Underwater Light

di Mistful
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Voglio trovare un senso alla mia vita ***
Capitolo 2: *** Se porgessi una mano ***
Capitolo 3: *** Al pub ***
Capitolo 4: *** Scopri chi sei ***
Capitolo 5: *** Il Giovane Ordine della Fenice ***
Capitolo 6: *** Spedizioni ***
Capitolo 7: *** Parlare chiaro ***
Capitolo 8: *** La quiete dopo la tempesta ***
Capitolo 9: *** Lo spettatore vede meglio dei giocatori ***
Capitolo 10: *** L'ultima prova ***
Capitolo 11: *** Quando cala il buio ***
Capitolo 12: *** Pensa prima di buttarti ***
Capitolo 13: *** Come eravamo ***
Capitolo 14: *** Ombre di noi ***
Capitolo 15: *** Mantenere la fede ***
Capitolo 16: *** Cenni di disastro ***
Capitolo 17: *** Il colpo di grazia ***
Capitolo 18: *** Condannati ***
Capitolo 19: *** Esilio ***
Capitolo 20: *** A raccolta ***
Capitolo 21: *** La spia di Hogwarts ***
Capitolo 22: *** Fine ***



Capitolo 1
*** Voglio trovare un senso alla mia vita ***


<center><b>Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

 

 

Tradotta da Luciana

 

(su EFP ho tradotto anche La Sala Degli Specchi di Ella_Bane! Se siete vere fan delle Harry/Draco date un’occhiata a quella storia, anche se ormai so per certo di preferire Underwater Light)

 

 

Pairing: Harry/Draco

Rating: R

Sommario: Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi molto incasinati.

Beta-reader: Vale. Un grazie particolare per avermi convinta ad intraprendere questa luuunga avventura. Davvero, il tuo entusiasmo mi ha costretta a mettere le mani su un progetto che avevo in mente da mesi, ma che mi spaventava troppo. Sei una collaboratrice favolosa, e non ti ringrazierò mai abbastanza per quella recensione chilometrica :) Lo sai che per me vedere la passione nelle parole altrui è come provarla io stessa.

 

STORIA LUNGA, LUNGHI AVVERTIMENTI PRIMA DI INIZIARE :D

 

Nota della traduttrice: Utilizzo questo spazio per mettere in chiaro alcune mie scelte.

  • Quello che nella versione italiana è noto col nome di Severus Piton rimarrà Severus Snape in questa traduzione. Ho scelto di lasciare in originale il suo nome, perchè era l’unico, tra i personaggi più importanti di questa storia, a dover essere tradotto, e la cosa non mi andava molto a genio.
  • Il lettore dovrà tener conto che Maya ha iniziato a scrivere questa storia prima della pubblicazione di “Harry Potter e l’Ordine della Fenice”, quindi non va considerato nessuno degli eventi accaduti durante il “vero” quinto anno. La fic è ambientata durante il settimo anno.
  • Il nome dell’autrice è Maya, ma essendo già preso qui su EFP mi sono iscritta con suo nick su livejournal, che è appunto Mistful.

 

La versione originale di Underwater Light è qui http://www.fictionalley.org/authors/maya/UL.html

 

Nota della lettrice: Eheh. Prima di postare la traduzione di questa fanfiction, vorrei dire un paio di cose. “Underwater Light”, che ha vinto a furor di popolo l’Oscar HP come migliore fanfiction del 2005, è la mia storia preferita in assoluto. Come molte altre lettrici che adorano questo pairing, vorrei tanto possederla in versione rilegata per poterla esporre in una teca e venerarla. Penso abbia segnato uno spartiacque nella mia esperienza in questo fandom, perché mi ha irretita e conquistata proprio in un periodo in cui mi sembrava non ci fosse più niente di valido da leggere. Mi ha obbligata a prendere i miei mille pregiudizi (mai leggere storie che non siano NC17, mai leggere storie con troppi personaggi, mai leggere storie con troppo plot…) e a buttarli dalla finestra. Ammetto di aver passato ore ed ore a pensare a questa storia, a scriverne, a rievocarne i passaggi più belli prima di andare a dormire… proprio come un’innamorata.

Spero, quindi, che per voi possa essere altrettanto bella, altrettanto importante.

Buona lettura!

 

 

 

 

Capitolo Uno

 

Voglio trovare un senso alla mia vita

 

This road is crooked, cracked and wrong

They’ve got the odds stacked nice and high

I don’t know how they get along

Me, I just internalise.

 

[Questa strada è tortuosa, rotta e sbagliata / Loro hanno le più alte probabilità / Non so come facciano ad andare avanti / Io interiorizzo e basta.]

 

 

Harry pensò a se stesso entrando in acqua. O forse no.

Pensò alla persona che vedeva riflessa negli occhi degli altri.

Harry Potter.

Il Ragazzo Che Era Sopravvissuto.

Il ragazzo la cui miracolosa sconfitta di Voldemort si era rivelata completamente futile, dal momento che era stato incapace di impedirne la resurrezione. Anzi, era stato una parte vitale del suo ritorno, rendendolo più potente che mai.

Il ragazzo che era stato idolatrato, ma non era neanche riuscito a salvare il suo compagno di scuola.

L’ennesimo bambino impotente, ma ancora più deleterio poiché Voldemort lo voleva morto, e non c’era nessuno a cui importasse di lui.

Harry Potter, il ragazzo che aveva fallito.

Quello con cui erano tutti così gentili. Quello di cui avevano pietà.

Era come…essere l’eroe di una storia per quattro anni, e poi all’improvviso di nuovo un attore secondario. Una seccatura insignificante, nel momento in cui il desolante grigiore della guerra turbinava dietro le finestre di Hogwarts.

Tutti avevano in volto un’espressione tesa e affaticata, che diventava un sorriso falso davanti a Harry. Ormai riusciva a sentire i loro pensieri…povero Harry, non dobbiamo far sentire male Harry…

Come se fosse ancora un bambino.

Era stato così per tre anni, e nessuno aveva mai mollato la presa un secondo nel tentativo infinito e logorante di Far Stare Meglio Harry.

La pietà è una cosa così inesorabile e ipocrita. Una cosa da offrire a chi è debole e non può raccogliere le forze per il disprezzo. Una cosa così lontana dall’amore.

La pressione di tutti quegli sguardi compassionevoli lo spingeva negli angoli più nascosti, nell’ultima fila delle classi, sotto le coperte del suo letto.

Dovunque potesse sfuggire ai bigliettini di San Valentino, tutte imitazioni del tributo di Ginny Weasley risalente al secondo anno. Alle partite di Quidditch, in cui i Corvonero e i Tassorosso sembravano perdere apposta, così che Harry Potter potesse gioire di una vittoria trionfale come quella del terzo anno.

Harry si era quasi rassegnato a tutto ciò. Volevano fare qualcosa per lui, perché impedirglielo? Era tutto…inevitabile, e assolutamente inutile.

E adesso questo.

L’ultima indignazione, l’ultimo insulto ad una patetica creatura ferita.

Il nuovo Torneo Tremaghi, tre anni dopo.

Che passi avanti Harry, che vinca Harry, che capisca che non è successo niente di brutto e che basterà applaudire e l’orfano sarò contento. Non è carino?

Gliel’aveva quasi sbattuto in faccia, a quei volti terribilmente pietosi.

Ma alla fine aveva piegato il capo come ogni volta.

Se era quello il prezzo, se avevano bisogno di convincersi che lui potesse far fronte al ritorno di Voldemort per continuare le loro vite…amen.

Harry amava alcuni di loro. Voleva che fossero felici.

Per questo era salito sulla Firebolt contro il drago. Aveva accettato l’invito di Calì Patil al ballo, e aveva ballato con lei finché non si era unita al suo ragazzo, Dean Thomas. (Poi aveva bevuto dell’acqua che Seamus Finnigan aveva trasfigurato in rum, quanto bastava per rendere tutto piacevolmente annebbiato, ma non così tanto da preoccupare gli altri.)

Harry ricordava il ballo molto chiaramente, il calore e la luce della stanza erano opprimenti.

Dopo un po’ si era sentito stanco e nauseato, a forza di sorridere a chiunque passasse.

Aveva ricambiato i sorrisi di Hagrid e sua moglie, di Silente, Hermione e Ron, come se non gli costasse niente.

Alla fine tutto gli girava intorno, le luci abbaglianti risplendevano mischiandosi ai capelli della gente. Sembrava che qualcuno avesse rivolto la luce contro un dipinto ancora fresco, e la vernice si stesse sciogliendo mischiando e cambiando i colori.

I profili di Hermione e Ron che ballavano erano diventati un’unica forma sfocata. Gli occhi blu di Silente erano finiti vorticosamente sul soffitto dipinto di cielo. I capelli neri di Padma Patil d’un tratto si erano allungati per tutta la sala intrecciandosi, con un contrasto agghiacciante, alle ciocche biondo pallido di Malfoy, che sedeva al tavolo dei Serpeverde, impegnato ad ubriacarsi.

Era stato un incubo. Alla fine Harry aveva piegato la testa sulle braccia, sopraffatto da una lenta ma pressante disperazione, e aveva finto di essere semplicemente stanco.

La seconda prova non poteva certo essere peggio.

Era andato nel bagno dei prefetti, alquanto legittimamente stavolta, dato che ovviamente era un prefetto, come poteva il povero caro Harry non essere un prefetto? Aveva interpretato l’indizio.

Aveva trovato l’Algabranchia posata con cura sotto il suo cuscino dal leale Dobby, che ancora fingeva una devozione scomparsa ormai da tempo.

Dio, adesso era grato alla freddezza dell’acqua, al verde oscuro che gli girava intorno, assorbendolo e proteggendolo dagli sguardi. Quasi desiderava poter restare là sotto per sempre.

E se l’avesse fatto? Ci pensò all’improvviso. Sapeva che l’Algabranchia poteva essere neutralizzata con la forza di volontà. Doveva solo nuotare verso il fondo, e i polmoni gli sarebbero esplosi per lo sforzo di respirare. Poi non ci sarebbe stato altro che silenzio e acqua purificatrice, per sempre.

Ma come avrebbero reagito gli altri…e quanto avrebbe confermato i loro sospetti. Si sarebbe dimostrato il bimbo debole che lo credevano, incapace di sopportare la situazione.

Harry non aveva mai scelto la via più breve. Persino adesso, poteva lottare. Persino adesso, voleva lottare.

Quindi…dunque, avrebbe trovato Ron. Trovare Ron, aspettare accanto agli ostaggi e ricevere punti, nonché essere lodato per il suo buon cuore.

Trovare Ron.

Harry nuotò tra le acque che lo avviluppavano, nuotò senza pensare tra i mille pericoli che non osavano toccarlo. Nuotò sollevato dai movimenti confortevoli dell’acqua contro il suo corpo provato.

Nuotò fino a quando trovò il posto dove c’erano le sirene, dove erano legati gli ostaggi, e i suoi occhi cercarono fino allo sfinimento i capelli rosso brillante di Ron.

Fu allora che qualcosa lo prese al petto e gli strinse il cuore come fosse una Passaporta, torcendo il centro del suo essere per trasportarlo verso un altro e più terrificante mondo.

Guardò il verde vuoto del lago in preda al panico, fissò disperatamente le facce strane degli ostaggi. Si sentì come se l’Algabranchia avesse d’un tratto smesso di funzionare e stesse annegando, privo di ossigeno e con la vista sempre più danneggiata, con gli occhi che si rifiutavano di vedere ciò che aveva davanti.

Non poté evitare di guardare.

Lì in fondo al lago, con l’acqua di un capriccioso turchese che dava al suo viso l’aspetto di vetro colorato, e con i viticci dei suoi capelli d’argento che dondolavano alla pigra corrente, c’era Draco Malfoy.

*

Harry si dimenticò completamente dell’Algabranchia, e l’acqua gli andò di traverso: si agitò, in preda al panico, convinto di star affogando.

Non riusciva a respirare.

Presto si accorse che era colpa dello shock.

In qualche modo, continuando ad ingoiare, inciampò cercando disperatamente di mettersi la testa tra le ginocchia. Aveva sentito che era un rimedio per… per…

Ma cosa stava succedendo?

Malfoy si rifiutava di scomparire. Rimase sulla roccia, coi capelli che descrivevano ghirigori argentati sul verde. Era come se il lago soffrisse di un attacco di Serpeverdite.

Poteva trattarsi di un qualche scherzo? No, Silente avrebbe ucciso Malfoy se ci avesse provato.

Doveva essere un errore, decise Harry. O forse c’era qualche diabolico trucco nell’indovinello, e ciò che intendeva davvero era che bisognava salvare il proprio peggior nemico.

Dio, devo saperlo!

Harry sapeva ciò che doveva fare. Doveva arrivare laggiù per primo, e aspettare insieme agli ostaggi. Questo era il ruolo dell’eroe senza speranza di nome Harry.

E all’improvviso non ce la fece più.

Mi sono rotto di tutta questa merda!

Devo sapere.

Strappò le corde che legavano Malfoy. Stava liberando il suo ostaggio, e avrebbe scoperto cosa diavolo stava succedendo!

Non era più un bambino stupido. E se gli ostaggi avessero davvero rischiato di morire, avrebbe potuto lasciarsi Malfoy alle spalle.

Non era stato così difficile trasportare Ron. Certo, toccare Ron era stato molto meno disturbante.

Si limitò a passare un braccio attorno al torace di Malfoy, e a ringraziare il cielo che il ragazzo fosse magro.

Un lato positivo di Malfoy? Allertate il Ministero.

Harry aggiustò la propria espressione, scacciando via la parte terrorizzata di lui che voleva prendere tutti per il collo, farfugliargli contro e chiedere spiegazioni. Ci vollero molte sorsate d’acqua.

Poi riemerse nella luce sulla superficie.

Lucidità e chiarezza gli si stendevano davanti. Semplicità.

In quel momento a Harry non fregava assolutamente niente di ciò che pensavano gli altri. Voleva spiegazioni, e le voleva subito.

Ruppe la superficie del lago, incamerando un respiro confortevole.

Il cielo sopra di lui era di un blu bello e semplice, che contrastava col tumulto nella sua mente. Mise fine ai poteri dell’Algabranchia e cominciò a nuotare leggermente, con calma, verso la riva.

Fu allora che Malfoy aprì gli occhi e lanciò un grido soffocato. Subito dopo tentò con decisione di strangolare Harry.

Harry sussultò allarmato, e non ebbe tempo per altro.

Affondarono, e Harry lottò per tornare in superficie, scuotendo i fianchi e facendo gonfiare il mantello sott’acqua.

Tra il verde sfocato e i rigonfiamenti di tessuto nero, colse il viso pallido e spigoloso di Malfoy, i lineamenti tesi per la paura, gli occhi grigi sbarrati per l’orrore.

Harry riconobbe il viso che guardava nello specchio quando, dopo un incubo, si lavava la faccia.

Sapeva come comportarsi.

Afferrò Malfoy dalle spalle e cercò di muovere le labbra distintamente.

“Fermati, o affogherai!”

Malfoy lo fissò. Sott’acqua e mezzo morto per la paura, sembrava più piccolo di quando aveva undici anni.

Lentamente annuì, coi capelli che si sollevavano a formare una corona d’argento.

Harry lo strinse più forte e cercò di tenerlo a galla quando tornarono di nuovo in superficie.

Tutto il suo corpo era rigido per il terrore.

Okay, Malfoy, respira. Dai, va tutto bene,” disse Harry Potter, Una Schiappa Con La Gente In Difficoltà, e disgustato di se stesso per essere un tale sempliciotto.

“Tutto bene?” scattò Malfoy, vincitore del Premio Cretino Integrale di Hogwarts per il settimo anno. “Sono fradicio in un lago, attaccato ad un completo idiota e sull’orlo di una crisi di nervi. In che modo questo si qualifica come tutto bene?”

“Taci e ti faccio uscire dal lago.”

Perché mi trovo nel lago, Potter?” indagò Malfoy col suo tono più altezzoso.

“Non lo so!” urlò Harry esasperato. “Speravo che me lo dicessi tu!”

E io cosa ne so? Silente mi ha fatto chiamare, sono andato nel suo ufficio, e poi d’un tratto ero privo di sensi!”

“Non c’è stata alcuna spiegazione?”

Malfoy fece un’espressione furba, molto strana su di lui.

“Beh,” temporeggiò. “Potrebbe esserci stata.”

“Come?”

“Non l’ho sentita,” rispose secco Malfoy. “Ero in ritardo. I Malfoy non corrono spediti nell’ufficio del preside. I Malfoy sono sempre in elegante ritardo.

La sua voce arrogante esitò un momento quando guardò l’acqua agitata, ed Harry si addolcì considerevolmente. Forse si comportava in modo odioso perché era spaventato a morte.

Certo, in quel caso c’era da ipotizzare che trascorresse l’intero anno scolastico in un uno stato di terrore perenne.

“Non sapevo che avessi paura dell’acqua, Malfoy.

“Difficilmente mettiamo in mostra i nostri sentimenti, Potter. E tutti hanno delle fobie.” La voce di Malfoy si fece maliziosa. “Mi viene in mente una certa persona svenuta per un Dissennatore…”

“Stai zitto, Malfoy! Vorrei averti lasciato legato insieme agli altri ostaggi.

“Ostaggi?”

Harry trasalì e si chiese per un secondo se non gli sanguinassero le orecchie. “Sì,” rispose cautamente, sperando di non provocare altre grida indecenti.

“Come, vuoi dire…il Torneo Tremaghi?”

“No, Malfoy, voglio dire che i banditi hanno rapito mezza scuola. Certo, il Torneo!”

Ma…cazzo, come…?”

“Ovviamente,” disse Harry, “dev’esserci stato un tremendo sbaglio.”

“Come la tua nascita?” fu il pronto suggerimento di Malfoy.

Una volta parlato col professor Silente, sono sicuro…”

“Credo stia arrivando adesso il Campione di Hogwarts, Harry Potter!”

Lee Jordan, l’amico dei gemelli, nonché commentatore di Quidditch, aveva riscosso un successo sorprendente al Ministero, e aveva preso il posto di Bagman all’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici. Si diceva che Percy Weasley fosse verde d’invidia.

Si diceva anche che davanti al microfono magico si trasformasse in un maiale villano, nonostante si guardasse sempre le spalle quando in giro c’era la professoressa McGranitt.

In quel momento, Harry desiderò che la professoressa McGranitt lo bastonasse.

L’intera scuola fremeva nell’attesa di conoscere l’identità dell’ostaggio di Harry, dato che i suoi migliori amici, Hermione Granger e Ron Weasley, erano tra il pubblico. Non vedevano l’ora di sapere chi fosse la ragazza fortunata…

Fu allora che Malfoy fece un suono simile a quello causato dell’asfissia.

Harry si accorse che si stava trascinando a riva con Draco Malfoy, abbracciati l’uno all’altro, la testa di Malfoy praticamente sulla sua spalla, entrambi completamente bagnati.

Davanti a tutta la scuola.

“Sembra…sembra…” La voce incerta di Lee si esaurì con un debole, “Cielo.

Hogwarts li fissò per cinque interminabili secondi, quindi eruppe in un delirio di suoni.

Merda,” disse Harry.

Malfoy si fermò per deliberare, poi si lanciò in un flusso impressionante di oscenità.

Solo Madama Chips sembrava non essere paralizzata. Si buttò su di loro appena furono sulla terra ferma.

“Bah, questo stupido Torneo,” s’innervosì. “Far tuffare ragazzini delicati in un brutto lago ghiacciato…”

“Io NON SONO delicato,” dissero Harry e Malfoy in sincronia perfetta.

Harry scagliò un’occhiata leggermente confusa a Malfoy.

“Certo che non lo sei, Draco,” disse Madama Chips con tono gentile. “Guardati,” continuò. “Non riesci a stare in piedi. Sembri sul punto di vomitare.”

“Lo avrei già fatto se Potter avesse avuto un costume da bagno,” mormorò Malfoy, staccandosi irritato da Harry e rimettendosi in piedi con la sola testardaggine.

Harry lo afferrò di nuovo quando barcollò.

Malfoy si accigliò e Madama Chips lo tenne fermo, maneggiandolo con facilità come se si trattasse di Gabrielle Delacour.

Ts,” disse. “Cos’ha in mente il preside…tra poco avrai un attacco.

“No,” sbottò Malfoy, che sembrava molto meno stabile del solito mentre lottava con Madama Chips. Aveva un’aria malaticcia e i capelli sulla faccia.

Sbirciò tra le ciocche bionde irrigidite, e i suoi occhi si spalancarono spaventati quando lei annunciò vivacemente:

“Devi toglierti subito quei vestiti bagnati,” e gli tirò il mantello sulla testa.

Infermiera spoglia allievo!

Ancora più fervore nella scuola.

Harry fu il primo ad accorgersi che, in realtà, Malfoy indossava abiti babbani sotto il mantello.

Ringraziò Dio. Aveva avuto abbastanza traumi per quel giorno, anche se non aveva idea che Malfoy avesse aderito alla mania improvvisa di Hogwarts per i vestiti babbani.

In effetti non aveva mai pensato a ciò che Malfoy potesse portare sotto il mantello.

Madama Chips non sembrò condividere il sollievo di Harry.

“Che cose ridicole indossate voi bambini,” commentò, afferrando l’orlo del maglione di Malfoy.

L’aveva alzato di pochi centimetri, rivelando uno sprazzo di pelle bianca, quando Malfoy intervenne con veemenza.

“Non voglio che mi si facciano foto senza la maglietta!” esclamò.

“Almeno, non senza una sostanziale remunerazione finanziaria,” aggiunse dopo averci pensato.

“Fo…” l’attenzione di Harry fu distratta dallo spettacolo di Malfoy e Madama Chips per finire sulla banda di fotografi che si dirigevano verso di loro.

“Oh, Dio.”

Dietro di lui, sentì Malfoy avviare l’ennesima sequela di maledizioni, intervallate dalla richiesta di una coperta.

Le voci esplosero su di lui da ogni lato.

“Harry, ci puoi dire…?”

“Harry, cosa si prova ad essere in testa…?”

“…il figlio coinvolto in quella tragedia…?”

“Ecco la sua coperta, signor Malfoy, e mi lasci dire che non ho mai sentito parole simili da un allievo in tutta la vita!”

Che coperta scadente…”

Harry fu accecato dalla luce bianca delle fotocamere, ma riuscì a distinguere abbastanza chiaramente la voce di Madama Chips.

E poi, ovviamente, la pronuncia strascicata di Malfoy, che era inconfondibile.

Chiuse gli occhi davanti alla luce dolorosa dei flash, circondato dai clic delle macchine fotografiche, quando Madama Chips lo avvolse con una coperta. Sentì il peso di quegli sguardi opprimerlo nuovamente, quegli occhi sorpresi, pietosi, pieni di aspettative, che lo riducevano ad un bimbo piccolo, ammutolito…

“Oh, niente domande al povero orfano ferito,” lo schernì Malfoy. “Anche nei giorni migliori gli riesce difficile formare frasi coerenti.

Harry si tirò su e lanciò uno sguardo velenoso a Malfoy.

“Harry, puoi spiegare…” disse una fotografa.

Harry si concentrò su di lei. “No, non posso,” disse con voce chiara e decisa. “Sembra che ci sia stato un errore riguardo al mio ostaggio. Sono certo che il professor Silente avrà un’ottima spiegazione, comunque…e ho intenzione di chiederglielo il prima possibile…”

*

“Non mi viene in mente altra spiegazione se non quella più ovvia,” disse con calma Silente.

Harry nutriva grande affetto nei confronti dell’eccentrico preside. Era certo che il sentimento fosse reciproco. In genere il solo rispetto che aveva per lui lo induceva, in qualche misura, a dare il meglio di sé.

Ora, però, stava mandando tutto a puttane.

“Che significa, non può…come vengono scelti gli ostaggi?” Harry gridò. “L’ha fatto lei? Come funziona? Di chi è stato l’errore?”

Silente, impassibile davanti al ragazzo furioso, mangiava un sorbetto al limone.

Agli occhi di Harry questa era una frivolezza crudele.

“Il Calice di Fuoco sceglie gli ostaggi, ovviamente,” disse pazientemente. “Avanti, Harry, credi che usiamo un oggetto di così alto potere mistico solo per selezionare i campioni? Il Calice è una fonte di sapere occulto. Sono convinto che possiamo fidarci.”

Cazzate!”

Harry non aveva mai imprecato davanti ad un insegnante.

“Non mi ha forse scelto come campione perché Crouch l’aveva raggirato?” domandò. “Potere occulto, non credo proprio! A Voldemort ci vorrebbe meno Magia Oscura per colpire una pianta!”

“Harry, siediti e cerca almeno di restare calmo.

Silente fece una pausa e guardò Harry con preoccupazione, come un vecchio monarca sereno davanti ad un caso di poco conto.

Harry, che non si era accorto di essersi alzato in piedi, incontrò il suo sguardo con occhi turbati ma fieri.

“Naturalmente dopo l’ultima…” volta in cui hai rovinato tutto, fatto uccidere Cedric e aiutato il Signore Oscuro a risorgere – “sfortunata disgrazia, abbiamo posto incantesimi più fidati sul Calice. Ti garantisco, Harry, che nessuno ha interferito.

Harry protestò flebilmente ed incoerentemente, ma Silente lo zittì comunque con un gesto.

“Inoltre, Harry, non vedo perché Voldemort dovrebbe volere una cosa del genere. Se l’obiettivo dei suoi piani oscuri è inzuppare il signor Malfoy, direi che possiamo stare tranquilli.”

Ma…ma perché?” balbettò Harry.

Silente mangiò un altro dolce.

“Non posso proprio saperlo, Harry. Conosco poco il signor Malfoy, e me ne rammarico. Non ho avuto il tempo di fare conoscenza con tutti i miei studenti. E’ chiaramente un ragazzo infelice e ostile, ma considerata la tragedia, chi potrebbe biasimarlo?”

Silente gli scoccò un’occhiata penetrante.

“Scommetto che lo conosci meglio tu? Alla luce degli ultimi eventi.”

“No!” Harry quasi urlò. “Io non lo conosco, voglio dire…beh, ovviamente…non so niente di lui. Voglio dire, lo odio, lo disprezzo assolutamente, penso sia…”

“Non colpire la mia scrivania, se ci riesci. Mi sembra,” osservò placido Silente, “che quest’odio sia un po’ eccessivo. Abbiamo tutti lo stesso nemico, no? Il signor Malfoy è dalla nostra parte.”

Le mani di Harry si strinsero in pugni.

“In ogni caso, Harry…non ho risposte da darti. Silente sospirò. “Sembrano esserci sempre meno risposte, di questi tempi. E io, d’altronde, sono molto impegnato. Se volessi essere così gentile…”

Harry guardò in viso Silente, più debole e più segnato di quanto ricordasse, e sentì il proprio panico egoista accartocciarsi su se stesso.

Silente stava tenendo insieme da solo un mondo lacerato dalla guerra.

Sapevano tutti che Caramel era uno struzzo con la testa sotto la sabbia, sapevano tutti delle scomparse, erano tutti terrorizzati… Silente era l’unica cosa che si ergeva tra i maghi e il caos.

E, ammise Harry con un dolore nel petto, Silente era molto vecchio.

“Mi…dispiace, signore.” La sua voce era un sussurro. “Se c’è qualcosa che posso fare…”

“Oh no, Harry. Non ti preoccupare.”

Ecco. Harry Potter doveva sempre essere il bambino da proteggere. Harry Potter doveva sempre essere parte del fardello.

Harry abbassò le spalle.

“Va bene. Grazie, signore.”

Cos’altro poteva dire o fare?

“Un’ultima cosa, Harry.”

Harry si fermò sulla soglia.

“Ricorda le parole esatte dell’indovinello.

Rifletti…

La porta si richiuse davanti a Harry, lasciandolo a fissare il buio.

Abbiam preso ciò che ti mancherà.

Non capiva, ma aveva intenzione di indagare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

I capitoli di Underwater Light saranno pubblicati ogni mercoledì :)  Ricordate, se leggete, di lasciare un commento! Autrice e traduttrice ve ne saranno grate!

Luciana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Se porgessi una mano ***


Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

 

Tradotta da Luciana

 

 

 

Capitolo Due

 

Se porgessi una mano

 

Every time I try the words make little sense

Until you’re gone, and everything must change

And so I must resolve to say it

It’s just me myself again and I’m  just talking to the wall

It’s just me myself and I deciding on a plan

Deciding on my plan

And everything must change, change

Inside and out

 

[Ogni volta che ci provo le parole perdono significato / Finché te ne vai, e tutto deve cambiare / Così devo decidermi a dirlo / Sono di nuovo solo e parlo con il muro / Sono di nuovo solo a decidere un piano / A decidere il mio piano / E tutto deve cambiare, cambiare / Dentro e fuori]

 

 

Harry si precipitò nella sala comune Grifondoro. Rimase fermo a guardare, sollevando una mano per schermarsi dalla luce e proteggere i suoi occhi confusi.

Uno scoppio di saluti lo assalì immediatamente.

“Complimenti, Harry!” Seamus.

“Povero Harry, pensa, salvare Malfoy!” Ginny.

“E’ stato fantastico, Harry, ma non avresti potuto inzupparlo un altro po’?” Ron.

“Allora, cosa ha detto il professor Silente?” Hermione.

Ora che Hermione gli aveva chiesto la cosa più ovvia, ognuno di quei volti si girò verso di lui, sicuro che potesse spiegare ogni cosa.

Harry si sentì del tutto esausto.

“Non ha idea di come sia successo,” rispose. “E nemmeno io.”

Ci fu un attimo di silenzio, quindi esplose la conversazione.

“Beh, qualunque sia il motivo, sei stato fantastico!” esclamò Seamus.

Dev’essere stato uno shock vedere Malfoy laggiù,” commentò Hermione.

Malfoy.

Dio, devo pensare a Malfoy.

Doveva andarsene, e subito dopo occuparsi di Malfoy.

Si guardò intorno. Neville Paciock brandiva un calice in suo onore, e la sua giacca elegante abbinata alla tuta lo rallegrò un po’.

Ora che il mondo magico era diviso in due metà, entrambe erano diventate estremiste. O uccidevi i Babbani o li adoravi.

Di conseguenza, coloro che si opponevano a Voldemort avevano abbracciato qualsiasi costume babbano su cui erano riusciti a mettere le mani. I vestiti babbani erano usati da tutti fuori dalle classi.

Chi, come Neville, veniva da famiglie purosangue, aveva però un approccio leggermente sbagliato. Harry ancora conservava la foto dell’Affare Tutù scattata da Colin Canon il quinto anno.

Hermione gli posò una mano gentile sul braccio.

“Sembri un po’ stanco, Harry.”

La guardò con gratitudine.

“Lo sono,” disse con fervore.

“Forse dovresti riposarti.”

Le dita di Harry si strinsero attorno alla sua mano con muta riconoscenza. Lei ricambiò la stretta con comprensione.

Tutti lo salutarono quando uscì, e fu libero.

Si appoggiò alla porta. Era giunto il momento di cercare di capire.

Abbiam preso ciò che ti mancherà.

Perché Malfoy?

*

Poteva capire che non fosse Ron. Voleva bene a Ron, gliene avrebbe sempre voluto…ma la distanza tra loro era aumentata, una piccola frattura che comunque faceva sentire Harry più solo.

Ron non era mai stato un genio dell’empatia. Non aveva capito, tre anni prima, che Harry non si sarebbe mai candidato al Torneo Tremaghi senza dirglielo.

Ora aveva un bisogno ancora più grande di essere capito, e Ron non poteva farlo.

Non aiutava il fatto che passasse così tante ore a fare il fidanzato stracotto di Hermione.

E se fosse stata Hermione? Era quella intelligente, quella che più di ogni altro avrebbe potuto comprenderlo.

O se fosse stato Sirius. Sirius era stato lontano per tutto il quinto e il sesto anno di Harry, ma ora insegnava a scuola, aiutava Lupin a gestire il carico di lavoro.

Lupin cercava di occuparsi di Erbologia e Difesa Contro Le Arti Oscure, e Sirius era stato accolto con quel calore un po’ disperato così comune in quei tempi.

Harry aveva sperato che potessero passare più tempo insieme, nonostante i suoi sogni dorati da tredicenne su un nuovo papà fossero da tempo sbiaditi.

E comunque, se fosse stato uno di loro?

Avrebbe potuto essere chiunque tranne Malfoy!

Harry camminò velocemente per la stanza e si sedette sul davanzale, incrociando le gambe sotto di sé, premendo le guance contro il vetro freddo.

Chiuse gli occhi.

Dunque. Malfoy.

Un volto pallido e beffardo gli apparve immediatamente sulle palpebre.

Harry fu vagamente spaventato da quanto fosse chiara quell’immagine. Evidentemente gli era abbastanza familiare. Il deficiente gli stava intorno da anni, dopotutto.

Ma era intimità, quella? L’intimità genera risentimento. Nel caso dell’intimità di Harry con Malfoy, generava risentimento a palate.

Cos’era cambiato negli ultimi tre anni?

Molto poco.

Malfoy era sempre il solito cretino malizioso, sempre il solo ad insinuarsi sotto la pelle di Harry così a fondo che era incredibile che non gli mangiasse le ossa. Harry ancora lo odiava tremendamente.

Solo che adesso, evidentemente, stando ad un dannato calice e al suo inconscio traditore, non lo odiava.

Quanto era cambiato Malfoy negli ultimi tre anni?

Molto poco.

No…forse questo era ingiusto.

C’era stato…il caso Lucius Malfoy. Il padre di Malfoy era stato ucciso all’inizio del quinto anno. La voce che si era diffusa era che aveva cercato di fregare Voldemort per questioni di potere, e Voldemort l’aveva giustiziato.

Harry non conosceva i dettagli. Con la guerra che andava avanti, le famiglie che scomparivano, la paura ovunque, a nessuno importava investigare.

Harry aveva provato un’oscura soddisfazione, ricordando che Lucius Malfoy aveva quasi ucciso Ginny, che era stato tra il circolo di Mangiamorte a guardare un ragazzo dell’età di suo figlio duellare senza speranza col Signore Oscuro, ridendo.

Col senno di poi, quella soddisfazione sembrava quasi orribile. Harry non aveva mai provato alcuna compassione per Malfoy. Tutto ciò che aveva pensato era stato… Beh… questo lo zittirà per un po’.

Saranno i primi a cadere, ora che il Signore Oscure è tornato!

Draco Malfoy si era sbagliato: suo padre era stato uno dei primi a cadere.

E Harry aveva, almeno inconsciamente, appoggiato il verdetto secco di Ron, “Ben gli sta.

Malfoy non era mai parso particolarmente addolorato. Lui e la sua solita gang si erano presentati al Giovane Ordine della Fenice di Lupin, con grande sorpresa di molti, ed erano diventati immediatamente il suo elemento più distruttivo, con ben poca sorpresa di molti.

Silente aveva ragione, insomma. Il signor Malfoy è dalla nostra parte.

Così Draco Malfoy non era un Mangiamorte.

Aspetta. Abbiamo forse uno scavo interiore qui?

Di certo tu lo conosci, aveva detto Silente.

Malfoy era sempre stato estremamente fastidioso, ma, nonostante suo padre fosse un Mangiamorte, non si era mai comportato da assassino. Non si era nemmeno vendicato dello schiaffo di Hermione durante il terzo anno. Diceva cose oscene e giocava più sporco di un lottatore nel fango professionista, ma non era un assassino.

Bene. Harry era pronto ad ammettere che non fosse il più oscuro dei crudeli.

Non vedeva in che modo questo portasse a considerarlo la persona che più gli sarebbe mancata. Dopotutto, Malfoy era la persona più irritante che avesse mai incontrato.

Premette il viso più forte contro la finestra.

Lo seccava il fatto di non aver provato la minima compassione per Malfoy. Gli piaceva pensare di essere una persona… abbastanza buona. Aveva detto a Blaise Zaini che gli dispiaceva per sua madre, e nessuno sapeva se la scomparsa della signora Zabini fosse dovuta alla sua morte, ad una fuga o ad una conversione al Lato Oscuro.

Era quella la cosa più irritante di Malfoy. Era l’unico che poteva trascinare Harry così in basso, al suo livello.

Oh, riusciva a disobbedire all’ordine del Signore Oscuro di chiedere pietà sotto l’Imperius, e poi si comportava da imbecille a causa di Draco Malfoy.

Non doveva farsi vedere da Malfoy sporco di fuliggine e con gli occhiali rotti. Non doveva farsi vedere da Malfoy mentre lo portavano in infermeria per via dei Dissennatori. Doveva battere Malfoy a Quidditch.

Harry si ricordò improvvisamente del sesto anno.

Aveva sedici anni, e lo sviluppo che aveva tanto atteso era finalmente arrivato durante l’estate. Purtroppo ancora gli mancavano dei muscoli virili, ma almeno non era più ridicolmente basso.

Sapeva chi lo sarebbe stato. Per questo se n’era andato su e giù per il treno come un pazzo, più vivace di quanto non fosse da un anno o più, desideroso di trovare Malfoy e ridere di lui dall’alto.

Rivisse con particolare intensità il fiero scatto di rabbia che lo aveva preso quando, entrato in uno scompartimento, aveva trovato un paio di grigi occhi glaciali esattamente al livello dei suoi.

Era stato furioso. Era come se Malfoy fosse cresciuto apposta per farlo incazzare.

Il che era assurdo.

Ma si era incazzato comunque. Malfoy aveva quell’effetto su di lui.

Come alle riunioni del Giovane Ordine, quando Malfoy faceva una battuta fuori luogo sui Babbani, e Harry passava dalle sue fosche fantasie alla violenza. Oppure quelle partite di Quidditch in cui Harry improvvisamente scattava ogni volta che vedeva la faccia perennemente ostile di Malfoy tra la folla. Il ragazzo si sarebbe fatto vedere a tifare per i Tassorosso, pur di dar fastidio a Harry.

Per non parlare delle partite Serpeverde contro Grifondoro. L’ultima volta Malfoy, stando a quanto si diceva, si era portato dietro il regolamento del Quidditch e spuntato ogni regola man mano che la infrangeva. Aveva barato senza vergogna, puntando solo e soltanto alla vittoria.

Lui e Malfoy erano finiti a gridarsi addosso finché Madama Bumb non aveva dovuto staccarli con la forza. Harry si era sentito infiammato da una rabbia perforante.

Harry si era sentito… vivo.

Harry si alzò dal davanzale con molta attenzione.

Camminò fino al suo letto e vi si stese sopra, guardando il ben noto gioco di luce di luna e ombre sul muro di fronte. La luce si contorse candidamente sull’intonaco, come se vi fosse incollata.

Non gli piaceva Malfoy. Non gli era mai piaciuto Malfoy.

Abbiam preso ciò che ti mancherà.                  

Ma Malfoy, stranamente, era diventato… importante per lui. Rappresentava la sfida che nessun altro osava essere. Faceva venir voglia a Harry di alzarsi e strangolarlo, ma almeno gli faceva desiderare di alzarsi. Forniva una motivazione alla vita di Harry.

Bel casino.

E andava avanti da anni. Non che Malfoy avesse mai fatto molto. Era semplicemente stato se stesso, uno spillo sotto la pelle di Harry, un dolore costante e insistente.

Harry non se n’era mai accorto, e ne rimase sconvolto.

La sua vita era arrivata ad un punto in cui doveva aggrapparsi alla rabbia per aiutarsi ad andare avanti. In cui solo la rabbia riusciva a fargli scorrere il sangue nelle vene, a farlo crepitare in ogni poro del suo corpo, a mettere ben a fuoco il mondo che aveva intorno e a farlo interagire con esso.

Era come se fosse dipendente dall’adrenalina, e Malfoy fosse il suo spacciatore. E questo… questo per lui era diventato più importante dei suoi amici.

Cosa diceva di lui, della sua vita?

Era un insulto a coloro che amava. E se proprio Malfoy era importante per lui, in qualsivoglia contorto e terribile modo, allora era tremendo che Harry non fosse stato colpito dalla morte di suo padre.

Si mise a sedere e chiuse le tende attorno al letto.

Fu terrorizzato nel rendersi conto che adesso tutto gli stava nitido sotto gli occhi. Non era precipitato nella depressione, e il respiro gli si fece rapido ed intenso.

Si mosse sul letto, come a cercare di fuggire da tutto quanto.

Non poteva essere vero. Non era sicuro. Non sembrava del tutto vero.

Sembrava scomodamente vicino alla verità, però.

Doveva saperne di più. Se Malfoy era importante per lui, non potevano restare rivali. Doveva esserci una ragione dell’influenza che aveva su Harry.

Doveva saperne di più.

Aveva fatto ciò che poteva da solo. E Silente non poteva aiutarlo.

Era inutile continuare a pensarci. Ma ci pensò, e ci pensò ancora. Ci pensò rigirandosi senza tregua sul letto, dimenticandosi di togliersi i vestiti e di mettersi sotto le lenzuola.

Domani.

Domani avrebbe affrontato Malfoy.

*

“Harry, mi sembri un po’ nervoso.”

Harry sobbalzò.

“Io… ehm, no. Sto bene,” disse nervosamente.

Hermione lo stava guardando preoccupata, col suo toast sollevato per aria. Harry cercò disperatamente di dissimulare il fatto che era stato sveglio metà notte, che aveva addosso gli stessi vestiti del giorno prima e che non stava per niente, affatto fissando l’entrata in attesa dell’arrivo di Malfoy.

Hermione lo guardò per un altro lungo momento, quindi tornò al toast.

Sto solo guardando la porta, cercò di esprimere al mondo Harry. La porta. Porta affascinante. Non l’ho apprezzata adeguatamente negli ultimi sei anni e mezzo, è giunta l’ora di godermela.

La colazione proseguiva, ma di Malfoy nessuna traccia.

Oh, avanti! Che cavolo. La colazione è il pasto più importante della giornata. Non si può saltarla così a cuor leggero.

C’erano persino Tiger e Goyle, Pansy Parkinson, Millicent Bulstrode e Blaise Zabini, tutta la solita banda. Anche nota come ‘la corte di Malfoy’.

Harry guardò verso di loro finché non si accorsero di lui e gli rivolsero occhiate malvagie.

Si affrettò a spostare lo sguardo.

Non è colpa mia. Voglio solo parlargli. La gente dovrebbe fare colazione.

“Harry, non stai mangiando niente,” disse Hermione.

Harry, estremamente distratto, prese un toast, lo farcì e ne morse un bel pezzo.

Quindi si accorse di aver appena ingoiato un toast al porridge.

Era ridicolo.

Andò avanti tutto il giorno.

Sette anni, pensò Harry. Quasi sette anni passati a sperare che fosse inghiottito da un qualche buco nero, e l’unico giorno in cui cerco di parlargli scompare dalla faccia della terra.

Oh, no. Non poteva certo essere scomparso anche lui, vero? Non ora.

Harry fu sconvolto dal provare qualcosa di simile alla paura.

Quest’emozione inquietante fu finalmente spazzata via quando intravide i capelli più candidi della scuola tra un gruppo di Serpeverde che si avviavano verso l’aula di Pozioni.

Vai!

“Dai,” disse a Ron e a Hermione. “Presto, a Pozioni. Basta starcene in panciolle.”

Panciolle??

Stava impazzendo.

Non c’era tempo per pensarci. Sarebbe andato a Pozioni, e Malfoy sarebbe passato sdegnosamente davanti al suo banco, rivolgendogli un commento sgarbato come faceva sempre, e invece di stringere i denti e resistere all’impulso di prenderlo a pugni, lui avrebbe…

Uhm. Dunque. Quella parte non l’aveva ancora messa a punto. Ma avrebbe detto qualcosa, certamente.

Parlare. Questo era il piano.

Il piano si rivelò completamente inutile.

Malfoy non passò accanto al banco di Harry. Ci passarono tutti gli altri Serpeverde, in compenso, farfugliando cose ancora più virulente del solito. Pensavano che tutto avesse l’obiettivo di umiliare il loro capo.

Harry non aveva idea di cosa pensasse Malfoy. Si sedette in fondo alla classe come sempre, e stette zitto.

Sarebbe stato fantastico se Snape fosse stato ugualmente silenzioso.

“Bene, bene, signor Potter,” disse, di umore più nero del solito. “Pare che il suo piano non riguardi solo la gloria personale bensì si estenda allo scherno dei Serpeverde. Complimenti per la maturità.”

“Ma professore,” disse Ron scandalizzato, “Harry non ha certo…”

“C’è stato un equivoco,” s’intromise Hermione. “Harry non ha…”

Harry si mosse sulla sedia per vedere se Malfoy era d’accordo con Snape. Il suo era un viso snello, ascetico, inadatto a mostrare espressioni, e Harry non riuscì ad intuire quali pensieri nascondesse.

“Signor Potter,” lo chiamò Snape. “Occhi verso il davanti della classe, prego. E’ qui che si svolge la lezione. Grazie.”

Harry si sentì arrossire. Era tutto terribilmente imbarazzante.

Insomma gli toccava parlare con Malfoy dopo la lezione.

Non lo fece. Malfoy fu circondato da una folla di Serpeverde appena uscì. Lo stesso accadde a pranzo, a Cura delle Creature Magiche, nei corridoi e a cena.

Gli stavano intorno come api attorno ad un fiore, con straordinaria frustrazione di Harry.

Perché lo amate tutti così tanto? E’ un fastidiosissimo idiota!

Anni e anni di Malfoy che si faceva vedere ad ogni angolo per ridere di Harry, e adesso avevano deciso di costruirgli attorno una fortezza.

Eccolo dunque in un angolo della sala comune Grifondoro dopo un giorno molto, molto stancante in cui non era riuscito a risolvere niente. Si sentiva scoraggiato e frustrato e…

Ne aveva abbastanza. Era stanco di inseguire Malfoy in attesa che il ragazzo gli concedesse udienza.

Se voleva parlare con Malfoy, avrebbe parlato con Malfoy.

“Vado a fare un giro,” annunciò a tutta la sala comune, e si precipitò fuori prima che qualcuno si offrisse di accompagnarlo.

*

Sulla strada verso i sotterranei dei Serpeverde, Harry cambiò idea.

Era assurdo. Non voleva parlare con Malfoy. Odiava quel cretino. Di certo non moriva dalla voglia di passeggiare in mezzo ai Serpeverde facendo la figura dello scemo davanti a Malfoy.

Oh, Dio. Ancora quell’insensata fitta d’ansia.

Harry ripensò al biglietto di San Valentino di Ginny il secondo anno, e alla stretta disperata nel petto quando si accorse che anche Malfoy l’avrebbe sentito. Per qualche strana ragione gli importava l’opinione dell’idiota.

Doveva scoprire perché.

Prese un profondo respiro e si affrettò lungo i corridoi, concentrandosi sul raggiungere la sala comune Serpeverde prima di perderne il coraggio.

Una volta arrivato, picchiò sulla parete di nuda pietra che ricordava essere l’entrata. Proprio da Serpeverde, rifletté, avere un’entrata nascosta ai membri delle altre case. I Serpeverde facevano sempre così, e apparivano sul fondo dei laghi dove nessuno voleva vederli, rifiutandosi poi per tutto il giorno di parlare con la gente.

Colpì il muro con maggior veemenza.

Il muro dietro di lui si aprì, Harry si voltò e fece finta di esser sempre stato davanti a quella parete.

“Ti prego, Pritchard, ti sei di nuovo dimenticato la password dei Serpeverde?” disse Malcolm Baddock, un ragazzo minuto del quarto anno dall’aspetto furbetto.

Si bloccò appena riconobbe Harry Potter, campione supremo dei Grifondoro, scapigliato, decisamente nervoso e in piedi sulla soglia Serpeverde.

“Ehm,” disse Harry, perdendo il controllo della lingua in quel momento cruciale.

Baddock batté le palpebre e rimase sorpreso quando vide che Harry non era scomparso.

Harry desiderò ardentemente un po’ di sangue freddo. “Ehm,” ripeté, maledicendosi. “Ehm. Um. Posso parlare con Malfoy, per favore?”

Ecco fatto. Non proprio eloquente, ma il messaggio era stato inviato.

Malcolm Baddock lo fissò ancora un momento, quindi si girò e corse al grido di “Ragazzi! Tutti qui, presto!”

In un paio di secondi, Harry si trovò davanti una masnada di Serpeverde che spintonavano pur di guadagnarsi la visuale di quell’incredibile spettacolo.

Davanti c’erano Pansy Parkinson e Blaise Zabini, con in viso lo stesso identico sguardo malefico.

Era stata una cattiva idea.

Che cosa vuoi, Potter?” indagò Blaise, col viso scuro sospettoso e distintamente ostile.

Pansy incrociò le braccia, come se Harry avesse intenzione di invadere la sala comune.

Harry deglutì. “Posso parlare con Malfoy, per favore?”

Oh, perfetto. Ora si era trasformato in un pappagallo isterico che ripeteva la stessa frase senza sosta.

Perché?” chiese Pansy senza scomporsi. “Cos’altro hai intenzione di fare?”

“Niente! Non ho fatto niente!” protestò Harry. “Ho solo bisogno di parlare con lui!”

Blaise e Pansy si scambiarono sguardi di pietra, e parvero giungere ad una decisione.

“Beh, non puoi,” lo informò seccamente Pansy, sporgendosi per chiudere l’entrata.

Cosa diavolo sta succedendo qui?” domandò una voce autoritaria e irascibile. “C’è gente qui che sta cercando di lavorare, sapete?”

Quel tono aristocratico era inconfondibile, così come la testa biondo pallido che apparve non appena Malfoy si fece strada tra la folla.

Harry provò al contempo sollievo e un lampo di quella paura che aveva sperimentato al pensiero che Malfoy fosse scomparso.

Si rese conto che non era spaventato solo da ciò che sarebbe potuto succedere a Malfoy, ma anche da ciò che Malfoy avrebbe potuto fare. Se Malfoy era importante per lui, aveva un’arma per ferirlo. E a Malfoy piaceva ferire la gente.

Giunto davanti alla folla, stette immobile un momento, gli occhi grigi ben aperti. Sembrò esser stato colpito da un filmine, proprio come Malcolm Baddock.

“Tu!” esclamò con aria assente. Poi, riprendendo il controllo di sé in un attimo (con grande invidia di Harry), chiese freddamente, “Che cosa vuoi tu?”

Devo restare calmo.

“Voglio parlare con te,” disse Harry, e arrossì in modo incontrollabile.

Malfoy si appoggiò alla cornice della porta con disinvoltura e le braccia conserte. Lo guardò con quegli occhi opachi, pensosi, argentati e assolutamente impenetrabili.

Harry notò che indossava un maglione bianco e un paio di jeans. Era uno dei pochi Serpeverde con abiti babbani.

“Bene, eccomi qua,” replicò Malfoy. “Parla.”

Harry guardò i grappoli di Serpeverde dall’aria pericolosa, disposti intorno alla porta come i denti nella bocca di uno squalo.

“Non potremmo parlare da soli?” chiese disperatamente.

Malfoy sembrò vagamente allarmato, ma fece cenno agli altri alle sue spalle di fare silenzio.

“Direi di sì,” disse piano. Oltrepassò la soglia, e Harry indietreggiò di qualche passo.

La pietra si richiuse, sostituendosi alle facce sconvolte dei Serpeverde. Harry fu soddisfatto del miglioramento.

Guardò Malfoy alle sue spalle, ora appoggiato con aria spigliata al muro, e tornò ad essere nervoso.

Cominciava a capire perché fare la figura dell’idiota davanti a Malfoy era tanto orribile. Malfoy aveva fin troppo padronanza di sé per un ragazzo della sua età, e la cosa lo poneva automaticamente in vantaggio.

“Allora…ehm,” disse Harry. “Vogliamo, ehm, trovare un’aula vuota in cui parlare, o qualcosa del genere?”

Di certo non aveva intenzione di girare per i corridoi, dove chiunque avrebbe potuto vederli e diffondere Dio sa quali voci per tutta la scuola.

Malfoy sollevò un pallido sopracciglio.

“Passo già troppo tempo in classe, grazie. Possiamo fare un giro lungo il lago.”

“Malfoy, si gela là fuori e nessuno dei due ha un mantello!”

“E allora?” si informò Malfoy. “Hai detto che vuoi parlare. Io voglio parlare lungo il lago. Possiamo parlare lì…a meno che, ovviamente, tu non abbia cambiato idea.”

Harry si ricordò, a questo punto, che odiava ancora Malfoy.

“Va bene,” disse, a denti stretti.

Malfoy si esibì in uno dei suoi ghigni trionfali. Harry sentì il sangue ribollire.

“Splendido,” disse Malfoy. “Andiamo.”

*

Il vento soffiava con furia devastante sul paesaggio grigio e sull’acqua che ne rifletteva il colore. Tutto ne appariva soggiogato e appiattito, l’unica cosa che pareva ribellarsi erano le increspature sulla superficie del lago. Il vento cadeva dal cielo tagliente come la lama di una spada, e il cielo era talmente coperto di nuvole che solo qualche rara sfumatura grigio-acciaio ne mitigava il vasto candore.

Harry stava congelando, e il vento sembrava aver preso i suoi capelli e i suoi vestiti per giocattoli da colpire.

Malfoy camminava leggermente avanti a lui, le mani in tasca, come in un mite giorno d’estate. I suoi capelli biondi erano solo un po’ scossi dal vento, sollevati e ricomposti da dita invisibili, soffiati sulle sopracciglia.

Harry si chiese cosa mai gli avrebbe detto.

Il suo piano si esauriva proprio qui, adesso si ritrovava con un Serpeverde sprezzante che si aspettava parole a cui ancora non aveva pensato.

Camminarono in silenzio per un po’, Malfoy sembrava perfettamente a suo agio sia col silenzio che col tempo. Aveva perso quelle poche tracce d’incertezza mostrate precedentemente.

Finalmente si voltò. Lì fuori i suoi occhi sembravano più scuri, si adeguavano al grigio sfumato e irregolare del lago alle sue spalle.

La pronuncia lenta era la stessa di sempre.

Dimmi un po’, Potter, volevi solo fare quattro passi in silenzio? Perché ho un appuntamento con una cioccolata calda e un libro di testo, e francamente le cose si stanno facendo noiose.

“Un… un libro di testo?” esitò Harry. Era bizzarro che Malfoy potesse fare una cosa comune come studiare.

“Beh, sì, Potter.  Sai, questa è una scuola. Pensavo che persino tu ci fossi arrivato, dopo tutti questi anni. Tende ad includere delle lezioni.”

“Taci, Malfoy,” scattò Harry. “Sto cercando di dire qualcosa.”

“Allora parla.”

Malfoy si fermò e guardò Harry, con l’aria quasi divertita ma una chiara sfida negli occhi.

Ehm,” disse Harry. “Ah. Um. Ecco…”

“Ne deduco che questo non è uno dei tuoi giorni lucidi?”

“Malfoy!” esplose Harry. “Potresti stare zitto e fingere per un secondo di essere una persona minimamente civile? Ho davvero qualcosa da dire, e non ci riesco se continui ad interrompermi coi tuoi commenti acidi.”

Malfoy alzò le spalle. “Sicuro.”

“Mi ascolterai?” chiese Harry, sospettoso.

“Non posso perdere tutta la giornata per ascoltare le tue lagne patetiche. Sarò buono,” promise Malfoy. “Sul mio onore Serpeverde.”

Harry dubitò fortemente della validità di una simile promessa, ma…

“Allora ok. Io, uhm, hai presente ieri quella cosa, uhm, del lago?”

Si fermò e aspettò una risposta. Malfoy lo osservò in silenzio, e fu solo dopo aver notato il ghigno ancora sulle sue labbra che Harry capì.

“Puoi parlare se ti chiedo qualcosa, per l’amor del cielo!”

“Ah, posso?” chiese Malfoy innocentemente. “Scusa tanto. Non volevo interrompere il flusso narrativo. Certo che ho presente, idiota.”

Mmm. Non ti sei, cioè, chiesto cosa sia successo?”

“Non proprio. Ho attribuito tutto al mio irresistibile sex-appeal e arrivederci. La vita è troppo breve.”

Ad Harry venne in mente un nuovo piano. Uccidere Malfoy, gettare il cadavere nel lago e vedere se davvero gli sarebbe mancato così tanto.

“Malfoy, smettila di fare il cretino,” esclamò. “Ci ho pensato sul serio.”

“A quali conclusioni sei giunto, Wonder Boy? Sono certo che saranno geniali.”

I suoi occhi dicevano: Imbecille.

Harry distolse lo sguardo e fissò il lago. Il flusso di pensieri era sul punto di deragliare e avrebbe ceduto all’impulso di picchiarlo selvaggiamente, se avesse continuato a guardarlo.

“Oh, sputa il rospo, Potter.”

Harry prese un ampio respiro e si buttò nelle spiegazioni.

“Dunque, Silente ha detto che è stato un incidente, e io non sapevo cosa pensare, ma dovevo capirlo da solo, quindi sono stato sveglio tutta a notte a pensare, e mi è venuta in mente un’unica ragione per tutta questa faccenda. Sai che siamo, diciamo, rivali?”

“No,” rispose Malfoy. Harry si girò e lo guardò incredulo. “Siamo nemici, Potter,” elaborò in tono accondiscendente. “Tu mi odi e io odio te. A ciascuno piacerebbe vedere l’altro sulla graticola. Non si tratta di una goliardica competizione nel Quidditch. Stiamo parlando di un odio violento qui.”

Oh? Bene, era un buon segno.

Harry stava ancora scrutando Malfoy. Malfoy si era portato una mano ai capelli e aveva catturato soprappensiero una ciocca ribelle, rigirando i fili sottili in attesa che Harry andasse avanti. Sembrava piuttosto concentrato.

Comunque,” disse Harry, affrettandosi. “Stavo solo…stavo solo cercando di capirci qualcosa, ed era l’unico motivo. E adesso non so come dirtelo, ma, ecco, sono giunto alla conclusione che evidentemente la tua opinione mi interessa, conclusione abbastanza stupida, ma non riesco a pensare ad altro, e così volevo vedere se era vero. E non vedo perché dovrebbe esserlo, dato che fondamentalmente sembri essere, senza offesa, una delle persone più orribili del mondo, ma se non lo fossi questo spiegherebbe qualcosa e volevo solo rendermi conto e scoprire perché, quindi, cioè, ehm.”

Harry fu molto grato al debito di ossigeno che lo obbligò ad interrompere quel delirio.

Malfoy piegò la testa da un lato, a metà tra divertimento e stupore.

“Potter, stupido minorato dislessico, stai cercando di diventare mio amico?”

Harry espirò a fondo. “Sì.”

“Oh. Mmm.”

Malfoy fece di nuovo quell’espressione meditabonda, che risultava molto strana a Harry. Sostituiva il solito sorrisetto con uno sguardo assente, ed era quasi gradevole.

Lo guardò per un po’.

Alla fine Malfoy disse, “Io cosa ci guadagno?”

Questa domanda così diretta e così Serpeverde scosse Harry.

Co…cosa?”

“Allora, se divento tuo amico posso avere la password Grifondoro per intrufolarmi e lasciare animali morti nel letto di Weasley?”

“No!”

Ok, mi svelerai tutti i segreti sporchi di Weasley e Granger così potrò impreziosirli e diffonderli in tutta la scuola?”

Harry fu combattuto tra l’impulso di ridere e l’orrore. “No!”

“Posso ingannarti e consegnarti al Signore Oscuro?”

“N…” Harry si fermò e lo guardò preoccupato. Dopotutto, era una domanda piuttosto seria. “Vorresti farlo?”

Malfoy strinse le labbra, cosa che fece sembrare i suoi zigomi appuntiti.

“Non particolarmente. Però sarebbe divertente.”

Harry scosse la testa incredulo.

E sì, ok, un po’ divertito. Nessuno sapeva essere platealmente cinico come Malfoy, ma era così sfacciato da farsi perdonare, paradossalmente.

“Va bene,” disse alla fine Malfoy.

Harry lo fissò. “Sei…sei d’accordo?”

“Sarebbe quello il significato generale della frase, sì.

Harry non poté celare la sorpresa. “Perché?”

Ahhh?” Malfoy sporse il capo all’indietro, guardando il cielo. La linea della sua gola sembrò improvvisamente vulnerabile. “Non lo so. Chiamala curiosità morbosa.”

Harry si trovò a disagio e senza parole. Era riuscito in ciò che si era prefissato, e adesso? Cosa doveva dire esattamente a Malfoy? Parlare di quanto fosse rincoglionito Snape? Chiamarlo Draco? L’idea gli sembrava ridicola.

Camminarono ancora per un po’, e Harry arrischiò un’altra occhiata a Malfoy.

Stava guardando Harry, e ora pareva anche lui scosso dal vento. Aveva un’aria persa mentre lo fissava sotto la frangia d’argento.

Cosa fai con i tuoi amici?” gli chiese Harry, esasperato.

“Dico loro cosa fare, così loro lo fanno e mi lasciano in pace.

“Oh.” L’idea non era delle più attraenti.

“Farai ciò che ti ordinerò?” chiese allegro Malfoy.

“No!”

“Oh,” disse Malfoy, indispettito. “Allora? Cosa fai tu con i tuoi amici?”

“Ehm, parliamo un sacco di quanto sei tremendo.

“Potresti farlo, lo prenderei come un complimento.

Harry non parlò. Una parte di lui desiderava ardentemente dire a Malfoy che era stata una pessima idea, e darsela a gambe.

Il resto di lui non sapeva esattamente che fare.

Il viso di Malfoy era un po’ contratto a causa del vento.

“Visto questo silenzio imbarazzante,” disse con la solita voce debole, “potremmo rientrare? Sto morendo dal freddo.”

Harry non poté fare a meno di ridere di nuovo.

“Zitto, Potter.”

“Te l’avevo detto, Malfoy.”

E io ti ho detto di stare zitto!”

Malfoy si girò e prese a camminare vivacemente verso il castello, rinunciando alla farsa della passeggiatina primaverile.

“Volevo solo dare un’occhiata al paesaggio tetro per Magia Creativa,” mugugnò.

“Per??” Harry ebbe il ricordo annebbiato di una lista, e di chiacchiere circa i compiti nella sala comune. “Ah, la materia. Carina?”

Malfoy si bloccò all’istante. “Stai scherzando? E’ la più bella materia del mondo.”

“Oh. Io ho scelto quelle che prendeva anche Ron,” ammise Harry. “Non sapevo nemmeno di cosa trattassero.”

“Cristo Santo! Ecco cosa si ottiene a riempire la scuola di gente figlia di Babbani.” Harry stava per muovere una sentita obiezione al commento razzista, ma Malfoy proseguì indifferente, incedendo nel vento e parlando a voce alta oltre le proprie spalle.

“Magia Creativa è come…beh. E’ un talento trascendente.”

Harry lo guardò inebetito.

“E’ come… ci sono maghi e streghe che creano libri fantastici, o drammi, o dipinti, riuscendo a trasformare la magia e il talento in una cosa sola, così da far restare incantati anche i Babbani. Così anche i Babbani pensano che sia magia.

Harry non aveva mai visto Malfoy così entusiasta prima. Notò, tuttavia, che i gesti stravaganti che in genere usava per le sue imitazioni crudeli risultavano bizzarri associati a questa esuberante descrizione. Gli occhi di Malfoy brillavano, e sembrava più aperto di quanto l’avesse mai visto.

Harry fu pronto a scommettere che l’intera sala comune Serpeverde fosse stufa di sentirlo parlare di quella materia, chiaramente la sua preferita.

Comunque, doveva ammetterlo, era quasi affascinato. Malfoy si comportava come un bambino.

Anche quando erano più piccoli, non si era mai comportato da bambino.

A meno che non si contassero i suoi momenti da piccolo cretino viziato, troppo frequenti a dir la verità.

“I Babbani non capiscono dove vada a finire il tempo quando ascoltano un concerto creato con la Magia Creativa o un dipinto fatto con la Magia Creativa, perché la magia impregna il tempo, li porta per un po’ in un’altra dimensione, poi ritornano alla loro senza sapere cosa sia successo, ma con la certezza di aver sperimentato… qualcosa.” Continuò con entusiasmo, “possiamo muoverci, Potter? Si sta facendo buio, e io mi sto congelando.

“Voi Serpeverde siete così fragili,” disse Harry.

“Oh, smettila. E alza il passo. Morirò di polmonite. Non ce la fai a camminare più velocemente? Ho freddo, ho freddo, ho freddo!”

Ah. Un altro momento da cretino viziato.

Harry accelerò. Ovviamente non poteva permettere a Malfoy di comportarsi in modo così dittatoriale, ma… stranamente sembrava una cosa ovvia, da parte sua.

Di certo era un fattore di cambiamento nella politica Grifondoro del “non respirare troppo forte su Harry se non vuoi che vada in pezzi”.

Malfoy continuò a lamentarsi finché non furono dentro.

“Ora siamo al caldo,” disse Harry, ridendo. “Smettila di piagnucolare.”

“Non stavo piagnucolando, stavo per morire di ipotermia,” brontolò Malfoy. “Io… mmm.”

Malfoy sollevò lo sguardo, e Harry seguì i suoi occhi.

Ron e Hermione venivano verso di loro.

“Harry, ti stiamo cercando da o…” cominciò Ron, e si fermò di botto.

Gli occhi di Malfoy erano luminescenti e attenti nell’ombra che gli nascondeva il volto.

“Ci vediamo domani, allora,” mormorò. “Stesso posto, stessa ora.”

Scivolò via, la testa candida già distante prima che Harry potesse acconsentire. Realizzò che non era stata una richiesta, bensì un ordine.

Il ragazzo era insopportabile. Eppure l’inconscio traditore di Harry sembrava non essere del tutto d’accordo.

Scuotendo il capo rise amaramente, e si avviò verso Ron e Hermione.

“Harry… era Malfoy, quello?” chiese incredulo Ron.

“Ehm,” disse Harry.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

Qui ci va una frase che lessi su un libro che parlava dell’opera lirica, e che da allora amo alla follia.

Inverosimiglianze, anacronismi, intrecci banali non contano se una mente creativa e capace riesce a farci dimenticare le nostre obiezioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Al pub ***


Eventually everything blurred around him, the dazzling lights mingling with everyone's hair

Underwater Light

By Maya

 

 

 

Tradotta da Luciana

 

 

 

Capitolo Tre

 

Al pub

 

So walk with me, talk with me,

Tell me your stories

I'll do my very best to understand you

You're flesh and blood...

 

[Allora cammina con me, parlami, / Raccontami di te / Farò di tutto per capirti / Sei carne e sangue…]

 

 

Harry disse a Ron e a Hermione che, sì, era Malfoy. Aveva avuto voglia di parlargli del fatto del lago.

Non disse nient’altro.

Non voleva mentire, non si vergognava, ma sentiva che la questione era alquanto spinosa. Finora era andato tutto sorprendentemente bene, ma una volta aggiunti alla miscela Ron e I Mille Motivi Per Cui i Testarossa Hanno Una Certa Reputazione, Draco Malfoy sarebbe tornato ad essere un puntino all’orizzonte. Un puntino col dito puntato verso Harry e Ron, impegnato a sbraitare “Hanno cercato di uccidermi, professor Snape!”

Non che Malfoy fosse stato carino. Di certo un Draco Malfoy dolce e garbato avrebbe spinto Harry a correre da Silente in cerca di antidoti alla Pozione Polisucco. Era stato acido, viziato e stronzo come sempre, per non dire apertamente ostile e pronto ad insultare.

Eppure…era andata bene.

Per qualche ragione, Harry ne era felice.

Non spiegò la situazione a Ron e Hermione anche per un altro motivo. Inspiegabilmente era un po’… possessivo, riguardo la faccenda.

Da molto tempo ormai non aveva niente di privato, su cui i media non avessero messo le grinfie, che Ron e Hermione non conoscessero, nonostante poi loro avessero i loro speciali segreti ‘di coppia’.

Qualcosa gli diceva che, una volta saputo tutto, ci sarebbero rimasti molto male.

Ciononostante, non disse niente.

E a colazione il giorno dopo, guardando Malfoy entrare e Blaise Zaini posargli una mano sotto il gomito, invitandolo ad andarsi a sedere accanto a lui, Harry sentì una fitta di quella sensazione di possesso.

Cosa credi di fare, Zabini? Non c’è bisogno di toccare.

Harry Potter, il ragazzo che diede di matto.

“Sono così contenta di non vederti più depresso ultimamente, Harry,” disse Hermione.

“Depresso?” rispose Harry soprappensiero, mentre Malfoy prese posto accanto a Zabini. “Perché dovrei essere depresso?”

Voldemort. La guerra. Cedric. La pietà goffa attorno a lui. Il senso di colpa annebbiante.

Ah, quello.

Me n’ero dimenticato, pensò Harry stupito. Dimenticato.

Hermione gli comunicò la sua approvazione con lo sguardo. “Hai ragione Harry, non ce n’è alcun motivo.

Non dovrei dimenticarmelo, pensò Harry. Ma l’ho fatto… e sto bene.

“Forza ragazzi, Difesa Contro le Arti Oscure è la prima lezione,” disse Ron. “Chissà se ci sarà Lupin o Sirius.”

Harry si alzò, aiutando Hermione col suo zaino pieno di libri.

Lasciando la sala, vide che Malfoy e Zabini stavano avendo un’animata discussione. Vide la bocca di Malfoy formare le parole ‘Magia Creativa’, e quasi sorrise dell’interesse palesemente finto di Zabini.

Un certo impulso lo fece fermare per un attimo mentre passava davanti ai Serpeverde e gli fece dire:

“Ciao, Malfoy.”

Pansy Parkinson, Tiger, Goyle e Zabini gli inviarono tutti la stessa occhiata Muori, Potter, muori!

Malfoy, placido come se non fosse circondato da lupi assetati di sangue, prese un pezzo di toast e rispose, “Buongiorno, Potter.

Harry provò un oscuro senso di trionfo per quelle due parole, che ridussero Ron e i Serpeverde ad una muta, soffocata incredulità.

Ovviamente dopo quello fu costretto a dare spiegazioni a Ron, il quale era sul punto di giurare che Voldemort avesse preso le sembianze di Harry e bisognasse abbatterlo immediatamente.

“Ho solo deciso di essere più gentile,” disse sulla strada per Difesa Contro le Arti Oscure. “Voglio capire che cosa è successo al lago.

“Beh, ok, posso capirlo,” concordò Hermione, l’ossessiva fonte di saggezza. “Però in effetti, Harry, Malfoy…”

Ron quasi sputò.

“Posso capirlo?! Si tratta chiaramente di un complotto dei Serpeverde! Ti fidi troppo, Harry. Quelli non sono come noi. Sono dei mostri, ti dico, folli, spietati…”

Interruppe la tirata per salutare il professor Lupin.

“Salve, professore. Mi chiedevo se sarebbe venuto lei o Sirius. Non si sta avvicinando…” mimò un ululato al chiar di luna.

“Puoi sederti,” disse Lupin con un sorriso indulgente.

“Allora,” riprese Ron. “Dov’ero?”

“Mi stavi dicendo che i Serpeverde sono mostri folli e spietati,” rispose Harry. “Ma poi sei stato distratto da un licantropo.

*

Harry non poté crederci quando si sorprese a controllare l’orologio.

I minuti strisciavano via, e Malfoy non si fece vedere a pranzo.

Saltare i pasti ogni volta, pensò Harry. Ecco come si fa ad ammalarsi.

“Cos’è che ti tormenta, Harry?”

“Niente mi tormenta!” esclamò Harry indignato. Hermione alzò le spalle e morse la sua mela.

Forse Malfoy era malato. Di certo il pallore era quello.

Madama Chips avrebbe dovuto stare più attenta. Bisognava dargli delle vitamine.

Probabilmente i sotterranei non erano il luogo più adatto per una salute cagionevole.

Harry rimuginò sulla questione per ore, al punto che fu uno shock vedere un Malfoy che era il ritratto della salute raggiungere il luogo in cui avevano appuntamento a passo svelto, con venti minuti di ritardo.

“Andiamo, Potter,” disse in fretta, girandosi e incamminandosi.

Harry corse per stare al passo, con suo gran disgusto.

Hey, Malfoy. Sei in ritardo. Hai presente le buone maniere?”

Malfoy fece una faccia scocciata. “Sì, sono per gli altri. Andiamo, muoviti.”

Dove stiamo andando?” chiese Harry, sospettoso.

“Non ho intenzione di aspettare la morte vicino a quel lago,” lo informò Malfoy. “Comunque, ieri ho notato che avevi dei problemi a parlare in maniera coerente, per cui ce ne andiamo al pub.”

“Il pub? Questo dovrebbe rendere le mie parole più coerenti?”

“Oh sì. L’alcol ti dà questo fantastico senso di finta serenità,” gli assicurò Malfoy.

In effetti ho bisogno di un po’ di serenità, con te intorno… Dove vai?”

“Nella scuola,” disse pronto Malfoy. “C’è un passaggio segreto che porta a Hogsmeade dietro la statua…”

“Della strega con un occhio,” finì piano Harry. “Come lo sai?”

Malfoy s’inorgoglì.

“L’ho scoperto quattro anni fa,” rispose. “Weasley non parlava da solo sulla strada per Hogsmeade. Non è una cima, quel tuo ragazzo. Capii che dovevi aver usato qualche scorciatoia dalla scuola col tuo prezioso Mantello dell’Invisibilità… e l’ho trovata.”

Allora lo fa anche lui, pensò Harry. Pensa a come rompermi le scatole. Importa anche a lui.

Ciò che disse fu, “Sai del mio Mantello?”

Malfoy sogghignò. “No, Potter. Pensavo davvero di avere le allucinazioni. Certo che lo so, e la prossima volta che andiamo al pub puoi portarlo.”

“La prossima… ? Non ho nemmeno detto sì questa volta!”

Harry alzò il passo dietro Malfoy, sentendosi sempre più un cagnolino portato a passeggio. Malfoy non rispose finché non furono nel corridoio che portava alla statua.

Si guardò alle spalle e parlò disinvolto.

“Credo che tu non abbia assimilato appieno la situazione, Potter.

Harry avvertì un rapido colpo alle costole, come se qualcuno l’avesse toccato all’improvviso sul petto.

“C…cosa vuoi dire?”

“Non ti ho accettato come amico per la vita, sai. Il suo sorriso era gelido come neve inaspettata. “Sono del tutto in grado di restituirti al negozio, se non mi vai bene.”

Harry sentì montare l’indignazione.

“Stai dicendo che se non vengo a bere con te…”

Denti scintillanti. “Esatto.”

Harry fu sul punto di dirgli dove poteva ficcarsi quella cosiddetta amicizia, suggerendo anche di aggiungerci la bacchetta e il manico di scopa, quando avvenne qualcosa di imprevisto.

Malfoy si accorse di averlo fatto arrabbiare, e sorrise.

Il fascino non era una cosa che Harry avesse mai associato a Draco Malfoy. Tuttavia…

Sentì l’impulso di osservarlo.

Per Malfoy ogni gesto era calcolato. Sorridere sembrava essere un’arte.

Un’arte terribilmente raffinata. La luce sorse gradualmente su quel viso pallido e freddo, così i suoi occhi brillarono come il sole sulla brina.

Rimase fermo nel corridoio vuoto e fece quel bel sorriso, finché Harry fu costretto a sbattere le palpebre.

Una volta aperti gli occhi, il sorriso era scomparso. Sentì una misteriosa fitta di delusione.

“Avanti, Potter,” insistette Malfoy. “Ho rimandato i compiti di Magia Creativa per bere qualcosa con te.

“Oh, sono onorato,” disse Harry, con molta più debolezza nel suo sarcasmo.

“Dovresti esserlo.”

Malfoy si voltò e camminò, nella completa (e non infondata) convinzione che Harry l’avrebbe seguito.

“Così potrai dirmi tutti i tuoi sconvolgenti segreti,” aggiunse con soddisfazione. Sembrò offeso dall’occhiata scettica di Harry. “Che c’è? Io ti dirò i miei!”

“Sì,” disse secco Harry, “ma i Serpeverde amano vantarsi delle loro malefatte. Non mi pare uno scambio equo.”

Malfoy gli rivolse uno sguardo rapido, piuttosto sorpreso, quindi rise e alzò le spalle.

La risata echeggiò alle loro spalle mentre oltrepassarono la statua.

*

“Malfoy! E’ una cosa privata!”

“Vuol dire ‘nessuna’, allora, vero?”

“Malfoy, quando vuoi sai essere un vero blastardo.

Harry strizzò gli occhi alla luce dei Tre Manici Di Scopa, che stranamente era più accesa di quando era entrato.

Un momento, l’ultima parola non suonava bene…

Sei ubriaco fradicio, Potter.” Malfoy sembrava divertito.

Harry si concentrò sul viso di Malfoy. All’inizio era solo una macchia dorata, confusa con la lampada che spargeva argento sui suoi capelli e nei suoi occhi, ma dopo qualche minuto comparve un largo sorriso.

“Non è vero,” rispose Harry con orgoglio. Formare le parole era un po’ difficile.

“Dopo tre bicchieri di idromele. Sei un peso piuma.”

Malfoy ne aveva bevuti almeno cinque, e sembrava solo più rilassato. Bisognava tenerli d’occhio, questi Serpeverde.

“Rispondi alla domanda, Potter,” ordinò il viziato dittatore. “Questo tergiversare è poco virile.”

“Oh… va bene… Due.”

A Malfoy andò il drink di traverso. “Oh, non mi dire, Gilderoy.”

“Taci, Malfoy!”

Aspetta, aspetta. Si tratta di bacetti sulla guancia tipo quelli della zia zitella? C’era la lingua?”

“Malfoy, non puoi fare domande del genere… Non con la prima.

Malfoy sembrò fiaccato dalle risate trattenute. “Chi è stata la povera sfortunata, allora?”

Cho Chang,” rispose Harry con riluttanza. “Il quinto anno.”

Ricordava nitidamente quel momento. Cho Chang l’aveva preso da parte, gli aveva detto che non sopportava più quei ricordi… che si sarebbe trasferita a Beauxbatons per il settimo anno. Aveva aggiunto che non era stata colpa di Harry, e mentre lui guardava triste il suo bel viso, si era avvicinata e lo aveva baciato piano sulla bocca.

Quanto aveva desiderato quel momento, e poi una volta lì…

Aveva sentito il sapore della pietà sulle sue labbra, la carità che gli veniva premuta nella bocca. Il bacio di Cho Chang aveva espresso lo stesso sentimento offertogli da ogni parola o tocco quell’anno.

Aveva fatto un passo indietro, e lui aveva guardato ancora una volta quel viso tanto sognato, e desiderato con umile desolazione di non vederlo mai più.

Draco Malfoy fischiò. “Chang? Niente male, Potter…e vediamo un po’, la seconda. Erano vere le voci su Ginny Weasley?”

“Sì,” rispose Harry suo malgrado.

Quei pochi baci maldestri con Ginny. Ancora si sentiva in colpa per aver usato la sorella minore di Ron solo per scacciar via la solitudine. Aveva cercato disperatamente di desiderarla, di desiderare qualcosa, durante il sesto anno…

Non aveva funzionato. Gli dispiaceva per Ginny come se fosse stata la sua sorellina…

Ripensando ai Weasley e ai precedenti di Malfoy nei loro confronti, Harry sollevò lo sguardo.

“Stai per dire qualcosa sui Weasley?” domandò.

Malfoy lo guardò vagamente sorpreso. “No. Ho sempre avuto un debole per i capelli rossi. Con l’eccezione della tua Weasley, ovviamente.

“Oh?” Harry s’incuriosì. “Bene, ora tocca a me, Malfoy. Con quante persone?”

“Ehm…” Malfoy strinse gli occhi. “Aspetta un minuto.”

Cominciò a fare calcoli folli sul suo tovagliolo.

No, davvero. Snape dovrebbe vegliare di più sulla morale dei suoi allievi.

“Chi è stata la prima, allora?”

“Ah.” Malfoy fece segno alla cameriera di portargli altro alcol. “Pansy Parkinson, terzo anno. Ti ricordi quando la mia giovane vita fu quasi spezzata da quell’ippogrifo? Lei corse in infermeria e mi saltò addosso. Praticamente per me fu un colpo.”

“Non mi sembra che fossi così scioccato,” commentò Harry sorridendo. “Visto che poi l’hai portata al Ballo del Ceppo il quarto anno.

“Beh.” Malfoy alzò le spalle. “Me l’aveva chiesto.”

Non si poteva non ammirare quella sfacciataggine così palese.

Che c’è?” disse, notando il sopracciglio alzato di Harry. “I Malfoy aspettano sempre di essere invitati. Oh, ecco qui il numero.”

Passò a Harry il tovagliolo.

Ossignore.

“E’ possibile che ci siano così tante persone nella scuola?”

Malfoy sorrise debolmente. “Se includi lo staff.”

Che schifo!”

Malfoy scoppiò a ridere per l’espressione di Harry. A quanto pareva aveva molto da ridere, quella notte.

Di certo era un filo ubriaco.

“C’è vita anche fuori dalla scuola, Potter,” aggiunse quando si fu calmato.

Madama Rosmerta si avvicinò a Malfoy e gli porse i loro drink con un occhiolino.

“Sicuro di non aver bevuto abbastanza?”

Rosmerta!” Malfoy inorridì. “Mi conosci. La notte è giovane e lo sono anch’io. Saremo molto più ubriachi di così, prima di rientrare.

Harry pensò con preoccupazione che, se si fosse ubriacato più di così, camminare gli sarebbe riuscito decisamente difficile.

“Sei tremendo, Draco Malfoy,” sospirò lei, posando altri due bicchieri sul tavolo. “E stai cercando di corrompere il povero, innocente Harry Potter. Mi spaventi.”

“E tu mi adori!” le rispose Malfoy mentre si allontanava. Tornò a rivolgersi a Harry e gli sorrise maliziosamente. “Gran donna. Il terzo anno si rifiutò di portarmi da bere e cercai di flirtare con lei. Disse che ero il più giovane che ci avesse mai provato.”

“Malfoy, sei sicuro di non essere un alcolizzato?”

“Non sono io,” lo informò Malfoy in tono altezzoso, “il bevitore minorenne, qui. Ho compiuto diciott’anni a gennaio.”

“Non avevi diciott’anni al Ballo del Ceppo,” mormorò Harry.

“Neanche tu. Comunque, smettila di rispondere ai più grandi. Mmm… beh, avevo un’altra domanda, ma visto che hai baciato solo due persone so già la risposta.”

Che…? Ah.” Con suo grande orrore, Harry si sentì arrossire violentemente. “Malfoy!”

Malfoy rise e si appoggiò al muro dietro di sé. “Povero piccolo Potter…”

“Stai zitto! Quante migliaia di volte l’hai fatto tu, allora?”

Malfoy sollevò l’angolo della bocca. “Migliaia? Mettiamo in chiaro una cosa, non tutti i Serpeverde sono peccatori depravati. Questo è vero solo…all’ottantanove percento.

“Quante volte, Malfoy?” Con sua sorpresa, Harry scoprì di essere davvero curioso.

Malfoy meditò. “Ripassami il tovagliolo.”

Harry rise, scosse il capo e bevve un altro po’.

Malfoy annuì con approvazione.

“Sapevo che non eri timorato come davi a vedere,” commentò. “Insomma, sei capace di prendere le regole della scuola e buttarle dalla finestra, e tutti ti trattano come se fossi un angelo.

Harry sollevò un sopracciglio. “E tu cosa pensi?”

“Penso che gli angeli non s’incazzino ai Balli del Ceppo, ecco cosa penso. Ti ho anche visto mentre facevi pensieri ben poco santi sul prendermi a pugni. No, in te scorre il sangue di un vero stronzo. L’espressione tranquillamente analitica di Malfoy si trasformò in un sorrisino. “Per questo ho deciso di darti una chance.

“Sono sopraffatto,” disse secco Harry. 

Era proprio una novità. Nessuno si era mai aspettato che si comportasse male.

“Cercherò di farmi venire in mente azioni adeguatamente malvagie.” 

Malfoy allontanò l’idea con un gesto. “Non essere assurdo, sei un novellino. Sii ragionevole. Segui me.”

Harry si convinse che Malfoy, in effetti, era proprio ubriaco. I suoi occhi erano brillanti e selvaggi, e la frangia candida era leggermente fuori posto.

Il controllo delle sue funzioni motorie era limitato, ed era fuori a bere con un Malfoy la cui capacità di giudizio era ridotta.

Piuttosto interessante.

“Ci sono!” annunciò Malfoy. “Dovremmo cantare al karaoke.”

Harry squadrò il viso deliziato di fronte al suo.

“Stai male…”

“E’ molto più divertente,” gli assicurò Malfoy. Si alzò di scatto con un’agile grazia che Harry non avrebbe saputo imitare da sobrio, e lo sollevò a forza dalla sedia.

Fu allora che Hagrid apparve nel pub, e Malfoy scomparve sotto il tavolo.

“Oh no…” disse Malfoy, a voce bassa.

Harry soppresse a stento una risata.

“Ehilà, Harry!” Hagrid lo salutò con lo stesso calore maldestro di tutti i Grifondoro.

I suoi occhi neri si posarono proprio in quel momento su Harry, un po’ alterato, e sul tavolo con sopra due bicchieri.

“Ho giusto fatto un salto per un bicchiere,” proseguì. “A Olympe non ci piace tanto, e quindi mi devo muovere…Ehm, Harry…” ridusse la voce ad un ronzio cospirativo. “Ho interrotto qualcosa?”

Harry lo fissò inebetito per qualche minuto, finché non capì.

Una bestemmia risuonò piano piano sotto il tavolo.

Harry si affrettò a tossire.

Sfortunatamente Hagrid lo interpretò come un assenso imbarazzato.

“Ah… scusa, Harry… Sta al bagno, vero?”

Um,” disse Harry.

Hagrid gli dette una gomitata amichevole, che quasi lo fece cadere.

“Mi fa piacere saperlo, Harry. Ci voleva proprio che cominciavi a divertirti di più.”

“Visto che non hai una vita,” disse una vocina nella zona delle ginocchia di Harry.

Harry resistette all’impulso di ridere a crepapelle, nonché di dare un calcio a Malfoy.

“Me ne vado, allora,” sbraitò Hagrid. “Non voglio che ti senti in imbarazzo. Prendo solo un bicchiere. Dimmi una cosa sola, Harry…” partì un altro forte colpo di gomito. “E’ carina, eh?”

“Ehm,” rispose Harry.

Estremamente carina,” disse la maledetta voce sotto il tavolo.

Hagrid si defilò soddisfatto. Appena girò loro le spalle, Malfoy riemerse tutto scompigliato. Prese Harry e lo trascinò fuori dal pub.

L’aria della notte fu uno shock per Harry, che si concentrò sul restare in piedi.

Gli occhi di Malfoy brillavano ancora, ma per il resto era pallido e sollevato.

“Fuga!”

Harry lo guardò. “Che vuoi dire?”

“Oh, mi terrorizza,” ammise candidamente Malfoy. “Da sempre. Ci scaglia addosso animali crudeli e ci affida libri assetati di sangue. Per non parlare del fatto che è scandalosamente enorme.

Harry era stupefatto. Malfoy, sempre così freddo e aristocratico davanti ad Hagrid, e da cui sapeva che Hagrid era segretamente intimidito. La cosa lo intrigava. Che genere di persona avrebbe reagito in quel modo alla paura?

Malfoy sbatté le palpebre, pensieroso.

“Oh, cielo. Non credo che l’avrei mai ammesso da sobrio.” Alzò le spalle, un gesto stranamente nitido per la vista alterata di Harry. “Pazienza. C’è sempre il rischio di lasciarsi sfuggire qualcosa di pericoloso.

Harry se la prese un po’. “Non sono in cerca di punti deboli per attaccare, Malfoy.

Malfoy inclinò il capo da un lato, mentre la luce di un lampione faceva dei suoi capelli rivali della mezzaluna. “Lo fai quando giochi a Quidditch,” osservò. “Infatti sei un buon giocatore.”

“E’ diverso. La vita non è una partita.”

Malfoy fece di nuovo quel sorriso fastidioso. “No?”

A questo punto Harry era troppo impegnato a non cadere per rispondere.

“Attento, Potter. Finire stesi sul marciapiede è una cosa riservata ai veri alcolizzati. Quelli che se lo sono guadagnato.”

“Mi aiuteresti se cadessi sul marciapiede?” indagò Harry, che aveva seri dubbi sulla propria capacità di restare in piedi.

“Per chi mi hai preso? Mi metterei a ridere.”

Oh, eccellente.

Davanti ad una simile alternativa, Harry barcollò coraggiosamente. Fu sorpreso dal calare di un silenzio assolutamente tranquillo.

Maledetto Malfoy, aveva ragione sull’alcol. Serpeverde depravato del cavolo.

“Dunque, mi hai portato a bere,” si ritrovò a commentare. “Cosa c’è sul menu domani, un bordello?”

Chiunque altro si sarebbe scandalizzato sentendogli pronunciare una cosa del genere.

Malfoy rise.

Ma insomma!” lo ammonì. “Dobbiamo lasciare qualcosa per giovedì.”

Tornarono un po’ instabili verso la scuola. Harry cercò con tutte le sue forze di camminare dritto. Malfoy dondolò attorno a molti lampioni.

Si separarono nel corridoio. Harry esitò, in cerca di qualcosa da dire.

Alla fine scelse, “Stessa ora domani?”

*

Il giorno dopo, Harry si svegliò con la netta impressione che fosse stato tutto un sogno.

Fuori a sbronzarsi con Malfoy? Era troppo bizzarro.

Cercò di alzarsi a sedere, e il post-sbronza lo colpì come un Bolide.

Oh. Era vero, allora.

Molto, molto lentamente, Harry si alzò. La voce di Ron gli giunse all’orecchio.

“Harry! Dove sei stato? Eravamo in ansia!”

Harry sussultò. “Potresti… non parlare così forte?”

“Hai un aspetto di merda,” osservò Ron con la gradevole sincerità che lo rendeva famoso e ammirato nei gironi dell’inferno.

“Beh, sto di merda. Tutto quadra.”

Il sarcasmo di Harry nasceva dal fastidio. I bottoni del suo pigiama sembravano incollati alle asole.

“Harry, sembra… sembra che sia stato in piedi tutta la notte a bere.”

“Non tutta la notte.”

Le lentiggini sembrarono sobbalzare sul viso di Ron per lo shock.

“Come! Dov’eri, con chi… oh no, Harry, dimmi che non era Malfoy.”

“Potrebbe esser stato, diciamo, Malfoy,” ammise Harry.

Ron respirò pesantemente. L’allarmante color pulce delle sue guance stonava violentemente con i capelli.

Strinse il braccio di Harry.

“Aspetta, mi devo vestire…” protestò Harry, lottando coi vestiti. Ron attese controllando a stento l’impazienza.

Dove stiamo andando?” indagò Harry, trascinandosi dietro Ron e sentendosi distintamente fragile.

“Da Hermione,” disse Ron. “Meglio che te lo faccia lei il discorsetto materno.

Sai Ron, lui non è poi così…”

Ron si girò verso di lui alzando un dito.

“Non dire niente finché non troviamo Hermione!”

*

“… posso credere che tu sia stato così irresponsabile, Harry, prima di un giorno di scuola! Come farai a stare attento a lezione? Dimmi che hai fatto almeno i compiti…”

“Chi se ne frega dei compiti!” strillò Ron. “Parliamo di Malfoy!”

Andava avanti così da un po’. All’inizio la Sala Grande era vuota, ma poi un gruppo di Grifondoro aveva iniziato ad origliare con diversi gradi di discrezione.

Harry sprofondò sulla sedia finché i suoi occhi arrivarono al livello della colazione.

“Oh sì. Malfoy.” Hermione aveva un’espressione di rimprovero. “Lui li ha fatti i compiti?”

Ron fece lo stesso suono di un bricco sul punto di esplodere.

Hermione sospirò. “E poi Harry, lo so che sei curioso per questa faccenda del Torneo Tremaghi, ma non c’è motivo di saltare i compiti e passare il tempo con un piccolo deficiente come Malfoy. Possiamo sempre cercare informazioni in biblioteca. Certo, ripeto, sei libero di fare quello che vuoi.

Harry e Ron la guardarono increduli.

“Guarda il lato positivo, Ron,” disse Hermione, pragmatica. “Stando insieme a quell’idiota per un certo lasso di tempo, Harry prima o poi perderà la pazienza e lo picchierà. Così tu potrai vincere la scommessa.”

Harry si mise a sedere dritto, incurante del dolore acuto alla testa.

“Scommessa? Quale scommessa?”

“Beh, sai, l’ultima partita Serpeverde-Grifondoro.

Quell’anno il Quidditch non era stato cancellato a causa delle richieste provenienti da tutte le case.

“Tu e Malfoy sembravate sul punto di azzuffarvi,” continuò placidamente Hermione, spalmando il suo toast. “Ron ha cominciato a scommettere che tu avresti avuto la meglio. Con quotazioni alte, tra l’altro, visto che Malfoy ha una certa reputazione per il gioco sporco.

Harry si offese alquanto.

Ron ci è rimasto molto male,” lo informò Hermione in tono sereno. “Ma lo sapevamo già, no? Voglio dire, nessun altro sa farti diventare violento. Non lo sopporti. Non riuscirai a stargli vicino a lungo.”

Harry dovette ammettere che un po’ aveva ragione, ma provò comunque del disappunto.

“Non ci riuscirebbe nessuno,” gli assicurò Hermione, dandogli un colpetto sul braccio. “Malfoy è insopportabile, come continuo a dire a Lavanda. Non m’incanta con quell’aria da bel principino.

“Bello!” farfugliò Ron.

Harry ripensò al commento inconsapevole di Hagrid e sorrise. Ron era furibondo.

“Avanti,” disse Hermione. “Andiamo a lezione.”

Stavano oltrepassando la porta quando passò Malfoy, non un solo capello fuori posto e l’aspetto di chi ha dormito innocentemente per tutta la notte.

Ron, che era davanti agli altri, gli sbatté contro.

“Attento!” scattò Ron, a cui non andava di farsi infastidire dalla sola presenza fisica di Malfoy.

“Non c’è bisogno di correre in questo modo, Weasley,” disse Malfoy con voce strascicata. “Il detto ‘il tempo è denaro’ è metaforico, sai.

“Malfoy!” esclamò Harry.

Hermione strinse gli occhi con disprezzo.

Malfoy passò oltre con indifferenza.

“Se fossi in te riconsidererei questo fatto dell’amicizia, Harry,” disse Ron trattenendo a stento la rabbia. “Anzi, riconsidererei proprio l’idea che l’omicidio sia sbagliato.”

Harry si morse le labbra.

Era strano che fosse sorpreso, quando sapeva benissimo come fosse fatto Malfoy. Era stato il solito Malfoy… e a Harry dava fastidio il fatto di essersene dimenticato, e aver quasi apprezzato il bastardo.

*

Harry era esausto.

Passò tutto il giorno a difendere Malfoy con Hermione e Ron, il che era un po’ un problema dato che, fondamentalmente, il comportamento di Malfoy era indifendibile. Voleva anche fare quattro chiacchiere con lui su Ron.

Ciononostante non aveva alcuna intenzione di rinunciare a questa… strana forma di amicizia. Si stava addirittura chiedendo, con una certa ansia di cui si vergognava, cosa avesse in programma Malfoy per quella sera.

Il giorno prima era stato… interessante.

E in quel periodo non c’era molto di interessante.

Harry scrutò il paesaggio grigio in cerca di una testa bionda, con quell’ansia bizzarra che faceva scintille dentro di lui.

Nessuna traccia di Malfoy.

Nei successivi tre quarti d’ora divenne chiaro che non sarebbe venuto.

Faceva freddo lungo il lago.

La rabbia crescente di Harry lo tenne caldo.

Quando tornò di fretta dentro la scuola, era rovente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Scopri chi sei ***


Per questa settimana, in via del tutto eccezionale, posterò martedì e venerdì! Due capitoli anzichè uno... ma voi impegnatevi nel commentare, mi raccomando! Una cosa che non ho detto prima: i capitoli sono 22! Un bacio e a presto! Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

 

 

Tradotta da Luciana

 

 

Capitolo Quattro

 

Scopri chi sei

 

You said the air was singing

It's calling you, you don't believe

These things you never see

And never dream

 

 

[Dicevi che l’aria cantava / Ti sta chiamando, non credi / Alle cose che non vedi mai / E che non sogni mai…]

 

 

Il tentativo di Harry di prendere da parte Malfoy e sgridarlo fu reso vano dal fatto che ancora una volta pareva essere circondato da Serpeverde ovunque andasse.

 

Era straordinariamente popolare, considerato il fatto che era uno stupido stronzo scostumato che non si presentava neanche agli appuntamenti!

 

Solo la prospettiva di avere l’opportunità di rimproverarlo indusse Harry a tornare al lago, il giorno dopo.

 

Essere costretto a piegarsi in questo modo lo infastidì ancora di più.

 

La goccia che fece traboccare il vaso fu Malfoy, seduto sulla sponda del lago, che si alzò appena vide Harry.

 

“Alla buonora, Potter," disse.

 

Sembrava del tutto privo senso di colpa.

 

Fu troppo.

 

“Dove diavolo eri ieri sera?”

 

Malfoy sollevò un pallido sopracciglio, leggermente sorpreso dalla domanda.

 

“A giocare a carte nella mia sala comune.”

 

“Perché?” chiese Harry direttamente, realizzando attraverso la rabbia di essere davvero… ferito.

 

Malfoy smise di sembrare indifferente.

 

“Perché i miei amici me l’hanno chiesto, e sono dei Serpeverde.”

 

“E allora?”

 

Harry alzò la voce, furioso.

 

Malfoy, che chiaramente aveva previsto tutta la scena, rispose con calma.

 

“Allora loro vengono prima di tutto,” disse. “Non lo capisci, vero? Beh, voglio metterlo in chiaro.”

 

“Metterlo in chiaro,” ripeté freddo Harry.

 

Malfoy iniziò a camminare, le mani incrociate dietro la schiena e il volto impassibile.

 

“Da che parte sto.”

 

Intendi sulla sponda di un lago con una piovra gigante dentro?

 

“Di cosa stai parlando?” sbottò Harry.

 

“E’ una questione di lealtà. La mia lealtà è per Serpeverde. Perché è così che deve essere.”

 

E questo cosa c’entra col farsi vivi agli appuntamenti?

 

Harry si sorprese a chiedergli, “Perché?” piuttosto che dargli un calcio e buttarlo nel lago.

 

Malfoy si fermò e si girò di scatto verso di lui. Il vento soffiava sui suoi capelli d’argento, e il suo viso era meno sicuro senza quella cornice brillante.

 

“Hai mai sentito parlare male di Serpeverde?”

 

“Sentito? Io ho parlato male di Serpeverde,” gli disse Harry. “Siete un branco di bastardi truffatori nel Quidditch.”

 

“Oooh, ed ecco che il Grifondoro mette in mostra un imprevisto talento per l’evasività. Sai benissimo di cosa parlo… dell’opinione comune che la casa di Serpeverde sia una fucina di Mangiamorte.”

 

Harry sapeva che il suo viso l’avrebbe tradito, ma non rispose.

 

Però ricordava: Tutti i maghi e le streghe che hanno fatto una brutta fine sono stati a Serpeverde.

 

L’espressione di Malfoy era molto più controllata. Harry non vi lesse alcuna emozione mentre continuò:

 

“So che lo sai. Beh, Potter, siamo in guerra, e sai che i pregiudizi pullulano quando si è in guerra. Ogni volta che una persona scompare la gente prende un po’ più distanza da Serpeverde. E noi non facciamo i ruffiani con nessuno. Non siamo carini con gli altri bambini perché essere carini non è divertente. Siamo Serpeverde, e questo significa che siamo stronzi e poco affidabili… ma non tutti sentiamo il bisogno irresistibile di diventare servi del Signore Oscuro.”

 

“Non ho mai detto questo,” disse Harry, col ricordo spiacevole delle parole dette al cappello: ‘Non a Serpeverde…’

 

“Ah no?” domandò Malfoy. “Mai detto niente? Mai sentito niente del genere? Pensi che non entrerebbe nel tuo puro cervellino Grifondoro?”

 

Schifosi Serpeverde.

 

Perché non sbatterli fuori, i Serpeverde?

 

Harry rimase in silenzio.

 

“Lo sapevo.”

 

Il dialogo non stava affatto andando come Harry aveva previsto.

 

“Non vuol dire che hai il diritto di…”

 

“Bidonarti?” Malfoy sorrise. “Sì invece. Posso. Lo farò. Voglio farlo. E’ chiaro adesso?”

 

“Cristallino. Voi Serpeverde dovete stare appiccicati, quindi mi tratterai di merda quando vorrai.”

 

Harry sperava che negasse in qualche modo. Invece, Malfoy lo guardò con uno strano sorriso, e annuì lentamente.

 

“Beh…” disse Harry. “Non penso sia una prospettiva esaltante dal mio punto di vista.”

 

“Oh, non saprei,” rispose Malfoy. “Non ti ho chiesto di essere gentile con me. Non ho mai dato tutta questa importanza alle buone maniere. Fai tardi, sii maleducato, non farti vedere affatto. Credo di averti offerto la possibilità di non essere buono con gli altri bimbi, tanto per cambiare.”

 

Sorrise di nuovo, sospettosamente a suo agio.

 

“Se la cosa non ti va giù, puoi andartene al diavolo. So di non essere la persona migliore di cui…” si fermò per riflettere. “Essere amici.”

 

Harry ci pensò su.

 

Non si aspettava che il… confronto prendesse questa piega. Aveva previsto, con un certo presentimento di disgrazia, un acceso conflitto tra un Grifondoro arrabbiato e un Serpeverde acido.

 

Che era quasi successo. Ma… Malfoy non aveva tutti i torti.

 

Harry conosceva i Serpeverde. Giravano sempre in branchi. Erano fieramente partigiani, incluso Snape.

 

Malfoy in realtà si stava comportando… lealmente, nel suo modo tortuoso. Pensava di dover avvisare Harry. Malfoy era sempre stato chiaro circa la sua appartenenza.

 

Harry non era affatto convinto. Ma dopotutto era un Grifondoro. I Grifondoro si buttano a capofitto senza riflettere.

 

Inoltre era affascinato. Se avesse mollato tutto, la curiosità l’avrebbe ucciso.

 

Ricambiò il sorriso. “Sei una persona quasi impossibile da apprezzare, Malfoy. Ma credo di aver quasi capito come fare.”

 

Malfoy sembrava annoiato.

 

“Ora che il tuo sangue si è liberato dell’alcol, muoviti.”

 

“Malfoy, non andrò di nuovo al pub… ieri sono stato di merda tutto il giorno.”

 

“Andare di nuovo al pub?” Malfoy se la prese. “Per che razza di prevedibile bastardo mi hai preso?”

 

Prima che Harry potesse rispondere, scosse il capo.

 

“No, andiamo al campo di Quidditch.”

 

Harry guardò il crepuscolo imminente. Considerò il fatto che si sentiva ancora un po’ stordito.

 

Guardò Malfoy e alzò le sopracciglia.

 

“Se proprio non ti sei ancora stancato di prendere calci nel sedere…”

 

*

 

“Coraggio, Potter. Fammi vedere."

 

Harry guardò Malfoy ammutolito. Malfoy ricambiò con uno sguardo calmo ma carico di aspettative, più simile ad un gentiluomo di mondo ad una lettura di poesie che ad un ragazzo seduto sul campo di Quidditch a fare domande bizzarre.

 

“Prego?”

 

Malfoy espirò. “Sì, prega pure.... Dai, fammi vedere di cosa sei capace.”

 

Harry non sapeva che fare. Malfoy aveva appena fatto irruzione allegramente (e, se aveva visto giusto, abilmente) nei ripostigli con la roba per il Quidditch, preso due scope, lanciata una di quelle a Harry, corso verso il campo e detto a lui di fare…

 

Cosa, per l’esattezza?

 

Harry buttò via la scopa e si sedette dall’altra parte della panchina.

 

“Malfoy, di che diavolo stai parlando?”

 

“Di volare,” rispose Malfoy, guardando Harry perplesso, con la fronte lievemente corrugata. “Sai… quel giochino che fai con la scopa…”

 

Harry era troppo scandalizzato per notare la faccia divertita di Malfoy.

 

“Malfoy, se stai cercando di dire che…”

 

Le sopracciglia di Malfoy decollarono fino all’attaccatura dei capelli.

 

“Cristo, Potter, voi Grifondoro avete una fervida immaginazione. Dev’essere tutto quel tempo passato dentro a giocare a scacchi.” Fece una pausa e si pettinò con le dita una ciocca di capelli spostata dal vento, con un sorrisino. “Gli scacchi indurrebbero a chiunque pensieri strani.”

 

“Non sono sicuro che tu abbia bisogno di esserci indotto, Malfoy,” disse secco Harry. “Ora potresti per favore dirmi di cosa stai parlando?”

 

Malfoy era troppo occupato a ridacchiare per dargli ascolto.

 

Harry pensava che l’amicizia non avrebbe fatto aumentare la sua voglia di prendere a calci Malfoy.

 

Quando si fu calmato, continuò sulla stessa linea.

 

“Me li immagino, Granger e Weasley, mentre passano insieme queste ore invernali. ‘Sì, baby, così, dammi lo scacco matto!” Lo sguardo torvo di Harry, istintivo e immediato, gli fece alzare le spalle. “Non sei divertente. Oh, insomma… di certo avrai volato un po’ in giro da piccolo!”

 

“Non direi, Malfoy. Cresciuto in casa di Babbani, ricordi? Usavamo la scopa per pulire il pavimento.”

 

Il sorriso di Malfoy fu incredulo.

 

“Bizzarro… anche se con certe scope al giorno d’oggi preferirei pulire per terra che cercare di volare.” Sollevò di nuovo le spalle, il gesto conclusivo dello sciocco viziato che Harry conosceva bene. “Sì, ma devi aver volato. Sapevi del Quidditch.”

 

“Ehm… veramente no.”

 

Malfoy ora lo fissò, esprimendo con un gesto il suo stupore.

 

Notò ancora una volta che Malfoy era un grande in quanto al linguaggio delle mani. Esprimeva ciò che provava con la stessa spontaneità e intelligenza che metteva nelle sue crudeli imitazioni.

 

“Ma… la prima volta che ci siamo visti, nel negozio di vestiti, io parlai del Quidditch e tu dicesti che non giocavi. E poi alla prima lezione fu chiaro che non era la tua prima volta su una scopa…”

 

“Sì invece,” lo interruppe Harry.

 

Un guizzo di emozione passò sul viso di Malfoy.

 

“Davvero? Quella presunta bugia mi ha offeso per anni.” Si fermò a rimuginare su qualcosa. “Potter… qualcosa di ciò che ho detto potrebbe essere interpretato come un goffo complimento?”

 

“Penso di sì.”

 

“Facciamo finta di no. Io non faccio complimenti.” Malfoy si alzò, sfregandosi mani che non potevano assolutamente essere sporche. “Ora… se non l’hai mai fatto prima, credo che dovrò insegnartelo io.” Sospirò col tono di un martire. “Che seccatura che sei, Potter. Va bene… stammi dietro e cerca di non cadere.”

Harry prese la scopa e la soppesò in mano, sentendo quel familiare impeto di fiducia.

 

“Non preoccuparti, non cadrò. E se sei fortunato potrei anche cercare di prenderti se caschi.”

 

“Cascare io! A differenza di te, io non sono cresciuto tra Babbani.”

 

“No, e non sei neanche stato il più giovane Cercatore del secolo.”

 

Malfoy alzò un sopracciglio, un po’ stupito. Ciò che disse, tuttavia, fu: “Vedrai, Potter… non è proprio come il Quidditch.”

 

Detto ciò, afferrò la scopa e partì.

 

Harry aveva dimenticato che si muoveva come un serpente.

 

Lo seguì.

 

C’era vento quel giorno, e Harry dovette tenere gli occhi socchiusi per mantenersi in volo.

 

Stava andando molto, molto in alto. Di solito nel Quidditch non si raggiungevano alte quote: sarebbe stato controproducente, visto che il Boccino spesso appariva poco sopra il suolo e non volava mai lontano dagli anelli. Harry s’innervosì un po’ quando realizzò che non vedeva molto bene non solo per i capelli, bensì per colpa delle nuvole.

 

“Malfoy!” gridò. “Siamo troppo in alto!”

 

“Paura, Potter?” urlò Malfoy in risposta.

 

“Per niente! Ma queste sono scope della scuola… Fred e Gorge Weasley mi hanno detto che alcune scope della scuola vibrano se portate troppo in alto!”

 

Da ciò che riusciva a scorgere dell’espressione di Malfoy, pareva interessato.

 

“Per caso hanno specificato quali?”

 

“Malfoy!”

 

Malfoy scrollò le spalle, sorrise e mise la scopa in verticale verso il basso.

 

“Malfoy!” Harry inclinò in basso la scopa e vide il viso dissennato e sottosopra di Malfoy.

 

Stava ridendo.

 

“Dai, Potter, prova… però tieniti forte!”

 

Harry esitò. Non era pazzo abbastanza per una cosa del genere.

 

O forse sì.

 

Lo fece.

 

Tutto il mondo sembrava essere sotto di lui, estremamente lontano, e per un momento ebbe delle intense vertigini. C’era solo la stretta sulla scopa a mantenerlo salvo, era troppo in alto…

 

Era molto eccitante.

 

Harry ricordò che si trattava di una scopa. Poteva fare qualsiasi cosa su una scopa.

 

Malfoy vide che ci stava prendendo la mano e, visto che era un sadico bastardo, passò ad altro.

 

“Niente male, Potter,” disse, deviando a destra e muovendosi. “Che ne dici di questo?”

 

“Malfoy, smettila! Così cadrai!”

 

Malfoy stava in piedi sulla scopa, sul volto un’aria di intensa concentrazione.

 

Per niente al mondo Harry ci avrebbe provato. Per Malfoy andava tutto bene, lui era agile sulla terraferma. Harry era più un tipo alla Krum: era agile solo quando sedeva su una scopa.

 

“Troppo difficile per te, Potter?”

 

“Non ci sperare!”

 

Fu a quel punto che Harry si rese conto che i professori che parlavano continuamente di quanto fosse imprudente non avevano tutti i torti.

 

Non voglio farlo, pensò, arrampicandosi con le ginocchia. La scopa barcollò paurosamente. Non voglio farlo, non voglio…

 

Si alzò, mollando la presa.

 

La scopa continuò a navigare dritta, un solo tremito del manico e sarebbe stata caduta libera. Teneva le braccia in fuori, per quanto patetica fosse la quantità di equilibrio che potevano assicurargli, gli abiti lo colpivano come fruste ed era terrorizzato.

 

“Penso che morirò!” urlò.

 

Malfoy rise. “Ti diverti?”

 

Sììì!

 

*

 

“Oh, i miei capelli,” disse mestamente Malfoy qualche tempo dopo, quando furono tornati sul suolo. “E’ questa la cosa più brutta del volo. I miei capelli…”

 

Tentò invano di riallisciare le ciocche che gli incorniciavano il viso, simili ad un’aureola spiegazzata.

 

Harry sospettò di avere l’aspetto di un porcospino, ma non gli importava. Era sudato e accaldato, ma ovviamente lo era anche Malfoy. Gli aveva tenuto testa.

 

Pensava di aver fatto una bella figura.

 

La stessa cosa, apparentemente, la pensava Malfoy. Lo guardò con una certa approvazione.

 

“Non sei stato affatto male, Potter. Io ero a due centimetri da terra la prima volta che provai quel giochetto.”

 

Harry sbadigliò. Malfoy proseguì senza curarsene.

 

“Beh, ci credo. E’ dannatamente pericoloso, lo sai? Pensi che sia una specie di pazzo suicida?”

 

“Veramente,” disse Harry con voce soffocata, “sì. Sono a due centimetri dal picchiarti a morte con la scopa.”

 

Malfoy non sembrò molto seccato.

 

“Un po’ di pratica, Potter, e maneggerai bene il manico.”

 

“Molta pratica, Malfoy, e un giorno potrai battermi a Quidditch.” Harry roteò gli occhi. Malfoy s’inorgoglì.

 

“Non posso proprio abbassarmi a questo genere di bisticci infantili con te.”

 

“Da quando?”

 

“Oh, vai via, Potter. Ci vediamo domani.” Sembrò riflettere. “Penso che faremo qualcosa che non causi danni ai capelli.”

 

“I Serpeverde sono così vanitosi,” disse Harry. “E senza motivi, fra l’altro.”

 

Malfoy lo guardò con cipiglio. “Vai a pettinarti, Potter. Sembri un porcospino.”

 

*

 

Il giorno dopo, Harry aveva quasi indossato il mantello quando una cosa gli tornò in mente.

 

Credo di averti offerto la possibilità di non essere buono con gli altri bimbi, tanto per cambiare.

 

Non era quello. Era… che a Harry non andava di accettare passivamente il comportamento di Malfoy. Non aveva mai preso merda da Malfoy.

 

Voleva anche vedere se Malfoy diceva sul serio.

 

Lentamente, mise a posto il mantello. Poi si recò nella sala comune.

 

“Ron? Ti va di giocare a Spara Schiocco?”

 

Ron disse sì con una contentezza che Harry era certo non ci sarebbe stata se negli ultimi tempi non avesse passato gran parte del tempo con Draco Malfoy.

 

Così rimase nel calore confortevole della sala comune, e il fatto che avrebbe potuto essere altrove con qualcun altro, che poteva essere sicuro di essere voluto lì… rendeva tutto molto più piacevole.

 

Il gioco fu inframmezzato dalla discussione entusiasta di Harry e Ron su come quest’ultimo fosse riuscito ad imitare la Finta Wronski. Era il Cacciatore meno tecnicamente dotato ma più energico di tutti. Hermione, che leggeva l’ultimo libro accanto al fuoco, roteò gli occhi al terzo replay.

 

“Le donne nel mondo babbano si lamentano dell’ossessione degli uomini per il calcio parlando di omosessualità repressa,” commentò. “Dovrebbero provare a vivere in un mondo dove lo sport principale ha quattro palle e i giocatori montano dei simboli fallici.”

 

Ron trasalì.

 

“Spara!” disse Harry, approfittando del momento.

 

Ron si riprese, anche se continuò a guardarli offeso.

 

“Comunque anche se stai barando, Harry,” proseguì, dopo averli rimproverati energicamente, “è bello averti di nuovo fra noi.”

 

“Sì, siamo entrambi alquanto pazzi di te,” disse Hermione, sorridendo oltre il libro. “Non capisco perché.”

 

“Non fate gli scemi,” replicò Harry. “Siete i miei migliori amici.”

 

“Bada di non dimenticarlo,” lo ammonì Hermione. “Ancora non riesco a credere che passi volontariamente del tempo con Malfoy. E’ puro masochismo.”

 

“Oh, non lo so,” disse Harry, tirando una carta. “Non è stato così male.”

 

“Io continuo a pensare che ci sia qualcosa sotto,” disse Ron, imbronciato. “Non saprebbe essere civile con nessun altro.”

 

Harry ci pensò su.

 

“Ho un’idea.”

 

“Cos… che idea?” Ron sembrò vagamente in panico.

 

“Oh, niente,” Harry mise giù un’altra carta. “Comunque, spara!”

 

Quando il fumo si schiarì, sorrise.

 

“E con questo ho vinto.”

 

*

 

L’indomani, Harry andò al lago deciso ad attendere solo per cinque minuti.

 

Con sua lieve sorpresa, Malfoy era già lì. Il suo lungo mantello nero sembrava stonare con i jeans e la maglietta ma, trattandosi di Malfoy, aveva comunque un aspetto superbo.

 

“Tranquillo, fammi aspettare,” disse.

 

“Scusa se ieri non mi sono fatto vivo,” gli disse Harry, improvvisamente spinto a provocare una reazione. “Ho dovuto passare un po’ di tempo coi Grifondoro.”

 

Malfoy lo fissò vacuo. “Ah, non sei venuto? Non me n’ero accorto. Andiamo, Potter..."

 

"No."

 

Malfoy alzò un sopracciglio con aria interrogativa.

 

"Facciamo sempre quello che vuoi fare tu," spiegò Harry. "Ora tocca a me."

 

Malfoy s'incupì. "Io amo fare quello che voglio."

 

"Avevo notato," disse secco Harry. "Avanti, Malfoy."

 

"Dove vuoi che vada?"

 

"Beh." Harry si fermò. "Allora, Ron dice che non sapresti essere civile con nessuno..."

 

"Cosa?" esplose Malfoy. "Con che coraggio!"

 

Harry annuì saggiamente. "Così ho pensato che dovremmo smentirlo."

 

"Diavolo se hai ragione. Come osa, io sono un Malfoy, sono stato allevato per avere maniere impeccabili..." continuò a blaterare cose del genere mentre Harry lo guidava verso la destinazione.

 

Chissà, pensò. Avrebbe potuto guarire la paura da entrambi i lati, e forse... ecco... in qualche modo sarebbe anche servito a provare che Malfoy, dopotutto, sapeva essere una persona civile. Poteva essere una cosa positiva per lui.

 

E prometteva di essere estremamente divertente.

 

"Gliela farò vedere, a quel completo..." Malfoy alzò lo sguardo, e sbarrò gli occhi allarmato.

 

"Potter. Che ci facciamo qui?"

 

"Dimostriamo che sai essere civile," rispose Harry candidamente.

 

"No, qui non ci posso stare. No, assolutamente no. Lasciami andare, subito!"

 

Harry trattenne Malfoy dal braccio e contemporaneamente bussò alla porta di Hagrid. Hagrid aprì la porta in un attimo, e rimase a fissare Harry che teneva fermo un Malfoy deciso a lottare ferocemente.

 

"Ciao," annaspò Harry. "Posso entrare per un tè? Ho portato un amico."

 

E spinse Malfoy.

 

*

 

Il viso di Malfoy era bianco alla luce della casa di Hagrid.

 

A denti stretti, disse: "Potter, morirai per questo."

 

"Cosa c'è, Malfoy?" sussurrò Harry. "Hai paura?"

 

Malfoy strinse gli occhi. "Oh, per niente."

 

"Allora dimostralo."

 

Hagrid continuava a guardarlo in modo decisamente spaventato. Harry vide Malfoy alzare lo sguardo su Hagrid. Fino all'ultimo centimetro.

 

Vide anche le sue labbra contrarsi d'impulso.

 

E dai, Malfoy...

 

Malfoy smise di sogghignare con sforzo notevole. "Bella casa," disse con una minuscola traccia di sdegno. "Ehm, relativamente parlando. Rispetto alla capanna."

 

In effetti era una casa abbastanza carina. Da quando Beauxbatons si era svuotata al punto da dover essere chiusa, Madame Maxine aveva insistito affinché prendessero casa.

 

Harry si chiese se Malfoy stesse cercando di essere carino. Non sembrava molto diverso dal solito Malfoy.

 

Hagrid lanciò a Harry un'occhiata che diceva: Che diavolo sta succedendo?

 

Harry cercò di sembrare disinvolto.

 

Hagrid si schiarì la gola. "Ehm.. mi sa che è meglio che entrate, allora."

 

"Grazie," rispose in fretta Harry, afferrando la maglia di Malfoy e spingendolo dentro.

 

"Smettila di manovrarmi, Potter," sibilò Malfoy. "Ho detto che smentirò Weasley e lo farò."

 

Si liberò con uno strattone e raggiunse il soggiorno, dove Madame Maxine stava seduta china sulla culla.

 

Malfoy si gettò i capelli all'indietro e il suo viso fu attraversato da un'espressione determinata che Harry aveva visto durante le partite di Quidditch.

Di solito aveva quello sguardo prima di un fallo spettacolare.

 

Sorrise brillantemente, si avvicinò a Madame Maxine e le baciò la mano.

 

Oddio! A che cazzo di gioco sta giocando?

 

"Mille grazie per l'ospitalità," disse Malfoy, guardandola dritta negli occhi.

 

Madame Maxine arrossì. "Enchantée."

 

Harry rimase a bocca aperta.

 

"Volete vedere le bebè?" chiese, ancora un po' rossa.

 

"Sarebbe un immenso piacere," rispose a suo agio Malfoy.

 

Stava diventando la festa dell'amore.

 

Madame Maxine mise la bambina tra le braccia di Malfoy. Era segno di grande apprezzamento.

 

Malfoy quasi cadde. Guardò Harry con un'espressione che diceva Aiutami! e Harry, scacciando un sorriso, si mosse per aiutarlo a tenere la bambina.

 

"Indovinate quanto ha," disse Madame Maxine, guardando la piccola con occhi innamorati.

 

"Ehm... quattro," sparò Malfoy.

 

"Che bravò! Ha esattamonte quatro mesi."

 

"Mesi?" disse Malfoy, barcollando per il peso. "Ah, voglio dire... sono bravo a indovinare."

 

"La mia piccola bijou," tubò Madame Maxine.

 

"Che adorabile bambina che è," disse Malfoy soddisfatto di sé.

 

Hagrid si rilassò visibilmente. Ciò significa che continuò a guardarlo come la maggior parte della gente guarda uno Schiopodo Sparacoda, però prima che punga.

 

Hagrid era cotto di sua figlia, nonostante la mancanza di zanne e di teste di scorta.

 

"Sedetevi, voi due, e prondete del té," disse graziosamente Madame Maxine.

 

Malfoy fu grato di restituire la bimba. Quando presero posto attorno al tavolo da té,  Harry lo colse mentre cercava di rianimare il proprio braccio massaggiandolo senza dare nell'occhio.

 

"I biscotti sembrano buonissimi, Mad... Signora Hagrid," disse Harry.

 

Niente da fare, doveva abituarsi. Dopotutto erano sposati da un anno e mezzo. Non ci aveva impiegato tanto ad abituarsi agli standard superiori della cucina da Hagrid.

 

"Chiamami Olympe," gli disse dolcemente. "Anzi, chiamatemi Olympe entrambi."

 

"Un nome delizioso," disse Malfoy.

 

Non posso portarlo da nessuna parte.

 

"Vieni a bere un peu de té, Ruby," disse Madame Maxine.

 

Malfoy cercò di nascondere un sorriso dietro la tazza.

 

Hagrid arrossì un po'.

 

"Ruby adora il té," proseguì Madame Maxine, con voce impercettibilmente più dura. "Non beve altro."

 

Hagrid sembrò incupirsi. Malfoy cercava disperatamente di soffocare una risatina con la tazza.

 

"Dev'essere una gran consolazione," disse con voce alquanto soffocata. "Dimmi, Olympe, quando torni in Francia per un visita?"

 

"Non lo so," rispose Madame Maxine. "Per me è una sofferensa. La Franscia è un paese così bello."

 

"Già, bellissimo," convenne Malfoy. "L'estate scorsa sono stato a Bordeaux con mia madre."

 

Madame Maxine s'illuminò. "Sei stato in Franscia?"

 

Iniziarono una conversazione animata sulla Francia. Harry rivolse ad Hagrid un sorriso rassegnato.

 

Hagrid fu contento di approfittare di quel momento per una chiacchierata confidenziale.

 

"Ho ricevuto una lettera da Charlie Weasley pochi giorni fa," disse. "Norberto è il capo del branco adesso. Ha sbudellato un altro drago per diventarci," aggiunse orgoglioso.

 

"Ehm... è fantastico, Hagrid."

 

Malfoy aveva sporto la testa verso di loro.

 

"Si tratta del drago che avevi il primo anno?" indagò in tono casuale. "Era stupendo."

 

Harry lo fissò. "Ti... ti piacciono i draghi?"

 

"Oh, sì. Mio padre mi ha insegnato tutto su di loro. Per questo mi ha chiamato Draco. Anche a lui piacevano," disse Malfoy. "Beh, è per questo che non ti denunciai subito. Volevo guardarlo ancora un po'. Era un Dorsorugoso di Norvegia, giusto?"

 

Hagrid si sciolse un altro po’. "Sì."

 

"Penso siano i miei preferiti," gli disse Malfoy.

 

Harry si rilassò. Di cosa si era preoccupato? Dopotutto, ad Hagrid piacevano le creature orrende.

 

*

 

"Tornate presto," disse Madame Maxine sulla soglia, tenendo gli occhi fissi su Malfoy.

 

Hagrid sembrava ancora poco convinto, per la qual cosa Harry di certo non lo biasimava, ma si schiarì la gola e concesse,

 

"Va bene, sì... tornate presto."

 

Una volta richiusa la porta, sentirono distintamente Madame Maxine dire,

"Che ragazzo giantile."

 

Malfoy guardò l'uscio con aria di trionfo.

 

"Ripeti quelle parole a Weasley," ordinò a Harry. "Ha. Ha. Direi che i miei modi sono stati perfetti."

 

"Che mi dici di quando Hagrid ti ha offerto un biscotto fatto da lui e tu hai detto 'Vuoi forse uccidermi, amico?'"

 

"Lapsus momentaneo."

 

"Oh, capisco."

 

"Non che ti abbia perdonato per avermi fatto una cosa simile," continuò Malfoy. "Innanzitutto, credo che tenere in braccio quella bambina mi abbia reso zoppo.

 

Come ti sentiresti se domani ti portassi a fare una visita di cortesia al professor Snape?"

 

"Non lo farai, vero?" chiese Harry inorridito.

 

"Certo che no. Quell'uomo mi piace, perché dovrei infliggergli la tua presenza?" Malfoy sembrò meditare. "No, ho qualcos'altro in mente per domani."

 

"Cosa?" chiese Harry in apprensione.

 

Malfoy sorrise beato. "Vedrai."

 

*

 

"La Foresta Proibita? Sei matto. Sei assolutamente, completamente fuori di testa. Non posso credere di aver accettato."

 

"E' il mio turno e decido io," disse ostinato Malfoy, sorvegliando la foresta in tutta tranquillità. "E poi ho voglia di fare quattro passi nel verde."

 

"Quattro passi nel verde? Malfoy, ti ricordi l'ultima volta che siamo stati nella Foresta?"

 

"Beh, sì. Ma credo che di questi tempi il Signore Oscuro non abbia voglia di passeggiare nella natura. E' un po' impegnato, se non l'hai notato."

 

"Ci sono anche altre cose pericolose laggiù. E, se ricordo bene, in situazioni di crisi tu tendi a dartela a gambe gridando come una ragazza."

 

"Anziché rimanere bloccato dal terrore? Già, quella sì che è una reazione responsabile... pensavo che fossi proprio dietro di me, idiota. E non stavo gridando come una ragazza." Malfoy guardò la foresta intorno a sé con aria padronale. "Era un... urlo virile."

 

"Come no..."

 

Harry sorrise, e seguì Malfoy, che gli camminava impettito davanti. Iniziava a rendersi conto che i Serpeverde avevano strane idee sul divertimento.

 

Non che quelle di Malfoy fossero state completamente sbagliate.

 

Finora.

 

"Ti sei mai chiesto come mai abbiano fondato una scuola accanto ad una terribile foresta oscura?" chiese Malfoy. "Immagino che pensassero che un po' di sano terrore fortificasse il carattere."

 

Harry pensò che, se le cose stavano così, il suo carattere doveva essere davvero notevole.

 

A dire il vero la foresta gli apparve molto meno paurosa rispetto a come la ricordava. La luce fioca faceva sembrare le foglie quasi trasparenti, e gettava pallide ombre verdi sulla superficie candida dei capelli di Malfoy.

 

Harry si rilassò gradualmente. "Non è poi così male."

 

Malfoy s'impettì.

 

"Forse è solo che ho dei brutti ricordi. Quei ragni giganti che cercarono di mangiare me e Ron..." Harry rabbrividì.

 

Malfoy smise di sembrare divertito. E smise anche di camminare.

 

"Quei cosa?"

 

"Ehm, ragni giganti."

 

"Ma dai, stai scherzando."

 

Il viso di Malfoy era sempre pallido. Forse fu l'immaginazione di Harry a farlo apparire ancora più pallido, in quel momento.

 

"Non stai scherzando," disse Malfoy, fissandolo. "Pazzo! Come hai potuto lasciarmi venire qui?"

 

"E' stata una tua idea..."

 

"Ma io non sapevo di quegli aracnidi di merda assetati di sangue!"

 

Malfoy si girò e cominciò a camminare in fretta.

 

Harry cercò di non ridere. "Cosa dicevi della paura che fortifica il carattere?"

 

"Il mio carattere è già abbastanza forte," scattò Malfoy. "E poi..."

 

Si fermò ad ascoltare. Harry sentì lo scricchiolio delle foglie dietro di loro e vide gli occhi grigi di Malfoy spalancarsi.

 

"A terra!"

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Capitolo 5
*** Il Giovane Ordine della Fenice ***


<center><b>Capitolo Cinque

Underwater Light

 

By Maya

 

 

 

Tradotta da Luciana

Beta: Vale

 

 

Capitolo Cinque

 

Il Giovane Ordine della Fenice

 

 

“Gli anni dell’ascesa al potere di Voldemort furono segnati dalle sparizioni.

Silente, Harry Potter e il Calice di fuoco

 

 

Things are gonna slide


Slide in all directions


Won't be nothing you can measure anymore


The blizzard of the world has crossed the threshold


And it's overturned the order of the soul


And now the wheels of heaven stop


You feel the devil's riding crop


Get ready for the future


It is murder

 

 

[Le cose scivoleranno / Scivoleranno in ogni direzione / Non ci sarà più niente che potrai misurare / La bufera del mondo ha varcato la soglia / E sovvertito l’ordine dell’anima / E adesso le ruote del cielo si fermano / Senti il frustino del diavolo / Preparati al futuro / E’ omicidio]

 

 

 

 

Hermione stava cercando Harry.

 

Si aggirava per il corridoio oscuro, le braccia strette attorno al corpo.

 

Riuscì a tenere la mente fredda e razionale nonostante le insistenti fitte di panico nel petto.

 

Harry era stato visto l’ultima volta scendere le scale della scuola con Draco Malfoy.

 

Nessuno sapeva cosa fosse successo dopo… erano passate cinque ore, e in così tanto tempo…

 

Hermione strinse forte la bacchetta, benché sapesse bene che sarebbe stata inutile, come per tutti gli altri. Si morse il labbro e si ordinò di smettere di pensarci.

 

Ron stava cercando nei sotterranei dei Serpeverde, anche se Hermione pensava che l’unico modo in cui avrebbero mai concesso a Harry di entrare nel loro covo sarebbe stato a fettine.

 

Aveva controllato il quarto piano e stava per cercare al quinto.

 

Ti prego, ti prego, fa che stia bene. Ti prego, fa che sia…

 

“Malfoy, esci!”

 

… qui.

 

“Harry!” esclamò Hermione, correndo ad abbracciarlo.

 

Harry ricambiò, un po’ sorpresa. Aveva un aspetto decisamente incasinato. I capelli erano sparati in ogni direzione, il viso sporco di fango, i vestiti strappati e pieni di fili d’erba… inoltre sorrideva, e sembrava più a suo agio del solito.

 

Era… strano. Quasi disarmante.

 

“Harry… che è successo?”

 

“Oh, ehm.” Harry guardò in alto. “Niente di che. Malfoy e io siamo andati a fare quattro passi nella Foresta Proibita.”

 

Che cosa? Perché? Da dove viene tutto quel, ehm, fango?”

 

“Allora, c’era questo fosso.”

 

Hermione resistette all’impulso di strapparsi i capelli con le mani.

 

“Harry. Che cosa è successo?”

 

Harry sorrise di nuovo. “Ah. Per caso ho detto qualcosa sui ragni giganti, e qualcuno,” alzò la voce, “ha perso il controllo quando ha sentito un rumore e mi ha trascinato in un fosso.”

 

Una voce querula e, pensò Hermione, decisamente sgradevole, gli rispose. “Avrebbe potuto essere qualcosa di pericoloso.

 

“Era un cervo, Malfoy,” disse Harry alla porta. “Un piccolo, indifeso, inerme cerbiatto, per l’esattezza. E ora sono coperto di fango, ed è più di un’ora che monopolizzi il bagno. Esci.”

 

Hermione era troppo… stanca per questo.

 

“Harry… non potresti usare il bagno dei Grifondoro?” chiese.

 

“L’idiota aveva detto che ci avrebbe messo un minuto!”

 

“Errore, Potter,” giunse la voce fredda di Malfoy. “Ho detto che ci avrei messo quanto bastava per aggiustarmi i capelli.”

 

“Sei lì dentro da un’ora! E probabilmente avrai usato tutta la schiuma bianco-ghiaccio.

 

“Sì, mi piace, e con questo?”

 

“Lo sai che c’è un fantasma nella scuola che ama spiare i prefetti dai rubinetti?”

 

Cosa?”

 

Si sentì un rapido spruzzo, come se qualcuno si fosse tuffato sotto strati protettivi di schiuma.

 

Hermione cominciava a sentirsi tagliata fuori dalla conversazione. Era anche inorridita al pensiero che a pochi metri da lei ci fossero nudità targate Malfoy.

 

“Sembra che tu sia a conoscenza di tutti i segreti sporchi della scuola, Potter,” osservò Malfoy col suo tono condiscendente. “Non è morale per un Grifondoro.”

 

E come definirebbe un Serpeverde ciò che è morale?”

 

Ci fu una pausa.

 

“Allora, cosa vuole Granger?”

 

Fu allora che Hermione sentì svanire la preoccupazione e il sollievo, tornando col pensiero alla sola triste ragione per cui era andata a cercare Harry.

 

“Già, Hermione, cosa…” Harry vide il suo viso e il sorriso lasciò le sue labbra. “Hermione, cosa c’è?”

 

“Aspetta, se è interessante voglio sentire anch’io,” annunciò Malfoy. “Ora esco… ma se qualche fantasma mi spia ci saranno serie conseguenze.

 

Hermione stava per dirglielo, che il cretino fosse d’accordo o meno, ma con suo grande stupore Harry alzò una mano. Non aveva proprio la forza per litigare.

 

Un attimo dopo Draco Malfoy comparve sulla soglia, preceduto da un soffio di vapore simile allo stendardo di un re demone in una pantomima.

 

Alquanto appropriato, pensò Hermione.

 

Il profilo magrolino del ragazzo divenne nitido qualche momento dopo, mentre si sfregava vigorosamente i capelli con un asciugamano.

 

“Allora, Granger?” disse. “Cosa succede?”

 

Hermione incrociò di nuovo le braccia, per proteggersi dallo sguardo strafottente di Malfoy, da quello preoccupato di Harry… e dai brividi improvvisi.

 

Justin Finch-Fletchey e Ernie Macmillan sono… spariti,” disse lentamente. “Proprio come gli altri. Erano nella sala comune Tassorosso e… niente.

 

Calò un pesante silenzio.

 

Alla fine Harry disse, “Non potrebbero essere… scappati?”

 

“Non dire idiozie, Potter,” gli disse secco Malfoy. “Erano i rappresentanti di Tassorosso nel Giovane Ordine. Sono stati presi, fine del discorso.

 

Hermione si spinse i palmi delle mani sui fianchi, cercando di consolarsi, di far finta che fosse Ron a stringerla e che fosse al sicuro. “Inoltre, il…” Deglutì. “Il Marchio Nero è stato visto di nuovo. Su Hogwarts.

 

Un altro silenzio.

 

La gente aveva gridato quelle parole fino a logorarle.

 

Come ci riesce?

 

Ma nessuno le aveva mai pronunciate.

 

Se ne stavano tutti fermi e zitti, tenuti insieme dalla desolazione, e, per quanto Hermione disprezzasse Malfoy, sapeva che quel legame doveva rimanere. Ognuno di loro restava a portare il peso di coloro che erano stati presi. Ognuno di loro era la prossima potenziale vittima.

 

“Oh no,” disse Harry alla fine, con un tono reso mortuario dall’atmosfera opprimente.

 

“Non c’è altro da dire.”

 

A Hermione parve di star osservando la scena dal di fuori, un osservatore indifferente davanti alle azioni di tre bimbi spaventati.

 

Malfoy era appoggiato alla porta mentre Harry e Hermione erano appoggiati alle pareti, pur di non sopportare il peso di se stessi. Era un gesto familiare per Hermione, com’era familiare ogni cosa di quella situazione.

 

Le ultime sparizioni erano state più serie delle precedenti. Entrambi i rappresentanti di Tassorosso… un quarto del Giovane Ordine…

 

Siamo nel mirino.

 

Hermione resistette all’impulso di lasciarsi scivolare lungo il muro per mettersi le braccia attorno alle ginocchia e attendere un po’ di conforto.

 

Invece disse, con voce acuta per sembrare più calma, “Il professor Lupin ha convocato una riunione del Giovane Ordine per domani. Probabilmente verrà chiesto al Giovane Consiglio di rimanere, dopo.”

 

Harry annuì debolmente. Niente di più di quanto non si aspettasse.

 

Malfoy rabbrividì improvvisamente. Hermione lo guardò e notò che era ancora bagnato. La maglietta gli si era appiccicata alla pelle, i suoi capelli sembravano lamine fradice, e il suo viso non tradiva altra causa di quel sussulto oltre al freddo.

 

Quando tornò a guardare Harry, vide la sua espressione cambiare dal disagio alla… preoccupazione. Porca miseria. Preoccupazione per Malfoy? Quest’amicizia si stava spingendo decisamente troppo oltre.

 

“Meglio che torni dai miei,” disse Malfoy, col tono soffuso che stavano usando tutti e tre. Hermione notò con una lieve punta di disprezzo il disinvolto accento possessivo delle sue parole.

“Saranno in pensiero.”

 

Non riusciva proprio ad immaginare i Serpeverde in pensiero per qualcosa.

 

“Sì, certo,” replicò in fretta Harry. Ora suonava inequivocabilmente preoccupato. “Sei sicuro di voler andare da solo laggiù…”

 

Sembrava guardare il collo di Malfoy, dove un’altra gocciolina scivolava lungo la curva pallida. Non era la prima volta per Hermione, ovviamente… davanti alle tragedie si guarda ovunque tranne che negli occhi degli altri.

 

Malfoy storse le sopracciglia.

 

“Se il Signore Oscuro mi piomba addosso da dietro un angolo griderò come una femminuccia, così potrai correre a salvarmi. Per favore, Potter!”

 

Harry rise piano, quasi con riluttanza, e s’incamminò con Hermione, piuttosto addolorata.

 

Tutta quell’ansia era dovuta al fatto che Harry era scomparso con una persona pericolosa come Malfoy, e di Malfoy non ci si poteva fidare in situazioni di crisi…anzi, di lui non ci si poteva fidare mai

 

Avrebbe potuto succedergli qualcosa, ma era un’eventualità troppo terrificante da contemplare. Erano sparite così tante persone… ma non Harry.

 

Ti prego, fa che non succeda ad Harry.

 

Ron accolse lei con un bacio e Harry con un abbraccio… e di solito non era così espansivo, rifletté Hermione.

 

Lo strinse forte e cercò di non pensare a cosa fosse successo, né a ciò che avrebbe potuto succedere. Guardò oltre le sue spalle per agganciarsi allo sguardo di Harry e condividere un conforto silenzioso.

 

Ma Harry guardava altrove, chiaramente assorto in altri pensieri.

 

*

 

Ginny Weasley era seduta alla riunione del Giovane Ordine della Fenice lasciando passare i minuti e cercando di non fissare Harry.

 

Passava la maggior parte delle riunioni a far quello, cullata dalla consapevolezza che lui o pendeva dalle labbra del professor Lupin oppure era sovrappensiero.

 

Ovviamente passava la maggior parte del tempo a fissarlo anche durante le partite di Quidditch, a tavola, camminando nei corridoi…

 

Sapeva di essere ridicola. Le cotte di solito non duravano sette anni.

 

Le cotte non duravano tutta una vita, e non cominciavano a quattro anni insieme a pane e latte. Quale bambina avrebbe potuto ascoltare la favola del Principe Azzurro senza desiderare di infilarsi le scarpette di cristallo di Cenerentola?

 

Quale bambina avrebbe potuto sentire di un eroe dai capelli scuri che aveva salvato il mondo, che era stato imprigionato come una principessa nella sua torre tra i Babbani, senza desiderare di raggiungerlo?

 

Ginny era convinta che ogni ragazza della sua età almeno una volta avesse fantasticato sull’essere la Ragazza Amata Dal Ragazzo Che Era Sopravvissuto.

 

Solo che non tutti i fratelli di quelle ragazze erano amici di Harry Potter. Non tutte le loro madri l’avevano praticamente adottato.

 

Non tutte le ragazze erano state salvate da Harry Potter quando erano ancora delle povere, tremanti allieve del primo anno. Non tutte si erano accorte che era davvero come lo descriveva la propaganda: coraggioso, nobile e sincero.

 

Un ragazzo così s’incontrava solo una volta nella vita.

 

Ginny aveva provato a smettere di fare quelle figure. Aveva scambiato qualche primo bacio impacciato con Colin Canon. Era anche uscita per un po’ con Dean Thomas, un ragazzo artistico e introspettivo a cui aveva voluto bene, davvero bene, ma… non era durata.

 

Era giunta alla conclusione che, col tempo, la cotta era diventata dura come il diamante, e nessuno sarebbe mai stato abbastanza degno da fargliela passare.

 

Dopo averlo venerato come un eroe, dopo gli sciocchi biglietti di San Valentino, quel desiderio intenso resisteva caparbio, e lei aveva deciso di aspettare serenamente.

 

Sarebbe arrivata un’occasione, solo una. L’anno prima l’aveva baciata un paio di volte, baci soffici e sperimentali che le avevano fatto battere il cuore piena di speranza. Non si era spinto oltre, cosa che comprendeva, certo che lo comprendeva, era stato ferito e disprezzato per tutta la vita, come faceva a capire che lei lo amava?

 

Non c’erano mai state voci su di lui con altre ragazze, e di questo Ginny era profondamente grata. Il bacio a Cho Chang era stato un incidente isolato.

 

Un giorno, forse, Harry avrebbe cercato Ginny di nuovo. E in quel caso lei l’avrebbe aspettato.

 

Ginny sorvegliò Harry con timida felicità. Ultimamente aveva un aspetto migliore, pensò, meno triste. Si vestiva con più cura e rideva più spesso. Di certo il Torneo Tremaghi era stato un toccasana.

 

Persino quest’idea assurda dell’amicizia con Malfoy la faceva sorridere con indulgenza. Era proprio da Harry cercare di recuperare le persone, anche i Serpeverde odiosi come Malfoy. Se lui poteva distrarre Harry, e soprattutto tenerlo occupato nel tempo in cui avrebbe potuto cercarsi una ragazza, Ginny era decisamente a favore.

 

E comunque, presto Harry si sarebbe stufato di lui.

 

Forse addirittura oggi. Prima o poi Malfoy avrebbe dato fiato ai suoi disgustosi pregiudizi, come al solito.

 

Ginny guardò storto Malfoy, la cui testa era china su un pezzo di pergamena. Persino la mano che impugnava la piuma dall’aria costosa sembrava costosa, tutta ossa sottili e pelle candida. Era una creatura così viziata e detestabile.

 

Sentì quel brivido da ragazzina – Oh, Harry è meraviglioso! – al pensiero dell’ultima incivile sparata di Malfoy sui Mezzosangue.

 

Harry, che se ne stava seduto con quell’aria malinconica e assente che le spezzava il cuore, aveva sollevato lo sguardo e il verde dei suoi occhi si era infiammato.

 

Il suo eroe impavido.

 

Ginny se lo ricordava perfettamente.

 

“Dillo di nuovo, Malfoy. Ti sfido,” aveva detto.

 

Malfoy, con quel tono gelido e strascicato, l’aveva detto di nuovo.

 

Harry e Malfoy si erano alzati e sporti sul tavolo, gettandosi parole di odio, arrivando praticamente a toccarsi coi nasi.

 

“Avanti, Potter,” l’aveva provocato Malfoy. “E’ il momento migliore per una lite, davanti a tutti i Weasley che ti ammirano.

 

Aveva sorriso a Ginny, che si era sentita gelare.

 

Harry aveva afferrato il davanti della veste di Malfoy, apparentemente ad un passo dal saltare sul tavolo e fare una sciocchezza.

 

“Li devi lasciar stare!”

 

Ginny aveva brillato per l’adorazione.

 

Chissà cosa sarebbe successo, se il professor Lupin non avesse pacatamente sciolto la riunione.

 

Ginny notò che anche Harry stava guardando Malfoy.

 

Bene. Avrebbe tenuto d’occhio quel Serpeverde.

 

*

 

Harry si chiedeva se si potesse diventare schizofrenici per qualcun altro.

 

Aveva la netta impressione che ci fossero due Malfoy in giro per Hogwarts, quando uno era già sufficiente per la sanità mentale di chiunque.

 

I due Malfoy erano alquanto somiglianti tra loro, ma solo un idiota li avrebbe confusi. Entrambi facevano quel sorrisetto sarcastico, e dispensavano commenti acidi come se stessero per passare di moda. Entrambi avevano una dubbia morale.

 

Ma uno dei Malfoy rideva molto più spensieratamente, e aveva idee che erano più divertenti che crudeli. Uno dei Malfoy, a prescindere dalle sue opinioni sui Babbani, evitava di usare le temute parole con la S e con la M. All’altro Malfoy non importava un cazzo di ciò che diceva.

 

Un Malfoy era in grado di parlare senza malizia. Il vento soffiava costantemente tra le sue ciocche d’argento, dandogli un aspetto leggermente più morbido dell’altro Malfoy.

 

Il secondo Malfoy gli era seduto davanti adesso, e prendeva strani appunti su un pezzo di pergamena. I suoi capelli erano immacolati, alcune punte curate di seta bionda dietro le orecchie, e non alzava lo sguardo dalla pergamena che quando Pansy o Blaise gli rivolgevano la parola.

 

Harry stava tentando di attirare la sua attenzione discretamente, per nessuna ragione in particolare. Forse voleva solo una qualche conferma che si sarebbe comportato bene.

Non aveva intenzione di litigare con lui, quel giorno.

 

Alla fine abbandonò la strada indiretta e rilasciò un suono che era metà colpo di tosse e metà “Malfoy!”

 

Malfoy alzò gli occhi, sorridendo leggermente.

 

O Potter, genio della sottigliezza.”

 

E nonostante gli sguardi assassini dei Serpeverde si volsero tutti verso di lui, Harry si sentì un po’ rassicurato. Avrebbe detto altro, ma in quel momento entrò il professor Lupin.

 

*

 

Era dal terzo anno che a Harry piaceva il professor Lupin.

 

Adesso i suoi sentimenti andavano oltre. Lo venerava.

 

All’inizio del quinto anno, Hogwarts era in subbuglio. Durante l’estate tutti avevano capito che Voldemort era davvero tornato. La gente aveva iniziato a svanire.

 

L’intero mondo magico era stato immerso all’improvviso nella guerra.

 

Ma i bambini non potevano combattere in guerra. L’unica cosa che potevano fare era andare a Hogwarts, e attendere impauriti la notizia del Marchio avvistato sulle loro case, e l’orrore finale.

Lupin aveva preso quei ragazzi terrorizzati e aveva formato il Giovane Ordine della Fenice. Grifondoro, Tassorosso e Corvonero si erano accalcati alle riunioni, approfittando dell’occasione per discutere… per sentire di poter contribuire alla causa e imparare qualcosa.

 

I Serpeverde non si erano neanche avvicinati.

 

Fino a quando Lucius Malfoy era morto, durante le vacanze di Natale, e Draco Malfoy si era presentato alla riunione successiva con il viso sbiancato e i suoi amici Serpeverde alle spalle.

Harry era stato sopraffatto dal fastidio per quell’intrusione. Lupin li aveva accolti serenamente, e per gestire il numero più elevato di membri aveva formato il Giovane Consiglio, con due rappresentanti selezionati da ciascuna casa, per le emergenze.

 

Molti non avevano preso il Giovane Ordine seriamente fino all’anno successivo, quando i ragazzi che avevano finito il settimo anno avevano messo a frutto ciò che Lupin aveva loro insegnato per diventare soldati formidabili in guerra.

 

Ora tutti sapevano che il Giovane Ordine era essenziale. Se si era contro Voldemort, se si voleva avere una chance di sopravvivenza, si dovevano imparare le tattiche e la realtà della guerra attorno al tavolo capeggiato da Lupin.

 

Il professor Lupin, sempre così modesto e tuttavia indiscutibilmente autorevole. Più affidabile dell’impulsivo, volubile Sirius, più disponibile dell’ultra-impegnato Silente. Era diventato quasi un padre per coloro i cui parenti erano… scomparsi. E la sua presenza serena aveva molto a che fare, sospettava Harry, con il gran numero di ragazzi rimasti a Hogwarts. Quando anche Hogwarts aveva iniziato a soffrire delle perdite, c’era stato panico generale.

 

Lupin era rimasto calmo, li aveva fatti sentire al sicuro, aveva parlato con loro.

 

Si era guadagnato l’affetto della maggior parte dei suoi allievi, e persino il rispetto dei Serpeverde. Harry sapeva che quelli del settimo anno che erano sul punto di lasciare Hogwarts sarebbero andati a combattere portandosi dietro quegli occhi grigi risoluti, simbolo di speranza, e si sarebbero affidati ai suoi insegnamenti.

 

Era tutto merito suo, di quel professore brizzolato e malvestito che era stato un reietto per la maggior parte della sua vita.

 

Harry nutriva grande rispetto per lui. Vedeva l’adorazione negli occhi di molti studenti quando ristabiliva l’ordine durante le riunioni.

 

Ed era per quel motivo che le sparate di Malfoy agli incontri del Giovane Ordine gli avevano sempre dato tanto fastidio, e che adesso temeva ne arrivasse un’altra.

 

Se Malfoy avesse insultato Lupin

 

Il professor Lupin si schiarì la voce.

 

“Sappiamo tutti che è avvenuta un’altra sparizione,” disse con la sua voce quieta. “Non avrebbe senso dirvi di non avere paura o di non essere tristi. Ma non lasciate che la paura e il dolore vi sovrastino. Quelli che sono rimasti hanno ancora un incarico importante da portare a termine. La casa dei Tassorosso ha la mia più profonda compassione, nonché la mia ammirazione per aver prontamente nominato Hannah Abbott e Susan Bones come rappresentati per il Giovane Ordine.”

 

Tutti applaudirono, e attorno al tavolo si levò un mormorio di approvazione.

 

Harry guardò Malfoy applaudire in modo deciso, proprio come faceva quando salutava i nuovi Serpeverde all’inizio di ogni anno.

 

Gli parve strano conoscere il modo in cui Malfoy applaudiva. Ancora più strano era che era il loro ultimo anno, e che non l’avrebbe mai più visto applaudire i nuovi Serpeverde.

 

Lupin stava ancora parlando.

 

“… sono certo che gli altri Giovani Consiglieri faranno del loro meglio per aiutarle. Passando ad altro, vorrei lodare il signor Malfoy e il signor Boot per il loro eccellente piano di attacco a Casa Riddle. Penso che agendo come da loro suggerito ci sarebbero state molte meno vittime, l’anno scorso.

 

Terry Boot arrossì compiaciuto. Malfoy inclinò il capo, accettando l’applauso educatamente.

 

Insopportabile idiota, pensò Harry con un sorriso. E così stava lavorando su qualcosa con un Corvonero. Saranno amici?

 

Guardò Terry rivolgere uno sguardo esitante a Malfoy dall’altra parte del tavolo, ma non riuscì a capire se fosse amichevole o meno. Malfoy era troppo impegnato a fare gli occhi dolci alla bella Susan Bones.

 

Era risaputo che Malfoy non aveva tempo da perdere con i Tassorosso, e infatti stava completamente ignorando la timida Hannah. Ma Malfoy faceva sempre eccezioni per la gente carina.

“Abbiamo due mozioni da mettere ai voti, una pratica e l’altra teorica.

 

Harry notò che Malfoy quasi imitò il sorriso tranquillo di Lupin.

 

“Prima di tutto la questione della protezione, che include le esercitazioni. Come sappiamo tutti, non c’è nessuna casa che non abbia sofferto una sparizione. Bisogna prendere delle misure per proteggere gli studenti. Da adesso in poi, come previsto dall’eccellente piano della signorina Granger, i professori accompagneranno tutti gli studenti del primo e del secondo anno a lezione.

 

Siamo troppo disperatamente a corto di personale per vegliare sulle classi più grandi, come sapete bene.

 

Quella parte del discorso restò taciuta.

 

“Agli altri studenti verrà chiesto di non andare da nessuna parte da soli. Inoltre, ogni venerdì dopo il Club dei Duellanti faremo delle esercitazioni in caso di attacco su larga scala a Hogwarts. Voglio vedere quanto rapidamente i nostri Giovani Consiglieri, assistiti dai prefetti, riescono a portare tutti gli studenti giù nella Sala Grande e a porsi in posizione difensiva alle entrate.

Ci furono assensi solenni in tutta la stanza. L’Ordine votò a favore all’unanimità, anche se Harry vide i Serpeverde guardare Malfoy prima di votare.

 

E ora veniamo al voto teorico.”

 

Gli sguardi si concentrarono su Lupin da ogni parte del tavolo. Negli ultimi tempi i voti teorici erano presi molto seriamente, perché tutti sapevano che, una volta usciti da scuola, quegli argomenti sarebbero divenuti realtà.

 

“Siete o no d’accordo con lo svelare segreti della Medimagia che potrebbero salvare la vita dei Babbani?”

 

“Assolutamente no.”

 

Quella voce limpida e fredda risuonò nella stanza.

 

“Mi rendo conto di quanto sia diverso il tuo punto di vista,” disse seccamente Hermione. “Non t’importa se i Babbani sono vivi o morti.

 

“Anche il tuo punto di vista è diverso,” ribatté Draco. “T’importa solo dei tuoi genitori babbani, sporca Mezzosangue.

 

Un borbottio arrabbiato si sollevò attorno al tavolo.

 

Malfoy aveva usato quelle parole parecchie volte durante le riunioni, ma raramente rivolgendosi ad uno dei presenti. Specialmente a Hermione Granger, la Consigliera più rispettata.

 

Il viso di Ron diventò rosso fuoco e Hermione strinse i pugni. I richiami di Lupin si persero tra le voci sempre più alte.

 

Harry sentì il proprio petto appesantirsi, mentre l’indignazione e la delusione si unirono in un’unica emozione che gli bruciava tra le costole e gli annebbiava la vista.

 

Vide Malfoy sfocato, il viso pallido fiero e assolutamente privo di rimorso. Il suo sguardo incrociò gelidamente quello di Harry, come se fossero estranei.

 

“Malfoy.” Harry udì quasi con sorpresa la propria voce insinuarsi come una lama tra le emozioni annebbiate. “Fuori. Adesso.”

 

Malfoy storse le labbra.

 

“Perché diavolo dovrei uscire, Potter? Hai in mente una piccola rissa lontano dal professore?”

 

“Harry, siediti,” disse Lupin con calma, ma ormai non gli interessava più.

 

“Ho in mente di farti uscire così che non siano tutti costretti a sentire i tuoi commenti nauseanti. E ho in mente di parlare di quella tua boccaccia sporca.

 

Malfoy incrociò le braccia sul petto. Fu solo allora, quando notò di star guardando Malfoy dall’alto, che Harry si rese conto di essersi alzato in piedi.

 

“Quel genere di discorso potrebbe portare alle mani,” lo informò Malfoy con quel suo tono lento e derisorio.

 

“Non m’importa,” disse Harry. “Esci e parliamo. Poi, se vuoi, possiamo venire alle mani.

 

Malfoy sorrise all’improvviso, quel sorriso pigro e sdegnoso, e si alzò per guardare Harry dritto negli occhi.

 

“Bene, Potter,” strascicò, “per te è sempre il giorno giusto per finire a terra.”

 

Harry corse verso la porta, conscio del proprio viso infuriato.

 

“Vieni fuori. Così vediamo chi finisce a terra.

 

Ginny Weasley era appoggiata al tavolo, gli occhi spalancati. Harry sperò che la poverina non si fosse spaventata troppo.

 

Malfoy non si mosse. Sembrava stesse riflettendo.

 

Harry incrociò quello sguardo freddo di nuovo, con chiaro intento di sfida.

 

Malfoy uscì, oltrepassando Harry e lasciandolo a chiudere la porta davanti agli sguardi increduli del Giovane Ordine.

 

Mentre lo fece, sentì Hermione dire:

 

“Non dovremmo fermarli, professore?”

 

“Hermione,” disse il professor Lupin, “se dovessimo sospendere le riunioni ad ogni litigata tra Harry e Draco Malfoy, non ne finiremmo mai una.”

 

Harry chiuse la porta, e si voltò per affrontare Malfoy.

 

Era appoggiato al muro, la testa inclinata all’indietro per donare a Harry il beneficio di un’analisi approfondita e agghiacciante.

 

“Allora, Potter? Non vedo l’ora di sapere cos’hai da dire… prima ti muovi, prima potrò darti quello che chiedi da anni.

 

*

 

“Voglio sapere cosa diavolo pensavi di fare là dentro! Non ti rendi conto dell’immagine di te che dai agli altri? Non t’importa cosa penso io?”

 

“Quando vorrò la tua opinione, Potter, ti darò prima la mia,” disse piano Malfoy.

 

Harry lo sbatté contro il muro.

 

“Toglimi le mani di dosso!” ordinò Malfoy, con gli occhi che mandavano fulmini.

 

“No!” disse Harry, soffocato dall’ira.

 

Malfoy alzò il mento, assumendo l’esatto aspetto dell’aristocratico furioso.

 

“Posso dire tutto ciò che penso.”

 

“Sì, ma tu sei intelligente.” Harry non si era accorto di pensarlo finché non l’aveva detto. “Non puoi credere sul serio a tutta quella merda razzista.

 

“Di certo non credo nella mozione bigotta di Lupin.

 

La voce di Malfoy era come ghiaccio. Il suo tono arrogante non faceva che alimentare l’ira di Harry.

 

Era così arrabbiato che non riusciva a scandire le parole. “Non… non credi che sarebbe bello aiutare la gente a sopravvivere?”

 

“Preferirei sopravvivere io. Non capisci che rivelare a medici e pazienti i segreti della magia sarebbe l’ennesimo modo per far sapere ai Babbani dell’esistenza del mondo magico? Smetti per un attimo di essere lo studente modello di Lupin e pensa!”

 

“E’ di vite umane che stiamo parlando!”

 

“Sì.” La voce di Malfoy era piatta. “O noi o loro. Proprio come sempre. Credi davvero a tutte quelle storie sull’Epoca dei Roghi? Quegli aneddoti simpatici su Guendalina la Guercia a cui le fiamme facevano il solletico? Credi sia tutto lì? Quelli furono tempi di terrore. I Babbani impararono in fretta che davanti ad un mago l’unica cosa da fare era prendergli la bacchetta. Una volta presa quella potevano bruciarti, affogarti o spezzarti tutte le ossa del corpo e gettare il tuo corpo tra i raggi di una ruota. Era questo che facevano, ed è questo che farebbero oggi. Siamo in guerra, è il momento di aprire gli occhi, e non m’importa se le redini sono nelle mani dei filo-Babbani, non è prudente rivelare i nostri segreti!”

 

La sua voce si era fatta pian piano più appassionata. Ora gli brillavano gli occhi, e avanzò di un passo verso Harry.

 

Harry fece un passo indietro, spaventato dalla forza delle sue parole.

 

“Non c’era bisogno di dire quella cazzata sui Mezzosangue,” rispose a voce bassa.

 

Malfoy tornò ad appoggiarsi al muro, la sua voce di nuovo fredda.

 

“Non mi fido di quel tipo di persona,” rispose. “Ognuna di loro aumenta le possibilità che i Babbani sappiano di noi e ci attacchino. Non sai quanto odio può far scaturire una persona con poteri magici in una famiglia?”

 

Io ero l’unica che la vedeva per ciò che era… un mostro!

 

Le parole di Petunia Dursley gli esplosero in un angolo della mente.

 

“Prendi Tu-Sai-Chi,” disse Malfoy. “Suo padre era un Babbano. Mio padre mi ha detto che quelle persone sono instabili… beh, che altra prova ti serve? La magia fa incazzare i Babbani. Dovremmo tenerci alla larga da loro.

 

“Allora perché non rifiuti di lavorare con Hermione?”

 

“Sono contro Tu-Sai-Chi. Lei si è già integrata nel mondo magico. Abbiamo bisogno di ogni alleato… ma questo non significa che la cosa mi debba piacere.”

 

“Noi combattiamo una guerra contro l’intolleranza!”

 

“Io no.”

 

“Allora… perché?”

 

Malfoy chiuse gli occhi, una mossa che spinse Harry a fissarlo. Sembrava stranamente vulnerabile.

 

“Non mi piacciono i Babbani,” disse. “Non vuol dire che voglia vederli sterminati. Ma la ragione principale per cui sono in questa guerra è… la vendetta.” Un timido sorriso aleggiò sulle sua labbra. “E’ così sbagliato?”

 

Harry non si sarebbe nemmeno sognato di poter restare senza parole.

 

Aveva previsto cattiveria, non le argomentazioni ragionate di chi aveva pensato a lungo alla questione. Di certo non aveva previsto una giustificazione, per quanto piccola, delle ragioni di Malfoy.

 

Il suggerimento di Lupin era sembrato così buono e ragionevole. Harry non aveva pensato affatto alle conseguenze.

 

Ma adesso… Ripensò alle parole di Hagrid, quando aveva undici anni.

 

Nah. E’ meglio che non ci immischiamo.

 

L’immagine delle ossa dei maghi che venivano spezzate… l’amarezza dietro le parole di Malfoy e la comprensione della paura nascosta dietro l’odio delle famiglie purosangue, quella storia oscura tramandata per generazioni.

 

Harry non condivideva, ma gli sarebbe stato molto difficile replicare.

 

Si accorse che… rispettava il punto di vista di Malfoy, il che forse era la cosa più inaspettata di tutte.

 

Si aggrappò all’unica certezza che gli restava.

 

“E’ una brava ragazza,” insisté. “Non hai il diritto di lanciarle queste offese da stronzo.

 

“E’ stata lei a cominciare,” si giustificò Malfoy.

 

Harry si appoggiò al muro accanto a Malfoy, toccandogli le spalle.

 

Improvvisamente era del tutto privo di rancore.

 

“Non fingere che sia la prima volta.”

 

“Ha cominciato lei anche la prima volta,” disse cupo Malfoy. “Dicendo che la mia entrata in squadra era stata comprata.”

 

“E non era vero?” chiese Harry, più con curiosità che in tono di accusa.

 

“No, assolutamente no, Potter! Ho partecipato ad un normalissimo provino con Terence Higgs. Una volta ottenuto il posto, mio padre ha comprato le scope. Lui non dava ricompense prima che si fosse dimostrato di meritarle.”

 

“Senti…” Harry decise di sorvolare completamente sulla questione Lucius Malfoy. “Sai cosa significa quella parola per tutti quelli che sono lì dentro. E’ il modo in cui parlano i Mangiamorte, ed è una parole disgustosa da usare con persone che sono davvero civili e gentili. Non è giusto usarla solo per farla incazzare. E’ meschino, infantile e crudele.

 

“La crudeltà è sottovalutata, sai.”

 

Harry lo guardò alzare le spalle e sorridere. Il fiero scatto di rabbia che gli aveva fatto sbattere Malfoy contro il muro e gridare era scomparso.

 

Era così bizzarro che Malfoy potesse farlo incazzare e al contempo riuscisse a calmarlo in così poco tempo.

 

“Dai, Malfoy.”

 

Malfoy alzò le spalle goffamente e guardò altrove.

 

“Supponiamo che ammettessi che hai ragione. Tu faresti lo stesso?” chiese infine.

 

Che vuoi dire?”

 

Harry era incuriosito. Una sensazione ormai neanche più strana quando stava con Malfoy.

 

“Voglio dire… che penserò a quello che hai detto. E tu dovresti pensare a ciò che ho detto io.

 

“Solo pensarci?”

 

“Certo. Mercanteggiare è una cosa indegna per l’onore dei Malfoy. Sorrise all’improvviso, quel sorrisetto birichino ma meno malizioso de solito, e a cui Harry si stava abituando. “La corruzione, invece, è tutt’altra cosa.

 

Harry meditò e infine ricambiò il sorriso.

 

“Va bene, allora. E’ un… patto.”

 

Mentre tornavano in silenzio ma di comune accordo nella stanza della riunione, Harry aggiunse:

 

“Lo sai, vero, che ti picchio se chiami ancora così Hermione.

 

Malfoy alzò un sopracciglio. “Non vedo l’ora di metterti al tappeto.

 

Il Giovane Ordine rimase stupefatto quando Malfoy e Harry tornarono, entrambi apparentemente illesi e di buon umore.

 

Hermione dette una gomitata sospettosa a Harry, evidentemente per controllare che non ci fossero danni interni.

 

Harry sorrise guardando Pansy Parkinson fare la stessa cosa dall’altra parte del tavolo.

 

Malfoy lo guardò, e si scambiarono un sorrisino malinconico.

 

Ginny Weasley guardò storto Malfoy, quasi convinta che avesse usato una rapida Maledizione Imperius.

