Limoni sottaceto

di milichituli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quanto sei permalosa, Risa-chan! ***
Capitolo 2: *** Haru-chan, la cicogna! ***
Capitolo 3: *** Natale con i tuoi, Capodanno con... l'otite? ***
Capitolo 4: *** Ricordi quel bel giorno di Gennaio? Bene, pensaci su! ***
Capitolo 5: *** Senti ma, quando parlavi dei limoni, eri seria? ***
Capitolo 6: *** Capitolo Bonus – L'effimera ideologia di Takato ***



Capitolo 1
*** Quanto sei permalosa, Risa-chan! ***


Limoni sottaceto

 

 

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Quanto sei permalosa, Risa-chan!

 

Risa Koizumi era una delle persone più svampite sulla faccia della Terra.

Atsushi Otani si chiedeva di continuo come avesse fatto una persona come lui, certamente più intelligente, ad innamorarsi di una come lei. Sorrideva sempre, Risa. Anche se non aveva un motivo per ridere o non era allegra come al suo solito, le sue labbra si curvavano automaticamente verso l'alto.
Otani fissava spesso le labbra della sua fidanzata, così sottili. Ed erano proprio i momenti come quello, in cui Otani si passava le mani nei capelli e li stringeva fra le dita, che pensava che le avrebbe sfiorate con le proprie per tutto il tempo o almeno fino a quando a Koizumi non sarebbe spuntato un bellissimo sorriso.
«Mannaggia, mannaggia» bofonchiava mentre scuoteva il capo. Le guance del ragazzo si tingevano di rosso e attiravano l'attenzione della compagna.
«Ota-nano! Perchè sei tutto rosso?»
Otani sobbalzò, colto impreparato. Voltò il capo e trovò il viso di Risa troppo vicino al suo. I suoi occhi caddero sulle labbra della ragazza che formavano un bellissimo sorriso. «Mi piacciono davvero tanto» si lasciò fuggire una rivelazione che la ragazza non riuscì ad interpretare.
Risa si lasciò cadere a peso morto sulla sedia, senza staccare gli occhi castani dal volto arrossato del fidanzato. «Cosa stai borbottando?»
Otani alzò il capo dal banco e fece roteare gli occhi verso l'alto. «Non chiamarmi “Ota-nano! Fa' schifo.»
Risa ridacchiò. «Okay, per ora la smetto.»
Otani scattò e voltò il busto verso l'esterno. Sbatté le palpebre un paio di volte e sul suo viso si presentò l'espressione più basita che Risa avesse mai visto. «Cosa vuol dire “per ora”?»
«Quello che stai pensando.» Risa poggiò il mento sul palmo della mano. Osservò attentamente i movimenti inusuali di Otani: lo vide dapprima agitarsi, andare in confusione, arricciare le labbra -gesto che compiva quando pensava- e infine grattarsi il capo.
«Ah.» Otani si sedette nuovamente composto, ma qualcosa scattò nella sua mente. «Ma che cavolo e cavolo di “per ora”! Non mi devi più chiamare “Ota-nano” per il resto dei miei -e tuoi- giorni, chiaro il nesso?»
La ragazza ridacchiò, insinuando delle dita in un ciocca dei lunghi capelli leggermente ramati ed iniziò ad intrecciarli.
«Mah, a me però piace chiamarti così.»
«A me no. E dato che il soprannome è il mio, lasciamelo scegliere!»
«Nanerottolo, datti una calmata. Respira profondamente e lascia sbollire gli spiriti ardenti!»
Risa si sporse verso il banco del ragazzo e lo fissò con sguardo ardente. Otani si volto lentamente e i suoi occhi le lanciavano scintille.
Entrambi poggiarono le mai sul banco e scattarono in piedi. «Taci, essere inutile! Non te lo hanno ancora detto che sei uno scarto della società?»
Otani assottigliò lo sguardo e Risa arricciò le labbra.
«Ah sì? Ma ti sei visto tu, soldo di cacio? Cos'è, ti hanno cacciato dai “sette nani” perchè eri al limite consentito di bassezza?»
«Koizumi, questa non te la concedo, razza di energumeno. Ti affiancheranno al gigante Golia nella prossima rappresentazione? “Il gigante Golia e la gigantessa Koizumi”. Ahahah, verrò a vederti sul grande schermo, se riusciranno a riprenderti intera!.»
Gli occhi castani della ragazza si sbarrarono e le sue labbra sorridenti si separarono per formare una smorfia si stupore. Strinse con le dita i lembi della gonna e abbassò lo sguardo sui piedi.
Otani fissava quelle labbra, oramai dischiuse. Anche se non sorridevano a lui piacevano lo stesso, però, se quel sorriso era scomparso, la colpa era solo sua. Sua e della sua maledetta lingua che non voleva saperne di frenare le parole.
«Koizumi, io-»
«Taci! Io per oggi non voglio più sentirti pronunciare il mio nome, razza di babbeo!» se Otani voleva fare pace dopo quel commento, pronunciato con ira e delusione, si ravvedette dal farlo.
Tutti gli sguardi erano fissi sul teatrino drammatico che avevano appena inscenato, persino lo sguardo scettico del professore. Risa sbuffò e si sedette, nascondendo il viso fra le braccia.
«Beh? Non avete di meglio da fare? Pure lei, Gorilla.»
Il professore tossicchiò imbarazzato dal nomignolo affibbiatogli dal ragazzo, che si lasciò cadere sulla sedia. Si voltò per guardare Koizumi ma la ragazza aveva ancora il viso nascosto.
Otani si passò una mano fra i capelli. Non ci aveva pensato, ma in questo modo non avrebbe potuto ammirare le labbra rosee della fidanzata. Chiuse gli occhi e con un gesto del capo scostò i capelli fastidiosi della frangia: se non avrebbe potuto osserva in ogni minimo dettaglio le increspature di quelle labbra sottili, le avrebbe sognate.
Si accomodò fra le braccia e, sospirando, si addormentò.
Nonostante la percezione d'essere in una dimensione diversa da quella dove attualmente si trovava, Atsushi Otani continuava a sentire la voce gracchiante del professore.

 

Non ci volle chissà quanto tempo, forse neppure un secondo, che Otani di già socchiudeva le palpebre. Davanti a sé vi trovò un Koizumi addormentata con la testa poggiata sul suo petto. Otani sbatté le palpebre perplesso: cosa stavano facendo lì mezzi addormentati sul divano?
Provò a muovere una gamba, con l'accuratezza di non svegliare Risa -addormentata sembrava così innocua- ma un peso glielo impedì: l'album fotografico.
Ci volle davvero poco a rammentare cosa stavano facendo poco prima di addormentarsi: andavano a fare visita ai ricordi passati. E quello che aveva appena sognato il giovane ragazzo era proprio un vecchio aneddoto.
«Quanto sei permalosa, Risa-chan.»
Di colpo la “bella addormentata” sbarrò le palpebre e tirò su il capo dal busto del fidanzato. «E io sarei permalosa?»
Risa assottigliò lo sguardo mentre Otani alzò gli occhi al cielo. «È un modo di dire e-» il giovane bofonchiò a voce decisamente bassa ma fu interrotto ugualmente.
«Atsushi» esclamò la ragazza con lo sguardo più dolce. Otani arrossì totalmente e inclinò il capo come di suo solito quando era confuso. «Ripeti quello che hai detto.»
Il giovane si passò una mano fra i capelli mentre con gli occhi fuggì ad osservare il fuoco e le braci che scoppiettavano nel caminetto. Pensò a cosa avesse detto di così buffo da far disegnare quell'espressione dolce sul volto della ragazza.
«Ehm, che “sei permalosa” è un mo-»Risa iniziò a ridere e Otani si bloccò nuovamente. La ragazza lo abbracciò e sorrise beata.
«Non importa.»
Otani sussultò. Le passò una mano fra i capelli, carezzandoli e chiuse gli occhi. Inspirò il profumo della fidanzata e sorrise. Aveva un solo rammarico in quel momento: non poter ammirare il curvarsi del sorriso delle labbra di Risa.
«Risa-chan» sussurrò dopo averla fatta aderire di più al suo petto.
Risa chiuse gli occhi e si abbandonò alla dolcezza dell'abbraccio. «Grazie.»
Otani si scostò leggermente e la ragazza alzò il capo, con un nota di disappunto.
Gli occhi di Otani si spostarono dalla fronte spaziosa alle sue labbra. Sorrise beffardo mentre le osservava, così sottili e rosee.
«Cosa non farei a quelle labbra...» borbottò.
Risa avvampò all'improvviso, voltando il capo. Abbassò lo sguardo, ma le spuntò un sorriso colpo di malizia che il ragazzo non poté fare a meno di notare. Una curva come quella non l'aveva ancora ammirata dalle sue labbra.
«Atsushi» lo richiamò lei, attirando l'attenzione. «Puoi sempre iniziare con il baciarle, no?»
Temo che sia inutile dirvi che sul volto del ragazzo comparve un sorriso sornione e, che non si lasciò ripetere una seconda volta quelle paroline, che si buttò a capofitto su quelle labbra sottili. E se volete sapere se Risa ha apprezzato il gesto, oh sì, lo apprezzò.
E proprio mentre Otani si sporse sul viso della fidanzata, a terra cadde l'album delle foto, che si aprì su una pagina speciale. La foto risaliva ai bei vecchi tempi delle superiori e si distinguevano chiaramente e i due giovani fidanzati.
Le guance di lei erano rigate da lacrime, ma il suo sorriso era raggiante; il ragazzo adocchiava il dispositivo mentre le sussurrava qualcosa all'orecchio.
Sotto la foto appariva una piccola didascalia: 13 Aprile, il sorriso torna sulle labbra di Risa-chan dopo un litigio con Ota-nano.

