Note: Ambientata
subito dopo che Sasuke se ne va e che Sakura ha iniziato il suo
apprendistato
presso Tsunade. Oh, non ricordo esattamente il volume.
Le caratterizzazioni si fermano allo sviluppo dei personaggi in quel momento.
Penso di essere stata sufficientemente onesta e realistica riguardo
Sakura,
soprattutto.
In origine, questa fic
prevedeva un altro pezzo che accorpava un finale più
positivo a questo
spaccato; apporrò la dicitura “conclusa”
alla fic, ma non è detto che non
decida di aggiungere, in seguito, quel pezzo come epilogo.
E’, inoltre, la mia prima fic su Naruto.
Apprezzerò immensamente leggere le
vostre opinioni su di essa, quindi vi prego di lasciarmene ^_^. Buona
lettura.
E grazie, vecchia donna scema dagli immani commenti qui nota come Onda.
Sei la
più assurda e puntigliosa beta-reader che si possa
desiderare, spesso. Non
sempre, ecco è_é;, ma sempre sei troppo buona.
Uh, e Naruto & co. non appartengono, ovviamente, a me, ma ai
relativi
aventi diritto.
-
Nascondino
Il vento ha sempre, assolutamente sempre, un sapore differente da
quello degli
altri posti, a Konoha; ti sfiora le labbra e lo senti tagliartele
d’inverno, colmarle
di secca amarezza d’estate.
Unica costante in questo, è sempre, assolutamente sempre,
freddo.
Nel realizzarlo, Sakura si stringe nelle spalle; anche quando il vento
le
logora la bocca ed il rosso acidulo del sangue le imporpora la lingua,
c’è
tanto di positivo, in quel posto.
Questo stesso sapore è proprio di Sasuke, andando per
supposizioni che azzarda,
senza riserve; perché di lui conosce solo un odore troppo,
troppo lontano e che
nel suo giungere mette in fuga ogni altra sorta di memoria.
Questo è il suo modo di non
permettermi
di dimenticarlo. Ne sono certa.
Sorride morbidamente, dal basso
colle, ed accarezza il kunai che le giace riverso in vita con un
affetto che
non ha mai davvero provato.
Tornerai di nuovo. E non ci ucciderai,
sai. Io ti amo. Nemmeno lui te lo permetterà.
Queste iniezioni di ottimismo le ingentiliscono la giornata, e con un
sospiro
leggero volta le spalle ai confini che la dividono dal resto del mondo,
ove
Sasuke è distante da tutti loro.
Alle sue spalle, asciugandosi una guancia segnata di terra e residui di
carne,
un ragazzo biondo in arancione si sforza di seguirla a passi
più lenti dei
suoi, per non perderne di vista la schiena.
-
E’ mattina e lei si congeda con un breve inchino da
Tsunade-sama, poiché è ora
di pranzo.
Ma non ha fame, e se anche ne avesse, ne avrebbe troppa, visto che la
sera
prima, rientrata tardi dall’ultima missione, non ha cenato;
mangiare troppo le
rovinerebbe il fisico e la salute, ne è certa.
Almeno quanto è certa che una ragazza troppo in carne non
può meritare Sasuke.
Tornerebbe più facilmente, da una ragazza con un fisico
piacente.
Perché
tu devi tornare per me.
Passeggia per le strade prima
affollate ed ora vuotatesi, senza fretta. Ma questo la stanca di
più, ed ha
fame, dopotutto.
Non vorrebbe mangiare, ma ha fame.
"Sakura-chan!" prorompe squillante una voce alle sue spalle, e lei
compie un piccolo balzo all’indietro, presa alla sprovvista.
"Oh. Ciao, Naruto-kun."
"Stai andando a mangiare
anche tu? Il ramen di quel ristorantino è fantastico,
andiamoci assieme!"
"No, io…ho già pranzato."
Lo osserva sgonfiarsi
leggermente abbattuto e si vergogna molto di esserne causa; ma lui non
si
abbatte mai completamente e questo è assolutamente un suo
punto di forza.
"Nessun problema. Vai da
qualche parte? Ti accompagno."
"Stavo passeggiando."
Lui le sorride teneramente, senza minimente smuoversi dal suo
obbiettivo.
"Ma farlo da soli è triste."
Prima eravamo in due, noi ombre accanto a
te. E questo ti fa sentire più sola, vero?
"…no, non è triste. Guardami, sono tanto allegra!
Non sorriderei così, se
fossi triste, no? Davvero, non ce n’è bisogno."
Ella si costruisce un sorriso in viso, troppo ampio per essere vero, e
lui
scuote, mestamente, la testa.
"Sakura-chan. Tu non
stai sorridendo."
-
Oggi è davanti alla sua
vecchia scuola.
