L'altra metà della mela

di mar_79
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


L’ALTRA META’ DELLA MELA

 

 

Capitolo 1

 

«Lucy, Lucy Dotson, sei proprio tu?»

Sentendosi chiamare lei si voltò e vide un ragazzo alto e affascinante che le sorrideva. Di certo, si disse, non lo conosceva altrimenti se lo sarebbe ricordato.

«Non mi hai riconosciuto vero? Sono Andrew Archer, eravamo in classe insieme al liceo.»

Lucy cercò di ricordare di chi si trattasse finché…no, quello non poteva essere Andrew! Lui era un secchione, basso, robusto e con gli occhiali che tutti, lei compresa, prendevano in giro durante gli anni delle superiori. Però in effetti una certa somiglianza c’era compresa quella piccola cicatrice sul mento e quegli occhi di un grigio così particolare.

«Andrew, sei proprio tu, ma quanto tempo, come stai?»

«Bene grazie, e anche tu vedo,»

Lucy arrossì. «Grazie, sei gentile.»

Lui si  offrì di accompagnarla e iniziarono a raccontarsi della loro vita. Così venne a sapere che era diventato investigatore per una società di assicurazioni, viveva in città e, cosa non poco rilevante, era single.

«Ecco, io sono arrivata.»

Andrew guardò l’edificio davanti al quale si erano fermati e rimase sbalordito. «Lavori per l’FBI?»

«Proprio così. Anche se non sono un agente lavoro a stretto contatto con loro, è un lavoro molto interessante.»

«Non ho dubbi. Senti non vorrei sembrarti frettoloso ma ti andrebbe di cenare con me questa sera?»

Si aspettava quella domanda, ai tempi della scuola Andrew aveva una cotta per lei che però non lo aveva mai considerato da quel punto di vista. Doveva ammettere che invece adesso quell’invito la lusingava molto.  

«Con molto piacere.» Gli diede il suo indirizzo e fissarono l’appuntamento per le sette.

Quando entrò in ufficio aveva un ampio sorriso che non sfuggì ai presenti. «Si può sapere cosa ti è successo. Sembri il gatto che ha appena mangiato il canarino» fece notare Myles.

«Beh, in effetti qualcosa mi è successa. Ho incontrato un vecchio amico del liceo, ci siamo messi a parlare e mi ha invitata a cena.»

Tara le si avvicinò subito. «Racconta, com’è questo ragazzo?»

«Molto diverso da come lo ricordavo ma stupendo» spiegò con aria sognante.

«Bene bene, la coppia Hudson-Thomas fa proseliti. Oggi è toccato a Lucy, domani forse a Tara, chissà quando a Bobby.»

Bobby lo guardò storto. «Ehi, a me succederà molto presto, piuttosto Myles e su di te che dovresti avere dei dubbi.»

«Molto, molto simpatico.»

«Voi due finitela di punzecchiarvi e torniamo a lavoro» si intromise De.

Allora tutti rivolsero la loro attenzione al tabellone davanti al quale si trovavano Sue e Jack. «Allora il nostro nuovo caso riguarda un traffico internazionale di droga proveniente dalla Colombia. All’aeroporto avevano arrestato un corriere ma prima che potessimo convincerlo a collaborare è stato ucciso in carcere. Sappiamo solo che un altro carico dovrebbe arrivare tra tre-quattro giorni.»

«Dovremo trovare il nuovo corriere», aggiunse Sue, «per poter avere altre informazioni. Intanto Tara farà delle ricerche approfondite sull’uomo ucciso.»

«Bene, tutti a lavoro.» concluse Jack.

Quando gli altri si furono allontanati attirò l’attenzione di Sue. «Allora tutto confermato per stasera?» lei fece segno di si «allora ci vediamo a casa tua. Ora vado dal supervisore per aggiornarlo sulle indagini.»

Lei lo guardò allontanarsi. Erano passati alcuni mesi ormai da quando si erano dichiarati il loro amore nella sala lì vicino, ed erano stati mesi molto felici ma (come in ogni storia c’era un “ma”) non era facile dover mantenere segreta la loro relazione. Nessuno, tranne i componenti della squadra che in quanto amici non li avrebbero mai traditi, doveva sapere di loro e questo li costringeva a fingere durante tutto l’orario di lavoro quando erano così vicini ma non potevano neanche sfiorarsi.

 

«Che ne dici di questo? Non credi che sia troppo audace?» Lucy si guardò allo specchio per la millesima volta nell’ultima ora.

«No Lucy, è perfetto, sei stupenda e lui ti adorerà.»

«Ne sei sicura? Forse dovrei riprovare quello bianco.»

Levi avvisò Sue che suonavano alla porta. «Salvata dal campanello. Andiamo deve essere lui.»

Arrivate in soggiorno videro che Jack aveva già aperto e fatto entrare Andrew.

«Lucy sei bellissima.»

«Grazie. Ah, Andrew lei è Sue la mia coinquilina e lui è Jack.»

«Il fidanzato di Sue», aggiunse lui stringendo la mano che Andrew gli tendeva.

Le due ragazze lo guardarono sorprese ma Lucy fu la prima a riprendersi. «Noi ora andiamo altrimenti faremo tardi. A dopo.»

Rimasti soli Sue inclinò la testa da un lato e chiese a Jack: «sbaglio o ti sei presentato come il mio fidanzato?»

«Non sbagli. Preferivi che dicessi boyfriend o ragazzo? No, sono termini troppo riduttivi per esprimere quello che siamo l’uno per l’altra. Fidanzato è perfetto.» Mentre parlava le aveva preso una mano tra le sue e l’accarezzava dolcemente.

Sue era felice di quelle parole ma anche molto imbarazzata e cercò di cambiare discorso. «Il film sta per iniziare, che dici, ordiniamo la pizza?»

Jack sorrise e posò delicatamente le labbra sulle sue per un lieve bacio. «Come potrei rifiutare un’offerta così eccitante?»

 

Lucy si guardò intorno approfittando del fatto che Andrew aveva dovuto rispondere ad una telefonata.

Quel ristorante era proprio carino, con un’atmosfera intima ed elegante, Andrew aveva davvero buon gusto. Sorrise vedendolo tornare.

«Scusami ma aspettavo notizie importanti da un collega sul caso di cui mi sto occupando. Mi servono per un appuntamento di domani mattina e non potevo evitare di rispondere.»

«Non preoccuparti. Posso sapere di cosa si tratta?»

Lui sorrise e poi disse con tono cospiratorio «Normalmente non potrei parlarne ma dato che lavori perl'FBI credo di potermi fidare. Qualche giorno fa in centro c’è stato un grave incendio negli uffici di una società di import-export con il Sud America, ne hai sentito parlare?»

«Si, sono anche passata lì davanti e del palazzo non rimane granché.»

Andrew annuì. «La società è assicurata con noi e dato che i vigili del fuoco hanno stabilito che l’incendio è dovuto ad un corto circuito dovremo pagare il premio. Però…»

«Tu non ne sei convinto?»

«E’ solo una sensazione. L’incendio è scoppiato la notte del 13, beh io ho scoperto che l’ufficio delle entrate aveva previsto un controllo dei registri della società per il 15. Non so cosa cercassero ma so per certo che ora quei registri non esistono più.  Non ti sembra strano?»

«In effetti. Ma se hai questi dubbi perché non lo fai presente al tuo capo?»

Lui fece una espressione amareggiata. «Vedi quella notte il guardiano dell’edificio è morto. Lascia moglie e due figli piccoli. Se paghiamo parte del risarcimento andrà alla famiglia, se avanzo dei dubbi quei bambini non solo avranno perso il padre ma non riceveranno neanche un dollaro. È solo per questo che sto aspettando di avere maggiori informazioni, ho sparso un po’ la voce tra quelli che conosco per vedere se riesco a trovare qualcos’altro.»

«E’ un pensiero molto nobile il tuo, non tutti si comporterebbero così.»

«Grazie. Ma ora basta parlare di lavoro, parlami di te.»

 

Arrivata a casa Lucy andò nel soggiorno sicura di trovarli ancora lì. E infatti erano sul divano, addormentati l’uno tra le braccia dell’altro.

 Jack le teneva un braccio intorno alle spalle e Sue aveva appoggiato la testa sulla sua spalla. Li osservò attentamente, erano una coppia perfetta, peccato che non potessero rendere pubblico il loro legame.

Levi intanto si era avvicinato per salutarla. «Fa piano piccolo», bisbigliò, «non vorrai svegliarli.»

«Sta tranquilla Lucy, non sto dormendo» disse Jack. «Sue voleva aspettarti sveglia ma circa mezz’ora fa è crollata. Ora che sei tornata però sarà meglio chiamarla.» Le posò delicatamente una mano sul braccio e quando aprì gli occhi le sorrise. «Tesoro, è tornata Lucy. Mi era sembrato di capire che volevi parlarle appena rientrava.»