 

 

 

 

 

 

due chiacchiere con milichituli

Ebbene sì: i'm coming back (dato al mio inglese correggiuto, non sono certa che sia giusto! Sorry)!
L'avevo promesso dopo tutte quelle recensioni che mi chiedevano di continuare “Crazy little thing called... Otani? ”, beh mi sono convinta di scrivere ancora dopo quella One-shot. E devo ammettere che ho fatto bene, perchè mi sono divertita molto: Risa-chan e Ota-nano sono troppo dementi e scrivere su loro fa bene, ti strappa un sorriso.
Vi avverto: sono appena tornata a casa da scuola ed ho appena fatto l'ECDL (esame per il patentino europeo del PC, 94/100!) e sono stravolta. Ho provato a rileggere e a correggere eventuali Orrori, ma se ce ne sono ancora siete pregati di segnalarmeli, thanx.
Quanto alla storia spero che si spieghi da sé: sulle prime sono i ricordi di Otani a parlare e in seguito ci sono i nostri beniamini in un momento di coccole. L'effetto “ti ricordi quando...” è voluto. Forse proprio perchè è bello cercare i propri ricordi sotto Natale!, o almeno: a me piace. Se avete dubbi o perplessità potete chiedermi o aspettare perchè verrà risolto tutto (della serie: "ma i due vivono assieme?" La risposta a questo quesito sarà presente nel prossimo capitolo!).
Avviso: ho segnalato "Yaoi" e "Gender Brender" per Saeko-chan. Io la vedo troppo bene con Haruka, però dato che è, come Ranma, metà maschio e metà femmina ho deciso di specificare entrmbe gli avvisi. Nel prossimo capitolo ci saranno anche loro!

A presto, milichituli

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Capitolo 2
*** Haru-chan, la cicogna! ***


Limoni sottaceto

 

 

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Haru-chan, la cicogna!

 

 

24 Dicembre, Vigilia di Natale, davanti a casa Otani-Koizumi.
Seiko-chan arrossì del tutto, quando poggiò l'orecchio sulla porta di legno bianca e sentì dei gemiti provenire dall'interno dell'abitazione.
Haruka invece sembrava d'altro avviso. Si staccò dalla porta e imprecò, battendo un piede per terra come un piccola bambino capriccioso.
«Haruka-sempai!» la ragazzina bionda lo richiamò, posando le mani sui fianchi. «Lì dentro qualcuno sta facendo giochini sporcaccioni, lo sai? Quindi non fare tanto baccano.»
Il ragazzo divenne viola in viso e digrignò i denti. I suoi occhi saettarono rabbiosi sul viso convinto di Seiko-chan per poi posarsi sul seno della ragazza. Haruka non ricordava che fosse così prosperoso l'ultima volta che lo aveva guardato, però ebbe il pudore di voltarsi prima che la ragazza se ne accorgesse.
«Non tollero che quel nano da strapazzo tocchi la mia Risa-chan.» piagnucolò.
«Risa-chan non è tua.»
«E di grazia, di chi sarebbe?»
«Di se stessa, ovviamente.»
Haruka strabuzzò gli occhi. «Sei pazzo!»
Nella fretta il ragazzo commise l'errore di terminare con una “o” anziché con una “a”. Seiko-chan se ne accorse e portò una mano sulla bocca. Data l'indole infantile di Haruka, non se ne accorse.
«Io non sono “pazzo”. Sono Seiko-chan.»
Gli occhi di Haruka scattarono sul viso della bionda e notò le sue lacrime. Il ragazzo, però non riusciva a muoversi -forse aveva troppo orgoglio?
«Seiko-chan io-»
«No, sempai. Ora parlo io.» Seiko alzò lo sguardo da terra. «Non sono un ragazzo, ora non più. Io sono Seiko-chan e basta. Questo è il mio corpo, questi sono i miei capelli, le mie labbra: sono io. Quindi io preten-»
Seiko-chan non poté continuare a parlare perchè Haruka l'abbracciò stretta a sé. Con il naso sfiorò il collo della ragazza e s'inebriò del profumo di donna che portava. Haruka se ne accorse troppo tardi, ma davanti a sé aveva sempre avuto uno schianto di ragazza. Che prima fosse un maschio non era importante.
Dal canto suo, Seiko-chan nascose il proprio viso nel petto di Haruka. Tirò su con il naso e si permise di singhiozzare ancora una volta, prima che il ragazzo le passasse le dita fra i capelli biondi e li arricciasse attorno ad esse.
«Sempai, io...» Seiko divenne tutta rossa. Si alzò leggermente sulle punte dei piedi e unì, accompagnata da un sospiro, le sue labbra con quelle del ragazzo.
Seiko non s'aspettò d'essere baciata con così tanto impeto da parte del ragazzo, quindi in cuor suo alimentava la speranza d'essere ricambiata.
«Scusami, non so cosa mi sia preso, davvero!» Haruka si passò una mano fra i capelli color cenere, il suo sguardo divenne mortificato. Era affannato per via del bacio.
Seiko scosse il capo e lo afferrò per il colletto, abbassandolo e baciandolo nuovamente. «Sinceramente? A me non dispiace proprio per niente, sempai.»
Haruka avvampò completamente e tentò di sillabare qualcosa di incomprensibile «Seiko... giochini... te... dopo...»
«Seimpai, non ti capisco. Parla più forte!»
«Seiko-chan, andiamo a fare i giochini sporcaccioni anche io e te dopo. Prima che mi venga voglia di entrare in questa casa e di accoppare il nano.»
Seiko-chan ridacchiò soddisfatta. Trascinò con sé il povero Haruka, ancora imbarazzatissimo, e lo portò lontano da casa Otani-Koizumi.

Nel frattempo Otani cercava di capire qualcosa dalle analisi. L'ecografia era qualcosa di incomprensibile: tutto nero, senza senso. Continuava a girare e rigirare il foglio quando alla fine lo gettò sul tavolino, sbuffando stizzito.
«È incomprensibile: non ci capisco niente!»
Risa raccolse a sé tutti i propositi di buona pazienza e la calma che si era proposta d'avere nei confronti del fidanzato. Si sedette accanto, sprofondando nel divano, e poggiò la testa sulla spalla del ragazzo.
«Non si guarda così.» Risa afferrò nuovamente l'ecografia e indicò al ragazzo un minuscolo puntino bianco. «Acchan, questo è il cuore di tuo figlio.»
Atsushi aprì la bocca, ma non uscirono parole perchè mancava l'aria. Si voltò e guardò con quanta semplicità Risa avesse pronunciato quelle parole. Si perse negli occhi della fidanzata e provò il desiderio di abbracciare quel corpo esile e caldo.
E così fece, non preoccupandosi minimamente d'essere “come mamma l'ha fatto”. Risa emise un lieve esclamazione di stupore, ma strinse il ragazzo sul suo petto con dolcezza.
«Lo sai che è un bellissimo regalo di Natale?»
«Sì. Ora dobbiamo solo pensare al matrimonio, Ota-nano.»
Otani alzò gli occhi al soffitto. «Risa-chan, quante volte ti ho ripetuto di non chiamarmi-» ma venne interrotto da un bacio da parte della compagna.
«Io voglio chiamare mio marito come voglio, chiaro?» Risa lo ripeté con fermezza. Poggiò la testa sul petto del ragazzo e si fece accarezzare il capo. Chiuse gli occhi quando lui le intrecciò i capelli fra le sue dita, le piaceva così tanto quel contatto.
«Un bambino prima del matrimonio. Woa!»
«Ehi, frena! Il matrimonio è a Gennaio, il bambino arriverà a Giugno.»
Otani si issò sui gomiti e la fissò stupito: possibile che non comprendesse?
«Cara la mia gigantessa, nella tua pancia ora c'è un baby Otani. Quindi il mi... nostro bambino c'è già.» Otani accarezzò il ventre piatto di Risa.
La ragazza lo osservò con gli occhi più dolci del mondo. «Tutto questo miele non è da te, Acchan.»
Otani le sorrise «Sì, ma sono contento.»
«Il bimbo di Chiharu nascerà verso fine Aprile.»
«Pensa se il nostro venisse al mondo al primo di Aprile...»
«Sarebbe uno scherzo della natura, come il padre.»
Otani si lasciò sfuggire una smorfia. In un momento come quello le poteva concedere di dirgli tutto ciò che avrebbe voluto: lui avrebbe sempre continuato ad essere felice.

