Mirror of Terror

di NoxPolaris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



CAPITOLO 1


La soffitta ingombra era a malapena illuminata da uno spiraglio di luce polverosa che riusciva a stento a sfuggire ai pesanti tendaggi, intenti a preservare il segreto di quella stanza dimenticata. Con cautela,Takanori si diresse a quell’unica finestra, scostandone gli scuri drappeggi e permettendo alla luce del sole di irrompere nuovamente dove, ormai da lunghi anni, non era più di casa.
Parevano passati secoli dall’ultima volta che Takanori aveva messo piede in quel luogo; volgendosi verso la stanza, l’onda dei ricordi lo investì in pieno, trascinandolo nella sua calda corrente, e d’un tratto il tempo non era mai trascorso: lì, proprio su quel tavolo consumato dal tempo, la nonna poggiava il mochi fatto in casa, quello con il ripieno di umeboshi, il preferito di Takanori, per farlo raffreddare; e là, su quella sedia a dondolo abbandonata in un angolo, lei si sedeva ogni pomeriggio, cucendo, leggendo o semplicemente riposando, mentre il sole tramontava oltre la finestra alle sue spalle.
Ogni oggetto, in quella soffitta, portava con sé un potente ricordo e possedeva ancora un’impronta della sua anima, come del resto ogni cosa che le era appartenuta.
Takanori mosse alcuni passi, sfiorando con la punta delle dita il bracciolo della morbida poltrona a fiori dove lei si sedeva prendendolo tra le braccia, narrandogli dolcemente storie antiche quanto il mondo stesso… leggende di Kami e impavidi guerrieri.
Una lacrima calda sfuggì alle sue ciglia, scendendo lentamente sulla sua guancia pallida; tutti quegli oggetti, ora accatastati distrattamente ed impolverati, costituivano la sua infanzia, i suoi primi ricordi.
D’un tratto, gli occhi di Takanori si posarono su di un oggetto estraneo, lungo e stretto; quel qualcosa ricoperto da un lenzuolo bianco si ergeva proprio al centro della stanza, spezzando la dolce corrente dei ricordi. Asciugandosi quell’unica lacrima, Takanori si diresse lentamente verso l’oggetto, curioso, chiedendosi cosa potesse essere.
Esitava. Non sapeva il perché, ma in qualche modo l’idea di prendere quel lenzuolo e farlo scivolare via, svelando il mistero, lo intimoriva.
“Non essere stupido Taka!” si disse dopo alcuni secondi ancora, mentre la sua mano restava sospesa a pochi centimetri dalla stoffa leggera, “Cosa potrà mai essere?!”. Finalmente, riuscendo ad autoconvincersi, si decise ad afferrare il lenzuolo e a tirarlo via; davanti ai suoi occhi increduli apparve un magnifico specchio a figura intera.
Era inspiegabile e bellissimo: la cornice dorata era modellata in eleganti sembianze di farfalle e serpenti, tanto accurati da sembrare creature vere pietrificate per sempre da qualche crudele sortilegio; la superficie riflettente, perfettamente lucida, pareva catturare la luce del sole e farla sua, restituendola attraverso le spire sensuali dei serpenti e le ali delle farfalle, che, d’un tratto, prendevano vita….
Takanori osservò ammirato quello spettacolo di luci e riflessi, quell’oggetto che sembrava più un portale che uno specchio, un portale verso un altro mondo… un mondo lontano ma allo stesso tempo assurdamente a portata di mano.
Le sue dita sottili si poggiarono sulla superficie fredda, raggiungendo il loro perfetto riflesso; gli occhi marroni e dolci si fissarono sui loro gemelli, appena velati dal ciuffo di capelli biondi.
Takanori non ricordava di aver mai visto prima quello specchio: non apparteneva ai suoi ricordi, e per quel che ne sapeva non era nemmeno appartenuto alla nonna…. Chissà chi lo aveva portato sin lì…. Ciò che era sicuro era che era splendido.
Rimase a specchiarsi per alcuni secondi ancora, le labbra carnose leggermente dischiuse, il petto della piccola figura che si alzava ed abbassava lentamente nel respiro.
Era curioso come quello specchio, a differenza di tutto il resto nella stanza, fosse incredibilmente intonso, senza un solo graffio o una sola macchia… sembrava appena uscito dal negozio; ma allora che ci faceva lì?
