Pioggia Nel Deserto

di SimmyLu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una mano sospesa in un giorno d'autunno ***
Capitolo 2: *** Un lembo di stoffa bagnato di rugiada ***
Capitolo 3: *** Uno sguardo senza alcuna malizia ***
Capitolo 4: *** Come un sogno del castello sulla pioggia ***
Capitolo 5: *** Un nero albero di terribile presagio ***
Capitolo 6: *** Come un sasso che affonda dolcemente ***
Capitolo 7: *** Un sorriso gentile ***
Capitolo 8: *** Un suono agrodolce nella memoria ***
Capitolo 9: *** Il seme del dubbio che sboccia nell'invidia ***
Capitolo 10: *** Un filo rosso che unisce il cuore dell'anima ***
Capitolo 11: *** L'anima della bambola sulle ali delle allodole ***
Capitolo 12: *** Denti e artigli di un giovane leone ***
Capitolo 13: *** Come un'ombra trascinata da sagome scure senza volto ***
Capitolo 14: *** L'incantesimo che cattura le nuvole del tempo ***



Capitolo 1
*** Una mano sospesa in un giorno d'autunno ***


PIOGGIA NEL DESERTO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Primo: Una mano sospesa in un giorno d'autunno



Una mattina come tante bussò alle porte dell'autunno; la luce conquistò lentamente il cielo limpido di quella giornata, mentre le ultime stelle si eclissavano ubbidienti.
Una prima foglia gialla si staccò da un ramo planando veloce e gentile verso lo specchio d'acqua argentato del piccolo laghetto. Un pesce rosso le si avvicinò curioso, come se non avesse mai visto nulla di più insolito. La foglia girò sulla superficie come una ballerina.
«Forse gli sembra un ombrello capovolto che volteggia per il gran vento...!»
Due gigantesche chiazze rosate si affacciarono al cielo ondeggiante del pesce che subito si rintanò sul fondo del lago.
«Ecco, lo hai spaventato!» disse una delle due macchie rosa all'altra che si voltò indispettita, ma entrambe si affrettarono ad andarsene al suono di una voce più lontana: «Kiiro! Akairo! Sbrigatevi! Non perdete tempo!»
Le due bambine, che si erano fermate sul bordo dello specchio d'acqua per ammirare i pesci, si alzarono subito in piedi e recuperarono le scatole che avevano abbandonato sulle pietre poco distante.
Il laghetto era proprio al centro di un giardino quadrato, attraversato da vari percorsi segnati da ciottoli lisci e piatti; le fanciulle vi corsero sopra con le loro scarpe di legno, producendo un rumore simile a quello di tanti piccoli zoccoli di cavalli.
Un'anziana signora le aspettava ad una delle estremità del giardino; quando la raggiunsero, la vecchia afferrò le bambine ognuna per un orecchio, sgridandole.
«Siete impazzite?!» domandò con voce gracchiante, «Se quei kimono vi fossero caduti nell'acqua Einen-san mi avrebbe costretto ad affogarvi con loro! E ora svelte!» aggiunse lasciandole libere e conducendole sotto il porticato che correva tutto intorno al giardino, «Akairo-chan, tu devi andare da Nastu-san. E Kiiro... tu oggi aiuterai Akisame-san!»
Akairo si voltò e, assicuratasi che le sue orecchie fossero fuori dalla portata della vecchia, esclamò: «Che invidia Kiiro-chan! Oggi Akisame-san riceve il suo danna e di certo il kimodo che hai fra le mani è più bello di quello che sto portando io!»
L'anziana donna tentò di prenderla di nuovo, ma Akaiko sgattaiolò via ridendo.
La piccola Kiiro aveva nel frattempo spalancato gli occhi per la sorpresa e istintivamente aveva stretto saldamente la scatola che teneva fra le braccia: «E' vero, Oi-san? Il nobile Fuyuba sarà in città oggi?» chiese.
«Sì, e Akisame dovrà prepararsi a dovere, ma non farà mai in tempo se continui a startene qui a ciondolare!» disse la vecchia dando una spinta alla bambina.
«Oi-san, posso sbirciare?» disse Kiiro mostrando il contenitore.
«Non se ne parla, lo vedrai quando Akisame-san lo indosserà! Quel kimono vale sicuramente più di te e me messe insieme, e se gli accadesse qualcosa Einen-san ci tirerebbe tutti i capelli uno per uno... ora sbrigati!»
La bambina si incamminò silenziosa verso la stanza di Akisame, ansiosa di vedere quel bellissimo abito.

«Finalmente sei arrivata!»
Kiiro si inchinò e fece scorrere la porta per chiuderla dietro di sé.
«Perdonatemi, Einen-san.» disse posando la scatola sui tatami e prostrandosi ulteriormente.
«Mettiti lì, e non dare fastidio ad Akisame-san.» ordinò Einen, curvando le labbra in una smorfia di disappunto; non era più giovane e ogni sua reazione provocava la comparsa di una ruga.
Kiiro si sistemò in un angolo della stanza.
«Buongiorno, Kiiro-chan!»
Inginocchiata davanti allo specchio, una ragazza dai lunghissimi capelli neri che arrivavano fino al pavimento stava composta come una statua; indossava una sottoveste leggera e portava al collo uno strano ornamento. Quando si girò per salutare la bambina, sorrise socchiudendo gli occhi.
«Akisame-san!» esclamò Kiiro inchinandosi nuovamente, mentre Einen tornava ad occuparsi dei capelli della giovane.
«Ci risiamo!» esclamò sbirciando nello specchio l'espressione di Akisame, «Non essere così sconsolata e comincia a sorridere fin da subito! Il nobile Fuyuba si adirerà con te vedendoti poco felice proprio oggi che arriva in città!»
«Io non sono...» cominciò Akisame, ma fu bloccata da Einen che, alzandosi, le aveva afferrato il mento obbligandola a voltarsi verso di lei.
«Tu sarai gioiosa e raggiante... e le tue labbra sorrideranno. Mi hai capito Akisame?!»
Kiiro osservò Einen allentare lentamente la presa su Akisame e lasciarla finalmente libera; la giovane ragazza tornò a voltarsi e a guardarsi nello specchio. I suoi occhi si soffermarono poi su tutti i cosmetici davanti a lei e si riempirono di lacrime, ma non una goccia solcò le sue guance.
«Fuyuba è la nostra principale fonte di guadagno.» disse Einen, riprendendo a spazzolarle i capelli, «Tu sei una geisha, Akisame, e, come se non bastasse... sei una sua proprietà. Non mi interessa altro! E togliti quello stupito ciondolo!»
Il cuore di Kiiro galoppava come non mai; la bambina teneva la testa bassa per paura di offendere una delle due anche con il solo sguardo; Einen era severa, ma non l'aveva mai vista comportarsi in modo così aggressivo con la giovane geisha.
Akisame fissò ancora il proprio riflesso e afferrò con una mano il piccolo monile che portava al collo. Passò qualche istante e le sue labbra si curvarono in un sorriso, ma i suoi occhi neri erano spenti come pezzi di carbone.
«Ora va meglio.» sentenziò Einen, poi si alzò sistemandosi il vestito, «Torno subito.» aggiunse prima di uscire dalla stanza.
«Kiiro, prendi la scatola. Voglio vedere il kimono.» chiese Akisame con gentilezza. La bambina si alzò di scatto e porse il contenitore alla giovane, inginocchiandosi accanto a lei. Akisame sollevò il coperchio, scostò la carta che avvolgeva la stoffa e la tirò fuori in parte dalla scatola; il kimono era dei colori dell'autunno, il rosso si confondeva con l'arancio e i ricami in oro raffiguravano splendide bestie fantastiche.
«Akisame-san!» esclamò Kiiro «È fantastico! Il vostro danna sarà abbagliato dalla vostra bellezza!»
Akisame sorrise pigramente passando le dita sul tessuto, con la delicatezza e la grazia con cui si può accarezzare una tigre.
Un silenzio irreale sembrò avvolgere la stanza e aggrapparsi alle pareti.
«Un giorno...» disse, rivolgendosi alla bambina e posandole una mano sulla guancia «...anche tu sarai molto bella e potrai sicuramente indossare kimono molto più belli di questo.»
Gli occhi di Kiiro erano fissi, puntati su Akisame in un'espressione di stupore.
Il viso della giovane geisha fu l'ultima cosa che vide prima di accasciarsi al suolo priva di vita.

Akisame rimase immobile, la mano ancora sospesa a mezz'aria.
La piccola Kiiro giaceva a terra come una bambola caduta, il suo collo era stato trafitto da tre grossi e lunghi aghi di metallo. La geisha si voltò lenta e tremante verso la porta.
Un uomo alto, vestito di nero, la guardava attraverso i fori della maschera che gli copriva il viso; la mano destra, stretta in un pugno, mostrava altri spiedi simili a quelli che avevano ucciso la bambina. Un braccio disteso a terra spuntava dall'angolo della porta: la manica del kimono era quella di Einen-san. Il corridoio alle spalle dell'uomo era pervaso da una quasi impercettibile foschia rosata. Akisame poté sentirne l'odore dolciastro; i sui muscoli si tesero, sapeva che sarebbe dovuta fuggire immediatamente, ma la paura la pietrificava, impedendole di muoversi. Il suo cuore, velocissimo, sembrava pulsare a vuoto.
Abbassò la testa, qualcosa le bruciava all'altezza dello stomaco: tre lunghi aghi affilatissimi erano conficcati nel suo corpo. La testa cominciò a girarle, facendole perdere il senso dell'equilibrio e del tempo; posò le mani a terra per evitare di lasciarsi andare dolorosamente sul pavimento e il ciondolo scivolò in avanti. Il ninja mascherato le fu accanto in un lampo, prendendo fra le dita il piccolo pendente.
«Dove lo hai trovato questo?!» le ringhiò addosso scuotendola.
Akisame sollevò il mento, ma distingueva appena il volto del suo aggressore; aprì la bocca ma non disse niente.
«Dannata sgualdrina! Dimmi dove lo hai preso!» urlò il ninja e nel farlo si tolse la maschera sollevandola sopra la testa. Akisame lo guardò in faccia e gli rispose in un soffio: «E' mio...».
Un attimo dopo mise a fuoco l'uomo che le stava davanti. Si aggrappò a lui e gli prese il viso fra le mani tremanti, ma lui si liberò facilmente del contatto spingendola di lato e urlando: «Bugiarda!»
Un altro ninja comparve sulla soglia; vestito e mascherato come il compagno.
«Che cosa fai ancora qui? Andiamocene, presto!»
Akisame sentì i passi dei due allontanarsi fino a scomparire. Il profumo dolce di quel fumo, ora si confondeva all'odore di bruciato; realizzò che avevano dato alle fiamme la costruzione e la ragione le suggerì di scappare. Si rimise in ginocchio con grande fatica, tossendo e sputando un po' di sangue. Afferrò con gesto lento ma deciso gli spiedi che l'avevano trafitta e se li strappò dalla carne. Cercò di alzarsi, arrancando verso l'uscita. Fece pochi passi, superando il cadavere della giovane Kiiro e di Einen, prima di cadere a terra. Quando riuscì di nuovo a trovare la forza di alzare la testa vide il corridoio pieno di quell'aria malsana e i cadaveri che giacevano come sacchi addossati alle pareti.
Tentò di alzarsi ancora, ma le gambe non rispondevano ai suoi ordini e un bruciore interno si stava diffondendo in tutto il suo corpo dalle ferite provocate dagli aghi. Le lacrime cominciarono a bagnarle le guance; in preda al terrore della morte, cominciò a strisciare con le ultime forze, spinta dalla disperazione.
Raggiunse finalmente il giardino, lasciando dietro di sé una sottile striscia rossa; strappò con una mano un ciuffo d'erba, prima di distendersi sulla schiena.
Guardò il cielo oltre una sottile striscia di nuvole, oltre i lembi scuri del fumo e il chiarore delle fiamme che si levavano alte sopra i tetti delle case. Chiuse gli occhi, esausta e spaventata. Il veleno degli spiedi ninja stava ormai facendo effetto e, anche se le sue ferite non erano gravi, ormai non riusciva più nemmeno a sollevare un dito. I lunghi capelli, sparpagliati sul pavimento del porticato non sarebbero stati acconciati quel giorno.
Non avrebbe incontrato il nobile Fuyuba, il suo danna. Sorrise e pianse lacrime silenziose. La sensibilità degli arti e successivamente di tutto il corpo venne meno, la vista si appannò, fino a quando tutto divenne scuro. Ma nonostante la paura della morte incombente, non poteva fare a meno di sentirsi leggera.
Il dolore si stava facendo sempre più sottile, impercettibile e le membra non le davano più alcun fastidio.
Sentì il crepitio del fuoco e lo starnazzare di un uccello; le sembrò di poter udire ogni minimo rumore prodotto dalla natura. Ancora una foglia cadde dall'albero fermandosi sulla superficie dello stagno.
Comprese di essere alle soglie della morte, ma almeno, pensò, era finalmente libera.

Qualcosa premette sul suo collo e una voce lontana disse: «È ancora viva.»





FINE PRIMO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - orrei spendere qualche parola a proposito di questo progetto, di questa storia, nella quale mi sono appena imbarcata. Sono sicura che, letto il capitolo, vi starete chiedendo se non sia andata fuori di testa e sbagliato la categoria nella quale inserire la mia storia ma soprattutto di che diavolo sto parlando. In ogni caso, se credete che questa sia una fanfic sulle geishe vi state sbagliando; quindi vi pregherei di aspettare di leggere il secondo capitolo per capire di più e per cominciare a bombardarmi di verdura di stagione.
Le informazioni sulle geishe le ho prese dal libro Memorie di una geisha di Arthur Golden, ma siccome siamo in un mondo ipotetico e, se vogliamo, fantastico, ho fatto mie alcune cose e mi sono permessa di fantasticare su altre.
La parola danna è antico termine giapponese per la parola "marito" e usato dalle geishe per indicare il protettore o l'amante (in questa fanfic, a questo proposito, verranno aggiunti particolari che non hanno riscontro reale o storico, ma che sono necessari per lo sviluppo della narrazione).

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Capitolo 2
*** Un lembo di stoffa bagnato di rugiada ***


PIOGGIA NEL DESERTO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Secondo: Un lembo di stoffa bagnato di rugiada

Un lieve ed inafferrabile ronzio aumentò costantemente il proprio volume, come una sorgente che cresce e diventa fiume, fino ad arrivare al mare.
Akisame faticò a riemergere dall'incoscienza, trascinata alla realtà dal rumore della pioggia. Aprì gli occhi con una leggera smorfia, senza però riuscire a vedere nulla. Sbatté più volte le palpebre strizzando gli occhi, ma la situazione non cambiò.
Non riusciva a capire o a ricordare dove si trovasse, ma un attimo dopo qualcosa nella sua mente si agitò. Le ritornarono alla memoria le immagini di quella mattina: la preparazione per l'intensa giornata, Einen-san che le pettinava i capelli, Kiiro che portava la scatola contenete il bellissimo kimono...
Un brivido la scosse a causa della carezza d'umidità. Si rese conto di essere distesa su un terreno freddo; sentiva il corpo pesante ed insensibile. Cercò di muovere la testa, ma farlo le provocò una dolorosa fitta che la fece desistere da un secondo tentativo. Trattenendo il respiro provò allora a muovere la mano destra, ma il risultato fu lo stesso: sembrava che il suo corpo fosse diventato pietra, incapace di rispondere al suo volere e, come se non bastasse, le si opponeva in maniera dolorosa.
La preoccupazione e l'ansia cominciarono ad assalirla, come acqua che riempie fino all'orlo una giara.
Un'altra fitta, questa volta all'altezza dello stomaco, le fece sfuggire un gemito e due lacrime dall'angolo degli occhi.
«Non agitarti.»
Ma ovviamente, il sentire quella voce all'improvviso, unita all'angoscia che già provava per la sua condizione, non fece che peggiorare le cose.
Terrorizzata, trattenne il respiro e, con una forza che fino ad un minuto prima non avrebbe potuto credere di possedere, cercò di far leva sulle braccia per alzarsi, ma, come era accaduto prima, non riuscì a muoversi affatto e il risultato fu solo l'acutizzarsi del dolore. Emise un lamento soffocato mentre avvertiva una sensazione di vertigine e un vago senso di nausea.
Nel buio una mano si posò sulla sua spalla esercitando su di essa una lieve pressione; Akisame spalancò gli occhi mentre il respiro correva dietro al ritmo del suo cuore, troppo spaventato.
«Ti ho detto di non agitarti.» disse ancora.
Il viso del suo interlocutore si confondeva nell'ombra e non le fu possibile distinguerne i tratti; non conosceva quella voce e questo non fece che preoccuparla ulteriormente.
«Sono un ninja del Paese del Vento. Non voglio farti del male.» aggiunse, sforzandosi il più possibile per risultare rassicurante, ma il suo impegno produsse l'effetto contrario a quello desiderato. Akisame cominciò a piangere: le sue parole le avevano ricordato il volto della piccola Kiiro mentre la vita la abbandonava e lo spettro del ninja mascherato galleggiava sfocato nella memoria, fino a scomparire, come un foglio di carta che affonda nell'acqua di un lago. La ragazza tentò di non lasciare che si inabissasse, ma non ricordava più nulla, solo il nero di un mondo troppo distante dalla luce.
«No, non piang...»
«Kankuro-san!»
Una seconda voce maschile, più acuta e affannata, interruppe la prima.
Il ninja, che fino ad allora era rimasto seduto accanto ad Akisame, si alzò subito, ma prima di allontanarsi si rivolse ancora una volta a lei: «Starai bene.» disse.
La ragazza lo sentì allontanarsi e poi i due ninja si scambiarono brevi frasi veloci, ma non riuscì a capire nulla della conversazione. Provò allora a cercare dei punti di riferimento intorno a sé, ma essendo tutto buio, l'unica cosa che poté confermare fu che il sole era omai tramontato da parecchio tempo.
La pioggia cadeva incessante e sottile, producendo un suono rassicurante; quando Kankuro tornò accanto a lei, Akisame tentò di dire qualcosa, ma mosse le labbra lentamente ed emise a stento un mormorio.
Il ninja di cui non poteva vedere il volto le posò allora una mano sulla fronte e successivamente sulla guancia, dicendo: «Cerca di riposare e non agitarti. La febbre si è abbassata. E' un buon segno.»
La ragazza si tranquillizzò un poco nell'udire quelle parole: se quel ninja si stava prendendo cura di lei, di certo non aveva intenzione di ucciderla o farle del male; lo sentì muovere qualcosa.
«Tieni.» le disse chinandosi sopra il volto di lei, «Bevi... e cerca di dormire.»
Detto questo le passò una mano dietro la testa e gliela sollevò lentamente appoggiandole alle labbra una piccola ciotola di legno.
Akisame sollevò lo sguardo cercando ancora di definire il viso dell'uomo, ma non c'era altro che ombra davanti a lei. Sollevò un po' il mento, schiudendo le labbra sul bordo della ciotola; ne bevve l'intero contenuto.

Quando Akisame riaprì gli occhi il sole era in procinto di sorgere; voltando lentamente la testa, notò la figura scura di un uomo accovacciato poco distante da lei. Non poteva essere sicura che si trattasse dello stesso ninja che le aveva parlato la notte passata; questo indossava abiti scuri ed un copricapo che, essendo rettangolare, una volta indossato, formava due piccoli triangoli ai lati, come due orecchie appuntite.
Guardava fuori dall'apertura di quella che sembrava una piccola caverna scavata al di sotto di un grande albero, infatti, una grossa radice correva lungo il suo perimetro. Tastò il terreno freddo e umido con le mani, scoprendo che il corpo rispondeva ai suoi comandi, seppur in modo lento e goffo.
Il ninja si voltò e le rivolse la parola, come se avesse intuito che si fosse svegliata: «Se ti senti pronta...» disse grattandosi la punta del naso, «...partiamo.»
Akisame cercò di sollevarsi, ma senza riuscirci. Il dolore allo stomaco era sempre acuto e una fitta le procurò una smorfia.
Il ragazzo le si avvicinò sollevandole la schiena e aiutandola a mettersi seduta, appoggiandola alla parete della piccola caverna. Solo allora Akisame riuscì finalmente a guardarlo in faccia: il volto dagli zigomi alti era segnato da linee di pittura che circondavano anche gli occhi affilati e le sopracciglia sottili.
Anche lo sguardo del ragazzo indugiò a sua volta sulla ragazza; sembrava una bambola priva di vita e volontà, abbandonata da qualcuno in un posto troppo inadeguato per lei. La pelle era pallida e perfetta, gli occhi scuri, grandi e profondi lo scrutavano stanchi attraverso le lunghe ciglia e i capelli, anch'essi scuri le ricadevano in una lunga cascata nera sulle spalle.
Fu in quel momento che il ninja notò lo strano ciondolo che la ragazza portava al collo: non era molto grande, ma piatto e con una forma irregolare che non poteva in alcun modo essere associato a qualcosa di definito.
Istintivamente distolse lo sguardo, vergognandosi un poco di aver indugiato a lungo sull'oggetto e i suoi occhi incontrarono di nuovo quelli di lei. Imbarazzato, si voltò repentinamente di lato per raccogliere l'indumento che aveva usato per coprirla e notò qualcosa di ancor più singolare del ciondolo.
Sulla spalla destra della giovane c'era un tatuaggio: non era grande o appariscente, ma ben definito, come se fosse qualcosa di necessario e riconoscibile, ma che non dovesse essere visto ad ogni costo. Non capendone il significato, fece finta di nulla.
Akisame seguì il ninja con lo sguardo quando questi si chinò per raccogliere il pezzo di stoffa che era scivolato a terra e, attraverso il tessuto della leggera sottoveste che ancora indossava, poté notare l'ampia fasciatura all'altezza dello stomaco. La testa le girò un poco, ma non appena riuscì a scacciare il senso di vuoto, sollevò lo sguardo nuovamente sul ragazzo.
«Voi siete... un ninja?» chiese sussurrando.
Il ragazzo annuì raccogliendo la stoffa: «Sì, sono un ninja del Villaggio della Sabbia...» disse scrollando quella che si rivelò essere una maglia, «...mi chiamo Kankuro.»
Il ninja sollevò l'indumento e, trovato il verso giusto, glielo fece indossare con rude delicatezza, sollevandole le braccia una alla volta per infilarle nelle maniche. Akisame, non si oppose, debole e docile.
«Meglio, eh?» disse lui chiudendo un occhio in un'espressione indecifrabile.
«Kanku... ro...» ripeté Akisame lentamente, mentre il ragazzo riuniva uno accanto all'altro tre grossi rotoli legandoli fra loro con un lungo ritaglio di tessuto chiaro.
«Il mio nome, proprio così.» rispose senza guardarla, piegando un altro lungo pezzo di stoffa bianca.
Akisame lo osservò un po' in ansia.
«Dove ci troviamo?» chiese.
«Poco distanti dal tuo villaggio...» si grattò di nuovo la punta del naso «...o di quello che ne rimane.»
«Quello che ne rimane?»
Kankuro si voltò finalmente a guardarla, teneva ancora fra le mani il tessuto e non sembrava intenzionato a lasciarlo. Il ninja notò l'espressione di lei: le sottili sopraciglia erano aggrottate sopra gli occhi semichiusi.
«Non ti ricordi niente di quello che è successo?» chiese sorpreso.
«No...» rispose Akisame, «Rammento un ninja con il volto coperto da una maschera sulla soglia della mia stanza...»
«E poi?»
Akisame scosse piano la testa e le labbra di Kankuro si curvarono verso il basso mentre voltava di nuovo la testa rivolgendo la propria attenzione ai rotoli. Legò la stoffa con un gesto secco e deciso.
«Come ti chiami?» chiese senza cambiare espressione.
«Akisame.»
«Akisame... il tuo villaggio è stato completamente distrutto.» le rivelò, poi aggiunse: «Tu sei... l'unica sopravvissuta.»
La ragazza lo guardò senza rispondere, si sentiva pesante e privata della possibilità di muoversi, proprio come l'albero sotto al quale si trovavano, capace solo di crescere verso l'alto.
«Le fiamme hanno raso al suolo tutte le abitazioni e...» si sistemò il copricapo «...devo portarti al più presto al Villaggio della Sabbia.» concluse in fretta.
La caverna in cui si trovavano era piccola e bassa, non permetteva di alzarsi in piedi. Kankuro le si avvicinò e si sedette davanti a lei.
Akisame lo guardò prima di chinare il capo; una lacrima le scivolò rapida sul viso: «Cosa... è successo?» sussurrò con voce rotta.
Kankuro chinò la testa per incontrare il suo sguardo e le disse: «Ascolta... Nemmeno io so cosa ti è accaduto, ma devo portarti alla Sabbia, subito. Quel ninja mascherato deve averti colpito con degli spiedi a giudicare dalle tue ferite... e io da solo non posso curarti nel modo adeguato.»
Il ninja indicò la fasciatura.
«Siete stato voi a salvarmi?» chiese, gli occhi pieni di lacrime e il suono della voce flebile come il sussurro di un ruscello lontano.
Kankuro annuì fissando lo sguardo sui suoi piedi e aggiunse: «Ho soltanto rallentato l'effetto del curaro, ma dobbiamo andare al Villaggio. L'antidoto ti guarirà completamente.»
«Curaro?»
«Sì, è un veleno che aggredisce i centri nervosi e paralizza i muscoli, ecco perché non riesci a muoverti.»
Detto questo il ninja tornò ad occuparsi della stoffa, piegandola e sistemandola mentre Akisame lo osservava in silenzio.
«Dobbiamo sbrigarci, siamo stati fin troppo a lungo qui.» le disse afferrando le estremità del tessuto e passandoglielo dietro le spalle; legò i tre rotoli davanti a sé e poi si sedette di fronte a lei rivolgendole la schiena, le prese le braccia e se le mise intorno al collo.
«Riesci a stringere?» chiese in fretta.
«Cre... credo di sì, ma non troppo.» confessò, presa alla sprovvista.
«Va bene. Aggrappati a me e cerca di tirarti su.» le ordinò mentre riprendeva i lembi della fascia di tessuto e praticava un nodo stretto. Poi le afferrò da sotto le gambe appena sopra il ginocchio e si alzò per quanto glielo concedesse il basso soffitto.
Una volta usciti, Kankuro recuperò la posizione eretta. La stoffa serviva a tenere legata a sé la ragazza dato che non riusciva a controllare normalmente il proprio corpo e tantomeno a fare forza con gli arti, il tessuto lo avrebbe aiutato nel caso in cui avesse perso i sensi o non fosse stata più in grado di muoversi.
Akisame socchiuse gli occhi per abituarsi alla luce del mattino, mentre sentiva il lieve cinguettio degli uccelli e il vento muovere le foglie degli alberi più alti.
La pioggia della sera precedente risplendeva nell'abbondante rugiada del mattino.
«Pronta?» le chiese il ragazzo e Akisame si sforzò di stringere le braccia attorno a lui il più possibile.



FINE SECONDO CAPITOLO, continua...

Naruto (c) Masashi Kishimoto


N.d.A. - Il primo capitolo è stato molto più semplice da scrivere. I miei piani per il secondo erano ben altri, infatti questo capitolo doveva concludersi molto più avanti (parlando in termini di tempo della storia). Quindi alla fine si è aggiunto un capitolo a quelli che avevo programmato e questo ha sconvolto un po' i miei piani. Il curaro è un veleno che, come ha spiegato Kankuro, attacca i centri nervosi impedendo i movimenti, e a volte provoca problemi respiratori. La sua azione è veloce, ma non so quanto tempo esattamente si possa resistere. Ad ogni modo Naruto è un universo a parte e mi sono permessa di dare un margine di tempo alla geisha grazie all'intervento di Kankuro.

Risposte alle recensioni:

x Verdolina: grazie della tua recensione, spero che anche il secondo capitolo sia stato di tuo gradimento! Ho lavorato parecchio al primo capitolo riscrivendo vari pezzi più volte (come è successo per il secondo! XD) e quindi ricevere questi complimenti mi rende molto felice perchè significa che il mio impegno è stato ripagato se sono riuscita a suscitare determinati sentimenti nel lettore. Grazie infinite! Spero continuerai a seguire la storia!
x Sihaya10: davvero sembra un trailer? In effetti però è un po' lento per esserlo, avrei dovuto mettere più azione e più sangue! XDD L'idea della scena iniziale mi è venuta al momento, mentre stavo ricopiando i miei appunti per completare la stesura del capitolo. Ogni tanto faccio qualcosa di buono anche io! Forse non è bene dirlo ma il titolo che ho scelto piace molto anche a me! Ma, forse tu non lo sa, non l'ho scelto a caso...
x Alewhatsername: ciao! Mi fa moltissimo piacere che la fic ti piaccia! Da come avrai capito anche nel secondo capitolo ci sono dei misteri, non sono una persona che rivela subito tutto. La descrizione iniziale è stata un'idea venuta senza pensare troppo, è arrivata così... ho provato a scriverla anche se non era in programma e ne sono rimasta abbastanza soddisfatta da postare il capitolo cominciando con quella. Ti ringrazio dei tuoi commenti, sei molto gentile! Spero che continuerai a leggere!
x Chris: ciao! Grazie della tua recensione sei stata molto gentile! Spero di non averti delusa con il secondo capitlo. Da come avrai sicuramente capito dalla comparsa di Kankuro, anche Gaara comparirà a breve. Voglio sperare che continuerai a seguire la storia!
x Furtivo: grazie di aver recensito anche questa mia nuova fic, spero che quella su beyblade continui a piacerti così tanto! ^^ Mi fa piacere che il mio stile ti sia gradevole. Il contrasto con la prima parte e la successiva ti è parso chiaro e ne sono felice perchè è proprio quello che volevo. Insomma la fine di qualcosa simboleggia anche l'inizio di qualcos'altro. Sì, hai capito: il ninja mascherato si scopre il volto davanti ad Akisame proprio a causa del ciondolo, ma ovviamente fino all'ultimo capitolo da me non otterrai nessun'altra informazione in proposito... XDD Alla fine Akisame percepisce quel momento di terrore da un'altro punto di vista, ovvero quello dell'abbandono e della liberazione da qualcosa che la opprimeva, e in quel momento tutto passa in secondo piano. Spero che ti possa piacere anche questo nuovo capitolo e nell'attesa di un tuo giudizio ti ringrazio di cuore e ti saluto con un grande abbraccio!
x Fabio93: ti ringrazio, come sei gentile! ^^ Povera bambina, sì... ma doveva andare così... Ora che ci penso sei l'unica persona che sa tutto! Mi raccomando impegnati anche tu! *manda bacio*

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Capitolo 3
*** Uno sguardo senza alcuna malizia ***


PIOGGIA NEL DESERTO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Terzo: Uno sguardo senza alcuna malizia

Akisame non aveva mai viaggiato così velocemente e, in un primo momento, quasi aveva perso i sensi quando, dopo qualche cauto passo, il ninja aveva cominciato a correre per poi spiccare un salto improvviso e proseguire il viaggio fra le fronde degli alberi. La ragazza aveva serrato gli occhi con la sensazione di aver lasciato lo stomaco a terra e, irrigidendosi per la paura, si era stretta ancor più al suo giovane salvatore, terrorizzata dalla possibilità di precipitare da un momento all'altro.
Non trovò nulla di sconveniente in tutto ciò, ma per lei sarebbe stato, in una situazione differente, per lo meno imbarazzante, inadeguato, per non dire quasi impossibile... viaggiare in spalla ad un uomo! Se glielo avessero raccontato solo qualche giorno prima, avrebbe soffocato riso e rossore dietro un ventaglio, in una stanza confortevole e lussuosa, vestita con preziose stoffe e truccata alla perfezione, probabilmente circondata dagli invitati ad una qualche festa.
Eppure in quel momento si sentì al sicuro, come se lei e quel ragazzo avessero viaggiato in quel modo da sempre e non le importava di non essere truccata e avere invece la faccia sporca, non si preoccupava dei propri capelli che, invece di essere lucidi e acconciati, si agitavano sciolti e arruffati nell'aria umida di quel mattino.
Di fronte alla morte ci si accorge di come molte cose non abbiano in realtà molta importanza.

Macchie verdi chiare e scure si susseguivano veloci nel rapido passaggio da un ramo all'altro. Alcune chiome avevano cominciato ad ingiallire prima di altre e qualche foglia cadeva al loro passaggio coprendo il fondo della foresta dei colori dell'autunno.
Gli alberi più grandi, che il ninja prediligeva nella scelta del percorso, erano alti e imponenti, ma da lassù tutto appariva diverso; le nuvole sembravano non essere mai state tanto vicine e il volo degli uccelli appariva come qualcosa di familiare al di là dei rami più alti che impedivano una visuale più ampia del cielo sopra le loro teste.
Era una prospettiva differente: ciò che stava in basso sembrava improvvisamente più piccolo e meno rilevante, ma Akisame si guardò bene dallo spingere la vista oltre le spalle per guardare al di sotto; ogni salto del ragazzo implicava un lungo momento in sospensione a cui faticò ad abituarsi perché non aveva mai sperimentato quelle altezze.
In realtà non ricordava nemmeno di essersi mai arrampicata su un albero.
Nonostante le sue preoccupazioni iniziali poté constatare che il ninja non era mai pervaso dal timore del prossimo salto e anzi procedeva senza esitazione da un albero all'altro con estrema sicurezza. Appoggiava i piedi sulla corteccia con fiducia e precisione; sembrava quasi che le suole delle sue scarpe fossero attratte dai rami e viceversa.
Gli angoli del copricapo di agitavano nel vento e sembravano davvero due buffe orecchie.
«Come stai?» chiese brusco Kankuro, schivando un ramo troppo sottile e puntando verso uno più robusto, qualche metro più in basso, su cui atterrare.
«Be... bene.» disse Akisame sorpresa di essere interrogata così d'improvviso, infatti non le aveva più rivolto la parola da quando erano partiti lasciandosi alle spalle il villaggio distrutto.
«Riesci a muovere le dita?» chiese il ragazzo spiccando l'ennesimo salto.
La geisha chiuse gli occhi e controllò che mani e piedi rispondessero alla sua volontà; Kankuro la sentì deglutire dietro di sé, sulla sua schiena, e avrebbe voluto controllarle personalmente i movimenti, ma si trovò troppo impegnato ad evitare un folto faggio dalla chioma quasi completamente autunnale che non sembrava offrire alcun appiglio abbastanza solido per reggere entrambi.
Le dita della ragazza si mossero poco e lentamente e Akisame le avvertì distanti e pesanti.
«Sì.» rispose subito dopo, ma senza aggiungere nulla di più.
Kankuro non le chiese altro, consapevole del fatto che non gli aveva risposto del tutto sinceramente: si accorse infatti che la ragazza aveva aumentato un poco la stretta delle braccia attorno al suo collo ma senza fare forza con le mani. Gli angoli della bocca del ninja si incurvarono verso il basso, come Akisame aveva già visto accadere in precedenza, facendo assomigliare il suo viso dipinto ad una maschera severa.
Non si era certo aspettata un elogio da parte sua, ma una risposta rassicurante l'avrebbe fatta stare meglio; invece il silenzio del ragazzo la fece sentire colpevole.
Akisame appoggiò la testa sulla spalla del ninja cercando di ricordare i fatti del giorno precedente e fare così l'unica cosa che potesse essere di qualche utilità, ma il suo sforzo fu vano: i ricordi erano come bolle d'aria immerse nell'acqua, appena tentava di afferrarle si disperdevano.
Continuarono ad avanzare senza fermarsi.


Superarono rapidamente un gruppo di betulle dalle foglie gialle e marroni tra cui si potevano scorgere i tronchi bianchi macchiati di nero.
Kankuro cominciò ad aumentare l'andatura con salti più brevi e più rapidi, la vegetazione aveva cominciato ad essere fitta e gli alberi più esili, spogli e meno robusti.
«Perdonami.» disse ad un tratto il ninja, «Non posso andare più veloce di così.» spiccò l'ennesimo salto, «Specialmente se non posso usare anche le mani.» aggiunse, aumentando l'intensità della stretta delle braccia e delle mani che le sostenevano le gambe.
Akisame non rispose, la stoffa tesa e legata stretta per tenerli uniti le impediva quasi di respirare liberamente, ma stare così vicino al ragazzo le dava sicurezza.
Il ciondolo le premeva sulla pelle, sotto la maglia scura e la leggera sottoveste. Il piccolo pezzo di metallo si era riscaldato un po' grazie al tepore dei loro corpi.
Era un calore piacevole, una sensazione che non ricordava di aver mai provato: stare accanto ad un uomo senza sentirsi sgradevolmente soffocata, come costretta in una gabbia dalla quale non poter uscire mai più. Il senso di libertà e leggerezza che realizzò in quell'attimo fu però presto pervaso dalla chiarezza della verità e la geisha divenne cosciente di quanto poco in realtà potesse fare per se stessa.
In quel momento, con una strana fermezza, si rese consapevole di una scelta che i fatti avevano già preso per lei e decise di affidare la sua vita nelle mani del giovane ninja.
Lui che l'aveva salvata, ora ne era diventato responsabile: Akisame dipendeva completamente da quel ragazzo che correva per portarla al sicuro e si dava anche la pena di scusarsi per non riuscire a fare di più.
Procedettero in silenzio ancora per diverso tempo, fra grosse querce e aceri dalle foglie verde pallido che si allungavano imponenti verso il cielo.
Aggirarono un piccolo spiazzo in cui vecchi alberi erano caduti aprendo una finestra di luce per il sottobosco, un groviglio di arbusti e giovani piante. All'ombra dei tronchi marcescenti crescevano rigogliose grosse felci sul tappeto di foglie secche e rametti.
Disturbarono e fecero fuggire un piccolo stormo di uccelli che stava sostando su un altissimo faggio dai rami sottili e già completamente spoglio; uno scoiattolo grigio si fermò ad osservarli quando passarono poco distante dalla sua tana.
Poi, senza preavviso, Kankuro rallentò bruscamente e piegò la testa leggermente a sinistra, come a voler catturare un flebile suono.
«Eccoci.» disse fermandosi sul ramo nodoso di un acero. Akisame non capì perché si fossero fermati, si guardò attorno mentre il ninja si sedeva a cavalcioni sul ramo e le lasciava le gambe in modo che potesse farlo anche lei. Non c'era nulla di rilevante nei dintorni, a parte la foresta.
Kankuro sciolse il nodo del pezzo di stoffa che li teneva legati per poi sistemare meglio i tre rotoli che si era sistemato sul petto e lasciando finalmente entrambi liberi di fare un profondo respiro.
Akisame appoggiò le mani sulla corteccia dell'albero accorgendosi di quanto fossero brevi e lenti i suoi respiri, fino a quando era stata sulle spalle del ragazzo non aveva sentito la stanchezza che però ora sembrava piombargli addosso come un peso molle e opprimente. Inoltre le ferite all'altezza dello stomaco procurate dagli spiedi le facevano male e le sentì bruciare sotto la stretta fasciatura. Cercò di non darlo troppo a vedere, ma alzando lo sguardo notò che il ninja la stava fissando. Il ragazzo aveva scavalcato il ramo con una gamba e ora sedeva accanto a lei coi piedi che penzolavano di sotto; in quel momento la geisha ebbe la sensazione che il terreno si trovasse davvero troppo in basso ed evitò accuratamente di assicurasi di quella supposizione.
Kankuro riprese fiato, si sistemò il copricapo e si passò il dorso della mano sulla fronte asciugandosi il sudore.
«Ci riposiamo un momento mentre aspettiamo gli altri.» disse osservandola con una strana espressione dipinta sul volto, le sopracciglia appena aggrottate sopra un occhio chiuso e l'altro no, con la bocca storta in un taglio obliquo definito da linee di pittura colorata. Gli occhi grandi e stanchi di Akisame lo fissarono scuri e profondi mentre i lunghi capelli, sporchi e scompigliati, le ricadevano sulle spalle fino alla base della schiena. Provò imbarazzo nel trovarsi così vulnerabile di fronte allo sguardo di un uomo, con le gambe nude ed esposte e non troppo di più a coprirle il resto.
Si accorse però che il ninja non stava osservando il suo corpo, ma il suo volto e nel fare questo non percepì da parte sua alcuna malizia e si sentì un po' confusa.
Kankuro si voltò e guardò di sotto: «Vado a controllare se è tutto a posto.» disse e la geisha si rese finalmente conto che diversi metri più in basso scorreva un timido ruscello; poteva distinguere il sussurro dell'acqua farsi largo fra gli altri rumori della foresta.
Il giovane prese la stoffa e, con uno slancio, la fece passare sotto al ramo afferrandone poi l'altra estremità al volo; fece un nodo e ne consegnò i lembi alla ragazza.
«Tieniti qui. Ce la fai a restare da sola per qualche minuto?»
Akisame annuì, ma non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni perché il ragazzo si era già calato di sotto e scendeva rapido e agile come una scimmia accompagnato dalle foglie gialle che l'albero lasciava cadere ai propri piedi.
Raggiunto il terreno Kankuro si mosse cautamente verso il timido corso d'acqua, circondato da felci e piccoli fiori bianchi e gialli; si chinò e raccolse qualche sassolino che lanciò poi in direzioni diverse: fra i cespugli, su alcune rocce, fra due piante aggrovigliate.
Non accadde nulla e decise quindi di avvicinarsi al ruscello, avanzando fra macchie di luce e macchie d'ombra proiettate al suolo dalle chiome degli alberi. Si chinò fra le felci e, protendendosi in avanti, tuffò una mano in acqua e bevve.
Poi si alzò, diede ancora una rapida occhiata ai dintorni e risalì sull'albero.
«Vieni» le disse, recuperando la stoffa e tendendole le braccia per aiutarla ad aggrapparsi nuovamente a lui «Ora puoi scendere anche tu.»
«Qualcosa non va?» chiese Akisame.
«Beh... non esattamente.» rispose il ragazzo prima di prenderla di peso e scendere nuovamente dall'albero. La lasciò solo quando furono ai margini del ruscello e la ragazza si inginocchiò e si chinò in avanti per bere. L'acqua rifletteva la sua immagine distorta e la geisha la infranse con le mani per portarsi il liquido alla bocca; non riusciva a chiudere perfettamente le mani a conca e dovette ripetere l'operazione più volte prima di riuscire a dissetarsi.
Proprio mentre stava per assaporare un nuovo, breve sorso, tutto accadde così velocemente che non ebbe nemmeno il tempo di spaventarsi.
Kankuro la afferrò e la sollevò e in un lampo furono dietro ad un fitto cespuglio poco lontano.
«Zitta. Arriva qualcuno.» sibilò.
Sfilò un rotolo fra quelli che si era legato sul petto, il primo in alto, lo lanciò in aria, giunse le mani in un modo particolare e, in una nuvola di fumo bianco, il rotolo si trasformò in qualcosa d'altro.
Il ninja mosse le braccia come se stesse lanciando un peso, e quel qualcosa si infilò fra le fronde di uno degli alberi vicini e non si mosse più, invisibile nell'ombra.
Akisame, con gli occhi sgranati e il respiro corto, non poté far altro che appiattirsi dietro al cespuglio e aspettare.
Il suo cuore batteva all'impazzata.



FINE TERZO CAPITOLO, continua...

Naruto (c) Masashi Kishimoto


N.d.A. - Questo capitolo avrebbe dovuto essere più ricco di eventi, ma ho dovuto dividerlo in due per non farlo troppo lungo. Non so se sia un bene o un male che si aggiungano capitoli. Non credo che ci sia bisogno di spiegazioni, se avete delle curiosità per quel che riguarda il luogo in cui si trovano i due ragazzi vi chiedo di pazientare e aspettare il quarto capitolo.
Mi scuso per il lungo periodo di attesa di questo capitolo terzo.