 

Tre anni dopo.

 

Hikari Otani aveva una sola paura: Babbo Natale.
Era più forte di lei, ma quando vedeva un Babbo Natale per strada, o persino Nakao travestito da egli, piangeva disperata. Ed accadde anche quella sera, come da routine. Due anni e mezzo di bimba, occhi gonfi come mongolfiere e tonsille da aquila: Hikari.
Otani, che la teneva in braccio, divenne mezzo sordo -oltre che mezzo scemo. La piccola non voleva sapere di calmarsi e quindi il ragazzo di ventisei anni la portava a spasso per la casa.
Yuudai e Shinnosuke erano elettrizzati dall'idea di aver visto Babbo Natale e anche la piccola Saeka, la figlia di Kanzaki, apprezzava.
«Dalla a me.»
Risa prese in braccio la piccola infelice e la coccolò come meglio poté, mentre il marito sprofondò esausto nel divano.
«Haruka, preparati a notti in bianco e a pannolini da cambiare!» Otani diede una pacca amichevole sulla spalla del ragazzo seduto al suo fianco.
«Non mettere le tue manacce sulla mia spalla, nanetto.»
«Sempai, ancora con questa storia?» Seiko-chan rimproverò il marito, che per abitudine chiamava “sempai”. Haruka sbuffò, voltando il capo.
«Seiko-chan, per me resterà il ladro dalla mia protettrice.»
Risa lo fissò allibita mentre adagiava la bimba sul pavimento, che corse subito dagli amichetti e lontana da Nakao\Babbo Natale.
«Haruka, cresci un po'.»
Seiko annuì, seguita da Kanzaki e da Nobu. All'improvviso le cadde il bicchiere dalla mano e appoggiò la mano sul ventre gonfio. Un ghigno di dolore si dipinse sul suo viso, mentre Suzuki la accorse.
«Ragazzi, ci siamo.»
Lo stupore invase la casa, tranne che per i bimbi e per Haruka.
«Ci siamo, e per cosa?» Yuudai era il più curioso. Tanaka lo prese in braccio e sorrise.
«Dai-chan, il bimbo di Seiko sta per nascere.»
Un fulmine a ciel sereno colpì Haruka. «V-vuoi dire che-che...»
«Haru-chan, la cicogna!» strillò Seiko-chan.
Nessuno si aspettò che il ragazzo scattasse in quel modo, caricando la ragazza in macchina e sfrecciando come un pazzo per le vie di una Osaka in festa.
Pensate che, proprio mentre Haruka e Seiko si dirigevano in ospedale per far nascere il loro bambino, Hikari s'avvicinò alla madre, tirandola per la gonna, e indicando un'immagine in una foto. C'era una ragazza priva di seno con i tratti del viso acerbi, affiancata da una ragazzo dai capelli color cenere e l'aria bonacciona e infantile.
«Mamma, papà ha detto che questo è zio Haru e questa è zia Sei. Ma questi non sono due tati?»
Risa afferrò la foto e la fissò meglio: sua figlia aveva ragione. Sospirò tentando di rilassarsi il più possibile. Prese in braccio la bimba, ma notò d'essere accerchiata da mocciosi di due anni o poco più.
Maledetto Ota-nano!” pensò mentre si accomodava sul divano con i suoi ascoltatori attenti, pronti a cogliere il più possibile su quella buffa storia.

 

 

 

due chiacchiere con milichituli

Ebbene sì: regalo di Natale, tutto vostro!
L'avevo promesso a me stessa, ed ora eccolo. È un miracolo che sia riuscita a finirlo in tempo, perchè solitamente sono così indaffarata che non riesco neppure a pensare ai fatti miei! Spero che vi piaccia questa cosa e spero che venga gradito il mio regalo. Appena ne avrò tempo, a breve, risponderò alle bellissime recensioni che mi avete lasciato, grazie di cuore, davvero!
Spero che questo capitolo si spieghi da sé anche perchè sono in ritardo e non ho tempo.
Vi auguro un Felice Natale assieme alle vostre famiglie e anche Buon Anno, nel caso non si sentissimo. (:
A presto, milichituli

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Capitolo 3
*** Natale con i tuoi, Capodanno con... l'otite? ***




Limoni sottaceto

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Natale con i tuoi, Capodanno con... l'otite(?)

Takato bussava di continuo alla porta serrata che portava in camera della sorella.
«Risa! Non fare la scema, apri questa porta!»
Il ragazzo, alto per la precisione 1,70 metri, iniziò a prendere a pugni la porta.
«Stupida! Non è stando chiusa in camera che risolverai i tuoi problemi.»
Takato sussultò quando vide la porta socchiudersi e sbucare il viso della ragazza con gli occhi stracolmi di lacrime. Si inginocchiò al pavimento e afferrò i lembi della maglia del fratello, sussultando.
«Takato, da quando dici queste perle di saggezza?»
«Da quando mia sorella passa le nottate insonni a piagnucolare “Stupido nanerottolo!”» il ragazzo la scimmiottò alla bel e meglio.
«Abbi rispetto per la tua sorella...»
«Non dovevi litigare con Atsushi-san»
«E da quando esce tutta questa confidenza?»
Takato sbuffò e alzò le spalle. Risa cadde sul pavimento e finì in posizione supina, si raggomitolò e iniziò a piangere. Alla vista della sorella ridotta peggio di uno strofinaccio bagnato, Takato provò un formicolio al cuore.
«Scema...»
Risa sgranò gli occhi quando si accorse che il ragazzo le carezzava i capelli. Lo guardò in volto e l'espressione che trovò era tranquilla e quasi beata.
«Takato.»
Risa si sporse e lo abbracciò d'impulso. Non accadeva quasi mai che i due si scambiassero dolci effusioni. Takato non ritrasse a quell'abbraccio, anzi l'abbracciò di rimando: pur essendo privo di tatto e un insensibile, anche lui aveva un cuore e vedere il sorriso sul volto della sorella lo metteva di buon umore.
«Prometti che dopo andrai da quel bassotto e gliele darai di santa ragione.» Risa ridacchiò e strinse di più il fratello.
«Puoi giurarci.»
Ma com'era venuto il momento idilliaco, di pace fraterna, sparì.
«Scusa, ma per cosa avete litigato?»
A quella domanda, Risa sciolse l'abbraccio e sbiancò. «Se te lo racconto mi sfotterai a via...»

Semplice giorno di scuola, no: ultimo giorno di scuola prima delle vacanze Natalizie.
Classe 3a C, ora del professore Nakano; per l'esattezza la quinta.
Come al solito c'era un siparietto in corso: All Hanshin Kyoijin's show. A differenza degli altri dibattiti tragicomici, questo era tragico e basta. Come di suo solito, Otani non si morse la lingua e straparlò non credendo che la ragazza potesse restarci male.
«Sei offeso? Guarda che non ho scelto io di stare male!»
«Non capisco come hai fatto a prendere l'otite!»
«Sai che andando in piscina la potrei prendere! Ormai è diventata la mia migliore amica»
La giovane Koizumi si portò le braccia al petto e sbuffò sonoramente.
«”Ciao Koizumi!”, “Ciao Otite-chan”. Ma sparati!»
Scoppiò la risata generale, accompagnata da una lieve spinta da parte di Otani sul braccio di Koizumi, che restò seria e impassibile.
Risa pensava che Otani fosse acido: non c'era umorismo o sarcasmo in quelle parole, perchè le sue erano affermazioni. Otani aveva la stessa idea su Risa: sempre pronta ad attaccare briga su tutto.
Ed ora si trovavano per l'ennesima volta al centro della classe e del dibattito, per niente amichevole.
«Sai che ti dico? Che sei un limone!»
«Mi staresti dicendo che sono acido?» Otani s'accigliò, portandosi le braccia al petto.
Risa sbuffò e posò le mani sui fianchi, voltando il capo. «Osi negarlo?»
«Miss aceto, lo sanno tutti che quando sei mestruata diventi irascibile!»
Risa sbarrò gli occhi esterrefatta: era la prima volta che Otani le rispondeva in quel modo. Il ragazzo non si accorse di nulla, ma l'impatto fu doloroso: il bernoccolo, provocato dal lancio del telecomando da parte di Koizumi, era piuttosto evidente.
Nobu fissò allibita l'amica che usciva dalla stanza sbattendo la porta alle sue spalle. «Nakao, dimmi che se non stessero assieme non lo avrebbe ucciso. Ho bisogno di sentirlo!»
Dal canto suo, Nakao restò di sasso. Non aveva mai visto una Risa così abbattuta e arrabbiata: Otani l'aveva fatta veramente grossa.
«Sei un cretino. Ora piangerà di nuovo.» Nobu gli regalò una gomitata, cercando di centrare una costola. Sbuffò sonoramente ed inseguì l'amica.
Nakao lo fissò con rimprovero e Otani corse dietro alla castana, uscendo dall'aula video. A fare da sfondo c'erano le urla del professore che richiamava tutti gli studenti all'ordine. Otani fu obbligato a rientrare in classe e, dopo poco più di dieci minuti, venne a sapere che Risa andò a casa in seguito ad un malore.