 

“Possiamo votare adesso?” chiese il professor Lupin in tono secco, scegliendo di chiudere un occhio sull’intera faccenda.

 

Harry ci pensò su. Malfoy in effetti aveva delle ragioni valide circa la mozione…

 

Votò contro.

 

Ora quasi tutti nella stanza sembravano essere convinti che Malfoy avesse usato un rapido Imperius.

 

“La mozione non passa per un voto,” osservò Lupin in tono neutrale.

 

“Fortuna sfacciata,” disse Malfoy a Hermione gongolando… e l’intera stanza sussultò per l’apprensione appena aprì le labbra per aggiungere un’altra parola.

 

Ciò che disse, guardingo, fu “Granger.”

 

A quel punto tutti assunsero espressioni sconcertate. Molti tirarono un sospiro di sollievo quando Lupin dichiarò sciolta la riunione, e mentre il Giovane Ordine si defilava le voci già iniziavano a levarsi dietro la porta.

 

*

 

Il Giovane Consiglio restò per sentire le ultime parole di Lupin.

 

“Giovani Consiglieri,” disse, con voce più seria ora che gli ultimi membri dell’Ordine erano usciti, “Sappiamo tutti quanto siano oscuri questi tempi. In un certo senso voi siete responsabili per i vostri amici studenti, senza però aver modo di proteggerli completamente. Questo non è il momento di lasciarsi dividere dalla rivalità tra case o dai dissapori personali. Assegno a voi tutti l’incarico delle esercitazioni pratiche. Voglio vedervi lavorare con amichevole cooperazione.

 

Harry guardò attorno al tavolo mentre Lupin parlava.

 

Gli occhi scuri e intelligenti di Hermione brillavano accanto a lui. Il viso tondo e impaurito di Hannah Abbott e la bocca tremante di Susan cercavano di prendere coraggio. Terry Boot e Padma Patil sembravano ansiosi. Il viso scuro e sveglio di Blaise Zabini, per una volta, era serio.

 

Tutti erano uniti da una sensazione di impellente gravità. Tutti, in quel momento, sembravano degni di fiducia.

 

Malfoy aveva fatto indietro la propria sedia e sorrideva in modo dissoluto e distintamente beffardo. Aveva un aspetto brillante, disinvolto e stranamente maligno.

 

Harry condivise quel sorriso, solo un po’, come una promessa segreta.

 

Penserò a ciò che hai detto. E tu dovresti pensare a ciò che ho detto io.

 

Ok. Harry ci stava pensando.

 

“Cercate solo di essere amici,” li sollecitò Lupin.

 

“Ci proverò,” disse all’improvviso una voce allegra. Harry fu sorpreso dal realizzare che si trattava della sua.

 

Malfoy sbadigliò e si stiracchiò. “Oh, perché no?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Spedizioni ***


Underwater Light

Underwater Light

 

by Maya

 

 

tradotta da Luciana

Beta: Vale

 

 

Capitolo Sei

 

Spedizioni

 

 

The serious stuff, and the light-hearted

 

Looking in your eyes and I'm just getting started

 

Tell me your secrets, all your hopes and wishes too

 

I want to know everything there is to know about you

 

 

[Le cose serie, e quelle leggere / Ti guardo negli occhi ed è solo l’inizio / Dimmi i tuoi segreti, le tue speranze e i desideri / Voglio sapere tutto ciò che c’è da sapere di te]

 

 

 

Harry Potter aveva guardato Draco Malfoy per anni.

 

Ovviamente non se n’era mai accorto prima d’ora, ma comunque. Ricordava quando durante il quarto anno ispezionava il tavolo dei Corvonero in cerca del viso di Cho, ma quella cotta si era dimostrata molto più effimera del suo odio per Malfoy. Non aveva mai iniziato un anno senza cercare Malfoy tra la folla sul treno e tra i Serpeverde a tavola. Non riusciva a rilassarsi, se prima non rintracciava la familiare e odiata testa bionda: solo allora, localizzato il nemico, poteva sedersi, stringere gli occhi e squadrarlo per un minuto.

 

Non se n’era mai reso conto prima. Ora che stava sperimentando questo nuovo concetto di amicizia, si rendeva conto di sapere molto più di quanto pensasse sulla vita quotidiana di Draco Malfoy. Era incredibile quante cose fossero entrate nel suo campo visivo da quando aveva smesso di stringere gli occhi stizzito.

 

Lo schema della giornata di Malfoy sembrava non essere per niente schematico. A volte arrivava a colazione ad un orario rispettabile, sebbene sempre con aria seccata. A volte Pansy e Blaise Zabini dovevano trascinarlo nella sala, cercando di farlo mangiare con la forza mentre lui si lagnava chiedendo del caffé. Il più delle volte a colazione non si faceva vedere affatto. Non era una persona mattiniera, e saltava decisamente troppi pasti.

 

Ma Harry era riuscito a distinguere un certo schema. Lo aveva creato lui, uno schema. Ogni mattina in cui Draco si faceva vedere, Harry passava davanti al tavolo dei Serpeverde e diceva buongiorno.

 

E Malfoy ricambiava sempre, anche se non sembrava mai aver voglia di salutarlo per primo.

 

E ogni venerdì Malfoy arrivava un po’ in ritardo a colazione, ma con gli occhi che gli brillavano e un’allegria celata a stento, e parlava quasi incessantemente, rimpinzandosi in modo osceno.

 

Harry non aveva mai capito perché, finché le indagini di Hermione non gli avevano fatto scoprire che Magia Creativa era la prima lezione del venerdì mattina.

 

Ogni volta che Malfoy riceveva un pacco di dolci da casa, aveva uno schema di comportamento molto rigido. Apriva i pacchetti squisitamente incartati con cura, lentamente, lanciando occhiate gongolanti a quei bavosi di Tiger e Goyle. Poi, con ostentazione, disponeva tutti quei dolcetti costosi in un piatto.

 

Fatto ciò, reclinava il capo all’indietro e scrutava l'intero tavolo dei Serpeverde, assicurandosi di avere l’attenzione di tutti. Era sempre il solito principino arrogante e capriccioso, che dispensava dolci a chi era degno abbastanza con cautela e malizia.

 

Ogni volta che si accorgeva che c’era qualcuno interessato ad un dolce in particolare, se lo mangiava con la faccia di bronzo. A Harry non piaceva assistere ad un simile spettacolo, ma non poteva fare a meno di guardare… e sorridere.

 

E lo infastidiva, un pochino, vedere rompersi lo schema che si era stabilito in quelle poche settimane di amicizia.

 

Un giovedì mattina arrivò un pacchetto. Il gufo col pedigree di Malfoy planò sul tavolo dei Serpeverde con la stessa grazia pigra del suo proprietario, dichiarando con ogni battito d’ala che non era stato generato per muoversi in modo rozzo, e grazie tante.

 

Harry lo vide prima di lui ma, una volta atterrato, Malfoy alzò lo sguardo senza alcuna sorpresa. Quando scorse la lettera, però, esitò.

 

A Harry venne in mente che Malfoy non riceveva mai lettere. C’erano quei pacchi di dolci che arrivavano con regolarità, e anche alcuni regali costosi e sfiziosi, ma non ricordava di averlo mai visto ricevere lettere.

 

Eppure ora c’era una lettera, e se la stava rigirando in mano, il viso privo della benchè minima traccia di emozioni, come se non avesse ancora deciso quale fosse opportuno mostrare. Gettò il pacco sul grembo di Pansy, con indifferenza, con preoccupazione e… sì, quella era una cosa molto strana.

 

Sembrò esser giunto ad una decisione. Si alzò lentamente, e a quel punto qualche emozione gli passò rapidamente sul volto, tra cui apprensione e circospezione. Harry continuò a guardarlo mentre fece lo slalom tra i tavoli, per arrivare all’uscita. Si chiese se fosse il caso di preoccuparsi.

 

Allora gli occhi di Malfoy cercarono i suoi. Gli volse un fulmineo sorriso radioso.

 

“Buongiorno.”

 

Di certo tutta questa faccenda dell’amicizia con Malfoy gli aveva insegnato una cosa, e cioè che ogni tanto andava bene rompere gli schemi.

 

*

Nonostante la rassicurazione seguita al saluto di Malfoy, Harry continuò a pensare all’espressione scioccata sul suo viso, ai movimenti sconnessi quando aveva preso la lettera.

 

Così inventò una scusa per Hermione e Ron, e seguì Malfoy nell’aula di Pozioni. Entrambi avevano Pozioni alla prima ora, il giovedì.

 

Lo trovò nell’aula vuota. Era seduto su un banco, la schiena appoggiata al muro e le ginocchia piegate verso il petto. Aveva la testa inclinata, e sembrava assorto nei suoi pensieri.

 

Malfoy alzò gli occhi quando Harry entrò, spalancandoli per la sorpresa.

 

Per il resto, il suo viso restò immobile.

 

“Potter,” disse.

 

“Malfoy,” rispose Harry. “Sono… venuto a vedere se va tutto bene.”

 

“Preoccupato? Molto pastore-Grifondoro da parte tua." Non c'era risentimento nel tono di Malfoy, ma sembrava che non ci fosse nemmeno alcun desiderio di raccontare le sue pene.

 

Harry vide la lettera accartocciata nella sua mano.

 

"Spero che arrivi il professor Snape," disse all'improvviso Malfoy.

 

Snape non c'era. Affatto. Certo, tutti sapevano cosa stava facendo (la spia) e, ogni volta che partiva in missione, sapevano che c'era una possibilità che non tornasse.

 

Pensare che sarebbe venuto un giorno in cui Lupin avrebbe occupato la cattedra di Pozioni al suo posto, e che a Harry sarebbe dispiaciuto!

 

"Pensavo ti piacesse il professor Lupin."

 

"Non mi dispiace," rispose Malfoy. "Ma preferisco il professor Snape."

 

Era vero, ovviamente. Malfoy era sempre un po' teso quando Snape era via. Apprezzare Snape con tanto ardore... Harry non capiva come fosse possibile.

 

In qualche modo quel breve dialogo sembrò rilassare un po' Malfoy. Si sporse in avanti, il petto premuto sulle ginocchia, e disse bruscamente:

 

"Era mio padre a volere un figlio."

 

Harry non aveva idea di cosa ribattere ad un'affermazione del genere.

 

"Sì?"

 

Malfoy abbassò lo sguardo sulla carta appallottolata nella sua mano. La curva del labbro inferiore lo faceva somigliare ad un bimbo trascurato e insoddisfatto.

 

"Passava molto tempo con me. Ora che non c'è più, lei sente di doversi interessare a me."

 

"Cosa ha scritto la tua mamma?"

 

Per qualche motivo era strano dire 'mamma' a Malfoy. Malfoy poteva tranquillamente avere un padre e una madre, ma di certo non una mamma e un papà.

 

Certo, non che Harry riuscisse a immaginare Lucius Malfoy che portava fuori suo figlio per giocare a palla. Magari se al posto della palla ci fosse stata una testa di Babbano avvizzita…

 

“Vuole vedermi. Dice che faremo una gita a Hogsmeade.”

 

Non c’era traccia di emozione nella sua voce, ma Harry percepì qualcosa sotto la superficie immobile. Pensò a quanto sarebbe stato naturale adesso raggiungere il tavolo dov’era seduto e mettergli una mano sulla spalla, o qualcosa del genere. Ma Malfoy non era tipo da lasciarsi toccare con disinvoltura.

 

“E’ ovvio che vuole vederti,” disse Harry.

 

“Oh, sì. E’ la cosa giusta da desiderare per una madre. E lei fa sempre la cosa giusta.”

 

“Sono, ehm… sono certo che ti vuole bene.”

 

Malfoy alzò le sopracciglia e guardò Harry con stupore, e Harry pensò che forse aveva frainteso completamente la situazione.

 

“Bene,” ripeté Malfoy, con una risatina incredula. “Sei proprio un lattante, eh, Potter?”

 

Harry s’incupì.

 

“Forse prova qualcosa per me,” disse Malfoy dopo una pausa. “E’ che non la conosco molto bene. Ogni volta che usciamo insieme porto un amico, così possiamo giocare ad essere garbati e fingere di conoscerci.”

 

Harry guardò il viso di Malfoy, calmo e ombreggiato, cercando di capire. Sei triste o no?

 

La cosa assurda era che gli sembrava che stesse cercando di essere onesto.

 

“Non la biasimo per non essere interessata,” gli disse. “E non è una cosa che direi proprio a tutti, quindi se ne parli con Granger o Weasley macinerò le loro ossa per farti del pane avvelenato.”

 

“Malfoy!” esclamò Harry, colpito. “Non lo direi a nessuno!”

 

Malfoy alzò le spalle.

 

“Beh, non lo pensavo sul serio.” Harry sorrise leggermente, e Malfoy andò avanti. “Dopotutto sei Harry Potter. Colui che crede nella verità e nella giustizia, l’essenza autentica dell’onore.”

 

Sei Harry Potter.

 

Harry smise di sorridere.

 

“Scusami tanto se la mia morale ti offende, Malfoy.”

 

Malfoy fece il suo sorrisino piuttosto maligno.

 

“Nah, non preoccuparti. Almeno è qualcosa di originale.” Si fermò. “Non che non sia un po’ patetico, Potter.”

 

“Oh, certo.” Harry abbassò la testa per nascondere un ghigno simile. “Hei, uhm, vuoi stare con me? A Pozioni?”

 

“Se voglio causare un infarto al mio professore preferito? Sii serio, Potter. E in ogni caso Goyle farebbe esplodere i sotterranei senza di me.” Però sorrideva. “Se ti va di causare un infarto a quell’ex-guardiacaccia, vedrò cosa posso fare.”

 

C’era Cura delle Creature Magiche dopo l’intervallo.

 

Harry gli rivolse un ultimo rapido sorriso e un assenso assente quando Snape entrò in classe. Snape se ne accorse e lo guardò scandalizzato, come se stesse smerciando droga al suo favorito. Harry registrò la gioia circospetta di Malfoy nel vedere Snape, e riuscì a guardare il professore senza risentimento.

 

Lui e Malfoy studiarono insieme le salamandre a Cura delle Creature Magiche. Ovviamente una di loro fece la cattiva e Malfoy non indugiò a mollarlo lì, correndo a chiudersi nella capanna.

 

“Tipico di un Serpeverde,” disse Harry, proprio come avrebbe fatto nei sei anni pecedenti.

 

Ma stavolta rideva, e Malfoy anche.

 

*

 

“Vestiti?” chiese assente Harry.

 

Lui e Malfoy erano accanto al lago a guardare la vasta distesa d’acqua. Nonostante le frequenti obiezioni di Malfoy circa il freddo, si incontravano sempre lì.

 

“Sì, Potter. Li si usa per coprirsi in inverno, per decenza in estate e, nel tuo caso, per commettere atroci crimini contro la moda.”

 

Harry storse il naso.

 

“Atroci è un po’ forte…”

 

Malfoy scosse il capo con veemenza.

 

“No, non è abbastanza forte! Insomma, i tuoi mantelli vanno bene, è alquanto arduo sbagliare coi mantelli, ma i vestiti Babbani? Pensavo fossi cresciuto tra quella gente.”

 

Harry si girò verso il lago, strizzando gli occhi quando il vento gli soffiava diretto sul viso. Ciò gli permise di mascherare la sua espressione quando rispose:

 

“Infatti. E’ quello il problema.”

 

Malfoy, che era seduto su un masso, stirò le gambe e fissò quelle anziché Harry. Questa, cominciò a notare Harry, era la sua forma di tatto.

 

“Ok, lo so. Ti obbligavano a metterti i vestiti di tuo cugino, che aveva un’orbita gravitazionale tutta sua. Però i soldi ce li hai, no? Avrai comprato degli abiti per te!”

 

“Certo,” ammise Harry di malavoglia.

 

“Allora la colpa è tua. Vediamo, i vestiti che hai comprato tu sono quelle cose di taglia più consona ma marroni e assolutamente monotone che ostenti ogni tanto?”

 

“Senti, non so come siamo finiti a parlare di moda… Sono comodi e basta, ok? Insomma, i vestiti non sono poi così importanti.”

 

Le sopracciglia di Malfoy schizzarono fino ai capelli.

 

“Non vuoi avere un bell’aspetto?” indagò, col tono scandalizzato di chi si rifiuta semplicemente di pensare che la risposta possa essere no.

 

Beh, stava per rispondere Harry, sarebbe un po’ da stronzi pensare ai vestiti quando si è in guerra, o sbaglio? Inoltre  io sono il Ragazzo Che E’ Sopravvissuto, ho delle aspettative da soddisfare, non posso mettermi a fare il vanitoso, no?...

 

Poi si ricordò che quello era Malfoy, e Malfoy gli avrebbe potuto lanciare qualcosa addosso.

 

Ricordò anche l'angoscia tremenda che gli ispiravano i vestiti smessi di Dudley... quel maglione osceno! Quell'uniforme grigia stinta che non aveva mai dovuto indossare... con quanta passione aveva desiderato essere come gli altri bambini.

 

"Ma sì," disse lentamente. "Solo che... non lo so..."

 

Guardò Malfoy, che indossava una maglietta grigia e dei jeans con l'aria di chi è coperto di velluto e pizzo.

 

"Tu... ti intendi di vestiti babbani, no?" disse.

 

"Beh, di certo non vado in giro conciato come te, mostruosa fashion victim."

 

"Ok, ma perchè te li metti?"

 

Malfoy chinò la testa da un lato e si fermò un momento a pensare prima di rispondere.

 

"E'... un messaggio. I Serpeverde non si uniscono al Giovane Ordine. I Serpeverde non usano abiti babbani. E io non faccio ciò che la gente si aspetta." Strinse gli occhi. "E di certo non indosso il velluto a costine marrone. Mi dai la nausea, Potter."

 

"Che vestiti pensi dovrei comprare?" chiese Harry, disperato.

 

Malfoy si voltò e lo guardò con attenzione.

 

Harry distolse lo sguardo. Malfoy aveva un modo terribilmente spiazzante di guardare la gente. Lo faceva senza alcun imbarazzo, con l'aria di chi controlla gli oggetti su un elenco.

"Mmm," disse infine, alzandosi. "Andiamo."

 

"Andiamo dove?" chiese Harry con apprensione.

 

"Non certo a rapinare un negozio, scemo. Andiamo innanzitutto a ripulire il tuo guardaroba, lo riforniremo la prossima volta che andiamo a Hogsmeade. Hanno aperto dei negozi di moda babbana davvero carini."

 

Malfoy girò i tacchi e cominciò a camminare.

 

Malfoy tendeva ad agire d'impulso. Harry aveva pensato di fargli presente che era una caratteristica da Grifondoro, ma non è che gli andasse granché l'idea di fare a pugni.

 

"Aspetta," lo chiamò Harry. "Ma così dovrai... cioè, entrare nella sala comune Grifondoro... sentirai la parola d'ordine, no?"

 

"Senza dubbio."

 

"Uhm."

 

Ci fu una pausa. Harry era combattuto. Malfoy vagamente divertito.

 

"Pensi che m'infiltrerò e scarabocchierò sui muri della sala comune?"

 

"Qualcosa del genere..." ammise Harry. "Solo un po' più malvagia."

 

Malfoy scrollò le spalle. "Non posso dire di non averci pensao. Vediamo." Si fermò. "La parola d'ordine Serpeverde è Vici."

 

Harry sorrise. "Tiri Vispi."

 

"Che cosa da Grifondoro," disse Malfoy, alzando gli occhi al cielo. "Niente immaginazione. Ti è venuto in mente che potrei essermela inventata, quella parola d'ordine? O che comunque potrei averti dato la mia per commettere qualsiasi crimine, contando sul tuo onore Grifondoro?"

 

Beh, gli venne in mente in quel momento.

 

"Ehm."

 

"Non l'ho inventata, per la cronaca," lo informò Malfoy severamente. "Ma avrei potuto farlo. Non dovresti fidarti affatto di quelli come me."

 

"Perchè, potrebbero buttar via metà dei miei vestiti?"

 

"Oh, taci e datti una mossa."

 

*

 

I Serpeverde erano furbi. I Serpeverde erano tremendi.

 

Harry lo sapeva.

 

Ciò che nessuno aveva ricordato di menzionare era che i Serpeverde avevano uno spiccato talento per le arti drammatiche.

 

Malfoy aveva in viso l'ennesima espressione schifata mentre frugava nel guardaroba di Harry. Harry era seduto sul letto, alquanto divertito.

 

"Oddio, Potter, ma ti togli gli occhiali quando vai a fare shopping? Non posso credere di star toccando questa roba, è disgustoso!"

 

Nessuno sarebbe riuscito ad imitare la sua aria schizzinosa. Afferrava gli abiti con prudenza, come se l'assenza di senso estetico potesse essere contagiosa.

 

"Mmm. Questo va nel mucchio A Malapena Sopportabili, questo nel mucchio Gettali Via, e questo nel mucchio Bruciali, Perchè Non Posso Vivere In Un Mondo In Cui Esistono."

 

Malfoy lanciava in aria i vestiti a casaccio, ma, mentre la terza maglietta era ancora per aria, si girò e puntò la bacchetta.

 

"Incendio!"

 

La cenere atterrò pigramente sul pavimento.

 

"Malfoy! Non puoi bruciare i miei vestiti!"

 

Malfoy strinse gli occhi.

 

"Guardami."

 

Harry lo guardò. Diciamo inerme. E anche un po' sorridente, ma pensò che quello era dovuto al fatto che aveva avuto la lucidità di nascondere il suo pigiama preferito.

 

Malfoy produsse dei fastidiosi versi di stizza quando scoprì il peggio degli scarti di Dudley.

 

"Nessuno è tanto enorme," disse alla fine. "Stai scherzando, spero."

 

"Magari."

 

"Posso accettare che non tutti abbiano la mia figura slanciata, ma questo è un oltraggio. Ci dev'essere una qualche associazione..."

 

"Che lo aiuti a dimagrire? C'è, però..."

 

"Non proprio." Malfoy guardò storto i pantaloni enormi. "Pensavo più ad un suicidio assistito."

 

"Malfoy!"

 

"E' incredibile quanta rettitudine scandalizzata riesci ad infondere in una parola. Oh, Oh, questo è ignobile."

 

Aveva appena trovato l'ammasso vergognoso di maglioni di lana di Dudley.

 

"Incendio! Incendio! Incendio!"

 

"Malfoy, smettila di dar fuoco alle cose!"

 

Malfoy fece un sorriso placido e angelico mentre le ceneri gli cascavano intorno.

 

Harry non riusciva a smettere di ridere.

 

Ron Weasley aprì la porta, lanciò a Malfoy uno sguardo inorridito e la richiuse immediatamente, sbattendola.

 

Ci fu una breve pausa.

 

"Il dormitorio comune crea sempre questo tipo di problemi," notò Malfoy. "Insomma, come fate voialtri quando dovete portarvi su... aspetta un attimo, i Grifondoro non hanno una vita sentimentale. Come non detto."

 

"Certo che abbiamo una vita sentimentale! Ron e Hermione..."

 

"Potter, smettila! E' un'immagina orrenda."

 

"Sono certo che le nostre storie d'amore sono ben più interessanti di quella di Tiger e Goyle..."

 

"Potter, quell'immagine è ancora peggio!"

 

"Io... cosa... Malfoy!"

 

Malfoy abbandonò l'armadio spaventosamente vuoto di Harry e crollò sul letto, appoggiandosi alla testiera.

 

"Ancora questa rettitudine scandalizzata, Potter," disse pigramente. "Mmm. Occuparsi del guardaroba di un caso disperato è un lavoro stancante. Forse mi andrò a stendere nella mia bella e calma stanza da letto da prefetto."

 

Si appoggiò sulla testiera e socchiuse gli occhi. I suoi capelli sembravano ancora più candidi, in contrato col rosso cupo delle tende.

 

"I prefetti non hanno stanze da letto speciali," fece notare Harry.

 

"Forse non quelli della tua casa. Ah. Ah."

 

"La professoressa McGranitt dice che non è giusto che i prefetti abbiano dei privilegi."

 

"Nella mia casa non contano né la professoressa McGranitt né il concetto di giusto." Malfoy sorrise sarcastico, tuttavia l'effetto fu alquanto guastato dal fatto che il resto del suo viso rimase rilassato e quasi affabile.

 

"Serpeverde regna. O se non altro uccide i contendenti e usurpa il trono. Ho una stanza privata molto carina, per tua informazione. Sentiti libero di farmi visita e salivare dall'invidia quando vuoi."

 

Harry si alzò dal letto e guardò sbigottito il mucchietto di vestiti che gli era concesso indossare.

 

"Malfoy, ci sono sette capi di vestiario lì?"

 

Malfoy aprì gli occhi.

 

"Così tanti? Lo sapevo che ero stato troppo indulgente."

 

*

 

"E' stato orribile, Hermione," disse Ron angosciato.

 

Hermione era seduta accanto a lui davanti al camino nella sala comune. Si era appena buttato sul sofà e aveva affondato il viso nei cuscini. Lei si stiracchiò, rilassata, soddisfatta dopo ore di quieta lettura e giusto un pizzico perplessa.

 

"Cosa?" chiese con indulgenza, accarezzandogli i soffici capelli rossi.

 

"Malfoy!" Ron sputò fuori il nome. "Nel nostro dormitorio! Che faceva cose ai vestiti di Harry!"

 

'Uomini che amano troppo i draghi' cascò dal grembo di Hermione.

 

"Cosa? Che stava facendo Harry?"

 

"Non lo so," rispose Ron in tono soffocato e indispettito. "Se ne stava lì sul letto. Sembrava piuttosto contento della faccenda."

 

"Io... oh, Ron!"

 

"Lo so. Sta oltrepassando il limite."

 

"Beh, a questo punto sono d'accordo!"

 

In quel momento Harry e Malfoy scesero le scale.

 

La voce di Harry era forte e allegra. Quella di Malfoy era più bassa, ma dopotutto quegli astuti Serpeverde davano l'impressione di mormorare sconcezze persino mentre leggevano gli ingredienti a Pozioni.

 

Harry volse lo sguardo oltre Malfoy quando li vide, più con preoccupazione che con senso di colpa.

 

Bene, pensò Hermione. Harry temeva che i grandi e grossi Grifondoro avrebbero maltrattato Malfoy. Quando Malfoy, a quanto pareva, gli stava strappando i vestiti di dosso al piano di sopra!

 

"Salve, ragazzi," disse con imbarazzo.

 

"Che stavi facendo con lui?" domandò Hermione, troppo agitata per darsi pena con ulteriori preliminari.

 

"Mi stava aiutando a ripulire il mio armadio," rispose Harry confuso.

 

"Ah."

 

Oh. Oh, ecco perché. Bene, adesso posso respirare.

 

Malfoy si appoggiò al muro di pietra e storse il labbro superiore verso di loro.

 

Hermione ricambiò lo sguardo assassino.

 

Harry sembrava pensieroso. "Ron, sei pronto per l'allenamento di Quidditch?"

 

Ron si alzò a sedere, nonostante la tremenda consapevolezza che Malfoy stesse avvelenando l'aria Grifondoro con la sua presenza.

 

Certo, pensò Hermione, nominare gli allenamenti forse avrebbe riportato in vita Ron.

 

La voce gelida di Malfoy squarciò il silenzio.

 

"Ah già," disse impensierito. "L'allenamento di Quidditch. Farò tardi se non mi muovo."

 

Se Ron fosse stato un cane, gli si sarebbero drizzati i peli sul dorso.

 

"Tu non giocherai affatto," scattò. "Abbiamo prenotato noi il campo."

 

Harry, per fortuna, rivolse a Malfoy un'occhiata di rimprovero.

 

"Ron ha ragione," gli disse. "Ricorda, le prenotazioni non possono essere modificate. L'abbiamo stabilito l'anno scorso."

 

'Stabilito', che termine diplomatico, pensò Hermione. Avevano dovuto impedire fisicamente a Harry e Malfoy di ammazzarsi, dopo che Malfoy aveva cancellato la prenotazione dei Grifondoro per la quinta volta di seguito, obbligando Silente ad intervenire.

 

A guardarli così amichevoli, uno accanto all'altro, sentiva davvero la mancanza di quei giorni feroci.

 

"Non intendevo allenamenti sul campo," disse Malfoy con indifferenza. "A dopo, Potter."

 

Uscendo di fretta, sorrise beffardo a Hermione e Ron.

 

Harry lo seguì con lo sguardo, evidentemente incuriosito dalle sue ultime parole. Ron cominciò ad inveire contro Harry prima ancora che la porta si fosse chiusa alle sue spalle.

 

Hermione si piegò e raccolse il libro.

 

*

 

Harry sapeva di essere stato nominato capitano solo per via del suo nome.

 

Secondo la tradizione venivano scelte persone nate in famiglie di maghi, che avevano confidenza col Quidditch sin dall'infanzia e che erano in grado di formulare schemi basati su ricordi di vecchie partite e strategie discusse a casa. Ma, certo, per Harry Potter si faceva sempre un'eccezione.

 

Almeno poteva contare su Ron e sulla sua conoscenza enciclopedica di qualsiasi partita in cui avessero giocato i Cannoni di Chudley: proprio in quel momento stava descrivendo dettagliatamente una mossa leggendaria del loro Portiere al nuovo Portiere, Natalie McDonald.

 

Harry stava a bordo campo, e sorrideva educatamente mentre le loro voci lo sovrastavano.

 

Ron avrebbe dovuto essere il capitano.

 

"Spero che Ron non stia terrorizzando Natalie," disse Dean Thomas dietro di lui.

 

Harry si voltò leggermente. Dean gli stava sorridendo, quel sorriso gentile e amichevole che lui e tutti i compagni di stanza di Dean conoscevano bene.

 

Dean era un ragazzo con cui si parlava tranquillamente. Harry si rilassò un pochino.

 

"Perchè dovrebbe terrorizzare Natalie?"

 

"Terrorizza me," disse Dean imitando un brivido. "Tutto quel parlare di innumerevoli partite del passato mi annebbia la vista. Certo... io non sono mai stato un esperto di Quidditch."

 

Era vero, ovviamente. Dean si era sempre limitato ad un entusiasmo moderato per il Quidditch, nonostante le sue grandi doti tecniche, ed era rimasto fedele al calcio e all'arte.

 

"Allora perchè sei entrato in squadra?"

 

Dean assunse un'aria imbarazzata. "Ecco, io... volevo passare più tempo con Ginny."

 

Harry spostò lo sguardo sui capelli rossi di Ginny. Stava parlando con passione dei Cannoni di Chudley, a voce alta e allegra come al solito.

 

Harry non aveva mai compreso il breve rapporto tra Ginny e il riservato Dean.

 

"Mi spiace che non abbia funzionato... Sfortuna."

 

Ora Dean stava con Calì, quindi era tutto a posto. Era così gentile... Harry non aveva capito come mai Ginny l'avesse lasciato. Ginny si voltò all'improvviso e vide i loro occhi su di lei.

 

Arrossì.

 

 

"Beh, sarebbe potuta andare peggio," disse Dean con filosofia. "Sarei potuto essere uno di qui poveri idioti della squadra dei Serpeverde."

 

Harry gli lanciò uno sguardo interrogativo.

 

"Malfoy li comanda come un sergente istruttore indemoniato," spiegò Dean. "Di sicuro l'avrai notato."

 

Ciò che Harry notò fu l'assenza di rancore con cui Dean aveva pronunciato il nome di Malfoy.

 

Dean se ne stava sempre zitto, ma capiva molte cose.

 

"Non ho niente contro Malfoy," disse Dean. "Lo conosco appena, ma non mi ha mai dato fastidio. Ho sentito che siete amici adesso?"

 

"Beh. Sì."

 

"E' una persona interessante," affermò Dean alzando le spalle. "Agghiacciante, ma unico."

 

"Agghia..."

 

In quel momento, Malfoy apparve per confermare l'impressione di Dean. Stava correndo sull'erba intorno al campo da Quidditch, lanciato all'inseguimento di Tiger e Goyle. I capelli gli si muovevano in ogni direzione, gli occhi gli brillavano follemente e portava una borsa pesante. I suoi due Battitori si muovevano a fatica alla velocità che le gambe gli consentivano, mentre lui li colpiva violentemente con delle palle medicinali.

 

"Non arriverete da nessuna parte se avete paura di essere colpiti dai Bolidi! Tornate qui! Venite a prendere queste palle come veri uomini!"

 

Nemmeno Tiger e Goyle erano tanto stupidi. Continuarono a correre, lanciando ogni tanto delle grida quando Malfoy centrava il colpo.

 

" E Serpeverde, affamato di potere, ama molto quelli di grande ambizione," recitò Dean, ma sorridendo. "Malfoy ha deciso di fare di nuovo piazza pulita contro Corvonero.

 

Agghiacciante, come dicevo."

 

Malfoy si accorse che la borsa era ormai vuota all'incirca nel momento in cui fu davanti a Harry e Dean. Tiger e Goyle, ignari, si trascinarono oltre.

 

"Imbecilli!" gridò loro Malfoy.

 

Guardò Harry e Dean, e annuì in fretta. Sembrava esausto mentre si scostava dagli occhi le ciocche bionde sudate, ma si girò e ripartì con la stessa energia di sempre.

 

Harry sorrise a Dean. "Ma, come dicevi, unico."

 

Tornò da Ron e Natalie.

 

"Hei, potremmo fare meno chiacchiere e più Quidditch qui? Tutti in volo!"

 

Dean sorrise. "Sì, capitano."

 

*

 

Il lunedì successivo, a lezione di Pozioni, Harry arrivò di nuovo in anticipo per parlare con Malfoy.

 

Malfoy era stato alle prese con una vittoria assolutamente spettacolare con Corvonero quel finesettimana, e Harry era stato con Ron e Hermione. Era da un po' di giorni che non l'aveva incontrato da solo e... fu sorpreso dal fatto che, beh, un po' gli era mancato.

 

"Congratulazioni per la vittoria," disse. "Non ho potuto farti gli auguri prima della partita."

 

Malfoy sollevò il mento. Non aveva dimostrato in alcun modo di aver sentito la mancanza di Harry, però era arrivato prima, no?

 

Harry cominciava a capire il suo modo di agire.

 

"Ai Serpeverde non servono gli auguri," disse. "Noi abbiamo tattica."

 

"Sì, e la vostra tattica consiste nell'infrangere tutte le regole del manuale."

 

"Esistono settecento modi di commettere fallo nel Quidditch," lo informò altezzosamente Malfoy. "Non posso certo impararli tutti."

 

"Sei impossibile, Malfoy, te l'ha mai detto nessuno?"

 

Addolcì il viso leggermente. "Mio padre me lo diceva sempre." Si fermò, e aggiunse all'improvviso: "Stasera non posso fare niente."

 

La prima emozione che Harry provò fu la gratificazione. Malfoy non si era mai preso il disturbo di dirgli una cosa simile prima. Farsi vivo, di solito, era una questione di umore.

Ma rimase anche, ovviamente, deluso.

 

"Oh... perchè no?"

 

"Folle notte di passione. Sai com'è."

 

Il rossore violento di Harry era appena comparso, quando Malfoy alzò le sopracciglia e sorrise.

 

"Ma dai, Potter, stupido ingenuo. Cavolo, mi lusinga che pensi io abbia il tempo per rimorchiare bellezze. Nel caso non l'abbia notato, ultimamente mi stai tenendo impegnato."

 

Harry si rilassò un po'.

 

"E così il famoso Fascino Malfoy che riesce a rimorchiare ragazze nel giro di due minuti ha perso lo smalto?"

 

"Mai dubitare del mio fascino, Potter. E' ancora all'opera, ma non posso sottrarre neanche due minuti ai compiti di Astronomia."

 

"Ah beh, se devi andare sulla Torre di Astronomia, ti basterà aprire un armadio per ritrovarti in mezzo ad un abbraccio."

 

Malfoy agitò una penna.

 

"Ora stai pensando come un Serpeverde. Ma, sfortunatamente, nienteTorre di Astronomia. Ho bisogno di uno spazio aperto e vasto per mettere a frutto l'ampia portata del mio progetto. E a meno che non voglia darmi agli appuntamenti con le mucche..."

 

Malfoy scrollò le spalle. Harry si poggiò pensieroso al suo banco.

 

"Dev'essere una noia mortale," commentò.

 

"Beh, sì."

 

"...Potrei venire con te, se ti va?"

 

Malfoy alzò lo sguardo, gli occhi estremamente grigi. Era un colore che sembrava non esprimere niente.

 

"Tu non fai Astronomia," disse. "Un altro esempio lampante della tua idiozia, Potter, perchè è una materia davvero fantastica. Non dirmi che la tua vita è così patetica che ti andresti a stendere in un campo per il puro gusto di farlo?"

 

Harry calò lo sguardo sulle venature del legno del banco.

 

"Hermione e Ron hanno in programma un incontro privato. Questa serata si prospetta così patetica che potrei benissimo farlo. E poi pensavo ti andasse un po' di compagnia."

 

Piegò la testa all'indietro per rivolgergli un sorriso sbilenco.

 

"Ma dato che vuoi liberarti di me per avere il tempo di rimorchiare..."

 

Il labbro di Malfoy si contorse. "Ho detto questo? Oh, va bene, puoi venire. Adesso corri, piccolo Grifondoro, prima che il crudele professore di Pozioni ti morda."

 

Harry alzò lo sguardo, vide che era arrivato Snape e sbuffò, volando al suo posto.

 

*

 

Harry era steso sul lenzuolo, stranamente calmo.

 

C'era qualcosa di meraviglioso nel cielo... gli ricordava la felicità che provava quando giocava a Quidditch. Persino adesso che era nero e vuoto, lo guardava e vedeva un enorme campo da gioco. E il terreno era silenzioso, l'oscurità protettiva, nessuno si aspettava niente da lui.

 

Guardò Malfoy, di cui scorgeva il profilo contro il buio della notte, che si premeva l'Omniocolo sugli occhi. Ogni tanto si chinava sulla pergamena e prendeva appunti con la piuma, spostandosi i capelli dagli occhi e sorridendo disinvolto a Harry.

 

Malfoy di certo non dava l'impressione di aspettarsi qualcosa da lui, neanche la compagnia. Era una persona così indipendente; se l'era cavata senza amici per anni, a parte Tiger e Goyle.

 

Harry pensò che probabilmente per lui faceva poca differenza stare con lui o da solo. E questo un po' lo seccava.

 

Era una sensazione del tutto nuova per lui - per Harry Potter - desiderare che qualcuno gli prestasse più attenzione.

 

Sorrise di nuovo, appoggiando la testa sulle mani giunte mentre guardava il cielo in alto.

 

"Cos'è che ti fa sorridere, Potter?" chiese Malfoy distrattamente, buttando giù un altro appunto.

 

"Oh... niente. Semplicemente mi sento... appagato."

 

Appagato. Era quella la parola.

 

"In un campo gelato nel mezzo della notte? Ti hanno mai detto che hai aspettative molto basse nella vita?"

 

Harry si sporse e gli diede un pugno leggero sulla spalla.

 

"Ah. Capisco. L'appagamento viene dal poter picchiare il povero Serpeverde indifeso di turno. Sai, il sadismo non è una buona regola di vita."

 

"Pensavo che per i Serpeverde fosse l'unica regola di vita."

 

"Ah," disse Malfoy, senza preoccuparsi di negarlo. "Ma tu non sei un Serpeverde."

 

Harry si tirò su reggendosi su un gomito.

 

"C'è mancato poco."

 

Malfoy lasciò cadere l'Omniocolo.

 

"Cosa?"

 

Harry sentì una piccola, irrazionale scintilla di trionfo, ora che aveva l'attenzione di Malfoy.

 

"Il Cappello Parlante voleva assegnarmi a Serpeverde," ammise, e poi, a voce bassa, sperando che Malfoy non si offendesse, "Io gli ho detto di no."

 

Malfoy non si accorse nemmeno di quella delicatezza.

 

"Tu," si stupì. "Harry Potter, l'epitome di tutto ciò che è Grifondoro, scampato per un pelo alla fossa dei serpenti." Rise all'improvviso, una risata inquietante ma piacevole. "Quello che sarebbe stato incredibile!"

 

Harry si stese di nuovo, le stelle brillavano davanti ai suoi occhi.

 

"Già," disse. "Credo di sì."

 

"Oh, in quanti modi avrei potuto rendere la tua vita un inferno," si lagnò Malfoy. "Avremmo condiviso la stanza per cinque anni. Avrei potuto farti impazzire."

 

Harry chiuse gli occhi, lasciando che l'aria della notte giocasse sul suo viso. L'unico suono era la voce familiare di Malfoy e il rumore stridulo della piuma.

 

"Mmm. Non credi che saremmo diventati amici prima?"

 

"Siamo amici, adesso?"

 

Harry alzò lo sguardo, sbattendo gli occhi come davanti ad un'improvvisa luce accecante, e guardò Malfoy.

 

Il suo sguardo non era malevolo, ma leggermente inquisitorio, e Harry fu assalito da un intenso sollievo.

 

"Lo so," disse Malfoy con voce precisa e distaccata come se si trattasse di un compito, "mi hai chiesto di essere amici, e ho accettato. Ma sei mio amico?"

 

Harry si alzò a sedere, incerto sulle parole da usare, in cerca di qualcosa di speciale da dire.

 

Alla fine l'unica cosa che gli venne in mente fu un vigoroso: "Sì."

 

Attese la risposta con una certa tensione.

 

"Oh. Bene," rispose Malfoy, alzando il viso verso le stelle e finendo la mappa con un ghirigoro.

 

Harry aspettò, sentendosi piuttosto strano, che Malfoy gli desse una risposa... seria, e che ricambiasse con qualche parola che indicasse emozioni.

 

Era un'amicizia così strana, così diversa dall'intimo e rassicurante cameratismo con Ron e Hermione, e dall'amicizia senza impegni con Seamus e Dean. Era una cosa nuova, abbastanza nuova da generare tensione e incertezza, eppure era... intensa. Per lui contava più di Seamus e Dean, e... e aveva il potere di fargli male senza offrirgli la sicurezza che gli offrivano Ron e Hermione.

 

E ora era steso lì coi nervi a fior di pelle, ad aspettare qualcosa che Malfoy sembrava non avere intenzione di dargli.

 

Sentì un oscuro desiderio di metterlo a disagio.

 

"Certo, in quel caso non avrei mai fatto amicizia con Ron e Hermione," disse, cercando col tono di enfatizzare l'affetto che provava per loro.

 

"Già, sarebbe stata una tragedia," disse Malfoy.

 

"Non capisco perchè li odi così tanto," disse Harry.

 

Malfoy stava mettendo a posto i libri e non guardò Harry mentre rispose, col viso che non tradiva alcuna emozione se non una certa distrazione,

 

"Non li odio, ma lo sai cosa penso di... ok, dei figli di Babbani. E per quanto riguarda quel branco di Weasley..."

 

Storse il labbro.

 

"Mio padre mi ha detto tutto di loro."

 

"I Weasley sono persone meravigliose," disse Harry arrabbiato, alzandosi a sedere.

 

Ora che Malfoy era inginocchiato accanto al suo zaino, il suo viso era alquanto vicino, e non c'era rabbia nei suoi occhi. Anzi, sembrava parecchio convinto.

 

"Suo padre ha attaccato il mio in una libreria. Non m'importa se erano nemici, non c'è scusa per un comportamento del genere. E i suoi figli non sono diversi. Quei gemelli Weasley non facevano che fischiare i ragazzini che venivano assegnati a Serpeverde. La gente pensa che io abbia pregiudizi, ma non mi abbasserei a quel livello. E per quanto riguarda il tuo lacché Weasley... è uguale ai suoi fratelli. Mi disprezza per via della mia famiglia, e io lo disprezzo per la sua. Le cose stanno così... anche se non hanno nessuna ragione per essere così dannatamente inferociti."

 

"Ma non è v..."

 

Ho sentito parlare della sua famiglia. Papà... dice che al padre di Malfoy non serviva una scusa per passare al Lato Oscuro.

 

Harry ripensò alla risatina di Ron quando aveva sentito che il giovane Malfoy faceva di nome Draco. Si era sentito autorizzato ad essere scortese perchè si trattava di un Malfoy.

 

Ecco un vantaggio del non avere genitori. Harry non aveva ereditato i loro rancori e le loro opinioni.

 

"Ron è una brava persona," disse Harry stanco, stendendosi e tornando a guardare le stelle. "Non dovresti giudicare la gente in base alla famiglia da cui proviene."

 

Quella famiglia è completamente marcia.

 

"Dillo a lui," disse Malfoy con sarcasmo.

 

"Ok," rispose Harry. "Ma continuerò a dirlo anche a te."

 

Malfoy mise da parte il suo zaino e si stese sul lenzuolo.

 

"Oh, non rompere, Potter. Altrimenti ti scateno contro i miei scagnozzi."

 

"Uh!" Harry rise. "Non mi fai paura."

 

"Naturale. Harry Potter non ha paura di niente," disse Malfoy prendendolo in giro.

 

"Sta' zitto!"

 

"Impavido Potter. Sei l'unico nella scuola che non sembra provare quei momenti in cui il terrore ti gela il sangue."

 

"Perchè mi si dovrebbe gelare il sangue?"

 

"Il Ragazzo Che Non Capiva Mai Niente. Per un anno sono scomparse persone là fuori, e Hogwarts era sicura. Adesso stanno svanendo studenti sotto il naso di Silente, e la nostra scuola non è più sicura di questo campo, e sappiamo tutti che deve esserci qualcuno che lo aiuta dall'interno. Non hai mai paura?"

 

"Non ti ho mai visto tremare con la testa sotto le lenzuola."

 

"Quello perchè ho dei nervi d'acciaio," annunciò Malfoy pomposamente.

"Potter! Hai un cuscino, bastardo?"

 

"Sto usando il mio mantello. Vedi, avevo addosso un mantello. E un maglione. E' perchè siamo a febbraio, fa freddo, e io non sono idiota."

 

"Come osi darmi dell'idiota? Avrai notizie dai miei avvocati, domattina."

 

Malfoy tentò maleducatamente di soffiargli il mantello ripiegato, ma riuscì solo a prenderne un angolino.

 

"Bene," disse sgraziatamente. "Fatti un po' in là, Potter,"

 

Harry sentì una ciocca di capelli biondi solleticargli l'orecchio, e si spostò per far spazio a Malfoy. Il cielo era sereno, e il respiro di Malfoy era regolare e rassicurante accanto a lui.

 

"Tu hai paura?" gli chiese infine Harry.

 

"Mm? Certo, Potter, non sono un maledetto Grifondoro valoroso. Ti ricordi quando il tuo stupido Patronus mi venne incontro durante quella partita di Quidditch del terzo anno? Fu tremendo. Mi inseguì."

 

Harry rise sottovoce.

 

Giusto... Malfoy, Goyle e Flitt vestiti da Dissennatori.

 

"Non... non pensavo che ti avesse inseguito."

 

"Beh, è andata così."

 

"In un certo modo è un complimento, Malfoy," lo informò Harry. "Persino con quel mantello ti riconoscevo come avversario."

 

La voce di Malfoy suonò irritata.

 

"Se essere inseguito da un cervo fantasma è segno di rispetto, mi sento indegno."

 

"Oh, smettila di lagnarti."

 

Ovviamente, chiedere a Draco di non lamentarsi era come chiedere al cielo di diventare giallo, e...

 

Draco.

 

Harry si accorse di quanto pensare al suo nome gli fosse venuto naturale. Qualche settimana prima sarebbe suonato... strano. Un concetto quasi assurdo. E ora, beh... il suo nome era Draco, no? Era quello che gli veniva in mente quando lo guardava. Era normale.

 

Non che avesse intenzione di chiamarlo così.

 

"Non mi sto lagnando!" Una breve pausa. "Fa freddo," si lamentò. "Dovremmo rientrare."

 

"Mmm." Si stava bene nel campo. "Ancora un minuto."

 

*

 

Harry si svegliò infreddolito e indolenzito, la mattina dopo. Sbadigliò, stringendo gli occhi per la luce, si girò e si trovò faccia a faccia con Draco.

 

Si morse la lingua e rotolò via in fretta, quindi si mise a sedere. I suoi vestiti erano bagnati di rugiada.

 

"Malfoy! Svegliati! Abbiamo dormito qui tutta la notte!"

 

Draco borbottò qualcosa e spinse il viso contro il mantello di Harry. Era raggomitolato in dormiveglia, con i capelli sulla faccia e gli occhi imbambolati. Aveva un aspetto veramente assurdo.

 

"Malfoy!"

 

Harry gli afferrò una spalla e la smosse con urgenza.

 

"Lasciami stare," disse Draco con voce soffocata.

 

"Malfoy, svegliati!"

 

Draco sollevò minimamente le palpebre. Quindi le spalancò in un attimo.

 

"Potter, cosa... oh. Oh, no. Oh, dimmi che non ho dormito in un campo. Oddio, che cosa plebea."

 

"Già, è proprio quello che mi preoccupa," disse Harry, roteando gli occhi. "L'effetto che avrà sul mio rango. Saranno tutti preoccupatissimi."

 

"Non i miei compagni," rispose prontamente Draco. "Penseranno semplicemente che fossi a letto con qualcuno. Bleah, i miei vestiti sono cartonati... Potter, ti ho detto che ti odio, di recente?"

 

Harry si alzò e cominciò a ripulirsi i pantaloni. Offrì una mano a Malfoy per alzarsi.

 

Draco, ancora supino, si girò sui gomiti e guardò acido Harry.

 

"Ti disprezzo."

 

"Certo che mi disprezzi, Malfoy."

 

Draco prese la sua mano e lo guardò piegare il lenzuolo senza muovere un dito.

 

"Puoi portarmi la borsa," ordinò accigliato.

 

"Col cavolo," rispose calmo Harry.

 

Draco prese la propria borsa. "Ti odio. Ti aborro. Ti..."

 

"Detesto va bene come parola," offrì Harry.

 

"Grazie, Potter. Ti detesto col fuoco di mille soli."

 

"Oh, stai calmo e vieni a fare colazione."

 

*

 

Ci volle un po' per convincere Draco a fare colazione. Si era fissato sull'idea di trovare una spazzola e uno specchio.

 

"Non fare lo scemo, Malfoy. Oggi non la salti. La salti già troppe volte."

 

"Non sei la mia balia, Potter. Posso saltarla quando mi pare."

 

"Ti porto la borsa."

 

Pausa.

 

"Fino a dove?"

 

Così Harry entrò nella Sala Grande portando la borsa di Draco su tutto il resto. Draco lo lasciò alla porta, si buttò su una sedia al tavolo dei Serpeverde e ordinò un caffé in tono stridente.

 

Nel caso qualcuno non l'avesse ancora visto.

 

Ron e Hermione lo accolsero con sollievo isterico e rimproveri in parti uguali. A quanto pareva, Ron pensava che stesse con una ragazza. Hermione non gli disse cosa aveva pensato.

 

Entrambi rimasero sconvolti dalla verità.

 

"In un campo, Harry, col pericolo..."

 

"Con Malfoy, Harry, che schifo..."

 

Harry guardò verso il tavolo dei Serpeverde, dove stava avendo luogo un interrogatorio simile. Draco sembrava rifiutarsi di rispondere alle domande, e nascondeva il viso sulla spalla di Pansy. Pansy lo guardava dall'alto con fare quasi materno. Blaise Zabini gli mise una mano sulla spalla.

 

Hermione toccò il braccio di Harry. Lui la fissò, spaventato.

 

"Non ti voglio sgridare, Harry... sembri irritato ed esausto. Però devi stare più attento."

 

"Scusami. Non volevo farvi preoccupare..." disse Harry. "E non sono irritato!"

 

*

 

Quel venerdì, Draco non si fece vedere.

 

La cosa infastidì Harry. Gli era sembrato che avesse capito, lunedì, che doveva avvisarlo se non poteva venire. E gli dava ancora più fastidio il fatto che lui si fosse presentato come promesso tutti i giorni, per settimane.

 

Ed essere scocciato lo scocciava. Perchè, che cavolo, voleva vedere Draco, e di certo non c'era niente di male nell'ammetterlo.

 

Erano amici. L'aveva detto, e ora ci credeva davvero.

 

E Draco gli aveva detto la parola d'ordine Serpeverde, dicendogli che era libero di entrare.

 

Harry fu disgustato dall'accorgersi che si stava svendendo per il piacere di vedere Draco.

 

Non voglio usare la parola d'ordine, ma potrei bussare e chiedere se c'è. Quella non sarebbe un'invasione della privacy. Se non sta facendo niente di importante, uscirà. Forse addirittura vuole che vada a prenderlo. Gli piace mettere alla prova le persone. Gli piace mettermi alla prova.

 

Sì, decise che sarebbe andato nelle stanze dei Serpeverde.

 

Si guardò intorno con vaga sorpresa, accorgendosi di essere già quasi arrivato all'entrata di Hogwarts.

 

*

 

Harry capì che c'era qualcosa di strano appena si aprì la porta dei Serpeverde. C'era un chiasso insolito, e la ragazza che aprì la porta aveva un abito decisamente scollato.

 

Distolse educatamente lo sguardo dal seno in bella vista, e chiese se fosse possibile vedere Malfoy. L'ulteriore segno che qualcosa non andava fu che la ragazza si limitò a strizzare un occhio e andarsene via.

 

Aveva le pupille dilatate? Qualcuno dovrebbe tenerli d'occhio, questi Serpeverde.

 

Era Blaise Zabini quello vestito di pelle?

 

Questo genere di cose era semplicemente sbagliato.

 

Oh, bene, ecco Draco.

 

Harry strabuzzò gli occhi.

 

Draco appoggiò un polso alla porta, scaricandoci su il peso e guardando Harry con aria interrogativa.

 

Indossava dei jeans neri e una maglietta aderente color argento. I capelli sembravano soffici e luminosi, come se li avesse spazzolati per ore.

 

"Uhm," disse Harry. "Ciao."

 

"Ciao," disse Draco, con voce piuttosto divertita. "Passavi da queste parti, eh? Giuro, niente sacrifici di vergini."

 

"Che sta succedendo?"

 

Draco sembrava un po' sulle spine.

 

"Niente, la solita gita al club. Sai, dietro i Tre Manici Di Scopa. Tutti i Serpeverde più grandi ci vanno, ogni mese. Pensavo lo sapessi."

 

"No..."

 

"Oh, beh." Alzò le spalle. "Ti chiederei di unirti a noi, ma ho ricordi terribili di te che balli. E poi ti mangerebbero vivo."

 

"Oh... già. Divertiti."

 

"E' quello che ho in programma. Ci vediamo, Potter."

 

"Ehm... a presto."

 

Harry si sentì stranamente depresso quando la porta gli si chiuse in faccia.

 

*

 

"Ah, è vero, le orge dei Serpeverde," disse rigida Hermione. "Con la scusa dello spirito di solidarietà si ubriacano e si mettono le mani addosso."

 

Evidentemente Harry era l'unico a non sapere niente.

 

Tipico.

 

"Dai, Harry, non abbatterti," disse Hermione. "Puoi approfittare di stasera per cominciare a ripetere per i G.U.F.O."

 

Ron era seduto ad un tavolo, afflitto, mentre Hermione disegnava un grafico a colori. Ginny sbirciava da dietro le spalle di Ron con lo sguardo felice di chi era lontano più di un anno dai G.U.F.O.

 

Ron gli disse col labiale 'Scappa! Salvati!' mentre Hermione non guardava.

 

"Eccitante," disse Harry cupo, e aggiunse irritato, "E non sono abbattutto."

 

Hermione sembrò voler replicare a quell'affermazione, ma strinse le labbra e mantenne un silenzio avveduto.

 

"E' bello averti qui," disse Ginny sottovoce, facendo cadere la penna e diventando tutta rossa.

 

"Grazie, Ginny," disse Harry, colpito. Ginny diventò di nuovo porpora.

 

"Almeno siediti lontano dal fuoco," si affrettò a dire Hermione. "Sei lì da ore. Ti starai arrostendo."

 

"Potremmo uscire e farci un giro sul campo da Quidditch," suggerì speranzoso Ron.

 

"Ron, è già da tempo che rimandi i compiti di Erbologia," disse Hermione, fissandolo con occhi minacciosi. "Li farai, a costo di doverti legare alla sedia."

 

"Che cosa perversa, Granger. Chi avrebbe mai pensato che nascondessi un lato oscuro?"

 

La voce disinvolta e strascicata fece sobbalzare Harry.

 

Draco era appoggiato all'entrata aperta dei Grifondoro. Aveva i capelli un po' scompigliati e il viso arrossato, ma era ancora vestito come prima, e sfoggiava la sua solita espressione sicura.

 

"Malfoy," disse Harry, stupendosi egli stesso della gioia manifesta nel suo tono.

 

Draco inclinò la testa. "La festa era noiosa," spiegò. "Mi ero rotto. Sono venuto a chiederti se ti va ancora di fare qualcosa."

 

Harry non poté fare a meno di sorridere.

 

"Sì... certo. Arrivo subito."

 

*

 

Draco si rifiutò categoricamente di uscire con quei vestiti.

 

"Mi prenderei un raffreddore," disse a Harry accigliato. "E' un miracolo che non sia morto, dopo quella breve spedizione sui campi. Sono fragile, sai."

 

Harry ripensò a quel ragazzo cosiddetto fragile mentre lanciava palle pesantissime a due poveri innocenti, e scelse di restare in civile silenzio.

 

"No," decise. "Possiamo andare nella mia stanza. Non ci saranno molti Serpeverde per qualche ora."

 

Così fecero. E Harry si sentì oltraggiato.

 

"Questa stanza è veramente bella! Vuoi dire che tutti i prefetti Serpeverde hanno una cosa simile?"

 

Era davvero bella. Tutta decorata di verde Serpeverde, ovviamente, con una scrivania, un camino vero e...

 

"Hai due armadi! Ma è ridicolo!"

 

Draco se la prese. "Infatti. Ho fatto presente a Snape che non posso certo vivere senza tre armadi, ma pensi mi ascolti? Quell'uomo ha un cuore di pietra."

 

Harry si buttò sulla morbida poltrona di fronte a Draco, e lo fissò a lungo, incredulo.

 

"Non ti servono tre armadi. A nessuno servono tre armadi."

 

Draco gli fece una smorfia. "Ma che ne sai tu, disastro sartoriale?"

 

"So solo che, grazie a te, al momento non posso riempirne neanche uno."

 

"E smettila di rinfacciarmelo, Potter." Draco si stiracchiò. "Ti ho detto che ti avrei portato a Hogsmeade per dirti cosa comprare, e lo farò."

 

"Tu non mi dirai cosa comprare."

 

Draco spinse in fuori il labbro inferiore. "Ok."

 

"Ma possiamo andare a Hogsmeade, domani, se ti va." Lo disse con voce disinvolta.

 

Draco all'improvviso sembrò più freddo, e i suoi lineamenti si irrigidirono.

 

"Non posso. Domani ho quella piccola rimpatriata con mia madre."

 

"Oh."

 

Harry deglutì, cercando di resistere all'impulso di chiedere 'Va tutto bene?', in quanto Draco non l'avrebbe apprezzato, e di controllare la propria delusione.

 

Fu allora che Draco, com'era sua abitudine, gettò all'aria tutti i programmi.

 

"Se vuoi puoi venire con noi," buttò lì.

 

Harry esitò. Gli venne in mente una donna dall'espressione altera, e il fatto che si trattava della vedova di Lucius Malfoy.

 

Non aveva una gran voglia di rivederla.

 

D'altro canto, però, non aveva nient'altro da fare... e una giornata senza Draco gli sembrava incredibilmente priva di attrattive.

 

"Allora va bene," disse cautamente.

 

Draco fece un sorriso rapido e luminoso, quindi si stese all'indietro, col fuoco che giocava sui suoi capelli, e suggerì di giocare a carte.

 

Fu così che Harry si ritrovò a camminare goffamente dietro Draco mentre lui quasi correva all'appuntamento con sua madre, nella piazza di Hogsmeade.

 

Era più bassa di come la ricordasse.

 

"Salve, madre," disse Draco. "Questo è l'amico di cui ti ho parlato."

 

Narcissa Malfoy guardò Harry, e sbattè le palpebre.

 

Disse in tono neutrale, "E' Harry Potter."

 

"Complimenti per lo spirito di osservazione, madre," osservò con calma Draco.

 

Narcissa sorrise e porse la mano a Harry, che la strinse sentendosi piuttosto stupito.

 

"Significa che non riceverò l'ultimo episodio di Perchè Odio Quell'Idiota Di Potter, Volume IV, Parte VII? Che peccato. Era avvincente."

 

Narcissa non somigliava molto a suo figlio, che era più simile al padre. Aveva i capelli dorati, alcune ciocche più scure, e gli occhi di un blu glaciale. La sua pelle era leggermente abbronzata.

 

Tuttavia c'era nei suoi tratti una raffinata delicatezza che la rendeva simile a lui quando parlava e mentre si muoveva, e il suo sorriso lento e vivo era proprio quello di Draco.

 

Harry capì cosa intendeva Draco quando parlava di sua madre. I suoi occhi erano un po' freddi, e i suoi modi con lui - era gentile, ma distaccata - erano praticamente gli stessi che aveva con Harry. Eppure...

 

"Piacere di conoscerla," disse, chiedendosi se fosse vero.

 

"Il piacere è tutto mio," rispose secca Narcissa. "Sembri capace di formulare frasi coerenti, che è più di quanto possa dire dei poveri Vincent e Gregory."

 

"Madre!"

 

Di certo era uno degli argomenti preferiti della signora Malfoy.

 

"Draco ha dei gusti discutibili in fatto di amici," continuò. "Esclusi i presenti, naturalmente. Quella Pansy mi guarda sempre come se fossi la ragazzaccia portata a casa da suo figlio, e, quanto a quel Blaise, mi sembra sempre che stia tentando di sedurre almeno uno di noi."

 

Harry cominciò a capire che anche il gusto di Malfoy per le conversazioni scandalose faceva parte del suo corredo genetico.

 

"Bene, ragazzi," disse Narcissa, "dove volete andare? Sono a vostra completa disposizione."

 

Draco strinse gli occhi con fare studiato. Harry fece un passo indietro, allarmato.

 

"Non possiamo farci vedere in pubblico con lui vestito in quella maniera," annunciò Draco.

 

*

 

Guardaroba Magico era da anni uno dei più esclusivi negozi di abbigliamento, ideato su misura per le esigenze sartoriali di qualunque mago.

 

Nonostante ciò, Harry vide i commessi affollarsi con particolare ansia attorno ai Malfoy, non appena furono entrati. Draco reagì con annoiata indifferenza, come se tutto gli fosse dovuto. Narcissa sorrise discretamente e procedette a vele spiegate.

 

Harry desiderò tanto avere il Mantello dell'Invisibilità quando Draco si tuffò alla ricerca di abiti sugli scaffali, cominciando a parlare con voce alta e imperiosa.

 

"Assortimento alquanto scarso, ovviamente. Oh no, con questo addosso saresti ancora più orribile. Toglimi davanti quel coso giallo e fa in modo che non incroci più il mio sguardo."

 

Narcissa volse a Harry quel sorriso calmo e grazioso da hostess.

 

"Draco è sempre stato interessato ai vestiti. Quand'era più piccolo mi preoccupava un po'."

 

Harry cercò di fare un commento spiritoso. "E ha smesso di preoccuparla quando ha cominciato a tirare le trecce delle bambine nel giardino della scuola?"

 

Narcissa si fermò a riflettere.

 

"Non penso abbia mai tirato le trecce alle bambine. Piuttosto faceva perdere i sensi agli altri bimbi con secchiello e paletta. Non ha mai conosciuto mezzi termini."

 

"Ero un bambino favoloso," s'intromise Draco. "Una delizia. Così educato. Così precoce. E, ovviamente, così bello." Gettò una pila di vestiti a Harry. "Comincia a provare questi."

 

"I suoi precettori continuavano a licenziarsi," mormorò Narcissa, come se stesse parlando di un bambino di cui aveva sentito parlare, piuttosto che di quello a cui aveva dato la vita. Gli indicò i camerini. "Dicevano che era un mostriciattolo arrogante. E che mordeva, anche."

 

Harry entrò con esitazione nel camerino. Tanto per cominciare, non era abituato a cambiarsi nei camerini. In più, era imbarazzante il fatto che Draco gli buttasse dentro un vestito ogni due secondi.

 

Era come essere sotto un diluvio di vestiti. E i vestiti...

 

"Malfoy, questi jeans non sono della mia taglia."

 

"Ma certo che lo sono," ribatté Draco allegramene. "Sono quelli che hai addosso a non essere della tua taglia."

 

"Malfoy, nessuno di questi vestiti è della mia misura!"

 

"Potter, fidati."

 

"No!"

 

"Potter, non vuoi che le ragazze ti vengano dietro?"

 

"Io... cosa..." Harry si fermò. "Dici?"

 

"Beh, no," disse pragmatico. "Ma non possiamo certo trasformarti in me con la Polisucco, per cui dovrai accontentarti."

 

Alla fine la pioggia di abiti e il suono di Draco che insultava disinvolto la merce e i commessi del negozio cessarono. Harry rimase a fare i conti col problema di entrare in quegli stupidi vestiti.

 

"Potter, non riesci neanche a vestirti?" gridò Draco. "Muoviti, o entro ad aiutarti."

 

Harry si vestì più in fretta di quanto avrebbe creduto umanamente possibile. Quindi uscì, con aria decisamente perplessa.

 

"Molto bene, Harry," lo lodò Narcissa.

 

Draco aggrottò la fronte.

 

"A malapena decente, Potter. Il prossimo!"

 

Gli fece provare ogni capo che gli aveva buttato nel camerino. E poi, per coronare l'affronto, glieli fece comprare tutti.

 

*

 

Narcissa e Harry camminavano sul molo sul lago di Hogsmeade al tramonto. Harry era esausto, carico di borse... e piuttosto felice. Draco non si vedeva da nessuna parte.

 

"Presumo che questo bizzarro cameratismo sia stato causato dal Torneo Tremaghi?" domandò all'improvviso Narcissa.

 

Aveva anche lo stesso tatto di Draco.

 

"Ehm. Sì," rispose Harry.

 

"Madre, smettila di fargli il terzo grado," implorò Draco, comparendo dal nulla con un lecca-lecca al sangue.

 

"Dove l'hai preso?" chiese Harry, insospettito.

 

"Ho cercato."

 

"Cercato dove?"

 

Draco sorrise radioso. "Hai presente la frase 'facile come rubare una caramella a un bambino'?"

 

"Draco!"

 

"Malfoy!"

 

"Calmatevi," disse Draco, minimizzando, indicando una bancarella di dolci alla fine del molo. "L'ho detto per creare l'effetto drammatico. Ehi, ho un'idea."

 

"Harry, sembri un ragazzo dolce e cortese," osservò Narcissa. "Non dovresti proprio frequentare persone come mio figlio."

 

Draco li circondò, sempre sorridendo, e si appoggiò alla ringhiera del molo.

 

"Dovreste sposarvi, voi due," suggerì. "Così potreste unire i vostri sforzi per allevarmi come un essere umano civile. Avanti, Potter, sei un eroe, no? Adori i casi disperati."

 

"Non così disperati."

 

Narcissa e Draco risero.

 

"Credo che sia spettata soprattutto agli elfi domestici la rogna di crescerti," commentò Narcissa alla leggera.

 

Il sorriso scomparve dal volto di Draco.

 

"Sì," disse freddamente. "Me lo ricordo."

 

Saltò sulla ringhiera e cominciò a camminare verso la fine.

 

Narcissa rimase a guardare suo figlio. Per la prima volta Harry si rese conto di quanto fossero freddi i suoi occhi blu.

 

"Non ho mai avuto un grande istinto materno," disse. "Non sono mai stata molto interessata ai bambini."

 

Harry restò in silenzio, incerto di cosa dire.

 

"Quel po' d'interesse che avevo era scoraggiato da Lucius. Non voleva che suo figlio crescesse debole."

 

La voce cristallina di Narcissa era priva di emozioni. "Sarebbe stato perfetto, se Draco fosse somigliato ad uno di noi. Ma lui è sempre stato un po'... irruente. Prova troppi sentimenti, e non è affatto bravo a nasconderli."

 

Harry personalmente pensava che Draco avesse un vero talento nell'essere enigmatico. Tuttavia ripensò alla voce gelida di Lucius Malfoy, la prima volta che l'aveva udita, quando aveva avvisato suo figlio che non era prudente mostrarsi poco entusiasta di Harry Potter. Draco non l'aveva ascoltato per niente.

 

Riconobbe inoltre la differenza che c'era tra il sorriso di Narcissa e quello di Draco. Dietro quello di Draco c'era una sfumatura di calore, una passione che mancava in quella donna.

 

Considerato l'ambiente, dopotutto Draco era venuto su piuttosto espansivo.

 

"Lucius ha sempre cercato di reprimere quella sua caratteristica," meditò Narcissa, "cosa che l'ha reso ancora peggiore, chiaramente. Avrai notato che Draco non si lascia influenzare facilmente."

 

Harry biascicò qualcosa di più educato rispetto a 'Questo è poco ma sicuro.'

 

"E ora... Lucius è morto, siamo rimasti solo noi due, e Draco crede che... lui, beh. Lo amava," concluse. "E io ho lasciato che lo amasse. Era più semplice in quel modo."

 

Harry guardò verso Draco.

 

"Lui le vuole bene," disse d'impulso. "Me ne sono accorto."

 

L'espressione contorta di Narcissa gli ricordò intensamente un altro viso.

 

"Povero Harry," disse piano. "Madri ansiose che ti annoiano con le loro lamentele. Dubito che ti stia divertendo."

 

"Non fa niente," mormorò Harry.

 

"Fa freddo su questa ringhiera," gridò Draco verso di loro. "Quando si cena?"

 

Aveva di nuovo quel tono arrogante, il tono che Harry pensava fosse causato dall'aver sempre ottenuto tutto ciò che voleva. Ora che ci pensava, forse Draco riusciva ad ottenere ciò che voleva solo quando fingeva che non gli importasse.

 

"Quando vuoi cenare, Draco?" gli chiese sua madre.

 

"Immediatamente!" Si fermò per meditare. "Cioccolata calda."

 

Harry si tolse quei dubbi dalla testa, sostituendoli con quella divertita incredulità che lo perseguitava ogni volta che era con Draco.

 

Narcissa mise una mano sul braccio di Harry.

 

"Sono contenta che tu e Draco siate amici," disse. "Lo voleva così tanto."

 

Harry stava guardando Draco, che si scostava i capelli dalla fronte così delicatamente da farli annodare e subito sciogliere nel vento. Rivide la struttura delicata di Narcissa Malfoy nella magrezza dei suoi polsi, e nel profilo del suo viso e della sua gola.

 

Vide anche uno sguardo curiosamente indomito in quegli occhi che rifrangevano la luce argentata sotto il cielo pallido.

 

"Scusi?" le chiese Harry, un po' distratto. "Come dice?"

 

"Niente," disse Narcissa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Parlare chiaro ***


Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

Tradotta da Luciana

Beta: Vale

 

 

 

Sommario: Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Avvertenze: amicizia molto strana. Potrebbe nuocere alla salute.

 

 

 

Capitolo Sette

 

Parlare chiaro

 

 

If you want me all you have to do is ask a thousand questions

 

Could you put a name to someone else's sigh?

 

Could you put a face to someone else's eyes?

 

Is it someone that you'd maybe recognise?

 

But it all fades into morning when you open your eyes.

 

 

[Se mi vuoi non devi far altro che un migliaio di domande / Potresti dare un nome al sospiro di qualcuno?/  Potresti dare un volto agli occhi di qualcuno?/  E’ qualcuno che magari riconosci? / Ma tutto scompare al mattino appena apri gli occhi.]

 

 

 

Draco camminava impettito sotto le foglie verdi degli alberi nel recinto di Hagrid, chiaramente contrariato.

 

“La fine di marzo,” disse aspramente, “preannuncia l’inizio di aprile. Sbocciano il sole e la stagione serena, che annunciano a loro volta i soavi cieli estivi.

 

Scandì ogni esse come se fosse un’offesa personale.

 

Harry soffocò un sorriso.

 

E la cosa ti dà fastidio perché…”

 

“Odio l’estate,” disse Draco, stringendo gli occhi e pronunciando quella parola come a mettere in guardia l’estate, ché se le avesse messo le mani addosso…

 

Ok,” rispose Harry con indulgenza, guardando la pallida luce del sole e tornando con gli occhi su Draco. “Spiegami perché.”

 

“Per il sole, ovviamente,” rispose Draco. “Tutti con la loro maledetta abbronzatura. Trovo inaccettabile che io sia l’unico a non prendere colore. Ho fatto qualsiasi cosa mi sia venuta in mente. Ti abbronzi anche tu, suppongo?”

 

Harry sbatté le palpebre sotto lo sguardo accusatorio di Draco. “Beh… un po’.”

 

Draco sbuffò addolorato.

 

“Certo. Bene! Non m’importa. Non mi dà fastidio,” disse a Harry infastidito. “Sono solo un’imbarazzante mozzarella bianco smorto dodici mesi all’anno. Fantastico.”

 

Contorse l’angolo delle labbra e calciò con veemenza il muschio.

 

Harry nascose un altro sorriso. Draco, a volte, si comportava proprio come un bimbo imbronciato, eppure, inspiegabilmente, cominciava non solo ad accettarlo, ma addirittura a trovarlo stranamente tenero.

 

Non gli era mai passato per la mente che potesse avere il complesso della carnagione pallida. Era… era parte di lui, no?

 

Harry osservò Draco, il cui colletto si era spostato quanto bastava ad esporre il profilo di una clavicola. Il colore della sua pelle faceva sembrare le ossa più aguzze, come se da un momento all’altro potessero forare la carne delicata. C’era qualcosa di fragile nella sua pelle, che aggiunto ai capelli avrebbe potuto renderlo infantile, se non fosse stato per l’acuta intelligenza degli occhi.

 

Nessuno aveva una pelle come la sua.

 

“…rivoltante,” concluse in tono disgustato.

 

Harry sbatté di nuovo gli occhi. “Oh… no, guarda, sei… ehm… insomma, abbastanza bello.

 

Evitò il suo sguardo. Draco lo guardò scandalizzato.

 

“Brutto idiota quattrocchi! Sono maledettamente favoloso,” disse, incrociando le braccia. “Abbastanza bello, come no! Non sono mai stato tanto offeso in vita mia.

 

Harry sospirò. “Come non detto. Magari quest’estate ti abbronzerai… o ti verranno delle lentiggini, che ne so.

 

Draco se la prese ancora di più. “Lentiggini! Potter, non è divertente.”

 

“Ehm. Scusa.”

 

“Ecco, bravo, scusati,” mormorò draco. “Abbastanza bello. Lentiggini. Una profanazione della mia pelle aristocratica. Prima o poi, Potter, una ragazza ti mollerà uno schiaffo.”

 

“Continui a farmi questa promessa, ma non la mantieni mai,” disse Harry scherzando. “Mi avevi promesso che avrei avuto l’attenzione di tutti se avessi comprato questi stupidi vestiti, e non hanno sortito alcun effetto.”

 

“Certo. A Ginny Weasley è caduto il porridge perché le andava di rovesciarselo sulle gambe.

 

“Io… non c’entra niente con me!”

 

Draco abbassò la testa e nascose un sorrisino, il che era quanto si avvicinava di più, penso Harry, all’evitare di deriderlo.

 

“Beh, Potter. Questa eventuale ragazza si prenderà una persona senza senso estetico né tatto… ma con ciò non voglio dire che non sarà fortunata.” Scosse il capo. “Non quanto la ragazza che avrà me, ovviamente.

 

“Oh, ovviamente.”

 

Draco si morse il bordo del labbro, pensieroso.

 

“Anzi, ora che ci penso è un onore troppo grande per non condividerlo. Forse dovrei essere condiviso da un gruppo di eletti.”

 

Harry non poté fare a meno di ridere. Era una bella giornata, il sole splendeva nel cielo, e tra un minuto Draco avrebbe fatto smorfie disgustate davanti alle ultime mostruosità di Hagrid. Harry si appoggiò ancora al recinto, chiuse gli occhi e sorrise di nuovo.

 

L’urlo squarciò l’aria.

 

E prima che la sua mente potesse registrare ciò che aveva udito, addirittura prima che aprisse gli occhi, l’istinto gli ordinò di afferrare il braccio di Draco prima che iniziasse la folle corsa verso la scuola.

 

*

 

Irruppero nella Sala Grande e in un tumulto totale.

 

Harry si guardò intorno: nello scompiglio generale vedeva volti terrorizzati, ma non riusciva a distinguerli, e  cercava di dare un senso alle voci che non erano voci ma grida, e… Era come un mare di rumore e squallore e paura, ma almeno lui era ancora aggrappato al braccio di Draco.

 

Lo faceva sentire… sicuro, come lo sguardo di Draco che lo cercò di scatto, anche lui in cerca di conforto.

 

Ci aveva appena fatto caso, quando il viso rigato di lacrime di Hermione gli si parò davanti, e provò un’ansia tremenda e una fitta momentanea di sgomento, perché sarebbe dovuto andare da lei… e proprio non voleva staccarsi.

 

Hermione si appoggiò a lui quando Draco si allontanò, e lo perse. Guardò la sua testa bionda scomparire tra la folla di Serpeverde, nonostante fosse circondato dai Grifondoro.

 

Vide il viso spaventato di Ron, Neville con le guance bagnate di lacrime, i capelli rosso fuoco di Ginny premuti leggermente sulla spalla di Dean, e capì, capì con un senso di gelido e oscuro terrore prima che Hermione parlasse.

 

“Hanno preso dodici studenti,” sussurrò con la voce rotta. “Tutti in una volta, Harry, da tutte le case, e… Seamus è scomparso. E’… lui è…”

 

Si contorceva le mani e piangeva, lei che era sempre così forte, lei che non si rassegnava mai. Harry le strinse una mano e per un attimo lei ricambiò la stretta con ardore. Poi girò la testa e si appoggiò sul petto di Ron, si abbracciarono forte e lui intrecciò le dita fra i suoi capelli. Hermione continuò a stringere la mano di Harry. Harry si chinò un po’ su di loro, socchiudendo gli occhi, fingendo che… Chissà. Che fossero al sicuro, insieme e legati l’uno agli altri indissolubilmente, come quando da piccoli erano alle prese con le loro avventure magiche, e niente avrebbe potuto ferirli.

 

Seamus. Il suo compagno di stanza, il suo amico. Seamus che aveva ancora la mascotte a forma di quadrifoglio della Coppa del Mondo di Quidditch, nonché una cotta segreta ma molto discussa per Padma Patil. Seamus.

 

No, smettila di pensarci!

 

“Chi… chi altro?”

 

Ron era pallido e stanco. Non riusciva a parlare.

 

Harry guardò Dean, che era sempre calmo, ma Ginny era ancora appoggiata a lui, e Calì, la sua ragazza, sembrava devastata. Era chiaramente occupato.

 

Alla fine fu di nuovo Hermione a parlare, la voce spezzata e affievolita dai vestiti di Ron. Di solito riusciva a tenere i nervi saldi nei momenti di crisi, anche quando tremava e sembrava sul punto di crollare.

 

“Non… non lo so. Soprattutto i più giovani… Orla Quirke, il fratello minore di B-Blaise Zabini, e… qualcuno del primo anno. Non so i loro nomi, io…” La sua voce si mutò in pianto. “Non li conoscevo…”

 

“Hermione, va…” prese a dire Harry.

 

Ron, che di solito non era espansivo, le baciò i capelli e la strinse a sé. “Va tutto bene, amore,” disse, sistemandosi la sua testa sotto il mento. “Va tutto bene.”

 

Il fratello minore di Blaise Zabini… Harry non poté fare a meno di guardare i Serpeverde.

 

Draco era inginocchiato, una posizione in cui non l’aveva mai visto prima. Il suo viso era pallido e deciso, e stava parlando con un ragazzino del primo anno.

 

Harry vide le sue labbra formare le parole “Non devi avere paura,” un ordine quasi violento, ma lo disse con tale sicurezza che anche il ragazzino assunse un’aria più sicura.

 

Continuò a guardare, senza capire come mai quella visione lo colpisse tanto.

 

A quel punto Draco si decise ad avvicinarsi a Zabini.

 

Harry cercò di distinguere l’espressione sul volto di Zabini, ma aveva la testa piegata verso il basso.

 

“Oh, Harry,” bisbigliò Ginny, “come faremo?”

 

Harry le prese una mano e la strinse, e lei gli si avvicinò, grata. Povera dolce Ginny. Per lei poteva essere ancora un eroe… o almeno un amico.

 

“Non lo so,” disse, notando i suoi occhi lucidi. “Però non piangere, Ginny. Ti prego.”

 

Lei lo strinse forte, aggrappandosi al suo braccio.

 

Harry vide i capelli di Draco sfiorare la manica di Zabini.

 

Ed ecco che il chiasso, la confusione e l’angoscia che lo circondavano si calmarono, perché Silente si era alzato in piedi e tutti si erano girati a guardarlo.

 

Il preside era vecchio e fragile, ma non era tanto lui quanto le speranze che in lui erano riposte ad essere d’aiuto.

 

L’unico mago che Voi-Sapete-Chi avesse mai temuto.

 

Hermione e Ginny cercarono entrambe di asciugarsi le lacrime.

 

Il professor Silente continuava ad avere un tipo di magia molto speciale.

 

“Siamo in guerra,” si limitò a dire. “In guerra non si possono evitare gli orrori. Ciò che mi consola è la convinzione che voi tutti soffrirete coraggiosamente. Sono convinto che riusciremo a riavere coloro che sono stati presi. Sono certo che coloro che sono rimasti continueranno a battersi.”

 

La sala era piena di volti illuminati da una speranza disperata.

 

“So di poter contare sul coraggio di ognuno di voi. Il professor Lupin discuterà le ulteriori precauzioni da prendere durante le riunioni del Giovane Ordine, ma la cosa più importante per tutti voi, in questo momento, è solo affrontare il pericolo e mantenere la convinzione che stiamo lottando per una giusta causa, e che non saremo sconfitti.”

 

Attorno a Harry la tensione sembrò placarsi, e sui volti si fece strada una convinzione sempre maggiore.

 

I Serpeverde, osservò Harry, guardavano Silente con rispetto, ma senza quella fede luminosa. Per loro non avevano mai dato importanza a ciò che era importante per il resto della scuola. Draco si era rimesso in piedi, sicuro e biondo e quasi simile ad un cavaliere dall’armatura scintillante, se non lo si guardava negli occhi. I Serpeverde facevano calca attorno a lui. La sua mano era posata sul braccio di Blaise Zabini.

 

Restarono accanto a lui mentre uscirono dalla sala, e Harry pensò, dov’è Snape? Hanno bisogno di qualcuno… Draco ha bisogno di qualcuno…

 

Avrebbe voluto parlare con lui per un attimo, ma adesso stava con i Serpeverde. Era loro.

 

Così Harry assunse un’espressione coraggiosa e abbracciò fraternamente Ginny, e raggiunse con tutti gli altri la Torre di Grifondoro. Si strinsero tutti nella sala comune, perché nessuno aveva voglia di guardare i letti vuoti, e inoltre stare in gruppo trasmetteva sicurezza.

 

Harry si disse che il suo posto era con loro, e bastò quello per confortarlo.

 

*

 

Hermione e Ron finirono per addormentarsi abbracciati sul divano nella sala comune, stringendosi forte per combattere il dolore. Era tardi quando Harry salì le scale aiutando Neville e Dean, che erano esausti e scossi.

 

“Buonanotte, Harry,” disse Ginny quando furono arrivati.

 

“Notte.” Si chiese cosa stesse facendo Draco in quel momento.

 

Il tragitto fino al suo letto fu rapido, tremendamente rapido. Cercò di non guardare il letto di Seamus, cercò di non guardare gli altri mentre facevano lo stesso e fingevano che ogni loro più piccolo gesto non fosse rigido e terrorizzato. Tentò di non pensare alla solitudine, e al fatto che alcuni erano stati rapiti durante il sonno. Cercò di ripensare alla luce del sole poco prima, alle risate.

 

Non funzionò. Continuava a rigirarsi tra le lenzuola al pensiero di chi sarebbe stato il prossimo, Hermione, Ron, Ginny, Dean… e nel mezzo di quell’incubo e dell’ansia si addormentò e…

 

Stava nuotando nel lago di notte. Si sentiva particolarmente pesante nell’acqua, come sul punto di sprofondare.

 

Che poi voleva dire annegare, no? L’idea gli sembrò stranamente rasserenante.

 

Hermione gli passò accanto su una delle imbarcazioni con cui Hagrid trasportava i ragazzi del primo anno, e aveva accanto una lanterna che illuminava il suo libro.

 

La chiamò, e lei rispose, “Harry, ho da fare. Devo combattere una guerra. Potresti star zitto, per favore?”

 

Quando passò il battello seguente vide Ron, immerso negli schemi delle strategie di Quidditch. Gridò il suo nome, ma Ron alzò la testa e disse,

 

“Scusa, Harry, ma appena finiti questi devo stare un po’ con Hermione.”

 

Diventava sempre più pesante.

 

“Sorbetto al limone.”

 

Harry si voltò e vide Draco in acqua.

 

“Che… che cos’hai detto?”

 

Draco rise, con un suono simile al lieve tremolio del lago. Nuotò all’indietro, la pelle bagnata lucida e candida.

 

“Di chi ti fidi?”

 

A quel punto Harry si tese per toccarlo, e si svegliò.

 

Era notte fonda, e il suo letto era più freddo del lago. Dean e Neville stavano dormendo, li sentiva, e sentì il bisogno di fuggire all’assenza del leggero russare di Seamus.

 

Voleva andare a parlare con Draco, ma nel bel mezzo della notte doveva star dormendo, inoltre vagare per i corridoi di quei tempi…

 

Harry si alzò e si sedette sul davanzale a guardare la pallida alba mentre sorgeva il sole.

 

Sei sveglio, Harry?” chiese sottovoce Dean.

 

“Io… sì. Ho fatto un brutto sogno.”

 

Poteva parlare con Draco a colazione.

 

“Su cosa?”

 

Harry aggrottò la fronte. “Non… non mi ricordo.”

 

*

 

Draco non c’era a colazione, e quel giorno non avevano lezioni in comune coi Serpeverde. A pranzo era circondato da persone, a cena Harry era occupato a discutere con gli altri Grifondoro della fine della storia tra Dean e Calì avvenuta quella mattina, e a chiedersi se c’entrasse qualcosa Ginny Weasley.

 

Draco aveva prenotato il campo di Quidditch per dopo.

 

Per qualche strano motivo Harry guardò gli allenamenti dalla finestra della torre, ma non riuscì a trovarsi faccia a faccia con Draco fino alla riunione del Giovane Ordine.

 

Draco era appoggiato allo schienale della sedia, col viso molto pallido. Aveva delle ombre lievi sotto gli occhi, e i capelli leggermente fuori posto.

 

Sembrava che non avesse dormito per niente.

 

E’ scandaloso. Qualcuno dovrebbe occuparsi dei Serpeverde. Finirà per ammalarsi.

 

Pansy gli stringeva una mano, e lui la lasciava fare con aria regale. Blaise Zabini gli stava appiccicato al fianco. Tutti i Serpeverde erano stretti attorno a lui, più vicini che mai.

 

Harry capì il perché grazie alle parole di Lupin.

 

“Il professor Snape è fuori a raccogliere informazioni che aiuteranno a spiegare l’ultimo attacco. Il professor Black e io prenderemo il suo posto.”

 

Harry si chiese vagamente se fossero così disperati da lasciare che Sirius insegnasse di nuovo ai Serpeverde. Silente stesso l’aveva vietato dopo la Grande Guerra dei Punti del sesto anno, quando Sirius e Snape avevano cominciato un circolo vizioso di rimozione punti e sia i Grifondoro che i Serpeverde erano finiti con punteggi negativi. Ricordava anche che c’era stata un’ammucchiata fuori dall’ufficio di Silente, in cui tutti avevano smesso di urlare per mettersi finalmente le mani addosso. Ricordava di aver cercato di spaccare la testa a Draco contro il muro di pietra, prima che uscisse Silente.

 

A Draco era sempre piaciuto Snape, ed era chiaro che sapeva già della sua assenza. Qualche ragazza Serpeverde sembrava sull’orlo delle lacrime.

 

Draco guardava Lupin, e sembrava calmo e assorto. A Harry non pareva troppo sconvolto.

 

Verrà introdotto un nuovo regolamento di sicurezza,” proseguì Lupin. “Ai ragazzi dal primo al terzo anno è assolutamente proibito lasciare le sale comuni senza un insegnante. Inoltre, i prefetti saranno in servizio a tutte le ore per assicurarsi che fili tutto liscio. Nessuno dovrà lasciare l’edificio se non con la classe intera, e gli allenamenti di Quidditch saranno supervisionati da Madama Bumb. Nessuno, per nessuna ragione al mondo, potrà andare in giro da solo. Inclusi i Giovani Consiglieri. Harry Potter, ti ho visto camminare per la scuola da solo, ieri. Che non accada più.”

 

Harry vide l’ansia negli occhi di Lupin, e si sentì male per averlo fatto preoccupare. Ma dovevo vedermi con Draco. Se non possiamo andare in giro da soli per incontrarci, e non possiamo uscire, come farò d’ora in poi a vederlo?

 

“Mi rendo conto di quanto soffrano molti di voi,” disse dolcemente Lupin. “Ma tutte le informazioni raccolte finora da Snape portano ad affermare che le persone scomparse non sono morte. Voi-Sapete-Chi sta mostrando da tempo grande interesse per l’incanto Captus.”

 

Fu Ginny ad alzare timidamente la mano e a chiedere cosa fosse.

 

Lupin, che di solito incoraggiava le discussioni, chiese se ci fosse qualche studente in grado di spiegarlo, e la forza con cui Hermione sparò in aria la mano la fece quasi sobbalzare sulla sedia.

 

Ma fu Draco che parlò senza essere interpellato, con voce pigra e quasi distratta.

 

“E’ la versione nuova di un incantesimo antico,” illustrò lentamente. Harry guardò le sue lunghe, pallide dita giocare oziosamente con una piuma. “In passato, quando noi maghi eravamo più potenti e più numerosi, potevamo creare un mondo a parte, intrappolarlo in una piccola sfera, e intrappolarci dentro persone vere. In questo modo, entrandoci, la sfera diventava il nostro regno, quelle persone i nostri schiavi.

 

Non sembrava affatto disgustato dall’idea, anzi, sembrava affascinato, ed era simile a quei piccoli ritratti di maghi antichi nei libri del professor Rüf, tutto tratti da purosangue e raffinata crudeltà.

 

Ron borbottò qualcosa come, “Ci avrei scommesso che lo sapevi, tu.

 

“Lo sa anche la tua ragazza, Weasley,” ritorse Draco. “La magia necessaria per creare interi mondi è andata perduta, ma si pensa che la Magia Oscura sia stata usata di recente per creare prigioni all’interno di sfere. Un migliaio di piccole Azkaban che Voi-Sapete-Chi può portarsi in tasca, che i Dissennatori possono custodire e da cui non si può scappare. Il vantaggio, per lui, è che può torturare i nostri per ottenere informazioni e convertirli, e magari usare i purosangue per programmi di procreazione, più avanti. Il vantaggio per noi sta nel fatto che… forse possiamo liberarli.

 

La voce di Ron si fece un po’ più alta.

 

“Strano che tu sia così informato sulla Magia Oscura, Malfoy.

 

Draco si appoggiò allo schienale della sedia.

 

“Conosci il tuo nemico, Weasley.”

 

“Certo, perché la tua famiglia è sempre stata così contraria alle Arti Oscure,” ribatté Ron. “Tuo padre non ti ha insegnato…?”

 

“Ron, smettila!” esclamò Harry.

 

“Non dire una parola su mio padre.”

 

Il tono deciso di Draco spinse Pansy ad avvicinarglisi, ma lui se la scrollò di dosso con fare imperioso. Harry stette ben attento a non incrociare lo sguardo scioccato di Ron.

 

“Credo sia meglio evitare le offese personali, signori. La voce di Lupin era tranquilla, ma autoritaria. “Si è spiegato perfettamente, signor Malfoy, grazie. Altre domande?”

 

Blaise parlò con voce decisa, quasi accusatoria.

 

“E’vero che il Signore Oscuro sta agendo con l’aiuto di qualcuno dentro Hogwarts?”

 

Draco ha parlato con lui.

 

Però aveva senso, così come l’aveva quando Draco ne aveva parlato con Harry. Era una cosa che sapevano tutti, anche se molti non ne parlavano se non sussurrando.

 

Lupin guardò Zabini dritto negli occhi. Harry sapeva che non avrebbe mai mentito ad uno dei suoi studenti.

 

“Sì, io credo di sì. Ma non abbiamo idea di chi possa essere. Posso solo invitare tutti voi ad essere discreti e a stare all’erta per qualsiasi segnale che indichi comunicazioni con il nemico.”

 

Tutti si guardarono intorno con timore e sospetto. Una cosa del genere poteva portare alla paranoia, e forse era proprio quello il piano di Voldemort.

 

Harry si ritrovò a osservare i volti attorno al tavolo in cerca di segni di colpevolezza, e la cosa lo sconvolse.

 

“Grazie. I prefetti possono scortare gli altri nelle rispettive sale comuni, adesso. Il Giovane Consiglio deve discutere ulteriori misure di sicurezza.”

 

Harry sorrise a Ginny quando lei si alzò, perché era bianca e spaventata, come se non si fosse ancora resa conto di ciò che aveva detto Lupin. Lei ricambiò, seppur con un sorriso tremante.

 

Pensò di stringerle la mano, ma fu distratto da Pansy che continuava a dare piccoli bacini sulla guancia a Draco. Draco glielo lasciava fare, e le labbra di Pansy sfioravano appena la delicata linea bianca del suo zigomo. Harry pensò, ma a lui non piace che la gente lo tocchi, non vuole che lo faccia…

 

In quel momento Pansy si tirò via, affiancata da altre ragazze Serpeverde e da Tiger e Goyle, e lasciò Blaise e Draco. Harry vide Blaise spostare la sedia più vicino a quella di Draco, quando se ne furono andate.

 

“Bene,” disse Lupin con fermezza, appena la porta si chiuse dietro l’ultimo studente non-membro del Consiglio. “La situazione è grave. Dobbiamo agire tutti per questa emergenza, e questa è una delle cose che dobbiamo fare. Ecco delle mappe di Hogwarts, con su segnati i punti che potrebbero essere vie di fuga in caso di pericolo. Sono incantate in modo da mostrare le coordinate di chiunque sia nella scuola.

 

La versione in tempo di guerra della Mappa del Malandrino, per gentile concessione dei signori Felpato e Lunastorta.

 

“Noi insegnanti abbiamo bisogno di aiuto per perlustrare questi punti di notte, così, con l’aiuto del signor Boot, ho preparato un orario per voi…”

 

Distribuì le mappe e gli orari, e Harry prese i suoi automaticamente, prendendo una piuma per scriverci su il suo nome, e ascoltando Lupin mentre elencava i loro nomi.

 

“E il martedì notte Padma Patil e la professoressa Sinistra controlleranno la statua della strega con un occhio...”

 

Una lista di nomi, e Harry la lesse, e Lupin la lesse a voce alta, e…

 

“… e Hanna Abbott si occupe…”

 

Hei!” disse Harry, a voce troppo alta, assolutamente inappropriata in quel contesto e praticamente gridando chiaro e tondo che non gliene fregava niente. “E io cosa faccio?”

 

Lupin abbassò le palpebre come a volersi isolare dal dolore di Harry. Hermione si rifiutò di guardarlo negli occhi. Draco lo fece, ma il suo sguardo era assolutamente inespressivo.

 

Perché il mio nome non è sulla lista?”

 

“Beh, Harry. Pensiamo tutti che sarebbe saggio tenerti lontano dai pericoli. Nessuno dubita che saresti utile…”

 

Harry rise: un suono divertito che, non fosse stato per la scintilla negli occhi di Draco, avrebbe stentato a credere provenisse da se stesso.

“Semplicemente non credete che potrei rendermi utile. Credete di dovermi proteggere.”

 

Era una parola semplice, proteggere, una parola che era intensa in senso positivo, ma che strangolava senza pietà.

 

Non voglio la vostra pietà. Non voglio niente di tutto questo. E non ho più voglia di sopportarlo.

 

“No, Harry, sii ragionevole…”

 

Se non posso essere come gli altri Consiglieri, allora perché mi avete fatto entrare in questo stupido Consiglio? Dovremmo lavorare per proteggere il resto della scuola, non dovremmo essere inermi né accuditi come bambini, e… non mi toccare…”

 

Hermione tirò via la mano di scatto, come se Harry l’avesse morsa.

 

“Harry, devi capire che sei il bersaglio di Tu-Sai-Chi…”

 

“Siamo tutti il bersaglio di Voldemort!” urlò Harry, pronunciando quel nome con rabbia. “Siamo in guerra! Non voglio essere al sicuro mentre tutti gli altri sono in pericolo, non voglio che tutti stiano in pena per me, non voglio essere debole e forse non voglio essere Harry Potter.”

 

Ecco finalmente il segreto, la finzione smascherata, ci erano rimasti male tutti, e a Harry non importava più un cavolo.

 

“Harry…”

 

“Taci! Non sono un debole orfanello, non c’è bisogno di tenermi in un guscio o di cercare di farmi star meglio. Sono un membro del Consiglio, e se non posso essere trattato in quanto tale… fanculo il Consiglio. Fanculo il Torneo Tremaghi. E fanculo tutti voi.”

 

E finalmente ci fu una scintilla di emozione negli occhi di Draco: sembrò quasi che stesse per parlare, ma in quel momento Harry distolse lo sguardo e corse via dalla stanza.

 

*

 

Harry inclinò la testa all’indietro contro il muro e si disse che non avrebbe pianto.

 

Era ancora tremendamente furioso, aveva nel petto un magone rovente, ma la rabbia cominciava a lasciare il posto alla desolazione. Era così stanco di tutto.

 

Era successo altre volte che gli saltassero i nervi: incidenti minori rispetto all’ultimo, ma in ciascuno di essi c’era stato una specie di copione secondo cui, dopo un ragionevole lasso di tempo, Hermione andava a cercarlo. Poi lo riportava nella Torre Grifondoro, dove tutti lo trattavano con quell’orribile compassione.

 

E lui lo aveva accettato. Non poteva deluderli. Era Harry Potter, la povera vittima pietosa, il ragazzino eroe.

 

Strinse i denti finché la mandibola non gli fece male.

 

Già se l’immaginava. Il passo leggero di Hermione nell’atrio tra mezzora, il suo gentile bussare, il suo tatto: non era arrabbiata perché erano tutti in pensiero per Harry…

 

Fu allora che sentì dei colpi che rischiarono di buttar giù la porta.

 

“Potter! Fammi entrare, altrimenti faccio saltare la porta e ti fracasso il cranio coi pezzi!”

 

Draco. Nessun altro poteva avere quel tono così aristocratico e incazzato al tempo stesso.

 

Che ci fai qui?”

 

Alohomora!” La porta si spalancò all’istante. Draco era sulla soglia che si guardava intorno con aria delusa. “Vitious non sa proprio chiuderla bene la classe di Incantesimi.”

 

“Potevi aspettare che ti aprissi,” disse Harry.

 

“I Malfoy sono noti per la loro pazienza. Draco sogghignò. “Nel senso che la gente ci indica, dice che soffriamo di una terribile mancanza della stessa, e poi racconta storie su mio zio, una sala d’attesa e un orso.”

 

Improvvisamente a Harry venne in mente cosa ci faceva lì Draco.

 

Era lì per offrirgli comprensione. Era amico di Harry, l’aveva visto soffrire ed era stato male per lui. E ora era lì a confortarlo e rassicurarlo.

 

Oh, Draco. Pensavo che fossi diverso!

 

“Ora,” disse Draco, effervescente. “Già che ci sono, voglio sapere cosa diavolo era quel piccolo stupido exploit di autocommiserazione.”

 

Harry lo fissò.

 

Ok. Era ancora diverso.

 

E anche piuttosto offensivo.

 

“Non era auto…”

 

Draco inclinò il capo. “Forse non voglio essere Harry Potter,” citò in falsetto. “Forse Neville Paciock non vuole essere Neville Paciock. E io non gli darei certo torto se non volesse. Sono certo che un sacco di persone vorrebbero cambiare identità di questi tempi, ma nessuno di loro interrompe riunioni maledettamente importanti del Consiglio.”

 

Harry sollevò la testa. “Non si tratta solo della riunione del Consiglio!” Come osava Draco comportarsi come se fosse Harry ad avere torto? Come osava chiedergli di giustificarsi?

 

“Oh, qui ti do ragione,” rise Draco, prendendolo in giro. “Passi la metà del tuo tempo a lamentarti e a far passare l’appetito al prossimo. Cazzo, è ridicolo.

Ti suggerisco di smetterla.”

 

Harry balzò in piedi.

 

“Io ti suggerisco di non mettere il naso in cose che non capisci!”

 

Si accorse di aver stretto i pugni. Draco abbassò gli occhi su quei pugni e curvò un angolo della bocca.

 

“Illuminami.” Sogghignò. “Oppure colpiscimi, Potter. Come preferisci. La conoscenza è potere e il potere è divertente, ma una sana azzuffata non fa mai male.

 

“Oh, sparisci e smettila di fare il bastardo!”

 

Non lo avrebbe colpito. No.

 

“Posso provare la mia legittimità, Potter. Fino a dodici generazioni, se necessario.

 

Beh. Magari una volta sola.

 

Avanzò fino a costringere Draco a reclinare la testa all’indietro. Cercò di mantenere la voce distaccata.

 

“Smettila di prendermi in giro! Non sai cosa si prova.”

 

Cosa si prova quando?”

 

La voce di Draco era quasi annoiata, ed era una cosa irritantissima, così Harry prese fiato e gli raccontò tutto.

 

“Cosa si prova quando tutta la scuola ti compatisce! Quando tutti sanno che hai fallito e che una persona è morta! Cosa si prova ad essere un povero fragile orfanello di cui non si fida nessuno, che tutti proteggono, che tutti coccolano. L’hai visto. Lo sai. Lo sanno tutti. Il modo in cui mi hanno eletto capitano della squadra di Quidditch, e campione per il Torneo Tremaghi, il modo in cui tutti cercano sempre di farmi sentire meglio, anche se nessuno mi lascia fare niente perché sanno che sono inutile! Lo odio, è… è insopportabile ed è… è…”

 

Harry si fermò per prendere fiato. L’ho detto, pensò, stordito. L’ho detto, e adesso Draco capirà…

 

Gli occhi di Draco erano spalancati.

 

Cazzate,” disse.

 

Harry sbatté le palpebre. “Cosa?”

 

Perché dici tante cazzate, Potter?” domandò Draco. “Cadevi spesso sulla testa, da piccolo?”

 

“Malfoy, se hai intenzione di ridere dei miei sentimenti…”

 

“Certo che ho intenzione di ridere dei tuoi sentimenti. E’ quello che fanno i Malfoy.” Guardò Harry dall’alto del suo naso. “E ho anche intenzione di chiederti perché hai deciso di vomitarmi nelle orecchie queste idiozie melodrammatiche. Mi sento violato, francamente. Hai fallito e una persona è morta, cavolo, ok. Non sei riuscito a battere il Signore Oscuro e i Mangiamorte, tutto solo all’età di quattordici anni. Già, lì sì che hai deluso tutti. Se solo ci fosse stato Paciock, al tuo posto, avrebbe certamente salvato Diggory sacrificandosi eroicamente.

 

“Non è divertente!”

 

Però in effetti suonava stranamente più convincente di Non è colpa tua, Harry. Non c’era niente che potessi fare.

 

Draco continuò impietoso.

 

“Perché ti hanno eletto capitano, per l’amor del… Hai ragione, Potter, dev’essere stata di certo compassione. Avrebbero proprio dovuto dare quel ruolo al bimbo prodigio della squadra, il giocatore più giovane del secolo… ehi, aspetta un attimo, l’hanno fatto! Ancora un po’ e mi dirai che ti lasciano vincere le partite, quando le hai vinte ogni volta che eri abbastanza in salute da giocarle, dal primo anno. Ma almeno ti ascolti quando ti lamenti? Datti una calmata!”

 

Aveva un’espressione esasperata, sembrava avesse voglia di colpire Harry con una sedia. Draco non avrebbe potuto essere più stronzo, considerato il fatto che si trattava dei sentimenti sinceri di una persona: si stava comportando come l’idiota egoista e insensibile che Harry aveva sempre voluto prendere a pugni fino allo svenimento, e…

 

Draco aveva ragione. Era grandioso.

 

“Già, ti coccolano tutti. Cos’altro ti aspetti, se porti sempre il broncio per la tua Grossa Grassa Tempesta Emotiva? Sono i Grifondoro, Potter, gli inutili bacchettoni, nel caso non te lo ricordassi. E’ ovvio che saranno carini con te. Dubito che l’unico obiettivo della loro vita sia proteggerti e viziarti, a parte quella rimbambita di Weasley e quell’inquietante Canon. E poi dicono che io sono vanesio. Assurdo.”

 

Draco espirò a fondo.

 

“Questa scuola è piena di gente a cui non frega un cazzo di Harry Potter e delle sue patetiche crisi. Povero, fragile orfanello. Riprenditi, Potter, continuano a scomparire studenti e nessuno ha il tempo di interessarsi a te o ai tuoi adorati gen…”

 

Attento, Malfoy.”

 

Harry avanzò così furiosamente che quasi sentì il battito di ciglia di Malfoy sulle guance, quando chiuse gli occhi.

 

Fanculo, Potter.” Ma non terminò quella frase. “Dov’ero rimasto? Ah, sì. Stavo demolendo il tuo bel castello di illusioni. Ti proteggono perché sei tenero e debole. Giusto?”

 

Di certo Harry non avrebbe usato quelle parole, ma… “Sì…”

 

“Certo. Ora tutto quadra. Non è possibile che siano preoccupati per te per ragioni legittime. D’altronde chiunque in questa scuola almeno una volta ha sventato i piani di conquista del mondo del Signore Oscuro. Lupin non può aver preso in esame questa cosa e aver deciso di non usarti come guardia invitando le forze oscure a precipitarsi qui decise a farti fuori.”

 

Harry lo fissò. Non ci aveva mai pensato.

 

“E’ questo che credi?”

 

“A dire il vero, no,” rispose Draco. “Tu-Sai-Chi ti odia, lo sappiamo tutti, e penso che se ci fosse stata una possibilità di catturarti l’avrebbe già fatto. Credo che tu sia una delle persone più al sicuro, a scuola. Ma sicuramente capisco Lupin, e né io né nessun altro pensiamo che tu abbia bisogno di qualcuno che ti stringa la mano mentre cammini per i corridoi.”

 

Fu in quel momento di tremolante sollievo, con il pensiero fluttuante che forse, ma forse, Draco aveva ragione… che Harry si rese conto che aveva torto.

 

“C’è il Torneo Tremaghi,” disse, alzando il mento. “L’hanno organizzato praticamente con le stesse prove, solo per tirarmi su e metterci una pietra sopra. Spiega quello.”

 

Draco lo fissò incredulo.

 

“Sei stato proprio fortunato a non finire a Serpeverde,” disse a Harry. “Se avessi dovuto ascoltare queste chiacchiere per sei anni, avrei dato di matto e ti avrei ucciso con un manico di scopa.

 

“Oh, hai un’altra idea?”

 

Draco spinse Harry indietro di qualche centimetro, così da avere lo spazio per sporgersi in avanti.

 

“Ti sembrerà strano ma sì. E la mia idea è molto più plausibile, cosa assai meno strana dato che la tua è la più stupida che abbia mai sentito. Nessuno organizza tornei internazionali per rallegrare scolaretti intristiti. I tornei servono a rallegrare tutto il mondo magico. Non capisci che Beauxbatons è stata chiusa, e che hanno dovuto prendere il loro terzo campione dai patetici avanzi di una scuola di magia in Francia? Credi davvero di essere tanto importante?”

 

Harry avrebbe risposto di no, ma l’unica cosa che sembrava essere in grado di fare era fissare Draco mentre la speranza gli affiorava alla bocca dello stomaco.

 

“Per favore, Potter,” disse Draco nel suo tono più sdegnoso. “L’hanno organizzato per dare coraggio al mondo dei maghi. E’ stata una mossa molto semplice per far sì che ci fosse altro da scrivere sui giornali, oltre alle sparizioni. E scusami tanto, ma non credo che abbiano tempo da perdere per cambiare le prove. Siamo nel mezzo di una guerra, e poi… sono certo che farebbe piacere a tutti, se tu vincessi. Sei Harry Potter, dopotutto. Sarebbe bello per i giornali. Ma non credo affatto che sia stato messo su per il tuo bene.”

 

Draco lo sorvegliò, come se non credesse che si potesse essere tanto stupidi. Harry quasi sussultò.

 

Quindi spinse Draco contro il muro.

 

“Se stai cercando di consolarmi, non ti perdonerò mai,” giurò.

 

Draco lo spinse via.

 

“Io non cerco di consolare la gente,” rispose immediatamente. “E non mento che per i miei interessi. Perciò perché non ci dai un taglio col teatro amatoriale, Potter, e mi spieghi perché?”

 

Si aggiustò i vestiti e raggiunse la bassa scrivania di Vitious, appoggiandovisi, senza dare a vedere che l’altezza lo disturbava.

 

Harry lo seguì con lo sguardo.

 

Perché cosa?” chiese.

 

Draco sorrise, un sorriso fulmineo e luminoso. “Se è da anni che sei convinto che la gente pensi questo di te… se è per questo che a volte hai un muso lungo fino al pavimento… perché hai lasciato che lo pensassero? Non sei un tipo falso. Cosa stavi nascondendo?”

 

Harry si sedette sul pavimento. Praticamente ci cadde.

 

“Malfoy, non…”

 

Si tirò le ginocchia al petto, ci posò il viso, e forse dopotutto era davvero un bimbo, e Draco aveva il diritto di essere spietato.

 

Draco gli si avvicinò, e Harry lo sentì sedersi davanti a lui.

 

Harry alzò gli occhi e incrociò il suo sguardo intenso.

 

“A me puoi dirlo,” disse.

 

“Ho solo lasciato che pensassero ciò che volevano, va bene?” scattò Harry. “Non c’è niente di male. Se volevano credere che fossi un martire innocente, era meglio…”

 

Cosa sei?” Draco gli lanciò le parole, veloci, fredde e dure.

 

L’emozione morse Harry all’interno. “Sono… oh, al diavolo!”

 

Ricordò l’odio per gli assassini dei suoi genitori, e lo sguardo sui volti innocenti e terrorizzati di Ron e Hermione.

 

Harry non vuole uccidere nessuno, vero, Harry?

 

L’odio accecante che aveva provato per Voldemort sentendo dei genitori di Neville, e poi dopo Cedric… sapere che nessun altro avrebbe mai potuto sapere cosa pensava il piccolo eroe, sapere che non era davvero innocente quanto loro, sapere, adesso, che doveva dirlo a qualcuno. A Draco.

 

“Odio Voldemort,” disse Harry con trasporto, con la lingua che si caricava di veleno. “Lo odio. Lo detesto, più di quanto gli altri possano immaginare, voglio ucciderlo, adorerei ucciderlo… e non dovrei provare queste cose!”

 

Si era sporto in avanti, solo le sue ginocchia lo separavano da Draco, e Draco non esitò un secondo.

 

“Anch’io,” disse deciso. “Anch’io lo odio. Non vuol dire che debba sentirti in colpa.”

 

Ed ecco quella gelida e tagliente amarezza nella voce di Draco, quella furia omicida, e Harry rabbrividì al pensiero e capì, e non era il disgusto automatico che si era aspettato. Non c’entrava niente con ciò che si era aspettato.

 

Abbassò di nuovo la testa sulle ginocchia, prendendo un respiro inerme.

 

Sentì il tocco di Draco tra le scapole, leggero e fugace.

 

“E’ tutto qui quello che ti tormentava?” domandò. “Solo il fatto che vuoi vendetta e non pensi che gli altri capirebbero? E’ perfettamente naturale, è perfettamente normale, e loro potrebbero capirlo. E anche se non lo facessero, va benissimo essere diversi da loro e…” Draco si fermò. “Potter… stai piangendo?”

 

Harry alzò il viso indignato. “No!”

 

Draco parve distintamente sollevato. “Oh. Beh. Bene. Stavo per correre a chiamare Granger. Tutto a posto, allora?”

 

Aveva nascosto tutto così bene, come un segreto colpevole, perché non era giusto sentire quella rabbia cieca che gli tamburellava dentro. Come il segreto di essere quasi finito a Serpeverde, che non aveva mai svelato né a Ron né a Hermione. Ma l’aveva detto a Draco, che era un Serpeverde e che comprendeva il dolore, l’odio e l’ira mortale.

 

L’aveva detto a Draco.

 

“Diciamo di sì,” rispose Harry. Si sentiva completamente prosciugato.

 

Riuscì a sentire Draco sporgersi in avanti per sbirciare il suo viso, sentì il suo peso sulle gambe, e fu come se mancasse qualcosa, quando quel peso sparì. Draco sembrava soddisfatto di ciò che aveva visto.

 

“Sei un po’ idiota, Potter,” osservò senza reale rancore.

 

Harry si inclinò all’indietro. “Può darsi,” disse, esausto. “Non capisco perché tu abbia accettato di essere mio amico.”

 

“Ovviamente c’è il fattore divertimento,” considerò Draco. Si fermò, e Harry vide vacillare nei suoi occhi quella luce brillante che aveva sempre quando rifletteva. “E poi per… per quello che provi per Tu-Sai-Chi,” disse infine, con gli occhi rivolti verso Harry. “Perché lo sai fare anche tu.”

 

La ferocia nello sguardo di Draco rispose alla domanda prima che Harry la ponesse.

 

“Fare cosa?”

 

“Vivere.” Draco alzò in aria le mani. “Voglio dire, vivere davvero. Non esistere con o senza un obiettivo, ma amare il fatto di esistere. Insomma… Non devo spiegartelo. Lo sai. Che altro provi quando voli?”

 

Harry ricordò all’improvviso e vividamente la sensazione provata quando era salito su una scopa per la prima volta. Quella gioia assoluta… era facile, era meraviglioso.

 

“Sì, esattamente,” disse Draco, continuando a guardarlo con orgoglio. “Proprio così. E’ così che può essere tutto quanto. Lo so. E’ così che vivo… è così che puoi vivere tu. E loro non possono, nessuno di loro, nemmeno i tuoi amici tanto speciali, ed è per questo che non possono arrivare né al mio livello né al tuo. Perché non riescono a vivere con la stessa furia.

 

Furia. Quella parola sembrava stranamente azzeccata per Harry, per il solo motivo che chiunque altro l’avrebbe trovata inadatta.

 

Capì. Draco non sprecava nessun momento, ci si buttava dentro. La sua ostilità verso di lui era stata così intensa perché Draco non conosceva altri modi di essere. Sapeva essere solo assolutamente atroce o assolutamente spassoso, ma sempre assolutamente, perché c’era sempre passione in lui.

 

Passione. Si trattava solo di passione. Ed era per quello che lui e Draco, nonostante fossero nemici, erano sempre stati allo stesso livello.

 

“Non ne sono capaci,” continuò Draco.

 

“Smettila,” disse Harry. “Io voglio bene a Ron e Hermione.”

 

Draco alzò le sopracciglia. “Sì, beh, è questo il tuo problema, no? Il fatto che gli vuoi bene ti ha fatto sentire in colpa per anni. Sei tornato in quel sottoscala nel momento in cui hai deciso di volergli bene.

 

“No, questo non è vero,” rispose Harry. “Ho capito cosa vuoi dire. Ho capito che è per questo che riesci a vivere così. Ma l’amore non funziona così. Il rischio di cadere rende più bello il volo. Io voglio amarli: questo rende più bella la mia vita. Ha persino reso più sopportabili i giorni passati lì dentro. Perché mi ha fatto capire che non volevo mai più essere messo in gabbia.

 

“Non capisco,” disse Draco. “Io riesco a vivere, no? E non sono mai stato intrappolato.”

 

Harry pensò a Draco negli anni passati, alla pura energia che aveva messo in ogni cosa, giusta o sbagliata che fosse. Era quello il motivo per cui Harry l’aveva odiato tanto: perché anche se era solo un altro studente e Harry aveva affrontato le forze dell’oscurità, lui era stato capace di diventare un nemico che non poteva essere ignorato.

 

E l’aveva fatto perché Harry sapeva odiarlo così tanto, sapeva desiderare con passione di batterlo una volta per tutte.

 

Allo stesso livello, appunto.

 

“Ne sei sicuro?” chiese Harry, ma non fu capace di pronunciare il nome del padre di Draco.

 

“Sì,” scattò Draco, volgendo le spalle a Harry nel modo deciso in cui faceva tutto.

 

“Non c’è niente di male nell’amare,” gli disse sottovoce Harry.

 

“Chi?”

 

“Chiunque, come io amo Ron e Hermione. Non c’entra il sottoscala. Rende tutto più brillante, è parte del… vivere davvero. Nessun uomo è un’isola, sai?”

 

“Astuta osservazione. E nessun uomo è un campo da Quidditch.” L’angolo della bocca di Draco si piegò all’ingiù. “Non sono d’accordo.”

 

Sorrise all’improvviso, un sorriso di tale intensità che sarebbe sembrato dolorosamente acceso a chiunque, tranne che a Harry.

 

Comunque. E’ per questo che ho accettato… questa cosa. Fece un gesto ampio. “Bene allora. Tutto a posto con la tua crisi emotiva? Sicuro di non star pensando alla tua infanzia abusata?”

 

Si alzò con grazia. Harry guardò in su.

 

“Mm?”

 

Draco rise. “Ti ho chiesto a cosa stai pensando.”

 

“Oh. Stavo pensando a te.”

 

Draco sorrise leggermente, misteriosamente, e gli porse la mano. “In questo caso, forse puoi alzarti dal pavimento duro e possiamo tornare alla riunione. Ho chiesto agli altri di aspettare, ma non pensavo ci sarebbe voluto così tanto.”

 

Harry scosse la testa incredulo, ma non poté fare a meno di ridere. “Mi piace stare qui. Dopotutto non riuscirò più a vederti tanto spesso.

 

“Oh, davvero?” Draco alzò un sopracciglio. “Mi vedrai stasera. Promesso. Adesso ti alzi, inutile idiota?”

 

Harry si sporse e prese la sua mano. “Ok.”

 

*

 

Hermione squadrò Blaise Zabini dall’altra parte del tavolo, e lui strinse gli occhi imitandola.

 

Il tuo piccolo leader Serpeverde non sta riportando qui Harry. Voleva dirlo, voleva gridarlo, ma Lupin la stava guardando, così rimase in discreto silenzio. Conosceva quello sguardo afflitto sul volto di Harry. Harry aveva bisogno di stare solo dopo sfoghi come quello.

 

Certo, Malfoy non le aveva dato il tempo di dirlo. Appena Harry era uscito dalla stanza quel Serpeverde ficcanaso aveva fatto indietro la sedia, sul volto una maschera che non tradiva nulla, e gli era corso dietro.

 

Non presagiva niente di buono. Hermione l’aveva sempre saputo. E si sentì quasi soddisfatta al pensiero di come avrebbe probabilmente reagito Harry. Era ora di porre fine a quella strana amicizia, comunque. Malfoy era sbagliato per Harry.

 

Harry. Hermione strinse le dita attorno alla piuma. Odiava quello sguardo triste, quell’espressione impenetrabile e quegli occhi feriti che chiedevano di lasciarlo solo e che le facevano desiderare di alzarsi e urlare, Qualsiasi cosa sia, Harry, puoi dirmela, puoi dirmi tutto…

 

Ancora un attimo e sarebbe andata da lui.

 

Un attimo dopo Malfoy e Harry entrarono nella stanza. Malfoy tenne su il mento e sorvegliò tutti con quell’aria autorevole che Hermione trovava così incredibilmente irritante.

 

“Vi siamo mancati?” chiese con supponenza.

 

Harry lanciò un sorriso imbarazzato in direzione di Hermione, quindi si mise a sedere in silenzio.

 

Hermione non si lasciò affatto ingannare dalla posa timida e modesta che gli veniva tanto bene. Guardò il sorrisino appena accennato agli angoli della bocca di Harry e la strana luce nei suoi occhi.

 

Non ci capiva niente.

 

Nessuna idea geniale mentre ero via? Certo che no, ero via,” mormorò Malfoy tra sé e sé nel suo tono tremendamente tronfio. “Discutiamo la questione sicurezza, ok?”

 

Quelle parole fecero scattare in su la testa di Hermione. Ok, odiava Malfoy, ma sapeva che era una risorsa dalla loro parte. Lui e Hermione avevano lavorato insieme su un paio di progetti necessari, e malgrado i commenti acidi e le frequenti occhiatine allo specchio, il ragazzo sapeva il fatto suo.

 

Inoltre Harry collaborava raramente. Hermione non poteva deludere i Grifondoro.

 

Malfoy si era alzato in piedi.

 

“C’è una spia di Voi-Sapete-Chi a Hogwarts,” disse disinvolto. “Quindi, naturalmente, dobbiamo prendere precauzioni. Nessuno deve sapere tutto. Dobbiamo assegnare diverse aree di investigazione e custodia a diverse sezioni del Consiglio e dell’Ordine.”

 

“Io devo occuparmi sia delle cure che della ricerca,” lo interruppe Hermione, mantenendo un tono professionale. “Siamo quasi giunti ad un punto di svolta nella conservazione delle lacrime di fenice. Potrebbero rivelarsi cruciali sul campo di battaglia.

 

Malfoy annuì delicatamente. Da molto tempo avevano stabilito dei limiti di finto rispetto.

 

“Quanto cruciali?” chiese Harry. “Le lacrime di fenice curano solo le ferite fisiche, me lo ricordo. Quanto servirebbero le lacrime conservate, se i Mangiamorte si affidassero agli incantesimi? Servirebbero solo a curare ferite procurate lungo il cammino. Non penso che tutto il reparto cure dovrebbe focalizzarsi su questo.”

 

Hermione sbatté le palpebre e si domandò se per caso non fosse finita in un universo parallelo. Certo, Harry sapeva delle lacrime di fenice sin dal secondo anno, per via della Camera dei Segreti, ma… era davvero strano da parte sua intervenire durante le riunioni del Giovane Consiglio.

 

Era strano che fosse così… reattivo. Vivo.

 

“Ben detto, Potter. Mi raccomando, Granger,” disse Malfoy freddamente.

 

Hermione si accigliò. Ovviamente a lui non importava.

 

“Ora. Per quanto riguarda la questione di quanto possiamo fidarci del professor Lupin,” continuò Malfoy.

 

Hermione si alzò. “Come osi! E’ il capo del Giovane Ordine. E’ stato a lui a mettere in piedi tutto questo. Come osi anche solo insinuare che potremmo non fidarci di lui?”

 

Malfoy inarcò un sopracciglio.

 

“Non l’ho detto. So che voi Grifondoro siete anime pure. Potete fidarvi, se credete… ma io sono un Serpeverde, noi non ci fidiamo di nessuno. E in questo momento, in questa situazione, non possiamo assolutamente fidarci di nessuno. Perciò siete dannatamente fortunati ad avere me.

 

“Professore…!”

 

“Signorina Granger,” disse Lupin. “Non voglio costringere nessuno a fidarsi di me. Il signor Malfoy sta facendo del suo meglio per il bene della scuola. Non ho problemi ad essere considerato un sospetto come tutti gli altri… e penso che abbia ragione.

 

“Non sospetta di lei,” disse Harry, intervenendo nuovamente.

 

Lo sguardo di Malfoy guizzò brevemente.

 

“No,” ammise, più delicatamente. “Ma potrei sbagliarmi. E’ già successo, una volta o due. Ora, che ne pensate di inserire Terry Boot nella divisione ricerca? Siediti, Granger.”

 

Hermione si sedette pesantemente, e alzò lo sguardo per scambiare con Harry una delle loro solite occhiate quei-maledetti-Serpeverde.

 

Ma Harry stava guardando Malfoy, e splendeva d’orgoglio.

 

*

 

Draco aveva detto che si sarebbero visti quella sera.

 

Qualche ora più tardi, mentre scendeva le scale per andare nella sala comune, Harry ne dubitò. Non che non gli credesse, ma era alquanto probabile che Draco avesse sopravvalutato le proprie capacità…

 

Harry stata in effetti soppesando l’ipotesi di indossare il Mantello dell’Invisibilità, fingere di stare andando al bagno e sgattaiolare nei sotterranei. L’unico neo era che Ron e Hermione, probabilmente, sarebbero stati scettici circa una permanenza al bagno lunga ore, e i Serpeverde avrebbero potuto allarmarsi di fronte a strane presenze invisibili che aprivano le porte, ma…

 

Si bloccò su uno scalino, perché Draco era nella sala comune. Era appoggiato al muro e stava sussurrando pigramente qualcosa a Calì Patil, che pareva piuttosto affascinata.

 

Harry pensò che era davvero carina.

 

“Malfoy,” disse.

 

Draco si voltò e sorrise. “Potter. Tiger e Goyle mi hanno piantato qui, e mi serve qualcuno che mi riaccompagni. Non vorrai certo abbandonare un innocente nel momento del bisogno, spero.

 

Harry sogghignò. “Non sono sicuro che tu possa essere definito innocente, Malfoy, ma suppongo di doverti accompagnare. Rompiscatole.”

 

Draco si spostò di un passo da Calì, alzando le sopracciglia.

 

“Allora suppongo che il mio ultrasviluppato senso dell’ospitalità mi obbligherà ad intrattenerti nella mia stanza. Che fastidio. E’ sempre un piacere, Calì.”

 

Draco le regalò il suo sorriso più fascinoso e Calì ricambiò.

 

Aveva i capelli lunghi e lucenti, era molto popolare e aveva degli enormi occhi neri. Si era appena lasciata con Dean. Non era un comportamento appropriato.

 

Draco stava già camminando spedito verso la porta, quando Calì mise un piede sul primo scalino, sempre sorridendo, e scosse la testa.

 

“Quel Draco Malfoy,” disse divertita. “Spudorato.”

 

“Come, scusa?”

 

“Potter, datti una mossa, non ho intenzione di passare la vita in queste stanze. C’è gente onesta e leale qui, e quelle cose sono contagiose.

 

Harry alzò gli occhi al cielo e camminò in tutta calma fino al punto dove stava Draco, che aveva l’aria da martire di chi è stato trattenuto da rozzi bifolchi.

 

Durò i due secondi che impiegarono per uscire dalle stanze dei Grifondoro, quindi Draco avviò la conversazione, e prese a sembrare di ottimo umore.

 

“Devo dirlo, voi Grifondoro avere standard molto alti di bellezza femminile,” osservò allegramente. “Alcune cose sfornate dai Tassorosso sono semplicemente tragiche, ma le vostre ragazze sono attraenti quasi senza eccezioni. C’è Calì che è davvero notevole, e anche la tua fan Ginny Weasley è piuttosto carina.

 

E Hermione, allora?” chiese Harry in tono accusatorio.

 

Draco rise.

 

“Oh, non mi piace la ragazza, ma devo ammettere che è molto attraente.

 

“Malfoy, non puoi dire certe cose. E Ron?”

 

“No, lui non è affatto attraente.”

 

Draco fece una faccia un po’ sconvolta. Harry si vietò di ridere. Dopo qualche secondo, disse neutrale,

 

Dunque, Calì. Sai, lei e Dean si sono lasciati l’altro giorno.

 

Lasciò la frase in sospeso. Draco si girò verso di lui, un angolo della bocca sollevato.

 

“Pensi davvero che sia interessato a quella Calì? Per favore. Un’innocente Grifondoro.” Tirò una ciocca di capelli di Harry. “Sai, ho degli standard.”

 

Harry non riuscì a non ridere.

 

“Errore mio.”

 

“L’errore è sempre tuo, Potter. Allora, dimmi. C’è qualche possibilità che tu sappia giocare a poker?”

 

Harry sospirò con fare drammatico. “Allora è così che andrà a finire. Niente più avventure, solo partite a carte nella tua stanza. Probabilmente mi annoierò fino alle lacrime.

 

Dubitava che Draco sapesse essere noioso.

 

Draco era impegnato ad assumere la sua aria superiore, cosa che includeva lo scuotere i capelli all’indietro guardando il mondo dall’alto con indifferenza.

 

“Non essere assurdo, Potter,” disse Draco. “Hai un Mantello dell’Invisibilità, no? E secondo i miei calcoli tu e i tuoi compagni siete completamente al sicuro. Possiamo uscire, domani. Nel frattempo ti insegnerò a giocare a poker. Un adolescente che non sa giocare illegalmente è davvero tragico…”

 

Si fermò.

 

“Beh, cos’hai da ridere, Potter? E cos’hai da guardare? Non lo sai che è maleducato?”

 

“E’…” Harry scosse la testa. Era infrangere allegramente le regole, fare piani illeciti, ridere dell’estate, e questa intensa forza moralmente discutibile che gli aveva invaso la vita, e sentirsi così bene e… adorava tutto ciò. Lo adorava.

 

“Niente. Andiamo nella tua stanza.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

 

 

Qualche chiarimento da parte della traduttrice: La storia è slash, ovviamente. Guardate il pairing :) Abbiate fiducia e continuate a seguirmi, ne vale la pena!
I capitoli sono 22.

 

Il prossimo capitolo, per esigenze personali, sarà pubblicato martedì 20 marzo!

E ora filate a commentare ;-)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** La quiete dopo la tempesta ***


Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

 

Tradotta da Luciana

Beta: Vale

 

 

 

Capitolo Otto

 

La quiete dopo la tempesta

 

 

Sommario: Con la partecipazione di un mondo lacerato dalla guerra, ragazzini psicologicamente danneggiati, atroci portenti, oscuri sospetti e i jeans di Harry e Draco.

 

If you want my sympathy

Just open your heart to me

And I'll be whatever you ever need

[Se vuoi la mia comprensione / Aprimi le porte del tuo cuore / E sarò tutto ciò di cui hai bisogno]

 

Harry se ne stava mezzo addormentato sotto un albero, al riparo dal sole rovente.

L’intera settimana era stata il preannuncio dell’estate imminente, un’ondata di calore che aveva spinto tutti a togliersi quanti più vestiti possibile e a nascondersi all’ombra. Una o due lezioni erano state tenute all’aperto, e Hermione aveva convinto Ron a portarle bevande ghiacciate dalla cucina ogni giorno.

Era cominciato tutto quella sera della partita a carte nella stanza di Draco, ed era proseguito per tutta la settimana. Il caldo aveva rilassato tutti, e Harry si sentiva semplicemente più a suo agio, di recente.

Non ci pensò. Si limitò a chiudere gli occhi e a crogiolarsi al caldo, e pensò a quanto fosse divertente vedere Draco squadrare la prima tintarella degli altri come se la cosa lo offendesse a morte.

Proprio in quel momento, Draco si buttò per terra accanto a lui.

“Potter,” disse. “Stupido pigrone, sei stato steso qui tutta la mattinata?”

“Mm. Più o meno,” rispose Harry. “Ron e Hermione erano qui fino a poco fa, ma sono andati via”

“Stanno limonando dietro il magazzino delle scope,” disse Draco immediatamente. “Fidati, sono appena tornato dagli allenamenti di Quidditch. Oh, i miei occhi. Ero già stanco, non sentivo proprio il bisogno di vederli.

Harry lo guardò, steso sulla schiena con un braccio calato sugli occhi. Pensò che era tipico di Draco buttarsi a terra con tanta grazia.

“Devi essere esausto,” osservò secco. “I tuoi capelli sono un casino.”

“Ti odio Potter,” lo informò Draco. “L’ho messo in chiaro ultimamente? E’ che proprio non mi piaci. Senti chi parla! Un giorno o l’altro perderò il controllo, prenderò una spazzola e ti pettinerò come si deve.”

“Mm. Non vedo l’ora.”

Lo guardò meglio e notò che era davvero stanco. Il suo respiro era leggermente accelerato e il colletto degli abiti da Quidditch era aperto. Aveva addirittura il collo arrossato.

“Pesanti, gli allenamenti?”

“Non so di cosa parli,” rispose Draco, innocente. “Sono stati fantastici. Ti distruggeremo in finale.”

Tutta la scuola dava per scontato che la finale di Quidditch se la sarebbero giocata i Serpeverde e i Grifondoro. Di solito finiva così, e i Grifondoro avevano vinto gli ultimi due anni. Draco non si lasciava minimamente turbare da quel dettaglio importuno.

Era proprio da lui rifiutarsi di ammettere le sconfitte. La squadra era composta dai suoi cortigiani, per cui era piuttosto un one-man show. Draco, rifletté Harry, non aveva mai nemmeno pensato all’eventualità di non farcela, o di non farcela alla grande. Il suo problema era che non riusciva neanche ad immaginare di poter essere altro che completamente autosufficiente.

“Ti piacerebbe,” replicò Harry. Draco gli fece una linguaccia.

Le foglie sopra di loro proiettavano un disegno cangiante di luci e ombre sull’erba. Harry strizzò gli occhi a quel verde e dorato sfocati. Era una giornata così tranquilla, non c’era nemmeno un alito di vento, e gli venne in mente che sarebbe stato piuttosto felice, rilassandosi lì con Draco per qualche ora.

Non l’aveva visto la sera prima, perché Draco aveva dovuto fare il servizio di guardia. Il che era probabilmente un’altra delle ragioni per cui era così stanco, anche se non l’avrebbe mai ammesso.

Draco si mosse. “Mi piacerebbe bere una bibita gelata,” borbottò. “Mi piacerebbe essere a casa. Abbiamo dei veri elfi domestici lì.” Si tirò su appoggiandosi ad un gomito. “Non è che ti andrebbe di…”

A Harry venne un’idea.

“Alzati,” disse.

“Potter!” si lamentò Draco. “Il punto di mandarti a prendermi un drink è proprio che non dovrò muovermi. E’ quello il bello.”

Harry incrociò le braccia con aria irremovibile.

“Oh, avanti, Potter! Sono steso sulla schiena. Sono tutto sudato. Non farti pregare.”

“Non farti trascinare.”

Draco gli rivolse uno sguardo malvagio a palpebre basse. Rimase steso per un attimo, quindi saltò su di malavoglia.

“Ci saranno delle bibite?”

“Promesso.”

“Oh, va bene.”

*

Le cucine divertivano Draco.

“Sono sotto le scale,” disse, gongolando. “Guarda, un forno. Più bibite, schiavi.”

Hermione sarebbe svenuta a sentirgli dare ordini agli elfi. Harry si limitò a sussultare. Ma notò che gli elfi domestici gli mandavano occhiate soddisfatte mentre correvano ad esaudire le sue richieste, come se fosse finalmente arrivato qualcuno che li trattava come si deve. Harry nascose un sorriso.

Draco era seduto a gambe incrociate su un tavolo, con molti bicchieri vuoti e un assortimento di cibi strani intorno.

Harry si appoggiò al tavolo.

“Non avevo idea che i lecca-lecca al sangue fossero solo la punta dell’iceberg.”

”Non asseconderò le tue aspettative plebee,” disse Draco altezzosamente. “Prima si mangiavano anche ghiri ripieni. Penso di poter mangiare zucchero a velo senza provocare commenti maleducati.

Ne inghiottì un’altra cucchiaiata e bevve un altro sorso di succo di zucca, giusto per rafforzare il concetto. Ad un certo punto Harry stava per fargli notare che lo zucchero a velo gli aveva lasciato una lieve scia sulla bocca appiccicosa.

“Allora, Potter, sei stressato?”

“Ehm, no,” disse Harry, distratto. “Perché?”

Draco agitò il cucchiaio. “Perché la terza prova è stata anticipata a maggio, ovviamente. Siamo ad aprile. Ti senti già sotto pressione? Crollerai, Potter? Perderai il controllo?”

“Già, sono ad un passo dall’esaurimento. Passami il succo di zucca.”

Draco se lo strinse al petto con fare protettivo. “Non c’è bisogno di annegare i tuoi dispiaceri, Potter. Bere non è mai la soluzione.”

E meno male che era stanco. Harry si sporse e cercò di togliergli di mano il succo, ignorando i piccoli versi di protesta di Draco e spingendolo all’indietro. Dopo qualche secondo di lotta, Draco si ritrovò steso sul tavolo e Harry aveva il succo di zucca. Draco lo guardò indignato.

“Grosso bullo Grifondoro.” Non si sforzò neanche di rimettersi a sedere, bensì guardò i lampadari sul soffitto, da cui gli pioveva una luce fioca sugli occhi e sui capelli. “Spero che un mostro ti divori, nel labirinto.

Harry si chiese se non fosse effettivamente preoccupato per lui. Era difficile da capire.

Però gli piaceva pensarlo, e cercò di essere rassicurante.

“Non sono molto preoccupato.”

“No? Hai già messo gli occhi sulla gloria?” Draco finalmente si tirò su a sedere e spinse indietro Harry, con gli occhi brillanti. “So quanto ami leggere il tuo nome sui giornali, Potter. Immagina il nastro al traguardo…”

“Non c’è nessun nastro al traguardo…”

“Non seccarmi con questi dettagli insignificanti. Il nastro al traguardo, la folla urlante, le ragazze che svengono. Draco imitò una voce paurosamente simile a quella di Ginny. “Harry Potter, ti amiaaaamo!”

“Taci, Malfoy.” Harry non stava affatto ridendo.

Draco si mise le mani sul cuore. “Ma voglio solo un autografo, una ciocca di capelli, avere un figlio da te…”

Ma ti rendi conto di quanto sei irritante?” Ancora nessuna risata.

Draco lasciò perdere e si appoggiò sui gomiti, scoccandogli un sorriso compiaciuto. “Non pensi che io sia irritante. Pensi che sia fantastico.”

Harry alzò un sopracciglio. “Cosa te lo fa credere?”

“La seconda prova, idiota. Sono io quello che si è svegliato con l’acqua putrida in bocca e una simpatica garanzia di quello che pensi di me. Draco pescò nel barattolo di marmellata, che Harry sperava non intendesse mangiare insieme allo zucchero a velo. In quel caso gliene sarebbe rimasto ancora di più sulla sua bocca. “E così non è la gloria che cerchi, a quanto dici. Cosa ti piacerebbe avere?”

Harry lo studiò.

“Una garanzia piacerebbe anche a me, in effetti,” disse.

Draco lo guardò interdetto, e Harry approfittò della pausa per guardare l’orologio.

“Faremo tardi,” aggiunse, improvvisamente allarmato.

“Per cosa?” chiese Draco, distratto-

“Per quella cosa che volevo facessimo a Hogsmeade. Te ne ho parlato ieri.”

“Ti sei dimenticato di dirmi di che si tratta esattamente.

“Non importa. Sarà divertente, te lo prometto. Andiamo.”

“A Hogsmeade? Con la tuta da Quidditch? Conciato così?” Draco sembrava scandalizzato. “Di sicuro stai scherzando.”

“Avanti, Malfoy.”

Draco alzò gli occhi al cielo. “Oh, dammi venti minuti.” Scivolò agilmente giù dal tavolo e raggiunse la porta. “Un’ultima cosa, Potter. Se l’idea di divertimento dei Grifondoro è lavare i vasi da notte al San Mungo, ti chiudo in una cella e me ne torno a casa.”

E va bene, Harry rise. Ma solo quando Draco ebbe varcato la soglia, quindi non contava.

Guardò sconsolato il casino che aveva lasciato sul tavolo.

Sentite, posso dare una mano…”

“Harry Potter non deve pensare di lavorare per un elfo domestico,” disse Winky inorridita, alzando il passo. Lei e una squadra di elfi cominciarono a ripulire il tavolo alla velocità della luce. Harry si guardò intorno, e gli venne in mente che poteva usare quel tempo per salutare Dobby.

Con sua grande sorpresa Dobby se ne stava in un angolo, e il suo viso restò turbato quando Harry lo salutò.

Dobby pensa che quello era Padron Draco,” dichiarò in tono vago.

Harry aveva dimenticato che Dobby lo conosceva.

“Esatto,” disse con prudenza. “Perché non sei venuto a salutare?”

Dobby non gli rispose. Disse solo, “Somiglia proprio a suo padre.

E all’improvviso non gli andava più di parlargli.

“Ti sbagli,” lo informò freddamente. “Non c’entra niente con suo padre.”

Dobby non disse niente.

*

Harry finì ad aspettare Draco sulla scalinata di Hogwarts. Draco arrivò a passo lento dopo mezzora, con addosso un maglioncino bianco e un sorriso disarmante rivolto a Harry.

Vedi, pensò Harry, rivolgendosi ad un Dobby assente. Non somiglia a suo padre. Non gli somiglierà mai.

“Andiamo,” disse Harry.

Si accorse che Draco non era l’unico ad essersi ricordato che la terza prova era stata anticipata quando qualche giornalista corse verso di loro mentre entravano a Hogsmeade.

“Harry, ti andrebbe di condividere…”

“Harry, vorresti dirci…”

“No, grazie,” disse Harry, stanco. “Sono qui solo per un’uscita con un amico. Con permesso.”

I loro sguardi si concentrarono su Draco e, dopo una conversazione sussurrata in cui Harry udì distintamente le parole ‘Amico?’ e ‘Il figlio di Lucius Malfoy?’, cominciarono ad assalire lui.

“Signor Malfoy! Ci può parlare della seconda prova…”

“Potremmo offrirle dell’oro…”

Draco inclinò la testa verso Harry, sorridendo malizioso.

“Quanto, per l’esattezza?” indagò.

“Malfoy!” disse Harry scioccato, e lo trascinò via.

Draco mise il broncio mentre veniva strattonato via. “Avevo intenzione di inventare una storia molto divertente,” si lamentò. “Avrebbe dato una scossa al mondo magico. Che te ne sarebbe parso di una relazione illecita con un membro del corpo docenti?”

“Malfoy, sei una persona veramente cattiva,” gli disse Harry severamente.

Draco rise. “C’è una possibilità che io possa avere un lecca-lecca al sangue prima di qualsiasi cosa sia in programma?”

“No,” disse Harry duramente. “Il battello starà per partire.”

Draco smise di ridere.

Nonostante il fatto che stesse strizzando gli occhi per il sole, nonostante la sua pelle candida, Harry notò chiaramente che era sbiancato.

“Il battello?” ripeté.

*

Il grande lago che si estendeva fino alla foresta, a Hogwarts e a Hogsmeade veniva usato solo per i trasporti necessari (e ovviamente all’arrivo degli studenti del primo anno) da secoli. Fino a quando qualcuno non aveva realizzato che i turisti maghi che arrivavano in gregge nell’ultimo insediamento non babbano della Gran Bretagna sarebbero impazziti per una cosa del genere.

Il battello, come tutte le imbarcazioni magiche, era azionato da un semplice incantesimo. C’erano incantesimi extra che rendevano superfluo il timone, perciò, con qualsiasi condizione atmosferica, il viaggio era sempre tranquillo. Fare un giro sul battello era un’attività molto popolare tra i turisti, e quasi tutti gli studenti di Hogwarts l’avevano provato almeno una volta.

L’ultima volta per Harry era stata durante il quinto anno, con Ron e Hermione. Aveva pensato che sarebbe stato carino andarci con Draco.

Ma, in quel momento, l’espressione di Draco lo convinse in fretta del contrario.

“Non dobbiamo andarci per forza, sai,” disse, muovendosi a raggiungerlo.

Draco camminava velocemente verso il molo, la bocca tirata in una linea sottile.

“Voglio andarci,” rispose, con voce forzata. “Perché non dovrei? Non mi fa paura un dannato battello. Le paure irrazionali sono le peggiori, diceva sempre mio padre. Era un modo per dire ‘sei uno stupido codardo’.

“Va… bene, Malfoy, ma…”

“Potter. Volevi andarci e ci andremo, fine della storia. Adesso, per favore, potresti cambiare argomento?”

Harry fu certo di aver colto una scintilla di disperazione degli occhi di Draco. Si sentì a terra.

“Pensavo che sarebbe stato divertente andarci insieme,” mormorò, scusandosi.

Draco stava chiaramente tentando di calmarsi, anche se il sorriso restava forzato. “Una volta ci siamo andati,” commentò.

Se scoprire con orrore che Draco era a bordo dopo che il battello aveva preso il largo contava come andarci insieme… Harry ricordava la sensazione di stare sul ponte cercando educatamente di ignorare gli abbracci appassionati da quindicenni di Ron e Hermione, che si erano messi insieme proprio quella settimana. Si era girato, cercando di guardare qualsiasi cosa non fosse quei due, e si era trovato davanti un’altra coppietta.

Draco Malfoy si era leggermente scostato da Pansy, che quindi aveva cominciato a lavorargli il collo, e Harry l’aveva riconosciuto proprio nel momento in cui gli occhi di Draco si erano posati di lui e la sua bocca si era curvata per il disgusto. Un paio di minuti dopo, Draco gli era passato accanto con Pansy attaccata al fianco, e aveva fatto un commento a voce alta su come fosse possibile che Ron avesse trovato i soldi per il biglietto. Ron non l’aveva sentito. Harry, solo, infelice e tremendamente furioso, gli si era buttato addosso.

La seguente feroce rissa sulle assi del ponte era stata interrotta solo dal capitano, che aveva minacciato di darli in pasto alla piovra gigante.

Harry sorrise. “Me n’ero dimenticato.”

Era divertente il modo in cui erano cambiate le cose.

Allora Draco non aveva paura delle barche. Anzi, era stato rilassato e felice, nel breve istante in cui aveva stuzzicato Harry. Harry suppose che fosse stato felice per via di Pansy. Erano stati insieme per sei mesi il quinto anno, e poi erano rimasti amici. Draco non era mai stato con nessun altro per così tanto tempo.

Soppresse l’improvviso impulso di chiedergli di Pansy. Draco non sembrava in vena di discutere storie d’amore passate. Si stava chiaramente snervando per mettere in scena una specie di trauma, mentre Harry faceva i biglietti. Desiderò di non aver mai proposto quello stupido giro in barca.

Le labbra di Draco erano prive di colore.

“Sei sicuro di volerlo fare?”

“Certo che sono sicuro,” disse rigido Draco. “Sto bene.”

Salì inquieto sulla rampa. Harry notò che non guardò l’acqua finché non fu al sicuro sul ponte.

Una volta lì, si aggrappò alla ringhiera così forte che le nocche gli divennero bianche.

“Malfoy, va tutto bene?”

“Sì!” Fu quasi un urlo.

Harry posò le mani sulla ringhiera, mettendosi vicino a Draco per farlo sentire più tranquillo. Sulla sua fronte c’erano alcune goccioline di sudore.

Il battello si mise in moto. Draco strinse il polso di Harry in una morsa letale.

Appena il battello si mosse, il polso fu sul punto di essere spezzato. Il viso di Draco era pallido come un osso, e lui non sembrò essersi accorto di averlo stretto così forte. Tremò tutto, quando il battello cominciò a distanziarsi dalla riva.

Quindi la barca oscillò, solo di poco, e Draco non ce la fece più.

Il suo corpo si contorse sulla ringhiera, e il suo viso era cinereo quando alzò lo sguardo.

“Credo di essere sul punto di vomitare,” disse tra i denti.

Harry lo sostenne mentre cercarono di raggiungere il bagno, sobbalzando ogni volta che il battello oscillava. E ripensò con dolorosa chiarezza a quando aveva stretto Draco durante la seconda prova, perché non riusciva a reggersi sui suoi piedi.

Avrebbe dovuto pensarci. Ma le cose erano state… diverse, allora. Aiutare Draco Malfoy, in quel momento, era stata solo una spiacevole necessità.

Non si era preoccupato.

A metà del percorso Draco si fermò e agguantò di nuovo la ringhiera. Deglutì più volte e infine parlò, con la voce tesa per lo sforzo di mantenerla normale.

“Non… Non vomiterò. Fammi solo… fammi solo scendere dal battello, Potter.

Ma siamo già…”

Ti prego!

Harry lo guardò in volto.

“Ok,” disse, cercando di essere gentile. “Va bene. Solo… aspettami un attimo qui. Me ne occupo io, promesso.”

Draco riuscì ad annuire. Harry corse verso il capitano.

“Ci riporti indietro,” disse in un tono che non lasciava spazio a repliche.

“Guardi, non posso…” L’uomo si fermò. “Ehi! Ma lei è Harry Potter.”

Harry cercò di chiudere un occhio su quella familiare esasperazione. Doveva assolutamente far scendere Draco dall’imbarcazione, qualsiasi fosse il suo maledetto nome, e di certo non sarebbe servito…

Si bloccò, fulminato da un’idea. Evidentemente aveva passato troppo tempo con Draco.

“Sì, esatto,” disse lentamente. “Sono Harry Potter, ed è molto urgente che il mio amico ed io scendiamo da questo battello.”

*

“Ti è venuto proprio bene,” disse Draco con voce stanca. “Forse, dopotutto, saresti stato un buon Serpeverde.

“Sai che brivido.”

Draco accennò a stento un sorriso. Erano seduti sotto il portico di un negozietto vicino a Hogsmeade, che fortunatamente era chiuso per pranzo. Draco teneva le ginocchia contro il petto, apparentemente troppo scosso e triste per pensare alle apparenze.

Doveva sentirsi veramente male.

“Odio quegli aggeggi,” disse con veemenza alla fine. “Odio quei maledetti incantesimi. Fanno muovere la barca sopra la superficie dell’acqua, ed è orrendo lo stesso, perché chiunque potrebbe neutralizzare l’incantesimo, e saresti fregato.”

Ci fu una pausa. Harry guardò Draco e cercò di farsi venire in mente qualcosa da dire.

Draco aggiunse, cupo, “Detesto sentirmi inerme.

Harry provò l’impulso di… mah, tendersi verso di lui, stringergli una mano, qualsiasi cosa. Ma non era bravo con quel genere di cose, e in ogni caso Draco non sembrava gradirle.

“Andrà tutto bene,” disse. Una cosa piuttosto stupida.

Draco lo guardò per un momento, con un lampo di consapevolezza sotto le ciglia, quindi si concentrò su altro. All’improvviso sembrava totalmente indifferente alla presenza di Harry.

Stranamente, il fatto che gli parlò rinforzò quell’impressione.

“A mio padre piaceva fare giri in yacht sul lago.

“Avete uno yacht?”

Persino in quelle condizioni, Draco sapeva atteggiarsi.

“Siamo Malfoy. Possedevamo anche il lago.” Continuava a fissare un punto distante. “Portava me e mia madre sul lago, durante le vacanze. Ripassava le strategie di Quidditch e i compiti con me. Era… divertente.”

A Harry non sembrava divertente. Tuttavia, Draco non era stato cresciuto con molto amore. Forse l’interesse di Lucius era stata la cosa più vicina all’affetto che avesse mai provato.

“Era il quinto anno… le vacanze di Natale. Disse Draco con difficoltà. “Mia madre era malata e non poté venire, così restammo solo io e mio padre. E la… la barca si fermò.”

Draco sembrava stranamente piccolo sotto il portico. Senza quell’aria invincibile e sicura, sembrava molto più giovane.

E ci fu una tempesta. Il cielo si fece nero e l’acqua intorno a noi impazzì, ma la barca non si muoveva e… Mio padre mi disse di non farmi prendere dal panico.

Harry aveva conosciuto Lucius Malfoy quanto bastava per esser certo che era stato un ordine, e non la rassicurazione di un padre al figlio. Riusciva ad immaginare la tempesta magica che infuriava attorno alla barca, il cielo livido su di loro, un Draco più piccolo che correva su e giù sul ponte, e quel freddo richiamo che risuonava.

La sfumatura tesa nella voce di Draco dava l’impressione che, se fosse stato un altro, e se si fosse trovato in un altro mondo, si sarebbe messo a piangere.

“Si udirono delle voci, arrivò qualcuno, e… la barca era distrutta. Io mi aggrappai ad un’asse e gridai, ma sentii lo stesso… la sentii lo stesso. Deglutì dolorosamente. “La Maledizione che Uccide. La sentii e vidi la luce in mezzo alla tempesta, e…”

Ovviamente non riuscì a continuare. Non fece che continuare a fissare quel punto lontano, e restò immobile mentre lottava per mantenere il contegno Malfoy.

E a me non dispiacque nemmeno per lui, pensò Harry. Non gli chiesi  come fosse successo. Non m’importava. Ha visto tutto, ha visto il padre che amava essere ucciso e…

Avrebbe dato qualsiasi cosa, in quel momento, per rimediare. Ebbe l’impulso improvviso e fiero di… oh, afferrare Draco e stringerlo, come se fosse possibile mettere a posto le cose stringendolo abbastanza forte, premendo la testa sulle sue spalle e sussurrandogli delle scuse sul collo. Ma non aveva idea di come fare una cosa simile, e in ogni caso Draco sarebbe rimasto allibito.

Si limitò ad accarezzargli piano i capelli.

Draco non si scostò immediatamente come Harry aveva anticipato. Se ne stette seduto, immune al mondo esterno, e continuò a parlare in un flusso implacabile, come se avesse pensato a quelle cose per due anni e dovesse assolutamente tirarle fuori.

“Mio padre è stato ucciso da Tu-Sai-Chi. La gente dice che lavorava per lui, e anch’io penso fosse così all’inizio, perché non gli piacevano i figli di Babbani, ma deve essersi accorto che Tu-Sai-Chi si era spinto troppo oltre. Mio padre voleva sempre che i maghi fossero rispettati, ma io lo conoscevo. Non si sarebbe ridotto a partecipare ai massacri, a strappare bimbi innocenti dalle loro famiglie dopo averle distrutte. Dev’essersi ribellato a Tu-Sai-Chi. Insomma, uno non uccide i propri seguaci. Ha senso.”

Uno normale e sano di mente non uccide i propri seguaci, no, pensò Harry. Ma prendere di mira i bambini, uccidere i figli di Babbani e pianificare il dominio del mondo… perché dovremmo aspettarci che le azioni di Voldemort abbiano senso?

Non lo disse ad alta voce. Continuò ad accarezzare gentilmente i capelli di Draco, cercando di decidere cosa dire.

Conoscevi tuo padre, Draco?

Harry aveva conosciuto Lucius Malfoy. L’uomo che ‘non si sarebbe ridotto a partecipare ai massacri’ aveva dato ad una ragazzina un libro destinato ad uccidere decine di studenti innocenti, ed era stato presente fra i Mangiamorte intorno a Harry e aveva riso di lui mentre affrontava Voldemort.

La prima volta che Harry aveva udito pronunciare la Maledizione che Uccide contro un umano era stata in un cimitero, dove Lucius Malfoy era comparso per offrire la sua lealtà a colui che l’aveva usata.

Ma Draco, che di solito comprendeva ogni cosa, ovviamente non riusciva a sopportare la verità su suo padre. Non poteva sapere niente di tutto ciò.

E Harry non ce la faceva a dirglielo. E se fosse stato il padre di Harry a morire, se fosse vissuto abbastanza a lungo da farsi amare da lui? Anche lui avrebbe voluto credere le cose migliori su suo padre.

Inoltre… Draco gli aveva raccontato tutto fidandosi di lui.

Cosa poteva mai dire?

“Oh, Draco…” Fu un debole lamento addolorato.

 Draco sorrise lievemente, e Harry si accorse che era la prima volta che lo chiamava Draco.

Non c’era dispiacere in quel sorriso, così Harry pensò di poter proseguire.

“Mi dispiace tanto,” disse, e gli sembrò una cosa tremendamente patetica.

Draco aveva smesso di tremare come una bestia ferita, però: Harry capì che non se la stava cavando tanto male.

Non gli sarebbe dispiaciuto restare lì con Draco ancora un po’, ma vide il titolare del negozio arrivare per aprire e rivolgere ai due fannulloni un’occhiata severa.

“Torniamo?” chiese Draco debolmente.

“In effetti,” disse Harry, “Ho un po’ fame.”

Gli angoli della bocca di Draco si sollevarono. “Portami vicino a del  cibo e ti ammazzo.”

Harry rise. “Beh, magari potrei prendere un panino e poi potremmo andarcene un po’ sul lago…”

“Sei completamente matto, Potter?”

“Potresti lanciare pietre sul lago e sfotterlo perché adesso non può più farti niente?”

Draco lo guardò storto, ma ci pensò un attimo.

“Sì,” decise alla fine. “Penso che mi piacerebbe.”

Si appoggiò alle ginocchia per un altro momento, come per prepararsi ad sostenere un peso.

Harry sapeva solo che avrebbe voluto portarlo al posto suo, e sentì una fitta dentro, perché raccontargli quelle cose era il massimo che Draco potesse fare per appoggiarsi a lui.

Zabini e Pansy Parkinson gli passarono davanti, e guardarono stupiti Harry e Draco. Harry si rese conto che stava ancora accarezzando i capelli di Draco.

Draco fece finta di non vederli. Harry non era così abituato a fingere.

“Loro lo… lo sanno?”

Draco incrociò le braccia sul petto come per difendersi. “Sanno che mio padre è morto. Io… no, non gli ho detto nient’altro.”

No, davvero, era sbagliato essere contenti mentre Draco era ancora così triste.

“Io e lui litigavamo sempre,” disse piano Draco. “Voleva solo aiutarmi ad essere il meglio che potessi essere, ed ero fiero di lui, ma mi offendevo e non… non mi sono mai piaciute le critiche.”

Harry ricordò ancora una volta com’era davvero Lucius Malfoy.

Draco voleva ricordarlo così. L’amore distorce sempre la memoria dei defunti, pensò Harry, impedisce ogni giudizio obiettivo e ti lascia a rimpiangere una fantasia. E le persone che ti amano non possono portarti via quel sogno, perché un giudizio obiettivo sarebbe solo crudeltà gratuita.

Draco aveva un’aria così afflitta e stanca in quel momento che Harry disse, sopprimendo un’ignobile sensazione di delusione,

“Stasera non fare niente. Hai bisogno di dormire. Appena torniamo vai dritto a letto.”

Draco sogghignò, quel sorrisino beffardo che Harry scambiava spesso per un sorriso, negli ultimi tempi. “Ooh, sì, Madre.”

“Taci e vieni a comprare un panino con me, Draco.

Lo guardò per controllare che gli andasse bene essere chiamato così. Non sembrò essersene accorto.

“Mi rimboccherai le coperte e mi leggerai una storia?” domandò Draco.

Stava ridendo di lui, e Harry si sentì rassicurato e un po’ triste per il ritorno di quell’espressione sicura e maliziosa.

Sospirò e gli tese una mano per alzarsi.

*

“E’ possibile che I magnifici sette sia ancora così affascinante alla trentaduesima lettura, Harry?” lo stuzzicò Hermione.

“Mm?” Harry alzò gli occhi. “Beh, è un libro molto bello.”

Veramente lo aveva prestato a Draco la settimana prima, e quel cretino gliel’aveva restituito pieno di scarabocchi ai margini. Harry lo stava sfogliando sorridendo della sua sfacciataggine assoluta.

Non che avesse mentito. Era davvero un libro molto bello.

Hermione gli sorrise affettuosamente e i suoi occhi scuri brillarono della luce del camino. Aveva un libro aperto in grembo, e Harry dedusse che si stava rilassando, perché non era un libro di scuola.

Si guardò intorno nella sala comune, sentendosi invaso dall’affetto che provava per tutti loro. Ultimamente le cose andavano un po’ meglio. Malgrado la situazione terrificante tutti si stavano facendo forza, e in quel momento sembravano felici.

Dean rideva sommessamente con Ginny mentre la divertiva con l’imitazione della grafia del professor Snape in una lettera d’amore indirizzata a Sirius. Ron disegnava una mappa di Divinazione da consegnare entro la settimana. Lavanda e Calì facevano turbanti nel vano tentativo di assomigliare di più alla professoressa Cooman, e Neville sembrava impegnato a far familiarizzare Trevor con una signora rospa poco interessata.

D’un tratto Ron disse, con una voce che tentò, senza riuscirci, di essere del tutto scherzosa, “E’ bello riaverti qui. Te ne stai sempre con quel maledetto Malfoy, stavo iniziando a dimenticarmi la tua faccia!”

Niente di terribile, certo. Harry sapeva che Ron disprezzava Draco, e di certo Draco disprezzava Ron, e non era una cosa in cui avesse voglia di intromettersi… Ma gli tornò in mente, improvviso e vivido, il volto turbato di Draco poco prima, e sentì di nuovo quell’intenso desiderio di proteggerlo.

“Mi farebbe piacere se non parlassi in quel modo di Draco,” disse.

Dall’altra parte della stanza Ginny smise di ridere. Hermione alzò gli occhi dal libro, scossa.

Ron alzò entrambe le sopracciglia.

Chi?” disse.

“Sai come si chiama,” disse Harry, in un tentativo di ammorbidire la voce che si rivelò infruttuoso.

“Oh, mi spiace tanto di aver detto qualcosa che potrebbe offendere il tuo nuovo amico del cuore,” disse Ron, adirato.

“Lo so che a volte si comporta da idiota,” rispose Harry, con voce calma, “ma non voglio sentirti insultarlo.”

Il Ron di qualche anno prima avrebbe potuto lanciargli qualcosa in testa. Quel Ron fece qualche lungo respiro e disse una cosa che a Harry sembrò ancora peggiore.

Senti, siamo tutti preoccupati, ok? A noi importa di te, stupido. E non voglio vederti diventare tanto amico di qualcuno di cui non possiamo fidarci.

Ovviamente anche a Harry importava di Ron, e si addolcì al punto che avrebbe quasi risposto con gentilezza, ma c’era sempre… quell’istinto di far da scudo a Draco, e il quasi non bastò a fermarlo.

“In che senso, non possiamo fidarci?”

“Tu che dici?” sputò Ron. “Se c’è una spia a Hogwarts che consegna ragazzini al Signore Oscuro, chi potrebbe essere se non Draco Malfoy?”

All’improvviso ci fu fermento tutt’intorno.

I Grifondoro più piccoli cominciarono a bisbigliare eccitati. Ginny fece un suono di disagio, fissando Harry. Dean e Hermione dissero entrambi cose gentili, sensibili e che furono del tutto ignorate. Calì si alzò in piedi e annunciò ad alta voce che nessuno avrebbe dovuto fare simili accuse. Neville fece uno sforzo impacciato di sdrammatizzare la situazione lamentandosi perché l’umore dei rospi era stato rovinato.

Harry sentì stranamente bene Lavanda chinarsi e dire sottovoce a Neville, “Penso siano entrambi maschi. Non funzionerà.”

Sentì anche, con ira gelida, il sangue che se ne andava dal suo viso.

La voce gli uscì bassa, ma estremamente fredda.

“Come ti permetti?”

Ron era rosso in viso, ma deciso. “E’ solo buonsenso, Harry,” disse con rabbia. “Pensaci…”

“Non voglio sentirlo!” gridò Harry. Calò il silenzio nella sala comune, così inspirò e si sforzò di abbassare la voce. “Faresti meglio a rimangiarti ciò che hai detto.

Ron non sembrava aver alcuna intenzione di farlo.

Deve essere un membro del Consiglio,” osservò. “Di certo persino tu avrai sospettato…”

Harry lo guardò male.

“Tranne Hermione, prima di Draco sospetterei qualsiasi membro del Consiglio.

Fece un passo indietro, cercando la porta con l’istinto.

“Non mi va più di stare con te, stasera,” disse, invece di colpirlo.

Dove vai?” chiese Ron infuriato.

Cazzo, Ron,” disse, voltandosi. “Dove credi che stia andando?”

*

Harry corse via dalle stanze dei Grifondoro senza dire altro. La voce di Ron continuò a risuonargli nelle orecchie, l’istinto di protezione urlava dentro di lui e Draco era a letto e avrebbe dovuto affrontare i Serpeverde ma doveva, doveva assolutamente vederlo, subito…

Camminò, camminò, e ad un certo punto… incontrò Draco, che veniva dai sotterranei.

Si bloccò, sentì un’ondata di inatteso sollievo, e gli occhi di Draco si spalancarono quando lo vide. Esterrefatti e argentati, lo fecero sorridere.

“Ehilà!”

Draco sembrava impegnato a cercare qualcosa di arguto da dire, ma ovviamente era stato colto alla sprovvista. Alla fine roteò gli occhi e si infilò le mani in tasca.

“Ehi.”

“Allora, niente serata con i Serpeverde, oggi?” indagò Harry.

Ma certo. Entra pure, fuggi e seduci Pansy. Temo di non poter venire con te, al momento sono persona non grata laggiù.

Harry optò per restare dov’era.

“Ho… uhm… litigato un po’ con Ron,” disse. “Non credo che i Grifondoro mi rivogliano lì.

“In questo caso, vai a morire in qualche angolo. Io ho in programma una serata coi cari vecchi Weasley e Granger, dato che presumo di avere ancora lo status di principe tra loro.”

“Principe delle Tenebre, forse.”

