Artemis.
Mamoru, che aveva seguito con interesse il discorso, annuì, anche se Usagi, che gli era accanto, non sembrò gradire la cosa.
- E visto come è Usagi, non mi stupirei che Mamoru... - insinuò Minako sottovoce, con fare indifferente.
- Che Mamoru cosa? - la interruppe Usagi alzandosi e piantando i pugni sul tavolo.
Il biscotto che aveva in mano si sbriciolò per l’urto, mentre la piccola pila di dolcetti accanto a Makoto cadde delicatamente.
- Niente! Niente! - ridacchiò nervosa, agitando le braccia come per scusarsi, Minako, che spaventata si era ritratta, tentando di frapporre tra lei e la furiosa amica il maggior spazio possibile.
- Sei proprio una malalingua! - risero Rei e Makoto mentre Minako rubava come colpevole un dolcetto dal tavolo e lo addentava ad occhi bassi, mugugnando delle scuse.
- Tu cosa ne pensi, Ami, di queste due nuove ragazze? - chiese Rei volgendosi verso l’amica vicina, che dopo le ordinazioni, avvenute circa mezz’ora prima, si era gettata nella lettura di un libro senza più degnare di uno sguardo gli altri.
Nessuna risposta, se non una pagina voltata con lentezza.
- Ami? - esclamò Rei, sperando in una risposta.
Nessun movimento, se non gli occhi dietro le lenti che correvano veloci da una riga all’altra del testo.
- Ami!!! - urlarono le quattro ragazze, facendo spaventare i gatti, che stavano confabulando tra loro, e Mamoru, lo sguardo stanco sul bicchiere semivuoto di succo davanti a lui.
La ragazza non diede risposta. Le giovani si guardarono negli occhi stupite per un istante, quindi Rei fece segno alle altre di avvicinarsi e bisbigliò loro qualcosa all’orecchio, indicando più volte con il dito e con lo sguardo Ami. Mamoru le stava osservando incuriosito, non capendo minimamente ciò che avevano intenzione di fare o ciò che dicevano. Alla fine tutte annuirono e tornano a sedersi ai loro rispettivi posti. Rei avvicinò il viso all’orecchio destro di Ami.- Ho conosciuto una ragazza più brava di te. - le bisbigliò con fare indifferente.Ami scattò in piedi posando frettolosamente il libro sul tavolo e si voltò sconvolta verso l’amica.
- Chi è? Cosa fa? Dove vive? La voglio conoscere… - esclamò tutto d’un fiato, lo sguardo accigliato.
Mamoru, per un attimo sorpreso della reazione della ragazza, aveva ora le lacrime agli occhi e il fiato spezzato dal ridere. Ami lo guardò per un istante aggiustandosi gli occhiali sul naso, ed immediatamente il giovane si ricompose, rosso in viso di vergogna.
- Si chiama Hirumano Hikari ed è arrivata oggi al mio Istituto... - Iniziò Rei. Luna e Artemis si guardarono in faccia e tesero le orecchie, imitando così Ami. - Ha solo 14 anni ma ha già dimostrato un notevole talento, soprattutto nel disegno.
- Che impressione ti ha fatto? - le domandò Artemis.
- Buona. Penso che diventeremo amiche.
Luna e Artemis si guardarono negli occhi.
- Tre luci nel cielo di ieri, tre ragazze nuove oggi. Non può essere...- disse seria Luna.
- Una coincidenza? Non lo è. Questo è sicuro. - concluse per lei la frase Artemis.
- E’ da stanotte che avverto un enorme potere in città. Dovremo stare molto, molto attenti. - sentenziò Luna, abbassando gli occhi come a rimarcare il potenziale pericolo.
- Mi preoccupa un po’ Yosei. - disse Artemis.
- Perché? - chiese Makoto sollevandolo alla sua altezza per la collottola e offrendogli un biscotto, che subito viene addentato.
- Il... cognome... - Bofonchiò sgranocchiando il dolce, che in parte cadde come briciole sul tavolo. - L’altra Tsukino è stata Chibiusa, e vi ricordate cosa succedeva quando urlava...
- Ma lei ha detto che non è parente di Usagi. - intervenne Ami.
Le altre ragazze annuirono.
- A me, quando gliel’ho chiesto… - Intervenne Mamoru. - …ha risposto che veniva da un piccolo paese molto distante da Tokyo.
Rei e le altre stavano riflettendo..
- Usagi, tu cosa ne pensi? - le chiede la gatta, che dopo qualche minuto di silenzio si era voltata verso di lei.
Usagi, che stava bevendo, si bloccò e si guardò in giro, come presa alla sprovvista.
- Penso...- iniziò.
Gli altri la guardarono sporgendosi verso di lei, pendendo dalle sue labbra.
- Penso...
- Sììì? - esclamarono ansiose e in contemporanea le ragazze.
- Penso che quei biscotti sono buonissimi! - concluse con un sorriso Usagi afferrando fulminea uno degli ultimi dolcetti accanto a Makoto.
Tutti i presenti sospirarono sconfortati, mentre Mamoru scuoteva la testa lentamente sorridendo. Usagi li stava guardando con occhi sgranati, non capendo minimamente il perché della loro reazione alla sua risposta.
- Ho detto qualcosa di sbagliato? - domandò innocente, mentre le altre si alzavano e bofonchiando si avviavano all’uscita.

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Capitolo 9
*** Un evento eccezionale - Capitolo 9 ***


Quella sera, a casa Tsukino, i genitori di Usagi erano indaffarati a prepararsi ad uscire con il loro figlio Shingo, che da giorni ormai non faceva nient’altro che parlare dello spettacolo dove lui, così come diceva, avrebbe avuto un ruolo fondamentale. Usagi non aveva voglia di vedere la recita, e tanto disse e tanto fece che rimase a casa, già sicura di poter invitare le sue amiche per una festa segreta. Sfortunatamente per lei anche Chibiusa riuscì a non andare con gli altri alla recita, per cui le due “conigliette” rimasero a farsi la guardia una con l’altra, così come scherzò il signor Tsukino. Ormai i genitori erano sulla soglia di casa, mentre il figlio li stava già aspettando in strada, gridando loro che avrebbero fatto tardi.
- Mi raccomando, non far stancare troppo Chibiusa... - disse la mamma ad Usagi, accarezzandole dolcemente la testa.
- E tu, Chibiusa, vai a letto presto e non far diventare matta tua cugina... - ammonì il padre con un sorriso rivolto all’altra, incollata alla gamba destra di Usagi come un koala ad un ramo.
- No! State tranquilli. - risposero in coro le due, quasi avessero preparato la scena.
- Va bene. Allora noi andiamo alla recita della scuola di Shingo. Ciao. - concluse il padre chiudendo la porta di casa.
I tre si allontanarono a piedi lungo la strada, osservati dai due uccellini appollaiati sul filo della luce, vicino al palo che lo sosteneva. Improvvisamente su di esso si posarono eleganti e leggeri un paio di stivali a tacco alto, spaventando i due, che guardando in alto tremanti, videro che gli affusolati piedi appartenevano a una ragazza snella, con lunghissimi capelli color lavanda, vestita con un tetro costume alla marinara.
- Dormi, cara Usagi, dormi... - pensò la misteriosa guerriera Sailor con un ghigno, sparendo con un balzo nella notte.
In casa il tempo passò veloce tra un programma alla televisione e una partita ai videogiochi, quindi il dolce abbraccio del sonno colse Usagi, Chibiusa e Luna, facendole addormentare davanti al televisore, dove lampeggiava monotona la scritta “Game over” dell’ultimo videogioco inserito. Di colpo Usagi si svegliò, e vedendo le altre addormentate, diede un’occhiata veloce all’orologio, quindi si alzò, spense il televisore e delicatamente sollevò Chibiusa, portandola nella propria stanza.
- Quando dormi sei proprio un angioletto, piccola peste. - pensò salendo le scale in punta di piedi.
Essendo entrambe già in pigiama da prima che i genitori uscissero di casa, Usagi mise a letto la piccola rimboccandole le coperte e ponendole il suo unicorno di stoffa sul guanciale, accanto alla testa. La porta si socchiuse di una decina di centimetri, con un debole cigolio. La ragazza si voltò e osservò Luna che entrava dallo spiraglio fra lo stipite e la porta.
- Non vi avevo viste giù e... - disse sbadigliando.
- Ho messo a letto la peste. Adesso sistemo giù e vado anche io a letto. - la rassicurò aprendo la porta e incamminandosi verso le scale, seguita dalla gatta.
- Vengo ad aiutarti.
- No, grazie. - Sorrise Usagi. - Vai pure a dormire. Ti raggiungo subito.

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Capitolo 10
*** Un evento eccezionale - Capitolo 10 ***


Era ormai un’ora che tutte le luci di casa Tsukino si erano spente, e nella loro stanza, Usagi, Chibiusa e Luna stavano dormendo profondamente. Sul palo della luce la misteriosa Sailor ricomparve all’improvviso.
- E’ buio da un po’. Bene. Posso agire! - sogghignò.
Con una serie di balzi precisi, dotati di una velocità e grazia impressionanti, la sconosciuta scese in strada, quindi saltò sul muretto della casa e infine sul balcone della stanza dove per ultima si era spenta la luce. La pallida luna fece capolino dalle tetre e sfilacciate nubi, illuminando la figura che si accingeva ad entrare dalla portafinestra. Aveva dei lunghissimi e lisci capelli color lavanda, e lunghi erano i guanti e gli stivali viola ornati da bordi neri, blu e rossi, colori ripresi alla cintura che sosteneva una gonna a pieghe colorata in nero e viola a spicchi. Un grosso fiocco blu scuro completava il costume assieme a un collarino in raso nero ornato da una falce di luna rovesciata e da una spilla a forma di occhio chiuso posta al centro di un piccolo fiocco viola che si trovava appena sopra i seni.Sopra di lei, sul tetto, un’altra sconosciuta stava per raggiungere il balcone. Vestita con una gonnellina a pieghe verde e semitrasparente, un top bianco che copiava lo stile delle Sailors, e delle scarpe leggere come quelle di una ballerina, sormontate da delle bande verdi che le fasciavano le gambe fino sotto le ginocchia, assomigliava più a un ninja che a una guerriera Sailor. La luce della luna fece risplendere il grosso smeraldo che portava, incastonato in una fine montatura, al centro di un fiocco grigio posto alla scollatura, a fermare i risvolti verdi del top, verde ripreso nel collarino ornato da un monile sferico in argento. La sconosciuta si bloccò un attimo prima di compiere il balzo, vedendo che un’altra figura aveva superato il muretto e si avvicinava furtiva al balcone. La osservò per un istante e decise di cambiare l’obbiettivo del salto. Mentre cadeva felinamente dal tetto, i lunghi capelli argentei volarono scompostamente, tornando docili sulle spalle una volta toccata terra proprio dietro la terza ragazza, che non si era accorta di nulla. La sorprese, e fulminea la immobilizzò, tappandole la bocca con la mano guantata di bianco.- Amica delle Sailor? - chiese sussurrandole nell’orecchio seminascosto da una folta e fluente capigliatura rosso fuoco.
Lei annuì.
- Anch’io. Ora ti lascio, ma attenta. Quella sul balcone non è del nostro stesso parere.
La sconosciuta dal vestito verde lasciò la ragazza, che fulminea si voltò, scattando in una posizione d'attacco che ricordava vagamente le arti marziali. I capelli davanti erano ravvivati da due mèches bianche ai lati di un esile viso, che si sposava perfettamente con il resto del minuto corpo, coperto da un abito identico a quello indossato dalle guerriere Sailors, sebbene sui toni dell’arancio e del rosso. La luna si rifletté su una spilla rosso rubino al centro del fiocco sul davanti.
- Calma, calma! - si affrettò a dirle sottovoce l’altra sorridendo.
La ragazza, che non mostrava più di 14, 15 anni si rilassò.
- Mi chiamo Sailor X. - continuò la giovane guerriera, allungandole la mano in segno di saluto.
- Sailor Sun. - Rispose l’altra, stringendole la mano dopo aver osservato per qualche secondo la ragazza che si parava davanti a lei. - E quella sul balcone è Sailor Dark. - Esclamò sprezzante indicando con un cenno del capo il balcone dove si trovava la minacciosa figura della terza sconosciuta. - Chissà perché è qui?
Sailor X si strinse nelle spalle allargando le braccia. Nel frattempo Sailor Dark aveva aperto lentamente la finestra del balcone di Usagi senza far il più piccolo rumore. Entrò. Il vento sembrava divertirsi nello scompigliarle i lunghi capelli, mentre nelle sue mani compariva un’ascia bipenne montata su un lungo manico istoriato di simboli che risplendevano di oscurità.
- La mia arma prediletta, la Fatal Axe. - Pensò accarezzando l’affilata lama. Quindi si voltò ad osservare le figure che stavano dormendo tranquillamente. - Goditi questi momenti... saranno gli ultimi. - pensò mentre iniziava a far roteare l’ascia sopra la sua testa.
Dal nulla cominciò ad apparire una piccola nuvola nera sopra l’arma. Come disturbata da qualcosa, Luna, accoccolata vicino a Chibiusa, sembrò agitarsi, e uscì dal sonno lentamente.
- Che strano. - Pensò la gatta, mentre apriva lentamente gli occhi. - E’ come se sentissi quello strano potere nella... - Si bloccò, vedendo la figura di Sailor Dark e la nuvola, ormai un vortice in rotazione, divenire via via più grande. - ...stanza!! - urlò spaventata, balzando giù dal letto, il pelo ritto.
All’urlo le due Usagi si svegliarono, e la maggiore vide anch’essa l’intrusa.
- Scappa, Chibiusa! Scappa a chiedere aiuto! - gridò, la voce alterata dalla paura.
Le due Sailors rimaste nel cortile, sentendo l’urlo, si precipitarono sotto il balcone. Si guardarono negli occhi, all’unisono annuirono decise e spiccarono un agile balzo per arrivare al balcone. La cosa riuscì facilmente a Sailor X, mentre la compagna si dovette aggrappare precipitosamente alla ringhiera per non cadere di nuovo a terra.
- Cosa ti succede? - le chiese Sailor X voltandosi e prendendole la mano per aiutarla a salire.
- Non ce la faccio! E’ troppo buio... - Ansimò lei. - Il Sole è tramontato da troppo tempo...
Sailor X appoggiò l’altra ragazza al balcone, estrasse da un fodero che solo allora Sailor Sun notò sulle spalle della giovane una katana e le sorrise gentile.
- Tu riposati. A quella ci penso io.
La giovane entrò nella stanza mentre Usagi era intenta a fronteggiare, con una sveglia che incessante scandiva il tempo con un rumoroso ticchettio, la sconosciuta Sailor Dark la quale, continuando a far roteare l’ascia, aveva ingrandito la cupa nube fino alle dimensioni di un vortice corredato di fulmini.
- Mi sembra quasi divertente che tu ti difenda con una sveglia. Potrai così veder scorrere i tuoi ultimi istanti di vita. Il mio colpo ti ucciderà in un istante. - rise malvagia Sailor Dark.
Bloccò l’ascia e la puntò decisa verso Usagi, impietrita dalla paura.
- Black Hole Vortex, vieni a me! - gridò.
La nuvola, grande ormai due o tre metri di diametro, si piegò e ruggì come un animale selvaggio prendendo la forma di un tornado che si diresse pericoloso verso Usagi, ma una lama argentea si frappose fra lei e il vortice, dividendolo in due parti che si dispersero nella stanza senza alcun danno. Sailor X sorrise, contenta di essere arrivata in tempo per salvare la giovane.
- E tu chi sei?! - chiesero all’unisono stupite Usagi e Sailor Dark.- Le presentazioni a dopo. Ora pensiamo a questa megera. - rispose Sailor X alla bionda ragazza, voltando la testa verso di lei.- Megera a chi? - urlò infuriata di rimando Sailor Dark, picchiando il pavimento con il manico dell’ascia.
- A te! - urlò, dalla porta spalancata della stanza, la voce, che Usagi ben conosceva, di Sailor Mars.
Uno sguardo interrogativo attraversò gli occhi di Sailor Dark e Sailor X, al contrario del brillio degli occhi della bionda giovane.
- Io sono Sailor Mars... e sono qui per punirti in nome di Marte! - disse la guerriera preparandosi al combattimento.
- Non mi fai paura, ragazzina. Il mio potere vi spazzerà via facilmente. - replicò Sailor Dark mentre sembrava ricominciare il Black Hole Vortex.
- Questo è da vedere... - Sorrise Sailor X. - Psionic Blast, azione!
La spilla d’argento della giovane si illuminò per una manciata di istanti di una luce verde, abbagliante. Sailor Dark rimase come paralizzata per un attimo, un’espressione sconvolta sul viso. L’ascia le scivolò dalle mani cadendo a terra con un tonfo sordo. Per poi sparire in un filo di fumo nero.
- Non volete proprio farmi finire il mio colpo! - gridò stizzita Sailor Dark, ripresasi dallo shock.
- No! - fu la risposta delle altre guerriere Sailor comparse sulla porta, alle spalle a Sailor Mars.
- Ragazze! Come sono felice di vedervi! - esclamò contenta Usagi, la sveglia ancora tra le mani tremanti.
- Ora sei in salvo. - Le disse dolce Sailor Jupiter. Quindi si accigliò, guardando le due altre guerriere che lei non conosceva. - Vai fuori, a loro ci pensiamo noi.
- Calma ragazze! Io non c’entro. - si affrettò a spiegare Sailor X mettendo via la spada.
- Ragazze, carica! - urlò Sailor Venus lanciandosi contro Sailor Dark e la giovane dai capelli argentei, imitata dalle amiche.
Usagi colse la palla al balzo ed uscì velocemente dalla stanza.
- Si mette male! - pensò spaventata Sailor X, che con un balzo scavalcò Sailor Dark ed uscì dalla portafinestra da cui era entrata.
Sailor Dark si guardò in giro spaventata, vedendosi arrivare contro quattro guerriere decise a tutto. Decise che l’unica soluzione possibile fosse una dignitosa ritirata, per cui si voltò per imitare Sailor X, ma si rese conto di avere davanti a lei un altro piccolo problema, rappresentato dalla figura di Sailor Sun che si parò decisa tra lei e la sua via di fuga.
- Io sono Sailor Sun, e sono qui per punirti in nome del Sole. - esclamò la ragazza.
Le guerriere, colte di sorpresa dalla nuova arrivata, si fermarono tamponandosi una con l’altra.
- Sailor Sun? - si chiesero perplesse guardandosi in faccia.
- Ma quante siete?- domandò sconsolata, rivolta a tutte e a nessuna, Sailor Dark.
- Adesso assaggerai tutta la forza distruttrice dei miei poteri. - Disse Sailor Sun con un ghigno, preparandosi all’attacco. - Heat Wave, vieni a me!
Dalle mani della ragazzina si sprigionò un’ondata di intenso calore, la quale fece tremolare l’aria davanti a sé, unico segno visibile del colpo, oltre all’angolo, sollevato dalla vampata, di un tappeto lì accanto. Sailor Dark evitò agilmente l’attacco, come se lo prevedesse o lo potesse vedere, spostandosi all’ultimo momento, ma questo fece si che il colpo si scaricasse sulle altre quattro Sailors, facendole pesantemente cadere a terra doloranti, una sull’altra.
- Scusate! Non volevo... - esclamò arrossendo imbarazzata Sailor Sun, visibilmente spiaciuta.
- Certo, come no! Dicono tutte così. - Ironizzò la guerriera vestita di viola. - Invece questo lo desidero proprio! - disse soddisfatta.
Sfiorò la spilla che portava sul petto. L’occhio stilizzato si sollevò lentamente, mostrando una pupilla luminosa e verticale, e proiettò sul muro della stanza la sagoma di un granchio umanoide, che prese istantaneamente vita staccandosi dal muro e assumendo volume e colori. Agitò rabbioso le chele che si trovavano là dove normalmente ci sarebbero dovute essere le mani.
- Vai, adorato mostro! Sconfiggi queste piccole intriganti! - ordinò ridendo Sailor Dark mentre usciva dalla portafinestra inseguita da Sailor Sun, che all’ultimo momento ebbe un attimo di esitazione, fermandosi sul balcone.Si voltò e guardò il mostro che combatteva selvaggiamente con le altre Sailors.
 Riuscì, nella confusione, a cogliere l’urlo pieno di coraggio di Sailor Mercury mentre lanciava la sua Rapsodia Acquatica di Mercurio. Vide il mostro parare con facilità il colpo, quindi stendere contro il muro a lui vicino Sailor Jupiter, che si accasciò a terra senza conoscenza. L’essere agguantò con le possenti chele Sailor Mars e Sailor Venus, stringendole ferocemente all’altezza della vita.Una smorfia di dolore le stravolse il viso, mentre la sensazione di un pugno allo stomaco le mozzò il fiato.
- Non posso abbandonarle! Sono Guerriere Sailor come me... - pensò Sailor Sun notando il dolore sul volto delle due ragazze. Si toccò con le mani la spilla che portava al petto.- Lo so, spilla mia, che ho poco potere di notte, ma un colpo a quel granchio troppo cresciuto lo devo tirare. - sospirò, come parlando all’oggetto che iniziò a pulsare lentamente di una debole luce biancastra.
Il mostro, sempre con le Sailors inermi e ormai svenute nelle sue chele, aveva colpito duramente anche Sailor Mercury, che non era ancora riuscita a riprendersi, e, non vedendo altri nemici nelle immediate vicinanze, si era voltato verso Sailor Sun. Ghignò, quindi spalancò la bocca facendone fuoriuscire un potente quanto letale getto di acqua scurastra.Ringraziando mentalmente i suoi fulminei riflessi, la guerriera in arancione estrasse un grande ventaglio da dietro la massa di capelli che le coprivano la schiena, lo aprì e con quello riuscì facilmente a deviare il getto. Richiuse il ventaglio e poggiò la mano sulla spilla, che non aveva smesso un secondo di pulsare.- Sun Stroke, azione! - gridò mentre la spilla si illuminava a tal punto da inglobare la figura della ragazza e farla sparire in un piccolo sole.I
l colpo che ne derivò distrusse il mostro, e con esso tutto il mobilio a quello vicino, senza per fortuna infierire sulle altre guerriere presenti. Di Sailor Sun non rimaneva nessuna traccia visibile, e per un paio di minuti la stanza rimase nel più assoluto silenzio. Lentamente, una per una, le ragazze si risvegliarono dall’incoscienza, si rialzarono e cambiarono il costume da guerriere con più usuali abiti. Non si erano ancora completamente riprese, che Sailor Moon, con aria battagliera e seguita da Sailor Chibi Moon, entrò nella stanza pronta a d affrontare il peggiore dei nemici possibili.
- Fatti avanti! Sono qui per punirti in nome... - Esclamò fiera ed ad alta voce la ragazza, ma la frase le morì in gola, mentre due occhi spalancati e sconvolti si aggirarono per la camera. - ...della luna!
Il locale era completamente sottosopra, senza contare molti mobili rovinati, bruciacchiati o distrutti. Il suo amato letto a pezzi, i quadri, o almeno quelli rimasti alle pareti, storti, la foto di Mamoru era in un angolo della stanza, il vetro rotto, la cornice incrinata. Si voltò verso le sue amiche con lo sguardo di chi vuole a tutti i costi una spiegazione plausibile.
- Si può sapere cosa è successo? - chiese lentamente, tentando di dominare la sua voglia di urlare e piangere senza ritegno.
Le altre fecero spallucce, mentre Sailor Moon tornava ad essere Usagi e iniziava a spostarsi sconsolata per la stanza.
- Eh... dunque... c’era un mostro... - balbettò Makoto.
- Sì, sì, enorme. Ma poi è arrivata una ragazza... - continuò Ami, iniziando ad avviarsi verso la porta d’uscita.
- Un’altra guerriera Sailor e... lo ha distrutto sparendo. - concluse Minako, imitando, come le altre, quello fatto da Ami.
Usagi, le guardò, non capendo assolutamente nulla di ciò che le stavano dicendo. Chibiusa, tornata a d indossare il suo caldo pigiama rosa a coniglietti bianchi, la guardava triste, non sapendo minimamente come aiutare la sua futura mamma.
- Siamo tornati! - si udì dal piano di sotto. La voce apparteneva ad un uomo.Tutte si spaventarono e, ad esclusione di Usagi e Chibiusa, raggelate dall’udire quella voce, uscirono dalla stanza. Nel giro di un minuto sulla soglia della camera apparvero i genitori delle due ragazze. Usagi, vedendoli, dovette trattenere le lacrime, mentre un nodo alla gola le impediva di articolare anche la più breve delle parole.
- Che fretta le tue amiche! Sono uscite come fulmini... - disse il padre, mentre le parole gli morivano in gola osservando la desolazione che regnava nella cameretta della figlia.
Un uccellino si allontanò dalla casa degli Tsukino portando con sé due pesanti valige su cui risaltava la scritta “Norvegia”, seguito dalla sua compagna, che scuoteva affranta il capo.
- Papà! Ahia, non lo faccio più! Per favore... - risuonavano dall’interno dell’abitazione le urla di una ben conosciuta “testolina buffa”.

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Capitolo 11
*** Paura e panico - Capitolo 1 ***


Era quasi mezzogiorno a Tokyo, e per l’esattezza all’università dove Mamoru frequenta regolarmente i corsi. Quasi allo stesso momento una serie di porte sul corridoio di uno degli stabili si aprì, facendo uscire una folla di vocianti ragazzi e ragazze, nella quasi totalità con i libri sottobraccio o con una cartella semivuota gettata stancamente sulle spalle. Mamoru, quando già la prima ondata di studenti si stava disperdendo lungo i corridoi e le scale, uscì anch’egli dall’aula, stiracchiandosi vistosamente e sbadigliando.
- Uffh! E anche per oggi è finita. Adesso a casa a mangiare e poi si studia. - pensò, immaginandosi ironicamente prima mentre si abbuffava con un piatto enorme e fumante di spaghetti, quindi addormentato pesantemente sui libri aperti.
Si era allontanato dall’uscita solo di pochi passi, quando si sentì toccare gentilmente la spalla sinistra. Si voltò, curioso anche se quasi certo di chi lo avesse sfiorato. Confermando le sue supposizioni, si trovò davanti Yosei.
- Non smetteva più oggi! - Sorrise lei spostandosi per trovarglisi di fronte. - Ma non lamentiamoci. Domani ci aspetta l’ennesima lezione di “Formule più che assurde”, e io non ho ancora capito nulla... - sbuffò comicamente alzando gli occhi al cielo.
- Ti confesso che neanche io ci ho capito molto. - Le rispose ridendo Mamoru. - Se per te va bene, domani gli chiederemo spiegazioni, sempre che alla fine dell’ora non scappi come è solito fare.
- Certo che mi va bene! - Rispose entusiasta.
Il cuore le balzò in gola. Era solo per chiedere spiegazioni, un invito puramente di lavoro, se così si poteva definire, però… - Io e lui da soli. - Pensò raggiante la ragazza. - Senza quella peste di Kaori. Speriamo che dopo…
Un rumore secco, poco lontano da loro, la distrasse dalla fine del pensiero. Sia lei che Mamoru si voltarono, in tempo per vedere la fine della scena che si stava consumando sulla porta di ingresso. Dalla sua posizione, il giovane non riusciva a distinguere il volto dei due protagonisti in controluce, ma aveva una forte convinzione su chi potessero essere.
- E non provarci mai più! - gridò una voce femminile che confermò i sospetti del ragazzo.
Un istante più tardi un potente schiaffo sulla guancia produsse lo stesso rumore che aveva attirato la sua attenzione, facendo piegare di lato la testa del ragazzo che stava di fronte a Kaori, la quale si voltò dandogli le spalle e tornò in aula, probabilmente per prendere le sue cose. Il ragazzo colpito, vista la situazione, si mosse lentamente verso Yosei e Mamoru, massaggiandosi la guancia sinistra, rossa e dolorante.
- Mi ama alla follia... - Esclamò a bassa voce rivolgendosi a Mamoru, mentre gli passava accanto. - Deve solo rendersene conto…
- Ma chi è così pazzo da cercare di conquistare Kaori? - chiese meravigliata Yosei al giovane, mentre l’altro si allontanava sospirando.
- Takeru. Chi altri? - rispose sconsolato il ragazzo, gli occhi al cielo.
L’amica guardò l’orologio da polso e sgranò gli occhi.
- E’ meglio che io vada. Non credevo che fosse così tardi… A domani, Mamoru.
Si allontanò velocemente. Mamoru ne approfittò per osservare le sue movenze vagamente feline, sicuramente sciolte, e, notò con un pizzico di voyeurismo, altamente femminili. Quasi inconsciamente fece un confronto con l’aspetto e i modi di fare di Usagi, che per quanto stesse solo in quel momento iniziando a comportarsi da persona adulta, non avrebbe mai avuto quella grazia che caratterizzava la sua compagna di corso. Eppure quei modi infantili, la sua testardaggine e il comportamento il più delle volte degno di un maschiaccio l’avevano colpito, e avrebbero continuato a farlo, molto di più delle grazie di Yosei o della selvaggia bellezza di Kaori.
- Solo un attimo di distrazione... - pensò sorridendo il ragazzo mentre distoglieva lo sguardo dalla massa di capelli neri di Yosei.
Ai margini del suo campo visivo una figura in veloce avvicinamento lo mise in allarme, facendolo voltare per eventualmente scansarsi dai quei pazzi ritardatari che prendevano i corridoi dell’ateneo per una pista da centometristi. La figura si rivelò Kaori, il volto adirato, sentimento confermato dal passo di carica che aveva adottato e dai lampi che fin da due metri si potevano notare nei taglienti occhi viola cupo.
- Ahi, guai in arrivo! - Pensò spaventato Mamoru. - Devo trovare una scusa decente o mi starà di nuovo attaccata fino alla porta di casa, sempre che quest’oggi non mi salti addosso prima, data la faccia…
Kaori arrivò nel giro di cinque secondi davanti a lui, lo sguardo furente. Il giovane si ritrasse, guardandosi attorno spaventato, cercando disperatamente una possibile via di fuga da quella incresciosa situazione.
- Ecco... cioè... io oggi... - balbettò mentre dei sudori freddi gli gelavano la schiena, provocati e dalla tensione, e dall’ira palpabile attorno alla figura della giovane.
Questa si fermò davanti a lui, si voltò per guardarlo fisso negli occhi e cambiò espressione, ingentilendo i lineamenti come una belva alla vista del suo amato domatore.
- Scusa Mamoru caro, ma oggi non posso seguirti fin sotto casa. Devo fare un giro per la città. Mi perdoni, vero? - sospirò lei sfiorandogli con l’indice il sotto del mento con fare mellifluo.
Si voltò e se ne andò senza aspettare una risposta. Takeru ebbe la sfortuna di trovarsi, molto probabilmente in maniera involontaria, sul suo cammino. Senza apparente motivo, la giovane lo gettò a terra dolorante assestandogli un pugno con il braccio teso e colpendolo in pieno volto.
- F...figurati! - Balbettò costernato Mamoru, quasi incapace di credere a ciò che aveva appena visto. - Non c’è problema...
Rimase per qualche secondo come immobile, quindi si diede una teatrale pacca sulla fronte con la mano destra.
- Yosei! - Esclamò. - Ho l’opportunità di sapere di più su di lei. Per quanto gentile, non si è mai sbottonata più di quel tanto. Non che io sia un impiccione, ma mi piacerebbe scoprire almeno dove abita. - Pensò ad alta voce. - Ma devo sbrigarmi, o la perderò di vista...
Si lanciò a velocità elevata lungo il corridoio di lucide quanto usurate lastre di marmo, chiedendo gentilmente permesso ai vari studenti che si paravano davanti a lui, e che quasi sempre prontamente si scansavano, pensando che fosse uno di quei soliti ritardatari che stesse per perdere l’autobus o il treno. Fece le sei rampe di scale che portavano al piano terra saltando i gradini a due a due, e rischiando anche di ruzzolare, ma riuscì a raggiungere il cortile interno dell’università prima che Yosei sparisse dalla vista. La ragazza si fermò un istante, quindi si voltò verso Mamoru, che solo per puro istinto si era fermato a osservarla dietro il tronco di un pino che lo nascondeva quasi totalmente alla vista. La giovane scosse la testa velocemente e riprese il cammino, sparendo dietro un gruppo di cespugli fioriti. Stando attento a non farsi scoprire, e attirando gli sguardi curiosi dei nullafacenti giovani che stavano pranzando o giocando a carte sull’erba, Mamoru seguì l’amica fino a che questa non voltò a destra sparendo dietro il muro d’entrata. Altri ragazzi stavano entrando o uscendo, come era normale per quell’ora. Mamoru, per paura di perderla, si affrettò al muro che gli aveva precluso la vista, e con fare sospetto sporse la testa per controllare dove si era diretta Yosei. Alcuni presenti fecero chiari gesti ad indicare la loro convinzione che il giovane avesse qualche rotella fuori posto, ma non interferirono, proseguendo il loro cammino ridacchiando.
- Eccola! - pensò sorridendo soddisfatto mentre Yosei voltava in una strada laterale alla destra del muro di cinta.
Il giovane si spostò velocemente all’angolo e sporse nuovamente la testa, soddisfatto di vedere che l’amica procedeva lungo una via che per un bel pezzo non presentava incroci.
- Se non altro per quasi duecento metri non potrò perderla… A meno che non impari a volare o abiti in qualche dipartimento qui accanto. - ridacchiò stupidamente al pensiero di Yosei con un paio di ali piumate prendere il volo e sparire.
All’improvviso, la ragazza si bloccò, circa a metà della strada, e di scatto si voltò indietro, osservando attentamente l’ambiente circostante. Mamoru, il cuore in gola, fece scattare la testa dietro il muro di cinta che già lo nascondeva quasi interamente. Aspettò quasi tremante per qualche secondo, quindi, bianco in volto per l’eventuale figuraccia di essersi fatto scoprire, sporse nuovamente la testa, lento. Yosei aveva ripreso il cammino, come se nulla fosse.
- Probabilmente avrà sentito qualche rumore strano. Qui tra risate, schiamazzi e altro sembra un parco dei divertimenti più che un luogo di cultura! - Si rincuorò sospirando per tranquillizzarsi. - Ah, sta voltando a sinistra… Mi conviene seguirla, altrimenti addio pedinamento.
Mamoru si affrettò fino a dove l’amica aveva svoltato, e prudente controllò i movimenti di Yosei. Stupito si accorse che non c’era nessuno nella via, una piccola traversa che sbucava, circa cinquanta metri dopo in un’altra grossa via piena di gente.
- Ma non è possibile! Non può essere stata così veloce da aver raggiunto già quella bolgia di persone. Nemmeno se avesse corso poteva farlo… Eppure fino a qualche secondo prima era qui! L’ho vista io voltare. - esclamò esasperato e sorpreso, grattandosi la testa mentre si guardava in giro.
Si appoggiò al palo del telefono che aveva accanto e iniziò a pensare cosa poteva fare per ritrovarla, quando uno strano rumore, come un ronzio sordo, attrasse la sua attenzione, portandolo ad abbassare la testa verso l’origine del suono. Un grazioso gatto nero, con una pietra la collo di un intenso color verde, miagolò allegro. Il giovane, pur sapendo di non essere superstizioso, sentì un brivido gelido dietro la schiena nell’osservarlo.
- Certo che sei silenzioso, gattaccio! - Scherzò lui mentre quella sensazione di fastidio svaniva. - Non è facile prendermi di sorpresa. - Diede un’occhiata alla via nella vana speranza di ritrovare Yosei , inutilmente. - Beh, ormai l’ho persa, quindi tanto vale che me ne torni a casa…
Il gatto miagolò nuovamente, quindi iniziò a girare attorno al giovane, strusciandosi, per alla fine fermarsi davanti a lui con il chiaro intento di farsi coccolare. Mamoru si affrettò ad accucciarsi ed a soddisfare il desiderio dell’animale, che parve gradire particolarmente sulla nuca, facendo abbondanti fusa. Dopo poco il ragazzo lo sollevò prendendolo per sotto le zampe anteriori e rimettendosi in piedi, portò il gatto all’altezza degli occhi.
- Ma guarda, sei una femmina. - Rise osservandola. - Cosa faccio io alle ragazze?
La gatta sembrò rispondere con un acuto miagolio, mentre osservava il giovane con due enormi occhioni azzurri.
- Mi capisci, eh? - Le domandò ironico mettendola a terra. Si fece serio. - Non è che parli anche tu come gli altri due? - le chiese con fare misterioso guardandola fissa negli occhi, le braccia incrociate come aspettando una risposta.
L’animale piegò la testa come sorpreso, osservò Mamoru per qualche secondo, quindi senza apparente motivo si voltò e fuggì via come spaventato.
- Ma... dove vai? - Chiese il ragazzo urlando. - Non ho mica detto di volerti sposare… - Scosse la testa e recuperò i libri che aveva appoggiato a terra precedentemente. - Queste donne. Chi le capisce ha diritto al Nobel!
Si allontanò, percorrendo al contrario la strada fatta in precedenza fino a tornare davanti all’entrata dell’università. Lì si fermò per qualche secondo, voltandosi indietro.
- Chissà dove è Yosei? - Pensò guardando distrattamente la costruzione del rettorato, la più antica e imponente del complesso scolastico. - Pazienza, ci ritenterò la prossima volta.
Si rimise in cammino dirigendosi verso casa. Di tanto in tanto dava un calcio ai sassetti che trovava lungo la strada, facendoli schizzare poco lontano, contro i muri o sulla strada.
- Ormai è una questione di orgoglio… Devo scoprire dove abita Yosei!

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Capitolo 12
*** Paura e panico - Capitolo 2 ***


- Devo scoprire cosa voleva dire Mamoru quando parlava dei gatti! - esclamò Yosei appoggiando una spalla al palo della luce dove qualche secondo prima stazionava Mamoru.
Si mosse, avvicinandosi fino a incontrare la grande strada piena di gente. Pur concentrata sui suoi pensieri, la giovane ebbe una sensazione di ebbrezza, di allegria, provocata dalla folla di persone che la circondavano, la spingevano, le passavano accanto.
- E’ così bello avere altre persone accanto… - Il pensiero si intromise di forza nelle sue riflessioni. - Erano secoli che non ne sentivo la vicinanza, là dove ero, o meglio dove era l’altra, e se ora sono ancora viva forse dovrei ringraziare la regina dei demoni. Già… - Sorrise impercettibilmente, mentre un gruppo di turisti le passava accanto vociante in una lingua a lei sconosciuta. - Se non fosse stato per lei, non avrei potuto conoscere Mamoru. Sa fare le coccole molto bene… Ma torniamo a noi. Se sono qui, è per svolgere una missione, tra le altre cose.
Sospirò contenta pensando all’amico.
Nello stesso momento, da un’altra parte della città, Kaori stava lentamente passeggiando lungo una via alberata, succhiando distratta un ghiacciolo all’anice, mentre dirigenti, impiegati e studenti le sciamavano vicino in cerca di un locale dove mangiare o discutendo di lavoro o di sport. A volte la giovane dai capelli corvini spostava lo sguardo sui palazzi, o sulle vie laterali che spezzavano il marciapiede ad ogni semaforo. Mordicchiò nervosa il bastoncino ligneo del ghiacciolo ormai finito, lo gettò a terra e sospirando stizzita intrecciò le mani dietro la schiena.
- A costo di passare al setaccio ogni via di questa città, troverò quelle maledette che mi hanno messo in difficoltà a casa della smorfiosa codinilunghi. Se è vero che sono Sailor, sentirò il loro potere anche da lontano, e quando le avrò trovate… - rimuginò sorridendo malvagia.
Senza smettere di camminare voltò la testa per curiosare in una vetrina di vestiti d’alta moda, non accorgendosi che davanti a lei, assorta nella lettura di un grosso libro dalla copertina rigida , una giovane dai corti capelli azzurri stava lentamente avanzando nella sua direzione. Lo scontro fu inevitabile, e comportò la caduta di entrambe le ragazze. Il pesante volume, dopo una corta parabola, cadde a terra a pochi passi da Kaori.
- Mi scuso immensamente, è stata colpa mia! – si affrettò a scusarsi la ragazza, che altri non era che Ami, rialzandosi e aggiustandosi gli occhiali sul naso.
- Certo che è stata colpa tua, stupida ragazzina! – le rispose sbraitando l’altra, anch’essa nuovamente in piedi.
Con gesti decisi e irati si spazzolò la gonna con le mani e si ravvivò la frangia sulla fronte.
- Ma non ci vedi? E dire che hai già su un paio di occhiali…
Ami chiese nuovamente scusa per l’episodio inchinandosi profondamente. Stava per raccogliere il libro da terra, ma Kaori fu più veloce. Osservò il titolo per qualche secondo, quindi allungò il braccio in direzione dell’altra, che si mise sotto braccio il pesante tomo.
- Se devi leggere queste stupidaggini, abbi almeno la decenza di farlo di nascosto, ragazzina! - la sgridò la ragazza dai penetranti occhi viola.
Quindi, senza aspettare risposta, se ne andò sparendo nella folla e lasciando Ami interdetta.
- Che strana ragazza… - Pensa Ami riavviandosi. - Eppure mi sembra di averla già incontrata prima. Certo che definire stupidaggini la trattazione completa delle equazioni differenziali collegate alla pulsazione asimmetrica dei buchi neri…

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Capitolo 13
*** Paura e panico - Capitolo 3 ***


Kaori, che aveva deciso di abbandonare la via dove era stava fino a quel momento e inoltrarsi nel labirinto di viuzze del quartiere, senza accorgersi aveva perso il senso dell’orientamento ed era giunta nei dintorni del tempio scintoista custodito dal nonno di Rei. Quasi senza rendersene conto si era avvicinata ad esso, attirata dall’enorme potere che esso emanava e che l’attraeva e la spaventava allo stesso tempo. Una parte di lei era colpita dalla serenità, dalla potenza che irradiava quel luogo, ma l’altra, quella che la rendeva la regina dei demoni, ne era quasi schiacciata. Lentamente, quasi ogni passo le costasse una fatica enorme, la giovane arrivò alla base della scalinata che portava alla sacra costruzione.
- Nel tempio in cima c’è un grande potere, o io non sono più la regina dei demoni. Sailor o non Sailor, io un giretto a quell’ameno posto devo farlo, anche se credo che tanta saggezza e magia benigna mi procureranno un’orticaria… - ridacchiò maligna tra sé e sé.
Diede una veloce occhiata attorno a sé, e non vedendo nessuno si incamminò decisa lungo la scala in pietra che si arrampicava tra gli alberi secolari fino a giungere al basso tempio. Una strana sensazione, come un’ombra sopra la pelle, la fece bloccare a metà del serpente di sasso chiaro. La giovane chiuse gli occhi, come per focalizzare quella sensazione, inspirò profondamente e si voltò alla sua destra, guardando fisso il tronco di una pianta.
- Se c’è qualcuno, è meglio che venga fuori. Non mi piace essere spiata da chi conosco, figurarsi da chi non conosco! - esclamò irata, sicura che dietro quell’albero si nascondesse qualcuno dotato di una forza mistica benigna non indifferente.
Infatti il nonno di Rei, con passo lento e misurato, quasi stesse officiando una solenne processione, sbucò da dove la ragazza sospettava esserci qualcuno e si avvicinò tranquillo, le mani dietro la schiena, gli occhi socchiusi a due fessure. Lentamente arrivò di fronte a Kaori, che lo stava osservando interessata e divertita, anche se conscia della potenza che quel corpo decrepito nascondeva.
- Certo che assomiglia moltissimo ai miei servitori demoniaci… - Rise tra sé e sé, guardando la bassa statura e le proporzioni dell’anziano monaco. - Sembra che abbia anche lo stesso sguardo assatanato… No, non è possibile, mi sto sbagliando.
- Come mai da queste parti, bella signorina? - Le chiese accennando un sorriso il sacerdote guardandola dal basso verso l’alto come per esaminarla. - Non mi sembra di conoscerla.
- E tu chi dovresti essere, vecchio?! - ribatté Kaori, iniziando a spazientirsi.
Cercava la fonte del potere che l’aveva guidata in quel posto, ma per quanto forte, quel potere non era del nonno di Rei, ma di qualcuno o qualcosa che stava nella costruzione in cima alle scale, e la ragazza voleva arrivare ad esso il più presto possibile.
- Io sono colui che controlla che l’ordine spirituale e materiale di questo piccolo spazio siano rispettati. Io ho pieno possesso di ciò che qui si trova e… - Iniziò con tono saccente il monaco, guardandola serio e muovendo le braccia in ampi cerchi con gesto lento.
- Insomma sei il custode del posto. - Lo interruppe l’altra bruscamente. - Io voglio parlare con il sacerdote principale. Con il capo di questo posto. E’ importante.
- Io sono il sacerdote, custode del tempio e delle anime che si affidano a me. - Rispose il vecchio accigliato, incamminandosi verso il tempio. Ad un tratto si voltò, spalancò gli occhi e fissò Kaori come un goloso osserva una torta alla crema. - Lei vuole affidarsi a me?!
- No grazie! Non ancora!- Ribatté spaventata la ragazza, scioccata dal comportamento inusuale tenuto dall’uomo. - Ma tu guarda che tipo dovevo incontrare… - Bofonchiò scocciata.
- Fa male, signorina. - Esclamò in tono dispiaciuto il sacerdote, che riprese a dirigersi verso l’edificio sacro, ormai in vista. - Bisogna iniziare a comprendere i misteri della religione già alla sua età, e non aspettare di divenire vecchi e saggi come me…
- Sono proprio curiosa di capire chi o cosa emana tutto questo potere. Lui ormai sono sicura di no, quindi nel tempio deve trovarsi per forza la fonte che mi interessa. - Meditò la ragazza seguendo meccanicamente il nonno di Rei, che nel frattempo non aveva smesso un attimo di parlare. - Per adesso mi conviene stare al gioco…
- Capisce, signorina? - concluse l’uomo quando ormai si trovavano in cima alla scala, a una cinquantina di passi dalla costruzione sacra, da cui proveniva una forza magica che provocò per alcuni secondi alla giovane dei dolori lancinanti alla mente.
- Eh? Sì, sì! - Rispose veloce lei appena riuscì a riprendere pieno controllo della sua testa che, sebbene le pulsasse ancora terribilmente, le permetteva di costruire dei fili logici.
Il vecchio annuì soddisfatto, si voltò e ricominciò a parlare, apparentemente non notando il tremito nelle mani e nella voce di Kaori, che solo in quel momento riuscì a sollevare difese demoniache adatta a contrastare quasi tutto il flusso che proveniva dalla costruzione. Ormai decisa a tentare il tutto per tutto, la giovane corse leggermente per raggiungere il sacerdote, lo superò e gli si parò davanti. Quindi, con i modi più femminili che si ricordò, si abbassò in ginocchio per poter avere la faccia alla stessa altezza di quella dell’interlocutore e lo guardò con due enormi e dolci occhi viola.
- Ma lo sa che questo è proprio un bel posticino! - Esclamò sorridendo. - Scommetto che è anche un tempio famoso, con qualche rara e miracolosa reliquia. E non mi dica che lo cura tutto da solo. È così ben tenuto, così pulito e accogliente…
L’anziano monaco tossì un paio di volte per schiarirsi la voce, abbassò lo sguardo come un bambino a cui hanno fatto una domanda troppo difficile e iniziò a giocherellare con il piede sinistro, spostandolo avanti e indietro bilanciandosi sull’altra gamba.
- Ebbene sì. - Rispose infine con un sospiro. - Faccio tutto io. Sì, certo, mia nipote vuole aiutarmi, ma al massimo raccoglie le foglie secche. Io le dico sempre che esce troppo con le sue amiche e non si applica abbastanza, ma cosa vuole farci, è giovane… Proprio come lei! - concluse guardandola come un fidanzato alle prime armi.
- Grazie, è molto gentile! - Lo ringraziò con un falso sorriso Kaori, pensando invece tutt’altro. - Ma delle reliquie, cosa mi dice?
- Se esclude un fuoco sacro e alcuni oggetti di particolare pregio artistico, non abbiamo niente che anche in tutti gli altri tempi non possa trovare. - le rispose il nonno di Rei, ricominciando a camminare.

