La principessa e la strega

di CauchemarDelirant
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lea ***
Capitolo 2: *** La casa ***
Capitolo 3: *** Dentro ***
Capitolo 4: *** Selene ***
Capitolo 5: *** Restare ***
Capitolo 6: *** Un giorno in più ***
Capitolo 7: *** Andarsene ***
Capitolo 8: *** Arrivano ***
Capitolo 9: *** Svegliarsi ***
Capitolo 10: *** Nozze ***
Capitolo 11: *** Fine ***



Capitolo 1
*** Lea ***


C'era una volta una bellissima principessa.

Era bionda, dagli occhi azzurri, dolce ed obbediente, e si chiamava Rosa.
Era la figlia maggiore del re di un regno molto lontano, nonché la principessa più bella e angelica di tutti i reami.

Ma non è la sua la storia che sto per raccontare.
Rosa aveva una sorella, Lea: non meno bella di Rosa, ma di una bellezza differente. Mentre Rosa faceva innamorare di sé tutti i principi per i pregi sopra elencati, Lea li attraeva per il fascino del suo sguardo selvaggio.

Lea non era proprio il genere di fanciulla che si fa protagonista di fiabe romantiche.
Aveva piuttosto lo spirito libero dei folletti dei boschi, e con essi amava passare le giornate ben più che con le dame della corte, tutte buone-belle-e-brave come la sorella.
Non che Lea non fosse bella, anzi, né che non fosse buona, poiché il suo animo era profondamente gentile in realtà.
Semplicemente in lei c'era uno spirito avventuroso, un animo indomito che poco s'addice alle principesse delle fiabe.

Si dà il caso che il re fosse molto orgoglioso delle proprie figlie, e le amasse molto.
Infatti aveva deciso che sarebbero state loro a scegliere il proprio sposo (che padre democratico, per essere un re), bastava che fosse un principe (meglio se ricco e di un'ottima casata).
La scelta non era facile né per Rosa, attorniata com'era da principi bellissimi, ricchissimi e romanticissimi che le facevano la corte e tra cui non sapeva scegliere nessuno, né per Lea, anche lei ricercata dai principi, ma come dire, un po' meno della sorella.
Questo soprattutto per il carattere ben poco remissivo della nostra principessa: chi avrebbe voluto come sposa e regina una fanciulla che amava più il selvaggio bosco che la corte?
Ma il problema maggiore era piuttosto, poiché i pretendenti non mancavano affatto a Lea, nonostante tutto, che Lea non aveva nessuna intenzione di sposarsi troppo presto.
Ma il giorno della scelta sarebbe presto arrivato (anche perché il re, per quanto democratico e accomodante, doveva pur accasare le proprie figliole).



-Lea! Perché non vieni anche tu a filare con noi?-
Lea si bloccò a mezzo passo, richiamata dalla sorella. -Stavo uscendo, Rosa, andavo nel bosco..- Le damigelle di Rosa trattennero le proprie espressioni di disappunto per l'attività così poco femminile della principessa.
Rosa la guardò con un sorriso, com'era solita fare davanti alle stranezze della sorella minore. -Per favore..- la pregò, con un tono scherzosamente implorante.
Lea sbuffò, non era certo in vena di filare con quelle che, se non fosse stata un'educatissima e gentile principessa, non avrebbe esitato a definire delle stupide oche. -Sarà per un'altra volta Rosa- le damigelle continuavano a filare, in ascolto -Domani verrò a filare con voi-. Rosa annuì, comprensiva: -va bene, ma attenta. Lo sai che ci sono pericoli nel bosco- -c'è la strega che ci abita- mormorò spaventata una delle damigelle.
Ci fu un brivido generale sulla schiena delle fanciulle filatrici. Un lampo di preoccupazione per la sorella attraversò gli occhi di Rosa.
-Non ti preoccupare, sorella. Non mi allontano mai troppo dal castello-.
Detto questo, Lea si dileguò.

Fatti i primi passi nel bosco Lea si sentì già meglio.
L'atmosfera soffocante del palazzo era solo un ricordo, e l'unico memento del continuo controllo su di lei era lo sguardo di una guardia che la controllava da lontano, ferma in postazione, come aveva deciso il re per la protezione della propria eccentrica, ma pur sempre regale, figlioletta.
L'odore dell'erba entrava nelle narici di Lea come il più dolce dei profumi. Quando non fu più visibile alla vista della guardia, si concesse di correre.
Amava correre, veloce come il vento: la sferzante sensazione dell'aria sul volto la faceva sentire, anche se solo per qualche minuto, davvero libera.

