Una vacanza da urlo (di Munch)

di Joe McFly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La partenza ***
Capitolo 2: *** La casa degli amici ***
Capitolo 3: *** La casa della famiglia ***
Capitolo 4: *** Il patatrac!!! ***
Capitolo 5: *** Un ospite sgradito ***
Capitolo 6: *** Gli abitanti del paese ***
Capitolo 7: *** Il trasloco ***
Capitolo 8: *** Considerazioni ***



Capitolo 1
*** La partenza ***


Questa è la (dis)avventura che ci capitò qualche anno fa. La tiriamo spesso in mezzo nelle cene con amici o parenti. Raccontarla con particolari nuovi e ben recitati aumenta lo spasso. Proverò a trasportarla a parole qui.
Per quanto sia stata spassosa, non vi auguro di vivere un’avventura del genere. MAI!

 1. La partenza

In estate noi andavamo sempre a Casal Velino (in Campania), sempre nello stesso parco. Purtroppo i proprietari hanno veduto il tutto ad una compagnia tedesca che affitta case solo ai tedeschi! [Alla faccia della Memoria!]…
Così, alcune estati fa, mio padre ha deciso di chiedere ad un amico di trovarci un posto di villeggiatura, per poter passare le vacanze. Mio padre, prima di accettare una qualsiasi cosa, preferisce vederla personalmente con i propri occhi. Proprio stavolta, non lo fece… [Ti devono fare santo, papà]…
Partimmo per Santa Caterina dello Ionio, dove nelle vicinanze va a villeggiare l’amico di mio padre (che chiameremo Amico). Ora, quest’Amico ci disse che il paese distanziava 1 solo Km dal mare (mar Ionio, ovviamente, quindi uno spettacolo). Però non ci disse che la via che collega paese-mare è così tortuosa e piena di curve che se ci porti Schumacher, ti risponde che preferisce farsela a piedi!
Partimmo il pomeriggio ed arrivammo nella casa dell’Amico a tarda sera [quindi non ci rendemmo conto della strada tortuosa]. Lui villeggia in un parco isolato sulla montagna in cui vi ci sono 3 palazzi [basta!], con una piccola zona dedicata ai bambini, con scivoli e altalene. Mentre mio padre parlava con l’amico in casa, noi ragazzi [Io, mio fratello, mia sorella e amici nostri] rimanemmo fuori…
Che brutta pensata: sembrava lo scenario horror meglio realizzato. Ci mancava solo che Samara (quella di “The Ring”) uscisse dal pozzo. Ma non per spaventarci: per chiedere se potevamo giocare con lei, visto che non c’era nessuno… Persino le lucertole si mettevano a giocare a carte, scocciate.
Dopo un po’, ritornammo in auto [2 macchine] e salimmo [ancora? Ma per scendere a mare che ci vuole, la funivia???] fino al paese.
Finalmente arrivammo a Santa Caterina dello Ionio. E qui iniziarono le vere sorprese (e le risate)…

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Capitolo 2
*** La casa degli amici ***


2. La casa degli amici

Per entrare in paese, facemmo molta fatica. Le uniche due strade che portavano ad esso erano troppo strette e le macchine non ci passavano. Così prendemmo l’unica strada più larga. [Col cavolo! Le lumache facevano a spintoni per passare… in più era persino contro senso! Mica ci preoccupavamo dei vigili? Non c’era anima viva… Ma forse perché era tardi? Chissà…].
Arrivati in paese, parcheggiammo le auto nella piazza principale [non c’erano altre auto. La gente andava in giro in calesse, forse…] e scendemmo ad ammirare il paese.
Avete presente quei paesi stile ‘800, tipo “Nome della rosa”, con le chiese antiche e tutto in pietra? Le avete presenti? Uguale… Persino la chiesa nella piazza, datata 1820 [Pensavate che scherzassi?].
Ovviamente, neanche una mezza persona in giro [parlo di persone vive, perché di spiriti credo ce ne fossero]. Era talmente depressivo e solitario quel paese, che potevi notare le formiche chiedere l’autostop per il prossimo paese (vivibile).
L’Amico (che ci aveva accompagnato) ci spiegò che nel palazzo di fronte [Palazzo? Era, sì e no, alto come lo scivolo della piazza comunale] ci abitavano gli studenti per studiare in riposo [L’unico “riposo” era quello eterno dei morti dell’800, altrochè! E, comunque, non vedemmo alcuno studente, nel tempo che fummo lì. Anzi, non vedemmo alcuno... Stop!].
Dopo, l’Amico andò via, mentre noi andammo a vedere le case.
Vi descrivo prima la casa dei nostri amici e poi quella della nostra famiglia.