Risposte alle recensioni:

x GgPoulain: "Memorie di una Geisha" è uno dei libri più belli che io abbia mai letto, anche il film è stupendo e me ne sono innamorata subito. Se non l'hai ancora visto te lo consiglio caldamente! Ti ringrazio dei complimenti, spero di manterene viva la tua attenzione e di non deludere le tue aspettative! Grazie del commento!
x Chris: Il contrasto che c'è fra il mondo di Akisame e quello di Naruto, cioè fra due tipi di vita differenti sarà più evidente man mano che la storia andrà avanti. Quello di Akisame quello di kankuro sono due modi di vivere differenti, ma non aggiungo altro in proposito perché spero di riuscirmi a spiegare scrivendo la storia. Il primo capitolo potrebbe essere considerato un prologo volendo, ma sinceramente ho preferito una normale numerazione dei capitoli, comunque sì: il centro della storia non è proprio ancora questo ovviamente. Ti ringrazio molto dei complimenti e mi fa piacere che il mio modo di presentare personaggi e atmosfere ti piaccia. Se ne hai l'occasione leggi il libro di Arthur Golden, non te ne pentirai.
x Verdolina: In effetti con soli due capitoli il tuo dubbio è assolutamente lecito. Comunque posso dirti che non coinvolgerò nella mia storia moto della trama originale del manga di Naruto, ma solo una parte, quindi capirei se la mia fic non coinvolgesse i più appassionati della serie. Allo stesso tempo però ne userò dei fatti per intrecciarli con la mia trama, quindi contnuare a leggere potrebbe essere interessante! Grazie mille dei tuoi complimenti, sono felice se quello che scrivo e come lo scrivo, piace.
x Sihaya10: ...e naturalemnete io non rivelerò il perché del titolo se non verso la fine! XDD Sì, questa fic non è sintetica come altre e infatti faccio molta, molta più fatica a scrivere e ci metto molto più tempo a preparare come si deve un capitolo, anche perché ho un sacco di cose in mente oppure mi vengono nuove idee mentre sto rileggendo un capitolo già scritto. In ogni caso per me è una sorta di sfida: mi piace avere il controllo su ogni particolare e dilatare il tempo della narazione a mio piacimenti per inserire un particolare stato d'animo o una riflessione... credo che questo capitolo ne sia un esempio! Adoro le metafore e con il personaggio di Akisame è un piacere pensarne di nuove. Sì, la geisha nasconde qualcosa, altrimenti la storia non sarebbe interessante, ma anche qui non posso rivelare nulla e dovrai sopportare il dubbio fino alla fine della storia! Kankuro ti intenerisce? Che carino, non avrei immaginato che potesse farti una simile impressione. Ho determinate idee su questo personaggio e se ti fa tenerezza... diciamo che allora ho cominciato bene! Ho il terrore dell'OOC su Kankuro, anche perché è un personaggio che compare poco e probabilmente una sua versione corretta e IC è quasi impossibile, ma non vorrei dipingere su di lui qualcosa di troppo estraneo al personaggio. Spero di riuscirci e di non deluderti! Baci, grazie mille.
x Valery_Ivanov: grazie, sei sempre molto gentile e le tue recensioni mi fanno sempre molto piacere... mi auguro che tu non ti sia stufata di aspettare il nuovo capitolo! Spero ti piaccia, fammi sapere cosa ne pensi.
x killuy_93: ti ringrazio tantissimo, sei davvero molto gentile a farmi tutti questi complimenti! Anche a me piace moltissimo Kankuro e spero che la mia versione in questa fic di questo personaggio ti piaccia. E spero anche che tu abbia ancora voglia di leggere la storia!

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Capitolo 4
*** Come un sogno del castello sulla pioggia ***


PIOGGIA NEL DESERTO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Quarto: Come un sogno del castello sulla pioggia



Akisame tremava stretta a se stessa, terrorizzata da ciò che sarebbe potuto accadere di lì a poco. Kankuro accanto a lei era ben vigile, le dita delle mani tese in direzione dell'albero fra le cui fronde aveva nascosto la propria arma.
Passarono secondi, minuti. La geisha non seppe quantificare il tempo trascorso e le parve di attendere dietro quel cespuglio da ore. Il suo corpo era in tensione, ma tutto intorno a loro sembrava assolutamente normale e tranquillo, alzò un poco la testa e spiò il volto del ninja accanto a lei. La sua espressione era severa e concentrata, il suo corpo in attesa, pronto allo scatto.
La ragazza ipotizzò che i ninja mascherati li avessero seguiti dopo essersi accorti che una sopravvissuta era sfuggita alla strage e che stessero attendendo il momento più opportuno per sbarazzarsi anche di lei. Ripensare ai quei volti inespressivi e bianchi le causò una confusione tale da stordirla e procurarle dolore. Cercò di rilassarsi un poco, dopotutto non era ancora accaduto nulla ed era possibile che Kankuro si fosse sbagliato.
Aspettarono in silenzio, sul terreno umido e freddo.
Un passero si posò su un ramo dell'albero su cui il ragazzo aveva celato quello che prima era stato semplicemente un rotolo. Il ramo sottile si curvò elastico sotto quel peso leggero; l'uccellino dondolava la coda per mantenersi in equilibrio e intanto guardava con curiosità fra le foglie quell'ombra nera, forse per assicurarsi che non potesse nuocergli.
Cominciò a cantare allegramente.
La ragazza, rassicurata dalla tranquillità di ciò che la circondava, stava per domandare al ninja se si fosse trattato solo un falso allarme, ma proprio in quel momento il passerotto smise di cantare, saltò rapido su un altro ramo, spiccò il volo e scomparì.
Un fruscio: qualcuno si avvicinò. Il suo cuore riprese a battere all'impazzata.
Tre figure piombarono in salto sul terreno vicino al ruscello.
Akisame assistette alla scena guardando tra le foglie del cespuglio, spaventata dalla battaglia che stava per cominciare. Iniziò a chiedersi cosa sarebbe successo se li avessero scoperti: Kankuro si sarebbe trovato a combattere contro ben tre avversari e avrebbe dovuto contemporaneamente badare a lei che non poteva dargli alcun aiuto e che anzi gli sarebbe stata solo d'intralcio. Non avevano alcuna speranza, a meno che il ninja non la lasciasse al suo destino e fuggisse. Si domandò se Kankuro avrebbe optato per quella soluzione e si voltò a guardarlo: non sembrava affatto preoccupato, i suoi occhi si erano ridotti a due sottilissime fessure, come se stesse cercando di vedere meglio o di cogliere un particolare nascosto.
Il ninja mosse rapidamente le mani e l'arma nascosta proprio sopra le teste dei nuovi venuti scattò parandosi davanti ai tre.
Quella che Akisame aveva dedotto essere un'arma, assomigliava ad una scimmia con tante braccia, o meglio ad un burattino che si muoveva autonomamente. La cosa la inquietò non poco facendola rabbrividire di terrore, ma non sembrò avere lo stesso effetto sui tre nemici. La marionetta scattò in avanti e da una delle quattro mani uscì un grosso e lungo coltello.
La geisha trattenne il fiato aspettandosi che i ninja reagissero, ma al contrario nessuno di loro si mosse.
Il burattino fermò la lama ad un centimetro dal naso di uno dei tre che la osservò annoiato.
Aveva ciocche di capelli corti e disordinati che tentava di domare legandoli sulla nuca con scarsi risultati; Akisame guardò meglio il coprifronte e notò che il simbolo era lo stesso di quello che era inciso sul copricapo di Kankuro: quello del Paese del Vento.
Disorientata, strinse il più forte possibile il ciondolo che portava sotto la maglia.
Il ninja che era stato minacciato dalla marionetta mise le mani sui fianchi e le domandò ironico: «Karasu, dov'è quello stupido di Kankuro?»
Soltanto allora il ragazzo si alzò in piedi facendo capolino da dietro il cespuglio.
«Sono qui, Iroyoi.» disse con semplicità, poi mosse le mani in un gesto rapido, come se stesse cercando di tirare qualcosa. Il burattino si mosse all'indietro facendo un strano umore, come di legnetti percossi, dirigendosi verso di lui; il ninja giunse nuovamente le mani in una posizione singolare e la marionetta si ritramutò in un rotolo che Kankuro afferrò al volo prima di rimetterlo velocemente insieme agli altri sul petto, con un gesto rapido ed esperto.
Iroyoi si avvicinò di qualche passo: «Volevi attaccarci?» chiese ridendo.
«Se non foste stati voi non avreste riconosciuto Karasu.» spiegò tranquillo Kankuro stringendo il nodo della stoffa sul petto.
«Devo quindi fare una verifica anche con te dato che potresti essere una copia trasformata?»
Kankuro gli riservò un'occhiataccia ma le sue labbra si curvarono subito dopo in un sorriso che faticò a trattenere.
«Dov'è la ragazza?» chiese Iroyoi.
Sentendosi presa in causa, Akisame si riscosse, aveva ormai capito che la preoccupazione del ninja era stata priva di fondamento: era evidente che quelli erano compagni e non nemici al suo inseguimento.
Cercò di alzarsi, ma senza riuscirci. Non si era più mossa da quando Kankuro l'aveva allontanata dall'acqua; le gambe tremarono e anche con l'ausilio delle braccia non riuscì a far altro che sollevarsi di qualche centimetro. Spaventata, cercò con gli occhi il volto del ninja e lo guardò imbarazzata con tacita preoccupazione; fino a poco prima era stata in grado di chinarsi da sola, ma ora ogni sforzo era vano. Kankuro ricambiò lo sguardo con serietà, i movimenti della ragazza gli ricordarono i suoi primi tentativi di controllare una marionetta. La sua espressione cambiò all'istante e i tratti del suo volto si indurirono, ma cercò di mostrarsi il meno turbato possibile.
Iroyoi se ne accorse subito e si rivolse agli altri due ragazzi con un tono falsamente collerico: «Cosa fate voi due? Prendete il sole? Fate qualcosa di utile: riempite le borracce!» disse lanciando anche la sua nella loro direzione.
«Ehi, ma che modi!» gli rispose uno dei due prendendola al volo.
Kankuro intanto si era chinato verso Akisame per aiutarla; quando Iroyoi si avvicinò a loro aveva l'aria di aver capito il problema.
«Che succede?» chiese molto seriamente, ma quello non gli rispose.
«Vieni, ti aiuto io.» disse ad Akisame mentre la sollevava, «Non c'è percolo, anche se a giudicare dalla faccia di questo tipo poco raccomandabile non si direbbe.» aggiunse, guardando il compagno che assunse un piglio alquanto offeso. La ragazza sorrise alla battuta e le guance di Iroyoi si colorarono un poco.
Uno dei due ninja a cui era stato affidato il compito di riempire le borracce, vedendo che la ragazza aveva bisogno di una mano, si diresse verso di loro correndo e facendo cadere l'acqua dai contenitori: «Aspetta Kankuro-san! Ti do una mano io!» disse .
«Migi-chan!» lo redarguì Iroyoi.
I due si assomigliavano parecchio, avevano gli stessi occhi, la stessa aria disordinata, ma era evidente che Migi fosse più giovane, così come l'altro ragazzo che si avvicinò ad Iroyoi porgendogli la sua borraccia.
Mentre Kankuro la aiutava a sedersi all'ombra di un albero, Iroyoi si scusò con lei: «Perdona il comportamento di questo idiota!» disse prendendo per un orecchio un riluttante Migi, «Mio cugino non sa comportarsi come si deve in presenza delle signore!»
Akisame rise, ricordando quando, da piccola, veniva sgridata allo stesso modo da Oi-san. Ma né lei né nessun'altro con cui aveva condiviso la sua vita negli ultimi anni esisteva più.
Sembrava tutto irreale e lontano. Il sorriso sul suo volto si spense.
Il secondo ragazzino si presentò educatamente facendo un inchino verso di lei : «Piacere di conoscerla, mi chiamo Hidari, sono un genin del villaggio della Sabbia del Paese del Vento.»
Le geisha rispose chinando il capo a sua volta, aveva riconosciuto nella voce acuta del ragazzo la stessa con cui aveva sentito parlare Kankuro la notte precedente: «Sono Akisame del villaggio di Amajitaku, grazie del vostro aiuto Hidari-san.»
A differenza di Migi che aveva la faccia tonda e allegra come il cugino e le cui labbra erano sempre curve in un sorriso eccitato che stentava a reprimere, Hidari aveva il viso affilato e un'espressione seriosa con occhi sempre vigili e attenti che si guardavano attorno con circospezione.
«Dobbiamo decidere come muoverci. Non perdiamo altro tempo.» disse Kankuro estraendo un kunai dalla sacca che portava legata alla gamba destra. Non riusciva difficile al ninja assumere un'espressione cupa, come in quel momento, perché i suoi lineamenti non erano quelli che si sarebbero definiti propriamente belli o gentili e accigliarsi gli costò davvero poca fatica.
Gli altri ninja si zittirono e lo ascoltarono in silenzio.
«Questo è il villaggio di Amajitaku.» disse pratico disegnando una 'x' sul terreno, «Questo è quello della Sabbia.» aggiunse, segnando un'altra croce, distante dalla prima. Fra i due segni interpose una linea curva che spiegò essere il confine fra il Paese del Vento e quello della Pioggia. Congiunse infine le due 'x' con una linea retta.
«Noi siamo qui.» disse tracciando un taglio sul tratto rettilineo: erano più vicini ad Amajitaku che alla Sabbia.
«Mediamente ci vorrebbe un giorno e mezzo di cammino per raggiungere la Sabbia, ma noi ne abbiamo impiegato solo uno all'andata.» intervenne Iroyoi, Migi e Hidari annuirono, il primo più concitato del secondo.
«Adesso non abbiamo tutto questo tempo. Dobbiamo raggiungere la Sabbia entro il tramonto per mettere al corrente il Villaggio dell'accaduto quanto prima.» li informò Kankuro.
«Ma Kankuro-san!» scattò Migi, «È impossibile! Non c'è abbastanza tempo! Non siamo così veloci!»
Akisame aveva ascoltato i loro discorsi mantenendo un rigoroso silenzio. Guardò le proprie gambe che non rispondevano più al suo volere. Probabilmente il motivo principale della fretta di Kankuro non era quello di voler avvisare il proprio Villaggio, ma quello di salvarle la vita. Non era così sciocca da non capire che la propria situazione era tutt'altro che rassicurante. Gli effetti della bevanda che aveva ingerito la notte precedente stavano svanendo gradualmente e presto sarebbero scomparsi del tutto lasciando il veleno libero di agire. Si portò una mano all'altezza dello stomaco cercando di non pensare al dolore delle proprie ferite.
«Vi sto chiedendo molto, lo so.» riprese Kankuro, poi si rivolse esclusivamente ad Iroyoi «Andrò avanti da solo con la ragazza se necessario.»
«Sei matto?» chiese quello con un mezzo sorriso «Vuoi attraversare da solo il deserto con una persona sulle spalle?!»
«Penso che adesso sarebbe meglio dividerci.» disse Kankuro cambiando argomento. Si alzò e gli angoli del copricapo ondeggiarono un po', proprio come orecchie di animale; «Iroyoi, Migi. Voi due percorrerete la via sud. Hidari, tu verrai con me. Eviteremo la strada dei mercanti. Sarebbe la via di fuga più logica e potrebbero esserci delle trappole. Ci incontreremo sul luogo in cui ci siamo accampati all'andata e decideremo il dafarsi.»
«Vuoi passare da Amamizu ni Kojou?» chiese Iroyoi.
Kankuro annuì.


Il sole si stava alzando nel cielo, proiettando sul terreno l'ombra degli alberi. Alcune nuvole si allungavano pigre poco lontano mentre fra i suoni della foresta si faceva largo lo scavare ritmico e martellante di un picchio.
Kankuro e Hidari saltavano velocemente da un ramo all'altro, senza bisogno di dirsi una parola.
Akisame era di nuovo sulla schiena del suo salvatore, legata a lui come un'infante. La piacevole sensazione e il tepore erano tornati, ma sembravano irrimediabilmente più lontani. Kankuro aveva preso un'ulteriore precauzione legandole i polsi: se non fosse stata più in grado di aggrapparsi a lui, le aveva spiegato, in quel modo non sarebbe scivolata pericolosamente all'indietro.
L'aria le solleticava il viso e poteva risultare piacevole se riusciva a non pensare all'altezza. Rifletté sulle parole del ninja di nome Iroyoi e non ricordò di aver mai sentito nominare un luogo chiamato Amamizu ni Kojou. Forse perché era troppo lontano dal suo villaggio.
Poi lo vide.
Le si parò davanti, oltre le fronde di alcuni pini che lo avevano nascosto fino a quel momento: era un castello, il più bello e singolare che Akisame avesse mai visto. Un agglomerato di torri di varia dimensione e altezza, tutte coperte da tetti a spiovente, ricco di pinnacoli e di piccole finestre che decoravano tutta la superficie come collane. I muri erano ricoperti di edera e muschio che lo facevano sembrare una monumentale creatura naturale, inoltre nei punti meno accessibili erano cresciute piante e piccoli alberi. Ma la cosa che più stupì la geisha era il fatto che la struttura si ergesse sul pelo dell'acqua di un lago.
Rimase a bocca aperta incapace di esprimere la sua meraviglia di fronte ad un castello che pareva galleggiare sull'acqua.
«Questo è Amamizu ni Kojou.» disse Kankuro.
«Detto anche il castello sulla pioggia.» spiegò Hidari avvicinando la propria traiettoria alla loro, avevano infatti continuato a proseguire senza fermarsi «Si credeva che l'unico modo per raggiungere il castello fosse l'acqua, ma il trucco è più che evidente.» aggiunse indicando in volo il lago.
Akisame notò qualcosa di insolito: sotto tutte le piante acquatiche e non che avevano trovato la propria dimora sulle mura del castello, ricoprendolo quasi del tutto, si potevano intravedere dei blocchi agglomerati.
«Cos'è?» chiese
«Sono tunnel che corrono da sotto il castello sul fondo del lago, per poi risalire e spuntare chissà dove nella foresta.» chiarì Hidari.
«Un labirinto di tubi in cui chi non conosce la strada si può perdere facilmente.» intervenne Kankuro, «Il frutto della follia di un Daimyo... una volta morto, nessuno si è più avvicinato a questo castello.»
«Dicono sia maledetto... si racconta che dalla morte del Daimyo, chiunque vi entri sia destinato a perdere la vita per volere del dio del cielo. Infatti, una storia narra che una stella caduta dal firmamento si sia spenta proprio nel punto in cui ora si trova il lago e che il dio del cielo, così triste per aver perso una delle sue figlie, pianse tanto da riempire il cratere di lacrime... c'è una leggenda simile che spiega la creazione del paese della pioggia.» raccontò Hidari.
Akisame si voltò verso di lui e gli sorrise, non si aspettava una spiegazione tanto poetica da un tipo in apparenza così ponderato. Le guance di Hidari si colorarono di un rosa acceso creando un piacevole contrasto con le bende bianche che gli fasciavano la testa, ma recuperò prontamente la propria compostezza.
«In realtà è artificiale.» disse Kankuro spiccando un salto da una quercia.
La ragazza guardò gli argini del lago e notò i segni orizzontali sulle mura.
«Sta seccando.» constatò debolmente quasi con dispiacere.
Nonostante ciò non poté fare a meno di pensare che fosse un capolavoro di architettura anche se l'idea di costruirsi un maniero per isolarsi dal mondo era assai triste. Si allontanarono e si lasciarono il lago e il castello alle spalle, come la visione di un sogno meravigliosamente malinconico.


Ben presto gli alberi si fecero più radi e nodosi, la foresta si trasformò gradualmente in boscaglia. Le grosse piante a foglia larga vennero sostituite da pini secchi, sparpagliati nella prateria. I ninja abbandonarono il tragitto aereo che avevano percorso fino ad allora e proseguirono a terra, con sollievo di Akisame che non soffriva troppo l'altezza. Non dover saltare fece risparmiare loro tempo e poterono proseguire più velocemente sulla pianura. Esili alberi bassi e cespugli dalle foglie spesse e coriacee spuntavano dall'erba fitta e altissima.
Un'inaspettata euforia aveva invaso Akisame; non si era mai allontanata tanto dal suo villaggio e tutto le sembrava nuovo e bellissimo. La natura era armoniosa, ogni cosa aveva un proprio posto.
Stordita dal caldo che cominciava a sentire e ovviamente dal fatto di non avere più il pieno controllo dei proprio movimenti, Akisame non riuscì a seguire per intero il breve dialogo di Kankuro e Iroyoi una volta che i due gruppi si furono ritrovati nel punto stabilito.
La ragazza giaceva seduta all'ombra delle pietre di un pozzo da cui Migi e Hidari attingevano l'acqua necessaria per riempire nuovamente le borracce.
«Questa è l'ultima...» disse Hidari stancamente.
«Ho visto una tana di lepri più in là, potremo provare a cacciarne una.» suggerì Migi legando la propria borraccia alla cintura che portava in vita.
«Non puoi andare da solo, è una follia!» disse Iroyoi animatamente, discuteva con Kankuro poco lontano.
«Non le ho salvato la vita per vederla morire.» gli rispose.
«Allora verrò con te! Hai bisogno almeno di qualcuno che ti dia il cambio!»
«Non possiamo lasciare due genin da soli. Rimarrai con loro. È un ordine.» disse Kankuro con fermezza avvicinandosi al pozzo.
«Solo perché sei diventato jonin prima di me, non significa che puoi comandarmi a bacchetta!» obbiettò Iroyoi seguendolo.
«Certo che significa questo.» rispose Kankuro con calma.
Iroyoi provò ancora a convincere il compagno di squadra a portarlo con sé, ma il ninja rimase sulla propria posizione e, sistematosi nuovamente la geisha sulla schiena, ripartì in solitudine lasciando gli altri tre guardarlo scomparire all'orizzonte.
«Iroyoi-san?» lo chiamò Hidari.
«Perché non ha voluto che nessuno di noi andasse con lui?» chiese Migi indispettito.
I ninja fissarono la pianura che si apriva sconfinata di fronte a loro, sovrastata dal cielo limpido e azzurro.
«Perché è un idiota.» disse Iroyoi piccato, «E perché quella ragazza sta morendo. Portarla al villaggio prima che sia troppo tardi è una follia, Kankuro lo sa e non vuole che nessuno rischi inutilmente.» aggiunse poi con serietà.
«Kankuro-san è molto veloce sul deserto, nessuno di noi è riuscito a tenere il suo passo all'andata e ha dovuto rallentare.» intervenne Hidari.
Iroyoi annuì: «Già, ma con un peso sulle spalle.»
Il ninja si concesse ancora qualche secondo per osservare l'orizzonte; la linea che divideva la terra dal cielo era vaga e sfumata a causa del caldo.
«Spero solo che non faccia sciocchezze.» aggiunse.
Migi e Hidari si guardarono preoccupati.
«Riposiamoci e mangiamo qualcosa.» disse Iroyoi ritrovando un po' di allegria per i compagni, «Ripartiremo più tardi.»
In alto il sole brillava cocente.








FINE QUARTO CAPITOLO, continua...

Naruto (c) Masashi Kishimoto


N.d.A. - Ci tengo a precisare che i luoghi citati in questo capitolo, quali Amamizu ni Kojou e Amajitaku sono stati da me inventati e non c'è nessun riscontro nella storia originale di Naruto. Entrambi i luoghi appartengono al Paese della Pioggia che confina con quello del Vento. Per verificare o per avere un'idea più chiara basta cercare le parole 'mappa naruto' in google immagini. Immagino che qualcuno possa iniziare a sentirsi un po' confuso a riguardo, ma spiegherò meglio i dettagli di tutta la questione più avanti.
I Daimyo sono dei ricchi proprietari terrieri che ingaggiano solitamente i ninja per le missioni meglio remunerate, quando non sono già capi di villaggi; Masashi Kishimoto li disegna come antichi feudatari giapponesi. Sono coloro che presenziano all'ultima prova dell'esame di selezione dei chunin per saggiare le capacità dei ninja e decidere a chi affidare le missioni; i villaggi con gli elementi migliori avranno più richieste e quindi più guadagni, viceversa l'economia degli altri paesi soffrirà per mancanza di ingaggi. In conclusione, queste figure sono determinanti.

Risposte alle recensioni:

x Nidaime_93: ciao Bea o Killuy, per caso il tuo nick è preso da Killua di HunterxHunter? Se sì sono contenta perché è il mio personaggio preferito! Sì, lo so, un po' tutti danno questa fic per spacciata dato che aggiorno così di rado... in effetti sono passati solo due mesi dal terzo capitolo questa volta! Grazie dei tuoi complimenti sei davvero molto gentile e sono contenta che anche il terzo ti sia piaciuto, spero che questo non faccia piangere. Non credere che non mi costi fatica fermarmi sui particolari o lo faccia in maniera così automatica. In realtà è uno sforzo per me perché non sono abituata a scrivere in modo dettagliato, soffermandomi sulle descrizioni, ma è una cosa su cui mi sono impuntata per questa storia. Voglio scriverla in un certo modo, un modo che ritengo più completo e più adatto allo spirito della fanfic. Se questo la rende elegante, come tu dici, agli occhi di chi legge e non pesante vuol dire che sto seguendo una via corretta di lavoro. La suspance è una cosa che mi piace un sacco, trovo che sia il sale delle storie, quella cosa che invoglia il lettore a continuare e a leggere un capitolo riprendendo la fic anche dopo mesi di attesa come nel mio caso! Comunque credo che una certa dose di suspance in questa parte sia d'obbligo. Grazie mille del tuo sostegno! Aspetto la tua opinione!
x Chris: devo dirti la verità, la tua recensione mi ha molto compito. Mi sono sentita con le spalle al muro leggendola perché hai capito davvero moltissimo di quello che voglio dire solo leggendo i primi tre capitoli. O forse ho scritto più di quanto mi sono resa conto? No, non credo proprio! Hai avuto davvero molto intuito. Leggere commenti come il tuo è un vero piacere perché così si capisce di scrivere per qualcuno che si ferma a pensare per più di cinque secondi su quello che legge ed è così in grado di lasciare un commento serio e articolato. Inizio col tranquillizzarti sul fatto che la mia Akisame non si scoprirà improvvisamente una ninja provetta con poteri illimitati come una "super ninja Mary Sue". La dicitura spaventa alquanto. Kankuro mi fa mettere le mani nei capelli ogni cinque secondi quando scrivo. Ho sempre paura di farlo troppo OOC, anche se c'è così poco su cui lavorare di questo personaggio che credo sia inevitabile. Il tipo "brusco ma gentile" credo sia il carattere che meglio lo inquadra. È difficile gestire personaggi che in originale hanno così poco spazio, ma la sfida mi piace! Hai tratteggiato molto bene Akisame nella tua recensione; non posso sbilanciarmi per non rivelare troppo, ma l'idea della ragazza fragile che però nasconde qualcosa di diverso, di complesso e misterioso, è proprio quella che avevo in mente. Essendo una geisha non può certo essere agile, forzuta e scattante, sarebbe un controsenso. Non mi resta che continuare a scrivere nella speranza di fare sempre meglio e descrivere il personaggio come voglio che sia e sperare che piaccia a chi legge la storia. Spero vorrai ancora commentare in futuro; ti ringrazio moltissimo della tua gentilezza.
x Valery_Ivanov: assolutamente, il pensiero di dover scrivere questa storia è abbastanza costante! Forse dovrei pensare meno e scrivere di più! Ti ringrazio dei complimenti, ho lavorato molto alla trama e ci sto ancora lavorando in effetti, quindi sono contenta che l'apprezzi. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Su Gaara non mi pronuncio perché ti svelerei la trama, ma ti esorto ad avere fede e pazienza. Soprattutto pazienza!

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Capitolo 5
*** Un nero albero di terribile presagio ***


PIOGGIA NEL DESERTO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Quinto: Un nero albero di terribile presagio



Tutto appariva confuso in una visione effimera del proprio essere.
Nelle grandi foreste e nelle sconfinate pianure che avevano attraversato, ogni cosa era definita in un luogo specifico e costretta dal tempo al passare dei giorni. Ogni albero ed ogni sasso, ogni corso d’acqua e ogni ruscello, ogni fiore e ogni filo d’erba erano elementi distinti e percepibili come riferimenti o in relazione ad altri. Le cose invece disperse in uno spazio che si ripeteva sempre uguale ad ogni passo e ad ogni respiro perdevano il proprio significato e niente sembrava più reale.
Akisame credeva così di essersi ritrovata senza volere in un sogno.
L’erba verde e fitta si era abbassata, ingiallita e diradata lasciando il posto alla terra secca e arida, ricca di crepe e spaccature come rughe di un viso vecchio di millenni. I cespugli rigogliosi erano divenuti bruni e scuri, poi spinosi e pungenti come aculei. Gli alberi imponenti si erano tramutati in rami asciutti e scheletrici che spuntavano dal terreno e sembravano radici rinsecchite di piante capovolte. I sassi erano lisci, erosi dal tempo e dal vento, e di frequente affiancavano piante tozze e spinose, piccole o grandi quanto o più di un uomo, con braccia spesse e carnose che, a causa del calore che ne deformava i contorni, parevano spettri danzanti sull’orizzonte incolore.
La ragazza osservava il paesaggio scorrerle davanti con la consapevolezza profonda di trovarsi in un luogo a lei poco congeniale. Aveva perso quasi completamente la sensibilità e la capacità di muovere i propri arti. Il calore dei raggi del sole le picchiava sulla schiena e sulla testa che Kankuro le aveva premurosamente fasciato con un panno preso in prestito ad Iroyoi.
Il resto del corpo aderiva a quello del ninja e li faceva sudare entrambi. Il respiro della geisha era divenuto più rapido e meno intenso mentre il ragazzo procedeva correndo un po’ curvo in avanti con un’andatura non troppo veloce ma regolare, concedendosi solo poche e brevi soste per tirare il fiato e bere.
Procedettero così fino a quando la terra non divenne che sabbia e il sole raggiunse il punto più alto nel cielo. Si fermarono vicino ad un ultimo tronco che aveva un solo ed unico ramo curvo verso il suolo, come un braccio piegato al volere imperativo del sole. Oltre quell’ultimo fantasma di vita c’era solo sabbia, in una distesa interminabile. Akisame guardò il deserto estendersi a perdita d’occhio mentre Kankuro si sedeva a terra e scioglieva i nodi della stoffa che li univa e di quella che le legava i polsi; la geisha non aveva mai visto nulla di simile e i racconti che di quel luogo le avevano riferito non erano riusciti nemmeno lontanamente a farle immaginare quello che poteva ora osservare. C’era sabbia in una quantità tale da non poter descrivere, soltanto sabbia, l’orizzonte, il cielo e poi più nulla; nessun riferimento, nessun punto fisso. Si chiese come fosse possibile attraversare un luogo del genere senza perdersi completamente e la sola idea le fece venire le vertigini. Chiuse gli occhi cercando di allontanare quella sensazione spiacevole e spaventosa trovando conforto nella presenza del proprio compagno di viaggio accanto a sé. Il ninja del Paese del Vento non era di certo intimorito dal deserto.
Kankuro prese una delle due borracce che portava con sé e la ragazza la fissò con desiderio dimenticando l’ansia di poco prima; Akisame aveva la bocca secca e arsa dalla calura, gocce di sudore le imperlavano la fronte. Il suo corpo aveva subito i morsi della fame un tempo, ma non ricordava di aver mai avuto tanta sete e tanto caldo come in quel momento: procurarsi da bere non era ovviamente mai stato un problema nel Paese della Pioggia.
Il ninja le mise una mano sulla fronte: era caldissima. Poteva essere a causa della febbre che stava nuovamente salendo, oppure del caldo a cui la ragazza non era affatto abituata. Di sicuro il suo corpo non era preparato a sopportare uno sforzo di tale entità e le emozioni che aveva dovuto affrontare nel giro di poche ore l'avevano sicuramente sfinita; il viaggio nella foresta, visto che mal sopportava le altezze, probabilmente era stato sufficiente ad esaurire le poche energie che le erano rimaste.
«Cerca di resistere.» le disse prendendo una delle borracce e svitandone il tappo «Non manca molto al Villaggio.»
La fece bere a piccoli sorsi, tanto che ad Akisame non sembrò nemmeno che l'acqua arrivasse alla gola e bevve ogni goccia con avidità.
«Basta per adesso.» disse Kankuro allontanando il contenitore. Scosse la borraccia scoprendola ormai praticamente vuota; si bagnò le labbra con quel poco che rimaneva.
Si alzò, dando le spalle alla ragazza; davanti ai propri occhi il deserto svaniva bianco in una linea sottile per fondersi con il cielo. Doveva raggiungere la Sabbia prima che il sole tramontasse, altrimenti ogni sforzo fatto fino a quel momento sarebbe risultato vano.
Legò il contenitore al ramo dell'albero con attenzione e con un kunai incise nel terreno un segno in corrispondenza dell'ombra dell'oggetto: sarebbe stato un chiaro messaggio per i suoi compagni che li informava del loro passaggio. Il punto che avevano raggiunto sarebbe stata una tappa obbligatoria anche per il resto della squadra che si erano lasciati alle spalle.
Guardò ancora una volta l'orizzonte e si sfregò la punta del naso con un dito: le aveva mentito. Il Villaggio era ancora lontano, non avevano percorso che un terzo della distanza che li separava dalla Sabbia; per di più, ora li aspettava una lunga deviazione che avrebbe fatto perdere loro altro tempo. Da lì in poi, infatti, era obbligatorio fare un cambiamento di direzione verso ovest per evitare di attraversare la pericolosa Valle di Hairu-Deru e procedere così su un terreno sicuro.
Kankuro si voltò nuovamente verso Akisame: era stanca, provata, e non avrebbe presto più avuto la forza di resistere al caldo soffocante del deserto, inoltre il veleno non le avrebbe lasciato molto altro tempo a disposizione prima di portare a termine il proprio compito. Di fianco a lei il nero albero ormai senza vita era lo spettro di un terribile presagio.
Il ragazzo non ebbe bisogno di riflettere ulteriormente e prese la sua decisione: non ci sarebbe stata alcuna deviazione.


I tre ninja della squadra di Kankuro avevano trovato un piccolo e basso albero dalle fronde generosamente ampie sotto cui aspettare che il sole percorresse ancora un tratto dell'arco del cielo prima di riprendere il cammino alla volta del proprio Villaggio. L'erba era alta intorno a loro e li rendeva praticamente invisibili ad un ipotetico osservatore.
Migi, seduto fra le radici della pianta, così come i suoi compagni, fissava davanti a sé con le palpebre semiaperte, evidentemente annoiato dalla lunga attesa. Hidari invece stava composto con gli occhi chiusi che apriva di scatto ad ogni minimo rumore, facendoli saettare in direzione del suono che si rivelava sempre essere prodotto da qualche piccolo animale.
L'unico chunin del gruppo, Iroyoi, sembrava profondamente addormentato, con la testa appoggiata al tronco dell'albero.
«Credi che si sia appisolato?» chiese Migi ad Hidari, osservando svogliatamente una nuvola sfaldarsi nel vento alta nel cielo ed assumere nuove forme improbabili.
«Il suo respiro è regolare, ma non troppo lento o profondo.» rispose Hidari tecnico, senza aprire gli occhi o muoversi di un centimetro.
«Ma che razza di risposta sarebbe?!» esclamò Migi irritato.
«Che razza di domanda è la tua, vorrai dire!» sbottò Iroyoi, scattando bellicoso verso il cugino, riservandogli uno dei suoi migliori sguardi truci.
«Era una risposta molto più che esaustiva.» intervenne Hidari, ma venne completamente ignorato dal chunin che gli spostò la testa di lato per meglio inveire contro Migi che cercò per quanto possibile di farsi da parte.
«Sono il più alto in grado, nonché il capitano di questa squadra! Secondo te potrei mai permettermi anche un solo istante di distrazione?»
«A dire il vero...» disse Hidari infastidito, riprendendo la parola all'improvviso, prima che Migi, il quale aveva appena spalancato la bocca, potesse replicare, «...il capitano di questa squadra è Kankuro-san. Ed inoltre è innegabile che lei sembrasse realmente assopito, Iroyoi-san.» aggiunse puntiglioso, ma con straordinaria calma contando che il chunin gli teneva ancora la testa piegata in avanti.
Migi incrociò le braccia, un sorriso trionfante gli illuminava il viso ora che guardava il cugino più grande con aria di sfida, curioso di come avrebbe replicato.
Iroyoi lasciò la testa di Hidari, che poté riconquistare una postura più comoda, ed aprì la bocca senza però dire nulla, le guance gli si colorarono di un rosa acceso e quando finalmente elaborò una risposta, assunse la stessa posa di Migi, ma rivolgendo lo sguardo all'orizzonte.
«Per prima cosa, Kankuro non è qui...» cominciò, ma fu subito interrotto da Hidari che aggiunse con precisione: «Momentaneamente.»
«...e ciò fa di me il leader di questo gruppo... momentaneamente.» aggiunse, ponendo un'enfasi particolare sull'ultima parola, ad esclusivo beneficio di Hidari, il quale però non sembrò affatto colpito dal cambiamento di tono, cosa che fece irritare Iroyoi ulteriormente.
«Un leader che si concede un pisolino di tanto in tanto...» intervenne Migi insinuante.
«Non stavo affatto dormendo!» rispose piccato il chunin, al che Hidari si voltò a guardarlo sollevando scettico un sopracciglio.
«Davvero!» insistette Iroyoi giustificandosi, «Io... io stavo... pensando!»
«E su cosa stavi riflettendo?» chiese Migi, non credendo ad una sola parola del proprio interlocutore.
Iroyoi spalancò gli occhi, spiazzato, e fissò accigliato prima Migi e poi Hidari per poi tornare a posare lo sguardo sul paesaggio. Si schiarì la gola con un leggero colpo di tosse e con l'aria più seria che riuscì ad assumere, disse: «Stavo pensando a come spiegheremo tutta questa faccenda al Consiglio.»
Un grosso uccello nero si alzò in volo gracchiando da un albero poco distante.
I due genin guardarono nella medesima direzione del loro attuale capitano: nel cielo le nuvole correvano veloci e una lieve brezza rinfrescò il loro volti.
Il problema era reale, la loro missione non prevedeva il salvataggio di superstiti o l'intervento in un conflitto. Concluso l'incarico avrebbero dovuto ritornare immediatamente al Villaggio, invece era stato necessario eseguire un intervento fuori programma che aveva fatto accumulare loro ritardo nonché portato alla Sabbia una preoccupazione in più, cosa che al Consiglio non sarebbe risultata gradita.
«Iroyoi-san?» chiese Hidari dopo qualche minuto trascorso in totale silenzio.
«Dimmi.» rispose il chunin serio.
«Questa risposta...» cominciò il genin, ma fu Migi a completare la domanda: «... te la sei appena inventata, non è così?»


La Valle di Hairu-Deru si apriva, per chi arrivava da direzione nord, nord-est, con un leggero declivio per poi proseguire in piano per il resto del tragitto che in linea d'aria conduceva alla Sabbia. Evitando la Valle e deviando quindi in direzione ovest, il percorso si ricongiungeva con la vecchia Via delle Carovane, nel tragitto seguito ancora dai mercanti per arrivare al Villaggio attraversando altri insediamenti più piccoli.
La strada carovaniera era di conseguenza troppo lunga, anche se la più sicura da percorrere per un ninja in missione, cosa che infatti accadeva raramente, esclusi ovviamente i gruppi che comprendevano elementi più giovani e meno capaci. Attraversare la Valle era comunque un azzardo che anche i più esperti tentavano quasi mai. Un ninja cresciuto nel deserto non aveva difficoltà con i diversi pericoli che si potevano incontrare in un luogo così inospitale; ma la Valle di Hairu-Deru era un continuo alternarsi di sabbie mobili e superficie sicura. Una buona esperienza, unita alla dovuta attenzione ed intelligenza, era indispensabile e necessaria per affrontare un rischio del genere sapendo distinguere le aree che nascondevano un terreno insidioso sotto un'apparente crosta secca.
Le sabbie mobili non erano tutte così profonde da far affondare completamente un uomo, la vera minaccia era rappresentata dalla difficoltà che si aveva nell'uscirne dato che la sabbia, in quel punto satura d'acqua, risultava viscosa e fangosa e di conseguenza pesante. Chi vi rimaneva intrappolato era condannato ad una morte certa per disidratazione.
Con un passo cauto e misurato un ninja del Paese del Vento poteva evitare tale insidia e procedere camminando senza grossi problemi, tant'è vero che alcuni allenamenti speciali venivano compiuti proprio in quella Valle.
Kankuro non poteva permettersi di rallentare la propria andatura, dovendo necessariamente fare il contrario; altrimenti tanto sarebbe valso deviare ad ovest e procedere sulla strada più lunga ma più sicura. Alla velocità sostenuta che doveva mantenere, il ragazzo non avrebbe avuto il tempo materiale necessario per riconoscere ed evitare i punti in cui il terreno avrebbe ceduto. La soluzione era una soltanto, ma Kankuro non l'aveva mai sperimentata realmente, anche se in teoria non sarebbe stato più complicato del camminare sull'acqua: concentrando infatti il chakra nei piedi poteva continuare a correre senza troppo preoccuparsi del terreno su cui passava. Soltanto in questo modo avrebbe potuto guadagnare tempo e salvare la vita alla ragazza, ma ciò comportava la massima concentrazione senza possibilità di errore; cadere nell'acqua equivaleva soltanto a fare un bagno fuori programma, tutt'altra faccenda era scivolare nelle sabbie mobili.
Kankuro proseguiva in discesa assecondando la forza di gravità con un movimento veloce delle gambe. Si fermò solo quando il terreno si fece pianeggiante; scrollò gli stivaletti che si erano riempiti di granelli di sabbia e fissò deciso di fronte a sé.
«Sei pronta, Akisame?» chiese.
La giovane sulle sue spalle emise un debole mugolio, era sfinita dal viaggio e stordita dal caldo; la pelle pallida e delicata delle gambe si stava scottando sotto i raggi del sole.
Il ninja concentrò il proprio chakra nei piedi e partì correndo.


Iroyoi guidava il terzetto che procedeva in fila con velocità moderata; il sole stava dirigendosi pigramente verso la linea dell'orizzonte e la sabbia bruciava meno di quando erano entrati nel deserto. Sul volto del chunin si dipinse un sorriso quando in lontananza riconobbe la sagoma dell'albero con un unico ramo. Poco dopo avrebbero dovuto deviare il loro percorso ad ovest ed arrivare al Villaggio della Sabbia attraverso la Via delle Carovane. Il ragazzo accelerò, seguito subito dai due genin, prima di rallentare e camminare spedito verso la pianta ormai morta.
«Facciamo una pausa.» disse riprendendo fiato ed afferrando la borraccia che pendeva dal ramo per slegarla, «Kankuro è passato di qui.»
Hidari gli fu subito vicino e fermò con un gesto il ninja più anziano.
«Guardate, c'è un segno sul terreno.» disse indicando una croce sulla terra secca sotto l'albero.
«Hai ragione.» disse Iroyoi, mentre Migi si avvicinava.
«L'ha fatta Kankuro? Che significa?» chiese al cugino che lasciò il contenitore osservandone la sagoma scura proiettata sulla sabbia.
«Dunque, calcolando la distanza dell'ombra attuale dalla precedente...» disse Iroyoi pensieroso portandosi una mano al mento.
«...significa che Kankuro-san è passato da questo stesso punto circa quattro, o al massimo cinque ore fa.» concluse velocemente Hidari, rubandogli la scena.
«Stai cominciano ad irritarmi, ragazzino!» ringhiò il chunin indispettito guardando malevolo un imperturbabile Hidari. Prima che si potesse aprire una discussione Migi li interruppe indicando alcune orme sulle dune di sabbia davanti a loro.
Iroyoi fece qualche passo avanti e si schermò gli occhi con una mano per vedere meglio fin dove gli era possibile. Le impronte proseguivano in linea retta senza curvare. Inspirò gonfiando il petto, prima di pestare un piede sulla sabbia.
«Quel pazzo!!»





FINE QUINTO CAPITOLO, continua...

Naruto (c) Masashi Kishimoto


N.d.A. - La Valle di Hairu-Deru è un luogo da me inventato e non vi è alcun rimando a particolari episodi della storia originale di Naruto. Tutte le nozioni sul deserto e sulle sabbie mobili non sono il frutto della mia fantasia, ma informazioni ricavate da una semplice ricerca sul web grazie a cui io stessa ho potuto dipanere dubbi e sfatare false certezze.
Mi scuso con voi lettori, che siete sempre così gentili nei miei confronti, per il tempo trascorso dal precedente aggiornamento di questa storia. Purtroppo ho dovuto mettere da parte lo scrivere a causa di impegni personali prima e di problemi tecnici poi. Spero in ogni caso che il nuovo capitolo sia di vostro gradimento!