Lei si svegliò completamente. «Oh si, grazie.» Si alzò e andò verso l’amica. Poi, ricordandosi improvvisamente di lui, si voltò «scusami Jack, noi ci vediamo domani a lavoro. Buonanotte.»

Lui si alzò fingendosi deluso. «Voi donne, quando si tratta di spettegolare siete capaci di dimenticarvi tutto il resto, noi poveri uomini per primi!»

Sue fece finta di non capire e lo accompagnò alla porta. Mentre stava per uscire lui però si fermò per insistere. «Ehi, sono rimasto in quella posizione nonostante il braccio mi facesse male per non svegliarti», voleva sembrare arrabbiato ma si capiva che scherzava, «e non merito neanche il bacio della buonanotte?»

Sue sorrise. «Ci sarebbe da discutere su questa richiesta, ma siccome ho fretta di andare da Lucy», si avvicinò e gli diede un bacio veloce, «eccoti accontentato.»

Jack la guardò scontento. «E tu questo lo chiami bacio?» la prese tra le braccia e la baciò a lungo, con passione. «Ecco, questo è un bacio!» poi aggiunse con tono più dolce «buonanotte amore» e uscì.

Sue, rossa in viso,  si voltò verso Lucy provocandone la risata. «Si può sapere quando smetterai di arrossire ogni volta che ti bacia?»

«Non lo so Lucy. Io lo amo, lo amo tantissimo, solo che non riesco ancora ad abituarmi completamente alla svolta che ha preso il nostro rapporto. Prima di metterci insieme tra noi c’era una grande amicizia e forse la paura di perdere anche quella se qualcosa dovesse andare male non mi permette di lasciarmi andare completamente.»

Lucy la prese sottobraccio. «Sta tranquilla, tra di voi non può andare male. Jack per te è l’altra metà della mela.»

«Spero che tu abbia ragione!» poi con tono complice «ora dimmi tutto di Andrew.»

 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


capitolo 2 mela

Capitolo 2

Jack picchiettava nervosamente con la penna sulla scrivania, poi improvvisamente spinse con forza la sedia all’indietro e si alzò allargando le braccia sconsolato. «Volete dirmi che in due settimane non siamo stati capaci di scoprire nulla sul corriere ucciso e sul traffico di droga? Andiamo ragazzi, non è possibile che nessun informatore sappia qualcosa.»

«Non è che non sanno, non vogliono proprio sentire parlare di questa storia.» Bobby buttò il fascicolo che aveva in mano sulla scrivania, «sembra quasi che qualcuno li abbia intimiditi.»

Jack era sempre più sgomento. «Non riesco a capire, proprio non riesco.» Guardò il tabellone degli indizi che gli stava di fronte, «ricapitoliamo: poco più di quindici giorni fa, esattamente il 13, un uomo proveniente con un piccolo aereo privato dalla Colombia viene arrestato all’aeroporto mentre cerca di passare da un’entrata di servizio per evitare i controlli. Nella sua borsa vengono trovati 2kg di cocaina, l’uomo sembra disposto a collaborare ma la sera stessa, appena arrivato in carcere, lo uccidono.»

«E noi restiamo con un pugno di mosche.»

Jack sorrise nervoso. «Grazie della precisazione Myles.»

«Il problema» aggiunse De «è che le autorità colombiane non collaborano e del corriere non sappiamo nulla di più del nome, sempre che sia vero: Emilio Fuentes.»

«Ho fatto ricerche in tutti i database a mia disposizione ma non ho trovato nulla. Mi dispiace.»

Bobby le strinse amichevolmente un braccio. «Non preoccuparti Tara, siamo tutti nella stessa situazione.»

«Direi che non ci resta che insistere, forza a lavoro.»

Dopo un po’, approfittando di un momento di pausa, Tara si avvicinò a Lucy e Sue. «Allora Lucy, come va la storia con Andrew? Racconta, sono curiosa.»

«Va tutto a gonfie vele, non potrebbe andare meglio. Andrew è davvero un uomo speciale, sono così felice di averlo incontrato.»

«Posso garantirti che è vero» si intromise Sue «quando è a casa non fa altro che cantare e sorridere. Una volta ha persino cercato di ballare con Levi!»

Scoppiarono a ridere.

«Ehi, voi tre allegre comari, non sapete che la pausa pranzo è finita da un pezzo?»

«Oh Myles sei proprio un guastafeste.»

«Lo so, e mi diverto tanto ad esserlo» ribattè lui sollevando le sopracciglia e riprendendo posto alla sua scrivania.

Tara si allontanò ed anche Sue stava per farlo quando Lucy richiamò la sua attenzione. «Dimenticavo, Andrew ha invitato te e Jack questa sera per un’uscita a quattro. Che ne dici?»

«Per me va benissimo e credo che neanche Jack abbia problemi.»

«Perfetto allora, è per le otto.»

La serata era stata molto divertente. Andrew, Sue e Jack avevano fatto subito amicizia e il tempo era volato. Era quasi l’una di notte e stavano camminando verso casa delle ragazze mentre Andrew li intratteneva con aneddoti del suo lavoro.

«E così ho dovuto rincorrere quel tizio per i campi distruggendo diverse piante. Ho temuto che il contadino mi facesse causa.»

«Non ti ha fatto causa? Allora sei un dilettante in confronto a me», gli rispose Jack, «io una volta scavalcando un muro ho schiacciato un gallo e mi hanno fatto causa per 50.000 dollari. Mio caro hai ancora molto da imparare.»

«Già, dovrei venire in missione con te qualche volta…»

«E perché no?»

«…però vorrei prendere qualcosa di più grande di un pollo, non so, per esempio un tacchino.»

«Molto spiritoso.»

Lucy si intromise. «Ok ragazzi, ora basta storielle, siamo arrivati. Saliamo a bere qualcosa.»

«Mi dispiace ma non posso, domani mattina ho un appuntamento alle 6:30 e non posso fare tardi.» Andrew  le prese la mano. «Sono davvero mortificato.»

«Non preoccuparti. Ma chi è che ti da appuntamenti a questi strani orari. Devo ingelosirmi?»

«Che tu sia gelosa non può farmi che piacere ma non devi preoccuparti, devo vedere un…, come lo chiamate voi? Ah si, informatore.» Si portò la mano di lei alle labbra. «Sono stato benissimo, buonanotte» concluse guardandola intensamente tanto da lasciarla senza parole.

Una volta in casa Lucy era euforica. «Oh Sue, sono davvero felice, credo che potrei innamorarmi di questo uomo!»

Sue lanciò a Jack una richiesta con lo sguardo e lui annuì comprensivo. «Vado di là a dare la cena a Levi.»

Rimaste sole le due amiche sedettero sul divano. «Non credevo di poter avere tanta fortuna, conoscere un uomo gentile, educato, colto e bello con cui condivido molti interessi e che sembra veramente tenere a me. Se è un sogno ti prego, non svegliarmi.»

«Forse hai trovato anche tu la tua metà della mela e sono contenta che almeno voi possiate vivere la vostra storia alla luce del sole.»

Lucy fece un’espressione dispiaciuta rendendosi conto di essere stata un po’ egoista. «Ma non c’è proprio nessuna soluzione per voi?»

«Se lo dicessimo al supervisore uno di noi verrebbe sicuramente trasferito. E poi aver mentito per tutti questi mesi non ci metterebbe certo sotto una buona luce. Per fortuna la preoccupazione è pienamente superata dalla felicità che Jack mi dà.»

In quel momento lui ritornò come evocato da quelle parole e si sedette accanto a Sue.

«Cos’è, ti fischiavano le orecchie?» scherzò Lucy.

Lui la guardò senza capire e allora Sue gli spiegò: «stavo dicendo a Lucy quanto tu mi renda felice.»

Jack le prese una mano. «Mai quanto tu rendi felice me.» Si fissarono per qualche istante, poi si scambiarono un lungo bacio.

Lucy si alzò preferendo lasciarli soli. «E’ meglio che vada a dormire.» Li guardò, si stavano ancora baciando, e non riuscì a trattenersi. «Jack, dato che sono sempre io a preparare la colazione forse dovresti dirmi cosa preferisci, nel caso ti trovassi ancora qui domani mattina…»

Sue la guardò scioccata e arrossì per quello che l’amica aveva voluto intendere. «Lucy!!!»

«Va bene, va bene, scherzavo.» Andò verso la camera ma dopo pochi passi si voltò. «Però Jack faresti bene a darmela questa informazione perché sono sicura che una mattina di queste ti troverò in giro per la casa morto di sonno ma felice!»