Quel giorno la principessa si avventurò più del solito nel bosco, allontanandosi pericolosamente dal castello.
Presa com'era però dalla piacevolezza dello spettacolo che la natura le offriva sempre, non si accorse di essersi addentrata in una zona del bosco a lei sconosciuta.
Questo la meravigliò, e la meraviglia era una sensazione così piacevole nella sua piatta vita di principessa delle fiabe che continuò a camminare nel fitto del bosco, finché non fu sera. A quel punto era talmente lontana dal castello e si era talmente irremediabilmente persa che iniziò a pensare che forse aveva fatto un errore, ed iniziò a pensare il da farsi.
In quel momento notò tra le fronde una piccola, quasi inglobata da una quercia, casetta misteriosa.

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Capitolo 2
*** La casa ***


Lea osservò la casetta, incuriosita.

Sembrava antica di secoli, inglobata com'era dalla natura, e disabitata.

Lo spirito avventuroso di Lea iniziò a fremere. E se fosse..?

Lea era affascinata e spaventata dalla possibilità che le si parava di fronte.
E se fosse la casa della strega del bosco? Aveva sentito parlare di lei: una strega terrificante, sposa del demonio, la creatura più malefica e spaventosa di tutto il reame.
Certo queste erano chiacchere della corte, nessuno aveva mai visto la strega. Solo, come spesso capita con le leggende e i fatti misteriosi, tutti sapevano di lei, e tutti avrebbero giurato di averla vista usare i propri terribili poteri davanti ai propri occhi. Il fascino della leggenda e del proibito esercitavano su Lea un potere irresistibile. Inoltre non dobbiamo dimenticare che la principessa era lontana dal castello e incapace di orientarsi, specialmente allora, ché scendeva il buio.
Non stupiamoci dunque della sua indecisione sul da farsi: scappare a gambe levate, o cercare rifugio nella casetta? Dopotutto aveva tutta l'aria di essere abbandonata.
E chi le diceva poi che era davvero la casa della strega? Magari la strega era morta o non era mai esistita; o forse era solo una povera vecchietta senile su cui erano state ricamate delle leggende per spaventare chi si volesse addentrare nel bosco. Lea pensò a lungo ai pro e ai contro dell'entrare nella casa.
Tutto ad un tratto, sentì un fruscio alle sue spalle.

Lea si gettò tra i cespugli con agilità felina, e guardò fuori dal proprio nascondiglio di fortuna. Nessuno. Un animale, pensò lei, o il vento. Rimase all'erta, nascosta e accoccolata sotto i rami. Sentì altri rumori, dei passi schiacciare le foglie secche al suolo.
Una donna si avvicinava alla casa, con la tranquillità di chi, in quei luoghi misteriosi e selvaggi, ci vive da sempre.

La donna si avvicinò alla casa, e mentre borbottava qualche parola incomprensibile, una luce innaturale si formava davanti a lei. La porta si aprì di scatto, senza essere toccata.
La strega fece per entrare, poi, come se avesse dimenticato qualcosa, si voltò.

-Vieni fuori principessa, ti ho visto-.

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Capitolo 3
*** Dentro ***


Lea per poco non ebbe un infarto.

Non svenne, sottolineiamo, perché così avrebbero fatto delle principesse da fiaba, e abbiamo già detto che in lei c'era uno spirito ben diverso.
Comunque, procediamo con la storia.

Si alzò sulle gambe tremanti dal suo nascondiglio, e guardò la strega con uno sguardo più deciso di quanto lo era effettivamente lei, ma tacque.
La strega la guardava come se l'avere una principessa sconosciuta nascosta nel giardino di casa fosse la cosa più naturale del mondo.
-Beh, vuoi entrare?-

L'atavica paura delle streghe di Lea, inculcatale da anni di racconti terrificanti, era combattuta dal desiderio d'avventura che quella porticina aperta e quella strana donna sembravano offrire.
La strega non sembrava avere cattive intenzioni, ma..
-Non ti mangio mica- disse sarcastica la strega, come se le avesse letto nella mente.
-è notte. Non hai paura di stare nel bosco da sola?- Lea era indecisa sul da farsi. La strega, vista la ritrosia della principessa, fece spallucce ed entrò in casa.
La porta stava per chiudersi quando Lea esclamò -Aspetti!- e fece un lungo passo per superare i rovi, e ritrovarsi giusto davanti alla porta.
La strega riaprì la porta, e la fece entrare.


