Christmas Prompt - Slam Dunk Christmas Edition!

di Karyon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Dove sono finiti i regali? ***
Capitolo 2: *** 2. A Christmas Carol ***
Capitolo 3: *** 3. He won't go ***
Capitolo 4: *** 4. Réunion ***
Capitolo 5: *** 5. Il Grinch ***
Capitolo 6: *** Il caso dell'albero scomparso ***
Capitolo 7: *** Letters from the front ***
Capitolo 8: *** "Trinkiebell" ***
Capitolo 9: *** La maratona del biscotto ***
Capitolo 10: *** Mistletoe's House ***



Capitolo 1
*** 1. Dove sono finiti i regali? ***


● Christmas Prompt
Slam Dunk Christmas Edition!
 
1.      «Dove sono finiti I regali?»
 
Ora li ammazzava.
Fondamentalmente ad Akagi non fregava una mazza di Natale, visto come la solita banda di idioti sfruttava la cosa per chiedere meno lavoro in palestra.
Il problema era un altro.
Il problema era che se lui si penava tanto per comprare dei regali, allora quelli dovevano rimanere al loro posto almeno fino alla vigilia.
Era una questione di principio.
Akagi se ne andò vagolando per la casa, fino a quando non trovò la solita cricca dei tre spaparanzata sul tappeto, mentre Ayako leggeva placidamente.
Li fissò in cagnesco, poi grugnì «Dove sono finiti i regali?», pronto alla lotta.
I tre dell’Apocalisse si protrassero in una miriade di scuse banali, seguite da espressione angelica sul volto. Ovviamente lui si premunì di abbattersi su di loro con una piazzata mossa di wrestling, pronto a spaccare un po’ di ossa.
Nello stesso istante, Rukawa passò di lì, strisciando e sbadigliando verso la cucina. Chissà perché Akagi era tanto arrabbiato?, si chiese mentre si versava del latte in una ciotola a caso di quelle trovate per pura fortuna in alcuni pacchi abbandonati sotto l’albero.
Tra l’altro delle tazze per la colazione era proprio quello che mancava a tutti loro da secoli!, pensò ancora, curiosamente, mentre i soliti scemi continuavano a lottare.

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Capitolo 2
*** 2. A Christmas Carol ***


2.      A Christmas Carol – Lo spirito natalizio
Christmas time is here, by golly|
Disapproval would be folly…
A Christmas Carol – Tom Lehrer
 
 
Mitsui aveva sempre odiato il Natale.
Lo spirito natalizio, i regali, gli addobbi… tutte quelle stronzate gli facevano venire il mal di testa.
La metà delle volte si trattava di pura ipocrisia: la verità era che alla gente non interessava un cazzo e il giorno dopo – e per tutti i trecentosessantaquattro giorni dell’anno –, tutto tornava come prima.  
Con uno sbuffo tornò a buttarsi sul divano. Il suo Natale era così: televisione, birra e forse qualche tiro.
Il suono del campanello gli ricordò che non sempre i piani andavano a buon fine; il grugno di Akagi, poi, lo convinse di aver fatto qualche guaio.
«Ciao, Gori» grugnì, ma quello lo tirò fuori di peso. «Vieni con me».
Mitsui fece appena in tempo a scorgere anche Scimmia, ghiacciolo, Tappetto e Ayako, prima che la ferraglia di Miyagi si mettesse in moto, verso luoghi sconosciuti.
Capì di essere finito in trappola quando si ritrovò a una festa, con tanto di cappellino rosso in testa e coriandoli tra i capelli.
«Buon Natale, musone!» Gli ghignò Miyagi.
«Vi odio» grugnì lui.
Forse c’era qualcosa che odiava più del Natale: erano i suoi amici che tentavano di… fare gli amici, anche quando specificatamente non richiesti.

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Capitolo 3
*** 3. He won't go ***


Ricordo che tutta la raccolta partecipa al “Christmas Countdown 2011!” del Collection of Starlight.
 
3. He won’t go
 
« Meredith non è stata un’avventura e neanche una vendetta, mi sono innamorato di lei. E questo non svanisce perché ho deciso di stare con te ».  
Meredith e Derek - Lo spirito del Natale
 