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Capitolo 14
*** Paura e panico - Capitolo 4 ***


All’interno del tempio, la nipote era in quel momento seduta ginocchioni davanti alla pira del fuoco sacro, che bruciava come sempre basso e calmo, disegnando danzanti ombre sulle pareti della stanza, spoglia e senza finestre. All’improvviso, la fiamma ruggì, animandosi come mossa da forte vento e ingrandendosi fino a triplicare la sua altezza, quindi per un istante sembrò divenire nera, fenomeno che provocò lo spavento della giovane in meditazione. Rei scattò in piedi preoccupata. Osservò i legni che alimentavano la fiamma e seguì affascinata ma attenta le volute delle fiamme, ora tornate alla loro normale dimensione.
- Cosa succede?! - Si domandò, guardando fisso il fuoco, sperando in una sua risposta, che però non venne. - Cosa può aver provocato una reazione simile nel sacro fuoco?
Rei chiuse gli occhi, concentrandosi in una disperata preghiera di supplica alla pira, invocando il potere del fuoco affinché le fosse permesso di vedere cosa l’aveva tanto disturbato. Dopo un tempo che alla giovane sembrò un’eternità, la fiamma si animò, ingrandendosi come un incendio alimentato dal vento. Riaprì gli occhi di scatto, potendo così vedere una ragazza, che ricordò vagamente di aver già visto, mentre passeggiava dietro il nonno nel giardino del tempio, proprio vicino alla stanza dove si trovava in quel momento lei. Due corvi, appollaiati sul tetto del tempio, guardarono il duo, sbatterono le ali un paio di volte, quindi si alzarono in volo, girarono come avvoltoi prima di posarsi leggeri su Kaori, uno per spalla. Questa si fermò, strinse gli occhi come disturbata da una luce troppo forte, quindi si voltò e sembrò guardare nella stessa direzione da cui la stava osservando Rei attraverso la visione, quasi a poterne percepire la presenza. Sorrise malvagia mormorando alcune parole. Il fuoco vacillò, tentò di rinvigorirsi, vacillò nuovamente per poi tornare normale. La giovane sacerdotessa indietreggiò spaventata di qualche passo, la fronte imperlata di sudore, le gambe che la reggevano a stento. Con un gemito si accasciò al suolo pallida, priva di sensi.
- Ha detto qualche cosa? - chiese l’anziano a Kaori.
- Niente di importante. - Rispose lei. - Pensavo alle ragazzine che non si fanno gli affari propri…
- Scusi?
- Non importa. E’ stata questione di un attimo. Stava dicendo?
- E’ ben strano. - riprese il nonno guardando la ragazza che nel frattempo era tornata ad affiancarsi a lui, con lo sguardo serio.
- Che cosa? - domandò falsamente curiosa.
- Che i corvi si siano posati su di voi. Normalmente non si muovono mai dal tetto. È sicura di non essere già stata qui?
- N… - iniziò lei.
- No, no. Mi ricorderei sicuramente di una ragazza bella come lei, non le pare? - sorrise il monaco squadrandola dal basso in alto.
- Grazie, lei è troppo gentile. - Rispose melensa lei. - Ci tenti ancora, eh? Vecchio, sei quasi peggio dei miei servitori. - pensò infastidita.
Rei, risvegliatasi e ripresasi almeno in parte dall’attacco che aveva appena subito, si trascinò lentamente fino alla porta, la aprì a fatica ed uscì, riuscendo, appoggiandosi al muro, a sollevarsi in piedi e a camminare vacillante fino all’uscita del tempio. Cadde a terra tentando di scendere i tre scalini che dividevano la costruzione dal terreno. Si rialzò a fatica, la faccia tesa in uno spasmo di dolore ma soprattutto di paura. Barcollando riuscì a raggiungere i due che ancora stavano passeggiando. Appena la videro, i corvi che erano appollaiati sulle spalle di Kaori guardandosi attorno silenti tornarono gracchiando sul tetto del tempio. La giovane cadde nuovamente, emettendo un gemito soffocato, che richiamò involontariamente l’attenzione del sacerdote, che appena vide la sagoma inerte della nipote, subito accorse preoccupato, mentre l’altra sorrise malvagia senza muoversi, osservando comunque il tutto attentamente.
- Rei! - Urlò preoccupato sollevandole la testa e poggiandogliela dolcemente sulle sue ginocchia. - Rei, cosa ti succede?
- I demoni nonno. I demoni… - Sussurrò lei, pallida e sudata. Respirava a fatica, quasi rantolando. - I demoni hanno un capo. I demoni sono…
Perse conoscenza. L’anziano uomo le mise premuroso la mano sulla fronte. Spalancò la bocca senza però emettere alcun suono.
- Ma tu scotti come una stufa. - Esclamò preoccupato, gli occhi sgranati dallo spavento. - Hai una febbre da cavallo, e stai delirando. Oggi non uscirai con le tue amiche, e te ne starai a letto a riposare. Ecco cosa succede a uscire di notte per andare da Usagi chissà per quale motivo…
- E’ uscita di notte? - chiese interessata Kaori.
- Sì. Settimana scorsa… - rispose distrattamente il vecchio.
Kaori trasalì a quelle parole. I corvi agitarono violentemente le ali.
- Ma lei mi ha detto che doveva parlarmi con urgenza. Se non le è di troppo disturbo, sistemo mia nipote a letto e sono da lei. - disse il nonno sorreggendo Rei che si era ripresa abbastanza da camminare aiutata.
La giovane tentò di parlare mentre si avvicinavano al tempio, ma onde nere davanti agli occhi le consigliarono di rimandare qualsiasi azione diversa dal riposarsi.
- Oh, non si preoccupi. Non è nulla di importante. Vorrà dire che tornerò un’altra volta. Ora lei pensi a sua nipote, e le faccia i miei auguri. - si congedò velocemente Kaori, allontanandosi a grandi passi verso la scala di pietra da cui era salita.
Alcuni metri dopo, quando il sacerdote scomparve dalla vista entrando all’interno del tempio, la ragazza si fermò, si voltò e con un lampo cattivo negli occhi osservò l’edificio.
- Tornerò, questo è certo. E voi due, amici miei, fate buona guardia, finché Sailor Dark non arriverà a scoprire chi è davvero la bamboccia che mi ha spiato e che ora langue vegliata dal suo caro nonnino.

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Capitolo 15
*** Paura e panico - Capitolo 5 ***


Alcune ore dopo, nel bar frequentato spesso da Usagi e dalle altre sue amiche, quella, assieme a Makoto e ad Ami, stava trascorrendo tranquilla il pomeriggio. La giovane dai codini biondi sorseggiava avidamente un frappé dal delicato color rosa, probabilmente alla fragola, mentre le altre due erano evidentemente appassionate dalla lettura di una rivista di moda, tanto che solo saltuariamente allungavano una mano in direzione del piatto di biscottini che avevano poco prima ordinato.
- Hai visto? - Chiese Mako con gli occhi spalancati, persi in chissà quale sogno. - Questo vestito è il massimo, devo assolutamente prenderlo…
- Sì, direi che è molto bello, ma hai visto che costo? Non so se potresti permettertelo. - rispose pacata l’altra, che aveva perso velocemente interesse per le foto del giornale, sgranocchiando un biscotto.
- Perché non potrebbe? - domandò Usagi sporgendosi a guardare la rivista e finendo rumorosamente il frullato che aveva in pratica bevuto tutto di un fiato.
L’occhio le cadde sul prezzo dell’abito, e lentamente spalancò la bocca senza emettere suono, gli occhi sgranati e fissi sulla pagina di carta patinata.
- Ehhh! Quasi 70000 yen! - Riuscì finalmente a gridare in modo soffocato. - E chi li ha mai visti tutti quei soldi in una volta sola?!
- Si, ma ne varrebbe la pena. Guarda che taglio, che eleganza. - esclamò Makoto raggiante.
- A me sembra elegante anche la divisa della scuola… - concluse laconica Ami, estraendo dalla borsa che aveva ai piedi della sedia un libro di matematica avanzata e immergendosi nella lettura senza più degnare di uno sguardo le altre due.
Queste, dopo aver osservato la concentrazione con cui la loro amica stava leggendo il pesante tomo rilegato, ed essersi guardate in faccia sorridendo leggermente, tornarono a guardare la rivista, sfogliandola avidamente e commentando le foto. Dopo alcuni minuti, preannunciata dallo scampanellio della porta di ingresso, arrivò al loro tavolo Minako, indossando un vestito all’apparenza identico a quello fotografato sulla rivista. Ami alzò lo sguardo per controllare chi fosse giunto. Chiuse il libro ponendo l’indice della mano destra come segnalino.
- Ciao Minako. Bel vestito. Mi sembra di averlo già visto… - la salutò sorridendo, per poi riaprire il volume e riprendere la lettura.
Sentendo il nome dell’amica, anche le altre due alzarono lo sguardo dalla rivista. Dopo un attimo di silenzio, Makoto scattò in piedi, gli occhi fuori dalle orbite, appoggiandosi al tavolo con le mani aperte, colpendolo con una forza tale da far cadere alcuni biscotti in equilibrio precario sul piattino. Squadrò decisa Minako, sporgendosi indagatoria verso di lei, che per la paura provocata dallo strano comportamento della giovane, indietreggia di alcuni passi.
- Dove…dove lo hai comprato? - esclamò Mako rivolta alla ragazza dai lunghi capelli biondi.
- Bello, vero?! L’ho comprato al negozio vicino al tempio di Rei. - si gongolò la ragazza, piroettando come durante una sfilata e sorridendo soddisfatta.
- Ma costa un patrimonio. Come hai fatto a comprarlo con la paghetta dei tuoi? - Chiese curiosa Usagi. Quindi si fece seria, e, incrociate le braccia, guardò minacciosa l’amica. - O hai combinato qualcosa di strano per averlo?
Minako sgranò gli occhi, agitando le mani in segno di negazione. Riuscì a stento a reprimere una risata, osservando il buffo volto di Usagi.
- Ma no, cosa stai dicendo? Lo so che assomiglia a un vestito costoso, ma è solo una buona copia pagata poco meno di 4000 yen. Bello, eh?! - si gongolò ancora.
Ami alzò lo sguardo dal libro e fissò le ragazze seria.
- A proposito di Rei. Doveva essere qui già da mezz’ora, dato che tu sei appena arrivata col tuo solito ritardo. - Disse rivolta a Minako, che le rispose scherzosamente mostrandole la lingua. - Mi sembra strano che non sia ancora qui.
- E’ vero. - Confermò Makoto annuendo con la testa. - Rei è sempre stata puntuale. Non vorrei che le fosse capitato qualcosa.
- Ma va… cosa vuoi che le capiti. - scherzò Usagi, mentre, sperando di non essere scoperta, allungava le mani sui dolcetti rimasti nel piattino sul tavolo.
Ami se ne accorse e le consigliò di non tentarci picchiandole le dita con una leggero colpo del libro di matematica, cosa che costrinse la giovane a desistere e ad optare per una poco onorevole ritirata verso la sua sedia mentre si massaggiava la mano. Le sue amiche non riuscirono a trattenersi dal ridere del suo comportamento.
- Okay, mangiali pure se vuoi. - sorrise Mako, offrendo il piattino dei dolci alla poverina, che si stava succhiando le dita con lo sguardo basso da cane bastonato.
Usagi accettò mostrando un sorriso a tutto viso e iniziò a divorarli a due a due.
- Non mi piace che Rei faccia ritardo. Se avesse avuto un contrattempo, ci avrebbe avvisate. - rifletté seria la ragazza dai capelli blu.
- Hai ragione. Che ne dite di fare un salto al tempio per vedere come stanno le cose? - propose Minako sorridendo forzatamente.
- Ci sto. - Rispose ad alta voce la giovane che ormai aveva finito i biscottini rimasti, con le briciole di questi ancora attorno alla bocca. - Se non mi ricordo male, il nonno di Rei fa dei dolcetti eccezionali!
- Usagi, sei senza fondo! - rise Makoto.
- E’ solo perché sono una ragazza in crescita. Devo nutrirmi per diventare grande… - si giustificò la ragazza, tornando ad adottare lo sguardo basso e la faccia colpevole, che ancora provocarono le risate delle sue amiche e dopo qualche istante di incertezza, anche le sue.
Pagarono quanto avevano consumato e uscirono dal locale, non prima che Usagi si decidesse a comperare un gelato con praline e cioccolato fuso. Il viaggio fu breve, data la vicinanza del bar al tempio della loro comune amica, ma sufficiente per finire il cono sotto gli occhi sbalorditi di Minako e Makoto.
- Ami, hai visto? - chiese Mako additando il cono, che calava velocemente sotto i morsi di Usagi.
L’altra annuì distrattamente mentre concludeva un capitolo del libro che stava leggendo. Lo chiuse solo quando giunsero alla scala che portava al tempio, dato che Minako la bloccò prendendola per una spalla e avvertendola che erano arrivate.
- Ci voleva. Adesso posso affrontare questa ripida e lunga scala! - proclamò soddisfatta la giovane dai codini leccandosi le labbra ancora sporche di cioccolato.
Ami e le altre la guardarono male, quindi risero sommessamente scuotendo la testa e incamminandosi lungo la via tra gli alberi. Giungendo in vista del tempio, i due corvi che erano appollaiati sul tetto dell’edificio si alzarono lentamente in volo, dirigendosi, con ampi cerchi, verso le ragazze, che si era fermato ad osservarli.
- Secondo voi è normale? - domandò Minako, indicando i volatili con il dito.
Prima che nessuno potesse reagire, i due volatili si gettarono sul gruppetto in picchiata, occhi rossi e pieni di odio, puntando decisi contro Usagi, che riuscì a scansarli solo grazie all’intervento di Makoto, la quale la gettò a terra venendo colpita la suo posto. I due uccelli, quasi infastiditi dell’accaduto, fecero un ampio giro sopra le giovani, simili ad avvoltoi, quindi ritentarono l’attacco, questa volta a buon fine, dato che la fidanzata di Mamoru si era rialzata, senza riuscire stavolta a evitare i due corvi, che le si aggrovigliarono ai codini tentando di strapparglieli. La giovane tentò disperatamente di staccarli dalla sua capigliatura correndo, mettendosi le mani sulla testa e urlando, ma i corvi continuarono imperterriti a scompigliarle i capelli e a graffiarla con affilati artigli. Le altre le corsero dietro, e solo a fatica, dopo due lunghi minuti, riuscirono a togliere gli uccelli dalla loro amica e a gettarli lontano. I due uccelli si rialzarono a fatica, e dopo un paio di saltelli ripresero il volo e tornarono gracchiando sul tetto, da lì osservando indifferenti le quattro ragazze.

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Capitolo 16
*** Paura e panico - Capitolo 6 ***


- Che strano! - Esclamò stupita, incrociando le braccia, Ami, mentre Minako si grattò la testa pensierosa tentando di assumere l’aria assorta della studiosa amica. - In tutto questo tempo non hanno mai attaccato nessuno, figuriamoci Usagi. E oggi, invece…
Le altre ragazze annuirono convinte, anche se la vittima dell’attacco sembrava più interessata a controllare lo stato dei suoi capelli e della sua testa, che si stava ripetutamente massaggiando, oltre a guardar male i due uccelli, che sembrano al contrario osservarla indifferenti a ciò che era appena successo.
- Chi è che fa baccano?! - Urlò la voce infuriata del nonno di Rei, il quale, attirato dal rumore e dagli strilli, si era affacciato alla porta del tempio brandendo un nodoso bastone. - C’è gente che sta male qui. E poi siamo sempre in un luogo sacro, che diamine… - Osservando chi gli si parava davanti si accorse dell’identità delle ragazze, e subito la sua espressione arrabbiata mutò nella più famigliare faccia dolce e tranquilla. - Oh, ma siete voi. Scusate la sfuriata, ma Rei non sta affatto bene. Dal primo pomeriggio ha una febbre da cavallo e delira…
- Rei con la febbre?! - Esclamò stupita Minako. - Ma se ieri stava benissimo!
- Infatti. - Annuì il vecchio facendo cenno di entrare. - E’ per questo che mi sono preoccupato ancora di più… Provate a parlarci voi. Con me continua a delirare di demoni e di pericoli.
- Proveremo a vedere. - rispose seria Makoto, levandosi per prima le scarpe prima di accedere alla sacra costruzione.
Seguendo l’esempio dell’amica, tutte le ragazze entrarono nel tempio e quindi, scortate dal sacerdote, nella stanza di Rei, che era distesa a letto, sudata, un panno bianco sulla fronte e una bacinella di acqua a lato del letto. Minako si accovacciò vicino a lei, e con gentilezza le sollevò la pezza e la bagnò nell’acqua fredda, la strizzò e la posizionò nuovamente al suo posto. Rei, forse svegliata dal freddo panno, si mosse sotto le coperte per qualche secondo, aprì gli occhi a stento e guardò l’amica con aria assente.
- I demoni, Minako… i demoni. - sussurrò tentando di tirar fuori, inutilmente, una mano dalle lenzuola.
- Adesso stai tranquilla. - Cercò di rassicurarla Makoto. - Non ci sono demoni, qui, ma solo amiche. Hai visto? Ci siamo tutte.
- Certo! Non ti abbiamo visto al bar e ci siamo preoccupate. Soprattutto mi mancavano le tue lamentele nei miei confronti. - ridacchiò Usagi guardandola con occhi dolci.
Rei sorrise forzata e tossì convulsamente. Minako le cambiò nuovamente la pezza, quindi infilò una mano sotto le coperte per stringere la mano all’amica.
- Grazie per i vostri tentativi di tirarmi su il morale, ma non sto delirando come dice il nonno… ci sono i demoni vicino a noi… e stanno per attaccarci. Hanno una regina, e ci odia. Io l’ho vista. Se potessi ricordarmi il volto…
- Non ci pensare. Devi solo riposare… - le consigliò Usagi, ormai prossima al pianto.
Una smorfia di dolore deformò la faccia di Rei, mentre grosse gocce di sudore le imperlarono la fronte. Le ragazze si guardarono una con l’altra e annuirono. La bionda lasciò la mano dell’amica e come le altre si alzò.
- Noi adesso andiamo e ti lasciamo riposare, ma non preoccuparti. Domani torneremo con i dolcetti che ti piacciono tanto. - la rassicurò Ami.
- Sempre che Usagi non li mangi tutti prima di arrivare. - sussurrò Rei tentando un sorriso.
- Ecco. Lo sapevo che dovevo prendermi qualche colpa. - sbuffò Usagi incrociando esageratamente le braccia, felice che l’amica si stava riprendendo abbastanza da sgridarla.
Rei sorrise. Guardò uscire le ragazze dalla porta. Il suo sguardo era serio e pensieroso.
- Non sto delirando. I demoni sono arrivati, e quella Sailor da Usagi…

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Capitolo 17
*** Paura e panico - Capitolo 7 ***


Era notte a casa di Usagi. Come avveniva quasi ogni sera, Chibiusa preferì il tepore rassicurante del letto di Usagi e la serica pelliccia di Luna che il suo lettino e il suo peluche rosa a forma di coniglio, così che anche quella notte nel letto della ragazza vi erano tre occupanti. Agitata nei sogni come nella vita reale, la giovane aveva fatto cadere la coperta e le lenzuola, dormendo così scoperta e scomposta. La piccina, stringendo forte un cuscino orlato di pizzo rosato, stava utilizzando come guanciale la pancia della proprietaria del giaciglio. La saggia gatta aveva adottato, ormai abituata all’incursione notturna di Chibiusa, una posizione rannicchiata vicino alla schiena della piccola. D’improvviso la brezza leggera che spostava solo saltuariamente le foglie dei cespugli divenne per un istante un forte e gelido vento che mosse irato le fronde dell’albero davanti alla porta-finestra da cui si accedeva al balcone della stanzetta. Calò improvviso come si era sollevato, lasciando una sagoma scura davanti all’entrata a vetri. I suoi occhi erano rossi e cattivi, brillanti di una luce cattiva mentre comparve nelle sue mani un’arma lunga, dotata di un lungo manico che sosteneva in cima quella che sembrava un’ascia bipenne cesellata e traforata. Come disturbata, Chibiusa si girò di colpo e si risistemò adottando una posizione fetale, schiacciando la sfortunata gatta. Questa si svegliò di colpo, trattenendo un grido di dolore per evitare di svegliare le due giovani. Con forza si aggrappò al letto e si trascinò da sotto la schiena della piccola, ringraziando le sue sette vite e l’agilità della sua forma felina. Per un secondo intravide la sagoma che la stava silenziosamente osservando da fuori dalla finestra. Sbatté gli occhi, ancora annebbiati dal sonno che non l’aveva ancora abbandonata, ma non vide più nulla.
- Ma era un sogno? - pensò preoccupata, mentre Morfeo la chiamava nuovamente a sé.
Sbadigliò, ormai al sicuro sull’orlo del letto, quindi si spostò pigramente, grazie a un paio di salti, sul comodino, accanto alla sveglia, e si riaddormentò.

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Capitolo 18
*** Paura e panico - Capitolo 8 ***


La mattina dopo, come da circa una settimana, Kaori entrò sconsolata dall’ingresso principale dell’università e si diresse all’aula dove avrebbe seguito, assieme a Mamoru e a Yosei la lezione di “Formule più che assurde”. Come ogni giorno passò davanti alla bacheca, a lato della segreteria generale, dove tutti gli avvisi ufficiali venivano affissi. Appena dopo averla superata si fermò, rendendosi conto che qualcosa non tornava. Infatti, contrariamente al solito, c’era un nutrito gruppo di persone ad osservare il grosso pannello ligneo su cui venivano esposti i bandi di concorso o le altre carte ufficiali. Incuriosita, tornò indietro e guardò distrattamente uno dei tanti fogli appesi, che veniva continuamente additato da un ragazzo o da un altro. Non riuscendo a leggere quello che vi era scritto, la giovane decise che vi era un solo modo per scoprire cosa avesse provocato tanto fermento. Si sistemò la borsa affinché non le scivolasse dalla spalla e si fece largo a gomitate e spintono fino a giungere davanti alla lastra di vetro che proteggeva i fogli dall’essere imbrattati o strappati prima del tempo.
- “Bando di concorso per la creazione di un’orchestra universitaria con scopo di beneficenza”. - Lesse ad alta voce Kaori rabbrividendo all’ultima parola. - Che stupidaggine è mai questa?
- Non dirmi che interessa anche a te l’orchestra? - le chiese, ridendo, una voce femminile fin troppo famigliare.
- Perché? - risponde arrabbiata lei, voltandosi verso destra, piantando così gli occhi in faccia a Yosei, che silenziosamente e chiedendo affabilmente scusa era riuscita ad arrivare accanto all’altra ragazza ed ora stava osservando il bando con il sorriso sulle labbra.
- Ma… mi sembravi la tipa da heavy metal. Non da classica. - ironizzò la ragazza con un dolce sorriso.
- Per tua informazione, suono benissimo il pianoforte e l’organo. Tu invece, che cosa strimpelli? - le replicò caustica Kaori, ponendosi le mani sui fianchi.
I presenti, accortisi che la situazione stava degenerando nella ormai quotidiana lotta a suon di insulti e successivamente di graffi, pugni e prese per i capelli, si allontanarono, anche se non di molto, mentre i soliti iniziarono ad accettare scommesse su chi avrebbe ceduto per prima.
- Suono l’arpa, che è un vero strumento femminile.
- E’ l’unica cosa di femminile che hai, allora.
- Cosa vorresti insinuare? - urlò Yosei avvicinandosi all’altra.
Ormai distavano una dall’altra poco meno di una spanna.
- Cara… - Iniziò lei sdolcinata. - Io non insinuo. Dico solo quello che è vero. - concluse acida rimboccandosi le maniche della camicetta, subito imitata dall’avversaria.
Attirato dal vociare divertito che proveniva dalla bacheca, Mamoru rinunciò al suo caffè mattuttino e deviò verso la bacheca, giungendo un attimo prima che le scommesse si chiudessero.
- Cosa succede? - domandò innocente ad un suo amico, intento a puntare cinque yen sulla pianista.
- Le tue due spasimanti stanno attaccando briga per l’ennesima volta, e credo che questa volta sia all’ultima ciocca di capelli! - rise in risposta il giovane.
- Ancora? Adesso mi sentono… - sbottò irato, facendosi largo tra la folla che stava ssistentdo allo scontro, iniziato da pochi secondi e quindi ancora nella fase di riscaldamento degli insulti.
Ringraziando il cielo, Mamoru raggiunse le due un attimo prima che si mettessero le mani addosso, e si frappose tra loro allargando le braccia.
- Dico, ma siete impazzite? - domandò urlando guardando prima una e poi l’altra delle giovani, che abbassarono per un istante gli occhi, pentite.
- Ha iniziato lei! - dissero in coro additandosi a vicenda.
La scena provocò un diffuso mormorio e alcune risate tra i presenti.
- E qual è il motivo questa volta? - chiese sconsolato il ragazzo, quasi trascinando all’aula dove avrebbero da lì a poco seguito una lezione le due amiche, cosa che costrinse i bookmaker a invalidare tutte le scommesse sullo scontro e a sperare che l’indomani Mamoru giungesse in ritardo.
Le due si guardarono in cagnesco, ma non risposero.
- Allora?
- Ecco, vedi… Quella lì dice che il piano non è uno strumento musicale da femmine. - iniziò Kaori offesa e quasi sull’orlo delle lacrime, tentando di commuovere l’amico.
- Ho solo detto che l’arpa è più da femmine che l’organo o il pianoforte.
- Sì, ma per suonare il piano ci vuole più bravura. Voi con l’arpa avete addirittura colorato le corde, altrimenti non vi ricordate cosa dovete suonare… - disse caustica Kaori, già dimentica delle lacrime.
- Guarda che l’arpa non è uno strimpellare di corde picchiate da dei martelli come quello che suoni tu… L’arpa è qualcosa di meraviglioso, di angelico.
- Evita quella parola in mia presenza! Ho già il mal di stomaco dato che ti vedo ogni giorno…
- La volete finire! - Si intromise isterico Mamoru, scrollando le braccia delle due, che aveva afferrato ai polsi e non aveva ancora lasciato. - Due bambine di cinque anni si comportano meglio di voi! Entrambe sapete suonare uno strumento bellissimo. - Tentò di frenare la collera e si impose una voce gentile, per quanto gli fu possibile. - Perché invece che litigare non tentate di andare d’accordo e vi iscrivete tutte e due all’orchestra? Ne sarei davvero felice…
- Beh, se lo dici tu… - sospirarono entrambe estatiche, facendogli gli occhi dolci e abbracciandolo alla vita quasi nello stesso momento.
Il giovane si accorse che si stavano guardando come se volessero uccidersi, convinte che solo una delle due aveva il diritto di toccarlo. Scosse la testa sconsolato, alzò gli occhi al cielo e sospirò, contento che fossero giunti in classe e che altri problemi più urgenti avrebbero riempito la testa sia sue, che delle sue due spasimanti.
- Ma cosa ho fatto di male? - pensò sedendosi e osservando come sia Yosei che Kaori si affrettarono a sederglisi accanto, sotto gli occhi divertiti degli altri presenti, che le consideravano già delle leggende locali, fatti straordinari da raccontare ai nipoti in un lontano futuro.
Pochi minuti dopo sulla porta comparve Takeru, il volto sorridente e un mazzo di fiori gialli e azzurri in mano. Con l’altra si sistemò il colletto della divisa e si schiarì la voce, avvicinandosi alla giovane dai capelli raccolti a treccia, che non lo degnò di uno sguardo.
- Ciao… Kaori. - Arrossì. - Ti piacciono questi fiori? Li ho comprati apposta per te! - sorride lui abbassando gli occhi e dondolandosi sul busto come i bambini.
Kaori alzò lo sguardo dalla rivista alternativa che stava sfogliando, strappò letteralmente i fiori dalla mano del giovane, li annusò un istante e li mise sotto il banco, rovinandoli leggermente.
- Belli. - disse lapidaria, quindi tornò a leggere la rivista.
Takeru non si mosse, troppo inebetito dal fatto che lei avesse accettato il suo regalo. La ragazza rialzò gli occhi e lo fissò come se volesse ucciderlo.
- Devi darmi ancora qualcosa?
- Eh… Io… No, ma… credevo… - balbettò, viola in volto.
- Credevi male. Ora fila, o cambierò idea e ti userò come strofinaccio per il pavimento dell’aula magna!
Seguendo il consiglio della sua amata, il ragazzo si mosse, sedendosi due file dietro di lei.
- Le sono piaciuti… - sussurrò massaggiandosi la guancia come se fosse stato colpito, quindi si mise a guardare il soffitto, come inebetito.
- Non troverai mai un fidanzato se ti comporti sempre così! - Ridacchiò Yosei avendo osservato la scena smettendo a tratti di fissare l’amico che stava tra lei e l’altra, in evidente disagio. - Chi ti vuole bene lo devi trattare con dolcezza. Dico bene, Mamoru? - concluse guardando con occhi sognanti il ragazzo.
Kaori rispose fulminando i due con lo sguardo.
- Mi conviene far finta di niente o Usagi sarà vedova prima di sposarmi. - pensò passandosi un dito nel colletto quasi a prendere fiato e guardando in alto.

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Capitolo 19
*** Paura e panico - Capitolo 9 ***


Durante la lezione i tre giovani furono impegnati a prendere appunti come e più degli altri ragazzi, in quanto la fama delle due ragazze e il fatto di trovarsi nelle prime file portava il professore a soffermare lo sguardo spesso e a lungo sulle tre figure. Mamoru, dal canto suo, tentava di scrivere tutto quanto gli riusciva, ma trovava fastidioso che la sua amica dagli occhi viola si sporgesse ogni cinque secondi per copiare da lui quanto il professore diceva, lanciando poi ogni volta uno sguardo sognante e un sospiro che avrebbe mosso a compassione una pietra.
- E’ imbarazzante, ma non oso dirle niente o oggi rischio di ricevere un trattamento simile a quello che riserva a Takeru. - tentò di convincersi di tanto in tanto, non notando affatto che alla sua destra Yosei non toccava affatto la penna, la quale comunque scriveva velocemente e senza sosta tutto ciò che veniva detto o disegnato alla lavagna.
- Chissà a cosa si stava riferendo Mamoru quando parlava dei gatti che parlano? - Si domandò la giovane tra sé e sé guardando distratta la lavagna, una mano a sostenere il viso, l’altra intenta a sfiorare svogliatamente il banco. - A chi si riferiva dicendo gli altri due? O stava scherzando, o c’è sotto qualcosa di importante, e che devo scoprire…
All’improvviso si accorse che il leggero male alla testa che la infastidiva nei suoi ragionamenti da qualche minuto era causato dall’uso prolungato dei suoi poteri particolari. Vide la penna che si muoveva da sola copiando alla velocità dei suoi pensieri ciò che il professore stava spiegando, e spaventata la prese in mano e continuò lei a scrivere, sebbene fosse più intenta in quel momento a guardarsi in giro spaventata per controllare se qualcuno si è accorto del suo sistema per avere gli appunti più precisi che si potessero trovare in giro. Con un sospiro di sollievo constatò che tutti i visi erano chini sui fogli o fissi sul professore. Si portò una mano sul petto, quasi a calmare il battito impazzito del cuore.
- Meno male, nessuno si è accorto di niente. Chissà come reagirebbero vedendo che sono una telecinetica… - Ridacchiò, ormai tranquilla, tra sé e sé. - Senza contare la mia capacità di cambiare aspetto e forma e di essere bellissima e bravissima. - Ci pensò su un secondo. - Beh, forse le ultime due cose sono ancora da verificare, ma io ne sono certa.
Al pomeriggio, finita la lezione due ore dopo la fine della pausa pranzo, Yosei e Mamoru si dovettero attardano a parlare con il professore come avevano in programma già dal giorno prima, stupiti ma quasi sollevati che, al contrario di quanto avevano previsto, Kaori non solo non fece storie, ma anzi raccolse il più velocemente possibile le sue cose, le gettò nella borsa che mise a tracolla e sparì alla vista prima ancora che le avessero potuto dire ciao.

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Capitolo 20
*** Paura e panico - Capitolo 10 ***


Giunta da pochi minuti nel suo attico dove aveva stabilito la sua residenza sul piano materiale, la giovane si sciolse la treccia e, mentre una decina di demonietti spuntati dal nulla le pettinavano con grazia i capelli e glieli legavano nuovamente con un fiocco appena tirato fuori da uno dei tanti cassetti dell’armadio dove teneva tutto il vestiario, si concesse un veloce pasto preparato e servito da altri mostri come quelli che la attorniavano da quando aveva oltrepassato la soglia della casa.
- Va bene, va bene! - Sbuffò la giovane per mandare via i vari servitori, avendo ormai finito di sbocconcellare la mela a conclusione del pasto. - I capelli vanno bene, e anche il pasto era mangiabile!
- Troppo gentile, padrona… - squittì uno degli esseri, sfregandosi le mani in un gesto viscido come la pelle di un serpente.
- E ora, torniamo a fare visita al tempio e al caro vecchietto, sperando che nel frattempo le condizioni di quella smorfiosa siano peggiorate… - disse incurante di quanto le era stato detto e indifferente alla calca di demoni che si erano avventati sui resti del suo pasto.
Si osservò allo specchio, sfiorò con un sorriso gli orecchini che scintillarono di riflesso malvagio, gettò un ultimo sguardo sulla camera e uscì, sbattendo violentemente la porta.
Attraversò la città con un passo degno di un maratoneta, incurante di una figura minuta che la seguiva da una decina di minuti, attenta a non farsi scoprire
- Credevo di essermi sbagliata, ma ora sono certa che sto pedinando mia sorella, o almeno il suo corpo. Quello che non mi spiego è cosa sta facendo e dove stia andando, dato che in genere un morto dovrebbe starsene tranquillo dove è rimasto da parecchi secoli. Ho un dubbio, ma spero che la cosa si riveli infondata, anche se ciò mi porterebbe solo ad un mistero in più da risolvere. Dalla direzione, sembrerebbe dirigersi al quartiere del tempio di Rei. Che motivo avrebbe, però, di dirigersi lì? - Si domandò corrucciata Hikari continuando a spiare Kaori. - Nemmeno conosce Rei, o non dovrebbe conoscerla, dato che non frequenta la sua scuola. Oggi, non essendo venuta, mi sono preoccupata, e sto andando a farle visita. Ma lei? Che motivo ha di andare in quel luogo sacro? Certo se la sua anima fosse ancora presente, sarebbe la persona più indicata per trovarsi in un tempio, ma adesso come adesso, il corpo di Ai non può che contenere l’anima della mia figlia più scapestrata, anche se spero ancora di essermi sbagliata…
Nelle vicinanze del tempio, in una stradina laterale deserta, Kaori si fermò improvvisamente e osservò attenta che non ci fosse nessuno nei paraggi, non accorgendosi invece che Hikari era poco lontana e la stava osservando attentamente, curiosa di sapere perché avesse deviato dalla ormai unica via che portava al tempio del nonno della sua nuova amica. Con un tuffo al cuore la giovane dalle insolite mèches vide l’altra sfiorare gli orecchini che si trasformarono immediatamente in due piccoli pipistrelli stilizzati e si illuminarono debolmente mentre una serie di fasce nere come la notte fuoriusciva dal terreno tutto attorno a lei e la avvolgevano come un bozzolo di oscurità, pulsante di una malvagia vita. Alcuni secondi dopo le bande si seccarono e si sgretolarono mostrando il corpo all’interno, che presentava dei lunghi capelli viola e un vestito che Hikari riconobbe prima del volto di chi lo indossava.