Takanori stava fissando il muro spoglio oltre la sua spalla, sovrappensiero, quando, con la coda dell’occhio, gli parve di scorgere un movimento sospetto… qualcosa che non avrebbe dovuto esserci: sicuramente si era sbagliato, ma… aveva forse visto i suoi stessi occhi muoversi sullo specchio quando in realtà non li aveva affatto spostati?
Takanori catturò il proprio sguardo, ma non c’era niente di strano, niente di sbagliato: il Takanori di sempre lo fissava a sua volta, come ogni mattina dallo specchio del bagno, restituendogli, ora, un’occhiata stupita e vagamente preoccupata.
Sì… doveva essersi sbagliato! Forse era un po’ stanco; non aveva dormito molto quella notte e la pesantezza cominciava a farsi sentire. Con riluttanza raccolse il lenzuolo e alzandosi in punta di piedi ricoprì l’oggetto.
Lentamente si voltò e si avviò verso la porta dalla quale era entrato, lanciandosi qualche occhiata alle spalle ogni tanto, continuando a tornare allo specchio coperto, quello specchio che ora sembrava un fantasma uscito dai racconti di Halloween per bambini.
Non sapeva perché, ma qualcosa, dentro di lui, era ancora in allerta. Era stupido pensandoci, ma per qualche motivo non riusciva proprio a quietare del tutto il suo cuore.

Qualche giorno più tardi Takanori tornò alla soffitta, in apparenza senza nessun motivo concreto. Semplicemente aveva voglia di rivedere quello specchio, o meglio… ne aveva bisogno…: aveva bisogno di assicurarsi una volta per tutte che quello che gli era parso di vedere fosse effettivamente solo un’allucinazione, uno scherzo della sua mente spossata; e poi c’era qualcos’altro… un qualcosa che nemmeno lui riusciva a comprendere.
Come qualche giorno addietro, si portò d’innanzi allo specchio e, questa volta senza esitare, lo spogliò della sua protezione. Ed eccolo, nuovamente davanti ai suoi occhi, quell’oggetto contenente nient’altro che il suo riflesso, nient’altro che sé stesso.
Takanori tirò un respiro di sollievo; si sentiva un idiota fifone per essersi fatto tutti quei problemi, per aver cercato ogni giorno qualcosa di inesistente su tutte le superfici lucide che aveva incontrato. “Scemo! Scemo! Scemo!!” si disse, ridacchiando.
Poi successe di nuovo; stava fissando il proprio viso, i propri bei lineamenti modellati da un’adorabile sorriso, quando vide distintamente i suoi occhi abbassarsi. I suoi occhi.
Li serrò immediatamente, affondando le mani tra i morbidi capelli biondi.
Come poteva essere un errore questa volta? Come??! Lui li aveva visti…!!
“Calmati Taka!! Calmati!!” le sue mani stringevano tanto da tirare dolorosamente i capelli a cui erano aggrappate, “Non è successo niente!! Andrà tutto bene!! Quello che pensi di aver visto non è reale… non è reale!” e tuttavia, stentava a credere alle sue stesse parole.
Cominciò a fare respiri profondi, lunghi e lenti. Lasciò che i secondi scorressero, che i minuti passassero, rallentando i battiti del suo cuore impazzito. Attese, attese per un tempo che parve dilatarsi all’infinito… ma non poteva restare così per sempre. Doveva aprire gli occhi… indipendentemente da qualsiasi cosa avrebbe visto….
Lo fece… si buttò. Aprì le palpebre e lo vide… lui.
Sperava di vedere il proprio viso sconvolto, gli occhi lucidi, sperava di vedere quel labbro che sentiva fremere incontrollato, sperava di vedere le mani stringere il capo, quasi rischiasse di andare in pezzi come lo rischiava la sua ragione, se non trattenuto. Ma non vide niente di tutto questo.
Lui lo fissava con un ghigno, un ghigno che però non distorceva i suoi lineamenti, anzi, rendeva le sue labbra rosse ancora più sensuali e faceva brillare come gemme quegli occhi scuri, profondi quanto l’inferno stesso; e quelle erano le labbra di Takanori, e quelli erano i suoi occhi, nonostante ormai paressero non appartenergli più….