La casa degli amici: Per arrivarci dovevi oltrepassare mezzo paese, tra vicoli ciottolosi ed isolati. Passavi accanto a qualcosa che doveva essere o una chiesa sconsacrata, o un cimitero vivente. Poi, finalmente, dovevi svoltare a destra e passare sotto un passaggio angusto, con il tetto ad arco [sembravamo Indiana Jones alla ricerca del Santo Graal]. Si… Sembrava una catacomba!
Quando, alla fine del corridoio dannato arrivavi nella casa, scoprivi, molto elegantemente, che questa, in precedenza, era stata una cantina dove ci lasciavano i salami ad invecchiare. E forse anche il vino. Infatti, il piano di sotto era un grande stanzone, con i ganci sul tetto e un odore di paglia e d’antico che è tutto un programma. Era stata allestita, con poca cura, a cucina, con un tavolo che era in piedi per miracolo e 2 sedie.
Il resto doveva sedersi sui gradini che portavano al piano di sopra. Salite le scale, trovavi una porta di legno scorrevole che divideva piano terra al piano superiore.
Il piano superiore era formato da un ingressino [4m x 4] che dava su un balcone [1m x 0,5], il quale donava una bella vista sulle catacombe. Le stanze per dormire erano 2 [piccolissime] e la cosa più bella era il bagno. 3m x 2, aveva [molto intelligentemente] il WC di fronte ad una finestra [che non si poteva chiudere] che dava sul balcone.
Donammo il premio Pulitzer all’architetto!
Ma per quanto fosse orrenda, era abbastanza vivibile. La cucina [cantina] era comunque grande e ci si poteva arrangiare. E le stanze da letto, visto che si doveva solo dormire, erano sufficienti.
Chi andò male fummo noi [ovviamente!]…

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Capitolo 3
*** La casa della famiglia ***