La casa era molto più grande di come sembrava vista da fuori.
Sicuramente opera di un incantesimo, la casa aveva scale e stanze grandi e accoglienti, almeno per quelli che immaginiamo essere i parametri di una strega.
L'atmosfera era calda e riposante, e sugli scaffali che si estendevano lungo tutti i muri si trovavano libri antichi e manoscritti, o ancora ampolle (non dimentichiamo che è pur sempre la casa di una strega) e oggetti sconosciuti.
Lea, anche se all'erta per la possibile pericolosità del luogo, si sentiva in un posto talmente nuovo per lei, e talmente affascinante da provare una sensazione di profondo piacere.
La strega l'aveva abbandonata senza una parola all'entrata della casa ed era andata in cucina, così Lea ebbe modo di dare un'occhiata veloce alla casa.
Davvero un posto affascinante.

La strega ricomparve dopo un po' con un vassoio con sopra una teiera e due tazze.
-Beh, cosa fai lì impalata?- e si diresse verso quello che sembrava un accogliente salotto, con tanto di caminetto acceso dalla fiamma bluastra.
Lea la seguì quasi trotterellando per l'emozione. La strega aveva modi un po' bruschi, ma non sembrava cattiva.
Sicuramente non assomigliava alla strega descritta dalle storie che venivano raccontate a corte: era una donna alta, di aspetto piacevole, i capelli rossi e ricci, e dall'età imprecisata, poteva avere trenta come cinquant'anni.
Magari ne ha cento, pensava Lea.

L'unico elemento inquietante della sua ospite erano gli occhi.
Erano azzurri, ma talmente chiari da sembrare bianchi.
Sembravano di ghiaccio.
La strega si sedette su una poltrona e indicò con un gesto che voleva essere gentile un divanetto di fronte a sé. Lea si sedette.

La strega rimaneva in silenzio, a suo agio come se fosse stata da sola.
Iniziò a sorbire la bevanda che aveva servito a sé e alla principessa.
Quest'ultima si sentiva a disagio. Prima di tutto, era il caso di bere quell'intruglio? Rimase ferma con la tazza in mano, titubante.

-è té- disse la voce monocorde della strega, senza che lei stesse guardando l'ospite.
Poi sorrise e guardò la principessa, i suoi occhi brillavano divertiti.
-Cos'è, sei arrivata fin qui e adesso non ti fidi più?-

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Capitolo 4
*** Selene ***


La notte passò senza turbamenti.

Lea occupò la stanza degli ospiti (anche di questo disponeva la casa incantata) e dormì profondamente come se non avesse mai dormito in un letto così comodo,
anche se, come si sa, i letti delle principesse di fiaba sono sempre comodissimi,
salvo piselli sotto il materasso.

La strega era stata un'ospite inappuntabile: l'aveva accolta senza troppe domande e le aveva riservato una stanza molto comoda e spaziosa;
la mattina seguente Lea fu svegliata dal profumo del pane appena sfornato.

La principessa scese le scale, in vestaglia e piedi nudi. La strega stava, giusto in quel momento, apparecchiando la tavola della colazione.
La luce entrava nella casa facendo brillare i vetri delle ampolle accatastate sugli scaffali, che rilucevano di vari colori; sulla tavola c'era del pane, del tè fumante e della marmellata. La strega invitò Lea a sedersi con un gesto della mano.
-Buongiorno- le sorrise. -Buongiorno- fece Lea, ricambiando timidamente il sorriso.
-Dormito bene?-

La strega non era un'interlocutrice particolarmente espansiva, anzi si limitava a poche parole e sguardi carichi di significato.
Lea invece era quella che si può tranquillamente definire una gran chiaccherona. Rassicurata dall'atmosfera protettiva della casa e dal sorriso accomodante della strega le raccontò di sé, della sua vita a corte e di come la compagnie delle dame e la monotonia dei riti la annoiassero a morte.
La strega annuiva comprensiva, e si limitava a sorridere alle pantomime di Lea, presa dal fluire delle proprie parole.

Tutto d'un tratto Lea si fermò -stava mimando le frivole dame di corte in atteggiamenti gallineggianti- colta da un lampo di consapevolezza.
-Non vi ho neanche chiesto come vi chiamate!-, esclamò, imbarazzata dalla propria evidente maleducazione.
La strega sorrise pacificamente, e si limitò a rispondere -Selene- e dopo poco aggiunse -e dammi pure del tu, Lea-.

La mattinata passò allegramente, Lea aveva trovato in Selene un'ascoltatrice attenta e comprensiva, che pareva allo stesso tempo pendere dalle labbra della principessa e ascoltarla con sardonico distacco.
Ogni tanto la strega si limitava a fare commenti taglienti e sarcastici, ma sempre con una vena di allegra ironia e sincero interesse per i fatti narrati da Lea.
La principessa intanto parlava, e si stupiva allo stesso tempo della propria loquacità, lei che a corte si limitava a risposte annoiate e monosillabiche alle domande dei cortigiani.
Insomma, fatto sta che la mattinata passò rapidamente e senza che nessuna delle due donne sentisse il bisogno di fare altro che conoscersi un po' meglio.