Il problema delle relazioni era che – prima o poi – si deterioravano, fregandosene altamente del perché e quando.
Per esempio, avrebbe dovuto esserci una qualche legge che non permettesse alle coppie di litigare o mollarsi durante le feste; soprattutto feste come “il Natale”.
Mostro rosso e oro che iniettava sistematicamente dosi di buon umore forzato e macinava regali a non finire.
Sfortunatamente non funzionava così e la metà delle volte le situazioni ti si sgretolavano tra le mani anche nei momenti che più dovrebbero essere segnati dalla tranquillità.
Così si ritrovava lì, nel piccolo salotto di casa Sendo, a fare qualcosa che mai avrebbe creduto di poter fare.
Akira lo guardava immobile, come se volesse imprimersi il suo viso nel cervello «Allora, cosa vuoi dirmi, Hanamichi?»
Hanamichi sospirò, continuando a protrarre il silenzio di qualche altro secondo; sebbene avesse ripetuto quel discorso nella sua mente centinaia di volte, continuava a non sapere bene cosa dire.
Tuttavia glielo doveva.
Avrebbe davvero preferito non fosse Natale. E glielo disse.
Akira sorrise brevemente, scuotendo la testa «Non mi interessa un fico secco del Natale. A me interessa di questo, di te che sei lì, in piedi, a cercare evidentemente il coraggio di lasciarmi» replicò, arguto come sempre.
«Mi spiace» riuscì a dire solo lui. Sapeva che il fatto che c’entrasse Rukawa era ancora più doloroso, tuttavia non aveva potuto impedirsi di innamorarsi di lui.
Rukawa era stato la sua nemesi, il suo incubo peggiore, per assurdo il suo rivale in amore e ora… ora si rendeva conto che era stato tutto, sempre, un pezzo della sua vita in ogni istante, da tutte le angolazioni possibili.
«Avevo deciso di stare con te, nonostante quel piccolo dubbio non fosse mai svanito del tutto… però Rukawa non è un’avventura o una specie vendetta, come ho sempre creduto: lui… è sempre stato di più».
Alla fine non capì se quelle ultime parole gliele disse sul serio, però era crudelmente sicuro che – quando uscì da casa sua – si sentiva più sollevato.
Nonostante i sensi di colpa che gli attanagliavano lo stomaco, aveva una fretta folle di correre dalla Volpe.Lo trovò che inveiva contro la sua bike, quella che insisteva a inforcare nonostante la neve alta e le mani erose dal freddo.
«Prima o poi ti ci schianterai, stupido» commentò, mentre lo guardava mandare al diavolo il lucchetto gelato dell’antifurto preistorico.
Rukawa gli lanciò un’occhiata perplessa (e si vedeva, nonostante il cappello ben calato sugli occhi e la sciarpa) «Che diavolo vuoi pure tu, Do’aho?»
«Beh, dal momento che non ho nulla da fare, ho pensato di romperti le palle per un po’…»
L’altro si alzò e lo fissò con aria di sufficienza «Il Porcospino lo hai ucciso?» Grugnì acido. Dopotutto, la loro pseudo-storia platonica si trascinava da troppo tempo e si era discretamente rotto le palle.
Hanamichi s’infilò le mani nei pantaloni  e sospirò «Diciamo che io e Akira abbiamo deciso di festeggiare il Natale separati…» cominciò, poi lo guardò diritto negli occhi. «… per un bel po’, sai…»
Rukawa non trovò niente di meglio da fare che grugnire un bellicoso “Hn”, per poi piombare nel silenzio assoluto.
Dopo qualche istante, Hanamichi si buttò con un coraggioso «Che ne dici di una passeggiata sotto la neve?» Trattenne il respiro per tutto il tempo che quell’idiota ci mise a guardarlo come se fosse stato un insetto, poi Rukawa lo superò velocemente, senza dire niente di significativo.
Hanamichi non capì bene cosa accadde, ma lo sentì borbottare un «Finalmente, mi stavo congelando il naso».
Supponeva che non poteva avere di meglio, da uno come lui.
E, stranamente, gli andava bene.

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Capitolo 4
*** 4. Réunion ***


Partecipa al “Christmas Countdown 2011!” del Collection of Starlight.
Un amore sotto l’albero.

4. Réunion
Il Natale era sempre una grande occasione per mega-riunioni di famiglia.

In realtà era anche l’occasione perfetta per scoprire cose nuove e fare nuove magiche esperienze; nella fattispecie Miyagi, quell’anno, ebbe l’occasione di fare la maggica esperienza di conoscere mezzo parentado della sua donna. Ora, fin quando si trattava di padre, madre e fratello – tra l’altro tutti dei gran fighi alla mano – tutto andava bene; il problema si presentava piuttosto al momento delle presentazioni con i vecchi saggi della tribù, quelli che con un solo sguardo erano capaci di carpirti vita, morte e miracoli.
Ovviamente, poiché lui aveva fortuna da vendere, il nonnino in questione decise quasi all’istante che lui fosse un avanzo di galera, e della peggior specie.
Nonostante si fossero messi in tre – lui, Ayako e suo fratello Moroi, per la precisione – a urlare nelle sorde orecchie che, dopotutto, lui era un bravo essere, non c’era stato nulla da fare. Niet, nada.
A un certo punto poi, Moroi decise di essersi rotto le scatole andò a trangugiare altri pasticcini, mentre Ayako sbuffava bellamente alla faccia di Kei-Sensei che sbraitava che “ai suoi tempi i ragazzi non andavano certo in giro con un pagliaio al posto dei capelli”.
Bon, pace, avrebbe dovuto rasarsi.
«Andiamo, lascia stare… prima o poi, conoscendoti, cambierà idea…» fece con molto buon senso Ayako, mentre trascinava via un dispiaciuto Miyagi.
«Sì, ma insomma, ci tenevo a fare colpo su tutti!»
«Ma l’hai fatto, non temere…»
«E poi nonno ha centovent’anni, tra due secondi manco si ricorderà chi sei!» Si buttò in mezzo Moroi, mentre addentava un pezzo di torta natalizia.
Ayako li lanciò un’occhiataccia, ma Miyagi si limitò a battere gli occhi perplesso, prima di spostarsi verso una figura tranquilla, seduta in un angolo.
«Miyagi, ma che fa-» Ayako rimase alquanto basita nel vedere quello scemo tentare un approccio piuttosto convinto con sua nonna; nonna che, per inciso, non vedeva a un palmo dal naso e aveva meno memoria di suo nonno.
«Signora, crede che riuscirebbe a mettere una buona parola con suo marito?»
Oh, per la barba di Santa Klaus! Ayako si schiaffò la mano in faccia, mentre Moroi cominciò a ridere indecentemente.
La nonna per tutta risposta si girò con un “Eh?” perplesso che non lo fece certo desistere.
«Io voglio uscire con sua nipote, sa… ma devo essere sicuro che il nonno sia d’accordo!» Esclamò, tra il serio e… il serio.
Insomma, era davvero serio!
«Sorella, chiudi la bocca o ci entrano le mosche» la prese per il culo Moroi, affiancandola. «Comunque quel Miyagi è un mito».
La nonna guardò a suo indirizzo, strizzando gli occhi «Sìsì» replicò frettolosamente, con una certa nonchalance. Poi continuò a parlare, piazzandoci un bel “Buon Natale” che faceva sempre bene.
Miyagi s’illuminò, rivolgendo un “Visto?” alla povera Ayako sconvolta e restando piuttosto orgoglioso per tutta la serata, come se avesse risolto uno dei più grandi problemi dell’Universo.
«Glielo dici tu o io che la nonna non ha capito manco chi era?»
Ayako sospirò, roteando gli occhi al cielo: forse era il caso di dirglielo qualche tempo dopo… tipo il Natale successivo!
 