3. La casa della famiglia

La nostra casa era più vicina alla piazza, punto centrale del paese [Unico pregio!].
Dovevi solo svoltare in una piccola stradina e subito la notavi. Questa parte del paese, come in tutto il paese, le case erano talmente vicine una all’altra, che se salivi sul tetto, ti facevi il giro panoramico di tutto il paese. O, se rompevi i muri divisori, uscivi dalla casa che stava nel punto opposto del paese rispetto alla tua [giusto per descrivere l’atmosfera].
La nostra casa era sopraelevata dalla strada. Salivi una piccola scaletta [per forza in fila indiana] e ti ritrovavi dinanzi alla porta. Ora, mantenetevi forte…
Entrati, la casa era così: uno strettissimo corridoio con 2 stanze sulla sinistra. Erano vivibili. In una si mise mia sorella con l’amica, e nell’altra i miei genitori.
Alla fine del corridoi [7 metri, non di più] ti trovavi dinanzi una scaletta di legno che era talmente ripida da dover appoggiare le mani sul gradino superiore per poter salire. Capimmo, poi, che era la stessa scala che usa Heidi per salire nella camera da letto. Solo che la nostra aveva il muro dietro [niente sottoscala, quindi] e con il terzo gradino, a partire da sotto, che non serviva ad un caz*o! [detto elegantemente!].
Arrivati in cima, ti trovavi in un salone con un tavolo e due mobili bassi, con le portiere di vetro, pieni di cianfrusaglie. Il pavimento era un parquet.
Voi direte: che bello! Io vi dico: che caz*o state a dì? Il pregio del salone è che era anti-furto. Sì: ad ogni passo tremava tutto il pavimento, ed il rumore era ampliato dai mobili in vetro e dalle cianfrusaglie appoggiate su piani di vetro! Morale: nel salone non potevi passarci di notte…
Alle tue spalle, nell’angolino, c’era una porta così stretta che la porta dell’Inferno sembra l’arco di Tito. Giuro, non si notava! Ce ne rendemmo conto solo girando una ventina di volta per il salone [facendo una specie di concerto casalingo].
Questa era la porta del bagno. Un bagno [4m x 5] in cui [sempre il grande architetto di fama mondiale] ci aveva messo di tutto di più: doccia, WC, lavandino, vasca e scaldabagno [che non funzionava]. Dovemmo  mettere un cartello con scritto "WC" ed un freccia, per ricordarci dove fosse.
In ogni modo, in quel bagno, ci urinai solo. Per altre “funzioni corporali” andai nel bagno dell’altra casa, sebbene la finestra non si chiudesse!
Il salone era basso. Infatti per passare in cucina dovevi scendere un gradino. Non essendosene accorto, mio padre cercò di sfilarsi la maglietta in salone, andando a sbattere con le mani contro tetto [e vi dico che mio padre non è Michael Jordan!].
Si arrivava poi in cucina. La stanza più vivibile in cui, però, a malapena c’entravamo tutti. Molti dovevano restare seduti, sul tavolo, per potervi entrare.
Eravamo 6 persone: io, mio padre, mia madre, mio fratello, mia sorella e l’amica.
Nella cucina vi era una seconda scala, più accessibile, per il terzo piano! Direte voi: cavoli, il terzo piano. È una comodità. Io vi rispondo: cavolo, il terzo piano. È ‘na schifezza!
Infatti ti ritrovavi in una stanza [unica] in cui l’odore nauseabondo t’intossicava i polmoni. Non c’era nulla: solo un appendiabiti e un baule chiuso. Io e mio fratello, che non siamo certo dei fifoni, abbiamo lasciato tutto com’era e abbiamo chiuso [ermeticamente] la porta che dava al terzo piano. Avevamo già di che temere, giù…
Infatti, in fondo [non che fosse 10 m… 3 piuttosto] al salone [la stanza del concerto] vi era una piccola parte murata, nella quale si accedeva tramite una porta. Stranamente era chiusa. L’unica porta chiusa della casa. Inizialmente pensammo fosse il ripostiglio. Capimmo, poi, che c’era rinchiuso un essere diabolico, creato il laboratorio e chiuso da anni… Inutile sottolineare che non ci passò nemmeno per l’anticamera del cervello di tentare di aprirla!
Questa era la casa… Però, voi, giustamente, chiedereste: se le stanze da letto erano 2, e già occupate, tu e tuo fratello dove dormivate?
Bella domanda. Ecco la risposta: nella cucina! [vi avevo detto che era l’unica stanza vivibile della casa!].
Nei particolari: mio fratello aveva una rete [bassa e sporca] e un sottilissimo materasso di non so che materiale…
Ma lui stava bene, perché, per me, non c’era materasso. Il mio materasso era sostituito da un materassino da spiaggia [giuro sulla mia vita!] e come cuscino, un cuscino gonfiabile (sempre da spiaggia). Inutile dirvi che la mattina dopo si era tutto sgonfiato ed io avevo dormito sui ferri vecchi della rete…
Ma fu proprio in cucina che vivemmo l’incidente più bello (e che ancora ricordo con terrore) di tutta la vacanza…

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Capitolo 4
*** Il patatrac!!! ***


