Potrò mai rialzarmi?

di _Ery1999_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Devo andare avanti ***
Capitolo 2: *** Io so ***
Capitolo 3: *** So cosa si prova ***
Capitolo 4: *** Qualcuno con cui condividere il dolore ***
Capitolo 5: *** Dolcezza ***
Capitolo 6: *** Quando la rabbia offusca la ragione ***
Capitolo 7: *** E lo vedo sorridere ***
Capitolo 8: *** Te ***
Capitolo 9: *** Primavera ***



Capitolo 1
*** Devo andare avanti ***


Devo andare avanti.

 

 

 

Sei in ginocchio davanti a me, talmente imbarazzato che non riesco a distinguere il tuo viso dai capelli, con una scatolina di velluto nera in mano. Me la porgi, esitante, abbozzando un sorriso. Eppure, capisco che non sai se farti forza o scappare a gambe levate. Prendo l'oggetto che mi mostri, e lo apro, con delicatezza. La luce del Sole, che filtra dalle finestre, risalta l'anello che fa bella mostra di sé in quella scatolina. E' modesto, ma per me rappresenta il più raro dei tesori. Ti guardo. I miei occhi brillano e i tuoi sono decisamente impazienti.

Come pensi che io possa rifiutare? Eppure il coraggio non è mai stato una delle tue doti principali. Ti sorrido teneramente, amorevolmente. Perché è questo che provo per te: puro e semplice amore. Ti bacio con passione e tu tiri un sospiro di sollievo, cingendomi la vita con le braccia. 

 

Ricordo ancora quel momento, come fosse impresso nella mia mente a fuoco. Sono passati due mesi da quel giorno e il mio matrimonio è ormai alle porte. O dovrei dire il nostro matrimonio.

E' in questi momenti che sono davvero grata alla vita di ciò che mi ha offerto: ottimi amici, grandi aspirazioni per il futuro e infiniti progetti per la mia, ormai prossima, vita coniugale.

Sei qui accanto a me, mano nella mano, a passeggiare per Diagon Halley alla ricerca degli ultimi preparativi per le nozze. Il tuo volto non ha perso quell'aria sbarazzina dei tempi della scuola, così pieno di vita e allegria, nonostante la consapevolezza di essere maturo, di essere un uomo. Ti fermi ad una vetrina e la indichi con il pollice.

- Guarda là Herm! Che dici, lo compriamo? -

Mi avvicino, incuriosita da quel qualcosa che ha attirato così improvvisamente la tua attenzione. Vedo un passeggino, bianco, con delle rifiniture dorate e dei sonagli magici che pendono dall'alto.

Guardo i nostri riflessi, vicini, con la carrozzina tra di noi. E non posso fare a meno di desiderarla.

- Non vedo l'ora di poterlo usare – sussurro. Ma tu cogli ugualmente le mie parole e mi stringi

la mano, raggiante.

 

 

                                                                  §

 

 

- Ginny! Ginny! -

- Eccomi, Herm. Che c'è? -

- Potresti aiutarmi a chiudere la zip del vestito? -

E' il grande giorno. Non credo potrei essere più felice e, nel contempo, assolutamente terrorizzata. Ho il respiro mozzato, e non so se sia per il bustino ornato di perline dell'abito o per l'adrenalina che sta lentamente mettendo fuori uso i polmoni.

- Come sto? - chiedo, cercando di rimettere a posto alcune ciocche di capelli che sembrano

imbizzarrite, nonostante l'aiuto della magia.

- Sei splendida Hermione! Quando Ron ti vedrà credo proprio che gli prenderà un infarto -

sghignazza lei, evidentemente divertita.

- Su Ginny, smettila! Io tra poco qui ci muoio e tu sei anche in vena di fare battute – sbuffo,

affannata.

- Herm ti vuoi calmare? E' il tuo matrimonio! Succede una sola volta nella vita, cerca di rilassarti!!-

Chissà se Ron è agitato quanto me? Penso, in preda ad una strana euforia. Non è ancora arrivato alla Tana, dove si svolgerà il matrimonio e spero davvero che non arriverà in ritardo.

E' tutto pronto. La cerimonia inizierà tra meno di dieci minuti e il mio futuro sposo non si è fatto vedere. Harry è andato a cercarlo, “ Solo per stare tranquilli..” ha detto, cercando di rassicurarmi. Eppure ho un cattivo presentimento, una sensazione di nausea che mi attanaglia lo stomaco e mi rimescola il sangue.

Ad un certo punto, esco in giardino, a prendere una boccata d'aria e lo vedo:

Harry si è appena smatieralizzato e porta in braccio un corpo, sporco di sangue.

Un corpo, cerca di convincersi la mia mente. Perchè non può essere Ron quello, con gli occhi spenti e la bava alla bocca.
Sento le ginocchia farsi improvvisamente molli, come gelatina, e un grido acuto perforarmi i timpani. Ho bisogno di qualche minuto per rendermi conto che quel suono proviene dalla mia gola, così come quelle goccioline amare, dai miei occhi.

Mi accascio sull'erba umida e inizio a scuotere il corpo  di Ron nel disperato tentativo di risvegliarlo. Harry mi strappa via da lui con tutta la forza che ha in corpo e mi abbraccia, stritolandomi le membra e il torace. Io cerco di divincolarmi, perchè non può essere vero, non è giusto, non è giusto! La vita non può essere così crudele.

- Perchè Harry? Perchè? -

Non risponde. So il perchè: forse, se me lo rivelasse, sa che potrei fare pazzie.

- Dimmelo bastardo! Dimmelo! - lo insulto, perchè non so come allentare la morsa che sta tenendo prigioniera la mia anima. Il mio autocontrollo. Ripenso a tutti i giorni e le notti trascorse con lui, con il ragazzo dai capelli rossi di cui mi sono innamorata dall'inizio.

Il mio Ron, che cerca sempre di prendere le cose con filosofia;

Ron, che ti tira sempre su il morale;

Ron, che sa essere così tremendamente dolce e virile allo stesso tempo;

Ron, che mi fa sentire amata e grata in ogni momento della mia vita;

Ron, che se n'è andato via da me, con una rapidità destabilizzante, lasciandomi vuota e sola. Triste e disperata. E non posso far altro che gridare e piangere e gridare ancora, mentre guardo gli altri inginocchiarsi intorno al quel corpo, che solo pochi giorni fa mi teneva per mano e fantasticava sulla nostra vita insieme e sui figli che avremo avuto.

 

 

 

                                                                  §

 

 

 

Questi giorni sono stati un vero e proprio inferno per me e per tutti gli altri qui alla Tana. Ognuno di noi ha assorbito il dolore in maniera completamente diversa.

Il signor e la signora Weasley cercano di non pensarci, anche se è palese la loro velata agonia. Credono che nessuno si accorga delle profonde occhiaie che cerchiano i loro occhi arrossati e gonfi? Credono che nessuno senta i lamenti provenire dalla loro stanza ogni notte?

Harry e Ginny si fanno forza a vicenda per non cadere nel baratro della disperazione, del vuoto. Sembrano entrambi dei fantasmi che barcollano per casa cercando ogni minimo dettaglio che riguardi Ron. Fotografie, vestiti, persino i suoi oggetti personali.

Gli altri hanno abbandonato la Tana. Forse preferiscono provare a fuggire, fuggire dalla memoria. Perchè si sa, i ricordi hanno il potere di uccidere.

Ed è proprio ciò che sta accadendo a me. I frammenti della mia vita passata con Ron mi stanno piovendo addosso, uno per uno, come pioggia. E per ognuno di questi che riaffiora alla mente e al cuore, percepisco una coltellata all'altezza del petto e dello stomaco. Non sarà certo dolore fisico, ma credo questo sia molto peggiore.

Svegliarsi e sentire il suo odore nei miei vestiti.

Cucinare e, senza accorgermene, preparare il suo piatto preferito.

Aprire un cassetto e trovare quel braccialetto che mi aveva regalato anni fa il giorno di San Valentino.

Tutto questo mi sta uccidendo. Mi sento ogni giorno più debole e sola. Non tocco cibo da dieci giorni e mi sento come se avessi perso la cognizione del tempo, della realtà, di ciò che mi circonda. E quel che è peggio è la consapevolezza di non poter condividere con nessuno la mia lenta agonia. Non perchè la mia sia maggiore o più importante di quella altrui, anche solo pensarlo sarebbe assurdo e presuntuoso, ma perchè è un dolore diverso.

Ron per me non era un figlio, o un fratello. No, era il mio compagno. La prima persona che vedevo al mattino e l'ultima che mi dava la buonanotte la sera. Con lui ho condiviso i miei sogni, le mie speranze, le mie paure.. la mia vita.

Eppure so di dover andare avanti. Sono passati mesi ormai, anche se il dolore è sempre lo stesso. Anche se i ricordi sono sempre gli stessi. Devo andare avanti. Lui vorrebbe così.

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Capitolo 2
*** Io so ***


Io so

 

 

 

-.. Dove sono? - sbadiglio rumorosamente dopo essermi svegliata in una stanza buia. Anzi, svegliata sul pavimento, deduco dalla freddezza delle piastrelle.