Note autrice:
Sì, il filmato non c’entra un cappero.
Diciamo che l’idea di Miyagi riprende quella del poliziotto con la mamma della protagonista. Per il resto, c’entra poco lo ammetto, ma le idee sono andate in vacanza!
Spero vi abbia strappato almeno un piccolo sorriso. J

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Capitolo 5
*** 5. Il Grinch ***


Ricordo che tutta la raccolta partecipa al “Christmas Countdown 2011!” del Collection of Starlight.
Prompt˜ Dottor Cox, il Grinch.
 
5.  Il Grinch
Dopo qualche mese passato in quella palestra con quella squadra, credevano di aver visto ormai di tutto: quel babbeo vestito di rosso, con un’assurda barba attaccata al mento e un sacco pieno di scemenze; il Teppista che metteva su tutta una messinscena per scroccare regali in giro oppure quell’altro disperato che continuava a menarla ad Ayako.
Nessuno però si aspettava quello.
Precisamente accadde qualche giorno prima di Natale quando, all’idea del solito noto di preparare una festa natalizia per tutta la squadra, la risposta del loro sempre allegro allenatore fu un incredibile «Non mi piace il Natale».
Frase leggera, seguita dal solito “oh oh ho” da Papà Natale appunto, ma considerata assolutamente assurda per quelli che si aggiravano attorno alla panchina in cerca di un verdetto.
Il nonnino che non amava la festa più gioiosa e sbrilluccicosa del globo?
Hanamichi rimase quanto meno ammutolito – alleviando di conseguenza tutti loro dall’incombenza di ascoltare i suoi casini assurdi su quelle maledette feste.
Rukawa ci credé quasi per un millesimo istante.
Peccato che quello si presentò pochi giorni dopo – a casa sua, quando mai il Do’aho ci era andato a casa sua? –  per trascinarlo, ancora assonnato, chissà dove.
Avrebbe potuto pensare a un rapimento, ma notò con sollievo che c’era anche tutta la banda al completo, prelevata di peso da quello psicopatico travestito da normale adolescente problematico.
 «Do’aho, che diavolo vuoi?»
«Diavolo Hana, è l’alba, porca miseria!» Sbottò, tanto per dare manforte, Mitsui.
In realtà erano le undici del mattino, ma Ayako decise di soprassedere per evitare di essere uccisa; di sicuro era quello che aveva pensato Hanamichi, quando aveva deciso di non convocare il Gorilla.
Saggia decisione.
Comunque il suo piano era talmente assurdo che nessuno osò fiatare per molti minuti. Alla fine Miyagi fece la domanda, quella che non era la più importante ma rappresentava il nocciolo della questione. «Che cavolo è un Grinch?» Chiese, mentre si muovevano in metropolitana carichi di pacchetti vari e decorazioni (Rukawa si sentiva un attimo un albero di Natale).
Hanamichi gli rifilò un’occhiata di sufficienza, poi sbuffò «E’ un personaggio della tradizione! E’ un essere brutto e stupido che odia il Natale!»
«A parte la cosa finale, direi che t’assomiglia!»
«Non rompere Tappetto, invece è il nonnino!»
«Anzai? Hana ti sei bevuto il cervello?»
«Calmati Baciapiselli…»
Ayako sospirò: ora li cacciavano pure dalla metropolitana… comunque era davvero strano che Anzai odiasse il Natale, anche se col caratteraccio del passato non si stupiva… forse alcuni retaggi erano difficili da eliminare.
Quando arrivarono alla casa, la Signora Anzai provò piuttosto blandamente a farli desistere, fino a quando non riuscirono a far prendere un colpo al povero allenatore organizzando una mega festa con tanto di albero e festoni nel loro salotto.
Hanamichi, intanto, si travestì da Babbo Natale pronto a calarsi dal camino, con la netta sensazione che il Grinch avrebbe avuto una bella svegliata, quell’anno. 

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Capitolo 6
*** Il caso dell'albero scomparso ***


Il caso dell’albero scomparso

 
Partecipa all’iniziativa “Addobba l’albero col COS” del Collection of Starlight.
Parola: candela.
Warning: drabble.
Prompt: "L'Albero di Natale perfetto? Tutti gli alberi di Natale sono perfetti!" - Charles N. Barnard.

Quella mattina il Capitano sembrava pronto a fare una strage: l’Albero – quello che lui aveva voluto fortemente, costringendoli all’addobbo – era scomparso.
«Io. Lo. Uccido» scandì, con l’aria omicida.
Le tracce portavano al solito pazzo che non mancava mai di rompere le palle a tutti.
«Quell’albero è mio!» Cominciò Akagi, bloccandolo.
Aota grugnì «Non puoi provarlo».
«E fa schifo, così. Il mio eraperfetto».
«L'Albero di Natale perfetto? Tutti gli alberi di Natale sono perfetti!»
Akagi se ne andò sbattendo tanto la porta che tutte le candele che rivestivano il “nuovo albero del judo” caddero, rischiando di dare fuoco all’intera scuola.  
 