Le ginocchia del ragazzo cedettero, incapaci di sostenere oltre il suo peso. Cadde a terra, davanti allo specchio, le lacrime ormai libere di scendere sulle sue tenere guance, il cuore stretto in una morsa gelida.
Lui non cadde; abbassò appena il capo, osservandolo divertito, le labbra increspate in un sorriso sempre più ampio mentre alcuni ciuffi di capelli, spostandosi, gli accarezzarono le lunghe ciglia arcuate.
Incapace di trattenerli, alcuni gemiti sfuggirono alle labbra di Takanori; non capiva: vedeva quell’essere nello specchio, ed era reale… si muoveva, lo guardava… ma come era possibile che tutto quello stesso succedendo davvero? Perché?! Perché stava succedendo a lui?!! Perché diavolo era nato in quello schifoso mondo impazzito?!! Perché??!!
E poi, come aveva fatto a non notarlo prima? Come aveva fatto a non accorgersene? Quell’essere era lui, era Takanori, ma al contempo non lo era affatto…: più lo guardava e più si rendeva conto della verità di quella devastante conclusione: lui era uno splendido demone imprigionato nello specchio… un demone che aveva preso in prestito le sue sembianze impregnandole della propria essenza….
I suoi capelli biondi parevano intessuti di luce, così folti e brillanti da sembrare vivi mentre incorniciavano quel volto levigato e dal pallore opaco e perfetto, quel volto nel quale splendevano quegli occhi dall’intensità senza pari, tanto profondi da dare l’impressione che celassero un intero universo al loro interno e da rischiare di risucchiare tutto ciò che Takanori era, come un’implacabile buco nero… e mai quelle labbra erano parse tanto morbide ed attraenti, così come mai il suo piccolo e fragile corpo era sembrato tanto voluttuoso e carico di promesse pur restando immobile.
“Tranquillo Takanori, non sono qui per farti del male” poche parole gentili, fuoriuscite dalla sua bocca come una nenia, la voce bassa e leggermente roca… un tono diverso da quello di Takanori ma inconfondibilmente proprio delle sue corde vocali.
“C-chi o cosa sei tu?” trovò il coraggio di chiedergli, senza sapere dove trovasse la forza per reagire a tutto quello.
Lui gli sorrise ancora, distendendo le labbra carnose e stringendo appena gli occhi dallo splendore innaturale, “Io sono Ruki”.





Ciao!! Questa è la prima ff che decido di pubblicare, nonostante non sia troppo soddisfatta del risultato.
Comunque la mia idea è stata: che succederebbe se prendessi Takanori, ragazzo dolce e tranquillo, e lo mettessi di fronte al Ruki sexy e “indemoniato” del palco?
Questa follia mi è stata ispirata da una canzone bellissima, Mirror of Terror degli A(ace), che, a chi non la conosca, consiglio vivamente di ascoltare!!
Il secondo ed ultimo capitolo è in fase di elaborazione e prometto che cercherò di pubblicarlo il prima possibile! Ovviamente sarò più che felice di sapere cosa ne pensate!!
A presto!! 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***




 Ruki…; Takanori non poteva ancora credere alle proprie orecchie, né ai propri occhi… non poteva impedire al suo corpo di continuare a tremare, non poteva costringere la sua bocca spalancata a chiudersi.
Ruki continuava ad osservarlo con attenzione, quasi fosse un animale raro ed insolito imprigionato dietro ad una teca di cristallo. Piano, con movenze feline, si mosse, poggiando una mano bianca ed aggraziata sulla superficie dello specchio, premendosi contro di essa, quasi non fosse altro che una finestra alla quale si affacciasse per scrutare meglio il panorama.
“Alzati Taka…”, sulle sue labbra si disegnò l’ennesimo sorriso malizioso… un qualcosa che Takanori non aveva mai visto prima sul proprio viso.
Senza sapere né il come né il perché fece come gli aveva detto Ruki; si alzò, non senza barcollare un poco, e cercando di ricomporsi si portò davanti all’altro che non smetteva di fissarlo, ora compiaciuto, con ancora quella strana luce negli occhi.
Takanori spostò lo sguardo sulla sua mano, quella appoggiata allo specchio, ed incomprensibilmente desiderò toccarla, sfiorarla con la propria, quasi fosse l’unico modo di accertarsi definitivamente che tutto quello era reale.