Va avanti da un po' ormai: piango per l'intera giornata, poi la sera esco, vado nella prima osteria che mi capita e non posso fare altro che bere. Bevo litri e litri di alcol. Per non pensare, per alleviare quel macigno che ho sul cuore da quando non riesco a guardarmi allo specchio.

Non riuscirei a sopportare la figura che mi comparirebbe davanti. Da quando lui è morto la mia vita è completamente, assolutamente, irrimediabilmente inutile.

E mi sento anche una codarda. Perchè ormai quella persona per me è semplicemente un lui. Non riesco a pronunciare neanche più il suo nome, tante di quelle volte che l'ho gridato, supplicato, bestemmiato. Perchè non farla finita a questo punto? Che cosa mi resta?

L'unico contatto con il mondo esterno da mesi, che non siano ovviamente camerieri sconosciuti di luride catapecchie, è Harry.

Mi contatta ogni sera, via posta. Mi scrive lettere infinite a cui rispondo non altrettanto eloquentemente. Ma rispondo.

E ogni volta, alla fine, gli pongo sempre la stessa domanda.

 

Harry, ti prego. Devo sapere chi è stato. Ci sono ancora troppe domande senza risposta che albergano nella mia mente. Com'è morto? So che lo sai, dimmelo. Sappi che è il mio unico desiderio prima di morire. Sapere la verità.

Tua,

H.J.G.

 

E lui, purtroppo, mi risponde sempre nello stesso modo.

 

Scusami, Hermione. Ma non posso. Credimi, lo faccio anche per te. Voglio solo proteggerti, mi dispiace. Se il fato vorrà, solo allora chi lo ha ucciso pagherà le sue colpe. Ma noi non possiamo opporci al destino. Soffro quanto te e lo sai, ma ti prego smettila di tormentarti. La sete di vendetta che hai nel cuore non farà altro che alimentare la tua sofferenza.

Ricordati che tutti noi ti vogliamo bene.

Tuo,

H.J.P.

 

Anche questa sera il suo messaggio è arrivato, puntualissimo. Non ho neanche fatto entrare il gufo, nonostante la terribile bufera che imperversa fuori. Rileggo le frasi che ho, oramai, imparato a memoria. Straccio la pergamena con rabbia e la getto nel fuoco, che sembra apprezzare il mio regalo.

Poi, come sempre, infilo un cappotto sgualcito e logoro e esco alla ricerca di un'osteria.

 

 

 

§

 

 

 

Stamattina credo di aver fatto la cosa giusta a venire qui, anche solo per essere toccata dopo tanto tempo da questo pallido Sole autunnale. Sono venuta per te, amore mio. Sei bellissimo in questa foto, sai? Mi sento come se avvertissi la tua presenza, qui di fianco a me, mano nella mano, come tanto tempo fa.

Sai che fine ha fatto quella carrozzina, amore? L'ho conservata. E' uno, seppur insignificante, dei ricordi più belli che ho di te. Il tuo sogno di completare il nostro amore. Sta tranquillo, però. Forse, in un'altra vita, quel passeggino non rimarrà vuoto così a lungo.

Stop. Non posso permettermi di lasciare così liberamente correre i miei pensieri, fa troppo male.

Accarezzo dolcemente con la punta delle dita il marmo bianco e le parole vergate su di esso.

 

Qui giace Ronald Bilius Weasley...

               

Sento le forze abbandonarmi improvvisamente. Le lacrime mi solcano il viso e non riesco a trattenere i singhiozzi che mi scuotono violentemente.

Per un attimo, solo per un attimo, un desiderio mi sfiora la mente. Vorrei che qualcuno ascoltasse i miei singhiozzi e vedesse le mie lacrime. E le asciugasse, una ad una. Vorrei che mi dicesse che andrà tutto bene e che passerà. Che domani è un nuovo giorno e che io, domani, potrei essere una donna diversa, nuova. Non più schiava del dolore che mi tiene imprigionata da quasi un anno, in questa gabbia di memorie. Eppure, so che questo qualcuno è solo un disperato tentativo della mia mente di, in qualche modo, sperare in un futuro migliore. Ma tanto so che non verrà nessuno ad aiutarmi, a reggermi. A tendermi la mano quando sento di cadere in questo baratro che, giorno dopo giorno, è sempre più profondo.

Ma cerco ugualmente di farmi forza. Di dimenticare. Dimenticare e basta.

Pian piano, il respiro torna regolare e il corpo non è più scosso. E' tutto passato, tutto esattamente come prima. Pura e completa apatia nei confronti di questa vita che non è più tale. Questa non è la mia vita. Questa non è Hermione Granger. Sono l'ombra di me stessa, me ne rendo conto. Il mio corpo è ancora qui, sulla Terra, ma la mia anima è ferita, sola, forse addirittura morta.

Giro piano la testa in modo che il vento rinfreschi la mia pelle arrossata. A pochi passi da me c'è un uomo, in piedi, davanti ad una tomba. Non lo riconosco subito. I capelli e il profilo mi ricordano qualcuno di familiare, ma la sciarpa e il cappello che indossa, non mi rendono l'impresa facile.

Eppure, come non riconoscere quel naso così schifosamente aristocratico o quei capelli biondi, quasi bianchi?

Un nome, anche troppo noto, mi sfreccia davanti agli occhi: Draco Lucius Malfoy.

Mi spiazza non poco rivederlo dopo così tanti anni. Di lui si erano dette molte cose. Era stato trattenuto ad Azkaban per un paio d'anni perchè braccio destro di Voldemort ma poi se l'era cavata grazie alle testimonianze di un avvocato squisitamente pagato. I suoi genitori, invece, per quanto ne sapessi, erano ancora vivi.

E allora cosa ci faceva Draco Malfoy in un cimitero quella mattina?

- M-Malfoy – sussurro appena, con una curiosità irrefrenabile in corpo.

Si volta verso di me. Da quaggiù riesco a vedere i suoi occhi, di solito così freddi e morti, colmi di lacrime.

Rimane in silenzio, cercando di nascondere il rossore delle sue guance umide.

- Che piacere vederti, Granger. Credevo che dopo quello che è successo saresti sparita per sempre come un patetico rifiuto della società – scandisce bene, accentuando la fine della frase con un sadismo e una cattiveria che non credo possibili.

Non ha nemmeno una briciola di rispetto per la morte? Per un essere umano che viene brutalmente ucciso?

- Sei un bastardo, Malfoy! Spero solo che a te succeda lo stesso il più presto possibile e che tu possa schiattare di dolore. Ah, già! Dimenticavo. Come fa uno schifoso  egoista come te a provare sentimenti verso altri che non sia se stesso! - grido con tutto l'ossigeno che ho in corpo e con tutto l'odio che nutro contro quel lurido Mangiamorte.

Non mi rimangerei neanche una parola di quello che ho appena detto. O almeno così credevo prima di aver visto il suo sguardo. Si gira e lo vedo coprirsi gli occhi con la mano. Le sue spalle tremano impercettibilmente.

Sospiro.

- Oh, adesso basta con la parte della vittima, Malfoy! Non puoi provare piacere nella morte dei cari altrui e non aspettarti lo stesso da parte degli altri! - gli dico, sinceramente convinta delle mie parole.

Credo abbia ascoltato, o quanto meno sentito, ciò che ho appena pronunciato. Infatti, sfila delicatamente la bacchetta dalla tasca del suo pantalone, impugnandola come se potesse scivolargli via.

Sbarro gli occhi, non aspettandomi una simile reazione. Afferro velocemente la mia bacchetta dal cappotto e la alzo nella sua direzione, vigile e attenta a qualunque suo movimento.

Si gira verso di me, ignorando deliberatamente l'arma puntata contro di lui, e fa comparire ai miei piedi un giornale. La data, in alto a destra, risale alla stessa della sua morte. Solo una coincidenza?

 

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Capitolo 3
*** So cosa si prova ***


So cosa si prova

 

 

 

Guardo Malfoy di traverso, con una luce negli occhi a metà tra l'incredulo e il sospetto.

- Che cos'è? - mormoro piano. Non sono sicura di voler ricevere una risposta, ma forse devo aver dimenticato chi ho davanti.

- Avanti, Granger. Non sai neanche più leggere, ora? - freccia, con il suo tono basso e incredibilmente sarcastico.

Con una strana morsa alla bocca dello stomaco, tento di far luce sui miei pensieri. Sinceramente, la situazione non mi è molto chiara. Insomma: trovo Malfoy in un cimitero, ci insultiamo, gli grido in faccia quello che penso di lui e compare un giornale... tutto logico, no?

Leggo le prime righe. In prima pagina, in caratteri cubitali spicca:

 

Ex-Mangiamorte lancia incantesimi senza perdono all'ingresso del San Mungo.

Rimaste uccise tre vittime...

 

Non voglio essere io a leggere il resto. Voglio che l'uomo che mi sta di fronte mi  riveli la verità. Ora.

- Basta con i giochetti, Malfoy. Vuota il sacco – gli impongo acida, con un tono che non ammette repliche. Lui mi fissa, incerto. Sa che non è il caso di un'ennesima battuta ironica.

- Ma come? Amavi così tanto i libri ad Hogwarts! Non dirmi che vuoi che ti rovini la sorpresa. - ribatte con un tono, se possibile, ancor più irritante.