Note autrice:
Salve, guardate chi è tornata! No, posate i pomodori.
Bene, dopo il modicissimo periodo di assenza di un anno, questa raccolta viene riaperta esattamente un Natale dopo. Non si può dire che non sia coerente. Fa un po’ schifo, ma ho voluto rimanere nel warning di 100 parole. Buona lettura! 

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Capitolo 7
*** Letters from the front ***


Partecipa all’iniziativa “Addobba l’albero col COS” del Collection of Starlight.
Parola: cioccolata calda.
Warning: AU.
Prompt: "Il Natale ci arriverà presto alla gola" - P.G. Wodehouse.

Letters from the front


Un lampo illuminò la notte densa e senza luna, il boato squarciò il silenzio che strisciava sul fronte.
La guerra infuriava lì fuori, tuttavia per quella volta – una sola, calda notte – poteva fingere che tutto quello non stesse accadendo, non a lui.
La sua lettera… era un misero foglio di carta ruvido, di quelli strappati casualmente da qualche scatola sformata, ma per lui significava solo libertà: evasione, fuga, leggerezza, amore.
Miyagi tese il lenzuolo sottile di un bianco sporco sulla testa, come una tenda, poi cominciò a leggere:
 

Caro Ryota,
nel momento esatto in cui ti sto scrivendo, la cioccolata calda che riempie la meravigliosa tazza di ceramica antica che mi regalasti sta sciogliendo il freddo che ha rapito le mie mani intorpidite. È di quelle dense, con la cannella e quegli aromi dai nomi buffi che tanto avevi insistito a regalarmi, un pomeriggio d’estate di tante vite fa.
Vorrei berla con te qui, nella silenziosa e tranquilla camera che dividevamo un tempo, con la luce soffusa che rimbalza sulla pareti azzurre.
Ti vorrei qui, soltanto un momento, per guardare il tuo profilo sottile e quei capelli scalmanati e sempre attorcigliati sulla testa.
Ti vorrei qui, solo un attimo, a dirmi che la guerra non esiste e questo è solo un brutto incubo.
Ora che ti scrivo è il 19 Dicembre e, fortunatamente, il Natale ci arriverà presto alla gola, per salvarci.
Cerca di restare vivo fino ad allora, cerca di strappare un giorno di licenza per vedere la neve di Nagano con me.
Io, intanto, preparerò la cioccolata calda; ti aspetterà sul tuo comodino, quello a destra.
Ti amo.
 

Sempre tua,
Ayako.

 
Quando, qualche giorno dopo, Miyagi ebbe stretto tra le mani quel pezzo di carta che valeva più della sua stessa vita, gli sembrò di volare.
Poi la vide, là sulla banchina ad aspettarlo: cappotto lungo e pesante a ballarle attorno alle caviglie sottili, cappello colorato a macchiare di allegria il grigiore della strada.
Pensò che non aveva mai amato tanto, pensò – per un istante – che se proprio la guerra avrebbe dovuto strappargli la vita, avrebbe voluto che fosse tra le sue esili braccia.
«Ti amo» le sussurrò, a fior di labbra, quando l’ebbe baciata. «Ti amo».

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Capitolo 8
*** "Trinkiebell" ***


Partecipa all’iniziativa “Addobba l’albero col COS” del Collection of Starlight.
Parola: campanella.
Warning: prequel.
Prompt: "Una coscienza pulita è un Natale perenne" - B. Franklin.

“Trinkiebell”

Hanamichi e Yohei continuarono a fissare il pavimento come se ne valesse della loro vita.
«Ok, da uno a dieci quanto credi che tuo padre ci ucciderà?» Chiese ironicamente il secondo, mentre il primo meditava di buttarlo giù da una finestra. «Hana? Stai impallidendo…» Continuò, constatando l’inusuale silenzio del rossino scalmanato.
«Tu non capisci, questa era la decorazione preferita di papà!» Scattò Hanamichi, raccattando i frammenti di vetro soffiato e rischiando di bucarsi la pelle. «Mi ucciderà!»
«Calmati, magari possiamo aggiustarla…»
I due ragazzini scattarono verso il tavolo, dove Yohei mise insieme i vari pezzi dell’oggetto mentre l’altro ci si accasciava con aria disperata.
«Dai, è solo una vecchia campana…» continuò incoraggiante, intento a incollarsi le dita.
Hanamichi borbottò qualcosa tra le braccia incrociate in cui teneva sprofondata la faccia.
«Eh?»
«Non è per la campana, è per quella stupida storia…»
«Che storia?»
«Bah, papà dice sempre che tutte le campane e i campanelli del mondo sono stati creati dalle fate per riempire il mondo di musica… o una cosa del genere» grugnì, imbarazzandosi sempre di più all’espressione sconvolta dell’amico.
«Come la fata di Peter Pan che si chiama, mmh, Trinkiebell!» Commentò Yohei, ridendo.
«Tinkerbell. Si chiama Tinkerbell» sbottò Hanamichi, tra il contento e l’irritato di sapere una cosa in più del suo intelligente compagno – anche se era una cosa veramente stupida.
«Oh… vabbé, quella lì. Senti, è irrecuperabile! Diglielo, tanto è Natale e ti perdonerà!»
«Ma era la sua preferita!»
Dopo aver passato la successiva ora a spiegargli gli innumerevoli e pregevoli pregi di quell’oggetto ormai inutile, Yohei riuscì a sgattaiolare a casa sua per la cena di Natale «Buona fortuna! Fammi sapere come va…»
Yohei non poteva sapere che il padre di Hanamichi aveva deciso di comprare una nuova campana, più piccola e luccicante per il suo ciclone rosso.
«So che non è molto, ma sappi che il suo suono è così bello da chiamare gli angeli… ti staranno accanto e esaudiranno ogni tuo desiderio» gli aveva detto.
«Ho rotto la tua campana preferita» si fece sfuggire il ragazzo, in un recesso di senso di colpa. «Scusa papà» si affrettò a dire, ma suo padre sorrise perché quel mucchietto di vetro soffiato l’aveva già visto appena entrato. «Una coscienza pulita è un Natale perenne» scherzò, prima di rimboccargli le coperte. «Buon Natale figliolo».
Yohei non sapeva nemmeno che le campanelle erano l’unico regalo che la famiglia Sakuragi poteva permettersi per suo figlio e a Hanamichi piacevano davvero.
Da quella sera decise di tenere la campana a dormire con sé.
«Buonanotte, Tinkerbell».
 