Con lentezza, mosse timidamente la propria mano verso l’altra, raggiungendola solo dopo quelle che parvero intere ore, esitando un secondo ancora prima di poggiare delicatamente l’indice su quel palmo niveo.
Si ritrasse immediatamente, di scatto; era caldo… lo specchio era caldo!! Caldo come se la mano di Ruki vi fosse davvero appoggiata!! Fisicamente!!
Era troppo tardi ormai per credere che si trattasse di un sogno o di un allucinazione dovuta alla stanchezza: stava succedendo davvero… Ruki era reale… spettro, demone o altro poco importava. E lui voleva saggiarlo ancora, quel calore; per qualche motivo voleva vedere le carni pallide unirsi e tornare ad essere una….
Piano unì nuovamente le mani, palmo contro palmo, così come sarebbe dovuto essere, l’una riflesso dell’altra. Ruki accennò appena ad una risatina sommessa, dal tono gentile, poi esalò un sospiro lento ed appassionato.
 “Il mio piccolo Taka…”, le parole si rincorrevano ed abbracciavano, cullate da quella voce calda, profonda, improvvisamente soffusa, quasi affettuosa.
Il modo in cui lo disse, il modo in cui pronunciò il suo nome, provocò a Takanori un brivido potente e inaspettato che scosse il suo piccolo corpo; tornò a guardargli il viso, osservandolo mentre lui cominciava a strusciare la punta del naso contro la superficie rigida, su e giù, lentamente, gli occhi chiusi. Quando li riaprì si scostò appena, risucchiandolo nuovamente nel suo sguardo intenso, annullando ogni pensiero ed ogni consapevolezza Takanori avesse mai avuto.
Trattenendo il respiro, vide Ruki leccarsi le labbra in un movimento circolare, dall’alto verso il basso, ad una lentezza esasperante che rischiava di ucciderlo: il gesto più puramente erotico che avesse mai visto.
Boccheggiando lo vide inginocchiarsi davanti a lui, lo vide spostare la propria mano e raggiungere le sue dita: lasciandosi vincere da un nuovo brivido lo osservò leccare lascivamente il palmo che purtroppo solo il calore poteva raggiungere, facendogli desiderare che tra loro non esistesse più alcuna barriera.
Takanori si inginocchiò a sua volta e senza esitare premette le labbra sullo specchio, serrando gli occhi; quando sentì su di esse il calore bruciante che aspettava capì che Ruki stava facendo lo stesso.
Le loro bocche presero a rincorrersi sulla superficie fredda, quasi non fossero altro che due amanti divisi da un sottile strato di vetro, quasi bastasse aggirare l’ostacolo o aprire la porta per permettere loro di incontrarsi davvero, fisicamente.
Ipnoticamente affascinante; fu quello l’unico termine in grado di definire Ruki che Takanori riuscì a pescare nel suo cervello annebbiato. Sospirando appoggiò la fronte allo specchio, gli occhi bassi, socchiusi, incapace di chiedersi il perché di tutto quello.
“Esiste un modo per liberarti?” chiese in un sussurro tenero, “Esiste un modo per averti qui accanto a me? In carne ed ossa?”.
“Sì che c’è…”soffiò Ruki, sfiorandogli appena il volto col calore delle sue labbra, “Basta che apri il tuo cuore…”, “Ma il mio cuore è già aperto…”.
Ruki accennò ad una risatina sommessa, birichina, “No invece… non è affatto vero…”.
Takanori alzò il capo, guardandolo leggermente confuso “Perché dici questo?”, “Perché vedi… io non sono imprigionato in questo specchio… ma nel tuo cuore…”.
Takanori sbarrò gli occhi, non perfettamente sicuro di aver sentito bene, “C-che vuoi dire?”. Ruki pareva sempre più divertito, secondo dopo secondo, “Io sono una parte di te… sono il tuo yang, la tua parte d’ombra… un te stesso di cui hai paura e che ti rifiuti di accettare…”.
Takanori sentì il proprio stomaco contorcersi dolorosamente, quasi fosse stato colpito da un fendente improvviso, portandogli via il respiro: perché adesso stava succedendo quello?