Non emetto suono. Sono certa che i miei occhi bastino per fargli capire il concetto.

- E va bene. Vorrà dire che sarò io a raccontarti tutta la storia – si schiarisce la voce. Capisco che sarà un discorso lungo e sicuramente difficile, per entrambi. Mi siedo su una panchina di legno lì vicino, perchè so che, prima o poi, sentirò le gambe non reggermi.

- Esattamente il 3 aprile dell'anno scorso un ex-mangiamorte sfuggì a quei palloni gonfiati degli Auror che persero le sue traccie. Nonostante una settimana di ricerche, il Ministero non riuscì a trovarlo, ma alla cosa non venne dato molto peso, e sai perchè Granger? Perchè quei vecchi bacucchi lo ritenevano un soggetto.. come cita il testo? Ah si! “Inoffensivo”, perciò pensarono bene di non curarsene. Circa tre settimane più tardi, questo maniaco decide di ammazzare delle persone a caso e si materializza davanti al San Mungo e, come se fosse una cosa assolutamente normale, si mette a lanciare Avada Kedavra a casaccio, quasi fossero coriandoli! Uccide tre persone, tra cui Weasley, come credo tu sappia, e... - qui la sua voce si incrina. Il suo racconto si spezza, lui tossisce e mormora a mò di scusa “Maledetto mal di gola”.

- Ma lo sai qual è la cosa che mi fa più incazzare, Granger? E' il sapere che questo bastardo si è fatto solo pochi mesi di galera e ora soggiorna in una lussuosa clinica per malati mentali perchè ritenuto “incapace di intendere e di volere”. E sono morte tre persone, Cristo! - grida, assolutamente fuori controllo. Ha il respiro affannato, i muscoli contratti e le unghie vengono conficcate nella carne dei polsi. Inspira aria gelida, boccheggiando, come un pesce fuor d'acqua.

E' strano. Perchè non mi sento, a mio malgrado, meglio? Ora so la verità, so come è morto, potrei rintracciare il suo assassino, sentirmi appagata. Perchè non fare giustizia da me, adesso? Al diavolo Harry e il fato. Eppure, cosa è cambiato? Il dolore si nutre comunque della mia anima, logorandola. Quel pazzo ora pagherà per aver ucciso tre... Un attimo. Una domanda galleggia nei miei pensieri. Tre vittime.

- Malfoy? -

- Che vuoi, Granger? La storiella non ti è piaciuta? Non ti senti meglio adesso? Perchè ora non vai a spaccare la faccia a quel bastardo e non mi lasci in pace? -

- Chi altri ha ucciso? - chiedo con voce ferma, ignorando il suo tono aggressivo.

Mugugna qualcosa e impreca.

- Cosa ti fa credere che io ne sappia più di te? -

- Non sei mai stato un tipo altruista. Perchè disperarsi tanto per gente che non conosci? - insinuo con un'aria da saputella che credevo morta e sepolta nei meandri del mio passato. Solo ora sento quanto la vecchia Hermione mi mancasse. Possibile sia così facile dimenticare se stessi?

- Mia.. mia moglie -

Sbarro gli occhi e la gola si inaridisce come una pozzanghera in un diserto. Sua moglie? Non sapevo fosse sposato. Mi mordo la lingua ripensando alle parole che ho pronunciato non molti minuti fa.

Però qualcosa mi sfugge. Afferro il giornale che ho lasciato accanto a me, e cerco con lo sguardo le fotografie sul retro della pagina.

Osservo i volti delle vittime, sorridenti. A sinistra, lui, con il viso spruzzato di lentiggini e i capelli in disordine. Una pugnalata al cuore. Distolgo lo sguardo, concentrandomi sul dolce viso della donna a destra. Bionda, di una bellezza raffinata, con uno dei sorrisi più belli che io abbia mai visto.

Subito in basso, il suo nome. Astoria Greengrass in Malfoy.

Però le foto sono solo due. Sfoglio le pagine, ma niente. Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi, gelidi, e un ghigno sarcastico.

- Acuta, Granger. Hai ragione, le foto sono solo due. E la terza vittima, allora? Ti do un indizio: se le foto raffigurassero l'intero corpo, l'avresti già trovata – la voce sfuma e si spezza, rotta da un leggero singhiozzo. Fingo di non essermene accorta, è meglio così. Rifletto sulle sue parole. L'intero corpo. Sua moglie.. incinta.

- Oh.. - non riesco a trattenere un sospiro. Immagino l'enormità della sua sofferenza, nel perdere moglie e figlio. Solo, completamente solo.

- Già, proprio così Granger. Era per questo che ci trovavamo al San Mungo, quel giorno. Anche se in realtà, è colpa mia se è morta -

- Malfoy, non è colpa tua -

- Sì, invece! Volevo sapere subito il sesso del bambino, mentre lei avrebbe preferito non rovinare la sorpresa. E invece io “No, cara. Dai ti prego, fallo per me” e lei si è lasciata convincere. Dio! Era incinta di tre mesi, ci avevano appena detto che aspettava un maschio e, Granger, non sai quanto io fossi felice! Siamo usciti dall'ospedale ed a un certo punto, è successa una cosa che non dimenticherò mai. Stavamo scegliendo il nome che avremo dato a nostro figlio e io.. io ho detto Scorpius. Lei si è voltata verso di me e mi ha regalato uno dei sorrisi più belli che abbia mai visto in vita mia. Quello è uno dei ricordi più meravigliosi che ho di Astoria. Poi, tutt'a un tratto, mi è sembrato di essere in un universo parallelo. La gente ha cominciato a gridare e.. e io ho visto quell'uomo che ha guardato mia moglie con un sorriso agghiacciante e le ha puntato contro la bacchetta. L'ultima cosa che ricordo è di aver sentito il grido di una donna. E' morta nelle mie braccia, Granger. Nelle mie braccia! - a questo punto si è inginocchiato a terra, con il fango a macchiargli i pantaloni di seta. Non mi ero neanche accorta che ha iniziato a  diluviare e che siamo bagnati fradici. Le sue lacrime si confondono con la pioggia.

Non saprei dire il perchè si sia appena aperto in questo modo con me. Forse perchè ero e sono ancora la sua peggior nemica o forse perchè sapeva che non l'avrei giudicato.

Mi avvicino al suo corpo scosso da tremiti e gli metto una mano sulla spalla.

- Lo so, Malfoy. So cosa si prova – gli sussurro piano, come si fa quando non si vuole svegliare un bambino che dorme, ma non si resiste alla tentazione di cantargli una ninna-nanna.

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Capitolo 4
*** Qualcuno con cui condividere il dolore ***


Qualcuno con cui condividere il dolore

 

 

Diluvia ancora, dopo ore. Ho in mano una tazza di cioccolata fumante, bollente, ed ogni sorso mi infiamma l'esofago. Sul tavolo di fronte a me, un'altra tazza colma di tè. E, a sorseggiarlo, Draco Malfoy.

 

- Lo so,Malfoy. So cosa si prova – i suoi occhi si posano su di me. Lui tace, ma nel suo sguardo leggo tante cose.

Il sapere che il suo dolore potrebbe essere condiviso.

L' incertezza, data dalla consapevolezza di avere davanti l'eterna rivale.

Il desiderio di volersi aprire con qualcuno, dopo mesi di silenzio e lacrime nascoste.

Gli tendo la mano, perchè forse, in due, saremo più forti di fronte al passato.

La stringe con forza, ed entrambi capiamo che quella stretta rappresenta una speranza, nata dal nostro dolore e una promessa che, speriamo, non verrà infranta.

- Seguimi – gli ordino, sciogliendo le nostre dita e quel patto già fatto.

- Dove stiamo andando, Granger? -

- Di certo non all'Inferno, Malfoy, non ancora – gli rispondo con un sorrisetto ironico sulle labbra e un sapore amaro in gola.

 

 

- Cosa hai provato in quel momento, Granger? -

- A cosa ti riferisci esattamente? - anche se so dove vuole arrivare. E' arrivato il mio turno di parlare, adesso, di svuotarmi, prima di straripare. Come un fiume in piena.

- Intendo... Senti Granger, questa situazione è strana per te quanto lo è per me. Ma ormai siamo qui, a casa tua, e non so tu, Granger, ma non credo sia solo per il temporale – taccio. Cosa rispondere ad un'affermazione così esatta? Qualsiasi cosa. Non m'importa ciò che ci diremo, stasera. Desidero solo parlare, parlare e ascoltare, ascoltare e parlare ancora. Perchè, forse, così mi sentirei meno unitile di fronte al mondo. Forse, domani mattina potrò guardarmi allo specchio e non svegliarmi sul pavimento in preda alla nausea causata dall'alcol. O forse, mi sentirò esattamente come se niente fosse cambiato nella mia vita. Eppure, che mi costa tentare? Possibile abbia trovato una mano a cui aggrapparmi? O sono io l'appiglio? Ma che m'importa? In qualche modo, potremmo bilanciare il peso e non cadere. E, invece di dimenticare, lasciare fluire il nostro dolore, che è restato chiuso in una scatola per troppo tempo, fino a seccare, fino ad imputridire.