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Capitolo 21
*** Paura e panico - Capitolo 11 ***


- Mia figlia... Sailor Dark! - Si stupì, gli occhi sgranati. - Di tutte le possibilità, proprio la più pericolosa e infausta doveva accadere…
La giovane vestita con la cupa marinaretta saltò agilmente in direzione del tempio, all’oscuro che la sua identità segreta era stata scoperta, sparendo alla vista della ragazza, che fuggì come spaventata nella direzione opposta. Giunta al boschetto del tempio, Sailor Dark si guardò in giro scrutando la zona dall’alto di una pianta, su cui si era agilmente appollaiata dopo alcuni salti che l’avevano portata dal punto in cui si era trasformata a dove si trovava in quel momento. Sembrava cercare qualcosa, e si portò una guantata mano sul viso per farsi ombra e osservare non disturbata dai forti raggi del sole.
- Bene, sembra che quel pazzo vecchiaccio scatenato non sia nei paraggi! - Pensò contenta non notando nessuno in giro. - Non sarei riuscita a sopportarlo. Oggi devo riuscire a scoprire se è quella peste con i capelli rossi a emanare tutto il potere che ho sentito ieri, e se è lei… - non concluse il pensiero, sorridendo malvagia e facendo comparire la Fatal Axe tra le sue mani.
Come gazze richiamate dal brillare di un oggetto dorato, i due corvi che il giorno prima avevano attaccato Usagi alzarono la testa guardandosi in giro, fissarono l’attenzione sulla scura figura che nel frattempo era scesa sul vialetto e si mossero, sbattendo grevemente le ali. Dopo un paio di giri sopra Kaori, si appollaiarono sulle sue spalle, irrigidendosi mentre i loro occhi si facevano rossi e senza pupille, intrisi di odio.
- Lo so, bimbi miei, che attendavate questo momento. - Sussurrò loro la Sailor, accarezzandoli sotto il becco. - Sono secoli che la vostra stirpe non mostra cosa è in grado di fare, ma ora è il momento di tornare a servirmi.
- Certo che ho fatto i compiti! - Sbottò la giovane dai codini gialli rispondendo alla domanda tra l’ironico e il divertito di Ami. - ho fatto sia inglese che grammatica, ma mi manca matematica…
- Sbaglio o domani c’è l’interrogazione di recupero per chi non ha passato il compito in classe? - le chiese Rei, che quel pomeriggio si sentiva abbastanza meglio da sedere sul letto, la schiena sorretta da vari cuscini.
Sulle sue gambe poggiava un contenitore ormai quasi vuoto, ma che fino alla mezz’ora precedente era colmo dei biscotti che con tanta cura Mako aveva cotto per lei e che con altrettanta cura le altre avevano tenuto lontano da Usagi durante il tragitto.
- Già… Però ho preferito prima finire i compiti che doveva fare per l’altro ieri, poi farò quelli per domani.
- E quando?
- Non lo so, Rei, ma ti avvertirò appena inizierò a farli. Contenta? - domandò falsamente acida la giovane, allungando la mano nel contenitore e afferrando un o dei pochi dolci rimasti all’interno.
Stava per addentarne uno, quando la sua amica a letto si rovesciò sui cuscini come se avesse ricevuto un forte colpo nelle reni. Ansimava vistosamente, mentre piccole gocce di gelido sudore le si formavano sul volto impallidito. Ami e Minako si avvicinarono immediatamente a lei, mentre Usagi si allontanava, sapendo che non poteva essere di aiuto, e stringeva la mano di Mako, spaventata quanto e più di lei della situazione dell’amica.
- Ho visto… - Sibilò a denti stretti. - ho visto il pericolo! E’ qui, mi vuole…
- Non c’è nessuno. Stai calma, è solo la febbre che ti fa delirare… - tentò di tranquillizzarla Minako, passandole una pezza bagnata sulla fronte.
- Ha ragione. C’è qualcosa qui fuori, e non mi piace la potenza che ha… - interruppe Luna, alzandosi sul cuscino della sedia su cui si era accoccolata da quando erano andate a fare visita all’amica malata.
- Non mettertici anche tu! - la rimproverò Usagi, lasciando la mano di Makoto, che si avvicinò istintivamente alla finestra e guardò fuori.
- Lo sai che non scherzo mai su queste cose.
- Ragazze… - Attirò l’attenzione la più alta del gruppo, non staccando gli occhi dal vetro. - Credo che dobbiate venire a vedere una cosa…
Ad eccezione di Minako, che rimase al capezzale per aiutare Rei a stendersi e a riposare, le altre si assieparono alla finestra, vedendo non con un brivido di paura la figura che una settimana prima aveva attaccato la casa di Usagi.
- Sembra che non ci abbia visto… - sussurrò Ami.
- Già. - Confermò Mako. - Sta guardando nella nostra direzione, ma verso l’alto. Chissà cosa l’attirerà del tetto?
- L’antenna parabolica?
- Ma cosa ci trova Mamoru nella tua testa? - La rimproverò scherzosamente Ami. - Gli piace la sensazione del vuoto assoluto?
Come risposta, la giovane dai lunghi codini le mostrò la lingua, per poi tornare immediatamente seria vedendo che Sailor Dark aveva evocato la sua arma a forma di ascia e aveva iniziato a farla roteare sopra di sé con un gesto che non mancava di grazia. La nube nera che si formò sopra di lei e il successivo colpo spaventarono non poco le giovani, che si spostarono istintivamente dalla finestra, indietreggiando.
- Sei sfuggita al mio Black Hole Vortex, ma vediamo quante volte potrai evitarlo, ragazzina! - sentirono gridare stizzita la ragazza dai lunghi capelli lavanda mentre evocavano i loro poteri e si trasformavano nelle guerriere Sailor.
- Aspettate, arrivo anche io! - si sforzò di alzarsi Rei, vedendo che anche Minako si era allontanata dal letto per compiere la sua trasformazione.
Una fitta dolorosa alla testa e delle vertigini le impedirono di scendere dal letto, impresa ardua dato che Sailor Jupiter e Sailor Moon si erano avvicinate a lei e l’avevano bloccata.
- Non tentarci neppure, Rei! - le intimò con uno sguardo pieno di dolcezza Mako.
- Tu pensa a stare a letto, che a quella befana ci pensiamo noi… - sorrise la ragazza con i codini gialli.
Non pienamente convinta, la giovane si rassegnò a rimanere a letto.
- Fate attenzione…
- Tranquilla. Tu pensa a guarire! - esclamò Sailor Venus, chiudendo la porta alle sue spalle essendo l’ultima ad uscire dalla stanza.

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Capitolo 22
*** Paura e panico - Capitolo 12 ***


Uscite dal tempio, le Sailor si accorsero che la loro nemica si era spostata alla loro sinistra, e dei rumori provenivano dal tetto, come se qualcuno ci stesse saltando sopra. Si allontanarono dalla porta d’ingresso e guardarono verso l’alto, scorgendo un’altra figura che avevano già visto a casa di Usagi. Sailor Sun stava spostandosi velocemente, incurante della pericolosità delle tegole del tetto, e quasi ridendo evitava i colpi che l’avversaria le lanciava sempre più furente. Ad un tratto, come attirata da un rumore fastidioso o da qualcosa che la metteva a disagio, Sailor Dark si voltò verso il gruppetto di amiche, osservandole con odio.
- Ci siete anche voi, streghette! - Disse acida, puntando verso di loro l’ascia, che risplendette nella luce del forte solo del pomeriggio. - Siete quindi d’accordo, voi e questa poppante dai capelli a strisce!
- Poppante a chi? Ricordati che stai parlando con…
- Con una megera che vuole rompermi le uova nel paniere! Non mi interessa ocme ti chiami, so che sei mia nemica da sempre, e questo mi basta…
- Sei sempre stata una testa dura. Tutta tua zia, in quello…
- Qualcuno sa di che cosa stanno parlando? - chiese curiosa Sailor Moon alle altre, che scossero la testa affrante.
- Un lavoro per volta. - Sembrò parlare tra sé e sé la giovane dalla marinaretta nei toni del viola. - Tu sei mia, ma le megere qui possono vedersela con i miei amici…
Sfiorò la spilla a forma di occhio chiuso che ornava il centro del fiocco viola sul davanti del suo costume, e due piccoli raggi di luce nera scattarono dalla pupilla del monile verso i due corvi appollaiati su un ramo. I due animali caddero a terra come morti, ma subito si rialzarono, e sbatterono le ali per i pochi secondi che li portarono ad ingrandirsi fino a dimensioni umane e ad assumere un aspetto antropomorfo. Le ali si spostarono dietro la schiena, mentre due braccia nere e artigliate si formarono nel tempo che il becco si muniva di poderosi e affilati denti.
- Paura! Panico! Unici figli rimastimi, uccidete quelle sciocche Sailor e portatemi i loro cuori!
I mostri si avventarono sul gruppetto, che preso alla sprovvista e terrorizzato dall’aspetto immondo delle due creature, ebbe la peggio già nei primi minuti dello scontro, che vedeva anche, poco distante, la battaglia furiosa combattuta fra Sailor Sun e la ragazza con l’ascia, che riusciva, anche se con sforzi apparentemente sempre più spossanti, a parare i colpi a base di calore che la giovane lanciava con o senza l’ausilio di un piccolo ventaglio che le compariva in mano come per magia quando doveva respingere dei piccoli vortici neri che Sailor Dark lanciava in continuazione, vedendo che il Black Hole Vortex era inefficace.
- Se non avete un miracolo a disposizione, credo che questa volta abbiamo perso! - gridò Sailor Mercury, tentando di rialzarsi dopo l’ennesimo colpo ricevuto da una delle due creature, che sembravano immuni o scarsamente colpite dai vari colpi che avevano ricevuto.
Erano diversi dai mostri che avevano combattuto in precedenza, dato che erano furbi, agivano in armonia, accanendosi in primo luogo su Usagi, e tornando su di eli quel tanto che bastava per impedirle di compiere il suo colpo segreto, che sicuramente li avrebbe costretti ad abbandonare i corpi dei corvi e tornare nella dimensione da cui provenivano. Minako era svenuta, Mako aveva un braccio sanguinante e anche lei non era certo in uno stato migliore, quindi, anche senza chiedere al suo computer che speranze avevano di sconfiggerli, Sailor Mercury sapeva che la risposta sarebbe stata uno zero seguito da altri zeri.
- Deimos! Phobos! - gridò autoritaria una voce che fece sobbalzare Ami e voltare i due esseri, che stavano per avventarsi su di lei.
- Sailor Mars! - Esclamò Makoto, aiutando Sailor Moon a rialzarsi. - Non sei in condizione di…
- Le discussioni a dopo. Ora pensiamo a ricacciare questi due cosi da dove sono venuti. - tagliò corto la giovane, che si reggeva a stento all’intelaiatura della porta di ingresso.
- Dove abbia la forza di non crollare svenuta, lo sa solo lei! - Commentò Sailor Jupiter, sollevando Minako e facendole riprendere i sensi. - E’ pallida come uno spettro…
- Deimos. Phobos. Cosa vi è successo? Chi vi ha ridotto così? Siete i corvi protettori di questo tempio da anni. - Disse gentile la giovane dal costume rosso e bianco. - Mi avete visto nascere, siamo cresciuti assieme…
Mentre parlava, i due esseri si avvicinarono a lei, sospettosi ma incerti sul da farsi.
- Sailor Moon, sbrigati! - La spronò Sailor Vanus, appoggiandosi al suo braccio guantato. - E’ la nostra unica possibilità! Fai qualcosa…
- Giusto! - Annuì la ragazza. Poi si rese conto improvvisamente che l’unica speranza che avevano se ne era andata con Pegasus. - E ora cosa posso fare? - pensò, bloccandosi appena prima di formulare il colpo.
- Non ti preoccupare, Sailor Moon. In te, come in tutte voi, c’è un potere così grande che nessuno potrà mai eguagliare… - Una voce calda e rassicurante parlò alla mente di Usagi. - Usa il tuo amore, la tua gioia di vita, e così potrai affrontare ogni tipo di pericolo. Ti aiuterò io, le prime volte, poi dovrai cavartela da sola.
- Ma chi? - borbottò la giovane, stupendo le amiche, che la vedevano ferma, mentre i mostri si stavano avvicinando famelici a Rei, che a stento si reggeva in piedi.

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Capitolo 23
*** Paura e panico - Capitolo 13 ***


Come se stesse facendo qualcosa di semplice come camminare, Sailor Moon si concentrò su tutte le cose belle della vita, e senza accorgersi estrasse dal suo petto un cristallo luminescente, che costrinse le altre ragazze a ripararsi gli occhi con le guantate mani per non rimanere abbagliate. Accanto a lei si formò velocemente un’immagine speculare alla sua, vestita con una marinaretta identica alla sua ma dai colori opposti. Anche la sconosciuta, che aveva una consistenza incorporea, teneva in mano un cristallo brillante come quello dalla giovane dai lunghi codini biondi, che sentì un’ondata di energia raccogliersi nel suo cuore, finché non le fece male così tanto da costringerla a stringere i denti.
- Ora! - le ordinò mentalmente la voce.
- Twin stars power, azione! - gridò Usagi, liberando il potere che era stipato nel cristallo davanti a lei, cosa che sembrò fare anche la gemella vestita di nero. Dei piccoli e velocissimi dardi di luce bianca e nera si unirono e si avvitarono come una treccia, per poi dividersi nuovamente e raggiungere i due mostri e costringerli tra atroci grida a tornare dei semplici corvi. Sailor Moon si accasciò al suolo priva di sensi.
- Sailor Moon! - urlò Minako, avvicinandosi.
- E’ svenuta! - Spiegò Ami dopo aver consultato il suo computer. - Ha avuto la forza di compiere un colpo che secondo i dati in mio possesso è stato fatto da tre entità distinte, di cui solo una era Sailor Moon. Essendo la prima volta, questo l’ha spossata oltremodo. Non credo che riuscirà a ripeterlo per un bel po’ di tempo…
- Usagi… - sussurrò Rei, le lacrime agli occhi osservando il corpo inerte dell’amica.
La sua attenzione fu attirata dalle urla selvagge di Sailor Dark, sempre più furiosa per i continui fallimenti nel tentare di colpire la giovane sul tetto, che sembrava quasi divertirsi, mentre la spilla che era fissata sul suo petto brillava in maniera innaturale, come dotata di vita propria. Una vampata di odio arrossò le pallide guance di Sailor Mars.
- Dici di essere la madre degli abomini che si erano impossessati dei miei amici corvi… vediamo come reagisci contro queste…
Con le sue ultime forze, Rei evocò due pergamene scaccia demoni e le lanciò contro Sailor Dark, che urlò di dolore e lasciò sfuggire la Fatal Axe nel momento in cui i pezzetti di carta si incollarono al suo dorso, sfrigolando.
- Ti sono in debito di un favore! - rise Sailor Sun verso Rei, quindi allargò le braccia sopra di sé per alcuni istanti.
Un tenue arcobaleno si formò fra i palmi aperti delle mani, passando poco sopra il volto incorniciato da una cascata di capelli rossi, ad eccezione di due piccole mèches bianche ai lati.
- Sunshine Rainbow, azione!
Dal suo corpo si formarono altre quattro o cinque copie di lei, che saltarono a terra e si disposero a circondare, assieme all’ormai indistinguibile originale, la nemica, che solo in quel momento si era ripresa dallo shock delle pergamene di Sailor Mars.
- Indovina cosa succede adesso! - ridacchiarono le varie Sailor Sun nei confronti di Kaori.
- Non oserete…
- Heat Wave, azione!
Una serie tremolii causati dal calore si riversarono sul corpo della Sailor scura, che capì solo all’ultimo momento quale dei colpi era reale, ricevendolo in piena schiena. Il potere fu così forte da strappare in più punti l’uniforme della giovane, che si vide costretta a scappare con un agile salto su un albero poco lontano.
- Questa volta avete avuto fortuna, ma la prossima… - Sembrò minacciare le giovani con un mezzo sorriso d’odio Sailor Dark. - Heel’s Door, azione!
Mimò l’apertura di una porta a due battenti, e subito davanti a lei si formò un cancello di metallo dall’aspetto incandescente, ornato di arcani simboli. Si spalancò, facendo intravedere del buio innaturale, in cui immediatamente la giovane si gettò. Il portale si richiuse, per poi svanire nel nulla pochi istanti dopo.
- Certo che sa come uscire di scena… - commentò Rei prima di accasciarsi a terra, svenuta.
- Iniziamo ad avere delle cattive abitudini, da queste parti! - disse scherzosa Makoto soccorrendo l’amica, che aveva già ripreso conoscenza, ma che non aveva la forza di muoversi. - Prima Usagi, ora tu. Non è che ci state prendendo gusto?
Rei sorrise forzatamente.
- Credo che abbiamo una nuova alleata, anche se restia alla compagnia… - sussurrò, avendo notato che Sailor Sun era sparita senza che nessuno se ne accorgesse.

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Capitolo 24
*** Paura e panico - Capitolo 14 ***


Kaori, spazzolandosi violentemente i lunghi capelli neri con una spazzola fatta di grigie ossicine, meditava nel buio della sua stanza, in cima ad uno dei palazzi nel centro di Tokio. Odiava le Sailor, e odiava ancora di più che le avessero rovinato i piani per due volte di fila. Quel tempio nascondeva un segreto, ma poteva aspettare. La sua vendetta aveva la precedenza.
- Vi odio, Sailor. Vi odio con tutto il cuore, se ne avessi uno! - gridò furente, picchiando il pugno sul bracciolo del suo trono fatto di demonietti. Il bracciolo si lamentò lievemente, ma non si mosse.
- In particolare, quella smorfiosa che tutti chiamano Sailor moon, che tanto assomiglia a quell’altra befana, la cara dolce spregevole fidanzatina di Mamoru. Credo che mi divertirò parecchio a ucciderle entrambe allo stesso momento…
Rise, una di quelle risate malvagie che tanto odiavano i suoi servi perché volevano dire solo guai, e lei era la migliore per crearli, sulla Terra così come nel suo regno, la dimensione dei demoni. Un pezzo dello schienale sospirò, ma il rumore fu assorbito dal buio che riempiva la stanza.

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Capitolo 25
*** Duello all'ultima nota - Capitolo 1 ***


La mattinata in università era trascorsa tranquilla per Mamoru e i suoi amici, sebbene l'assenza delle due ragazze più in vista del corso aveva provocato non pochi mormorii e un cuore infranto.
- Dai Takeru, non puoi fare così! - tentò di consolarlo il giovane dandogli piccole pacche sulle spalle. - Avrà avuto qualcosa d'altro da fare. E' una donna piena di impegni, lo sai anche tu...
Per tutta risposta il ragazzo lo guardò con gli occhi in lacrime e sospirò, tornando a osservare mesto l'ormai quotidiano mazzo di fiori che le comprava e che puntualmente finiva o schiacciato sotto il banco o nel cestino.
- Mi manca...
- Per mezza giornata. Dai non fare così...
- Mi manca il suo modo di volermi bene...
- Ma se di solito ti lascia l'impronta della sua mano per almeno due ore sulla guancia... - intervenne un biondino dagli occhi vispi, suo profondo amico e co-allenatore della squadra di pallavolo dell'università.
- Tetsuo, per favore. Se intendevi tirargli su il morale, tanto valeva che gli sparavi direttamente! - lo rimproverò Mamoru, anche se non riusciva a non sorridere considerando che quello che aveva detto il giovane era perfettamente vero. Kaori era una bellissima ragazza, energica, indipendente, ma definirla un maschiaccio era riduttivo.
- Certo però che è strano che non si siano fatte vedere tutte e due... Non vorrei che...
- Non vorrei cosa? - chiese Mamoru.
- Mah, no niente. È solo che visto quanto si amino una con l'altra, non vorrei che stamattina abbiano deciso di risolvere la cosa una volta per tutte.
- Ma va... Figurati se sono capaci di... - Il giovane si bloccò, impallidendo. - Oddio, quelle sono capaci davvero di farlo! Tetsuo, cura tu Takeru. Io devo controllare una cosa! - corse via il ragazzo, diretto, con il cuore in gola, all'infermeria della facoltà.
Mamoru percorse i lunghi corridoi e le scale che portavano all'infermeria immaginando il peggio, pensando alternativamente a chi avrebbe potuto avere la peggio se le due giovani avessero deciso di passare dagli insulti e frecciatine alle maniere pesanti.
- Kaori sembra più forte, ma Yosei di sicuro ha molta agilità, e sembra non scomporsi mai qualunque cosa accada. A volte mi sembra di vedere in lei una di quelle figure tipiche delle nostre leggende, i ninja che sono stati ripresi in alcuni cartoni animati. Già, ma anche l'altra, certi sguardi a volte che farebbero congelare l'inferno. Dove la trova tanta cattiveria certe volte? Un demone, sembra proprio un demone...
Si fermò di fronte alla porta dove troneggiava una grossa croce di colore rosso e bussò, tentando di riprendere fiato.
- Avanti... - disse una voce maschile sull'orlo di una crisi di nervi.
- Scusi se la disturbo, dottore, ma volevo sapere se erano state ricoverate due persone. Due ragazze per l'esattezza...
- No, due non le hanno ricoverate. Se ne cercavi sette, allora eri nel posto giusto...
- Sette?!
- Sette! Sette. E tutte per lo stesso motivo. Bernoccolo stratosferico e amnesia... - rispose il medico, sospirando. - Deve esserci qualche cosa che porta sfortuna a quel provino...
Mamoru si irrigidì all'ultima parola e si avvicinò all'uomo, che si era riseduto alla scrivania e stava compilando dei fogli.
- Mi scusi ancora... Erano al provino per l'orchestra di beneficenza?
Lui annuì.
- Le conosci?
- No, no... - sia affrettò a dire scuotendo la testa. - Sa che strumento dovevano suonare?
- Il pianoforte, perché?
- Ci avrei giurato! - esclamò Mamoru, muovendosi verso la porta. - Arrivederci, mi è stato molto utile! - gridò correndo via mentre la porta si chiudeva lentamente alle sue spalle.
- Ma... - borbottò attonito il medico - Ce n'è di gente strana in giro... - mormorò riprendendo a scrivere.
Il giovane dai capelli neri arrivò alla sala dove si stavano tenendo le selezioni pronto a sbottare contro i modi violenti della sua amica Kaori, ma appena entrò nella stanza, gremita di persone, si fermò, rapito da una musica proveniente dal pianoforte che era stato sistemato su un piccolo palco. Una giovane dai capelli neri, raccolti a treccia stava suonando un pezzo che non aveva mai sentito, qualcosa che immediatamente lo proiettò in una dimensione scura, pesante, dove tutto era lento e in agguato, ma che era rischiarata da una piccola luce, da una piccola speranza che ardeva di fuoco nero in mezzo al buio. Come lui, tutti i presenti erano fermi ad ascoltare le lente note, gli accordi che sembravano staccarsi dallo strumento come farfalle che escono dai bozzoli.
- La odio, ma mi piace moltissimo... - disse una ragazza accanto a lui, parlando da sola. - Come può esistere una musica così?
Mamoru si dovette quasi sforzare per poter avanzare tra la folla, impegnandosi a non farsi trascinare dalla malinconia dell'aria, osservando come Kaori suonasse il tutto senza spartito, inventando di momento in momento i suoni che le sue agili dita creavano toccando, sfiorando, percuotendo a volte con cieca violenza, a volte con passione i tasti che nemmeno guardava, gli occhi chiusi, la testa leggermente rovesciata all'indietro che si muoveva al ritmo stesso della musica che lei creava. Quando si fermò in prima fila vide che seduta in un angolo, i gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani a coppa per sostenere il mento, Yosey sorrideva leggermente, anche lei con gli occhi chiusi e il corpo a seguire le note di Kaori. Accanto a lei, una stupenda arpa in legno lucidato indicava lo strumento con cui si era presentata. Mamoru si mosse verso di lei, sedendosi al suo fianco.
- E' brava...
- Già - rispose lei senza aprire gli occhi. - Gliene do atto. Anche se ci fossero state delle concorrenti, non avrebbero avuto speranza.
- Certo. Le ha eliminate a suon di botte... - sorrise il giovane.
- No. Non è stata lei...
- Come fai a...
Lei si voltò e lo guardò con i suoi grandi occhi dolci.
- Non è stata lei, Mamoru.
- Ti credo. - annuì lui mentre le ultime note sfumavano nel silenzio che pervase la sala per alcuni secondi, seguito da un boato di applausi che rischiò di far crollare il soffitto.
Un ragazzo in giacca e cravatta si avvicinò al pianoforte con un microfono in mano.
- Be... bene direi. Non essendoci stranamente altre concorrenti, direi che il ruolo di musicista per il pianoforte sia di Kaori Oniko. Tutti d'accordo?
La piccola folla urlò il suo parere, facendo sorridere Kaori, che scese con grazia i tre scalini del palco e si avviò nella direzione di Mamoru.
- Brava.
- Più di te di sicuro, piccola strimpellatrice - sibilò la giovane, per poi voltarsi verso il ragazzo, osservandolo con occhi sognanti. - Sei venuto a sentirmi? Che carino. Sei proprio un amore, Mamoruccio mio...
- Mamoruccio mio? Se qualcuna qui può dire a Mamoru Mamoruccio mio quella sono io!
- E perché? Lui è solo mio!
- E' mio!
- No!
- Si!
- No! No! No!
- Sì, sì, sì!
- Ragazze, non vorrei contraddirvi, ma Usagi...
- Cosa c'entra quella lì adesso? - lo fulminarono entrambe, le braccia ai lati del busto tese come corde di violino e le mani a pugno. Per un istante il giovane credette di vedere delle fiamme negli occhi delle due sue amiche.
- No... no, niente...
- A ecco! Mi pareva! - sbraitò Kaori. - Dove eravamo?
- Al mio "Sì, sì, sì", ma ora devo andare, tocca a me. Tu stai qui, ma lontana dal mio Mamoruccio caro...
- Altrimenti? - le chiese lei ironica, abbracciando Mamoru con tutta l'enfasi di cui era capace.
- Non vuoi saperlo... - rispose lapidaria l'altra, salendo sul palco.
- Cerca la lite, ma io sono dolce e gentile, vero? - chiese Kaori appiccicandosi ancora di più a Mamoru, che rimase rigido e immobile, sperando che la terra lo inghiottisse immediatamente.
- Come una spina in un dito... - le rispose una voce femminile alla sua destra, proveniente da una più che infuriata "testolina buffa".
- Usagi! - Esclamò il giovane, liberandosi velocemente dalla presa dell'amica e dirigendosi imbarazzato verso di lei. Dietro la giovane dai codini biondi Mamoru vide le altre sue amiche, che lo fulminarono con lo sguardo, le braccia incrociate e la faccia cattiva.
- Poppante. Ma permettono agli animali di girare liberi in università? - sorrise Kaori facendo scivolare il dito lungo la spalla e il braccio sinistro di Mamoru.
- Non lo toccare. Lui è mio.
- Credi ancora alle favole? Oh ingenua ragazzina...
Yosei aveva iniziato a pizzicare e sfiorare le corde dell'arpa, producendo un suono che nulla aveva da invidiare a quello dei cori angelici. Come la sua amica e rivale, anche lei suonava a braccio, gli occhi chiusi quasi a leggere la musica dentro il suo cuore, una musica di solitudine e di tristezza inframmezzata da scoppi di gioia che ricacciavano con un sorriso le lacrime che prima le note avevano strappato agli ascoltatori.
- Bah! Se non me ne vado credo che starò male... - borbottò Kaori, facendosi largo tra la folla e uscendo dall'aula sbattendo la porta.
Mamoru rimase davanti a Usagi, che lo stava guardando con gli occhi accigliati, i lunghi codini praticamente dritti per la rabbia che le stava crescendo dentro. Il giovane tentò di trovare conforto negli occhi delle amiche, ma accorgendosi che persino Ami lo stava osservando scura in volto, decise di desistere e sospirò.
- Non è come sembra... Lei è una cara amica, ma non si rende conto che...
Usagi si voltò e se ne andò, seguita dalle altre ragazze.
- Ci hai deluso, Mamoru. Perdere la testa per due come loro... - lo rimproverò Minako.
Troppo sconvolto per poter rispondere, il giovane rimase nella sala mentre una ad una le ragazze uscivano dalla porta.

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Capitolo 26
*** Duello all'ultima nota - Capitolo 2 ***


- Non lo voglio più vedere! - singhiozzò Usagi davanti all'enorme frappè al cioccolato coperto di panna montata che da quasi dieci minuti era davanti a lei, intonso. Persino il proprietario del bar dove le giovani si ritrovavano era preoccupato, e per la seconda volta era passato a controllare anche il piattino di dolci. Ne mancavano solo quelli mangiati da Mako e da Rei.
- Usagi, magari abbiamo solo tutte capito male...
- Minako, c'era poco da capire male. Ho visto solo un altro essere stare più appiccicato di quella ragazza a Mamoru... Una cozza sul suo scoglio!
La biondina scoppiò a piangere, nascondendo il volto tra le mani.
- Makoto, sei di grande aiuto, davvero... - mormorò Ami. - Certo è che la situazione era un po' equivoca.
- Comunque non posso credere che Mamoru abbia qualche cosa oltre l'amicizia con quelle due ragazze che ormai continuano a ronzargli attorno. - disse convinta Rei, accarezzando la testa di Usagi, che smise di piangere e singhiozzò un paio di volte prima di togliere le mani dal volto.
- Tu credi? - le chiese con un filo di voce, gli occhi lucidi per il pianto.
Sorrise, subito imitata dalle altre tranne che da Minako.
- Minako! - le sussurrò Ami, dandole un leggero colpo nelle reni con il gomito. Anche la bionda sorrise annuendo- Sì, sì...
- Siete delle vere amiche... - mormorò Usagi sorridendo come una bambina. - Ma ora come faccio?
- Come faccio cosa? - chiese Ami
- Me ne sono andata via senza dargli il tempo di spiegarsi... Mi crederà una bambina viziata, una ragazzina non matura... Adesso sarà lui che non vorrai più vedermi...
- Non credo proprio... - sorrise Makoto, indicando la porta di ingresso.
Le ragazze si voltarono, trattenendo lo stupore di vedere appena dopo la porta in vetro del negozio Mamoru, che si stava guardando in giro come cercando qualcosa o qualcuno.
- Mamoru! - gridò Usagi, subito zittita dalle mani delle amiche che le tapparono la bocca - Mmmmmhooouuuh!
- Zitta. Fai in modo che sia lui a cercare te. Devi fare la difficile... - le intimò sottovoce Minako, con l'aria di chi quelle cose le faceva ogni giorno.
- Mmgmhtt...
- No, no, stai tranquilla, vedrai che se ti ama ti trova anche senza che lo aiuti con i tuoi urli.
- Mghttttt! - ripeté la ragazza, rossa in volto, tentando di togliere le otto mani che la stavano zittendo, ma senza riuscirci.
- Guarda, sta arrivando. Che tenero, il suo amore per te è come una bussola. Ti troverebbe anche in una notte senza luna...
- Mghtttt!!! - mugolò viola in volto Usagi, usando tutte le sue forze per liberare il naso e la bocca dalla stretta delle sue amiche. - Non respiro! - gridò quando finalmente riuscì a sfuggire alla presa. - Ma dico, mi volevate soffocare?
Attirato dall'urlo e dalla voce che subito aveva riconosciuto, Mamoru si avvicinò velocemente, fermandosi davanti al tavolo dove le cinque ragazze si trovavano.
- Ma... Ma... - balbettò la giovane dai lunghi codini, gli occhi bassi puntati al fondo del bicchiere di frappè.
- Usagi, volevo solo dirti che sono uno stupido.
- Mamoru... - sospirò lei alzando gli occhi.
- Ti ho fatto piangere, e ti ho fatto perdere la fiducia che avevi in me. Io non so se potrò mai riconquistarla, ma se hai ancora un po' di amore verso di me, ti prego...
- Certo che però con quella brunetta con la treccia...
Minako non poté finire la frase, trascinata fuori dal bar dalle altre amiche tirandola per i capelli e sollevandola di peso come se fosse una prigioniera di qualche tribù indigena. Ami si voltò un secondo verso i due innamorati.
- Scusateci un attimo. Voi fate pure con calma, noi siamo fuori per una piccola discussione... - sorrise la giovane dai capelli blu aggiustandosi gli occhialetti sul naso.
- Ragazze, voi...
- A cosa servono gli amici, Usagi? Ci trovate fuori, e mangiate pure i biscottini...
- Grazie Mako. - sorrise Mamoru, sedendosi di fronte alla sua dolce amata.
- Mamoru...
- Usagi, non dire nulla, per favore. So di aver sbagliato, e sono qui per chiederti perdono...
La biondina scosse la testa con decisione, facendo volare i codini nell'aria come era solita fare. La cosa strappò una piccola risata a Mamoru, che le prese la mano.
Lei la ritrasse come spaventata.
- Usagi...
- Mamoru, io... Io mi sono comportata come una sciocca. - mormorò a bassa voce. - Tu eri solo con un'amica, e io ho subito creduto...
- No, io dovevo dirle di stare lontana da me, ma a volte sia lei che Yosei sono troppo espansive e non capiscono l'amore che ci lega...
- Davvero lo credi?
- Tu ne dubiti? - le chiese con un sorriso, prendendole di nuovo la mano. Lei non si ritrasse, ma alzò gli occhi per fermarli nei suoi.
- No... - rispose lei appoggiando sopra la mano di Mamoru la sua.
Si sorrisero, rimanendo in quella posizione come due statue per quello che sembrò loro un'eternità, finché un tonfo soffocato li distrasse, facendoli guardare fuori dalla ampia finestra del locale. Attaccate al vetro, una sopra l'altra, c'erano due delle quattro amiche di Usagi. Mamoru allungò il collo, scoprendo che Rei e Minako erano nascoste, schiacciate dal peso delle altre due.
- Credi che le possiamo far rientrare? - ridacchiò lui.
- Pensò di sì. - rispose lei, assaltando come una furia il frappè fino a quel momento dimenticato.
- Cosa stanno facendo? Cosa stanno facendo? - borbottò curiosa Rei, tentando di sollevare la testa.
- Non lo so. Se Ami si togliesse, forse potrei dirtelo.
- Dillo a Mako, Minako. Io sono tra l'incudine e il martello...
- Rei, è un nuovo gioco? Posso partecipare anche io? - chiese una voce sorridente alle loro spalle
- Eh? Cosa, come? No, no... - si affrettò a rispondere la ragazza, sgusciando da sotto il mucchio e sistemandosi la divisa scolastica. - Io, noi... - borbottò, quindi si ricompose. - Ragazze, vi presento Hikari, la mia nuova compagna di banco.
La ragazza dalle trecce rosse ai lati del viso incorniciato dalle due mèches di capelli bianchi sorrise e si inchinò educatamente, subito imitata dalle altre.
- Piacere. Io, come Rei ha detto, mi chiamo Hikai. E tu sei Makoto, e tu Ami, quindi tu, per forza, sei Minako...
- Come hai fatto a...
- Oh, è stato facile. - mentì la giovane. - Rei mi ha parlato delle sue amiche, di una bruna dai capelli lunghi, di una studiosa dai capelli corti e di due bionde, di cui una con i codini e vorace. Dato che tu non hai i codini e che invece quella ragazza che ci sta guardando con la faccia incollata alla vetrina li ha, ho dedotto che tu eri Minako e lei Usagi.
- Ve l'avevo detto che era meglio di Ami... - ridacchiò Rei mentre l'intero gruppetto si spostava nuovamente all'interno del locale, prendendo posto.
- Così tu sei la nuova amica di Rei. - sorrise Mamoru. - Piacere, Mamoru Chiba.
- Hikari Hirumano, il piacere è mio. E tu sei Usagi, vero?
La biondina annuì, la bocca troppo impegnata a masticare i biscottini del locale per poter rispondere.
La ragazza si trovò subito bene nel gruppo, e il pomeriggio passò tranquillo fino al momento in cui ognuno si diresse verso casa propria, la mente impegnata a pensare ai compiti da fare, al vestito da mettersi quella sera, a cosa cucinare quella sera, a cosa mangiare quella sera o a come sopravvivere un altro girno con due amiche scatenate. Tutte le menti tranne una, quella della quattordicenne.
- E' strano... E' decisamente strano, ma in qualche modo mi è piaciuto chiacchierare con loro... - sorrise la ragazza, camminando per le trafficate vie di Tokio. - Erano secoli che non parlavo con tutti i miei figli assieme. Beh quasi tutti, Kaori è sempre stata una che non dava retta ai consigli che le davo. Come ho già detto, tutta sua zia Ai. Ormai sembrerebbe che per qualche motivo la congiunzione dei pianeti dei miei figli ha portato me e Kaori qui, nel passato, dove tutto può ancora essere cambiato. Usai non è Queen Selenity, Mamoru è solo la pallida ombra del Principe Endimion, ma proprio per questo i poteri dSailor Dark nel corpo di Ai possono essere fatali per loro... - sospirò. - Dovrò avere un occhio sempre su di loro, o potrebbero capitare dei grossi guai. Grossi guai per tutti. E poi c'è quella guerriera dai capelli d'argento. Non è una Sailor, non ho sentito in lei il seme di stella, ma ha comunque un potere enorme, come qualcosa che in qualche modo ho avvertito anche in Usagi... Troppi misteri, e sta anche diventando buio. Inizio a sentirmi stanca senza il mio astro a darmi forza...

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Capitolo 27
*** Duello all'ultima nota - Capitolo 3 ***


Quella sera, nella camera di Usagi, lei e Chibiusa stavano controllandosi i compiti a vicenda, sebbene la bionda, con addosso un largo pigiama rosa di flanella decorato con cuoricini bianchi, fosse alquanto demoralizzata.
- Chibiusa, capisco che non sono un genio nella matematica come Ami, ma anche ridacchiare ogni volta che trovi un errore, non mi sembra molto educato...
- Scusa. - sorrise la bambina, che indossava un pigiama identico per fattura a quello della sua futura madre ma in azzurro. - Usagi, correggere i tuoi compiti è meglio che leggere delle barzellette...
L'altra era vicina ad una crisi di pianto, gli occhini spalancati e lucidi mentre le tremava leggermente il labbro inferiore.
- Luna! Almeno tu difendimi! - piagnucolò Usagi con la faccia tipica che utilizzava per muovere a pietà la gatta. L'animale, dal canto suo, era assorta ad osservare il cielo stellato, comodamente seduta su un cuscino bianco vicino alla porta finestra della stanza. -Luna...
Lei mosse lentamente la coda senza sollevarla. Usagi e Chibiusa si guardarono in faccia e si mossero silenziosamente, quasi a non disturbarla, vicino a lei.
- Luna. Sei troppo silenziosa. Cosa ti preoccupa?
Lei sembrò uscire da una profonda meditazione, scuotendo leggermente la testa.
- Ah? Cosa... Tutto e niente, piccolina. - sorrise alla bambina dai codini rosa. - sono successe tante e troppe cose strane in questi giorni. Stavo solo ripensando all'allineamento dei pianeti, alle tre strane luci e a tutto il resto...
- Ah, non me la racconti giusta. Tu stavi pensando a quanto era romantica quella sera. Ho visto come guardavi Artemis...
- No Usagi. - sospirò sconsolata Luna mentre Chibiusa scuoteva la testa. - Erano altri i miei pensieri in questo momento. Pensieri legati al tuo regno futuro e al passato delle guardiane...
- Al passato delle guardiane? - ripeté la bionda.
Luna annuì tornando ad osservare le stelle. - E' qualcosa che è relegato nelle pieghe del tempo, qualcosa che è sbiadito fino a diventare una leggenda da raccontare ai bambini... Una favola della buonanotte, in qualche modo, che la mia gente raccontava ai suoi piccoli...
Come se parlare di favole avesse fatto scattare qualcosa in Chibiusa, questa sbadigliò vistosamente un paio di volte.
- A proposito di bambini, piccola peste, credo che sia ora di andare a dormire.
- No. Non ho... - sbadigliò ancora. - Non ho sonno.
- Allora vorrà dire che questa sera dormirai qui con me, e lascerai Pegasus nella tua stanza tutto solo... - le disse tenera Usagi, cambiando espressione da ingenua ragazzina a ciò che Luna aveva visto solo in una persona, la regina Selenity.
- E' incredibile come Usagi sia allo stesso tempo adulta e immatura. Quasi mi viene da pensare che sia schizofrenica... - ridacchiò tra sé e sé la gatta.
- Ma sai che io se non ho Pegasus non dormo...
- Allora andiamo a prenderlo assieme e lo portiamo di qua con noi, va bene?
La piccola annuì. Uscirono tutte e due dalla stanza, lasciando Luna da sola, ma per molto poco. Usagi rientrò nemmeno un minuto dopo, da sola.
- Come l'hai convinta?
- Poverina, appena ha visto il letto e il suo peluche è andata a prenderlo ma si è addormentata quando ha toccato le coperte. Era davvero stanca. - Sorrise la giovane sdraiandosi accanto alla gatta, la sua testa all'altezza del cuscino, le mani dietro la nuca. - Ti ho fatto aspettare perché l'ho sistemata sotto le lenzuola senza svegliarla.
- Certe volte non...
- Anche io. Spesso non capisco come lei sia possibile. Ma so che è la cosa più bella che avrò Luna, la più bella...
La gatta non rispose, sorridendo alle parole che solo la sua regina poteva dire con tanta passione.
- Senti...
- Dimmi Usagi.
- Quel discorso della leggenda... Perché può centrare con i pianeti e con noi?
Luna si stirò e si accoccolò sul cuscino.
- E' una vecchia storia. Parla dell'origine di voi Sailors e di una guerriera che è stata posta dal Destino a guardia del Regno della Luna.
- Ma se devo ancora diventare una principessa, come può una leggenda...
- Non lo so, non lo so proprio. Solo adesso capisco che la leggenda parlava di te e di Mamoru. Ho collegato le cose solo adesso. Prima per e era solo una stupida tavoletta sulle fate. Ma a questo punto anche il resto assume un aspetto diverso. Se una parte della leggenda può essere vera, allora...
- Allora?
- Per adesso non dico nulla. Domani parlerò con Artemis, è lui l'esperto in queste cose. Eventualmente parlerò anche con Setsuna. Lei conosce meglio di chiunque altro la storia passata e futura.
Usagi represse uno sbadiglio.
- Scusa Luna, ma domani la scuola mi aspetta...
- Anche io ho sonno. - le rispose, dirigendosi al letto, dove si accomodarono sotto le calde coperte.
- Luna...
- Dimmi. - disse la gatta ad occhi chiusi.
- Non è che una leggenda dice che io e Mamoru no... Cioè, oggi io ho... E non vorrei che Mamoru trovasse... - balbettò la giovane grattando dolcemente la testa dell'animale, che miagolò di piacere.
- Usagi?
- Mmmm?
- Dormi. Non riempirti la testa di certe sciocchezze inverosimili.
La bionda sorrise e chiuse gli occhi.
- Grazie.