Arrivò infine il pomeriggio.
-è il momento migliore, se vuoi tornare al castello- disse Selene guardando fuori dalla finestra la luce illuminare gli alberi in fiore.
Lea stava in piedi dietro di lei, e sbirciò fuori anch'essa, con un'aria improvvisamente incupita.
La principessa si sentì quasi tradita dall'osservazione della strega.
Aveva quasi dimenticato che era lì solo come ospite per una notte, e che sarebbe dovuta tornare alla solita, fiabesca, esasperante vita della corte.

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Capitolo 5
*** Restare ***


Lea abbozzò un sorriso, anche se la strega le dava le spalle.
Era un sorriso cupo, come quello di chi si rende conto dell'inappropriatezza del proprio entusiasmo e lo sminuisce con delusa ironia.
Selene si girò verso di lei, con un'espressione indecifrabile in volto, e la guardò a lungo, quasi ne stesse studiando la reazione.
Lea arrossì, colta nel pieno della propria delusione. Dopo qualche secondo di concentrato silenzio Selene improvvisamente sorrise
-magari però preferisci tornare domani- scostò la tenda della finestra.
-Pare stia per piovere-.

Nel bosco incantato capita che il maltempo giunga all'improvviso;
ciononostante, se qualcuno fosse passato per i territori della strega avrebbe visto che, mentre il sole splendeva su tutto il bosco,
come per magia solo sulla casa della strega Selene iniziava a scendere, pur senza nuvole in cielo, una pioggia sempre più fitta.


La principessa rimase così nella casa della strega per un altro giorno, e fu davvero bello godere della compagnia di una, seppur misteriosa e taciturna, brillante giovane donna.
"Sempre che sia giovane" pensava talvolta Lea: per quanto avesse un aspetto giovanile la strega sembrava davvero possedere una saggezza centenaria che la affascinava.
Abituata com'era alle superficiali e sciocche chiacchiere di corte Lea iniziò a provare un sincero affetto verso la strega e una sorta di riconoscenza per la sua intelligenza, una dote tanto rara nelle corti fiabesche.

Arrivò la sera, e la pioggia era sparita.
Lea aveva passato tutto il pomeriggio raggomitolata comodamente (orrore! Una principessa in tale sconveniente posizione!) sul divano della strega, parlando e ascoltando sempre,
ridendo, talvolta, con la sua risata chiara e dolce, che faceva risuonare la casa da tanto tempo immersa nel silenzio.
All'ora di cena avevano cucinato insieme e Selene si era divertita a far giocare la principessa a "far le pozioni", come scherzava la principessa,
che altro non erano che zuppe più o meno sofisticate.


Era ormai notte, quando Lea diede i primi segni di stanchezza, e sbadigliò.
-Prima di dormire- le disse sorridendo Selene -vorrei mostrarti una cosa-.
La fece salire per delle scale ripide e sghembe, aprì una sorta di botola sul soffitto e Lea si trovò sul tetto della casa.
Il cielo si apriva sopra di lei come una distesa infinita, un mare nero in cui le stelle parevano brillare solo per lei.
Le lacrime le riempirono gli occhi, commossa da tanta bellezza.
Dal castello non si erano mai viste così bene le stelle.
A dir la verità, non si vedevano proprio.

Selene salì silenzosa dietro di lei, e le sfiorò la spalla, poi la condusse su un punto del tetto dove si potessero distendere per veder meglio il cielo.
Lea era davvero felice; uno spettacolo immenso si apriva davanti a lei, e al suo fianco..
Prese la mano della strega con un gesto spontaneo e delicato, e intrecciò le proprie dita con le sue.
Per un attimo, le due si guardarono negli occhi, silenziose.
E videro riflessi i raggi delle stelle.

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Capitolo 6
*** Un giorno in più ***


Quella notte, la principessa dormì serena, dimentica di ogni preoccupazione e con un sorriso (diciamocelo, vagamente ebete) stampato sul viso delicato.
La strega non riuscì ad addormentarsi.


Il giorno seguente, Lea si svegliò col canto dei fringuelli (poco originale, quale principessa si sveglia altrimenti?), ma il ritrovarsi nella stanza degli ospiti della strega,
piuttosto che nella propria camera al castello, le diede più buonumore di qualsiasi canto mattutino.