Sue prese un cuscino del divano e lo tirò addosso all’amica facendola scappare. Poi si rivolse a lui «scusala.»

«Beh, non ha tutti i torti. Sono 4 mesi, 2 settimane 3 giorni e», guardò l’orologio, «10 ore che stiamo insieme e forse dovremmo parlare…»

Lei lo interruppe imbarazzata per la piega che stava prendendo il discorso. «Non sapevo che fossi così preciso nei conti.»

«Con le cose importanti si. Comunque stavo dicendo che…»

«Jack per favore, io sono sicura del nostro amore ma non voglio bruciare le tappe. Spero che capirai.»

«Certo, ti capisco.» Si alzarono e lui che accarezzò dolcemente un braccio. «Ora è meglio che vada altrimenti potrei essere tentato di dire a Lucy come mi piacciono le uova per colazione.»

Verso le tre di notte il telefono squillò a casa di Lucy e Sue.  «Pronto, chi è a quest’ora?» chiese Lucy assonnata.

Dall’altro capo del filo gli rispose una voce allarmata. «Lucy, sono io Andrew. Avverti Jack, mi stanno inseguendo, sono in pericolo.»

A quelle parole lei divenne immediatamente lucida. «Andrew, cosa succede, dove sei?»

«Non posso parlare a lungo, stanno arrivando, se mi dovesse succedere qualcosa devi dire a Jack che troverà tutto nella cassetta c16-64. E digli anche…maledizione, sono qui.»

La comunicazione venne bruscamente interrotta e Lucy, sempre più spaventata, andò a svegliare Sue chiedendole di chiamare Jack. Dopo neanche dieci minuti lui era lì e si fece raccontare da Lucy la telefonata parola per parola appuntandosi tutto e si fece anche spiegare a quale caso stesse lavorando Andrew. «Lo sai vero che non possiamo occuparcene ufficialmente prima che siano passate 24 ore dalla scomparsa però ti garantisco che già da domattina comincerò a fare delle domande in giro. Tu cerca ancora di contattarlo nel frattempo.» Guardò Sue. «Ora cerca di farla riposare un po’, ci vediamo dopo in ufficio.»

Sceso in strada Jack si fermò a riflettere. Quella storia non gli piaceva per niente: una società di import-export che tratta prevalentemente con il sud America i cui uffici prendono fuoco, un incendio forse doloso appena due giorni prima di un controllo dei registri, un povero guardiano che perde la vita e, per finire, l’investigatore dell’assicurazione che a poche ore dall’appuntamento con un informatore dice di essere inseguito e sparisce lasciando come unico indizio un codice: c16-64.

No, quella storia non gli piaceva per niente, Andrew doveva essersi cacciato proprio in un gran pasticcio.

Tutti erano in fibrillazione in ufficio, stavano dandosi da fare per scoprire qualcosa sull’incendio di cui si era occupato Andrew ma anche qui, come per il traffico di droga, sembrava che tutti fossero diventati improvvisamente muti.

Quella mattina presto Jack aveva parlato con i superiori di Andrew che si erano detti stupiti che lui stesse ancora indagando su quel caso visto che proprio il giorno prima aveva presentato la sua relazione finale in cui definiva l’incendio “un incidente dovuto al malfunzionamento dell’impianto elettrico”. E, aggiunsero, e questa volta a stupirsi era stato Jack, che proprio un’ora prima li aveva chiamati chiedendo due giorni di permesso per motivi di salute.

Aveva chiesto se lo avevano trovato strano, nervoso, ma la risposta era stata che sembrava il solito Andrew.

Ma se quella telefonata era vera e se stava bene, cosa era successo la notte prima e perché non richiamava Lucy per tranquillizzarla?

Alzò lo sguardo e vide Sue e Lucy che entravano in quel momento e Tara che si faceva loro incontro. «Oh, Lucy, mi dispiace tanto ma vedrai che lo troveremo, ci stiamo dando tutti da fare.»

«Avete scoperto qualcosa?»

«Beh, seguendo le tracce del suo cellulare ora sappiamo da dove ti ha chiamato», poggiò sulla scrivania la mappa che aveva in mano e vi indicò un punto, «ecco, si trovava più o meno qui.»

Sue guardò l’indicazione. «Ma è vicino all’aeroporto. Che ci faceva lì alle tre del mattino?»

Jack, che nel frattempo si era avvicinato, le posò una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione. «Non lo sappiamo. Siamo andati subito lì ma non abbiamo trovato nessuna traccia.» Poi, mentre Tara continuava a consolare Lucy, la prese da parte. «Come ti senti? Siete riuscite a dormire almeno un po’?»

«Quasi per nulla, Lucy non riusciva a tranquillizzarsi e la capisco» si guardò intorno e decise di proseguire con i segni “se mi avessi fatto tu una telefonata simile nel cuore della notte credo che sarei impazzita. Lucy e Andrew si erano appena trovati e forse si sono già persi, questo mi ha fatto riflettere e ho deciso che non permetterò più che la timidezza o la paura mi frenino quando stiamo insieme perché di una cosa sono sicura, io ti amo e voglio stare con te.”

Jack era commosso da quelle parole, avrebbe voluto abbracciarla lì davanti a tutti e succedesse quello che doveva succedere…

Myles riattaccò il telefono. «Ragazzi, ho delle brutte notizie»

Lucy lo guardò spaventata. «E’ morto?»

«Beh, ecco…non lo so.» Si passò nervosamente una mano tra i capelli. «Hanno trovato un cadavere in un cassonetto a circa500 metri da dove Andrew ha chiamato ma non si sa ancora di chi sia. Avevo chiesto di informarmi subito di qualsiasi ritrovamento e così hanno fatto.»

«Oh mio Dio!» Lucy si afflosciò sulla sedia e Sue corse da lei.

Jack prese subito la giacca «De, Bobby, venite con me, andiamo a vedere di che si tratta.»

 

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scusate se aggiorno la storia senza aggiungere un nuovo capitolo ma avevo dimenticato di ringraziare chi mi ha recensito fino ad ora: grazie mille ^-^. E per rispondere a Pera11: si, questa storia è la continuazione della mia precedente fanfiction "Il nono comandamento".

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


capitolo 3 mela

Capitolo 3

 

Tornarono dopo circa mezz’ora e Jack andò subito alla scrivania di Lucy che lo guardò speranzosa. «Sta tranquilla, non è lui, si tratta di una donna.»

La ragazza chiuse gli occhi e strinse la mano di Sue. «Sia ringraziato il cielo.»

Jack annuì poi si avvicinò a De. «C’è un pensiero che mi gira in testa da stamattina e dopo il ritrovamento di questo cadavere mi sto convincendo di aver ragione.»

«A cosa ti riferisci?»

«Fuentes è arrivato il 13 all’aeroporto e la società di import-export che tratta con il sud America si è incendiata quella stessa notte mentre il corriere veniva accoltellato in carcere. Andrew si occupa di questo caso, dice a Lucy di ritenere l’incendio doloso e di dover incontrare un informatore però poi scompare e  miracolosamente ai suoi superiori arriva una relazione che dice esattamente il contrario. inoltre, sempre per combinazione la sua ultima telefonata arriva dalla zona dell’aeroporto e adesso troviamo questa donna uccisa lì vicino e, secondo quanto dice il medico legale, l’ora del decesso è tra le due e le tre di questa mattina. Comincio a credere che i due casi siano collegati.»

«E la telefonata che Andrew ha fatto per chiedere un permesso?»

«Dai, sappiamo entrambi che possono averlo costretto in mille modi a farla.  Non abbiamo nulla di nuovo su Fuentes?»

«Forse un piccolo spiraglio. Le chiavi che stava usando per aprire la porta di servizio sono di un tipo particolare in dotazione solo agli addetti ai bagagli e all’impresa di pulizie dell’aeroporto. È probabile che avesse un complice tra questi.»

«Bene, passa l’informazione a Tara e dille di controllare tutti gli impiegati.»

 

Lavorando con quei ritmi frenetici l’ora di pranzo arrivò presto e, anche per distrarre Lucy, Bobby propose di andare a mangiare tutti insieme.

«Io non posso, andate voi» disse Sue «devo finire questo rapporto per Randy, lo vuole nel primo pomeriggio»

«Quell’antipatico, deve mettere sempre i bastoni tra le ruote.»

«Non essere cattivo Myles, in fondo non è poi così male.»

«Sei tu Sue che sei troppo buona.»

Levi grattò la gamba della sua padrona per attirarne l’attenzione. «Anche tu hai fame vero? Tara potreste portarlo con voi?»

«Certamente».

Uscirono tutti e Jack rimase da solo con Sue. «Tu non vai?»

«Pensavo di restare a farti compagnia, visto che non c’è neanche Levi.»