Takato fissò la sorella in uno stato catatonico e incredulo.
«Takato?»
Risa cercò di risvegliare il fratello dallo stato di trance in cui era caduto e ci riuscì benissimo: come si riprese il ragazzo scoppiò a ridere. Si tenne pancia e indicò la sorella.
«Buahah, sei sfigata! Cioè, se hai la febbre vai a scuola, ma se hai un'otite del cavolo non vai a festeggiare con il tuo ragazzo e i tuoi amici? Vai a vestirti.»
Risa si strinse un po' nel suo caldo pile e fissò il fratello con gli occhi sbarrati. «Takato, ma-»
«Io non mi rovino mica i programmi perchè mia sorella sta male.» Takato la fissò con lo sguardo più ovvio del mondo.
«Hai ragione, m-ma...»
«Quindi converrai con me che è meglio andare via. Mettiti la maglia pesante sopra al vestitino di lana blu: ti dona molto.»
«Takato, sei una faccia di latta!»
Il ragazzo si alzò e lanciò scintille alla sorella. «Può essere, chi lo sa.»
In men che non si dica Risa era pronta, determinata e sempre ammalata. respirò profondamente e pensò a quanto erano stati fortunati i suoi genitori ad essere andati alle terme. Si fece forza ed uscì di casa, coperta fino agli orecchi. E si trovò Otani davanti al naso.

«Otani.»
Ripeté più volte il suo nome, con le lacrime agli occhi e gli saltò addosso, abbracciandolo e rischiando di cadere al suolo.
«Scema.» Risa affondò il viso fra i capelli del ragazzo, stringendolo sempre più a sè.
«L'ho sentito troppe volte oggi, cambia. Ti prego.»
Otani la guardò negli occhi e le sorrise. «Hai ragione, Risa-chan.» il ragazzo annullò la distanza fra loro con un bacio di riappacificazione.
Nascosti dietro al muretto di casa Koizumi c'erano tutti da, Nobu a Maity e anche Haruka e Seiko-chan. Sorrisero contenti alla scena mielosa che li si parava davanti agli occhi.
«Potrebbero anche limonarsi da qualche altra parte!» Seiko-chan tirò una gomitata ad Haruka, riuscendo a zittirlo.
«Buon anno, Risa!»
Alla ragazza mancò un battito. Osservò il suo fidanzato che le teneva la mano e le faceva l'occhiolino. «Natale con i tuoi, Capodanno con chi vuoi. Anche con l'otite.»

Più tardi una bella ragazza suonò al campanello di casa Koizumi.
«Takato! Auguri!» il ragazzo si sporse e sfiorò le sue labbra con quelle della ragazza.
Era una fortuna averla conosciuta sulla metro, quella sera dopo il lavoro part time. Si erano trovati reciprocamente piacevoli ed avevano iniziato ad uscire da subito.
«Auguri anche a te. Entra dai!» la incitò lui, aprendole la porta e spostandosi di lato.
La giovane entrò in casa e si spogliò dal giubbotto, dando una bustina di plastica al ragazzo.
«Takato, ti ho portato un film da guardare mentre aspettiamo gli altri. Ti va bene?»
Il sorriso della ragazza solleticò nuovamente i cuore di Takato, ma essendo un insensibile non lo diede a vedere. Forse si era innamorato davvero, se era arrivato a mentire ai genitori e alla sorella, dicendo che sarebbero arrivati tutti ad un orario piuttosto che un altro. Invece c'era solo lei, dispensatrice di sorrisi.
Il ragazzo sorrise beffardo. «Se va bene a te, va bene anche a me, Mimi.»

Molti anni dopo.

«Takato! Accompagni Hikari da Sea-chan? Graaaazie!»
Il ragazzo si alzò, sbuffando, dal divano. Era appena arrivato e già lo facevano correre a destra e manca. Mimi sarebbe arrivata da lì a poco: aveva avuto problemi a lavoro.
Almeno la sua adorata nipotina era una compagnia più che ottima e una conversatrice affabile e attenta, a differenza della sorella. Erano uguali, Otani lo diceva sempre: stesso carattere del cavolo e stesso sguardo impassibile. C'era da dire che il loro sorriso era il più bello perchè raro e sincero.
E si vide comparire uno schianto di nipote: gonna nera, collant rossi con motivo avente dei fiori neri, stivaletti bassi neri e una maglia a righe rosse e nere. Hikari sorrise allo zio e si sporse verso il divano per prendere la giacca e la berretta.
«Hika-chan, dove vuoi andare vestita così?»
Lei si limitò a sorridere con un ché di malizioso. «Da Yuudai, zietto. Dopo arrivano anche gli altri, ma non lo dire a mamma e a papà: è un segreto!»
Takato non fece troppe domande: aveva già capito ogni cosa. Aprì la porta di casa e si trovò il volto dei genitori dello stesso Yuudai davanti al naso. Chiaharu e Suzuki gli sorrisero e lui li salutò con un cenno. Camminò in direzione della macchina e si lasciò sfuggire una risata.
Sogghignò: quella ragazzina era uguale a lui.

due chiacchiere con milichituli

Buon Anno Nuovo :)

spero che questo 2013 possa essere fantastico e decisamente migliore del 2012 che ci lasciamo alle spalle. Grazie per il sostegno, mi fate commuovere: siete fantastiche!
Scusate, ma oggi non ho tempo -.-

01\01\2013
Mi faceva davvero pena il commento di ieri e così ho pensato di modificarlo e correggere eventuali Orrori (ebbene sì). Spero che possa andare tutto bene e che questo anno possa essere migliore del precendete, per me il precedente è stato... vabbé se dico una "ciofeca" si capisce, no? Trovo che Hikari e Takato siano versatili. Cioè, con questi due puoi fare qualsiasi cosa perchè le loro espressioni sono limitate, ma allo stesso tempo troppe. Non so se mi spiego... L'otite è la mia migliore amica, sappiatelo!

Ora vado e Buon 2013 a tutti ;D

p.s. Takato non si metterà MAI con Mimi e per questo vi avviso che ho stravolto il manga. Io non sopporto che inventino una ragazza apposta per lui, ecco! Devo dire che sul manga finale extra ci sono rimasta mooolto male, già! D: Comunque per fortuna che esisto con il bel Crack!!! 

A presto, milichituli

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Capitolo 4
*** Ricordi quel bel giorno di Gennaio? Bene, pensaci su! ***


Limoni sottaceto

 

 

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Ricordi quel bel giorno di Gennaio? Bene, pensaci su!