Draco sogghignò. “Personaggio reale dell’anno, a mio modesto parere.

Harry cominciò a scendere le scale, e Draco lo raggiunse.

E così adesso ti odiano tutti? Ti daranno fuoco? Ti costringeranno ad unirti ai Tassorosso perché le fiamme sarebbero troppo poco, dopotutto?”

“Sì, Draco, esattamente,” disse Harry. “E poi tutto tornerà a posto, domattina.”

Non aveva intenzione di ripetere quelle follie a Draco. Inoltre… in quel momento, di nuovo con lui, sentiva che tutto sarebbe tornato a posto la mattina dopo. Poteva perdonare Ron, perché non lo conosceva, non poteva conoscerlo, altrimenti non avrebbe mai detto una cosa tanto stupida.

“Domattina? Nel caso in cui avessi la bizzarra illusione, Potter, che percorrerò corridoi pieni di correnti d’aria con te fino al mattino, ti annuncio che resterai amaramente deluso.”

“Ok allora. Che ne dici dell’aula di Pozioni?”

Draco sorrise.

“Le voci sono tutte false,” disse.

Harry lo fissò. “Come?”

“Tutte le storie su di te, Potter. Il povero piccolo orfanello fragile e umile, che si lamenta perché nessuno lo ama. Ti aspetti che me ne vada in giro per ostili aule nei sotterranei, solo per tenerti compagnia. Ti rendi conto che sono stato allevato nel lusso più sfrenato? Che egoista.”

“Draco. Tu vivi nei sotterranei, non hai alcun diritto di parlare dell’egoismo altrui, e sono certo che non ti farebbe male passare un po’ di tempo nel… oh, insomma, in qualcosa che non sia il lusso.

Il nome di Draco gli suonava ancora strano in bocca.

“Io amo il lusso,” protestò Draco. “Io e il lusso siamo in ottimi rapporti.”

Seguì Harry lo stesso, e quando la porta dell’aula si rifiutò di aprirsi per Harry, Draco si abbassò e sussurrò qualcosa alla serratura.

“La parola d’ordine,” spiegò appena la porta si spalancò. “Il professor Snape me l’ha data quando stavo dando ripetizioni di Pozioni a Goyle.”

“Allora è così che è stato promosso,” rimuginò Harry, entrando. La stanza era molto meno sinistra quando non c’era alcuna lezione in programma. “Devi essere un insegnante fantastico.”

Draco entrò e scivolò agilmente sulla cattedra di Snape, tirando su le gambe e posando il mento sulle ginocchia. Harry non sarebbe mai più riuscito a guardare Snape preparare una pozione su quella cattedra, senza immaginare al suo posto un ragazzo biondo sghignazzante.

“Ho molte doti.”

Se lo dici tu.” Harry si appoggiò al muro accanto alla cattedra, guardando Draco mentre alzava un sopracciglio con finta indignazione.

“Saresti allibito da tutte le cose che so fare. Si fermò. “Il litigio con Weasley era su di me?”

Fu il turno di Harry di bloccarsi.

“Forse,” rispose alla fine. “Perché eri in giro, quando ti avevo detto di andare a letto?”

Draco sorrise raggiante. “Cercavo qualcuno con cui andare a letto. Dato che Harry continuò a fissarlo, sospirò e si rassegnò. “Ho litigato con Blaise.”

Harry gli rivolse un sorrisino storto, e si lasciò scivolare fino a sedersi sul pavimento.

“Il litigio con Zabini era su di me?”

Draco sospirò di nuovo, ma più drammaticamente, e scese dalla cattedra di Snape per sedersi accanto a lui, le mani sulle ginocchia.

“Forse.”

Harry guardò le ginocchia di Draco e la sua mano pallida, di un pallore disarmante contro il tessuto nero dei jeans.

“Draco…” Anche se era arrabbiato e distratto, c’era un certo fascino nell’avere il permesso di dirlo. Si tese e tirò a sé la mano di Draco dal polso.

Draco lo guardò, privo di espressione, e lo lasciò fare.

Harry si rigirò la mano di Draco tra le sue, esaminandone le nocche.

“Draco. L’hai colpito?”

Ci fu una lieve piega sulla bocca di Draco, né un sorriso né un ghigno. “Sì.”

Harry era esterrefatto.

Che aveva detto?”

“Niente che tu debba sentire,” rispose Draco, con voce finalmente seria. “Niente di vero.”

Harry guardò pensieroso la sua mano.

“Lui ti ha colpito?”

Uno sbuffo leggero. “Non credo proprio.”

“Beh… bene.” La mano di Draco non sembrava poi così danneggiata. “Non devi dirmelo, se non vuoi.”

Non gliene poteva fregare di meno degli stupidi insulti di Blaise Zabini. Ciò che importava, l’unica cosa che gli importava di quel tipo di insulti, era la reazione di Draco.

“Potter.” La voce di Draco era divertita. “Ho speranze di riavere indietro la mano?”

Le dita di Harry erano scure sulla pelle di Draco. “Non lo so.” Meditò. “Mi piace abbastanza.”

Draco rise. “Può darsi, ma mi serve per ogni genere di cose. Credo che dovrò insistere affinché me la restituisca, anche se un uncino farebbe la sua figura.

Harry aprì le dita, e Draco rimosse la mano.

“Credo che i nostri amici abbiano detto le stesse cose su noi due,” disse Harry.

Draco alzò un sopracciglio. “Se è così, il giovane Weasley mi ha sconvolto.

Harry rise. “Sei proprio un incubo.”

“Sono un Serpeverde,” rispose Draco disinvolto. “Noi siamo incubi. E usiamo anche un linguaggio che davvero non mi aspetterei da Weasley.”

“Non gli piaci,” gli disse Harry.

Draco parve lievemente preoccupato.

“Ti sto… proprio incasinando le cose, eh, Potter?”

Cosa vuoi di…”

Sarebbe meglio rinunciare a tutto, sai. A volte le cose diventano troppo problematiche,” proseguì con calma.

“No! Cioè… siamo amici. Non m’importa nient’altro. Secondo me ne vale la pena… e poi anch’io sto dando problemi a te. Harry quasi si disprezzò per aver tradito il proprio terrore in modo così lampante. “E’… è così? Vuoi rinunciare a tutto?”

Draco lo guardò riflettendo, e Harry pensò che volesse farlo davvero. Cercò di non sembrare nervoso.

Nah,” disse infine Draco. “Penso che ti terrò intorno.”

Harry non riuscì a trattenere un sorriso. Draco lo ricambiò, solo un po’, con un sorriso debole e dispettoso.

“Io non rinuncerei per nessun motivo,” gli disse Harry. “Non voglio. C… cioè… oh, lo sai, Draco.”

Draco alzò un sopracciglio.

“Oh, so tutto. Non certo grazie a te, dato che sei la persona più disarticolata che abbia mai avuto il piacere di conoscere.” Sollevò un angolo della bocca. “Bene. E’ tutto a posto.”

La scomparsa della tensione dal corpo di Draco fece capire a Harry che c’era stata. Piegò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, e Harry si chiese per un momento a chi altri fosse concesso di guardare Draco Malfoy privo di difese, che fosse distratto, sollevato o anche semplicemente stanco. Sperava che la risposta fosse a nessuno.

“Ehi, Potter.” Draco lo spinse piano. “A cosa pensi?”

La spalla di Draco era calda e solida contro la sua. Era un tocco confortante, rassicurante, perché era diverso dalla certezza assoluta che Ron sarebbe sempre stato lì per lui. Quasi tutto, con Draco, era incerto e diverso… Ma lui era, c’era, e quello doveva voler dire qualcosa.

Si girò verso Draco, la cui espressione non lasciava trasparire nulla, e gli rivolse un sorrisino dispettoso.

Perché non mi dici a cosa pensi tu?”

Draco lo guardò, il suo viso così vicino che Harry riuscì a vedere la scintilla di calore nei suoi occhi prima che diventasse un sorriso.

“Stavo pensando alla tua vita sentimentale.

Harry lo fissò e Draco rise della sua faccia.

“Ehm, cosa?”

“Beh. Ginny Weasley non è del tutto appropriata. Io dico che puoi avere qualcosa di meglio di una Grifondoro. Dovremmo trovarti una bella ragazza Serpeverde,” suggerì allegramente.

Harry roteò gli occhi verso Draco, che finse di non vederlo.

“Pansy andrebbe bene, ma non sono sicuro che ti piaccia, e poi… ti odia fino al midollo. Si fermò a pensare. “Che ne pensi di Morag?”

“Non la conosco,” rispose Harry, e Non ho intenzione di farlo mai rimase alquanto implicito.

“Potresti conoscerla. Avanti, Potter, cosa farai ogni venerdì sera?”

“Potrei stare con te.”

“Ti converrà essere molto gentile con me, se hai intenzione di uccidere la mia vita sociale.

Il che, notò Harry, non equivaleva ad un no.

“Penso che rinuncerò comunque a Morag.”

Draco sbadigliò, cercando vagamente di nascondersi dietro una mano.

“Bene. Ma non sai cosa ti perdi.” Spostò lo sguardo da Harry e sbadigliò di nuovo.

“Sei esausto.”

C’erano delle ombre sotto gli occhi di Draco, e una piccola smorfia di stanchezza sulla bocca. Era ridicolo. Avrebbe dovuto essere a letto.

“Ancora un po’.” Draco sbadigliò per la terza volta e si sdraiò sul pavimento di pietra con movimenti languidi, usando i gomiti per stendersi per bene. “Non mi lasciare a dormire qui,” ordinò. “Mai più dormite in posti senza un vero cuscino. E’ scomodo, e non penso che riuscirei a sopportare la vergogna.

Harry si stese sulla pietra accanto a lui. “Smettila di fare lo scemo,” disse. “Non c’è niente di cui vergognarsi nell’essere stanco come tutti gli altri. E hai bisogno di riposare.”

Draco aggrottò un po’ la fronte. “Non rompere, Harry,” mormorò mezzo addormentato.

Il suo respiro si fece più profondo e rallentò.

Harry lo guardò. Mi ha chiamato Harry, pensò, un po’ sorpreso.

E poi sorrise.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Lo spettatore vede meglio dei giocatori ***


Underwater Light

 

Underwater Light

 

By Maya

 

Tradotta da luciana

Beta: Vale

 

 

 

Capitolo Nove

 

Lo spettatore vede meglio dei giocatori

 

 

 

Sommario:
Vediamo della faccenda cosa pensa Hermione
Ma
i jeans di Draco sono ancora al centro della situazione!

 

 

This is your new thing now

And it makes the whole world spin

It's as least as old as sin

But not quite

This is your new thing now

And now you're turning grinning

But maybe no one's listening

And you might lose it all my darling, yes you might

[E’ il tuo nuovo giocattolino/ E fa girare tutto il mondo / E’ vecchio almeno quanto il peccato / Ma non proprio / E’ il tuo nuovo giocattolino / Ed ecco che inizi a sogghignare / Ma forse non ti ascolta nessuno / E potresti perdere tutto, amore, sì, potresti ]

 

Al cigolio della porta del sotterraneo Harry si svegliò di soprassalto, si mise a sedere e si mosse automaticamente verso Draco guardandosi intorno agitato, finché non vide il professor Lupin alla porta, piuttosto allarmato e seguito da allievi del primo anno.

Il balzo svegliò Draco, la cui testa arruffata si sollevò leggermente dal pavimento.

Lupin sgranò gli occhi quando incrociò quelli di Draco, oltre il ginocchio di Harry.

“Harry. Draco,” disse. “Ehm… che sorpresa.”

Draco guardò i ragazzini alle spalle di Lupin, che li stavano osservando con molto interesse, e cominciò a ridere fra sé e sé.

Era molto d’aiuto.

“Ehm,noi, ehm, stavamo rivedendo l’esercitazione pratica di Pozioni, e ci siamo addormentati…”

Beh, non era proprio una bugia, dato che evidentemente Lupin non credette a una sola parola.

Harry fece un gesto vago in direzione di Draco, che aveva colto l’espressione di Lupin durante le sue rocambolesche spiegazioni, ed era paralizzato dal ridere.

“Ecco, stavo scortando gli studenti in anticipo per prendere posto,” disse Lupin, ancora incerto su come reagire. “Se fate presto, riuscite a fare colazione.

“Non toglierà dei punti?” sussurrò uno del primo anno.

“Non si tolgono punti a Harry Potter,” disse un amico, scandalizzato. Harry quasi soffocò.

Guardò verso Draco, che stava praticamente piangendo dal ridere.

“Grazie, professore,” disse in fretta Harry, afferrando Draco e tirandolo su con la forza.

Lo spinse fuori dalla porta, e Lupin li guardò uscire. Harry non riuscì ad interpretare la sua espressione.

Dopo qualche passo nel corridoio, Draco dovette appoggiarsi al muro.

“La sua faccia!” esclamò debolmente. “La tua faccia… Scusa, ho bisogno di un minuto…”

Harry incrociò le braccia e gli diede cinque minuti, guardandolo con indulgenza.

“Già, molto divertente,” disse, tollerante. “Muoviti. A colazione.”

Draco si ricompose all’istante. “Non senza una spazzola.”

“Questa fissa dei capelli non è salutare, Draco. Devi mangiare di più.”

“Oh, perfetto, così sarò trasandato e soprappeso?” domandò Draco. “Sei un sadico, Potter. Esigo uno specchio.”

Si voltò e cercò di esaminarsi nel vetro della porta. Harry, alle sue spalle, guardò il riflesso di Draco.

Il suo riflesso era ancora più pallido di lui. Sembrava sveglio solo a metà, la bocca ancora morbida di sonno e gli occhi velati e foschi. 

“Tremendo,” disse Draco, guardandosi con aria furibonda.

Mmh?” Harry sbatté le palpebre. “Ti stai comportando da idiota. Il che non accade esattamente di rado, aggiungerei. Avanti. Mi rifiuto di lasciarti di nuovo saltare la colazione.

Lasciarmi?” lo rimbeccò Draco, con una voce che sarebbe stata minacciosa, se solo non avesse sbadigliato mentre parlava. “Come credi di fermarmi?”

Harry sbadigliò e appoggiò la fronte sulla spalla di Draco. Draco si rilassò un po’ e Harry gli mise i palmi delle mani sulla schiena e lo spinse con forza per il corridoio.

“Così, cervellone. A colazione. Subito.”

Draco si lamentò debolmente per tutto il tragitto. Harry continuò a spingerlo ad intervalli strategici.

Finché non si trovarono davanti Pansy Parkinson e Ron.

“… non certo più di te, Weasley, brutto zotico rossiccio,” gridò Pansy, appena prima di notare Draco e di lanciarglisi addosso. “Draco!” Allungò una mano per toccare i suoi capelli, e Draco le cinse il polso gentilmente. Allora si limitò ad indicarli. “Ma… non sono pettinati.”

Lo sguardo di accusa che rivolse a Harry gli fece credere, per un terribile istante, che stesse per domandare, Cosa hai fatto al mio bambino?

Prese a trascinarlo nella Sala Grande, chiedendogli a voce alta cosa volesse mangiare. Harry lo afferrò per un attimo. Lei si girò e gli scoccò un’occhiata velenosa, Harry la fissò gelidamente e lasciò la presa.

Ron aveva uno sguardo torvo quando entrò.

“Ho bisogno di una tazza di caffé,” si lagnò Draco. “Togliti, Pansy.”

Guardò il tavolo dei Serpeverde, incrociò lo sguardo ad occhi stretti di Blaise Zabini e si voltò di proposito verso Harry.

“Ci vediamo stasera, Harry?”

“Sì,” disse Harry. “Certo. Perfetto.”

Draco proseguì. Ron aveva l’aria di chi avesse appena morso un limone.

Dov’eri?” sibilò.

“Non sono affari tuoi,” gli rispose freddo Harry.

Ron espirò forte dal naso e incrociò le braccia. “Ascolta, io… Hermione e io abbiamo parlato. E’ stato… non dovrei accusare nessuno, senza prove.

Harry si rilassò un po’.

“Ron, tu non lo conosci.”

E fu sicuro che tutto era tornato a posto tra loro, anche se Ron fece una faccia strana e bisbigliò, “Tu sì?” mentre raggiungevano il tavolo dei Grifondoro.

Hermione e io abbiamo parlato, aveva detto Harry, ma Hermione non lasciò trasparire nulla, e gli offrì un toast.

Si chiese cosa mai pensasse di tutta la faccenda.

*

Hermione non aveva idea di come comportarsi, in una situazione così inquietante.

Era sconcertante.

Lei era abituata ad avere idee, ad essere ragionevole, a capire. Sentiva che Ron era più adatto alla parte di quello perplesso.

Ma adesso…

Era raggomitolata su una sedia davanti al camino della sala comune Grifondoro al calare della sera, e pensava a Harry.

Di rado Harry le dava da pensare. Un amico certe cose le capiva solo con uno sguardo.

Pensò al viso di Harry. Era uno di quelli che amava di più al mondo, un viso che aveva guardato così tante volte da essere pazza anche dei suoi difetti.

Per molti versi era ancora il viso di un bambino. Snello e bianco, con un’ossatura così delicata da renderlo quasi triangolare. Era un viso così aperto. Rifletteva tutto ciò che pensava.

Sorrise lievemente ripensando al modo in cui Harry si comportava con Cho Chang il quarto anno, a come arrossiva, a come mandava occhiate oblique e a come gli si annodava la lingua ogni volta che lei era nei paraggi.

Era l’opposto di Ron, che fissava esplicitamente e tirava le code di cavallo. Harry era più il tipo timido e adorante.

Il sorriso di Hermione si spense quando pensò all’espressione che Harry aveva avuto spesso, sin dal quarto anno.

Oh, Harry. Pensava di dissimulare tutto alla perfezione, quando chiunque poteva leggergli in volto quell’infelicità devastante. Anche se sapeva quanto odiava quella opprimente commiserazione, Hermione non riusciva a non cercare di stargli accanto, perché non riusciva a smettere di stare in ansia per lui. Aveva visto gli occhi di Harry divenire piatti e freddi come le lenti degli occhiali tondi che insisteva a portare. Ogni volta che vedeva quello sguardo, le si spezzava il cuore. Non voleva vederlo mai più.

Era stata così felice di vederlo contento. Ma adesso…

Hermione vedeva anche cose che non voleva vedere.

Vedeva gli sguardi tra lui e Malfoy nei corridoi, privati e intimi come un tocco. Vedeva come sembravano venirsi incontro istintivamente. Ricordava l’odio nero ed esplosivo di Harry, che eruttava in sfoghi che facevano scappare gli altri studenti a gambe levate nei corridoi, e vedeva che l’energia di quei tempi era scomparsa.

Vedeva piccole cose, come Harry e Malfoy a Cura delle Creature Magiche che dividevano un libro, lo sfioramento casuale ed esitante tra due mani, il sedersi più vicini del necessario. Vedeva le occhiate di Harry a Malfoy, come quando dimenticavano di accarezzare il libro e quello mordeva Malfoy, e lo imitava ridendo, da istrione… e lei pensava, non è normale

Proprio in quel momento entrò Harry. Hermione posò lo sguardo sul suo viso arrossato e sui capelli scossi dal vento. Lui sorrise e sparì su per le scale.

C’era qualcosa di tenero nella pelle candida di Harry: il fatto che mostrava ogni emozione. Harry non le poteva nascondere nulla, nemmeno quando lei faceva di tutto per non rendersene conto.

Si accorse, fissando il fuoco, che stava cercando di capire se Harry fosse attraente o no.

Lo amava come un fratello, quindi non aveva mai dato molto importanza alla cosa. Ma ora doveva alzare gli occhi e pensare a Harry in un contesto completamente diverso da quello a cui era abituata. Alla luce degli ultimi eventi, sentiva di dover pensare alla questione.

Harry entrò di nuovo, in pigiama, e balzò nella poltrona accanto alla sua.

Hermione decise che era piuttosto carino. Era più bello del solito con quei vestiti nuovi, e i suoi occhi splendevano di entusiasmo… ma no, il suo non era un fascino convenzionale.

Avevano stabilito una sorta di routine.

Harry rientrava ad orari pressoché assurdi e si sedeva accanto a lei, fissandola con quegli occhi euforici. Dopo un po’, Hermione si arrendeva e gli chiedeva della sua giornata.

Valeva la pena di vederlo accendersi in volto.

A quel punto si lanciava in una descrizione eccitata dell’ultima incredibile avventura che gli era capitata quella sera, disseminando intenzionalmente nel racconto frasi chiave come “e poi Draco ha detto…” Il suo sorriso durante tutta la storia era sereno e deliziato.

Era da un po’ che andava avanti così. All’inizio, Hermione era stata sollevata dalla scomparsa di quella brutta depressione. Poi aveva iniziato a pensare che quella amicizia era troppo intensa per essere salutare. E poi…

Sempre meglio dei giorni in cui Malfoy non si faceva vedere. Succedeva circa due volte a settimana e, a prescindere dall’opinione che Hermione aveva di Malfoy, odiava con tutte le sue forze vedere Harry afflosciato davanti al fuoco tutta la sera. Non faceva altro che declinare mestamente offerte di partite a scacchi o a Spara Schiocco.

Era una fregatura essere così trasparente. Rendeva troppo vulnerabili.

“Allora, Harry, che hai fatto oggi?” indagò Hermione con un sorriso rassegnato.

Harry si tirò su a sedere, tutto allegro, e le raccontò tutto con entusiasmo.

Fu un racconto lungo e coinvolgente. A quanto pareva, Malfoy aveva pensato che sarebbe stato estremamente divertente far volare un tappeto con la magia, e alla fine quello li aveva scaricati su un albero.

A quanto pareva gli indomiti rivestimenti per pavimenti erano il cavallo di battaglia di Harry. Sembrava che si fosse divertito parecchio.

Hermione notò che sembrava più piccolo quando era seduto, e più alto di quanto fosse realmente quando era in piedi. Stranamente, la sua corporatura snella rendeva possibili entrambi gli effetti.

E gli donava anche grazia, ma di uno strano tipo. A prima vista sembrava impacciato, ma poi ci si rendeva conto che aveva l’agilità di un uccellino. A prima vista o alla seconda, si restava sempre colpiti dalla totale mancanza di calcolo di ogni suo movimento.

Era un bambino anche nella spontaneità.

Si comportava da adulto solo quando era alle prese con un’emozione intensa, e allora era più saggio e più maturo di chiunque altro avesse mai conosciuto.

Gli voleva bene. Voleva bene davvero al serio, imprudente, assolutamente vulnerabile Harry, un amico che contava più di un fratello.

Dev’essere stato divertente,” disse, per assecondarlo.

Il viso di Harry risplendeva. “Già,” convenne. “E poi Draco ha detto…”

“Ehi Harry, Hermione.” Ron era ai piedi della scala. “E’ ora di andare a letto.”

Harry si alzò volentieri, mandando a Hermione il timido sorriso vi-lascio-soli. Mai era più ovvio di quando cercava di essere sottile.

Oh, ma non aveva più quell’aria solitaria e sconsolata, quando li lasciava.

Hermione era perplessa. Non riusciva a decidere cosa fosse meglio.

“Amore, sembri pensierosa.”

Hermione guardò il viso leggermente preoccupato di Ron. Era un viso dai lineamenti grandi, e pieno di lentiggini, non molto attraente per un osservatore noncurante. Ma, in qualche modo, lei aveva imparato ad amarlo.

Senza un perché, se non che non riusciva a farne a meno.

Si alzò e gli mise le braccia intorno al collo, dimenticando tutti i pensieri su Harry.

Era tutto così difficile e spaventoso negli ultimi tempi. Quella era l’ennesima cosa di cui preoccuparsi, l’ennesima minaccia a chi amava.

Affondò il viso nella spalla di Ron e cercò di non pensare a niente per un po’.

*

Il giorno dopo, le preoccupazioni di Hermione ritornarono.

A volte pensava che Ron aveva ragione: rifletteva troppo.

Era una di quelle belle mattinate grigie disegnate sulle tazze da tè. Frammenti di nuvole indugiavano nel cielo, che indossava tuttavia pallide eco della luce del sole. Il paesaggio sembrava insolitamente tranquillo.

L’aria del mattino era frizzante mentre camminavano a passo svelto verso la capanna di Hagrid, per la lezione di Cura delle Creature Magiche.

Ron e Hermione stavano mano nella mano, stretti stretti per darsi calore. Hermione offrì l’altra mano a Harry, ma proprio in quel momento si accorsero che davanti a loro c’erano i Serpeverde, che si spostavano tutti insieme verso la capanna.

Harry fece quell’irrefrenabile sorriso giovanile, e scostò la mano.

Naa,” disse.

Non si fermò neanche prima di avanzare: non finse un approccio casuale.

Muovendosi scaltramente come un serpente tra gli amici Serpeverde, Malfoy scivolò dietro al gruppo. Quello fu l’unico segno che aveva visto Harry, finché Harry non gli si avvicinò, e allora annuì rigido.

Il sorrisino di Harry fu generoso e schietto.

Dio, se erano diversi.

Hermione li osservò bene, cercando di analizzarli ancora una volta. Era difficile, perché in testa aveva un coro greco che cantava “Bastardo!” ogni volta che Malfoy era nei paraggi.

Non fece che guardarli insieme, e pensare a tutti i dettagli che aveva notato in Harry la sera prima, per confrontare le due immagini.

Uno studio in bianco e nero.

Malfoy era pallido, ovviamente. In quello somigliava a Harry. Ma la pelle di Harry era una pergamena chiara dove i suoi sentimenti erano scritti a chiare lettere.

Invece i sentimenti non riuscivano a penetrare la pelle di Malfoy… oddio, sempre che avesse mai provato sentimenti. Persino l’intensa attività fisica lo rendeva rosato, non rosso.

Non c’era niente di tenero nella sua calma serafica. Era agghiacciante quella sua abilità di essere sempre rilassato e aggraziato.

La perfezione è un tratto estremamente irritante in chi si disprezza.

Era l’antitesi di Harry, lei amava così tanto, e per cui provava quel gran senso di protezione.

Guardò storto la testa bionda che si voltò leggermente verso quella spettinata e scura di Harry. Sembrava che quel contrasto fosse intenzionale.

Bastardo! disse il coro greco. Perfino i suoi capelli sembrano avere secondi fini.

Poi Hermione vide il suo viso quando guardò Harry, e le venne in mente un’altra cosa.

Anche il suo viso era diverso da quello di Harry. Era fatto per mascherare, piuttosto che mostrare, calcoli piuttosto che sentimenti. Era un viso snello, dai lineamenti ascetici, con una bocca fatta per storcersi, un mento a punta e occhi che brillavano come il ghiaccio.

E, sì, Hermione dovette ammetterlo… era bello.

Eppure in quel momento c’era qualcosa di spontaneo nella sua espressione vagamente divertita che… le dette da pensare.

Poteva essere che non se ne fosse accorto?

Ovviamente, alcuni non se n’erano accorti. I Serpeverde non lo sapevano, infatti ultimamente non c’erano state molestie sanguinose per liberarsi di Harry. I Grifondoro erano per la maggior parte ignari di tutto.

Ron non lo sapeva, perché altrimenti avrebbe dato di matto.

Tuttavia… c’erano state delle voci al tavolo dei Corvonero, dei sussurri tra i Tassorosso, e qualche sopracciglio alzato tra i membri dello staff. E c’era lei stessa, che aveva cercato e cercato di negarlo, ma era stata costretta ad accettare ciò che era lampante.

Lo sapeva abbastanza gente da poter dire ‘Lo sanno tutti…

Lo sapevano tutti che Harry era completamente partito per Draco Malfoy.

Il povero innocente Harry, ovviamente, non ne aveva idea. Ma Malfoy…

Hermione aveva dedotto che sapeva tutto (era un tipo sveglio, il piccolo bastardo) e che stesse manipolando Harry per un suo sporco proposito.

Eppure, quello sguardo… beh, non era amichevole, ma neanche controllato. Malfoy era sembrato quasi normale, e non una persona che complottasse la rovina del prossimo.

Certo, probabilmente era proprio quello il suo obiettivo. Bastardo!

O Malfoy aveva capito tutto, e stava tramando una trappola per Harry, oppure era allegramente all’oscuro di quel gran casino.

In entrambi i casi…

“A cosa stai pensando, Hermione?” chiese Ron, cingendola con le braccia mentre camminavano insieme.

Lei girò il viso verso il suo collo per cercare conforto, assaporando il calore privo di complicazioni e la vicinanza. Alla fine rispose.

“Guai,” disse cupamente.

*

I guai possono essere più vicini di quanto sembri.

Hermione se ne accorse il giorno dopo. Era un sabato, e cominciò la giornata seduta di fronte a Harry.

Il suo sorriso smagliante Non-è-un-giorno-fantastico-per-essere-vivi-e-sul-punto-di-incontrare-Draco-Malfoy? le fece passare l’appetito.

Così come le sbirciatine costanti verso il tavolo dei Serpeverde, oltre la sua spalla.

“Oggi c’è la partita di Quidditch Corvonero contro Tassorosso,” dichiarò Harry, posando un uovo nella tazza con cura.

“Lo so,” replicò Hermione. “E’ sempre una buona occasione per averti con noi sugli spalti.”

Eccetto all’ultima partita Serpeverde-Corvonero, aggiunse tra sé e sé, quando tenesti le dita incrociate per i Serpeverde e per poco non scoppiasti di gioia in segreto, quando Malfoy (il bastardo!) ebbe preso il Boccino.

Harry arrossì: quella tinta infantile gli macchiò la pelle.

“Oh, beh… A dire il vero, visto che è l’unica partita in cui non gioca nessuno dei due, io e Draco avevamo pensato di guardarla insieme.” Si confidò. “Abbiamo fatto una scommessa.”

Oh, Harry, adorabile idiota, pensò Hermione, con un’improvvisa e dolorosa fitta d’impazienza. Potresti essere più cotto?

Potresti essere più stupido?

Malfoy entrò nella Sala Grande, con quei vestiti babbani acquistati di recente.

Harry fece cadere l’uovo dalla tazza.

“Scusa,” disse a Ron, che fissava l’uovo nei suoi cereali. “Mi conosci, sono sempre maldestro.”

Sì, pensò Hermione con sarcasmo. Sei la nostra star del Quidditch davvero scoordinata. Poveri noi.

Hermione proprio non capiva perché facesse tante storie. Certo, Malfoy era slanciato nei suoi jeans babbani, e la camicia bianca col collo aperto mostrava un po’ più di petto, ma era pur sempre il re del Bastardshire.

Malfoy vide Harry e gli concesse un altro di quei freddi assensi.

Oh, guarda com’è assalito dai sentimenti, pensò Hermione. Bastardo!

Il sorriso di Harry fu semplice e gioioso.

Non se ne accorge nemmeno, rifletté Hermione quando vide Harry prendere un toast e spalmarci sopra la marmellata di lamponi soprappensiero, proprio come Malfoy al tavolo dei Serpeverde.

Harry sembrava troppo concentrato a guardare Malfoy mangiare per accorgersi di ciò che stava mangiando. Hermione dette un’occhiata e vide Malfoy sogghignare e conversare animatamente con Blaise Zabini, agitando il toast in aria con fare melodrammatico. Quindi vide il riflesso fioco dell’espressione di Malfoy sul viso di Harry, che baluginava come i raggi del sole sull’acqua. Stranamente sembrava pura, filtrata da quei lineamenti così diversi.

Dio, Harry. Hai idea di cosa stai facendo? Non ricordi che suo padre era un Mangiamorte? Lucius Malfoy non è morto per la nostra causa. E’ stato punito per doppio gioco dal suo amato Signore Oscuro. Era un Mangiamorte assassino a sangue freddo, fra i peggiori della sua categoria. E suo figlio è proprio come lui, solo che si trova dalla nostra parte per la sua dolce vendetta, e non possiamo permetterci di fidarci di uno così… specie di questi tempi.

E tu ti dovevi innamorare del bastardo.

*

Fu durante la partita di Quidditch che Hermione ebbe la netta e sgradevole certezza che il disastro stava per abbattersi su di loro.

I Tassorosso e i Corvonero stavano giocando davvero bene, e gli studenti si stavano godendo la suspense dovuta all’assenza di Harry Potter, che giocava meglio di tutti, e di Draco Malfoy, che imbrogliava meglio di tutti.

La giornata era luminosa ed estiva, e la partita andò avanti piacevolmente per gran parte del giorno, fino a quando il sole scivolò dietro l’orizzonte e il cielo diventò viola.

Hermione si stava quasi divertendo, appoggiata ad un Ron entusiasta, impegnata a guardare la partita con il sole che le accarezzava le spalle nude.

Quasi.

Se non fosse stato per lo spettacolo dei due ragazzi accanto al campo da Quidditch.

Non erano sugli spalti. Ron non l’avrebbe sopportato, e (Hermione controllò gli sguardi biechi di Pansy, Zabini, Tiger e Goyle) i Serpeverde avrebbero squarciato Harry da parte a parte.

No, stavano appena fuori dal campo, vicino alle panchine dove i giocatori tenevano gli asciugamani e dove stavano sedute le riserve. Malfoy era appoggiato all’indietro sulle mani, le gambe tese e le caviglie incrociate, il viso alzato verso il cielo. Harry aveva le braccia incrociate attorno alle ginocchia e gli occhi fissi sulla partita.

Errore, gli occhi generalmente fissi sulla partita. Hermione notò che la sua concentrazione, ogni tanto, dava forfait.

Ad esempio quando Malfoy sventolò una bandiera immaginaria e strascicò, “Forza Corvonero. O quando Malfoy si stiracchiò languidamente, o scosse la testa così che le ciocche dei suoi capelli sfolgorarono nel sole.

Gli occhi di Harry si staccavano dalla partita senza che potesse farci niente, guardavano e fuggivano. Non sembrava neanche accorgersene. Ma Hermione se n’era accorta, eccome. Ed era anche disgustata.

Si chiedeva di cosa stessero parlando, così mormorò una scusa a Ron e raggiunse senza fretta un punto degli spalti dove poteva spiarli in modo discreto. Sapeva che era poco etico, ma… era disperatamente preoccupata per Harry! Doveva scoprire cos’aveva intenzione di fare Malfoy con lui.

Nel momento esatto in cui iniziò ad origliare, la folla esplose in una ola.

Hermione decise che era la Vita.

Alla fine riuscì a distinguere una certa voce odiosa.

“Hanno vinto i Corvonero! Mi devi cinque lecca-lecca al sangue.”

Hermione, per un terribile istante, pensò si trattasse di un doppio senso.

“Trionfa finché puoi, Draco,” disse la voce di Harry. Hermione bruciò quando sentì quella voce, quella voce dolce e mite, giusto un pizzico più profonda di quella che ci si aspetterebbe da un viso così giovane, rivolgersi a Malfoy come a un amico. “La prossima settimana ti userò per pulire il campo.

“Provaci, e ti tratterò con l’odio più assoluto per l’eternità.

Ecco, ci siamo. Ricatto emotivo.

Hermione strinse i pugni sentendo l’improvvisa vibrazione d’incertezza nel tono di Harry.

“Davvero? Per…”

“Per l’eternità,” lo imbeccò Malfoy. “Perciò ti conviene non rivolgermi la parola per… oh, tre giorni.

Hermione fu allarmata dal sentirli ridere entrambi: la risatina odiosa di Malfoy si unì al ridacchiare di Harry.

Comunque,” continuò Malfoy, “stavolta vincerò io. Vedi, questo tuo flusso interminabile di vittorie non è stato, come alcune teste di legno nel pubblico avranno pensato, un’offerta di compassione al tuo cuore abbattuto. In verità è stato tutto un astuto piano dei Serpeverde per far sì che ti cullassi in un finto senso di sicurezza. E ora che è successo…”

“Draco, smettila di delirare. Che ore sono?”

Il pigro e inequivocabile affetto nel tono di Harry fece sì che Hermione li guardasse con ira protettiva. Strinse gli occhi, quando si posarono su Malfoy.

Se mai un ragazzo si era meritato un altro ceffone…

Poi sgranò gli occhi allarmata.

Harry si era sporto con disinvoltura per guardare l’orologio di Malfoy, appoggiandosi con una mano alla sua spalla.

Malfoy si era voltato e inclinato verso Harry per dirgli l’ora.

I loro volti finirono a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro.

Il cuore di Hermione le si bloccò nel petto con puro terrore.

I loro profili si stagliavano contro il cielo violetto. Riusciva a scorgere la pallida luce che risplendeva sui capelli lisci di Malfoy, e la graduale sfocatura degli occhi verdi di Harry.

Sembrava che avesse smesso di respirare. La sua mano non afferrava più la spalla di Malfoy, ma era solo posata lì, con le dita attorcigliate ai suoi capelli. Hermione vide il tremolio delle labbra e delle ciglia di Harry, vide l’esitazione trasformarsi in consapevolezza…

Se si fosse mosso leggermente, avrebbe sfiorato la bocca di Malfoy con la sua.

Malfoy era aristocratico e immobile come sempre. Si voltò via, controllando di nuovo l’orologio.

“Sono le sei e un quarto.”

Harry si ritirò, e quel momento in cui si era quasi accorto di tutto si dissolse. La sua mano restò un attimo di troppo sulla spalla di Malfoy.

Malfoy la guardò, quelle dita che gli toccavano i capelli, e Hermione pregò per un segno che lasciasse intendere che almeno lui aveva capito…

“I miei capelli sono di nuovo troppo lunghi,” commentò vago. “Orrendi.”

Hermione sentì delle braccia scivolarle attorno alla vita, e trattenne eroicamente un grido di allarme.

“Eccoti qui,” disse Ron alle sue spalle. “Ti stavo cercando.” Le strofinò il naso sul collo. “Allora, dimmi, quando accadranno questi guai di cui parlavi?”

Hermione si appoggiò alle sue braccia per sicurezza, anche se la sua mente era ancora impegnata ad esaminare varie possibilità.

Harry e Malfoy si stavano alzando. Vide Malfoy girarsi verso di loro e guardarli con occhi grigi e freddamente diffidenti.

Harry, ovviamente, non aveva occhi che per lui.

Cosa significava quello sguardo? Cos’aveva intenzione di fare, Malfoy? Presto o tardi Harry l’avrebbe scoperto, e allora…

Hermione ripensò a Cho Chang. Harry era stato molto nervoso prima di invitarla al ballo, ma alla fine ce l’aveva fatta. Una ragazza carina, popolare, più grande… una che molti ragazzi non si sarebbero nemmeno sognati di invitare.

Non che Harry fosse sicuro di sé… era che non poteva fare a meno di inseguire ciecamente ciò che voleva. Non poteva fare a meno di desiderare qualcosa con tutto il cuore.

La questione non era cosa avrebbe fatto Harry. Ma Malfoy... gli avrebbe semplicemente spezzato il cuore, o aveva forse un progetto ancora più sinistro?

Hermione si ricordò di Lucius Malfoy, e rabbrividì.

“Non ti preoccupare, Ron.”

Posso farlo io per entrambi.

*

Hermione capì che quella riunione del Club dei Duellanti sarebbe stata diversa dalle altre quando fu chiesto a tutti loro di presentarsi in abiti casual babbani.

I suoi sospetti furono confermati quando entrarono e videro la stanza piena di materassini. E quando, all’inizio della lezione, a Lupin si unì Sirius, a cui in genere non era permesso avvicinarsi ai Serpeverde.

Hermione notò una certa quantità di battiti di ciglia tra le ragazze, quando videro Sirius. Il loro nuovo professore, ora che poteva accedere a bagni e pasti regolari, era davvero molto attraente, e il suo oscuro passato, nonché la motocicletta volante, non facevano affatto male.

Hermione pensò che era ridicolo. Sirius Black era quasi un padre.

No… non era vero, giusto? Harry sarebbe stato molto più in forma, se Sirius Black avesse avuto l’atteggiamento di un padre.

Voleva bene a Harry, questo Hermione non l’aveva mai messo in subbio. Avrebbe sacrificato la vita per lui in un attimo: stava combattendo quella guerra con determinazione per salvare Harry ad ogni costo. Era nato per gesti drammatici come omicidi per vendetta, evasioni dalla prigione e adozioni impulsive.

Ma non era nato per la vita di tutti i giorni. Non sapeva come prendersi cura di un bambino né come dimostrare la considerazione e l’affetto che irradiava sempre il professor Lupin, più stabile. Era volubile e inattendibile di natura, il ragazzo che aveva quasi ucciso Snape, e dodici anni ad Azkaban avevano solo esasperato quelle qualità.

Semplicemente, non era il padre di Harry. Non poteva farci niente. E Harry non riusciva a non starci male.

Hermione vide lo scambio di sorrisi fra loro, e pensò che Sirius era stato tanto impegnato da non aver avuto il tempo di assorbire la situazione tra il suo figlioccio e Draco Malfoy.

Chiaramente, neanche Harry.

Ma era solo questione di tempo.

Gli occhi di Hermione si strinsero quando Draco Malfoy e i Serpeverde arrivarono al Club dei Duellanti. E lo stesso fecero, notò agitata, quelli di Sirius.

*

Harry sorrise, scosse la testa e disse col labiale Sei in ritardo, quando Draco entrò nella stanza.

Draco roteò gli occhi verso di lui e continuò a discutere con Blaise Zabini, che sembrava convinto che una maglietta aderente lucida si potesse definire casual.

Ovviamente il fastidioso Draco si era messo dei vestiti del tutto appropriati: una t-shirt bianca sbiadita e pantaloni da combattimento neri, che (notò Harry) furono presto adocchiati dalla piccola Natalie MacDonald.

“Siete in ritardo, Serpeverde,” osservò Sirius, gli occhi ridotti a fessure scure.

Harry si preparò ad un’allegra rimozione di punti in massa. Draco rivolse a Sirius un’occhiata gelida.

“Faremmo meglio ad iniziare, allora,” s’intromise gentilmente Lupin. “Ragazzi, il professor Black ha accettato gentilmente di mostrarvi alcune tecniche di lotta di cui, lo confesso, non m’intendo molto. Suppongo che sappiate ben poco dei combattimenti corpo a corpo?”

Ron, che viveva con cinque fratelli più grandi, sbuffò, e si guadagnò un sorriso ironico prima che Lupin proseguisse.

“Credo sia un’abilità molto importante da acquisire. Potrebbe essere decisiva in un duello. Se voi e il vostro rivale doveste disarmarvi contemporaneamente, sarebbe cruciale per la sopravvivenza. Spero che presterete la massima attenzione e che farete del vostro meglio, quando vi sarà chiesto di duellare.

“Io ho imparato queste cose a scuola,” esordì Sirius, sorridendo malizioso a Harry in particolare. “Potete farlo anche voi.”

La maggior parte dei presenti ricambiò il sorriso.

“Meraviglioso,” disse Draco, non proprio sottovoce. “La guerra contro le forze del male si è ridotta a una rissa da bar.”

Blaise Zabini ridacchiò, Lupin scelse saggiamente di non sentire e Sirius strinse di nuovo gli occhi.

“Sapevo di dovermi aspettare quel genere di commento, dal figlio di Lucius Malfoy.

Draco alzò il mento e assunse quell’aria superiore che solo a lui veniva così bene. “Esatto.”

“Bene, sono sicuro che ha un sacco di trucchi sporchi pronti per le emergenze,” disse cupo Sirius, “ma, se non le dispiace, credo di avere ancora qualcosa da insegnarle.”

Si era girato, mettendosi una mano tra i capelli neri con inutile vigore, quando tutta la stanza sentì Draco sussurrare non abbastanza piano:

“Ne dubito.”

Harry cercò di intercettare gli occhi di Draco, gli occhi di Sirius, di chiunque, ma erano occupati a guardarsi in cagnesco.

“Perfetto,” disse Sirius a denti stretti. “Visto che lei è così esperto, signor Malfoy, forse vorrà proporsi volontariamente come mio assistente?”

Lupin tossì in modo urgente, e fu completamente ignorato.

“Sarebbe un piacere,” ribatté Draco.

Harry guardò Sirius angosciato. Sapeva di non potersi fidare del temperamento di Sirius quando era seccato… l’anno prima aveva dato un pugno al professor Snape.

“E’ sicuro?” chiese Sirius. “Potrei scompigliarle i capelli.”

I suoi occhi guizzarono con disprezzo appena velato sui capelli di Draco, che gli sorrise tranquillo.

“In quel caso dovrei ucciderla.”

Sirius storse le labbra.

“Bene, ragazzi,” annunciò. “Guardate con attenzione, per favore. Le assicuro,” aggiunse rivolto a Pansy, che era aggrappata al gomito di Draco, “che non farò molto male al signor Malfoy.”

“Ne sono certo,” replicò Draco, scrollandosi di dosso Pansy e spostandosi di buon grado verso il materassino dove si trovava Sirius.

Ron mormorò sentiti ringraziamenti al fato. Harry dovette resistere all’impulso di trascinare via Draco e di non lasciarlo andare prima di avergli messo un po’ di sale in quella sua zucca dura.

“Lei è anche il favorito di Snape,” disse Sirius, occhieggiando Draco con crescente disprezzo. “State bene attenti mentre circondo il giovane signor Malfoy…”

“Il professor Snape è l’insegnante migliore che abbia mai avuto,” rispose austero Draco. “E’ davvero un esempio per i suoi colleghi.

Sirius strinse i denti con un clic.

“Prego, stia attento, signor Malfoy,” disse. “Sono stato in prigione per un bel po’. Si imparano dei bei trucchetti.”

“Sì, ne ho sentito parlare,” disse Draco. “Scommetto che ha combattuto con i ragazzini anche lì. Stia attento a dove mette le mani.”

“Draco,” disse severo Lupin, circondato da sibili nella stanza.

Sapevano tutti che il professor Black non era esattamente un insegnante convenzionale, ma la cosa stava andando troppo oltre. Harry tenne a bada fieramente l’impulso di trascinare via Malfoy.

Sirius attaccò.

Nonostante fosse furioso, non avrebbe mai fatto del male ad uno studente. Harry lo vide controllarsi mentre si lanciò, muovendosi con l’intenzione di togliergli il fiato e di immobilizzarlo, piuttosto che colpirlo. Sirius fu veloce e agile come Harry aveva immaginato.

Ma Harry non aveva pensato al fatto che Draco non aveva simili scrupoli, e che era rapido come un serpente.

Sferrò un colpo. Sirius barcollò all’indietro.

La classe trattenne il respiro all’unisono.

Con i capelli scompigliati sul viso furioso, Sirius balzò su Draco, gli afferrò il braccio, Draco lo guardò torvo con aria di sfida, sarebbe bastato torcerlo e Harry sarebbe stato costretto ad alzarsi e a gridare…

“Sirius!” Fu l’avvertimento del professor Lupin. “Forse sarebbe meglio disporre in coppie gli studenti, e istruirli passo dopo passo.

L’ira balenò sul volto di Sirius, ma lasciò andare il braccio di Draco.

“Va bene,” disse a denti stretti. “Harry… perché non prendi lui?”

“Con piacere,” rispose in fretta Harry. Saltò su e prese il braccio di Draco, tirandolo via da Sirius. “Lo sai, vero, quanto riesci ad essere incredibilmente stupido?” gli disse nell’orecchio.

Draco sembrava offeso, e Sirius, dopo averli squadrati incredulo, parve oltraggiato.

Quindi si mosse per sistemare gli altri in coppie.

“Ron e Hermione, voi due insieme, Neville e… Millicent, perché no, Neville, non piagnucolare… Il primo che riesce a mandare l’altro al tappeto per cinque secondi vince.”

Draco lo guardò, gli occhi simili a fessure grigie di ghiaccio.

“Detesto quell’uomo,” dichiarò a voce alta.

“Stai zitto,” disse Harry. “Stiamo parlando del mio padrino.”

Si allontanò da Draco e si affrontarono sul tappeto.

Gli studenti erano disposti a coppie per tutta la stanza. Hermione stava ridendo di Ron, che fingeva di lottare contro di lei. Blaise Zabini stava gridando qualcosa a Pansy, che lo teneva in una presa di testa.

Harry attaccò debolmente Draco, e Draco si spostò di lato senza perdere un secondo.

“Il professor Snape mi ha raccontato tutto ciò che gli ha fatto,” disse, accigliandosi e sferrando un colpo che Harry evitò solo grazie all’agilità di Cercatore.

“Era uno scherzo!”

Draco lo guardò perplesso. “Bello scherzo,” disse alla fine. “Il tentato omicidio non mi sembra così divertente. Sapeva maledettamente bene cosa sarebbe successo, se un lupo mannaro si fosse trovato davanti il professor Snape. E quel licantropo era anche suo amico.”

Harry si fermò e Draco lo colpì quasi. Non aveva mai pensato all’azione di Sirius come a un tradimento nei confronti di Lupin.

“Beh…” disse. “Se ha fatto degli sbagli li ha pagati, non credi? Dodici anni ad Azkaban pagano per qualsiasi cosa, secondo me.

Draco aggrottò la fronte, ma non rispose. Harry approfittò del vantaggio.

Non è che il professor Snape non abbia fatto gravi errori, a suo tempo. Ma ha pagato, e ora è tutto a posto. E’ così che va la vita. Fai uno sbaglio e poi rimedi… e la gente ti perdona.

Draco sorrise brillantemente e cercò di fare uno sgambetto a Harry.

“Sì? E tu quando mai hai fatto uno sbaglio, Potter?”

“Io… ti ho fatto andare a colazione coi capelli spettinati.”

E non potrai mai rimediare a quello. Vade retro, Satana!”

Harry sorrise e cercò di afferrare il braccio di Draco.

E’ il mio padrino… gli voglio bene. Perché non gli dai una possibilità?”

Draco strinse le labbra. “Non sono sicuro di credere nelle possibilità. Non me ne hanno mai offerte molte.”

Harry si bloccò e lo guardò serio. “Io… io te la darei.”

Se ricordo bene, l’hai già fatto.” Ricambiò la sua espressione allarmata con un sorriso attraente. “Ma d’altronde, tu ti fidi troppo.”

Draco gli si gettò addosso e lo placcò sul pavimento.

Harry finì steso sulla schiena con Draco addosso, e doveva averlo colpito piuttosto forte, perché gli mancava il fiato. Respirò a fondo, stordito, lasciando passare i secondi. I capelli e il respiro di Draco gli sfiorarono appena la pelle.

I capelli di Draco erano circondati da un’aura per la luce alle sue spalle. Sorrise dispettoso a Harry, un sorriso luminoso e sfuggente come un brivido. Quindi puntò i gomiti sul petto di Harry, e cambiò posizione per alzarsi.

“Troppo facile, Potter.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** L'ultima prova ***


Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

Sommario: Sia Ginny che Harry hanno ansia di amare
Hermione ancora non sa cosa fare
Draco è bellissimo, questo è normale
Ma poi questi sommari che li scrivo a fare?

Capitolo Dieci

L’ultima prova


Le siepi torreggianti proiettavano ombre nere sul sentiero, e, fosse perchè erano così alte e fitte o perchè erano state stregate, il fragore della folla circostante svanì nell’istante in cui misero piede nel labirinto. Harry si sentì quasi di nuovo sott’acqua.
- Harry Potter e il Calice di Fuoco

 

Try to keep it clear

But I'm losing it here

To the twilight

There's a dead end to my left

There's a burning bush to my right

You aren't in sight

You aren't in sight


[Cerco di tenere tutto a mente / Ma sto per perdermi / Al tramonto / C’è un vicolo cieco alla mia sinistra / E una siepe in fiamme alla mia destra / E non ti vedo / Non ti vedo ]

 

Harry era a letto e non riusciva a dormire.

Avrebbe voluto attribuire quell’inquietudine al tempo, o qualcosa del genere, ma era una dolce notte d’aprile. Il problema, chiaramente, era quello.

Avrebbe voluto che ci fosse Draco.

Era convinto che la terza prova sarebbe andata benissimo. Sapeva che erano state prese misure speciali. Sapeva che Voldemort non era così stupido da fare una cosa tanto prevedibile come catturare Harry durante la prova. Sapeva che non c’era nessun altro campione di Hogwarts quell’anno, nessuno da… nessuno che potesse…

Uccidi l’altro.

Harry aveva visto altre persone morire, da allora. I Dissennatori e gli orchi avevano cercato di irrompere sul binario 9 e ¾ alla fine del quinto anno, e due genitori erano rimasti uccisi. Gli studenti erano arrivati dopo la battaglia, ma Harry ricordava ancora quelle sagome afflosciate sulla piattaforma. Riusciva ancora a sentire le grida di dolore e di terrore, Neville Paciock che vomitava, Ginny che non riusciva a smettere di tremare. Ricordava ancora quanto gli erano sembrate distanti quelle morti, quanto poteva essere impersonale quella tragedia, e così quella successiva, e quella dopo ancora…

Ma la morte di Cedric era stata la prima. La morte era qualcosa che faceva crescere molto più delle avventure di cui si vantavano gli altri ragazzi. Era la consapevolezza dell’esistenza di un universo indifferente, e non la carne di un’altra persona, a marcare il passaggio verso ciò che un giorno si sarebbe potuto chiamare età adulta, ma che per ora sembrava più disperazione.

Harry si svegliava ancora urlando, a volte.

Aveva lasciato aperte le tende intorno al letto e, nel tentativo di distrarsi dal letto vuoto di Seamus di fronte al suo, guardò fuori dalla finestra.

Era solo un’apertura verso il buio.

Sarebbe andato da Draco, ma Draco era fuori in quel buio. Era il suo turno di custodire le entrate con Terry Boot. Era il posto più pericoloso, e di solito lo controllavano gli insegnati, ma Draco e Terry si erano offerti volontari. Harry e Draco ci avevano anche litigato, ma lui era stato molto deciso.

Smise di sbirciare fuori nella notte nera, si guardò intorno agitato nella stanza e vide Draco entrare furtivamente dalla porta.

Si tirò a sedere sul letto, incapace di trattenere il sorriso nonostante lo shock.

“Draco!”

“Shh,” disse Draco severo, fermandosi sulla soglia. “Se qualcuno mi scopre sono guai, ok? Non tutti siamo abituati a strisciare nei corridoi di notte.”

Harry alzò un sopracciglio. “A me sembra che te la stia cavando bene. Pensavo fossi fuori a controllare le entrare con Terry Boot.”

“Lo stimato Caposcuola ed io siamo stati sollevati dall’incarico alle due,” lo informò Draco. “Ho intuito, di certo grazie alle mie doti psichiche di proporzioni incredibili, che ti stavi comportando da idiota e che saresti rimasto sveglio tutta la notte. La sola idea di una tale stupidità mi irritava così tanto che non sarei riuscito a dormire, così, prima di andare a letto, sono venuto in persona a prenderti a pugni finché non svieni.”

“Oh, capisco.” Harry cercò di non allargare ulteriormente il sorriso, con uno sforzo non indifferente.

Il mantello nero di Draco rendeva il suo viso bianco alla luce della luna, il cappuccio gettato all’indietro a mostrare i suoi lineamenti pallidi e puliti e i suoi capelli, tra cui erano intrappolate delle gocce di pioggia.

“Se Weasley si sveglia mi ammazza,” commentò con noncuranza.

“Possiamo andare nella sala comune,” decise Harry, togliendosi di dosso le coperte e ringraziando il cielo per non aver scelto di mettersi il suo vecchio pigiama preferito che era sfuggito alla campagna di distruzione di Draco. Invece si era messo il pigiama che Draco aveva selezionato durante il loro piccolo festival dello shopping perché… ecco, gli aveva ricordato quel giorno, e la cosa gli aveva dato un po’ di conforto.

Ma mai quanto questo.

*

Gli ultimi resti di brace ardevano nel camino della sala comune, e la notte sembrava un po’ meno minacciosa e più consolante.

Draco emise un leggero sospiro di sollievo e si buttò sul divano più grande e lussuoso. Nella luce rossa soffusa, sembrava un bambino stanco.

“E’ stato duro il turno di guardia?” chiese delicatamente Harry, prima che Draco potesse parlare d’altro. “Sai, potrei…”

“No,” disse Draco deciso. “Non puoi accompagnarmi col tuo maledetto Mantello dell’Invisibilità.”

“Non puoi dirmi cosa fare!”

Draco sorrise appena. “Io no, ma il professor Lupin sì… e credo che l’abbia fatto. C’è un motivo per cui la chiamano posizione di responsabilità, sai? E poi non ha senso far stancare anche te, e dovresti sapere perché.” Lo guardò accondiscendente. “Anche se il buonsenso non è mai stato il tuo forte.”

Harry si piegò e gli diede un leggero pugno sul braccio.

“Creatura insensibile,” lo rimproverò Draco. “E pensare che sono stato in piedi metà notte per il bene della causa.” Abbandonò il tono ironico. “Vieni qui, stupido idiota, e raccontami i tuoi problemi. Non dormirò finché non lo farai tu.” Sgranò gli occhi. “E potrei ammalarmi se non dormissi.”

In uno dei suoi momenti di minor saggezza, la settimana prima, Harry aveva detto a Draco che si sarebbe ammalato, se avesse saltato altri pasti. Draco si era leggermente offeso, e ora tirava fuori l’argomento della sua salute cagionevole per riuscire a ottenere ciò che voleva circa una volta all’ora.

Harry finse di guardarlo male e scostò il mantello di Draco mentre prendeva posto sul divano occupato da lui.

“Sono certo che i tuoi fini sono del tutto egoisti.”

“Sempre,” lo rassicurò Draco. “Adesso parla, e fai in fretta. Non lo sai che sono fragile?”

Il suo sguardo era sveglio e fermo. Harry conosceva Draco: non avrebbe mollato la presa.

“Non so,” disse. “E’ che continuo a pensare all’ultima volta. A…”

“Al Signore Oscuro?” chiese Draco.

“No… a Cedric.” Faceva ancora male pronunciare il suo nome.

Sentì Draco irrigidirsi contro di lui, con un’espressione lievemente sorpresa in viso.

"Allora è questo quello che ti fa soffrire di più. Ma io credevo che…” Si bloccò, e sorrise con una traccia di sforzo. “E’ proprio da te, Potter.”

“Non so cosa intendi.”

Draco aveva inclinato la testa all’indietro, e stava studiando il soffitto. “No?”

“Non sono un eroe altruista,” esclamò Harry infastidito. “Io… certo che ricordo il resto. Ero un bambino, spaventato a morte, e quando usò la Maledizione Cruciatus…”

Gli occhi di Draco tornarono di scatto sui suoi.

“Quando usò cosa?”

Harry fissò gli occhi sulle braci e cercò di scacciare l’emozione dalla propria voce. Non voleva perdere il controllo… non voleva mettere in imbarazzo né se stesso né Draco.

“Ho ancora… Ho ancora la cicatrice nel punto in cui Codaliscia mi tagliò il braccio,” disse, arrotolandosi la manica del pigiama. “Non ho voluto che me la togliessero. Sembrava… sbagliato fingere che non fosse mai stata fatta.”

Draco guardò il marchio in silenzio, con gli occhi che brillavano di luce fioca. Si sollevò su un gomito, si sporse e lo toccò leggermente. Fu solo uno sfioramento di dita, ma sembrò una carezza.

Harry si voltò di nuovo verso il fuoco quasi spento, e parlò a bassa voce della risurrezione, del duello, dei suoi genitori e del tradimento finale di Moody.

“Hagrid disse che sarei tornato a star bene,” gli disse.

La voce di Draco era calma e bassa. “Ed è così?”

“Draco, come faccio a saperlo? Ci sono giorni in cui penso di no.” Tornò con lo sguardo su Draco, che era steso all’indietro e che gli tirava il braccio, e sentì la propria voce ammorbidirsi involontariamente. “In questo momento forse sì.”

Sospirò per lo stento, l’antica tristezza e il sollievo, e si allungò accanto a Draco. Draco era caldo e si spostò più a lato per fargli spazio, sbadigliando dalle parti del suo orecchio.

“Grazie,” mormorò Harry. “Per essere venuto. E… beh, per tutto.”

“Oh certo,” rispose asciutto Draco. “Tutto. Perché sono stato di grande aiuto quando stava succedendo, vero?”

Harry aprì gli occhi per guardarlo, e i suoi occhiali toccarono il lato del viso di Draco. Se li tolse e Draco divenne solo l’immagine sfocata di un bambino assonnato, e non riuscì a distinguerne lo sguardo freddo.

Si ricordava chiaramente cosa gli aveva detto sull’Espresso di Hogwarts alla fine del quarto anno.

“Beh, adesso hai scelto anche tu il partito sbagliato.”

“E tu hai iniziato a scegliere le amicizie più attentamente,” ribatté Draco, e rise un po’ amaramente. “Ho passato anni ad arrovellarmi per trovare le cose che potessero farti più male. Non… non m’interessava proprio nient’altro, e non sapevo che avevi sopportato così tanto che avresti a malapena notato un bambinello isterico.”

“Oh, ti ho notato. Ti ho sempre notato.” Harry si fermò. “Sei piuttosto... difficile da ignorare.”

“Lo so,” disse Draco con una traccia di vanità.

“Perché sei una peste assolutamente velenosa, ovviamente.”

“Ovviamente.” La voce di Draco si fece decisamente orgogliosa. “Sono un Serpeverde.”

Harry sentì sul viso il movimento della mandibola di Draco, quando sogghignò.

“Comunque…” disse. “Dicevo sul serio. Grazie per essere venuto stasera.”

“Ti senti proprio la centro dell’universo, eh Potter? E’ solo successo che fossi annoiato.” Draco a quel punto lo toccò sul braccio, nel punto esatto in cui, sotto la manica, c’era la cicatrice. Il fatto che sapesse esattamente dov’era rese quel secondo tocco ancora più simile a una carezza.

Era così vicino a Draco che riusciva a vederlo senza occhiali: aveva gli occhi chiusi, la guancia poggiata sul cappuccio nero. Fu stranamente contento quando Draco non tolse la mano.

“Notte, Draco.”

“Oh, e così dovrei dormire qui, adesso?” domandò Draco, fingendo molto bene di essere oltraggiato. “Lo sai che sto iniziando a dimenticare che forma ha il mio letto?”

“Notte, Draco,” ripeté serenamente.

Ci fu una pausa. Draco non tolse ancora la mano.

“Notte, Harry.”

*

Quando Harry si svegliò era solo. Salì le scale e si vestì in fretta, col terrore di svegliare qualcuno. La loro ovvia preoccupazione (per lui, per la prova) gli faceva aggrovigliare l’intestino per l’ansia. Voleva raggiungere al più presto la Sala.

Fu solo mentre scendeva di corsa le scale che gli venne in mente che Draco non ci sarebbe stato. Gli ci volevano sempre almeno tre quarti d’ora per scegliere i vestiti e aggiustarsi i capelli.

Draco lo stava aspettando davanti alla porta della Sala Grande. Di certo non si era cambiato. Si era spazzolato i capelli, ma d’altronde se li sarebbe spazzolati anche prima di essere scortato al patibolo.

“Sei arrivato presto.” Per me. Harry sorrise.

“Per il caffè,” Draco inalò. “Non ho dormito affatto bene.”

“Certo.”

“Peste.”

Entrarono nella Sala. Il sollievo di Harry fu enorme. Se quello poteva essere così diverso rispetto al quarto anno… forse tutto sarebbe potuto essere diverso.

Stava per proporre di prendere un toast e andare a fare un giro intorno al lago, quando Draco lo tirò per il braccio e lo portò al tavolo dei Serpeverde.

“Non mi siederò qui, Draco.”

“Te l’ho chiesto?”

Draco impilò metodicamente due piatti e riempì due tazze di caffè. Quindi si spostò verso ciò che pareva, e in effetti era, un muro spoglio alla fine della stanza. Scivolò sul pavimento e vi si appoggiò.

Guardò in su e Harry non poté far altro che ridere di gusto.

“Sai,” disse, sedendosi in modo più pacato, “non mi piace il caffè.”

Draco lo guardò minaccioso.

“Lo so. Ho mai detto che il caffè è per te?”

“Ci sono due… oh, lascia stare.”

“Bravo. E niente più chiacchiere sulla caffeina da parte tua.” Draco spinse il piatto verso di lui. “Mangia, adesso. Immagina i titoli sui giornali se svenissi nel bel mezzo della prova.”

“Oh, mangia tu,” disse Harry. “Non sono io quello pallido e delicato.”

“Chiudi il becco, piccolo orribile Grifondoro. Mangia e smettila di preoccuparti per inezie come uno stupido Torneo. Non può certo essere importante quanto il mio progetto di Magia Creativa.”

Draco sollevò il mento. Harry sorrise dietro una mano.

Era stato annunciato che il progetto di Magia Creativa sarebbe stato decisivo per la valutazione ai M.A.G.O. di Magia Creativa, e Draco era completamente impazzito. Un giorno il pavimento della sua stanza era stato completamente tappezzato di progetti accartocciati.

“Sono certo che sia cruciale.”

Draco lo colpì forte alla caviglia. “Lo è. E se il mio progetto fosse bocciato? In quel caso quasi certamente sarei bocciato all’esame, e allora… morte e rovina! Mia madre non accetterà mai come figlio un abietto fallimento accademico. Potrei essere costretto a diseredarmi da solo.” Gli diede un altro calcio. “Prova ancora a darmi fastidio. Ti decidi a mangiare?”

*

Era tutta la mattina che Ginny cercava di raccogliere il coraggio per augurare buona fortuna a Harry.

Poteva essere importante. La prima volta che l’aveva baciata, l’anno prima, era stato quando lei gli aveva fatto i complimenti dopo una rissa.

Si era pettinata i capelli centinaia di volte quella mattina, e aveva scelto i vestiti più belli. Pianificava di tendersi, prendergli la mano e parlargli a colazione.

Harry era timido… ma avrebbe certamente colto il messaggio.

Quando scese, però, Harry non era al tavolo dei Grifondoro. A quanto pareva, lui e Draco Malfoy erano seduti per terra a darsi calci a intervalli regolari.

Ginny scosse il capo con un sorrisino. Era così dolce vederlo comportarsi così, come un ragazzino. Era sempre così serio… non che lo si potesse biasimare, considerato tutto ciò che aveva passato.

Tuttavia questo scombussolava un po’ i suoi piani. Decise di fermarlo quando fosse tornato nelle stanze dei Grifondoro.

Andò un po’ nel panico quando Harry e Malfoy parvero dirigersi direttamente al campo da Quidditch. Quindi le venne in mente che, se li avesse rincorsi, avrebbe potuto essere sicura che nessun Grifondoro (ad esempio il suo fratello incredibilmente imbarazzante) l’avrebbe sentita.

Così si alzò di scatto e si affrettò a raggiungerli.

“Harry!” chiamò, affannata. “Harry!”

Harry non sembrò sentirla, ma Malfoy si girò e così lo fece anche lui. Ginny rallentò, cercando di recuperare il fiato e la compostezza, e di aggiustarsi le ciocche ribelli.

Ebbe il tempo di guardare Harry per un attimo, deliziata.

Era davvero bello ultimamente. Lei aveva sempre pensato che fosse bello, chiaramente, ma di recente anche altre ragazze avevano iniziato a farci attenzione.

Lui non guardava nessuna di loro. Non si sognava neanche di potergli piacere: era proprio modesto.

Sorrise, con quel suo sorriso solare. Le sembrò così… sano in quel momento, e così bello. Indossava uno dei suoi bellissimi vestiti nuovi, il paio di jeans che Ginny preferiva e una maglietta rossa aderente che enfatizzava i suoi capelli neri arruffati.

I suoi occhi erano di un verde acceso, dolci e semplici mentre la guardava.

“Ginny.”

Come sempre, sentirlo pronunciare il suo nome fece balbettare il suo cuore, e la riempì di un ardore caldo ed esultante.

“Har… Harry. Io, uhm. Volevo dirti… buona fortuna.”

Harry sembrava un po’ confuso. “Ehm… grazie.”

Ginny si rese conto per la prima volta che c’era Malfoy, un po’ distante e con un’aria alquanto divertita.

Era molto diverso dal suo Harry, che era il modello del ragazzo ideale. Non l’aveva mai visto se non incline alla malizia.

Ma Harry l’aveva scelto come amico, quindi doveva essere la scelta giusta. La gente era molto stupita, come se Harry non fosse in grado di prendere la decisione giusta.

Probabilmente a Harry dava fastidio, rifletté Ginny, e si girò verso Malfoy col sorriso più dolce che le riuscì. Non poteva essere poi così male.

“Sono felice che fai il tifo per lui,” disse.

Fu ricompensata dallo sguardo brillante e affettuoso di Harry. Malfoy non fece che sembrare ancora più compiaciuto.

“Tifiamo tutti per te, Harry,” continuò col cuore in mano, incoraggiata dal suo aspetto contento.

“Non è fortunato ad avere una sostenitrice così affettuosa e devota?” disse Malfoy, prendendole la mano e portandosela alle labbra.

Ginny arrossì violentemente e vide svanire il sorriso di Harry.

“E’ meglio muoverci. Grazie, Ginny,” disse, e la abbracciò, tirandola via di peso da Malfoy.

Ginny chiuse gli occhi e inspirò per un momento l’odore pulito di sapone e la sensazione del corpo di un giocatore di Quidditch.

La lasciò andare troppo presto.

Quindi fece un passo indietro, salutandola goffamente, e andò via con Malfoy. Vide la testa chiara di Malfoy inclinarsi verso quella scura di lui, e sentì chiaramente la risata di Malfoy. Lo stava certamente prendendo in giro per lei.

Ginny avrebbe voluto mettersi a saltare. Un altro ragazzo le aveva baciato la mano… e a Harry non era piaciuto.

No, a Harry non era piaciuto affatto.

*

“Perché l’hai fatto?”

Harry sapeva che Draco era divertito e che lui stesso era agitato. La situazione stava diventando rapidamente insostenibile.

“Pensavo che sarebbe stato divertente,” disse pigramente Draco. “E, beh, lo è. Sei tutto eccitato e accaldato. Hai deciso che ti piace la più piccola dei Weasley, alla fine?”

“No!” scattò Harry.

“Allora c’è ancora speranza per Morag,” concluse Draco soddisfatto.

“Non so ancora chi è Morag!” Harry quasi gridò.

“E’ nella tua classe di Pozioni da quasi sette anni,” osservò Draco con disapprovazione. “Ma insomma, a cosa pensi tutto il tempo?”

“Scusa, ero assorbito dal divorante odio nei tuoi confronti. E diSnape,” aggiunse Harry distrattamente. “Senti… Ginny è una brava ragazza, ok? Non voglio che, sai, si faccia strane idee a causa tua.”

Draco rise paziente. “Stai sopravvalutando il mio allure, Potter. Non mi noterebbe neanche se facessi uno spogliarello.”

Draco!” Alcuni studenti più piccoli erano in fila per prendersi i posti migliori per il Torneo, e li stavano sentendo dire quelle cose scioccanti.

Draco sembrava proprio beato. “Nessuno riuscirebbe a dirlo nel modo scandalizzato in cui lo dici tu. Avanti, ripetilo. Ti sfido.”

“Dr… taci.”

“Certo, o Potente Ragazzo Che E’ Sopravvissuto. Ogni tua parola è un ordine. Giuro solennemente che la virtù dell’intero clan Weasley è al sicuro da me. Offro questo enorme sacrificio in tuo ono… ahi!”

“Te lo sei meritato,” lo informò Harry severamente.

“Mi hai colpito,” disse Draco oltraggiato. “Con la bacchetta. E’ un’amicizia abusiva. Non mi pare che attaccare la gente con la bacchetta senza motivo sia molto eroico. Tu lo chiami eroico? Io no.”

Harry smise di ascoltare appena vide il labirinto.

“Come vorrei che la prova non fosse in programma così presto,” si lasciò sfuggire. “So che non vogliono che sia buio, ma preferirei avere un po’ di tempo per andare da qualche parte e pensare.”

Stava lottando per ignorare la fitta di panico dovuta alla visione della siepe altissima intorno al campo di Quidditch. Non voleva neanche guardare l’entrata oscura del labirinto.

Draco diede un’occhiata oltre le spalle di Harry, Harry guardò Draco negli occhi e vide Hermione correre verso di loro, una figura piccina incorniciata d’argento. “Forse,” disse piano, “dovrei andare, adesso.”

“Non fare lo stupido,” rispose Harry. “Lo sai che voglio che resti.”

Hermione, affiancata da altri Grifondoro, stava camminando verso di loro. Draco parlò bruscamente dagli angoli della bocca.

Non sono stupido.”

Hermione e gli altri lo raggiunsero, e lei e Ron voltarono le spalle a Draco. Harry vide le espressioni preoccupate attorno a sé e lo sguardo scontroso di Draco. Sorrise leggermente.

“Oh, io dico di sì.”

“Harry, come ti senti?” chiese Hermione, ansiosa.

No,” insisté Draco di malumore.

Harry resistette all’impulso di fargli una linguaccia. “Invece sì.”

“Harry!” Le dita di Hermione strinsero il suo braccio così forte che quasi sobbalzò.

Cercò di essere forte e di rassicurarla.

“Sto… benone, Hermione. Mi sento solo… di nuovo quattordicenne.”

La pietà riempì gli occhi di Hermione. “Oh, Harry…”

“Hermione.” Mantenne la voce calma. “Non devi stare in ansia. Perché invece non ti fidi di me? Posso farcela.”

Hermione sembrò stupita. “Io… io mi fido di te, Harry.”

“Lo so.”

Harry le si avvicinò e le mise le braccia attorno al collo. Lei si aggrappò a lui con la stessa tenacia di sempre, perché era Hermione e non si arrendeva mai.

“Con calma, Harry, stai facendo il cascamorto con la ragazza di un altro,” disse Ron, fingendo di minacciarlo. Harry gli sorrise sopra la spalla di Hermione.

“Harry, stavolta è diverso,” gli assicurò fiera Hermione, spostandogli indietro i capelli con le dita. “Ci sono tutte queste nuove precauzioni, sei al sicuro, e… e andrà tutto bene.”

“Inoltre,” aggiunse Ron con aria spavalda, “Come hai detto tu, sai badare a te stesso. Conosci molti più incantesimi adesso.”

Harry fece un sorriso poco convinto. “Nessuno dei quali alla perfezione.”

Hermione quasi lo strangolò con un’ultima stretta, quindi si tirò via. “Le cose sono cambiate,” ripeté, quasi a voler convincere se stessa.

Ron, Neville e Dean gli somministrarono ciascuno una pacca sulla spalla, con diversi gradi di sentita virilità. Draco alzò un sopracciglio guardandolo.

“Ha ragione, sai? Le cose sono cambiate,” commentò mentre i giudici e gli altri concorrenti si incamminavano verso di loro.

Lo so. L’ultima volta tu eri in mezzo a una folla di Serpeverde, con una spilla che diceva Potter Fa Schifo. Harry aspettò che Draco dicesse qualcosa.

Draco sorrise malizioso. “Sei più alto, adesso.”

“Oh, perché non te ne vai ad indossare un’altra stupida spilla offensiva?”

Draco parve offeso. “Non erano stupide! Ci misi ore per confezionarle.”

“L’avevo immaginato,” gli disse Harry. “Malvagio agitatore.”

“Ti sbagli, Potter. L’unica ragione dei miei abusi verbali è che ci tengo.”

Ebbe appena il tempo di ridere incredulo prima che Lee Jordan lo prendesse per il gomito e cominciasse a trascinarlo via per unirsi agli altri campioni. Harry fissò con esitazione la professoressa McGranitt, che cominciò a dirigere i suoi amici sugli spalti.

Draco stava fra i Grifondoro, probabilmente a disagio e chiaramente sdegnoso. Sembrava assolutamente fuori posto. Ma c’era. Forse aveva già detto troppo.

Incrociò lo sguardo di Harry e gridò, “Datti una mossa, Potter!”

Harry nascose l’ennesimo sorriso e salutò gli altri campioni. Il ragazzo francese pareva decisamente schizzinoso. La ragazza di Durmstrang gli sorrise timidamente.

“Buon amico?” indagò.

Nascondere il sorrise divenne improvvisamente impossibile. “Sì.”

In quel momento Harry si accorse che Lee Jordan stava gridando verso la folla.

“… con ottanta punti, Harry Potter…”

“Al primo posto, alla pari, con ottantacinque punti ciascuno, il signor Cedric Diggory e il signor Harry Potter”

La bocca gli si seccò. Sorridere divenne impossibile.

*

Entrò per primo e da solo. Non c’era nessuno con cui condividere il primo posto stavolta, nessuno con cui prendersela segretamente e, Dio, sentirsi così in colpa dopo.

Pensò che sarebbe potuta andare peggio.

Fu un immenso sollievo. Pensava che sarebbe stato tutto di nuovo come il quarto anno, e invece non provava altro che dispiacere per quel ragazzo ingenuo. Si sentiva ormai molto lontano da quel bambino che aveva la testa piena di ottimistici sogni a occhi aperti sull’essere salvato dai Dursley.

Beh, nessuno l’aveva mai salvato né dai Dursley, né da Voldemort, né da qualsiasi altra cosa. Aveva dovuto farlo da solo.

E ce l’aveva fatta, nonostante tutto.

Continuò a camminare, gli occhi fissi sul sentiero ombroso davanti a sé. L'aveva fatto, aveva impugnato la spada e stretto la bacchetta, e progettava di farlo ancora, quindi poteva benissimo cavarsela con quello.

Harry alzò la testa e si guardò intorno mentre si avvicinava ad un bivio nel labirinto.

Ed ebbe lo shock più grande della sua vita.

Ovviamente dopo l'ultimo sfortunato incidente abbiamo messo a punto protezioni più estese...

“Ci sono tutte queste nuove precauzioni, sei al sicuro, e… e andrà tutto bene.”

Le alte siepi all'esterno del labirinto avevano cominciato ad offuscarsi come se fossero state di acqua anziché di foglie, trasparenti come vetro ondulato. Harry riusciva a vedere la gente sugli spalti affollati, e loro vedevano lui, anche se non vedeva attraverso le siepi interne del labirinto.

Silente non ha voluto correre alcun rischio. E ora, ti prego, fà che non faccia la figura dell'idiota davanti a tutto il pubblico: Draco non me la farebbe passare liscia.

Strinse forte la bacchetta nel palmo della mano, sussurrò l'incantesimo e seguì la direzione indicata.

Si sentirono schiamazzare i giornalisti in prima fila, con le fotocamere pronte. Perfetto, fu ciò che non pensò. Gli avevano detto che alcuni studenti più piccoli avevano ritagliato e conservato la foto di lui e Draco che uscivano dal lago.

Il fischio di Lee Jordan comunicò a Harry che gli altri due campioni, che erano pari, erano entrati nel labirinto.

Harry sentì lo stomaco contrarsi al suono pesante di qualcosa che si trascinava per terra, perché voleva dire che stava per incontrare uno degli ostacoli. Strinse i denti e si disse che poteva farcela.

Tra la folla vide le teste inconfondibili di Hermione e Ron. Quella di Hermione dondolava perché stava ballando in punta di piedi. Ron stava sventolando uno degli striscioni Harry Potter Campione di Hogwarts fatti da Dean.

La creatura svoltò l'angolo, e Harry dovette mettercela tutta per non vomitare.

Era un enorme Vermicolo, il cui corpo fangoso e tremolante occupava il passaggio. Pieghe di carne nauseabonda, dello stesso colore e materiale del verme, quasi nascondevano i suoi piccoli occhi neri. Ma, a differenza di qualsiasi altro Vermicolo Harry avesse mai visto, aveva una bocca, una bocca spalancata piena di file di denti simili a quelli di uno squalo, che scattò in alto appena Harry fece un passo indietro.

La sua testa piccola e minacciosa oscillava, come se stesse annusando la sua preda, e cominciò a muoversi lentamente verso Harry, il suono della carne pesante che strisciava sull'erba accompagnato da piccoli, terribili sibili.

Harry si chiese seriamente se avrebbe potuto ritirarsi.

Il verme schizzò verso di lui e Harry indietreggiò: i suoi denti si erano chiusi a pochi centimetri dalla sua maglia. La sua testa gli ricordava i serpenti, e per un momento pensò che avrebbe potuto cercare di parlargli, ma non pensava affatto che Silente gli avrebbe dato un simile vantaggio sugli altri studenti.

Continuò a indietreggiare man mano che si muoveva verso di lui, inarrestabile come uno tsunami, finché non fece un passo di lato e la sua schiena non toccò una siepe.

A quel punto puntò la bacchetta e gridò "Impedimenta! Impedimenta!"

Il Vermicolo continuò ad avanzare, come se il suo moto potesse rompere qualsiasi incantesimo. Harry alzò lo sguardo sui suoi occhietti neri assenti. All'improvviso la creatura rabbrividì, e si immobilizzò.

Non dovette far altro che darsi coraggio per il compito disgustoso che aveva davanti.

Cercando di non toccare l'essere con la propria pelle, cominciò ad arrampicarcisi sopra. L'orribile creatura squittì e lo spinse, e Harry cadde carponi. I suoi jeans erano ricoperti di melma viscosa.

"Oh... che schifo," disse Harry, ma non poté neanche fermarsi a considerare l'assoluto raccapriccio di quell'esperienza, perché l'Incantesimo di Ostacolo non sarebbe durato in eterno, e non gli andava affatto di trovarsi sul Vermicolo quando avrebbe potuto muoversi liberamente.

Si arrampicò e scivolò dalla carne viscida sul terreno fortunatamente asciutto, storse la bocca e corse via più veloce che mai da quella cosa.

Bleah, bleah, bleah, non riusciva a credere di aver davvero toccato quella rivoltante, disgustosa... incarnazione della bellezza.

Harry si fermò di scatto. Una Veela dondolava sul sentiero davanti a lui, danzando, e persino l'erba attorno ai suoi piedi nudi si curvava amabilmente verso di lei. Harry non era molto esperto in quanto a bellezza femminile, per non parlare di bellezza da semidea, ma persino lui si accorse che si trattava di un esemplare eccezionalmente delizioso.

I suoi piedi bellissimi tracciavano disegni sull'erba come se volesse creare un cerchio magico attorno a sé, un cerchio che non teneva fuori gli altri ma li invitava a entrare. Harry voleva fare qualcosa, mettersi in mostra, inscenare azioni valorose per lei, ma allo stesso tempo desiderava soltanto avvicinarsi e non fare altro che guardarla danzare.

Sembrava immersa in una luce argentata, come se la sua danza fluida e ipnotica fosse sotto i riflettori e... c'era qualcosa che avrebbe proprio dovuto fare, giusto, ma... era importante continuare a guardarla, e forse...

Si gettò sulle spalle capelli candidi come quelli di Draco.

"Resta qui a farmi compagnia," cantò, con voce piena. "Non pensare a nient'altro."

Pensare. Fu come se gli avessero buttato addosso dell'acqua fredda.

Harry sbatté le palpebre e fece un passo indietro. Oh, che imbarazzo, l'intera scuola lo stava guardando mentre guardava la Veela a bocca aperta, come un idiota.

Chiuse gli occhi e si mise le mani sulle orecchie, cercando di appoggiare la schiena alla siepe e di andarsene furtivamente. Invece, fu fermato dalla sensazione di mani snelle sul petto.

Spalancò gli occhi, e si trovò di fronte oceani di un blu profondissimo.

"Mi scusi... ehm, signorina," disse, cercando di non suonare troppo scandalizzato. "Sono certo che lei abbia una personalità grandiosa e tutto quanto, ma devo proprio andare."

"Mi sento così sola," bisbigliò, ondeggiando verso di lui.

"Ehm," rispose Harry. "No, grazie. E', ehm, una proposta molto gentile da parte sua, comunque," aggiunse educatamente.

La dribblò e la lasciò lì. Lei smise di ballare e lo fissò.

"Cosa fai dopo...?" chiese, piuttosto sconsolata.

Harry accelerò. Pregò con tutte le sue forze che nessuno avesse scattato foto.

La bacchetta gli indicò la direzione giusta per qualche fortunato minuto tranquillo. Harry si rilassò quasi, mentre correva nel labirinto. Di certo niente poteva essere peggio di Mostri Fangosi e Sirene Dannate.

Sembrava che quell'anno gli ostacoli fossero stati scelti in base a criteri di qualità, più che di quantità. Harry rimase calmo per un po', sussurrando ogni tanto "Guidami," e continuando a camminare.

Quella calma non lo rilassò. Il silenzio era sinistro, indicava che qualcosa di astuto lo stava inseguendo, non che era al sicuro.

L'importante è essere cauti, pensò fra sé e sé. Basta stare all'erta, ricorda ciò che devi fare, non lasciare che niente...

Qualcosa lo colpì e lo fece cadere per terra, mandando la bacchetta per aria.

... ti colga di sorpresa.

Harry si contorse e si rigirò sotto il formicolio di zoccoli sulla propria schiena, cercando di darsi uno slancio per raggiungere la bacchetta e ritrovandosi faccia a faccia con... un leone. Ansimava, con i suoi enormi artigli piegati vicini al viso di Harry e una fiammella blu intorno ad un dente.

Zoccoli. Leone. Fuoco.

Harry ricordò, con quella lucidità disperata che si acquisisce in quelle situazioni, una pagina di un libro di Hermione.

Testa di leone, coda di serpente, corpo di capra.

Una chimera.

Harry sussultò e tese una mano disperatamente tremante. Le dita si chiusero attorno a del legno.

Un attimo dopo realizzò che era un ramo della siepe trasparente. Lo strattonò via comunque, rotolando nuovamente per sfuggire alla chimera, ma dato che non funzionò gli infilò il rametto nella gola, aspettandosi di ricevere una fiammata sul viso da un momento all'altro.

Invece, il mostro ringhiò e si avventò sul viso di Harry. Un dente ricurvo gli graffiò una guancia, e sentì il sangue affluire di colpo. Spinse forte il rametto nella sua gola, tirandolo subito via, pregando che non si infiammasse.

Sto combattendo un mostro enorme con un bastoncino invisibile, pensò disperato. Queste le chiamano misure di sicurezza?

La creatura ringhiò e indietreggiò un pochino, e Harry si pulì la faccia dal sangue.

Si guardò la mano: era pulita.

L'animale balzò di nuovo e Harry rotolò nel fango e fendette l'aria col rametto, continuando a rimuginare tutto il tempo.

Stranamente udì nella sua mente la voce dello zio Vernon a colazione, un paio di anni prima, che diceva che l'idea delle tasse ridotte per gli handicappati... era una chimera.

Una fantasia. Un'illusione.

Harry spinse il bastoncino contro la gola della chimera, sempre più a fondo, finché il mostro non rotolò all'indietro, nel fango, con Harry appoggiato su di lui.

"Non puoi farmi del male," disse Harry affannato. "Non sei neanche reale."

Per poco non cadde in avanti quando la creatura crollò su se stessa, ma riuscì a mantenersi in piedi barcollando.

Respirando affannosamente, asciugandosi la fronte sulla manica, Harry avanzò verso il varco successivo.

E quello scoppiò in fiamme.

Harry gridò per lo spavento e, per puro caso, fece un passo avanti anziché indietro.

Rimase a guardarsi intorno, aspettandosi per un istante di panico il dolore della bruciatura, o l'odore dei vestiti e dei capelli in fiamme, quindi lentamente si accorse che era tutto perfettamente a posto. Non c'era stato alcun aumento di calore. Non c'era stato nessun vero fuoco.

Era stata un'illusione, proprio come la chimera.

Harry prese un altro respiro profondo, alzò gli occhi e vide la Coppa Tremaghi che splendeva su un piedistallo a nemmeno un metro da lui.

La guardò stupefatto.

Non poteva di certo essere finita. Il terrore che l'aveva perseguitato tutto l'anno per il Torneo, la seconda prova e tutte le sue conseguenze, i pensieri su Cedric la notte precedente, la terribile lotta contro il mostro poco prima... Come poteva essere finita?

Beh... lo era. C'era la Coppa, e non doveva far altro che prenderla per avere finalmente una cosa in meno a cui pensare.

Si sentì quasi leggero per il sollievo quando tese la mano per prenderla. Si rese conto solo dopo che non aveva pensato affatto a Cedric, nel momento in cui la sua mano si era chiusa su uno dei manici.

Un attimo dopo il viso esangue di Cedric fu tutto ciò a cui riuscì a pensare, perché sentì quella sensazione familiare e nauseante di essere tirato dall'ombelico, e quel mondo ingannevole scivolò sotto i suoi piedi, e pensò terrorizzato sta succedendo di nuovo...

*

Era più forte questa volta, e non era ferito; era deciso a non cadere a terra quando atterrò, e rimase in piedi nonostante lo sballottamento dovuto all'impatto.

Si tenne stretta la Coppa con una mano (non metterla giù, tienila con te, potrebbe riportarti indietro) e prese la bacchetta.

Quindi i suoi occhi si abituarono all'oscurità, e si accorse che dopotutto non era in un cimitero. Era nel suo dormitorio nella torre Grifondoro, era notte, e tutte le luci erano spente.

Non c'era alcun suono o segno di vita nella stanza. I letti erano tutti vuoti.

Come quello di Seamus.

Harry si guardò intorno angosciato e indietreggiò dal letto vuoto di Ron. Il pavimento emise uno scricchiolio orribile e sinistro sotto al suo piede, come se in quella stanza non ci fossero stati suoni per anni.

Il silenzio aleggiò pesante e opprimente come il buio sulla stanza, e Harry non ce la fece più a guardare quei letti.

Si voltò e corse fuori dalla porta, giù per le scale, nella sala comune, col cuore che gli batteva contro le costole, pregando che lì ci fosse qualcuno che potesse aiutarlo, che potesse spiegargli...

Nella sala comune era tutto freddo e immobile, proprio come al piano di sopra.

Nel camino c'erano i residui di un fuoco molto, molto antico, e sulla sedia preferita di Hermione giaceva il suo libro, Uomini Che Amano Troppo I Draghi. Era aperto alla pagina a cui Harry sapeva che era arrivata la notte prima... stava per finirlo, e nessuno riusciva a convincerla a chiuderlo.

Evidentemente era riuscita a riporlo, comunque, e quando Harry si chinò per toccarlo notò che la pagina era coperta da uno spesso strato di polvere.

Sobbalzò con una morsa di terrore attorno alla gola, come se si fosse teso per toccare la mano di qualcuno, e l'avesse trovata fredda e morta.

E perse completamente la ragione.

Fece una cosa che non aveva mai nemmeno pensato di fare nella sua vita: corse su per le scale che portavano al dormitorio femminile ed entrò di corsa.

Niente. Silenzio assoluto, polvere e una grande farfalla ornamentale che Calì amava portare tra i capelli. Il sospiro rapido e atterrito che rilasciò fu l'unico suono nel mondo, e si ritrovò a correre via anche da quella stanza, per tornare nella sala comune, attraversare il ritratto della Signora Grassa e...

Eccola lì, tutta rosa e in carne sotto uno strato di polvere, come se persino un ritratto potesse morire e diventare un fantasma.

"Do... dove sono tutti quanti?" balbettò Harry, con la voce che risuonò scioccante in quella stanza ammutolita.

"Non so a cosa ti riferisci," rispose la Signora Grassa. "Certo, ultimamente c'è molto meno andirivieni... ma..."

Fece una pausa, sul viso una vaga espressione di dolore. La polvere sul suo ritratto suggeriva che non veniva aperta da anni.

"Niente, lasciamo stare," disse severa. "La parola d'ordine, se non ti dispiace."

"Ehm... Tiri Vispi Weasley," le disse Harry.

Fammi uscire da qui. Aveva la gola secca per il terrore.

"Esatto," disse la Signora Grassa. "Anche se, in effetti, sarebbe ora che la cambiaste..."

La porta si spalancò, e i cardini urlarono. L'urlo echeggiò disperatamente nel corridoio oscuro che aveva davanti.

Harry corse in quella direzione, si precipitò giù per le scale di marmo fino al Salone d'Ingresso, e stava per correre giù verso i sotterranei dei Serpeverde quando un'altra fitta di panico gli esplose nel petto. Si avvicinò a una parete, vi si appoggiò contro e fissò il soffitto.

I suoi respiri gli risuonavano affannati e disperati nelle orecchie. C'erano ragnatele sul soffitto, e si costrinse a credere davvero che fossero scomparsi tutti, perché aveva troppa paura di vedere vuota anche la stanza di Draco.

L'orrore l'aveva raggiunto in casa sua, e la sua casa gli era stata portata via.

Perfino Hogwarts non era più sicura. Perfino Hogwarts e le persone che amava erano stati distrutti, e lui non era stato in grado di proteggerli.

Quando udì il tintinnio delle stoviglie giungere dalla Sala Grande, quasi gridò. Lottò contro speranze e paure isteriche mentre spinse le porte.

Gli elfi domestici stavano apparecchiando per la cena, organizzando un banchetto sontuoso davanti a sedie vuote e impolverate. L'odore del cibo caldo fece venir voglia a Harry di vomitare con violenza.

Un elfo lo vide, ed eruppe in un gridolino di gioia.

"Uno dei padroni è tornato!"

Immediatamente tutti gli elfi alzarono lo sguardo, e misero le mani sui vestiti di Harry, cercando di trascinarlo al tavolo dei Grifondoro. La sensazione delle loro piccole mani che lo afferravano attraverso i vestiti aumentò la sua voglia di vomitare.

"Che diavolo state facendo?"

Winky lo guardò assente con quei suoi occhi enormi e alquanto orrendi. "L'ultimo ordine che abbiamo ricevuto è stato di preparare la cena, Harry Potter. Noi ha preparato la cena per tantissimo tempo. Noi è molto felice di vedere te. Noi spera che tu ha fame."

"Lasciatemi andare!"

Harry non ricordò, in seguito, se li avesse calciati via. Fare una cosa del genere... essere una persona del genere... gli avrebbe ricordato troppo Lucius Malfoy, e non avrebbe mai voluto ricordarlo.

Desiderava andarsene disperatamente, anche se soltanto per salire di nuovo le scale e raggiungere l'ufficio di Silente. Era già al secondo piano quando gli venne in mente che Silente era ovviamente andato via anche lui, e si ritrovò a guardare gli occhi di pietra del gargoyle e a ridere sottovoce, istericamente, chiedendosi se Fanny fosse ancora lì dentro ad aspettare che gli altri tornassero. Proprio come la Signora Grassa. Proprio come gli elfi domestici.

Non disse una parola quando il gargoyle si spostò di lato e le scale si abbassarono verso terra con un movimento lento e fluido.

Harry aveva superato la sorpresa, e a quel punto anche la paura: la sentiva solo vagamente. Per cui fu solo con una forma distaccata di terrore che vide un enorme serpente scivolare giù lungo le scale, con lo stesso andamento graduale della scala. Riconobbe subito Nagini... l'aveva vista spesso in sogno.

Fu solo dopo aver udito i passi sulle scale dietro al serpente che ricordò il terrore.

Rimase immobile ad aspettare, con la bacchetta e la Coppa che pendevano inutili dalle sue mani. La scala toccò il pavimento.

Voldemort era sulle scale, il volto pallido e appuntito privo di pietà, come Harry lo ricordava. I suoi occhi rossi si strinsero quando vide Harry, e Harry era solo, tutti i suoi amici erano già scomparsi, e non c'era più niente per cui combattere.

"Ora, credo," disse, "che ti inchinerai a me senza bisogno di ulteriori persuasioni."

Harry lo fissò per un lungo momento.

"Perché dovrei?" chiese lentamente. "Bastardo."

In quel lungo e calmo momento Harry pensò... neanche le GiraTempo possono portare nel futuro. Non può essere notte. E' impossibile che ci sia polvere ovunque.

E' tutto impossibile. E' come la chimera, come il fuoco, è...

"Non sei neanche reale!"

Voldemort non scomparve, ma cominciò a scendere le scale.

Non basta, pensò Harry avvilito. Devo fare qualcosa di più, come col rametto, come quando sono saltato tra le fiamme...

Era una situazione, per dirla in parole povere, disperata. Non c'era niente che potesse fare contro Voldemort.

Ma non sarebbe scappato.

Rimase lì, tremante, mentre Voldemort scese gli ultimi gradini. Non indietreggiò quando guardò quel viso disumano e alzò la bacchetta mentre Voldemort alzò la sua, e Harry pensò distintamente, Ho deluso tutti.

Voldemort aprì la bocca, e Harry cercò di pensare ad un incantesimo da urlare. E...

Un attimo dopo era di nuovo alla luce del giorno, l'illusione si era sciolta come se non l'avesse mai vista.

Anche la coppa nelle sue mani si era sciolta, e la vera Coppa luccicava sul piedistallo davanti a lui. Si tese... e si ritrovò fuori dal labirinto.

Aveva vinto il Torneo Tremaghi, ed era tutto finito.

Harry restò fermo al sole, guardando in alto verso Silente, il cui viso era austero. Non ebbe il tempo di chiedere cosa avrebbe dovuto fare, o come avrebbe potuto saperlo, o cosa pensasse avrebbe dovuto fare... per vincere qualcosa di più del torneo.

Silente si fece da parte e le luci abbaglianti delle macchine fotografiche, insieme alla corsa euforica dei suoi amici verso di lui, oscurarono tutto il resto.

Le mani di Ron si chiusero sulle sue spalle.

"Harry! Eri scomparso... Stavamo diventando matti. Stai bene?"

Harry guardò Ron, che era così pallido che le lentiggini sembravano fiamme. Ricordò con la stessa intensità del colore di quelle lentiggini tutti i letti vuoti nel dormitorio.

"Sto bene," disse piano.

Sirius e Lupin erano impegnati in una discussione animata con Silente. Hermione cercava di farsi strada tra la folla, la sua voce interrogativa troppo flebile per giungere alle orecchie di Silente.

"Signore! Signore, era... era proprio necessario farlo sparire...?"

Il viso tondo di Neville era luminoso quando guardò Harry oltre le spalle di Ron. La sua espressione gli ricordò tremendamente quella di Colin Canon.

"Sei stato spettacolare, Harry," disse col cuore.

"Per l'amor del cielo, Paciock, non lo stai mica lodando per una prestazione sessuale."

La pronuncia strascicata e crudele fece capire a Harry che qualcosa non andava addirittura prima che si girasse verso Draco, e il suo sorriso si spense ancora prima di sorgere. Come un serpente che inseguiva la propria coda. Come un serpente.

Draco si teneva alla larga dal clamore improvviso attorno a Harry, e la sua posa da sola bastò a provocargli il vuoto intorno. Le sue labbra erano curvate sdegnosamente, lo sguardo freddo.

"Congratulazioni, Potter," disse. "Un'altra stupefacente dimostrazione di stupidità sconsiderata. Ben fatto."

Quindi si voltò e corse via.

"Che bastardo!" esplose Ron. "Non starlo a sentire, Harry. E' geloso... è sempre stato geloso di te."

Gli occhi scuri di Ginny erano spalancati.

"Va tutto bene, Harry?"

Harry si divincolò da Ron, guardando in direzione di Draco. Nella sua mente non c'era niente oltre allo shock e al desiderio opprimente di scoprire cosa Draco pensava che avesse fatto.

Stava ancora stringendo la Coppa, realizzò sovrappensiero, e la spinse verso Ron.

Ron lasciò andare le sue spalle per prenderla.

"Senti... me la terresti un minuto?" chiese Harry, allontanandosi da tutti loro.

Avrebbe trovato Draco e lo avrebbe riportato indietro. Era semplice, e non aveva certo attenzione da sprecare per le mani che cercarono di trattenerlo quando si mosse.

Inseguì con caparbietà Draco, che era già molto lontano dal campo di Quidditch e stava accelerando lungo il pendio, fuori dalla sua visuale. Sembrava che si stesse dirigendo verso la Foresta Proibita. Evidentemente desiderava davvero di non essere seguito.

Cominciò a piovere, piccole punte di spillo quasi invisibili, e Harry sentì fitte di irritazione e preoccupazione per i freddi colpi di pioggia sul viso. Cosa aveva fatto, e perché Draco si stava comportando così, e maledizione, era stanco e si era spaventato follemente, e non vedeva l'ora di... di avere un po' di pace, e magari che Draco fosse contento o sollevato, non così!

Si concentrò su quella testa candida e continuò a correre, perché Draco non sapeva che qualcuno lo stava seguendo, e non faceva altro che andare avanti, e fu la cosa più facile del mondo spingersi in avanti quando furono al riparo sotto alcuni alberi, afferrare il gomito di Draco, voltarlo con uno strattone e gridare.

"Perché diavolo hai detto quelle cose, Malfoy?"

Il viso di Draco era bianco, aguzzo e implacabile, e le gocce di pioggia che aveva in viso non sembravano che lacrime.

"Ti stavo facendo i complimenti, Potter," rispose Draco con calma. "Esibizione geniale di idiozia simil-suicida. Una delle tue opere più belle finora, devo dire. Chissà a quali vette potresti arrivare? Adesso che hai ricevuto i miei omaggi, faresti meglio a tornare al fan club. Si staranno struggendo senza di te."

Harry lo guardò male. Draco ricambiò lo sguardo spietatamente.

"Perché non la smetti di fare lo stronzo," suggerì Harry, con voce bassa e accaldata.

"Perché non la smetti di essere uno stronzo?" domandò Draco in tono freddo, quasi colloquiale e completamente sprezzante.

Cercò di tirar via la manica dalla stretta di Harry, ma Harry gli afferrò la spalla. Vide le sue labbra arricciarsi e pensò che c'era una persona che odiava e che aveva proprio quell'espressione. Cercò di ricordarsi chi fosse, e si rese conto che era Malfoy.

Il vecchio Malfoy, proprio uguale a lui, e Harry sentì l'impulso bizzarro di colpirlo, e l'unica ragione per cui non lo fece fu che al vecchio Malfoy non sarebbe mai importata la sua idiozia simil-suicida.

"Perché non la smetti di insultarmi per un secondo e mi dici cosa ho fatto!" esplose Harry. "Ho fatto solo quello che dovevo, non capisco perché te la sia presa tanto, per cui perché non la smetti con queste cazzate e me lo dici?!"

"Cosa hai fatto?" scattò Draco. "Stavi cercando di combattere una chimera con un bastoncino!"

"Ascolta, ho dovuto farlo, non c'era nient'altro e non avevo tempo per pensare..."

"Pensare?" La voce di Draco era fioca per l'oltraggio. "Ci pensi mai a..."

"Penso a te continuamente!" gridò Harry.

Rimasero a guardarsi in cagnesco sotto il freddo luccichio della pioggia, respirando a fatica, furiosamente sincronizzati. Sotto la mano di Harry, le spalle di Draco si alzavano e si abbassavano in respiri rapidi e secchi.

La bocca di Draco era una linea inflessibile.

"Sei uno stupido imprudente," gli disse in tono piatto.

"Non so cosa..."

"Senti, la devi smettere, va bene?" disse Draco all'improvviso. "La devi smettere di correre avanti e indietro cercando di fare l'eroe e salvarci tutti, ti vedo mentre ci pensi. Non puoi lottare contro i mostri da solo."

"Io non sto... non... Dio, Draco, è per quello che sei così arrabbiato?"

Draco, che sembrava perfettamente a suo agio con gli sguardi assassini, fissò il terreno.

"Non so cosa..."

Harry provò di nuovo la calma improvvisa che aveva sentito entrando nel labirinto.

"Draco. Draco, guardami." Non lo fece, e Harry gli spinse il mento in su. Immediatamente Draco tornò a guardarlo male, gli occhi sbarrati per l'indignazione. "Non c'è niente di male se eri preoccupato per me," disse dolcemente.

"Di cosa stai parlando, Potter," disse Draco con voce poco convinta. Solo la mano di Harry gli impedì di voltarsi.

La pioggia rendeva sempre i capelli di Draco un po' elettrici. Non menzionò che erano leggermente gonfi, perché Draco sembrava già abbastanza agitato.

"Va bene essere preoccupati," disse. "Lo so che non ci sei abituato."

"Sei impazzito, Potter?" chiese Draco. "Io mi preoccupo continuamente. L'intera scuola vive nel terrore. I miei Serpeverde non sono al sicuro, non so come fare per proteggerli..."

"Ed è quello il tuo problema!" gridò Harry. "Sei abituato a proteggere la gente dando ordini e dimostrandoti più forte di chiunque altro. E' per questo che ti stai comportando da idiota, perché non sei abituato a vedere qualcuno a cui tieni in preda a un pericolo che non puoi contrastare!"

"E allora?" gridò Draco di rimando. "Lo fai anche tu! Fai anche di peggio!"

Harry pensò a quando sembrava che fossero spariti tutti, all'acuta sensazione di aver deluso tutti.

"Lo so," disse con voce soffusa. "E' per questo che lo capisco."

Draco alzò gli occhi su Harry, stavolta di sua spontanea volontà, e si morse un labbro. Quindi prese la mano di Harry, la rimosse gentilmente dal proprio viso e la lasciò cadere.

"Non ho intenzione di essere da meno rispetto a te, Draco," disse Harry, incrociando le braccia. "Non puoi dare ordini a me."

"Beh, io non intenzione di essere da meno rispetto a te, Harry," ricambiò secco Draco. "Non voglio sentir dire altre cazzate sul non accettare i compiti pericolosi."

"Non è... stavo solo cercando di..." Harry espirò pesantemente. "Ok. Scusa."

Draco annuì. "Scusami se sono stato... un po' stronzo prima. Non che tu non sia stato un pazzo suicida, ovviamente. Saresti dovuto rimanere bello tranquillo con quella Veela." Si illuminò. "A dire il vero, penso fosse molto presa. Potresti..."

Harry non poté fare a meno di ridere.

"Sei impossibile."

Draco ricambiò il sorriso con gioia, e alzò la mano per toccare il viso di Harry. Harry sentì la fredda pressione di polpastrelli bagnati che scivolavano sul suo zigomo.

Guardò Draco, e ripensò alla fitta di panico quando non avrebbe neanche sopportato l'idea di poter trovare la sua stanza vuota.

Draco ritirò la mano e si esaminò le dita.

"Sei sporco," osservò. Harry gli prese il polso.

"Torna indietro," disse. "Devo occuparmi della premiazione."

"Oh, mio Dio!" esclamò Draco, scandalizzato. "Ma certo che devi! C'è una cerimonia. Ci sono soldi. Deficiente completo, perché mai te ne vai in giro in posti come questo?"

Harry alzò le sopracciglia. Draco non ebbe neanche la decenza di apparire imbarazzato.

"Torna indietro," ripeté, e Draco lasciò che lo tirasse verso il campo di Quidditch.

Ginny rivolse a Harry uno splendente sorriso di benvenuto, quando tornarono. Ron gli lanciò un'occhiata perplessa, trattenendosi a fatica dal sorridere beffardo a Draco.

"Harry, ti prego, riprenditela," disse, spingendo la Coppa nella mano libera di Harry. I soldi devono essere messi qui dentro, e poi Caramel dovrà riconsegnarti la Coppa durante la cerimonia. C'è un discorso e tutto quanto. La gente continuava a cercare di fotografarla, stavo diventando matto..."

A conferma delle parole di Ron, un esercito di fotografi si stava dirigendo verso di loro. Ron indietreggiò velocemente verso Hermione. Harry ricordò di essere ferito e sporco. Se solo ci fosse stato lì Hagrid, per nascondercisi dietro.

"Oh no," disse a bassa voce.

"Possono fotografare me, se vogliono," annunciò Draco compiaciuto. "Sono molto carino."

Arrivò Caramel tutto affaccendato, con la sua patina di finta sicurezza ripristinata per l'occasione, dopo che era stata visibilmente erosa dalle sparizioni. Teneva in mano il sacchetto con i soldi, e rivolse a Harry un sorriso raggiante. Harry lo studiò con fredda diffidenza. Lui non sembrò accorgersene.

"Insomma, Harry, dove eri andato a finire?" indagò. "Ecco, prendi questo e mettilo nella Coppa... Dirai qualche parola, vero?" aggiunse, quando Harry lasciò andare il polso di Draco per prendere il denaro.

"Ehm," rispose Harry, fissandolo. "Un discorso?"

"Ti suggerisco di portare con te quella Veela sul palco, e di convincerla a togliersi i vestiti," propose Draco. "Quello distrarrà tutti gradevolmente. Oppure potresti toglierti la tua, di maglietta. Ammettiamolo, questi fotografi sono evidentemente affamati di ogni centimetro di te."

"Grazie, Draco," disse Harry dall'angolo della bocca. "Hai qualche suggerimento che non preveda l'oltraggio alla morale pubblica?"

"Io?" disse Draco, scandalizzato. "Mai!"

"Dovresti essere sul palco tra qualche minuto, Harry," gli disse Caramel. "Mantieni un attimo la Coppa... devo andare a prendere gli appunti del mio discorso..."

Si allontanò in fretta. Harry rimase a fissarlo, guardando desolato le macchine fotografiche che scattavano e l'interno dorato della Coppa. Era già esausto per la fatica e il dolore.

Guardò Draco, prese la sua decisione, e sorrise.

"Ho cambiato idea," disse. "Andiamo."

"Cosa?"

Harry lasciò cadere i soldi e strinse di nuovo il polso di Draco. Draco parve scioccato e si chinò per raccogliere il sacchetto.

"Mai, mai far cadere i soldi per afferrare una persona!" lo ammonì severo. "Si possono comprare le persone con i soldi!"

"Che mi dici di te?" suggerì Harry. "Muoviti. Voglio andare via."

"Di certo non me," disse Draco serio. "Io sono di classe speciale. Dove vuoi andare, di preciso?"

"Non lo so. Ovunque. Tranne che qui. Con te."

Draco sembrò quasi impaurito. "Dici sul serio. Sei veramente matto."

Harry sorrise impunemente. Era stata tutta un'illusione, il Torneo era finito, e che fosse dannato se avesse mai fatto un discorso. Si girò e afferrò Draco, che rise e lo seguì volontariamente.

"Non posso credere che tu mi abbia trascinato fino a qui per poi andarcene di nuovo."

"Oh, ma è diverso," disse Harry con sicurezza, mentre si iniziarono a sentire sussulti alle loro spalle. Prese a camminare più in fretta sul pendio. "Comunque, Draco... sei libero questo sabato?"

"Credo di sì," rispose Draco con prudenza. "Perché?"

"Ho un regalo per te," rispose Harry, facendo del suo meglio per sembrare indifferente.

Draco parve deliziato.

"Un regalo? Per cosa? Perché non puoi darmelo adesso? Cos'è? Brilla? Dammi un aiutino."

Harry gli lanciò un'occhiataccia alle sue spalle. "Draco?"

"Sì?" disse Draco, la cui mente era chiaramente occupata dalla prospettiva di un regalo.

"Corri, ok?"

La pioggia continuò a cadere piano su di loro, e, ridendo per qualche strano motivo, corsero giù per la collina con un branco di fotografi alle calcagna.

 

 

 

 

 

 

. . .. . . . . RICORDATE DI LASCIARE UN COMMENTO: RIPAGHERà LA FATICA DELLA TRADUTTRICE (CHE SAREI IO :P) E DELL'AUTRICE! ANCHE POCHE RIGHE BASTANO A RINFRANCARE LO SPIRITO! UN BACIO A TUTTI/E

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Capitolo 11
*** Quando cala il buio ***


Underwater Light

Underwater Light

by Maya

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

Sommario: Harry: Tutta questa idolatria da eroe mi ha fatto sentire alienato.
Draco: Sono arrogante in modo accattivante, e assolutamente incorreggibile.
Harry: In effetti *sei* stranamente affascinante. Uhm. – l’inimitabile Silvia.

 

Capitolo Undici

Quando cala il buio

I looked into your eyes

They told me plenty I already knew

I never let myself believe that you might stray

I thought, I'll be with you until my dying day

[Guardai i tuoi occhi / Mi dissero tante cose che sapevo già / Non avevo mai voluto credere che ti saresti potuto perdere / Pensavo, resterò con te fino alla fine dei miei giorni]

 

Era venerdì mattina, quattro giorni dopo la fine del Torneo, e Harry si era appena svegliato con la cicatrice che gli bruciava.

Bruciava spesso in quei giorni, mentre il potere di Voldemort aumentava. Aveva imparato ad accettarlo.

Non aveva imparato a non odiarlo.

Finita la preoccupazione per il Torneo, bastava non guardare il letto di Seamus per poter quasi fingere che il Quidditch fosse il suo unico pensiero. Perché quel dolore doveva colpirlo proprio allora?

“Harry.”

Si girò al suono della voce di Ron, e sentì un improvviso, stupido lampo di paura, come se Ron, vedendo la cicatrice, avesse potuto pensare che fosse il marchio di un assassino.

Ron sorrise debolmente, preoccupato. Harry ricambiò il sorriso per dimostrare che andava tutto bene, e il sorriso divenne più spontaneo appena vide il pigiama di Ron.

Ron era cresciuto abbastanza da indossare il pigiama che usava Bill alla sua età, e c’era l’immagine di un paio di labbra rosse schiuse sulla tasca che aveva sul petto, cosa per cui Harry lo prendeva sempre in giro. Inoltre, per qualche strana legge roniana della fisica, i pantaloni del pigiama gli andavano corti, nonostante Harry fosse piuttosto certo che lui e Bill fossero alti uguale.

“Tutto ok?” chiese Ron, sedendosi sul letto.

Harry si tirò le gambe al petto per fargli spazio, grato per quella distrazione.

“Io… sì. Mi succede spesso.”

E mi fa pensare sempre più che dobbiamo annientarlo. Mi rende sempre più deciso ad uccidere quel bastardo.

“E’ peggio, sapere che Tu-Sai-Chi è incazzato?” Ron parlò in fretta, come se avesse quasi paura di dirlo. “A volte credo che sia… che non sapere sia la cosa peggiore. Odio i misteri. Odio tutto ciò che è…” fece una smorfia. “Sinistro.”

“Non so,” disse Harry fiaccamente. “Ce l’ho sempre avuta, ricordi?” Si fermò. “Penso che siano brutte entrambe le cose.”

“Già.” Ron si spostò più avanti sul letto, colpendo la testiera e sobbalzando. “Vuoi sapere una cosa? Anche se ti sembrerà una pazzia.”

Harry annuì.

“Hai presente il modo strano che ha Neville di russare? A volte mi metto ad ascoltarlo con attenzione, perché mi fa sentire che c’è ancora qualcuno in quel letto. Certe volte non riesco a dormire, se non lo sento.”

Restarono entrambi zitti per un minuto ad ascoltare il ronzare di Neville. Era un suono tremendo, e si scambiarono un sorrisino.

“Non penso che sia una pazzia,” disse Harry. “E’ tutto così triste… bisogna approfittare di qualsiasi cosa per tirarsi su.”

“Già…” Ron strinse la mandibola. “E’ da un po’ che volevo parlartene. E’ per questo che… sai.”

“Cosa?” chiese Harry.

“E’ per questo che non ho ancora strangolato e sepolto Malfoy in una caverna oscura per impedirti di fraternizzare col nemico."

“Lui non è il nemico,” disse Harry con fermezza.

“Ovviamente per te non lo è, Harry. Ma io lo odio ancora, quel deficiente. E’ sempre stato il nemico…” aggrottò le ciglia. “Quel damerino strisciante e crudele è capace di smettere di dire stronzate solo quando si agita per i capelli. Ma… ok, lo so che per qualche strana ragione adesso ti piace.”

Ron fece una strana smorfia nel dirlo, come se avesse voluto lavarsi la bocca.

“Non è come pensi,” disse Harry. “Oddio. In effetti si agita molto per i capelli.”

Visto? Diceva l’espressione di Ron. E’ il male.

“E a volte fa il damerino. E sì, ok, non sa quando è il momento di tacere. Ma…” Harry si fermò. “Ci tengo a lui,” disse con calma. “Ci tengo molto.”

“Uhm. Sì, lo vedo,” disse Ron. “Non sono completamente cieco, sai? Vi ho visti scappare insieme come due fuggitivi dal Torneo.” Scosse il capo. “Insomma, Harry, cosa avevate in mente?”

“Ha quasi funzionato,” protestò.

“Harry, vi hanno raggiunti ai piedi del pendio, e poi quel cretino ha cercato di dir loro che avevi una storia con la professoressa Cooman.”

“Avrebbe potuto funzionare,” disse Harry sulla difensiva.

“Cretino,” ripeté Ron. “E, per la cronaca, pensavo che preferissi la professoressa Sinistra.”

“Ron,” disse Harry, sopprimendo un sorrisino. “Fra un po’ vomito.”

Ron parve a disagio. “Beh, ecco… il punto è che… la situazione è davvero brutta, come dicevi. E abbiamo tutti bisogno di qualcosa che ci faccia stare meglio. Se ti fa stare meglio – se ti fidi di lui – non voglio portartelo via.”

Harry osservò il viso aperto di Ron.

Ron si incupì. “Comunque continuo ad odiare questa situazione. E lui,” aggiunse, giusto per mettere in chiaro le cose. “Magari tu ti fidi di lui, ma non penso che dovresti. Se le cose fossero messe appena un po’ meglio, gli farei lo scalpo e appenderei i suoi stupidi capelli fuori all’ingresso Grifondoro. E se non fa del suo meglio come amico, per quanto sia possibile ad un viscido Serpeverde, gli farò lo scalpo lo stesso.”

Harry soppresse un sorriso. “Ron.” Ron lo guardò. “Io… sei il mio migliore amico. Lo sai.”

“Lo spero bene,” disse Ron. “Altrimenti dovrei davvero uccidere Malfoy.”

“E’ un pigiama party privato o possono imbucarsi tutti?”

Gli occhi scuri di Dean erano al contempo severi e sorridenti, e Harry non l’avrebbe mai mandato via. Adesso che il migliore amico di Dean era scomparso, poi, l’avrebbe fatto ancora meno.

“Non possono imbucarsi tutti,” disse. “Ma tu sei il benvenuto.”

Dean salì sul letto, spingendo piano Ron per farsi spazio. “Allora, di che parliamo?”

“Del Torneo,” rispose Harry.

“Ah.” Dean sogghignò. “Ti sei tolto un peso dalle spalle, in ogni caso. Anche se devo dire che quando sei sparito ci hai fatto prendere un colpo.”

“Non è stato bello nemmeno per me,” replicò Harry.

Non voleva pensarci, non aveva voluto parlarne. Quel poco che aveva detto aveva reso Sirius livido di rabbia e ansioso di andare a staccare la testa di Silente a morsi. Silente aveva detto che era stato necessario, e che Harry l’avrebbe capito in seguito.

Harry avrebbe tanto voluto capirlo subito.

“Ginny era in lacrime,” continuò a bassa voce Dean.

“Anche Hermione stava dando i numeri,” aggiunse Ron.

“Penso fossero tutti terrorizzati,” disse Dean. “Sai come vanno le cose di questi tempi. Neanche Hogwarts è al sicuro. C’è una spia.”

Quella parola, spia, fece calare delle cortine pesanti intorno a tutti loro. Harry non ricordava di averla mai sentita pronunciare nel dormitorio Grifondoro. Vide i volti intorno a lui farsi foschi. Si rannicchiarono ancora di più.

“Andrà tutto bene,” disse loro Harry, perché qualcuno doveva dirlo.

“Dobbiamo scoprire chi è,” rispose piano Dean. “Dobbiamo avere almeno un posto che sia sicuro. Solo allora le cose potrebbero iniziare ad andare bene.”

*

Era giorno adesso, l’ora di pranzo.

“E dai, Harry.”

“Perché dovrei?”

“Lo desidero davvero.”

“Forse se mi supplichi.”

“Ci sto pensando.”

Harry sorrise. “In ginocchio, Malfoy.”

Draco inclinò la testa di lato e gli fece un sorriso vittorioso. “Vuoi dire che lo farai?”

“Io… devo guardare l’immagine di un serpente,” tergiversò Harry.

Draco alzò gli occhi al cielo. “Scusa patetica, Potter. Ho un serpente sulla mia spilla da prefetto. Guardalo, e dì qualcosa in Serpentese entro un minuto. L’ho sentito solo una volta e voglio sentirlo di nuovo!”

“Non fare l’idiota,” disse Harry vago. “E poi cosa dovrei dire?”

Draco ci pensò su. “Potresti dire ‘Draco è il capo supremo di tutto l’universo, e ha degli zigomi perfetti'."

Harry si concentrò sulla spilla appuntata sul petto di Draco. Il serpente non era che un abbozzo verde e piatto su sfondo grigio, ma si vedeva la lingua biforcuta e fremente.

“Draco è un vero idiota certi giorni, e penso che sia innamorato del suo specchio.”

Il sibilo profondo aleggiò nell'aria.

“Ehi!” disse Draco.

Harry alzò un sopracciglio. “Ma se non conosci nemmeno la lingua.”

“No. Ma conosco te, scemo.” Draco si concesse un sorrisino prima di continuare. “E quella roba è grandiosa,” disse a Harry con apprezzamento. “Dovresti farlo più spesso. Scommetto che Morag resterebbe colpita.”

“Draco Malfoy, se non la smetti di parlare di questa Morag…”

Lo sguardo sicuro di Draco vagò per il cortile in cui stavano passeggiando, mantenendosi sui sentieri coperti per via del freddo.

“Beh. Se non ti piace la scena Serpeverde, ti farà piacere sapere che la tua molestatrice più carina è ancora parecchio in vista.”

Harry si guardò intorno e vide un lampo di capelli lucenti.

“Parli di Ginny?”

Draco incurvò il labbro. “Di certo non parlo di Canon, no? Eccola là, in carne e ossa e tremendamente infatuata. Per fortuna non sei un tipo infedele: sei fratelli maggiori assetati di vendetta sarebbero una prospettiva inquietante. E poi è bello essere adorati.”

“Draco. Ti ricordi quando abbiamo parlato del fatto che non puoi prenderti cura di me? Vuol dire che non puoi neanche organizzarmi gli appuntamenti.”

Era certo che Ginny fosse fuori solo per prendere un po’ d’aria. Sì, aveva una cotta per lui da quando erano bambini, e la cotta era chiaramente resistita abbastanza da spingerla a ricambiare il suo bacio quella volta… e, sì, forse voleva davvero uscire con lui, ma Harry non era interessato, e si rifiutava di credere che la cosa fosse tanto seria.

Draco sembrò offeso.

“Ti sto solo indicando la strada per la felicità.”

“Sono già felice adesso, grazie tante.”

“Potresti esserlo di più,” insisté Draco. “C’è una cosa con la lingua che ho insegnato a Morag… è una lunga storia di night club e limoni…”

“Draco!”

Il viso di Draco schizzò in su. Harry si era accorto che Draco capiva sempre quando era serio e quando scherzava.

“Smettila, ok? Non mi piace sentire quel genere di cose. Puoi fare di meglio.”

Draco alzò le sopracciglia.

“Certe volte sei veramente idiota, Harry. Lo sai, vero?”

“Sì, lo so. Ma devi sopportarmi ancora per un’ora. Hai promesso di lasciar stare quel cavolo di progetto, se ti avessi raccontato l’intera storia della Camera dei Segreti. Ti ho in pugno.”

Draco sorrise. “Lungi da me infrangere una promessa. Anche se non sono ancora molto convinto di questa faccenda della Camera dei Segreti.”

Harry lo colpì con una gomitata per un rapido scambio di sguardi pseudo-indignati.

“Credi che ti mentirei?”

“Credi che ti accuserei? E’ solo questa cosa della spada tirata fuori dal cappello. Dai cappelli si tirano fuori i conigli.”

“Non credo mi sarebbe piaciuto cercare di uccidere un basilisco con un coniglio.”

“Oh, ma a me sarebbe piaciuto vedertelo fare. Pensa. Immagina le foto.” Draco si immerse in una breve ma energica imitazione. “L’impavido eroe brandisce il soffice e frignante cucciolo infernale. ‘Indietro, indietro, rettile rivoltante!’ Bastonata! Guaito stremato. Altra bast…”

Harry si tese e lo afferrò, tirandolo di nuovo accanto a sé dalla manica.

“A volte sei veramente melodrammatico, Malfoy.”

“Come osi! Nessuno comprende il mio temperamento artistico.”

Harry si limitò a scuotere la testa divertito. Draco mise il broncio per un attimo, quindi sembrò rallegrarsi e cominciò a cantare sottovoce, probabilmente per dimostrare il proprio temperamento artistico. O magari per infastidire Harry.

Cantava sempre quella canzone. Era un vecchio brano delle Sorelle Stravagarie, e Harry ricordava che a Draco era sempre piaciuta.

Quella volta che, il sesto anno, i suoi compagni di stanza (specialmente Seamus, ma meglio non pensarci) avevano trascinato Harry al pub di Hogsmeade, aveva passato tutta la sera a fissare la sua Burrobirra, mentre nell’aria risuonavano una dopo l’altra tutte le canzoni delle Sorelle Stravagarie. Le aveva odiate tutte quante mentre se ne stava lì seduto, cercando di non guardare Ron e Hermione, né Seamus e Lavanda che a quel tempo stavano insieme…

E quella era stata la canzone che aveva odiato di più, perché quando era iniziata tutti i Serpeverde si erano riversati dal bar sulla pista in un assalto di corpi seminudi, e in effetti non è che ai Serpeverde fosse mai servita la nottata fuori una volta al mese per ubriacarsi e dare scandalo en masse.

Harry ricordava di essere rimasto di stucco per il fatto che non erano solo i vestiti delle ragazze ad essere molto scollati, e che, anzi, anche Zabini e… Malfoy, a quell’epoca, indossavano ben poco. I vestiti di Zabini gli erano sembrati di draghetereo ed erano tagliati sul petto, quelli di Malfoy erano senza maniche. Harry aveva pensato Tipico, e aveva guardato male la Burrobirra mentre metà dei Serpeverde cominciavano a gridare il testo con entusiasmo.

L’interno della bocca di Malfoy era stato tinto di nero e rosa shocking dalle luci al neon e dalle ombre.

Harry aveva pensato che era una canzone orrenda.

“Nessuno con cui ballare, Potter? Estremamente non-sorprendente.”

Aveva riconosciuto la voce lenta e deliberatamente spietata prima di alzare gli occhi. Malfoy, improvvisamente accanto a lui, come messo lì da un fato crudele.

Nonché chiaramente ubriaco e sudato per la calca, e Harry riuscì a sentire un intreccio di odori forti quando Malfoy si piegò per guardare il suo drink e strillare in una risata sprezzante.

Burrobirra? Vedo che gareggiamo con Paciock per l’ambito titolo di Studente Più Patetico Dell’Anno. Coraggio Potter, puoi farcela. Io credo in te!”

Harry l’aveva spinto via violentemente. “Sparisci, Malfoy.”

Si era sforzato di ricordare quale terribile azione avesse fatto per essere punito con Malfoy.

Harry era stato salvato da Zabini, proprio lui, che era arrivato alle spalle di Malfoy e gli aveva toccato i fianchi per un istante. Persino allora aveva notato che Zabini allungava le mani in modo ingiustificato.

“Non balli, Draco? E’ la tua canzone.”

Gli occhi brillanti d’alcool di Malfoy avevano scintillato dopo essersi staccati da quelli di Harry. “Certo che ballo,” aveva risposto.

Harry se n’era andato. Non intendeva restare lì ad essere preso in giro, o a guardare Serpeverde pervertiti che si strusciavano sulla pista.

Oh, allora aveva odiato quella canzone.

Adesso non gli dava più tanto fastidio.

Si accorse di aver mormorato quando Draco sollevò un sopracciglio.

“Potresti cantare anche tu,” propose.

“No grazie,” rispose Harry. “Non canto, così come non ballo.”

“Non canta. Non balla. Tutto ciò che sa fare, signore e signori, è uccidere mostri con i conigli.”

“Io non…” Harry si fermò e rise. “So fare molte più cose.”

“E parlare una lingua fighissima di serpenti,” aggiunse Draco. “Te lo concedo.”

Harry si fermò e rabbrividì. Ricordò che Tom Ridde parlava la stessa lingua, e ripensò al fremito di disgusto quando Silente gli aveva detto: ti ha trasmesso alcuni dei suoi poteri… Non avrebbe mai parlato di nuovo in Serpentese se non fosse stato Draco a chiederglielo, e se non si fosse sentito… in colpa.

Perché aveva tirato Draco fuori dalla sua stanza con delle scuse, ovviamente. Non gli aveva detto proprio tutto sulla Camera dei Segreti. Aveva tralasciato la parte del cattivo, l’uomo che aveva fatto scivolare una maledizione nelle mani di una ragazza innocente.

Voleva proteggere Draco, e poi non era più così importante. Così aveva lasciato fuori il nome di Lucius Malfoy, e di certo il desiderio di proteggere Draco non era una cosa per cui sentirsi in colpa.

Ma si sentiva in colpa lo stesso, ed ebbe di nuovo i brividi.

“Per l’amor del cielo, Harry, ti stai congelando,” notò Draco. “Perché non ti sei messo dei guanti, stupido bifolco?”

Dette a Harry un’occhiata critica, quindi si tese e gli annodò meglio la sciarpa attorno al collo. E, sì, doveva far freddo, perché l’alito di Draco fu stranamente caldo sulla guancia di Harry.

“Insomma, è l’ultimo freddo dell’anno,” si lagnò Draco. “Quale sadico decide che l’ultimo freddo dell’anno debba essere a maggio?”

“Draco,” gli disse Harry, “non credo ci sia qualcuno che decide queste cose.”

Draco spinse in fuori il labbro inferiore. “Potrebbe essere la vendetta del fato crudele per dei misfatti passati.”

“Allora ringrazia che non stia nevicando.”

Draco gli rivolse un’espressione ripugnante, incrociando gli occhi sotto la frangia che il cappello di lana gli aveva appiattito sulla fronte.

“Almeno io indosso cappello e guanti appropriati,” disse con profonda soddisfazione.

Era proprio tipico di Draco avere cappello e guanti in coordinato con la sua sciarpa Serpeverde. Lo atterriva vedere gli altri abbinarla ai guanti vecchi, e Harry aveva notato che sfruttava ogni occasione per pavoneggiarsi in giro.

Harry improvvisamente si ricordò dell’ultima volta che aveva nevicato, proprio prima di Natale. Stava passeggiando con Ron e Hermione, cercando di ignorare le loro battutine sul vischio, e aveva notato vagamente il cappello e i guanti di Malfoy, pensando che-stronzo-vanitoso.

A quel punto Terry Boot era giunto con passo felpato alle spalle di Malfoy e gli aveva tirato una palla di neve sulla nuca. Malfoy era finito seduto sulla neve con aria ridicolmente offesa, a cercare di non ridere. Harry era rimasto stupefatto dall’apparente assenza di rancore.

Aveva guardato storto Terry Boot, e si erano visti dei fiocchi di neve sulle sue ciglia.

A quel punto, ovviamente, si era alzato in piedi per mettere in atto una vendetta a base di neve, e alcuni Corvonero erano corsi a difendere il loro Capocasa, mentre Harry aveva chiamato i Grifondoro per ovviare alla differenza di numero.

Si era trasformato in una lotta feroce tra Grifondoro e Serpeverde, come ogni cosa a Hogwarts, con Tiger e Goyle che lanciavano pietre ricoperte di neve e Pansy che usava il ginocchio per difendere Malfoy in maniera ben poco femminile, lasciando Ron sdraiato sulla neve.

“Sei fortunata, Granger,” aveva ansimato Malfoy. “Se fosse stata Millicent, a quest’ora usciresti con un eunuco.” Aveva sogghignato. “Il che sarebbe tremendamente divertente…”

Alla fine Snape e la McGranitt erano arrivati a grandi passi dalla scuola giù per la collina innevata per assegnare le punizioni e separare i più rissosi.

“Potter, si alzi immediatamente! Sono assolutamente disgustata dal suo comportamento… si è forse rotolato nella neve? Vada su e si cambi subito.”

“Malfoy, quand’è che guarirà da questo impulso puerile a… perbacco, che è successo alla sua bocca?”

“Potter ha cercato di farmi ingoiare del ghiaccio!”

“E’ stato Malfoy a iniziare tutto!” aveva ringhiato Harry.

Snape, saggiamente, aveva messo una mano sulla spalla di Malfoy per trattenerlo. La presenza del suo professore preferito aveva frenato Malfoy abbastanza da limitarsi a sogghignare verso Harry alle spalle della McGranitt.

Harry aveva lanciato uno sguardo assassino a Malfoy, col suo stupido cappello storto e la bocca rossa, e aveva pensato che era la persona più odiosa del mondo intero.

"Ho qualcosa sulla bocca?"

Harry sbatté le palpebre. "No. Stavo solo pensando a Natale e, ehm..."

Draco gettò indietro la testa e rise. "E a quando cercasti di infilarmi il ghiaccio in bocca, mi ricordo. Stronzetto malvagio. Stavo attraversando un difficile stato motivo in quel periodo, sai?"

"Sì, beh..." Ricordò una cosa che Draco gli aveva detto nel lago. "Difficilmente mettiamo in mostra i nostri sentimenti, Malfoy."

Draco sorrise radioso, e Harry seppe che aveva riconosciuto quelle parole.

Calì e Lavanda emersero da una porta e, fermandosi solo per scambiare quattro chiacchiere con Ginny, gli fecero cenno e si incamminarono verso di loro.

Harry desiderò fortemente che andassero via. Fra le lezioni, i compiti, le riunioni del Giovane Ordine e del Consiglio e tutte le nuove restrizioni, in quel periodo era molto difficile riuscire a vedere Draco, per cui, francamente, l'intrusione era decisamente sgradita.

"Ciao Harry," disse Lavanda, che era rosa per il freddo.

"Bel cappello, Malfoy," osservò Calì, mettendosi una mano sul fianco e alzando un sopracciglio.

Era molto posata, era sempre stata di buona compania, e Harry voleva che se ne andasse immediatamente.

"Lo so," rispose Draco pieno di soddisfazione. "Certamente è per questo che Ginny Weasley si aggira furtivamente laggiù. Spera che mi esibirò in uno spogliarello ardito, lasciando su solo il capello. Sono nato per il porno, tutto qui."

Calì e Lavanda risero entrambe.

"Allora, di cosa stavate discutendo tanto vivacemente, prima che arrivassmo?" indagò maliziosamente Calì.

Draco aggrottò la fronte. "Soprattutto di sconfiggere rettili con teneri animaletti, credo."

Lavanda parve un tantino allarmata.

Draco sorrise seducente. "E del ballo. Harry non sa né cantare né ballare. Non è inquietante?"

Calì ricambiò il sorriso. "In effetti ricordo di aver dovuto guidare io, al nostro primo Ballo del Ceppo..."

"Avevo quattordici anni!" protestò Harry.

"Certo, certo," disse Draco, lasciandogli le mani. "E poi non possiamo nascere tutti con la grazia innata di..." accennò vagamente a Calì, poi cambiò idea e puntò il dito verso se stesso, "...del sottoscritto."

"Ti ho visto fuori nei club," commentò Calì. "Ho visto che idea hai del ballare."

"Quindi vuoi dire che non si tratta di grazia innata ma di depravazione innata," propose Harry, scansandosi automaticamente prima che Draco assestasse il colpo.

"Non ti fidi di me," osservò Draco, indignato. "Bene allora. Ti sfido."

Si tolse il guanto destro con i denti, quindi si sfilò il sinistro e se li mise sulle spalle.

"Avanti," disse, gettandosi anche la sciarpa sulle spalle. "Meno parole e più fatti, Patil."

Le afferrò una mano e la trascinò verso il cortile, ignorando i suoi versi stupiti mentre la tirò via dal selciato e tra le sue braccia. Poi le fece fare un casquet.

Alzò gli occhi verso Harry e gli mandò un sorriso.

"Puoi dire che non so ballare, adesso?"

Harry non ebbe mai il tempo di rispondere, perché Padma Patil uscì di corsa da un'altra porta e si diresse verso di loro.

Harry avrebbe ricordato per molto tempo i volti delle gemelle in quel momento, due specchi che riflettevano cose molto diverse. Calì era arrossata e sorridente, innocente ed eccitata, mentre il viso di Padma era bianco e teso, i suoi occhi sbarrati per l'orrore.

"Venite tutti, presto," disse, sfogando tutta l'emozione con la voce. "Abbiamo bisogno di tutti voi nella stanza del Giovane Ordine. Subito."

*

I membri dell'Ordine attorno al tavolo non chiacchieravano come facevano sempre all'inizio di una riunione. Stavano fissando Lupin con una sorta di terrore ammutolito. Neville si era fatto pallido come cenere, e Harry cercò di inviargli un sorriso rassicurante. Stava già tenendo la mano a Hermione e a Ginny... sembrava che Ginny fosse sul punto di piangere.

Temeva che il sorriso non gli fosse riuscito molto convincente. Il professor Lupin, che di solito teneva in serbo per loro uno sguardo caloroso, era serissimo.

Erano tutti stretti attorno al tavolo in quattro gruppi compatti.

Il gruppo più compatto e più lontano dagli altri era quello dei Serpeverde. Ma era sempre stato così.

A Harry non era sempre importato.

Aspettarono, e finalmente Lupin parlò. Il suo sguardo rimase fisso sul tavolo, la voce bassa e formale.

"La signorina Granger e il signor Boot erano stati assegnati alla divisione ricerca della nostra squadra," disse. "Stavano indagando sulla magia antica che il professor Silente ha più volte invocato per proteggere luoghi." Gli occhi di Lupin fluttuarono un attimo su Harry. "Si stava pensando di organizzare una stanza sicura a Hogwarts dove gli studenti potessero rifugiarsi in caso di allarme, e stare al sicuro. Il progetto stava avanzando in modo... soddisfacente. Stamattina, invece, si è scoperto che tutte le barriere preliminari sono state infrante, e i progetti rubati."

Lupin alzò leggermente gli occhi.

La stretta di Hermione per poco non spezzò la mano di Harry.

"La spia dentro Hogwarts è passata al sabotaggio diretto. Ci è stata sottratta una delle speranze migliori, e una gran quantità di lavoro e magia è andata sprecata. Dobbiamo capire chi ne era al corrente... e io ammetto di essere tra quelli. La signorina Granger mi ha chiesto consiglio per un problema con gli incantesimi, e io a mia volta ho chiesto aiuto a diversi membri dello staff per lo stesso motivo."

Fece una pausa. Era in momenti come quello che Harry odiava di più la guerra: quando gli adulti su cui contava sembravano così vecchi e stanchi.

"Sono felice di essere sotto sospetto," disse. Si levò un mormorio di proteste, e lui alzò una mano. "Ma devo insistere affinché la signorina Granger e il signor Boot ci informino di ogni possibile falla nella sicurezza. Ci serve una lista completa dei sospettati."

Mentre Hermione Parlava, Harry la guardò, e notò che i suoi occhi sembravano troppo grandi su quel viso improvvisamente emaciato.

"Io l'ho detto a Ron," disse a bassa voce. "E l'ho detto... l'ho detto a Ginny. Era spaventata, e pensavo che sarei riuscita a rassicurarla."

"Signor Boot?" chiese Lupin, senza commentare.

Gli occhi di Terry Boot erano nascosti dai suoi occhiali da lettura, e forse era per quello che se li era messi.

"Io l'ho detto a Padma e a Mandy," disse. "Abbiamo lavorato in gruppo su ogni progetto. Abbiamo fatto ricerche insieme."

"Nessun altro?"

Lentamente, Hermione e Terry annuirono all'unisono.

"No," disse una voce fredda e cristallina, mentre ogni testa si voltava verso il centro del gruppo dei Serpeverde. "Io lo sapevo," continuò Draco, il viso privo di emozioni. "Boot me l'ha detto mentre sorvegliavamo l'entrata principale. L'ho aiutato con una parte complessa dell'incantesimo."

Ci fu un breve istante di silenzio. Harry guardò gli occhi calmi di Draco.

Si scatenò il pandemonio.

Gente che saltava su, gridava, si girava e avviava conversazioni deliranti con i vicini. E quasi impercettibilmente, in modo del tutto naturale, molti volsero le spalle ai Serpeverde.

"Non l'ho detto perché sapevo che tutti avrebbero pensato che il colpevole fosse lui," scattò Terry Boot. "E non lo è."

"Penso sia molto improbabile," ribatté Padma Patil, lo sguardo freddo fisso su Draco.

"Improbabile?" strillò Ron, che si era alzato in piedi. "E' stato lui! Basta guardarlo per capire che è stato lui! Bisognerebbe spedirlo ad Azkaban in questo istante..."

Tiger e Goyle si scrocchiarono entrambi le dita, ma fu Pansy Parkinson che tentò di tuffarsi all’altro capo del tavolo.

"Ti ammazzo, Weasley!"

"Goyle, tienila ferma," ordinò Draco.

Pansy si dimenò furiosamente tra le braccia di Goyle.

"Ti ammazzo!"

"E' ovvio che la sua ragazza la pensi così..."

"Chiusi quella stupida bocca!"

Hermione lasciò la mano di Harry e si alzò. I suoi occhi mandavano fulmini, e c'erano due chiazze scure di colore sulle sue guance.

"Non ti permettere di usare quel tono con Ron," disse gelida. "Coma osa Malfoy strisciare qui dentro fingendo di essere dalla nostra parte, gettando il sospetto su persone come il professor Lupin? Non avremmo mai dovuto credere a voi... a nessuno di voi."

"Siediti, Hermione."

Hermione lo fissò, e Harry si rese conto di aver parlato grazie alla fredda palla di panico e furia acciambellata nel suo petto.

Quasi nessun altro se ne accorse. Erano troppo occupati a gridare, a fare domande, a muoversi furtivamente per allontanarsi il più possibile dai Serpeverde. Ron e Pansy si urlavano oscenità l'un l'altra, e Pansy cercava di mordere Goyle per indurlo a lasciarla. Blaise Zabini parlava in toni freddi con Padma. Tiger guardava minacciosamente alcuni Tassorosso, che improvvisamente ammutolirono. Quasi ogni Serpeverde aveva attaccato qualcuno con veemenza.

Ma Draco lo guardava assorto, e gli occhi scioccati di Hermione erano inchiodati al suo viso.

"Harry, non c'è più alcun dubbio," sussurrò. "Harry, è una pazzia..."

"Non è stato lui," disse Harry.

Ginny tremava violentemente. Non gli importava.

"Silenzio, per favore," disse Lupin, e Harry lo guardò con una specie di speranza disperata.

Metti le cose a posto, diglielo, Draco si fida di te, dì loro che... che...

Le voci si interruppero a malincuore.

"Non vuole dichiarare la sua innocenza, signor Malfoy?" chiese con calma Lupin.

Draco guardò il Giovane Ordine, torcendo il labbro con fare acido o beffardo.

"Non spreco mai il fiato."

*

"Chi trova tiene."

Harry quasi ringhiò la parole d'ordine che Draco gli aveva dato al muro di pietra vuoto, immobile e irritante, e spinse lui stesso la pietra entrando, perché non si sbrigava ad aprirsi. I Serpeverde nella sala comune non gli fecero domande né sogghignarono, mentre gli passò davanti in fretta.

Spalancò la porta della stanza di Draco e si precipitò all'interno.

Draco era steso a pancia in su contro i cuscini sul suo letto, e studiava un libro. Lo mise giù e guardò verso Harry.

"Oh. Sei tu," disse.

Due passi decisi e fu accanto al letto.

"Cosa credevi di fare?" domandò Harry.

"Di cosa parli?" chiese Draco, con una pronuncia strascicata che risultò più fastidiosa che mai.

Harry afferrò i suoi vestiti con la mano.

"Ehi!" gridò Draco, oltraggiato. "Che stai..."

"Dimmi," disse Harry, "per quale cazzo di motivo ti sei rifiutato di negarlo!"

Draco si tirò via dalla stretta di Harry e si alzò dal letto, alzandosi in piedi e guardandolo storto.

"E perché me lo chiedi?" volle sapere.

La sua voce era ancora fredda, e solo la lieve colorazione delle sue guance fece capire a Harry che era arrabbiato.

"Cosa?" disse Harry. Perché Draco gli aveva chiesto quello? Non era ovvio che dovesse proteggere Draco, persino da se stesso? Non era chiaro?

Draco rimase a guardarlo, con quel lieve rossore che ancora ornava le punte dei suoi zigomi e gli occhi che luccicavano in modo strano.

"Credi che sia stato io?"

Per un attimo Harry non fece altro che fissarlo. Draco ricambiò lo sguardo, irremovibile.

"Allora," disse. "Lo credi?"

"No!" Per poco Harry non urlò. "Certo che no!"

Draco sorrise sgradevolmente. "Quanto sei sicuro?"

"Sono sicuro," disse Harry, con la voce più energica che gli riuscì. "Ne sono assolutamente certo. Ti conosco."

"Potrei star mentendo."

"Draco," saltò su Harry, "non sai nemmeno mentire tanto bene!"

Draco parve offeso. "Sì invece! Io..."

"Menti in modo patetico," continuò inesorabile. "Se ne accorgono tutti quando lo fai, perché sei convinto che non vale la pena di darsi noia per ingannare le masse inferiori, e ti comporti come se pensassi che ogni cosa che fai sia geniale. Non hai saputo fingere per un secondo quando non ti piacevo, non riuscisti nemmeno a fingere di esserti ferito al braccio. Saresti la spia peggiore della storia!"

Draco storse il naso e sembrò decisamente attonito. "Beh."

Harry si concesse un sorrisino a quella ammissione parziale. "Lo vedi?" disse, più gentilmente. "Ti conosco."

Draco lo guardò di nuovo con occhi attenti. "E non credi che sia stato io."

"Io so che non sei stato tu."

"Assolutamente."

"Sì."

"Senza domande."

"Sì."

"Niente che nessuno dicesse potrebbe farti cambiare idea."

"!" ringhiò Harry, facendo un passo verso Draco senza un'idea in mente se non forse quella di colpirlo fin quando non fosse rinsavito.

Draco sbatté le palpebre, fece un passo indietro e poi rise.

"E quante persone credi che abbiano la stessa fiducia in me?"

Harry ammiccò a sua volta. "Io... sono certo che, se lo avessi negato, moltissime persone avrebbero..."

"Creduto alla parola di un Serpeverde?" chiese Draco. "Creduto alla mia parola? Lascia che ti faccia un esempio. Mettiamo che questa cosa fosse successa sei mesi fa. A prescindere dalle mie parole, avresti creduto per un solo attimo che non fossi stato io?"

Harry avrebbe voluto dire , ma ricordava di aver pensato che quello stesso ragazzo fosse l'Erede di Serpeverde, quando avevano entrambi dodici anni.

Non se ne sarebbe dissuaso per nessun motivo.

"Visto," disse Draco. "Penseranno comunque che sia stato io. Lo negherei se pensassi che servirebbe a qualcosa, ma non è così. E non ho intenzione di strisciare ai piedi di un gruppo di Corvonero petulanti e Tassorosso mollaccioni per meno di niente."

Era una cosa così stupida, ma era tremendamente da Draco, e c'era una bizzarra logica dietro quel ragionamento. E il fatto che avesse citato i Corvonero...

"Perché doveva dirtelo, Terry Boot?" rimuginò Harry infastidito. "Avrebbe dovuto pensare a cosa avrebbe pensato la gente se si fosse scoperto, e tu lo sapevi. Non avrebbe dovuto farlo."

Draco parve vagamente stupito. "Non l'ha fatto apposta," rispose. "E' un mio amico."

Harry ripensò alla riunione dell'Ordine in cui avevano discusso della medimagia e dei Babbani, e a come, all'inizio, Terry aveva guardato Draco, e lui si era chiesto se fossero amici.

Adesso aveva avuto la risposta.

"Da quando?"

Draco alzò un sopracciglio. "Dall'inizio dell'anno. Fui sorpreso quando lo elessero Caposcuola. Avevo sempre pensato che saresti stato tu o io. Mi ero abituato a quell’idea, vincere e rendere la vita dei Grifondoro un inferno per un anno, oppure perdere ed essere il prefetto più ribelle che avresti potuto immaginare

"Sei proprio un cretino."

 Draco scrollò le spalle. "Pensai che forse l'avevano eletto perché era una scelta neutrale, ma non ne ero sicuro. Mi interessava, così decisi di conoscerlo meglio e di manipolarlo in modo da lavorare insieme al progetto di Astronomia."

"Tu e i tuoi astuti piani da Serpeverde. Non potevi semplicemente parlargli?"

Draco sollevò il mento. "Mi piace rendere la mia vita interessante. E lui è interessante. E' sveglio e intelligente. Ti piacerebbe."

"Neanche lui pensa che sia stato tu."

"Beh, ha le sue ragioni. Innanzitutto, probabilmente non vuole pensare di esser stato lui a consegnare il segreto alla spia."

"Tu non sei la spia," disse Harry. "Non dirlo neanche."

Draco gli rivolse di nuovo un'occhiata pungente e decisa, come se stesse cercando di tradurre un testo e non fosse del tutto certo di averlo compreso.

"Sei sicuro?" chiese. "Voglio dire, ne sei davvero sicuro? Sapevo che l'avresti detto, ma tutti i tuoi amici penseranno che sia stato io, e se non ne sei certo dovresti dirmelo. Non voglio la tua stupida nobiltà Grifondoro, non voglio che tu stia dalla mia parte per principio, voglio sapere..."

"Draco, la smetti di fare l'idiota?"

Draco non lo stava ascoltando. Il suo respiro era accelerato, e le macchie di colore sui suoi zigomi si stavano scurendo.

"Lo negherò se vuoi," gli disse duramente. "Non lo farei mai per loro, ma lo farò. Non sono stato io. Hai bisogno di sentirmelo dire?"

Harry vide che i pugni di Draco erano stretti. Afferrò le sue spalle.

"No," disse, e si accorse che stava respirando affannosamente come Draco. "No, non ho bisogno di sentirtelo dire."

Molto semplicemente, Draco si rilassò e ritornò al suo naturale strascicare.

"Bene allora," disse, e fece il suo sorrisino luminoso. "Tu mi credi. I Serpeverde mi credono. Che altro importa?"

La porta si aprì, e Zabini, Pansy, Tiger e Goyle entrarono.

"Oh mio Dio, sei tu," disse Zabini, disgustato. "Ma sei sempre qui intorno? Non hai una casa dove andare?"

"Dobbiamo parlare con Draco," annunciò brevemente Pansy, rivolta a Harry.

"Ciao," disse Tiger.

"Non c'è bisogno di essere scortesi con il mio ospite," disse Draco, ma senza rancore. Harry lo vide guardare Pansy, e si accorsero entrambi che aveva pianto.

"Me ne vado," disse Harry, muovendosi verso la porta.

Draco lo raggiunse, e parlò a bassa voce.

"E' venerdì. Fra un po' potremmo andare a Hogsmeade."

"Sì?" Harry sorrise. "Magari."

"Ci vediamo tra un paio d'ore," disse Draco. Si girò verso gli altri e parlò con chiarezza. "Tiger e Goyle, voi due andate con lui. Nessuno deve uscire da solo, e a Lupin verranno sette infarti se al povero Harry Potter verrà concesso di andarsene in giro da solo nei sotterranei dei Serpeverde.

Tiger e Goyle si mossero verso la porta senza un sussurro.

Harry si guardò alle spalle camminando verso la porta. Pansy stava piangendo con ira silenziosa, e Draco le aveva appena messo un braccio attorno alle spalle. Zabini si stava mordendo le labbra.

Tiger e Goyle lo riaccompagnarono in silenzio, nessuno profferì parola. Ma Harry indugiò davanti al ritratto della Signora Grassa.

"So che non è stato lui," disse.

Ci fu un attimo di silenzio. Poi Tiger grugnì, "Certo che non è stato lui."

Se ne andarono, camminando lentamente. Harry li guardò allontanarsi.

*

Alla fine, comunque, dovette entrare e affrontarli tutti.

Hermione alzò lo sguardo appena fu entrato, con gli occhi sfolgoranti e una mano stretta stretta a quella di Ron. Ron era pallido e infuriato, le sue lentiggini sembravano punte di spillo illuminate da luci fluorescenti. Calì era rannicchiata su una sedia vicino al divano, il viso rigato di lacrime, ma senza alcuna certezza sul viso a cui lui potesse appigliarsi. E accanto alla sedia c'era sua sorella, con la sciarpa blu dei Corvonero al collo, una fascia di freddo turchino.

Padma Patil affrontò Harry con uno sguardo che non era ferito, ma freddamente devastante quanto la sua voce.

"Hermione ed io abbiamo parlato," gli disse.

"Ma che carine," disse Harry freddamente.

"Harry," esclamò Ron all'improvviso, involontariamente, vibrando di pura indignazione.

"Cosa c'è, Ron?" scattò Harry. "Cos'hai da dire? Per caso qualcosa sul genere di 'non ti porterò via una persona in cui credi'?"

"Harry, adesso è diverso..." cominciò Ron.

Harry lo interruppe ferocemente. "Perché?"

"E' diverso perché adesso abbiamo tutti i motivi per pensare che sia lui la spia in mezzo a noi."

Non era una voce arrabbiata. Harry la odiò, perché sapeva che quella voce parlava per tutta la scuola, senza sentimenti personali, senza passione... ma con una logica priva di rimorso che avrebbe condannato Draco completamente e assolutamente.

Era Padma, ovviamente.

"Perché?" chiese Harry, con voce serrata. "Perché lui dovrebbe essere più sospetto di chiunque altro conosciamo?"

"Perché...!" Per un attimo la voce di Ron fu soffocata dall'ira, poi Hermione posò la mano sul suo braccio, facendo cenno a Padma di continuare.

La ragazza che era la Corvonero ideale, e che era diventata con tanta facilità prefetto e membro del Consiglio. Che era intelligente e carina, e che non si era preoccupata di celare lo sdegno, quando Ron l'aveva portata al Ballo col suo abito sfilacciato.

A Harry non era mai davvero piaciuta.

"Il ragionamento fila, Harry," disse, e oh, era molto astuto da parte di Hermione far parlare Padma, perché lei non avrebbe potuto farlo con lo stesso distacco. "E' l'unico Serpeverde che conosciamo, e Serpeverde produce la maggior parte dei maghi Oscuri. E' il figlio di Lucius Malfoy, ed è ben noto per le sue opinioni anti-Babbani. E' sempre stato un mistero per quale motivo abbia scelto di supportare il nostro partito. Se fosse una spia, quadrerebbe tutto."

"E' la spia," disse Ron, quasi strozzandosi.

"Harry," disse dolcemente Hermione, "deve essere lui."

Harry chiuse gli occhi per un momento contro l'impeto di rabbia rosso e nero, e vide Draco con quel rossore sul viso che diceva Non sono stato io. Hai bisogno di sentirmelo dire?

"No," ringhiò contro tutti quanti. "Io lo conosco."

"Davvero?" chiese Padma. "Non mi pare che tu abbia mai avuto molto tempo per lui, prima di quest'anno. Non pensi sia strano che d'un tratto abbia deciso di esserti amico, proprio a te, Harry Potter, nello stesso anno in cui tutti i nostri segreti cominciano a scivolare via? Ti sta usando."

Harry poté scorgere la consapevolezza che prendeva forma dietro gli occhi di Ron, un mulinello nero concentrato nella pressione di uno spillo dietro la fronte. E il risultato finale: furia.

"Lo uccido," sputò Ron.

E Harry pensò, stanno voltando ogni cosa contro di lui.

"Non azzardarti anche solo a pensare di toccarlo," disse, la voce glaciale. "Nessuno di voi. Io ho passato del tempo con lui. Voi no. Non avevo molta stima di lui prima, lo so. Non sapevo nulla di lui prima, ma adesso sì."

"Hai passato del tempo con lui," ripeté Padma con enfasi raggelante. "Allora, quali analisi hai da offrirci? Cosa pensi di lui adesso?"

Harry pensò alla lieve, remota eco di quell'offesa.

Gentilmente disse, "Penso sia fantastico."

"Ti sta manipolando," s'intromise Hermione. "Non è colpa tua, Harry, lo so che gli sei leale, lo so bene, ma devi pensare... Harry, l'ultimo traditore è stato... E' stato un amico di tuo padre. Non puoi permetterti di fidarti di lui così ciecamente."

Harry si accorse, con sua leggera e distaccata sorpresa, che stava tremando. Stavano paragonando Draco a quel... a quel...

"L'ultimo traditore," tirò fuori con voce roca, "era una persona di cui si fidavano tutti."

Volse uno sguardo truce a Padma Patil, perché non sarebbe mai riuscito a dirlo a Hermione o a Ron. Lei lo guardò con un principio di offesa personale negli occhi.

"Come osi!" esclamò.

"Come osi tu," ribatté Harry. "Vieni qui, nella mia casa... e insulti un mio amico. Come ti sentiresti se fosse un tuo amico? Non voglio sentire neanche un'altra sola parola contro di lui."

Non gli importava. Non sarebbe rimasto lì. Aveva bisogno di stare da solo, di pensare. E non gli importava neanche di essere beccato a camminare per la scuola da solo.

Si gettò un'occhiata alle spalle, vide Ron col viso di un rosso acceso, Hermione furiosa e sull'orlo delle lacrime, tutti i Grifondoro.

"E questo vale anche per voi," aggiunse gelido, prima di sbattersi dietro la porta.

*

Ginny era piuttosto soddisfatta del suo piano.

Era chiaro che Harry non sarebbe tornato nelle stanze dei Grifondoro per ore. Era furioso, e non c'era niente di strano, con quella Padma Patil che si comportava come se fosse in casa sua e che lo accusava.

Lui l'aveva salvata dal basilisco. DI lui ci si poteva fidare per tutto. Forse la spia era davvero Malfoy, e Harry aveva un piano. Forse era davvero leale col suo amico, ma avrebbe comunque scoperto la verità. Forse la spia era qualcun altro e lui già lo sapeva e ci stava lavorando.

Era l'unico che avrebbe potuto salvarli. Ed era il ragazzo che aveva sempre amato, e stava soffrendo perché nessuno credeva in lui.

Ginny poteva dirgli che lei gli credeva. Gli avrebbe fatto piacere sentirlo, sapere che qualcuno lo capiva.

Certo, non aveva idea di dove potesse essere. Per questo le era venuto in mente un piano.

Malfoy era sotto sospetto, e Harry, il leale Harry, di certo era corso da lui. Doveva solo trovare Malfoy, e subito dopo avrebbe trovato Harry.

Dovette attendere solo qualche minuto prima che il primo obiettivo fosse raggiunto. Malfoy e Blaise Zabini spuntarono fuori dai sotterranei dei Serpeverde, ovviamente nel bel mezzo di una conversazione animata.

Captò il nome Harry Potter, e perse qualsiasi scrupolo sul fatto di origliare.

"Non è niente del genere," stava dicendo Malfoy, e Ginny rimase segretamente terrorizzata dall'inflessibilità della sua voce. "Non mi aspetto che tu lo capisca. Non ne sai molto di tocchi innocenti."

"All'incirca quanto te, Draco," biascicò Blaise Zabini. Stava cercando di suonare divertito, ma l'irritazione era palese.

A Ginny non era mai piaciuto Malfoy, ma almeno da lui si sapeva cosa aspettarsi. Tutti sapevano che Zabini era inaffidabile, con quegli occhi scuri come sorgenti di ombre infide e quel viso attraente, un po' troppo furbo per essere gradevole.

"Di certo io ne so di più, se non altro per principio," disse Malfoy senza perdere la calma. "Dopotutto, Blaise, mi piace pensare di essere leggermente più selettivo di te. E sono stato davvero un bravo ragazzo, di recente."

"Questo è vero." La voce di Zabini suonò rigida. "Niente è più come prima."

Ginny cominciò a sentirsi a disagio sentendo quelle cose. Era convinta che Malfoy l'avrebbe portata quasi subito da Harry.

Con la voce di Malfoy si sarebbe potuto tagliare il ghiaccio.

"E con questo cosa vorresti dire?"

"Senti, Malfoy. Sono solo... in pensiero. Specialmente adesso." Il tono di Zabini si fece improvvisamente asciutto. "Ti chiedo solo... se hai una specie di piano, se sai cosa stai facendo."

"Oh, non preoccuparti." Malfoy parlò più dolcemente, con voce setosa, come se all'improvviso avesse deciso di rassicurare Zabini, o come se avesse paura di essere udito. "Lo so. Ciao, Harry."

Il cuore di Ginny balzò quando vide Harry camminare verso di loro nel corridoio, col suo dolce sorriso curvato.

S'incrinò un po' quando vide Zabini, ma quando Malfoy si sporse un po' verso di lui il suo viso si distese nuovamente.

"Blaise stava giusto andandosene," annunciò Malfoy, la voce simile ad un balsamo, e poi all'improvviso fissò quello sguardo di ghiaccio su Ginny.

Lei lo guardò in muto terrore, certa che avesse capito che era stata lì per tutto il tempo.

"Qualcuno deve scortare la magnifica Ginny alla sua sala comune, dopotutto." Ginny trovò sinistra l'occhiata che accompagnò quell'esclamazione, ma Harry rise. "Sono certo che per Blaise sarebbe un onore."

Zabini parve contrariato. Il sorriso di Malfoy debordava verso il ghigno birichino, e Ginny continuava a non vederci proprio niente di divertente.

"Non vi preoccupate," disse una voce alle loro spalle. "Ci penso io a Ginny."

Ginny si voltò spaventata, e si ritrovò appoggiata a Dean. Rimase calmo dietro di lei, sostenendola, mentre Malfoy mormorò:

"Beh, sappiamo tutti che ti piacerebbe..."

"Draco!" Harry gli diede una gomitata di rimprovero, e Malfoy si zittì.

La malizia di Zabini, ovviamente, rimase senza freni. Ginny la vide balenare nei suoi occhi quando rivolse a Dean uno sguardo insistente e tranquillo.

"Oh, a me non dispiace andare in sala comune con lui," disse Zabini, guardandosi intorno con una sorta di gioia dispettosa per le espressioni scioccate di tutti i presenti.

Harry lo guardò con disprezzo, ma anche un po' divertito. Malfoy aveva un sorriso altezzoso appena accennato.

Dean guardò Zabini, assolutamente sereno.

"Certo, se ti va puoi venire con me e Ginny."

Zabini sembrò contrariato. "Malfoy, questi qui ti hanno accettato," notò con sarcasmo, prima di precipitarsi fuori. Mentre avanzava spintonando Ginny e Dean, lei lo sentì mormorare, "E spero tu abbia un piano."

Ginny non guardò né lui né Dean, mentre uscirono. Era troppo occupata a fissare Harry, la cui fronte era amabilmente corrugata. Harry si mosse e toccò il gomito di Malfoy.

"Ti conviene andare in giro solo con Zabini?" gli chiese a bassa voce. "Insomma, è..."

Malfoy alzò un sopracciglio in quel suo modo particolarmente fastidioso. “Sono perfettamente al sicuro. Male colga colui che rapisse sia me che Blaise. Ci spedirebbe indietro con una nota di solidarietà entro una settimana."

Harry sogghignò. "Penso che ne accetteremmo solo uno indietro." Si fermò. "Dopotutto Zabini non è tanto male, considerando l'alternativa."

Malfoy gli scoccò un'occhiata truce.

"Tutto bene, voi due?" domandò Dean, che era rimasto assorto in quella educata sordità che Ginny aveva molto apprezzato quando uscivano insieme e lei si fermava a parlare con uno dei suoi amici.

"Tutto a posto, Thomas," rispose Malfoy, roteando gli occhi con fare melodrammatico. "E' solo il mio Grifondoro idiota che si comporta da stupido. Di nuovo."

"Beh, devo finire il mio progetto di Magia Creativa," disse Dean. "Ci vediamo, Malfoy. Harry."

Ginny fu sconvolta quando vide Malfoy sorridere a qualcosa detto da Dean. Il sorriso fece sembrare il suo viso più luminoso e più giovane.

Dal modo in cui Harry fissò Malfoy, Ginny si accorse che era sorpreso anche lui.

Prese il braccio di Dean, lo strinse forte e guardò ardentemente Harry, sperando che le chiedesse di restare. Ma lui continuò a guardare Malfoy, quando Dean cominciò a guidarla per il corridoio.

"Che intendeva dire Zabini?" le chiese, con la sua voce morbida e seria. "Parlava di un piano?"

Ginny rifletté un momento. "Prima ha chiesto a Malfoy... se sapesse cosa stava facendo, se avesse un piano. E Malfoy ha detto che ne ha uno."

Guardò in su verso il viso di Dean, angosciata, e lesse la preoccupazione nei suoi dolci occhi castani.

"Pensi che dovremmo dirlo a Harry?" chiese lei, con ansia.

"No..." disse piano Dean. "No. Non ci crederebbe."

"Oh, è vero. Si fida troppo." Ginny si appoggiò a Dean, lasciando che la sua presenza la consolasse. "Ma ci prenderemo cura di lui, giusto?"

Dean assicurò la sua mano sul proprio braccio, il viso ancora per un momento molto serio. Poi si rischiarò appena.

"E io mi prenderò cura di te."

*

"Dai," disse Draco, appena Ginny e Dean ebbero effettuato la loro uscita di scena. "Andiamo."

Si diressero in silenzio verso il corridoio con la statua della strega orba. Harry stava cercando un modo per dare voce ai pensieri turbati e incoerenti che lo avevano assalito mentre girava per la scuola da solo, e continuava a distrarsi dal suo intento per guardare Draco. Era un tale sollievo riaverlo, con la sua testa bionda che splendeva pallida nel buio pesto, lì dove nessuno poteva accusarlo, tormentarlo, dirgli cose che avrebbero potuto metterlo nei guai.