«Non preoccuparti per me», indicò i documenti sulla scrivania, «sarò molto impegnata.»

«Allora vado?»

«Vai.»

Lui iniziò a camminare all’indietro continuando a parlarle. «Sei sicura perché io potrei..»

«Vai!»

«Non vorrei che ti sentissi sola»

«Jack, non farmelo ripetere ancora, vai!» e sorrise divertita indicandogli la porta.

In quel preciso momento lui si bloccò di colpo, tornò indietro, si chinò, le prese il viso tra le mani e la baciò.

«Jack, cosa fai qualcuno potrebbe vederci.» Il suo tono tradiva la preoccupazione.

Lui si rimise dritto. «Come potevo resistere a quel sorriso…e poi, lavoro per l’FBI, il pericolo è il mio mestiere piccola.» Fece uno sguardo compiaciuto.

Lei scoppiò a ridere. «Ma quanto sei stupido! Adesso lasciami lavorare e non tornare senza portarmi qualcosa.»

 

I due uomini che, parlando tra loro, si dirigevano verso l’ufficio non avrebbero potuto essere più diversi. Uno era alto e magro, con un elegante vestito blu e i capelli perfettamente in ordine, l’altro era più basso e robusto, vestito con jeans, maglietta e giubbotto di pelle e aveva dei capelli ricci che doveva essere un’impresa rendere anche solo presentabili. Arrivati nell’ufficio videro che era vuoto all’infuori di una donna bionda che dava loro le spalle e stava cercando qualcosa in un archivio.

L’uomo più alto si schiarì la voce. «Mi scusi, stiamo cercando l’agente Hudson.»

Sue chiaramente non poteva sentirlo e non avendo risposta l’uomo ripeté la domanda. Vedendo che la donna non rispondeva ancora quello più basso le si avvicinò e la prese per una spalla facendola voltare. Senza accorgersi dello spavento che le aveva procurato le urlò in faccia. «Stiamo cercando l’agente Hudson. Quante volta dobbiamo ripeterlo! Cos’ha, è sorda per caso?»

Sue era stupita di tanta aggressività ma si riprese subito e rispose con tono gentile: «l’agente Hudson è fuori per pranzo, tornerà tra poco. E comunque per sua informazione si, sono sorda.» Si gustò l’espressione di vergogna sul viso di entrambi poi riprese «io sono Sue Thomas, volete dire a me?»

Fu quello più alto a parlare. «Le chiedo scusa, non potevamo sapere che lei…se è possibile vorremmo aspettare.»

Neanche cinque minuti dopo gli altri rientrarono lanciando degli sguardi curiosi a quella strana coppia. Sue disse a Jack che lo stavano cercando e lui si avvicinò. «Sono Jack Hudson, in cosa posso aiutarvi?»

«Io sono Marvin Kendall dell’ufficio delle entrate» si presentò l’uomo elegante «e lui è Frank  Martin della narcotici. Siamo qui perché ci è giunta voce che state facendo delle domande sull’incendio di quella società di import-export del centro e vorremmo sapere perché visto che non è un vostro caso.»

Jack li guardò scettico. «Posso sapere a che titolo lo domandate?»

Questa volta fu Martin a rispondere. «Senta agente, non giriamoci intorno, di questa storia ce ne stiamo occupando noi da quasi un anno e non mi va giù che voi arriviate con i vostri bei distintivi luccicanti e i vestiti freschi di tintoria a rischiare di farmi saltare tutto.»

Jack sorvolò sulla risposta a tono che avrebbe voluto dargli, ora gli interessava di più capire a cosa si riferissero senza però scoprirsi troppo. «Non so di quale caso parliate.»

«Quella società,la Majestic, era sotto indagine da parte del mio ufficio perché alcune transazioni con la Colombia facevano pensare ad un coinvolgimento con i trafficanti di droga, e qui entra in gioco il detective Martin che da anni si occupa della droga che arriva da quel paese qui in America. Eravamo riusciti ad avere un mandato per i loro registri contabili, speravamo di trovare qualche traccia, ma il palazzo è bruciato due giorni prima che potessimo entrarci. Nessuno vi ha informati però state ugualmente facendo domande al riguardo e quindi siamo venuti a verificare di persona.»

I pezzi del puzzle stavano iniziando ad andare a posto pensò Jack, ma il suo istinto gli suggeriva che era meglio non dire immediatamente a quei due tutto quello che sapevano. Per il momento gli avrebbe detto di Fuentes ma si sarebbe tenuto cauto riguardo a Andrew, soprattutto non gli avrebbe detto del codice c16-64. «Sarà meglio parlarne con calma di là nella sala riunioni. Bobby puoi accompagnare i signori, io arrivo subito.»

Uscendo Kendall si avvicinò a Sue. «Mi scuso ancora per l’increscioso incidente di prima, spero non si sia offesa.» Le prese la mano e la strinse, troppo affettuosamente secondo Jack. Anche Sue si sentì a disagio e ritirò la mano.

Quando i due furono usciti Myles chiese a Jack: «allora, chi sono Stanlio e Ollio?»

Jack raccontò quello che aveva saputo e alla fine fece a tutti una raccomandazione: non dovevano assolutamente parlare del codice.

«Ma Jack» protestò Lucy «potrebbero aiutarci a rintracciare Andrew e tu vuoi tenergli nascosto un particolare così importante?»

«Lucy ti fidi di me?» lei annuì «allora fa come ti dico per favore, non so perché ma in quei due c’è qualcosa che non mi convince. Ora vado a parlargli.»

Il colloquio fu molto lungo, Kendall e Martin vollero parlare anche con Lucy e Sue prima di andar via dicendo però che sarebbero tornati il giorno dopo.

Appena raggiunsero di nuovo gli altri De si rivolse a Jack. «Ha chiamato la polizia, la donna morta si chiama Doris Williams, aveva trenta anni. Il medico legale conferma che è morta tra le due e le tre.»

Tara richiamò la loro attenzione. «Scusate ma si trattava di questa Doris Williams?» fece comparire un tesserino di riconoscimento sullo schermo a parete.

«Si, è proprio lei» confermò Bobby.

«Beh, Doris lavorava come addetta ai bagagli all’aeroporto…»

«…e quindi era in possesso di un mazzo di chiavi come quelle che aveva Fuentes.»

«Esatto, in più aveva precedenti per droga e l’estate scorsa era stata in vacanza in Colombia.»

Myles si appoggiò alla scrivania e incrociò le braccia sul petto «signori miei, se tre indizi fanno una prova direi che abbiamo trovato la complice di Fuentes.»

Jack e Sue si scambiarono uno sguardo preoccupato: la situazione era sempre più intricata e Andrew si trovava proprio nel mezzo. Dovevano sbrigarsi, le probabilità di ritrovarlo vivo diminuivano ogni minuto che passava.

 

«Lucy, devi mangiare qualcosa, non puoi lasciarti andare così.» Sue era molto preoccupata, erano a casa per la cena e con loro c’era anche Jack, ma Lucy era completamente apatica. Dopo gli ultimi sviluppi delle indagini cominciava a dubitare che Andrew fosse ancora vivo e capiva dagli sguardi che Jack e Sue si scambiavano che era anche il loro pensiero. Ripensò alla decisione di Jack di non rivelare a Kendall e Martin del codice: e se avessero bruciato l’unica possibilità di riportare Andrew a casa, di riportarlo da lei?

Vide le mani di Jack e Sue intrecciate sul tavolo, un gesto semplice ma intimo e consolatorio, e la sofferenza aumentò. Non era giusto che loro potessero stare lì insieme mentre lei doveva affrontare quella situazione. Si alzò e senza dire una parola andò in camera sua. Sue la raggiunse e la trovò raggomitolata sul letto a piangere. Si sedette e iniziò ad accarezzarle i capelli per calmarla. Dopo un po’ Lucy si voltò per permettere all’amica di leggerle le labbra. «Mi dispiace Sue, ti chiedo scusa.»

Sue era sorpresa, non riusciva a capire. «Di cosa devi chiedermi scusa, non hai fatto nulla.»

«E invece si, poco fa quando ho visto te e Jack insieme che vi tenevate per mano sono stata gelosa e cattiva. Ho pensato “perché è successo a me e non a loro” dimenticandomi di tutto quello che anche voi avete e state ancora passando. Scusami.»

«Scusami tu piuttosto, avrei dovuto pensarci ed evitare certi comportamenti. Anche io, a parti invertite, avrei pensato le stesse cose, la sofferenza rende sempre un po’ egoisti» le sorrise «ora cerca di dormire per qualche ora o domani crollerai.»