Risposte alle recensioni:

x Myluna91: ciao, grazie della recensione, sei molto gentile! I particolari sono una sfida perché sono una fatica, personalmente. però mi piace l'idea di uno stile più ricco per questa storia. Arriverà mai Kankuro a Suna? Se vado avanti di questo passo... Spero che il nuovo capitolo ti piaccia!
x slice: ehm... prego! XD
x Valery_Ivanov: grazie del tuo commento! Ho esaurito la tua dose di pazienza? Temo di sì... Mi piace moltissimo l'ambientazione del villaggio della sabbia, mi affascina. Anche la Foglia mi piace, ma il deserto ha qualcosa di esotico. Non ci sono molte fic con Kankuro protagonista... e sto cominciando a capire il perché! XDD L'idea del castello piace a molti, sono contenta; mi è venuta in mente una sera mentre scarabocchiavo guardando la tv, così ho subito fatto uno schizzo dell'ambientazione... per questa fic ne sto facendo parecchi. Povero Kankuro gliene faccio passare di tutti i colori... contando che ho pubblicato il primo capitolo circa un anno fa e contando che ancora il villaggio non s'è visto... inizio a dubitare anch'io! XDD Scherzo, scherzo!
x Chris: grazie mille, mi fa piacere che l'Amamizu ni Kojou ti sia piaciuto! L'idea è nata per caso, su un foglio di carta con qualche schizzo e si è subito evoluta in qualcosa di più concreto. Il paragone con Miyazaki mi lusinga e mi onora, le sue creazioni sono fantastiche! Akisame non salta sugli alberi, non lancia kunai o cose simili, il suo "potere" è appunto solo il suo sorriso. Non è mica poco! XDD Come al solito hai colto al volo i particolari importanti! Vedrai come tempro io kankuro adesso...!! XDD Spero di cogliere in futuro quel "cinismo" del villaggio della Sabbia, è una cosa che ha colpito anche me e spero si sottolinearla al meglio. Non preoccuparti, tanto passano millenni fra un aggiornamento e l'altro, prenditi tutto il tempo che vuoi per recensire. I tuoi commenti mi colpiscono sempre! *_*
x Sihaya10: ciao carissima, so che non ci credi ma sono riuscita ad aggiornare. Rispondo qui a tutti e due i tuoi commenti. [3°] Per le descrizioni sto diventando maniacale è vero, tento sempre di specificare ogni cosa, di arricchirla, di accentuarne l'aspetto. È difficile, ma mi piace impegnarmi! Per i personaggi cerco di far vedere quello che loro vedono e percepiscono e raccontare così la storia; ci sono visioni del mondo diverse e atteggiamenti diversi in rapporto alle azioni, mi piace far risaltare questa diversità. Anche io faccio fatica a capire Kankuro, te lo posso assicurare..! XD [4°] Ti ringrazio dei complimenti, sei sempre troppo buona. Quindi stai cominciando a capire o immaginare qualcosa? Mmm... sono curiosa! È complicato per me capire cosa traspare da quello che scrivo, dato che io so tutto! XDD A proposito del contagocce... hai ragione, sono lenta come una lumaca! Verosimiglianza delle capacità fisiche... davvero? Non so, credo che su questo io non abbia ragionato molto, insomma, mi sono fatta solo due conti. Poi ci sono cose possibili e altre no... ma non so a cosa tu ti riferisca esattamente, non vorrei aver frainteso. Akisame ambigua? Bene bene...

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Capitolo 6
*** Come un sasso che affonda dolcemente ***


PIOGGIA NEL DESERTO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Sesto: Come un sasso che affonda dolcemente




Akisame provò a sollevare lo sguardo, fra le lunghe ciglia filtrarono i raggi solari in un alternarsi di luce ed ombra. La luce diretta negli occhi le diede fastidio e li richiuse subito aspettando che gli aloni azzurrognoli rimasti impressi sulla retina svanissero. Si aggrappò con più vigore al tronco dell'albero e con i piedi cercò la posizione più sicura possibile per evitare di cadere dal ramo sul quale era salita.
Riaprì gli occhi guardando in basso per poi classificare quella come l'idea peggiore che le fosse venuta in mente. Non sapeva come avesse fatto ad arrampicarsi fin lassù. Procedere verso l'alto la terrorizzava, ma non quanto il solo pensiero di dover scendere o, peggio, di poter cadere. Era impietrita e non sapeva cosa fare. Avrebbe potuto chiedere aiuto, ma era troppo imbarazzata per la propria incapacità e se ne vergognava. Non vedendo alcuna via d'uscita da quella situazione di stasi, il cuore cominciò a galopparle nel petto più veloce che mai, come un uccellino che si agita in una piccola gabbia.
«Ti vuoi sbrigare?!»
Una voce proveniente dall'alto la spinse ad alzare la testa e a mostrare gli occhi già lucidi di lacrime; una figura agile scese senza difficoltà qualche ramo fra le foglie piccole e verdi ed una mano si tese verso di lei.
«Possibile che tu sia sempre così imbranata?!»
Akisame allungò tremante la mano, sollevata dell'aiuto che stava ricevendo, ma sentendosi allo stesso tempo davvero sciocca e insignificante.
Poi l'ansia lasciò il posto all'incomprensione: una forza lenta e irresistibile la stava trascinando verso il basso, lambendole le gambe e il ventre, mentre tutto si allontanava con la velocità di un battito d'ali.

«Non ti lascio! È tutto a posto, non ti lascio!!» urlò Kankuro.
Il ninja aveva le gambe divaricate e, chinato, cercava di sollevarla gradualmente per evitare di sprofondare lui stesso nelle sabbie mobili che la stavano inghiottendo lentamente. Concentrò più chakra nei piedi e con un ultimo sforzo riuscì a sollevarla dal fango.
Raggiunta un'area sicura si lasciò andare pesantemente sul terreno.
«Merda!» esclamò ansimante «La stoffa...! Si è stappata...» spiegò riprendendo fiato e continuando a stringerla come se avesse paura che potesse cadere ancora. «Merda...!» aggiunse in un sospiro, sollevando la testa per controllare la posizione del sole: gli rimanevano solo poche ore a disposizione per raggiungere il Villaggio prima del tramonto.
Era stato davvero sciocco da parte sua non legare di nuovo i polsi alla ragazza dopo l'ultima sosta, ma la sua pelle era così rossa e irritata che aveva preferito concederle un po' di tregua. In questo modo però, quando il pezzo di tessuto che li legava insieme si era strappato, era caduta, scivolando all'indietro e rischiando di trascinare con sé anche lui.
Akisame lo ascoltava respirare, il petto del ninja si sollevava e si abbassava cercando di restituire un ritmo regolare al cuore. Aveva le gambe ricoperte di fango, ma non sentiva nulla; se non fosse stato per la pronta reazione del ragazzo, sarebbe scivolata nell'oblio della morte senza nemmeno accorgersene, cadendo per sempre nell'incoscienza. Provò una grande vergogna per la propria debolezza e inutilità, facendo fatica a comprendere perché il giovane si adoperasse tanto per salvarla. Dopotutto non la conosceva e quindi la sua vita non aveva alcun valore; se l'avesse lasciata al suo destino non avrebbe dovuto affrontare tutti quei problemi. Avrebbe potuto optare per una scelta egoistica; ma il ninja non l'aveva abbandonata in precedenza, né quando il veleno era stato sul punto di ucciderla né quando si sarebbe potuto trovare a combattere da solo contro tre avversari. L'aveva curata, l'aveva protetta, stava rischiando la sua vita per lei; invece l'unica cosa che la geisha poteva fare era cercare di resistere e aspettare di essere tratta in salvo. Forse tutta quella fatica non aveva senso: non c'era bisogno di darsi tanto da fare per qualcosa che non valeva nulla.
Guadò il cielo: uno strano uccello descriveva ampi cerchi nell'aria, prima salendo, poi abbassandosi gradualmente.
Un alito di vento sollevò qualche granello di sabbia.
Kankuro portò una mano sul fianco cercando la borraccia, avevano bisogno entrambi di calmarsi e riprendere fiato, ma non la trovò. Si voltò, dietro di sé, verso le sabbie mobili: il contenitore doveva essergli caduto mentre cercava di salvare Akisame ed ora era sparito.
Erano rimasti senz'acqua.


Tokoro era un piccolo villaggio di passaggio sulla Via delle Carovane; le case, tutte modeste abitazioni di fango e calce, facevano da contorno alle poche strade polverose e diminuivano man mano che ci si allontanava dal centro, rappresentato dalla piazza, o meglio, dall'unico pozzo dell'insediamento.
Nonostante le dimensioni ridotte, il villaggio era meta di quasi tutti coloro che percorrevano la strada carovaniera proprio a causa di quel pozzo che forniva acqua in abbondanza. L'economia di Tokoro si fondava così sul passaggio dei viaggiatori che sostavano e riposavano o si rifornivano di cibo; concedendo senza impegno l'acqua, l'intero villaggio ne guadagnava traendo profitto dal commercio fra le altre città e dagli spostamenti.
Anche quel pomeriggio, la piazza era colorata e animata come al solito dalle varie bancarelle, dai costumi variopinti dei visitatori e dai drappi che coprivano le selle di cavalli e cammelli.
Hidari calò uno sei secchi all'interno del pozzo, alzando la voce per sovrastare il rumore della folla e farsi sentire da Migi e Iroyoi che preparavano le borracce.
«Possiamo davvero fermarci a riposare per tutto questo tempo?» domandò scettico. Iroyoi aveva stabilito che facessero una generosa sosta a Tokoro per bere, riposarsi e magari mangiare qualcosa di più gustoso delle provviste secche che portavano con loro. Migi aveva accolto positivamente l'idea, desideroso di gironzolare nel mercato e gustare qualche deliziosa specialità del piccolo villaggio. Hidari, invece, era infastidito da quell'imposizione; avevano già avuto abbastanza problemi e accumulato ritardo sufficiente ad un richiamo, per non parlare del rapporto che avrebbero dovuto fare al Consiglio. Concedersi una lunga sosta gli sembrava una decisione stupida e controproducente.
Il genin era in procinto di esporre una lunga serie di ottimi motivi per i quali avrebbero dovuto proseguire senza indugiare oltre, ma non ne ebbe il tempo.
Una fragorosa esplosione fece crollare la facciata di una delle case vicine alla piazza. I tre ninja reagirono istintivamente e si abbassarono di scatto, riparandosi dietro il muro del pozzo.
«Che diavolo succede?!» esclamò Migi cercando di sporgersi, coprendosi bocca e naso con la manica.
«Non muoverti.» disse Iroyoi afferrandolo per un braccio.
«Ma dobbiamo aiutare...!» intervenne Hidari.
Il chunin afferrò anche lui: «Fermo dove sei, ragazzino. Datevi una calmata tutti e due.»
Ci fu una seconda esplosione, persone e animali cominciarono a gridare terrorizzati, scappando dove possibile nell'alta nube di polvere che impediva di vedere cosa stesse succedendo, purtroppo inutilmente: un numero imprecisato di uomini a cavallo impediva loro di allontanarsi, costringendoli verso il centro della piazza e circondandoli.
«Dobbiamo intervenire! Potrebbero essere gli stessi ninja che hanno attaccato il villaggio della ragazza!» disse Hidari concitato. Era una supposizione plausibile, quegli uomini avevano usato senza dubbio delle cartabombe per generare le esplosioni e avevano intenzione di uccidere gli abitanti del luogo; inoltre, i fatti stavano accadendo a poca distanza l'uno dall'altro.
«Ho detto che non devi muoverti!» lo sgridò il chunin tirandolo per il vestito con più forza, «Come potrebbero essere dei ninja? Se avessero voluto uccidere lo avrebbero già fatto, non si sarebbero disturbati con tutto questo trambusto! Stanno spaventando la gente perché vogliono rubare e saccheggiare il villaggio: sono predoni!»
Il giovane genin scosse la testa, aveva poca importanza se fossero ninja o semplici banditi, Iroyoi stava solo esitando e lui era stanco delle decisioni sbagliate del proprio leader; se non avesse fallito l'ultima prova al precedente esame di selezione dei chunin, avrebbe avuto lo stesso grado del proprio caposquadra.
Era perfettamente in grado di decidere delle proprie azioni.
«Siamo solo in tre e loro come minimo cinquanta... dobbiamo elaborare un piano.» propose Migi cercando di convincere il compagno di squadra a ragionare.
Ma il ragazzo non li stava ascoltando; si liberò con uno strattone della presa di Iroyoi e si gettò correndo verso gli uomini a cavallo.
«Hidari! Torna qui!» gridò il chunin esasperato.


Kankuro si fermò per un momento, scrutando l'orizzonte con molta attenzione. Deglutì a fatica, la mancanza di acqua gli impastava la bocca e si ripercuoteva sulla velocità del corpo e sulla rapidità della ragione. Il pensiero della sete cominciava ad essere una costante di fondo.
Come il rumore del vento che cresce fino a coprire tutti gli altri suoni, così il bisogno di bere si sarebbe trasformato nella sua unica preoccupazione e non doveva assolutamente accadere. Sbatté le palpebre più volte per assicurarsi di quello che gli sembrava di vedere; in lontananza c'era la piccola sagoma tozza e buffa di un cactus, non poteva sbagliarsi. Sospirò, riprendendo fiato: erano finalmente usciti dalla valle di Hairu-Deru, priva di forme di vita. Poteva rendersene conto anche dalla diversa consistenza del terreno.
Dopo l'incidente con le sabbie mobili avevano proseguito velocemente senza altri intoppi o problemi; l'unica preoccupazione del ninja era stata quella di allontanarsi da quel luogo infausto il più rapidamente possibile e dopo una corsa durata ore poteva affermare che il peggio del viaggio era passato.
Era stanco, ma non poteva rallentare o riposarsi.
«Akisame, ci siamo quasi.» disse, per rassicurare la ragazza che portava curvo sulle spalle, ma, in fondo, anche se stesso. Quello che uscì dalla sua bocca fu però solo un suono distorto e così basso che a stento aveva riconosciuto la sua stessa voce; provò a deglutire di nuovo, schiarendosi la gola, e ripeté la frase con un volume più alto.
Ma Akisame non rispose, né diede segno di aver sentito o di essere sveglia. Kankuro voltò la testa provando a scuotere leggermente la ragazza per svegliarla, ma nemmeno allora ottenne risposta.
La depose a terra velocemente, ripetendo il suo nome più volte mentre le controllava il battito e il respiro, assicurandosi che fosse ancora viva e scoprendo che, seppur debolmente il suo cuore batteva ancora.
Al contrario, il suo batteva senza controllo. Il ninja era spaventato: gli parve che il ritmo dei loro cuori stesse definendo lo stato d'essere della loro vita, allontanandoli in direzioni opposte.
Le diete dei piccoli colpi sulla guancia per svegliarla e farle riprendere i sensi.
«Akisame!»
La ragazza aprì finalmente gli occhi, il suo sguardo vagò sul volto del giovane e poi le sue palpebre si abbassarono nuovamente.
Kankuro si irrigidì inspirando nervosamente; serrò la mascella e pensò che l'aria non sarebbe più uscita dal suo corpo. Mancavano circa due ore al tramonto ed Akisame avrebbe dovuto resistere fino ad allora, ma poteva anche essersi sbagliato.
Riprese la ragazza in spalla e si rimise a correre cercando di ricordare ogni singolo avvenimento da quando la sua squadra aveva prestato soccorso alla giovane donna. Aveva preso ogni decisione con coscienza e scrupolo, preparando lui stesso l'infuso che ritardava l'effetto del veleno. Ad un tratto però gli sembrò di aver commesso una miriade di errori e faceva fatica a ricordare ogni particolare. Potevano esserci vari fattori che avevano influenzato la situazione, fattori che non aveva calcolato, come una malattia, come un semplice raffreddore.
Cercò di non rimuginare su questioni su cui ormai non aveva alcun potere; aveva bisogno di bere, così come la ragazza: era quella la priorità, a tutto il resto avrebbe pensato più tardi.


Con un veloce scatto Hidari lasciò indietro Iroyoi e Migi, correndo verso i banditi come un fulmine; ma non aveva un piano particolare in mente e nemmeno un obbiettivo fisso, stava soltanto andando verso il nemico completamente esposto. Sorrise, la cosa non aveva importanza: li avrebbe sorpresi con la sua rapidità. In un attimo si acquattò ai piedi di uno dei cavalli che, spaventato, si alzò nitrendo sulle zampe posteriori.
«Che cosa sta succedendo?» urlò uno dei predoni sguainando la propria scimitarra e mettendo in allarme tutti gli altri.
«Razza di idiota!» ruggì Iroyoi afferrando poi il cugino.
«Che cosa facciamo adesso?!» domandò preoccupato Migi, spalancando la bocca come se gridasse. Iroyoi cominciò a parlare velocemente.
Hidari si affrettò a recuperare qualcosa dalla sacca che teneva legata in vita e, prima che il cavallo potesse rimettere gli anteriori a terra, ci fu uno scoppio e una nuvola di fumo lo avvolse facendolo imbizzarrire e terrorizzando tutti gli altri.
«Ci attaccano!» gridò uno dei banditi, ma prima che potesse riprendere il controllo della propria cavalcatura, fu colpito in pieno petto da un kunai.
«Catturatelo!»
Hidari emerse dall'esalazione del fumogeno preparandosi ad affrontare il prossimo nemico; si armò di shuriken e li lanciò intorno a sé per allontanare i predoni. La mossa ebbe poco effetto, ma era solo un espediente per distrarli; Hidari giunse le mani, impastando il chakra, pronto a spazzare via il nemico con una tecnica che aveva perfezionato a lungo durante i propri allenamenti.
«Daitopp..!»
Non riuscì a finire di nominare il ninjutsu: qualcosa gli afferrò la gola. Si voltò cadendo in ginocchio sul terreno sabbioso, più si dimenava più la corda intorno al suo collo si stringeva impedendogli di respirare. Ferito nel fisico e nell'orgoglio, Hidari non riusciva a credere di essere caduto in una trappola così elementare.
Un bandito a cavallo si avvicinò a lui ridendo di gusto mentre tirava sempre di più il lazo con il quale lo aveva catturato.
Tossendo, Hidari portò una mano di lato, sulla sacca, pronto a recuperare un kunai per tagliare la fune, ma immediatamente altre corde gli si strinsero attorno: completamente immobilizzato, non poteva più rincorrere ad alcuna tecnica.
«Un ninja della sabbia!» disse quello che lo teneva per il collo, riconoscendo il simbolo sul coprifronte.
Un altro scese da cavallo, «Dannato ragazzino...» disse «...vediamo cosa riuscirai a fare dopo che ti avremo trascinato così per tutto il deserto!» aggiunse, conficcando la lama nel terreno appena sopra la spalla del giovane. Hidari urlò di dolore, la lama gli aveva procurato una ferita profonda che cominciò a sanguinare copiosamente.
«Lanceremo i cavalli in direzioni diverse, una per ognuna di queste corde! Sarai fortunato se per prima si staccherà la testa, così non sentirai troppo dolore!» concluse mentre tutti gli altri ridevano come iene che hanno trovato di che sfamarsi.
«Tu ne sentirai molto invece!»
Tutti i predoni sollevarono la testa, per capire chi era stato a parlare, ma l'unica cosa che videro fu una grossa ombra in controluce che piombava su di loro.
«Iro... yoi...» rantolò Hidari, prima che il chunin atterrasse al suo fianco; colpì con un calcio l'uomo accanto al ragazzo, e con un gesto veloce tagliò la corda che gli stringeva il collo e la mano sinistra.
«Muoviti, adesso.» gli ordinò prima di lasciarlo per attaccare gli altri banditi e al genin non servì altro; con la mano libera recuperò un kunai e approfittando della momentanea distrazione dei nemici tagliò le corde rimanenti.
Iroyoi attaccò senza tregua, parando i colpi di spada con i propri kunai, saltando e divincolandosi agile e veloce, mentre i banditi cercavano nel contempo di non lasciar scappare Hidari e catturare il nuovo arrivato.
«Maledetto!» urlò uno dei banditi mancandolo per l'ennesima volta, il chunin lo evitò senza troppa fatica e si voltò a guardarlo con espressione beffarda.
«Sei lento come una... ah...»
«Preso!» gridò trionfante qualcuno dietro di lui; cogliendolo di sorpresa alle spalle, uno dei predoni lo aveva trafitto con la spada. La punta della lama gli usciva dal petto sporca e insanguinata.
«Iroyoi! No!!» gemette Hidari disperato accorgendosi di quello che era accaduto mentre evitava un ultimo fendente. Il volto del chunin si dipinse di sorpresa e dolore, afferrò la lama e si bloccò, immobile come una statua. Hidari smise di respirare, spalancando gli occhi. Il suo cuore batteva all'impazzata: era tutta colpa sua.
Poi la ragione ebbe la meglio sui sentimenti, dando spazio all'incredulità: c'era qualcosa di strano. Il corpo di Iroyoi perse velocemente prima il colore e poi la consistenza, dissolvendosi in sabbia.
«Ma che diavolo...!» esclamò il bandito arretrando inorridito, senza accorgersi che attaccata alla sua spada c'era una cartabomba che bruciava silenziosa.
«Scappate!» gridò qualcuno, ma era troppo tardi e l'esplosione li travolse. Hidari si coprì il volto con un braccio, riparandosi, e approfittò della confusione per attaccare nuovamente con gli shuriken.
«Salve!» disse all'improvviso qualcuno alle sue spalle; si girò di scatto: era ancora Iroyoi.
«Mi hai fatto prendere un colpo!» disse il genin ansimando, una goccia di sudore colò dalla fronte sporca di polvere.
«Cerchiamo di sbrigarci.» disse Iroyoi.
Un secondo dopo anche Migi fu al loro fianco, «Come va?» domandò sorridente verso Hidari prima di gettarsi col cugino nella mischia.
Rincuorato, Hidari li raggiunse, sapeva esattamente cosa fare: preparò kunai e shuriken e attese che le copie fossero impegnate a combattere. Senza ulteriori esitazioni lanciò le sue armi e li colpì: le copie si dissolsero in sabbia attaccando le cartabombe alle scimitarre o ai vestiti dei banditi. Hidari impastò nuovamente il chakra e finalmente gridò: «Daitoppa!»
Il vento sprigionato dalla tecnica investì le esplosioni e le amplificò, colpendo così anche quei pochi che erano riusciti a fuggire.
Il genin rimase immobile al centro dello scontro e quando tutto il fumo si fu diradato, si concesse un sospiro di sollievo. Iroyoi, Migi e il resto delle loro copie avevano sistemato intanto il resto della banda dei predoni.
La gente del villaggio li aiutò, ringraziandoli e la piazza divenne ben presto animata e colorata come poco prima. Mentre gli uomini più robusti liberavano le strade dai detriti, Iroyoi si avvicinò ad Hidari.
Il giovane abbassò lo sguardo, mortificato, pronto a scusarsi per la propria superbia e disobbedienza, ma il chunin non gliene diede il tempo: lo afferrò per la spalla ferita, sbattendolo con forza sul muro più vicino e facendolo urlare di dolore. Il taglio era netto e sanguinava; le mani di Iroyoi si sporcarono di sangue.
«C'è un motivo se sono io il più alto in grado!» gli urlò addosso, «Io sono il più forte! Io sono il più esperto! I miei compagni devono fidarsi di me, perché dipendono da quello che io decido di fare!»
Hidari lo fissò, tremando; non aveva mai visto il chunin così arrabbiato.
«Sappiamo tutti che sei bravo...» continuò, ora con molta più calma, «Ma ciò non toglie che devi eseguire i miei ordini e non fare di testa tua, perché altrimenti... non sono in grado di proteggerti. Se sbaglio, non sono in grado di proteggervi.»
Non aggiunse altro e lo lasciò andare, si tolse lo zaino dalle spalle e ne estrasse il necessario per un bendaggio.
«Fammi vedere la ferita.»


Akisame non aveva idea di come avesse fatto ad arrivare fin lassù, più vicina al cielo di quanto non lo fosse mai stata. L'idea di continuare la salita la spaventava, ma quella di cadere la terrorizzava.
Un uccello nero volava disegnando cerchi nell'aria, salendo e abbassandosi in un movimento ripetitivo e senza fine.
«Bevi questo.»
Una voce proveniente dall'alto la spinse ad alzare la testa e a mostrare gli occhi già lucidi di lacrime. Allungò tremante la mano, o almeno credette di farlo, perché non poteva sentire più nulla.

Kankuro lasciò la ragazza ai piedi di una grossa pianta carnosa che proiettava un po' d'ombra sulla sabbia. Si allontanò cercando fra i cactus come se avesse perso qualcosa. Aveva le labbra secche e spaccate dal sole.
Finalmente si avvicinò ad una pianta e, con un kunai, ne ripulì una parte dalle spine, non senza graffiarsi comunque. Incise la pianta ricavandone una sezione che liberò dalla cuticola esterna; tagliò un pezzo della polpa sottostante e lo portò alla bocca. Il tessuto spugnoso era ricco di acqua, ma di un sapore sgradevole; lo masticò quasi con rabbia.
Prese quello che rimaneva e lo portò alla ragazza.
«Bevi questo.» le disse inginocchiandosi accanto a lei prima di spremere con forza la polpa con le mani affinché il liquido viscoso le soddisfasse almeno in parte la sete. Quel poco che fuoriuscì fu sufficiente a ridarle un minimo di lucidità.
«Lasciami...» sussurrò, ormai priva della forza di articolare le parole.
«Cosa?»
«Lasciami qui.» disse di nuovo.
Kankuro spalancò gli occhi, aggrottando la fronte: «Di che cosa stai parlando?»
«Salva... la tua vita.»
La geisha abbassò le palpebre, ormai troppo stanca. Le dispiaceva terribilmente, tutta la fatica che il ninja aveva fatto fino ad allora sarebbe risultata vana. Le parve di sentire per lui un dolore fisico, ma non poteva essere: il veleno si era completamente diffuso nel suo corpo, dopo una lotta lenta ed impari. Dopotutto, non comprendeva perché si fosse opposta tanto, il domani non le avrebbe riservato nulla. Non c'era motivo di rimanere in vita.
«Ma di che parli!» il ragazzo si chinò su di lei e le strinse le spalle, pieno di collera e frustrazione, «Ti ho promesso che ti avrei portata al mio Villaggio! Ed è quello che ho intenzione di fare!»
Akisame lo guardò, gli occhi quasi chiusi e l'espressione spenta.
Il vento si alzò graduale, sollevando la sabbia, plasmandola lentamente con l'esperienza di un'età indefinibile.
Kankuro si rese conto di averle chiesto davvero troppo, era esile, magra, fragile; il suo corpo si era arreso, così come il suo spirito.
Ma non lui.
«Abbiamo cominciato questo viaggio insieme.» disse, «E lo finiremo insieme!»
Se la portò di nuovo sulle spalle e riprese il cammino.
Akisame si abbandonò. Non vedeva più nulla, udiva soltanto una voce lontana, come il rumore che fa il vento quando cresce fino a coprire tutti gli altri suoni.
Erano le parole più belle che avesse mai ascoltato, ma erano solo parole. Le sembrò di tendere la mano per toccarle, aspettando che l'ansia fosse spazzata via.
Ma non riusciva ad afferrarle.


Kankuro trascinò un altro passo nella tempesta di sabbia. Non correva, cercava solamente di orientarsi con l'istinto più che con la ragione. Barcollò, ma riuscì a fare un altro passo, poi un altro ancora prima di fermarsi definitivamente e cadere in ginocchio, come in preghiera; vide qualcosa fra la sabbia.
Il sole scomparve oltre la linea dell'orizzonte, come un sasso che affonda dolcemente sotto la superficie dell'acqua.








FINE SESTO CAPITOLO, continua...

Naruto (c) Masashi Kishimoto


N.d.A. - Il villaggio di Tokoro così come la Valle di Hairu-Deru è un luogo da me inventato e non esiste nel mondo di Naruto. Tutte le informazioni sui cactus e sul loro impiego presenti in questo capitolo e nei successivi sono state da me ricavate dal sito mondospinoso.it. Come al solito vi faccio le mie scuse per la lentezza con cui aggiorno, ma spero che questo capitolo vi sia piaciuto anche perché mi ha fatto davvero faticare. In primo luogo è molto lungo per i miei standard, forse è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto! In secondo luogo, chi mi conosce, sa quanto sia difficile per me scrivere le scene d'azione e in questo caso non ce l'avrei mai fatta senza il prezioso aiuto di Fabio93 che mi ha dato suggerimenti e preziosi consigli per lo scontro fra Hidari e i banditi.
Daitoppa è una tecnica utilizzata da Orochimaru durante lo scontro contro Sasuke, Sakura e Naruto nella Foresta della Morte. Orochimaru dopo aver portato la sua mano vicino alla bocca soffiando crea una grande massa d'aria che spazza via il nemico(it.wikipedia.org).
Comunque in ogni caso il mio ritardo imbarazzante (dopo un anno e mezzo dalla pubblicazione del primo capitolo forse Kankuro è arrivato al Villaggio della Sabbia! XD), mi permette di non pubblicare la storia come "spoiler" dato che sia la ristampa del manga sia le puntate dell'anime in tv hanno raggiunto la parte che avrei eventualmente svelato nei capitoli successivi. Vi do una buona notizia, il capitolo successivo è già quasi pronto. anche se nel mio caso quasi è un concetto molto relativo...
Grazie a tutti per il vostro sostegno!


Risposte alle recensioni:

x slice: ciao, scusami, faccio sempre aspettare i miei capitoli come un treno in ritarlo la mattina! XD Mi fa piacere che il mio stile in questa storia ti piaccia, perché ogni tanto fatico un sacco a tirar fuori qualcosa di decente (vedi le parti di combattimento! XD). Mi piace "intrecciare" le cose, mi viene abbastanza naturale, o meglio non ci penso molto, in genere capisco subito qual è il momento di fermare l'azione e riprenderla successivamente. Forse è merito di tutte le serie tv che guardo! XD No, davvero, a me dispiace quando la gente aspetta tanto per leggere un mio capitolo, io non sono molto paziente, quindi mi metto nei panni di chi vuole sapere come va avanti la fic, non che sia di vitale importanza, ma mi picchierei a volte! XD Spero che tu non ti sia stufata di me! Grazie mille! ^_^ baci!
x Myluna91: ciao cara^^, mi fa piacere che ti piacciano i dettagli! Ci metto un sacco di impegno e mi rende felice sapere che la mia fatica... si vede! Se un anno fa avessi potuto dare uno sguardo a come avrei scritto questa fanfic mi sarei spaventata! XD Nella Valle di Hairu-Deru non ci sono mostri o altro... non c'è niente a dir la verità, o meglio nessuna forma di vita. Poverini, avevano già abbastanza problemi senza i mostri! XD Iroyoi è un gran burlone e sì, la risposta se l'era inventata sul momento (Ma cosa dici! n.d. Iroyoi), ma non per questo ha detto una bugia o qualcosa di poco importante, dovranno vedersela davvero con il Consiglio... e farà male! XDD
x Sihaya10: ciao tesoro^^! No, dai, addirittura un trattato filosofico! XD Dev'essere stato una noia abissale! Beh... certo che Akisame nasconde qualcosa, altrimenti questa storia non avrebbe senso! XD Sono contenta che quello che traspare sia molto poco... è quello che voglio! XD Ho voluto fin dal principio che il testo fosse ricco di particolari, non per distrarre volutamente il lettore da ciò che è veramente importante, ma perché voglio che questa storia abbia un contorno adeguato, non so se mi spiego... voglio che sia ricca, voglio che sia bella! Sinceramente ho scritto "soffocante" senza pensare, è il primo aggettivo che mi è venuto in mente, e poi non sono mai stata nel deserto quindi certo non posso capire. In questo capitolo ho lasciato da parte le descrizioni filosofeggianti per dare più spazio alle azioni, anche perché un altro capitolo come il precedente sarebbe stato davvero troppo pesante da digerire. Ho evidenziato le capacità fisiche perché era in effetti indispensabile, in questo capitolo anche Kankuro comincia ad accusare la fatica ed arriva allo stremo delle forze... non vorrei aver esagerato comunque. Insomma, non è superman! XDD
A volte, davvero, scrivo le cose senza pensare, lo faccio istintivamente, non li "ricerco" come dici tu!^^ Ed in effetti... beh, io non scrivo per pensieri (io te l'avevo detto che non ci stava col cervello @_@)... ehm... io scrivo quello che vedo nella mia testa, nel filmino mentale che mi faccio della storia, se lo scrivo significa che l'ho immaginato (in semiotica si chiama "problema mentale" lo sapevi? @_@) ... non fai così anche tu? ç_ç
Baci!
x Chris: ciao!! a me quei videogiochi mettono un po' d'ansia! O_O sono davvero un'incapace. La mancanza di punti di riferimento è una mia paura, non posso stare in un posto tutto uguale senza farmi venire il panico, ad esempio il pensiero di un viaggio in nave mi dà i brividi. E non siamo ninja allenati nemmeno noi! XD
Ah, meno male che il "siparietto Iroyoi-Migi-Hidari" ti è piaciuto, avevo paura che non facesse ridere per niente, ho un senso dell'umorismo tutto mio. Vedi che si impara sempre qualcosa da questa fanfic... ieri qualcosa sulle sabbie mobili, oggi qualcosa sui cactus, e domani chissà! XDD Kankuro ed Akisame forse interagiscono un po' di più in questo capitolo, anche se la ragazza è un po' in un mondo tutto suo di delirio. Il legame... *si distrae*... ehm, dicevamo? Ah, sì: hai visto che siamo FINALMENTE arrivati a Suna? XDD
Baci!

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Capitolo 7
*** Un sorriso gentile ***


PIOGGIA NEL DESERTO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Settimo: Un sorriso gentile



L'emporio Gozen si trovava all'angolo fra uno dei viali principali del Villaggio ed un vicolo più piccolo e meno trafficato sul quale si affacciava anche l'entrata del negozio.
A causa dell'altezza delle costruzioni circostanti, i raggi del sole non vi battevano quasi mai direttamente, facendo così in modo che rimanesse all'ombra per la maggior parte della giornata. L'angolo dell'emporio preferito da Momo era un piccolo scalino di pietra sotto il piano che esponeva la frutta secca; un luogo fresco e tranquillo, specialmente durante quelle prime ore del mattino. La signora Gozen gli allungava di tanto in tanto qualche boccone o una piccola leccornia e il gatto la ricambiava volentieri onorandola con la sua presenza ogni giorno.
«Quel dannato animale è ancora qui!» disse il signor Gozen sbucando dal retro e brandendo minacciosamente una scopa. Momo si disturbò ad aprire un occhio, fissando annoiato il padrone del negozio, un uomo di mezza età dai lineamenti marcati.
«Quando la smetterai di dargli da mangiare!? Odio il modo in cui mi fissa! Quello è il gatto del demonio!» sbraitò rivolto alla moglie, ma agitando la ramazza in direzione del felino che gli rispose con uno sguardo privo di interesse.
«Non è affatto il gatto del demonio.» rispose la moglie con tranquillità, mettendo in ordine il ripiano delle spezie «È della signora Suika, e ti fissa perché lo stai spaventando.»
«Se è suo, perché non se lo viene a riprendere?»
La discussione procedette più o meno sulla stessa linea mentre Momo si impegnava indisturbato in un'accurata pulizia del proprio mantello fulvo. Poco dopo, con tutta la tranquillità di cui era capace, si avviò verso l'uscita, lasciando il Gozen mentre la coppia ancora discuteva di vecchi attriti.
Svoltò l'angolo e si sedette sotto una finestra lasciata aperta. Osservò i passanti camminare distratti oppure di fretta, bambini giocare e ricorrersi, mentre le madri lasciavano la porta di casa aperta per spazzare via la sabbia che si era depositata davanti o dentro l'abitazione la sera precedente a causa dell'ennesima tempesta di sabbia.
Momo li fissò tutti, uno per uno, come se ne volesse leggere i segreti più reconditi sondando ognuno di loro con i suoi occhi gialli.
«Guarda come ti fissa quel gatto!» disse una ragazza al giovane che l'accompagnava, «Sembra che ce l'abbia con te!» aggiunse con una risatina un po' nervosa.
Il ragazzo assunse un'aria preoccupata individuando il felino sul ciglio della strada, «Ma di che cosa parli?!» tentò di ironizzare, senza riuscire a nascondere un certo imbarazzo.
«Perché hai quella faccia adesso?» domandò la ragazza lanciando poi un'occhiata al gatto, come se fra lui e l'animale potesse esserci qualche tipo di accordo, «Mi stai nascondendo qualcosa?»
I due cominciarono a litigare nel bel mezzo della strada, lei lo accusò di aver fatto qualcosa mentre lui cercava di difendersi, ma la furia della giovane donna dimostrava quanto lo scontro fosse impari.
Qualche passante si fermò osservando e commentando la scena, ma Momo si era già stufato dello spettacolo e si alzò stiracchiandosi, decidendo infine di tornare a casa, magari per uno spuntino.
«Momooo...!»
Un orecchio si piegò verso il suono della voce e il gatto si concesse ancora qualche istante per un ultima sistemata al proprio pelo, prima di confondersi fra i piedi dei passanti.
Lasciato il viale principale, le altre stradine apparivano più tranquille e meno trafficate;
serpeggiavano in un tortuoso percorso labirintico intrecciandosi e curvando bruscamente come bizzarri sentieri fra edifici altrettanto singolari. Le costruzioni del Villaggio erano tutte diverse fra loro per forma e dimensione; le case potevano essere infatti sferiche, rettangolari, cilindriche, oppure una composizione di queste varie figure, unite da ponti sospesi o corridoi coperti, con finestre grandi e piccole, con terrazzi sovrastati dai lunghi fili di cavi che le univano in un intricato reticolo. Nonostante questa varietà, tutte avevano degli elementi comuni che le rendevano così parte integrante del Villaggio della Sabbia con i colori tipici dei mattoni di fango erosi dal vento e della calce bruciata dal sole del deserto.
Davanti al cancelletto della propria abitazione, la signora Suika chiamava a gran voce il proprio gatto che puntualmente, come tutte le mattine, era uscito di casa alla prima occasione. Appoggiò le mani sui fianchi abbondanti, così come tutta la sua figura, quando finalmente lo vide apparire dietro l'angolo e dirigersi verso di lei con tutta la calma e la riluttanza possibile.
«Devi smetterla di scappare!» lo sgridò senza troppa convinzione, chinandosi e prendendolo fra le braccia così che le zampe posteriori del gatto penzolassero come la coda e quelle anteriori invece si sollevassero oltre la testa. Momo sicuramente non gradì troppo l'affettuosa stretta, ma non si ribellò, sopportando la tortura; avrebbe dovuto ricominciare da capo a sistemarsi il mantello una volta libero.
La signora Suika si voltò per rientrare, appoggiando la mano sul cancello cigolante, ma si fermò e sorrise; una ragazza bionda era appena uscita dalla casa accanto alla sua.
«Buongiorno, Temari!» salutò.
La giovane si girò sorpresa mentre chiudeva a chiave la propria porta.
«Buongiorno a lei.» rispose avvicinandosi e guardando con una certa apprensione il gatto che la vicina teneva saldamente fra le braccia; nonostante la posizione bizzarra la fissava con i suoi occhi gialli in un modo che, come sempre, la mise un po' a disagio. Si affrettò a rivolgere l'attenzione alla donna anziché all'animale.
«Stai partendo per una nuova missione?» chiese quella mentre il gatto, zampe in alto, la guardava minaccioso.
«No, ma sto andando dal Kazekage; alla mia squadra verrà assegnato un nuovo incarico.» rispose, sistemando il grosso ventaglio che portava sulla schiena.
La signora Suika sorrise ancora e le rughe agli angoli degli occhi e della bocca si accentuarono, «Tu e i tuoi fratelli siete sempre molto impegnati.» disse.
«Già...» rispose Temari pensando al modo più educato possibile per concludere in fretta la conversazione; quella donna riusciva sempre a trovare una scusa per tenerla occupata a parlare del più e del meno e, come al solito, si stava facendo tardi. Lanciò uno sguardo al tetto del Palazzo del Kazekage, ben visibile anche da lontano, e, distraendosi, perse il filo del discorso che si era ormai evoluto.
«... dovresti avere più cura di te, in fondo sei una ragazza graziosa.»
«Come, scusi?» chiese Temari un po' spiazzata: si era persa il punto in cui un semplice scambio di saluti era diventato un velato rimprovero per il poco tempo che dedicava al suo aspetto.
«L'orlo del tuo vestito, cara!» disse con aria d'ovvietà e con l'espressione di chi la sa lunga, «È scucito, non vedi? Voi giovani avete sempre la testa per aria!»
Temari non fece in tempo ad abbassare lo sguardo per controllare, che la signora Suika le trovò subito un altro difetto.
«E questi capelli!» disse, sfiorandole uno dei quattro codini biondi, «Perché mai li porti sempre legati così!? Una giovane come te è molto più femminile con una lunga chioma che...»
«Ora devo proprio andare.» la fermò Temari, indecisa se essere imbarazzata o solamente irritata.
«Oh, ma certo, certo...» rispose la vicina sorridente, sempre tenendo fra le braccia il gatto dallo sguardo truce, «... ti auguro buona giornata!»
«Arrivederci.» la salutò Temari prima di incamminarsi con una certa fretta.
«Se vuoi ci metto un attimo a sistemarti il vestito!» propose la signora Suika salutandola già con la mano.
«Non si preoccupi.» gridò lei, ormai ad una buona distanza di sicurezza.
«Che cara ragazza.» sospirò la donna rivolgendosi al gatto, «Peccato sia così poco attenta al suo aspetto. Pazienza, andiamo a fare uno spuntino?»
Momo emise un miagolio strozzato.