Scese le scale trotterellando giù per i gradini, e con un balzo si affacciò alla porta della cucina.
-Buongiorno!- esclamò con voce allegra.
Selene, intenta a versare del tè bollente in due tazze, sollevò la testa e le sorrise calorosamente, come mai aveva fatto finora.
-Buongiorno- disse poi, con la sua voce morbida ed avvolgente.
Fecero colazione insieme, silenziosamente ma senza imbarazzo, mentre i raggi del sole entravano dalle finestre a illuminare gli occhi ghiacciati della strega,
e i sorrisi timidi di Lea quando coglieva lo sguardo indecifrabile e benevolo che Selene le dedicava.

Divorato il pasto, Lea si pulì la bocca con un tovagliolo, poi disse, con un tono giocosamente perentorio: -Raccontami di te. Le sai fare le magie?-
Selene rise della domanda tanto ingenua: era chiaro che le sapeva fare, le spiegò, e le ci erano voluti anni per affinarle;
e mentre rispondeva a tutte le domande curiose e incalzanti della principessa, che pendeva letteralmente dalle sue labbra,
faceva sbocciare piccoli, delicati fiorellini blu sul tavolo.
Quando se ne accorse, Lea fece un verso di meraviglia -Ma sono bellissimi!-
Il suo entusiasmo le dava un'aria di innocente delicatezza e Selene tacque,
guardandola con lo stesso sguardo indecifrabile del mattino.

D'un tratto, il suo sguardo cambiò, e pareva essersi tracciata una sfumatura di tristezza.
Lea colse subito il cambiamento, e comprese anche il perché.
Il sorriso scomparve anche a lei, insieme ai fiorellini sul tavolo.

-Ti staranno cercando- si limitò a dire Selene, senza alcuna inflessione della voce.
Lea ripiombò tragicamente nella realtà. Lei era una principessa, e le principesse vivono al castello.
E sposano i principi.

Lea era consapevole che qualora fosse stata ritrovata insieme alla strega, non ci sarebbe stato scampo per Selene.
Sicuramente avrebbero pensato che la malvagia strega del bosco l'avesse rapita, o ammaliata con i suoi perversi incantesimi;
le guardie non si sarebbero fatte scrupolo alcuno nell'ucciderla all'istante, anzi si sarebbero forse meritati una medaglia per aver salvato la principessa.
Figuriamoci se poi avesse cercato di "salvarla" un principe:
Lea sarebbe stata costretta a sposarlo, secondo le leggi dei regni di fiaba...

Lea si alzò, senza dire una parola, e camminò, meditabonda, verso la finestra.
Il bosco aveva un'aria protettiva, e il vento cantava una canzone mainconica tra le fronde degli alberi.

-Il bosco è grande, no?.. Ci metteranno almeno uno, due giorni per trovarmi...- si sentì dire senza convinzione.
Andava contro ogni logica, e Lea se ne rendeva conto.
Abbassò lo sguardo, cercando di reprimere la delusione.

Selene le si avvicinò, e, sfiorandole la spalla con una mano, le disse che,
dopotutto, una giornata di ricerca in più non avrebbe fatto male a nessuno.


Quel pomeriggio Lea vide il bosco come mai, nelle sue varie escursioni, l'aveva visto.
Selene l'accompagnava e le mostrava le bellezze nascoste che il bosco sapeva offrire, e la dolcezza dei frutti misteriosi che solo un'esperta strega sapeva trovare.
Gli alberi parevano vivi, e le creature non temevano le due donne che s'addentravano per i più introvabili anfratti, ma si avvicinavano mansuete.
Il vento sussurrava, nella sua lingua misteriosa, che la principessa e la strega potevano stare tranquille, ché coloro che cercavano Lea erano ben lontani dal trovarle, e pareva vegliare su di loro.
La principessa, per quanto avesse sempre avuto un rapporto quasi d'amicizia con il bosco e le sue entità, per la prima volta viveva la loro presenza appieno, grazie alla strega;
e la cosa la riempiva di gioia e ammirazione.

Fu una giornata stupenda per Lea, forse la più bella che avesse mai vissuto: ma nel suo cuore combattevano sentimenti contrastanti.
La ragione le diceva di andarsene, che quello non era e non poteva essere il suo posto, e la sua presenza non era che un inutile pericolo per Selene;
qualcos'altro le faceva desiderare di non dover andarsene mai, e di poter stare con Selene per sempre,
carezzandole i capelli come faceva il vento.

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Capitolo 7
*** Andarsene ***


Arrivata la sera, tutte le preoccupazioni e i problemi calarono, come il buio fuori la casa, nel cuore di Lea.