 

 

Hikari Otani aveva sedici anni ed era alle prese con lo studio in preparazione agli esami di fine trimestre della prima superiore quando udì sua madre sospirare per l'ennesima volta. Voltò il capo ed osservò la donna destreggiarsi, con la stessa grazia di una elefante in un negozio di cristalli, fra il fornello e il piano cottura.
Annusò l'aria e si accorse che un lieve profumo speziato e dolce usciva dal forno.
«Mamma?» chiamò la ragazzina portandosi una ciocca dei capelli castani dietro l'orecchio, «Credo che la torta sia pronta.»
La donna si voltò a fissarla con lo sguardo inebetito di chi non si accorge di ciò che la circonda, ma le sue labbra sottili si aprirono in un sorriso armonioso.
«Grazie, Kari.»
La giovane sbuffò e tornò ai suoi compiti, passandosi una mano fra i ciuffi della frangetta e portandoli indietro come se le dessero particolarmente fastidio quanto quel nomignolo pronunciato dalle labbra materne.
Ebbene, Hikari Otani non è proprio il tipo di persona adatto ai nomi, soprannomi e nomignoli vari. Non è neppure un tipo che vive nell'ilarità, nonostante avesse due genitori così esuberanti. A lei bastava davvero poco per essere felice: una fetta di torta alle spezie e mele, un buon libro e la colonna sonora adatta, magari il tutto condito dallo sfondo del salotto di casa sua.
Però al solo nominare un certo “Yuudai” o “Dai-chan” le gote della giovane di casa Otani diventavano cremisi in un batter d'occhio.
Atsushi Otani ancora non riusciva a capacitarsi di quel che accadeva alla sua “bambina” - agli occhi di Atsushi, Hikari era ancora una bambina che stava imparando ad andare in bici -, troppo preoccupato com'era ad aver a che fare con un altro tipo di monelli. Semplicemente non si ricordava del suo primo batticuore, ecco.
Per questo tutto il gusto di canzonare la giovane toccava a sua moglie, Risa Koizumi, che dal canto suo aveva intuito un bel po' di cosette. E proprio quel canzonare che alla madre tanto piaceva, come del resto a Dai-chan, Hikari fu affettuosamente soprannominata Kari. Non è che le volessero fare un torto, ma era davvero uno spettacolo senza precedenti vedere il viso della ragazza passare dal bianco al porpora per la rabbia.
«Mamma, quante volte ti ho detto di non chiamarmi Kari?»
«L'hai detto da Dai-chan?»
Proprio in quel momento, Hakari s'alzò di scatto e sbatté la mano sul quaderno di matematica – facendosi, tra le altre cose, male – e si voltò verso la madre con uno sguardo che lanciava scintille.
Ops,” si trovò a pensare Risa, “mai arrabbiare una figlia adolescente”.
«Mamma, lo sai che Dai-chan non mi chiama più in quel modo?»
Risa scosse il capo e ridacchiò mentre sfornava la torta preferita della figlia. «Come mai?»
«Perchè l'ultima volta che lo ha fatto, cioè la settimana scorsa, non gli ho parlato per ben tre giorni consecutivi.» Hikari posò le mani sui fianchi e parlò con un tono davvero compiaciuto.
«Neanche un bigliettino?»
«E neppure un messaggio.»
Risa spalancò le palpebre e inclinò per un attimo il capo: che caratterino quella ragazza! D'altronde cosa ci si poteva aspettare dalla nipotina prediletta di Takato? Non che quello sbruffone di suo fratello avesse altri nipoti, ma fra Takato ed Hikari c'era un legame speciale.
«E vabbè, capita» mormorò Risa, come se volesse auto convincersi che sua figlia non era un mostro, ma semplicemente una ragazza dai modi spicci e introversi.
«Mamma?»
«Dimmi, tesoro.»
Hikari esitò un attimo, ma restò ferma davanti al comodino a fissare quella bella foto dentro ad una semplice, ma graziosissima, cornice di legno intagliato. La giovane sfiorò la cornice e ritrasse subito la mano, arrossendo un poco.
«Ma oggi non è il vostro anniversario di matrimonio?»
Risa sorrise e raggiunse la ragazza. Sorrise e osservò la foto, ma il sorriso sparì in fretta dal suo volto e poggiò l'immagine prima di sfogare la sua rabbia. Hikari notò che le mani della madre iniziarono a tremare, come se si stesse trattenendo dal dover prendere a pugni l'intero mondo.
Erano in momenti come quello che Hikari provava puro terrore nei confronti della madre e ringraziava mentalmente della mancata presenza paterna in quegli scorci di vita quotidiana.
«Posso immaginarmi la risposta, ho capito.»
E mentre la madre si dirigeva nuovamente in cucina sbraitando come una pazza, la ragazza si rintanò in camera sua al piano superiore.
Hikari afferrò il cellulare e compose velocemente il numero del padre, battendo nervosamente il piede a terra. Beep. Beep. Il cellulare continuava a squillare a vuoto. Beep. Beep. Beep. Hikari perse la pazienza e chiuse la chiamata.
«Papà sei proprio un caso disperato» bofonchiò gettandosi a gambe all'aria sul letto.
Fissava il mondo da un angolazione diversa mentre tentava di scervellarsi su come evitare che la madre sfogasse la propria ira sul padre. E magari cercare anche di fargli fare una bella figura e non la solita scenetta da pesce lesso come da un paio di anni a quella parte.
La mente volò subito a zio Takato, ma da quando studiava per il master in economia era spesso irascibile e lunatico. No, lui era già scartato a priori.
Pensò a Yuudai; e divenne tutta rossa. No, Yuudai non andava bene perchè avrebbe passato il tempo ad arrossire di fronte alla sfacciataggine del ragazzo e la sua aria bonacciona la metteva tremendamente in soggezione.
Shinnosuke, nah. Shinnosuke era in punizione - chissà se era ancora vivo dopo la ramanzina di Nobu - per i voti troppo bassi e poi doveva prepararsi per l'imminente trasferimento in Hokkaido.
Mimi doveva lavorare da modella, troppo impegnata. Non andava bene.
Saeka-chan, la sua migliore amica e figlia di Kanzaki, magari poteva darle una mano. Fece per afferrare il cellulare, ma si ricordò che la sua amica aveva gli allenamenti di nuoto per le gare studentesche.
Hikari si girò di fianco e si agitò. Possibile che non ci fosse nessuno che potesse darle una mano con quel caso perso di suo padre?
Haruka e Seiko-chan li scartò subito: come minimo Haruka lo avrebbe ucciso suo padre!
Nobu e Nakao non potevano andare bene, assolutamente! Nobu avrebbe scannato la madre per la mancanza di pazienza.
Chiharu e Suzuki erano troppo introversi e impacciati. Certo avevano un tornado in casa e, da quanto avevano raccontato i suoi genitori, erano cambiati davvero tanto. Scartati subito.
Kohori invece non-. Massì, zio Kohori! Come aveva fatto a non pensarci prima? Eppure la soluzione era così vicina. E poi c'era anche la sorella di suo padre e anche Maity. Poi pensò che magari Maity aveva di meglio da fare che stare dietro alla figlia della ragazza che si era infatuata di lui alle superiori.
Si accorse che il telefono le era caduto dal letto e, dopo averlo cercato, chiamò Kohori attendendo che il ragazzo rispondesse.
«Pronto? Sono Kohori. chi par-» risposte il giovane con la voce trafelata.
«Zio Kohori? Ciao, sono Hikari...»

 

«Otani? Otani?!»
Un giovane uomo aprì gli occhi e si trovò ad un palmo dal viso il volto iracondo di Nobu. Stropicciò le palpebre e allungò le braccia. Si mise a sedere e si guardò attorno: caos. Ecco cosa vedeva attorno a lui.
Vestiti buttati ovunque, un Nakao mezzo ubriaco collassato sul pavimento e Suzuki che dormiva sulla poltrona. In cucina c'era Haruka che cercava del latte nel frigo e in bagno Kohori stava vomitando l'anima a causa della dose massiccia ingurgitata di alcool la sera precedente al party di addio al nubilato del ragazzo.
«Buongiorno Nobu, serve qualcosa?» domandò con tutta l'ingenuità di cui disponeva.
«Sì, mi serve lo sposo e il suo testimone! E SUBITO!»
Come sentì strillare Nobu, Nakao si alzò di scatto e si portò una mano sulla fronte, come se si fosse ricordato di qualcosa di davvero importante.
«Cazzo Otani, il tuo matrimonio!»
Il giovane ragazzo alto un soldo di cacio strabuzzò gli occhi ed emise un urlo pazzesco, in grado di svegliare tutto il vicinato e di far prendere al contempo un infarto per lo spavento al vecchietto che abitava nella casa affianco alla sua.
Si alzò di scatto, ma cadde tristemente al suolo. Nobu era già pronta, avvolta nel suo vestitino rosso tremendamente seducente - e difatti Nakao non le staccava gli occhi di dosso. Otani corse in bagno, dopo aver scacciato un povero Kohori più fuori che dentro di sé.
«Nakao, dov'è lo smoking?»
«Nell'armadio! L'hai messo tu ieri lì dentro!» Nakao aveva la camicia metà dentro e metà fuori dai pantaloni, mentre raccattava la giacca del completo elegante, un gessato scuro. Anche gli altri poveri tapini si stavano cambiando d'abito, tutti in fretta e furia quando Nakao urlò a pieni polmoni.
«Scemo, che fai? Così mi fai morire!» strillò inviperito Haruka, con uno sbafo di latte sulle labbra.
Nakao lo afferrò per il bavero e piagnucolò: «Le fedi! Non le trovo!»
Haruka sbiancò quasi quanto l'altro e iniziarono a dare di matto assieme. Per fortuna che apparve Kohori, forse dopo aver vomitato, più risoluto dei due poveri pazzi.
«Non è questa la scatolina?»
Gli occhi di Nakao si fecero brillanti e riconoscenti nei confronti di quel ragazzino. La porta della villetta si aprì di scatto ed apparve Takato a braccetto con Mimi. L'eleganza di quella coppia metteva invidia anche ai più bei modelli esistenti nell'Universo.
«Ragazzi, tutto bene?» Mimi sbatté con modi eleganti e maliziosi le palpebre, mettendo a risalto le belle ciglia lunghe. Sfoggiava un abito corto e grigio che metteva a risalto il suo perfetto fisico slanciato, con uno scialle sulle spalle scoperte e i lunghi capelli erano stati raccolti sulla nuca.
In quel momento si aprì la porta della stanza di Atsushi Otani ed il ragazzo uscì con la cravatta slacciata, ma nel complesso era molto carino. Nobu e Mimi restarono a bocca aperta e ridacchiarono vendendo tutta quell'impaccio.
«Dai, ti lego la cravatta.»
«Vediamo come sistemare i capelli, così non stai bene per niente!»
Le due trascinarono il povero Neo-sposo in bagno, mentre quest'ultimo si dimenava come un ossesso.