Qualcosa produceva uno scricchiolio continuo, un ronzio intermittente nell'oscurità; Akisame lottò per uscire dal buio in cui si trovava e liberarsi di quel suono così fastidioso.
Sbatté le palpebre un paio di volte cercando di distinguere le forme tracciate dalla luce e mettere a fuoco ciò che aveva davanti. Su un soffitto irregolare una sottile scatola trasparente emetteva energia elettrica ad intervalli irregolari producendo quel rumore sottile e tedioso.
Girò la testa sul cuscino e vide ampie finestre circolari da cui poteva scorgere un cielo azzurro intenso; respirò a fondo e mosse le dita delle mani e dei piedi trovandole indolenzite. La sensazione di realtà fu così concreta e improvvisa che finalmente la ragazza ebbe la consapevolezza di essere sveglia e cosciente.
Spalancò gli occhi con il cuore che batteva come un tamburo nel petto; quella non era la sua stanza, ma un luogo sconosciuto. Non aveva la più pallida idea di dove si trovasse. Il panico durò solo un secondo ancora, poi, come l'acqua di una diga che di colpo viene aperta, i ricordi la invasero con rapidità e forza eccezionale, seppur confusi per la maggior parte: l'edificio che andava a fuoco, così come tutto il suo villaggio, il piccolo stagno nel giardino, un dolore lancinante e poi l'oblio dei sensi, le bambine che correvano sulle pietre con gli zoccoli di legno, i ninja della Sabbia, il deserto, la foresta, un liquido amaro che le colava in gola.
E il ragazzo che le aveva salvato la vita.
Cercò il proprio ciondolo sotto il vestito sospirando sollevata trovandolo ancora al proprio posto e stringendolo nel palmo della mano come per accertarsene definitivamente.
Akisame tentò di mettersi a sedere, riuscendoci ma non senza fatica; le girò la testa per qualche istante, dopo i quali notò che nella stanza in cui si trovava era sola. C'erano altri letti simili al suo coperti di lenzuola bianche, fresche e pulite, ma erano vuoti; ognuno di essi era munito di rotelle, bloccate da piccoli freni alle estremità, in modo che potessero spostarsi sui binari che correvano in linea retta sul pavimento. Osservò tutto ciò incuriosita e ogni cosa le sembrò essere tanto singolare quanto sconosciuta.
Si portò una mano alla nuca rivolgendo lo sguardo sul proprio corpo: qualcuno si era preoccupato di legarle i lunghi capelli in una pratica treccia e di cambiarle gli abiti. Indossava infatti una veste color panna lunga fino alle caviglie, larga e comoda; la fasciatura allo stomaco era stata cambiata con bende pulite e la ferita non bruciava più. Al braccio destro aveva una flebo collegata ad una sacca sorretta da un'asta di metallo, nel punto in cui l'ago penetrava nella carne poteva avvertire un dolore debole, ma costante.
Senza alcun dubbio si trovava in un ospedale in cui, com'era più che evidente, era stata curata; probabilmente quello era il centro medico del Villaggio della Sabbia, in cui Kankuro aveva promesso di portarla.
Per qualche inspiegabile ragione, Akisame fu attraversata da una vampata di orgoglio ed ammirazione nei confronti del giovane jonin che le imporporò le guance e le dipinse un mesto sorriso sulla bocca. Ma del coraggioso ninja non c'era traccia in quella stanza e forse, concluso il suo compito, non avrebbe più avuto nulla a che fare con lei che sarebbe stata solo una delle tante persone salvate durante una delle svariate missioni compiute. Questo pensiero le fece sparire il sorriso dal volto e la oppresse con una profonda sensazione di solitudine e abbandono, familiare e gelida, ma non le impedì di domandarsi se le condizioni di salute del ragazzo fossero buone quanto le sue. Non ricordava nulla dell'ultimo tratto del viaggio a parte qualche immagine sfocata.
La testa le doleva e si sentì sciocca per quel turbinio di emozioni che l'avevano appena attraversata. Se era ancora in vita, era merito di quel ninja a cui doveva essere solamente riconoscente; non poteva certo pretendere che si prendesse cura di lei più di quanto avesse già fatto.
«Nobile Kankuro?» provò a chiamare con la voce un po' roca, ma non ottenne risposta.
Allora provò ancora cercando di scendere dal letto.
La testa fasciata di un giovane spuntò dalla porta.
«No, no!» disse questi avvicinandosi con una strana andatura saltellante. Akisame cercò di metterlo a fuoco: era abbastanza basso e sopra le bende che gli coprivano la testa portava il coprifronte con inciso il simbolo del Villaggio della Sabbia e aveva un paio di occhiali con lenti così spesse da ingrandirgli gli occhi a dismisura.
«No, no!» ripeté facendole cenno di rimettere i piedi sul letto e di stendersi, «Non puoi ancora alzarti, non puoi!»
La fece sdraiare sul materasso e controllò che l'ago della flebo fosse ancora al suo posto, si accertò del suo ritmo cardiaco tastandole il polso ed infine della temperatura poggiandole velocemente una mano sulla gola e sulla fronte.
Akisame non pensò neanche per un attimo di opporsi o sottrarsi alla visita, turbata e sorpresa dai suoi modi un po' rudi e nervosi.
«Va meglio, eh? Va meglio.» disse infine lui non riuscendo a stare fermo nemmeno per un secondo, fissandola con gli occhi comicamente ingranditi oltre misura dalle lenti. Aveva la strana abitudine di ripetere più volte quello che diceva in una sola frase e i suoi movimenti sembravano essere il risultato di un calcolo preciso che veniva però eseguito con tensione.
Intimorita e imbarazzata da quel comportamento, la geisha non seppe cosa rispondergli e si limitò a sorridergli in un muto ma esplicito ringraziamento.
Il giovane dalla testa bendata si fermò e rimase qualche momento a guardarla, come catturato da qualcosa di insolito, prima di esclamare: «Vado a chiamare Yasumi, vado a chiamarla!» e allontanandosi poi con la stessa bizzarra camminata di poco prima.
Akisame rimase con gli occhi fissi sulla soglia per qualche minuto, fino a quando nella stanza entrò una ragazza che poteva avere la sua stessa età, la lunga coda di cavallo in cui si era legata i capelli scuri sembrava perfetta ondeggiando mentre camminava.
«Buongiorno!» disse cordialmente avvicinandosi al suo letto, «Sono Yasumi, il tuo medico.»
La geisha trovò poco educato non potersi alzare per salutarla con un inchino, ma le era stato ordinato di non muoversi e così si limitò ad esprimere la propria gratitudine solo a parole: «È stata molto gentile ad occuparsi di me.»
«Sono un ninja medico, è il mio lavoro.» rispose Yasumi con un sorriso forse fin troppo tirato mentre prendeva in mano la cartella clinica della propria paziente dandole una rapida occhiata, aveva degli occhi molto belli che valorizzava truccandoli con cura.
«Il nobile Kankuro... sta bene?» chiese Akisame preoccupata, con la speranza che almeno la giovane dottoressa potesse in qualche modo informarla della situazione in cui si trovava il ninja.
«Il nobile... Kankuro?» farfugliò quella sollevando divertita le sopracciglia e reprimendo una breve risata in una strana smorfia; nessuno chiamava il jonin in quel modo. «Sì.» riuscì a rispondere infine, «Sta bene, non devi preoccuparti.»
Akisame si rilassò: «Vorrei poterlo...»
Non finì la frase interrompendosi di colpo perché il ragazzo con gli occhiali spessi era comparso accanto a loro all'improvviso.
«Tora-san è arrivata, è arrivata.» disse al suo solito modo rivolto a Yasumi, ma fissando la geisha. Lei gli sorrise una seconda volta, lo trovava simpatico nonostante i modi e l'aspetto strampalati.
«Kizu! Sei il solito idiota!» strillò Yasumi con un tono acuto e indolente, ma quello la ignorò come se non l'avesse nemmeno sentita, e, inaspettatamente, mutò i lineamenti inespressivi fino a quel momento e gli angoli della sua bocca si sollevarono in un sorriso gentile mentre guardava Akisame.
«Quante volte ti ho detto di non comparirmi alle spalle così!?»
«Scusa, scusa.» sillabò lui senza troppa convinzione.
«Ti avevo ordinato di sistemare i medicinali nella stanza sette! Cosa fai ancora qui? Sparisci!»
Kizu si allontanò con calma, sembrava che la sfuriata non avesse sortito su di lui alcun effetto; sulla soglia si voltò rivolgendo un ultimo sguardo alla geisha prima di uscire.
«Finalmente!» esclamò Yasumi «Cerca di non farci troppo caso, è innocuo anche se insopportabile... d'altronde dopo l'incidente non è più stato normale.» aggiunse infine come se parlasse a se stessa. Sospirò tornando a leggere la cartella di Akisame che aveva preferito non commentare in alcun modo quelle affermazioni per non rischiare di far torto a nessuno dei due assumendo un'espressione neutrale.
Si sentì all'improvviso di nuovo terribilmente stanca, forse non avrebbe dovuto tentare di alzarsi con tanta leggerezza; ora la testa le girava e aveva la nausea.
«Comunque...» riprese Yasumi, spostandosi dalla spalla l'ordinata coda di cavallo che terminava in un altrettanto perfetto boccolo, «Ti sei ripresa velocemente. L'antidoto ha fatto subito effetto. Sei stata fortunata.»
Akisame, pallida e con gli occhi segnati dalla stanchezza, la guardò facendo fatica a capire quello che diceva.
«Cerca di dormire.» le disse Yasumi «Hai ancora il tempo di riposarti prima dell'interrogatorio.»
Le palpebre della geisha erano diventate pesanti e il significato di quelle parole le risultava confuso, «Interrogatorio...?» chiese, come se fosse il termine di un'altra lingua.
«Non temere, è solo una formalità.» la tranquillizzò il ninja medico, «Piuttosto... Akisame...» disse poi, leggendo il suo nome dalla cartella con un po' di esitazione, «...da dove hai detto che vieni?»
«Am... Amajitaku.» disse chiudendo gli occhi ormai esausta e addormentandosi.
Yasumi sorrise compiaciuta e prima di uscire dalla stanza gettò nella pattumiera la siringa vuota che aveva in mano.








FINE SETTIMO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Per prima cosa mi scuso con tutti voi perché il mio pc è di nuovo fuori uso, ormai è una cosa che non fa più notizia. Ho una piccola ancora di salvataggio che mi ha permesso di lavorare comunque al nuovo capitolo di questa storia. E a questo proposito mi scuso perché ho erroneamente invertito le date di pubblicazione fra le due fic che sto scrivendo, quindi come al solito ho fatto un casino. Aggiungo che sto lavorando ad una nuova fic su Naruto, one-shot o al massimo di un paio di capitoli, che ha come protagonisti Itachi e un nuovo personaggio, con qualche comparsata di Kisame, perché no! XD Ovviamente per ora è tutto su carta perché sono antica e perché il mio pc a quanto pare è un simpatico burlone.
Vorrei aggiungere una cosa al discorso fatto sui cactus del capitolo precedente. Una persona, Fabio93, mi ha fatto giustamente notare che non ho scritto che una grande maggioranza dei cactus esistenti è velenosa. Ovviamente è così, infatti Kankuro non prende il primo che capita ma ne sceglie uno "cercando fra i cactus come se avesse perso qualcosa". Infatti penso che un ninja del Villaggio della Sabbia sia ben addestrato a sopravvivere nel deserto e sappia di conseguenza distinguere i vari tipi di piante, evitando quelle nocive. Non ho sottolineato questa cosa perché mi sembrava superfluo farlo, anche se in effetti non lo è, e anche perché mi sembrava di essermi dilungata abbastanza in spiegazioni tecniche. Comunque è vero e avrei dovuto specificarlo. Perdono.
Parlando di questo capitolo invece, spero di non avervi stordito con tutti questi nuovi personaggi che ho inventato. Ce ne sono pochi descritti in Naruto appartenenti a questo Villaggio e ne ho creati personalmente molti, ninja e non, così come ho immaginato luoghi e città che nella storia originale non esistono. Aggiungo che questi personaggi hanno tutti un solo nome, così come Temari, Kankuro e Gaara che non hanno cognome (così come tutti i personaggi della Sabbia). Voglio augurarmi che questo non vi infastidisca.
Alcune informazioni relative ai materiali di costruzione e agli elementi strutturali delle case del Villaggio, presenti in questo capitolo e nei successivi, sono state da me ricavate dalla ricerca "Abitare il Deserto" presente nella Lista dei working papers on-line del CCTM-Politecnico di Torino, polito.it; oppure da me meramente inventate.
Grazie a tutti come sempre.


Risposte alle recensioni:

x Myluna91: ciao cara! purtroppo niente msn, il mio pc mi ha lasciato per l'ennesima volta. Sono felice che il capitolo sei ti sia piaciuto tanto; è un momento importante per la storia che verrà ripreso più avanti. Grazie infinite per i tuoi complimenti, mi piace inserire dettagli in questa storia^^. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, fammi sapere che ne pensi! Baci!^^
x slice: ciao^^ mi fa piacere che mi perdoni i lunghi periodi fra un capitolo e l'altro. Io sono lenta purtroppo ma ci si mette anche il pc che si scassa ogni due per tre. La scena del combattimento nel capitolo sei mi ha fatto davvero sudare, faccio fatica nei momenti d'azione anche se mi piacciono molto. Kankuro e Akisame si sono avvicinati molto e il loro legame risulta anche in questa nuova parte. No, non hai affatto preso un abbagglio! XD Anzi hai capito tutto e non credo ci sia bisogno di aggiungere altro: da "signora nessuno", Akisame è diventata speciale, a causa della promessa, certo, ma anche perché entrambi i personaggi si sono affidati completamente l'uno all'altro con fiducia estrema. Cerco sempre se posso delle informazioni che mi siano utili per non scrivere baggianate su cose che non conosco, che è una cosa che mi dà fastidio, e poi comunque tutto serve da ispirazione. Grazie mille, sei sempre gentilissima! Fammi sapere che ne pensi di questo nuovo capitolo^^, troppi personaggi nuovi?
x Chris: Ciao! Felice di leggere anche questa volta una tua recensione! Che dire? Ho riso come una matta quando hai fatto il paragone con lo zainetto! XDD Sono contenta che nonostante Gaara non sia ancora comparso (sta arrivando, lo giuro!) la storia ti piaccia e anzi che Kankuro sia diventato un eroe! XD Su di lui c'è pochissimo su cui lavorare perché è un personaggio più che secondario, ma proprio per questo si può spaziare di più con quel poco che si ha. Poi giustamente ognuno fa le proprie considerazioni. Una volta cresciuto Kankuro mi è proprio sembrato più maturo, gentile e, anche se rimane una testa calda, ovviamente più responsabile. Di Akisame c'è "più di quel che si vede", certamente, ma non posso aggiungere altro per ora! ^_^ Tiro un sospiro di sollievo per la scena d'azione! L'ho già detto varie volte che per me è fatica pura! XDD Iroyoi è un chunin non per nulla dopo tutto, è giusto che faccia la sua figura! Il rimprovero che fa ad Hidari è importante perchè è una parte che verrà ripresa poi più avanti anche se non so dire di preciso quando. XD Non so esattamente a cosa ti riferisci parlando di "scenette inverosimili" di Masashi Kishimoto, anche se seguo anche io le uscite giapponesi; c'è comunque da dire che il più delle volte guardo le figure senza leggere! XD
il miglior modo di rendere un ambiente fantastico sia quello di dispiegarne le meraviglie nel modo più realistico possibile, lo penso anch'io, anche perché altrimenti è molto facile uscire dal filo della logica e cadere in contraddizione.
Quando una fanfiction riesce a farmi affezionare ad un personaggio che normalmente nel fumetto snobberei senza troppi sensi di colpa, la suddetta fanfiction non deve essere per nulla malaccio, vero? Spero di no!XDDD Baci e grazie mille!

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Capitolo 8
*** Un suono agrodolce nella memoria ***


PIOGGIA NEL DESERTO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Ottavo: Un suono agrodolce nella memoria


Temari si fermò alzando la testa; l'aria cominciava ormai a scaldarsi e presto sarebbe divenuta torrida, mentre il Villaggio della Sabbia brulicava di vita e attività.
Portò una mano sopra la testa per schermare gli occhi dai raggi del sole e, immobile fra i passanti, osservò la cima del Palazzo del Kazekage cercando di scorgere se, sulla terrazza posta sulla sommità, ci fosse suo fratello. Gaara scrutava spesso il paesaggio proprio da quel punto, ritirandosi in solitudine a riflettere, dimenticando per qualche momento di essere la massima autorità del proprio Villaggio. Non vedendolo Temari abbassò lo sguardo e procedette verso l'edificio.
Il Palazzo aveva una forma particolare, sferica, su cui spiccava, date le dimensioni, il kanji del vento che lo contraddistingueva come il centro nevralgico della Sabbia. La costruzione era davvero molto grande e suddivisa in piani che ospitavano uffici e sale, disposti a livelli diversi a seconda della loro importanza; sugli ultimi tre infatti si trovavano, in ordine: la Sala delle Udienze, la Sala del Consiglio e l'ufficio personale del Kazekage. Il Palazzo era infine completamente circondato da un altro edificio, come un salvagente intorno ad un bambino; all'interno vi erano uffici vari di pubblico utilizzo, a differenza delle Sale più importanti il cui ingresso era precluso alla gente comune, salvo per casi in cui ne era espressamente richiesta la presenza come interrogatori, processi o riunioni, in cui i singoli erano direttamente coinvolti.
Temari si inoltrò nella costruzione circolare prima di recarsi direttamente dal Kazekage per far assegnare una nuova missione alla propria squadra; cercò di orientarsi nella confusione creata dalle persone che vagavano fra i vari uffici leggendo i cartelli indicativi oppure che sostavano in attesa del proprio turno per una domanda o un'informazione. Girò a sinistra e camminò fino a raggiungere uno sportello presieduto da una ragazza bruna che discuteva con una signora che portava sul vestito un vistoso scialle blu.
«Le ho già detto mille volte che per questa autorizzazione è necessaria la firma di un garante.» le disse mostrandole annoiata un punto preciso del foglio che le stava sventolando davanti agli occhi, «Vede?»
Aveva i capelli neri legati in tre codini, simili a quelli di Temari, e portava ad entrambi i polsi un imprecisato numero di bracciali; quando la vide avvicinarsi si dimenticò completamente della signora che le stava davanti e si sporse sopra il bancone imprigionando la ragazza bionda in un abbraccio forte ed affettuoso.
«Cuginetta!» esclamò stringendola il più possibile mentre qualcuno si voltava a guardarle.
«Buon compleanno, Settai.» disse Temari un po' imbarazzata; una volta libera da quella plateale dimostrazione di tenerezza, le consegnò un pacchettino stretto in un elegante fiocco verde.
«Grazie!» rispose Settai, realmente sorpresa, «Non dovevi!»
«È solo un pensiero.» sorrise Temari spiando la sua reazione mentre scartava il pacco. Non era mai stata molto brava con i regali e difficilmente riusciva ad essere originale.
«Un braccialetto con i ciondoli! È bellissimo!» disse entusiasta indossando subito il suo nuovo monile.
«Sono contenta che ti piaccia.» disse Temari sollevata; non si somigliavano per nulla, ma quando Settai rideva le ricordava in qualche modo Kankuro, forse perché era figlia della sorella di loro padre a cui il fratello assomigliava come una goccia d'acqua.
La signora con lo scialle blu le guardò spazientita battendo rumorosamente le dita sul bancone, «Posso avere il mio modulo o devo aspettare che sia il mio di compleanno?»
Settai alzò gli occhi al cielo sporgendole con un gesto secco il foglio che la signora afferrò stizzita prima di andarsene.
«Come stai?» chiese Temari, sentendosi un po' in colpa per la reazione della donna.
«Bene, grazie ancora per il regalo!» disse muovendo il polso e facendo tintinnare i bracciali, «Non pensavo che te ne saresti ricordata o che avresti avuto il tempo di passare a salutarmi.»
«Figurati, devo andare dal Kazekage oggi e ne ho approfittato.»
«Come sta Gaara? Ci siamo presi tutti un bello spavento quando è stato rapito...»
Settai non era un ninja, ma, nonostante gli sforzi di questi ultimi, la notizia ovviamente era divenuta di dominio pubblico e Temari, non essendo eccessivamente in confidenza con la cugina, rispose tenendosi sul vago: «Bene. Lavora molto e lo vediamo poco a casa.»
«È comprensibile.» annuì sorridente Settai, «E Kankuro? L'hanno già dimesso dall'ospedale?»
La ragazza bionda spalancò gli occhi: «Ospedale?» chiese allarmata, «Non sapevo fosse in ospedale! E nemmeno che fosse tornato dalla missione.»
«Stai tranquilla.» la rassicurò la cugina, «Se nessuno si è preoccupato di avvisarti, significa che non è grave... al massimo qualche ferita superficiale e nulla di più.» aggiunse minimizzando il problema.
«Hai ragione...» convenne Temari sentendosi immediatamente sollevata, «Andrò a trovarlo più tardi... Ma allora come fai tu a saperlo?!»
Settai le si avvicinò con uno strano sorriso dipinto sul volto: «In effetti non dovrei... non dovrebbe saperlo nessuno, ma sai come vanno le cose in questi casi: le notizie volano!»
«Quali notizie?»
«Ne parlano tutti.» disse la cugina con ovvia semplicità, poi abbassò la voce con fare cospirativo, «Pare che tuo fratello abbia salvato una ragazza e poi l'abbia portata al Villaggio!»
«Non mi sembra una cosa così sconcertante.» suggerì Temari, dopo un secondo di silenzio, mostrandosi scettica.
«Sì, ma il figlio del mio vicino di casa è compagno di banco all'Accademia del fratello minore di Me-san che ieri sera era di guardia alle mura esterne!»
«E allora?»
«Lui era presente quando Kankuro è tornato!» spiego Settai un po' infastidita dal fatto che non avesse afferrato subito la connessione, «Ha detto che, quando è arrivato al Villaggio, non si reggeva in piedi ed è svenuto poco dopo che lo avevano soccorso... insomma, ha rischiato la vita per salvare quella della ragazza!»
«Mi sembra una conclusione un po' affrettata...» disse Temari, ma la cugina continuò senza badare al suo intervento razionale.
«E stando a quel che dice Me-san... questa ragazza non è niente male!» concluse Settai facendo l'occhiolino.
«Kankuro non è quel tipo di persona.» rispose Temari con fermezza, intuendo l'allusione.
«Certamente.» si affrettò a dissociarsi da quanto esposto prima, «Alla gente piace chiacchierare... e poi della ragazza non si sa nulla e ne approfittano tutti per dar sfogo alla fantasia.»
«Immagino.» sospirò la giovane ninja domandandosi se la cugina si fosse resa conto di parlare anche per se stessa.
Un uomo si avvicinò al bancone e Temari decise di lasciare Settai al suo lavoro, «Vado adesso, buona giornata!» disse sorridente.
«Anche a te e grazie!» la salutò calorosamente prima di rivolgersi al signore: «Mi dica...»


La lunga coda di cavallo ondeggiava ordinata sulla schiena di Yasumi che, dopo aver lasciato Akisame, era uscita dalla camera a grandi passi, sul volto un sorriso trionfante trattenuto a fatica perché non esplodesse in una nervosa risata di vittoria.
Salutò con un cenno del capo due suoi colleghi che camminavano chiacchierando nel lungo corridoio, superò un uomo che si reggeva sulle stampelle e raggiunse la stanza sette in cui aveva ordinato a Kizu di recarsi qualche minuto prima.
«Dov'è adesso Tora-san?» chiese aprendo la porta.
La stanza era molto meno ampia delle altre adibite al ricovero dei pazienti e per questo destinata a rivestire il ruolo di deposito dei medicinali. Nessuno a parte il personale medico poteva accedervi. Kizu non era un dottore, ma questi spesso gli consegnavano le loro chiavi per permettergli di entrare e rimettere in ordine i farmaci fra cui avevano rovistato creando disordine.
La testa fasciata di Kizu spuntò da dietro un tavolo occupato da varie scatole; seduto a terra, vicino all'armadio che occupava tutta la parete più lunga, c'era il ragazzo con gli spessi occhiali, circondato da buste, bottiglie e altro materiale simile.
«Otto flaconi e mezzo, otto flaconi e mezzo!» rispose con al suo solito.
Yasumi alzò gli occhi al cielo spazientita, «Kizu-Kizu!» lo richiamò cercando di far concentrare l'attenzione del giovane su di sé. Era stata Tora ad inventare quell'appellativo per lui, che altro non era se non la ripetizione del suo nome, usata per sottolineare e deridere il suo bizzarro modo di esprimersi; Yasumi aveva fatto subito proprio quel comportamento come spesso accade fra amiche.
«Ti ho chiesto dove si trova Tora-san in questo momento!» disse, scandendo le parole una ad una.
Kizu la guardò per un attimo chiedendosi perché si fosse messa a parlare in quella maniera così stupida, poi le rispose: «Turno stanza due, stanza due!»
Ottenuta l'informazione desiderata, Yasumi si allontanò in tutta fretta. L'ospedale era molto grande e Tora si trovava quasi dalla parte opposta dell'edificio, così, quando finalmente la raggiunse, aveva il fiato corto e per l'urgenza che aveva di parlarle per poco non si era messa a correre per i corridoi. La stanza due era una delle più utilizzate ed era sempre occupata da diversi pazienti.
Yasumi individuò l'amica immediatamente, Tora vestiva sempre in modo sensuale ed appariscente e non portava quasi mai completamente legata la divisa, senza contare che, anche se come donna era difficile ammetterlo, era molto più bella di lei. Questo, se da una parte la sminuiva, le dava anche degli indiscutibili vantaggi, perché quando si vive sotto il sole non si può fare a meno di godere del suo calore.
«Ho qualcosa da dirti!» esordì avvicinandosi.
Tora si voltò, aveva lunghi capelli biondi che portava legati in un grazioso chignon sulla nuca salvo alcune ciocche che ricadevano sulle spalle scoperte e la frangia sbarazzina che le incorniciava il viso; il trucco deciso risaltava i suoi occhi nocciola che mostrarono più lo stupore che la felicità di incontrare l'amica.
«Che cosa ci fai qui?» chiese e dalla sua espressione interrogativa Yasumi intuì con eccitazione di poter essere la prima fonte di quella notizia così importante.
«Non sai che Kankuro è tornato dalla missione?» domandò con occhi luccicanti assaporando il momento del pettegolezzo. Tora però non dava segno di aver compreso quale colossale rivelazione l'amica stesse per farle e proseguì nella lettura della cartella clinica che aveva abbandonato poco prima.
«No, davvero?» la interrogò per pura cortesia, «Non sapevo nemmeno che fosse partito.»
«Sì, ieri al tramonto.» rivelò Yasumi, «Mi sono sorpresa di non averti visto al suo capezzale per farlo impazzire come tuo solito!» aggiunse ridendo.
«Ti ricordo che sono un ninja medico e ho un lavoro da svolgere.» rispose Tora falsamente innervosita dall'affermazione, «Comunque, cosa intendi dire? È ferito?» domandò senza dare troppo peso alla questione.
«No.» sussurrò Yasumi mentre un sorriso le si allargava sul volto «Ma è quasi morto sotto il sole per salvare quella ragazza.» concluse, distendendo le ultime due parole per conferire loro tutta l'importanza di cui avevano bisogno.
«Quale ragazza?» chiese Tora sollevando lo sguardo, per la prima volta realmente interessata alla conversazione.
Yasumi le riferì tutto quello che sapeva aggiungendo ciò di cui era venuta a conoscenza da Me-san e spiegando che era stata assegnata alla paziente speciale curando senza difficoltà il suo avvelenamento e la disidratazione causata dalla lunga permanenza nel deserto. L'amica la seguì con attenzione in attesa del particolare di maggiore rilevanza che Yasumi teneva in serbo sempre alla fine di un resoconto.
«Ma quello che ancora non sai... è che si tratta di un codice porpora!»
«Un codice porpora!?» sillabò Tora sorpresa; il colore veniva utilizzato per contrassegnare tutto ciò che doveva rimanere segreto nell'ospedale così come nel Villaggio. I pazienti la cui cartella era distinta in questo modo erano tenuti isolati, spesso sotto sorveglianza e la meraviglia della ragazza era giustificata dal fatto che apparentemente non c'era un motivo plausibile per identificare quel caso con un codice di segretezza.
«Esatto! Lo è diventato questa mattina, ma già ieri sera circolavano le prime voci... puoi immaginare quanto sia difficile per Me-san mantenere un segreto!» disse Yasumi, «Ma non è tutto. Ho scoperto da dove viene!»
«Come hai fatto?» chiese Tora sempre più curiosa; al di là dei dati strettamente necessari, ai dottori non veniva rilevato altro in quei particolari casi.
«Lei non sa di essere un codice porpora. Le ho semplicemente fatto la domanda giusta al momento giusto... con un piccolo aiuto da parte dei calmanti.»
«Da dove viene?» domandò la ragazza bionda avida di dettagli.
«Le analisi! Le analisi, sono qui!»
Le due giovani dottoresse trasalirono: Kizu era appena apparso davanti a loro senza che se ne fossero accorte.
«Per la miseria, Kizu-Kizu!» lo rimproverò la prima, mentre Yasumi faceva altrettanto: «Non vedi che sono impegnata con Tora-san?!»
«Sono pronte le analisi del codice porpora, sono pronte!» ribadì il ragazzo consegnandole i fogli che teneva in mano.
«Sei davvero noioso, lo sai? Non c'era bisogno di disturbarmi in questo momento!» disse Yasumi mentre apponeva distrattamente una firma sul fondo dell'ultimo documento.
Kizu cominciò ad agitarsi spostando il peso da un piede all'altro, «No, no. Devi controllare, controllare qui.» le spiegò con urgenza cercando di mostrarle qualcosa sui fogli di carta.
«Li ho firmati, devi solo metterli nella sua cartella ora! Che altro vuoi?» si spazientì Yasumi, «Sparisci!»
Kizu rimase immobile a fissarla per qualche istante con quegli occhi sproporzionati ingranditi dalle lenti degli occhiali.
«Hai sentito Yasumi-san? Vai via Kizu-Kizu, dobbiamo parlare di cose importanti adesso!» disse Tora suggerendogli con un gesto di allontanarsi. Il ragazzo assunse una strana espressione, guardò ancora una volta le analisi e ciondolò prima di uscire dalla stanza.
«E allora, da dove viene!» domandò nuovamente Tora con rinnovato interesse.
Yasumi sorrise, inspirò e pronunciò il nome del villaggio da cui proveniva Akisame: «Amajitaku!»
La ragazza bionda assunse un'espressione basita, «E dove diamine sarebbe?» chiese delusa.
«Non lo so!» rispose Yasumi.
«Non importa...» sospirò Tora, «Questo posto non mi ricorda nulla, ma conosco qualcuno a cui l'informazione frutterà molto più che a noi.»
«Intendi il nobile Atama?»
«Zitta!» la redarguì l'amica controllando se qualcuno intorno a loro le avesse ascoltate, «Dimmi, in che stanza è adesso questa ragazza?»
«La numero diciannove, ma c'è Me-san di guardia e non ti farà entrare.» spiegò.
Le due ragazze si guardarono per un momento, poi Tora scoppiò in una risata, subito seguita da Yasumi.


Kankuro finì di bere con la cannuccia l'ultimo goccio dal grosso bicchiere di carta che teneva in mano facendo quanto più rumore possibile. Stava seduto sul letto a gambe incrociate, curvo, e con un'espressione che lasciava volutamente trasparire tutto il disappunto e la noia che provava. Guardò Chijin, l'infermiera che si stava occupando della fasciatura alla gamba di uno dei due gemelli con cui condivideva la stanza d'ospedale; i due ragazzi, che avevano la stessa età di Gaara, erano identici, fatta eccezione per un piccolo neo sul mento che aveva solo uno dei due.
«Ho finito!» disse Kankuro mostrandole il bicchiere vuoto, «Posso andarmene adesso?» chiese poi scocciato, grattandosi il braccio vicino al punto in cui l'ago della flebo con la soluzione fisiologica penetrava nella pelle.
Chijin era una paziente donna di mezza età e conosceva Kankuro fin da quando aveva affrontato la sua prima missione ninja riportando un profondo taglio alla spalla sinistra.
«Tu non vai proprio da nessuna parte finché un medico non firma la tua cartella per dimetterti, è inutile che continui a chiedermelo!» lo sgridò, mostrandosi per l'ennesima volta molto protettiva nei suoi riguardi.
Kankuro sbuffò lasciandosi andare all'indietro sul letto e fissando il soffitto color sabbia.
«Ma sto bene! E sono pieno d'acqua come un pallone.»
«Hai sentito?» disse uno dei gemelli al fratello, «Kankuro-san non sopporta più la nostra compagnia.»
«Davvero, Saki?» chiese l'altro scompigliandosi i capelli scuri, «Io ho capito che aveva la vescica in procinto di esplodere! Chijin, controllami l'udito: non sento più bene come una volta.»
«Le tue orecchie funzionano perfettamente, Ushiro.» sentenziò l'infermiera, «Lasciate in pace Kankuro, ha bisogno di riposare.»
«L'ho fatto abbastanza.» puntualizzò il jonin.
«Visto? Vuole proprio andarsene.» disse Saki.
«Non ha certo tutti i torti.» argomentò Ushiro.
«Potremmo sforzarci di essere più divertenti...» ammise l'altro.
«...più socievoli...» continuò il fratello.
«...anche se penso che Kankuro di questi tempi ricerchi di più...»
«...una compagnia femminile!» concluse Ushiro, insinuante, battendo il dito sul mento vicino al neo come se stesse ponderando l'idea.
«Smettetela con questa storia!» li apostrofò seccato il ninja, passandosi subito dopo l'indice sulla punta del naso e curvando verso il basso le labbra, che portavano ancora i segni degli spacchi dovuti al sole; ma senza le linee di pigmento viola la sua faccia si rivelò meno minacciosa del solito.
«Insomma!» disse Saki «Vogliamo solo sapere se questa ragazza...»
«...è bella come tutti dicono!» intervenì Ushiro.
«Come fanno tutti a dire che sia bella se nessuno l'ha vista?» chiese Kankuro stremato dalla loro insistenza.
«Se hai messo a repentaglio la tua vita per lei... devi aver avuto un buon motivo.» rispose Saki.
«Deve esserselo meritato in qualche modo!» aggiunse il gemello.
«L'ipotesi che io l'abbia fatto perché era mio dovere non vi ha sfiorato neanche per un istante, vero?» suggerì il jonin.
«Andiamo!» lo incoraggiò Ushiro ignorando le sue ultime parole, «Puoi dirci se è carina o no!»
«È più bella di Tora-san?» domandò Saki mentre Kankuro voltava la testa per nascondere il rossore che aveva sentito nascere sulle guance subito dopo aver udito il nome della ragazza, ma i gemelli erano troppo presi dalle loro elucubrazioni per accorgersi della sua reazione.
«Forse ha le tette più grandi!» esclamò Ushiro come se avesse trovato la soluzione al mistero dell'esistenza.
«Impossibile.» disse Saki scuotendo la testa sconsolato, «Quelle di Tora sono...»
«Adesso basta con queste stupidaggini, voi due!» li rimproverò Chijin «Kankuro-kun non può parlarvi dei dettagli di una missione se è coperta dal segreto.»
«La bellezza non può far parte dei dettagli di un codice porpora!» si difese Saki.
«A meno che non abbia a che fare con il motivo dell'incarico...» propose il fratello.
«Il suo salvataggio non faceva parte del piano della mia missione...» ribadì Kankuro nell'inutile tentativo di riportarli alla ragione, ma ben sapendo di non essere in alcun modo calcolato.
«Ci sono!» disse Ushiro, «Dev'essere un'attrice!»
«Ma certo!» annuì Saki, «Ecco perché non vede l'ora di andare a trovarla!»
Kankuro emise un verso, afferrò il cuscino e se lo premette sulle orecchie nella speranza di riuscire ad ignorarli, ma le loro risate allegre entravano senza riguardo nella sua testa. Non poteva ammetterlo con i gemelli, però era innegabile che provasse un forte ed indefinibile bisogno di vedere Akisame. Desiderava verificare che stesse bene, fare qualcosa per lei, anche se la sua missione era ormai da considerarsi conclusa.
Da quando aveva perso i sensi poco dopo essere giunto al Villaggio, non aveva più saputo nulla della ragazza oltre al fatto che i dottori erano riusciti a salvarle la vita appena in tempo. Il raziocinio in un angolo della sua mente gli consigliava altre cose più urgenti da fare, come riferire l'accaduto a Gaara prima che cominciasse l'udienza in cui l'avrebbero interrogato e parlare con Iroyoi a proposito di Hidari che si era ferito durante uno scontro nel viaggio di ritorno. Aveva appreso la notizia dal giovane Migi, venuto a trovarlo a tarda notte per informarlo del loro rientro così da rassicurarlo, ma il genin era stato allontanato dai medici prima che potesse aggiungere altri particolari. Nonostante questo, il suo primo pensiero continuava ad essere la giovane del Paese della Pioggia. Il ricordo del suo viso sofferente e provato dal caldo e dalla stanchezza non riusciva ad abbandonarlo; le sue parole che lo pregavano di pensare a se stesso e di lasciarla al suo destino si ripetevano ininterrottamente, come un segno indelebile nella memoria, un suono agrodolce e continuo.
Perso nei suoi ragionamenti e distratto dal chiacchierare rumoroso dei gemelli, il ninja si accorse che qualcuno aveva bussato alla porta solo quando Chijin disse «Avanti.» rimettendo in una scatola il materiale per la fasciatura che aveva ultimato.
«Permesso.» disse una voce femminile.
Nella stanza entrò Tora-san.









FINE OTTAVO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ho introdotto altri nuovi personaggi, alcuni più importanti di altri come vedrete e spero solo di non avervi confuso. All'inizio non avevo progettato questo affollamento e anzi alcuni erano solo delle sagome indistinte che hanno acquistato una forma, una faccia e un nome solo all'ultimo minuto. Volevo fare alcune chiarificazioni sulla struttura del Palazzo del Kazekage e del resto. Dunque, per la forma del Palazzo mi sono ovviamente ispirata ai disegni del manga ma tutto ciò che concerne la struttura,l'organizzazione,i nomi e le funzioni delle varie sale e uffici, me lo sono inventato, eccezione fatta per l'ufficio di Gaara che sappiamo tutti essere in cima. Non so invece come possa essere fatto l'ospedale e poco importa, dato che sappiamo tutti come sono questi edifici non mi sembrava il caso di perdere del tempo in una noiosa ed inutile descrizione.
Altra cosa che volevo dire prima di andare avanti: L'età dei personaggi. A quanto dice la guida di Naruto e quel che si trova su internet, pare che dei fratelli della Sabbia Temari sia la maggiore. Non so perché, ma dato nel manga questo non viene specificato da nessuna parte, mi sono sentita libera di immaginarmi la cosa diversamente pensando a Kankuro come primogenito. Quindi, del tutto arbitrariamente, in questa storia Gaara ha indicativamente 16 anni, Temari 19 e Kankuro 20.


Risposte alle recensioni:

x slice: ciao, tranquilla non mi importuni mai e non perché lasci commenti positivi e la storia ti piace, sarei entusiasta anche se mi facessi delle critiche!^_^ se ti piacciono i personaggi nuovi, qui ce ne sono parecchi. Da un certo punto di vista sono stata obbligata a crearli perché il signor Kishimoto ne ha partoriti pochi della Sabbia. È anche vero però che mi sto divertendo ad inventarli e non è per nulla facile... Ma quale livello! XD I nomi sono importanti. Qualche tempo fa li mettevo per caso, ora invece, specialmente in questa fic, hanno tutti un significato preciso, magari banale, ma c'è. Poi, certo, al di là del nome, il personaggio può essere ben fatto o no.
La parte iniziale del capitolo precedente me l'ero pensata da un po'. Non mi andava di fare una descrizione della serie "il villaggio era così e cosà"; mi piaceva l'idea di farlo pezzo per pezzo, dall'interno, e il gatto, oltre ad avere un ruolo, è una guida dal basso. Ho scelto particolari piccoli, semplici, normali; forse sono banale ma non mi sembrava il caso di essere pomposa. Mi fa piacere quindi che ti sia piaciuta! Questo capitolo invece ha meno dettagli e più dialogo, ed è anche più lungo! *se ne accorge adesso* baci! baci!
x Myluna91: ciao! felice di ricevere una tua nuova recensione! Momo fa litigare le persone! Fissare con insistenza è una sua brutta abitudine e spesso genera grossi problemi come vedi XDD. Mi fa piacere che ti piaccia perché tornerà! *sembra una minaccia*. La signora Suika ha rischiato di essere sventagliata ad anni luce da qui, ma Temari è una ragazza rispettosa... oltre che pericolosa. L'interrogatorio comincerà nel prossimo capitolo così capirete esattamente di cosa si tratta, quindi non aggiungo altro. Su Yasumi non mi pronuncio perché credo basti quello che ho scritto questa volta. Kizu è la mascotte di questa fanfic! XDD Grazie mille ancora una volta dei complimenti, io mi inchino in attesa della tua nuova opinione! Kisses!
x Chris: ciao, cavolo, mi hai scoperto! Non mi vedi? Sono quella con gli occhiali e il naso finto che spia sotto la tua finestra! XDD A parte gli scherzi penso che persone come la signora Suika ce ne siano ovunque e ognuno ha la sua. Se c'è un gatto come Momo dalle tue parti o siamo vicine di casa e non lo sappiamo, oppure siamo in connessione telepatica! XDD Deserto finito finalmente, pensa che avevo programmato di arivare a Suna al terzo capitolo... com'ero giovane e ingenua allora! XD Kizu piace a tutti, sono contenta, è stato uno dei primi fra quelli nuovi ad avere una storia tutta sua, ma ne saprete di più ovviamente fra ottocento capitoli... ehm, volevo dire più in là, solo più in là. Il capitolo precedente in realtà doveva andare avanti ancora un po' e contenere il dialogo fra Tora e Yasumi, ma hai visto com'è farcito quel pezzo, e ho deciso di farlo slittare. Qui slitta tutto, aiuto... *se ne va scivolando* Baciux!