Note autrice:
Salve! Ho dimenticato di scriverlo di là e non avevo voglia di editare tutto di nuovo xD
Le storie per ora seguiranno i piccoli suggerimenti dell’iniziativa; quella di prima doveva essere un’AU e ho deciso di ambientarla in guerra; ovviamente è anche what if…?, ma spero che – anche se Ayako e Miyagi stanno insieme e si trovano in un’altra epoca storica – possano considerarsi non troppo OOC.
Questa doveva essere un prequel e ho deciso di ambientarla in un ipotetico Natale molto precedente alal storia, quando Yohei e Hana sono più piccoli e il padre di Hana è ancora vivo; è dolce, ma è Natale anche per me! :P 

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Capitolo 9
*** La maratona del biscotto ***


Partecipa all’iniziativa “Addobba l’albero col COS” del Collection of Starlight.
Parola: biscotto.
Warning: fluff.
Prompt: "Il vero messaggio del Natale è che noi tutti non siamo mai soli" - Taylor Caldwell.

 

La maratona del biscotto

Quella cosa era una follia.
Non solo era stato costretto ad alzarsi dal letto e perdere un’ora intera del suo prezioso sonno, ma era stato costretto anche a partecipare.
Rukawa sbuffò per l’ennesima volta, tanto per sottolineare l’assurdità dell’evento, prima di accasciarsi sull’orrendo divano a righe.
«Tieni caro».
E lo chiamava pure “caro”. A lui.
Quello doveva essere il suo peggiore incubo ai tempi della zia Kim, quella che a due anni lo portava al parco a farlo spaventare dai piccioni.
«Sì, caro, prendi» rincarò quello stronzo, stretto tra lui e Ayako.
«Teppista, piantala».
«Qualcosa non va, caro?»
«Smettila o ti faccio fuori».
Borbottarono qualche botta e risposta silenzioso, mentre quasi si dovevano sedere l’uno sull’altro visto com’erano compressati.
Haruko Akagi sorrideva a tutti loro, ignara del fatto che sarebbe morta molto presto; e per una volta poteva fieramente dire che le minacce non provenivano solo da lui.
«Haruko, quando finiamo?» Domando Ayako con un sorriso tanto forzato che dimostrava perfettamente la validità della sua tesi, ossia che morivano tutti dalla voglia di uccidere la sorella del loro beneamato Capitano – lo stesso che era riuscito a sfuggire a quella tortura accampando qualche vaga scusa di studio.
La signora Akemi, la simpatica nonna Akagi, li guardava con un sorriso così smagliante che persino la sua acidità si scioglieva. Così, quando aveva chiesto a tutta la squadra il favore di aiutarla a giudicare cumuli e cumuli di biscotti per una gara culinaria, tutti avevano deciso di accettare; dopotutto avrebbero dovuto essere solo semplicissimi biscotti.
Peccato che una metà consistesse in pasta bruciata, mentre l’altra metà aveva un quantitativo di zucchero tale da stendere un elefante per glicemia fulminante.
«Come sono?» Domandò l’ignara nonnina.
«Mmh, buoni» commentò subito Ayako, con un falsissimo verso di apprezzamento.
«Ottimi!» Aggiunse Miyagi, sprofondato nella poltrona accanto a lei.
Quando l’impavido Hanamichi sussurrò un «Sto per morire bruciato dall’interno… il mio fegato…»
Il Teppista guardò la Volpe con l’espressione allarmata di chi ha appena visto atterrare gli alieni. Rukawa poteva quasi sentire le costole scricchiolare nel tentativo di non scoppiare a ridere.
«Hisa, trattieniti. Ricordati che ha tipo novant’anni» riproverò Ayako, tirandogli una gomitata.
«E meno male» grugnì acidamente Mister Natale e fu la fine: Mitsui scoppiò in una risata abilmente camuffata da un colpo di tosse da asmatico pronto alla morte.
«Qualcosa non va, caro?» Chiese la nonna, sotto lo sguardo confuso di Haruko.
Mitsui continuò a tossire, scuotendo la testa.
«Hisashi non si sente bene… è Kaede lo accompagnerà un po’ fuori, vero?» Intervenne Ayako, praticamente lanciandoli fuori.
Fuga.
La parola si dipinse nelle loro menti con la velocità di un fulmine.
«Sì, è vero... sa, questi biscotti così buoni…» fece velocemente il Teppista, alzandosi.
«Mh, buoni…» gli grugnì dietro Rukawa, tanto per fare.
L’aria fresca della sera fu una manna dal cielo; si sedettero sui gradini di marmo respirando a pieni polmoni e tossendo un po’ di bruciacchiatura da forno.
«Kami, sono pieno come un uovo» fece Mitsui, svaccandosi.
Rukawa sospirò «Non mangerò mai più biscotti in vita mia…»
L’altro lo squadrò con una strana espressione, poi ghignò «Ma non erano il tuo dolce preferito? Ogni Natale ne mangi fino a scoppiare…»
Rukawa lo fissò, battendo le palpebre «Che memoria, Teppista. Pensavo avessi bruciato tutti i neuroni questa sera».
«Simpatico! Ricordo che stavi sempre lì a contenderli con Hanamichi…»
«Seh, stupido Do’aho… comunque no, ho deciso che non mangerò mai più dolci in vita mia».
«Ah, peccato…» sospirò Mitsui, mentre infilava una mano nella tasca dei pantaloni. «Perché avevo questi» commentò, mostrandogli un piccolo sacchetto blu scuro.
«Che roba è?»
«Biscotti» rispose quello, con una smorfia. «Non sapevo ancora della maratona serale e questi saranno sicuramente peggio di quelli visto che li ho fatti io, anche se usando le ricette di mia madre…» cominciò a dire con noncuranza.
Rukawa lo fissò con un’espressione indecifrabile «Sono per me?»
«Beh, lo erano. Ma niente, magari riesco a infilarli sul vassoio del Tappetto e-» fu interrotto dalla mano sgarbata che gli strappò di mano il sacchetto, per poi aprirlo e prendere un biscotto a caso.
«Ma che fai, non sei mica obbligato a…»
«Mh, sa particolarmente di cenere e camino, però almeno non minaccia di ostruirmi le arterie» commentò sarcasticamente Rukawa, infilandosi il sacchetto in tasca. «Torniamo dall’aguzzina novantenne…»
Mitsui sorrise senza essere visto, poi gli arrivò alle spalle «Quindi vuol dire che vuoi uscire con me?»
Rukawa alzò gli occhi al cielo, fingendo di essere seccato «Anche i teppisti non meritano di stare soli in questi giorni… non è il motto di Natale o una cosa del genere?»