-Io devo andare- dichiarò all'improvviso, mentre Selene le dava le spalle dando da bere alle piante sul balcone.
Lea non poteva permettersi di mettere ancora in pericolo Selene.
La strega finì di annaffiare i fiori, poi si voltò lentamente, stancamente, conscia di ciò che la principessa stava vivendo.
Conosceva benissimo le conseguenze dell'eventuale arrivo improvviso delle guardie di Sua Maestà.
Ma per quanto irrazionale fosse quel desiderio, segreto e malcelato anche a se stessa, non voleva che la principessa tornasse al castello.

Selene le si avvicinò, e le prese le mani, senza dire nulla, ma fissandola con i suoi occhi di ghiaccio in maniera dolce e triste.
Lea stava per dire qualcosa, ma la voce le morì in gola.

-Resta-.
Dolcemente, mentre gli occhi di Lea si riempivano di lacrime, la strega le carezzò il viso. -Selene io non posso..-
la principessa cercò di continuare, ma le parole sembravano non voler uscire dalla sua gola:
allora abbracciò la strega, poggiando la testa sulla sua spalla, stringendola forte.
Il profumo avvolgente di lei, le sue braccia che ora la stringevano, la facevano sentire forse per la prima volta davvero al sicuro.
Una lacrima scese lungo la guancia della principessa. Selene l'asciugò con delicatezza, e le sorrise malinconicamente.
Poi, avvicinò lentamente il viso a quello di Lea, e la baciò.
Le labbra morbide della strega premettero dolcemente su quelle della principessa, che si lasciò cullare dal turbinio di emozioni che esplose dentro di lei,
e pareva avvolgerle entrambe in quel lungo bacio.

Quella notte la principessa non dormì nella camera degli ospiti.
Le due si erano accoccolate sul divano, in salotto, e lì erano rimaste.
Lea voleva stare sveglia, per stare con Selene il più possibile, e dentro di sé ancora combatteva fra restare ed andarsene, ma era stanca;
la strega la fece addormentare dolcemente con un incantesimo sussurrato, mentre le carezzava e baciava i capelli.

Quella notte, con Lea raggomitolata e abbracciata a lei, splendida e delicata come un fiore,
e la consapevolezza di doverla lasciare andare come unica compagnia nell'insonnia, Selene rimase a pensare fissando il fuoco del camino,
che sembrava sciogliere il ghiaccio dei suoi occhi che lentamente le scorreva sulle guance.

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Capitolo 8
*** Arrivano ***


Quando Lea aprì gli occhi, si trovò sola nella stanza.
Non ricordava di essersi addormentata, ma era evidente che era ormai mattino, dai raggi polverosi che entravano dalle finestre.
Si guardò intorno, ricordando gli avvenimenti della sera prima, ma Selene non c’era.
Il silenzio irreale nella casa veniva disturbato solo da qualche canto inquieto degli animali del bosco.
La principessa si sentiva a disagio, come in attesa di qualcosa di spiacevole, nell’aria c’era una tensione fino ad allora sconosciuta.

Poi la porta sbatté.

-Lea, sono arrivati-.
La strega si fermò sull’entrata, le mani ancora sulla maniglia della porta chiusa alle proprie spalle. Lea la raggiunse di corsa, e si fermò a un passo da lei, incapace di agire o pensare.
Il respiro di Selene era leggermente affannoso, i capelli scompigliati di chi ha corso; ma il suo sguardo era fermo, per quanto, per la prima volta forse, tradiva un’angoscia inusitata.
Non per sé, però, e questo Lea lo aveva capito.
-Mi dispiace..- riuscì a mormorare infine la principessa.
Ecco fino a che punto la sua testardaggine l’aveva spinta a mettere in pericolo Selene; anzi, il suo egoismo.
Le lacrime le raggiunsero gli occhi prima che riuscisse ad aggiungere altro, ma non pianse. La strega parve cogliere i suoi pensieri, e quasi sorrise, di un sorriso stanco e triste.
La prese tra le braccia, le baciò i capelli, e tacque; semplicemente, questa volta non le venivano le parole.
-Selene..- le parole sembravano sussurri, il viso stretto al petto della strega, nell’abbraccio.
-Io ti..-

Non riuscì a terminare quella breve, semplice frase.
Quella che sembrò un’esplosione improvvisa la interruppe;
le guardie del re sfondarono il portone della casa, piombando dentro.
Nella confusione e nel fumo che si era formato si sentì gridare “Prendetela!” e un cozzare di armi;
poi una fiammata terrificante avvolse la principessa, quasi carezzandole un’ultima volta il viso, e scomparve in un istante, lasciandola sola e indenne
davanti gli occhi sbigottiti dei suoi salvatori.