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Capitolo 28
*** Duello all'ultima nota - Capitolo 4 ***


Mamoru guardò l'orologio che aveva al polso con aria preoccupata. Sebbene seduto comodamente ad uno dei tavoli della caffetteria dell'università, davanti a lui una tazza fumante di caffè forte, non l'aveva toccata, ormai stufo anche di osservare le sempre più deboli volute di vapore alzarsi dal liquido nero e aromatico.
- Speriamo che abbiano capito... Se l'avessi detto ad Ami ero certo, ma Minako... No, no, sono sicuro che arriveranno...
Bevette tutto di un fiato il caffè, storcendo la bocca verso la fine.
- Troppo lungo. Sa di bruciato... - pensò aprendo gli appunti dell'ultima lezione e controllandoli distrattamente.
- Guarda che se insisti a studiare diventi un secchione come Ami...
- Makoto! - la rimproverò falsamente offesa la giovane dai capelli blu, entrata assieme alle altre amiche nel locale, al momento semivuoto.
Oh, dai, scherzavo...
- Ciao ragazze. Ciao Usagi.
Lei sorrise senza rispondere, ma le brillarono gli occhi. Lui restituì il sorriso.
- Come mai questo invito? - domandò Rei, come le altre ancora vestita con la divisa della scuola. - Non ti soddisfa più il locale dove ci troviamo di solito?
- Beh, io non mi lamenterei del posto. Non so come sia il cibo e i biscottini, ma il morettone a quel tavolo...
- Minako!
- Ami, fai pure la santerellina diventando cieca sui tuoi libri. Così ne ho di più io. Preferisco diventare miope a forza di guardare gente come lui... - sorrise sorniona la bionda, provocando uno sguardo allibito nelle altre amiche. - Mamoru, non è che per caso lo conosci?
- Chi? Quello a quel tavolo in fondo con un panino in mano?
La ragazza annuì entusiasta.
- Lascialo perdere. Quello è Takeru...
- E allora? Ha anche un bel nome...
- Si ma potresti ballargli davanti senza vestiti e lui non ti degnerebbe di uno sguardo. Lui ha occhi solo per Kaori.
- Quella Kaori?
- Esatto Rei.
- Non per essere cattiva o scortese, ma effettivamente Rei ha espresso una curiosità che è comune a tutte noi. Come mai qui?
- Ami, come sapete la nostra università ha organizzato un concerto per beneficenza che si terrà tra qualche giorno, e oggi pomeriggio ci sono le prove generali.
- Partecipa anche...
- Sì, Minako, partecipa sia lei che l'altra mia collega di studi Yosei, ma a parte la loro indiscussa bravura, vi ho invitate per farvi assistere a uno spettacolo che credo non potrete facilmente dimenticare...
- Cioè? - chiesero in coro le giovani, sporgendosi in avanti ad osservarlo con fare inquisitorio.
Il ragazzo si ritrasse spaventato, quindi sorrise e scosse la testa.
- Seguitemi. Se ho calcolato il vostro ritardo bene credo che abbiamo giusto il tempo di arrivare all'auditorium... - disse alzandosi e incamminandosi alla porta.
Incuriosite dal suo strano comportamento tutte lo seguirono per l'università parlottando tra di loro, fermandosi di fronte ad una grossa porta di sicurezza in metallo verniciato di nero.
- Questa è la porta di servizio dell'auditorium. L'entrata mi è costata una settimana di appunti ad uno dei ragazzi della sicurezza, ma ne varrà al pena...
- Appunti come merce di scambio? - chiese quasi ridendo Minako.
- La cultura non ha prezzo...
- Ami! Non fare quegli occhi da pesce lesso ogni volta che parliamo di scuola o di studio. Mi fai star male. Ma quando capirai che ci sono cose molto più importanti delle equazioni differenti a varianti divise?
- Equazioni differenziali a variabili separate, Minako, equazioni...
- D'accordo, d'accordo, quello che sono...
- Per rispondere alla tua domanda, sì, appunti come merce di scambio. D'altronde siamo in università. E poi comunque avevo finito le stecche di cioccolato...
Tutte guardarono Usagi.
- E io che c'entro? Mica le ho mangiate io...
Mamoru rise mentre bussava alla porta con tre colpi forti, quindi una piccola pausa e tre colpi brevi e leggeri, quindi indietreggiò di alcuni passi. La porta si aprì verso l'esterno, lo stretto necessario perché un ragazzone con una T-shirt nera e dei pantaloni militari si infilasse nell'apertura e squadrasse il gruppetto.
- Forza, entrate. - disse lui duro, intimorendo le giovani.
- Grazie, Hito.
- Figurati Mamoru. - Sorrise lui, facendo sparire quell'impressione da buttafuori che aveva dato. - Sbrigatevi, hanno appena iniziato. Le due pazze sono ancora tranquille.
- E?
- C'è, c'è. Certo che ha una forza quella lì. Mi ha battuto tre volte di fila dopopranzo. Quasi mi vergogno.
- Non lo diremo a nessuno. - lo rassicurò il ragazzo guidando le amiche lungo un corridoio fino alle file superiori della sala ad anfiteatro, da cui poterono vedere l'intera orchestra il maestro che stava impartendo alcune direttive.
- Ma... - mormorò sbigottita Minako, puntando il dito verso una figura che stava accordando un violino con le stesse cure che una madre avrebbe con il proprio figlio.
- E quella là in fondo? Non ci credo, sono proprio loro! - rise Makoto, vedendo Michiru e Haruka tra i membri dell'orchestra.
Sebbene vestita solo con una gonna e una camicetta senza alcuna pretesa di eleganza, la ragazza dai capelli verdi irradiava una grazia che poteva essere solo in parte eguagliata da Yosei, seduta poco lontano da lei, occupata ad accordare la sua arpa. In un angolo, seduta a gambe larghe dietro dei tamburi e altri strumenti a percussione stava Haruka, la maglietta nera a maniche corte e i jeans ad accentuare maggiormente il suo aspetto di maschiaccio. Diede un paio di colpi ad un tamburo facendo risuonare una nota cupa e bassa per la stanza.
- Tu non devi accordarli gli strumenti, maschio venuto male!
- Zitta Kaori. Tutti qui sono intenti a fare la loro parte di baccano, spiegami perché io non posso fare la mia.
- Se picchiare un tamburo è suonare. E' un mestiere adatto proprio a un gorilla come te... - la derise la giovane, sfogliando distrattamente lo spartito appoggiato al suo pianoforte.
- Haruka, Kaori, per favore... Almeno un giorno, uno solo, non potreste evitare di litigare?
La bionda dai capelli corti abbassò gli occhi e colpì nuovamente, in maniera stanca e quasi svogliata un tamburo.
- Scusa, Michiru.
- Ah, la bella e la bestia...
- Guarda che se c'è una bestia, quella sei tu!
- E a te chi ti ha interpellato, strimpellatrice? E' inutile che fai la santarellina, quell'aureola che credi di avere la tieni su con il fil di ferro.
- Kaori!
- Smettetela tutte e due! - intervenne una voce dalla platea. - E tu, Takeshi, perché non le fai stare zitte? Sei o non sei il direttore di orchestra?
- Ah, Setsuna, io contro loro due non mi ci metto, se poi c'è anche Haruka...
- Cosa vorresti dire? - borbottò lei.
- Haruka, per favore. Siamo adulte, comportiamoci da tali. Questa è la prova generale, e che ci piaccia o no fra qualche giorno abbiamo il concerto. E' per una buona causa...
Kaori fece chiari gesti per indicare che il concetto di beneficenza e gentilezza non le andava a genio.
- ...e per quanto ad alcuni di noi, fortunatamente pochi, non interessa questo concerto se non per motivi strettamente personali, dobbiamo dare in ogni caso il meglio di noi.
- Brava. Esattamente quello che volevo dire io.
- Ne siamo tutti certi, capo! - lo derise un gruppo di ragazzi ai fiati.
Setsuna comparve nella visuale delle ragazze, vestita con un tailleur viola chiaro e una camicia nera ingentilita da una sorta di cravatta bianca che la rendeva elegante. Con grazia estrasse da una custodia che aveva in mano un flauto traverso e si sistemò sulla sedia a lei dedicata.
- Ora iniziano davvero... - bisbigliò Mamoru. - Mettetevi comode.
Le ragazze seguirono il suo consiglio, e si godettero la lunga ma perfetta prova generale, interrotta solo saltuariamente per riprendere fiato e per permettere minimi aggiustamenti negli accordi, oltre che per permettere a Kaori e a Yosei di stuzzicarsi senza però arrivare mai all'insulto o alle mani, se non una volta quando Haruka decise di provare i piatti esattamente dietro le orecchie di Kaori, che decise di usare un oboe come arma contundente, fortunatamente senza danni allo strumento, sulla schiena di Haruka tra le risate generali dell'orchestra e delle spettatrici.
- E con questo abbiamo finito, signore e signori. - Annunciò Takeshi dopo quasi tre ore. - Ora la prossima volta sarà il concerto vero e proprio. Mi raccomando, la stessa energia di oggi. - Osservò Kaori e Haruka, che ancora rideva sommessamente al ricordo dello sguardo sconcertato della giovane dai capelli neri quando i due piatti si erano scontrati a pochi centimetri dalle sue orecchie. - Ma senza scherzi idioti...
- Ma...
Michiru la guardò per un istante, zittendola.
Yosei alzò lo sguardo e vide Mamoru e le altre.
- Mamoru, ragazze. Siete venute a sentirci? - gridò loro.
- Certo. E chi si perdeva un concerto così?
- Mamoruccio...
- Mamoruccio?
- No Usagi, niente, lascia perdere...
- Faccio finta di niente per questa volta ancora. Tu sei solo mio, vero?
- Certo, certo, testolina buffa... - le sorrise lui accarezzandola sulla testa mentre lei lo abbracciava con tutte le sue forze.
- Mamma mia che schifo! - sbottò Kaori. - Me ne vado o mi viene il diabete con quella lì. Signori e signore, ci vediamo la sera del concerto, sfortunatamente. - esclamò, alzandosi e andandosene senza aspettare risposta.
- Sempre calda e amorevole come una granita all'aceto...
- Non fare così, Haruka. Anche tu non hai un carattere che si possa definire molto femminile... - sorrise divertita Michiru, chiudendo la custodia del suo violino. - Dai guarda chi è sceso. E' una vita che non parlo con Ami. Non ti dispiace, vero?
- Solo se posso chiacchierare con Makoto.
- Vedrò di non essere troppo gelosa... - scherzò la giovane strizzandole l'occhio.
Mentre il gruppetto si fermava a parlare con le due ragazze, Setsuna mise via il suo flauto e si diresse ai bagni per rinfrescarsi. Qunado tornò l'orchestra si era per metà sciolta, i ragazzi e le ragazze intenti a tornare già a casa, o alle lezioni del pomeriggio. La donna si avvicinò a Usagi e la prese in disparte.
- Mi spiace disturbarti, ma Luna è venuta da me questo pomeriggio, assieme ad Artemis. Mi ha parlato di una nuova nemica e di una strana leggenda che le è venuta in mente.
- Ha accennato qualche cosa anche a me, ma è rimasta estremamente sul vago. Può esserci utile in qualche modo contro questa Sailor Dark?
- Non lo so. Potete venire da me che ne parliamo davanti a una tazza di the?
- Con i pasticcini?
- Con i pasticcini. - sorrise Setsuna.
- Ragazze, Mamoru, tutti a casa di Setsuna. - annunciò Usagi.
- Ho una storia da raccontarvi. Credo che vi interesserà.
Tutte annuirono.

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Capitolo 29
*** Duello all'ultima nota - Capitolo 5 ***


Dopo aver salutato Michiru e Haruka, il gruppo si diresse a casa della donna per parlare. Dopo una decina di minuti di chiacchiere leggere mentre aspettavano che il the fosse pronto, il gruppo si mise comodo per ascoltare quello che Setsuna aveva da dire.

- Mi sono permessa di invitare anche Artemis e Luna, visto che sono loro quelli che hanno scoperto il collegamento tra la strano allineamento, la venuta delle nuove guerriere e la leggenda. - disse la donna, con i due gatti accoccolati vicino a lei, lo sguardo serio.
- Avete scoperto qualche cosa?
- Forse sì, forse no, Mamoru. Io ho controllato quanto possibile, ma le informazioni in mio possesso sono discordanti e ben strane. In ogni caso sono d'accordo con Luna che se tutti noi abbiamo le stesse informazioni, forse riusciremo a scoprire qualcosa di più che ragionando solo noi tre... - rispose Setsuna indicando lei e i due gatti.
- Ma credo che sia il caso di spiegare loro un po' le loro origini, o almeno una delle leggende legate all'origine delle Guardiane dei Pianeti.
- Giusto Artemis. A te l'onore di iniziare, Luna. Alla fine la storia è tramandata dal tuo popolo.
La gatta annuì e sospirò come per concentrarsi prima di iniziare a parlare. Ci fu un momento di silenzio, rotto solo dal masticare di Usagi, che si era trovata un posto in prima fila proprio vicino ai biscotti al cioccolato. Era interessata, ma il richiamo dei dolci che Setsuna si faceva arrivare direttamente dalla Francia era troppo per lei.
- Come dicevo ad Usagi, è una leggenda che il mio popolo racconta ai piccoli come favola. E' una delle tante versioni della nascita delle guerriere Sailor. Si racconta che all'inizio del Tempo non esistessero che poche, potentissime Guerriere il cui seme di stella era talmente potente che una sola scheggia di esso era sufficiente a distruggere interi pianeti. Ma queste guerriere sebbene potentissime e consce del loro potere, decisero di muoversi guerra. Fu una lotta dura e incredibile, che scosse le fondamenta stesse della realtà così come la conosciamo. Ma successe una cosa che nessuna di loro si sarebbe potuta aspettare...
- Fecero la pace?
- No, Minako. Persero tutte. Tutte furono sconfitte dai loro stessi poteri. Li usarono troppo e male, e furono sconfitte. I loro semi di stella si distrussero uno dopo l'altro, dividendosi in migliaia, milioni di pezzi, ognuno il germe di un futuro seme. Questi semi si sparsero nell'intero Universo, a volte fondendosi tra loro, a volte scontrandosi e dividendosi ulteriormente, finché non nacque una nuova generazione di Sailor. Anche loro erano molto potenti, oltre i livelli che potete pensare possibili oggi, ma oltre a una parte dei poteri, esse avevano ereditato anche lo spirito battagliero e la voglia di primeggiare delle loro madri. Esse elargirono poteri e concessioni a chi era loro vicino e fedele, divenendo in breve tempo le regine di ciò che era stato creato. Ma avendo buona parte di loro un briciolo di cattiveria ereditato dal seme di stella, con i secoli una parte delle Sailors si dimenticò dei suoi ancestrali poteri, e si divise dalle altre, cercando con la conquista e la brutalità di ottenere il potere che volevano. Ne avevano tanto, ma non bastava mai...
- E' possibile che delle Sailors possano essere cattive? - chiese Makoto, sorseggiando il the.
- Nessuno è buono o cattivo, Mako. Tutti noi abbiamo un lato oscuro e uno chiaro, e sebbene in noi il lato chiaro sia preponderante, non prendete come regola ciò che siamo abituati a vedere. Chibiusa per esempio. La spinta sbagliata, e avete visto anche voi cosa può diventare... - mormorò la bionda dai codini, appoggiando il biscotto che stava mangiando e facendosi improvvisamente seria. Il ricordo anche se solo fugace di Dark Lady nella sua mente le aveva fatto passare la fame con un nodo alla gola.
- Verissimo. Comunque, per tornare ala nostra storia. - riprese Artemis. - Come era facile immaginare, ci fu una nuova guerra, molto più lunga e cruenta della prima, combattuta non più tra poche e potentissime guerriere, ma tra centinaia e centinaia di poteri contemporaneamente. Molte perirono negli scontri, ma alla fine ci furono delle vincitrici, che decisero di isolare le guerriere malvagie e di privarle dei loro poteri, conservando i semi di stella opportunamente purificati per persone degne di diventare Sailors nell'arco dei secoli che sarebbero venuti.
- Persone come noi?
- Se ci basiamo sulla leggenda, direi di no, Rei. - le rispose il gatto, avvicinandosi al piatto dei biscotti e prendendone uno, sbocconcellandolo. - Stando alla leggenda un giorno una guerriera Sailor, Sailor Nova, che presiedeva la nostra galassia vide due sorelle meritevoli di diventare Sailors, ma sapeva anche che il suo tempo stava finendo. Sebbene il suo seme di stella fosse ancora potente e l'avesse mantenuta giovane e in forze per secoli, era giunto per lei il tempo di lasciare, con serenità, la vita. Così decise di rinunciare volontariamente al suo seme, dividendolo in due parti e dandone a ognuna un pezzo identico. Queste due sorelle si chiamavano Hikari e Ai, tanto diverse nel carattere quanto nell'aspetto. Solare e irruenta la prima, con lunghi capelli lucenti come il sole, introversa, schiva e riservata la seconda, dai capelli neri come la notte eterna. Furono ben felici di ricevere il seme, e si distinsero immediatamente imparando dagli insegnamenti di Sailor Nova, finché non divennero Sailor Sun e Sailor Nemesis...
- Sailor Sun! - si alzarono tutte assieme le ragazze. - Ma allora...
- Così sembrerebbe. Certo non ne possiamo essere sicuri, ma sembrerebbe che tale leggenda poi tanto fantasiosa non sia... - annuì Setsuna. - Ma la parte migliore credo che debba ancora venire.
- Esatto. Hikari e Ai non erano destinate ad avere una vita felice. Forse per la sua estrema sensibilità, forse perché era destino, Ai si ammalò poco dopo la morte di Sailor Nova, che per lei era stata come una seconda madre, e a nulla valsero gli sforzi della sorella e del marito di Hikari per guarirla. Sailor Nenesis si spense tra le braccia della sorella, affidandole il suo seme di stella facendole giurare di usarlo solo per far del bene e di dividerlo tra i suoi figli. Hikari si chiuse in se stessa, senza voler più vedere nessuno, ma scoprì ben presto che il giuramento che le aveva strappato Ai era stato una premonizione. Si ritrovò nel giro di pochi mesi ad essere madre di ben undici gemelli, di cui solo uno maschio. Con una nuova gioia nel cuore e con la speranza che il sacrificio di Ai sarebbe servito per creare potenti paladini della giustizia, Hikari affidò a ognuno dei suoi figli un pezzetto del seme di stella che componeva quello di Sailor Nemesis.
- E qui entrate in gioco voi. O meglio noi. - sorrise Setsuna. - Noi siamo le figlie di Hikari.
- Cosa? Saremmo tutte sorelle? - urlò stupita la bruna.
- No, no Mako. Se anche fosse vero, i nostri semi di stella sarebbero quelli originali, ma i nostri corpi sarebbero totalmente estranei uno all'altro. Nessuno di noi è imparentato con nessuno, beh, ad eccezione di Chibiusa, ovviamente...
Le ragazze tirarono un sospiro di sollievo, e anche Mamoru si rilassò, riprendendo colore.
- Ma la storia non ha un lieto fine. Una delle figlie di Sailor Sun si ribellò alla madre, convinta che il potere serve solo ad averne di più, e l'ennesima guerra interna ebbe luogo. Fu veloce ma estremamente cruenta, e vide la morte del corpo della ragazza che si ribellò, ma non della sua anima, che trovò rifugio all'Inferno.
- E poi? - Chiese Usagi, capendo che la figlia ribelle altre non era che Sailor Dark.
- Poi la storia diventa fumosa e decisamente inventata, per cui non vale la pena di raccontarla. Ma c'è un'altra storia che credo vi possa interessare. - disse Setsuna. - Io la conoscevo come una storia a se stante, mentre Luna l'aveva sentita come parte di questa leggenda. Tralasciando alcuni particolari, le due storie coincidono. E' la storia della Fata della Luna.
- La Fata della Luna? - chiesero Rei, Ami e Minako.
- Già. La Fata della Luna è una figura leggendaria che si dice essere arrivata sulla Luna da un cancello che un potente spirito aveva creato fra la nostra dimensione e la sua. A lei era stato affidato il compito di vegliare sul satellite come una sorta di custode, in quanto vi era celato un oggetto, la Pietra Loramis, estremamente potente. Se diamo credito alla leggenda avrà una grande importanza per la creazione del tuo regno quando diverrai Selenity.
- La Fata della Luna? Non era quella figura che poteva trasformarsi a piacimento tramite una particolare pietra?
- E tu come fai a saperlo, Ami? Comunque sì, il Loramis.
- Beh, ho letto molte leggende legate alla Luna e agli esseri in grado di trasformarsi sotto i suoi influssi, e mi pare di ricordare che anche sulla Terra c'è una leggenda simile. Ma questo non spiegherebbe il nesso con le tre guerriere Sailor che abbiamo incontrato, se non nel caso di Sailor Sun. A meno che...
- A meno che in qualche modo Sailor Dark non sia la Sailor sconfitta nel passato ritornata in qualche oscuro modo…
- …e l'altra non sia legata alla Fata della Luna, Yous-sey, come viene chiamata nella nostra lingua natale. Brava Usagi. - concluse Artemis. - Ma se anche fosse vero, a questo punto è vera anche la storia del Loramis.
- Che poteri avrebbe?
- Non lo sappiamo, Mamoru. Non sappiamo se esista o meno, non sappiamo se quello che stiamo dicendo sono solo coincidenze prive di senso o se questo potrebbe aiutarci a capire cosa è successo. Non lo sappiamo.
- Maledizione! - esclamò irritata Usagi. - Che stupida che sono!
- Cosa succede? Cosa ti è venuto in mente?
- A me? Nulla, Mako. Sono solo arrabbiata perché ho fatto cadere l'ultimo pasticcino alla crema...
All'esterno dell'appartamento di Setsuna un gatto si fermò come attirato da qualcosa, guardando verso la finestra.
- Rei, metti via quel coltello! Rei, per favore...
L'animale corse via spaventato all'urlo della bionda seguito dalle risate degli altri.

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Capitolo 30
*** Duello all'ultima nota - Capitolo 6 ***


- Usagi! Usagi, ci sono le tue amiche. Non farle aspettare come tuo solito.
- Un attimo mamma. Falle accomodare un minuto, sono al telefono con Rei. - gridò la ragazza dalla sua camera.
- Come vuoi. Prego ragazze, mettetevi comode, sapete come sono i minuti di Usagi. - sorrise la donna, chiudendo la porta e facendo segno alle tre giovani di sedersi. - Vi porto qualcosa?
- No grazie, signora Tsukino. Dobbiamo andare al centro commerciale per trovare un vestito adatto al concerto di stasera, credo proprio che ci mangeremo un gelato là. - la ringraziò Makoto, parlando anche per Ami e Minako.
- Sicure?
- Grazie. Oh, sembrerebbe che questa volta il minuto di Usagi sia davvero uguale a quello di tutte noi...
- E' inutile che fai la spiritosa, Minako. Ero al telefono con Rei. Doveva darmi una brutta notizia.
- Le è successo qualche cosa?
- No, no. Semplicemente il nonno si era dimenticato di dirle che questa sera hanno ospiti provenienti da un tempio lontano, e quindi lei non si può muovere. Salterà il concerto.
- Che disdetta! - sbuffò Ami, chinando il capo scoraggiata. - Avevamo già anche i biglietti.
- Ma il suo non andrà perso. Appena saputa la cosa ha parlato con la sua compagna di banco, Hikari, e le ha chiesto se aveva voglia di andarci lei. Avendo accettato, Rei mi ha domandato se ci scocciava che venisse con noi, giusto per non essere sola e farsi qualche amico.
- Beh, l'idea non è male. Mi è sembrata una ragazza estremamente spiritosa, allegra e intelligente.
- Quindi non mi rimproverate se io le ho già detto che accettavamo?
- Figurati, ci fa solo piacere! - disse Mako sorridendo. - Quindi la gita al centro commerciale non salta.
- No, bisogna solo allungarla di qualche minuto per recuperare Hikari che ci aspetta al bar. Anche lei, se si esclude la divisa sembra che non abbia molti vestiti. Credo proprio che dovrò darle una mano a trovare l'abito giusto.
- Tu? Questa è bella! E da quando ti intendi di moda? - la derise Minako.
- Da quando ti atteggi a guru dell'alta classe, mia cara...
- Ah, ha parlato la principessina...
- Ragazze, ragazze, smettetela di litigare. Mi è sembrata una ragazza semplice e studiosa, credo che l'unica che potrebbe darle il consiglio giusto sono io.
- Ami, per favore... - le dissero in coro ridendo le altre tre prima di uscire di casa e dirigersi verso il locale dove la ragazza dalle mèches bianche stava aspettando.
- Ti credevamo dentro.
- Oh no... Makoto, giusto? Preferisco godermi il sole quanto possibile. Amo stare all'aria aperta a cuocere a fuoco lento...
- Decisamente meglio un bel pigiamone e una bella coperta quando ci si vuole rilassare... - mormorò la biondina dai codini.
- O le braccia del proprio ragazzo, giusto Usagi?
- Beh, sì.
- A proposito, tu hai un ragazzo?
- Ma che domande fai, Minako? Non è educato...
- Ma io ho solo chiesto...
Hikari rise di gusto, staccandosi dal muro a cui era appoggiata.
- Non ha detto nulla di male, Ami. Mi è sembrata subito quella più propensa al pettegolezzo.
- Io non sono pettegola. - rispose falsamente stizzita la bionda incrociando le braccia sul petto.
- No, no, certo che no. Comunque non sono fidanzata né ho messo gli occhi su nessuno. Certo però che il tuo ragazzo, Usagi...
- Ma possibile che tutte le ragazze vogliano rubarmelo. Non ti ci mettere anche tu sai? - la minacciò mentre camminavano nella strada affollata, dirette al vicino centro commerciale ricco di negozi di ogni genere.
- Scherzavo. - la tranquillizzò la rossa sorridendo. - Sono certa che altre te lo invidiano, mi è sembrato proprio dolce e premuroso, oltre che affascinante. Un vero principe...
- Se tu solo sapessi che lo è davvero... - pensò la bionda, restituendo il sorriso. - Ma Rei mi ha detto che sei arrivata in città da poco. I tuoi si sono trasferiti per lavoro?
- No. Sono venuta da sola. Ho affittato un appartamento nella zona Ovest, vicino alla scuola che volevo frequentare, ed eccomi qua.
- Così piccola eppure già indipendente?
- Mako, ho solo un anno in meno di voi. Non sono poi così piccola, o voi non siete così grandi, no?
- Già. E' vero. Ma per mangiare, stirare e il resto, come fai?
- Sono una che si arrangia. Per adesso me la cavo. E poi mi piace cucinare.
- Anche a me.
- Anche a me piace cucinare.
- Usagi, più che altro a te piace mangiare quello che gli altri cucinano. Ma devo ammettere che i ramen ti vengono abbastanza bene.
- Sì, quelli precotti. Basta strappare il coperchio e sono pronti. - ridacchiò Minako.
- Vipera! - le mostrò la lingua l'altra.
- Vipera a chi? - le rispose mostrandogliela anche lei.
- Scusale. Sembrano bambine, in realtà sono anche peggio di due neonate, ma si vogliono davvero bene.
- Non ti preoccupare, Ami. Le capisco. Spero proprio di trovare amiche e amici come voi qui a Tokio, sono stata sola per tanto tempo. Forse troppo... - mormorò le ultime parole come se le stesse dicendo più a se stessa che alla ragazza.
- Sola? Non mi sembri una giovane taciturna e solitaria.
- No, no, al contrario. - si affrettò a dire lei, accortasi di essere finita in un campo pericoloso. - E' solo che con lo studio e l'impegno scolastico io... beh, ho avuto molte difficoltà a trovare amici.
- Eppure molti ragazzi ti hanno notato, o così mi ha detto Rei.
- Sarà il fascino della novità.
- O i tuoi capelli bianchi. Come mai? - chiese Mako, puntando il dito alle due lunghe ciocche bianche che stagliavano ai lati del viso della giovane.
- Queste dici? E' una storia corta e molto brutta...
- Scusa...
- Nulla, nulla. Ma non ho voglia di raccontarla ora.
- Dai, lasciamo perdere le cose tristi. Siamo arrivate, vedi? Quello è il centro commerciale, e dentro troveremo il vestito dei nostri sogni per questa sera. - le disse sorridendo Minako, gli occhi già persi nel vuoto sognando impossibili ma molto eleganti vestiti come se fosse una principessa di una fiaba.
- E' partita. Basta, l'abbiamo persa...
Le ragazze risero mentre entravano dalle porte automatiche dell'edificio. Il rumore della gente che chiacchierava e passeggiava tra i negozi le assalì in maniera piacevole, e presto si confusero con la folla, osservando le vetrine dei vari negozi di abbigliamento.
- Io non riesco a capire perché dovrei diventare matta con un corpetto senza maniche che mi stringe la vita e mi impedisce di mangiare decentemente. Quasi non respiro…
- Usagi, non ti lamentare. - la ammonì Ami tentando di chiudere la cerniera lampo dietro il vestito azzurro e bianco che avevano scelto per la loro amica. - E poi, l’unica maniera per evitare di non farti mangiare è cucirti la bocca.
- Ti ci metti anche tu adesso? Minako non basta.
- Beh, in sua assenza devo pur fare da supplente, no? - ridacchiò la giovane dai capelli blu, chiusa nel camerino di prova con l’amica. - Fatto. Come te lo senti?
- Come un vestito stretto. - mormorò lei, quindi si guardò allo specchio. - Però ammetto che sto bene. Mancano solo le scarpe. Credi che questa gonna non sia troppo corta?
- No, tranquilla. Anche se sembra, arriva quasi alle ginocchia. Sono solo le crinoline sotto che la fanno sembrare strana. E poi non oseresti mica rubare il titolo di Miss gonna corta a Minako?
- Vi ho sentito, vipere. Io non ho le gonne troppo corte. Ho le gambe troppo lunghe. - gridò la ragazza dal camerino accanto al loro.
- E con questa ha sparato la sua stupidaggine del giorno… - borbottò Makoto, che era nel camerino con lei. - Se non stai ferma giuro che ti uso come stampo per i biscotti.
- Strana minaccia… - ridacchiò Hikari dall’esterno.
- Sarei capace.
- Oh, non ne dubito. Mi hanno detto che fai dei dolci eccezionali. E non solo quelli. Vorrei provarli… Un giorno o l’altro.
- Stasera ne porto qualcuno, così, se la nostra orca assassina ne avanza qualcuno, potrai sperimentarli.
- A chi dai dell’orca assassina?
- Usagi, dai calmati, stava solo scherzando.
- Ma Ami, siete sempre così… Amiche tra di voi?
- Direi di sì, Hikari. E’ uno dei nostri modi di dirci che ci vogliamo bene. Non crederci matte…
- Più di quello che siamo, attenzione. - aggiunse Makoto, uscendo dallo stanzino. Lei aveva già scelto il suo completo nei toni del verde e blu scuro, che la stava aspettando alla cassa, così come quello di Ami. - Ma ora veniamo a te. Tu che cosa preferisci?
- Una bella camicia larga e dei pantaloni comodi.
- Mmmm, il massimo dell’eleganza, bisogna ammetterlo. - commentò dal camerino Minako mentre si cambiava di nuovo nel suo vestito floreale con cui era uscita di casa. - Che ne diresti di qualcosa sul nero e… Verde? Staresti bene con i tuoi capelli.
- Vedremo…
- No, no. Siamo venute a comprarci un vestito nuovo tutte quante, quindi anche te. Altrimenti ci arrabbiamo.
- Che paura, Usagi. Va bene, va bene, troviamo qualche cosa di nuovo anche per me… - sorrise Hikari, felice come non mai da vari secoli, ritrovando in ognuna di loro un tratto di Ai. - La dolcezza, la vanità, la gentilezza, la forza, l’intelligenza… Hanno tutto. Sono loro le mie figlie, sono tutto ciò che amo, anche se non sono quelle che conosco. Io dovrei trovarmi nel vuoto in questo momento, accanto a Sailor Dark, e invece… - pensò.
- Cosa ti è preso? Qualche cosa che abbiamo detto? - chiese preoccupata Usagi prendendole la mano.
Lei si scosse, ritornando a guardare con gli occhi il presente e non il lontano futuro da cui proveniva.
- No, no. Stavo solo pensando a… A niente. Scusate. Forza, trovatemi un vestito adatto. Io sono la più piccola, dovete guidarmi voi nella scelta, no? - ridacchiò.
- E allora via, alla ricerca dell’abito perfetto. Ne ho già visti una decina che forse…
- Mettiti comoda. La decina di Minako quando si tratta di vestiti ha molti zero dopo un numero che non è mai uno… - commentò sottovoce al suo orecchio Ami, sospirando.

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Capitolo 31
*** Duello all'ultima nota - Capitolo 7 ***


Quella sera l’aula del conservatorio che era stata preparata per il concerto era gremita di gente, soprattutto ragazzi delle superiori e dell’università, anche se non mancavano ovviamente buona parte dei genitori dei musicisti e altre persone che erano curiose di sentire cosa avesse da proporre la serata.
- Hai visto quanta gente?
- Effettivamente non mi aspettavo tante persone. - esclamò Mamoru, che teneva a braccetto la sua dolce amata. Il giovane era vestito con uno smoking che somigliava moltissimo al suo costume da Tuxedo Mask, senza cappello, mantello e mascherina. Gli occhi gli brillavano ogni volta che incrociava lo sguardo di Usagi, vestita con una gonna azzurra e un corpetto senza maniche bianco, le scarpe dal leggero tacco in tono con il corpetto e con la borsetta comprata per l’occasione prosciugando i suoi risparmi. - Sei bellissima.
- Secondo me si dovrebbe far vedere la vista… - disse falsamente acida Minako.
- Cara la mia piccola biondina, io intanto il fidanzato ce l’ho, mentre tu finirai vecchia e zitella.
- Zitella a me? Ma se sono più giovane di te di secoli.
- Francamente sono solo pochi mesi.
- Ami, per favore.
- Ma voi fate sempre così per dimostrarvi il vostro affetto? Non voglio vedervi quando siete arrabbiate.
- Hikari! Makoto! Iniziavamo a preoccuparci.
- Tranquillo Mamoru, ho avuto un po’ di difficoltà per via della quantità di persone che ancora aspetta in fila per un posto, sperando che alcuni di noi non si presentino. Stasera c’è il pieno.
- Ottimo, no? Vorrà dire che la manifestazione avrà successo e si raccoglieranno molti fondi.
- Già. Stai benissimo, Hikari, quel vestito d ti dona molto.
- Sebbene non lo avrei mai scelto da sola, devo ammettere che mi sembra di essere quasi una vera ragazza. Grazie Mamoru. - arrossì leggermente la giovane, abbassando lo sguardo sul vestito nero dalla gonna liscia che le copriva le caviglie completato da un bolero nello stesso colore ma adornato di piccoli cristalli come passamaneria lungo i bordi.
Makoto aveva optato per un completo simile, un bolero verde cupo e una gonna pantalone che sfumava la blu notte dalle ginocchia alle caviglie. Unito tocco un po’ fuori dai suoi schemi le scarpe dall’alto tacco, rendendola alta forse più del giovane dai capelli scuri.
- Ora che ci siamo tutti, che ne dite se ci accomodiamo?
- Ottima idea, Ami. Lo spettacolo inizierà a breve, meglio cercare i nostri posti con calma. Poi, se vorrete scusarmi, vorrei andare a salutare le mie due pestifere compagne di corsi e controllare che non si stiano già azzuffando.
- Mamoru…
- Eddai Minako, ti comporti come se avesse detto che vuole scappare con loro. Non farò più una scenata del genere come qualche giorno fa. Io di lui mi fido. Però vado con lui.
- Beh, magari… Considerando con chi sta adesso. Io un pensierino ce lo farei. - ridacchiò la bionda, attenta ad evitare il pugno che l’altra bionda le tirò ridendo.
- Siete tutte matte, ve lo già detto… Mi spiace solo che Rei non sia potuta venire.
- Ah, beh, lei si starà divertendo al tempio. - rispose Makoto, facendo ampi gesti per indicare che in realtà pensava tutto il contrario. - Però domani le racconteremo tutto.
- Su quello puoi stare sicura.
Il gruppetto si diresse ai posti prenotati, accorgendosi di essere in un’ottima posizione psia per la visuale che per l’acustica. Mamoru e Usagi non si sedettero, e si diressero sicuri verso una porta che portava dietro le quinte e da cui entravano e uscivano indaffarati musicisti, addetti ai lavori e parenti.
- Qualcuno ha visto Kaori o Yosei?
- Chi? - chiese uno dei musicisti a Mamoru.
- La pianista o la ragazza dell’arpa.
- Ah, loro. No. Credo che si stiano ancora cambiando. Per un disguido c’era solo un camerino, per cui prima ci siamo cambiati noi maschi. Ora ci sono le femmine. Non dovrebbero metterci molto, comunque…
- Grazie. - sorrise il giovane facendosi strada nel corridoio finchè non trovò il camerino.
- Ti spiace se attendo con te?
- Amore, ma cosa dici? Mi fa piacere che tu sia venuta. Sono simpatiche, solo un po’ strane.
- Beh, una delle due è troppo appiccicosa per i miei gusti.
- Anche per i miei, te lo posso assicurare. - Si affrettò a dire Mamoru. Certo avevano ognuna un fascino incredibile, ma lui sapeva che in fondo al suo cuore, e non solo per il discorso del Destino, lui avrebbe amato solo la sua piccola “testolina buffa”. - Spero solo che non si stiano azzuffando.
- Ma sembra che facciano solo quello.
- Più o meno… - ridacchiò lui. - E nonostante tutto credo che siano in qualche modo amiche. Sai, un po’ come la storia tra te e Minako e il fatto che vi prendete in giro.
- Sì ma io non vado a tirare i capelli o a picchiare le persone come mi hai detto che fa Kaori.
- Beh, è un po’ irruente. A volte mi domando cosa verrebbe fuori da una come lei se diventasse una Sailor.
- Non voglio nemmeno pensarci. Mi basta Sailor Dark.
- Cioa Mamoru. Usagi. Sono contenta di vedervi qui stasera.
- Ciao Yosei. - disse il ragazzo, osservando per un istante il lungo abito scuro che stava indossando l’amica. Si sarebbe sposato alla perfezione con la grossa arpa che avrebbe suonato, dandole un tocco di grazia e di raffinatezza che comunque non le mancava anche in jeans e maglietta, come aveva già avuto modo di notare. - Siamo tutti curiosi di vedere e sentire esattamente di cosa siete capaci. Soprattutto se Haruka rifarà il suo scherzetto con Kaori.
Lei rise, chiudendo gli occhi per un secondo.
- Non credo proprio. Kaori l’ha minacciata, e credo che le sue più che minacce siano promesse.
- Su questo puoi giurarci, strimpellatrice…
- Sempre gentile. Grazie. Allora pronta a sbattere i tasti con le tue delicate unghiette?
- Kaori… - sorrise Mamoru, mentre Usagi si era cperta la bocca con la mano per non ridere per quello che aveva detto Yosei.
- Mamoruccio caro…
- Usagi divenne immediatamente seria.
- Ah, ciao, ci sei anche tu. Non sapevo che ammettessero animali in questo edificio.
- Brutta…
- Kaori, capisco che tu sia un po’ lontana dal considerarla un’amica, ma ti ricordo che Usagi oltre che essere mia amica è anche la mia fidanzata. Quindi un altro commento del genere su di lei e puoi scordarti di considerarmi anche solo esistente. - le disse duro Mamoru. - Sono stato chiaro.
- Sì… - abbassò lo sguardo la ragazza con le trecce, vestita in maniera simile a Yosei ma con una larga e leggera sciarpa viola sulle spalle. - Scusa.
- Non devi chiedere scusa a me, ma a Usagi. Guardandola negli occhi.
- Mamoru, non è…
- No, piccola. Quando è troppo è troppo. Non può permettersi di insultarti e passarla liscia. Né lei, Né nessun altro.
Yosei sgranò gli occhi. La scena le ricordò qualcosa che si era nascosto nella sua mente da tempo, e che la colpì come un pugno, facendole vedere un uomo che assomigliava a Mamoru, ma vestito di nero, con una spada al fianco, mentre diceva le stesse identiche cose di fronte a lei, vestita da Sailor X e genuflessa davanti a lui e a una bionda vestita di bianco.
- Selenity… - mormorò.
- Scusa?
- No, niente, niente Usagi. Devo andare, devo accordare l’arpa… - le rispose correndo via.
La ragazza si calmò sedendosi sul piccolo sgabello accanto al suo strumento, e si mise a pensare, mentre con i suoi poteri telecinetici sistemava al meglio l’accordo dell’arpa, tendendo e smollando le corde dove necessario.
- Non riesco a capirci molto, devo ammetterlo, e questo non mi piace. So di essere capitata nel passato, in un passato molto lontano, in un periodo in cui io dovrei essere nella dimensione dei demoni a combattere contro una Sailor Dark senza corpo, una mera anima che vuole conquistare il mondo. E invece sono qui con una tizia che dichiara di essere Sailor Sun e un’altra Sailor Dark estremamente più potente, come quella che stavo affrontando nel futuro quando è scoppiata quella… O mio dio, non può essere! A questo punto noi tre che eravamo presenti allo scoppio della stella siamo state trascinate nel passato. Ma perché? E perché io mi ricordo solo alcune cose del mio passato? Quel principe, quella principessa, perché sono così simili a Usagi. Certo, ho avuto il sospetto che lei fosse una mia lontana parente, considerando che assomiglia fin troppo alla stirpe che darà vita al Regno della Luna, ma che lei sia… Tornerebbe anche il discorso della gatta di Mamoru. Anche nel mio tempo c’erano dei consiglieri del genere, e amavano diventare gatti quando erano sulla Terra. - Scosse la testa. - Ma a questo punto, se quello che ho pensato è vero, Usagi è una delle prime principesse, se non la prima principessa, e quindi Mamoru è… Lui sarebbe… Non ci voglio credere, non ci posso credere. Già, ma sarebbe una possibilità. Sono stata mandata nel passato per redimere la mia colpa, per evitare di farla accadere di nuovo. Forse quindi posso evitare di subire la maledizione, posso evitare di essere costretta a reincarnarmi continuamente come protettrice della Luna. Io sono uno spirito libero, uno spirito legato a grossi corpi, non certo a un misero scheletro ricoperto di carne e sangue. Oddio, se solo fosse vero, se solo potessi tornare ad essere solo la Fata della Luna…
I suoi pensieri furono interrotti dalla bacchetta del maestro che era salito sul palco. Il concerto stava per cominciare.