“Ruki è nato con Takanori” continuò l’altro, dolcemente, quasi stesse spiegando ad un bambino spaventato cose più grandi di lui, “È rimasto con lui, sempre… era con lui quando piangeva nel silenzio della sua cameretta i genitori sempre lontani per lavoro… era con lui quando si entusiasmava per i racconti della nonna… era con lui il primo giorno di scuola e quando il suo cuore fu attraversato dal primo dardo dell’amore… ed era con lui anche il giorno del debutto con i GazzettE e lo è sempre quando il suo cuore si gonfia d’emozione durante i live…”.
Incredulo, Takanori iniziò a scuotere la testa, piano, gli occhi che cominciavano a bruciare. “Ti prego Taka…”, Ruki si fece improvvisamente serio, quasi supplichevole, “Ti prego, accettami… non aver paura di me… non potrei mai fare nulla che possa ferirti… io ti amo…”.
Il ragazzo si lasciò sfuggire un singhiozzo e si portò una mano davanti alla bocca, in un gesto inconsapevole; gli girava leggermente la testa… aveva la sgradevole sensazione che tutta la sua esistenza premesse contro di lui, spingendolo a forza verso quel momento orribile.
“Tu sei piccolo e fragile Taka, ma io ti prenderò per mano, ti stringerò a me ed insieme conquisteremo il mondo… devi solo lasciarmi emergere al momento giusto: io ti regalerò il successo, ti regalerò la fama, la ricchezza, tutto… realizzeremo qualsiasi cosa assieme…”, la sua voce si era fatta suadente, persuasiva.
Takanori si portò le mani alle orecchie, cercando si impedirsi di ascoltare quelle parole: non voleva, non voleva avere nulla a che fare con lui… non voleva scoprire cosa sarebbe stato capace di fare.
“Taka…” Ruki insisteva, sorridendogli incoraggiante, “Non sono un demone tentatore… sono solo te… non saresti Matsumoto Takanori se non ci fosse anche Ruki… non saresti completo…”, nel dirlo accarezzò con dolcezza lo specchio, simulando una carezza sul viso che non poteva raggiungere.
“NO! NO!!” d’un tratto Takanori esplose, incapace di trattenersi oltre, “Sei un bugiardo!! Uno schifoso bugiardo!! IO sono Takanori! Tu non sei me!! Non sei me!!”.
Perché? Perché Ruki continuava a fissarlo con quegli occhi ardenti come torce? Perché gli sorrideva con le sue stesse labbra? Perché era così spaventosamente bello?
“L’unico motivo per cui ora sono visibile ai tuoi occhi è questo specchio” continuò Ruki, paziente, “È speciale… mostra alle persone le loro parti nascoste, la loro vera essenza… quella che taluni cercano per tutta la vita e che altri tentano di soffocare e nascondere…” “Basta!! Smettila, ti prego!!” “È la verità: ognuno di noi possiede una parte di luce che si libra leggiadra e fiduciosa nei cieli della vita, come una farfalla, la quale è inevitabilmente destinata a convivere con la sua parte d’ombra, un qualcosa che striscia nelle profondità recondite del cuore umano, come un serpente…”.
Il spalle minute di Takanori erano ormai scosse da brividi violenti; l’unica cosa che sapeva mentre singhiozzi incontrollati erompevano dalle sue labbra e le lacrime tornavano a macchiargli le guance, era che non voleva cedere: Ruki era un mostro egoista, un demone deviato… per quanto avesse tentato di ignorarlo e nasconderlo aveva sempre saputo che lui era lì da qualche parte, pronto a sussurrare atrocità al suo cuore; il cuore di Takanori… che era anche il cuore di Ruki… il loro cuore….
“Amami Taka, accettami… non ti chiedo altro”, Ruki continuava a fissarlo, lo sguardo implorante, quasi afflitto, e Takanori non potè fare a meno di pensare che sembrava tutto un assurdo gioco al massacro.
Scosse il capo con forza, serrando gli occhi, la disperazione ed una vena di rabbia, accuratamente cesellate in ogni lineamento, “No!! Non ho bisogno ti te!! Vivrò benissimo senza!! Non voglio vederti mai più!! Ti odio!!”, in preda all’ira si guardò attorno, e senza esitare afferrò una sedia sbilenca ed impolverata e la abbatté sullo specchio con tutta la forza che possedeva, schiantandolo a terra, mandandolo in frantumi.
Si lasciò cadere sulle ginocchia e, senza badare al dolore, colpì i frammenti acuminati coi pugni chiusi, sminuzzandoli ancor di più, mentre i suoi occhi sfogavano le emozioni attraverso le lacrime copiose.