Tornata di là trovò Jack intento a lavare i piatti. Si fermò qualche istante ad osservarlo dalla porta: quale immensa fortuna aveva avuto! Gli si avvicinò alle spalle e lo abbracciò da dietro posandogli la guancia sulla schiena. Allora lui le prese la mani e lentamente si girò prendendola tra le braccia. «Ehi, cosa c’è? Lucy sta bene?»

«E’ molto giù, dovremo starle vicini.»

Le spostò i capelli dietro l’orecchio. «Certo, lo faremo. Vuoi che resti qui stanotte…sul divano si intende.»

Lo guardò, aveva il viso segnato dalla stanchezza. «No, hai bisogno di dormire comodamente nel tuo letto. Noi ce la caveremo.»

Andarono alla porta tenendosi per mano e quando stava per andarsene gli disse con i segni: “quando tutto questo sarà finito potremmo riparlare di cosa preferisci per colazione”. Lui sorrise e le rispose sempre con i segni: “non c’è fretta, io non vado da nessuna parte.”

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


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Capitolo 4

 

La mattina seguente in ufficio Jack riunì tutti intorno ad una scrivania per fare il punto della situazione. «Ragazzi dobbiamo concentrarci sul codice che Andrew ha lasciato a Lucy. Ha detto cassetta c16-64, potrebbe riferirsi a molte cose ma inizierei dalle cassette di sicurezza. Dobbiamo controllare banche, uffici postali, stazioni di treni e autobus…forza aiutatemi…»

«Ci sarebbero i centri commerciali e anche, ma certo, le assicurazioni!»

«E’ vero, bravo Bobby. È proprio da lì che partiremo, dall’assicurazione per cui lavora Andrew. Andremo io e Sue, ho anche altri chiarimenti da chiedere a quei signori. Voi cominciate a fare un giro per le altre assicurazioni, nel caso in cui Andrew non si fidasse e si fosse rivolto altrove. Intanto tu Tara cerca di scoprire in quali posti viene usato quel tipo di codice.»

Stavano per uscire quando alla scrivania di Myles squillò il telefono. «Va bene, grazie.» Riattaccò e si rivolse agli altri. «Dall’ingresso mi hanno avvertito che stanno salendo Stanlio e Ollio, credo che dovremo rimandare le ricerche.»

«Non c’è che dire, un tempismo perfetto!» Jack riappese nervosamente la giacca. «Cerchiamo di capire in fretta cosa vogliono e togliamoceli dai piedi.»

De annuì poi guardò fuori dalla porta e disse a bassa voce «Eccoli, cercate di trattenere le risate.»

La strana coppia fece il suo ingresso. «Buongiorno a tutti.» Chissà perchè era sempre Kendall a parlare. «Sue, mi permette di chiamarla così vero? Sono così felice di rivederla.» Le poggiò una mano sul braccio con fare amichevole e Jack lo fulminò con lo sguardo resistendo appena alla tentazione di dirgli di mettere giù le mani. «Spero si possa ricominciare dimenticando la giornata di ieri.»

Lei sorrise e annuì prima di allontanarsi. Jack li stava ancora fissando e Bobby gli sussurrò ad un orecchio «sta calmo amico, quel viscido può provarci quanto vuole tanto sappiamo entrambi che non otterrà nulla.»

Con il viso ancora teso e le braccia serrate sul petto Jack si avvicinò a Sue. «Ma si può sapere cosa è successo ieri da richiedere tante smancerie?»

Lei si strinse nelle spalle. «Niente di serio, quando sono arrivati ero di spalle e quindi non ho risposto alle loro domande, Martin si è spazientito e quando mi sono voltata mi ha urlato contro chiedendomi se ero sorda. Quando gli ho risposto di si, si è vergognato come un ladro.»

Lui era perplesso. «E perché è Kendall a chiederti sempre scusa?»

«Non so che dirti, di solito era Ollio quello che parlava di più, nel nostro caso è Stanlio.»

Jack rise e lei fu felice di averlo fatto rilassare almeno un po’.

Kendall, che fino a quel momento aveva parlato con Tara, si rivolse a tutto il gruppo. «Per dimostrarvi che vogliamo collaborare abbiamo portato le cassette della sicurezza della  Majestic registrate la sera dell’incendio. Per fortuna le tenevano insieme ad altri beni e ai contanti in una stanza sotterranea dove le fiamme non sono arrivate.»

Fece segno a Tara di far partire le registrazioni e tutti si concentrarono sullo schermo. Si vedeva la postazione del guardiano intento a leggere un giornale. L’orologio segnava le 12:35 pm, circa un’ora prima dello scoppio dell’incendio. Ad un certo punto il guardiano si alzava, guardava di fronte a se e portava la mano alla visiera del cappello come per salutare qualcuno, ma non c’era nessun altro nell’inquadratura. Non c’era assolutamente nulla che potesse aiutarli in quel video.

Myles si chinò verso Bobby. «Bel modo di collaborare, ci portano dei nastri che non servono a nulla. Sembra uno skech muto di Stanlio e Ollio!»

«Ma non c’è nient’altro?»

Kendall fece segno di no con il capo. «Stranamente sembra che la videocamera che inquadrava l’ingresso non abbia funzionato. Non sapremo mai chi è entrato.»

«Non è detto» fu Sue a parlare. «Tara mandalo indietro a quando il guardiano si alza e ingrandisci più che puoi il suo viso. Perfetto.» Riguardò il video con molta attenzione. «Sembra che dica “buonasera Signor. Ros...la parte centrale del nome è coperta dalla mano quando si tocca il cappello ma la fine è» fece lo spelling «e-r-g-e-r»

«Potrebbe essere Rosemberger?» chiese Martin aprendo bocca per la prima volta.

«Si, potrebbe, le lettere combaciano e la lunghezza mi sembra giusta. Ma chi è Rosemberger?»

«Il presidente della Majestic. Non vi sembra strano che si trovasse lì alle 12:35, appena prima che scoppiasse l’incendio, mentre a noi ha detto di essersene andato alle cinque del pomeriggio e di non essere più tornato?» Martin sorrise, e anche questa era una novità. «Ottimo lavoro Thomas.»

Mentre tutti si agitavano per quella nuova scoperta Jack rimase immobile a guardare Kendall il quale a sua volta stava fissando Sue.

Decise che doveva tenere d’occhio quell’uomo e soprattutto non doveva farlo avvicinare a Sue. Forse era la gelosia a farlo ragionare così ma non poteva scartare a priori la possibilità che ci fosse sotto qualcosaltro e lui non voleva che nessuno corresse dei rischi, soprattutto non voleva che a correrli fosse la donna che amava.

 

Quel nuovo indizio scombinò i piani della squadra. Kendall e Martin decisero di andare subito ad interrogare il presidente della Majestic invitando Jack e Sue ad accompagnarli.  Mentre prendevano le giacche Sue si rivolse a Jack: «come faremo adesso ad andare all’agenzia dove lavora Andrew? Non credo che con Rosemberger sarà una cosa breve.»

Lui ebbe un’espressione sconsolata. «Dovrò chiedere a Bobby di occuparsene.»

«Allora io inizio a scendere con loro in modo che tu possa parlargli senza essere visto.»

Si incamminò verso la porta ma immediatamente lui la fermò prendendola per un braccio. «No, non andare. Preferisco che resti qui, lascerò le indicazioni per Bobby a Lucy così non desterò sospetti. Poi scenderemo insieme.»

Sue annuì anche se non riusciva a capire quello strano comportamento, Jack sembrava preoccupato per lei, ma per quale motivo?

Una volta fuori Jack si sentì osservato e guardando in giro vide uno dei suoi informatori che lo fissava dall’altro lato della strada. Pensò che volesse parlargli perciò gli fece un cenno con la mano per fargli capire che lo aveva visto ma non appena lo fece l’informatore scappò via. Jack corrugò la fronte perplesso ripromettendosi di chiamarlo appena possibile.

Giunti sul posto di lavoro di Andrew, Bobby e De interrogarono il suo assistente, un ragazzo poco più che ventenne, timido e impaurito: era stato l’ultimo a vedere Andrew in ufficio ed era stato lui a consegnare la relazione in cui l’incendio alla Majestic veniva definito accidentale.

«Allora Frank, dicci cosa è successo quel pomeriggio, ogni particolare può esserci utile» chiese De con tono quasi paterno per metterlo a suo agio.

«Intorno alle sei il signor Archer mi ha salutato dicendo che usciva un po’ prima perché aveva un appuntamento per cena» si grattava nervosamente la fronte mentre parlava «Prima di andarsene mi ha dato alcune istruzioni per il giorno dopo.»

«Ma non ti ha lasciato la relazione da consegnare…»

«No, però ha telefonato circa venti minuti dopo dicendo che si era dimenticato di consegnarla, che l’avrei trovata nel primo cassetto della scrivania e che dovevo consegnarla io per lui.»