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Capitolo 32
*** Duello all'ultima nota - Capitolo 8 ***


Durante la pausa Kaori aveva elaborato un piano per vendicarsi. Non aveva accettato lo smacco di essere presa in giro e ripresa come una bambina da Mamoru di fronte a Usagi e Yosei.
- Quella stupida, insulsa ragazzina! - Pensò furente. - Se Mamoru non mi considera, è perché lei lo ha stregato con i suoi dolci, melensi, schifosi occhini. Se lei non ci fosse, tutto sarebbe a posto. E stasera ho un'occasione ghiotta. Lei e le sue amiche, Yosei e un po' di umani tutti in una volta sola, oltre a rovinare il concerto, che francamente mi ha solo provocato un enorme mal di testa e un'orticaria da pensieri gentili.
Sorrise, facendo comparire nella sua mano la Death Eye, la sua spilla a forma di occhio. Cercò l'oggetto giusto, scartando il microfono e le luci di scena, finché l'occhio non le cadde su una coppia di casse che erano state coperte solo da un telone di plastica semitrasparente per evitare che prendessero polvere e che aspettavano dietro le quinte del palco di essere usate in qualche altro spettacolo. Sfiorò il gioiello, che aprì lentamente la palpebra mostrando un occhio cattivo che emise un raggio debolmente colorato di rosso. Le casse vennero investite e inglobate da un alone dello stesso colore del raggio, finché non si deformarono assumendo l'aspetto di un essere umanoide, dalle gambe tozze e dalla testa quasi quadrata, gli altoparlanti a formare il suo busto, posizionati dove un uomo avrebbe avuto i pettorali.
- Cosa posso fare per te, mia padrona? - gracchiò sottovoce, scariche statiche e sottili fischi tra le sue parole.
- Aspetta il momento giusto. Ora tornerò sul palco per suonare. Attendi che tutti siano concentrati su di noi, e all'assolo di flauto agisci. Colpisci quante più persone puoi, ma non toccare la biondina dai codini ridicoli e le sue amiche. Lei è mia.
- Come desidera. - si genuflesse il mostro, nascondendosi nuovamente sotto il telone di plastica.
Kaori si sistemò il vestito, sospirò contenta e si diresse al pianoforte, mentre anche gli altri musicisti riprendevano i loro posti. L'intervallo stava finendo.
- Sembri allegra.
- Certo non grazie a te. Comunque sono allegra. - rispose a Yosei la ragazza, osservando distrattamente lo spartito, la sua mente già persa nelle possibili atroci sofferenze che avrebbe inferto a Usagi e alle sue amiche.
Le luci si spensero lentamente, gli ultimi spettatori ritornarono ai loro posti mentre il direttore di orchestra si presentava sul podio e colpiva il leggio con la bacchetta un paio di volte per attrarre l'attenzione di tutti. Le prime note iniziarono a ripempire l'aria, e la seconda e ultima parte del concerto iniziò.
- Ti piace? - sussurrò Mamoru a Usagi.
Lei annuì, stringendosi a lui come se stessero vedendo un film romantico.
- Grazie. Mi hai difeso contro la tua amica. Ti deve essere pesato.
- No. Scherzare è lecito, offendere no. E lei dovrebbe saperlo, visto che non è proprio una ragazzina. Ma non ti preoccupare, io ho già dimenticato l'accaduto, e credo che sarà così anche con lei. Se non sbaglio ora dovrebbe toccare a Setsuna.
- Il flauto dici? Sì. Arriva appena dopo questa toccata e fuga. - gli rispose la biondina. - Scusa, Mamoru, hai visto Hikari? Non mi sembra di averla notata tornare al suo posto.
- Effettivamente manca. Credo che si sia attardata in bagno. Quasi alla fine della pausa ha detto che non si sentiva molto bene... - esclamò Makoto. - Quasi vado a vedere come sta.
- Lascia. Vado io. Sono all'esterno della fila. - la bloccò Mamoru, alzandosi e dirigendosi verso il foyer.
- Speriamo che non sia successo nulla...
- Non ti preoccupare e goditi il flauto traverso di Setsuna. - le sorrise al buio Ami, sfiorandole la mano per tranquillizzarla. - Eccolo che inizia.
Dopo un istante di silenzio che sanciva la fine del precedente brano, Setsuna si alzò in piedi, illuminata dalla forte luce di un riflettore, e si portò il lucente strumento alla bocca, iniziando a cavare dal freddo metallo del flauto note calde e leggere come farfalle al tramonto. Tutti gli occhi erano puntati su di lei, e nessuno si accorse della tenda che si spostava lentamente alla sinistra del palco, né si accorsero dell'essere che si posizionava in modo da poter osservare tutto il palco e quasi tutta la sala. La donna dai lunghi capelli verdi sembrò distrarsi per un secondo, come se avesse avvertito qualcosa, e staccò le labbra dallo strumento.
- Ora. - pensò Kaori.
Come se avesse potuto sentirla, il mostro scatenò il suo colpo sulla sala. Un'ondata di suoni ad alta frequenza che coprivano tutto lo spettro dagli infrasuoni agli ultrasuoni investì la stanza, facendo cadere svenuti la quasi totalità dei presenti. Chi era ancora cosciente si diresse urlando dal dolore verso l'esterno, o iniziò a contorcersi tentando di tapparsi le orecchie con le mani.
- Cosa sta succedendo? - gridò Makoto, che come le altre risentiva meno del colpo.
- Laggiù, nell'angolo, un mostro. - disse Minako
- Ancora Sailor Dark.
- Non saprei, ma in ogni caso quel mostro è stato abbastanza forte da mandare al tappeto le nostre amiche. - indicò Ami. - Guardate.
- Oh no! - si lamentò Usagi. - Sono svenute. Spero solo che siano salve.
- Un problema alla volta. Ora vediamo di battere quel mostro. Pronte ragazze?
Tutte annuirono alla domanda di Minako, e buttatesi a terra per nascondersi, si trasformarono. Come immaginavano, come Sailors erano immuni alle stranissime onde sonore, sebbene sentissero comunque un fastidioso ronzio nelle orecchie.
- Sembrerebbe che dovunque io vada ci siate anche voi, piccole intriganti!
- Sailor Dark!
- La unica e sola! Sorrise la donna, muovendosi verso di loro dopo essere comparsa accanto al mostro. Con un piede colpì leggermente il corpo esanime di Yosei. - Almeno a qualcosa sono servite queste onde... Ma ora credo che sia arrivato il momento di divertirci sul serio. Mio fedele servitore, abbattile! - gridò puntando verso di loro la Fatal Axe.
- Come desideri. Pronte per ballare? Ho la musica giusta per voi. - ridacchiò colpendosi il petto con i pugni chiusi come se fosse un gorilla. Note solide e nere si crearono attorno a lui e si diressero veloci come proiettili verso le giovani, che le schivarono saltando a destra e a sinistra della fila di sedie dove si trovavano.
- State ferme quando qualcuno tenta di uccidervi! Non ve l'ha insegnata l'educazione vostra madre? Mostro, datti da fare, io devo occuparmi delle mie piccole stupide prede, che saranno stese da qualche parte svenute, spero...
- Non riuscirai a sfuggirci, Sailor Dark! - gridò Sailor Jupiter, iniziando la sua Oak revolution.
- E chi fugge, ragazzina? Io ho altro da fare che farvi da balia. Black Hole Vortex, vieni a me! - gridò, lanciando il suo turbine nero verso la giovane, che dovette interrompere il suo colpo per schivare quello avversario.
- Non possiamo dividerci. Sappiamo benissimo che quel mostro, come gli altri che ci ha mandato contro, è troppo forte per noi se affrontato separatamente. Dobbiamo decidere cosa fare. Sailor Moon?
- Non lo so, Sailor Venus, non lo so. Lei è il pericolo maggiore, ma il mostro può continuare a fare del male alle persone che ci sono in questa stanza. Lasciamola andare e occupiamoci di lui.
- D'accordo. - dissero le altre, gettandosi verso di lui e iniziando a colpirlo ripetutamente con i loro attacchi, ma sortendo pochi o nulli effetti.
- Mamoru, dove sei? - pensò la giovane, vedendo che Sailor Dark stava ferma, le braccia conserte a osservare come il suo mostro stava quasi divertendosi con le Sailors. - Ho bisogno di te, ti prego Tuxedo Mask...
- Bah, ora basta stare a guardare. Ragazzina, togliti. E' inutile che proteggi le tue amichette svenute lì sotto. Io voglio loro, e le avrò.
- Mi spiace, ma sono riuscite a fuggire. Se il tuo scopo era catturarle, hai fallito. - le disse la giovane, intuendo che cercava loro, ma nelle vesti normali di studentesse delle superiori e non di guerriere.
- Stai scherzando spero? - le disse dura la ragazza dai capelli viola, puntandole addosso l'arma. - Non vorrai farmi credere che ho fatto tutto questo lavoro per niente?
- Direi di sì, cara mia. - ridacchiò una voce femminile dal fondo della sala.
- Anche tu. Ma è una persecuzione!
- Sei tu che continui a perseguitarci. - le rispose Sailor Sun, appoggiata ad una delle colonne che adornavano le pareti dell'auditorium. - Questa volta hai proprio esagerato, ma la pagherai. - la minacciò. - Speriamo solo che non si accorga che sono già allo stremo delle forze. Come Sailor sono molto potente, ma di notte divento come un cucciolo indifeso, mentre lei... Devo solo dare il tempo a Mamoru di mettere in salvo le altre ragazze sul palco. Fortunatamente il mostro è troppo impegnato a combattere le mie figlie, mentre Sailor Dark è distratta e sta dando le spalle al palcoscenico. Bene. Anche Haruka è in salvo. Ora manca solo Setsuna.
- Ah, mi minacci. Non mi interessa se sei mia madre, ti posso sconfiggere quando voglio. Qui sono la più forte! - gridò infuriata la ragazza, avventandosi su di lei. Sailor Sun si difese quanto poteva evitando i fendenti dell'ascia bipenne dell'avversaria, ma preso si trovò alle strette. Stava ansimando, al spilla sul suo petto emetteva un debole bagliore intermittente, quasi ad indicare che era al limite. - Sei mia!
La giovane dai capelli rossi chiuse gli occhi, sicura che non avrebbe potuto evitare il colpo, ma quando li riaprì, alcuni secondi dopo, vide che l'arma giaceva a terra, una rosa rossa conficcata nel pavimento vicino a lei.
- Che tu sia maledetto! - mormorò Sailor Dark, massaggiandosi il dorso della mano destra, dove uno strappo nei guanti e la pelle arrossata indicavano dove il fiore aveva colpito.
- Detto da te è un complimento. - sorrise Tuxedo Mask, che era intervenuto appena possibile, dopo essersi accertato che Setsuna, Michiru e Haruka stessero bene. Sebbene si fossero riprese, non avevano la forza di trasformarsi, ma erano sufficientemente in forma da pensare a portare in salvo gli altri membri dell'orchestra. - Sei stata sconfitta anche questa volta, Sailor Dark. Non puoi pensare di vincere contro tutti noi. Arrenditi.
- Io? Arrendermi? Ah, questa è bella. Ma hai ragione, siete troppi. Siete come delle mosche fastidiose. Piccole ma troppe. Alla prossima, e quella sarà quella finale. - esclamò lei, raccogliendo la Fatal Axe e scomparendo in un alone di oscurità prima che nessuno dei presenti potesse reagire.
- Andata! Ma almeno non ti ha fatto del male. - disse Tuxedo Mask aiutando l'amica a rialzarsi.
- No, ma abbiamo un altro problema. Il mostro che lei ha evocato. Le tue amiche sono in pericolo, e Sailor Moon è ancora troppo debole per farcela da sola. Io ho solo una possibilità, ma dopo che l'avrò aiutata dovrò tornare normale. Tuxedo Mask... Mamoru...
- Come sai che...
- Non ti preoccupare, il segreto è al sicuro. Ti chiedo un favore. Quando Sverrò, coprimi con il tuo mantello e portami dove mi hai incontrato. Non voglio che le altre vedano chi sono in realtà. Ti prego.
Lui la guardò per un secondo, quindi annuì.
- D'accordo.
- Grazie. Sorrise lei, spazzolandosi il vestito con le mani come per dargli una sistemata. - E ora vediamo di staccare la spina a quell'altoparlante troppo cresciuto.
I due raggiunsero Sailor Moon, che guardava impotente le sue amiche combattere senza ottenere effetti il mostro. Sailor Venus era a terra, parte dell'uniforme strappata, e Makoto si teneva il gomito sinistro con la mano destra, come dopo un forte colpo.
- Cosa possiamo fare?
- Non ti preoccupare, Sailor Moon. Ti aiuterò io, ancora una volta. Concentrati, trova dentro di te il potere che ti permette di compiere cose meravigliose, il potere di Ai, dell'amore... - le sorrise Sailor Sun.
La ragazza guardò il giovane accanto a lei, che annuì con un debole sorriso, stringendole le mani nelle sue.
- So che puoi farcela. Per loro...
La bionda inspirò e chiuse gli occhi, concentrandosi, finché non vide una figura eterea formarsi di fronte a lei. Assomigliava a qualcuno che già aveva visto, ma non riusciva a mettere a fuoco.
- Hai ancora bisogno di me, vero? Ti aiuterò, l'ho sempre fatto fin da quando hai iniziato la tua battaglia. Ora io e te diventeremo una cosa sola, ma ricordati, solo se lo fai con il cuore, il colpo può avvenire.
- Ma chi sei?
- Cerca dentro di te, e lo scoprirai. - le disse la figura femminile, svanendo come fumo colpito dal vento.
Sailor Moon non aprì gli occhi, ma si voltò come se vedesse benissimo dove doveva mirare ed estrasse lo stesso cristallo che aveva utilizzato contro Deimos e Phobos. Accanto a lei si formò velocemente un'immagine identica alla sua, ma in negativo per colori e posizione. Questa volta la figura era più corporea, come se fosse una sorta di ologramma, e sorrise a Sailor Sun, che contraccambiò.
- Alla prossima, sorellona... - sospirò la giovane dai capelli rossi prima di svenire, prontamente coperta dal mantello di Tuxedo Mask, che si premurò di allontanarsi come aveva promesso.
I due cristalli luminosi si riempirono di potere fino a far soffrire leggermente la giovane, quindi liberarono la loro energia sotto forma di due fasci di luce bianca e nera che si intrecciarono
- Twin stars power, azione! - gridò Sailor Moon.
Lo strano raggio bicolore deviò verso il soffitto per non colpire Sailor Mercury che era sulla sua traiettoria, e si gettò dall'alto sul mostro, che si paralizzò.
- Maledette! - gridò mentre ritornava una semplice cassa che emise per un paio di istanti un leggero fumo nerastro, come se la cattiveria instillata da Sailor Dark si fosse dissipata nell'aria.
- Ragazze. - mormorò la bionda, avvicinandosi lentamente alle altre amiche. - State bene?
- A parte l'orgoglio, niente di rotto. - sorrise Sailor Jupiter.
- Stiamo tutte bene.
- Ottimo. Sapete, mi sento un po' strana... Ho la testa leggera... - sorrise come ubriaca Sailor Moon, accasciandosi al suolo svenuta.
Subito tutte le vennero in soccorso, e poco dopo si riprese.
- Ci hai fatto psaventare, lo sai?
- Scusa, Mako. Come stanno gli altri?
- Bene, direi. Molti si sono già ripresi, ma credo che il concerto sia sospeso. - disse Minako, indicando la stanza, dove erano evidenti i segni della lotta sostenuta. - Certamente una serata che ha lasciato il segno...
- Molto spiritosa. Qualcuno ha visto Mamoru e Hikari?
- Siamo qui, Ami. - rispose il giovane, comparendo assieme all'amica dalla porta di ingresso. - Era in bagno, svenuta per il colpo. Voi, il mostro non vi ha fatto del male vero? - il tono era teso, come se qualcosa lo preoccupasse.
- No, no. Siamo svenute come tutti e ora ci siamo riprese. Usagi è ancora sotto shock, credo che sia meglio che la porti a casa.
- E' meglio. Hikari, te la senti di tornare a casa con Makoto o preferisci che ti accompagnamo anche noi?
- No Ami, credo che tornerò a casa da sola. Voi state con Usagi. Sembra che sia molto stanca. Non è che per caso lo avete combattuto voi quella specie di... Beh, qualunque cosa fosse?
- Noi? Figurati, siamo crollate al suolo svenute immediatamente. - mentì Minako.
Una volta fuori dall'auditorium le giovani si salutarono, e Mamoru aiutò ad entrare in macchina Usagi, per poi partire diretto verso la casa della sua fidanzata.
- Mamoru, mi sembri preoccupato.
- No, no. Sono solo un po' stanco. Tu come ti senti? Intendo, dopo quel colpo che hai tirato?
- Bene, credo. Sono spossata, ma è come se qualcosa di caldo mi riempisse il cuore di gioia. Mi sento in pace con il mondo. - sorrise la giovane.
Mamoru non restituì il sorriso, troppo intento a guardare la strada e a ragionare su quanto aveva visto quando aveva tolto il mantello che copriva il corpo svenuto di Sailor Sun.
- Lei, così giovane, sarebbe la madre dei nostri semi di stella? Lei... Hikari? - pensò cupo in volto.

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Capitolo 33
*** La gemella cattiva - Capitolo 1 ***


Ami controllò la sua borsa un’ultima volta prima di chiuderla e di incamminarsi alla porta per andare a scuola.
- Ciao mamma. Ci vediamo questo pomeriggio. Credo che mi fermerò un po’ più del solito in biblioteca. Devo cercare alcune informazioni per una ricerca che sto svolgendo.
- Come vuoi. Buon giornata, tesoro. - le rispose la donna dalla cucina, intenta a sparecchiare la tavola dopo la colazione. Sorrise compiaciuta sentendo la porta di casa chiudersi. - Sono proprio orgogliosa di lei…
La ragazza dai capelli turchesi attese come era solita fare Minako e le altre ad eccezione di Rei, che non frequentava la loro stessa scuola, e solo dopo aver salutato le solite ritardatarie, si diresse con le sue amiche a lezione.
- Ma è mai possibile che voi non riusciate ad essere puntuali? Mai! - le sgridò bonariamente Ami.
- Lo sai che siamo fatte così. E poi la colpa è di Usagi.
- Minako. Non è vero. Chi si è fermata a vedere le vetrine di quel negozio di vestiti prima del semaforo?
- Beh, ma era così bella quella gonna…
- Minako, le serrande erano abbassate! - rise la biondina.
- Io l’avevo già visto due giorni fa, e ho buona memoria, io…
- Già. Per quello che ti interessa hai una memoria di ferro.
- Non ti ci mettere anche tu, Mako. A proposito di memoria, sbaglio o il tuo fidanzatino ha la testa tra le nuvole da un mesetto a questa parte, Usagi?
- L’ho notato anche io…
- Che una delle due sue spasimanti abbia fatto breccia nel suo cuore?
Makoto e Ami picchiarono amichevolmente Minako sulla testa, ridacchiando.
- No, no. E’ qualcosa d’altro, me lo sento. Lui dice che è solo un po’ di tensione per gli esami che stanno arrivando e per lo studio, ma non mi vuole dire tutto…
- Non credo sia per la comparsa di quella nuova nemica, circa due settimane fa…
- No, Ami, credo anche io che non sia per quello. Non ci siamo mai spaventate di fronte a nulla, e Mamoru meno di noi. La comparsa di quella nuova Sailor, se di Sailor si tratta, non può certo averlo preoccupato a tal punto.
- Sembrerebbe quasi che sia successo qualche cosa dopo il concerto…
- O durante… - mormorò Usagi.
- Già. Forse ha a che fare con Sailor Sun. - confermò Minako
- Certo che è strano che solo dopo questi anni si venga a scoprire che in qualche modo siamo tutte sorelle e fratelli.
- Almeno come poteri, Mako, almeno solo come poteri.
- Certo Ami, certo… Ma non vi sembra un po’ giovane la nostra… - ridacchiò. - mamma?
- Non vuol dire. Il suo corpo è sì giovane, come il nostro, ma a quanto pare i suoi poteri sono molto superiori ai nostri, se in lei è presente un seme di stella che suddiviso può creare i nostri.
- Oppure quello di sua sorella era molto più potente. Mi pare che abbia qualche difficoltà a combattere quando non è al sole.
- Tu dici? - chiese Minako.
- Beh, ripensa alla settimana scorsa, quando ci siamo scontrate con Sailor Dark vicino alla spiaggia, in pieno giorno. Praticamente ha fatto tutto lei, e pareva quasi divertirsi con il mostro prima di eliminarlo. Non potevamo certo competere con lei, ma se lo confronti con il suo comportamento la settimana dopo il concerto, durante lo scontro al parco giochi in piena notte, beh…
- Effettivamente là quasi la dovevamo salvare noi… - borbottò Minako. - Tu dici che in qualche modo i suoi poteri sono legati al sole?
- Il nome corrisponde, visto che lei è la Sailor del Sole, ma dovrei studiare la cosa più approfonditamente, confrontando tra di loro i dati che ho raccolto durante le nostre ultime battaglie e considerando anche delle variabili quali…
- Ami, Ami, va bene. Ci pensi tu, anche perché solo l’idea di mettermi a controllare su quel tuo speciale computer palmare mi farebbe venire il mal di testa…
- Oh, è solo una questione di interfaccia, Usagi. Se tu provassi a considerare che l’algoritmo di implementazione…
- Qualcuno la fermi, qualcuno le ficchi qualcosa in bocca… - borbottò la biondina, mettendosi le mani sulle orecchie e suscitando la risata delle altre tre amiche.
- Beh, è così che ci si prepara ad una dura giornata di scuola? - disse dietro di loro una voce che riconobbero immediatamente.
- Hikari! Ciao, tutto bene?
- Grazie, Makoto. Vedo che voi non perdete mai il buon umore. Sono contenta per voi.
- Beh, affrontare la vita con il muso di certo non aiuta…
- Ben detto, Minako. E poi ci sono sempre i dolci a tirare su il morale, eventualmente, se non bastano gli amici.
- Figurati se non pensavi al cibo. Sei un’ingorda. Manderai sul lastrico il tuo povero Mamoru a forza di spendere soldi in pasticcini.
- Non è vero.
- Sì che lo è!
- No!
- Sì!
Hikari guardò stupefatta le due bionde, ma nemmeno tanto. Quella scena era identica a quando facevano finta di litigare lei e sua sorella, quando era ancora viva. Sorrise, ma poi si ricordò dell’ora.
- Devo scappare, ragazze, la scuola mi aspetta! Ciao a tutte!
- Ciao! - risposero Ami e Makoto, che si voltarono verso le loro altre due amiche, che erano ancora impegnare a fronteggiarsi e a combattere a suon di linguacce e di innocenti insulti.
- Strega!
- Megera!
- Zitella!
- Non è vero!
- Ah, certo che lo è!
- E’ tardi! - si intromise la bruna, urlando quanto facevano loro.
- Come? - domandarono le due, voltandosi e guardandola in faccia.
Ami mostrò loro il quadrante del suo orologio, vedendole impallidire.
- E’ tardi, è tardi, è tardi! - gridarono mettendosi a correre come delle matte verso l’edificio che si vedeva in lontananza.
Makoto e Ami risero e si misero a correre anche loro, finché non giunsero nelle rispettive classi con il fiato in gola, ma per fortuna ancora in tempo per non ricevere la punizione per chi arrivava in ritardo, e passarono il resto della mattinata fino all’intervallo per il pranzo ognuna nella sua aula.
- Allora, come va la prof di matematica?
- Non me ne parlare, Ami. Io quella un giorno o l’altro…
- Dai, Minako, non dire così, tanto non ci crede nessuno. Mmmm, quelli che hai lì sono maki, e quelli arancini con l’umeboshi?
- Sì. Giù le mani, la lingua e gli occhi, ingorda. Ho visto benissimo che i tuoi te li sei già mangiati!
- Non ti ho chiesto niente.
- Già, ma la luce famelica nel tuo sguardo… Ah, Makoto, a proposito, per la cena di dopodomani, hai bisogno di aiuto per preparare?
- No, grazie. Ho già pensato a tutto. Mi manca solo di sapere se viene anche Setsuna o se preferisce come suo solito rimanere a casa a cullare Hotaru…
- E le due inseparabili?
- Loro? Credo siano ad un concerto. Michiru ci teneva tanto a conoscere il violinista che ha convinto Haruka ad accompagnarla ad Osaka, e rimarranno per alcuni giorni a visitare la città.
- Quindi saremo solo noi. Bisogna chiedere a Rei se ha convinto Hikari a venire. Anche se è così solare, sembra una ragazza sola. Non esce mai, se non era per il concerto. Non vorrei che si fossilizzasse e rimanesse zitella a vita come Ami.
- Minako! Io non sono una zitella. Prima finisco gli studi, poi penserò al fidanzato. - brontolò la ragazza.
- Sì. A cent’anni e qualche mese finirai di studiare. Un po’ come Usagi, anche se per altri motivi. A proposito, Mamoru ti ha detto se viene o meno?
- Ammetto di non averglielo ancora detto. Ogni volta che lo vedo finiamo a guardarci negli occhi come due innamorati, ma non riesco a capire cosa abbia che non va. Mi sembra depresso, come se avesse un grosso peso sul cuore.
- Te l’ho detto. Ti tradisce…
- Ma mangia e stai zitta, linguaccia! - la sgridò Makoto afferrandole la testa e spingendogliela gentilmente verso il piatto ancora quasi pieno del suo pranzo.
Tutte risero, ma Usagi lo fece sono per gentilezza.
- So che c’è qualcosa che non va, e devo scoprirlo. Lui ha fatto così tanto per me, devo saperlo… - pensò appoggiandosi alla grande quercia del parco e chiudendo gli occhi sospirando. - E questo pomeriggio riuscirò a chiederglielo. Volente o nolente me lo dovrà dire.
Fu solo nel primo pomeriggio, dopo che tornarono ognuna alla propria casa, che le giovani, compresa Rei, ebbero modo di parlare comodamente sedute alla caffetteria che frequentavano.
- Quindi credete che Mamoru nasconda qualcosa?
- Già, Rei. Sono sicura che non vuole dirci qualche cosa, non vuole dirmi qualche cosa.
- Ma perché?
- Non saprei… - disse triste la biondina, tormentandosi uno dei lunghi codini. Stava osservando svogliata il gelato alla frutta davanti a lei, giocherellando con lo sciroppo all’amarena che colava lentamente lungo la pallina di gelato. - Ha qualcosa a che vedere con Sailor Sun, ne sono sicura…
- Il fatto di averla aiutata, tu dici? Eppure se fosse qualcosa di relativo a lei, perché non dircelo?
- E se glielo chiedessimo tutte assieme quando arriva?
- No, Mako, non mi sembra il caso. Se non si è confidato con noi, nemmeno con Usagi, chiederglielo direttamente potrebbe essere deleterio. - le rispose Ami, osservando l’ora.
- Qualcosa non va?
- No, no. E’ solo che devo scappare oggi. Ho delle ricerche da finire per quella storia del Loramis, e così preferisco sfruttare la biblioteca della città. Scusatemi, ma vi devo lasciare.
- Come vuoi, ma non affaticarti troppo. Ci basta una giù di morale, se poi ti ci metti anche tu… - le disse la bionda dai capelli sciolti mentre Ami si avviava alla porta.
- Te lo prometto… - le rispose lei con un sorriso e aggiustandosi gli occhiali sul naso.
- Minako, io non sono giù di morale. Sono preoccupata.
- Io avrei una soluzione.
- Lascia perdere lo shopping selvaggio, sono senza soldi e non mi va oggi.
- Così finisce che mi rattristo anche io.
- Certo che essere delle Sailors certe volte non è bellissimo, anzi…
- Minako, Usagi, cambiare argomento. Hikari alla porta e verso la nostra direzione. -
Loro annuirono, zittendosi.
- Ciao a tutte. Posso unirmi a voi?
- Certo. - rispose sorridendo Makoto spostandosi lungo la panchina imbottita che correva lungo i tre lati del tavolo, simile a quelle dei locali on-the-road americani. - Qui accanto a me. Vedo che anche tu come Rei non molli mai la divisa scolastica, o ne hai un’ampia scorta a casa?
- No, no. Mi trovo bene vestita così, non ho altri motivi.
- Almeno alla cena di dopodomani spero tu voglia venire un po’ più in libertà.
- Ma, pensavo ad un vestito classico, adatto a tutte le occasioni…
- Cioè? - chiese Minako.
- La divisa scolastica! - rise la ragazza dai capelli arancioni.
- Ma guarda questa piccola impertinente… - sorrise Mako, spettinandole i capelli con la mano aperta. - Speriamo di ricordarmi di far cuocere la carne per te, allora…
Le ragazze continuarono a ridere e scherzare, contente che anche Hikari sarebbe venuta alla cena che ogni tanto Makoto organizzava.
- Ma il motivo della riunione? Non vorrei essere di impiccio…
- Niente di particolare, Hikari, e poi scusa, ti abbiamo invitata noi. E’ solo una maniera come un’altra per stare in compagnia senza essere di peso a nessuno dei genitori. Io sono abituata a stare da sola, ma la casa è grande, per cui ogni tanto ho bisogno di riempirla, o cadrei in depressione. E poi è un’occasione per dedicarmi al mio passatempo preferito, cucinare.
- Ti invidio. Anche io ho una casa grande, ma sono sempre stata sola…
- E i tuoi? Non me ne hai mai parlato. - le chiese Rei.
Lei abbassò gli occhi, come se stesse pensando a cosa dire.
- Conosco solo mia madre. - disse lei seria, quasi sospirando.
- Mi spiace, non volevo… - borbottò mortificata la ragazza. - Non volevo…
- Ma figurati. Non mi pesa troppo. Ma a proposito di pesare, Usagi, cos’hai?
- Io… No, niente.
- Non me la racconti giusta. E’ successo qualcosa tra te e Mamoru?
- E poi dite che sono io la ficcanaso… - sibilò Minako.
- No, non è successo nulla. E’ solo… - sospirò. - Lasciamo perdere.
- Se ci sono stati dei malintesi, chiariscili subito. Tra voi due non devono esserci zone di ombra, mai, o un giorno… - si incupì per un istante. - O un giorno potreste pentirvi di non aver potuto dire tutto all’altra persona…
Makoto la guardò seriamente, come tentando di capire perché aveva detto quella cosa in quel modo.
- Hai ragione, ma…
- Se non è colpa né sua né tua, parlagli e basta, no? - le sorrise Hikari.
- Credo che tu abbia ragione. - Disse Usagi rispondendo al sorriso. Qualcosa nelle parole, nel tono di quella ragazza le aveva risvegliato la voglia di affrontare Mamoru e scoprire il peso che insisteva a sopportare da solo. - In due tutto è più facile.
- Questa è l’Usagi che conosciamo, vero ragazze?
- Hai ragione Minako, hai proprio ragione. Ma credo che bisogni festeggiare con qualcosa di più che una pozza di gelato sciolto. Paghiamo noi, Usagi, datti da fare.
- Mako, per favore, non credo che si possa arrivare ad avere abbastanza soldi per mettere a tacere il suo stomaco… - tremò ridendo Rei.

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Capitolo 34
*** La gemella cattiva - Capitolo 2 ***


La porta della biblioteca si aprì cigolando leggermente, un rumore che Ami aveva imparato a conoscere e ad interpretare come un benvenuto.
- Ciao anche a te, mia dolce insegnante. Anche oggi sono venuta. Non ti dispiace, vero? - disse a bassa voce, mentre la porta dietro di sé si chiudeva lentamente.
L’interno era moderno, con luci al neon e grandi scaffali di metallo satinato. In un angolo c’era la zona informazioni. La signora seduta sollevò per un istante gli occhi, riconoscendo la ragazza. Sorrise, e Ami rispose con un lieve cenno della testa, per poi dirigersi verso la sua zona preferita, quella delle enciclopedie e dei libri rari.
- E’ un altro mondo… - pensò, abbandonando le fredde e fin troppo perfette sale della nuova ala e camminando nella vecchia, poco frequentata, fatta ancora di pavimenti in piastrelle scure consumate dal tempo, da alte stanze dal tetto a botte, le pareti ricoperte di scaffali di pesante legno lucidato dagli anni come i grandi tavoli, i libri protetti da ante di vetro o di cristallo. L’unica nota moderna era il sistema di allarme e di registrazione a circuito chiuso che controllava le due sale. - Un mondo dove io mi trovo bene…
Pose la borsa su uno dei tavoli. Si accorse di essere l’unica nella stanza, e sorrise compiaciuta, quindi si spostò velocemente verso uno degli scaffali, aprì l’anta trasparente e prese un grosso libro dalla costa di pelle consumata e scolorita dagli anni. Lo soppesò, passò la mano leggera sulla copertina, sentendone le lettere impresse in oro, sfiorando con i polpastrelli la massa di pagine una sull’altra, liscia come seta come solo la vecchia carta poteva dare, e si sedette, aprendolo verso il fondo. Iniziò a leggere, assorbita nella ricerca delle informazioni e nelle notizie che scopriva e che diligentemente ricopiava in un blocco note accanto a lei, così concentrata da isolarsi dal resto dell’ambiente.
- Scrivi bene, complimenti. - le disse una voce gentile alla sua sinistra.
Ami fu sorpresa e alquanto spaventata, lasciando cadere la penna che aveva in mano.
- Cosa… - esclamò ad alta voce.
- Scusa. Non volevo spaventarti. - le sorrise una ragazza che poteva avere la stessa età o poco più di Mamoru, con lunghi capelli rossi e ondulati legati a coda di cavallo, mentre si piegava per raccogliere la biro e porgergliela.
- No, no, non mi ha spaventata. E’ solo che…
- Troppo concentrata, vero? Capita anche a me.
Ami sorrise annuendo.
- Sì.
Osservò meglio la ragazza, trovandola famigliare.
- Anche tu ti sei accorta che non è la prima volta che ci incontriamo, vero?
- E’ vero. Mi spiace averti fissato.
- Nessun problema. Sono abituata a certi sguardi anche all’università.
Una lampadina si accese nella mente di Ami.
- Sei amica di Mamoru?
La ragazza annuì sorridendo.
- E di Kaori e di Yosei. Ecco dove ti avevo visto. Sei spesso all’università con quella biondina che esce con lui.
- Usagi…
- Esatto. Oh, a proposito, io sono Paula.
- Ami, piacere.
- Ma io ti ho distratto. Continua pure. E’ che è una delle prime volte che mi avventuro nell’ala vecchia, e di solito non trovo nessuno. Mi piace qui, è tranquillo, ti fa riflettere.
La giovane annuì e riprese a leggere da dove si era interrotta, senza però perdere di vista la ragazza che si aggirò per il locale in silenzio, solo il rumore secco dei suoi tacchi sul pavimento a disturbare la quiete del luogo. Ad un certo punto prese un libro dagli scaffali e si sedette poco lontano da lei, aprendolo e iniziando a leggerlo, le mani conserte davanti a lei, la lunga gonna verde a coprirle le gambe come la camicia nello stesso tono della gonna le copriva il torso e le braccia fino ai polsi. Ami non poté fare a meno di osservarla ancora, come affascinata dallo strano miscuglio di fattezze giapponesi ed occidentali. Era sicura di averla vista in qualche altro posto oltre che in università.
- Ma dove? - borbottò.
Paula si voltò ad osservarla, come se avesse sentito, ed Ami ritornò immediatamente a guardare il libro arrossendo come se fosse stata una ragazzina colta in flagrante, e dopo poco la storia che trovò in un vecchio libro relativo alle leggende giapponesi la assorbì completamente, facendole dimenticare la ragazza, che solo dopo molto tempo si alzò, ripose il libro al suo posto e si diresse verso la porta, ma si stoppò, tornando indietro verso Ami.
- Ci vediamo presto, spero. E’ stato piacevole incontrarti… ed essere osservata da te. - la prese in giro bonariamente.
- Io… cioè… scusa, ma mi era sembrato che… - balbettò lei.
- Non devi scusarti di nulla. Spero solo che la prossima volta che ci vedremo sarà una situazione pacifica come questa e non come al solito….
- Cosa intendi con…
- Ciao, ciao… - la salutò lei voltandole la schiena e sollevando la mano agitandola nell’aria, sparendo dietro la porta.
- Strana ragazza… - mormorò Ami, mentre si alzava e si avvicinava alla porta per seguirla, ma l’occhio le cadde sull’orologio appena fuori dalla stanza, e si bloccò. - Accidenti come è tardi. Non me ne ero accorta. Mi conviene tornare a casa, così avrò tempo dopo mangiato di controllare quello che ho scoperto. Credo che le ragazze lo troveranno molto interessante…
Nello stesso momento, da un’altra parte di Tokyo, vicino ad una bellissima fontana che rallegrava l’aria con la sua debole ma continua voce, un ragazzo e la sua fidanzata si stavano dondolando sull’altalena, guardando il terreno di fronte a loro, senza parlare. Mamoru osservò con disinteresse i segni che le sue scarpe avevano lasciato strisciando nella terra scura e polverosa, quindi si voltò verso Usagi.
- Immaginavo che prima o poi me lo avresti chiesto direttamente. Non sono mai stato capace di nascondere i segreti…
- Ho imparato a conoscerti in questi anni, ma sento che ci sono ancora alcuni segreti tra di noi, e la cosa mi infastidisce, oltre che ferirmi.
- Hai ragione, ci sono alcune cose di me che non ti ho detto, ma che preferirei lasciare nascoste per adesso, almeno finché non avrò capito anche io cosa vogliano dire o come potrebbero influenzare la mia vita odierna o futura come Principe Endimion.
- Cosa vorresti dire?
- Da quando sono comparse le nuove Sailors, ho degli strani sogni… incubi sarebbe più appropriato. Sono nitidi, come un film, ma non sono miei.
Usagi sollevò al testa e lo osservò.
- Cosa intendi dire? Non me ne avevi mai parlato…
- E cosa ti avrei potuto dire? Che avevo degli strani incubi? All’inizio credevo semplicemente di aver mangiato pesante, ma poi mi sono accorto che erano fin troppo precisi, sistematici, e sempre gli stessi.
- E cosa sognavi? - gli chiese, alzandosi e andando a posizionarsi dietro di lui, abbracciandolo al collo.
Lui le prese uno dei codini e lo accarezzò, lisciandolo.
- Cose strane, cose che riguardano Sailor Dark, cose che riguardano Sailor X e me. Ci siete anche voi nei sogni, e Sailor Sun…
- Noi?
- Sì, tu e le altre ragazze. Hotaru è di nuovo una ragazza, nostra figlia… Chibiusa… è cresciuta, si è fatta una bellissima donna, e tu sei regina, con il tuo abito bianco.
- E tu?
- Io ci sono, ma sempre e solo in un sogno… - si incupì.
- Sei vicino a me?
Lui annuì.
- Fino alla morte.
- Cosa intendi dire? - gli chiese con un peso sul cuore. Non le era piaciuto il tono con cui aveva pronunciato l’ultima frase.
- Nel sogno io muoio, ucciso da una lama candida come la luna.
- Chi ti uccide? Chi? - gridò lei, stringendolo forte.
- Non lo so. Io vedo tutto con gli occhi del mio assassino. Io vedo la mia morte…
- Oh Mamoru… - lo strinse forte lei, gli occhi pronti a piangere. Il solo pensiero che lui potesse morire la faceva impazzire. - E perché no me lo hai detto subito?
- Te l’ho già detto. Dovevo chiarirmi prima le idee, e poi…
- Poi…
Mamoru si alzò, le spalle gobbe come se avesse un macigno sulla schiena.
- Niente.
- Cosa mi stai nascondendo?
- Vorrei dirti tutto, ma non posso.
- Perché? - Gli chiese lei toccandogli le spalle.
Lo sentì fremere, forse per rabbia, forse per tristezza sotto il suo tocco.
- Hai mai dovuto fare qualcosa di sbagliato per mantenere una promessa?
- Credo di sì, ma se è sbagliato, perché farlo?
- Ho promesso di non dire nulla di una persona, ma questo mi pesa, e non poterlo dire nemmeno a te mi fa star male, mi fa sentire come se ti avessi tradito.
Usagi si appoggiò a lui, sentendo la sua schiena, allungando le mani fino alle sue spalle e chiuse gli occhi.
- Ho capito. - Non c’era rabbia nella sua voce come lui si era aspettato, non c’era rassegnazione o disprezzo. - E’ Sailor Sun, vero?
Mamoru non rispose, ma lei capì comunque. Il nome gli aveva provocato un brivido di cui lei si era accorta.
- Usagi…
- Preoccupiamoci di capire se i tuoi sogni sono solo degli incubi o qualcosa di più. In quel caso, vorrei davvero scoprire chi vuole ucciderti, e fare due chiacchiere con questa persona…
Il giovane si voltò, gli occhi lucidi e gonfi d’amore. Le prese le tempie con le mani e la baciò sulla fonte, proprio la centro, sotto l’attaccatura dei capelli.
- Ti voglio bene, lo sai?
- Sei tu quello che ogni tanto si dimentica che anche io ti voglio bene. E non osare mai più nascondermi qualche cosa se non è proprio necessario, o vedrò di trovarmi un altro principe, va bene?
Lui si mise sull’attenti per un attimo, la testa eretta come un soldatino.
- Agli ordini mia signora! - sorrise lui.
- Bravo, e ora devi farti perdonare per avermi fatto soffrire…
- E come?
- Un’idea ce l’avrei, ma credo che alla mia dieta non farà piacere.
- Credo nemmeno al mio portafogli… - rise lui passandole la mano tra i capelli e avviandosi con lei verso la confusione della città.
Il vento mosse le foglie delle piante del parco, e la luna illuminò per un istante una figura vestita di bianco e di verde, dai lunghi capelli argentei.
- I miei sospetti sono ora certezze. Ho la possibilità di rimediare. Come, solo il Destino me lo potrà dire… - sospirò la donna, scomparendo con agilità nella notte.