4. Il patatrac!

Ho usato questo termine (ho scoperto, solo oggi, che esiste per davvero!), per descrivere l’incidente in cucina, per due semplici motivi.
Il primo, perché è stato proprio un rumore a destarmi dal mio (agitato) sonno;
Secondo, questo fu la goccia che fece traboccare il vaso… O la graticola! Dipende dai punti di vista. E tra un po’ capirete perché…
Nella cucina vi era un chiodo che, secondo me, era lì da una ventina d’anni [infatti, era molto arrugginito]. Sul chiodo [giuro!] vi era appeso un calendario di 5 anni prima!
Mia madre [devo dire molto intelligentemente] appese a questo chiodo la graticola, una padella e altri utensili da cucina. Proprio sotto il chiodo vi era un comodino, con i piani in vetro, sul quale vi erano alcuni oggetti. Vicino a tutto ciò vi era il mio letto e, accanto, quello di mio fratello.
Noi tutti, ignari della tragedia, andammo a dormire.
Io, nonostante fossi stanco del viaggio, della fatica per aver portato le valigie in casa [casa… chiamiamolo rifugio] ed ucciso dal caldo, non riuscivo a prendere sonno [forse il materassino da spiaggia non era di marca… Il cuscino (da spiaggia), devo dire la verità, era comodo. Forse perché era della Mattel!].
In ogni caso, vi risparmio il casino che facemmo per gonfiarli entrambi. Inutilmente, perché due ore dopo erano del tutto sgonfi.
Io non riuscivo a prendere sonno e pensavo all’ipotetico mostro che si nascondeva nel “ripostiglio”, proprio posizionato in direzione opposta alla mia destra. Alla sinistra avevo il muro [col famoso chiodo] e, di fronte, una gran finestra che dava sul paese e che doveva rimanere aperta per far passare l’aria [si moriva dal caldo!].
Per contro risposta, io morivo dalla paura. Se aprivo gli occhi, vedevo le case del paese immerse nel buio della notte, illuminate dalla luna. Se li chiudevo, non potevo fare a meno di ripensare al mostro [oramai questo fatto mi aveva impressionato così tanto che non riuscivo a dimenticarlo].
Tanto è vero che (sarà stata colpa della mia immaginazione), iniziavo a sentire dei rumori sommessi, come lenti guaiti. Forse era un qualsiasi animale che stava fuori, ma la mia fantasia (che non si è inventata questa storia!) non poteva fare a meno di collegare i due eventi. Se ci aggiungete il verso dei gufi, allora otterrete una scenografia che nemmeno George Romero sarebbe stato in grado di inventare… E io c’ero finito dentro!
Comunque, nel terrore più totale [oramai iniziavo a mettermi paura da solo, senza sapere perché], riuscì ad appisolarmi. Ma proprio mentre mi trovavo nel passaggio dalla veglia al sonno… PATATRAC!!!
Nu’ sfaccim è rummor [Un caz*o di rumore] che non vi dico!
Non potevo immaginare che il chiodo avesse ceduto, facendo cadere graticola, padella e compagnia bella sul tavolino [il vetro non si ruppe]… Ma spaventato come non so spiegarvi, mi gettai addosso a mio fratello, gridando come un pazzo. E più passavano i secondi, più strillavo [devo ammetterlo: mi prese un attacco di panico!].
Mio fratello, ovviamente, si svegliò [perché il rumore non lo aveva sentito… Non so come caz*o abbia fatto!] e iniziò a gridare anche lui. Ma, spaventato dalle mie urla, scappò nel salone, lasciandomi solo e terrorizzato come un pazzo!
In tutto questo, mio padre, che aveva sentito tutto, corse di sopra [facendo altro rumore, su per la scala di Heidi] e cercò di capire cosa fosse accaduto. Cercò dapprima di spiegare tutto mio fratello, perché io ero ancora terrorizzato, ma poiché sapeva poco, dovettero aspettare che io mi calmassi per saperne di più.
Dopo aver spiegato tutto nei minimi dettagli [anche dei miei tentativi di mettermi paura da solo], mio padre commentò:
“E tu, *Nome di mio fratello*, senti che tuo fratello grida e tu te ne fuggi?” [Ovviamente… Non aveva tutti i torti!].
La giustificazione fu: poiché aveva pensato che io avessi visto un animale, lui era fuggito per paura… [Ho detto prima che io e mio fratello siamo coraggiosi, e lo siamo… Quest’avvenimento non consideratelo!].
In ogni modo [dopo alcune imprecazioni contro l’intelligenza di mia madre], la cosa finì lì. E già qualche minuto dopo, ci ridevamo su, ignari che la nottata non era per nulla finita lì…

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Capitolo 5
*** Un ospite sgradito ***