- Facciamo così, Malfoy. Stasera faremo ciò che, sono certa, entrambi vogliamo da anni. Sfogarci. Probabilmente non ascolteremo neanche le parole dell'altro, e non ci rattristeremo per le sue disgrazie, ma è meglio così. Nessuno dei due desidera la compassione o la pena altrui. Perciò parla, Malfoy. Parla con me – e capisco che è arrivato il momento. Sono certa che sarà una lunga notte, e, spero, la prima di una lunga serie. Malfoy muove velocemente le labbra e pronuncia parole, intrise di emozioni e di ricordi.

Alla fine, mi rendo conto che ciò che ho appena detto non è del tutto vero. Perchè Io lo ascoltando, per la prima volta in vita mia, e quasi non lo riconosco.

Mi racconta della sua infanzia, e del modo così diverso di amarlo dei suoi genitori. La sua prima magia. Il sorriso di suo padre mentre vola sulla scopa. Il suo primo giorno ad Hogwarts. Il cazzotto che gli ho dato a 13 anni. Il ritorno del Signore Oscuro. La sua Marchiatura. La battaglia finale. La sua fuga, assieme a Lucius e a Narcissa. La gioia di essere di nuovo insieme, sani e salvi. La caduta di Voldemort. L'incarcerazione dei suoi genitori. Il ritrovarsi solo. Il fidanzamento con Astoria. Il matrimonio. I loro litigi. I progetti per il futuro. La notizia di sua moglie incinta. L'euforia di quel giorno. La mattina in ospedale al terzo mese di gravidanza. Il suo sorriso. Un Avada Kedavra. Il dolore e la solitudine, soffocante e assassina. Le lacrime. Ed è ancora dolore.

Ed è la stessa cosa per me.

Gli racconto dei miei amici. Il sentirmi sbagliata e fuori posto, solo per il mio sangue impuro. La cotta per Harry. I voti così brillanti a scuola. La cotta per Ron qualche anno dopo. Il ritorno di Voldemort. La disperata ricerca degli Horcrux. La guerra. Il sapore della vittoria. La consapevolezza del troppo sangue versato. Il fidanzamento con Ron. Le cene a casa Weasley. La passeggiata a Diagon Halley. I nostri sogni. La carrozzina. Il bacio. I preparativi per il matrimonio. Il corpo di Ron senza vita, sporco di sangue. Il dolore lancinante. La fuga da quella casa. Le notti nelle osterie. Le mattine con la mente offuscata dall'alcol. Le lacrime versate. Ed è ancora dolore. 

Non provo la minima vergogna nel rivelargli il mio passato. Perchè dovrei?

Mi sento come risucchiata in un vortice di ricordi, stasera.

Mi sento quasi bene, in compagnia di quest'uomo che non conoscevo davvero, ma che non trovo molto diverso da me.

Mi sento nauseata dalle così diverse emozioni che mi stanno attraversando in poche ore.

Le mie lacrime. Il suo sorriso. La sua risata. Il mio sorriso. Le sue lacrime. Sguardi attraversati da una luce nuova. Ancora lacrime. Ancora sorrisi. Ancora risate. 

 

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Capitolo 5
*** Dolcezza ***


 

Dolcezza

 

 

- Granger? -

- Mmh? - è di nuovo a casa mia, oggi. Non credevo che il nostro patto si trasformasse in qualcosa di così... importante?... profondo?

A volte mi sento come se stessi oltrepassando il limite, come se, in qualche modo, stessi tradendo Ron.

Non rispondo neanche più alle lettere di Harry, troppo presa dalle parole di Draco. Eppure, non cancellerei neanche una sera trascorsa in sua compagnia. Anche se parliamo, e basta. Anche se non c'è mai stato un contatto, tra di noi. Mai un abbraccio, né una carezza, né un leggero sfiorarsi della nostra pelle. Mai.

Eppure, è diventato come una droga per me, perché rappresenta in pieno la speranza, la forza di andare avanti senza voltarsi mai.

Stiamo bilanciando il peso per non cadere.

- A cosa ci ha portato tutto questo? -

- Libero di non presentarti ogni sera, Malfoy – gli dico, offesa. Credevo che non fossi soltanto io a sentirmi, a mio malgrado, meglio. Anche se relativamente.

E' da quando abbiamo iniziato a conoscerci che non tocco alcol, perché ora non mi serve più. Perché ora non ho più bisogno di dimenticare.

- Maledizione, sai che non intendevo questo! - sbotta, tirandosi indietro i capelli con la mano destra e dandomi le spalle.

- E cosa intendevi, allora? -

- Cristo, Granger, non pensi mai a quel bastardo? A quanto se la stia spassando nonostante i crimini che ha commesso? Non ti senti ribollire il sangue e rimescolarti le budella? -

- Certo che ci penso – non era vero. Probabilmente era per colpa del mio animo Grifondoro, ma dopo aver incontrato Draco, non mi era mai venuto in mente di fare del male a quell'uomo che, seppur avesse rovinato le vite di entrambi, non aveva colpa, in fondo.

- E allora, Granger, perché non reagiamo? Perchè non gli scagliamo contro le stesse maledizioni che lui ha scagliato contro le persone che amavamo? -

- Ucciderlo non alleggerirà il nostro dolore -

- Invece sì, maledizione! -

- Sei sicuro di ciò che stai dicendo, Malfoy? Se te lo ritrovassi di fronte, lo ammazzeresti a sangue freddo, guardandolo negli occhi? Sapendo che non era consapevole dei suoi atti, quel giorno? Sapendo che è malato? Guardami, Malfoy – si volta verso di me. Gli occhi grigi, gonfi e arrossati nel vano tentativo di trattenere le lacrime.

- Lo uccideresti, Malfoy? - gli chiedo piano, raccogliendo con il pollice una gocciolina salata che ha già solcato metà del suo viso.

Non risponde, ma io so che quello sguardo grida un “no”. Non posso fare a meno di notare la dolcezza di questi attimi. Gli accarezzo la guancia umida con la mano e non mi accorgo di stare piangendo anch'io. Quanto può il dolore unire due persone?

Le sue labbra sottili si avvicinano piano alle mie e si toccano per qualche istante, mentre la mia mano continua a scacciare le lacrime che sgorgano a fiotti dai suoi occhi.

Non ho mai dato un bacio così lento, così delicato, così... romantico? E non posso fare a meno di pensare che, questo, è giusto. Questo, è bello. Questo, è la cosa migliore che mi sia mai capitata da due anni a questa parte. Ora, la sofferenza e i ricordi mi sembrano lontani anni luce, quasi fossero in fondo ad un pozzo, quasi fossero...

I miei pensieri, così come la dolcezza, si spezzano appena vedo, per un attimo, quella carrozzina bianca, dimenticata in un angolo della stanza.

E tutto si fa di nuovo più vivido nella mia mente. La stretta della mano di Ron e il suo viso raggiante, riflesso in quella vetrina a Diagon Halley.

Mi stacco da Draco e appoggio la testa sul suo petto.

- Mi dispiace... - lui volta lo sguardo, nella speranza di conoscere il motivo di quel mio radicale cambiamento. Vede la carrozzina, abbandonata e sporca. Sporca della mia vita, e mi abbraccia con tenerezza.

- Shh. Non pensarci Hermione, passerà – e mi viene in mente quel giorno, al cimitero. Quando desideravo qualcuno che mi portasse via da quel baratro e mi cullasse nelle sue braccia protettrici.

- Andrà tutto bene... presto finirà tutto – mi sussurra ancora nell'orecchio, come una ninna-nanna.

Forse, quel qualcuno non è solo frutto della mia mente.

Forse, esiste veramente un modo per andare avanti.

E forse, io l'ho trovato.

 

 

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Capitolo 6
*** Quando la rabbia offusca la ragione ***


Quando la rabbia offusca la ragione

 
La notte è scivolata via tranquilla, serena, silenziosa. E io sono davanti al focolare crepitante del mio salottino, in questo appartamento vecchio e buio. Guardo dalla finestra i fiocchi di neve sciogliersi e morire sull’asfalto bagnato e ho la sensazione che questa coperta che mi cinge il corpo non mi riscaldi affatto. Bevo un sorso di cioccolata bollente, dall’enorme tazza che tengo stretta fra le mani. Sento il liquido bruciarmi la gola e giù, giù, lungo l’esofago.
Controllo l’orologio a pendolo appeso al muro, scalfito dal tempo e dalla polvere. Le 18.23. E’ in ritardo stasera. Sospiro e chiudo gli occhi, profondamente spossata.
Tra qualche giorno sarà Natale. Immagino le famiglie, sorridenti con in mano i loro pacchetti colorati, riunirsi in casa, con i propri figli. Sedersi attorno un albero di plastica illuminato, acquistato per la pura e semplice gioia dei bambini, e cantare, ridere. Sognare.
Cosa posso sperare di sognare io, invece? Cosa mi rimane in cui possa credere?
E affiorano alla mente tutti i Natali passati a casa Weasley, o con i miei genitori, o ad Hogwarts. Circondata dalle persone che amavo e che amo ancora. Ma con la consapevolezza che quelli, siano solo ricordi. Quel tempo non potrà tornare mai più, perché la mia vita si è spezzata, per sempre. Ed è diventata vuota. Come quella di Draco, infondo.
Mi rendo conto che lui è l’unico spiraglio di luce in questa oscurità che mi soffoca. Che mi inaridisce. Che mi uccide.