"Prevedo che la notizia sarà già arrivata a Hogsmeade," osservò Draco mentre attraversavano il tunnel. "Prendiamoci tutti un attimo per maledire le voci di corridoio."

"Potremmo andare alla Stamberga Strillante," propose Harry. "Non ci sarà nessuno lì."

Draco lo guardò allegro quando emersero dalla cantina di Mielandia.

"Potrebbero esserci dei fantasmi," fece notare. "Sai che Tiger e Goyle ancora non riescono a tornarci?"

"Ehm," disse Harry.

Draco si fermò per comprare alcuni lecca-lecca al sangue, rivolgendo all'arcigno commesso il più gioioso e affascinante dei suoi sorrisi. Poi risalirono la collina alla volta della Stamberga Strillante.

Draco stava ancora rimuginando sulle offese passate.

"Attaccare qualcuno con un Mantello dell'Invisibilità non è affatto una cosa nobile," meditò. "Molto vile. Molto subdolo. Molto Serpeverde, in effetti, bastardo."

"Draco, tu sei un Serpeverde."

"Esatto! So di cosa parlo."

Harry non poté trattenere una risata per la sua faccia tosta.

"Comunque," disse, cercando di essere il più serio possibile, "te lo meritavi. Eri stato davvero uno stronzo con Hagrid."

"Oh, dici?" ammise Draco, senza il minimo rimorso. "Ma è stato prima che lo conoscessi davvero."

Harry si era un po' spaventato per lo sguardo indecente di Draco quando ad un certo punto, mentre prendevano il tè da Hagrid, si era reso conto che Hagrid ascoltava gli studenti che gli piacevano. E che era assolutamente insicuro riguardo le sue competenze didattiche, e bramava suggerimenti.

"Prima che potessi iniziare a manipolarlo, vuoi dire."

Draco fece un cenno di indifferenza con la mano. "E' uguale. In ogni caso nego le tue dichiarazioni folli e infondate. Lo sto aiutando. Sto assistendo un insegnante."

Non che le lezioni fossero diventate meno potenzialmente letali. Tuttavia ora si concentravano su animali che potevano effettivamente essere utili a qualcosa (di solito a scopi diabolici), e Draco sembrava aver assunto una posizione di supervisione. Aveva anche sviluppato la tendenza a schiamazzare in modo decisamente seccante, durante le lezioni.

Divertente.

"Sei il cocco del professore che cova piani di ammutinamento sulla classe."

"Stai... stai cercando di distrarmi dal punto della questione," disse Draco cupamente. "E il punto è il vile attacco perpetrato alla mia persona quando ero un bimbo innocente."

"Eri un bimbo tremendo."

"In modo innocente," insisté Draco, muovendosi con grande prudenza sul sentiero per la Stamberga. Era proprio da lui fare lo schizzinoso e temere di sporcarsi gli stivali di fango, pensò Harry, e roteò gli occhi. "Per poco non ebbi un attacco di cuore, lo sai? Ero un ragazzo sensibile."

"Eri un demone mandato direttamente dall'inferno per tormentarmi."

"A tutti serve un hobby," sbuffò Draco. "Nonché un argomento ben più importante degli affari di cuore... cioè, gli affari di capelli. I miei bellissimi, bellissimi capelli."

"I capelli biondi danno un aspetto slavato," disse Harry disinvolto. "E comunque sono troppo chiari per essere naturali. Scommetto che te li tingi."

Draco fece un verso soffocato di terrore. Harry si morse il labbro con un ghigno selvaggio.

"Harry," disse Draco nella sua voce più terrificante, "questa è la cosa peggiore che tu mi abbia mai detto. E' la cosa peggiore che chiunque mi abbia mai detto."

Draco volse le spalle a Harry facendo cenni al cielo, come per far notare all'aria i torti che stava patendo. Quando ebbe finito, Harry si piegò in basso.

"Osa dirmi questo," si lamentò Draco verso le nuvole. "Dopo aver rovinato i miei capelli. Rovinato! Erano incrostati di fango, luridi, per un po' sembrarono marroni, dovetti passare ore nella doccia a lavarli freneticamente, e lui dice..."

"Draco," disse Harry con disinvoltura, lanciandogli con assoluta precisione una manciata di fango, "basta vivere nel passato."

Ci fu un momento di silenzio, durante il quale il fango filtrò tra i capelli di Draco e sul suo mantello. Poi Draco si girò lentamente, vibrando per qualche emozione repressa, e fissò Harry con un gelido sguardo assassino.

"Potter," dichiarò con convinzione, "morirai per questo."

Si piegò e afferrò una manciata di fango rapido come un serpente, ma anche Harry aveva riflessi da Cercatore. Lo schivò, e fu colpito solo su una spalla, perché ormai era già rannicchiato per terra.

Draco girò il viso, e il fango lo prese solo su una guancia. Se la toccò un secondo, incredulo, quindi indietreggiò leggermente per scansare un altro lancio. Cercava ancora di salvare almeno gli stivali.

Prese una manciata di fango e si scansò di nuovo, stavolta spostandosi più vicino a Harry anziché lontano da lui, quindi gliela ficcò con forza giù per il retro della maglietta.

Harry gridò, si dimenò e inciampò su una pietra, atterrando di schiena nel fango.

Draco scoppio a ridere. Harry allungò un braccio, gli afferrò una caviglia e gliela tolse da sotto al corpo.

L'urlo oltraggiato di Draco fu interrotto da un rumore che fu insieme un tonfo e uno 'splash'.

Harry alzò appena la testa per guardare l'espressione immobile e sconvolta sul viso di Draco. I suoi capelli erano in una pozzanghera di fango.

Harry lasciò cadere la sua testa nel fango e rise a non finire. Chiuse gli occhi per un momento e pensò solo, Mi fido di te, qualsiasi cosa succeda.

"Rovina," intonò Draco sullo sfondo. "Angoscia. Disperazione. Oh, i miei capelli. Ti odio, Harry Potter."

"Sì, sì," disse Harry, schizzandogli addosso del fango.

Draco si accigliò. "Sono in condizioni delicate oggi, e tu lo sai."

Harry si alzò su un gomito e fissò Draco, che aveva gli occhi chiusi, probabilmente al fine di immergersi completamente nella disperazione. Le sue ciglia erano lievi riflessi d'argento sulla sua pelle.

"Draco," disse dolcemente, "Dicono che sei mio amico solo per ottenere informazioni da me."

Draco non aprì gli occhi.

"Tu gli credi?" chiese, senza scomporsi.

"No!" Quante volte glielo doveva dire? "Solo che... volevo dirti che se per te è troppo pesante... se ti rende ancora più sospetto..."

"Dimenticatelo." Finalmente i suoi occhi si aprirono, piccole lamine di grigio. "Non ti libererai di me così facilmente."

Il sollievo fu così grande che non provò nemmeno a non sorridergli.

"No? Maledizione."

"Così vicino, eppure così lontano," convenne Draco. "Non ho intenzione di restare tutta la notte steso qui nel fango. Tirami su."

Porse una mano imperiosa, ma guastò l'effetto scrollandola.

Harry si rimise in piedi e incrociò le braccia sul petto, guardando Draco con paziente divertimento, finché Draco non si rialzò da solo. Lanciò a Harry un'occhiata di rimprovero.

"Vorrei mettere in chiaro che il sottoscritto si approprierà del bagno dei prefetti," lo informò.

"Non credo," disse Harry mite. "Penso spetti a chi ci arriva per primo."

Draco lo guardò per un momento, scrollandosi soprappensiero la striscia di fango che aveva sul collo. Quindi si fiondò precipitosamente giù per la collina.

Harry lo seguì euforico. Si fermarono solo una volta, per infilarsi nel retrobottega di Mielandia e giù per la botola.

Si precipitarono attraverso il tunnel, e poi nel corridoio, con Draco che lo colpiva strategicamente ogni volta che era sul punto di raggiungerlo.

"Sparisci, Potter," annaspò. "E' il mio bagno. Esigo la mia schiuma bianco-ghiaccio! Esigo..."

Si fermò all'improvviso, bloccandosi.

I loro amici erano nel corridoio, nel bel mezzo di una accesa discussione.

"Noi controlliamo questo corridoio," stava dicendo Pansy, in tono dispettoso. "Voi pensate al vostro."

"Siamo arrivati prima noi," disse Ron bellicosamente.

"Ah sì? Ah sì? Fuori dalle palle, Weasley."

"Siamo solo preoccupati..." cominciò Hermione con un filo di voce.

Blaise Zabini tossì. "Ragazzi? Guardate laggiù."

Ogni testa si voltò per guardarli. Harry rimase fermo e tentò coraggiosamente di fingere un'aria innocente.

"Draco!" disse Pansy, terribilmente sgomenta. "Mio Dio, che ti è successo?" Si gettò verso di lui, tirando fuori un fazzoletto e lanciando a Harry un'occhiata velenosa. "Cos'ha fatto?" chiese, strofinando sulla guancia di Draco.

"Non sputarci sopra," la istruì Draco, guardando il fazzoletto con sospetto.

Hermione parlò con voce forzata. "Harry," disse, "per favore, vieni con noi, eravamo preoccupati..."

Harry incontrò il suo sguardo con aria di sfida.

"Non c'era bisogno di preoccuparsi," disse. "Ero con Draco."

"E adesso puoi tornare con noi," gli disse Ron con decisione.

"E tu dovresti andare nel bagno dei prefetti, Draco," disse Pansy, lasciando stare il fazzoletto con l'aria di chi sa quando è il momento di accettare la sconfitta.

Draco sorrise compiaciuto. "Ti stai offrendo di accompagnarmi, donzella?"

"Dopo quello che è successo," lo informò Zabini, "dobbiamo tutti parlare con te."

La bocca di Draco si assottigliò. "Bene," scattò, e si tese verso Harry. "Ci vediamo domani," disse, modulando ad arte la voce in modo che fosse discreta ma che tutti potessero udirla con chiarezza. Quindi un pensiero improvviso lo fece sorridere. "Cioè sabato."

Harry alzò le sopracciglia. Era tutta la settimana che Draco lo irritava con domande sul suo regalo. Si era abituato a sentirsi dire 'Harry, cos'è il mio regalo?' al posto dell'ovvio e troppo comune ciao.

Guardò Draco, che non riusciva a trattenersi dal togliersi il fango dai capelli, e pensò di nuovo, Mi fido di te.

"Sì, ci vediamo domani."

Draco sorrise. "Non vedo l'ora."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Pensa prima di buttarti ***


Underwater Light

Underwater Light

By Maya

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

Sommario: Come in ogni capitolo, Maya perde il filo della trama e va a cercarlo nei jeans di Draco.

 

 

Capitolo Dodici

Pensa prima di buttarti

I've forgiven myself for the mistakes I've made
Now there's just one thing, the only one I want to do
I want to feel the sun shine, shining down on me and you
I don't want to take this life for granted like I used to do
I want to love somebody, love somebody like you.

[Ho perdonato me stesso per gli errori che ho fatto / Ora c'è solo una cosa che voglio fare / Voglio sentire la luce del sole brillare su me e te / Non voglio più dare niente per scontato nella vita / Voglio amare qualcuno, amare qualcuno come te.]

 

Harry si alzò alle sei del sabato per controllare che tutti i preparativi fossero a posto, e per andare a prendere il cestino dalla cucina. Quindi si incamminò verso dei Serpeverde, mormorò la parola d'ordine e cercò di non fare rumore finché non raggiunse la porta della stanza di Draco.

Bussò ma non ricevette alcuna risposta dall'interno, così aprì ed entrò.

Un dubbio improvviso lo assalì mentre attraversava la stanza fino al letto circondato da pesanti drappeggi.

E se Draco... fosse stato in compagnia?

Non era possibile. Non l'avrebbe fatto. L'avrebbe detto a Harry.

Con più vigore del necessario, Harry dette uno strattone alle tende.

Draco era solo.

Ovvio.

Dormiva tranquillo, la guancia candida contro il cuscino, e non aveva un aspetto innocente. Non innocente come sapeva apparire, con quell'aria lucida e calcolata che aveva quando era sveglio e faceva il superiore. Sembrava leggermente preoccupato, come se il sonno fosse qualcosa su cui dovesse concentrarsi, e inoltre sembrava... indifeso. Le sue ciglia erano lucenti e argentate contro la sua pelle.

Poi i suoi occhi si contrassero per via della luce.

"Harry?" disse senza aprire gli occhi.

Harry trasalì. "Come facevi a sapere che ero io?"

Un bagliore grigio apparve tra le ciglia.

"Perché non conosco nessun altro che sia abbastanza stupido e suicida da svegliarmi a quest'ora del sabato," disse Draco di malumore. Si stiracchiò, pigro come un gatto, e il suo umore sembrò migliorare dopo quel gesto.

La coperta scivolò un po' più giù sul suo petto.

"Allora, che sei venuto a fare?" chiese infine Draco.

Harry scosse il capo, distratto.

"Avanti, alzati," disse. "Ti ricordi, ho una sorpresa per te."

Draco si alzò su un gomito, scuotendo il capo con divertita incredulità. "Cosa stai blaterando, Potter?"

"Ti ho detto che è una sorpresa," gli disse fermamente Harry. "Dai, Draco, muoviti. Puoi dormire domani."

Usava il nome di Draco deliberatamente. Per qualche ragione ogni volta che Draco lo chiamava Potter sentiva il bisogno di provare che era ancora suo diritto.

"Voglio dormire adesso," gemette Draco. "Portami la sorpresa dopo pranzo."

"Devi venire a vederla, la sorpresa," disse Harry, con voce severa. "Subito."

"Oh, siamo autoritari ora che abbiamo vinto il Torneo Tremaghi, o sbaglio?"

Draco sorrideva. Era incredibile cosa ci si doveva sentir dire da Draco, solo perché era Draco.

"Bene allora," continuò, con un gesto che incitava nobilmente ad allontanarsi. "Sparisci. Esco tra un minuto."

Harry parve dubbioso.

"Stai tentando di farmi uscire per rimetterti a dormire?"

Era altrettanto incredibile il modo in cui Draco riusciva a guardarti dall'alto in basso anche rimanendo sdraiato.

"No, Harry, imbecille completo," spiegò con estrema condiscendenza. "E' che non ho niente addosso."

Harry sentì il proprio viso andare a fuoco. D'un tratto il petto pallido di Draco gli sembrò molto più esposto rispetto a un minuto prima. 

"Oh... io... scusa."

Draco rise. "E' tutto a posto. Non c'è bisogno di fare quella faccia sconvolta."

Non sono sconvolto!

Ok, era un pochino sconvolto.

Harry uscì in fretta dalla stanza, e si disse che si stava comportando da stupido. Aveva visto spogliarsi i suoi compagni di squadra e di dormitorio innumerevoli volte, per l'amor del... Non era niente di che. Si stava comportando da idiota.

Draco non sembrò pensarci quando riemerse, stropicciandosi gli occhi. Harry si rallegrò notando che i suoi capelli erano all'insù, e che indossava un mantello sopra i vestiti. Era chiaramente stanco, e Harry, che non aveva alcun problema ad alzarsi presto, lo trovò stranamente tenero.

"Oh, spero proprio che questa sorpresa valga la pena di esser vista."

"Sono le nove passate, pigrone."

Draco alzò le spalle. "Lo sapevo che era qualche ora assurda della mattina."

"Dai, stai facendo aspettare la tua sorpresa."

Draco non aveva ancora espresso una singola parola di piacere o gratitudine, e non sembrava sul punto di cominciare.

"Sarà meglio che ne valga la pena," mormorò di nuovo.

Harry finse di dargli uno schiaffo. "Scemo," rispose, non senza affetto. "Muoviti."

*

Draco continuò a trascinarsi giù per la gradinata della scuola.

"Perché dobbiamo andare a Hogsmeade dalla strada più lunga?" domandò poco dopo, scuotendo la testa e cercando di darsi un'aria più sveglia.

"Perché Mielandia apre alle dieci il sabato, e forzare l'entrata è una cosa sconveniente," spiegò Harry. "Te l'ho detto, Draco."

"Sconveniente! Definisci la parola sconveniente."

"La definizione corrente è ‘non conveniente'."

"Quello potrebbe anche voler dire costoso. Abbiamo forse qualcosa contro le cose costose?"

"Bene, allora prova con ‘non legale'. I proprietari dormono sopra al negozio. Potremmo svegliarli."

"E allora?" chiese Draco con ironia. "Se sono sveglio io, dovrebbero esserlo tutti. Quando non sono felice, mi piace spargere la malinconia a cucchiaiate. Ti sei mai svegliato col solo desiderio di prendere a calci la gente?"

"A volte mi viene l'impulso, sì," disse Harry con uno sguardo obliquo.

Draco lo guardò storto.

"Bleah. Fai schifo, Potter."

Harry alzò le sopracciglia. "Fai schifo, Potter? Sei fuori allenamento, Draco."

"Baah," disse Draco, caustico. "Cos'hai nel cestino, Harry? Fa parte del regalo?" Si illuminò. "Oooh, è così, vero? Posso guardare? Solo una sbirciatina?"

Harry lo colpì col cestino.

"Fa parte del regalo, e non puoi ancora vederlo."

"Era il mio ginocchio quello," lo informò torvo Draco. "Potrei morire."

"Come fai a morire per un colpo di cestino al ginocchio? E' la stessa logica speciale che ti porta a morire perché un Ippogrifo ti ha graffiato il braccio?"

"Avrei potuto morire! Avrei potuto contrarre un'infezione, sai?" disse Draco. "Era molto sporco, mi pare. E quel cestino avrebbe potuto avere una scheggia, che avrebbe potuto intossicarmi il sangue, cosa che avrebbe portato alla mia rapida e tragica dipartita, che a sua volta avrebbe indotto migliaia di ammiratori a piangere sulla bara con dentro il mio bellissimo, pallido cadavere, e successivamente a lapidarti."

Harry guardò Draco a lungo. Draco incrociò le braccia sulla difensiva.

"Potrebbe succedere."

"Credo che correrò il rischio," disse Harry asciutto, e afferrò il braccio di Draco per farlo camminare.

Era un po' troppo nervoso per rilassarsi prima di sapere quale sarebbe stata la reazione di Draco. Così continuarono a camminare nella leggera nebbia mattutina, che il sole stava già iniziando a scaldare e rarefare, finché non giunsero al piccolo porto dove di solito approdava il battello, e fu allora che Draco vide il regalo.

Lo fissò terrorizzato e disse, "Dimmi che stai scherzando."

La piccola barca a remi dondolava piano sul lago, le onde segnavano la placida superficie dell'acqua. Harry si piegò e vi pose dentro il cestino.

"No," disse. "Non sto scherzando, Draco."

"Non salirò su quella cosa."

"Cosa... vuoi avere paura ed evitarlo per sempre?"

"Già, mi sembra un ottimo piano! Non sono un Grifondoro. Avere paura delle cose non mi dà fastidio."

"No?" chiese Harry.

Draco lo guardò fosco, quindi tornò a guardare la barca e impallidì. Harry lo vide deglutire.

"Harry," disse sottovoce. "Non posso."

"Draco, non devi farlo per forza. Ma è stata resa immune agli incantesimi. E' perfettamente sicura."

Draco guardò di nuovo la barca, poi guardò Harry. Deglutì con un piccolo movimento doloroso. "Devi averci messo secoli."

"Ho chiesto a Hermione di indicarmi alcuni libri che potessero essermi d'aiuto." Harry sorrise leggermente, e fu lieto di vedere Draco ricambiare il sorriso. "Non le ho detto per cosa era."

"Naturale." Draco posò ancora una volta lo sguardo dubbioso sulla barca. "Proprio nessun incantesimo?"

"Giuro. Ma... non devi salirci, se non ti va."

Draco guardò ancora una volta la barca, e poi Harry. Si stava mordendo un po' il labbro, ma i suoi occhi erano ben aperti e limpidi.

"Lo so," rispose, e salì cautamente sulla barca.

Harry salì a bordo, cercando di non farla oscillare. In quel momento lo sguardo di Draco si era fatto sospettoso.

"Se è immune a qualsiasi incantesimo," disse, "in che modo, di grazia, riusciremo a farla muovere?"

"Tu cosa pensi?" Harry sollevò i remi. "Nel modo babbano, idiota."

Draco sembrò esterrefatto.

"Lavoro manuale? Ma tu stai male."

"Prendi un remo, Draco."

"Io?" disse Draco, e subito assunse un'aria studiatamente vacua. "Come si fa a muoverlo? Quali parole si dicono?"

Harry lo guardò incredulo.

Alla fine disse, "Tu remi al ritorno," prese entrambi i remi e cominciò a remare in modo saldo verso il largo.

Vide le dita di Draco premere sui bordi della barca, ma non ne fece parola. Invece disse, "Come va il progetto di Magia Creativa?"

"Malissimo!" rispose Draco con pronta disperazione. "Non riesco a scegliere. Insomma, come si fa? Ci sono musica, arte, scultura e recitazione, e per qualche motivo mi piace molto l'idea della poesia."

"Non ti facevo un amante della poesia."

"Oh, non lo sono. Ma se ne recito una posso indossare la camicia da poeta. Mi piacciono le maniche."

"Non credo proprio che dovresti pensare alle maniche."

Draco scrollò le spalle. Aveva lasciato andare uno dei bordi, ma continuò a guardare in alto con entusiasmo, quando raggiunsero il centro del lago.

"Fatto? Possiamo tornare adesso?"

"No, Draco," disse Harry. "Rimarremo qui per un po'. Fin dopo l'ora di pranzo... è per questo che ho chiesto agli elfi domestici di farmi il cestino."

Draco parve offeso. "Non voglio, e non puoi costringermi!"

Harry gli sorrise innocentemente. "Vuoi scommettere?" chiese, e lasciò cadere i remi oltre i bordi.

Draco eruppe in un gridolino di sconfitta.

"Non posso credere che tu l'abbia fatto! Hai detto che gli incantesimi non funzionano su questa barca, come faremo a tornare indietro? Io non nuoterò fino a riva," aggiunse in tono piatto. "E non ti lascerò andar via. Quindi moriremo di fame, e tu morirai per primo e io dovrò mangiarti, ma questo non mi salverà perché, diciamolo, il tuo corpo scheletrico non nutrirebbe uno scoiattolo, e alla fine morirò tutto solo."

"Draco. Ti fidi di me, giusto?"

"Diciamo," concesse Draco di malavoglia.

"Torneremo indietro. Rilassati."

Draco guardò la barca, poi l'acqua, e finalmente Harry. Inspirò profondamente.

"Ok."

"Bene." Harry reclinò la schiena. "E non sono scheletrico," aggiunse con tardiva indignazione.

Draco si sporse di lato con prudenza.

"Sì che sei scheletrico," insisté, con aria più allegra. "Hai dei polsi nodosi. Quello che dovresti fare è prendere peso e farti crescere i baffi."

Harry sbatté le palpebre. "Perché?"

Draco si stiracchiò, riuscendo a dare l'impressione di starsi distendendo sontuosamente in una barchetta che chiaramente aveva paura di toccare.

"Non te l'ho detto? E' il mio piano arguto," disse. "Sai che odi essere famoso, e tutto il resto. Quello che devi fare è crearti un alter ego. Un normalissimo mago Joe, se vuoi. Chi mai sospetterebbe che quel baffuto grassone sia il famoso Harry Potter? Potresti indossare gilet di lana e farti chiamare Ignazius Trout."

"Ignazius Trout," ripeté assente Harry.

Draco sorrise radioso. "Secondo me ti dona. E poi, non è che Harry Potter sia un bel nome."

"A me piace il mio nome!"

"Oh, no," disse draco, liquidandolo. "E' un nome orrendo. Prendiamo Harry. Harry significa tormentare o importunare, mentre potter significa bighellonare. Pensa al messaggio che trasmetti al mondo! Sembra che tu te ne vada a zonzo a importunare la gente."

"Beh, ora è tutto chiaro. Ovviamente dovrei chiamarmi come te."

"Parli per pura invidia del mio nome aristocratico," osservò Draco altezzosamente. "Ammettilo, Potter. I tuoi polsi sono nodosi, e il tuo nome è orrendo."

Il sole cominciava ad alzarsi. Draco si tolse di dosso il mantello e si sbottonò i polsini della camicia senza pensarci. Guardò in su mentre lo faceva, e il suo sorriso fu breve e splendente.

"Però mi piaci lo stesso," aggiunse, e si appoggiò più comodamente.

*

Ovviamente, una volta arrivato al punto in cui sembrava oziare felice e a proprio agio, Draco cominciò a lamentarsi.

"Haaaaarryyy."

"Sì, Draco?"

"Haaaaarryyy."

"Che c'è, Draco?"

Harry aveva chiuso gli occhi, godendosi il sole. Quando li aprì e guardò verso Draco, Draco stava sbirciando l'acqua dal bordo della barca.

"Penso che la piovra gigante sia sotto di noi," annunciò tetro.

"E perché la cosa ti secca?" chiese Harry pazientemente, roteando gli occhi e preparandosi a una scenata.

Draco era scandalizzato. "Le piace ghermire innocenti coi suoi tentacoli."

"Ha salvato Dennis Canon dall'annegamento. Probabilmente non è malvagia."

"Oh, questo è ciò che vogliono farti credere," gli disse Draco. "Secondo me erano in combutta. Ho i miei sospetti su quei Canon. Conosci il maggiore... ehm, Callum..."

"Colin."

"Comunque. Una volta si è infilato negli spogliatoi dei Serpeverde, ha scattato delle foto e le ha vendute! Ti sembra crudele o no, come cosa?"

Harry si accigliò. "Veramente, mi sembra una cosa da Serpeverde."

"Oh, beh. Alla fine si scoprì che era stata un'idea di Blaise." Draco agitò una mano. "In ogni caso, penso di aver reso l'idea. Crudele."

"E anche piuttosto stupido," rifletté Harry. "Voglio dire, senza offesa, ma non mi viene in mente nessuno disposto a pagare per una foto di Goyle."

"Niente più di un pallido zellino, comunque."

Draco mantenne la faccia seria per circa due secondi, poi scoppiò a ridere.

"Draco, è una battuta orrenda," disse Harry, mordendosi l'interno della guancia per frenare la propria risata. "Dovresti vergognarti."

"Me l'hai servita su un piatto d'argento," si difese strenuamente Draco. "Non è colpa mia."

"Beh, almeno hai chiarito il mistero delle foto di te avvolto da un asciugamano che circolavano nella Torre di Grifondoro l'anno scorso."

Draco trasalì. Harry sorrise innocente.

"Saresti proprio dovuto essere un Serpeverde," disse Draco con ferma convinzione, quindi parve improvvisamente interessato. "Per caso, ehm, ti è capitato di sentire a che prezzo le davano?"

"Beh, no," disse Harry tranquillo. "Non ero nel mercato."

Draco lo guardò storto. In realtà Harry ricordava che molte di quelle foto erano semplicemente finite sul tavolo dei Grifondoro, finché i gemelli non avevano incantato l'asciugamano in modo da farlo diventare rosa con una fantasia a cuoricini e con su la scritta ‘Malfoy e McGranitt forever'. Scelse diplomaticamente di non menzionare questo dettaglio, né il fatto che lui e Ron avevano riso fino a star male.

Dopotutto, sarebbe stato molto più divertente riuscire a recuperarne una e mostrarla a Draco.

Draco continuava a tenere il broncio e a mormorare commenti su persone che si credevano mooolto divertenti, quando la barca traballò.

"Oh mio Dio," esclamò Draco, facendosi verde pallido. "E' la piovra. Te l'ho detto, è la piovra."

"Draco, ti giuro che non è cattiva."

"Non m'importa," si lamentò Draco. "Tocca le persone coi tentacoli." Scrutò di nuovo ansiosamente oltre il bordo della barca. "Non voglio che mi tocchi," aggiunse, distrutto. "E' tutta viscida. Colpiscila con un remo."

"Li ho gettati via, ricordi?"

Draco gli scoccò un'occhiata funesta, quindi incrociò le braccia sul petto con l'aria di un martire che si fosse rassegnato a un destino crudele.

"Geniale, Ignazius Trout."

Harry non riuscì a non ridere, stavolta. "Sei ancora più folle di mattina," notò. "E sei un po' strambo, nel migliore dei casi."

"Mangia prima lui," consigliò Draco alla piovra, gridando. "E' molto più croccante."

"No, mangia lui," propose Harry. "E' più malvagio. Ho sentito che i malvagi sono molto saporiti."

"Macchè, anzi, sono decisamente insipido," lo corresse in fretta Draco. "Sono un malvagio budino al latte."

"Oh, sta' zitto," disse Harry, appoggiandosi al bordo e spruzzando un po' d'acqua sul viso di Draco.

Draco sputacchiò per un momento.

"C'era una cosa viscida!" gridò. "Era acqua molliccia di piovra! Me la pagherai, Potter."

All'improvviso gli occhiali di Harry furono colpiti dall'acqua. Vide Draco sogghignare attraverso le goccioline. Harry sorrise. Il sorrisino di Draco sbiadì.

"Adesso siamo pari," annunciò con una voce improvvisamente calma. "Va bene, Harry?"

"Sei sicuro?"

"Sicuro," Draco annuì, ancora con un'aria diffidente. "No, non pensarci nemmeno. I miei capelli si gonfiano se si bagnano e non vengono asciugati per bene."

Harry annuì solennemente. "Capisco."

"Quindi non devi schizzarmi."

"Se lo dici tu." Harry sogghignò, e spruzzò un piccolo getto d'acqua direttamente sulla testa di Draco. "Gonfi."

Draco lo squadrò attraverso la frangia sgocciolante. Poi cominciò a togliersi i vestiti.

"Ehm?" disse Harry, confuso.

Draco emerse dai vestiti con l'acqua che già colava sulle spalle della sua camicia.

"Mi preparo a prendere il sole," spiegò con dignità. "Mi servirà un cuscino per elevare la testa così che si asciughi a dovere, nonché per il fine secondario della comodità."

Harry alzò le sopracciglia. Draco sollevò il mento e restò adeguatamente serio.

"Possiamo dividere il tuo cuscino?"

"Ok," acconsentì Draco scortesemente. "Basta che ti metti in testa che i miei capelli non sono materiale da risata."

"Oh, capisco," gli disse Harry, ridendo piano mentre si allungava sul fondo della barca.

Draco si schermò gli occhi con la mano per guardare in alto verso di lui.

"E' la seconda volta in pochi giorni che organizzi un assalto ai miei capelli," sbuffò, dando un calcio alla caviglia di Harry. "Sacrilego."

"Per favore, ho sentito della gente dire che il corpo è un tempio, ma questo è ridicolo," mormorò Harry.

Draco si alzò immediatamente a sedere.

"Ora basta," dichiarò, e immerse il braccio nell'acqua fino al gomito. Lo tirò fuori e scompigliò vigorosamente i capelli di Harry.

Harry non oppose resistenza, si limitò ad alzarsi sui gomiti e a sorridergli, convinto che Draco potesse fare ben poco per rovinare i suoi, di capelli.

Draco si strofinò la mano sui jeans, seccato.

"Ho toccato la piovra," lo informò allegro. "Hai della bava nei capelli. Ecco fatto, Potter. Ora siamo pari."

"Bava! E' disgustoso. Quanti anni hai, quattro?" Harry gli dette un pugno sulla spalla, quando Draco fece per distendersi di nuovo.

Draco parve decisamente insultato, e gli restituì il pugno. "Te lo meritavi," ribatté, mettendosi i capelli bagnati dietro le orecchie.

Harry lo spinse e Draco cadde sulla schiena. Si tese verso Harry, gli occhi quasi chiusi per il sole.

"Dopo tutto il fastidio che mi sono preso." Harry finse di rimproverarlo. "Ingrato."

"Mai scherzare coi capelli," gli disse con calma Draco. "E niente più azzuffate in barca: si rovescerà, io mi metterò a gridare come una ragazza, e allora sarò costretto ad affogarti per nascondere la vergogna."

C'era un briciolo di autentica paura dietro il sorriso di Draco. Harry si sdraiò.

Il sole splendeva e avrebbe potuto dormire, ma ad un tratto Draco gli strattonò la spalla.

"Harry. Ehi, Harry."

"Sì?"

Draco si tese a guardare il cielo. "Secondo te a cosa somiglia quella nuvola?" Chiese, in quello che sembrava lo spirito di un'indagine scientifica. "Secondo me sembra una tartaruga con la parrucca."

*

Rimasero stesi al sole per qualche ora, ad assorbirne i raggi appisolandosi ogni tanto. Ogni volta che Draco si svegliava sembrava avere una nuova domanda, tipo ‘Se fossi un oggetto inanimato, cosa saresti?' o ‘Credi che gli elfi domestici scelgano il proprio partner basandosi sulla misura dei globi oculari?'

Draco pensava che fosse così, e decise anche che Harry sarebbe dovuto diventare il manico di scopa di Ginny Weasley, cosa per la quale Harry fu costretto a minacciare di picchiarlo.

Poi Draco disse, "E qual è la tua più grande paura?"

Harry sollevò la testa dalle braccia, guardando la curva della guancia di Draco con la coda dell'occhio, sebbene con la mente pensasse ad un incubo oscuro e privato.

"Non avere la forza di uccidere Voldemort," rispose sottovoce.

Draco sussultò sentendo quel nome, e guardò l'acqua placida attorno a sé. "Speravo che dicessi qualcosa di più divertente, che so, Hannah Abbott come mamma l'ha fatta," protestò, cercando di mantenere la voce frivola.

"E dai, Draco."

Draco sospirò e si alzò a sedere, tirandosi le gambe contro il petto e avvolgendo le braccia attorno alle ginocchia.

"Io... ok," disse. "Perderli. Perdere i Serpeverde. Quelli dalla nostra parte."

Harry si appoggiò sui gomiti, guardando preoccupato il viso di Draco.

"Vuoi dire... che muoiano, o spariscano?"

"No." Draco si morse il labbro. "Cioè, anche quello. E' che... Non sto dicendo che li ho costretti ad unirsi al Giovane Ordine, ma molti di noi hanno genitori che sono... hanno dei genitori che hanno delle aspettative, o si trovano in posti di cui abbiamo paura, o... E' stato molto difficile per ogni Serpeverde prendere una decisione. E dopo che mio padre... è morto, sono tornato, e avevo una... missione, credo, e sapevo che alcuni di loro mi rispettavano e me ne sono approfittato e non me ne pento e non mi arrendo. Così ho ottenuto ciò che volevo, come faccio di solito, ma l'unica cosa che volevo era la vendetta, e dovevo anche prendermi delle responsabilità. E adesso... ho paura per loro, e devo proteggerli, e..."

Harry guardò Draco, finalmente veramente e assolutamente serio, col viso pallido e concentrato, il profilo teso contro l'acqua calma.

Draco alzò lo sguardo e lo riabbassò, prese un respiro profondo, sorrise lievemente perché tra loro si capivano, e infine ritentò.

"E' solo... ci è voluto così tanto impegno," disse. "Non che molti di noi saltellassero di gioia all'idea di farsi marchiare gli avambracci, ma sembrava che non ci fosse molta scelta e che ci fosse veramente poco per cui lottare... noi non siamo nel suo mirino, e non ci importa molto dei filobabbani né dei figli di Babbani. Non potevo contare né sulla lealtà cieca a Silente, né su fulgidi ideali. Noi non siamo così." Si fermò e si guardò le mani giunte sulle ginocchia. "Mi sono impegnato troppo per loro per abbandonarli adesso."

"Stai dicendo che c'è davvero una possibilità che..."

"Sto dicendo che non lo so!" saltò su Draco. "Noi non siamo come voialtri. Alcuni di noi stanno mandando al diavolo le proprie famiglie per questa cosa. Alla maggior parte di noi piace Lupin, ma per noi è difficile contare su una persona che non è dei nostri. Non mi piace Silente, e non permetterò che sia lui a dirmi cosa fare. E adesso Snape se n'è andato, e tutti stanno male per quelle accuse, è un casino, e non so cosa fare!"

Harry non sapeva neanche cosa dire. Rimase a guardarlo a bocca aperta.

In quel momento si ricordò di quando Lupin aveva detto che il professor Snape era via per cercare di raccogliere informazioni che spiegassero l'attacco recente.

Snape era partito alla fine di Marzo. Ed erano a Maggio. E Harry si era talmente abituato alla sua assenza, preso da pensieri su... sul Torneo, la guerra, le preoccupazioni, Draco... che non se n'era accorto.

E si era chiesto come mai Draco sembrasse sempre così stanco!

Guardò la testa inclinata di Draco, quasi incantato.

"Draco. E tu cercavi di portare questo peso da solo."

Draco non alzò lo sguardo. "I Serpeverde non hanno bisogno di aiuto."

"Stupido idiota." Harry si fermò e disse, con meno veemenza: "Sei... sei in pensiero per lui?"

Fu allora che Draco alzò gli occhi, spalancati come se avesse ricevuto un colpo imprevisto. "Sì," disse duramente. "Sappiamo esattamente quali rischi corre. Ed è l'unico adulto di cui possiamo fidarci qui dentro... e l'unico che abbia un minimo di fede in noi."

Dato che si trattava di Draco, non aggiunse E gli voglio bene.

"Potete fidarvi di Lupin," disse Harry. "Potete fidarvi di Silente."

"Sì?" ringhiò Draco. "Vuoi che chieda a gente a cui è stato insegnato a sospettare di chiunque fuori da un certo circolo sociale di affidarsi ad un licantropo? E' già difficile per me. E vuoi che mi fidi di Silente, che ogni tanto decide arbitrariamente di togliere la Coppa delle Case ai Serpeverde? No. Non è mai stato un mentore per me. Non è il mio leader e non mi fido di lui."

"Senti, i Grifondoro avevano vinto la Coppa senza imbrogli..."

"Non ti sto accusando," rispose Draco. "Ti sto dicendo come vedo la cosa. Lui non ci ha mai spiegato niente. Non concediamo la nostra fiducia facilmente, e lui non ha mai nemmeno cercato di ottenerla. Sai cosa successe quando Crouch mi trasfigurò e mi lanciò contro una pietra? Snape gli disse che se avesse toccato un'altra volta un suo studente l'avrebbe ucciso. Silente, invece, ha assunto quel bastardo. Se permetti, so di quale dei due posso fidarmi."

Harry notò l'espressione arrabbiata e testarda di Draco, e pensò al modo in cui gli aveva raccontato la storia. Si ricordò un ragazzino che, durante una lezione di Pozioni, aveva detto che Snape era il miglior professore della scuola.

"Snape ritornerà," disse gentilmente. Draco tornò a guardarsi le ginocchia. "Con tutta questa lealtà cieca," aggiunse spontaneo, "forse avresti dovuto essere un Tassorosso."

Draco lo fulminò con gli occhi, ma nello sguardo gli si leggeva una traccia di sollievo.

"Rimangiatelo, o ti colpisco con il cesto."

Cominciò a cercarlo sul fondo della barca, ma rialzò lo sguardo quando Harry gli toccò il braccio.

"Puoi davvero fidarti di loro," disse. "Di Lupin e Silente. Credimi."

"Perché dovrei crederti, Potter?" chiese Draco sdegnosamente. "Tu ti fidi di chiunque. Ti fidi perfino di me. C'è nessuno nella scuola in cui possa avere un minimo di salutare mancanza di fiducia?"

La linea delle sue spalle rimase un po' troppo tesa, e Harry gli offrì un sorriso rassicurante.

"Gazza," suggerì. "Gazza e il suo gatto malvagio. Di loro puoi diffidare quanto vuoi."

"Mi piacciono i gatti," obiettò Draco, rilassandosi. "Sono così meravigliosamente egoisti. Li capisco."

"Nah," disse Harry. "A me piacciono i cani. Ho sempre desiderato un cucciolo, da quando ero piccolo." Si illuminò, pensando a una cosa. "E me ne prenderò uno, una volta finita la scuola."

Draco gettò la testa all'indietro e urtò il fianco della barca. Non sembrò tremendamente infastidito dalla cosa, si limitò a tenere gli occhi verso il cielo.

"Oh, sì. L'anno prossimo," disse. "Non ne abbiamo mai parlato, vero? Tu cosa farai?"

E tu cosa farai?

Aveva parlato come se il futuro di Harry sarebbe stato assolutamente connesso al suo, e non ne avevano mai parlato prima... e se per caso il futuro di Draco Malfoy fosse già pianificato, senza alcuno spazio libero?

Il sole splendeva, ma Harry sentì un po' di freddo. Guardò Draco e vide solo la sua gola, e cercò di formulare una frase a caso.

"Ci sarai ancora? " gli uscì fuori invece, e in quel momento avrebbe sacrificato tutta la sua abilità nel Quidditch pur di imparare ad essere meno disastrosamente goffo con le parole. "Ehm, voglio dire..."

Draco lo guardò con un sopracciglio alzato.

"Non come cucciolo, Potter," lo informò. "Starò a casa mia. Vivere con mia madre in effetti scalfirà la mia reputazione, ma abbiamo trenta stanze da letto, quindi forse c'è speranza. Inoltre... ad alcuni Serpeverde servirà un posto dove stare. Casa mia andrà bene."

Curvò un lato della bocca.

"Potresti venire anche tu," propose disinvolto. "Ogni tanto. Mio padre aveva fatto costruire molti campi di Quidditch sui terreni. Sei geloso?"

Harry lo squadrò deliberatamente.

"Sì, molto." Fece una pausa. "Io lavorerò con gli Auror," gli disse. "Ho già comprato un appartamento in una zona magica di Londra."
Ripensare a quando, l'estate prima, aveva cercato l'appartamento insieme a Sirius gli inviava ancora una scossa di piacere al petto. Sirius gli aveva offerto una casa una volta, e lui non aveva desiderato altro che avere una casa vera ed essere libero dai Dursley, ma adesso era cresciuto, e i suoi sogni d'infanzia erano divenuti realtà. Avrebbe potuto comprarsi una casa da solo e lasciare Privet Drive per sempre.

Una casa. Harry l'aveva comprata, aveva chiesto a Sirius di uscire un momento e si era semplicemente seduto lì. Niente regole, niente parenti, stabilità e sicurezza, la promessa di un futuro dopo la guerra. Avrebbe scelto i mobili e comprato un cane, e...

"Anche tu potresti venire a stare da me, qualche volta," disse.

"Grande," disse Draco in tono soddisfatto. "La dimora di uno scapolo in città. Divertente." Si incupì. "A meno che non venga a viverci anche Weasley. In quel caso dovrò rifiutare il tuo gentile invito, dal momento che mi soffocherebbe nel sonno in modo ben poco ospitale."

"Ron resterà a casa sua," gli disse Harry. "Credo - e non dirlo a nessuno - che voglia mettere da parte i soldi e il coraggio per chiedere a Hermione di andare a vivere con lui, tra un paio d'anni."

Si aspettava un'osservazione acida sulla coppia d'oro, invece ricevette un imprevisto sorriso dorato.

"Meraviglioso," disse Draco, radioso. "Posso aiutarti ad arredare la stanza degli ospiti?"

"La vuoi arredare con qualcosa che stoni coi capelli rossi, vero?"

"Lo farei mai?"

"A Ron non importerebbe, lo sai."

Draco parve infastidito.

"Puoi aiutarmi a scegliere il cane," propose Harry generosamente.

"Non mi va. Voglio aiutarti a scegliere un gatto."

"Draco, se vuoi un gatto puoi prendertene uno tuo. Io avrò un cagnolino, perché ne volevo tanto uno, e i Dursley dicevano sempre che avrebbe..."

"Non posso avere un gatto," disse Draco, imbronciato. "Ci sono mobili antichi in casa mia. Mio padre mi diceva sempre che un gatto avrebbe fatto..."

"Troppo casino," concluse Harry per entrambi, rivolgendogli un altro sorriso.

Draco assunse un'aria pensierosa e si rannicchiò sul fondo della barca come un bambino meditabondo. Il vento si stava alzando un pochino, e i suoi capelli si erano sollevati leggermente dal collo.

"Com'era stare dai Dursley?" chiese. "Cioè, ho sentito delle voci, e so che non sei mai tornato da loro per Natale, ma... si stava tanto male?"

Harry lo guardò. Draco lo fissò a sua volta, un po' curioso, un po' preoccupato.

Dio, com'era strana la vita. Pensare che un giorno si sarebbe trovato a raccontare la storia della sua infanzia rubata a Draco Malfoy, fra tutti quanti.

Fece un respiro profondo e gli raccontò alcune cose. Il sottoscala. La stanza con le sbarre alla finestra e i giorni passati con porzioni di cibo ridicole.

Quando disse quell'ultima cosa Draco si sporse, gli prese un polso e lo serrò dolorosamente con le dita. Harry gli disse solo alcune cose sulla vita dai Dursley, e con cautela. Ormai era tutto finito. Non importava più.

Quando ebbe finito alzò gli occhi su Draco. Draco aveva quello sguardo stranamente deciso che sfoggiava prima delle partite di Quidditch.

"Benissimo, Harry," commentò in tono minacciosamente disinvolto. "Ora, ecco cosa faremo. Lasceremo la scuola con i nostri bei diplomi freschi freschi e trasformeremo quelle persone in scarafaggi. Per dargli una nuova esperienza di vita, capisci, e poi tragicamente, per puro caso, li schiacceremo con un matterello, più e più volte."

"Draco, non voglio schiacciare i miei parenti con un matterello." Harry ci pensò. L'idea aveva un certo fascino. "Beh, comunque non lo farò."

Gli occhi di Draco mantennero un'aria fanatica.

"Nessuna giuria al mondo ci condannerebbe," replicò. "Tu sei famoso e io sono ricco. Siamo giovani e spericolati. Dobbiamo commettere crimini e non pagarne le conseguenze. E' un nostro dovere civile."

La sola idea di Draco nella stessa stanza dei Dursley era molto strana. Erano così gretti e squallidi, e lui sarebbe sembrato tremendamente fuori posto a Privet Drive, col suo mantello costoso, i capelli candidi e lucenti e ogni poro del suo corpo che emanava aristocrazia magica.

Era assurdo sovrapporre Draco alla sua vita di prima. Era troppo energico, troppo brillante a confronto, e Harry si era lasciato alle spalle quella soffocante monotonia. Aveva portato via ogni cosa dalla sua stanza, e nel momento in cui se n'era andato aveva capito che non sarebbe mai tornato, e così anche loro, e solo il sollievo era rimasto ad accompagnare quel perpetuo odio logorante da entrambe le parti.

Davvero, non gli importava più.

Però gli sarebbe piaciuto, anche solo una volta, vedere la faccia di Draco se zia Petunia gli avesse detto di cucinare del bacon per Dudley.

Sarebbe stato saggio andarsene prima dell'esplosione.

"Ok, allora non vuoi ucciderli," disse Draco entusiasta. "Faremo così: gli daremo delle memorie false e li convinceremo di essere tutti cubisti..."

"Draco." Harry rise. "Basta. Davvero."

Draco obbedì, e ancora una volta cercò con gli occhi il suo viso.

"Non può venire niente di buono da dei cubisti," lo informò solennemente Harry.

Draco annuì e lasciò andare il polso di Harry.

"Scusami, Harry." Alzò gli occhi per incrociare lo sguardo sorpreso di Harry, e proseguì. "I tuoi polsi non sono poi tanto male. Non ti devi preoccupare."

"Grazie, Draco. La cosa mi stava dilaniando."

Draco sollevò il mento. "Ne sono certo. Non tutti hanno avuto dei genitori che trasmettessero la perfezione nel loro stesso sangue."

"Scusa," disse Harry, "hai detto ‘nel loro stesso sangue' o ‘nello stesso sangue'? Perché ho sentito certe storie sulle antiche famiglie purosangue..."

"Zitto."

"I tuoi genitori erano consanguinei, Draco?" chiese Harry con voce velata. "Perché a me puoi dirlo, se lo erano. Non è colpa tua... anzi, spiegherebbe molte cose."

"Zitto, zitto, zitto!"

Il viso di Draco era rosso per l'indignazione, e il vento del lago gli aveva arruffato i capelli nonostante i suoi sforzi per tenerli in ordine, così che le ciocche si attorcigliavano attorno alle sue dita mentre cercava di lisciarli. Harry ricordò la prima volta che avevano camminato attorno al lago, e pensò com'è diverso, com'è strano, e come avrei mai potuto immaginarlo, e sorrise verso di lui.

Parlò con voce morbida e premurosa. "Erano cugini, Draco?" domandò.

Draco scosse la testa. "Ti informo che erano legati solo dal sacro vincolo del matrimonio," disse severo. "E non si somigliavano per niente, a parte il fatto che erano entrambi biondi e irresistibili. Neppure io somiglio molto a mia madre."

"A parte il fatto che sei biondo e irresistibile, vuoi dire," aggiunse Harry, che conosceva bene quel Malfoy.

Draco gli rivolse un sorriso abbagliante. "Ma certo." Si gettò indietro i capelli con superbia, poi si fece pensieroso. "Dicono," cominciò con incertezza, una cosa molto strana addosso a lui.

"Sì?" chiese Harry,

Draco si fermò per qualche altro secondo.

"Che sono la copia di mio padre," terminò all'improvviso, quindi alzò gli occhi e parlò con un entusiasmo che cercava spudoratamente di mascherare. "Hai visto mio padre, no? Una volta in libreria e un'altra alla Coppa del Mondo. Secondo te... gli somigliavo?"

Somiglia proprio a suo padre.

E la prima volta che Harry aveva visto Lucius Malfoy, aveva capito che non poteva essere altri che il padre di Draco.

Così uguale a lui, con gli occhi dei Malfoy, i capelli dei Malfoy e il viso dei Malfoy, l'erede dei Malfoy creato a immagine e somiglianza di Lucius Malfoy per seguire le orme di Lucius Malfoy.

Solo che Lucius Malfoy se n'era andato, e i capelli, gli occhi, il viso e il destino appartenevano solo a Draco, e Harry non aveva mai provato una simile gratitudine vendicativa per la morte di qualcuno.

Voleva rispondere No. Voleva ripetere, non c'entri niente con lui, e voleva che Draco gli credesse, e credesse che fosse una cosa positiva.

Ma c'era quello sguardo sul viso di Draco, quella fame malcelata, quel bruciante e costante bisogno di un amore che non si ha e non si potrà mai avere. Harry lo conosceva perché l'aveva visto nello specchio, e nonostante le frottole sull'essere un bambino viziato che Draco raccontava a se stesso e agli altri, Harry non poté non riconoscere una disperazione che conosceva benissimo, così come  non poteva pensare che una bugia, in quel momento, non avrebbe avuto conseguenze.

Si tese e sollevò il mento di Draco. Draco lo lasciò fare, convinto evidentemente che servisse ad esaminare meglio i suoi lineamenti per paragonarli a quelli paterni.

Non era per quello. Era per...

Quei capelli, quegli occhi, quel viso.

"Secondo me tu sei più bello," disse Harry.

Draco alzò un sopracciglio e si fece indietro, lasciando la mano di Harry in aria per un attimo. "Potrebbe tornare utile per i manifesti per la campagna, no?" disse.

"Come, scusa?"

Draco si sporse di nuovo in avanti, i gomiti sulle ginocchia. "Mio padre ha sempre desiderato che mi buttassi in politica," disse, "ma... non lo so. Non sono sicuro che mi interessi, ma d'altronde non so cosa mi interessi. Magari qualcosa nel campo della Magia Creativa, o forse... Ho sempre voluto saperne di più sugli Indicibili."

"Lo capirai," gli disse Harry.

"Ho un sacco di tempo," convenne freddamente Draco. "E comunque non posso fare niente finché non è finita la guerra. Ho cose da fare, persone a cui pensare, e chissà cosa potrebbe succedere."

Intendeva dire che Voldemort avrebbe potuto vincere, e lui morire, ma Draco era troppo insopportabilmente sciocco per ammettere una qualsiasi delle possibilità.

Harry non avrebbe permesso che nessuna delle due cose accadesse.

"Lo capirai," ripeté, con più fermezza.

Draco sorrise furbo. "La tua fede mi commuove," fu tutto ciò che disse. "Forse diventerò un gentiluomo edonista, steso su cuscini di seta con decine di ballerine e cioccolata a portata di mano."

"Niente male," rispose Harry. "Ma hai detto che sono invitato. A me piace il cioccolato bianco."

Draco si passò una mano sulla fronte con fare drammatico, come se improvvisamente si sentisse male.

"Tipico della tua spietatezza sviolinare sul cibo mentre io sto per morire di denutrizione," disse offeso. "Non che ti stia biasimando, Harry, per avermi portato qui a morire di fame. Non lasciare che la mia morte prematura ti scombussoli il cervello, proprio non vorrei che la mia tragica dipartita ti danneggiasse."

"E' l'una e mezza. Non credo che morirai adesso."

"Anche se sarai direttamente responsabile della mia morte, non lasciare che il bruciante senso di colpa ti consumi. Ti perdono, Harry, davvero, nonostante la fame straziante mi stia corrodendo perfino gli organi vitali."

Draco sembrava un martire. Harry sospirò rassegnato.

"Puoi guardare nel cestino se vuoi, Draco."

"E vai," disse Draco, afferrandolo e cominciando a frugarvi all'interno. "Mm, mm, mm, sandwich, prosciutto e formaggio e che fantasia!, mm, mm, mm, cosa c'è in questo thermos?"

"Succo di zucca," disse Harry.

"E nell'altro?"

"Beh, caffé."

Draco si illuminò.

"Caffé," osservò con grande gioia. "Oooh, e... alghe. Alghe, Potter. Non mangerò alghe, anche se sono un toccasana per l'incarnato."

"E' Algabranchia," spiegò Harry. "Nel caso la barca dovesse rovesciarsi."

"Nel caso dovesse rovesciarsi?" Draco era scandalizzato. "Quanto è instabile questa tinozza? Perché non hai espresso prima i tuoi dubbi sulla sua capacità di stare a galla? Coleremo a picco?"

"Forse nella tua testa," teorizzò Harry, e guardò in basso. "Come se sarei andato alla cieca, con te. Idiota."

Draco parve leggermente addolcito. "Oh."

Quindi ricominciò a frugare nel cestino.

"Mm, biscotti, mm, oh!" Alzò gli occhi, stupito. "Lecca-lecca al sangue. Te lo sei ricordato."

Harry scrollò le spalle e annuì goffamente, poi rialzò lo sguardo per controllare che Draco fosse soddisfatto.

"Assortimento di dolci, mm, mm, mm, e un cucchiaio, bene, e... un vasetto di marmellata, e... un pacchetto di zucchero a velo." Draco alzò nuovamente gli occhi, lasciando che i suoi capelli volassero ognuno in una direzione alla volta, e il suo sguardo fu quasi indifeso. "Oh, Harry."

"Beh, volevo che fosse il picnic più pazzo di sempre," si giustificò Harry.

"Il giorno. Più Bello. Di sempre," disse Draco con convinzione. "Harry, la prossima volta dobbiamo organizzarne uno per te. Magari affitterò delle ballerine. Cosa vuoi?"

Harry cominciò a tirare fuori le cose noiose che Draco aveva ignorato, come i piatti, e a sistemarli.

"Mi piace stare con te," rispose realisticamente. "Mi versi del succo di zucca?"

"Pensa alle ballerine," suggerì Draco, prendendo il thermos. "Noterai che l'idea sarà lì a devastarti il cervello. O perlomeno a strusciarsi contro un palo con fare alquanto rapace."

"Vedremo," aggiunse con calma Harry.

Guardò verso Draco, che si stava occupando della tazza di Harry, il viso concentrato mentre la barca oscillava un poco, il labbro inferiore risucchiato appena all'interno.

"Dovremmo ordinare delle ballerine quando ti trasferirai nel tuo appartamento," decise allegramente, raddrizzandosi. "In realtà non ho mai ordinato delle ballerine prima d'ora. Sarebbe la migliore inaugurazione possibile."

Harry trasalì. "Il mio padrino e il professor Lupin verranno all'inaugurazione della casa. Non farmi pensare a queste cose."

"Sai, sono abbastanza grandi," ribatté Draco. "Sono certo che sappiano tutto su..."

"No, Draco. Non dirlo nemmeno: non dire quella parola in relazione ai miei modelli di riferimento. Fermati. Ti piacerebbe se fossi io a farlo?"

"Beeeeeh, credo di poter avere qualche ragionevole dubbio sul professor Snape," osservò Draco, aggrottando la fronte pensieroso. "Insomma, è così bisbetico, e ha quei capelli orribili. Ma è anche vero che è un Serpeverde..."

"Cos'è, le storie da una notte sono un rituale Serpeverde?"

Draco si fermò e sollevò la testa, col sole che si rifletteva sui suoi capelli e lo faceva sembrare incredibilmente innocente.

"Sì, Harry, esatto. E' un rituale. Quando un Serpeverde compie dodici anni, viene deflorato con la forza su un altare macchiato di sangue di agnello, con vestiti di plastica, da un parente più grande. Non dire una parola. Ho forse mancato di rispetto alle tradizioni della tua casa?"

Harry roteò gli occhi. "Grazie per l'immagine, Draco. Non intendevo quello."

Draco sbuffò. "Ti informo che per noi la purezza è molto importante. Nessuno di noi ha mai detto una parola a Tiger circa la sua virtù privata."

Harry dovette distogliere lo sguardo e riflettere un momento, prima che quell'orribile immagine potesse essere assimilata. Il lago era di un blu più scuro sotto un cielo leggermente più scuro, un blu che si fondeva con il verde scuro e il grigio indistinti della terra al di là.

 "Vuoi dire che..." Fece una pausa, e deglutì. "Cioè, insomma, Goyle l'ha fatto?"

"Oh, sì." Draco annuì con calma. "Con Millicent Bulstrode."

"Bleah, fermati. Sei sicuro?"

"Sono molto sicuro. Mi svegliò dal sonno profondo dei bravi ragazzi leggermente ubriachi per controllare un certo incantesimo vitale."

"Bleah, mio Dio. E cosa gli dicesti?"

Draco fece un sorriso malizioso. "Se ben ricordo, ‘Vai e acchiappala, tigre.'" Sorrise dell'espressione di muto terrore di Harry. "Sono un buon amico," si difese con decisione. "Parte dell'accordo è sostenere le esperienze di apprendimento degli amici."

"Che schifo," disse Harry conciso. "Non sapevo nemmeno che stessero insieme."

Draco storse gli occhi verso Harry, come per cercare di decifrare un geroglifico.

"Non penso che stessero insieme," rispose lentamente. "Stavano solo sperimentando. Non c'entravano i sentimenti."

"Oh, è disgustoso," disse Harry.

"Grazie tante," rispose Draco distratto, aprendo lo zucchero a velo.

"Draco, non mi riferivo... Non mi hai mai detto con esattezza quante, ehm volte..."

Draco alzò un sopracciglio interrogativo. Harry si rassegnò e gli dette un pugno sulla spalla.

"Dai."

Draco cedette. "E va bene, allora. Cinque. Due relazioni, due storielle e una persona di cui sono amico con cui è successo qualcosa un paio di volte."

"Solo cinque?"

Draco parve oltraggiato. "Si dà il caso che secondo me è già molto per un diciottenne, Potter," lo informò. "E comunque, cosa credete succeda nei sotterranei dei Serpeverde, voialtri? Non ci sono frustini né cuoio. Anzi, alcune sere facciamo i cruciverba."

"Ok, scusa," disse Harry. "Non guardare me. Non sono un esperto in materia."

"Già, lo so." Draco sembrava assorto nei suoi pensieri. "Harry, ti dispiacere... ti dispiace se...?"

"Cosa?"

"Sarebbe proprio disgustoso se mettessi lo zucchero a velo e la marmellata in un sandwich?"

"Sì," disse Harry, molto deciso. "Sì, lo sarebbe. Non provare a farlo mentre mangio."

"Oh, va bene," disse Draco imbronciato, leccandosi via la marmellata da un dito. Forse fu il pallore a causare l'effetto di contrasto che fece apparire l'interno della sua bocca tanto rosso.

Harry si accorse che Draco gli aveva appena fatto una domanda.

"Come hai detto, scusa?"

"Immagino ti dia fastidio perché aspetti una gran bella storia romantica?"

Harry era abbastanza a disagio da non voler incrociare gli occhi di Draco. Preferì concentrarsi sulle cuciture della maglietta di Draco.

"Non lo so," disse. "Non è che ci abbia pensato molto."

Era vero. Succedevano sempre così tante cose, e niente era successo con tremenda immediatezza. La cosa era ferma allo stato di vaga promessa di conforto e godimento futuri, ma gli era sempre sembrata fondamentalmente inquietante.

"Spostati, mi voglio stendere," disse Draco autoritario.

Harry si spostò obbedientemente su un lato. Draco si alzò in piedi con attenzione, sempre stringendo il pacchetto di zucchero a velo, e scavalcò i piatti. Poi si sistemò comodamente accanto a Harry e continuò.

"Però scommetto che è così," disse. "Ti conosco, tu e i tuoi ideali ridicoli. Sai che le cose non sono solo bianche o nere, ma vuoi che lo siano."

"E perché è tanto ridicolo?" chiese Harry, irritato.

Draco si appoggiò all'indietro sui gomiti.

"Niente è assoluto," disse pigramente, stiracchiandosi. "Non può esserlo. Non esistono cose come la bellezza assoluta, la perfezione assoluta, il sentimento assoluto. Io non posso avere fiducia assoluta in qualcuno, Weasley non può provare affetto assoluto per Granger, e... mio padre non poteva provare amore assoluto per me."

Che Draco dovesse misurare le emozioni della vita in base all'esperienza di un assassino a sangue freddo, poi...

"Ti stai contraddicendo," gli disse con voce dolce. "Una volta mi hai parlato del modo in cui vivi, ricordi? Del vivere con furia. Se è così che vivi... se devi vivere con passione... beh, cos'è quello, se non assoluto?"

Draco si alzò su una mano, i capelli morbidi per la brezza che ancora increspava la superficie del lago.

"Che paradosso fatale, eh?" osservò.

Sembrava quasi felice di essersi costruito intorno un mondo impossibile. Harry non capiva cosa spingesse ad essere così compiaciuti di ciò che sembrava una dolorosa incertezza generale.

A lui non sarebbe affatto dispiaciuto credere ad alcune promesse di assoluto. Desiderava tanto avere una risposta per ogni cosa.

Si tese e toccò la spalla di Draco.

"Io voglio assolutamente essere tuo amico," disse.

Fare egli stesso una promessa assoluta era il meglio che potesse.

"Ora potremmo parlare di qualcos'altro, per favore?" chiese rattristato. "Quel luccichio adesso-ti-aggiusto-io nei tuoi occhi si noterebbe da un miglio di distanza."

"Stavo solo considerando i meriti di Lavanda Brown," disse speranzoso Draco "L'abbiamo dimenticata, sai? E' una ragazza attraente."

"Draco, ti ho avvertito."

Draco storse il labbro.

"Oooh, Harry, temo la tua ira. Cosa ne sarà di me?"

Harry lo colpì con un tovagliolo. "Sta' zitto."

"Non farmi del male," squittì Draco. "La potenza del grande e spietato Harry Potter è nota a tutti. M'inchino al tuo titanico potere. Dovrei temere di essere dannato, se non fossi in possesso di un'arma segreta..."

Draco si mosse in un decimo di secondo, e allungò una mano verso il viso di Harry.

Aprì le dita e cercò di spingergli con la forza una Tazza da tè Mordinaso sul naso. Harry gli acchiappò il polso appena in tempo, gridò e lo spinse via. Draco atterrò sulla schiena, la mano con la tazza curvata sul petto e il sorriso diabolico ancora sulle labbra.

"Ti porti gli scherzi in tasca," disse Harry. "Ti comporti proprio come se avessi quattro anni."

"Ti avevo quasi preso," disse sfacciatamente Draco.

"Non è questo il punto."

"A-ha! Lo ammetti!"

Harry scosse la testa e mormorò di nuovo, "Quattro anni." Una goccia di pioggia gli cadde sulla mano, e vide gli occhi di Draco concentrarsi su di essa con puro sgomento.

"Oh no," dichiarò. "Sta iniziando a piovere."

Harry alzò le spalle. "Beh, ci bagneremo un po'."

Draco aggrottò la fronte. "I miei capelli," disse con voce bassa e triste. "Saranno rovinati. Rovinati, ti dico!"

Harry alzò lo sguardo verso i cielo. Le nuvole in effetti erano grigio scuro, e piuttosto minacciose. Le gocce lo colpivano con sempre maggiore regolarità.

"Possiamo tornare," propose riluttante.

Draco si tuffò su qualcosa dall'altra parte della barca. "Nah," disse. "Ho un piano. Sotto il mantello!"

A quel punto stese il suo mantello abbandonato sulla propria testa e quella di Harry.

"Piano fantastico, Draco," osservò Harry con voce soffocata, cercando di rannicchiarsi di più sotto il mantello. "Non vedo niente. Oooh, i Serpeverde sono gente davvero arguta."

"Zitto, tu," ordinò Draco, agitandosi per assicurarsi che i suoi capelli fossero coperti.

Harry sentì il polso di Draco accarezzargli il ginocchio.

"Draco."

"Sì?" disse Draco con la voce dell'innocenza perfetta.

"Stai pensando di farmi cadere la Tazza da tè Mordinaso sulla pancia, vero?"

Ci fu un attimo di silenzio.

"... forse," ammise Draco, contrariato.

Harry rise e afferrò i polsi di Draco. "Non pensarci nemmeno."

Chiaramente l'ira di Harry Potter infastidiva Draco meno della pioggia. Entrambi la sentivano cadere pesante sul mantello.

"Uff," disse Draco, avvicinandosi ancora di più a Harry, e poi ridendo. I suoi capelli solleticavano l'orecchio di Harry, e quando parlò Harry poté sentire il movimento del suo naso sulla guancia e la sensazione di solletico leggermente diversa del suo respiro caldo. "Sarebbe stato divertente," gli assicurò Draco. "Fu esilarante quando ne lasciai cadere una in grembo a Paciock. Si mise a gridare."

Harry impiegò un attimo a registrare la cosa.

"Quando tu cosa?"

"E' stato secoli fa," disse evasivo Malfoy. "E ora che ci penso, non fui io. Fu Tiger o Goyle o qualcun altro, probabilmente non fui neanche io a dare l'ordine, e forse non fu neanche Paciock, avrebbe potuto essere chiunque, e forse io non c'ero nemmeno, in ogni caso fu molto divertente."

Harry sbatté le palpebre nel buio sotto il mantello, e una piccola ciocca di capelli di Draco gli toccò il collo.

"Non solo sei un bimbo di quattro anni, sei un bambino cattivo di quattro anni," disse, spostandosi leggermente per evitare la ciocca ribelle.

Sentì la calda esplosione di fiato sulla pelle, quando Draco rise.

"Ok, è stato la settimana scorsa."

"Giusto per fartelo sapere, Draco, sto roteando gli occhi. Non fare mai più una cosa del genere."

"Da dove è arrivata questa pioggia?" si chiese Draco, seccato.

"Mm, probabilmente dal cielo. Promettimelo."

"E va bene, prometto di non mollare mai più tazze da tè su Paciock. Sei una noia, Potter."

"E tu a volte sei un piccolo furetto scocciante, Malfoy."

Draco si lagnò, un suono terribile quando la bocca dell'interessato era così vicina che, per ogni suo sussulto offeso, le sue labbra toccavano un punto sotto il tuo orecchio.

"Hai detto la parola che comincia per ‘F'! Tutti i miei amici hanno promesso di non pronunciare mai la parola con la ‘F'!"

Harry inspirò a fondo, perché si soffocava sotto il mantello, e sussurrò, "Furetto, furetto, furetto," nell'orecchio di Draco.

Gli ci volle un minuto per accorgersi che il piccolo verso tamburellante accanto alla sua guancia era Draco che cercava di sopprimere una risata.

"Non mi serve questo," lo informò Draco addolorato, riuscendo a sghignazzare solo una volta. "Piove a catinelle, e durerà ore, e la pioggia si è già infiltrata nei miei capelli."

"Beh, io sto bene così," disse Harry. "Comunque, dopo l'acquazzone potrebbe arrivare l'arcobaleno."

Draco rifletté. "Bene. Hai il thermos col caffé?"

*
Ci fu un pallido arcobaleno, come se Dean l'avesse dipinto e i colori stessero scivolando giù perdendosi nel blu profondo dell'acqua. I colori pallidi di sogno si dissiparono quasi subito nella luce piena del sole.

Draco e Harry erano stesi sul fondo della barca ad assorbire gli ultimi raggi di sole.

"Non ho mai visto nessuno mangiare tanta cioccolata," osservò pigramente Harry, quando Draco si tirò su per prendere l'ennesima Cioccorana.

Draco si voltò per guardarlo, offeso. "Ne ho bisogno per mantenermi in forze," spiegò serioso.

Harry sorrise e chiuse gli occhi. "Ma certo."

"Harry, sei uno dei miei migliori amici, ok, ma se stai insinuando che sono grasso ti colpisco con la cesta da picnic. E non farai nessun commento sulla scelta dell'arma, va bene?"

"Chi insinua niente?" disse pigro Harry, dandogli un colpetto nello stomaco.

Draco gli diede un calcio e si scostò, alzandosi sui gomiti per guardare truce Harry e considerare un attimo la Tazza da tè Mordinaso, che aveva appeso in equilibrio precario, con una certa dose di ammirevole coraggio, sulla fibbia della propria cintura.

Harry lanciò uno sguardo apprensivo alla tazza da tè. Poi si alzò a sedere, prese le Cioccorane e, portandosele dietro, le buttò nel lago.

"Ehi!" Draco si mise a sedere e lo guardò storto. "Hai inquinato. Lo dirò alla professoressa McGranitt."

Harry si sdraiò e chiuse gli occhi. "Ok."

"Oooh, Harry Potter, sei proprio un ribelle," disse Draco cantilenando, con una voce minacciosamente simile a quella di Colin Canon. "Sei cattivo fino al midollo. Adeschi gli innocenti per strapparli alle loro oneste attività quotidiane..."

"Cosa intendevi fare esattamente?"

Harry aprì gli occhi per guardare Draco sollevare il mento. "Avevo una cosa molto importante da fare. Dovevo farmi tagliare i capelli."

"Sono così spiacente di aver rovinato i tuoi piani vitali," disse Harry solennemente. "Potrai mai perdonarmi?"

"Suppongo di sì. Perché, beh, diciamo che ne vale la pena." Draco dette un altro morso soddisfatto e sorrise radioso, agitando la rana per farsi capire. "Cioccolato," disse.

Harry annuì, stanco e contento. Il sole era un po' sotto l'orizzonte, col suo calore giallo, ed era così vicino, Draco era lì sull'acqua e non era spaventato. Tutto era dipinto in semplici colori accesi e tutto, per qualche minuto, sarebbe potuto essere a posto.

Sembrava che Draco stesse cercando di addormentarsi e mangiare cioccolata allo stesso tempo, gli occhi velati, i vestiti appena fuori posto così che la sua maglietta era sollevata a mostrare qualche centimetro di pelle. Sorrise indolente attorno al cioccolato quando colse lo sguardo di Harry.

"Ne vale la pena," ripeté, e poi, "Cosa c'è?"

C'era una macchia di cioccolato a un angolo della bocca di Draco.

"Mm, niente," disse Harry, sporgendosi e togliendola con il lato della mano. "Avevi solo una piccola... cosa..."

"Oh, grazie." Draco si stese, così rilassato da sembrare privo di ossa, con la mano piegata dietro la testa. "Mm. Il sole tramonterà fra non molto."

"Già, dovremmo... tornare."

"Mmm. Ancora qualche minuto."

Qualche minuto durante cui il sole si fece più sottile e l'aria appena un po' più fresca. Il respiro di Draco era morbido e regolare, e quando parlò la sua voce era come liquida, felice e completamente priva di sforzo.

"Harry, come faremo a tornare senza i remi?"

Harry si mise a sedere, frugò nella tasca della sua giacca e tirò fuori la bacchetta.

"Accio remi," disse, e sogghignò mentre giunsero volando. "Insomma, Draco. Cerca di ricordarti che sei un mago."

Draco guardò i remi bagnati e per un attimo restò senza parole, poi fece una faccia orribile verso Harry. Harry rise e gli passò uno dei remi, e Draco cercò di fare una faccia ancora più brutta.

"Sono proprio uno schiavo," mormorò col tono di un martire. "Potrebbero venirmi i calli."

"Sono virili," gli disse Harry, e sorrise quando Draco fece una terza orrenda faccia indignata, appena prima di rimettersi il mantello.

"Si dà il caso che io sia già straordinariamente virile, per tua informazione," disse sottovoce.

Il rumore dei remi nell'acqua era lento e stabile, Draco guardava Harry per capire come fare, e i loro remi si muovevano quasi in sincronia. Harry provò un po' di rimpianto solo quando la barca giunse a riva, sbattendo piano sui ciottoli, e Draco sollevò il cestino e lo lanciò a riva.

"Penso che tu abbia appena rotto i piatti."

"Vivi pericolosamente," suggerì allegro Draco, alzandosi in piedi e balzando fuori dalla barca.

Cosa che, dato che Harry aveva già cominciato ad alzarsi, finì per provocare il quasi ribaltamento della barca.

Harry gli lanciò un'Occhiataccia, e Draco rise sguaiatamente, una volta, quindi gli tese una mano.

"Scusa, dai," disse, e Harry afferrò la sua mano nonostante la barca stesse ancora dondolando; Draco lo tirò troppo rapidamente, Harry sussultò e quasi inciampò, e Draco rise di nuovo per l'allegria mozzafiato di tutta quella giornata, e lasciò andare la mano di Harry mentre Harry era ancora instabile. La luce del sole che se ne andava era oro nei suoi capelli mossi dal vento, e Harry era... era felice, e rideva, ed era ancora preso da quel momento in cui stava per cadere.

Si piegò in avanti e afferrò il davanti dei vestiti di Draco, quasi per tenersi in equilibrio, e, proprio quando entrambi smisero di ridere, lo baciò sulla bocca.

Harry chiuse gli occhi, il profilo del sole attorno ai capelli di Draco splendeva contro l'oscurità sotto le ciglia. Per un attimo la sua mente si svuotò di ogni pensiero: le labbra di Draco erano così morbide.

Poi riaprì gli occhi, indietreggiò e guardò Draco.

Il suo viso era freddo e duro, e il sole era scomparso.

"Allora era questo il motivo di tutto," disse, la voce assolutamente furiosa, poi si voltò e corse via.

Harry rimase in piedi accanto al lago a fissarlo terrorizzato.

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO PER LE LETTRICI DI EFP:
Salve! Sono Luciana, come avrete capito… approfitto dell’occasione per ringraziare tutti i lettori… ok, le lettrici di EFP che hanno deciso di dare una chance ad Underwater Light su un sito dove mi sembra veramente difficile scegliere una storia, dato che ne aggiornano 20 al minuto…
Un grazie particolare a chi ha commentato, specie a chi ha lasciato commenti sostanziosi (anche se non disdegno certo quelli da un rigo!).

Non vi preoccupate, la storia non è affatto finita, i capitoli sono 22! Che altro dire… DIFFONDETE IL VERBO! Per favore, parlate di Underwater Light e di quel genio che è Maya con le ragazze che conoscete su EFP. Mi farebbe davvero piacere se questa storia stupenda raggiungesse un ampio pubblico ^_^

Oh, e approfitto di questo angolino anche per dirvi qualcosa di me, visto che non sono molto conosciuta qui! Mi chiamo Luciana (ma dai!), ho 21 anni, studio lingue e adoro tradurre.
A mercoledì prossimo, allora…

 

 

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Capitolo 13
*** Come eravamo ***


Underwater Light

Underwater Light
By Maya

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

Sommario: Oscuri Portenti, Rivelazioni, Gesta Vigliacche!
Eroi che stringono donzelle urlanti tra braccia virili!
Da oggi con 1000 Elefanti!

 

 

Capitolo Tredici

Come eravamo

Once upon a time

When we were friends

I gave you my heart

The story ends

[Una volta / Quando eravamo amici / Ti donai il mio cuore / Fine della storia]

 

Harry era steso nel letto quella notte, sul punto di addormentarsi.

Non riusciva a smettere di pensare a ciò che era successo. Erano ore che non pensava ad altro, e le cose non sarebbero certo cambiate lì, nell'oscurità soporifera, con il respiro lento di Ron nel letto accanto e gli occhi serrati, come se potesse cadere nell'oblio con la forza di volontà.

Perché l'ho fatto?

Perché mai aveva voluto farlo... cosa gli era venuto in mente... Non aveva alcuna risposta.

Era... a lui piacevano le ragazze. Perciò a cosa diavolo stava giocando? Ci aveva mai pensato prima...?

Pensato a come sarebbe stato, quel giorno, se la bocca morbida di Draco si fosse schiusa sotto la sua. Se gli fosse stato concesso di toccare quel corpo, di far scorrere le mani lungo il petto di Draco, fino al collo, con i capelli di Draco così soffici tra le sue dita, e se Draco l'avesse toccato anche lui...

Il corpo di Draco contro il suo. Il suo sapore e il pensiero di quelle labbra che premevano sulle sue con concentrata ferocia, la testa inclinata all'indietro mentre Harry lo baciava, la pelle liscia e dolce sotto le sue mani e la sua bocca... la voce di Draco che si faceva scura e bassa, come quando le sue emozioni erano intense.

"Harry! Harry!"

Harry si svegliò con un sussulto e vide il viso ansioso di Ron.

"Stavi facendo dei versi," spiegò Ron. "Era... un sogno su Tu-Sai-Chi?"

Harry trasalì. "Ehm, no... E' tutto a posto."

Ron annuì comprensivo e tornò a letto.

Harry rimase sdraiato al buio a cercare di riprendere il controllo sul proprio respiro.

Era tutto sudato e agitato. Male.

Dunque... cercare di trovare spiegazioni logiche non stava funzionando. Calde gocce di sudore gli scivolavano sul viso facendogli attaccare il pigiama alla pelle sudaticcia. La disperazione stava rendendo le cose di una semplicità disarmante.

Lo voglio.

Lo voleva da star male. Perché non se n'era accorto prima...? Aveva sentito...

Chiuse gli occhi e cercò di scacciare via i pensieri, ma le immagini continuavano ad infestargli la mente, minuscole particelle di colore vivido che colpivano l'oscurità. Aveva la gola secca.

La sensazione di Draco su di lui al Club dei Duellanti. Il modo in cui curvava le labbra quando sorrideva. La scintilla nei suoi occhi grigi, simile all'esplosione del sole su un mare scosso dalla tempesta. Il suono un po' malizioso e un po' infantile della sua risata. La morbidezza di piuma dei suoi capelli sotto la mano di Harry.

Si accorse che i suoi denti erano serrati e il suo corpo teso in uno spasmo di desiderio. Cercò in ritardo di calmarsi.

Sono incredibilmente stupido.

Avrebbe dovuto accorgersene... e non avrebbe mai dovuto fare ciò che aveva fatto.

In quel momento il ricordo del viso di Draco lo colpì come un pugno nello stomaco. Quell'espressione sofferente e sciupata, il modo in cui i suoi occhi si erano assottigliati e i suoi lineamenti si erano come affilati per lo sforzo di trattenersi. Harry la conosceva bene, e non aveva mai voluto... oh, come aveva potuto fargli assumere quell'espressione?

La torsione amara delle sue labbra, quell'ultimo distinto sguardo... tradito.

Non ho mai voluto ferirlo! Pensò Harry con un'improvvisa fitta di angoscia. Non ho mai, mai voluto farlo. Non a Draco.

Ha sofferto abbastanza. Lo so. Nessuno lo sa quanto me.

E fu quel dolore, piuttosto che la felicità sconfinata di prima o l'improvvisa scossa di desiderio, che fece capire esattamente a Harry quanto quella solitaria creatura acerba era diventata importante per lui.

Draco.

Come avrebbe fatto a sistemare le cose? Come avrebbe mai potuto farsi perdonare da Draco? Come avrebbe fatto anche solo ad affrontarlo, dopo ciò che era successo?

Proprio non poteva sopportare l'idea di perderlo. Draco era... aveva bisogno di lui!

Spinse la testa contro il cuscino.

Le cose sarebbero state molto più semplici se non ci fosse stato il Torneo Tremaghi. Prima le cose erano chiare.

Non poteva sopportare che le cose tornassero come prima.

Allora era questo il motivo di tutto, aveva detto Draco. Pensava che la loro amicizia fosse solo una specie di impulso ormonale. Draco pensava...

Probabilmente era disgustato e inorridito, e pensava...

Draco pensava che a Harry non importasse di lui.

E come avrebbe potuto giustificarsi? Non poteva dire di non desiderarlo, ma così Draco avrebbe comunque pensato...

Non riuscì a dormire quella notte.

Disse "Draco," molte volte sottovoce, così come aveva detto "Voldemort" quando era più piccolo. Sfidava l'oggetto dei suoi pensieri ad apparire, evocato dalla sua chiamata. Allora aveva quasi voluto convocare Voldemort, per cercare di combatterlo, di sconfiggere la paura.

Pronuncia il nome del demone e perderà il suo potere.

Harry avrebbe voluto convocare Draco... per migliaia di cose. Il desiderio di vendetta, ad esempio, l'urgenza di chiedergli, come puoi pensare che voglia usarti, come osi farmi sentire così e poi correre via. Voleva anche averlo semplicemente lì con lui, silenzioso e a suo agio, solo per poterlo guardare e ricevere un sorriso di tanto in tanto.

E voleva baciarlo di nuovo.

Si morse le labbra e chiuse gli occhi.

*

Non poté rispondere a Ron il giorno dopo. A malapena vide Hermione nella sala comune. Era come se non potessero essere lì, come se lui agisse su un altro livello, come se stesse guardando le loro forme appena percepibili da sott'acqua.

Solo un pensiero lo spronava quel giorno, e gli causava ansia.

E quando arrivò nella Sala Grande solo un volto era reale, solo uno riuscì a vedere davvero chiaramente.

Draco era al suo livello. Draco era tutto ciò che vedeva.

Era seduto al tavolo dei Serpeverde a giocare pigramente con un toast. Harry distinse solo la curva spigolosa del mento e le due ciocche di capelli biondi adagiate sul collo.

Per un attimo restò immobile. Non aveva mai notato quanto potesse essere reale la metafora della farfalla infilzata. Restò trafitto da una singola sensazione di dolore, rimorso, preoccupazione, affetto e desiderio, tutte riunite in una punta sottile. Sentimenti confusi e strazianti gli ribollivano dentro e la gola gli bruciava, come se qualcosa stesse cercando di artigliarlo da lì.

Appena poté muoversi e respirare, Harry agì. Non poteva farne a meno.

Si avvicinò al tavolo dei Serpeverde, così disperato che non gli importava fare scenate davanti a tutti, e disse,

"Ho bisogno di parlarti."

Draco alzò gli occhi.

Il suo sguardo sconvolse Harry. Era uno sguardo intenzionalmente esplosivo, come un affondo di spada, ed era completamente privo di qualsiasi emozione che non fosse ira.

"Allora continuerai ad averne, Potter."

Il suo tono era furiosamente freddo.

"Draco..." disse Harry, terrorizzato dalla profondità della passione che udì nella propria voce.

Il piatto e la tazza di Draco sbatterono sulla tavola quando si alzò in piedi, il viso reso nitido dal veleno.

"Il mio nome è Malfoy," sibilò.

Harry odiò la deliberata assenza di calore negli occhi di Draco, e trovò assolutamente impossibile distogliere lo sguardo.

"Draco," si avventò su di lui, quasi per sfida.

"Chiudi la bocca."

Era una cosa gelida da dire, tipica di un Malfoy. E i pugni di Draco erano stretti sul tavolo, come se morisse dalla voglia di uccidere qualcuno.

"Draco, vuoi starmi a sentire..."

Draco esplose.

Saltò sul tavolo e afferrò i vestiti di Harry così da spingerlo all'indietro contro una sedia.

Harry inciampò per l'impatto doloroso, ma si rifiutò di cadere.

La bocca di Draco si curvò per il fastidio e la frustrazione. Rimase lì a guardarlo con rabbia e puro odio, proprio come se volesse strangolare Harry a mani nude,

Qualcosa doveva aver brillato negli occhi di Harry, perché quelli di Draco si ridussero a fessure d'acciaio.

"No," disse, ogni parola un'arma scelta con cura. "Non ti ascolterò. Non voglio vederti né parlarti mai più. Questa parodia di un'amicizia è finita, Potter, quindi striscia fino ai tuoi odiosi amichetti e lasciami in pace, cazzo."

Stava ancora stringendo i vestiti di Harry. Harry afferrò i suoi.

La fiamma di oltraggio negli occhi di Draco gli ricordò prepotentemente del giorno prima, gli fece pensare con terribile chiarezza al sapore della sua bocca. Harry scacciò via quel ricordo con uno scatto d'ira.

"Smettila di fare lo stronzo testardo e ascoltami!" gridò.

Draco lo spinse e Harry spinse lui. All'improvviso stavano lottando, senza colpirsi, bensì stretti in un fiero corpo a corpo fatto di spintoni e strattoni.

"Lasciami stare!" ringhiò Draco, attaccandolo selvaggiamente.

"Ascoltami, cazzo!" Harry era senza fiato per lo sforzo.

Il braccio di Draco lo colpì violentemente, tagliando la sua riserva di ossigeno.

"Non voglio!" gridò.

Harry gli abbassò il braccio.

"Non me ne frega niente! Perché non rinuncio finché non lo fai tu, non me ne vado, non ti lascio ritirarti! Perché sei mio amico!"

"Non sono tuo amico," ruggì Draco. Con un improvviso afflusso di forza, gettò Harry all'indietro.

Harry afferrò il polso di Draco cadendo, e si mantenne a lui.

Ciascuno dei due vide l'altro trasalire per la forza del colpo, per la torsione sgradevole del polso.

Si ritrovarono alla distanza di un braccio, e lentamente si resero conto di ciò che avevano intorno. Tutta Hogwarts li stava fissando a bocca aperta.

Non sembrava che gli importasse.

Il viso di Draco si rilassò gradualmente, e quando guardò Harry sembrò immobile e inesorabile come un paesaggio ghiacciato.

"Non sono tuo amico," spiegò, "perché detesto anche solo guardarti."

Harry restò affranto.

Era stato uno stupido a concedere fiducia e affetto ad una persona come Draco Malfoy. Se ne accorse in quel momento, intorpidito, nonostante sapesse che lo sbaglio era ormai irreparabile. Draco aveva un orribile talento per la crudeltà.

In quell'istante, guardando il lento crollo dell'espressione di Harry, l'angolo della bocca di Draco si curvò per la soddisfazione.

"E adesso sparisci," ordinò, e si voltò.

Harry lo vide lasciare la Sala Grande, poi registrò il viso beffardo di Blaise Zabini.

"Hai sentito cosa ha detto," disse. "Vattene dal nostro tavolo, Potter. Non sei il benvenuto qui."

Restò accanto a Harry e abbassò la voce.

"Non sei mai stato il benvenuto qui. Ora è tornato in sé, e se ti avvicini di nuovo a lui... te ne pentirai."

Zabini indietreggiò, affiancato da Tiger e Goyle che portavano in viso una promessa di minaccia.

Harry li fissò inebetito.

E' tornato in sé.

*

Harry corse su per le scale della sala comune Grifondoro, così veloce che tutto intorno a lui sembrava sfocato. Non voleva parlare con nessuno, non poteva spiegare e non poteva analizzare i propri sentimenti, riusciva a malapena a sentire attraverso il dolore...

Sbatté contro Ginny così forte che a entrambi mancò il respiro.

"Harry!" disse lei con la sua voce dolce e comprensiva. "Ho appena saputo della lite. Stai... bene?"

Harry indietreggiò, improvvisamente allarmato, cercando di non avvicinarsi a lei nel buio delle scale, cercando di non scorgere i suoi occhi grandi e speranzosi nell'oscurità, perché era così simile a... Era proprio come...

Il sesto anno, quando sia Snape che Sirius avevano tentato di togliere cinquecento punti alla casa preferita dell'altro, e si erano ritrovati tutti accalcati davanti all'ufficio di Silente per denunciarsi a vicenda.

"Sai, Snape," era scattato Sirius, "saresti una persona meno arrogante, se non fossi nato ripugnante e senza alcuna speranza di portarti a letto qualcuno."

Ogni Serpeverde fuori all'ufficio di Silente aveva inspirato scioccato. I Grifondoro e i Serpeverde presenti si erano scambiati sguardi truci.

Harry, rimasto fedelmente alla destra di Sirius, aveva rivolto una feroce occhiata d'odio a Malfoy, che aveva le braccia conserte e si trovava alla sinistra di Snape. Malfoy aveva curvato il labbro sdegnosamente.

"A me invece non viene in mente niente che potrebbe renderti meno arrogante," aveva replicato Snape. "Sei stato insopportabile dal primo momento che ti ho visto... tu e i tuoi preziosi amichetti, il traditore, il licantropo e quel completo ipocrita..."

Sirius si era buttato su Snape, gli occhi neri che lampeggiavano, ed erano caduti in un turbine di mantelli e pugni.

Malfoy si era girato, chiaramente intenzionato a prestare un po' di disonorevole soccorso al suo insegnante preferito. Harry, punto dall'insulto a suo padre e dall'offesa degli ultimi punti sottratti da Snape, non aveva alcuna intenzione di stare a guardare.

Aveva afferrato il braccio di Malfoy.

Malfoy se l'era scrollato di dosso, gli occhi gelidi accesi di rabbia, e l'aveva sbattuto contro di lui.

"Non ti permettere di toccarmi, Potter," aveva ordinato, sebbene il suo pugno fosse ormai connesso alla mandibola di Harry e gli avesse fatto inclinare il capo.

Harry non ci aveva pensato un attimo prima di lanciarsi su Malfoy e mandarlo al tappeto. Non era accorto nemmeno che entrambe le case lo avevano preso per un segnale di guerra immediata, non aveva sentito il boato di confusione che era esploso, soffocato dallo scorrere del proprio sangue e dai ansiti tormentati di Malfoy.

Aveva udito molto bene la voce glaciale di Malfoy.

"Ovviamente voialtri pensate che azzuffarsi come cani impazziti risolva tutto. Che gusto ci prova il tuo padrino carcerato ad attaccare il capo della nostra casa?"

Quindi aveva sollevato il gomito per colpire Harry sotto le costole.

Harry si era lasciato sfuggire un sospiro stupito, e Malfoy aveva approfittato dell'occasione per togliersi Harry di dosso e scaraventarlo a terra.

"Che gusto ci prova Snape ad insultare mio padre?" aveva detto Harry.

Malfoy era rotolato su di lui con calma e gli aveva procurato un naso insanguinato.

"Non l'ho sentito insultare nessuno," aveva detto sogghignando. "L'ho solo sentito dire la verità."

"Come ti sentiresti se qualcuno parlasse così della tua famiglia?" aveva domandato Harry. "Oh, aspetta, dimenticavo che non hai sentimenti. Per nessuno che non sia te stesso, almeno."

Aveva stretto i vestiti di Malfoy in un pugno, mantenendolo fermo su di lui mentre gli dava un pugno nello stomaco.

"E tu non hai una famiglia," aveva detto Malfoy a denti stretti.

E solo la pura rabbia per tutto lo schifo sputato da Malfoy aveva fatto sollevare Harry dal pavimento, riuscendo quasi a mettersi in piedi per poi ricadere sulla massa ribollente di corpi sopra Malfoy.

"Un'altra cosa che ho dimenticato," aveva ringhiato Harry, "è che in effetti tutti parlano male della tua famiglia."

Gli occhi di Malfoy si erano assottigliati mentre cercava di togliersi di dosso Harry. "Sei un bastardo, Potter."

Aveva colpito Malfoy sulla bocca.

"Ci vuole un bastardo per riconoscerne un altro, Malfoy."

Aveva guardato con fiera soddisfazione il sangue fluire su quelle labbra contorte, quel viso odioso e arrogante diventare rosso per la frustrazione mentre Malfoy lottava per liberarsi di Harry. Lui aveva dato pugni e l'aveva bloccato a terra mentre lottava e si dimenava, piegandosi mentre Malfoy attaccava e cominciava a perdere fiato e...

Silente era uscito dal suo ufficio, e la massa rumorosa era rimasta paralizzata.

"Studenti!" aveva urlato. "Che significa tutto questo? Dove sono i professo..."

La voce gli era calata quando Sirius e Snape avevano alzato le teste, e due furiose coppie di occhi neri avevano incrociato i suoi.

Harry aveva lanciato un'ultima occhiata truce a Malfoy, che era affannato e sanguinava violentemente, ma che ciononostante aveva ricambiato lo sguardo con intensità. Poi si era tolto da sopra di lui. Malfoy si era alzato con un unico movimento agile, ed entrambi erano indietreggiati fino alle rispettive posizioni, con gli occhi ancora incollati.

Silente aveva congedato gli studenti per occuparsi di Snape e Sirius, e Harry aveva salito le scale dalla sala comune, in fretta, desideroso di farsi una doccia.

Evidentemente era distratto, perché aveva quasi fatto cadere Ginny Weasley. Lei gli aveva sorriso, nonostante tutto.

"Harry! Ho appena saputo della rissa. Stai... bene?"

Harry si era accorto di avere ancora il fiatone. Aveva bisogno di una doccia subito, ma lei era lì speranzosa e lui doveva risponderle ed era arrabbiato e frustrato e... moriva dalla voglia di fare qualcosa...

Aveva ripensato al viso pallido e odioso di Malfoy sotto di sé.

Vorrei avergli dato un altro bel pugno, aveva pensato.

E aveva detto, "Tutto bene," aveva afferrato gentilmente i capelli di Ginny e l'aveva baciata con una sorta di desiderio lacerante di fare qualcosa e sentire qualcosa...

Il bacio esitante di Ginny non era stato ciò che cercava, non era stato abbastanza, e lui si era sentito vuoto, e tutto gli era parso deprimente, come sempre, e si era tirato via appena possibile.

L'aveva guardata con una specie di muto orrore, e lei era arrossita.

Stavolta la guardò con un tipo diverso di orrore, ma lei arrossì nello stesso identico modo.

"Persino allora," sussurrò. "Oh... cazzo, persino allora, oh... scusami, Ginny. Io... mi dispiace tanto."

Corse su per le scale, e lei restò lì tremante e deliziata nella sua scia, ad accarezzare il ricordo dell'inconfondibile desiderio che velava gli occhi di Harry.

*

Ora ne era certo, assolutamente e disperatamente certo...

Era strano... volere di nuovo qualcosa. Si era quasi abituato al dolore sordo del non tenere molto alle cose.

E adesso, all'improvviso, voleva qualcosa con tanto ardore.

Era terribile.

Ogni mattina era come una scossa. Si svegliava tranquillo, chiedendosi cosa avrebbero fatto lui e Draco quel giorno, ed ecco che qualcosa gli faceva ricordare, e quel nuovo terribile desiderio lo colpiva di nuovo.

A volte era così bizzarro che Harry credeva di sognare. Di certo non poteva... non se ne sarebbe accorto prima...?

Bastava un'occhiata a Draco per chiarire ogni dubbio.

Altre volte la sensazione gli sembrava puramente fisica, e l'angoscia e il desiderio gli serpeggiavano nello stomaco, troppo reali per essere solo emozioni.

Ogni volta che cercava di convincersi che non poteva essere... così, gli succedeva qualcosa, ad esempio...

Harry conosceva la bocca di Draco meglio di qualsiasi altra bocca sul pianeta.

Aveva passato quasi sette anni a guardarla, e conosceva ogni espressione che potesse creare. Aveva pensato ad ogni smorfia maligna, ogni sorrisino, ogni cipiglio con varie emozioni e lo stesso grado di intensità.

L'aveva osservata in classe e mentre giocava a Quidditch, si era concentrato su quella bocca come se la sola attenzione furiosa avrebbe potuto costringere il ragazzo a tacere.

Certe volte aveva guardato quella bocca con puro odio, quando sputava cose veramente schifose, e aveva immaginato di colpirla con un pugno.

Più di recente aveva cercato di decifrare emozioni da quella bocca. Si assottigliava un po' quando Draco era turbato.

Non aveva mai sognato, in tutto quello studiare, odiare e analizzare, che sarebbe diventata un'ossessione.

Ma forse era inevitabile.

Ora ogni volta che gli passava accanto nei corridoi, un angolo della sua bocca si curvava per il disgusto involontario, e faceva male.

E quando Harry era seduto in classe o camminava per la scuola o fissava il soffitto del suo dormitorio nell'ennesima notte insonne...

Quella bocca era di nuovo davanti a lui, così flessibile, ed esprimeva solo le emozioni che Draco voleva esprimere. Tutto il suo viso era allenato, anche la curva della sua bocca.

Harry pensò a quelle labbra, si rigirò più e più volte ripensando alla loro consistenza.

Sognò di premere il pollice sul labbro inferiore, di sentirlo cedere, di poterlo fare. Sognò di sentire quella bocca aprirsi per ricambiare il bacio.

La notte prima della successiva riunione del Giovane Ordine della Fenice, durante la quale intendeva trovare un modo per parlare con Draco, fece un sogno.

Sognò di essere seduto in riva al lago, e che il cielo era grigio e freddo, ma che nonostante tutto stava bene perché era protetto dalle pareti trasparenti del labirinto.

Draco camminava verso di lui, sicuro e silenzioso, con indosso i vestiti di Snape. Erano un po' lunghi e troppo larghi, il colletto scivolava sulla sinistra. Harry fissò la soffice pelle bianca del collo e della gola esposti.

"Perché indossi quei vestiti?" chiese, dato che sembravano un po' strani.

Draco spinse Harry contro il muro vicino alla statua, e Harry chiuse gli occhi e girò il viso tra i capelli di Draco.

La voce di Draco risuonò bassa e sicura nel suo orecchio.

"Non lo sai?" disse, e Harry si limitò a voltarsi alla cieca verso il calore del fiato di Draco.

Sbatté le palpebre e vide il volto di un grifone, poi di una chimera, poi di un basilisco.

"Non lo sai?" chiese quello.

Hermione era inginocchiata su un sofà a frugare tra un mucchio di libri. Harry li guardò confuso: c'era anche Uomini Che Amano Troppo I Draghi, ma lei scelse un volume enorme.

"Non lo sai?" indagò, togliendosi gli occhiali.

Draco si chinò sul suo petto, e tutto tornò a posto, erano sulla barca e non era cambiato niente, e Draco stava dicendo, "Mi piacciono i gatti," ma Harry sentiva solo "Non lo sai?"

Harry si svegliò di soprassalto.

Sapeva cosa voleva.

*

Hermione pensava che il mondo sarebbe tornato alla normalità, adesso.

Malfoy e Harry avevano avuto la loro enorme litigata in pubblico, e tutta la loro malaugurata amicizia era crollata in modo catastrofico e irrevocabile. Per quanto riguardava la piccola... cosa di Harry, beh, i ragazzi della sua età avevano spesso strani impulsi ormonali, e Harry era troppo sensibile per lasciare che la cosa lo influenzasse troppo.

Vederlo infelice le spezzava il cuore, ma lei e Ron cercavano di tenerlo su di morale. Harry aveva persino sorriso, quando Ron l'aveva battuto a scacchi.

Tutto il resto era così difficile. Disse a se stessa che almeno quello sarebbe filato liscio.

Fu durante la prima riunione del Giovane Consiglio dopo la lite che si accorse di quanto si sbagliava.

Non ci fu alcuna scenata. Non ci fu neanche una minima traccia di scortesia, la minima traccia di qualunque cosa, e quella, quando si trattava del rapporto di Draco Malfoy con Harry Potter, era una cosa strana e quasi... spaventosa.

Vide Harry sussultare quando Malfoy guardò verso di lui, ma lo sguardo di Malfoy era impassibile e si limitò a sorvolare la stanza, controllando che fossero tutti presenti. Quella mancanza di reazione la sconvolse, le sembrò sbagliata fino all'osso.

Lui se ne stava lì seduto pigramente a rigirarsi la piuma tra le dita, e Harry teneva gli occhi fissi su di lui, e Hermione non aveva mai visto niente del genere prima...

Ripensandoci, forse sì.

Quando Draco Malfoy si era unito al Giovane Ordine il quinto anno, si era comportato in maniera perfettamente civile durante tutta la prima riunione. Ron aveva annunciato che si trattava di un complotto dei Serpeverde, ma d'altronde Ron pensava anche che fossero i Serpeverde a far piovere quando i Grifondoro avevano gli allenamenti di Quidditch.

Harry era stato decisamente d'accordo.

Quando Malfoy aveva iniziato a passargli davanti nei corridoi senza insultarlo, Harry si contorceva per il fastidio.

Il terzo giorno a Harry si era incastrato un dito nella bocca del gargoyle sul rubinetto, nell'aula di Pozioni. Malfoy si era morso il labbro, chiaramente morendo dalla voglia di sparare diverse decine di insulti e scoppiare a ridere, ma poi gli aveva passato un asciugamano.

Harry l'aveva sbattuto sulla porta mentre lasciavano l'aula, e quella era stata la prima volta che Hermione lo aveva visto toccare volontariamente Malfoy.

"Che cos'hai in mente, Malfoy?" gli aveva chiesto. "Cosa stai progettando?"

"Levati," aveva risposto Malfoy. "Cos'è, un altro dei tuoi episodi di psicosi, Potter? Ti fa di nuovo male la cicatri..." Si era fermato e aveva preso fiato. "Voglio dire," aveva detto a denti stretti, "Perché ti comporti così? Dobbiamo lavorare tutti insieme."

"Lo scoprirò, sappilo," aveva detto Harry, spingendolo di nuovo.

"Certo," gli aveva detto Malfoy, spingendolo via e andandosene.

Harry era rimasto a guardarlo col volto concentrato.

"Non la passerai liscia stavolta," aveva detto. "Qualunque cosa tu abbia in mente."

Hermione aveva pensato che passava troppo tempo con Ron.

Durante la successiva riunione del Giovane Ordine, Lupin aveva chiesto a tutti di stringersi le mani da un lato all'altro del tavolo, a significare l'impegno di cessare le ostilità verso quell'afflusso di Serpeverde. Malfoy aveva guardato male Hermione, che sedeva di fronte a lui, e aveva detto acido,

"Non vedo perché dovrei toccare una Mezzos..."

D'un tratto aveva chiuso la bocca, lasciando tutti stupiti, si era sporto e aveva stretto la mano di Hermione. Era tornato a sedere in fretta, e aveva cominciato a scrivere sulla pergamena distesa davanti a lui. Aveva alzato lo sguardo parecchie volte, ogni volta che qualcuno diceva qualcosa di stupido, e Hermione aveva notato la voglia palpabile di sfottere stampata sul suo viso, nonché che aveva stretto ancora più forte la piuma per scrivere.

Alla fine della riunione Hermione si era alzata e aveva guardato la pergamena un attimo prima che potesse arrotolarla.

Draco Malfoy ci aveva scritto sopra tante volte ‘Datti una calmata.'

Harry, vibrante di rabbia, si era frapposto tra Malfoy e la porta.

"Dimmi, che stai cercando di fare?" era esploso.

Le dita di Malfoy si erano fatte bianche contro la sua borsa. "Sto cercando di oltrepassare la porta," aveva detto a Harry, cercando chiaramente di mantenere la voce calma. "Pensi di potermi aiutare?"

"Oh, datti una calmata, Malfoy," era scattato Harry.

E il viso di Malfoy era lentamente tornato alla solita malizia.

"Perché mai dovrei farlo, Potter?" aveva indagato pigramente. "Secondo me così sono meraviglioso."

Il viso di Harry era lentamente tornato alla solita espressione di disgusto causata da Malfoy.

"Solo tu e la tua ragazza siete così scemi da crederci."

"Almeno," aveva osservato Malfoy in tono acido, "io ho una ragazza."

Pansy Parkinson era apparsa accanto a lui con uno sguardo torvo. Hermione aveva notato un po' divertita che era appena più alta di Malfoy. Certo, Hermione era più alta sia di Harry che di Malfoy.

"Oh, congratulazioni," aveva detto Harry.

Malfoy e Harry avevano continuato a sibilare l'uno contro l'altro, come due piccoli ma feroci gatti arrabbiati.

Harry gli aveva afferrato un gomito.

"Lo sapevo che non eri cambiato!"

Malfoy aveva alzato un sopracciglio. "Perché cercare di superare la perfezione? Hai ragione. Penso ancora nello stesso esatto modo di sempre. Non sarò mai uno degli schiavetti di Silente," aveva detto. "Per cui fai un bel respiro virtuoso di sollievo e smamma, Potter. Perché non vai a firmare autografi per quegli svenevoli dei Canon, e non provi a evitare di toccarmi? Sono certo che la tua scorta di Weasley ti ha attaccato i pidocchi."

Aveva spinto via Harry con sicurezza ed era uscito con Pansy alle spalle.

Calì era arrivata dietro Harry e Hermione.

"Gli conviene pregare di potersi sempre pavoneggiare in quel modo," aveva osservato. "Se fa..."

"Oh, sta' zitta e smettila di dire scemenze, Calì," aveva detto Harry, il viso contorto per la repulsione.

Dopo quell'episodio Malfoy, seppur sforzandosi di non mandare all'aria le riunioni, non si era più trattenuto fino al punto in cui la testa gli sarebbe esplosa se non avesse provocato qualcuno.

Era successo, ma allora Malfoy era decisamente meno abile nell'ignorare la gente.

E così Harry si era innervosito, anche ingiustificatamente, e successivamente aveva strattonato per bene Malfoy ... ma non era mai esploso.

E adesso Malfoy non si stava certo comportando meglio, ma era molto più scortese di quanto non fosse da molto tempo. Si comportava come se notasse a malapena Harry, e per qualche strano motivo Hermione considerava questa cosa molto più inquietante.

Era chiaro che Harry, stavolta, soffriva.

Hermione lo guardò preoccupata durante la riunione del Giovane Ordine.

Quando Hannah Abbott arrivò in ritardo Malfoy strascicò, "Per favore, Abbott, non scusarti. Queste riunioni non riguardano mica questioni importanti... anche se ovviamente a tutti è mancato il tuo contributo insostituibile di squittii su ogni dato allarmante."

Solo l'ansia aveva impedito a Hermione di lanciare un'occhiataccia a Malfoy. Harry aveva l'aria di non aver dormito affatto") non avesse dormito affatto. Dio, cosa mai gli faceva credere che ne valesse la pena, per quel piccolo idiota maligno?

Più tardi il professor Lupin discusse nei dettagli quante delle conoscenze del Ministero dovessero essere passate ai governi babbani, dato che bisognava mantenere un legame tra il mondo magico e quello babbano.

"Un legame giù mantenuto dai sudici Mezzosangue," mormorò Malfoy.

"Signor Malfoy, questo commento è decisamente inappropriato," replicò Lupin, mentre tutta la stanza mise gli occhi su Harry.

Harry disse, "Draco, smettila," con voce bassa e seria.

Malfoy non lo degnò di uno sguardo, e disse, "Malfoy," senza alcuna traccia di emozione e senza guardarlo.

Alla fine della riunione Harry si alzò con un'espressione decisa che riempì Hermione di terrore e si mosse per bloccare Malfoy prima che raggiungesse la porta.

"Malfoy, ti posso parlare?" chiese gentilmente Terry Boot, alzandosi con molta meno fretta.

Malfoy spinse via Harry come se fregarsene di lui fosse la cosa più naturale del mondo, e rispose, "Certo."

"Senti," disse Harry, "Draco... Dio, Malfoy, se vuoi..."

"Ti dispiace, Potter? Sto parlando," rispose calmo Malfoy.

Hermione mise una mano sul braccio di Harry e cercò di trascinarlo verso la porta. Ogni muscolo del suo braccio era teso.

"Non sono riuscito a beccarti prima," disse Terry, riponendo i libri nel suo zaino. "Volevo solo scusarmi..."

"Puoi parlare," lo interruppe Malfoy con un sorriso, e si sporse per sfilare a Terry gli occhiali da vista, "ma devi toglierti questi. Giuro che non sono un testo scritto."

Terry gli sorrise. A Hermione era sempre piaciuto Terry Boot, così rimase sconvolta quando si accorse di quanto si era sbagliata sul suo conto. Quantomeno doveva aver avuto un'opinione troppo alta del suo gusto in fatto di amicizie.

"Volevo dirti che mi dispiace di non aver fatto il tuo nome durante la scorsa riunione," disse. "Ero andato nel panico, ma poi mi sono accorto di averti messo in una posizione orribile. Mi perdoni?"

"Non c'è niente da perdonare," gli disse tranquillamente Malfoy. "Non era un complotto per diffamarmi. Cercavi solo di aiutarmi."

A quel punto Hermione riuscì finalmente a tirare Harry fuori dalla porta.

"Avanti," disse, "Ron ci sta aspettando nella sala comune..."

"Io... tu vai," rispose Harry, la voce cupa e infelice. "Ho solo bisogno di... chiarirmi le idee. Voglio uscire e allenarmi nelle curve ad anello. Dopotutto la Finale per la Coppa si avvicina."

Storse la bocca e si allontanò a grandi passi.

Hermione si strinse i libri al petto e tornò nella sala comune.

Pensò a quanto fosse indescrivibilmente strano vedere Malfoy ignorare Harry, anche se era una cosa che aveva già sperimentato.

Ripensò a quando aveva scritto ‘Datti una calmata.' L'unica ragione che avrebbe potuto spingere Draco Malfoy, tra tutti, a cercare di controllare il proprio comportamento supponente e arrogante era un obiettivo da raggiungere. Sapere di doverci riuscire a tutti i costi.

Era una persona assolutamente crudele, e in quel momento stava facendo del male a Harry, ma, pensò, poteva esserci solo una ragione dietro lo sforzo che aveva fatto. Se davvero gli importava del Giovane Ordine e della guerra, allora...

Entrò nella sala comune e prese una sedia dal tavolo dove era seduto Ron.

"Ron," disse lentamente, "comincio a credere che Draco Malfoy non sia la spia."

Si aspettava una delle loro litigate, ma Ron alzò gli occhi dai compiti molto seriamente.

"Non lo so," disse piano. "La lite con Harry... insomma, lo odio, ma se davvero stesse cercando di estrapolare informazioni da Harry, perché litigherebbe con lui?" Si fermò e strinse i denti. "Non ha alcun senso. Cosa pensi che dobbiamo fare?"

Hermione si chinò su di lui, e avrebbe quasi pianto per il sollievo. Ron sapeva essere difficile, e di tanto in tanto avevano dei periodi neri, ma lui non l'aveva mai delusa quando aveva davvero avuto bisogno di lui.

Appoggiò la mano sulla sua spalla e stava per dire "Ti amo," invece disse, "Ci serve più pergamena."

Passò del tempo prima che Harry tornasse, ancora più esausto di prima.

"Cosa state facendo?" chiese quando entrò. Ron alzò gli occhi dalla pergamena su cui Hermione stava scrivendo.

"Stiamo stilando una lista dei possibili sospetti come spie," disse.

Harry aveva il viso teso. "Pensavo aveste già le idee chiare a riguardo."

"Ci stiamo ripensando," spiegò Hermione. "Vuoi... darci una mano?"

Esitò per via dell'espressione di Harry, ma Harry era determinatissimo.

"Sì," disse. "Datemi la lista."

*

Ogni volta che Harry ripensava dolorosamente al passato, con quella sensazione di distacco che si prova prima di addormentarsi, gli tornavano in mente alcune cose.

Il viso di Draco quando aveva detto di nuovo ‘sudici Mezzosangue' alla riunione del Giovane Ordine della Fenice. Tutti si erano voltati verso Harry... e lui era rimasto zitto, a fissare l'unico viso che non lo stava guardando, in preda ad una fitta di desiderio del tutto inappropriata.

Già sentiva di essere sul punto di impazzire, ci mancava solo questo. La partita Serpeverde-Grifondoro, decisiva per la Coppa delle Case.

Era stato così anche il terzo, quinto e sesto anno. I Grifondoro e i Serpeverde a lottare per la Coppa, serrati al primo posto con i due Cercatori eternamente rivali serrati ai posti di combattimento.

Quest'anno era diverso, per entrambi.

Draco sembrava ancora più concentrato. Quando si trovarono l'uno davanti all'altro durante la partita, i suoi occhi si strinsero fino a sembrare fatti solo di acciaio e odio.

Come capitani delle rispettive squadre, erano stati costretti a stringersi la mano.

Fu il primo contatto fisico dal... dalla giornata sul lago.

E il morso freddo della stretta astiosa di Draco fece girare forte la testa a Harry.

La forza furiosa di quella presa gli fece pensare a loro due avvinghiati follemente, da soli, schiacciati sulle gradinate attorno al campo. Il viso di Draco in quella fantasia era accaldato, e i suoi capelli soffici erano ovunque, perfino tra le labbra di Harry mentre gli baciava il collo, assaporando il sudore e la sua pelle e...

Draco strappò via la mano da quella di Harry il prima possibile. Harry rimase a fissare quel viso gelido con i capelli perfettamente aggiustati come se non lo riconoscesse.

Lottò contro quegli impulsi malsani e la sensazione sorda di abbattimento che provava, e cercò di lasciarsi quelle emozioni alle spalle quando si alzò in volo. Per un attimo pensò di esserci riuscito: era in aria, i capelli e i vestiti mossi dal vento, e sentiva soltanto la solita ondata di eccitazione.

Sarebbe andato tutto bene. Si era preso una cotta per Cho Chang, in passato, e la cosa non l'aveva mai influenzato. Volare era sempre come la prima volta...

Quando Draco l'aveva sfottuto con la Ricordella di Neville, ed era stato così soddisfatto nel vedere lo shock negli occhi di Malfoy, solo che stavolta niente era come con Cho Chang, perché lei non era mai stata sua nemica, non era mai stata sua amica, non era mai stata niente di reale per lui, e non gli era mai importato veramente di lei.

Aveva bisogno che tutto tornasse come prima. Uno qualsiasi dei prima.

L'ultima partita di Quidditch l'aveva giocata ribollendo di rabbia, e Malfoy l'aveva guardato ad occhi stretti, e a ogni break per discutere di un fallo era andato a controllare il regolamento. Harry ricordava che aveva odiato ogni molecola del corpo di Malfoy, la terza volta che Malfoy aveva inclinato la scopa verso il basso per scendere in picchiata verso la gradinata. Si era seduto, aveva aperto il regolamento, squadrato velenosamente Harry con i capelli sul viso, leccato deliberatamente la punta della sua matita e depennato l'ennesima regola.

E Harry aveva stretto le mani sulla scopa proprio come stava facendo in quel momento, accorgendosi che sapeva esattamente come volava Draco. Era così misurato, ci teneva così tanto a farlo nel migliore dei modi, e anche se sembrava liscio ed istintivo Harry capiva dalle pause prima di decollare e dopo aver messo piede a terra che non lo era. Lo aveva guardato per sentire quel piccolo brivido di trionfo.

Non era così strano per lui guardare famelico Draco Malfoy.

Non che ci avesse mai pensato prima, certo che no, dato che si sentiva in colpa perfino a farlo adesso. Non si trattava di quello.

Era che certi ricordi erano stampati a caso nella sua mente, come quelle lunghe dita unite, il modo in cui i vestiti da Quidditch si alzavano a mostrare una coscia tesa sul manico di scopa.

Un corpo colpì violentemente quello di Harry, e lo spavento lo fece balzare via. Si inclinò tutto a sinistra, tagliando con la scopa il percorso dell'altro giocatore, e ovviamente capì chi era prima di guardare.

Draco era una macchia indistinta di velocità e capelli agitati dal vento prima che la sua scopa toccasse quella di Harry e si fermasse vibrando. Poi comparve il suo viso, rosso per lo sforzo, teso per la concentrazione e assolutamente, gelidamente furioso.

Gettò la testa all'indietro e fissò Harry con uno sguardo agghiacciante.

"Non ti permettere di lasciarmi vincere, Potter."

Ci volle un momento affinché Harry assorbisse ciò che Draco stava dicendo, perché c'era una patina brillante di sudore sulla sua gola nuda e pallida, e le goccioline calde splendevano sulla pelle sopra le sue labbra, scivolando lentamente e tremolando sulla linea curva della bocca.

Poi si concentrò sugli occhi e sentì che riflettevano il principio di qualcosa di simile all'offesa.

"Lasciarti vincere?" scattò. "Hai molta stima di te, vero, Malfoy? Non ho mai rinunciato al gioco in vita mia."

"Bene," disse Draco. "Continua così."

"Oh, va' al diavolo," sputò Harry, inclinandosi a destra e accelerando. Con la coda dell'occhio vide il manico di scopa di Draco abbassarsi e sfrecciare in avanti per seguirlo.

Non c'era alcun Boccino in vista. Harry ebbe la vaga idea che avrebbe potuto aiutare alcuni dei giocatori presi di mira dai Serpeverde.

Durante l'ultima partita Malfoy aveva fatto cadere Ginny, e Harry era riuscito a prenderla appena in tempo. Harry si ricordava benissimo la stretta delle mani di lei attorno al collo, e lo sguardo beffardo che Malfoy gli aveva rivolto mentre spiegava a Madama Bumb che i Grifondoro non potevano certo beccarsi un tiro di punizione, quando tutto ciò che aveva fatto era realizzare le piccole fantasie preadolescenziali di Ginny Weasley.

Questa partita, però... tutto sembrava tranquillo. I Serpeverde erano in vantaggio coi punti perché stavano facendo innervosire Natalie ingannando Dean con le finte, a sinistra quando andavano a destra e viceversa, ma non stavano realmente... non stavano imbrogliando.

Non stavano imbrogliando.

I Serpeverde imbrogliavano sempre nelle partite contro i Grifondoro. Da quando Draco aveva preso il posto di capitano, il quinto anno, imbrogliavano molto meno con i Tassorosso e i Corvonero. Proprio come col suo modo di volare, a Draco piaceva farlo sembrare facile, gli piaceva mettersi in mostra e mettere in chiaro che poteva vincere senza sforzi. Imbrogliava quando era costretto, ma avveniva di rado... a meno che i Serpeverde non giocassero contro i Grifondoro, nel qual caso l'inganno raddoppiava e diveniva selvaggio, fino a fare impazzire Harry.

Quella era l'ultima partita Serpeverde-Grifondoro, l'ultima in cui avrebbero giocato l'uno contro l'altro, e tutto era diverso e ancora più importante. E Draco era troppo orgoglioso e arrabbiato per barare.

Per un folle minuto Harry pensò a quello, alla sua feroce boria arrogante, e fu tentato di lasciarlo vincere.

Ma lo conosceva meglio di quanto pensasse Draco, e non era il tipo di persona che tradiva gli altri, anche se Draco pensava il contrario. E non aveva mai lasciato vincere nessuno.

Si avventò in un cerchio attorno al campo, cercando e cercando con gli occhi, quindi vide un barlume dorato in alto nel cielo.

Draco era molto più in alto di lui, molto più vicino al Boccino. Diresse in alto la scopa, tagliando l'aria in verticale col vento che gli risucchiava le guance, e Draco lo vide accelerare, non guardarlo non guardarlo non guardarlo, e Harry vide solo il boccino, ma l'altro giocatore l'avrebbe preso per primo perché la sua scopa non si sarebbe mai alzata tanto rapidamente. Così si alzò in piedi sulla scopa, oscillando violentemente, e udì l'urlo della folla di sotto quando afferrò il Boccino.

La scopa di Draco si fermò accanto a quella di Harry come un uccello che avesse urtato contro una finestra.

La sua espressione frastornata fece capire a Harry che colpo doveva essere stato per lui vederlo vincere con una mossa che gli aveva insegnato proprio Draco, quando erano amici.

Vincere, in qualsiasi modo, gli era venuto d'istinto. E dato che sapeva come fare...

Gli occhi impalliditi di Draco erano assorti e spietati.

"Almeno non mi hai lasciato vincere," disse.

Alla fine erano molto più simili di quanto nessuno avesse mai potuto sognare.

"Senti," disse Harry disperato, tendendo la mano che non stringeva il Boccino, "Ti prego..."

Draco non lo guardò nemmeno, virò a sinistra e verso il basso, tornando direttamente a terra.

Harry piombò in basso fino a toccare il suolo, planando lentamente tra una massa di gente in festa e abbracciando Ron in uno sbalzo di esultanza che svanì troppo presto, accettando un'altra Coppa che non voleva più.

*

Alla fine Harry pensò che, probabilmente, sarebbe stato meglio andarsi a fare una doccia. Ron ci era già andato dopo che Hermione aveva storto il naso e si era rifiutata di abbracciarlo.

Harry era già stato abbracciato da Natalie, Ginny, Ron, Dean e (orrore!) dalla professoressa McGranitt. Era pronto per una bella doccia rilassante.

"Potter, potrei parlare un attimo con lei?" chiese la professoressa McGranitt.

Tipico.

Harry annuì e si divincolò educatamente da Ginny, che parlava rapita della sua azione.

La professoressa era ancora un po' scossa dalla confusione di quando tutti si erano buttati su Harry, e il suo cappello era inclinato. L'irritazione di Harry diminuì quando vide delle venature bianche nei suoi capelli neri.

Sette anni prima i suoi capelli erano stati neri come le piume di un corvo. Ora il grigio li aveva quasi ricoperti.

Tuttavia conservava il suo incedere autoritario, e Harry dovette alzare il passo per starle dietro. Pensò che era impressionante, per una donna anziana.

Passarono davanti ai Serpeverde uscendo dal campo di Quidditch. Draco, Zabini e Pansy erano seduti sulla divisa da Quidditch di Draco, spaparanzati sull'erba accanto alle gradinate. Harry distolse lo sguardo da Draco, cercando di non fissarlo.

Quando non furono più a portata di orecchie, sulla strada per la scuola, la professoressa McGranitt parlò e catturò pienamente la sua attenzione.

"La signorina Granger mi ha detto che ultimamente lei fa sonni agitati."

"Io..." disse Harry, ma ciò che avrebbe voluto dire era Come e perché e Non sono affari suoi, ma il fatto era che Ron diceva tutto a Hermione, Hermione aggiornava regolarmente la McGranitt sugli altri studenti da quando era diventata Capocasa, e lui non era così stupido da dire una cosa del genere alla McGranitt. Invece disse, frustrato, "Non è niente."

"Potter," disse la professoressa McGranitt con voce acuta per l'esasperazione, poi si fermò e addolcì leggermente il tono. "Lei sa cosa le ha detto il professor Silente riguardo ai suoi sogni. Gli incubi sono causati dalla stessa cosa che rende dolorosa la sua cicatrice... quando Lei-Sa-Chi è vicino o si sente particolarmente vendicativo. I suoi sogni sono avvertimenti, e non può permettersi di ignorarli."

Harry la guardò e tentò disperatamente di formulare ‘A dire il vero i miei sogni recenti sono più sul genere delle fantasie sessuali, quindi non riguardano Voldemort' in un qualche tipo di frase che potesse pronunciare davanti alla McGranitt.

"Credo proprio..." cominciò, e si fermò prima di aggiungere, ‘che Draco Malfoy che si toglie i vestiti non sia certo un piano malefico.'

Guardò la sua scopa e si chiese se non potesse usarla per bastonarsi fino a perdere i sensi.

"Potter, so bene che per lei deve essere difficile giudicare ciò che è importante," gli disse la McGranitt, non senza comprensione. "E' per questo che abbiamo portato a Hogwarts un Sognatoio."

"Uhm. Professoressa, cos'è un Sognatoio?"

Raggiunsero la vetta della collina, e la McGranitt iniziò a scendere i gradini.

"Venga, Potter," disse vivacemente. "Le faccio vedere."

*

L'ufficio della professoressa McGranitt era stato spostato nei sotterranei durante il sesto anno. Lei e Snape avevano svolto insieme delle ricerche per trasfigurare pozioni suicide per i soldati in spille dall'aspetto innocuo che sarebbero tornate utili in caso di bisogno.

Sentì l'ennesima inutile e stupida fitta quando passarono davanti allo studio vuoto di Snape, e Harry ripensò allo sguardo desolato di Draco quando pronunciava il nome del professore.

L'ufficio della McGranitt era pulito e ordinato come Harry lo ricordava da quel paio di occasioni in cui ci era stato, con un grande scrittoio pieno di pile ordinate di fogli a dominare la stanza. L'unico tocco personale era una piccola, logora cesta per gatti in un angolo.

Non c'era niente di nuovo a parte il basso bacile di pietra al centro del pavimento, che era decorato con rune e che, se non fosse stato per l'assenza di qualsivoglia contenuto argenteo, aveva l'aspetto esatto di un Pensatoio.

"I Pensatoi e i Sognatoi, nel mondo magico, filtrano il contenuto della mente umana e trattengono i residui importanti," disse la McGranitt, con un'aria più contenta, ora che aveva la possibilità di insegnargli qualcosa. Harry soffocò l'impulso, che sospettava Hermione avrebbe trovato irresistibile, di cercare della pergamena e iniziare a prendere appunti. "Il Pensatoio lo fa coi pensieri, il Sognatoio lo fa con i sogni. Cosa le ha detto il professor Silente dei Pensatoi, esattamente?"

Harry cercò di ricordare.

"Che... diventa più facile riconoscere trame e collegamenti tra i pensieri in eccesso, usandone uno," disse lentamente.

Se registrare i suoi sogni sarebbe potuto essere utile nella guerra, doveva farlo.

Ma non era pronto nemmeno lui ad accettare l'idea. Non sapeva se sarebbe mai stato pronto a lasciare che fosse la professoressa McGranitt a fargliela accettare.

Non importava.

"Questo Sognatoio è calibrato specialmente per estrapolare i sogni chiusi nel suo subconscio, dimenticati dalla sua coscienza," proseguì precisamente la McGranitt. "E' anche progettato per estrapolare i sogni che provengono da una fonte esterna, piuttosto che i sogni originati dalla mente stessa."

Il sollievo fu così grande che Harry rimase a fissarla.

"Cosa?"

"E' una caratteristica inusuale," continuò la McGranitt, e Harry si accorse in quel momento che le rune sul bacile di pietra erano diverse e più complesse di quelle sul Pensatoio di Silente. "E' giunto dietro precisa richiesta dal Ministero, e con parecchi rotoli di istruzioni scritte dal giovane Percy Weasley. Penso che filtrerà solo i sogni inviati da Lei-Sa-Chi, cosa che ci farà risparmiare tempo, e sarà anche decisamente meno imbarazzante per lei."

Harry alzò di scatto la testa. La professoressa McGranitt si era colorata di un rosa leggero, ma sorrideva sardonica.

"Sono stata giovane anch'io, Potter," lo informò severamente.

Il primo impulso di Harry fu di negare tutto e chiederle se pensasse che avesse sogni erotici tutto il tempo (e non li aveva), ma poi visualizzò le parole che stava per dire, che avrebbero incluso ‘Draco Malfoy,' ‘solo di recente' e ‘fisicamente improbabile.'

"Uhm, dubito che lei sia stata un adolescente maschio, professoressa," disse invece, e lei sorrise un po' di più.

Harry si fece avanti, si toccò la fronte con la bacchetta e poi colpì anche il bacile.

Si era chiesto, dopo aver visto Silente che lo faceva, cosa si provasse. Pensava che si potessero vedere i pensieri... i sogni, in questo caso, riavvolgersi nella mente e poi comparire nel bacile come in un videoregistratore.

Invece era come doveva essere una ferita curata sotto anestesia. Un taglio dentro di lui che veniva osservato anziché sentito, quindi il flusso di... qualcosa, un tipo di sangue secondario, argentato e meno tangibile. Rimase lì e il tempo sembrò dilatarsi, viscoso come il materiale che si andava riversando nel Sognatoio.

Poi aprì gli occhi, che evidentemente aveva serrato.

Una luce soffusa si levava dal Sognatoio, un bagliore pallido sospeso sulla sua superficie argentata. La professoressa McGranitt sorrideva di approvazione sullo scintillio.

"Bene allora, Potter," disse. "Vediamo. Se sta funzionando correttamente, dovrebbe cominciare dai tuoi incubi più recenti."

Sollevò la bacchetta e la mise nel Sognatoio.

Harry guardò e vide il contenuto del bacile diventare trasparente. L'immagine di un lago apparve lentamente, seguita dall'immagine di un labirinto che vi si sovrappose.

Poi fu la volta del volto pallido di Draco, lievemente sfocato ma che si faceva sempre più nitido, fino a quando solo le punte dei suoi capelli restarono liquide, come se fosse sott'acqua. Si mosse in avanti, gli abiti di Snape scivolarono lungo una clavicola, e l'immagine di Harry nel Sognatoio si ritrovò con le spalle al muro.

Harry provò contemporaneamente l'impulso di gridare ‘Ma me l'aveva promesso!' alla professoressa McGranitt, e quello di nascondersi il viso tra le mani prima di morire di imbarazzo.

"Capisco," disse la professoressa. "Si è mai sentito minacciato da Draco Malfoy?"

"No..." Harry si bloccò e aggiunse con tutta la forza che gli riuscì, "Non per anni."

La McGranitt si limitò ad annuire, e continuò a scrutare il Sognatoio. Harry guardò il suo viso e vide la sua espressione alterarsi sottilmente una volta, ma pur tornando a guardare le immagini non capì cosa l'avesse impressionata.

Seguì un breve episodio di violenza che Harry neanche si ricordava, solo il viso di un estraneo e un urlo. Harry sentì la propria bocca farsi feroce.

E poi... il lago di notte. Quel sogno la notte dopo che Seamus era scomparso. Harry stava nuotando, vide le proprie spalle nude e pensò allarmato, Ma avevo qualcosa addosso?

La professoressa McGranitt era una delle ultime persone al mondo che voleva lo vedessero nudo, insieme a Mirtilla Malcontenta, ma per quello ormai era troppo tardi.

Barche, Ron, Hermione e poi ancora Draco, ma la professoressa non poteva pensare che volesse dire qualcosa, perché anche Hermione era in entrambi i sogni. Draco che nuotava. Oh mio Dio, ma Draco aveva qualcosa addosso?

"Va tutto bene, Potter?"

"Sto bene," disse Harry con un filo di voce.

Doveva cominciare a stare più attento al suo subconscio.

Alzando gli occhi dopo quel sogno, vide che la professoressa McGranitt si era fatta molto più pallida.

"Cosa ha..."

"Silenzio," disse severa la McGranitt, piegandosi in avanti.

Ci fu un fiume di violenti frammenti di sogni, della maggior parte dei quali Harry non ricordava nulla. Alcuni erano sopravvissuti, erano rimasti freddi accanto a lui nel suo letto a Privet Drive o nel dormitorio, sempre quando era solo, ma non aveva avuto idea che fossero così tanti.

Si domandò, con un brivido, che tipo di effetto avessero quelle oscure immagini sanguinose su una mente che ne era piena.

Non sapeva per quanto avrebbe potuto sopportarlo.

"Fino a che punto può andare indietro nel tempo?" chiese, con voce forzatamente ferma.

"Sin da quando lei e l'agente di Lei-Sa-Chi, Raptor, arrivaste a scuola il primo anno," rispose a bassa voce la professoressa.

Harry rabbrividì e continuò a guardare.

C'era quello del quarto anno, in cui un gufo lo aveva portato alla finestra di Voldemort e Voldemort aveva lanciato il Cruciatus su Codaliscia...

"Un gufo aquila," disse pensierosa la professoressa McGranitt. "So che ce n'è uno nella Guferia. Sa di chi è?"

"No," mentì immediatamente Harry, prima di fermarsi per un attimo, frustrato. "Cioè... è di Draco Malfoy, ma..."

La professoressa McGranitt gli fece un cenno silenzioso.

Non significa niente, si disse Harry in modo ribelle. E' ovvio che questi avvertimenti sono tutti mischiati con immagini di sogni a caso. Devo aver visto il gufo di Draco a colazione quel giorno, o qualcosa del genere.

Dato che erano al quarto anno, fu vagamente rassicurato dal fatto che i pensieri sensuali non si sarebbero fatti vivi per scioccare la professoressa.

Continuò a guardare con caparbietà, cercando di non gridare. Era strano vedere se stesso nel Sognatoio, sempre più giovane fino a quando non era che un ragazzino del primo anno, con delle ginocchia incredibilmente nodose, che litigava col Cappello Parlante.

Nel sogno c'era il turbante. Un avvertimento arrivato con sette anni di ritardo.

Harry alzò gli occhi quando l'ultimo sogno fu finito per scambiare un'occhiata mesta con la professoressa, ma lei era ancora più pallida e più... spaventata di prima.

"Professoressa, che cos'ha?" esclamò.

Lei parve riprendersi da una fantasticheria, le labbra tese.

"Niente, Potter. Penso di aver visto qualcosa... ma non ne sono sicura. Non è più un suo problema."

"Ma è la mia mente!" disse Harry.

La McGranitt parlò con voce affaticata.

"Sì, e la ringrazio per la sua assistenza, ma lei è ancora uno studente e non le metterò un altro fardello sulla schiena!"

Harry la guardò ammutolito, ma un minuto dopo la McGranitt si era già ricomposta.

"Potrebbe portare al professor Lupin un messaggio da parte mia?" chiese. "Vorrei vederlo il prima possibile."

Harry si voltò e infilò la porta, poi si fermò sulla soglia, colpito da un pensiero improvviso.

"Professoressa... sta calando il buio, e stanotte c'è la luna piena."

Lui e Sirius avevano memorizzato il calendario lunare. E...Silente era al Ministero, e non sarebbe tornato fino a tardi. Non c'era nessuno a cui rivolgersi.

"Vuole che vada a chiamare Siri... ehm, il professor Bl..."

"No," rispose la professoressa McGranitt. "No. Posso aspettare fino a domattina. Io... grazie, Potter, può andare."

Era ancora visibilmente scossa. Mentre Harry esitava sulla porta lei ritornò alla scrivania e vi si appoggiò, togliendosi il cappello, che scivolò e si appiattì sulla scrivania. Harry vide il grigio e i fermagli nei suoi capelli.

"Quando la signorina Granger stava consultando i libri," mormorò, ma si fermò. Alzò gli occhi e disse in tono secco, "Ho detto che può andare, Potter."

Harry esitò ancora un momento, e il viso della professoressa di addolcì.

"Se ha bisogno di una chiacchierata, Potter," disse, un po' rigida, "So bene che il suo padrino è disponibile... ma io sono il capo della sua casa, dopotutto."

Harry pensò che non c'era niente che potesse fare per riassicurarla, se non un rapido sorriso forzato.

"Sì, professoressa," disse, e uscì.

Camminò esausto nel corridoio, diretto verso l'entrata che dai sotterranei portava alla Sala Grande. Sentì di nuovo il suo stomaco attorcigliarsi per l'odio feroce, come se l'oscurità lo stesse artigliando da dentro. Voldemort ha causato tutto questo, ha causato questo dolore e me l'ha trasmesso...

Alzò lo sguardo: si trovava accanto alla parete che portava alle stanze dei Serpeverde. Persino il suo odio era esausto.

Lui non... non aveva alcun piano, e non voleva niente di nuovo, voleva solo... Voleva vedere Draco, riavere il dono della sua comprensione offerta con voce così confortevole, anche se non certo al fine di confortarlo. Era così stanco, e moriva dalla voglia di qualcosa che fosse giusto.

Alzò una mano e picchiò contro il muro.

Picchiò ancora una o due volte, anche quando divenne chiaro che nessuno avrebbe risposto. Quindi si accorse che accanto a lui c'erano due Serpeverde più piccoli che lo guardavano a bocca aperta.

"Beh?" scattò. "Perché non dite la parola d'ordine ed entrate?"

Restarono ostinatamente in silenzio. Harry lasciò cadere la mano.

"Bene," disse loro. "Ma ditegli che tornerò."

Se ne andò in fretta, e gli sembrò che nel mondo non ci fosse altro che quell'odio nero, che lo lasciava completamente solo.

*

Hermione non sapeva esattamente cosa fosse successo con Malfoy, ma vedeva bene come aveva ridotto Harry.

Vedeva come aveva ridotto Harry, non era difficile... la parte difficile era capire cosa fare. Perché gli voleva bene e gliene aveva sempre voluto, ma lui non le parlava più dei suoi problemi, e lei proprio non sapeva come fare a farsi avanti e reclamare quell'antica fiducia, per non parlare di come aiutarlo.

Ed era una caratteristica straziante dell'amicizia quella che, sebbene sapesse che avrebbe solo combinato guai... non poteva non tentare.

Harry era tornato dal colloquio con la professoressa McGranitt e si era rifiutato di parlare tutta la sera. Era seduto davanti al camino con le gambe strette al petto, la testa china su I magnifici sette. Il suo rapporto con quel libro era diventato quello di un tossicodipendente con la droga.

Hermione attese finché la stanza non si svuotò, poi si avvicinò e gli toccò un ginocchio.

"Harry."

Alzò gli occhi, verdi occhi ombrati. "Cosa vuoi dirmi, Hermione?" chiese lui in tono stranamente neutrale. "E' da quando sono tornato che mi guardi."

Stai soffrendo, e sono disperatamente preoccupata per te, ma non posso farci niente perché non capisco, e se cercassi di fare qualcosa ti farei solo stare peggio.

Abbassò lo sguardo sul suo grembo, e sperò di averlo preso in un momento in cui era così stanco da essere sincero, parlando con quella dolorosa franchezza che sperava potesse aiutarlo.

"Non sei... felice, Harry."

Rimase zitto per un minuto, poi disse, "No."

Quell'ammissione bastò a spezzarle il cuore.

"Harry..." disse, e inorridì nel sentire la propria voce stridula e sull'orlo delle lacrime. "Perché non me lo dici, ti giuro che capirò... perché non mi dici cosa... Ti sto chiedendo di non chiudermi fuori. Se solo mi dicessi... che cosa vuoi..."

Harry alzò gli occhi su di lei, nel suo sguardo l'affetto, il dolore e la distanza.

Lentamente, disse, "Lo rivoglio."

"Dai, Harry... pensa a tutti quegli anni in cui saresti stato contento di sbarazzarti di lui..."

La sua risatina spaventata e forzata fu interrotta dallo sguardo di Harry, come se fosse stato ferito e la ferita fosse ancora aperta e sanguinante.

"No," disse. "Tu non capisci."

Lo guardò senza parole. Lo so, pensò. Lo so, e non capisci che la cosa che mi ferisce di più è che in questo periodo orribile non posso nemmeno essere certa che le cose tra di noi vadano bene...

"Non eravamo amici quando lo trovai in..." Harry deglutì. "In fondo al lago."

"Ma è stato un..." la voce quasi le mancò, e udì l'ultima parola oltrepassare le proprie labbra come se ne avesse paura. "Errore?"

"No," disse di nuovo Harry.

Hermione lo fissò implorante, come se potesse fargli cambiare idea. Lui continuò a guardare le fiamme assorto.

"Non avevo mai avuto nessuno prima di venire a Hogwarts," le disse, e la sua voce era quasi immobile. "Poi sono arrivato qui, ho incontrato te e Ron, e... ed eravamo tu, io e Ron. Poi siete diventati tu e Ron, tanto che sembrava non esserci più posto per me. Ma ho incontrato anche lui a Hogwarts, e a volte quando litigavamo... non me n'ero accorto, era quasi una costante, non ci avevo mai pensato ma a volte... a volte si trattava solo di me e lui."

Strinse i denti.

Hermione si strinse una mano nell'altra fino a farsi quasi scricchiolare le ossa. Non ci aveva pensato, non aveva pensato alla vita di prima di Harry e a quanto la sola attenzione totale di qualcuno potesse significare per lui. Né a quanto potesse significare la totale attenzione per qualcuno da parte sua.

Il fuoco che aveva contribuito a trasformare la rivalità tra case in una guerra tra case il terzo anno, spirali di violenta tensione incentrate sulla loro intensa ostilità. Il modo in cui Harry, che non gongolava, aveva guardato il volto inorridito di Malfoy il primo anno, come se la vittoria su di lui fosse l'unica cosa da festeggiare, l'unica cosa da assaporare.

Il modo in cui, il quarto anno, gli altri studenti era corsi via non appena loro due avevano estratto le bacchette, scappando per la sala solo a causa dei loro sguardi, e Hermione sentì che avrebbe dovuto capirlo...

"Mi manca più di ogni altra cosa," disse Harry con quel tono belligerante che usano i ragazzi, fissando con un'ira sconvolta il loro dolore. "Lo rivoglio indietro. Ad ogni costo. Non sopporto di... essere di nuovo così solo."

Hermione si morse le labbra per non piangere. "Non sei solo," disse fieramente.

Harry la guardò di nuovo, un breve sguardo sfuggente. "Non intendevo quello," disse, ma non parve consolato.

Hermione piegò il capo per impedire che la vedesse lottare contro quelle lacrime imbarazzanti. Era stata così felice, così compiaciuta, aveva pensato che le cose sarebbero tornate alla normalità ora che Malfoy era di nuovo suo nemico. Ma le cose non erano tornate normali, adesso lo capiva, Malfoy non l'aveva mai ignorato prima, non aveva mai smesso di cercarlo in qualche modo, e forse le cose non erano mai state normali. Ora lo capiva e, peggio, ora Harry lo capiva, e la cosa lo stava distruggendo.

"Scusami, Harry," disse a bassa voce. "Devo andare."

Saltò su e corse alla porta, con movimenti stranamente impacciati, urtando contro un mobile. Non sapeva nemmeno dove stesse andando, finché non fu fuori dalla Sala Grande e non scese di corsa le scale che portavano ai sotterranei.

Non sapeva cosa avrebbe fatto finché non vide Malfoy in persona passeggiare per il corridoio con i suoi due scagnozzi alle spalle. In quel momento... ancora non sapeva che fare.

Ne fu ancora più dolorosamente certa, però.

Eccolo lì, odioso come sempre, proprio come se l'era sempre immaginato. Con quel ghigno, lo sguardo gelido e quei due gorilla alle spalle, ma forse non era lo stesso, perché adesso non c'era veleno nei suoi occhi, non c'era il riconoscimento di lei come bersaglio in quanto amica di Harry, ma un semplice disprezzo impersonale, come se fosse Neville e... poteva significare qualcosa?

"Granger," disse freddamente. "Ti sei persa?"

Lei esitò e cercò di analizzarlo. Non voleva capirlo, voleva odiarlo, ma non poteva... per il bene di Harry.

Ma era possibile che ad una persona che aveva deciso senza rimorsi di tagliare i ponti con Harry importasse ciò che lei aveva da dire? Se si era capaci di una tale ira fredda e spassionata...

Non era possibile che gli importasse di Harry. Non ci credeva. Lei non avrebbe mai ferito così una persona a cui avesse voluto bene.

Era inutile cercare di recuperare qualcosa per Harry.

"No," rispose, rivolgendogli una singola occhiata raggelante. "Cercavo una persona che non c'è."

Hermione girò i tacchi e si incamminò verso l'entrata della Sala Grande. Era già tardi, era stato stupido recarsi da quelle parti, non capiva cosa le fosse venuto in mente, e...

Sentì un rumore.

Veniva dal corridoio buio sulla sinistra. Probabilmente era qualche studente che combinava pasticci nell'ufficio di Snape, si disse, ed era suo dovere provvedere a sgridarlo, ma persino mentre alzava la bacchetta e diceva, "Lumos," udì il lieve tremolio della sua voce, e il battito del cuore nelle orecchie.

Non avrebbe dovuto andar lì da sola.

La luce tremò come la sua mano, così strinse più forte la bacchetta, desiderando con improvvisa passione le comodità quotidiane delle cose normali, una semplice lampada babbana e uno dei corridoi di cartongesso di casa sua. La luce illuminava solo una zona limitata del corridoio, enormi blocchi grigi con cavità e crepe che risaltavano quando la luce fioca spariva arrendendosi alle tenebre.

A un certo punto la luce sfiorò qualcos'altro, e per un secondo Hermione non capì cosa fosse, anche se il suo cuore aveva già messo le gambe in spalla.

Era il bagliore della luce su una pelliccia, e pensò, Proprio come quando fu aperta la Camera dei Segreti, è come tornare una dodicenne terrorizzata.

La bacchetta le cadde dalla mano e sbatté sul pavimento provocandole un gridolino che non riusciva a credere di aver fatto.

Tutto ad un tratto udì dei passi sulle scale, e fu strappata a quella vista da forti mani sulle sue braccia che la fecero voltare, la gola le faceva male e qualcuno la stava quasi sostenendo.

Occhi chiari seri e concentrati sotto capelli chiari. Malfoy, pensò, cercando di riacquistare il controllo sui suoi pensieri stravolti dal panico.

"Granger," disse, con urgenza. "Granger! Che è successo?"

"E'... è un gatto," riuscì a dire, rifiutandosi di farsi sostenere, rifiutandosi di cedere del tutto. "E'... devono aver Pietrificato Mrs Purr, è come la Camera dei Segreti..."

Fermati, si disse. Non si sarebbe fatta prendere dal panico.

Con una mano che ancora stringeva forte il braccio di Hermione, Draco sollevò la bacchetta e disse, "Lumos," con una voce un po' incerta, proprio come quella di lei prima che vedesse...

Tiger e Goyle erano dietro di lui, i loro volti due maschere di terrore. Goyle stava guardando e il suo viso si rilassò appena, si fece avanti e disse,

"Ha ragione. E' solo Mrs Purr..."

Hermione non si voltò, perché se l'avesse fatto... Già si immaginava la scena. Malfoy aveva la mandibola serrata, e quando lei si appese spudoratamente al suo braccio e lui la strinse a sua volta, il suo braccio era rigido.

Spinse le parole oltre il muro dell'orrore, parole che lei non sarebbe riuscita nemmeno a pensare, mentre il suono di altri passi giungeva rapido e furioso dietro di loro.

"Non è Mrs Purr," disse. "E non è stata Pietrificata."

*

Harry non avrebbe ricordato nulla con chiarezza, dopo. Avrebbe solo ricordato di aver camminato, irritato per il fatto che Ginny aveva insistito per accompagnarlo, e che a un certo punto aveva alzato il passo perché Hermione sarebbe potuta essere ovunque, e non voleva che lei gli chiedesse dove stesse andando... poi aveva udito qualcosa che somigliava a un grido e aveva iniziato a correre...

Ginny era rimasta indietro, i suoi passi rapidi, leggeri e irregolari, e il suo primo urlo era arrivato insieme al suono di un corpo pesante che cadeva.

Harry vide che era Goyle, che continuava a indietreggiare a gattoni. E provò una breve sensazione di straordinaria incredulità quando vide Draco che con un braccio quasi cingeva Hermione.

La consapevolezza di ciò che era successo arrivò a piccole dosi, colando come il gelido orrore che lo animava.

La mano di Tiger si era stretta sulla spalla di Draco, facendolo sembrare quasi un nano a confronto, e la mano che stringeva la bacchetta accesa di Draco era posata su Tiger in un gesto protettivo. Il suo viso era bianco e spaventato, ma tenne la voce ferma mentre disse,

"Non è Mrs Purr. E non è stata Pietrificata."

C'era un gatto morto per terra.

Forse furono solo il buio e la costante paura mischiata al ricordo della Camera a causare il mugolio di Goyle e il piagnucolio pungente di Ginny alle sue spalle, ma vide il viso bianco di Hermione. Vide lo sguardo immobile di Draco, che gli serviva a fingere di avere ancora delle forze da prestare agli altri

Lo sapevano.

Sentì la mano di Ginny cercare di riafferrarlo, ma si mosse in avanti sfuggendole. La luce di Draco era ferma dietro di lui, e dovette muoversi perché nessun altro voleva farlo. Pensò non ce la faccio ma ce la fece. Doveva farlo.

Dimenticò le paure che gli turbinavano in mente e si ricordò un incantesimo che gli avevano insegnato qualche mese prima, le stesse parole che Sirius e Lupin avevano usato molto più agevolmente nella Stamberga Strillante, anni prima...

Infine Harry tese la bacchetta come in segno di sfida, echeggiando contro le scure pareti vicine.

"In Veterem Revolvaris Figuram."

Ci fu un flash di luce azzurrina.

La professoressa McGranitt giaceva morta sul pavimento.

Harry non si scompose, guardò gli altri e sentì Tiger gemere con un sollievo quasi disperato. Goyle indietreggiò furtivamente.

Né Draco né Hermione emisero alcun suono, ma lei aveva nascosto il viso sulle spalle di Draco. Draco guardò Harry, il viso giovane, nudo e sconvolto, ma gli occhi ancora concentrati.

Harry riuscì a guardare di nuovo dopo un minuto. Le forcine nei capelli della McGranitt erano cadute, e brillavano alla luce che cadeva direttamente sui suoi occhi aperti.

L'urlo di Ginny risuonò acuto e puro come la paura, e andò avanti finché non furono arrivati tutti quanti.

 

 

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Capitolo 14
*** Ombre di noi ***


Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

Tradotta da Luciana

Beta: Vale

 

 

Sommario: Cantate la canzone dei Galeoni

La McGranitt è spirata

La causa va trovata

Si riflette sulle relazioni

C'è chi grida, chi si agita come un pazzo

PS. Gente, Draco Malfoy è proprio un bel ragazzo.



Capitolo Quattordici


Ombre di noi

 

 

People in the dark, they don’t know what to do

 

I had a little lantern, oh but it got blown out too

 

I’m reaching out my hand. I hope you are too.

 

I just want to be in the dark with you.

 

 

[Le persone al buio non sanno cosa fare / Avevo una piccola lanterna, ma anche quella si è spenta / Sto tendendo una mano. Spero lo stia facendo anche tu. Voglio solo stare al buio con te.]

 

Tre giorni dopo la morte della professoressa McGranitt, Silente convocò il Giovane Ordine.

 

“Non c’è più alcun dubbio,” disse. “C’è un nemico fra di noi, e non si fermerà davanti a un omicidio.”

 

Erano tutti accalcati attorto al tavolo, i Serpeverde leggermente isolati come al solito. Harry guardò tutte le facce pallide e sconvolte e provò quell’ormai familiare ondata di sconforto.

 

Non posso lasciare che continui. Non lo farò.

 

“Per usare le parole di uno dei nostri Auror…” Silente cercò di sorridere, ma il tentativo fallì. “E’ necessaria una vigilanza costante. Minerva era leale, forte e prudente, e nonostante questo è stata colta di sorpresa mentre tornava nei sotterranei.

Dobbiamo stare ancora più attenti, ed essere ancora più uniti per smascherare il nemico e annientarlo.”

 

La maggior parte dei presenti era grata anche solo di crogiolarsi nelle sue parole. Il viso di Hermione era teso per l’attenzione disperata. Hannah Abbott stava piangendo di nuovo, e Padma Patil stava guardando Draco con uno sguardo di accusa.

 

“Abbiamo ricevuto un duro colpo, non ve lo nascondo,” disse Silente. “Ma non dovete disperare. Sono assolutamente certo che possiamo catturare l’assassino. Mi fido pienamente di ognuno di voi. So che nessuno di voi incrocerà le braccia in un mondo in cui l’assassino di Minerva McGranitt è a piede libero.”

 

Tranne il suo assassino, che è uno di noi.

 

I Serpeverde erano pallidi e sconvolti come tutti gli altri, ma i loro volti erano impassibili mentre ascoltavano Silente. L’avevano notato tutti.

 

“Se qualcuno vede o sospetta qualsiasi cosa, la mia porta è sempre aperta,” continuò Silente, e si tese in avanti. “Qualsiasi cosa. Potete star certi che vi crederò.”

 

Ammiccò gentilmente verso Dennis Canon, che aveva un colorito cinereo ed era svenuto appena saputo della McGranitt. Poi uscì.

 

Quando Silente fu andato via, e nella stanza fu rimasto solo il Giovane Consiglio, Lupin suggerì delle nuove misure di sicurezza.

“La proposta del signor Malfoy di formare delle coppie per lavorare sui progetti era eccellente, ma chiaramente è stata compromessa,” disse. “Suggerisco nuove coppie e ancora più discrezione: nessuno all’infuori della coppia deve avere idea di ciò su cui si sta lavorando. Dato che sembra che la gente parli con i propri compagni di casa, propongo un’altra precauzione… tutte le coppie devono essere formate da membri di case diverse.”

 

“Io prendo Granger.”

 

Harry guardò Draco dall’altra parte del tavolo. Aveva parlato immediatamente, e con voce tagliente, senza guardarsi indietro.

“Signorina Granger,” disse calmo Lupin, “ha delle obiezioni a fare coppia col signor Malfoy?”

 

“No,” rispose Hermione a bassa voce. Harry restò sbalordito, e anche Draco parve stupito per il suo pronto consenso. Lupin annuì, come se fosse ormai tutto deciso.

 

“Altri volontari?”

 

“Io prendo Terry Boot,” disse Blaise Zabini, inclinando la testa all’indietro per rivolgere a Terry uno sguardo di apprezzamento.

Terry arrotolò la sua pergamena. “Preferirei Harry Potter, a dire il vero.”

 

Harry fu ancora più stupito. Conosceva appena Terry, e quel poco che sapeva di lui – ossessionato dai libri, sorride troppo a Draco – non gli andava particolarmente a genio.

 

Terry gli sorrise leggermente. “Se per te va bene, naturalmente.”

 

“Uhm, va bene.” Gli serviva una persona intelligente. Voleva fare la differenza, e se Draco e Hermione non erano più disponibili (oh, maledizione, Draco), Terry Boot avrebbe fatto al caso suo. Di certo non si sarebbe avvicinato a Blaise Zabini.

 

“Io, ehm,” Susan Bones arrossì. “Io prendo Blaise Zabini.”

 

Zabini le scoccò uno sguardo torvo. “Ti piacerebbe.”

 

Lupin annuì e li assegnò l’uno all’altra. Hannah parve un po’ intimidita quando fu messa in coppia con Padma, ma probabilmente si consolò col fatto che non era una Serpeverde.

 

Harry guardò tutte le coppie male assortite intorno a sé. Che cosa avrebbero pensato tutti quanti? Cosa avrebbero potuto escogitare per migliorare la situazione?

 

La professoressa McGranitt era morta, e Harry non aveva la benché minima idea di come vendicarla. Una specie di lavoro di gruppo con Terry Boot gli sembrava così inadeguato che avrebbe voluto urlare.

 

Quando molta gente era arrivata sulla scena, quella notte, e Ron aveva tirato via con decisione Hermione da Draco, Harry gli si era avvicinato. Voleva solo scambiare due parole con lui, per un po’ di conforto, un minimo di riconciliazione a cui potersi appigliare in quella tragedia. Qualcuno che capisse quell’ira che avrebbe spaventato gli altri, qualcuno che lo comprendesse.

 

La bocca di Draco si era tesa e aveva detto, “Ho da fare, Potter,” con voce provata.

 

Da allora non era riuscito a parlargli. Erano stati entrambi impegnati a parlare con gli altri, a consolarli e a cercare di organizzare orde di studenti in preda al panico. Ma lui si portava dietro un carico pesante e deleterio di infelicità e rabbia, perché il Capo della sua Casa era morto, ed era tutto così ingiusto e Draco ancora non voleva parlargli. Voleva sfogarsi con qualcuno, ma nemmeno quello sarebbe stato giusto.

 

Harry inspirò profondamente, rivolse a Hannah Abbott un sorrisino di incoraggiamento e sentì il proprio cuore battere all’impazzata, fin quasi a fargli male, quando si accorse che Draco lo stava guardando.

 

“Ci vediamo in biblioteca alle sei, Granger?” domandò.

 

Hermione annuì. Harry guardò altrove.

 

*

 

A Hermione non piaceva fare cose sulla cui saggezza nutriva seri dubbi. Si recò in biblioteca incerta sul da farsi, e lottando contro l’impulso di girare i tacchi e correre via.

 

Odiava davvero Malfoy per aver scelto il suo santuario come luogo d’incontro. Lei avrebbe dovuto sentirsi al sicuro in biblioteca! Era il suo posto, sempre pieno di studenti seri che non la disturbavano mai, e lei ci andava per rilassarsi.

 

Evidentemente lui lo sapeva. Bastardo!

 

Ma aveva accettato di prenderlo come partner. Avrebbe preferito di gran lunga Padma Patil, che era ugualmente intelligente e molto meno crudele, ma lui l’aveva scelta, e da parte di Malfoy quello era quasi un complimento. Poi si era ricordata di quando lo aveva stretto terrorizzata, e di quando lui aveva ricambiato quella stretta. Non avrebbe mai pensato che Malfoy potesse fare una cosa del genere.

 

Così aveva ceduto al sentimentalismo, e adesso avrebbe dovuto sorbirsi il bastardo biondo per il resto dell’ultimo anno.

Raddrizzò bene la testa e camminò fino al tavolo dove era seduto Malfoy, con la testa china su delle pergamene. Notò che stava usando una piuma d’aquila, evidentemente per pura ostentazione.

 

“Ah, Granger,” disse col suo sorrisino odioso. “Ce ne hai messo di tempo.”

 

“Avevo da fare alla torre,” rispose secca, e vide la sua espressione cambiare appena. Allontanò dalla mente ogni pensiero sulla professoressa McGranitt, ignorando l’orrore e la paura e concentrandosi sulle venature del legno del tavolo che aveva di fronte.

“Bene, dato che dobbiamo pensare al nostro progetto, ho pensato che sarebbe meglio iniziare ad analizzare gli eventi recenti per poi concentrarci sul da farsi,” disse Draco.

 

“Va bene.”

 

Hermione fu piacevolmente sorpresa da quell’approccio metodico. Le piaceva avere dei buoni organizzatori come partner nello studio. Per poco non sorrideva a Malfoy.

 

“Innanzitutto credo che il Giovane Consiglio, e possibilmente l’intero Giovane Ordine, dovrebbero analizzare questo Sognatoio di cui ha parlato Potter al Giovane Ordine, quello in cui la McGranitt aveva messo i sogni di Potter.”

 

Hermione ignorò la fitta di dolore seguita alla menzione del suo nome e respirò a fondo, indignata. Non davanti a Malfoy. Non perdere il controllo davanti a Malfoy.

 

“Assolutamente no! Quelli sono i sogni privati di Harry. Tutte quelle persone non hanno il diritto di vederli…”

 

La voce di Malfoy suonò glaciale. “La professoressa McGranitt potrebbe esser stata uccisa perché sapeva qualcosa. Quel qualcosa potrebbe trovarsi in quei sogni, per cui tutti devono vederli. Solo così avremo delle buone possibilità di capire. Non abbiamo tempo per badare ai sentimenti personali di nessuno, se vogliamo vincere questa guerra.”

 

“Che ne pensi del fatto che ognuno ha diritto alla privacy?” chiese Hermione, cercando di controllare la sua voce oltraggiata, e trovando la cosa molto difficile.

 

“Oh, dici?” disse Malfoy sarcastico. “Non sono stati i Babbani a inventarsi questi diritti? Vuoi che lasci qualcuno cavarsela dopo un omicidio e vari rapimenti per via dei tuoi scrupoli da stupida Mezzosangue?”

 

Hermione controllò di nuovo la voce. “Voglio che stai attento a come parli,” gli disse con freddezza. “Siamo partner.”

 

Malfoy sembrò annoiato. “Non ti scaldare, Granger. Can che abbaia…”

 

“Morde, Malfoy, se non stai attento.”

 

Hermione sobbalzò d’impulso, e prima che potesse fare niente, Malfoy si era alzato in piedi al suono di quella voce decisa che lo sfidava, e ora stava fissando gli occhi ardenti di Harry.

 

Per quale motivo erano così furiosi?

 

“Ne abbiamo già parlato, Malfoy,” disse Harry in fretta, rosso di rabbia. “Ti ho detto che è meschino e crudele, e tu eri d’accordo. Il fatto che ci siamo allontanati non vuol dire che hai il permesso di smettere di usare il cervello… di smettere di comportarti da persona civile.”

 

Hermione avrebbe voluto nascondere il viso per la disperazione, ma continuò a guardare. I loro corpi erano entrambi tesi come corde di violino.

 

“Non mi interessa comportarmi da persona civile, stronzo ipocrita,” sbottò Malfoy.

 

Lo scintillio negli occhi di Harry fu quasi di sollievo.

 

“E’ una cazzata! Ti comporti così perché vuoi rinnegare tutto ciò di cui abbiamo parlato, ed è una stupidaggine! Hai sempre fatto idiozie anche contro te stesso per il solo gusto di dar fastidio, ti comporti sempre da piccolo snob…”

 

“Non sai nulla di me!” urlò Malfoy. Si calmò nel giro di due respiri profondi e furiosi, col petto che gli sussultava, quindi parlò più tranquillamente. “Vogliamo parlare di te? Non lo sai che questi progetti sono segreti? Eppure stavi ascoltando… io direi che è proprio un comportamento da spia…

 

Madama Pince si stava già precipitando verso di loro parlando con severità, ma sia l’uno che l’altro non la ascoltavano.

 

“Come osi!” gridò Harry, sbattendo Draco contro una libreria.

 

Tutti gli studenti nella biblioteca li stavano fissando, e Hermione non poté far altro che mordersi le labbra quando Harry strinse in un pugno la camicia di Draco e si piegò su di lui, le loro spalle tese e preparate alla violenza, curvate l’una contro l’altra per tenere fuori il resto del mondo.

 

“Perché diavolo dovevi insinuare una cosa del genere?” esclamò Harry, trafiggendo con gli occhi il viso di Malfoy. “So che non lo credi, lo so, perché devi infierire…”

 

“Che diavolo stai facendo!”

 

“Sono costretto a infierire perché non vuoi stare a sentirmi!” ringhiò Harry, e continuò a ringhiargli in faccia, e Malfoy lo spinse più forte per potergli sorridere sarcastico in viso. “Perché non la smetti di essere così odioso, e…”

 

Malfoy reagì all’improvviso, spingendolo via con cattiveria.

 

“Perché non mi lasci in pace!” Fu quasi un urlo.

 

“Signor Potter, signor Malfoy, venti punti in meno per ciascuna casa!”

 

Finalmente i ragazzi si accorsero di Madama Pince, ma non le dettero molta attenzione. Apparentemente a Harry sarebbe alquanto piaciuto rompere le ossa a Malfoy. Madama Pince dovette afferrarli entrambi per i gomiti e trascinarli fuori dalla biblioteca. Mentre venivano portati via, il braccio di Malfoy toccò quello di Harry e Malfoy sobbalzò come se gli avesse dato una scossa elettrica.

 

Hermione ripose frettolosamente la pergamena e le piume nella sua borsa e corse dietro di loro, cogliendo la fine della paternale di Madama Pince mentre li spingeva fuori dalla biblioteca.

 

“Un simile comportamento! Mai visto prima…”

 

I due ovviamente non la stavano ascoltando, presi com’erano dal guardarsi con una furia concentrata e distillata, finché la porta non si fu chiusa dietro Madama Pince.

 

Hermione si appiattì contro la parete, fingendosi invisibile.

 

“Secondo te come mi sento,” disse Harry a bassa voce, “con te che dici quelle cose, con te…”

 

“Beh, secondo te come mi sento i…” Malfoy smise di gridare. Rimase immobile e teso per un momento, poi la sua bocca si curvò malignamente. “Lasciami in pace,” disse. “Ti chiedo solo questo. Io e Granger ci teniamo davvero a lavorare per la guerra.”

 

“Tu…” le mani di Harry si strinsero sui suoi fianchi. Il suo viso era pieno di fosca tristezza. “Io ci tengo.”

 

Malfoy lo lasciò lì, andandosene senza altre parole e camminando impettito per il corridoio. Hermione guardò disperatamente Harry, che indietreggiava da lei con un’espressione di fiera e privata infelicità, quindi, per ragioni del tutto misteriose, rincorse Malfoy.

 

Malfoy entrò in una classe e gettò una sedia contro il muro. Rimase immobile al centro della stanza, ancora col fiatone, e Hermione esitò sulla soglia e si chiese se per caso non fosse instabile mentalmente. Le sarebbe piaciuto decisamente tanto Schiantarlo.

 

Malfoy si girò verso di lei, non molto sorpreso che l’avesse seguito. Hermione notò che aveva la mandibola contratta, i denti stretti, e si preparò a qualsiasi cosa stesse per arrivare.

 

Malfoy si infilò le mani in tasca con forza ingiustificata.

 

“Le mie scuse, Granger,” disse tra i denti. “So di averti scelta io come partner, ed è mio dovere non lasciare che il mio carattere interferisca con ciò che dobbiamo fare.”

 

Hermione lo fissò.

 

“Sarai educato con me? Non so, Malfoy. Sei sicuro di esserne capace?”

 

Malfoy alzò le sopracciglia e quasi sogghignò. Era molto bizzarro. “Non arriverei a definirmi educato,” disse. “Pensavo più a ‘non intenzionalmente e apertamente offensivo’.”

 

“Ripeto, sei sicuro di esserne capace?”

 

“Potrei rivelarmi un partner molto tranquillo.”

 

Hermione si accorse che Malfoy stava cercando di convincerla che aveva il pieno controllo di sé, il che era un tantino ambizioso dato che l’aveva appena visto buttare in aria una sedia. Notò anche che si stava comportando in modo quasi civile, ed era da più di cinque minuti che non pensava a quanto fosse stronzo.