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Capitolo 9
*** Svegliarsi ***


Lea si svegliò di soprassalto.
Pochi secondi e lo sfavillio della sua stanza principesca le fece tornare alla mente tutto ciò che era successo.
L’avevano riportata al castello, spenta come una statua scolpita da uno scultore distratto.
Si sentiva svuotata.
Il lusso della propria stanza la opprimeva, il sole che entrava tiepido dalle finestre non la scaldava. Erano tre giorni che non usciva di lì.

Suo padre il re l’aveva accolta con sincero entusiasmo, felice di riavere la propria bambina; la corte intera era in festa per il suo ritrovamento.
Lea si era chiusa in un silenzio religioso, il giorno in cui la riportarono al castello, e tacque per tutta la durata del ricevimento in suo onore.
Inutile dire che la maggior parte degli invitati furono i principi dei reami vicini (non dimentichiamo la smania del buon re di veder sposate le proprie figliole);
ma la principessa Lea non li degnava di uno sguardo, anzi quei pochi che lanciava nella loro direzione lasciavano intendere sentimenti decisamente inadatti ad una futura docile sposa.
Il fuoco le ardeva dentro, anche se da fuori era una statua di ghiaccio.

Da quel giorno, Lea rimase chiusa nella propria stanza, assediata dalle damigelle, dai servi, e in generale da tutti coloro che con buona volontà bussavano alla porta e cercavano di tirarle su il morale,
perché suvvia, la strega era scomparsa e lei era in salvo, tutti le volevano bene e desideravano vederla sposata e felice.

Lea non ne poteva più. Se prima di allora sentiva la vita di corte come soffocante, adesso era ancora peggio.
La sua camera così regale, perfetta, degna di una principessa delle fiabe, la ripugnava e asfissiava.
E lei le mancava.

Non sapeva cosa fosse successo a Selene. Era riuscita a scappare? Dov’era in quel momento? Stava bene?
La consapevolezza di non poterglielo chiedere neppure, di averla persa, le formava un nodo in gola che non avrebbe mai potuto sciogliere.
Dall’altra parte, la consapevolezza di dover tornare alla vita di sempre, anzi,
peggio ancora, di dover compiere il proprio destino di principessa-sposa la atterriva.

Dopo tre giorni di annichilimento, si svegliò un mattino, di soprassalto, e tutto le tornò alla mente.

Quel giorno, la corte era in subbuglio.
Era infatti il dì previsto per la scelta da parte delle due bellissime figlie del re del proprio sposo tra i tanti principi che erano affluiti dai mondi di fiaba.
Il castello era splendente e meraviglioso come non mai; carrozze di principi e nobili affluivano come fiumi colorati e briosi:
il castello li accoglieva tutti e l’atmosfera festosa illuminava l’aria.

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Capitolo 10
*** Nozze ***


Quando giunse l’ora prevista, tutti gli invitati presenziavano nella sala grande.
I principi scalpitavano: molti desideravano esser scelti per il proprio valore, chi per il coraggio, chi per l’intelligenza e chi per la ricchezza;
quasi tutti ambivano ad essere scelti dalla bellissima sorella maggiore, ma anche la minore era graziosa e gentile e i suoi pretendenti non mancavano.

La cerimonia iniziò.
Lea rimaneva silenziosa, rinchiusa nel proprio dolore, ma manteneva uno sguardo fiero, quasi altero, e la dignità di una regina.
Vide sfilare davanti a sé i soliti pretendenti, i soliti insulsi principi, uccisori di draghi o liberatori di villaggi, belli e ricchi quanto insipidi.
Sapeva che una volta scelto uno di loro, uno qualsiasi, il re sarebbe stato soddisfatto. Per qualche assurda legge delle fiabe, il principe e la principessa si sarebbero sposati e sarebbero partiti per il regno di lui, abbandonando quello della giovane per sempre.
Così se ne sarebbe andata, almeno, pensava Lea.
Ormai sentiva di non aver nulla da perdere.

Presenziò senza entusiasmo alla cerimonia della sorella, che aveva scelto il principe più valoroso, il più bello e nobile, forte e gentile.
Dopotutto a Lea non dispiaceva, era contenta per la sorella.
Era il finale da fiaba che si meritava.

I novelli sposi (che matrimonio! Una festa davvero degna di una fiaba) uniti e felici, buoni e bellissimi, si recarono da Lea, per un ultimo saluto da parte della sorella.
–Spero tu possa essere felice quanto lo sono io, Lea. Io ho sempre saputo chi era il mio principe, ho trovato l’unico amore tra i tanti-
disse sorridendo e stringendo un po’ più forte il braccio del marito –spero tu sappia trovare il tuo-.
Le diede due baci, poi si allontanò, e insieme al marito salì su una carrozza che li aspettava.
Era partita, e sarebbe vissuta per sempre felice e contenta. Lea la salutò con un gesto stanco della mano.