Alle undici e un quarto arrivò la sposa, in ritardo.
Risa era davvero bella avvolta nel suo abito bianco e resto piacevolmente sorpresa nel vedere Otani vestito elegantemente. Sì, era proprio un giorno speciale. Anche Haruka sembrava felice vicino a Chiaru, i suoi testimoni.
Nakao diede una pacca amichevole sulla spalla di Atsushi e Mimi ridacchiò, anche loro erano i testimoni. Risa sentiva il cuore batterle velocemente come se volesse scandire un tempo bene preciso. Si guardò attorno, osservando i volti sorridenti dei loro amici e sorrise al padre, stringendo saldamente il suo braccio.
Prese un respiro profondo e fece il primo passo verso la sua nuova vita.

 


Hikari leggeva tranquillamente un libro, un romanzo pieno d'intrighi e con anche una storia d'amore, aveva una coperta sulle gambe e una fetta di torta di mele e spezie sul tavolino, affiancata da una tazza di tè al limone. Sentiva il rumore del vento al di fuori della finestra e il fuoco scoppiettare nelle sue ceneri.
Dalla cucina sentiva il bisbigliare dei genitori, che si stavano abbracciando rievocando alla mente ricordi piacevoli di un giorno passato di Gennaio, diversi anni prima, sedici per l'esattezza.
«Grazie per il biglietto e anche per il regalo. Non dovevi, assolutamente.» Risa sfoggiò il piccolo anellino che Otani le aveva regalato per l'anniversario di matrimonio. Era semplice, come piaceva a lei, con un piccolo brillante al centro mentre il biglietto aveva due grossi coniglie che si abbracciavano teneramente.
«Grazie per la cena e per tutti questi anni. Però la tempura era un po' salata...» Risa diede una gomitata al petto del marito.
«Sei il solito scemo» mugugnò con un broncio finto sul volto. «Scemo, scemo e così scemo tanto da farmi innamorare.»
«Potrei dire la stessa cosa di te, lo sai tontolona?»
Risa sorrise e lo baciò a fior di labbra per poi mordere una fetta di torta. Mentre Otani beveva un sorso di tè pensava a quanto fosse stato fortunato ad aver avuto Kohori che gli ricordò che giorno fosse: fece in tempo ad andare a ritirare l'anello, prenotato diversi mesi prima mentre passeggiavano per le vie del centro di Osaka.
Atsushi non lo sapeva, ma in verità doveva ringraziare quel piccolo cupido di sua figlia che sorrideva sotto i baffi mentre affondava in un mondo fantastico, sperando di trovare un amore sincero come quello nutrito fra i suoi genitori.

 

 

 

due chiacchiere con milichituli
Ragazzuoli, salve! È da ben 18 giorni che non mi faccio sentire, ma spero che vada tutto bene e che non ne abbiate troppo con me, sennò mi deprimo. Vi dirò che avevo in mente da tempo questo prompt, il matrimonio dei due, ma lo pubblicato solamente così tardi perchè dovevo trovare un senso logico per raccontare le vicende di Otani nei minuti prima del suo matrimonio. Spero che sia ben chiaro cosa accade, no?
Mi sono divertita un sacco mentre scrivevo, pensate che ridevo da sola come una scema. Però ora ho la febbre, quindi certe scemenze mi sono concesse, credo.
A presto con l'ultimo capitolo (cooooome? Già l'ultimo? Impossibile!).
milichituli & la febbre

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Capitolo 5
*** Senti ma, quando parlavi dei limoni, eri seria? ***


Limoni sottaceto
 

 

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Senti ma, quando parlavi dei limoni, eri seria?

 

 

 

A distanza di tanti anni dalla dichiarazione, Otani ha un presentimento.
Un dubbio che lo attanaglia e che gli fa salire sempre un groppo alla gola, che gli blocca la mente e lo spaventa. Comunque Otani è sempre indispettito e perennemente in titubanza delle doti culinarie della moglie.
Non che non fosse migliorata negli anni, ma date certe inventive prese in passato, Otani aveva spesso il terrore di ingurgitare qualche cibo non commestibile. Quando si vedeva di fronte un piatto di dubbia provenienza, deglutiva sonoramente e fissava la donna con dissenso.
«Ehm, Risa?» domandava scettico, osservando di sottecchi il piatto. Forse Otani sperava davvero che il cibo prendesse vita solo per poterla accusare e inscenare una delle solite litigate insulse. Ed era proprio quando Risa posava lo sguardo sui suoi occhi con noncuranza che lui aggiungeva: «Sicura che sia commestibile?»
Risa sentiva la mano tremarle e una strana voglia di rovesciare la padella e il suo contenuto in testa al marito. Avrebbe anche tanto voluto prendere la forchetta, o le bacchette, puntarci del cibo e ingozzare il marito fino a farlo scoppiare, magari a forza di insulti.
«Certo che è commestibile: ho seguito il ricettario!»
Otani lo sapeva che Risa si stava trattenendo dall'urlargli in faccia che era uno scemo, un cretino o chissà quali altri insulti. Infondo era meglio che ci fosse Risa ai fornelli che Hikari: lei si che era negata!
«Vabbè, allora buon appetito.»
Risa si sedette di fronte a lui e lo osservava mentre mangiava con gusto ciò che aveva preparato. Se lo chiedeva, di tanto in tanto perchè volgesse sempre tutta quella titubanza a mangiare quello che cucinava, ma si ritrovava sempre a sospirare e a metterci una pietra sopra: bastava l'adolescenza di Kari-chan, non voleva discutere con un altro bambino troppo cresciuto.
Andava bene rodersi, ma per Risa era troppo: adesso era curiosa.
«Senti Otani,» iniziò mentre cercava di puntare una rondella di carota. «Posso sapere perchè, ogni volta che ti cucino qualcosa, fai quella faccia schifata come se da mangiare ti dessi della poltiglia di fango?»
Colpito e affondato.
Atsushi Otani restò alquanto sbalordito, nonché con un'espressione da pesce lesso; e fissò la donna di fronte a sé come se avesse scoperto che gli asini potevano volare tranquillamente nei cieli di Osaka.
«P-Perchè?»
«Non mi è dato saperlo?» Risa assottigliò lo sguardo.
«NO!» esclamò Otani, scattando in piedi e provocando stupore nel viso della donna. «No, cioè sì. No, insomma...»
«Va bene, ho capito,» continuò Risa a capo chino. «credevo che fra noi non ci fossero segreti, sai?»
«Infatti non ce ne sono!»
«E allora dimmelo»
«Non posso...»
«Mi tradisci?»
Otani divenne paonazzo e furioso. «Ma ti pare?»
«Non si sa mai; la prudenza non è mai troppa» Risa alzò le spalle.
«Mi vuoi uccidere, per caso?»
«Credi che io possa avvelenare il cibo?»
«Ho solo fatto un'ipotesi. E poi non si risponde ad una domanda con un'altra domanda!»
Risa sbuffò. «Ma se tu lo fai sempre»
«Avrò i miei buoni motivi»
«Anche io ho i miei, a questo punto!»
«Risa, oggi ho avuto una giornata molto difficile. Mangiamo in pace?»
«Voglio risposte!» Risa incrociò le braccia al petto e fece una smorfia come se fosse una bimba di sette anni. Il suo viso corrucciato era pressoché identico a quello della figlia e, per Otani, rappresentò un segno di dolcezza.
«C-che fai?»
Risa era diventata bordeaux. Otani si era alzato e l'aveva abbracciata da dietro, nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla e respirandone il profumo.
«Niente, di speciale»
«Scemo! Non hai proprio un minimo di delicatezza»
Otani ridacchiò: «Certo che sì. E sai una cosa? La mostro solo a te.»
«E quando, di grazia, lo avresti fatto?»
Otani la strinse di più, posandole un bacio sul collo. La donna boccheggiò e sbarrò gli occhi. Non sopportava quegli scherzi.
Le labbra del marito raggiunsero l'orecchio di lei, Risa sentì il corpo fremere. «Se miss gigantessa non dormisse sempre lo saprebbe.»
«Oh, ancora con quella storia? Ma sono passati più di venti anni!»
«Colpa tua che dormivi, dovevi solo sentire la mia dichiarazione,» e posò un altro bacio sul collo per poi finire sulla clavicola. «Sicuramente ti saresti innamorata di me.»
«Impossibile,» mugugno lei, trattenendo a stento un gemito. Otani si voltò per guardarla un po' costernato, ma lei lo guardò dolce e carezzò i suoi capelli. «lo ero già, Otani-sensei.»
Otani divenne completamente rosso e si chinò a baciarle le labbra: non poteva distruggere l'atmosfera che si stava creando. «Hai visto? Otani-sensei colpisce sempre.»
«Stupido. E si è visto come colpisci: ho rischiato di restare incinta già alla prima volta!»
«Se il preservativo si era rotto cosa ci posso fare?»
«Ti è andata bene che non ero in ovulazione.»
«Decisamente un lusso. E ora?» Otani s'impossessò delle labbra di le, iniziando a slacciarle la camicetta.
«Sì, penso proprio di sì, ma devo andare in ufficio.»
«Aspetteranno qualche minuto.»
Lo sguardo di Otani divenne famelico e bramava il corpo della donna, che ai suoi baci bollenti gemeva inclinando il capo.
«Otani?»
«Uhm»
«Me lo dici ora?»
«Ora?» brontolò. Quella frase equivaleva ad un “proprio mentre stiamo per fare sesso”?
«Ora.»
Otani arrossì. «No, non ora. Dopo.»
«Allora niente.»
Risa lo lanciò indietro, ma Otani aveva le mani forti e grandi e se la trascinò dietro facendola cadere sul suo corpo.
«Si può sapere a che gioco stai giocando?»
Risa sorrise. «Dimmelo tu, Ota-nano.»
«No, Ota-nano no.»
«Sì, è eccitante!»
«Per niente.»
«Dimmi un po' allora, o ti chiamerò Ota-nano per il resto dei tuoi giorni!» Risa miagolò soddisfatta nel vedere l'espressione di Otani diventare sconsolata.
«Cosa? È un ricatto?»
«Precisamente!»
Otani si sedette e la donna restò su di lui. Risa inclinò il capo e lo baciò sulla guancia poggiando il capo sul suo petto.«Non è una cosa brutta, vero?»
«Dipende dai punti di vista»
«Sono curiosa.»
«Però dopo andiamo sopra vero?» Risa annuì. Lo sguardo di Otani vagò sul tavolo della cucina e fissò il cibo oramai freddo e, sicuramente, appiccicoso come la colla.
«Allora?»
«Risa, senti ma, quando parlavi dei limoni, eri seria?»
La moglie lo fissò un attimo per poi scoppiare a ridere. Otani inizialmente sorrise, ma il suo sorriso si affievolì velocemente.
«Sciocchino, certo che sì.»
«Eh?»
«Volevo farti impazzire con i limoni sottaceto così poi ti saresti innamorato di me, i miei piani sono andati in fumo, a quanto pare.»
«Tu sei pazza!»
«Hai ragione, per essermi messa con un nanerottolo come te... Dici che mi faranno santa?»
«No, santificheranno me! Volevi uccidermi?»
«No, ma... Ehi, non si risponde ad una domanda con un altra domanda!» Risa ridacchiò sulle sue labbra. «Ti dispiace non averli assaggiati? Se vuoi li preparo, ci impiego pochissimo!»
«No, grazie,» Otani scosse il capo e si lasciò cadere sul pavimento. «al momento ho altri programmi.»