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Capitolo 9
*** Il seme del dubbio che sboccia nell'invidia ***


PIOGGIA NEL DESERTO

… di SimmyLu …


Capitolo Nono: Il seme del dubbio che sboccia nell'invidia




Tora entrò nella stanza con passo lento ed elegante, guardando Kankuro, che si era rimesso a sedere con la rapidità di una molla, e rivolgendo poi un'occhiata molto più veloce e distratta ai gemelli che si scambiarono una gomitata.
«Ciao...» disse il jonin con una nota nella voce che non si sentiva spesso, ma cercando di assumere un contegno composto e governare così in qualche modo il rossore che sembrava averlo ricoperto fino alla punta delle orecchie. La ragazza gli sorrise, più per il proprio compiacimento che per salutarlo; sapeva esattamente quale effetto producevano la sua presenza e la sua immagine sugli uomini e Kankuro non rappresentava un'eccezione, solo un'ulteriore conferma. Si rivolse però prima all'infermiera.
«Buongiorno, Chijin-san. Ti trovo bene.» disse cordiale.
«Grazie, Tora. Ma purtroppo I pazienti mi fanno disperare.» le rispose la donna rivolgendo l'osservazione a Saki ed Ushiro che assunsero in risposta un'aria ingenua e innocente; Tora emise un risolino cristallino come se la cosa la mettesse in imbarazzo o in qualche modo la divertisse.
«Non ti dispiace se te li lascio in consegna per un po', vero?» chiese Chijin avvicinandosi alla porta.
«Certo che no.» garantì mentre l'infermiera la salutava ed usciva dalla stanza.
Poi Tora si voltò ignorando volutamente da quel momento in poi i gemelli, come se non fossero stati meritevoli della minima parte della sua attenzione. Si diresse verso il letto di Kankuro e vi si sedette mentre lui si destreggiava con la lingua parlata emettendo con discreto successo un secondo saluto.
«Come stai?» chiese con fare innocente. Accavallò le gambe e la divisa lasciata aperta ne mostrò l'abbigliamento provocante: gambe e braccia erano coperte solo da un leggero tessuto a rete e una fascia di lino la avvolgeva da sotto il seno fino ai fianchi evidenziando così le curve generose del petto, nascosto a fatica per via della scollatura, e delle cosce, messe in rilievo dai profondi spacchi della gonna.
«Be-Bene.» balbettò Kankuro sforzandosi di guardarla negli occhi.
«Appena ho saputo che ti avevano ricoverato sono venuta a trovarti.» cinguettò.
«Grazie...» arrossì il jonin con un po' d'orgoglio, sentendosi importante.
Tora e Kankuro erano stati compagni all'Accademia Ninja e, fin da bambino, Kankuro aveva avuto una cotta per lei, già allora la ragazzina più carina e di conseguenza anche più contesa della scuola; ma non si era mai dichiarato né da studente né una volta cresciuto a causa delle poche volte in cui riusciva ad incontrarla e soprattutto per la sua natura introversa in materia di sentimenti. Se con le persone era spontaneamente amichevole ed espansivo, chiacchierando facilmente con chiunque, confessare ciò che provava alla ragazza desiderata era per lui motivo di un incredibile imbarazzo. D'altra parte questo era anche dovuto all'educazione psicologica che veniva impartita ai ninja sin dalla più tenera età e il figlio di un Kazekage era soggetto a questo tipo di influenza forse più di altri. Ciò ovviamente non gli impediva di dimostrare in altro modo l'affetto o di arrossire come un pomodoro maturo ogni volta che la incontrava, anzi forse ne rappresentava l'incentivo maggiore. Per di più Tora incuteva in lui una forte soggezione per via della sua bellezza e del suo carattere sicuro e deciso, oltre ad attrarlo per gli stessi motivi. Kankuro sapeva di non essere esteticamente un granché e si scoraggiava facilmente vedendola irraggiungibile e rinunciando anche al solo tentativo di affrontare il discorso con lei.
Tora non era mai stata tanto sciocca o ingenua da non accorgersi dell'attenzione che il ninja le riservava, ma, come era accaduto a molti altri, era stata sempre incline a non degnarlo del proprio interesse, ben sapendo di poter ottenere di meglio. Da quando però Gaara, il fratello minore di Kankuro, era divenuto Kazekage, il jonin le era apparso sotto una luce differente data dalla posizione di prestigio che adesso ricopriva.
«A quanto pare mi sono preoccupata per nulla, dunque.» disse Tora sorridendo, «Non sei ferito, vero?» chiese infine conferendo alla propria voce un intonazione più acuta e, inclinando un po' la testa, appoggiò in modo apparentemente involontario e spontaneo una mano sul suo braccio.
Tutto quello che riuscì a fare Kankuro a quel punto fu emettere una risatina strozzata con la faccia di qualcuno che si fosse completamente rimbecillito.
«No, no.» confermò, ignorando il cuore che batteva nel suo petto con rinnovato vigore, spinto da una strano formicolio.
«Sei sempre stato una testa calda.» dichiarò la ragazza con la stessa dolcezza che si può avere nel rivolgersi ad un figlio disubbidiente, «Anche per cercare di salvare il venerabile Gaara te la sei vista brutta... Oh! Ma guarda come ti sei ridotto le labbra...» aggiunse, sfiorandogliele delicatamente con la punta delle dita.
Il jonin, che aveva provato vergogna nel sentir rievocato proprio dalle parole di Tora il suo fallimento nello scontro con Sasori della Sabbia Rossa, era ora avvampato a causa di quel contatto tanto intimo sentendosi così totalmente sopraffatto.
«Ma se è solo questo... in fondo meglio così, giusto?» chiese la dottoressa, soddisfatta del misto di disagio e confusione che aveva colto nel suo sguardo.
Il giovane aprì e chiuse la bocca, credendo di aver biascicato un «Già.» ma non essendone molto sicuro; mentre Tora aggiungeva qualcosa, vide alle spalle della ragazza i gemelli agitarsi con Ushiro che soffocava la faccia in un cuscino dimenando le gambe e Saki che faceva ampi gesti d'approvazione nella sua direzione. Si trattenne dal fulminarli con un'occhiataccia per paura che la dottoressa lo notasse.
«Per sicurezza fammi controllare la tua cartella.» disse Tora e non appena si voltò per recuperarla dal fondo del letto dove era appesa, i gemelli si immobilizzarono cercando di mantenere sotto controllo i muscoli facciali per non scoppiare a ridere.
«Mi sembra tutto a posto.» constatò, sfogliando le pagine.
Kankuro si illuminò, «A proposito… Chijin ha detto che c'è bisogno della firma di un dottore per essere dimesso... Non potresti farlo tu?»
«Certo.» asserì cercando l'ultimo foglio al fondo della cartella, «Vediamo le direttive del reparto...»
«Grazie.» disse il jonin, «Vorrei andare a trovare Akisame, la ragazza che ho portato qui ieri. Non mi fanno sapere nemmeno se si è ripresa del tutto o no. Non credo che faranno storie per farmi entrare nella sua stanza...»
Si bloccò, in parte perché non poteva credere davvero di aver espresso apertamente quel pensiero e in parte perché Tora aveva sollevato lo sguardo dalla cartella fissandolo su di lui con una singolare intensità. Convinto di aver detto qualcosa di inopportuno e si affrettò ad aggiungere un'ulteriore motivazione.
«Poi Hidari... uno dei miei compagni...» ma la frase gli morì in gola cogliendo l'insolita espressione della ragazza. Nell'udire la ragione della sua richiesta, aveva infatti spalancato gli occhi sentendo montare il lei una collera silenziosa e improvvisa e lo aveva guardato come un rapace che individua una preda. Non appena il ninja aveva parlato di quella sconosciuta, Tora aveva scorto un'ombra nei suoi occhi e subito dopo un cambiamento dell'atteggiamento nei suoi confronti. In quel momento i pensieri di Kankuro non erano più stati completamente per lei e questo l'aveva offesa e indispettita, come se gli avessero sottratto senza motivo un gioco assai divertente da sotto il naso senza che se ne accorgesse.
Il seme del dubbio, piantato da Yasumi quando le aveva riferito i recenti avvenimenti, era germogliato velocemente sbocciando nell'invidia. Una gelosia improvvisa la invase e insieme un desiderio feroce e crudele di riprendersi ciò che considerava ormai di sua proprietà; come un gallo che vede entrare nel proprio pollaio un altro gallo, ebbe l’unico impulso di scacciare l’intrusa.
L'ira occupò il suo sguardo per meno di un secondo, poi tornò immediatamente a sorridere. Il sentimento che però si celava al di là di una maschera di apparenza non era più la gentile cordialità, ma la perfida gratificazione data da un progetto di vendetta.
Chiuse la cartella lentamente e le sue labbra si piegarono arricciandosi come quelle di un gatto.
«Sai, Kankuro-kun? Credo che sarebbe meglio se restassi qui ancora un po'. Alcuni valori nelle tue analisi non sono esattamente nella norma. Non preoccuparti, andrò io stessa a controllare... le condizioni di salute di questa ragazza.»


Me-san sonnecchiava su una sedia in uno dei tanti corridoi dell'ospedale. Lo avevano assegnato al nuovo codice porpora come sorvegliante subito dopo un intero turno notturno passato a fare da sentinella sulle mura che circondavano il Villaggio, cosa che non gli era sembrata troppo giusta. Ciò significava che non dormiva da parecchie ore e che il suo cervello lavorava a rilento; nonostante gli sforzi non riusciva a capire perché una moribonda venuta da un altro paese fosse stata messa in un programma di segretezza. La domanda tornava nella sua testa senza mai trovare una risposta soddisfacente e il tempo passava nell'attesa del momento in cui sarebbe finalmente potuto tornare a casa a dormire.
Quando vide Tora-san arrivare dal fondo del corridoio sorrise stropicciandosi gli occhi assonnati.
«Ciao.» disse la ragazza abbassando le palpebre.
«Ciao...» le rispose Me-san cercando di imitarne il tono di sfida, «Che fai da queste parti?»
«Niente che possa interessarti.» sentenziò maliziosa avvicinandosi alla porta della stanza a cui il ragazzo faceva la guardia.
Il ninja si girò sulla sedia e allungò una gamba appoggiando il piede allo stipite e bloccandole così il passaggio.
«Dove credi di andare? Ho ricevuto l'ordine di non far passare nessuno a parte il medico autorizzato e il suo assistente. Non mi pare che tu sia uno dei due.» la provocò.
«Andiamo...» chiese Tora in un atteggiamento falsamente supplichevole, «...do solo una sbirciatina. Kankuro-san desidera sapere come sta la nuova arrivata.» aggiunse sperando che l'ultima frase potesse rivelarsi un facile lasciapassare.
Me-san scosse la testa facendo schioccare la lingua: «Non credo proprio che sia stato lui a mandarti qui. Ma...» indugiò squadrandola da capo a piedi, «...potrei rivedere la mia posizione se accettassi di uscire come me a cena domani sera.»
Tora sorrise, provocante, e Me-san lo fece a sua volta, convinto che l'espressione di lei fosse in qualche modo un segnale positivo; la ragazza scavalcò con una gamba quella che il ninja teneva alzata per impedirle di proseguire e si chinò verso di lui poggiandogli le mani sulle spalle, obbligandolo contro la spalliera della sedia, e avvicinando le labbra al suo orecchio per soffiare al suo interno ogni singola parola che stava per pronunciare.
«Fammi entrare. Sarà il nostro piccolo segreto... scommetto che non vuoi che qualcuno di importante venga a sapere che non sei stato capace di tenere la bocca chiusa su un codice porpora. Tutto il Villaggio sa che sei stato tu a parlare. La tua carriera sarebbe finita prima che tu possa pensare come formulare una scusa se, per caso, accidentalmente, questo piccolo dettaglio mi scappasse durante una conversazione con il nobile Atama, ad esempio.»
Tora aspettò un secondo ancora prima di allontanarsi da lui dopo che ebbe finito. Me-san abbassò la gamba, pallido in volto e si girò per controllare se dal corridoio arrivasse qualcuno.
«Avanti, vai. Ma fa' in fretta.» le disse.
Tora entrò nella stanza. Era molto più grande di quella in cui era ricoverato Kankuro e tutti i letti erano vuoti, tranne uno. La dottoressa si avvicinò ad Akisame che dormiva ancora profondamente; sentiva i battiti del cuore rimbombarle nelle orecchie. Si fermò e fece un respiro profondo. Era davvero da stupidi essere in agitazione. Riprese il controllo e percorse quella poca distanza che ancora la separava dalla ragazza e la guardò.
Un sorriso di trionfo la rallegrò e si sentì sollevata e sicura si sé, come se tutto fosse stato ovvio: non era niente di speciale. Quella ragazza era normalissima, non bella quanto lei. Aveva dei tratti fini e regolari, ma comuni. Non poteva vederle gli occhi, ma non avrebbe fatto differenza. Tutte le voci che circolavano erano infondate e frutto solo della fervida immaginazione della gente.
In quel momento di conferma, la mente di Tora si liberò dal peso che più la opprimeva e riuscì a considerare dei particolari che un medico non avrebbe potuto ignorare. Si accorse degli occhi cerchiati di nero, del pallore e del respiro irregolare della paziente di Yasumi. Si ricordò degli esami che l'amica aveva appena guardato e dell'insistenza di Kizu-Kizu a riguardo. Allungò una mano e prese la cartella clinica appesa al letto; la aprì e cercò i fogli con le analisi che Kizu doveva aver inserito in precedenza come gli era stato ordinato. Una volta trovati, cominciò a scorrere i valori per rivelare qualcosa di anomalo, ma si fermò subito dopo poche righe.
L'immagine bruciante dello sguardo di Kankuro, così lontano da lei mentre parlava di quella ragazza, monopolizzò le sue intenzioni e l'invidia prevalse su qualsiasi altro istinto e sentimento, perfino sul dovere. Era inconcepibile che il jonin avesse provato interesse per quella ragazza così insignificante, anche solo per un attimo.
Prese i fogli delle analisi, li piegò e li nascose nelle pieghe del proprio vestito; rimise la cartella clinica al suo posto e diede un'ultima occhiata ad Akisame prima di andarsene.


Temari salì l'ultimo di una serie infinita di gradini, raggiungendo infine l'ultimo piano del Palazzo del Kazekage. Lo spazio era ridotto, trovandosi nella sezione superiore di un edificio sferico, e bastava appena per i due uffici che ospitava, quello del Kazekage e quello del suo assistente, e per la terrazza a cui si poteva accedere solo dalla stanza più grande, ovvero lo studio di Gaara.
Oltre ad una pianta sistemata in un angolo le pareti erano spoglie e disadorne come la maggior parte dei corridoi dei piani inferiori. La porta dell'ufficio del Kazekage era però assai più vistosa di quella del suo assistente, anonima e incolore, tanto da confondersi con il resto del muro. I due battenti erano di un legno molto scuro e pregiato nel quale era finemente intagliato il kanji del vento. Ai lati erano appese due grandi opere calligrafiche che auguravano all’autorità l’una fortuna e prosperità e l’altra prudenza e lungimiranza.
Si avvicinò e bussò aspettando di sentire la voce familiare del fratello minore invitarla ad entrare. Dopo qualche attimo di attesa, non ricevendo risposta, bussò nuovamente e con più vigore, ma nemmeno allora un segno della presenza del Kazekage ruppe il silenzio.
«Gaara?» chiamò Temari bussando una terza volta e provando ad aprile da sola la porta che risultò però essere chiusa. Perplessa provò a fare altrettanto all'ufficio dell'assistente, ma neanche in questo caso trovò qualcuno ad accoglierla, così come si era aspettata; il nobile Senaka era uno dei membri più anziani del Consiglio, rigoroso e conservatore come pochi altri, e seguiva Gaara ovunque andasse. Temari si era in principio sorpresa quando Gaara lo aveva eletto per quel ruolo, ma Kazekage era a conoscenza del fatto che il Consiglio, nonostante la sua nomina, lo considerasse ancora troppo giovane e inesperto e in questo modo si era guadagnato l'approvazione degli anziani che avevano visto nel nobile Senaka una saggia scelta.
Temari si domandò se si fosse dimenticata di impegno per quella mattina che potesse averlo tenuto occupato a lungo, ma non le venne in mente niente. Scese quindi le scale ancora nel dubbio, sperando di poter trovare qualcuno che le fornisse informazioni a riguardo al piano inferiore.
Il corridoio adiacente alla Sala del Consiglio era deserto salvo per un ragazzo che portava con sforzo evidente una pila di libri spessi e polverosi.
«Scusami...» gli disse.
«Sì...?» rispose quello fermandosi, ma in evidente difficoltà.
«Sapresti dirmi dove si trova il Kazekage?»
«Oh, proprio qui.» rispose il ragazzo indicando con gli occhi la porta della Sala, come se il solo muoversi avrebbe potuto comprometterne la precaria stabilità, «Hanno appena indetto una riunione straordinaria per parlare della prossima udienza.»
«Quale udienza?»


«Hanno anticipato l'udienza?» chiese Kankuro sorpreso mentre inghiottiva l'ultimo boccone del suo pranzo e guardava Iroyoi che si limitò ad annuire gravemente in piedi accanto al suo letto.
«Sì, e vogliono che ci sia anch'io. Probabilmente per avere una doppia conferma su come sono andati i fatti dato che ci siamo divisi durante la missione.»
«Se io fossi in te starei attento Kankuro-san!» esclamò Migi, venuto a salutare il proprio caposquadra insieme al cugino più grande e ad Hidari, che se ne stava silenzioso in disparte. Sotto la maglia che indossava era chiaramente visibile la fasciatura alla spalla in corrispondenza della ferita che aveva riportato nello scontro con i predoni a Tokoro.
«Che cosa vorresti dire?!» ringhiò Iroyoi.
«Semplice: che sei un idiota!» ridacchiò Ushiro, uno dei due gemelli che avevano ascoltato l'intervento di Migi. Entrambi conoscevano Iroyoi molto bene poiché erano stati compagni di squadra prima che il chunin entrasse a far parte di quella di Kankuro e sapevano quanto il ragazzo fosse suscettibile e quanto fosse divertente farlo infuriare.
«Tuo cugino è già più sveglio di te! Quanto ci metterà a diventare più forte?!» aggiunse Saki prima che Iroyoi si avventasse su di loro.
«Aiuto!» gridò Ushiro ridendo.
«Prova a ripetere quello che hai detto!»
«Il braccio! Il mio braccio!»
«Ora vi insegno a portare rispetto...!»
«Forza ragazzi!» li incoraggiò Migi, tenendosi però a debita distanza.
Approfittando del fatto che tutti fossero distratti ed avendo già assistito a quella commedia più di una volta, Kankuro fece cenno ad Hidari di avvicinarsi.
«Mi hanno raccontato quello che è successo e di come ti sei procurato quella ferita.»
«Mi dispiace.» disse il genin tenendo gli occhi bassi.
«Commettere degli errori è normale quando si è inesperti. Ma devi imparare a rispettare Iroyoi e a fidarti di lui.», si voltò a guardarlo azzuffarsi con i gemelli e si sentì in imbarazzo per lo spettacolo che stava dando trovando difficile accompagnarlo alle sue parole, «Ogni tanto si comporta da…» non riuscì a trovare un termine che non apparisse dispregiativo, «…ma non è un irresponsabile. Se non hai fiducia nel tuo leader...»
«...lui non può proteggere i suoi compagni.» concluse Hidari.
Il jonin sorrise con compassione, corrucciando la fronte; il rammarico di Hidari era ben visibile e sapeva che non era necessario insistere perché capisse la lezione. Decise allora di risollevargli un poco il morale.
«Mi sono ferito alla stessa spalla durante la mia prima missione.» gli confidò indicando la sua fasciatura.
Il ragazzino rispose risollevando lo sguardo, ma sembrava più scettico che curioso immaginando che quella del suo superiore fosse solo un infantile espediente di cameratismo per farlo sentire meglio. Kankuro lo ignorò mostrando la propria cicatrice e a quel punto il genin apparve finalmente interessato.
«Come si è ferito?»
Il jonin esitò. Non poteva rivelare che era il risultato di uno screzio con Gaara, farlo avrebbe messo a disagio entrambi e in cattiva luce il Kazekage agli occhi di Hidari che sapeva ben poco dei problemi che i fratelli avevano dovuto affrontare a causa della sua indole violenta e irrispettosa di un tempo. Si grattò la punta del naso con un dito e si preparò ad eludere la domanda.
«Beh... ero nervoso, impacciato e distratto. Come tutti i ninja al primo incarico.»
«Cos'è questo baccano!? Ci sono pazienti che hanno bisogno di dormire nella stanza accanto!» tuonò Chijin spalancando la porta.
Iroyoi, che aveva ormai immobilizzato Ushiro tenendolo saldamente per il collo come una gallina, mollò la presa con riluttanza e Migi si affrettò a chiudere la bocca e a fare qualche passo indietro.
«Dovete sbrigarvi, l'udienza inizia fra poco.» aggiunse l'infermiera; poi prese la cartella clinica di Kankuro e, mentre i gemelli ridevano a bassa voce, uscì per rientrare qualche minuto dopo porgendola al jonin.
«Il dottore voleva dimetterti ore fa, ma gli ho chiesto di aspettare ad apporre la firma.» rivelò con dolcezza, «Puoi andare, adesso.»
«Potevo uscire ore fa?! Quando te l'ho chiesto tu non...»
«I medici non capiscono un bel niente!» sentenziò la donna con risolutezza, «Avevi bisogno di riposo!»
«Chijin!» esclamò Kankuro furente, ma la donna era già scomparsa oltre la porta.
«Non arrabbiarti. Farebbe carte false per te.» intervenne Iroyoi, esplicativo.
«Ho notato!»
«Ma cosa gli fai...» cominciarono a canticchiare Saki ed Ushiro, «...tu alle donne!!» poi scoppiarono in una grassa risata guadagnando uno sguardo di fuoco da parte del ninja.
Iroyoi sbuffò: «Andiamo o faremo tardi per l'udienza.»
Kankuro scese dal letto prendendo fra le mani i vestiti di ricambio che il chunin gli aveva portato.
«Tora non è tornata...» disse poi sovrappensiero, ricordandosi che gli aveva promesso di comunicargli le condizioni di salute di Akisame. Suppose che fosse stata trattenuta da qualche impegno più urgente.
«Cosa?» chiese il chunin.
«No... niente.» farfugliò Kankuro, gli occhi si posarono per un attimo sulla sua cartella clinica, abbandonata sul materasso. Avrebbe potuto essere dimesso ore fa e si chiese come mai Tora non avesse voluto firmare.


Akisame abbandonò il perimetro dell'ospedale scortata da due ninja in divisa. Quando si era svegliata accanto a lei aveva trovato Kizu, il ragazzo con gli occhiali spessi che lo rendevano tanto buffo, che la osservava contrariato. La dottoressa Yasumi le aveva consegnato un abito con cui poter sostituire il camice da ricovero, indumento inopportuno per un’occasione formale. Il vestito era semplice, di cotone beige, e legato in vita da una nastro bianco. Con un po' d'aiuto era riuscita a rifare la treccia per tenere in ordine i lunghi capelli neri.
Si sentiva a disagio al pensiero di mostrarsi, specialmente a degli uomini adulti, senza un trucco accurato, senza un'acconciatura ordinata, e soprattutto senza un elegante kimono. Quando erano arrivati i due ninja per scortarla fino al Palazzo del Kazekage e la guardia alla sua porta venne congedata, era arrossita per la vergogna, quasi come se fosse stata nuda sotto lo sguardo indagatore di un giudice.
Uno dei due era più avanti con gli anni rispetto all'altro, portava il turbante in modo che parte della stoffa gli ricadesse sul viso nascondendolo per metà e aveva la faccia segnata da linee di pittura, cosa che le ricordò inevitabilmente quella di Kankuro. Inchinandosi per salutare rispettosamente entrambi, mentre Yasumi porgeva i saluti al ninja più anziano chiamandolo «Nobile Baki», la geisha si chiese se nell'interrogatorio che l'attendeva lo avrebbe rivisto. Il pensiero la mise in ansia più di quanto già non fosse.
I ninja avevano optato per un percorso sicuro su strade poco o per nulla trafficate e di conseguenza meno diretto per il Palazzo. Akisame faceva fatica a tenere il loro passo e se non si fosse sentita poco bene avrebbe apprezzato la fantasiosa architettura degli edifici circostanti, il colore del cielo di un azzurro intenso, le lunghe corde da bucato tese fra una casa e l'altra con i panni variopinti che ondeggiavano al vento gentile, il cinguettio degli uccelli che svolazzavano giocosi, i suoni caratteristici di una città vitale e il vociare allegro e familiare che proveniva dalle bancarelle dei mercati in lontananza. Troppo preoccupata per quello che stava per accadere e con la testa che le girava unita al senso di nausea che aveva da quando si era svegliata, non badò a ciò che la circondava e anche attraversare ponti coperti in sospensione fra due o più costruzioni non la turbò nonostante la paura delle altezze.
Raggiunsero il Palazzo del Kazekage dal retro e cominciarono a salire scalino dopo scalino per raggiungere il terzultimo piano in cui si trovava la Sala delle Udienze. Baki si accorse dell'affanno di Akisame e le concesse una breve sosta per riprendere fiato chiedendole gentilmente se avesse bisogno di qualcosa. La ragazza lo ringraziò e si scusò per il ritardo che faceva loro accumulare.
In quel momento una porta si aprì sul corridoio in cui si trovarono. Ne uscirono una ragazza che portava i capelli biondi raccolti in uno chignon ed un uomo di mezza età con una barbetta grigia sul mento che lo faceva assomigliare ad una capra.
Il ninja di nome Baki si affrettò a salutarlo: «Salve, nobile Atama.»
«Ah... Baki.» si limitò a dire quello accorgendosi della loro presenza, posando lo sguardo su Akisame, che teneva rispettosamente la testa chinata, con un sopracciglio inarcato che gli conferiva uno sguardo perennemente scettico.
«L'udienza sta per cominciare, giusto?» domandò.
«Sì, stavamo conducendo la ragazza nella Sala. Siamo in ritardo, temo.» specificò il ninja, con un tono leggermente seccato, come se non approvasse che lo fossero entrambi e in particolar modo che lo fosse Atama.
«Non preoccuparti...» rispose l'uomo con leggerezza, «...non possono certo cominciare senza un membro del Consiglio!» concluse, estremamente divertito.
Baki serrò la mascella, infastidito, e il suo compagno lo guardò con preoccupazione.
«È meglio che io vada. Arrivederci, nobile Atama.» disse la ragazza bionda con un rapito inchino.
«Arrivederci, Tora. Grazie... di tutto.» le disse sorridendo, ma indugiando sulla figura di Akisame.
I due ninja lo guardarono allontanarsi e Baki borbottò qualcosa, che suonò molto come «L'unico con cui non si può cominciare un'udienza è il Kazekage!», avvicinandosi alla porta per poterla chiudere dato che era stata lasciata aperta. La geisha vide di sfuggita che all'interno del locale erano appese delle foto raffiguranti alcuni uomini e uno di questi sembrava proprio il ragazzo che le aveva salvato la vita. Troppo intontita per capire di cosa si trattasse, non si chiese nemmeno perché la foto di Kankuro si trovasse in quel luogo e riprese il cammino seguendo i due ninja, concentrandosi per mettere un piede davanti all'altro.
Giunsero infine al lungo corridoio che portava alla Sala delle Udienze e quando furono a pochi passi udirono un trillo.
«La prima campanella. Sbrighiamoci.»
Davanti alla porta c'era un giovane che l'aprì per loro informandoli che l'udienza era in procinto di iniziare. La stanza era ampia, ben illuminata dalle grandi finestre circolari ed estremamente rumorosa; la confusione al suo interno era causata dal numero delle persone presenti che continuavano a parlare, a spostarsi, a sistemare cuscini sul pavimento o altri oggetti.
Sentendosi smarrita seguì il ninja più giovane che la invitò a sedersi su uno dei cuscini posti a fondo della Sala per poi accomodarsi accanto a lei. Akisame riconobbe il nobile Atama, in un angolo, che sussurrava qualcosa nell'orecchio di un uomo con delle sopracciglia incredibilmente folte. Baki intanto aveva raggiunto altre due persone sedute più lontano e stava dicendo loro qualcosa.
Al suono di una seconda campanella ci fu un gran movimento: coloro i quali non erano ammessi all’udienza si affrettarono a lasciare la Sala, invece gli uomini che portavano un abito bianco presero posto. Baki andò a sedersi e Akisame vide a chi si era rivolto: erano Kankuro e Iroyoi.
Non fece alcuna fatica a riconoscere il ninja, anche se non portava il cappello e il viso non era truccato. Sul volto della giovane geisha comparve spontaneamente un sorriso e una piacevole sensazione di calore la invase; si sentì d'improvviso più sicura, ma l'espressione con cui Kankuro le stava scrutando le apparve come di biasimo e il sorriso svanì. Inginocchiata sul cuscino si guardò le mani, domandandosi il perché.


«Perché fai quella faccia?» chiese Iroyoi a Kankuro sbirciandone il cipiglio cupo, «Guarda, c'è Akisame!» disse subito dopo salutandola con la mano, ma la ragazza non poteva vederlo avendo gli occhi fissi sulle proprie ginocchia.
«È pallida.» disse il jonin preoccupato.
«Cosa?»
Lo squillo di una terza campanella ne interruppe la conversazione e tutti tacquero; si aprì una porta sul lato opposto e il Kazekage fece il suo ingresso nella Sala delle Udienze.







FINE NONO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Come al solito i miei buoni propositi sfumano in un nulla di fatto. Volevo finire il capitolo avendo già cominciato l'udienza, ma già così è lunghissimo e con tutti i nuovi personaggi che devono comparire, ho preferito evitare e fermarmi qui. Piccola nota sui Membri del Consiglio. Nel manga queste persone non si vedono mai oppure solo di sfuggita e non hanno neppure un nome. Nell'anime c'è una scena, dopo il rapimento di Gaara, in cui Kankuro parla al Consiglio riunito, ma ho preferito ignorarla e concentrarmi su quello che avevo inventato. Soltanto per un paio di loro faccio riferimento ai disegni del manga per la descrizione, ma al di là di questo, ho inventato tutto, così come per la Sala delle Udienze e quella del Consiglio, che ho solo identificato con quella dal tavolo circolare che si vede sia nel manga che nell'anime di Naruto.


Risposte alle recensioni:

x slice: ciao^^ come al solito grazie della tua immensa gentilezza. Sono felice che il capitolo precedente ti sia piaciuto e mi domando che effetto ti possa fare il nuovo (che è ancora più lungo di quello prima XD). Non credo settanta capitoli, ma se continuo così mai dire mai! XD Certo, Kishimoto l'ha fatto apposta a non creare troppi personaggi della Sabbia, fosse mai che una sciroccata volesse scrivere una fanfic e inventarne un centinaio! XD I nuovi personaggi sono difficili da gestire perché non si ha un canovaccio preesistente su cui lavorare, non è la stessa cosa che scrivere originali, perché un nuovo personaggio in un unverso particolare deve obbedire al contesto. Mi sto incartando? XD Comunque, no, a dir la verità Kizu non è autistico, c'è un motivo se è diventato così e l'ho accennato attraverso le parole di Yasumi nei capitoli precedenti. Non conosco nessuno così e non so come mi sia venuto in mente il particolare del riperete le cose due volte. Non rovinare la tua carta da parati, non mi pare il caso, ma grazie XD Io amo scrivere dialoghi, li riscrivo varie volte se non sono convinta. le parole che un personaggio usa sono lo specchio del suo carattere e mi piace giocare su questo punto o sul ritmo di una discussione. Sono felice che tu l'apprezzi. Guarda, io non mi sento affatto geniale, anche perché l'unica cosa che faccio è dar voce alle immagini nella mia testa... quindi credo sia pura follia. A volta un particolare, come uno scialle è anche funzionale, caratterizza il personaggio e può inserirlo in uno stereotipo e renderlo così più facile da usare. Molti non lo notano, come tu dici giustamente, ma qualcuno sì a quanto pare e questo mi rende contenta e mi spinge a migliorare ^_^ Mille baci
x Myluna91: Settai è una pettegolona di prima classe, ce n'è almeno una in ogni famiglia! XD Temari che fa un regalo è strano in effetti ma è stata una cosa che ne ha tirata un'altra. Doveva apprendere la notizia di Akisame per sentito dire e così ho inventato questo personaggio che all'inizio ho pensato potesse essere un'amica. Doveva anche esserci un motivo per cui l'andava a trovare e il compleanno mi era sembrato plausibile. Mi era sembrato ancor più strano però che una come lei perdesse tempo per salutare una fantomatica amica, anche se era il compleanno, così l'amica è diventata una parente. A quel punto mi sembrava brutto presentarsi da questa persona senza un regalo... XDD Fra Tora e Yasumi, penso si sia capito che quella più "forte" è proprio Tora, ma anche se Yasumi ha reperito un'informazione importante, nessuna delle due sa a cosa possa servire, ma se Tora è andata a parlare con il nobile Atama... Il motivo del codice porpora sarà svelato nell'udienza. Non so se si nota o se sia giusto dirlo, ma ho un debole per i gemelli. Fanno casino e li trovo divertenti... anche se forse non è per tutti così. Tora ha un seno ben fornito, ai ragazzi fa sempre un certo effetto e loro riescono a giocarci su, mi sono messa a ridere quando mi è venuta in mente la battuta sulla "soluzione al mistero dell'esistenza". Povero Kankuro, ci sono troppe donne! XD Spero che il capitolo ti sia piaciuto! baci.
x Chris: ciao, leggendo la tua recensione mi sono sentita un po' appagata del fatto che avessi notato il gesto di Kankuro (prima o poi doveva accadere, visto che ve la smeno dal secondo capitolo con questa cosa! XD). Che tu ci creda o no è una cosa che faccio io, è una specie di vizio non saprei dire esattamente. Lo faccio inconsciamente quando sono in una situazione di attesa in cui non so bene cosa fare. Me ne sono accorta e ho deciso di usarlo per Kankuro che lo fa però quand'è imbarazzato per qualcosa o è in difficoltà. Credo che vesta molto bene il personaggio anche perché è un gesto molto... maschile? XD Mi capita di fare cose strane, perdono. Per tutti i personaggi nuovi ho lavorato parecchio con il terrore che si potessero confondere oppure annoiare, se non è così sono felice. Ce ne saranno molti altri, quindi, mettevi l'anima in pace! Gaara-sama è arrivato, contenta? XD Nell'udienza si parlerà ovviamente di quello che è accaduto al villaggio di Akisame e della ragazza stessa. Buana parte è già scritto su carta, quindi mi sento più sicura. Grazie mille della recensione!
x Valery_Ivanov: ciao! io pensavo che ti fossi stufata sinceramente, cosa che poteva essere assolutamente comprensibile, ma se non è così, meglio! *_* Momo ricomparirà decisamente, ha una parte di spessore, tranquilla! Chissà come finirà fra Kankuro e Akisame ora che i giochi si fanno molto, ma molto complicati... grazie dei complimenti, baci!

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Capitolo 10
*** Un filo rosso che unisce il cuore dell'anima ***


PIOGGIA NEL DESERTO

... di SimmyLu ...



Capitolo Decimo: Un filo rosso che unisce il cuore dell'anima



Tora camminava a passo di marcia per i corridoi dell'ospedale in cui aveva appena fatto ritorno. Era riuscita a convincere la propria caporeparto che la sua era stata un'assenza involontaria dovuta ad una convocazione urgente al Palazzo del Kazekage da parte del nobile Atama. In realtà era stata lei stessa a presentarsi di propria iniziativa al membro del Consiglio, ma la piccola menzogna si era rivelata necessaria ad evitare un sacco di domande che avrebbero messo in luce il perché della sua insubordinazione, scoprendo così la condotta non rispettosa delle regole di Yasumi e di Me-san. Le era dispiaciuto dover mentire proprio alla donna che era stata sua insegnante, tuttavia quello era stato l'unico modo per eludere eventuali problemi; infatti, una volta nominato Atama, la dottoressa l'aveva subito lasciata andare senza chiederle altro, orgogliosa che una delle sue allieve migliori avesse contatti così importanti.
La conversazione avuta con lui, però, aveva lasciato in un primo momento Tora completamente in imbarazzo per l'ingenuità con cui si era precipitata a riferire un segreto di cui Atama era già a conoscenza. Fermandosi per un secondo a riflettere, sotto lo sguardo deluso ed infastidito dell'uomo, aveva facilmente compreso che fosse una cosa davvero improbabile che egli già non sapesse il luogo di provenienza di quella ragazza. Pertanto il nome del villaggio di Amajitaku non aveva risvegliato in lui alcuna curiosità. Amareggiata e confusa, stava per accomiatarsi e tornare in ospedale, ma prima che potesse aprir bocca il membro del Consiglio le aveva rivelato i suoi pensieri.
«Purtroppo...» aveva esordito stancamente «...sappiamo ben poco di questa giovane ospite. Il fratello del nostro amato Capovillaggio non si è minimamente preoccupato di raccogliere informazioni a riguardo.»
Detto questo si era rifugiato in un silenzio meditabondo, accarezzando con le dita della mano il ciuffetto di barba grigia del mento e contemplando le foto dei Kazekage appesi alla parete della stanza nella quale si erano appartati casualmente per poter discutere senza essere uditi da orecchie indiscrete.
La mente di Tora si era destreggiata fra due riflessioni opposte: in parte era convinta che Atama avesse ragione e che Kankuro avesse dovuto comportarsi diversamente e non portare un possibile pericolo entro le mura del Villaggio senza accertarsi del contrario, in parte credeva che il jonin avesse avuto ragione nel mettere da parte certi dettagli pur di salvare una vita. Trascinata da queste idee aveva scelto di trovare una soluzione mediatrice che sminuisse la situazione.
«Io l'ho vista, signore, e non è altro che una normale...»
«Tu l'hai vista?» aveva esclamato lui voltandosi, gli occhi animati e vividi.
«Sì.» aveva sorriso, dopo una breve pausa in cui aveva studiato lo sguardo attendo dell'uomo; aveva quindi riacquistato subito il contegno abituale e la sua sicurezza, rendendosi conto di essere in una posizione di vantaggio poiché era in grado di fornirgli particolari importanti.
«Hai notato qualcosa di insolito?»
«No... è una ragazza comune, gracile, magra...» mentre parlava Tora si era accorta di quanto fossero banali quelle indicazioni e aveva cercato di riparare facendo delle considerazioni personali, «Non può essere un ninja o una spia. Il suo fisico non dimostra l'allenamento tipico di...»
«Altro?» l'aveva interrotta tornando a toccarsi il pizzetto.
«No, non mi pare che... sì, invece! Sulla spalla destra... ho intravisto qualcosa sotto la manica, un simbolo forse.» aveva detto, sorpresa ella stessa di quella scoperta.
Egli aveva socchiuso gli occhi, assorto, «Un tatuaggio...?»
«Sì, probabile... non ho potuto osservarlo più attentamente.»
Anche in questo caso Tora si era vista costretta ad inventare una scusa per nascondere la verità e cioè che aveva visto tutto di sfuggita non perché non avesse potuto far di meglio, ma perché si era concentrata su ben altri aspetti.
«Estremamente interessante. Un tatuaggio... un marchio.» aveva continuato a riflettere l'uomo, «Che cosa vuol dire secondo te, mia cara?»
«Non saprei.» aveva sussurrato, colta alla sprovvista.
«Per quale motivo si appone un marchio su un oggetto o su un animale?»
«Vediamo... per indicarne la provenienza oppure la proprietà.»
«Esattamente.»
Il nobile Atama aveva sorriso, voltandosi nuovamente verso le foto dei Kazekage; sistemando accuratamente l'ultima, quella di Gaara-sama, aveva aggiunto: «Amajitaku è un villaggio di confine, in cui mercanti e uomini d'affari trascorrono il loro tempo divertendosi o stringendo accordi e contratti, famoso per il turismo, per gli scambi commerciali... e per i quartieri di piacere. Se quel tatuaggio è quello che penso... allora la nostra giovane amica altro non è che una volgare prostituta.»
Tora aveva spalancato gli occhi non credendo di aver udito una cosa tanto scandalosa.
«Ottimo lavoro, Tora-san.» si era infine congratulato, «Penso che tu non debba preoccuparti per quella promozione.»
Cercando di mantenere un contegno calmo ed educato la dottoressa si era congedata tornando al suo lavoro. La notizia della quasi sicura promozione non l'aveva agitata quanto quella che la ragazza salvata da Kankuro fosse una sgualdrina. Con gli occhi luccicanti di trionfo e le ali ai piedi, si era messa alla ricerca di Yasumi per confidarle quella novità incredibile prima di non riuscire più a trattenersi dall'urlarlo ai quattro venti.
Quando finalmente la trovò, intenta a visitare un paziente, sul suo volto si poteva chiaramente leggere il disegno di vittoria che l'animava.
«Che cosa ti è successo?» chiese Yasumi.
«Vieni, devo dirti subito una cosa, altrimenti esplodo!» esclamò Tora concludendo la frase con una risatina acuta, eccitata e nervosa.


Kankuro ed Iroyoi avevano raggiunto la Sala delle Udienze per tempo, ovvero quando ancora non era stata meticolosamente sistemata e i membri del Consiglio non erano ancora tutti presenti e i pochi che lo erano chiacchieravano. La stanza era ampia e spaziosa e sulla parete a sinistra della porta d'ingresso vi erano grandi finestre rotonde che rendevano il luogo sempre ben illuminato, amplificando la sensazione di spazio. I giovani ninja raggiunsero una delle due file parallele di cuscini bianchi sistemati sul pavimento accanto ad un palco in legno alto poco più di un gradino. I primi cinque guanciali di entrambe erano riservati ai membri del Consiglio in modo che questi potessero guardarsi fra loro e rivolgersi al Kazekage, che sarebbe stato seduto sul palco rispettivamente a destra o a sinistra delle due file, formando così una classica sistemazione a ferro di cavallo. Attenti a lasciare i primi posti liberi, i ragazzi si accomodarono l'uno accanto all'altro dopo i doverosi convenevoli nei riguardi dei presenti. Il disordine raggiunse il suo apice quando l'orario di inizio dell'udienza fu raggiunto, la sala sistemata e tutte le persone coinvolte all'interno, in attesa dell'arrivo del Capovillaggio. Kankuro osservava svogliatamente gli uomini con il turbante e la casacca bianca discorrere, accorgendosi che il nobile Atama, arrivato per ultimo ma già occupato in una fitta discussione con il nobile Mayuge, gli rivolgeva di quando in quando delle occhiate furtive sfiorandosi con soddisfazione la barbetta da capra che gli cresceva ispida sul mento.
Mayuge annuiva con dei piccoli cenni del capo e gli angoli della bocca curvati verso il basso; le folte sopracciglia brune gli conferivano un'aria severa e concentrata. Quando alla coppia si unì anche il nobile Shita, si udì lo scampanellio del primo avviso e nella stanza entrò il maestro Baki che si diresse subito verso di loro.
«Sensei.» lo salutò Kankuro con un inchino, subito imitato da Iroyoi.
«Ragazzi, avete qualcosa da dirmi? Qualcosa che è necessario che io sappia prima che cominci l'udienza?» chiese repentinamente.
«No.» rispose subito il jonin cercando nello sguardo del mentore il motivo della sua preoccupazione.
«Nulla di più di ciò che tutti già sanno a quanto pare.» intervenne scherzosamente il chunin. Baki lo fulminò con lo sguardo reprimendo ogni suo possibile istinto di goliardia.
«Cosa è accaduto?» domandò Kankuro.
«Nulla, ho solo incontrato Atama e mi è sembrato che...»
Non riuscì a terminare la frase perché venne suonata la campanella e fu obbligato a raggiungere il proprio posto.
Solo allora Kankuro vide Akisame, seduta su uno dei cuscini accanto alla porta principale; per un secondo qualcosa dentro di lui si agitò all'altezza dello stomaco e una inspiegabile apprensione si impossessò della sua mente vedendo la ragazza tanto pallida. Un istinto, la cui natura era più dell'animale che dell'essere umano, lo convinse che ci fosse un motivo serio e inquietante per quel sintomo apparentemente trascurabile. La ragione infatti lo riportò alla logica: dopotutto Akisame si era appena ripresa, era quindi normale che non fosse nel pieno delle forze; ed era con più facilità l'inesplicabile desiderio di voler fare ancora qualcosa per lei che lo invogliava a credere di vedere cose che forse non erano di gran peso.
«Perché fai quella faccia?» gli chiese Iroyoi notando la sua espressione accigliata, «Guarda, c'è Akisame!» disse rivolgendole un gesto di benvenuto.
«È pallida.» spiegò il jonin gravemente.
«Cosa?»
Suonò la terza campanella, tutti zittirono e la confusione cessò. La porta d'ingresso fu chiusa. I membri del Consiglio si sistemarono più comodamente sui loro candidi guanciali controllando che gli abiti non fossero piegati malamente sotto le ginocchia fra qualche colpo di tosse per schiarirsi la voce; ognuno di loro si voltò a guardare una porticina sul lato opposto a quello dell'entrata principale, ovvero la parete a cui Akisame dava le spalle e vicino alla quale era seduta.
La ragazza si sentì finalmente libera di alzare la testa, sollevata di non essere più osservata dai presenti e soprattutto da Kankuro che le aveva rivolto uno sguardo tanto brusco e pungente.
Al fondo della sala vi era un palchetto di legno scuro con uno schermo di carta che fungeva da sottile tendaggio semitrasparente, celando in parte ciò che stava al di là; si poteva appena scorgere infatti, appesa alla parete poco distante, una grande tela di colore chiaro su cui era stato dipinto con assoluta maestria il kanji del vento di un azzurro intenso. Dello stesso colore era il cuscino posto sulla pedana, l'unico in tutta la stanza di quella particolare tonalità. Accanto al palco, sul lato sinistro, un bambino stava inginocchiato con atteggiamento solenne e Akisame poté finalmente capire da dove provenisse il tintinnio della campana; il ragazzino, che non poteva avere più di sei o sette anni, impettito nella mantella beige recante il simbolo della Sabbia, teneva in mano una bronzina e la agitava con cura quasi maniacale prima di rimetterla rispettosamente al suo posto, sul sottile piano di marmo davanti a lui.
Le finestre circolari sulla parete sinistra proiettavano cilindri di luce nella sala, ravvivando i pigmenti dell'arazzo appeso sul muro opposto, raffigurante la cartina geografica delle Cinque Grandi Terre Ninja.
Due file di cuscini, ora per la maggior parte occupati, si stendevano sul pavimento creando così un immaginario corridoio che dalla porta conducesse al palchetto. L'unica eccezione, oltre ai posti a sedere in cui si trovavano lei stessa e uno dei due ninja che l'avevano accompagnata, era rappresentata da un guanciale solitario al centro di questo passaggio ipotetico sistemato in modo che l'eventuale ospite fosse di fronte al palco.
Il ninja di nome Baki si era seduto fra i membri del Consiglio, mentre Kankuro ed Iroyoi erano invece nelle posizioni più lontane. Il cuscino centrale era libero.
Poco dopo che il bambino ebbe finito di suonare il suo prezioso tintinnabolo per la terza volta, si aprì la porticina al fondo della sala. Un secondo fanciullo, presumibilmente della stessa età del primo e vestito in ugual modo, entrò e spalancò la porta per far entrare un ragazzo molto giovane dai capelli color del fuoco.
Akisame era troppo lontana per poterlo vedere meglio, oltretutto questi salì subito sulla pedana dalla parte posteriore e oltre lo schermo di carta le fu impossibile osservarlo per soddisfare la sua curiosità; non riusciva neppure a scorgerne i tratti del volto, solo l'esile figura inginocchiata sul cuscino azzurro che indossava una palandrana bianca sopra una veste celeste.
Appoggiò una mano sul pavimento per frenare il senso di vertigine e la nausea che l'avevano colta per l'ennesima volta all'improvviso. Il ninja accanto a lei si allarmò e le chiese in un lievissimo sussurro se andava tutto bene; la geisha si voltò ed annuì sforzandosi di sorridere.
Chiusa la porta, il ragazzino raggiunse il suo compagno, ponendosi all'altro estremo del palco, ed insieme tirarono con attenzione le cordicelle collegate alla fine cortina divisoria sollevandola poco più su della metà della sua altezza per poi legarne i cordini in due graziosi nodi; fatto questo, raccolsero la campanella ed entrambi scomparvero oltre la piccola soglia.
«Il venerabile Kazekage.» disse uno degli uomini, quasi certamente il più anziano, che sedeva nel posto più vicino al Capovillaggio della fila di destra. Portava spessi occhiali, sormontati da bianche sopracciglia curve; profonde rughe segnavano il suo viso serio e austero.
«Nobili membri del Consiglio...» intervenne il Kazekage a quel punto, la voce era ferma e limpida, ma le note del timbro in contrasto con il giovane aspetto «...la vostra presenza mi onora. Dichiaro aperta l'Udienza. Lascio la parola al mio assistente. Prego, nobile Senaka.»
Pronunciata la formula di rito, tutti si profusero in un inchino, dopo il quale l'anziano continuò enunciando la data del giorno, il codice e il numero dell'udienza e una serie di altri dettagli che sembravano interessare solo l'uomo accanto a lui che indossava sottili lenti squadrate e prendeva appunti su di un taccuino con l'espressione contratta di chi è tediato da un odore fastidioso.
«Presiede l'assemblea il nobile Mayuge.» continuò e l'individuo con le folte sopracciglia con cui prima Atama aveva parlato, chinò la testa per rivolgere il proprio saluto.
«Nobile Mayuge...» disse rispettosamente il Capovillaggio, «... ho letto il rapporto sui vostri ultimi contatti con il Paese della Terra. È stato davvero esaustivo.»
Mayuge piegò di nuovo il capo per ringraziarlo, ma i suoi occhi di falco non mostrarono emozioni, freddi e impassibili. Il giovane Kazekage sembrò non farci caso e si volse al vecchio Senaka invitandolo a proseguire.
«Presiede l'assemblea il nobile Kuchihige.»
L'uomo con le lenti rettangolari posò il quaderno davanti a sé e si inchinò nervosamente, sistemandosi poi gli occhiali che gli scivolavano costantemente sul naso; riprese le carte facendo una buffa smorfia che fece ondeggiare i suoi baffetti neri.
«Presiede l'assemblea il nobile Hitai.», uno degli uomini più attempati piegò pigramente la testa con fare annoiato.
«Presiede l'assemblea il nobile Tebuki.»
Un uomo con marcate borse sotto agli occhi si inchinò a sua volta mentre il Kazekage si congratulava con lui per l'esito di una trattativa con un villaggio di confine.
Senaka continuò la sua presentazione: «Presiede l'assemblea il nobile Shita.»
Questa volta a porre i suoi omaggi fu un tale con la bocca larga come quella di una rana e il viso segnato da rughe definite su cui due occhi affilati guardavano ciò che gli stava attorno con alterigia.
«Presiede l'assemblea il nobile Atama.»
Egli mosse appena la testa e Senaka seguitò nell'enunciazione.
«Presiede l'assemblea il nobile Hoo.»
Un ninja molto magro dalle guance incavate e gli occhi tondi e piccoli come due biglie chinò il capo con deferenza.
«Nobile Hoo.» lo salutò il Kazekage, «Ho saputo che anche il vostro secondo genito si è diplomato all'Accademia con ottimi voti. È possibile che venga assegnato alla squadra di mia sorella Temari.»
«Grazie Gaara-sama per il vostro interessamento, sono orgoglioso che i miei figli possano servire il Villaggio e sarei oltremodo onorato se fosse vostra sorella ad occuparsi della sua istruzione d'ora in poi, ella è un jonin assai capace. Non potrei chiedere di meglio.» rispose, prodigandosi in un secondo inchino.
«Presiede l'assemblea il nobile Onaka.»
Un uomo con la faccia piena e la pelle liscia tanto da ricordare un porcellino per come gli occhi quasi scomparivano oltre le pieghe del viso e il fisico in linea con la medesima idea, porse i suoi omaggi.
«Presiede l'assemblea il nobile Baki.»
Il ninja si inchinò rivolgendo un riguardoso saluto.
Kuchihige prese allora la parola: «Presiede l'assemblea il nobile Senaka, assistente personale del venerabile Kazekage. Testimoni presenti: Kankuro, leader della squadra che ha condotto la missione in questione ed Iroyoi, il chunin che ha guidato il gruppo in seguito.»
I due si inchinarono. Akisame non fu nominata, ma questo non la disturbò né parve destare alcuna reazione da parte del Consiglio.
La geisha non riusciva a capacitarsi del fatto che un ninja tanto giovane fosse il Capovillaggio. Non aveva mai incontrato un Kage prima di allora e la sua fantasia aveva sempre spaziato su immagini di persone avanti negli anni che erano state un tempo assai potenti ed ora servivano il popolo con la loro saggezza ed esperienza. Le sue idee erano quindi in netta disarmonia con ciò a cui stava assistendo, ovvero un adolescente che veniva trattato con la stima che si riserva ad un sovrano da persone molto più anziane di lui. Questo la sbalordiva e allo stesso tempo la meravigliava, tanto che cominciò a nutrire un rispetto inconscio e servizievole nei riguardi di quel ragazzo che in età così acerba era arrivato ad ottenere il massimo grado a cui un ninja potesse auspicare.
Ne osservò le mani, poggiate sulle ginocchia; la pelle era candida ed appariva morbida e vellutata. La posizione in cui però egli teneva inconsciamente flesse le dita lasciava facilmente intendere quando quelle fossero forti e come, se necessario, potessero esprimere potenza ed energia.
Akisame posò lo sguardo su Kankuro e sui pugni chiusi che teneva serrati sulle gambe. Si chiese se anche le mani che l'avevano salvata, possedessero lo stesso vigore e fossero in grado di uccidere, brutali ed assetate di sangue come quelle di un assassino. Dita violente e spietate come quelle che avevano raso al suolo e sterminato il suo villaggio. La presenza del jonin riempiva la stanza e la ragazza sentiva continuamente il suo sguardo su di lei, come un filo rosso teso e lungo che univa il cuore delle loro anime e faceva in modo che l'uno fosse in grado di percepire lo spirito dell'altra e viceversa.
La vista le si offuscò e tentò di sbattere più volte le palpebre per scacciare il fastidioso intorpidimento che l'avvolgeva, ma i suoi movimenti erano lenti ed impacciati come se fosse stata sommersa da un'onda d'acqua.