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Capitolo 35
*** La gemella cattiva - Capitolo 3 ***


- Ciao Mamoru, tutto bene? - chiese Yosei al ragazzo mentre entrava in classe e si sedeva accanto a lui.
- Bene grazie. Mi sembri stanca. Qualcosa non ti ha permesso di dormire? L’esame imminente?
Lei scosse la testa e sorrise.
- Pensieri da donne…
- Ah, allora non mi intrometto. So per esperienza che sono cose pericolose.
- Per esperienza? Hai mai provato ad essere una donna?
- No, no… Ma con Usagi, ci sono dei giorni che preferirei essere un single.
- Non dirlo nemmeno per scherzo. Hai una fidanzata eccezionale, non dovresti parlare male di lei in questo modo.
- Ehi, calma. Lo dicevo solo per scherzare. – sorrise il giovane stupito del tono serio dell’amica. – Lo so anche io che senza di lei non saprei davvero come fare. Ma poi scusa, tu non eri mica gelosa di lei?
- Lo ero, infatti. Passato. – Yosei sorrise, ma non lo fecero i suoi occhi. – E poi non potrei mica soffiare il fidanzato ad una mia lontana parente, no?
- Scusa se te lo chiedo, ma questa storia della parentela mi ha incuriosito fin dalla prima volta che lo hai detto? E’ solo un caso di omonimia o sai di essere in qualche modo imparentata con Usagi?
- Forse che si, forse che no… - rispose evasiva lei. – Attento, Miss Simpatia alla nostra destra.
- Sono sicura che gli hai sussurrato qualche cattiveria su di me, vecchia megera. – esclamò Kaori sedendosi vicino ai due e guardando con odio la giovane gia accomodata. Quindi voltò gli occhi verso Mamoru. – Come va oggi, tesoruccio mio?
- Grazie, va tutto bene, ma ti pregherei di evitare di chiamarmi in quel modo. Ti ho già detto varie volte che possiamo solo essere amici e niente altro. Io amo Usagi, che ti piaccia oppure no. Se insisti, credo proprio che dovremmo rivedere la nostra amicizia, Kaori.
- Ma…
- Ti ho già detto in separata sede cosa penso. Non voglio… - il giovane si fermò per alcuni istanti, facendo diventare pesante come piombo la pausa. – ripeterlo davanti a tutti, visto che come amica a te tengo molto.
La ragazza dai capelli neri a treccia divenne paonazza per la collera, ma si trattenne dal rispondergli. Si alzò, afferrando con un movimento brusco la sua cartella e si spostò alcune file più indietro, accanto alla sua unica altra amica, Paula, che iniziò subito a prenderla in giro come se nulla fosse.
- Certo che sei stato duro con lei, lo sai? Non mi piace Kaori, ma…
- Mi spiace, ma lo ha voluto lei. Dal concerto in avanti non tollero più certe frasi sulla mia ragazza. Sono lusingato di essere corteggiato da lei e da te, ma a tutto c’è un limite, e lei lo ha abbondantemente superato. Lei sa essere tremenda, ma non mi conosce…
- Ah, temete l’ira dei calmi.
- Più o meno. Ma cambiando argomento, la nuova ragazza sembra che non abbia paura di nulla, dal modo con cui stuzzica Kaori. Altre avrebbero già rinunciato per timore di ricevere una sberla o peggio.
- Ma lei invece sembra divertirsi come una matta a far uscire dai gangheri Miss Simpatia. E la cosa più assurda è che lei non reagisce.
- Misteri della vita. Un po’ come i misteri di questa materia… - sorrise lui aprendo il libro che aveva davanti e picchiando una pagina a caso.
- Mamma, non me lo dire.
In quel momento nell’aula entrò il professore, e tutti fecero silenzio, pronti ad iniziare una dura giornata di studi, che finì per alcuni solo alcune ore dopo il pranzo. Tra questi c’erano Kaori e Paula, che si ritrovarono a parlare e passeggiare lungo i viali della città, dirette all’appartamento di Kaori.
- Allora, come va la tua guerra personale?
- Paula, ti prego. Non è una guerra personale, e lo sai benissimo.
- Mah, io so solo che se tu te la prendessi con le odiate Sailors tanto quanto te la prendi con Usagi, credo proprio che la tua sete di potere sarebbe stata già soddisfatta.
- E tu non mi serviresti più. Sai che dovrei eliminarti, no? – tentò di spaventarla.
La ragazza dai capelli rossi rise di gusto, gettando indietro la testa e chiudendo gli occhi.
- Sei meglio delle barzellette, lo sai? Sei sicura di essere la regina dei demoni?
- Certo. E come regina dell’Inferno devo avere un degno consorte, e chi meglio di Mamoru?. Ha quel fascino regale che attrae chiunque gli stia vicino.
- Principesco sarebbe meglio… - pensò Paula, sorridendo leggermente. – Regale è il fascino di Usagi.
- Paula?
- Dimmi. Ah, sì grazie, ne prendo uno anche io, ma senza panna montata, o non ci sto più nei miei vestiti.
- Ma di cosa stai parlando?
- Non volevi offrirmi un cono gelato? Ho visto la gelateria proprio a due passi davanti a noi. Con il caldo che fa mi va proprio qualcosa di fresco.
- Io dovrei offrirti…
- Va bene, va bene, per stavolta metto io, ma che non diventi un’abitudine. – ridacchiò lei, entrando nel negozio e uscendone poco dopo con due coni di cioccolato nero e bianco, uno dei due con panna montata e scagliette di cioccolato sopra. Tese il braccio a Kaori, che prese quello con la panna montata.
- Ma io non volevo dirti del…
- Ma ti va, no?
- Certo che sì. Amo la cioccolata, se poi è amara ne vado pazza. Mi ricorda la mia infanzia… - borbottò quasi soprappensiero.
- Tu che sei stata giovane? Ma c’erano ancora i dinosauri?
- Francamente non erano ancora nati quando io… - si bloccò. – Ma che cosa stai dicendo? Sono più giovane di te.
- Se lo dici tu… - sorrise leccando avidamente il cioccolato che si stava squagliando sotto il sole, imitata da Kaori. – Ma cosa volevi dirmi? Seriamente.
- Cosa… Ah, sì. Mamoru oggi mi ha oltraggiata, come sta ormai facendo da vario tempo, ma oggi ha superato il limite, riprendendomi come se fossi una bambina piccola di fronte a quella serpe di Yosei, che sono sicura adesso stia ancora ridendo per la mia figuraccia. Ebbene, voglio fargliela pagare, a quella piccola vipera.
- Yosei?
- No. Usagi.
- E lei cosa c’entra, scusa?
- Come cosa c’entra? E’ colpa sua se Mamoru mi ha trattato male. Se lei non ci fosse lui sarebbe già pazzo di me e mi vorrebbe bene. Invece quella strega lo ha ammaliato con i suoi sorrisini sdolcinati e il suo sbattere di ciglia. Smorfiosa.
Paula non poté fare a meno di ridere vedendo la sua amica e compagna di malefatte tentare di imitare maldestramente una ragazza dai modi fin troppo civettuoli.
- Come ho già detto, sei meglio delle barzellette. E io cosa posso fare per aiutarti, scusa?
- Voglio rovinarle la reputazione.
- A una come Usagi? Faresti prima a convincere il Sole a sorgere ad Ovest. Qualunque cattiveria tu possa mettere in giro nessuno ci crederà mai.
- Ma io non ho intenzione di spargere delle voci. Io ho intenzione di rovinare la sua reputazione nella sua cerchia di amiche, quelle quattro smorfiose che non la lasciano mai un secondo. Saranno loro a vedere come si comporta la vera Usagi, e la bandiranno dal gruppo. Da lì alla rottura con Mamoru il passo sarà brevissimo.
- Non vorrai mica dirmi che io dovrei…
- Esattamente! – sorrise malvagia la ragazza, un lampo di cattiveria ad illuminarle gli occhi.
- Per favore, lo sai che odio quando devo fare una cosa del genere per lungo tempo.
- Non te lo sto chiedendo. Te lo sto ordinando. Sei o non sei una mia creatura?
- Intanto non assomiglio per niente a quei poverini che usi come servitori e parti del trono. E poi nemmeno loro sono delle tue creazioni. Li sfrutti solo perché in te vedono qualcuno che li può mettere in riga, che li può governare, ma non tiranneggiare. E tu invece li tratti come se fossero scendiletto. E comunque non sono una tua creatura. Certo, ho dei poteri che devo a te, ma guarda caso non sei riuscita nel tuo intento di trasformarmi in una tua specie di guardia del corpo senza cervello. Io il mio l’ho mantenuto, e decido io se voglio fare una cosa o meno. E io questo che mi stai chiedendo non lo voglio fare, e niente o nessuno mi faranno cambiare idea.
- Ma io te ordino!
Paula come risposta le mostrò la lingua e si voltò dall’altra parte.
- Scordatelo. Con il caldo che fa in questo periodo, poi.
- Ma…
- Niente ma. E’ la tua battaglia personale, arrangiati. Non puoi chiedermi una cosa del genere ordinandomela.
- E cosa dovrei fare?
- Chiedimela per favore.
- Scusa? – esclamò stizzita e sorpresa Kaori.
- Chiedimelo per favore.
- Io non chiedo niente per favore. E’ una cosa da persone… educate. Io sono Kaori, la regina della dimensione demoniaca, e non chiedo mai… per favore.
- Allora credo che la nostra conversazione finisca qui.
- No Paula. Senti, non potremmo arrivare ad un accordo? Io non te lo ordino, ma nemmeno te lo chiedo…
- Ciao. Sto facendo tardi. – disse lei, voltandosi e iniziando a camminare nella direzione opposta alla casa di Kaori. Un piccolo sorriso si stava formando sulle sue labbra, sicura di come sarebbe andata a finire, anche se l’idea di almeno una intera giornata bloccata nel corpo di un’altra non le andava davvero a genio.
La sua amica mormorò qualcosa di irripetibile e corse verso di lei, superandola e parandosi davanti, bloccandola, le braccia tese.
- D’accordo, d’accordo, hai vinto tu. Potresti… - deglutì a fatica. – per favore… darmi una mano contro Usagi e le sue amiche?
- Vedi che non era poi così difficile? Certo che ti do una mano, le amiche servono a questo, no, stupidina?

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Capitolo 36
*** La gemella cattiva - Capitolo 4 ***


- Ma sei sicura che qui troveremo la smorfiosa e le sue amiche?
- Kaori, se tu ascoltassi qualche altra voce che non fosse la tua, credo che molte cose le avresti un attimino più chiare. Quante volte hai sentito dire a Mamoru che scappava a questo bar per poter incontrare la sua amata Usagi?
- Non pronunciare quel nome quando sei in mia presenza. – ringhiò la ragazza dai capelli corvini.
- Quale? Usagi?
- Lo fai apposta, di la verità.
- Chi, io? – chiese con aria innocente l’altra, un leggero sorriso sulle labbra. – Certo che sì.
- Lo sapevo.
- Se lo sapevi perché lo hai chiesto, scusa?
- Perché… Ma che cosa sto facendo? Mi lascio trascinare nelle tue pazzie. – brontolò Kaori, facendo ridacchiare l’amica.
- Ha parlato quella sana di mente. Chi ha ideato il piano?
La ragazza non rispose, e si sporse dall’angolo di strada in cui si trovavano per controllare se dalle vetrate si potessero intravedere Rei, Minako e le altre. Sorrise malvagia vedendole al loro solito posto.
- Prevedibili. Questo mi aiuta… Posso dire di conoscerle perfettamente, meglio di loro stesse.
- Oh, certo. Così bene che non ti sei accorta che loro e… Ma è anche inutile spiegartelo. Finché mi diverto lasciamoti nella tua ignoranza. Che in fondo in fondo credo che ti diverta anche tu… - pensò Paula scuotendo la testa.
- Eccole che escono. Tieniti pronta.
- Come vuoi. – disse la ragazza, chiudendo gli occhi. Il piccolo braccialetto in oro con rubini che adornava il suo polso sinistro si illuminò mentre lei chiudeva gli occhi e il suo corpo tremava come la superficie di uno specchio d’acqua mossa dal vento. In pochi secondi il suo corpo si deformò, si compresse e si espanse finché non assunse l’aspetto di Usagi, vestita con un vestito senza maniche fiorato e delle ballerine gialle per intonarsi al colore principale dell’abito. – Fatto. Cosa ne dici? – chiese con la voce della biondina Paula.
- Direi che mi verrebbe voglia di ucciderti se non sapessi che sei la mia compagna di malefatte Sailor Rubber.
- Rincuorante, mai padrona. – la prese in giro lei. – Speriamo solo che questo sforzo serva a qualcosa. E se le sue amiche non si separano da lei, io ci guadagno solo un giorno senza mangiare e bere, oltre che a beccarmi un caldo incredibile. La membrana che mi permette di trasformarmi non è esattamente dotata di aria condizionata.
- Sempre a lamentarti. Non è che assieme all’aspetto hai preso anche il carattere schifoso della ragazzina?
- Schifoso? Detto da te? Ah, questa è bella.
Kaori le fece la linguaccia.
- Comunque tornando alla tua domanda adesso ognuna tornerà a casa sua per fare i compiti, quindi potremo agire tranquillamente.
- Va bene. Ma il tuo piano esattamente in cosa consiste?
- Rovinare la reputazione della smorfiosa.
- E fin qui mi è chiaro. Ma come pensi di metterlo in atto?
- Beh, per iniziare facciamo un giro al parchetto che frequenta normalmente alcuni pomeriggi con la sua dolce e schifosamente dolce cuginetta o cosa sia non lo so. A me pare più una sorta di animale domestico.
- Scusa?
- Ma sì. Quella bambina dai capelli rosa che ogni tanto si porta appresso anche in università. Chibiusa, credo che si chiami.
- Quindi ora vorresti mostrare alle persone che ci sono là che la Usagi che conoscono può essere anche cattiva.
- Vedo che inizi a capire… - sorrise malvagia Kaori, iniziando ad avviarsi verso il parco giochi, a quell’ora gremito di madri e di bambini piccoli intenti a giocare con la sabbia, lo scivolo e il pallone.
- La cosa non mi piace…
Kaori fece finta di non aver sentito. Quando arrivarono il piccolo spazio con delle panchine, due altalene e altri piccoli giochi per i bambini era affollato di madri che chiacchieravano allegramente osservando di tanto in tanto i loro figli e le loro bambine, intenti a divertirsi a piccoli gruppi o da soli.
- E adesso?
- Adesso inizia il bello. Vai e scatenati…
- Scusa?
- Beh, fai qualcosa di cattivo. – la incitò la ragazza.
- Tipo? – chiese chiaramente perplessa Paula. Nonostante Kaori le avesse istillato un odio verso le Sailor, il cuore della ragazza era rimasto gentile.
- Non lo so. Inventati qualche cosa. Vai da quella bambina là e falla piangere. – le disse indicando una moretta che non aveva più di quattro o cinque anni. La riconosco, è un’amica di Chibiusa. Quindi la madre vedrà che Usagi è una carogna.
- Mah… - borbottò poco convinta Paula, avviandosi con fare incerto. Il piano poteva anche essere buono, ma era come lo stavano mettendo in atto che le destava qualche preoccupazione.
Si fermò davanti alla bambina, che stava giocando con delle bambole di pezza in mezzo alla sabbia, seduta su un secchiello di plastica rossa capovolto. Stava chiacchierando da sola, facendosi domande e rispondendosi con voce in falsetto. La madre vide Usagi, e la saluto gentilmente, chiedendole come mai Chibiusa non era con lei. Paula, rimase per un secondo in silenzio, quindi sospirò.
- Sono affari miei perché sono qui senza quella peste. - le rispose in malo modo.
La donna non disse nulla, ma si vedeva chiaramente che non era contenta della risposta. Anche la sua amica, che era accanto a lei, seduta sulla panchina poco lontana dalla striscia di sabbia dove giocava la bambina, le sussurrò qualcosa all’orecchio guardando la bionda, che si dovette voltare per nascondere l’imbarazzo.
- Ma pensa cosa mi tocca fare per amicizia… - pensò. - E adesso cosa faccio? Non è mica facile essere cattive. Kaori ha una certa esperienza, ma io… Bah, improvvisiamo, al massimo la brutta figura la fa Usagi.
- Ciao. Non c’è Chibi con te? - chiese la bambina, sollevando lo sguardo e sorridendole.
- No. - rispose dolce Paula. - E’ rimasta a casa…
- Perché?
- Aveva da fare.
- Che cosa?
- Non lo so, ma aveva da fare.
- Che cosa doveva fare? Vuoi giocare con me? - Paula si accovacciò, per potersi avvicinare all’altezza della bambina, che le mise in mano una delle bambole. - Io faccio la mamma, tu la bambina, va bene?
- No. Io faccio la mamma e tu la bambina, e io dico che sei una bambina cattiva.
- Perché?
- Non devi discutere quello che dice la mamma. Se lei dice una cosa, è così.
Il tono duro con cui la ragazza apostrofò la bambina fece ancora di più incupire lo sguardo già accigliato della madre, e l’improvviso scoppio di pianto che seguì da lì a pochi minuti fu la goccia che fece traboccare il vaso. La donna si alzò furente e abbracciò sua figlia, tentando di consolarla. Con l’unica mano libera afferrò il secchiello e le due o tre bambole che erano per terra, tra la sabbia, e si allontanò di un paio di passi. Si fermò, si voltò e ritornò di fronte alla biondina, che aveva ancora in mano una delle bambole.
- Dammela immediatamente.
Paula tese il braccio, tenendo la bambola per la testa, ma non mollò la presa quando la donna quasi gliela strappò di mano, per cui la testa con i fluenti capelli neri si staccò dal giocattolo, provocando un ennesimo scroscio di lacrime nella bambina, che nascose la faccia contro la spalla del genitore.
- Non voglio sapere cosa sia successo, ma spero vivamente che un comportamento come questo non si ripeta mai più, Tsukino. Stai certa che quanto successo non piacerà nemmeno a tua madre.
- E saresti tu quella che glielo va a dire? - la stuzzicò Paula, che iniziava a capire come comportarsi.
- Non mancarmi di rispetto, ragazzina?
- Ha parlato la vecchia cariatide! Sei sicura di non essere la nonna di quel mostriciattolo che hai in braccio?
La donna colpì la guancia destra della ragazza con una sonora sberla, per poi voltarsi ed andarsene, seguita da alcune altre signore che presero i loro figli o nipoti e li portarono via, tutte guardando in malo modo la bionda che si stava massaggiando la guancia arrossata. Kaori corse verso di lei e le prese le mani nelle sue, guardandola negli occhi con un’espressione di felicità che Paula non aveva mai visto negli occhi dell’amica.
- Sei stata fantastica! - quasi urlò mentre la trascinava via. - Non credevo tu saresti riuscita a far arrabbiare così tanto quella megera in così poco tempo. La piccola intrigante è già cucinata quasi a puntino con questo inizio. E la sberla, che tocco da artista! Non ci avrei mai pensato…
- Nemmeno io… - mormorò Paula, tornando a massaggiarsi la pelle. - Quella donna come minimo fa sollevamento pesi. Se non era per la resistenza che l’essere una Sailor adesso mi da, quella sberla mi avrebbe fatto cadere a terra stesa come un salame.
- Comunque sei stata eccezionale. Ora non ci resta che attendere la notte e passare alla seconda parte del mio piano.
- Se esiste un protettore delle Sailors cattive, speriamo che abbia un occhio di riguardo per me. Temo che ne avrò bisogno…- pensò la ragazza sospirando e alzando gli occhi al cielo.

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Capitolo 37
*** La gemella cattiva - Capitolo 5 ***


La sera Usagi e le altre si riunirono a casa di Ami per una chiacchierata veloce prima di andare a dormire. Dal tono di voce della giovane tutte avevano intuito che aveva scoperto qualche cosa di interessante, e dal sorriso con cui si presentò alla porta per accoglierle ebbero la conferma.
- Entrate, entrate. Mia madre sta finendo di preparare del latte caldo e dei biscotti leggeri.
- E’ troppo gentile…
- Già. Se ha fatto i conti con la fame di Usagi arriva con un camion a rimorchio… - disse falsamente sconsolata Rei.
- Sei cattiva.
- E tu stai ingrassando.
- Non è vero!
- Beh, effettivamente… - la presero in giro Makoto e Minako mentre si dirigevano alla stanza di Ami.
Usagi si rabbuiò e si toccò la pancia come per controllare che fosse sempre uguale, quindi scosse la testa.
- Siete cattive. Non dovete dire ad una donna che ingrassa.. non è educato.
- Dai, donna, siediti che iniziamo la riunione. Stasera vorrei riuscire ad andare a letto presto, ho un sonno incredibile. Mio nonno mi ha spezzato la schiena con le sue pulizie del tempio, ora che si è messo in testa che la pulizia del luogo giova a quella spirituale dell’anima…
- Sarà una cosa relativamente veloce. Come sapete ho fatto delle ricerche dopo la riunione da Setsuna sulla Fata della Luna e sulla Pietra Loramis, e ho scoperto alcune cose molto interessanti.
- Ovvero? - chiese Makoto.
- Beh, incrociando le informazioni che ho trovato sia sulle leggende che su eventi astronomici effettivamente avvenuti, sembrerebbe che qualche cosa di vero nella leggenda della Fata della Luna ci sia, e che riguardi te, Usagi.
- Io?
- Già. Estrapolando i dati e controllando con le mappe del castello che verrà costruito nel prossimo futuro risulta che ci sia un’alta probabilità che la Pietra Loramis sia nascosta da qualche parte nel terreno dei sotterranei…
- Spiegati meglio…
Alla porta la mamma di Ami bussò e sorridendo appoggiò sulla scrivania cinque tazze e un grosso piatto di biscotti oltre a una brocca di latte fumante.
- Non fate tardi mi raccomando, o le vostre famiglie saranno in pensiero…
- Non si preoccupi, signora. Grazie. - rispose Minako, subito imitata dalle altre.
Quando uscì scesero alcuni secondi di silenzio mente Ami versava da bere per tutte, passando le tazze.
- Allora, andiamo per ordine. Nel passato della Luna, molto più che ora, le tempeste di meteoriti erano all’ordine del giorno. Sembrerebbe che alcune di esse siano state particolarmente violente, creando i profondi crateri che ancora oggi la caratterizzano e che caratterizzano anche altri pianeti privi di atmosfera come Marte ad esempio.
- Fin qui nulla di nuovo… - borbottò Minako sgranocchiando un biscotto.
- Già. Ma se provate ad immaginare che spesso le meteoriti provengono dall’esterno del nostro sistema solare, iniziate a capire che qualcosa di estraneo alla zona del Sole potrebbe essere precipitato sul nostro satellite. Ora continuate ad immaginare che in uno di questi asteroidi, che forse una volta era una parte di un pianeta o di un satellite abitato, contenesse uno strano oggetto.
- Intendi dire…
- Esatto Rei. La Pietra Loramis è arrivata sulla Luna trasportata da un meteorite, e con lei è arrivata la Fata della Luna.
- Ma perché?
- Questo mi è sconosciuto, ma se il mio ragionamento, che è una pura congettura, è corretto, questa entità brama o è a protezione della Pietra Loramis. Atterrata sulla Luna la pietra, la fata è in qualche modo costretta proteggere il satellite per proteggere la pietra.
- E con me cosa centra?
- Usagi, tu sei la paladina della Luna, e quindi tutto ciò che ti riguarda in qualche modo la riguarda. Diciamo che suppongo che i poteri del Loramis in qualche modo si colleghino a quelli della Luna, per cui parte di te e dei tuoi poteri come Sailor Moon sono collegati con essa. In qualche modo Sailor Moon e la Fata della Luna sono parenti, sebbene alla lontana, visto che nessuna delle due sarebbe quello che è senza l’altra.
- Che marasma! Sembra che tutte siano collegate con tutte… - disse Makoto addentando un biscotto.
- Ma la parte migliore deve ancora venire.
- Cos’è, una telenovela?
- Non scherzare, Minako. Comunque, alcuni riferimenti a un essere che custodisce una pietra li ho trovati in alcuni testi religiosi, e la cosa strana è che tutti i riferimenti parlano di un essere che torna dal passato per lavare le macchie del futuro, e che è costretto a rivivere mille volte le sue colpe prima di vederle eliminate.
- Non ci capisco molto… - mormorò Rei.
- Io invece… - borbottò seria Usagi, sbiancata in volto.
- Cosa intendi?
- No, no Ami. Prima finisci. Sono sicura che mi sono sbagliata…
- Come vuoi. Queste leggende parlano di un’entità che insegue nel tempo e nello spazio la pietra, e che si ritrova un certo punto a lottare per averla, ma commette un errore, e per punizione viene spedita nel passato per redimersi, ma ogni volta ricade nello stesso errore, per cui il ciclo si chiude e lei è costretta a ripetere all’infinito l’errore senza possibilità di redenzione.
- Che storia triste…
- Già, ma in tutte le leggende sembrerebbe che essa trovi la maniera di spezzare l’anello vizioso che la lega alla realtà materiale, permettendole di tornare ad essere una pura entità spirituale.
- E questo cosa ha a che fare con noi?
- Mako, se ragioni su quello che ci ha detto Setsuna, sulla storia delle Sailor e sulla Fata della Luna, credo che converrai che tutti i personaggi che abbiamo conosciuto sono al loro posto, tranne una.
- Sailor X!
- Esatto, Rei. Lei sembra una Sailor, eppure non lo è. Il mio computer non ha registrato il suo seme di stella. Compare solo quando ci serve, sembra quasi aiutare noi solo per evitare problemi a Usagi, e ha un timore quasi reverenziale per Mamoru quando è Tuxedo Mask.
- Tu credi che lei sia… - chiesero Minako e Makoto.
- Lo è. - rispose laconica Usagi, osservando la sua tazza di latte senza berla. - Tutto torna, sfortunatamente. Lei, il sogno, la leggenda.
- Cosa stai dicendo?
- Sailor X è la Fata della Luna, e lei sarà la persona che nel futuro, tra vari anni, anche se non so il perché, ucciderà Mamoru. Forse è questo il motivo per cui è costretta a ritornare indietro nel tempo, per evitare di ucciderlo, ma non riesce mai…
- Un po’ come quel film sulla macchina a bucce di banana…
- Più o meno, Minako, più o meno. - rispose Ami. - Le implicazioni di un viaggio temporale verso il futuro o il passato nel nostro stesso universo sono incredibili, tanto che si pensa che siano possibili solo viaggi extradimensionali. Una piccola chiosa alla teoria del Multiverso correlato.
- Traduzione?
- La Fata della Luna ha ucciso un Mamoru di una dimensione, e per questo è stata mandata nel passato di un altro universo, chiamiamolo parallelo, per evitare che la Fata della Luna di quell’Universo ripeta il suo errore. Ma Usagi, come fai a sapere che ucciderà Mamoru?
- Me lo ha detto Mamoru. Ha sognato più volte la sua morte vedendola con gli occhi dell’assassino. O dell’assassina, se preferite. Mi spiego anche la lama candida come la luna che mi diceva lui…
- Pazzesco! - disse Mako. - Quindi potrebbero esistere due Fate della Luna?
- In teoria sì.
- Insomma abbiamo fatto un po’ di chiarezza su un punto e abbiamo dei misteri che si infittiscono in un altro. Che bella situazione…
- Dai Rei, non essere così catastrofica. Abbiamo comunque fatto un passo in avanti nella conoscenza dei nostri amici e nemici. E questo è importante.
- Come è importante che ora andiamo tutte a dormire. Ho un sonno pazzesco, e credo che se non mi metto a letto alla svelta mi toccherà dormire da te… - scherzò Minako, sbadigliando vistosamente.
- Concordo. Ricordatevi solo domani sera la cena da me. Se mancate non vi rivolgo più la parola…
Le ragazze si salutarono sorridendo e scherzando sulla porta di casa di Ami e si diressero ognuna alla rispettiva abitazione.
- Appena in tempo. Paula ha fatto le cose al millesimo di secondo, e io ho fatto la mia parte. Domani mattina la piccola intrigante avrà una bella sorpresa. - sogghignò Sailor Dark sparendo nella notte.

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Capitolo 38
*** La gemella cattiva - Capitolo 6 ***


La madre di Usagi non credeva a quello che stava facendo, ma le prove che le erano state mostrate erano inconfutabili. Proprio l’aspetto inconfondibile di sua figlia, i suoi lunghi codini biondi l’avevano tradita durante la sua malefatta.
- Ma perché? Mi vuoi dire perché? - le chiese mentre viaggiavano lentamente nel traffico di Tokio.
- Mamma, te l’ho detto. Non so di cosa stai parlando… - le rispose quasi piagnucolando la giovane, che si era stupita di vedere alla porta dell’aula, poco dopo l’inizio della seconda ora di lezione, sua madre, lo sguardo accigliato e gli occhi di chi, lo sapeva bene, si stava trattenendo dal piangere per il dispiacere. - Non ho fatto nulla. Tu mi hai visto rientrare…
- Ma ho visto anche il video della sorveglianza. E… - sospirò, come per trovare il coraggio di dire qualcosa che le pesava come del piombo sul cuore. - e ho trovato delle bombolette nella tua stanza. Perché Usagi? Perché?
La bionda non rispose, abbassò solo la testa, capendo dal tragitto quale sarebbe stata la destinazione finale.
- Non lo so, mamma, non lo so.
- Capisco se tu fossi stata una ragazzina, una ribelle come certe figlie delle mie amiche, ma sei sempre stata a modo, non ti sei mai comportata male. E ora, tutto ad un tratto litighi con una bambina al parco e imbratti le vetrine del locale dove vai ogni giorno a bere qualcosa con le tue amiche. Non riesco a capirlo, e tuo padre nemmeno.
- E’ impossibile che sia stata io… - pensò la ragazza, guardando distrattamente fuori dalla finestra. - Sono tornata a casa appena finita la riunione e mi sono addormentata subito. Non ho sentito nemmeno Chibiusa infilarsi nel letto o Luna rientrare questa mattina da tanto ero stanca. Non è possibile che sia diventata sonnambula, soprattutto che mi sia messa a rovinare le vetrine del bar. Mi viene in mente solo una cosa, ma è così folle che non è possibile sia vera. No, è impossibile, impossibile… - continuava a ripetersi.
La macchina si arrestò nei pressi del negozio. Ad Usagi mancò il fiato a vedere lo stato in cui si erano ridotti i vetri che davano luce al locale. Ampie macchie di vernice nera, alcune messe a casaccio, altre a mimare fiori o stelle o nuvolette, come nel disegno di un bambino piccolo, imbrattavano sia le vetrine che i muri che le univano, rovinando pesantemente l’estetica. Il proprietario era sulla porta di ingresso, le braccia incrociate e la spalla destra appoggiata allo stipite dell’entrata. Si mise dritto vedendo scendere dall’automobile la madre di Usagi, ma le braccia rimasero incrociate, lo sguardo duro.
- Signora…
- Non so come scusarmi per quello che ha fatto mia figlia. Lei continua a negare, ma il filmato che lei mi ha mostrato… - si dovette fermare, rossa in volto per la vergogna. - Io mi scuso.
- Le scuse le accetto da lei, ma le voglio anche da Usagi. - si voltò ad osservare la ragazza, che se ne stava immobile accanto alla madre, lo sguardo sbarrato allo scempio provocato dalla vernice. - Non riuscirò mai a capire perché lo hai fatto…
- Ma io…
- Usagi Tsukino! Non approfittare della sua gentilezza. - urlò sua madre. - Ha voluto chiamare me e non la polizia, e mi ha proposto anche un’idea che permetterà a entrambi di avere un guadagno.
La bionda spostò lo sguardo, ora attento, sul volto della madre, quindi lo mosse sull’uomo che la stava osservando.
- Cosa sarebbe questa soluzione? - chiese incerta, presagendo grossi guai.
- Fortunatamente il danno è solo estetico, per cui con un buon detergente e una mano di pittura tutto tornerà come nuovo. Tu dovrai fare il lavoro, e lo farai solo durante l’orario di apertura, così che tutti i clienti vedranno che cosa stai facendo, e se me lo chiederanno o te lo chiederanno, dovrai dire anche perché lo stai facendo.
- E’ uno scherzo, vero?
- No. L’alternativa è che io denunci il fatto alla polizia e mostri il video della sorveglianza. Cosa decidi, teppistella?
Usagi ebbe un fremito di rabbia nel sentirsi apostrofare con quell’aggettivo, ma strinse solo un attimo gli occhi, respirò e annuì lentamente.
- Va bene. Quando inizio?
- Ora. D’accordo con tuo padre salterai la lezione per oggi, e ogni pomeriggio fino alle sei verrai qui fino quando non avrai finito. Nel bagagliaio dell’auto ho già caricato il necessario, come vestiti da buttare, dei guanti e del detergente per vetri. Vai a prenderli intanto che finisco di parlare con lui.
- Non ci credo. Combattere contro tutti i mostri del Negaverso mi avrebbe fatto meno male… - pensò mentre calde lacrime si fermavano ai bordi degli occhi, incerte se bagnare o meno le guance. - Come farò ad affrontare la vergogna? Tutti i miei amici, mezza Tokio viene qui ogni giorno, e io ci impiegherò almeno una settimana lavorando solo il pomeriggio. Non avrò più il coraggio di uscire di casa quando avrò terminato.
Silenziosamente, il cuore pesante come piombo, Usagi spostò le due borse di materiale dentro il negozio, dove sfruttò il camerino in cui si cambiavano anche le cameriere per indossare una sua vecchia tuta da ginnastica, delle scarpe ormai quasi sfondate e un vecchio fazzoletto per proteggersi alla peggio i capelli.
- Non certo elegante, ma sicuramente funzionale… - commentò con un sorriso acido il proprietario. - Inizia dalla porta di ingresso, così quando al pomeriggio arriveranno le tue amiche e gli altri sarà già pulita e non darai fastidio ai clienti. Ah, tua madre ti aspetta a casa questa sera alle sei per la cena e i compiti.
Lei non parlò, prese risoluta il flacone di detergente, infilò le mani nei gialli guanti da cucina di una misura troppo grande e iniziò a strofinare il vetro con un panno, vedendo che il colore nero si staccava lentamente, formando aloni che avrebbero solo allungato il suo lavoro. Il panno si bagnò di una lacrima, quindi di due, ma Usagi non si arrese, continuando a strofinare ad occhi chiusi e ad impedirsi di scoppiare a piangere cadendo in ginocchio.
- Meglio del circo… - mormorò entusiasta Kaori, che aveva seguito l’evolversi della vicenda fin dalla mattina presto, appostata vicino al locale per godersi le reazioni del gestore. Dietro l’angolo dove era nascosta con lei, lo sguardo un po’ triste, Paula era ancora costretta nel corpo di Usagi.
- Tu immaginavi davvero che sarebbe finita così?
- No! - rispose ridacchiando la ragazza dai capelli neri. - Non credevo che la faccenda avrebbe preso una piega tanto felice. Usagi, quella piccola intrigante, sarà ridicolizzata da tutti, e come minimo fuggirà in un altro stato quando avrà finito. Pensavo che sarebbe stato necessario il tuo intervento ancora questa sera, ma vedo che ormai è inutile. Hai fatto un lavoro davvero eccezionale, Paula.
- Grazie… - mormorò. - Però non riesco ad essere felice. Poverina…
- Per favore. Se dici certe cose, e in più con la faccia di quella là, mi viene voglia di picchiarti.
- Tentaci, tentaci… - la sfidò lei mettendosi in una posa simile a quella di un pugile. - Ora devo solo starmene tranquilla una mezza giornata ancora e poi finalmente potrò tornare la cara e vecchia Paula.
- Soprattutto vecchia…
La bionda tirò fuori la lingua e si voltò falsamente offesa, coprendo la sua tristezza con i soliti atteggiamenti goliardici.
- Ti preferivo quando non avevi senso dell’umorismo.
Kaori non la stava ascoltando, troppo impegnata ad osservare gli sforzi della giovane, che già iniziava a sudare sotto il caldo sole che stava scaldando la città, e fu solo dopo molto tempo e varie lamentele da parte di Paula che Kaori si mosse, dirigendosi al suo appartamento.
- Io vado all’università. Tu stattene qui buona buona finché non potrai tornare normale, poi raggiungimi.
- Ma sono almeno cinque ore. Cosa faccio nel frattempo? Non hai nemmeno un film decente, e a quest’ora non trasmettono nulla di interessante alla televisione.
Uno dei demoniaci servitori di Kaori afferrò con il piccolo artiglio l’orlo della gonna della bionda come per osservarla meglio.
- Non disturbarci… - le disse la padrona dandogli una pedata e facendolo scappare dietro il grande letto matrimoniale coperto da lenzuola di raso nero. - Ecco, fai come faccio io quando sono depressa. Li picchio. Tanto non dicono nulla...
- Ma lo sai che sei davvero cattiva?
- Grazie. - Sorrise. - Fa sempre piacere se me lo dicono. Se poi viene da te lo apprezzo ancora di più.
- Sei senza speranza…
- E senza tempo da perdere, o farò ritardo. Sai, credo che questo pomeriggio inviterò Mamoru a prendere un gelato in un certo locale…
- Kaori, non ci credo. Non avrai il coraggio.
-Tu dici? - mormorò falsamente innocente la giovane con un lampo negli occhi e uscì.
- E adesso? - sbuffò sedendosi sul bordo del letto e prendendosi il mento tra le mani.
Lo stesso demone saltellò di nuovo vicino la giovane e ritentò il suo approccio. Lei sollevò lo sguardo, facendolo arretrare tentando di ripararsi con il braccio grigio e ossuto. Non sentendo nessuna reazione da parte della donna, la osservò con timore, vedendo che gli stava sorridendo.
- No male?
- No.
- Io sbagliato?
- Scusa, perché dovresti aver sbagliato? Se non ti picchio non vuol dire certo che hai sbagliato qualche cosa…
- Padrona picchia sempre.
- Kaori è strana, e non è la vostra padrona.
- Lei detto noi schiavi.
- Credo che dovrò spiegarti quattro cose.
- Quattro? Numero troppo grosso.
- Scusa?
- Uno, due, molti, troppi. Me non bravo in matematica.
- Lasciamo perdere. - ridacchiò Paula. - Cosa volevi?
- Bello. Vestito bello. Signora bella. Come padrona.
- Ti ho già detto che non avete una padrona.
- Ma Kaori detto noi essere suoi schiavi qui e in mondo nero.
- Ho già capito come sfruttare il tempo che ho prima di tornare Paula. Chiama un po’ dei tuoi amici, che vi insegno due cose.
- Due le capiamo.
Paula sorrise mentre il demone saltellava lontano, aprendo un varco nero nel muro e sparendo. Lei osservò fuori dalla finestra, i tetti dell’università rossi e vecchi rispetto alla selva di edifici moderni.
- Chissà se è già arrivata quella testa calda? - pensò, mentre Kaori si sedeva vicino a Mamoru, osservata dagli esterrefatti occhi di Yosei e dell’amico.
- Mi ha detto ciao e mi ha anche sorriso… - pensò lei, quasi spaventata, con lo stesso sguardo stranito del ragazzo.
- Kaori, ti senti bene? Come mai oggi niente battibecco con Paula? Sta poco bene?
- No, no… - rispose evasiva lei. - Credo che dovesse concludere alcune cose per i suoi studi, per cui salta la lezione e poi io le presto gli appunti. Mamma che caldo oggi…
- Già…
- Mamoru, posso chiederti una cosa?
- Cosa? - la voce aveva una nota di diffidenza, considerando il carattere della donna.
- Per farmi perdonare delle cattiverie che ho detto su… Usagi, la tua… - si bloccò come se stesse ingoiando un rospo. - fidanzata, posso invitarvi per un gelato riappacificatore al locale che frequenti con le sue amiche?
- Gatta ci cova… - pensò Yosei mentre lui annuiva sorridendo, ma presto i suoi pensieri furono dirottati dalla lezione, finché non giunse il primo pomeriggio e Mamoru la salutò per dirigersi con Kaori alla gelateria. - Non posso seguirli in questa forma, ma credo che potrò comunque spiarli. Temo che quella disgraziata ne stia preparando una delle sue.
La ragazza dai lunghi capelli neri salutò gli altri amici e si diresse risoluta all’uscita, voltò l’angolo dell’edificio, e pochi istanti dopo una gatta dal pelo quasi argenteo e un grosso ciondolo di pietra verde iniziò a correre veloce inseguendo Mamoru e Kaori, per poi superarli saltando da un ramo all’altro degli alberi di una villa vicino alla strada, scavalcando un muretto e finalmente giungendo sul tetto della casa quasi di fronte alla piccola piazza antistante il bar.
- Mamma… - pensò la gatta. - Ecco perché quella megera era tanto ansiosa di spingere Mamoru al locale. Povera Usagi. Non capisco come sia stato possibile che… - Il filo del suo discorso si ruppe vedendo arrivare i suoi due amici, ancora non in vista delle vetrine deturpate dalla vernice, da una parte della strada, e le altre amiche di Usagi dalla parte opposta, anche loro all’oscuro apparentemente di quanto stava facendo la bionda. - Cosa farà Mamoru? Cosa faranno le ragazze?