- Bam! – sento la porta d’ingresso sbattere con violenza.

- Diavolo, Malfoy! Mi hai spaventata! – lui sembra ignorare le mie lamentele e mi getta in grembo un giornale. Faccio in tempo a notare la mascella contratta dalla tensione e il leggero tremore delle mani, prima che lui volti lo sguardo verso la finestra.
Afferro la carta umida e comincio a sfogliarne le pagine. I miei occhi si posano su un articolo in basso a destra.

Ex-Mangiamorte, omicida, viene rilasciato dalla clinica in cui alloggiava da due anni. Il ministero avrà fatto la scelta giusta a rimandarlo a casa?

Ci sono altre parole di seguito, altre frasi, ma la mia mente non riesce a decifrarle. La vista si appanna e il respiro accelera. Il cuore scoppia.
- Visto, Granger? – era da tanto tempo che non mi chiamava in quel modo – come ti senti, adesso? Sei tranquilla? Il tuo spirito Grifondoro vive ancora dentro di te? Vuoi restartene qui tranquilla, a bere la tua fottutissima cioccolata, davanti al caminetto acceso? – l’intensità della sua voce aumenta di sillaba in sillaba. Mi strappa la tazza dalle mani e la getta in terra con forza. Vedo i cocci della porcellana spargersi per tutto il pavimento e schizzare via con un fragoroso crack. E in quei cocci, io vedo il cuore di Draco. Frantumato, come lo è anche il mio. Ma il suo è invaso da una rabbia cieca che lo scuote, lo annienta, lo stordisce.
- Anche questa volta non faremo niente, Mezzosangue? Ce ne resteremo qui, con le mani in mano, ad aspettare che la morte ci prenda, a vivere come squallide nullità? – continua a gridare, vedo i suoi occhi in fiamme, iniettati di sangue – Sono passati mesi Granger! E quel bastardo adesso è libero, non è neanche affidato agli Auror! No, è LIBERO! – comincia a calciare le sedie del tavolino, dietro il divano. E’ come impazzito. Comincio ad avere paura. Non l’avevo mai visto perdere il controllo in questo modo, neanche quando eravamo bambini. Draco Malfoy, sempre gelido, razionale, mai un passo falso, mai una parola sbagliata.
E ora è lì, davanti a me,  in casa mia, a distruggere tutto ciò che gli capita a tiro. Ora il vaso di vetro dei miei genitori, ora i libri sulla mensola in alto.
- Draco – sussurro appena, con le labbra aride e la voce rotta. Non riesco a smettere di tremare, di piangere, di pregare.
- Draco, ti prego, smettila – continuo ad implorarlo, stavolta con un tono più sicuro, più mio. Faccio qualche passo nella sua direzione, evitando di calpestare i resti di quelli che fino a poco tempo fa, erano oggetti intrisi del mio passato. Non riesco a scorgere il suo viso. Mi dà le spalle. Eppure, qualcosa nel suo linguaggio corporeo è cambiato. Le mani hanno smesso di tremare, e le spalle sono meno rigide. La furia dentro di lui si è placata, il fuoco si è spento.
Gli poso due dita sul polso, in modo che si volti. La sua pelle è marmorea, bianca e gelida. Scatta fulmineo verso di me e mi afferra il collo con la mano destra. Sento le mie scapole frantumarsi contro il muro dietro di me, e inizio a boccheggiare. L’aria mi manca e le lacrime non cessano.
- Ti-ti prego – cerco di pronunciare, ma la mia voce non è altro che un roco e fievole sussurro. Sto per morire, lo sento. E il mio assassino sarà lo stesso uomo con cui ho condiviso questi ultimi mesi. Con cui ho riso e ho pianto. Di cui ho conosciuto il sapore e accarezzato l’essenza. Tutto finito. E’ tutto finito.
E poi sento che qualcosa muta. Le sue dita si staccano improvvisamente dalla mia pelle, lasciando un livido violaceo e dolorante, e io cado in ginocchio ai suoi piedi, cercando di rimettere in moto i polmoni. Mi chiedo quanto tempo sia passato. Ma sono certa che mi sarebbe rimasto davvero poco da vivere, se qualcosa in lui non fosse scattato. Non so se quel qualcosa sia stato la ragione o il sentimento.
Lo guardo negli occhi, sperando di non ritrovare più quello sguardo assassino di pochi minuti fa. Draco si inginocchia davanti a me, lentamente, mi massaggia il collo, le spalle, come se non si accorgesse di ciò che ha appena fatto.
- Scusami – sussurra. Ma non sembra affatto dispiaciuto. Sembrano quasi parole di cortesia, parole talmente false da far girare la testa.
- Se non vuoi combattere questa guerra non posso certo costringerti... Mezzosangue – sibila come ai tempi della scuola, sputando quella parola con odio e disprezzo. Chi è l’uomo qui davanti a me?
- Eppure non riuscirai a fermarmi questa volta... – si alza facendo leva sulle ginocchia e si allontana di qualche passo.
- Sai, in questi mesi non so perché parlassi con te, o perché tu parlassi con me. Forse pensavo che, magari, non so... sarebbe stato meno doloroso se mi fossi aperto con qualcuno. – abbassa lo sguardo e io aspetto, consapevole che le sue prossime parole, mi causeranno dolore – Invece mi sono accorto che non è servito a niente. Mi senti, lurida babbana? NIENTE. Dimenticati di quello che ci siamo detti. Dimenticati di quello che abbiamo fatto. Merlino, se penso che ci siamo baciati mi viene quasi da vomitare! – esclama, con un ghigno stampato in faccia. Uno di quei ghigni che non vedevo sul suo viso da anni. E con una contentezza nella voce, quasi irreale per una situazione del genere. Sembra che si diverta, che ci provi gusto ad insultarmi, a deridermi, a farmi sentire un verme. Non sento neanche la forza per alzarmi sulle mie gambe. Così resto a terra, con le braccia in grembo e la vestaglia umida di cioccolato.
- Io vado. Ah, e ovviamente non ci rivedremo mai più Granger, sappilo. So di averti spezzato il cuore. Infondo nessuno sa resistere al fascino di un Malfoy – si complimenta, con una strana luce negli occhi – Ci si vede, Mezzosangue – mi saluta, mi guarda, sorride di un sorriso burlesco, umiliante, e se ne va. Dietro di sé lascia solo il tonfo della porta e la mia anima devastata.
 
Angolo autrice...
 
Ma ciaooooooo!! Eccomi tornata con il seguito. So di essere restata fermata per taaaaaaaanto tempo ma purtroppo avevo perso la password del mio vecchio account :( Così ieri mi sono decisa a crearne un altro ed ecco oggi per voi un nuovo capitolo ( bello lungo :) ) Appena sfornato. Spero possiate sopportarmi ancora xD Fatemi sapere che ne pensate, vi raccomando! ;)
Un bacione a tutte,

_Ery1999_ 

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Capitolo 7
*** E lo vedo sorridere ***


E lo vedo sorridere

 
Sono passati tre giorni. Tre giorni che mi sembrano una vita. Tre giorni trascorsi a pensare, pensare e pensare ancora. Ma soprattutto, a rimpiangere. Come ho potuto essere così stupida? Come ho potuto fidarmi così facilmente ed incondizionatamente di lui?
Ricordo di essere rimasta ore sul pavimento sporco, immobile, con in testa nient’altro che le sue parole – coltelli avvelenati – e il vago rimbombo della porta, sbattuta violentemente contro la parete.
Ricordo di essermi dovuta reggere al tavolino, perché sentivo la testa vorticare e le gambe cedere. Ho afferrato una scopa e ho raccolto, coccio dopo coccio, i frantumi della mia vita, sul quel pavimento freddo e sporco. Così com’è sporca questa casa. Come sono sporca io.
E ancora adesso mi sento sporca, fragile, stupida, sola. A volte sento la solitudine schiacciarmi, un peso che mi comprime il petto e mi impedisce di respirare liberamente. E mi sento ferita. Ferita dalle sue parole, così maledettamente vere, così maledettamente giuste. E poi, i suoi occhi. Ricordo ancora lo sguardo che mi ha rivolto un attimo prima di sparire. Uno sguardo intriso di compassione, di repulsione, di pena.

Che vada al diavolo Draco Malfoy! Che vada al diavolo la mia voglia di parlare! Che vada al diavolo il mio dolore!
Resto qui, raggomitolata come un gatto, nel letto sudicio e freddo. E aspetto. Aspetto che la morte mi prenda perché non ha più nessun senso ricominciare a sperare di vivere. Di vivere diversamente. Non dopo tutto questo. Non dopo un’altra promessa spezzata. Non dopo un altro sogno infranto. Non dopo così tante lacrime versate invano.
 