 

Bisognava fare qualcosa.

 

“Beh, sono contenta che Harry ti abbia convinto.”

 

“Potter non ha niente a che fare con questo,” tagliò corto Malfoy. “Diavolo, potrebbe anche smettere di seccarmi.”

 

Hermione strinse le dita attorno alla bacchetta. “Ti secca perché vuole attirare la tua attenzione,” lo informò. “Dovresti saperne qualcosa.”

 

Piccolo fastidioso snob. Non fingiamo che tu non l’abbia perseguitato per sei anni.

 

“Voglio solo essere lasciato in pace,” sbottò Malfoy. “E adesso non vorrei che ti saltassero le coronarie, Granger, ma in questo caso particolare non sei in possesso di tutti i fatti!”

 

Hermione prese un altro ampio respiro. Era vero: non sapeva esattamente cosa fosse successo. Malfoy, per quanto la cosa sembrasse inverosimile, poteva anche essere completamente innocente. Non si comportava come qualcuno i cui piani crudeli fossero riusciti alla perfezione.

 

“Hai ragione. Non… non sono affari miei.”

 

Malfoy la squadrò. “Non pensavo che avrei mai sentito queste parole da te, Granger.”

 

Hermione arrischiò un sorriso. “Beh, io non pensavo che avrei mai sentito ‘Le mie scuse’ da te, Malfoy.”

 

Era una conversazione quasi civile. Molto strano.

 

“Beh. Come ho già detto, devo fare in modo che lavoriamo insieme. Non posso essere completamente spregevole.” Malfoy era accigliato, come se essere costretto ad un comportamento educato fosse per lui un enorme peso.

 

“Potrebbe essere un bel cambiamento,” disse vivace Hermione. “E’ una tregua, allora?”

 

Malfoy alzò gli occhi su di lei, aperti e stupiti. “Solo fino alla fine dell’anno. Poi ucciderò te e tutti i tuoi amici col sangue misto.”

Hermione lo fissò. Malfoy sogghignò.

 

“Scusa, non ho resistito,” disse. “La tua espressione non ha prezzo.”

 

“Malfoy! Non è divertente!”

 

L’idiota, evidentemente, si stava scompisciando. Aveva ancora il sorriso sulle labbra quando lasciò la scena del sediacidio, ed era abbastanza di buon umore da offrirsi di portare la borsa di Hermione, quando attraversarono il corridoio.

 

“Grazie, ma sono perfettamente capace di portarla da sola,” disse secca Hermione.

 

“In effetti sembra che portare borse strapiene sia un tuo hobby, ma pensavo che fosse carino chiederlo. Il sottoscritto è sempre un gentiluomo.”

 

Hermione sbuffò. Malfoy parve offeso. Natalie McDonald, che passava di lì, rivolse loro un’occhiata esterrefatta, e poi guardò con apprezzamento Draco. Hermione avrebbe fatto una chiacchierata con quella ragazza.

 

Pensò che i jeans di Malfoy attraevano l’attenzione non perché lui fosse oggettivamente attraente, ma perché li indossava come se fosse una cosa audace e proibita.

 

Si accorse che aveva appena considerato seriamente la questione dei jeans dei Malfoy, e si sentì leggermente sporca.

“Senti, Granger.” Malfoy esitò, una cosa rara al punto da spingere Hermione a guardarlo interrogativa. Era un po’ imbronciato, come se stesse pensando. “Mi chiedevo, ti piacerebbe venire nella mia stanza tra un paio di notti? Io…”

 

“Cosa intendi esattamente?” chiese Hermione, inorridita.

 

Malfoy sorrise. Tutto il sangue corse verso la testa di Hermione, appena si accorse che diceva sul serio.

 

Bastardo!

 

“Non posso credere al coraggio che hai, Malfoy,” scattò, e per la seconda volta nella sua vita gli diede uno schiaffo in pieno viso.

 

Poi tornò di corsa alla Torre di Grifondoro.

 

*

 

Harry camminava lungo il lago, avanti e indietro, col vento che gli sferzava il viso e la tristezza stretta in un magone sotto le costole, ma anche uno strano senso di sollievo che aveva mitigato il furioso mal di testa che aveva avuto per giorni. Almeno era riuscito a rilassarsi per un po’, a sfogarsi senza preoccuparsi, e almeno Draco aveva reagito. Odiava quella situazione, ma si era sentito vivo, e se quello era tutto ciò che potevano avere, allora ne voleva ancora, e subito.

 

Non era salutare.

 

Non voleva. No. Voleva che le cose tornassero a posto.

 

Non voleva proprio tornare alla Torre di Grifondoro. Sentiva che la frustrazione l’avrebbe distrutto, se fosse rimasto lì un minuto di più. Da quando era morta la McGranitt, la Torre era stata imbavagliata da una cappa di silenzio. Continuava a vedere ragazzi che piangevano e a cercare di consolarli, continuava a vedere persone che lo guardavano sperando di ottenere da lui risposte o conforto, senza però offrirne a loro volta. Gli faceva venir voglia di spaccare qualcosa. No, gli faceva venir voglia di spaccare Voldemort, di annientarlo e fargliela pagare per tutto.

 

La notte prima era rimasto sveglio per ore a parlare con Neville. Quel giorno, nella sala comune, Ginny gli si era buttata addosso e si era messa a piangere, e lui le aveva dato delle pacche sulla spalla, con la gentilezza e la goffaggine con cui aveva parlato con Neville. Non era bravo in queste cose, l’unica cosa che gli riusciva bene era affrontare qualcosa che andava affrontato. Era in trappola, voleva agire, voleva gridare la sua ira a Draco e che Draco gli gridasse che era un idiota, così avrebbe potuto finalmente riposare, sedersi appoggiandosi a Draco e parlare, anziché sentirsi così responsabile.

 

Con un calcio violento tirò un sasso nel lago, e vide la piovra agitarsi per protesta sotto la superficie torbida dell’acqua.

 

Harry la guardò cupo. “Fanculo anche tu,” mormorò, prima di accorgersi che stava parlando con una piovra, e che forse era ormai avviato alla follia irreversibile.

 

Guardò l’edificio di pietra che si stagliava in lontananza, Hogwarts, quindi la luce fioca alla finestra della casa di Hagrid. Lasciò il lago e si diresse verso quella.

 

Erano secoli che non faceva visita a Hagrid. Sentì il proprio umore migliorare mentre si avvicinava alla porta. Hagrid non avrebbe avuto aspettative, Hagrid era stato il suo primo amico al mondo…

 

Hagrid aprì di pochi millimetri la porta, con un’espressione molto imbarazzata.

 

“Ah… ciao, Harry,” disse, piuttosto preoccupato.

 

Harry lo guardò di traverso. “Ehm… ciao? Posso entrare?”

 

“Beh, ma certo,” replicò Hagrid, aprendo la porta di un altro centimetro. “E’ solo che… beh, è proprio che è un momentaccio, lo sai no…”

 

L’orribile idea che avesse potuto interrompere Hagrid e Madame Maxime gli attraversò la mente, e cercò di allontanare quell’immagine.

 

“E’ solo che ci sta il giovane Malfoy,” terminò Hagrid impacciato.

 

“Oh,” disse Harry.

 

“Lo so che vi siete litigati di nuovo, così ho pensato che magari non lo volevi vedere…”

 

Di nuovo, perché ovviamente l’unica cosa che Harry e Draco facevano era litigare, e nessuno si aspettava che la loro amicizia durasse, fine della storia. Il viso di Hagrid era ancora preoccupato e benevolo, e Harry scacciò l’ennesima ondata di desolazione.

 

“No,” disse sforzandosi. “Cioè… voglio vederlo, non c’è problema…”

 

“Ah bene,” Hagrid sorrise raggiante. “Va bene, allora, no?”

 

Spalancò la porta e Harry lo seguì nel soggiorno, dove il fuoco scoppiettava luminoso. Madame Maxime stava leggendo un libro con dei cavalli zannuti in copertina, la bimba era seduta sul tappeto agitando quello che pareva un sonaglio zannuto, e la finestra era spalancata, con la tendina che ondeggiava al vento.

 

Draco se n’era andato.

 

“Oh, sei Errì,” disse Madame Maxime con un sorriso appena accennato. “Mi chiedevo cosa avesse spinto il sciovane Draco ad uscire così rapidement. Di solito è tanto educato, per essere un ragaso Anglais.”

 

“E’ venuto qui molte volte,” disse Hagrid. “Ci piace giocare con la bambina e fare quattro chiacchiere con Olympe. Mi sa che ultimamente si sente un po’ oppresso, se devo essere sincero.”

 

Lui e il resto del mondo, pensò Harry. Trovò commovente e amaramente ironica la preoccupazione nella voce di Hagrid, e Dio, Draco era infelice e lui non poteva neanche parlargli.

 

“Oh,” ripeté, impotente.

 

Hagrid lo guardò con due occhi nero-scarafaggio molto impensieriti.

 

“Ci ho parlato qualche volta, da quando lo hai portato qui. Non è malaccio come persona, a suo modo,” disse. “Secondo me siamo stati troppo duri con lui. Questo non è mica il momento di discutere, Harry. Non potresti fare pace con lui?”

 

Harry fissò il tappeto e ne odiò ogni fibra. Fino a quel momento gli erano sempre stati simpatici i tappeti.

 

“Vorrei tanto,” ammise alla fine, la voce tetra alle sue stesse orecchie. “Non mi vuole parlare.”

 

*

 

Ginny si cinse le ginocchia, appoggiando il viso alla finestra. Aveva guardato Harry camminare lungo il lago fino a quando era calato il buio, e ora non riusciva più a distinguere se fosse ancora lì. Si chiedeva cosa avesse in mente.

 

Avrebbe voluto che tornasse. Pensava che avrebbe dormito meglio, se lui fosse tornato alla torre. Continuava ad avere incubi su quella notte, l’oscurità, il terrore, Hermione che era quasi crollata, Harry per una volta quasi indifeso e la professoressa McGranitt… Continuava a svegliarsi gridando. Ormai succedeva abbastanza spesso che qualcuno si svegliasse gridando nei dormitori, così nessuno lo notava tanto, ma Ginny sì. Voleva stare meglio. Voleva sentirsi al sicuro.

 

Si era sentita al sicuro prima, quando era crollata e Harry l’aveva sostenuta. Lui non era spaventato come tutti gli altri.

“Ginny, è buio pesto là fuori. Rinuncia.”

 

Ginny spostò lo sguardo su Dean, in piedi davanti alla sua finestra con un viso preoccupato. Si strinse più forte le gambe.

“Non so di cosa parli.”

 

“Non riuscirai a vedere Harry,” disse Dean gentilmente, sedendosi accanto a lei.

 

“Stavo solo…” Ginny si fermò e guardò Dean in cerca di un po’ di muto conforto. Glielo aveva sempre offerto, ma ora sembrava distante, addolorato e affatto affidabile.

 

“Lo so,” le disse. “Lo capisco. E’ solo che… Ginny, sono mesi che cerco di capire. Sono così stanco.”

 

Parlò con calma, con un tono affaticato e per nulla esigente, e Ginny non capì come mai la gola le si strinse. Lo fissò, e cercò di parlare nonostante l’improvviso magone.

 

“Non capisco cosa vuoi dire.”

 

La sua voce suonò fredda, e bassa. Rabbrividì.

 

“Stavi bene prima che cominciassero a succedere queste cose. Stavi… più che bene. Eri bellissima, e così viva, e… stavamo insieme, e andava tutto bene.”

 

Dean fissò il pavimento mentre parlava. Ginny alzò gli occhi su di lui, colpita.

 

“Oh, Dean… ma ti ho spiegato, è Harry, deve essere Harry…”

 

“Oh, maledizione!” disse Dean, così forte che Ginny sobbalzò. “Non deve essere Harry! Non era Harry prima che cominciassero a rapire gente a Hogwarts! Eravamo tu ed io, e so che hai paura e vuoi essere salvata, ma come credi che mi senta a guardarti così? Come pensi che stia senza… Ginny, ho aspettato tanto, e ho paura anch’io!”

 

Ginny deglutì. Lui aveva paura e Ginny aveva paura, e avrebbe potuto sopportare qualsiasi cosa e voleva combattere per la giusta causa, ma quello… quel lento diminuire del loro numero, quella paura costante, quella violazione del loro unico porto sicuro… Si sentiva smarrita e indifesa, proprio come quando era una bambina la cui mente era stata invasa. Non poteva lottare contro qualcosa che non conosceva, ma Harry sarebbe piovuto dal cielo e avrebbe sconfitto il nemico che Ginny non aveva neanche riconosciuto. Harry era l’eroe, Harry non aveva paura, Harry l’avrebbe salvata, ed era Harry che amava.

“Mi dispiace,” disse con voce tremante, “ma questo non cambia niente.”

 

La professoressa McGranitt era stata uccisa.

 

L’espressione di Dean le fece venir voglia di piangere. “Eri così sveglia e coraggiosa,” disse, con voce bassa e vuota. “Ho sempre voluto disegnarti. Mi facevi ridere e ci sostenevamo a vicenda…”

 

“Io non posso sostenere nessuno!” la voce di Ginny fu quasi un urlo.

 

Le ombre si stavano chiudendo su di lei. Svegliarsi in un corridoio buio con del sangue sulle mani e delle scritte sui muri, e ora un altro corridoio con un gatto che era…

 

“Scusami,” le disse Dean, e riacquistò la sua solita calma con uno sforzo. “Non volevo… E’ solo che è tutto così…” Si fermò. “Ti amo,” disse. “Lo sai.”

 

Si alzò.

 

“Non ti darò più fastidio.”

 

Ginny lo guardò andarsene con una tristezza indescrivibile. Alcune persone la stavano guardando incuriosite, ma la maggior parte era riunita davanti al camino a parlare con sussurri impauriti, e nessuno andò da lei. Calì Patil stava camminando per la stanza, con un’aria incerta.

 

Ginny cercò di piangere senza farsi notare. Si sentiva come se stesse affogando, tutti stavano affogando, e desiderò più che mai che Harry arrivasse e salvasse tutti.

 

*

 

Harry non rimase molto tempo da Hagrid. Madame Maxime non la smetteva di parlare della professoressa McGranitt, e la visita si era rivelata un fallimento completo.

 

Tuttavia era ancora così a pezzi e in cerca di conforto e terrorizzato che avrebbe preso a morsi qualcuno se fosse tornato alla torre, così andò nella stanza di Sirius. Lupin aveva spiegato loro con pazienza che una visita di Harry sarebbe stata una violazione dei rapporti studenti-professori, e così Sirius gli aveva sempre raccomandato di farlo discretamente.

 

Forse erano meno vicini di quanto Harry avesse sperato, ma sapeva di poter contare su di lui.

 

Alzò gli occhi quando Harry entrò, la sua bocca abbandonò le linee della cinica sopportazione e si rilassò in un caldo sorriso.

“Harry,” disse. “Speravo che passassi di qui. Come stai?”

 

Harry lo guardò per un minuto, perso nell’infelicità più orrenda, e Sirius si alzò di scatto dalla scrivania.

 

“Domanda stupida,” tagliò corto. “Dai, vieni a sederti accanto al fuoco, ti faccio una tazza di tè.” Si fermò. “Vuoi che ci metta dentro qualcosa di forte?”

 

Harry alzò gli occhi, stupito, dalla sedia dove Sirius l’aveva depositato quasi con la forza. Poi sogghignò appena. “Ok.”

“Perfetto,” gli disse Sirius, e ricambiò col suo sorriso scaltro, dirigendosi verso una credenza sulla parete. “Non dirlo a Remus,” aggiunse serio. “Si imbestialirebbe. E poi mi taglierebbe la testa .”

 

“Però sarebbe bello vedere un lupo mannaro andare in bestia,” rispose Harry.

 

 Sirius rise. Erano giorni che Harry non sentiva qualcuno ridere.

 

Tornò con una bottiglia di Firewhiskey Ogden, un bicchiere, una tazza e un bricco. Mise il bricco sul fuoco. Sirius era ancora un po’ goffo con le faccende domestiche, si muoveva come se fare le cose più normali fosse strano, ma Harry era contento che ci stesse provando. Tornò a sedersi con un sospiro, quindi guardò Harry con occhi neri e attenti.

 

“Non so se questo può aiutarti,” disse all’improvviso, “ma Silente mi ha appena detto che sarò il nuovo Capocasa di Grifondoro.”

“Tu!” Harry lo fissò. “E Lupin?

 

Sirius roteò gli occhi. “Ha rifiutato. Continuava a dire che deve restare in una posizione neutrale per via del Giovane Ordine. Se vuoi sapere come la penso, tutto questo è ridicolo. Hai quasi finito la scuola. Tu, Ron e Hermione dovreste poter entrare nel vero Ordine.” Fece una smorfia fintamente seccata. “E comunque, cos’ho io che non va?”

 

“Niente,” disse subito Harry. “Ero solo sorpreso. Io… non voglio pensare a qualcuno che sostituisce…”

 

Non voglio pronunciare il suo nome. Abbassò gli occhi sul pavimento di pietra e li rialzò quando Sirius gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. Lo aveva fatto in segno di comprensione, ma Harry pensò che sembrava deluso. Avrebbe voluto che Harry fosse eccitato quanto lui.

 

“Scusa,” gli disse. “E’ grandioso. Davvero.”

 

Sirius si illuminò, e per un attimo le rughe lasciate da Azkaban si ammorbidirono. Seduto davanti al caminetto, Harry vide Sirius come doveva esser stato quando era giovane e felice, prima che Voldemort distruggesse tutto quanto.

 

“Almeno adesso la scomparsa di Snape ha un lato positivo,” osservò. “Non dovrò più discutere il protocollo delle case con quel viscido idiota.”

 

L’acqua nella teiera bollì, e Sirius si preparò a riempire la tazza da tè di Harry. Harry lo guardò mentre lo faceva.

 

Sirius,” disse tranquillo. “I Serpeverde hanno bisogno di Snape. Deve tornare.”

 

Sirius prese a versare il Firewhiskey. “Sì, beh, spero che ritorni. Sto solo sottolineando il lato positivo, come ho detto. Quell’uomo è insopportabile.”

 

Per quanto Harry ricordasse, Sirius non aveva mai fatto un grande sforzo in quella direzione… ma probabilmente non avrebbe funzionato lo stesso. Snape era davvero impossibile, ricordò. Solo perché Draco…

 

“Sembri proprio a terra, Harry,” disse Sirius, porgendogli la tazza. “Cioè… so che è normale, e non c’è molto che possa fare. Ma c’è per caso qualcos’altro che non va con cui potrei darti una mano? Roba di ragazze?” Rivolse a Harry un altro sorrisetto speranzoso. “Posso darti un sacco di consigli su quello.”

 

“Ehm, no.” Harry bevve in fretta un sorso di tè. Gli bruciò la gola. “Niente ragazze. Assolutamente no.”

 

Sirius parve di nuovo deluso. “Non capisco per quale motivo non sei circondato di ragazze,” disse, in un disastroso tentativo di rallegrarlo. “Quando io e James eravamo giovani…” Si fermò per versarsi un generoso bicchiere di Firewhiskey, e sembrò visualizzare l’ira di Lupin. “Eravamo piuttosto popolari,” concluse con prudenza, poi sorrise con aria sveglia e leggermente maliziosa. “E tu non hai alcun rivale del mio calibro, no? Insomma, non dovresti essere il rubacuori della scuola?”

 

“Non sono il rubacuori della scuola,” mormorò Harry, conscio di essere diventato rosso. Ti prego, ti prego, Sirius, smettila di parlare di donne.

 

Sirius sembrò offeso, come se qualcuno avesse cercato vigliaccamente di soffiare il titolo al suo figlioccio. “Allora chi lo è?”

“Non lo so…” Harry desiderò che il pavimento avesse fame e si convincesse ad ingoiarlo. “Draco Malfoy,” bisbiglio. “Ehm. Forse.”

 

A Sirius andò di traverso il liquore.

 

Draco Malfoy?” esclamò, tossendo. “Quel ragazzetto scialbo e puntuto? Il servetto di Snape?”

 

Harry bevve ancora un po’, e disse con impeto ribelle, rivolto al suo tè, “Non è così puntuto.”

 

“Quel piccolo scemo anemico che non la smette mai di dar fiato alla bocca e passa metà delle uscite a Hogsmeade dentro Guardaroba Magico? Quello sarebbe attraente, per le ragazze?”

Dovresti chiederlo a loro. Ma secondo me sì. Harry decise che forse c’era troppo alcool nel suo tè, e preferì un “Già.” Dopotutto, ragazze come Calì giravano sempre intorno a Draco.

 

“Alle ragazze non piacciono i ragazzi che pensano troppo ai capelli,” gli disse Sirius, ancora sconvolto. “Me lo disse proprio tua madre.”

 

Harry prese quella frase e la archiviò nella sua memoria. Era da quando Sirius e Lupin erano arrivati il sesto anno che Harry collezionava pezzetti di ricordi sui suoi genitori, anche se, quando Lupin gli aveva confessato che a volte suo padre era stato crudele, si era depresso ancora di più. Se non aveva neanche un modello di padre a cui aspirare…

 

“Ehi. Harry,” disse Sirius, aggrottando la fronte. “Sembri… turbato. Ascolta, non intendevo…” Si fermò. “Ultimamente sei piuttosto vicino a quel Malfoy, vero?”

 

Un po’ più vicino di quanto volesse, a dire il vero. Harry tossì. Troppo alcool nel suo tè. Troppo alcool.

 

“Abbiamo litigato,” disse invece.

 

“Sì, lo so. Beh… è meglio così, Harry,” Sirius fece una pausa. “Conoscevo molto bene Lucius. Io… lo vedevo spesso alle riunioni di famiglia dopo che si era fidanzato, a dire la verità. Certo, ero molto giovane allora, e lui non era molto più grande di me, ma quell’uomo era disgustoso.” Fece roteare il bicchiere con aria da intenditore. “Non mi è mai piaciuta la gente che striscia intorno ai più forti in cerca di potere,” borbottò, e Harry vide il bruciore del tradimento nel suo sguardo. “Non sopporto la gente così.”

 

Stava ripensando a Codaliscia, e Harry pensò, Lo lasciai andare quando avrei dovuto ucciderlo con le mie mani.

 

Non avrebbe fatto lo stesso errore due volte.

 

“Lo so,” replicò. “Draco non è così.”

 

Uno dei sopraccigli scuri di Sirius si curvò all’insù. “Ah no? Qual era esattamente il motivo per cui il piccolo Serpeverde ti era amico?”

 

“Non so. Diceva che si trattava di curiosità morbosa.” Quasi sorrise al ricordo, e vide lo sguardo allibito di Sirius. Sperò che il suo sorriso non fosse sembrato tenero. “In realtà, secondo me gli piacevo.”

 

“Dannati Serpeverde,” disse Sirius aggressivo. “Essere smistato a Grifondoro mi ha salvato, Harry, lo sai? Altrimenti sarei finito… Non ti serve un amico così, Harry. Stai meglio senza di lui.”

 

Harry si concentrò su un punto sopra il viso cupo di Sirius, cercando di non lasciar trasparire alcuna emozione. Allora come mai mi manca così tanto?

 

“Senti,” disse Sirius cambiando improvvisamente argomento come suo solito, “ti piacerebbe venire al funerale di Minerva con me e Remus? Ho il programma qui, potrei far venire te, Ron e…”

 

La menzione del funerale stridette nelle sue orecchie. Strinse la tazza nella mano, grato che bruciasse.

 

Avrebbe voluto romperla. Invece la mise giù.

 

“Potremmo parlarne un’altra volta? Si sta facendo tardi.”

 

Sirius sembrò confuso, ma poi si ricompose e si sforzò tremendamente di essere gentile. “Come vuoi, Harry. Ora che sono il tuo Capocasa possiamo vederci più spesso, e se mai avessi bisogno di parlare…”

 

“Sì, certo.”

                                                                                                                                                                                                     

Harry doveva uscire di lì. Il programma del funerale della McGranitt era sulla scrivania, e avrebbe voluto mandare in pezzi qualcosa. Si alzò dalla sedia e raggiunse la porta quasi senza pensarci.

 

“Harry, dico davvero.”

 

Il dolore sincero nella voce di Sirius lo fece voltare. Il suo padrino si era alzato in piedi e lo stava guardando, lottando per trovare le parole che potessero far breccia dentro Harry. Sirius era stato così impegnato, e non aveva mai saputo bene come comportarsi con Harry, e Harry era così arrabbiato e infelice e confuso, e nessuno di loro era mai stato capace di reggere i confronto con ciò che volevano sul serio.

 

“Sono… un padrino orribile e senza speranze,” ammise Sirius, curvando la bocca. “Ma… ti voglio bene. Questo è un dato di fatto.”

 

Alla fine, nonostante i fraintendimenti e la distanza, Sirius ci sarebbe sempre stato per lui. Era per quello che Harry era andato da lui, quella notte. Inoltre… quelle parole Harry non le sentiva tanto spesso.

 

Sorrise un po’ goffamente. “Ehm, anch’io ti voglio bene,” disse, troppo velocemente. “Io, ehm, ci sentiamo presto.”

 

Il sorriso di Sirius, quel sorriso fiero e luminoso che l’aveva fatto sembrare di nuovo giovane, si spense, e quando Harry chiuse la porta, nonostante tutto, si sentiva leggermente meglio.

 

*

 

“Passami il caffé,” ordinò Draco, pallido e convulso.

 

Pansy gli si avvicinò amorevolmente e gliene versò una tazza. Draco le afferrò il gomito.

 

“Certo, getta una briciola all’affamato, ottima idea,” sogghignò. “Lascia la caraffa lì. Accanto a me.”

 

“Dai proprio il meglio di te la mattina, Draco.” Draco gettò la testa all’indietro con drammatica disperazione e Pansy si addolcì, accarezzandogli la schiena con un gesto decisamente intimo. “Non preoccuparti. Sarai fantastico. Altrimenti aggiusteremo i tuoi voti.”

 

“Non insultarmi,” sbottò Draco, prendendo il suo caffé. “Posso farcela, e posso farcela alla grande.”

 

Sembrava determinato, e appena un po’ pallido.

 

A quel punto, quello che sarebbe dovuto essere un discreto colpo di tosse, ma che suonò piuttosto come un terremoto in miniatura, risuonò alle spalle di Harry. Harry sobbalzò colpevolmente, e si girò per guardare Goyle negli occhi.

 

“Smamma,” disse Goyle.

 

“Sto solo fermo qui,” obiettò Harry. Stava solo fermo lì ad origliare sfacciatamente, ma comunque.

 

Goyle parve ostinato e impassibile. “Smamma.”

 

Fu allora che Draco e Pansy alzarono gli occhi, e un attimo dopo Draco li spostò di nuovo. I suoi occhi erano quasi velati. Sembrava stanco.

 

“C’è qualcosa in programma oggi?” chiese.

 

“Non credo,” rispose Ron. “Perché non mangi qualcosa, Harry? Hermione, anche tu dovresti.”

 

Hermione sembrava stanca. Lasciò cadere il pezzo di toast con cui stava giocando e smise di fingere. Si appoggiò a Ron per un minuto e lui la abbracciò.

 

Harry spostò lo sguardo, ma non verso il tavolo dei Serpeverde. Verso le uova.

 

“Malfoy mostrerà il suo progetto di Magia Creativa,” disse con calma Dean.

 

La testa di Harry scattò in su. Dean gli sorrise dall’altra parte del tavolo, anche se il sorriso gli riuscì teso. Anche lui aveva un’aria stanca… Dio, erano tutti stanchi e tristi.

 

“Il mio l’ho consegnato la settimana scorsa,” continuò Dean speranzoso. “Il progetto pratico è piuttosto importante. Conta per…”

“Lo so, Draco me l’ha detto.” Pensò che non aveva importanza se Draco non lo sentiva. Tutti avevano il diritto di chiamare gli altri come volevano.

 

Draco aveva parlato del progetto un sacco di volte, spargendo fogli accartocciati per la sua stanza e occasionalmente su Harry.

 

Harry aveva odiato quel progetto per il tempo che sottraeva a Draco, ma adesso l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che Draco ne aveva parlato, e che allora si parlavano. Se n’era lamentato in barca, prima che tutto cadesse a pezzi, e un’altra volta Harry aveva detto che gli sarebbe piaciuto vederlo.

 

Draco l’aveva guardato, sorpreso, e dopo un attimo si era lisciato le piume come un pavone. Harry sorrise ricordandoselo, e poi si morse le labbra.

 

“Magari potrei convincermi a farti una dimostrazione privata,” aveva detto Draco. “Se prometti di restare colpito.”

 

“Non posso prometterti nulla,” aveva sogghignato Harry, e Draco gli aveva tirato l’ennesima pallottola di carta e gli aveva ordinato di andarsene dalla sua stanza. Harry non l’aveva fatto.

 

E adesso Draco non gli parlava, e Harry non poteva accedere alle stanze della sua casa, e soprattutto si sarebbe ucciso piuttosto che perdersi il progetto di Magia Creativa.

 

Dean,” disse vivace, “dov’è l’aula di Magia Creativa?”

 

Dean lo fissò. “Al secondo piano,” rispose cautamente. “A sinistra del ritratto di Lady Violet.”

 

“Buono a sapersi,” gli disse Harry. “Davvero.”

 

Si alzò e Ron si girò sulla sedia, le braccia ancora intorno a Hermione. “Che fai, Harry?”

 

“Salto la lezione,” lo informò Harry. “Dite alla professoressa Cooman che mi è successo qualcosa di terribile, ne sarà estasiata.”

 

Harry,” cominciò Hermione con una voce scandalizzata, ma Harry era già fuori dalla Sala Grande.

 

Era bello fare finalmente qualcosa, anche se solo una stupidaggine come quella. Si sentiva di nuovo energico e vivo. Salì le scale due gradini alla volta, e addirittura sorrise alla Signora Grassa quando le disse la password, Armadilli di Cioccolata (Harry non era mai riuscito a mangiarne uno intero, ma alcune ragazze li adoravano).

 

Andò nel dormitorio e tirò fuori il Mantello di suo padre.

 

Era strano essere invisibile in pieno giorno. Di solito lo usava dopo il coprifuoco in quel periodo, ma era piuttosto eccitante scendere e camminare tra i gruppi di persone senza essere visto. Ginny gli passò accanto e non lo guardò. Blaise Zabini gli camminò davanti e non gli fece alcun gesto osceno.

 

Era quanto di più vicino ci fosse alla libertà per Harry, dati i tempi.

 

Oltrepassò il ritratto di Lady Violet ed entrò nell’aula prima di chiunque altro. Quindi si sedette sul davanzale interno della finestra e si preparò a starsene zitto.

 

Quando cominciarono ad entrare degli studenti, fu tremendamente sollevato dal fatto che Dean si sedette accanto alla finestra. Poco dopo notò che Dean era l’unico Grifondoro nella stanza, e c’erano pochi Tassorosso, fra l’altro. I Serpeverde e i Corvonero dominavano la scena. Non c’era da meravigliarsi se prima di parlare con Draco non sapeva quasi niente di Magia Creativa, pensò Harry mentre guardava Mandy McTass e Lisa Turpin ridacchiare insieme su una specie di diario.

 

Quando entrò, non sembrava molto contento. La sua espressione lasciava intendere che se la sarebbe svignata volentieri.

 

“Signor Malfoy, può procedere,” disse l’insegnante, che per lo stupore di Harry era il professor Vector. In effetti ricordava che Hermione lo aveva informato della sua mania di dire cose tipo ‘la matematica è la musica dell’universo.

 

Draco si posizionò davanti alla classe. Era ancora troppo pallido, e deglutiva nervosamente. Harry osservò i movimenti della sua gola.

 

Coraggio, Draco. Sarai magnifico.

 

Fu il suo innato talento da showman che lo salvò. Guardò le facce attente attorno a sé e sembrò accorgersi di avere un pubblico. Così si esibì nel suo sorriso collaudato e brillante e fece un gesto verso la porta.

 

Tiger e Goyle entrarono spingendo quello che, per un orrido istante, Harry pensò fosse il Sognatoio della McGranitt. Si accorse subito, per via dei simboli diversi, che era un comune Pensatoio.

“Signor Malfoy?”

 

Draco, almeno esternamente, era calmo. “Ci è stato richiesto di scegliere una branca della Magia Creativa per il nostro progetto,” disse. “L’unico problema era che… non riuscivo a decidermi. Così ho distillato i miei ricordi artistici preferiti e li ho mescolati. Mi ci è voluto… un bel po’ di tempo.”

 

Si udì un mormorio intrigato nella classe. Draco, che sapeva sempre qual era il momento giusto per cominciare a dare spettacolo, agitò trionfalmente la bacchetta e toccò il bacile di pietra.

 

Il liquido argenteo si attorcigliò intorno a quello, e una luce più intensa cominciò a comparire nel Pensatoio.

 

“Vorrei che tutti venissero a toccarlo,” disse Draco, che adesso cominciava a divertirsi. Rivolse a Lisa Turpin un sorriso smagliante. “Voglio che ciascuno sperimenti appieno ciò che c’è nella mia mente.”

 

Appena il professor Vector annuì, i ragazzi si alzarono in massa per andare a toccare i pensieri liquidi e scintillanti. Dean fu l’ultimo a muoversi e Harry si fermò, cercò di capire se fosse saggio seguirli, smise di fingere di poter riuscire a non farlo, e mise la mano nel Pensatoio.

 

Il vortice che lo risucchiò era più accecante di quello del Pensatoio di Silente. Finì su una panca accanto a Dean, il cui volto impassibile non dava a vedere che avesse notato presenze invisibili vicino a sé, poi si accorse che la panca era sospesa a mezz’aria, e che l’aria era…

 

L’aria era multicolore. L’aria era viva.

 

Harry ripensò a quando si era seduto vicino a Draco mentre lui sfogliava alcuni dei suoi libri di arte, e ricordò alcune delle immagini che l’avevano colpito. L’aria era piena di ritagli di dipinti e striature verdi, cerulee e di un intenso color oro. E poi Draco, in piedi davanti alla classe, sollevò la bacchetta e mormorò altre parole, e l’aria prese a muoversi.

 

La melodia sembrò giungere dal nulla, o da ogni direzione. Canzoni indistinte d’amore o tristezza, piene di passione, indussero i ragazzi a guardarsi intorno, quindi comparvero suoni di strumenti, melodie che Harry non credeva potessero esistere nel mondo babbano, e che improvvisamente gli ricordarono la musica delle fate. Il mondo intorno a loro turbinava in un’ondata di bellezza, e le parole cominciarono a fluire mentre Draco faceva un altro gesto.

 

“ …Volando al centro del sole sfidiamo la sorte, portiamo un’insegna, la conquista o la morte…”

 

“… Non potevo risvegliare il cuore alla gioia sulle stesse tonalità, e tutto ciò che amai, lo amai da solo…”

 

“… Sono salito verso il sole, ho condiviso l’euforia eccitata delle nuvole tagliate dal sole… e fatto centinaia di cose che non hai mai sognato… ho roteato, veleggiato, dondolato…”

 

“… non ho mai sentito questo canto nel cuore della notte. Da dove viene questa tenerezza?...”

 

Frammenti di tutto ciò che aveva letto e amato. Tutti quei libri impilati in camera sua.

 

Poi diventarono così vaghi e veloci che Harry pensò che forse gli altri non li vedessero, ma era la mente di Draco e lui ci stava bene e riusciva a vedere tutto… Immagini ed emozioni attorcigliate in quei suoni e quelle visioni artistiche, tutte insieme.

 

Erano più impressioni che immagini. Gli sembrò di vedere una donna tendersi con i capelli dorati in una luce strana, e pensò che fosse Narcissa colta in un raro momento di dolcezza. Sentì la voce di Pansy Parkinson resa bella dalla preoccupazione e Lucius Malfoy visto da un punto in basso sul pavimento, enorme, severo e adorato. Udì il fruscio del vento nelle orecchie, come quando volava, l’infrangersi delle onde sulla sabbia, il rumore di una tempesta al di là del bagliore e l’improvviso, dolce sciabordio dell’acqua sulla terra.

 

Ebbe una visione improvvisa di se stesso, modificato come le altre immagini… più luminoso che nella realtà, colto in un momento di silenzio mentre si riavviava i capelli. Era certo che fosse involontario.

 

E c’era il dolore, un impeto di dolore unito alle cose belle, urla e ira cieca e terrore e tristezza, che attraversarono Harry come fulmini e lo lasciarono con nient’altro che l’idea, vagamente ricercata e mai raggiunta, che potesse essere tutto bellissimo.

 

Guardò Draco, avvolto da colori e immagini mentre conduceva l’intera scena. Un raggio di sole rosso sembrò quasi irradiarsi dalla linea candida della sua mandibola, e dietro i suoi capelli selvaggi c’erano l’oscurità e qualche stella. Poteva portarsi dentro tutto quello, avere tutto e tenere a tutto e infuriarsi per tutto e desiderare che tutto fosse bello, poteva mettere in scena la passione.

 

Harry si accorse, in modo dolorosamente superfluo, che quel ragazzo folle gli piaceva davvero.

 

Draco abbassò la bacchetta, affannato e con gli occhi lucidi.

 

“Ed ecco che cala il sipario,” disse, e mosse di nuovo la bacchetta.

 

Harry si sentì sollevare insieme agli altri in una massa volante, e tornarono tutti all’improvviso nell’aula. Harry tornò in fretta sul davanzale.

 

Suonò la campanella, e Draco, esausto, prese la borsa e corse fuori dalla stanza. Molti studenti vollero restare per commentare eccitati, ma Dean si alzò immediatamente e, spalancando la porta, uscì. Harry lo seguì e si diresse verso il bagno più vicino, riponendo il Mantello nella sua borsa e sbrigandosi per arrivare a Pozioni prima di Draco.

 

Ci riuscì, e ascoltò Lupin con molta attenzione. Ron e Hermione si accalcarono attorno a lui a pranzo e gli chiesero dove fosse stato.

 

“Volevo vedere una lezione di Magia Creativa,” rispose. Hermione aveva un’aria triste, mentre Ron era solo incuriosito.

 

“Com’è stata?”

 

Harry si fermò e sorrise. “Sai che ti dico, Ron?” disse. “Avremmo dovuto seguirla.”

 

La lezione successiva sarebbe dovuta essere Trasfigurazione, così rimasero nella sala comune a parlare di ulteriori protezioni da apporvi. Neville mise a disposizione con un po’ di esitazione la sua conoscenza delle erbe protettive.

 

L’ultima lezione era Cura delle Creature Magiche, e Hagrid sorrise a tutti mentre parlava di nutrire versioni in scala del Vermicolo che Harry aveva affrontato durante la Terza Prova. Scese nei dettagli su ciò che avrebbero dovuto fare.

 

Calì diventò un po’ verde. “Sto per vomitare.”

 

“Potresti aiutarmi a supervisionare,” propose Draco dall’altro lato della stanza, facendole l’occhiolino.

 

“Tu supervisioni?” domandò Ron. Draco sorrise beffardo verso di lui. “Idiota,” disse Ron infervorato, sottovoce. “Idiota, idiota, idiota.”

 

“Beh, sì.” Harry alzò le spalle e Ron gli lanciò un’occhiata tradita.

 

L’unica cosa che dovevano fare durante quella lezione era studiare dal libro. Non fu malaccio, anche se Calì continuava a minacciare di vomitare l’anima. Alla fine della lezione Harry andò ad aiutare Hagrid a mettere a posto i suoi diagrammi allarmanti.

 

Era accovacciato per terra a riporre gli ultimi fogli sotto la scrivania di Hagrid, quando si accorse che nella stanza erano rimasti solo Draco, Tiger e Pansy.

 

“Com’è andato il progetto? Non ci siamo scambiati neanche una parola a pranzo. Raccontami tutto,” disse Pansy.

 

I loro passi si avvicinavano alla porta e alla scrivania, e sicuramente l’avrebbero visto e sarebbero ammutoliti. Aveva la borsa accanto a sé.

 

La prese, recuperò il Mantello e se lo mise addosso.

 

Si alzò con prudenza, uscì dalla porta insieme a Pansy e camminò accanto a loro, mascherando i suoi passi seguendo il ritmo di quelli di Tiger.

 

“E’ stato perfetto,” disse Draco con grande soddisfazione. “Sono stato splendidamente, irresistibilmente geniale.” Si girò verso Tiger, mordendosi un labbro. “Vero? Che te ne è parso?”

 

“Ti ho visto solo per un minuto,” rispose Tiger.

 

“Ma è stato un minuto splendidamente, irresistibilmente geniale, no?” Draco parve agitato.

 

“Sicuro,” replicò Tiger.

 

L’agitazione di Draco non fece che aumentare. “Ok, non mentire,” disse. “Lo vedo cosa pensi. Ero troppo nervoso. Ho calcato la mano. Ho fatto un casino completo, sono stato troppo teatrale, verrò bocciato, oh vergognarovinadisonore. E’ questo che intendi?”

 

Tiger aggrottò la fronte. “Qualsiasi cosa dici.”

 

“Oh, ma che ne sai tu,” sbottò Draco. “Non riconosceresti la genialità splendente nemmeno se ti facesse lo shimmy davanti con la biancheria di Pansy.”

 

Draco alzò le spalle.

 

“Meno chiacchiere sulla mia biancheria, se non ti spiace,” disse Pansy pericolosamente.

 

Harry non avrebbe potuto essere più d’accordo. Draco, Pansy e Tiger erano giunti nei sotterranei, e si stavano dirigendo verso il muro che nascondeva l’entrata della loro sala comune. Draco si piegò in avanti e sussurrò verso la pietra qualcosa che Harry non udì.

 

“Per quanto tempo dovremo continuare a sussurrare la parola d’ordine?” chiese Pansy.

 

“Per tutto il tempo necessario,” disse Draco succinto. “Potter ha un Mantello dell’Invisibilità. Potrebbe avercelo chiunque a scuola, e poi ci sono altri modi per spiare senza esser visti. Vuoi forse facilitare le cose alla spia?”

 

Harry si sentì in colpa e si fermò, specie per la smorfia che aveva fatto Draco quando aveva detto ‘Potter’. Ma Tiger era proprio dietro di lui, e fu costretto a entrare nella sala comune Serpeverde insieme a loro. Si fermò per un attimo sulla porta chiusa, chiedendosi se non fosse meglio aspettare di poter uscire, quindi corse nella sala comune e seguì Draco mentre entrava nella sua camera.

 

La porta si chiuse alle loro spalle. Draco si fermò, e per un terribile secondo Harry ebbe la certezza che potesse vederlo.

 

Riprese a respirare quando Draco attraversò la stanza, sfilandosi le scarpe, e smise di respirare quando Draco si slegò il mantello.

 

Ok. Ok. Sotto il mantello ci sono i vestiti. Ricordo. Smettila di essere così patetico, Harry.

 

Draco indossava un maglioncino nero e jeans dello stesso colore. Sembrava più magro senza il mantello, e stranamente vulnerabile. Harry non pensava di averlo mai visto coi calzini.

 

Disse, “Lumos,” e quando la luce gli colpì il viso Harry notò le occhiaie sotto i suoi occhi. Era ovviamente esausto e aveva perso troppo peso in troppi pochi giorni. Harry vide ciò di cui Sirius aveva parlato. I suoi lineamenti erano più spigolosi che mai, e il suo pallore sottolineava la stanchezza, in più non irradiava carisma in ogni direzione.

 

Era quasi incolore, e sciupato in modo preoccupante, e Harry avrebbe voluto prendersi cura di lui, ma non sapeva prendersi cura di nessuno. Si limitò a guardare Draco aggirarsi per la stanza, sospirare e buttarsi sulla sedia della scrivania.

 

In quel momento entrò Pansy. Indossava anche lei un maglione e un paio di jeans, i suoi capelli scuri erano tirati all’indietro e aveva dei fogli di pergamena in mano.

 

“Draco,” disse a bassa voce, “questi sono i fogli per il funerale della professoressa McGranitt. Dobbiamo occuparci dei Serpeverde… qualcuno deve controllare il nostro gruppo al posto di Snape, ma ovviamente nessuno avrà voglia di obbedire a un esterno…”

 

Draco alzò gli occhi, naturalmente sveglio e sicuro di sé. “Non preoccuparti,” disse. “Ci penso io. Organizzerò tutto, chiederò al professor Vector di farci da capo e lo spiegherò agli altri.”

 

Pansy sospirò sollevata e si mosse fino alla scrivania per consegnargli i fogli. Li lasciò sul ripiano, posò le mani sullo schienale della sedia e guardò dall’alto la testa di Draco.

 

Draco reclinò la testa all’indietro per guardarla, ed era un gesto così intimo che la gola di Harry si chiuse per l’invidia.

 

“Cosa c’è?” chiese calmo Draco.

 

“I ragazzi del primo anno stanno avendo altri incubi,” disse. “Non si sentono più al sicuro da quando è morta la professoressa, e poi c’è il fatto che Snape potrebbe essere…”

 

Si fermò. Entrambi guardarono ovunque tranne che negli occhi dell’altro.

 

“Non potremmo dar loro dei calmanti?” suggerì Draco illuminandosi.

 

Pansy rise. “Madama Chips ha le sue stupide regole sull’armadio dei medicinali.”

 

“Eppure continuo a pensare che potremmo soffiarle dei sonniferi in polvere. Me ne occuperò io.” Draco aggrottò la fronte. “Fino ad allora penso che dovremo convincere gli elfi con un bello spavento a distribuire cioccolata calda dopo cena, così poi potrò terrorizzare i ragazzi più piccoli con chiacchiere su quanto so essere seccante con chi non dorme tutta la notte.”

 

Quasi si vide la tensione evaporare dal corpo di Pansy. Prese a far scorrere le dita di una mano tra i capelli di Draco.

 

“A proposito di chiacchiere,” disse lei con riluttanza. “Sono tutti nervosi. Comincio a sentir parlare di cambiamenti di idee. Forse dovremmo… forse è l’ora di andare dal professor Lupin…”

 

“Nessuno lo accetterebbe. Dovrò spiegare nuovamente come stanno le cose.” La bocca di Draco era quella di un monello viziato che non avrebbe accettato un no come risposta. “Tutti dovranno riconoscere da che parte sta la ragione. Se no c’è sempre l’Imperius.”

 

La bocca di Pansy si curvò. “Non sei divertente, Draco,” lo informò. “I ragazzi hanno paura di tornare a casa. Sta per arrivare l’estate…”

 

“Possono venire tutti a casa mia,” la interruppe Draco. “Ho già pensato a tutto. Lì saranno al sicuro, farò…” Reclinò di nuovo la testa per guardarla. “Oh,” disse con un tono diverso. “Lettera da casa?”

 

Pansì annuì, cingendosi con il braccio libero come se avesse freddo. “Una specie di ultimatum,” disse guardando nel vuoto.

 

“Oh,” ripeté Draco. “Avresti dovuto dirmelo subito. Cos’è, ti aspetti che ti legga nel pensiero e ti consoli? Dovresti sapere che non so fare nessuna delle due cose.”

 

Pansy sorrise sulla sua testa, e solo Harry la vide farlo. “Ma come, Draco? Mi hai sempre detto che puoi fare tutto.”

 

“Beh, non credere mai alle promesse di giovanotti senza principi,” la ammonì Draco. “E’ così che le ragazze perbene finiscono nei guai.”

 

Entrambi fissarono l’armadio di Draco per un minuto, e il silenzio aleggiò nella stanza.

 

“Cosa diceva la lettera?” chiese Draco alla fine, e Pansy sembrò sollevata dal fatto di non dover introdurre l’argomento lei stessa.

 

“Che o lascio immediatamente l’Ordine e torno subito a casa, o è meglio che non ci torni più.”

 

“E tu cos’hai risposto?”

 

“Gli ho detto che possono andare al diavolo. C’è una stanza per me a casa tua?”

 

“Puoi stare nella stanza degli ospiti e avere il bagno con la schiuma bianco ghiaccio.”

 

Pansy rise e Harry pensò che si fosse rilassata quel tanto di cui era capace.

 

“Ora ti lascio,” disse dolcemente. “Hai già abbastanza cose a cui pensare. Vado a ordinare agli elfi di fustigarsi con i bollitori. Ci serve la cioccolata calda, e poi mi tirerà su di morale.”

 

Tolse la mano dai suoi capelli, Draco la strinse e le sorrise.

 

“Ehi, troietta.” Le strinse le dita. “Stai facendo del tuo meglio,” le disse altezzosamente. “Continua così e potrebbe esserci un posto per te nell’harem Malfoy.”

 

Pansy rise, e stavolta sembrò una risata vera. Si trattenne un altro istante, quindi uscì dalla stanza, con la testa molto più alta di quando era entrata.

 

Draco restò immobile sulla sedia per un momento, con le candele che gli illuminavano i capelli. Poi crollò in avanti, la schiena curva e sgraziata, e si mise la testa tra le braccia.

 

Compassione e senso di colpa attraversarono Harry. Avrebbe voluto raggiungerlo, abbracciarlo, pensare a qualcosa di impacciato da dire per provare a consolarlo. Ma non l’avrebbe fatto, perché Draco non gli parlava, perché non avrebbe nemmeno dovuto vederlo così, perché Draco l’avrebbe odiato se avesse saputo che l’aveva visto così.

 

Draco così orgoglioso e riservato. Questo era voyeurismo della peggior specie, perché Draco si sarebbe fatto vedere in qualsiasi situazione tranne che nella debolezza.

 

Harry doveva uscire da lì.

 

Pansy aveva lasciato la porta socchiusa e lui la oltrepassò più in fretta che poté, seppur con discrezione. Uscì dalle stanze dei Serpeverde, salì le scale, tornò alla torre di Grifondoro, si lasciò cadere su una sedia e cercò di scacciare la solitudine e il disgusto di sé.

 

“Harry,” disse Neville, in tono incerto, “mi daresti una mano con questi libri di Erbologia? Le piante protettive…”

 

Niente era più importante di quello. Lo sapeva.

 

“Certo,” rispose. “Subito.”

 

Neville sorrise. “Grazie. Sapevo di poter contare su di te.”

 

Harry si sedette con Neville e aprì un libro. Trovarono dei passaggi interessanti e non si accorse prima di qualche minuto che la sala comune si era svuotata.

 

Quando lo notò, disse, “Neville, faresti meglio a sbrigarti se vuoi mangiare qualcosa, stasera.”

 

Neville lo guardò. “Ah, già… tu non vuoi niente?”

 

Tutte quelle emozioni alla bocca del suo stomaco avevano sostituito perfettamente il cibo.

 

Nah, non ho fame.”

 

Si concentrò ferocemente sui libri per un altro po’ e si impegnò a non pensare ad altro.

 

A un certo punto Ginny arrivò di corsa dall’entrata verso Harry, i capelli rossi sul viso, incerta e un po’ scandalizzata.

 

“Fuori c’è qualcuno di Serpeverde che ha chiesto di te,” spifferò.

 

Harry sorrise incredulo, incapace di trattenersi.

 

Draco. Chi altro potrebbe essere?

 

Fu un brutto colpo quando si accorse che il Serpeverde altri non era che Pansy Parkinson.

 

*

 

Harry la fissò inebetito, e pensò che il genere di persone di cui si circondava Draco, dato il suo aspetto, era piuttosto strano.

 

Tiger e Goyle erano due gargoyle scuri e massicci, e la bellezza vagamente ambigua di Blaise Zaini era ugualmente oscura e sinistra. Pansy era alta per essere una ragazza, e il suo viso era incorniciato da capelli neri e pesanti che sembravano trascinarla in basso.

 

Il suo viso sembrava più aggressivo del solito, anche se aveva i capelli raccolti. Le sue sopracciglia importanti si mossero, e l’espressione dei suoi occhi castani era distintamente minacciosa.

 

“Potter?” disse irruente.

 

“Ehm, ciao?” buttò lì Harry, alquanto smarrito.

 

Pansy restò a braccia conserte, col viso teso, come a far intendere che Harry avrebbe dovuto osare di più.

 

Alla fine il suo sguardo accusatorio lo convinse ad offrire un debole, “Posso, ehm, fare qualcosa per te, Pansy?”

 

Pansy sospirò, forse stupita dal fatto che un imbecille come Harry non avesse messo fine alle proprie sofferenze tempo addietro.

 

“Sì che puoi,” disse stringata. “Puoi smettere di rendere infelice Draco.”

 

Harry restò immobile.

 

Pansy proseguì a mettere in chiaro il suo punto di vista con occhi freddi e duri come pietre.

 

“Sai con quanta merda ha dovuto fare i conti da quando ha deciso di andarsene in giro con te, Potter? Siamo Serpeverde. Di certo non ha ricevuto solo paternali. Ma lui ha accettato tutto quello che gli hanno lanciato addosso. Aveva quest’idea completamente folle che potesse valerne la pena, per te. Ma sembra che tu gliel’abbia fatta passare.”

 

“Ehm,” disse Harry, che non aveva alcuna intenzione di dirle in che modo ci era riuscito.

 

“Non so cosa tu abbia fatto,” gli disse Pansy, guardandolo storto.

 

Harry fu felice di sentirlo.

 

“So solo che un bel giorno è corso in camera sua e ha buttato tutto all’aria. Non siamo riusciti ad ottenere una risposta civile per giorni. E’ ancora irritabile, e ogni volta che vede te nei corridoi si irrigidisce e ti rivolge uno sguardo letale. Persino Tiger e Goyle sono riusciti a capire che è colpa tua.”

 

Pansy aveva i pugni stretti, ma il suo tono era neutrale.

 

“Volevano venire qui e darti un’aggiustatina. Per tua fortuna ho deciso che ti serviva un tocco femminile.”

 

Il tocco femminile si preannunciava bello violento.

 

Harry avrebbe preferito evitare di esser preso a pugni da Pansy Parkinson, se per lei era lo stesso. Voleva semplicemente andare a pensare a ciò che aveva fatto Draco – buttato tutto all’aria  – e a ciò che poteva significare.

 

Tuttavia doveva prima occuparsi di Pansy. Dopotutto era venuta solo perché…

 

“Gli vuoi bene,” osservò, quasi meravigliandosene.

 

Ripensò al sorriso che aveva fatto sulla testa di Draco. Improvvisamente si ricordò di quando Draco era stato ferito il terzo anno, e il volto di lei si era riempito di lacrime.

 

Lo stesso viso, cresciuto e più deciso, si fece ancora più astioso.

 

“Voi Grifondoro pensate di avere il monopolio sulle emozioni? Certo che gli voglio bene. Siamo amici da quando eravamo piccoli… e sì,” aggiunse di scatto. “Prima che tu lo dica, sono pazza di lui. Da sempre. Lo sanno tutti.”

 

Harry si sentì stranamente solidale. Pensò a cosa avrebbe fatto se avesse detto, ‘Siamo in due’.

 

Disse, “Cosa ci fai qui, Pansy?” Cercò di essere gentile.

 

Pansy lo guardò con estrema avversione.

 

“Te l’ho detto. Voglio che smetti di renderlo triste. Se il tuo obiettivo era appurare se i Serpeverde hanno un cuore, beh, ecco il risultato. Ce l’abbiamo. E abbiamo anche dei magnifici ganci destri, come potrai notare se non ti dai una mossa per aggiustare le cose con lui. Rompi l’amicizia con un po’ di rispetto. Non m’importa  se per te era solo un gioco, glielo devi.”

 

Harry dimenticò di star parlando con una ragazza che non conosceva molto bene.

 

“Ma vaffanculo, Parkinson!”

 

Pansy parve oltraggiata.

 

“No, davvero, vai al diavolo,” sbottò Harry. “Un gioco… cosa credi che siamo noi delle altre case, alieni? Credi che i Grifondoro non conoscano la lealtà, credi che non possiamo davvero essere amici di qualcuno? Smettila di dire idiozie.”

 

Non sto…”

 

“Stai dicendo un mare di idiozie. Pensi che Draco fosse una specie di esperimento interscolastico per me… Mi hai visto mentre cercavo di parlargli! Mi hai visto provarci un sacco di volte! Come osi venire qui a farmi la paternale e comportarti come se non tenessi a lui quando invece ci tengo, cazzo!” Smise di urlare e fissò Pansy con occhi assassini. Aveva il fiatone.

 

Pansy non fece che guardarlo. “Ah si?” disse.

 

“Sì,” rispose Harry, la voce ora controllata e gelida. “Ci tengo. Per cui prendi la tua dannata paternale e marcia fino ai tuoi sotterranei, stronza, perché io voglio andare da lui e mettere a posto le cose e restare suo amico, e mi uccide non poterlo fare!”

Pansy restò ferma a guardarlo con i suoi occhi fissi e ostili, senza muoversi.

 

“Potter…” disse finalmente, e Harry vide il suo viso addolcirsi appena per un secondo. “Lui credeva che fossi qualcosa. Ce n’eravamo accorti tutti. Pensa di essere tanto superiore, ma non è difficile capirlo. Specie quando lo si conosce.”

 

Harry la guardò stordito per un attimo, poi sentì il primo vero sorriso rilassato da settimane curvargli le labbra.

 

“Già,” rispose a bassa voce. “Io… me lo ricordo.”

 

Pansy si mise le mani in tasca. “Pensava che fossi… non lo so. Parlava di te, sai? Quando eri il nemico che credeva che una lezione di Pozioni senza alcun tentato omicidio con un calderone fosse una lezione sprecata… parlava tantissimo di te. Si imbestialiva. Sai come fa lui.”

 

“Ho sentito un paio di tirate… o un paio di decine,” ammise Harry.

 

Pansy arrischiò addirittura un sorriso.

 

“Poi d’un tratto ha smesso di parlare di te. Abbiamo cercato di spingerlo a farlo… non era normale che non ne parlasse. Siamo Serpeverde, ci piace parlare alle spalle degli altri. Ma lui non abboccava. Faceva l’indifferente, ma cercava di non pronunciare nemmeno il tuo nome. Eppure qualche volta qualcuno lo pronunciava, e lui… faceva quel sorrisino.”

 

“Che stai dicendo, Pansy?” chiese, parlando piano come per non infrangere l’immagine.

 

“Sto dicendo che si comportava come se gli importasse,” disse Pansy. “Quindi ci tiene a te. Quindi…”

 

Si fermò e fece un piccolo gesto frustrato. Sembrava che volesse dare un pugno al muro.

 

“Tu non mi piaci, Potter,” lo informò gelida.

 

Harry roteò gli occhi. “Nemmeno tu mi piaci. E allora?”

 

“E allora la parola d’ordine di Serpeverde è king cobra,” sbottò lei. “Aspetta qualche ora. E non fare casini stavolta!”

 

Pansy fissò il suo viso basito e se ne andò su due piedi.

 

*

 

Tornò dentro. Si sedette e riaprì i libri di Erbologia. Studiò con determinazione per due ore.

 

Scese verso le stanze dei Serpeverde. Percorse il corridoio di pietra. Pronunciò la parola d’ordine. Passò davanti agli sguardi allibiti dei Serpeverde assorti diretto verso il suo obiettivo, quella particolare porta, pronto al confronto.

 

Aprì la porta ed entrò.

 

Fu in quel momento che la sua determinazione vacillò.

 

Draco e Blaise Zabini erano seduti accanto al camino a giocare a carte. Il fuoco aveva scaldato leggermente il viso di Draco, e stava ridendo.

 

Era tutto così diverso dall’immagine solitaria che si aspettava che rimase per un minuto a bocca aperta. Il viso di Zabini passò dalla calma alla malizia con rapidità encomiabile.

 

“Vado a chiamare Tiger e Goyle,” annunciò, alzandosi dalla sedia e fissando Harry con uno sguardo minaccioso.

 

“No,” scattò Draco, e l’espressione di Zabini crollò e il cuore di Harry sobbalzò. Poi Draco si girò verso Harry e disse in tono teso, “Preferirei davvero che te ne andassi, Potter.”

 

Harry incrociò le braccia al petto. “Non ho intenzione di andarmene, Malfoy. Voglio parlare con te. In privato.”

 

“Che coraggio,” cominciò Zabini.

 

“Taci,” disse Draco. “Fuori, Potter. Ho avuto una giornata stancante, ho bisogno di rilassarmi, tu non sei il benvenuto e io e Blaise non abbiamo finito la partita.”

 

Harry attraversò la stanza e si sedette accanto al letto.

 

“Bene,” disse tranquillo. “Posso aspettare.”

 

Zabini fece per alzarsi di nuovo.

 

“Siediti,” ordinò Draco. “Perfetto. Resta lì se vuoi. Non fa differenza.”

 

Zabini si rimise a sedere con malagrazia. “Lui resta?” chiese, curvando le labbra disgustato. “La posta in gioco cambia?”

 

“No,” disse Draco, dando le carte. “Lui non conta. La posta resta la stessa.”

 

A Harry non importava di cosa stessero parlando. Si era conquistato almeno un po’ di terreno. Era su quella sedia e sarebbe rimasto su quella sedia, e alla fine avrebbe parlato con Draco.

 

Zabini alzò le sopracciglia ma non protestò più. Il fuoco ardeva alto e caldo dietro di loro, e la partita proseguì in silenzio.

 

Harry attese. Carte schioccarono su carte, e passarono lunghe pause riflessive tra uno schiocco e l’altro. Il fuoco era rovente e lo scoppiettio quasi rasserenante. L’urgenza di parlare con Draco era ancora presente, e lui era ancora nervoso e irritabile, ma sentì le sue palpebre abbassarsi quasi contro la sua volontà. Era stanco, e adesso era al caldo e tutto era tranquillo.

 

Shh, shh, shh, diceva il fuoco, e Harry continuò a guardare Draco e Zabini giocare a carte con gli occhi semichiusi e un interesse alquanto distaccato.

 

Zabini guardava attentamente Draco, gli occhi scuri e taglienti. Draco era appoggiato all’indietro con uno sguardo di calcolata preoccupazione.

 

Sembrava che fossero arrivati alla conclusione, finalmente.

 

“Ti dispiacerebbe specificare qual è la posta in gioco?” indagò Zabini, e Harry pensò che l’avesse guardato. Fece il suo sorriso malizioso.

 

“Mi piace tenere vivo l’interesse,” rispose Draco.

 

“Ma io mi preoccupavo per te, Draco,” disse Zabini, mettendo a terra le sue carte una dopo l’altra.

 

“Mi commuovi, Blaise.” Draco mise giù le sue carte. “Ma non è proprio necessario.”

 

Zabini si bloccò, guardò le carte e si inumidì le labbra deliberatamente. Persino la sua voce era morbida, e aumentò il sonno di Harry.

 

“Oh, beh. Non è che mi dispiaccia poi così tanto,” ammise. “Allora, Draco… che cosa vuoi?”

 

Draco sorrise. “Voglio che esci,” rispose dolcemente. “Devo parlare con Potter.”

 

Zabini lo fissò per un minuto, fece un verso esplosivo e irripetibile, si alzò e uscì in fretta dalla stanza. Lo shock svegliò definitivamente Harry appena Draco si alzò dalla sedia e lo guardò.

 

I suoi occhi si abbassarono quasi subito, e restò in piedi davanti al camino con le mani dietro la schiena, come se stesse concedendo udienza a qualcuno.

 

“Penso sia giunta l’ora di fare quattro chiacchiere,” disse con una voce strana. “Le ostilità tra i membri del Giovane Consiglio sono pericolose nella situazione attuale. Dobbiamo riuscire ad andare d’accordo in modo civile, e a comunicare. Mi rendo conto di aver reso le cose difficili, ma ero un po’ irritato. Sul serio, non m’importa molto dei tuoi metodi di corteggiamento Grifondoro…”

 

“Draco,” lo interruppe Harry deciso, “Mi dispiace tanto, tantissimo. Cosa posso fare per sistemare le cose?”

 

Draco sollevò gli occhi e sbatté le palpebre. Dopo un po’ disse, “Ti ho detto di non chiamarmi così.” Fece una pausa, guardò accigliato il tappeto e proseguì come se parlasse con se stesso, “Cosa intendi dire esattamente?”

 

Con suo assoluto orrore, Harry si rese conto che non aveva idea di cosa dire. “Voglio dire… Mi dispiace, non lo farò mai più, lo giuro,” disse, e poi realizzò con eterno imbarazzo che stava diventando rosso. “Voglio che torniamo ad essere amici,” esplose quasi ribellandosi, odiando le parole, odiando un sacco di cose. “E’ l’unica cosa che voglio, non so a cosa ti riferisci quando dici… quando dici corteggiamento, io non volevo…”

 

Alzò gli occhi. Draco rimase in silenzio e qualcosa si incrinò sotto le costole di Harry.

 

“Voglio solo che torniamo amici,” ripeté disarmato. “Mi manchi, stupido idiota.”

 

L’ultimo pezzo non era proprio conciliante, ma era frustrato e si sentiva ridicolo e perché con Draco tutto doveva essere così difficile?

 

Draco alzò lo sguardo, e sul suo viso c’era un’espressione strana. “Credevo che gli amici fossero sinceri tra loro,” disse, non più tanto calmo. “Avevo la netta impressione che ti piacessero le ragazze.”

 

“E’ così!” esclamò automaticamente Harry, prima di mordersi forte il labbro. “Cioè, non lo so, forse. Non ci ho pensato molto. E’ tutto un po’ confuso…”

 

“Hai quasi diciott’anni, Potter,” disse Draco, facendo una smorfia divertente con la bocca. “Cosa sei, sessualmente ritardato?”

 

Mi perdoni se lo sono?

 

“Sono stato preso da altre cose,” rispose Harry offeso.

 

Draco sospirò e si scompigliò i capelli, un chiaro segno di tumulto interiore. “E allora perché l’hai fatto, esattamente?” domandò, e stavolta c’era una chiara emozione nella sua voce, ma lui la spinse via e tornò freddo. “Era un esperimento?”

 

“No… certo che no! Che idea hai di me?” Harry quasi gridò, poi si ricordò che era in missione di pace. “Sei mio amico,” disse in tono imbranato e sommesso. “Non lo farei mai.”

 

“Beh, perdonami, Potter, ma sono un po’ confuso riguardo ciò che faresti e non faresti, al momento. E per un periodo piuttosto lungo non sei stato così ansioso di essere mio amico,” disse Draco conciso. “Qual era lo scopo della gita in barca e del picnic, allora?”

 

Harry si chiese se Draco fosse stato colpito da amnesia.

 

“Ehm, tu hai paura dell’acqua, Draco. Pensavo che avrei potuto aiutarti. Pensavo che ti sarebbe piaciuto il picnic. L’ho fatto perché… aspetta un attimo, secondo te quel era l’obiettivo?”

 

Draco gli lanciò un’occhiataccia.

 

“Hai una mente malata e sospettosa,” disse Harry, scosso.

 

“Mirare in alto non mi ha mai ripagato,” ribatté Draco.

 

“Beh, non farei mai una cosa simile,” gli disse Harry, arrabbiato. “Mai. So di aver sbagliato e so che sei furioso o disgustato o qualsiasi cosa, ma non avrei mai tramato qualcosa e ti giuro, ti giuro che non ci proverò mai più.”

 

Draco parve vagamente intrigato. “Davvero non sapevi che…”

 

“No,” tagliò corto. Pensava di averlo già messo in chiaro. “Non ne avevo idea.”

 

Draco fece un’altra smorfia strana con la bocca, ma stavolta con aria un pochino divertita. “Allora cos’è, stai attraversando una specie di crisi?”

 

“Non rompere,” mormorò Harry, e poi ricordò che era stato lui a introdursi in quella stanza per chiedere di parlare.

 

“E davvero non intendevi…”

 

Quell’insistenza su argomenti già trattati era morbosa.

 

“Ho detto di no,” disse Harry. “Continuo a ripeterlo, ma non mi ascolti. Non lo sapevo, non volevo farlo e non avrei mai fatto nulla che potesse turbarti, e mi dispiace, e sono venuto qui solo per chiederti di tornare amici, ma se non vuoi…”

 

“Supponiamo che voglia,” disse lentamente Draco.

 

Harry si fermò e lo guardò fisso. Draco era un po’ imbarazzato.

 

“Beh, non posso smettere di essere tuo amico se stai passando un periodo di crisi,” continuò, quasi sulla difensiva. “Sarebbe crudele. Hai bisogno di supporto. Altrimenti,” aggiunse in tono riflessivo, “potresti impazzire.”

 

Harry alzò gli occhi a cielo e non fece alcuno sforzo per controllare il suo enorme e ridicolo sorriso. “Non impazzirò, Draco.”

 

“Potresti,” replicò testardamente Draco. “Sei abbastanza scemo da fare qualsiasi cosa. E poi…” si fermò per soppesare le parole. “Suppongo che sia stato esposto ad una tentazione quasi irresistibile.”

 

“Sta’ zitto.”

 

“Dopotutto,” proseguì Draco, affascinato dall’idea del proprio fascino, “Sono favoloso, meraviglioso, delizioso.”

 

“Sta’ zitto.” Harry si interruppe e disse impacciato, “Allora è tutto a posto? Amici?”

 

Draco sorrise all’improvviso, luminoso. “Amici.”

 

Harry si afflosciò per il sollievo proprio nel momento in cui l’orologio batté le dieci.

 

“Oh, maledizione, devo andare,” disse, con estrema riluttanza. Stupidi orologi. Stupido tempo. Stupido coprifuoco. Era tutto un sistema male organizzato. “Senti, possiamo parlare domani? Possiamo parlare a colazione? Io…”

 

“Aspetta,” lo interruppe Draco, pensieroso. “Se ti va, puoi restare.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(***)

 

Le poesie nella mente di Draco esistono realmente e sono, nell’ordine:

- la composizione per pianoforte “We conquer or die” di James Pierpont (1861)

- “Alone” di Edgar Allan Poe

- “High Flight” di John Gillespie Magee (1941)

- una poesia della poetessa russa Marina Tsvetaeva (1908-1910)

 

I pezzi erano in inglese, le traduzioni sono mie :)

 

 

 

 

Maya è davvero crudele...

 

Cari lettori, c'è il rischio, per ora quotato al 5%, che il prossimo capitolo tardi di qualche giorno. Ovviamente farò il possibile e l'impossibile per far ciò che non accada, ma voi siate pazienti!

E COMMENTATE!!!

 

(per favore ;_; )

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Capitolo 15
*** Mantenere la fede ***


Questa volta, più che mai, è d'obbligo ringraziare la mia schia

Questa volta, più che mai, è d'obbligo ringraziare la mia schia... ehm, la grandiosa Vale, che mi fa da beta con tanto impegno e abnegazione :D
Sei grande!

(dai, ce l'ho fatta a consegnare di mercoledì!!!)

 

Underwater Light

By Maya

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

Sommario: Questo capitolo è presentato da alcool, bacchette, incidenti inquietanti e dalla parola ‘gay'.

 

Capitolo Quindici

Mantenere la fede

We can't play this game any more

But can we still be friends?

Things just can't go on like before

But can we still be friends?

[Non possiamo più giocare a questo gioco / Ma possiamo essere amici lo stesso? Le cose cambieranno / Ma possiamo essere amici lo stesso?]

 

Harry fissò Draco, e la testa quasi gli esplose per il panico.

Una parte del suo cervello balbettò, è tutto a posto, è tutto perfettamente a posto, Draco mi sta solo proponendo di restare a dormire da lui, lascia stare i doppi sensi, vuoi forse rovinare tutto? Un'altra parte gridava verso Draco, abbiamo appena stabilito che sono confuso, perché cavolo proponi una cosa del genere, non so nemmeno se lo sono io, tu lo sei, potresti esserlo?

Un'altra parte guardava Draco con un'espressione stupida e bramosa, mettendolo in imbarazzo con quell'impeto di felicità e sollievo. La curva dei capelli di Draco sul suo collo era ipnotica.

"Ehm," disse.

Draco rise. "Scusa, ho formulato la frase senza alcun tatto. Specie dato che sei in crisi," aggiunse coscienziosamente. "Volevo dire, ho organizzato una riunione notturna per discutere della spia e di altre cose. Vorrei che rimanessi."

"Oh," disse Harry. "Oh. Sì, certo."

Draco gli sorrise vittorioso. "Bene," rispose.

A Harry era mancato quel sorriso, per quanto fosse ambiguo e generalmente preoccupante.

"Parlerò a tutti con una bacchetta," continuò Draco. "Per indicare le cose. Mi darà un'aria molto autorevole."
Andò a sedersi sul letto, recuperando un'anonima bacchetta da sotto al cuscino, e fece cenno a Harry di andare a vederla. La agitò un paio di volte, per provare.

Harry guardò la bacchetta poco convinto. "Draco. Quella magica non era sufficiente?"

Draco lo fissò. "Niente è mai sufficiente, Harry."

"Invece sì, quando sembra che sia per compensazione," lo avvertì Harry. Draco lo colpì col bastoncino.

Harry si stese sul letto, lasciando che un enorme senso di sollievo filtrasse dentro di lui. Le cose tra loro erano di nuovo... a posto, e lo sarebbero rimaste.

Draco tirò su le ginocchia e si sedette a gambe incrociate sul letto, appoggiando la bacchetta accanto al ginocchio.

"Gli altri arriveranno tra un po'," disse. "Potremmo parlare della tua crisi."

"Uhm, no, va tutto bene," si affrettò a dire Harry. "Parliamo d'altro. Come stai?"

Draco si accese quando gli venne in mente una cosa. "Oggi ho mostrato il mio progetto," annunciò. "Penso sia andato bene. Sai, insomma, penso fosse adeguato. Adeguato in modo geniale."

Harry tenne fisso lo sguardo sul copriletto verde, senza distogliere gli occhi dal tessuto.

"Veramente l'ho visto." Ti prego, non arrabbiarti. "E' solo che... Ne avevo sentito parlare così tanto che volevo vederlo. E così, ehm, ho usato il Mantello dell'Invisibilità."

"Davvero?" Draco si mise a ridere, quasi esterrefatto. "Beh... è quasi voyeurismo. Ma è anche lusinghiero, per cui va bene. Harry! Come ti è sembrato?"

Sembrava entusiasta. Harry gli sorrise, di nuovo sollevato, e cercò di formulare una qualche frase intelligente sul progetto.

"E' stato... diverso," disse. "Mi è piaciuto molto. Era come... un concentrato di sogni."

Draco si illuminò. "Beh, sono stupendamente intelligente," ammise sfacciatamente. "Balbettavo in latino nella culla. Sono sempre stato un genio..."

"Darsi arie non è intelligente, Draco."

Draco si offese. "Al contrario," disse. "Se non ti dai arie, chi mai lo saprà?" Si fermò. "Di cosa stavamo parlando?"

"Dimmelo tu, visto che sei così intelligente."

Draco lo colpì sul ginocchio con la bacchetta. "Lo so," disse. "La tua crisi. Hai ragione, non devi preoccuparti. Ti aiuterò io."

"Ehm," disse Harry. "Come?"

Draco si morse il lato del labbro. "Devo pensarci su. Se solo Blaise fosse disposto a dare una mano... beh, purtroppo ti odia."

Harry sbatté le palpebre parecchie volte dopo che Draco ebbe parlato, ma la frase rimase agghiacciante.

"Blaise Zabini è gay?"

Draco lo fissò a sua volta. "Sì," disse con cautela. "E il cielo è azzurro, Harry. I mantelli che indossiamo di solito a scuola sono neri. Nel caso non l'avessi notato, in questi anni."

"Non mi piace neanche Zabini," disse Harry, ancora scioccato. "Come hai potuto credere..."

Draco sospirò e assunse un'aria contrita. "Scusa. Mi ero scordato di quanto fossi sentimentale."

"Non sono sentimentale!"

La porta si aprì ed entrò Pansy Parkinson, con addosso una camicia di flanella di qualche taglia più grande. Harry si trattenne a stento dal dirle seccamente di tornare più tardi.

"Allora, la riunione comincia," disse Draco a mezza voce, prima di tendersi e di afferrare la spalla di Harry, col palmo contro la sua clavicola. "Ne parliamo dopo."

Harry non poté fare a meno di sorridergli. "Va bene."

"Harry Potter," disse Pansy acida. "Che sorpresa."

Draco la strinse dolcemente quando si avvicinò al letto, scuotendola dai fianchi. "Ne parliamo più tardi, donna. La conversazione potrebbe includere le parole ‘intromissione non autorizzata.'"

"È un passatempo della casa," disse Pansy, alzando le spalle. Draco rise e la lasciò andare.

"Dovevamo portare pergamena e piume," cominciò Blaise entrando, e il suo viso si incupì appena vide Harry. "Che ci fa lui ancora qui?"

"L'ho invitato io," disse con calma Draco, la mano ancora sulla clavicola di Harry.

Zabini continuò a squadrare Harry con disprezzo. "Perché? Pensavo dovessimo decidere insieme chi ammettere alle riunioni."

Draco si spostò sul letto avvicinandosi a Harry, e gli fece scivolare piuttosto intenzionalmente un braccio attorno al collo, piegandosi in avanti.

Harry guardò il profilo di Draco, la sua mandibola lontana nemmeno due centimetri dalla sua spalla, e cercò di non trattenere il fiato.

"Questa è la mia stanza," disse Draco a Zabini, con voce morbida. "E queste sono le mie regole. Faccio entrare chi voglio nella mia stanza, e se la cosa non ti va a genio sei libero di andartene."

Harry strappò via lo sguardo da Draco e guardò Zabini. Lui e Draco si stavano fissando, chiaramente impegnati in una gara di volontà. Zabini non si avvicinò nemmeno alla vittoria.

Lasciò cadere lo sguardo e poi rivolse un'occhiata risentita a Harry.

"Bene," disse Draco con quel tono allegro che aveva quando si sentiva trionfale e voleva infierire. "Tra l'altro, penso sarà utile."

La porta si aprì ed entrarono Tiger e Goyle. Harry rimase un attimo stupito quando si accorse che Tiger aveva il pigiama di Marvin il marziano. Entrambi si fermarono e guardarono prima Harry e poi Draco, senza capire.

Zabini sollevò un sopracciglio. "Già, è proprio una questione di utilità, come no. Non credo che tu abbia invitato questi due per usufruire dei loro travolgenti poteri mentali."

Draco si alzò e andò vicino a Tiger e Goyle, mettendosi tra loro e Zabini come se avessero bisogno di protezione fisica.

"Non credo che dovresti parlare di loro in quel modo," disse Draco con voce fredda.

"Oh, per favore. Lo fai anche tu. Parli di loro in quel modo ogni ora di ogni singolo giorno."

Zabini roteò gli occhi, ancora sprezzante. Draco annuì come per dire ‘mi hai beccato', e poi fece uno di quei suoi sorrisi imprevisti e irresistibili.

"E' diverso," disse, tornando con gli occhi sui due ragazzi alle sue spalle. "Sono i miei ragazzi."

Tiger e Goyle rimasero lì quieti. O Draco non stava dicendo niente che non sapessero già, oppure erano veramente stupidi.

"Comunque, voi due," aggiunse Draco disinvolto, "è stato tutto un malinteso. Harry è tornato. Tutto è come prima."

Non sarebbero giunte domande da quei due. Goyle annuì.

"Ciao, Harry," disse Tiger, col tono di chi stesse venendo a capo faticosamente di una manovra tattica.

Harry gli rivolse un sorriso fulmineo. "Ciao."

"Tutto chiarito, allora," osservò Draco. "Non è bellissima l'armonia? Sento un dolce calore. Ed ecco gli ospiti, giusto in tempo. Meraviglioso."

Zabini si buttò sulla sedia che aveva occupato poco prima, con un'espressione che avrebbe fatto pensare ai sintomi di un'ulcera. Pansy si appoggiò alla testiera del letto e Draco fece un cenno di invito quando Calì Patil aprì la porta e sbirciò prudentemente all'interno.

I suoi capelli erano legati in una bellissima treccia lunga, e Harry vide Draco guardare con apprezzamento il quadro che offriva col suo pigiama rosa. Ebbe anche pensieri poco caritatevoli sulla sfacciataggine di gente che se ne andava in giro in pigiama  per adescare Serpeverde che avrebbero dovuto essere seduti accanto a lui.

Vide Harry e sembrò euforica, infatti esclamò, "Harry, sono così felice che ci sia anche tu," e corse a sedersi accanto a lui. Dato che Calì aveva ignorato completamente Draco, Harry si concesse un minimo di senso di colpa per la persona terribile che senza dubbio era.

Si era anche seduta al posto di Draco, ma Harry non era tanto meschino da notarlo.

"Calì, davvero dubitavi della mia parola d'onore sulle ragioni di questi incontri?" indagò Draco, tremendamente divertito.

Calì arrossì. "Beh, avevi detto che non sarebbe venuto nessun altro Grifondoro. Non avrei dubitato se avessi saputo che veniva anche Harry."

"Ok, evidentemente questa settimana tutti i miei motivi vengono fraintesi da giovani donne virtuose," disse Draco. "Non pensavo di avere una reputazione tanto orribile. E' molto eccitante."

Pansy sbuffò e Draco le fece una smorfia.

"Draco," disse Harry. "Che cosa hai fatto?"

"Io?" esclamò innocentemente Draco, facendo un altro gesto di benvenuto a Terry Boot, Mandy McTass e Lisa Turpin. Erano tutti in pigiama e Terry era in testa, mentre Lisa e Mandy stringevano quaderni al petto. Draco rivolse loro un sorriso. "Stavo spiegando a chi è già arrivato che ho cercato di invitare Hermione Granger alla nostra piccola riunione."

"Beh... di certo sarebbe una grande idea. E' la studentessa più in gamba della scuola," notò Terry. I suoi occhi aleggiarono per la stanza, e ovviamente videro Harry, ma non fece alcun commento.

Mandy e Lisa si separarono entrambe da Terry e andarono a sedersi sul letto con Harry e Calì.

Meraviglioso, pensò Harry. Proprio quando comincio ad essere attratto da un ragazzo, mi ritrovo su un letto circondato da ragazze in pigiama.

"E' bello vederti qui, Harry," disse Lisa, che conosceva appena.

"Ehm, grazie," rispose.

Nel frattempo Draco aveva messo il broncio. "Granger non è poi così in gamba," brontolò. "Comunque, io le ho chiesto di venire. Non è colpa mia se ha, ehm, equivocato il mio invito."

Tutti nella stanza rimasero divertiti o allibiti. Harry sobbalzò.

"Lei cosa? Non mi ha detto niente!"

"Non c'era bisogno che chiedesse protezione ai suoi uomini," disse Draco sarcastico.

Pansy rise sommessamente. "L'ha colpito," disse a tutti deliziata. "Gli ha dato uno schiaffo in pieno viso."
"Oh no, di nuovo," esclamò Harry. A quel punto anche Pansy e Zabini rimasero esterrefatti.

Draco si fece leggermente rosa. "Ci tengo a precisare che ero giovane, e non ancora così affascinante."

"Sì," disse Harry. "Pare che sia rimasta molto colpita dal tuo attuale livello di fascino maturo."

Pansy e Calì risero entrambe, e Terry Boot abbozzò un sorriso.

"Stavo semplicemente spiegando come mai Granger non ci ha graziati con la sua presenza."

"Perché non l'hai spiegato a lei?" chiese Terry pragmatico.

Pansy roteò gli occhi. "Qualcuno deve aver pensato che fosse troppo divertente, vero? Essere inutile."

"Infatti è divertente," s'intromise Zabini. "Immaginatevi Granger che pensa che Draco sia sopraffatto dal desiderio per lei."

"Penso che potrei esserlo," disse Draco con tono introspettivo. "Mi piacciono le ragazze che hanno carattere."

"Ora basta, Draco," disse Harry.

Draco guardò verso di lui. Harry ricambiò lo sguardo. E' Hermione, quindi non è divertente, e a differenza di Zabini io non farò marcia indietro neanche tra un milione di anni.

Neanche Draco abbassò lo sguardo. "Oppure non si accorgerà mai della passione dirompente tra di noi," disse piano. "Per quanto ciò sia tragico. Ah, è arrivato il contingente Tassorosso."

Susan Bones si infilò nella stanza, avvolta da una camicia da notte a fiori aderente. Si guardò intorno come se fosse stata nella gabbia dei leoni, poi Draco le sorrise. Lei ricambiò il sorriso timidamente.

"Dov'è Smith?" chiese Zabini dalla sua poltrona.

"Non viene," disse con calma. "Mi dispiace. Ha detto che non era sicuro su Malfoy."

Vide Harry e le altre ragazze e li raggiunse più in fretta che poté. Harry Potter, beato tra le donne, cominciava a pensare che il destino gli stesse facendo uno scherzo.

"Bene, perfetto. Possiamo cominciare," disse Draco, e sollevò la sua bacchetta. Strinse appena le labbra quando aggiunse, "E poi non mi è mai piaciuto tanto, quello Smith."

Blaise e Pansy sospirarono rumorosamente all'unisono. "E tutti sappiamo perché, tra l'altro," osservò Pansy.

Draco si intestardì. "Non mi piacciono le persone bionde."

Pansy evidentemente l'aveva già sentito, ed era affettuosamente esasperata. "Draco, non ti ha rubato l'idea. Non hai il copyright sul biondo."

"Al contrario," disse Draco. "Sono certo che la mia famiglia abbia depositato i diritti intorno al 1600. Se solo trovassi i documenti, quel parvenu la pagherebbe cara."

Stavolta risero tutti. Harry si guardò intorno e capì che Draco stava aspettando proprio quel momento per cominciare ad occuparsi di cose serie. Tutti erano a loro agio e si godevano la compagnia.

Era stata una performance davvero degna di lode.

"Lasciate che metta in chiaro alcune cose," continuò Draco, cambiando argomento. "Ho invitato tutti voi e ho dato la parola d'ordine di Serpeverde a chiunque ne avesse bisogno, dicendovi solo che volevo discutere di alcuni eventi. Tutti voi dovete essere pieni di domande...  tutti tranne quelli che hanno pensato che stessi proponendo dei favori sessuali, ovviamente."

"Perché, non è così?" chiese Pansy. "Ok, me ne vado."

Draco rise e finse di spingerla sulla sedia di fronte a quella di Zabini. Lei mise una gamba sul bracciolo.

"La versione ufficiale è che tutte voi ragazze siete state invitate ad un pigiama party nella stanza privata di Pansy, mentre i ragazzi ne stanno facendo uno nella mia. Certamente la gente sospetterà che ci sia una certa promiscuità, ma questo non farà che rendere la cosa più interessante e procurarci l'invidia dei nostri compagni." Draco scoccò un sorriso malizioso. "Nessuno dovrà mai venire a conoscenza della tremenda verità, ossia che Harry si è fregato tutte le ragazze."

Harry si guardò intorno sul letto. "Quale vuoi?" chiese. "Ne ho una vasta scelta."

Calì ridacchiò e gli diede un pugno sul braccio.

Draco parlò pieno di sentimento. "Devo sceglierne solo una? Le cose si dividono con le persone a cui si tiene, Harry. Dovresti tenerlo a mente. Ora, qualcuno ha domande sugli alibi?"

"Io," disse Zabini. "Dov'è il tuo pigiama?"

Naturalmente a Harry non era mai piaciuto Zabini. Passava il tempo a fare domande private e offensive.

"Scusatemi," disse Draco in modo molto aristocratico. "Non sono proprio riuscito a cambiarmi prima dell'arrivo degli ospiti. Ero in compagnia."

"La cosa non ti ha mai fermato," osservò Zabini.

Draco guardò Harry e sogghignò. "Ero in compagnia speciale."

"Basta con la falsa modestia," disse Zabini. "Sul serio, disapprovo l'abitudine maschile di dormire vestiti."

Magari Draco aveva ragione, e Harry in effetti avrebbe dovuto accorgersi prima di Zabini.

"Dacci un taglio!" intervenne fortunatamente Pansy.

Tutti risero di nuovo, con molta naturalezza.

"Siamo qui," proseguì Draco, "perché pensavo che fosse una buona idea organizzare un gruppo formato da membri di ogni casa in cui condividere segreti e preparare piani, non solo portando al minimo le possibilità di interferenza della spia, dato che potrebbe essere uno di noi, ma anche senza l'autorità dei professori."

"Già, Potter," disse Zabini beffardo. "Stiamo parlando di infrangere le regole. Sicuro che non vuoi dartela a gambe?"

Harry rise, sinceramente sorpreso. "Beh, ora so per certo che non sai proprio niente di me, Zabini."

Vide Susan Bones un pochino spiazzata da tutto quel parlare di infrangere le regole, così le sorrise con aria rassicurante. Lei gli sorrise a sua volta, più sicura.

"Non si tratta solo di infrangere le regole," continuò Draco. "Possiamo anche fare cose moralmente discutibili che il professor Lupin non può appoggiare apertamente. Io non ho alcuna remora morale, e sono pronto a mentire, imbrogliare e rubare pur di danneggiare il Signore Oscuro."

I Serpeverde nella stanza annuirono, insieme a Terry Boot, ma Harry si guardò intorno sul letto e vide sguardi esitanti, finché non annuì anche lui. A quel punto anche Calì e Susan annuirono.

"Inoltre possiamo puntare il dito contro chi sospettiamo di essere la spia, e indagarli, anziché seguire questa politica del fingere di fidarci tutti, cercando disperatamente un indizio a caso. Possiamo puntare il dito persino contro i professori. E ovviamente," concluse Draco grandiosamente, "ho un ultimo argomento per convincervi a prendere parte a queste riunioni."

Aprì il suo armadio. Su un'anta era fissato un blocchetto della misura di un calendario, da usare chiaramente come lavagnetta. Draco lo indicò con la bacchetta e una certa quantità di orgoglio.

"Penso che sembri molto ufficiale adesso," disse. "Ora, facciamo qualche nome. Scusa, Calì... Padma Patil."

Calì si raddrizzò accanto a Harry. "So perché lo pensi," disse, "ma conosco mia sorella. E' impossibile. Non è lei."

Gli occhi di Draco erano freddi. "Chiunque sia la spia," disse dolcemente, "ha qualcuno che crede in lui o lei. Che si fida ciecamente, senza sapere di essere tradito."

"Non Padma," insisté Calì.

Draco sorrise. "Allora proviamo la sua innocenza, va bene, tesoro?"

Scrisse ‘Padma Patil' sul blocchetto. Calì stava ancora tremando in atteggiamento di quieta sfida al fianco di Harry.

"E tu?" chiese. "Molti sospettano te."

Pansy si tirò su all'istante. "Senti, piccola..."

"Shh, Pansy," disse secco Draco. Si girò e scrisse il proprio nome. Harry notò divertito che lo scrisse con una grafia molto più bella di quella che aveva usato per il nome di Padma, e aggiunse un ghirigoro ricurvo alla ‘y'.

Evidentemente essere sospettato di azioni malvagie andava bene, se lo si faceva con stile.

Calì era ancora un po' scossa, e stava iniziando a contagiare le altre ragazze sul letto. Susan si tese e strinse il gomito di Harry: quando la guardò stupefatto, la sua espressione era una richiesta di rassicurazione urlata.

Non guardò verso Terry Boot, ma sembrava che l'incertezza non fosse limitata al letto.

"In questa caccia alla spia non possiamo dimenticare che la minaccia definitiva è Voi-Sapete-Chi."

"Non l'ho dimenticato," tagliò corto Draco.

"Allora... come possiamo dar fastidio a lui con questo gruppetto?"

"Perché, tu cosa suggerisci di fare?" chiese Pansy, simile a un cagnolino aggressivo e pronto ad attaccare. "Starcene qui seduti ad aspettare che ci prenda uno per uno? Piano geniale!"

Draco spostò rapidamente lo sguardo dall'uno all'altra. "I Corvonero sono rinomati per i loro piani geniali," strascicò.

Terry fissò incredulo Pansy. "Non stavo attaccando..."

A Draco serviva un po' d'aiuto.

"Un gruppo può fare la differenza per Voldemort," disse Harry, e improvvisamente calò il silenzio. Harry vide le labbra di Blaise Zabini curvarsi per quel commento da eroe solenne, e decise di metterlo a tacere. "Anche se, ovviamente, potrebbe essere troppo per i nervi di Draco."

Pansy e Zabini parvero entrambi a un passo dall'omicidio.

Draco colse la palla al balzo. Era ridicolmente altezzoso. "Se ti riferisci a quella volta in cui avevo undici anni e rimasi un tantino scosso dalla visione del Signore Oscuro che bevevo sangue di unicorno, decidendo di effettuare una ritirata strategica..."

"Ritirata strategica durante la quale corresti gridando come una donnicciola," disse affettuosamente Harry. Susan rise nervosa.

"E' il poco conosciuto urlo di battaglia dei Malfoy," spiegò Draco. "Causa di innumerevoli equivoci. Dovremmo proprio cambiarlo."

I Serpeverde si rilassarono. Ovviamente l'attacco gli andava bene, ma solo finché sentivano che Draco non era minacciato. E gli altri risero, e smisero di sembrare minacciati anche loro.

"Oh, ne sono certo," disse Harry.

"Beh, io sono certo che tutti adoreremmo un discorso valoroso. Tanto alla fine ognuno di noi avrà il suo momento col blocchetto e la bacchetta," disse Draco, mettendo in chiaro con discrezione che non ci sarebbe stato alcun leader. Poi porse la bacchetta a Harry con un inchino. "Coraggio allora. Ti va?"

Harry alzò le sopracciglia. "Perché no."

Prese la bacchetta e si alzò in piedi, ignorando l'improvvisa sensazione di goffaggine e panico. Era troppo importante.

Draco prese posto sul letto, su cui a quel punto c'erano rappresentanti di ogni casa.

Draco si guardò intorno con una malizia incredibile. Le ragazze parvero divertite e Calì, che ora si era calmata del tutto, gli restituì l'occhiatina. Draco le mise un braccio attorno alle spalle, e Harry soppresse un fremito di... qualcosa.

Lo stava solo stuzzicando. Harry non voleva che gli si mettesse un braccio attorno al collo come a una dannata ragazza. Harry non sapeva cosa volesse.

Comunque.

Si dette una calmata. "Ho ottenuto ottimi risultati con due persone, quando ero molto più giovane di adesso. Non serve a niente parlare di ciò che non abbiamo e di ciò che non possiamo fare. Dobbiamo racimolare le nostre risorse e ottenere tutto il possibile."

Susan e Calì annuirono impressionate, e i Corvonero erano pensierosi ma quasi convinti.

Harry sperò che Draco avrebbe persuaso i Serpeverde.

"Certe volte bisogna agire fuori dalle regole. E bisogna lavorare insieme," disse Harry lentamente, cercando di mettere in parole una cosa che gli era appena venuta in mente, col timore di poter sbagliare qualcosa. "Il Cappello Parlante parlava sempre dei diversi punti di forza di ciascuna casa. Dobbiamo combinarli, così potremo essere più forti... e più efficienti."

"Così potremo annientarli." Blaise Zabini sembrava contento. Lui e Draco si scambiarono un'occhiata fugace e fiera, poi Draco tornò a guardare Susan Bones.

"Certo, il punto di forza dei Serpeverde sono i piani astuti. Ma l'avrete già notato." Draco prese un cuscino, ne sfilò abilmente la federa e se la mise in testa. Poi agitò le mani. "Uuhh," disse, senza espressione. "Sono un Dissennatore."

Risate tutt'intorno.

"Uno dei piani più astuti di Draco," concordò Harry solennemente. "Peccato che sia miseramente fallito."

Draco si tolse la federa dalla testa, si aggiustò i capelli arruffati e rivolse un sorriso a Harry.

"Ah, ma è successo perché non avevo tutti i dati necessari," disse. "Per questo ci servono i Corvonero."

Mandy e Lisa alzarono lo sguardo da ciò che stavano scrivendo e sorrisero entrambe. Draco guardò verso Terry Boot, seguito dagli occhi di Harry.

Terry sembrava interessato. "Vai avanti, Harry," disse. "Ti ascoltiamo."

*

"Non è che abbiamo concluso molto," mormorò Harry.

"L'obiettivo di questo incontro non era l'azione, ma l'organizzazione," mormorò a sua volta Draco. "E tu hai fatto un ottimo lavoro, Potter. Sei stato grande."

"Figurati. Non sei l'unico a dover pareggiare i conti."

La riunione era finita alle due e mezza del mattino, dopo che erano stati assegnati tutti i posti per dormire. Il letto era stato immediatamente dichiarato a gran voce proprietà delle ragazze, anche se Draco ci era rimasto un po' male.

"Ma è il mio letto," aveva osservato con tono malinconico.

"Dunque, visto che sei l'ospite, lo cederai alle signorine costrette dal coprifuoco a restare nella tua stanza mal equipaggiata," gli aveva detto Pansy decisa. "Se le signorine ci staranno. Il tuo letto è abbastanza grande per cinque ragazze?"

"Non ho mai avuto modo di scoprirlo," aveva risposto Draco, col labbro tremolante. "Che vita triste e vuota, la mia."

Tutte le ragazze si erano sistemate sul letto, seppur con parecchie risatine e scalciate di gambe. Draco aveva sorvegliato l'intero processo con occhi sbarrati e terrorizzati. Nel frattempo, Blaise Zabini si era appropriato di due poltrone costruendosi un comodo giaciglio.

"Io devo dormire per terra?" aveva detto Draco, sconvolto. "Le conseguenze della virtù sono amare, e causano problemi negli anni a venire."

"Puoi dormire con me, se ti va," propose Zabini.

"Ah... no. Staremmo un po' stretti."

"Boot?"

Terry Boot l'aveva squadrato. "Mi va bene il pavimento."

"Beh, sia Tiger che Goyle romperebbero le poltrone e mi ucciderebbero. E tu non pensarci nemmeno, Harry Potter."

"Sta' tranquillo," aveva replicato Harry.

Zabini, sollevato su un gomito, gli aveva scoccato un'occhiata velenosa. Harry aveva ricambiato, e poi aveva guardato Draco, che li stava osservando con aria assorta. Tiger e Goyle erano dietro di lui come sempre, a guardargli le spalle a un passo di distanza. Draco si era voltato e aveva fatto un cenno col capo in direzione di Harry, intenzionalmente. Goyle si era spostato da lui e si era posizionato accanto al gomito di Harry.

Harry e Zabini avevano continuato a fissarsi.

"Per..." aveva detto irritato Zabini, prima di roteare gli occhi verso Draco. "Possiamo dormire insieme, Potter, se vuoi," disse, con l'intenzione di voler aggiungere ‘e se essere soffocato nel sonno è la tua idea di una bella dormita.'

"No, grazie, Zabini," aveva risposto Harry, con dolcezza. "Ma sei stato molto gentile a chiedermelo."

A quel punto il resto del gruppo era disteso per terra. Tiger e Goyle, due montagne che russavano, fungevano da parete per Terry Boot, e a dire il vero anche per il resto della stanza. Harry e Draco parlavano sussurrando.

"Solo una cosa," disse piano. "Alla prossima riunione voglio Ron e Hermione."

Era buio, ma la voce di Draco indicava che il suo viso si era teso in un'espressione sdegnosa. "Granger sicuramente," si affrettò a rispondere. "Ma non mi serve peldicarota."

"Beh, io ho sempre bisogno di Ron," gli disse Harry con voce bassa e determinata. "E' stato molto utile in passato, e penso che lo sarà ancora. E anche se non lo fosse... a cosa servono Tiger e Goyle?" Si fermò, e pensò all'implicito insulto a Ron. "E Pansy," aggiunse affrettatamente.

Quando molta gente aveva iniziato a teorizzare e accusare, l'unica persona che era rimasta in silenzio, oltre a Tiger e Goyle, era stata Pansy. Aveva aiutato Harry, ed era leale a Draco, e Harry era anche pronto ad apprezzarla, ma non pensava che avesse una mente molto analitica.

"E' diverso," ribatté secco Draco. "Sono miei..."

"E loro sono miei," gli disse Harry.

Ci fu una pausa. Harry udì un suono delicato che segnalava che Draco era rotolato accanto a lui, e quando parlò la sua voce era più vicina all'orecchio di Harry.

"Ok," disse adirato. "Porta pure i tuoi stupidi amichetti."

"Lo farò," ribatté Harry, e sentì un tocco di calore. La mano di Draco doveva essersi posata accanto al suo fianco, e ogni volta che Harry respirava c'era un minimo contatto tra le nocche di Draco e la sua anca.

Non era niente. Il contatto era quasi inesistente.

Harry parlò concitato, cercando disperatamente di distrarsi e lottando per mantenere stabile la voce. "Sapevo che avresti capito," disse pragmatico, lasciandosi sfuggire cose di cui si era reso conto ma che non aveva detto a voce alta, per la fretta. "Era... una cosa che mi mancava. Il fatto che tu capissi alcune cose."

Draco era a suo agio, sul punto di addormentarsi. Con quella voce assonnata sembrava facesse le fusa.

"Beh, tu hai capito cosa volevo per questa riunione."

Continua a parlare e non pensare. "So come pensi," ammise Harry, "e una volta capito quello, ho voluto rendermi utile. Mi sento meglio finché faccio qualcosa."

"Lo so. E la gente si fida di te, sa che farai qualcosa e la farai al meglio. Hai il potere di rassicurare gli altri. Mi serviva qualcuno che li compattasse."

"Però io allontanerei i Serpeverde, se tu ed io non..." Ci capissimo. "... andassimo d'accordo."

"E invece andiamo d'accordo. Possiamo creare la giusta atmosfera rilassata per farli lavorare insieme. E' così che va la politica."

Harry l'aveva già capito prima, ma la voce fredda di Draco lo disturbò un po'. Stava parlando come il figlio di Lucius Malfoy, il figlio di un perfetto politico corrotto.

"Non volevo usare la nostra amicizia per questi affari," sussurrò Draco con improvviso ardore. "Pensavo che non avrebbe avuto niente a che fare con questo."

E Harry si rilassò e si vergognò, perché Lucius Malfoy non aveva mai avuto il minimo scrupolo sull'usare la gente (innocenti di undici anni, il suo stesso figlio). E aveva ricordato una cosa che non avrebbe dovuto dimenticare.

"E' tutto a posto. Se vuoi puoi usarla. Mi fido di te."

Riuscì a percepire il sorriso nella voce di Draco. "L'ho sempre detto che sei un credulone."

"Non sono un credulone."

"Detesto dovertelo dire, ma l'unica altra opzione è stupido."

"Se avessi un cuscino, ti colpirei."

Draco gli diede un colpetto sul fianco. "Provaci, Potter."

Harry si girò sul fianco per proteggersi e restituì il colpo a Draco, ma a un certo punto si ritrovò con la mano sul corpo di Draco e e il suo respiro caldo sul viso e Harry, così diventi matto.

"Ho bisogno di dormire, sai? Lavorare al posto tuo può stancare."

Draco rise affettuosamente. Anche se stavano succedendo cose strane nel petto di Harry, e respirare era diventato molto difficile, e la mano di Draco che era ancora ferma contro il suo fianco era come uno scherzo dell'intero universo, lui era felice.

"Buonanotte, Harry."

*

"Malfoy ti ha invitato nella sua stanza e tu non mi hai detto niente?"

Harry guardò Ron con un po' di preoccupazione. Andava avanti e indietro sul pavimento freddo della Guferia, e sembrava sul punto di avere un colpo apoplettico.

"Certo che no," rispose Hermione. "Gli avevo già dato uno schiaffo, tu l'avresti ucciso e saresti finito in un mare di guai."

"Non l'avrei... e va bene, l'avrei ucciso, perché no? Sei la mia ragazza!" esplose Ron. "Non si può andare in giro a fare cose come, che so, proposte indecenti alle ragazze altrui!" Dopo aver detto ‘proposte indecenti', le orecchie di Ron si erano fatte rosse. Harry suppose che anche Ron ne era consapevole, e la cosa lo rendeva ancora più infuriato. "Comunque," aggiunse in tono truculento, "a chi mancherebbe?"

"A me," disse piano Harry.

"Harry, amico," disse Ron. "So che hai avuto un'infanzia di merda, e che magari ti ha distrutto il cervello, così ti perdono per le cose folli che dici. Ma Hermione..."

Hermione stava di nuovo guardando fuori da una delle finestre senza vetri, con gli occhi che le bruciavano per il vento. Si voltò verso Ron con un'aria piuttosto desolata.

"Beh, alla fine è andato tutto bene, no?" chiese, cercando evidentemente di mettere a fuoco. "Hai sentito Harry. Malfoy non voleva farmi una proposta, stava cercando di reclutarmi per questo pericoloso gruppetto di vigilanti."

"Questo non è giusto, Hermione," disse Harry. "Sai bene che, se Lupin non avesse creato il Giovane Ordine, saresti stata la prima a pensare ad una qualche organizzazione per renderci utili."

"Può essere," rispose seriamente Hermione, "ma il professor Lupin ci ha pensato per primo, e non vedo l'utilità di mettere in piedi una specie di banda cospirativa. Il professor Lupin sta facendo un lavoro meraviglioso..."

"Ma certo!" esclamò Harry. "Solo che la gente continua ad essere rapita, e Lupin è un professore, non può autorizzarci ad aggirarci per la scuola o a infrangere le regole. E questa... banda cospirativa, se vuoi, potrebbe davvero aiutare le case a comprendersi l'un l'altra. La scorsa notte eravamo quasi tutti affiatati."

Ron parve irremovibile.

"Io non voglio comprendere Malfoy," disse in tono piatto. "Credo che darei di matto in un secondo. E questo gruppo è un'idea di Malfoy, il quartier generale è la stanza di Malfoy, e io non voglio averci niente a che fare!"

"Ron, so come ti senti," saltò su Harry. "Non ti sto chiedendo di fartelo piacere. Ti sto chiedendo di dargli una possibilità."

Ron arrossì nuovamente.

"Senti, Harry... Hermione ha ragione. C'è il Giovane Ordine. Non sento il bisogno di immischiarmi con Malfoy e so che è tornato tuo..." Ron fece una smorfia "amico, e che hai fatto pace con lui dopo un litigio avvenuto sicuramente per colpa sua, per cui non penso che tu sia molto obiettivo su questa situazione."

Harry balzò via dalla parete.

"Non lo sei neanche tu," sbottò. "Non è stata colpa sua. Non capisci..."

"Per favore!" si intromise Hermione con voce affranta. "Vi prego! Non litigate. Non lo sopporto, il resto è già abbastanza. Non potremmo semplicemente starcene seduti ad aspettare quell'uccello del cavolo?!"

Restò in piedi con un'espressione glaciale, tesa e infelice, le ciocche di capelli che volavano per il vento freddo. Hermione non diceva mai parolacce.

Ron sospirò e si infilò le mani in tasca, raggiungendo la finestra per starle accanto.

"Ok," disse con voce agitata, ma prendendole le mani gentilmente e accarezzandole tra le sue. "Per lui non ne vale la pena."

"Io credo di sì," disse Harry sommessamente.

Hermione fece un verso molto simile a una risatina. "Lo sappiamo, Harry," gli disse. "Solo... basta parlarne. Per ora."

"La smetto se mi prometti che parlerai con Calì," insisté Harry. "O con Terry Boot. O chiunque altro. Pensaci, almeno."

Hermione non era soddisfatta, ma annuì con riluttanza. Lei e Ron restarono vicini davanti alla finestra, rabbrividendo leggermente.

"Fa freddissimo," disse Hermione. "Spero che il tempo si aggiusti per giugno."

Siamo quasi a giugno. E se la spia non verrà catturata, o entrerà nella società come membro fidato del vero Ordine e tradirà gli altri, oppure resterà a Hogwarts con nuove persone nel Giovane Consiglio e Hogwarts verrà decimata.

Harry aveva pensato che fosse l'occasione perfetta per cercare di convincere Ron e Hermione. Era sabato e molti erano a Hogsmeade, così loro erano rimasti ad aspettare nella Guferia come ordinato da Silente.

I professori erano tutti molto impegnati in quel periodo, ed era indispensabile che qualcuno ricevesse il gufo di Giunone McGranitt il prima possibile. Hermione stava prendendo molto sul serio quella responsabilità.

Col senno di poi, probabilmente non era il momento migliore. Anche Harry era un po' agitato per quel gufo.

"Se la sorella della professoressa McGranitt dice di no..." disse infine Ron, con la sua malaugurata abitudine di dire cose a cui gli altri cercavano di non pensare.

"Deve dire di sì!" replicò Harry con violenza. "Vuole giustizia per sua sorella, no?"

"E' solo che alcune streghe anziane sono molto conservatrici," lo avvertì Ron. "E questa cosa è piuttosto sperimentale."

Hermione si consolò spiegando ciò che sapeva, e il suo corpo si rilassò mentre parlava. "E' lo stesso principio dell'Incantesimo Reversus," disse seriamente, come se il problema si sarebbe risolto se fosse riuscita a convincere Ron e Harry. "Solo che invece di mostrare l'ultimo incantesimo eseguito da una bacchetta, si dovrebbe poter vedere quale bacchetta ha eseguito l'ultimo incantesimo sull'oggetto... in questo caso sul..." SI fermò e deglutì, e poi disse ‘cadavere' in tono frettoloso e ferito. "C'è un margine di errore," disse di sfuggita, "ma potremmo davvero risalire all'assassino. Deve capirlo."

Un pensiero stava prendendo forma nella mente di Harry, oscuro e ineluttabile.

Bisogna eseguire l'incantesimo, pensò, che lei voglia o no.

Non poteva chiedere a Ron e a Hermione di farlo. Infrangere le regole andava bene, eseguire incantesimi sperimentali sul cadavere della professoressa McGranitt... no. Ma lui l'avrebbe fatto.

Lui e Draco l'avrebbero fatto. Se ce ne fosse stato bisogno.

I suoi pensieri furono interrotti da un battito d'ali proveniente dall'alto. I gufi volarono dentro e si sistemarono sul davanzale accanto a Ron e Hermione.

Forse sarebbe andato tutto bene. Hermione stava già slegando le lettere, magari avrebbe aperto quella indirizzata a Silente e avrebbe mandato all'obitorio del San Mungo il gufo col permesso del parente più vicino.

Hermione era agitata. Si tolse i capelli dal viso in due mosse concitate. "Ron, Harry, sono entrambe indirizzate a Silente... cosa devo fare?"

Fu Harry a rispondere, assolutamente certo. "Aprile tutte e due. Non c'è tempo da perdere."

Hermione aprì la prima con mani tremanti. Ron le strinse le spalle finché le nocche non gli divennero bianche, ma lei non sembrò far caso a quella stretta troppo forte. Dette un piccolo grido di sollievo una volta esaminato il contenuto.

"E' da Giunone McGranitt... ha detto di sì! Perfetto. Ron, fa' presto, prendi dalla mia borsa una busta, una piuma e un po' di pergamena..."

Harry non seppe mai cosa lo spinse a parlare. "Hermione... cosa dice l'altra lettera?"

Hermione la aprì in fretta, distrattamente, mentre Ron li raggiungeva con la borsa tra le mani. A quel punto le dita di lei tremarono di nuovo, e la lettera le cadde dalle mani.

Anche la borsa cadde da quelle di Ron. Hermione si inginocchiò e prese la lettera, frugando attentamente tra la paglia e gli escrementi dei gufi. Quando alzò gli occhi, il suo viso era molto pallido.

"Cosa dice?" chiese Harry. Aveva la bocca secca.

Persino le labbra di Hermione erano pallide. "Qualcuno l'ha preso," disse. "Qualcuno ha preso il cadavere della professoressa MaGranitt. L'hanno rubato proprio dall'obitorio del San Mungo... Dio sa cosa le hanno fatto... non volevano che scoprissimo niente e noi non scopriremo niente!"

Si alzò in piedi, le mani praticamente elettrizzate, sul viso quell'espressione feroce e tesa che Harry aveva visto solo poche volte, che l'aveva sempre messo in allarme e che gli faceva sentire di averla sottovalutata. Qualcuno, suggeriva il suo atteggiamento, l'avrebbe pagata cara.

Stavolta Harry era pienamente d'accordo. Qualcuno avrebbe pagato.

Tuttavia le sue parole lo sorpresero. "Avremmo dovuto farlo immediatamente," disse Hermione furiosa. "Voi-Sapete-Chi e la sua gente non si curano affatto della legge, giusto? Avremmo dovuto prevedere cosa sarebbe successo se avessimo rimandato. Non avremmo dovuto pensare a questo stupido..."

Per un terribile istante, Harry pensò che Hermione si sarebbe messa a piangere. Poi lei cominciò a correre verso la porta.

"Harry, dov'è Malfoy?" domandò. "Voglio unirmi a questo stupido gruppo! Farò tutto il possibile. Presto, andiamo a Hogsmeade!"

Il suo mantello divenuto un turbine segnalò che si era fiondata giù per le scale. Harry guardò verso Ron, che era afflitto fuori quanto lui lo era dentro, ma che sembrava ancora aver bisogno di essere convinto.

"Beh," disse, "non la lascerai mica andare alle riunioni nella stanza di Draco senza di te, no?"

La seguirono.

*

Incontrarono il professor Silente e Lupin e li misero al corrente della cosa prima di muoversi. Tra quello e la camminata per Hogsmeade, Hermione si calmò. Ormai erano tutti abituati ad assorbire gli shock e andare avanti.

Niente la faceva vacillare. Harry era disperatamente orgoglioso di lei.

Cercarono in molti negozi, e trovarono i Serpeverde ai Tre Manici di Scopa. Tiger e Goyle stavano mangiando qualcosa, Draco e Zabini avevano dei drink mezzi vuoti e Pansy stava mangiando una grossa coppa di gelato al cioccolato. Nonostante tutto, Harry sorrise quando vide Draco cercare di rubargliene un po'.

Pansy lo colpì sulle nocche col cucchiaio. "Draco, se tocchi di nuovo il mio gelato ti lancio un incantesimo," lo avvertì. "Sono una donna. Quello è cioccolato. Qual è la parte che non ti è chiara?"

Hermione raggiunse decisa il loro tavolo.

"Malfoy," disse. "Voglio parlare con te."

Pansy le rivolse un'occhiata disgustata oltre la sua spalla. "Ma guarda," disse. "C'è un gruppetto di Grifondoro affamati. Dai, Blaise, andiamo a bere qualcosa di pesante. Draco, non toccare il mio gelato."

Lei e Zabini si alzarono e se ne andarono spingendoli. Draco alzò gli occhi e li spalancò, come se solo allora si fosse accorto della loro presenza.

"Granger," disse. "Che piacere. Se sei qui per chiedermi se l'offerta è ancora valida..."

"Smettila, Draco," disse Harry.

"Qualcuno ha rubato il cadavere della professoressa McGranitt," gli disse brevemente Hermione. "Non possiamo eseguire l'incantesimo. Dimmi di questo tuo gruppo."

"Qualcuno ha fatto cosa?" All'improvviso gli occhi di Draco si strinsero e divennero gelidi.

"L'ha rubata," disse Harry. "E qualcuno la pagherà."

Sul viso di Draco si accese una scintilla che Harry non aveva visto nell'ira di Hermione, qualcosa di spaventoso e fiero, e fu come se qualcuno gli avesse messo all'improvviso uno specchio davanti.

"Oh sì," rispose. Lui e Harry si scambiarono un sorriso, come una furiosa promessa.

Ron li riportò al pub e ai loro progetti.

"La pagheranno," disse tetro, sedendosi al posto di Pansy. "Entrerò nel gruppo se lo farà Hermione. Farò ciò che devo fare. Ma tu non mi piaci, Malfoy, e non mi piacerai mai. E non penso che sia una buona idea."

"Oh no, Weasleiuccio, non ti piaccio? Come farò a sopravvivere?" disse sarcasticamente Draco. "Assicurami la luce della tua divina approvazione dai capelli rossi, o deperirò fino a morire."

"Vaffanculo, Malfoy, non sei divertente."

Ron corrugò la fronte e schiacciò il gelato di Pansy maneggiando il cucchiaio con rabbia.

Hermione rimase in piedi con le braccia incrociate. "Dimmi del tuo gruppo, Malfoy," ripeté.

Draco si piegò in avanti. "Non è il mio gruppo," rispose. "Non sono il capo. Ho solo pensato che dovremmo cospirare insieme per catturare il nemico con ogni mezzo necessario. Hai qualche scrupolo su questo... o sul fatto di unirti a un gruppo creato da un Malfoy?"

Ron guardò il suo viso intento e parve poco colpito. Cominciò a mangiare il gelato al cioccolato di malumore, ma quando Hermione iniziò a parlare si rassegnò.

"Ci sto," disse.

"Anch'io, se ci sta lei," disse Ron fermamente, prendendo un'altra cucchiaiata. Draco parve infastidito, e Ron si assicurò che la cucchiaiata fosse bella grande.

Almeno stiamo facendo qualcosa, pensò Harry. Non è il massimo, ma stiamo facendo qualcosa. Guardò in basso verso Draco, e Draco annuì.

Hermione stava per accasciarsi, le sue energie l'avevano abbandonata. "Ci vediamo in biblioteca domenica per parlare del nostro progetto in comune," disse. "Ron, Harry, andiamo."

Era ora di andarsene, specie perché Zabini e Pansy stavano tornando al tavolo, e Harry non aveva voglia di vedere il suo migliore amico morire per mano di Pansy Parkinson.

Per qualche motivo temporeggiò mentre Hermione e Ron si giravano per andarsene, guardando quella testa biondo-argento piegata.

"Forse possiamo fare qualcosa," suggerì. "Dopo."

Draco lo guardò, e dopo un attimo sorrise. "Sono un po' impegnato," rispose. "Ma ci vedremo presto."

"Ok," disse Harry con riluttanza, e seguì Ron e Hermione.

Stavano per oltrepassare la soglia del pub quando udì Pansy esclamare, "Draco, come hai potuto?" Si sentì un rumore simile a qualcuno che colpiva la testa di qualcun altro con un cucchiaio.

"Ahi!" esclamò Draco.

Ron si rallegrò.

*

Harry prese accordi con Terry per incontrarsi in biblioteca alla stessa ora in cui si sarebbero incontrati Hermione e Draco, ansioso di scoprire se avrebbero cooperato sul serio.

Cominciò a stendere la pergamena su un tavolo nei paraggi ma non troppo vicino, mentre Hermione raggiungeva il tavolo che Draco aveva già preparato. Draco alzò lo sguardo verso di lei, con occhi raggianti.

"Non sei riuscita a starmi lontana?" chiese, la sua voce una carezza beffarda.

"Risparmiatelo, Malfoy," lo avvertì Hermione. "Harry mi ha spiegato tutto. Suppongo di dovermi scusare con te per aver frainteso le tue ragioni." Il suo tono indicava che non aveva alcuna intenzione di porgere delle scuse.

"Oh, non ci pensare," le disse cortesemente Draco. "A volte i desideri inconsci influenzano la percezione mentale."

"Per favore, non lusingarti. Possiamo metterci a lavorare, Malfoy, o devo..."

Draco, che evidentemente si stava divertendo, sfoderò il suo sorriso più provocante. "Vuoi darmi un altro schiaffo, Granger?"

"Forse," disse cupa Hermione.

Draco gettò i capelli all'indietro. "Fa' pure. Mi piace alquanto."

"Malfoy!" Hermione diventò scarlatta. Guardò in basso verso la pergamena e forse trasse forza da quella. "Malfoy, ti garantisco che ci saranno sempre innumerevoli persone disposte a prenderti a schiaffi. Possiamo iniziare a lavorare, adesso?"

Draco aprì un grande libro di incantesimi, facendosi serio e assorto. Harry rimase in attesa un altro momento, poi Terry Boot lo raggiunse con la borsa che pendeva da una spalla.

Harry distolse immediatamente lo sguardo verso il basso, terrorizzato al pensiero che il suo viso potesse tradirlo.

Quando sollevò gli occhi, Terry non sembrava aver notato niente. Prese della pergamena e una piuma dalla borsa e si sedette di fronte a Harry, chiaramente in cerca di qualcosa da dire.

Harry non era mai stato un tipo eccessivamente socievole, e tutto ciò che sapeva di Terry era che era timido e che non gli piaceva il Quidditch. Normalmente non avrebbe avuto niente da dirgli.

"Sei Caposcuola," disse.

Terry sbatté le palpebre e si scompigliò i capelli castani. Anche senza occhiali, Harry non aveva mai visto una persona più simile a un gufo angosciato. "Sì," disse, con voce misurata. "Da un bel po' di tempo, sai."

"Sì, sì. Ma sei un Corvonero," proseguì Harry. "E sei Caposcuola. Devi avere una certa autorità. Senti... quello che ha detto Draco è vero. Dobbiamo iniziare a cooperare meglio. Se la spia è uno studente, di certo sta sfruttando i pregiudizi contro le case. Nessuno vuole credere che la spia sia nella sua casa, e ovviamente è molto più facile sospettare di gente che non si conosce. E se la spia è un professore... ci troviamo in una situazione in cui è indispensabile lavorare insieme. Dobbiamo farlo assolutamente."

Se Sirius e Lupin non avessero sospettato l'uno dell'altro, Sirius non avrebbe mai riposto tanta fiducia in Codaliscia. E qui non si parla di poche persone... ma di un'intera scuola.

Terry aveva ancora un'aria angosciata. "Capisco cosa vuoi dire, Harry, ma... ecco. Sappiamo tutti che gli stereotipi sulle case non sono sempre veritieri. Insomma, non credo che si possa definire astuto Tiger, l'amico di Draco, e tutti penserebbero che Hermione sia una Corvonero. Ma ci sono... sentimenti diversi in ogni casa. I Corvonero fanno gruppo molto meno rispetto alle altre case. Noi tendiamo a decidere le cose e ad agire secondo giudizi individuali. Non penso che con quelli come noi si formino gli eserciti."

Harry guardò Terry, e provò una fitta di risentimento. Capisco cosa intendeva Draco, pensò. E' intelligente. Devono avere molte cose in comune.

Allontanò il pensiero perché era stupido. "Preferenze personali o meno," disse, "siamo in guerra. Io sto cercando di farlo capire agli altri. Draco sta facendo lo stesso. Lo capisci, no?"

"Sì," rispose lentamente Terry. "L'ho capito ieri notte. Draco è molto astuto."

"Ma non riusciremo a convincere una casa intera. Specialmente Draco. Dici che dipende dai giudizi individuali, ma tu devi avere una certa autorità. Per cui... spiega loro come stanno le cose, e lascia che ognuno si formi un proprio giudizio."

Terry era pensieroso. Harry guardò Hermione e Draco, che a quanto pareva si stavano sollazzando con delle rune antiche. Draco aveva quel suo sorrisino, quello che non serviva a fare effetto, e che nessuno avrebbe dovuto vedere.

Una spia ha ucciso i miei genitori. Deve solo provare - soltanto provare - a toccare i miei amici.

Terry giunse a una decisione. "Ci proverò."

Harry annuì. "Prova a riuscirci."

*

Era lunedì quando successe, e (giustamente) erano tutti a lezione di Pozioni. Il professor Lupin, il supplente migliore che mai fosse esistito, stava dispensando consigli su come prepararsi agli imminenti GUFO pratici di Pozioni.

"La cosa più importante," avvertì, facendo brillare i suoi occhi grigi in direzione di Neville, "è non farsi prendere dal panico."

Neville rise, un po' imbarazzato.

"La cosa più importante è assicurarsi che Granger sia seduta accanto a te, Paciock," disse sottovoce Draco.

Harry si girò e gli rivolse un'occhiata di rimprovero. Draco fece un gesto agitato.

"Beh, è così!" sussurrò. "L'ho vista mentre lo aiutava! E' sleale!"

"Io ti ho visto giocare a Quidditch," gli ricordò Harry.

"E' diverso," ribatté Draco sussurrando. "Stiamo parlando di Pozioni."

"Signor Malfoy, signor Potter," disse Lupin. "E' un immenso piacere dedurre che non vi accoltellerete alla prossima riunione del Giovane Ordine, ma dico sul serio, il vostro esame pratico è tra due settimane. Sono certo che la conversazione può attendere."

"Scusi, signore," replicò Draco, appoggiando il mento su un pugno e guardando indubbiamente Lupin con occhi grandi e limpidi. "E' stata tutta colpa sua. Mi influenza negativamente."

I Serpeverde ridacchiarono. Harry notò con piacere che Calì e Lavanda sorrisero quando protestò ridendo sopra il baccano, poi d'un tratto la porta si aprì, e un Serpeverde in miniatura corse nella stanza.

"Draco!" disse il piccolo Edmund Baddock. "C-cioè, Malfoy!"

Draco si voltò. "Spero sia una cosa importante, Baddock."

"Lo è!" Le parole di Edmund inciampavano l'una sull'altra. "Lo è, lui è... è tornato, Malfoy! E' tornato!"

Ci fu una pausa stupita. Poi Blaise Zabini strillò disordinatamente, si alzò e volò oltre la cattedra, mostrando dei pantaloni di pelle non proprio regolamentari, e scomparve oltre la porta.

"Signor Zabini," lo incalzò con calma Lupin, "Sono sicuro che quei pantaloni non sono..."

La sua voce si perse completamente nell'improvviso frastuono Serpeverde. Tiger si alzò, ribaltò la sedia, ci salì sopra e ruppe lo schienale. Se ne liberò e camminò deciso verso la porta, senza guardarsi indietro. Tutti gli altri si accalcarono verso la porta. Draco era davanti a tutti.

Scomparvero tutti in meno di un minuto.

"Potete andare," disse Lupin nella loro scia. Si girò e rivolse agli altri uno dei suoi sorrisi stanchi e gentili. "Avanti. Possiamo andare tutti."

Harry si assicurò che Ron e Hermione lo seguissero, anche se, una volta giunti nel corridoio, procedere diventò arduo. Sembrava che Hogwarts fosse improvvisamente e follemente piena di Serpeverde, una massa veemente, ribollente e brutalmente impetuosa di Serpeverde che cercavano di guadagnarsi la Sala Grande come lemming verso un dirupo.

Harry e gli altri arrivarono all'entrata della Sala Grande appena in tempo, prima della prima ondata. I Serpeverde si davano gomitate nello stomaco pur di arrivare per primi, ma in testa al gruppo c'era Pansy.

Pansy Parkinson, generalmente considerata una donnaccia dal cuore di pietra, la cui espressione abituale era il broncio, che si buttò sul professor Snape e gli gettò le braccia al collo.

"Professor Snape!" esclamò, "è tornato! E' tornato! Sapevo che sarebbe tornato!"

Poi lo baciò su entrambe le guance e scoppiò in lacrime.

"Una donna ha toccato volontariamente il professor Snape," disse Ron, esterrefatto. "Ok, ho visto tutto. Adesso posso morire."

Il professor Snape era assolutamente inorridito. "Signorina Parkinson, la prego di controllarsi," disse nel suo tono più severo. "Queste effusioni sono del tutto inappropriate."

Pansy lo lasciò andare controvoglia, facendo un passo indietro e soffocando un singhiozzo con la mano. Nessuno studente nella storia di Hogwarts, pensò Harry, poteva esser stato così felice di essere allontanato.

"Tocca a me," disse Blaise Zabini, intrepido.

"Non tocca a nessuno," disse acido il professor Snape. Guardò la folla impetuosa di Serpeverde che lo circondava. "A quanto vedo state tutti saltando le lezioni," disse. "Voglio sperare che non accada spesso. Malfoy?"

Draco era lì vicino a lui, e lo guardava negli occhi. Non sorrideva nemmeno. Era solo assolutamente rilassato, e luminoso. Era una cosa stupida e da ragazzina, ma Harry non poté fare a meno di guardarlo e pensare, è bellissimo.

"Sì, signore," disse Draco, la voce calma in superficie e ribollente in profondità, come se fosse sul punto di scoppiare a ridere deliziato.

La voce sgradevole e ruvida del professor Snape era ancora più secca del solito. "Per caso ha trovato il tempo, ogni tanto, di distrarsi dalla sua occupazione a tempo pieno di cura dei capelli per sincerarsi del benessere di questa casa?"

"Sì, è successo circa un mese fa," disse Draco schietto, "ma poi ho notato una doppia punta, professore, e ha assorbito ogni mia attenzione."

Era difficile notarlo, dato che il suo viso era mascherato da quei tratti sardonici e dietro quei capelli lunghi e unti, ma Harry pensava che il professor Snape avesse sorriso leggermente. "Non puoi portarteli nell'aldilà, Malfoy." (*nota in basso)

Draco sorrise, tutto il suo viso si illuminò. La sua voce fingeva ancora di essere indifferente. "Allora non ci andrò, signore."

Pansy continuava a singhiozzare.

"Oh, per... Prenda il mio fazzoletto, signorina Parkinson," disse Snape, estraendolo da una tasca. "Me lo restituirà. E interrompa immediatamente questa scena pietosa."

Lei annuì e sorrise in un modo allo stesso tempo estremamente vivace e ridicolmente afflitto.

Arrivarono i professori, che superarono Harry, Ron e Hermione e raggiunsero Snape. Lupin stringeva forte il braccio di Sirius e lo trascinava verso Snape. Offrì cordialmente l'altra mano a Snape.

"Professor Snape, sono sollevato quasi quanto i suoi studenti ora che è tornato sano e salvo," disse, sorridendo.

Snape gli scoccò un'occhiata cupa e sospettosa, ma accettò con prudenza la mano di Lupin e la strinse brevemente.

"E certamente il professor Black è..." Lupin agitò il braccio di Sirius per incoraggiarlo, forse un po' troppo forte.

Sirius lanciò un'occhiata truce a Snape. "Sono... contento del fatto che... non sei morto," disse a denti stretti.

Snape sogghignò.

"Che piacere vedere il mio staff cooperare così amabilmente," disse Silente col suo tono geniale e gentilmente ironico, raggiungendo Snape. Gli offrì la mano, e stavolta Snape la prese senza esitazioni. "Severus," disse Silente. "E' splendido riaverti fra noi. Sei mancato a tutti. Certamente in seguito avremo modo di parlare in privato dei tuoi viaggi indubbiamente preziosissimi."

C'erano persone, lì, che non facevano parte del Giovane Ordine, e che non avevano ancora dichiarato la loro alleanza ad un partito o all'altro. Non era prudente.

"Ci penseremo domani," continuò generosamente Silente. "Ora, credo che il tuo ritorno esiga dei festeggiamenti. Cosa ne pensano i tuoi studenti, Severus?"

*

"Stiamo veramente festeggiando il fatto che Snape è tornato a farci da professore. Abbiamo toccato il fondo," disse Ron, guardando stravolto la sua Burrobirra.

Madama Rosmerta era sorpresa ed eccitata. Il lunedì sera, pensò Harry, I Tre Manici Di Scopa doveva essere un mortorio, e invece ora tutta Hogwarts vi si era insediata ed esigeva da bere.

Era stata messa musica ad alto volume, e molti stavano ballando. Harry, Ron, Hermione e Ginny si erano presi un tavolino. Avevano ordinato tutti Burrobirra, ma Harry aveva pensato ad un'altra serata in quel pub, aveva sorriso malinconicamente tra sé e sé e aveva ordinato dell'idromele.

"Harry, non sei ancora maggiorenne!" sibilò Hermione appena Madama Rosmerta se ne fu andata. "E' contro la legge."

"In qualche modo sopravvivrò," disse Harry, e ne bevve un sorso.

Ginny rise. Era seduta sulla panca accanto a Harry, e Harry era felice che fosse lì. Sembrava davvero contenta per i Serpeverde, e che Snape fosse tornato.

"Guardali," disse, con un gesto. "Si sentono molto più al sicuro adesso, si vede. Sono così felice."

Harry le sorrise con gratitudine, e lei ricambiò il sorriso. Ovviamente lei provava ciò che avrebbe voluto provare lui, solo gioia piena, e in effetti lui era felice che Snape non fosse morto, ed era molto sollevato per Draco, ma... Beh. Aveva sempre odiato Snape, quello non era cambiato, e inoltre...

Si stava comportando in modo meschino, stupido e assurdo. Ma Draco non aveva mai sorriso così rapito a lui, e aveva cercato di parlare con Draco mentre stavano andando al pub e Draco non se n'era neanche accorto. Ovviamente era occupato... ma era tutto il fine settimana che era occupato.

Era seduto accanto al fuoco scoppiettante del camino, vicino alla sedia di Snape. In quel punto c'era un intero grappolo di Serpeverde che occasionalmente si alzavano per ballare o bere, ma che tornavano sempre alla base.

"Spero che il professor Snape abbia portato delle informazioni," disse a bassa voce Hermione, poi scosse il capo e cercò di distrarsi. "Ma guardate quella donnaccia di Pansy," disse. "L'ho beccata a comprare da bere ai ragazzi del primo anno."

Pansy, tutta tirata a lucido e apparentemente impegnata a dispensare minacce a chiunque nominasse il suo pianto di poco prima, stava camminando verso la sedia del professor Snape cercando di mantenere in equilibrio il suo grosso bicchiere in mezzo alla folla. Harry dovette ammettere che il suo abito nero era molto aderente e molto corto, cosa che evidentemente seccava Hermione.

Posò il drink su una mensola e scompigliò i capelli di Draco, che parevano dorati alla luce del camino. Draco spinse via la sua mano, ma le sorrise raggiante.

No, davvero, il suo vestito era troppo aderente e troppo corto. Comprendeva benissimo Hermione.

"I Serpeverde hanno tutti un aspetto ridicolo," convenne Ron. "Guardate Blaise Zabini."

Blaise Zabini, a quanto pareva, si era fatto molti bicchierini, e ora ballava euforico con chiunque riuscisse ad agguantare. Theodore Nott era traumatizzato.

"Io comunque penso sia bello vedere tutti così felici," insisté Ginny. "Ci sono fin troppi sentimenti negativi in giro."

Harry finì il suo idromele. "Sono d'accordo con Ginny," disse risoluto, e le mise un braccio fraterno sulle spalle. Poi fece cenno di portargli altro idromele.

Tutti si stavano rilassando, stavano festeggiando, non c'era nulla da fare e Harry aveva paura di pensare. Bevve il secondo bicchiere più veloce che poté.

Draco sollevò il viso verso il professor Snape, ancora raggiante, e disse qualcosa sottovoce, ma tutti intorno a loro si bloccarono, e Harry capì che doveva aver detto qualcosa di serio. Si tese e cercò di sentire meglio.

"Sì," disse Snape con la sua voce severa e risuonante.

"L'ho sentito. Sono rimasto quasi... sopraffatto dalla notizia. La professoressa McGranitt era una collega molto... valida, e non ha affatto giovato alla mia calma mentale sapere che è stata sostituita da una persona che considero non solo incompetente, ma pericolosa."

I suoi occhi neri guizzarono su Sirius, che era seduto a un tavolo con Lupin. Sirius saltò su e tutti i presenti trattennero il fiato, ma poi Lupin mosse in fretta la sua sedia così da bloccare Sirius tra il tavolo, la sua sedia e la parete. Sirius bofonchiò qualcosa per protesta, oltraggiato.

"Scusami, Sirius," disse Lupin, senza muoversi. "Ti do fastidio?"

Sirius bofonchiò ancora qualcosa, quindi tornò a sedersi e ordinò gridando un altro Firewhiskey. Draco guardò verso di lui, gli occhi duri, e Harry provò quella sensazione che per anni aveva dato per scontata... che lui e Draco erano in due mondi opposti.

Cercò di intercettare lo sguardo di Draco, ma non ci riuscì. Gli venne quasi da vomitare.

Quando ordinò l'ennesimo idromele, Ron decise di provarlo anche lui. Harry si rallegrò appena quando cominciarono una specie di gara, e successivamente ordinarono del Firewhiskey.

Tutti stavano bevendo un sacco. Il professor Snape aveva davanti una notevole collezione di bottiglie, perché ogni studente della sua casa sembrava deciso a offrirgli da bere.

Alla fine Hermione intervenne. "Ron," disse determinata, "sei ubriaco."

"No, no," rispose Ron con grande convinzione, tornando con altri due bicchieri di Firewhiskey. "Non sono ubriaco, sono del tutto..." Mancò la sedia quando si sedette, e guardò in su dal pavimento con uno sguardo perso e ferito. "Hermione," disse dopo un attimo, con suo grande stupore, "Mi sa che forse sono ubriaco. Hai sempre ragione."

Hermione lo cinse con un braccio e lo aiutò a rimettersi sulla sedia, ma senza lasciarlo andare. Ron, che evidentemente era aveva le sbronze sentimentali, (chi mai l'avrebbe detto...) si tese verso di lei e le sussurrò qualcosa nell'orecchio, prima di baciarla in quel punto. Hermione si rilassò un po' e si voltò verso di lui, i loro volti caldi e felici.

Harry attirò a sé entrambi i bicchieri di Firewhiskey.

Blaise Zabini era finalmente riuscito a trascinare Draco sulla pista da ballo, anche se continuava a sorvegliare il gruppo attorno a Snape. Eppure sembrava che si stesse divertendo, e ballava bene, leggero e fluido e flessuoso come un gatto, scivolando via dalla presa di Zabini come acqua, pur guardandolo con occhi luccicanti.

Poi si staccò con grazia da lui e tornò al gruppo, proprio quando Tiger si alzò dal sofà accanto alla sedia del professore. Draco occupò quel posto, tirando le gambe sul divano come un gatto contento.

Harry distolse lo sguardo disperatamente, e vide Ron e Hermione che sorridevano e si baciavano, così distolse lo sguardo ancora una volta.

"Mi fa davvero piacere che tu e Malfoy abbiate fatto pace," giunse la voce morbida di Ginny, che gli strinse la mano. Era un gesto carino di affetto, pensò Harry. La guardò sollevato. "So quanto eri triste dopo che avevate litigato. Malfoy ti ha chiesto scusa?"

Anche il suo calore e la sua comprensione erano carini. I suoi capelli rossi diventavano nitidi a tratti, una forma brillante e indefinita attorno a lei, ma il suo viso era gentile.

"Cosa ti fa pensare che non sia stato io a scusarmi?" chiese Harry.

Ginny lo fissò. "Non vedo perché avresti dovuto," disse. "Ti conosco. Non faresti mai del male a nessuno. Non credo che volessi far del male a Malfoy. E di certo lo sa anche lui. Chiunque ti conosca sa come sei fatto."

"Oh, Ginny..."

L'enormità del suo errore di valutazione rese Harry assolutamente incapace di contraddirla. Non voleva nemmeno farlo. Voleva che fosse così, voleva che Draco la vedesse in quel modo, voleva che Draco lo guardasse con occhi scintillanti di fiducia, anche se solo di quello.

"Harry, c'è qualcosa che ti turba?" chiese Ginny. C'era così tanta preoccupazione sul suo viso. Harry tentò di assorbirla. Era tutto un po' sfocato, e lui voleva disperatamente un po' di conforto. "Ne vuoi parlare?"

"No," mormorò, e si piegò in avanti senza esattamente volerlo e toccò le sua labbra con le proprie.

Ginny si fece in avanti e si sciolse immediatamente nel bacio, e Harry pensò che fosse un buon segno. Le mani di lei si mossero piano per posarsi sulle sue spalle e sulle sue costole, e Harry si ricordò che si era dimenticato di toccarla, e gli occhi di lei si chiusero, una frangia di ciglia rosse contro le guance lentigginose, e si accorse che aveva dimenticato di fare anche quello.

Spostò l'angolazione goffa del bacio, e si ritrovò a guardare oltre il suo orecchio.

Draco era ancora rannicchiato su quel sofà, e finalmente guardava dritto verso Harry. La luce era scomparsa dal suo volto, e lo fissava tetro.

Aveva gli occhi grigi e immobili. Tutto tornò nitido. La mano di Harry si sollevò per afferrare il mento di Ginny. Le tenne le dita sulla mandibola, per tenerla ferma, e incrociò lo sguardo di Draco.

L'espressione di Draco era illeggibile ma c'era, guardava Harry, lo guardava con attenzione. Il fuoco continuava a giocare sui suoi capelli e a farli sembrare d'oro, ma i suoi occhi restarono dov'erano, sbarrati e concentrati, e Harry baciò più forte e più a fondo, e...

Andò tutto in frantumi quando Sirius cercò di cantare l'inno del Puddlemore United.

Harry si tirò via, scioccato. Che cosa ho fatto?

E Ginny lo guardò, la bocca quasi graffiata e gli occhi enormi. E Draco distolse lo sguardo senza moine, voltandosi per parlare con Pansy.

"Noi siamo quelli in viola, e mai ci batterete!" urlò Sirius. "Noi siamo quelli in viola, il nostro capitano va sempre in rete!"
"Già, Sirius, molto carino," disse Lupin con pazienza. "Penso sia ora di tornare a casa. Così domani potrai ancora guardare in faccia i tuoi studenti," aggiunse sottovoce.

Tirò su Sirius dalla sedia, cercando di sostenerlo nonostante l'altezza, ma Sirius per poco non cadde sul tavolo di Harry. Harry cercò di spostarsi, ma era sul lato sbagliato della panca e ci arrivò prima Ginny, che sollevò Sirius più in fretta che poté.

"Ginny," disse Lupin con gratitudine, "ti ringrazio molto. Sarebbe orribile da parte mia strapparti da qui? Credo di aver bisogno di qualcuno per portarlo a casa. Ti prometto che non ci vorrà molto."

Ginny lanciò a Harry un'occhiata contrariata. Harry annuì con estremo vigore per incoraggiarla, così lei scivolò via dalla panca e se ne andò.

La loro uscita sembrò indurre gli altri professori a racimolare gli ultimi studenti. I Serpeverde erano particolarmente contrari all'idea di andar via, ma la maggior parte dei ragazzi (sotto il settimo anno, quindi decisamente minorenni) delle altre case avevano già risposto all'appello. Harry si rilassò, quasi certo che non avrebbero permesso a Ginny di tornare, e che anzi l'avrebbero mandata a dormire con le altre.

Cosa avrà pensato Draco? Oh, l'alcool era una brutta cosa. Ora lo capiva.

Harry sentì un braccio sulla spalla e una mano sugli occhi.

"Indovina."

Harry spinse via la mano e sorrise malizioso. "Draco," disse, girando il viso e sollevando una mano per toccare l'interno del braccio ancora posato sulle sue spalle.

Draco gli sorrise divertito. Gli occhi di Harry erano al livello della vena pulsante alla base del collo di Draco. Distolse rapidamente lo sguardo verso Ron, che si era districato da Hermione e sembrava sconvolto dal fatto che Harry stesse toccando Malfoy, probabilmente beccandosi ogni tipo di virus dai sotterranei.

"Ti abbiamo chiesto di unirti a noi?" disse.

"Come se io lo volessi," rispose Draco, in tono ancora leggero e giocoso. "Voglio solo prendere in prestito Harry. Ho bisogno di lui." Abbassò la voce e si rivolse a Harry. "Ehi," disse. "So che non ti piace eccetera... ma il professor Snape è sbronzo marcio, e tutti i nostri si stanno divertendo. Ti dispiace aiutarmi a portarlo fuori?"

"No, figurati," gli disse Harry.

Draco si alzò, un'ottima idea dato che il suo corpo aveva scaldato la schiena di Harry, e lui era già abbastanza confuso.

Aspettò fuori dal gruppo dei Serpeverde mentre Draco faceva alzare Snape e lo portava via da lì, in un coro di proteste e addii.

"Tornerò," promise Draco oltre le sue spalle. "Prendetemi da bere e riservatemi un ballo."

"Chi è che deve riservarti un ballo?" chiese Zabini.

Draco ammiccò. "Tutti, ovviamente. Chi altri, se no?"

Harry afferrò l'altro braccio di Snape ed uscirono dalla porta.

"Che balordo, quel Black," osservò ad alta voce Snape. "Tale padrino, tale figlioccio."

Non fu una gran sorpresa che Snape fosse un tipo da ubriacatura crudele.

"Non si preoccupi, signore," disse allegro Draco. "Gli ricorderemo l'inno dei Puddlemore United per settimane, dopo stasera. Vedrà, sarà divertente."

Snape si illuminò. Harry strinse i denti e spinse. Snape, nonostante fosse sciupato come un avvoltoio denutrito, era alquanto pesante. Harry la prese come una punizione divina. Hai baciato Ginny Weasley? Ti tocca portare Snape sul groppone per l'eternità. O qualcosa del genere.

Erano quasi arrivati ai cancelli di Hogwarts quando Snape inciampò e, nonostante i loro sforzi, cadde a terra.

Guardò Draco attraverso occhi neri e affilati.

"Questo... questo è bene che rimanga tra le mura della Casa di Serpeverde," disse, pronunciando male le parole. "O verranno tolti punti. Dimin-diminuisce il rispetto, vedere il proprio insegnate..."

Draco gli strinse gentilmente un braccio. "Non si preoccupi, la rispetto ancora più di chiunque altro, professor Snape. A parte mio padre," aggiunse. "Siete i miei modelli," aggiunse in tono di incoraggiamento. "Riesce ad alzarsi, adesso?"

Qualcosa oscurò il viso a uncino di Snape. "Lucius Malfoy," disse, con un che di velenoso che di solito riservava a Harry. "Draco, tu non... non devi seguire l'esempio di tuo padre. Né il mio." La sua bocca tornò alle solite linee acide.

Draco si inginocchiò e cercò di risollevarlo. "Ma io voglio," disse, con dolcezza. "Certo che voglio. Chi altro potrebbe rappresentare un modello decente? Ci siete solo lei e mio padre."

La testa barcollante di Snape colpì la spalla di Draco, ma si rialzò. "No," disse, con voce dura. "Puoi fare di meglio." Poi guardò truce Harry attraverso i suoi capelli unticci, e fu distratto. "Che cosa stai guardando, Potter? Cosa ci fai qui, soprattutto?"

"Mi creda, me lo chiedo anch'io," rispose Harry, e tornò a stringere l'altro braccio di Snape.

Snape era praticamente inconscio quando arrivarono nei sotterranei, e non riuscì nemmeno a mugugnare un ultimo insulto quando lo lasciarono sul letto nella sua stanza. Era una camera spartana, e il letto era l'unico mobile presente.

Harry e Draco rimasero a guardarlo.

"Hai intenzione di, ehm, spogliarlo?" chiese Harry con apprensione.

"Uhm, no, non credo," disse Draco, ugualmente terrorizzato dalla prospettiva. "Te l'ho detto, rispetto quest'uomo. Vorrei rispettarlo anche domattina." Lanciò un'occhiata divertita a Harry. "Potresti farlo tu," suggerì allegro. "Magari ti aiuterebbe per quella tua crisi."

"Sì," disse Harry, "infatti mi assicurerebbe di non voler mai più guardare un altro essere umano."

"Si rimetterà," decise Draco. "Andiamo."

Tornarono a Hogsmeade al buio, e durante il tragitto Harry si rese conto che era la prima volta che stava solo con Draco da quando avevano fatto pace.

"Vorrei..." cominciò, quando Draco lo interruppe.

"Allora, Ginny Weasley?" disse. Harry realizzò, sentendosi sprofondare, che avrebbe preso tutto alla leggera. "Una bella soluzione dai capelli rossi alla tua crisi. Approvo assolutamente."

"Ginny," disse Harry, con cautela. "Lei è..."

"E' molto carina," s'intromise Draco. "Ma se non fai sul serio..."

"E' ovvio che non faccio sul serio!"

"Beh, c'è sempre Morag. E... ah, vai molto d'accordo con Terry Boot, o sba..."

Harry si girò di scatto verso Draco. "Draco, smettila!"

"Stavo solo riflettendo," disse Draco sulla difensiva. "Si dà il caso che Ginny Weasley, secondo me, sia davvero un bel bocconcino."

A quel punto comparvero Ron e Hermione, che stavano tornando a Hogwarts. Draco guardò Ron timoroso, e sembrò pronto a usare Harry come scudo umano.

Evidentemente nessuno dei due aveva sentito niente. "Harry, torna insieme a noi," disse Hermione, un po' ansiosa.

"Già, forse dovresti," convenne Draco. "Saranno rimasti solo i Serpeverde. Grazie di..."

"Non me ne sto andando," sbottò Harry. "Voglio parlare con Draco."

Draco pareva pronto a fuggire. "Possiamo parlare più tardi."

"Parleremo adesso," disse Harry.

"Beh..." Hermione sembrava incerta. Ron li fissò.

Draco agitò una mano. "Andate," disse, autoritario. Harry restò sconvolto mentre se ne andavano.

Poi Draco iniziò a camminare rapidamente verso Hogsmeade.

"Cosa vuoi dirmi?" chiese, con una voce improvvisamente naturale. Harry osservò la linea tesa della sua mascella.

"Devi smetterla di comportarti così," disse cupamente.

"Comportarmi come?" domandò Draco.

"Lo sai," scattò Harry.

Draco continuò a camminare e Harry provò un'ondata di rabbia completamente ingiustificata, afferrò il braccio di Draco e lo voltò. Draco era di fronte a lui, gli occhi sbarrati e freddi di furia improvvisa. Cercò di tirar via il braccio ma Harry lo strinse forte, cercò di muoversi ma Harry lo bloccò, quindi dette una spinta con l'altro braccio e Harry ricambiò la spinta. Ci fu una breve lotta affannosa che durò un attimo.

"Sta' fermo e ascolta," gridò Harry.

"Cazzo, no! Non so di cosa parli," urlò Draco. "Non sto..."

"Devi smetterla di mettermi alla prova!" gridò Harry. "Devi smetterla di non fidarti di me!"

Draco si fermò e Harry invase il suo spazio, sollevandogli il mento con la forza.

"Non mi guardi neanche più," continuò, più dolcemente. "Sorridi e poi sposti lo sguardo, oppure ti dimentichi, mi guardi e poi ti ricordi e distogli lo sguardo ancora più in fretta."

"Ti sto guardando, adesso," disse Draco con voce stanca. "Non sei cambiato. Buono a sapersi. Smettila di parlare come un matto."

"Non sto parlando come un matto," sbottò Harry. "Sai di cosa parlo. Abbiamo litigato e abbiamo fatto pace da poco, e non trovi un'ora libera in tutto il fine settimana? Prima la trovavi sempre."

Erano usciti dal sentiero, camminavano quasi alla cieca e gridavano nel vento della notte. A Harry non fregava nulla.

Draco sollevò il mento. "Ho da fare, e il mondo non gira intorno a te, Harry Potter, nonostante ciò che hai sempre pensato. Inoltre, il litigio non è stato per colpa mia..."

"No!" gli urlò contro Harry. "La colpa è mia, ma ti ho spiegato, e mi hai detto che era tutto a posto. Per cui perché non ti comporti di conseguenza, Draco? Pensi che sia stupido? Fai finta che sia tutto a posto e poi continui a mettermi alla prova. Una carezza accidentale con la mano di notte, la tua mano sulle mie spalle, tutto quello stuzzicare su Hermione, le chiacchiere sulla compagnia speciale e quel tuo giochino con la mano sugli occhi. Te l'ho promesso! Perché non abbassi la guardia, tanto per cambiare, e non ti fidi di me!"

"Perché dovrei?" ringhiò Draco, lottando di nuovo per liberarsi. "Perché dovrei, quando fai cose come baciare Ginny Weasley mentre guardi... cosa pensi che dovrei pensare? E' stato inquietante, cavolo! Come pensi che dovrei comportarmi, se non so cosa fare?"

Harry si avvicinò a lui furiosamente, cercando di fargli capire. "Neanch'io so cosa fare!" urlò. "Pensi che lo sappia? Come puoi pensare che abbia la minima idea di cosa fare quando faccio errori tremendi come..."

"Lasciami," disse Draco, la voce improvvisamente nitida e molto secca. Harry si accorse, in modo dapprima confuso e poi d'un tratto preciso, come se fosse l'unica cosa che importasse al mondo, che il viso di Draco era molto vicino. I suoi occhi erano freddi ma così concentrati, solo e soltanto su Harry, come un predatore in trappola. "Lasciami," ripeté Draco in tono secco e squillante. "Hai promesso, quindi lasciami!"
Harry lo lasciò e Draco si allontanò di scatto, solo di un passo ma il più rapidamente possibile, e si pulì la bocca col retro del pugno senza alcun motivo apparente. Il suo petto si alzava e si abbassava con violenza.

"Scusa," disse Harry. "Te l'avevo promesso. Così ti ho lasciato andare."

"Avrei dovuto picchiarti, cazzo" disse Draco funestamente.

"Ma non l'hai fatto," sottolineò Harry. "Sapevi che ti avrei lasciato quando me l'avessi chiesto. Quindi per quale motivo devo spingerti al limite per sapere se ti fidi di me o no?" chiese. "Perché non puoi semplicemente... fidarti sempre?"

"Ci sto provando!" urlò Draco. Poi si calmò un po', e guardò per bene Harry. "Non è facile," spiegò, di nuovo con quella nota leggermente intrappolata nella voce. "Ognuno ha le sue priorità, non posso essere sicuro."

"E se lo fossi?"

Un angolo della bocca di Draco si curvò. "Vaffanculo, Potter. Allora sono stupido." Fece una pausa. "Fantastica proposta, comunque. ‘Fidati di me perché non faccio che fare sbagli tremendi.'"

"E' così che si comporta la gente normale, Draco," spiegò Harry, e assunse un'aria superiore. "Capisco che per te sia difficile."

Draco fece un tentativo poco convinto di colpirlo. "Posso tornare alla mia festa adesso?" chiese, lamentandosi. "Fa freddo, sai? Questa camicia è di seta. Se pensi che protegga dal vento, sei più stupido di quanto avessi supposto in precedenza."

"Puoi fidarti di me?" chiese Harry.

Draco roteò gli occhi. "Mi fido, Harry. Non sai neanche quanto," disse con voce annoiata, "Perché tu sei Harry Potter, l'impavido e giusto salvatore del mondo magico. Chi mai può nutrire dubbi sulla sua nobiltà e sincerità? Dovranno risponderne alla gente, e la gente li guarderà con indignazione e ordinerà loro di andarsene, non prima di aver esternato crudeli commenti personali."

"L'ho sempre saputo."

Draco riprese a camminare verso il sentiero. "Ma certo," disse. "E' per questo che abbiamo dovuto lottare gridando nel mezzo della notte. Perché sei assolutamente sicuro di ogni cosa nel mondo."

"Le scenate sono uno dei nostri passatempi," disse Harry, quando trovarono il sentiero.

"Preferirei mangiare un gelato," disse Draco. "Potremmo fare quello?"

"Ok. Ti va bene domani?"

Draco si infilò le mani in tasca. "Va bene."

Erano quasi arrivati ai Tre Manici Di Scopa. Si vedevano luci e si sentivano rumori terribilmente forti dall'interno. Draco tese l'orecchio e inorridì immediatamente.

"Oh no, questa canzone," disse. "Forse non mi va di entrare. No, credo che tornerò a scuola con te."

"Che canzone?" chiese Harry.

"Nessuna canzone," rispose in fretta Draco. "Che ne pensi di quella scuola, Harry? Seguimi. Credo che ti piacerà, è a forma di castello."

Il motivo era familiare. In realtà a Harry ricordava quella canzoncina crudele che Draco si era inventato il quinto anno quando Ron aveva avuto la sua imbarazzante avventura come Portiere. Per quanto ricordava, alla fine gli si era rivoltata contro, quando Ron aveva fatto una parata fortunata.

Al motivo familiare si fusero delle parole quasi familiari. Qualcosa di moderatamente osceno e che finiva con un ritornello trionfale di ‘Malfoy è il nostro re!'

"Ah, vedo che ti sei ricordato," disse Draco con voce finto-allegra. "Sì, esatto, i miei amati compagni hanno cambiato la canzone, sì la cantano per mettermi in imbarazzo ogni volta che si ubriacano, sì sono oggetto di pubblico ludibrio. Perché tutti i miei piani astuti mi si ritorcono contro come boomerang?"

"Penso sia nella natura del boomerang," rispose Harry.

"No," lo corresse Draco. "L'affidabile boomerang del guerriero deve volare, ammazzare i nemici e tornare al sicuro nella sua mano."

Harry alzò le spalle. "Magari devi migliorare nel lancio del boomerang."

Draco aprì un poco la porta, e furono inondati da più luce e rumore. "Sono migliorato," rispose, sogghignando. "Non l'hai notato? E' solo che ho smesso di mirare a te e ai tuoi."

"Se la prende per un niente, ha paura delle onde

Sa imitare bene Vitius, al suo fare corrisponde

Così noi cantiam perché

Perché Draco è il nostro re!"

Pansy spalancò la porta, rossa in viso. "Draco," disse a voce alta, euforica. "Stiamo cantando la tua canzone. Vieni!"

"Odio questa canzone," brontolò Draco. Si girò verso Harry. "Dovrei raccogliere un po' di gente e tornare con te..."

Proprio allora uscirono Lavanda e Calì.

"Nah, torno con loro," disse Harry. "Divertiti." Si fermò. "E' tutto a posto? Davvero?"

Draco fece per colpirlo, poi si bloccò, rise e lasciò cadere la mano. Le luci del pub evidenziarono i suoi capelli e gli resero il viso sfocato.

"Sì," disse, con voce sicura. Poi aggiunse, "Buonanotte, Harry," e chiuse la porta.

Harry rimase lì fuori un momento, ignorando Calì e Lavanda che lo chiamavano perché le accompagnasse. Era solo... lo sguardo feroce, quasi selvaggiamente diffidente di Draco, e la stupida canzoncina crudele che si era inventato, e quella malizia che non era cambiata, lo sapeva. Era qualcosa di lui, il poter gridare cose truci nel vento della notte.

Per quanto fosse stupido, ne era certo.

Lo voglio.

 

 

 

 

 

Nota della Traduttrice: il "Lo voglio" finale è riferito alla situazione, allo stare con Draco, a tutto il loro rapporto. Infatti l'originale è "I want that", e non "I want him". Ci tenevo a specificarlo :D

 

(*) Snape dice a Draco "You can't take it with you". E' una citazione, e si riferisce all'opera del '38 "You can't take it with you" (in Italia "L'eterna illusione"), in cui questo modo di dire, riferito al denaro denota il fatto che esso non dà la felicità.
Snape, ironicamente, riporta il titolo in quel contesto per far capire a Draco che... i capelli curati non fanno la felicità :)

 

 

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Capitolo 16
*** Cenni di disastro ***


Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

 

Sommario: Caffé o Cioccolata? Infuria la Grande Guerra della Caffeina, che devasta Hogwarts.
Ci sono anche una spia, una guerra e varie crisi sentimentali.
Sì, anche quelle.

 

 

Capitolo Sedici

Cenni di disastro

Someone to need you too much

Someone to know you too well

Someone to pull you up short

And put you through hell

[Qualcuno che abbia tanto bisogno di te / Qualcuno che ti conosca troppo bene / Qualcuno che ti lasci a bocca aperta / E ti faccia passare l'inferno]

 

"Allora, Giovane Consiglio, a rapporto. C'è stata un'incredibile ondata di nuovi piani la scorsa settimana," disse Lupin, guardandosi intorno con aria enigmatica.

Harry fu improvvisamente certo che stesse per menzionare le riunioni segrete nei sotterranei, e assegnare mille anni di punizione.

Invece disse: "Sta funzionando? L'appello notturno?"

"Ci sono le liste in ogni sala comune," lo informò Hermione, raggiante. "Non c'è stata nessuna sparizione da quando le abbiamo stilate."

"E gli incantesimi di guardia per le scorte di emergenza?"

"Quelli nuovi sono pronti e tremendi," disse Draco con soddisfazione.

Aveva costretto gli altri a restare svegli tutta la notte a sfogliare i libri del Reparto Proibito che si erano procurati usando il Mantello dell'Invisibilità e gli Incantesimi Tacitanti, e Hermione aveva litigato violentemente con lui sull'opportunità di testarli sugli animali. A quel punto, Draco aveva proposto i Tassorosso del primo anno.

"Sulla seconda non avevo dubbi, signor Malfoy," gli disse Lupin.

Draco si mise a sedere un po' più composto e gli rivolse un innocente sguardo trionfale. Lupin alzò le sopracciglia e tornò alle sue carte.

"Che mi dite dell'idea di un allarme per le emergenze?"

"Ah," disse Harry, e sogghignò. "Le piacerà, professore. I fantasmi di tutte le case hanno acconsentito a collaborare. Fanno la guardia in sala comune ogni notte, e se vedono qualcuno che non dovrebbe esserci, o se uno studente denuncia sparizioni multiple, loro attraversano i muri gridando per avvertire tutti. Dicono che riescono a farsi sentire in tutto il castello, e appena li sentiamo noi ci raduniamo nelle nostre sale comuni e facciamo l'appello. Poi ci riuniamo tutti nella Sala Grande."

Di quell'ultima idea andava particolarmente fiero. Si ricordava di quando Pix aveva dato l'allarme, in altre occasioni. Occasioni in cui, ovviamente, lui era stata una sfortunata vittima delle circostanze, e l'allarme era stato del tutto non richiesto e ingiusto.

"Ingegnoso," mormorò Lupin. "Questo spiega perché ho trovato il Frate Grasso che urlava dentro un vaso. Mi ha fatto preoccupare, non ho idea di cosa faremmo se un fantasma avesse un esaurimento nervoso."

Arrotolò la pergamena e sorrise a tutti.

"Signorina Granger, ho sentito che tutti i ragazzi del primo anno sono terrorizzati dalle sue abilità organizzative. Signor Malfoy, in giro ci sono voci spiacevoli su un rospo in suo possesso, che in qualche modo si è trasformato in un pollo arrosto. Signor Potter, il fatto che pensassi che nella mia stanza ci fosse una banshee è probabilmente dovuto alle sue prove con gli incantesimi di allarme nel mio corridoio. La riunione è conclusa," disse Lupin. "Non potrei essere più orgoglioso di voi."

Hannah Abbott era arrossita per la gioia. Gli occhi di Hermione brillavano. Draco incrociò lo sguardo di Harry e sogghignò.

"Potete andare tutti. Tranne te, Harry, devo dirti una cosa," gli disse Lupin sottovoce.

Harry attese che gli altri uscissero. Lupin si piegò verso di lui, improvvisamente più disinvolto e intimo, e in quel momento Harry si accorse che sembrava più consunto dei suoi vestiti. Quattro anni prima i suoi capelli erano stati brizzolati, ora invece erano grigi con qualche striatura castana.

Non aveva ancora quarant'anni.

"Il Ministero ha decretato che mostrare i pensieri registrati nel Pensatoio al Giovane Ordine - beh, anche al vero Ordine, per la verità - è illegale," disse piano.

Harry restò a bocca aperta. "Cosa? Ma ho dato il mio permesso!" protestò. "Ho detto loro che andava bene! Sono i miei pensieri, perché non posso..."

"Non posso farci niente. Il professor Silente ha appoggiato la decisione," gli disse Lupin. Alzò le spalle e si raddrizzò, premendosi le dita sulle tempie. "Per come la vedo io," disse con un piccolo sorriso, "è un po' come la nudità. Il corpo è tuo, ma è comunque illegale mostrarlo in pubblico. I tuoi pensieri sono altrettanto personali, e altrettanto strenuamente difesi dalla legge."

Harry era ancora offeso, ma fu tuttavia distratto dall'improvviso, terribile pensiero che, se le cose stavano in quel modo, lui si era comportato da voyeurista nei confronti di Silente. Inoltre c'era una parte di lui che, ferma ai cinque anni, se la rideva perché un professore aveva appena detto la parola nudità.

"Comunque, esattamente come la nudità, è del tutto ammissibile mostrare i propri pensieri in privato ad un individuo o un gruppo interessato," disse pensieroso Lupin.

L'Harry Potter di cinque anni ridacchiò.

Harry mise a tacere il suo fanciullo interiore. "Come dice, signore?"

"Se dovessi chiedere di avere il Pensatoio, pur promettendo di non mostrarlo al Giovane Ordine, te lo restituirebbero. Sono pensieri tuoi," disse Lupin. "Ovviamente, contiamo su di te per mantenerli al sicuro."

"Oh," disse Harry. "Oh. Sì, non c'è problema."

"Ho sentito che ultimamente hanno avuto luogo delle nottate tra ragazzi di varie case," osservò Lupin. "Ora, questo è ciò che voglio vedere. Cooperazione."

Si alzò in piedi e raccolse la pergamena.

"Per favore, Harry, tieni presente che ti sto incoraggiando ad attenerti strettamente alla legge," disse. Un angolo della sua bocca si curvò all'insù. "Non ho mai approvato gli studenti che si fanno trovare con le mani nel sacco."

Harry non riuscì a controllare il suo sorrisetto. "Capisco. Grazie, professore."
Lupin annuì. "Bene, devo andare. Il professor Snape terrà una riunione dei professori nel suo ufficio per discutere le sue... avventure in terra straniera."

Harry uscì insieme a lui. Si aspettava che gli altri fossero ormai andati via, ma molte persone erano ancora lì intorno, curiose dello spettacolo.

Ron era steso per terra, la faccia verde, e Hermione era inginocchiata accanto a lui con le mani sulla sua schiena.

"Stava origliando," disse seccamente Pansy agli spettatori.

"Anche lei!" esclamò Ron. "Ohhh. Hermione, credo..."

"Pansy è una signora," asserì Draco. "Sono certo che stava solo passando di qui, diretta da qualche parte."