E’ pomeriggio ed il sole sta morendo in cielo, rosso carminio
e tutto sfuso
nell’aere.
Ricordi.
Si è concessa una breve
pausa
dalle sue attività e si è chinata ad osservare la
terra, le figure incise con
bastoncini di legno in terra dai bambini, parole confuse e
già sfumate via.
A lei non piaceva giocare con la terra; per un bambino assolutamente
perfetto,
bravo, forte ed il migliore come
Sasuke, avrebbe fatto sicuramente schifo una bambina sporca di terra.
Una bambina come Naruto.
Per lei, Naruto era stato, un
tempo, la cosa peggiore del mondo: incapace, senza ritegno, e sempre,
sempre
sporchissimo.
Sasuke guardava Naruto con disprezzo; perché non guardasse
così anche lei,
dunque, era giunta alla conclusione che avrebbe dovuto essere pulita e
perfetta
anche lei.
Per essere alla sua
altezza.
Sakura sorride ancora, gentilmente,
a Naruto, in sosta accanto a lei; perché tutto resti
com’è, devono sorridere
entrambi.
Come se non mancasse nessuno, in quell’angolo pieno di
polvere dove vorrebbe
tanto poter vedere le impronte di Sasuke.
Senza una ragione precisa, sforzando un sorriso anche lui, Naruto le
cinge le
spalle con grande delicatezza, senza parole né fiato.
Non ha più nulla di cui essere felice, quando la sente
triste.
Eppure, difficilmente manca di sorriderle.
"Di questo passo
diventeremo come lui." sospira così ridendo, anelando con
ardore a
sentirla fare lo stesso.
Iniziamo
già a diventare muti e grigi come la polvere,
e parte del paesaggio. Incolori.
Lei chiude un attimo gli occhi, trastullandosi nella loro felice
inerzia, e
frena una lacrima, sopprimendola fra le palpebre.
"Tu non sei per niente come lui. E nemmeno io."
Sussulta sulla spalla solida,
e lui non sa affatto se esserne contento o sconfortato; incerto, batte
una
pacca leggera
sull’esile schiena.
-
E’ sera e lui le cammina accanto, incerto tra
l’interpretare il turbamento di
lei in un invito a portarla a casa alla svelta, o a trattenerla fuori
con il
vento.
Il vento non è gentile, con lei; la
urta
e le fa male, eppure lei gli va incontro.
Ecco, è come lui. Quante dannate cose possono esserci, come
lui, al mondo?
Sottrarla alla brezza fredda è, per forza di cose,
come sottrarla al
ricordo impetuoso di Sasuke; non può farlo.
E non
fa meno male a te che a me, la sua assenza, ma è
più importante che sia tu, a non soffrire.
Perché è più facile spezzarti,
Sakura-chan.
Lei si sente a disagio,
lì.
La presenza di Naruto è qualcosa di avvolgente, e lo
è in maniera ossessiva.
Come se non volesse perderla mai di vista; e fa così da
tanto, tanto tempo,
anche senza bisogno di troppe parole.
Qualcosa
cui non può sfuggire, nella
sua ineluttabilità.
Sakura non resta in piedi come lui, ma fissa la luna, seduta sulla
palizzata
che circonda casa Uchiha.
Quando tutto questo silenzio sarà
diventato quotidianità, anche tu diventerai solo un ricordo?
La casa è scura, per il buio e gli spessi strati
di polvere sulle finestre
non lasciano minimamente intravedere l’interno di essa.
Questo stuzzica la fantasia di lei in maniera vivace, quasi si
aspettasse di
vederlo dentro, se guarda bene, dunque si volta a sbirciare con
attenzione le
finestre offuscate.
Ma non c’è nessuno, lì dentro, e lo sa,
lo sa benissimo; ma illudersi ha un
sapore così speranzoso, vittorioso quanto inutile, alle
volte, e lei è una gran
sognatrice, in questo senso.
Si biasima per aver pensato che il desiderio di diventare Hokage di
Naruto
fosse ridicolo, perché questo rende il suo medesimo pensiero
ancora più
stupido.
Rende lei stupida.
E lei, tra le poche cose, era sempre stata lodata ed invidiata per la
sua
intelligenza ed acume, spirito di osservazione, razionalità.
Toglierle questa lode le toglie tutto, e tante delle parole
più cortesi e
confortanti che Sasuke le abbia mai rivolto.
La notte le cinge le spalle, scorbutica, e sente un freddo inatteso tra
le ossa
tremanti; non vuole più aspettare per qualcosa che non
può avere. Non vuole,
davvero.
E’ solo questione di convincersene del tutto.
"…andiamo via."
Da dove?, pensa con un pizzico di
sopita
malinconia lui, Dai ricordi, vero,
Sakura-chan?
Fiaccamente, annuisce.
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