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Capitolo 10
*** Mistletoe's House ***


Partecipa all’iniziativa “Addobba l’albero col COS” del Collection of Starlight.
Parola: vischio.
Warning: lemon.
Prompt: "Non è il Natale l'unica occasione in cui ci si ubriaca per amore dei bambini?" - William John Cameron.
Questa è legata in qualche modo alla precedente. Può essere letta anche singolarmente.
Ricordo, così per precisione, che Ernie di Sesame Street è uno dei Muppets; se lo cercate su un motore di ricerca troverete un pupazzo con i capelli alla Mitsui e un naso grosso e rosso. 
Capitolo a rating rosso. Siete avvisati.
 

Mistletoe’s House

 
Rukawa si servì placidamente l’ennesimo bicchiere di succo di mirtilli mentre immaginava gli svariati modi in cui avrebbe potuto sopprimere Hisashi Mitsui.
Quell’idiota stava imitando Ernie di Sesame Street da circa mille ore, con i capelli arruffati e un pomodoro al posto del naso; e faceva pure le vocine stupide.
«Kaede, vuoi ancora un po’ di dolce?»
«No, grazie» replicò, tentando di assumere un tono gentile anche se sembrava più un ringhio.
La madre di Mitsui era pure simpatica, ma l’idea di rapirli per fare da baby-sitter ai vari cugini presenti alla festa in famiglia era stato un colpo davvero basso.
Insomma, pure la famiglia del Teppista aveva dovuto conoscere!
«Lo so che vi state annoiando, ma c’è la speranza che tra poco si stanchino e crollino a dormire…» ironizzò il padre, sedendosi accanto a lui. Doveva ammettere che suo padre non se l’era aspettato così intuitivo o comprensivo, considerando tutti i danni che quello scemo aveva causato durante gli anni. Alla fine, un’altra ora dopo, i cugini proclamarono la resa per svenimento e il capofamiglia sciolse le righe.
«Oh, finalmente… ho un mal di schiena assurdo» borbottò l’impavido Teppista di ferro, mentre si sgranchiva.
«Hai passato circa tre ore buttato sul pavimento, che pretendevi» grugnì Rukawa, inghiottendo un enorme pezzo di torta.
Hisashi lo guardò, poi ghignò «Cos’è tutta questa improvvisa passione per le torte?»
L’altro scrollò le spalle «Mentre facevi il pupazzo tua madre mi ha messo all’ingrasso» spiegò sarcastico.
«Come sei chiacchierone stasera…»
«Tu sembri un ubriaco folle da ore, invece».
«Non è il Natale l'unica occasione in cui ci si ubriaca per amore dei bambini?» Domandò retoricamente con tono da Babbo Natale in carriera.
Rukawa lo fissò per cinque minuti in silenzio, poi grugnì un «Odio i bambini» mentre andavano a prendere le giacche.
Hisashi rise per un po’, poi salutarono tutta la banda e finalmente uscirono nell’aria gelida di metà Dicembre; camminarono in silenzio per circa un quarto d’ora, poi Rukawa sentì Hisashi sospirare e tirarlo per un braccio.
«Senti, Kaede…»
«Mmh?»
«Mi spiace» quando vide che l’altro non gli rispondeva, continuò. «Ti ho chiesto di uscire e invece di sei sorbito mille ore di stupidi giochi per bambini e addirittura la mia famiglia al completo! E so che già le festività non ti fanno impazzire, quindi… mi spiace» tirò, abbastanza titubante da fargli quasi pensare che un alieno si fosse impossessato del vero Mitsui.
«Mh, passare un Natale diverso fa bene, ogni tanto…» grugnì indifferente Rukawa, facendolo sogghignare.
«Non riesci mai a dire quello che pensi, vero?»
«Eh?»
«Prima non avevo notato così tanto questa cosa che fai… sai, evitare le risposte dirette…»
«Non psicanalizzarmi Teppista» sbottò Rukawa, ma quell’altro rispose prendendolo praticamente per la sciarpa e rischiando di strozzarlo. «Vuoi uccidermi?» ironizzò, ma Mitsui scosse la testa, continuando a camminare velocemente.
«Sta’ zitto e vieni con me…»
Marciarono per qualche metro, poi se lo portò con sé fino a un angolo spoglio di una strada che non aveva mai fatto.
«Eccoci».
«Mh. Bell’angolo» ribatté Kaede, guardandosi intorno. «Quelle pareti sono umide così di loro o è una decorazione natalizia?»
Hisashi sbuffò «Sei un acidone, te l’hanno mai detto?»
«Senti chi parla, Mister Natale».
Mitsui invocò l’estrema pazienza e lo costrinse ad alzare gli occhi verso l’alto «Come tu puoi ben vedere con i tuoi fantastici occhi, lassù c’è del vischio… tu conosci la tradizione, vero?» Prima che quello scorbutico potesse interromperlo – o dargli un calcio in alternativa – alzò le mani. «Non farò nulla perché sono ancora in fase paziente e so che potresti tipo stendermi, però voglio che entri con me a vedere una cosa…»