Pansy e Draco si scambiarono un sorrisino. "Esatto," disse Pansy. "Mentre passavo, mossa dallo spirito di questa nuova cooperazione tra le case... ho offerto a Weasley una sigaretta."

La maggior parte della gente restò vagamente sorpresa confusa, e mentre Pansy spiegava e agitava il suo pacchetto di Marlboro Light, Harry e Hermione afferrarono Ron dalle braccia e uscirono dalla calca. Ron si piegò nella loro presa, e quasi cadde quando voltarono l'angolo e Hermione dette uno scappellotto sulla nuca a Ron.

"Ron Weasley! Quello è un brutto vizio."

"Oddio, no," gemette Ron. "Non so cosa mi abbia dato. Lo sapevo che non avrei dovuto provare. Credo che vomiterò. Quella stronza Serpeverde."

"Non vomitare," disse subito Harry. "E non avere pregiudizi."

"Non ho pregiudizi," disse Ron con dignità. "Non è colpa mia se la maggior parte dei Serpeverde sono bastardi completi."

"La maggior parte?" disse Harry, contento e sorpreso.

Ron ci pensò un attimo. "Potrebbero essercene alcuni decenti," concesse. "Mi piace abbastanza quel Blaise Zabini. E' uno a posto."

Harry sentì il suo cervello smettere di funzionare per un breve, pietoso istante. Incrociò lo sguardo di Hermione oltre la testa di Ron.

"E' grandioso, Ron," disse debolmente.

"Te l'ho detto che non ho pregiudizi," gli disse Ron con voce sdegnata.

"Già... beh, meglio così," lo rassicurò Harry, e poi si scosse da quell'orribile stordimento. "Dì un po', Ron, ti senti meglio? Lupin mi ha appena detto quando e dove Snape racconterà ai professori cosa gli è successo."

"Davvero?" chiese Hermione, alzando la testa di scatto.

Harry annuì. "Forse mi ha anche raccomandato di partecipare a un'orgia," aggiunse pensieroso. "Ma credo che ci atterremo al primo suggerimento."
*

Stringersi sotto il Mantello dell'Invisibilità era stato molto più facile, a undici anni.

Camminarono come gamberi fino ai sotterranei, con grandi difficoltà. Harry teneva le mani in tasca nonostante creasse problemi di equilibrio, perché, per quanto stesse attraversando un momento di crisi, non aveva certo voglia di tentare la sorte con Ron o Hermione.

Scosse il capo per liberarsi di quelle immagini inquietanti, e sibilò: "Ron, hai portato le Orecchie Oblunghe?"

"Una per ciascuno di noi," mormorò Ron. "Sono solo stato avvelenato di proposito da una pazza calcolatrice, non sono idiota."

Anche se fuori c'era ancora luce, nei sotterranei era buio pesto. Harry pensò tra sé e sé che era un miracolo che Draco e gli altri non fossero diventati miopi, ma poi gli venne in mente che quello era il corridoio in cui avevano trovato il cadavere della McGranitt, e rabbrividì. In quel momento Ron inciampò su qualcosa, e volarono tutti a terra.

"Buon Dio, i barbari hanno appena invaso il villaggio," strascicò una voce familiare. "Prendete le nostre donne e il nostro bestiame, ma risparmiateci la vita. Penso che un Weasley mi abbia appena palpato."

"Draco, per l'amor del cielo!" sibilò Harry. "Che ci fai qui?"

"Stiamo origliando la riunione del professor Snape," sussurrò la voce di Pansy nell'oscurità.

"E' proprio da voi," osservò Ron, col tono acido dovuto alla nausea. "Aggirarvi per la scuola spiando la gente. E' disgustoso."

"Allora tu cosa sei venuto a fare, Weasley?" chiese Zabini.

"E' diverso," disse Ron. "Il professor Lupin ci ha praticamente dato il permesso. Stiamo... spiando col permesso di un insegnante."

"Il professor Snape ha dato il permesso a noi," osservò Draco con una voce superiore. "E' una specie di scampagnata Serpeverde."

I profili scuri divennero più chiari quando la vista di Harry si abituò. Zabini teneva l'orecchio premuto contro il muro, e Pansy aveva la mano sul braccio di Draco senza nessun motivo apparente.

"Comunque, come avete fatto a oltrepassare Greg e Vince?" chiese Pansy all'improvviso.

"Beh," disse Harry. "Siamo terribilmente spregevoli e striscianti."

Hermione stava già riponendo il Mantello sotto i vestiti. Harry vide Draco chinare la testa verso di lei, ma non disse niente fino a quando Ron non tirò fuori le Orecchie Oblunghe e non cominciò a distribuirle.

"Ascolteremo anche noi," disse in tono piatto. "Oppure mi metto a urlare."

"Oh, è una minaccia?" chiese Ron, che lasciò perdere appena Hermione gli diede una gomitata.

Zabini e Pansy tesero entrambi le mani, lui guardò male Pansy e diede un Orecchio a Zabini. Si avvicinarono istantaneamente l'uno all'altra, mettendo le orecchie sull'Orecchio, e forse era quel genere di comportamento che aveva fatto credere a Harry che Zabini fosse eterosessuale come chiunque altro.

L'altro era Draco, che guardava truce i suoi amici.

"Scusate, uno di voi dovrebbe dividere con me," disse a denti stretti.

Pansy alzò le spalle. "Sei tu quello a cui piace uno di loro," gli fece notare. "Non guardare me. Non gli sputerei addosso neanche se stessero andando a fuoco, e per quello ci vuole meno contatto fisico."

"Credimi, Parkinson, l'idea di un contatto fisico con te mi disgusta più dei tuoi bastoncini velenosi," disse rovente Ron, e Pansy stava per rispondergli sogghignando quando Draco li interruppe.

"Vieni qui e dividi un Orecchio con me, Granger," disse trionfale.

"Non sarà lei a dividere un Orecchio con te!" esclamò Ron, e tutti gli fecero immediatamente cenno di tacere.

"Insomma, Weasley," disse piano Draco. "Non so che dire. E' successo tutto troppo in fretta. Certo, non sei esattamente il mio tipo..."

Ron indietreggiò da Draco così in fretta che per poco non inciampò sul piede di Hermione.

"Ti stai zitto?!" sbottò Pansy.

"Grifondoro, signore e signori, maestri del furto e dell'astuzia," disse Draco. "Questo è un corridoio, l'effetto dell'Incantesimo Tacitante non è garantito! Per l'amor del... Harry, vuoi venire qui e dividere il tuo stupido Orecchio? Ma per favore!"

Lanciò a Ron un'occhiata che a Harry parve decisamente velenosa, poi si inginocchiò.

Harry, con molta cautela, non pensò a nulla, e si inginocchiò anche lui. Mise l'orecchio sull'Orecchio Oblungo e si concentrò a fondo sul suono che giungeva assordandolo.

"...Se parliamo di sospetti," disse la voce sdegnosa di Snape, "potremmo prendere in considerazione il fatto che i Grifondono hanno perso meno studenti rispetto ad ogni altra casa."

"Forse," ribatté acidamente Sirius, "è perché sappiamo guardarci le spalle meglio degli altri."

"Oh sì," disse Snape. "Io stesso sono rimasto molto colpito dal geniale metodo di auto-conservazione ‘buttiamoci tutti nel pericolo più estremo e infrangiamo un po' di regole' di Harry Potter."

"Non ha tutti i torti," mormorò Draco per stuzzicare.

Harry sentì il fiato di Draco sul viso, e i capelli di Draco che gli solleticavano la fronte. Concentrò tutta l'attenzione sulle voci.

"Ce l'hai sempre avuta con Harry!" esclamò Sirius.

"Questo non è vero," lo interruppe pacificamente la voce di Silente. "Il professor Snape è sempre stato molto attento al benessere di Harry. Ha vegliato su di lui in modo assiduo come un padre."

Quelle parole provocarono un moto di proteste. Harry poté solo immaginare il sorriso di Silente.

"Certo, è vero," disse Snape. "Lui è il figlio che non mai avuto, e che dunque non ho mai potuto portare su una collina in attesa che i lupi mannari lo divorassero."

"E' il figlio di James," ringhiò Sirius. "E tu non sei degno di leccargli gli stivali!"

"Professori," disse Silente. "Non credo che siamo qui per discutere i difetti di carattere di uno studente che, fortunatamente, è ancora con noi. Né penso che sia troppo chiedere un minimo di cortesia professionale. Siamo tutti qui per ascoltare il rapporto del professor Snape, non per ascoltarvi mentre vi beccate."

"Insomma, quello possiamo farlo in sala professori," si intromise Lupin. "Ancora del tè?"

"Due cucchiaini di zucchero, grazie, Remus," disse Silente. "Vuoi concederci il piacere di sentire il tuo rapporto, Severus?"

Ci fu un attimo di pausa. A Harry non piacevano le pause. Le pause gli facevano pensare ad altre cose oltre alle voci. Draco odorava di... beh, a dire il vero, Harry non riconobbe il profumo. Profumava come una persona, pensò, o forse di shampoo costoso, perché lui era tipo da cose del genere. Il fatto era che odorava di buono, ed era vicino e caldo e sbagliato e ingiusto quanto Harry volesse... fare qualcosa.

Afferrò l'Orecchio Oblungo come se fosse una Passaporta verso un mondo in cui non volesse molestare i suoi amici.

Era importante. Non c'era tempo per fare lo stupido.

"Era l'incanto Captus, come sospettava il professor Lupin," disse Snape con una voce completamente diversa, e Harry si tese e all'improvviso non ebbe alcun problema a focalizzare l'attenzione. "Li ha messi in una sfera Captus."

Tornò col pensiero a ciò che Draco aveva detto ad una riunione del Giovane ordine

Si pensa che la Magia Oscura sia stata usata di recente per creare prigioni all'interno di sfere. Un migliaio di piccole Azkaban che Voi-Sapete-Chi può portarsi in tasca, che i Dissennatori possono custodire e da cui non si può scappare.

"Sei sicuro?" chiese una voce che sembrava quella del professor Vitius.

"L'ho vista," rispose Snape a denti stretti. "Il Signore Oscuro la tiene sempre con sé. Ho provato qualsiasi cosa mi sia venuta in mente, ma non sono mai rimasto da solo e alla fine ho destato dei sospetti. Sapete che pensano che faccia da spia per loro, ma non vogliono dirmi chi è l'altra spia, e mi sorvegliano continuamente."

"Non si limitano a sorvegliarlo." Era Madama Chips. "Preside, quelle maledizioni l'hanno ridotto molto male. Ha bisogno di stare in infermeria e insiste a non voler prendersi il tempo per recuperare..."

"Questo è irrilevante," disse animato Snape. "Il punto è che stanno usando la sfera Captus. Le persone scomparse non sono morte, e ci deve essere un modo per liberarle."

"Una squadra di salvataggio," iniziò intrepido Sirius.

"Un incantesimo che raggiunga grandi distanze," disse pensieroso Lupin.

"Sì," disse il professor Vitius. "Ho sempre pensato..."

"Insomma, se si potessero far Materializzare degli oggetti, o se Snape riuscisse a organizzare una Passaporta..." disse una voce simile a quella del professor Vector.

"E' una sfera ruvida, color lapislazzuli," continuò Snape con voce asciutta, poi si fermò. "Organizzare una Passaporta? Cosa vi ho detto riguardo a..."

Le voci si alzarono e si unirono in una discussione.

"Abbiamo posto un Incantesimo Tacitante su questa stanza?" indagò Silente.

Tutti rimasero zitti.

"Oh no, oh per favore," gemette piano Draco, avvicinandosi di più e premendo l'orecchio contro l'Orecchio Oblungo, ovvero piegandosi ancora di più verso Harry ed effettivamente gemendo nel suo orecchio.

Evidentemente lo stava facendo apposta, assolutamente, così Harry lo guardò oltraggiato, e vide che non era come pensava. Draco era attento alla conversazione all'interno, gli occhi semichiusi e il viso rivolto verso il muro ed era oh, Dio, così vicino che il profilo della sua guancia sfiorava quella di Harry e Harry sentì la propria pelle riscaldarsi e si chiese per un attimo se magari non potesse leccare la gola di Draco e successivamente dichiarare che si era trattato di un gesto platonico.

"Silencio," disse il professor Vitius.

"Oh, merda," disse Draco, poi guardò Harry e si tirò via di colpo.

Una volta rimossa la distrazione fornita da Draco quasi sul suo grembo, Harry poté riprendere a pensare. La sfera Captus. Avrebbero dovuto organizzare un altro viaggetto nel Reparto Proibito.

"Beh, il fatto che non sono morti è una buona notizia," disse Hermione. Sembrava stanca, notò, e Ron pareva ancora nauseato. Erano rimasti svegli fino a tardi molte volte, quella settimana.

"Già," disse Pansy, appoggiandosi al muro. "Ma noi cosa possiamo fare? Se perfino il professor Snape non riesce..."

Anche lei sembrava stanca, pensò Harry. Certo che lo era: lo erano tutti. Perfino il viso malizioso di Zabini era inconfondibilmente esausto, e gli stivaloni che probabilmente Pansy credeva la facessero sembrare dura non facevano che renderla quasi fragile.

Ci fu un delicato momento di equilibrio, quasi di armonia, lì nel corridoio oscuro, solo perché erano stanchi e disperati e ormai non è che diffidassero più gli uni degli altri.

Harry sentì un breve fremito di trionfo. Tutti quegli sforzi si erano dimostrati fruttuosi, pensò, e alzò lo sguardo per condividere il trionfo con Draco. Evidentemente Draco non si era accorto del momento. Si stava rialzando in piedi, e ora che era meno vicino, Harry notò che forse era ancora più pallido del solito.

Pallido o no, il suo viso era deciso. "Stasera riunione in camera mia," tagliò corto.

"Va bene," disse Hermione. "Ma se ne facciamo un'altra, devo andare immediatamente a studiare un po' per i MAGO. Grazie al cielo non c'è Pozioni e posso recuperare un po' di cose di Aritmanzia."

"Oh, Granger, che vita eccitante la tua," disse Pansy. "Io vado a farmi una lunga pausa-sigaretta." Sogghignò all'improvviso. "Ne vuoi un'altra, Weasley?"

Ron chiuse gli occhi. "Sto per vomitare," annunciò con voce piatta. "E poi andrò a dormire."

"Weasley, sono tremendamente invidioso del tuo fascino elegante," disse Draco. "Come è mai possibile che questa patita dell'Aritmanzia sia riuscita ad averti solo per sé?"

"Non far finta di snobbare l'Aritmanzia," disse Harry. "Ho visto i tuoi appunti colorati."

Draco restò interdetto. Pansy alzò gli occhi, poi tossì un poco e si colpì sul petto.

"Non ha tutti i torti," osservò un minuto dopo. "So anche dei libri di teoria facoltativi."

"Quoque tu, Pansy," mormorò Draco.

Ron sogghignò. "Sei un secchione Malfoy."

"Non sono secchione, sono versatile," sbottò Draco.

Harry rise. "Mi gioco tutto che anche tu userai quest'ora libera per studiare. Ammettilo. Abbraccia i tuoi appunti."

Draco alzò le sopracciglia. "A dire il vero, credevo potessimo andare a prendere quel gelato di cui parlavamo qualche giorno fa. Ma se ormai hai deciso per gli appunti, va' pure a studiare. Di certo Pansy sarà felice di venire a mangiare un gelato al cioccolato con me."

Harry si alzò.

"Forse potrei lasciarmi convincere ad andare a prendere un gelato," disse. "Ecco, non che non mi impegni nello studio," aggiunse, guardando l'espressione contrariata di Hermione.

"Vi prego, smettetela di parlare di cibo," implorò Ron. "Hermione, mi sta fumando in faccia. Penso che vomiterò sul serio."

"Potrei accompagnarti ai bagni dei Serpeverde," propose cortesemente Zabini. "Sono più vicini."

"No, grazie," replicò Ron, preoccupato di buscarsi qualcosa di Serpeverde.

"No, grazie," replicò Hermione, preoccupata che qualcosa di Serpeverde potesse contagiarlo. "Harry, credo proprio che dovresti studiare..."

"Lo farò, Hermione, lo farò," promise Harry. "Solo che ho bisogno di zucchero. Per l'energia," disse. "Che dedicherò allo studio. Ehm, ovviamente."

Draco fece il suo sorrisino rapido e furbetto. "Qual è il problema, Granger?" chiese. "Non ti fidi di noi?"

Zabini stava guardando truce Harry e Pansy era circondata da una nuvola di fumo, Ron sembrava sul punto di rimettere in qualsiasi momento e direzione, e Hermione aveva un'aria molto ansiosa.

"Torniamo presto," promise Harry, prima di afferrare il braccio di Draco e fuggire.

*

"Questa è una caffetteria," disse Draco. "Ci si aspetta che ordini un caffé."

"Un caffé, Draco, non tutto il menu dei caffé."

"Non sottilizzare, Harry, è segno di una mente piccola." Draco chiuse di scatto il suo menu. "Il mio ordine resta lo stesso," disse deciso alla cameriera. "Un cappuccino, un espresso e un latte macchiato, per favore."

"Pensavo fossimo venuti a prendere un gelato," borbottò Harry. "Un gelato al cioccolato, per favore."

"Al gelato ci stavo arrivando," lo informò Draco. "Lo vorrei al caffé."

"Ed ecco che il pubblico resta scioccato," disse Harry, sorridendogli.

Con sua sorpresa, la cameriera rise. Harry Alzò gli occhi verso di lei e, cosa ancora più sconvolgente, lei ammiccò.

"Perfetto," disse. "Bei jeans, comunque."

Si allontanò mentre Harry stava ancora processando il fatto che, effettivamente, non ce l'aveva con Draco. Guardò verso Draco e disse, "Io?"

Draco gli sorrise. "Tu," confermò luminoso. "Era carina, non credi? Ed è più grande. Credo," disse con molta cautela, "che dovresti fare crisi con lei."

"Fare crisi non esiste come verbo," gli disse cupo Harry.

Draco agitò disinvolto una bustina di zucchero. "Sai cosa voglio dire. Usare la sua esperienza e il suo corpo nubile per schiarire la tua ingenuità e la tua confusione adolescenziale! Lo sai che vuoi farlo!"

Harry lo fissò. "Forse dovresti smetterla di leggere quei romanzetti rosa babbani."

"Non cambiare argomento," disse sdegnoso Draco. "E poi, ti ho detto che li leggo solo per ridere di quelle imbecilli autrici babbane. Penso che dovresti fare crisi con lei immediatamente!"

"Non è carino ridere delle autrici di romanzi rosa, non possono difendersi."

"Io non sono carino, e penso sia divertente prendere in giro la gente che non può difendersi," disse Draco. "Se piangono è ancora meglio. Ora fai crisi con lei come un ermellino in calore!"

"Abbassa la voce, Draco, o finirà per sentirti!" esclamò Harry, ed evitò gli sguardi di alcune coppie che sembravano a disagio, perché non riuscivano a parlare distratte dalla voce alta di Draco.

Draco gli lanciò una bustina di zucchero, e apparentemente si arrese.

"Te l'avevo detto che quei jeans erano della tua taglia," aggiunse assente. "Sono un genio della moda. Ah, e non sono un secchione."

"Non ho detto che lo sei," sottolineò Harry.

Draco si accigliò. "Era sottinteso. Sottinteso di fronte a un Weasley. Solo perché ho delle velleità intellettuali, a differenza di certi fanatici dello sport senza cervello, seduti a questo tavolo, il cui nome fa rima con ‘otter'."

La cameriera arrivò con un vassoio pieno dei caffé di Draco, per il quale Draco la ricompensò con un sorriso lento e luminoso. La ragazza sorrise di nuovo a Harry e Harry iniziò a domandarsi seriamente se non avesse problemi di vista.

"Non sono un fanatico dello sport senza cervello," lo corresse Harry. "Ho molti pensieri per la testa. Tutta questa faccenda del combattere il male per te è una novità, mentre è il mio lavoro da quando avevo undici anni. Non ho tempo per la poesia."

"Perché non hai un'anima," disse calmo Draco, che ovviamente aveva raggiunto il nirvana per via di tutto quel caffé. Cominciò a mescolare le tazze, una per una. "Voglio dire. Un hobby. A parte il Quidditch. Combattere il male non conta. Avanti, dimmene uno. Ti sfido."

"Ehm..." disse Harry, e inghiottì una cucchiaiata di gelato al cioccolato per fare i conti con quel momento crudele. "Mi piace, uhm... colleziono le figurine delle Cioccorane!" disse sollevato.

Draco lo squadrò, poi bevve un sorso di uno dei caffé, molto lentamente, come se sapesse che avrebbe avuto bisogno di ogni goccia, e intendesse razionarlo.

"Harry," disse alla fine, insinuante.

"Cosa?" chiese Harry.

"Haaaarrrrry."

Il tono basso e mellifluo della voce di una persona non avrebbe dovuto essere così immediatamente e terribilmente attraente.

"Cosa?" sbottò Harry.

"Puoi prestarmi gli occhiali?"

Harry glieli passò prima di accorgersi di aver appena fatto una cosa molto stupida. Di colpo non vide quasi niente, e dette la colpa a Draco, il cui viso ora era una macchia pallida con un paio di occhiali ondeggianti sul naso.

Draco imitò una voce più grave.

"Ehm," disse. "Sono, ehm, Harry Potter. E il mio intelletto non è progredito dall'età di dodici anni. Mi piace molto, uhm, il Quidditch, e inoltre il male è malvagio. E' Hermione quella intelligente. Grazie per l'attenzione."

"Bene," disse Harry, e fece del suo meglio per imitare una pronuncia strascicata. "Sono Draco Malfoy. Penso di essere figo, ma ho appunti colorati, e penso di essere imperturbabile, ma perdo le staffe quasi ogni giorno, penso di essere il dono di Dio alle donne, ma la cameriera ha preso di mira il mio amico chiaramente più tonico e muscoloso. Forse avrei dovuto filare di più il Quidditch, che in realtà mi piace molto ma che sto fingendo di snobbare perché sono anche un orribile, orribile snob."

Draco gli lanciò un'altra bustina di zucchero.

"Sono, ehm, sono un ragazzo normale, come ogni ragazzo," insisté. "Scusa, per chi hai detto che è l'autografo? Ok, perfetto. Sapete chi non sopporto? La gente che ha pregiudizi! Penso dovrebbero essere ostracizzati e possibilmente uccisi, perché noi siamo migliori di loro. Guarda! C'è il male! Dovrei rivolgermi alle autorità competenti? No, perché sono Harry Potter, ed è mio dovere sacrosanto vincerlo! Sono l'incubo dei poteri oscuri!"

Forse quel gelato al cioccolato era più buono, se uno non ci si strozzava ridendo.

"Una volta ho fatto un discorso sull'imbroglio come forma d'arte," strascicò Harry, "e ho un amico con degli appunti che possono provarlo. Ho in mente una lista di studenti che potrei ridurre in lacrime se solo lo volessi, e parlo troppo... ehi!"

Draco aveva rinunciato alle bustine di zucchero ed era passato ai tovaglioli di carta. Harry ne schivò uno.

"Ti devi calmare, Sirius!" disse Lupin dietro di loro. "Come facciamo a concludere qualcosa se..."

"Ha cominciato lui!" lo interruppe Sirius, superando Lupin e facendo sollevare i bordi del suo mantello nero. "Non sto... ciao, Harry!" Per un attimo sembrò raggiante e contento, ma la sua espressione cambiò non appena vide Draco. "Sei qui col tuo amico, a quanto vedo," notò.

"Molto bene," disse Lupin, camminando più tranquillamente dietro Sirius e afferrandogli il gomito. "Non proprio conforme alle leggi, ma molto bene. Salve, ragazzi. Signor Malfoy, il professor Snape vuole parlare con lei, la signorina Parkinson e il signor Zabini il prima possibile. Fingerò di non sapere di questa assenza ingiustificata."

"Di certo è stata un'idea di quel furfante Serpeverde," disse Sirius a Lupin, non proprio sottovoce.

"Già," disse a voce alta Harry, "perché come ben sappiamo, i Grifondoro non infrangono mai le regole."

Lupin rise, poi sorrise a Draco e si voltò per ordinare due caffé da portare via. Sirius rimase accanto al tavolo, guardando sospettosamente Draco. Draco si trattenne dal ridere sotto il suo sguardo, e batté le dita su una delle tazze.

Poi cominciò a cantare, molto piano. "Noi siamo quelli in viola," disse, "e mai ci batterete..."

L'oltraggio fiorì sul viso di Sirius e un attimo dopo Harry prese a cantare anche lui. "Così noi cantiam perché," ricordò a Draco, e Draco smise di cantare per fargli una smorfia.

"Traditore," esclamò, e gli dette un calco sullo stinco.

Trattandosi di Draco, gli fece piuttosto male.

"Ahi," disse allegro Harry. "Va tutto bene, Siri... professor Black?"

Sirius assunse l'aria cupa che sempre aveva quando qualcuno lo chiamava professor Black, come se non riuscisse a immaginare a chi si riferissero, e poi fece un sorriso a Harry, come sempre.

"Si, sì, tutto bene," disse, guardando Draco con un'aria minacciosa e poco convinta. "Vieni a trovarmi qualche volta, ok, Harry? Ho saputo che tu e la piccola Ginny Weasley..."

Harry sussultò. Il sorriso di Sirius si fece malizioso.

"Niente di cui vergognarti, Harry..."

"Al contrario della tua curiosità per la vita sentimentale degli studenti," osservò Lupin, porgendo a Sirius il suo caffé. "Qualcuno potrebbe iniziare a credere che non ne hai una tua."

"Lunastorta," esclamò Sirius inorridito.

"Non rida, signor Malfoy," aggiunse Lupin. "Anche lei un giorno sarà vecchio e grigio."

Draco scosse la testa. "No," disse, e sogghignò. "Sarò biondo cenere."

Sirius gli rivolse un'occhiata esasperata e ancora sospettosa, guardò preoccupato Harry e infine uscì dal negozio. Lupin salutò entrambi e lo seguì con aria rassegnata.

Draco continuò a squadrare Sirius, deliberatamente, dalla sua sedia. "Sono il professor Black," disse con voce grave. "Non è mai colpa mia se perdo le staffe e mi comporto da idiota integrale. Faccio sempre quello che voglio, perché sono il migliore, e di certo non sono del tutto rovinato socialmente a causa dei dodici anni di galera durante i quali ho potuto essere toccato solo dai Dissennatori..."

Harry si accigliò, poi prese un tovagliolo e se lo mise in testa.

"Sono il professor Snape," dichiarò. "Odio i bambini, i tramonti, le farfalle e i gattini. L'acidità mi fuoriesce dai follicoli sul cuoio capelluto."

Draco inclinò la testa su un lato.

"Colpito e affondato," concesse. "Adesso Harry, per l'amor di Dio, togliti quel tovagliolo dalla testa prima che la dolce cameriera ti veda."

*

"Non mi va affatto di parlarne," disse Harry, spostandosi sulla sedia.

"Non ti va? La tua volontà non c'entra, Potter," disse Draco, facendogli una brutta smorfia. "Quando ti rifiuti di fare crisi con giovani cameriere impertinenti, i tuoi amici devono prendere in mano la situazione. Dobbiamo investigare i bizzarri risvolti della tua psiche, altrimenti sarai condannato ad una vita di amara solitudine. Avanti, devi esserti preso delle cotte."

"Sì, per Cho, te l'ho già detto," disse Harry, esasperato.

Draco aveva insistito per tornare dalla strada più lunga, costeggiando il lago, e Harry non avrebbe mosso alcuna obiezione se l'unico scopo della vita di Draco non fosse stato metterlo tremendamente in imbarazzo.

"Sì, e poi?" domandò Draco.

"Cho Chang," ripeté testardamente Harry, attenendosi a ciò che sapeva. "Per quasi tre anni. Sono un tipo fedele."

"No, sei un maniaco fissato," lo corresse Draco. "Veramente triste. Dai, Harry, per favore! Sei stato quindicenne per un anno intero! Deve esserci stato qualcun altro. Dobbiamo analizzare bene la questione. Una cotta per una vicina di casa, un insegnante, un Weasley, tua zia. Prometto di non giudicarti. Nemmeno se si tratta di qualcosa di orribilmente innaturale, nemmeno se è un rospo o Ron Weasley."

"Ehi, Ron non è così male," protestò Harry.

Draco gli puntò contro un dito, con fare melodrammatico. "A-ah!"

"No!" disse Harry. "Siamo amici da anni. Sarebbe come prendermi una cotta per Hermione!"

"A-ah!"

"E smettila!" gridò Harry.

Era inquietante la lucina che brillava negli occhi di Draco ogni volta che pensava di aver fatto centro. E inoltre doveva smetterla di puntare il dito contro degli innocenti.

"Devo bere qualcosa," annunciò Draco, roteando gli occhi e tirando fuori dalle tasche dei jeans una fiaschetta.

"E' caffé, vero? Ne hai già bevute quattro tazze."

Draco strinse gli occhi. "Non capisco dove vuoi arrivare." Mise a posto la fiaschetta.

"Comunque, che c'è di tanto strano," mormorò Harry. "Molte persone non si innamorano di nessuno a quindici anni. Ron non ha mai avuto cotte. E poi che significa, un insegnante?"

Draco alzò le sopracciglia. "Ogni ragazza a Hogwarts voleva lezioni private dal professor Allock, ricordi?"

"Oddio, sì," disse Harry. "Ma, cioè... tu non hai mai avuto una cotta per un'insegnante, no?"

Guardò Draco, e notò con grande stupore che era arrossito leggermente.

"A-ah," disse, poco convinto.

"Stai zitto, tu," disse Draco, arrossendo ancora un pochino. "Avevo tredici anni."

"Precoce," osservò Harry. "E chi era?"

Il rossore stava scendendo fin sugli zigomi, intensificandosi. Harry sperò che non se ne uscisse con qualcosa di disgustoso, come la professoressa Cooman.

"E' durata poco," tergiversò Draco.

"Visto che dobbiamo analizzare ogni dettaglio della mia vita, direi che potresti condividere qualcosa anche tu."

Draco guardò rassegnato la propria fiaschetta. "Non ti è concesso ripeterlo," lo informò. "Il professor Lupin."

Prese un altro sorso di caffé. Harry si fermò e lo fissò.

"Cosa?" disse. "Ma tu non sei... cioè, sei..."

Draco lo guardò un istante, e poi il caffé gli andò di traverso. Harry continuò a fissarlo, ancora in uno stato di totale shock, mentre Draco soffocava e si piegava in due. Alla fine si preoccupò un po', e gli toccò la schiena.

"Non stai morendo, vero?" chiese.

Draco alzò gli occhi, lucidi. "Sì," gracchiò.

"Oh," disse Harry. "Ehm. Hai un'ultima richiesta?"

"Come fai a essere tanto stupido?" domandò Draco, la voce ancora lievemente graffiata. Si raddrizzò. "Insomma, se non... Harry, non puoi andartene in giro a baciare ragazzi a caso senza conoscere le loro preferenze. Prima o poi qualcuno ti picchierà. Qualcuno dovrebbe... oh, santo Dio," disse, prima che un altro pensiero indubbiamente folle lo attraversasse. "Non hai baciato Weasley, vero?"

"No!" Harry quasi urlò. "Non ho baciato nessuno!"

Draco lo guardò perplesso.

"Tranne... ehm, quelli che già sai," disse Harry, sentendo caldo sotto il colletto. Sentiva che ciò che stava succedendo era molto ingiusto, dal momento che era stato Draco a tirare fuori queste rivelazioni e a sventolarle in giro. "Il professor Lupin?" Il professor Lupin? Perché? Non che non mi piaccia," aggiunse frettolosamente. "Grande uomo. Uno dei migliori."

"E' stata solo una minuscola cottarella," disse Draco, evasivo. "Lui trattava i Serpeverde come tutti gli altri. E' raro, sai. Ed era intelligente, e un ottimo insegnante, anche divertente." Si fermò, sorrise e si leccò le labbra. "E mi piaceva la sua voce, e il modo in cui i capelli gli cadevano sugli occhi. Vestiti orribili, però."

"Ok," disse debolmente Harry, cercando di rimettere insieme i pezzi.

"E' stata solo una cosa così. Poi ho perso la testa per Pansy e l'ho dimenticato."

"Ok... no, aspetta, Pansy è una ragazza..."

"Oh, acuta osservazione," disse Draco. "Sai, è perfettamente possibile che mi piacciano entrambi..."

"Lo so, lo so," disse Harry.

"Ah, lo sai?" chiese Draco, con un gesto simile a una flagellazione drammatica. "Beh, meno male, perché stavo per partire dalle basi e spiegarti come si fanno i bambini."

"Non sono stupido," disse Harry. "Solo che non ho passato l'infanzia a scrivere bigliettini d'amore a Lupin."

"Scommetto che credi ancora alla storia delle cicogne. Scommetto che tuta questa crisi è dovuta a un terribile equivoco sugli uccelli."

Harry si spinse i capelli all'indietro con una certa dose di agitazione. Draco stava gesticolando e parlando troppo velocemente, ed era la conversazione più surreale che avesse mai avuto.

"Eppure parli sempre di ragazze," gli fece notare d'un tratto.

Draco sollevò le sopracciglia. "E' naturale. Mi piacciono le ragazze, sono meravigliose, e poi mi sembrava più appropriato. Ad esempio, a te piace sia il Quidditch che giocare con le figurine delle Cioccorane. Con me parli di Quidditch, non delle figurine, perché non sono un patito delle collezioni. Allo stesso modo io potrei parlare di Quidditch con te, e di figurine delle Cioccorane con Zabini. Mi segui?"

Harry si incupì. "Sì, ma sto visualizzando immagini orrende," disse. "Perché non me lo hai mai detto?"

"Pensavo che lo sapessi!" esclamò Draco. "Non è certo un segreto, volevo solo essere educato, evitare di metterti a disagio, comportarmi in modo civile. Non mi hai mai chiesto della relazione che ho avuto prima di Natale quando te ne ho parlato, pensavo che avessi sentito già tutto in giro."

"Ti prego, non il professor Lupin," disse Harry, sconvolto.

Draco gli fece una smorfia. "Harry, per favore! No, certo che no. Terry Boot."

A Harry stava venendo mal di testa. "Cosa, anche lui?"

"Beh," Draco fece una pausa. "Non sono sicuro, in realtà. Forse è stato solo un esperimento, ad essere sincero. Mi aveva detto che non aveva mai fatto niente del genere. Senti, non è... piacevole."

Draco si passò una mano tra i capelli, e Harry lo guardò preoccupato. Il vento li aveva già scompigliati, ma quel gesto era sempre un segno di estremo tormento interiore.

"Scusami," gli disse a bassa voce. "Non intendevo... non devi dirmelo per forza."

Draco gli sorrise di sottecchi, e batté una spalla contro quella di Harry.

"No, è tutto a posto," disse. "A un certo punto è diventato un po' sentimentale, e le cose si sono incasinate. E non ci sono state scintille, verso la fine. Non mi piace quando qualcuno si comporta da stupido, tutto qui. Non mi dà fastidio."

"Capisco," rispose piano Harry. Si appoggiò un po' alla spalla di Draco. Era confortevole.

"A te dà fastidio?" chiese Draco. "Cioè, so che stai passando un momento di crisi e tutto quanto, ma potresti sentirti a disa..."

"No!" disse subito Harry. "No, no, non mi dà fastidio. No, va bene, assolutamente, sono solo sorpreso. Anche se non lo fossi... anche se non ti avessi... ehm. No, certo che no." Un altro orribile pensiero gli attraversò la mente. "Uhm, Draco, posso chiederti..."

Draco sembrava ispirato. La cosa spaventava Harry a morte.

"Potrebbe aiutarti con la crisi, giusto?" rifletté. "Chiedi pure. Voglio essere d'aiuto. Chiedi quello che vuoi."

"Ok," disse goffamente Harry. "Hai mai... collezionato figurine delle Cioccorane con Blaise Zabini?"

"Qualche volta," rispose Draco. "Il sesto anno."

Una persona amica con cui sono successe delle cose una volta o due, aveva detto Draco. Harry aveva dato per scontato che fosse Morag vattelappesca. 

"Allora, come hai... ecco..."

"Beh, ti ho detto, c'è stata la cottarella per il professor Lupin," iniziò Draco.

"Ti prego, passa oltre," lo incalzò Harry.

"Poi Pansy. Ci piacevamo tutti e due, e alla fine ci siamo messi insieme, ma tutto è crollato prima della fine del quinto anno. Quell'estate stavo cercando un po' di supporto contro il Signore Oscure dalle casate antiche... solo domande discrete, capisci, e c'era questo ragazzo di Durmstrang che era un po' più grande di me. Il sesto anno io e Zabini abbiamo fatto qualcosina, e poi d'estate ho conosciuto una ragazza di Beauxbatons, figlia di un'amica di mia madre. Poi c'è stato Terry, così in tutto sono cinque."

Draco guardò trionfalmente Harry, come se si aspettasse che potesse illuminarsi e preparare le valigie per Durmstrang, o chissà che.

"Due ragazze e tre ragazzi," disse Harry. "Quindi... più maschi che femmine."

"Sei bravo in matematica. Esatto. Sono cose che capitano," gli disse Draco. "Non è un piano di battaglia. Non ha tutta questa importanza."

"Giusto," disse Harry.

Per un motivo che non aveva molta importanza, si sentì come se la testa potesse cadergli per lo shock. Strinse gli occhi verso l'acqua increspata del lago, e dette ad essa la colpa, in modo oscuro e cattivo.

"Non posso credere che non lo sapessi," osservò Draco, come se tutto fosse sistemato. "Perché mai lo hai fatto, allora? Non avevi paura che perdessi la ragione e ti picchiassi?"

Che domanda assurda. Perché mai lo aveva fatto, come se non se lo fosse chiesto dal momento in cui era successo. Perché era stato felice, e non aveva dovuto pensarci, e a un certo punto si era sentito così lontano da tutta quella confusione, dalle preoccupazioni e dalle paure con cui tutti avevano a che fare, che ormai non riusciva nemmeno più a ricordare esattamente il motivo.

"Nah," disse Harry. "Non mi fai paura."
"Come no," gli disse Draco. "Non provare a mettere in dubbio il leggendario valore in battaglia del clan Malfoy. Devo forse ricordarti che ti ho sconfitto pietosamente in quel duello babbano qualche mese fa..."

"Sì, ma io ti ho battuto in non meno di due risse il quinto anno," obiettò Harry. "Potrei metterti al tappeto."

"La prima volta non contava, uno dei fratello Weasley ti stava aiutando," replicò Draco indignato. "E la seconda volta fummo interrotti, quindi conta come pareggio."

Voltarono le spalle al lago e tornarono verso Hogwarts. Harry cercò di non pensare a tutte quelle novità, cercò semplicemente di rilassarsi e tornare contento come lo era stato nella caffetteria. Era già tutto abbastanza difficile, e spesso dovevano occuparsi della sopravvivenza a tal punto che la felicità passava in secondo piano.

"Pareggio? Ah," disse. "Ricordo distintamente che ti proposi una rivincita, e tu non l'hai mai accettata. Hai paura, Malfoy?"

Per il momento, era lì con Draco e basta.

"Un Malfoy non conosce la paura," rispose altezzosamente Draco, e poi sogghignò. "Beh, più o meno."

"Diciamo più, quando si tratta di ragni giganti," osservò Harry.

"Devo parlare con il professor Snape," gli disse Draco. "E tu sei una persona crudele."

Harry, per restare in tema, menzionò la Foresta Proibita e lo stesso Hagrid. Draco ricambiò con un commento sui Dissennatori, e Harry fu costretto a ribattere parlando di come un certo qualcuno si era offerto volontario per salire per primo su un Ippogrifo, mentre qualcun altro si era ritirato terrorizzato ed era stato colpito come un idiota.

Poi arrivarono a Hogwarts, e Draco lo lasciò.

*

"Non capisco come avrei potuto sapere che un semplice bastoncino potesse essere velenoso. Sarebbe potuto succedere a chiunque," dichiarò Ron. "Non credi, Harry?"

"Uhm, sì," disse Harry.

Quindi... quella novità rendeva le cose più facili o più difficili? Draco non era corso via perché l'idea dei ragazzi lo disgustava, ma perché non era molto entusiasta circa Harry.

"Chiunque con un minimo di conoscenze di Babbanologia l'avrebbe saputo," disse Hermione. "Hai visitato casa mia, Ron, hai visto mio padre fumare una pipa. E poi non avresti dovuto accettare niente da quella donnaccia di Pansy Parkinson. Giusto, Harry?"

"Direi di sì," rispose Harry.

Beh, Draco non si era mai risparmiato nel sottolineare che Harry si vestiva male e aveva dei capelli orribili. Portava degli occhiali che insisteva a rompere, e aveva una brutta cicatrice sulla fronte e, pensò, non era esattamente il tipo di uomo che mandava in visibilio le ragazze, o i ragazzi a cui piacevano i ragazzi. O i ragazzi che pescavano a sinistra, a destra, al centro e andavano dietro a Lupin.

"Pensavo che dovessimo far finta di essere un'unica famiglia felice," disse Ron. "Stavo cercando di cooperare come mi avete chiesto, e sono finito intossicato. E' come ho sempre detto, non ci si può fidare affatto dei Serpeverde."
"Sì, questo è vero," disse Harry.

Dunque... Terry Boot. Calmo e intelligente, e gli piacevano i libri. A Draco doveva piacere, pensò Harry, ma d'altronde uno non sta con una persona solo perché entrambi amano leggere, altrimenti Hermione e Madama Pince avrebbero fatto coppia da anni.

Il fatto è che sembrava sbagliato pensare ai ragazzi come... beh, attraenti. Harry sapeva già come sarebbero dovute andare le cose, glielo avevano insegnato tante cose che Sirius, Silente e altri avevano detto. Un giorno sarebbe diventato come i suoi genitori, e le ragazze sarebbero diventate carine e lui avrebbe sposato quella che gli fosse piaciuta di più, così la tragedia dei suoi genitori sarebbe stata riscattata, e lui sarebbe stato felice come sarebbero dovuti esserlo loro.

Sapeva come giudicare se una ragazza era attraente, ma gli veniva strano, e sbagliato, meditare sui ragazzi in quel modo. Riconosceva quelli belli, ma aggiungere cose come... Sapeva come giudicare se una ragazza era attraente, ma evidentemente la cosa non gli interessava. Non riusciva a pensare a un ragazzo che lo fosse, eppure c'era qualcosa nel sorrisino di Draco, nel suo naso, nel suo collo, di cui non pensava che avrebbe mai potuto fingere di poter fare a meno.

Insomma, che importava perché a Draco piaceva Terry Boot?

Si accorse che Ron e Hermione lo stavano fissando.

"Scusate," disse. "Ho detto qualcosa di sbagliato?"

"Non capisco perché abbiamo dovuto attraversare tutta la scuola affinché tu potessi sgridarmi," borbottò Ron rivolto a Hermione. "Puoi farlo benissimo nella sala comune. Ginny registra tutto e poi lo riporta a mamma."

"Silenzio," disse Hermione, fermandosi davanti alla porta dell'aula di Incantesimi.

"Che stai facendo?" chiese piano Harry.

"Ho sentito il professor Vector dire a Blaise Zabini che Snape voleva incontrarlo qui," sussurrò Hermione. "Se Snape ha tanta fretta da passare messaggi ai Serpeverde tramite altri professori, voglio sentire ciò che ha da dire."

Harry ci pensò un attimo, e annuì. Se era importante, certo che dovevano saperlo. Molto semplice.

Quando sentì la voce di Pansy incrinarsi mentre parlava, però, guardò verso Ron e vide sul suo viso il suo stesso senso di colpa.

"La prego, signore, non può," disse. "M-mio fratello ha detto che non parlano bene di lei. E sappiamo tutti che la stanno torturando... non può tornarci. La uccideranno, e a quel punto non sarebbe servito a niente."

Le ultime parole le pronunciò con voce incrinata.

"Non ha tutti i torti, signore. Ne vale la pena?" chiese Zabini.

La voce di Snape suonò aspra e severa. Harry ripensò alle parole crudeli che aveva sentito da quella voce, e a quanto l'aveva odiata dalla prima volta in cui l'aveva sentita.

"Alcuni miei studenti sono intrappolati lì," disse. "C'è una possibilità che possa salvarli. Non c'è altra scelta."

"E cosa ne sarà di noi?" chiese Zabini.

"Cosa ne sarà di Draco?" domando Pansy. "Non può tornare a fungere da Capocasa, è ridicolo, le cose stanno precipitando e non possiamo fidarci..."

"Per me va bene. Ce la faccio," disse asciutto Draco, quasi offeso. Era così da lui offendersi al primo dubbio sulla sua onnipotenza. "Perché dovrebbe restare qui a guardar sparire anche tutti noi? Non può fare niente se resta qui."

"Draco ha ragione," osservò Snape, in tono sgradevole, forzato e orgoglioso. "Devo andare laddove posso rendermi utile a tutti voi."

"Ma lei ci serve qui," disse Pansy, al contempo severa e sconsolata. "Signore, lei morirà..."

"Siamo in guerra," la interruppe Draco con una voce furiosa che, pensò Harry, indicava che anche lui era spaventato e agitato.

Lui e Hermione si tesero per sentire meglio, quando Ron si tirò via dalla porta e li guardò entrambi.

"Lei... credo stia per mettersi a piangere," disse, inquieto. "Non dovremmo ascoltare."

Hermione esitò. "E se per caso ha dell'altro da dire..."

"Non m'importa, non voglio origliare ragazze che piangono," disse secco Ron. Si allontanò dalla porta, e Hermione lo guardò e si alzò con riluttanza.

Harry rimase sulla porta, incerto. Non avrebbe voluto spiare nessuno, ma il fatto che Snape stesse per partire era una notizia importante, e Draco non si sarebbe fatto alcuno scrupolo, se avesse pensato che mantenere il segreto avrebbe giovato ai Serpeverde.

Doveva pensare a tutti gli altri. Era troppo importante.

Il suo dilemma morale fu risolto quando Ron, ancora scosso, parlò a voce troppo alta.

"Snape sa essere dannatamente insopportabile," disse. "Forse è meglio se se ne va."

Dentro la stanza calò il silenzio. Harry fece un passo indietro dalla porta un attimo prima che fosse spalancata, e che uscisse Pansy Parkinson. Non sembrava che stesse per piangere. Era assolutamente infuriata.

"Perché non glielo dici in faccia?" domandò, e colpì Ron sul naso.

"Ahi!" gridò Ron. "Stronza!"

Il viso di Hermione si irrigidì e vide Draco, che era giunto sulla soglia.

"Pensavo che stessi supportando l'armonia tra le case." osservò. "Cosa pensi di fare, adesso?"

Il volto di Draco era già un po' troppo pallido. I suoi occhi si strinsero e guardò prima l'espressione accusatoria di Hermione, poi Pansy con i suoi capelli neri scompigliati, e infine Ron, col sangue che gli colava tra le dita.

"Beh," disse, camminando intenzionalmente verso Ron. "Per lui potrei fare un'eccezione."

Harry si mise tra loro due senza neanche pensarci.

"Non ci provare," scattò.

L'istinto di protezione per i suoi amici minacciati, la nuova confusa indignazione per Snape che sarebbe partito, e a Harry non era mai piaciuto, ma i Serpeverde avevano bisogno di lui, e i pensieri che non avevano smesso di vorticargli nella mente dopo la confessione di Draco si tramutarono in ira.

Draco alzò i suoi occhi grigi e gelidi sul viso di Harry, e disse deliberatamente, "Non dirmi cosa devo fare, Potter."

E spinse via Harry.

O almeno ci provò. Cercò di spostarlo, ma Harry si girò, fu colpito su una spalla e spinse l'altra, forte, contro il petto di Draco.

"Allora non minacciare i miei amici!"

Draco strinse gli occhi. "Farò più che minacciare," promise, e colpì Harry sulla bocca.

Harry registrò vagamente che Draco era così crudele solo quando aveva paura, e con la stessa confusione si accorse che dalla bocca gli colava del sangue. Nella mente gli echeggiava il ronzio che aveva nelle orecchie, quando incassò il colpo e sbatté Draco contro il muro.

Non mi piace quando qualcuno si comporta da stupido.

Settimane di vergogna e imbarazzo e pensieri su ciò che aveva dovuto provare Draco, quando invece...

"Ti conviene chiudere la bocca," scattò Harry, e si gettò su Draco, spinto contro il muro di pietra con il viso arrossato che pregava di essere preso a pugni.

Draco scansò il colpo e le nocche di Harry colpirono il muro. Prima che si riprendesse dallo shock del dolore, Draco gli afferrò la maglia mentre si chinava, tentando di fargli perdere l'equilibrio.

Non ha tutta questa importanza.

Harry si lasciò andare e sentì la propria camicia strapparsi, e afferrò Draco mentre cadeva e lo trascinava sotto di lui. Quindi lo colpì sull'occhio.

"No, Harry!" disse Hermione.

"Vai, Harry!" strillò Ron.

"Non immischiarti, Pansy." Era Zabini.

"Cosa sta succedendo?" Il professor Snape.

Come il sangue in fondo alla sua gola, le voci erano poco importanti e lontane. Ciò che importava era Draco, spaventato e disperato ed effettivamente incazzato anche con Harry, col labbro curvato a mostrare i denti. Cercò di buttarsi su Harry e lo mancò, ma gli occhiali di Harry gli si sfilarono per metà quando schivò il colpo, e tutto divenne sfocato. Si concentrò sulla macchia pallida mentre Draco lottava e si dimenava ferocemente sotto di lui, tenendolo fermo anche quando Draco alzò di scatto la testa e urtò la fronte contro quella di Harry. Gli diede un pugno sulle costole e cercò di afferrargli la camicia in modo da poterlo immobilizzare e colpire per bene.

Perché mai lo hai fatto, allora?

"Smettetela immediatamente! Toglietegli di dosso il signor Potter!"

Il verso duro e soffocato che uscì a Draco quando Harry gli sbatté di nuovo le spalle sul pavimento era molto più importante, ma fu la voce a causare l'interferenza esterna.

Delle mani afferrarono Harry e lo tirarono via, mentre lui lottava per liberarsi da quella presa e tornare su Draco. Draco gli assestò un pugno nello stomaco mentre lo sollevavano.

Draco tentò ti lanciarglisi addosso, ma Ron lo tirò dalla camicia appena si alzò.

"Non credo proprio, Malfoy," disse.

Draco ringhiò qualcosa di imperioso e sconclusionato, e Hermione lasciò subito andare Harry per dare una mano a Ron.

"Si controlli, signor Malfoy!" eruppe Snape, lasciando andare Harry e mettendosi in mezzo a loro. Draco lo fissò e si fece da parte, interrompendo il tentativo di liberarsi da Ron e Hermione. Snape inveì contro Harry. "Quanto a lei, Potter! Non solo lei e i suoi amichetti stavate origliando una conversazione privata, avete anche deciso, con la genialità che vi contraddistingue, di peggiorare la situazione aggredendo uno studente senza essere provocati!"

"Certo, e io mi sono dato un pugno sul naso da solo, vero?" chiese Ron, aggiungendo in ritardo, "...signore."

Snape alzò le sopracciglia. "Ah sì, signor Weasley?" domandò aspramente. "Beh, è sempre stato un po' maldestro."

Che persona meschina e schifosa. Harry l'aveva sempre odiato, e farfugliò oltraggiato insieme a Ron, e per poco non odiò tutti i Serpeverde per essersi schierati fieramente dalla parte di Snape.

"Benissimo, via quaranta punti ai Grifondoro," continuò Snape soddisfatto. "Credo proprio che voi due fareste meglio a passare in infermeria, nonostante io sia personalmente convinto che non sarebbe male se il signor Potter imparasse che le sue azioni comportano delle conseguenze."

"Secondo lei in questo momento mi frega qualcosa dei punti?" chiese Harry furiosamente. "Non sia patetico!"

"Ed ecco che diventano cinquanta punti," dichiarò Snape. "Signor Zabini, signorina Parkinson, potete lasciar andare Potter adesso. Probabilmente uno dei suoi lacché gli porterà una camicia con qualche bottone in più in infermeria."

Harry si infilò gli occhiali e incrociò le braccia sul petto, con un'aria truce. Draco scosse via le mani di Ron e Hermione con grandi arie di sdegno, e procedette ad ignorare completamente i propri vestiti in disordine per riavviarsi i capelli.

"Lei può andare per primo, signor Malfoy," lo incalzò Snape. "Il signor Potter certamente potrà aspettare qui, in modo da evitare che la selvaggia aggressione si ripeta."

C'era un rigonfiamento rosa attorno all'occhio di Draco. Si fermò mentre Pansy faceva del suo meglio per portarlo via subito, e guardò Harry, Ron e Hermione.

"Ci vediamo stasera, comunque," disse loro, e se ne andò.

*

Harry aveva intenzione di sgattaiolare via prima per parlare con Draco, ma Ron, che se n'era andato in giro tutto trionfante a raccontare storie di malvagie arpie Serpeverde e psicolabili aggressori Serpeverde, lo beccò mentre cercava di uscire.

"Forse è meglio scendere in anticipo, per evitare scenate davanti ai, ehm, ai Tassorosso e ai Corvonero," disse Harry.

"Buona idea," disse Ron. "Vado a chiamare Hermione."

Così scesero insieme, e l'unica conseguenza del loro anticipo fu che i capelli di Draco erano ancora bagnati dopo la doccia, ed erano crespi.

"Che piacevole sorpresa," disse, aprendo la porta. "E' sempre un piacere per me essere colto in stato di deshabillè dai Grifondoro."

Evidentemente essere visto in maglietta, calze e pantaloni della tuta era un'enorme caduta di stile, per un Malfoy. Li guardò con aria assassina e tornò a strofinarsi vigorosamente i capelli con l'asciugamano.

Harry non pensava che stesse tanto male.

Gli ci volle qualche secondo per realizzare che nella stanza c'era anche Pansy, completamente a suo agio con una camicia da notte di flanella, che mangiava una porzione di mousse al cioccolato che pareva in grado di sfamare una famiglia. Harry la guardò e lei gli rivolse un cenno col cucchiaio.

"Fatemi mettere in chiaro una cosa," disse Draco attraverso l'asciugamano. "Saremo tutti assolutamente, perfettamente, meravigliosamente educati l'uno con l'altro, stasera. Io non provo rancore. Voglio essere la cortesia in persona. Ci siamo capiti?"

Riemerse dall'asciugamano con i capelli simili a lance bagnate, e rivolse loro un'occhiata velenosa, soffermandosi su Ron.

"Io sono sempre educato," sbottò Ron. "Rispetto a te, almeno."

"Eccellente," disse Draco. "La mia stanza è tua, Weasley. Solo non toccare il letto, i libri e nessuno dei miei vestiti. Sarebbe una vera seccatura doverli disinfettare."

Ron non sembrava bruciare dal desiderio di mettere mano su nessuna delle proprietà di Draco, però guardava con interesse la mousse al cioccolato.

"Potrei mangiare," propose.

Pansy lo guardò cupa. "Peccato che non hai portato del cibo, allora," osservò con voce gelida.

Ron gettò la spugna di fronte all'incurabile maleducazione Serpeverde, e prese posto con fare protettivo accanto a Hermione. Si limitò a scoccare qualche occhiata furtiva alla mousse.

Hermione era ancora sospettosa. "Così voi due non finirete in un altro match di pugilato."

"No," disse Harry.

"Perché Draco vincerebbe," aggiunse Pansy, non esattamente sottovoce.

"Harry vincerebbe," la corresse Ron a bassa voce.

Pansy ripeté il gesto col cucchiaio. "Vai al diavolo, Weasley, deficiente."

"Certo che no," disse Draco rivolgendosi disinvoltamente a Hermione. "Ogni tanto prendersi a pugni serve a rinfrescare l'aria. I maschi lo fanno sempre. E noi siamo maschi. Maschi virili. Qualcuno ha visto la mia spazzola?"

La cauta cortesia di Draco durò tutto il tempo in cui si asciugò e si spazzolò i capelli, poi arrivarono Tiger e Goyle. Si sedette dietro di loro mentre entravano tutti gli altri, usandoli come scudo, ricomponendo il familiare blocco Malfoy-e-i-suoi-scagnozzi, che esisteva dal primo anno.

A Harry non era mai venuto in mente che potessero essere di conforto per Draco, e per un breve, umiliante momento lo invidiò.

Smise di pensarci quando entrarono i Corvonero. Terry Boot rivolse a Draco un sorriso timido quando entrò, e anche se Draco lo guardò funesto per un attimo, prima di ricordarsi che era un ospite, Harry riconobbe quel breve flash possessivo.

Dio, era geloso. Era tutto così umiliante.

Contemplò l'idea di prendersela con Terry, ma la prospettiva di colpire Draco era molto più allettante, cosa che faceva capire quanto fosse fastidioso Draco o quanto fosse impazzito Harry, o magari entrambe le cose.

Ancora una volta, sentì che avrebbe dovuto accorgersene prima. D'altra parte, anche Ron ce l'aveva sempre avuta con Draco, e se anche lui gli moriva dietro, beh, l'aveva nascosto straordinariamente bene.

Harry si disse che si stava comportando in modo patetico, e ritornò in sé abbastanza da spiegare a tutti la questione del pensatoio.

"Zitto," disse Draco imperiosamente. "Non possiamo ancora cominciare. Dov'è..."

Fu allora che Blaise Zabini entrò di corsa, il viso pallido e sincero per la prima volta.

Disse senza fiato, "Sono sparite. Tutte le scorte per le emergenze. Sono semplicemente... scomparse. Le ha prese la spia."

Harry ricordò quando Silente e Lupin avevano insistito per mettere da parte alimenti per le emergenze. Era stato all'inizio del sesto anno, prima delle prime sparizioni a Hogwarts, e l'idea che sarebbero potute servire delle scorte, che avrebbero potuto essere assediati nella sicura e Indisegnabile Hogwarts era sembrata così inverosimile da sembrare uno spreco di tempo.

Ormai Hogwarts sembrava così poco sicura che era diventato consolante sapere che c'erano delle scorte, e Harry non se ne accorse fino a quando non si guardò intorno e non vide le facce sconvolte.

Calì, accanto a lui, fece un piccolo verso di disagio, e lui parlò per cercare di rincuorarla. Per cercare di rincuorare tutti.

"Potrebbe rivelarsi una cosa positiva," disse.

Tutti lo guardarono speranzosi e carichi di aspettative, perché non c'era nessun altro verso cui voltarsi. Dopotutto era il Ragazzo Che Era Sopravvissuto, e avrebbe dovuto mettere fine alla faccenda sedici anni prima.

"A cosa ci servono quelle scorte? Insomma, ci stanno venendo a prendere lo stesso, è improbabile che moriremo di fame, anche se dovesse esserci un assedio," disse, e si accorse che forse avrebbe dovuto avere più tatto quando Mandy e Lisa lo guardarono come se stessero per svenire all'unisono.

Beh, le cose stavano in quel modo, e non poteva indorare la pillola.

"Ma si è tradito," continuò. "Cioè... deve avere qualche mezzo segreto per entrare e andare in giro nel castello, o come minimo dei complici, o qualsiasi cosa. Non può girare con tonnellate di cibo nascoste sotto il maglione."

"A meno che non sia il professor Hagrid," disse Zabini illuminandosi.

"Che commento utile, Zabini," replicò Draco. "Vedo che stiamo tornando al nostro piano di sconfiggere il Signore Oscuro tramite le nostre oscure e mistiche competenze nel campo delle critiche personali. Vai avanti, Harry."
Harry annuì. "Io conosco i passaggi segreti di Hogwarts, e so quando qualcuno li usa," disse.

In quel momento tutti lo stavano guardando rapiti. Si sentì un imbroglione perché aveva la Mappa del Malandrino, mentre tutti erano convinti che avesse dei poteri arcani.

"E come lo sai?" chiese bruscamente Draco.

"Ci hai spiati tutti?" aggiunse Blaise, appena un po' sospettoso.

Vatti a fidare dei Serpeverde.

Harry guardò Draco.

"Ho una... mappa speciale," disse con prudenza, e proseguì. "Per cui o hanno costruito dei nuovi passaggi - e credo che ce ne saremmo accorti - oppure hanno un altro metodo per trasportare persone e cose."

"Forse stanno usando la Camera dei Segreti," suggerì Terry Boot. "Come si spostava il mostro Serpeverde? Potrebbero esserci dei cunicoli segreti."

Prima di allora Harry aveva sempre pensato che i contributi di Terry alle discussioni fossero intelligenti, ma nel momento in cui Draco annuì capì che non era altro che un enorme, orribile spaccone che cercava di impressionare gli altri col suo cervello.

"No," disse, un po' esultante. "La Camera può essere aperta solo da un Rettilofono, e il basilisco usava le tubature, i serpenti non hanno bisogno di passaggi segreti..."

Si fermò, e tutti lo fissarono.

"Tu sei un Rettilofono," osservò Pansy. "Dovremmo forse aggiungerti alla lista?"

"Zitta, Pansy," ordinò Draco. "Le persone che sono state possedute dal Signore Oscuro conoscono il Serpentese, vero?"

"Sì," disse piano Harry. "Ma non è quello che intendevo. Voldemort parla coi serpenti e loro eseguono i suoi ordini. Se fossero dei serpenti a fare da spie, non comparirebbero mai sulla Mappa."

Si sollevò un ronzio di voci, tra cui spiccava limpida quella di Draco.

"Cos'è questa mappa? E come fanno esattamente dei serpenti privi di arti a portar via pile di scorte, secondo te?"

"Potrebbero riuscirci," disse Harry. "Pezzo a pezzo."

La voce di Hannah Abbott tremò mentre parlava.

"Vuoi dire che anche le persone sono state portate via a pezzi?"

"No!" esclamò Ron, terrorizzato dall'idea che potesse mettersi a piangere. "Sappiamo che sono vivi dentro una..."

"Cuciti la bocca, Weasley," ringhiò Pansy.

"Ben detto, Pansy," disse Draco, lanciando a Ron uno sguardo truce. "Come credi che dei serpenti possano rapire delle persone, Harry?"

"So che sembra stupido," disse Harry contrariato. "Ma possono farlo. Potrebbero star lavorando in molti, potrebbero esserci dei cobra... o magari loro controllano che il campo sia libero e che tutti dormano prima di far entrare qualcuno. Il punto è che è possibile che lo stiano facendo! Forse non è affatto una spia umana. Forse non è nessuno di noi."

Non ci credeva.

Era una soluzione così incredibilmente facile e indolore, quando un attimo prima si pensava a qualcuno di cui ci si fidava e a cui si voleva bene, nel qual caso oltre al disastro ci sarebbe stato il tradimento.

Ma vide che tutti gli altri si rincuorarono improvvisamente, ed era un bene. Era l'unica cosa che gli importava.

"Allora che possiamo fare?" chiese Draco. "Procurarci trappole per serpenti? Si possono intrappolare i serpenti?"

Harry si sentì improvvisamente stanco. "Non dovete fare niente," replicò. "Lasciate fare a me."

 

 

 

 

 **************************************************************************************

 NOTA DELLA TRADUTTRICE

Salve :)
Vi è piaciuto questo capitolo? Avete voglia di farmi sapere cosa pensate di Draco, di Harry, di Terry, di Ron, di Pansy, di tutto ciò che è successo? Alzate la cornetta, che Luciana vi aspetta!
No, a parte gli scherzi... ho rischiato di farmi mandare a quel paese diverse volte e da diverse persone per finire in tempo, e tutto per voi! Ricambiereste con un commentino? Perchè lo so che ci siete!

Grazie a tutti, un bacione e alla settimana prossima.

 

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Capitolo 17
*** Il colpo di grazia ***


Underwater Light

Underwater Light

By Maya

 

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

 

Dichiarazione di Maya sulla Politica Personaggi

Voglio più bene a Snape ma Sirius è più carino
Lupin dovrebbe proprio essere il mio padrino
Pansy è la mia ragazza, Hermione è brillante
Ginny è molto più di una persecutrice ansimante
Ron è adorabile, lo dico chiaramente
Lo stesso Harry, anche se ambiguamente
Ma chi è sempre al primo posto per me?
Sì, sì, sì, Malfoy è il nostro Re!

 

 

Capitolo Diciassette

Il colpo di grazia

No we can't be friends

Not while I'm still so obsessed

I want to ask were I went wrong

But don't say anything at all

[No, non possiamo essere amici / Non ora che sono così ossessionato / Voglio chiederti dove ho sbagliato / Ma tu non dire niente]

 

Il giorno dopo, Harry scelse il corridoio con la strega di pietra per iniziare a lavorare. Era isolato e tranquillo, e aveva con sé una spilla di scorta che gli aveva dato Lupin, delle scorte di Madama Chips e una gabbia enorme che gli aveva prestato Hagrid.

Non doveva far altro che guardare la spilla Serpeverde e concentrarsi.

"Ehm," disse, cosa che suonò molto strana in Serpentese. "Venite, serpenti. Vi voglio tutti qui. Qualsiasi serpente vicino a Hogwarts o nei paraggi... venite qui subito!"

Udì alcune domande vaghe, dei commenti stupiti e semplici assensi passivi.

Quando il primo piccolo serpente di campagna scivolò nella gabbia, provò un impeto di soddisfazione.

Era da troppo tempo che si sentiva inutile e frustrato. Non avrebbe mai permesso che la cosa lo abbattesse, se avesse sentito di poter fare qualcosa, qualsiasi cosa, per cambiare le cose. Ma era da quasi un anno che Hogwarts sanguinava, e non era diventata altro che l'anticamera della depressione, perché nessuno aveva idea di cosa fare.

Se ci fosse stata anche solo una possibilità che fossero i serpenti, e quello avrebbe potuto fermarli...

"Avanti, venite," disse Harry persuasivo, facendo scivolare e sibilare le sillabe sulla propria lingua.

"Oh baby, dimmi le parolacce."

Harry sobbalzò, si voltò di scatto e roteò gli occhi verso Draco. Draco sogghignò e si appoggiò alla parete del corridoio.

"Mi hai fatto quasi prendere un colpo," gli disse Harry, e per un istante gli sembrò strano parlare in inglese.

"Noi Serpeverde siamo i maestri dell'astuzia e del sotterfugio," disse Draco, distaccatamente orgoglioso. "Senti, credo che dovremmo parlare."

"Ehm, sì, forse," rispose Harry, e aggiunse immediatamente ‘andare nel panico' alla lista di cose da fare una volta attirati tutti i serpenti. Spostò lo sguardo dal viso di Draco alla spilla sul suo petto, e disse, "Venite," giusto per essere sicuro.

Draco tossì. "Così mi distrai," commentò.

Altri serpenti strisciarono nella gabbia, intrecciandosi finché Harry non perse il conto.

"Beh, mi dispiace, ma si dà il caso che sia importante," disse Harry, più duramente di quanto volesse.

"Lo so," disse freddo Draco.

"E tu non mi sei d'aiuto," aggiunse Harry. "Non potremmo parlarne più tardi, qualsiasi cosa sia?"

"Oh, certo!" esclamò Draco, e la sua voce si fece più aspra. "Quale orario ti sarebbe più congeniale?"

"Ascolta, non si tratta di me," gli disse Harry. "Se fosse  per me... se fosse per me, troverei il tempo da dedicarti. Ma devo fare qualcosa per tutti, adesso. Devi capirmi."

"No, non proprio," disse Draco di riflesso. "Cosa ne so io della responsabilità? Dopotutto non sono un eroe."

"Non fare lo stupido!" sbottò Harry. "So che sei nervoso per Snape..."

"Non ficcare il naso nei miei affari," ordinò Draco, stringendo gli occhi alla menzione di Snape. "Bene. Mi spiace molto averti disturbato. Scappo."

Si girò e andò via.

"Draco!" gli urlò dietro Harry, ma lui non si voltò.

Harry guardò i serpenti esasperato, e poi lasciò perdere.

"Forza," disse, osservando di nuovo la spilla che aveva in mano.

Era solo un ultimo richiamo di sicurezza, ma pensava di averli presi tutti. La gabbia conteneva una massa lucida e acciambellata.

Era la loro unica idea, e potevano essere loro le spie, o almeno i loro complici.

Harry si ricordò di quando, a undici anni, aveva liberato il serpente dallo zoo.

Beh, i tempi erano cambiati.

Prese il veleno e cominciò a versarlo.

*

Harry si era scordato che Draco era di guardia quella notte, così decise che gli avrebbe parlato l'indomani.

Il giorno dopo, Draco, Tiger e Goyle saltarono la colazione, e il posto vuoto alla tavola dei professori rese chiaro il perché.

Harry non pensava che sarebbe successo così presto.

Doveva vedere Draco. Draco sarebbe andato a lezione, e lui lo avrebbe preso in disparte e gli avrebbe detto... beh, non gli avrebbe detto niente di così incoraggiante, ma almeno avrebbe controllato che stesse bene.

Perché ovviamente Draco stava bene.

Preferì non parlarne con Hermione, che era chiaramente nel mezzo di qualche furioso calcolo su quali sarebbero state le conseguenze dell'assenza di Snape, né con Ron, che guardava nervoso una Pansy Parkinson con gli occhi rossi. Il fatto che i Serpeverde possedessero dotti lacrimali sembrava avergli causato un tremendo shock, ed era quasi preoccupato che Pansy potesse esplodere da un momento all'altro.

Preferì anche non guardare verso il tavolo dei professori, dove Sirius mostrava grande allegria.

Si limitò ad osservare cupo il suo porridge, e a mangiarlo.

Draco non si fece vedere a nessuna lezione. Harry pensò di andare nei sotterranei dei Serpeverde, ma non sapeva se fosse appropriato disturbare tutti i Serpeverde così evidentemente turbati, e di certo non avrebbe usato il Mantello dell'Invisibilità... con la faccenda della conversazione origliata aveva già messo un piede in fallo.

Di conseguenza si sentiva male, e, peggio, inutile, mentre saliva mogio mogio le scale per il dormitorio maschile con un libro di incantesimi difensivi.

Era convinto che non sarebbero serviti a niente, ma magari avrebbe potuto incidentalmente guadagnarsi un Eccellente nel MAGO di Difesa contro le Arti Oscure.

Stava leggendo il capitolo sulle tombe maledette quando sentì la voce di Draco nella sala comune al piano inferiore, che chiedeva imperiosamente dove fosse.

Si alzò di scatto e scese.

Draco gli dava le spalle, e c'era un'atmosfera distintamente sgradevole, come se qualcuno avesse appena insultato qualcun altro, o perlomeno assunto un'espressione particolarmente sdegnosa.

L'atmosfera non sembrava aver influenzato Colin Canon, che aveva alzato gli occhi dalla sua sedia e stava camminando verso Draco.

"Ciao," disse, allegro ed entusiasta, come se Draco non l'avesse preso in giro o ignorato continuamente per più di sei anni. "Senti, Malfoy, sto facendo un collage del Giovane Consiglio, sicuramente non ti dispiace..."

Sollevò la macchina fotografica.

"Invece sì," sbottò Draco, esattamente sul clic della macchina fotografica.

Ci fu un flash di luce, e Colin disse, "Non sono sicuro di aver preso l'angolazione giusta... potresti..."

Draco si avvicinò e gli strappò via la macchina fotografica da sopra la testa. Parlò lentamente.

"Ti ho detto di non puntarmi addosso questa cosa."

Si sentì l'inconfondibile scricchiolio della camera fotografica che si rompeva. L'espressione di Colin si tramutò in stupito orrore. Draco inclinò la testa, come se si stesse godendo la visione e volesse cambiare punto di vista.

Gli altri Grifondoro rimasero seduti, immobilizzati dallo shock, quando Draco aggiunse sfacciatamente, "Che ti serva di lezione."

Harry ritrovò la voce.

"Draco," disse a voce alta. "Cosa diavolo credi di fare?"

Draco si girò, lasciando cadere la macchina fotografica. Lo sguardo desolato di Colin la seguì.

"Oh, Harry," disse, annoiato. "Eccoti."

"Fuori," scattò Harry. "Adesso. E dopo tornerai dentro e chiederai scusa."

Afferrò il braccio di Draco e lo tirò verso l'uscita. Appena giunti fuori, Draco tirò via il braccio.

"Non darmi ordini come se fossi un bimbo impertinente!" sbottò, offeso. "E non ti azzardare a toccarmi."

Con che coraggio parlava!

"Cazzo, non costringermi a colpirti di nuovo," ringhiò Draco.

Draco sollevò le sopracciglia. "Costringerti?" disse tagliente. "Strano, io non ricordo di aver aperto le braccia e di aver detto ‘Prego, Potter, prendi bene la mira.' Sarei stato contento se non avessi reagito affatto. Colpirmi è stata un'idea tutta tua."

"E lo sarà di nuovo, se ti becco ancora a fare il bullo in quel modo!"

"Se ci tieni tanto a quello sporco Mezzosangue fastidioso, digli di non seccarmi più," scattò Malfoy.

"No, e non usare più quella parola," si infuriò Harry. "Non puoi trattare la gente così!"

"Ma pensa un po'," lo informò Draco. "L'ho appena fatto."

La sua bocca era curvata in modo malvagio, e Harry era arrabbiato perché era familiare, perché sapeva che Draco era esattamente così, e che era per quello che aveva odiato tanto Malfoy, e ancora adesso...

"Tu chiederai scusa," disse in tono piatto.

"Puoi andare al diavolo," ribatté furioso Draco. "Non sono uno dei tuoi devoti seguaci. Non muoio dalla voglia di obbedire ai tuoi ordini."

"E io non sono uno dei tuoi Serpeverde! Non ti importa di nessun altro, ma a me sì, deve importarmi!" gridò Harry. "Quel tipo di comportamento non mi sembra divertente , e non ho intenzione di dartela vinta ogni volta. E' per questo che sei incazzato, vero?"

Draco lo guardò gelido.

"Non so di cosa parli."

Harry rincarò la dose. "Perché sei così abituato ad essere circondato da persone che fanno qualsiasi cosa per te, ad avere il controllo."

"Oh, certo," disse Draco, alzando la voce. "Che grande controllo ho sulle cose. Sono proprio felice che tu abbia notato quanto tutto il mondo obbedisca ai miei desideri..."

"Ma è ciò che vorresti! Vorresti essere come tuo padre per poter manipolare tutti e pretendere rispetto, e se gli altri non fanno esattamente ciò che ti aspetti da loro, pensi sia una mancanza di rispetto e li aggredisci perché hai paura!"

"Non ho paura!" urlò Draco, e lo spinse. "E non parlare di mio padre."

"Farò qualsiasi cosa mi sembri giusta! Anche senza il tuo permesso. So cosa stai cercando di fare, comportandoti come tuo padre..."

"Ti ho detto di chiudere la bocca!" esplose Draco.

"E io ho detto di no! Finché aiuti qualcuno, non mi importa. Ma se hai intenzione di fare il piccolo bullo crudele..."

"Io faccio quello che mi pare. Non sei tu a dovermi dare consigli. Non sono qui per obbedire ai tuoi desideri. E comunque, che te ne frega di lui?"

"Che te ne... è una persona!"

Draco curvò il labbro. "Non è interessante, non è utile, e mi stava bloccando la strada."

"Oh, perché Tiger e Goyle sono molto interessanti e utili," ringhiò Harry. "Nessuno merita di essere tormentato, idiota, quindi vedi di entrare e chiedere scusa immediatamente!"

Spinse di nuovo Draco. Draco lo fissò, gli occhi chiari stretti e il viso pallido accigliato.

"Ti piacerebbe," disse, e sbatté Harry contro il muro, così forte che la testa gli urtò sulla pietra e vide le stelle.

Quando si riprese, Draco era già andato via.

Tornò di corsa nella sala comune e, mentre si incamminava verso i dormitori, vide Ron e Hermione, ugualmente confusi.

"Harry, cosa è successo?" chiese Hermione.

"Quello stronzo di Malfoy," ringhiò. "Chi altri, se no?"

Mentre saliva le scale, udì Ron dire, "Proprio come i vecchi tempi."

*

Harry restò in fermento per tutto il giorno successivo, in cui Draco e i suoi scagnozzi continuarono ad essere assenti ovunque.

Era pura stupidità da parte di Draco saltare i pasti e le lezioni. In che modo sarebbe stato utile a Snape? In che modo sarebbe stato utile a chiunque altro? Ma Draco non pensava a quelle cose, lui preferiva crogiolarsi e tenere il broncio da qualche parte, tutto doveva riguardare lui, suo padre, il suo professore e la sua vendetta, e al diavolo tutti gli altri.

Qualcuno avrebbe dovuto dargli una lezione.

Spezzò una piuma mentre ci pensava, e sia Lupin che Hermione lo guardarono preoccupati. Mormorò una scusa a caso e ne tirò fuori una nuova.

Qualcuno avrebbe dovuto prendere a pugni la sua stupida testa bigotta, stenderlo e fargli male e...

"Due in una sola lezione, Harry?" chiese Lupin.

Harry guardò la piuma dilaniata nella propria mano. "Forse era un lotto difettoso ," sbottò.

Stupida manifattura scadente.

Si sentiva... nervoso, e scomodo nella sua stessa pelle. Draco meritava di essere preso a pugni per ciò che aveva fatto a Colin, ma aveva anche bisogno di appoggio perché Snape era andato via, e Harry voleva ancora fargli delle domande su quella stupida questione che non avrebbe neanche dovuto toccarlo.

Terry Boot lo intercettò mentre stava andando a cena, cena che si era limitato ad infilzare con la forchetta, più che mangiare.

"Ciao," disse.

"Ciao," disse freddo Harry, guardandolo. Fu stranamente soddisfatto nel rendersi conto che era più alto di Terry.

"Com'è andata con i serpenti?" chiese Terry.

Non sembrava nemmeno tanto intelligente da ciò che diceva. E aveva degli occhi piuttosto piccoli.

Doveva smetterla.

"Ok," tagliò corto Harry.

"Beh, comunque era una buona idea," disse vago Terry. "Senti, per quanto riguarda... ehm, Malfoy..."

Sembrava preoccupato e nervoso, e si lisciò i capelli.

"Non mi va proprio di parlare di lui," disse Harry, e se ne andò.

Più tardi si sedette sul bracciolo della poltrona in sala comune, e prese a rimuginare su ciò che aveva detto Terry. Cosa aveva voluto dire con comunque era una buona idea?

Neville stava parlando di un'idea tipo mettere il Tranello del Diavolo nei condotti. Harry lo fissò e cercò di ascoltare con attenzione.

"Harry."

Qualcuno gli toccò il ginocchio per chiamarlo, e lui sobbalzò.

Era Calì, acciambellata sulla poltrona accanto alla sua, piuttosto seducente col suo pigiama rosa, che invadeva il suo spazio personale.

"Sì?" chiese.

"Ho visto cosa è successo a Colin ieri," disse con cautela.

Giocava con la sua treccia nera come se si sentisse impacciata, ed era molto strano che Calì, sicura di sé com'era, esitasse su qualcosa. Forse stava pensando a come articolare la frase ‘il tuo amico è un piccolo deficiente che dovrebbe essere preso a schiaffi'.

"E' stato orribile," disse. "Lui è stato orribile. Lo so, non avrei dovuto dirgli la parola d'ordine. La cambieremo."

"Beh," disse Calì, ed esitò di nuovo. "Ehm, sì. Bene."

Studiò una ciocca che era sfuggita sulla sua manica, con gli occhi bassi per non incontrare quelli di Harry. Sembrava che avesse qualcosa di rosa e lucido sulle labbra, nonostante fosse vestita per andare a dormire.

Harry si chiese all'improvviso se avesse mai baciato Draco.

"C'è qualcosa che vuoi dirmi, Calì?" sbottò.

Lei alzò i suoi occhi scuri verso i suoi. "Non ho una grande opinione dei Serpeverde," disse schietta. "Ma Malfoy mi è sempre sembrato a posto." Rise leggermente. "So che non sono in molti a pensarlo, e forse c'entra il fatto che gli piacevo un po'..."

"Sono davvero felice per voi due. Arriva al punto, Calì."

Calì lo guardò confusa. "Non è per quello, Harry," disse. "Non è proprio il mio tipo. Stavo solo dicendo... Per me è a posto, ed è tuo amico. Non credi di essere stato un po' duro con lui?"

Hermione aveva sempre detto che Calì e Lavanda erano un po' ottuse. Improvvisamente, e appassionatamente, le dette  ragione.

"Scusa," disse. "Hai appena detto che pensi che io non sia stato giusto con lui? Lui entra nella nostra sala comune, si comporta da vandalo e fa il bulletto crudele, pregando di essere preso a pugni, e io sono quello ingiusto?"

Calì si morse le labbra. "Non sto dicendo questo," disse. "E' solo che... Harry, ha perso i suoi due migliori amici."

"Cosa?"

Harry si accorse che la voce di Neville si era interrotta, e che tutti si erano voltati verso di loro. Li ignorò e fissò gli occhi su Calì.

"Cosa?" chiese, con una voce più bassa e ragionevole.

Calì sbatté le palpebre. "Pensavo te l'avesse detto."

"Nessuno mi ha detto niente," ribatté Harry, cercando di tenere stabile la voce.

Nessuna parlava molto delle sparizioni. Non aveva senso rimuginare su qualcosa che nessuno poteva cambiare. Si cercava di ignorarle, di andare avanti, perché non c'era altro da fare, e maledizione, aveva parlato di Tiger e Goyle, e Draco doveva aver pensato che lo sapesse.

"Tiger e Goyle sono scomparsi due notti fa," disse Calì, abbracciandosi le ginocchia contro il petto. "Credo sia successo proprio dopo la partenza di Snape."

"Oh, no," disse Harry, nauseato. "Io... senti, devo..."

La lasciò, si alzò e corse via più veloce che poté. Probabilmente avrebbe dovuto ringraziarla, ma non gli venne in mente finché non ebbe già sceso la scala per la Sala Grande, e a quel punto non gli andava di tornare indietro.

Ecco a cosa si riferiva Terry. Se c'erano state altre sparizioni, evidentemente i serpenti non c'entravano.

Harry imprecò sottovoce e bussò sul muro davanti all'ingresso Serpeverde. Un attimo dopo, una voce soffocata disse:

"Chi è?"

"Harry Potter," disse Harry.

Udì una breve discussione condotta dall'altro lato del muro, e qualcosa che suonava come ‘ancora quel dannato Potter.' Alla fine la porta si aprì, e due ragazzi del primo anno lo guardarono sospettosi.

"Grazie," disse, spostandoli e ricordandosi poi del suo dovere di prefetto. "Ah, e siete un po' troppo piccoli per usare certe parole," aggiunse distrattamente.

I due sbuffarono mentre li oltrepassava, attraversando una sala comune piena di Serpeverde che lo ignorarono. Infine aprì la porta della stanza di Draco.

Draco era seduto sulle due poltrone unite accanto al fuoco. Tra le braccia stringeva Pansy Parkinson, che stava piangendo sulla sua spalla.

"Mi dispiace," disse d'impulso Harry.

Pansy alzò la testa di scatto e lo fissò fieramente tra le lacrime, come se i suoi occhi non fossero gonfi e arrossati, e potesse imbrogliarlo. Lasciò andare la presa stretta sulla maglietta sciatta e grigia di Draco.

Draco si districò e raggiunse la porta.

"Ti serve qualcosa?" chiese cauto. Aveva un aspetto cinereo e teso, come una corda troppo tirata.

"No," disse Harry.

La bocca di Draco diventò una linea diritta, come se stesse cercando di sorridere cortesemente ma non ci riuscisse.

"Bene allora," disse. "Se vuoi scusarmi..."

"Ho sentito solo adesso," farfugliò Harry. "Non lo sapevo. Mi dispiace davvero tanto."

La bocca di Draco si mosse di nuovo, ma il suo tentativo di sorridere fallì.

Harry lo guardò e si sentì completamente impotente e stupido. Non aveva idea di cosa dire. Draco sembrava stanco e malato, e anche ieri aveva avuto quell'aspetto, ma Harry era stato troppo arrabbiato per accorgersene.

Continuò a fissarlo. "I tuoi capelli sono orribili," disse alla fine.

Draco lo fissò come se non avesse mai visto una persona così stupida in tutta la vita, e Harry concordò segretamente con lui.

"Ci sono cose più importanti dei capelli," disse Draco, con una voce strana.

Pansy ridacchiò sul divano, in modo quasi isterico.

"Ecco," disse piano. "Moriremo tutti."

Un angolo della bocca di Draco si curvò leggermente all'insù. "Bravo, Harry. Le hai dato il colpo di grazia," disse. "E' vero, i miei capelli sono orribili. Che fai, entri?"

Harry entrò.

"Non chiudere la porta, sto andando via," gli disse Pansy. Aveva un'aria provata ed esausta sulle poltrone dove Draco l'aveva lasciata.

Draco si andò a sedere accanto a lei e le mise una mano sulla schiena curva.

"Non devi andare da nessuna parte," disse con voce stanca. Harry pensò che stesse cercando di suonare gentile.

Pansy curvò una spalla in una sorta di rifiuto approssimato.

"Voglio andare," rispose. "Devo pensare a cosa mettermi per domani."

Draco annuì pensieroso. "In effetti non possiamo essere tutti belli di natura."

"Non farmi ridere, Draco, persino Harry Potter pensa che i tuoi capelli siano brutti," disse Pansy.

Harry stava iniziando a sentirti un po' troppo responsabile per quel commento sui capelli, ma Pansy non sembrava assetata di vendetta perché il suo leader era stato terribilmente insultato. Rivolse a Harry un mezzo sorriso forzato ed uscì.

Draco guardò appena Harry, si alzò dalla poltrona e camminò un po' per la stanza, senza meta. Sembrava più piccolo che mai, fuori posto senza quei due bastioni dietro cui ripararsi. Sembrava piccolo, pallido e troppo magro, coi vestiti trasandati che pendevano e i capelli ridotti a una massa intricata e stressata.

Harry si ricordò che non sarebbe stato molto saggio toccarlo.

"Mi dispiace tanto, Draco," disse invece, e si mise le mani in tasca per resistere alla tentazione.

Draco si voltò e lo guardò. I suoi occhi erano vuoti.

"Certo," disse in tono piatto. "E perché? Non ti piacevano molto."

"Non volevo che li prendessero!"

"Beh, no," concesse Draco. "Ma se avessi dovuto scegliere chi dovesse essere preso e chi salvato..."

SI guardò intorno con sguardo assente, quindi andò a sedersi sul letto. Strinse forte le dita attorno alle sbarre della testiera.

"Non importa se mi piacevano o meno," disse Harry, e arrischiò un passo verso di lui. "So che piacevano a te. Per questo mi dispiace."

Draco lasciò andare le sbarre e si tirò le ginocchia al petto.

"Mio padre decise di istruirmi in casa, quando ero piccolo," disse a Harry con voce distaccata,

Harry cercò di non uscirsene con qualcosa di orribilmente banale tipo ‘Ho sentito che l'istruzione privata ha i suoi vantaggi,' e invece annuì.

"Esistono gruppi di studio per la maggior parte dei bambini maghi," spiegò Draco. "Ma mio padre non voleva che stessi con gente inopportuna ad un'età impressionabile. Cioè, i gruppi erano frequentati anche da traditori come i Weasley. Così sono stato istruito a casa."

Harry sentì segretamente che avrebbe dovuto difendere i Weasley, ma Draco aveva posato la guancia sul braccio, e continuava a parlare con quella voce stanchissima, e pensò che se anche avesse parlato lui non l'avrebbe ascoltato.

"Mio padre pensava che dovessi avere dei compagni, a circa otto anni," continuò Draco. "Così richiese ad alcuni suoi amici politici di mandare i loro figli a casa nostra qualche giorno, in estate. Alcuni erano più grandi e altri più piccoli, e... io non mi comporto molto bene con gli altri." Nei suoi occhi guizzò una scintilla di amara ironia. "Come avrai notato," aggiunse.

Qualcosa nella curva ferita della sua bocca spinse Harry ad andarsi a sedere sul letto accanto a lui, ad una distanza prudente.

"Giusto un paio di volte," disse.

"Succedeva che ogni tanto ne combinassi una," ammise poi Draco. "E allora loro mi disprezzavano, e io gli affibbiavo dei nomignoli. Però c'erano questi due stupidi bestioni, e tutti li sfottevano, anche io, e... loro non andavano via. Tutti gli altri si allontanavano quando li chiamavo con certi nomi. Evidentemente loro due avevano avuto ordine dai genitori di non ribellarsi, e... erano molto testardi quando si fissavano un'idea in testa. Restavano lì a incassare, e quando me ne andavo mi seguivano e io li colpivo, e loro incassavano anche quello. Io non avevo nessun altro, e loro neanche, così qualche volta gli lanciavo dei dolci o gli dicevo cosa fare per far sì che gli altri non li sfottessero troppo, e alla fine si affezionarono a me. Per una cosa tanto stupida. Non volevano andarsene. Volevano restare insieme a me."

Sembrava molto lontano, e suonava un pizzico orgoglioso. Come se nessuno avesse mai voluto stare con lui prima di allora, come se Tiger e Goyle gli avessero concesso un onore.

"Loro facevano tutto ciò che i genitori volevano che facessero," disse Draco, gli occhi grandi e lucidi, "ma da quell'estate in poi cominciarono a fare tutto ciò che io volevo che facessero. Non ho mai dovuto convincerli con dei trucchi o con le parole. Non importava cosa facessi. Loro mi apprezzavano. Ed erano diversi, fra l'altro, tutti ne parlavano come se fossero la stessa persona divisa in due corpi, ma non lo erano. Tiger sotto sotto era un romanticone, e io lo prendevo in giro per quello, mentre Goyle aveva paura del buio quando eravamo piccoli."
Draco si spostò dall'angolo del letto e si gettò al centro, fissando il soffitto con occhi tristi. Harry guardò una delle mani di Draco, poggiata sul cuscino con le dita curvate all'interno.

"Erano diversi," insisté Draco, come se Harry avesse avuto da ridire. "A un certo punto gli dissi che avremmo cambiato schieramento e loro accettarono senza che avessi nemmeno bisogno di spiegargli perché. Lasciarono le loro famiglie e non mi chiesero neanche il perché. Si fidavano di me, e io potevo contare su di loro, non se ne sarebbero mai andati, non mi avrebbero mai lasciato..."

La voce gli si incrinò, un suono dolorosamente turbato, e Harry alzò lo sguardo dalla sua mano. Il viso di Draco era schiacciato sul cuscino, coperto dai capelli, e se ne scorgeva solo qualche centimetro teso.

"Draco, no," disse sconsolato, e si accoccolò accanto a Draco, gli mise una mano sulla schiena e lo strinse.

In quel momento Draco voltò il viso verso di lui, e Harry riuscì a sentirlo deglutire e cercare di ricomporsi.

"Erano miei," disse, il respiro umido e caldo contro il lato del collo di Harry, "E io ho lasciato che gli accadesse una cosa simile, loro hanno cambiato schieramento per me e io non sono neanche riuscito a proteggerli..."

"Non è colpa tua," disse fieramente Harry tra i suoi capelli. "Non si può proteggere nessuno da una cosa così. Non c'era niente che tu potessi fare, Draco, non..."

Draco tremava violentemente e Harry lo strinse più forte, abbracciandolo in modo protettivo ma cercando allo stesso tempo di mantenere le distanze, alzando l'altra mano per spostare i capelli di Draco dai suoi occhi e lasciare tra loro qualche centimetro.

"Erano miei," ripeté, quasi furiosamente. "Ora non c'è nessun altro e io non so cosa fare!" Inspirò, le labbra e le ciglia umide contro il profilo del viso di Harry, e Harry trattenne il respiro quando sentì le dita di Draco posarsi sulle sue costole, e Draco disse, "Io..."

Aprì gli occhi di scatto, e Harry lo guardò. Erano così vicini che gli occhiali di Harry premevano contro il naso di Draco. Il respiro di Draco diventò improvvisamente simile a quello di un animale in trappola.

Spinse via Harry ferocemente, e Harry per poco non cadde dal letto.

Draco si buttò sull'altro lato e scese dal letto, schiacciandosi contro il muro con le ginocchia nuovamente tirate al petto e gli occhi, sottili e diffidenti, che guardavano cupi Harry da dietro le braccia incrociate.

"Non mi fido nemmeno di te," sbottò. "So perfettamente che la tua amicizia non è affatto pura e disinteressata. Nessuno fa niente per niente, e io sono troppo stanco!"

Harry si alzò a sedere, col fiatone.

"Draco," disse, "ma di che diavolo stai parlando? Se credi..."

"Oh, non fare l'ipocrita, Potter," disse Draco, ancora infuriato, con quella voce bassa e precisa e le braccia attorno alle ginocchia. "Mio padre mi aveva messo in guardia. Decidesti tu di non voler essere mio amico, quando eravamo piccoli. Sei tu che non mi hai particolarmente apprezzato, quando ho rotto la macchina fotografica di quel sudicio Mezzosangue."

Harry si alzò dal letto, poiché restare seduto lì sembrava inappropriato, e rimase a guardare Draco dall'altra parte.

"Che cos'è, una specie di test?" chiese, disperato. "Senti, non devo approvare tutto ciò che fai per essere tuo amico! E non ho intenzione di... di scaricarti o chissà cosa, se fai qualcosa che non condivido! Non si tratta di un test, non è così che funziona..."

"Certo che no," disse Draco, curvando la bocca. "Non importa se vuoi ammetterlo o no, Harry. Tutto si può comprare. Questo lo so. E io sono stanco di tutto questo, ho la nausea, voglio andare a casa e voglio... vorrei..."

Piegò la testa sulle braccia, e Harry vide solo la sua testa bionda piegata e la figura rannicchiata contro il muro.

"Draco," disse. "Ti prego..."

La voce di Draco lo colpì come una frusta.

"Vattene via!" ringhiò. "Non ci provare. Non posso... Lasciami in pace!"

Harry esitò. "Non posso...?"

"Per favore!" Draco lo disse come un insulto. "Vattene!"

Harry se ne andò. Non avrebbe voluto andarsene, non poteva sopportare l'idea di lasciare solo Draco in quel frangente, ma non poteva restare se Draco glielo chiedeva in quel modo.

Tornò in sala comune e trovò Ron e Hermione seduti accanto al fuoco. Il camino risplendeva sui capelli rossi di Ron, e Harry si avvicinò a loro con un enorme senso di sollievo. Entrambi gli sorrisero cautamente quando entrò. Ron aveva approntato una partita di Spara Schiocco sul tavolino, probabilmente per persuadere Hermione a giocare, mentre Hermione aveva un libro aperto in grembo.

"Cosa c'è?" chiese Ron, guardandolo in viso. "Hai litigato di nuovo con Malfoy?"

"No," disse Harry. "Sì. Più o meno."

Ad onor del vero, Ron non fece altro che sogghignare appena quando disse, "Mi dispiace."

I serpenti non c'entravano, Tiger e Goyle erano spariti, e Draco era seduto solo e amareggiato nei sotterranei.

"Ecco," iniziò Harry. "Cioè. Vorrei solo che sapeste. Voi due. Io... insomma."

Hermione chiuse il libro e alzò lo sguardo su di lui, confusa. "Sì, Harry?"

"Beh. Lo sai," disse goffamente Harry, prima di tendersi e stringerla in un abbraccio.

Era la prima volta che la abbracciava di sua iniziativa, e udì il verso di sorpresa incerto e contento?) che fece contro il suo torace . Poi gli mise le mani attorno al petto e lo strinse per un minuto. Harry aveva in faccia i suoi capelli crespi, e la strinse forte.

"Sì, lo so," gli disse Hermione.

La lasciò andare, e rise nervosamente. "Sei sempre stata tu quella intelligente."

Hermione si risistemò sulla poltrona e gli sorrise. "Non è mai stato difficile."

Ron lo guardò preoccupato quando Harry si chinò verso la sua poltrona.

"Non credo che dovremmo abbracciarci," disse in fretta. "Siamo troppo virili."

"Ah, gli uomini," osservò Hermione col suo vecchio tono rassegnato, e Harry diede un pugno sulla spalla a Ron.

"Ti va di giocare a Spara Schiocco?" chiese Ron.

Harry accettò.

*

Il giorno dopo Draco tornò a seguire le lezioni, ma non parlava con nessuno. Era seduto accanto a Pansy o Blaise Zabini, ma non parlava con loro. Hagrid cercò di parlargli dopo Cura delle Creature Magiche, ma Draco mormorò poche parole e se ne andò molto in fretta.

Chiaramente non voleva essere scocciato. L'unica cosa da fare era rispettare i suoi termini e i suoi desideri, e aspettare che fosse pronto ad accettare un po' di sostegno. Per quanto sostegno Harry potesse dargli, ovviamente, ma non era quello il punto.

La cosa più sensibile che potesse fare era lasciarlo in pace.

Così Harry fece esattamente quello per tutto il giorno, e non guardò nemmeno verso il tavolo dei Serpeverde, durante i pasti. Piuttosto parlò con Neville e Dean, mentre Neville cercava di descrivergli e Dean di disegnargli il piano per piazzare il Tranello del Diavolo nelle tubature, in modo da lasciare spazio solo per il passaggio dell'acqua.

Rimase a parlare con loro di idraulica per circa due ore dopo cena, fino a quando Neville non decise di spiegare il piano a tutti gli altri.

Fu a metà della spiegazione di Neville agli altri Grifondoro che Harry lo interruppe e, con una scusa, andò a cercare Draco.

Per poco non inciampò su di lui, una volta scese le scale. Draco era steso a pancia in giù a giocare a biglie.

"Bella camminata," notò Draco. "Ti alleni spesso?"

"E' stato più facile di quanto pensassi," gli disse Harry.

Draco si tirò su puntellandosi su un gomito. "Cosa, esattamente?"

Harry abbassò lo sguardo su di lui. "Trovarti."

"Oh," disse Draco, e poi, cambiando discorso con suprema disinvoltura, proseguì: "Ecco cosa facevo quando avevo dodici anni."

Prese una biglia dal sacchetto accanto al suo gomito e la fece rotolare verso il gruppetto di fronte a lui. La biglia colpì un'altra biglia che diventò rossa, e rimbalzò per colpirne altre tre. Diventarono tutte rosse, all'improvviso accese come sangue fuoriuscito da un taglio sul pavimento, e Harry le guardò e si sedette per terra.

Il viso di Draco era al livello del suo, e, anche se non poteva di certo essere dimagrito nel giro di un giorno, il suo sguardo ferocemente teso fece apparire i suoi zigomi terribilmente aguzzi. I suoi occhi erano sbarrati e tragici e furiosi col mondo.

Harry soffocò l'impulso di abbracciarlo.

"Biglie incantate," disse Draco, vagamente soddisfatto. "Devi cercare di ucciderne il maggior numero possibile. E le uccidi solo se il centro della tua colpisce il centro di ogni biglia. Quattro è un buon colpo, ma a tredici anni arrivai a sette."

"Ehm," disse Harry. "Mi sembra che collezionare figurine delle Cioccorane sia molto meno criminale."

"E' un gioco basato sull'abilità," gli disse Draco, offeso. "E sul desiderio di uccidere delle cose."

"E' proprio da te," disse Harry, e rise un pochino di lui. "Perché tu, indubbiamente, sei una persona orribile."

"Ovviamente ho smesso di giocarci," lo informò Draco, "perché io, a differenza di te, sono tremendamente maturo e sofisticato."

"Io continuo a collezionare figurine delle Cioccorane," lo informò Harry a sua volta, "perché, a differenza di te, non mollo."

Draco fece rotolare un'altra biglia, e stavolta ne colpì cinque. Si ringalluzzì un attimo.

"Ecco una cosa che mollerò ," annunciò. "Appena sarà tutto finito, smetterò di essere gentile con gli altri. Lo odio. Durante il quinto anno compilai una lista di tutte le persone con cui avevo intenzione di comportarmi male, annotando come l'avrei fatto e le parole esatte che avrei detto."

Harry prese una biglia, e Draco gli dette uno schiaffo sulla mano e lo guardò severamente.

"Do per scontato che il mio nome fosse sulla lista."

"Quarantacinque volte," rispose prontamente Draco. "La mia vendetta sarà terribile e totale."

"Oh," disse Harry. "Hai ancora intenzione di farlo?"

"Sì," disse Draco, molto determinato.

"Pensavo che dato che siamo amici e tutto il resto..."

"Terribile e totale," ripeté Draco. "Nessun ripensamento, Harry. La tua vita, a meno che tu non scelga la parte migliore del coraggio (*) e non fugga dal paese, sarà una tragedia epica."

Harry unì le braccia attorno alle ginocchia e mimò il tono superbo di Draco.

"Sfido te e le tue temibili minacce, Draco Malfoy. Puoi essere cattivo quanto vuoi, ma non andrò da nessuna parte."

"Benissimo," disse Draco con calma. "Allora esigerò vendetta da tutti i miei nemici, e anche dagli amici e dagli sconosciuti il cui aspetto non mi convince, e passerò il resto della mia vita a sollazzarmi, odiato e temuto da tutti, fermandomi solo per leggere qualche libro e occasionalmente sedermi sul balcone come un dio del sole."

"Un dio del sole," ripeté scettico Harry. "Draco. Potrebbero venirti le lentiggini."

"Quarantasei volte sulla lista. Continua a parlare. Migliorami la giornata." Draco alzò un sopracciglio, e si fermò in atteggiamento di sfida. Harry riuscì a stento a non agganciare, e Draco disse stancamente, come se Harry non gli avesse dato pace fino a costringerlo a cedere, "Ho comprato a Canon una dannata macchina fotografica nuova, se ti rende felice."

"Lo hai fatto per farmi contento?"

Draco sogghignò. "No, sono un tipo generoso." Tirò un'altra biglia, e ne prese solo due.

"Gli hai comprato lo stesso modello? Gli piaceva tanto."

"No," disse Draco, curvando il labbro. "Gliene ho preso uno migliore. Un Malfoy non entra in un negozio a chiedere prodotti di basso livello." Si illuminò. "In realtà ne ho comprata una anche per me. Il negoziante mi ha fatto vedere un manuale di fotografia, penso che potrebbe essere interessante. Lo sai che non esistono fotografi magici, tranne che per i giornali? Pensa alle foto panoramiche con i fiumi che scorrono."

"Magari tu e Colin potreste fondare un club," disse Harry.

"Quarantasette," gli disse Draco. "Non mi sto divertendo, lo sai. Beh... magari un pochino."

Si sollevò a fatica, la maglia bianca si tese appena un po' sulle spalle, e si mise seduto. Quindi tirò fuori un pezzo di pergamena ripiegata dalla tasca, e lo porse a Harry.

"Mi è arrivata una lettera da mia madre, ieri," disse. "Puoi leggere il primo pezzo. Se ti va."

"Ehm, ok," disse Harry, chiedendosi se non fosse tutto un piano malefico per fargli fare crisi con Narcissa Malfoy.

Non che fare crisi esistesse, come verbo.

Aprì la lettera e la lesse tra sé e sé.

‘Caro Draco,' diceva la lettera, ‘Ho ricevuto la tua ultima con grande interesse. Non era per niente simile alle solite. Se quando riceverai questo Gufo avrai fatto pace con Harry Potter, ti prego di salutarlo da parte mia. Altrimenti, ti prego di non inviarmi alcuna Strillettera. Non credo proprio che siano missive appropriate da parte di un ragazzo ad un genitore rispettato, e l'ultima ha spaventato gli elfi domestici.'

Harry abbassò la lettera, sorrise e la porse di nuovo a Draco.

"Dunque la tua ultima lettera era sul genere di Perché Odio Quell'Idiota di Potter, Volume IV, Parte VII?" chiese.

Draco sollevò il mento. "Più o meno, forse," ammise. "Ho scritto il Gufo quando avevamo litigato. Naturalmente lei ha risposto solo ieri... e naturalmente, io le ho risposto subito." Curvò il labbro, forse rivolto a se stesso. "Volevo solo... fartela vedere. A volte perdo le staffe," continuò, "ma non vuol dire che ti odierò per sempre o chissà cosa."

Harry strinse gli occhi. "E' il tuo modo tortuoso scusarti per avermi colpito, Draco?"

"Forse," ammise altezzosamente Draco.

"Bene, allora," disse Harry. "Scusami per aver reagito al colpo."

Draco si tese e prese la lettera dalla mano di Harry. "Ma ricorda, non ho intenzione di scusarmi con Canon, quel figlio di Babbani," disse. "Ho il mio orgoglio."

"Non vedo cosa c'entri il tuo orgoglio col suo essere figlio di Babbani," dichiarò Harry, cercando di non andare oltre. "Lui e suo fratello non possono farci niente."

Draco parve leggermente sorpreso. "Ha un fratello? Ecco perché certe volte sembrava più basso di altre."

"Sì, ha un fratello," disse Harry. "Insomma, Draco."

"Oh, per favore," lo beccò Draco. "Nominami un Serpeverde del quinto anno. Uno solo. Avanti."

"Ehm," disse Harry. "Ehm. Quel Cacciatore, comesichiama, ehm, è del quinto anno?"

Draco fece un encomiabile sforzo per ridacchiare. 

"Lo ammetto," disse Harry con dignità. "Sono un po' distratto."

"Vuoi dire egocentrico," lo corresse Draco.

"Mi scusi, signor bue, mi pare che lei mi abbia appena dato del cornuto."

"E sei anche smemorato," proseguì allegramente. "E in definitiva non sei affatto una persona per bene."

Sorrise appena. "Beh, tranne quando ti trovi con le spalle al muro."

Faceva quello che era necessario, quello che alla fine era meglio per tutti, quando persone come Ron si allontanavano dalla porta... quando si trovava con le spalle al muro. E Draco lo sbatteva sempre con le spalle al muro per portarlo a quel limite, ed era incredibile quanto volesse essere messo con le spalle al muro, finché si trattava di Draco.

Finché lui poteva metterlo spalle al muro a sua volta.

"Forse no," ammise. "Non credo che le persone per bene salvino il mondo."

"E non diventano neanche mie amiche," osservò Draco, come se per lui le due cose avessero la stessa identica importanza.

"Beh, sono fortunato, allora," disse Harry, e ripensò a quando aveva versato il veleno per i serpenti.

"Per quanto riguarda i figli di Babbani," disse Draco, lentamente. "Prima che cominciassimo a mischiare il nostro sangue col sangue babbano, noi maghi eravamo più protetti, sai? Ed eravamo in grado di generare talenti, prima che si diffondessero gli incroci."

"Non credo che i matrimoni dovrebbero essere combinati tenendo conto della procreazione," disse Harry, guardando fisso Draco. "Mia madre era figlia di Babbani."

"Lo so, Harry, ma non ti preoccupare, i Potter erano un'ottima famiglia," lo consolò distrattamente Draco. "Anticamente nascevano Animaghi innati, stando a quanto dicono i libri. E il Metamorfomaghismo era presente nella mia famiglia, prima che così tante famiglie di maghi mischiassero il sangue con i Babbani, che il corredo genetico si riducesse e il filo si indebolisse. C'è stato solo un Metamorfomago nella mia generazione, ed è anche una mezza Babbana. Non potrà più procreare."

"La conosco," disse Harry, ripensando alla ragazza nell'Ordine della Fenice. "E' carina, a dire il vero. E preferirei che non usassi mai più la parola ‘procreare'."

"Si, ma, Harry," disse Draco, con quel fervore che gli faceva brillare gli occhi e che a Harry piaceva tanto vedere, anche quando pensava che Draco stesse dicendo un mare di cretinate. "Una volta eravamo creature mitologiche, dotate di incredibili poteri, e avevamo il mondo in pugno, poi siamo stati sminuiti dal sangue babbano, traditi dalle loro parole e bruciati." Fece rotolare un'altra biglia, e ne colpì sei. Fra quelle fiorì il colore rosso. "E' una cosa su cui riflettere," aggiunse, spostando gli occhi su Harry.

Harry gli soffiò una biglia e la lanciò direttamente a Draco.

"Eccoti una cosa su cui riflettere," disse. "Per quale motivo la colpa dovrebbe essere di Colin?"

"Beh, non lo è," ammise Draco controvoglia. "E' solo che mi sembra un cretino."

Harry rise forte. "Tu sei un cretino," disse affettuosamente.

"Può essere," disse Draco con sdegno, piegandosi a raccogliere le biglie, "ma sarei potuto essere un Metamorfomago. Pensaci, avrei potuto assumere le sembianze di chiunque. Sarei potuto essere il dio del sesso di Hogwarts. Avrei potuto avere chiunque volessi."

"Non dico che non ti servirebbe una mano," concordò innocentemente Harry. "Calì Patil mi stava giusto dicendo che non sei il suo tipo."

"Beh, no, Harry," disse Draco, guardandolo col suo sguardo ‘Potter, sei un idiota senza speranze'. "Aveva una cotta per te il quarto anno. Non vedo come una persona che si sia presa una cotta per te possa prendersi una cotta per me; non potremmo essere più diversi fisicamente. A meno che, ovviamente," aggiunse assorto, "uno dei due non fosse Millicent Bulstrode."

"Non io," disse Harry. "Un attimo... Calì aveva una cotta per me?"

Draco riassunse la sua posizione prona sul pavimento e iniziò a guardare con occhio predatore le biglie risistemate.

"Non riusciva a smettere di blaterare sul Ballo del Ceppo e su come tu l'avessi scelta," lo informo. "Harry, stupido smemorato, non te la meriti una vita sentimentale. Cosa deve fare una persona per attirare la tua attenzione?" Alzò lo sguardo, negli occhi una scintilla maligna. "Oltre a giocare come Cercatore contro di te, evidentemente."

Con suo grande orrore, Harry sentì di star arrossendo.

"Non è vero," disse. "Io non... non... non ho mai notato alcun Cercatore Tassorosso."

"No?" chiese Draco. "Non vorrei risvegliare brutti ricordi, ma Cedric Diggory non era male."

"Draco!" esclamò Harry. "Ti piacevano tutti quando eri più piccolo?"

"Forse," concesse Draco pomposamente, colpendo quattro biglie mentre le sue orecchie diventavano un po' rosse. "Tranne quella Fleur Delacour. Non ho mai capito cosa ci trovassero in lei, a dire la verità. Odio le bionde."

Harry si lisciò i capelli distrattamente. "Mi stai dicendo," disse piano, "che il fascino delle Veela è meno potente della tua vanità personale?"

"Non giudicarmi," disse Draco.

"Sono solo un po' terrorizzato, tutto qui."

"Vedrai se condividerò altri ricordi privati con te."

"Non piaceva neanche a me Fleur," disse Harry. "Ero fissato con Cho allora, ovviamente. Non mi ero nemmeno accorto di piacere a Calì, al Ballo del Ceppo."

Si stese accanto a Draco e cercò di allineare la propria visuale con la sua per capire come colpisse le biglie.

"Poco dopo l'inizio del ballo già non le piacevi più," annunciò Draco. "Perché, e mi addolora doverlo ripetere, sei uno stupido smemorato."

"Almeno non ci andai vestito da vicario," osservò Harry.

Draco corrugò la fronte. "Non ci andai... Non posso credere che l'abbia notato... Per tua informazione il velluto nero mi dà un'aria molto affabile."

"Come un vicario affabile, magari."

"Non cercare di darmi consigli sulla moda, Harry. Sarebbe come se un cieco cercasse di guidare uno con due Omniocoli. E i miei vestiti, per quanto affabili, erano al secondo posto sulla mia lista, in quanto dovetti convincere Tiger a togliersi di dosso quel coso orribile con l'immagine babbana di Marvin il Marziano per mettersi l'abito di scorta di Goyle..."

Draco si bloccò. Harry si tese verso di lui e gli toccò la schiena di sfuggita.

"Draco," disse. "Mi dispiace davvero tanto."

"Sì, beh," disse Draco distaccato, alzandosi in piedi e ripulendosi i pantaloni. "Devo andare."

"Andare? Dove?" chiese Harry.

Aveva notato, ma senza rifletterci su, il fatto che Draco indossava del jeans bianchi e una maglietta bianca aderente, e che i suoi capelli avevano di nuovo quell'aria più soffice del solito.

"Primo venerdì di giugno," disse Draco. "Notte al locale. Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di rilassarci."

"Oh," disse Harry. "Non... fare stupidaggini."

"Cioè, cose tipo ignorare una ragazza attraente che mi punta tutta la sera? Quello è il tuo campo, non il mio," disse Draco, ammiccando. "Insomma, Harry, a volte sei veramente stupido. Tò," aggiunse all'improvviso, mettendo le biglie tra le mani di Harry. "Prendile. Credo che dovresti imparare a giocare."

"Grazie," disse Harry, abbassando gli occhi su quelle.

Draco alzò le spalle e chiuse le dita di Harry sulle biglie. "Di niente," disse. "Mi sembra di ricordare che una volta mi hai fatto un regalo senza alcuna ragione. E mi sembra di ricordare che non ti ho detto grazie."

Era bianco e argenteo nella luce soffusa. Harry si alzò in piedi.

"Beh," disse. "Già. Screanzato."

Draco rise. "Ci vediamo domani," disse, poi si voltò e tornò ai sotterranei.

Harry tornò lentamente alla sala comune Grifondoro, dove Ron stava sfogliando la copia di Harry di I magnifici sette.

"Ehi," disse. "Lo sapevi che qualcuno ti ha riempito il libro di scritte?" Notò le biglie. "Sono biglie incantate, quelle?"

"Ehm, sì," disse Harry.

"Mamma non ci permetteva di giocarci," commentò Ron. "Diceva che le famiglie come... sai, quelle dei maghi oscuri, giocavano con le teste avvizzite dei Babbani."

"Non penso che sia vero, Ron," disse Harry. "Dai, con le teste uno giocherebbe a bowling, o qualcosa del genere."

"Poteva essere vero," disse Ron, evidentemente intenzionato ad attenersi ai racconti della sua infanzia. "Avrebbe potuto esserlo."

Hermione li raggiunse, sollevando una mano per posarla sulla spalla di Ron.

"Cos'è successo, Harry?" chiese, preoccupata. "Non dovevi vederti con Malfoy?"

"Beh... sì," rispose Harry. "Ma stasera vanno a ballare."

"Ah," disse Hermione, stringendo gli occhi. "E tu resterai qui ad abbatterti, vero?"

"Magari potrei imparare a giocare a biglie."

"Dev'essere una noia mortale, Harry," continuò Hermione, incurante di ciò che diceva. "Dovresti uscire e conoscere gente nuova."

"Gente che viene a scuola con me, vuoi dire?"

Hermione allontanò quelle scuse improbabili con un gesto della mano. "Sai cosa voglio dire," disse. "Moltissime persone vanno a ballare, stanotte. E' divertentissimo."

"Ehi, forse è vero," concordò Ron, illuminandosi.

"Hermione," disse Harry. "Non credo proprio..."

*

Due ore dopo, ci stava ancora provando. "E' che, ehm, non sono sicuro..."

"Oh, avanti, Harry," disse Ron incoraggiandolo. "Ti prometto che sarà divertente."

Ma mentre Harry si guardava intorno con apprensione, non sembrava poi così piacevole. Il locale sotto i Tre Manici di Scopa era pieno di fumo e affollatissimo, e il buio veniva squarciato a intermittenza da cerchi di colore abbagliante. Un sacco di corpi si intrecciavano l'uno con l'altro rivelando mantelli o vestiti babbani pressoché inesistenti.

Harry non era affatto certo che fosse il posto adatto a lui. Sembrava più adatto alle coppie, o... a chi cercava disperatamente qualunque tipo di contatto fisico.

E lui a quel punto non ci era ancora arrivato.

Ron e Hermione lo guardavano speranzosi, mano nella mano, probabilmente aspettandosi che si mettesse a saltare per la gioia e che si buttasse nella mischia.

"Vado a prendere qualcosa da bere," mormorò, cominciando a farsi strada tra la folla.

Aveva fatto appena qualche passo quando lo vide.

Draco era seduto in fondo al bar, rilassato su uno sgabello, con i capelli chiari leggermente spettinati che pendevano su un bicchiere vuoto. Sembrava vagamente divertito e assorto nei suoi pensieri.

Harry si illuminò e attraversò la folla verso di lui.

Non fece molta strada prima che succedesse. Blaise e Pansy comparvero entrambi accanto a Draco, prendendolo per le braccia. Draco alzò lo sguardo e rise, muovendo le labbra in un breve commento che Harry non riuscì a decodificare.

Entrambi sorridevano maliziosi mentre cercavano di trascinarlo via dalla sedia. Lui scuoteva il capo, sorridendogli, il viso luminoso e i gesti rilassati.

Non dovrebbe comportarsi così con gli altri Serpeverde. Quello è il modo in cui dovrebbe comportarsi con me.

Blaise disse qualcosa nell'orecchio a Draco. Harry notò il movimento delle sue labbra, così vicine alla pelle di Draco.

Draco si chinò verso di loro, chiaramente pronto a lasciarsi convincere.

Pansy, meno minacciosa del solito nel suo vestitino nero, con un sorrisino spontaneo, gli tirò il braccio. Finalmente Draco lasciò che lo alzassero in piedi e li seguì sulla pista.

Era assolutamente a suo agio, come quando era felice. Sorrideva raggiante quando salutò una coppia del quinto anno, probabilmente ordinandogli di prendergli un drink con quella totale e drachesca inconsapevolezza di star facendo qualcosa di maleducatissimo.

E ballava senza accorgersi, o forse fregandosene, degli sguardi che scivolavano su di lui. Senza nemmeno notare l'idiota che lo stava fissando, immobile al centro della pista.

Ballava con una grazia agile e allenata, muovendosi come se amasse farlo, agitando i capelli all'indietro e sorridendo con aria sensuale.

I suoi capelli e la sua maglietta splendevano sotto la luce, il rosso e il blu brillavano su di lui mentre si muoveva.

I Serpeverde ballavano più stretti di tutti gli altri.

Pansy e Blaise erano ognuno ad un lato di Draco, e si muovevano contro di lui, tutti presi in una sincronia lenta e quasi lasciva.

Draco rise di nuovo, flirtando spudoratamente, lasciando che Pansy gli toccasse il colletto e che facesse scorrere le dita lungo il suo collo, lasciando che Blaise gli posasse una mano su un fianco. Ogni tanto avvicinava il viso ad uno dei due, lasciando che la sua guancia sfiorasse le loro e che i suoi capelli scompigliati accarezzassero la loro pelle, e poi si tirava indietro per osservare le reazioni.

Era da settimane che cercava di prendere le distanze da Harry.

Harry sapeva che si stava solo divertendo, nel modo menefreghista e crudele che tanto gli piaceva. Harry sapeva che non significava niente.

Harry si sentì male.

Non fu esattamente un'emozione. Fu proprio come se fosse malato, come se una qualche malattia avesse preso il controllo del suo stomaco e della gola con un dolore sordo che preannunciava il vomito.

C'era la gelosia, una gelosia oscura, violenta e irrazionale che gli faceva desiderare di far male ad uno di loro, mentre guardava Blaise Zabini che guardava Draco. C'erano desiderio e disperazione, e ad un tratto qualcosa lo attraversò come un vento freddo: la desolata presa di coscienza.

Harry indietreggiò, muovendosi goffamente tra la folla, come se non avesse più il controllo del proprio corpo. Distolse lo sguardo da quel viso bianco, vide il resto del mondo farsi sfocato mentre inciampava in quel gregge di persone, cercando di uscire da quello sciame accaldato alla cieca, di raggiungere l'uscita e oh, la limpidezza dell'aria fresca della notte.

Si accasciò sul sentiero lastricato, col viso tra le mani. La testa gli girava come se avesse bevuto troppo, l'aria era pesante e c'era quel dolore intenso proprio al centro del petto e...

"Harry."

La voce, fredda e nitida, era inconfondibile. Harry rabbrividì per il modo in cui aveva pronunciato il suo nome e sussultò perché, no, per favore, non ce la faceva ad affrontarlo adesso.

Alzò di nuovo la testa, mentre tutto continuava a girargli intorno. Draco era in piedi sotto un lampione, l'unica pennellata bianca in un mondo nero e vuoto.

Era magro come una lama coi suoi vestiti bianchi sotto la luce bianca. Gli occhi gli brillavano ancora per l'alcool e l'eccitazione, le ciocche spettinate ricadevano sul suo viso, mentre il collo e le braccia risplendevano coperti da un sottile strato di sudore.

Harry fissò con la sua stupida infelicità Draco che si allontanava dal cono di luce per avvicinarsi a lui, spostandosi i capelli dal viso. Fissò la linea troppo sottile del polso di Draco.

"Va tutto bene?" La voce di Draco suonò quasi gentile. "Quei Grifondoro allupati ti hanno fatto bere troppo? Hai un aspetto di merda."

"Sto di merda?)." La voce di Harry risuonò secca nelle sue stesse orecchie. "Ma non ho bevuto."

L'ombra di Draco a quel punto investì Harry. Fu quasi come una carezza.

"Allora cosa..." Fece un piccolo verso esasperato col retro della gola. "Senti, non stai facendo lo stupido, vero? Perché - non che siano fatti tuoi - ma non ho nessuna storia, né con Pansy né con Zabini. Torna dentro, e magari potrei anche concederti un ballo."

Per un attimo il tormento della gelosia si alleviò. Non fu molto d'aiuto.

"Non posso tornare lì dentro."

Il tono di Draco si fece irritato. "Perché no? Senti, avevi promesso che... che quello non avrebbe cambiato niente. Avevi detto che saremmo stati amici come prima, quindi perchè non puoi..."

"Perché non può andare così!"

Harry aveva quasi urlato. La sua voce rimbalzò contro il muro di mattoni: Draco la assorbì con la gelida indifferenza che assumeva quando qualcosa lo feriva.

"Oh." Si fermò, e la sua voce diventò impercettibilmente più tagliente. "Allora è questo che vuoi. Perché tu..."

Harry provò l'impulso di prenderlo di nuovo a pugni, di sbatterlo al muro e colpirlo per quanto era idiota.

"Perché ti amo," ringhiò, e subito dopo si bloccò inorridito.

Doveva sfogarsi con lui, pensò Harry distrattamente. Lui non disse niente, né corse via. Non disse nemmeno il ‘Cosa?' che avrebbe evitato l'inevitabile grazie alla finzione di non aver sentito ciò che non si voleva sentire.

Si limitò a restare fermo lì, con le mani in tasca e il viso nell'ombra. Harry non capiva cosa stesse pensando.

Poi udì un suono velato provenire dalle labbra di Draco, e si accorse con incredulo orrore che stava ridendo.

Alzò la testa di scatto e lo fissò indignato.

Gli occhi di Draco erano freddi, ma brillavano di uno strano tipo di divertimento.

Disse, "Harry Potter, hai bisogno di una bella scopata."

*

Harry non seppe mai per quale motivo gli occhi non gli caddero dalle orbite.

"... cosa?" chiese, incredulo e impotente.

"Ho detto che hai bisogno di una bella scopata," ripeté freddamente Draco. "Ma non ne otterrai una da me. Ma dai, Potter. Mi ami."

Il suo tentativo di tenere la voce calma e vagamente divertita fallì in quell'ultima frase aspra.

Harry fu quasi grato per quello scampolo di crudeltà. Sollevò il mento e guardò Draco negli occhi.

"Sì," disse con calma.

Draco scosse il capo. "Cerca di non fare il Grifondoro. E' maledettamente ovvio, Potter. Sei stato preso dal desiderio per una persona che mai avresti immaginato. Bene, non c'è niente di male. Succede a tutti. Quello che non va bene è questa assurda convinzione Grifondoro che tutto ciò che si prova deve essere puro, che Harry Potter non può provare un fremito di sporca libidine, che bisogna dargli un nome ridicolo..."

"Non è ridicolo!" scattò Harry.

Si alzò in piedi senza sapere chiaramente come ci fosse riuscito-

"Non devi essere contento," tuonò. "Non devi ricambiare. Ma non ti azzardare a dirmi che cosa provo."

Draco strinse gli occhi.

"Allora smettila di parlarmi delle tue patetiche illusioni."

"Non sono un illuso!" Avanzò di un passo verso Draco, furioso, e Draco indietreggiò. "Ok, non ho l'esperienza che hai tu," sputò Harry. "Non so proprio tutto sulla libidine. Ma so per certo che ti..."

"Non voglio sentirlo!" urlò Draco.

Harry fece un altro passo verso di lui, e Draco lo spinse via.

"A me importa," disse Harry a bassa voce. "Tu mi importi."

All'improvviso lui e Draco si stavano accerchiando, le voci caute, come sul punto di attaccare.

"Cazzo, sei completamente folle," rispose sottovoce Draco.

"Lascia solo che..."

Draco smise di muoversi, gli occhi puro ghiaccio.

"No. Lascia che sia io a dirti una cosa. Non mi interessano i sentimentalismi che stai grondando. Quello di cui parli riguarda solo... il desiderio di qualcosa. E' una cosa che si dice per ottenere ciò che si vuole. E' una frase fatta detta per uno scopo preciso... e non significa assolutamente niente. E questo vuol dire, Harry," lo spinse un'altra volta, quasi con noncuranza, "che questa amicizia non significa niente."

Draco camminò fino alla porta, e Harry, nonostante la sua voce bassa, vide che il suo viso era stravolto dall'ira.

"Non rivolgermi più la parola," ordinò, e se ne andò.

*

Hermione era stesa nell'oscurità, nervosa e incapace di prendere sonno.

Oddio, come avrebbe fatto a dirlo a Harry?

Era stanca e aveva bevuto solo un bicchierino, e i rumori smorzati che provenivano da chi dormiva intorno a lei la facevano sentire ancora più stanca, nonostante la sua mente continuasse a ripensare a ciò che aveva visto.

Stava scrutando ogni angolo del locale fumoso in cerca di Harry, e Ron si era appoggiato a lei, già un po' brillo. Aveva sorriso amorevolmente nel buio, a dispetto di se stessa. Ron era davvero un disastro quando si trattava di reggere un drink.

"Non guardare," gli aveva detto Ron con fare protettivo, come se gli occhi vergini di Hermione avessero bisogno di essere protetti dallo spettacolo di una Pansy Parkinson tremendamente ubriaca e apparentemente priva di pudore con le gambe attorno al petto di Ted Nott e la lingua nella sua gola.

Molti Serpeverde le erano sembrati disperatamente sbronzi e pronti a buttarsi su chiunque, quella sera. I soliti standard da locale notturno, ricordava di aver pensato.

Poi l'avevano visto.

Draco Malfoy aveva attraversato in fretta la pista, spintonando la gente per farsi strada. Aveva dato una gomitata in testa a un Serpeverde del quinto anno, e non sembrava neanche essersene accorto, dopodichè si era fermato di fronte a Blaise Zabini.

Blaise aveva smesso di ballare e l'aveva guardato.

Malfoy era rimasto immobile a fissarlo, valutando la situazione, con le luci colorate che tracciavano strani disegni sui suoi capelli così eccentricamente chiari. Poi lo aveva spinto contro un muro e aveva sollevato il viso di Blaise verso il suo.

"Argh," aveva detto Ron, inorridito e allibito.

C'era stato qualcosa di molto intenzionale in quel gesto, nella mano di Malfoy sotto il mento di Blaise, mentre l'altra mano era tesa sul muro per tenerlo fermo. La sua bocca si era aperta su quella di Blaise, e Blaise aveva reagito con entusiasmo, lingue, denti, e Blaise che si strusciava contro di lui e spostava il viso in modo da approfondire il bacio.

"Non posso guardare," aveva detto Ron. "Hermione, non guardare."

Entrambi erano rimasti a fissarli. Blaise aveva messo le braccia attorno al collo di Malfoy e Malfoy aveva abbassato ancora di più la testa, nell'ennesimo bacio diretto e deciso con cui si era impadronito della bocca di Blaise. Blaise aveva cercato di infilare una gamba tra quelle di Malfoy.

"Ma guarda cosa sta facendo Malfoy!" era esploso Ron. "Anzi no, non guardare," aveva aggiunto in fretta. "Te lo immagini? Ma Harry lo sa che gli piacciono certe cose?"

Non per esperienza personale, spero, aveva pensato Hermione.

Si era guardata intorno di nuovo cercando disperatamente Harry, ed era stata molto grata di non vederlo.

Ron aveva continuato a inveire. "E se gli piacesse Harry?" domandò, e si illuminò. "Come vorrei che ci provasse."

"Ron! Non dire così!" aveva gridato Hermione.

"Harry lo metterebbe al tappeto," aveva detto Ron, soddisfatto.

"Oh certo, lo farebbe eccome," aveva asserito Hermione, un tantino disperata. Ma solo per poi cadergli sopra, aveva aggiunto tra sé.

Poco dopo avevano visto Malfoy e Blaise andarsene insieme, e non erano tornati. Con un po' di domande in giro erano riusciti a sapere che, prima dell'incidente, Harry si era sentito male ed era uscito, probabilmente per tornare a casa.

Per un attimo Hermione era stata estremamente sollevata, ma poi le era venuto in mente che avrebbero dovuto dirglielo per forza. Avrebbe dovuto dirglielo lei, dato che Ron avrebbe agito sicuramente senza alcun tatto.

Inorridiva al solo pensiero di cosa sarebbe successo. Se Harry non se n'era ancora accorto avrebbe potuto avere un'epifania, e se invece lo sapeva già ed era geloso o pensava di avere una chance... Oh, non riusciva a pensarci!

Dovette rigirarsi nel letto ancora un po', prima di riuscire finalmente ad addormentarsi.

Quando si svegliò era ancora notte. Si chiese se non fosse stata svegliata da un incubo particolarmente brutto, ma aveva l'impressione che fosse successo qualcosa nella realtà.

Non sentiva assolutamente niente.

Tese l'orecchio con molta attenzione, e stava per rimettersi a dormire quando le venne un'idea.

Improvvisamente il suo letto era diventato molto freddo.

Non sentiva niente, neanche il suono dei corpi che si muovevano sotto le lenzuola, o il respiro pesante di Mavis.

"Mavis?" disse, cautamente, e odiò la propria voce per essere suonata così incerta. "Calì? Lavanda?"

La mano le tremò quando si tirò su e scostò le tende, quindi urlò.

La luce della luna si riversò nella stanza e le mostrò tutto. Ogni letto tranne il suo era vuoto. Era sola in tutto il dormitorio. Erano state prese tutte.

Hermione gridò di nuovo, incapace di frenarsi, e sentì un gelido terrore impadronirsi lentamente del suo petto.

Molto vagamente, sentì delle voci lamentose e soprannaturali che echeggiavano le sue grida. Le contò metodicamente in qualche meandro della mente, mentre il resto di lei restava rannicchiato sotto le coperte a tremare senza poter fare nulla.

I fantasmi di ogni casa stavano urlando le loro perdite.

 

 

 

 

 

 

(*) Citazione molto nota ai britannici.
Discretion is the better part of valor: [He] who fights and runs away lives to fight another day.
(cioè, La prudenza è la parte migliore del coraggio: chi combatte e fugge potrà vivere per combattere il giorno dopo). Shakespeare dixit :D

 

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Capitolo 18
*** Condannati ***


Underwater Light

Underwater Light
By Maya

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

Sommario: Donzelle urlanti in camicia da notte! Giovanotti urlanti in abiti da notte! Paura, panico, alcool e ogni tipo di sostanze deleterie! Manca solo un marchese villano su un cavallo nero, ma dovevo lasciare qualcosa per il capitolo 19.

 

 

Capitolo Diciotto

Condannati

We are the children of Paradise

On our own now since the fall

All the things that are worth having

Were never ours to keep

I've been alone so long

That I just don't know what to do

And I don't want to lose you

 

[Siamo i figli del Paradiso / Soli dopo la caduta / Tutte le cose che valeva la pena avere / Non sono mai state nostre / Sono stato solo così a lungo / Che proprio non so cosa fare / E non voglio perderti ]

 

 

Ginny se ne accorse nel sonno, voltando la testa sul cuscino e cercando di guardare attraverso un intreccio di capelli nel dormiveglia. Qualcuno stava gridando, era Hermione, e fu allora che si accorse che era tutto vero.

Si buttò fuori dal letto prima di riuscire a scuotersi dal sonno, e non fu del tutto conscia fino a quando non entrò nel dormitorio del settimo anno.

Tutti i letti erano vuoti, le lenzuola spiegazzate e abbandonate, tranne quello in cui Hermione tremava, con la bocca ancora aperta in quell'urlo di panico.

Hermione era una delle persone su cui Ginny avrebbe contato senza esitazioni in caso di crisi, e ora era così terrorizzata che per un attimo era semplicemente andata in pezzi.

Non può continuare così.

Corse fino al letto e strinse le braccia di Hermione. Hermione la fissò e la abbracciò in un attimo convulso, così che Ginny si ritrovò avvolta da braccia tremanti e capelli ricci. Il sussurro di Hermione attraversò i suoi denti serrati indicando che aveva ripreso il controllo di sé, e le sue mani strinsero disperatamente le spalle di Ginny.

"Oh, Ginny, Ginny, credevo... credevo di essere rimasta solo io nel castello..."

Nient'altro avrebbe potuto spaventare tanto Hermione.

"Sono qui," disse Ginny trafelata e decisa. "Sei al sicuro."

La maniglia della porta si mosse, e per un unico terribile istante si strinsero l'una all'altra. Poi Ginny spinse da parte Hermione e corse verso la porta. Si accorse solo a metà strada che aveva tenuto la bacchetta stretta in mano per tutto il tempo, e quando lo notò si ritrovò a pensare: Bene. Tornerà utile.

Quando la porta si aprì e una figura scura si mosse verso di lei, non le venne in mente nemmeno un incantesimo. Stava ancora elaborando l'ira e il senso di responsabilità.

Agitò la bacchetta in alto e colpì la figura in pieno viso. Quella barcollò all'indietro.

"Che diavolo... Ginny, ma che fai?"

Ginny era pronta ad attaccare ancora, ma quella domanda offesa la fece riflettere, e per poco non lasciò cadere la bacchetta.

"Ron?"

"," disse Ron contrariato.

"Oh mio Dio, scusami," iniziò Ginny, quando si accorse che Ron aveva appena visto Hermione e il vuoto attorno a lei e che, per quanto lo riguardava, il resto del mondo aveva cessato di esistere.

"Ron," disse Hermione con voce rotta ma che cercava chiaramente di sembrare normale e calma, "Ron, grazie al cielo."

Si buttò giù dal letto e corse da lui, e lui la avvolse in un abbraccio agile e stretto. Si strinsero entrambi, premuti l'uno contro l'altra, finché Hermione non racimolò abbastanza autocontrollo da farsi indietro e chiedere scossa:

"Chi altro è...?"

"Un sacco di persone," disse Ron, con la mano spinta con forza sulla schiena di lei, come se soltanto toccarla sullo spazio rigido tra le scapole potesse garantirgli la sua presenza. "Quando abbiamo sentito gridare ci siamo guardati intorno nella stanza e..."

"Oddio, Dean!" esclamò Ginny, con un altro fremito di panico. "Dean è...?"

Ron la guardò. "No, lui c'è, ma Neville..." Deglutì. "Neville no. Harry e Dean stanno controllando gli altri dormitori maschili, Harry ha detto che mi avrebbe raggiunto..."

Ginny provò un impeto di desiderio per tutto ciò che era ordinario, per il mondo sicuro in cui era nata. Avrebbe voluto andare da Ron per chiedergli se il suo naso arrossato era migliorato, perché era certa di poter almeno guarire un naso, ma tutto quello...

"Come sei arrivato qui?" chiese, sconsolata. "Questo è il dormitorio femminile."

La mascella di Ron si contrasse e le sue mani si curvarono sulla schiena di Hermione. Ginny notò che le sue unghie erano rotte e i polpastrelli arrossati.

"Mi sono aggrappato alle crepe della pietra, quando le scale mi sono sparite da sotto i piedi," spiegò. "Ti sentivo gridare. Dovevo venire."

Hermione si districò, cercando di riallisciarsi i capelli. "Sei stato gentile, Ron, ma quello che dobbiamo fare adesso è organizzarci," disse, e Ginny vide la sua espressione mutare, come se si fosse obbligata a tornare lucida.

"Giusto," disse Ginny. "Cosa posso fare?"

Si udì un altri rumore, la porta si spalancò e Ginny vide una Firebolt volare a terra mentre qualcuno le passava davanti.

"Hermione? Stai bene?"

La mente di Ginny crollò per il sollievo quando vide Harry. Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe venuto a salvare Hermione.

Hermione cominciò subito a raccontare. Ron guardò la Firebolt sul pavimento e mormorò, "Perché non ci ho pensato? Avrei dovuto portare una scopa."

Harry poteva anche aver pensato a portare una scopa, ma non aveva portato nient'altro. Non indossava né gli occhiali né la maglia del pigiama in quella notte estiva, e quando Ginny lo raggiunse e si appoggiò a lui, sentì il calore rassicurante della sua pelle sul proprio polso nudo.

"Harry, eravamo così agitate," gli disse.

"Ma se mi hai quasi rotto il naso," esclamò Ron

Ginny non lo filò, troppo occupata ad aggrapparsi alla sicurezza. In quel momento Harry era proprio un eroe, coi capelli neri scompigliati sul viso, le ampie spalle nude e sode e gli occhi decisi e assottigliati per via dell'assenza degli occhiali. Lo strinse con ogni grammo di forza che le era rimasto.

"Cosa facciamo adesso?"

*

Harry dava il meglio di sé nei momenti di crisi, notò distrattamente Hermione mentre faceva l'appello e cercava di non pensare all'agghiacciante scarsità di persone. Solo quando era costretto all'inattività diventava irrequieto. Ora che era incazzato, agiva.

Sirius si era scagliato in una furiosa invettiva contro il fato, anche se cercava di consolare una ragazza del secondo anno in lacrime. Harry andava avanti e indietro come se avesse la situazione in pugno, cosa che in effetti era molto più rassicurante.

"Prendete le bacchette," lo sentì dire Hermione con la sua voce cupa e ruvida per il sonno. "Se sta succedendo qualcosa là fuori, dovremo essere tutti armati. Dobbiamo essere in grado di combattere: è questa la cosa più importante."

"Quando andiamo nella Sala Grande?" chiese nervosamente Dennis Canon. Sembrava molto traumatizzato e angosciato. Suo fratello non si trovava da nessuna parte, e aveva anche una ragazza di Tassorosso. "Posso andare un attimo a cercare..."

Harry si precipitò su di lui.

"Abbiamo tutti degli amici in altre case," sbottò. "Ci andremo quando avremo finito l'appello. Avete preso tutti le bacchette?"

Hermione terminò l'appello e cercò di non lasciare che il panico si notasse sul suo viso. Mancavano più della metà dei ragazzi. Cercò di non pensare alle singole persone, ma la sua memoria ben allenata si rifiutò di fallire.

Settantotto Grifondoro all'inizio dell'anno, che si erano ridotti lentamente a sessantaquattro durante l'anno. E ora ce n'erano... Hermione cercò di tenere a bada quello stupido terrore che poco prima l'aveva resa così inutile, cercò di non pensarci ma non poté farne a meno. Erano rimasti trenta studenti. Trenta.

Ron le teneva la mano in una stretta spezza-ossa. Lei tirò via gentilmente le dita.

"Dai, sto bene," lo rassicurò con un debole sorriso. Doveva stare calma, doveva pensare e mantenere i nervi saldi.

Harry e Sirius andarono a controllare un'ultima volta i dormitori, prima di andare in Sala Grande. Hermione fece il giro della stanza con Ron, cercando di dispensare qualche confortante sorriso da Caposcuola ai più piccoli.

Lei e Ron erano vicini al ritratto della Signora Grassa, quando udirono qualcuno parlare all'esterno, e videro il ritratto cominciare lentamente ad aprirsi verso l'interno.

Niente più panico! Si ordinò Hermione, e rimase proprio accanto a Ron quando lui si piazzò davanti all'ingresso la bacchetta puntata.

"Chi è?"

"Oh, leva questo bastoncino magico, prima di farti male, Weasley," disse una voce immediatamente familiare.

Malfoy aveva ancora addosso i suoi ridicoli vestiti da discoteca bianchi, evidentemente spiegazzati, e persino quella luce soffusa rendeva lucido il sudore che gli imperlava guance e fronte.

"Che cosa vuoi, Malfoy?" domandò Ron, guardandolo con decisa ostilità.

Hermione pensò che non aveva mai visto su Malfoy un'espressione tanto cattiva come in quel momento, quando sputò la sua domanda come se fosse stata un insulto.

"Hanno preso Harry?"

"Come se t'importasse," esclamò Ron, ma Hermione si appoggiò a lui in segno di ammonimento.

"No," disse piano Hermione. "No, sta bene."

Persino nell'ombra, vide una certa tensione evaporare dai lineamenti di Malfoy. Il ghigno sulla sua bocca smise di sembrare tanto crudele.

"Bene," rispose, ugualmente piano. "Bene. Io... perfetto. Credo..." Sollevò il mento e parlo ancora più convinto mentre faceva qualche passo indietro. "Credo che andrò via, adesso. Non c'è bisogno che diciate a Harry che sono passato."

Prima che Malfoy potesse andarsene o che Hermione potesse capire cosa pensava della questione, Harry li spinse da parte.

Bene, ci mancava solo questa, pensò Hermione infastidita.

Harry strinse gli occhi senza occhiali, il suo viso nudo e stranamente più maturo, e camminò direttamente nello spazio personale di Malfoy, anche se all'inizio Malfoy indietreggiò di un passo. Era come se avesse il diritto di stringere il braccio di Malfoy e stargli a due centimetri dal viso, quando Malfoy era teso come una corda di violino al contatto. Hermione si strinse di più a Ron, ed era troppo stanca per agitarsi nel momento in cui pensò, Si vede che Harry se n'è accorto, alla fine. Era solo che era successa una cosa dopo l'altra, e se Malfoy intendeva fare il cretino con Harry in quel momento di crisi, beh, in quel caso lei intendeva strappargli la lingua e fargliela ingoiare.

"Draco," disse Harry, con voce calma e risoluta. "Grazie a Dio, stavo per impazzire. Che ci fai qui?"

Hermione vide la bocca di Malfoy curvarsi nuovamente, e parlò in fretta per precederlo.

"E' venuto a vedere se stavi bene," annunciò, e ci avrebbe pensato più tardi, se mai ci fosse stato del tempo. Malfoy la guardò come se avesse appena ucciso e mangiato il suo gufo.

"Davvero?" domandò Harry, sbattendo le palpebre incredulo.

Malfoy lo fissò avvolto da un silenzio ribelle. Hermione guardò i muscoli tesi delle braccia di Harry e fu certa, per un tremendo istante, di stare per assistere a qualcosa di orribile tipo Harry che stringeva tra le braccia Malfoy, assicurandosi che fosse davvero lì... Dio, pensò, con un'improvvisa e stupida urgenza di mettersi a ridere. Ron darà di matto.

Malfoy era ancora teso e accigliato, e lottò strenuamente contro la sola stretta di Harry sul braccio, rifiutandosi nel suo silenzio offeso di muoversi di un millimetro.

"Grazie," disse Harry, quasi sussurrando.

"Andate al diavolo," ringhiò Malfoy, scoccando un'occhiata velenosa a Ron e Hermione. "Stiamo facendo l'appello, gli altri sono nella Sala Grande con Blaise che li controlla. Non li avrei certo lasciati per..."

"Lo so. Nemmeno io," disse Harry. "Quanti ne hanno presi da voi?"

"Siamo rimasti in ventisette," gli disse tetro Malfoy. "Non è rimasto nessuno del mio anno a parte me, Blaise e Morag."

Restarono zitti per un momento. "E Pansy?" disse Harry. Malfoy restò in silenzio. "Draco, mi dispiace."

Hermione cominciava a sentirsi veramente a disagio lì sulla soglia, a guardarli stagliati contro la luce, simili a uno spettacolo di ombre cinesi; era come intrufolarsi in emozioni che non la riguardavano. In ogni caso, non aveva intenzione di lasciare che Malfoy distraesse Harry ancora a lungo.

"Non c'è tempo per dispiacersi," disse acido Malfoy.

Harry esitò, poi annuì deciso. "Noi siamo rimasti in trentuno," disse, sorprendendo Hermione. Non pensava che avesse tenuto il conto.

Malfoy lo fissò, e si passò il dorso della mano libera sugli occhi. "Allora possiamo presumere che la situazione sia più o meno simile in tutta la scuola," disse. "Non deve restare nessuno dei dormitori."

"No, certo," disse Harry. "Se dormissimo tutti nella Sala Grande con delle sentinelle, penso..."

"E' un'idea," rispose Draco. "Senti... devo tornare."

"Anch'io," disse Harry. "Scendiamo tra poco." Lasciò libero il braccio di Malfoy e, prima che lo lasciasse cadere, Hermione vide i segni rossi delle dita sulla pelle candida appena sopra il gomito di Malfoy. Harry tentennò. "Draco. Sono contento che sei in salvo."

Malfoy lo guardò con gli occhi stretti. Hermione pensò che fosse decisamente indicativo che, in assenza di motivi per avere altre espressioni, il viso di Malfoy assumeva automaticamente uno sguardo vagamente antipatico.

Alla fine annuì. "Vatti a vestire, Harry. Altrimenti i Tassorosso potrebbero molestarti."

Tipico di Malfoy uscirsene con battute sconvenienti in un momento del genere. Harry sogghignò e si voltò quando lo fece Malfoy, e Hermione vide Harry tornare verso di loro e Malfoy allontanarsi sollevato.

Harry era ancora stanco e torvo, ma si era un po' calmato.

"Coraggio. Andiamo," disse.

*

Persino il cielo nella Sala Grande era nuvoloso e privo di stelle. Gli studenti piangevano silenziosamente nell'ombra, ed erano tutti rannicchiati così stretti che sembravano un'unica grande casa. Il loro numero si era ridotto al punto che avrebbero potuto riempirne una sola, pensò Harry furente.

L'unico evento positivo della notte avvenne poco dopo, quando Pansy e Zacharias Smith entrarono nella Sala Grande trafelati, terrorizzati e discinti.

Pansy guardò attentamente ciò che era rimasto della sua casa, col panico che defluiva dal suo viso per essere sostituito da una cosa simile alla disperazione. Raggiunse Draco, e anche in quella situazione Harry notò con dolore che formavano una coppia perfetta.

Pansy restò immobile, scalza, con le spalline del vestito abbassate sui gomiti e il disopra del reggiseno in vista, e fissò Draco con incertezza, come se non sapesse se le fosse permesso abbracciarlo in pubblico. Tese una mano e Draco se la tirò al petto con violenza. Harry vide la sua mano curvarsi con troppa forza attorno al collo di lei, e l'espressione insieme confusa e addolorata di Pansy.

"Non farmi mai più una cosa simile," le disse bruscamente, poi la spinse via e le dette le spalle, girandosi verso gli altri Serpeverde.

Pansy incrociò le braccia sul petto, respirando a fondo. Harry vide Zabini alzarsi e andare ad abbracciarla, appoggiando la fronte sulla sua. Pansy sorrise.

Nonostante quella gelosia incredibilmente sciocca e irrazionale, era contento che si fosse salvata.

Molti altri non erano stati altrettanto fortunati. Dennis Canon non era riuscito a trovare la sua ragazza, e la doppia perdita l'aveva lasciato pallido e scosso. Si appese a Harry quasi con la stessa tenacia di Ginny, e Harry gli strinse le spalle.

"Cosa gli sarà successo?" sussurrò. Harry non sarebbe stato tanto stupido e inutile da dire Non lo so.

"Non sono morti," disse fieramente. "E noi andremo a riprenderli."

"Lo so," rispose Ginny, che a quel punto era totalmente a pezzi.

Harry avrebbe voluto che non lo fosse: quando era entrato nel dormitorio femminile Grifondoro, l'aveva vista combattiva, con la bacchetta in mano, e aveva provato un fremito di speranza, al pensiero che sarebbe stata un'altra alleata su cui contare. Ma evidentemente era stata forte solo in quei primi momenti di panico.

Si sentì in imbarazzo, come se permettendole di stringerlo le stesse dando un'idea sbagliata, ma non poteva certo spingerla via. Restò lì ad abbracciarla goffamente e a cercare con gli occhi Hermione.

"Povero Dean," disse Hermione a Ron, con voce bassa ma discretamente udibile. "Era ancora molto amico di..." deglutì e continuò, "...Calì, è sconvolto."

La testa di Ginny emerse dalla spalla di Harry. Guardò verso Dean, come anche Harry. Hermione aveva ragione: Dean era solo e terrorizzato. Harry si chiese cosa mai avrebbe potuto dirgli.

"Scusami, Harry," disse Ginny con una voce estremamente determinata, e si diresse verso Dean. Harry vide Dean sorridere quando se la trovò davanti.

Si avvicinò a Hermione e le parlò all'orecchio.

"Sei un genio," mormorò, chiedendosi come avesse fatto a capire che far leva sul senso di compassione di Ginny sarebbe stata la mossa giusta.

Un sorriso guizzò sul viso di Hermione. "Solo rispetto a voi due," disse, stringendo il braccio di Ron. Entrambi le dettero una gomitata sui fianchi.

I ragazzi ormai si stavano calmando un po': erano ancora spaventati, ma pronti ad ascoltare e a ragionare. Lupin era per terra insieme a cinque undicenni di case diverse, che a quanto pareva stavano cercando di arrampicarglisi in grembo, e distribuiva cioccolata come se avesse messo su un chiosco. Aveva tormentato Sirius fino a quando Sirius non si era calmato, e aveva smesso di dire cose come ‘Diamo pugnali ai ragazzini.'

Sirius si avvicinò a Harry e lo abbracciò impacciato, di lato, in modo da poter fingere che fossero abituati a quelle dimostrazioni fisiche di affetto. Ad ogni modo Sirius lo strinse fieramente, e Harry piegò il capo sulla sua spalla, fingendo di non essere alto quanto Sirius, di avere ancora tredici anni e di essere certo che Sirius sarebbe stato la sua salvezza.

"Ho già detto ‘grazie a Dio stai bene?'" chiese bruscamente Sirius.

"Nah. Ma forse era sottinteso in ‘dai, Harry almeno tu prendi un pugnale'," disse Harry, rivolgendogli un sorriso di sottecchi.

"Grazie a Dio stai bene," disse Sirius, scompigliandogli i capelli e lasciandolo andare.

Scompigliare i capelli di Harry era un po' come versare acqua nell'oceano, ma apprezzò comunque il gesto. Cominciò a spiegargli la sua idea di dormire in Sala Grande con delle sentinelle, e Sirius ne fu subito entusiasta.

Così quando comparve Silente, con un cappello floscio con un pompon e tuttavia chiaramente da mago, Harry pensò che tutti avessero voglia di ascoltare e pianificare qualcosa. Si rifiutava di farsi prendere dal panico. Avrebbero lottato tutti insieme.

Il viso di Silente era serio e contratto sotto il cappello floscio. Harry non l'aveva mai visto così vecchio e triste, prima di allora.

"Ho amato questa scuola e creduto in ogni singolo studente," disse.

Harry sorrise lievemente quando Hermione si irrigidì al suo fianco, vide il mento di Draco sollevarsi nella folla di Serpeverde e si accorse che Silente stava parlando al passato.

"E' andata avanti per centinaia di anni, e mi addolora molto dover assistere a questo giorno. Tuttavia, i fatti vanno affrontati. Hogwarts non è più sicura. Non abbiamo idea di cosa stia oltrepassando le nostre difese, e ci stanno decimando."

Una ragazza del primo anno cominciò a singhiozzare silenziosamente sul petto di Lupin. Harry rimase immobile, incredulo.

"Gli studenti che provengono da famiglie di maghi possono tornare a casa, a meno che non siano considerati in particolare pericolo. Le loro famiglie possono proteggerli almeno quanto noi, e se non altro non vivranno più in un posto che è chiaramente il bersaglio principale di Voldemort. Coloro che invece hanno famiglie babbane, non hanno famiglie o sono esposti a rischi particolari, partiranno con i professori o con dei membri dell'Ordine, e cercheremo di difenderli con ogni sforzo..."

Tutti si erano accorti che Silente era serio appena aveva iniziato a parlare, ma fu solo quando continuò a descrivere dettagliatamente i piani con quella nuova voce piatta che tutti realizzarono che stava succedendo davvero.

Hogwarts, il baluardo della magia e il posto in cui per la prima volta vi erano entrati a contatto, l'unico rifugio di Harry, si stava disintegrando. Si guardò intorno in cerca di mormorii di protesta, ma erano tutti troppo in soggezione davanti a Silente per mettere in discussione le sue parole. Sembravano più spaventati per il fatto che Silente lo ritenesse necessario, e persino i Serpeverde, che non lo stimavano come gli altri, si limitarono ad assumere un'aria ribelle. Sirius era perplesso, così come gli altri professori. Lupin non era mai stato a favore della ribellione diretta.

Nessuno avrebbe parlato. Nessuno avrebbe protestato.

"Non può farlo!" esclamò Harry, e tutti si girarono per fissarlo.

Cercò di non farci caso e prese a camminare concentrandosi su Silente.

"Ci arrenderemo e basta?" domandò. "Vuole che me ne vada?"

"Mio caro Harry," disse Silente, sbattendo le ciglia ma senza sorprendersi, "se hai un altro suggerimento da offrire, sono certo che saremo tutti molto felici di ascoltarlo."

Harry vide con panico sempre maggiore che tutti lo guardavano come se avesse una proposta, una specie di soluzione per salvarli. La cosa lo rese ancora più arrabbiato.

"No, ma non possiamo fare così!" quasi gridò. "Se ci dividiamo tutti, ci decimeranno. Ci è voluto tanto per cominciare a lavorare insieme... come pensa che riusciremo a formare un esercito, se ci sta insegnando solo a fuggire?"

Gli occhi blu di Silente erano cupi. "Non voglio che formiate un esercito," disse infine. "Siete ancora dei bambini. Voglio che sopravviviate."

"Io non voglio essere un bambino. Non sono un bambino," ringhiò Harry. "Voglio combattere."

"E io voglio combattere con lui," aggiunse lealmente Ron, abbassando lo sguardo quando Silente lo fissò.

"Credo che Harry abbia ragione," si inserì Draco. "Mostrare debolezza al nemico non è proprio una tattica geniale."

Il cuore di Harry aveva iniziato a battere più forte per la speranza, quando vide che la quieta tristezza sul viso di Silente non era andata via.

"Nessuno di voi può decidere il destino di Hogwarts. E' una mia responsabilità," disse. "Non permetterò che i miei studenti corrano tali rischi, dato che nessuno di noi sembra essere in grado di identificarli, figurarsi di annientarli."

Harry strinse i pugni inconsciamente. La prese come una sfida personale.

"Alcune persone sono state rapite anche fuori da Hogwarts," disse a voce alta. "Saremmo comunque..."

"Oh, ma non quanto qui!" disse Silente, alzando la voce in tono autoritario. "Credo sia la cosa migliore da fare, per la sicurezza di voi tutti. Mi addolora vedere che qualcuno non è d'accordo, e mi addolora dover dire addio a tutti quanti, ma non posso cambiare una decisione presa nei vostri interessi. Dopodomani andrete via tutti. Hogwarts verrà chiusa."

*

Harry restò sveglio con Ron e Hermione fino alle prime ore del mattino, tutti stretti in un angolino della Sala Grande. Ron era d'accordo con Harry, inquieto e determinato a lottare, Hermione continuava a sfregarsi nervosamente i gomiti nel tentativo di stare seduta con le braccia incrociate.

"I più piccoli non dovrebbero restare qui," disse. "Forse Silente ha ragione..."

"Sì, ma noi potremmo restare," le disse aggressivo Ron.

"Noi abbiamo affrontato molte cose alla loro età," disse Harry. "Se fossi in loro non vorrei fuggire."

Il viso di Hermione crollò quando entrambi la guardarono. "E' che continuo a pensare che non faremo i MAGO," ammise con un filo di voce. "E' stupido, lo so, dopo tutto questo, ma... avrei voluto farli."

Alla fine Ron abbassò lo sguardo annuendo, ancora seduto contro il muro, e Hermione guardò Harry con uno sguardo colpevole e si rannicchiò su di lui. Harry osservò la sua testa contro il petto di Ron e si ritrovò a odiare quel mondo in cui Hermione non poteva nemmeno fare i suoi MAGO.

Non sarebbe mai riuscito a dormire. Vibrava per l'indignazione.

Si puntellò su un gomito e si guardò intorno nella Sala Grande. Ginny dormiva con la testa di Dean in grembo. Dennis Canon sembrava essersi addormentato a forza di piangere. Lupin era stato tra i primi ad addormentarsi, rannicchiato sul pavimento con l'aria di chi era abituato ad essere tanto esausto da dormire ovunque. Sirius russava a pancia in su.

Mancavano Draco, Pansy, Zabini e, pensò Harry, un paio di Serpeverde del sesto anno.

Sentì una scarica di paura e si toccò di scatto la tasca. Quando aveva preso una maglia da usare sui pantaloni del pigiama, aveva afferrato anche la Mappa del Malandrino.

Per quanto fosse irrazionale, non era ancora riuscito a perdonare la Mappa per quella volta in cui lui e Ron l'avevano osservata per quattro notti, facendo a turno per dormire, e quella non aveva mostrato niente di strano la notte in cui Tassorosso aveva perso tre persone. Ormai non la usava più molto.

In quel momento gli tornò utile per assicurarsi che i Serpeverde fossero ancora a Hogwarts e presumibilmente al sicuro, infatti erano scappati per fare... qualcosa nell'aula di Antiche Rune. Harry era certo che non fossero affari suoi.

Ebbe quasi un infarto quando si accorse che il nome di Draco non era tra quelli nell'aula di Antiche Rune. Cercò istericamente sulla Mappa fino a quando non vide il suo nome da solo nel corridoio con la strega orba.

Il corridoio con la strega orba, che portava a Hogsmeade. Cosa stava facendo?

Harry lottò per uscire dal sacco a pelo che Silente aveva procurato, imprecando. E se Draco avesse avuto un qualche piano appassionatamente-studiato-per-essere-geniale tipo scappare e mettere su un gruppo di guerriglia? E se avesse avuto in mente di vivere nel corridoio segreto con una scorta di Burrobirra, steso in attesa che il nemico di Hogwarts si facesse vivo?

Fu una grossa delusione scoprire che Draco non era affatto vicino alla statua della strega orba: era seduto contro il muro e si teneva stretta una bottiglia di tequila, col viso afflitto.

"Cosa diavolo ci fai qui?" chiese, fissando Draco irritato. Si grattò il collo, sentendo la barbetta sotto le dita e desiderando di essere a letto, in procinto di svegliarsi e trovare di nuovo Neville e Seamus e tutto tornato alla normalità, con nient'altro ad attenderlo che un rasoio e una colazione genuina.

Draco alzò le sopracciglia. "Veramente cercavo un po' di privacy," disse in tono distaccato. "Beh, addio, bel sogno." Fece un gesto con la bottiglia di tequila, che sembrava un po' troppo grande e sul punto di scivolare dalla linea sottile della sua mano e del polso. "Hai intenzione di sederti?"

Harry si sedette, esausto, si appoggiò al muro e stette attento a non toccarlo minimamente. Non voleva in nessun modo disturbare la fragile tregua che sembrava essersi instaurata, l'unica conseguenza positiva dell'attacco.

"Hai intenzione di  berla tutta?"

"Perché?" indagò Draco. "Ne vuoi un po'?"

Harry stava per dirgli di non fare l'idiota. "Sì, ok," disse stancamente. Che male poteva fare? Cos'altro poteva succedere, quando Hogwarts avrebbe chiuso e li avrebbero rispediti al mittente come dei bambini?

Draco ridacchiò piano e gli passò la bottiglia. Harry la inclinò e vide il liquido ambrato scivolare contro il vetro mentre la alzava, poi se lo sentì bruciare in bocca. Tossì un attimo e la ripassò a Draco.

"Dove l'hai presa?" chiese.

"Dalla scorta personale del professor Black," rispose prontamente Draco. "Così impara a lasciare aperto l'armadietto dei liquori con tanti giovani influenzabili in giro. Gli altri ne hanno un'altra. Dimmi, cercherai di proteggermi quando verrà a uccidermi? Se arrivassimo a quel punto, chi sceglieresti?"

Harry guardò il muro inebetito. "Cercherei di separarvi."

"Come disse il pacifista quando gli chiesero cosa avrebbe fatto se un soldato gli avesse stuprato la sorella," osservò Draco divertito.

Harry continuò a guardare il muro, cercando di non pensare a Hogwarts che si era arresa. Era un baluardo contro Voldemort che non avrebbero dovuto sacrificare, specie per per la volontà di un uomo solo. Era pronto ad opporsi a Silente. Se solo avesse capito come fare.

Il panico e la rabbia lo assillavano da ore, e adesso si erano fusi insieme generando un'energia pulsante proprio sotto la sua pelle. Voleva combattere, voleva... qualcosa. Ce l'aveva con Silente, e col mondo.

Draco tossì, sorrise e si passò la bottiglia da una mano all'altra, poi la inclinò e bevve ancora un po'. Harry guardò il movimento lento della sua gola nel momento in cui deglutì.

Ce l'aveva anche con Draco, perché non era di aiuto. Non era di aiuto sapere che si sarebbe sentito meglio se lui e Draco fossero stati uniti sulla questione, se avesse potuto tendersi e premere la bocca contro la curva delle sue labbra.

"Sono debole, ecco il problema," disse Draco come se nulla fosse, come se stessero parlando da un sacco.

Harry si accigliò. "Come?"

"Sono debole," ripeté Draco, curvando la bocca sgradevolmente. "L'ho sempre saputo. Posso fingere fino a un certo punto di essere in grado di comportarmi come avrebbe voluto mio padre. Riesco ad essere brillante in piccole cose che non fanno la differenza. Riesco a tenerli uniti ma non a salvarli. Ho cercato di studiare una strategia, di convincerli tutti, ma cosa ho ottenuto?"

La sua solita espressione di disprezzo era diretta dalla parte opposta, visto che era così frustrato da offendersi da solo.

"Molti Serpeverde non sarebbero con noi se non ci fossi stato tu," osservò Harry, abbastanza confuso da addolcire il tono.

"E che senso ha, ora che tutti verranno rispediti alle loro famiglie?" Il suo viso era teso per l'ira, e Harry si elettrizzò appena, come se fossero due corde di uno strumento musicale. "Questo posto mi serviva! E' stato tutto inutile. Non sono affatto simile a te, Harry l'eroe..."

Sputò quella parola con l'antico odio, e i nervi irrequieti di Harry scattarono.

"Non sono un eroe," sbottò. "Cosa mi hai visto ottenere ultimamente?"

"Non hai paura," replicò Draco. "Ti ho visto, lì dentro. Non hai paura, mantieni il controllo senza nemmeno provarci, perché sei fatto così. Harry l'eroe, il prezioso, perfetto Potter..."

"Smettila, Draco!" ringhiò Harry.

"Io non sono così. Mio padre l'ha sempre saputo. Tu lo avevi capito, quella volta sul treno..."

"Avevamo undici anni..."

"Mio padre non aveva bisogno di consensi. Mio padre non aveva bisogno di nessuno." Draco fissò furioso il muro, e fu solo la consapevolezza di quella furia a trattenere Harry dal dire qualcosa di crudele in merito a Lucius Malfoy.

Sapeva cosa significava desiderare un padre perfetto.

"Quanta tequila hai bevuto, Draco?" chiese.

"Decisamente troppa," disse Draco, agitando la bottiglia con rigida convinzione. Harry gli si avvicinò e lo guardò negli occhi. Le pupille erano dilatate, e l'anello intorno così sottile che non avrebbe potuto distinguerne il colore, se non l'avesse già conosciuto.

Era proprio da Draco ostinarsi a sgattaiolare via e ubriacarsi amaramente da solo, aggrappandosi gelosamente alla propria dignità.

"Beh... cosa vorresti dire?" chiese distrattamente, tendendosi per cercare di rimuovere gentilmente le dita di Draco dalla bottiglia.

Draco, con la stessa gentilezza ma con molta determinazione, resistette al tentativo.

"Sto dicendo che ti comporti da idiota," annunciò.

"Non è che sia proprio niente di nuovo, allora," osservò Harry.

"Ti comporti da idiota o peggio, e io cerco di essere forte ma fallisco come al solito, e sono debole e ridicolo ma è inutile. Non devi neanche... non voglio nemmeno che mi lasci provare." Draco continuava a tenere gli occhi immobili sulla pietra, la voce instabile per la rabbia mentre continuava: "L'imbarazzante verità è che io non... sto bene senza di te."

L'espressione e la voce di Draco erano così piene di risentimento che Harry impiegò un po' per comprendere ciò che stava dicendo.

"Oh," disse.

Draco sbuffò. "Te l'ho detto che sono debole. E ti informo che probabilmente è la paura a farmi dire certe cose."

"O la tequila," gli ricordò Harry.

"Oh, non cercare di sollevarmi."

Harry si chiese se davvero Draco preferisse avere un problema con l'alcool piuttosto che accettare di poter provare affetto per qualcuno, ma poi si disse che era meglio smettere di porsi domande stupide.