§

 
- Pick! Pick! Pick! – un suono lontano mi sveglia. Sollevo lentamente le palpebre e la luce filtrante dalla finestra mi acceca. Mi sento debole. Sono giorni che non tocco cibo, il mio corpo non lo richiede e io non posso far altro che dormire. E bere. Di certo non visito più le osterie, solo pensarlo mi stanca, ma di tanto in tanto consumo alcune bottiglie di liquore che conservavo per le occasioni speciali. Ma quali occasioni speciali? Tanto vale che le finisca prima che vadano a male... E così le mie giornate passano ed io non sono neanche più cosciente del tempo che scorre. Dormo, mi sveglio, bevo, dormo, e così via. Speravo di morire presto, magari nel sonno. Non credo di meritare una fine dolorosa, sono solo una povera donna disperata e infelice.
Sbadiglio e mi stropiccio gli occhi, nella speranza di rendere più lucida la mia mente. C’è un gufo appollaiato sul davanzale che picchietta con il becco lungo e sottile contro il vetro. Rimango ferma qualche istante. E’ da tanto tempo che non ricevo posta. Potrebbe essere qualcosa di importante. Questo è l’unico pensiero che mi smuove e mi costringe ad alzarmi dal mio giaciglio per aprire la finestra.

Leggo il mittente sulla busta ingiallita. San Mungo. E’ uno scherzo. Dev’essere per forza uno scherzo, devo dire di cattivissimo gusto. La apro con delicatezza e sento che le mie mani iniziano a tremare. I miei occhi si posano solo sulle prime righe di una lunghissima missiva.
Si prega la sig.na Hermione Granger di recarsi immediatamente alla clinica ospedaliera del San Mungo, per via di questioni urgenti...
La paura mi attanaglia lo stomaco e il respiro resta incastrato in gola.
Afferro la bacchetta lasciata sbadatamente sul comodino, mormoro frettolosamente un incantesimo per rendere il mio aspetto quanto meno presentabile e, dopo essermi infilata un cappotto sgualcito color nocciola, esco di corsa, con il freddo che mi invade le narici e mi congela fino al midollo.
 

§

 
Era da tanto tempo che non usavo la smaterializzazione. Non sono più abituata come lo ero una volta. La nausea mi attanaglia il ventre e la paura non fa che peggiorare questa sensazione, tutt’altro che piacevole. Sto sudando freddo e le ginocchia non smettono di tremare.
- Signorina Granger! Signorina Granger! – un’infinità di voci maschili e femminili mi investe. Uomini e donne vestiti di bianco corrono verso di me. Mi porgono dei fogli da firmare. Io lo faccio, completamente a casaccio. Non riesco a leggere, non riesco a pensare. Tutto quello che so, è di trovarmi nell’ospedale della Londra Magica, ed essere circondata da volti che mi osservano, labbra che si muovono, mute alle mie orecchie.
Una ragazza sorprendentemente giovane mi afferra per la manica del cappotto.
- Mi segua – ordina, con un tono che non ammette repliche. I nostri occhi si incontrano, e io mi fido di quei due specchi color smeraldo, e le vado dietro, come farebbe un cucciolo con il proprio padrone. Mi sento disorientata, stordita da tanta gente e da tante parole. Persa. Impotente.
Vengo condotta in una grande stanza, bianca, al secondo piano. E’ ben illuminata e, soprattutto, impeccabilmente pulita. Vi sono quattro letti immacolati, tre dei quali vuoti. La ragazza si ferma e si volta nuovamente verso di me. Mi osserva. Sembra riflettere su cosa dire. Su come dirlo.
- Credo che lei si senta confusa in questo momento, signorina Granger – prende un respiro. Si aspetta una risposta, e io non posso far altro che annuire.
- Sono la medimaga Brown, capo di questo reparto. L’abbiamo convocata perché, proprio ieri, è arrivato qui da noi un caso piuttosto urgente. E lei sembra  l’unica persona con cui abbia contatti da anni. Sa di chi sto parlando? – mi chiede. Non capisco se per vero interesse o, più che altro, per accertarsi che stia ascoltando le sue parole. O, quanto meno, che non sia muta.
- Ehm... – mi schiarisco la voce, cercando di darmi un contegno – credo.. credo di sì – lei sembra sollevata. Accenna un sorriso e si avvicina all’unico letto non vuoto. Io muovo qualche passo nella sua direzione. Sento una morsa allo stomaco e la nausea non è ancora del tutto passata. Mi torturo una ciocca di capelli con le dita e dentro di me continuo a pregare che il mio presentimento sia errato. Non lui, ti supplico. Tutti, ma non lui.
E invece, eccolo lì. Con la testa leggermente inclinata verso destra e i capelli sottili appiccicati alla fronte imperlata di sudore. Sembra agitato. Il respiro è regolare, ma l’espressione del viso non è serena, ma quasi corrucciata. Le sopracciglia sono aggrottate e le palpebre chiuse con forza. La bocca distorta in una smorfia di dolore.
Mi lascio cadere sul materasso, che scricchiola debolmente. Il mio sguardo è fisso sul suo avambraccio sinistro, perforato da una flebo, su cui spicca il Marchio Nero. Una pelle così pura, imbrattata da un’ombra disgustosa.
- Che cosa è successo? – mormoro appena, più diretta a me stessa che alla dottoressa Brown.
- E’ stato un uomo a portare il suo corpo, ormai privo di sensi, alla clinica. Ci ha detto che era stato vittima di un brutto incidente e mi ha pregato personalmente di prendermene cura. Poi, tutt’a un tratto, ha cominciato a riempire il signor Malfoy di maledizioni. Le giuro, imprecava così spudoratamente che siamo stati costretti a condurlo fuori di peso. Sa, molti pazienti restano estremamente turbati da toni o parole forti. Lui si è gentilmente scusato, profondamente offeso, ed è sparito. Non siamo più riusciti a contattarlo. Non ha lasciato né un nominativo, né un indirizzo. Niente di niente. Non sappiamo proprio chi possa essere – conclude, con un leggero gesto della mano e un’espressione dispiaciuta negli occhi verdi.
- E’ molto grave? – mi azzardo a chiedere, con un tremore nella voce che non riesco a controllare.
- Sinceramente non lo so. Siamo certi che sia stato colpito da un incantesimo molto potente, probabilmente da una serie di Cruciatus, e ben assestati direi. Adesso è in coma, le sue condizioni sono stabili ma, chissà perché, non riesce a svegliarsi – sembra che voglia continuare, ma io la fermo. Voglio porle una domanda che mi preme da quando ho messo piede qui dentro, e lei mi sembra l’unica persona che mi dica la verità. L’unica persona di cui io possa fidarmi.
- Perché mi avete convocata? Voglio dire... come sapevate che eravamo in contatto? Chi...? – la lingua mi si aggroviglia in bocca. La mia mente è troppo annebbiata per funzionare correttamente. I miei occhi cercano quelli della ragazza, in modo che lei possa cogliere la supplica che si cela nelle mie iridi.
Sorride. Di un sorriso che sembra voglia nascondere, di un sorriso fuori luogo. Perché é fuori luogo.
- Ecco... – si massaggia il collo, in evidente imbarazzo – diciamo che... è stato proprio il signor Malfoy a dirci di lei – mi risponde, con uno sguardo tra il divertito e il beffardo. Ma come? Non mi ha appena detto che quando è arrivato qui, era privo di sensi? Schiudo la bocca, più confusa che mai, restando immobile, sperando che la verità mi venga concessa al più presto.
- Non faceva altro che sussurrare il suo nome, signorina Granger. Per l’intera notte. Non ce la facevamo più a sentirlo ripetere – sghignazza, con un sorriso birichino sul bel viso.
- Vuole restare qui, stanotte? – chiede all’improvviso, di nuovo seria.
E’ strano che non mi abbia fatto alcuna domanda, lo apprezzo molto. Rimango incerta. Voglio restare qui, stanotte? Accanto all’uomo che, pochi giorni fa, mi ha ferita, umiliata, svuotata? Se lo merita? Ma soprattutto, lo desidero?
La giovane medimaga si accorge del mio conflitto interiore, della mia incertezza, e pronuncia poche parole. Poche parole che mi salvano dalla mia insicurezza così emotiva.
- Le porto una coperta calda e un caffè – scandisce bene, senza che nessuno gliel’abbia chiesto, avviandosi con sicurezza verso l’uscita. Io rimango immobile, pietrificata, ascoltando il ticchettio delle sue scarpe sulle piastrelle dell’ospedale. Il suo passo è veloce e scattante, così come il battito del mio cuore in questo momento.
Mi avvicino al letto e mi siedo su una poltroncina beige lì accanto. Poggio il mento sulle mani e sospiro. Guardo ancora una volta il viso di Draco. Sofferente, contratto. Gli sfioro la mano, diafana e tremante.
E lo vedo sorridere.
 
Angolo autrice...

 
Eccomi di nuovo con il settimo capitolo! :) Spero vi piaccia. Fatemi sapere cosa ne pensate, vi prego. Tengo molto ad un vostro, anche minuscolo, commento. Ovviamente le critiche sono ben accette :) Vi aspetto!
Un bacione a tutte voi,

_Ery1999_ 

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Capitolo 8
*** Te ***


Te

 
Ho avuto freddo, stanotte. Mi sono svegliata parecchie volte, in preda agli incubi, con il viso in fiamme e gli occhi colmi di terrore. Ad ogni ora che passa, mi pare di sentire un bip prolungato, e di vedere sullo schermo del monitor una linea piatta. La sua vita che si ferma. Sono le sei del mattino, eppure mi sembra sia passato molto più tempo. Forse è proprio vero che la paura ci fa perdere il controllo della realtà, della vita che scorre placidamente. E’ sempre uguale lei, la nostra vita, i suoi ritmi sono sempre gli stessi. Siamo noi che cambiamo, sono le nostre sensazioni che cambiano. E’ la nostra mente che cambia.
Sto forse impazzendo? Non so dirlo. Ma di una cosa sono assolutamente certa: questa è stata la notte più interminabile e dolorosa della mia vita, perché la sensazione di aprire gli occhi e trovare il letto davanti a me vuoto e nudo, non mi ha mai abbandonata. Perché mi sono resa conto che l’uomo che ha riempito i miei incubi fino a poche ore fa, e che è stato causa del mio dolore, è l’unica cosa che mi tiene ancora in vita. Che mi lega a questo mondo che non avrebbe più senso senza di lui. Perché il mio mondo non avrebbe ragione di esistere senza Draco Malfoy.