5. Un ospite sgradito

Dopo aver rassicurato mia madre e mia sorella [e l’amica], pure elle spaventate dal rumore, io e mio fratello ci accingevamo a tornare a dormire. Non so come avrei dormito io, sapendo che, oramai, non solo ero ancora scosso, ma il materassino [che avrebbe dovuto sostituire un normale materasso], si era sgonfiato…
Ma non ci fu permesso di passare nemmeno una nottata agitata, perché il peggio doveva ancora arrivare…
Mio padre, dopo essere salito per vedere cosa fosse successo, andò in bagno. Lo vedemmo tornare in cucina, dicendo:
“Wagliù, vedete che vostra sorella, per farsi la doccia, ha lasciato la finestra aperta ed è entrata una lucertola. Vedete di stanarla...”.
Ci sono alcune considerazioni da fare:
1°: Nostra sorella si era fatta una doccia? In quello schifo di bagno? Che coraggio!
2°: Mio padre ha molta paura delle lucertole. Per questo motivo non poteva andare in bagno facendo finta di nulla…
3°: Dicendo “lucertola”, mio padre aveva minimizzato le cose. Quando andammo a vedere cosa c’era nel bagno, ci prendemmo una paura [la seconda della serata].
Vi giuro, ma era una specie di coccodrillo poco cresciuto… Una bestia enorme! Papà non doveva chiamare noi, ma Croccodrile Dundee! Non è possibile che esistano animali così…
Il dinosau… ehm, la lucertola si era nascosta dietro allo scaldabagno [non solo non serviva a nulla, ma, poi, ci creava pure questi problemi! E che cavolo…]. Inutili i tentativi di stanarla. Comunque passammo ben 2 ore nel tentativo di farla uscire [senza avvicinarci troppo, ovviamente], ma inutilmente.
Mio padre doveva comunque andare in bagno e vi tralascio come risolse la cosa…
Tornando a me a mio fratello, oramai il sonno era andato a farsi in giro [beato lui!] e rimanemmo svegli tutta la notte insieme a mio padre.
Per farci compagnia, accendemmo la televisione. Ora, l’Amico [che ci aveva trovato questa BELLA sistemazione], ci aveva assicurato che la televisione aveva più di 20 canali.
Quindi, un pregio, direte voi. Neanche per sogno, vi rispondo io!
Perché la televisione aveva sì più di 20 canali, ma, in realtà, erano solo 3 o 4 che si ripetevano di continuo [più qualche canale morto, nel senso che era senza segnale]. La televisione non ci offriva, quindi, molte scelte. Non volendo essere materiali [ma si deve dire!] non c’erano nemmeno quei canali lì!
Così, mentre mio padre si vedeva l’unico film che trasmettevano a quella ora [in bianco e nero, sai che divertimento!], io e mio fratello prima giocammo a carte, poi a parole crociate. E, così, fino al mattino.
Appena mia madre mise piede in cucina, il giorno dopo, io e mio fratello cademmo addormentati come due salami…

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Capitolo 6
*** Gli abitanti del paese ***


6. Gli abitanti del paese

Era oramai mattina. Mio fratello riusciva a stare in piedi. Io per nulla: avevo un sonno tremendo, ma non vedevo l’ora di raccontare il “patatrac” ai nostri amici. Purtroppo non erano dell’umore adatto per sentire certe storie.
Vi spiego perché: di solito, nelle mattine estive, soprattutto quando si è in vacanza, le famiglie vanno al mare. Ma per far ciò, noi avremmo dovuto oltrepassare, in auto, il famoso “miglio della morte”, tortuoso, pieno di curve e senza protezioni. Quindi, niente mare…
Ma la situazione non si poteva reggere, così mio padre e mia madre andarono a cercare qualche nuova casa giù in paese, mentre noi quattro (io, mio fratello mia sorella e l’amica) andammo nella casa degli amici [le catacombe di Alan Quatermain]…
Prima però, andammo un po’ in giro per il paese, per ammazzare il tempo [lì ci ammazzavano a noi, altrochè… e non ci ritrovavano nemmeno!].
Infatti, faceva sempre e comunque paura quel paese dell’800, pure di giorno. Non si sentiva neanche una mosca volare, né un bisbiglio… niente di niente! Gli unici rumori che potevi sentire erano i NOSTRI, all’ora di pranzo. Dalle altre abitazioni, nessun rumore di posate o di piatti…
Iniziammo a pensare [giustamente] di essere gli unici in paese. Cosa che se avessimo incontrato uno scheletro, avrebbe chiesto:

Scheletro: Cosa ci fate, qui, stranieri?
Noi: Siamo venuti qua in villeggiatura…
Scheletro: Cosa dite? Qui non viene nessuno da 200 anni.
Noi: Un fesso sempre si trova che viene a villeggiare qui!
E, noi, eravamo non UNO, ma NOVE fessi…
Comunque, noi, continuando a camminare, girammo l’intero paese, senza vedere anima viva [e, per fortuna, nemmeno morta]. Poi, mentre tornavamo a casa degli amici, vedemmo tre persone anziane [miracolo!]. Ci passammo accanto, non salutammo [niente meno erano zombi, chi li salutava?], e andammo via. Non li abbiamo più incontrati…
Nella casa degli amici, cercammo di passare il tempo in un qualsiasi modo. A casa loro, c’era la Tv, ma non funzionava. Rimanemmo tutto il pomeriggio in cucina a dire caz*ate [in poche parole, ridevamo per non piangere].
Poi, seconda sorpresa: un’anziana signora si affacciò in casa nostra [forse aveva sentito i rumori]. Sinceramente non ricordo cosa chiese, ma parlava un dialetto stranissimo e si esprimeva in modo particolare.
Se una persona normale deve entrare in una conversazione, chiede se disturba, se può parlare… Lei no, era più sottile nell’esprimersi. E, infatti, disse:

Anziana signora: Scussas’, vi molesto!?
In ogni caso, dopo averla gentilmente mandata a quel paese, scomparve anch’ella, senza mai più farsi vedere.
Ma quell’evento portò alla nostra attenzione una nuova rivelazione: nella casa attigua a quella degli amici vi abitavano alcune persone, di cui due erano ragazze. Quindi, non eravamo gli unici fessi che erano andati a villeggiare lì.
Questo fatto, però, si tramutò in pieno sconcerto quando capimmo, parlando con queste due, che non erano lì in vacanza… Ma ci vivevano! [poverine! Era proprio il caso di salvarle… mostrate loro il Mondo, la tecnologia! Aiutatele!].
Ehm, scusatemi… piccolo sfogo personale.
Eravamo ancora lì a caz*eggiare e con pochissime speranze di trovare una diversa sistemazione. Ma, d’improvviso, tornarono i miei, dicendo di aver trovato non UNA casa, bensì DUE!
Il Buon Dio fu dalla nostra parte. O, almeno, così credevamo, perché la vacanza da incubo non era per niente finita!

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Capitolo 7
*** Il trasloco ***


7. Il trasloco

Finalmente abbandonammo quel paese fantasma [e sono sicuro che adesso, se tornassi lì, non lo ritroverei, perché sparito dalla faccia della Terra], contenti per aver trovato una diversa sistemazione. Infatti, doveva trattarsi di un miracolo, visto che avevamo trovato 2 case (una per noi, l’altra per gli amici) ad estate inoltrata. Non a caso, erano le ultime 2 case disponibili.
Piccola nota: prima di andare via, cercammo ancora in tutti i modi di far uscire il dinosaur… ehm, la lucertola dal bagno. Scocciati, andammo via lasciando la finestra aperta [secondo me, non è servita a farla uscire ma a far entrare altri 3 o 4 dinosauri]…
Scendemmo in paese, sognando già il mare che avremmo visto solo il giorno dopo. Infatti, queste nostre 2 case erano proprio vicine al mare.
Io ero stanchissimo. Lo eravamo un po’ tutti, stanchi, abbattuti e rassegnati. Ma l’idea di un bagno ci tirava su di morale.
Anche qui vi descriverò le nostre due case, perché tanto un sogno non furono.

Casa degli amici: una casa ad un sol livello, sporca [secondo me l’avevano abbandonata prima di costruire il paese dell’800, su in montagna], bassa, sudicia… Un trauma solo restarci. Infatti, i nostri amici non erano molto contenti e si “trasferirono” da noi, in attesa di una soluzione [o del coraggio di dormire in quella casa!].
Ma, come sempre [e in questo, devo dire, siamo maestri] chi andò peggio, fummo noi!