 

 

 

 

 

 

due chiacchiere con milichituli

Ragazzuoli, buondì. Sono di fretta e rischio di perdere il treno: farò veloce.

Ammetto che mi dispiace che la storia sia finita così e per questo ho una proposta: avrei pronto un “Bonus”. Qualcuno lo vuole leggere? Rispondetemi numerosi, grazie!

Sono felice di sapere che la storia piace così tanto, mi regalate così tanta gioia, ragazzuoli miei.

Vi voglio bene, oggi sono affettuosa.

Scappo!, milichituli

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Capitolo 6
*** Capitolo Bonus – L'effimera ideologia di Takato ***


 

Limoni sottaceto

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Capitolo Bonus – L'effimera ideologia di Takato

 

 

 

«Mi servirebbe sapere...»
«No, aspetta: devo avere paura?»
Risa s'accigliò e fissò il ragazzo seduto al suo fianco:«Hai la coscienza sporca?»
«No, è che l'hai detto con un tono da melodramma. E poi era una semplice domanda, eh!»
Risa scosse il capo sconsolata e sospirò, soffocando una crisi di riso che sarebbe potuta scoppiare dalle sue labbra da un momento all'altro. Di certo in quegli anni aveva notato, con un certo orgoglio, che il suo lasso di sopportazione era più elevato di quanto pensasse.
«Comunque, mi piacerebbe sapere che fine ha fatto...»
«Ciao Risa, anche voi al cinema?»
Risa Koizumi/Otani dovette trattenersi dallo sferrare un pugno alla persona che interruppe il suo discorso con il neo-marito. Però era importante mantenere la calma e quindi si girò e sorrise a Chiharu e Suzuki.
«Tanaka, Suzuki, anche voi al cinema?» Otani salvò in parte la situazione con una domanda davvero scema e scontata.
«Sì, ma siamo seduti più in su».
«Beh, allora vi lasciamo andare», intervenne Risa quasi volesse invogliarli a sloggiare e lasciare libero il campo per poi riprendere il discorso, già troppo interrotto per i suoi gusti.
Per fortuna Chiharu sorrise e, una volta afferrata la mano di Suzuki, si diresse verso il proprio posto.
«Chissà dove hanno lasciato Dai-chan».
«Esatto, è quello che mi piacerebbe sapere da te», Risa fissò il marito con sguardo omicida. Gli occhi della donna erano dei tizzoni ardenti pronti ad incendiare il corpo davanti al suo. «Ebbene?»
Otani deglutì, cercando di fare il finto tonto, «Io che ne so?»
«Atsushi, di Dai-chan non mi interessa,» esordì la giovane donna, «ma nostra figlia sì».
«Ah.», Otani iniziò ad intrecciare le dita delle mani fra loro, agitato e imbarazzato come non mai.
Solo Risa aveva il potere di metterlo così tanto in soggezione e di fargli provare così tante emozioni contrastanti, tra cui la fragilità d'animo che nascondeva sempre dietro la maschera del buffone. Ma infondo a lui, quella strana sensazione, piaceva un sacco se la condivideva con una persona importante.
«Otani, mi piacerebbe sapere dov'è Hikari».
Otani sorrise e Risa si perse in quegli occhi che apparivano felici. «Non preoccuparti».
Le luci calarono e il mega schermo si illuminò facendo passare trailer di diversi film e pubblicità varie. Nonostante tutto Risa continuava a fissare il profilo del ragazzo che amava da sempre, ad osservare i capelli corvini scontrarsi fra loro e le ciglia lunghe.
Gli afferrò la mano e lo costrinse a voltarsi verso di lei. Non lo poteva vedere bene, ma le bastava per poterlo fissare negli occhi luccicanti.
«Otani, non mi devo preoccupare?»
Otani strinse la mano della moglie carezzandola sul dorso, per poi intrecciare le dita timidamente. Risa poggiò il capo sul suo petto e chiuse gli occhi: quello era sì uno spettacolo davvero fantastico e non il film che avrebbero guardato da lì a poco.
«Tranquilla, ora godiamoci un po' di tempo assieme, okay?»