Le corsie dell'ospedale erano tutte uguali, lunghe ed interminabili, e Me-san cominciava ad essere stanco di quel vagabondare che prosciugava quel poco di energia e di lucidità che ancora riusciva a mantenere. Intontito dal sonno arretrato, era stato in procinto di abbandonare l'edificio desideroso di tornare a casa per il meritato riposo, quando il dovere l'aveva richiamato all'ordine e si era reso conto di non sapere se potesse effettivamente andarsene o meno. Nessuno gli aveva comunicato istruzioni per le ore successive ed era probabile che fosse necessaria la sua presenza per un altro turno di guardia nel caso in cui la ragazza del codice porpora fosse tornata.
Aveva quindi deciso di cercare Yasumi, il medico responsabile, nella speranza che gli confermasse che era finalmente congedato dal suo incarico. Stava ormai per rinunciare quando sentì che qualcuno gli toccava la spalla.
«Ti ho trovato!» disse Yasumi sorridente, l'impeccabile coda di cavallo adagiata su una spalla.
«Anch'io. Dimmi che posso andare a dormire.» la pregò Me-san.
«Firma qui...» ordinò porgendogli un modulo e una penna, «...e potrai andare dove ti pare.»
Il ragazzo la guardò di sbieco: Yasumi lo fissava con occhi che brillavano di una strana luce di euforia.
«Che c'è?» domandò restituendole il foglio; lei si animò e sorrise come se non stesse aspettando altro che quella domanda.
«Notizia bomba!» le sfuggì quasi involontariamente, poi esitò, ben sapendo con quale facilità il ragazzo avesse diffuso informazioni in proposito in precedenza, «Ma non dirlo a nessuno.»







FINE DECIMO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Grazie a tutti voi che leggete e recensite questa storia. È un piacere scrivere per persone così attente, che colgono quei particolari su cui spendo la mia fatica. Ho dovuto concludere il capitolo così, lasciando il fulcro dell'udienza vera e propria per quelli seguenti. C'è di buono che ho già scritto a mano una buona parte di tutto questo e non ci metterò degli anni ad andare avanti.
Vi lascio con una piccola precisazione sugli aggettivi e i suffissi che uso per definire il grado o lo status di un personaggio. Ho fatto delle scelte particolari e non vorrei che queste fossero in qualche modo in contrasto con le espressioni convenzionali e anche se penso che le mie scelte si evincano facilmente dal testo, preferisco spcificare per togliere ogni dubbio.
Cominciamo dall'affettuoso -chan. Si usa quando c'è molta confidenza o parlando ai bambini, infatti lo usa ad esempio Akisame quando saluta la bambina: «Buongiorno, Kiiro-chan!». Penso di non usarlo più di tanto e di circoscriverlo a queste rare occasioni. Il suffisso -kun si usa soprattutto con i nomi maschili, Tora lo usa con Kankuro ad esempio «Sai, Kankuro-kun?», ma non è formale come -san che è il più noto ed indica un certo rispetto. Per i membri del Consiglio questo però mi sembrava insufficiente perché avrebbe messo sul loro stesso piano un ninja o un'infermiera, quando è ovvio che a questi uomini viene riservato un trattamento di maggiore rispetto. Ho optato allora per l'aggettivo nobile che nel manga viene adoperato per riferirsi al Kazekage. Per quest'ultimo quindi serviva qualcosa che lo superasse e ho scelto venerabile che significa "degno di profondo ossequio" e non è per forza riconducibile all'ambito religioso.



Risposte alle recensioni:

x slice: ciao e grazie del commento, come sempre sei gentilissima e mi fa felice sapere che anche lo scorso capitolo ti sia piaciuto. I gemelli sono stati una trovata del momento ma a quanto pare funzionano bene!^^ Come hai visto in questo capitolo ho lasciato spazio al dialogo fra Tora e Atama in modo da capire meglio come stanno le cose e spiegare anche degli sviluppi futuri. Dopotutto Baki è stato il maestro di Gaara, anche se in principio tutti ne erano terrorizzati, ho pensato che anche i suoi rapporti con lui siano cambiati nel tempo come quelli fra Kankuro e il fratello. Infatti quando viene rapito fa partire subito le squadre di soccorso se non ricordo male. Insomma, mi è sembrato naturale che abbaiasse un po' quando Atama ha mostrato la coda di pavone! XD Quando Kankuro parla ad Hidari è un po' come quando, dopo la strigliata della mamma, arriva e "ti sgrida anche papà" ma con moderazione! XDD Ok, ora mi portano via in camicia di foza. Me-san era un po' come un fungo messo lì... tanto valeva che facesse qualcosa per distinguersi, inoltre la sua azione è servita per definire meglio Tora, quindi tutto ha fatto brodo. Temari non la vedo come "un'arrogante orgogliosa" e basta; certo queste sono alcune delle sue caratteristiche ma se fosse così costantemente non sarebbe credibile perché sarebbe una pazza con un carattere unilaterale. Sul fatto che sia un po' grezza e che, all'occasione, piazzi senza complimenti qualche ceffone non si discute! XD Mi fa piacere che i dialoghi e le descrizioni continuino ad essere di tuo gradimento perché ci lavoro molto. Baci!
x Myluna91: ciao e grazie mille della recensione! Kankuro è un tipo tutto d'un pezzo... doveva pur avere un punto debole! XDD Forse è divertente immaginarlo mentre arrossisce perché è proprio una cosa che da lui non ci si aspetta... non so. Se Tora li avesse visti fare il teatrino, i gemelli avrebbero passato un brutto quarto d'ora! Non è esattamente quel tipo di gelosia che Tora prova, è più invidia, come se la sua leadreship fosse stata violata e Kankuro è l'oggetto nel mezzo, poverino. Comunque è diffcile da spiegare adesso in due parole cosa ho in mente, la cosa si evolverà col tempo. Per il trucco, immagino che per una geisha abituata a non farsi mai vedere in pubblico senza trucco e vestito adeguati sia come sentirsi nuda o snaturata. Credo sia in fondo una questione di abitudine e di sensazione personale. Io personalmente non mi faccio tanti problemi, anzi, esco spesso senza niente in faccia perché ho il vizio di toccarmela. Tante volte metto solo una linea di matita e via. Oggi ad esempio ho gli occhi un po' gonfi e non ho la minima intenzione di truccarmi! XD Comunque, tu ne condividi il disagio quindi non ho scritto una cosa senza senso! ^^ L'udienza è cominciata... Kiss kiss
x Valery_Ivanov: ciao! Grazie per il tuo intervento, sei tanto cara. Ho cominciato l'udienza un po' in pomposità! XD Se avessero iniziato di brutto senza presentazione e senza il "contorno adeguato" mi sarebbe parso tutto un po' alla mano, una cosa poco consona, per come la vedo io, al villaggio della Sabbia. Accadranno ovviamente delle cose in merito al fatto che Akisame stia poco bene, altrimenti sarei un po' tonta a ribadirlo senza motivo! Per kankuro... vedrai!^^ Tora non è proprio al top dei personaggi preferiti. Spero che l'attesa non sia stata troppo lunga! Baciotto.
x martufella87: ciao e grazie! Benvenuta in questa gabbia di matti! XD I dettagli non sono mai stati il mio forte, infatti questa è la prima storia che scrivo in questo modo così particolareggiato. Tolta la fatica iniziale per una cosa a cui non ero abituata, viene poi naturale pensare e aggiungere piccoli dettagli, che, in fondo, era quello che volevo mi accadesse. Cerco sempre di non essere troppo pesante e di non annoiarmi da sola. Sull'originalità della trama... mm.. alla fine, se cogli lo scheletro del racconto, capirai che è simile a molte altre, nel senso che c'è un personaggio nuovo che viene introdotto in un universo conosciuto, quello di Naruto. La cosa che forse la rende diversa è tutto quello che sta intorno a questo scheletro immaginario e se ti piace non posso che esserne contenta! I personaggi creati da me di solito non mi danno problemi particolari, gli altri invece, come Kankuro e Temari, sono più difficilli da muovere anche perché Kishimoto ha detto ben poco di loro. Io prendo quel poco e spero di farne una cosa piacevole e sensata. Spero che anche il muovo capitolo ti sia piaciuto! bacio!
x Chris: Graara è finalmente entrato in scena anche se per ora ha fatto poco. Se Tora fosse stata una simpaticona sarebbe stato un po' strano, no? XDD Sta antipatica a me, figurati! però mi diverte farle fare la cattiva, mi vengono sempre in mente cose nuove! Ah, ah, ah! *la internano* Il perché di tutto il trambusto sollevato dal Consiglio in parte si spiega con il fatto che quello di Suna sia in generale molto rigido e che abbia un forte potere decisionale, in parte per altre cose che verranno svelate nei prossimi capitoli... tutto quello che è accaduto fino ad ora è più o meno normale amministrazione. Le rivelazioni quindi sono alla porta. Baci!

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Capitolo 11
*** L'anima della bambola sulle ali delle allodole ***


PIOGGIA NEL DESERTO

di SimmyLu



Capitolo Undicesimo: L'anima della bambola sulle ali delle allodole



Una coppia di uccelli che si erano posati sul davanzale curvo di una delle finestre circolari catturò l'interesse di Akisame. Il loro piumaggio era color della sabbia e i due volatili assomigliavano molto ai piccoli passeri a cui la geisha era solita lasciare qualche briciola di pane appena fuori dalla finestra della sua camera ad Amajitaku. Questi però erano grandi quasi il doppio e di una tinta uniforme. Restavano vicini l'uno all'altro godendosi l'insolito spettacolo offerto loro attraverso il vetro. Quando la geisha distolse lo sguardo anche Kankuro fece lo stesso. Il ragazzo si era accorto di quei due esemplari di lodola del deserto e si era lasciato distrarre. Per un istante i due si guardarono; gli occhi del ninja erano due specchi che riflettevano l'insicurezza di Akisame.
«Venerabile Gaara.» intervenne immediatamente Atama, lasciando scivolare le prime parole come se non avessero significato, «Propongo di iniziare senza indugio alcuno l'interrogatorio dei ninja coinvolti nel fatto.»
«Vi prego di scusarmi, Atama.» lo interruppe bruscamente Baki, «Ma presumo che i membri del Consiglio assenti alla riunione straordinaria di oggi desiderino essere messi a parte degli argomenti di cui pare si sia dovuto discorrere con tanta urgenza.»
«Approvo il suggerimento.» disse Kuchihige, sfogliando un paio di pagine del suo taccuino e sistemandosi gli occhiali che continuavano a scivolargli fin sulla punta del naso, «Molti non erano presenti, vale a dire: Mayuge, Tebuki, Hoo, Onaka e Baki.»
«Nobile Atama... volete procedere voi stesso ad illustrare velocemente la situazione a tutti noi?» lo invitò Senaka.
«Certamente.» sibilò Atama con il sopracciglio sinistro inarcato a corrugare la fronte, cercando di non far notare quanto quell'intromissione da parte del maestro Baki lo avesse seccato; «Come sapete abbiamo anticipato l'udienza alla luce delle nuove informazioni che ci sono pervenute.» disse, indicando con un gesto svogliato Iroyoi che si guadagnò un'occhiata fulminea da parte di Kankuro. Il ragazzo non osò sostenere lo sguardo indagatore del pubblico e si concentrò sulla cucitura del guanciale sul quale era inginocchiato, trovandola inaspettatamente interessante.
«Alla riunione ho semplicemente consigliato di anticipare il nostro incontro. Visto che le persone chiamate in causa erano tutte in grado di presenziare... non c'era alcun motivo di aspettare ancora.» concluse Atama mentre Mayuge annuiva, soddisfatto.
«Quindi è per questo che anche l'altro ragazzo è qui?» chiese Onaka, con una voce tanto gentile e velata che sembrava non appartenere affatto ad un uomo di quella stazza. Iroyoi si indispettì un poco per essere stato definito tanto vagamente.
«Sì, esatto.» rispose Senaka.
Kankuro fissò con fervore il fratello minore seduto sul palco di legno e quello restituì lo sguardo con la stessa intensità, come se fra loro fosse in atto un dialogo privato, fatto di intuizioni e sensazioni, non di parole. In quel breve momento, prima che il Kazekage tornasse a rivolgere l'attenzione sul Consiglio, il jonin capì che non era stata volontà di Gaara mettere in difficoltà Iroyoi ed anticipare l'udienza creando tanto scompiglio.
«In questo modo riusciremo a capire come sono andate esattamente le cose durante questa missione, visto che Kankuro si è casualmente dimenticato di riferire che il resto della squadra ha dovuto sostenere uno scontro senza la sua presenza.» accusò Atama con tutta la soave semplicità di cui era capace mentre un ghigno gli arricciava un angolo della bocca e un sopracciglio si alzava scettico.
«Come avrei potuto riferire qualcosa che ancora non sapevo?!» si difese il ninja aggredendolo.
«Kankuro-san, ti ricordo che non puoi intervenire senza permesso.» lo ammonì Kuchihige.
Il jonin chinò la testa in segno di scusa e cercò di calmarsi sbuffando dal naso come un toro a cui è stata negata la carica.
«Quali sono queste nuove informazioni, nobile Atama?» chiese Hoo, rigido sul suo cuscino come se avesse ingoiato un bastone.
«Già, quali sarebbero?» domandò Baki, sprezzante.
«A quanto pare, oltre al ritardo accumulato che può valere un semplice richiamo...» illustrò il nobile Shita con un furbo sorriso sulla faccia da rana, «... la squadra non solo si è divisa, ma ha anche preso strade differenti mettendo a repentaglio la vita dei componenti.»
Kankuro si voltò di scatto verso Iroyoi sgranando gli occhi affilati come a volergli domandare se quelle parole fossero veramente uscite dalle sue labbra. L'amico, incredulo quanto lui, scosse la testa con la bocca aperta, inebetito.
«In principio abbiamo creduto che Kankuro avesse lasciato alle spalle i compagni affrettando il passo, non che li avesse anche condotti su un percorso diverso che è risultato essere insidioso per ninja così giovani.» disse il nobile Mayuge; Atama parve soddisfatto e si sistemò la veste bianca.
«Da quando la via carovaniera è ritenuta pericolosa?» domandò seccato Baki.
Ci fu un mormorio generale, messo però subito a tacere dalle parole di Atama: «Maestro Baki, trovo comprensibile, ma in questa sede poco appropriato, che voi tentiate di difendere l'operato di un vostro allievo. I fatti sono ben...»
«Io non sto difendendo nessuno!» si alterò il ninja, togliendogli la parola sgarbatamente; Atama si mostrò teatralmente sconvolto da tanta irruenza.
«Nobili signori, cerchiamo di non perdere la calma.» consigliò Senaka.
Baki cercò di mantenere il proprio contegno, ma il suo sguardo saettava nervoso da un membro all'altro del Consiglio.
«Sto solo cercando di dire che sono convinto che Kankuro abbia agito per il meglio e che sarà pronto a darvi tutte le spiegazioni del caso per giustificare le decisioni prese.»
«Bene, allora forse è meglio procedere ed ascoltare il ragazzo.» suggerì Tebuki.
Kankuro, che fino a qual momento era riuscito a trattenere la collera serrando le mani a pugno per evitare inutili discussioni, respirava gonfiando il petto affannosamente e quando l'attenzione si concentrò su di lui ne approfittò.
«Prima del mio interrogatorio, vorrei fare una domanda. Perché il caso di questa ragazza è stato classificato come codice porpora? Non capisco quale pericolo possa rappresentare la sua presenza alla Sabbia.»
Akisame ascoltò smarrita quella locuzione; non l'aveva mai sentita.
«Ti ricordiamo che non ti è concesso fare domande e parlare se non interrogato o previa concessione del Kazekage! Sei un testimone, non un membro di questo Consiglio!» tuonò Kuchihige; la violazione delle regole lo agitava oltre misura.
«La tua condotta è per l'ennesima volta irrispettosa nei nostri riguardi e in quelli del Capovillaggio!» gli diede man forte Mayuge, gli occhi gelidi sotto le folte sopracciglia.
Atama sorrise appena, sapeva quanto poco bastasse per condurre l'opinione generale in una direzione piuttosto che in un’altra e quel jonin gli aveva risparmiato la fatica, mettendosi nei guai con le sue stesse mani solo perché non era in grado di tenere chiusa la bocca. Decise di dargli una nuova piccola spintarella: «Forse il ragazzo è convinto di potersi prendere alcune libertà perché il Kazekage è suo fratello minore.»
Akisame spalancò gli occhi: il ragazzo che l'aveva salvata era un parente prossimo del venerabile Kage della Sabbia e si spiegò in questo modo la presenza della sua foto in quella stanza. Il senso d'orgoglio e il timore deferente che provava si intensificarono e, con la sorpresa, contribuirono allo stordimento che lambiva la sua mente e il suo corpo, scosso da dolorosi spasmi al ventre.
Kankuro, indignato e offeso, era pronto a riversare la sua ira; fortunatamente Gaara fu più veloce di lui ed intervenne prima che potesse dire qualcosa di ingiurioso.
«Nobile Atama, vi prego di lasciar correre. Rispondete alla domanda così da illuminare i presenti e poter finalmente procedere.»
«Gaara-sama...» disse il vecchio Senaka con calma quasi irritante, «... le regole sono fatte per essere rispettate. Kankuro non può rappresentare un'eccezione anche se è vostro fratello. Anzi, a maggior ragione dovrebbe dare il buon esempio.»
Il giovane Capovillaggio guardò Kankuro che serrò la mascella e con riluttanza mormorò una scusa.
«Nobile Atama, vorreste essere così gentile da rispondere comunque alla domanda?» chiese nuovamente Gaara.
L'uomo si volse verso il jonin e con fare annoiato spiegò la situazione: «Il codice porpora non riguarda la ragazza nella sua persona, ma ciò di cui è stata vittima. Amajitaku è stato attaccato senza una motivazione. Il villaggio è anche sul nostro confine e ciò rappresenta per il Paese del Vento una possibile minaccia. Era necessario applicare la segretezza su un problema così grave. Essendo l'unica sopravvissuta, tutto ciò la coinvolge inevitabilmente come sola fonte di informazioni.»
«Inoltre non possiamo avere la certezza matematica che questa ragazza non sia un pericolo. Non sappiamo nulla di lei.» aggiunse Shita.
Iroyoi abbassò lo sguardo sul pavimento, sentendo il peso della colpa gravare su di lui. Quando gli era stato domandato avrebbe potuto mentire e dichiarare che si erano semplicemente attardati mentre Kankuro aveva corso un rischio per salvare la ragazza. Sicuramente il Consiglio avrebbe trovato da ridire anche su quel resoconto e non ci sarebbe stato modo di giustificare il ferimento di Hidari e il messaggio di ringraziamento del villaggio di Tokoro che aveva consegnato al Kazekage.
Nonostante avesse scelto di fare la cosa più saggia dicendo la verità, non poté trattenersi dal domandare perdono al suo caposquadra.
«Mi dispiace.» sussurrò, consapevole di essere la causa scatenante delle accuse dirette all'amico. Era già accaduto in passato, fin da quando erano bambini, che Kankuro dovesse riparare ad un suo errore; ma egli scosse la testa e il chunin capì che non era affatto adirato con lui. Il ninja non sopportava i membri del Consiglio e soprattutto il loro modo di fare lento e pedante, il loro attaccarsi alla burocrazia e i loro interminabili dibattiti che non facevano altro che aggirare il vero problema prima di decidere di affrontarlo.
«Prego, Kankuro.» disse Senaka invitandolo a prendere posto sul cuscino al centro della sala con un gesto della mano.
Il jonin sbuffò passandosi un dito sulla punta del naso, recuperò un rotolo di pergamena che aveva accanto a sé e si accomodò davanti a Gaara con un ulteriore inchino. I due fratelli erano gli unici elementi che si differenziavano dal resto dei presenti per il colore dei loro abiti; il più giovane vestiva come tradizione di azzurro intenso, il maggiore di un marrone molto scuro che lo distingueva dal Consiglio come una macchia d'inchiostro su di un foglio bianco.
«Inizia la deposizione. Possiamo cominciare con le domande.» annunciò Senaka e Kuchihige annotò con frenesia sui suoi appunti.
Il nobile Onaka si schiarì la voce con un leggero colpo di tosse, poi chiese in tono soave, così in contrasto con la sua figura massiccia e l'espressione porcina, se il ragazzo potesse raccontare dal principio come si era svolta la missione dato che, a causa del suo ricovero in ospedale, non era loro pervenuta la sua versione dei fatti, ma solo quella del compagno.
Kankuro annuì e si volse al fratello cominciando a parlare: «Siamo partiti alla volta del Villaggio della Pioggia quattro giorni fa. La missione, come sapete, consisteva nel consegnare al capovillaggio il rotolo che ci era stato consegnato. Abbiamo attraversato il deserto seguendo principalmente la Via delle Carovane.»
«Avete incontrato ostacoli di qualche tipo?» domandò Baki con l'evidente intento di avvalorare, attraverso la risposta del proprio allievo, la sua tesi riguardo la sicurezza del percorso ai danni di Atama, ma questi accolse le parole del jonin con espressione totalmente indifferente facendo alterare nuovamente il maestro.
«Il viaggio è stato tranquillo e non abbiamo avuto alcun problema. Siamo quindi arrivati al confine al tramonto e abbiamo proseguito fino a sera accampandoci non lontano dalla Pioggia. Abbiamo consegnato il rotolo nei tempi stabiliti: il mattino successivo. Il Villaggio della Pioggia porta i suoi saluti alla Sabbia e i suoi omaggi al Kazekage.» dicendo ciò allungò davanti a sé il piccolo rotolo di pergamena, «Questa è la risposta che vi invia il capovillaggio.»
«Grazie, Kankuro.» rispose Gaara, «Consegnalo al nobile Senaka.»
Il ninja lasciò il rotolo nelle mani rugose dell'assistente personale del fratello.
«Cosa è accaduto al ritorno? Secondo la strada che avete deciso di percorrere durante il viaggio, non sareste dovuti passare nei pressi di Amajitaku.» chiese Mayuge, le folte sopracciglia inarcate.
«È così, ma durante il tragitto dalla Pioggia al confine ci siamo accorti di una grossa colonna di fumo che si alzava in lontananza. Ci siamo avvicinati per...»
«Hai preso la decisione di intervenire in un possibile conflitto avendo in squadra due genin alle prime esperienze!?» esclamò Atama interrompendolo, sconvolto dalle sue stesse parole le quali diedero il via ad una serie di commenti e sussurri.
«Basta pensare a cosa è capitato a Tokoro a quel povero ragazzo!» disse Mayuge, «Nobile Hoo, se non sbaglio, il vostro primo figlio ha la stessa età...»
«Cambiare lo scopo della missione senza un motivo valido! Inaudito!» si scandalizzò Tebuki.
«Non ho detto nulla del genere!» tuonò Kankuro ignorando lo sguardo di rimprovero di Senaka e riconquistando un parziale silenzio, «Ho fatto avvicinare il gruppo solo per raccogliere informazioni e non con l'intento di partecipare ad uno scontro!»
Akisame si accorse che la sua voce, all'inizio del racconto ferma e tranquilla, si era alterata e indurita nel momento in cui domande o affermazioni lo avevano contraddetto o avevano tentato di sminuire l'operato della squadra. Il ragazzo difese la sua posizione con fermezza lanciando delle occhiate in tralice ai membri del Consiglio, ma rivolgendosi principalmente al Kazekage perché, rifletté la geisha, anche se egli non poneva direttamente le domande, gli altri lo facevano al suo posto, quasi come se fossero sue emanazioni. Pensandoci più attentamente, però, la giovane donna ricordò che il Capovillaggio non aveva parlato più dello stretto necessario, limitando il proprio potere, e si trovò ad ipotizzare l'esatto contrario, ovvero che fosse proprio il Kazekage ad essere una manifestazione del Consiglio. I suoi membri, infatti, potevano porre i quesiti che desideravano senza bisogno di permessi o approvazioni, potendo così indirizzare e guidare l'interrogatorio in un senso piuttosto che in un altro a loro piacimento. Il Capovillaggio aveva la possibilità di intervenire ogni qualvolta lo ritenesse necessario, ma non poteva imporsi su un intero consiglio, dovendone rispettare i membri per anzianità e prestigio.
Quando la calma fu ristabilita, Kankuro continuò: «In prossimità di Amajitaku ci siamo accorti che il villaggio era in fiamme. Sulla strada che portava al centro abitato abbiamo scorto alcuni cadaveri. Erano tutti civili e non c'erano tracce di colluttazione.»
Dal brusio che si era nuovamente levato a riempire la sala emerse la curiosità del nobile Onaka: «Siete entrati in contatto con unità ninja?»
«No.» rispose il jonin «Era evidente che l'attacco al villaggio fosse stato messo in atto da un gruppo di esperti, ma non abbiamo alcuna prova.»
«E dunque, come puoi sostenerlo?» si informò Kuchihige, avido di altri dettagli da poter trascrivere sul suo quaderno.
«Tutte le vittime sono state eliminate con tecniche ninja basilari, tramite veleno o precisi colpi agli organi vitali.» replicò il ragazzo.
«Qualcuno potrebbe averlo fatto di proposito. Imitando uno stile di combattimento per far ricadere la colpa su altri.» ipotizzò il nobile Hoo.
«Non penso.» dissentì Kankuro, «A che scopo fare tutto questo per poi radere al suolo tutte le abitazioni e cancellare ogni indizio?»
«Giusto, inoltre se avessero voluto davvero far ricadere la colpa su terzi avrebbero lasciato apposta delle tracce evidenti.» convenne il maestro Baki guadagnandosi l'assenso dei presenti, perfino quello di Atama che annuì con sufficienza ma non si risparmiò dal commentare: «In ogni caso, non abbiamo nulla di tangibile su cui far leva.»
«Vai avanti, Kankuro.» lo incalzò il nobile Shita, «Cosa è accaduto quando siete arrivati al villaggio?»
«Giunti ad Amajitaku ci siamo resi conto che era troppo tardi per pensare di poter spegnere l'incendio che ormai si era esteso a tutti gli edifici e minacciava di continuare il suo cammino nella foresta. Fortunatamente gli alberi sono stati tenuti ad una certa distanza dalle costruzioni e la pioggia durante la notte ha evitato il peggio. Ci siamo divisi cercando, dove possibile, dei sopravvissuti. I cadaveri erano ovunque. Donne, bambini... La popolazione è stata sterminata.» concluse in fretta Kankuro, come a voler scacciare un fantasma. Abbassò lo sguardo e lo spettacolo appena descritto non fece fatica a riaffiorare nella sua mente. Essendo un ninja era stato abituato all'idea della morte. Aveva visto uccidere e a sua volta aveva ucciso. Aveva assistito al sacrificio di innocenti che perdevano la vita pagando i peccati dei loro signori, ma lo scenario che ora si riproponeva sullo schermo sfocato della sua memoria denotava una violenza priva di logica riversata con brutalità su persone che non avrebbero potuto in alcun modo difendersi.
Sentì viva, dietro di sé, la presenza di Akisame e provò del rammarico per non averle potuto evitare di rivivere quei momenti traumatici.
«L'unica sopravvissuta...» proseguì, «...era questa ragazza.»
Akisame rabbrividì ascoltando le sue parole. Il ricordo del volto della piccola Kiiro nel momento in cui il soffio della vita l'abbandonava era l'unica ed ultima immagine che conservava di quella terribile giornata. Non rammentava nulla che riguardasse l'incendio della città o del resto dei dettagli che Kankuro stava fornendo nella sua testimonianza. Cercò di figurarsi quel panorama disastroso che il ninja aveva evitato di descriverle in un primo momento, in quel piccolo rifugio ai piedi di un antico albero, ma non ci riuscì. Il quadro devastante del villaggio raso al suolo con tutti gli abitanti uccisi da un nemico misterioso e invisibile era per lei impossibile da delineare. Le sembrò, nello stordimento causato anche dal suo stato di salute, che si trattasse di un incubo orribile e passeggero che si sarebbe dissolto come una goccia di colore nell'acqua una volta sveglia. Aperti gli occhi, avrebbe trovato ad attenderla un nuovo giorno pieno di impegni ad Amajitaku e l'idea di un attacco insensato al suo villaggio sarebbe stato solo un pensiero da allontanare con un semplice gesto, come con un piccolo insetto fastidioso.
«Avete avuto un qualsiasi tipo di contatto successivamente?» chiese il nobile Tebuki inarcando le piccole sopracciglia.
«No, ma ci siamo preoccupati di inviare un messaggio al Villaggio della Pioggia avvisandoli dell'accaduto.» rispose il jonin.
«Cosa puoi dirci riguardo alla ragazza?» domandò Shita.
«Purtroppo nulla che già non sappiate. Sono riuscito a rallentare l'effetto del veleno che l'avrebbe uccisa, ma è rimasta incosciente a lungo e quando ha ripreso i sensi non ricordava nulla dell'aggressione. Ho pensato fosse a causa del trauma subito e ho evitato di turbarla più del necessario con ulteriori domande.» spiegò Kankuro.
«A che punto la squadra si è divisa?» lo interrogò Kuchihige.
«Poco oltre il confine. Ho preso la decisione di proseguire da solo con lei. Sapevo che alla Sabbia qualsiasi tipo di veleno sarebbe stato trattato senza problemi, quindi ho deciso di rischiare un percorso più veloce per darle una possibilità di salvezza, lasciando che il resto della squadra tornasse sulla strada intrapresa nel viaggio d'andata sotto la guida di Iroyoi.» disse il ninja.
«Confermi quello che sostiene il tuo caposquadra?» chiese Senaka rivolgendosi al chunin che annuì energicamente: «Sì, signore.»
«Bene, se nessuno ha altro da aggiungere... mi pare opportuno concludere l'interrogatorio di Kankuro e procedere con quello della nostra ospite.» propose il nobile Atama. Senaka fece un cenno d'assenso e il Consiglio fu d'accordo.
«Grazie Kankuro, puoi andare.» lo congedò Gaara.
Il fratello maggiore lo fissò per un momento: «Venerabile Kazekage.» disse chinando il capo e riprendendo poi il posto occupato in precedenza accanto ad Iroyoi. Atama lo studiava imperturbabile e il jonin ricambiò l’occhiata cercando di non far trapelare i suoi dubbi e le sue perplessità. Si era aspettato da parte sua un attacco a proposito della divisione del gruppo, data la sua reazione iniziale, ma l'atteggiamento dell'uomo era mutato inaspettatamente e il Consiglio non aveva commentato la sua ultima dichiarazione. Forse non c'era stato bisogno di approfondire l'argomento proprio perché era stato largamente affrontato in principio, oppure Atama aveva preferito non perdere tempo per focalizzare l'attenzione generale su qualcosa di più importante e clamoroso. Kankuro stava maturando la convinzione che avesse un asso nella manica che avrebbe sfoderato a breve: qualcosa di cui lui era all'oscuro.
Il ninja seduto accanto alla ragazza le sorrise cordialmente e l'aiutò ad alzarsi, accompagnandola fino al centro della sala. Akisame tenne lo sguardo basso, evitando di incontrare quello del jonin, con il cuore che batteva nervoso e agitato nel petto. Si chiese quale fosse il comportamento più consono da adottare in quella situazione. Non si era mai trovata al cospetto di persone tanto importanti e non voleva fare cattiva impressione; sarebbe stata buona norma porgere i propri saluti a ciascun membro del Consiglio, eseguendo un inchino verso ognuno di loro. Questo però avrebbe comportato una posizione del corpo sbilanciata nei confronti degli altri e in particolar modo nei confronti del Capovillaggio che di fatto rappresentava la massima autorità. Per non urtare la sensibilità dei presenti decise di imitare la condotta di Kankuro, quindi, una volta sistematasi sul cuscino, si inchinò profondamente soltanto verso Gaara-sama dicendo: «I miei saluti al venerabile Kazekage del Villaggio della Sabbia e ai nobili membri del Consiglio.»
Sollevò poi lentamente la testa e non resistette alla tentazione di dare una fugace occhiata al volto del Capovillaggio che non aveva potuto osservare per via della posizione in cui si era trovata fino a poco prima. Sbirciò oltre le lunghe ciglia la figura che sedeva di fronte a lei e quasi la bocca non le si aprì per lo stupore: era il ragazzo più attraente che avesse mai visto in tutta la sua vita.
Il viso dai lineamenti gentili era affilato e perfetto, circondato da ciocche scompigliate di capelli cremisi che ricadevano morbide sul viso ricordando solo per il disordine e vagamente per il colore quelle del fratello più grande che possedeva una chioma ben più scura ed ispida. Le labbra delicate erano curvate in un sorriso malinconico e gli occhi, seppur cerchiati di nero, erano belli e magnetici, di un colore fra il verde e l'azzurro, e trasmettevano una tranquillità ed una saggezza che le apparve tanto antica quanto rassicurante. Il taglio sottile e breve di quelli di Kankuro era al confronto banale ed insignificante. I due fratelli conservavano quei tratti che ne identificavano il sangue comune e allo stesso tempo apparivano diversi nelle medesime caratteristiche; sembrava che un creatore inesperto si fosse solo impratichito con il primo al fine di raggiungere la perfezione unicamente nel momento di realizzare il secondo.
Akisame, imbarazzata per essersi permessa di incrociare lo sguardo con il Kazekage, chinò nuovamente e rispettosamente la testa e mantenne gli occhi puntati sulle proprie ginocchia quando la rialzò.
Mentre il nobile Senaka annunciava l'inizio della nuova deposizione, Kankuro la osservò compiere quel movimento lento e ricco di grazia, evidente risultato di un atteggiamento composto, di una posa equilibrata e di gesti armoniosi a cui doveva certamente essere stata educata. Nulla di tutto questo era mai emerso durante la traversata del deserto che avevano compiuto insieme; Akisame gli aveva affidato la propria vita ed egli si era preso cura di lei rischiando di morire pur di non tradirne la fiducia. Eppure, nonostante l'avesse stretta a sé nei momenti più ardui e difficili, ritrovandosi più vicino a lei che a qualsiasi altra donna prima di allora, non sapeva nulla di quella ragazza che adesso gli appariva distante come una sconosciuta.
«Chi sei e da dove provieni?» chiese non appena gli fu possibile Kuchihige, pronto a trascrivere ogni cosa.
«Il mio nome è Akisame e vengo da Amajitaku.», la sua voce era lieve.
«Il tuo villaggio ormai è solo un cumulo di cenere.» puntualizzò Atama, «Cosa puoi dirci di questo?»
L'interrogata rimase in silenzio in evidente difficoltà; non si era aspettata una domanda simile quanto piuttosto una ricerca di conferme sulla versione del viaggio data dai ninja della squadra che l'aveva tratta in salvo. L'attacco era stato improvviso e immotivato e non sapeva cosa poter dire.
«Non saprei...» disse incerta, «Io non... Non ricordo.»
«Non ricordi?! Ti stai prendendo gioco di questo Consiglio?!» saltò su Mayuge come se fosse stato punto da una vespa.
Il nobile Hitai, uno dei più anziani, prese per la prima volta la parola dall'inizio dell'udienza e, con la voce roca di un vecchio professore inasprito, spiegò: «Non avete sentito quello che ha detto Kankuro poco fa? La ragazza è stata soggetta ad una forte emozione e non ricorda nulla. Non è raro in questi casi riscontrare una perdita temporanea della memoria.»
Detto questo l'uomo non aggiunse altro e seguì qualche attimo di silenzio.
«Per quale ragione il tuo villaggio è stato raso al suolo? Hai idea del possibile motivo?» si ripropose il nobile Atama senza preoccuparsi di celare la propria impazienza.
«No, non so cosa... potrebbe...»
La frase di Akisame morì in un sussurro e Kankuro iniziò ad inquietarsi a causa del trattamento che le veniva riservato; senza dubbio non aveva mai sostenuto una situazione analoga e non era preparata ad affrontare dieci membri del Consiglio della Sabbia pronti a torturarla pur di ottenere l'informazione desiderata.
«Ci sono stati in passato episodi simili?» chiese con più gentilezza Onaka.
«Oppure che abbiano lasciato presagire quanto è accaduto?» specificò Shita cercando di favorire la risposta, ma di fatto assalendo la povera ragazza che scosse la testa.
«No, nulla del genere.»
«A quale delle due domante hai risposto?» chiese il nobile Mayuge che Atama spalleggiò immediatamente: «Non possiamo sostenere un interrogatorio esaustivo se non collabori, ragazza!»
«Se la lasciaste parlare con calma, forse potrebbe anche rispondervi! La state trattando come se fosse sotto accusa!»
La voce di Kankuro si era levata al di sopra delle altre e sorprese lo stesso ninja per l'impeto improvviso con cui aveva esordito. Lo stupore generale per quell'intromissione inaspettata e sicuramente oltre le norme aveva ammutolito tutti e fatto scivolare fin sulla punta del naso gli occhiali del nobile Kuchihige che minacciavano di cadere sul pavimento da un momento all'altro. Il jonin sapeva esattamente quale sarebbe stato il risultato della sua azione e prima di essere richiamato per l'ennesima volta all'ordine, beneficiò del momento di confusione e aggiunse: «Non siamo ad un processo! L'accanimento che state dimostrando è fuori luogo.»
«La tua impertinenza è fuori luogo! Chi credi di essere per permetterti di riprendere il comportamento dei membri di questo Consiglio!?» lo ammonì Atama, il quale aveva tutta l'aria di non essere tanto adirato quanto contento per quell'intervento.
«Un'altra mancanza di rispetto e mi vedrò costretto a chiederti di abbandonare la Sala delle Udienze, Kankuro.» disse gravemente Senaka, ma questa volta il ragazzo non si scusò ed Iroyoi lo guardò preoccupato.
La testa di Akisame girava vorticosamente ed ella aveva capito ben poco di quello che era appena accaduto. Si guardava intorno come un timido animale indifeso sul quale gravava la consapevolezza della colpa della propria inettitudine e dei problemi in cui aveva trascinato il giovane ninja.
Gaara rimase in silenzio, pregando che il fratello riuscisse a placare la sua indole. Non poteva più intercedere per lui o il Consiglio lo avrebbe accusato di favoritismo ed estromesso Kankuro dai suoi compiti; quindi, per il bene di entrambi, doveva tacere.
Anche Baki non si era schierato dalla parte dell'allievo, intuendo che Atama nascondesse qualcosa.
«In effetti...» esordì pensieroso il maestro, «...la ragazza può avere dei problemi nel sostenere un interrogatorio di questo tipo. Se trattassimo in questo modo tutti gli ospiti in visita al nostro Villaggio...»
Atama ridacchiò, come se avesse appena ascoltato la storiella di un bambino: «Nobile Baki!» lo interruppe, «La vostra ingenuità in questo frangente mi sbalordisce!»
«C'è da considerare la probabilità che questa ragazza non sia sopravvissuta per puro caso.» esplicitò Mayuge.
«Esatto. Potrebbe essere una spia.» suggerì Shita.
«Un infiltrato dell'organizzazione Alba ad esempio!» disse il nobile Tebuki.
«Alba?» esclamò Hoo, «Cosa possono volere ancora? Hanno già preso dalla Sabbia ciò che cercavano!»
Gaara si irrigidì e il viso divenne una maschera senza espressione.
«Non sono una spia.» tentò di difendersi Akisame, ma il volume della sua voce era così incerto che nessuno le badò.
«I fatti riguardanti Amajitaku potrebbero essere stati progettati con il solo scopo di portare qui questa intrusa.» sibilò Shita.
«Come avrebbero fatto a sapere che una nostra squadra avrebbe avvistato l'incendio e che sarebbe intervenuta? La ragazza sarebbe morta se Kankuro non fosse stato in grado di preparare un palliativo al veleno!» disse Baki.
«Queste sono solo supposizioni. Il vero problema è che non siamo sicuri di nulla. Kankuro non ha riportato dati sufficienti e tutti noi vaghiamo nel dubbio.» chiarì Senaka.
«Ciò non toglie che ella non sappia o non voglia rispondere alle nostre domande.» concluse Kuchihige osservando sconsolato il suo taccuino.
Il nobile Atama si accarezzò l'ispida barbetta da capra e lasciò che per qualche istante il Consiglio vagasse alla ricerca di una soluzione, poi incurvò il solito sopracciglio e si preparò a rivelare con la logica della ragione quello di cui era a conoscenza.
«Signori, è ovvio che la giovane di fronte a noi non risponda.» disse con tranquillità.
«Cosa intendete dire?» si informò Onaka sistemandosi sul proprio guanciale.
«Intendo dire che...» disse mentre si alzava dal proprio posto e tutti lo guardavano con avida curiosità, «Voi permettete, vero, Gaara-sama?» domandò, chiedendo al Kazekage il permesso di spostarsi anche se l'aveva già fatto.
«Prego.» concesse il Capovillaggio, «Cosa volete dimostrare, nobile Atama?»
«Sto soltanto giustificando la ragazza.» confessò lezioso e nel farlo si avvicinò ad Akisame mettendole una mano sulla spalla destra; lei si voltò un poco e lo scrutò.
«La soluzione del mistero è palese ed ora, a meno che io non sia in errore, comprenderete voi stessi il perché.»
Iroyoi si accorse del nervosismo di Kankuro che fissava l'uomo con astio; lo afferrò per un gomito, ma ciò non produsse alcun effetto che lo inducesse a calmarsi.
D'improvviso, Atama prese bruscamente il braccio di Akisame facendola gridare per il dolore e strappò con violenza la manica del suo vestito mostrando ai presenti ciò che si celava sotto di essa. La reazione del jonin fu immediata: scattò in piedi e serrò le dita sul polso del membro del Consiglio.
«Che diavolo stai facendo?! Lasciala.» lo minacciò, mentre l'intera sala ammutoliva sconcertata.
«Kankuro!» lo chiamò Gaara, la cui voce tradì in parte la propria preoccupazione per il fratello, ma questi non si mosse.
Sul volto compiaciuto di Atama comparve un sorriso maligno; avvicinò le labbra all'orecchio del ragazzo e approfittando del disordine per non essere udito da altri, sussurrò: «Complimenti, hai rischiato la tua vita, quella dei tuoi compagni, la buona riuscita della missione e la sicurezza del Villaggio per salvare un'inutile sgualdrina.»
Kankuro, preso alla sprovvista da quella affermazione, allentò la presa quel tanto che bastava perché Atama si liberasse con uno strattone.
«Di che diavolo parli?» chiese, ignaro della situazione, ma l'uomo non lo ascoltò.
«Kankuro, non te lo dirò una terza volta: torna al tuo posto.» gli ordinò Gaara, imperativo.
Atama si voltò a fissarlo; erano ancora abbastanza vicini affinché soltanto il jonin potesse sentirlo: «Hai fatto la cosa sbagliata, ragazzino. Così come tuo fratello che non è in grado di adempiere al suo compito, così come tuo padre prima di lui.»
Gli occhi del ninja divennero due carboni ardenti e l'istinto gli suggerì di procurare a quell'uomo quanto più dolore possibile, ma Iroyoi si parò fra i due prima che l'ira del ninja prendesse corpo.
«Siediti... ti prego.» lo implorò a fatica, «Ti scongiuro, Kankuro... siediti.»; l'amico, riluttante ed impotente, si lasciò condurre sul proprio cuscino.
Il dialogo era stato talmente veloce e segreto che i membri del Consiglio non se ne erano minimamente preoccupati, rapiti da ciò che era stato loro mostrato: il tatuaggio sul braccio della giovane Akisame.
Atama si schiarì la voce: «Cosa può saperne di politica... una prostituta?!»
L'inevitabile borbottio che proruppe trascinò con sé lo sconvolgimento della geisha che tentò di divincolarsi dalla presa dell'uomo che ancora la tratteneva per il braccio. Cercò di voltarsi e raggiungere Kankuro.
«Non sono una prostituta! Non lo sono! Sono una geisha! Una geisha...» strillò indignata e disperata per quello che il ragazzo potesse pensare di lei. Quando riuscì ad incontrare il suo sguardo lo trovò smarrito e turbato. Sentì distintamente, oltre il clamore, il filo sottile che teneva unite le loro anime spezzarsi con un suono netto ed elastico; perse le forze, annientata, consapevole del baratro che si era appena aperto fra lei e il suo salvatore. Atama la lasciò andare quasi con disgusto ed ella si abbandonò allo sconforto come la bambola priva di vita a cui Kankuro l'aveva paragonata in passato, come se fosse una delle sue marionette.
I commenti dei presenti si fecero sempre più intensi e il volume crebbe come quello di un fiume in prossimità di una cascata.
Atama assestò il colpo decisivo: «Venerabile Kazekage, vostro fratello ha compiuto un atto di profonda offesa verso l'integrità di questo Villaggio!»
Le allodole del deserto volarono via, intimidite.