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Capitolo 39
*** La gemella cattiva - Capitolo 7 ***


Le amiche di Usagi furono le prime a vedere lo stato dei vetri e la giovane affannarsi a pulire quanto possibile, la fronte e il volto imperlati di sudore e le guance rigate di lacrime.
- Usa, ma cosa è successo?
- Mako, ti prego. Andate via, andate via… Non oso farmi vedere da voi così… - singhiozzò la ragazza, lasciando cadere lo straccio bagnato e nascondendosi il volto con le mani.
- Cosa è successo?
La bionda non rispose ad Ami, ma scosse solo la testa e corse via nella direzione in cui erano arrivate, incurante del fatto che il proprietario del locale uscì immediatamente dalla porta con lo sguardo furioso.
- Piccola teppista, se credi di sfuggirmi…
- Cosa è successo?
- Chiedilo alla tua amica, Minako. L’avevo sempre considerata una ragazza a modo, ma a quanto pare mi sbagliavo. Guardate come mi ha conciato le vetrine!
- Non ci credo. Usagi non farebbe mai una cosa del genere. E’ impossibile. E pi come può accusarla con tanta certezza?
- Ho le telecamere all’esterno del negozio. Ho proprio un bel filmino su di lei. Non ci credevo nemmeno io, ma le immagini parlano chiaro. Usagi ha davvero fatto una pazzia. E non riesco a capirne il motivo.
- Cosa avrebbe fatto Usagi? – chiese arrivando anche Mamoru con Kaori accanto. – Non era lei quella che stava correndo?
- Oh ma che brutte vetrine! – esclamò la ragazza, osservando i segni neri che ancora imbrattavano l’esterno del bar. – Chi può aver fatto una cosa del genere? Chiunque sia stato deve essere una persona spregevole.
- Attenta a come parli! – alzò la voce Makoto.
- Come ce la prendiamo… - sorrise sorniona Kaori. – Non dirmi che sei stata tu? O una delle tue amiche.
- Kaori. Ti avevo chiesto più volte di non essere cattiva con Usagi o loro. Vedo che non mi ascolti. Non volevi essere tu quella del gelato della fine delle ostilità?
- Certo, certo…
- Mamoru… - sospirò il proprietario del locale. – Sfortunatamente il motivo dell’astio di Makoto è fondato…
- Cosa stai dicendo?
- I segni li ha lasciati la tua ragazza.
- Scusa? Non ho capito bene…
- Li ha fatti Usagi? – chiese falsamente sorpresa la giovane dai capelli neri, scuotendo la testa. – Chi lo avrebbe mai detto.
- Bello scherzo, ci sono cascato in pieno, ma per favore ora smettiamola. – si alterò il ragazzo, ma le facce tristi delle sue amiche e lo sguardo duro del barista lo convinsero che non era una burla alle sue spalle. – Ma come è possibile? Non ci credo…
- Vieni dentro. Ti faccio vedere, se non mi credi. Anche voi ragazze.
- No, grazie. Dove andava ora lei?
- Non te lo so dire, Mamoru. Ma sa benissimo che finché non avrà pulito tutto alla perfezione i suoi pomeriggi li passerà qui. Che ci impieghi un giorno, un mese o un anno non mi interessa.
- Non ci credo… - continuava a ripetere Mamoru, iniziando a camminare nella direzione in cui era corsa via la sua ragazza.
- Ma… Niente gelato? – borbottò Kaori. – Che peccato… Mamoru, se posso fare qualche cosa per te…
- Grazie, ma preferisco rimanere solo. Ci vediamo domani all’università. Salutami Paula. – le rispose quasi disinteressato lui senza voltarsi. – Scusami…
- Come vuoi. A domani. – lo salutò, tentando di non ridere per la situazione che si era creata. – Non poteva andare meglio. Lui è distrutto, e nel giro di poco tempo tra di loro sarà tutto finito. Potrei lasciare andare le cose come stanno andando, ma credo che questa sera la cara Usagi farà di nuovo la sua comparsa sulla scena del delitto. Devo solo trovare una spranga o una mazza da baseball. E Paula. – pensò incamminandosi verso il suo appartamento.
- Credete che Mamoru abbia bisogno di noi? – chiese Ami.
- No. – rispose Rei. – Lasciamolo solo. Scommetto che riuscirà a trovare Usagi e si parleranno. Certo che però la cosa è strana. Molto strana…
- Dici che qualcuno voglia incastrarla?
- Su questo non ho dubbi, visto che nemmeno se la vedessi con i miei occhi crederei che Usagi sia capace di imbrattare delle vetrine, considerando poi che sono quelle del suo negozio preferito. Quello che mi domando è chi possa fare una cosa del genere? Che nemiche può avere?
- Come Usagi nessuna. – disse Ami, mentre le quattro si incamminavano verso un lungo viale. – Ma come Sailor ne conosco almeno due…
- Già, ma nessuna delle due le assomiglia. Chiunque se ne sarebbe accorto.
- Non conosciamo appieno i loro poteri. Forse Sailor Dark ha evocato un mostro con le sembianze di Usagi o forse è un altro dei poteri di Sailor Rubber. Sto solo ipotizzando.
- Comunque sia dobbiamo fare qualcosa. Non possiamo certo lasciar infangata la reputazione della nostra testolina buffa.
- Io una mezza idea l’avrei, ma farebbe saltare la cena di stasera. Se siete d’accordo, dovremo avvertire Hikari del cambio di programma…
- Dicci tutto Makoto, siamo pronte a ribaltare il mondo per lei. – sorrise Minako.
Anche la gatta che dal tetto le aveva seguite fin sul muretto vicino sorrise, miagolando contenta.
- Sono sicura che troveranno una soluzione. Sono le Guardiane Sailor, non devo dimenticarmelo… - pensò Yosei. – Anche se sempre non hanno trovato il modo di salvare il loro signore… - si fermò, guardando le sue zampe anteriori come rapita dai propri pensieri per qualche secondo. – Ma lasciamo perdere. Piuttosto, chissà che fine ha fatto Mamoru?
Voltò, tornando sui suoi passi e si mise a correre, inseguendo il ragazzo, di cui poteva sentire ancora l’odore nell’aria lungo la stradina che aveva imboccato. Poche curve e capì la sua destinazione.
- Ovvio. E’ il loro posto preferito. Dovrebbe essere ancora vuoto, nessun bambino o madre con i piccoli.
La gatta infatti trovò i due giovani seduti sulle due altalene vicine. Mamoru era immobile, lo sguardo basso, mentre la bionda al suo fianco si stava dondolando adagio, guardando il cielo. Aveva la faccia tirata, come se stesse trattenendosi dal piangere di nuovo, ma gi occhi erano gonfi e pronti ad esplodere. Yosei si avvicinò non notata, arrampicandosi sull’albero dove anche due sere fa li stava spiando, anche se nella sua forma umana.
- Quindi tu non sai nemmeno se sei stata tu o meno…
- Esatto. – sospirò lei. – Io mi ricordo solo di essere tornata a casa dopo esser stata da Ami e di essermi addormentata. Ma…
- Ma…
- Ma è anche vero che mia mamma ha trovato le bombolette di vernice nella mia stanza, e il negozio che le ha vendute si ricordava di me. Il proprietario ha detto che ero andata a prenderle poco prima di cena, e che si ricordava di me visto che avevo rischiato di far cadere un’intera piramide di barattoli di vernice mentre mi muovevo.
- Questo non gioca a tuo favore… – sorrise lui. – E’ risaputo che tu sei ovunque un elefante in una cristalleria.
- Grazie, sia come risollevarmi il morale… - borbottò, sorridendo triste anche lei. – Eppure io sono sicura che non sono stata io.
- E io ti credo.
Lei lo guardò e si asciugò una mezza lacrima che stava scendendo sulla destra usando la manica.
- Grazie. Io credevo… cioè, il fatto che ora tutti quelli che conosco sanno che io…
- Lascia perdere. Non giudico dalle apparenze le persone, o così almeno credo di fare, e con te quello che provo non sarà di certo scalfito da questo strano episodio. Certo è che dovremo darci da fare per far ritornare pulita la facciata del bar.
- Dovremo?
Lui si rimboccò le maniche e si alzò, sorridendo e tendendole la mano.
- Certo. Come dovremo dire un giorno o l’altro? Nel bene o nel male, in ricchezza e in povertà, eccetera, eccetera. Vorrà dire che aggiungeremo anche in pulizia e in sporcizia…
- Mamoru… - pianse lei per la gioia. – Cosa farei senza di te? – gli chiese alzandosi.
- Dovresti faticare un po’ di più, testolina buffa… - la derise lui, mentre ritornavano sui loro passi fino al bar, dove ripresero il lavoro alacremente, dopo una piccola discussione con il proprietario che non voleva che nessuno la aiutasse, ma presto la cosa fu risolta, e verso sera già una delle vetrine e i muri circostanti erano perfettamente puliti come nuovi.
I clienti iniziarono a scemare, finché nessuno rimase e il bar chiuse, spegnendo le luci e mettendo in funzione le telecamere di sorveglianza. Cinque figure nascoste nelle ombre della sera aspettarono vari minuti prima di muoversi lungo il lato opposto della piazzetta, attente a non essere riprese dalle lenti delle videocamere.
- Sei sicura di quello che stiamo facendo? – sussurrò Ami. – Cioè, non è che stiamo facendo qualcosa di illegale?
- Credo di no… - le disse Minako.
- Cosa vuol dire credo di no?
- Oh insomma, stiamo semplicemente manomettendo per qualche ora le telecamere così potremo lavorare in pace. Dovrebbero darci un premio se ci scoprono, altro che punirci.
- Certo è che stiamo rischiando, ma per Usagi ne vale la pena…
- Hikari, proprio tu che potevi startene a casa tranquilla ci dici questo? Mi fai vergognare.
- Perché, Makoto? L’alternativa a questa avventura era una serata noiosa davanti al televisore con un pacchetto di patatine davanti e l’ultima puntata della solita telenovela.
- Me ne ero scordata! – quasi urlò Minako. – Non ho puntato il registratore. Datemi dieci minuti. – disse spaventata la bionda, voltandosi come per tornare a casa. – Devo…
Fu bloccata dallo sguardo di Rei e dalla forte mano di Mako che le aveva afferrato il collo della tuta scura che indossava come le sue compagne.
- Ti passo l’episodio. Lo sto registrando io. – sorrise la ragazza dai capelli arancioni.
- Sei un tesoro…
- Se abbiamo finito, possiamo continuare con il piano originale? Sembriamo una banda di ladruncole da cartoni animati… - mormorò contrariata Rei, mentre Makoto ed Ami scuotevano la testa.
- Va bene, va bene…
- Ami, hai scoperto dove sono le telecamere?
- Certo, Rei. Una è nell’angolo sinistro del locale, appena sopra l’ingresso, un’altra è sullo stelo del lampione, mentre la terza è all’estremo opposto delle vetrine. Il difficile sarà arrivare a quella sul lampione. Eliminata quella possiamo mettere fuori uso facilmente anche le altre due.
- Dovrei arrivarci, se Makoto mi da una spinta. – sorrise Hikari. – Sono la più leggera del gruppo…
- Oltre ad essere la più giovane. Se ci scoprono diremo che ti abbiamo traviato…
- Sulla più giovane direi che ti sbagli, cara Rei. Io posso vantare oltre quattro miliardi di anni, visto che non mi sono mai reincarnata come fate voi… - pensò la giovane. – Ma figurati se ci credono che voi avete traviato me. Al massimo il contrario. Ma ora mettiamoci al lavoro. Ami, tu dacci le indicazioni, io e Makoto ci diamo da fare, con Minako che ci da supporto. Rei, mettiti di guardia per controllare che nessuno ci veda.
Tutte obbedirono, senza quasi chiedersi perché una ragazzina aveva tanto potere su di loro, come se in qualche modo sapessero già chi era e che potere poteva avere.
Makoto, Minako ed Hikari si avvicinarono al lampione, quindi con leggerezza la ragazza si arrampicò sulle spalle dell’amica, che le afferrò le caviglie con le mani si mosse finché la testa di Hikari non fu a pochi centimetri dal retro della telecamera.
- Non possiamo utilizzare le mollette come pensavamo. Non ci sono punti di aggancio…
- Ho del nastro adesivo nello zainetto. Lo prendo subito. – esclamò la bionda, correndo via per alcune decine di secondi, e tornando poi con un piccolo rotolo nero. – Eccoci, questo dovrebbe funzionare?
- Perfetto. Sei un tesoro…
- Lo so.
- Allora, abbiamo finito lì di sopra? Sei una falsa magra, o io sto invecchiando…
La giovane ridacchiò e fissò con un movimento secco il pezzo di cartone scuro sopra la lente della telecamera, oscurandola.
- Meno una. Due alla fine.
Con molta calma anche le altre due telecamere furono messe fuori uso, e verso le undici di notte le cinque si fermarono davanti alle vetrine ancora sporche, armate di volontà, determinazione e detergente.
- Al mio tre? – chiese Rei.
Tutte annuirono.
- Uno…
Le ragazze piegarono, come fossero pistoleri, le dita nei guanti da gomma che avevano rubato alle loro rispettive madri o dalla cucina.
- Due…
Le vetrine vennero colpite dagli spruzzi dei detergenti.
- Se dici tre finisci male. – minacciò la voce di Sailor Dark comparendo da un angolo buio della piazza, armata della Fatal Axe.
Accanto a lei c’era Usagi, una mazza da baseball nella mano sinistra e uno sguardo deciso negli occhi.
- Usagi? – dissero in coro.
- Ciao ragazze. Pronte per un po’ di movimento?

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Capitolo 40
*** La gemella cattiva - Capitolo 8 ***


- Hikari, vai via! – sibilò Rei, mentre estraeva alcune sue pergamene sacre dalla tasca della tuta. – Fortunatamente non giro mai senza di queste.
- Ma…
- Vattene! – le ordinò Makoto, trascinandola via di corsa.
- Ami, Minako, cercate aiuto. Io tento di esorcizzare Usagi. Sailor Dark ha sicuramente inventato qualche strano essere che ha preso il controllo della nostra amica.
Loro annuirono e sparirono in uno dei vicoli, lasciando solo le tre giovani nella piazza.
- Sciocca ragazzina. Credi davvero di potermi sconfiggere? Sono Sailor Dark, la regina dell’Inferno e presto anche dell’Universo! – dichiarò, per poi scoppiare a ridere gettando indietro la testa.
- E anche questa sera ha detto la sua cavolata della giornata… - pensò Paula scuotendo la testa, facendo oscillare i lunghi codini che le appartenevano finché era bloccata nella forma di Usagi. Era stanca, ormai era un giorno e mezzo che non mangiava o beveva, e la calda giornata e la lunga lezione ai demoni di Kaori l’avevano stremata. – Facciamola finita alla svelta, avrei altro da fare…
- Come vuoi, Usagi…
- Ti prego, torna in te. Come puoi pensare di allearti con un essere del genere?
- Rei, non hai ancora capito che io non sono la tua cara amica? Certo ho lo stesso aspetto, ma non sono certo la tua dolce Usagi…
- Cosa stai dicendo? – fece finta di non capire Rei.
- Sailor Rubber, Sailor Dark, non avete nessuna speranza contro di noi. Non vi siete ancora stancate di perdere? – le derise una voce femminile proveniente da uno dei tetti.
- Ma perché? – si chiese irritata la guerriera con l‘ascia. – Perché non siete rimaste a casa a vedere la telenovela?
- La sto registrando! – rispose risoluta Sailor Venus come se avesse detto una grande verità.
- Oltre a lei ci siamo anche noi.
- Sailor Mercury, Sailor Jupiter, sono felice di vedervi!
- Vai Rei, corri a trovare un riparo. Ci pensiamo noi a queste due.
- Errato. Siamo tre contro tre. Death Eye, fai il tuo dovere…
Sfiorò la spilla con la mano guantata, e l’occhio stilizzato si aprì proiettando un fascio di buio intenso su una delle telecamere coperte dal cartone. Da essa sembrò rimbalzare sul pavimento, formando una sagoma umanoide che assunse spessore e colore. Accanto alla Sailor vestita di viola si posizionò un muscoloso essere metallico con cavi corrugati che entravano e uscivano dalla schiena e dalla testa a forma di telecamera.
- Siamo pronti per il primo ciak?
- Certo. Vai mio adorato mostro, mostrami come si produce un film degno degli Oscar.
- Sì mia signora. – si inchinò leggermente l’essere. – Andiamo a cominciare il colossal che chiameremo “La caduta definitiva delle Sailors”. Atto primo, scena prima, la morte di Sailor Mercury.
Il mostro si gettò sulla guerriera in azzurro, che schivò la carica agilmente, ma ancora in volo per il salto che aveva usato venne colpita alla schiena da una serie di lenti di vetro lanciate dalle braccia del suo avversario come se fossero dei frisbies.
- Buona la prima! – rise Sailor Dark vedendo la ragazza a terra faticare anche solo per rialzarsi. – Dai, datti da fare ance tu, Usagi…
- Scordatelo. Sono stanca, accaldata, senza poteri e con una mazza che pesa fin troppo. Al più ti do una mano a spaccare la vetrina come mi avevi detto. Per il resto, sei o non sei la Regna degli Inferi e tutto il resto.
- Questo si chiama tradimento!
- E il tuo si chiama sfruttamento della forza lavoro.
La donna era visibilmente contrariata, ma non disse nulla, concentrandosi sul combattimento, gettandosi nella piazza e addosso a Sailor Jupiter, impedendole di completare il suo colpo diretto sul mostro.
- Megera!
- Zitta poppante! Ti sei mai vista allo specchio? Sembri un maschiaccio con la parrucca.
- Quella servirà a te…
- Cosa stai dicendo?
In quell’istante una freccia di fuoco le passò vicinissimo, carbonizzando leggermente i bordi della sua gonnellina.
- Sono Sailor Mars, e sono qui per punirti in nome di Marte! – gridò la ragazza, saltando giù dal tetto del locale chiuso.
- Manca solo la piccola intrigante e poi facciamo una riunione di famiglia, eh? Ma voi da sole non siete in grado di fare nulla?
La lotta continuò senza ce nessuna delle due fazioni avesse la meglio sull’altra, sebbene Ami fosse continuamente a terra, come svenuta. Era riuscita semplicemente a spostarsi vicino ad una delle panchine, per poi accasciarsi su di essa ansimando vistosamente.
- Beh, finché tutte sono occupate a litigare, facciamo qualcosa di utile. – pensò Paula, avvicinandosi alle vetrine del locale e prendendo la mira con la mazza di legno, pronta a spaccarla in mille pezzi.
Come una esperta battitrice caricò il colpo, ma quando tentò di scaricarlo, si accorse che qualcuno le stava tenendo l’arma alle sue spalle. Si voltò contrariata, e dovette trattenere un urlo di sorpresa.
- Usagi!
- Esatto. Quella vera. – le sorrise malvagia la bionda ancora in pigiama. – Sai, credo di avere un conto in sospeso con te.
- Credo di essere nei pasticci… - borbottò Paula. – Sailor Dark! Aiuto!
- Arrangiati. Non eri tu quella che parlava di sfruttamento della forza lavoro? Come vedi io ho già il mio da fare con queste pesti. Arrangiati con la tua sorellina gemella.
- Grazie. Ricordamelo la prossima volta che mi chiedi un favore. Ma guarda questa… Ahi! Cosa…
- Mai provato a litigare quando hai i capelli lunghi? Io sono un’esperta… - disse la bionda, che aveva afferrato le due ciocche di Paula e le aveva strattonate, facendole perdere la mazza che cadde a terra con un rumore secco, rimbalzando un paio di volte prima di rotolare in un ampio arco lontano dalle due.
- Non ti facevo così cattiva, Usagi…
- Mai fermarsi alle apparenze, Usagi. Sai, ci tengo alla mia reputazione, e quello che avete fatto voi due, anche se non riesco a spiegarmelo, non mi è piaciuto per niente.
- Non sei la piccola intrigante che Sailor Dark dice tu sia. – ringhiò Paula divincolandosi gettando a terra Usagi e tentando di recuperare la mazza, ma la vera bionda avvinghiò le sue gambe tra quelle dell’avversaria facendole colpire il suolo pesantemente. – Immaginavo che tu fossi qualcosa in più, visto ciò che diverrai, ma non credevo di averti punto così sul vivo…
- Cosa stai vaneggiando? Cosa dovrei diventare?
Paula si rialzò e corse via prima che l’altra riuscisse a mettersi in piedi.
- Lei non lo sa, ma io non ho l’odio che ha lei che l’acceca. – ansimò rimettendosi in posizione di combattimento, le gambe larghe per avere maggiore stabilità e le braccia aperte ad oscillare come i lottatori di sumo. Attese il momento opportuno e si lanciò sulla ragazza, che vene colta di sorpresa e cadde a terra, la schiena ad urtare pesantemente sul selciato della piazza. – Cara Usagi… - mormorò nel suo orecchio sinistro. – O dovrei chiamarti Sailor Moon?
- Cosa?! – urlò spaventata dalla calma con cui Sailor Rubber aveva dichiarato di sapere la sua identità segreta. – Cosa stai dicendo?
- Non fingere con me. Siamo come due gocce d’acqua ora, sarebbe come mentire a te stessa… - sorrise lei, bloccandole le braccia con le ginocchia e preparandosi a colpirla con i pugni chiusi. – Sai, non vorrei farlo, ma Sailor Dark mi ha creato così, e io le Sailor le odio. Posso sentire la tua forza. Una persona normale non avrebbe mai potuto bloccare la mia mazza. Posso sentire il tuo potete, ma hai rinunciato allo stesso nel momento in cui ti sei travestita. Il costume non è solo scenografia, non lo sapevi? Bel trucco, comunque. Chi ti ha avvertito? Makoto, o Ami?
La bionda era impietrita dalle conoscenze della sua avversaria, e inerme ricevette il primo pugno in pieno viso, che le fece voltare la testa per l’urto. Un altro pungo, un altro forte dolore alla guancia, ma sapeva che non sarebbe rimasta traccia. Una delle comodità di essere una Sailor.
- Anche questa volta! Ma non me ne va mai bene una! Ma alla prossima… - Paula sentì gridare infuriata la sua amica di malefatte, e si voltò giusto in tempo per vedere Sailor Dark scomparire nell’Hell’s Gate, mentre i rimasugli del potente colpo Sun Stroke di Sailor Sun completavano di consumare il mostro che fino a quel punto aveva tenuto testa alle altre guerriere.
- Certe volte credo di avere un malocchio addosso… - borbottò la bionda vedendo le tre Sailors osservarla infuriate, caricando i rispettivi colpi. Un piccolo puntino rosso attirò la sua attenzione, e sorrise ironica alla telecamera incorporata nel suo computer palmare con cui Sailor Mercury stava riprendendola.
- Un bel piano, Ami, davvero un bel piano… - disse a bassa voce, guardando la guerriera che sbiancò, avendo comunque sentito.
Usagi ne approfittò per voltarsi e liberarsi dal suo peso. Entrambe si misero in piedi e si fronteggiarono per un secondo. Paula si mosse per prima, lanciandosi di lato e recuperando la mazza da baseball e puntandola verso la sua gemella.
- Cosa vuoi fare? Sei riuscita a sporcare le vetrine e dare la colpa a me, ma non riuscirai a completare il tuo paino stasera.
L’altra fece una smorfia come di dolore.
- Per questa volta mi avete giocato, tu e le tue amiche, ma non preoccuparti, tenterò di nuovo di rovinarti, cara Usagi. Può esistere solo una di noi due…
Appena ebbe finito si voltò e iniziò a correre più forte che poteva, sparendo prima che le altre potessero reagire. La bionda sospirò di sollievo, cadendo a terra sulle ginocchia, i codini a sfiorare il pavimento.
- Direi che questa è una confessione in piena regola… - esclamò Sailor Mercury, ancora scossa da quanto aveva sentito. – Sei perfettamente riabilitata. Adesso devo solo caricare nelle telecamere questo filmato cambiando dei dialoghi e le inquadrature per farle tornare con le posizioni delle camere e tutto sarà a posto…
- Non tutto… Guardate. – disse Sailor Mars, puntando il dito guantato sul corpo di Sailor Sun, che dopo aver colpito il mostro si era allontanata, ma la debolezza dovuta alla notte l’aveva fatta scivolare mentre tentava di saltare su uno dei bassi muretti delle case vicine, e la successiva caduta l’aveva tramortita.
La giovane tentava barcollando di allontanarsi, ma si vedeva che era allo stremo delle forze, e dopo pochi metri si accasciò a terra svenuta, abbandonando la sua forma da Sailor.
- Potremmo scoprire la sua identità.
- No Minako, non sarebbe giusto. Ha chiesto a Mamoru di farla rimanere un segreto, e rispetto la sua richiesta. – disse seria Usagi, mentre le altre abbandonavano la loro tenuta da guerriere, ad eccezione di Ami, ancora indaffarata a cambiare le immagini nella memoria elettronica delle telecamere. – Dobbiamo portarla via da qui, metterla al sicuro finché non si riprende…
- Non… - mormorò la ragazza che era a terra, appoggiandosi ai gomiti per sollevarsi. – Non sarà necessario, Usagi. Mi sono resa conto che ho dato a Mamoru un compito troppo pesante, qualcosa che avrebbe potuto ledere il vostro rapporto, e me ne dispiaccio…
- Questa voce…
- Già Rei. O dovrei chiamarti Sailor Mars, la più irrequieta delle mie figlie?
La giovane dai capelli arancioni si alzò un po’ barcollando, la sua faccia in ombra, lontano dagli aloni di luce dei lampioni, e si mosse, avvicinandosi al gruppetto di ragazza, a cui si era aggiunta anche Ami. Il suo volto venne colpito dalla luce giallastra e artificiale della lampada al neon.
- Santo…
- Ciao Makoto. Come vedi era molto meglio questo della serata con le patatine, no? – sorrise quasi imbarazzata Hikari.
- Tu sei…
La giovane annuì a Minako.
- Sono vostra madre, Sailors. Sono Sailor Sun. - Sospirò a fondo. - Credo che dovremo parlare un po’, ma non ora, non stasera…

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Capitolo 41
*** Come gli scacchi - Capitolo 1 ***


- Quindi tutto il problema è nato dal fatto che Sailor Rubber può diventare chi vuole? – chiese Mamoru ad Usagi mentre la riaccompagnava a casa alla fine delle lezioni.
- Esatto. Non chiedermi il perché, ma in qualche modo avevano uno strano piano in cui io dovevo fare la parte della cattiva. Come questo sia legato al loro odio per le Sailors mi è totalmente oscuro…
Il ragazzo era pensoso, tentando di trovare una spiegazione per quanto avevano fatto passare alla sua fidanzata, ma tutte le ipotesi lo portavano all’idea che volessero colpire lei invece che Sailor Moon.
- Stai pensando anche tu che questa volta la mia identità segreta non centri nulla?
- Già. Ci hai pensato anche tu?
- No. Lo ha detto Luna. Francamente quello che mi era venuto in mente l’ho detto alle ragazze, ma direi che era una sciocchezza.
- Ovvero? Tutte le ipotesi sono buone, testolina buffa.
- Lascia perdere, Rei mi ha già insultato come suo solito, e Minako a momenti si strozzava con l’aranciata quando l’ha sentita… E’ una sciocchezza, te l’ho detto.
- Lascialo decidere a me, che ne dici?
La bionda sospirò.
- Come vuoi. A me era solo venuto in mente che loro volessero screditarmi perché erano gelose di me.
Mamoru sorrise divertito.
- E come mai?
- Ecco lo sapevo. Vedi che è una teoria stupida? Non dovevo dirti nulla, ora penserai che sono una sciocca…
- Non è vero. Ti ho chiesto il motivo, mica ti ho detto che è stupida. Sono curioso di sentire il tuo ragionamento.
- Beh, Ammettiamo anche che loro sappiano entrambe che io sono Sailor Moon, visto che solo Sailor Rubber me lo ha detto. Perché colpire me per screditare Sailor Moon, visto che solo voi sapete la verità? A questo punto il loro bersaglio ero io e basta. E per quale motivo? Ho solo il pregio di avere tante meravigliose amiche e un fidanzato stupendo… - Sorrise guardandolo e rise leggermente vedendo che lui era arrossito al complimento. – mentre loro scommetto che sono sole e senza nessuno che le aiuti, per cui hanno voluto gettarmi in ridicolo e screditarmi come Usagi, non come altre persone.
- Non è poi così stupida come idea, anche se molto strana. Solo una mente contorta e amante dei piani impossibili farebbe un ragionamento del genere prima di attuare un piano.
- E’ un modo gentile per dire che ho la testa strana?
- No. Solo per dire che è degno di Sailor Dark. E’ cattiva, acida, complicata, incostante e sgarbata, ma in qualche modo intelligente e potente.
- Guarda che stai parlando di Kaori… - borbottò lei.
- Perché? – chiese stupito, quindi scoppiò a ridere. – E’ vero, la definizione che ho appena dato le calza a pennello, compreso il potente, viste le sberle atomiche che colpiscono irrimediabilmente solo il povero Takeru.
- Già. Come va tra lei e lui?
- Guerra aperta, ma lui non demorde.
- Te li vedi assieme, mano nella mano al parco? Mentre lui le va a comprare un gelato, come minimo lei ne frega tre ai bambini vicino a lei…
- Sei cattiva. Non è poi così malvagia… A suo modo è gentile, lo vedi da come tratta la sua amica Paula. In fondo in fondo deve essere anche buona.
- Così in fondo che la Fossa delle Marianne è uno stagno…
- Hikari! – esclamarono sorpresi entrambi voltandosi. – Non ti abbiamo sentito arrivare…
- Troppo impegnati a fare i piccioncini. Vi ho chiamato tre volte mentre correvo verso di voi, ma non mi avere nemmeno sentito..
- Scusa, noi… - borbottò Usagi.
- Tranquilla. Scusate ma non ho fatto a meno di sentire quello che avete detto, almeno l’ultima parte. Effettivamente quello che Mamoru ha detto sulla sua compagna di classe e quello che pensi tu di Sailor Dark sono le stesse cose visto che loro due sono la stessa persona.
- Cosa!? – sgranarono gli occhi urlando, spaventando le persone vicino che si allontanarono con gli occhi sbarrati, asciugandosi il sudore provocato dalla paura.
- Siete impazziti? – sussurrò lei, facendo loro segno con le mani di abbassare la voce. – Volete che tutta Tokio sappia di voi?
- Ma… ma…
- Non immaginavo che la notizia ti sconvolgesse tanto, Usagi. Credevo che lo aveste intuito, ma a quanto pare mi sbagliavo…
- E tu da quanto lo sai? – chiese il ragazzo, mentre i tre ricominciavano a camminare, giunti ormai in prossimità della casa della bionda.
- Da un po’. Sicuramente da prima che tu scoprissi il mio segreto e lo celassi tanto bene. Mi spiace solo che questo ti abbia provocato dei problemi con lei…
- Quindi quando io ti ho detto che avevo… Che io e lui dovevamo… Tu lo sapevi!
La ragazza annuì, facendo oscillare le meches bianche che sotto il sole estivo risaltavano ancora di più sui capelli arancioni.
- Già, lo sapevo e francamente mi spiace di avervelo tenuto segreto. Io sapevo di voi nell’istante stesso in cui ho messo piede in questo universo, anche se non ho esattamente capito come ci sono arrivata.
- Arrivata? – chiese il ragazzo.
- Credo che si stia riferendo a quello che ha detto Ami alla nostra ultima riunione, settimana scorsa. Qualcosa sui mondi paralleli e stranezze del genere.
- La teoria del Multiverso? E’ ottima per i racconti di fantascienza, ma pensare che davvero sia possibile un viaggio tra mondi paralleli mi sembra pazzia.
- Ma è successo, in qualche modo. Io sento che questo non è esattamente il mio mondo, ci sono piccole differenze, minime, la storia è quella che mi ricordo, ma non è il mio. La mia stella non mi risponde come dovrebbe, è come se sapessimo di essere alleate, ma non legate dal patto che ho con il mio Sole. Mi permette di usare i miei poteri, ma solo se lei è presente.
- Lei?
- Sì, la mia stella, il Sole. Così come voi avete un patto con ognuno dei pianeti o dei satelliti. Altrimenti come credete di poter essere delle Sailor?
- Io non ho stretto nessun patto. Almeno, non me lo ricordo… - borbottò Usagi. Pareva nervosa, come se qualcosa che avevano detto l’avesse sconvolta, ma lei tentasse di non darlo a vedere.
- Certo. Lo hanno stretto le entità originarie che divennero Sailors, le mie figlie, le mie vere figlie…
- Patto che noi abbiamo ereditato, se così si può dire, nel momento in cui abbiamo scoperto di avere i semi di stella in noi.
- Già, Mamoru.
- D’accordo, questo spiega perché tu di notte non sei al massimo delle forze, mentre noi non abbiamo problemi. Ma Sailor Dark… Kaori, con chi ha stretto il patto?
- E’ una storia lunga e assai dolorosa, per me… - mormorò abbassando gli occhi, velati di tristezza.
- Non volevamo renderti…
- Non importa, è qualcosa con cui devo comunque convivere, e ci ho convissuto per circa mezzo milione di anni, quindi.
- Scusa?!
- Te l’ho detto, la storia è lunga. Cosa ne dite se ne parlassimo a cena da me, una di queste sere? Dopodomani, per esempio.
- Io non ho impegni.
- Nemmeno io. – confermò con un sorriso un po’ spento la biondina mentre apriva il cancelletto della casa. – Posso invitare anche le altre? Credo che debbano anche loro sapere tutto. E poi Mako potrebbe preparare quei suoi dolcetti allo zafferano che…
Hikari rise di gusto, tentando di nascondere la cosa coprendosi la bocca con la mano.
- Certo, certo. Casa mia è enorme, e vivo sola soletta. Chiama tutte. Rei la avviso io. Di anche a Setsuna di venire, è un po’ che non le parlo.
- Lei ti conosce?
- Sì Mamoru. Lei ha percepito la mia presenza fin dal giorno in cui io, Sailor Dark e Sailor X siamo precipitate sulla Terra dal nostro universo. Mi ha contattato e abbiamo parlato.
- Perché non ci ha detto nulla?
- Non poteva.
- Perché?
- Chiedetelo a lei. – rispose mentre guardava l’orologio. – O mamma quanto è tardi! Scusate, devo scappare. Tra poco iniziano le lezioni di kendo, e non voglio mancare… A dopodomani sera. – rispose Hikari salutandoli e correndo via.
- A dopodomani… - le risposero in coro i due ragazzi, rimasti soli.
- Ci vediamo questo pomeriggio?
- Certo Mamoru. Al solito locale.
- Va bene. – le sorrise mentre lei iniziava a chiudere il cancelletto. Lui lo bloccò con la mano all’ultimo istante.
- Usagi.
- Dimmi.
- Qualcosa ti preoccupa?
- No… - mormorò lei evitando lo sguardo di Mamoru.
- Usagi.
- Io… No, no, va tutto bene. Ho solo fame. Sai come sono fatta, no? Ho sempre un buco sullo stomaco, e questo mi rende un po’ nervosa e soprappensiero.
Lui decise di non insistere, vedendola in quello stato, come spaventata, e ritrasse la mano. Usagi chiuse quasi di scatto l’entrata e camminò spedita e tesa alla porta di ingresso, sbattendola mentre la richiudeva, lasciando solo il suo fidanzato, che iniziò ad allontanarsi con le mani in tasca. Dopo qualche metro si voltò e sollevò lo sguardo verso la finestra della stanza di Usagi. Una tenda si mosse, segno che lei lo stava osservando e che si era nascosta per non farsi scoprire.
- Cosa ti passa nella testa, mia dolce principessa? Cosa non vuoi dirmi? – sussurrò, riprendendo a camminare.
La bionda si stava tormentando un codino.
- Se la teoria di Ami è corretta, come ha detto Hikari, allora anche i sogni di Mamoru… E ieri notte anche il mio incubo. Se non fosse stato solo un brutto sogno? Se quello che ho visto fosse vero? Non può finire in questo modo, non può… - borbottò iniziando a piangere.

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Capitolo 42
*** Come gli scacchi - Capitolo 2 ***


Ami era seduta al suo solito posto in biblioteca, godendosi il silenzio e la concentrazione che spesso mancavano a casa, interrompendo il suo studio con il vociare dei ragazzini in strada, una macchina o altro. Era capace di isolarsi dal mondo se l'argomento la interessava, ma c'erano alcune cose che le rompevano l'attenzione e non poteva fare nulla per evitarlo.
- Ancora un paio di ore e ho finito, anche perché altrimenti mi buttano fuori, visto che sarà circa l'orario in cui chiude la biblioteca... - sorrise tra sé e sé stiracchiandosi, le mani a pugno, le braccia tese sopra la sua testa.
Si massaggiò le spalle, una alla volta, muovendo il collo.
- Faticoso far niente? - le disse ridacchiando una voce che riconobbe quasi subito.
- Paula!
- Shhhh, non urlare, o cacceranno fuori anche me oltre che te, se ci sentono! - rise la ragazza parandosi davanti a lei, i lunghi capelli rossi sciolti sulle spalle, vestita con dei jeans e un maglione in cotone a trama larga che faceva intravedere la canottiera sportiva sottostante.
- Scusa. - mormorò abbassando la voce la giovane dai capelli turchesi. - Cosa ci fai qui?
- Quello che ci fai tu. Aspetto il mio turno per un etto di prosciutto crudo, no?
- Domanda idiota, eh?
- Abbastanza. Devo dare un esame tra breve e sto cercando dei dati che non mi tornano. A volte ho l'idea che i libri di testo siano errati apposta per creare problemi a noi studenti...
- Sono d'accordo.
- Forse mi puoi dare una mano.
- Per il tuo esame? Dubito...
- No, no! - sorrise lei. - Non per quello. Sei più pratica di me di questa biblioteca. Sai dove posso trovare dei libri per le elementari?
- Secondo scaffale, nel reparto puericultura, due sale a sinistra dopo l'ingresso. Ma cosa...
- Aiutami a trovare i libri che cerco, e te lo dirò. - le propose la donna, indicando con il dito l'uscita.
Ami considerò di rifiutare, ma la curiosità era troppa, e annuì alzandosi.
- Inoltre potrò chiederle cosa intendesse l'altra volta con il trovarci in momenti più tranquilli. Ho un dubbio, ma spero di sbagliarmi...
Si mossero veloci nelle sale, finché non si fermarono di fronte ad alcuni libri di basso spessore e colorati allegramente.
- Perfetto, esattamente quello che cercavo. Con questi potrò dar loro una mano, almeno nelle piccole cose. Se non si parte dalle basi...
- Posso finalmente chiederti a cosa ti servono?
- Direi di sì, e credo che rispondendoti toglierò alcuni dei dubbi che ti si leggono chiaramente in faccia.
- Dubbi? Di che tipo? - mentì la giovane.
Paula sorrise e le scompigliò i capelli bonariamente.
- Non prendermi in giro, Ami Mizuno. Sei limpida come uno specchio d'acqua, non puoi nascondere i sentimenti. Non hai le tue Bolle di Nebbia ora.
Ami sgranò gli occhi, la voce persa nell'eccitazione e nello spavento che la frase appena pronunciata le aveva creato. Una piccola goccia di sudore si formò sulla fronte e iniziò a scendere lungo il lato destro del viso.
- Non credevo che potessi spaventarti in questo modo per una semplice frase detta bonariamente. - sembrò quasi scusarsi la donna, sebbene non avesse perso il suo sorriso tranquillo e affabile. - Usciamo a prendere una boccata di aria. C'è una caffetteria qui vicino, ti offro qualcosa. Io ho bisogno di un caffè serio, e così parliamo.
- I miei libri.
- Sono sicura che non li toccherà nessuno, e poi staremo via solo pochi minuti.
Come inebetita lei la seguì fino all'uscita, dove la donna fece registrare che prendeva in prestito i due libri per i bambini, quindi uscirono e si sedettero ad un tavolino all'esterno del locale.
- Cosa desiderano? - chiese il cameriere poco dopo.
- Un caffè espresso e un...
- Un'aranciata, grazie. - rispose Ami, aspettando che il cameriere si allontanasse prima di ricominciare a parlare. - E ora vuoi dirmi a che gioco stai giocando, Paula? O dovrei chiamarti Sailor Rubber?
- Non sto giocando a nulla. - Rispose seria lei. Negli occhi si poteva leggere la sua sicurezza, che nulla aveva a che fare con spavalderia o derisione. - O forse sto giocando a qualcosa, ma non temere, non è un maldestro tiro mancino di Sailor Dark questo. Vengo in pace, e in pace voglio parlare con la mente del vostro gruppo, ovvero te.
- Lusingata. - borbottò più acida di quello che volesse apparire. - A che proposito?
- Un passo alla volta. - Guardò distrattamente alla sua destra, osservando il cameriere che portava le ordinazioni. Grazie. - sorrise, attendendo che si allontanasse. - Tu mi hai chiesto a che cosa mi servissero i libri. Ho conosciuto Sailor Dark, per poi scoprire che ai suoi ordini ha centinaia di piccoli demoni innocui e fedeli ciecamente a lei, demonietti a cui si è presentata o che la credono una sorta di dea comparsa nel loro regno per farli vivere meglio.
Ami era sorpresa della notizia.
- Se fosse vero, sarebbe la conferma dell'esistenza di dimensioni parallele legate a noi in qualche modo... - pensò socchiudendo gli occhi.
- In realtà li schiavizza come dei poveretti. E loro sembrano contenti. - borbottò Paula sorseggiando il caffè, che aveva preso nero e senza zucchero.
- Questo cosa centra con i libri?
- I demonietti, o Darkers, come li chiamo io, sono come neonati, come bambini piccoli. A loro è stato solo detto che lei è bene, il resto è male, per cui non sanno scegliere, non ne hanno voglia. Io desidero dar loro i mezzi per pensare con le loro teste.
- Impresa lodevole, ma cosa ti spinge a credere che essi vogliano il tuo aiuto e soprattutto cosa mi farebbe credere che questo non sia solo un tentativo per renderli più aggressivi e scatenarli contro di noi?
- Un bambino che inizia a contare diventa aggressivo? - le chiese come indispettita la donna. - O iniziare a leggere e scrivere fa di te direttamente un omicida? - la punzecchiò seriamente la rossa.
- No, certo che no. - rispose la ragazza stando sulla difensiva. - Da solo dei migliori metri di giudizio.
- Esatto! - esclamò entusiasta lei, facendo voltare alcune persone sedute ai tavoli vicini. Arrossì abbassando il tono della voce. - A loro mancano i metri di giudizio. Poi potrebbero anche decidere di abbandonarla o di aiutarla contro di voi, ma questo non mi interessa.
- A me interesserebbe saperlo...
Paula sembrò non curarsi del commento.
- Come Sailor Rubber io odio le Sailors, ma sono abbastanza intelligente da capire che anche lei è una Sailors, quindi io odio anche lei, in linea di principio.
- Un'affermazione decisamente strana.
- Lo so. - sospirò lei, finendo il caffè. - Ma è una storia difficile. Diciamo che io sono una sorta di free-lancer, una autonoma. Se una cosa mi diverte, la faccio, altrimenti non se ne fa nulla. E una guerra tra le Sailors non mi spiacerebbe.
- Saresti una nostra nemica, quindi?
- Diciamo che non sono una vostra amica. Ma stiamo divagando. Ora stiamo giocando quasi a carte scoperte, visto che ognuna di noi conosce il segreto delle altre, ma è nostra, mia e vostra, intenzione comune evitare dei guai agli umani. Siamo comunque umani anche noi, no?
- E Sailor Dark.
- Non esattamente. Se le mie intuizioni sono giuste, lei non è più umana di un vampiro.
- Cosa intendi dire?
- Nulla di particolare. Sono solo mie supposizioni. Quello che è certo è che voglio evitare molti se non tutti i guai agli umani se voi e lei vi scontrerete. Diciamo che sto raccogliendo informazioni per uno scopo diverso dalla pura e semplice speculazione.
- Lodevole da parte tua. Ma se come al solito volete la conquista dell'Universo...
- Non miro certo così in alto! - rise lei, mettendosi una mano davanti alla bocca per nascondere la risata. - E credo che anche se sbraita questo, nemmeno Sailor Dark lo vuole. Ha già i suoi problemi a gestire la sua giornata, figurati quella di un intero mondo o di una galassia. No. La sua vera mira è un'altra.
- Quale?
- Ah, ah, troppo facile. Ti dico solo che l'ho scoperta per caso, ma non sa cosa la aspetta. E cosa aspetta voi.
- Non mi sembra una prospettiva interessante... - mormorò Ami.
- No, direi di no, detta così, ma non ti preoccupare. Come al solito, bisogna cadere per potersi rialzare.
- Sembra una massima zen... - mormorò sorseggiando la bibita.
- Non lo so se la sia. Io mi ricordo di averla letta nell'interno di una carta che avvolgeva un cioccolatino, e mi è piaciuta...
- Ma se sai tutte queste cose su di noi e su Sailor Dark, perché non ne approfitti e non ci sconfiggi senza troppa fatica?
- Ah, potrei farlo, ma dove sarebbe il divertimento?
- Scusa?
- Io sono stata creata, non sono una Sailor come te o Usagi o Rei, ma ho grandi poteri, molto belli, dal mio punto di vista.
- Sebbene terribili. Il tuo Evil doll è stato orribile....
- Scusa. - disse lei in modo sincero. - Ma comunque non ti ha fatto male. E poi eri così carina racchiusa in quella specie di armatura che ti ha fatto diventare una bambola. Come dicevo, io sono stata creata, per cui se Sailor Dark vincesse, io potrei anche scomparire, e così mi perderei il divertimento. No, no, preferisco continuare a fomentare la guerra tra di voi quanto posso per godermi al massimo il mio momento di gloria.
- Non hai mai citato Sailor X.
- Non è una Sailor come non lo sono io. Non la odio. La stimo, ha un ottimo carattere, come guerriera e come persona.
- Tu sai la sua identità?
- Certo. Non è poi così difficile. Ma non mi chiedere chi sia, non te lo dirò. Sei una persona intelligente, Ami Mizuno, sono sicura che riuscirai a scoprirlo, se ti impegni abbastanza. - le disse, finendo il caffè e alzandosi, avendo lasciato soldi in abbondanza per pagare entrambe le consumazioni. - Ti devo lasciare. Ho degli allievi che mi aspettano.
- Paula...
- Non mi seguire. Potrei accorgermi, e a questo punto avreste davvero una nemica in più. - le sorrise con un lampo negli occhi che fece desistere la giovane nel tentare di spiarla come aveva pensato.