«Sei sicuro che fosse il signor Archer al telefono?»

Il ragazzo ebbe una piccola ma evidente esitazione prima di rispondere. «Certo, era lui.»

Bobby, che aveva colto la sua esitazione, decise di insistere. «Frank, sono due giorni che nessuno vede o sente più il tuo capo, se hai anche il minimo dubbio devi dircelo.»

«In realtà la linea era molto disturbata, c’erano delle scariche e l’eco, a me sembrava la sua voce ma, ecco, io non posso esserne certo al 100%.»

Dopo averlo ringraziato i due agenti andarono a parlare con il direttore dell’assicurazione.

L’uomo si era preparato alla loro visita e non appena si furono seduti iniziò a parlare. «Non posso farvi leggere tutta la relazione del caso Majestic, per la privacy capite, ma posso farvi vedere quest’ultima parte in cui il signor Archer trae le sue conclusioni.» Gli porse un foglio dove la maggior parte dello scritto era stato ricoperto con un pennarello nero per renderlo illeggibile, restavano solo alcune righe nelle quali si concludeva che l’incendio era dovuto al cortocircuito dell’impianto elettrico.

Ma ad attirare l’attenzione di Bobby fu la firma in fondo alla pagina. Ad un occhio inesperto poteva sembrare una normalissima firma, in realtà si capiva subito che era stata fatta con molta lentezza, come se chi scriveva fosse incerto o come se fosse stata ricalcata. «Possiamo tenere questo foglio?»

Il direttore annuì, poi i due si congedarono.

«La firma non convince neanche te vero?»

«Esatto De, voglio confrontarla con qualche altro documento.»

«E dove pensi di prenderlo?»

Bobby prese il cellulare ed iniziò a comporre un numero. «Penso che ormai abbiamo indizi sufficienti per richiedere un mandato per casa di Andrew.»

 

Nell’istante esatto in cui videro Rosemberger, Jack e Sue capirono che non ci si poteva fidare di lui. Non che avesse un aspetto particolare, anzi era molto curato, però gli leggevi nello sguardo la freddezza e la furbizia di un uomo senza scrupoli. Non si stentava a credere che fosse coinvolto nel traffico di droga e che per coprirne le tracce avesse dato fuoco alla sua società.

«Signori, non posso dire che sia un piacere rivedervi ma» sposto lo sguardo verso Sue «almeno questa volta siete venuti in ottima compagnia.»

«Ora che ci siamo salutati» iniziò Martin «vuole dirci cosa ci faceva nell’edificio alle 12:35, subito prima che scoppiasse l’incendio? Non era andato a casa alle cinque?»

Rosemberger non battè ciglio, rimase impassibile. «Infatti sono andato via alle cinque, non sono tornato fino a quando non mi hanno chiamato i pompieri.»

«Ma noi abbiamo le prove»

«Sentite vi dico che…, oh, ma certo, che stupido» sorrise «avete ragione, sono tornato nel palazzo. Stavo preparando la documentazione per un appuntamento del mattino seguente e mi sono accorto di averne lasciati alcuni nelle cassette di sicurezza nei sotterranei perciò sono venuto a prenderli. Me ne ero completamente dimenticato.»

«E come mai ha preferito venire a quell’ora piuttosto che la mattina dopo?» chiese Jack

«L’appuntamento era dall’altra parte della città alle otto di mattina, con il traffico che c’è a quell’ora non avrei mai fatto in tempo.»

«Quando è tornato non ha notato nulla di strano?»

«No, nulla. Sono entrato, ho salutato il guardiano, pover uomo che fine terribile, sono sceso nei sotterranei a prendere i documenti e sono andato via. Non ci avrò messo più di 10 minuti. Ma non capisco perché continuiate con queste domande, proprio stamattina mi hanno consegnato la relazione dell’assicurazione in cui si dice che mi pagheranno il premio perché si è trattato di un incidente. A meno che non abbiate dei nuovi indizi…»

«Non ne abbiamo» rispose Kendall

«Non ancora» rettificò Martin

Rosemberger si alzò facendo intendere che per lui il colloquio era finitò, salutò i tre uomini poi si rivolse a Sue. «Spero che sia riuscita a seguire tutto, per una persona sorda leggere le labbra in una conversazione a quattro non deve essere facile.»

Mentre raggiungevano l’uscita Martin era furioso. «Dannazione, dovevamo torchiarlo di più, si vede lontano un chilometro che è colpevole.»

Jack annuì. «Sono d’accordo, la storia dei documenti dimenticati è troppo debole.»

Kendall però la pensava diversamente. «Debole? Ma come fai a dirlo? Una giuria gli crederebbe eccome, alle otto del mattino camminare in questa città è impossibile, e lui avrebbe dovuto attraversarla due volte, prima per recuperare i documenti e poi per andare all’appuntamento! Chiunque avrebbe preferito uscire a quell’ora della notte.»

Jack stava per ribattere quando gli squillò il cellulare. «Pronto? Si, va bene, ce ne occupiamo noi.» Riattaccò «scusateci ma abbiamo anche altri casi che richiedono la nostra presenza.» Prese Sue per un braccio e si allontanò velocemente.

«Ma scusa di quali altri casi parli? Era Lucy al telefono?»

«Era Joe, un mio informatore. Era venuto a cercarmi stamattina e ora mi ha chiesto un incontro. E da lui che stiamo andando.»

 

Nel frattempo Bobby e Di rientrarono in uffici dopo aver perquisito la casa di Andrew. «Allora ci sono novità?» li accolse Myles

«Molte direi. Prima di tutto l’appartamento di Andrew è stato rivoltato come un calzino da qualcuno che cercava qualcosa, poi abbiamo scoperto che la firma sulla relazione dell’assicurazione è falsa, abbiamo controllato con altri documenti trovati in casa. Chissà come la prenderà il suo capo, era così convinto che il caso fosse chiuso quando ci ha dato questo foglio.»

Myles tese la mano. «Fa un po’ vedere. Ehi, neanche la CIA ci ha mai dato dei documenti cancellati così. Alle assicurazioni devono nascondere dei segreti davvero grandi. Forse se provassimo a leggere sotto tutto questo nero scopriremmo dove si nascondono i terroristi.»

Lucy sospirò preoccupata. «A me basterebbe sapere dov’è Andrew.»

«Vedrai che Marvin riuscirà a scoprire qualcosa di utile alla Majestic.»

Bobby rise «Marvin? E da quando Myles sei così in confidenza con Stanlio? Credevo non li sopportassi quei due.»

«Inizialmente era così, ma poi ho avuto l’occasione di parlare con Marvin e ho capito che è molto bravo nel suo lavoro. E lui almeno parla a differenza del suo amico che si limita a grugnire.»

«Non sarà piuttosto che tra voi damerini sempre perfetti andate d’accordo?»

«Vestirsi bene e curare il proprio aspetto non è un male, ricorda sempre, caro Demetrius, che è la prima impressione quella che conta.»

«Si, si certo. Tornando ai discorsi seri, Tara hai trovato qualcosa su quei codici?»

«Fino ad ora sono una decina le ditte che li adoperano, ma la ricerca non è ancora finita.»

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


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Capitolo 5

 

L’appuntamento con Joe era in un vicolo non molto lontano dal palazzo dell’FBI, quando arrivarono lui era già li ad aspettarli. «Ciao Joe, come va?»

«Io sto bene, tu invece mi sembri strano.»

«Che vuoi dire, non capisco.»

«Sono giorni ormai che tu e i tuoi fate domande sulla droga colombiana e sull’incendio di quel palazzo in centro…»

L’argomento si faceva interessante pensò Jack. «Si, e stranamente siete diventati tutti muti.»

«Il perché dovresti saperlo visto che vai in giro con quel tizio» ribatte il ragazzo pronunciando l’ultima parola con una nota di disprezzo.

Jack non riusciva più a seguirlo. «A chi ti riferisci?»

«A quello che ha detto a tutti i ragazzi di non parlare di queste storie altrimenti ci sbatteva dentro. Era con te prima.»

Adesso iniziava a capire, e non gli piaceva per niente. «Quale dei due vi ha minacciato?»

«Il tizio più basso e robusto, quello della narcotici.»

Jack e Sue si guardarono stupiti: perché mai Martin si era dato tanto da fare per impedirgli di ottenere delle informazioni? L’unico modo per saperne di più era chiederglielo di persona.

L’occasione per farlo si presentò prima del previsto infatti, raggiunti gli altri in ufficio, vi trovarono anche Martin.

Era seduto comodamente con i piedi sulla scrivania a leggere delle carte. Senza neanche fermarsi a salutare gli altri Jack marciò verso di lui livido di rabbia mentre Sue lo seguiva preoccupata con lo sguardo.