«Dove?»
Giusto di fronte a loro c’era una sorta di catapecchia decadente con la porta sbarrata da assi mezze scardinate e un’insegna che sembrava appartenere al secolo precedente. Dopo un po’ di storie accettò di seguire quello psicopatico e quasi gli cadde la mascella da quello che c’era lì dentro; prima di tutto c’era un camino acceso, cosa già di per sé sconvolgente, poi c’erano persino delle decorazioni. Decorazioni ovunque.
«Che roba è?»
Mitsui gli sorrise, tirandolo dentro «Il covo dei pirati» annunciò sarcastico.
«Più realisticamente?»
«Il covo di Tetsuo. L’ho preso in prestito…»
«Per addobbarlo?» Rincarò Kaede, guardandosi intorno piuttosto stupito; quel posto aveva un’aria davvero accogliente: era caldo, c’erano cuscini sparsi dappertutto e cibo.
«In un certo senso… è qui che porto le ragazze per provarci con loro» commentò, facendogli quasi andare di traverso la saliva e meritandosi quindi un calcio negli stinchi.
«Ahah, scherzavo gelosone…» ribatté, buttandosi sui primi cuscini e tirandoselo dietro.
«Va’ al diavolo» grugnì Rukawa. E figurati se era geloso di quello lì.
Hisashi scosse ancora la testa perché ormai aveva capito che Kaede Rukawa era davvero un essere complicato e difficile «Senti, io credo che ti bacerò» commentò col tatto di un ippopotamo. Dopotutto lui non era mai stato un tipo particolarmente paziente.
Rukawa si tirò istintivamente indietro e alzò la testa «Non c’è il vischio» replicò stupidamente, facendolo sorridere ancora.
«Guardati intorno, scemo…» replicò Hisashi, con un sussurro fin troppo vicino.
Maledetto. C’era vischio ovunque, solo che lui non l’aveva notato perché di solito non gli interessavano quelle cavolate… era una specie di casa del vischio!
«Hm, che razza di imbroglione» riuscì solo a dire, perché gli toccò pure baciarlo.
Dovette ammettere che fu parecchio intenso come primo bacio, soprattutto perché gli si era praticamente sdraiato addosso vista la posizione sui cuscini sparsi su tutto il pavimento. L’idea che fosse stato tutto calcolato gli sfiorò la mente con un leggero fastidio, ma sentire la sua mano su un fianco, sotto il maglione, gli mandò un attimo in cortocircuito il cervello.
«Hai la mano fredda» soffiò, ma l’altro non sembrava propenso a dargli retta.
«Sei un guastafeste» gli mugugnò solo, senza neanche distrarsi dal baciargli il collo.
Ok, quello era proprio il momento di proclamare l’allarme generale e scappare come Cenerentola alll stupido ballo, pensò Rukawa, ma il corpo non sembrava dargli poi tanto retta; nonostante la testa ancora lottasse per ristabilire un certo ordine, tutto il resto del corpo sembrava determinato a bersi tutte le cose che il Teppista sembrava tanto bravo a fare. Hisashi sapeva perfettamente dove andare e come fare, mentre lui era più una specie di pappamolle immobilizzato.
Quando sospirò all’ennesimo bacio alla base del collo, Mitsui si fermò «Qualcosa non va?» Gli domandò, con tono tanto tenero che Rukawa sentì quasi le ginocchia cedergli: quello non sembrava affatto il solito rude Teppista.
«Mh, no».
«Sei a disagio? Se vuoi mi fermo» replicò lui, guardandolo piuttosto intensamente. Il fatto che gli desse la possibilità di decidere in modo così naturale lo aiutò paradossalmente a calmarsi.
Rukawa ci pensò giusto due secondi, poi si avvicinò timorosamente per baciarlo; aveva già baciato un ragazzo una volta – precisamente quando cercavano di capire se davvero erano omosessuali come si sentivano – però non aveva mai baciato qualcuno che fosse sicuramente più esperto di lui o che fosse, beh, qualcuno come lui. Il fatto che facesse parte della squadra e che quella cosa potesse rovinare tutto era un problema in più, ma quel giorno decise di non importarsene.
Mitsui comunque non sembrava così preso male dal suo bacio da tredicenne.
«Posso toccarti?»
Quella domanda improvvisa lo bloccò per un attimo e lo guardò come a chiedergli che diavolo volesse dire. Mitsui lo fissò, poi sorrise «Ho corso troppo e non volevo. Non voglio fare niente che anche tu non voglia, Kaede» gli spiegò con sincerità.
Era disarmante e non ci era abituato. Possibile che non lo imbarazzasse nulla?