FINE UNDICESIMO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Questo capitolo mi ha portato via un sacco di tempo e di energie, ma spero che bilanci il precedente. Ho riscritto varie parti diverse volte e alcune ancora non mi soddisfano. Chiedo scusa a tutti se la presentazione è imperfetta e sono presenti a volte delle ripetizioni o delle espressioni troppo ridondanti. Dopo alcune delle frasi che ho scritto in questa parte credo fermamente di poter andare a scrivere Harmony o roba del genere.
Grazie a chi commenta, qui o in privato, e a chi ha messo fra i favoriti o le seguite questa storia; sono sempre aperta e disponibile ad ascoltare le vostre opinioni e leggere le recensioni mi solleva il morale quando ho un calo di ispirazione e mi rende molto felice.
Vi lascio con qualche nota curiosa. Gli uccelli citati in questo capitolo solo le Allodole o Lodole del deserto, dei passeriformi di circa 15 centimetri che vivino principalmente in Africa e in medio Oriente. Il piumaggio può essere più o meno scuro secondo il colore della sabbia dei diversi deserti in modo da mimetizzarsi. Il nome scientifico è Ammomanes deserti e se volete saperne di più e vedere una foto del pennuto, cercate "Desert Lark" (nome inglese) su google o su wikipedia inglese; purtroppo in quella italiana non c'è una pagina dedicata.



Risposte alle recensioni:

x Myluna91: ciao! Figurati, anche se la tua fosse stata una critica l'avrei presa più che bene, penso che i commenti negativi, se motivati e intelligenti, siano molto utili. Infatti hai perfettamente ragione, il capitolo precedente è stato molto meno avvincente di altri. Mi è servito soprattutto per "disporre le pedine" della mia scacchiera e definire le varie relazioni fra alcuni personaggi. Quindi non è di certo un tripudio di vivacità. Inoltre ho dovuto interromperlo proprio quando l'udienza stava per cominciare non potendo farlo a metà come in questo caso. Questo nuovo capitolo infatti è molto lungo e ricco di dialogo. Spero ti piaccia. Sì, la Sala delle Udienze l'ho pensata nel dettaglio e l'ho anche disegnata per avere uno schizzo di riferimento, così come ho fatto per altri dei luoghi che mi sono inventata per questa storia. Tora ha confidato all'amica quello che ha scoperto su Akisame e Yasumi non ha resistito alla tentazione di dirlo a Me-san... e sappiamo quanto questo ninja sia poco propenso a tenere le informazioni solo per sé, quindi hai azzeccato la previsione. ^_^ Apetto la tua opinione. Baci.
x slice: ciao a grazie del commento^^. Ci vorrebbe proprio una bella sventagliata di Temari per far volare via Atama e compagnia bella! XDD Sì, forse è un po' esegerato tutto quello spazio per la descrizione della Sala, ma siccome ho perso del tempo a disegnarla ci tenevo a far capire esattamente come era fatta; mi fa piacere che ti sia comunque piaciuto. Cerco sempre di differendiare i personaggi cambiando il loro atteggiamento da una persona all'altra se ci riesco. Credo sia naturale per tutti noi dato che non abbiamo mai lo stesso comportamento con tutti coloro che ci circondano e oltretutto non è una invenzione mia. In sociologia è la "teoria delle maschere" o dei ruoli, o qualcosa di simile. In poche parole tutti noi portiamo una maschera, cioè assumiamo un ruolo come un attore sul palco. Quando siamo coi nostri genitori abbiamo il ruolo di figli, con gli amici di amici e così via. Marcare questa cosa mi aiuta a definire non solo il personaggio che agisce ma anche gli altri, creando così una sorta di mappa delle relazioni. Tutta la spiegazione scivola nell'insignificanza se dico che mi diverto solo molto a falo? XD Ovviamente puoi chiedermi tutto quello che vuoi, non c'è problema; sono una sostenitrice del dialogo e dello scambio di opinioni, anche se contrastanti. Il paragone Kankuro-papà e Iroyoi-mamma è stato spontaneo... il ché la dice lunga su quanti problemi mentali io abbia! XDD Grazie, sei sempre gentilissima! Un abbraccio!
x Valery_Ivanov: ciao e grazie della recensione. Spero che questa udienza ti stia facendo cambiare idea sulle udienze in generale! ^_^ Certo è lunga, ma spero sia interessante e coinvolgente... sicuramente è movimentata e spero che tu non sia caduta fra le braccia di Morfeo leggendola! Fammi sapere. Bacio!

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Capitolo 12
*** Denti e artigli di un giovane leone ***


PIOGGIA NEL DESERTO

di SimmyLu



Capitolo Dodicesimo: Denti e artigli di un giovane leone



«Venerabile Kazekage, vostro fratello ha compiuto un atto di profonda offesa verso l'integrità di questo Villaggio!»
Gaara, che fino a quel momento aveva sopportato con una condotta conciliante e pacifica le insinuazioni di Atama, non riuscì ad arginare entro il confine del rispetto l'onda improvvida della collera scaturita da quell'ultima affermazione, arrivata alle sue orecchie con la violenza di una bruciante frustata. Non poteva sopportare che Kankuro venisse ingiustamente accusato di aver oltraggiato la Sabbia. Quando parlò la sua voce era forte, severa ed aspra, come se provenisse dalla parte più profonda e selvaggia di lui, un lato oscuro che aveva avuto modo di conoscere appieno e di dominare con tenacia.
«Mio fratello ha salvato la vita di un'innocente da uno sterminio, nobile Atama! In che modo il suo coraggio insulta la nostra morale?»
La Sala delle Udienze sembrò rimpicciolire nel breve e imbarazzato silenzio che seguì e gli occhi fiammeggianti d'azzurro del Kazekage attendevano trepidanti che le labbra del suo interlocutore osassero formulare una risposta.
Il membro del Consiglio, ancora accanto alla ragazza, non si mosse e ricambiò lo sguardo con divertimento; il suo sorriso non si era piegato di fronte alla presa di posizione del Capovillaggio e nei pensieri di Gaara si insinuò il dubbio di aver fatto un passo falso.
«Nobile Atama...» intervenne con calma Senaka, «...il nostro Kazekage è troppo giovane per conoscere o ricordare fatti e leggi promulgate tanti anni addietro.»
Gaara sentì mancare il pavimento sotto di sé; si vergognò di essere stato tanto ingenuo da scivolare così facilmente nel tranello. Quell'uomo era riuscito a trascinarlo nell'unica trappola in cui sarebbe potuto cadere, quella che si fondava sulla sua età e di conseguenza sulla sua inesperienza.
«Avete ragione, nobile Senaka.» ammise Atama dimostrando nel tono controllato il proprio studiato rammarico, «Dimenticavo gli svantaggi dell'avere una guida adolescente e poco consapevole.» aggiunse chinando il capo e riprendendo il proprio posto fra gli altri membri del Consiglio i quali, scambiandosi sguardi e commenti, apparivano come dei bambini a cui è stato finalmente concesso il giocattolo desiderato; i loro occhi fremevano e luccicavano di curiosità.
Diversamente, il volto di Kankuro era una maschera contratta dall'ira e dall'insofferenza; il sollievo e il sentimento, che avevano acceso il lui una luce leggera e calda attraverso le parole di Gaara, si erano trasformarti in una rabbia silente e pesante, come un nucleo dalla dura gravità che si fosse instaurato all'interno del suo corpo.
Fissò Akisame come per carpirne i segreti più profondi. Pallida e stanca, pareva il guscio vuoto di un corpo trascinato dalla corrente degli eventi. La immaginò, allegra e leggera, intrattenere lascivamente un uomo e il solo pensiero lo infastidì fino alla nausea, ma non fu capace di ammettere a se stesso quanto inconsciamente si sentisse tradito, come se fosse stato contagiato per contatto da un morbo epidemico. Deglutì, seguendo gli irritanti movimenti di Atama che con lentezza tornava a sedersi e, per evitare di vedere ancora il suo ghigno furbo e saccente, si voltò per guardare il fratello minore, condividendo il suo turbamento.
Il Kazekage aveva abbassato lo sguardo, furioso per la propria ingenua e pericolosa mancanza di conoscenza. Sarebbe sempre rimasto in una posizione di svantaggio rispetto ai consiglieri per via dei suoi giovani anni. Facevano parte di generazioni diverse ed egli non poteva in alcun modo recuperare la distanza che lo separava da loro sulla linea temporale. Lo studio, a cui si dedicava con impegno e dedizione, aveva in parte lenito alla gravità delle sue lacune, ma sui libri non avrebbe mai imparato quello che solo la memoria di una vita vissuta e ricca di esperienze gli avrebbe donato.
Fu inevitabilmente costretto ad ingoiare l'amaro boccone per mettere da parte l'orgoglio e ammettere come una colpa quello che non poteva esserlo.
«Nobile Senaka, perdonate la mia ignoranza.» disse umilmente, «A quale legge vi riferite?»
Senaka si toccò mento: «Se non ricordo male fu il terzo kazekage a...»
«No, vi sbagliate, fu il secondo.» lo interruppe Kuchihige, che precisò ulteriormente: «Il secondo promulgò la legge e il terzo l'emendamento.»
«Giusto.» riprese l'assistente personale, «Come dicevo, il secondo kage decise di illegalizzare la pratica della prostituzione che minacciava di nuocere gravemente alle sorti del Villaggio. In quegli anni infatti era in atto una crisi economica che aveva coinvolto tutto il Paese del Vento e come si può facilmente intuire c'era un...»
«Nobile Senaka...» lo frenò Atama bonariamente, «...conosciamo la vostra passione per la storia legislativa e sappiamo per questo quanto sia stata saggia la scelta del Capovillaggio nell'eleggervi suo primo consigliere, ma credo sarebbe meglio rimandare la lezione ed arrivare al punto... se non altro in favore dei ragazzi presenti.»
Molti dei membri del Consiglio fecero fatica a contenere le risate, ma Gaara non trovò nulla di spiritoso per cui poter fare altrettanto. Atama, mettendo in ridicolo la tendenza dell’anziano di allungare troppo i suoi discorsi, aveva in realtà trovato nuovamente il modo per sottolineare lo scarto d'età che intercorreva fra lui e la altre autorità. Il Kazekage non si scompose e chiese a Senaka di proseguire.
«Dunque, dove ero rimasto?» indugiò, «Ah, certo. Il terzo kage estese il divieto a qualsiasi forma di prostituzione e al gioco d'azzardo, poi ricordo che...»
«Ecco perché la sola presenza di una prostituta in questo Villaggio è un affronto alle leggi, alla morale e alla memoria dei nostri kazekage.» tagliò corto Atama togliendo la parola a Senaka in modo impaziente e poco rispettoso.
«La ragazza sostiene di essere una geisha, credo ci sia una certa differenza.» disse Gaara.
«Secondo la legge no.» sostenne lapidario Mayuge le cui folte sopracciglia si sollevarono appena a disegnare un'espressione comprensiva che non riusciva a nascondere il senso di superiorità che il sorriso accentuava.
«Bisogna considerare che non si tratta della stessa cosa, in effetti.» puntualizzò Kuchihige gesticolando con la propria penna e trascurando per il momento i preziosi appunti.
«Non siamo qui per discutere di questo.» si innervosì Shita contraendo la larga bocca.
«Certo, ma un chiarimento mi sarebbe utile perché non so molto sull'argomento. Non vorrei farmi un'idea sbagliata e prendere una decisione erronea.» considerò Gaara.
Kankuro si compiacque: suo fratello stava imponendo la propria volontà con intelligenza, sfruttando il suo punto debole.
«Differentemente da una normale prostituta, una geisha viene istruita fin da bambina in varie arti: la musica, il canto, la danza... che usa per intrattenere gli uomini in cambio di un compenso stabilito indipendentemente dalle sue prestazioni.» spiegò Senaka.
«Non capisco. Una geisha non si concede ai propri clienti?» chiese Gaara; in realtà il Capovillaggio sapeva ben più di quello che stava lasciando intendere, ma aveva il preciso intento di guidare la discussione su un percorso determinante.
«A dire il vero sì, venerabile Kazekage, ma non a tutti i clienti... o meglio, questo dipende dal livello della geisha.» rispose Hoo che, rigido sul suo cuscino, sembrava molto in imbarazzo.
«Mi state confondendo, nobile Hoo.» confessò Gaara.
«Quello che intende dire è che non tutte le geishe sono sullo stesso piano. Alcune hanno più successo e sono più famose di altre... come i ninja, per fare un esempio.» illustrò Senaka, «Un jonin molto bravo è molto richiesto per gli incarichi importanti, ma il compenso che gli spetta è molto più alto di quello di un semplice genin che è costretto, per guadagnare la stessa cifra, a svolgere molte missioni di grado inferiore, che per un jonin non verrebbero prese neanche in considerazione. Quindi una geisha di basso livello per sopravvivere può essere costretta a fare qualcosa in più... Per una di alto livello sarebbe scandaloso e, anzi, la soddisfazione di tale desiderio richiede un accordo valido per un lungo periodo di tempo e una cospicua disponibilità economica. Questo rende l'uomo il danna della geisha, ovvero un protettore a cui viene concesso ciò che ad altri è negato.»
«Ora comprendo, vi ringrazio.» asserì il Kazekage, «Ma ho ancora una domanda e riguarda il tatuaggio che la ragazza porta sulla spalla. Prostitute e geishe vengono marchiate per essere riconosciute?»
«Sì.» rivelò Atama, impaziente di riconquistare l'attenzione per ciò che aveva mostrato al resto del Consiglio, «Questa pratica si adottava per le prostitute. Ormai è in disuso. Nel caso di una geisha ha tutt'altro significato.»
«Quale sarebbe?»
«Il discorso in questo caso si fa complicato. Il tatuaggio sta ad indicare che la ragazza è stata comprata. È assai raro e solo un uomo che disponga di molto denaro può permetterselo.»
«Spiegatevi meglio. Mi state dicendo che è stata venduta come un animale?»
Gaara pronunciò le ultime parole conferendo loro volutamente un peso significativo. Quel particolare era per lui una barbarie, tanto più applicato ad una figura così gracile e delicata come quella di Akisame.
Ella aveva chinato il capo ed era rimasta immobile; i discorsi rimbombavano ovattati nelle sue orecchie. Il senso di impotenza e il dolore fisico la stavano rendendo insensibile a quello che la circondava. Sollevò lentamente una mano portandosela al collo per cercare il piccolo pendente sotto il vestito.
«Non esattamente. Un uomo che decide di rendere una geisha di sua proprietà non le impedisce di continuare la sua normale attività o di avere, in casi straordinari, altri danna. Diversamente dagli altri però ha potere decisionale, ciò vuol dire che la sua vita gli appartiene.» chiarì Senaka.
«La sostanza in ogni caso non cambia, signori.» recitò Atama, «Siamo di fronte ad una prostituta e la sua presenza offende il buon nome del nostro amato Villaggio!»
«Nobile Atama.» disse il Kazekage, «Volete farmi credere che, anche se illegalmente, non ci sono donne di facili costumi qui così come in tutto il resto del Paese? Dovremmo scovarle tutte e bandirle dalla Sabbia, secondo il vostro punto di vista.»
Gaara non aveva intenzione di suscitare l'ilarità dei presenti, ma i membri del Consiglio interpretarono quella domanda come una battuta e fu la volta del ragazzo di strappar loro una risata. Atama non gradì affatto quell'inaspettato intervento che lo dipingeva come un ingenuo, ma a sua volta sorrise, convinto di poter facilmente riportare la situazione a suo vantaggio.
L'udienza si era trasformata in uno scontro in cui ogni piccola mossa poteva capovolgere l'esito finale e ribaltare il risultato a beneficio di uno o dell'altro contendente. Gli unici, veri antagonisti erano Atama e il giovane Kazekage; chi fosse riuscito a dominare l'opinione dei consiglieri avrebbe detenuto il reale comando del Villaggio.
«Anche i ladri seguitano nei furti nonostante ci siano leggi che perseguono chi commette questo reato.» replicò Atama, «L'esistenza di una pratica punibile non la giustifica. Non è accettabile che una prostituta sia formalmente accolta in questo Paese.»
«Quindi, seguendo un giudizio arbitrario, possiamo decidere cosa sia ammissibile e cosa non può esserlo? L'orientamento morale varia da cultura a cultura. Quale crimine ha commesso questa ragazza, per me più una schiava che una cortigiana, per non meritare la nostra protezione?» esclamò Gaara, portando la discussione ad un punto cruciale.
«Nessuno, ovviamente.» rispose con calma l'uomo, cercando con lo sguardo l'approvazione degli altri membri del Consiglio, «Ma, come voi stesso affermate, venerabile Kazekage, la morale e la decenza sono relative e si dà il caso che la permanenza di questa donna nel Villaggio rappresenti una trasgressione ai sani principi del Paese del Vento.»
«Tutti gli abitanti di Amajitaku sono stati barbaramente uccisi e i responsabili probabilmente non attendono altro che concludere il lavoro togliendo di mezzo l'unica sopravvissuta.» sottolineò Gaara.
«Non sappiamo ancora chi siano gli assassini e se espelliamo la ragazza non lo sapremo mai.» lo appoggiò il maestro Baki.
«Metteremmo in pericolo il nostro stesso Villaggio!» si allarmò Tebuki.
«Propongo che venga allontanata ed esiliata!» si impose Atama, alzando la voce per sovrastare i colleghi e impedire loro di allontanarsi dalla propria visione dei fatti.
«Per voi è accettabile lasciare che la ragazza muoia per rispettare l'etica? Perché è quello che accadrà se non le concediamo asilo e ci rifiutiamo di accoglierla. Non lasciatemi supporre che sia stata utile solo nel momento in cui poteva fornirci delle informazioni e adesso che rappresenta un problema siete pronti a sbarazzarvene.» dichiarò Gaara con amarezza, poi, dopo una breve pausa, aggiunse sommessamente: «Vi siete comportati nello stesso modo... con un bambino che ospitava un demone. Vi siete sbagliati una volta, non fatelo ancora.»
«Ha ragione.» rifletté brevemente il nobile Hitai.
«Dobbiamo aspettare che recuperi la memoria.» suggerì Hoo.
«Venerabile Kazekage, c'è una soluzione molto semplice. Se la ragazza appartiene ad un uomo basterà rintracciarlo e far sì che i due si ricongiungano. In questo modo rispetteremo la nostra posizione e allo stesso tempo le tradizioni del Paese della Pioggia.» disse Onaka.
Atama si illuminò, trionfante. La situazione si stava risolvendo in maniera inaspettata in suo favore; lanciò un'occhiata al Capovillaggio e non gli fu difficile leggere sul suo volto l'insoddisfazione e la preoccupazione.
«A questo non avevo pensato, è un'ottima idea.» approvò.
«Risolverebbe ogni cosa.» annuì Kuchihige sistemandosi gli occhiali sul naso.
«Siete molto saggio, nobile Onaka.» si complimentò Tebuki.
Mayuge però non parve soddisfatto e, dopo un colpo di tosse, disse: «Io mi domando ancora come abbia fatto Kankuro… a non accorgersi del tatuaggio.»
«Senza dubbio è stata una grave mancanza.» intervenne immediatamente Shita.
Chiamato in causa, il jonin si infuriò, rischiando per l'ennesima volta un richiamo: «Me ne sono accorto eccome, ma non essendo un simbolo distintivo di un clan non me ne sono preoccupato. Non avrei dovuto salvarla perché è una prostituta?»
La domanda riecheggiò nella sua mente; saperlo non avrebbe cambiato le sue azioni passate, ma essere cosciente che l'opinione che aveva di lei fosse cambiata lo metteva a disagio. Si rese conto di non essere troppo diverso dai perbenisti e bigotti membri del Consiglio della Sabbia.
«Il fatto che tu ritenga una cosa irrilevante non significa che lo sia!» lo schernì Atama.
«Signori, vi prego di fare silenzio!» intimò Senaka, «Chiediamo alla ragazza chi sia quest'uomo e dove sia possibile trovarlo.»
«Hai sentito? Rispondi.» la incalzò Shita.
La voce di Akisame era sottile e debole; pareva provenire da un luogo lontano e solitario, privo di emozioni: «Il mio danna, il nobile Fuyuba, era in visita ad Amajitaku nel giorno dell'incendio. Se sono l'unica sopravvissuta, così come è stato detto, allora... anch'egli è morto.»
Le inevitabili repliche non tardarono a farsi sentire.
«Le coincidenze sono un po’ troppe!» disse velenosamente Mayuge.
«Non saltiamo troppo in fretta alle conclusioni.» suggerì Onaka, nel tentativo infruttuoso di calmare i consiglieri.
«Forse è davvero una spia!» disse il nobile Tebuki.
«Io ho una domanda.» li interruppe Baki, che nel frattempo aveva avuto modo di riordinare le idee. La sicurezza di Atama lo aveva insospettito e si era ricordato di averlo visto in compagnia di Tora, uno dei medici dell'ospedale. Durante una visita, poteva essersi accorta del tatuaggio ed essere corsa a riferirlo a quell’uomo per trarne qualche vantaggio. Era di conseguenza plausibile che anche altri ne fossero a conoscenza. Ciò significava che il codice porpora era stato violato e chiunque, amico o nemico, avrebbe potuto essere messo a parte di importanti e pericolosi dettagli. Sfortunatamente le sue erano soltanto supposizioni e non aveva prove per dimostrarle.
«Dite, maestro. Qualcosa non vi convince?» chiese con ironia Atama, sentendosi padrone della situazione; il sopracciglio era tornato a sovrastare la sua espressione scettica.
«Come facevate a sapere che questa ragazza fosse una geisha? Il tatuaggio non era visibile sotto la manica del vestito, eppure, quando lo avete mostrato, siete sembrato certo di...»
«Che sciocchezze, Baki!» rise nervosamente l'uomo, torturandosi l'ispida barbetta caprina, «Ho solo usato un briciolo di logica. Basta guardarla. Le sue mani sono bianche e curate, non ricoperte di macchie e calli come quelle di una contadina! I capelli sono molto lunghi, l’aspetto grazioso e il portamento elegante. Considerando la provenienza da Amajitaku, nota per i quartieri di piacere… Ci sarebbe arrivato anche un bambino!»
Baki non replicò, limitandosi a fissarlo in maniera più che eloquente; Atama fece finta di nulla.
«Non siamo ancora giunti ad una decisione, visto che la proposta del nobile Onaka non può essere presa in considerazione, dobbiamo pensare a come risolvere il dilemma.» riassunse Senaka, le cui parole vennero seguite dall'ormai familiare borbottio.
Akisame strinse fra le dita il ciondolo che portava al collo, cercando di scacciare il dolore che attanagliava il suo corpo e l'umiliazione a cui era stata sottoposta. Aveva capito quanto fossero restrittive e parzialmente ipocrite le regole che governavano i meccanismi del ragionamento degli uomini che le sedevano accanto. Sapeva che non l’avrebbero mai accettata per quello che era e rappresentava e percepì il suo essere in vita una colpa ancora maggiore. Non voleva che altri fossero biasimati o puniti per causa sua. L'unico modo per recuperare il rispetto e la fiducia del Consiglio per il ninja che l'aveva salvata era far appello ai dettami della tradizione, ad usanze secolari a cui nessuno avrebbe potuto opporsi.
Si prostrò a terra, respirando a fatica.
«Signori! Nobili signori... vi prego, ascoltatemi.» disse, conquistando l'attenzione generale, «Vi sto causando tanti problemi. Sono mortificata... e imploro la vostra indulgenza. Permettetemi... vi supplico, permettetemi di porre rimedio.»
Atama roteò gli occhi su tutta la sala: «Cosa vuoi dire, ragazza?»
«Ti ascoltiamo, parla pure.» concesse Gaara in modo che l'uomo non si prendesse la libertà di soggiungere altro.
«Sono in debito con il nobile Kankuro.» continuò Akisame, «Egli... ha rischiato la sua vita per la mia e non voglio che le mie colpe ricadano su di lui.»
«Tu non hai alcuna colpa... Akisame-san.» la corresse affabilmente il Kazekage.
La geisha sollevò lo sguardo incontrando i suoi occhi dal colore insolito e intenso che le infusero quel poco di coraggio di cui aveva ancora bisogno.
«Concedetemi di... adempiere ai miei doveri. Una delle più antiche leggi delle Cinque Grandi Terre Ninja sostiene che… colui al quale viene salvata la vita è in debito con il suo salvatore... per il resto dei suoi giorni. Quindi, vi prego... permettetemi di servire il nobile Kankuro. Di servirlo fino alla morte, se necessario.»
Gaara sollevò le palpebre quel poco che bastava per rendere la sua espressione stupita, mentre il silenzio avvolgeva col suo inconsistente peso la Sala delle Udienze. I membri del Consiglio, sbalorditi da quella richiesta inaspettata e sconcertante, parvero bianche statue fermate dal tempo.
A rompere per primo questa immobilità fu proprio Kankuro che, come era solito fare in stato di agitazione, posò la voce sulle note più alte e stridule di cui era capace: «Che cosa?!», fu tutto ciò che riuscì a sillabare. Quel suono sgradevole fu come il via per una gara. Quello che seguì non fu il solito tenue mormorio di commenti dei consiglieri, ma un susseguirsi frenetico di opinioni espresse con quanto più fiato essi avessero a disposizione. Il volume era così alto da far concorrenza a quello di un affollatissimo mercato in cui ogni venditore sostiene di avere in esposizione la merce migliore.
«È inaudito!»
«Ella ignora la gravità di quello che dice.»
«Una prostituta nella casa del Capovillaggio!»
«Ha fatto appello a norme valide in tutte le Terre. Non è possibile non considerare la proposta.»
«Non siamo obbligati ad accettare!»
Ognuno di loro, salvo il nobile Hitai che mantenne una muta compostezza, cercava di sostenere con foga la propria posizione e quando sembrò che non ci fosse modo di arrestare quell’infernale baccano, il Kazekage ruggì come un giovane leone che debba zittire un branco di iene fameliche che si litigano un misero pasto.
«Adesso basta!» urlò un fermezza alzandosi e fissandoli con astio.
«Venerabile Gaara-sama...» disse con cautela Senaka, «Dovete capire che...»
«Pausa di quindici minuti.» ordinò il ragazzo, ignorando il proprio assistente; il tono era duro e tagliente: non ammetteva repliche.
Scese dal palco di legno, diretto verso la piccola porta dalla quale era entrato in precedenza.
«Kankuro!» chiamò, con la stessa brusca severità.
Il fratello scattò in piedi e lo scortò chiudendo la porta alle loro spalle.





FINE DODICESIMO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Ringrazio come sempre le persone che mi seguono e in particolar modo quelle che commentano e mi fanno sapere di volta in volta quello che pensano dei miei capitoli. Sono sempre felice di ricevere le vostre opinioni e le vostre critiche.
Faccio solo una breve precisazione su quello che ho scritto in questa parte e alla nota del primo capitolo; infatti, come si può capire, tutta la storia relativa ai tatuaggi è una mia invenzione e non ha nulla a che fare con la realtà del mondo delle geishe.


Risposte alle recensioni:

x slice: Ciao! Guarda, qualcuno mi serve ancora per un po', su altri ti puoi sfogare liberamente alla fine dell'udienza con frustini e affini! XD Gaara sta tirando fuori gli attributi, ma deve sempre stare molto attento a quello che fa. Ho usato le allodole per rendere il capitolo più "tondo", se così si può dire, perché era molto lungo. In questo ho evitato di fare una cosa del genere e, anzi, ho cercato di perdermi meno nelle descrizioni perché volevo un ritmo più serrato e credibile per tutta la discussione. Non sono contenta di alcuni passaggi. Ti ringrazio dei complimenti, sei sempre gentilissima e spero di non farti aspettare troppo per il tredicesimo capitolo. Grazie. Bacio!
x Myluna91: Ciao! Grazie per la tua recensione e per i complimenti! Mi fa sempre piacere sapere che ne pensi. I consiglieri si comportano in maniera poco gentile, considerano la ragazza solo un problema da risolvere, un problema scomodo e difficile e non una persona. È un po' quello che accade ad alcuni quando si invecchia e ci si rifugia in schemi prestabiliti. Da un certo punto di vista però fanno bene a mantenere un freddo distacco per via della posizione importante che ricoprono. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Fammi sapere! Kiss
x piantina: Ciao, sono felice ri ricevere un commento da una persona nuova, spero che continuerai a dirmi che ne pensi della storia che mi auguro continui a piacerti. Non riesco ad aggiornare più spesso di quello che faccio, purtroppo. Cerco di pubblicare appena posso, comunque. Hai scritto una cosa nella tua recensione che mi ha un po' spaventata. Non ho mai pensato a Tora, la dottoressa, come un duplicato di Hatsumomo, anzi, al personaggio del libro non ho mai fatto riferimento. Se le due donne si assomigliano troppo significa che ho fatto e sto facendo un lavoro pessimo. Lo stesso discorso vale per lo stile. Se così fosse non esitare a farmelo notare, perché è una cosa che voglio evitare assolutamente.
x Valery_Ivanov: Ciao e grazie della tua gentile recensione. Quando scrivo una fanfic cerco di far risultare i personaggi più IC possibile, altrimenti tanto vale che cambi il nome al personaggi e scriva un originale. Kankuro nella storia originale fa poco e niente, quindi è normale che in una storia in cui è protagonista sia magicamente più interessante del normale! Spero comunque che lo sia anche per altri motivi. L'udienza è quasi finita ed è sempre più "movimentata"! XD Baci
x martufella87: Ciao! Non hai frainteso affatto riguardo "presentazioni, nomi e campanellini". In parte è stato un piacere personale poter prendere del tempo e descrivere per filo e per segno ogni particolare di una cosa che ho inventatao da cima a fondo. In parte e soprattutto, tutta la tiritera aveva lo scopo di rendere la lentezza con cui si muoveva la situazione, a costo di annoiare il lettore, ma per fargli capire e immedesimarsi nello stato di insofferanza di Kankuro, che è un tipo molto più grezzo e pratico. Adesso la discussione sta accelerando ed è tutto così veloce e in tensione che non c'è tempo da perdere in troppe descrizioni, sarebbe sbagliato, un controsenso. Almeno secondo il mio punto di vista, poi magari ad altri non piace per niente. Ho speso molto sulle frasi che descrivono Gaara attraverso gli occhi di Akisame, credo che sia proprio quello l'effetto che farebbe il kazekage ad una ragazza che non l'ha mai visto o che non hai mai visto un giovane così bello. Mi fa piacere che ti sia piaciuta. Grazie dei tuoi sempre troppo generosi complimenti! Baci baci!

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Capitolo 13
*** Come un'ombra trascinata da sagome scure senza volto ***


PIOGGIA NEL DESERTO

di SimmyLu



Capitolo Tredicesimo: Come un'ombra trascinata da sagome scure senza volto



Temari lasciò il Palazzo del Kazekage leggermente perplessa e allo stesso tempo preoccupata per la conversazione avuta con il fratello minore. Camminava lentamente, sovrappensiero; le altre persone le passavano accanto superandola, per poi confondersi nella colorata confusione di un vicino mercato. Si sentì estranea a quella brulicante attività che la circondava e che nulla aveva a che fare col suo incedere insolitamente lento. Le voci sull'impresa di Kankuro, che già circolavano fra gli uffici del grande edificio e che con ogni probabilità si erano già diffuse nel Villaggio, erano state il punto di partenza della loro rapida interazione.
La ragazza aveva atteso con pazienza, nel corridoio del penultimo piano, che si concludesse la riunione straordinaria a cui Gaara stava partecipando per poterlo finalmente incontrare; quell'imprevisto le aveva impedito di potersi presentare come stabilito nel suo studio per far assegnare alla sua squadra una nuova missione.
Al Villaggio della Foglia avrebbe presto avuto luogo un nuovo esame di selezione dei chunin e Temari era impegnata con l'organizzazione di test e prove che avrebbe successivamente dovuto gestire. Le squadre ninja della Sabbia si sarebbero probabilmente divise per essere smistate in modo più equilibrato e riassegnate a nuovi leader nel caso in cui alcuni genin avessero superato con successo la prova per l'avanzamento di livello. Di conseguenza le occasioni per affrontare missioni di grado elevato stavano rapidamente esaurendosi perché vi era la possibilità che anche il suo gruppo non rimanesse il medesimo ancora a lungo. I membri più giovani di ciascuna squadra erano in fermento e, desiderosi di affrontare l'esame per dimostrare il loro valore, scalpitavano come puledri eccitati all'idea di vincere un'ultima gara, volendo presentarsi al meglio sotto la sella di un nuovo fantino.
Le sue assenze per la preparazione delle verifiche nel Paese del Fuoco le avrebbero quindi impedito di aiutare i fratelli in quella situazione, che si delineava come un percorso ricco di possibili ostacoli.
Una volta uscito dalla Sala del Consiglio, Gaara aveva quella particolare e familiare espressione che gli incideva una ruga marcata nel mezzo della fronte, sopra uno sguardo basso e distratto che suggeriva in maniera esplicita la presenza di qualche preoccupazione.
Accortosi di lei con un guizzo di sorpresa negli occhi verde acqua, l'aveva raggiunta, scusandosi per essersi dimenticato dell'appuntamento e per non averla avvisata dell'imprevisto.
«Non c'è problema.» aveva subito minimizzato Temari, «Che succede? Ho saputo di Kankuro...»
Per zittire la sorella al giovane Capovillaggio era bastata un'occhiata fulminea. I membri del Consiglio stavano uscendo dalla Sala, chiacchierando nel corridoio; il Kazekage cercava sempre di evitare che le sue conversazioni private venissero ascoltate, specialmente se riguardavano argomenti delicati come quello.
«Salve, Temari-san.» l'aveva salutata il vecchio Senaka mentre lei accennava un inchino, «Gaara-sama, le ricordo che a breve è previsto l'inizio dell'Udienza.»
«Ne sono cosciente. A causa della riunione non sono riuscito a comunicare a mia sorella un'informazione riguardo il suo prossimo incarico.»
Senaka aveva chinato la testa compiaciuto prima di proseguire oltre.
«Seguimi.» le aveva allora sussurrato il fratello quando i consiglieri li avevano ormai oltrepassati.
Si erano così rifugiati in una stanza vicina adibita al deposito dei documenti; l'odore di aria viziata e di carta ingiallita e muffita dal tempo era nauseante e le aveva ricordato quello dei vecchi rotoli custoditi con gelosia nella sezione riservata della biblioteca.
«Non ho molto tempo.» aveva detto brevemente, «Un villaggio di confine è stato raso al suolo. Kankuro è riuscito a portare in salvo l'unica sopravvissuta. Non sappiamo altro e sto per presiedere l'interrogatorio della ragazza. La situazione è preoccupante e si è preferito optare per la segretezza.» aveva aggiunto d'un fiato.
«Un codice porpora?» aveva chiesto sorpresa.
«Già.»
«Ma, Gaara... lo saprà tutto il villaggio a quest'ora! È stata Settai a dirmi cos'era accaduto.»
«Lo avevo previsto. Ma se gli abitanti sanno che Kankuro ha salvato una ragazza, non è poi così grave. L'importante è che non sia trapelato nient'altro.»
«Giusto.» aveva convenuto Temari riflettendo con più attenzione, «Come sta quell'incosciente?»
«Bene, non preoccuparti, lo vedrò fra poco.»
«Allora... Cosa posso fare?»
«Nulla, non è il momento adatto per assegnarti una missione. Temo che a breve cambieranno le priorità e preferisco che tu sia disponibile. Torna a casa, ti farò avere un messaggio.»
Gli aveva prontamente sorriso con quel fare materno che nascondeva un significato dalle sfumature più profonde e comprensive. Gaara si lasciava spesso cullare dall'istinto naturale della sorella, che le era proprio in quanto donna, ma a volte, come in quel caso, lo irritava perché lo faceva sentire infantile, debole e incapace per quel bisogno di calore che Temari gli offriva spontaneamente credendo ne avesse bisogno.
«D'accordo.»
Temari ripensò al duro sguardo che Gaara le aveva involontariamente riservato in quel breve attimo prima di separarsi. Il sole batteva impietoso sulla sua chioma dorata. Un frullare d'ali conquistò la sua attenzione e le piccole ombre di uno stormo si fusero con la sua, come a volerla trascinare lontano, fin sul tetto del palazzo del Kazekage.
Temari si voltò, osservando la sommità dell'edificio su cui gli uccelli si erano posati.
Erano soltanto sagome scure senza volto.