Con un colpo per nulla amichevole Jack tolse i piedi di Martin dalla scrivania e quando l’altro lo guardò sorpreso gli disse «io e te dobbiamo parlare subito, seguimi nell’altra stanza.»

Una volta soli si lanciò su Martin e, afferrandolo per la giacca, lo fermò contro il muro. «Io avrò anche il distintivo luccicante e il vestito fresco di tintoria, ma non ho mai fatto il doppio gioco a differenza tua.»

Martin si liberò con una spinta. «Non capisco di cosa parli, ma se vuoi menar le mani io sono a disposizione.»

«Parlo del fatto che hai minacciato i nostri informatori di sbatterli dentro se ci parlavano della droga o dell’incendio!»

Martin sorrise e si sedette. «E così lo hai scoperto. Avrei dovuto essere più attento.»

Jack diede un pugno sul tavolo sempre più arrabbiato. «Questa è la tua giustificazione? dovevo essere più attento

«Senti Hudson, il motivo è uno solo. Quando ho saputo che l’FBI stava mettendo il naso nella mia indagine mi sono preoccupato e ho deciso di tagliarvi le gambe impedendovi di avere informazioni. Sai ho lavorato diverse volte con dei tuoi colleghi e non è stato piacevole, combinavano dei gran casini e volevano tutti i meriti.» Lo guardò dritto negli occhi «ho sbagliato ma lo ho fatto prima di conoscere te, di conoscere tutti voi e prima di rendermi conto che sapete veramente fare il vostro lavoro e lo fate con passione come me. Sono stato stupido, infantile, chiamami come vuoi ma non ho fatto il doppio gioco, non sono coinvolto in questa storia, io cerco la verità» gli puntò contro un dito «esattamente come te.»

Jack lo guardò per qualche secondo. «Spero di non dovermene pentire ma ti credo.»

Martin si alzò. «Meglio così perché questo è stato il discorso più lungo che abbia mai fatto e non credo di essere in grado di ripetermi. Ora devo andare dal mio capo a fare rapporto, ci vediamo.»

Tornato in ufficio Jack informò tutti della discussione con Martin e si fece dire da loro le ultime novità. 

«Ho io una notizia fresca fresca per voi» iniziò Tara «sapete quei codici per le cassette di sicurezza? Li usano anche all’aeroporto dove hanno arrestato Fuentes e dove lavorava Doris Williams.»

«E vicino al quale Andrew è scomparso e la donna è stata uccisa.»

«Come si dice? Tutte le strade portano a Roma…»

«Myles, ti prego!» implorò Jack. «Io, Bobby, De e il simpaticone andiamo subito a controllare, Tara tu continua comunque a cercare.»

Qualche minuto dopo che i ragazzi erano usciti, il telefono squillò alla scrivania di Lucy e lei rispose immediatamente. «Pronto?»

Le rispose una voce maschile. «Il tuo amico non ha voluto dirci quello che volevamo e abbiamo dovuto farlo fuori. Se tu e la tua amica sorda non volete fare la stessa fine ti conviene dirci tutto. Ci faremo sentire noi e ricorda, sappiamo dove abitate.»

«Oh mio Dio!» Lucy lasciò cadere la cornetta e si appoggiò alla scrivania per sorreggersi.

Subito Tara e Sue le furono vicine. «Chi era Lucy, che succede?»

«Andrew, lui è…lui è morto.»

 

 

Lucy piangeva seduta sul divano della camera d’albergo in cui Jack le aveva fatte trasferire subito dopo aver saputo della telefonata minatoria.

La visita all’aeroporto si era rivelata un buco nell’acqua, nella cassetta c16-64 c’erano solo delle vecchie lettere  e un po’ di soldi. L’uomo a cui era intestata era un pilota il quale gli aveva detto che vivendo più in aeroporto che a casa teneva lì i soldi per le emergenze. Avevano fatto un controllo ed era risultato pulito.

L’umore di Jack era sceso sotto i tacchi dopo che l’ennesima pista si era rivelata inutile, e se possibile era ancora peggiorato quando Sue gli aveva comunicato della telefonata. Se dovevano credere all’uomo che l’aveva fatta, Andrew era morto e presto sarebbe toccato a Lucy e Sue se non avessero rivelato quello che sapevano. Era chiaro che si riferiva al codice della cassetta, doveva contenere delle prove davvero compromettenti se per nasconderle erano già morte tre persone, forse quattro, erano stati falsificati dei documenti, bruciato un palazzo e minacciate due agenti dell’FBI.

Jack si prese la testa tra le mani, aveva un mal di testa terribile, come se qualcuno gli stesse trapanando il cervello, inoltre era da dopo l’interrogatorio di Rosemberger che cercava di ricordare un particolare senza riuscirci.

«Jack»

Sentendo Sue che lo chiamava alzò lo sguardo.

Era così bella e così dolce, il pensiero che qualcuno volesse farle del male lo faceva impazzire. Si alzò di scatto e la strinse forte a se. In quel momento aveva bisogno di quel contatto come dell’aria che respirava.

Dopo un po’ lei si sciolse dall’abbraccio quel poco che bastava per guardarlo in viso. «Jack, non c’è proprio nient’altro che possiamo fare?»

«Ho mandato Bobby e Myles ad interrogare di nuovo i vicini di Doris Williams nel caso ci fosse sfuggito qualcosa e ho chiesto a Tara di continuare con le ricerche sul codice, per il momento non mi viene in mente altro.»

«Io non credo che sia morto.»

Jack si girò verso Lucy e fece segno a Sue di farlo anche lei.

«Ho detto che non credo che sia morto.»

«Lucy, ti capisco, lo so che vuoi continuare a sperare…»

«No Jack, non è questo. Se lo avessero veramente ucciso perché non farci trovare il corpo così da spaventarci di più? Andrew è ancora nelle loro mani, altrimenti ci avrebbe contattato, ma non è morto. Probabilmente conosce delle informazioni, solo lui intendo, che quelli cercano perciò devono mantenerlo in vita.»

«Non ha tutti i torti Jack. In fondo Andrew ci ha detto quel codice e niente di più mentre lui sicuramente sarà a conoscenza di molti particolari.»

«Va bene, continueremo a comportarci come se Andrew fosse vivo. Vado a raggiungere gli altri, fuori dalla porta ci sono due dei nostri che non si muoveranno senza un mio ordine e non faranno passare nessuno.» Strinse un’ultima volta la mano a Sue «torno più tardi.»

«Portaci buone notizie.»

«Farò il possibile.»

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


n.d.a. Mi dispiace di averci messo tanto ad aggiornare ma Agosto è un mese molto incasinato.  Voglio anche ringraziare tutti per i commenti, siete davvero gentili :)Buona lettura!

Capitolo6

«Jack, per fortuna sei arrivato!» Myles gli si fece incontro. «C’è una grossa novità. Abbiamo parlato con una vicina della Williams che non era a casa quando siamo passati la prima volta perché è appena rientrata da…»

Jack alzò le mani davanti a se per fermarlo. «Myles, Myles non sono in vena di storie, dammi la versione breve.»

L’altro sbuffò. «E va bene, eccoti accontentato. La vicina dice che Doris aveva un fidanzato sudamericano di nome Emilio e quando le abbiamo mostrato la foto di Fuentes lo ha riconosciuto. Non ci sono più dubbi che i due fossero in combutta.»

«A questo punto Jack» continuò Bobby «è legittimo credere che fosse Doris l’informatrice di Andrew. Si deve essere spaventata quando il fidanzato è stato ucciso in carcere e ha deciso di parlare.»

«è una buona teoria ma perché chiamare Andrew e non noi?»

«perché sperava di ottenere qualcosa in cambio e le assicurazioni hanno certo maggiori possibilità economiche del dipartimento.»

«ok, mettiamo che sia tutto vero, non sappiamo ancora chi ci sia dietro. Rosemberger è sicuramente coinvolto, l’ho conosciuto e posso garantirvi che non si farebbe certo scrupoli, ma non può gestire tutto da solo, deve avere un complice. Concentriamoci su questo, diamo un’identità al complice.»

Quando tornò all’albergo quella sera Jack era distrutto. Avevano lavorato per ore ma non erano venuti a capo di nulla. Era stata davvero una giornata durissima, l’unica consolazione era il pensiero che stava per rivedere Sue e avrebbe passato con lei la serata. Il sorriso nato con questo pensiero svanì nel momento in cui, arrivato davanti alla stanza, la vide nel corridoio a parlare con le guardie. «Sue, cosa stai facendo qui fuori?»

«Oh, ciao Jack. Io e Lucy abbiamo ordinato una pizza e ne stavo offrendo ai ragazzi. Poverini è tutto il giorno che sono qui fermi.»