Takanori rimase a terra per lunghi minuti, lasciando che il respiro si calmasse, le lacrime si asciugassero, osservando le graziose gocce cremisi del proprio sangue scorrere sulle mani nivee, e pareva quasi un sacrilegio imbrattare quel candore.
Lentamente si rialzò e come un automa raccolse il lenzuolo e ricoprì il caos che aveva creato, quasi pensasse che in quel modo i resti di quello specchio maledetto non avrebbero più nuociuto a nessuno.
“È tutto finito” si disse, sospirando, “Ruki non tornerà più”. Si sentiva sopraffare dalla stanchezza, ora; voleva solo abbandonare quel luogo e tornare a casa.
Takanori uscì dalla stanza, lanciando un ultimo sguardo al lenzuolo polveroso; non sarebbe mai più tornato lì, né avrebbe permesso a qualcun altro di metterci piede. Estrasse la chiave dalla tasca dei jeans neri e si chiuse la porta alle spalle. Chiuse la porta sulla parte di sé che non poteva accettare.

Qualche giorno dopo…

Takanori era in ritardo. Il live sarebbe cominciato tra meno di trenta minuti e lui non si era ancora fatto vivo, e come se non bastasse non rispondeva al cellulare.
Akira sbuffò, innervosito, lanciando un occhiata a Yuu, intento a provare alcuni accordi, “Giuro che se non si presenta lo uccido!!”. Yuu storse le labbra in una leggera smorfia divertita, ancora concentrato sulla chitarra, “Non puoi… dove lo troviamo un altro vocalist così talentuoso? Diciamo piuttosto che ci divertiremo a farlo penzolare per una caviglia dal balcone al ventisettesimo piano di un grattacielo…”.
“Smettetela voi due!” si intromise Kouyou, serio, “Magari gli è successo qualcosa! Forse è rimasto coinvolto in un incidente o…” in quel momento la porta che dava sull’esterno si aprì e Takanori fece il suo ingresso con calma, un bel sorriso sereno sulle labbra, quasi fosse in perfetto orario.
“Finalmente!” Akira gli si diresse incontro, con quel suo passo da gangster, e gli poggiò una mano sulla spalla, “Pensavamo che ci avessi scaricati!!”.
Come i loro sguardi si incontrarono, Akira capì, con un tuffo al cuore, che c’era qualcosa di strano… qualcosa di diverso…: no, non erano il trucco pesante o le lenti a contatto color ghiaccio, e nemmeno gli abiti appariscenti, tutte cose perfettamente normali per Takanori… era qualcos’altro… forse quella sorta di luminosità cupa che aveva intorno… la pallida perfezione della pelle… la malizia nei suoi occhi e sulle sue labbra….
Akira batté le palpebre più volte, cercando di schiarirsi la vista; Takanori era sempre stato bello, ma quella sera… era magnetico….“Taka…” cominciò, senza sapere con esattezza cosa dire.
Takanori gli afferrò la mano che ancora teneva poggiata sulla sua spalla, scansandola, e con un sorriso sensuale gli sussurrò “Stasera sono Ruki…”.
Akira lo osservò mentre riprendeva a camminare, salutando gli altri e andando ad appoggiare la borsa su di un divanetto. Si accorse che anche gli altri erano stupiti quanto lui e lo guardavano come fosse un’apparizione.
“Allora?” Takanori si volse verso di loro, passando lo sguardo dall’uno all’altro, “Siete carichi? Io non vedo l’ora di salire sul palco… ho voglia di scatenarmi sul serio! Regalerò ai fans qualcosa su cui fantasticare a lungo nelle loro fantasie più spinte…”, nei suoi occhi c’era un luccichio strano, quasi inquietante.
In quel momento, la voce di un tecnico che annunciava il loro turno costrinse Akira e gli altri a riprendersi. Si strinsero in cerchio, passandosi le braccia sulle spalle a vicenda, e dopo il grido d’incoraggiamento pre-concerto, raccolsero i loro strumenti e si avviarono verso il palco, pronti a ricevere il saluto di centinaia di fans.
Né i ragazzi né il pubblico, all’epoca, avevano mai conosciuti Ruki e quello che sapeva fare, ma lo impararono molto presto….

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