Notò anche che Draco iniziava ad avere problemi di pronuncia.

Draco strizzò gli occhi. "E non pensare neanche per un minuto, Potter, che... che..."

"Cosa?" chiese Harry dopo una pausa.

Tornò a guardare Draco, e vide che si era appoggiato al muro. La sua testa era piegata verso Harry, gli occhi chiusi e le labbra schiuse.

Harry lo cinse con un braccio per impedirgli di cadere di lato. Sospirò, ma nessuno nel corridoio udì quel suono esasperato.

"Stupido bastardo," disse, commosso, rassicurato e ancora scosso dall'ira accecante. "Neanche io sto bene senza di te."

*

Harry recuperò qualche ora di sonno contro il muro, quindi si alzò di mattina presto per rimettere a posto la bottiglia di tequila. Sirius lo beccò mentre scendeva le scale con passo felpato.

"Harry!" disse, prima di notare la bottiglia.

Harry seguì il suo sguardo. "Ehm," disse. "Posso spiegare..."

"Figurati," gli disse Sirius. "E' stata una notte difficile, ma Harry, bastava chiedere. Il mio armadietto dei liquori è tuo... altrimenti a cosa servono i padrini?"

‘Non a questo' fu l'unica cosa che venne in mente a Harry. Lo fissò, la bocca prima aperta poi chiusa, e Sirius lo esaminò critico.

"Devo dire," osservò soddisfatto, "che sembri molto in forma per uno che ha bevuto così tanta tequila. Tale padre tale figlio, davvero." Sbatté le ciglia. "Non che nessuno di noi abbia mai preso parte a bevute di alcun genere, da minorenne. Non dire a Remus che te l'ho detto."

"Ok," disse Harry incerto.

Sirius gli tolse la bottiglia dalle mani, ammiccando con fare cospiratorio. "Sarà il nostro piccolo segreto."

Entrambi ripresero a camminare molto sollevati. Harry trovò gli altri e illustrò loro il piano che gli era venuto in mente mentre fissava il muro, poco prima.

"Voglio tutti i membri del Giovane Ordine rimasti, tutti coloro che venivano alle riunioni nella stanza di Draco e chiunque altro possa essere utile," disse a Hermione, che si svegliò e iniziò ad organizzarsi nel tempo che Ron impiegò per russare e rotolare sul fianco. "Se dobbiamo andarcene, ce ne andremo con tutte le informazioni che riusciremo a condividere."

"Giusto," disse Hermione, energica. "Dove ci vediamo?"

"Sempre nella stanza di Draco," rispose Harry. "Ora che ci penso, sarebbe meglio andare ad avvisarlo."

Si alzò in piedi e tornò nel corridoio prima che Draco si svegliasse. Quando lo scosse dalla spalla Draco cercò di sbattere le palpebre ma trovò che erano incollate. Le obbligò ad aprirsi e formulò una pietosa richiesta di morte.

"Non posso ucciderti, ho da fare," disse Harry. "Faremo una riunione nella tua stanza. Muoviti."

"E non mi avete informato?" domandò Draco. "Non sono nemmeno vestito per l'occasione!"

"Visto, stai già meglio," disse Harry in tono incoraggiante.

"Sto malissimo," lo informò Draco. "E rinnego completamente qualsiasi cosa io abbia detto ieri notte. E' colpa dei crudeli déi della tequila."

"Bene... quindi non ci parliamo..."

Draco lo zittì con un gesto. "E' tutto risolto," concesse. "Lascerò valere qualsiasi cosa io possa aver detto. Sottolineando però che non ricordo nulla, e che non è successo davvero."

Harry si rassegnò al proprio destino. "Hai dei problemi, Draco."

"Anche più di un manuale di Aritmanzia. E' questo il punto?" Draco gli rivolse uno sguardo penetrante e imperioso.

"No," disse Harry. "Voglio che mi aiuti a portare il mio Sognatoio nella tua stanza."

Draco ci pensò su. "Prima devo cambiarmi."

"Non passare secoli a pettinarti."

*

Il bacile di pietra non era esattamente leggero, ma non aveva alcuna intenzione di portare dei ragazzi già spaventati nell'ufficio di un'insegnante morta. Strinse i denti e spinse mentre Draco cercava di tirarlo. Draco si era lamentato a lungo per convincerlo ad usare un Incantesimo Levitante, ma Harry aveva paura che potesse fuoriuscire una parte di quel prezioso materiale argenteo.

"Non sono proprio adatto a sgobbare," osservò Draco quando lo ebbero portato nel corridoio. "Non potremmo andare a chiamare Weasley? La sua lunga storia di antenati contadini potrebbe rivelarsi utile, adesso."

"Non parlare di Ron, smidollato congenito," ribatté Harry.

"E' il meglio che sai fare? Mi deludi," gli disse Draco. "Sei sotto la mia esperta tutela da mesi, e credi che quella sia un'offesa adeguata..."

Harry spinse il bacile con la spalla e quasi colse Draco di sorpresa. Draco sogghignò e lo aiutò a trascinarlo.

"Senti chi parla," disse Harry sforzandosi. "Ogni volta che ti arrabbi sul serio sembri un bambino di otto anni. Non mi parli, fai il cattivo, e tua madre puzza di capra malata."

"Ora metti in discussione le mie risposte pronte," protestò Draco mentre trascinavano il Sognatoio nella sala comune Serpeverde, deserta. Evitò intenzionalmente di guardarsi intorno, come rifiutandosi di credere che presto avrebbe dovuto farlo per l'ultima volta. "Non mi lascerai proprio niente?"

Una volta installato il sognatoio al centro della stanza di Draco, Harry si lasciò andare contro il muro. Draco, spinto da una vanità evidentemente più forte della stanchezza, andò allo specchio e controllò il proprio riflesso.

"Pensavo che ci fossero cose più importanti dei capelli," disse Harry.

Draco spazzolò alcune ciocche in modo da disporle in maniera più artistica, e sbottonò strategicamente un bottone. "Probabilmente ce ne sono," rispose, non del tutto convinto. "Ma non è questo il momento di arrendersi. Siamo in piena crisi, e mi rifiuto di mostrare alla gente che sto andando in pezzi per la troppa pressione."

Harry annuì, d'accordo con l'idea di fondo pur se non con i preparativi eccessivi.

"Se non fossimo tutti in pericolo sarei rimasto arrabbiato con te," continuò Draco.

Harry incrociò le braccia sul petto. "Ah sì?"

"Ehi Potter! Io sono la gomma, tu la colla, quello che dici rimbalza su di me e si attacca su di te." Draco alzò le spalle. "Chiaramente, sono un poderoso inferno d'ira."

La porta si aprì ed entrò Pansy, con un maglione di un rosa stranamente acceso sul vestito nero.

"Sei anche il massimo della maturità, a quanto vedo," osservò lei.

"E' una battuta privata," disse Draco irritato.

"E' un insulto da asilo nido, Draco," gli disse Pansy, e fece un gesto ampio che allarmò Harry e gli fece pensare a grossi uccelli predatori. "Guarda! Eccolo lì. Harry Potter in persona nella tua stanza. Non devi più ricorrere alle lettere d'odio."

Draco si appoggiò al guardaroba e parve mortalmente offeso.

"Le mie lettere d'odio erano opere geniali."

"Salve, qui non-Serpeverde," disse Harry. "Non so cosa sia una lettera d'odio."

Draco lo fissò. "Le mie lettere," disse. "Alcune anche lunghe, altre incredibilmente concise nella loro velenosità. In cui illustravo nel dettaglio le mie opinioni sul tuo aspetto, comportamento, odore, destino dopo la morte e progenie. Lettere di un odio espresso in modo geniale, dai, Harry, come fai a non ricordarle?"

Era scandalizzato. Harry si arruffò i capelli e lo guardò confuso.

"E' proprio strano, Draco. Non credo di averle mai ricevute."

Draco girò la testa e rivolse un'occhiata silenziosamente accusatoria a Pansy.

Lei alzò le mani sulla difensiva. "Abbiamo dovuto farlo, Draco. Eri pazzo, eri posseduto. Alcune di quelle lettere facevano davvero paura, dovevamo pensare ai punti..."

Il tono di Draco era minaccioso. "Pansy, che cosa ne avete fatto?"

"Beh..." disse Pansy, con un filo di voce. "Beh, noi... le buttavamo."

"Le mie lettere d'odio confezionate con tanta cura," disse Draco. "Le mie piccole opere d'arte. Per alcune impiegai delle ore. Me la pagherai, cacciatrice di Tassorosso senza scrupoli."

Pansy sogghignò.

Harry si accigliò appena. "Mi odiavi così tanto?"

Draco rinunciò ad appoggiarsi al guardaroba, si avvicinò a lui e gli diede una pacca sul braccio.

"Allora, Harry, allora," gli assicurò. "Da quando sei saggiamente entrato sotto la mia supervisione hai guadagnato punti molto in fretta. Adesso sei piuttosto tollerabile."

"Grazie," disse asciutto Harry. Scoccò a Draco uno sguardo obliquo. "Se le avessi ricevute avrei risposto, lo sai." Ci pensò un attimo. "Oddio, forse ti avrei versato in testa una pozione."

Draco sospirò addolcito. "Mi piace sentirmi apprezzato."

Pansy, tirandosi le maniche vistose del maglione, anziché la gonna estremamente corta del vestito, si avvicinò incerta al letto di Draco e vi si buttò sopra.

"Vedo che andate di nuovo d'accordo," disse. "Quando solo stanotte hai detto..."

"Smettila di vivere nel passato, donna," ordinò Draco.

Pansy alzò gli occhi al cielo. "Almeno le lettere d'odio erano concrete. Bel bacile, comunque. Molto retrò."

A quel punto la porta si aprì di nuovo ed entrò Blaise Zabini, tutto vestito di nero e ben più sofferente per i postumi della sbornia rispetto agli altri due alcolizzati nella stanza.

Rivolse a Harry uno sguardo disgustato. "Oh no, ancora," disse vago, e andò a sedersi con Pansy sul letto. Una volta lì, occhieggiò il Sognatoio. "Ne deduco che siamo tutti qui per dare un'occhiata a..."

Fu interrotto dall'entrata di Ron, più circospetto in quanto preoccupato dall'eventualità che i germi Serpeverde banchettassero su di lui. Si rilassò leggermente appena vide Harry.

"Hermione sta per arrivare con gli altri," disse. "Vedo che qualcuno ha già..."

Fu allora che si guardò intorno e notò che le altre tre persone nella stanza erano tutti Serpeverde, e inoltre si trattava di una stanza Serpeverde. I suoi occhi si mossero da un lato all'altro, cercando esplicitamente Harry.

Serpeverde dappertutto! Qualcuno ci salvi, chiunque! Assediati, sopraffatti, destinati al contagio!

Harry gli sorrise rassicurante.

L'espressione di Ron si fece addolorata. Povero, povero Harry, già contagiato. SI salvi chi può!

"Oddio," disse Pansy. "Al genio con le lentiggini mancano le competenze mentali per terminare le frasi."

"Non rompere, Parkinson," sbottò Ron, rivolgendole uno sguardo misurato che indicava, con una certa carica di sentimento, cosa avrebbe pensato la signora Weasley del suo vestito. "Proprio non capisco come faccia Zacharias."

Pansy si mise una mano sul maglione. "Oh, beh, Weasley," disse dolcemente, "quando una mamma e un papa si amano tanto, e non sono costretti a dividere il letto con I porci come fanno alcuni poveracci..."

Harry e Ron la stavano guardando truci quando Hermione entrò, accompagnata da una dozzina di persone. Ron si rallegrò per quell'apporto di non-Serpeverde e Harry approfittò dell'occasione per rivolgere a Draco, che aveva sogghignato, un'occhiata di rimprovero. Draco gli sorrise fingendo di sentirsi in colpa.

Padma Patil aveva una mano sui fianchi e gli occhi stretti.

"Sono qui perché hanno preso mia sorella," disse gelida a Draco. "Mi rifiuto assolutamente di collaborare con un gruppo sovversivo partorito dalla tua mente. Continuo a non fidarmi di te."

Draco sollevò le sopracciglia.

"Sei bellissima quando sei sospettosa," le disse, con spirito di pura malizia.

Padma sbuffò e Harry si sporse un pochino. "Stai cercando di peggiorare le cose?"

"Sì," gli sussurrò Draco. "Ma è anche un istinto naturale."

Dopo qualche minuto per sistemarsi, Hermione si alzò in piedi e si rivolse a tutti.

"Questi sono i sogni che fa Harry quando gli brucia la cicatrice," disse con voce seria. Qualcuno guardò automaticamente la fronte di Harry, e Draco mosse appena la spalla per coprire la sua. "Pensiamo che possano contenere delle prove... specie perché la professoressa McGranitt è stata uccisa la notte in cui li ha visti. Forse era giunta ad una conclusione che rendeva necessaria la sua morte, e se scoprissimo qual'era saremmo più vicini all'identità della spia."

"Se è tanto importante," disse Zacharias Smith, "perché non li abbiamo visti prima?"

"Perché il Ministero vieta l'esposizione dei pensieri in pubblico," disse Harry. Draco guardò indignato Zacharias.

"Quindi stiamo infrangendo la legge...?" chiese Susan Bones, ancora più spaventata ora che Hannah era stata presa.

Harry cercò di mettere insieme uno sguardo goffamente rassicurante. "No, questa sarà un'esposizione privata dei miei pensieri. E' come..." Cercò un'analogia che non fosse quella usata da Lupin, terrorizzato dall'idea che qualcuno potesse guardarlo e accorgersi che stava pensando al sesso. "Uhm. Beh, guardiamoli e basta..."

"Vediamo a quale conclusione giungiamo," aggiunse Hermione, guardando Susan con un sorriso che Harry trovò molto più rassicurante.

Zabini sbadigliò, annoiato. "Uno scavo speciale nella mente di Potter. Sarà sicuramente elettrizzante."

"Dacci un taglio, Zabini," scattò Harry. "Non ho tempo per te."

Si accorse che dopo quelle parole era calato il silenzio, così si fece avanti e mise la bacchetta nel liquido argenteo. Tornò ad appoggiarsi al muro accanto a Draco, e mantenne il viso attentamente impassibile.

Tutti si sporsero per guardare i suoi sogni.

Harry rimase stoico. Ricordava tutto. Draco, Ron, Hermione, il sangue, le chimere, i grifoni, i basilischi e i libri. Nessuna sorpresa.

Draco con gli abiti di Snape si mosse attraverso il liquido luccicante, spingendo Harry contro un muro. Harry sperò che non si accorgessero del fatto che, nonostante il comportamento alquanto predatorio di Draco, lo sguardo sul viso dell'Harry nel sogno non dava esattamente l'idea di sentirsi minacciato.

"Beh, beh," disse Zabini, deliziato.

Harry strinse i denti e aspettò, vide comparire il sogno del lago e il suo stomaco si attorcigliò per l'umiliazione.

Non era stato così quando l'aveva sognato, con Harry confuso e bagnato nel lago, senza niente che facesse pensare che avesse addosso dei vestiti.

"Guarda guarda," disse l'orribile, maledetto Zabini, mentre altri, tra cui Smith e Pansy, curvavano le labbra in accordo.

Harry si preparò alla parte peggiore. Arrivarono Hermione e Ron, e nel mondo reale lo guardarono preoccupati quanto lui. Hermione si era piegata in avanti poco prima, nel punto in cui sfogliava dei libri con uno sguardo concentrato, e Harry ripensò a quando la professoressa McGranitt aveva parlato del libro che stava leggendo Hermione, ma non gli venne in mente nessun libro in particolare, e Hermione non disse niente.

Quindi comparve Draco nell'acqua, e l'ondata di terrore nelle orecchie di Harry gli rese impossibile ascoltare le sue parole.

"Qualcuno vada a prendere i popcorn," propose Zabini. "E' molto meglio di quanto pensassi."

"Di chi ti fidi?" chiese Draco nel sogno, prima di nuotare all'indietro.

La luce della luna splendeva sui muscoli bagnati del suo petto. Harry era certo che Zabini fosse sul punto di fischiare.

"I sogni sono mischiati ad episodi di vita reale," disse il Draco in carne e ossa, tremendamente diverso quando era asciutto, vestitissimo e leggermente rosso. "Questa scena deve richiamarsi a quando io e Harry siamo andati a nuotare al lago."

"Ma siete..." cominciò Pansy.

"Come dici, Pansy?" chiese Draco glaciale.

"Ehm, cioè, ci siete andati?" chiese Pansy.

"Sì," mentì tranquillamente Draco. "E ovviamente avevamo entrambi dei costumi da bagno, Blaise, ti ho sentito."

"Peccato," disse sfacciatamente Zabini.

Quel momento imbarazzante passò. I flash di violenza dei sogni di Harry, di quando Voldemort desiderava particolarmente uccidere, furono più difficili da sostenere. Harry vide gli occhi di Susan riempirsi di lacrime, e gli altri guardarlo come se nessuno, una volta avuti quei sogni, sarebbe potuto restare normale. Forse avevano ragione.

Quando nel bacile iniziarono a comparire sogni più vecchi e innocui, Draco si tese verso Harry e gli sussurrò in tono infastidito,

"Avresti potuto avvisarmi."

Harry cercò di non notare il colore rosa che intravide alla base della gola di Draco, incorniciata dal colletto aperto della camicia, che risaliva lungo il collo.

"E come avresti preferito che te lo dicessi?"

Si rifiutò di pensare a capelli bagnati simili a fili d'argento offuscati e intrecciati sotto la luna, o a quanto era ingiusto il fatto che non sapeva se i dettagli del corpo di Draco mostrati nel sogno fossero accurati o meno. I membri delle squadre di Quidditch si facevano le docce, dopotutto, ed era ovvio che cercassero di risparmiare acqua facendosele insieme. Era palesemente ingiusto sapere di poter disegnare correttamente l'anatomia di Fred e George (oh, brutto, brutto pensiero) e rimanere incerto sulla curva esatta della coscia nuda di Draco.

Harry si sentì sollevato quando i sogni finirono, e dovette concentrarsi completamente. Era una guerra, e non c'era altra scelta.

Finalmente Hermione parlò, sporgendosi oltre le proprie ginocchia, in una posizione che ricordò a Harry un punto interrogativo.

"Quel libro che ho pescato dal mucchio," disse.

Harry ricordava che aveva preso un libro nel sogno, ma sapeva solo che non era ‘Uomini Che Amano Troppo I Draghi'.

"Sì?" chiese teso, e tutti si sporsero verso Hermione quando aggiunse, "Anche la professoressa l'aveva notato."

"Si chiama ‘Le Più Antiche Forme Di Magia'," disse Hermione con voce decisa. "Lo lessi il primo anno. Ti ricordi che mostrai a voi due i passaggi su Nicolas Flamel e la Pietra Filosofale?"

Il ricordo calò su Harry, la familiarità di quel tomo enorme e vecchio tra le piccole mani di Hermione. Doveva aver preso anche quello dalla vita reale, ma perché la professoressa McGranitt ci si era soffermata?

"La spia ha la Pietra Filosofale?" chiese Terry Boot, spalancando gli occhi.

"No, non può averla. E' stata distrutta," disse Harry mantenendosi sul vago.

"Quel libro è pieno di magia antica," disse Hermione, corrugando la fronte. "Potrei rileggerlo."

"Quante copie ci sono in biblioteca?" domandò Draco.

"Che fantastico indizio. Giochiamo tutti quanti ai piccoli detective," propose secco Zabini.

"Hai qualche grande teoria? No? Allora cuciti la bocca, Zabini," ordinò Harry.

Zabini si calmò, ma lo scatto di Harry mise fine all'accavallarsi di suggerimenti. Tutti avevano l'aria di essere assorti, ma la paura e l'infelicità lottavano per prevalere sulla maggior parte dei volti.

"Che importa? Tanto Hogwarts è finita," disse Michael Corner.

Harry si girò verso di lui. "E la spia potrebbe essere mandata via con un gruppo di innocenti," ringhiò.

"Certo che no," disse Padma Patil con occhi freddi. "Probabilmente la spia è molto legata a Voi-Sapete-Chi, e questo significa che appartiene ad una delle antiche famiglie purosangue. Sarà mandato a casa anche lui, e tanto meglio per noi."

Tutti seguirono lo sguardo di Draco, che sogghignò sarcastico.

"Bene!" esclamò Harry. "Analizziamo la prova. Oh, non ce l'hai? Beh, è una fortuna, no," disse con sarcasmo violento, "che una spia non sia mai giunta da un posto inaspettato? Sono molto contento di vedere che faresti rischiare ad altri di fare la fine di tua sorella sulla base di un istinto casuale."

Padma si arrese. Dopo che Sirius era diventato professore, tutti avevano saputo di Peter Minus. Ebbe il buonsenso di cambiare tattica.

"E i tuoi sogni, allora?" incalzò. "Hai detto che c'erano degli indizi. C'era solo Malfoy! Vorresti farmi credere che la professoressa McGranitt non ha commentato questo particolare?"

Harry esitò.

"L'ha fatto?" chiese senza fiato Ron, parzialmente convinto.

"Forse è per il suo fascino. Non ci ha pensato nessuno?" chiese Zabini pigramente, ma con un tocco di aggressività.

"Forse è davvero Malfoy," disse Hermione, e Harry la guardò inorridito.

Se pensava che fosse quello il modo giusto per attenuare la tensione, evidentemente le aveva attribuito più intelligenza di quanta ne possedeva in realtà.

"Forse sì, ma non possiamo esserne certi. Dobbiamo analizzare i sogni da ogni prospettiva e raccogliere il maggior numero di sospetti possibile, altrimenti rischieremmo di lasciare che la spia scivoli fuori dalla rete. Dobbiamo memorizzare i sogni e guardare i componenti dei nostri gruppi tenendoli a mente, per sicurezza. Incolpare un'unica persona è controproducente, a questo punto," disse Hermione, finendo col rivolgere a Padma un'occhiata di biasimo.

Terry Boot sembrava soddisfatto.

"Ho sempre detto che quella ragazza dovrebbe essere una Corvonero," mormorò con approvazione a Michael Corner, e sorrise calorosamente verso Draco.

Se i Corvonero erano tanto intelligenti, quello stupido Caposcuola avrebbe potuto pensare a come difendere Draco lui stesso. Inoltre, il sorriso grato che Draco stava rivolgendo al suddetto Corvonero sarebbe potuto essere dedicato ben più appropriatamente a Grifondoro più utili.

"Beh, li abbiamo visti," disse Ron pragmatico. "Se a qualcuno viene in mente qualcos'altro, che ce lo dica. Per ora dobbiamo prepararci... Silente ha detto che oggi andremo a Hogsmeade per l'ultima volta. Chiunque abbia bisogno di oggetti magici ne approfitti oggi o mai più."

Ci fu una corsa generale verso la porta.

"Presto," disse Draco a Pansy. "Dove sono i più piccoli? Devono fare una lista di ciò che gli serve."

Harry stava prendendo la pergamena per Draco dalla scrivania, e quando alzò gli occhi vide che Pansy era andata a parlare con i più piccoli, mentre lui, Draco e Zabini erano rimasti da soli nella stanza. Draco era seduto sulla sua poltrona e Zabini stava chino su di lui.

"Beh, io vado," disse Zabini." "Ci vediamo dopo."

"Ci vediamo in giro," gli disse Draco, e Zabini si chinò su di lui. Draco alzò il viso verso il suo, senza alcuna espressione.

Le loro labbra si toccarono in un bacio morbido, svogliato e molto definito. Harry restò a fissarli.

Zabini uscì dalla stanza.

"Che cosa..." cominciò Harry, e si accorse che la sua voce aveva tremato. "Niente. Me ne vado."

"Harry, aspetta," disse Draco. Quando Harry si voltò lo vide stanco, e si sentì furioso e in colpa.

"Lo so che non ho alcun diritto," disse Harry. "Io... devo andare."

Draco parlò con voce tagliente. "Non ho dormito con lui, Harry!"

Harry si appoggiò alla cornice della porta. Studiò le proprie dita strette su quella, e vide le nocche diventare meno bianche. "Oh."

"Non per te," continuò Draco, con voce intenzionalmente sgradevole. "Per lui. Io non uso i miei amici. Non uso chi rispetto."

Perché dovresti aver bisogno di usare qualcuno, Draco? Draco era andato a letto con lui altre volte. Cosa era cambiato la notte precedente?
Harry aveva una domanda più incalzante. "Allora perché...?" disse, e fece un gesto rassegnato.

Draco curvò il labbro. "Abbiamo fatto... delle cose," disse, ed era assurdo come una parola innocente e generica facesse ringhiare la gelosia nella mente di Harry. Draco alzò le spalle. "Almeno quello glielo dovevo oggi, se voleva."

E già, povero Zabini, pensò Harry. Certamente martirizzato da tutto quel baciare Draco.

"Ci parliamo ancora?" chiese Draco con cautela.

Non era tenuto nemmeno a offrirgli quella minima giustificazione. Harry non aveva assolutamente alcun diritto. E Draco non aveva dormito col bastardo.

Harry lasciò che l'angolo della sua bocca si curvasse all'insù. "Sì."

*

Harry ripensò a ciò che aveva detto Draco, e disse ai Grifondoro del primo e del secondo anno che gli avrebbe comprato qualsiasi cosa volessero da Hogsmeade. Solo non si aspettava che volessero così tanto.

Lesse la lista scettico. Era certo che alcuni di quei ragazzini erano Tassorosso e Corvonero che si erano intrufolati approfittando dell'affare. Era pronto a scommettere che nessuno ci avrebbe provato con Draco.

Certo, forse il motivo era che Draco aveva l'abitudine di riferirsi agli studenti più giovani che non facevano parte della sua casa come a larve insignificanti.

"E' perché tu sei il grande eroe," disse Ron, triste e appena un po' risentito dopo tutto quel tempo. Sembrava quasi geloso della stupida lunga lista di Harry. "A me nessuno ha chiesto di prendergli niente. Sarei stato in grado di comprare un po' di dolci, sai?"

"Ma certo," disse Harry. "Sai cosa ti dico, puoi aiutarmi con la lista."

"No, amico, sbrigatela da solo," disse Ron. "In realtà non mi va molto di comprare dolci a quei nanetti. Ma sei stato gentile a chiedermelo."

Harry spintonò un po' la calca in fermento, certo che avrebbero fatto cadere le sue liste. Non aveva mai visto nessuno, tra coloro che avevano il permesso, così ansioso di correre a Hogsmeade, come se potessero comprare dei rimedi alla situazione.

Finì quasi per spingere Pansy, e si fermò appena in tempo.

Lei restò davanti a lui a sorridergli maliziosa, e per un momento ne fu terrorizzato.

"Ciao Harry," disse con voce melliflua.

Harry fece un passo indietro strategicamente.

Pansy roteò gli occhi. "Oh, non preoccuparti per quello, Potter," disse con voce annoiata. "Ti assicuro che non tutti muoiono dalla voglia di avventurarsi nei tuoi eroici pantaloni. Non mi sono mai piaciuti gli uomini con gli occhiali, personalmente. E' solo... insomma, si direbbe che siamo amici, no?"

"Io vi definirei nemici giurati per lealtà alla propria casa," si intromise Ron.

Pansy lo guardò cupa e rivolse di nuovo il suo sguardo vittorioso a Harry.

Lui si mosse un po', a disagio. "Beh, sì, siamo amici."

"Direi più conoscenti che si sopportano a vicenda, a dire il vero," lo informò, "ma speravo che tu lo pensassi. Perché mi serve un favore da te."

"Dimenticatelo!" disse Ron aggressivo. "Non puoi convincerlo con l'inganno a..."

"Cosa vuoi che faccia, Pansy?" chiese Harry.

Ron lo guardò triste, come se avesse rinunciato alla battaglia.

Pansy lo guardò da sotto le ciglia, e le sbatté.

"Ti vorrò bene per sempre," gli promise intrigante.

"Molto gentile," disse Harry. "Che cosa vuoi?"

"Della cioccolata," rispose in fretta Pansy. "Ascolta, il professor Lupin mi ha beccata con una bottiglia di tequila a cui ho fatto il favore di svuotarla e... per qualche ragione ha pensato che me ne fossi già procurata un'altra, Draco dice che ha troppe cose sulla lista per comprarmi la cioccolata, e ho tentato di spiegare a Madama Chips che è una necessità medica ma non mi dà retta!"

Harry fece una smorfia colpevole. "Mi dispiace, Pansy. L'ho già promesso a troppo persone."

Pansy fece un lamento ferito e alcuni si girarono per controllare chi l'avesse accoltellata al cuore. Lei si aggrappò al suo braccio e lo guardò negli occhi con aria tragica.

Harry capì che la ragione per cui molti Serpeverde diventavano dei cattivi da melodramma era che facevano parte della casa delle regine del dramma.

"Harry! Pensavo che ti piacesse salvare la gente dalle situazioni dure e potenzialmente fatali!"

"A-ehm," fece Ron.

"Non senti il tuo cuore che ti ordina di salvare una damigella in... insomma, peldicarota, hai un insetto in gola o cosa?"

Ron smise di tossire piano.

"Stavo solo osservando," commentò molto altezzosamente, "che anch'io, come un'altra persona in questa conversazione ma a differenza di un'altra, sto andando a Hogsmeade."

Pansy gli concesse un sorriso raggiante.

"Ah sì?" disse. "Beh, peldicarota, se mi fai questo favore, io... io cercherò di apprezzarti per... circa una settimana."

Ron la squadrò. "Come prego? Non credo sia giusto."

Pansy lo fissò. "Vuoi dei soldi..."

"No!" tuonò Ron. "Sto solo dicendo che a Harry hai offerto molto di più che a me. Il che è tipico, la storia della mia vita, grazie mille, e poi cerchi anche di insultarmi..."

"Forse per la prima volta nella mia vita, non stavo..."

"Offrendomi dei soldi..."

"Piccolo mostro insicuro..."

Harry guardava prima uno e poi l'altra, sentendosi come ad una partita di tennis con i giocatori che si rilanciavano la palla a velocità folle.

Pansy si fermò e si mise una mano sul fianco.

"Ah," disse. "Ho capito cosa vuoi."

Ron si addolcì. "Meno male. Un trattamento equo, ecco cosa..."

"Mi offro volontaria per fare sesso con te," dichiarò Pansy, e poi fece una smorfia. "Parzialmente volontaria."

Harry sobbalzò e Ron fece un lodevole sforzo di volare senza la scopa. Strinse impaurito il braccio di Harry, come se potesse proteggerlo, e si guardò intorno agitato in cerca di Hermione.

"Voi Serpeverde siete disgustosi," sibilò Ron, dopo essersi assicurato che nessuna fidanzata stesse per avventarsi su di lui assetata di vendetta.

Ron era rosso acceso fino alla radice dei capelli. Pansy sogghignava.

"Penso di averti fatto un'offerta molto generosa," osservò, poi sospirò drammaticamente. "E va bene, Weasley. Se mi compri la cioccolata, ti vorrò bene... tra qualche anno."

"Tra qualche anno?" le fece eco Ron.

Lei alzò le spalle. "Sento che avrò bisogno di tempo."

"Tra qualche anno," la informò Ron, "spero che vivrò felicemente in un mondo privo di Serpeverde e che - mi spiace dirlo - le donne scarlatte come te vivranno dall'altra parte dell'oceano."

"Sì, sì, va bene," sbottò Pansy, "ma se mi compri la cioccolata ti vorrò tanto bene dall'altra parte dell'oceano. Per favore, Weasley, ti prego!"

La sua voce cominciava a stridere paurosamente.

"E va bene, allora," mormorò Ron, e Pansy tirò fuori un rotolo di pergamena dalla camicia e gliela passò.

Poi si girò e se ne andò senza ringraziare, richiamando con voce roca un Zacharias Smith che guardava con molto interesse la sua camicia un po' sbottonata.

Ron si stava già guardando intorno per cercare di far capire a tutti che anche lui aveva una lista molto importante, una lista che gli era stata data da qualcuno che aveva bisogno di Ron Weasley. Abbassò la voce e si rivolse a Harry in tono agitato.

"Sto stringendo una pergamena che teneva sulle te... sul petto!" Arrossì violentemente e fece un gesto ampio. "Pergamena sul petto! Cioè, non posso crederci, i Serpeverde sono un disonore, vero Harry? Nessuno trova preoccupante che un quarto della nostra scuola sia sprofondato nel male più oscuro e... e nella depravazione sessuale?"

Harry cercò di non pensare che per lui il problema era che i Serpeverde non fossero ancora più depravati sessualmente.

"Io mi preoccuperei di più della reazione di Hermione al fatto che compri cioccolata per un'altra ragazza," disse con calma.

Lui, Ron e Hermione passarono ore a racimolare da Hogsmeade ciò che serviva ai più giovani e a loro stessi. Hermione cercò disperatamente di comprare l'intera libreria, reggendo i volumi come se non avrebbe mai più visto un libro magico. Harry passò un tempo eccessivamente lungo nel negozio di dolci, cercando di trovare le chicche per ogni persona sulla lista mentre il negozio si svuotava a velocità allarmante.

Quando vide Draco per strada entrare nella libreria che Hermione aveva appena saccheggiato, si accorse che i dolci sarebbero finiti molto prima che arrivasse. Sperò che Draco non fosse divorato da piccoli Serpeverde in delirio goloso.

Non vide più Draco fino a quando non tornarono a scuola e non furono assaliti dalla folla. Draco sorrise a Pansy, che lo guardò contrariata e lo spinse via.

"Chi ti vuole?" chiese. "Dov'è Ron Weasley?"

Draco si mise teatralmente il dorso della mano sulla fronte mentre Harry lo raggiungeva.

"Respinto per un Weasley," disse. "Mi sento male per lo shock. Sii buono, reggimi fino a che non trovo un divano su cui svenire."

Piccole creature si gettarono sull'involto di dolci tra le braccia di Harry con versi affamati. Dedusse che erano studenti e che gli elfi domestici non avevano scelto quel momento per la ribellione di massa a cui Hermione continuava imperterrita a spingerli.

"E ho anche finito i miei sali," replicò Harry, sogghignando. "Uhm. Ehi, ti ho preso qualcosa."

Draco piegò la testa all'indietro, sorpreso, quindi rivolse a Harry quel sorriso luminoso e graduale che usava tanto di rado.

"Sì?"

"Sì," disse Harry. "Uhm, ce l'ho in tasca..."

"Harry Potter, è una battuta?" Draco era distintamente divertito, e Harry si sentì arrossire.

"No," rispose, spostando i sacchetti su un braccio e frugando nella tasca posteriore dei jeans.

Estrasse l'ultima manciata di lecca-lecca al sangue (evidentemente i più giovani erano proprio disperati) e li porse a Draco. Draco li guardò per un attimo, tendendo il sorriso quasi in una risata, e li prese.

Stava ancora guardando Harry da sotto le ciglia quando se li mise tutti in tasca tranne uno, e scartò distrattamente il lecca-lecca rimasto. Harry lo guardò farsi scivolare la caramella rossa e lucida tra le labbra e curvarvi la lingua intorno. Draco gli strizzò amichevolmente l'occhio.

"Chi dice che non sei un eroe, Harry?" chiese. "Grazie."

Si allontanò per distribuire altre provviste ai piccoli Serpeverde.

I lecca-lecca erano degli oggetti sporchi e perversi, e andavano vietati. Erano indecenti. Non era giusto.

Tornò nella torre di Grifondoro per trovare Hermione carponi e quasi in lacrime davanti al camino, mentre cercava di far entrare quanti più libri possibile nella sua valigia. Le dette una pacca sulla schiena e le garantì che lui e Ron sarebbero stati felici di portare quelli in eccesso.

Hermione gli sorrise debolmente e fortunatamente si trattenne da una di quelle brevi e intense crisi di pianto che coglievano sempre di sorpresa lui e Ron e li terrorizzavano.

La cinse con un braccio mentre lei sospirava e lisciava le copertine dei libri, e gli venne in mente che erano così presi dalla partenza imminente che nessun aveva protestato dalla notte prima.

*

Harry si precipitò all'ufficio di Silente appena poté lasciare Hermione. Rimase un po' davanti alla faccia stupida del batacchio finché non si ricordò la parola d'ordine corrente.

"Lecca-lecca al lime," disse. All'improvviso andavano tutti pazzi per i lecca-lecca.

Entrò con impeto nell'ufficio di Silente e Silente alzò gli occhi dalla scrivania con aria vagamente interrogativa.

"Harry," disse. "Che piacevole sorpresa. Tuttavia, come puoi immaginare, sono piuttosto indaffarato..."

"Non dovrebbe farlo," scoppiò Harry. "Le loro famiglie non possono proteggerli in nessun modo. Dovremmo provare qualcos'altro, dovremmo mettere degli incantesimi protettivi nella Sala Grande..."

Silente gli rivolse un rapido sguardo da dietro gli occhiali a mezzaluna.

"Abbiamo sparso incantesimi nella scuola senza alcun effetto," disse gentilmente e ragionevolmente. "Molti studenti avevano così tanta paura che non riuscivano a dormire: non è servito a niente. Voldemort sembra mirare a voi ragazzi, e mi preme allontanarvi dalla linea di fuoco."

Harry sbatté le mani sulla scrivania.

"Io voglio stare sulla linea di fuoco!" urlò. "Questa è la mia battaglia!"

"No, Harry, non lo è." Harry non aveva mai visto Silente così solenne. "Non hai ancora lasciato la scuola, perciò sei sotto la mia giurisdizione. Non intendo vederti ferito. Come potresti anche solo pensare di combattere in questa guerra?"

"Io... non lo so," balbettò Harry. "In qualche modo. Voglio fare qualcosa. In ogni caso se ce ne andiamo non farò mai i MAGO e non lascerò la scuola ufficialmente, quindi sono un adulto. Posso lasciare la scuola adesso e unirmi all'Ordine della Fenice, voglio..."

L'ufficio circolare, la grande scrivania sontuosa, tutti i libri, gli strumenti, il Cappello Parlante e la fenice splendente, tutto vorticò davanti agli occhi di Harry in un turbine di rabbia. Silente avrebbe dovuto aiutarlo.

"Hai appena detto," disse gentilmente Silente, "che non hai idea di cosa fare. Dico bene?"

Harry si alzò in piedi, tremante d'ira. "Sì," disse, sentendo il peso della speranzosa aspettativa priva di basi di Silente, che magari aveva pensato che avesse una risposta.

Silente sospirò, stanco e provato. "Lascia che ti protegga al meglio della mia abilità fino ai tuoi ultimi giorni di scuola. Manca poco più di un mese, poi potrai fare domanda per entrare nei programmi di allenamento estivo degli Auror. Là sarai al sicuro perché sarete in tanti, e non voglio affrontare l'eventualità di perdere altri studenti."

L'idea di essere costretto all'inattività per qualsivoglia periodo di tempo lo divorava, ma l'idea di Silente non era male. In quel caso avrebbe potuto combattere presto, e Silente era sempre stato buono con lui. Poteva chiedergli una cosa tanto piccola.

"Ovviamente tu, Ron e Hermione siete considerati particolarmente in pericolo," proseguì Silente, i cui occhi penetranti notarono l'esitazione di Harry. "Sarete posti sotto la tutela speciale di due professori nei quali ripongo piena fiducia: il professor Lupin e il professor Black. Inoltre adotterete la precauzione di viaggiare e comportarvi come semplici Babbani. Penso di poterti garantire l'assoluta sicurezza per il prossimo mese."

Harry esitò ancora. Non gli andava di essere assolutamente sicuro se non lo erano anche gli altri, ma la sicurezza di Ron ed Hermione era un'offerta allettante. Il pensiero che uno di loro venisse rapito lo faceva stare malissimo.

"Sono in pericolo perché sono miei amici," dichiarò in tono piatto. "C'è un'altra persona..."

"Il giovane Draco Malfoy," disse prontamente Silente, con un flebile tentativo di ammiccargli. "Sono certo che potremmo organizzare la sua inclusione."

"Ecco," disse Harry.

"Ti ringrazio per la cooperazione, Harry. Mi hai tolto un peso dalla mente." Si toccò la fronte mentre parlava, e Harry pensò che doveva avere davvero molti fardelli sulla schiena, se quella era la sua aria sollevata.

Rimase un altro momento davanti alla scrivania di Silente, e prese la sua decisione.

"Va bene," disse a denti stretti. "Ma continuo a credere che dovremmo lasciare Hogwarts aperta, e combattere adesso. Presto o tardi le dimostrerò di cosa sono capace. Lo farò."

Silente prese la piuma per scrivere quella che sembrava una lettera aperta a tutti i genitori dei ragazzi che stavano per essere mandati a casa.

"Harry," disse sinceramente, "lo spero."

Harry tornò alla sala comune Grifondoro e cominciò a fare le valigie insieme a Hermione, quando la porta fu quasi buttata giù nonostante le vigorose proteste della Signora Grassa.

Draco era sulla soglia, il viso gelido di rabbia.

"Figlio di puttana," disse. "Vieni subito a parlare con me. O ti spezzo il collo proprio qui."

*

"Non capisco perché sei così incazzato," disse Harry, seguendo Draco nell'aula di Pozioni.

Draco si sbatté la porta alle spalle con un suono apocalittico e si voltò per affrontare Harry. Il suo viso era una maschera d'ira contratta.

"Non lo capisci," ripeté. "Bene, allora lascia che ti rinfreschi la memoria. Hai chiesto tu a Silente di separarmi dai Serpeverde, da tutto ciò che ho lavorato per mantenere unito nell'arco di due anni? L'hai fatto?"

Harry capì e cercò di non perdere la calma, dato che il nervosismo nuotava già troppo vicino alla superficie.

"Sì," disse. "L'ho fatto."

Draco sembrava intenzionato a colpirlo. "Vivere come Babbani? Senza alcun modo di comunicare con loro o di offrirgli un rifugio?"

Forse Harry non ci aveva pensato proprio a fondo.

"Sì, ma ascolta, Draco, prima o poi avresti comunque dovuto fidarti di loro. Puoi chiedere a tua madre di ospitarli a casa tua, di certo accetterà, e tu devi capire. Sei in pericolo perché sei uno dei miei migliori amici. Devi essere..."

"Lo so!" sputò Draco. "Sono un Serpeverde. Ho già analizzato ogni rischio da solo. Non ho acconsentito ad essere portato via dai Serpeverde quando hanno più bisogno di un leader. Quindi ora tu vai da Silente, dato che non vuole ascoltarmi, vai da lui e gli dici che posso andare a casa..."

Le intenzioni di Draco erano buone. Quello, e il lieve tremolio nella sua voce durante la sua richiesta aggressiva, fecero desiderare a Harry di accontentarlo. Di mettere a posto le cose e assicurare a Draco che era stato un errore dovuto alla preoccupazione.

Ma erano in guerra.

"Se persino adesso devono stare costantemente sotto i tuoi occhi, vuol dire che non si può contare su di loro! E' meglio saperlo adesso," gli disse. "Come credi che mi sentirei se dovessero prenderti per colpa mia e io non avessi fatto niente per cercare di impedirlo?"

Draco fece un passo avanti, scattando come se stesse per colpirlo, ma si fermò e si controllò con uno sforzo evidente.

"Harry l'eroe," ringhiò. "Anche gli altri hanno delle responsabilità, sai? Non ci siete solo tu e l'esercito della luce che sei stato scelto per guidare e proteggere, anch'io ho delle responsabilità, me le sono prese, come osi intrometterti con questa strafottenza e cercare di portarmele via!"

I sotterranei erano sempre freddi e bui, ma di notte lo erano ancora di più. L'unica cosa che Harry distingueva era la pallida luce della luna che entrava da una delle finestrelle, e Draco era quasi simile a un fantasma in quella luce. Harry rabbrividì per il freddo e incrociò lo sguardo gelido di Draco.

"Mi dispiace vederti infuriato, Draco," disse con la voce più decisa e stabile che gli riuscì. "Per caso ti è venuto in mente che sei un bersaglio, e che se insisti a rimanere con i Serpeverde renderai dei bersagli anche loro? Non puoi tenere lontani i più piccoli dai loro genitori, mentre così offrirai ai più grandi una possibilità e un posto dove stare. Ed è davvero l'unica cosa che puoi offrirgli, e il modo migliore per proteggere te stesso e gli altri è quello che ho scelto io!"

Draco era livido di rabbia, quasi vibrante d'ira.

"Non posso lasciarli. Ci ho messo tutto me stesso, non posso..."

"La scorsa notte hai detto che era tutto inutile," lo interruppe Harry con aggressività. "So quanto era importante per te, ma Hogwarts chiuderà. La scorsa notte hai detto..."

Le mani di Draco erano strette in pugni.

"Credevo che avessimo stabilito di dimenticare ogni cosa della scorsa notte," disse con voce sottile e fredda.

Harry lo fissò, comprendendo lentamente, e sentì l'ira sgorgare lenta e bollente per il modo in cui lo stava manipolando.

"Non ho mai acconsentito a una cosa del genere," replicò. "Lo so che niente sta andando nel modo in cui avevi sperato, Draco, e so che hai paura..."

"Non ho paura!"

"Non posso chiedere a Silente di cambiare le cose quando penso di aver preso la decisione giusta. E non m'importa se non mi credi, non rinnego niente di ciò che ho detto ieri notte!"

Draco si muoveva irrequieto, gli occhi lucidi come quelli di un animale in fuga e terrorizzato che stesse per azzannargli la gola.

"Ti giuro che se non la pianti..."

A quel punto Harry aveva sentito troppe minacce da Draco. Era così stanco di tutto il potere che aveva su di lui, il potere di arrabbiarsi con lui, di rimuovere la sua presenza e la sua amicizia. Non aveva intenzione di subire minacce per aver detto la verità.

"Cosa farai, Draco?" chiese furioso. "Cosa puoi fare, se voglio dire..."

Draco scattò in avanti, gli prese il viso tra le mani e lo baciò forte.

In realtà Harry non aveva mai baciato un ragazzo, se si escludeva il casto bacio a Draco tempo prima. Era violentemente diverso dal baciare una ragazza, con i denti di Draco che premevano forte sul suo labbro, e senza la morbidezza dei seni e dei fianchi tra loro. Draco era lì, con le costole spinte contro quelle di Harry e nient'altro che strati sottili di tessuto e pelle a dividerli. Harry era infuriato e agitato, e gli sembrava di poter sentire il rombo del sangue di Draco contro l'impeto del proprio.

Draco tirò via la bocca ma non il corpo, e restò attaccato a Harry con i denti simili ad un sussurro di potenziale dolore a un millimetro dal labbro inferiore di Harry.

"E' diverso, vero?" disse Draco a bassa voce. "E' strano, ti fa sentire un po' a disagio, non sai che fare..."

"Sì," ammise Harry, spingendo più forte il fiato che gli solleticava la gola verso quello di Draco.

Draco emise un risolino di gola e fece un passo indietro.

"Te l'avevo detto," continuò, aspro. "Avevi questa ridicola cottarella, ora ti sei accorto che era una fantasia inopportuna e che ti sbagliavi completamente, e..."

Harry lo afferrò e lo sbatté contro il muro più vicino. Lo immobilizzò col peso del proprio corpo, conscio della pietra fredda e della barriera sottile fornita dalla carne e dalle ossa di Draco. Draco gli stava troppo addosso, troppo vicino, strano e pericoloso.

Piegò la mano attorno alla nuca di Draco.

"Non ti ho detto di fermarti," gli disse bruscamente, e spinse di nuovo la bocca sulla sua.

La bocca di Draco si aprì per lui, calda e umida. Fu un bacio vizioso e insaziabile con lingue e denti, morsi e carezze con la lingua, con Harry che cercava di spingere più forte contro Draco e Draco che cercava di inarcarsi, le ossa delle spalle e dei fianchi schiacciate le une contro le altre troppo forte, e tuttavia non abbastanza. Harry emise un verso incoerente che gli bruciò la gola e aprì di più la bocca, adorando la sensazione dei denti che sfregavano il bordo del labbro di Draco, cercando contemporaneamente di assimilare i piccoli versi avidi che stava facendo.

Harry sentì un barattolo rompersi per uno di quegli scoppi incontrollabili di magia che non si erano più verificati da quando era bambino. Si separarono per un confuso istante e Draco gli rivolse uno sguardo fulmineo di paura mista a sorpresa. I suoi capelli candidi brillavano coperti da pagliuzze di vetro.

"Dio, Harry," disse, ma il suo respiro era una calda presenza sulla guancia di Harry, le palpebre pesanti per il desiderio e le labbra rosse e umide, e Harry non si sarebbe fermato adesso.

Draco vide il suo sguardo determinato, o almeno doveva averlo visto, perché le palpebre gli si abbassarono ancora di più. I suoi occhi parvero neri sotto le ciocche argentee quando si sporse e tolse gli occhiali a Harry, gettandoli su un banco qualsiasi con un tintinnio.

Harry aveva entrambe le mani nella camicia di Draco e gli spingeva entrambi i pugni sul petto, e da così vicino gli occhiali non facevano alcuna differenza. Vide la curva tremolante del labbro inferiore di Draco con perfetta chiarezza.

Lo baciò di nuovo, e senza occhiali fu ancora meglio, un altro bacio osceno ed esigente con le ciglia che sfioravano quelle di Draco, le guance che scivolavano l'una sull'altra mentre le loro bocche continuavano ad aprirsi bollenti. Fece scivolare una mano sulla schiena di Draco, fregandosene della pietra ruvida che lo graffiava, impaziente di sentire i muscoli della sua schiena muoversi fluidi sotto il suo palmo, l'unica ostruzione quella del sottile strato di tessuto che già aderiva alla schiena di Draco.

Riuscì a sentire lo spazio, l'istante di calore tra i bottoni della camicia di Draco, con l'altra mano. Sapeva che di lì a un minuto avrebbe strappato quei bottoni per avvicinarsi in qualche modo, e si sentì arrossire lentamente ma inesorabilmente al sol pensiero, al pensiero di tutto ciò che stava accadendo, mentre affondava il viso nella lunga curva umida della sua gola. Draco fece un suono disperato quando le labbra di Harry si dischiusero sul punto accanto al suo orecchio, gemette e spinse la testa all'indietro contro il muro quando Harry lasciò scivolare la bocca in una scia fino alla gola. A metà strada lasciò che i denti gli graffiassero la pelle, e i gemiti di Draco divennero irregolari.

Le mani di Draco strinsero ferocemente l'orlo della maglietta di Harry e d'un tratto fu in movimento, un'ondata selvaggiamente istintiva da cui Harry si lasciò trasportare senza pensare che avrebbe potuto cadere e fregandosene dell'impatto della propria schiena con la cattedra, perché aveva di nuovo la bocca di Draco. Aveva Draco addosso che lo baciava affannosamente muovendo le mani e i fianchi, che si muovevano nonostante fossero incastrati con quelli di Harry. Harry sentì entrambi ansimare e strinse le braccia attorno al collo di Draco, attirando a sé la sua bocca per soffocare quei gemiti. Le mani di Draco si insinuarono sotto la maglietta, le dita risalirono le costole e artigliarono la sua pelle, spingendo in su la maglia, e Harry sospirò e si inarcò, lasciandogli fare.

Draco sollevò la maglietta fino alla clavicola di Harry e scivolò col corpo tra le sue gambe aperte. Harry chiuse gli occhi ma gridò quando sentì la punta dei denti di Draco sulle costole, lì per tentarlo e assaporarlo e farlo inarcare impotente ancora di più. La sua bocca viaggiò verso l'alto, calda, lasciando sul petto di Harry una scia di brividi freddi. Harry lo chiamò di nuovo pronunciando approssimativamente il nome di Draco, quando i suoi denti gli si chiusero su un capezzolo. Il movimento prima graffiante e poi morbido gli fece male per un attimo, e Harry strinse i denti e produsse suoni soffocati che significavano che voleva di più.

Quando Draco tornò verso la sua bocca, a entrambi sfuggirono versi bruschi e supplicanti ad ogni mossa. Il tessuto umido della camicia di Draco era l'unica cosa tra i loro toraci e unirono di nuovo i fianchi mentre Draco respirava affannosamente su di lui, iniziando a muoversi ancora prima di toccargli le labbra.

"Harry," mormorò, col fiato corto e la voce pesante di desiderio.

"Sì," mormorò a sua volta Harry, stregato dal movimento dolorosamente piacevole e dalla promessa imminente della sua bocca.

"Dimmi solo che era una stupidaggine," disse Draco, guardando la bocca di Harry come ipnotizzato. "Dimmi che non dicevi sul serio, così possiamo... possiamo..."

Il fatto che non riusciva neanche a dirlo significava che moriva dalla voglia di farlo, e Harry si mosse contro di lui e pensò, Dio sì, qualsiasi cosa, perché Draco lo voleva e sarebbe stato così facile e così bello, così...

Harry non era un esperto in materia, ma sapeva che non era giusto mentire a chi si amava. Non su una cosa tanto importante.

Ripensò alla voce morbida e stanca di Draco nel momento in cui aveva supplicato per un'altra ragione.

Non voglio nemmeno che mi lasci provare. Non... sto bene senza di te.

"Sì che ero serio," Harry quasi grugnì tra le labbra di Draco, continuando a muoversi sotto di lui. "Sono serio," aggiunse, più dolcemente e in solo respiro contro la linea gonfia del labbro inferiore di Draco, sentendo la spinta iniziale di un altro bacio. "Io..."

Draco si irrigidì. Guardò Harry con occhi sbarrati e selvaggi, senza quasi vederlo davvero.

"No invece," ringhiò. "Fermati."

Si staccò da Harry e scappò via in quello che sembrò un unico movimento. Harry era ancora steso sulla cattedra a cercare di rimettere insieme i pezzi e di recuperare il fiato. Non riusciva neanche a rimettersi a posto la maglietta, e pensò con improvvisa disperazione che non avrebbe mai ritrovato gli occhiali.

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Esilio ***


Scusate il ritardo, ma non sapete i salti mortali che abbiamo fatto io e Vale per finire questo capitolo

Scusate il ritardo, ma non sapete i salti mortali che abbiamo fatto io e Vale per finire questo capitolo. Godetevelo! ♥

  Underwater Light

By Maya

 

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

 

Sommario: Ron fa sgradevoli scoperte, Draco fa due dichiarazioni d'amore e Harry fa piangere le ragazze.

 

Capitolo Diciannove

Esilio

I haven't felt the sun for weeks

So long, so far from home

I feel just like I'm sinking

And I claw for solid ground

If all of the strength and all of the courage

Come and lift us from this place...

I know I can love you much better than this

[E' da settimane che non sento il sole / Così tanto tempo, così lontano da casa / Mi sento come se stessi sprofondando / E cerco di artigliare la terraferma / Se tutta la forza e tutto il coraggio / Potessero sollevarci da questo posto... / So che potrei amarti molto meglio di così]

 

Più tardi quella notte, Harry uscì dalle docce dei dormitori e pregò che lo lasciassero in pace.

Ma dato che quelli che gli dei vogliono distruggere, prima li rendono Harry Potter (*), Ron era lì a parlare degli infiniti ‘e se' della chiusura di Hogwarts, cosa a cui Harry preferiva non pensare. Si frizionò intenzionalmente i capelli in direzione di Ron, ma Ron ignorò l'ovvio segnale.

"E mia madre dice che il cibo babbano può essere dannoso, cioè, loro credono che il cioccolato faccia male e... ehi," disse Ron. "Harry. Che hai fatto al petto?"

Harry lo fissò, poi abbassò lo sguardo sul proprio corpo traditore. C'era una scia di segni rossi fino allo stomaco, e... oh Dio... aveva un capezzolo gonfio.

"Io, ehm, ah, uhm," disse vago. "Mm. Porta. Ho sbattuto contro una porta...?"

"Una porta con i denti," disse piatto Ron.

Harry desiderò fortemente poter tornare a quando avevano quattordici anni, prima che Ron e Hermione iniziassero a pomiciare, quando Ron non avrebbe riconosciuto i segni dei denti nemmeno se avessero morso lui, e Harry, al sol pensiero di Draco Malfoy che gli mordeva la pancia avrebbe avuto un infarto e si sarebbe risparmiato tutti quei guai.

"E' un castello magico," insisté. "Con molte... porte magiche."

Ron era divertito. "Vuoi farmi credere che ti sei spupazzato una porta? Perché sei mio amico, Harry, e ci crederò. Inoltre lo dirò a Dean non appena arriva, e lo dirò a Hermione, e presto tutta la scuola saprà che Harry Potter flirta con oggetti inanimati..."

Harry nascose brevemente il viso nell'asciugamano, ma quando alzò gli occhi Ron era ancora appoggiato alla testiera del letto a ridacchiare come un matto. Cominciava a credere che sarebbe stato meglio restare al sicuro in quel bel sottoscala, durante tutti quegli anni.

"Va' al diavolo!"

"Avanti, Harry," disse Ron. "Ammettilo. Tanto lo so già."

"...Cosa?" chiese Harry. Come aveva fatto? Dove aveva nascosto il cadavere?

"E' piuttosto ovvio," continuò Ron.

"Oddio," disse Harry. "Sei arrabbiato? Sirius lo sa?"

"Credo di sì, Harry, dato che ti ha visto mentre la baciavi."

"La?" disse Harry. "Cioè... ehm, mi ha visto?"

"Ti abbiamo visto tutti! E guarda, non devi pensare che ce l'abbia con te solo perché è mia sorella. Insomma, sei un bravo ragazzo, e mamma sarà contenta."

Harry sentì un peso terribile sprofondargli nello stomaco. Quanto sarebbe stata semplice la vita, se avesse potuto semplicemente chinare la testa e mormorare sì, grazie, e concentrarsi sulla promessa di sicurezza e calore e vicinanza ai Weasley da lì all'eternità. Entrare a far parte di quella famiglia era tutto ciò che desiderava quando aveva quattordici anni. Sarebbe stato perfetto.

"Non è Ginny," disse cupamente. "Vorrei tanto che lo fosse. Cioè... no, non vorrei, ma vorrei... Vorrei tanto poterla desiderare."

Avrebbe voluto essere l'eroe semplice che di sicuro Ginny vedeva in lui, una persona priva di complicazioni e paure, con l'unico obiettivo di salvare il mondo e farle perdere la testa, e non invece un ragazzo furioso e insicuro e probabilmente destinato a morire presto, che pensava che in qualche modo i suoi pezzi infranti avrebbero potuto combaciare con quelli di Draco Malfoy.

"Voglio un'altra persona," proseguì a bassa voce.

Sollevò lo sguardo dai propri pugni stretti attorno all'asciugamano. Ron lo fissava cercando di controllarsi.

"Adesso mi devi spiegare," sbottò, "perché diavolo illudi mia sorella se ti stai scopando un'altra ragazza?"

"Non mi sto scopando un'altra ragazza!" esclamò Harry. "Io... ok, senti, perché non ti siedi?"

Se Ron si fosse seduto, Harry avrebbe guadagnato qualche secondo in più per fuggire. E poi, una volta sentito ciò che aveva da dire, Ron avrebbe potuto svenire e... sbattere la testa, o chissà che altro.

Ron si avvicinò al suo letto e si sedette lì, coi pugni stretti sull'orlo dell'ira, e Harry non poteva certo dargli torto. Non aveva pensato a Ginny. I Weasley meritavano di meglio, e Ron era il suo migliore amico. Si meritava... la verità, o qualcosa di simile.

Salì sul suo letto, si fissò le mani e inspirò a fondo, quindi tornò a guardare Ron. Ron era seduto immobile ma rigido, gli occhi azzurri concentrati e le ampie spalle pronte a scattare, come se si stesse preparando al momento in cui avrebbe colpito Harry o Harry avrebbe colpito lui. Per il momento, comunque, sembrava intenzionato ad ascoltarlo con attenzione.

Harry gli doveva almeno quello.

"C'è un'altra persona," disse, in un unico sospiro doloroso. "Da un po' di tempo."

"Da prima che baciassi Ginny," osservò Ron. Harry non pensava che la voce di Ron potesse suonare così severa.

Si mise la mano sulla fronte e guardò i drappeggi attorno al letto e le ombre familiari del dormitorio in cerca di supporto morale.

"Sì," disse. "Non... uhm. Non me ne sono accorto per un po', e poi è successa una cosa, ed è... Ron, è tutto folle e impossibile, ed ero a pezzi."

"Oh mio Dio," sibilò Ron, rientrando per un attimo nel territorio dell'amicizia. "La ami?"

Harry si schiarì la gola e ammise: "Sì. Solo che..."

"E' una professoressa?"

"No!" strillò Harry. Oddio, in effetti Ron avrebbe accettato molto meglio la professoressa Sinistra. "Ma è una cosa del genere," mormorò. "Questa persona..."

"Il tuo amore segreto," si intromise Ron, che aveva preso quelle parole da sua madre.

"Beh, sì, comunque... non è interessata, ed è un casino, io sono un casino, tutto è un casino, e sarebbe tutto molto dur... difficile, voglio dire..." si corresse Harry, sperando di non arrossire.

"Stai diventando rosso, amico," osservò critico Ron, prima di spalancare la bocca. "E' qualcuno di molto giovane, vero?" domandò. "E' Natalie McDonald, vero? Harry, ma è disgustoso, non ha neanche quattordici anni-"

"Non è Natalie!" scattò Harry. "Il fatto è che ero agitato per questa faccenda," continuò bruscamente. "Ed era ancora peggio, non ci parlavamo, ero ubriaco, e Ginny era lì... come anche..."

Si interruppe. Ron strinse gli occhi.

"Fantastico."

"Senti, non ne vado orgoglioso, ok?"

"Beh, cazzo, lo spero proprio!" esclamò Ron. "Dovrei prenderti a pugni, Harry. E' la mia sorellina-"

"Lo so. Puoi picchiarmi se vuoi, mi dispia..."

Ron saltò su con il pugno chiuso. "Non dirlo!" ordinò. "Che importanza ha? Non sei l'unico a pezzi, Harry! Ci siamo dentro tutti quanti, ed è davvero un casino. Hermione è nella sua stanza a mettere in valigia tutti i libri per i MAGO mentre piange come un agnellino, e non vuole nemmeno aprirmi la porta. Sta lì tutta sola perché le altre ragazze sono scomparse, e non vuole neanche..."

"E questo ti distrugge," disse Harry piano. "Lei ha il potere di distruggerti perché la ami, sono anni che non fate nient'altro che amarvi. Ora c'è una persona che amo, e..."

"Io non ho ferito nessuno!" urlò Ron. "Non uso nessuno quando lei mi fa soffrire. Lo so che sono stato fortunato, e pare che tu non lo sia, ma questo non cambia le cose. Hermione è a pezzi, ma lo è anche Ginny. Non aspetta altro che tu vada a salvarla perché è troppo paralizzata dalla paura per cercare di farlo da sola. Io la conosco. E' brava ad agire, e non deluderebbe mai nessuno, ma questa situazione... la gente che scompare e il male che si infiltra e noi che non possiamo fare niente... le ricorda di quando rischiò la vita per quel maledetto diario. Non sa cosa fare adesso, e non è nelle condizioni adatte per sopportare per sopportare questa situazione, te che la baci perché hai paura anche tu e finalmente sei tutto sottosopra per una ragazza. Non ne avevi il diritto!"

"Lo so!" gridò a sua volta Harry, e lo sapeva davvero.

Solo che non ci aveva pensato. C'erano state così tante cose a cui pensare, e lui non era mai stato bravo con i sentimenti, o con l'analisi delle emozioni altrui. Era un disastro nello stare accanto alle persone, nell'essere premuroso, e adesso aveva davvero deluso Ron.

"Colpiscimi," disse. "Dai, me lo merito."

Ron guardò Harry, poi il proprio pugno, con lo stesso stupore. Poi lo lasciò cadere.

"Sei il mio migliore amico, e sta andando tutto a puttane," disse. "Non ti colpirò. Sei stato un idiota, ma... anch'io lo sono a volte. E non avrei certo capito i suoi sentimenti, se non fosse stata mia sorella. Le cose vanno troppo male per mettersi a litigare... però, Harry, devi rimediare." Lo sguardo e la voce di Ron tornarono entrambi normali. "Vai da lei, ti spieghi e le chiedi scusa. E metti le cose in chiaro."

"Sì," disse Harry. "Va bene."

Ron espirò a fondo. "Ok. Harry... non è Hermione, vero?"

Era proprio da Ron essere così insicuro su Hermione da chiederlo, ma non prima di essersi accertato della situazione dei componenti della propria famiglia.

"No, non è Hermione," promise Harry.

"Bene," disse Ron. "Perché non puoi averla. Ora vai a parlare con Ginny, ma prima mettiti una camicia."

Harry pescò una maglietta dal disordine totale attorno al suo letto. Avrebbe dovuto raccogliere tutto quanto e metterlo in valigia prima che sorgesse il sole. Ron si buttò steso sul letto, e l'eventualità di una rissa si dissolse.

"Hermione ti prenderebbe a schiaffi se sapesse che hai dubitato di lei," osservò vagamente Harry, lottando con la maglietta.

"Ah sì?" disse Ron. "Beh, molto presto avrai una ragazza e potrò vendicarmi."

"Una ragazza? Io?" chiese Harry.

Ron roteò gli occhi. "Sì, Harry, stupido idiota. Non m'importa cosa ti sta dicendo la pollastrella: se si insinua sotto la tua maglia e ti morde lungo tutto il petto, probabilmente un po' le interessi."

"Ehm," disse Harry.

"Vai a parlare con Ginny. Altrimenti ti picchio. E ti picchieranno anche Fred e Gorge, e anche Percy - anche se di lui non ti accorgerai nemmeno - e infine ti picchierà Charlie. E avrà con sé dei draghi, per cui non credo che rimarrà molto di te, e questo farà incazzare Bill."

"Sei un amico, Ron," disse asciutto Harry.

Ron si mise a sedere di scatto e per poco non cadde dal letto. "Aspetta! Stavo per dimenticarmi di dirti una cosa. Forse è meglio se ti metti a sedere, sarà uno shock per te. So che apprezzi il ragazzo..."

"Cosa?" chiese Harry.

"Anche se secondo me è una serpe e avrebbero dovuto mandarlo ad Azkaban dalla nascita per risparmiare tempo, mi dispiace che tu debba scoprirlo così..."

"Cos'è successo a Draco?"

"Malfoy," disse Ron, "è una checca paurosa!"

"Oh," disse Harry.

Ron lo fissò incredulo, evidentemente aspettandosi che urlasse Una volta mi ha toccato la spalla nell'atrio! Non sarò mai più pulito!' e cadesse preda di un attacco di panico.

Harry si chiese se il sistema nervoso di Ron avrebbe potuto reggere lo shock di un'ulteriore rivelazione.

"A proposito di Draco," disse con cautela.

"Beh, cosa?"

"Viene con noi domani," disse in fretta Harry.

"CHE COSA?"

"Devo andare da Ginny," gli disse Harry, e fuggì.

*

Harry trovò Ginny nella sala comune. Lei e Dean stavano scrivendo lettere ai loro familiari. Entrambi sarebbero andati via con la professoressa Sinistra: i parenti di Dean erano Babbani, e non potevano proteggerlo, e i Weasley erano troppo nel mirino perché Ginny potesse essere al sicuro a casa.

La colpa era anche di Harry. Ginny sembrava così piccola col suo pigiama giallo, i capelli raccolti in due trecce mentre sorrideva alle battute di Dean per fargli piacere. I Weasley erano stati sempre buoni con lui, e lui li aveva messi in pericolo, e adesso avrebbe ferito la loro piccola.

"Ciao," disse.

Ginny sollevò il viso e gli rivolse un sorriso raggiante che lo fece sentire così in colpa da fargli credere che avrebbe vomitato. "Harry," disse. "Ciao."

"Posso, uhm." Harry esitò. "Posso parlarti?"

"Io vado," disse Dean all'improvviso. Raccolse in fretta i suoi fogli e disse che se ne sarebbe andato in ogni caso, parlando in modo da non costringere Harry e Ginny a farlo. Dean era premuroso, a differenza di un altro orribile essere umano che si trovava di fronte a Ginny.

La guardò, rivolgendole finalmente la sua totale attenzione. I colori giallo e rosso gli riempirono gli occhi, e pareva che la sala comune Grifondoro fosse il suo sfondo naturale. Ginny sarebbe stata molto felice di essere il posto in cui Harry potesse sentirsi a casa. Sarebbe stato tutto così semplice e confortevole.

Lei non sarebbe mai stata una sfida, non sarebbe mai stata al suo livello, ma nonostante questo Harry continuava a desiderare di diventare il tipo di persona che avrebbe potuto amarla. E non ferirla come stava per fare.

Dean uscì discretamente, rivolgendo a Harry un unico sguardo indecifrabile.

Harry si inginocchiò accanto al fuoco, ai piedi di Ginny. I coniglietti sulle sue pantofole lo fissarono con occhi minacciosi.

"Hai presente quando ci siamo baciati," buttò lì Harry, e subito si maledisse.

Complimenti, Potter, molto sensibile.

Ginny gli porse una mano, ma se l'avesse presa sarebbe esploso per il senso di colpa.

"Sì," disse lei, radiosa e imperturbabile.

"Ginny," disse Harry, sconsolato.

"Harry," rispose lei senza fiato.

Forse avrebbe fatto meglio a gettarsi giù dalla Torre di Grifondoro. Come opzione era molto più allettante.

La guardò a disagio.

"Harry," disse Ginny. "Non c'è problema."

"No?" chiese Harry, animato da una speranza folle.

Lei si piegò in avanti, e la dolce bellezza dei suoi occhi lo riempì di terrore. "Certo. So che sei timido, Harry, ma non c'è bisogno che me lo chiedi."

Era terribile, incredibilmente terribile. Si piegò ancora un po', le lentiggini simili a scie dorate alla luce del camino, e Harry desiderò tanto aver scelto Charlie, i draghi e la morte. Sarebbe stato molto rapido, bastava tornare da Ron e Ron sarebbe stato ragionevole, avrebbe organizzato tutto al meglio...

"Non sei tu," disse bruscamente.

Quella mancanza di tatto doveva essere una specie di difetto congenito.

Ginny sbatté le palpebre e deglutì. La bocca di Harry ormai era un treno in corsa, mentre il suo cervello si era fatto da parte per osservare l'imminente carneficina.

"Non sarai mai tu," proseguì. "Non può succedere, devi dimenticartelo. Mi dispiace tanto, Ginny, ma c'è un'altra persona. No..."

Harry si fermò e, non avendo trovato alcun tatto a cui ricorrere, andò avanti imperterrito con la cruda verità.

"Non c'è un'altra persona," disse piano. "C'è questa persona e basta. Non riesco nemmeno a pensare a qualcun altro, non così. C'è una persona, e... non c'è proprio spazio per te. So di averti trattato davvero male, e non ho scuse. Mi dispiace davve..."

"La ami?" La voce di Ginny era diventata un sussurro ferito e mortificato. "Lei ti ama? Cioè... ti ama davvero davvero?"

Harry esitò. Si era approfittato di Ginny, e adesso doveva dirle la verità. Inoltre, come gli suggerì la sua parte più egoista, avrebbe sopportato che Ginny gli voltasse le spalle. Non era importante quanto Ron.

"Lo amo," disse. "Per lui non fa tanta differenza."

Gli occhi di Ginny si aprirono a tal punto da farla somigliare a un elfo domestico. Harry continuò a fissarla con sincerità.

"Lui?" disse Ginny, con voce perfettamente piatta.

Harry tossì, ma non lasciò che il suo sguardo vacillasse. Non sarebbe stato giusto farle credere che provasse vergogna. "Già."

"Che stupida che sono," sussurrò Ginny, diventando rossa. "E' Draco Malfoy, vero?"

"Sì," rispose Harry. L'espressione di Ginny lo fece sentire più viscido di un verme. "Scusami, Ginny. Ti ho illusa, non avrei mai dovuto baciarti. Ero..."

"Avevi litigato con lui in quel periodo," disse con calma Ginny. "Me lo ricordo, e lui era... oddio, lui era nel pub, giusto?" La voce le si incrinò e si mise una mano sulla bocca. "Ero così felice," mormorò. "Sono stata proprio un'idiota."

"No, non sei un'idiota. E' stata colpa mia. Ginny, credimi, non volevo farti del male. Io... Tu sei mia amica. La tua famiglia è stata così gentile con me, e..."

Il luccichio dei suoi occhi, che Harry aveva sperato fosse dovuto al calore del camino o persino alla rabbia omicida, si tramutò in una lacrima.

"La mia famiglia. Non sono mai stata altro che un membro qualsiasi dei Weasley per te, non è così?"

"Io... non è vero, Ginny. Io ti voglio bene."

Ginny si asciugò le lacrime con le dita, velocemente, come se sperasse che lui non le avesse notate. "Ma non abbastanza," sussurrò. "Non più che a Draco Malfoy, Malfoy, per... Preferisci una persona razzista e crudele..."

"Basta, Ginny. Puoi dire qualsiasi cosa su di me, ma lui non ti ha fatto niente."

A quel punto non cercò più di nascondere le lacrime. Si raddrizzò sulla poltrona, mentre le lacrime le rotolavano lungo le guance e gli occhi affogavano e luccicavano insieme.

"No?" domandò. "Neanche suo padre mi ha mai fatto niente? Non mi ha mai consegnato qualcosa che ha rischiato di togliermi la vita, che mi ha fatto avere incubi ogni notte per anni, che mi fatta s-svegliare col sangue fino ai gomiti e quel terrore..."

"Ginny," disse Harry, cercando la sua mano.

Lei rispose con un verso simile a un grido e lo scacciò via. "No! Tu avresti dovuto salvarmi, non... non andare a letto col nemico!"

"Non sono andato a letto col nemico, e lui non è il nemico. Non è suo padre."

"No!" gridò Ginny. "Tu mi hai salvato da suo padre. Adesso di chi dovrei fidarmi?"

"Puoi fidarti di te stessa," disse Harry.

Ginny lo guardò per un lungo istante. "Forse lo farò," rispose. "Senti. Dimmi solo perché. Non capisco... tu dovresti essere un eroe, una persona buona... una persona grandiosa... perché mai dovresti scegliere un bullo assetato di potere?"

"Non è stata una scelta," tagliò corto Harry. "Nessun altro è mai neanche stato sulla lista. Almeno per lui non ero solo un eroe!"

Ginny si alzò in fretta quando Harry alzò la voce, e lo fissò dall'alto.

"Bene," disse secca. "Benissimo. Ora ho capito cosa devo fare." Lo guardò ancora per un momento. "Sei proprio un bastardo, Harry Potter," gli disse, e se ne andò.

"Mi dispiace tanto," disse Harry alla sua schiena coperta di giallo. Lei non si girò né si fermò mentre saliva le scale.

Beh. Sarebbe potuta andare meglio.

Forse non aveva tutti i torti su quella nota del bastardo, e ora aveva dichiarato il suo amore per Draco Malfoy ai Weasley più spesso che allo stesso Draco. Si sentiva male al sol pensiero. Non è che avesse molta esperienza in quel genere di cose... le persone amate andavano trattate come la propria famiglia, e lui non ne aveva mai avuta una. Tutto si sarebbe risolto in un disastro totale, e almeno questa idea gli era più familiare.

Stavano per chiudere Hogwarts e lui pensava alla propria vita sentimentale. Era davvero un bastardo.

Si sentì bussare dietro il ritratto della Signora Grassa.

"Scusa," disse una voce che riconobbe come quella del Portiere Natalie McDonald. "Avete finito? Perché vi ho sentiti gridare, ma devo proprio fare i bagagli..."

"Sì, certo, entra," disse Harry.

Natalie entrò timidamente. Era una bella ragazza, pensò Harry, ed era la seconda volta nel giro di pochi minuti che vedeva una bella ragazza sul punto di piangere. Disse, "Ciao, Harry" con l'aria di chi stesse per svenire.

Harry, mosso da un malnato desiderio di redimersi, la fermò e le chiese: "Va tutto bene?"

"Oh... sì," rispose lei. "Torno a casa da mamma e papà, per me va bene, ma... sono appena andata a trovare il mio ragazzo. Ha paura da morire, i suoi genitori non lo rivogliono a casa... per lui sarà molto difficile." Le tremò il mento. "Dovrà andare al Maniero Malfoy."

"Malfoy... Natalie, chi è il tuo ragazzo?"

"Malcolm Baddock," disse Natalie, sorridendo al suono di quel nome.

"Un Serpeverde?" chiese Harry sempre più interessato, visto che era il re dei bastardi.

"Beh, Harry, ormai nessuno è così stupido da avere pregiudizi sui Serpeverde."

"No, no," disse in fretta Harry. "Non ne ho mai avuti, comunque. Solo, uhm... goliardia tra case. Per divertimento."

"Non è ciò che ho sentito io," disse Natalie, aggrottando la fronte. "Comunque, sai cosa dicono."

"Non... esattamente," rispose lentamente Harry.

Natalie iniziò ad arrossire. "Beh, che i Serpeverde baciano meglio di tutti," disse. "Insomma, si dice che... i Grifondoro si buttano a capofitto, i Corvonero ci pensano a fondo, i Tassorosso ci provano con ardore... ma i Serpeverde conoscono tutti i trucchi."

"Ehm," disse Harry.

Era scioccante. Quando aveva quattordici anni, di certo né lui né i suoi amici andavano in giro a blaterare delle tecniche amatorie dei Serpeverde. All'epoca avevano cercato di sconfiggere il male, e... ok, si era fissato sull'invitare Cho Chang al ballo e riuscire a far espellere Draco Malfoy in maniera vergognosa, e Ron era rimasto indeciso tra fare il filo a Hermione e scrivere ‘Signor Fleur Delacour' sulla propria pergamena, e Hermione - sempre la più sveglia - aveva sedotto una star internazionale del Quidditch.

Inoltre, stando alle esperienze effettivamente limitate di Harry, Natalie aveva assolutamente ragione.

"Insomma, non è solo per quello," si affrettò a precisare Natalie. "Malcolm mi piace davvero. Sono preoccupata sul serio, lui... Vedi, Malfoy sarebbe dovuto andare con tutte le persone che hanno dei genitori Mangia... cioè, che non li rivogliono a casa, ma ora ha detto loro che Silente lo farà partire con te, e..." Si morse le labbra. "Arriveranno al Maniero Malfoy per stare con la madre di Malfoy, e lei non vuole prendersi questa responsabilità. Non... non sarà facile, e capisco che Malfoy deve essere tenuto al sicuro, ma..." Si sfregò le braccia, come se le fosse venuta la pelle d'oca nonostante il fuoco nel camino. "Malcolm è davvero terrorizzato," disse piano. "E io ho paura per lui."

Il senso di colpa era gelido nella gola di Harry. Era tutta colpa sua. Non era certo che avrebbe cambiato idea, se fosse stato possibile (era vero, Draco doveva essere protetto) ma avrebbe dovuto pensare alle conseguenze, così come avrebbe dovuto pensare a Ginny. Era ora di iniziare ad essere responsabile.

Si ricordò una cosa, strinse una spalla di Natalie con una mano e disse: "Tu non hai paura."

Natalie lo guardò come se fosse impazzito. "Oh sì che ce l'ho," rispose. "Te l'ho appena detto."

Al diavolo, allora.

"Beh, non dovresti. Perché ho intenzione di uccidere Voldemort," promise Harry, "dopodichè andrà tutto bene."

In effetti sembrava rincuorata, forse aveva capito che diceva sul serio. E lui diceva sul serio: voleva agire, voleva vendicare tutti, dai suoi genitori alla McGranitt, fino a Silente, così abbattuto da decidere di chiudere Hogwarts. Era schifosamente incapace di prendersi cura degli altri, ma aveva affrontato molti più pericoli di loro: le sue chance erano molto più alte.

Qualcuno doveva farlo, e lui doveva fare qualcosa.

Era quasi giugno, e dopo quell'estate passata a nascondersi avrebbe compiuto diciott'anni e non sarebbe più stato uno studente: avrebbe potuto fare l'addestramento con gli Auror, e poi un giorno, in qualche modo, sarebbe stato pronto per farlo. Non vedeva l'ora, già l'assaporava...

Vendetta o giustizia, non c'erano alternative. Doveva farlo e l'avrebbe fatto, per la salvezza di tutti.

Fino ad allora, ovviamente, era condannato a restare un terribile idiota che faceva piangere le ragazze.

"Vuoi che ti aiuti a fare i bagagli?" le chiese, non perché andasse fiero della sua abilità superiore nel piegare i vestiti, ma perché forse per lei sarebbe stato meglio avere qualcuno con cui parlare nel frattempo. Se fosse stato necessario, le avrebbe ripetuto che avrebbe ucciso Voldemort.

Natalie accettò. Mentre la aiutava, qualcun altro disse che aveva bisogno di una mano (o meglio, di una persona sicura e rassicurante) e lui accontentò tutti. Non era convinto di star facendo tutto al meglio, ma almeno stava facendo qualcosa.

L'alba era passata da un pezzo quando tornò nel suo dormitorio. Dette una gomitata a Ron finché non si tese e non esclamò, "Maledetti Vermicoli!"

"Ehm, sono io, Harry," disse Harry. "Ho parlato con Ginny. Uhm, ho fatto un casino. Scusami."

"Non mi aspettavo altro," mormorò Ron. "Senza offesa."

"Figurati."
Ron lo fissò incerto. "Malfoy viene sempre con noi, domani?"

"In realtà è oggi, comunque sì," disse Harry in tono colpevole.

"Oddio. Speravo che fosse tutto un incubo orren..." Ron si addormentò nel bel mezzo della frase.

Harry preparò le valigie con la comprovata tecnica di raccattare tutto dal pavimento sperando di non aver raccolto anche escrementi di gufo. Una volta finito guardò fuori dalla finestra. Il cielo era grigio e freddo, ma leggero luminoso, e alcuni tocchi di luce giungevano sulle colline attraverso dei varchi nelle nuvole, come ciocche bianche tra i capelli grigi di un'anziana signora. Era mattina.

Era inutile cercare di dormire, e aveva passato tutta la notte a dispensare rassicurazioni. Voleva...

Andò a cercare Draco.

*

Trovò Draco nella sala comune, impegnato a fare il giustiziere della notte. Piuttosto ironico.

"Non si tratta di ‘l'ho trovato e me lo tengo', perché non sei stato tu a trovarlo," stava dicendo severamente ad un ragazzino rosso di vergogna. "Tu ti sei intromesso nel suo dormitorio, hai aperto il suo baule con un incantesimo e l'hai preso, e soprattutto hai lasciato il baule aperto. E quindi sei stato beccato. Ti pare astuto? Restituisciglielo immediatamente, abbiamo una reputazione da mantenere qui."
Il ragazzo porse ciò che pareva un reggiseno con l'aria rattristata di chi sa che commetterà crimini peggiori in futuro.

"E voi ragazze! Cassandra, venderle la multiproprietà della tua statuetta di giada è stata un'idiozia da Tassorosso, ma è un oggetto piccolo e ve lo potrete inviare via Gufo. Riguardo a chi se la prenderà per prima, se avete in mente di lottare per deciderlo sono assolutamente disponibile a fornirvi una vasca piena di marmellata, costumini succinti e rinfreschi per il pubblico indubbiamente numeroso che raccogliereste. Se l'idea non vi garba - e personalmente credo che questo la dica lunga - potreste sempre lanciare una moneta."

La ragazza che aveva chiamato Cassandra, che Harry pensava fosse del sesto anno, sorrise e gli ammiccò. Draco ricambiò l'occhiolino.

Draco se ne andava in giro ad ammiccare con i pantaloni del pigiama e una vestaglia aperta. Si vedeva una parte del suo petto. Era assurdo. Così distraeva l'attenzione della gente dall'impegno per la guerra.

"Posso parlarti un attimo, o devo tornare dopo il combattimento?" chiese Harry.

Draco lo guardò e strinse gli occhi. "Penso che possiamo parlare adesso," concesse. "Cassandra, Ann, siete libere di cominciare a spogliarvi mentre sono via."

Si incamminò e Harry lo seguì. Avrebbe giurato che stesse imitando Hugh Hefner, se solo avesse creduto che Draco sapeva chi fosse Hugh Hefner.

"Ci state mettendo un bel po' a fare i bagagli," osservò Harry. "Dev'essere quella mancanza di rispetto per la proprietà privata a rallentare le cose."

"Non tutti i Serpeverde sono dei ladruncoli, Potter," disse Draco con dignità.

"Non cambia il fatto che ci state mettendo secoli."

"Beh, non ho detto che nessuno di noi lo è," disse Draco, con non meno dignità.

C'era una pergamena srotolata sulla sua scrivania, con la sua grafia sopra. Quando vide che Harry la stava guardando, gli rivolse un'occhiataccia e andò a ripiegarla.

"E' un Gufo per mia madre," spiegò, poi si girò e guardò Harry, il viso affilato e sgradevole come ogni volta che era teso. "Io... Senti. Potter. Ti devo delle scuse."

Harry lo fissò. "Come, scusa?"

Lo sguardo di Draco rimase fisso nel vuoto in mezzo a loro. "Sì, più o meno era quella la parola che avevo in mente. Io non... non mi approfitto dei miei amici. Non li uso. E non cerco di manipolarli per ottenere dei vantaggi. Tutti gli altri posso manipolarli, ma... non te. Quindi scusa. Non succederà più."

Era ufficiale: a Harry non succedeva mai niente di bello.

"Grazie del pensiero, Draco," disse Harry, mantenendo il volto impassibile.

Draco si incupì, apparentemente per uno dei nodi della sua porta. "Sono ancora furioso per il modo in cui verrò trascinato via," disse, appena più rilassato, come se per lui la rabbia fosse molto più naturale. "Hanno bisogno di me. Avresti dovuto chiedermelo."

"Avresti detto di no! E come potresti essergli d'aiuto, morto? Ragiona!"

"Sto cercando di ragionare," disse Draco tagliente. "Non mi va molto di litigare. Ma è stata una notte difficile."

"Sì," disse Harry con trasporto. "Sono tutti così spaventati."

"Tu no?"

Harry aggrottò la fronte. "Forse. Sono più... sono più incazzato. Mi guardo intorno, li vedo e vorrei uccidere qualcuno."

Un angolo della bocca di Draco si curvò in su. "Oh, sì."

Harry sollevò anche lui un angolo della bocca. Entrambi sapevano essere davvero stronzi.

Quel breve attimo di intesa, un momento fragile in cui sembrò che Draco potesse davvero guardarlo, fu infranto dalla comparsa di Pansy e Zabini. Appena fu sulla porta Zabini lanciò a Harry uno sguardo velenoso.

"Di nuovo il wonder boy onnipresente," osservò. "Vuoi assicurarti di prenderti qualcosa che serve ai Serpeverde?"

"Sta' zitto, Blaise," sbottò Draco. Zabini lo ignorò. Camminò fino a Harry e sollevò un po' il viso per guardarlo negli occhi.

"Mi fai schifo, Potter," disse con attenzione. "Non fai che andartene in giro come se questo posso fosse tuo, il cucciolino di Silente, ignorandoci quando non sei occupato a guardarci con quell'aria preoccupata da ragazzo d'oro. Draco e io ti abbiamo capito sin dall'inizio, e adesso per via di non so quale capriccio sei riuscito a fargli cambiare idea, e hai deciso di portarci via il meglio che abbiamo perché non hai mai, mai pensato che niente fosse importante quanto te!"

Mise entrambe le mani sul petto di Harry e lo spinse. Harry era troppo stanco per litigare.

"Allontanati, Zabini, non mi piaci in quel senso," scattò. "Anzi, non mi piaci affatto."

"Sì, smettila, Blaise," si intromise severa Pansy e, ora che aveva tutti contro, Blaise indietreggiò di un passo per guardare Harry con quegli occhi furiosi e spaventati. "Siamo tutti stufi delle scenate. Ormai non possiamo farci niente. Noi... sopravviveremo, e se Draco è in pericolo è giusto che vada dove sarà al sicuro."

Il mento le tremava leggermente. Harry Potter faceva piangere le ragazze.

"Non che io ti apprezzi, Potter," proseguì Pansy, girandosi verso di lui con un'espressione glaciale. "Ti intrometti troppo e sei sempre fra i piedi. Preferisco di gran lunga Weasley. Mantiene le distanze e mi compra la cioccolata. Dovresti essere più simile a lui."

"Per carità!" disse Draco.

Fu allora che Pansy rischiò di togliergli il fiato con un rapido e violento abbraccio. Lo strinse troppo forte e fu un'esperienza tutto sommato molto dolorosa.

"Abbi cura di lui," gli sussurrò minacciosamente all'orecchio. "Proteggilo, altrimenti ti taglierò le parti intime con un incantesimo e le terrò in un vasetto per farci degli esperimenti."

"Mmh," disse Harry, impaurito.

Pansy si staccò da lui con un sorriso incredibilmente falso. "E guardati le spalle anche tu, Potter. Non ti scoperà mai nessuno se finirai sfigurato da due cicatrici."

"Ok," disse Harry.

Pansy aveva evitato accuratamente di guardare Draco sin da quando era entrata nella stanza, ma ogni suo muscolo era attratto da lui. Continuò a non guardarlo persino quando gli andò accanto e si tese verso di lui, chinando il capo sull'incavo della sua gola.

"Ho mandato un Gufo a mia madre," disse Draco. "Sarete al sicuro."

Doveva aver mandato due Gufi a sua madre, visto che anche il foglio che aveva tolto dalla scrivania era diretto a lei. Strano. Harry si chiedeva cosa le avesse detto.

"Lo so. Mi occuperò io degli altri. Non ti preoccupare per noi, posso farcela," disse al suo collo con grande convinzione.

"Occupati anche di te," ordinò Draco, lisciandole i fitti capelli neri con una mano. "Mi mancherai, svergognata," aggiunse parlando tra i suoi capelli. "Soprattutto per gli abiti succinti con cui ti presentavi nella sala comune."

"Mi mancherai," sussurrò Pansy in risposta. Avvicinò la bocca al suo orecchio e disse, "Ti voglio bene."

Fu subito molto chiaro a Harry che doveva andarsene da quella stanza senza battere ciglio e senza fare rumori. A che serviva la magia se non permetteva una cosa del genere?

Draco chiuse gli occhi, il viso teso e livido, la pelle cinerea tesa sulle ossa. Mai aveva avuto quell'aspetto: così stanco, triste e spaventato era grottesco, e Harry avrebbe voluto tirare via Pansy per impedirle di ferirlo ancora.

"Anch'io ti voglio bene," disse Draco, e la voce gli uscì calma e perfettamente normale attraverso i denti serrati.

Pansy si mise a piangere. Harry si accorse che Zabini lo stava fissando con gli occhi neri pieni d'odio.

"Sparisci," disse a denti stretti. "Non ti basta quello che hai fatto? Vuoi restare per goderti la scena? Sparisci!"

Draco né Pansy parvero accorgersi che qualcuno stava parlando.

"Voglio che siano tutti al sicuro," disse Harry. "Ecco quello che sto cercando di fare. Voglio fare la cosa giusta, anche se nel modo sbagliato. Alla fine riuscirò a far sì che siano tutti al sicuro... persino tu, Zabini. Anche se non sei d'accordo."

"Un giorno o l'altro ti ucciderò, Potter. Sparisci!"

"Un giorno o l'altro ti aiuterò, Blaise," disse Draco, senza aprire gli occhi. "Harry, so che stavi cercando di fare la cosa giusta. E forse è davvero così. Ma in questo momento non conta. Ci vediamo dopo."

"Ok," disse Harry, e se ne andò.

La Sala Grande, vecchia e cupa, era pervasa da una luce grigiastra quando Harry vi entrò, e quel colore sbiadito quasi si confondeva col bianco della barba di Silente e con l'azzurro dei suoi occhi, mentre era lì in piedi a salutare gli alunni. Rivolse a Harry una versione triste e sottotono del suo vecchio sorriso, ormai privo di qualsiasi luce.

"E' meglio così," disse.

"No," disse Harry, stringendo i pugni. "Non importa a che prezzo, ma si continua a lottare. Non ci si arrende così. Io non lo farò."

Hogwarts stava per chiudere i battenti, la sua Hogwarts, e tutti erano straziati e terrorizzati. Non sapeva cosa fare per impedirlo, o almeno per migliorare la situazione, ma la rabbia cresceva in lui, ogni minuto più forte. Promise una cosa ad ogni pietra, ad ogni dolore e ogni persona che aveva conosciuto lì: che avrebbe ucciso Voldemort.

*

Lasciarono Hogwarts molto sommessamente.

Hermione aveva immaginato che ci sarebbero stati squilli di tromba, bandiere nere, una spada in fiamme a sbarrare l'uscita. Niente affatto: solo un gruppo di persone così strette da sembrare ancora meno di quante erano, che si dirigevano alla stazione e si dividevano in gruppetti attorno al professore assegnatogli. Quelli che sarebbero tornati a casa dai genitori arrivarono tutti insieme e a disagio, quasi vergognandosi della loro fortuna. Quelli destinati al Maniero Malfoy, le cui case erano abbastanza forti magicamente da essere sicure, ma per i quali tornare a casa avrebbe voluto dire unirsi a Tu-Sai-Chi, si erano raggruppati attorno a una Pansy Parkinson versione capo branco.

I ragazzi che avrebbero alloggiato al Maniero Malfoy erano più di quanto si aspettasse Hermione. Non pensava che così tanti Serpeverde avrebbero voltato le spalle ai genitori... d'altronde sarebbe stato normale voler tornare alla sicurezza e al confort di casa propria. Malfoy era più intelligente di quanto pensava, se era riuscito a convincere così tante persone che la sicurezza non stava dalla parte di Voldemort.

Sperava che Pansy Parkinson non lo deludesse, quella stupida gatta morta che si truccava decisamente troppo, si vestiva troppo poco e passava le lezioni a fare gli occhi dolci ai ragazzi. Per quanto ne sapeva, Pansy era brava solo a fare commenti acidi, neanche sinceramente crudeli come quelli di Malfoy ma piuttosto viscidi, tipicamente femminili e così ambigui che i ragazzi non se ne accorgevano mai, mentre le ragazze la odiavano sempre di più.

Tuttavia, quel giorno Hermione non aveva proprio tempo per i disprezzo. Pansy era agitata e aveva delle occhiaie profonde. Hermione guardò i volti pallidi dei Serpeverde (alcuni erano del primo anno) e le augurò buona fortuna.

Si sentiva in colpa per la gioia che provava al pensiero che almeno loro non erano così soli, e avevano con sé dei professori. Cercò di non pensare a come dovevano sentirsi sole le ragazze del suo dormitorio in quel momento, vedendo che nessuno correva ad aiutarle... e incontrò lo sguardo rassicurante di Lupin. Sentì Ron cercare la sua mano, e la allontanò in modo da non fargliela prendere. Non voleva crollare lì sul binario.

Tutti gli altri membri del gruppetto erano separati l'uno dall'altro: Lupin provato e silenzioso, Sirius che cercava di comportarsi come se stessero per partire per un'avventura, Harry con uno sguardo furioso che la spaventava. Malfoy se ne stava in disparte chiuso in un silenzio di protesta, con un'aria stupida per via degli abiti.

Il mondo babbano era grande abbastanza da perdercisi, aveva detto Lupin. Avrebbero viaggiato con i mezzi di trasporto babbani, non avrebbero ricevuto Gufi, avrebbero indossato uniformi scolastiche babbane e sarebbero stato dei normali studenti babbani accompagnati dai professori per un'escursione didattica sul latino. Hermione si sentiva come se l'avessero chiusa fuori dal suo mondo e rispedita alla vita che si aspettava quando aveva undici anni. Forse Harry provava la stessa cosa: dopotutto aveva mormorato qualcosa come Stonewall High.

Gli altri erano un po' strambi. Sirius si era agghindato in stile chic anni Ottanta, e Hermione non se l'era sentita di fargli presente che i jeans slavati non erano la scelta migliore per chi era più vicino ai quaranta che ai trenta; Ron continuava a tirarsi la cravatta come se fosse una catena pronta a strozzarlo, e la sua espressione lasciava pensare che fosse davvero stato intrappolato in una mise sadomaso e nutrisse seri dubbi circa il suo nuovo stile di vita. Prima di allora Hermione aveva dato per scontato che, essendo i Weasley abbastanza moderni da indossare jeans e felpe, si sarebbero sentiti a loro agio con qualsiasi capo babbano, ma evidentemente le cose non stavano affatto così. I pantaloni avevano lasciato Ron perplesso, la camicia con i bottoni l'aveva messo in agitazione, la cravatta l'aveva avvilito e il blazer gli era sembrato gratuitamente crudele.

Malfoy sembrava fosse andato in guerra. I pantaloni, fortunatamente, era riuscito a capirli, ma la camicia bianca leggera era tutta spiegazzata e abbottonata male, la cravatta era slegata e non c'era segno della giacca a vento. La sua bocca era tesa nella linea crudele che di solito aveva prima di dire ‘sporca mezzosangue', e guardava nel vuoto.

Persino quando Terry Boot gli si era avvicinato per salutarlo, non se n'era quasi accorto.

Era stato estremamente scortese da parte sua. Terry aveva detto: "Draco, voglio che tu sappia che io continuo a..." e Malfoy lo aveva fissato, lo aveva guardato truce e aveva detto: "Scusa, hai detto qualcosa?"

Hermione sapeva bene che il motivo per cui pensava solo ai vestiti, a Pansy e a tutto il resto, era che sperava di non sentire il discorso di addio di Silente. Stava per terminare, ancora un po' e sarebbe finito tutto, e le nuvole rendevano il cielo greve e tetro, come se fosse sul punto di cadere e schiacciarli tutti.

C'era Ginny nel gruppo della professoressa Sinistra, coi capelli brillanti che ondeggiavano attorno al suo viso triste. Stava sussurrando qualcosa a Dean, che avvicinò la mano alla sua con aria quasi speranzosa. Lei gliela lasciò stringere, il che era una novità...

Salirono tutti sulle carrozze. Hogwarts finiva lì.

Mantenne alta la testa e continuò ad allontanare la mano da quella di Ron. Harry le colpì la spalla con la sua quando salirono sulla loro carrozza.

"Lo ucciderò, e poi potrai fare gli esami," disse a bassa voce.

Hermione guardò i suoi occhi furiosi, e annuì. Forse si sentì anche un po' più leggera. Harry era la persona sentimentalmente più ottusa che conoscesse, col suo ostinarsi a ferire Ginny e i suoi gusti tremendi in fatto di ragazzi, ma si poteva contare su di lui nelle emergenze. Sapeva che era rimasto sveglio tutta la notte con metà torre di Grifondoro. Si poteva credere in Harry. Lei lo aveva sempre fatto.

Rimase alquanto sorpresa quando Malfoy occupò il posto accanto al suo prima che Ron potesse precederlo. Quando chiese direttamente a Lupin di sederglisi accanto, capì: aveva messo il broncio a Harry per una delle sue manipolazioni. Come se Harry non avesse già abbastanza motivi per essere infelice.

Il treno cominciò a muoversi. Scorse Silente fuori, una figura solitaria stagliata sul grigio. Si strinse le unghie nei palmi.

Lasciarono la stazione di Hogwarts.

Calò un silenzio teso e terribile. A Hermione faceva male la gola.

Malfoy lo ruppe, perché era un bastardo insolente.

"Secondo me avrebbero potuto... come dicono i Babbani? - postarci i MAGO. Lei avrebbe potuto supervisionarci, professor Lupin. Sono certo che la commissione si sarebbe fidata ciecamente di lei."

Un altro difetto di Malfoy, e ne aveva così tanti che era difficile tenere il conto, era che era un lecchino spudorato.

Ron gli rivolse uno sguardo schifato. "Oltre che un dannato Serpeverde, sei pure matto," disse. "E' meraviglioso averti tra noi, Malfoy."

"Beh, è una pagliacciata impedirci di fare i MAGO," disse Malfoy, e Hermione l'avrebbe quasi apprezzato se non avesse aggiunto: "Si aspettano che mi affatichi per niente? E che ne sarà delle nostre prospettive lavorative? Ci saranno ripercussioni sulla mia carriera politica?"

"Carriera politica? Oh, nessuno difenderà l'Inghilterra?" chiese Sirius a denti stretti.

"Ci saranno conseguenze sulle nostre carriere?" chiese Ron, improvvisamente teso.

Malfoy alzò le sopracciglia, "Non certo sul tipo di carriera che potresti avere tu, Weasley."

"Sta' zitto," disse stanco Harry.

Ron fu nobile e lo ignorò. "Sul serio, professor Lupin. Perché stavo pensando, ecco, di entrare in affari nel campo della magia pratica - sa, me la cavo abbastanza bene - e poi, ehm, insomma, di prendere un appartamento per due..."

"Harry ce l'ha già un appartamento," disse distrattamente Hermione.

Capì solo quando Ron arrossì fino alla punta dei capelli che, nel suo pensare ad altro, era stata incredibilmente ottusa.

"Ehm. Lo so," disse Ron. "Ma stavo pensando. Ehm. Se ti andasse, tra un anno o giù di lì... puoi pensarci quanto vuoi, davvero, se non hai nessun altro programma... Non avrai mica scritto a quell'idiota di Viktor Krum, vero?"

"No, Ron," gli giurò. Hermione, sorridendo. Era più o meno la centesima volta che glielo chiedeva.

"I giocatori di Quidditch viaggiano un sacco, e... hanno anche le groupies. E' uno stile di vita corrotto, Hermione, davvero, non credo che saresti felice..."

Ron che si comportava da stupido le era così caro e familiare che si mosse e prese la sua mano tra le sue, giocandoci. Le mani di Hermione si perdevano tra quelle di Ron, ma lui lasciò che tentasse di afferrarle.

"E' che non ci avevo pensato, Ron," disse. Lui la guardò con i suoi occhi blu decisi, a cui poteva aggrapparsi e sentirsi amata e protetta, e che nella loro muta richiesta contenevano la sua insicurezza passata. Hermione gli strinse le mani e continuò: "Ma ci penserò."

"Sì?" disse Ron, e si illuminò. "Grande."
Malfoy sbuffo e Hermione lo guardò truce mentre alzava gli occhi al cielo. "Grifondoro innamorati," li schernì. "Che teneri. Vi dispiace se vomito fuori dal finestrino?"

"Signor Malfoy, sia civile," disse Lupin, facendo sbuffare sia Harry che Sirius.

"Mi scusi, professore," si affrettò a dire Malfoy il leccapiedi. "E la prego, mi dia del tu."

"Va bene, Draco," disse Lupin spassionatamente.

Malfoy dedicò a Lupin il suo sorrisino provocante. Era il genere di sorriso che ti faceva dimenticare che aveva il naso a punta e la camicia sgualcita.

Lupin tirò fuori un libro. Malfoy iniziò a parlarne con lui.

L'atteggiamento di Malfoy suggeriva che non era ancora a stretto contatto con Harry, e che anche se l'aveva fatto, evidentemente in quel momento per lui non c'era alcun Harry. Hermione decise fra sé e sé di prendere da parte Malfoy al più presto e di ottenere risposte su cosa diavolo aveva in mente.

"Dobbiamo proprio usare i trasporti babbani?" chiese Malfoy all'improvviso. "Insomma, ci sono tutte quelle malattie particolari, no?, e non abbiamo Madama Chips con noi..."

"Oh, Malfoy, se pensi che siamo tanto disgustosi perché non scappi, invece di venire con noi?" domandò Hermione.

Malfoy la guardò, abbassò le ciglia argentee e assunse l'espressione più seria che mai gli avesse visto, prima di rispondere: "Ho le mie ragioni."

Hermione lo fissò confusa, ricordando i volti esangui di tutti quei giovani Serpeverde. Malfoy sembrava quasi vulnerabile in quel momento, con la curva della bocca tremante.

"Beh... perché, allora?" chiese, più gentilmente.

Con suo enorme stupore, lui si mosse verso di lei come per stringerle la mano, e parlò a bassa voce.

"Perché..." Si fermò e la guardò negli occhi. "Perché ti amo, Hermione," sussurrò.

Hermione restò a bocca aperta.

Malfoy ridacchiò. "La faccia che hai fatto non ha prezzo."

"Sei proprio uno stronzo, Draco Malfoy!"

Malfoy si limitò a scuotere la testa e a ridacchiare contento tra sé. Hermione guardò Ron e lesse il suo stesso oltraggio nei suoi occhi, poi guardò Harry, che stava scuotendo la testa sorridendo leggermente.

Malfoy era la peggiore influenza possibile. Bisognava occuparsi di lui.

Dovettero aspettare sul treno finché non furono scesi tutti. Loro erano gli ultimi.

Il treno era l'ultimo pezzo di Hogwarts che gli restava, e Hermione lasciò che Ron la abbracciasse perché non era certa di voler attraversare il muro del Binario 9 e ¾.

Tuttavia lo fece. Lo fecero tutti, e si ritrovarono alla stazione di King's Cross sul binario Dieci, insieme a uomini d'affari in abiti grigi, bambini dai volti sudaticci e una massa di gente di cui adesso aveva quasi paura.

Non dicevo sul serio quando ero stressata e desideravo di essere come tutti gli altri, pensò. Voglio tornare indietro, ho imparato a vivere in mondo fatto di incantesimi. Non so cosa fare qui, non per sempre. Voglio tornare indietro.

Le travi di acciaio li sovrastavano, il cemento era duro sotto i loro piedi. Non c'era alcuna macchina a vapore rossa e nessun castello. La magia era scomparsa.

Raggiunsero la biglietteria e Sirius fece i biglietti per tutti. Dovevano recarsi a Stonehenge, tutto lì. Malfoy camminava molto vicino a Lupin.

"Non avevo mai visto questa parte della stazione," disse col suo solito tono sarcastico, trattenendo a stento un fremito. "Il mondo babbano è enorme e brutto come questo posto, vero?"

"Sei sempre stato un codardo, Malfoy," disse tagliente Hermione.

"Non sono un codardo!" sbottò Malfoy.

"Non lo è," disse piano Harry.

Hermione lo guardò contrariata, ma non stava affatto guardando Malfoy col suo sguardo innamorato. Era ancora arrabbiato, e aveva parlato con pura convinzione. Lo credeva davvero.

Ripensò al modo in cui Malfoy l'aveva stretta dopo che avevano trovato la McGranitt, e aprì la bocca per chiedere scusa, ma... era un bulletto schifoso. La richiuse.

Il treno era un contenitore triste e rumoroso dall'aspetto squallido. Malfoy era così occupato a lamentarsi dei sedili sdruciti che Sirius, Lupin, Ron e Hermione occuparono i posti da quattro, e lui fu costretto a sedersi con Harry.

"Mi ripeta come ci organizzeremo per dormire e fare colazione," disse. "Posso dividere la stanza con lei?"

Hermione si rifiutò di mettere insieme il tono dolce e lusinghiero della sua voce e il modo in cui spalancò gli occhi per ottenere una spiegazione di quel comportamento. Perché non ci si comportava così con gli insegnati, perché era sbagliato, sbagliato, schifoso e sbagliato.

"Non dividerò la stanza con quel piccolo viscido... cioè, voglio dire, è meglio di no," disse Sirius, ricordandosi in ritardo di essere un educatore e tutore imparziale.

"Oh," disse Draco in tono piatto. "Perché, dovrei dividerla anche con lei, professor Black? Allora non fa niente."

Lupin, a cui Hermione fu appassionatamente grata per il modo in cui finse di non aver nemmeno sentito la richiesta scioccante di Malfoy, rispiegò i programmi. C'era una stanza con tre letti all'inizio del corridoio, due dei quali sarebbero stati occupati da Lupin e Sirius. Non c'erano finestre, per cui era la stanza più a rischio di attacco. Poi c'era una stanza con due letti, e l'ultima con un lettone a due piazze.

"Hermione può prendere la stanza col letto grande, e Harry starà con noi," decise Sirius, appagato.

Ron fece un verso strozzato di protesta. Hermione dedusse che il significato di ‘Gyaaargh!' era che Malfoy era il male, che probabilmente avrebbe ucciso Ron nel sonno, oppure - ancora peggio! - l'avrebbe molestato nel sonno, e insomma per farla breve, no.

"Non credo che Ron sia d'accordo," disse diplomaticamente.

"Beh, allora può dormire lui con noi," propose Lupin.

"Sì. La prego, sì," disse Ron disperato.

"No!" disse secco Malfoy. "No, scelgo Weasley."

Ron strinse Hermione in una morsa letale per non essere preso. Harry non disse una parola. Il suo silenzio era quasi assordante.

"Oppure Granger," proseguì Malfoy. "Granger andrà bene."

Hermione si stupì di sé. "Va bene," disse. Voleva parlare con Malfoy in privato. Quale opportunità migliore?

"Hermione!" gridò Ron.

Lupin era rimasto attonito. "Non sono sicuro che possiamo permettere ad un ragazzo e una ragazza di condividere la stanza..."

"Ascolti, professore," disse Hermione, avvicinandosi a lui e sorridendo. "Mi faccia il favore. Avanti. E' Malfoy. Ron non vuole dormire con lui, e... Ron non vuole dormire con lui, e a me non importa. Lo sa che piuttosto bacerei un Ippogrifo."

"Ammettilo, Granger, mi desideri."

Hermione lo guardò sconvolta e Sirius sbuffò molto forte.

"Perché parli così, piccolo idiota?" chiese quest'ultimo. "Ti è forse sfuggito che non sei altro che un albino?"

"Forse," disse altezzoso Malfoy, "ma ho una struttura ossea bellissima."

"Credo che possa andare bene," disse Lupin, e sorrise a entrambi. "Se mettessimo uno specchio nella stanza, Draco potrebbe anche non notare la presenza di Hermione."

Malfoy era felice di essersi ingraziato almeno un professore, e ricambiò il suo sorriso con un'aria attraente.

"Due me, dice? Sarà corretto nei confronti di Granger? Ha vissuto in modo appartato: potrebbe avere un infarto."

"Malfoy," esplose Ron, "i tuoi genitori avrebbero dovuto affogarti alla nascita."

Malfoy storse la bocca. "Non nominare i miei genitori solo perché ti preoccupi per le mutandine della tua piccola Mezzosangue."

"Oddio, Draco," tuonò Harry. "Sta' zitto."

Il suo urlo echeggiò nella carrozza. Ron e Sirius, entrambi sul punto di perdere la pazienza e iniziare a litigare, ammutolirono insieme agli altri. Malfoy girò la testa e guardò Harry, e Hermione si accorse che non lo aveva fatto una sola volta quella mattina.

"Sai benissimo che non diceva sul serio! Smettila di prendertela con chiunque, dobbiamo passarci tutti..."

"Oh, dubito che tu abbia la minima idea di ciò che sto passando io," sogghignò Malfoy.

Harry sbatté il pugno contro il plexiglas del finestrino. "No? Tu credi?" domandò. La sua mano si chiuse attorno al braccio di Malfoy, le sue dita così bianche che la pelle di Malfoy doveva essersi fatta rossa al di sotto. "Muoviti. Andiamo."

Si alzò in piedi e Malfoy si alzò con lui, solo per spingerlo all'indietro e oltrepassare la porta davanti a lui. Harry lo seguì e se la richiuse alle spalle.

"Perché sono amici?" chiese Ron. "Se litigano tutto il tempo, perché devono essere amici? Non potevano rimanere rivali? A me andava benissimo!"

Soffocate dalla porta, si udirono delle urla.

Sirius e Ron cominciarono a scommettere su quanto sarebbe durato Malfoy in caso di rissa.

*

Nel corridoio stretto tra le carrozze, Harry spinse via Draco per non colpirlo, e colpì forte la parete.

"Oddio, cazzo," disse. "Niente sta andando come avrei voluto! Mi sono scordato di dire addio a Hagrid, ti rendi conto? Lui è una delle persone che mi sono state vicino sin da quando ero piccolo, e me ne sono andato così."

La luce fluorescente era rotta, emanava un bagliore opaco solo da un lato. Gli occhi di Draco brillavano freddi nella penombra.

"Tu te ne sei andato così," disse sarcastico. "Hai la minima idea di cosa mi sono lasciato alle spalle io? Hai la minima idea di cosa... avevo promesso di proteggerli e ho dovuto abbandonarli! Hai la minima idea di quanto ti odio, cazzo?"

"Non m'importa!" gridò Harry. "Non m'importa, non m'importa, voglio solo spaccare qualcosa. Pensavo che tutto sarebbe andato bene se solo fossi riuscito a promettere a me stesso che avrei ucciso Voldemort, ma Hogwarts era la mia casa e ci abbiamo provato col Giovane Ordine e le riunioni nella tua stanza, ci abbiamo provato tutti e non è servito a un cazzo."

Draco avanzò nello spazio personale di Harry.

"Non parlarmi di cose inutili!" sibilò. "Ci ho messo tutto me stesso per unirli! Ora non so più cos'ho, non so più chi sono e non voglio essere un codardo!"

"Non sei un codardo, stupido idiota!" gli urlò Harry. "E non m'importa se mi disprezzi, preferisco quello piuttosto che saperti in pericolo, ma non ci sarebbe stato bisogno di scegliere se mi avessero permesso di combattere! Odio questa situazione. Odio tutto!"

Si mosse per spingere Draco contro la parete, pur di fare qualcosa, qualsiasi cosa, e Draco fece resistenza. Restò immobile, e Harry si accorse che aveva messo la mano sulla spalla di Draco e che i loro volti erano distanti pochi millimetri.

Ed era già sudato e senza fiato.

All'improvviso ammutolirono entrambi.

Harry riuscì a sentire l'alito caldo di Draco sulla guancia. Sentiva il battito del cuore di Draco sotto la mano, e mosse le dita fino ai muscoli del suo collo. La pelle era liscia e tremante al suo tocco.

Molto lentamente, Draco inclinò la testa nella giusta angolazione. Harry vide il luccichio della lingua e dei denti dietro le sue labbra dischiuse.

Poteva sentire ogni centimetro del corpo di Draco. Avrebbe potuto scattare e afferrare i capelli di Draco, e lui avrebbe aperto la sua bocca rovente sotto la sua. Se uno dei due si fosse mosso...

E Draco aveva già paura. Dopo una notte piena di donne in lacrime, Harry sentiva di doversi impegnare per essere meno insensibile, e... Draco aveva sempre voluto attirare l'attenzione, aveva sempre lottato per adeguarsi alle aspettative degli altri e fatto di tutto per far ridere. Harry se n'era accorto quando l'aveva visto cercare l'approvazione di Lupin. Draco aveva bisogno degli altri, e odiava sentirsi dipendente.

Draco era disperato.

Espirò a fondo, fece un passo indietro e crollò sul pavimento, appoggiandosi alla parete opposta e tenendosi le mani intorno alle ginocchia per non cadere in tentazione.

"Oh, merda," disse di nuovo, poi si tolse gli occhiali e si massaggiò la fronte. Quando li inforcò nuovamente e alzò lo sguardo, Draco si era seduto contro l'altra parete.

"Vedo che siamo in completo accordo," osservò Draco, con la tipica voce gelida Malfoy che Harry conosceva fin troppo bene, anche se i suoi zigomi erano spruzzati di un lieve colore. "Odi tutto? Anch'io odio tutto."

"Non ti odio sempre," disse stanco Harry.

"Beh," concesse Draco. "Forse non sempre." Esitò. "E neanche la maggior parte del tempo. So che stavi cercando di... proteggermi, o chissà che, ma non posso dimenticarmi di loro! E non posso perdonare te, adesso, per essere riuscito a fare l'eroe solitario del cazzo."

"Il fatto non è che sei un codardo, Draco," disse Harry, che ci aveva pensato su. "Il fatto è che hai il modo di pensare di un comandante di esercito. Vuoi delle forze armate per il tuo piano di battaglia."

Draco ci pensò su a sua volta, e sembrò apprezzare l'idea.

"E questo fa di me un guerriero più moderno ed efficiente," notò con ovvia soddisfazione. Harry alzò le spalle, e Draco aggiunse: "Non preoccuparti per Hagrid. Sono certo di aver fatto impallidire il povero Terry lì sul binario."

"Che peccato," disse Harry con assoluta sincerità.

"Non ti piace, vero? Come mai?"

"Ehm... i bibliofili. Non mi piacciono," rispose Harry.

Draco sollevò le sopracciglia. "Poveri me e Granger. Il favore di Harry Potter ci è stato ritirato. Si rende chiaramente necessario un patto suicida."

"Taci, cretino."

"Oooh, Harry, mi spiace davvero che i tuoi nobili istinti siano stati frustrati dalla vile resa di tutti gli altri a Hogwarts. Ti andrebbe di tornare con un treno occupato e cantare nobili inni di resistenza, esigere di fare i MAGO e tutto il resto? Scommetto che Granger si unirebbe a noi, se sentisse il pezzo sui MAGO."

"Forse non è un piano molto pratico," disse Harry con una certa dose di dispiacere.

"Cosa sento? Logica sulla bocca di Harry Potter," strascicò Draco. "Il mio bambino è diventato un ometto. Sto per mettermi a piangere."

Il treno sobbalzò e la luce si spense, poi si riaccese del tutto. Harry vide la luce evidenziare il sudore sul collo di Draco, e pensò a come sarebbe stato leccare quel punto morbido proprio sotto la sua mandibola.

"Ti rendi conto," disse Draco, con molta calma, "che ci urliamo contro e la pensiamo allo stesso modo? Se continuiamo così, entro domani ci ammazzeremo."

"Giusto," disse Harry, ripensando alla curva gonfia della bocca di Draco la notte prima. Scosse il capo. "Sì, giusto, hai pienamente ragione."

Il viso di Draco si contorse in qualcosa di simile al rimorso.

"Sono un genio, lo sai."

"Così continui a ripetermi," disse Harry, e sorrise.

"Ho peggiorato una situazione già brutta. E' colpa mia. Scusa, Harry, è stata una cosa irresponsabile e imperdonabile mentre sei... mentre non sai ancora niente di queste cose. Sono tuo amico e dovrei aiutarti anziché confonderti."

L'espressione di Draco suggeriva che si stava concentrando per un'autocritica privata e severa. Harry cominciava a sentirsi in estremo imbarazzo. Era stato quasi certo che Draco fosse... no, al diavolo, era sicuro che Draco fosse... ma era anche vero che Harry non aveva molta esperienza.

"Insomma, non hai ancora scelto uno stile di vita, non ne hai idea," continuò Draco, con voce severa e il labbro inferiore tra i denti.

"Oh," disse Harry. "Ci ho pensato. Ho deciso che non importa."

Draco chiuse gli occhi come se stesse provando dolore.

"Senti mai voci che non siano del Signore Oscuro, nella testa?" chiese con cautela. "Qualche voce che magari ti dice di bruciare qualcosa perchè il fuoco è bello, o magari di metterti un tutù giallo ed esibirti in un rituale di accoppiamento per ranuncoli?"

"Non sono pazzo, Draco."

"Certo che no," lo consolò Draco. "Ma sarebbe meglio se non ascoltassi le voci, Harry. Ti basta dirgli di no, è questa la chiave."

"E' solo che non m'importa. Cioè, non con tutto ciò che sta succedendo. Potrei finire senza alcuna vita per cui dover scegliere uno stile, e non vedo per quale ragione dovrei perdere tempo ad arrovellarmi su ciò che provo come un cretino, quando è tutto così semplice." Si concentrò a fondo sulle proprie mani annodate, cercò di superare il magone di mortificazione che aveva nello stomaco e disse: "Voglio te. Se ci sarà qualcun altro..."

"Quando ci sarà qualcun altro," lo corresse Draco, con voce flebile. "Quando, tra breve, ci sarà qualcun altro."

"Non credo," disse Harry, cocciuto. "Se ci sarà, allora mi chiarirò le idee. Per adesso non c'è nessun altro, quindi che importa?"

La bocca di Draco continuava a cambiare espressione, come se fosse incerto su come reagire a quella conversazione. Continuava a cercare di guardare Harry senza riuscirci.

Certo, Harry se ne accorse solo per gli sguardi sfuggenti che rivolse a Draco mentre si concentrava sulla linea bianca delle proprie nocche.

"Non puoi non accorgerti che è pura follia, Potter," disse infine, con un gesto vago. "Insomma... dai, non puoi mica volere che ci mettiamo insieme o cose simili."

Mettersi insieme. Che espressione stupida, stupida e imbarazzante.

"Non mi dispiacerebbe," mormorò, poi decise di mandare tutto al diavolo e guardò Draco dritto negli occhi. "Cioè, sì. Sì. E' quello che voglio."

Era la prima volta che Harry faceva una proposta del genere a qualcuno, per non parlare del fatto che non avrebbe mai pensato di rivolgerla a Draco, e che non si era certo immaginato che la persona a cui l'avrebbe detto avrebbe appoggiato la fronte sulle braccia e avrebbe detto: "Non può essere la mia vita, questa."

"Senti, Draco," sbottò Harry. "Ti è piaciuto? Ieri notte?"

Draco sollevò il viso dalle braccia, guardò Harry con prudenza e si piegò di nuovo.

"Sì," disse brevemente. "Sì, ma... non voglio mandare tutto a puttane perché tu sei confuso e io sono debole e in preda agli ormoni. Non voglio... non voglio non doverti più guardare in faccia perché quando andavamo a scuola ci fu qualcosa tra noi e tu non ricordi più per quale motivo."

"Me lo ricorderò," disse Harry, e quando Draco alzò lo sguardo gli porse un debole sorriso. "E' tutta colpa della struttura ossea. Ho un debole per le strutture ossee ben fatte."

Draco rise davvero, cosa che in quel giorno, fra tutti, era un risultato pazzesco.

"Va bene," disse dopo un minuto. "Allora torna lì dentro e racconta tutto a Weasley."

Harry lo guardò e si alzò lentamente in piedi. "Ok." 

"Siediti! Non muoverti, sei impazzito?"

Harry si sedette perché Draco era in preda al panico, anche se generalmente non obbediva a comandi strillati solo per rafforzare la convinzione di Draco di essere il Comandante Supremo dell'Universo.

"Ma non ti vergogni?" chiese Draco.

"Non credo che tu sia una cosa di cui vergognarsi," disse con calma.

Draco lo indicò con un dito. "Tu sei matto. Lo sapevo! E tutto ciò che ho detto è ancora valido," aggiunse. "I sentimenti sono bugie, poi arriverebbe il momento in cui ti renderesti conto di aver fatto una cazzata, e... non posso. Cioè, non voglio."

Non si aspettava altro, ed era già stato abbastanza ragazzetta senza fare la donnetta offesa. Si concentrò sul muro dietro la testa di Draco e cercò di parlare con voce normale.

"Ok," disse. "Tocca a te decidere. Sono contento che ci parliamo di nuovo, comunque, e che mi guardi di nuovo."

"Certo," replicò Draco, che al momento non stava facendo quell'ultima cosa. "Ora che abbiamo sistemato tutto e il mondo rimane un posto crudele e odioso, ed entrambi vorremmo tanto uccidere qualcuno, che ne dici di tornare dagli altri? Temo che Weasley si disperi senza di me."

Harry si alzò in piedi e porse una mano a Draco per aiutarlo. Draco la prese, con un'aria leggermente meno stanca.

Draco aveva bisogno degli altri, e per adesso aveva solo Harry. Non era giusto esserne felici.

"La tua camicia è un disastro," disse Harry, lasciandolo andare e toccandogli una spalla. "Cosa ci hai fatto, il wrestling? L'hai accartocciata finché non ti ha chiesto pietà e l'hai indossata?"

Draco lo guardò superbo. "Mi dava fastidio. Ecco il destino di tutti i nemici dei Malfoy."

"La cravatta andrebbe annodata, fra l'altro."

"Oooh, la tua esperienza in fatto di costumi babbani mi fa letteralmente fremere di ammirazione, davvero."

"Scusami tanto se le mie conoscenze sono superiori alle tue. Non è colpa mia se sono così colto."

Draco mantenne aperta la porta. "Dopo di lei, o eroe onnisciente," disse con voce annoiata.

Harry aveva già meno voglia di spaccare tutto.

*

Quando ritornarono stavano quasi sorridendo. Hermione si stupì lei stessa dell'occhiata che rivolse a entrambi, sicura che se fosse successo qualcosa di strano se ne sarebbe accorta. Per non parlare del fatto che sperava che Harry si comportasse con decenza, con Ron e Sirius ad una carrozza di distanza dall'arresto cardiaco.

Comunque, fu fastidioso vedere Harry visibilmente più calmo e felice dopo che Malfoy si era comportato da stronzo razzista e si erano gridati addosso. Era frustrante e inspiegabile.

"Perdoni le mie parole indelicate, gentile damigella," disse Malfoy, e Hermione fu certa che solo il suo sguardo assassino gli impedì di inchinarsi. Piuttosto sogghignò.

"Va bene," disse con poca convinzione.

"L'hai colpito, Harry?" chiese Sirius, sporgendosi verso di lui. "O l'hai prima messo in ginocchio?"

"Non gli ho fatto niente," rispose Harry. Anche la sua voce era più rilassata, e Hermione fu grata per quell'informazione.

"Ti ha colpito lui?" chiese Sirius. "Quel viscido furetto!"

Malfoy lo guardò tranquillo. "L'ho ucciso," disse felicemente, mentre lui e Harry tornavano a sedersi ai loro posti. "Poi ho trasfigurato il mio fazzoletto da tasca in Harry Potter, per sfuggire alle ripercussioni e ingannarvi tutti. Dite che la mia pezzolina riuscirà a sconfiggere il male?"

"L'idiota sta cercando di dire che nessuno ha colpito nessuno," disse Harry pazientemente.

A volte Hermione pensava che sarebbe stato semplice essere gentile con Malfoy, se solo Harry avesse continuato a sognare ad occhi aperti che Malfoy venisse mangiato dalla piovra gigante, piuttosto che disturbandola terribilmente usando quel tono che irradiava affetto. Non aveva alcun problema ad accettare che Harry fosse attratto da lui... ad alcuni piacevano quel genere di cose, Malfoy era biondo e vanesio. Non aveva mai capito neanche la sua cotta per Cho Chang. E Harry era ingenuo, per lui essere attratto da qualcuno era una cosa seria, per quello aveva lo sguardo da lunatico. Solo che ogni volta che Malfoy faceva o diceva qualcosa e Harry reagiva con quella gratitudine calorosa, le tornava in mente che era la persona che lui, lui, che era... la persona...

Le faceva venire la nausea, tutto lì. Una volta lei e Ron gli bastavano.

Malfoy, rilassandosi come un gattone contento, estrasse un libro dal suo borsone e lo gettò a Harry.

"E' sulle alternative vegetariane ai sacrifici di sangue," spiegò, riuscendo perfettamente a gestire la difficile impresa di strascicare con entusiasmo. "Insomma, sono sicuro che manchi di stile, ma siamo in un'epoca decadente e ci sono sempre meno vergini, quindi le radici innocenti sono il sostituto più vicino. Inoltre è soprattutto tecnico, rimarresti sconvolto dai punti in comune tra piante e persone. A volte si assomigliano davvero."

"Affascinante, Draco. Dico davvero," disse Harry serio.

Malfoy alzò le sopracciglia e ridacchiò. Si tuffò nel suo libro (che ad onor del vero sembrava interessante, e se avessero condiviso la stanza Hermione avrebbe approfittato della cosa per raccattare ogni libro che avesse lasciato in giro) e Harry guardò fuori dal finestrino.

O meglio, Harry guardò fuori dal finestrino per un po', ma era stata una lunga notte per lui. Tutti abbassarono la voce quando il respiro di Harry si fece più profondo, Sirius e Ron tornarono a discutere su chi dovesse del denaro a chi, Lupin tornò al suo libro e soltanto Hermione si accorse che Harry era scivolato nel sonno e la sua testa era finita sulla spalla di Malfoy.

Malfoy abbassò gli occhi su di lui, e il suo viso si rilassò nell'espressione più dolce che Hermione gli avesse mai visto. Poi sprofondò un po' sul sedile, tese l'altra mano e sfilò gli occhiali a Harry. Se li mise in tasca.

A quel punto si accorse che Hermione lo stava fissando e le rivolse uno guardo glaciale e torvo, posò la guancia contro i capelli di Harry e tornò al suo libro, mentre il suo viso ritornò al solito ghigno freddo.

Doveva prendere da parte Malfoy e parlargli il più presto possibile.

Una volta giunti alla loro fermata, Malfoy svegliò Harry dicendogli "Buh!" nell'orecchio e passandogli gli occhiali mentre Harry si muoveva, mormorava e apriva gli occhi a metà prima di sorridere. Il più presto possibile, promise di nuovo Hermione. Se si fosse trattato di chiunque altro, avrebbe giurato che Malfoy fosse dolce con Harry. Era ingiusto.

Quando furono fuori, e iniziarono a guardare le strade grigie e sudice di una delle zone meno attraenti di Salisbury al calare della sera, Hermione realizzò tutt'un tratto che aveva usato la vita sentimentale di Harry per non pensare a quanto erano lontani da casa.

Voleva Hogwarts. E se proprio non era possibile, voleva mamma e papà.

Aveva Ron che le stringeva la mano. Riuscì a non mettersi a piangere.

"Qualcosa mi dice che non siamo più in Kansas, Totò," disse Harry. (**)

Malfoy gli scoccò un'occhiata finto-scocciata. "Non siamo più dove? Con chi ce l'hai? Sei proprio matto, Harry Potter. Probabilmente è per tutto quel tempo nel sottoscala, l'ambiente è vitale per le menti giovani. Professor Lupin! Mi fa citazioni babbane. Non è gentile, e non è giusto."

Il gomito di Harry toccava l'interno di quello di Draco. Hermione si aggrappò alla mano di Ron e guardò il viso stanco di Lupin, gli occhi neri e irrequieti di Sirius, e capì che quelle persone erano l'ultima cosa che le restava del suo mondo.

Era patetico, ma aveva una paura tremenda.

Continuò ad aver paura quando irruppero nel bed and breakfast, e Lupin sorrise con fascino stanco alla donna del luogo porgendole una carta di credito, che Malfoy chiese di poter toccare.

"Carino questo denaro di plastica," disse. "Potrei averne uno per me?"

Harry gliela tolse di mano con decisione. Poi Malfoy si sollazzò denigrando Salisbury.

"E smettila," ringhiò Sirius alla fine. "Anche il Maniero Malfoy è nel Wiltshire, ci sono stato per un matrimonio. Sei uno del posto, dannazione."

"Non ho niente a che fare con le squallide periferie babbane," disse sdegnosamente Malfoy.

Lupin rimproverò Malfoy per aver detto la parola ‘babbane', lasciò guardare a Ron la carta di credito e propose di andare tutti a letto presto.

"Già, io e Granger vorremmo stare da soli," disse Malfoy, godendosi l'espressione omicida di Ron con gioia serena. "Non vede l'ora di sguazzare nell'innominabile lussuria carnale della mia pelle contro sulla sua," proseguì.

"Hai ragione, non vedo l'ora di darti un ceffone," lo informò vivacemente Hermione. "Adesso entra e cambiati per primo, e tu, Harry, vai nella tua stanza. Sei chiaramente a pezzi."

Harry obbedì piuttosto gentilmente, attraversando il corridoio imbiancato col tappeto marrone scuro e un lieve odore di medicinali. Gli altri erano così esausti che lo seguirono ed entrarono nelle rispettive stanze. Ron si fermò per darle un bacio.

"Tra un po' vengo a trovarti," promise. "Sopportare Malfoy, che eroina! Rimedierò io per lui. Ti cucinerò una cena, o magari..." arrossì, "eseguirò favori sessuali su richiesta, o cose del genere."

Hermione lo baciò dolcemente. "Un buon libro è sempre il benvenuto, lo sai," mormorò.

"Grazie tante," disse Ron, e la abbracciò forte prima di lasciarla andare.

Hermione rimase nel corridoio freddo e angusto e prese fiato. Poco dopo Malfoy uscì e lei strillò inorridita.

"Mettiti una maglietta, Malfoy!"

"Dormire con una delle mie camicie?" chiese Malfoy con voce glaciale. "Non credo proprio. Mi piego a indossare abiti da notte solo perché sei una signorina. Non ci sono abituato, e probabilmente non riuscirò a dormire. Mi verranno le occhiaie, e dovrai sentirti in colpa per aver guastato la mia bellezza radiosa."

"Oddio, sta' zitto," disse Hermione con passione, ed entrò.

Ora capiva come ci era riuscito. Aveva parlato con Harry fino a distruggergli il cervello e renderlo cera tra le sue mani. Gli aveva rubato la facoltà di pensare con le sue fastidiosissime chiacchiere senza fine.

Scelse il pigiama blu abbottonato fino al collo, si legò severamente i capelli, entrò nel letto e si tirò le lenzuola fin sotto il mento, poi disse a Malfoy che poteva entrare.

"Granger, splendida visione di delizia," strascicò Malfoy, trattenendosi sulla porta al fine, dedusse Hermione, di sembrare lascivo a petto nudo.

Conosceva decine di uomini più belli di lui e con delle belle spalle.

"Se hai intenzione di scocciarmi, Malfoy, puoi dormire nel corridoio," lo informò. "Mi farebbe comodo un fermaspifferi dietro la porta."

Malfoy alzò gli occhi verso le crepe nel soffitto, le scuciture del tappeto marrone e infine le lenzuola bianche di seconda mano.

"Qualsiasi cosa possa farti stare meglio in questo posto è mio dovere di gentiluomo."

"Beh... bene," disse Hermione, che preferiva l'approccio diretto. "Bene, perché voglio che tu faccia una cosa per me."

"Hai capito, la gattina," disse Malfoy, fintamente scandalizzato.

"Puoi smetterla di fare lo scemo, entra nel tuo letto e parlami."

Malfoy roteò gli occhi. "Mi stai spezzando il cuore," dichiarò, e si gettò drammaticamente sul letto con una mano sulla fronte. Hermione rise leggermente, perché era chiaro che era quello l'obiettivo di Malfoy, e in effetti era piuttosto divertente.

"Credo che sia giunta l'ora di fare quattro chiacchiere."

"Allora parla, Granger," disse pigramente Malfoy.

"Voglio parlare di Harry."

Malfoy si irrigidì. "Cosa c'entra lui?"

Hermione voleva incrociare lo sguardo di Malfoy, ma lui restò fermo sotto le lenzuola, appoggiato sui gomiti, con gli occhi fissi davanti a sé. Hermione vedeva solo il suo profilo duro e indecifrabile.

"Ci tengo a lui, tutto qui. Immagino che tu lo sappia, ovviamente."

"Infatti," disse Malfoy distaccato.

Continuava a non guardarla, e Hermione pensò che forse era stata ingiusta. Quel pensiero la fece arrabbiare al punto che si mise a sedere e sbottò.

"Malfoy, voglio solo sapere cosa sta succedendo! Dici che sei dalla nostra parte, bene, penso che le cose siano già messe abbastanza male senza bisogno di te che manipoli Harry. Voglio sapere cosa stai facendo con lui. Voglio sapere cos'hai in mente."

"Qualcosa di terribile," rispose Malfoy, in tono piatto.

"Da te non mi aspetto altro! Non fa che attraversare alti e bassi da quando avete iniziato a frequentarvi. Ho bisogno di sapere che non stai cercando di ferirlo. Ho bisogno di sapere che sei davvero suo amico!"

"Sono suo amico, allora!" scattò Malfoy, rivolgendole uno sguardo avvelenato e tendendosi in avanti. "Sono suo amico, o perlomeno tornerò ad essere suo amico, dopo che si sarà tolto queste stupide idee dalla testa, e non puoi impedirmi-"

In quel momento inopportuno, Ron entrò nella stanza. Hermione non era mai stata così infelice di vederlo.

Ron interpretò la sua espressione accusatoria come un segno di benvenuto, e andò a sedersi sul letto cingendola con un braccio.

"Ehi," disse. "Volevo controllare come te la cavavi col maledetto Malfoy."

Avevano proceduto bene fin quando non si era fatto vivo Ron, ma Hermione chiuse gli occhi e si appoggiò a lui quando le baciò la tempia. Era così stanca, e si sentiva così sola. A quell'ora di solito faceva l'appello.

Ron le baciò l'angolo della bocca e lei sospirò e lo accarezzò.

"Oh mio Dio," esclamò Malfoy. "Rituali di accoppiamento Grifondoro davanti ai miei occhi. Perché a me?"

"Oh, chiudi il becco, Malfoy," disse Ron, e la baciò di nuovo.

Si sentì uno sfregare di lenzuola, ma Hermione tenne gli occhi chiusi e si lasciò rapire da quelle breve illusione di calore e sicurezza. Poi la voce sgradevole di Malfoy ruppe il silenzio.

"Vado a dormire con Harry," annunciò, e sbatté la porta.

Bastardo!

*

Harry era steso nel letto e pensava a Draco.

Oh, e qual era la novità? Pensò esasperato, girandosi sul fianco. Avrebbe dovuto pensare a Voldemort, al pericolo che stavano affrontando, all'indomani. Era un eroe dannatamente patetico, che lasciava che i pensieri su Draco vincessero gli altri e vi si sovrapponessero.

Cosa penserebbe Draco, cosa avrebbe direbbe se sapesse... o più semplicemente, come sarebbero le cose se avessi Draco con me in questa situazione? Con me nel senso di mio.

Quel costante desiderio amaro. Se era quello l'amore...

Era maledettamente stupido!

Era così umiliante essere costretto dal suo subconscio, ogni notte, a richiamare alcune immagini e ad aggrapparvisi, cercando di convincersi che fosse Draco, Draco, Draco...

Draco si intrufolò nella sua stanza.

Harry era così certo che fosse un sogno che afferrò gli occhiali, e cominciò a crederci solo guardando Draco attraverso le lenti e le impronte delle sue dita sudate.

Draco era lì che lo guardava. Indossava solo un paio di pantaloni neri del pigiama, e nonostante la mente di Harry cercasse disperatamente una spiegazione alla sua presenza, una parte di lui era impegnata a catalogare immagini con fare da maniaco.

La curva bianca delle sue spalle, il torace liscio e pallido. Il modo in cui il tessuto nero gli mordeva dolcemente i fianchi. I piedi nudi e, ovviamente, quella fastidiosa aria sicura di sé, come se fosse tutto assolutamente normale.

"Non fraintendermi, Harry," strascicò, "ma posso entrare nel letto con te?"

La bocca di Harry era troppo secca per rispondere, con sua tremenda vergogna. Riuscì solo a fare un gesto tipo ‘fa pure'.

Si sentiva estremamente sensibile, come capita dopo un bel bagno caldo. Ogni suo poro gli urlava messaggi.

Sentì il soffio di aria fredda quando Draco sollevò le lenzuola. Il peso di un altro corpo sul materasso, una cosa che Harry non aveva mai provato in vita sua e che francamente era meravigliosa. Il calore del corpo di Draco, che sembrava irradiarsi verso Harry in modo indecente.

E poi l'aspetto di Draco, steso accanto a lui, coi capelli appena un po' gonfi sul cuscino. Harry provò una gioia improvvisa e oscena.

"Weasley è entrato nella stanza di Granger," spiegò Draco, scivolando più a fondo sotto le lenzuola. "Se l'abbia fatto per le coccole o per una scopata, non ho voluto scoprirlo. Non mi serve quel tipo di trauma."

Harry ritrovò la voce. Era impossibile che fosse la sua, la sua non gracchiava in modo tanto allarmante.

"Non fa niente."

L'angolo della bocca di Draco si contorse leggermente.

"Potter, Potter, se ti ecciti tanto per una dormita la testa potrebbe esploderti, se Ginny Weasley decidesse di offrirsi a te."

"Smettila," disse secco Harry.

L'espressione che assunse Draco lasciava trasparire un certo dispiacere. Harry dovette combattere l'impulso di voltarsi e baciarlo.

"Scusa," disse Draco, con la sua voce meno sincera.

A Draco piaceva suonare falso quando diceva cose che pensava ma che non avrebbe voluto dire.

Harry sospirò. Adesso capiva Draco, pensò. Riusciva a interpretare la maggior pare dei segnali che l'avevano frustrato, confuso e infine intrigato. Sapeva che Hermione non ci credeva, ma sarebbe dovuto essere cieco per non accorgersi che era un grande stronzo, metà del tempo.

E lo amava terribilmente, cosa che naturalmente rendeva uno stronzo anche lui.

"Ok."

Il sorriso di Draco si fece malizioso.

"Beh, buonanotte, Harry. Domani sarà una lunga giornata, quindi cerca di non prenderti libertà con la mia persona, mentre dormo."

"Buonanotte, Draco," rispose asciutto Harry.

Draco rotolò sul fianco, volgendo la schiena a Harry, e sembrò prepararsi ad addormentarsi.

Se pensava che in quel modo avrebbe aiutato Harry a distrarsi, si sbagliava di grosso.

Harry rimase steso a guardare il profilo di quella schiena, la definizione fin troppo nitida delle sue scapole e la linea dritta della spina dorsale.

Smettila di sbavare su una schiena, Harry Potter. Stai diventando veramente triste.

Piuttosto si mise a dormire.

*

La prima cosa che vide nel sonno fu una sfera di cristallo con dentro luci e urla, poi un sovrapporsi di immagini sfocate e suoni confusi.

Una risata acuta che conosceva e odiava.

Un mantello nero che svolazzava su un sentiero di pietre, ombre e le fiamme di varie torce che si mescolavano in alto. Una donna che cadeva sulle pietre, una donna che gridava un nome. Il tonfo orrendo di una testa sulla pietra.

Il terrore corse gelido nelle sue vene o in quelle di qualcun altro, provò un senso di panico, urgenza, ma soprattutto incredulità. Qualcuno si chiedeva come potesse essere vero...

Occhi rossi nel buio. Occhi rossi con il sangue di mille vite dentro, e un bagliore di luce lunare su capelli biondi.

Chi...?

"Non credere che non ti punirò."

Una donna urlava di dolore stavolta, dolore orribile e insopportabile... non poteva fare niente per lei... solo testimoniare e gridare in silenzio, gridare perché se non si fossero fermati quella donna sarebbe...

"No!"

Harry si alzò a sedere, col petto che fremeva e tutto sudato sotto la maglia del pigiama. Il mondo era sfocato intorno a lui, e per un attimo pensò di essere ancora... lì - dovunque si trovasse - con quella donna...

Harry sbatté gli occhi.

Era nel letto, i capelli di Draco splendevano sul cuscino accanto a lui. Era... Era stato solo un altro sogno su Voldemort, uno di quelli...

Harry si morse forte il labbro e gettò la testa all'indietro finché il suo labbro non sanguinò e i muscoli del suo collo urlarono di dolore.

Solo un altro sogno in cui era costretto a sapere che qualcuno stava soffrendo, e che non poteva fare altro che saperlo. Non poteva mai fare niente per aiutare, non c'erano indizi, non c'era niente tranne svegliarsi disperato e tremante, scosso da un terrore lancinante. Ora che Hogwarts era stata chiusa, non poteva nemmeno metterlo nel Sognatoio. Non serviva a niente!

Cercò di calmarsi, si stese con l'odore della propria paura nelle narici e quell'insopportabile nodo di disperazione nel petto. Aveva gli occhi così secchi che gli bruciavano.

Appena la sua testa ricadde sul cuscino la voce di Draco raggiunse il suo orecchio, impastata per il sonno.

"Harry...?"

Harry cercò di respingere il magone nella sua gola.

"Va tutto bene. Era solo... un brutto sogno."

Aveva freddo, e stava iniziando a tremare." Quella donna che urlava... e lui non poteva fare niente.

"Mmmh," mormorò Draco, il verso di chi tornava a dormire. D'altronde non si era mai svegliato del tutto.

Fu allora che Harry si accorse che stava tremando contro Draco. Doveva essere balzato su di lui, svegliandosi. Avrebbe dovuto spostarsi di nuovo.

Con una lentezza addormentata, le braccia di Draco lo cinsero.

Harry si immobilizzò all'istante. La sua mente continuò a catalogare. Devo ricordare questo, e questo, e questo...

Un braccio attorno alle spalle di Harry, stretto sulle sue scapole. L'altro poggiato sul fianco di Harry, le dita piegate sulle sue costole. La sensazione del petto caldo di sonno di Draco schiacciato contro quello di Harry.

La sua guancia e il solletico appena accennato dei suoi capelli sul viso di Harry, il sussurro di calore della sua bocca sul collo di Harry.

"Mmmh," mormorò Draco, muovendo le labbra sulla pelle della gola di Harry e facendogli venire i brividi. "Shhh. E' tutto a posto."

Harry non era mai stato abbracciato dopo un incubo prima di allora, figurarsi abbracciato da una persona che amava. Il primo impulso fu quello di cercare di avvicinarsi, baciare, accarezzare e stringere, ma aveva il terrore che il proposito gentile e filtrato dal sonno di Draco potesse cambiare. Se si fosse svegliato un po' di più...

Harry restò fermo per un attimo, quindi mise le braccia con cautela intorno a Draco. Draco fece un verso leggero, simile a quello di un cucciolo che cercasse di dormire comodamente. La sua pelle era morbida, e Harry lo accarezzò lungo tutta la spina dorsale.

Sentì la bocca di Draco curvarsi sul suo collo.

"Harry," disse a bassa voce. Harry sentì il corpo di Draco rilassarsi ancora di più contro il suo. Era quasi liquido, acciambellato accanto a lui, e la mente di Harry stava per frantumarsi per il benessere.

Perché nessuno gli aveva mai detto che gli incubi potevano sparire, con una cosa tanto semplice?

"Ti amo," sussurrò Harry, e stavolta non sembrò così tremendo, né spaventoso.

Draco si era già riaddormentato. Harry baciò un angolo del suo occhio e spinse più forte il viso contro il suo. Il dolore si disciolse delicatamente, lasciandolo abbandonato e rilassato e, nonostante tutto, quasi felice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) dal celebre aforisma di Euripide:
"Quelli che gli dei vogliono distruggere, prima li rendono pazzi."

 

(**) citazione da "Il mago di Oz". Scusate, queste note non ci sono in originale, ma forse per noi sono meno familiari. D'altronde Maya fa matta per la letteratura per l'infanzia!

 

 

 

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Capitolo 20
*** A raccolta ***


Underwater Light

Underwater Light
By Maya

 

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

Sommario: La mia beta si è commossa perché questo capitolo l'ha fatta riflettere sul bellissimo amore di Draco Malfoy e Arthur Weasley. Credo non ci sia bisogno di dire altro.

 

Capitolo Venti

A raccolta

You can't change the way I am

I'll be the last to help you understand

Try and love me if you can

Are you strong enough to be my man?

When I've shown you that I just don't care

When I'm throwing punches at the air

Are you man enough to understand?

Are you man enough to be my man?

[Non puoi cambiare il mio modo di essere / Sarò l'ultimo ad aiutarti a capire / Prova ad amarmi, se ci riesci / Sei abbastanza forte da essere il mio uomo? / Quando ti avrò dimostrato che proprio non m'importa niente / Quando prenderò a pugni l'aria / Sarai abbastanza uomo da capire? / Sarai abbastanza uomo da essere il mio uomo?]

 

Harry non si era reso conto di non vedere l'ora di svegliarsi accanto a Draco finché non si svegliò senza di lui.

Addirittura prima di aprire gli occhi, riuscì solo a starsene disteso e a pensare come sarebbe stato se non si fosse svegliato da solo.

Guardare la pelle così vicina ai suoi occhi da diventare il candido sfondo di capelli biondi sottili che rifulgevano come argento sulla nuca di Draco. Calore e pace e una certa sicurezza nell'essere insieme, nell'essere capace di misurare il tempo con il respiro di un'altra persona.

Stava cominciando ad avere delle idee creative che riguardavano il petto di Draco sul suo, voci roche e mani contro pelle calda di sonno, quando gli venne in mente che lasciarsi andare a fantasie roventi su Draco con Draco nella stanza sarebbe stato incredibilmente stupido.

Aprì gli occhi in fretta.

Draco uscì dal bagno lavandosi i denti.

Era giovane e allegro alla luce del mattino, i capelli incasinati, e indossava dei pantaloni grigi classici e una camicia che cercava di abbottonarsi con una sola mano. Rivolse a Harry un sorriso smagliante intorno allo spazzolino da denti.

Harry sentì la fitta di delusione nel suo petto alleviarsi. L'intera scena era così... confortevole. Avrebbe potuto abituarcisi, fin troppo facilmente.

Poi si accigliò. "Non è il mio spazzolino, quello?"

"Fì," disse Draco, prima di togliersi lo spazzolino di bocca. "La mia bocca faceva schifo," spiegò impunemente. "Sapevo che per te non sarebbe stato un problema."

Sul labbro inferiore gli era rimasto un po' di dentifricio, a mo' di ornamento. A Harry la sua bocca faceva tutto tranne che schifo.

Mancava solo il feticcio del dentifricio e sarebbe diventato un vero maniaco.

"Lupin ha lasciato a tutti e due delle uniformi babbane," continuò Draco, gesticolando tra sé. "A quanto pare per fingere di essere in gita scolastica con i professori dobbiamo necessariamente indossare le uniformi tutto il tempo, stando alle crudeli regole della spaventosa scuola babbana da cui veniamo. Avrei voluto inventare un nome falso per me, ma Lupin ha detto che non ce n'era bisogno." Era onestamente deluso. "Guastafeste."

Harry si alzò sui gomiti, senza riuscire a smettere di sorridere.

Draco gli fece una smorfia.

"Datti una mossa, Potter. Voglio fare colazione."

Harry sbadigliò e si stiracchiò. "Com'è che sei così sveglio? Pensavo dormissi sempre fino a tardi."

"Infatti è tardi," rispose Draco distrattamente. "Sono le undici passate. Dormivi come un tronco."

Prese la cravatta e la esaminò perplesso. Alla fine se la mise intorno al collo. Poi tirò su i due lembi e cercò di muoverli senza criterio.

"Ehm," disse finalmente. "Un aiutino??"

Harry avrebbe voluto essere meno patetico, e riuscire a fermare quel sorriso perenne.

Si alzò e prese i due lembi della cravatta di Draco.

Certo, così facendo fu costretto ad avvicinarsi a Draco, cosa che aveva sempre un effetto infelice sulla sua capacità di pensare. Cercò di sembrare calmo quando fece un passo verso di lui e sentì quella cupa sensazione in gola, come se gli mancasse il respiro.

Draco odorava... beh, più che altro di dentifricio.

Harry annodò la cravatta meglio che poté e indietreggiò. Funzionava molto meglio quando gli era un po' distante.

"Grazie," disse Draco, col suo tono più signorile. "Adesso muoviti, dai, sto morendo di fame."

"Prima mi devo radere," mormorò Harry, dirigendosi verso il bagno mentre si stropicciava gli occhi.

Draco lo seguì, cosa che si sarebbe rivelata piuttosto problematica se Harry avesse avuto bisogno di andare al gabinetto. Inoltre Draco si appollaiò sul lavandino e si sporse mentre Harry cercava di radersi.

Harry avrebbe davvero voluto che gli desse fastidio, ma quella sensazione di calma persisteva.

"Ehi," disse Draco, scrutando il viso di Harry con fare critico. "Ma guarda lì che barbetta. Hai un culo sfacciato."

Se Draco continuava a guardarlo, alla fine si sarebbe tagliato la gola.

"Perché?"

"Oh, mi piace." Draco sembrava assorto. "E' virile, e io non riuscirò mai ad averla, disgraziatamente."

"Scusa se ho molto più fascino maschile di te." Harry mantenne un'espressione neutrale mentre Draco farfugliava indignato.

Più tardi, mentre Harry si metteva i calzini, rifletté su quanto era patetico. Non gli era stata offerta alcuna speranza. Non c'era stato altro che un po' di consolazione nel sonno e un sorriso al mattino. Però quella sensazione di essere al caldo e al sicuro lo pervadeva, e la ragione non riusciva a cancellarla.

Se non fosse stato per... tutto il resto, il bisogno furioso di fare qualcosa e proteggere gli altri invece di nascondersi come un bimbo spaventato, avrebbe potuto essere felice.

Se non fosse stato per tutto il resto.

*

Hermione era in preda all'orrore. Cos'era successo quella notte?

Erano tutti fuori dall'ostello a discutere i programmi per la giornata. Harry e Malfoy stavano un po' in disparte e formavano quello che sembrava un piccolo sottogruppo esclusivo. Parlavano continuamente, parole smorzate tra le pause della conversazione di Sirius e Lupin. Hermione non riusciva a capire le parole, sentiva solo la pronuncia strascicata divertita e vivace di Malfoy e il mormorio basso e contento della voce di Harry, ancora roca per il sonno. Malfoy aveva la cravatta annodata un po' sul lato ma con grazia, dettaglio esperto e per niente nel suo stile, e stava così vicino a Harry che i suoi capelli quasi toccavano la sua fronte.

Harry, che era un po' in disordine e non si era rasato al meglio, girava il viso verso quello di Malfoy ogni volta che Malfoy cambiava posizione o che uno dei due parlava. Guardandoli da alcune angolazioni si sarebbe potuto pensare che i dolci sorrisi fossero già diventati dolci baci.

In un luogo pubblico!

Le cose non migliorarono quando decisero di passeggiare per le strade più vicine al fine di trovare il punto magico più vicino da cui Lupin potesse mandare un Gufo a Silente per avvertirlo che erano arrivati sani e salvi. Camminarono fianco a fianco, con Malfoy che gesticolava come se ogni sua parola non fosse che la versione meno potente delle sue mosse da mimo, e la mano di Harry e che toccava il suo polso ogni volta che lasciava cadere la mano.

"L'elettricità è molto divertente," sentì dire Malfoy. "La usano per illuminare e fare i toast, sai?"

La voce di Ron che impediva a chiunque di dire che Malfoy ricordava il signor Weasley coprì il dolce mormorio della risposta di Harry.

"So che nessuno di voi avrebbe voluto trovarsi qui," disse Lupin mentre camminavano, e Malfoy e Harry smisero di sembrare felici. Insieme agli altri.

"Già," rispose brevemente Harry.

"Ma dato che ormai è successo, forse dovremmo considerare queste ore una specie di riposo prima che succeda qualcosa di... veramente terribile." Lupin era serio. "Sta per iniziare una guerra, e so che tutti voi combatterete, ma siete giovani, e siamo in estate. Qualche settimana in sicurezza non può che farvi bene. Dovreste considerarvi in vacanza, ora che potete ancora realizzare i vostri desideri. Ditemi cosa volete fare."

"Io voglio tornare indietro," sbottò Malfoy, sia lui che Harry ancora serissimi, con le spalle rigide che spingevano l'una contro l'altra. Poi Malfoy smise di guardare Lupin negli occhi e alzò le spalle. "Se quello non è possibile, mi piacerebbe vedere un negozio di aggeggi elettrici. Anche se non posso avere una carta monetaria per fare acquisti."

"Mio padre è un brav'uomo," asserì Ron con veemenza.

Malfoy lo stava guardando come se fosse un matto quando Harry disse, "Io ho una carta di credito. Me l'ha data Sirius: ha detto che la sua famiglia era sempre stata in buoni rapporti con il governo babbano."

Sirius finse indifferenza sotto lo sguardo accusatorio di Lupin.

"Conoscevamo delle persone... ehm, che corrompevamo e incantavamo per ottenere favori," mormorò. "Senti, ho solo pensato che gli sarebbe stata utile. La zona di Londra in cui si trova il suo appartamento è perlopiù babbana, potrebbe aver bisogno di fare la spesa e cose del genere..."

Malfoy ci stava riflettendo. "Sono certo che tornerà molto utile."

"Cosa vuoi che ti compri?" chiese Harry, col tono inquietante di uno che aveva appena vinto Malfoy alla lotteria e, per qualche strano e incomprensibile motivo, ne era anche felice.

"Io? No, no, Harry, non dire follie, non potrei mai fare il mantenuto, a mia madre verrebbero cinque infarti," disse distrattamente Malfoy, mettendo una mano in fondo alla schiena di Harry. Hermione fu attraversata dal desiderio di spostargliela, ma Harry si rilassò a quel tocco e lasciò che Malfoy lo spingesse in un negozio. "Ma non c'è niente di male a dare un'occhiata," disse Malfoy, prima che la sua voce sfumasse.

Presero accordi per mangiare nel bar dall'altra parte della strada. Lupin disse che avrebbe trovato un posto magico da solo, e fu lui ad entrare nel negozio per dire a Harry e a Malfoy dove sarebbero andati. Sirius era giù partito a ordinare il cibo, Ron dichiarò che gli apparecchi elettrici gli avrebbero risvegliato traumi infantili, e Hermione decise che non li avrebbe più guardati fin quando non avesse scoperto cosa stava succedendo e come diavolo avrebbe potuto sistemare le cose.

*

Draco se la tenne in grembo persino quando entrarono nel bar. Harry l'aveva previsto sin dal momento in cui si era fermato a guardarla nel negozio, come attirato da una voce arcana.

"E questa come la chiamate?" aveva chiesto.

"E' una macchina per l'espresso," aveva risposto Harry, spaventato.

"Macchina Perle Spresso," aveva ripetuto attentamente. "E a cosa serve?"

"Ti avverto da ora, Draco, se cominci a fare l'isterico ti abbandono qui." Harry gli aveva detto a cosa serviva.

"Non ti piace neanche tanto il caffé, Harry," osservò Ron confuso.

"Ti proibisco di dire infamie del genere su Harry," ordinò Draco, accarezzando amorevolmente la scatola. Aveva uno sguardo strano e terribile.

Harry si mosse inquieto sulla sedia. "Il caffé mi piace."

"Beh, ma," insisté Ron, "se è tua e se è per il tuo appartamento, perché Malfoy la sta stringendo e... toccando in quel modo?"

Harry non poté certo biasimare Ron per il suo tono inquieto. Draco stava praticamente covando la scatola.

"La sto tenendo al sicuro per Harry. Bella sicura, piena di dolce, dolcissimo potenziale caffeinoso inesplorato."

Harry si mosse e bloccò una delle mani di Draco. "Sarà al sicuro sotto la sedia," promise.

La luce del sole estivo filtrava nel bar come il burro attraverso la mollica del pane, e gli occhi di Draco erano grandi e attraenti. Il dorso della sua mano restò caldo e immobile sotto il palmo di Harry.

"Weasley potrebbe darle un calcio," supplicò. C'era un piccolo incavo sul suo labbro inferiore, leggermente a sinistra, nel punto da cui partivano i suoi sorrisi e i suoi ghigni, che supplicava: baciami, baciami, baciami.

Harry sorrise rassegnato, si sporse e tolse la scatola dalle mani di Draco, depositandola sotto la propria sedia.

Draco rimuginò allo stesso tempo su quel torto e sul menu. "Weasley, i sospetti che nutri su di me sono corretti. Conosco ogni genere di orribile incantesimo oscuro."

"Davvero?" chiese Ron.

"Sì. E li userò tutti su di te se per caso i tuoi piedi smisurati oscilleranno verso la preziosa scatola."

Era arduo mantenere una certa ostilità nei confronti di un uomo che era perdutamente innamorato di una macchina per l'espresso. Persino Sirius disse: "Scommetto che conosco più incantesimi oscuri di te," con un tono amichevolmente competitivo.

C'era una radio nel bar, e anche quella attrasse l'attenzione di Draco. Era talmente preso da quella e dalla macchina da caffé, che si rilassò quasi come quando era con i Serpeverde. L'unica traccia di disagio consisteva nel suo mantenersi vicino a Harry, ma a Harry non dava affatto fastidio.

Ordinarono bacon, muffin, tè e l'adorato caffé di Draco, e Ron propose di prendere una copia del menu plastificato per suo padre. Sirius bevve un sacco di caffé, e Harry si chiese se non fosse un tratto genetico. Persino Hermione sorrise quando Draco passò da battere le dita sul tavolo a canterellare a bassa voce con un cucchiaio, fingendo che fosse un microfono magico.

"E' tutta colpa dei sotterranei," disse Harry a suo agio, mentre Draco cantava sommessamente quanto tempo era passato dall'ultima volta che qualcuno aveva sussurrato. (*)

"Sono pieni di fumi delle pozioni. Brutta atmosfera, gli ha modificato il cervello."

Ron ridacchiò sul suo bacon.

"E il suo cervello era già fragile in partenza. Sapete, genitori imparentati," continuò compassionevolmente.

"Ehi," disse Sirius.

"Sta' zitto," si intromise Draco, e lo colpì sulla spalla con il cucchiaio.

Poi lasciò lì la mano, il polso sull'orlo della spalla di Harry, caldo e vicino. Con l'altra mano afferrò un pezzo del croissant di Harry, e Harry gli rubò un pezzo di toast per ripicca. Draco incrociò il suo sguardo e gli dette il permesso sorridendo, quindi si rilassò ancora di più contro di lui. Era una bella giornata, avevano dormito fino a tardi ed era meravigliosamente semplice e piacevole appoggiarsi pigramente l'uno all'altro e mormorare luoghi comuni senza malizia tra un boccone e l'altro.

"Dopo potremmo andare a cercare un autonoleggio," annunciò Draco. "L'ha detto il professor Lupin."

Harry sorrise della pura delizia nel tono di Draco. Draco ricambiò il sorriso, un sorriso segreto e luminoso che la tazza di caffé rese ancora più privato, e Harry si ritrovò a pensare che forse c'era un'altra ragione per cui Draco gli stava così vicino.

Una vacanza in cui potete ancora realizzare i vostri desideri.

Per un attimo l'idea gli sembrò piena di promesse autentiche.

Poi Lupin entrò nel bar, il viso livido e teso. Aveva in mano la Gazzetta del Profeta.

*

Harry e Malfoy stavano ancora dando bella mostra di sé quando entrò il professor Lupin. Si avvicinò a Sirius, mettendogli discretamente davanti il giornale, manovra che divenne meno astuta quando Sirius si sporse in avanti, lesse e sibilò a denti stretti.

Hermione si incupì, non così vicina da poter leggere, e sentì Ron irrigidirsi accanto a lei.

"Cos'è-" cominciò Harry dall'altra parte del tavolo, ma fu quel maleducato di Malfoy ad alzarsi di scatto per prendere il giornale.

Ron gli afferrò il polso. "Malfoy, no," disse, e Hermione raggelò per il tono pietoso della sua voce.

All'improvviso Malfoy apparve tormentato e astioso nella luce brillante, con la bocca curvata per il tono di voce di Ron. Scosse via sdegnosamente la sua mano e aprì la propria, indicando imperiosamente che esigeva il giornale.

"Lascia che te ne parli fuori, Draco," disse Lupin a bassa voce, guardandolo come fosse un bimbo ferito.

"Non ho bisogno né di parlare con lei né della sua compassione. Voglio solo quel giornale," replicò secco Malfoy.

Lupin sembrava più vecchio ogni secondo, ma annuì e gli consegnò la Gazzetta. Malfoy la strinse senza che le sue mani sottili e tese tremassero, il viso immobile se non per gli occhi stretti.

"Capisco," disse un attimo dopo. "Chiedo scusa," aggiunse, e gettò il giornale sul tavolo alzandosi.

"Draco, aspetta..." disse Harry, afferrando il giornale.

Malfoy lo ignorò, e un momento dopo lo videro attraversare la strada dalla finestra del bar. Le automobili frenarono rumorosamente mentre tornava di corsa al bed and breakfast.

"Che cosa dice, Harry?" chiese Hermione.

"Io lo seguo," tagliò corto Harry.

Nessuno aprì bocca. Hermione aveva imparato sin dal primo anno che, quando Harry parlava in quel modo, la cosa migliore che si potesse fare era farsi subito da parte. Alzò gli occhi sulla sua bocca decisa e tesa mentre si alzava e pensò che forse, se a Malfoy serviva del conforto, avrebbero dovuto mandare anche qualcun altro.

Ma prima agguantò il giornale.

Marchio Nero sul Maniero Malfoy: tutti scomparsi.

La scoperta, stamattina presto, della scomparsa di Narcissa Malfoy e degli studenti che avevano trovato rifugio presso la sua dimora ha causato ampio sgomento. "E' necessario ricordare," ha detto un membro influente del Ministero, "che secondo alcune voci la signora Malfoy era strettamente legata a Voi-Sapete-Chi a suo tempo, e che molti di quegli studenti provengono da famiglie spesso protagoniste di fatti di cronaca. E' possibile che siano fuggiti per unirsi a lui, per ingrossare le fila del suo esercito in vista di una mossa decisiva contro di noi."

"Smentiamo nel modo più assoluto queste illazioni," ha dichiarato la signora Parkinson, madre di una delle ragazze scomparse. Interrogata sul perché Pansy Parkinson non sia tornata a casa dopo la chiusura di Hogwarts, ha negato ogni ulteriore commento.

La Gazzetta del Profeta non è in grado di chiarire se si tratti di un ricongiungimento in massa a Voi-Sapete-Chi o di un rapimento di dimensioni mai raggiunte prima in una residenza privata. Tuttavia ci sono ragioni di credere che alcune delle persone scomparse siano state prelevate contro la loro volontà. Gli Auror sulla scena hanno riportato i segni di una lotta, e sospettano fortemente che siano state usate Maledizioni Senza Perdono. I lettori sono tutti invitati a restare a casa e a rinforzare le protezioni.

"Oddio," disse Hermione. "Oh... Dio. Povero Malfoy. Dobbiamo seguirlo."