«Va bene, ma adesso entriamo.» Salutò i due agenti e si chiuse la porta alle spalle. «Sbaglio o ti avevo detto di non uscire?»

«Dai non ti arrabbiare, ho appena oltrepassato la porta e poi c’erano le guardie. Coraggio vieni a mangiare.»

Mangiarono mentre Jack le metteva a conoscenza delle ultime novità, poi Lucy disse che era stanca e andò a dormire. Rimasti soli Jack e Sue si sedettero sul divano tenendosi abbracciati.

Non dissero o fecero nulla, non era necessario, il piacere di quell’abbraccio era l’unica cosa di cui avevano bisogno in quel momento per esprimere quello che provavano.

Rimasero così per molto tempo finché a Sue non scappò uno sbadiglio. Jack la guardò, era molto stanca, perciò decise che era il momento di andarsene. Lei protestò ma poi finì con l’ammettere di avere bisogno di dormire, si salutarono con un bacio e lui uscì. Salutò le guardie fuori dalla porta e chiamò l’ascensore.

Fu allora che sentì le parole che gli resero tutto chiaro.

Fu una delle guardie a pronunciarle: «certo che se non sapessi che Sue è sorda non te ne accorgeresti mai, è così brava a seguire le conversazioni.»

Adesso sapeva quale era il particolare che gli ronzava in testa da diverse ore.

Spero che sia riuscita a seguire tutto, per una persona sorda leggere le labbra in una conversazione a quattro non deve essere facile.

Con questa frase Rosemberger aveva salutato Sue dopo l’interrogatorio, ma come faceva a sapere della sua sordità se non l’aveva mai vista prima e nessuno lo aveva detto durante l’incontro? L’unica possibilità era che qualcuno lo avesse avvertito del loro arrivo parlandogli anche di Sue.

In questo caso il campo dei sospetti era molto ristretto: quando lei aveva interpretato il labiale nel video del guardiano nella stanza c’erano solo i componenti della squadra, per ognuno dei quali avrebbe messo la mano sul fuoco, e “la strana coppia”. Ma chi dei due era il complice di Rosemberger? Martin, che sin dall’inizio era stato ostile e aveva boicottato le loro indagini ma che allo stesso tempo si era dimostrato convinto della colpevolezza del presidente della Majestic e gli aveva dato quella spiegazione convincente quando avevano parlato a quattrocchi, o Kendall, sempre così gentile e disponibile che però aveva difeso Rosemberger ed era sembrato risentito quando Sue aveva scoperto il suo nome? Forse era semplicemente dispiaciuto di non averlo scoperto lui.

L’ascensore tardava ad arrivare, prese le scale e le scese di corsa, non aveva tempo da perdere, doveva chiedere un favore urgente agli agenti della scientifica.

La mattina dopo molto presto si trovarono tutti in ufficio compresi Kendall e Martin invitati personalmente da Jack. Si era tenuto sul vago dicendogli soltanto che aveva delle novità che potevano interessarli.

I due stavano parlando tra loro vicino alla porta quando anche Sue e Lucy fecero il loro ingresso. Nessuno si aspettava di vederle lì dopo gli avvenimenti del giorno prima ma i due più sorpresi furono proprio Kendall e Martin.

Jack si mise al centro della stanza. «Bene ora che siamo tutti qui posso iniziare. Sapete tutti che Bobby e De hanno scoperto che la relazione finale dell’assicurazione è falsa ma quello che non sapete ancora è che sulla cartellina che le conteneva e in casa di Andrew sono state trovate le impronte digitali di qualcuno di nostra conoscenza» prese un foglio dalla sua scrivania «questo è il rapporto della scientifica in cui si dice che queste impronte sono del detective Frank Martin.»

Jack lo fissò con astio mentre gli altri cercavano di assorbire il colpo. «Anche questa volta ti giustificherai dicendo “dovevo stare più attento”? e io che ti avevo creduto. Dovrai darci molte spiegazioni, vogliamo sapere i nomi delle altre persone coinvolte» si avvicinò minaccioso «e vogliamo sapere se Andrew è ancora vivo.» Fece un cenno a due agenti che aspettavano nel corridoio «portatelo di là, tra poco verrò per l’interrogatorio.»

Martin era rosso in viso, sembrava stesse per scoppiare. «Ti stai sbagliando Hudson, stai sbagliando di grosso, non sai contro chi ti stai mettendo!» La sua voce continuava a salire di tono mentre lo portavano via.

Kendall prese una sedia e vi si lasciò cadere, poi si passò una mano sul viso. «Non ci posso credere, ho lavorato con lui a questo caso per un anno senza sospettare nulla. Ora capisco perché ogni volta che facevamo un passo avanti subito dopo ce ne erano due indietro.»

Jack gli sorrise «Ehi, il caso è più tuo che nostro, perché non partecipi all’interrogatorio?»

«Sarà un vero piacere.»

Un’ora dopo il sorriso però era svanito dai loro volti.

Martin aveva parlato pochissimo e quando l’aveva fatto era stato solo per ribadire la propria innocenza. Insomma non aveva rivelato assolutamente nulla.

Come se non bastasse l’avvocato che aveva chiamato aveva affermato che le prove a suo carico erano solo indiziarie e che essendo un poliziotto dalla carriera senza ombre non potevano trattenerlo, così erano stati costretti a lasciarlo andare.

Aveva un sorriso così soddisfatto quando era salito sull’ascensore che Jack avrebbe voluto raggiungerlo e farglielo sparire a suon di pugni. Tornato dagli altri non riuscì più a trattenere la rabbia. «Maledizione, non può finire così. Lui sarà anche libero ma noi siamo liberi di seguirlo. Bobby mettigli subito due agenti alle costole ma che stiano attenti a non farsi vedere. Se siamo almeno un po’ fortunati forse ci porterà dai suoi complici. E da Andrew.»

«Se non lo ha già ammazzato come diceva la telefonata.»

Kendall si avvicinò. «Vorrei venire con voi ma devo andare subito ad informare i miei superiori della piega che hanno preso le indagini. Mi raccomando, tenetemi informato.»

Jack annuì e lo seguì con lo sguardo mentre usciva. Dopo raggiunse Sue. «Stai bene?»

«Si, e tu?»

Lui fece una smorfia. «È stato più difficile del previsto, quel bas***do è davvero bravo come attore. Ma ora lo abbiamo in pugno, dobbiamo solo pazientare e ci servirà i suoi complici su un vassoio d’argento.»

Dopo una decina di minuti Bobby arrivò di corsa. «Jack, il nostro uomo è arrivato a casa ma non penso che ci resterà molto. Organizzo il furgone per la sorveglianza?»

«Si, Sue e Tara staranno a bordo per il controllo mentre noi ci prepareremo ad intervenire.»

Dovettero seguirlo per due ore, poi finalmente si fermò davanti ad un vecchio capannone. Scese dalla macchina, si guardò intorno e poi entrò.

Subito dopo Jack e Bobby si avvicinarono alla finestra dell’ edificio per riprendere l’interno e permettere a Sue di leggere le labbra di chiunque si trovasse lì dentro.

«Ma guarda chi c’è» disse Jack sottovoce «il nostro amico Rosemberger. Sue, riesci a capire cosa dicono?»

Tara le riportò la domanda e lei prese a ripetere quello che i due uomini stavano dicendo. «Rosemberger dice “stiamo rischiando troppo, potrebbero prenderci da un momento all’altro. Raccogliamo i soldi e la droga e scappiamo”  l’altro risponde “non preoccuparti, sono uscito da quel palazzo da vincente, non possono farmi nulla e comunque non posso andarmene senza i documenti che ha nascosto Fuentes. È ora di essere più decisi con Archer”» smise di leggere le labbra e si rivolse a Tara «allora Andrew è vivo!» poi si riconcentrò su quei due «Rosemberger è agitato “fino ad ora non ha parlato, come pensi di fargli cambiare idea?” - “non preoccuparti tutti parlano con una pistola puntata alla testa.” - “ e dopo cosa ne faremo di lui?” - “ci ha visto in faccia, dobbiamo ucciderlo e getteremo il corpo nello stesso cassonetto in cui abbiamo gettato quello della donna. Non vorrai farti scrupoli adesso, non ne hai avuti a incendiare la tua società con dentro quell’uomo…sei colpevole di omicidio, ricordi?” - “vado a prendere Archer”»

Rosemberger uscì dalla visuale della telecamera per qualche minuto, quando tornò trascinava Andrew, malconcio ma vivo, dietro di sé. Lo fece sedere mentre il suo complice prendeva una pistola.

«Ok, è il momento, entriamo al mio tre. Uno…due…tre»

La porta cadde con un tonfo e i due uomini si voltarono sorpresi.

 

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