La piccola porta al fondo della Sala delle Udienze, dietro al palco di legno su cui prendeva posto abitualmente il Capovillaggio, conduceva ad un'angusta anticamera che a sua volta portava al corridoio principale del terzultimo piano. Lo spazio era ristretto e bastava a malapena per contenere una panca e una pianta in vaso, che sopravviveva grazie alla luce proveniente dall'unica finestra della stanzetta.
Quando Kankuro si chiuse l'uscio alle spalle, Gaara sbuffò sonoramente con le mani sui fianchi, cercando di allontanare con quel soffio tutto il nervosismo accumulato fino ad allora.
Il marionettista sapeva quanto fosse difficile per il fratello minore imbrigliare la propria collera, che scalciava e si dibatteva come un cavallo selvaggio, e quanto in definitiva gli costasse lasciarla sbollire in silenzio senza potersi sfogare in modo fisico come sicuramente la sua indole gli suggeriva di fare.
I due bambini, che si erano occupati di scandire i minuti rimanenti all'inizio dell'Udienza e di accompagnare il Kazekage nella Sala, come di consueto attendevano in quella stanza che si concludesse l'interrogatorio per ripetere gli stessi gesti in ordine inverso e sistemare la Sala per il programma successivo. Vedendo entrare Gaara-sama spalancarono gli occhi come pesci appena tirati fuori dall'acqua e boccheggiarono altrettanto sorpresi, confusi da quella visita inaspettata. Con le mani tremanti nascosero in fretta e furia le carte con le quali avevano cercato di ingannare il tempo, senza mancare di perderne qualcuna nella frenetica operazione.
«Venerabile Kazekage!» squittirono in coro, recuperando quella compostezza insolita per la loro età così acerba.
Dopo qualche respiro profondo Gaara parve recuperare una certa tranquillità; riaprendo gli occhi si trovò di fronte i due fanciulli che lo fissavano con un misto di ammirazione e paura. Un lampo attraversò le chiare iridi del Kazekage e, con un fremito che nasceva da un antico timore, Kankuro temette per un fugace istante per l'incolumità dei bambini. Con immediato sollievo, notò che lo sguardo del fratello si era subito addolcito, conquistando una nota di tristezza che probabilmente avrebbe sempre contraddistinto quella complicata sinfonia che rappresentava la sua esistenza.
«Prendi la campanella.» disse Gaara ad uno dei due, «Vai di là e suonala fra quindici minuti.»
«Sì, signore!» acconsentì prontamente il ragazzino recuperando l'oggetto sulla panca. Il secondo lo guardò con aspettativa, in attesa che gli fosse assegnato un compito da svolgere, ma non c'era altro che Gaara potesse chiedere loro e il sospetto unito alla delusione si fece largo sul roseo faccino. Il Capovillaggio sorrise comprensivo e gli accarezzò gentilmente la testa.
«Tu puoi aspettarmi qui.»
«Sì!» rispose quello, ammaliato.
Il Kazekage richiamò il fratello maggiore con un gesto ed insieme uscirono raggiungendo il corridoio, il quale era però troppo affollato per poter custodire gelosamente il segreto di una loro conversazione.
«Andiamo al piano superiore.» suggerì il jonin.
Il luogo si dimostrò essere più tranquillo per via dell'assenza di uffici operativi, ma Gaara preferì prendere ogni precauzione per evitare di essere interrotto. Si rifugiarono quindi nella Sala del Consiglio in cui avrebbero potuto discorrere indisturbati.
L'ambiente era quanto mai semplice e spartano; oltre al grande tavolo rotondo circondato da sedie con alti schienali, la Sala era completamente spoglia anche se ben illuminata da una serie di finestre circolari che proiettavano i loro giochi di luce nella stanza.
«Ah, ecco dove l'avevo lasciato.» disse Gaara raggiungendo la sua posizione abituale ed accomodandosi fiaccamente; davanti a lui, sul tavolo, c'era il cappello bianco e azzurro da kage con il kanji del vento ricamato sulla stoffa con fine precisione.
Kankuro sedette accanto a lui: era rimasto turbato da quel comportamento esageratamente previdente che spesso il fratello adottava per poter avere un dialogo privato senza che i membri del Consiglio venissero a conoscenza dei relativi contenuti.
Sbatté un pugno sul tavolo.
«Sei il Kazekage! Non dovresti essere costretto a nasconderti o ad assecondare il volere altrui!» ringhiò, facendo riferimento all'Udienza in sospeso.
«Calmati.» sillabò mollemente Gaara, «Il tavolo mi serve.»
«Non riesco a capire come riesci a sopportare quelle mummie! Se fosse per me...»
«Per fortuna io non sono te.» sorrise il Capovillaggio, «Altrimenti avrei bisogno di eleggere un nuovo Consiglio tutte le settimane.»
Kankuro grugnì e si acquietò un poco ripensando ai guai che aveva causato durante il dibattito: se il fratello si era trovato in difficoltà, la colpa era stata anche sua.
Gaara prese fra le mani il cappello e, dopo averlo controllato, se lo pose sul capo assumendo un'aria fintamente altezzosa.
«Come mi sta?» chiese con svogliata ironia, socchiudendo le palpebre segnate di nero.
«Gaara...» lo ammonì velatamente il ninja con la tipica smorfia che gli faceva chiudere un occhio e storcere la bocca.
«Mi mancano le missioni.» sospirò dopo qualche attimo di silenzio, lanciando quella banale confessione come un sassolino in uno stagno che increspa appena la superficie, «Quando convoco i leader delle squadre per assegnare un nuovo incarico... un po' li invidio.»
Kankuro lo fissò, colpito da quelle ultime affermazioni: raramente Gaara si confidava così apertamente. La rabbia di poco prima era sparita e ora, uno di fronte all'altro, non erano un jonin e un kage, ma solo due fratelli in un momento di intima vicinanza.
«Invece devo stare tutto il giorno chiuso in uno studio a firmare fogli e a discutere.» continuò con amarezza, «Forse hanno ragione. Sono un Capovillaggio troppo giovane...»
«Non dire assurdità!» intervenne Kankuro.
Gaara sembrò non averlo sentito. Sollevò una mano e la osservò attentamente.
«Troppo giovane... e troppo debole.»
Il fratello dischiuse le labbra, ma non riuscì a dire niente.
Dopo il rapimento da parte di Alba e la perdita del Demone Tasso, il cercoterio monocoda Ichibi, Gaara aveva subito un trauma per lui difficile da superare. Aveva convissuto con il Demone fin dalla nascita e aveva affrontato con la sua presenza ogni giorno della sua vita, ogni notte insonne. Aveva trovato dentro di sé la forza per sopportare quel peso, prima con disperazione e poi con estremo coraggio. Spesso Kankuro si rammaricava di non essere riuscito a comprenderlo pienamente o ad aiutarlo ad affrontare la dura lotta che lo attendeva in quanto Forza Portante del Villaggio della Sabbia. Lo aveva trattato invece con aggressività, nascondendo il terrore che provava nei suoi confronti dietro una maschera di dura freddezza, di presunta autorità e di falsa spavalderia.
Quello era uno dei momenti in cui Naruto Uzumaki avrebbe sicuramente detto a Gaara le parole più appropriate senza difficoltà.
L'imbarazzo di dover comunicare con il cuore frenava di frequente le parole di Kankuro.
Il Kazekage si passò una mano sugli occhi: «Sono stanco.»
Il marionettista approfittò subito del cambio di argomento che gli permetteva di concentrarsi su un problema pratico e di più facile risoluzione.
«Sei riuscito a dormire almeno qualche ora?»
«No.» ammise. La sua risposta parve durare un'eternità.
Kankuro non era nemmeno in grado di immaginare la vita senza riposo notturno, senza sogni, senza quel piacevole e gratificante abbandono; ma sapeva quanto fosse arduo per Gaara anche solo appisolarsi per pochi minuti. Ichibi non gli aveva mai consentito di perdere la concentrazione o di cedere al sonno; se il giovane ninja lo avesse fatto, il Tasso avrebbe preso il sopravvento. Il fatto che non riuscisse ancora a dormire non lo stupiva affatto, ma senza il chakra del cercoterio non avrebbe sopportato ancora a lungo la fatica e senza il dovuto riposo sarebbe crollato, mettendo in pericolo la salute.
«In alcuni momenti riesco ad assopirmi senza accorgermene... ma dopo qualche secondo mi sveglio di colpo.»
Kankuro abbassò lo sguardo. Il terrore del fratello era più che comprensibile considerando che vi erano altre preoccupazioni che agivano per il medesimo risultato. Con la riserva di chakra del cercoterio aveva inoltre perso parte della sua sicurezza e della sua forza. Il jonin era convinto che quella fosse solo una situazione temporanea dovuta allo shock e quando Gaara si fosse reso conto di quanto in realtà fosse diventato potente già da tempo senza l'ausilio del Demone, avrebbe riacquistato la fiducia nelle proprie capacità e avrebbe passato meno tempo di fronte alla tomba della vecchia Chiyo per riflettere, come sosteneva lui, o per tormentarsi, come credeva Kankuro.
«Devi rilassarti e provare o ti ammalerai.»
Gaara annuì, vago.
Il fratello sospirò e la sua voce conquistò un tono più basso, comprensivo e confidenziale: «Lascia che sia io a svolgere le missioni per te. Tu pensa solo ad occuparti del Villaggio che ami tanto.»
Gaara sollevò il viso dipinto di una triste dolcezza carica di affetto; la sua fronte si contrasse appena e un timido sorriso animò le labbra perfette.
Kankuro arrossì e balbettando qualcosa a proposito dei loro ruoli si passò nervosamente un dito sulla punta del naso. Il Kazekage sorrise divertito prima di riconquistare la propria serietà.
«Parliamo della proposta di quella ragazza.»
«Sì, anch'io penso che sia assurda.» disse con accondiscendente convinzione.
«Non ho mai detto che lo fosse.» rivelò il Capovillaggio.
Kankuro lo guardò fisso negli occhi con l'espressione basita e allo stesso tempo severa che lo faceva assomigliare in modo incredibile a loro padre in quella foto che figurava accanto alla sua e a quelle dei precedenti kage.
«La proposta di Akisame-san è perfetta.»
«Stai scherzando?» chiese il fratello ancora incredulo.
«Ragiona: lei è sola e...»
«Non sappiamo se ha una famiglia o un parente!»
«Se l'avesse avuto avrebbe espresso il desiderio di raggiungerlo. Inoltre le geishe vengono vendute da bambine. Pensi che da qualche parte ci sia una famiglia felice pronta ad accoglierla?»
Il marionettista si appoggiò allo schienale della sedia incrociando le braccia, corrucciato.
«È sola, senza un posto in cui andare. Ha perso ogni cosa e come se non bastasse è malvista dal Consiglio del Villaggio che dovrebbe aiutarla. È anche troppo perfetto.»
«Che intendi dire?»
«Il fatto che debba sdebitarsi con te è un'ottima scusa.» spiegò.
«Gaara, che cosa stai dicendo? Non voglio che sia la mia serva! Sei impazzito?»
«Vuoi usare il cervello? C'è un motivo se Amajitaku è stato raso al suolo. Forse gli abitanti erano a conoscenza di qualche segreto che gli assassini non volevano far trapelare, oppure era accaduto qualcosa che desideravano nascondere. Quella ragazza ha la risposta a questo interrogativo, ma è un segreto che può costarle la vita. Quale modo migliore di proteggerla, se non con una sorveglianza costante e ininterrotta?»
«Quindi... vuoi usare la sua proposta solo come facciata per tenerla invece sotto scorta a casa nostra?»
«Esatto. Sempre che tu sia d'accordo.»
«Non mi lasci molte alternative...» disse Kankuro toccandosi ancora una volta il naso, poi annuì e Gaara lo studiò mentre fissava lo sguardo sul pavimento.
«Non voglio che questo sia un obbligo e mi rendo conto di quanto gravoso sia il compito che sto affidando a te e a Temari.»
Sulla faccia del jonin comparve un sogghigno: «La casa è anche tua se non sbaglio.»
«Sì, ma io non conto: passo qui quasi tutto il mio tempo. La mia stanza sarà piena di ragnatele. Potresti usarla per le marionette invece di rintanarti nel capanno del cortile.» suggerì.
«Non scherziamo! In casa mia ci sarà sempre un posto per mio fratello.»
«E di Temari.» lo corresse il Kazekage.
«Cosa?»
«Tua e di Temari.»
«Cosa?»
«La casa, Kankuro.» ribadì con asciutta insofferenza, roteando gli occhi.
«Ah, ma certo! Anche se a giudicare da tutto il tempo che passa ultimamente con "testa d'ananas" per queste selezioni... penso che non sarà anche sua ancora a lungo.»
«Shikamaru Nara non ti piace?» insinuò Gaara, «Non immaginavo che fossi così protettivo nei riguardi di nostra sorella.»
«Non sono protettivo! Deve per forza piacermi? Non guardarmi in quel modo! Pensi la stessa cosa anche tu.» abbaiò.
«Allora ti farà bene avere un po' di compagnia in più a casa.» disse, riferendosi ad Akisame.
Kankuro sorrise mestamente.
«Dimmi la verità. Troveremo un'altra soluzione se...»
«No, non c'è alcun problema.» confermò; il fratello minore aveva riposto in lui la sua fiducia, non poteva deluderlo e lasciarlo ancora una volta senza il suo sostegno.
«Bene, ma c'è ancora un problema.» annunciò il Capovillaggio.
«Quale?»
Gaara perse per un attimo lo sguardo nel vuoto, poi lo sollevò: indossava ancora il copricapo da kage. Ogni tanto avrebbe desiderato separarsene anche se si era impegnato a fondo per ottenerlo, per essere accettato, per essere amato. La grande responsabilità che quell'oggetto simboleggiava lo rendeva più pesante di quanto in realtà non fosse. Spesso si domandava se le sue spalle fossero forti abbastanza per sopportare quel fardello.
Prese il cappello e lo appoggiò lentamente sul tavolo.
«Non posso approvare direttamente la proposta. Deve essere messa ai voti. Senza la maggioranza del Consiglio dalla nostra parte... non potremo fare nient'altro per lei.»







FINE TREDICESIMO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Come al solito, ringrazio le persone che seguono questa storia e in particolar modo tutti coloro che lasciano un commento e tutti gli utenti che hanno inserito questa fic nei loro preferiti o nelle storie seguite.
Mi scuso per il ritardo accumulato per la pubblicazione di questo capitolo che, pronto da due settimane, seguitavo a cambiare e a riscrivere. Qualcosa continua a non convincermi e non sono pienamente soddisfatta del risultato ottenuto. Spero che vi piaccia comunque.


Risposte alle recensioni:

x slice: ciao e grazie della recensione, è gratificante sapere che anche i piccoli dettagli vengono notati con attenzione! Mi rende davvero felice sapere che il capitolo precedente ti è piaciuto così tanto e mi mortifica sapere che questo invece non mi è riuscito allo stesso modo. Attendo la tua opinione. Amo i dialoghi, mi diverte scriverli anche se mi fanno impazzire quando ci sono tante cose da inserire come nel caso del capitolo 12. Mi piace curarli nel dettaglio e se non vengono come dico io mi arrabbio parecchio. Ma non tutte le ciambelle riescono col buco.
"cosa fa di una ragazza marchiata e venduta una prostituta?" Mmm... mi sorge il dubbio di non aver spiegato bene la faccenda. Se riprendi il primo capitolo troverai una battuta di Einen che recita «Fuyuba è la nostra principale fonte di guadagno. (...) Tu sei una geisha, Akisame, e, come se non bastasse... sei una sua proprietà.(...)» Con questo e con i discorsi successivi mi pareva di aver reso chiaro, solo implicitamente me ne rendo conto, che Fuyuba fosse già da qualche tempo il danna di Akisame. Per i dettagli ti rimando ovviamente ai capitoli che verranno. Sto diluendo tutto questo discorso sulle geishe e sui dettagli che ho inventato perché non mi sembrava accettabile fare un lungo discorso-polpettone che sarebbe sembrato più una lezione di storia che un capitolo di una fic. Comunque, se la cosa non si capisce la colpa è mia, forse avrei dovuto mettere in chiaro meglio le cose dal principio. Grazie come sempre, un bacio!
x Myluna91: ciao! Quello che vuole fare Atama è proprio mettere in cattiva luce il kage e il fratello perché ha una pessima opinione del giovane che governa il villaggio. Gaara reagisce forse a ragione, forse a torto, questo tocca a voi giudicarlo, per difendere il fratello di fronte ad un'accusa ingiuriosa e senza fondamento. Si rende poi conto di quando in realtà sia davvero inesperto e paga il suo errore. Ciò non vuol dire che sia uno sciocco, infatto porta, come hai notato, il discorso "dove vuole lui". A fine capitolo Akisame ha sorpreso tutti con la sua proposta. Questo capitlo non è avvincente come il precedente, ma si capiscono già delle cose che si svilupperanno nel futuro. ^_^ bacione!
x martufella87: Grazie, sei sempre gentilissima, anche se io ti istigo alla violenza! XD La diatriba "giovani VS anziani bigotti" è essenzialmente il riassunto del dibattito anche se è più uno scontro fra due modi dipensare diversi più che di persone. Mi piace scrivere dialoghi serrati, è una cosa che adoro fare. C'è stato tanto lavoro da fare per quello del capitolo precedente ma mi sono anche divertita. Mi piace informarmi prima di anciarmi in affermazioni senza fondamento, mi piace elaborare le cose, ma mi lancio anche nell'improvvisazione. Posso riassumere dicendo che mi piace scrivere e se ai lettori piace quello che scrivo, ancora di più! Grazie ancora, bacio!
x Valery_Ivanov: Ciao! XD Amo scrivere i dialoghi, mi piace che siano incalzanti e serrati, acuti e sciolti. Mi diverto, inutile nasconderlo! Per il dialogo della disputa del capitolo precedente sono impazzita davvero perché le cose da dire erano tante e ho faticato ad inserirle tutte. Mi fa piacere che tu abbia gradito. Per sapere come la spunterà Gaara ti rimando al capitolo 14 in cui GIURO finisce l'udienza! XDD Kisses
x piantina: ciao^^ in effetti tutta la scena ha qualcosa che ricorda un po' i tribunali dell'antica grecia... mi vengono in mente scene di vecchi film! XD Si vede che inconsciamente riaffiora quello che è rimasto in questo cervello dagli studi del liceo! Per quel che riguarda Arthur Golden e il suo stile... è ovvio che se l'idea della fic mi è venuta leggendo il suo romanzo qualcosa del libro mi avrà colpita oltre alla storia. Cerco comunque di mantenere il mio stile, traendo magari l'ispirazione, ma mai ricopiando o tentando di scimmiottare quello di un altro. La mia paura era che i personaggi potessero in qualche modo assomigliare troppo a quelli di "Memorie..." perché sarebbe stato qualcosa di non voluto e di cui mi sarei assai dispiaciuta. Continua comunque a dirmi tutto quello che pensi, anelo delle critiche! XD Rendere Gaara, o comunque i personaggi della Sabbia che Kishimoto tratta poco, è assai difficile, ma cerco sempre di dare il massimo e se questo rende e piace sono contentissima! Bacio!
x Yum: Ciao e grazie dei complimenti! ^_^

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Capitolo 14
*** L'incantesimo che cattura le nuvole del tempo ***


PIOGGIA NEL DESERTO

di SimmyLu



Capitolo Quattordicesimo: L'incantesimo che cattura le nuvole del tempo


Un antico incantesimo aveva costretto all'obbedienza il tempo, intrappolandolo in una minuscola prigione dorata in cui fini granelli di sabbia scivolavano gli uni sugli altri, sensualmente attratti dalla gravità come una falena dalle fiamme. Rotolando pigri e inarrestabili, essi riflettevano la luce nelle mille sfumature dell'oro e della terra, protetti dal loro piccolo involucro di vetro. Quando anche l'ultimo scomparve, Akisame si ritrovò a fissare il vuoto. Il ritmo del nulla era scandito dai battiti del suo cuore che poteva percepire sulla nuca sudata, sotto i lunghi capelli raccolti in una pesante treccia scura. Il dolore al ventre tracciava l'eco dei ricordi perduti in fitte dolorose che ne stavano esaurendo la debole resistenza. Intorno a lei suoni e rumori erano come nuvole in una scatola: ridondanti, vaporose, inconsistenti.
Nella lenta misura in cui i minuti scorrevano, come avvolti e controllati da un potere misterioso e dal volere del giovane Kazekage, ella si era allontanata da ciò che la circondava per occuparsi solamente dei propri vaghi pensieri, senza bisogno di rincorrere le parole degli uomini avvolti nelle bianche mantelle, come fantasmi intrappolati in una gabbia di sole.
Il calore era insopportabile.
Da quando la porta al fondo della Sala si era chiusa alle spalle di Kankuro, era calato un momentaneo silenzio. Uno dei due fanciulli era entrato stringendo fra le manine rosate la sua campanella e si era inginocchiato accanto al palco di legno posando davanti a sé il tintinnabolo con estrema cura. Aveva poi estratto da una tasca interna della casacca una clessidra minuta che aveva messo in funzione con la medesima precisione nell'indifferenza generale.
Akisame era rimasta seduta sul cuscino al centro della stanza, ignorata in egual misura; ma ciò era ben lontano dall'offenderla, poiché la poca coscienza rimastale era stata rapita dai giochi di luce del piccolo oggetto.
Iroyoi si grattò nervosamente un lato del collo; senza Kankuro al suo fianco si sentiva a disagio. Escluso da qualsiasi tipo di interazione, avvertiva il pericolo di ritrovarsi senza protezione nella tana del predatore: infatti se i membri del Consiglio ne avessero approfittato per porgli nuove domande, egli avrebbe corso il rischio di dire qualcosa che avrebbe potuto nuocere all'amico o a Gaara-sama. Fortunatamente, dopo il suo breve interrogatorio, era divenuto una comparsa ininfluente di uno spettacolo in cui gli attori principali avevano ben poco interesse in una parte marginale come la sua. Guardò la porta con aspettativa, sperando che i fratelli non tardassero a tornare e dimenò le dita dei piedi per risvegliare le gambe intorpidite a causa della scomoda posizione.
Il bambino ruotò la clessidra e il tempo riprese ad avanzare.
«C'era da aspettarselo!» proruppe Atama battendo le mani sulle ginocchia e rompendo così un silenzio che poco gli si addiceva, «Consultarsi col fratellino maggiore!»
«State oltrepassando il limite.» lo avvisò minacciosamente Baki; non era disposto ad ascoltare ulteriori provocazioni.
«Il nobile Baki ha ragione.» convenne Senaka, «Comprendo la vostra insofferenza, ma vi pregherei di contenere entro il consentito le vostre esternazioni nei riguardi del Kazekage.»
«Perdonatemi.» si scusò Atama con leggerezza, «Ma l'attesa non giova alle mie povere articolazioni.» aggiunse alzandosi e sistemandosi la veste.
«Pensate che il Capovillaggio voglia mettere la proposta della ragazza ai voti?» si informò il nobile Onaka con la solita voce leggera e gentile.
«È ovvio!» si spazientì Atama torturando la barbetta da capra e voltandosi per osservare il paesaggio da una delle finestre, «Ed è il motivo per cui ha sentito la necessità di parlare con Kankuro: prima di farci votare, egli preferisce chiedere il permesso al fratello.»
«Consentitemi di dire che è una cosa comprensibile. È una forma di rispetto verso chi dovrà occuparsi della questione in prima persona...» disse Kuchihige sistemandosi gli occhiali sul naso.
«...e sappiamo quanto egli rispetti l'opinione di Kankuro-san.» concluse il nobile Hoo.
«Sì, forse troppo.» gracidò malevolo Shita.
«Una forma di rispetto verso quel che rimane della sua famiglia, certo.» ammise Atama con incurante cattiveria, sollevando lo scettico sopracciglio, «Ma una mancanza del medesimo rispetto nei nostri confronti!»
«Illuminateci.» intervenne prontamente Baki mentre lanciava un'occhiata indagatrice in direzione di Akisame, «Che cosa per voi non è una mancanza di rispetto nei confronti del Consiglio o della vostra persona?» chiese ironicamente; il nobile Atama serrò la mascella e non replicò, osservandolo lasciare a sua volta il proprio posto e raggiungere la giovane geisha.
«Se non foste sempre occupato a preoccuparvi delle apparenze, avreste notato che la ragazza davanti a voi non si sente bene.» lo accusò il ninja prima di chinarsi vicino a lei e borbottare qualcosa di incomprensibile.
Akisame sollevò il mento e sorrise, come se fosse una reazione involontaria.
«Quante storie!» esclamò Atama incollerito.
«Può essere colpa del caldo.» suggerì Mayuge, «Non è sicuramente abituata a questo clima. Ricordiamoci che proviene dal Paese della Pioggia.»
«Come potete rimanere impassibili!? Fatica perfino a restare seduta.» constatò Baki abbandonando i panni del consigliere e vestendo quelli più comodi e familiari dell'uomo d'azione, «Dovrebbe tornare immediatamente in ospedale!»
«Sarà un normale giramento di testa, non c'è bisogno di agitarsi tanto!» belò il nobile Atama nascondendo un certo nervosismo; «Tu!» disse richiamando l'attenzione del bambino, «Porta dell'acqua!»
Il ragazzino si alzò di scatto, come se fosse stato punto da un insetto; guardò con esitazione la porta e poi la clessidra, indeciso sul da farsi, come se lasciarla incustodita e priva della sua supervisione comportasse la possibilità di un'esplosione. Vagliata con attenzione l'improbabile ipotesi, guadagnò prontamente l'uscita.
«Avete il cuore tenero, Baki...» sorrise il nobile Tebuki socchiudendo i piccoli occhi e accentuando così le rughe a zampa di gallina, «Quasi quanto il venerabile Kazekage... o il vostro allievo Kankuro!» insinuò suscitando il divertimento di alcuni consiglieri.
«Dovreste avere più fiducia...» disse seriamente Baki ignorando volutamente la possibile accusa, «...invece di limitarvi a criticare. Rimarreste sorpresi di cosa...»
«Facile per voi parlare!» lo interruppe Shita.
«Che cosa intendete dire?» domandò il ninja.
«Che siete uno dei pochi eletti a cui il Capovillaggio riserva un trattamento di riguardo.» spiegò Mayuge cercando con lo sguardo una silenziosa intesa con il nobile Atama.
«Siete diventato membro di questo Consiglio grazie a lui.» aggiunse Shita.
Baki prese fiato fra l'indignazione e la sorpresa: «Gaara non ha mai... Io non godo di alcun favore particolare!»
«Ma è pur vero che il Kazekage dà molto peso alla vostra opinione, come è normale che sia. È innegabile inoltre che abbia sempre la vostra approvazione.» disse Atama, lasciando intendere la poca considerazione che il resto dei consiglieri aveva per il collega.
«Non è affatto vero!» obbiettò.
«Ma è altrettanto inoppugnabile...» proseguì Atama tagliente, «...il fatto che, purtroppo per voi, il mio voto a proposito della questione che ci apprestiamo ad affrontare varrà esattamente quanto il vostro. Cosa avete intenzione di decidere, maestro Baki?»
Il ninja sostenne il suo sguardo penetrante e capì quale fosse lo scopo dell'astuto membro del Consiglio: portate i probabili indecisi dalla sua parte. Mettere in cattiva luce chi avrebbe espresso un parere positivo era un ottimo metodo per guadagnare dei voti sfavorevoli. Doveva quindi prestare attenzione alle parole da utilizzare, perché Atama, non potendo attaccare direttamente Gaara, lo aveva preso di mira come bersaglio sostitutivo.
«Io credo che la ragazza debba rimanere. La morale, il buon nome o quello che credete che sia... non vale una vita umana.»
Atama represse una risata amara: «Quello che forse non riuscite a comprendere è che non si tratta di una questione irrilevante di carattere meramente pratico. In quanto consiglieri dobbiamo pensare a ciò che ogni singola azione rappresenta e rappresenterà per il Villaggio e per il Paese del Vento. Si tratta di scegliere a chi essere fedeli: se alla Sabbia... o al capriccio di un ragazzino.»
Baki strinse i pugni e comprese il desiderio violento che aveva colto in precedenza Kankuro, ma non ebbe occasione di replicare a tono: proprio in quel momento la piccola porta si aprì. Tutti tacquero credendo che il Capovillaggio stesse per fare il suo ingresso, ma furono solo i due fanciulli a rientrare nella Sala, portando dei bicchieri e una grossa caraffa d'acqua fresca con cui si affrettarono a servire ciascuno dei presenti. Quando Akisame ebbe bevuto e apparentemente ripreso un po' di colore, Baki tornò al suo posto.
«Permettetemi di farvi un esempio.» esordì il nobile Onaka, schiarendosi poi la voce soave con un colpo di tosse, «Un pastore ha cento pecore... oh, grazie.» disse al bambino afferrando il bicchiere che gli stava porgendo.
«Nobile Onaka, vi sembra il momento per questi esempi infantili?» lo aggredì Mayuge aggrottando le spesse sopracciglia.
«Vi prego.» lo bloccò lo stesso Onaka alzando il dito indice prima di bere un sorso d'acqua, «Lasciatemi finire.»
«Sentiamo cosa ha da dire prima di interromperlo!» propose Tebuki con piccata ovvietà.
«Proseguite.» lo invitò Senaka osservando i ragazzini riprendere le precedenti mansioni, «Cosa fa il vostro pastore?»
«Dicevo... poniamo il caso che un lupo affamato attacchi il gregge.» continuò Onaka.
«Chi rappresenta il lupo?» domandò subito Tebuki.
«Nobile Tebuki!» lo richiamò Hoo, «Avete appena detto che...»
«Come posso comprenderne il significato se non so a cosa corrispondono i personaggi!» si difese nervosamente il consigliere.
«Non credo che sia una semplice storia, ma un paragone.» indicò Kichihige.
«È una similitudine.» disse Hoo, «O una metafora.»
Iroyoi alzò gli occhi al cielo; avrebbe sbattuto volentieri la testa sul pavimento pur di non essere più costretto ad ascoltarli.
«Che differenza volete che faccia?» si alterò Shita.
«Rispondete alla domanda.» lo incoraggiò Senaka per fermare l'inutile disputa.
«Il lupo in questo caso rappresenta i ninja che hanno attaccato Amajitaku, ma volendo...»
«Andate avanti!» ordinò Atama.
«Eravamo rimasti al lupo che attacca il gregge.» precisò Kuchihige leggendo gli appunti del suo quaderno.
«Sì, ecco... Cosa fareste al posto del pastore? Dareste in pasto alla belva affamata una pecora per placare la sua fame e salvare così le altre novantanove?» chiese Onaka.
«Forse può sembrare crudele, ma sarebbe la scelta più razionale.» analizzò svogliatamente Atama.
«Non cerchereste di scacciare il lupo e salvare l'intero gregge?»
«Il pastore rischierebbe la vita, ma nel nostro caso non si tratta di un paio di pecore!» ridacchiò Atama con atteggiamento superiore.
Onaka non diede peso alle sue parole e continuò con tranquillità: «E quando, il giorno seguente e quello dopo ancora, il lupo tornerà, nuovamente affamato... cosa farete? Sacrificherete un'altra pecora? Quando anche l'ultimo animale sarà stato divorato, il lupo aggredirà il pastore.»
Baki sorrise a mezza bocca e fissò il consigliere con aria di sfida.
«Non siate assurdo!» strepitò Atama al limite della sopportazione, cercando di respingere dalla mente dei presenti quel terrificante scenario, «Il vostro esempio, come ho già spiegato, non è pertinente! La Sabbia rischia molto di più... della perdita di una pecora! Parliamo di un intero Villaggio e dei suoi rapporti con gli altri Paesi.»
Fu il suono della campanella a porre fine a quel vivace scambio di battute che minacciava di trasformarsi in un acceso litigio. I consiglieri si voltarono irritati verso il bambino che rimase immobile con la campanella a mezz'aria prima di raccogliere le sue cose ed eclissarsi quanto più in fretta possibile oltre la porta dalla quale, subito dopo, comparvero Gaara e Kankuro.
«Cos'hanno detto?» sussurrò Kankuro all'orecchio di Iroyoi raggiungendo il suo posto e notando con disappunto che Atama era in piedi.
«Il solito.» sillabò il chunin, «Atama ha cercato di convincere tutti che tu e Gaara-sama siete la rovina del Villaggio, ma Onaka-san ha fatto un bel discorso sulle pecorelle e lui non ha saputo controbattere a dovere.»
«Pecorelle?» domandò dubbioso il jonin, distratto: Akisame era più pallida di prima.
«Te lo racconto dopo.» tagliò corto Iroyoi, «Spero solo che facciano in fretta, non resisterò ancora a lungo in questa posizione.» aggiunse, dimenandosi sul candido cuscino nel vano tentativo di sgranchirsi gli arti dolenti.
Il Kazekage salì sul palco e sedette sul guanciale azzurro; la geisha lo osservò trasognata, come se qualcuno avesse acceso un lume oltre un velo di nebbia.
Il nobile Atama, per puro scrupolo, si premurò di accomodarsi per ultimo.
«Fine della sospensione. Dichiaro nuovamente aperta l'Udienza.» disse Gaara.
«Venerabile Kazekage, come avete intenzione di procedere?» domandò Senaka.
«Desidero che la proposta di Akisame-san venga sottoposta al giudizio del Consiglio.»
«Una votazione?» chiese per scrupolo l'assistente personale.
«Sì, procedete.» confermò il Capovillaggio.
La penna di Kuchihige correva sul taccuino con frenesia, tanto che l'uomo non trovò il tempo per sistemare gli occhiali che gli erano nuovamente scivolati sul naso.
«Signori del Consiglio, siete chiamati a votare.» annunciò Senaka con autorità, «Prego chi è contrario alla proposta e desidera l'espulsione della ragazza... di alzare la mano.»
Il braccio di Atama scattò verso l'alto ed egli si guardò attorno come a voler prendere le distanza dagli altri. Mayuge e Shita lo imitarono immediatamente, seguiti da Tebuki e dall'indaffarato Kuchihige che dovette abbandonare i suoi appunti per qualche istante.
«Cinque voti contrari.» contò Senaka, controllando che Kuchihige avesse il tempo di trascrivere ogni cosa.
Kankuro guardò preoccupato il fratello che rimase impassibile; la tattica di Atama aveva portato i suoi frutti.
«Prego adesso di alzare la mano chi è invece favorevole.» disse Senaka, sollevando egli stesso il braccio. Baki fece altrettanto e così anche Onaka e un titubante Hoo.
«Quattro voti a cinque.»
Atama sfoggiò un sorriso trionfale, in totale contrasto con l'espressione tesa di Kankuro e le labbra serrate di Baki.
«La proposta è dunque...»
«Nobile Senaka, il... il nobile Hitai.» gli fece notare Kuchihige, in imbarazzo.
«Oh, sì...» farfugliò quello sbattendo le palpebre: era assai raro che Hitai intervenisse in una discussione e ancor meno che prendesse parte ad una votazione, ma aveva appena mosso la mano. «Nobile Hitai, vi astenete?»
«Sono vecchio, non rimbambito. Ho alzato la mano. Lo avrei fatto se avessi voluto astenermi? Contate il mio voto.» rispose seccato l'anziano consigliere.
«A favore o contro?»
«A favore! Perché avrei alzato la mano adesso e non prima? Nobile Senaka, dormite?»
L'assistente personale del Kazekage ammutolì, interdetto e confuso, prima di riprendere il controllo e proseguire senza soffermarsi oltre: «Cinque a cinque. La votazione è nulla. Qualcuno desidera cambiare il proprio voto?»
Nessuno parlò.
«Una situazione insolita...» temporeggiò Senaka, indeciso sulla procedura da seguire in quel particolare frangente e ancora scosso a causa di Hitai.
«Se il Consiglio non giunge ad un accordo è il Capovillaggio che deve...» bisbigliò Kuchihige.
«Lo so, lo so!» si innervosì Senaka; i due si squadrarono per un momento al di là delle reciproche lenti.
«Venerabile Kazekage?»
Iroyoi osservò Akisame chiedendosi cosa avesse portato la ragazza a sacrificare l'esistenza in nome dell'onore. Era stato un atto degno di lode, doveva ammetterlo, ma non necessario. Il chunin venne colto dal dubbio che, oltre alla ricerca di protezione, potesse avere davvero un secondo fine, così come alcuni avevano sostenuto durante l'Udienza. Provò a ricostruire i fatti relativi alla missione svolta; la supposizione gli apparve semplicemente irreale.
Proprio in quel momento, come se fosse stata consapevole del suo sguardo, Akisame si voltò lentamente, fissandolo. Un'espressione insolita era comparsa sul volto segnato dalla stanchezza: c'era in lei qualcosa di oscuro e inspiegabile, un’ombra di morte che raggelò il cuore di Iroyoi.
«Akisame-san sarà ospite del Villaggio della Sabbia, in modo che possa ripagare il suo debito, e verrà trattata come tale. Rimarrà costantemente sotto la custodia di Kankuro. In sua assenza sarà un altro ninja di grado jonin a garantirne la protezione. Queste sono le disposizioni riguardo il codice porpora, da rispettare fino a quando non sapremo cosa è accaduto ad Amajitaku.» disse Gaara dimostrano un'estrema sicurezza, «Il Paese della Pioggia deve essere avvisato quanto prima di tutta la faccenda.»
«Ci facciamo raggirare da dei ragazzini!» sibilò Atama a denti stretti.
«Avete qualcosa da obbiettare, nobile Atama?» chiese Gaara con severità.
«No, certo che no... venerabile Capovillaggio.» rispose aspro distogliendo lo sguardo.
«Sarebbe opportuno riportare la ragazza in ospedale per un controllo.» ribadì Baki.
Gaara annuì: «Kankuro verrà con voi e la scorta.» disse, riferendosi al ninja che li aveva accompagnati in precedenza e che aveva assistito in silenzio al dibattito, «L'Udienza è conclusa. Nobile Senaka, nobile Kuchihige, ho bisogno di voi nel mio ufficio.» concluse; scambiò un'ultima occhiata con Kankuro prima di andarsene seguito dai due uomini.
«Ti ringrazio.» sospirò Iroyoi alzandosi dolorante.
Il resto dei consiglieri lasciò il proprio posto e le porte principali vennero spalancate, consentendo ai presenti di uscire nel corridoio. Mayuge e Shita si avvicinarono subito ad Atama che aveva un'aria a dir poco contrariata. Onaka e Hoo aiutarono il nobile Hitai e Baki fece altrettanto con Akisame che non pareva avere la forza di reggersi in piedi. Kankuro li aspettò appena fuori dalla Sala.
«Akisame-san sostiene di poter camminare. Possiamo andare.» assicurò Baki quando furono sulla soglia, «Kankuro, vorrei scambiare due parole con te mentre ci muoviamo.»
Il jonin accennò un assenso col capo, avvicinandosi al maestro.
Non percorsero che pochi metri, prima di rallentare per agevolare l'incedere insicuro della ragazza.
«Non credo che sia una buona idea farla camminare fino in ospedale.» disse il ninja che aveva l'incarico di scortarla.
Si fermarono e Akisame barcollò, rimanendo qualche passo indietro. Li guardò con occhi spenti, faticando nel metterli a fuoco.
Un sortilegio aveva catturato il tempo, giocando con esso a suo piacimento. I movimenti rallentarono, si fecero impalpabili, il ritmo del suo cuore divenne inafferrabile. I suoni erano fuggiti, come nuvole liberate da una scatola.
«Akisame!»
Kankuro l'aveva afferrata appena in tempo, evitandole una dolorosa caduta.
«È svenuta!»
«Dobbiamo portarla subito da un dottore.»
Il jonin si apprestò a prenderla fra le braccia, ma ritrasse immediatamente la mano e la fissò tremante: era sporca di sangue.
Abbassò lo sguardo, allarmato e spaventato.
Rosso e denso, il sangue le colava fra le gambe.
Atama squadrò la scena da lontano e sorrise.
«Lasciamo pure che il Kazekage porti quella sgualdrina in casa sua... Sarà lei stessa a condurlo alla rovina.»



FINE QUATTORDICESIMO CAPITOLO, continua...

Naruto © Masashi Kishimoto


N.d.A. - Ringrazio chi mi segue e mi scuso di non riuscire a pubblicare più spesso. Spero che la storia continui ad essere di vostro gradimento.


Risposte alle recensioni:

x Valery_Ivanov: Sì, evvai! Non ce la facevo più con questa cavolo di Udienza! XDD prima della convivenza effettiva ci vorrà ancora un pochetto come vedi... ^_^
x slice: ciao ti ringrazio del commento e dei tuoi gentili complimenti! Mi fa piacere che il pezzo in cui i due fratelli parlano ti sia piaciuto. Mi viene sempre una certa ansia quanto tento di fare qualcosa di vagamente comico perché ho paura di esagerare e diventare pesante e non far ridere per niente. Anche sul pezzo con Temari avevo qualche dubbio, quindi ho cercato di ridurre al minimo la sua comparsa. In questo capitolo potrai sfogarti su Atama a ragion veduta! XD Apro ancora una piccola parentesi in modo da chiarire per bene il discorso sulle geishe. Non vorrei aver dato per scontato qualcosa che non è possibile conoscere se non ci si è informati in qualche modo sull'argomento. Ho evitato di specificarlo nel capitolo 12 perché più che un discorso mi sarebbe sembrata una noiosa e pedante lezione. Un danna ha una serie di diritti e di doveri nei confronti della propria geisha, ma questo non implica d'obbligo che egli debba portarsi a casa l'amante, anzi spesso questi uomini sono già sposati. Il danna va a trovare la propria geisha quando vuole e si intrattiene con lei nelle case da the e in stanze in affitto. Ciò non toglie che la relazione possa diventare qualcosa di serio e duraturo in casi differenti. No, Akisame non ha più la sua virtù, ma spiegherò meglio questo tipo di dettaglio in seguito. ^_^ Baci!
x piantina: Ti ringrazio, sei sempre molto gentile. Mi fa piacere che il discorso fra Kankuro e Gaara sia riuscito a trapparti un sorriso. Se mi trovo a mio agio nel fare del male ai miei personaggi (XD), faccio molta fatica a creare situazioni divertenti... sudo! XDD Hai ragione, il 13° è uno dei capitoli più corti. Faccio una stima sommaria sulla lunghezza, ma non mi pongo mai un massimo o un minimo. Mi baso sui fatti che in un capitolo ho necessità di far accadere, il resto è affidato all'ispirazione del momento ed al mio gusto personale. Avrei potuto allungare "il brodo" e rendere il ritmo più lento, ma sinceramente penso che sarebbe risultato tutto più noioso... già ci metto una vita per pubblicare, in più che faccio? vi annoio? XD Mi dispiace se l'attesa fra un capitolo e l'altro è abbastanza lunga, ma faccio quello che posso. Mi piacerebbe pubblicare più spesso, ma fra le altre storie da scrivere e un sacco di altre cose da fare, ovviamente, non ho il tempo materiale di dedicarmi di più a questa storia... per ora. Baci! ^_^
x Nemeryal: Grazie mille per la tua recensione! Sono contenta che la mia storia ti piaccia! Se Akisame è una MarySue, io sono Cleopatra! XDD Mi fa piacere sapere che ne apprezzi il personaggio. Hai colto alcuni degli aspetti che la caratterizzano, ma non ti dico altro, preferisco discutere su questo tipo di argomento quando metto più carte in tavola; è sempre affascinante vedere come risulta dall'esterno un mio personaggio. È la prima volta che provo un tipo di stile così dettagliato e ho spesso paura di eccedere o di fare troppo poco, così riscrivo i pezzi finché non mi sento soddisfatta (cosa che capita raramente! XD). Ho creato un sacco di nuovi personaggi e ho cercato di dare un'impronta ben definita a ciascuno, sperando che questo servisse ad una loro buona riuscita. Con Gaara fatico tantissimo, credo che cadere nell'OOC con questo personaggio sia anche troppo facile. Sapere che apprezzi il mio lavoro non può che rendermi felice! Grazie ancora! Spero che anche il nuovo capitolo ti sia piaciuto!
x Sihaya10 (cap 7): Ciao mia cara! Lo sai che un tuo commento mi fa sempre enormemente piacere! Già, non ho mai scritto capitoli così lunghi, sarà la vecchiaia? XD Cerco di definire sempre con relativa cura i dettagli perché voglio che il lettore entri nella storia, nella visione che cerco di dipingere di volta in volta. Ognuno ha poi una percezione diversa e personale, ma se riesco a coinvolgere, significa che non è troppo distante dalla mia. Momo avrà un ruolo di un certo spessore anche più avanti! XDD L'idea del gatto non era programmata, ma appena ho pensato ad un felino mi è venuta in mente una scena che descriverò più avanti e da lì ho deciso che il gatto avrebbe avuto lo spazio che meritava. Ho avuto due gatti e sono animali che mi piacciono molto, quindi renderli dei pesonaggi mi diverte. Il capitolo 6 era un rapido alternarsi di varie scene e situazioni, dalla realtà al sogno. È un capitolo importante perché alcune cose verranno riprese più avanti e anche alla fine della storia. Inoltre c'è un pezzo di azione e lotta che mi ha davvero distrutto... credo di averlo scritto iperventilando in un sacchetto! XDD Spero di non perdermi in tutti questi personaggi e intrighi! XDD Ti ringrazio! Un abbraccio!

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