 

Una bimba dagli occhioni color miele fissava il volto di un ragazzo dai crini neri, apparentemente irritato. Aveva il gomito appoggiato sul tavolino e sorseggiava il caffè. Lanciò uno sguardo severo alla bambina con i codini che stringeva il peluche a forma di lupo fra le braccia.
«Cosa vuoi?»
«Zietto, devo andare in bagno», la bimba sorrise come il diavolo ghigna all'uomo che ha commesso un peccato.
«Vieni con me, Hikari.» Mimi allungò la mano alla bimba che, la fissava ammirata, e la strinse con la sua manina.
Takato osservò la fidanzata allontanarsi con la nipotina e si lasciò andare in un sospiro liberatorio. Otani s'era presentato davanti a casa Koizumi con la bimba dicendo che lui e Risa avevano un impegno e che sarebbero stati fuori per un bel po' di tempo.
Che poi, i genitori di Risa e Takato erano andati a rilassarsi alle terme e il ragazzo s'era ritrovato con una mocciosa di due anni e mezzo in casa, dagli occhioni sgranati che lo fissavano con intensità e confusione. E Mimi che le sorrideva e la coccolava? No, questo per Takato era davvero troppo, geloso di una bimba di due anni!
«Questa - mia sorella a il suo maritino - me la pagheranno e pure cara!», chiuse gli occhi e sospirò.
Doveva essere una bella serata da passare con la sua ragazza e invece era diventato un baby-sitter, robe da pazzi e tutti i piani in fumo. Anche se la piccola Hikari lo fissava sempre con gli occhioni sgranati e curiosi, Takato girava il capo e sbuffava mentre Mimi lo rimproverava.
«Takato, ti va di guardare un bel film assieme Hika-»
Mimi scese dalle scale e si trovò davanti un Takato addormentato, con la testa appoggiata al divano e i capelli ribelli. La ragazza socchiuse gli occhi ed osservo con quanta più dolcezza nel mondo il ragazzo dormire beato e stanco.
Hikari si sedette lì accanto e continuava a stringere a sé il grosso lupo, alto quasi come lei.
«Zia,» la chiamò la bimba e quel nome lasci stupita Mimi, «guardiamo il film?»
Mimi sorrise, cos'altro poteva fare di fronte a tanta ingenuità?, e accolse di buon grado la richiesta della bimba.
Scelsero assieme un cartone animato con le principesse, Hikari amava le principesse e guardava prima Mimi e poi la principessa in questione, era convinta che lei stessa stesse vivendo in una favola essendo seduta affianco ad una ragazza bellissima.
Hikari fissò Takato e ridacchiò. «Zia, ma lui dorme, è un principesso?»
Mimi ridacchiò: «No, lui è un principe, sai?»
«Oh, allora ti dovrà baciare?»
«Cosa? Oh, no. Lui è il principe dei ghiaccioli!»
«Peccato», e tornò a seguire il film.
Poco dopo Mimi, ancora imbarazzata per il fugace discorso, si voltò verso la piccina e la trovò teneramente addormentata affianco allo zio e all'inseparabile peluche. Mimi sorrise carica d'amore e scattò una foto con il cellulare.
Dopo aver constatando che si era fatto terribilmente tardi, scrisse un bigliettino e lo lasciò sul tavolo fermato da una tazzina da caffè. Osservò ancora quella strana coppia mentre sentì un senso di solletico provenire dalla tasca dei pantaloni. Estrasse velocemente il cellulare dalla tasca e s'affrettò ad uscire dalla casa pur di non svegliare i “belli e addormentati”.
Lasciò la porta appena socchiusa dietro a sé e guardò lo schermo luminoso: Manager.
«Pronto? ...sì, certo. Prendo la metro ora e arrivo».
Si lasciò sfuggire un sospirò per poi tornare con titubanza nella casa. Si recò in salotto e sorrise ancora alla visione. Mimi si riscoprì dolce sotto quella corazza di ghiaccio che la faceva apparire una ragazza un po' brusca e dai modi spicci. Sempre schietta e diretta, abituata ad ottenere tutto subito e fu Takato stesso a darle della viziata quando lei si lasciò sfuggire qualche parola di troppo sul conto della gigantessa e il nanetto.
Infondo era pure masochista se aveva scelto l'uomo più cinico del pianeta come suo compagno, ma vederlo addormentato con la nipote accanto le donava uno strano senso di calore e le provocava un sorriso sincero sul volto.
Insinuò le dita gelide fra i ciuffi d'ebano del ragazzo e gli soffiò un bacio a fior di labbra, chiudendo gli occhi, nella speranza di non svegliarlo.
Uscì da casa Koizumi con una strana euforia, tanto che per poco non urtò una ragazza alta quanto lei mentre scendeva i gradini del vialetto.
«Mimi? Ma cosa ci fai tu qui?» Risa sembrava decisamente stupita, ma non Otani. Infondo era la stessa imbranata che si dimenticava della relazione fra la modella e il bel ragazzo studioso.
«Oh Risa, è una... ehm... storia che vi racconterò un'altra volta», e corse verso la fermata della metro, ma si girò come se avesse dimenticato di fare qualcosa: «Entrate e godetevi lo spettacolo!»
E poi sparì lasciando due sposini più perplessi che mai.

 

Diversi anni dopo.

 

«Signorina, non provare ad uscire da quella porta!»
«Papà, ma vado a studiare in biblioteca,» la ragazzina alzò gli occhi al cielo esasperata, «non sto mica scappando in direzione di Kyoto!»
Otani aggrottò la fronte. «Kyoto, eh?»
«Sei esasperante, sappi che io esco lo stesso!» ribatté la ragazza, afferrando la tracolla con i libri e dirigendosi verso la porta.
«Questo ti costerà il cellulare e le uscite...»
«...prendilo pure il cellulare e bloccami le uscite: io a scuola di vado lo stesso!»
Otani ghignò: «..e niente musica!»
Hikari si voltò di scatto, «No, la musica no!»
«Oh sì, signorina. Hai voluto dormire fino a tardi e non pulire camera tua? Mi sta benissimo, ma ora paghi le conseguenze, signorinella».
Hikari era tremendamente rossa in volto e per il padre non canzonarla era davvero uno fare a botte con se stesso. E cedette, eccome, a quella voglia irrefrenabile di far diventare smpre più violaceo il volto della figlia.
«Ma papà, avevo promesso a Dai-chan che...»
«Niente “ma” ho detto che resti a casa e così sarà».
«Però io...»
«Kari-chan, ne vogliamo parlare seriamente?»
«Ahhh, non mi chiamare così! Non lo sopporto!»
E vedendo il volto della giovane diventare paonazzo, l'uomo si lasciò andare in una sonora risata di gusto.
«Dai, vai allora. Ma sbrigati prima che cambi idea -e che tua madre torni a casa».
Hikari sorrise, ma si ravvede bene dal saltare al collo del padre, si girò e iniziò a correre nel vialetto verso la porta, lasciando l'uomo con il sorriso sul volto e la convinzione delle proprie idee.

«Eh già, Takato...», Mimi si portò le braccia al petto e fissava il marito come una gatto che guarda il topo prima di farne il proprio pasto.
«No, hai ancora quella foto?»
«Esattamente e se non vai a cambiare il pannolino di Sou, io con un semplice “click” la spedisco ai tuoi colleghi e verrai preso per i fondelli a vita».
Takato dovette alzarsi dal letto a mala voglia e dirigersi svogliatamente verso la camera del pargoletto urlante. «Giuro che me la pagherai, Mims».
«Parla, parla. Più il bimbo piange e più io mi arrabbio».
Takato prese in braccio il piccolo Sou, dieci mesi di strilli e poppate. Uscì nel corridoio e incontrò la moglie che posò un bacio sulla fronte del bambino.
«Le tue ideologie bizzarre non smetteranno mai di stupirmi, eh?»
Takato sorrise con sguardo bonaccione e alzò le spalle. «Chissà se anche lui, come la piccola Hikari, riuscirà a comprendere l'effimera arte del dormire».

 

 

due chiacchiere con milichituli
Ragazzuoli, buon dì. Mi sono resa conto che Koizumi Junior, ovvero Takato, è un vero e proprio ghiacciolo vivente e che a Manabe ho fatto fare un brutta fine (qualcuno ha letto il manga?).
(non) MI DISPIACE! Davvero, ma Mimi era troppo carina con Takato. E Manabe, per quanto possa essere dolce, carina e coccolosa non la sopportavo per niente: troppo rumorosa per Takato. Poi si sa, i gusti sono gusti e d'altronde io non sono la creatrice del manga ma solo una poveraccia che scrive FanFiction invece di studiare.
Però questo è l'ultimo (cioè, ho completato una raccolta!) e mi fa strano pensare che non scriverò più nulla di questo racconto un po' strano. Mi trasmetteva una sorta di allegria e tanta gioia, ma credo che sia stato molto merito vostro e dei commenti dolcissimi. Io non li merito, davvero, anche perchè posto questo capitolo con 5 giorni di ritardo ed ho dovuto modificarlo un po'.
Ringrazio tantissimo Potta, Nadynana, Calinee, Chappy_s girlfriend, Jade, Vegeta_isBig & two_hands per aver recensito la storia e aver avuto la forza di seguirla tutta; e anche tutti coloro che hanno seguito la mia storia, anche chi l'ha solo letta. Grazie di cuore!

Spero che queste letture vi siano state gradite (cause di effetti collaterali non sono a discapito dell'autrice, ma a prevenzione del lettore) e vi saluto con tutto l'affetto che posseggo al momento, prendo il treno e scappo prima di scoppiare a piangere davanti al piccì.

milichiutli, ma oggi sono solo Martii

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