Toccò a Lea: il regno era pronto per la sua scelta.
Il re, soddisfatto per il felice matrimonio della figlia maggiore, non nascondeva una certa preoccupazione per la figlia minore, che in quei giorni pareva tanto turbata dal brutto episodio della strega del bosco.
Sperava che finalmente si accasasse e onorasse così il suo regno e la sua famiglia.
I principi si presentarono uno alla volta.
-Io Vi porgo questi gioielli-;
-Io Vi dono questo amuleto magico-;
-Io Vi porto in pegno queste corna di drago, a dimostrazione della mia profonda fedeltà a Voi..- e così via.
Lea li guardava scorrere davanti a sé, pieni di doni e ricchezze, pronti a qualsiasi sacrificio per lei.
Nella folla di pretendenti, la colpì un principe silenzioso, quasi fuori posto.
Quando questi venne chiamato per presentarsi alla principessa coi suoi doni si avvicinò titubante.
Giunto davanti alla principessa, si limitò a sorridere in silenzio guardandola negli occhi con dolcezza.
Nella sala cadde un silenzio irreale.

-Ho solo questo da offrirti- disse infine, quasi in un sussurro.
Aprì le mani che teneva a coppa davanti a sé;
da esse si schiusero, come per magia, dei delicati fiorellini blu.
Lea si alzò dal trono che le faceva sovrastare il giovane davanti a lei. Scese lentamente i gradini dorati, e si fermò solo quando gli fu di fronte.
I suoi occhi, azzurri come il ghiaccio, parevano brillare della luce delle stelle di una serata passata sul tetto di una casa nel bosco..
Il profumo di lei l’avvolse come un tenero abbraccio.
Quasi piangendo e ridendo insieme, Lea carezzò con un gesto delicato il volto di chi si ritrovava davanti.
-L’ho trovato..- sussurrò infine.


Le orecchie tese di tutto il regno udirono a malapena le sue parole,
ma scoppiò un urlo di gioia che coinvolse tutti gli astanti quando se ne colse il senso (Tutti gli astanti tranne i principi scartati, certo).

Il re fu così sollevato e felice che volle subito pronta tutta la popolazione per le nozze;
l’entusiasmo aveva coinvolto l’intera corte, e durante tutta la celebrazione le damigelle lanciarono petali e fiori colorati verso la principessa e il giovane che le stava davanti:
nessuno si ricordava da dove provenisse né come si chiamasse, (i matrimoni di fiaba non badano a tali sottigliezze)ma che importa?
Era la persona che la principessa Lea aveva scelto.

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Capitolo 11
*** Fine ***


Ufficializzate le nozze, si sa che le principesse devono partire alla volta del castello dello sposo, dicendo addio al proprio.
Lea si voltò un’ultima volta a guardare la propria reggia-prigione; questa volta sarebbe partita per non tornare più.
Il bosco che circondava il castello sembrava salutarla con il canto malinconico del vento. Era successo tutto così in fretta.
Il rumore di una carrozza in avvicinamento la distolse dai suoi pensieri. Il suo “principe” era lì dentro.
Ancora incapace di rendersi conto che tutto ciò era reale, che davvero era libera, salì sulla carrozza.
Tutta la corte era fuori a dirle addio; li salutò con un cenno, poi chiuse lo sportello dietro di sé e il cocchio partì.

Nella penombra della carrozza risaltavano gli occhi ridenti e chiari di Selene.
Lea, al rivederla finalmente così, bella e sorridente in tutto il suo naturale splendore, che l’attendeva serenamente, col suo sorriso ironico, non seppe trattenersi.
Si avvicinò a lei quasi piangendo di gioia, ridendo e lacrimando, le carezzò il viso e i capelli, quasi ad accertarsi che non era un sogno;
poi Selene la strinse a sé, e si baciarono teneramente e con passione, stringendosi forte.


Quando fu abbastanza distante dal castello, la carrozza scomparve senza destar sospetto.
Ricomparve molto molto lontano, in una foresta incantata:
da quel che sappiamo noi Lea e Selene vivono tuttora lì, in un’accogliente e calda casetta,
libere di essere se stesse, e, come si confà ad ogni fiaba che si rispetti,
felici e contente.






"Una storia romantica in cui l'amore supera le forme prestabilite della fiaba.
E si trasforma..."

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