Lui non era così diretto, così si limitò a un semplice grugnito che poteva significare qualsiasi cosa. Fortuna che Hisashi lo conoscesse abbastanza per sapere che quello, nel mondo dei grugniti, voleva dire “sì”.
Con calma quasi esasperante, Mitsui gli sfilò il maglione chiaro per poi arrivare subito a baciargli la pelle infreddolita, mentre le mani punteggiavano i cuscini per stare in posizione sopra di lui; risalì tutto il petto poi arrivò di nuovo alla base del collo che gli martoriò con un certo numero di baci e anche qualche piccolo morso.
Da bravo osservatore aveva capito subito che quello era il punto giusto da colpire. Probabilmente fu in quel momento che Rukawa perse totalmente tutti i suoi neuroni.
Solo quando ritornò alle sue labbra per baciarlo di nuovo, Rukawa pensò che forse avrebbe dovuto ricambiare almeno un quarto di quello che lui stava facendo, così provò – riuscendoci persino – a sfilargli il maglione senza sapere poi effettivamente cosa fare dopo; gli baciò il collo anche lui e si sorprese quasi a sentirlo reagire con piacere. Forse non era così impedito come pensava.
Giocarono in quel modo per parecchio tempo, scoprendosi e divertendosi senza uno scopo ben preciso; Rukawa doveva ammettere che Mitsui era davvero bravo a scoprire tutti i suoi punti deboli.
«Finale persa dai L.A. Lakers con Knicks?» Domandò a bruciapelo Mitsui, senza smettere di accarezzargli un bacio o dargli qualche bacio casuale. Non sapevano quando era nata quella stupida idea di giocare con le domande sul NBA, ma funzionava davvero: il senso di disagio o di tensione di poco prima era totalmente scomparso e a Rukawa quasi sembrò naturale, stare lì a giocare con lui e baciarsi tutto il tempo. Mitsui aveva la strabiliante capacità di capire e controllare tutto senza darti l’impressione di farlo.
Comunque la risposta non la sapeva, quindi gli toccava pure la “penitenza”.
«Era 1973 e sei nei guai ora» lo prese in giro, mentre ritornava a baciarlo; quella volta provò a spingersi un po’ più in là e Rukawa se ne accorse precisamente quando provò a slacciargli i pantaloni; assurdo ma vero, decise di lasciarlo fare.
Era la prima volta che andava così tanto oltre con qualcuno e la tensione ritornò a occuparsi di lui.
«Rilassati…» gli sussurrò Hisashi all’orecchio, prima di baciarglielo; la mano intanto aveva raggiunto la meta e cominciò a stuzzicarlo con movimenti lenti e costanti.
Un sospiro gli sfuggì dalle labbra e, suo malgrado, cominciò a rilassarsi contro i cuscini.
«Bravo ragazzo» ironizzò il Teppista, prima di scendere a baciarlo, cogliendolo così tanto di sorpresa da strappargli un gemito. Quella parte del corpo era così sensibile, che Kaede riusciva ad avvertire qualsiasi movimento di labbra, fosse un bacio o una leggera carezza; quando Mitsui gli prese la punta, succhiando, pensò di morire in quell’istante.
«Ah…»
Mitsui continuò a torturarlo con la bocca fino a non fargli pensare ad altro che sospirare, poi ritornò a baciarlo appassionatamente, mentre la mano continuava la missione verso il basso; gli spasmi di piacere che si irradiavano da quel punto lo avevano lasciato totalmente senza fiato.
«Non respiro…» commentò solo, mentre Hisashi scendeva sulla clavicola.
«Meglio…» ironizzò con un sussurro roco, velocizzando i movimenti fino a quando non lo sentì sussultare spasmodicamente, tendendo tutti i muscoli; qualche goccia di liquido si sparse anche sui cuscini ma non importava, così come non importava che non avessero fatto sesso.
A Mitsui importava solo osservare quello sguardo offuscato dal piacere, quasi stupito da quello che era successo. Sapeva che per Rukawa era la prima volta e sperava con tutto il cuore che lo ricordasse per sempre.
«Come stai?» Gli sussurrò ad un orecchio, mentre appoggiava la testa nell’incavo della sua spalla.
Rukawa chiuse pigramente gli occhi «Bene… io…»
Hisashi sorrise «Non c’è bisogno di dire niente… anzi, auguri! Domani è la vigilia…»
Chissà perché, quella frase lo fece scoppiare a ridere sotto lo sguardo sconvolto del Teppista.
«Tu sai anche ridere?!»
«Idiota!» Sbottò lui, lanciandogli un cuscino con le poche forze che gli rimanevano.
«La rifacciamo poi, la casa del vischio?» Domandò Hisashi, riposizionandosi comodamente al suo fianco e circondandolo con un braccio.
«Mh, ok» replicò Kaede, prima di addormentarsi.
 

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