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Capitolo 43
*** Come gli scacchi - Capitolo 3 ***


La giornata scolastica era finita da alcune ore, e Minako, Makoto e le altre tranne Ami si erano ritrovate come ogni pomeriggio al bar, sedute di fronte a qualcosa da bere, da sgranocchiare o da mangiare. Tutte si guardarono in faccia prima di sospirare per l’ennesima volta, notando la faccia scura di Usagi.
- Cosa è successo? – chiese l’altra bionda.
- Nulla. Te l’ho già detto due minuti fa.
- Eppure deve essere successo qualche cosa. Non può essere che tu non prendi che un’aranciata e poi nemmeno la bevi. – le sorrise come una mamma Makoto, picchiando bonariamente la mano a Minako che tentava di arrivare ai biscotti. - Sono i miei. Vuoi ingrassare e non farti più considerare dai ragazzi? Hai già mangiato la tua parte.
- Ahio!
- Non si mangia se una di noi è triste.
Usagi ridacchiò. Era una risata un po’ tirata, ma sincera.
- Ti ringrazio, ma non c’è bisogno di preoccuparvi per me. Sono solo un po’ stanca e poi le rivelazioni di questi giorni…
- Già. – mormorò Rei, assorta nella visione della sua cioccolata calda come se fosse il suo fuoco sacro. – Ora che ci è stato detto, tutto appare così normale, così facile. Eppure ancora non riesco a capacitarmi di aver avuto vicino…
- E ce l’hai ancora. - La interruppe la bruna. - Ma credo comunque che non cambi nulla. Lei è di passaggio, non ha nulla a che fare con la vera Sailor Sun. E’ solo una sorta di… copia?
- Diciamo che non è la Sailor Sun del nostro universo, Mako.
- In assenza di Ami, come mai sei tu quella più seria del gruppo, Usagi? – scherzò la bionda. – Ecco, questa è un’altra cosa che mi spaventa. Tu sei quella che mangia, e Ami è quella che spiega sempre seria.
- A proposito di Ami, qualcuno sa che fine ha fatto? – chiese la bruna.
- Non saprei. – rispose Rei. – Non l’ho sentita da ieri. Sapevo che doveva andare in biblioteca, ma poi non l’ho più vista. Anche al telefonino non risponde. - Usagi bevve una sorsata di aranciata con la cannuccia. -Ho chiamato a casa, e sua madre mi ha detto che è chiusa in camera per una ricerca che le sta prendendo più tempo del dovuto.
- Una ricerca che le prende più di un’ora? – esclamò sorpresa Minako.
- C’è qualcosa di strano.
- Tutto è strano, Rei.
- Cosa intendi, Usagi? Sei troppo taciturna da ieri mattina, e anche Mamoru sembra giù di morale.
La ragazza sospirò.
- Ho fatto un brutto sogno.
- Quindi? Tutto qui? Hai sognato qualcosa di strano e ci sei rimasta male? - chiese Minako tentando di apparire come l’oca del gruppo, ben sapendo cosa a volte i sogni volessero dire.
- Non era un sogno normale.
- Cosa hai sognato? - chiese con gli occhi lucidi, osservandola da vicino. – Hai fatto un sogno con Mamoru? E lui ti tradiva? Con chi? Qualcuno che conosciamo? Non dirmi che lui e…
Non poté finire la frase, la grande e calda mano di Makoto a bloccarle la bocca.
- Cosa ti ha spaventato tanto di quel sogno da portartelo dietro da ormai due giorni?
- Rei, Hai presente quando tu ogni tanto racconti le visioni che hai davanti al fuoco sacro?
- Sì. Secondo te era un sogno premonitore?
- Non lo so. Non lo so, ma di certo non è una cosa che vorrei aver visto. E non è una cosa che voglio raccontare. Ora. Devo digerirla, capire cosa può significare. Vi prego, prendetemi per quello che sono, in questi giorni. Almeno fino a domani sera. Voglio sentire tutto quello che ha da dire Setsuna e Hikari prima di parlare, e non è detto che parlerò.
Sul gruppo scese il silenzio. Tutte e tre guardarono Usagi, accorgendosi di come di colpo quella ragazzina mangiona e piagnucolosa poteva mostrarsi come la regina che un giorno sarebbe diventata.
- Sta portando un enorme peso. E lo sta portando da sola. Lo vuole portare da sola, come una vera sovrana. E non ci resta che seguire i suoi voleri. I voleri di Serenity, oltre che quelli di Usagi… - pensò Rei, vedendo negli occhi delle altre due amiche gli stessi pensieri.
- Va bene, siamo d’accordo. – spezzò il silenzio Minako. – Qualcuno è già stato a casa di Hikari?
- Io.
- E non dici nulla, piccola sacerdotessa egoista? Conosci una ragazza con una villa tutta per sé e non dici nulla? – gridò falsamente irata lei, alzandosi in piedi e sporgendosi verso di lei. A parte alcuni avventori che ancora non conoscevano il gruppo, gli altri presenti nel locale non ci badarono. – Cosa hai da dire a tua discolpa? La giuria, ovvero io, potrebbe tenerne conto.
- Non ha una villa. Ha solo un grosso appartamento. Un bel salotto, molto grande, con la cucina moderna e supermegaaccessoriata. Credo che ti piacerebbe, Makoto.
- Magari. Ormai per certi piatti che voglio fare la mia cucina quasi non basta…
- Tipo l’orso in salmì o l’elefante ripieno… - commentò Minako all’orecchio di Usagi.
- Ha due stanze da letto, anche se lei dorme in quella piccola, con un letto solo. - Riprese lRei, facendo finta di non aver sentito il commento dell’amica. - Ha un grande terrazzo, sempre al sole. Ho studiato da lei un paio di volte. E’ una casa che concilia la meditazione, la pace…
- Il bagno ha l’idromassaggio?
- Ma cosa te ne importa?
- Beh, con una casa così, come minimo deve avere l’idromassaggio… - borbottò quasi scusandosi la bionda. - allora, ce l’ha?
- Non lo so. Non sono stata in bagno.
Un cellulare trillò. Usagi immediatamente lo estrasse dalla piccola borsa rosa a forma di testa di coniglio e schiacciò il tasto della comunicazione.
- Ciao Ami. Come va? - Ci fu una pausa di cinque, sei secondi. - Ah, credo che Rei non se ne sia accorta del telefonino scarico.- Un’altra pausa. - Come? Aspetta, ti metto in vivavoce. – schiacciò un tasto, e si udì il ticchettio continuo di una tastiera di sottofondo. – Ti stiamo sentendo.
- Ciao a tutte. - disse elettrizzata la giovane.
- Ciao. Come mai ancora a casa? Che ricerca stai finendo che ti occupa così tanto tempo? - le chiese Rei. - Lo sai che tanto sei ancora giovane per il Nobel.
- Lo so, lo so. E’ per quello che le mie ricerche le metto da parte per quando sarò maggiorenne. - le rispose ironica lei. - Comunque non è per i miei soliti studi che sono tappata in casa da due giorni. Ieri ho avuto una piccola conversazione con una nostra comune conoscente.
- Ovvero?
- Diciamo che dopo quello che è stato detto a Usagi, sono quasi certa che questa notizia non vi farà molto effetto, ma comunque sia non voglio dirvela al telefono. Avete voglia di fare un salto da me? Sono sola in casa per alcune ore e sto finendo di decifrare il sistema di protezione del cristallo che ho trovato.
- Scusa?
- A casa mia, Mako. Forza, pelandrone. - rise entusiasta lei, chiudendo la conversazione.
- Qualcuno ci capisce qualche cosa?
- No, Minako. Francamente no. - rispose Usagi. - Ma sono curiosa, e forse potrò dimenticare per un po’ il mio sogno. Andiamo a vedere cosa sta combinano la nostra scienziata?
Tutte furono d’accordo, e lasciarono il locale. Per raggiungere la casa della loro amica si mossero lungo una delle grandi arterie della città di Tokio, che a un certo punto girava sulla destra, lasciandosi alle spalle le costruzioni che formavano la zona dell’università, composta sia dalle aule che dagli uffici dei professori, nonché da altri negozi e bar che venivano presi giornalmente d’assalto dagli studenti. Ad uno di questi bar si stavano dirigendo Mamoru, Paula e Yosei, decisi a godersi una bibita fresca in quella calda giornata, approfittando anche dei tavolini all’aperto che quel locale possedeva.
- Te l’ho detto, l’hanno aperto da poco, ma già ha una certa fama.
- Immagino Yosei, se davvero ha i prezzi così bassi e si trova di fronte al parco interno dell’università, la cosiddetta giungla privata del rettore…
- Ma… - interruppe Paula. - A proposito di rettore, qualcuno di voi lo ha mai visto? Io ho notato una foto sbiadita nella bacheca della segreteria, ma dal vivo non l’ho mai visto.
- Non stupirti. Credo che non lo vedrai mai! - rise Mamoru. - E’ una sorta di leggenda metropolitana, ma a questo punto credo che un fondo di verità ci sia.
- Ovvero?
- Beh, si dice che il rettore in realtà sia una sorta di spirito protettore della scuola. Sai, una sorta di anima tormentata che è rimasta bloccata nella scuola con il compito e la maledizione di proteggerla da noi studenti, e direi che non le rendiamo il compito facile. Chi lo ha visto, lo ha visto solo di sera aggirarsi tra i corridoi come un fantasma, il volto pallido e il passo lento, strascicato, con piccoli fuochi fatui che gli fluttuavano accanto.
- Addirittura!
- Sì, sì. - rise lui. - Sono le anime degli studenti che non hanno superato entro i primi cinque appelli l’esame di Analisi matematica.
- Mamma, io rischio allora… - sorrise l’americana, ma subito tornò seria, notando lo sguardo cupo dell’amica. - Yosei, che hai?
Lei la guardò per un istante come se non la riconoscesse, poi sorrise.
- Nulla, nulla… Ero preoccupata per l’esame. Io sono già al quarto appello che sbaglio. Rischio di diventare il prossimo fuoco fatuo. - Guardò verso la sede centrale, un vecchio edificio austero che ospitava anche l’ufficio del rettore. - Certo che se fosse vero... Ci pensate?
- Uno spirito protettore. Io sarei contento di sapere che qualcuno mi protegge, o che comunque è quello che tenta di fare…
- Non intendevo quello. – lo interruppe. – Come si sentirebbe il rettore se fosse vera la leggenda?
- Scusa?
- Come ti sentiresti tu se ti avessero legato per l’eternità a qualcosa, a un luogo o a una cosa? A un gioiello, per esempio. Dove va lui, vai tu. Sempre e comunque.
- Beh, se il gioiello è pieno di diamanti, mica mi spiacerebbe… Tu che ne dici, Mamoru? - Lui non rispose. Era assorto anche lui in cupi pensieri, lo sguardo fisso sul busto di Yosei. – Mamoru?
- Ci sono, ci sono. Io non sarei felice, adesso che mi ci fai pensare. Pensa a dover essere legati a una enorme gemma, bella quanto pericolosa, che tutti vogliono ma che non vuole essere presa da nessuno. E che chi devi proteggere non lo sa, o addirittura finisci per fargli del male…
Yosei sbiancò per un istante. La vicina panchina tremò leggermente, non abbastanza da essere notata, ma abbastanza per bloccare alla donna l’uso involontario dei suoi poteri, attivati per l’enorme tensione che sentiva tra lei e il ragazzo..
- Ragazzi, con sti discorsi tristi mi state spaventando. Però devo ammettere che sembra quasi una storia fantastica. La maledizione della pietra fantasma, parafrasando il titolo di un film che ho visto di recente. Ma a proposito di film e di fantasie, vedete anche voi quello che vedo io? – ridacchio Paula indicando uno dei tavolini del bar a cui erano giunti. Erano quasi tutti occupati, ma quella strana coppia era come una luce nella notte. O meglio come un buco nero in quella giornata di sole.
- No! Non ci credo!
- Credici, Yosei, credici. E con questo abbiamo dimostrato che l’impossibile non esiste! Tutto può accadere.
- Ma… Ma… Mamoru, ditemi che sto sognando. Kaori e Takeru sono seduti allo stesso tavolo.
- E non lo sta picchiando…
- O insultando… - aggiunse l’altra.
- O lanciandogli terribili maledizioni.
- Secondo me l’ha drogata.
- O lui in realtà è morto e lei lo ha riportato in vita come uno zombie…
- Non credo che sia ancora capace di farlo…
Kaori si voltò, sentendosi osservata. Guardò con cattiveria i due, non degnando di uno sguardo l’amica dai capelli rossi, quindi si alzò, sussurrò qualcosa al ragazzo e si mosse verso di loro.
- Mai visto due che bevono un’aranciata? – sibilò loro incrociandoli.
- E’ che… - iniziò Mamoru.
- Se solo per un istante crederete che io e lui stavamo qualcosa di diverso che bere allo stesso tavolo solo perché quando sono arrivata il suo era l’unico tavolo con un posto libero, vi ritroverete in un letto di legno a due metri sottoterra. Sono stata abbastanza chiara?
Loro annuirono e la videro andare via, quindi si diressero verso il tavolo di Takeru.
- Ciao ragazzi. Oggi è una giornata memorabile. - li salutò lui.
- Tu e lei…
- No, ma sono sicuro che mi ama alla follia.
- E da cosa lo hai capito? – chiese curiosa e ironica Paula, sedendosi.
- Noti nulla? – sorrise voltando la faccia da una parte all’altra.
- Che non ti sei fatto la barba oggi? – chiese Mamoru.
- Nessun segno! Non hai nessun segno! – gli prese il mento tra le mani Yosei, girandogli la faccia da una parte all’altra. – E siamo già a metà pomeriggio. Come hai fatto?
- Io non ho fatto nulla. Come lei. E’ solo l’inizio della nostra storia d’amore.
- Se non essere picchiato ogni giorno è… - Mamoru si interruppe, il suo telefonino a squillare. L’uomo rispose immediatamente. – Ciao Usagi. – ci fu una pausa di una decina di secondi. – Non ho capito molto ma arrivo subito. Da Ami, d’accordo. Ciao.
- La fidanzata chiama…
- E io accorro, Paula. Se no che fidanzato sarei? Ci vediamo domani. Ciao Yosei, Ciao Takeru. E… - si interruppe. – Paula?
- Dimmi.
- Stai attenta a Kaori. Direi che con il comportamento di oggi ha dimostrato di aver perso la testa. Potrebbe essere pericolosa.
- Più di quello che è? – chiese ironica lei. - Vai, che la tua biondina ti aspetta.
- Effettivamente…

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Capitolo 44
*** Come gli scacchi - Capitolo 4 ***


Il citofono squillò allegramente, con un rumore elettronico in crescendo. Lo schermo in bianco e nero si illuminò tremolando, per formare la figura di una bionda dai lunghi codini. Accanto a lei Mamoru.
- Sì? - chiese Minako alzando il ricevitore? Non abbiamo bisogno di nulla, grazie.
- Non fare la scema e aprì! - le gridò stizzita Usagi, i pugni stretti, le braccia tese ai lati del corpo. - Non siamo mica venditori ambulanti.
- Chi è? Chi parla? - chiese ancora la bionda, trattenendosi dal ridere.
- Dai, Minako, smettila e apri loro la porta di ingresso. Sono gli unici che mancano, poi possiamo iniziare! - le gridò Hikari dal salotto, sovrastando con la sua voce per un secondo il brusio nella stanza, affollata di persone.
- Va bene. Va bene. Mai che si possa scherzare… - borbottò lei schiacciando il pulsante che apriva il portone di ingresso. - Ultimo piano.
- Grazie. - rispose Mamoru mentre apriva la porta, facendo uscire entrambi dalla visuale della piccola telecamera.
La bionda pose il ricevitore e si diresse in cucina, sicura di trovare Makoto ancora imbambolata come l’aveva vista quando la bruna era entrata nella stanza, le lacrime agli occhi per la gioia.
- Allora, ti sei ripresa o cosa? - le chiese, vedendola indaffarata i fornelli.
- Certo. E’ una sorta di sogno questa cucina, figurati se mi faccio fregare dall’emozione. - esclamò gioviale lei, dandole le spalle, mentre finiva di impastare dei dolcetti ripieni di marmellata di fagioli dolci, gettando l’occhio anche alla padella dove stava sfrigolando l’olio, quasi pronto per farli friggere. - Ci pensi Forno a microonde combinato da incasso, piano cottura in vetroceramica ad induzione a sei fuochi di cui uno oblungo per pesciera, cappa a carboni attivi con luce multidirezionale, un frigorifero stile americano che ti avverte se dei prodotti stanno scadendo e che fa sia il ghiaccio in cubetti che tritato per la granita, lavastoviglie e tutto quello che un cuoco può solo immaginare qui lo trovi. Io sono in Paradiso…
- Direi che qui di paradisiaco c’è solo il profumo dei tuoi manicaretti… - ridacchiò Hikari entrando. Come le altre ragazze indossava un vestito leggero, estivo, dato che l’ondata di caldo non accennava a diminuire. - Sei sicura di riuscire a fare tutto? Non vuoi una mano?
Makoto scosse la testa e controllò, dopo essersi pulita le mani nel grembiule colorato che indossava, se lo sformato di verdure in crosta di pane salato che riposava in forno fosse al giusto grado di cottura.
- Ancora dieci minuti e sarà perfetto. - disse tra sé e sé. - Ho sentito il citofono. Sono arrivati i nostri piccioncini?
-Sì, anche se qualcuna non voleva farli salire…
- Non penserai che io non volessi farli salire solo per prenderli in giro e mangiarmi io tutti i dolcetti e le altre cose ha preparato Mako?
- No. Tu volevi proprio farmi star fuori per cattiveria! - rispose adirata Usagi, presentandosi sulla porta della cucina. Mamoru passò dritto dirigendosi verso il salotto, dove le altre stavano chiacchierando. - Brutta vipera…
- Vipera a chi?
- A te!
- Meglio vipera che coniglietta. Com’è che Playboy non ti ha voluto? Troppa ciccia sulle cosce?
- Brutta…
- Alt - urlò Makoto. - Tutte e due. Se avete voglia di insultarvi e di scannarvi, non qui nella cucina e non a casa di Hikari.
- Sono sempre state così. Fin da quando sono nate… - sorrise la padrona di casa. - Così come tu sei sempre stata un a sorta di sostituta di una madre. Ero spesso via… - sospirò, perdendosi nei ricordi.
- Ma nel tuo… Universo? Intendo, dove vivevi prima noi cosa eravamo? - chiese Usagi mentre Minako si avvicinava a lei. - Intendo dire, noi non siamo le prime Sailors, siamo delle reincarnazioni, mentre…
Lei annuì.
- Ho capito cosa intendi. E’ difficile da spiegare. Io vedo in voi le mie figlie, so che sono in voi, ma loro nel mio mondo, nel mio tempo, sono più… adulte. E senza controparte umana.
- Non hanno corpo? – chiese Minako.
Hikari mosse la testa affermativamente.
- Nessun corpo. Da secoli. Il mio sistema solare è vuoto…
Le tre strabuzzarono gli occhi per la sorpresa e la paura. Rei si affacciò alla porta della cucina.
- Ciao Usagi. Mako, manca molto? Haruka sta iniziando a mordicchiare il tavolino.
- Pronto. Spostiamoci di là. Credo che questa sera scopriremo molte cose, e forse troveremo una soluzione per la piaga di Kaori.
I manicaretti, freddi e caldi, tutti adatti per un buffet, vennero spostati in salotto dove le altre e Mamoru attendevano chiacchierando del più e del meno o osservando Ami ricontrollare i collegamenti tra il so computer e la televisione a schermo piatto che riempiva quasi l’intera parete del soggiorno, accanto ad una libreria. Sul basso tavolo in legno e cristallo, vicino al portatile e collegato con esso, una sorta di lettore di DVD ronzava intermittente, emettendo deboli luci rosse o verdi dai LED.
- Ci siamo tutti. – Esordì Hikari sedendosi sul divano accanto a Setsuna e Michiru. Rei era con Minako e Haruka su un altro divano, posto ad angolo rispetto al primo, per cui la bionda dai capelli corti e la sua compagna erano vicinissime. Usagi era seduta sulle ginocchia di Mamoru, accoccolato in una morbida poltrona come Makoto, mentre Ami era vicina al suo portatile, una sedia imbottita ad attenderla. - Ormai ognuno di voi conosce l’identità della nostra nemica… e della mia. Ma credo che manchi qualcosa al quadro generale.
- Sailor Rubber e Sailor X. – esclamò Haruka, afferrando una porzione di sformato ancora fumante e cacciandoselo in bocca, subito seguito da un bicchiere di aranciata mentre il suo volto diventava rosso per il calore.
- Anche. Ma qui ci aiuteranno Mamoru e Ami. Abbiamo tante scene, ma non la trama. Stasera vedremo di fornirla.
- Da dove iniziamo? – chiese l’uomo. Usagi stava finendo di riempire due piatti di plastica colorata con degli stuzzichini, passandone poi uno a lui. – Grazie.
- Prego. Io direi… - iniziò la bionda masticando un salatino. – Mamma che buono… - sospirò. – Dicevo. Ah, sì. Io direi di partire con le due Sailors mancanti.
- Concordo con la nostra futura principessa. – la prese bonariamente in giro Haruka. – Almeno conosceremo tutti gli attori. Quindi fuori i nomi!
- La solita irruente. Non cambierai mai, eh? – sembrò sgridarla sorridendo Setsuna. – Sebbene anche io sia d’accordo con Usagi, mi permetto una breve introduzione per facilitare a tutti la comprensione, aggiungendo anche quanto so e che come altre volte vi ho chiesto, dovete promettere di non divulgare.
- Come se avessi una rubrica sul giornale sui nostri segreti… - mormorò Minako facendo sorridere Rei.
- Primadonna. – borbottò la bionda dai capelli corti, subito colpita dalla sua compagna con un pugno alla spalla. – Ahio!
Tutti i presenti risero, compresa Setsuna che si alzò e si sistemò il vestito nero, elegante ma leggero, che indossava. Si spostò vicino allo schermo.
- Come tutte voi, e tu Mamoru, sapete, in ognuno di noi risiede il seme di stella che fa di noi i guardiani del Sistema Solare. Un pianeta ognuno. – guardò Usagi fissa, tanto che la ragazza deglutì sentendosi osservata.
- Cosa ho fatto? – chiese mentre alcune scaglie di pasta sfoglia ai lati della bocca cadevano nel piatto.
- O un satellite. Ma la Luna è particolare per mille motivi.
Hikari annuì senza fiatare.
- Questo lo sappiamo. Dicci qualcosa di nuovo…
Come vuoi, Michiru. Quello che forse non avete mai pensato è il fatto che se abbiamo un seme di stella, perché non siamo guardiane ognuna di noi di un astro, e non di un pianeta? La risposta è semplice. Ciò che siamolo dobbiamo a un’altra Sailor. Ciò che abbiamo è l’eredità di…
- Sailor Nemesis… - sospirò Minako, ricordandosi della riunione che avevano fatto giorni prima. – anche questa cosa nota. Lei era la sorella di… - Si interruppe, guardando la ragazza con le meches bianche. – Di Hikari.
- Esatto. All’inizio una delle Sailors più potenti di questa parte dell’Universo, Sailor Nova, generò due figlie, Hikari e Ai, ma la salute cagionevole di quest’ultima la portarono a morte prematura.
- No. – disse decisa Hikari. – Non andò così, Guardiana del tempo. Lei e nostra madre morirono negli ultimi grandi eventi che portarono allo stato attuale dell’Universo. Quelle che voi Guardiane del Tempo chiamate le Guerre Primigenie.
- Guerre Primigenie? – ripeté Rei.
Sia Setsuna che Hikari annuirono.
- Le chiamiamo così perché sono l’inizio del Tempo percorribile. Nessuna di noi, nemmeno la più potente, può viaggiare prima della fine di esse. Tutto il resto sono storie tramandate oralmente o leggende confondi di verità.
- Ma io c’ero. Avvenne vari miliardi di anni fa. Una Sailors buia ed egoista… Nebula Cupis, non potrò mai scordarla… - Chiuse gli occhi e prese fiato, dandosi un contegno che sentiva stava perdendo. – Arrivò e iniziò a distruggere qualsiasi cosa sul suo cammino. Mia madre e noi ci schierammo contro di lei con altre Sailors della zona, condividendo i poteri tra noi tre, essendo il seme di stella nostro ancora piccolo e immaturo. La battaglia fu orrenda, cruenta come non mai, ma alla fine vincemmo.
- A caro prezzo… - mormorò Usagi a testa bassa, mente Mamoru le accarezzava le spalle per rincuorarla.
Hikari potè solo annuire mentre tirava su con il naso.
- Lei morì e voi ereditaste il suo seme, dividendovelo…
- Sì… Sì Ami. Ma la guerra non era finita. Nebula Cupi era stata sconfitta, ma non era morta, e dopo vari secoli di riposo si ripresentò. Io avevo generato voi, nel frattempo.
- Tutti quelli presenti, se contiamo anche Hotaru.
- No. Ho avuto nove figlie e un figlio. Setsuna non ha semi di stella imparentati con me. Lei è arrivata dopo. Molto dopo. Lei fu mandata.
- Mandata? Da chi? – chiesero assieme, guardando la donna dai capelli verdi, che non si scompose.
- Non credo che lo dirai loro, vero?
- No, Hikari. La mia missione esatta è sconosciuta anche a me. Io devo vegliare, osservare e riferire. Vi prego, non chiedetemi altro. Sapete che sto già contravvenendo alle regole.
- Va bene, va bene, non iniziare a fare la tua solita scena della donna troppo piena di misteri. Fin qui tutto chiaro, ma ancora non mi avete detto chi sono le nostre due fantomatiche Sailors. State raccontando la storia ma non ho i nomi degli attori… - disse Haruka.
- Hai ragione. – rispose Hikari. – Mamoru, inizi tu?
- Come preferite. – sorrise lui spostando dolcemente la bionda che già si era alzata per fargli posto. – Signore, Sailor X è Yosei Tsukino. E’ una delle mie compagne di corso. Non me lo ha detto, ma ne sono sicuro. Le sue reazioni a certi argomenti e frasi sono inequivocabili. Questo spiegherebbe anche le sue allusioni sulla sua eventuale lontana parentela con Usagi.
- Ma lei non è una Sailor, no?
- a questa domanda ed a altre risponderò io dopo, Usagi. – esclamò Ami accendendo il suo computer e lo schermo. Setsuna si spostò dietro il divano dove era prima seduta. – Ora rimane da dire chi è la compagna di malefatte di Kaori. E’ sempre una tua compagna, no, Mamoru?
- Già. Da poco, direi. Una persona che mai avrei detto essere una nostra nemica, venendo da così lontano e non avendo mai avuto contatti prima con Sailor Dark. Eppure l’identità di Sailor Rubber è quella di Paula.
- La rossa? – chiese Michiru. – Non ci credo. E’ un po’ strana, ma che…
- Un seme di stella può fare miracoli. E poi mi spieghi cosa intendi per strana. Potrei offendermi, lo sai?
Tutti si voltarono verso la grande porta finestra che dava al terrazzo.
- Entra Paula. Non rimanere sull’entrata. – sorrise la padrona di casa, bloccando con un gesto deciso e quasi fuori posto in una ragazza tanto giovane le altre, già pronte ad intervenire. – Posso offrirti qualche cosa?
- Grazie no? Sai che in questa forma ho alcuni problemi, e il caldo non mi aita. Quando hai capito che vi spiavo?
- Da un po’. Sei a casa mia, e non conosci gli allarmi, mentre io sì. Non puoi tentare di fregarmi. Cosa sai dei semi demoniaci?
- Poco. So cosa possono fare. Io sono una creazione della tua figlia più turbolenta, ma come al solito Kaori è troppo impulsiva e troppo fiduciosa. – sorrise la donna, ritrasformandosi nella sua forma umana e sospirando di sollievo. – Meglio, molto meglio. Scusate ma questi salatini, sia per aspetto che profumo sono troppo anche per Sailor Rubber. Posso?
- Be my guesr. Sit down please…
- Thank you, Hikari. – sorrise la rossa vestita con una tuta blu scura e delle scarpe da ginnastica in tinta, occupando il posto di Setsuna. – Ciao Michiru. E’ tanto che non ci vediamo. Come va con il violino? Non ho potuto venire ai tuoi ultimi concerti. Spero di non essermi persa nulla…
La ragazza la guardò come se fosse un fantasma, e scosse la testa.
- Guarda che se anche ora sapete chi sono rimangono gli stessi rapporti di prima, o almeno spero… - Disse seria, quindi si rivolse a Ami. – Hai avuto difficoltà a decodificare il cristallo?
- Qualcuna. Non mi aspettavo una password a matrice evolvente. Ho dovuto faticare non poco per trovare una algoritmo con una curva di apprendimento migliore della tua.
- Beh, mi pareva giusto darti del filo da torcere per leggere il contenuto della matrice informatica che ti ho lasciato a caffè. Comunque se ti può consolare ho dovuto copiarti e usare il tuo computer da Sailor per creare il codice di protezione. Da sola non ce l’avrei mai fatta. Comunque… Interessante quello che hai trovato? – chiese afferrando un altro salatino e ficcandoselo in bocca chiudendo gli occhi per gustarlo meglio.
- Decisamente. Stavo per esporlo io stessa, ma credo che sia più giusto che sia tu a raccontare…
- E’ una nostra nemica. Come possiamo pensare che quanto ci ha passato non siano notizie false? E poi perché la trattate così bene?
- Sono costretta in parte ad esserlo, Haruka. Credimi, io non ho voluto diventare una sorta di caricatura di Sailor che sono, e parte dell’odio che il seme demoniaco mi ha instillato proviene e viene alimentato dalla mia consapevolezza che non sarò mai davvero una vera Sailor, una vera Guardiana come voi… Io sono nata umana, senza poter in nessun modo, se non con i miei miseri sforzi, cambiare il mondo come vorrei. Voi avete enormi poteri, e come disse Stan Lee, anche enormi responsabilità che vengono con essi. Io posso copiare i vostri poteri, posso essere una Sailor solo per poco tempo e i miei poteri non proteggono, ma per scelta non mia sono distruttivi e in qualche modo maligni. Io odio le Sailors, non voi. Anzi, ognuna di voi la considero una stupenda amica. Anche te, testa calda, e sono felice di vedere come Mamoru e Usagi siano la coppia più perfetta che esista, ma quando sono Sailor Rubber devo odiarvi nelle vostre manifestazioni Sailor. E odio ciò che non potrò mai diventare, il fatto che non potrò mai con il mio potere essere la Guardiana di qualcosa. Dell’umanità, essendo io umana. Ma sono sicura che Mamoru farà anche la mia parte, se anche questa volta la Fata della Luna non lo ucciderà.
Tutte sbiancarono, ad eccezione di Mamoru e di Hikari.
- Cosa… cosa stai dicendo? – balbettarono Rei e Minako.
- Ami…
- E’ tutto pronto, Paula. Tu parla, e io metterò le parti che servono per spiegare un po’ meglio. Sarà come un documentario con la voce narrante. Ho creato questo miscelando le informazioni di Paula, tutte esatte, con i ricordi di Hikari dove c’erano delle lacune. Tutto ebbe inizio dopo la morte di Ai, Sailor Nemesis.
La padrona di casa spense le luci, lo schermo si accese e comparve il Sole come se fosse visto dall’esterno del sistema solare. Poco lontano dalla palla luminosa c’era una sorta di sfera biancastra grande circa la metà dell’astro. Pulsava lentamente, contraendosi e diventando sempre più scura. Il cuore di tutti i presenti pulsava allo stesso ritmo, aspettando.

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Capitolo 45
*** Come gli scacchi - Capitolo 5 ***


- Questa palla bianca che vedete è quanto rimane dello scoppio, o della morte, come volete, di una stella enorme che ha generato poi il Sole, ma parte della materia si è poi coagulata in questa nana bianca, che sta lentamente collassando e raffreddando, morendo anche lei in qualche modo. Ma in quei giorni di caos, qualcosa avvenne, una sorta di strascico di una nebulosa che transitò vicino al nostro braccio della galassia perturbò il sistema doppio, provocando con la sua influenza la distruzione della nana bianca.
- Nebula Cupis fu tremenda, una vera distruttrice dell’universo. Ai fu ferita a morte, e poco poterono fare le altre Sailor e io stessa per lei, se non alleviare la sua sofferenza… - mormorò Hikari.
- Immagino. – commentò la rossa, prima di riprendere a parlare. – Comunque quando la nebulosa si allontanò, il Sole era rimasto da solo a badare ai pianeti che ancora si stavano formando. Hikari aveva perso sua sorella, e da sola doveva badare a tutti i figli che aveva generato. Ai, prima di morire, le affidò il seme di stella che lei possedeva, esattamente la metà di quello della madre, e lei lo divise in parti uguali.
- Fu una sua richiesta. Prima di… di morire… - Minako si alzò e si mise dietro la ragazza, circondandola con le sue braccia, per confortarla. – Grazie, sei sempre stata la più dolce… - tirò su con il naso un paio di volte. – Ci sono, ci sono. Prima di lasciarmi per sempre mia sorella mi fece promettere che avrei diviso in parti uguali il seme che lei mi aveva lasciato e che lo avrei distribuito a tutti voi. E così ho fatto, e voi avete assorbito in voi un po’ degli enormi poteri di Ai, oltre che un po’ del suo carattere…
- Ma… Ovviamente c’è un ma. Uno delle figlie di Hikari, una figlia molto ribelle e che era tra le più potenti tra le Sailors un giorno decise che se poteva essere forte con un pezzetto di seme, con tutto il seme della zia sarebbe stata invincibile, e così la prima guerra interna iniziò, all’insaputa della madre, visto che in quel momento. Ami, ferma un attimo.
La ragazza bloccò le immagini create al computer di Kaori che muoveva guerra con i suoi poteri contro le altre.
- Cosa c’è?
- Hikari, tu sai meglio di tutte noi cosa stavi facendo in quel momento. Vorresti raccontarlo tu?
La giovane annuì, tentando di sorridere.
- Direi che è la cosa migliore… Dopo la morte di Ai, sia io che le Sailor originali decidemmo che le avremmo dato una degna sepoltura, e con l’aiuto dei nostri vari poteri riuscimmo a creare un varco dimensionale in un luogo senza tempo, lontano da qualunque cosa. Quando la guerra iniziò io ero in quella dimensione, accanto al corpo ancora perfetto di Ai, piangendo su di lei, ripensando a tutto quello che… avevamo passato assieme a tutto quello che… che… che avremmo potuto fare.
Hikari si nascose il viso tra le mani.
Paula si guardò i piedi un secondo prima di sorridere triste e segnalare con la mano a Ami di continuare.
- La guerra continuò a lungo, vedendo sopratutto i combattimenti tra Sailor Jupiter e Kaori, che all’epoca aveva un aspetto diverso da quello che conoscete ora. Intendo dire, all’epoca Kaori e Sailor Dark erano la stessa persona, ma come mai ora sono due persone differenti lo spiegheremo dopo. Le battaglie si fecero sempre più cruente, con sorti alterne, ma alla fine il colpo finale lo diede Makoto… Voglio dire, la Sailor che ora è Makoto, distruggendo definitivamente il pianeta di Kaori e con lui uccise Sailor Dark.
- Il pianeta dovrebbe essere la cintura di asteroidi che divide i pianeti interni da quelli esterni. Makoto in teoria fa parte delle Outer Sensi. – spiegò la ragazza dai capelli azzurri. – Infatti se ci fate caso come tutte le altre lei ha con sé un oggetto che le permette di utilizzare i suoi poteri, la tiara, mentre noi creiamo con l’energia dei nostri pianeti quanto ci occorre. Ma sto divagando. Il corpo di Kaori scomparve, ma non la sua anima, e con i suoi ultimi sprazzi di potere si rifugiò nella dimensione in cui spediva molti dei nemici che aveva trovato sulla sua strada, considerando questa una fine migliore che arrendersi alle sue nemiche e consegnare il suo se medi stella. Quello che non sapeva eriche se i suoi nemici venivano disintegrati nel passaggio tra una dimensione all’altra, lei non lo fu, e si ritrovò nel piano demoniaco, dove solo le anime posso esistere indisturbate. Lei si rese conto che la forza di volontà in quel piano, che potremmo definire uno dei tanti dell’Inferno esterno, permetteva poteri quasi illimitati, e in poco tempo riuscì ad assoggettare la quasi totalità degli abitanti di quella dimensione.
- I Darkers, poveri piccoli…
- Paula, ti prego. Capisco il tuo desiderio di fare la maestra a dei demoni sottodimensionati, ma risparmiami gli occhi dolci e i sospiri… - borbottò Haruka.
- Eppure a modo loro sono gentili. E un po’ ti assomigliano…
- Cosa vorresti dire?
- Nulla, nulla. E poi dobbiamo continuare con la nostra storia, no?
- Sì, sì, è meglio per tutte… - annuì Ami sorseggiando del succo di arancia.
- Bene. Allora. Passò del tempo, tutto sembrava tranquillo, Hikari era tornata al suo posto scoprendo quanto era accaduto.
- E ancora mi rammarico. Forse se fossi stata presente…
- Non sarebbe cambiato nulla.
- Tu dici, Usagi?
- Sì. – le rispose lei, guardandola negli occhi. Lo sguardo adulto sorprese tutti In quel momento nei suoi occhi c’erano millenni di sofferenza, di gioie e di saggezza. – Il suo desiderio di potere era tale da accecarla. Avrebbe mosso guerra all’universo intero, e quello che successe fu quanto di meglio si potè fare. Non ti crucciare, Hikari. Lei ha scelto la sua strada, come tutte le figlie devono fare, che la madre sia d’accordo o meno, e ne ha pagato le conseguenze.
- Vero, Usagi. – annuì Paula. – Sagge parole, come solo Selenity potevi dire. Comunque, dopo alcuni secoli la nostra beneodiata Kaori scoprì che la dimensione in cui si trovava aveva dei passaggi dimensionali molto utili, tra cui uno per l’Universo conosciuto e uno per la dimensione in cui si trovava il corpo di Ai. Sebbene non un’aquila in matematica, come qualcuno può confermare…
Mamoru ridacchiò.
- Scusate, ma è davvero una frana…
- Appunto. Kaori riuscì a fare due più due e passò nella dimensione di Ai, dove con molta fatica e con l’uso dei poteri che aveva appreso dai Darkers, riuscì ad impadronirsi del corpo di sua zia, e con questo rientrò nel nostro universo.
- Ma questo avvenne nel passato. Solo pochi secoli erano passati hai detto.
- Esatto solo in parte, Rei. Una seconda battaglia iniziò, o devo dire inizierà, molto più cruenta della prima, ma nel frattempo una nuova figura si era, o sarà, aggiunta ai personaggi di questa rappresentazione. Il cristallo Loramis, e con lui Yosei.
- Ecco che mancava qualcosa. – borbottò Makoto tagliandosi una fetta di torta di mele. – Ancora non capisco cosa c’entri lei con noi, se non è una Sailor.
- E’ quasi presto detto. Yosei proviene dai tempi precedenti la nascita delle Sailors, e quando le prime,le più potenti, si mossero guerra, lei decise di schierarsi con quelle che poi persero, sebbene in lei non albergasse la cattiveria, ma solo il desiderio di potere. Yosei si nutre di energia, qualunque tipo, e le più cattive erano le più potenti. Comunque, dopo la loro sconfitta lei venne esiliata in una zona dell’universo quasi morta. Una sorta di Napoleone all’Isola d’Elba.
- E’ vicino all’Hokkaido?
- No Usagi, un po’ più a Ovest. Poi ti spiego. – sorrise Mamoru, mentre Rei e Minako scuotevano la testa affrante.
- Quello che le Sailors non potevano sapere era che il destino decise di far attraversare quella zona di universo da una pietra che aveva in sé il potere di assorbire e moltiplicare le energie. Questa pietra, detta il Loramis, divenne come una casa prima e una prigione dopo per Yosei, in quanto se all’inizio lei potè non solo riprendersi ma addirittura rafforzarsi grazie ai poteri di quella pietra, essendo lei stessa una forma di energia, non potè sfuggire al Loramis, che la legò a sé nel suo peregrinare nell’universo. Ormai era così prigioniera di questo strano gioiello verde che se esso fosse stato distrutto, lei sarebbe morta, o meglio si sarebbe dissolta. E ancora potrebbe succedere.
- Insomma lei e il Loramis sono la stessa cosa?
- Non esattamente, Minako. Lei è legata a lui, ma non è vero il contrario. Se lei venisse in qualche modo distrutta, o uccisa, o separata da lui, la cosa non provocherebbe nessuna conseguenza sulla pietra.
- Avevo allora ragione quando avevo pensato a lei come Sailor X visti i discorsi che aveva fatto sul preside. E tu eri presente, Paula.
- Già. Io sapevo, ma non potevo certi dirtelo, o mostrartelo davanti a lei. Diciamo che Sailor X e Yosei sono delle… teste calde… e quindi se lei sapesse chi sono io o chi è Kaori non ci impiegherebbe molto a tentare di ucciderci. E forse avrebbe qualche speranza… Ha così tanti secoli. A parte che anche Kaori non scherza…
- Va bene. Ora abbiamo un quadro un po’ più chiaro. Ma il discorso che era stato fatto sul Multiverso, e l’altro in cui si diceva di qualcuno, che credo essere Sailor X, costretto a ripetere il suo errore finchè non sarebbe riuscita a rimediare? – chiese Rei.
- Già. – mormorò Ami. – Questo è quello che credo sia successo, ed è suffragato dai dati raccolti da Paula. La Hikari che conosciamo, e con lei Yosei e Kaori provengono da un remoto futuro, e dopo aver combattuto in un’altra dimensione esse sono ritornate, ma per una serie di strane coincidenze sono finite in questo tempo, in questo universo…
- Non ci sto capendo nulla…
- Chissà perché la cosa non mi sembra sorprendente, Usagi… - mormorò Minako.
- Perché, tu hai seguito tutto? – reagì lei indispettita.
- Non ti rispondo nemmeno…
- Va bene, va bene. Per una mente un po’ poco elastica come la mia, potreste voi due mettere il tutto in una sequenza cronologica decente? Non ho mai amato i film di fantascienza. – sospirò Haruka. – Mako, ne hai ancora di questi biscottini al sesamo e fagioli dolci?
- Sei una fogna!
- Michiru. Non ti lamentare se poi non ho forze quando devo portarti il violino.
- Fosse un contrabbasso. Sai che fatica…- alzò gli occhi al cielo la donna, ma afferrò un paio dei dolcetti che la bruna porse alla compagna.
- Allora. – Sospirò Ami. – Fino alla guerra ci siete tutte, no? Il periodo che per Kaori furono alcuni secoli nel nostro tempo furono miliardi di anni, per cui quando rientrò nell’universo da cui proveniva combattè con Sailors molto più potenti e esperte, ma dalla sua aveva il corpo e l’energia di Ai. Questa è stata, nel futuro, la seconda guerra che combatteranno le Sailors del sistema solare. Durante questa guerra anche Sailor X prenderà le parti delle Sailors contro Kaori, essendo il Loramis caduto sulla Luna e quindi lei costretta a difendere la Luna per poter sopravvivere, ma ucciderà Mamoru dopo aver sconfitto Sailor Dark, che scapperà nella dimensione demoniaca inseguita da Hikari.
- Con la sua katana. Nel nostro palazzo sulla Luna.
- Scusa? – chiesero in coro Ami e Paula. – Come puoi esserne così sicuro?
- L’ho sognato. Non una volta, ma molte, sempre nello stesso modo, e sono sicuro che non è solo una mia fantasia. Lei piange dopo avermi ucciso, pentita…
- Già E questo spiegherebbe la sua condanna. Il potere del Loramis è tale che le permette di tornare indietro nel tempo e tentare di cambiare gli eventi, ma non può tornare nella sua stessa linea temporale, per cui ogni volta si sposta in un’altra, ma ripete lo stesso errore per la sua impulsività, e il ciclo ricomincia in un altra linea temporale…
- All’infinito.
- Non esattamente. Non in questa realtà, Makoto. Forse.
- Cosa intendi, Paula?
- Da quello che ho potuto constatare da quello che mi ha raccontato Kaori e i Darkers, oltre a delle mie supposizioni, questa volta Yosei è finita molto prima di quello che intendeva, forse a causa dell’allineamento dei pianeti, che ha anche deviato il percorso di Kaori e di Hikari dalla dimensione demoniaca a qui, in un loro possibile passato, per cui la situazione è decisamente diversa dal solito. Il Loramis di questa dimensione è ancora in viaggio nel nulla dell’Universo con la Yosei di questa realtà, e quello a cui lei è legata ha perso molto del suo potere nel passaggio.
- Questo spiega perché il Sole non mi riconosce perfettamente e perché Sailor Dark è così forte rispetto a voi… - mormorò la ragazza dalle bianche meches. – Quindi questa volta possiamo sperare di sconfiggere mia figlia una volta per tutte.
- E ad evitare che Yosei uccida Mamoru. – aggiunse Makoto.
- Non succederà. Intendo dire, lui non morirà…
- Lo spero anche io, come tutte noi.
- No. Io sono sicura, ho visto una cosa orribile, ma che in qualche modo non mi fa che felice, e mi faccio schifo a pensare che una parte di me gioisce all’idea…
- Di cosa stai parlando?
- Credo che si riferisca a una delle possibili, se non la più probabile strada che il Tempo prenderà. Le ho percorse quasi tutte in questo giorni. E sebbene quello che ho visto non mi piaccia, direi che è il meglio che potrebbe succedere, o anche questa realtà sarebbe condannata.
- Non puoi dire che una vita sia meglio di un’altra, anche se è la morte di Yosei per la sopravvivenza di Mamoru! – gridò Usagi, per poi scoppiare a piangere, subito abbracciata dall’uomo.

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