Sirius, come stordito, stava dicendo qualcosa a bassa voce riguardo a corse sui manici di scopa con sua cugina, quando erano piccoli. Hermione pensò che fosse impazzito del tutto, prima di rendersi conto che la signora Malfoy era sua cugina.

Gli mise una mano sul braccio.

"Mi spiace, signore," disse. "Mi dispiace tantissimo... dovremmo seguire Malfoy."

"Io... prendo la sua macchina da caffé," disse Ron prontamente. "Di sicuro vorrà che sia al sicuro. Posso farlo, mio padre mi ha insegnato tutto sull'eclettricità."

"Pensate forse," disse Lupin, che era ancora in piedi e sembrava vecchio quanto Silente, "che Draco apprezzerà un'orda di persone pronte a commiserarlo. Specie trattandosi di persone che, in passato, non hanno mostrato alcun apprezzamento nei suoi confronti? Non lo conosco bene quanto vorrei, ma so quanto è orgoglioso. La considererebbe carità, e reagirebbe estremamente male."

"Professor Lupin," disse Hermione disperata, "lei non capisce. Harry è un disastro in queste cose, è pazzo... no, non volevo dire questo, è che... è cresciuto in un armadio, non sa bene come trattare le persone! Malfoy ha bisogno di qualcuno che sappia cosa dire."

Aveva visto Harry cercare di consolare gli altri... lei stessa una volta era stata la persona che Harry aveva cercato di consolare. Non pensava che a Malfoy servisse qualcuno che farfugliava in cerca delle parole giuste, in quel momento. 

Era pronta ad incamminarsi, ma Lupin la trattenne.

"Neanche Draco è molto maturo emotivamente," disse con gentilezza. "Dubito che saprebbe come reagire ad una risposta normale, mentre sono convinto che fra loro due potrebbero capirsi. Inoltre, Draco si è sempre lasciato trasportare dalle proprie emozioni..."

La sorpresa nel sentire l'odioso Malfoy descritto in quel modo doveva essere apparsa a caratteri cubitali sul viso di Hermione, perché Lupin annuì.

"Ha ascoltato suo padre e il professor Snape, e credo... credo che potrebbe ascoltare Harry."

Hermione continuava a volersi muovere, a voler aggiustare le cose, fare qualcosa invece che rimanere seduta lì a pensare che chiudere Hogwarts era servito a fermare le sparizioni nemmeno per un giorno. Sentì freddo nella calda luce del sole che filtrava attraverso la finestra, e udì come a distanza le voci di Ron e Sirius che discutevano su chi avrebbe potuto custodire meglio la macchina per l'espresso.

Lupin si sporse a toccarle una mano.

"Abbi un po' di fiducia in lui, Hermione," disse. "Fra un po' andremo a controllare se stanno cercando di uccidersi."

*

Harry raggiunse Draco sulla porta della locanda, afferrandolo per il gomito e voltandolo. Draco lo guardò come se non potesse immaginare una vista più odiosa di lui.

"Mi corri ancora dietro?" sbottò. "Avrei dovuto saperlo."

Harry restò zitto e tenne stretto il braccio di Draco, tirandolo dentro fino allo squallido salottino in cui i clienti potevano stare mentre le loro camere venivano riordinate. Una volta giunti lì aveva superato l'impulso di ribattere con astio, ed evitò accuratamente di guardare l'espressione di Draco, che non suscitava compassione quanto disprezzo immediato.

"Draco, mi dispiace tanto," disse, e all'improvviso fu nel panico più totale. Non c'era niente che potesse dire per migliorare le cose, e lui avrebbe dovuto poter fare qualcosa... per Draco, lui avrebbe dovuto dargli sostegno.

"Va' al diavolo, Harry! E' tutto finito. Hai la minima idea di cosa si prova?"

"Beh," disse Harry.

"Non ne hai idea!" ringhiò Draco. "Essere un perdente? Ho provato e riprovato, ho lavorato sodo, tu hai sempre salvato la situazione, hai sempre vinto, e io non sono riuscito neanche a proteggerli!"
"Non sei un perdente," gli disse Harry surriscaldandosi.

Draco storse la bocca. "Lo chiami un successo, tu? Mia madre - mia madre - tu," chiese bruscamente. "Hai fatto (avuto?) un incubo la scorsa notte. C'era lei?"

Harry si fermò e inspirò. Aveva cercato di non pensarci, di non pensare a quei capelli biondi e all'urlo che aveva squarciato la notte. Sin da quando aveva visto il giornale, aveva cercato di non pensare alla giornata a Hogsmeade, e a Narcissa Malfoy sul molo. Aveva quasi... non che la comprendesse, ma aveva creduto che magari prima o poi gli sarebbe piaciuta.

Sul viso di Draco c'era la stessa pretesa cattiva di quando aveva teso la mano per avere il giornale.

"Non essere gentile," disse.

"Sì," scattò Harry. "Sì, c'era. In quel momento non sapevo che fosse lei, ma evidentemente doveva esserlo. Si sentivano delle urla, e credo... credo che la stessero torturando. E' questo che volevi sentire?"

Draco restò immobile al centro di quella brutta stanzetta, nel pieno della mondanità babbana, dove Harry non se lo sarebbe mai immaginato. La sua pelle e i suoi capelli erano quasi sbiaditi sotto le luci fluorescenti, e i suoi occhi erano ormai fessure crudeli.

"Non preoccuparti di cosa voglio," disse. "Almeno io ho avuto dei genitori."

"Per l'amor del cielo, Draco..."

"Mia madre se la caverà, non hai letto il giornale? E' risaputo che è legata al Signore Oscuro. Non è come i tuoi eroi santi, i cagnolini di Silente, quelli che seguivano la linea di partito come pecore e..."

"Smettila di parlare di mia madre e mio padre!"

"...sono morti senza mai partorire un pensiero che fosse loro perché erano patetici e stupidi!"

Harry gli diede un pugno.

Draco barcollò all'indietro, il sangue lucido al centro della bocca, e mentre Harry cercava di mettere insieme, nella rabbia, il pensiero che cosa ho fatto, sorrise.

"Oh," disse. "Sono così felice che l'abbia fatto."

Era ancora piegato per lo shock del colpo, e non fece altro che gettarsi su Harry, colpendolo selvaggiamente nello stomaco con il gomito mentre rotolavano sul pavimento. Harry inspirò scioccato e nauseato e in quel momento Draco lo colpì in pieno viso.

Ebbe il tempo di ringraziare il cielo per aver perso gli occhiali quando Draco lo placcò; dette un pugno a Draco nello stomaco e cercò di toglierselo di dosso.

"Sapevo che sarebbe successo," ringhiò Draco, la voce densa di sangue. "Lo sapevo, lo sapevo che sarebbe successo, sapevo che avrei fallito, sapevo che li avrebbe presi, e adesso sono rimasto con te, mi resti solo tu, e tu morirai!"

"Io non morirò," ringhiò Harry, afferrando la camicia di Draco e dandogli un pugno forte nelle costole, cercando di costringerlo ad alzarsi.

Draco gli restò addosso, un peso tutto gomiti cattivi e dita come artigli.

"Sì invece," annaspò infuriato. "Sì, morirai, stupido, stupido idiota, certo che morirai. Devi smetterla di credere a tutte quelle cose, le storie, le bugie. Vincerà lo schieramento con più armi e più numeri, e non ci sarà alcun eroe. Nessuno è riuscito a vincere contro di lui, noi perderemo, e tu sei matto e morirai!"

"Non ho paura."

"Io sì!" gridò Draco. "Avrei dovuto... Sapevo che sarebbe successo. Sono spariti tutti, stupido, cieco idiota, e tu morirai!"

Colpì forte lo sterno di Harry, lasciandolo stordito per l'assenza di respiro, e Harry scattò in avanti ferocemente e, prima ancora di sentirlo, udì il suono del proprio pugno che entrava in contatto col naso di Draco. Draco oscillò brevemente all'indietro, e Harry colse l'occasione per rimettersi in equilibrio in modo da potersi sedere, stringendo il davanti della camicia di Draco per tenerlo fermo.

Lo sguardo di Draco vacillò: l'incertezza aveva superato il dolore che rendeva sempre odioso il suo viso.

Harry realizzò all'improvviso perché nessuno gli si era mai avvicinato mentre era depresso. Era un atteggiamento orribile, aspro, troppo simile all'ira e troppo lontano dallo sfogo discreto delle lacrime di Hermione. Draco aveva appena perso sua madre e si erano presi a pugni: qual era il suo problema con lui? Non sapeva cosa dire.

Era sempre rimasto paralizzato davanti alle lacrime altrui, però, mentre in quel momento non lo era affatto. Il sangue gli ribolliva nelle vene, fissava il viso di Draco, e il cuore di Draco martellava con insistenza sotto il suo pugno chiuso. Dopotutto Draco gli si era avvicinato: Draco aveva capito.

"Draco," disse dolcemente. "Io non morirò."

Attirò Draco a sé e lo baciò. Draco fece un piccolo verso disperato, prese tra le mani il viso di Harry, sollevandogli il viso verso il proprio, e lo baciò avidamente.

Harry sentì il sapore del sangue all'angolo della bocca di Draco, il taglio che si apriva quando Draco apriva la bocca, e una parte della sua mente si preoccupò per un attimo. Non abbastanza da fermarsi, tuttavia, e nemmeno abbastanza da concedersi una pausa mentre mordeva e leccava le labbra di Draco, e Draco lo ricambiava fieramente. L'unica accortezza che riuscirono a tenere a mente fu stare attenti al naso di Draco, e si separarono solo perché già prima di baciarsi erano a corto di ossigeno, e Harry pensava che gli sarebbero esplosi i polmoni. Harry non si mosse e non lo lasciò andare neanche mentre annaspava, e Draco si mosse solo per raggiungere lo zigomo gonfio di Harry. Lo leccò, il suo alito bollente sulla pelle di Harry, malizioso e provocante, e Harry voleva che continuasse ma si ritrovò a tirare di nuovo la bocca di Draco sulla sua.

Quando dovettero nuovamente fermarsi per prendere fiato, una delle mani di Harry era finita nel colletto della camicia di Draco. Il petto di Draco si alzava e si abbassava, la sua pelle era calda, e il suo alito stuzzicava la guancia di Harry con un ritmo regolare. Erano entrambi vivi, entrambi al sicuro per il momento, anche se la carezza della bocca di Draco a distanza di bacio lo imprigionava in un continuo istante di selvaggio nervosismo.

"Va tutto bene," mentì Harry a bassa voce. "Va tutto bene, va tutto-"

Si mosse appena e riuscì a baciare l'angolo morbido e tremante della bocca di Draco. Volse il viso verso una delle mani di Draco, piegò appena la testa e gli morse gentilmente il polso. Il gemito di Draco risuonò lungo e indifeso.

Harry mandò al diavolo tutto e afferrò i capelli di Draco con una mano, attirandolo per un altro bacio e arrancando per avvicinarsi un altro po', per avere ancora un po' di lui. Draco gli fece scivolare un braccio attorno al collo e lo attirò più vicino, coi denti che scivolavano sul labbro inferiore di Harry, e la schiena di Draco era schiacciata sul sofà sporco e Harry aveva la mano tra i bottoni della sua camicia, l'aveva quasi aperta e aveva la bocca di Draco sotto la sua e la pelle di Draco sotto le mani, e...

Lupin aprì la porta, restò immobile per un istante, quindi disse: "Mi dispiace terribilmente, non sapevo..." e uscì in un lampo.

Sentirono la sua voce assicurare a Sirius che i ragazzi non avevano bisogno di aiuto. Harry lasciò andare la camicia di Draco.

Draco appoggiò la fronte a quella di Harry e sussurrò: "Dio, che imbarazzo."

"Grazie mille," disse Harry, e si accorse di star arrossendo ancora di più.

"Non intendevo quello," rispose Draco, e Harry fu sollevato nel sentire che riusciva quantomeno a strascicare. "Solo che... beccato da un professore. Che vergogna. I Serpeverde dovrebbero essere più furbi."

Harry scoppiò a ridere con prudenza sulla guancia di Draco, e quando Draco gli tolse il braccio dal collo lo fece lentamente, e si fece indietro solo quanto bastava a guardarlo bene in faccia.

Harry ricambiò lo sguardo. Il naso di Draco era gonfio e il suo labbro sanguinava ancora, e Harry sentì una fitta di senso di colpa prima di rendersi conto che non riusciva ad aprire un occhio.

"Quanti incantesimi medici conosci?" chiese.

"Un sacco," disse vivacemente Draco. "Sai, ho passato tutta l'infanzia a girare per la campagna sulla scopa. Dopo un incidente con un elicottero - incidente in cui fui molto eroico, ardito e impavido, nonostante quella cosa stesse chiaramente cercando di uccidermi - mia... madre mi insegnò ogni tipo di incantesimo nel caso finissi a miglia e miglia da casa con una gamba rotta."

Si appoggiò a Harry mentre estraeva la bacchetta dalla tasca posteriore. Harry ignorò l'impulso di girare il viso verso il suo collo e prese anche lui la bacchetta.

Rimosso il gonfiore che aveva sulla guancia, posò la bacchetta sulle labbra gonfie di Draco e sussurrò un incantesimo. Draco alzò un sopracciglio.

"Non osare uscirtene con commenti osceni, Draco Malfoy," ordinò Harry. "Se Lupin sta sentendo dietro la porta, morirò di imbarazzo."

"Lo farei mai?"

"Non ti conviene, altrimenti non ti curo il naso."

Draco strinse le labbra guarite e sembrò pensarci. "Forse quello dovresti lasciarlo a un esperto."

"Così sembrerà che sono venuto per picchiarti. No, grazie," disse secco Harry.

"Beh... però bada a pronunciarlo bene. Mi piace parecchio, il mio naso."

"Non vedo perché," disse Harry, sogghignando. "Non è certo il tuo tratto migliore." Sogghignò ancora di più mentre Draco biascicava una protesta. "L'ho sentito definire a punta," proseguì affettuosamente. "Molto a punta. Quasi da topo, si potrebbe dire."

"Ti odio, Harry Potter," disse Draco con convinzione. "Ti ho sempre odiato, e ti odio ogni giorno di più."

Una volta sistemato il naso, Draco afferrò la mano destra di Harry, stringendogli le dita attorno al polso.

"Non voglio vederli," disse con voce tirata. "Non voglio vedere nessuno di loro."

Harry avrebbe voluto stringerlo, ma non era sicuro che gli fosse concesso. "Non devi. Rimarremo qui."

"Ma non voglio che sappiano che non voglio vederli!" sbottò Draco, come se fosse ovvio. "Non ho paura. Andiamo."

"Resterò io con te," disse Harry, e Draco abbassò gli occhi e annuì, alzandosi in piedi e lasciandolo andare. Raggiunse la porta.

"E poi non voglio che il professor Lupin si faccia strane idee su di me," disse da dietro la sua spalla. "Potrebbe parlare, e allora la mia reputazione sarebbe compromessa."

Scese il panico, e Draco si voltò al silenzio di Harry.

"Ehm," disse infine Harry. "Non so... Non voglio... Non mi sono, uhm, approfittato di te, giusto?"

Le luci fluorescenti spiccavano ancora, il sofà e i tappeti erano ancora sporchi e sbiaditi, e Draco ancora molto pallido. Harry pensò che non avrebbe mai dimenticato il modo in cui Draco lo guardò in quel momento tenero e straziante.

"No." Si fermò, una mano sulla maniglia e l'altra dietro di sé, appoggiata alla manica di Harry. Sorrise. "Peccato," aggiunse a bassa voce.

Uscirono, e Harry vide i volti degli altri oltre la linea rigida della spalla di Draco, pieni di compassione.

Draco tese le spalle. "Che effetto avrà questo incidente sulla gente sul campo? Di certo non migliorerà il morale."

*

Parlarono di strategia, nient'altro che strategia, per ore. Hermione ripensò alle nottate nella stanza di Draco, quando erano ancora un gruppo di scolaretti che cercavano di progettare grandi cose.

Allora gli era quasi piaciuto.

Era cambiato molto. Continuava a parlare in modo duro, pragmatico, concreto, niente a che vedere col solito vantarsi di Malfoy. Hermione continuava a esitare quando avrebbe potuto replicare, ma Harry riusciva a star dietro a Malfoy. Suggeriva opinioni come sempre, con voce diffidente e sicura allo tesso tempo e, ogni volta che parlava, Malfoy sembrava rincuorarsi e andare avanti.

Però Malfoy non lo guardava mai. Non si toccavano neanche, o almeno non gentilmente, quindi forse Hermione si era sbagliata.

Si mossero di scatto per prendere un foglio di carta nello stesso istante e i loro polsi si scontrarono con forza. Continuavano a darsi gomitate e a sussultare: era chiaramente vero, faceva chiaramente male.

A un certo punto Harry disse: "Potrebbe aiutare se... attirassimo quei genitori dalla nostra parte. Sono i loro figli quelli che hanno preso. Forse potrebbero riconsiderare la loro posizione."

"Persino i Serpeverde," mormorò Malfoy. "E non pensi che qualcuno possa esserci andato volontariamente?"

Harry incontrò il suo sguardo con decisione. "No," disse. "No, non credo."

Malfoy sorrise leggermente e si rilassò contro Harry così che le loro spalle si scontrarono.

Era un'idea stupida. Almeno Malfoy era sicuramente stato con qualcuno in passato. Non potevano essere entrambi così tesi, impacciati, smaniosi. Era stupido pensare che l'unico modo in cui riuscivano ad avvicinarsi fosse facendosi del male.

In più momenti durante la giornata, Sirius e Lupin uscirono a comprare dei sandwich. I cartoni di succo e le cannucce di plastica lasciarono Ron molto confuso, e quando Hermione spostò lo sguardo vide Harry prendere il cartone di Malfoy prima che potesse anche solo provarci.

"Ci sarei arrivato, prima o poi," dichiarò pomposamente Malfoy.

L'angolo della bocca di Harry si torse. "Certo. Sei così ferrato in Babbanologia."

"Ne so qualcosa, sì."

"Specie di cravatte," osservò Harry. Solo Hermione vide la fierezza protettiva dello sguardo che rivolse a Malfoy, mentre Malfoy piegava la testa e mormorava cupo qualcosa sui vestiti di Harry.

La madre di Malfoy poteva essere morta, e loro non facevano che stuzzicarsi e ferirsi. Non poteva significare... nemmeno loro potevano essere tanto stupidi.

Rimasero seduti tutto il giorno a discutere tattiche e a cercare di prevedere il futuro. Hermione avrebbe voluto dire qualcosa, o che Malfoy fosse diverso così che lei avrebbe potuto dispensare un po' di conforto. Voleva qualcosa di normale, ma pareva che Malfoy preferisse così.

Quando Harry disse che era stanco, Malfoy disse la stessa cosa. Si alzarono e Hermione li vide scambiarsi un sorriso stanco, come se Malfoy fosse riuscito ad ottenere qualcosa. Come se si fossero capiti.

Hermione non capì. Stava per chiedere a Malfoy dove aveva intenzione di dormire, quando Lupin la guardò e scosse piano il capo.

Harry e Malfoy andarono insieme nella stanza di Harry.

*

Harry si svegliò la mattina dopo, e trovò Draco accanto a sé.

La notte prima, al buio, Draco era riuscito a sporgersi, mettergli intorno un braccio ostinato e dire minacciosamente "Neanche una parola, Harry" sulla sua nuca, ma era stato la notte prima, ed erano stati entrambi così stanchi che avevano finto che andasse tutto bene e si erano addormentati quasi immediatamente.

Ora era mattina, e Draco era rannicchiato al lato opposto del letto, chiaramente non abituato ad avere vicino un'altra persona. Harry non aveva la più pallida idea di cosa fare.

Non sapeva che fare con qualcuno nel letto. Non conosceva nessuna frase rassicurante e appropriata da dire a qualcuno che era appena stato privato di una persona cara, e le linee preoccupate tra le sopracciglia di Draco che dormiva non lo facevano sentire bendisposto. Voleva andare ad uccidere Voldemort, per poi tornare e dirlo a Draco. Forse quello l'avrebbe fatto sentire meglio.

Era un disastro in quel genere di cose. Era inutile starsene steso lì a incamerare rabbia e guardare Draco dormire con quell'espressione infelice.

Si tese e gli toccò il viso, tutto contratto per il sonno ansioso. Fu un impulso stupido, e fu così goffo che Draco si svegliò all'istante.

Non avevano neanche tirato le tende, la sera prima. La stanza era piena di una luce che non lasciava spazio a compromessi, che strappava via le ombre da ogni angolo, e faceva risplendere ogni piega bianca delle lenzuola. Draco non alzò nemmeno la testa dal cuscino, si limitò a guardare in alto con i suoi grandi occhi grigi.

Disse freddamente, "Com'è che non provi mai a prenderti ciò che vuoi?"

Harry non sapeva come reagire. Così disse dolcemente. "Taci, Draco. Lo sto facendo."

Era ancora impacciato, in un letto, alla luce del sole, con Draco traumatizzato o qualcosa del genere, ma non aveva intenzione di tirarsi indietro. Non avrebbe ritirato proprio nulla.

Sentiva di doversi muovere con cautela.

Tornò a guardare Draco e sfiorò con le dita la linea della sua mandibola, gli zigomi, la fronte. Le piccole rughe si addolcirono e scomparvero sotto la sua mano, e quello gli sembrò... incoraggiante, così non si fermò. Accarezzò il lato del viso di Draco, e non era niente di particolarmente soffice, era solo pelle, ma era la pelle di Draco, e Draco lo stava lasciando fare, con quello sguardo indecifrabile fisso su Harry. Gli tolse i capelli dagli occhi, e quelli sì che erano soffici.

Draco tese una mano silenziosamente, la mise dietro al collo di Harry e lo attirò in basso. Il respiro di Harry si fece rapido ed esitante quando le loro bocche si toccarono la prima volta, brevemente, e poi con più sicurezza.

La luce non era poi così male, in effetti. Vedere tutto sembrò improvvisamente una buona idea, quando Draco si lasciò sfuggire un lungo sospiro e lasciò che gli occhi gli si chiudessero quasi del tutto. Le sue ciglia erano un velo argentato da così vicino, e aprì la bocca sotto quella di Harry, tendendosi. Harry rimase su di lui per un altro incerto momento, poi ad un certo punto del lungo bacio finì con Draco schiacciato contro di sé.

La luce fluiva come acqua sulle curve lievi delle clavicole di Draco mentre Harry sfregava il viso contro il suo collo. Aprì la bocca e assaporò la pelle liscia e salata, sentì il guizzo dei muscoli di Draco mentre si muoveva sotto di lui.

La mano di Draco sul suo braccio lo attirò di nuovo su, lo fece tornare alla bocca di Draco e a un altro lungo, lento bacio. Fu caldo e quasi sognante, ma Harry continuava ad avere i brividi, e sentì un verso ruvido provenire dal petto di Draco mentre respirava. Cuore e immaginazione sfrecciavano, inciampando l'uno nell'altra, e non riusciva a smettere di toccarlo.

Lo toccò molto, molto piano, continuando ad accertarsi che gli fosse permesso e senza riuscire a credere che potesse esserlo. Passò il dorso delle dita sulla curva della gola di Draco e sul suo sul suo petto caldo e tremante. Spinse le nocche sulle sue costole.

Le mani di Draco gli accarezzarono i muscoli della schiena lentamente, con la stessa esitazione di Harry ma senza mai fermarsi. Il bacio fu un'offerta, caldo e rilassato come il corpo di Draco, una promessa sospesa a mezz'aria.

Quando Harry aprì gli occhi Draco lo stava guardando, così vicino che le loro ciglia si intrecciarono. Le labbra si sfiorarono e spinsero le une contro le altre, e mentre si fissavano Draco accarezzò anche lui le costole di Harry, un tocco leggero che liberò brividi intenti a rincorrersi sulla sua pelle. Draco mosse le dita fino all'incavo sul fianco di Harry.

Continuava a guardare Harry. Era quasi una domanda.

Harry chiuse di nuovo la bocca sulla sua, sentì il corpo di Draco sollevarsi sotto il suo, sentì l'interno del suo labbro e la punta dei suoi denti scivolare sulla propria lingua. Le dita di Draco scivolarono di un centimetro sotto l'elastico dei pantaloni di Harry, e a Harry quasi mancò il respiro.

Qualcuno bussò alla porta.

"Harry? Draco? Siete svegli?" chiese Lupin.

Draco rimosse immediatamente la mano e Harry gli si tolse di dosso in un attimo, sentendo tutto il sangue tornare a irrorargli il viso. Sentì Draco lasciarsi andare a un sospiro molto diverso ed esasperato alle sue spalle.

"Sta diventando peggio di una barzelletta," disse Draco contrariato. "Ehm... entri pure, professor Lupin!"

Harry si trascinò fino alla testiera del letto, sperando che Lupin attribuisse il suo aspetto vagamente intontito al sonno. Fece del suo meglio per sembrare disinvolto e sveglio da poco, e mentre tornava a sedersi la sua mano sfiorò quella di Draco e Draco lo guardò, caloroso come quel tocco accidentale.

Lupin entrò con un foglio stretto in un pugno. Ogni emozione che non fosse paura si volatilizzò dal petto di Harry, e lui restò freddo in attesa di sentire il peggio.

Lo sentì.

"E' un Gufo di emergenza da Silente," disse cupo Lupin. "Il piano è fallito completamente. Ci ha richiamati a Hogwarts... e per quanto ne sappia lui siamo l'unico gruppo rimasto."

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) Si tratta del verso sottolineato di questa canzone, come intuito dalla mitica Vale!

Shut Up And Kiss Me
(Mary-Chapin Carpenter)Don't mean to get a little forward with you,
don't mean to get ahead of where we are
Don't mean to act a little nervous around you,
I'm just a little nervous about my heart 'causeIt's been awhile since I felt this feeling
that everything that you do gives me
It's been so long since somebody whispered
Shut up and kiss me Didn't expect to be in this position,
didn't expect to have to rise aboveMy reputation for cynicism,
I've been a jaded lady when it comes to love but
Oh baby just to feel this feeling t
hat everything that you do gives meIt's been too long since somebody whispered
Shut up and kiss meThere's something about the silent type attracting me to you
All business baby none of the hype
That no talker can live up toCome closer baby I can't hear you,
just another whisper if you please
Don't worry 'bout the details darlin',
you've got the kind of mind I love to readTalk is cheap and baby time's expensive,
so why waste another minute more
Life's too short to be so apprehensive,
love's as much the symptom darlin' as the cureOh baby when I feel this feeling,
it's like genuine voodoo hits me
It's been too long since somebody whispered...
Oh baby I can feel this feeling
that everything that you do gives meIt's been too long since somebody whispered
Shut up and kiss me
Shut up and kiss me

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Capitolo 21
*** La spia di Hogwarts ***


Scusate il ritardo

Scusate il ritardo! Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, e ho intenzione di aggiungere anche qualcosa scritta da Maya riguardo a questa storia, insomma qualche commento dell'autrice. Il problema è che non so ancora *dove* inserirli. Magari li spargerò allafine dei vecchi capitoli, vi avviserò in seguito! Godetevi il 21 ^_^

Underwater Light

By Maya

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

Sommario:

Mai rivolto preghiere al Signore?
Mai dubitato del vostro amore?
La timidezza adesso buttatela via.
Leggete qui, scoprite la spia!

 

Capitolo Ventuno

La spia di Hogwarts

It's always darkest in the night

Hold on so tight your fists turn white

And your soul may be blown wide open...

[La notte è sempre più buia / Aggrappati forte finché le nocche ti diventano bianche / E la tua anima potrebbe esplodere completamente...]

 

 

Il viaggio di ritorno in treno fu quasi identico a quello verso il Surrey. Erano tutti tesi e tristi, solo di più. Ron continuava a cercare di mettere il braccio intorno a Hermione, ma ogni volta lei si inarcava e si muoveva finché non la lasciava andare. Lupin e Sirius erano lividi.

Erano rimasti solo loro. Silente li aveva mandati via ed erano stati presi uno per uno, ed era ovvio che non l'aveva fatto apposta ma era successo, e Harry l'aveva detto che non avrebbero dovuto farlo! Aveva promesso a Natalie che avrebbe ucciso Voldemort e che non c'era alcun motivo di avere paura.

Avrebbe volentieri ucciso qualcuno. Ne aveva abbastanza di essere incazzato senza potersi sfogare. Appena tornati si sarebbero seduti e avrebbero organizzato un piano tutti insieme. Avrebbero potuto parlare di cosa stavano facendo gli Auror, o anche unirsi a loro. Finalmente avrebbe potuto fare qualcosa.

Potevano salvarli tutti. L'avrebbero fatto.

Draco tamburellava con le dita sul finestrino. Harry pensò che si sarebbe rallegrato se qualcuno se la fosse presa, ma nessuno sembrò notarlo. Lo guardò e Draco annuì.

"Vado a sgranchirmi le gambe," annunciò Draco. "Perché ho bisogno di gambe sgranchite."

"Già, anch'io," disse Harry.

Si alzò e seguì Draco. Draco cominciò a tamburellare anche sul finestrino del corridoio.

"Smettila," disse Harry, più che altro per dargli soddisfazione.

"Non assecondarmi, Potter," replicò Draco. Gli rivolse comunque un mezzo sorriso, smise di tamburellare e si appoggiò al finestrino. "Dunque," disse. "Silente ha mandato dei Gufi e non ha ricevuto risposte, quindi crede che siano stati presi tutti. Tranne la spia. Ovviamente ha consegnato tutti quelli con cui era ed è sparito nell'ombra, così non sapremo mai chi fosse. A meno che..."

"Draco, basta," disse Harry ferocemente.

Doveva essere andata così. Qualcuno in uno dei gruppi aveva consegnato tutti gli altri. Magari Ginny aveva visto il viso del traditore e doveva esser stato orribile vedere un amico di cui si fidava trasformarsi in una spia durante la notte...

"A meno che non sia uno di noi," continuò Draco senza fare una piega. "Non ti sembra un po' strano che siamo rimasti solo noi? Possibile che nessuno nella gang del Signore Oscuro abbia detto ehi, un momento, chi ha preso quel ragazzo con gli occhiali, come si chiama... ce l'ho sulla punta della lingua..."

"Draco, sta' zitto. Non è nessuno di noi. Non è Lupin, non è Sirius, di certo non è né Ron né Hermione, e tu..." Dopo tutto quel tempo, dopo tutto ciò che aveva detto, c'era ancora una certa tensione sulle spalle di Draco. Harry ne strinse una, forte, e lo strattonò.

"Draco," disse. "Non sei neanche tu."

"E chi parla di me?" chiese Draco. "Sei chiaramente tu. E' sempre la persona meno sospetta."

"Sta' zitto, Draco." Strinse anche l'altra spalla e le strattonò entrambe. Si scambiarono un sorriso esausto.

"Hai complottato tutto sin dal primo anno, è ovvio," continuò Draco. "Dietro quegli occhiali tondi si cela la mente di un genio malvagio." Glieli sfilò e a Harry, attraverso l'improvvisa nube sfocata, sembrò che lo stesse scrutando in modo esagerato. "Sì, ora lo vedo," concluse.

Harry si sporse in avanti e il viso di Draco divenne nitido, molto più vicino di quanto pensasse. Draco sbatté le palpebre una volta, lentamente, e quando Harry lasciò cadere con incertezza una mano dalle sue spalle, Draco la afferrò. Restarono immobili, Draco appoggiato al vetro e Harry appoggiato a Draco, e Harry si accorse che ogni volta che avevano i brividi respiravano all'unisono.

"Decisamente malvagio," mormorò Draco.

Harry non era affatto certo di poter dire cose sensate mentre teneva Draco contro il finestrino, ma sentiva di doverci provare.

"Senti, io non voglio... in questo momento so che sei confuso..."

Harry era confuso, furioso, irrequieto e perso perché Draco era troppo vicino. Il suo respiro gli volava rapido contro la guancia, e fu come se le corde del suo cuore si fossero ispessite, aggrovigliandoglisi nel petto. Voleva spingere Draco più forte contro il vetro e fare... qualcosa, qualsiasi cosa, poi andare ad uccidere qualcuno, sistemare qualcosa, tornare da Draco e riposare.

"Sei tu quello confuso," sbottò Draco. "Ti ricordi di cosa abbiamo parlato l'altra volta, sul treno... di noi... di ciò che volevi?"

Le dita di Harry erano chiuse sul dorso delle mani di Draco, schiacciate contro il vetro lucido del finestrino. Guardò Draco, così scontroso e impacciato, e pensò a tutte le cose per proteggere le quali valeva la pena di uccidere, alle cose per cui valeva la pena di morire. Il profilo plumbeo di Hogwarts che si stagliava in lontananza come casa. Sirius che faceva del suo meglio e falliva sempre, Hermione che alzava gli occhi da un libro e gli sorrideva, Ron a undici anni col naso sporco.

"Sì," disse.

"E' molto probabile che moriremo presto," gli disse Draco, pensieroso. "Neanche io posso deluderti nel poco tempo che ci resta..."

"Solo perché pensi che stiamo per morire... lo sai, non devi fare niente se non..."

"Harry, sta' zitto!"

Harry fissò il suo viso affilato e caparbio, e pensò a tutte le cose per cui valeva la pena uccidere.

E questo, pensò. E tu.

"Lo so che non devo," disse Draco. "Io..."

Tese la mano che stringeva ancora gli occhiali di Harry tra due dita, e Harry sentì le stanghette graffiargli la nuca quando Draco lo baciò. Fu un bacio intenso, nonostante Draco tremasse.

Il proposito di trattenersi fallì miseramente, e Harry gli si avventò contro, lo spinse più forte contro il finestrino, sentì la bocca di Draco aprirsi calda sotto la sua mentre le loro mani intrecciate premevano contro il vetro. Con l'altra mano immobilizzò Draco contro il finestrino, e lo sentì tirargli i capelli mentre si baciavano.

Draco si mosse, lottando per non essere tenuto fermo e Harry avrebbe pensato che volesse davvero liberarsi, se non fosse stato per i gemiti profondi e irregolari che gli sfuggivano e per le dita strette tra i capelli di Harry.

Harry cercò di stringerlo ancora più forte, si strusciò disperatamente contro il suo corpo e Draco si contorse e tremò contro il vetro, affondando i denti nel labbro inferiore di Harry.

"Oh, insomma," disse Hermione.

Harry si voltò di scatto e diventò scarlatto sotto il suo sguardo.

"Ehm, Hermione. Ascolta. Lasciami spiegare," disse, poi guardò verso Draco per assicurarsi che capisse che non avrebbe mentito. Draco aveva il fiatone e pareva piuttosto divertito.

"Non disturbarti," disse Hermione. Sembrava stanca. "Non è questo il momento, e poi lo so da mesi. Malfoy, se gli fai del male giuro su Dio che ti ammazzo."

"Non va avanti da mesi," protestò Harry, offeso. "E non ho bisogno di essere protetto da te, fra l'altro."

Hermione incrociò le braccia. "Ah, davvero? Siamo l'unico gruppo rimasto, Harry, non ti sembra un po' sospetto..."

"Siamo l'unico gruppo rimasto, Hermione, non ti sembra un po' controproducente cominciare a scagliarci accuse tra di noi?" scattò Harry.

"E' anche possibile che sia tutta una trappola," disse Draco.

Hermione guardò Draco, e disse con voce forzata: "Cosa vuoi dire?"

"Silente è un uomo in vista. Credi che sia difficile per chiunque nel mondo magico accedere a documenti con la sua calligrafia? Io stesso potrei imitare la sua scrittura. Quel Gufo potrebbe essere falso, e potrebbe portarci dritti dritti in una trappola."

Hermione e Draco erano entrambi molto seri, ma qualcosa di quell'idea fece sorridere Harry.

Che ci provassero. Non vedeva l'ora di fare qualcosa.

"Potrebbe essere," concesse. "Ma dobbiamo comunque andare, nel caso non lo sia. Perciò... come andiamo con le Maledizioni Senza Perdono?"

Hermione aveva detto che sarebbe stato meglio tornare dentro, ma alle parole di Harry si fermò con la mano sulla porta.

"Harry, a parte tutto... non funzionano sempre. Bisogna crederci davvero..."

"Allora suggerisco di crederci," disse Harry. "Dopo di te."

Hermione entrò. Harry si fermò ancora un attimo prima di seguirla. "Prima," disse, e si interruppe. "Volevi dire quello? Che tu... che vuoi essere..."

Draco lo guardò quasi con sfida, e per un attimo continuò a fissarlo. Un sorriso lento ed esitante gli fiorì sul viso. "Sì."

Harry si accorse che si tenevano ancora per mano, e strinse la presa. "Ok," disse. "Bene."

Entrarono nella carrozza e Sirius, cupo, si offrì volontario per essere posto sotto la Maledizione Imperius.

Il viaggio di ritorno fu quasi identico a quello di andata.

Ma non del tutto.

*

Il Binario 9 e ¾ era una distesa immobile e vuota di piattaforme di cemento e binari. Non c'era alcun Espresso di Hogwarts rosso sfavillante, e non ne sarebbe mai arrivato uno, per quanto avessero potuto attenderlo.

Sirius e Lupin forzarono con successo la porta del magazzino in cui i ferrovieri magici tenevano le scope, nel caso in cui ci fosse bisogno di volare sul luogo di un guasto e non ci si potesse Materializzare.

Una certa dose della tensione di Harry fu attenuata dal contatto di un manico di scopa nel palmo della mano. Un altro po' fu alleviata dal sorriso inquieto che comparve a un angolo della bocca di Draco.

"Segui la mia scia," disse piano. "E cerca di non cadere."

"Sono preoccupato, Draco," replicò Harry, chinandosi su di lui, senza baciarlo ma animato della consapevolezza di poterlo fare. "Potrei finire così avanti che non ti vedrei nemmeno cadere."

Draco storse la bocca contento della sfida, e Harry prese il volo nel vento. Nel cielo non c'era che quella luce all'angolo dei suoi occhi, ovvero Draco che lo raggiungeva. Draco gridò qualcosa che non riuscì a sentire, e Harry quasi rise, e il nodo che aveva nel petto si allentò per qualche momento.

Quando si avvicinarono ad Hogwarts anche quel sollievo sparì, e atterrò pieno di rabbia e paura davanti all'entrata della scuola.

*

Harry non aveva mai visto Hogwarts deserta prima, ma adesso si stagliava scura sul cielo tetro. Non c'erano gufi che volavano verso la Guferia né luci alle finestre, e la forma familiare delle torri e dei tetti spioventi apparve improvvisamente sinistra, troppo tranquilla, come il guscio vuoto di una persona amata.

Formarono un gruppo stretto stretto fuori alla porta, tremando come se potessero volare via da un momento all'altro. Harry percepì incertezza nella spinta della spalla di Ron contro la sua, e del gomito di Draco dall'altra parte. Ora che erano arrivati, tutti avrebbero voluto andarsene.

Ripensò alle parole di Draco sull'eventualità che fosse una trappola, e si ricordò che lì dentro c'era l'assassino della McGranitt e che avrebbe potuto perderli tutti.

Avevano perso già abbastanza persone.

"Che ne direste," disse, "se io entrassi per primo e... non so, dessi un'occhiata in giro?"

"Harry, non esiste," esclamò Hermione.

"No, lo farò io," disse in fretta Sirius.

"Avete obiezioni morali a organizzare un piano?" chiese Draco.

La sua voce aveva un che di teso che gli altri non avevano, e si irrigidì leggermente quando Harry lo guardò. Harry si ricordò che Draco aveva molta meno esperienza di loro con situazioni potenzialmente mortali, e solo per un secondo ripensò a un ragazzino del primo anno nella Foresta Proibita che mormorava lamentele con voce tremante. Spinse la spalla, solida e rassicurante, contro quella di Draco.

"Hai qualche idea geniale, Malfoy?" chiese Ron, e dalla piccola dose di sarcasmo si intuiva quanto fosse disperato.

"Stranamente no."

Le sopracciglia nere di Sirius si avvicinarono all'istante. "Harry ha ragione, qualcuno dovrebbe entrare. Lo farò io, voglio farlo..."

"Sirius..."

"Credo che il piano di Harry non sia male," disse lentamente Lupin.

Tutti, incluso Harry, lo fissarono.

Proseguì. "Sono certo che qualcuno fra voi abbia pensato a una trappola. Se lo è davvero, non ha senso entrare tutti. Entrerà una sola persona, e se non uscirà, Sirius potrà contattare l'Ordine della Fenice - o quello che ne resta." Si fermò e aggiunse: "Ovviamente, quella persona dovrei essere io."

"Ma è stata un'idea mia!" disse Harry.

"Non posso permettere che entri nessun altro!" ribatté Lupin, e fu il primo rimprovero severo che Harry udì dalla sua voce. "E' giusto che entri io, almeno ho vissuto. Non sono stato intrappolato ad Azkaban per dodici anni, e non sono un ragazzino che si è appena affacciato alla vita..."

"Io non sono un ragazzino..." obiettò Harry.

Il viso di Lupin parve più grigio e più stanco che mai alla luce del crepuscolo. "Sei ancora uno studente, e sei sotto la mia responsabilità. Non lascerò che entri nessun altro. Entrerò io."

"Mi lasci venire con lei."

Harry vide la stessa espressione sconvolta sui volti di Sirius, Ron e Hermione prima di guardare Draco. Draco si morse il labbro e incrociò orgoglioso i loro sguardi allarmati.

"Mi lasci venire con lei," ripeté, a voce più bassa. "Non farò nulla di..."

Lupin, proprio come Harry, non era affatto sorpreso. "Non essere ridicolo, Draco," disse. "Certo che lo faresti. E certo che non permetterò niente del genere. Entrerò da solo."

Si fermò, non per esitazione ma come aspettandosi di dover rispondere ad altre obiezioni. Harry lo guardò impotente.

Lupin annuì, come faceva di solito quando tutto era stato sistemato alle riunioni del Giovane Ordine della Fenice.

"Datemi una mezz'ora, dopodiché scappate più in fretta che potete," disse, sempre con l'aria di chi avesse finalmente stabilito tutto. Raggiunse l'enorme portone di Hogwarts che Harry aveva oltrepassato di corsa migliaia di volte, e lo spinse. Poi si voltò un'ultima volta. "E' stato un onore conoscervi," disse, e scomparve nell'oscurità.

Il portone gli si chiuse alle spalle.

*

Draco aveva imprecato dopo che si era chiusa la porta, dopodiché nessuno aveva fiatato per un po'. Sirius era impegnato in quella che sembrava una sfida di sguardi con la porta dietro cui era scomparso il suo ultimo amico, e Ron era impegnato in una battaglia per far sì che nessuno si accorgesse di ciò di cui si erano già accorti tutti, e cioè che i suoi occhi erano pieni di lacrime.

Harry si sedette accanto al portone di Hogwarts con le mani giunte attorno alle ginocchia, cercando di non prendere niente a pugni. Si arrese dopo quindici minuti e dette un pugno al muro di pietra.

Lo colpì forte e sentì la pelle lacerarsi contro la pietra, il morso bollente del sangue che si portava via un po' della sua rabbia. Draco si inginocchiò accanto a lui, tirandolo via dal muro.

"Non farlo," disse. La sua voce era distante, il suo viso freddo.

"Perché diavolo non dovrei?" chiese brusco Harry. "Questo stupido muro potrebbe mettermi in pericolo?"

L'attenzione di Draco fu apparentemente distolta dal tono di Harry, e quando guardò Harry negli occhi i suoi si addolcirono. "Lasciami riformulare," disse nel modo più condiscendente. "Non farlo, idiota, perché potrebbe servirti la mano con cui tieni la bacchetta."

Le sue dita erano conficcate nel polso di Harry, e lui era la persona meno comprensiva al mondo. Harry sapeva, in qualche anfratto nascosto della sua mente, che era ridicolmente grato a Draco per la sua presenza.

Ma in quel momento quasi non riusciva a percepire quella sensazione. Riusciva a pensare solo a Lupin che era entrato al posto suo. Avrebbe potuto sopportare tutto tranne quello, pensò, tutto tranne l'essere tenuto al sicuro.

"Sei tu l'idiota," disse, con voce aggressiva. "Non ti avrei mai lasciato entrare lì dentro senza di me."

Draco piegò la testa con un piccolo verso. "Vorrei proprio vederti mentre cerchi di fermarmi," disse, quasi teneramente.

Hermione aveva le braccia strette attorno a se stessa, come cercando di mantenersi in piedi. La sua bocca stava formulando incantesimi, ma cercò di sorridere quando Ron la guardò. Sirius non staccò un attimo gli occhi dal portone.

Draco tenne la testa abbassata per il suo solito terrore di mostrare le emozioni che tradiva. Harry si guardò intorno e desiderò di poter dire qualcosa di appropriato come aveva fatto Lupin... ma ciò che voleva davvero era fare qualcosa.

Essendo quello che era, nel mondo in cui vivevano, il suo modo di dire Vi voglio bene sarebbe stato uccidere qualsiasi cosa avesse tentato di toccarli.

Stava appunto pensandoci quando, da qualche parte nel castello, Lupin urlò.

Sembrava vicino e suonava grave, e se non fosse stato per quello forse Sirius si sarebbe fermato un attimo e avrebbe fatto ciò che aveva detto Lupin, portandoli tutti al cospetto dell'Ordine. Ma l'urlo era ancora nell'aria quando Sirius si lanciò sulla porta e sparì all'interno.

"Sirius, aspetta," gridò Hermione, troppo tardi.

"Non possiamo lasciarlo andare da solo," disse Ron.

Harry era già in piedi. "Non sappiamo dove sia l'Ordine della Fenice. L'unica scelta che abbiamo è seguirlo e cercare di salvare almeno lui."

Dopo si sarebbe sentito uno schifo per essere riuscito a prevedere la morte di Lupin, ma quello era il momento di agire.

"Odio i Grifondoro," disse Draco, in tono di assenso. Era bianco persino sulle labbra.

"Avanti," ordinò Harry, ed entrarono tutti. Alle sue spalle sentì tutti gli altri che si affrettavano in modo da non poterci pensare un secondo di più.

All'interno il castello era buio. Non c'era traccia di Sirius.

*

Harry vide gli altri esitare, avvolti dalle tenebre come insetti dall'ambra.

"Dobbiamo fare qualcosa adesso," disse. "Dobbiamo trovare Sirius, non può essere andato lontano."

"Ci dobbiamo dividere," annunciò Draco con voce esile.

No, pensò Harry all'istante. Era per quello che si erano ritrovati in quel casino. Si erano divisi e la spia li aveva rintracciati uno per uno. Ma Draco parlava velocemente.

"So cosa pensi, ma è l'unico modo. Come hai già detto, non può essere andato lontano, ma se prendiamo tutti la direzione sbagliata potrebbero essere uccisi o... messi insieme agli altri... Non è una grande scelta, ma è l'unica che ci resta! Se ci ritroviamo tutti qui tra venti minuti..."

Si fermò, perché sapeva che c'era una possibilità che nessuno tornasse al punto d'incontro. Hermione annuì piano ma con determinazione.

"Allora va bene. Andiamo, Ron."

Harry pensò in fretta. Se avesse dovuto scommettere, avrebbe scommesso che l'urlo fosse venuto dai piani inferiori del castello.

"Voi andate di sopra, e continuate a salire se non trovate niente. Io cercherò qui e poi nei sotterranei, così impiegheremo tutto il tempo che abbiamo. Poi torniamo tutti qui. Mi raccomando! Starò attento."

"Staremo attenti," lo corresse Draco, contrariato.

Ron e Hermione annuirono all'unisono, senza più tempo per le parole, e corsero su per le scale come avevano fatto decine di volte quando Ron si era dimenticato la sciarpa, o a Hermione serviva urgentemente un libro della biblioteca.
Hogwarts era buia adesso, tutti i ricordi erano contaminati, e Harry ripensò alla terza prova del torneo e provò un senso di gelo. Era stato in un altro mondo in cui ogni sua paura si avverava, e quel mondo ora aveva conquistato il suo.

Era così infuriato che non c'era quasi spazio per la paura. Lui e Draco attraversarono la Sala e le stanze adiacenti trovandovi soltanto ombre, e Harry quasi desiderava di inciampare sul nemico.

Quella era casa sua! L'unica casa che avesse mai avuto!

Nessuno aveva il diritto di portargliela via.

Le uniche cose a rivendicare Howarts erano le ombre, e Harry non poteva certo combattere contro quelle. Lui e Draco si scambiarono rapidi sguardi e iniziarono in silenzio a scendere le scale verso i sotterranei.

Avevano appena terminato i gradini quando udirono voci e passi nelle vicinanze.

Harry afferrò la bacchetta. Draco afferrò Harry, e lo attirò in una nicchia che Harry avrebbe giurato non fosse lì un minuto prima.

"Sta' fermo," ordinò Draco, la sua voce un sibilo appena percepibile, la bocca sull'orecchio di Harry. "Siamo qui per trovare delle persone, non per combattere!"

Harry si fermò e ogni muscolo del suo corpo protestò. L'adrenalina ingannata gli scorreva rovente nel corpo, spinse forte il palmo contro la bacchetta e girò il viso verso quello di Draco. Cercarono di respirare con calma, ma senza riuscirci.

Le persone dietro l'angolo erano un gruppo di Mangiamorte che camminavano avvolti dai mantelli e coi cappucci sollevati, che ad Harry ricordarono dei monaci da incubo. Sirius e Lupin non erano tra loro.

I muscoli tesi di Harry gli urlarono di muoversi, ma rimase immobile, col petto di Draco che sobbalzava contro la sua schiena. I Mangiamorte, dopo qualche attimo infinito, si allontanarono. Harry e Draco aspettarono finché non furono scomparsi persino i rumori dei loro passi.

Poi Draco lasciò andare il braccio di Harry ed espirò a fondo, rabbrividendo.

"Ok," disse. "Lasciami andare da solo."

"Sei matto? Lupin è entrato da solo..."

"E sarebbe stata la decisione giusta, se Black non l'avesse seguito! Questa è la decisione giusta. Mi hai visto adesso, Snape mi ha mostrato ogni angolo segreto dei sotterranei. Posso nascondermi meglio di qualsiasi altro Serpeverde. Se Black o Lupin sono qui posso trovarli, e posso farlo più velocemente da solo!"

"E io cosa dovrei fare mentre te ne vai in giro a rischiare la vita?"

Draco lo guardò in un modo che, più che suggerire, gridava che Harry si stava comportando da idiota. "Tutti noi abbiamo lasciato a scuola ogni oggetto magico tranne la bacchetta per non essere scoperti," disse, e all'assenso perplesso di Harry sibilò, "Non credi che il mantello e la mappa potrebbero tornare utili in questo momento?"

Harry non sprecò tempo a darsi dell'idiota. "Hai ragione. Resta qui, vado a prendere la mappa così possiamo cercare insieme."

"Siamo un po' a corto di tempo, nel caso non l'avessi notato," sbottò Draco. "Con la mappa saprai dove trovare me, gli altri, chiunque. Io cercherò qui, e tu andrai da un'altra parte. Voglio fare qualcosa, non ho paura..."

"Non lo pensavo," disse Harry.

Inaspettatamente, Draco gli sorrise. "Sono un bugiardo. Dovresti saperlo. Ma voglio andare lo stesso, credo sia la cosa migliore per noi."

Se ne accorse mentre guardava la linea tesa della mandibola di Draco. Draco aveva paura. Avere paura sembrava una cosa così remota a Harry, che nel sangue non sentiva che l'impulso ronzante di agire, ma... nonostante la paura, Draco si era ricordato del mantello e della mappa.

Strinse forte il braccio di Draco. Avrebbe quasi voluto lasciargli un livido.

"Ucciderò qualsiasi cosa cerchi di toccarti," disse contro l'orecchio di Draco. "Vai."

Draco fece un passo indietro e sbatté le palpebre anziché guardare dritto Harry. Poi si fermò e lo fece.

"Non fare niente di stupido," disse alla fine, la voce dura.

Prese tra le mani il viso di Harry e lo baciò, e anche il bacio fu duro. Il pericolo non lasciava più né tempo né spazio per la gentilezza, e la schiena di Harry colpì il muro quando i denti di Draco graffiarono l'interno della sua bocca. Non poté lasciarsi andare a un gemito, così afferrò bruscamente Draco per soffocare sia il gemito che il pensiero di morire. Reclinò la testa all'indietro contro il muro e attirò a sé Draco, in modo da sentire solo la pietra e la solidità del corpo di Draco su di sé. La sua schiena sotto le mani di Harry, sotto la camicia, era umida di sudore.

Harry voleva riempirlo di graffi. Anche la sua schiena era schiacciata dolorosamente contro la pietra e le sue cosce erano tese sotto il peso di Draco, ma non gli importava. Draco lo spinse più forte contro il muro, come se volesse fargli male, fargli implorare pietà. I fianchi di Harry si sollevarono verso Draco e il suo respiro si fece irregolare come in una preghiera.

Non voleva pietà. Soffocò un gemito affamato ma non il desiderio di mangiarsi vivo Draco.

Draco poteva anche avere paura, pensò vagamente Harry, ma nel suo sangue c'era lo stesso fremito di eccitazione che c'era nel suo, la stessa smania di fare qualcosa, qualsiasi cosa, Dio, e se Draco fosse rimasto lì e si fosse spinto su di lui un altro istante... ma Lupin e Sirius erano in pericolo. I denti di Draco si mossero lenti ma decisi sul labbro inferiore di Harry, e le sue dita si curvarono leggermente tra i suoi capelli. Poi si staccò da Harry.

"Non azzardarti a morire," ordinò, e corse via.

Harry raggiunse le scale dei sotterranei diretto alla Torre di Grifondoro.

*

Non c'era polvere sulla Signora Grassa, tuttavia lei lo guardò confusa mentre saliva le scale verso di lei e pronunciava la parola d'ordine.

"Tiri Vispi Weasley," sussurrò, ricordando la Terza Prova. Anche allora aveva detto quelle parole, quando avrebbe dovuto ricordarsi che la parola d'ordine serviva solo per entrare. Le cose erano andate al contrario sin da allora.

Sapeva che la sala comune sarebbe stata fredda e vuota, con tutte le cose che si erano lasciati dietro simili a reliquie nella luce grigia della notte che calava. Non si risparmiò un'occhiata al libro abbandonato da Hermione, né alle scale che portavano al dormitorio delle ragazze, che avrebbe potuto salire tranquillamente perché le ragazze erano andate via tutte. Aveva altre cose di cui preoccuparsi.

Corse su per le scale, e con gli occhi già abituati all'oscurità intravide le forme di tutti i letti vuoti. Il suo era desolato, un angolo del lenzuolo ripiegato con cura dagli elfi domestici, e la cassapanca ai piedi del letto... depredata.

Harry si inginocchiò. I suoi libri erano sparsi in giro, la scopa spezzata, e il Mantello dell'Invisibilità era scomparso. Col respiro affannato in quel silenzio profondo e solitario afferrò I magnifici sette e lo aprì alla pagina dove teneva nascosta la mappa.

Era lì.

Harry la aprì in fretta e la pergamena gli tremò tra le mani. Quando le familiari linee e i puntini neri iniziarono a comparire sulla pergamena giallognola seguì avidamente ogni linea con lo sguardo.

Ron e Hermione, al sicuro al primo piano. Draco, apparentemente al sicuro nei sotterranei con nessuno nei dintorni. Sirius e Lupin c'erano, vivi, ma quasi persi in due gruppi separati di Mangiamorte, e gruppi di Mangiamorte (o quelli che Harry presumeva fossero Mangiamorte) erano sparsi per tutto il castello. C'era Codaliscia, ma non si trovava vicino a nessuno di loro e... In uno di quei gruppi Harry vide oscillare le parole Tom Riddle.

Voldemort era a Hogwarts.

I pensieri di Harry sfuggirono al suo controllo e si persero nel panico. Stava succedendo, stava succedendo davvero, e non c'era niente che potesse fare né nessuno che potesse soccorrere nessuno di loro...

Le linee e i punti si rincorsero in un angolo, e Harry vide chi poteva aiutarlo.

Richiuse la mappa e corse, corse, corse come se tutti i Mangiamorte lo stessero già rincorrendo attraverso le stanze orribilmente deserte dei Grifondoro e attraverso i corridoi bui e riecheggianti che portavano ad un gargoyle di pietra.

Non c'era bisogno di una parola d'ordine. Il gargoyle si fece da parte mentre Harry si avvicinava, e appena Harry salì il primo gradino della scala a chiocciola ascendente gli tornarono di nuovo in mente la Terza Prova e la comparsa di Voldemort, e strinse forte le dita attorno alla bacchetta quando la scintillante porta di quercia di Silente entrò nel suo campo visivo, con il batacchio a forma di grifone che risplendeva nella penombra.

La porta si spalancò, e dentro non c'era Voldemort. C'era solo Silente.

"Oh, Harry," disse. "Mi chiedevo se avrei avuto una chance di parlare con te."

*

La stanza circolare era immersa nelle tenebre come il resto di Hogwarts. Gli strumenti d'argento erano silenziosi e privi di vita, e i ritratti dei vecchi Presidi erano stati strappati dalle pareti. Silente era seduto al buio dietro la sua enorme scrivania, e fissava una pila di cenere davanti a lui.

"Fanny," spiegò, fraintendendo lo sguardo di Harry. "E' molto triste, ma anche le fenici a un certo punto muoiono senza più risorgere."

Sembrava gobbo e minuto sulla sua sedia con lo schienale alto. Ormai la luna era uscita, una forma ricurva che sbirciava da dietro le finestre, e la sua luce proiettava un'aura fioca e stanca sui suoi capelli bianchi e disordinati. Il mento gli arrivava quasi al petto, ma gli occhi azzurrini che guardavano Harry erano acuti come sempre.

Harry respirò a fondo. "Professore... signore, la prego, Voldemort è nella scuola!"

"Certo," disse gentilmente Silente. "L'ho invitato io."

La sua voce era così calma che la prima cosa che Harry provò fu sollievo. Era tutto a posto, Silente aveva un piano, e mentre il suo respiro tornava regolare e la prima ondata di adrenalina si calmava, cominciò a sentire freddo.

"Vi ho invitati tutti a tornare per incontrarlo," continuò Silente, sempre sereno. "Cominci a capire adesso, Harry?"

Il battito del suo cuore aveva rallentato così tanto che un pensiero tremendo riuscì a farsi strada tra un battito e l'altro. Sembrava che dell'acqua fredda gli stesse gocciolando nel petto a intervalli regolari, come incidendo una pietra.

Ripensò alle immagini nel Sognatoio, e capì cosa aveva cercato di comunicargli il sogno.

Mentre Draco nuotava nel lago nel suo sogno, aveva sussurrato la prima parola d'ordine che Harry avesse mai udito per l'ufficio di Silente. Sorbetto al limone.

Le facce delle creature pericolose nel sogno... grifone, chimera, basilisco. Tutte cose che l'avevano minacciato... tutte tranne il grifone. Che era il batacchio di Silente.

Quella frase ricorrente nell'ultimo sogno, quella in cui la McGranitt aveva visto qualcosa prima di morire.

Non lo sai?

Harry lo sapeva. Finalmente lo sapeva.

"E' lei la spia," disse lentamente. Provò una strana sensazione nel pronunciare quelle parole, come se stesse parlando una lingua straniera, un Serpentese che non avrebbe mai avuto senso perché all'improvviso niente nel mondo aveva più senso.

"E' troppo tardi. A cosa ti serve saperlo adesso?" chiese Silente. "Non sei mai stato abbastanza svelto, Harry... ma sono certo che hai fatto del tuo meglio."

Fece un gesto consolatorio con le mani, la cui pelle avvolgeva i nodi blu delle vene come carta crespa. Sembravano fragili e vecchie le sue mani, investite solo dell'autorità di un bisnonno gentile.

Harry non riusciva a mettere insieme le parole senza sforzo. Persino la sua lingua gli aveva voltato le spalle.

"Ma... come?"

"E' stato molto facile, Harry."

Certo che lo era stato. Per quanto Harry avesse potuto studiare la Mappa del Malandrino in cerca della spia, non gli sarebbe mai venuto in mente di sospettare della presenza di Silente in qualsiasi luogo. Nessuno studente si sarebbe allarmato incontrando Silente, nessuno studente avrebbe urlato quando Silente avesse alzato la bacchetta.

Ripensò stordito alle fughe di informazioni. Lupin aveva detto che si era rivolto a dei membri dello staff. Chiunque avrebbe detto a Silente qualsiasi cosa avesse voluto sapere.

Nessuno si era lontanamente sognato di mettere il nome di Silente su una lista dei sospetti. Solo una persona l'aveva fatto, solo una, e perché non l'aveva capito? La McGranitt non era corsa dal Preside dopo aver avuto la rivelazione. Aveva chiesto a Harry di chiamare Lupin, e aveva detto qualcosa a proposito del libro che Hermione aveva scelto nel suo sogno...

Il vecchio libro, ricordò finalmente Harry, che avevano esaminato il primo anno. Quello su Nicolas Flames... e il suo partner, Albus Silente.

L'orrenda e sconvolta incredulità si trasformò in ira.

"Ha ucciso la professoressa McGranitt!" gridò Harry. "Come ha potuto... come ha potuto? Noi ci fidavamo di lei e lei... lei è malvagio... è sempre stato malvagio..."

La tranquillità di Silente non vacillò. Restò seduto lì, ingobbito, con la testa china, vecchio e intoccabile e senza pietà.

"Non sempre, Harry. Neanche adesso, in verità."

Harry si indignò nello scoprire in se stesso l'impulso furioso e confuso di scoppiare a piangere. Non era più un bambino, maledizione, ma si sentiva un bambino mentre fissava con assoluta incredulità un adulto di cui si fidava.

"Come può dirlo?" chiese. "Ha ucciso..." La voce gli si incrinò mentre parlava, e deglutì con forza. "L'ha uccisa! Ha preso tutte quelle persone!"

"Sei proprio un bambino, Harry," disse Silente, più triste che arrabbiato, come se riuscisse a leggere nella mente di Harry. "Sei così giovane, e credi che tutto sia o bianco o nero. Hai la minima idea di quanto abbia vissuto a lungo io? Hai idea di cosa abbia visto?"

Harry sentì di nuovo freddo, e fece appello a tutte le sue energie per soffocare le lacrime. La notte era grigia e inanimata, come le ceneri della fenice.

"Ho più di cent'anni, e so che non c'è alcun modo di sconfiggere il male. Ho sconfitto Grindelwald ed è comparso Voldemort. Prima di Grindelwald ce n'era stato un altro, e nel corso della storia ci sono stati leader crudeli e guerre in cui entrambi gli schieramenti hanno dovuto piegarsi al male perché l'unica alternativa era la morte. Ogni cosa buona che sia mai accaduta in tutta la storia del mondo non è stata che un sogno, un desiderio, una costruzione fragile innalzata nell'intervallo tra due mali e inevitabilmente distrutta. Lo so. L'ho imparato. Ero giovane, stupido e pieno di speranze, e ho riscosso molte vittorie, ma queste cose scompaiono. Il male è l'unica cosa che resiste, così io... ho deciso di arrendermi e sopravvivere."

"Ha deciso di schierarsi dalla parte di Voldemort!"

"Ho deciso di vivere. Ho smesso di lottare e ho negoziato. Al prezzo della mia vita ho iniziato a prosciugare Hogwarts. Ho consegnato degli studenti a Voldemort... ma non ho mai consegnato te, né alcun amico che potesse aiutarti. Anche ora hai una chance di affrontare Voldemort, proprio come diceva la profezia."

Si sporse in avanti, gli occhi pallidi e guardinghi. "Ma non vincerai, vero, Harry? Lo sappiamo entrambi. Ho organizzato la Terza Prova in modo da vedere come potessi cavartela davanti a Voldemort, e sappiamo tutti e due che non sei riuscito a far nulla. E' stato allora che ho perso ogni speranza, ma dopo tutto importa ben poco."

Harry ricordò di aver letto qualcosa sul trauma da combattimento in alcuni libri babbani, e cercò di pensare ad una cosa simile prolungata per un secolo di lotte. Non poteva immaginare quanto dovesse essere incredibilmente stanco Silente.

Non sopportava la vista di quel vecchietto avvizzito, che ormai era privo di ogni qualità gloriosa avesse mai avuto.

"I migliori, i più svegli soccombono sempre, e ogni generazione è più povera della precedente. Avresti dovuto conoscere Nicolas Flamel quando era giovane. Avresti dovuto conoscere tuo padre, Harry. Lo adoravo. Hai mai avuto la forza di creare qualcosa di simile alla Mappa con le tue mani, o di diventare segretamente un Animago? No, Harry, mai. Non ce n'era alcuna speranza."

"Ha detto che amava mio padre," disse Harry, e lasciò che la voce gli tremasse. La Mappa del Malandrino gli cadde dalle mani e svolazzò dolcemente fino al pavimento. "Lascerà che la sua morte non significhi niente?"

Silente non era mai stato l'uomo che Harry aveva creduto fosse, da quando l'aveva conosciuto. Quell'uomo era stato morto come i suoi genitori, per tutta la vita di Harry.

"La morte non significa mai niente, Harry. Riduce le vite della gente a nulla, e arriva sempre. I tuoi genitori, altri miei allievi, tutti i miei amici d'infanzia... Ora non sono niente, nient'altro che parole su una pagina e cenere nel vento. Mi è dispiaciuto uccidere Minerva, ma alla fine cosa importava se moriva allora o un po' più tardi? Sono io il possessore della Pietra Filosofale. Sono io che vivrò per sempre."

"Lei ha la Pietra Filosofale?" mormorò Harry. "Ma aveva detto..."

"Avevo detto di averla distrutta, ma non mi hai visto farlo. E non l'hai mai messo in dubbio, come non hai messo in dubbio nessuna delle mie assenze strategiche. Non sei mai stato abbastanza intelligente da non fidarti degli altri."

E' perchè mi fidavo di lei, pensò Harry. Sentì di aver oltrepassato l'ira e la sensazione di essere stato tradito, fino a uscire dall'altra parte. Non aveva freddo, e non era più rovente per l'oltraggio. Tutto era immobile, e non provava che tristezza.

Silente parlò in tono lievemente addolorato, come se stesse parlando dei brutti voti di Harry ai suoi MAGO.

"Io vivrò, vivere è meglio che morire, e qualsiasi cosa è meglio della lotta perpetua e lacerante contro una cosa che è dappertutto. Io vivrò, e forse tra un po' di tempo dimenticherò le persone migliori che ho conosciuto, tutte distrutte da questo mondo. E anche se ciò non dovesse succedere... la tua morte sarà solo un piccolo rimorso accanto a quella di James o a quella di Minerva. Ho fatto il possibile per te. Credevo che ti avrebbe fatto piacere sentire una spiegazione. E' stato tutto molto triste, ma non c'è niente che nessuno avrebbe potuto fare."

Sembrava che avesse finito. Incrociò le braccia e guardò Harry con un certa pazienza apatica ed esausta. Harry sapeva che non poteva essere smosso né dalla rabbia né dalle lacrime, da nessuna emozione.

Era tutto ciò che rimaneva del più grande mago che fosse mai esistito.

Harry si rese conto per la prima volta che gli aveva voluto bene. Gli aveva voluto bene, e in quel momento c'era qualcosa che farfugliava e piangeva dentro di lui, ma l'unica cosa che riuscì a raggiungere fu una triste certezza. Ricordava con perfetta chiarezza di aver ucciso i serpenti che aveva creduto spie perché erano troppo pericolosi per permettergli di vivere.

La bacchetta di Silente era sulla scrivania, mentre quella di Harry era stretta nella sua mano. Alzò la bacchetta e per la prima volta vide una vera emozione sul viso di Silente.

"Invece sì," disse Harry lentamente. "C'è una cosa che posso fare."

*

Trovarono Lupin nella Torre di Astronomia.

Hermione aveva pensato che sarebbe stato meglio controllare anche lì, dato che avevano ancora qualche minuto prima di doversi ritrovare con Harry e Malfoy, ed erano appena entrati quando sentirono dei passi venire verso la porta.

Ron le agguantò la mano e la tirò su per le scale che portavano alla terrazza dell'osservatorio, dove alcuni telescopi erano rimasti alle finestre. Li ignorarono e si misero in ginocchio, e Hermione sperò che la ringhiera li tenesse nascosti anche quando vi si affacciarono.

Fu allora che i Mangiamorte trascinarono nella torre Lupin in catene.

Hermione riconobbe anche il leader di quel gruppetto. Era Codaliscia.

"Chi altro è entrato con te?" domandò mentre gettavano Lupin per terra.

Lupin grugnì quando colpì il pavimento, coi capelli nella polvere. "Nessuno. Sono stato solo tutto il tempo."

"Sappiamo che sei stato mandato nel mondo babbano con Harry Potter!"

Come faceva a saperlo la spia? pensò nervosamente Hermione. Chi potrebbe essere?

"Loro sono rimasti lì. Sono venuto da solo, Peter," rispose calmo Lupin.

Codaliscia sussultò. "Non c'è bisogno... non c'è bisogno che mi parli così! Io non ti ho mai fatto niente... ti ho lasciato fuori!"

"Gentilissimo," disse asciutto Lupin, incatenato per terra.

"Io... io vorrei tanto lasciarti andare anche adesso, Remus," disse con voce tremula Codaliscia, "ma dobbiamo sapere dov'è Harry Potter."

Si voltò, incapace di guardare Lupin un secondo di più, e Hermione vide bene il suo viso per la prima volta. Era contorto in un'espressione fiacca e sgradevole.

"Altrimenti," continuò a voce bassa, "dovremo procedere con la tortura."

"E allora tortura sia. Fate pure. Io non sono mai stato un codardo."

Ron sobbalzò per l'orrore e Hermione lo tirò giù, lo attirò a sé e sentì la sua bocca contorcersi per l'orrore e la disperazione sul suo collo. Gli accarezzò i capelli con gentilezza ansiosa, si aggrappò forte a lui e pensò che se l'avessero visto avrebbero potuto strapparglielo via.

Chiuse gli occhi e nascose il viso tra i capelli di Ron, cercando di non pensare a ciò che stavano facendo a Lupin.

Realizzò che era una cosa da stupida, e guardò di nuovo oltre la ringhiera. Lupin stava guardando in su verso di lei, con gli occhi sbarrati, e le mani di Hermione strinsero più forte quelle di Ron. Ma nessun altro li aveva visti.

Magari lei e Ron avrebbero potuto coglierli di sorpresa...

Non aveva ancora sentito il suo cuore gonfiarsi per quel principio di progetto e di speranza, che la porta si aprì di nuovo.

Riconobbe la coppia che entrò con la stessa sicurezza con cui aveva riconosciuto Codaliscia.

Uno era Voldemort, e Hermione sentì il suo cuore accelerare come quello di un coniglio, come se avesse potuto scoppiarle fuori dal petto per fuggire verso un posto più sicuro.

L'altro, non in catene e non certo prigioniero, che camminava volontariamente e con noncuranza accanto al Signore Oscuro, era Draco Malfoy.

"Stai ancora racimolando il coraggio, Codaliscia?" strascicò Malfoy, la voce inconfondibile quanto i capelli. "Ti mostro io come si fa."

Prese la sua bacchetta e la puntò verso Lupin.

Poi disse disinvolto, "Crucio."

Il corpo di Lupin si contorse in uno spasmo di agonia.

 

 

 

 

 

 

 

*** 

Vi aspetto numerosi ^_^ Il prossimo capitolo potrebbe tardare causa esame di letteratura inglese in avvicinamento, ma farò di tutto per muovermi prima del 30 :)

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** Fine ***


Ecco a voi l'ultimo capitolo

Ecco a voi l'ultimo capitolo! Tra qualche giorno inserirò in coda al cap.11 una cosina scritta da Maya sul suo Draco, quindi magari tornate a leggere tra un po' ^_^
E ora buona lettura :)

 

Underwater Light

By Maya

 

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

Sommario:

Chi ama chi? Chi è dalla parte di chi?

Spero che ogni risposta vi piaccia

perchè è stata davvero una faticaccia.

 

 

Capitolo Ventidue

Fine

 

I recognise the way you make me feel

It's hard to think that you might not be real

I sense that now the water's getting deep

I try to wash the pain away from me

[Riconosco come mi fai sentire / E' difficile credere che tu possa non essere vero / Sento che l'acqua ora diventa più alta / Cerco di lavare via il dolore ]

 

Hermione strinse Ron più forte per tenerlo giù. La sua mente stava andando in frantumi per il panico, e ogni coccio era intollerabile. Non riusciva a guardare Voldemort - Dio, non era neanche umano, sembrava la versione in carne e ossa di una delle creature che vedeva nei cartoni animati quando era piccola - e non riusciva a guardare Lupin che si contorceva con gli occhi chiusi e della schiuma agli angoli della bocca. Cercò di guardare Malfoy, di osservare il suo viso e cogliere un'espressione che lasciasse intendere che c'era una spiegazione, e si accorse in un'improvvisa ondata di tradimento che si era davvero fidata di lui.

"Lo ammazzo," le ringhiò Ron nell'orecchio.

"Zitto," sussurrò disperata Hermione. Chissà se Voldemort poteva sentirli? Come avrebbero fatto a uscire?

"Per quanto encomiabile sia il tuo entusiasmo," disse Voldemort, e la sua voce fece rabbrividire Hermione: sembrava parlasse in Serpentese anche quando parlava in inglese. "Direi che possiamo continuare a interrogare il licantropo insieme al suo prezioso amico Black. Portateli nella mia stanza." Hermione vide lo sguardo rapido di Peter Minus, e Voldemort spiegò con una nota di spossatezza. "Probabilmente ti è più nota come aula di Incantesimi, Codaliscia."

La testa di Codaliscia sobbalzò nervosamente. "Oh sì mio Signore. Certo!"

"Quanto a te, Malfoy," e a quel punto la speranza affogò nell'indignazione di Hermione, "apprezzo molto la tua crudeltà, ma potrebbe essere meglio utilizzata. Dopotutto sappiamo bene che Harry Potter è vicino. Non ci resta che aspettare che sia lui a raggiungerci."

Fece un gesto uscendo e Malfoy lo seguì. Hermione li guardò andarsene con sollievo, sentendo l'orrore e il disgusto passare in secondo piano e lasciarle un unico impulso: cercare un modo per scappare.

Ron alzò di nuovo la testa incoscientemente. Hermione lo tirò in basso, ma vide gli occhi di Lupin spalancarsi, e fu certo che stavolta almeno una persona li aveva visti.

"Ti dirò una cosa, Peter," disse Lupin come se niente fosse, nonostante la sua voce fosse fioca per il dolore e avesse ancora della schiuma agli angoli della bocca. "Hai sempre pensato che essere un licantropo fosse molto simile ad essere un Animago, solo... meno piacevole e meno programmato. Non è così."

Peter Minus tremò, confuso, guardando i suoi compagni Mangiamorte in cerca di aiuto.

"No?" disse alla fine.

Lupin rotolò, si alzò e spezzò le manette in un'unica agile mossa, quindi fu in piedi davanti a Peter. Hermione non aveva mai visto il tranquillo professor Lupin così: le sue spalle e la scintilla nei suoi occhi le ricordarono una bestia feroce.

"No," disse, e la sua voce si fece grave. "Io sono sempre un lupo mannaro, e né le manette né la Cruciatus possono tenermi a bada a lungo."

Alzò lo sguardo solo un momento. Hermione vide le sue labbra muoversi con chiarezza.

Disse col labiale "Scappate."

Poi Lupin balzò, e appena Peter Minus cadde ai suoi piedi e tutti i Mangiamorte puntarono le bacchette, Hermione tirò su Ron con la forza e approfittò di quel momento di distrazione per fuggire dalla Torre scendendo le scale.

Dopo aver attraversato un po' di corridoi cominciarono a barcollare per l'insano desiderio di scappare e per via dei terribili pensieri che avevano in mente.

"Lo uccido, quel bastardo di Malfoy," disse Ron, e sembrava dicesse su serio. "Lo inseguirò e lo ucciderò. Che cosa ha fatto a Harry?"

"Niente," rispose Hermione. Vide lo sguardo stupito di Ron e ricambiò con uno impaziente. "Avrebbe detto a Voldemort... no, davvero Ron, te lo garantisco, se avesse saputo dov'era Harry, gliel'avrebbe detto. Devono essersi divisi, e questo significa che dobbiamo tornare in Sala Grande e dirlo subito a Harry."

Soppresse un fremito al pensiero di quello che avrebbe dovuto dirgli. Lei, Hermione Granger, da tutti ritenuta intelligente, si era davvero fidata di quello stronzo di Malfoy, e Dio solo sapeva se Harry avesse fatto di peggio.

Non poteva pensarci in quel momento. Doveva riflettere. Lupin aveva rinunciato alla sua unica possibilità di fuga per darne una a loro.

Camminarono in fretta fino alla Sala Grande. Hermione cercò di non pensare che ogni rumore fosse un Mangiamorte, e continuò a cercare incantesimi nella propria mente. Non le era mai sembrata così vuota.

Quando sentirono un rumore dall'alto Ron le afferrò le spalle per spingerla dietro di sé. Lei lo spinse via e afferrò la bacchetta.

Rimasero a guardare entrambi, ed era Harry. Aveva la bacchetta puntata, una manica nera era a brandelli e penzolava mostrando uno sfregio insanguinato sul braccio. La forma delle sue spalle le ricordò Lupin in procinto di saltare, e i suoi occhi bruciavano in modo strano su un viso pallido e teso.

Non l'aveva mai visto così.

Per un attimo pensò che lo sapesse, e si ritrovò a parlare rapidamente, disperata, così che non avrebbero dovuto affrontare l'argomento.

"Abbiamo visto Lupin. Hanno preso lui e Sirius, li stanno portando nell'aula di Incantesimi, c'è anche Voldemort, Voldemort è a Hogwarts, Harry, che cosa facciamo adesso? Non abbiamo trovato Silente. Credo che ci siano solo Mangiamorte."

Desiderò non aver aperto bocca quando si accorse di quanto era deprimente ciò che aveva da dire, quindi guardò il viso ancora più deprimente di Harry.

"Ho incontrato Silente," disse con voce piatta. "E' morto."

L'enormità di quel disastro ingoiò tutto il resto. Hermione rimase immobile e perse ogni pensiero.

Cercò di racimolare parole da un mare di disperazione. "Allora non c'è nessuno che possa aiutarci."

Il viso bianco di Harry fu stravolto dall'ira, come la benzina a contatto col fuoco. Hermione quasi si schermò da lui. Pensò per un attimo che Harry fosse una delle cose di cui aver paura in quel luogo di terrore che era stato Hogwarts, e che tutto ciò che avesse osato sfidarlo sarebbe stato distrutto.

"Chi ci ha mai aiutati?" ringhiò Harry. "Quando mai Silente ci ha aiutati? Siamo soli e per me è meglio così. Possiamo farcela. Ora, dov'è Draco?"

Hermione se n'era quasi dimenticata. Strinse i pugni, forte, come se potesse sbriciolare l'intera faccenda prima che si abbattesse su Harry.

Ron la precedette. "Probabilmente Malfoy sta torturando ancora un po' Lupin. L'abbiamo visto farlo la prima volta... mentre se ne stava praticamente a braccetto con Tu-Sai-Chi."

*

Sulle prime Harry non assorbì le parole. Una parte di lui era rimasta in quella stanza a guardare quel viso avvizzito, imprigionato nell'ostinata determinazione a vivere. Una parte di lui stava pensando se avesse avuto la bacchetta in mano, io sarei...

Non fece che fissare stupidamente Ron per qualche minuto, e poi all'improvviso comprese, tutto in un momento, e si infuriò terribilmente.

Afferrò Ron per la maglia e lo spinse contro il muro.

"Ritira tutto!" gridò.

"No! lasciami andare, sei fuori di testa? L'abbiamo visto entrambi, Hermione, diglielo..."

"Non è vero! Dì che non è vero!"

"Ti prego, calmati," sibilo Hermione, afferrando impotente le mani di Harry. "Ti prego, ti prego, fermati. Harry, è vero. L'ho visto. Mi dispiace, ma è vero."

Lasciò andare la maglietta di Ron e fece un passo indietro, senza fiato. Guardò il viso sconvolto di Hermione e desiderò scappare via da loro - i suoi migliori amici! - e mettersi le mani sulle orecchie. Non era vero.

"Perché dovrebbe torturare Lupin?" domandò.

"Per scoprire dove fossi tu," disse Ron.

"Non dire cazzate! Lo sa dove sono."

"Sì, Harry," rispose Hermione con voce tremante, e lui fissò gli occhi sul viso di lei, pregando che gli venisse in mente una qualche spiegazione. Hermione lo fissò con occhi imploranti. "Solo che... Voldemort ha detto che loro sapevano già dov'eri, e che Malfoy si stava comportando in modo crudele. E tu sai che può esserlo, Harry..."

"Ma non fino al punto di torturare Lupin! Lupin gli piace!"

"Harry," spiegò Hermione, con la voce rotta. "Non c'è altra spiegazione. Non può essere Polisucco, e Voldemort lo ha chiamato per nome. Ha usato la Cruciatus su Lupin. L'ho visto. Era lui, e io continuavo a cercare di guardarlo in faccia, per capire se fosse tutta una finta, ma non vedo come potrebbe esserlo. Harry, so cosa provi per lui, ma è lui la spia"

"No, non è lui," disse Harry automaticamente, e poi si fermò perché non sapeva come dire a Ron e Hermione chi era la spia.

Quando si fermò fu assalito da un dubbio.

Chi diceva che c'era solo una spia? Non avrebbe forse avuto senso? Nessun avrebbe mai messo in discussione la presenza di Silente... tranne un Serpeverde. I Serpeverde erano sempre stati ostili a Silente, i Serpeverde avrebbero potuto essere una falla nel piano... a meno che Silente non avesse il supporto di una persona di cui loro si fidavano.

"Non lo hai visto in viso," aggiunse, con meno sicurezza, ma non ebbe bisogno dell'espressione triste di Hermione per avere una risposta alla sua tacita domanda. Si ricordò di quando una volta aveva riconosciuto Draco che si allontanava nell'oscurità, il primo anno. Draco era decisamente inconfondibile.

Quindi doveva esserci una spiegazione.

"Lo conosco!" protestò violentemente contro i suoi stessi pensieri.

"Già, siete amici da quanto, sei mesi interi?" sbottò Ron. "Noi siamo amici da sette anni, e siamo immersi in molti più guai di quanti potrebbe procurarcene Draco Malfoy. Dobbiamo decidere cosa fare."

Harry sentì il nitido impeto di determinazione sopraffare ogni pensiero. Di quello fu molto grato: dell'impossibilità di pensare nella fretta di agire.

"Hai ragione," disse brevemente. "Ci serve o Sirius o Lupin: questo lo sappiamo. Se sono insieme li possiamo recuperare entrambi... poi si vedrà. Ho il Mantello dell'Invisibilità. Andiamo nell'aula di Incantesimi."

Mentre dispiegava il mantello, gli occhi di Hermione si illuminarono. "Ce l'hai la mappa?"

"Io..." Harry pensò alla mappa giallognola abbandonata per terra in quella stanza, e si maledisse. Non sarebbe tornato lassù, e Ron e Hermione non potevano vedere cosa si era lasciato alle spalle. "Non c'è più."

Hermione sembrava delusa, ma annuì. Harry guardò il suo viso assorto e capì che stava già calcolando le loro probabilità di successo.

Avrebbe vinto. Non c'era altra scelta.

Avvolse il mantello attorno a tutti e tre, e quando cinse Hermione con un braccio ripensò a ciò che aveva appena fatto con quella mano e alla faccia che avrebbe fatto Hermione se l'avesse saputo.

Draco avrebbe capito... Ma Draco era...

Salirono le scale vicini vicini e attraversarono i corridoi di Hogwarts, consci che la sola eco dei loro passi avrebbe potuto tradirli, ma Harry non riusciva a smettere di pensare a un tradimento molto diverso.

Il giorno in cui avevano lasciato Hogwarts, Draco aveva scritto una lettera che non aveva voluto far vedere a Harry. Aveva detto che era per Narcissa, ma aveva già spedito un Gufo a sua madre il giorno prima.

Se fosse stata una bugia. Se fosse stata tutta una bugia.

Draco non aveva mostrato alcun interesse fino... beh, fin quando non avevano chiuso Hogwarts e non aveva perso il contatto con i Serpeverde. Fin quando Hogwarts non era finita e Harry, forse, era diventato una moneta di scambio più pregiata per Voldemort ed era passato dal grado di amico a quello di...

Doveva smetterla!

Qual era esattamente il motivo per cui Draco aveva cambiato idea? Silente non l'aveva mai amato, non più di Dudley. Era improbabile che Draco fosse stato sopraffatto dal fascino di Harry.

Le dita di Hermione si chiusero sul suo braccio un secondo dopo aver visto i Mangiamorte. Puntò la bacchetta e Pietrificò il primo.

Il secondo si voltò e Hermione lo colpì con lo stesso incantesimo, Ron colpì il terzo e Harry afferrò il mantello dell'ultimo mentre indietreggiava e usò un'ultima volta l'Incantesimo Pietrificante.

Poi Harry tornò al primo, gli alzò la testa per i capelli e la sbatté forte contro la pietra.

"Harry!"

"Chiunque potrebbe passare e annullare l'incantesimo," spiegò senza emozioni. "Dubito che abbiano con sé dei Medimaghi, e voglio liquidare ogni Mangiamorte. Siamo in guerra."

Hermione si inumidì le labbra. "Non colpirli troppo forte. Potresti causare danni cerebrali."

"Non credo che loro si preoccuperebbero così teneramente per te," disse Harry. Si sentì stordito mentre guardava l'espressione inorridita sul viso di Hermione. Non capiva perché la prendesse così. Ciò che diceva aveva senso.

Non pensare a Silente. Non pensare a Draco.

Colpì il muro con la testa del secondo uomo.

Quando ebbe finito si alzò in piedi. Hermione indietreggiò appena da lui, ma Harry sentì una mano sulla schiena. Fissò sconvolto gli occhi di Ron.

"Cerca di stare calmo, Harry," disse Ron. "Noi siamo con te."
"Certo che lo siamo," confermò Hermione, con la voce sempre più sicura mentre parlava. "Hai fatto solo quello che dovevi."

"So che siete dalla mia parte," disse loro Harry. "Grazie."

Erano solo in tre, erano gli amici di cui poteva fidarsi completamente, e andava bene così. Era giusto. Sarebbe riuscito ad andare avanti fino al covo di Voldemort, con la sicurezza che loro gli avrebbero guardato le spalle.

Si fermarono fuori alla porta dell'aula di Incantesimi.

"Continuo a credere che non fosse Draco," disse Harry a bassa voce, e aprì la porta.

*

La stanza vuota e oscura fu una specie di anticlimax. Rimasero sotto il mantello per qualche minuto, esitando e analizzando ogni dettaglio della stanza. Le sedie e i banchi dell'aula della McGranitt erano stati tolti di mezzo, e la stanza sembrava più grande che mai.

In fondo c'era un trono, e dritto sul pavimento c'era quello che pareva essere uno scettro.

Harry si sentì perso. Si era aspettato... che ci fosse qualcosa, qualcosa contro cui combattere, e non poté far altro che restare immobile e chiedersi se non fosse una trappola, o se non avessero spostato Sirius e Lupin da qualche altra parte.

Fu Hermione a rompere la protezione del Mantello dell'Invisibilità e ad entrare nell'aula di Incantesimi. Li guardò da dietro le spalle con gli occhi spalancati.

"O mio Dio," disse. "Non può essere. L'incanto Captus."

"Il che cosa?" chiese Ron.

Ma Harry ricordava. Ricordava una riunione del Giovane Ordine e una riflessione su cosa stesse facendo Voldemort con gli studenti scomparsi, e Hermione e Draco colmi di informazioni su quell'incantesimo.

Questo non significava che Draco fosse colpevole. Anche Hermione l'aveva saputo.

Riusciva a sentire con chiarezza la voce di Draco nella sua mente, lenta e precisa. Si pensa che la Magia Oscura sia stata usata di recente per creare prigioni all'interno di sfere. Un migliaio di piccole Azkaban che Voi-Sapete-Chi può portarsi in tasca, che i Dissennatori possono custodire e da cui non si può scappare.

Lasciò Ron col mantello e raggiunse il punto dov'era Hermione, fissando ciò che stava fissando lei. Eccola lì, la sfera Captus, sola e incustodita. Era una sfera tonda, di un blu opaco, montata sul suo piedistallo di metallo. L'idea di Voldemort di uno scettro, con una pietra che conteneva centinaia di anime.

Gli tornò di nuovo in mente la voce di Draco. Il vantaggio per noi sta nel fatto che... forse possiamo liberarli.

"Se rompo la sfera," si sentì chiedere Harry, "tornano liberi?"

"Harry, non ci provare!" esclamò Hermione. "Potresti ucciderli tutti. E' una magia molto antica e non ho idea di cosa fare per liberarli. Dobbiamo portarla all'Ordine della Fenice: loro sapranno come comportarsi. Quindi dobbiamo trovare urgentemente Lupin o Sirius. Tutte le loro vite dipendono da questo. Dobbiamo uscire tutti da qui."

Ron stava ripiegando il mantello, Hermione fissava la sfera. Harry li guardò entrambi, cercando di valutare le loro possibili reazioni, e capì che non gli importava.

"Sì, dobbiamo uscire tutti," disse lentamente. "Incluso Draco."

"Harry, per-!" esplose Ron. "Ha permesso che i suoi preziosi amichetti venissero chiusi lì dentro! So che ti piaceva, ma devi affrontare i fatti!"

Già, i fatti. Draco non era mai stato interessato a farsi degli amici, prima del Torneo Tremaghi... che era stato organizzato da Silente. Draco aveva scritto una lettera e aveva mentito al riguardo. Draco aveva ammesso di essere razzista. Draco non si era mai interessato così fino a quando Harry non era stato la sua ultima risorsa...

Ricordò il viso di Draco, teso in un momento di sgradevole intensità.

Non ti azzardare a morire.

Non ci credeva.

Ma se Silente li aveva traditi, chiunque poteva farlo.

Harry esitò.

"Faccia un passo indietro dalla sfera Captus, signor Potter," disse una voce nell'ombra. "Non vorrei che le venissero in mente strane idee."

Harry riconobbe la voce immediatamente. Erano anni che non la sentiva, anni, e l'odio di anni gli si dischiuse nel petto e si trasformò in furia omicida mentre Voldemort usciva dall'invisibilità e avanzava verso la luce.

Restò a fissare Harry con quelle due fessure rosse che non si chiudevano mai. Il suo volto era quasi troppo disumano per mostrare trionfo.

In quel momento Harry voleva solo una cosa: ucciderlo.

Hai ucciso i miei genitori. Hai ucciso Cedric. Hai reso desolato il mio mondo, hai distrutto la mia scuola e io ti ucciderò, bastardo...

Poi vide chi c'era dietro Voldemort.

Stava ancora camminando verso la luce, la testa biondo pallido chinata, il caratteristico passo lento. Si mosse col suo solito portamento aristocratico.

Capì come mai Hermione e Ron ne erano stati così sicuri, anche senza guardarlo in viso. Ma Harry conosceva Draco molto meglio.

Non fu una sorpresa incrociare due occhi grigi e gelidi, e guardare un viso uguale a quello di Draco, solo più vecchio e diverso, come se qualcuno avesse sbagliato volontariamente i particolari.

"Salve, Potter," disse Lucius Malfoy.

*

I Mangiamorte cominciarono lentamente ad emergere dagli incantesimi di invisibilità, uno per uno, e in un angolo recondito della mente di Harry crebbe la certezza di quanto l'avessero completamente fregato, e la determinazione a distruggerne il maggior numero possibile.

Al centro della scena c'era un solo pensiero allarmato che correva e correva nella sua mente.

Questa cosa ucciderà Draco.

L'avrebbe ucciso. In un luogo ancora più inaccessibile della sua testa c'era la soddisfazione di poter dimostrare a Ron e Hermione che Draco era innocente, ma innocente o no, ne sarebbe morto.

La morte era imminente e lui si preoccupava per i sentimenti di Draco.

Almeno Draco era al sicuro... e ti prego, ti prego, fa' che sia al sicuro, perché ora era certo che Sirius e Lupin erano già nella sfera, e Ron e Hermione erano in trappola insieme a lui. Tutto ciò che amava, tranne quell'unica persona, era lì... e i Mangiamorte li stavano attorniando.

Harry puntò la bacchetta.

"Oh, avanti, perchè tanta fretta?" gli disse Voldemort. "Uccidete gli altri due se si muove," aggiunse disinvolto ai mangiamorte, che si appressarono ancora di più. Harry sentì Ron e Hermione avvicinarsi a lui, caldi alle sue spalle. "Questo non è un piccolo battibecco, né una riunione segreta in un cimitero che possa essere interrotta. Ho vinto io, Harry Potter. Il mondo magico è mio. E intendo godermelo."

"Perché?" urlò Harry. "Cos'è, ti fa sentire importante? Sei tornato dalla morte per circondarti di una grossa gang di bulli e torturare chi è più piccolo di te? E' patetico. Tu sei patetico. Lo sei sempre stato."

Vide le lunghe dita di Voldemort stringere la bacchetta, e si fece coraggio. Quasi voleva che Voldemort usasse la Cruciatus. Sarebbe stato un altro motivo per odiarlo.

Fissò quegli occhi rossi, osò farlo, e poi udì la porta dietro di lui aprirsi.

"Harry!" disse Draco, con tono irritato e casuale. "Perché diavolo stai gridando, i Mangiamorte potrebbero... oh."

Harry lasciò perdere Voldemort e si girò verso Draco che sbiancava man mano che comprendeva la situazione.

"In effetti," disse Draco con cautela, "vedo che sei impegnato. Credo che me ne andrò."

Cazzo, ucciderò qualsiasi cosa cerchi di toccarlo.

Harry l'aveva pensato poco prima, senza capire davvero cosa significasse. Adesso lo sapeva: aveva pronunciato la formula e aveva avuto davvero l'intenzione di uccidere, e aveva visto quel corpo afflosciarsi subito dopo, sapendo che era stato lui.   

L'intenzione ce l'aveva ancora. Nessuno cercò di far del male a Draco. Voldemort inclinò il capo. "E' il giovane Malfoy, vero?" disse, come se si stessero scambiando i convenevoli durante il tè, ma con un inquietante piacere dietro quelle maniere educate. "Entra pure. Sarà interessante."

Draco avanzò confuso. Era così pallido da sembrare malato, e Harry ricordò che era la prima volta che vedeva Voldemort, e immaginò che quella visione dovesse occupare gli occhi e la mente fino all'esclusione di tutto il resto, fino...

Fino a quando Draco non guardò accanto a Voldemort, e il suo viso cambiò completamente. Harry pensò che non fosse più consapevole della presenza di Voldemort, né della sua, né di quella di qualsiasi altra cosa a parte la gioia e l'incredulità che si rincorrevano sul suo viso facendolo sorridere, con molta esitazione, come se temesse che qualcuno potesse rubargli quel sorriso se fosse stato troppo evidente.

Disse senza fiato, "Papà?"

Harry guardò il viso di Lucius e fu di nuovo violentemente conscio di quanto si somigliassero quel viso che amava e quell'altro che odiava. Il viso di Lucius era solo più composto, con lineamenti forse meno appuntiti, di una bellezza più convenzionale. Non c'era niente di lui nell'aspetto tagliente e affamato di Draco, simile a quello di un animale famelico in cerca di una casa.

Ora c'erano fame e speranza sul volto di Draco. Lucius lo fissò gelido.

"C-cioè, Padre," farfugliò brevemente Draco, gli occhi ancora inchiodati al viso di suo padre. "Pensavo fossi morto," continuò quasi sussurrando.

"Chiaramente no," disse Lucius. "Non hai mai saputo quando tenere la bocca chiusa, Draco. Noto con dispiacere che non sei cambiato negli anni."

"Scusami," disse automaticamente Draco.

Sembrava ancora stordito, ma era l'unico che si muoveva. Tutti gli altri erano come immobilizzati davanti al rifiuto assoluto di Draco di riconoscere che al mondo esistessero altre persone oltre a suo padre. Harry vide qualche Mangiamorte muoversi, ma Draco era il figlio di Lucius Malfoy ed erano incerti sul da farsi.

Lucius no. "Vieni qui, Draco. Non è il momento per le tue chiacchiere senza fine."

Il viso di Draco cominciò a schiarirsi. "Pensavo fossi morto. Tu... ti ho visto morire!"

Non lo disse con diffidenza. Harry aveva incontrato Lucius Malfoy solo poche volte, e ne fu certo. Nessuno nel ruolo di un padre avrebbe potuto credere che l'emozione giusta da mostrare davanti a un figlio perso da tempo fosse il fastidio.

"Sì. Ti sei rivelato un testimone eccellente. Ci è bastato creare una tempesta, incantare la barca in modo che si spezzasse, creare una visione del Signore Oscuro, e tu, prevedibilmente, hai reagito in modo eccessivo."

Era strano. Harry li aveva visti insieme solo una volta prima di allora, il secondo anno, quando la sua preoccupazione più grande era stata Draco che rideva di lui perché aveva della fuliggine nei capelli. Ora erano tutti davanti a Voldemort e ai suoi scagnozzi, che continuavano a comparire nella stanza sempre più numerosi, e nonostante la rabbia che gli montava dentro Harry riuscì comunque a capire... perché Draco era come era.

Non perché Lucius fosse cattivo, ma perché aveva la deformazione del politico e cercava le debolezze di tutti quelli con cui entrava in contatto. Non gli era sfuggito un solo punto debole dell'unica persona al mondo che lo amava. Li aveva visti tutti e aveva fatto soffrire Draco per ciascuno di quelli.

Non aveva capito proprio niente di Draco, e Draco continuava a muoversi verso di lui come un uccellino ipnotizzato da un serpente. Perché non avrebbe dovuto? Harry si era seduto accanto a lui e gli aveva accarezzato i capelli mentre Draco aveva lasciato che le sue illusioni su suo padre sgorgassero liberamente, e non aveva mai corretto neanche una di quelle affermazioni in cui Draco si ostinava tanto disperatamente a credere. Aveva pensato che per lui sarebbe stato meno doloroso credere a delle bugie, che non avrebbe fatto male a nessuno.

Anche Silente aveva pensato che l'inganno fosse la cosa migliore.

"Perché avreste dovuto fare una cosa del genere?" chiese Draco.

A quel punto parlò Voldemort, come offeso che qualcuno potesse mettere in discussione le sue decisioni. "Tuo padre era troppo in vista e la sua fedina troppo sporca perché potesse essermi utile nella sua posizione. Inoltre non è mai stato uno dei miei servi più affidabili. Avevo bisogno che mi dimostrasse la sua lealtà, e mi serviva un assistente appena più competente di Codaliscia." Rivolse a Lucius un'occhiata superficiale. "Direi che ha provato di essere all'altezza, in questo modo."

Nemmeno il Signore Oscuro riuscì a far spostare lo sguardo di Draco da suo padre, ma mentre Voldemort parlava la sua espressione mutò.

Si rivolse a Lucius. "Hai finto di morire per fare da inserviente?"

Harry per poco non si mise a ridere. Era così assurdo e così da Draco, e Lucius aveva ottenuto molto più di quanto non gli spettasse per contratto.

"Lucius," tuonò Voldemort. "Hai intenzione di zittire quel piccolo insolente, o devo farlo io?"

"Chiedo scusa, mio Signore," si affrettò a dire Lucius. "Draco, so che non sei così poco intelligente. Me l'hai dimostrato negli ultimi due anni."

"Davvero? Pensavo di aver solo reagito in modo eccessivo." La voce di Draco era asciutta, tuttavia continuava a muoversi verso suo padre.

Harry non poteva muoversi, non poteva afferrare l'idiota e tenerlo fermo, perché i Mangiamorte avevano l'ordine di uccidere Hermione e Ron se solo muoveva un muscolo. Poteva solo guardare.

"No," disse Lucius rilassato. "Mi hai sorpreso, a dire il vero. Non hai pensato a ciò che facevi, ovviamente, ma hai ottenuto qualcosa, Draco. Hai riunito i tuoi compagni dietro di te. Per quanto fossero sbagliate le tue azioni hai fatto qualcosa, e l'hai fatto bene... e per un motivo ammirevole. Per la famiglia, per vendicarmi."

"Sì," rispose lentamente Draco. "L'ho fatto per te."

Harry non aveva mai sentito Lucius parlare come un politico, come un oratore, con la voce piena, suadente e convincente. Sospettava che lo stesso valesse per Draco... o almeno che Lucius non l'avesse mai usata con lui.

"Ma ora capisci che non era necessario. Tu non hai mai voluto allearti con degli sporchi traditori, con degli sciocchi che gettano fango sul mondo magico con ogni concessione ai sudici Mezzosangue. È giunto il momento di lasciarli, Draco. E' giunto il momento di mostrarmi di cosa sei davvero capace."

Probabilmente era la lode più grande che Lucius avesse mai fatto a suo figlio, ma Harry notò che gli occhi di Draco avevano finalmente trovato qualcosa di più importante su cui posarsi rispetto a suo padre.

La sfera Captus.

Proprio come Hermione, la riconobbe subito.

"Avete preso i miei Serpeverde," disse, fingendo di rivolgersi ad altre persone quando invece parlava solo con suo padre. "Avete preso mia..."

A quel punto ci fu un'altra apparizione inattesa. L'incantesimo di invisibilità si dissolse e rivelò un'altra dozzina di Mangiamorte, come se l'invisibilità fosse un'onda che si ritirava dalla stanza.

Narcissa Malfoy comparve dietro suo marito.

Harry sentì un'altra fitta di tradimento. Lei gli era piaciuta. Dio, quanto erano stati stupidi e ciechi.

Però... no. Nel suo sogno aveva urlato. L'avevano torturata. Non era stata presa di sua volontà.

Ora appariva un po' rigida, come se il corpo le facesse ancora male, ma restò ferma accanto a suo marito e il suo viso era calmo.

"Draco, per favore, vieni qui," disse, e il timbro della sua voce cambiò come se la gola le si fosse ristretta. "So che forse non ti piace l'idea, ma non abbiamo scelta. Ha vinto lui, e abbiamo una possibilità di sopravvivere. Lo stesso vale per i ragazzi che mi hai mandato... se scegliamo il partito vincente.

Quindi l'avevano presa con la forza. Stava usando la logica di Silente, la logica della sopravvivenza. Harry non capì se Draco ne fosse influenzato o no. I suoi occhi continuavano a spostarsi da suo padre a sua madre.

I Lestrange si materializzarono dietro i genitori di Draco. Vide la smorfia sulla bocca di Draco quando guardò il viso folle di Bellatrix Lestrange. Avevano tutti lo stesso sangue, e il sangue era sempre stato molto importante per Draco.

"E' giunta l'ora di scegliere la tua famiglia," disse Lucius con la sua voce allettante. "E poi... non puoi credere sul serio che questo gruppo di stupidi amanti dei Mezzosangue pensasse davvero che fossi uno di loro. Non si sono mai fidati di te. Ti sei reso schiavo per loro, e pensavano tutti che tu fossi l'infame spia di Hogwarts."

Draco si mosse, ma non verso suo padre. Si girò e lanciò un'occhiata verso Harry, calda come un bacio.

"Non Harry," rispose, sicuro come il sole. "Lui è mio amico."

Neanche quando suo padre parlò smise di guardarlo. Sembrava ancora sopraffatto dallo shock e dalla paura, ma nei suoi occhi c'era una fiducia dura come l'acciaio.

Quello era il momento di dire qualcosa, di accusare il padre di Draco anche se non l'aveva mai fatto prima, di dire che non aveva mai pensato davvero... Era quello il momento, con Draco sull'orlo dell'indecisione, in cui Harry avrebbe dovuto parlare.

Ma non aveva idea di cosa dire.

"Ne sei sicuro, Draco?" indagò Lucius. "Li ho sentiti parlare. Credi che il tuo... amico Harry Potter ti dirà che non ha mai dubitato di te, nemmeno per un momento?"

Un dubbio annebbiò il volto di Draco, e quando Harry non parlò continuarono a fissarsi con l'intensità di una preghiera, e la fiducia nei suoi occhi si infranse.

"Non sei mai stato uno di loro, e loro lo sapevano. Sei uno di noi. Sei mio figlio. Hai solo la tua famiglia. Non deludermi, Draco. Vieni qui!"

Devi parlare, pensò Harry furioso, rivolto a se stesso, ma troppo stravolto per riuscire ad aprire bocca. Silente aveva parlato, e con lui Lucius e Narcissa. Non significava niente. Non significava amore.

Draco spostò un po' il viso da Harry, e Harry lo vide farsi più scuro. Un sorriso lento e freddo si impadronì delle sue labbra, simile a quello sul viso di suo padre, simile a quello di Bellatrix. In quell'istante sembrò il prodotto perfetto del loro sangue puro, uno specchio rivolto verso i suoi antenati.

"Eccomi, Padre," disse, e avanzò fino a suo padre.

"Molto commovente," osservò Voldemort. "Ora, a meno che nessun altro Mangiamorte intenda mettere in scena una melodrammatica riunione di famiglia, potremmo dedicarci alle cose serie?"

Harry continuava a guardare Draco. Aveva abbassato gli occhi, come imposte chiuse su delle finestre, in attesa di balzare o chissà cosa. Draco non era mai stato bravo a nascondere le cose troppo a lungo. Harry lo guardò, e Draco alzò gli occhi. Non sembrava pronto a perdonare Harry per aver dubitato di lui. Sembrava impotente, straziato, e pronto a uccidere.

Harry incrociò il suo sguardo mentre un brivido fiero lo attraversava. Io ti conosco.

"Sono rimasto aggrappato alla barca rotta per ore prima che venissero a salvarmi," disse Draco ripensandoci.

Persino Voldemort lo guardò quando parlò, incapace di credere che avesse scelto quel momento per lamentarsi. Gli occhi di Draco erano ancora fissi su quelli di Harry oltre le spalle di Lucius.

Harry fece un passo in avanti, con prudenza. Nessuno se ne accorse.

"Ho gridato fino a perdere la voce. Pensavo che... dato che eri morto, forse ero morto anch'io ed ero già all'inferno."

Harry fece un altro passo avanti. Gli occhi di Voldemort si assottigliarono per un attimo da far fermare il cuore, quindi si spostarono al suono dello scatto esasperato di Lucius.

"Vieni al punto, Draco."

Un altro passo con gli occhi di Draco fissi su di lui, solo i suoi. Un altro passo verso di lui.

Harry, non ci provare!

Ma qualcuno doveva farlo.

Potresti uccidere tutti.

L'emozione illuminò il viso di Draco, una sensazione bianca e calda che sarebbe potuta essere amore, odio o puro sollievo di poter finalmente agire.

"Va' all'inferno, papà," disse, e colpì suo padre in pieno viso.

Lucius cadde ai piedi del Signore Oscuro, che quasi perse l'equilibrio, e Draco lo sovrastò pronto a colpire ancora. I Mangiamorte si affollarono accanto al loro padrone in un'ondata caotica.

Fu solo un attimo.

Hai fatto la tua scelta, hai sfruttato la tua occasione.

Harry si lanciò in avanti e spinse giù la sfera Captus dal piedistallo. Cadde sul pavimento e si ruppe in mille pezzi.

*

Era stata colpita con il Confundus. Ginny si ricordava almeno quello, ricordava la lista di sintomi che sua madre le aveva mostrato. Questo è ciò che potrebbero cercare di farti degli estranei, sentirai queste cose e dovrai cercare di pensare, dovrai proteggerti!

Semplice, come le mamme babbane che insegnano ai loro figli a non accettare passaggi dagli sconosciuti. Solo che lei non era riuscita a proteggersi.

Aveva visto... non si sarebbe mai sognata di essere in pericolo, e invece...

Ma tutte le altre cose che pensava di ricordare erano impossibili. Il terrore annebbiato era il prodotto di un incantesimo, così come la loro situazione. Non poteva permettersi di perdersi in sogni orribili. Non con Dean che era sempre accanto a lei, e aveva bisogno del suo aiuto. Lui era rimasto ancora più disorientato dall'incantesimo Confundus e da ciò che era successo, e anche quello le faceva pensare a sua madre.

I figli di Babbani erano protetti dall'assenza di magia durante l'infanzia. I loro istinti erano diversi, le loro vite non erano toccate dall'ombra del Signore Oscuro. Una parte di loro non avrebbe mai creduto di poter essere in pericolo.

La cosa la riempiva di tenerezza, e aveva continuato a stringergli la mano ben oltre l'attimo di paura, mormorando parole di conforto senza senso. Lui contraccambiava nello stesso modo, e per giorni avevano intrattenuto conversazioni intere sul nulla.

Era tutto così buio, e il tempo passava in una confusione infinita. Cercare di pensare era come cercare di muoversi sott'acqua, e gli altri prigionieri erano quasi tutti inermi quanto Dean. Qualche volta a Ginny era sembrato di sentire una ragazza sussurrare a dei ragazzini, con una voce furiosa e insistente, ma perlopiù stavano in silenzio, per la disperazione o la confusione dovute alla magia.

Era stata colpita dal Confundus, e ora era imprigionata. Questa era l'unica cosa che sapeva.

Oltre alla confusione e all'affetto, sentiva solo che li stavano osservando. Quella era un'altra delle ragioni per cui erano tutti raggomitolati nell'oscurità e in semi-silenzio: riuscivano a sentire degli occhi maliziosi che li guardavano, come se fossero diventati dei cuccioli da osservare.

Erano come pesci rossi in una palla di vetro, quella prigione tutto il loro mondo.

Poi il mondo era andato in frantumi. L'aveva sentito rompersi intorno a lei, insieme agli ultimi effetti dell'Incantesimo Confundus, e in lei era sbocciata una paura feroce. Aveva sentito il mondo sbriciolarsi, e di certo i cocci di quella distruzione li avrebbero uccisi tutti.

Tenne stretta la mano Dean, senza fiato, come se la libertà fosse diventata un'atmosfera aliena, e appena i suoi occhi si abituarono capì dove si trovavano.

C'erano Mangiamorte ovunque, alcuni caduti su di loro come se fossero esplosi nel mezzo della stanza. Ora Ginny riusciva a vedere Hermione e Ron, che era assolutamente certa non fossero stati presi, e dai quali sarebbe corsa se non avesse dovuto tenere stretto Dean. Riusciva a vedere Voldemort, proprio uguale all'uomo nero che i suoi fratelli le avevano descritto nell'infanzia, e molto diverso da Tom Riddle.

Harry Potter stava davanti a un piedistallo di pietra vuoto, ricoperto di vetri e di liquido. Ginny fissò i cocci ai suoi piedi. Erano usciti tutti da lì dentro, pensò sconvolta, poi si stupì che la sua prima reazione vedendolo non fosse stata di sollievo. Il viso di Harry era pallido e malvagio, pronto a uccidere: non aveva più l'aspetto di un eroe ragazzino.

Draco Malfoy stava accanto a Voldemort e ai Lestrange. Suo padre - suo padre? - evidentemente era stato colpito anche lui dall'eruzione dei prigionieri nella stanza, ma sembrava che Malfoy avesse scelto di stare dalla sua parte.

Quando cominciarono lentamente a comparire i confini della stanza, Ginny vide che i Serpeverde catturati erano giunti alla stessa conclusione. Un silenzio sgomento cadde su di loro, e rimasero al centro della stanza mentre tutti si spostavano scegliendo un lato.

Alcuni di loro guardavano Malfoy in cerca di ordini, ma lui continuava a fissare suo padre. Altri riconobbero chiaramente dei volti di parenti sotto i cappucci neri.

L'esitazione silenziosa durò solo qualche attimo, ma in un momento come quello ogni secondo si caricava di significato dilatandosi.

Una ragazza si alzò lentamente dal pavimento. Ginny riconobbe i capelli neri e il viso duro: era Pansy Parkinson.

"Non m'importa," disse, e Ginny realizzò scioccata che la voce testarda che parlava con i ragazzini nella loro piccola prigione era stata la sua. Guardò Malfoy, poi uno dei Mangiamorte, e avanzò. Ginny non pensava che avrebbe mai udito la voce di un Serpeverde incrinarsi. "Non voglio..."

Pansy si fermò, il volto teso come se stesse trattenendo a fatica le lacrime, ma si allontanò dal gruppetto di Serpeverde per raggiungere il lato illuminato della stanza.

Una volta arrivata inciampò, ma Ron si sporse in avanti e la sostenne. Il fratello maggiore di Ginny tenne le mani stabili sotto le sue braccia finché Pansy non fu in piedi a fronteggiare un Mangiamorte insieme a loro.

I Serpeverde cominciarono a seguirla.

Quelli che erano rimasti indietro esitarono di nuovo quando Malfoy alzò lo sguardo da suo padre e li vide. Ginny vide un lampo di orgoglio sul suo viso nell'accorgersi di dove stava Pansy, e capì di essersi sbagliata.

Lucius Malfoy si stava contorcendo ai suoi piedi. Aveva un labbro insanguinato, e per un momento Ginny si chiese stupidamente come fosse successo. Quindi Lucius si gettò su suo figlio.

Scoppiò il caos.

Tutti passarono in un attimo dall'incertezza alla violenza, e all'improvviso la stanza si riempì di corpi in movimento e l'aria di maledizioni. Ginny vide il contingente dei Serpeverde nel mezzo guidato da qualcuno che le pareva Blaise Zabini verso Voldemort... ma subito strizzò gli occhi e si accorse che si stavano dirigendo verso Malfoy.

Qualcuno le afferrò il braccio e in un secondo prese la bacchetta, prima di girarsi e accorgersi che l'aveva puntata per l'ennesima volta contro Ron.

"Ginny," disse, e l'intensità con cui pronunciò il suo nome significava che le voleva bene e che si era spaventato a morte, "Sei scema? Dobbiamo combattere!"

"Sì!" gridò Ginny. "Ma devo assicurarmi che Dean sia al sicuro, è ancora sotto l'effetto del Confundus..."

"No," replicò Dean, con voce intontita vicino al suo orecchio. "No, sto bene, posso aiutare..."

Ginny si voltò contenta mentre parlava, e guardò i suoi occhi già più decisi per un attimo, prima che un Mangiamorte gridasse "Stupeficium!" e che Dean cadesse a terra ai suoi piedi.

Il Mangiamorte si stava avvicinando, diretto verso due facili prede: una ragazza tremante e un ragazzo incosciente.

Ginny era stanca di essere terrorizzata.

Lo colpì con una Fattura Gambemolli con tutti i riflessi dovuti a una vita insieme a Fred e Gorge, e quando l'uomo stava per cadere sopra Dean, lo colpì molto forte. Con la bacchetta.

Il Mangiamorte cadde di lato, gli occhi gli si chiusero, e Ginny trascinò via Dean e lo attirò come meglio poté sul proprio grembo, rannicchiata su di lui con la bacchetta pronta.

Pensava che Ron avrebbe potuto aiutarla, ma vide che stava affrontando tre Mangiamorte. Ebbe un attimo di paura per lui, ma poi si accorse che uno dei Mangiamorte se la stava vedendo con Pansy Parkinson alle sue spalle che lo colpiva sulla testa con la bacchetta, mentre Hermione avanzava verso un altro con sguardo determinato.

Di conseguenza non aveva alleati. Non aveva altra scelta che proteggere Dean da sola.

Le persone cadute a terra venivano calpestate. Forse anche l'uomo che aveva colpito stava venendo schiacciato da qualcuno in quel momento... ma lui se lo meritava, Dean no. Neanche per sogno avrebbe lasciato che gli succedesse qualcosa.

Ginny sollevò la bacchetta e scagliò ogni incantesimo che le venne in mente.

Intorno a lei continuavano a urlare e morire persone, c'erano alcuni ragazzi molto giovani ancora privi di sensi. Vide il professor Lupin ringhiare mentre ne difendeva otto, e il professor Black ridere e ferire chiunque minacciasse Lupin mentre era distratto. C'erano dei ragazzini accalcati intorno a Pansy Parkinson, e Ron era attaccato a loro. Ginny abbassò lo sguardo un momento e vide due ragazzi del primo anno, uno dei quali cercava di fare scudo alla testa di Dean, ma che in realtà cercavano solo di starle vicini.

Pensò che erano più numerosi dei Mangiamorte, ma molti di loro erano confusi, altri ancora inermi.

Quindi doveva combattere lei.

Per un pelo non imprecò contro Hermione, che le afferrò un braccio mentre le passava accanto. I capelli di Hermione erano una massa increspata attorno a un volto feroce.

"Non vedo Harry!" esclamò. "Cosa gli sta succedendo?"

"Non lo so e non m'importa," disse in fretta Ginny. Hermione riusciva a sembrare scandalizzata persino nel mezzo di una guerra totale. "Cioè... m'importa, è ovvio che m'importa," si corresse Ginny, "ma... non posso fare niente per lui, mentre posso aiutare loro."

Hermione la fissò, poi annuì e si fece strada selvaggiamente tra la folla verso Harry. Ginny le augurò buona fortuna.

"Ginny?" disse dolcemente Dean per terra, lottando per tornare conscio.

Ginny lo sovrastava, aspettando la minaccia successiva.

"Sì," disse, contenta di notare che la propria voce era ferma quanto la sua bacchetta. "Ci sono io con te."

*

Quando Hermione vide un guizzo di capelli biondo pallido il suo cuore mancò un battito: di certo Harry era con Malfoy.

Mentre lottava per avvicinarsi, vide che non era così. Malfoy e suo padre si stavano scagliando l'uno contro l'altro. Preso da quella lotta probabilmente Draco non si era neanche accorto di essersi lasciato Harry alle spalle.

Qualcuno doveva proteggere i più piccoli, qualcuno doveva combattere contro Lucius Malfoy. Ma qualcuno doveva raggiungere Harry. Se avessero perso lui, avrebbero perso la guerra, possibile che nessuno lo capisse?

Dov'era Harry?

"Nox," sibilò Hermione, agitando la bacchetta davanti agli occhi improvvisamente ciechi di un Mangiamorte.

Malfoy non stava nemmeno usando incantesimi contro suo padre. Stavano rotolando l'uno sull'altro, colpendosi con veri pugni, a sangue, come se si odiassero così tanto da non poter sopportare la distanza imposta da una bacchetta. Hermione esitò un attimo per controllare se fosse possibile scagliare una maledizione su Lucius con la certezza di non colpire Draco per sbaglio.

A un certo punto vide Peter Minus emergere alle spalle di Draco, e puntò la bacchetta verso di lui, solo per vederlo svenire. Narcissa Malfoy stava su di lui con la bacchetta alzata.

Disse, "Non osare toccare mio figlio."

Lucius Malfoy sputò del sangue in faccia a suo figlio. "Bene, la mia famiglia è un gruppo di traditori," cominciò, quando Draco gli si buttò addosso cogliendolo di sorpresa con un pugno che lo lasciò stordito.

All'improvviso Malfoy si alzò e corse verso di lei, e Hermione si bloccò per lo shock quando puntò la bacchetta contro di lei e gridò:

"Incendio!"

Si voltò appena in tempo per vedere i capelli di Bellatrix Lestrange scoppiare in fiamme, ma si rigirò subito dopo per allontanarsi dalle sua urla, ritrovandosi schiacciata contro la spalla massiccia di Malfoy.

"Attenta, Granger, stupida stronza!" sbottò. Aveva il labbro spaccato in due punti, il viso pieno di graffi e dei segni rossi sulla gola lasciati dal suo stesso padre quando aveva cercato di strangolarlo.

Ebbe appena il tempo di schiantare il signor Lestrange alle spalle di Malfoy. Lasciò che gli angoli della bocca le si curvassero all'insù.

"Attento, Malfoy, stupido bastardo."

Gli occhi di Malfoy brillarono e si mossero da suo padre, caduto, a lei, rapidi come insetti in un improvviso raggio di luce. Hermione rimase sorpresa nello scoprire che si sentiva più sicura con lui al suo fianco, come se fosse un alleato valido quanto un Grifondoro.

"Harry mi ammazzerebbe se lasciassi che ti torcessero uno solo di quei capelli crepi," mormorò, poi la sua voce si fece più intensa. "Harry. E' rimasto solo?"

"Ero leggermente occupata! Centinaia di persone sono esplose nella stanza!" strillò Hermione sovrastando i rumori della battaglia.

"Dobbiamo andare a prenderlo. Presto..."

Colse lo sguardo di Hermione prima ancora di accorgersene lui stesso. Hermione restò immobile per un attimo cruciale alla visione di Narcissa Malfoy per terra con del sangue tra i capelli chiari, e Lucius in piedi col volto gelido e la bacchetta puntata contro il suo unico figlio.

Avrebbe voluto gridare qualcosa a Draco ma aveva la bocca secca e non poté far altro che guardare, e guardarono entrambi. Era solo, come realizzò in una frazione di secondo, che non c'era tempo, e Lucius Malfoy era deciso.

"Avada Kedavra!"

Lo ha fatto. Draco è suo figlio e l'ha fatto, gridò qualcosa dentro la mente di Hermione, che desiderò tanto poter tornare al sicuro dai suoi genitori, e che fosse tutto un incubo, desiderò di non dover guardare Malfoy morire davanti ai suoi occhi.

Qualcuno si era accorto del pericolo prima di entrambi. Mentre Hermione guardava, certa di ciò che avrebbe visto, registrò con la coda dell'occhio due figure robuste che correvano verso di loro più velocemente di quanto le avesse mai viste muoversi.

Tiger arrivò troppo tardi.

Goyle riuscì in qualche modo a fare da scudo a Malfoy prima che la maledizione lo colpisse, ed ecco che Malfoy non era morto davanti ai suoi occhi. Era inginocchiato per terra accanto a Goyle, e Goyle era morto.

Hermione si mise una mano sulla bocca per impedirsi di urlare. Si morse il palmo e cercò di tenere stretta la bacchetta, e non fece altro che guardare il viso teso di Malfoy e pensare ridicolmente: sembra così giovane. Gli aveva attribuito mille caratteristiche sinistre, mentre era solo giovane e sconvolto da quanto il mondo potesse ferirlo, e Gregory Goyle, steso lì per terra, era solo un ragazzone.

Hermione voleva mettersi a piangere. Incrociò gli occhi di Tiger e vi vide riflesso il suo stesso orrore; poi tornò a guardare in viso Draco.

Draco si alzò, lasciando il suo amico morto per terra. La sua espressione le ricordò quella di Harry poco prima: lo sguardo di chi aveva attraversato il fuoco e ne era uscito di acciaio. Non sembrava più né giovane né triste.

Il trionfo stava scomparendo dal viso logoro di Lucius Malfoy. Non ha abbastanza energia per usare di nuovo la Maledizione Che Uccide, realizzò lentamente Hermione. Non ha la magia, non ha la forza.

Draco era disperato e a pezzi e furioso e sicuro. Non esitò, ne per amore né per pietà.

"Avada Kedavra," disse.

Ci fu un getto di luce verde.

Solo dopo che Lucius fu caduto a terra Hermione si rese conto che non avrebbe mai pensato che Malfoy potesse davvero scagliare una Maledizione Senza Perdono. Non con il sangue e con la magia, non tanto da uccidere suo padre.

Eppure lo aveva fatto, e ora non avrebbe mai più potuto fingere che non ci fosse stato un attimo in cui aveva voluto vedere morto suo padre più di qualsiasi cosa al mondo.

Un attimo dopo l'Ordine della Fenice irruppe nella stanza come un miracolo, e cominciò a farsi largo attraverso i Mangiamorte. Snape era in testa.

Hermione non avrebbe mai dimenticato la faccia di Draco quando capì che se avesse aspettato solo un altro istante forse non sarebbe stato costretto a farlo.

Indugiò, spaccata in due dalla paura e dalla compassione, e fu allora che sentì lo schianto terribile proveniente dal lato della stanza in cui Harry e Voldemort stavano combattendo l'uno contro l'altro.

Gli occhi di Draco, fissi su un punto remoto, tornarono concentrati. Strinse il braccio di Tiger, le dita bianche mentre affondavano nella sua pelle.

"Resta qui," ordinò. "Non metterti nei guai per me!" Guardò il viso ammutolito e testardo di Tiger e lo scosse. "Resta con lui," ringhiò. "Qualcuno deve restare con lui. Non puoi lasciare che la gente lo calpesti."

"E tuo padre?" si lasciò sfuggire Hermione, solo per desiderare subito dopo di mordersi la lingua.

"Lui se lo merita," disse aspro Draco. "Merita di peggio. Dobbiamo andare ad aiutare Harry."

A quel punto lo schianto diventò un tuono, si scambiarono uno sguardo e presero a correre, anche se Hermione era certa che ormai non avrebbero più potuto aiutarlo.

*

Alla fine, come all'inizio, erano solo loro.

Harry vide il ricordo dell'inizio in quegli occhi stretti e attenti, vide le dita di Voldemort stringersi attorno alla bacchetta con piccoli tocchi esitanti, come un uomo con un'amante desiderata a lungo, e sentì un'ondata di pura irritazione sovrastare l'ira costante.

A quella cosa era stato concesso di orchestrare la sua vita sin quasi da quando era nato.

Si era chiesto, a volte, se fosse capace di uccidere. Ora lo sapeva. Aveva ucciso Silente. Aveva amato Silente.

Aveva dovuto farlo.

Quell'essere aveva ucciso i suoi genitori, rapito i suoi amici e causato una guerra che aveva minacciato tutti coloro che amava, ed era disgustoso. Andava distrutto. Era tutto molto semplice.

Harry strinse forte la bacchetta e restò calmo, cercando di leggere sul viso di fronte a lui la sua prossima mossa.

In quel posto nuovo e freddo si rese conto che Voldemort aveva un aspetto grottesco. Aveva marciato nel sangue ed era risorto dalla morte per diventare quella cosa, quando una volta era stato umano, ed eccolo lì tutto soddisfatto di sé. Dov'era la vittoria?

"Ho atteso questo momento per molto tempo," sussurrò Voldemort, la voce grave e quasi intima.

"L'ho detto che sei patetico," disse Harry.

Nella sua mente non c'erano altro che quell'unico impulso di uccidere, e tutti i modi in cui avrebbe potuto farlo.

Avrebbe scelto qualcosa di semplice. Come una madre che difende suo figlio. Come prima, quando la bacchetta di Silente era semplicemente stata fuori dalla sua portata.

... se non fosse stato per quello Harry sarebbe morto, perché Silente era troppo potente, esattamente come Voldemort in quel momento. Non sarebbe stato un gioco pieno di effetti speciali sotto gli occhi del preside, come estrarre una spada da un cappello. Harry aveva approfittato di una piccola casualità e aveva desiderato poter chiudere gli occhi, ma non aveva potuto, era dovuto rimanere concentrato, e quando aveva alzato la bacchetta lo aveva guardato negli occhi e aveva detto...

Si udì il suono della Maledizione Che Uccide, come un suggerimento per Harry, e Harry sentì una fitta di terrore al pensiero di chi potesse esser stato colpito.

Non c'era modo di saperlo, e la Maledizione Che Uccide non avrebbe funzionato in quel frangente.

Voldemort non aspettava altro, e aveva la bacchetta in mano. Ma duellare con Harry gli avrebbe creato qualche problema, e quella poteva essere una possibilità.

Voldemort non vedeva l'ora di ucciderlo, ma erano anni che Voldemort non vedeva l'ora di uccidere Harry, e quella voglia doveva essere invecchiata con lui. Sollevò la bacchetta e aprì le labbra, e Harry, che stava aspettando quel momento, sollevò la bacchetta e parlò a sua volta. 

Le loro bacchette restarono congelate, la magia tremò fino alla paralisi proprio come era successo il quarto anno, e Voldemort restò con la propria magia incatenata a quella di Harry, senza altre difese. La battaglia si era concentrata nel centro della stanza, e persino Nagini era occupata a strisciare tra i corpi mordendo.

Non aveva la magia e non aveva i suoi servi.

Harry aveva ucciso Silente. Questo non era niente.

All'improvviso fu tutto chiaro a quella macchina assassina che era diventata la sua mente. Voldemort era fisicamente vulnerabile. Sedici anni prima era stato il suo corpo a essere distrutto, e il suo nuovo corpo, acquistato col sangue di Harry, lo rendeva di nuovo carne e ossa.

Qualsiasi cosa fatta di carne e ossa poteva essere uccisa, e lui era pronto a farlo. Voleva farlo. D'un tratto pensò a come venivano uccise le persone a cui veniva tolta la magia nelle favole babbane: mai con la magia, sempre fisicamente. Spinte in un forno, fatte rotolare in un barile fino alla morte, fatte sfrecciare in cielo e poi fracassare al suolo...

Un piano cominciò a prendere forma nella mente di Harry.

Sentì delle grida alle sue spalle, grida e lampi di luce che trasformavano in un campo di battaglia quella che sarebbe dovuta essere un'aula. C'erano persone che stavano morendo. Doveva porre fine a tutto questo subito.

I fantasmi presero ad affiorare dalla bacchetta di Voldemort, ma aveva ucciso parecchie persone negli ultimi anni, quindi erano sconosciuti, pallidi sconosciuti che sussurravano incoraggiamenti di cui non aveva bisogno, persone che non poteva salvare.

Silente non si era mai aspettato che provasse a sconfiggerlo. C'era una cosa che quelle persone non capivano.

La linea di magia che univa le bacchette stava vacillando. Non avrebbe retto.

Se ne accorse anche Voldemort, e cominciò a sorridere, un sorriso lento e terribile.

"Vuoi dire qualche ultima parola?"

Non voleva che i suoi ultimi pensieri riguardassero Voldemort. Non ne valeva la pena, così in quel millesimo di secondo prima del dolore e dell'oscurità pensò a tutte le persone che aveva perso nel tumulto urlante della guerra. Non aveva il tempo di chiedersi se stessero bene, poteva solo chiamare i loro nomi, per ricordare che esistevano anche loro oltre a Voldemort, e che erano più importanti di lui.

Ron, Hermione, Sirius, Draco.

"Addio," disse Harry. Interruppe il contatto per un attimo, e puntò la bacchetta verso un punto proprio sopra la testa di Voldemort. "Accio muro!"

L'intera parete sud di Hogwarts crollò su entrambi.

*

Tutti si fermarono mentre le pietre cadevano accanto a loro, e Hermione e Draco stavano già correndo verso il rumore del muro che crollava.

"Incantesimi di supporto!" gridò Lupin a Sirius e al mondo in generale, e mentre Hermione e Draco correvano, Hermione capì che erano gli incantesimi del loro schieramento che tenevano su il pavimento che stavano calpestando e il soffitto sulle loro teste.

Davanti a loro c'erano macerie, e oltre quelle il cielo notturno. Le stelle guardavano impassibili le rovine di Hogwarts.

I Mangiamorte avevano smesso di lanciare incantesimi. Quelli di loro che erano ancora vivi avevano lasciato cadere le bacchette e si stringevano le braccia con il Marchio Nero, come se la morte del loro padrone avesse lasciato loro una ferita. L'Ordine della Fenice, senza perdere un colpo tra battaglia e stasi, cominciò ad accerchiarli.

Hermione avrebbe voluto perdersi nel trionfo. Avrebbe voluto trovare Ron e dargli pugni sul braccio e urlare e dire Ce l'ha fatta, lo sapevo che ci sarebbe riuscito! Invece corse accanto a Draco Malfoy verso il cumulo di pietre - la tomba di pietre, continuava a pensare, mentre la sua mente cercava di nascondersi dal mondo - che Harry aveva buttato giù.

Arrivarono fin troppo in fretta. Hermione vide i blocchi enormi che avevano sorretto Hogwarts, vide un ammasso di mattonelle di pietra e capì che chiunque sotto quel peso sarebbe morto schiacciato.

Oh, Dio. Oh, Dio.

Sentì qualcuno gridare dietro di loro, e riconobbe la voce di Pansy Parkinson. Doveva aver trovato Goyle, pensò tristemente.

C'erano solo la notte improvvisamente silenziosa e quel cumulo di enormi, stupide pietre. Non era così che doveva andare.

Si sporse e toccò il braccio di Draco.

"Ce l'ha fatta," sussurrò, e all'improvviso si ritrovò a dover soffocare le lacrime. "Lo sapevo che ce l'avrebbe fatta!"

Draco le rivolse uno sguardo freddo.

"Cerca di frenare questo assurdo sentimentalismo," la schernì lui. "Lo sapevo anch'io che ce l'avrebbe fatta. Adesso tiriamolo fuori."

Hermione lo fissò, incapace di dire ciò che era ovvio, specie perché era chiaro che la calma che gli stava deformando sgradevolmente il viso non era altro che l'anticamera della disperazione, ma altre persone cominciarono ad ammassarsi intorno a loro e qualcuno parlò.

Era Blaise Zabini. "Cosa vuoi fare, tirarlo fuori per poi sotterrarlo di nuovo?"

"Sta' zitto!" ordinò Draco, gettandosi su Zabini con uno slancio di aggressività quasi consolante. "Non è morto!"

"Draco," disse Hermione, e Draco la guardò.

Anche se erano circondati dalla morte, Hermione si accorse che una parte di lui era sorpresa per la familiare intimità del suo nome sulla sua bocca. Non le importava. Era troppo occupata a non sentire ciò che stava dicendo.

"Credo... che abbia ragione. Queste pietre sono enormi. Gli avrebbero spezzato la schiena... gli avrebbero rotto tutte le ossa del corpo..."

Doveva averlo saputo, prima di tirare giù il muro. Hermione si spinse la mano sulla bocca mentre cercava di non pensarci, di non immaginare cosa aveva dovuto provare Harry. Fu così grata a Ron per le braccia forti che le scivolarono intorno all'improvviso, e per le mani che si chiusero sulle sue. Lo sentì tremare con lo stesso terrore inorridito.

Draco aveva un'espressione crudele. "Non m'importa! Siamo maghi, Granger, nel caso te lo fossi dimenticato. Non fa niente se ha il cranio fracassato, l'importante è che arriviamo in tempo. E ora aiutami a tirarlo fuori!"

Hermione si appoggiò a Ron per un breve e dolce momento, come se aver vinto significasse potersi riposare. Poi aprì gli occhi e guardò la notte, i feriti e i morti, e Draco Malfoy coperto di sangue e di sporco, che si tagliava le mani mentre cercava di sollevare un masso da solo.

"Siamo maghi," disse Hermione. "Possiamo fare di meglio."

Cominciarono tutti a far levitare le pietre. All'inizio furono solo Hermione, Draco, Ron e Pansy Parkinson, quindi si unirono degli altri. Presto la notte si riempì di macigni volanti, alcuni dei quali finirono contro gli altri muri per la fretta. Quei rumori e i mormorii furono gli unici suoni mentre lavoravano in silenzio, con una fretta disperata.

Individuarono il primo corpo. Era abbandonato come un pupazzo, un enorme fantoccio nero usato per spaventare i bambini alle feste, e per un attimo tutti indietreggiarono, senza osare toccarlo. Dicevano che se lo si chiamava arrivasse, e che non morisse mai...

Hermione d'un tratto si infuriò con se stessa per essere stata così stupida.

Fece un passo avanti e si rese conto che Draco ne aveva fatto uno nello stesso momento. Lui sembrava più calmo di lei, ma il suo viso era tetro. Sentì Ron alle spalle, e tutti e tre insieme sollevarono quella cosa inumana e rotta e la gettarono via come spazzatura.

E quella fu la fine del mago cattivo.

Harry era sotto di lui, il volto insanguinato. Era immobile.

Hermione fu sopraffatta dalla tenerezza, cruda come una ferita aperta. Non voleva che nessuno lo toccasse: non voleva che Ron la consolasse, non voleva più guardare Harry. Aveva di nuovo rotto gli occhiali, pensò stupidamente. Si rompeva sempre gli occhiali.

Hermione si mise a piangere. Draco imprecò, inginocchiato accanto al cadavere - a Harry - col respiro come a singhiozzi, ma gli occhi privi di lacrime.

"Andate a chiamare Madama Chips," ringhiò rivolto a tutti, e afferrò il braccio di Harry.

Hermione gridò sentendo le ossa del braccio di Harry scricchiolare e stridere, come qualcosa di troppo frantumato per poter essere mai riaggiustato.

"Non puoi mostrare un po' di rispetto?"

"No," disse Draco. "No, non voglio. Non è morto, non è morto perché lo dico io! Cazzo, Harry, apri gli occhi!"

Non assomigliava affatto alla vittoria che si era immaginata Hermione, col loro castello mezzo distrutto e gente che continuava a morire.

Non ci furono miracoli. Harry non aprì gli occhi.

Ma quando Madama Chips spinse via una Hermione in lacrime e un Draco imprecante, si mise al posto di Draco accanto a Harry e premette brevemente due dita sul collo di Harry, disse che sentiva un battito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Epilogo

 

This is what I know now

My salvation lies in your love

 

[Questo è quanto so adesso / Il tuo amore è la mia salvezza]

 

 

Harry aprì gli occhi.

Sbatté le palpebre e cercò di mettere a fuoco. Era un mattino grigio e nuvoloso, notò attraverso le finestre dell'infermeria. Sembrava che la luce del sole si fosse arresa, e ricadeva poco lontano dal suo letto. Si sentiva come se qualcuno gli avesse triturato le ossa con un mortaio e un pestello.

Draco era seduto su una sedia accanto al letto, piegato in avanti a guardarlo con occhi chiari. A Harry ricordava un po' un avvoltoio appollaiato su un albero nell'attesa paziente che il suo pranzo morisse.

Harry gli sorrise meglio che poté, e la tensione scivolò via dalle spalle di Draco.

"Draco," disse, testando la propria voce e trovandola incrinata ma ancora funzionante. "Cos'è successo?"

"Beh, non so proprio come dirtelo, Harry, ma dopo che hai ucciso Voldemort Peter Minus ha preso il comando e ha trionfato su tutta la linea. Ci ha concesso di vivere come suoi schiavetti malvagi."

Harry rise con cautela, nonostante il vago presentimento che così facendo si sarebbe di nuovo rotto le costole. Il viso di Draco si addolcì ulteriormente, le rughe causate dall'amarezza e dalla stanchezza si distesero finché non tornò quasi normale, familiare e amato.

"Come ti senti?" chiese, e senza tracce di ostilità o ironia la sua stanca voce strascicata suonò quasi dolce.

Harry si sollevò con molta prudenza, quindi si rilassò in posizione seduta contro i cuscini. "Sono... un po' sorpreso di non essere morto," rispose sinceramente. "Com'è successo, secondo te?"

"Crediamo che Voldemort ti abbia salvato," disse Draco. "E' caduto su di te, ed era alto due metri con una testa gigante. Il suo corpo ti ha protetto dal peggio. Ti prego, Harry, non morire per l'ironia."

Harry alzò solo le sopracciglia. Stava ancora cercando di testare tutte le ossa del suo corpo, che insistevano nel fargli notare che erano rotte e che curarle era una pia illusione, pronta a scomparire ad ogni movimento improvviso. Se era stato protetto dal peggio, il peggio doveva essere...

Morire fracassato.

, ricordò Harry. L'ho fatto.

Bene. Andava fatto.

"Chi... chi altro è morto?" chiese, temendo la risposta.

"Weasley e Granger stanno bene," disse subito Draco. "E anche il professor Black e il professor Lupin."

Per un attimo provò solo sollievo, poi si ricordò che stavolta non si era trattato di un gruppetto in pericolo: stavolta c'era stata una guerra.

"Chi è morto?"

"Calì Patil e Lavanda Brown," rispose secco Draco. "Natalie McDonald... pensiamo che lei e Malcolm Baddock stessero cercando di proteggersi a vicenda. Nessuno dei due ci è riuscito. Non so quali altri Grifondoro conosci."

"Dimmi tutti i nomi," disse Harry.

Cercò una magra consolazione nell'idea che quella sarebbe stata l'ultima lista di persone che non era riuscito a salvare.

Draco obbedì, la voce piatta come se avesse già memorizzato la lista. Harry lo ascoltò, cogliendo nomi che conosceva tra gli estranei che non aveva salvato. Persone della scuola. Persone dell'Ordine della Fenice.

"Aspetta," disse. "Cosa? L'Ordine della Fenice? Come hanno fatto ad arrivare?"

"Oh, è stato un miracolo, sono arrivati al momento giusto, un segno del cielo," rispose Draco loquace. Allo sguardo scettico di Harry, aggiunse: "Ho mandato un Gufo a Snape dalla guferia quando ci siamo separati. Io... nessuno doveva sapere dove fosse andato, aveva usato incantesimi per non farsi trovare, ma mi aveva lasciato un indirizzo e io gli avevo dato la mia parola che non l'avrei detto a nessuno. Per questo... ti ho mentito sulla lettera che stavo scrivendo, e ti ho mentito sul perché volessi che ci dividessimo. E' stata una stupidaggine. Facevi bene a dubitare di me."

Harry non chiese come facesse a sapere che aveva sospettato della lettera. Sospettava che Draco avesse analizzato ogni ragione per cui Harry avesse potuto non fidarsi di lui, oltre ad imparare a memoria le liste dei caduti.

"No, non dubitavo," disse, e si sporse impacciato per toccare la mano di Draco.

Draco la allontanò leggermente, e tornò a leggere la sua lista invisibile. Harry lasciò cadere la mano.

Ernie McMillan. Nymphadora Tonks. Millicent Bulstrode.

"E Pansy è ...?" chiese quando Draco fece una pausa in quella lista che sembrava interminabile, senza finire la frase. Se erano potute morire tante persone, Harry sentiva che anche solo dirlo avrebbe potuto farlo succedere.

Ma Draco disse, "Sta benissimo. Le farà piacere sapere che me l'hai chiesto, anche se temo che niente smuoverà Weasley dal primo posto della sua classifica di Grifondoro Migliori, a questo punto. Ovviamente ha preso un colpo in testa che non è stato curato."

"Ron? Davvero?" chiese Harry, fissandolo.

"Non temere, non credo che abbia in mente di far lasciare Granger e Weasley, specie considerato il fatto che si sta chiedendo se sia il caso di farsi tramortire dal suo pezzo di Tassogrosso pur di evitare i MAGO."

"I MAGO?" ripeté Harry. "Faremo lo stesso i MAGO?"

Era troppo stanco per fare appello all'indignazione, ma sentì comunque che era decisamente troppo.

"Passeremo tuta l'estate a scuola per farli," confermò Draco. "Granger è disgustosamente felice. E' tutta colpa del nostro nuovo preside."

La testa di Harry cominciò a pulsare, come se tutte quelle nuove informazioni stessero picchiando contro una porta per irrompere nella sua mente.

"Chi è il nostro nuovo preside?"

Draco sollevò un sopracciglio. "Il professor Lupin."

"Oh," disse Harry, e poi, riuscendo a racimolare un po' di vago piacere: "Oh. Bene."

"Sapevo che saresti stato contento. Ovviamente per me è uno scandalo. Avrebbe dovuto essere il professor Snape. Almeno avrebbe potuto prendere la cattedra di Difesa dalle Arti Oscure, ora che Silente è morto."

Era come se qualcuno stesse aprendo e chiudendo delle persiane nella mente di Harry. Quando si aprivano vedeva l'infermiera impietosamente immobile, quando si chiudevano nient'altro che il ricordo di quella notte, quando Silente...

"Allora lo sai," disse lentamente.

"So che è morto," rispose Draco. "Conosco l'incantesimo per cancellare gli incantesimi lanciati da una bacchetta. Me l'ha insegnato Snape. Torna molto utile."

Si sfilò la bacchetta di Harry da un passante dei jeans e, dopo un momento, Harry la accettò.

"Li avevano colpiti tutti col Confundus," proseguì Draco. "Nessuno ricorda con certezza cosa ha visto. Non ti crederebbe nessuno. Non sospettavo... non mi era mai piaciuto, e ho sospettato di chiunque. E' morto in battaglia, e questo è quanto."

Harry si schiarì la gola e disse la verità a Draco, perché Draco l'avrebbe compresa completamente.

"L'ho ucciso," disse. "Ho dovuto farlo."

Draco annuì, accettando senza scomporsi la rabbia che avrebbe fatto ritrarre chiunque altro. Qualcosa disturbò la calma del suo viso, ma quell'emozione passò troppo in fretta perché Harry potesse identificarla.

"Ho ucciso mio padre," replicò Draco. "Ho voluto farlo."

Harry avrebbe voluto dire qualcosa. Dire che era felice che Lucius fosse morto non gli sembrava appropriato, così il silenzio si protrasse, diventando teso come la corda di uno strumento musicale, finché non emerse un suono rotto.

Proveniva da Draco. "Ha ucciso Goyle," disse, e la voce gli si spezzò. "Voleva uccidere me, e Goyle mi si è messo davanti, e io non capisco perché l'abbia fatto!"

"Tuo padre?"

"Goyle! Non capisco. E' morto per causa mia e ancora non capisco perché l'ha fatto!"

Harry non era certo di capirlo lui stesso. Di certo non sapeva quale fosse la cosa giusta da dire, non a Draco così addolorato e confuso, e che lo guardava arrabbiato in cerca di risposte.

"Ti voleva bene," disse.

Gli occhi di Draco erano desolati.

"Io volevo bene a mio padre," disse. "Non posso... Non ho mai saputo amare nessun altro. Lui mi guardava e mi istruiva quando ero piccolo, e io pensavo che... non lo so, pensavo che mi avrebbe amato, se solo l'avessi reso abbastanza fiero! Era un bastardo, era pronto a strisciare e a uccidere per ottenere ciò che voleva, e adesso capisco che si possa uccidere, ma che io sia dannato se mai capirò lo strisciare. Non mi avrebbe mai amato, e Goyle è morto per me, e io avevo sbagliato tutto."

Harry si tese per provare una certa teoria, e vide Draco allontanare di nuovo la mano.

"Ora capisci meglio."

"Sono sempre lo stesso," disse Draco. Sembrava tormentato e infelice, come se si stesse prendendo gioco di se stesso con estrema crudeltà, come se la voce di suo padre gli risuonasse ancora nelle orecchie. "Sarei diventato un Mangiamorte se non se ne fosse andato. L'avrei fatto, pur di guadagnarmi la sua approvazione. Avrei percorso quella strada pensando che lui sapesse cosa fosse giusto, e se mai mi fossi accorto che le cose non stavano così sarebbe stato troppo tardi. Ancora non so come comportarmi. Ancora non conosco le parole giuste."

"Un mio amico è morto per me, perché mi sono raccontato delle bugie stupide e patetiche su mio padre e non l'ho ucciso il primo momento che l'ho visto, e non capisco nemmeno perché mai qualcuno dovrebbe aver fatto una cosa simile per me!"

Draco evitò il suo sguardo e cercò di ricomporsi. "Non per mettere su un dramma in tre atti mentre sei ancora a letto," disse dopo un attimo. "Volevo solo dirti perché... sai. Non funzionerebbe."

Ci fu un attimo di silenzio. Harry aspettò che Draco gli rivolgesse un'occhiata prudente, quindi lo guardò storto.

"Ma perché dici tante cazzate?" chiese. 

*

Hermione, che andava a controllare Harry una volta all'ora, aprì la porta e vide Harry e Draco nel mezzo di quella che sembrava una conversazione intensa. Il suo primo pensiero fu schiantare Draco e metterlo in un angolo così che potesse riflettere sulle ragioni per cui importunare un invalido era un'idea deplorevole.

Il secondo fu chiudere la porta il più lentamente possibile e appoggiarvisi contro.

Ron la fissò.

"Perché non entriamo?"

"Come? Niente! Nessun motivo. Facciamo una passeggiata!" suggerì vivacemente Hermione.

Ron la guardò dubbioso. "Io credo di voler entrare," disse con un tono che indicava che la signora Weasley non aveva tirato su uno stupido.

"Non puoi! Ehm, cioè, Harry è sveglio!"

"E allora?" disse Ron. "Meglio così. Andiamo piuttosto d'accordo quando è conscio, ricordi?"

"Ok, Ron, ascoltami: non ti devi agitare."

"Agitare?" esclamò Ron. "Non mi agiterò. Perché?" Ad ogni parola alzava la voce. "Per che cosa dovrei agitarmi?!"

Hermione prese un ampio respiro. "Niente," rispose. "Non piaceva neanche a me... oddio, non sono ancora sicura di apprezzare, ma Harry l'ha presa sul serio, e dopotutto non è così male. Hanno uno strano modo di andare d'accordo che sembra funzionare, e almeno ora sono sicura che..."

"Hermione, se stai cercando di dirmi che Harry sta avendo un momento privato lì dentro, basta dirlo."

Il corridoio fuori all'infermeria non era abbastanza grande da contenere lo stupore di Hermione. Ron assunse un'aria lievemente compiaciuta.

"Me n'ero accorto. Sai, non sono stupido."

Hermione non riusciva a chiudere la bocca. Rimase aperta. "Te n'eri accorto davvero?"

"Beh, Harry aveva detto che c'era qualcuno, e da quel momento ho pensato che fosse ovvio."

"Io... suppongo di sì..."

"E per me hai ragione," continuò Ron allegramente. "Poteva andare peggio."

"Tu credi?" Hermione considerò l'orribile eventualità che stesse pensando a Snape.

"Non vado matto per i Serpeverde, ma, beh, se hanno scelto lo schieramento giusto direi che non importa a quale casa appartengono. E poi sono mesi che Harry si accampa nei sotterranei dei Serpeverde metà del tempo." Le rivolse un sorrisino dispettoso. "Dai, non ci vuole un genio per fare due più due."

"Beh... beh, certo che no," rispose Hermione, e riuscì a riprendere il controllo dei propri muscoli facciali abbastanza da rivolgergli un sorriso di approvazione. "Stai dimostrando grande sensibilità, Ron. Devo ammetterlo, non me lo aspettavo."

Si tirò le maniche sfilacciate del maglione, cosa che per Hermione era il modo di Ron Weasley di lisciarsi le penne.

"Sono tollerante, è un mio pregio," la informò. "Comunque devo dire che lei mi piace. Certo, dovrebbe trovarsi dei nuovi amici, ma d'altronde anche Harry è amico di Malfoy, quindi non gli darà fastidio."

Hermione ci impiegò un attimo a sprofondare.

"Scusa?" disse. "Cosa hai detto? Lei... di chi stai parlando?"

Ron la squadrò. "Di Pansy Parkinson, ovviamente. E' l'unica ragazza nel gruppo di Serpeverde che frequenta Harry, no?"

Nel giro di due minuti a Hermione vennero in mente un centinaio di frasi che iniziavano con: E' assolutamente vero, Ron, ma...

"Stai pronunciando il mio nome invano, Weasley?" chiese una voce allegra, e Hermione sollevò inorridita gli occhi occupati a contemplare intensamente il pavimento verso Pansy Parkinson, che stava attraversando il corridoio.

Francamente Hermione preferiva Draco. Almeno Draco apriva un libro una volta ogni tanto, e non indossava quelle minigonne scioccanti.

Mentre Hermione lottava contro visioni tremende di Draco Malfoy in minigonna inguinale, sentì Pansy avviare quella che sembrava una chiacchierata amichevole con il suo ragazzo. Una parte della sua mente notò che Ron aveva appena detto che le piaceva. Quella sgualdrina.

"Ho portato dei cioccolatini," lo informò Pansy. "E non ne ho mangiato neanche uno. Ho visto, uhm... la Weasley femmina e Patil che portavano in giro i loro feriti sul lago in una specie di festa dell'amore per i nostri eroi di guerra, e ho pensato che fosse il momento giusto per venire a dar da mangiare allo sciocco idiota."

"Sai che Harry è sveglio?" chiese Ron.

"E' sveglio?" chiese Pansy. Si fermò a riflettere. "Allora saranno occupati, lì dentro. Dovrò mangiarli tutti io."

Aprì la scatola. Hermione notò che Ron era più confuso di prima.

E così Seamus e Dean erano di nuovo in piedi. Erano gli ultimi feriti gravi, a parte Harry. Seamus era stato costretto a farsi ricrescere le ossa di entrambe le gambe, e Dean era stato a letto due giorni per smaltire l'effetto della Cruciatus. Ginny aveva dormito sul mantello accanto al suo letto in infermeria.

Forse Seamus avrebbe potuto consolare un po' Padma. Stava sempre zitta, da quando...

Hermione si scrollò dalla mente il pensiero di Calì, e pensò di nuovo a Seamus e Dean. Loro camminavano, e Harry era sveglio. Era più di quanto avessero sperato meno di una settimana prima.

Stavano guarendo. Si sarebbero rimessi tutti.

Sentiva di voler bene a tutti, persino a Pansy Parkinson, che ora stava provocando Ron con la sua scatola di cioccolatini.

"Non ne vuole," si intromise fermamente.

"Esatto," disse Ron, fissandoli con aria ingorda. "Non ne voglio neanche uno."

Pansy aveva colto la preoccupazione di Hermione dal suo tono di voce. "Non preoccuparti," disse, con un tono maliziosamente divertito e quindi simile a quello di Draco. "Sono piuttosto soddisfatta del mio Tassorosso."

"Zacharias Smith?"

Pansy scelse un altro cioccolatino. "Certo, quello."

La mente di Ron, momentaneamente distratta dal cioccolato, virò nuovamente verso il punto di partenza. Hermione sapeva che quel momento sarebbe arrivato.

"Un momento," disse. "Se tu sei qui..." Pansy sorrise e dimostrò il suo assenso colpendolo con la scatola di cioccolatini. "Sì, ma se tu sei qui... allora chi c'è lì dentro con Harry?"

Hermione corse a spalmarsi di nuovo sulla porta.

"Non entrare!"

"Entra," lo incoraggiò Pansy, prima di essere colta da un rimorso di coscienza. Gli porse la sua scatola di cioccolatini. "E' meglio se prendi un cioccolatino, prima," aggiunse gentilmente. "Prendine uno al liquore. Credo che ne avrai bisogno."

*

"Come, prego?" disse Draco, con sgradevole e gelida educazione.

Harry lo guardò e non trovò nessuna parola adatta. Nonostante quello, era sicuro.

"Hai ragione, sei stupido," disse.

"Tu sei un romantico, ecco il tuo problema," osservò asciutto Draco.

"E così amavi tuo padre. Succede alla maggior parte della gente, lui era un bastardo e tu hai fatto la cosa giusta. Non importa quello che pensi avresti fatto se le cose fossero andate diversamente. Hai fatto la cosa giusta."

Sembrava che Draco avesse già una risposta sulla punta della lingua, ma non ebbe mai il tempo di pronunciarla. Madama Chips aggiunse l'ultimo tocco di charme all'infermeria grigia uscendo dalla stanza dei medicinali con un catino pieno di liquido puzzolente.

"Dov'è quel Dean Thomas? Non salterà di nuovo la sua dose di Sciroppo Rinvigorente," annunciò vivace. Dette a Harry un'occhiata attenta prima di comunicare la sua diagnosi. "Sei sveglio."

"Ehm, sì."

"Così va meglio," disse severamente Madama Chips. "Ora magari il signor Malfoy tornerà nel suo letto e cercherà di dormire. Scusatemi."

Lasciò la stanza, intenzionata a rinvigorire Dean con ogni mezzo necessario. La udirono rimproverare degli studenti per essersi aggirati nei pressi dell'infermeria, e la porta si richiuse con un botto.

Draco era un po' arrossito.

"Sono solo passato un momento mentre andavo da un'altra parte. E' la mia prima visita, in effetti," assicurò a Harry. "Quella donna è pazza. Passa tutto il giorno in quella stanza a mescolare sciroppi, intrugli di latte e vino speziato e cose varie... È colpa dei fumi," aggiunse irritato. "Fondono il cervello. E smettila di sorridere."

Harry non smise. Era solo un sorrisino, il massimo che poteva permettersi quando continuava a tornargli in mente la lista di persone che non aveva salvato, ma aveva appena recuperato la sensazione che aveva avuto proprio prima di quella notte piena di morte, quella che un giorno sarebbe stato ridicolmente felice.

C'era tempo adesso, tutto il tempo del mondo. L'orrore incalzante non sarebbe durato per sempre. Col tempo l'avrebbe superato.

Si accorse che una delle ragioni per cui il cielo era scuro era che dietro le finestre stavano levitando alcuni massi enormi. Si udì un rumore improvviso, come... qualcuno che giocava all'autoscontro con enormi blocchi di granito .

"Fa' attenzione, Black!" risuonò dal basso la voce inconfondibile di Snape.

"Chi ha detto che è stato un incidente?" esultò Sirius. "Preso di nuovo!"

La gioia si rovesciò su Harry come un'ondata di acqua calda quando capì cosa stavano facendo.

Hogwarts sarebbe tornata in piedi. La stavano ricostruendo.

"E poi qualcuno doveva restare qui per impedire che dei ragazzini innocenti vedessero accidentalmente il tuo pigiama!" annunciò Draco, con l'aria di chi aveva appena giocato la carta vincente. "Pensavo di aver bruciato tutte le cose di quel genere nel tuo armadio, e invece no, Granger se ne esce con quella... quella mostruosità e sostiene che è il tuo preferito. Ho gridato, ho cercato di stracciartelo di dosso, ma Granger ha frainteso completamente."

Harry abbassò gli occhi sul proprio pigiama e ricordò di averlo nascosto sotto un cuscino per salvarlo dal suo triste destino. Era stato... Dio, sembravano passati anni.

Certe cose non cambiavano mai.

"Non ti rimangerai la parola," disse bruscamente. "Te lo impedirò. Sei mio, cazzo."

Draco lo fissò. "Dimmi che non devo spiegarti che... quello che ho detto sul treno non era una proposta di matrimonio. Dimmelo, Harry."

"Non che tu abbia detto molto sul treno, sai?"

"Infatti. Te l'ho detto," disse Draco. "Non conosco le parole."

"Non importa. Ho capito cosa volevi dire," disse Harry. "E ci credevi davvero. L'unica cosa che è cambiata è che non moriremo. Hai paura?"

"Mi hai visto fallire," gli disse Draco, con lo stesso sorriso beffardo di suo padre. "E' una cosa che mi riesce molto bene. I miei fallimenti sono spettacolari."

"Correrò il rischio."

Draco continuava a guardarlo come se fosse stato un animale selvaggio scappato da una gabbia. "Cambierai idea."

Harry notò che non aveva detto che lui avrebbe cambiato idea.

"Draco Malfoy, stupido idiota. Sei fortunato, perchè io sono ancora più testardo di te."

Si aggrappò alla testiera e si tirò su, e la sua schiena lanciò un lungo e silenzioso urlo di agonia. Draco si alzò dalla sedia, la voce improvvisamente acuta per l'ansia.

"Harry, smettila! Abbiamo dovuto far ricrescere quasi tutte le tue ossa... Harry, ti fai male!"

Tutte le ossa di Harry gridarono violentemente che erano d'accordo con lui. Harry sussultò appena mise i piedi a terra, poi cercò di reggere il proprio stesso peso. Sembrò riuscirci.

Draco era in piedi e lo guardava incerto. Harry immaginò che dovesse essere combattuto tra la logica che gli diceva di non toccare Harry e l'impulso irritato di buttarlo di nuovo sul letto.

Sfortunatamente, Draco non diede retta all'impulso. Harry fece un passo verso di lui e vacillò per il dolore indistinto e, d'un tratto, un dubbio reale. Era sicuro, ma... se per caso...?

"Dove sono i miei occhiali?" domandò. Se avesse potuto vedere, ne sarebbe stato certo.

La certezza lo investì, calda e avvolgente come la felicità, quando Draco parlò improvvisamente in tono deciso.

"Non ti servono gli occhiali," disse. "Mi avvicino io."

Invase lo spazio personale di Harry, così vicino che Harry sentì il suo respiro pizzicargli il petto. Le sue mani erano alzate in un gesto di resa, a un millimetro dalla pelle di Harry.

Harry mise le mani sui fianchi di Draco e annullò quell'ultima distanza. Stare in piedi gli provocava un dolore sordo in tutto il corpo, ma aveva le mani premute contro la pelle calda tra i jeans di Draco e la sua maglietta, e sentiva il respiro di Draco sulla guancia. In fin dei conti ne valeva la pena.

"Non è stata colpa tua, per Goyle," disse piano. "E'... Dio, è terribile, ma non è stata colpa tua. Anch'io mi sono fidato troppo di una persona, ma non per questo smetterò di fidarmi di chiunque. Non posso... idiota, credi di essere l'unico a non saper dire le cose? Sono stato cresciuto in un sottoscala, non potrei... non voglio una persona normale."

Era certo che Draco stesse alzando le sopracciglia a quel complimento bizzarro, ma persino il dolore si ritirò in un angolino della sua mente quando Draco inspirò lentamente, e all'improvviso strinse forte le spalle di Harry. Troppo forte. Harry apprezzò.

Draco allineò il viso davanti al suo e fece scivolare la bocca sulla sua per un lento bacio improvviso. La stretta di Harry sui suoi fianchi si fece possessiva: adesso ne era sicuro.

"C'è di più," sussurrò Draco nel mezzo del bacio. "Sono disgustoso. Mi vergogno di me."

"Che altro?" lo incalzò Harry. Il suo petto era pieno di calore, in qualche modo: il suo sangue pulsava per l'impulso di agire, eppure era contento anche solo di starsene fermo a guardare Draco che cercava le parole.

"Io," disse Draco. "Io, c'è qualcosa che dovrei... Mi piace il tuo stupido modo di vestirti. Mi piace persino il fatto che i tuoi capelli sono sempre orrendi. Harry, sono un uomo malato."

Harry indietreggiò di un centimetro mentre realizzava gradualmente quello che Draco stava cercando di dire.

"Ti piaccio," disse, e quasi rise.

Draco aveva un'aria mortificata. "Era palesemente ovvio."

"Già, assolutamente. Come ho potuto essere così cieco? Era proprio ovvio che ‘non mi parlare, non mi toccare, non mi guardare' significava ‘Vieni, ti voglio.'"

Era probabile che Harry stesse sogghignando leggermente. Draco continuò ad arrossire.

"Sta' zitto. Torna a letto," mormorò. "Pensavo fossi pazzo di me. Dov'è l'adulazione? Dov'è l'adorazione? Pensavo che sarei stato il tuo idolo di alabastro..."

Lo baciò di nuovo, probabilmente per fargli smettere di ridere così tanto.

"Invece no, e non dire mai più quelle cose," gli ordinò Harry.

Draco approfittò sfacciatamente del suo stato di debolezza per stringergli le spalle e spingerlo giù sul letto. In qualche modo ci finì sopra anche lui.

Harry fu estremamente grato per la morbidezza del cuscino sotto di sé, ma lo fu ancora di più per Draco su di lui, che lo stava guardando con aria molto delusa mentre giocherellava coi bottoni della camicia del pigiama.

"Comunque," osservò Draco, "ho deciso che dato che ci sarà un semestre estivo e tutto il resto, tutte le partite di Quidditch sono da considerarsi nulle. Quindi i Serpeverde sono ancora in gara per la Coppa delle Case. Quest'anno la vinceremo. Aspetta e vedrai."

La camicia di Harry era ormai aperta.

"Giochi proprio sporco, Draco Malfoy," disse Harry.

C'era luce nell'infermeria, perché il cielo era ormai sgombro di pietre. Evidentemente Lupin aveva interrotto i lavori di ricostruzione per sgridare Snape e Sirius. C'era abbastanza luce per vedere una cosa così ovvia.

Cominciava già a respirare a fatica, ma sollevò la mano e spinse all'indietro una ciocca di capelli di Draco, facendogli spuntare uno sguardo distratto e sorpreso sul viso. Per una sciocchezza simile.

Dire certe cose come se niente fosse era difficile, ma voleva segnare quel momento.

"Draco," disse Harry. "Io..."

"Zitto," gli disse Draco, e appena Harry corrugò la fronte lui rise e lo baciò di nuovo, trattenendo tra i denti il suo labbro inferiore come se non volesse far finire il bacio. Stava ridendo ed era senza fiato e ancora scosso dal bacio quando abbassò gli occhi su Harry, mentre la luce rendeva i suoi capelli dorati.

"Cioè, non ora, Harry," mormorò. "Voglio imparare le parole."

 

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

Voglio ringraziare tutti i lettori e le lettrici, per l'incoraggiamento e l'entusiasmo. Grazie a tutte, le fedelissime e le saltuarie, perché senza di voi il mio lavoro non avrebbe alcun senso.
Sono piuttosto fiera di questa traduzione, in cui ho portato avanti strenuamente la mia battaglia personale contro la congiuntivite acuta, la d eufonica e i calchi sintattici spudorati, ma allo stesso tempo so che senza l'aiuto di una persona che stimo tantissimo, e cioè Vale, il risultato finale sarebbe stato molto meno bello, molto più imperfetto e ruvido e sgraziato.

Per me non è semplice fare dichiarazioni di affetto e di stima, ma devo dire che più e più volte mi sono ritrovata a pensare "come ho *fatto* prima senza di lei?". Quindi grazie di cuore, è stato un vero spasso lavorare con te :)

Alla prossima! ♥

 

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