Eppure so che questi pensieri saranno solo causa di altra sofferenza, perché non ci potrà mai essere un noi. Dal primo momento in cui sono entrata in questo stanza e ho visto il suo viso, ero consapevole del fatto che sarebbe stata tutta un’eterna finzione, e che appena lui si sveglierà, io sparirò dalla sua vita e viceversa. Appena la sua vita sboccerà nuovamente, la mia si spegnerà in eterno. Appena lo vedrò aprire gli occhi, mi alzerò da questa poltrona impregnata del mio dolore, e uscirò da questa stanza, da questo mondo, senza voltarmi indietro. E so che Draco non cercherà di fermarmi, non si darà neanche la pena di pronunciare un’ultima volta il mio nome. Se ne starà lì fermo, accoccolato sul cuscino soffice con un ghigno stampato in faccia, a complimentarsi con se stesso per non essersi sbagliato. Nessuno può resistere al fascino di un Malfoy. Ma io, quel ghigno non lo vedrò mai, perché anche scorgerlo da lontano, mi ucciderebbe.

- Buongiorno, signorina Granger. Dormito bene? – la dottoressa Brown è in piedi accanto a me, sorridente, con un’infinità di pozioni e unguenti stretti al petto.
- Buongiorno. Si, grazie, non si preoccupi – rispondo io cordialmente, cercando di imitare la sua espressione perennemente solare, con risultati quasi nulli. Sento le palpebre pesanti e le tempie pulsare.
- Se vuole darsi una rinfrescata,  il bagno è l’ultima porta a destra in fondo al corridoio – mi informa, indicando la direzione con il pollice, spostando tutte le boccette, in equilibrio molto precario, su un solo braccio.
Annuisco ed esco, in cerca di una doccia calda. Appena varco la soglia imboccando il corridoio, sento il suono scrosciante di un oggetto che si frantuma. Faccio capolino da sopra lo stipite e vedo la giovane medimaga intenta a raccogliere i resti di una fiala di cristallo, imprecando sottovoce.

E, a quella scena, sento le lacrime pizzicare e una morsa alla bocca dello stomaco  impossessarsi del mio respiro. Pochi giorni fa, ero io quella china sul pavimento, a spazzare via i cocci del mio passato.
 

§

 
L’acqua è davvero fonte di ristorazione. Strofino ben bene la spugna contro il mio corpo, e le unghie nei miei capelli. Quando esco dal box, completamente nuda, mi sento improvvisamente bene. Eppure, dopo essermi vestita e tornata nella stanza di Draco, quella sensazione scompare, così com’è venuta, rendendomi profondamente arrabbiata con me stessa.
Perché darmi tanta pena per uno come lui? Perché lo ami, Hermione. Sussurra una vocina perfida nella mia mente. Mi siedo pesantemente sulla poltrona, contrariata. Non voglio dare ascolto alla mia coscienza, che motivo avrei? Amarlo o no, non cambia la situazione. E qual è la mia situazione? Quella di una donna infelice e sola, incastrata nei meandri dei suoi stessi sentimenti, senza una concreta ragione per andare avanti. Tranne una. E’ quella ragione che non mi rende felice e libera. La morte non è forse libertà? Perché lui non merita di essere quella ragione, non merita di essere il mio unico scopo, il mio mondo, la mia casa. La stessa casa che ha ridotto in frantumi, così come ha ridotto in frantumi la mia mente e le mie speranze.
E non posso fare a meno di odiarlo in questo momento, mentre guardo il suo volto occasionalmente sereno abbandonato sul cuscino, come quello di un bambino addormentato. Lo odio perché, per me,Draco Malfoy è la vita e la morte, è la gioia e il dolore, l’amore e la disperazione, la voglia e il rimpianto, le lacrime e i sorrisi.

Piango. Prendo la testa fra le mani e il mio corpo viene scosso dai tremiti e dai singhiozzi. Mi sento come un animale braccato. Braccato da un cacciatore spietato, crudele, sadico, che ha piazzato una trappola astuta in cui la bestia è caduta, impotente. Ma Draco non è quella trappola.
Sono io. Io e solo io. Sono l’animale e il cacciatore. Sono la mia stessa gabbia. La mia stessa malattia.
E Draco ne è la cura.

- Her-Hermione – sento un sussurro indistinto e il lento fruscio delle lenzuola. Alzo lo sguardo e incrocio i suoi occhi, mai stati così limpidi. Così vivi. E’ arrivato il momento. Sto per morire.  
Cerco di alzarmi, facendo leva sulle gambe ma non le sento più. E’ come se non fossero più attaccate al mio corpo, come se non rispondessero agli impulsi del mio cervello. Riprovo una seconda volta e ci riesco, aiutandomi con le braccia. Lui mi guarda, confuso. Io invece tengo gli occhi a terra, ancora traboccanti di lacrime. Sono quasi arrivata alla porta. Un altro passo e la mia vita finirà, per sempre. Addio Draco, non dimenticarmi.
- Aspetta! – lo ha quasi gridato. Fortuna che il corridoio sia deserto. Sono pietrificata, non riesco neanche a voltarmi.
- Cosa vuoi? – mormoro appena, e il mio tono sembra più una supplica che una domanda.
Silenzio. Un silenzio assordante che ci avvolge e ci stritola, come fosse un boa. La stanza è quasi annebbiata da tanto dolore.
- Guardami – è un ordine. La sua voce non lascia spazio ai dubbi. Perché mi sta facendo questo?
Mi giro lentamente verso di lui e incrocio i suoi occhi. E in quegli occhi leggo la risposta alla mia domanda. Vedo una profonda solitudine, un inarrestabile desiderio di amore, una muta richiesta di non essere abbandonato a questa vita così crudele - perché in due saremo più forti di fronte al passato -, un grazie. E lui sa che io ho visto. Che io so. Ma non mi basta. Non mi basta leggerlo dentro di lui, voglio che lo dica, che lo ammetta. Che mi salvi dalla morte e mi riporti alla vita. Voglio che sia la mia cura.

- Cosa vuoi – non è una domanda, la mia. E’ un “due punti”. Spetta a lui il compito di riempire lo spazio dopo quel segno di punteggiatura. Spetta a lui dire ciò che c’è da dire, fare ciò che c’è da fare. Perché sappiamo entrambi di non avere più tempo. Sappiamo entrambi che la nostra felicità è appesa a un filo e che dobbiamo tenerlo stretto, quel filo, affinché non ci scivoli via dalle mani.
- Te – una parola che fluttua nell’aria e che si perde nello spazio intorno a me. Due lettere che riassumono tutto ciò che c’è da dire e tutto ciò che c’è da fare. Te. Non ho mai sentito un suono così dolce. Così perfetto.
Il sangue rallenta nelle mie vene e trattengo il respiro. Dio, fa che questo non sia un sogno. E sento di essere guarita finalmente, dopo tante battaglie, dopo tante sofferenze, dopo tanto tempo.
Mi avvicino a Draco con passo deciso, fermo,  e con determinazione negli occhi. Non c’è più spazio per altri dubbi. Ci guardiamo per un lungo, interminabile momento. Abbastanza lungo perché fra di noi passi ciò che non è mai passato, scorra ciò che non è mai scorso. L’amore. Mi siedo sul materasso e sento la sua mano spingere contro la mia schiena. Vedo il desiderio aleggiare nei suoi occhi freddi. Le nostre labbra si toccano, le nostre lingue si cercano, le nostre lacrime si mescolano.

Sono a casa, sono nel mio mondo.
 
Angolo Autrice...
 