Casa nostra: 3° livello di un palazzo (ancora in costruzione). Infatti, ad un certo punto, le scale sparivano per dar spazio a blocchi di cemento rozzi, persino mal posti. Al posto delle ringhiere, assi di legno pronte a cedere.
Devo ammettere che la casa era abbastanza spaziosa, ma era di un caldo pazzesco. Le pareti bollivano e se ti cadeva una bistecca sul pavimento, dopo mezz’ora potevi pure mangiartela. Tanto per esser chiari, era estate, ma giravamo per casa con le scarpe o pantofole, perché a piedi nudi era impossibile. Pena, ustioni di settimo grado.
Così, per far passare un po’ d’aria, aprimmo le finestre, ma servì a poco (tranne scoprire che sul balcone della cucina vi era un nido di pipistrelli)…
I nostri amici tornarono alla loro casa (sporca e lurida, ma, almeno, fresca) e i miei uscirono, di nuovo, per cercare una nuova sistemazione, di nuovo!
Rimasi solo a casa e mi gettai su quello che doveva essere il mio letto: un vecchio materasso buttato sul pavimento [sì, io sempre le sistemazioni peggiori!]. Solo che, essendo stanco perché non dormivo da molto, ucciso dal caldo e abbattuto da quella “strana” vacanza, svenni totalmente. Difatti, quando tornarono, i miei bussarono alla porta a lungo, senza che io mi rendessi conto di nulla. Giuro che solo dopo mezz’ora di bussate e tentativi di chiamarmi dall’esterno, mi alzai tutto intontito e aprì la porta.
Dopo quell’evento, era chiaro a noi tutti cosa dovevamo fare. Non avendo trovato un’altra sistemazione, dormimmo nell’altoforno per l’ultima volta.
Il terzo giorno di vacanza, ri-portammo le cose in macchina [una fatica solo per portarle al terzo piano, sotto il sole cocente] e facemmo rotta verso casa (nostra). Dai vetri delle auto salutammo il mare, che non avevamo potuto vedere nemmeno da vicino…
E dire che ci avevano parlato molto bene del mar Ionio!

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Capitolo 8
*** Considerazioni ***


8. Considerazioni

Prima di tutto volevo confermarvi ciò che ho detto all’inizio: la storia è assolutamente vera! Non è una FF, non è inventata, ma solo ciò che mi è accaduto realmente.
Fu una vacanza da incubo, lo ammetto. Ma pensandoci ora, ne ridiamo ancora. Sì, perché in fondo ci siamo divertiti (sotto un certo aspetto) e, seppur avevamo programmato una vacanza di 30 giorni, e ne facemmo solo 3, il resto dell’estate la passammo a casa nostra, a ripensare alla (dis)avventura.
Volevo sottolineare che la descrizione delle case non è stata “forzata”. Anzi… Noi siamo tipi che normalmente ci adattiamo a qualsiasi situazione (vedete me, che dormivo su un materassino da spiaggia!). Voi magari, leggendo ciò, penserete che vi sareste adattati. Ma posso assicurarvi che se abbiamo resistito 3 giorni, è stato già molto.
L’unico rimpianto è di non aver potuto osservare da vicino il mar Ionio, di cui ci avevano tanto parlato bene. Vorrei potermi bagnare in quel mare, ma se solo penso al nome, mi viene in mente “Santa Caterina dallo Ionio” e mi passa subito la voglia.
Che paese… Alla fine siamo sempre più convinti che le persone che abbiamo visto non fossero che fantasmi. E che la lucertola gigante non era altro che l’esperimento di uno scienziato pazzo, causa della scomparsa dei cittadini di “Santa Caterina”.
Scusate se vi ho annoiato con questa storia, ma è qualcosa che non si può tenere dentro e a sentirla, non si crede sia accaduta davvero. Purtroppo, vi sbagliate.
Eppur, come dicevo, ci siamo divertiti. E la cosa più giusta è prendere con spirito le cose e non abbattersi mai. Finché si è in famiglia e con gli amici, non ci si deve mai lamentare del superfluo, perché ci sono persone che pagherebbero mille euro anche per villeggiare in un altoforno com’era il nostro secondo appartamento.
Quindi, spirito di sopportazione e, soprattutto, “spirito”. Una risata risolve i problemi peggiori…

P.S.: Non preoccupatevi: L’Amico è stato impiccato e infilzato con lame roventi!

Volevo ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito e, in particolare, a Micky90 per avermi seguito e per i commenti. Mi aspetto una montagna di recensioni ora che la storia è finita…
Alla prossima.

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