Eccomi di nuovo con il penultimo capitolo! Il prossimo sarà un prologo. Spero che la mia fic vi sia piaciuta :) Mi farebbe molto piacere se mi diceste il vostro parere, così che io possa migliorare. Perciò, per favore, lasciatemi un commentino. Vi aspetto!
Un bacione a tutte,

_Ery1999_

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Capitolo 9
*** Primavera ***


Primavera

 
Draco Malfoy si è appena materializzato di fronte ad una grande casa in periferia. E’ uno che ha soldi, il bastardo, pensa. E’ un’abitazione antica, raffinata, anche se un po’ rovinata dal tempo e dalle intemperie.
La bacchetta è salda nella sua mano e il freddo del legno gli provoca la pelle d’oca. Il respiro aumenta; la rabbia divampa dentro di lui, come fosse un incendio; le labbra sono distorte in una smorfia di repulsione.
E’ giunto il momento che tanto aveva aspettato, sognato, desiderato.
Fa saltare i cardini del pesante portone in quercia con uno Schiantesimo e percorre il pavimento marmoreo con passi decisi e scattanti. Tutto tace. Ma Draco Malfoy sa che l’uomo che cerca è lì dentro, a testimoniarlo c’è il fuoco quasi morto nel caminetto imponente. Tende l’orecchio, nella speranza di captare un suono. Niente.
Ispeziona diverse stanze, vuote. E molto disordinate. Una in particolare trabocca di liquori e di bicchieri già sporchi che emanano il tanfo dell’alcol. Draco Malfoy prova ribrezzo per quell’uomo.
Sale al piano di sopra percorrendo una lunga scalinata, anch’essa in marmo grigio chiaro. Apre lentamente una porta che non emette neanche un minuscolo cigolio a tradire la sua presenza. Le nocche della mano sbiancano a causa della pressione e il cuore gli martella in petto. Lo vede.
E’ di spalle a trafficare con dei fogli ingialliti, sparpagliati su una scrivania  sporca di inchiostro. Non sembra avere con sé un’arma.
- Finalmente ci incontriamo, brutto figlio di puttana – sputa Draco con tutto il veleno che fino ad ora ha trattenuto in corpo. L’uomo si blocca, è immobile, poi si volta senza movimenti bruschi, come se non fosse sorpreso. Nota la bacchetta puntata contro di lui, ma non batte ciglio. Nei suoi occhi non c’è traccia di sfida, né di paura. Sono vuoti, semplicemente vuoti.
Draco Malfoy resta colpito dal suo sguardo. Sente ogni emozione scivolare via dal suo corpo e disperdersi nell’aria, come polvere. Non percepisce l’adrenalina nel sangue, né la sete di vendetta bruciargli nell’esofago. Si sente stanco.
- Chi è lei? – si sente chiedere, da una voce tranquilla e misurata. E’ confuso, Draco Malfoy, non si aspettava certo una reazione del genere dall’assassino di sua moglie e di suo figlio.
- Chi sono io? Chi sono io? Sono l’uomo che ha perso tutt... tutta la sua famiglia per colpa tua, bastardo! – non è stata l’insicurezza la causa di quel piccolo tentennamento, né la paura. Solo i sentimenti. Avrebbe voluto dire
che ha perso tutto ma sarebbe stata un’affermazione assolutamente falsa, si rende conto. Perché lui non ha perso tutto. O meglio, dopo aver perso tutto ha ritrovato una ragione per cui vivere. Di nuovo. E quella ragione, continua a pensare, é la stessa persona che per anni ha insultato e maledetto; la stessa persona per cui nutriva da sempre un odio profondo e sincero. Eppure forse, dopo tanto tempo, quell’odio si é trasformato in qualcosa di diverso, se diverso si può definire l’amore in relazione all’odio.
Ad un tratto quei pensieri cessano di vorticargli in testa. E’ stato uno stupido a recarsi in quel posto. Non ha senso uccidere l’uomo che gli sta d’avanti e che ora sta estraendo qualcosa dal cassetto della scrivania... Un momento.
Draco Malfoy non fa in tempo a parare lo Schiantesimo che vede arrivargli davanti agli occhi come un fulmine durante una tempesta. Viene scaraventato contro la parete alla sue spalle e ringrazia Merlino perché non si sia rotto l’osso del collo. Il tonfo rimbomba nella stanza. Tasta il pavimento gelido per ritrovare la bacchetta che gli è scivolata dalle mani.
- Accio bacchetta! – grida il suo avversario, afferrando quasi contemporaneamente una seconda bacchetta. E’ finita, pensa in quel momento Draco Malfoy. E’ disarmato, di fronte ad un Mangiamorte che ha ampiamente sottovalutato. E’ veloce e scaltro nel duellare.
La cosa buffa è che è stato proprio lui ad andarlo a stanare. Che modo stupido di morire, si dice. Eppure sa che la sua presenza non mancherà a nessuno. Così come nessuno si accorgerà della sua assenza. Un unico rimpianto gli tormenta la mente e il cuore: quello di aver lasciato Hermione, impaurita e tremante, contro il muro di casa sua, con la cioccolata ad imbrattarle i vestiti. Rimpiange di averle sputato contro frasi e pensieri che non gli appartenevano. O meglio, che non gli appartengono più da un po' di tempo, ormai. Rimpiange di averle riversato addosso tutta la rabbia e il dolore che provava in quel momento, quando la lucidità gli era venuta a mancare. Ma soprattutto rimpiange di non averle detto quanto l’ama e che lei non lo potrà mai sapere. Mai più.
E’ con questi pensieri che Draco Malfoy chiude gli occhi, umidi, stringendo le mani a pugno, aspettando impotente le due parole che metteranno fine alla sua esistenza. Reagire non ha senso. Anche in un corpo a corpo non riuscirebbe a reggere il confronto. L’uomo a pochi passi da lui, è più alto e più robusto. Più forte.
- Crucio – sibila il Mangiamorte con una nota di piacere perverso nella voce. E Draco Malfoy non può far altro che gemere, mentre i Cruciatus piovono uno dopo l’altro sul suo corpo, come le foglie ai piedi degli alberi in autunno. La sua mente resta completamente lucida per poco, poi tutto si fa più annebbiato, più confuso. Non ricorda quasi niente di quei frammenti di tempo. Solo una luce negli occhi del suo avversario che prima, ne è sicuro, non c’era. Una luce assassina che ti arriva dentro, fino al midollo, e ti congela, ti uccide.


Il racconto che ho appena ascoltato mi ha davvero sconvolta. Draco è stato davvero un pazzo ad avventurarsi lì, e per di più da solo. E’ seduto davanti a me, sul divano, con la luce del fuoco ad illuminargli il volto pallido. E’ bello. Non ci  ho mai fatto caso sinceramente, ma ora che le fiamme creano giochi di ombre sulla sua pelle e nei suoi occhi, mai stati così tristi, non posso fare a meno di pensarlo.
- Sei bello – so che è una frase stupida e fuori luogo, ma voglio che capisca che non sono arrabbiata con lui per quello che ha fatto, anche se è stata una colossale stupidaggine. Voglio che capisca che l’unica cosa che mi importa è che ora sta bene, e che sto bene anch’io, e che siamo insieme, con le dita intrecciate e il riflesso dell’una nelle iridi dell’altro.
Lui mi guarda confuso, smarrito, ma il mio sorriso gli manda il messaggio giusto, quello che volevo percepisse. Ci siamo solo noi, ed è questo che conta per me. Il passato è passato, ed è meglio per entrambi che i nostri fantasmi rimangano al di fuori del presente. Solo così potremmo guardare avanti, e sperare un futuro.
 


§

 

Anche adesso è bello, Draco Malfoy. Nonostante siano passati anni da quella sera sul divano, davanti al caminetto acceso. E’ primavera. E nell’aria si sente profumo di Sole e di fiori. E d’ amore. O forse, quello sono solo io a sentirlo.
- Sei felice? – gli chiedo all’improvviso, interrompendo un suo discorso di cui ormai avevo perso completamente il filo. Lui si ferma, mi guarda e poi i suoi occhi si posano davanti a sé, come se in quel qualcosa che ora sta osservando ci fosse la risposta alla mia domanda. E infatti è così. Draco si piega leggermente verso la carrozzina per dare un leggero bacio alla bambina che la riempie. E’ splendida, la nostra bambina. Pochi ciuffi bruni e ricci di capelli spuntano dalla sua testina perfettamente tonda e i suoi occhi grigi sembrano emanare luce propria tanto sono limpidi, vivi. Allunga le manine paffute verso il viso del padre, urlando di gioia. Sorride mettendo in mostra l’incisivo appena cresciuto. Draco si raddrizza, poggiando istintivamente le dita sulla carrozzina. La stessa carrozzina che non è rimasta vuota e sporca, dopotutto. Si volta verso di me e mi stringe le labbra in un bacio. Un bacio che ha il sapore della primavera. Un bacio che vuol dire .
Perché è felice Draco Malfoy, come lo sono io.
- Ti amo – sussurra, tenendo ancora gli occhi chiusi per assaporare al meglio il mio sapore. Lo stringo forte, come se ciò che ha appena detto fosse solo un’illusione della mia mente, un sogno da non lasciarsi sfuggire. E, improvvisamente, mi sento di nuovo nel mio mondo. Un mondo dove ci siamo solo noi, noi e la nostra bambina. Un mondo dove i fantasmi non possono attraversare i muri e coglierci di sorpresa nel profondo della notte, come invece era una volta. Un mondo dove è sempre primavera. Un mondo dove sentirsi a casa, per sempre.
 
Angolo Autrice
 
Salve gente!! Scusate il ritardo di questo prologo ma sono stata davvero impegnatissima con la scuola. Spero davvero che la mia fic vi sia piaciuta :) Ringrazio chi l’ha letta, chi l’ha commentata, chi l’ha messa nelle seguite, nelle ricordate, nelle preferite e anche chi l’ha profondamente odiata. In ogni caso, vi prego, lasciatemi un commentino e fatemi sapere che cosa ne pensate. Vi raccomando, vi aspetto :)
Un bacio a tutte voi,

_Ery1999_

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